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Una vita puntando sempre al top

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Arbitro, ergo sum

Arbitro, ergo sum

Dopo le Olimpiadi di Parigi, la stella dell’arrampicata sportiva italiana ha concluso la stagione di gare con due ori al Campionato europeo ed una finale in Coppa del Mondo. Per l’agente delle Fiamme Oro, da piccola nella sua Roma due stagioni anche nel CSI, grandi risultati nel 2024 anche sui tiri estremi in roccia nella sua nuova casa: il Trentino

di Felice Alborghetti

Centocinquantun centimetri per quaranta chilogrammi di peso forma, uguale nove volte campionessa italiana fra lead e boulder, due Mondiali giovanili vinti, due Giochi Olimpici alle spalle. La formula vincente è quella di Laura Rogora, 23 anni, romana, luminosa stella del firmamento dell’arrampicata sportiva italiana; nel 2024 campionessa europea di lead e di combinata a Villars, appena dopo le Olimpiadi di Parigi. Nel 2014 e 2015 tesserata nel CSI capitolino, oggi a Trento, città dove vive e studia matematica, allenandosi con le Fiamme Oro e molto spesso ad Arco di Trento, sede dei ritiri della Nazionale, presso il centro tecnico della Federclimbing.

Laura, cominciamo dai primi appigli. Quando hai cominciato ad arrampicare?Ho arrampicato per la prima volta che avevo quasi 5 anni, grazie a mio papà, grande appassionato di montagna e di arrampicata. Quando avevo sei anni e mezzo, abbiamo trovato una palestra vicino casa in zona Spinaceto, e lì ho conosciuto il mio allenatore, un maestro. Andavo una volta a settimana, facevo anche ginnastica artistica. Poi l’anno successivo ho deciso di fare solo arrampicata e lasciare l’artistica. Mi piaceva molto di più. Lì le prime gare. E le prime medaglie giovanili.

Ricordi la tua prima medaglia in assoluto?A 7 e 8 anni facevo tutto in palestra. C’erano sia lead che boulder e speed: ricordo bene la mia prima medaglia; il primo podio l’ho conquistato nel boulder in Coppa Italia… Avrò avuto 8 anni. Mi allenavo tre giorni a settimana; da piccola facevo anche velocità, e, pur non essendo velocissima, me la sono ritrovata poi più avanti, quando – ad esempio alle Olimpiadi di Tokyo – si gareggiava nella combinata olimpica sommando i punteggi di tutte e tre le specialità verticali.

Nella tua crescita, qualche presa anche nel CSI?

Sono di Casal Bernocchi [Roma N.d.R.], e la mia palestra è stata a lungo la Climbing Inside sulla Via del Mare verso Ostia; mi allenava Alessandro Marrocchi. Per mesi sono stata anche nel CSI con Movimento Verticale, ed è stato proprio lì, quando ho disputato a 13-14 anni le mie prime gare internazionali, arrivando presto sul podio del Campionato del Mondo giovanile, il momento in cui ho capito che da semplice passione sportiva l’arrampicata poteva divenire qualcosa di più nella mia vita.

Se oggi tu, che sei una colonna del climbing azzurro, dovessi parlare a dei giovanissimi, come se fosse uno spot per il tuo sport, cosa diresti loro?Direi anzitutto di provarlo perché è uno sport molto vario, che non annoia, ogni boulder è diverso, e poi soprattutto è uno sport che ti porta a stare all’aperto, a contatto con la natura: tutta la componente outdoor è fondamentale, poiché si tratta di una disciplina che ti porta spesso a vivere dei bei momenti fuori con gli amici.

Preferisci arrampicare outdoor o indoor?Non saprei scegliere. Certo, le emozioni che si provano in gara non si provano outdoor, ma, se dovessi scegliere o sognare una sola parete per tutta la vita, sceglierei e la immaginerei outdoor. I tiri in falesia hanno dell’incredibile e poi in quell’ambiente è forse più una sfida con sé stessi.

Fatica, esercizio, tecnica. Quante e quali sollecitazioni una volta messa l’imbragatura o anche senza?Il nostro è uno sport assai completo, tutti i muscoli sono attivati ed occorre tanta preparazione dietro ad una qualsiasi prova o gara. Bisogna investire molto tempo perché, oltre alla preparazione fisica, bisogna affinare anche le capacità tecniche. Il cuore in certi passaggi arriva anche a 180 battiti al minuto. Bisogna allenarsi tanto insomma… Ma tutto sommato è uno sport divertente. A qualsiasi livello, anche non agonistico. Ognuno in fondo sfida sé stesso, scegliendo la sua via.

Scalando una via di grado 9 B, il livello massimo femminile, sei tra le poche ad esserci riuscita. Ma esiste la paura, a certe inclinazioni?Non è l’inclinazione a dare la difficoltà; esistono pareti molto inclinate, a strapiombo, ma molto facili da scalare, ed invece pareti poco inclinate ma molto impegnative. Dipende dai tracciatori o dalla natura delle rocce, a seconda dei casi.

Il climbing è anche uno sport che in certi momenti ti impone e ti insegna a dover trovare soluzioni in breve tempo. Sì, esatto, questo è uno degli aspetti formativi più importanti dell’arrampicata sportiva, visto che il percorso cambia sempre. Nel boulder c’è una zona di isolamento dove noi climber attendiamo che i tracciatori progettino le vie posizionando i blocchi sulla parete e, finito l'isolamento, occorre raggiungere le prese di zona o di top nel minor tempo possibile e nel minor numero di tentativi. Spesso non si arriva nemmeno alla zona, altre volte si fa flash, cioè tocchiamo il top in pochi secondi e al primo colpo. Nella lead c’è invece un periodo di osservazione di sei minuti, in cui possiamo tutti da sotto vedere il tracciato ed escogitare il modo migliore per salire, magari confrontandoci anche con gli avversari.

Quindi non esistono segreti personali? Assolutamente no. Il segreto è nelle gambe e nelle braccia, nelle dita dei piedi e delle mani. In ogni gara fra di noi ci si aiuta sempre, cercando di capire insieme in quei pochi minuti il modo migliore per salire fin su. Delle volte ci sono varie possibilità in discussione e poi naturalmente dipende molto dal proprio fisico e dalla costituzione. È uno sport morfologico, tante volte essere bassi avvantaggia, altre volte l’altezza favorisce la presa, i salti, i passaggi o il semplice movimento in parete.

Hai due divise: quella cremisi delle Fiamme Oro e quella azzurra dell’Italia. Quanta responsabilità senti addosso?Nel 2019 sono entrata a far parte della Polizia ed è stata una grande fortuna, poiché mi ha dato la possibilità di dedicarmi al 100% all’arrampicata: oggi ho il grado di agente e sono molto onorata di indossare questa divisa. Ovviamente anche quella italiana è una divisa pesante, che impone a tutti di essere sempre di esempio per chi ci guarda.

Parliamo adesso delle recenti Olimpiadi. Troppo alta da scalare la Tour Eiffel? Com’ è andata a Parigi?C’ero anche a Tokyo, dove era la prima volta dell’arrampicata sportiva ai Giochi Olimpici, ed esserci come partecipante mi ha riempito di orgoglio. A Parigi senza la velocità nella combinata, con solo lead e boulder, le due specialità più mie, pensavo sinceramente di andare meglio [18ª in combinata N.d.R.]. In ogni caso rispetto a Tokyo, dove non c’era il pubblico e con le mascherine a causa del Covid, di Parigi ho ricordi migliori. È stata un’esperienza diversa, anche per il fatto di aver condiviso il clima a cinque cerchi con la mia famiglia; poi il Villaggio Olimpico con tanti campioni. Dispiaciuta per il mio compagno di squadra, Matteo Zurloni, che nella velocità aveva buone speranze. Aveva tempi da record europeo e per soli due millesimi è rimasto fuori dalle medaglie, un vero peccato per il nostro movimento, ma si sa che la speed è così. Tutti sono molto attaccati ed ogni minimo errore può fare la differenza.

A Le Bourget, il sito olimpico dell’arrampicata, la combinata lead e boulder è stata vinta da Janja Garnbret, un’icona del tuo sport. Cosa pensi di lei? È straordinaria. Diciamo che fra le scalatrici – ma forse fra tutte le atlete del pianeta – è una delle più titolate. È sicuramente un idolo e contemporaneamente un’avversaria fortissima.

Nel tuo sport si punta e si raggiunge il top. Ma quando, come stato di forma in questa stagione, ti sei sentita veramente al top?Mi sono preparata al meglio per Parigi, ma forse devo dire che mi sono sentita al meglio fisicamente subito dopo, in Svizzera a Villars. Quando ho vinto l’oro europeo nella prova di lead, sentivo di stare al meglio.

L’arrampicata sportiva sta crescendo nei numeri di praticanti grazie anche all’impegno sociale di FASI e Fiamme Oro. Cosa pensi al riguardo?La Federazione e la Polizia da sempre si impegnano per promuovere lo sport sociale, perché fare sport è un modo per aiutare i ragazzi che vivono in aree disagiate e l’arrampicata all’aperto può essere una palestra di vita. Recentemente nel cuore del Rione Sanità, a Napoli, le Fiamme Oro hanno inaugurato una parete per l’arrampicata nell’ambito di un progetto per l’avvicinamento allo sport di bambini e giovani.

Siamo prossimi al Giubileo della speranza. Quali le tue ambizioni nel 2025?Nel 2025 punterò a fare meglio nella lead e, tra gli obiettivi stagionali, c’è il Mondiale di Seul a settembre. Senza dimenticare le tappe di Coppa del Mondo. Adesso intanto mi diverto facendo arrampicata su roccia, per tenermi in forma.

Il Palmarès di Laura Rogora

Data di nascita: 28/04/2001Luogo di nascita: RomaSocietà: Fiamme Oro

Presente nelle competizioni internazionali dal 2015, con 133 partecipazioni all’attivo.

• Partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020 e alle Olimpiadi di Parigi 2024 (18° posto in combinata); Campionessa europea di lead e di combinata 2024 (Europei Villars, agostosettembre 2024);

• Medaglia d’argento Coppa del Mondo lead (Briançon, luglio 2024);

• Medaglia di bronzo Qualifica Olimpica (Laval, ottobre 2023);

• Medaglia di bronzo Campionato del Mondo lead (Mosca 2021); Campionessa mondiale giovanile boulder e lead (Arco 2019);

• Campionessa mondiale giovanile boulder (Mosca 2018);

• Campionessa italiana lead 20162017-2018-2020-2021-2023;

• Campionessa italiana boulder 2015-2016-2020.

Nel 2015 prima Italiana ad arrampicare in falesia su difficoltà 9 A (a soli 14 anni), a Sperlonga. Nel 2020 nella falesia di Rodellar, in Spagna, è diventata la prima italiana e la più giovane di sempre a riuscire a scalare una via di grado 9 B, la massima difficoltà a livello femminile: è diventata la seconda donna sulla Terra a riuscire a scalare questa difficoltà.

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