Stadium n. 7/2023

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Diffondiamo i valori del CSI ai più alti livelli dello sport professionistico

Questo numero di Stadium è così ricco di spunti che la scelta di alcuni articoli da sottoporre all’attenzione dei lettori, dovendo trascurarne altri, diventa imbarazzante. Dovrei dedicare qualche parola a tutti i contributi, perché davvero tutti hanno un significato particolare. Visto che non è possibile evitare il peccato (involontario) di omissione, mi permetto di segnalarne alcuni ai nostri preziosi lettori.

L’intervista a Giuseppe Marotta ha uno spessore particolare per il CSI, perché l’essere arrivato ai livelli dirigenziali più alti nelle società sportive di maggior prestigio in Italia non gli ha fatto dimenticare le origini nell’oratorio, nella sua Varese, dove è cresciuto a pane e sport e dove, già da giovane, si immaginava impegnato a guidare sui percorsi spesso lastricati di enormi ostacoli le società sportive di maggior peso. Chi lo conosce

Un numero all’altezza della tradizione e delle aspettative, ricco di interviste, storie, analisi, e che racconta l’attività sul territorio sia a livello locale che nazionale

lo rispetta e quasi sempre lo apprezza, nonostante sia dirigente di primissimo livello dell’Inter e quindi rappresentante di “una parte”. Marotta è un signore, una persona colta e dallo sguardo che va oltre l’orizzonte immediato, ma non solo perché ha messo a frutto i talenti di cui è dotato. No; è così soprattutto perché è un uomo onesto e che agisce nel rispetto

“dei valori fondamentali della vita. Mi ha entusiasmato anche la lettura dell’intervista all’Assessore Alessandro Cantoni, del Comune di Brescia, che mostra tutto il suo amore per la comunità che gli è stata affidata e che promuove nella sua città una visione dello sport finalizzata alla formazione, all’educazione, all’inclusione. Prima di concludere invitando a leggere tutto quello che viene offerto con Stadium di questo mese, ricordo con piacere che finalmente il diritto all’attività sportiva è sancito in Costituzione, in modo definitivo e con un voto finale unanime della Camera. Il tutto però senza illusioni: il principio è sancito. Adesso attendiamo i fatti concreti.

Stadium 1 PAROLA DI PRESIDENTE

Parola di Presidente p. 1

Il saluto di «quel matto» del don p. 3

Politica: Intervista all’Assessore allo Sport del Comune di Brescia p. 4

Dossier: Il progetto GrowINsport e i ragazzi “difficili” p. 6

Dossier: Lo sport oltre lo sport con gli Special Olympics World Games p. 10

Dossier: Ad Assisi un’estate appasionante con il Play Sport Camp p. 14

Nati nel CSI: Annamaria Serturini p. 16

EDITORE E REDAZIONE

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Mail di redazione: stadium@csi-net.it

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Trimestrale

DIRETTORE RESPONSABILE

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DIRETTORE EDITORIALE

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REDAZIONE

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FOTO

Archivio fotografico CSI, Daniele La Monaca, @meetingrimini, Stefano Meloni, Claudia Di Paola, Simone Castrovillari, Luciano Rossi via Getty Images

L’intervista: Giuseppe Marotta p. 20

CineSport p. 27

Focus: Bosio al Meeting di Rimini: «Noi accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti» p. 28

Attualità: La parola “Sport” è oggi nella Costituzione p. 34

Zoom: La vittoria dei penultimi p. 36

Pillole di storia p. 38

#VitaCSI p. 40

In Libreria p. 48

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Laura Sanvito

GRAFICA

Gianluca Capponi, Loretta Pizzinga

HANNO COLLABORATO

Annamaria Angora, Sara Angheben, Francesco Brasco, Lorenzo Calia, Anna Collavo, Simone Corradetti, Anna Lisa Marinello, Giacomo Mattioli, Alessio Molinari

Bucarelli, Massimo Montanari, Lorenzo Morano, Miranda Parrini, Enrico Pellino, Francesco Piccone, Giuseppe Porqueddu, Renato Quadrelli, Salvo Raffa, Matteo Scannavacca, Diego Scattini, Cristina Speziale, Simona Tondo

Stadium è iscritto presso il Tribunale di Roma - Sezione Stampa al n. 158/2021 del 5/10/2021

Stampato da Varigrafica Alto Lazio, Zona Ind.le Settevene - 01036 Nepi (VT) Italia - su carta Fedrigoni Arena White Smooth da 140 gr. biodegradabile e riciclabile

I CONTENUTI &
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LA SQUADRA

IL NOSTRO ASSISTENTE ECCLESIASTICO NAZIONALE

DON ALESSIO ALBERTINI È STATO NOMINATO

PARROCO A TREZZO SULL’ADDA ED IN QUESTA PAGINA

DESIDERIAMO CONDIVIDERE CON I NOSTRI LETTORI LA SUA LETTERA DI SALUTO A TUTTA L’ASSOCIAZIONE

Il saluto di «quel matto» del don

«Quando, nel pomeriggio di fine settembre 2012, venni nominato Assistente Ecclesiastico nazionale del CSI, una delle prime telefonate che mi arrivarono fu quella di Vittorio Bosio: «Benvenuto!».

E poi, con il suo accento che non lasciava dubbi alla sua provenienza: «Guarda che sei arrivato in una gabbia di matti».

Non aveva tutti i torti! Di matti in questi undici anni ne ho trovati tanti e me li porto con affetto e riconoscenza nel cuore. Voglio dirvi che siete in buona compagnia, perché anche Gesù è stato definito come un “fuori di sé” per la sua follia, il suo eccesso, la sua anormalità. Questi amici folli del CSI mi hanno insegnato che è possibile dirsele senza darsele.

Un’Associazione, come qualsiasi realtà umana, è composta da persone differenti. L’incrociarsi di queste differenze che cercano di affermarsi e trovare il proprio spazio crea inevitabilmente un conflitto, una situazione di contesa, che può sfociare nella violenza.

La pace, tuttavia, non si potrà immaginare come annientamento o, peggio, come appiattimento di queste differenze, piuttosto come capacità di raccontarle e ascoltarle. È la fatica del discutere, del pensare ad alta voce, esprimersi accogliendo le opinioni degli altri. Mi hanno insegnato che la Chiesa è composta soprattutto da laici.

Eppure, nonostante le tante parole e gli sforzi per valorizzare i laici, sembra che essi restino sempre a servizio dei preti. Ho imparato a credere sempre di più ad una Chiesa fondata sui carismi, sulla capacità che ciascuno ha per edificare il bene comune.

Nelle riunioni ecclesiali è certo necessaria la presenza della teologia, della pastorale, della liturgia, ma altrettanto di chi sa di economia, di sociologia e… di sport.

I matti mi hanno insegnato che il CSI non vuole solo essere l’organizzazione di un passatempo, ma anche un azzardo. È il rischio dell’amore che non si accontenta solo di quello che vede, ma ne sogna la crescita. Così, nell’organizzare l’attività sportiva, il CSI ha sempre voluto rischiare che un ragazzo potesse essere di più di quello che mostra. Non solo un campione né tanto meno un perdente, ma la migliore versione possibile di sé stesso.

Ora che il mio ministero mi porta a Trezzo sull’Adda voglio dire grazie a tutti i matti che ho conosciuto in questi anni e con i quali ho percorso un tratto del mio cammino. Non perdete mai la vostra follia!»

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Voglio dire grazie a tutti i matti che ho conosciuto in questi anni e con i quali ho percorso un tratto del mio cammino. Non perdete mai la vostra follia!

Intervista ad Alessandro Cantoni, Assessore del Comune di Brescia

La mossa vincente di unire le forze

IL GIOVANE ASSESSORE, CHE CREDE NELLE POTENZIALITÀ DEL CENTRO SPORTIVO ITALIANO, SPIEGA PERCHÉ HA DECISO DI METTERSI AL SERVIZIO DEI GIOVANI E DELLO SPORT

Con le interviste agli assessori comunali delle città italiane, dove il CSI svolge importante attività di promozione dello sport per tutti, arriviamo oggi nella stupenda città di Brescia, per dare la parola al giovane e dinamico Assessore Alessandro Cantoni.

Assessore, il suo ruolo è molto impegnativo, soprattutto per il futuro della comunità bresciana. Lei, infatti, risulta titolare delle deleghe alle Politiche in materia di Sport, alle Politiche per la Casa e all’Housing sociale. Sulle sue spalle, un’importante responsabilità con ricadute sull’attività sportiva e formativa dei giovani. Come gestisce nel quotidiano questi incarichi tanto entusiasmanti?

Prima di tutto, vorrei ringraziarvi per l’opportunità di raccontare il mio impegno per il futuro della comunità bresciana. È vero, le deleghe che mi sono state assegnate sono molto impegnative, ma le vedo come un’opportunità straordinaria per contribuire in modo significativo al benessere dei cittadini di Brescia. In qualità di Assessore allo Sport, il mio obiettivo principale è promuovere uno stile di vita attivo tra i nostri cittadini. Ciò significa

non solo investire nell’infrastruttura sportiva e nell’organizzazione di grandi eventi sportivi, ma anche creare programmi accessibili e inclusivi per tutte le fasce della popolazione. Voglio rendere lo sport un pilastro della nostra comunità, un modo per unire le persone e promuovere valori importanti come la solidarietà e l’inclusione. Le relazioni con le associazioni sportive sono molto importanti: sono convinto che una collaborazione solida e fruttuosa con queste organizzazioni sia la chiave per il successo delle politiche sportive e per garantire un

coinvolgimento attivo della comunità. Le politiche per la casa e l’housing sociale sono altrettanto cruciali. L’accesso ad un alloggio dignitoso è un diritto fondamentale dei cittadini. Imprescindibile, da questo punto di vista, la collaborazione con gli enti preposti alla gestione dell’edilizia residenziale pubblica (Stato e Regione) per affrontare le sfide abitative nella nostra città. Infine, il coordinamento dei grandi eventi sportivi non solo renderà Brescia una destinazione sportiva di riferimento, ma genererà opportunità economiche e di visibilità per la nostra città. Penso, ad esempio, al palazzetto indoor per l’atletica e a quello della ginnastica artistica, che accenderanno su di noi i riflettori nazionali e internazionali. Diventeremo la vera cittadella dello sport italiano.

In sintesi, sono consapevole dell’importanza delle mie deleghe e del loro impatto sul futuro di Brescia. Mi impegno a lavorare con dedizione, passione e determinazione per contribuire a una comunità più sana e inclusiva. Sono grato per l’opportunità di servire i cittadini di Brescia e non vedo l’ora di lavorare con tutti gli attori coinvolti per raggiungere questi obiettivi ambiziosi.

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E QUALI SONO GLI OBIETTIVI A CUI TENDE IL SUO IMPEGNO

Come è maturata la volontà di mettersi al servizio dei giovani e dello sport nel Comune di Brescia?

La volontà di mettermi al servizio dei giovani e dello sport nel Comune di Brescia è maturata in modo graduale nel corso degli anni. Sin da giovane, ho sviluppato una grande passione sia per la politica sia per lo sport. In particolare, ho sempre creduto che lo sport sia uno strumento straordinario per promuovere il benessere fisico e mentale, nonché per costruire relazioni positive tra le persone. Quanto alla politica, la vivo da sempre come un modo per cercare di restituire qualcosa alla città dove sono cresciuto, mi sono formato, ho stretto relazioni e mi sono affermato professionalmente. La sento come una missione e sono onorato di poter contribuire al benessere della mia città e dei suoi cittadini. Per questo, consentitemi di ringraziare i tanti amici che mi hanno supportato eleggendomi tre volte di seguito.

Quali sono i bisogni più impellenti ai quali sta dando una risposta amministrativa e politica?

Nel ruolo che ricopro, d’intesa con la nostra Sindaca e come previsto nelle linee programmatiche, voglio valorizzare al meglio i nostri impianti sportivi, crearne altri e dare a tutti l’opportunità di crescere con i valori dello sport: non solo salute fisica, ma anche, e soprattutto, strumento di crescita personale. La pandemia ha messo bene in evidenza, soprattutto nei giovani, i problemi legati al rimanere fermi per un lungo periodo di tempo. Con una vita sportiva, si affronta tutto molto meglio.

Ci risulta che lei abbia un buon rapporto con il CSI di Brescia e anche con il CSI

nazionale, struttura con la quale il Comune ha lavorato per una recente manifestazione sportiva nazionale. Come valuta la collaborazione con il CSI, a tutti i livelli, e cosa chiede alle società del Centro Sportivo Italiano?

Le collaborazioni con il CSI di Brescia e con il CSI nazionale rappresentano un pilastro fondamentale nella promozione dello sport per tutti e nell’implementazione di progetti educativi e formativi nella nostra comunità. Ritengo che il contributo del Centro Sportivo Italiano, a tutti i livelli, sia di inestimabile valore per il benessere della nostra città.

Il CSI svolge un ruolo cruciale nella creazione e nella gestione di programmi sportivi accessibili a tutti, indipendentemente dall’età, dalle abilità o dalle risorse finanziarie. La dedizione nel promuovere lo sport come strumento per la crescita personale è evidente nelle numerose iniziative che supporta. Queste attività non solo offrono opportunità di svago e divertimento, ma contribuiscono anche all’educazione dei giovani, insegnando loro importanti valori come il fair play, la disciplina e il rispetto per gli altri. La collaborazione con le società sportive locali è altrettanto cruciale. Queste società rappresentano il cuore pulsante della nostra comunità sportiva, offrendo un terreno fertile per lo sviluppo di talenti e per la creazione di una solida rete di promozione sportiva. Il loro impegno nell’allenamento dei giovani atleti e nell’organizzazione di eventi sportivi locali contribuisce in modo significativo alla crescita del settore sportivo nella nostra città. In definitiva, il CSI e le società sportive locali sono partner indispensabili nella realizzazione dei nostri progetti di sport per tutti, educativi e formativi. Grazie al lavoro

svolto con loro, siamo in grado di offrire a tutti i cittadini di Brescia l’opportunità, attraverso la pratica sportiva, di vivere una vita più sana e attiva. Sono fermamente convinto che questo contributo positivo continuerà, nel lungo termine, a portare benefici tangibili alla nostra comunità.

Non ho richieste particolari. Con il CSI, piuttosto, mi pongo obiettivi: fare, di anno in anno, numeri sempre importanti.

Lo sport può essere strumento di miglioramento di tutta la società, anche per i benèfici effetti sul sistema sociale e su quello sanitario?

Certamente, lo sport è un potente strumento di miglioramento sociale e sanitario. Promuove l’inclusione sociale, insegna valori positivi e favorisce uno stile di vita attivo che contribuisce alla prevenzione di problemi di salute. In breve, ha un impatto positivo sull’intera società. Tantissimi eventi sportivi che realizziamo hanno proprio l’obiettivo di sensibilizzare sulla prevenzione, e la risposta dei cittadini bresciani è davvero straordinaria.

Cosa vorrebbe riuscire a realizzare da qui a un anno?

Il primo anno di un mandato amministrativo è quello più importante, perché sappiamo quanto la burocrazia rallenti gli obiettivi. Sarà l’anno del check su tutto; ho chiesto ai miei uffici di fare la radiografia di ogni impianto per valorizzarlo al meglio e renderlo sempre più performante. Per i miracoli non siamo attrezzati, ma per una programmazione diluita in 5 anni possiamo lavorare molto bene. Alla fine di questo mandato, i cittadini giudicheranno il nostro operato. Chiedo a tutti loro di darci una mano: unire le forze è sempre una mossa vincente.

Stadium 5 Sport in Comune

Il progetto GrowINsport e i ragazzi “difficili”

La nostra società e le nostre comunità sono abitate da fragilità, in particolare tra i giovani e le giovani. Il disagio giovanile, interconnesso a quello della povertà educativa, è sempre più attuale ed emergente anche a seguito della pandemia da Covid-19, che non ha fatto altro che amplificare e differenziare i disagi e le difficoltà. Per giovani che vivono in condizioni di disagio – chiamati ragazzi “difficili” da Piero Bertolini[*] – vogliamo qui intendere coloro che, per esempio, si trovano in povertà economica e/o educativa, in ambienti deprivati e in famiglie fragili e vulnerabili; minori

trascurati fisicamente, emotivamente, educativamente; minori rifiutati, abbandonati o guidati da adulti poco rispondenti al ruolo genitoriale; la loro esistenza è costellata, e sovente tormentata, da ostacoli. Oltre, probabilmente, ad aver già messo in pratica comportamenti più o meno lesivi di loro stessi e dell’ambiente abitato, questi ragazzi sono esposti a significative probabilità di vivere un’esistenza da emarginati ed esclusi dalla società e di rappresentare per essa un potenziale danno. Per contrastare e ridurre il disagio giovanile e le conseguenze potenzialmente “catastrofiche”

che esso porta con sé, vengono sovente promossi e attivati progetti che coinvolgono anche lo sport, in quanto esso viene ritenuto uno strumento efficace per affrontare tali situazioni.

A livello internazionale e nazionale, l’attività sportiva, fisica e motoria è considerata benefica per la persona a diversi livelli. Il Consiglio d’Europa, con la Carta Europea dello Sport, e l’Unesco, con la Carta Internazionale per l’Educazione Fisica, l’Attività Fisica e lo Sport, hanno riconosciuto alla pratica sportiva (in tutte le sue varianti) benefici salutari, fisici, psichici, relazionali e comunitari.

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di Antonio Borgogni e Silvia Sangalli
Una serie di azioni per far vivere esperienze sportive a minori fragili che vivono in situazioni di disagio, inserendoli anche all’interno di società sportive

L’attività fisica viene considerata un valido strumento per affrontare il disagio giovanile.

Al tempo stesso, come sottolineato da diversi studiosi, lo sport non è educativo a prescindere, ma la sua funzione formativa dipende da diversi fattori, anche non prettamente sportivi (come, per esempio, le caratteristiche sociali del giovane, il tipo di sport praticato, il modo in cui lo sport si integra con la vita personale, le opportunità formative promosse dalla società sportiva, le strategie d’insegnamento e le attività proposte dall’allenatore, ecc.). Oltre a ciò, alcuni progetti e interventi sportivi non hanno dato esiti del tutto positivi perché non si basavano su una teoria salda e su un’approfondita analisi dei bisogni, dando spesso per scontati gli effetti benefici dello sport.

Il progetto GrowINsport

Il progetto GrowINsport del CSI di Bergamo ha vinto il Bando Sport 2019, “Lo sport: un’occasione per crescere insieme. Percorsi sportivi-educativi per la crescita, il benessere, l’inclusione”, cofinanziato da Regione Lombardia e Fondazione Cariplo. Il progetto venne presentato insieme ad altri enti socioeducativi del territorio (Società Cooperativa Sociale Impronta, Società Cooperativa Sociale Ruah, Cooperativa Generazioni FA, Onlus Agathà, Club Alpino Italiano “Antonio Locatelli” di Bergamo) che si occupano, tra le altre cose, di minori fragili e in condizione di marginalità, sovente ospitandoli in centri diurni e comunità.

Il bando intendeva sostenere interventi, proposti da organizzazioni sportive in collaborazione con quelle educative, che promuovessero lo sport come veicolo di valori educativi e come strumento utile per la crescita di giovani dai 6 ai 19 anni. Il progetto GrowINsport ha coinvolto adolescenti fragili che frequentavano

servizi di cooperative bergamasche e della provincia (comunità, centri diurni, spazi compiti, ecc.). In particolare, i ragazzi e le ragazze frequentavano i servizi gestiti da alcuni partner del progetto: lo spazio extrascolastico di Bergamo del quartiere Malpensata, lo spazio compiti dell’Oratorio di Seriate, le comunità “Ai Celestini” e “I Funamboli”, i centri diurni “Millemiglia” e “Progetto Autonomia” di Bergamo e “Uno di Noi” dell’Oratorio di Grumello del Monte, i servizi di accoglienza “Casa Anche Me” e Condominio Solidale “Mater”.

Le attività previste dal progetto sarebbero dovute iniziare a settembre 2019 e finire a dicembre 2020 ma, con l’arrivo della pandemia e a causa del protrarsi della crisi sanitaria, il progetto ha subìto diverse rimodulazioni per le quali la conclusione delle azioni è stata posticipata a dicembre 2021. L’obiettivo era quello di far vivere e provare esperienze sportive a minori fragili che vivono in situazioni di disagio, inserendoli anche all’interno di società sportive della provincia di Bergamo. Questo progetto è nato sulla scia di TraSPORTami, altra

progettualità realizzata nel 2018 da alcuni dei partner nei Comuni di Bergamo, Seriate e Grumello del Monte, che aveva dato la possibilità a diversi preadolescenti e adolescenti di praticare attività sportive. Con il progetto qui descritto si è deciso di andare ad agire sugli stessi Comuni, dove si registrava un alto numero di famiglie, bambini e adolescenti in carico ai servizi di Tutela Minori; alcuni avevano già ricevuto un provvedimento dal Tribunale dei minori, altri frequentavano comunità e centri diurni, altri ancora erano seguiti da progetti di Assistenza Famigliare. Il progetto GrowINsport si è costruito sull’idea che lo sport rappresenti uno strumento utile a favorire lo sviluppo e la crescita delle persone che lo praticano, che sia un’occasione formativa ed educativa e possa essere un buon alleato per affrontare le situazioni di fragilità e marginalità. Con le azioni del progetto si voleva dare a ragazzi e ragazze che vivono in situazioni difficili l’opportunità di conoscere la pratica sportiva e la possibilità di accedervi con una certa continuità; di consolidare la collaborazione tra il mondo sportivo,

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Dossier

in particolare allenatori, e quello educativo, in particolare educatori, in modo tale che l’esperienza sportiva fosse per il minore una valida ed efficiente occasione educativa; di offrire alle figure sportive e a quelle educative occasioni di formazione al fine di sviluppare competenze utili. I diversi gruppi di giovani sono stati coinvolti in numerosi laboratori di orientamento e avvicinamento alla pratica sportiva; in particolare, nonostante le sospensioni dovute alla pandemia, appena era possibile i giovani e le giovani hanno potuto sperimentare in gruppo alcuni sport (arrampicata, pattinaggio su strada, danza…), guidati da allenatori delle società sportive aderenti al progetto; gli allenatori avevano precedentemente frequentato un percorso di formazione di carattere socioeducativo per conoscere più a fondo il tema della fragilità. In un secondo momento, alcuni tra questi giovani, dopo un’attenta valutazione da parte dei loro educatori e degli allenatori, e in base alle loro stesse richieste, sono stati inseriti in società sportive come atleti. Tale inserimento aveva alcune peculiarità: in primo luogo avveniva dopo la partecipazione a laboratori di avvicinamento. Non sempre il giovane entrava come giocatore, ma talvolta, dopo un’attenta valutazione da parte dell’allenatore e degli educatori del servizio in cui era inserito e in accordo con lui o lei, veniva accolto con altri ruoli, come ad esempio l’aiuto allenatore o altri ruoli di supporto.

Parallelamente a queste azioni destinate ai giovani, il CSI, insieme alla Cooperativa Generazioni FA, ha organizzato momenti formativi rivolti specificamente ad allenatori e ad educatori, e alcuni in cui

erano presenti entrambe le figure. Viste anche le restrizioni dovute alla pandemia, i primi incontri sono stati effettuati online e sono stati occasione di conoscenza del progetto e della fragilità giovanile. Sono stati poi proposti altri incontri in presenza che hanno coinvolto contemporaneamente educatori e operatori sportivi, che si sono potuti conoscere, confrontare e lavorare insieme su alcuni casi studio.

Analisi dei punti di forza del progetto

L’Università degli Studi di Bergamo è stata incaricata di monitorare il progetto in qualità di soggetto esterno. Dall’analisi effettuata

collaudata e proficua collaborazione dei membri della cabina di regia del progetto. Un altro elemento determinante che ha facilitato l’esecuzione delle azioni previste dal progetto è stata la presenza di una rete (composta da CSI, enti socioeducativi, società sportive) caratterizzata da un limitato livello di formalità.

Le attività sportive, sia i laboratori di orientamento e avvicinamento alla pratica sportiva che l’adeguamento della partecipazione sportiva – nei vari ruoli – alle necessità e alle caratteristiche del minore, sono stati determinanti per rendere l’inserimento dei giovani nelle società sportive più efficace e duraturo. Per quanto riguarda, invece, la formazione socioeducativa, ritenuta dagli allenatori, tra l’altro, necessaria e funzionale per il loro lavoro con i giovani, il fatto che abbia visto coinvolti contemporaneamente educatori e allenatori l’ha resa un elemento prodromico alla buona riuscita del progetto e generativo rispetto agli sviluppi di future azioni e ricerche.

tramite interviste, osservazioni dei giovani durante le attività e degli adulti durante i momenti formativi e organizzativi, sono emersi risultati di significativo interesse. Da un punto di vista organizzativo, ciò che ha permesso al progetto di andare avanti, nonostante le restrizioni e le difficoltà causate dal Covid-19, sono state la capacità di reinventarsi, la flessibilità, la capacità di fronteggiare i divieti presenti adottando soluzioni alternative che hanno garantito al progetto una certa continuità; con buona probabilità, questa capacità, potremmo dire di resilienza, è stata favorita dalla

L’esperienza in Università

Il progetto ha avuto anche un significativo riscontro sul piano accademico. La partecipazione di UniBG nel ruolo di monitoraggio non era, infatti, casuale. Il Corso di studi in Scienze Motorie e Sportive, nato nel 2020, è tra i pochi corsi in Italia incardinato in un Dipartimento di Scienze Umane e Sociali. Già in fase di progettazione del corso, la storia e le attenzioni socioeducative del Dipartimento si sono espresse attraverso l’attivazione di insegnamenti originali e ricerche caratterizzate dall’approfondimento

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Il progetto GrowINsport e i ragazzi “difficili”

dei temi legati alle fragilità e da un’ampia prospettiva culturale: “Teorie, metodi e didattiche delle attività motorie nelle età della vita”, “Pedagogia transculturale”, “Antropologia delle culture sportive e del movimento”, “Pedagogia speciale e attività motorie rivisitate e adattate”, “Sport e intervento sociale”. Proprio quest’ultimo insegnamento ha ospitato i protagonisti del progetto GrowINsport in un gruppo di tre lezioni che ha destato un significativo interesse da parte degli studenti: una prima vivace e schietta lezione svolta con i coordinatori del progetto (Manuel Garattini per il CSI e Carla Coletti per Generazioni FA); una seconda presso gli impianti sportivi gestiti dal CSI alla Cittadella dello Sport di Bergamo, in cui gli studenti hanno incontrato e praticato vari tipi di attività sportive con i ragazzi “difficili” di vari servizi, comunità, case famiglia gestiti da Generazioni FA e con i ragazzi della Comunità Don Milani di Sorisole (BG); una terza di rielaborazione del vissuto, insieme con educatori e allenatori partecipanti al progetto.Queste esperienze sono confluite nella produzione da parte degli studenti di un “portfolio” che connettesse i vissuti con le lezioni teoriche svolte. Le riflessioni e i nessi individuati sono stati spesso assai approfonditi, di grande significato umano e formativo, e lasciano ben sperare rispetto alla possibilità di una formazione integrata, ameremmo dire integrale, in cui l’attenzione all’umano si pone al centro di qualsiasi disciplina, di qualsiasi corso di studi, componendo, nel nostro caso, la dimensione corporeo-sportiva con quella delle scienze umane e sociali. Concludiamo riportando al lettore qualche frase tratta dal portfolio di alcuni studenti.

«Il pomeriggio passato con i ragazzi delle comunità è stato molto interessante e stimolante. La cosa

bella dello sport è che, anche se non tutti prendono parte attiva al gioco, si creano situazioni esterne (ad esempio a bordocampo, panchine...) nelle quali nascono relazioni, si hanno degli scambi di pareri, di pensieri, si fanno commenti, si ride e questo col tempo porta le persone ad aprirsi e a conoscersi».

«La prima cosa che voglio sottolineare è che quel pomeriggio chiunque fosse passato sulla strada vicino ai campi di calcio o di padel avrebbe visto dei ragazzi giocare e divertirsi».

«Aver avuto la possibilità di fare attività sportiva con i ragazzi e le ragazze appartenenti alle comunità è stata una grande possibilità. Poter osservare dal vivo uno dei contesti che fanno parte della vita di questi giovani permette a noi studenti di ampliare la nostra riflessione all’ambito pratico e osservativo dopo aver approfondito quello teorico […], di poter osservare in prima persona cosa significa fare attività sportiva in situazioni di fragilità sociale».

«[…] siamo riusciti a dimenticare, per quel poco tempo, la condizione di ognuno, coinvolgendoci reciprocamente nel gioco e nella condivisione, in questo caso ad esempio del pallone o di movimenti di danza».

«Di questa giornata ci sono due aspetti che vorrei sottolineare. Il primo: uscire dall’aula e incontrare personalmente i ragazzi, le persone di cui, finora, si è parlato, apre nuovi scenari, visioni, modi di vedere, che sono necessari per avere uno sguardo ampio, il più possibile. Il secondo: entrare in relazione sul serio, attraverso e con i corpi, mediante una pratica comune a tutti. Questa pratica è lo sport che, con tutte le sue sfaccettature, ci ha dato la possibilità di conoscerci tramite il movimento, forse nella maniera più semplice».

«È stato davvero un corso interessante ed illuminante per me e penso che in ogni corso di studi in scienze motorie dovrebbero venire affrontati questi temi, che vengono spesso messi in secondo piano, ma sono invece fondamentali; basti pensare che i ragazzi “difficili”, con fragilità, sono in ogni scuola e devono avere la possibilità di vivere esperienze sportive soddisfacenti, come tutti gli altri».

[*] Pierluigi Bertolini è stato uno dei più importanti pedagogisti italiani. Il suo curriculum extra-accademico comprende la direzione per dieci anni (1958-68), da quando era appena ventisettenne, del carcere minorile milanese “Cesare Beccaria”, in cui applicò innovazioni significative sulla scorta dell’idea dell’istituzione aperta: ricordiamo, tra le altre, l’escursione e il campeggio.

Stadium 9 Dossier
Un altro elemento determinante che ha facilitato l’esecuzione delle azioni previste dal progetto è stata la presenza di una rete (composta da CSI, enti socioeducativi, società sportive) caratterizzata da un limitato livello di formalità

A Berlino i Giochi Mondiali Special Olympics animano la città con 7.000 atleti di 190 delegazioni, protagonisti di una rassegna che rende evidente il potere inclusivo dello sport

Lo sport oltre lo sport con gli Special Olympics World Games

Èil 1968, siamo a Chicago nell’Illinois e stanno sbocciando gli Special Olympics World Games. Nel giugno di quell’anno, infatti, all’interno della struttura sportiva del Soldier Field, si tiene la prima competizione targata Special Olympics, in cui si incontrano e confrontano circa 1.000 atleti con disabilità intellettive, provenienti da Stati Uniti e Canada. È il 2023, sono passati 55 anni e la competizione è ormai mondiale. Quest’anno gli Special Olympics Games

si sono tenuti per la prima volta in Germania, nello specifico negli impianti della città di Berlino, accogliendo delegazioni da circa 190 Paesi e registrando numeri impensabili al momento della nascita. Sono stati 7.000 gli atleti Special Olympics che hanno testato le proprie abilità sportive in 26 discipline diverse, alcune delle quali presenti ai Giochi di Berlino come esempi di sport unificato, in cui gli atleti con disabilità scendono in campo insieme a compagni senza normodotati, in un’unica

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di Alessio Franchina

squadra. Non si tratta solo di sport. Un evento come quello che Berlino ha avuto la fortuna di accogliere, dal 17 al 25 giugno, parla alle persone non solo attraverso i risultati sportivi, le misure raggiunte o i tempi registrati in pista.

Gli Special Olympics World Games parlano una lingua comprensibile a tutti, in cui lo sport più che mai diventa inclusione, strumento di dialogo con la società, tessuto connettivo.

Gli Special Olympics Games sono solo la punta dell’iceberg di un movimento di inclusione globale, quello di Special Olympics, che tocca le corde di ben 5 milioni di atleti in tutto il mondo, ma non solo. A far parte del movimento e a condividerne i valori non sono solo coloro che partecipano

direttamente alla sfida sportiva; il potere di questo sodalizio travalica i confini familiari e tocca allenatori, tecnici, volontari, tutti coloro che sperimentano la potenza dello sport che diventa inclusione e strumento di inserimento. Ma torniamo a Berlino e riavvolgiamo il nastro fino al mese di giugno, quando la capitale tedesca si è tinta dei colori di più di 20 discipline sportive. Tra le 190 delegazioni presenti, anche quella dell’Italia, che ha tifato e accompagnato i suoi atleti nella capitale tedesca. E non poteva mancare il Centro Sportivo Italiano, da sempre vicino alle tematiche dell’inclusione e della disabilità e convinto che lo sport sia uno strumento per educare e trasmettere il valore del rispetto di

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La delegazione italiana conta 142 componenti, di cui sono 97 gli atleti pronti a mettersi in gioco.
Tra questi, 19 sono CSI, protagonisti di grandi emozioni, storie e anche risultati

Lo sport oltre lo sport con gli Special Olympics World Games

sé e degli altri. Dopo le emozioni vissute a marzo nel corso dei Giochi Nazionali Invernali Special Olympics disputati a Bardonecchia, dove il CSI era presente con 43 atleti in gara (su un totale di 250 partecipanti), giugno è stato un nuovo mese di entusiasmo e commozione.

Nelle venue berlinesi, oltre ad un complessivo di 3.000 allenatori e 20.000 volontari in maglia viola, hanno reclamato spazio e divertimento i giovani di 13 società sportive del CSI, in rappresentanza di tutto il Paese, alcune provenienti da località piccole ma arrivate cariche di energie. Gli atleti del CSI hanno mostrato e dimostrato la propria voglia di fare bene sia negli sport di squadra che in quelli individuali, scendendo in campo in dieci diverse discipline: basket, calcio a 5, beach volley, pallavolo, nuoto, bocce, tennis, atletica, ginnastica ritmica e golf.

La delegazione italiana conta 142 componenti, di cui sono 97 gli atleti pronti a mettersi in gioco. Tra questi, 19 sono CSI, protagonisti di grandi emozioni, storie e anche risultati. Pesa, infatti, lo zaino degli Azzurri al ritorno da Berlino, con un bottino che brilla di 24 bronzi, 29 argenti e 23 ori, molti dei quali portano la firma degli atleti del Centro Sportivo Italiano.

La prima medaglia azzurra della delegazione arriva declinata al femminile e giunge proprio dalla ginnastica ritmica targata CSI, con Bambi Becattini dell’AIPS Versilia di Camaiore, che si aggiudica il bronzo nell’all around. Ma non finisce qui per la giovane toscana classe 2007, che conquista un bronzo collettivo nella ritmica con le quattro compagne del team e porta a casa l’argento al nastro e ancora due bronzi alla palla e alle clavette. I metalli più preziosi arrivano poi nel golf, nel nuoto e nel calcio a 5 unificato. A dominare le buche è Giulia Feltrin dell’ASD Sport Life di Treviso, mentre in acqua doppio oro al collo di Raffaella Morgavi, orgoglio del Reale Circolo Canottieri Tevere Remo, che sprigiona grande entusiasmo nei 25 metri dorso e nei 50 stile libero. Emozioni contenute a stento al momento della finale della Nazionale Special Olympics di calcio a 5, il

24 giugno. La sfida è contro il team del Porto Rico, con la speranza di rinnovare quel risultato che ha portato l’Italia sul tetto del mondo nel 2006, sempre a Berlino. Proprio come tanti anni fa, il match si decide ai rigori e, tra i piedi investiti di responsabilità, ci sono quelli di Alex Cristian Capponi, atleta della Polisportiva Sociale Castellinsieme.

E poi ancora un argento dietro l’altro: dal tennis con Serena Gatta dell’ASD Brixia Smile Onlus; dalle bocce per Mauro Nervo della Viceversa ASD, a medaglia sia nel doppio unificato che nella quadretta unificata; tris sui campi del volley, con l’argento nel beach volley femminile unificato e nella pallavolo femminile e mista unificata.

Ma, a partire dalla Cerimonia di apertura del 17 giugno nello Stadio Olimpico di Berlino fino alla Cerimonia di chiusura del 25 presso la Porta di Brandeburgo, non si sono tenute solo competizioni sportive. Ad animare la città, infatti, i colori, la musica, gli spettacoli e l’intrattenimento dei festival che hanno contornato la rassegna mondiale. Nelle diverse venue dell’evento, tante le esperienze che hanno unito team e famiglie, momenti culturali e di confronto, insieme ai congressi ospitati nel quartiere fieristico della città, la Messe Berlin. Numerosi dunque gli spazi riservati per la kermesse sportiva, dall’area per famiglie e accompagnatori alla SO Activity Zone, dove persone con e senza disabilità hanno avuto modo di sperimentare diverse discipline sportive. Nell’emozione della serata conclusiva, nel corso della Cerimonia in cui era presente anche il Ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, l’Italia ha ricevuto un importante testimone. Nel 2025, infatti, sarà la città di Torino ad ospitare i Giochi Mondiali Invernali targati Special Olympics, che arriveranno per la prima volta in Italia, dall’8 al 16 marzo.

Se la tappa di Berlino è già alle spalle, la strada verso l’inclusione deve essere lastricata giorno dopo giorno.

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CSI ed FC Internazionale Milano, ancora una volta insieme nell’ambito del progetto “CSI Pro – Lo sport che

Ad Assisi un’estate appassionante con il Play Sport Camp

Nella meravigliosa Assisi ben 400 ragazzi delle Diocesi di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino hanno vissuto l’esperienza di Play Sport Camp, attraverso non solo momenti di divertimento sul campo, ma anche grazie allo speciale incontro con il vescovo Mons. Domenico Sorrentino e l’ex calciatore nerazzurro Andrea Ranocchia, entrambi protagonisti

di preziosi attimi di condivisione con i giovani.

L’iniziativa si è svolta presso lo Stadio “Giuseppe Migaghelli”, gentilmente concesso dall’ASD Angelana 1930.

Ogni giorno, da lunedì 26 a venerdì 30 giugno, il campo ha ospitato gruppi diversi di ragazzi, che si sono cimentati nelle attività calcistiche proposte dagli allenatori di FC Internazionale

Milano. Ma l’organizzazione, a cura del Comitato CSI di Foligno, non si è fermata qui: diversi, infatti, i momenti speciali. A sorprendere i ragazzi, la visita di Andrea Ranocchia, ex calciatore e capitano neroazzurro, che non solo ha assistito alle avventure calcistiche dei giovani, ma li ha anche sfidati ai calci di rigore. Ad inaugurare la settimana, inoltre, ci ha pensato il vescovo Mons. Domenico Sorrentino che, dopo le parole introduttive di Alessio Franchina, Coordinatore Area Comunicazione e Innovazione Tecnologica CSI Nazionale, e di Alberto Bassani, Community Relations FC Internazionale Milano, ha raccontato ai ragazzi l’inedita storia del gol più importante della storia del calcio: quello di San Francesco d’Assisi. La ciliegina sulla torta è arrivata infine con la partecipazione dei ragazzi con disabilità dell’Istituto Serafico di Assisi, che si sono messi in gioco con grandissimo entusiasmo tra palleggi, tiri in porta e sfide con i bambini e le bambine già presenti al campo.

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ci fa grandi!”
di Samuele Esposito

Come già scritto, l’iniziativa rientra nell’ambito del progetto “CSI Pro –Lo sport che ci fa grandi!”. Si tratta di un’alleanza tra sport di vertice (non solo calcio) e sport di base, che si pone appunto l’obiettivo di creare proposte come quella di Play Sport Camp e di rinsaldare quel legame inossidabile, ma a volte poco visibile e dunque poco riconosciuto, che abbraccia il dilettantismo dei “nostri” paesi con i campioni che rappresentano la punta dell’iceberg dello sport italiano.

In questo interessante dialogo, il CSI si inserisce in qualità di “mediatore”, per così dire, ossia come punto di contatto tra le due realtà, con l’intento di favorire e stimolare il più possibile l’adesione allo sport.

Quest’ultimo si presenta quindi non solo come mera attività fisica, ma si offre indistruttibile strumento di trasmissione di valori fondamentali nello spazio di gioco, così come nella vita, come l’inclusione, la formazione e naturalmente il sano divertimento. È innegabile, infatti, il fatto che la passione dei bambini e delle bambine nei confronti dello sport, o di uno sport in particolare, nasca in molti casi a seguito dell’incontro con un idolo, o con una grande impresa sportiva. In questo senso, per tornare a discutere della disciplina che si è presa la scena nella settimana assisana di Play Sport Camp, basti pensare a quale peso abbiano avuto i successi degli Azzurri nel nuovo millennio (Mondiale 2006 ed Europeo 2020-2021) su milioni di piccoli appassionati, trascinati dall’entusiasmo delle gesta dei propri campioni sui teleschermi e dalle celebrazioni che hanno animato le nostre strade poco dopo la vittoria.

Insomma, un do ut des dal valore incommensurabile: lo sport di base che prepara i campioni del domani, e i miti dello sport di vertice che incitano i più giovani ad abbracciare l’attività sportiva, ricca degli stessi valori che hanno riempito i cinque giorni di Assisi.

Il tutto per raccontare una storia a sua volta tanto vera quanto emozionante: lo sport, il calcio, non sono solo campo. Sono condivisione, aggregazione, inclusione.

Un mezzo per comunicare,

per accogliere, per trasmettere emozioni.

Un grande grazie a FC Internazionale Milano, prima società di vertice ad affiancare il CSI in questo progetto sinergico, che ha fortemente contribuito alla realizzazione di questo evento, in cui il pallone, e non solo, ha colorato le giornate di ragazze e ragazzi, bambini e bambine. Con l’auspicio che l’intesa tra sport di base e sport di vertice possa continuare su questa proficua, entusiasmante strada.

Stadium 15 Dossier
“ Un’alleanza tra sport di vertice (non solo calcio) e sport di base, che con proposte come quella di Play Sport
Camp abbraccia il dilettantismo dei “nostri” paesi con i campioni che rappresentano la punta dell’iceberg dello sport italiano

Le ragazze devono avere

sogni, divertirsi, perché senza

sognare e senza divertimento non si può giocare a calcio

Oggi veste l’azzurro, è campionessa d’Italia con la Roma ed è prossima alle nozze. Un pieno di felicità per Annamaria Serturini, attaccante giallorossa che da piccola, in prima elementare, su un tema scrisse in stampatello che avrebbe fatto la calciatrice e che il suo sogno era di andare ai Mondiali Sogno realizzato, ma non tutti sanno che Annetta (come la chiamavano da piccolina) ha cominciato a tirare i primi calci a un pallone sul campo a 7 dell’Oratorio di Gorno nel CSI.

Annamaria, che ricordi hai? Quali aneddoti e che accoglienza trovasti in quella squadretta di amici?

Ho iniziato a dare i primi calci al pallone sul campo del mio oratorio, ho dei ricordi bellissimi ed emozionanti, che per sempre rimarranno impressi dentro di me. Soprattutto i genitori delle altre squadre che dicevano «c’è una bambina in squadra» e che poi mi facevano i complimenti, perché magari ero molto più forte dei maschietti e segnavo due o tre gol a partita. Sono bei ricordi che hanno un peso molto importante sul mio inizio di carriera, anche se, quando ero piccola, non pensavo di arrivare dove sono oggi. Avevo due allenatori, i compagni di squadra inizialmente erano i compagni di scuola all’asilo, perché avevo fatto la scuola calcio; poi quelli delle elementari, quando sono salita di categoria; a

10 anni, infine, li ho salutati e ho intrapreso un’altra strada ovviamente, con la squadra femminile. Se torno al paese, raramente purtroppo a causa degli impegni, li seguo e li seguo anche a distanza tramite social. Quel posto rimarrà per sempre nel mio cuore: è stato l’inizio di un amore.

Da giovanissima giocavi con i maschietti. Come è stato per te? Senza problemi per le tue doti tecniche? O qualche bulletto che ti prendeva in giro vedendo una bambina magari lo hai incontrato?

Ho giocato con i maschietti, è stato strano perché dovevo cambiarmi nello spogliatoio dell’arbitro. Ma io li vedevo come miei compagni di calcio, senza percepire le differenze tra maschi e femmine. Queste cose non le ho mai notate, anzi ero molto più felice di giocare con i maschi rispetto alle femmine.

Sicuramente avevo già iniziato da piccola a tirare calci ad un pallone, le doti tecniche le allenavo ogni giorno: i miei genitori odiavano il fatto che giocassi in casa, ma poi si sono rassegnati comprandomi un pallone di spugna, dopo che avevo rotto un sacco di oggetti di cristallo dentro casa. Bulli non ne ho incontrati, ma i commenti non sono mai mancati. Ogni sabato era così. Entravo in campo prima della partita e tiravo il pallone fino all’infinito. I genitori notavano la mia presenza in campo, i bambini pensavano che non fossi forte, poi magari alla fine

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La favolosa ascesa della azzurra Annamaria Serturini, attaccante della Roma, dai suoi gol segnati ai maschietti in oratorio fino a quelli in Champions League
«Pensavo fosse impossibile e invece è successo!»
DALL’ORATORIO BERGAMASCO DI GORNO ALL’OLIMPICO E AL CAMP NOU

Chi è Annamaria Serturini

Annamaria Serturini, 25enne di Alzano Lombardo (BG), è una calciatrice della AS Roma, centrocampista-attaccante anche della Nazionale Italiana femminile di calcio.

Due scudetti in bacheca, cui va aggiunto anche un titolo primavera, tre Coppe Italia, tre Supercoppe. Alta 160 cm, indossa la maglia numero 15 sia in Nazionale sia nella squadra di club.

Dopo i primi gol in oratorio, inizia a giocare a calcio nella squadra del Brescia: qui gioca il campionato Primavera e viene regolarmente convocata, pur giovanissima, in prima squadra dall’allenatrice Milena Bertolini (divenuta poi CT azzurra nella spedizione di Francia 2019). In quell’anno il Brescia vince il campionato e l’anno successivo partecipa alla Champions League femminile.

La sua carriera prosegue alla Pink Sport Time di Bari, con cui gioca sia in Primavera che in prima squadra fino al 2018, quando passa alla AS Roma femminile. Con la maglia giallorossa ha segnato complessivamente 41 reti in 143 presenze fra campionato e coppe.

Un gol in Nazionale nel 3-0 dell’Italia all’Ungheria. Appassionata di tennis, è una grande fan della serie Breaking Bad.

perdevano e non parlavano più. Preferisco dimostrare e zittire con i fatti rispetto a parlare.

L’oratorio che ambiente è stato e quanto ti è rimasto dentro? Che effetto fa partire, come molti hanno fatto, da un campetto ed oggi giocare in Champions League ed in maglia azzurra?

L’oratorio per me è stato una casa per tanti anni, ci torno volentieri, ho dei ricordi bellissimi lì. So che in quell’oratorio e in quella comunità ci sono tante persone che mi sostengono, con la maglia della Roma e della Nazionale; non è scontato e ringrazio tutti per questo. Vuol dire che qualcosa ho lasciato anche come persona.

Cerco di partecipare a tutti gli eventi, cerco di darmi da fare in segno di riconoscenza. Fa un effetto strano indossare maglie importanti come quelle della Roma o della Nazionale, quando giochi all’Olimpico, quando giochi al Camp Nou e segni! Pensavo fosse impossibile, invece è successo.

A che punto è oggi, a tuo avviso, il calcio femminile, dopo aver raggiunto il professionismo? Sul tema della discriminazione di genere c’è ancora qualcosa da fare?

Il calcio femminile, secondo me, sta cambiando. Siamo tanto indietro rispetto ad altri Paesi e non lo nego; dobbiamo fare

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«Pensavo fosse impossibile e invece è successo!»
Il calcio femminile, secondo me, sta cambiando. Siamo tanto indietro rispetto ad altri Paesi e non lo nego; dobbiamo fare tutti la nostra parte, giocatrici, società, istituzioni: un insieme di nuclei che, se crescono insieme, possono fare tanto

tutti la nostra parte, giocatrici, società, istituzioni: un insieme di nuclei che, se crescono insieme, possono fare tanto. Credo sia una questione di tempo; le ragazze di oggi hanno a disposizione strutture che prima noi non avevamo. Un collegamento reciproco tra questi nuclei ci potrebbe far arrivare molto più in alto. Sulle discriminazioni: è argomento di tutti i giorni. Il modo per non intristirsi dopo episodi di discriminazione è quello di continuare ad andare avanti comunque, si cerca di andare oltre e fare il meglio: questo secondo me alla lunga fa cambiare idea alle persone.

Cosa sogni per il tuo futuro? Cosa ti senti di consigliare a tante ragazze che amano il calcio e sono ancora frenate? Per il futuro cerco il costante miglioramento di me come persona e come giocatrice. Fondamentale essere prima persone che stanno bene al di fuori per portare il meglio in campo; adesso il calcio femminile sta crescendo e serviranno sacrifici maggiori: io ne ho fatti tanti, avevo il campo lontano da casa, non avevo la possibilità di fare tante cose che si fanno oggi. Queste nuove strutture incideranno in meglio sul calcio femminile. Dico ad ogni bambina di sfruttare ogni minimo particolare, di essere meticolose, di assorbire ogni minimo consiglio, di non guardare indietro e guardare avanti. Quello che è stato fatto

ieri presto viene dimenticato, bisogna pensare a fare bene oggi e domani. Bisogna avere gli obiettivi ben focalizzati davanti,

ma le ragazze devono avere anche dei sogni, divertirsi, perché senza sognare e senza divertirsi non si può giocare a calcio.

Nati nel CSI
L’oratorio per me è stato una casa per tanti anni, ci torno volentieri, ho dei ricordi bellissimi lì

Stadium intervista l’Amministratore Delegato Area Sport FC Internazionale Milano

Giuseppe Marotta

Dalla gavetta nell’oratorio del CSI alla dirigenza sportiva nel calcio d’eccellenza: storia, valori, sogni e progetti di una vita dedicata alla passione per lo sport e il calcio.

Potresti condividere con noi una breve panoramica della tua carriera nello sport, i momenti chiave e le sfide che hai affrontato lungo il percorso fino a diventare una figura così influente nell’ambito calcistico? Sappiamo che da giovane hai anche giocato nel CSI: come hai iniziato?

Ho iniziato proprio da un oratorio del CSI; il primo approccio con un sistema ludico-sportivo organizzato è stato quello dell’oratorio di un paesino di Varese che si chiama Avigno, dove ho frequentato le scuole elementari e medie e visto nascere il desiderio di ricoprire in futuro il ruolo di dirigente. Questa aspirazione parte proprio da ragazzino all’interno dell’oratorio, dove, accanto all’aspetto ludicosportivo del gioco, il sogno del dirigente sportivo ha iniziato a mettere radici. Un’altra circostanza

favorevole ha coinciso poi con la vicinanza dell’oratorio allo stadio di Varese, dove, in quel momento, la squadra di calcio e quella di basket giocavano ad altissimi livelli. La squadra di calcio era in Serie A e la squadra di basket era ai vertici del mondo della pallacanestro. Questo insieme di elementi ha fatto sì che proprio da lì iniziasse la mia attività dirigenziale nel mondo del calcio, perché, dalla gavetta nel Varese Calcio, sono poi passato a ricoprire vari ruoli fino ad arrivare ad essere direttore generale ed iniziare la mia carriera.

Tra l’altro questa carriera dirigenziale è iniziata che eri molto giovane, a 19 anni appena compiuti. Cosa ti ha spinto a dedicarti al mondo dello sport? Diciamo che c’era innanzitutto una forte attrazione verso il mondo dello sport. E poi ovviamente c’era una grande passione, se vuoi in alcuni casi definita anche un “bacillo”, cioè una malattia, quella devozione che nutri nei confronti della tua squadra, nel mio caso il Varese, che mi coinvolgeva emotivamente perché sapevo di poter far parte di una

squadra che rappresentava il mio territorio.

Essendo partito dall’oratorio, immagino tu abbia potuto vivere e assimilare dei valori che poi ti hanno accompagnato in tutta la tua carriera.

Certo. E credo che alcuni valori siano alla base di tutto, anche di questo mondo sportivo che mi ha sempre affascinato. Uno dei miei princìpi ispiratori è stato la passione. Pertanto, è del tutto naturale che qualsiasi cosa facciamo, se vogliamo farla bene, debba essere intrisa di passione.

Oltre a questo, la perseveranza riveste un ruolo fondamentale tra i miei valori. La perseveranza è un potentissimo stimolo, attraverso il quale si superano le inevitabili cadute lungo il percorso. Ci possono essere momenti in cui inciampi e devi rialzarti, e può anche accadere più di una volta.

La perseveranza è il valore che ti spinge a non arrenderti, a non mollare mai, permettendoti di rimanere sempre coinvolto, ma in modo positivo, in tutto ciò che fai.

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di Alessio Franchina

Quali sono state le esperienze che ti hanno influenzato maggiormente nel corso della tua carriera?

Io penso che nella vita, qualsiasi attività tu intraprenda, ci siano delle circostanze e degli incontri favorevoli.

Probabilmente l’aver incontrato le persone giuste al momento giusto non ha fatto altro che valorizzare questa mia passione. Inoltre, ho trovato, da parte di quelli che in

quel momento rappresentavano il “potere decisionale”, la volontà di darmi fiducia, e la fiducia è un’altra componente fondamentale in questo tipo di attività lavorativa. C’è stato quindi l’incontro con la persona giusta, che ha intravisto in me un ragazzo a cui dare fiducia. Da lì è partita la mia vita, nel corso della quale a mia volta ho ricambiato dando questa fiducia ad altri.

Stadium 21
Ho iniziato proprio da un oratorio del CSI; il primo approccio con un sistema ludicosportivo è stato quello dell’oratorio di un paesino di Varese che si chiama Avigno

Il ruolo di dirigente sportivo implica spesso delle decisioni difficili da compiere: come si fa a scegliere se prediligere i valori umani o la valenza professionale?

Preciso innanzitutto che il mio è un ruolo in cui la componente “missione” deve essere sempre presente. Intendo dire che non potrei mai essere il manager che si occupa solo di numeri e non tiene conto di quelli che sono i valori umani e i valori che contraddistinguono la convivenza tra le persone. Questo fattore, quindi, lo tengo sempre in grande considerazione. Chiaramente gestisco una società che è inserita in una categoria di alto livello, un calcio d’élite dove il denaro gioca un ruolo importante e, quindi, devo far fronte a decisioni che spesso sono legate non solo ai valori umani, ma anche a delle scelte oggettive, manageriali, imprenditoriali. E questo aspetto un po’ mi duole, mi dispiace. Come si fa a coniugare? È necessario essere capaci di armonizzare quello che

ognuno di noi rappresenta come valore umano con quella che è la valenza professionale. Non ho mai incontrato persone con valenze professionali che non fossero accompagnate anche da valenze umane, cioè da valori fondamentali nella vita. Ecco, quindi, che coniugare significa saper scegliere le persone, perché una squadra di calcio è composta da tanti attori, dai dirigenti agli allenatori, dai giocatori agli altri membri dello staff: persone con le quali puoi costruire un modello all’interno del quale tutti apportano qualcosa grazie ai propri valori.

Dopo aver portato la Juventus

a vincere sette titoli consecutivi in Serie A, hai svolto un ruolo importante nella rinascita dell’Inter, riportandola al successo nella massima serie. Qual è il tuo segreto?

Il mio segreto è quello di saper costruire una squadra vincente, sul campo e fuori, che non è quella sotto la luce dei riflettori, bensì

quella composta da persone che sono estremamente preziose per il raggiungimento degli obiettivi sui quali lavorano quotidianamente. All’interno di un’organizzazione ci sono tante figure, dalle più semplici a quelle che hanno maggiori responsabilità, ma l’importante è costruire una mentalità vincente. E mentalità vincente non significa solo raggiungere un obiettivo vincente, ma saper dare il proprio massimo in qualsiasi cosa uno faccia. Questo è il concetto di squadra, di team, il concetto dello stare insieme avendo sia degli obiettivi sia senso di responsabilità e coscienza.

Nel corso della tua carriera, hai assistito a cambiamenti significativi nel panorama sportivo. Qual è la tua opinione a proposito delle recenti novità?

È stato da poco raggiunto un grande traguardo: finalmente l’attività sportiva è entrata nella nostra Costituzione, all’articolo 33, e questo testimonia il riconoscimento dello sport come

22 Giuseppe Marotta
Il mio segreto è quello di saper costruire una squadra vincente, sul campo e fuori, composta da persone che sono estremamente preziose per il raggiungimento degli obiettivi sui quali lavorano quotidianamente

un fenomeno sociale fondamentale, che deve rappresentare una palestra di vita e che non costituisce solo una crescita fisica ma anche valoriale. Grazie all’attività di base, possiamo costruire quelli che saranno gli uomini del futuro. Fortunatamente, nel momento in cui l’attività sportiva viene inserita nella Costituzione, diventa normale e obbligatorio che lo Stato debba farla funzionare e investire su di essa. La speranza, quindi, è che si cominci a considerarla importante anche nel sistema scolastico, che venga dato sostegno a tutte quelle associazioni che, come il Centro Sportivo Italiano, sono anche veicolo di aggregazione sociale, che si pensi ad investire anche nelle strutture e nelle infrastrutture, perché non puoi fare sport se queste mancano.

Hai svolto un ruolo di rilievo nella gestione di club calcistici di alto profilo, ma conosci anche molto bene lo sport di base, quello degli oratori, insomma del CSI. Qual è, dal tuo punto di vista, il ruolo di questo mondo all’interno del sistema sportivo italiano?

Inizio dicendo che purtroppo, in questo momento storico, anche forse per esigenze di sopravvivenza, spesso per fare attività sportiva bisogna pagare. I giovani, anche nel calcio per esempio, se desiderano svolgere un’attività sportiva presso una società dilettantistica, devono corrispondere una quota mensile. Questo rappresenta l’elemento di sopravvivenza per le società. Se prima ci si avvaleva molto dei partner, adesso non ci sono quasi più attività di sponsorizzazione e, per questo motivo, le società richiedono una quota di partecipazione ai bambini. Così, purtroppo, mettiamo in atto una grande discriminazione, perché ritengo che lo sport a livello giovanile, quindi quello della fascia

dai 10 ai 15 anni, debba essere garantito e, se possibile, gratuito. Il sistema scolastico può aiutare a sviluppare questa che, ripeto, è una palestra di vita a 360 gradi, cioè un’attività formativa sia dal punto di vista fisico che per i valori che ognuno si porta dentro. Oltretutto, per un ragazzo sano, l’attività di tutela della salute diventa meno necessaria e quindi diminuiscono le spese sanitarie a carico dello Stato. Nell’ottica di quanto detto, quindi, CSI, parrocchie e oratori svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito del sistema sportivo, in quanto una delle loro missioni fondamentali è proprio quella di far sì che lo sport diventi il luogo non discriminante per eccellenza, sia in quanto ad abilità fisiche che in quanto a possibilità economiche. La grande apertura ai giovani e l’attenzione a chi si trova in condizioni svantaggiate sono tra le prerogative del CSI, che, attraverso l’azione delle società e degli oratori, desidera rendere lo sport uno strumento per tutti. Proprio perché alla base di ogni attività sportiva proposta ci sono i valori universali, l’impegno del CSI è importantissimo perché, da

sempre, ha come obiettivo principale l’inclusione, ponendo grande attenzione non solo a chi diventerà un possibile campione dello sport professionistico, ma, e direi soprattutto, anche a chi le sue partite più faticose dovrà vincerle nella vita e non su un campo di gioco.

In qualità di Presidente dell’Associazione Italiana Direttori Sportivi, come pensi che il ruolo dei dirigenti sportivi influenzi la direzione dello sport e del calcio in particolare?

La figura del direttore sportivo si è evoluta rispetto al modello di riferimento iniziale, quello del mecenatismo, cioè quello del presidente che non badava a spese per rendere grande il proprio club. Un esempio di questo modello manageriale per me è stato Giovanni Borghi, allora proprietario della Ignis e appassionato di sport, che a Varese ha creato una polisportiva in cui venivano praticati calcio, pallacanestro, ciclismo e pugilato. Nel momento in cui l’imprenditoria del nostro territorio è venuta meno, e quindi sono venuti meno i cosiddetti mecenati

Stadium 23 L’intervista

a vantaggio delle multinazionali e delle grandi aziende, è normale che il modello di riferimento abbia subìto cambiamenti, diventando un business moderno e legato alla sostenibilità. Di conseguenza, anche la figura del direttore sportivo si è dovuta adeguare a questo fenomeno. Oggi il direttore sportivo che sa solo di calcio non può far strada; deve necessariamente conoscere bene questo sport, perché il business è sempre quello, ma questa conoscenza deve essere accompagnata da una preparazione a 360 gradi, come per ogni altra attività imprenditoriale. Per fare bene questo lavoro adesso servono managerialità e competenze extra-calcio: è quindi necessario capire e conoscere quali sono gli aspetti fiscali, commerciali e legali dell’attività. Acquisire queste conoscenze implica uno sforzo formativo per far crescere dirigenti che conoscano e siano in grado di affrontare tutti gli aspetti della gestione di una squadra di calcio.

Lo sport può avere un impatto significativo nella società, che va oltre l’aspetto competitivo.

Come pensi che il mondo dello sport possa essere impiegato per affrontare le sfide sociali, come l’inclusione, l’integrazione e la lotta contro le discriminazioni?

Il calcio, che si trova alla stregua di tutte le altre discipline sportive, ugualmente meritevoli di rispetto e attenzione, è lo sport più “consumato” e apprezzato dalla gente, quindi è normale che abbia un ruolo fondamentale nel contesto sociale. La peculiarità del calcio

poi è che, essendo uno sport di squadra, riesce a coinvolgere bambini, ragazzi e in generale tutta la collettività, veicolando il concetto di gruppo che vince o perde insieme; è quindi anche un allenamento alle fatiche e sofferenze che la vita riserva. La squadra di calcio è forse il primo livello di comunità, quello in cui riesci ad essere parte integrante di un insieme di persone e quindi a condividere, all’interno di questo gruppo, i valori, le cose belle e anche le difficoltà.

Parlo del calcio perché mi riguarda più da vicino, ma penso che i valori descritti, cioè il fare squadra imparando a vincere o perdere insieme, l’allenamento alle fatiche, l’integrazione e la condivisione, siano un comune denominatore che riguarda lo sport in generale e la sua capacità di far fronte alle sfide della società.

I club sportivi possono svolgere un ruolo importante nella formazione dei giovani talenti, così come essere di supporto agli atleti professionisti.

Qual è a tuo parere il ruolo dei settori giovanili nei club

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Marotta
Ad oggi sono una persona felice di quello che ha fatto fino a questo momento. Sono però eternamente bambino, quindi mi pongo sempre dei sogni nuovi
Giuseppe

professionistici?

I settori giovanili dei club svolgono un ruolo fondamentale. A mio parere i grandi club dovrebbero investire sempre di più nello sviluppo di questa attività formativa. Questo significa in primis garantire le strutture adeguate, perché, se mancano le strutture, non puoi fare attività. In secondo luogo, è necessario che coloro che sono preposti ad insegnare abbiano le competenze per farlo, non solo dal punto di vista sportivo ma anche umano, e la competenza la si acquisisce attraverso la formazione e l’esperienza. Dunque, la valenza del settore giovanile in una squadra di calcio è, a mio giudizio, necessaria, indispensabile e obbligatoria.

I valori nello sport sono una componente fondamentale a tutti i livelli. Che importanza hanno nella storia di un grande club come l’Inter?

L’Inter è una società che ha ormai più di 115 anni. Al di là di tutti i cambiamenti che ci sono stati nel corso degli anni, si tratta di un brand che porta dentro valori, emozioni e sofferenze centenarie. La continuità, legata anche all’essere testimoni della propria epoca, deve soprattutto conservare quelli che sono i tratti identitari che hanno ispirato la creazione dell’Inter, i valori che hanno fatto parte dei protagonisti della storia, dei tanti giocatori e allenatori che hanno segnato indelebilmente questo Club. Oggi il compito delle giovani leve è quello di custodire come patrimonio e tesoro non solo il trofeo, ma anche i valori che hanno consentito di conquistarlo.

Siamo in un’epoca di rapidi progressi tecnologici. Come vedi l’impiego della tecnologia nello sport? Credi che possa migliorare l’esperienza dei tifosi e degli atleti stessi?

Lo sport si adegua a quelli che sono i fenomeni innovativi della società. Siamo nell’era della globalizzazione, della digitalizzazione e ora addirittura dell’intelligenza artificiale. Queste innovazioni hanno impattato anche sul mondo del calcio, che sta diventando sempre più scientifico, e la ricerca di dati e informazioni capaci di migliorare le performance di squadra e di ogni singolo giocatore è ormai fondamentale. È questo il calcio 2.0, in cui la tecnologia è diventata imprescindibile per perfezionare le prestazioni sportive. Tra le novità tecnologiche, non possiamo che nominare l’utilizzo

di sistemi GPS, che permettono di misurare con elevata precisione diversi parametri relativi agli atleti in allenamento o durante la partita, e quindi di effettuare una valutazione dettagliata del carico esterno a cui il calciatore è sottoposto.

Pensiamo inoltre alla match analysis, che ha dato vita a una vera e propria nuova professione, oppure per esempio ai droni che riescono a riprendere tutti gli allenamenti e permettono di studiare in seguito le immagini e correggere eventuali errori di posizionamento negli schemi durante le riunioni tattiche degli staff tecnici. Siamo parte di

Stadium 25
“ L’intervista
L’impegno del CSI è importantissimo perché, da sempre, ha come obiettivo principale l’inclusione, ponendo grande attenzione non solo a chi diventerà un possibile campione dello sport professionistico, ma anche a chi le sue partite più faticose dovrà vincerle nella vita e non su un campo

Giuseppe Marotta

un mondo che si sta evolvendo e non possiamo essere presi in contropiede, dobbiamo adeguarci.

Hai avuto esperienze sia nel calcio maschile che femminile. Qual è la tua opinione riguardo all’importanza dell’empowerment femminile nello sport?

Oggi si parla molto di parità tra uomo e donna, ed è evidente che lo sport, che – come detto prima – è un fenomeno principalmente sociale e di aggregazione, debba essere utilizzato come forma ludica di crescita anche dalle donne. Rientra poi nei doveri dei dirigenti aiutare questa crescita. Per quanto riguarda la mia esperienza, nel periodo in cui con il mio collaboratore Stefano Braghin ero alla Juventus, abbiamo avviato il progetto del settore femminile che ancora oggi è uno dei più importanti in Italia. Quando sono arrivato all’Inter, ho avviato lo stesso processo di crescita del movimento femminile nerazzurro e da allora lavoriamo costantemente per potenziare il settore ogni stagione. Oggi siamo orgogliosi di vedere come, accanto ad una prima squadra fatta di professionismo, c’è tutta la filiera di giocatrici che parte dai 7 anni di età e che conta centinaia di tesserate.

Quali sono le differenze principali che hai notato nella gestione di queste due realtà, maschile e femminle?

C’è sicuramente una differenza nella gestione delle due realtà: gli sforzi fisici sono diversi e diverse sono le preparazioni, ma l’approccio e la mentalità sono i medesimi, con gli stessi valori che servono per vincere.

C’è qualche progetto specifico, magari nel mondo dello sport, che desideri realizzare? Cosa ti entusiasma di più riguardo al

futuro?

Ad oggi sono una persona felice di quello che ha fatto fino a questo momento. Sono però eternamente bambino, quindi mi pongo sempre dei sogni nuovi. Tra i sogni nel cassetto, mi piacerebbe rendermi più disponibile nel territorio in cui ho messo le mie radici e dove sono cresciuto, per poter mettere la mia esperienza a disposizione del territorio e della comunità.

Come ultima cosa, ti chiediamo un consiglio da lasciare ai giovani, magari proprio pensando al Giuseppe Marotta, appena diciannovenne, che inizia la carriera come dirigente sportivo, o magari ai giovani che

ambiscono a diventare atleti professionisti.

La prima cosa che mi sento di sottolineare è l’importanza di avere dei sogni. Bisogna poi avere la capacità di trovarne sempre di nuovi, quando raggiungiamo i nostri obiettivi. Tutto deve però partire da una grande convinzione, una grande umiltà e una grande perseveranza in tutto quello che si fa. Se si applicano queste regole, che sono delle regole di valori, credo che nella vita si possa diventare un vincente da tutti i punti di vista, o comunque una persona positiva ovunque si arriverà e qualsiasi cosa si farà. Alla base, dunque, ci dovranno essere umiltà, perseveranza e coraggio.

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Una squadra di 12 orfani

Nel buio dei tumultuosi anni Trenta americani, segnati dalla Grande Depressione e dal Dust Bowl, “12 Mighty Orphans” racconta la straordinaria storia di come un insegnante determinato e dodici ragazzi disagiati abbiano trasformato la loro miseria in trionfo.

Anni Trenta, Stati Uniti: Grande Depressione, ma non solo. Sulle immense pianure di Colorado, Kansas, New Mexico, Oklahoma e Texas si abbatte per anni il Dust Bowl, fortissime tempeste di polvere. Un americano di quelle zone non può dirsi fortunato, ancor meno se, giovinetto, vive a Fort Worth, Texas, ospite della Masonic School for Orphans. Al trauma della condizione d’arrivo aggiunge un trattamento coi fiocchi, tra sfruttamento minorile e violenze corporali. Ma per una dozzina dei 150 tra ragazze e ragazzi dell’orfanotrofio si materializza dal nulla Harvey Nual “Rusty” Russell, orfano pure lui e con i dolorosi fantasmi della Grande Guerra. Russell sceglie la Masonic School come insegnante di scienze e coach di football americano, convinto com’è, insieme alla moglie, che la vita abbia un senso se spesa per il prossimo. Campaccio strasecco, piedi nudi, magliette stracciate ed una carica di violenza e infelicità pronta a esplodere ad ogni battito di ciglia: è il terreno che trova sia nei ragazzi che in molti degli adulti del posto. Ma non molla. Seleziona dodici orfani, inizia ad allenarli, a curarli, a vestirli, a motivarli. Dopo un inizio disastroso, il campionato di football degli Orphans volge al bello: Russell inventa una nuova tattica, rivoluzionando letteralmente coi suoi schemi il football di allora. Prende i difetti dei suoi ragazzi – poco strutturati fisicamente perché da sempre mal nutriti dalla vita – e li trasforma in vantaggi di agilità, freschezza, movimento. E le vittorie non si fermano più, proprio, purtroppo, come le tormente di polvere

nera: oltre trecento episodi in circa sette anni, Texas e Masonic School compresi. Ty Roberts – regista, sceneggiatore, produttore di una classica storia americana – non inventa nulla, ma parte da un libro di Jim Dent che ricostruisce la storia di questa squadra improbabile, fragile, scombinata, a cui però un popolo intero si stringe disperatamente attorno perché dà voce alla speranza. Così, quando nel film vedete la scena di Roosvelt che ascolta alla radio le imprese degli Orphans, ricordatevi che non è un’ardita e irriverente aggiunta della sceneggiatura: il Presidente degli Stati Uniti tifava davvero per loro!

Luke Wilson nei panni di coach Russell ci regala una delle sue migliori interpretazioni, anche grazie ad una spalla d’eccezione: Martin Sheen, sì, proprio lui, direttamente da “Apocalypse Now”, qui medico alcolista e non pagato dell’orfanotrofio. Quanto a voi, sul buio dell’ultima meta non alzatevi: i titoli di coda vi strapperanno più di un’emozione. “12 Mighty Orphans” insegna infatti che la vita agra, a volte e per alcuni, sa anche di buono.

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CineSport
UNA SQUADRA DI 12 ORFANI Regia di Ty Roberts con Luke Wilson, Martin Sheen , Vinessa Shaw Genere Storico Sportivo Usa, 2021 durata 118 minuti di Andrea Barbetti

Tra le testimonianze di un’amicizia operativa sulle orme di Papa Francesco, in dialogo con il Presidente della CEI, arcivescovo di Bologna card. Matteo Zuppi, vi è stata quella particolarmente apprezzata del Presidente CSI, Vittorio Bosio

Bosio al Meeting di Rimini: «Noi accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti»

La presenza del Centro Sportivo Italiano, rappresentato dal Presidente nazionale Vittorio Bosio, alla giornata di apertura dell’edizione 2023 è indubbiamente il segno di una diffusa e alta considerazione nei confronti della nostra Associazione e dell’importante ruolo che negli anni ha sempre rivestito quale approdo sicuro per ragazzi, giovani e non più giovani, attraverso la proposta sportiva, ad una vita di relazione, educativa e formativa. “Fratelli tutti. Testimonianze di un’amicizia operativa sulle orme di Papa Francesco” è il tema al quale sono stati chiamati a contribuire, secondo la propria visione del compito associativo nella società attuale, i relatori della prima giornata. Sul palco, nel vasto auditorium totalmente occupato negli oltre 2.500 posti e con collegamenti in altre sale della Fiera di Rimini, teatro annuale del Meeting, il card. Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Arcivescovo di

Bologna, che si è messo in dialogo con Regina De Albertis, Direttore tecnico e Consigliere delegato Borio Mangiarotti S.p.A., oltre che Presidente Assimpredil Ance Milano, Lodi, Monza e Brianza; Alberto Bonfanti, Presidente Portofranco; Vittorio Bosio, Presidente Centro Sportivo Italiano, Dario Odifreddi, Presidente Piazza dei Mestieri e Presidente Consorzio Scuole Lavoro. Eccellente “moderatore” e regista del dibattito Bernhard Scholz, Presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS, che ha saputo mettere in luce i valori espressi dai diversi partecipanti senza prendersi mai il ruolo di protagonista, ma anzi facendo sempre il possibile per far emergere la forza delle esperienze narrate.

A suscitare particolare consenso per Vittorio Bosio da parte dei relatori e di tutti i presenti (che hanno interrotto più di una volta con applausi l’intervento) è stata la frase: «Noi accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti». Questo lo può dire

il CSI e lo possono dire pochi altri (molto pochi), perché lo stile attuale è quello invece di cercare il talento da valorizzare per farci un guadagno (sportivo, economico, comunicativo, ecc.). Su questa forte affermazione del “non facciamo scarti” sono più volte intervenuti anche gli altri relatori e vi si è soffermato, con diverse e particolari sottolineature, lo stesso card. Zuppi.

La sintesi è poi stata affidata al card. Zuppi, interpellato anche quale inviato del Papa, a nome e per conto della Chiesa Cattolica, nelle terre devastate dalla guerra scoppiata nel 2022 e ancora in corso in Ucraina. Ci concentriamo in queste pagine sul contributo predisposto da Vittorio Bosio per l’importante occasione, non senza ricordare che, come nel suo stile, Vittorio ha letto molto poco e molto si è invece affidato a quello che gli diceva il cuore.

Infatti ne è scaturito un dialogo frizzante, pieno di prospettive e di esperienze del presente, ma sempre in vista di un impegno per una

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Il CSI è stato presente alla 44a edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, oltre che nell’area sportiva anche al convegno di apertura ispirato all’enciclica
“Fratelli tutti” di Papa Francesco
di Alessio Franchina

Bosio al Meeting di Rimini: «Noi

società cristianamente ispirata, con i valori della solidarietà, dell’amore per il prossimo, della condivisione, collocati da tutti al primo posto di ogni scelta.

Così Vittorio Bosio si è spinto, oltre tutto quanto già espresso nel documento che qui pubblichiamo, a ricordare che c’è tanto bene attorno a noi e che dobbiamo assolutamente evitare di farci condizionare dalla moda comunicativa del momento, ormai assuefatta a raccontare e ad enfatizzare il brutto, il negativo, il dramma. Come se la società non fosse anche famiglie generose, attente, ragazzi e giovani entusiasti della vita e capaci di inventarsi un nuovo ruolo nella società dell’oggi e del domani. E come se, soprattutto, non ci fossero associazioni, società sportive, oratori, parrocchie e tanti altri che giorno dopo giorno offrono la propria testimonianza di adesione alla vita secondo i dettami eterni e insuperabili del Vangelo.

L’intervento di Vittorio Bosio al Meeting

Allenatori, dirigenti sportivi, arbitri e giudici di gara. Questi sono gli adulti che promuovono e organizzano sport. Come Centro Sportivo Italiano, dal 1944 cerchiamo di unire uomini e donne capaci di dedicare il loro tempo alla particolare e specifica opera educativa attraverso lo sport. Cioè uomini e donne che si mettono al servizio dei giovani, convinti che ogni ambiente possa essere luogo di apertura all’altro, di coesione e di ascolto, che aiuti ad apprezzare i propri fratelli.

Lo sport è uno strumento. Non è buono e non è cattivo. Può far bene, ma anche male, se la gestione ed organizzazione della pratica sportiva non è pensata come esperienza umana e, quindi, progettata con

intenzionalità educativa. Se, vista nella sua dimensione performativa, legata al risultato e alla prestazione, seleziona i migliori e dimentica tutti gli altri.

La maggior parte delle figure che sono impegnate nell’educazione delle nuove generazioni riscontrano una barriera caratterizzata dagli atteggiamenti di remissione, di delega, di rinuncia che sembrano prevalere su quelli della fiducia e di una ricerca di nuova comunicazione e volontà di sviluppo relazionale. Anche il mondo dello sport non è esente da queste difficoltà, cui sembra rispondere cedendo spesso alla tentazione di una pratica fine a sé stessa, comunicando a ragazzi e giovani l’idea che l’attività sportiva possa essere finalizzata solo al risultato o all’affermazione di sé.

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La società sportiva è una comunità in cui educatori e formatori hanno il dovere di immergersi – e si giocano l’autorevolezza –nella promozione dei valori che propongono in campo
accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti»

Nel CSI, il dirigente, l’allenatore e persino l’arbitro sono chiamati a sentirsi parte di un progetto che punti sui principi fondamentali della cultura sportiva e valorizzi tale risorsa al fine di generare un beneficio formativo, sociale e magari, di conseguenza, anche economico. Lo sport è concepito in funzione della persona, del suo benessere e della sua crescita nei valori più squisitamente umani: il superamento di sé, la maturazione delle risorse personali, il conseguimento di un obiettivo, la solidarietà nel rapporto con gli altri. Questo accade in un luogo, che è anche un tempo, fatto di incontri, scambi, conoscenze: la società sportiva.

Qui lo sport diviene strumento che produce benessere di comunità, perché favorisce una rete di relazioni

fra singoli, associazioni, istituzioni. E le relazioni sono il migliore antidoto alla solitudine. E così, mentre si garantisce il benessere di tutti, si ottiene un altro risultato, che è il valore aggiunto del benessere di comunità, del welfare locale e del business sociale: si sconfigge la solitudine.

Non v’è chi non veda quanto i beni di gratuità siano importanti per il bisogno di felicità che ciascun uomo si porta dentro. Fare per gli altri richiede organizzazione. Fare con gli altri è uguale ad associazione. E il CSI, in Italia, è la prima Associazione di sport di base, di sport per tutti e per tutte. La militanza dell’associazionismo sportivo è dono, ovvero inter-esse, avere a cuore, prendersi cura, reciprocità.

Gerarchicamente, è la parola educazione che, avvicinandosi alla parola sport, acquisisce un primato che si traduce in azione. L’opera educativa pone al centro

del suo agire la carità. Infatti non è possibile aiutare lo sviluppo di nessun uomo, se non lo si guarda a partire dall’insieme di esigenze ed evidenze fondamentali che lo costituiscono. Solo così è possibile condividere il suo vero bisogno, senza ridurlo a un progetto ideologico.

La società sportiva è una comunità in cui educatori e formatori hanno il dovere di immergersi – e si giocano l’autorevolezza – nella promozione dei valori che propongono in campo. Spesso è un modello silenzioso, praticato in tante realtà umili, ma quasi senza voce e senza parole. Tale modello è vicino alla volontà di continuare ad educare nello sport ed attraverso lo sport (Isidori, 2012; Altavilla, Tafuri & Raiola, 2014). Per poter promuovere e percorrere l’approccio educativo dello sport, occorre quindi: saper dare un senso alla dimensione di gioco che si accompagna all’attività sportiva e all’aspetto di gratuità che è ìnsito nel

Nel contesto dell’ampio dibattito, il card. Matteo Zuppi, dopo aver dialogato e approfondito i temi dell’enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”, ha chiarito la posizione del Papa e della Chiesa sulla guerra in corso in Ucraina. Una guerra che angustia tutti e che sta tragicamente segnando questi anni del dopo Covid-19. Il card. Zuppi, incaricato dal Papa di fare tutto il possibile per far partire il dialogo fra Ucraina e Russia, ha ricordato con franchezza che «pace non significa tradimento. La pace richiede la giustizia e la sicurezza. Non ci può essere una pace ingiusta, premessa di altri conflitti. In questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito. Da qui dobbiamo partire per una pace sicura per il futuro». Quindi ha ribadito che «la sicu-

rezza richiede sempre il coinvolgimento di tutti. Se vuoi la pace, prepara la pace. È questo il grande impegno che dobbiamo cercare con responsabilità». Nella guerra in Ucraina ci sono «tante persone che muoiono, un odio che diventa profondo, un inquinamento che diventa insopportabile in tutto l’ambiente. Questa è una guerra mondiale davvero, perciò dobbiamo invocare un’amicizia sociale e libera», concludendo con parole di speranza: «Vivo con la consapevolezza di quanta gente prega per la pace. Mi dà una responsabilità in più, ma anche il senso di una grande invocazione che ci spinge a trovare la via della pace. Immaginare un mondo senza guerra non è un’ingenuità. Il dialogo non è accettare una pace ingiusta».

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L’intervento del card. Zuppi a Rimini per il convegno di apertura

Bosio al Meeting di Rimini: «Noi accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti»

gioco; individuare e comprendere un modo di intendere lo sport che mette al centro la persona e che osa rivolgersi a tutti e a tutte, accogliendo la sfida di coinvolgere i demotivati e le persone che, per motivi sanitari, sociali e anche economici, sono al di fuori dell’esperienza sportiva. Tutto ciò si definisce “povertà educativa”.

Quando giochiamo a calcio, a pallavolo, danziamo o ci impegniamo nel pickleball, manteniamo un ancoraggio culturale che vuole rispondere in maniera non superficiale a tale quesito (Progetto Culturale CEI, 2009; Maritain, 2001): quale uomo, quale società vogliamo formare per impedire la degenerazione mercantile dello sport, diseducativa e fine a sé stessa? L’intenzionalità educativa nello sport si esprime nel capire che cosa si aspetta di ricevere l’individuo dallo sport, nel mettersi con lui in un atteggiamento di autentica comprensione, di confronto costruttivo e di disponibilità a condividerne le attese, i desideri, le angosce, gli entusiasmi. Su questa scia, mi piace evidenziare la vocazione del CSI. Spesso, al

CSI, ma più in generale ai cattolici, si riconosce il servizio agli ultimi come estremamente meritorio. Il pericolo è quello che “questi cattolici sono accettati se restano nella riserva”, limitata e che, alla fine, produce anche poco in termini di mercato. Per il CSI, invece, la promozione sociale è fatta di annuncio dei valori di libertà, di autodeterminazione, di comunione e di coscienza che provoca l’intero sistema sportivo, proprio perché è un sistema che da una parte si dedica ai primi, ai vincenti, che trovano ampi spazi di visibilità, sponsor, successo; dall’altra si riempie della narrazione di vicinanza agli ultimi, con politiche di assistenzialismo che hanno riempito di voucher, bonus, ecc. anche la quotidianità dello sport, mentre hanno invaso i corpi intermedi e le società sportive, ovvero l’intero, sano, motivato e appassionato associazionismo sportivo, con una miriade di adempimenti e di burocrazia.

Come CSI, siamo stati i primi a promuovere lo sport per gli atleti con disabilità e siamo l’Associazione italiana con più presidi educativi

(sempre società sportive) nei quartieri italiani meno agiati (sia al sud che al nord). Sappiamo e vogliamo prenderci cura degli ultimi, che sono trascurati e a cui nessuno si rivolge. Ci poniamo, però, una domanda: chi propone esperienze umane attraverso lo sport dai secondi ai penultimi? Tutti questi giovani, per i quali esistono ancora numerosi ostacoli nell’accesso all’esperienza sportiva, chi li ascolta?

Lo sport è strumento di intervento e continuerà ad esserlo, ma occorre qualcosa in più, anche se sembra meno. La grande forza dell’esperienza sportiva è con i penultimi, con tutti coloro che, grazie ad una dimensione educativa, culturale e promozionale della pratica sportiva, non diventeranno ultimi. E qui la sfida è audace, complessa, preventiva, promozionale. I nostri dirigenti, tecnici ed arbitri sono chiamati ad accogliere le persone prima che l’etichetta dell’ultimo diventi il loro pettorale. Una pastorale feriale e quotidiana sarà meno da storyteller, ma è più da viventi. Dialoga con l’incarnazione che si manifesta in

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allenatori e dirigenti sportivi, capaci non di copiare e incollare progetti sportivo-educativi giurassici, ma di costruire una comunità sportiva di contenuti e valori.

Lo sport in oratorio e la pastorale dello sport, oggi, dovrebbero avere l’ambizione di una visione più determinata a favore dei tanti, oltre l’oratorio e al di fuori della parrocchia e contemporaneamente anche in essi. Invece, assistiamo a miriadi di eventi, corsi di formazione, pratiche esemplari… Tutto molto meritorio, ma anche insufficiente; va fatto, ma occorre aggiungere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. Il concetto

è: necessario è correre; necessario è avere campionati; necessario è organizzare attività. Spesso si rilegge la storia con un senso di superiorità che non ha ragion d’essere, come se le nuove esperienze e le conquiste sociali, culturali ed economiche acquisite nel tempo rendessero superato tutto quanto archiviato nelle vicende della storia. Errore gravissimo, perché nella storia si possono trovare i semi delle pagine successive. Ma soprattutto perché il tempo può rendere magari superato qualcosa legato ad una moda, ad un costume che può, passati gli anni, mostrare i suoi limiti. Ma il tempo non può diminuire la forza dei valori. Al contrario, rileggere la storia di una grande impresa aiuta a capire come si affrontano i problemi più complicati, anche quelli che sembrano inavvicinabili. E

Il CSI presente anche quest’anno alla 44ª edizione del Meeting di Rimini, svoltasi dal 20 al 25 agosto sulla riviera romagnola, come ormai da tradizione consolidata. Grazie all’aiuto dei responsabili e dei volontari provenienti da tutta Italia, il Villaggio dello Sport è tornato a risplendere, con i suoi campi per le discipline più classiche come basket, minibasket, pallavolo, scherma, calcio e tennistavolo, ma anche per sport di ultima generazione o riscoperti negli ultimi anni come roundnet, ultimate frisbee, tchoukball, dodgeball, inline skating.

Ad animare il pubblico, durante gli intervalli delle partite del Derthona Basket, società di pallacanestro della città di Tortona, non potevano mancare le loro incredibili cheerleader. Indimenticabile anche l’esibizione di ginnastica artistica e acrobatica degli atleti e delle atlete della Ginnastica ATR

nell’intuizione di chi volle far rinascere un movimento sportivo di ispirazione cristiana c’è un afflato profetico. Prima che il conflitto mondiale si chiudesse definitivamente nel 1945, Papa Pio XII aveva preso posizione indicando ai cattolici quale sarebbe stata la nuova strada da tracciare: vedere la Chiesa assumere un ruolo decisivo nel compito di ricostruire moralmente e materialmente l’Italia. Un compito che ebbe una particolare accentuazione nella cura dei bambini e dei giovani, della loro formazione e della loro educazione.

A distanza di quasi 80 anni possiamo guardare la nostra storia con l’orgoglio di chi ha ereditato un bene incommensurabile, e quindi anche con il senso di responsabilità di dover difendere e adeguare all’evoluzione dei tempi questa meravigliosa Associazione.

Riccione. Emozioni che si sono ripetute nei giorni perché, da un tiro a canestro, da un goal e da una battuta da fondo campo si è passati velocemente alle carte, con il bridge e il burraco, e agli scacchi, con tanto di divertenti partite di “Scacchi Giganti” per i più piccoli. E proprio il coinvolgimento dei bambini è stato uno dei principali focus delle iniziative proposte.

Un Villaggio dello Sport, quello allestito dal CSI, che nei giorni del Meeting ha rappresentato un’autentica casa del benessere, del movimento e dell’attività fisica per il pubblico del grande evento.

Uno spazio che ha dato modo ai giovani di esprimersi liberamente, conoscendo coetanei e imparando le regole del rispetto, fondamentali nell’ambito sportivo così come nella vita di tutti i giorni.

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Il Villaggio dello sport del CSI al Meeting di Rimini 2023

A 75 anni dalla promulgazione della Carta e dopo lunghi anni di dibattito, il Parlamento italiano ha modificato l’articolo 33

La parola “Sport” è oggi nella Costituzione

UN PUNTO DI ARRIVO, CHE RICONOSCE L’IMPORTANZA DELLO SPORT PER LE PERSONE, PER L’ASSOCIAZIONISMO E PER LA VITA ECONOMICA E SOCIALE. UN PUNTO DI PARTENZA, VISTO CHE LA MATERIA IN QUESTIONE È L’ATTIVITÀ SPORTIVA, QUELLA PRATICA CHE, D’ORA IN AVANTI, AVRÀ VALENZA COSTITUZIONALE, CON L’OBIETTIVO DI RENDERLA UN DIRITTO PER TUTTI di Felice Alborghetti

Il 20 settembre 2023 dovrà essere ricordato come una giornata storica per lo sport in Italia e per tutti i cittadini. Da questa data, infatti, l’articolo 33 della Carta costituzionale recita così: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». Stadium e tutto il CSI, nell’esultare per il raggiungimento di un simile traguardo

e per celebrare tale momento, hanno inteso riprendere alcuni passaggi dell’intervento alla Camera dell’Onorevole Mauro Berruto, uno dei promotori della modifica dell’articolo della Costituzione. L’ex CT della Nazionale maschile di pallavolo, bronzo ai Giochi Olimpici di Londra 2012, tanti anni spesi in oratorio al San Bernardino di Torino, visibilmente emozionato ha così illustrato la svolta storica:

«Signor Presidente, Signor Ministro, Onorevoli colleghe, Onorevoli colleghi, In questi decenni lo sport ci ha dimostrato di essere un linguaggio universale, un veicolo potentissimo di comunità, pace, felicità. Oggi aggiungeremo alla Carta costituzionale queste parole. Lo faremo all’articolo 33, quello che parla di arte e di scienza, cosa che

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da allenatore mi entusiasma, perché lo sport è arte e scienza. Non voglio sembrare retorico o idealista; lo sport non è buono o cattivo in sé e non è un mondo ideale. È un mondo reale e, come per tutte le attività umane, ci può essere uno sport fatto bene e un altro fatto male».

La grammatica dello sport

«Anche chi va a vedere una partita di calcio lo fa per divertirsi e magari dimenticarsi di qualche problema: è possibile godere dello sport solo come fatto emotivo. Ma, quando se ne conosce la grammatica, si può godere dello sport anche come fatto tecnico, tattico, armonico, come arte e cultura. Se nelle nostre scuole si facessero due ore al giorno di educazione motoria per imparare la grammatica di uno sport, il risultato sarebbe più efficace dell’invio di tante forze di Polizia negli stadi. Ecco spiegata l’importanza del primo valore che la Repubblica riconoscerà allo sport: quello educativo. Quella “grammatica” di cui parlavo, nel caso dello sport, è fatta di rispetto degli avversari e delle regole di educazione civica, persino di educazione all’ambiente, come sanno coloro che lo sport lo praticano nelle palestre a cielo aperto, immersi nel paesaggio del nostro Paese».

Il valore sociale dello sport

«Il secondo valore che la Repubblica riconoscerà allo sport è quello sociale.

Aprite la porta di una palestra, andate in un campo sportivo, su una pista di atletica, in una piscina. Cercate in qualsiasi disciplina sportiva e vedrete un modello di società fatto di ragazzi il cui colore della pelle è diverso, il credo religioso è diverso, lo status sociale è diverso, il conto in banca dei genitori è diverso. Eppure, a loro, tutte quelle differenze non interessano. Indossano la stessa maglia, vogliono passarsi la palla nel modo migliore per fare un goal, una schiacciata, un canestro, una meta. Questo modello di società esiste, funziona, e lo si trova lì, sul campo, dove lo sport insegna la convivenza e la soluzione dei conflitti. Soprattutto insegna che le differenze sono una ricchezza».

La cultura del movimento «Infine, la Repubblica riconoscerà il valore di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. Questo è ciò che amo definire “cultura del movimento”, prescinde da età, genere, talento, abilità o disabilità ed è un vero investimento, perché un grande tema del futuro non sarà quello di aumentare la nostra aspettativa di vita, ma di migliorarne la qualità, specie nella sua parte finale,

contribuendo a generare risparmio al Servizio Sanitario Nazionale e tutelare così il diritto alla salute e alle cure in forma universale e gratuita, proprio come scritto nell’articolo 32 della Costituzione. Come potrà, da domani, la Repubblica non considerare la “cultura del movimento” come un vero sistema di welfare?».

Oggi giorno straordinario «Oggi, per me, è un giorno straordinario. Ho dedicato tutta la mia vita allo sport, prima sul campo, oggi in questo Parlamento.

Portare lo sport nella Costituzione era un’idea folle, quasi un’utopia, nata nella primavera del 2020, proprio nel momento più drammatico della pandemia, quando tutti noi eravamo impotenti di fronte a qualcosa che stava stravolgendo le nostre vite. Quell’idea folle sta per realizzarsi. Penso ai tanti uomini e donne che hanno tenuto in vita lo sport di questo Paese. Oggi, 20 settembre 2023, è il vostro giorno. È il giorno in cui la Repubblica riconosce, nella sua Carta più alta, il valore che avete generato per il nostro Paese.

E da domani, in quest’aula, sarà un obbligo immaginare politiche pubbliche che dovranno prendersi cura di voi e dello sport.

È un vero e proprio cambio di paradigma... perché oggi, nel nostro Paese, nasce il diritto allo sport».

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Attualità
E da domani, in quest’aula, sarà un obbligo immaginare politiche pubbliche che dovranno prendersi cura di voi e dello sport. È un vero e proprio cambio di paradigma... perché oggi, nel nostro Paese, nasce il diritto allo sport

Perché c’è bisogno di associazionismo sportivo? Perché si insiste con l’educare attraverso lo sport? Perché la cultura digitale non può essere messa tra parentesi?

Un libro ricco di riflessioni che vuole mettere in connessione sport, promozione sociale, educazione e giovani

La vittoria dei penultimi

Visioni e previsioni tra sport e Generazione Zeta

Si riprende, finalmente. Per la maggior parte delle realtà sportive settembre è il mese della tanto agognata ripartenza dopo mesi di stop estivo delle attività. Una magnifica routine, quella che riguarda la stagione sportiva, che però non può e soprattutto non deve dimenticare quelle che sono ancora oggi tematiche e riflessioni proprie del mondo sportivo, in particolar modo quello giovanile e dilettantistico, le quali probabilmente non sono state affrontate nella maniera giusta dopo un evento che ha sconvolto le vite di tutti noi e conseguentemente tutti i settori della nostra esistenza: il Covid-19. La vittoria dei penultimi parte proprio da qui, da

un rapporto tanto importante quanto urgente da monitorare, quello tra sport e giovani, proponendo spunti di riflessione e proposte pratiche. Il titolo già preannuncia una sfumatura molto interessante che risulterà fondamentale nelle righe del testo, vale a dire la necessità di volgere il proprio sguardo, estendere la propria vision, non solo ai campioni dello sport – i vincitori, i primi dunque – e agli ultimi – esaltati, giustamente s’intende, da una folta narrazione sportiva che glorifica non solo le vittorie ma anche le storie e i partecipanti. Tra un estremo e l’altro c’è una miriade di persone, con i loro racconti e la loro realtà, da tenere obbligatoriamente in considerazione: i penultimi, appunto.

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Un lavoro tanto delicato necessitava per forza di cose della presenza di più mani, a rappresentare un’altra esigenza che emerge prepotentemente da queste pagine, cioè quella della cooperazione, coesione, solidarietà. Quattro gli autori, quattro i capitoli in cui si articola l’opera in questione:

Vittorio Bosio

Presidente nazionale del Centro Sportivo Italiano – concentra la propria attenzione sui motivi che ci portano ancora oggi a riflettere sullo sport, sul suo legame con i giovani e sul senso odierno dell’associazionismo sportivo

Simone Digennaro

Presidente dei Corsi di Laurea e Ricercatore senior presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale – si focalizza su un elemento paradossalmente trascurato ma parte centrale dello sport, vale a dire il nostro corpo, e sul concetto di vita onlife , realtà che caratterizza la Generazione Zeta che si muove senza soluzione di continuità tra il reale e il virtuale

Roberto Lamborghini

Responsabile del Centro Studi e Ricerche di SG Plus – si sofferma su quanti significati nasconda la semplice parola “sport“, e quanto quindi sia necessario approfondirne il senso

Michele Marchetti

Coordinatore dell’Area Segreteria generale e Welfare della Presidenza nazionale del Centro Sportivo Italiano – porta alla luce, infine, una serie di dati insieme interessanti e preoccupanti sul rapporto tra Generazione Zeta e sport, e ne analizza nel dettaglio

ogni aspetto faticoso ricercando cause, effetti e possibili ed auspicabili soluzioni.

Ben vengano lavori come questi. Ben vengano perché si capisca finalmente che i giovani, appartenenti alla cosiddetta Generazione Zeta, devono essere obbligatoriamente una priorità. Il caos che ci ha sommerso dal febbraio 2020 in poi ci ha costretto a muoverci in fretta per riparare il possibile.

Ora però possiamo rallentare: gli straordinari passi in avanti che abbiamo percorso insieme alla scienza, oggi, ci permettono fortunatamente di rifiatare, e di alzare la testa per vedere più in là rispetto al presente immediato. E più in là c’è il futuro dei nostri giovani, che nella fretta avevamo dimenticato.

Non ci sono più scuse: è il momento di prendere in mano la situazione e affrontarla con l’entusiasmo delle belle sfide e la delicatezza delle cose importanti. E per farlo possiamo ripartire proprio da qui, dai penultimi, da tutti coloro che fino ad oggi non siamo riusciti ad individuare, né tantomeno ad aiutare. Serve programmazione, una visione a lungo termine, un motivato e forte impegno a trovare idee atte a risanare il futuro della nostra società, del nostro Paese, del mondo intero.

Sarà complicato, ma abbiamo tra le mani lo strumento più importante di tutti: lo sport. Non lasciamocelo sfuggire. Usiamolo per formare, per educare, per salvare vite, perché di questo si tratta. E comunque vada, non avremo sbagliato, né tantomeno perso tempo.

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Dentro la propria comunità si plasmano i valori, si creano le alleanze, si accendono le rivalità, si lotta per raggiungere gli obiettivi comuni… Il senso di comunità oggi dobbiamo addirittura porcelo come orizzonte perché il ripiegamento sull’individualismo rischia di offuscarlo.
Zoom
(tratto da “La vittoria dei penultimi”)

1945

Grazie al Centro Sportivo Italiano lo sport incontra la scuola

Era il 1945, ben 78 anni fa, quando il Centro Sportivo Italiano, primo in Italia, metteva ufficialmente in evidenza l’importanza della pratica sportiva nella scuola. A quel tempo il Ministero, quindi lo Stato, si affidò proprio al CSI per tentare di avviare una riflessione e una pratica concreta di attività sportiva nelle scuole.

I fondamentali dei progetti erano e sono quelli di sempre: lo sport come elemento educativo, aggregante, utile per la tutela della salute delle persone, per crescere insieme con gli altri, nel rispetto di una necessità psicofisica sempre trascurata eppure imprescindibile. Senza lo sport non si può stare bene e, presto o tardi, questa carenza presenta il conto. Proponiamo qui di seguito un breve e incuriosito viaggio nel 1945, grazie a Stadium di quell’anno, per scoprire quanto il CSI, su certi temi, fosse molto avanti. Addirittura di quasi un secolo…

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Il CSI sin dalle proprie origini aveva promosso su tutto il territorio nazionale i Campionati Studenteschi affermando la propria forza progettuale e organizzativa

Per quanto sia ormai universalmente riconosciuto che l’attività sportiva non selettiva in età giovanile è la base per una vita sana e serena, sport e scuola non hanno mai sviluppato una forte e duratura politica di promozione reciproca.

Anche in questo caso la storia segnala che fu il Centro Sportivo Italiano, nel 1945, in un’Italia riconquistata alla libertà ma dilaniata dai contrasti spesso cruenti a livello politico e sociale, a proporre una riflessione sul tema dello sport nella scuola.

Sicura traccia di ciò ci viene confermata dalla storia del CSI, nel secondo volume di “Cent’anni di storia nella realtà dello sport italiano”, sotto il titoletto “Il CSI e lo sport nella

Scuola”:

«Quando, il 10 febbraio 1945, Stadium riprese le pubblicazioni dopo diciotto anni di silenzio imposti dal fascismo e dalla guerra, sulla prima pagina della rinnovata pubblicazione i due articoli di apertura erano dedicati al problema dello sport scolastico, che evidentemente l’Associazione riteneva fondante per la rinascita della vita sportiva nel Paese».

In realtà, testimonia Stadium di quell’anno, lo sport era rimasto «sostanzialmente estraneo alla scuola, nella quale ci si limitava ad una generica attività di educazione fisica» . È ben vero che «una legge del 1909 aveva stabilito l’obbligatorietà dell’educazione fisica scolastica, disciplinando la costruzione di impianti e prevedendo corsi di formazione per gli insegnanti; ma la legge aveva dedicato solo vaghi cenni alla possibilità di introdurre un’autentica pratica sportiva nelle scuole». Con il fascismo, se possibile, la situazione era addirittura peggiorata perché il regime aveva «usato larghezza di mezzi per diffondere lo sport, sia pure con intenti paramilitari e propagandistici, eppure non aveva saputo superare l’equazione scuola=ginnastica»

Così, per tutto il Ventennio, «nelle scuole medie inferiori e superiori si continuò a fare ginnastica e a insegnare qualche esercizio di atletica». « Fallimentari furono le iniziative dell’Opera Nazionale Balilla e più tardi quella della Gioventù Italiana del Littorio, con i suoi Gruppi Sportivi. E neppure il CONI riuscì a

varare una vera politica di sport nella scuola». Dopo lunghe riflessioni e dotti ma sterili dibattiti, toccò ancora al CSI dimostrare di saper gestire progetti di ampio respiro. «Quando, terminata la guerra, fu necessario pensare anche al riassetto dello sport italiano, la questione dello sport scolastico tornò a galla».

Quale sport poteva essere proposto nella scuola? « Non certo – secondo il CSI – quello della ex GIL. L’Ente giovanile fascista aveva gettato lo sport dei giovani e dei giovanissimi nelle braccia di un agonismo dissennato, organizzando tornei troppo duri. [...] Per i direttori sportivi della GIL inoltre contava solo la vittoria degli allievi e poco interessava se la vittoria comportava uno sforzo troppo grande per l’età giovanile».

Qui emerge tutta la forza progettuale e organizzativa del Centro Sportivo Italiano, che evidentemente aveva ottime radici nella società italiana:

«[...] nella primavera del 1945 il CSI organizzò nell’Italia centro-meridionale (il Nord doveva ancora essere liberato) i Campionati per studenti medi, denominati “Trofeo CONI”.

L’Associazione mise a disposizione le sue strutture tecniche e organizzative che resero possibile organizzare anche gare locali di atletica, ciclismo, tennis, calcio, scherma, pallacanestro».

L’iniziativa ebbe successo e fece scalpore. «L’anno successivo l’iniziativa fu promossa su tutto il territorio nazionale e nacquero i Campionati Studenteschi. I Campionati erano indetti dal CSI su mandato del Ministero della Pubblica Istruzione che, presa visione dei programmi, invitava i Provveditori agli Studi a collaborare».

Fu un inizio importante ma, nonostante ciò, sport e scuola continuarono ad essere mondi difficilmente integrabili, tant’è che il tema è “centrale” ancora oggi e, 78 anni dopo, siamo fermi al… dibattito.

Il Centro Sportivo Italiano la sua parte l’ha sempre fatta, dimostrando che, volendo, questi problemi potrebbero essere risolti. Ma forse, oggi più di ieri, manca il coraggio di valorizzare l’esperienza del CSI.

Stadium 39 Pillole di Storia

ASCOLI PICENO

Giù il sipario sul progetto “Fiabe in movimento”

Si è concluso nel Piceno con la consegna dei diplomi il progetto “Fiabe in movimento” 2023, promosso dal Centro Sportivo Italiano e sostenuto da Sport e Salute e dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il progetto è stato proposto nel territorio provinciale a due scuole dell’infanzia: la Scuola “Marchegiani” di San Benedetto del Tronto e l’ISC “Rotella – Montalto delle Marche”, coinvolgendo i piccoli alunni tra i 4 e i 5 anni che hanno dimostrato grande entusiasmo per l’attività motoria, segno tangibile di come fiabe e sport possano coesistere.

Le fiabe possono avvicinare i bambini al mondo dello sport? La risposta è assolutamente sì, e il CSI di Ascoli Piceno ha toccato con mano questo importante risultato, dando la possibilità ai numerosi bambini partecipanti di vivere un’attività motoria in grado di accrescere e di consolidare le capacità sensoriali, percettive, motorie e sociali. Grazie a questo percorso, i piccoli alunni sono stati aiuta-

ti nell’intraprendere, in modo tanto naturale quanto inconscio, un importante cammino di crescita verso una migliore definizione degli schemi motori, in cui il movimento non è solo semplice esercizio fisico, bensì un modo per esprimere la propria identità, unica e preziosa. Nel saggio finale, tutti i bambini partecipanti si sono esibiti in ben quattro giochi,

Ad Acireale l’estate è sportiva

L’estate acese “TuttInGioco” ha preso il via il 25 giugno presso l’Oratorio della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria. Si tratta dell’attività estiva organizzata dall’ASD San Francesco, che ha coinvolto più di 100 ragazzi dai 4 ai 13 anni di età, con numerosi giochi e laboratori che hanno accompagnato i partecipanti anche nel mese di luglio. L’attività svolta è stata diversificata e completa, con particolare attenzione all’aspetto sportivo, attraverso attività ludico-motorie per i più piccoli e ampio spazio dato agli sport di squadra, dal calcio alla pallavolo, insieme al tennistavolo. Si sono inoltre svolte diverse attività laboratoriali, come quelle che per moltissimi sono state le prime prove in cucina. Bambini e ragazzi hanno poi vissuto esperienze artistiche (attraverso l’approccio al decoupage e

l’utilizzo della cartapesta), fotografiche e teatrali. Con i partecipanti, appartenenti soprattutto alla fascia 8-10 anni, sono state realizzate anche uscite alla scoperta del territorio. Lunedì 3 luglio sono scesi in campo anche gli altri ragazzi del progetto “TuttInGioco”, promosso da Fondazione Conad ETS e Centro Sportivo Italiano: si è trattato dei cinquanta giovani, dai 7 ai 13 anni,

ognuno dei quali con una durata massima di cinque minuti: il gioco del semaforo, del cacciatore, dello scalpo ed infine la staffetta.

Il progetto è stato quindi un successo e, per concludere, insieme agli attestati di partecipazione sono stati regalati dei gadget-premio agli alunni, come simbolo dell’impegno dimostrato.

della Parrocchia Maria Santissima del Rosario di Pompei di Scillichenti, che hanno trascorso le ore pomeridiane del mese tra uscite organizzate e attività sportive e ludico-motorie. Anche in questi spazi parrocchiali bambini e ragazzi hanno avuto la possibilità di svolgere attività laboratoriali di tipo artistico e teatrale e di sfidarsi negli sport di squadra tradizionali, come il calcio e la pallavolo, oltre a mettersi alla prova nei “giochi popolari”, quali il gioco del fazzoletto e il tiro alla fune. Tanti i giovani e i giovanissimi coinvolti che hanno avuto l’occasione di partecipare ai camp acesi grazie all’iniziativa “TuttInGioco”, tramite la quale Fondazione Conad ETS ha voluto agevolare l’accesso ai centri estivi di bambini e ragazzi provenienti da famiglie in difficoltà economiche.

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Sì è conclusa sabato 8 luglio l’impresa dei venti escursionisti cesenati che hanno percorso i 102 km che separano San Piero in Bagno – località in cui risiede la Polisportiva San Pietro – da Firenze. Cinque le tappe affrontate: Camaldoli, Stia, Consuma, Pontassieve e infine Firenze.

Il cammino è stato organizzato dalla Polisportiva San Pietro, storico sodalizio del CSI Cesena, tra le più importanti società del Comitato nella Vallata del Savio, con la collaborazione di altre associazioni locali, nell’ambito delle iniziative intraprese per il centenario del passaggio del Comune di Bagno di Romagna dalla provincia di Firenze a quella di Forlì.

Il gruppo di escursionisti ha affrontato con coraggio e determinazione le ardue salite del Passo dei Mandrioli e della Consuma, arrivando a toccare i 1200 metri di dislivello. La fatica, il sudore, il respiro corto però sono stati ripagati dal bel clima di amicizia che si è venuto a creare tra i partecipanti, alcuni alla loro prima esperienza. Camminare insieme a persone sconosciute è un’esperienza di crescita straordinaria: ognuno segue “il proprio cammino” e ha dunque un ritmo diverso nel passo, un peso diverso nello zaino, un’esperienza differente. C’è chi

Escursionismo: da San Piero in Bagno a Firenze in 5 giorni GENOVA

arriva sempre per primo e chi si mette in coda, chi si ferma spesso e chi non si ferma mai. Ognuno porta un pezzetto di sé e, in un cammino di cinque giorni, questo pezzetto si unisce a quello degli altri e si crea la fratellanza. E insieme, dalla più piccola di 10 anni al più maturo di 70, hanno potuto godere del successo di essere arrivati alla meta, con la gioia di tornare alla vita di tutti i giorni con lo zaino carico di nuove esperienze.

La terza tappa di MTB a Villa Borzino a Busalla

veloce nelle due prove della prima categoria, mentre fra le femmine ha vinto Maria Benedetta Baglietto dell’ASD MTB Wolves Busalla. Doppietta della società ospitante anche nelle categorie 13-14 e 15-16 anni con i successi di Simone Mureddu e Federico Palmieri.

Domenica 9 luglio è stata una splendida giornata di sport, all’interno del parco di Villa Borzino a Busalla, in occasione della terza tappa del circuito 2023 di MTB organizzata dalle scuole delle società affiliate con il coordinamento del CSI di Genova. Tre i percorsi proposti con diverse difficoltà, a seconda delle categorie: per i più piccoli, 6-9 anni, 400 metri di lunghezza, quasi tutti in piano ed una discesa non banale, con pedane per movimentare la prova. Fra i maschi ha vinto Gabriele Uboldi dell’ASD Liguria MTB, mentre tra le femmine primo posto per Costanza Mura dell’ASD MTB Wolves Busalla.

Erano 900 i metri lineari del percorso per la categoria 10-12 anni; molto più impegnativa la prova per le categorie 1314 e 15-16 anni, 1.2 km di lunghezza, con una difficile salita iniziale. Giacomo Noveri dell’ASD Liguria MTB è stato il più

«È una location davvero meravigliosa, immersa nel verde con sentieri molto curati. Questo dimostra – commenta Enrico Carmagnani, Presidente del CSI di Genova – che, quando le cose sono organizzate al meglio, le famiglie rispondono. È stato bello vedere i genitori sui prati in modalità picnic e lungo il percorso a sostenere i figli durante le prove». Erano 60 gli iscritti nelle varie categorie: era scontato che la parte del “leone” la facesse la MTB Wolves Busalla con 22 partecipanti. Un ulteriore successo per i volontari di questa società che, da novembre 2022 a marzo 2023, hanno sistemato il parco della storica Villa Borzino, divenuto col tempo un ginepraio inestricabile, rendendolo di nuovo utilizzabile e fruibile da tutti. «Con la buona volontà e con l’aiuto del Comune e di altri enti, siamo riusciti a costruire qualcosa che a Busalla non c’era. Il bosco – aggiunge Andrea Rossi, Presidente ASD MTB Wolves Busalla – era in stato di abbandono da molti anni. Per il nostro sport è un ambiente ideale e con la fantasia possiamo anche allestire ulteriori percorsi».

Alla terza tappa del circuito 2023 di MTB del CSI di Genova erano rappresentate anche Liguria MTB con 12 iscritti, Ponente Outdoor Spot Bike con 10 iscritti, Genova MTB S. Eusebio con 9, Green Park Bike School con 5, Rad MTB School ed Associazione Bikeland con 1.

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CESENA

MATERA

Concluso il 28° Trofeo “Maria SS. della Bruna”

Una festa dai mille colori e dalle mille sfaccettature. La finale della 28a edizione del Torneo “Maria Santissima della Bruna”, organizzato dal Comitato territoriale del Centro Sportivo Italiano di Matera, ha premiato la Tecnovetro come vincitrice, ma lo spettacolo è stato a tutto tondo, regalando una grande serata di festa ai tanti appassionati. Non solo sport, ma anche cultura e musica sul sintetico della Parrocchia di San Giacomo, che come ogni anno ha visto riempirsi completamente gli spalti e l’esterno della struttura di un numero impressionante di spettatori, curiosi, amici e cittadini pronti ad applaudire le gesta dei partecipanti. L’appassionante estate materana targata CSI giunge così al termine, dopo otto settimane intense di sfide a colpi di magie da calcio a 5. Decretate le formazioni vincitrici dei tornei in onore della patrona della Città dei Sassi, Maria Santissima della Bruna. Non solo per la categoria Open, che ha concluso con una grande festa gli eventi estivi, ma anche per i più piccoli è stata un’estate ricca di sfide appassionanti e molto seguite nella struttura sportiva della Parrocchia di San Giuseppe Artigiano. Oltre cinquanta squadre nel complesso, quasi 600 atleti, oltre 100 dirigenti, quasi 180 gare disputate, con il coinvolgimento sempre più importante della Provincia materana e della vicina Puglia, oltre che di calcettisti argentini e brasiliani. Il Torneo, anche in questa edizione, ha ricevuto il placet dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina, con in testa l’arcivescovo Monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo; il patrocinio del Comune di Matera, con il Vicesindaco e Assessore allo Sport Antonio Materdomini, presente alle premiazioni; il supporto del CONI Basilicata, con il numero uno Leopoldo Desiderio, del Comitato Organizzatore della

Festa di Maria Santissima della Bruna, oltre al saluto portato dal Presidente dell’Associazione ‘’Maria Santissima della Bruna’’, Bruno Caiella, e dal Coordinatore di Sport e Salute Basilicata, Matteo Trombetta. Una festa che ha coinvolto l’intera cittadinanza, con tantissime attività pronte a sponsorizzare le squadre e a regalarsi un momento di passione sportiva. Nella categoria Open, come detto, campioni della 28a edizione del Torneo “Maria Santissima della Bruna” sono i giocatori della Tecnovetro, la squadra che ha superato e detronizzato, in una finale appassionata e molto seguita dal folto pubblico, la Cooperativa Lavoro Sociale, giungendo alla sesta coppa conquistata e diventando la società più titolata della storia della manifestazione.

Applausi scroscianti anche per i premi ai singoli, che nella manifestazione hanno fatto la differenza, come quello per il miglior portiere, andato a Gabriele Tortorelli della Cooperativa Lavoro Sociale/LC Team, sconfitto solo in finale; mentre, per i giocatori di movimento, premiati Mario Quinto, come migliore gesto tecnico e anche come giocatore più votato sui social su iniziativa della Sport On Fire, e Osvaldo Stigliano, come miglior giocatore della manifestazione. Nella categoria Juniores è la Tabaccheria Sassone ad aver alzato il trofeo, dopo aver vinto anche il girone. Nella categoria Allievi, invece, è stata la Hotel e Resort D’Antona ad aver conquistato il trofeo, seguita dalla Matera Gomme nella categoria Giovanissimi. Negli Esordienti vincitori i ragazzi della Central Frutta Fratelli Di Lena, mentre nei più piccoli della categoria Pulcini a festeggiare sono stati i Raptors Montescaglioso. Non resta che attendere la prossima stagione e programmare già la prossima edizione per il CSI Matera.

Nato dopo la pandemia, il Miglio bluarancio ha trovato la sua sede naturale nella magnifica cornice del Parco Nazionale del Cilento.

Domenica 9 luglio ad Agropoli si è celebrata la terza edizione, che ha visto partecipare tra le diverse categorie quasi 100 atleti in rappresentanza di numerosi sodalizi sportivi natatori provenienti da tutta la regione Campania.

Dopo aver ospitato, all’inizio del mese di luglio, il Campionato Nazionale CSI di nuoto in acque libere

(Gran Fondo – 15 km), l’evento organizzato dal CSI Salerno e dal Centro Zona CSI Agropoli-Cilento, in sinergia con il Comitato Regionale Campania, si appresta a diventare un evento ricorrente del nuoto bluarancio in Campania.

Nella Short Race sui 400 metri hanno gareggiato entrambi i sessi della categoria Esordienti B. Il miglior tempo di giornata è del 2008 Mattia Andretta della Olimpia SV, Categoria Ragazzi, che ha nuotato il miglio in 24:23.00.

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SALERNO

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PAVIA

27° Torneo Oratori a Pavia: vince il Vidigulfo

sentare gli oratori iscritti: San Carlo/San Pietro, Copiano, Santa Maria di Caravaggio, San Mauro, Certosa, San Genesio, San Leonardo, Vellezzo/Giovenzano, Maria Ausiliatrice, SS. Crocifisso, Santo Spirito, Don Bosco, San Lanfranco, Sant’Alessandro, Magherno, Binasco, Vidigulfo.

Il territorio al centro

Si è da poco conclusa l’edizione 2023 del Torneo Oratori, manifestazione giovanile di calcio a 7 organizzata dal Settimanale Diocesano “Il Ticino” e patrocinata dal CSI Pavia, per la parte tecnica ed arbitrale. Sono stati ben 320 i giovani atleti, classe 2011, 2012 e 2013, scesi in campo a rappre-

Dopo una prima fase a gironi eliminatori, il Torneo è entrato nel vivo con quarti di finale, semifinali e finali, nonché partite di consolazione. Ad alzare la coppa, davanti ad oltre 300 spettatori, è stato l’Oratorio di Vidigulfo, che si è imposto per 4 a 1 su quello di Certosa.

A far da sfondo alla manifestazione, i valori che da sempre contraddistinguono lo sport educativo del Centro Sportivo Italiano: amicizia, aggregazione, socialità e fair play.

SASSARI Estate con l’ASD Cosmosassari

Sport e divertimento hanno trovato spazio fino al 12 settembre nel centro estivo dell’ASD Cosmosassari, partecipante al progetto “TuttInGioco”, l’iniziativa promossa da Fondazione Conad ETS e Centro Sportivo Italiano per aiutare le famiglie a sostenere i costi dei camp sempre pronta a regalare momenti sportivi, formativi e di svago a tanti giovani e giovanissimi.

Il centro estivo targato Cosmosassari è iniziato martedì 13 giugno ed è stato attivo su due diversi impianti sportivi del territorio: a Monte Bianchinu, ospite della struttura “Le Querce”, e a Li Punti, presso il Centro Sportivo “Luigi Scardaccio”. Le attività si sono svolte tutte le mattine dal lunedì al venerdì e sono proseguite, fatta eccezione per una pausa di due settimane nel mese di agosto (dal 14 al 25), fino al 12 settembre, accompagnando i giovani fino all’inizio della scuola.

Le strutture hanno accolto un totale di circa 200 bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni, suddivisi in gruppi al fine di poter seguire una programmazione differenziata ed attività mirate per ciascuna fascia d’età. Lo staff, esclusiva-

mente personale qualificato, era composto da animatori, educatori ed istruttori che hanno lavorato con l’obiettivo di far trascorrere ai partecipanti un’estate di divertimento, caratterizzata da momenti ludici, creativi, educativi e sportivi in un clima giocoso e al tempo stesso di confronto e crescita all’interno del gruppo. Anche in questa edizione 2023, confermati i due appuntamenti settimanali che entusiasmano bambini e ragazzi: la giornata dedicata all’apprendimento delle abilità natatorie e allo sviluppo dell’acquaticità, attraverso giochi liberi e strutturati presso la piscina comunale di Latte Dolce, e la mattinata dedicata alle lezioni di padel presso la struttura “Le Querce”, alternati a momenti di gioco presso “Il Mondo delle Feste Park”. Ogni mercoledì, inoltre, in collaborazione con “Apriti Sesamo”, bambini e ragazzi si sono cimentati in laboratori artistici e creativi studiati e organizzati per le diverse fasce d’età, spaziando tra varie tecniche e temi e con l’utilizzo di diversi materiali: pastelli, acquerelli, acrilici, pastelli ad olio, argilla e tanto altro ancora.

Più attività fisica per stare meglio e in salute: la Regione Toscana e il CSI Toscana si alleano e mettono in campo una strategia comune per promuovere l’adesione all’attività fisica da parte dei propri corregionali. La giunta ha dato il via libera all’accordo che stabilisce gli obiettivi, le azioni e le modalità degli interventi che avranno inizio entro la fine del 2023. L’accordo rientra nel Piano Regionale della Prevenzione 2020–2025 e integra gli obiettivi del programma sulle comunità attive, tra cui la promozione di uno stile di vita sano per tutte le età e in tutti gli ambienti, sia a casa che sul posto di lavoro, con l’obiettivo di rendere queste pratiche comuni ed aiutare a prevenire le malattie croniche negli anziani attraverso il movimento.

Rientrano nel piano di interventi l’organizzazione di laboratori sperimentali di attività motoria, di camminate della salute e del benessere, la promozione di attività motoria nei centri estivi. A queste si affiancano momenti e incontri volti a promuovere la socialità, l’inclusione e corretti stili di vita. Le attività sono affidate a personale adeguatamente formato e laureato in scienze motorie.

Il CSI organizzerà, inoltre, tre seminari di formazione destinati al proprio personale, insieme alle ASL, e un incontro finale di restituzione dei risultati per monitorare gli effetti dell’accordo.

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TOSCANA Più attività fisica per stare meglio

TRENTO

Viene l’autunno, corre l’atletica

Sabato 30 settembre, nel centro storico di Trento, sì è corsa la 76a edizione del Giro al Sas. Circa 400 atleti di tutte le età, dai cuccioli ai veterani, hanno preso parte alla gara promozionale organizzata dal CSI Trento e valida per le qualificazioni al Campionato Nazionale CSI di Corsa su strada. Il calendario trentino dell’atletica CSI è ancora ricco, con altre 2 prove del Campionato Provinciale in programma in vista delle finali nazionali di Agordo: il 14 ottobre a Rovereto si correrà il Giro Podistico di Rovereto, valido come tappa provinciale per le categorie giovanili; il 15 ottobre a Besenello la gara di Maratonina e ultima prova di Campionato Provinciale per le categorie assolute. Senza dimenticare, domenica 8 ottobre a Civezzano, la finale provinciale CSI di corsa in montagna a staffetta. Sabato 7 ottobre, inoltre, ad Innsbruck, protagonisti 40 giovani atleti e atlete delle società del CSI trentino in rappresentanza della provincia di Trento in occasione della Finale Euregio Sprint Champion, manifestazione dedicata ai giovani fino ai 14 anni di Trentino, Alto Adige e Tirolo.

MODENA

Parola”: ottobre è il

“Passa la Parola”, a Modena torna il Festival della Lettura per ragazzi: grandi autori e tante iniziative nella rassegna promossa dal CSI Modena e dalla libreria “Castello di Carta”, insieme alle Biblioteche di Modena. Incontri, laboratori, corsi e reading per diffondere l’educazione alla lettura e la letteratura per ragazzi direttamente dalla voce dei suoi protagonisti.

Dal 4 ottobre al 4 novembre, 8 giornate in compagnia di grandi autori e iniziative coinvolgenti metteranno al centro i libri, le storie e le emozioni che queste riescono a suscitare.

Tutti gli eventi di “Passa La Parola” sono gratuiti. La pro-

MELFI

Il CSI di Melfi compie 70 anni

Sabato 30 settembre presso la Sala degli Stemmi del Palazzo Vescovile di Melfi, il Comitato del CSI di Melfi ha celebrato i suoi 70 anni. La manifestazione aperta a tutti ha ricordato alcuni momenti storici del Comitato melfitano, partendo dalla prima sede del 1953, che fu proprio all’interno dell’Episcopio, poiché il CSI di Melfi fu fondato da Don Emilio Laconca, segretario del Vescovo Mons. Domenico Petroni. La manifestazione a carattere convegnistico ha vi-

Il CSI Lecce “legge” oltre lo sport

È sempre più chiaro che la mission perseguita dal CSI Lecce, pur continuando a tenere al centro lo sport come cuore pulsante di ogni iniziativa, voglia, al contempo, buttare giù gli steccati tradizionali e trascinare, all’interno del proprio operato, anche altri ambiti del vivere sociale e civile, tenendo alta la bandiera di quell’ “educare attraverso lo sport” che permette di ampliare notevolmente la propria offerta nei confronti del territorio. La pensa esattamente così Emanuela Fiorentino che, con Simona Tondo, è responsabile del progetto “Leggere i libri per esplorare il mondo”, realizzato nell’ambito del bando Cepell “Educare alla lettura 2022”, ma che ricadrà, per il CSI Lecce, nella prossima stagione sportiva. «Il progetto intende promuovere e valorizzare le competenze di lettura dei bambini e delle bambine tra i 6 e gli 11 anni ed offrire loro una “bibliovarietà”, realizzare eventi di sensibilizzazione sulla pratica della lettura e sui benefici per la crescita e lo sviluppo della persona, valorizzare i luoghi sociali, culturali e sportivi e potenziare le competenze trasversali grazie alla lettura» afferma Fiorentino. Da tempo, del resto, le proposte sportive, formative e socioculturali del CSI Lecce ruotano attorno alla persona e alla promozione del benessere psicofisico, emotivo e relazionale, e il progetto finanziato da Cepell si inserisce perfettamente all’interno di tale cornice. Il progetto, infatti, tra le varie azioni promuoverà un percorso formativo rivolto ad insegnanti nonché librai, bibliotecari, genitori e volontari e rifletterà sulla lettura e sui benefici che essa riveste nei processi di crescita e di sviluppo della persona nella sua totalità.

del Festival della Lettura

posta del Festival si completa con alcuni corsi su uso della voce, lettura animata, lettura espressiva e interpretazione del testo, a cura di Sara Tarabusi, che si terranno presso la sede del CSI a Modena e nella libreria “Castello di Carta” di Vignola. «La cultura, come lo sport, è uno straordinario strumento di socialità, educazione e condivisione – spiega Emanuela Carta, Presidente del CSI Modena – “Passa La Parola” è un progetto culturale a cui siamo particolarmente legati, perché si rivolge ai giovani e alla loro capacità di guardare al futuro, a partire dai libri e dalle storie che, proprio come lo sport, non smettono mai di stupirci e farci sognare».

sto la presenza delle autorità locali, regionali e del Vescovo di Melfi, oltre che di tantissime altre autorità del mondo sportivo e delle istituzioni, a partire dal numero uno cittadino, Giuseppe Maglione, da giovanissimo sempre nelle file del CSI. Nell’occasione, inoltre, anche un annullo filatelico celebrativo, a cura di Poste Italiane, e l’inagurazione (per la durata di una settimana) della mostra fotografica e di cimeli che ripercorre i 70 anni di cammino del CSI Melfi.

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RAVENNA

Un’altra estate di sport e partecipazione attiva

Per il terzo anno consecutivo, la collaborazione tra CSI Ravenna, Gym Academy e ITIS Nullo Baldini ha prodotto il rinnovo del progetto “Estate e Sport”, un’articolata proposta di attività educativo-sportiva e ludica per gli studenti dell’istituto. Svoltasi nel mese di luglio, l’attività ha favorito ulteriormente i tempi di relazione, di socializzazione, di partecipazione attiva.

Sono state 6 le discipline sportive che hanno coinvolto complessivamente 82 studenti. Ogni partecipante è stato seguito da istruttori preparati e qualificati, che hanno favorito non solo la conoscenza delle attività, ma ne hanno curato, anche e soprattutto, l’aspetto educativo-relazionale. Negli spazi dell’ITIS Baldini si è svolta l’attività di conoscenza e pratica degli scacchi, con l’ausilio degli operatori di Ravenna Scacchi, società ciessina. La Palestra Life Sport City ha ospitato invece l’attività di fitness, la più frequentata con 45 partecipanti, coordinata e seguita dai professionisti della struttura, mentre il Gravity, la torre nelle vicinanze del centro iperbarico, è stata la parete dell’attività di arrampicata sportiva.

Alla Darsena si è svolto il corso di parkour, mentre a Marina di Ravenna si sono svolte le attività di pesca sportiva (alla diga foranea); il beach volley e il beach tennis al Bagno Maris.

Al termine del percorso di tutte le attività è stato organizzato un incontro finale, con un piccolo momento conviviale, con tutti i partecipanti e i loro genitori per la consegna dell’attestato di partecipazione. Tutte le attività sono state gratuite e realizzate grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – Progetto GYM AGAIN – Call AuleAperte d’estate.

SONDRIO

Camp di sport e confronto a Livigno

Livigno, rinomata stazione sciistica della Valtellina che ospiterà le Olimpiadi invernali nel 2026, e la sua bellissima pista di atletica, a quota 1816 metri, hanno ospitato dal 24 al 27 agosto il primo campo estivo del GS CSI Morbegno. Una quarantina tra atleti dai 10 ai 15 anni, allenatori, animatori e cuochi hanno vissuto quattro intense giornate tra allenamenti in pista, escursioni alle cascate in Val Nera, momenti di gioco e riflessione.

Una prima esperienza di campo estivo che è stata subito un successo, grazie anche all’impegno con cui i ragaz-

CASSINO

“Open SportLo sport per tutti” entra nel vivo

Si è svolto a fine settembre, presso il Comune di Cassino (FR), un incontro per la definizione delle linee guida del progetto “Open Sport - Lo sport per tutti”, nato su iniziativa del CSI Cassino, cui aderiscono i Comuni di Cassino e Sora, che prevede una serie di attività paralimpiche di associazioni sportive. Il progetto vedrà l’istituzione di un Corso di 1° Livello per Operatore Sportivo per atleti con disabilità, che partirà il prossimo 16 ottobre e si avvarrà del supporto scientifico dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale, della collaborazione del dott. Piergiorgio Fascina, componente della Giunta Comitato Italiano Paralimpico Lazio e delegato FIPIC Lazio, nonché di Sport e Salute. L’inizio del Corso di Operatore Sportivo per atleti con disabilità sarà preceduto da un “Open Day”, una tavola rotonda per illustrare le discipline paralimpiche, che vedrà la partecipazione di atleti paralimpici, fra cui Joe Black, il nickname con cui è conosciuto il Ten. Col. Giuseppe Campoccio, medaglia d’argento, neo vicecampione del mondo di lancio del peso (Cat. F33), ai Campionati del Mondo Paralimpici di Parigi dove, nel 2024, parteciperà ai prossimi Giochi Paralimpici.

zi hanno seguito gli allenamenti. La sera poi spazio a giochi e a momenti di confronto, in particolare con Don Nicola Schivalocchi, atleta e assistente ecclesiastico del CSI di Sondrio, il quale ha spiegato, partendo dalla sua esperienza, come vivere la competizione in modo sano, e con l’intervista doppia a Marco Leoni e Francesco Bongio, due giovani atleti nati e cresciuti nel CSI Morbegno che hanno indossato la maglia azzurra ai Campionati Mondiali di corsa in montagna. Ossigeno purissimo per i Diavoli rossi in vista del prossimo obiettivo associativo: la corsa su strada ad Agordo.

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VICENZA

Dopo 20 anni torna il corso estivo per allenatori-educatori

Dal 20 al 23 luglio 2023 si è svolto a Tonezza (VI) il primo campus regionale del CSI dedicato alla formazione degli allenatori-educatori e dei dirigenti dell’Associazione. Un evento in linea con la tradizione del Comitato territoriale berico, che ha vissuto gli ultimi 20 anni con i ricordi delle belle esperienze in diocesi a Maribor in Slovenia negli anni ’70 (il Presidente era Mario Zocche) e di Pallanza (Verbania) negli anni ’80 e ’90 con Presidenti Ernesto Gusella, Paolo Saggin, Sergio Serafin ed Enrico Mastella. «Il corso estivo per “alleducatori” e dirigenti – afferma il Presidente provinciale CSI Francesco Brasco – è basilare, non tanto per l’aspetto tecnico (che si può apprendere anche nei corsi serali invernali) quanto per il clima associativo e per la trasmissione dei valori umani e cristiani che caratterizzano l’attività sportiva, inclusiva, sociale e in generale educativa del CSI. Perché “alleducatori” (allenatori+educatori)? – si domanda retoricamente il dirigente – Perché al CSI i messaggi educativi si trasmettono con l’esempio sul campo, non tanto con le parole quanto con il rispetto assoluto

TERRA D’OTRANTO

della persona umana e quindi attraverso un “fair play spinto” e una sorta di “terzo tempo permanente”, intendo quello delle pastasciuttone con birra alla fine delle partite di rugby in cui gli avversari, anche ad alti livelli, scherzano assieme e si abbracciano in un’occasione conviviale e di condivisione umana». Il corso è diventato regionale per allargare l’esperienza a tutti i nove Comitati veneti. In questo primo anno erano presenti circa 70 persone tra atleti, allenatori, dirigenti e aiuto allenatori; e i corsi attivati sono

stati 4: l’atletica leggera e il giocasport, l’orienteering, il tennis e la pallavolo. Presenti all’hotel “ll Bucaneve” in particolare i Comitati territoriali di Vicenza, Rovigo, Belluno, Padova ed, in primis, il Presidente regionale, l’adriese Giovanni Cattozzi. «L’esperienza è stata più che positiva – conclude Brasco – L’anno prossimo proporremo altre discipline, come il calcio e il tennistavolo, e ci impegneremo maggiormente per formare gli operatori-educatori sportivi per gli oratori e per il giocasport».

Le 6 Strade del Salento 2023

Ha preso il largo l’appuntamento più atteso dell’estate in casa CSI Terra d’Otranto: il Gran Prix – Le Strade del Salento, giunto nel 2023 alla quindicesima edizione. Due tappe nel mese di luglio, due ad agosto e due a settembre, nel mese in cui in contemporanea ha avuto luogo il 2° Campionato territoriale di Camminata sportiva per promuovere il benessere psicofisico di tutti e per favorire la partecipazione, su percorso ridotto e autodeterminato, delle categorie Esordienti e Ragazzi, disabili e anziani.

Le sei tappe disputate nel tacco d’Italia si sono svolte su circuiti urbani, extraurbani e su pista, dai 5.000 agli 8.600 metri. Giovedì 13 luglio a Cerfignano la 1a tappa ha riguardato la corsa su strada con la “CorriKarol” – ASD Karol Wojtyla. Il 20 luglio la seconda tappa, sempre su strada, è stata la “CorriAmo insieme a Seclì” – Lecce Fun Club

“Saverio Sticchi Damiani”. Giovedì 3 agosto a San Cassiano la “IV Corsa della Cuccuascia” – ASD Tre Casali ha rappresentato il terzo traguardo del tour salentino.

Il 31 agosto suggestiva la notturna su strada a Sogliano Cavour, mentre il 6 settembre a Galatone la 5a tappa si è tenuta su pista con la “Seconda Galatone in pista”. Venerdì 15 settembre ancora una gara in notturna, stavolta a Galatina, a concludere in pista il Giro del Salento CSI: ad attendere i podisti della Puglia meridionale è stata la 6a tappa “Running Galatina” – ASD Oasis Terra d’Otranto. Grande soddisfazione espressa da Mauro Longo, Presidente del CSI Terra d’Otranto, per la buona riuscita dell’evento: «La partecipazione di podisti e camminatori è di incoraggiamento a continuare a creare occasioni di sport per tutti: dentro lo Sport, al centro dello Sport!».

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TREVISO

Il territorio al centro

“Together we play”: il “Paese” dello sport unificato

Ritorna l’importante appuntamento interprovinciale con lo sport unificato: domenica 22 ottobre andrà in scena il 2° Meeting “Together we play”, che unisce sotto la stella dello sport atleti con disabilità e normodotati. L’evento, organizzato dal CSI Treviso con le società Olimpia Postioma e ASD Gruppo Sportivo Dinamis, ha il patrocinio del Comune di Paese, del CSI e del CIP Veneto e di Special Olympics regionale. Presso gli impianti sportivi di Via Olimpia a Paese,

MARCHE

Una lunga estate di sport

Tanto sole e caldo hanno fatto da cornice alla lunga estate dello sport marchigiano. Il fuoco alle polveri è stato dato il 24 giugno a Campocavallo di Osimo (AN), dove è stato assegnato il titolo di campioni regionali CSI su strada.

Due settimane di riposo e il 9 luglio i ciclisti sono tornati a sfidarsi, questa volta in sella alle MTB, nelle campagne di Montefiore dell’Aso (AP) a caccia del titolo di campione regionale MTB.

Per finire, il 29 luglio a Rubbianello (FM) sono stati assegnati i titoli di campioni regionali della cronometro sullo stesso percorso che, meno di un anno fa, ha visto gareggiare i pretendenti al titolo di campioni nazionali CSI. Anche il beach volley è salito agli onori della cronaca: dopo alcuni tornei a carattere provinciale, il 15 e 16 luglio a Fano (PU) si è svolta la “Baretto Beach Cup”, un 2×2 maschile e 2×2 femminile valevoli come campionati regionali CSI Marche. Marche protagoniste nel territorio pesarese anche domenica 3 settembre, con la consegna delle maglie tricolori ai nuovi campioni Gravel.

L’ultimo titolo è stato assegnato il 16 settembre sulle colline di Gimarra sempre a Fano (PU), è stato quello di campioni regionali di corsa su strada, nell’ambito della 27a edizione della Corrifano.

si potrà assistere a tornei di calcio a 5 e pallacanestro e a partite singole di tennistavolo.

Lo sport avvicina tutti gli atleti, insegnando il rispetto e il supporto reciproco. Normalizzare lo sport anche per coloro che possono avere disabilità fisiche o difficoltà sociali è di grande aiuto e sostegno; per questo motivo, tutte le squadre di sport unificato si allenano un paio di volte a settimana in un clima di integrazione.

FELTRE “Pedala Feltre”

Sole, tanti sorrisi, poco sudore, zero stress e nessuna classifica. Questi gli ingredienti dei 20 km in bici della 38a edizione della “Pedala Feltre”, la divertente non competitiva per famiglie, organizzata dal CSI Feltre. Al traguardo di Pra’ del Moro è giunto il serpentone di bici con circa 500 partecipanti, dopo aver attraversato vari Comuni tra cui Nemeggio (dove la Virtus Nemeggio e la US San Vittore hanno gestito il punto ristoro). Al via su un simpatico risciò anche la Sindaca Viviana Fusaro con l’Assessore allo Sport Maurizio Zatta.

Tra le novità 2023, la collaborazione aperta con i quartieri del Palio e la presenza di bici d’epoca e ciclisti vintage. Molto soddisfatta la Presidente del CSI feltrino, Cinzia Lusa, la quale, durante la presentazione dell’evento, ha sottolineato il significato della manifestazione, parlando di «un giro cicloturistico promosso per far conoscere la città e le bellezze naturali del suo territorio nel segno dell’amicizia e della socializzazione».

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Pagine di sport tra gli scaffali

LO SPORT DI DOMANI

Possiamo ormai dire di aver superato il peggio del Covid-19. Ma, come ogni ambito della nostra vita, anche lo sport ha subìto forti ripercussioni. Chiusure, interruzioni delle attività, allenamenti a distanza: probabilmente mai come in questo momento lo sport si è allontanato dal suo vero essere, con gravi conseguenze sugli atleti, in particolare i giovani. È da questi giorni di grande caos che è partita la riflessione di Flavio Tranquillo, giornalista di punta dello sport italiano, sullo stato di forma della dimensione sportiva in Italia. Una critica costruttiva che non si ferma alle parole, ma entra nelle proposte pratiche, tese a rinnovare un àmbito che da tempo sappiamo da rivoluzionare, ma su cui non abbiamo ancora avuto il coraggio di mettere mano. E, per farlo, la collaborazione è fondamentale. Ma ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza. Così scrive Tranquillo: «Per invertire la tendenza, ogni sportivo dovrebbe imitare Gandhi ed essere il cambiamento che vorrebbe vedere negli altri». E leggere questo libro ispirante è un ottimo punto di partenza.

LA VITA È UNA BOMBA! di Luigi Garlando Edizioni Piemme

Il gergo sportivo, in particolar modo quello calcistico, è denso di termini solitamente riferiti alla guerra. Di certo tutti, almeno in un’occasione, abbiamo sentito parlare per esempio di una partita “diventata ormai una battaglia”, di un giocatore così atletico da “sembrare un carrarmato”, o di un attaccante chiamato appunto “a fare la guerra” con il proprio marcatore per “vincere il duello”.

A pensarci bene è assurdo. Non è possibile affiancare due mondi così distanti, così agli antipodi, come il calcio e la guerra. A maggior ragione oggi, quando da mesi giungono notizie preoccupanti provenienti dall’Ucraina. Non troppo tempo fa, un’altra guerra ci colpiva nel profondo. Forse i più giovani non ne sanno molto. Allora, per conoscerla, non c’è modo migliore di farsela raccontare da uno di loro, Milan, un bambino follemente innamorato del pallone, costretto ad abbandonare Sarajevo per abbracciare la sua nuova famiglia a Milano. Grazie alla magica penna di Luigi Garlando, ancora una volta lo sport ci tende la mano, e ci spiega l’importanza della vita.

JESSE OWENS E FAUSTO COPPI

Sotto il segno dei gemelli di Mario Parodi

Edizioni Mille

La fama delle più grandi storie sportive porta con sé il rischio di sforare nell’ovvietà della retorica. Imprese come quella di Jesse Owens sono così stabili nell’immaginario collettivo che dare loro nuova linfa attraverso le parole risulta complicato. Non per Mario Parodi che, con originalità, associa la storia del “Lampo d’ebano” a quella di un nostro campione, Fausto Coppi, entrambi protagonisti di pagine indelebili della storia dello Sport.

Le loro biografie, descritte con minuzia, sono accompagnate da una carrellata di nomi di altri sportivi che, al pari di questi due grandi esempi, hanno lasciato un’impronta nella propria disciplina.

A figure più conosciute, come quelle di Carl Lewis o Marco Pantani, Parodi accosta le vicende di altri atleti, campioni sì, ma meno esibiti dalla cronaca sportiva.

Ulteriore tocco di originalità che si miscela efficacemente al racconto, preciso e puntuale, dei trionfi, ma soprattutto delle vite, di uomini e donne dello Sport.

di Flavio Tranquillo Edizioni ADD
In Libreria 48

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