PROTAGONISTI DEL DOMANI
Nello sport e nel Paese
L’offerta di contenuti per tutta la famiglia
Popotus, il giornale di attualità per i bambini ad alta leggibilità che racconta con un linguaggio semplice i grandi temi della contemporaneità.
Ogni giovedì con Avvenire
Pop Up, il nuovo inserto mensile ad alta leggibilità per i ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Esplora i fatti del mondo e affronta argomenti come l’educazione affettiva, l’educazione digitale, la cura dell’ambiente e le relazioni.
Ogni primo martedì del mese con Avvenire
Gutenberg, il nuovo inserto settimanale culturale di Avvenire dedicato a chi desidera nutrire il proprio pensiero approfondendo i temi che spaziano dalla cultura, all’arte, alla letteratura, alla società.
Ogni venerdì con Avvenire
Visita il sito abbonamenti.avvenire.it, scegli la soluzione migliore per te e in fase di acquisto usa il codice AVCSI24 per ricevere uno sconto del 20%.
Per maggiori informazioni: numero verde 800820084 / mail abbonamenti@avvenire.it
L’invito del CSI per il futuro: che nessuno sia lasciato indietro
Ogni volta mi chiedo come fare per dare un’idea, nell’editoriale, di quello che i lettori troveranno in “Stadium”. E ogni volta sono in difficoltà. Perché Stadium è tante cose, tutte importanti, tutte da rivendicare nella vita del CSI, tutte da raccontare.
Non me ne vorranno, quindi, i lettori, se troveranno poi nelle pagine del trimestrale anche articoli, approfondimenti, servizi, che avrebbero meritato a loro volta una sottolineatura. Cerco di fare del mio meglio e segnalo, in questo numero, ricco e interessante come sempre, la riflessione di don Luca Meacci, Assistente Ecclesiastico del CSI, che svela l’orizzonte del Giubileo ormai prossimo. “Silenzio”, “attesa”, “cammino”, “speranza”: sono le parole con le quali don Luca ci accompagna sul percorso del CSI di domani. C’è poi uno spazio particolare dedicato a quella parte della nostra comunità che spesso ignoriamo. O, forse, che vogliamo ignorare, perché è una parte silenziosa eppure sofferente, bisognosa del nostro affetto, del nostro contributo. Mi riferisco a due articoli dedicati ai carcerati e alla possibilità, attraverso lo sport, di riprendere possesso della vita, di dare un senso alla condizione di persone private della libertà,
private del bene più grande. Grazie al contributo di Giorgia Magni, possiamo addentrarci in una documentata analisi – riprendo dal sottotitolo – della “centralità della pratica sportiva nel valore rieducativo della pena e del reinserimento sociale”. L’intervista a don Claudio Burgio, fondatore della Comunità Kayrós, sacerdote capace di incontro e dialogo aperto con i giovani, convinto che lo sport “possa essere un ponte per includere, educare e abbattere le barriere”, ci apre gli occhi su una realtà a noi poco più che sconosciuta.
Mentre continua il viaggio di “Stadium” sui direttori e giudici di gara del CSI, diamo voce e luce alla strepitosa esperienza sportiva di Laura Rogora che, tra le altre performance, è stata, nel 2015, la prima italiana ad arrampicare in falesia su difficoltà 9 A. E aveva solo 14 anni.
Tutto ciò senza dimenticare gli altri articoli e le diverse rubriche. Un numero, in definitiva, che mi auguro possa accompagnare, con letture avvincenti e istruttive, i giorni che concludono il 2024 e quelli con i quali inizieremo il 2025.
È proprio con il pensiero alle festività natalizie, a quelle del nuovo anno e alle molte speranze che affidiamo al 2025, anno del Giubileo degli sportivi, che mi permetto di dare il
benvenuto a tutti coloro che hanno accettato, nel rinnovo delle cariche associative, di assumersi l’onere e l’onore di contribuire alla vita del CSI per il prossimo quadriennio. Al contempo ringrazio le persone che, dopo aver dato sé stesse per il bene dell’Associazione, si sono fatte da parte, consegnando agli “eredi” associativi il testimone di un impegno a favore della pratica sportiva offerta come dono, come testimonianza cristiana della solidarietà e della condivisione. Auguro a tutti, dentro e fuori dal CSI, di vivere serenamente le festività natalizie, fruendo della forza di un messaggio universale che non si logora con il tempo, ma che mostra sempre più la bellezza dell’amore e del sostegno fraterno. Nulla quanto i tempi difficili che stiamo affrontando dimostra che vivere la gioia della nascita del Salvatore dell’umanità, in assoluta povertà, è la forza vera, unica, per la speranza dell’Uomo. Con la certezza che donne e uomini del Centro Sportivo Italiano sapranno tener acceso e diffondere il fuoco della solidarietà e dell’amore verso il prossimo, auguro un Buon Natale e un sereno 2025 a tutti.
Vittorio Bosio
Presidente nazionale CSI
Stadium
I CONTENUTI & LA SQUADRA
Parola di Presidente p. 1
L’angolo dell’Assistente p. 3
Pillole di Storia p. 4
Dossier Lo sport in carcere: liberaci dal male p. 6
Time Out Verso Assisi
Il cammino delle Assemblee p. 15
L’intervista
Il viaggio educativo di don Claudio Burgio p. 17
I motori dello sport Arbitro, ergo sum p. 23
Nati nel CSI
Laura Rogora p. 26
CineSport p. 31
Focus Solo insieme si vince p. 32
Polizze&Sport p. 39
#VitaCSI p. 40
In Libreria p. 48
EDITORE E REDAZIONE
Centro Sportivo Italiano Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma www.centrosportivoitaliano.it - comunicazione@csi-net.it Mail di redazione: stadium@csi-net.it
PERIODICITÀ
Trimestrale
DIRETTORE RESPONSABILE Leonio Callioni
DIRETTORE EDITORIALE Vittorio Bosio
REDAZIONE
Felice Alborghetti, Francesca Boldreghini, Daniela Colella, Massimiliano Dilettuso, Alessio Franchina, Laura Politi, Laura Sanvito, Daniele Zaccardi
FOTO
Archivio fotografico CSI, IFSC, Giuseppe Alioto
SEGRETERIA DI REDAZIONE
Laura Sanvito
GRAFICA
Gianluca Capponi, Loretta Pizzinga
HANNO COLLABORATO
Giacomo Mattioli, Alessio Molinari Bucarelli, Francesco Brasco, Francesco Piccone, Anna Maria Angora, Ivano Rolli, Sergio Sartori, Roberta Trezza, Rino Di Giovanna, Maurizio Polizzi, Lorenzo Morano, Silvia Noci, Francesco Calia, Natale Galli, Cristina Speziale, Alessio Di Francesco, Pino Ricciardi, Luca Tarquini, Grazia Oliviero, Antonella Caramia, Diego Vitale
Stadium è iscritto presso il Tribunale di Roma - Sezione Stampa al n. 158/2021 del 5/10/2021
Stampato da Varigrafica Alto Lazio, Zona Ind.le Settevene - 01036 Nepi (VT) Italia - su carta Fedrigoni Arena White Smooth da 140 gr. biodegradabile e riciclabile
Portavoce di speranza sulla via del Giubileo
SILENZIO, ATTESA, CAMMINO, SPERANZA: LE PAROLE DELL’ASSISTENTE ECCLESIASTICO
NAZIONALE PER GUIDARE IL PERCORSO DEL CSI DEL DOMANI
Nella notte di Natale, Papa Francesco aprirà l’anno del Giubileo, lo farà col gesto solenne, aprendo la “porta santa”, che saremo tutti invitati a varcare, consapevoli che quel gesto indica la volontà di cambiamento, di dare alla propria vita un senso diverso. Il tema del Giubileo 2025 è “Pellegrini di speranza”. Quello che stiamo vivendo in questo tempo rischia di farci perdere di vista il dono della speranza, il nostro sguardo si affievolisce dinanzi alle immagini di guerra e distruzione che la violenza provoca. L’umanità sembra aver smarrito la via della pace, del dialogo; prevale la logica del più forte, della violenza generatrice di altra violenza. Quanti anni ci vorranno affinché si possa placare l’odio di chi ha visto morire familiari e amici? Come cristiani abbiamo il compito di tenere fisso lo sguardo sulla virtù della speranza, fondamento della vita cristiana. Come una giovane fanciulla, tiene per mano le altre due virtù teologali, la fede e la carità, e gioiosamente le conduce lungo il cammino della storia: «È lei, quella piccola che tira tutte. Perché la Fede non vede che ciò che è. E lei vede ciò che sarà. La Carità non ama che ciò che è. E lei ama ciò che sarà» (C. Peguy, “Il portico del mistero della seconda virtù”). Come uomini e donne di sport, dobbiamo cogliere il Natale e l’anno giubilare come una gara da vincere, dove dare il meglio di noi per
conseguire un ottimo risultato, vivere e testimoniare quanto le Beatitudini annunciano: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Papa Francesco, in vista dell’anno giubilare, così auspica: «Dobbiamo […] fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto». Sentiamoci allora pellegrini di speranza, non solo inteso come coloro che iniziano un cammino in cerca della speranza, ma anche come gli atleti della staffetta, che portano e consegnano un testimone a chi poi prosegue la gara: così anche noi portiamo e consegniamo a tutti il “testimone” della speranza. Inoltre impegniamoci affinché “dove c’è odio, ci sia amore, dove offesa, il perdono”. Il tempo forte della liturgia che ci introduce alla celebrazione e al mistero dell’Incarnazione sia propizio per rinforzare e rinvigorire la nostra vita cristiana. Questo è l’augurio che rivolgo a tutto il CSI: usciamo un po’ dal torpore che a volte ci assale, vinciamo l’abitudine che rende tutto scontato e riscopriamo la forza dirompente della Parola di Dio che in Gesù si è fatta carne, vita, anche sport. Quattro parole possono segnare il cammino del CSI, in questa stagione assembleare titolata “Protagonisti del domani”: come auspicio per un rinnovato impegno, affinché il CSI, fedele ai suoi valori, sia portatore di speranza.
Silenzio
Se riuscissimo a fare un po’ di silenzio in noi, di sicuro potremmo capire molto di più. Quante parole, quanto chiasso c’è intorno a noi... Riscopriamo il silenzio. Nel silenzio si ode meglio la Parola di Dio che ci parla.
Attesa
«Attendere, voce del verbo amare!»: così diceva don Tonino Bello. Abituati al “tutto e subito”, non c’è più il gusto dell’attesa, la pazienza del realizzare un po’ alla volta. Riscopriamo il tempo che prepara all’accoglienza che dispone all’incontro con Dio che si fa Bambino. Cammino
Da piccoli, abbiamo imparato a camminare, camminando. Qualche caduta ci sarà stata, ma è servita a renderci più coraggiosi nell’osare. Un buon camminatore non si accontenta, desidera raggiungere la meta, andare oltre. «Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore…» (Papa Francesco).
Speranza
Non rassegnarsi, non abituarsi al male, ma avere la forza per cambiare. Avere la consapevolezza che possiamo invertire il procedere della violenza e della disperazione. La speranza è la passione del possibile, è ricerca del senso della vita.
Buon cammino, pellegrini di speranza!
don Luca Meacci
Assistente Ecclesiastico nazionale CSI
Anni ’50: si consolida la crescita del Centro Sportivo Italiano
di Leonio Callioni
Abbiamo chiuso il precedente articolo, dedicato all’80° della nostra comune matrice, la GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica), e ai primi importanti sviluppi introdotti dal Centro Sportivo Italiano, non ultima la cura della tutela sanitaria. La conclusione della prima parte del “secolo breve”, il Novecento, dimostra il grande dinamismo e le idee lungimiranti che sorreggono l’azione dei primi dirigenti, rifondatori compresi, del CSI. La situazione nel 1951 era, per quei tempi, già interessante: 1.464 Unioni Sportive, con 32.040 tesserati. Nel 1952 le Unioni Sportive erano 1.673 e nel 1953 superarono per la prima volta la quota 2.000. Esattamente 2.080. I tesserati, che erano 35.382 nel 1952, divennero 43.512 nel 1953. «Nel 1953 – racconta il libro “Cent’anni di storia nella realtà dello sport italiano” –, nella sala del teatro Eliseo di Roma, si svolge il IV Congresso, uno dei Congressi determinanti per la vita del CSI: ‘Dieci anni al servizio dei giovani e dello sport’. Il CSI arrivava a compiere il decimo anno di vita e sentiva il bisogno di riflettere sul modo di conferire un senso ancora più grande al proprio essere contemporaneamente – per dirla con parole di allora – ‘Centro polisportivo, Centro di interesse pedagogico, Centro di propaganda sportiva’». Riecheggiano in queste righe gli orizzonti immutabili, perché espressione di valori che non conoscono tramonto, dell’Associazione. La dimostrazione
della vitalità e della forza del CSI sta proprio nell’aver sempre, fin dalla fondazione, saputo seminare le innovazioni, le spinte alla crescita e alla diffusione, in un terreno infinitamente fecondo, dei valori cristiani, applicati nell’offerta della pratica sportiva per tutti. «Ricorderà in seguito il prof. Luigi
Gedda – riprendiamo ancora dal libro citato –, Presidente del primo CSI: ‘Ci facemmo quel giorno alcune domande: Sport contemplativo o sport attivo? Sport di molti o sport di pochi? Mercato dello sport o selezione dello sport?’. L’obiettivo che ispirava tali riflessioni era anche quello di una pratica sportiva capace di individuare i più bravi per consegnarli poi allo sport federale, ma si andava rafforzando l’idea di uno sport da promuovere e organizzare come servizio alle masse, e in particolare ai giovani, con finalità educative prevalenti su quelle agonistiche». Sono pagine straordinarie perché mettono in luce quali fossero le riflessioni in corso e come le scelte fatte si siano poi dimostrate profetiche.
«Il Congresso del 1953 sottolineò la ‘funzione umana, formativa e pedagogica’ che lo sport, un
certo tipo di sport, avrebbe potuto assumere; specificò che quel tipo di sport era ‘uno sport sano, vivificante, illuminato dalla luce del Cristianesimo’, ribadì che il compito dell’Associazione era promuovere quello sport ‘nel popolo autentico, anche se fatto di giovani, anche se fatto di poveri’».
Fin qui tutto appare semplice, lineare. In realtà non era così: «La crescita del CSI, portabandiera di un modo cattolico di essere nello sport, era guardata con sospetto ed anche con ostilità, non tanto nel CONI che aveva trovato con l’Associazione un ‘modus vivendi’, formalizzato nel 1950 con una convenzione. L’ostilità aveva origine in altre aree, più politiche che sportive: il diffondersi di un associazionismo sportivo cattolico tra i giovani insospettiva a sinistra, ma non piaceva nemmeno a destra e tanto meno piaceva agli eredi del liberalismo risorgimentale, preda del timore che l’attività del CSI presso i giovani fosse il ‘cavallo di Troia’ mediante il quale si mirava a far diventare l’Italia uno Stato confessionale».
Oggi questa descrizione è difficile da comprendere, perché il contesto è totalmente cambiato. Ma la capacità di tenere la barra dritta, in quegli anni di crescita socioeconomica tumultuosa, di evoluzione (o involuzione) culturale e morale, merita un pubblico e rinnovato riconoscimento. Enormi erano le difficoltà, come enormi sono i meriti di chi ha tenuto il CSI sul sentiero del servizio alla comunità, dei valori cristiani, dell’offerta sportiva accogliente e aperta a tutti.
www.marshaffinity.it/csi/
La centralità della pratica sportiva nel valore rieducativo della pena e del reinserimento sociale
Lo sport in carcere: liberaci dal male
di Giorgia Magni
“Vai a giocare ché ti sfoghi!”. In questa piccola frase banale e sentita ormai milioni di volte da genitori e nonni stanno inconsapevolmente tutti i trattati di medicina, psicologia e scienze motorie che spiegano da anni l’importanza dello sport e, in particolare, dello sport in carcere. Quello “sfogare” è la chiave che porta dritta al cuore, alla necessità di veicolare le proprie energie e tensioni verso azioni virtuose e positive per non lasciare che si trasformino in insofferenze e violenze. C’è poi quel “giocare”, la parola magica che evoca subito la possibilità di trarre dallo sport il divertimento e la scoperta, ma anche la stanchezza fisica che appaga, libera e alleggerisce la mente prima di riportarla ai pesi del quotidiano. Se questo vale per ogni essere umano, quanto valore può assumere per la vita di detenute e detenuti che scontano la loro pena nella reclusione, dove il movimento è circoscritto, la giornata è segnata dalla limitazione e il corpo disimpara a percepirsi e ad avere consapevolezza di sé nello spazio e nel tempo?
UNO SGUARDO SULLA POPOLAZIONE DETENTIVA
Quasi 12 milioni di persone sono detenute nelle carceri di tutto il mondo
11,5 milioni di persone sono recluse nelle carceri del mondo e, di queste, 1,8 milioni sono negli USA, mentre 1,7 milioni in Cina (World Prison Population List, Institute for Crime & Justice Policy Research, 1° maggio 2024). Nel decennio 2013-2023 si stimava, a livello globale, la presenza di 28 bambini/ minori reclusi ogni 100.000 abitanti (United Nations Office on Drugs and
Crime – UNODC, Eurostat, database TransMonEE). Un dato che mette i brividi. In Europa ad aprile 2024 erano 1.496.614 i detenuti, una cifra che fa del vecchio continente l’unico ad aver diminuito del 25,7% questo dato rispetto al 2000 (World Prison Population List, Institute for Crime & Justice Policy Research, 1° maggio 2024. NB: la ricerca non include tra i Paesi europei la Russia).
In Italia: dati preoccupanti sul sovraffollamento e fragilità degli Istituti di Pena per Minori Nelle carceri italiane al 30 settembre 2024 erano 61.862 i detenuti, 4.000 in più rispetto ad un anno prima e circa 10.000 in più rispetto ai posti a disposizione, con un tasso di affollamento del 130,4% e addirittura oltre il 200% in istituti come Milano San Vittore sezione maschile e Brescia Canton Mombello. Una tendenza simile solo a quella dell’Ungheria (Rapporto Antigone 2024 e World Prison Brief Data). All’interno di questi numeri emerge con drammaticità il dato relativo agli Istituti di Pena per Minori (IPM). Dall’entrata in vigore del Decreto Caivano (D.Lgs n. 123 15 settembre
2023), i giovani detenuti negli IPM sono cresciuti del 48% e 12 carceri minorili su 17 presenti in Italia sono interessati da un tasso di sovraffollamento che oscilla tra il 100% e il 183% (Dossier Antigone del 2024 sull’emergenza negli Istituti Penali per Minorenni), con situazioni estremamente precarie a Treviso (22 ragazzi per 12 posti regolamentari) e a Milano Beccaria (54 ragazzi per una capienza di 37).
IL CONCETTO DI PENA E DI DETENUTO
Due punti di partenza per comprendere l’importanza dello sport nelle carceri
Lo sguardo che consente di includere lo sport tra le mura delle carceri, ancor prima che nascere dalla consapevolezza dell’importanza del movimento per il corpo e per la mente, origina sia da una precisa concezione della pena detentiva, sia da una visione altrettanto puntuale dei detenuti.
L’articolo 27 della nostra Costituzione, scritto nero su bianco il 17 dicembre del 1946 e completato un anno
Lo sport in carcere: liberaci dal male
dopo, recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». La chiave interpretativa per leggere la dimensione dell’attività sportiva nelle carceri sta tutta qui: nel principio rieducativo della pena dal quale, a cascata, derivano tutte le azioni e tutti i provvedimenti che portano negli istituti penitenziari attività culturali, spirituali, formative, sportive e ricreative in generale.
Prima della Costituzione vigeva solo il Regolamento per gli Istituti di Prevenzione e Pena del 1931, che leggeva la detenzione come processo unicamente punitivo e intimidatorio, fondato sulla convinzione che punire fosse l’unico modo per educare e rieducare non solo i detenuti ma anche i bambini, a casa così come a scuola. Proviamo ora a interrogarci su cosa consideriamo realmente quando pensiamo alla figura di un detenuto e di una detenuta. Spesso si sentono frasi come “mettiamoli dentro e buttiamo la chiave”, che implicano una precisa idea di reclusione punitiva senza possibilità di redenzione e reinserimento alcuno, oltre a contenere una
violenza verbale deprecabile. Il presupposto che muove le azioni degli Enti di Promozione Sportiva, delle Federazioni, dei comitati e delle associazioni all’interno delle carceri trova radici in un concetto agli antipodi: «Detenuto e reato non sono certo la stessa cosa; uno è un uomo, l’altro è la sua colpa» (S. Bonvissuto, Dentro, Einaudi, Torino 2012). Se c’è una colpa da espiare quindi, deve esserci a seguire un percorso di cambiamento dell’uomo, dove l’individuo prende coscienza di sé, dell’errore e della sua capacità di riscattarsi e cogliere una seconda possibilità attraverso un preciso e virtuoso percorso anche di risocializzazione. Si ritorna così al valore rieducativo della pena espresso nella Costituzione.
LO
SPORT FA BENE. IN CARCERE DI PIÙ
La prevenzione dell’ipocinesia, l’attenuazione dei problemi psichiatrici e il fattore di inclusione sociale Tra le carceri italiane, secondo il XVIII rapporto dell’associazione
Antigone, nel 2022 il 44,8% degli istituti metteva a disposizione l’uso della palestra una volta a settimana, il 30,2% non programmava alcuna attività fisica e il 17,7% consentiva attività solo ad alcune sezioni. Se si rapportano questi dati con quelli del sovraffollamento – come detto in precedenza, si parla di circa 10.000 detenuti in più rispetto ai posti a disposizione –, si intuisce come lo spazio per il moto destinato ad ogni singolo non sia per nulla sufficiente, così come la distribuzione dei tempi di attività che consenta la turnazione di tutta la popolazione detentiva, oltre all’effettiva presenza di strutture adeguate e di attrezzature. Sono situazioni che dipendono spesso da condizioni strutturali obsolete, a volte dalla difficile gestione delle circostanze interne all’istituto e, in alcuni casi, dall’indole a considerare l’attività sportiva come una “concessione” fatta ai detenuti e non un loro diritto. Quanto di più sbagliato, poiché esistono leggi che tutelano questo diritto basilare strettamente connesso alla salute.
Il benessere fisico
Ormai è patrimonio comune che
Detenuto
e reato non sono certo la stessa cosa; uno è un uomo, l’altro è la sua
colpa “
l’attività sportiva sia il fondamento di uno stato di buona salute generale. Nelle carceri diventa molto di più, diventa unico percorso per prevenire il declino fisico e l’ipocinesia, un disturbo che spesso provoca disordini associati a malattie degenerative che impediscono il normale movimento intenzionale del corpo, ad esempio il morbo di Parkinson. L’ipocinesia è dovuta alla sedentarietà prolungata, alla mancanza di sufficiente attività, e determina la compromissione delle capacità muscolari e motorie che può portare nel tempo a conseguenze cardiovascolari, circolatorie e metaboliche. Non siamo più davanti al solo “vai a giocare ché ti sfoghi!”; ci troviamo di fronte all’inalienabile diritto alla salute dell’uomo, tutelato anche dall’art. 32 della Costituzione. Niente attività motoria nelle carceri significa declino fisico inevitabile. «Prendersi cura del corpo del recluso, cercare di garantirgli un minimo di benessere fisico e sociale, superando l’imperante ipocinesia e abbandono, è un modo per ricordare a lui, e ricordare a noi, che abbiamo a che fare con delle persone, con le loro responsabilità e le loro colpe, ma anche con i loro bisogni, le loro necessità e i loro diritti» (A. Federici, M. Valentini, A. Ceccarini, F. Lucertini, Carcere, attività fisica e rieducazione: ruolo e potenzialità pedagogiche dell’educazione al “fair play” nello sport carcerario, in: Formazione e Insegnamento, XIII, 1, 2015).
La fragilità psichica
A settembre 2024 erano 69 i suicidi registrati nelle carceri italiane (67 uomini e 2 donne), per lo più avvenuti tra giovani dai 26 ai 39 anni (31 persone) e per la maggior parte già coinvolti in episodi di fragilità, sottoposti a “grande sorveglianza” e con precedenti tentativi di suicidio. Numeri che superano il record negativo del 2022, che fece registrare 64 casi (Dipartimento Amministrazione
Penitenziaria, Elaborazione dati a cura del dott. Giovanni Suriano, componente Ufficio GNPL). La correlazione tra attività sportiva e disagio psichico non è così evidente e immediata come per la salute fisica, ma è altrettanto vero che lo sport esercita un potere indiscutibile sui processi legati alla produzione della serotonina, alla stimolazione di emozioni e pensieri positivi, al contenimento di tensioni latenti e ansie persecutorie e depressive. Le attività motorie intramurarie all’aperto sono uno strumento di contenimento degli effetti negativi della privazione della libertà (art. 16 comma 2 Reg. esec.). In quest’ottica entra in campo l’importanza di progetti sportivi costanti e strutturati all’interno degli istituti. Progetti come l’avvio di squadre di calcio, pallavolo o basket interne alle strutture consentono ai singoli di interagire in gruppo, di confrontarsi, di collaborare per obiettivi comuni, di calarsi in un contesto di partita e competizione dove è determinante il rispetto della regola, dell’altro, dell’affiatamento nel gruppo, dell’accettazione della sconfitta, dello sforzo di volontà nella costanza e nella consapevolezza dei propri limiti. «Lo
sport non è quindi unicamente una modalità di positiva canalizzazione dell’energia e dell’aggressività, ma uno strumento privilegiato per accedere alla mente» (A. Federici, M. Valentini, A.Ceccarini, F.Lucertini, Carcere, attività fisica e rieducazione: ruolo e potenzialità pedagogiche dell’educazione al “fair play” nello sport carcerario, in: Formazione e Insegnamento, XIII, 1, 2015). Lo sport in carcere non è un passatempo e l’aspetto della competizione non riguarda solo il traguardo da raggiungere in partita, ma è ogni volta il confronto con sé stessi, il simbolo di una libertà interiore che è l’unica raggiungibile durante la reclusione, e quella davvero necessaria per riacquisire fiducia, responsabilità e speranza, reinventandosi ad ogni allenamento e partita. Ci si può riscoprire uomini e donne con potenzialità e risorse nuove, poiché lo sport è in grado di riscrivere storie e infondere nuova dignità a chi si è sentito smarrito o invisibile.
Il dramma del disagio psicologico negli Istituti di Pena per Minori I detenuti degli IPM sono in una fascia d’età in cui l’urgenza di giocare
Lo sport in carcere:
liberaci dal male
e fare sport non è solo importante per il benessere psicofisico, ma è determinante come viatico di relazioni e basilare per la crescita dei giovani e delle giovani alle prese con un corpo in trasformazione e con emozioni spesso eccessive e soggette ad alti e bassi costanti. Lo sport è uno strabiliante regolatore dell’umore in questo senso e permette agli adolescenti e ai preadolescenti di affrontare i mutamenti del proprio fisico nel confronto con i coetanei, sperimentando le nuove attitudini e abilità durante l’allenamento e sfogando tensioni e accumuli di energie in azioni non violente. Alla luce di questo e considerando i dati di sovraffollamento citati in precedenza, è possibile rileggere con più chiarezza l’allarmante dato sulle continue e violente rivolte interne agli IPM, oltre all’innalzarsi del numero di giovani destinati a terapie psichiatriche all’interno degli istituti in conseguenza all’aumento di disturbi dell’umore, del comportamento, dell’alimentazione e dell’insorgere di idee suicidarie (Openpolis, 2024; Istat, 2022; Unicef Italia e Policlinico Gemelli, 2022). In 5
Istituti per Minori del nostro Paese la spesa a persona legata all’acquisto di farmaci antipsicotici è aumentata mediamente del 30% nel periodo post pandemico 2021-2022, un dato preoccupante se si pensa che nello stesso periodo, per gli stessi farmaci, nelle carceri per adulti la percentuale è stata dell’1% (Dossier Antigone del 2024 sull’emergenza negli Istituti Penali per Minorenni).
Un terreno di sperimentazione per l’inclusione sociale
La positività che produce un percorso sportivo negli istituti di pena lascia una scia che filtra dalle mura e si propaga nelle città. Se è vero che per una città lo sport diventa determinante nei processi di inclusione sociale di gruppi di popolazione fragile soprattutto tra i giovani, un contesto di applicazione dove sperimentare queste potenzialità è proprio il carcere. All’interno degli istituti la pratica sportiva funziona in due direzioni socialmente rilevanti: la valorizzazione delle relazioni tra reclusi che sperimentano la vita all’interno di un contesto comune problematico,
ma anche la costruzione di relazioni con persone esterne, così che sia facilitato il percorso di reinserimento nel tessuto sociale che li accoglierà dopo la pena. Attraverso lo sport «il miglioramento della salute e della forma fisica può favorire un atteggiamento costruttivo dal punto di vista della capacità di comunicazione, dei legami con la famiglia, in particolare i bambini, e dello sviluppo di un atteggiamento collaborativo con gli altri, uno sviluppo positivo della capacità di leadership, in un contesto in cui il rischio di leadership negative è dietro l’angolo» (Mauro Palma, sino a giugno 2024 Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale).
Rientrare nella società e nella città come persone diverse, con consapevolezze forti e nuove, ha un impatto decisivo sulla diminuzione delle recidive, ma è anche un fattore determinante per bambini e giovanissimi che con l’ex detenuto o detenuta hanno un rapporto di parentela stretta. Per loro aumenta il rischio di crescere in povertà e in condizioni di marginalità, visto che i genitori con precedenti penali potrebbero essere discriminati nella ricerca di un lavoro e di una casa, e a questo si aggiungono vissuti di fragilità dovuti a frequenti separazioni familiari seguite alla detenzione, con tutte le conseguenze psicologiche che simili scenari comportano. Se il reinserimento sociale avviene, invece, con un ritorno forte di nuove consapevolezze e comprovati cambiamenti maturati durante la reclusione grazie a progetti di rieducazione e reinserimento, il percorso di vita delle famiglie ha grosse possibilità di compiere cammini virtuosi di ripresa della normalità e di uscita graduale dalla difficoltà. Lo sport nelle carceri è uno di questi progetti, e ha nel suo potenziale la capacità di agevolare questo cammino, ma nella maggior
“
Spesso le città tendono a respingere la realtà carceraria, a far finta di non vederla e a destinarla ad aree periferiche del territorio
parte degli istituti di pena italiani resta ancora un potenziale inespresso. Riaccogliere un ex detenuto nelle dinamiche di un contesto sociale è compito anche di politiche amministrative inclusive. Il problema, però, è che spesso le città tendono a respingere la realtà carceraria, a far finta di non vederla e a destinarla ad aree periferiche del territorio dove possa restare “nascosta” alla cittadinanza. Eppure, il carcere assorbe e riflette le contraddizioni, le emergenze e le fragilità dell’ambiente che lo circonda e di cui la popolazione detentiva è frutto. Tutto questo lo spiega bene e in modo accorato Candido Cannavò, storico giornalista sportivo e direttore della “Gazzetta dello Sport” per 19 anni. Cannavò, scomparso nel 2009, trascorse otto mesi ogni giorno (e anche lunghe serate a volte) nel carcere di San Vittore raccogliendo storie come volontario, da cui poi trasse il libro “Libertà dietro le sbarre”. In quelle pagine scrive: «Il carcere fa parte di questa società, come le scuole, le chiese, gli ospedali. Non puoi nasconderlo per imbellettare una città dove si continuerà a delinquere a ogni livello e dove continueranno a esistere i problemi e i risvolti illegali dell’integrazione e dell’emarginazione: è un vile inganno, una fuga dalla realtà. […] Milano ha la Scala, il Duomo, la Fiera, San Siro e San
Vittore. […] Un giorno questa gente lascerà il carcere. È meglio accogliere cittadini recuperabili o relitti senza speranza? Le famose garanzie di sicurezza che tanta gente invoca passano anche per questo dilemma al quale una società organizzata dovrebbe saper rispondere nella maniera più ovvia e più utile, senza coprirsi gli occhi».
LA LEGGE PORTA LO SPORT
TRA CHI LA LEGGE
L’HA INFRANTA
Risoluzioni, regolamenti, norme e leggi che valorizzano lo sport negli istituti di pena Nel 2013, con la risoluzione 67/296, le Nazioni Unite proclamano per il 6 aprile la Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace, riconoscendo all’attività sportiva un crescente impatto nel promuovere una cultura di pace e di tutela dei diritti umani. Il tassello determinante con il quale lo sport entra in modo inequivocabile nelle linee guida sulla detenzione a livelli mondiali viene piantato nel dicembre del 2015, quando l’ONU adotta all’unanimità un regolamento standard per le regole di base nel trattamento dei prigionieri, le cosiddette “Mandela Rules” – regole di Mandela – in onore dell’eredità lasciata dall’ex Presidente
del Sudafrica, che trascorse 27 anni in carcere combattendo per i diritti umani. Le regole, come si legge sul sito web delle Nazioni
Unite, «delineano le condizioni minime di detenzione, forniscono orientamenti e fissano chiari parametri per il personale carcerario su come garantire la sicurezza e la dignità umana». Nella regola 4 viene indicato lo sport tra le tante attività che le amministrazioni penitenziarie sono obbligate ad offrire al fine di indirizzare i percorsi verso la rieducazione e il reinserimento nella società. È nella regola 23, però, che si entra nello specifico con l’indicazione di un’ora al giorno, minimo, di attività fisica all’aria aperta, e la possibilità di usufruire di corsi di ginnastica e altre attività fisiche in spazi adeguati con attrezzature apposite.
Anche a livello europeo e di singoli
Stati, le “Mandela Rules” gettano le basi per una legislazione specifica. Con la Raccomandazione R (2006) 2 del Comitato Europeo dei Ministri agli Stati membri, si delineano le Regole Penitenziarie Europee (formulate in prima istanza già nel 1987). La Regola n. 27, con focus sulle Attività Ricreative, inserisce lo sport tra quelle che l’amministrazione penitenziaria deve mettere a disposizione dei detenuti insieme ad attività culturali, giochi e passatempi.
In Italia, oltre alla già citata
Lo
Costituzione, l’ordinamento penitenziario si regge su due pilastri legislativi. «Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo». Così recita la legge n. 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) al comma 1 dell’articolo 27. La legge formalizza e sancisce categoricamente il superamento del Regolamento per gli Istituti di Prevenzione e Pena del 1931. Importante nel testo è la valorizzazione del concetto di risocializzazione, da perseguire attraverso contatti con l’esterno utili al reinserimento sociale (art. 27 comma 2 e art. 15 comma 1). È proprio l’art. 17 dell’Ordinamento Penitenziario che definisce la possibilità degli operatori esterni e dei volontari di collaborare con le Direzioni penitenziarie. Allenatori, istruttori, trainer e responsabili dei progetti hanno accesso alle carceri proprio tramite permesso rilasciato sulla base dell’articolo 17.
Il secondo pilastro legislativo, il DPR n. 230 del giugno 2000 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), nell’art. 16 – Utilizzazione degli spazi all’aperto –mette nero su bianco come le aree esterne degli istituti debbano essere destinate in particolare alle attività sportive ricreative e culturali.
Tra gli accordi specifici intercorsi tra i governi e le istituzioni sportive, ricordiamo il protocollo d’intesa del 2013 tra l’allora Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e il Presidente del CONI Giovanni Malagò e, pochi mesi fa, quello siglato tra il Ministero della Giustizia e il Ministro per lo Sport e i Giovani, che introduce l’organizzazione di «percorsi di avviamento al tirocinio
ed alla qualificazione tecnica, che consentano di offrire agli stessi
[N.d.A. giovani detenuti] opportunità di lavoro, impegnandoli, altresì, in attività di supporto a manifestazioni sportive di particolare valenza sociale».
DALLE LEGGI AI PROGETTI
I casi virtuosi di Belgio e Gran Bretagna e l’esperienza italiana del CSI
Gli studi profusi e le leggi internazionali e locali hanno stimolato la nascita di numerosi progetti sportivi interni alle carceri, attivati sia da Federazioni ed Enti di Promozione Sportiva, sia da associazioni senza scopo di lucro e realtà di volontariato.
De Rode Antraciet: progetti innovativi a carattere europeo
In Belgio esiste la De Rode Antraciet, una delle realtà più interessanti a livello europeo con sede nelle Fiandre a Heverlee, ed inserita nel piano strategico fiammingo per i detenuti. Oltre ai numerosi programmi attivati da tempo nelle carceri, e ormai divenuti consolidata prassi quotidiana, l’associazione senza scopro di lucro
ha lanciato due progetti europei estremamente innovativi. Il primo è “Sport in Prison, a Plan for the Future” (SPPF), cofinanziato dal programma Erasmus+ Sport dell’Unione Europea. Tra gli obiettivi emerge in primis la proposta di giungere ad una migliore connessione tra il mondo dentro e fuori le mura della prigione, facilitando partenariati del tutto nuovi tra carceri europee, detenuti, personale penitenziario, Federazioni sportive, club, volontari e parti sociali. Altro carattere di rilievo del progetto è la possibilità di «offrire ai detenuti la prospettiva di essere socialmente attivi, di lavorare sulle reti sociali e di combattere l’isolamento sociale» (derodeantraciet.be). Interessante è l’apertura a 5 Paesi partner facenti parte dell’Unione Europea, così da creare una sorta di “pacchetto di buone prassi” comuni da adottare nelle singole realtà e destinate ad operatori/professionisti a livello locale in un contesto europeo. Per l’Italia, coinvolta tra i 5 Paesi insieme a Olanda, Croazia, Bulgaria e, ovviamente, Belgio, l’Ente partner è la UISP, attiva con il settore “Politiche per l’interculturalità e la cooperazione” e da anni leader nell’attività sportiva per le carceri italiane.
Il secondo virtuoso progetto di De Rode Antraciet è quello sulla cittadinanza attiva dei detenuti nelle prigioni (Prisoners’ Active Citizenship – PAC), che diventano primi soggetti attivi e partecipi nell’organizzazione delle attività interne, nella promozione di iniziative, nel discutere le relazioni tra detenuti e agenti, nelle riunioni in merito a condizioni di vita e progettualità nelle strutture. Ovviamente la progettualità sportiva fa parte di questi gruppi di lavoro partecipati e attivati in diverse carceri maschili e femminili del Belgio.
La Gran Bretagna e la Alliance For Sport in Criminal Justice
Altro caso rilevante europeo è quello della Alliance For Sport in Criminal Justice, nata in Gran Bretagna agli inizi degli anni 2000 nel carcere di Ashfield, a due ore da Londra. Lì i fondatori hanno creato un dipartimento di Educazione Fisica, una Sport Academy e il progetto “2nd Chance”, dedicato ai giovani nel momento in cui escono dal carcere e rientrano nella società.
Il caso italiano: gli Enti di Promozione Sportiva e il lavoro del Centro Sportivo Italiano Come rilevato dall’associazione Antigone, il servizio più innovativo offerto alla popolazione detentiva italiana è quello del CONI in collaborazione con il Ministero della Giustizia, che ha dato ai detenuti e alle detenute la possibilità di acquisire le competenze necessarie – e spendibili – per diventare istruttori sportivi (XIV rapporto sulle condizioni di detenzione, Antigone).
Da decenni, però, l’attività negli istituti è presidiata con grande investimento dagli Enti di Promozione Sportiva, con in testa la UISP – Unione Italiana Sport per Tutti, cui segue in enorme crescita il Centro Sportivo Italiano.
Entrare nel dettaglio di ogni singolo
progetto portato avanti da Comitati regionali e provinciali del CSI richiederebbe un numero speciale interamente dedicato a questo. Proviamo però ad elencare i principali percorsi intrapresi dalle realtà dell’Associazione, in rigoroso ordine alfabetico.
Comitati regionali CSI È del marzo 2023 l’illustrazione dell’articolato percorso attivato dal CSI campano nell’ambito del progetto “Sportivi Sempre”, finanziato da Sport e Salute. Operatori, formatori ed educatori sono attivi nelle carceri di Carinola (Caserta), Pozzuoli (Napoli), Secondigliano, Aversa e Benevento. Spicca in particolare il corso arbitri di calcio a 5, che pone i detenuti nel ruolo di chi deve comprendere e assorbire la regola e farla rispettare, in un ribaltamento di prospettive finalizzato alla rieducazione e al reinserimento sociale. Proprio sulle possibilità di vita connesse al ritorno alla libertà, lavora il CSI Liguria con le detenute del carcere Pontedecimo a Genova. Qui l’attività prevede la formazione delle donne al fine di acquisire competenze e titoli qualificanti spendibili negli Enti ed Associazioni che si occupano
di educazione motoria e sportiva. L’iniziativa rientra nel più ampio progetto “Vasi Comunicanti” e vanta la collaborazione con la scuola regionale del CONI.
Comitati provinciali CSI Tennistavolo, fitness, calcio, tennis. Sono queste le attività del progetto aretino “Rieduchiamo con lo Sport”, che offre attività sportiva costante ai detenuti del carcere San Benedetto di Arezzo e tirocini formativi all’interno delle associazioni. Sotto il nome di “Il mio campo libero”, che è contenitore nazionale di numerosi progetti declinati a livello locale, troviamo quello del CSI di Ascoli Piceno. Oltre all’attività ordinaria fatta di sport e formazione sportiva, il progetto ha avuto un momento di restituzione con un torneo di calcio a 6 nel febbraio 2024 nella casa circondariale di Marino Del Tronto, che ha visto anche la partecipazione di Confindustria e Provincia.
Il CSI Bari sostiene da un anno il progetto “Oltre la Siepe”, nato dall’iniziativa dell’ASD San Giorgio presso la Casa di Reclusione di Turi (BA). La cultura sportiva, fondata sui valori della continuità di pratica, dell’autodisciplina e dell’aggregazione,
Lo sport in carcere: liberaci
è il traguardo che si pone il progetto. Nel piano è incluso inoltre un corso arbitri che consentirà ai detenuti di ottenere la qualifica CONI da spendere nei campionati nazionali CSI.
A Belluno lo sport nel carcere di Baldenich si intreccia con la musica rock. “CSI – Carcere Sport Insieme” è un’iniziativa che da una decina di anni vede i volontari del CSI Belluno attivarsi affinché vengano garantite la pratica sportiva ai detenuti e, attraverso la collaborazione con una band locale, anche momenti di intrattenimento musicale. Da aprile è stato inaugurato anche un corso arbitri per i detenuti.
Il CSI di Cremona punta tutto sul tennistavolo presso la casa circondariale cittadina. Il progetto coinvolge i collaboratori CSI, dal referente della Commissione Tennistavolo a sei volontari appartenenti a quattro società cremonesi. Ad ora sono 49 i detenuti coinvolti dopo otto mesi di progetto settimanale.
A marzo di quest’anno il CSI Messina ha organizzato, in concomitanza con la Giornata Nazionale delle Vittime Innocenti delle Mafie, un triangolare di calcio a 7 presso la casa circondariale “Gazzi” della città. Di grande significato la presenza di una squadra di magistrati che ha affiancato quella del carcere e quella dei volontari CSI. Momento di festa al termine di sette mesi di progetti dedicati a quattro sport differenti.
Il CSI Milano è reduce da anni record in termini di ore di sport – 800 ore – portate nelle carceri di Milano San Vittore, minorile Beccaria e San Quirico di Monza con il progetto “Liberi di Giocare”. In tutti e tre gli istituti sono presenti squadre di calcio e, nella casa circondariale di San Vittore, la formazione di calcio a 5 dei detenuti gioca un regolare
campionato provinciale insieme alle società CSI di oratorio. Pallavolo, basket, fitness sono altre attività presenti negli istituti. È del 2023, poi, la convenzione firmata dal CSI Milano e CONI Lombardia con il Tribunale per i Minorenni di Milano, che prevede la possibilità di inserire nelle società sportive alcuni ragazzi a cui il tribunale assegna la pena alternativa dello svolgimento di lavori socialmente utili piuttosto che la detenzione in carcere. Nel proprio progetto di sport e carcere, che terminerà per ora nel giugno del 2025, il CSI Modena ha deciso di fare rete con numerose realtà del territorio e con una società sportiva affiliata, la CSI Gialloblu Sport ASD, capofila della cordata. L’attività è destinata alle sezioni maschile e femminile della casa circondariale S. Anna di Modena. I detenuti svolgono attività sportive di calcio, urban dance, pallacanestro, pesistica e scacchi, mentre nella sezione femminile si praticano pallavolo e danza. Il carcere di Rebibbia è quello destinatario del progetto “Sport Inside” del CSI Roma, che offre a 100 detenuti della sezione maschile corsi sportivi settimanali, oltre ad un corso allenatore di calcio a 5, e percorsi formativi come quello di mental coach sportivo.
A Trento, presso la casa circondariale Spini di Gardolo, il Comitato locale organizza attività sportiva settimanale tutto l’anno sia nella sezione femminile che maschile, con un’attenzione particolare per il reinserimento sociale che vede la stretta collaborazione tra il CSI Trento e l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna, che ha in carico i detenuti in messa alla prova. Amichevoli di calcio a 7 e tornei sono in programma nella casa circondariale di Busto Arsizio, dove il CSI Varese sta portando avanti una sensibilizzazione verso le sue società sportive affiliate affinché si crei una
sinergia tale da poter calendarizzare una serie di amichevoli con i detenuti della sezione maschile.
Da quando ha vinto il bando della Regione Veneto per le attività sportive e associative nel carcere di Vicenza, il CSI vicentino ha steso un programma fittissimo di attività nel carcere Filippo Papa. Tennistavolo, nordic walking, scacchi, tai chi chuan e persino lezioni di ortoterapia.
Il progetto si allarga ad una rete di relazioni che ne ampliano le finalità. Ma il CSI Vicenza è andato anche oltre: ha stretto legami con le scuole portando gli istituti superiori nelle carceri con il percorso “Carcere Lungo”; ha stretto un rapporto con sponsor che hanno fornito materiale sportivo in comodato d’uso, e ha messo a disposizione degli istituti penitenziari operatrici qualificate per l’accoglienza dei bimbi dei detenuti durante le visite familiari.
Lo sport di base ha dimostrato ancora una volta di aver recepito le esigenze dei territori e delle fasce fragili della popolazione, dando risposte concrete ai bisogni attraverso l’attività sportiva.
Le premesse, dunque, ci sono tutte affinché questo strumento diventi davvero leva per una più semplice ed efficace risocializzazione degli ex detenuti ed ex detenute, e mezzo per la tutela del diritto alla salute psicofisica di chi vive la detenzione. Anche l’impianto legislativo non manca di valorizzare lo sport e la sua centralità nelle progettualità delle direzioni penitenziarie. I dati, però, restituiscono una situazione che non corrisponde a quella che ci si aspetterebbe, visti i presupposti. Da qualche parte il percorso si inceppa e non è ancora chiaro dove, ma continuare a lavorare affinché nelle carceri si possa “andare a giocare, così ci si sfoga” continua ad essere determinante.
Verso Assisi
Il cammino delle Assemblee
A marzo il CSI andrà a rinnovare i propri organismi istituzionali nell’anno del quadriennio olimpico
di Leonio Callioni
La stagione elettorale nell’anno del Giubileo della Speranza e dell’ottantennio del CSI. Impegno, formazione, dialogo e confronto: 80 anni di esperienza e la volontà di ascoltare le esigenze sociali per tener fede al sempre vivo obiettivo di educare attraverso lo sport
Èin corso il rinnovo, attraverso le Assemblee elettive, di tutta la struttura del Centro Sportivo Italiano: dai Consigli territoriali a quelli regionali, per finire con il Consiglio Nazionale. Si stanno scegliendo, ai vari livelli, i nuovi dirigenti dell’Associazione per il prossimo quadriennio olimpico: evidente che si tratta di una fase molto importante, decisiva per la storia dell’Associazione.
Il “campo di gara” di questa fase di rinnovamento e rilancio è delimitato da una doppia ricorrenza: gli 80 anni dalla fondazione del Centro Sportivo Italiano e il Giubileo del 2025.
Tra storia e speranza, quindi, si rimettono al centro le attenzioni, le tensioni, le sensibilità di un’Associazione che è ancora chiamata a svolgere il proprio servizio educativo attraverso lo sport. Ma come fare, concretamente? Occorre una profonda riflessione per arrivare a una revisione del progetto culturale e sportivo del CSI. La collocazione nel settore sport, nel Terzo Settore e, soprattutto, nella Chiesa italiana esige coraggio e responsabilità.
Verso Assisi. Il cammino delle Assemblee
Bisogna attuare modalità di vivere lo sport, di organizzare tornei e campionati, di promuovere attività strutturate e destrutturate, sempre con la chiara e irrinunciabile intenzionalità educativa, come chiaramente scritto nel patto associativo.
Il prossimo progetto culturale e sportivo, perciò, più che scritto, dovrà essere incarnato sui territori, con la partecipazione educativa delle nostre comunità sportive, che condivideranno i valori che il CSI ancora rappresenta e rinnova. Sarà un lavoro da fare insieme con gioia e sincero entusiasmo.
Emerge sempre più chiaramente che, di questi tempi, occorre investire sulla formazione dei dirigenti, per costruire un futuro solido. Questa è una scommessa di fiducia, prima di tutto, sulle relazioni all’interno dell’Associazione, perché sarà necessario orientare e governare un processo che riguarderà tutti gli organismi associativi.
Proprio per questo, il Centro Sportivo Italiano non si limita a rispondere ad una generica domanda di sport, ma si preoccupa di far emergere, sui territori, i reali bisogni delle persone. Diventa indispensabile il dialogo con le istituzioni, con le altre organizzazioni sportive e del Terzo Settore, affinché lo sport non sia solo un piacevole “tempo libero”, ma venga riconosciuto, sempre e pienamente, efficace strumento di politiche sociali, culturali, di promozione della salute e tanto altro ancora.
In questo modo si esprime la forza di un’Associazione a volte anche “fastidiosa”, ma sempre al servizio di un progetto che ha una storia, vive nel presente, immagina il domani. È importante che non si guardi alle assemblee come l’ennesimo adempimento noioso seppur doveroso. Da anni, ormai, il mondo sportivo si è trovato immerso in
scadenze, obblighi, prescrizioni, e tutto è diventato faticoso. Ora anche le assemblee! E meno male, perché si tratta di momenti in cui ritornare a vedersi, confrontarsi, discutere su di noi e per noi. Ecco perché dobbiamo sottolineare che i delegati che saranno designati dovranno essere, il più possibile, i portatori dei desideri delle società sportive, che a loro volta sono l’interfaccia con le famiglie, con gli enti, con la complessa realtà contemporanea. Le assemblee possono e devono essere un’occasione di incontro e di conoscenza, in un tempo in cui le conferenze da remoto, l’esperienza online, gli strumenti digitali tendono a limitare le relazioni umane: sempre connessi, ma anche sempre più soli. Un’associazione, invece, mette insieme, unisce: e quale appuntamento migliore dell’assemblea?
Guardiamo in faccia anche gli aspetti problematici: il tempo in cui viviamo il percorso assembleare presenta una serie di complessità. L’impatto della riforma dello sport è tutt’altro che metabolizzato; la vita delle società sportive, soprattutto le più piccole, è stata devastata, spesso in modo scriteriato, da nuovi obblighi e adempimenti, calati dall’alto senza preparazione. Inoltre, le strutture associative, dalla pandemia in avanti, sono tutte cadute in una situazione di costante stress organizzativo. Sarà necessario: leggere e capire lo sport in modo nuovo; avere una visione innovativa della specificità umana; contribuire all’esperienza delle società sportive e delle persone; trovare nuovi equilibri organizzativi. Il processo di perfezionamento delle competenze nei Comitati è stato notevole e ha consentito la crescita dell’Associazione. Ciò ha riguardato molteplici settori, da quello delle discipline sportive a quello della gestione degli impianti, da quello della formazione a quello
degli eventi, da quello dei servizi alle società a quello della promozione sociale. Figure tecniche, competenti, preparate sono state inserite nei quadri dirigenziali e gestionali. Ed eccoci arrivati al tema dell’identità dell’Associazione e del suo servizio alla Chiesa italiana. Lo spirito fondativo non può essere abbandonato, ma è necessario un aggiornamento dei modelli organizzativi. Riportiamo quanto, in tempi recenti, il cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha affermato: «[…] come Chiesa ci sentiamo pienamente coinvolti e non smetteremo di mantenere alta l’attenzione, perché sono in gioco le persone, la loro realizzazione, la possibilità di vivere l’esistenza in pienezza. Nell’incontro con il Signore e camminando accanto a loro, siamo chiamati ad accompagnare le giovani generazioni in un percorso di riconciliazione con il proprio sé, di conoscenza e apprezzamento delle risorse personali, di appartenenza ad un gruppo, ad una persona. Sono necessari luoghi, fisici e non virtuali, in cui tornare a fare esperienza di gratuità e libertà personale e comunitaria. Penso, in modo particolare, al prezioso servizio degli Oratori, del dopo-scuola e di tante altre attività formative, che conservano intatta la loro attualità e chiedono un rilancio di progettualità e creatività».
Il CSI è l’Associazione che in Italia, per prima, ha innalzato tutto questo a sistema per accogliere le persone e raccontare una storia possibile, a favore dei più piccoli, dei più fragili, dei giovani che hanno diritto di incontrare veri educatori che si pongano al loro servizio, degli adulti immersi in una realtà sempre più complessa, degli anziani, sempre più numerosi e fragili.
In una parola: impegno di servizio e amore per il prossimo.
Il fondatore della Comunità Kayrós racconta come lo sport possa essere un ponte per includere, educare e abbattere le barriere, in un mondo che spesso si chiude invece di aprirsi
Il viaggio educativo di don Claudio Burgio
Accoglienza, sport e comunità
di Leonio Callioni e Laura Sanvito
UN DIALOGO
APPASSIONATO PER
SPIEGARE COME IL VERO
CAMBIAMENTO NASCA
DALLA CAPACITÀ DI
ACCOGLIERE E DALLA
VOLONTÀ DI NON TEMERE
CIÒ CHE È DIVERSO
Di questi tempi uno dei temi più dibattuti è quello del disagio giovanile e delle sue conseguenze. Si tratta di un tema delicato, da affrontare con rispetto e amore, ma anche con tanta umiltà, perché una soluzione univoca non esiste. Ogni percorso verso il dialogo e la valorizzazione di tutte le età nella nostra società è come una lunga escursione in montagna: ci vogliono costanza, rispetto e una volontà indomita di “aprirsi”. Abbiamo quindi deciso di incontrare don Claudio Burgio, fondatore e Presidente dell’associazione Kayrós, che dal 2000 gestisce comunità di accoglienza per minori e servizi educativi per adolescenti.
Appassionato di musica, che vive anche come strumento di relazione con i giovani, don Claudio, dopo dieci anni di parrocchia sempre coinvolto nella pastorale giovanile degli oratori, è diventato collaboratore di don Gino Rigoldi come cappellano dell’Istituto penale minorile “Cesare Beccaria” di Milano.
Eccoci qua con don Claudio Burgio, sacerdote che, nella sua missione, ha incontrato i giovani come vicario parrocchiale, o “coadiutore”, come si dice nella sua diocesi. Esatto. Quando ero coadiutore, come diciamo noi, nelle prime parrocchie dove facevo il prete dell’oratorio, ho incontrato anche il CSI e per me lo sport è sempre stato un metodo educativo, uno strumento importantissimo. Fin da quando ero giovane prete nel primo oratorio in periferia di Milano, ho allenato i ragazzi. Ho anche conseguito il patentino del CSI e fatto molte attività con l’Associazione, oltre ad aver anche allenato i ragazzi dell’oratorio CSI.
Lì è nata l’idea di Kayrós?
Fondamentalmente sì, da lì è nata anche la storia di Kayrós. Uno di questi ragazzi era un minore straniero non accompagnato, arrivato dal Camerun. Si chiama Alain, era un giovane calciatore importato clandestinamente dall’Africa e messo a disposizione dei grandi Club. Quando poi è stato abbandonato per strada, un giorno ha visto un campo da calcio e un campanile: è entrato ed era il mio oratorio. L’abbiamo ospitato, inserito nella nostra squadra di calcio, e ha fatto il campionato con noi. Da lì è iniziata anche l’avventura di Kayrós,
Il viaggio educativo di don Claudio Burgio
“Purtroppo, oggi c’è una tendenza alla chiusura verso ciò che rappresenta il diverso, il lontano
perché questo ragazzo è stato il primo ospite della Comunità. Dallo sport siamo passati a un intervento sociale per aiutare lui e tutti gli altri che poi sono venuti ad abitare con noi. Sono ormai 25 anni che accogliamo i ragazzi in Comunità.
Come sono cambiati i tempi?
Com’era l’accoglienza della comunità, rispetto a questo ragazzo, allora e come è invece oggi?
La cosa incredibile è che all’epoca questo ragazzo sia stato accolto dalle famiglie a turno. Anzi a quei tempi forse era ancora normale. Oggi sarebbe impensabile. In effetti, la Comunità è nata per regolarizzare questa accoglienza, perché comunque Alain era sempre un clandestino, un ragazzo senza documenti. L’accoglienza si basava troppo sull’emotività, sul proprio cuore e sul cercare di vivere il Vangelo in un certo modo. Poi l’accoglienza da parte dei ragazzi stessi e delle famiglie che ospitarono Alain a turno ha dato vita all’associazione Kayrós. Oggi Alain non solo è padre di tre figli, ma è anche nostro educatore e l’allenatore della nostra squadra. Ovviamente il
calcio per lui è rimasto un’esperienza bella e significativa. Purtroppo, oggi c’è una tendenza alla chiusura verso ciò che rappresenta il diverso, il lontano. Questa idea dello straniero come fonte di minaccia o paura, seppur presente anche all’epoca, oggi è molto più forte. Anche nelle società sportive e negli oratori c’è una tendenza a chiudersi, ad escludere ragazzi che appartengono a storie diverse da quelle definite “normali”, a restare in una bolla di protezione che illude i genitori e gli adulti che questa sia la strada per educare bene i figli. Io non la penso così, perché vedo che più ci si chiude e più i ragazzi crescono insicuri quando devono confrontarsi con la realtà. La realtà, a scuola o in altri contesti, è fatta comunque di persone diverse. Per quanto cerchi di proteggere tuo figlio in un ambiente chiuso, non lo stai davvero preparando alla vita. Anche lo sport, se rimane un ambiente aperto e inclusivo, può essere un vero esercizio di adultità futura. Se invece l’ambiente sportivo è chiuso e restrittivo, non educa al futuro.
Cosa intende quando dice “ambiente sportivo chiuso
e restrittivo”? Come può l’ambiente sportivo essere così? Perché le società sportive fanno fatica, come gli oratori del resto, come le scuole. Tutti facciamo fatica con questi giovani. Ci sono ragazzi, anche se non sono stranieri, ma italiani o di seconda generazione, che sono comunque difficili, che non appartengono ai nostri valori condivisi, magari non sono seguiti a casa, quindi arrivano anche da contesti svantaggiati. Oggi la povertà educativa ed economica è abbastanza evidente, per cui ci sono ragazzi che non si uniformano a quello che la società sportiva o l’oratorio rappresenta. Tendenzialmente qual è il pensiero? O si uniformano ai nostri schemi, al nostro modo di fare sport, di essere oratorio, oppure qui non ci devono stare. Io invece penso che una società sportiva, un oratorio, possa crescere solo se si apre anche a nuovi ragazzi e quindi a nuovi valori. Per esempio, il fatto di avere anche dei ragazzi musulmani oppure ragazzi di seconda o terza generazione è chiaro che può rappresentare una difficoltà, ma questo non può che far crescere la società sportiva e chi deve provare a dare un’educazione
che sia interculturale, aperta alla prossimità e non chiusa.
Le strutture hanno difficoltà ad adattarsi a una dinamica sociale in rapido cambiamento. Ci ha già spiegato il rapporto con la comunità. E con le istituzioni invece, quelle direttamente coinvolte nei temi dei giovani e della fragilità, com’era allora e com’è oggi?
Beh, le istituzioni per antonomasia sono quelle storiche e tradizionali: la famiglia, lo Stato, la Chiesa e la scuola. All’epoca, parlo di 2530 anni fa, queste realtà spesso coincidevano e vivevano un rapporto molto spontaneo. C’era una stretta collaborazione tra figure come il prete, il sindaco, gli enti locali e la scuola, soprattutto nei piccoli territori. Oggi si fa un grande sforzo in questa direzione, e c’è la consapevolezza dell’importanza di lavorare in rete; tuttavia il processo risulta complicato a causa di un certo livello di autoreferenzialità e individualismo tra le istituzioni, che spesso impedisce una vera collaborazione per il benessere dei ragazzi. Ciò nonostante, esistono esperienze virtuose di realtà che collaborano efficacemente; e, quando questo accade, si riesce davvero a incidere positivamente su un territorio. In questo modo, i ragazzi non si sentono più dispersi o isolati, ma percepiscono un’importante rete di supporto attorno a loro. Per questo, è fondamentale continuare a promuovere il lavoro in rete. Non è sempre facile, soprattutto perché oggi le figure di riferimento cambiano continuamente. In passato c’era maggiore stabilità: ad esempio, l’assistente sociale o l’insegnante rimanevano spesso la stessa persona per decenni. Oggi, invece, assistiamo a un ricambio costante delle figure adulte di riferimento. Ogni volta, anche nei lodevoli tentativi dei Comuni di riunire diverse realtà, comprese
quelle del Terzo Settore, ci troviamo di fronte a un ricambio continuo degli interlocutori a causa della conclusione dei progetti. Sebbene i finanziamenti siano assolutamente utili, rappresentano anche un limite: la loro breve durata spesso porta a iniziare molti progetti che finiscono nel giro di pochi mesi. Alla fine del finanziamento, non rimane nulla, e ci si ritrova a dover ripartire da zero. Questo vale anche per i quartieri a rischio di Milano, San Siro per esempio. Non possiamo dire che non ci siano stati interventi in questi anni, ma tutti poco lungimiranti, di breve durata, che quindi non hanno creato davvero un cambiamento del quartiere. Sono tutti a spot, tutti interventi che, sì, intervengono sull’emergenza, sulla contingenza, ma non hanno un respiro ampio. Questo è un po’ il guaio di certi finanziamenti o di bandi a durata molto breve che non riescono a trasformare un territorio, una situazione. Ci si raduna insieme solo quando ci sono i soldi — pochi, per la verità — e allora a quel punto si è tutti interessati a sedere a quei tavoli di concertazione.
Poi, quando il finanziamento finisce... Mi sono sempre chiesto: ma quei soldi, quei finanziamenti, a chi vanno realmente? In teoria, sono messi a disposizione dallo Stato per i ragazzi, per lo sport, per varie iniziative. Tuttavia, spesso finiscono per coprire le spese degli adulti che progettano questi servizi. I servizi stessi, poi, tendono a spegnersi rapidamente perché i finanziamenti sono limitati e di breve durata. La maggior parte dei fondi viene impiegata altrove, non direttamente per i ragazzi, ed è questo il problema principale che noto.
Lo sport si fonda sulle regole e, in qualche modo, richiede ai ragazzi di rispettare un insieme di norme condivise. Qual è il motivo, la magia, per cui i giovani, nello sport, si sentono supportati nel seguire queste regole, mentre nella società questo non accade? Cosa rende lo sport così speciale?
Beh, innanzitutto, la regola ci vuole perché non c’è una libertà vera senza vincolo. Quindi anche nel mondo dello sport è importante,
Il viaggio educativo di don Claudio Burgio
imprescindibile, che ci siano regole. È anche vero che la regola da sola non basta; la legge dei codici nella società, nello Stato, come nell’ambito sportivo, non è sufficiente da sola per aiutare un ragazzo a cambiare, per includerlo, per aiutarlo a fare gruppo se sono sport di squadra... L’altra parte è costituita dal rapporto educativo con un adulto. Chi è l’interprete della legge? Chi riesce a significare la legge, a dare un motivo per cui bisogna stare dentro le regole, se non l’adulto, l’allenatore, il dirigente, colui che, nella società sportiva, aiuta i ragazzi a percepire la necessità di una legge, proprio perché senza regola non si vince? Quindi, a un certo punto, l’adulto è chiamato non semplicemente ad affermare la regola fine a sé stessa, ma a far capire, attraverso la propria azione, il proprio esempio, la propria testimonianza, come la regola sia anche un’occasione d’oro per fare squadra, per poter svolgere un cammino di senso e per educare fondamentalmente. E anche per vincere perché, nell’ambito degli sport a squadre, se non ti dai delle regole c’è poco da fare. Puoi avere anche tanti campioni, ma, se il gioco non si organizza intorno a qualche regola, non si vedono nemmeno i risultati.
“
L’adulto è chiamato non semplicemente ad
affermare la regola fine a sé stessa, ma a far capire, attraverso la propria azione, il proprio esempio, la propria testimonianza, come la regola sia anche un’occasione d’oro per fare squadra, per poter svolgere un cammino di senso e per educare
Quanto è importante, secondo la sua esperienza, che un ragazzo percepisca l’amore dell’educatore nei suoi confronti? Intendo dire, quanto è fondamentale che il ragazzo si senta valorizzato come persona, indipendentemente dai risultati
ottenuti, ma sapendo che è comunque amato e apprezzato? Questo è fondamentale. E dipende da quali sono le motivazioni che spingono un adulto a mettere a disposizione il proprio tempo dentro una società sportiva. Perché c’è chi lo fa per una passione personale, chi lo fa per ottenere risultati, e chi invece è davvero mosso da una passione educativa e vuole aiutare questi ragazzi. È fondamentale aiutare ogni società sportiva a comprendere con chi collabora, chi sono i collaboratori, quali sono le loro motivazioni, quali obiettivi condividono e quali sono i loro obiettivi personali. Tu fai l’allenatore perché? Che obiettivi ti dai? Se gli obiettivi sono esclusivamente legati alla prestazione sportiva, diventano limitanti. Quando i risultati non arrivano, purtroppo emerge l’altra faccia della medaglia: accuse, giudizi e difficoltà nel gestire i rapporti con i ragazzi. È importante che ogni società sportiva rinnovi periodicamente la consapevolezza del proprio ruolo: capire perché esiste, quali sono le motivazioni che spingono allenatori, dirigenti e adulti ad esserci, e qual è l’obiettivo comune da perseguire. I ragazzi percepiscono immediatamente le nostre vere motivazioni, spesso
meglio e più rapidamente di noi adulti. Se replichiamo ciò che purtroppo accade in molte famiglie e scuole, dove l’unico valore è la prestazione e il risultato, non stiamo realmente educando o aiutando. Oggi siamo immersi in una cultura del profitto, una dittatura del risultato in cui il valore di una persona è determinato dalla sua capacità di produrre risultati. E allora ecco che abbiamo bisogno di allenatori adulti che invece offrano uno spunto diverso, uno sguardo diverso su come accogliere e recepire i ragazzi, con o senza risultati. I risultati variano: alcune squadre, calcisticamente parlando, potrebbero avere come massimo traguardo arrivare a metà classifica. Ed è giusto così, quello sarà il loro obiettivo. Non è necessario inculcare l’idea che debbano sempre arrivare primi, ma piuttosto riconoscere che ogni squadra e ogni atleta ha i propri obiettivi, misurati in base alla realtà. La realtà è la migliore maestra, non i sogni o le aspettative degli adulti. Bisogna far capire ai ragazzi che ognuno ha il proprio percorso e, come squadra, dobbiamo puntare al massimo obiettivo che sia realisticamente raggiungibile.
Lei dice che per i ragazzi di oggi l’adulto è irrilevante. Può aiutarci a capire meglio?
Dicendo “adulti”, parliamo anche di educatori, allenatori. In che senso possono risultare irrilevanti?
Lo dico perché sono i ragazzi stessi a dirmelo. Ovviamente, il mio contesto riguarda ragazzi con situazioni particolari, ma credo che il mio punto di osservazione, sia qui in Comunità che al carcere minorile, sia abbastanza rappresentativo e fornisca molti spunti. L’adulto è irrilevante quando non aggiunge nulla di nuovo a ciò che i ragazzi già conoscono. Tradotto nell’ambito sportivo, se un allenatore non è competente e
non ti dà la sensazione di insegnarti qualcosa che non sai, quell’adulto è irrilevante, inutile. Ricordo che in passato criticavo molto questa situazione, ma devo dire che si sono fatti dei progressi, anche all’interno del CSI. Tuttavia, la competenza e la formazione rimangono fondamentali. Se chi allena una squadra di bambini non ha né formazione né competenza, inizialmente può anche funzionare, ma presto il bambino si rende conto che non può imparare nulla di nuovo, né ricevere affetto o competenza tecnica. A quel punto, semplicemente, smette di ascoltare e perde interesse. Per scendere nel concreto, avendo fatto l’allenatore anch’io, posso dire che, se un ragazzo entra in un campo senza trovare attrezzi pronti, senza una chiara idea di allenamento o una preparazione adeguata, facilmente si perde: prende il pallone, lo calcia e fa ciò che vuole. Tutto parte da una preparazione remota: io allenatore devo capire che obiettivi ho in quell’allenamento, cosa voglio trasmettere. Può essere un gesto atletico, un gesto tecnico, ma devo darmi degli obiettivi. Altrimenti, se questi ragazzi entrano in campo e l’unica proposta è “facciamo una partitella e basta”, tutto si sfalda. Questo è il problema; ancora di più per questi miei ragazzi che sono
sregolati per antonomasia, sono ragazzi che non hanno regole, non le hanno osservate, hanno commesso dei reati, quindi sono piuttosto refrattari a vivere dentro un contesto organizzato, già stabilito. Invece, quando l’ambiente è ben strutturato e l’attività sportiva è preparata con cura, i ragazzi partecipano con grande entusiasmo e attivamente. L’allenamento al Beccaria, quando è stato svolto con il CSI, è sempre stato ben preparato e coinvolgente per i ragazzi, che si sentono parte di un’azione collettiva e supportata da adulti competenti. Quando i ragazzi sentono che possono fidarsi, allora non sei più irrilevante. Purtroppo invece l’improvvisazione è ancora troppo comune in molti ambiti di allenamento. In quei casi si perde l’attenzione dei ragazzi, perché ciò che loro si aspettano è un allenamento strutturato e ben organizzato. I ragazzi chiedono competenza, non bisogna sottovalutarli, nemmeno quelli del Beccaria, nemmeno quelli che magari sono sregolati e quindi ti danno la sensazione di non partecipare. Invece partecipano eccome, quando ci sono cose organizzate bene.
Come CSI realizziamo vari progetti nelle carceri, ma, secondo lei, qual è il tipo di
Il viaggio educativo
di don Claudio Burgio
progetto che funziona davvero e porta beneficio ai ragazzi? È sufficiente portare tecnici preparati o serve anche essere educatori, oltre che allenatori qualificati? Che cosa funziona meglio?
Quello che, secondo me, funziona oggi in un carcere è certamente il prepararsi bene, ma in vista di qualcosa. Quindi la cosa più importante oggi sarebbe permettere al mondo delle società sportive di accedere al Beccaria. Molti anni fa questo era possibile: c’era persino una squadra del Beccaria, composta da agenti di polizia penitenziaria e ragazzi detenuti, che partecipava regolarmente al campionato a 11, con la possibilità di fare trasferte. Successivamente, tuttavia, a causa di una crescente attenzione alla sicurezza e al regime blindato, tutto questo è stato interrotto. Oggi, per molte ragioni legate al Beccaria e agli eventi recenti, è complicato organizzare persino un allenamento, poiché si evita di riunire dieci ragazzi insieme, temendo possibili episodi di violenza o disordini, invece di avere fiducia che, se si offre loro un’attività positiva, possano partecipare senza problemi. Questa paura di perdere il controllo e la preoccupazione per la sicurezza rendono l’attività sportiva al Beccaria un’opportunità riservata a pochi, talvolta solo a due, tre o quattro ragazzi. Questo, ovviamente, limita il CSI e altre organizzazioni nello svolgere attività significative. Lo stesso vale per il rugby e altre discipline che purtroppo, al momento, non riescono a coinvolgere numeri adeguati. La soluzione migliore sarebbe questa: non necessariamente un campionato, se non è fattibile, ma sicuramente delle amichevoli o piccoli tornei interni. E sarebbe utile per due motivi: primo, per i ragazzi del Beccaria, che vedono concretizzarsi la loro
“
Quando l’ambiente
è ben strutturato e l’attività sportiva è preparata con cura, i ragazzi partecipano con grande entusiasmo e attivamente
preparazione e il loro allenamento attraverso un’esperienza reale sul campo. Ma soprattutto per le società sportive e i loro ragazzi: in un’ottica di prevenzione, entrare in un carcere minorile e giocare una partita con i ragazzi detenuti è un’esperienza profondamente arricchente, che offre una lezione di vita importante. Non si tratta di creare paura, ma di far capire cosa significa realmente aver sbagliato e vivere in quelle condizioni. Io favorirei moltissimo questo rapporto tra le società sportive fuori e un’eventuale società sportiva interna alle carceri.
Dice “eventuale” perché non esiste?
Esatto, attualmente non esiste. La nostra Comunità è chiaramente penale e accoglie i ragazzi del Beccaria. Appena hanno la possibilità di uscire, molti vengono qui. In questo momento, la nostra società sportiva Kayrós rappresenta, in un certo senso, il Beccaria, con tutte le difficoltà e le espulsioni che questo comporta. Tuttavia, a volte questo viene compreso e valorizzato, ed è qualcosa di positivo. Quando lo scambio con le società sportive è motivato non da obiettivi educativi, ma solo dalla volontà di ottenere risultati, questo diventa
evidente. In questi casi vediamo ancora genitori agitarsi sugli spalti e allenatori incitare i ragazzi a “non aver paura di quelli del Beccaria”, creando le condizioni per situazioni complesse. Al contrario, quando una società sportiva ha chiari obiettivi educativi, vi è una preparazione preventiva, uno scambio costruttivo, e magari anche un momento di riflessione dopo la partita. In questi casi allora lo sport diventa un vero strumento di educazione. Cioè, se l’obiettivo diventa solo dimostrare che “noi siamo più forti di quelli del Beccaria”, allora si entra in un terreno pericoloso. È davvero rischioso, perché si finisce per mettersi sullo stesso piano dei ragazzi, ed è ancor più grave quando questa dinamica viene guidata o incoraggiata da un adulto. Non è sempre facile evitare queste situazioni. Tuttavia, ci sono anche bellissimi esempi in cui, nonostante la partita sia stata tesa, dopo ci si ritrova insieme per bere qualcosa e tutto si conclude serenamente.
Con la squadra di Kayrós riuscite a partecipare regolarmente al campionato con i ragazzi?
Sì, sì. Noi siamo da sempre iscritti al campionato CSI. Quest’anno abbiamo due squadre, una degli ex ragazzi e una dei ragazzi attuali, e quindi partecipano. Fino a qualche anno fa partecipavano e vincevano. Adesso è un disastro, però vabbè... (ride). La paura che degenera è uno dei problemi della nostra società: l’allarmismo e la paura dell’altro, del diverso, contribuiscono a moltiplicare i comportamenti violenti. La paura porta all’isolamento e l’isolamento aumenta solo le distanze e le incomprensioni.
Lo sport, invece, può essere un ponte straordinario se praticato con apertura e con l’obiettivo di includere, mai di escludere.
I direttori di gara e i giudici del CSI in un’analisi per comprendere i trend attuali e cogliere le opportunità per valorizzare il ruolo educativo di queste figure. Reclutamento, parità di genere e formazione continua: le sfide da affrontare
Arbitro, ergo sum
di Daniela Colella e Massimiliano Dilettuso
ll Centro Sportivo Italiano può contare su una rete di arbitri, direttori e giudici di gara straordinariamente estesa, che garantisce il corretto svolgimento delle attività sportive in tutta Italia. I numeri raccontano un impegno capillare: complessivamente, tra arbitri di calcio, pallavolo, pallacanestro e giudici di gara di altre discipline, il CSI registra 6.218 arbitri attivi (anno di riferimento 2023/2024), di cui 3.146 nel settore del calcio – che rappresentano la fetta più ampia della sua struttura –, sottolineando la vastità dell’organizzazione e la sua capacità di
supportare eventi locali, regionali e nazionali.
I dati del tesseramento evidenziano una forte predominanza maschile: per circa l’83% si tratta di uomini, mentre le donne rappresentano solo il 17%, anche se in alcune discipline – come ginnastica e nuoto – si registra una lieve crescita. Il numero totale di arbitri è sostanzialmente stabile nel tempo, ma si rilevano fluttuazioni in base alle discipline e alle regioni. Il calcio continua ad essere il settore più rappresentato, ma mostra un lieve calo nelle fasce più giovani, segno di difficoltà nel reclutamento. Al contrario, sport come judo e karate vedono un aumento, soprattutto tra gli under 31. Nel basket e nelle ginnastiche, la distribuzione per età è più equilibrata rispetto al calcio, con una significativa rappresentanza di professionisti tra gli under 31. A livello regionale, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto guidano la classifica per numero di arbitri e
“
Con oltre 6.000 fischietti, direttori e giudici di gara, il CSI è un pilastro dello sport di base
giudici, grazie anche allo stimolo derivante da una maggiore presenza di eventi sul territorio, mentre regioni come Liguria e Calabria presentano numeri più modesti, evidenziando la necessità di investimenti in formazione e reclutamento. La partecipazione femminile, pur marginale, cresce soprattutto in sport come pallavolo e ginnastica artistica e ritmica, anche se c’è ancora molto da fare
Il cartellino azzuro: una scelta di educazione
Il Centro Sportivo Italiano ha da sempre scelto di porre l’accento sull’aspetto educativo delle competizioni. Tra le sue innovazioni più significative c’è l’introduzione, più di 25 anni fa, del cartellino azzurro, uno strumento che si distingue per il suo valore disciplinare e formativo, pensato per promuovere un clima di rispetto durante le gare di calcio a 11, a 7 e a 5. A differenza del cartellino giallo o rosso, associati a punizioni definitive o severe, il cartellino azzurro rappresenta una terza via: l’espulsione temporanea. Questo provvedimento nasce con un obiettivo chiaro: correggere comportamenti scorretti senza ricorrere a misure eccessivamente punitive. L’espulsione temporanea consente di allontanare un giocatore dal campo per alcuni minuti, permettendo di smorzare le tensioni e ripristinare un clima più sereno e rispettoso. In molte occasioni, infatti, un’ammonizione può apparire insufficiente, mentre un’espulsione definitiva troppo severa. Il cartellino azzurro si pone dunque a metà strada, offrendo una soluzione che mira a ristabilire l’equilibrio nel gioco senza penalizzare in
“ I dati segnalano un calo nelle adesioni tra i giovani. Cresce la partecipazione femminile
per promuovere la parità di genere in discipline dominate dagli uomini. La formazione continua rimane cruciale per garantire la qualità del lavoro arbitrale, e il CSI ha investito per rendere i corsi più accessibili, specialmente per sport meno diffusi come atletica e ciclismo, dove i numeri sono bassi ma in crescita. In conclusione, il calcio resta la disciplina più rappresentata, ma sport come pallavolo, judo e
modo definitivo la squadra. Il cartellino azzurro riflette la volontà di mantenere l’attenzione sui valori educativi e sulla formazione dei partecipanti. Non è un caso che il CSI abbia scelto di ispirarsi a sport come la pallanuoto, il rugby e l’hockey, dove l’espulsione temporanea è da tempo un elemento consolidato, utilizzato per disciplinare il gioco e garantire correttezza. Gli arbitri, figure centrali di questo processo, hanno trovato nel cartellino azzurro un prezioso alleato per gestire situazioni di tensione eccessiva, senza dover ricorrere a misure drastiche. La possibilità di punire temporaneamente un comportamento scorretto permette di dare un segnale chiaro, offrendo però al giocatore la possibilità di rientrare in campo con un atteggiamento corretto. Se già nel numero di settembre abbiamo sottolineato il ruolo dell’arbitro come “salvatore della partita”, capace di gestire le dinamiche del gioco con equilibrio, l’introduzione del cartellino azzurro ne amplifica ulteriormente la funzione educativa. L’arbitro diventa non solo colui che applica le regole, ma un vero educatore in
karate stanno mostrando segnali di vitalità. La sfida principale rimane quella di attrarre giovani e donne, per garantire un futuro sempre più inclusivo e professionale per il sistema arbitrale italiano, perché investire negli arbitri e nei giudici è investire nel futuro dello sport stesso.
campo, capace di trasformare un episodio critico in un momento di crescita per tutti i partecipanti. Nonostante le sfide legate a un contesto sportivo sempre più orientato alla competizione esasperata, il CSI continua a credere nel valore formativo dello sport. Il cartellino azzurro ne è una testimonianza concreta, dimostrando che è possibile educare senza mortificare, correggere senza distruggere. Un modello che potrebbe essere adottato con successo anche in altre discipline e a livelli più alti, come strumento per diffondere una cultura sportiva fondata sul rispetto e sulla crescita personale. Il cartellino azzurro non è solo un simbolo, ma un messaggio chiaro e potente: nello sport, come nella vita, gli errori possono essere corretti, le tensioni possono essere allentate, e il rispetto reciproco deve sempre essere la bussola che guida ogni azione.
L’arbitro, con il suo cartellino azzurro, diventa il custode di un insegnamento prezioso: la vera vittoria è quella che si conquista insieme, nel rispetto delle regole e degli avversari.
Gli orizzonti verticali di Laura Rogora, la più forte climber azzurra di sempre
Una vita puntando sempre al top
Dopo le Olimpiadi di Parigi, la stella dell’arrampicata sportiva italiana ha concluso la stagione di gare con due ori al Campionato europeo ed una finale in Coppa del Mondo.
Per l’agente delle Fiamme Oro, da piccola nella sua Roma due stagioni anche nel CSI, grandi risultati nel 2024 anche sui tiri estremi in roccia nella sua nuova casa: il Trentino
di Felice Alborghetti
Centocinquantun centimetri per quaranta chilogrammi di peso forma, uguale nove volte campionessa italiana fra lead e boulder, due Mondiali giovanili vinti, due Giochi Olimpici alle spalle. La formula vincente è quella di Laura Rogora, 23 anni, romana, luminosa stella del firmamento dell’arrampicata sportiva italiana; nel 2024 campionessa europea di lead e di combinata a Villars, appena dopo le Olimpiadi di Parigi. Nel 2014 e 2015 tesserata nel CSI capitolino, oggi a Trento, città dove vive e studia matematica, allenandosi con le Fiamme Oro e molto spesso ad Arco di Trento, sede dei ritiri della Nazionale, presso il centro tecnico della Federclimbing.
Laura, cominciamo dai primi appigli. Quando hai cominciato ad arrampicare?
Ho arrampicato per la prima volta che avevo quasi 5 anni, grazie a mio papà, grande appassionato di montagna e di arrampicata. Quando avevo sei anni e mezzo, abbiamo trovato una palestra vicino casa in zona Spinaceto, e lì ho conosciuto il mio allenatore, un maestro. Andavo una volta a settimana, facevo anche ginnastica artistica. Poi l’anno successivo ho deciso di fare solo arrampicata e lasciare l’artistica. Mi piaceva molto di più. Lì le prime gare. E le prime medaglie giovanili.
Ricordi la tua prima medaglia in assoluto?
A 7 e 8 anni facevo tutto in palestra. C’erano sia lead che boulder e speed: ricordo bene la mia prima medaglia; il primo podio l’ho conquistato nel boulder in Coppa Italia… Avrò avuto 8 anni. Mi allenavo tre giorni a settimana; da piccola facevo anche velocità, e, pur non essendo velocissima, me la sono ritrovata poi più avanti, quando – ad esempio alle Olimpiadi di Tokyo – si gareggiava nella combinata olimpica sommando i punteggi di tutte e tre le specialità verticali.
Nella tua crescita, qualche presa anche nel CSI?
Sono di Casal Bernocchi [Roma N.d.R.], e la mia palestra è stata a lungo la Climbing Inside sulla Via del Mare verso Ostia; mi allenava Alessandro Marrocchi.
Per mesi sono stata anche nel CSI con Movimento Verticale, ed è stato proprio lì, quando ho disputato a 13-14 anni le mie prime gare internazionali, arrivando presto sul podio del Campionato del Mondo giovanile, il momento in cui ho capito che da semplice passione sportiva l’arrampicata poteva divenire qualcosa di più nella mia vita.
Se oggi tu, che sei una colonna del climbing azzurro, dovessi parlare a dei giovanissimi, come se fosse uno spot per il tuo sport, cosa diresti loro?
Direi anzitutto di provarlo perché è uno sport molto vario, che non annoia, ogni boulder è diverso, e poi soprattutto è uno sport che
Il Palmarès di Laura Rogora
Data di nascita: 28/04/2001
Luogo di nascita: Roma
Società: Fiamme Oro
Presente nelle competizioni internazionali dal 2015, con 133 partecipazioni all’attivo.
• Partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020 e alle Olimpiadi di Parigi 2024 (18° posto in combinata); Campionessa europea di lead e di combinata 2024 (Europei Villars, agostosettembre 2024);
• Medaglia d’argento Coppa del Mondo lead (Briançon, luglio 2024);
• Medaglia di bronzo Qualifica
Olimpica (Laval, ottobre 2023);
• Medaglia di bronzo Campionato del Mondo lead (Mosca 2021); Campionessa mondiale giovanile
ti porta a stare all’aperto, a contatto con la natura: tutta la componente outdoor è fondamentale, poiché si tratta di una disciplina che ti porta spesso a vivere dei bei momenti fuori con gli amici.
Preferisci arrampicare outdoor o indoor?
Non saprei scegliere. Certo, le emozioni che si provano in gara non si provano outdoor, ma, se dovessi scegliere o sognare una sola parete per tutta la vita, sceglierei e la immaginerei outdoor. I tiri in falesia hanno dell’incredibile e poi in quell’ambiente è forse più una sfida con sé stessi.
Fatica, esercizio, tecnica. Quante e quali sollecitazioni una volta messa l’imbragatura o anche senza?
Il nostro è uno sport assai completo, tutti i muscoli sono attivati ed occorre tanta preparazione dietro ad una qualsiasi prova o gara. Bisogna investire molto tempo perché, oltre alla preparazione fisica, bisogna affinare anche le capacità tecniche. Il cuore in certi
boulder e lead (Arco 2019);
• Campionessa mondiale giovanile boulder (Mosca 2018);
• Campionessa italiana lead 20162017-2018-2020-2021-2023;
• Campionessa italiana boulder 2015-2016-2020.
Nel 2015 prima Italiana ad arrampicare in falesia su difficoltà 9 A (a soli 14 anni), a Sperlonga. Nel 2020 nella falesia di Rodellar, in Spagna, è diventata la prima italiana e la più giovane di sempre a riuscire a scalare una via di grado 9 B, la massima difficoltà a livello femminile: è diventata la seconda donna sulla Terra a riuscire a scalare questa difficoltà.
passaggi arriva anche a 180 battiti al minuto. Bisogna allenarsi tanto insomma… Ma tutto sommato è uno sport divertente. A qualsiasi livello, anche non agonistico. Ognuno in fondo sfida sé stesso, scegliendo la sua via.
Scalando una via di grado 9 B, il livello massimo femminile, sei tra le poche ad esserci riuscita. Ma esiste la paura, a certe inclinazioni?
Non è l’inclinazione a dare la difficoltà; esistono pareti molto inclinate, a strapiombo, ma molto facili da scalare, ed invece pareti poco inclinate ma molto impegnative. Dipende dai tracciatori o dalla natura delle rocce, a seconda dei casi.
Il climbing è anche uno sport che in certi momenti ti impone e ti insegna a dover trovare soluzioni in breve tempo. Sì, esatto, questo è uno degli aspetti formativi più importanti dell’arrampicata sportiva, visto che il percorso cambia sempre. Nel boulder c’è una zona di isolamento dove noi climber attendiamo che i tracciatori progettino le vie
di zona o di top nel minor tempo possibile e nel minor numero di tentativi. Spesso non si arriva nemmeno alla zona, altre volte si fa flash, cioè tocchiamo il top in pochi secondi e al primo colpo. Nella lead c’è invece un periodo di osservazione di sei minuti, in cui possiamo tutti da sotto vedere il tracciato ed escogitare il modo migliore per salire, magari confrontandoci anche con gli avversari.
Quindi non esistono segreti personali? Assolutamente no. Il segreto è nelle gambe e nelle braccia, nelle dita dei piedi e delle mani. In ogni gara fra di noi ci si aiuta sempre, cercando di capire insieme in quei pochi minuti il modo migliore per salire fin su. Delle volte ci sono varie possibilità in discussione e poi naturalmente dipende molto dal proprio fisico e dalla costituzione. È uno sport morfologico, tante volte essere bassi avvantaggia, altre volte l’altezza favorisce la presa, i salti, i passaggi o il semplice movimento in parete.
Hai due divise: quella cremisi delle Fiamme Oro e quella azzurra dell’Italia. Quanta responsabilità senti addosso?
Nel 2019 sono entrata a far parte della Polizia ed è stata una grande fortuna, poiché mi ha dato la possibilità di dedicarmi al 100% all’arrampicata: oggi ho il grado di agente e sono molto onorata di indossare questa divisa. Ovviamente anche quella italiana è una divisa pesante, che impone a tutti di essere sempre di esempio per chi ci guarda.
Parliamo adesso delle recenti Olimpiadi. Troppo alta da scalare la Tour Eiffel? Com’ è andata a Parigi?
C’ero anche a Tokyo, dove era la prima volta dell’arrampicata sportiva ai Giochi Olimpici, ed esserci come partecipante mi ha riempito di orgoglio. A Parigi senza la velocità nella combinata, con solo lead e boulder, le due specialità più mie, pensavo sinceramente di andare meglio [18ª in combinata N.d.R.]. In ogni caso rispetto a Tokyo, dove non c’era il pubblico e con le mascherine a causa del Covid, di Parigi ho ricordi migliori. È stata
Una vita puntando sempre
un’esperienza diversa, anche per il fatto di aver condiviso il clima a cinque cerchi con la mia famiglia; poi il Villaggio Olimpico con tanti campioni. Dispiaciuta per il mio compagno di squadra, Matteo Zurloni, che nella velocità aveva buone speranze. Aveva tempi da record europeo e per soli due millesimi è rimasto fuori dalle medaglie, un vero peccato per il nostro movimento, ma si sa che la
speed è così. Tutti sono molto attaccati ed ogni minimo errore può fare la differenza.
A Le Bourget, il sito olimpico dell’arrampicata, la combinata lead e boulder è stata vinta da Janja Garnbret, un’icona del tuo sport. Cosa pensi di lei? È straordinaria. Diciamo che fra le scalatrici – ma forse fra tutte le atlete del pianeta – è una delle più titolate. È sicuramente un idolo e contemporaneamente un’avversaria fortissima.
Nel tuo sport si punta e si raggiunge il top. Ma quando, come stato di forma in questa stagione, ti sei sentita veramente al top?
Mi sono preparata al meglio per Parigi, ma forse devo dire che mi sono sentita al meglio fisicamente subito dopo, in Svizzera a Villars. Quando ho vinto l’oro europeo nella prova di lead, sentivo di stare al meglio.
L’arrampicata sportiva sta crescendo nei numeri di praticanti grazie anche all’impegno sociale di FASI e Fiamme Oro. Cosa pensi al riguardo?
La Federazione e la Polizia da sempre si impegnano per promuovere lo sport sociale, perché fare sport è un modo per aiutare i ragazzi che vivono in aree disagiate e l’arrampicata all’aperto può essere una palestra di vita.
Recentemente nel cuore del Rione Sanità, a Napoli, le Fiamme Oro hanno inaugurato una parete per l’arrampicata nell’ambito di un progetto per l’avvicinamento allo sport di bambini e giovani.
Siamo prossimi al Giubileo della speranza. Quali le tue ambizioni nel 2025?
Nel 2025 punterò a fare meglio nella lead e, tra gli obiettivi stagionali, c’è il Mondiale di Seul a settembre. Senza dimenticare le tappe di Coppa del Mondo. Adesso intanto mi diverto facendo arrampicata su roccia, per tenermi in forma.
THE BEAUTIFUL GAME
Da Londra in una Roma da cartolina per la Coppa del Mondo dei senzatetto. Un calcio pulito, fatto di valori umani. Una storia di resistenza, umanità, complicità, positività, rinascita e quindi di una seconda opportunità
THE BEAUTIFUL GAME
Regia di Thea Sharrock , con Bill Nighy , Valeria Golino.
Genere drammatico, sportivo Gran Bretagna/USA, 2024, durata 125 minuti di Andrea Barbetti
Un pallone sgonfio e ammaccato è pur sempre un pallone. E un uomo stanco e disperato resta comunque un uomo. Ditelo chiaro a questa società che rottama merci e persone con la facilità di un click! È il gentile ma forte messaggio della regista Thea Sharrock, ben conosciuta al pubblico per “Io prima di te” e “Cattiverie a domicilio”.
I giardini di Castel Sant’Angelo sono sfondo perfetto per la “Homeless World Cup” al centro del suo film: il Mondiale di calcio delle rappresentative nazionali di persone senza fissa dimora. La sceneggiatura si ispira alla realtà: su idea di Young e Schmied, dal 2003 per gli uomini e dal 2008 per le donne va in scena una World Cup in cui i protagonisti sono rigorosamente senzatetto provenienti da ogni parte del mondo. La selezione è purtroppo su vasta scala: si calcola infatti che circa un miliardo e 600 milioni di donne e uomini nel mondo non abbiano un alloggio adeguato. La regista si muove con equilibrio tra le storie drammatiche di chi partecipa e la bellezza dell’agonismo senza se e senza ma. Il punto di vista è la squadra del suo Paese, l’Inghilterra, guidata dal manager Mal (il grande attore britannico Bill Nighy) alle prese con un gruppo di ragazzi dalla vita difficile e dal talento tormentato come Vinny (Micheal Ward). Una città da cartolina si alterna a gare e drammi interiori. Si gioca e ci si tormenta a ritmo rapidissimo come le regole del gioco
dettano: partite da 14 minuti sul campo che è la metà del calcetto, con arbitri santi e maledetti come da noi. Tacchetti e maglie danno il massimo in appena 14 minuti come se la vita non avesse ritorno, un’emozione intensa che a nessuno toglie fango, ma che a tutti per un attimo libera sorrisi. Sarà certo accaduto così anche quest’anno a Seoul, dove si è svolta l’ultima edizione col Messico trionfante sia tra gli uomini che tra le donne. Il film racconta la difficoltà di organizzare il torneo, di iscrivere una Nazionale raccogliendo fondi, di armonizzare tra loro animi che il buio del destino è pronto in un attimo ad inghiottire di nuovo e per sempre. Piace che Valeria Golino – nostra nota attrice – sia presente in un ruolo non secondario. Ma piace soprattutto il coraggio di una pellicola che sarà ricordata non come capolavoro, ma come limpida e santa testimonianza di un’umanità che non è parallela alle nostre vite, anzi.
Dall’odore di quei cartoni che d’inverno coprono un corpo senza volto, da quei dormitori pubblici che ogni notte nel mondo raccolgono centinaia di migliaia di persone arriva il grido fortissimo dell’uomo di ogni tempo. Più vero, rabbioso e umano del nostro. Anche quando segna il gol decisivo nella “Homeless World Cup”.
Un anno di sport
“Solo
insieme si vince”
Si chiude un anno di sport, il 2024, con oltre un milione e mezzo di tesserati e la partecipazione di oltre ventitremila finalisti ai 54 Campionati nazionali.
Oltre tremila le medaglie assegnate
di Felice Alborghetti
“Solo insieme si vince” è stato il leitmotiv che nel 2024 ha accompagnato ogni fase finale dei Campionati nazionali del CSI. Un chiaro invito ad ogni partecipante, in ciascuna delle differenti discipline sportive alternatesi nei mesi della stagione appena trascorsa, a vivere il momento associativo nel pieno dello spirito di squadra, comunitariamente, guardando cioè all’altro ed al prossimo che ci è accanto, compagno o avversario che sia. Lo sport infatti custodisce in sé passione, integrazione, valorizzazione delle proprie e delle altrui diversità, e può offrire la vera chiave per un successo individuale o collettivo. E che poi dall’universo sportivo, dai campi di gara, dalle palestre, dalle piste o dalle piscine dove abitualmente ci si allena, riesce ad estendersi agli ambiti più vari del nostro vivere civile.
Come spesso accade, la fine di ogni anno diviene sempre il tempo dei bilanci, il momento in cui si tirano le somme di tutto quello che è stato. Così è stato fatto dal Coordinamento nazionale dell’attività sportiva del CSI, che a inizio dicembre ha stilato un documento di sintesi dettagliato sul numero dei partecipanti alle varie finali nazionali.
Insieme sui podi degli 11 sport individuali documentati sono saliti in 2.974 atleti ed atlete, fra sciatori, velocisti, ginnasti, pongisti, nuotatori, runner e giocatori di racchetta. Il boom di partecipazione è stato fatto registrare dall’atletica leggera e dalla ginnastica, che hanno visto sfilare circa cinquemila partecipanti. Complessivamente, la reginetta degli sport, nel CSI, ha visto 1.965 atleti ed atlete ad aprile nella corsa campestre, 2.115 sul tartan in pista a settembre e 749 finalisti nella corsa su strada ad ottobre. Mentre ritmica ed artistica nelle due finali marchigiane, disputatesi ad Urbino, hanno visto valutati 1.561 e 3.395 body, impegnando in entrambi i casi le giurie per un’intera settimana.
14
Più di mille le società sportive che nei vari sport hanno potuto assaporare il clima di una finale nazionale CSI.
Scrutando attentamente fra le tabelle, a ben vedere, sono 103 le città italiane, o meglio i Comitati del CSI (sui 132 presenti sul territorio) rappresentati in almeno una finale dei Campionati nazionali. Tra essi sono stati 73 quelli capaci di contare e raccontare di almeno un atleta sul podio.
Un po’ di sano campanilismo: nel medagliere globale dei soli sport individuali, è la Lombardia complessivamente la regione al top, con Bergamo, Milano e Mantova prime assolute in fatto di medaglie conquistate.
Oltre duecento podi per i loro tesserati nei campionati del 2024, come anche per Trento, quarto assoluto.
Più di cento medaglie le hanno vinte invece gli sportivi del CSI affiliati a Vicenza, Lecco, Brescia, Roma e Bologna. Via via tutte le altre fino ad arrivare in fondo alla graduatoria, dove si trovano quei Comitati che hanno potuto esultare anche per una sola medaglia vinta: Acireale, Ascoli, Asti, Aosta, Catania, La Spezia, Pordenone, Siena, Volterra.
“ La ginnastica, artistica e ritmica, e l’atletica leggera, nelle specialità del cross, in pista e in strada, hanno entrambe visto impegnati quasi cinquemila cuori
Ma il dato oggettivamente più rilevante, se non sorprendente, è caratterizzato dalla consistenza giovanile nella popolazione degli sportivi finalisti del CSI.
NUOTO
UNDER 14
ATLETICA
RICCIONE (RN)
2.115 ATLETI
46% UNDER 14
“L’orgoglio arancioblu è quello di aver osservato in gara, sul totale complessivo dei finalisti, il 51% di partecipanti in età compresa dai 9 ai 14 anni. Un dato giovanile che arriva sino al 78% considerando la fascia dei soli minori under 18
SPORT&GO!
CESENATICO (FC)
602 ATLETI
100% UNDER 14
Guardando ai dati stagionali aggregati, balza evidente agli occhi che il 78% dei partecipanti alle fasi conclusive dei diversi circuiti dei campionati CSI aveva meno di 18 anni. Stringendo la forbice ed ingrandendo la lente, il focus sui soli under 14 certifica un 57% di presenze con un pass nelle finali nazionali arancioblu. Insomma, un finalista su due aveva tra i 9 ed i 14 anni. Che dire: CSI, uno sport votato ai minori!
CASTELLARANO (RE) 213 ATLETI
GINNASTICA ARTISTICA
URBINO
3.395 ATLETI
83% UNDER 14
“Altre grandi emozioni all’interno del Centro Sportivo Italiano: dai piloti a testa in giù sui diversi circuiti dello speed down, fino a quelli col naso in su dei droni FPV
Gli altri sport
Moltissime altre emozioni tricolori sono state vissute nel 2024 all’interno del Centro Sportivo Italiano. A cominciare dai piloti a testa in giù sui diversi circuiti dello speed down, e poi quelli col naso in su dei droni FPV.
L’Alba dei Marsi ha laureato i migliori trail runner nazionali, mentre sono state ovunque delle coreografie eccezionali quelle che hanno accompagnato le spettacolari manifestazioni di danza sportiva, di cheerleading ed acro dance. Il canottaggio della voga a dieci remi ha vissuto
JUDO
BERGAMO
430 ATLETI
77% UNDER 14
TENNISTAVOLO
CAVA DE’ TIRRENI (SA)
225 ATLETI
14% UNDER 14
fra Adriatico e Ionio le sue tappe conclusive, mentre il Mar Tirreno ha laureato i campioni di nuoto in acque libere.
Ancora sport di squadra: il football americano è andato in end zone , dopo una combattutissima regular season, assegnando lo scudetto come alle squadre di dodgeball e tchoukball. Simpatiche e divertenti anche le ultime medaglie a 4 zampe per le specialità cinofile (Mantrailing, Obedience, Rally O).
“
Le due ruote arancioblu non hanno mai smesso di pedalare lungo l’arco della stagione associativa, facendo registrare ovunque successi di presenze, pubblico e passione
112 ATLETI
Il ciclismo nel 2024
Ripassando i mesi del 2024, un capitolo a parte merita in seno all’Associazione il mondo del ciclismo. Le due ruote arancioblu non hanno infatti mai smesso di pedalare lungo l’arco della stagione associativa, facendo registrare ovunque successi di presenze, pubblico e passione. Costante il dato dei cicloturisti, tesserati nel CSI con intensa attività locale, come pure quello fra gli agonisti, ossia i cicloamatori registrati nei circuiti territoriali ciessini. Riguardo all’attività nazionale, i traguardi tricolori sono stati dieci, che hanno visto gareggiare circa 1.900 partecipanti ed assegnare dalla Commissione tecnica nazionale del settore ciclismo la bellezza di 127 maglie tricolori
CORSA SU STRADA
ARCO (TN)
749 ATLETI
47% UNDER 14
CERCOLA (NA)
191 ATLETI
84% UNDER 14
cerchiate di arancioblu. Podi nelle varie specialità ciclistiche: dalla cronometro individuale ed a coppie alla cronoscalata ed alla mediofondo.
Biciclette sempre protagoniste nella cicloscalata, nella prova su strada ed ancora con le ruote larghe nel ciclocross. Le MTB hanno visto premiati nell’anno i campioni dell’endurance, nella XCO, della marathon e della granfondo.
Nell’anno un centinaio di società ciclistiche e ciclostoriche hanno preso parte, per complessivi 1.300 tesserati al via, ai quattro Campionati nazionali non competitivi di cicloturismo (strada, d’epoca, randonnée ed escursionismo MTB), che hanno laureato campioni quattro società sportive, con relativi podi.
SPORT DI SQUADRA
CESENATICO (FC)
602 ATLETI
8% UNDER 14
“
Inclusione
e sport per tutti: nelle finali nazionali del CSI, l’attività paralimpica è protagonista, dimostrando che lo sport abbatte ogni barriera
Sport paralimpico:
inclusione e promozione
L’inclusione di atleti con disabilità all’interno di squadre miste o in competizioni individuali insieme ad atleti normodotati, non solo promuove l’uguaglianza e l’inclusione, ma anche la diversità di abilità e talento. La partecipazione di atleti con disabilità in competizioni di atletica, sci, ginnastica, judo, karate, nuoto e tennistavolo è un chiaro segno di quanto sia possibile superare le barriere e competere insieme, indipendentemente dalle abilità fisiche. Le competizioni nazionali di calcio a 5, pallavolo e pallacanestro offrono un palcoscenico importante per mostrare le abilità degli atleti con disabilità, permettendo loro di gareggiare sullo stesso terreno dei cosiddetti normodotati.
SPORT DI SQUADRA
SPORT DI SQUADRA PESARO-VENEZIA REGGIO EMILIA 1.106 ATLETI
In sicurezza sulle piste Scia assicurato con CSI e MARSH
Il CSI, in collaborazione con Marsh, leader globale nel settore del broking assicurativo e della consulenza per il rischio, offre ai tesserati amanti della montagna e degli sport invernali la possibilità di attivare la tessera integrativa Neve/ Ski Safe. Questa soluzione, di durata stagionale, offre ulteriori garanzie in aggiunta a quelle già previste dal tesseramento CSI in essere. In particolare:
Responsabilità Civile verso Terzi (RCT) – Valida durante l’attività sciistica per eventuali danni cagionati a terzi, anche al di fuori dell’attività promossa/organizzata dal CSI, con massimale di € 500.000,00 (franchigia € 1.000,00). Questa estensione di garanzia è valida ai fini del rispetto dell’obbligo assicurativo previsto dall’art. 30 del D.Lgs. n. 40 del 28/02/2021.
Assistenza – La tessera garantisce prestazioni di assistenza in caso di infortunio durante l’attività sciistica, mettendo a disposizione una Centrale Operativa dedicata cui far riferimento in caso di sinistro. Sono inoltre previsti:
• Concorso spese di primo soccorso in caso di infortunio (trasporto con barella toboga o motoslitta o altri mezzi adatti a superfici innevate), fino ad un massimo di € 800,00;
• Trasporto sanitario, fino ad un massimo di € 1.500,00;
• Rimborso Ski-Pass, con il limite di € 200,00;
• Rimborso spese di iscrizione alla scuola di sci, con il limite di € 200,00;
• Accompagnamento di minori di 15 anni, con rimborso delle spese di viaggio per permettere ad un familiare di raggiungere il minore;
• Autista a disposizione, con il limite di € 200,00;
• Infocenter (traffico, meteo, informazioni sanitarie/ farmaceutiche).
Per avere diritto alle prestazioni di assistenza garantite, prima di intraprendere qualsiasi iniziativa a titolo personale, è necessario contattare la Centrale Operativa disponibile
24 ore su 24 al numero verde: +39 0224128775.
La tessera integrativa Neve/Ski Safe è distribuita esclusivamente con modalità online su app o sito MyCSI. L’attestato di tesseramento integrativo viene rilasciato tramite email ai sottoscrittori insieme alla conferma di avvenuto acquisto ed è reso scaricabile anche dall’app MyCSI sul proprio smartphone.
Le condizioni assicurative complete sono a disposizione sul sito www.centrosportivoitaliano.it e/o contattando Marsh alla casella di posta dedicata assicurazioni.csi@marsh.com
#VitaCSI
Il territorio al centro
RAGUSA
Brilla Ibla con corsa, tennistavolo e biliardino
Il 6 dicembre a Ragusa Ibla si è tenuta la 13 ª edizione del memorial “Giovanni Donzella”, la podistica in notturna, valida come ultima prova del Gran Prix CSI delle Parrocchie di Ibla, organizzata dal Comitato Festa SS. Addolorata e dal CSI di Ragusa. Dopo le 20 il primo via riservato alle categorie Esordienti sui 300 metri; quindi le categorie Ragazzi/e e Cadetti/e sui 1.100 metri. Quindi sui 5 km ecco i camminatori, Amatori e Assoluti, che, dopo un lancio di 650
MASSA CARRARA
metri fino all’ingresso dei Giardini Iblei, hanno percorso i 7 giri dell’anello di 600 metri interamente pianeggiante ed in sicurezza, ricavato tra i viali della Villa Comunale e sotto la suggestiva scenografia delle luminarie natalizie che ha reso ancora più spettacolare la serata podistica iblea. Il programma ricreativo del CSI di Ragusa per la Festa dell’Immacolata a Ibla ha visto poi, nella mattinata di domenica 8 dicembre, la disputa degli Annuali Trofei Maria Santissima Immacolata di Tennistavolo e Calcio Balilla al CPA adiacente alla Chiesa di San Francesco all’Immacolata.
I due tornei si sono così disputati indoor, all’interno di un centro di accoglienza per immigrati dove a vincere, sia nel singolare sia nel doppio, è stata l’integrazione, con atleti marocchini, egiziani, australiani.
In 500 alla regionale del cross toscano
A Fossone di Carrara, nonostante il perdurante maltempo della notte, il mattino della festa dell’Immacolata si è svolta la 9ª edizione della “Fosson Cross”, prima prova del Grand Prix CSI Toscana di corsa campestre, che ha così avuto modo di svolgersi regolarmente con la magnifica cornice retrostante del Monte Sagro innevato. Circa 500 i partecipanti che si sono dati sportiva battaglia, dapprima nella gara “open” gestita dal CSI Massa Carrara con il Gruppo Giudici di gara del CSI Toscana e poi nelle varie categorie giovanili della FIDAL.
Da segnalare sulle distanze brevi per i più piccoli (dai 300 ai 500 metri) il gruppone di ben 130 atleti nella categoria Esordienti CSI provenienti da tutta la Toscana e dalla provincia di La Spezia; a tutti è stata consegnata una medaglia ricordo. Un vero peccato che il meteo abbia bloccato invece a Livorno il “drappello” dei piccoli livornesi, altrimenti si sarebbe potuta toccare quota 170. Nelle categorie giovanili, 1.500 metri corsi dai Ragazzi e dalle Ragazze, 2.500 dai Cadetti e dalle Cadette.
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
TRENTO
Un Natale sportivo, tra amarcord, ginnastica e premiazioni
Una giornata di festa conclusa con una cena comunitaria, sabato 7 dicembre a Trento, è stato il tradizionale appuntamento con il “Natale dello Sportivo” organizzato dal Comitato trentino del CSI. L’evento si è tenuto nell’aula magna dell’Arcivescovile di Trento, gremita di atleti più o meno giovani arrivati da tutta la provincia. Un evento – a detta della Presidente provinciale Gaia Tozzo – che non è stato solo un momento di premiazione per gli atleti, ma anche un’opportunità per ringraziare tutti gli instancabili volontari. Pensieri agli atleti ed alle precedenti guide al timone del Comitato trentino. Nel “Natale dello Sportivo” si è poi voluto ricordare i dirigenti deceduti quest’anno: Marco Pasqualini, per oltre 40 anni nel CSI trentino, prima come segretario, poi come Vicepresidente e infine come Presidente; Serena Mattedi e Lorena Dal Col. Ampio spazio nel corso della serata, intervallato dalle giovanissime ginnaste dell’Arts & Gym di Trento, quello riservato alle premiazioni, per le quali erano presenti anche il Sindaco di Trento, Franco laneselli, e l’Assessore comunale allo Sport, Salvatore Panetta. Sui podi allestiti sul palco centinaia di atleti che nel corso della stagione si sono distinti nell’atletica leggera su pista, nella corsa su strada, nella corsa campestre, nel nuoto, nella ginnastica ritmica e artistica, nell’orienteering e nella pallavolo.
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
MARCHE
Halloween a Sant’Orso, una festa “a lieto fine”
Una “Bella Storia” a dimostrazione che ci si può divertire senza eccessi coinvolgendo bambini, ragazzi e adulti. Fa centro ancora una volta il CSI di Pesaro-Urbino con sede in Fano, con l’appoggio del CSI Marche, che il 31 ottobre ha organizzato, per il quarto anno consecutivo, la festa di Halloween a Sant’Orso grazie alla rete delle tante associazioni di quartiere. E così, tra balli, spettacoli, caccia al teso-
MODENA
OSTUNI
ro, food truck ed esibizione della “Pandolfaccia”, sono state oltre 300 le persone che hanno animato la festa fino a tarda serata, quando si è consumato il “lieto fine” di questa riuscita manifestazione. In campo col CSI sono scesi il Comune di Fano e “Fano città delle bambine e dei bambini”, l’Associazione Noi Insieme, l’Azione Cattolica, l’Oratorio ACLI Sant’Orso e il Circolo Anziani Anni Nuovi e alcuni partner privati, a dimostrazione della credibilità e del legame del Comitato con il territorio. L’idea, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e con le associazioni, è stata quella di creare le condizioni per far divertire i bambini come anche i ragazzi e le famiglie, attraverso giochi a tema Halloween ma non solo, educativi e di interesse per i più piccoli, scongiurando atti vandalici e bravate.
Materica: il movimento che semina cultura
La cultura della danza è tornata in palcoscenico grazie al CSI Modena all’interno del progetto Materica: il movimento che semina cultura. Quattro scuole di danza del territorio affiliate al CSI Modena sono state coinvolte il 15 e 16 novembre in due giornate di performance, ispirate alle opere esposte nel centro modenese presso lo spazio di Fondazione AGO – Palazzo Santa Margherita – dal titolo “Umwelt”. Materica ha infatti presentato Utopia, un palinsesto di eventi
performativi di danza contemporanea. Partendo dallo studio delle opere d’arte e del messaggio proposto dagli artisti coinvolti in questa esposizione collettiva, Utopia restituisce attraverso il movimento dei corpi la tensione positiva presupposta dagli autori. La finalità del progetto è quella di offrire agli spettatori il lavoro degli artisti, attivandone l’approccio attraverso la danza, capace di valorizzare e restituire il contenuto artistico delle installazioni esposte.
Il territorio al centro
“In Movimento tra Natura e Sport”
Con “In Movimento tra Natura e Sport” il CSI di Ostuni ha avviato ufficialmente la nuova stagione sportiva 2024/2025, celebrando l’ottantesimo anniversario dalla nascita del Centro Sportivo Italiano. La manifestazione è stata patrocinata da Comune di Ostuni, Museo di civiltà preclassiche con il Parco d’Agnano e Assessorato allo Sport della Regione Puglia, e organizzata in collaborazione con i centri antiviolenza regionali nella campagna “Allenati contro la violenza”. Dal 2 al 7 ottobre scorsi, il Comitato pugliese ha proposto diverse attività: da una giornata rivolta a ragazzi con disabilità presso il Parco di Santa Maria d’Agnano, in collaborazione con la cooperativa “Occupazione e Solidarietà” che gestisce le attività nell’ambito di Fasano, Cisternino e Ostuni, a una giornata per ragazzi e ragazze under 10 presso il PalaCeleste dedicata alla pallavolo. Spazio anche al calcio a 5 femminile con la partecipazione di una squadra di Massafra, una di Cisternino e una rappresentativa di Reggio Calabria. I sani stili di vita e la lotta contro la violenza sulle donne, invece, sono stati al centro di due eventi secondari, tenuti con gli alunni del biennio della scuola “Pepe – Calamo” di Ostuni. Un’occasione per discutere di due tematiche rilevanti, grazie anche al contributo di Anna Francioso e Cetty Grassidonio del Centro Antiviolenza “Insieme si può”, Agostino Grassi (dietologo e nutrizionista) e Vincenzo Santoro (ASD Aretè).
#VitaCSI
Il territorio al centro
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
VICENZA
Orienteering: il campionato in autunno ed un trofeo a primavera!
Dalle foreste della Scandinavia ai boschi dei Colli Berici, passando per le Alpi e le Prealpi: parliamo della corsa orientamento od orienteering che al Comitato di Vicenza del Centro Sportivo Italiano si pratica dallo scorso quadriennio. Si tratta di una disciplina che si adatta a tutte le età e a tutte le capacità fisiche. Tant’è vero che ad ogni prova provinciale vengono messi a punto quattro percorsi: quello bianco riservato ai principianti, quello giallo per chi ha esperienza limitata ma più lungo e con maggior dislivello, quello rosso per chi invece ha una sufficiente esperienza ed infine quello per atleti esperti ovvero quello di colore nero, dove la lunghezza è importante – si va oltre i 5/6 km – e il dislivello può arrivare anche oltre i 500 metri.
Il 3 novembre al lago di Fimon, nel territorio di Arcugnano, 120 atleti parteci-
IMPERIA-SANREMO
panti in buona parte del Vicentino, ma anche tesserati con società sportive affiliate ai Comitati di Verona, Treviso, Venezia e Belluno.
Ogni anno la commissione Sport outdoor del CSI di Vicenza programma due campionati: il Berico, tour solitamente di quattro prove sui Colli Berici tra marzo e maggio, e poi, nella stagione autunnale, il campionato provinciale che annovera dalle tre alle cinque prove; nel 2024 apertura al lago di Fimon e poi gara a Sarcedo, a Caldogno, in provincia di Padova a Vo’ Euganeo, per chiudere a Spiazzo di Val Liona.
L’orienteering nel CSI di Vicenza si è sviluppato grazie alla società sportiva Arces Orienteering Klubb, di cui è Presidente Tiziano Zanetello, il Vicepresidente del Comitato, già numero uno della FISO a livello nazionale. Nel prossimo quadriennio, grazie anche ai corsi di formazione regionali per tecnici di corsa orientamento che si svolgono d’estate a Tonezza del Cimone, è in programma un campionato regionale Veneto CSI.
Il neopresidente Barla riparte con 700 tesserati
La ripartenza, dopo alcune stagioni di stop, della pallavolo per le categorie Under 10, Under 12 ed Under 14; la conferma e lo sviluppo del calcio a 5, da sempre “cavallo di battaglia” del Comitato del CSI di Imperia-Sanremo. Sono questi gli obiettivi principali a breve-medio termine di Roberto Barla, il neopresidente del Comitato ligure eletto dall’assemblea ordinaria. «Il calcio resta la nostra attività principale, organizzando campionati dagli Under 10 agli Under 18 e coinvol-
gendo una quarantina di squadre. Per quanto riguarda gli Under 8, ci saranno i consueti concentramenti mensili – afferma Barla – con ogni tappa organizzata da ognuna delle società aderenti al circuito. Vogliamo però spaziare anche sulle altre discipline, come ad esempio il basket. Esiste infatti già una bozza di progetto per fare attività nelle scuole. Fra i nuovi consiglieri è stata eletta Emmanuelle Barberis, da anni responsabile nuoto del CSI Liguria e factotum del
circuito regionale organizzato insieme al Comitato di Savona-Albenga, giunto alla 14ª edizione. Sempre in sinergia con il Comitato di Savona-Albenga, ci sarà una maggiore interazione per l’atletica leggera, in particolare per il circuito di corsa campestre, al fine di aumentare il numero di tappe nel nostro territorio provinciale». Il Comitato CSI di Imperia-Sanremo conta attualmente una trentina di società affiliate con circa 700 tesserati.
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
BRINDISI
“Bimbi in movimento” fino alla primavera 2025
Il progetto “CSI in movimento” è promosso dal CSI di Brindisi e mira a diffondere percorsi educativi specifici per gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria dall’anno 2022/2023. Nell’arco di sei mesi, da ottobre ad aprile, il progetto coinvolge i bambini dai 3 agli 8 anni e si propone di creare esperienze moto-
rie e ludiche che favoriscano lo sviluppo completo del bambino, promuovendo al contempo il benessere fisico, cognitivo e socio-emotivo.
Le scuole coinvolte includono: l’Istituto Comprensivo Casale, con i plessi “Sant’Antonio”, “Calò”, “Marinaio” e “Boschetti”, e l’Istituto Comprensivo Commenda, con i plessi “Cicerone”, “Parco Di Giulio”, “Collodi” e “San Giovanni Bosco”.
RAVENNA
Correndo
Il territorio al centro
Nella scuola dell’infanzia, il progetto è strutturato per stimolare i bambini in una varietà di attività mirate all’acquisizione degli schemi motori di base e alla scoperta delle varianti esecutive, fondamentali in questa fase evolutiva. Tra gli obiettivi generali, promuovere lo sviluppo motorio, socio-emotivo e cognitivo dei bambini, incentivando la creatività, la collaborazione e la consapevolezza spaziale. Nella scuola primaria, il progetto segue una struttura ana-
loga, ma con una maggiore complessità e un focus più marcato sull’acquisizione di abilità specifiche. L’obiettivo principale è favorire una crescita completa, potenziando non solo le abilità motorie, ma anche le capacità di socializzazione e collaborazione, aiutando i bambini a costruire una solida base di autostima e spirito di gruppo. Al termine del progetto, viene organizzata una manifestazione conclusiva, una giornata di festa aperta ai genitori, che offre ai bambini l’opportunità di mettere in pratica quanto appreso durante l’anno scolastico. Durante questa occasione speciale, i bambini si esibiscono in una piccola sequenza coreografica su base musicale e affrontano vari percorsi motori, che includono capovolte, rotolamenti, andature diversificate, saltelli e quadrupedia, oltre a salti su trampolino. Alla fine della giornata, ogni bambino riceve una medaglia, simbolo del percorso compiuto, un piccolo riconoscimento che celebra l’impegno e i progressi realizzati.
senza frontiere nella Maratona Città d’Arte
Senza barriere, per l’inclusione. Così anche quest’anno Ravenna, città straordinariamente invasa dai runner in occasione della Esselunga Maratona di Ravenna Città d’Arte, si è riscoperta domenica 10 novembre per un giorno capitale dello sport all inclusive. Quel trattamento speciale cioè riservato dal CSI ad un centinaio di persone con disabilità fisica e intellettivo-relazionale insieme ai loro accompagnatori della Correndo Senza Frontiere.
La sesta edizione, dopo le sempre emozionanti esperienze precedenti, anche quest’anno grazie al CSI di Ravenna ed alla Cooperativa Sociale La Pieve è potuta andare in scena, aprendo le porte a tutte le persone che non hanno quella preparazione atletica o la possibilità di compiere le distanze lunghe dei 42, dei 21 o dei 10 km.
Numerosi gruppi e tante famiglie hanno partecipato ritrovandosi al mattino per lo start dal Pala De André, corren-
do poi o camminando lungo gli ultimi 3 km del tracciato della 10 km, tagliando il traguardo in via di Roma, lo stesso riservato ai runner competitivi, accolti dagli applausi del foltissimo pubblico. La gioia e quel sorriso sul volto con cui hanno tagliato il traguardo sono stati il segno più tangibile di una partecipazio-
ne che testimonia quanto lo sport sappia essere inclusivo. Nella città bizantina si è andata a rafforzare la sinergia sempre più solida tra il Comitato CSI e Ravenna Runners Club, l’organizzatore della Maratona, che quest’anno ha mosso complessivamente 16.000 partecipanti.
#VitaCSI
Il territorio al centro
LAZIO
Senza freni il ciclismo laziale
In un clima di festa e condivisione, il Forum Sport Center di Roma ha ospitato sabato 9 novembre la cerimonia di premiazione della stagione 2024 di ciclismo del CSI Lazio.
Un evento molto atteso da atleti, appassionati e dirigenti del CSI, che hanno potuto celebrare i successi dell’anno appena concluso e guardare al futuro con la presentazione del calendario provvisorio delle gare 2025. Ai campioni regionali delle discipline XCO, XCP e XC 2024 è stata consegnata una maglia personalizzata, un segno di distinzione e di orgoglio che riporta il nome dell’atleta, la società di appartenenza, la categoria e la disciplina in cui si è gareggiato ed ottenuto il prestigioso titolo CSI. A inaugurare la cerimonia è stato Da-
niele Rosini, Presidente del CSI Lazio, che ha evidenziato l’importanza del ciclismo all’interno del Centro Sportivo Italiano, definendolo «una delle attività più belle e in espansione nel CSI». Rosini ha poi ricordato la partenza del Roma Master Cross, tradizionale circuito di Ciclocross, prologo alla lunga stagione 2025 delle bici. Prima tappa ai Pratoni del Vivaro il 15 dicembre, poi Ostia il 22 dicembre e chiusura del primo dei due trittici a Castel di Leva il 29 dicembre. A gennaio si correrà invece al Centro Commerciale Granai il 12 del mese, quindi il 19 a Pontinia e il 26 al Centro Sportivo Banca d’Italia nella splendida cornice del parco degli Acquedotti. Tre prove valide per il campionato regionale di specialità.
Uguali Diversamente:
Con 10 formazioni al via provenienti da Bolzano, Trento, Spinea, Rovigo, Padova, Vigonza e Mantova sono iniziate a metà novembre, sui campi del Circolo Tennis Don Bosco di Rovigo, le prime due giornate del torneo interregionale di calcio a 5 per atleti con disabilità intellettivo-relazionale.
Gli oltre 90 atleti, accompagnati da genitori, amici e tifoseria, hanno dato prova delle loro capacità e caparbietà. Ulteriore soddisfazione l’esordio dei direttori di gara, anch’essi con disabilità, coadiu-
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
MANTOVA
Ad Asola primi tuffi del nuoto virgiliano
Domenica 17 novembre, presso le piscine del Centro Sportivo Schiantarelli di Asola, si è tenuta la prima tappa dell’ottavo Campionato Provinciale di Nuoto CSI dell’anno sportivo 2024/25. È stato un inizio di stagione CSI molto promettente: alla gara asolana, fra agonisti e non agonisti, hanno partecipato poco meno di 160 atleti. In totale sono partite 63 batterie. Avvincenti come sempre le gare della categoria “Special”, ovvero ragazzi e ragazze con disabilità intellettivo-relazionale. Da segnalare il tempo di 48.98 di Dario Romani della Canottieri Mincio nei 50 farfalla e di 1:05 di Giulia Bisi dell’Andes H nei 50 rana, campionessa nazionale 2024 nella gara di fondo in acque libere. Le società presenti provenivano da tutta la provincia mantovana: Asola Nuoto, SSD Schiantarelli Nuoto, Canottieri Mincio, Andes H e Virgiliana Mantova. Il secondo e ultimo appuntamento valido per l’ammissione alla fase regionale si terrà sempre presso gli impianti del Centro Sportivo Schiantarelli il prossimo 19 gennaio 2025 con il tradizionale “Memorial Mutti”.
primi gol del calcio a 5 inclusivo
vati dall’instancabile fischietto rodigino Sergio Vanzan. Nell’occasione si è anche parlato della nascita di un corso per la qualifica di arbitro riservato a ragazzi con disabilità intellettivo-relazionale fortemente voluto dal CSI Veneto. Il torneo, che si concluderà nel giugno 2025 a Rosolina Mare, ha preso il via per le collaborazioni tra Uguali Diversamente, il CONI, il CSI nazionale, regionale e rodigino, la polisportiva di Comitato ed il Circolo Tennis, che ha messo a disposizione la tensostruttura per le partite ed
i 4 campi in sabbia al coperto di beach volley, dove gli atleti non impegnati nelle gare potevano prepararsi o cimentarsi con gli operatori della polisportiva nel volley e nell’orienteering. Il torneo è proseguito a Padova il 14 dicembre, poi sarà a Rovigo il 9 febbraio e il 9 marzo 2025 di nuovo a Padova. Il 13 aprile si giocherà invece a Mantova, mentre a maggio, l’11, il torneo approderà a Trento. Il 31 maggio la settima tappa a Mantova, prima della festa finale in giugno a Rosolina Mare con gare di beach soccer.
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
PALERMO 80 anni di CSI in Cattedrale. Lorefice: “Credere
per giocare”
Ottant’anni a servizio dello sport che educa, che è opportunità di crescita individuale e collettiva, che è occasione d’incontro, ascolto dell’altro, accoglienza.
Da otto decenni il CSI rappresenta «un’autentica opportunità di crescita alla luce dell’annuncio del Vangelo», ha sottolineato l’Arcivescovo di Palermo, Mons. Corrado Lorefice, rivolgendosi al CSI di Palermo, che domenica 10 novembre ha aperto l’anno sportivo e i festeggiamenti per gli 80 anni. In Cattedrale la Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo con ragazzi, Presidenti di società sportive, rappresentanti delle diverse comunità parrocchiali, allenatori, arbitri, giudici sportivi, parroci, educatori e famiglie.
Con la sciarpa del CSI al collo inneggiante al motto “Giocare per credere”, l’Arcivescovo ha girato il verso rimarcando ancora la grande forza presente nei due infiniti. «È anche bello poter dire “Credere per giocare”: più si crede, più si gioca, perché ci sia abbondanza di felicità nella vita di uomini e donne, specie tra le nuove generazioni».
MELFI
Il territorio al centro
GORIZIA
In 300 al via, nella corsa in montagna delle “penne nere”
Domenica 17 novembre sotto un pallido sole si è svolta a Gorizia la decima edizione della Calvario Alpin Run – Memorial Tullio Poiana, gara come sempre inserita nel circuito FVG Trail Running Tour patrocinata e organizzata da Gruppo e Sezione ANA di Gorizia e dal Comune di Gorizia, sotto l’egida del Centro Sportivo Italiano, la collaborazione del Gruppo Alpini di Lucinico e del Gruppo Marciatori Gorizia. Per celebrare il decennale è stata realizzata una maglietta speciale consegnata a tutti gli atleti partecipanti. Si sono contati 287 iscritti al via, che hanno affrontato l’impegnativo percorso di oltre 17 chilometri con 620 metri di dislivello. Ancora una volta a vincere è stato Michael Galassi del Team Aldo Moro Nortec di Paluzza, mentre in campo femminile ha prevalso Martina Ottogalli dell’ASD Prealpi Giulie di Venzone. Un riconoscimento speciale è stato assegnato ai cinque atleti “fedelissimi” che hanno partecipato a tutte e dieci le edizioni della Calvario Alpin Run: Stefano Bevilacqua, Ennio Cettolo, Giorgio Turel, Oliviero Furlan e Nicola Moschion. Il premio speciale in memoria di Alessandro Brotto, alpino prematuramente scomparso, è stato invece assegnato a Michela Censi in qualità di donna Alpina in congedo iscritta alla gara. Soddisfattissimo il capogruppo delle “penne nere” di Gorizia, Rino Di Giovanna.
Domenico Acerenza abbraccia il Galà dello Sport del Comitato
«Spesso con gli atleti di livello si parla di sacrifici messi in atto per raggiungere determinati livelli; a me non piace parlare di sacrifici, in quanto sono fortunato perché faccio quello che amo»: con queste parole Domenico Acerenza, nuotatore lucano, noto per il suo ricchissimo palmarès di livello mondiale, ha mostrato tutta la sua umiltà, ripercorrendo la sua carriera dagli inizi nella piscina di Satriano di Lucania, a pochi chilometri dalla sua Sasso di Castalda, fino alle ultime Olimpiadi di Parigi. L’ospite d’onore del 13° Galà dello Sport del CSI Melfi, fiero del suo essere lucano, ha raccolto
una calorosa standing ovation dal nutritissimo pubblico della serata. Un evento ricco di premi sportivi, come tradizione del CSI di Melfi, ma con un grande risvolto sociale ed un occhio attento al passato, agli atleti che non sono più tra noi, ma soprattutto a tantissimi giovani emergenti e tante donne. Per la cronaca premiati Paola Metalli e Francesco Tramaglino dell’ufficio giuridico-fiscale nazionale CSI per i grandi servizi offerti alle realtà dell’Associazione. A sostegno del Galà quest’anno è scesa in campo anche l’AGAPE di Melfi, Associazione Genitori Amici Piccoli
Emopatici, che ha consegnato ai premiati dei panettoni, al centro di una campagna solidale. Naturalmente anche dal laboratorio AIAS è nato “Delfi”, così infatti è stato battezzato da Domenico Acerenza l’elfo portafortuna, ormai tradizione del Galà, realizzato sulle sembianze del forte nuotatore lucano, come già avvenuto in passato per Fefè De Giorgi, per Barbara Fontanesi e per Elisa Di Francisca. In archivio un’altra edizione degna di nota del Galà dello Sport CSI Melfi, ricca di emozioni e di testimonianze sportive a tuttotondo, ma anche di tanto impegno sociale.
#VitaCSI
Il territorio al centro
CAMPOBASSO
Al Castello di Tufara la festa per gli 80 anni
Grandi festeggiamenti il 24 novembre per gli 80 anni del Comitato territoriale del CSI di Campobasso, che per la ricorrenza ha organizzato, nella spettacolare e storica location del Castello di Tufara, un convegno dal tema molto caldo, quello dell’importanza della pratica sportiva in aree interne e spesso con popolazione in forte calo, con l’esodo giovanile e una crescente difficoltà per chi resta. Molte le idee proposte nei vari e qualificati interventi all’interno del Convegno “La pratica sportiva valore aggiunto delle comunità nelle aree interne”. Nel corso della ricca giornata di inter-
venti e scambi di idee, il commissario del Comitato regionale del CSI Molise, Pietro Montanaro, dopo aver salutato i presenti, ha voluto far dono di una targa ricordo al Presidente territoriale del CSI, Carmine Palmieri, per il suo impegno ultraventennale come amministratore prima e poi come Presidente. Un momento di condivisione che ha senza dubbio arricchito tutti, in un’ottica di vecchie e nuove collaborazioni che potranno far bene ai Comitati di regioni che vivono similari difficoltà, ma che vogliono con forza superarle e guardare al futuro con ottimismo.
LOMBARDIA
Si scaldano le racchette del tennistavolo
Domenica 8 dicembre a Villa Guardia (CO) si è disputata la prima prova del 35° Campionato regionale di Tennistavolo del CSI Lombardia. Presenti oltre duecento racchette dai vari Comitati lombardi.
Il calendario prevede poi altre tre prove. Il secondo appuntamento pongistico sarà a Sarnico (BG) il 26 gennaio 2025, quindi la terza tappa programmata ad Arcore (LC) il 9 marzo. Gran finale regionale il 6 aprile sui tavoli di Vedano Olona in provincia di Varese. E proprio dal Comitato della “città giardino” è fiorita una bella novità in ambito pongistico.
Il primo dicembre ha infatti avuto inizio il Campionato interprovinciale CSI Como-Varese con la presenza di circa 130 atleti, metà adulti e metà delle giovanili. A seguito di un accordo fra i due Comitati lombardi, il Campionato provinciale lariano è diventato interprovinciale.
Così, oltre che nel territorio comasco, due prove di questo campionato si svolgeranno presso le società sportive di Saronno e Vedano Olona in provincia di Varese.
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
PISTOIA Nuova sede e nuovi spazi ludici
Dalla metà di novembre il Comitato territoriale di Pistoia del CSI ha una nuova sede cittadina. Oltre agli uffici già esistenti in Via del Frutteto, il CSI pistoiese, grazie a Banca Alta Toscana, ha trovato spazio anche a Masiano: 150 mq con una sala per la formazione, una sala riunioni, un ufficio, oltre ad altri spazi per incrementare le proprie attività, offrendo maggiori servizi agli oltre 6.000 tesserati impegnati nelle varie attività. «La nuova struttura offre grandi potenzialità – afferma Silvia Noci, Presidente del Comitato di Pistoia e Vicepresidente regionale del CSI Toscana – e proprio per questo abbiamo già attivato le procedure per farlo diventare un centro AFA (Attività Fisica Adattata) e potervi svolgere attività fisica». Dopo il taglio del nastro, alla presenza del numero uno regionale, Carlo Faraci, si sono svolte anche le premiazioni del Grand Prix Toscana di corsa campestre e del Trofeo Next Gen CSI Under 12. A Masiano, dal 21 dicembre, per animare la comunità ed offrire uno spazio sicuro dove divertirsi e apprendere, il CSI pistoiese inaugurerà un percorso per bambini da 4 a 11 anni: “C(s)i mettiamo in gioco: la fabbrica dei pensieri, aiuto compiti, approfondimenti, giochi creativi e laboratori per bambini”. Open day il 14 dicembre. Più spazi di divertimento anche durante le vacanze natalizie.
PER CONTATTARE
LA REDAZIONE
Telefono 06 68404592
Email stadium@csi-net.it
Web www.centrosportivoitaliano.it
CAMPANIA
Il territorio al centro
Esame superato per gli aspiranti istruttori di nuoto paralimpico
Dopo un percorso quantomai impegnativo, si è concluso il primo corso di formazione per aspiranti istruttori di nuoto paralimpico, di cui il Comitato regionale del CSI Campania è stato l’Ente promotore grazie alla sinergia con il CIP Campania, guidato dal Presidente Carmine Mellone, e con la Presidenza nazionale del CSI. Si è trattato di uno storico corso che, oltre all’assenso del CIP nazionale, ha goduto di quello della FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico) del Presidente Roberto Valori, in quanto il CSI è stato il primo Ente di Promozione
Sportiva ad essere abilitato per il rilascio di qualifiche tecniche inerenti al nuoto, seppur in chiave didattica di base. Ben 10 i corsisti che hanno superato l’esame di valutazione finale sabato 2 novembre a Cercola (NA), presso la sede regionale del CSI Campania. In attesa della seconda edizione che dovrebbe partire nella primavera 2025, l’appuntamento è per sabato 21 dicembre, quando a Napoli, presso l’Hotel “Ramada”, è in programma un’importante cerimonia sportiva in cui verranno consegnati gli attestati di qualifica.
ROMA
“Tutti in Campo”. Diritti per la disabilità
Dal 3 dicembre, Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità, al 23 dicembre, il CSI Roma ha lanciato “Tutti in Campo”, progetto che nell’arco di 21 giorni organizza ben 47 open day in 18 realtà sportive distribuite sul territorio capitolino per la sensibilizzazione, comunicazione e svolgimento di attività sul tema sport e disabilità. “Tutti in Campo”, la campagna promossa e sostenuta dall’Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale, è stata presentata durante il convegno “Università e famiglie per uno sport inclusivo”, svoltosi in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, presso l’Università di Roma “Foro Italico”.
L’iniziativa del CSI Roma si pone tre obiettivi fondamentali: aiutare le persone con disabilità e le loro famiglie a trovare realtà del mondo dello sport che possano offrire una proposta integrata e adeguata alle loro necessità, dare visibilità alle attività che le società sportive del CSI Roma promuovono e sensibilizzare nuove organizzazioni a impegnarsi nel mondo della disabilità. Durante gli open day, le persone coinvolte e i loro familiari potranno provare le varie discipline più adatte alle proprie capacità e raccogliere informazioni indispensabili per aderire con continuità anche dopo la fine della campagna.
L’AQUILA
Un convegno, un torneo ed un concorso per la Giornata contro la violenza sulle donne
Grande affluenza ed entusiasmo al convegno “Prevenire, Proteggere, Educare”, svoltosi sabato 23 novembre in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne presso la sala consiliare di San Benedetto dei Marsi (AQ), organizzato dal CSI L’Aquila con il patrocinio del Comune, della Regione Abruzzo e con la partecipazione dell’Istituto Comprensivo Fontamara.
Dopo i saluti del Sindaco Antonio Cerasani e dell’Assessore regionale Mario Quaglieri, hanno offerto la loro testimonianza la Dirigente scolastica Monica Maccarrone, Luigi De Lucchi, figlio di Ondina Valla, e Giulia Blasi, scrittrice ed attivista per i diritti della donna. Per il
CSI sono intervenuti il Presidente provinciale, Luca Tarquini, e l’Assistente Ecclesiastico del CSI aquilano, don Cristoforo Simula. Terminato il convegno, hanno avuto luogo le premiazioni del concorso artistico svolto presso l’Istituto Comprensivo Fontamara. L’intento è stato quello di sensibilizzare gli studenti sul tema dei diritti per la parità di genere, la lotta contro la violenza sulle donne al fine di favorire il superamento delle barriere culturali.
Il trofeo di tennis realizzato grazie al Tennis Marruvium, affiliato al CSI, ha visto avvincenti sfide nel Maschile, Femminile e Doppio Misto. Una t-shirt tecnica omaggiata a tutti i partecipanti.
Pagine di sport tra gli scaffali
ERO UN BULLO
La vera storia di Daniel Zaccaro
di Andrea Franzoso
Ed. DeAgostini
Un viaggio intenso e toccante nella vita di un ragazzo cresciuto nella periferia milanese di Quarto Oggiaro. Daniel si ritrova intrappolato in un ambiente difficile, con un padre che gli fa credere di non valere niente, anche solo per un rigore sbagliato, e una società che impone il successo come unica strada per sentirsi accettati, per non essere considerati falliti. Per cercare di affermarsi, si rifugia nel bullismo – per compiacersi di essere uno forte –, nei furti compiuti per noia e desiderio di riconoscimento ma che non fanno che amplificare il suo disagio, portandolo verso una spirale che culmina nel carcere. Ma è proprio dietro le sbarre che accade qualcosa di straordinario. L’incontro con don Claudio, una figura carismatica e capace di vedere oltre gli errori, rappresenta la svolta. Grazie a lui, Daniel inizia a capire il suo valore e a trovare la forza per cambiare strada. La storia di Daniel non è solo una storia di caduta, ma un potente racconto di riscatto, che ricorda come il sostegno giusto possa trasformare una vita segnata dagli errori in un cammino verso una nuova possibilità.
RIVALI
Sfide leggendarie che hanno cambiato lo sport
A cura di L’Ultimo Uomo
Ed. Einaudi
Molto più di una semplice raccolta di storie sportive, “Rivali” è un racconto emozionante che svela l’anima nascosta dei campioni. Dieci storie abbracciano discipline diverse, dal basket al tennis, dall’apnea all’atletica e alla boxe, portandoci dietro le quinte di sfide leggendarie, dove la competizione, virtuosa o tossica, si proietta anche fuori dal campo. Ogni rivalità è contestualizzata in un preciso scenario sociale e culturale dove i rivali si rivelano specchi l’uno dell’altro. Kobe e Jordan, Federer e Nadal, Pelé e Maradona: dietro l’apparente conflitto spesso si celano legami profondi di stima e ammirazione. Billie Jean King e Margaret Smith Court incarnano il conflitto tra progresso e conservazione, portando il tennis al centro di battaglie politiche e sociali. Ogni pagina è un viaggio che supera i confini dello sport, indagando le dinamiche psicologiche che alimentano la rivalità. Tra ammirazione e ossessioni, questo libro celebra le sfide che hanno reso lo sport un racconto universale di umanità e ambizione conquistando non solo gli sportivi, ma chiunque ami storie di passione, sfida e umanità.
ALL YOU NEED IS SPORT
Agonismo sociale e felicità inclusiva
A cura di Paolo Crepaz
Ed. Erickson
All you need is sport: un invito a riscoprire lo sport come strumento di crescita personale e sociale, un inno alla potenza trasformativa dell’attività sportiva che supera i confini del solo movimento fisico per abbracciare una visione ampia e profonda del benessere.
Grazie a voci autorevoli operanti in vari settori – psicologia, sociologia, medicina e filosofia – e attraverso testimonianze di atleti di successo, il libro offre una visione sfaccettata del valore educativo dello sport che viene restituito alla sua dimensione più autentica: palestra di vita, luogo di crescita, spazio di inclusione sociale. Tra i contributi spiccano quelli di personalità note come Antonella Bellutti, Tamara Lunger, Damiano Tommasi e don Alessio Albertini, che, insieme ad altri, raccontano il significato profondo dello sport nella loro vita e carriera. Un approccio che trasforma il libro da semplice saggio a strumento di riflessione profonda da consigliare a chiunque – educatore, allenatore, atleta, appassionato – voglia comprendere il valore sociale e umano dello sport.