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Il progetto GrowINsport e i ragazzi “difficili”

Una serie di azioni per far vivere esperienze sportive a minori fragili che vivono in situazioni di disagio, inserendoli anche all’interno di società sportive

di Antonio Borgogni e Silvia Sangalli

La nostra società e le nostre comunità sono abitate da fragilità, in particolare tra i giovani e le giovani. Il disagio giovanile, interconnesso a quello della povertà educativa, è sempre più attuale ed emergente anche a seguito della pandemia da Covid-19, che non ha fatto altro che amplificare e differenziare i disagi e le difficoltà. Per giovani che vivono in condizioni di disagio – chiamati ragazzi “difficili” da Piero Bertolini[*] – vogliamo qui intendere coloro che, per esempio, si trovano in povertà economica e/o educativa, in ambienti deprivati e in famiglie fragili e vulnerabili; minori trascurati fisicamente, emotivamente, educativamente; minori rifiutati, abbandonati o guidati da adulti poco rispondenti al ruolo genitoriale; la loro esistenza è costellata, e sovente tormentata, da ostacoli. Oltre, probabilmente, ad aver già messo in pratica comportamenti più o meno lesivi di loro stessi e dell’ambiente abitato, questi ragazzi sono esposti a significative probabilità di vivere un’esistenza da emarginati ed esclusi dalla società e di rappresentare per essa un potenziale danno. Per contrastare e ridurre il disagio giovanile e le conseguenze potenzialmente “catastrofiche” che esso porta con sé, vengono sovente promossi e attivati progetti che coinvolgono anche lo sport, in quanto esso viene ritenuto uno strumento efficace per affrontare tali situazioni.

A livello internazionale e nazionale, l’attività sportiva, fisica e motoria è considerata benefica per la persona a diversi livelli. Il Consiglio d’Europa, con la Carta Europea dello Sport, e l’Unesco, con la Carta Internazionale per l’Educazione Fisica, l’Attività Fisica e lo Sport, hanno riconosciuto alla pratica sportiva (in tutte le sue varianti) benefici salutari, fisici, psichici, relazionali e comunitari.

L’attività fisica viene considerata un valido strumento per affrontare il disagio giovanile.

Al tempo stesso, come sottolineato da diversi studiosi, lo sport non è educativo a prescindere, ma la sua funzione formativa dipende da diversi fattori, anche non prettamente sportivi (come, per esempio, le caratteristiche sociali del giovane, il tipo di sport praticato, il modo in cui lo sport si integra con la vita personale, le opportunità formative promosse dalla società sportiva, le strategie d’insegnamento e le attività proposte dall’allenatore, ecc.). Oltre a ciò, alcuni progetti e interventi sportivi non hanno dato esiti del tutto positivi perché non si basavano su una teoria salda e su un’approfondita analisi dei bisogni, dando spesso per scontati gli effetti benefici dello sport.

Il progetto GrowINsport

Il progetto GrowINsport del CSI di Bergamo ha vinto il Bando Sport 2019, “Lo sport: un’occasione per crescere insieme. Percorsi sportivi-educativi per la crescita, il benessere, l’inclusione”, cofinanziato da Regione Lombardia e Fondazione Cariplo. Il progetto venne presentato insieme ad altri enti socioeducativi del territorio (Società Cooperativa Sociale Impronta, Società Cooperativa Sociale Ruah, Cooperativa Generazioni FA, Onlus Agathà, Club Alpino Italiano “Antonio Locatelli” di Bergamo) che si occupano, tra le altre cose, di minori fragili e in condizione di marginalità, sovente ospitandoli in centri diurni e comunità.

Il bando intendeva sostenere interventi, proposti da organizzazioni sportive in collaborazione con quelle educative, che promuovessero lo sport come veicolo di valori educativi e come strumento utile per la crescita di giovani dai 6 ai 19 anni. Il progetto GrowINsport ha coinvolto adolescenti fragili che frequentavano servizi di cooperative bergamasche e della provincia (comunità, centri diurni, spazi compiti, ecc.). In particolare, i ragazzi e le ragazze frequentavano i servizi gestiti da alcuni partner del progetto: lo spazio extrascolastico di Bergamo del quartiere Malpensata, lo spazio compiti dell’Oratorio di Seriate, le comunità “Ai Celestini” e “I Funamboli”, i centri diurni “Millemiglia” e “Progetto Autonomia” di Bergamo e “Uno di Noi” dell’Oratorio di Grumello del Monte, i servizi di accoglienza “Casa Anche Me” e Condominio Solidale “Mater”.

Le attività previste dal progetto sarebbero dovute iniziare a settembre 2019 e finire a dicembre 2020 ma, con l’arrivo della pandemia e a causa del protrarsi della crisi sanitaria, il progetto ha subìto diverse rimodulazioni per le quali la conclusione delle azioni è stata posticipata a dicembre 2021. L’obiettivo era quello di far vivere e provare esperienze sportive a minori fragili che vivono in situazioni di disagio, inserendoli anche all’interno di società sportive della provincia di Bergamo. Questo progetto è nato sulla scia di TraSPORTami, altra progettualità realizzata nel 2018 da alcuni dei partner nei Comuni di Bergamo, Seriate e Grumello del Monte, che aveva dato la possibilità a diversi preadolescenti e adolescenti di praticare attività sportive. Con il progetto qui descritto si è deciso di andare ad agire sugli stessi Comuni, dove si registrava un alto numero di famiglie, bambini e adolescenti in carico ai servizi di Tutela Minori; alcuni avevano già ricevuto un provvedimento dal Tribunale dei minori, altri frequentavano comunità e centri diurni, altri ancora erano seguiti da progetti di Assistenza Famigliare. Il progetto GrowINsport si è costruito sull’idea che lo sport rappresenti uno strumento utile a favorire lo sviluppo e la crescita delle persone che lo praticano, che sia un’occasione formativa ed educativa e possa essere un buon alleato per affrontare le situazioni di fragilità e marginalità. Con le azioni del progetto si voleva dare a ragazzi e ragazze che vivono in situazioni difficili l’opportunità di conoscere la pratica sportiva e la possibilità di accedervi con una certa continuità; di consolidare la collaborazione tra il mondo sportivo, in particolare allenatori, e quello educativo, in particolare educatori, in modo tale che l’esperienza sportiva fosse per il minore una valida ed efficiente occasione educativa; di offrire alle figure sportive e a quelle educative occasioni di formazione al fine di sviluppare competenze utili. I diversi gruppi di giovani sono stati coinvolti in numerosi laboratori di orientamento e avvicinamento alla pratica sportiva; in particolare, nonostante le sospensioni dovute alla pandemia, appena era possibile i giovani e le giovani hanno potuto sperimentare in gruppo alcuni sport (arrampicata, pattinaggio su strada, danza…), guidati da allenatori delle società sportive aderenti al progetto; gli allenatori avevano precedentemente frequentato un percorso di formazione di carattere socioeducativo per conoscere più a fondo il tema della fragilità. In un secondo momento, alcuni tra questi giovani, dopo un’attenta valutazione da parte dei loro educatori e degli allenatori, e in base alle loro stesse richieste, sono stati inseriti in società sportive come atleti. Tale inserimento aveva alcune peculiarità: in primo luogo avveniva dopo la partecipazione a laboratori di avvicinamento. Non sempre il giovane entrava come giocatore, ma talvolta, dopo un’attenta valutazione da parte dell’allenatore e degli educatori del servizio in cui era inserito e in accordo con lui o lei, veniva accolto con altri ruoli, come ad esempio l’aiuto allenatore o altri ruoli di supporto.

Parallelamente a queste azioni destinate ai giovani, il CSI, insieme alla Cooperativa Generazioni FA, ha organizzato momenti formativi rivolti specificamente ad allenatori e ad educatori, e alcuni in cui erano presenti entrambe le figure. Viste anche le restrizioni dovute alla pandemia, i primi incontri sono stati effettuati online e sono stati occasione di conoscenza del progetto e della fragilità giovanile. Sono stati poi proposti altri incontri in presenza che hanno coinvolto contemporaneamente educatori e operatori sportivi, che si sono potuti conoscere, confrontare e lavorare insieme su alcuni casi studio.

Analisi dei punti di forza del progetto

L’Università degli Studi di Bergamo è stata incaricata di monitorare il progetto in qualità di soggetto esterno. Dall’analisi effettuata tramite interviste, osservazioni dei giovani durante le attività e degli adulti durante i momenti formativi e organizzativi, sono emersi risultati di significativo interesse. Da un punto di vista organizzativo, ciò che ha permesso al progetto di andare avanti, nonostante le restrizioni e le difficoltà causate dal Covid-19, sono state la capacità di reinventarsi, la flessibilità, la capacità di fronteggiare i divieti presenti adottando soluzioni alternative che hanno garantito al progetto una certa continuità; con buona probabilità, questa capacità, potremmo dire di resilienza, è stata favorita dalla collaudata e proficua collaborazione dei membri della cabina di regia del progetto. Un altro elemento determinante che ha facilitato l’esecuzione delle azioni previste dal progetto è stata la presenza di una rete (composta da CSI, enti socioeducativi, società sportive) caratterizzata da un limitato livello di formalità.

Le attività sportive, sia i laboratori di orientamento e avvicinamento alla pratica sportiva che l’adeguamento della partecipazione sportiva – nei vari ruoli – alle necessità e alle caratteristiche del minore, sono stati determinanti per rendere l’inserimento dei giovani nelle società sportive più efficace e duraturo. Per quanto riguarda, invece, la formazione socioeducativa, ritenuta dagli allenatori, tra l’altro, necessaria e funzionale per il loro lavoro con i giovani, il fatto che abbia visto coinvolti contemporaneamente educatori e allenatori l’ha resa un elemento prodromico alla buona riuscita del progetto e generativo rispetto agli sviluppi di future azioni e ricerche.

L’esperienza in Università

Il progetto ha avuto anche un significativo riscontro sul piano accademico. La partecipazione di UniBG nel ruolo di monitoraggio non era, infatti, casuale. Il Corso di studi in Scienze Motorie e Sportive, nato nel 2020, è tra i pochi corsi in Italia incardinato in un Dipartimento di Scienze Umane e Sociali. Già in fase di progettazione del corso, la storia e le attenzioni socioeducative del Dipartimento si sono espresse attraverso l’attivazione di insegnamenti originali e ricerche caratterizzate dall’approfondimento dei temi legati alle fragilità e da un’ampia prospettiva culturale: “Teorie, metodi e didattiche delle attività motorie nelle età della vita”, “Pedagogia transculturale”, “Antropologia delle culture sportive e del movimento”, “Pedagogia speciale e attività motorie rivisitate e adattate”, “Sport e intervento sociale”. Proprio quest’ultimo insegnamento ha ospitato i protagonisti del progetto GrowINsport in un gruppo di tre lezioni che ha destato un significativo interesse da parte degli studenti: una prima vivace e schietta lezione svolta con i coordinatori del progetto (Manuel Garattini per il CSI e Carla Coletti per Generazioni FA); una seconda presso gli impianti sportivi gestiti dal CSI alla Cittadella dello Sport di Bergamo, in cui gli studenti hanno incontrato e praticato vari tipi di attività sportive con i ragazzi “difficili” di vari servizi, comunità, case famiglia gestiti da Generazioni FA e con i ragazzi della Comunità Don Milani di Sorisole (BG); una terza di rielaborazione del vissuto, insieme con educatori e allenatori partecipanti al progetto.Queste esperienze sono confluite nella produzione da parte degli studenti di un “portfolio” che connettesse i vissuti con le lezioni teoriche svolte. Le riflessioni e i nessi individuati sono stati spesso assai approfonditi, di grande significato umano e formativo, e lasciano ben sperare rispetto alla possibilità di una formazione integrata, ameremmo dire integrale, in cui l’attenzione all’umano si pone al centro di qualsiasi disciplina, di qualsiasi corso di studi, componendo, nel nostro caso, la dimensione corporeo-sportiva con quella delle scienze umane e sociali. Concludiamo riportando al lettore qualche frase tratta dal portfolio di alcuni studenti.

«Il pomeriggio passato con i ragazzi delle comunità è stato molto interessante e stimolante. La cosa bella dello sport è che, anche se non tutti prendono parte attiva al gioco, si creano situazioni esterne (ad esempio a bordocampo, panchine...) nelle quali nascono relazioni, si hanno degli scambi di pareri, di pensieri, si fanno commenti, si ride e questo col tempo porta le persone ad aprirsi e a conoscersi».

«La prima cosa che voglio sottolineare è che quel pomeriggio chiunque fosse passato sulla strada vicino ai campi di calcio o di padel avrebbe visto dei ragazzi giocare e divertirsi».

«Aver avuto la possibilità di fare attività sportiva con i ragazzi e le ragazze appartenenti alle comunità è stata una grande possibilità. Poter osservare dal vivo uno dei contesti che fanno parte della vita di questi giovani permette a noi studenti di ampliare la nostra riflessione all’ambito pratico e osservativo dopo aver approfondito quello teorico […], di poter osservare in prima persona cosa significa fare attività sportiva in situazioni di fragilità sociale».

«[…] siamo riusciti a dimenticare, per quel poco tempo, la condizione di ognuno, coinvolgendoci reciprocamente nel gioco e nella condivisione, in questo caso ad esempio del pallone o di movimenti di danza».

«Di questa giornata ci sono due aspetti che vorrei sottolineare. Il primo: uscire dall’aula e incontrare personalmente i ragazzi, le persone di cui, finora, si è parlato, apre nuovi scenari, visioni, modi di vedere, che sono necessari per avere uno sguardo ampio, il più possibile. Il secondo: entrare in relazione sul serio, attraverso e con i corpi, mediante una pratica comune a tutti. Questa pratica è lo sport che, con tutte le sue sfaccettature, ci ha dato la possibilità di conoscerci tramite il movimento, forse nella maniera più semplice».

«È stato davvero un corso interessante ed illuminante per me e penso che in ogni corso di studi in scienze motorie dovrebbero venire affrontati questi temi, che vengono spesso messi in secondo piano, ma sono invece fondamentali; basti pensare che i ragazzi “difficili”, con fragilità, sono in ogni scuola e devono avere la possibilità di vivere esperienze sportive soddisfacenti, come tutti gli altri».

Un altro elemento determinante che ha facilitato l’esecuzione delle azioni previste dal progetto è stata la presenza di una rete (composta da CSI, enti socioeducativi, società sportive) caratterizzata da un limitato livello di formalità

[*] Pierluigi Bertolini è stato uno dei più importanti pedagogisti italiani. Il suo curriculum extra-accademico comprende la direzione per dieci anni (1958-68), da quando era appena ventisettenne, del carcere minorile milanese “Cesare Beccaria”, in cui applicò innovazioni significative sulla scorta dell’idea dell’istituzione aperta: ricordiamo, tra le altre, l’escursione e il campeggio.

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