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Bosio al Meeting di Rimini: «Noi accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti»

Il CSI è stato presente alla 44a edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, oltre che nell’area sportiva anche al convegno di apertura ispirato all’enciclica

di Alessio Franchina

La presenza del Centro Sportivo Italiano, rappresentato dal Presidente nazionale Vittorio Bosio, alla giornata di apertura dell’edizione 2023 è indubbiamente il segno di una diffusa e alta considerazione nei confronti della nostra Associazione e dell’importante ruolo che negli anni ha sempre rivestito quale approdo sicuro per ragazzi, giovani e non più giovani, attraverso la proposta sportiva, ad una vita di relazione, educativa e formativa. “Fratelli tutti. Testimonianze di un’amicizia operativa sulle orme di Papa Francesco” è il tema al quale sono stati chiamati a contribuire, secondo la propria visione del compito associativo nella società attuale, i relatori della prima giornata. Sul palco, nel vasto auditorium totalmente occupato negli oltre 2.500 posti e con collegamenti in altre sale della Fiera di Rimini, teatro annuale del Meeting, il card. Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Arcivescovo di Bologna, che si è messo in dialogo con Regina De Albertis, Direttore tecnico e Consigliere delegato Borio Mangiarotti S.p.A., oltre che Presidente Assimpredil Ance Milano, Lodi, Monza e Brianza; Alberto Bonfanti, Presidente Portofranco; Vittorio Bosio, Presidente Centro Sportivo Italiano, Dario Odifreddi, Presidente Piazza dei Mestieri e Presidente Consorzio Scuole Lavoro. Eccellente “moderatore” e regista del dibattito Bernhard Scholz, Presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS, che ha saputo mettere in luce i valori espressi dai diversi partecipanti senza prendersi mai il ruolo di protagonista, ma anzi facendo sempre il possibile per far emergere la forza delle esperienze narrate.

A suscitare particolare consenso per Vittorio Bosio da parte dei relatori e di tutti i presenti (che hanno interrotto più di una volta con applausi l’intervento) è stata la frase: «Noi accogliamo tutti. Noi non facciamo scarti». Questo lo può dire il CSI e lo possono dire pochi altri (molto pochi), perché lo stile attuale è quello invece di cercare il talento da valorizzare per farci un guadagno (sportivo, economico, comunicativo, ecc.). Su questa forte affermazione del “non facciamo scarti” sono più volte intervenuti anche gli altri relatori e vi si è soffermato, con diverse e particolari sottolineature, lo stesso card. Zuppi.

La sintesi è poi stata affidata al card. Zuppi, interpellato anche quale inviato del Papa, a nome e per conto della Chiesa Cattolica, nelle terre devastate dalla guerra scoppiata nel 2022 e ancora in corso in Ucraina. Ci concentriamo in queste pagine sul contributo predisposto da Vittorio Bosio per l’importante occasione, non senza ricordare che, come nel suo stile, Vittorio ha letto molto poco e molto si è invece affidato a quello che gli diceva il cuore.

Infatti ne è scaturito un dialogo frizzante, pieno di prospettive e di esperienze del presente, ma sempre in vista di un impegno per una società cristianamente ispirata, con i valori della solidarietà, dell’amore per il prossimo, della condivisione, collocati da tutti al primo posto di ogni scelta.

Così Vittorio Bosio si è spinto, oltre tutto quanto già espresso nel documento che qui pubblichiamo, a ricordare che c’è tanto bene attorno a noi e che dobbiamo assolutamente evitare di farci condizionare dalla moda comunicativa del momento, ormai assuefatta a raccontare e ad enfatizzare il brutto, il negativo, il dramma. Come se la società non fosse anche famiglie generose, attente, ragazzi e giovani entusiasti della vita e capaci di inventarsi un nuovo ruolo nella società dell’oggi e del domani. E come se, soprattutto, non ci fossero associazioni, società sportive, oratori, parrocchie e tanti altri che giorno dopo giorno offrono la propria testimonianza di adesione alla vita secondo i dettami eterni e insuperabili del Vangelo.

L’intervento di Vittorio Bosio al Meeting

Allenatori, dirigenti sportivi, arbitri e giudici di gara. Questi sono gli adulti che promuovono e organizzano sport. Come Centro Sportivo Italiano, dal 1944 cerchiamo di unire uomini e donne capaci di dedicare il loro tempo alla particolare e specifica opera educativa attraverso lo sport. Cioè uomini e donne che si mettono al servizio dei giovani, convinti che ogni ambiente possa essere luogo di apertura all’altro, di coesione e di ascolto, che aiuti ad apprezzare i propri fratelli.

Lo sport è uno strumento. Non è buono e non è cattivo. Può far bene, ma anche male, se la gestione ed organizzazione della pratica sportiva non è pensata come esperienza umana e, quindi, progettata con intenzionalità educativa. Se, vista nella sua dimensione performativa, legata al risultato e alla prestazione, seleziona i migliori e dimentica tutti gli altri.

La maggior parte delle figure che sono impegnate nell’educazione delle nuove generazioni riscontrano una barriera caratterizzata dagli atteggiamenti di remissione, di delega, di rinuncia che sembrano prevalere su quelli della fiducia e di una ricerca di nuova comunicazione e volontà di sviluppo relazionale. Anche il mondo dello sport non è esente da queste difficoltà, cui sembra rispondere cedendo spesso alla tentazione di una pratica fine a sé stessa, comunicando a ragazzi e giovani l’idea che l’attività sportiva possa essere finalizzata solo al risultato o all’affermazione di sé.

Nel CSI, il dirigente, l’allenatore e persino l’arbitro sono chiamati a sentirsi parte di un progetto che punti sui principi fondamentali della cultura sportiva e valorizzi tale risorsa al fine di generare un beneficio formativo, sociale e magari, di conseguenza, anche economico. Lo sport è concepito in funzione della persona, del suo benessere e della sua crescita nei valori più squisitamente umani: il superamento di sé, la maturazione delle risorse personali, il conseguimento di un obiettivo, la solidarietà nel rapporto con gli altri. Questo accade in un luogo, che è anche un tempo, fatto di incontri, scambi, conoscenze: la società sportiva.

Qui lo sport diviene strumento che produce benessere di comunità, perché favorisce una rete di relazioni fra singoli, associazioni, istituzioni. E le relazioni sono il migliore antidoto alla solitudine. E così, mentre si garantisce il benessere di tutti, si ottiene un altro risultato, che è il valore aggiunto del benessere di comunità, del welfare locale e del business sociale: si sconfigge la solitudine.

Non v’è chi non veda quanto i beni di gratuità siano importanti per il bisogno di felicità che ciascun uomo si porta dentro. Fare per gli altri richiede organizzazione. Fare con gli altri è uguale ad associazione. E il CSI, in Italia, è la prima Associazione di sport di base, di sport per tutti e per tutte. La militanza dell’associazionismo sportivo è dono, ovvero inter-esse, avere a cuore, prendersi cura, reciprocità.

Gerarchicamente, è la parola educazione che, avvicinandosi alla parola sport, acquisisce un primato che si traduce in azione. L’opera educativa pone al centro del suo agire la carità. Infatti non è possibile aiutare lo sviluppo di nessun uomo, se non lo si guarda a partire dall’insieme di esigenze ed evidenze fondamentali che lo costituiscono. Solo così è possibile condividere il suo vero bisogno, senza ridurlo a un progetto ideologico.

La società sportiva è una comunità in cui educatori e formatori hanno il dovere di immergersi – e si giocano l’autorevolezza – nella promozione dei valori che propongono in campo. Spesso è un modello silenzioso, praticato in tante realtà umili, ma quasi senza voce e senza parole. Tale modello è vicino alla volontà di continuare ad educare nello sport ed attraverso lo sport (Isidori, 2012; Altavilla, Tafuri & Raiola, 2014). Per poter promuovere e percorrere l’approccio educativo dello sport, occorre quindi: saper dare un senso alla dimensione di gioco che si accompagna all’attività sportiva e all’aspetto di gratuità che è ìnsito nel gioco; individuare e comprendere un modo di intendere lo sport che mette al centro la persona e che osa rivolgersi a tutti e a tutte, accogliendo la sfida di coinvolgere i demotivati e le persone che, per motivi sanitari, sociali e anche economici, sono al di fuori dell’esperienza sportiva. Tutto ciò si definisce “povertà educativa”.

Quando giochiamo a calcio, a pallavolo, danziamo o ci impegniamo nel pickleball, manteniamo un ancoraggio culturale che vuole rispondere in maniera non superficiale a tale quesito (Progetto Culturale CEI, 2009; Maritain, 2001): quale uomo, quale società vogliamo formare per impedire la degenerazione mercantile dello sport, diseducativa e fine a sé stessa? L’intenzionalità educativa nello sport si esprime nel capire che cosa si aspetta di ricevere l’individuo dallo sport, nel mettersi con lui in un atteggiamento di autentica comprensione, di confronto costruttivo e di disponibilità a condividerne le attese, i desideri, le angosce, gli entusiasmi. Su questa scia, mi piace evidenziare la vocazione del CSI. Spesso, al CSI, ma più in generale ai cattolici, si riconosce il servizio agli ultimi come estremamente meritorio. Il pericolo è quello che “questi cattolici sono accettati se restano nella riserva”, limitata e che, alla fine, produce anche poco in termini di mercato. Per il CSI, invece, la promozione sociale è fatta di annuncio dei valori di libertà, di autodeterminazione, di comunione e di coscienza che provoca l’intero sistema sportivo, proprio perché è un sistema che da una parte si dedica ai primi, ai vincenti, che trovano ampi spazi di visibilità, sponsor, successo; dall’altra si riempie della narrazione di vicinanza agli ultimi, con politiche di assistenzialismo che hanno riempito di voucher, bonus, ecc. anche la quotidianità dello sport, mentre hanno invaso i corpi intermedi e le società sportive, ovvero l’intero, sano, motivato e appassionato associazionismo sportivo, con una miriade di adempimenti e di burocrazia.

Come CSI, siamo stati i primi a promuovere lo sport per gli atleti con disabilità e siamo l’Associazione italiana con più presidi educativi (sempre società sportive) nei quartieri italiani meno agiati (sia al sud che al nord). Sappiamo e vogliamo prenderci cura degli ultimi, che sono trascurati e a cui nessuno si rivolge. Ci poniamo, però, una domanda: chi propone esperienze umane attraverso lo sport dai secondi ai penultimi? Tutti questi giovani, per i quali esistono ancora numerosi ostacoli nell’accesso all’esperienza sportiva, chi li ascolta?

Lo sport è strumento di intervento e continuerà ad esserlo, ma occorre qualcosa in più, anche se sembra meno. La grande forza dell’esperienza sportiva è con i penultimi, con tutti coloro che, grazie ad una dimensione educativa, culturale e promozionale della pratica sportiva, non diventeranno ultimi. E qui la sfida è audace, complessa, preventiva, promozionale. I nostri dirigenti, tecnici ed arbitri sono chiamati ad accogliere le persone prima che l’etichetta dell’ultimo diventi il loro pettorale. Una pastorale feriale e quotidiana sarà meno da storyteller, ma è più da viventi. Dialoga con l’incarnazione che si manifesta in allenatori e dirigenti sportivi, capaci non di copiare e incollare progetti sportivo-educativi giurassici, ma di costruire una comunità sportiva di contenuti e valori.

Lo sport in oratorio e la pastorale dello sport, oggi, dovrebbero avere l’ambizione di una visione più determinata a favore dei tanti, oltre l’oratorio e al di fuori della parrocchia e contemporaneamente anche in essi. Invece, assistiamo a miriadi di eventi, corsi di formazione, pratiche esemplari… Tutto molto meritorio, ma anche insufficiente; va fatto, ma occorre aggiungere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. Il concetto è: necessario è correre; necessario è avere campionati; necessario è organizzare attività. Spesso si rilegge la storia con un senso di superiorità che non ha ragion d’essere, come se le nuove esperienze e le conquiste sociali, culturali ed economiche acquisite nel tempo rendessero superato tutto quanto archiviato nelle vicende della storia. Errore gravissimo, perché nella storia si possono trovare i semi delle pagine successive. Ma soprattutto perché il tempo può rendere magari superato qualcosa legato ad una moda, ad un costume che può, passati gli anni, mostrare i suoi limiti. Ma il tempo non può diminuire la forza dei valori. Al contrario, rileggere la storia di una grande impresa aiuta a capire come si affrontano i problemi più complicati, anche quelli che sembrano inavvicinabili. E nell’intuizione di chi volle far rinascere un movimento sportivo di ispirazione cristiana c’è un afflato profetico. Prima che il conflitto mondiale si chiudesse definitivamente nel 1945, Papa Pio XII aveva preso posizione indicando ai cattolici quale sarebbe stata la nuova strada da tracciare: vedere la Chiesa assumere un ruolo decisivo nel compito di ricostruire moralmente e materialmente l’Italia. Un compito che ebbe una particolare accentuazione nella cura dei bambini e dei giovani, della loro formazione e della loro educazione.

A distanza di quasi 80 anni possiamo guardare la nostra storia con l’orgoglio di chi ha ereditato un bene incommensurabile, e quindi anche con il senso di responsabilità di dover difendere e adeguare all’evoluzione dei tempi questa meravigliosa Associazione.

L’intervento del card. Zuppi a Rimini per il convegno di apertura

Nel contesto dell’ampio dibattito, il card. Matteo Zuppi, dopo aver dialogato e approfondito i temi dell’enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”, ha chiarito la posizione del Papa e della Chiesa sulla guerra in corso in Ucraina. Una guerra che angustia tutti e che sta tragicamente segnando questi anni del dopo Covid-19. Il card. Zuppi, incaricato dal Papa di fare tutto il possibile per far partire il dialogo fra Ucraina e Russia, ha ricordato con franchezza che «pace non significa tradimento. La pace richiede la giustizia e la sicurezza. Non ci può essere una pace ingiusta, premessa di altri conflitti. In questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito. Da qui dobbiamo partire per una pace sicura per il futuro». Quindi ha ribadito che «la sicurezza richiede sempre il coinvolgimento di tutti. Se vuoi la pace, prepara la pace. È questo il grande impegno che dobbiamo cercare con responsabilità». Nella guerra in Ucraina ci sono «tante persone che muoiono, un odio che diventa profondo, un inquinamento che diventa insopportabile in tutto l’ambiente. Questa è una guerra mondiale davvero, perciò dobbiamo invocare un’amicizia sociale e libera», concludendo con parole di speranza: «Vivo con la consapevolezza di quanta gente prega per la pace. Mi dà una responsabilità in più, ma anche il senso di una grande invocazione che ci spinge a trovare la via della pace. Immaginare un mondo senza guerra non è un’ingenuità. Il dialogo non è accettare una pace ingiusta».

Il Villaggio dello sport del CSI al Meeting di Rimini 2023

Il CSI presente anche quest’anno alla 44ª edizione del Meeting di Rimini, svoltasi dal 20 al 25 agosto sulla riviera romagnola, come ormai da tradizione consolidata. Grazie all’aiuto dei responsabili e dei volontari provenienti da tutta Italia, il Villaggio dello Sport è tornato a risplendere, con i suoi campi per le discipline più classiche come basket, minibasket, pallavolo, scherma, calcio e tennistavolo, ma anche per sport di ultima generazione o riscoperti negli ultimi anni come roundnet, ultimate frisbee, tchoukball, dodgeball, inline skating.

Ad animare il pubblico, durante gli intervalli delle partite del Derthona Basket, società di pallacanestro della città di Tortona, non potevano mancare le loro incredibili cheerleader. Indimenticabile anche l’esibizione di ginnastica artistica e acrobatica degli atleti e delle atlete della Ginnastica ATR Riccione. Emozioni che si sono ripetute nei giorni perché, da un tiro a canestro, da un goal e da una battuta da fondo campo si è passati velocemente alle carte, con il bridge e il burraco, e agli scacchi, con tanto di divertenti partite di “Scacchi Giganti” per i più piccoli. E proprio il coinvolgimento dei bambini è stato uno dei principali focus delle iniziative proposte.

Un Villaggio dello Sport, quello allestito dal CSI, che nei giorni del Meeting ha rappresentato un’autentica casa del benessere, del movimento e dell’attività fisica per il pubblico del grande evento.

Uno spazio che ha dato modo ai giovani di esprimersi liberamente, conoscendo coetanei e imparando le regole del rispetto, fondamentali nell’ambito sportivo così come nella vita di tutti i giorni.

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