O L V E ERS N I W
Arconvert presenta Wine Lovers, la straordinaria collezione di carte autoadesive Manter per l'etichettatura di vini di alta gamma. Wine Lovers Label Collection moltiplica il potenziale creativo dei progetti di labelling piÚ esigenti ed è in grado di trasmettere il valore piÚ autentico dei vini migliori. Arconvert, the best self-adhesive papers for the best wine labels. Richiedi il tuo catalogo gratuito su www.askarconvert.club
Inzago (Milano) | Italia | pozzolispa.com |
Vincitore Best Nobilitazioni e Supporti Speciali
Bellezza sottile.
In un mondo che è continuo azzardo e sorpresa, l’ancestrale magia dell’oro è l’eterna avant-garde.
LA REALTÀ NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA di A N N A
A P RE A
Aprire un catalogo, indossare un visore e godersi da casa il soffio voluttuoso del libeccio mentre il nostro doppio è affacciato sul balcone di una nave da crociera, immerso nell’azzurra immensità dell’oceano. Oppure, dal letto di un ospedale, fluttuare tra le chiome di antiche sequoie e sentire planando il profumo del muschio, e dimenticare per un po’ d’essere ammalati. Con i prodigi che la realtà aumentata ci ha prospettato al recente European Immersive Computing Summit, organizzato da Uqido in marzo al Casinò di Venezia, si è autorizzati a pensare che tra non molto — e Dio solo lo sa se saranno giorni, mesi o anni — il confine tra mondo fisico e mondo digitale potrebbe scomparire del tutto, il contenuto virtuale combinarsi così tanto con gli elementi (anche sensoriali) del mondo fisico, da rendere persino difficile percepire le differenze. E mentre le distanze tra reale e virtuale si assottigliano, Goldman Sachs giura che l’immersive computing – che ha già ridisegnato i contorni di almeno cinque settori, dalla progettazione ai viaggi, dalla salute alla formazione, all’intrattenimento — muoverà, entro il 2021, la bellezza di 215 miliardi.
Ma cosa sarà di noi quando l’osservatore si confonderà con l’osservato e il qui e ora perderanno d’importanza? Può darsi che, al colmo dell’immersività, in quell’altrove virtuale che prende corpo dalla materia, potremo rifugiare il nostro io e chissà… magari trovare per la nostra vita un ulteriore filo di senso. Nel frattempo, potrebbe accaderci di vivere un’esperienza immersiva come quella di Theodore, scrittore divorziato e terribilmente solo, protagonista del conturbante film Her, catturato in una struggente relazione con Samantha, un software vocale che sembra completarlo, comprenderlo, aiutarlo a vincere la sua solitudine. Di questa donna–voce ineffabile e senza corpo, Theodore si innamora. Perdutamente. E sarà una storia intima, necessaria, dolcissima. Però maledettamente casta.
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PRINTLOVERS | APR2018
P E R S O N A L M E N T E
Marilde Motta Nel 1978 ha scelto le pubbliche relazioni come professione. Scrive e tiene corsi su alcune aree della comunicazione. Ad Personam® è la sua agenzia.
Né rosso, né bianco
È curioso come i vini siano indicati con colori approssimativi (rosso), o inesatti (bianco), quando in realtà esprimono una scala cromatica vastissima. Al colore tipico di un vino si sommano la tinta della bottiglia di vetro e le cromie dell’apparato scenico, ovvero il sistema di etichette, collarini, capsule e altri elementi decorativi che ornano la dive bouteille, senza dimenticare il packaging secondario (scatole, cofanetti, cassette) utilizzato per celebrazioni e ricorrenze.
Dunque cosa entra nel campo visivo di chi si accinge a scegliere una bottiglia in enoteca, o nel supermercato, quando sono tutte allineate una accanto all’altra? Sicuramente un insieme affastellato di colori in combinazioni disarticolate. Le ricerche che utilizzano l’eye tracking ci informano sulla fatica con cui un consumatore esplora lo scaffale, talvolta sforzandosi di puntare la propria attenzione alla ricerca di qualcosa di familia-
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re, talaltra soccombendo all’eccesso, lasciando che siano forme e composizioni inusuali a convincerlo. Anche quando il consumatore conosce il nome del vino e del produttore, la visione d’insieme può diventare un’esperienza disorientante. Se un vino “rosso” svelerà il proprio colore solo nel bicchiere, giacché per proteggerlo vengono usate bottiglie ultra violet absorbing glass (dal verde Alsazia, al foglia morta, al quercia), un “bianco” con le proprie tonalità identificative (dal giallo evanescente al verdino, all’ambra) si mostrerà in una bottiglia trasparente, così pure un rosato, oggi tanto in auge. In entrambi i casi diventa incombente un colore: della bottiglia, o del vino. L’effetto di predominanza di una tinta va riconvertito in un esito di simultaneità bilanciata per offrire una visione chiara, rassicurante nella sua coerenza di segni e di colore. Sono ancora pochi i brand del settore enologico che studiano la composizione cromatica d’insieme (vino, bottiglia, label), fermandosi alla sola creazione di etichette per bottiglie standard.
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SPECIALE
PRINT NR. 72 | APRILE 2018 › www.printlovers.net DIRETTORE RESPONSABILE RUGGERO ZULIANI REDAZIONE ANNA APREA [coordinamento] › anna.aprea@strategogroup.net EMANUELE POSENATO HANNO COLLABORATO LORENZO CAPITANI, MARILDE MOTTA, ACHILLE PEREGO, LORENZO PERRONE, MICHELA PIBIRI TRADUZIONE PHILIP SANDERS ART DIRECTOR STEFANO TORREGROSSA › onicedesign.it COPERTINA STEFANO TORREGROSSA MARIO DI PAOLO › spaziodipaolo.it
STRATEGO GROUP VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI) amministrazione@strategogroup.net PUBBLICITÀ DEBORAH FERRARI | T. 389 9004599 › deborah.ferrari@strategogroup.net RANCATI ADVERTISING CLAUDIO SANFILIPPO | T. 02 70300088 › csanfilippo@rancatinet.it SEGRETERIA PUBBLICITÀ › brando.zuliani@strategogroup.net
È TEMPO DI ETICHETTE Come una sinfonia a quattro voci, questa inchiesta riporta idee, commenti e visioni sul mondo delle etichette. Dalla viva voce dei titolari dei quattro studi italiani più importanti di wine design: SGA Wine Strategy; Studio Doni&Aassociati; Officina Grafica, Spazio Di Paolo.
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IN TE RV IS TA
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I N T ER VI STA
REA MILANO 1190227 AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE MILANO N. 706 | 11/10/2004 STAMPA POZZOLI SPA (INZAGO, MILANO)
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IL LATO ARTISTICO DI DONNAFUGATA
IL PACK SECONDO IAN ROONEY
Etichette che dialogano con l’arte. Vini d’eccellenza. Due milioni e duecentomila etichette l'anno per altrettante bottiglie. Un fatturato che supera i 17 milioni di euro. Così Donnafugata è diventata la più famosa cantina siciliana, oggi presente in 60 paesi.
Protagonista da oltre 25 anni sulla scena internazionale del packaging , considerato uno dei più interessanti innovatori del mondo, Ian Rooney è fondatore e ceo di PackLab, una delle agenzie più avanzate, presente in tre continenti. A Print ha rilasciato un intervista esclusiva.
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HOW IT'S MADE
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TYPE
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OGNI ERRORE HA IL SUO RIMEDIO
CLASSIFICARE I CARATTERI
Pendant, fuori registro, moiré, distacco di vernice… Ripercorriamo insieme gli errori più comuni che possono accadere durante il processo di stampa. Per capire come possiamo evitarli in tempo utile. Perché non rovinino uno stampato o la resa di una foto.
Nella seconda lezione (la prima è sul numero 71 di Print) affrontiamo il tema della classificazione dei caratteri, un argomento teorico, che si colloca ‘a monte’ della progettazione. E che ci aiuta a distinguere i caratteri, collocandoli nel periodo storico in cui sono nati.
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TENDENZE
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APRILE 2018
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SGUARDI
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PERSONALMENTE
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COM'È FATTO PRINT
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LA COPERTINA
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CARTA
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PREMI
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PREMI
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GRANDANGOLO
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SPAZIO ROBILANT
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DETTAGLI
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EVENTI
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PRINT IN INGLESE
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LIBRIBIANCHI
La realtà non è più quella di una volta
di Marilde Motta
Materiali e tecniche di stampa
Mario Di Paolo spiega il progetto
Le carte del vino
International Packaging Competition Vinitaly 2018
FOTOGRAFIA
LA FORMA DEL VETRO
TRASPARENZE DI VINO
Leader mondiale nel mercato del packaging in vetro, O-I ha condiviso con Print alcuni approfondimenti sulle tendenze nel settore delle bottiglie per il vino: dalle forme dei vini premium, alle tipologie a peso alleggerito o con il fondo modellato, ai colori di tendenza.
Dallo still-life delle bottiglie alla narrazione dei territori e delle cantine. Così la fotografia pubblicitaria di Alvise Barsanti, contribuisce a fare del mondo enoico una galleria d’arte a cielo aperto, dove i profili dei vigneti sono poetiche geometrie, le etichette dipinti.
Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli Autori. Dati e caratteristiche tecniche sono generalmente forniti dalle Case costruttrici, non sono comunque tassativi e possono essere soggetti a rettifiche in qualunque momento. Tutti i diritti sono riservati. Notizie e articoli possono essere riprodotti solo a seguito di autorizzazione dell’editore e comunque sempre citando la fonte. Testi e fotografie, qualora non espressamente richiesto all’atto dell’invio, non vengono restituiti. Desideriamo informarLa che il D.Lgs. 196/03 (Testo Unico Privacy) prevede la tutela di ogni dato personale e sensibile. Il trattamento dei Suoi dati sarà improntato ai principi di correttezza, liceità e trasparenza e della Sua riservatezza. Ai sensi dell’art. 13 del Testo Unico, Le forniamo quindi le seguenti informazioni: il trattamento che intendiamo effettuare verrà svolto per fini contrattuali, gestionali, statistici, commerciali, di marketing; il trattamento, che comprende le operazioni di raccolta, consultazione, elaborazione, raffronto, interconnessione, comunicazione e/o diffusione si compirà nel modo seguente: archiviazione su supporto cartaceo e archiviazione informatizzata su personal computer. Il titolare dei dati è: Zeta’s srl nella persona del Rappresentante Legale. Il responsabile del trattamento dei dati è: Ruggero Zuliani [ruggero.zuliani@ strategogroup.net, via Cassanese 224, Segrate MI, T. 02.49534500]. Al titolare del trattamento Lei potrà rivolgersi per far valere i Suoi diritti così come previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/03.
Cosmopack 2018
Cose di carta
Aperol Philosophy
Rotolito per AdR Book
Grafical Open Day
Kintsugi di Lorenzo Perrone
LA COPERTINA
01 La copertina cartonata, con taglio al vivo, è stata realizzata accoppiando una carta patinata lucida da gr 150 stampata in quadricromia con l’aggiunta di una vernice serigrafica spessorata per accentuare al tatto l’effetto. Realizzata in quattro soggetti, la cerniera di chiusura è stata ottenuta con una solcatura a 45° per una perfetta chiusura ad angolo retto del dorso, come per la confezione dei cofanetti di alta gamma di bollicine e spirits.
02 La nobilitazione con foil a caldo è fatta con cliché h+m e hot foil Luxor® Fantastic Coral.
CLICHÉ E FOIL Distributore esclusivo per l’Italia dei foil e dei cliché di nobilitazione del gruppo Kurz, Luxoro offre a settori industriali quali moda, lusso, packaging, cosmesi, food&wine, supporti e idee per creare oggetti unici, in grado di rispecchiare il valore esclusivo di un prodotto o un brand. Le partnership esclusive strette con LEONHARD KURZ Stiftung & Co. KG (punto di riferimento assoluto nella produzione di film per stampa a caldo) e Hinderer + Mühlich KG (cliché e attrezzature per stampa a caldo), rendono Luxoro il fornitore ideale per qualsiasi esigenza nel campo della stampa e finitura di materiali vari. L’azienda si avvale di oltre 50 collaboratori e dispone di un’area operativa di 3.500 mq, dove si trovano uffici e impianto logistico. Qui gli ampi spazi a disposizione consentono un agile stoccaggio delle “bobine madri” (jumbo), provenienti dalla Kurz, e il loro taglio nel formato richiesto dal cliente. Grazie a rigorose politiche aziendali, Luxoro è oggi un’azienda completamente a impatto zero. C www.luxoro.it
STAMPA BASE COPERTINA, INTERNI E CONFEZIONE 03 Sulla base della copertina è poi applicata a mano l'etichetta.
Fondata nel 1968 a Inzago da Aldo Pozzoli, si impone fin da subito all’attenzione del mercato per la propensione all’innovazione e la creatività. L’iniziale specializzazione nella produzione di packaging speciali per il mondo dell’intrattenimento nel settore della musica, si estende rapidamente al mondo del homevideo e quindi del game, collaborando con i principali player mondiali. A partire dai primi anni del 2000 Pozzoli SpA apre ai mercati dell'alta profumeria e della cosmesi e più di recente del wine & spirits. Grazie a importanti investimenti in competenza, tecnologia e ricerca, vengono sviluppate soluzioni di packaging innovative e brevetti, in una vasta gamma di produzioni cartotecniche, nobilitazioni e materiali, caratterizzati dall’attenzione alla sostenibilità. Oggi l’azienda produce astucci in cartoncino teso, scatole rivestite e progetti speciali per edizioni limitate, nonché packaging brevettati, per conto di alcuni tra i più importanti brand nazionali e internazionali. C www.pozzolispa.com
ENGLISH VERSION C pg. 80
L'ETICHETTA ARCONVERT MATERICA GESSO UWS SH-6020 PLUS CB80 Certificata FSC e ECF, la carta autoadesiva Materica Gesso UWS prodotta da Arconvert contiene fibre riciclate per ridurre l’impatto ambientale, fibre di cotone per aggiungere morbidezza al tatto e particolari fibre di pura cellulosa per un maggior volume. Amica dell’ambiente, Materica Gesso ha una particolare finitura naturale che la rende perfetta per l’etichettatura di vini biologici e prodotti biodinamici di alta qualità. Materica Gesso appartiene alla gamma Materica by Manter, che comprende cinque nuance che ricordano i colori della terra per comunicare al meglio l’idea di genuinità e naturalezza.
ARCONVERT HABANA WOOD SH-6020 PLUS CB80 Habana Wood fa parte dell’esclusivo catalogo “Organic” by Manter, che raccoglie i materiali autoadesivi naturali prodotti da Arconvert. Come la replicabilità del prodotto industriale si contrappone all’unicità del prodotto artigianale, così un’etichetta realizzata con Habana Wood sarà unica e irripetibile proprio grazie a quella particolare imperfezione o venatura che ne solca la superficie. Con la gamma Organic, Arconvert contribuisce fattivamente alla salvaguardia dei boschi di querce da sughero, uno degli ecosistemi più preziosi per biodiversità e habitat naturale di animali a rischio di estinzione come l'aquila imperiale, la cicogna nera e la lince iberica.
L'etichetta in copertina è opera del designer Mario Di Paolo di Spazio Di Paolo, che spiega il suo progetto a pagina C13
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La nobilitazione con foil a caldo è fatta con cliché h+m e hot foil Luxor® Fantastic Coral.
Sull'etichetta è poi applicata una vernice braille.
STAMPA E NOBILITAZIONE ETICHETTA
CARTE ETICHETTA
Grafical nasce nel 1982 nel cuore della Valpolicella, dove opera da oltre 30 anni nel settore grafico, coniugando tradizione e innovazione per creare un prodotto di eccellente qualità. Ad oggi conta 80 collaboratori tra cui 35 nel reparto prestampa e amministrativo e gli altri 45 nella sala stampa. L’azienda si è specializzata, grazie alle tecnologie offset, serigrafica e digitale in rotolo, nella stampa di etichette autoadesive per il settore vitivinicolo. I macchinari utilizzati sono tutti d’ultima generazione e permettono di lavorare con le tecniche più esclusive e con materiali selezionati. In Grafical il lavoro viene seguito dall’ideazione alla stampa fino alla distribuzione. Il successo di Grafical è, infatti, derivato in buona parte dai punti di forza su cui fa leva da sempre: ottima qualità dei prodotti e brevi tempi di creazione ed evasione degli ordini. C www.grafical.it
Tra i leader di mercato a livello globale nella produzione di carte e films autoadesivi per l’industria del labelling, Arconvert è la divisione converting del Gruppo Fedrigoni. Coniugando la preziosità e la bellezza dei frontali prodotti dalla capogruppo Cartiere Fedrigoni a elevate performances a contatto con acqua, ghiaccio e condensa e a specifiche caratteristiche di sicurezza, Arconvert non soddisfa soltanto le più elevate esigenze estetiche, ma rappresenta anche lo stato dell’arte dell’innovazione tecnologica per l'etichettatura e la brand protection del mercato del food and beverage. C www.arconvert.com
CARTE INTERNI FEDRIGONI TINTORETTO GESSO — DA PAGINA 3 A PAGINA 18 Una delle carte classiche più affermate dell’offerta Fedrigoni, Tintoretto Gesso è una carta di pura cellulosa, marcata a feltro su entrambi i lati, certificata FSC, estremamente versatile. Disponibile in numerose versioni, in una gamma molto ampia, può essere impiegata per tutte le esigenze della comunicazione del vino: dalla versione adesivizzata a foglio ed in bobina per etichetta, alla realizzazione di qualsiasi applicazione commerciale e cartotecnica, incluso packaging e shopper, come pure per pubblicazioni editoriali di pregio. C www.fedrigonicartiere.com
ARCTIC PAPER MUNKEN PURE — DA PAGINA 19 A PAGINA 34 Nella ricca gamma delle carte Munken by Arctic Paper, la versione Munken Pure prende il posto più elegante nelle carte per editoria libraria e per comunicazione aziendale, grazie alla delicata tinta crema, non troppo marcata, che rende piacevole la lettura del testo e al tempo stesso non caratterizza troppo le immagini a colori, anzi le rende naturalmente genuine sia alla vista che al tatto. Disponibile sia nella versione liscia che più ruvida con maggior spessore, è prodotta 100% da fibra vergine assolutamente certificata nel pieno rispetto dei rigorosi requisiti scandinavi per la salvaguardia del patrimonio boschivo. Adatta alla stampa offset, laser, Indigo, nonché flexo e a getto d'inchiostro in numerose grammature. C www.arcticpaper.com
FEDRIGONI ARCOPRINT — DA PAGINA 35 A PAGINA 42 La gamma Arcoprint di Fedrigoni sono carte e cartoncini usomano, di pura cellulosa certificata FSC, qui presentata nella versione avoriata. Particolarmente curate dal punto di vista dell’opacità per quella che è la principale vocazione della gamma nell’impiego per edizioni di pregio, risultano particolarmente gradevoli al tatto. Adatta a tutti i sistemi di stampa e trasformazione. C www.fedrigonicartiere.com
BURGO R4 BULKY — SEGNATURE SUCCESSIVE Dell’ampia gamma delle carte Burgo la R4 Bulky viene definita una carta patinata spessorata ad effetto naturale. Se vogliamo la più convenzionale fra quelle scelte per questo numero ma il volume della carta e l’effetto naturale al tatto la rendono una possibile scelta per la comunicazione del vino. C www.burgo.com
Stampati in quadricromia più un quinto colore speciale Pantone® 876 C
C O P E R T I N A
Vi spiego il nostro progetto.
Mario Di Paolo [Spazio Di Paolo]
di Mario Di Paolo [Spazio Di Paolo]
“Chiamami quando piove” una frase sbadatamente pronunciata nel corso di una telefonata, che racchiude tutta la naturalezza che Luigi Valori esprime nella sua produzione biologica. Lo studio del marketing e le analisi di posizionamento sul mercato ci hanno portato a modulare un linguaggio fortemente personalizzato con un codice visivo familiare e quotidiano, che aprisse a delle riflessioni dialogando con lo stesso claim sposato da Luigi. L’attento e variegato mondo del biologico pone spesso il consumatore a dei punti di riflessione sull’eticità della produzione e del produttore, che spesso non si evincono da un packaging convenzionale. In questa linea siamo andati oltre la certificazione, parlando della persona, del vignaiolo dedito al suo rapporto umano e naturale con la vigna e il tempo, partendo da una sua frase storica e motto aziendale. L’equilibrio della natura corre sulle condizioni climatiche e l’uomo si adatta alle sue condizioni per assecondarlo al meglio e per ottenere i migliori risultati. La natura concede l’elemento variabile che distingue il vino biologico nelle diverse annate, il tempo è la chiave di lettura di questo progetto di packaging, gli ombrelli colorati e le diverse piogge dorate ne valorizzano il racconto.
L'etichetta originale che ha ispirato il progetto in copertina.
www.spaziodipaolo.it
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C A R T A
LE CARTE DEL VINO Viaggio fra le sensazioni polisensoriali della carta a servizio del contenuto. di E M A N U E L E
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PO S EN ATO
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Il nostro desiderio di interpretare rappresentando gli strumenti e le modalità di comunicazione di un settore passa soprattutto attraverso i materiali e le possibilità di trasformazione e nobilitazione. Un esercizio che nel corso degli anni abbiamo in tanti diversi modi affrontato. Ecco perché nel pensare ad una selezione di carte per la comunicazione del vino abbiamo pensato prima di tutto a ciò che queste dovrebbero richiamare parlando di vino e di terroir – concetto ben più ampio di territorio, con cui si traduce in italiano dal francese, che richiama l’insieme dei fattori, incluso quello culturale ed antropologico, che concorrono alla caratterizzazione di un vino. Per questo forse ci sono balzati alla mente termini come genuinità, naturalezza, schiettezza, caratteristiche contrapposte al concetto di sofisticazione. Dal 1985 infatti il termine sofisticato è posto all’indice, condannato ad una vera e propria damnazio. Da quell’anno horribilis infatti lo sforzo dei vinificatori italiani è stato quello di cancellare la più brutta pagina della storia del settore: tutto ciò che è riconducibile alla sofisticazione riporta all’adulterazione; per questo la scelta di base nel proporre una selezione di carte per il vino parte proprio dalla nouance, che come potrete notare sfogliando le pagine del numero, sono diverse interpretazioni di bianco dalla dominante calda, molto “naturale”, per spingersi sino alle soglie del cremisi (come nel caso di Munken Elk), povere se non del tutto prive di sbiancanti ottici, anche quando sono velate di un leggero strato di
patina, come Tintoretto Gesso di Fedrigoni (da pagina 3 a pagina 18) o vere e proprie patinate come R4 Bulky di Burgo (da pagina 43). Nel descrivere un vino spesso si spendono aggettivi come morbidezza e corpo, che riportano alla sua caratteristica di ricchezza, di sostanza. Quando si porta un vino alla bocca il corpo si può avvertire quando si percepisce il suo “peso” al centro della lingua. Questo peso può variare da una sensazione magra sino ad una decisamente robusta. Allo stesso modo le carte della nostra selezione sono carte robuste, di volume (quella che in gergo viene definita “mano” o più tecnicamente peso specifico apparente), nel quale un contenuto in fibra particolare ne esalta lo spessore senza appesantirle, garantendo così una percezione di maggior sostanza senza che ciò comporti un appesantimento. La valutazione immediatamente successiva è la struttura del vino. La struttura del vino viene percepita come “densità” e “pastosità” a livello tattile, cioè palatale e gengivale. Un’idea della struttura del vino si deriva spesso anche dalla sua resistenza alla rotazione nel bicchiere. Così pure le carte che vi proponiamo, invitandovi a toccarle, non limitandovi a sfogliarle ma cercando di sentirle con attenzione, come quando si rotea il vino nel bicchiere, siamo certi sapranno fornire un piacere invitante al contatto. La superficie vellutata di Munken Elk, come pure la caratterizzazione decisa di Tintoretto Stucco, o il tatto vellutato della Silk Cream di Arctic Paper non possono lasciare indifferenti. Buona lettura dunque, ma soprattutto buona degustazione.
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FEDRIGONI AWARD 2019
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VINITALY 2018 22° CONCORSO INTERNAZIONALE PACKAGING NOTTE A SAN MARTINO OLIVINI Desenzano del Garda (BS) di NERO CREATIVO SCOZZESE DESIGN
I vincitori delle Medaglia d'Oro e dei Premi Speciali assegnati alla 22a edizione dell'International Packaging Competition di Vinitaly.
AZ. AGR. FONTEFICO Vasto (CH) di SPAZIO DI PAOLO CARLO PELLEGRINO & C Marsala (TP) di SEBASTIANO PELLEGRINO
IALE SPEC 018 O I M E 2 PR AGING PACK
GINE IMMA2018 O I M E PR DINATA COOR
©FOTO VERONAFIERE
ETTA ETICH018 O I M E 2 PR L'ANNO DEL
CORMONS CANTINA PRODUTTORI CORMONS Cormons (GO ) di LOLAETLABORA
ANITA GARIBALDI CARLO PELLEGRINO & C Marsala (TP) di SEBASTIANO PELLEGRINO
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Quest'anno in gara 226 campioni, provenienti anche dall’estero (+50% rispetto al 2017), che "hanno mostrato una grande vivacità nella volontà di esprimere un senso contemporaneo, superando l’immaginario classico dell’etichetta del vino". Al lavoro, insieme al presidente di giuria Cristiano Seganfreddo, una commissione di esperti di livello internazionale, formata da Flavio Favelli (art-director), Chiara Tomasi (designer), Aldo Guglielminotti (designer), Marco Fogliatti (designer) e Alberto Sabellico (esperto in legislazione vinicola).
AKA PRODUTTORI VINI MANDURIA Manduria (TA)
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NODO D'AMORE AZ. AGR. FARINA Pedemonte (VR) di AD-VISION
MONSAULENTE AZ. AGR. CALALTA Mussolente (VI) di STUDIOMAMA
AZ. AGR. MADONNA DELL'OLIVO Serre (SA) di NJU COMUNICAZIONE
PIAZZA GRANDE CANTINA DI CARPI E SORBARA Carpi (MO ) di ANAM CARA
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Il mondo della stampa ha una nuova prospettiva. Da tutte le angolazioni.
More than the sum of the parts. Fiera Milano, Rho, 29 Maggio - 1 Giugno, 2018 RISPARMIA TEMPO E DENARO PREREGISTRATI ON LINE SU WWW.PRINT4ALL.IT
I tre mondi della stampa al servizio dell’industria hanno molto in comune. Da oggi, anche una grande esposizione. Print4All riunisce tre marchi prestigiosi di fiere del settore e offre alle aziende una vetrina ancora più ampia per incrociare target trasversali e creare nuove sinergie. Un evento unico, che interpreta le sfide di un mercato in continua evoluzione e le trasforma in opportunità di business. Un progetto di
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< G R A N D A N G O L O >
COMIECO FESTEGGIA LA ‘VIRTUOSITÀ’ DELLA CARTA Molto attento alla sostenibilità e all’utilizzo dei materiali riciclati, il settore cartario è un colosso della nostra economia: occupa 20mila addetti e fattura 7 miliardi di euro. Proprio per raccontare quanto carta e cartone, grazie al riciclo, siano ‘virtuosi’, Comieco ha promosso la prima edizione del ‘Mese del Riciclo di carta e cartone’. Lo ha fatto in collaborazione con la Federazione Carta e Grafica, Assocarta, Assografici, Unirima e il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Una campagna nazionale, con 50 eventi in calendario, iniziative culturali, appuntamenti educativi e incontri informativi si sono tenuti un po’ in tutta Italia per spiegare l’importanza del riciclo. Nel nostro Paese si producono circa 8,6 milioni di tonnellate di carta e cartone. Oltre la metà (56%) è rappresentato da materiale da imballaggio. Si raccolgono in media 53 kg/ ab/anno, cui vanno sommati i flussi che si originano al di fuori dei circuiti di raccolta dei rifiuti (ad esempio le rese dei giornali). Il tasso di riciclo si riassume in una cifra molto lusinghiera pari al 62%, non troppo lontano dal traguardo del 74% fissate dalla direttiva UE. Quasi il 90% degli imballaggi vine avviato al recupero. Sono numeri che collocano il nostro paese ai vertici assoluti in Europa e nel mondo.
Le carte di pregio ENGLISH Munken VERSION C pg. 80 di Arctic Paper 4 distinte nuance di carte creative per il design: Munken Pure dalla elegante tinta crema, Munken Lynx dal bianco naturale, Munken Polar dal bianco acceso e Munken Kristall dal bianco brillante. Numerose grammature e 2 finiture: liscia e ruvida. 2 nuance di spessorate per editoria di pregio: Munken Print Cream e Munken Print White, Munken Premium Cream e Munken Premium White disponibili con differenti spessori: dalla mano 1.3 alla 2.0.
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UNA PASSIONE CHIAMATA DONNAFUGATA di A C H I L L E
PE REGO
Etichette sempre in dialogo con l’arte. Vini d’eccellenza. Due milioni e quattrocentomila etichette l'anno per altrettante bottiglie. Un fatturato che supera i 18 milioni di euro. Così Donnafugata è diventata la più famosa cantina siciliana, oggi presente in oltre 60 paesi.
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Vini di classe vestiti con nobiltà. Perché Donnafugata, la celebre cantina siciliana conosciuta in tutto il mondo, non ha scritto (e continua scrivere) solo pagine di storia e di successo nel produrre vini frutto di molteplici abbinamenti tra varietà e territorio, ma anche nel saperli valorizzare con il wine design e il packaging, dalla bottiglia al tappo e soprattutto alle etichette. Che, grazie alla collaborazione con Stefano Vitale, fortemente voluta da Gabriella Rallo, ancora oggi impegnata in azienda, che con il marito Giacomo (scomparso nel 2016) ha fondato nel 1983 il brand Donnafugata, sono diventate vere e proprie icone artistiche. Con pezzi celebri
come l'etichetta che contraddistingue il vino Anthìlia, stampata dalla Multicolor-Global Label Solutions (gruppo internazionale che in Italia ha sedi a Lucca, Prato e Alessandria), piuttosto che l'ultima nata Floramundi (stampata dalla Tonutti di Udine) per non dimenticare quella del Kabir realizzata dalla Modulgraf di Pisa. Vent'anni di etichette artistiche, per altrettante referenze (una ventina) che saranno messe in mostra dal 16 maggio a Villa Necchi Campiglio, sito della Fai a Milano. Una scelta non casuale ma in sintonia con Donnafugata, che di Fai è Corporate golden donor avendogli donato il giardino Pantesco nell'isola di Pantelleria.
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ANTHILIA Stampa: Multicolor – Global Label Solutions Carta: patinata opaca autoadesiva Italmatt Colori: 5 (quadricromia + 1 tinta piatta per nome e marchio del vino) Verniciatura protettiva totale Dimensioni in mm: 109x78
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stesso tempo abbiamo approcciato le nuove modalità di comunicazione digitale. Il web, per noi, costituisce un ambito di interazione e condivisione strategico. Da qui è nata la scelta di rinnovare completamente il nostro sito e porre la persona, i suoi desideri e la sua esperienza al centro della navigazione. Il sito rappresenta il cuore del sistema di comunicazione digitale che negli ultimi anni abbiamo sviluppato attraverso i canali DonnafugataWine su Facebook, Twitter, Instagram e Youtube. Canali pensati per utenti diversificati: Twitter riservato più ai professionisti e agli opinion maker e i trader, Instagram a un pubblico attento e sofisticato, Facebook rivolto più ai giovani che per la prima volta si avvicinano al mondo dei vini di qualità.
Le etichette disegnate da Vitale del resto si inseriscono, spiega Josè Rallo, quinta generazione della famiglia, che con Antonio guida l'azienda (lei si occupa di controllo di gestione e comunicazione, il fratello, agronomo e winemaker, delle strategie produttive), nello stretto rapporto che c'è sempre stato fra Donnafugata e l'arte e la letteratura. A cominciare proprio dalla scelta, nel 1983, del nome (Donnafugata, la donna in fuga) che rimanda al romanzo Il Gattopardo e si riferisce alla storia di una regina che trovò rifugio dove oggi si trovano i vigneti aziendali. Una vicenda, aggiunge José, che ha anche ispirato il logo aziendale. E questo legame con il
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territorio, la storia, la cultura dei luoghi dove si coltivano i vitigni, ha fatto da fil rouge anche nella scelta dei nomi propri dei vini: Anthìlia, Tancredi, Mille e una Notte, La Fuga, Ben Ryè, Chiarandà, Floramundi, Angheri, Kabir, Sedàra... Per Donnafugata quanto è stata importante e quanto lo è ancora quindi la comunicazione dell'essenza del suo brand e dei suoi prodotti? Moltissimo. Oggi uniamo la modalità di comunicazione personale, chiamiamola analogica, accogliendo nelle nostre cantine, per visite guidate di degustazione, 10mila persone all'anno. Nello
All'interno di questi canali di comunicazione, quale ruolo svolge ancora quello analogico della stampa? Un ruolo che continuiamo a ritenere fondamentale. Innanzitutto perché le etichette delle nostre bottiglie sono fatte di carta e, proprio insieme con le bottiglie, rappresentano il vestito che indossano i nostri vini. Con la carta manteniamo un legame fortissimo considerandola imbattibile e insostituibile. Negli ultimi anni abbiamo imparato però a calibrarne l'utilizzo. Mi riferisco ai depliant e ai cataloghi realizzati in modo mirato per il pubblico (operatori del settore piuttosto che consumatori) ai quali sono rivolti. Distinguendo i prodotti in base ai contenuti, fra quelli più funzionali destinati al settore commerciale e quelli più emozionali pensati invece per il consumatore finale. Ai professio-
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KABIR Stampa: Modulgraf Carta: Tintoretto (su bobina adesiva) Colori: quadricromia + punzone oro Dimensioni in mm: 110x80
FLORAMUNDI Stampa: Grafiche Tonutti Colori: 7 (quadricromia + 3 tinte piatte) Finiture: rilievo su nome e marchio del vino Dimensioni in mm: 115x105
nisti del settore, dai giornalisti ai digital influencer, invece, mettiamo a disposizione una ampia documentazione tecnica molto articolata. Non abbiamo ancora realizzato una monografia, quella in senso classico contenuta in un cofanetto di pregio, ma ci stiamo pensando. In un anno quante copie di cataloghi realizzate? Quelli dedicati alla forza vendita e le brochure vengono stampati in circa tremila copie da un'azienda siciliana, la Tipografia Priulla a Palermo. Non si tratta di cataloghi corposi, in quanto viene preferita l'agilità dei formati e dei materiali. E la loro sostenibilità. In più facciamo stampare qualche migliaia di cartoline di presentazione per le visite alle nostre cantine che distribuiamo negli alberghi dell'isola e pieghevoli sintetici. Che cosa significa oggi fare marketing del vino? Il mondo della produzione offre una scelta amplissima sul mercato e quindi il marketing è indispensabile per far conoscere le caratteristiche dei nostri vini, il legame con il territorio, la loro origine. Il marketing vuol dire spiegare, informare, comunicare
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il valore di un vitigno e di un vino — sapendo differenziare il messaggio rispetto al target di pubblico al quale è rivolto — aggiungendo, con la comunicazione, l'aspetto emozionale che esprima i valori ai quali da sempre si ispira Donnafugata. Comunicare un vino significa anche ‘vestirlo’ con un abito su misura, dalla bottiglia al tappo all'etichetta. La sfida per noi, in questo senso, è duplice e corre parallela tra il produrre un grande vino e realizzare un packaging che comunichi all'occhio del consumatore la personalità del vino e ne racconti la sua storia. Per questo il packaging è fondamentale. In azienda, a cominciare da mia madre Gabriella, abbiamo sempre creduto tantissimo nella funzione e nella forza dell'etichetta che in qualche modo rappresenta il manifesto identitario dei nostri vini. E da qui è nata la collaborazione ormai più che ventennale con Stefano Vitale. In questi anni le etichette dei nostri vini hanno sempre seguito un percorso artistico legato a un tema coerente — la donna fantastica sempre in fuga e sempre diversa — che rappresenta Donnafugata.
Come realizzate le etichette? Oggi sono tutte autoadesive. Le illustrazioni vengono realizzate da Stefano Vitale dopo l'individuazione del nome del vino da parte nostra. Il processo creativo avviene a stretto contatto e poi siamo sempre noi a scegliere il bozzetto che riteniamo migliore e a curarne l'impaginazione grafica, per poi affidarlo agli stampatori con i quali collaboriamo da anni. Ogni etichetta, circa 2,4 milioni l'anno come il numero delle bottiglie che produciamo, prevede una serie di finiture e nobilitazioni: stampe a caldo, rilievi, oro, verniciature particolari che valorizzino i colori. Ma anche trattamenti che rendano l'etichetta resistente all'acqua se la bottiglia viene messa, per esempio, nel secchiello con il ghiaccio. Comunque non tendiamo a esagerare con le finiture perché, di per sé, le illustrazioni sono già un arricchimento importante ed è necessario avere un equilibrio senza scadere nella ridondanza. Quanto sono importanti per il packaging le nuove tecnologie e la sostenibilità ambientale? Dal 2011, insieme con il DNV, uno tra i principali enti di certificazione mondiali, siamo impegnati a quantificare e ridurre le emissioni di CO2 lungo l’intero ciclo produttivo, dal vigneto all’imbottigliamento. Dall’e-
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LA SICILIA DEL VINO INCONTRA L’ARTE laborazione dei dati raccolti si sono potuti adottare interventi per ridurre ulteriormente l'impatto ambientale, come per esempio l'adozione di una bottiglia più leggera, arrivando così a risparmiare sia sulle emissioni derivanti dalla produzione del vetro sia da quelle generate dal trasporto. O come la sostituzione dei tappi tecnici in sughero con tappi sintetici selezione BIO a zero emissioni e riciclabili al 100%. Dal 2014, su tutte le bottiglie dell’azienda è applicato un adesivo che riporta la certificazione relativa alla Carbon Footprint e un Qrcode leggibile da smartphone che rimanda a una pagina del sito aziendale in cui sono riportati i principali risultati proprio del calcolo dell'impronta ecologica. C'è qualche etichetta che ritiene più significativa di altre? Le etichette coprono la gamma delle nostre referenze, che sono una ventina. Quindi ne viene realizzata una per un nuovo vino anche se capita che qualche anno ci siano dei restyling di quelle precedenti. Indubbiamente la più famosa è l'etichetta della bottiglia dell'Anthìlia, quasi un logo di Donnafugata, con il ritratto di una donna con i capelli leggermente mossi dal vento in fuga verso nuovi traguardi. Una donna che in fondo esprime lo spirito della nostra azienda, sempre pronta ad abbracciare nuove sfide.
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Giacomo Rallo, quarta generazione di una famiglia con oltre 160 anni di esperienza nel vino di qualità, ha fondato Donnafugata nel 1983 insieme con la moglie Gabriella. Oggi la quinta generazione – i figli José e Antonio – guida una squadra di persone (circa un centinaio) fortemente motivate a rappresentare l’eccellenza del made in Italy nel mondo e un'azienda che fattura oltre 18 milioni di euro, produce 2,4 milioni di bottiglie all'anno con una ventina di referenze ed è presente in oltre 60 Paesi al mondo a partire dai mercati di Germania, Svizzera, Usa e Giappone. Donnafugata in Sicilia conta tre sedi di produzione storiche. Le antiche cantine di famiglia a Marsala, dove hanno luogo i processi di affinamento e imbottigliamento. La cantina di Contessa Entellina, nel cuore della Sicilia occidentale, con vigneti (283 ettari) e uliveti (9 ettari). La cantina di Khamma a Pantelleria con vigneti di Zibibbo (68 ettari) coltivati ad alberello pantesco (Patrimonio dell’Unesco). I vini icona dell’azienda oggi sono il rosso Mille e una Notte ed il Ben Ryé Passito di Pantelleria DOC. Dal 2016 Donnafugata è in altri due territori di eccellenza in Sicilia: sull’Etna con 15 ettari di vigneti in produzione tra Carricante e Nerello Mascalese, e a Vittoria con 18 ettari di Frappato e Nero d’Avola.
Territorio, condivisione, sostenibilità: così si comunica l’eccellenza enologica. — — — Intervista a Ferdinando Calaciura, fondatore di Gran Via, Società & Comunicazione, che cura la comunicazione di Donnafugata
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Oggi più di ieri, e lo sarà ancora di più in futuro, non basta produrre vini d'eccellenza ma bisogna anche saperli comunicare e far indossare loro un abito sartoriale nel presentarli. Quindi hanno e avranno sempre più importanza il wine design e il wine marketing. Ne è convinto Ferdinando Calaciura. Palermitano, Calaciura ha fondato nel 2006 nel capoluogo siciliano Gran Via, Società & comunicazione (www.granviasc.it) dedicata proprio al settore enologico. Una società formata da giornalisti, professionisti del settore e manager dei social media, che produce strategie di marketing e di comunicazione, occupandosi degli aspetti più importanti, compreso il reparto grafico e da tre anni le produzioni televisive. Quello dei vini d'eccellenza, espressione del made in Italy, spiega Calaciura, sta diventando sempre di più un segmento significativo per l'economia italiana e l'agroali-
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mentare di qualità. Un prodotto, il vino, che deve essere comunicato differenziandolo e targhettizzandolo rispetto al consumatore finale, agli importatori, ai distributori, agli opinion maker. In questo senso sta crescendo una nuova consapevolezza sul fatto che un bicchiere di vino debba raccontare il suo territorio, la sua storia, la sua cultura, la comunità dove è nato e la sostenibilità ambientale. Una dimensione che non è prettamente specifica al contenuto qualitativo del vino e alla sua caratteristica connotazione produttiva ma lascia spazio a una dimensione più semplice, meno enfatica, meno autoreferenziale, per raccontarne in primo luogo l'esperienza.
O Oggi i grandi vini italiani, siciliani, veneti, piemontesi, marchigiani, pugliesi o toscani non devono essere più solo comunicati ma ‘condivisi’. Questo che cosa significa? Che ogni azione di marketing e di comunicazione – il depliant, il catalogo, l'etichetta, la bottiglia, il canale digitale, la foto, il video – deve in qualche modo permettere a tutti di condividere l'informazione su quel
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prodotto e affermare, da più punti di vista, la capacità autonoma di un vino di imporsi sul mercato. In questo senso Vinitaly è diventata una vetrina strategica ma resta ancora molto lavoro da fare. Il mondo anglosassone, oggi, ricorda sempre Calaciura, è più capace di comunicare il vino in maniera più interessante e dinamica. Con un mix di linguaggi e contenuti, studiati per i vari mezzi di comunicazione, che cominciano a essere utilizzati dalle aziende italiane ma ancora con una quota troppo piccola.
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Quanto è importante, da questo punto di vista, il packaging del vino? Il vestito oggi, risponde Calaciura, è più curato rispetto al passato. L'Italia, dalla bottiglia al tappo all'etichetta, mostra un approccio sempre più estetico che sostanziale. Soprattutto se paragonato ai vini francesi che, basta guardare le bottiglie esposte nei supermercati o nelle enoteche, hanno un vestito uniforme che si limita a descrivere il vitigno, il territorio, la produzione. Al contrario in Italia assistiamo a una maggiore vivacità e diversificazione,
Sta crescendo una nuova consapevolezza: il vino deve raccontare il suo territorio, la sua storia, la sua cultura, la comunità dove è nato e la sostenibilità ambientale, per raccontarne in primo luogo l'esperienza.
che però a volte sconfina un po' nel caotico e nel “troppo rumore”. A certi livelli il wine design diventa il valore aggiunto che diventa l'identità, il segno grafico che contraddistingue la riconoscibilità di quel vino rispetto al consumatore. E ancora oggi vincono, per i vini d'eccellenza, la bottiglia di vetro e l'etichetta nobilitata che continuano a caratterizzarli rispetto a un segmento totalmente diverso rappresentato da altri contenitori come il tetrapak che comunque, al di là della veste grafica, si rivolgono a un altro mondo e a un altro stile di consumatore.
M Ma, conclude il fondatore di Gran Via, se gli elementi che impreziosiscono a livello di packaging, il prodotto vino e a sottolinearne le caratteristiche, non bisogna esagerare sapendo che oggi è vincente la sostenibilità, sia del contenuto sia del contenitore e l'informazione che viene data, a partire dall'etichetta che può diventare (si pensi all'inserimento dei Qrcode) la porta per accedere ad altre e più ampie informazioni.
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www.foilindustry.com
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FOIL INDUSTRY IN PRIMO PIANO NEL LUXURY PACKAGING AND LABELS
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Foil Industry srl propone una nuova versione di stampa in rilievo, realizzata con l’utilizzo di vernice UV, foil e macchina “roll on” per transfer a caldo. Nel panorama industriale della stampa con foils metallizzati, oggi si annoverano molte soluzioni tecniche, tutte valide ed efficaci; ciascuna delle quali offre vantaggi e peculiarità specifiche in relazione al tipo di lavoro da eseguire, al mercato da raggiungere e in ragione dell’attrezzatura tecnologica di cui si dispone.
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Fra le varie soluzioni collaudate e offerte dalle aziende specializzate (stampa a caldo, stampa a freddo, stampa su toner ecc.), la più spettacolare è la stampa UV in rilievo spessorato, eseguita con macchine serigrafiche, cristallizzata con lampade UV e decorata con foil a caldo. Naturalmente, per ottenere risultati eccellenti, è necessario utilizzare le qualità di vernice UV, foil e macchina transfer, studiate appositamente. Foil Industry srl, azienda di produzione operante in vari paesi europei, ha sviluppato la soluzione del rilievo con vernice UV, finalizzata a ottenere risultati di estrema eleganza, richiesti nei settori
di “luxury labels and luxury packaging”. Le carte leggere o goffrate sono facilmente stampabili, senza deformazioni. Ad esempio, la vernice 3digit, stampabile su superfici cartacee e plastiche, ha proprietà elastiche, quindi è cordonabile; i foil proposti, anti-alcohol, sono disponibili in oltre 40 colori (metallizati ed olografici); la macchina “roll on” è stata ideata e prodotta per questa specifica soluzione.
SAREMO PRESENTI A PRINT4ALL PAD. 20 STAND A10 B09.
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di A N N A APRE A
Espressione e sintesi di tutto il bello e il buono che noi italiani sappiamo fare, il vino non poteva non diventare, prima o poi, nel corso infinito della Storia, uno dei nostri fiori all’occhiello. E ora che il settore si è felicemente aperto alle dinamiche del consumo internazionale, anche la comunicazione è cambiata: s’è incaricata cioè di trasmettere al mondo i valori immateriali che connotano i nostri prodotti: quelle storie minute e tutte italiane che raccontano di vigne e di mani esperte che se ne prendono cura, quelle storie spesso gravide di emozioni e di memorie, avvolte come grappoli nel sentimento del vino.
TEMPO I ETICHETTE ENGLISH VERSION C pg. 82
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Ma come si evolverà quel piccolo rettangolo di carta stampata, sempre più curato e nobilitato? Quali sono i cambiamenti — tecnologici e di significato — che potrebbero mutare l’approccio dei consumatori? Abbiamo chiesto agli studi di Wine Design più importanti di rispondere a un insieme di domande, centrate sul tema delle etichette e del loro futuro. Nelle pagine che seguono trovate le loro risposte.
“Prendiamo l’etichetta — ragiona Luca Fois — che svolge in pochi secondi un ruolo cruciale nella scelta del consumatore: fino a qualche anno fa era ispirata di solito dal produttore o dal tipografo un po’ creativo, oggi progettare un’etichetta è l’esito di un processo molto complesso, che richiede professionalità specifica e competenza”.
Proprio vero che il vino vuol essere ascoltato e capito prima d’essere raccontato. “Non a caso — ci dice Luca Fois ideatore del corso di Alta Formazione in Wine & System Design del Politecnico di Milano — anche nel settore enologico, come nella cosmesi, i valori immateriali rappresentano circa il 75% del valore economico del prodotto”. Se è vero che lo scenario internazionale apre il settore enologico a nuove opportunità, è altrettanto vero che sul piano della comunicazione tutto si è complicato. Costruire una presenza e un dialogo in paesi tanto diversi e lontani dal nostro è una faccenda complessa.
Fondato da Simonetta Doni nel 1975 a Firenze, lo studio grafico Doni & Associati è, a livello internazionale, tra i pochi studi specializzati nel Wine and Packaging Design. Un team di professionisti altamente specializzato offre ai clienti le proprie competenze professionali e una specifica sensibilità culturale e artistica. Il know-how maturato nell’affrontare il lavoro complesso di design grafico e di comunicazione, si è sempre rivelato decisivo per il successo dei prodotti che vengono affidati allo studio Doni & Associati.
Laboratorio di idee applicate al design, al packaging ed alla comunicazione, Officina Grafica è stata fondata a Firenze da Vincenzo Maccarrone e Tommaso Pecchioli, personalità creative, complementari e poliedriche – l’uno pittore, l’altro fotografo – uniti dalla comune passione per il mondo del vino. Vincenzo e Tommaso ritengono che ogni progetto rappresenti una sfida stimolante da affrontare con dedizione certosina, estro espressivo e cura maniacale.
VINCENZO MACCARRONE TOMMASO PECCHIOLI OFFICINA GRAFICA
Wine design, packaging, fotografia, arte contemporanea. Sono queste le specializzazioni di Spazio Di Paolo, pluripremiato studio fondato da Mario Di Paolo, che ha sede a Spoltore (PE). Una vera e propria factory che offre ai clienti un servizio completo, che si estende dal marketing alla ricerca, dal packaging alla fotografia professionale. Spazio Di Paolo è tra le aziende più riconosciute a livello internazionale per l'alto valore innovativo e creativo dai migliori concorsi di packaging design al mondo.
Risale al 1983 la nascita del primo nucleo dell’agenzia di comunicazione fondata a Bergamo da Giacomo Bersanetti e Chiara Veronelli, cui si è unito poi Francesco Voltolina. Battezzata nel 2006 con l’attuale nome SGA Corporate & Packaging Design, l’agenzia è oggi composta da persone che ne condividono la filosofia originaria. Molti i premi che SGA si è aggiudicata in Italia e all’estero, numerose le mostre sul design e le lezioni che i designer di SGA sono chiamati a svolgere in diverse università sul tema del Wine Design.
SIMONETTA DONI DONI & ASSOCIATI
MARIO DI PAOLO SPAZIO DI PAOLO
GIACOMO BERSANETTI SGA CORPORATE & PACKAGING DESIGN
Spazio Di Paolo
Mario Di Paolo L’etichetta è la superfice che arriva al consumatore, la parte estetica del progetto, è un po’ come la facciata esterna di un grande palazzo non visibile al fruitore e fatto di ricerche, analisi e bozze che ne determinano l'architettura portandoci al risultato finale. Un lavoro in cui occorre bilanciare perfettamente tre elementi: l’aspetto estetico, la qualità del prodotto, la vendita. Per vincere nel mondo del vino, deve verificarsi un’osmosi tra questi tre elementi. Se il linguaggio visivo non è in sintonia con la qualità e il prezzo del vino, c’è qualcosa che non funziona.
Studio Doni & Associati
Giacomo Bersanetti Internet, soprattutto attraverso i social, ha — come l’etichetta — caratteristica di capillarità perché raggiunge ogni singolo appassionato di vino; ma l’etichetta rimane lo strumento comunicativo principale perché veicola l’identità di ciascun vino. La bottiglia svolge un ruolo molto importante e la forma ha sicuramente influito sul successo e la riconoscibilità di alcune case vinicole, ma proviamo a immaginare le pareti di un’enoteca o gli scaffali di un moderno supermercato occupati da bottiglie senza etichetta… Quale senso di disorientamento e di impoverimento ci assalirebbe.
Simonetta Doni L’etichetta è uno degli aspetti più importanti sia per l’azienda che per il sistema di comunicazione del vino. Facciamo l’etichetta per un prodotto italiano che viaggia nel mondo, dunque attraverso l’etichetta passa l’immagine del prodotto e dell’azienda. Molti fanno private label per il mercato di riferimento, ma noi pensiamo che l’immagine debba essere unica e rispecchiare la storia e i caratteri dell’azienda. L’etichetta riflette il vino e i valori che l’azienda porta in sé, è bene che non faccia l’occhiolino al paese. Anche perché non si tratterebbe di un solo paese.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Il mondo enologico, da sempre influenzato da antiche tradizioni, ha saputo volgere la propria attenzione verso canoni estetici più attuali sposando cifre stilistiche sempre più elevate. In questo processo di modernizzazione l’etichetta rappresenta la massima espressione di una nuova filosofia culturale votata ad un mercato globale, dove la riconoscibilità di un’azienda e di un prodotto sono sempre più legati alla storia che l’etichetta è capace di raccontare.
NEL SISTEMA DI COMUNICAZIONE DEL VINO, QUALE POSTO OCCUPA L’ETICHETTA? È SEMPRE LO STRUMENTO PIÙ IMPORTANTE DELLA RICONOSCIBILITÀ DEI PRODOTTI?
SGA Corporate & Packaging Design
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Officina Grafica
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Giacomo Bersanetti La competenza tecnica è indispensabile per creare un’etichetta efficace, perché consente al designer di progettare in termini di fattibilità, quindi di pensare soluzioni realizzabili. Il progetto prende forma e si completa proprio nella fase di produzione, per questo è auspicabile un dialogo stretto con chi stampa e realizza il progetto; noi lo consideriamo fondamentale. Conoscere le tecniche di stampa e di lavorazione serve anche per immaginare soluzioni innovative.
Mario Di Paolo Le competenze tecniche sono fondamentali. C’è una grandissima competizione per l’ideazione di un packaging, ma la differenza si vede quando c’è una ‘sicurezza’ nella realizzazione. Con il termine ‘sicurezza’ intendo proprio la competenza nei processi produttivi da parte del progettista. Un progetto si realizza al suo meglio quando si ha una visione completa, che significa molte cose: non soltanto competenza nelle tecniche di stampa ma anche conoscenza del mondo enologico, compresi gli aspetti produttivi e i sistemi di imbottigliamento. In Spazio Di Paolo ci è capitato di intervenire persino sulla struttura ingegneristica delle macchine per l'etichettatura. Noi sentiamo che ci compete anche questo aspetto perché sviluppiamo innovazione attraverso le idee, che a loro volta sono utili all’universo tecnologico per cambiare ed evolversi. Con l’etichetta Litos stampata con la Rotas abbiamo di fatto stimolato il superamento di una barriera tecnologica: da quando questa etichetta è stata progettata è stato possibile superare l’idea che un’etichetta si possa stampare su un solo strato di carta. Litos è stata progettata con tre carte naturali bianche con texture naturali diverse unite in automatico una sopra l'altra. Ho sviluppato una sensibilità personale sulla sperimentazione e il superamento dei limiti tecnici convenzionali collaborando a stretto contatto con i tecnici delle migliori tipografie italiane.
Simonetta Doni Per progettare etichette bisogna sapere cosa esiste sul mercato, anche per non correre il rischio di creare un’etichetta che somigli a un’altra. Bisogna conoscere i vini in rapporto ai territori e i loro codici visivi. Bisogna conoscere le carte, che si evolvono sempre più e non tutte si stampano nello stesso modo. Alcune lamine non vanno bene su determinate carte perché hanno componenti che non si sposano con alcune carte. Allora bisogna essere in grado di cambiare carta o tonalità o lamina, e per farlo bisogna essere competenti, conoscere i numerosi effetti metallizzati e le tipologie di carte con le quali si possono ottenere. Noi abbiamo una buona competenza nella stampa, non deleghiamo allo stampatore le scelte, spesso siamo noi a chiedere allo stampatore di sperimentare un certo tipo di stampa. Capita che ci venga in mente qualcosa che ancora non c’è, in questi casi ci rapportiamo a quegli stampatori che hanno voglia di sperimentare e voglia di essere i primi a innovare. La qualità dello stampato dipende spesso da come lo stampatore usa le sue macchine e anche da come usa i colori. Anche i colori Pantone spesso non sono risolutivi e allora bisogna usare il nastro a caldo, solo così quel colore sarà più definito. Ma bisogna appunto essere competenti.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Nel mercato contemporaneo è sempre più difficile identificarsi ed emergere. Le tecniche di stampa e la costante nascita di nuovi materiali permettono di rendere il processo creativo ancor più ricco di sperimentazioni. Le cartiere e le tipografie investono ingenti risorse economiche nella ricerca di inediti supporti e soluzioni tecniche, per noi designer è fondamentale prestare la massima attenzione verso questa nuova frontiera ed eseguire un’adeguata valutazione di tutti quei processi capaci di tradurre l’originalità di un’idea in una forma di espressione. Solo attraverso un costante flusso bidirezionale di informazioni è possibile apprendere tutte quelle nozioni necessarie per proporre al committente soluzioni grafiche innovative ed effettivamente realizzabili.
COMPETENZA SULLE TECNICHE DI STAMPA E SUI MATERIALI: QUANTO SONO IMPORTANTI NELLA PROGETTAZIONE DI UN’ETICHETTA?
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Mario Di Paolo Le richieste variano in base ai mercati di distribuzione dei prodotti. In Cina e in Asia ad esempio c’è una notevole richiesta di laminati, diciamo che c’è una predilezione per le nobilitazioni più appariscenti. Nei mercati occidentali vanno codici visivi più sobri e minimalisti. In linea di massima ogni progetto si adatta alla cultura visiva del mercato di riferimento.
Simonetta Doni Va di moda il braille trasparente con spessore che, se usato bene, in piccole quantità, consente interessanti effetti tattili. Oppure l’embossing e il debossing, ma anche le due tecnologie insieme. Sono ricorrenti anche le sovrapposizioni e le etichette multi materiali: una carta sull’altra o una carta su un altro materiale. Oppure ancora si usano, in questo periodo, inchiostri speciali sensibili alla luce o inchiostri termici. Noi, come Studio Doni, cerchiamo di non seguire le tendenze, vogliamo essere oltre le mode. Un’etichetta che si fa oggi deve essere corretta oggi ma anche fra dieci o venti anni.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Negli ultimi anni abbiamo notato una crescente attenzione dei nostri clienti verso lavorazioni tipografiche che arricchiscono la confezione. La nostra esperienza ci impone una scrupolosa disamina dei singoli progetti e una scelta ponderata sull’utilizzo di braille, embossing e debossing, nastri perlescenti, inchiostri iriodin, ori e argenti lamina, etc… Amiamo la sobrietà e l’eleganza ma troviamo che l’uso - anche simultaneo - di alcune di queste nobilitazioni doni al packaging un’aura più ricercata e accattivante.
IN PROSPETTIVA LA CARTA RESTERÀ SEMPRE IL SUPPORTO PRIVILEGIATO PER LE ETICHETTE DA VINO O LASCERÀ IL POSTO ALLE SLEEVE ?
Giacomo Bersanetti Tutte le tecniche, le nobilitazioni e i supporti sono potenzialmente utili; occorre conoscerle molto bene per utilizzarle in modo appropriato e distintivo. Appropriato perché l’insieme degli elementi può esprimere l’appartenenza di un vino (spumante,distillato, etc) a una determinata categoria. Avviene qualcosa di molto simile in ambito musicale e ci permette di distinguere i generi (classica, moderna, popolare, sperimentale, etc). Distintivo perché l’integrazione delle diverse nobilitazioni e scelte estetiche produce un proprio ‘sound’ che ci permette di discernere - come avviene per un cantante e/o un gruppo musicale - lo stile e la personalità di un’azienda.
QUALI SONO LE NOBILITAZIONI PIÙ RICHIESTE, CHE TRASMETTONO LA QUALITÀ DI UN VINO?
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Mario Di Paolo Sviluppo le idee mettendo in campo le mie capacità personali e quelle dello studio, l’obiettivo è raggiungere il risultato analizzato con i materiali a disposizione. Io amo la carta, con essa ho un rapporto intimo e privilegiato, lavoro la carta come un supporto da plasmare in infinite modalità, anche tridimensionali. La carta è il supporto migliore per comunicare un vino. Le sleeve non mi hanno mai appassionato, hanno un loro senso in funzione di certi progetti specifici. In linea di massima ogni progetto si adatta alla cultura visiva del mercato di riferimento e alle esigenze tecnico-economiche del produttore che deve immettere il prodotto sul mercato.
Giacomo Bersanetti Si personalizzano etichette e bottiglie da sempre; in passato si faceva a mano coinvolgendo bravi calligrafi, poi si è passati a soluzioni più tecnologiche come il laser, la stampa digitale, etc; ma per esprimere il carattere di unicità l’intervento manuale rimane la soluzione più efficace.
Mario Di Paolo La personalizzazione ha senso quando si tratta di entrare in un nuovo mercato o in un mercato ostile, può dare una bella spinta al marketing. In questo caso con un’operazione di personalizzazione puoi scardinare un ostacolo, salire un gradino. Insomma è come cambiare vestito per un momento. È molto interessante pensare a etichette tutte diverse con stampa differente. Di certo può dare nuove aperture a un prodotto. Del resto è quanto è successo con Nutella riaprendo nuovi mercati al brand.
Simonetta Doni Con la stampa digitale possiamo personalizzare, ma una tantum come ha fatto la Nutella, non come utilizzo istituzionale.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Sarebbe sbagliato schierarsi per una soluzione piuttosto che l’altra. Prestigiose maison dello Champagne preferiscono materie plastiche, così come alcuni dei più noti produttori francesi e italiani di vino rosso usano una carta patinata per tutti i loro prodotti. Il panorama è, fortunatamente, sempre più vasto e variegato ma la carta, ancor oggi, è l’emblema di un affascinante settore merceologico e, secondo noi, è destinata a rimanere tale ancora per diverso tempo. Il settore alimentare è sicuramente affine a quello enologico pertanto l’utilizzo delle sleeve troverà un costante incremento di aziende interessate, in questi casi, noi suggeriamo un uso combinato “sleeve/carta”. Lo spazio di manovra offerto da questo tipo di confezioni apre scenari diversi. Indubbiamente la presenza delle sleeve è destinata a crescere nel futuro ma, secondo noi, questa si limiterà solo a un segmento abbastanza specifico del mercato.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli L’esclusività di una confezione personalizzata ha un ascendente importante per il consumatore. Il desiderio di distinguersi e di sentirsi parte di un “club” può sicuramente enfatizzare l’importanza di un prodotto. Fino ad oggi questa soluzione è sempre stata alquanto complessa e costosa da realizzare, quindi era indirizzata a quei prodotti, la cui piccola tiratura fosse anche sinonimo di alta qualità. Grazie all’avvento della stampa digitale di alta qualità oggi è possibile concepire una produzione di confezioni diversissime tra loro a costi ragionevoli, condivisibile e fruibile anche grazie ai social media. Questo tipo di messaggio non è stato ancora applicato al vino, ma è innegabile che, in un prossimo futuro, saremo certamente destinati ad assistere al sorgere di questo tipo di confezioni sugli scaffali.
Simonetta Doni Nelle bollicine le sleeve sono molto utilizzaNelle bollicine le sleeve sono molto utilizzate, anche per champagne importanti. Penso che nel settore del vino le sleeve per il momento potrebbero essere usate per un evento, ma non per un vino importante: su prodotti più freschi e veloci, allora sì. E in questo caso la sleeve sarebbe una superficie che aiuta a comunicare su tutta la bottiglia, ci permetterebbe dunque di raccontare il vino in modo più approfondito.
COME VEDE IL FENOMENO DELLA PERSONALIZZAZIONE NELL’UNIVERSO DEL VINO?
Giacomo Bersanetti Oggi le più belle etichette fra le marche importanti dei prodotti di grande qualità di Champenoise sia in Francia che in Italia, si stampano su materie plastiche. La carta rimane il supporto elettivo, anche per motivi affettivi; i film plastici offrono stabilità e indeformabilità assoluta, quindi eccellenti sul piano tecnico e funzionale. Risultano piuttosto "freddi", il tatto — salvo ricorrere a una caratterizzazione con vernice ad alto spessore — è impersonale. Inoltre ci sono molti supporti cartacei che garantiscono stabilità ed elevata resistenza all’acqua e ghiaccio; si fanno test estremamente prolungati — ma una buona bottiglia perché dovrebbe rimanere nel secchiello a lungo?.
Giacomo Bersanetti Il tappo di sughero resiste più per motivi psicologici e culturali, essendo la superiorità del tappo a vite da tempo dimostrata e acquisita. Penso che la lattina possa svolgere molto bene il suo compito conservativo; il vino in box, per oggettivi motivi strutturali del contenitore, risulta adatto a vini giovani o giovanissimi; il vetro ha una durata illimitata, non inquina e ha riciclabilità totale.
Mario Di Paolo Sono legato al vetro, trovo la bottiglia da 0,75 l un formato intelligente con un materiale perfetto e una capacità ideale per il vino, penso che non sarà facile sostituirla. Amo le bottiglie e le colleziono. Certo, i formati e i materiali possono cambiare di pari passo con la necessità di segmentare le produzioni in base alle esigenze di mercato, ma non credo che la bottiglia di vetro possa essere sostituita da un altro contenitore.
Simonetta Doni Il vino in cartone potrebbe diventare la normalità. Pensiamo al mercato svedese o norvegese dove anche i vini di alta qualità sono venduti in sia in vetro sullo scaffale che in bag in box con un prezzo inferiore. Comunque si tratta di un contenitore che non lascia entrare l’aria. Da noi c’è ancora la cultura che il vino in cartone sia un vino di bassa qualità. Invece anche vini di ottima qualità (non importanti, ma di qualità) possono benissimo essere confezionati in cartone. Quanto ai contenitori in alluminio direi che è più difficile immaginare una diffusione soprattutto per la mentalità italiana: noi abbiamo un legame molto forte con la cultura del vino e ‘trattarlo’ come Coca Cola sarebbe difficile. Ma l’alluminio è un materiale fenomenale, comodo da trasportare, con un peso bassissimo rispetto al vetro, non ingombrante, facile da riciclare. Dal 2018 diminuirà inoltre il contributo ambientale per lo smaltimento.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Diversamente da altri tipi di prodotti il vino muta nel tempo e le dimensioni del contenitore (o meglio la quantità di vino contenuta) influisce sull’invecchiamento del vino stesso. Esistono già soluzioni “monodose”, che si orientano a tipologie di vino associate più al consumo da pasto piuttosto che alla ritualità e al romanticismo che da sempre ruota intorno a questo prodotto (soprattutto nei mercati come il nostro dove la tavola ricopre un ruolo fortemente sociale e di condivisione). Sicuramente, anche in questo caso, il numero di soluzioni andrà ad aumentare, ma difficilmente potrà sostituire le soluzioni più tradizionali dalla spiccata raffinatezza.
IL CAMBIAMENTO DEGLI STILI DI CONSUMO POTREBBE FAVORIRE UN VERO CAMBIO DEI CONTENITORI VERSO VINI IN LATTINA E IN CARTONE. COSA NE PENSA?
Officina Grafica
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Giacomo Bersanetti Nella quantità di soluzioni e applicazioni disponibili, occorre distinguere ciò che ha una concreta utilità da ciò che semplicemente distrae. Molto utili sono i sistemi che consentono la tracciabilità dei vini perché contrastano efficacemente la contraffazione, mentre le etichette interattive sono molto utili per aumentare la memorabilità del packaging. Le informazioni che ci raggiungono grazie alle nuove tecnologie, ci raccontano il vino ed il suo produttore e costituiscono un’utile introduzione; rimangono per noi in primo piano due aspetti: l’abito del vino deve armonizzarsi con il contenuto per valorizzarlo e, in secondo luogo, il vino la cui etichetta ci ha colpito va conosciuto bevendolo; come del resto la cantina ed il vigneto vanno visitati. La sfida consiste nel non perdere contatto con il dato reale.
Mario Di Paolo Tutto l’universo delle etichette intelligenti non appartiene ancora al mondo del vino. Ho visto progetti molto belli, ma non mi suggestionano. Considero queste cose parte di un consumismo veloce che vuole attrarre ma che svanisce altrettanto velocemente. L’universo del vino è fatto di tempi diversi, l'attesa è padrona. Io sono un innovatore fortemente legato alla tradizione, perciò amo la carta, la tratto, la trasformo, il tatto è fondamentale. E anche se guardo al futuro per quanto mi riguarda vedo un foglio di carta: lo pieghi e diventa un’altra cosa. Con semplicità. Non c’è bisogno di inventare chissà quali tecnologie, c'è ancora molto da scoprire a portata di mano.
Simonetta Doni L’etichetta intelligente esiste da tantissimi anni ma ancora non se ne fa grande uso, siamo riusciti a inserire i QR Code sul retro delle etichette ma il cliente finale non li utilizza affatto. Su vini importanti, pensati per un target maturo, le tecnologie hanno difficoltà a penetrare. Noi abbiamo proposto un’etichetta con la realtà aumentata ma realisticamente sono in pochi coloro che si prendono la briga di scaricare la app, inquadrare la bottiglia… Sarebbe interessante la realtà aumentate se le app si lanciassero da sole sul cellulare. Poiché fino a oggi ogni sistema ha la sua applicazione, io vedo che si tratta di un gesto non ancora entrato nell’uso comune. O quanto meno bisognerebbe metterci su una campagna pubblicitaria che racconti che in quella etichetta c’è la realtà aumentata. Ma occorrerebbe investire risorse economiche importanti.
GUARDIAMO AL FUTURO, ALLE SFIDE TECNOLOGICHE E AI POSSIBILI CAMBIAMENTI.
Studio Doni & Associati
SGA Corporate & Packaging Design
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Nell’ultimo decennio abbiamo assistito al lancio di "etichette intelligenti”o “etichette interattive” capaci di fornire una documentazione più o meno dettagliata sulla zona di provenienza, la tipologia di uve selezionate, l'andamento della vendemmia, etc.. In un mondo sempre più informatizzato avere a disposizione dei dispositivi digitali che dialoghino direttamente con i consumatori potrebbe, senza dubbio, rappresentare un'importante svolta verso la certificazione di qualità del prodotto che stiamo per acquistare. Abbiamo più di un dubbio sul fatto che l’etichetta possa in qualche modo essere sostituita poiché il tatto e la vista sono fortemente coinvolti nei primi 20/30 secondi che precedono l'acquisto. A nostro avviso trovarsi di fronte ad un’etichetta che comunica emozioni è, ancor oggi, il massimo riconoscimento raggiungibile.
P R E M I
COSMOPACK AWARDS 2018
A Bologna va in scena la cosmesi. Polveri sensoriali, make up effetto 3D, gel che cambiano colore in base alla luce… Cosmoprof è da sempre un contenitore di tendenze, un luogo dove si svelano le novità, proprio come sulle passerelle delle Fashion week. Quest’ultima edizione, che si è tenuta a Bologna dal 15 al 19 marzo, conferma una crescita complessiva del settore del 7,5 per cento rispetto al 2017. Cifra record per gli espositori, 2.822, provenienti da 70 nazioni, che hanno richiamato un pubblico internazionale, desideroso di fare business ma anche di aggiornamento professionale.
Categoria MAKE UP FORMULA SECOND CHANCE MASCARA DROPS, presentato da GOTHA COSMETICS (Italia) Il primo in assoluto "Mascara Life Extender" e il booster nero in gocce, che unisce allo stesso tempo molteplici proprietà di trattamento per le ciglia: ristrutturante, emolliente e idratante. Un prodotto sostenibile e rispettoso dell'ambiente.
Categoria MAKE UP PACKAGING TECHNOLOGY: BYE BYE BRUSH, presentato da OMNICOS GROUP (Italia) Un'applicazione impeccabile del tuo ombretto in polvere preferito con una sola mossa: non hai bisogno di alcun pennello, non ti sporcherai le dita!
Categoria SKIN CARE FORMULA: WARM & COLD PROGRAM, presentato da PINK FROGS COSMETICS (Italia) Programma 2 in 1 per un trattamento di bellezza come in istituto: una maschera "hot effect" per aprire i pori della pelle e disintossicarla, seguita da una maschera "effetto freddo" per completare l'azione purificante e idratare l'epidermide.
Categoria SKIN CARE PACKAGING TECHNOLOGY: AMPOULE DROPPER, presentato da YONWOO (Corea del Sud) Contagocce per massa a bassa viscosità, che mantiene l'usabilità del flacone contagocce; realizzato in morbida gomma.
Grazie alla presenza di tutte le componenti della filiera - materie prime, macchine e soluzioni di automazione dei processi produttivi, produzione conto terzi e soluzioni full service, applicatori, packaging primario e secondario – la manifestazione ha offerto uno sguardo esclusivo sulle novità e le soluzioni digital e di smart manufacturing proposte dalle aziende leader del mercato a livello internazionale. La cosmesi, si sa, è tra le eccellenze del Made in Italy, con il comparto cosmetico nazionale che registra oltre 11 miliardi di euro di fatturato (+4,3%), offre lavoro a oltre 35mila addetti, che salgono a 200mila con l’indotto. Con un export a +8% e una bilancia commerciale che raggiunge i 2,5 miliardi di euro, si può dire che l’Italia della cosmesi è un vero e proprio modello virtuoso.
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Cosmopack, il lato innovativo del pack PACK PER BEAUTY AND SELFIE. Sono tanti i prodotti confezionati a posta per i selfie, che ci aiutano nei ritocchi prima dello scatto: creme illuminanti, polveri e fondotinta second skin in grado di catturare la luce migliore. Sempre a prova di smartphone. DUE IN UNO. Molti i contenitori double face e multifunzione: per esempio kajal e ombretto nella stessa confezione, ma anche fard e labbra. KIT DA VIAGGIO E URBAN KIT. Mini spray, mini pack, mini trousse e mini kit con tutto l’indispensabile. TRIPUDIO PINK. Il rosa conquista il corpo, dalle sfumature petalo al fucsia, dai maquillage fatati alle texture polverose per le guance, dai gloss lampone fino ai rouge corolla che tingono i capelli. COSMETICI GREEN. Dai prodotti vegani ai nuovi cosmetici con principi attivi estratti dalle piante, dagli smalti senza tolouene, formaldeide e canfora ai primi cosmetici commestibili. Vale oltre 1000 milioni di euro il mercato dei cosmetici green. CONTENUTO E CONTENITORE TAILOR MADE. Ognuno si crea il proprio prodotto, secondo le caratteristiche della pelle. Tutto è personalizzato dal mix di ingredienti al colore e alla forma del packaging. COSMESI UOMO. Complice la diffusione dello stile hipster, la moda del beard grooming continua ad essere un vero e proprio fenomeno di culto. Per la barba vincono molti balsami, oli idratanti, cere modellanti, custoditi in flaconi in plastica vegetale, e vasi in vetro o alluminio.
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I clienti ci chiedono creatività , visione, competenza. ENGLISH VERSION C pg. 84
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MOT TA
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Fondatore e ceo di PackLab, agenzia internazionale di design con sedi a Londra, Leeds, Helsinki, Lisbona, San Paolo e Luanda, Ian Rooney è tra i designer più in vista del momento. A Print ha concesso un’intervista esclusiva sui temi della responsabilità ambientale delle marche, della personalizzazione, dell’esperienza sensoriale.
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Protagonista da oltre 25 anni sulla scena del packaging e del branding a livello internazionale, Ian Rooney è nato in Irlanda, cresciuto in Inghilterra, con studi di design, marketing e comunicazione in diversi Paesi. Nel 2009 ha fondato PackLab, agenzia di packaging design e brand identity che in pochi anni ha vinto più volte prestigiosi riconoscimenti internazionali come il Pentaward (Worldwide Packaging Design Awards) a Shanghai e il GDUSA (American Package Design Awards) a New York. Ian Rooney è considerato un innovatore nel packaging, materia che insegna da anni alla Lahti Institute of Design di Helsinki di cui è diventato direttore, facendone uno dei centri più avanzati nel packaging e nel brand design a livello mondiale. Come guest speaker e visiting professor, è spesso in viaggio anche per seguire personalmente le sei sedi nel mondo di PackLab e i numerosi clienti.
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QUALI SONO I MATERIALI CHE PREDILIGE PER IL PACKAGING? La specificità di ogni progetto richiede o una soluzione standard predeterminata dal cliente, o una soluzione su misura. In relazione al brief e all’agenda, proponiamo i materiali e le finiture più appropriati, ma non abbiamo materiali, o fornitori preferiti poiché ogni progetto è pressoché unico e personalizzato. PackLab si vanta d’essere un’agenzia specializzata indipendente, che fornisce consigli indipendenti e imparziali. QUAL È IL RUOLO DEL PROGETTISTA NELL’INFLUENZARE LE MARCHE AFFINCHÉ PERSEGUANO UN COMPORTAMENTO COERENTE CON IL TEMA DELLA RESPONSABILITÀ AMBIENTALE? Purtroppo siamo nel mezzo dell’economia dell’usa e getta, tuttavia non sono certo che la cultura del far sentire il consumatore colpevole dello spreco sia arrivata così a fondo da farci spostare in avanti velocemente. Sono cresciuto nel Regno Unito nell’epoca in cui le bottiglie in vetro erano consegnate a casa, lavate e riusate e si potevano rendere al negozio per 10 centesimi. Vivo in Finlandia da 13 anni, un paese con un efficiente sistema di raccolta delle bottiglie di plastica e di vetro e, complessivamente, con un grande sistema di riciclo. Molti marchi si stanno cimentando con l’idea o il tema della responsabilità ambientale, ma non tutti sono coinvolti completamente nella “narrazione”.
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Questo entrare in punta di piedi nelle acque della responsabilità ambientale è, ovviamente, giustificato e comprensibile. Talvolta compromessa dai media e da influenti lobbisti di produttori/fornitori, quest’area di conoscenza potrebbe diventare un campo minato per i manager della marca e per i designer. Non fraintendetemi, ogni piccolo cambiamento e sviluppo incrementale fa la differenza, ma non abbastanza velocemente per la mia mentalità.
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Penso che la sfida ambientale necessiti di un approccio progettuale dirompente e significativo; non c’è bisogno di un gruppo di lavoro, ma bisogna coinvolgere l’intera catena del valore. La parola “responsabilità” mi fa pensare che alcuni considerano ancora “la responsabilità ambientale” come facoltativa. Il mio cuore mi dice che prima dovremmo
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creare sistemi, una completa visione e revisione dell’intera infrastruttura. Questa infrastruttura dovrebbe essere ricostruita per desiderio e non per dovere. Un nuovo sistema e un modo di consumare che abbia fondamenta per lungo tempo. LA STAMPA DIGITALE È LA NUOVA FRONTIERA DEL PACKAGING PERSONALIZZATO. VORREMMO CONOSCERE IL SUO PENSIERO, SIA IN RELAZIONE ALLE MARCHE CHE UTILIZZANO QUESTA TECNOLOGIA, SIA PER QUANTO ATTIENE ALL’ESPERIENZA DEI CONSUMATORI. Non c’è dubbio che la stampa digitale abbia molte stimolanti applicazioni, di cui la personalizzazione è la più pubblicizzata, tuttavia sarà questo approccio solo o ci saranno altri significativi lanci di marche globali che utilizzano una tecnologia
Lundén & Cie Brand & Wine Range (2017) L’agenzia viene incaricata del progetto da Markus Lundén, giovane e ambizioso produttore di vino, specializzato nel Riesling. Il focus cade sul modo originale con cui Lundén realizza il suo vino, sulla sua capacità di mettere insieme miscele e aromi come i pezzi di un rompicapo. Il pensiero si focalizza quindi sul tangram, un antico rompicapo scomponibile che consente possibilità infinite di creare e re-inventare nuove forme. Così questo simbolismo viene inserito nell’identità del marchio dell’azienda e su questo si costruisce l’aspetto visivo dell’etichetta. Il tangram esplicita la gamma di vino, che attualmente consta di 10 varietà di bianco. Gli aspetti narrativi e il simbolismo vengono riportati sul retro delle bottiglie. Viene ideata l’immagine coordinata anche per gli elementi collaterali: scatole per la spedizione, biglietti da visita, brand identity, carte e nastri. “Stiamo accompagnando questa giovane marca nella sua crescita costante” dice Ian Rooney.
che può catturare l’attenzione dei media e del pubblico? Non c’è dubbio che ci sia stata una positiva risposta dei consumatori, ma questa era in parte dovuta alla novità della sua applicazione. Cosa ci sarà dopo? Le aspettative sono alte, ma non sono sicuro che questi picchi saranno ripetuti agli stessi livelli. Posso sbagliarmi, ma penso che la personalizzazione digitale diventerà uno strumento
Penso che la sfida ambientale necessiti di un approccio progettuale dirompente e significativo.
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X-Berg Signature Riesling Wine (2016) Il brief per questo progetto si è concentrato sul compito di creare dal nulla una “griffe” indipendente per il vino denominata X-Berg. Ian Rooney spiega: “Abbiamo considerato la narrazione in due modi: da un lato X-Berg è l’abbreviazione di Kreuzberg (derivato dal significato di Kreuz: “croce”), il famoso borgo di Berlino pesantemente segnato da graffiti e dalla cultura “underground”; dall’altro il significato di Berg (“montagna”) si prestava alla possibilità di essere usato come un potente riferimento visivo”. L’agenzia ha ancorato lo sviluppo concettuale del progetto su entrambi questi riferimenti per creare una forte visibilità dell’etichetta. Una X che colpisce, schizzata come un graffito a mano, stampato su carta ruvida, delinea la silhouette della cima di una montagna.
quotidiano di marketing, dove la sua integrazione invece dell’impiego saltuario sarà ulteriormente sviluppata. Dove realmente sono entusiasta della sua applicazione e dei suoi benefici è sulla sua capacità di sperimentare in diversi modi, di avere più controllo sulle scadenze, sulla velocità per arrivare sul mercato e sulla riduzione dell’investimento quando si tratta di piccole serie. Per le marche globali che operano in una moltitudine di mercati, i benefici sono ovvi per la capacità di risolvere le differenze regionali, è un cambio di paradigma significativo. La qualità della stampa digitale migliora continuamente, ma ci sono ancora importanti limitazioni e alternative per prodotti di marca a valore aggiunto. Per me, è uno strumento di valore, una grande opportunità, ma è una delle molte che i brand manager e i designer hanno a loro disposizione. SI PARLA SEMPRE PIÙ SPESSO DI SENSORIALITÀ DEI MATERIALI, DELLE FORME, DELLE TEXTURE, DEI COLORI. QUAL È IL SEGRETO PER OTTENERE RISULTATI POSITIVI? Io associo l’esperienza multi sensoriale di successo a un’orchestra che suona musica classica con strumenti di diverso genere. Da quelli a corda, ottoni, strumenti a fiato fino alle percussioni, tutti rappresentano un diverso senso. Alcuni strumenti, come il violino, possono essere suonati
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in modo indipendente, mentre altri sono in qualche modo ingombranti e scomodi. C’è il tempo e lo spazio per un violino come c’è tempo e spazio d’essere affascinati dall’orchestra. Produrre un’esperienza di consumo tangibile di successo è come camminare sul filo bilanciando la comprensione scientifica, la natura esplorativa del design e il delicato tocco intuitivo che può solo essere descritto come mestiere. Tutto questo deve essere fatto a cento all’ora. Dal comprendere l’ambiente, il contesto dei prodotti e i rituali associati, alla storia del marchio, il suo tempo, il peso per ogni senso e la sua promessa di autenticità. I prodotti di marche iconiche e di successo regalano esperienze che sono come orchestre fatte di punti di contatto rilevanti (strumenti) che si intrecciano armoniosamente con i nostri sensi inconsci, in modi che sembrano incomprensibili e insondabili, semplicemente sono. Queste esperienze senza sforzo e lineari sono ciò di cui sono fatte le marche e i prodotti iconici. LA TRASPARENZA – SIA DEI CONTENITORI CHE DELLA MARCA – È UNA DELLE SFIDE PIÙ IMPORTANTI E ATTUALI PER I DESIGNER. CI DIA LA SUA OPINIONE. Un britannico, un olandese e un finnico vanno al supermercato per acquistare del latte nei loro rispettivi
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Ägräs Abloom Limited Edition Gin (2018) Ägräs Distillery è la prima distilleria artigianale nei dintorni di Fiskars, in Finlandia, uno storico villaggio circondato dalla magnificenza della natura finnica, internazionalmente noto per il suo retaggio nell’arte e nel design. PackLab ha ideato il marchio dal nulla e ne ha sviluppato l’identità, lavorando per la linea di gin, whiskey, digestivo e acquavite della distilleria. “Abloom è il primo gin in edizione limitata della distilleria e come tale merita un packaging e un’immagine complessiva audaci, pieni di anima e carattere” spiega Ian Rooney. PackLab ha trovato ispirazione nel villaggio di Fiskars e ne ha illustrato il suo ricco mondo come sfondo. La storia si snoda su una etichetta avvolgente, in plastica opaca dove la firma Ä per Ägras si staglia netta e orgogliosa.
mercati. Gli elementi guida come i formati della confezione e l’importanza della trasparenza differiscono in modo significativo. Ho vissuto nei tre Paesi e ho fatto esperienza di prima mano di queste differenze. Tutti i mercati lodano se stessi sull’importanza della loro fresca produzione nazionale e delle loro latterie regionali.
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Nel Regno Unito si acquisterà probabilmente in una bottiglia in PET trasparente il latte regionale con la marca dei distributori. In Olanda si comprerebbe probabilmente una marca locale in una confezione in Tetra. Quel che è significativo nel mercato olandese è l’uso di finestrelle di plastica che possono essere trovate in alcune soluzioni di packaging di Tetra, così i consumatori possono misurare il prodotto e cosa più importante per loro vedere la qualità del prodotto. Vedere la freschezza è molto importante per i consumatori olandesi, il che spiega la differenza nell’uso di confezioni in vetro e plastica nel Paese e soprattutto in specifiche aree.
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In Finlandia, confezioni standard in Tetra sono le sole disponibili per il latte e altri prodotti derivati dal latte. I Finlandesi sono fedeli e credono nelle marche e nei produttori di alimentari nazionali, per via di questa fiducia pare esserci meno trasparenza nel packaging per cibi e bevande in raffronto alla quantità di contenitori trasparenti di altri mercati europei e io credo sia il caso di tutti i Paesi nordici. Così, in risposta alla domanda, il livello di importanza della trasparenza nel packaging differisce in base alla categoria di
prodotto e da mercato a mercato. L’importanza della trasparenza nel packaging design per la marca e il suo significato in un più ampio contesto è stato e continuerà ad essere una delle più grandi sfide a cui i brand manager e i designer devono far fronte. Come si mostra e comunica la trasparenza nell’età del sovvertimento e dello scetticismo? C’è bisogno di coltivare nuovi e importanti rituali di consumo che siano maggiormente in linea con più ampi interessi e bisogni.
Come si mostra e comunica la trasparenza nell’età del sovvertimento e dello scetticismo? C’è bisogno di coltivare nuovi e importanti rituali di consumo.
PackLab — —
agenzia globale di design
— — Presente in tre continenti, PackLab ha sede a Londra, Leeds, Helsinki, Lisbona, San Paolo e Luanda. Indipendente dal 2009, ha una forte attenzione per l’innovazione ed è impegnata a creare esperienze uniche per gli utilizzatori delle marche, assicurando loro una crescita misurabile L’agenzia lavora con clienti di tutte le dimensioni ed una sua propria caratteristica è quella di inserire piccoli gruppi di specialisti nello specifico mercato da trattare, così da raggiungere una conoscenza profonda degli aspetti locali, facendo esperienza diretta e apprendimento sul campo, integrando il tutto in una visione internazionale. In questo modo l’agenzia crea processi di lavoro agili, fluidi, veloci. Un metodo di lavoro che PackLab applica sia ai clienti che vogliono ottenere visibilità globale, o hanno l’obiettivo di entrare in nuovi mercati, o scelgono di mantenere stabile la loro presenza nei mercati locali. “Con i clienti stabiliamo un rapporto di fiducia, una collaborazione attiva e loro riconoscono a PackLab la competenza specializzata e la creatività visionaria” spiega Ian Rooney, fondatore e ceo. Una creatività che ha ormai vinto molti ambiti riconoscimenti internazionali nelle categorie: alimenti, vino, alcolici e tecnologia. — —
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difetti di stampa ENGLISH VERSION C pg. 85
Ripercorriamo insieme gli errori più comuni che possono accadere durante il processo di stampa. Per capire come possiamo evitarli in tempo utile. Perché non rovinino uno stampato o la resa di una foto. 1. Pendant 2. Fuori registro 3. Moiré
4. Capperi 5. Errore di cromia 6. Errore di nero
di L O R E N Z O
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7. Distacco di vernice 8. Scale e crocini visibili 9. Errori di testo
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Tutti commettono errori. È per questo che, come dice un proverbio giapponese, c’è una gomma per ogni matita. Ma c’è errore ed errore. A volte un errore è una possibilità inespressa che deve ancora trovare la sua strada, altre volte solo un irrimediabile sbaglio. Anche il complesso mondo della stampa non è esente da questa regola. Purtroppo gli sbagli sono più frequenti delle creazioni nate per caso, e qualcuno è più grave di un altro. In attesa che il professor Grammaticus de “Il libro degli errori” di Rodari finisca di perfezionare la sua macchina ammazzaerrori, proviamo a ripercorrere insieme i più comuni. Perché a volte basta poco per non sbagliare. 0044
PENDANT
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Come si presenta: Non è affatto facile ottenere il pendant ideale, ovvero far combaciare perfettamente due parti di una foto se stanno su pagine diverse. Questo attraversamento si può avere in diversi punti dello stampato e, a parte il centro della segnatura che appartiene allo stesso foglio, riserva sempre delle insidie, soprattutto se le due pagine provengono da due segnature diverse o, come capita quasi sempre nelle pubblicità sui giornali, tra seconda di coperta e prima romana. In questo caso il problema non è legato solo al fatto che i fogli sono stampati in momenti diversi o le immagini possono essere anche molto distanti sullo stesso foglio di stampa, ma dipende anche dal fatto che hanno supporti a volte molto diversi, per grammatura e finitura della carta. In pratica il tipo di segnatura e la caduta delle pagine può fare la differenza e rovinare la resa di una foto. Cause: In molti casi, prendere il colore può essere complicato, se non impossibile, e si dovrà scendere per forza a compromessi. Il pendant non è solo problematico per la cromia, ma anche per la confezione sia perché un attacco non perfetto evidenzia subito eventuali allineamenti sbagliati, sia perché se non ben compensato influisce sulla
leggibilità delle foto. Tenete conto che una foto passante e, a maggior ragione, un testo, per esempio un titolone, finisce per forza in piega e lo stampato al crescere delle pagine può non aprirsi completamente ostacolandone la lettura. Io cosa posso fare: Ovviamente non è possibile chiedere di limitare i pendant perché graficamente hanno un grande impatto e non è pensabile sapere come cadrà quella foto sul foglio macchina. Ma qualcosa si può fare in fase di progettazione. Quando si impagina basta concepire la foto come due metà diverse e spostare verso l’esterno ciascuna delle due di almeno 5 mm. Si guadagnerà in questo modo una più naturale leggibilità dell’immagine. Il parere dell’esperto: Quanto alla cromia, lo stampatore cercherà sicuramente la resa migliore, ma ricordatevi che in questi casi la soluzione migliore è il compromesso.
FUORI REGISTRO
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Come si presenta: Avete presente quando vi sembra di vedere doppio e alzate la testa dal foglio e tutto torna a fuoco? Ecco, quello è il fuori registro. Un difetto inevitabile quanto frequente. Lo sapete, tutto ciò che è stampato in realtà è composto da una fitta trama di piccoli punti colorati che l’occhio ri-
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compone in un’immagine sola. Questo semplice inganno consente di riprodurre quasi tutti i colori con soli 4 inchiostri, ciascuno con una propria lastra, stampandoli sul foglio uno alla volta, in successione e in sovrapposizione “perfetta”: a registro appunto. Cause: Sembra facile ma ancora oggi, nonostante l’elettronica a bordo delle macchine che tutto controlla e tutto regola, avere un registro perfetto sull’insieme del foglio è un’utopia: molto dipende dalle condizioni di stampa (fogli molto grandi o la stampa in rotativa sono nemici del registro perfetto), dalle regolazioni della macchina e dal supporto. Certo esistono delle tolleranze, ma il fuori registro non dovrebbe essere mai percepibile. L’occhio umano può percepire una differenza di registro di 0,1 mm da 30 cm di distanza. La regolazione del registro è una delle fasi iniziali del processo di stampa e precede la regolazione del colore. Il fuori registro non dovrebbe quindi apparire sui fogli così detti buoni, e non dovrebbe arrivare allo stampato finito. Ma il condizionale è d’obbligo: basta una fermata della macchina. Su quante copie sarà il difetto non è
facile a dirsi. Potrebbe trattarsi di pochi fogli non ancora perfetti ma considerati buoni passati in tiratura e quindi essere circoscritto, ma potrebbe anche essere una svista dell’operatore e interessare buona parte della tiratura Io cosa posso fare: Stampare a registro è una delle condizioni base di fornitura di uno stampato e quindi dipende dallo stampatore, ma è altrettanto vero che si può fare già qualcosa prima. È innegabile che esistano grafismi pericolosi: lettere colorate molto piccole, ad esempio sotto corpo 7 pt, o bucate su un fondo pieno, ma anche filetti o cornici colorate molto sottili, magari curve. In tutti questi casi prendere il registro su tutto il foglio di stampa è decisamente più arduo. Il parere dell’esperto: Attenzione ai testi neri a 4 colori: sono un errore a prescindere dal registro, ma che possono rivelarsi drammatici.
MOIRÉ
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Come si presenta: Il termine ha origine dal francese moiré, un tipo di tessuto, tradizionalmente di seta, con un effetto cangiante che ricorda le onde o l'acqua, ottenuto
con una apposita calandratura in fase di finissaggio. Se il moiré per le stoffe, come sete, broccati e rasi, è indice di preziosità, altrettanto non si può dire per il mondo della stampa. Questa marezzatura appare come una cangianza della trama del retino di stampa. Su trame o texture si manifestano delle geometrie alterate, non regolari, sgradevoli agli occhi. Cause: Il fenomeno è subdolo e imprevedibile, e per altro nemmeno così frequente anche se esistono delle condizioni che lo favoriscono, e si presenta come onde, occhi di pernice o anelli concentrici (detti anelli di Newton) visibili solo quando si stampa. Il moiré nasce da un difetto di interferenza tra la trama di un grafismo (es. le righe di una camicia) e l’inclinazione del retino di stampa che lo compone. In pratica, si ha quando si riproduce, mediante retinatura, una immagine già retinata. Al tempo delle cianografiche e delle prove colore analogiche che si ottenevano dal montaggio delle pellicole, era facile accorgersi di questo problema prima di stampare un foglio. Ma ora è tutto digitale e il retino multifrequenza usato nasconde il problema.
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Io cosa posso fare: Più che lo stampatore a volte è il grafico che può evitare il moiré intervenendo sulle foto più pericolose. Come? Sfocando leggermente in post produzione il canale dell’immagine che scrive di più, in particolare il nero che normalmente ha un’inclinazione di retino di 45°. In stampa si può solo cambiare la lineatura delle lastre o la forma del punto. Il parere dell’esperto: Il digitale che usa un retino non regolare può essere un aiuto, ma non è detto che si possa usare questa tecnologia. Insomma, se si deve stampare un catalogo di stoffe, forse è meglio parlarne prima con lo stampatore.
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Come si presenta: Non sono quelli di Pantelleria, e fanno sempre sorridere quando li si nomina tra non addetti ai lavori: sono quelle piccole imperfezioni o buchi di colore che spuntano qua e là per le pagine del nostro stampato. È bene dirlo subito: non c’è tiratura che prima a poi non ne abbia uno. È un fenomeno connaturato nei processi stessi di stampa. A volte hanno la dimensione di un millimetro, altre com-
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Troppo nero!
paiono come costellazioni di puntini bianchi laddove c’è più inchiostro. Cause: Di solito si formano quando entra in macchina della sporcizia sotto forma di pellicole d’inchiostro secco, particelle di patinatura della carta o polvere; aderendo alle matrici, queste creano zone vuote per la mancanza di uno dei colori o piccoli cerchiolini bianchi. In questo caso il cappero è sicuramente sulla lastra del colore mancante. Anche i residui di carta dovuti al taglio dei fogli prima di stampare possono esserne la causa soprattutto se la carta è molto fibrosa. Io cosa posso fare: Come si dice, quattro occhi vedono meglio di due: se siete a vedere un avviamento presso lo stampatore, una volta che avete sistemato con lui la cromia, ma prima di firmare il foglio buono, date un’occhiata generale e segnalate eventuali capperi che fossero sfuggiti all’operatore. Si eviteranno contestazioni dopo. Il parere dell’esperto: Il difetto è ben individuabile ed è altrettanto facile eliminarli in corso di tiratura a patto che lo stampatore se ne accorga controllando frequentemente il foglio. Non deve nemmeno fermare la macchina.
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Troppo rosso!
ERRORE DI CROMIA
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Come si presenta: “Io pensavo che questa foto venisse diversamente”. Ecco l’errore è già qui. La resa del colore, non solo in stampa, è una scienza basata su processi controllati e misurazioni accurate. Certo le variabili in gioco sono molte e gli errori dietro l’angolo, ma esistono tutte le procedure per lavorare nel modo corretto e mettere in condizione di farlo anche chi stampa. Può darsi che si montino in macchina le lastre invertite o non si presti la dovuta attenzione a regolare correttamente la macchina, ma il più delle volte dietro un errore di cromia c’è una cattiva gestione del colore a monte. Cause: Le lastre sono segnate attentamente e controllate più volte prima di andare in macchina e lo stampatore, oltre alla sua esperienza, ha tutti gli ausili più o meno raffinati per regolare i calamai. Di più: oggi i CTP regolano direttamente le macchine per avere l’inchiostrazione giusta. Prima stampo bene, prima finisco e metto in macchina un nuovo lavoro. È sui cambi lavoro che guadagna chi stampa. Quindi sono le cattive conversioni da RGB a CMYK,
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Testo con nero impostato a 4 colori
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i profili usati senza consapevolezza, le prove fatte su carta non adeguata o non profilata, le valutazioni su monitor non calibrati o una cattiva fotolito a creare la maggior parte delle volte problemi di resa del colore. Io cosa posso fare: Per prima cosa non pretendere l’impossibile. Quello che si vede a monitor non sempre può essere riprodotto a stampa. Non fare da sé se non si sa cosa si sta facendo. Le prove colore non sono un di più e non sono un favore che fate allo stampatore, ma una tutela per voi. Meglio se confrontate le vostre con quelle dello stampatore, anche solo a campione. Attenzione che siano su una carta che simuli la finitura di quella sulla quale stamperete. Il parere dell’esperto: Cromisti non ci si improvvisa e tutto quello che pensate di risparmiare prima può rovinare dopo l’intero lavoro. E non valutate i colori solo sotto il neon dell’ufficio: alla luce calibrata saranno diversi, molto diversi.
ERRORE DI NERO
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(solo nero anziché nero a 4 colori nei testi e nei fondini) Come si presenta: Il nero in stampa è un concetto un po’ vago: c’è quello del solo inchiostro nero, c’è quello che si ottiene dal nero più il ciano o il magenta
e c’è il nero di quadricromia. E non ce ne è uno che vada bene sempre. Capita a volte di vedere testi neri a 4 colori sdoppiati dal fuori registro; fondini pieni di solo nero che appaiono di un grigio molto scuro o, peggio, trasparente se sotto c’è un’immagine; o ancora blocchi di testo graziati battuti in negativo su fondi neri sì belli pieni, ma ancora colorati dal fuori registro invece che bianchi. Cause: Il nero da solo va bene per i testi e i filetti perché un unico inchiostro, per quanto carico, non ce la fa a coprire completamente il retino sottostante degli altri colori. La soluzione al problema si chiama nero ricco composto da tutti e quattro i colori a patto di usarlo nel modo corretto perché per quanto appaia certamente più pieno e uniforme, espone al rischio del fuori registro. Io cosa posso fare: Conoscere come si traduce sulla carta quello che si vede a video mentre si impagina è indispensabile. Scriviamo in nero e usiamo più inchiostri per tutto il resto. Il nero ricco si può ottenere con diverse combinazioni: ciascun grafico ha le sue. Le più usate sono C30, M30, Y40, K100 o ancora o C50, M30, Y30, K100: poco cambia, attenzione solo a non esagerare con la copertura che non dovrebbe superare il 310%. Attenzione a
C30, M30, Y40, K100
K100 sovrastampa
K100 bucatura
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Fondo nero K100
Photoshop il cui nero nativamente è composto da C75, M68, Y67, K90, diverso dal nero nativo di InCopy o Illustrator che è fatto dal solo black. Il parere dell’esperto: Ricordate che ciò che vedete a monitor non è ciò che stamperete; per aiutarvi impostate i programmi perché mostrino il 100 K come un grigio, mentre il nero ricco di quadricromia come nero.
DISTACCO DI VERNICE, SERIGRAFIA, PLASTICA
Fondo ricco C30 M30 Y30 K100
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Come si presenta: Se tre soli ingredienti fanno impazzire una maionese, immaginate quali danni possono fare le numerose sostanze e trasformazioni chimiche e fisiche della produzione di uno stampato. Anche se è tutto testato, qualche volta qualcosa va storto. Capita, ad esempio, che sotto una plastificazione si creino bolle d’aria, oppure che questa si distacchi. O che la vernice rifiuti agglutinandosi o ancora la serigrafia non attacchi sfogliandosi o sbriciolandosi subito dopo l’asciugatura. Cause: Il più delle volte ciò è dovuto a un’asciugatura solo superficiale dell’inchiostro, all’eccessiva fretta nel procedere con la successiva lavorazione o all’aver utilizzato in fase di stampa
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L'esperto prodotti non compatibili tra loro. In questo caso è molto probabile che il fenomeno sia diffuso all’interno dell’intera tiratura e può dare certamente adito a contestazioni. Io cosa posso fare: Non pretendere tempi insostenibili. La carta è viva e subisce variazioni in base a temperatura e umidità (pensate allo stress della carta che passa nel forno di una rotativa a 170° ed esce di macchina pochi istanti dopo a temperatura ambiente). A questo aggiungete le reazioni chimiche di inchiostro e vernice, dei collanti della plastica o dell’inchiostro serigrafico. Insomma, ogni lavorazione ha i suoi tempi. Il parere dell’esperto: A peggiorare la situazione di solito ci si mettono la piega, la cordonatura e la confezione che, stressando la carta, ne spezzano le fibre e intaccano la tenuta della plastica.
SCALE E CROCINI VISIBILI
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Come si presenta: Avete presente i volantini che trovate nella posta? Ecco, quei segni che si trovano sugli angoli e in piega e quei quadratini colorati sono tutti segni che ci sono sempre su qualsiasi stampato, solo che di solito stanno fuori lavoro e vengono eliminati nella fase di taglio. Il volantino è l’unico caso in cui sono accettabili: deve costare niente, essere stampato alla
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Rino Ruscio, art director, grafico creativo e consulente Mondadori Libri e prima di Rizzoli Libri. CTU del Tribunale di Milano, Perito ed Esperto della C.C.I.A.A. di Milano. Per lui grafica, editoria e stampa non hanno segreti: non ricorda quante copertine e fascette sono passate sul suo mac. Autore tra l’altro di numerosi tutorial su Photoshop e InDesign. Gestisce il gruppo LinkedIn "Photoshop questo (s)conosciuto". → www.rinoruscio.it
velocità della luce. I segni di taglio e di piega, così come i crocini di sovrapposizione e le scale di controllo, servono come punti di riferimento per le varie lavorazioni nelle fasi di stampa e allestimento dello stampato. A volte però per un errore di taglio, storto o decentrato, tornano ad essere visibili. Cause: I motivi sono almeno due: da un lato un banale errore di misura nel taglio, dall’altro pochissimi margini per inserirli sul foglio e quindi tolleranze assolutamente risicate. Non sono mai belli e non devono esserci nella tiratura: piuttosto non si mettono soprattutto le scale colore. Anche perché vederli significa che piega e taglio sono sbagliati e con essi saranno visibili anche le abbondanze delle foto che apposta vengo aperte oltre il margine. Io cosa posso fare: In questo caso è tutto in mano allo stampatore e al legatore, bisogna quindi ingegnerizzare correttamente il lavoro. Ma qualcosa in realtà possiamo fare: se il formato del nostro stampato è a rischio per le macchine del nostro stampatore, può essere sufficiente rinunciare a qualche millimetro soprattutto sull’altezza. Il parere dell’esperto: Se siamo noi
a comprare la carta non diamo per scontato nulla e non facciamo lavorare senza margini chi stampa per risparmiare qualche euro.
E INFINE… ERRORI DI TESTO Come si presenta: C’è un curioso refuso, l’unico per la verità in tutto il volume, in una versione della Bibbia stampata nel 1631. Al compositore è rimasto nella cassa delle lettere un “not” e il VI comandamento citato in Deuteronomio 5:24 diventa “Devi commettere adulterio”. Ma non c’è testo che non sia esente. Non a caso esistono i correttori di bozze. E non illudetevi, il correttore di Word non è infallibile, anzi aggiunge entropia, anche se può essere utile per un primo controllo. Anche InDesign ha il suo correttore ortografico e, cosa che non tutti sanno, dal sito di OpenOffice è possibile scaricare dizionari Hunspell da aggiungere. E poi leggete e rileggete, anche al contrario e sillaba per sillaba. Ma soprattutto fate leggere. La correzione di bozze non è un passaggio superfluo e i refusi sono sintomo di poca cura del testo e del vostro stampato. E quel che non vedete voi, lo vedrà certamente chi legge.
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dominocommunication.it
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TIPOGRAFIA/// CLASSIFICARE I CARATTERI Progettare un carattere — seconda lezione
COLO PRO
L'ultimo censimento dei caratteri digitali risale al 2012, ad opera del progetto Creative Market. Dall'indagine, risulta un impressionante numero di oltre 90.000 famiglie di caratteri, per un totale di quasi mezzo milione di singoli font. Il dato è ancora più significativo se consideriamo che l'incremento nella pubblicazione di caratteri tra il 2010 e il 2012 è addirittura del +30%, e che un carattere su tre appartiene alla cosiddetta categoria "Display".
Con la capillarità di internet e la diffusione di software di type design sempre più intuitivi e automatizzati, il numero dei singoli font di cui disponiamo ha raggiunto la cifra vertiginosa di un milione. Saper classificare un carattere è dunque una competenza indispensabile, non soltanto per orientarsi in questo universo così affollato, ma soprattutto per poter individuare nuovi spazi di progettazione.
di S T E F A N O
TO RREGRO S SA
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Classificare i caratteri tipografici è un'arte antica. Ci aveva provato per primo il francese Francis Thibaudeau nel 1921, individuando quattro famiglie principali, seguito da Maximilien Vox con i suoi nove modelli. L'italiano Aldo Novarese, trent'anni dopo, si era basato sullo stile di grazie e terminali per identificare dieci principali categorie. La più recente classificazione ufficiale della letteratura di settore è invece quella di Robert Bringhurst, nel suo noto testo "The Elements of Typographic Style" del 1997, che propone otto fondamentali famiglie di caratteri. L'autore, tuttavia, non aveva ancora fatto i conti con la completa esplosione della tipografia digitale: l'esponenziale aumento dei software di type design, combinato con la diffusione dei mercati online dove è possibile vendere e acquistare caratteri con un click, ha comportato in pochi anni un vertiginoso aumento dei font a disposizione dei designer.
È più che prudente, quindi, stimare che oggi i singoli font stiano per raggiungere quota un milione. Oggi più che mai è necessario rivedere e ampliare il modello di classificazione di Bringhurst, tenendo conto del considerevole aumento di font, stili e categorie degli ultimi vent'anni. La proposta di classificazione ragionata che trovate nelle pagine seguenti, che comprende comunque buona parte della classificazione ufficiale, è frutto dell'esperienza e dell'osservazione personale, oltre che del confronto attivo e costante con la comunità online.
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Resta il fatto che classificare un carattere non è solo un mero esercizio teorico: aiuta nella comprensione dell'origine storica e culturale della tipografia, permette una migliore organizzazione e identificazione della propria libreria di font e, non da ultimo, getta le migliori basi per progettare un carattere secondo stili codificati e condivisi ad ogni livello.
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FETTE FRAKTUR
BLACKLETTER
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Diffusissimi un tempo nell’area tedesca, sono ancora oggi concettualmente collegati alla Germania, al Medioevo o ad un certo heavy metal. Sono caratterizzati da elevatissimo contrasto (derivato dall’utilizzo, in calligrafia, di una penna piatta impugnata con un angolo molto elevato rispetto al foglio), spessi tratti neri e terminali dei glifi spesso decorati. Fu con un carattere blackletter che Johann Gutenberg stampò la sua celeberrima Bibbia B42 nella seconda metà del 1400.
ADOBE JENSON PRO
GRAZIATI UMANISTICI / HUMANISTIC
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ADOBE GARAMOND PRO
ROMANI ANTICHI / OLD–ST YLE
Sphinx of black quartz, judge my vow.
Fu Nicolas Jenson (1420-1480) tra i primi a stampare con un carattere cosiddetto romano, i cui glifi cioè sono ancora oggi leggibili e comprensibili nel mondo occidentale. I caratteri graziati umanistici sono caratterizzati dalla presenza di grazie, dall’asse orizzontale della e minuscola non parallelo alla linea di base e da quello verticale della o minuscola non perpendicolare. Il contrasto (piuttosto scarso, nell’ordine di 3:1) e il tratto conservano ancora un’elevata somiglianza con la scrittura minuscola carolingia diffusa a partire dall’800, cui Jenson si ispirò.
Le opere di Claude Garamond (1499-1561), Aldo Manuzio (14491515) e Francesco Griffo (1450-1518) contribuirono a ridisegnare in maniera permanente i caratteri tipografici, favorendone il progressivo distacco dalla tradizione calligrafica. I graziati romani antichi sono caratterizzati dalla presenza di grazie, dall’asse orizzontale della e minuscola parallelo alla linea di base e da quello verticale della o minuscola quasi perpendicolare. Pur mantenendo ancora un certo sapore calligrafico, questi caratteri iniziano ad acquistare una maggiore geometria, prediligendo linee più rette e un maggiore equilibrio generale. Il contrasto diventa più accentuato (4:1) .
BASKERVILLE
TRANSIZIONALI / TRANSITIONAL
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Diffusi soprattutto nell’area britannica grazie al lavoro, tra gli altri, di John Baskerville (1706-1775) e William Caslon (1692-1766), i graziati transizionali sono caratterizzati dalla presenza di grazie e da un progressivo allontanamento dalla tradizione calligrafica: le geometrie diventano più spinte, gli assi sono completamente paralleli o perpendicolari alla linea di base, aumentano il contrasto (fino a 5:1) e il rapporto tra l’altezza della x e il corpo del carattere. Lo spazio orizzontale occupato dai glifi si riduce, verso quella che sarà definita proportione moderna.
DIDOT
ROMANI MODERNI / DIDONES
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L’opera di Gianbattista Bodoni (1740-1813) e Françoise Didot (1764-1836) compie un ulteriore balzo per allontanare la scrittura artificiale da quella calligrafica: le grazie, sottilissime rispetto allo spessore delle aste (con un contrasto che arriva fino a 7:1), sono geometriche ed equilibrate. L’intero impianto tipografico è rigido, pulito, modernissimo. La proporzione moderna è compiuta: l’altezza della x rispetto al corpo del carattere aumenta, la proporzione orizzontale dei glifi invece si riduce.
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ROCKWELL
EGIZIANI / SLAB SERIF
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I caratteri egiziani iniziano a diffondersi durante il 1800, grazie ad importanti innovazioni tecnologiche. Sono caratterizzati da grazie spesse e squadrate, non di rado quanto le aste, unite a queste ultime da raccordi tondi (egiziani inglesi) o squadrati (egiziani francesi). Con gli slab serif si inaugura la tradizione dei fat-faces, cioè i caratteri tipografici grandi, spessi e carichi di nero – che hanno segnato ad esempio l’iconografia del Far West e dei primi esempi di advertising. Hanno un gusto moderno e tutt’altro che calligrafico.
TRAJAN PRO
LAPIDARI
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I caratteri lapidari sono di difficile catalogazione: sono spesso unicase (cioè, presentano solo lo stile maiuscolo e, al più, il maiuscoletto) e hanno grazie uncinate. Ma alcuni esempi di lapidari sono privi di grazie, e rientrano nella categoria semplicemente perché ricordano la scrittura epigrafica su pietra tipica dell’Impero Romano.
SLOOP
CORSIVI FORMALI / FORMAL SCRIPT
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I corsivi formali imitano la calligrafia corsiva a pennino. Sono eleganti, formali, ampiamente decorati. Spesso presentano, per ogni glifo, numerose alternative: questo permette la formattazione di un testo in modo assolutamente personale. Attenzione alla crenatura quando si usano questi caratteri: è fondamentale regolarla correttamente per mantenere i glifi sempre legati tra di loro.
BRUSH SCRIPT
CORSIVI INFORMALI / CASUAL SCRIPT
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I corsivi informali imitano la scrittura manuale con un pennarello o un gesso. Sono spesso grezzi, e non di rado presentano i glifi rovinati per imitare la scrittura su materiali non lisci.
NOTERA SCRIPT
CORSIVI CALLIGRAFICI / HANDWRITING FONT
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I corsivi calligrafici imitano la scrittura manuale con una penna o matita. Hanno spesso nomi di persona, e non di rado si trovano vere o presunte digitalizzazioni di scritture di personaggi famosi. Molti di questi caratteri sono in free download, ma spesso la loro qualità è relativamente bassa.
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HELVETICA
LINEARI / SANS-SERIF
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I caratteri lineari si diffondono rapidamente a partire dalla fine del 1800, pur essendo in uso già da circa un secolo — ma solo in versione maiuscola. Sono caratterizzati dall’assenza di grazie, da una proporzione orizzontale piuttosto ridotta, dalla totale assenza di tratti calligrafici e modulazione e dal cappio della g minuscola chiuso (Lineari Grotteschi) o aperto (Lineari Neogrotteschi).
FUTURA
LINEARI GEOMETRICI / GEOMETRIC SANS-SERIF
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Il design dei lineari geometrici si ispira fortemente alle forme geometriche: quadrati, triangoli, rettangoli, cerchi. Sono privi di grazie, non di rado hanno vertici a punta e spesso la a minuscola predilige la forma tonda (upright) a quella classica.
OPTIMA
LINEARI UMANISTICI / HUMANISTIC SANS-SERIF
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Grazie tra gli altri all’opera fondamentale di Eric Gill prima (1882–1924) e di Hermann Zapf dopo (1918-2015), durante il ‘900 avviene una riscoperta dell’arte calligrafica: applicata alla tipografia, nascono caratteri privi di grazie che tuttavia, in virtù del tratto modulato e di alcuni dettagli sia nel disegno che nelle decorazioni, recuperano parte della pratica calligrafica.
PRESSURA MONO
MONOSPACE
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La maggiorparte dei caratteri che utilizziamo sono proporzionali: cioè, alcuni glifi (M, H) occupano più spazio orizzontale di altri (i, l). Con la nascita delle prime interfacce digitali — ad esempio, le prime calcolatrici, telefoni e display — fu necessario disegnare appositi caratteri monospace dove ogni glifo occupasse sempre il medesimo spazio orizzontale.
AVATAR
DISPLAY FONTS
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L’ultima categoria è, ovviamente, la più ampia: ai display appartengono tutti quei caratteri, con o senza grazie, che non rientrano nelle categorie precedenti e che, in linea di massima, sono più adatti a titolazioni, poster o brand design che alla scrittura di interi paragrafi di testo. È una categoria ricca di esempi, solo vagamente catalogabile per tipologia: grunge, stilistici, modulari, liberty, eccetera.
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< G R A N D A N G O L O >
TAILOR MADE È LA PROPOSTA DI ICMA PER IL PACKAGING CHE DIVENTA MESSAGGIO Con Tailor Made Icma ha reso concreta la possibilità di creare packaging personalizzati e coordinati in una duplice modalità che asseconda le esigenze dei brand del lusso per quantitativi minimi.
La prima opzione Tailor Made riguarda la produzione, a partire da un quantitativo minimo di una tonnellata di carta (pari a circa 15.000 fogli), di una finitura personalizzata per l’azienda richiedente. Dall’archivio storico dei cilindri di Icma (circa 200 diversi disegni) è possibile scegliere una texture da abbinare a una finitura (per esempio: bi-colorata, fluorescente, glitterata, liscia, lucida, me-
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tallizzata, opaca, perlescente, soft-touch, vellutata, con effetti di ossidatura, profondità prospettica, profumata e altro ancora) e a un colore Pantone a scelta. L’opzione riguarda anche carte derivate dal post-consumer waste. Una combinazione che genera un prodotto unico e distintivo, studiato per ottimizzare le applicazioni della corporate identity su tutti i supporti (scatole, shopper, carta regalo, brochure, inviti, ecc..), la carta può essere infatti realizzata in una gamma di pesi da 50 a 400 gr. Il vantaggio per l’azienda è di avere un prodotto “su misura” approvvigionandosi di un quantitativo facilmente gestibile e proporzionato alle effettive esigenze.
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La seconda opzione riguarda quantitativi ancora più ridotti, nell’ordine di circa 2.000 fogli che servono per caratterizzare in ogni dettaglio una capsule collection, o una limited edition. In questo caso è possibile combinare una goffratura con un colore e una finitura standard del campionario Icma. Il risultato asseconda le esigenze di immagine finalizzata per un progetto specifico, potendosi comunque basare su oltre 30.000 diverse combinazioni. Naturalmente Icma può studiare anche una texture completamente nuova, realizzando quindi un cilindro goffratore di proprietà del cliente.
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BRANDING
Aperol: innovare nel solco della tradizione
Aperol è un brand che non necessita di presentazioni. Vera e propria icona nel rito collettivo italiano, Aperol ha abbracciato, facendolo suo, uno straordinario immaginario fatto di solarità, socialità e gusto, che ha travalicato i confini del settore merceologico per “farsi genere” nell’arte, nella comunicazione, nella storia della creatività e dello stile made in Italy.
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Direttore Creativo dal 1990 e partner di Robilant Associati dal 2002, GIULIANO DELL’ORTO ha sviluppato un'ampia professionalità nel branding e nel design strategico a livello nazionale e internazionale curando i contenuti strategici e creativi in progetti che spaziano dall’automotive al food, dal mass market al luxury. È fortemente specializzato nel product e nello structural design e nei processi di New Product Development.
Rinnovare un brand globale con queste caratteristiche rappresentava per la nostra agenzia una sfida importante e una responsabilità di cui ci siamo fatti entusiasticamente carico. Aperol è nata a Padova nel 1919 per mano dei fratelli Barbieri, che lo hanno così battezzato facendo eco alla maniera francese di consumare l’aperò. Da allora la marca di strada ne ha fatta tanta, come testimonia la notevole raccolta di manifesti, etichette e riconoscimenti che costituiscono il suo invidiabile patrimonio iconografico. Poiché questo è un periodo in cui i consumatori e gli esperti di mixology cercano, dietro alle marche, tradizioni e storie da raccontare, oltre che naturalmente qualità intrinseche di prodotto, ecco che, per rilanciarsi in vista del suo primo centenario, il brand ha attinto ai segni della sua lunga tradizione, cercando allo stesso tempo di costruire un linguaggio universale e contemporaneo con cui parlare ai diversi pubblici. Aperol lo ha fatto rimanendo nel solco dei suoi valori, della sua promessa e del “talento” che differenzia la marca dal resto del mercato. L’intervento ha coinvolto tutti gli elementi dell’identità: l’etichetta si è raffinata in tutti i dettagli, ridisegnando il logotipo, suggellando al centro la definizione di “aperitivo italiano - dal 1919”, evidenziando maggiormente il sigillo dei fondatori e aggiungendo un importante tassello che fa di Padova il luogo elettivo di nascita. La composizione cromatica verde/arancione al suo interno trasmette poi un elegante senso di freschezza e di profondità del gusto, mentre il tutto acquisisce una maggiore tridimensionalità grazie al recupero di cornici e fregi riconducibili ai primi esercizi art nouveau del brand, rintracciabili nelle etichette storiche e nella cartellonistica pubblicitaria. Anche la bottiglia ha assunto una maggiore caratterizzazione, grazie ai nuovi elementi in rilievo l’iniziale A sulla spalla, i due scassi laterali che danno risalto all’etichetta e la firma al piede Aperol 1919.
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Con questa immagine, ancora più autentica e sofisticata, crediamo che questo global brand possa interpretare con sempre maggiore autorevolezza il ruolo di partner delle bollicine in quel momento di consumo allo stesso tempo conviviale e aspirazionale che ha suggellato nello spritz.
Collateralmente, è nato un sistema di segni e di trattamenti, un linguaggio di marca verbale e visivo con cui Aperol comunica fuori dal pack, nel punto vendita e sui vari materiali promozionali. Questo insieme è stato chiamato “social wall”, secondo la vocazione squisitamente aperoliana della condivisione: si tratta di un pattern in cui si intessono, in una trama originale, i principali segni della comunicazione e del consumo del prodotto, assieme ai termini che corredano la sua nuova identità. Il lavoro sulla marca non si è però limitato alla mother brand Aperol, ma si è esteso anche alle line extension Aperol Spritz e Aperol Soda, rinnovando in maniera sinergica e valorizzante un brand che esporta il suo “joyful mood” dall’on trade al consumo domestico. Con questa immagine, ancora più autentica e sofisticata, crediamo che questo global brand possa interpretare con sempre maggiore autorevolezza il ruolo di partner delle bollicine in quel momento di consumo allo stesso tempo conviviale e aspirazionale che ha suggellato nello spritz.
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Bottiglie di vetro: se il medium è il messaggio
Le forme tradizionali confermano la loro forza nel mercato, con in più una marcata tendenza alla personalizzazione. Per i rosé ecco le nuove bottiglie– gioiello con il fondo modellato. E colori? La moda li vuole caldi come il quercia e la foglia morta. Abbiamo chiesto a O-I, leader mondiale nel mercato del packaging in vetro, di fare il punto sulle forme e le tendenze nel packaging del vino.
Tradizione e innovazione nel packaging competono per accaparrarsi l’interesse dei consumatori quando si tratta di scegliere un buon vino. Non c’è una tendenza predominante, ma bisogna prendere in considerazione molte differenti strategie. Ne vediamo alcune insieme a O-I, leader mondiale nel mercato del packaging in vetro, che ha condiviso con noi alcuni approfondimenti circa tendenze nuove e continuative per il vino, in diverse aree geografiche. Dato che l’azienda opera con stabilimenti in 78 Paesi, lanciando oltre 600 nuove soluzioni di prodotto all’anno sulla base di ricerche avanzate (un patrimonio di oltre 1.800 brevetti registrati nel mondo), il loro punto di vista può abbracciare un vasto panorama.
Anni fa abbiamo fatto un esperimento con i consumatori: lo stesso vino è stato assaggiato versato da una bottiglia verde e da una color foglia morta, il sapore è stato percepito migliore da quest’ultima
Dalla loro introduzione, molti decenni fa, le bottiglie UVAG (vetro ad assorbimento dei raggi ultravioletti) hanno cambiato enormemente il packaging per il vino assicurando al vino una protezione di gran lunga migliore. Quali sono gli ulteriori progressi? «In termini di colore, la tendenza è verso colori caldi come il quercia e la foglia morta» dice Benoit Villaret, Wine Leader Europe di O-I. Sembra che, oltre a una efficace protezione che il vetro scuro offre al vino, ci sia anche un effetto psicologico, essa spiega: «Anni fa abbiamo fatto un esperimento con i consumatori, lo stesso vino è stato assaggiato versato da una bottiglia verde e da una color foglia morta, il sapore è stato percepito migliore da quest’ultima». Le principali tendenze nel packaging per il vino: cosa ci dice a proposito della forma della bottiglia (forma del collo, fondo, spalle, colore)? «La tendenza nel packaging segue le tendenze dei consumatori, quindi l’andamento premium richiede altezza, spalle pronunciate e significativa spinta della forma verso l’alto. Il consumo di rosé dà impulso alla domanda per vetro trasparente e ultra trasparente così come verso “forme inusuali”». In fatti per i vini rosé O-I ha creato alcune bottiglie con il fondo (piqûre) modellato come una scultura. È interessante conoscere le tendenze per i vini
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australiani e cileni che sono dedicati all’export. «Non abbiamo notato significative differenze fra le aspettative circa le bottiglie in vetro fra Australia e Cile. È più una questione di posizionamento, l’Australia è intenzionata a muoversi verso vini premium mentre il Cile è orientato al flusso di consumo per l’export». Per quanto riguarda l’Europa: c’è uno spostamento dalle forme tradizionali (tipo borgognotta e bordolese) a forme completamente nuove? «Le forme storiche permangono, tuttavia la personalizzazione avviene su queste forme (usando incisioni e altorilievo). Poi, per seguire le tendenze del rosé ci sono ulteriori differenziazioni». Nel vino alto di gamma (in particolare in quello a Denominazione di Origine Controllata e Garantita), i consorzi hanno scelto bottiglie brevettate che i loro consorziati devono usare. O-I ha prodotto qualcuna di queste bottiglie speciali? «Sì molte
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in Francia per Chateauneuf du Pape, Gigondas, Val de Loire, Muscadet, Costières de Nimes e altri». In Italia? «C’è un tipo per Prosecco di Valdobbiadene e alcune per i vini siciliani». Oltre alla forma, anche il vetro di per sé è importante, O-I ha introdotto alcuni anni fa le bottiglie in vetro a peso alleggerito. Alcuni produttori di vino preferiscono il vetro a peso alleggerito come parte della propria strategia complessiva di sostenibilità e questa sembra essere una delle più forti tendenze per accondiscendere le future aspettative dei consumatori. BOTTIGLIE PERSONALIZZATE Quali altre osservazioni in Europa? Vi sono alcuni consorzi per la “tutela della denominazione d’origine” dei vini che hanno deciso di adottare una bottiglia personalizzata, una valida per tutti i produttori-membri di uno specifico consorzio. In questo caso, la bottiglia brevettata diviene un sigillo inconfondibile di identità
con il suo sistema unico di forma, colore, goffrature a rilievo. Una tale bottiglia gioca il ruolo di garanzia ed è un incisivo “messaggero”, giacché è ornata con etichette e bolli che rappresentano il lato narrativo del vino. Inoltre, le etichette più avanzate, che interagiscono con lo smartphone, possono effettivamente trasformare una targhetta in un video, aprendo prospettive circa il coinvolgimento e l’intrattenimento dei consumatori.
Alcuni produttori di vino preferiscono il vetro a peso alleggerito come parte della propria strategia complessiva di sostenibilità B E N O I T V I L L A R E T, W I N E L E A D E R E U RO P E D I O - I
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Il consumo di vino La produzione di vino è concentrata principalmente in 14 Paesi (Italia, Francia, Spagna, Germania, Portogallo, Russia, Romania, Ungheria, USA, Cina, Australia, Argentina, Cile, Sud Africa), ma i primi tre dominano il mercato, mentre l’export e il consumo riguardano pressoché tutti i Paesi del mondo. Con centinaia d’anni di storia, il vino è profondamente radicato nelle tradizioni culinarie di molte nazioni. Il consumo, a casa o fuori, ha subito alcuni radicali cambiamenti strutturali soprattutto nelle ultime due decadi. Sebbene non sia possibile generalizzare (al contrario è consigliabile considerare attentamente i dati in ciascuno Stato), ci sono alcuni comportamenti comuni. Il vino non è più la bevanda quotidiana per pranzo e cena, il consumo sociale e ricreativo è un’abitudine in crescita in particolare nelle nuove generazioni, il vino ha perso la propria prerogativa maschile e oggi è acquistato anche da donne per occasioni formali, per regalo o semplicemente per consumo domestico. La conoscenza del vino (semplicemente una elementare cultura enologica) sta crescendo insieme a un comportamento più consapevole del bere. Il vino stesso è cambiato, in una manciata di anni abbiamo visto l’affermazione di nuovi tipi di vini biologici, vegani, kosher e perfino halal. Con tali sconvolgimenti nel prodotto e nei consumatori, dal lato dei produttori abbiamo registrato la decisione di intraprendere e sviluppare strategie di marca sorrette da comunicazioni on/offline. Inoltre si è assistito all’aumento di diversi canali di vendita: enoteche tradizionali, supermercati così come cantine, e-commerce e così via. Come parte di questo nuovo scenario, dobbiamo prendere in considerazione anche la preoccupazione dei consumatori per l’ambiente. Non sorprende che l’interesse dei consumatori, dei produttori di vino, dei distributori e degli operatori dell’ho.re.ca. abbia fatto convergenza sulla bottiglia di vetro per le sue intrinseche proprietà. Vetro e vino rappresentano una storia che dura da molti secoli, ma solo in anni recenti questa coppia ha guadagnato impulso, tenendo il passo con la forte domanda di sicurezza e di basso impatto ambientale dei contenitori.
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Sul lato opposto, vi sono le aziende vinicole radicate nel territorio locale che preferiscono continuare ad usare le bottiglie della tradizione, fra cui: la bottiglia schlegel in alcune regioni della Germania, la frascati, l’emiliana, la reggiana e altre ciascuna rappresentante una specifica area geografica d’Italia. Le bottiglie più diffuse sono la borgognotta e la bordolese, originarie della Francia, sono ormai uno standard essendo utilizzate da moltissime aziende vinicole in tutto il mondo. Tuttavia, anche una bottiglia comune può beneficiare della personalizzazione, per esempio utilizzando
elementi decorativi sul corpo, attraverso l’alto rilievo o la stampa digitale, oppure aggiungendo elaborate etichette. Tuttavia se il brand vuole essere davvero dirompente, quando la bottiglia è essa stessa il messaggio, bisogna allora esplorare l’area del “su misura”, un mondo di meraviglie dove la creatività e le invenzioni tecniche procedono insieme.
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PAGINA PRECEDENTE: Nell’atmosfera ombrosa e fresca della cantina Gravner, la pipetta per l’estrazione del vino dall’anfora per controllarne il colore durante la vinificazione diventa il fulcro luminoso della composizione e assume un’aura quasi metafisica.
Un destino imprevisto Veronese, fotografo professionista dal 1987, Alvise Barsanti da bambino sognava di fare il maestro di sci. Ma quando non aveva ancora vent’anni un infortunio ha interrotto le sue ambizioni sportive e, con la complicità della Rolleiflex biottica degli anni ‘50 di suo padre, avvocato con la passione della fotografia, ha riscritto il suo destino. “Anziché iscrivermi all’ISEF come avevo immaginato, ho fatto l’apprendista di un fotografo che lavorava nel cinema e che aveva un grande talento per lo still-life. Dall’84 all’89 ho poi lavorato in uno studio di Verona specializzato in Food & Wine, che si occupava anche della progettazione grafica delle etichette; lì si lavorava con la migliore attrezzatura disponibile all’epoca, tra cui un banco ottico 20×25. Dopo questo periodo di apprendistato ho deciso di aprire il mio primo studio, per poi affacciarmi al mondo del vino nel 1998 grazie a un’amica che lavorava alla Bertani”. Da lì in poi è nata una lunga collaborazione con il Gruppo Italiano Vini e, grazie alla ricerca specialistica e allo studio costante, Barsanti ha guadagnato la fiducia di importanti cantine del Nordest.
T Trasparenza assoluta Precisione, eleganza e leggibilità della bottiglia sono gli elementi chiave con cui Alvise Barsanti definisce il proprio lavoro. La bottiglia è packaging a tutti gli effetti, composto da materiali diversi che richiedono estrema precisione nel trattamento fotografico che si riserva loro. E se una bottiglia si può fotografare in tanti modi, per ottenere un’immagine di prodotto davvero bella e impeccabile bisogna stabilire e rispettare dei parametri, perché “lo still-life di bottiglie – dice Barsanti - è solo apparentemente semplice, spesso sottovalutato sia dai fotografi, sia dai clienti”. L’aspetto più importante? “Sicuramente la cura dell’illuminazione, mentre quello più complesso è il lavoro sulla trasparenza. La sfida più ardita per un fotografo è il vino bianco su fondo bianco: la capacità tecnica deve sposarsi con la sensibilità per le sfumature, che variano da bottiglia a bottiglia. Il segreto è conoscere il modo in cui la luce lavora sul vetro: per avere il giusto colore e rotondità, il vetro deve essere vero vetro, e il liquido deve essere cristallino e non torbido. La foto su fondo bianco viene poi scontornata in postproduzione ma l’immagine deve essere pensata fin dal principio in funzione del fondo. Con l’uso del fondo bianco, eventuali contrasti si possono accentuare oppure perdere. E ogni minimo dettaglio balza subito all’occhio: è come trovarsi davanti a una radiografia”. Un lavoro scientifico, per il quale Barsanti usa uno studio di posa dedicato esclusivamente ai cataloghi e ha messo a punto un metodo per ottenere una qualità replicabile e costante nel tempo. E per quello che non si può tecnicamente fare con lo scatto, arriva in soccorso la postproduzione, usata sempre con criterio per non snaturare l’oggetto. “Il vetro, per sua natura, presenta sempre dei difetti, come bolle e graffi, che compromettono la perfezione dell’immagine e si possono eliminare solo in digitale”.
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Ambientazioni e close-up Ma lo still-life di bottiglie si può declinare anche in foto ambientate, con fondi ricchi di colori, ombre, contrasti e in abbinamento ad altri oggetti: “Sono immagini che spostano l’attenzione sulla composizione e quindi minimizzano eventuali difetti di purezza della bottiglia. Lo stesso si può dire del close-up, perché non si ha la ripresa ortogonale della bottiglia che, invece, comporta delle difficoltà dal punto di vista della leggibilità delle etichette, soprattutto in presenza di nobilitazioni metalliche. Una lamina oro, che riflette come uno specchio, in foto può risultare nera, e nelle riprese frontali c’è sempre un punto morto: in questi casi si fa ricorso alla postproduzione per il montaggio di scatti diversi in un’unica immagine o per la restituzione dell’oro sulle lettere. Sono tecniche che non vanno sottovalutate, anzi, sono una parte fondamentale del lavoro”. Il culto dell’etichetta Una buona etichetta è quella che riesce a trasmettere la cultura del vino, i valori del brand, il carat-
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tere del prodotto: lo fa attraverso la progettazione grafica, la carta che non è mai una carta qualunque, la stampa e le nobilitazioni, e sulla sua realizzazione si concentrano grandi investimenti da parte delle aziende. Tradurre in fotografia questo lavoro significa non soltanto rispettarlo, ma proiettare la narrazione oltre i confini del packaging. “Valorizzare un’etichetta richiede capacità tecnica, certo – spiega Barsanti – e alcune richiedono acrobazie: alla luce base si applicano varianti studiate sulla singola etichetta, e talvolta, abbiamo detto, è necessaria la postproduzione. Ma la differenza la fa la sensibilità di comprendere, a monte, la qualità di ciò che si fotografa. Lavorare con le etichette è come lavorare nella moda, un mondo nel quale sono fondamentali la creatività dei designer e le caratteristiche dei materiali. Non a caso collaboro con Luca Rebesani, un art director e grafico che proviene dalla fashion industry, e insieme abbiamo creato The Wine Team, specializzato in campagne dedicate al vino”.
QUI SOPRA: Appassimento di Bertani Domains. Diapositiva Kodak scattata con fotocamera Contax e ottica Carl Zeiss, digitalizzata con scanner Nikon.
Acqua, frontiera del lusso Accanto alle cantine che investono molto sulla loro immagine – e un’idea possono darla quelle che hanno affidato alle archistar la progettazione o la ristrutturazione delle loro aziende – anche il settore delle acque minerali ha guadagnato il proprio posto nel firmamento del lusso, e non è quindi raro trovare nei ristoranti stellati carte delle acque studiate da esperti idrosommelier in grado di consigliare il giusto abbinamento con le pietanze. L’acqua esula dall’ambito delle commodity per posizionarsi sullo stesso livello del Wine & Spirits, con la complicità di bottiglie dal design ricercato ed etichette nobilitate. “La comunica-
r un fotografo e p a it d r a iù p La sfida o bianco: d n fo u s o c n ia è il vino b e sposarsi v e d a ic n c te à la capacit sfumature, le r e p à it il ib s con la sen a bottiglia. a li ig tt o b a d che variano fondo bianco, ogni Con l’uso del glio balza subito minimo detta ome trovarsi davanti all’occhio: è cafia. a una radiogr PRINTLOVERS PRINTLOVERS || APR2018 APR2018
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QUI A SINISTRA: Un grappolo d’uva matura baciata dalla luce e dalle api: la foto è vincitrice del Concorso FIVI 2015. Scattata durante la vendemmia 2015 della cantina Gravner, evoca le qualità sensoriali e la natura zuccherina dell’uva in un ambiente incontaminato, adatto ad accogliere le api. SOTTO: L'immagine del bicchiere Gravner, qui sotto, è realizzata con Hasselblad H3D-22 e luce flash usando la tecnica del focus stacking. Ben sette scatti con differente messa a fuoco consentono di ottenere profondità di campo e il massimo del dettaglio.
zione alimenta questa nuova tendenza – racconta Barsanti – e c’è una forte attenzione pubblicitaria nei confronti degli aspetti salutistici e delle caratteristiche organolettiche delle acque. Tra i miei lavori c’è quello per Surgiva: un’acqua del gruppo Lunelli-Ferrari che viene consumata dai sommelier per pulire la bocca tra un vino e l’altro durante le degustazioni, e si presenta con caratteri di esclusività e ricercatezza. Dal punto di vista fotografico il trattamento è identico a quello del Wine & Spirits: attenzione alle luci, ricerca della trasparenza assoluta, valorizzazione delle peculiarità delle etichette, e, spesso, composizioni che ambientano l’acqua accanto alle creazioni degli chef ”. Immortalare la sinestesia Non è banale ricordare che, quando parliamo di vino, abbiamo a che fare con uno stimolo sensoriale complesso in cui la vista ha un ruolo solo parziale: una sinestesia che non è facile comunicare attraverso l’immagine, per quanto perfetta sia, di una bottiglia. Per questo la comunicazione di un’azienda vitivinicola che voglia fare leva sull’emozione non può fermarsi dentro la sala posa: ci si sposta dalla bottiglia al territorio, si va in vigna, in cantina, si incontrano le persone, si ascoltano le storie di famiglia, si registrano il ciclo delle stagioni e le fasi di lavoro per raccontare tutta la cultura che c’è dietro il prodotto. “Qui – racconta Barsanti – entra in campo la soggettività. Se la foto in studio richiede un approccio scientifico, nel racconto complessivo della cultura del vino
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ci si può concedere un po’ di artisticità. Che non significa abbandonare la tecnica: anche nella creazione di una foto evocativa ed emozionale non ci si può affidare al caso né dimenticare le geometrie, le prospettive e i punti di fuga. Ma è, in un certo senso, tutto più semplice: i clienti non danno mai direttive precise e posso fotografare in libertà quello che mi colpisce di più, dando il via libera anche alla mia passione per il ritratto”. Le fotografie così realizzate sono destinate ai siti web delle aziende, ai cataloghi e alle pubblicazioni speciali, agli allestimenti dei punti vendita e degli stand per le fiere, alle campagne pubblicitarie e alle riviste specializzate. “La sensibilità di chi vede l’immagine – dice Barsanti – fa il resto”.
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AdR BOOK: BEYOND FASHION, IL LIBRO DI ANNA DELLO RUSSO EDITO DA PHAIDON
è stampato da Rotolito Uno scrigno che racchiude tutte le sfaccettature dell’icona della moda Anna Dello Russo. Edito da Phaidon e realizzato da Rotolito, AdR Book: Beyond Fashion farà la gioia dei veri fashionisti, per i quali la poliedrica direttrice creativa di Vogue Japan non ha bisogno di presentazioni. Il caleidoscopico progetto editoriale, concepito dalla stessa Anna Dello Russo con l’amico e art director Luca Stoppini, incanterà oltre ai seguaci della moda anche tutti gli appassionati di stampa, editoria e packaging design.
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Si tratta, infatti, di una book box che contiene nove elementi diversi per una full immersion tridimensionale nell’universo AdR. Il risultato è frutto di mesi di lavoro e di una proficua sinergia tra Phaidon e Rotolito (nelle diverse sezioni Nava Press, Shangai e Packaging) che hanno fornito soluzioni all’avanguardia nell’ambito della stampa e della cartotecnica all’altezza della complessità del progetto.
Cosa contiene la book box: Diary: un diario personale che include fotografie di famiglia, oggetti personali, annotazioni e un saggio biografico del giornalista di moda Simone Marchetti. Sticker Album: un album in puro stile Panini con annesso pacchetto di figurine, che raccoglie look iconici provenienti dalla leggendaria collezione di Anna.
The Flip Book: un flipbook tascabile con le illustrazioni dei migliori look di Anna e dell’amato cane Cucciolina. La Messa Cantata: un libro fotografico che contiene i sacri comandamenti di Anna per navigare nel mondo della moda, dalla Fashion Week alle vacanze. Paper Doll Posters: due poster disegnati dalla fashion artist Danielle Meder che trasformano Anna in una bambola di carta con una serie di abiti da ritagliare per vestirla.
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Come è fatta la book box Realizzata da Nava Packaging, è una scatola a forma di libro realizzata con cartoncino da 3mm e polistirolo come compensatore del dorso. Rivestita in carta patinata e Sirio Pearl Aurum stampata in piano, finishing con plastificazione lucida. A completamento, un nastrino per l’estrazione degli elementi interni e un semplice ma originale holding mechanism realizzato con Sirio Pearl Aurum in alta grammatura. La scatola-libro completa dei suoi elementi è stata poi inserita in una mailing box realizzata in cartone microonda rinforzato con compensatori in polistirolo. La resistenza agli stress è stata testata con drop test e Phaidon ha accuratamente verificato tutti gli standard qualitativi del lavoro prodotto.
Pop-up book: un libro pieno di sorprese illustrato dal digital fashion editor Lula che mostra Anna in viaggio attraverso le quattro capitali della moda: New York, Londra, Parigi e, naturalmente, Milano.
Scrapbook: una raccolta unica e ampia di ritagli: interviste, fotografie, biglietti, cartoline e collaborazioni con riviste che documentano la carriera di Anna come icona della moda.
Rivista AdRchive: una selezione di editoriali realizzati da Anna durante la sua carriera in Vogue Italia, L’Uomo Vogue e Vogue Japan, che mette in risalto l’impatto globale del suo lavoro di fashion editor in collaborazione con i più grandi fotografi di moda del mondo.
Francobolli: una colorata selezione di francobolli da cartolina che riproducono alcuni dei look più straordinari di Anna.
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All'interno troverete Un curioso mix di brochure, album e libretti di diverso formato stampati in parte presso lo stabilimento Rotolito e in parte presso lo stabilimento Nava. Carte patinate o uso mano dai 70 ai 250g/mq stampate in piana, in tradizionale o UV. Stampe a 4 o 5 colori col filo conduttore del pantone oro. Finissaggi con vernice di macchina o plastificazione lucida. Alcuni highlight: Lo Sticker album ha un pacchetto di 7 figurine realizzate su carta adesiva stampata e tranciata. Il Flip book si distingue per le sue piccole dimensioni: 50 x 100 mm. La Messa Cantata è stampata completamente in UV, con copertina e blocco libro labbrati color oro. Il libro cartonato Pop-up è stata una delle sfide tecniche più interessanti per via della complessità dei 4 pop-up. È stato realizzato con carta patinata da 250g/mq, curato da Nava Shangai e interamente prodotto in Cina.
AdR Book: Beyond Fashion di Anna Dello Russo Pubblicato da Phaidon 24 maggio 2018 Copertina rigida circa 500 pagine 400 immagini in bianco e nero e a colori Formato 290×250 mm
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AMATO DAL VENTO ETICHETTA LUXORO EDIZIONE SPECIALE 2018 Un elogio alla montagna, al mare e al vento, un canto alla natura, un omaggio a Vladimir Kokrhanek. Amato dal vento è l’etichetta edizione speciale 2018 di Luxoro: quest’anno è stato scelto uno Chardonnay Cuvée Bois Valle d’Aosta dop, vino dell’azienda vinicola Les Crêtes di Costantino Charrère. L’opera esprime l’ incontro tra due imponenti forze della natura: le montagne e il mare. Il vento è lo spirito che unisce entrambi gli elementi. Il vento che attraversa le cime e il mare, è rappresentato da una vela spiegata che si apre su questa valle tra i monti. L’etichetta è una dedica da parte delle tre figlie a Vladimir Kokrhanek, fondatore di Luxoro, azienda che quest’anno compie il suo 50esimo. Amato dal vento racconta la sua vita e ne celebra le scelte perché Vladimir Kokrhanek ha preso sempre il vento come esempio nell’affrontare gli avvenimenti che hanno costellato il suo cammino.
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PARTNER Carta: UPM Raflatac Art Director: Mario Di Paolo – Spazio Di Paolo Stampa: Industria Grafica Eurostampa Spa Clichè: hinderer+mühlich GmbH & Co. KG (Gruppo Leonhard Kurz)
L’etichetta sarà presentata in anteprima al Vinitaly nel Salone Enolitech nello stand di UPM Raflatac: Padiglione F – Stand 13
Vladimir Kokrhanek nacque in Moravia, a Brno, nel cuore della Repubblica Ceca, e lasciò la sua terra nel ’48, ancora giovane. Con la sua compagna intraprese una lunga peregrinazione che li portò in diversi luoghi del mondo. Inizialmente la coppia approdò a Bruxelles, in seguito partirono per l’Argentina, per poi tornare nel vecchio continente nei primi anni Cinquanta e stabilirsi a Vigevano, dove tutt’ora risiede la famiglia. È qui che Vladimir fondò Luxoro nel 1968 e la portò ad essere l’azienda che tutti conosciamo. LIEVE COME IL VENTO CHE ATTRAVERSA I MONTI E IL MARE Il mare e le montagne sono i due elementi della natura che abbiamo scelto per descrivere la figura di Vladimir Kokrhanek. Sono due presenze in cui amava rifugiarsi. Le montagne e la loro forte ostinazione, il loro si-
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gnificato carico di simbolismo, sono le cattedrali della natura, precettori silenziosi che insegnano la fermezza anche nelle intemperie; sono l’ultimo confine prima del cielo. La sensazione di esser più vicino alla pace e alla profondità dell’infinito era quello che Vladimir trovava quando le andava a cercare. Il mare, una forza inesauribile di energia: indomabile, ma capace di guidare le rotte dei naviganti. Quello che Vladimir cercava quando si lasciava trasportare dalle onde del mare, era l’equilibrio, il senso universale e omnicomprensivo della vita. Del mare amava ascoltarne il rumore e le storie che racconta. Il vento percorre il cielo e la terra, sorvola mari e montagne, attraversa prati e città, così Vladimir che dal suo luogo natale è partito senza mai arrendersi e ha viaggiato percorren-
do, come il vento, tanta strada, ha toccato molti posti e del vento ha sempre fatto il proprio spirito guida. È un’etichetta che mostra il desiderio dell’uomo di elevarsi, le cime e la vela non sono altro che la rappresentazione dello spirito dell’individuo che insegue il cielo, la libertà dell’infinito. L'ETICHETTA L’etichetta è composta da due strati sovrapposti: Velmart White e Raflamat, entrambe carte di UPM Raflatac. È stata ideata dall’Art Director Mario Di Paolo dello Spazio Di Paolo ed è una composizione su più livelli che raffigura le cime delle montagne della Valle d’Aosta. È un'etichetta di elevata fattura tecnica, come ha tenuto a sottolineare Jessica Liffredo di Industria Grafica Eurostampa SpA: “Eurostampa è riuscita a industrializ-
zare il processo di stampa di un’etichetta molto complessa. L’etichetta è stata completamente realizzata in linea sulla stessa macchina da stampa. La capacità tecnica ha saputo concretizzare e esaltare il pensiero di alto livello estetico del progetto". Ogni strato di carta è lavorato con diversi effetti tra cui una texture effetto legno che dona calore a tutto il panorama che abbraccia la bottiglia come gli alberi abbracciano le montagne. Sull’ultimo strato esterno in primo piano la nostra vela che mostra un effetto tridimensionale grazie alla straordinaria soluzione ottica Spatial FX®, ricreata con la tecnologia unica ed esclusiva Trustseal® di Leonhard Kurz. La vela è una singola immagine piatta che dà l’illusione di esser spiegata al vento, rigonfia con un effetto 3D che regala sensazioni immediate sia alla vista che al tatto.
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MERCK COME FASHION DESIGNER VESTIAMO DI BELLEZZA LE BOTTIGLIE
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Lavorare per la nobilitazione delle bottiglie — e farlo attraverso le più svariate applicazioni e i più diversi materiali — è uno degli ultimi obiettivi cui Merck si è dedicata. Vestire una bottiglia nella maniera più appropriata e rispondente alle tendenze del momento è una delle frontiere più importanti del settore enologico, nel quale Merck svolge un ruolo di primo piano. Dalla colorazione del vetro alla stampa delle etichette fino alla scelta della capsula, i processi coinvolti nella comunicazione del vino sono tanti,
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e Merck è sempre in primo piano. A partire dal coating per la colorazione del vetro fino alla stampa in rotocalco per le capsule in alluminio o l’additivazione in massa di coloranti e pigmenti. PIGMENTI IN TANTE VARIANTI CROMATICHE Pigmenti di natura e substrati differenti, con diverse varianti cromatiche, sono stati testati allo scopo di creare un ampio ventaglio di effetti. Quali? Gli Iriodin garantiscono gli effetti perlescenti e interferenziali. I Colorstream effetti multicolore, i Miraval creano riflessi Swarowsky. I nuovi
Pyrisma regalano cangianze decise e profonde mentre gli Xirallic sono alla base di quegli effetti micalizzati e metallizzati che vengono impiegati anche per le carrozzerie delle automobili. La nostra competenza e la nostra lunga esperienza ci consente di aiutare i nostri partner nella scelta giusta. PROTEGGERE IL MARCHIO Oltre alle applicazioni e alle soluzioni in ambito decorativo, Merck offre soluzioni per la protezione del marchio e per l’anticontraffazione. In questo segmento proponiamo i tagganti, che possono essere identificati attraverso penne laser e detector acustici.
Ma un’altra valida soluzione sono le immagini nascoste, non visibili ad occhio nudo e identificabili attraverso filtri lenticolari. STUPIRE CON EFFETTI SPECIALI Ultimamente Merck ha brevettato sistemi di stampa adatti alla realizzazione di grafiche uniche e accattivanti. Non ci riferiamo solo agli effetti 3D, ma anche all’RGB, che conferisce una luminosità simile ad una retro illuminazione del supporto. E infine l’effetto 3D che simula un rilievo sulla superficie piana del materiale stampato.
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“CON VISTA”, UNO SCORCIO PRIVILEGIATO SULLE COLLINE DEL CHIANTI CLASSICO.
Per mantenere la massima fedeltà ai colori Pantone, tutte le parti in digitale sono state stampate con Epson SurePress. Le parti in lamina a caldo sono stampate con il foil Kurz di Luxoro e l’occhio, che sembra scrutare le colline attraverso il buco di una serratura, è un rilievo a secco realizzato con i cliché sempre di Luxoro.
La nuova etichetta del Chianti Classico Cecchi nasce da una collaborazione tra Arconvert, Epson, Perruccio, Luxoro e Mario Di Paolo. Metti una sera a cena tra amici e una buona bottiglia di vino et voilà, il gioco è fatto. È nata da un momento di allegria conviviale l’idea di mostrare al mondo quanto conti vestire una bottiglia di vino con un’etichetta attraente e persuasiva sia nell’aspetto che nei contenuti. A quella cena c’erano i protagonisti della filiera delle etichette, tutti quanti convinti che il vino si inizia a bere con gli occhi. Così, tra una chiacchiera e l’altra e tra una risata e l’altra, prendeva forma
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il progetto di documentare come nasce un’etichetta di successo e quanto valore aggiunto riesce a conferire a un vino di qualità. L’attrattività grafica e tattile dell’etichetta – ormai si sa – stimola il consumatore a toccarne la texture e a prendere fisicamente in mano la bottiglia. Secondo la Harvard Business Review, questo gesto crea un'illusione psicologica di possesso e stimola il consumatore a acquistare il prodotto in modo da possederlo davvero. In base alle statistiche della GDO, il
packaging arriva a contare quasi il 70% nella decisione d’acquisto del consumatore medio – addirittura il 75% se il prodotto è una new entry. Perciò, poiché il cervello umano associa inconsapevolmente il prodotto al suo involucro, è importante che un vino di qualità sia accompagnato da un’etichetta di qualità, di modo che il consumatore non sia portato a credere che un’etichetta poco curata possa corrispondere a un vino scadente. Ecco perché questa collaborazione doveva svilupparsi a tutti costi all’insegna della qualità. Ecco perché,
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L’etichetta di “Con Vista – Chianti Classico Cecchi” si compone di tre differenti carte autoadesive Arconvert. I cipressi sono stampati su Acquerello Bianco, le ombre dei cipressi su Ipanema White, mentre il grande cipresso giallo è stampato su Cotone Bianco UWS.
oltre a Epson con la sua SurePress, Arconvert con le sue carte autoadesive e Mario Di Paolo con il suo genio creativo, sono saliti a bordo anche la famiglia Cecchi con i suoi vini, Luxoro con i cliché e le lamine ed Etichettificio Perruccio, che ha realizzato l’etichetta con la massima cura artigianale. Il vero protagonista del progetto rimane però il Chianti Classico di Cecchi, Cantina che ha da sempre ben chiara la funzione svolta dall’etichetta nel mante-
nere la promessa di qualità fatta al consumatore. Per questo vino così rinomato e caratteristico, Mario Di Paolo ha creato una veste contemporanea e innovativa che colpisce lo sguardo, ma al contempo tocca il cuore, perché la sua immagine elegante ci racconta la storia di una famiglia che, da tempo immemorabile, è custode dei valori sinceri e genuini da cui nascono vini unici al mondo e di un paesaggio morbido e accogliente, su cui “Con vista – Chianti Classico Cecchi” offre uno scorcio privilegiato.
Per maggiori informazioni: www.arconvert.it www.epson.it www.spaziodipaolo.it www.luxoro.it www.perruccio.it www.cecchi.net www.famigliacecchi.it
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UN VOCABOLARIO MUSICALE FIRMATO DINAMICART Partire dal nome del ristoratore, Puccini, per lasciarsi ispirare dalle melodie del grande musicista, e costruire una decorazione d’ambiente capace di mutare l’esperienza dello spazio con quei caratteri di sensualità e freschezza comuni a tutte le opere del maestro lucchese: perché la musica dialoghi con l’ambiente e s’intrecci con i profumi del cibo. Questo il senso del restyling di un classico ristorante milanese dal nome impegnativo, da Puccini, firmato da Lia Badulato e Mirko Giardini, fondatori di DinamicArt. Qui, in via San Giovanni sul Muro, una delle strade più iconiche della città, lungo le mura augustee, il nuovo ambiente è ormai uno spazio rassicurante e floreale, disegnato da pannelli in Forex dalle tonalità basse e sorvegliate, stampati in digitale, decorati con le morbide curve dei pentagrammi sui quali campeggiano immagini floreali su plexiglass, materiale scelto dagli architetti per donare all’ambiente un suggestivo effetto di profondità. “Siamo partiti dal nome del ristorante — dice Lia Badulato — e ci siamo lasciati ispirare, abbandonandoci fino in fondo alle note di Puccini.” MATERIALI Plexiglass da 5 mm Stampa digitale + fondo bianco sul retro effetto specchio Forex da 5mm Stampa digitale + effetto opaco — Stampa Pixartprinting
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PREZIOSI COFANETTI IN KASHGAR®
dominocommunication.it
Castello di Ama sceglie Kashgar® per la sua linea di cofanetti realizzati dallo Scatolificio Montagna Pistoiese in tre colori: Maroon per il vino L’Apparita, Midnight Blu per Vigneto Bellavista, Forest per Vigneto la Casuccia. Le tre confezioni sono state stampate a caldo in lamina color oro e presentate in un unico cofanetto. Distribuita da Fontana Grafica, presentata in una ricca gamma di colori, la tela Kashgar® ha aspetto e tatto setosi, è ben macchinabile e consente di raggiungere buone prestazioni di stampa in offset UV, nonché a caldo e serigrafia.
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Oggi, come ieri, siamo in continuo movimento. Ci stiamo preparando a nuove sfide per proiettarvi nel futuro lasciando il vostro segno nel presente.
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OPENDAY GRAFICAL: UNA GIORNATA PER VEDERE E TOCCARE CON MANO LO STATO DELL’ARTE DELLA STAMPA. Dedicato alle agenzie e alle aziende che credono ancora nella stampa come mezzo creativo in grado di stupire e sorprendere, l’Openday Grafical del 2 marzo ha offerto l’occasione di scoprire le tecniche più innovative del settore. Il visual concept dell’evento si è ispirato alla metropolitana londinese, richiamando un modo efficiente e smart di muoversi nel lavoro, e ha guidato gli ospiti in un viaggio dietro le quinte di una delle realtà imprenditoriali delle arti grafiche più attive del Veneto, con grande esperienza nel comparto etichette adesive in bobina. Un percorso che ha mostrato lavorazioni e nobilitazioni che rappresentano lo stato dell’arte della stampa. Il tour, suddiviso in due linee dedicate alla stampa in bobina e in foglio, ha permesso agli ospiti di vedere le macchine in azione e di poter apprezzare con mano il risultato finale.
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LINEA BOBINA
LINEA FOGLIO
Protagoniste della linea Bobina sono state la offset combinata Nilpeter, in stampa con un’etichetta con due pantoni, doppia lamina a caldo e bassorilievo e la HP Indigo, sulla quale sono state mostrate le potenzialità del bianco coprente e della stampa a dato variabile per mezzo del software proprietario HP Mosaic. A chiudere la linea Bobina, la serigrafica CARTES, in grado di stampare in un unico passaggio tre colori, doppia lamina e braille serigrafico. Sorpresa finale, la fustellatrice laser (sempre CARTES) in grado di lavorare tagli creativi ed elaboratissimi senza la necessità della fustella e con una precisione incredibile.
Sulla linea foglio, la coppia KOMORI Lithrone con tecnologia H-UV e Heidelberg CD74: la prima con una configurazione unica in Europa capace di offrire un doppio effetto lucido/opaco ad alto contrasto in un singolo passaggio con la possibilità di stampare su carte difficili, plastica e altri materiali, e la seconda in produzione con una stampa in quadricromia e cold foil olografico Laser Seamless Luxoro.
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I PARTNER Presenti anche i produttori delle tecnologie di stampa, che hanno illustrato il funzionamento, le applicazioni, i materiali e le nobilitazioni disponibili per la produzione in bobina (Nilpeter, Cartes e HP) e a foglio (Komori) in collaborazione con i fornitori di lamine Luxoro e carte UPM e Fedrigoni, che hanno offerto supporto per l’evento. Al termine del percorso, dopo un pranzo a tema street-food, è stato dato spazio agli speech dei rappresentanti di realtà di fondamentale importanza quali FSC (politiche
ambientali) e con la partecipazione dell’Istituto Salesiano San Zeno, che da 50 anni forma e promuove la cultura grafica e la formazione tecnica nelle nuove generazioni.
GRAFICAL Da oltre 30 anni nel settore delle arti grafiche, Grafical è una realtà in continua evoluzione, come dimostrano i 5 milioni di investimenti in capitale tecnico che sono valsi l’Oscar della Stampa come Best Technology Innovator nel 2015, le 20 assunzioni a tempo indeterminato a integrare un team di 80 profes-
sionisti e le importanti partnership con i principali produttori di macchine stampa al mondo. Ultima in ordine cronologico la stampa dell’etichetta “Nodo d’amore” Farina, vincitrice del premio Vinitaly Etichetta d’Oro - Categoria 4 del concorso Packaging 2018.
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E N G L I S H PAGE 10 COM'È FATTO PRINT Pozzoli Founded in 1968 in Inzago by Aldo Pozzoli, it gained immediate market attention because of its propensity to innovation and creativity. Its initial specialisation in the production of special packaging for the entertainment world in the music sector extended rapidly to the world of home video and then games, working with the main global players. Since the early 2000s Pozzoli SpA has been open to the markets of high perfume and cosmetics and more recently wine & spirits. Thanks to major investments in know-how, technology and research, innovative packaging solutions have been developed and patents, in a vast range of paper converting productions, enhancements and materials, characterised by attention to sustainability. Today the company produces folding cartons, covered boxes and special projects for limited editions, as well as patented packaging, on behalf of some of the most important national and international brands. Grafical Grafical came into being 1982 in the heart of Valpolicella, where it has been working for over 30 years in the graphics sector, combining tradition and innovation to create a product of excellent quality. As of today it has 80 employees of whom 35 are in the pre-print department and administration and 45 in the print room. The company is specialised in printing self-adhesive labels for the wine industry, thanks to offset technologies, screen-printing and digital on spool. The machinery used is all of the latest generation and enables them to work with the most exclusive techniques and selected materials. In Grafical the work is carried out from conception to printing right up to distribution. Grafical’s success, in fact, derives to a large extent from the strong points which it has always leveraged: excellent product quality and short times for creation and fulfilment of orders. Luxoro Exclusive distributor for Italy of foils and clichés for enhancement from the Kurz
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group, Luxoro offers industrial sectors such as fashion, luxury, packaging, cosmetics food&wine, substrates and ideas for creating unique objects that can mirror the exclusive value of a product or brand. The close exclusive partnerships with LEONHARD KURZ Stiftung & Co. KG (absolute reference point in the production of film for heat stamping) and Hinderer + Mühlich KG (cliché and equipment for heat stamping), make Luxoro the ideal supplier for any need in the field of printing and finishing of various materials. The company has a staff of over 50 people and an operational area of 3,500 sq.m. where there are the offices and logistics centre. Here the wide spaces available allow flexible warehousing of the “parent reels” (jumbo), from Kurz, and their cutting in the format required by the client. Thanks to its rigorous company policies Luxoro today is a completely zero impact company.
which includes five shades that recall the colours of the earth in order to communicate as well as possible the idea of genuineness and naturalness.
Arconvert One of the global leaders in the production of self-adhesive papers and films for the labelling industry, Arconvert is the converting division of Gruppo Fedrigoni. Combining the preciousness and beauty of the front-end products of the parent company, Cartiere Fedrigoni with high level performances on contact with water, ice and condensation and specific safety characteristics, Arconvert does not only satisfy the highest aesthetic demands but also represents the state of the art in technological innovation for labelling and brand protection in the food and beverage market.
INTERNAL PAPERS Fedrigoni Tintoretto Gesso page 3–18 One of the classic papers most established in the offering of Fedrigoni, Tintoretto Gesso is a paper of pure cellulose, felt-marked on both sides, FSC certified and extremely versatile. Available in numerous versions, in a very extensive range, it can be used for all the demands of wine communication: from the webfed and sheet-fed adhesive version for labels, to the creation of any commercial and paper converting application, including packaging and shopping bags, just as for prestigious editorial publications.
COVER PAPERS Materica Gesso UWS SH-6020 PLUS CB80 FSC and ECF certified, the self-adhesive paper Materica Gesso UWS produced by Arconvert contains recycled fibres to reduce the environmental impact, cotton fibres to add softness to the touch and particular fibres of pure cellulose for greater volume. A friend of the environment, Materica Gesso has a particular natural finishing that makes it perfect for labelling organic wines and high quality bio-dynamic products. Materica Gesso belongs to the Materica by Manter range,
Arctic Paper Munken Pure page 19–34 In the rich range of Munken papersby Arctic Paper, the Munken Pure version takes the most elegant position in the papers for the book publishing industry and for business communication, thanks to its delicate cream tint, which is not too marked. It makes reading reading text a pleasure and at the same time does not characterise the colour images too much, instead making them naturally genuine both to the sight and the touch. Available both in the smooth and the rougher, thicker version, it is 100% produced from
Habana Wood SH-6020 PLUS CB80 Habana Wood is part of the exclusive catalogue “Organic” by Manter, which gathers the natural self-adhesive materials produced by Arconvert. Just as the replicability of the industrial product is in contrast with the artisanal product’s uniqueness, so a label produced with Habana Wood will be unique and unrepeatable thanks to that particular imperfection or veining that grooves its surface. With the Organic range, Arconvert is pro-actively contributing to the protection of the cork tree woods, one of the most precious ecosystems for its bio-diversity and the natural habitat of animals at risk of extinction like the imperial eagle, the black stork and the Iberian lynx.
totally certified virgin fibre, fully respecting the rigorous Scandinavian requirements for the protection of their forest heritage. Suitable for offset, laser and Indigo printing as well as felxo and ink-jet in numerous grammages. Fedrigoni Arcoprint page 35–42 Fedrigoni’s Arcoprint range is uncoated paper and board, of FSC certified pure cellulose, presented here in its ivory version. Particular attention is paid to their opacity which means the main use of the range is in prestige editions, and they are especially pleasant to the touch. They fit with all the print and transformation systems. Burgo R4 Bulky from page 43 From the wide range of Burgo papers, the R4 Bulky is defined as a thickened coated paper with a natural effect. It might be the most conventional of those selected for this edition but the volume of the paper and the natural effect to the touch make it a possible choice for wine communication.
PAGE 20 A PASSION CALLED DONNAFUGATA Labels always ‘talking’ to art. Excellent wines. 2.2 million labels a year for as many bottles. A turnover above €17 million. This is how Donnafugata has become the most famous Sicilian winery, present today in 60 countries. Wines of great class, dressed nobly. Because Donnafugata, the famous Sicilian winery known in all the world, has written (and continues to write) not only pages in history and in successful wine production as a result of many matchings of wine type and land, but has also been able to add value to them with wine design and packaging, from the bottle to the cork and above all to the labels. These have become genuine artistic icons thanks to the collaboration with Stefano Vitale - deeply wished for by Gabriella
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Rallo, still working in the company today, who founded the Donnafugata brand in 1983 with her husband Giacomo (who passed away in 2016). There are famous pieces like the label that distinguishes the Anthìlia wine, printed by Multicolor-Global Label Solutions (an international group that has its Italian bases in Lucca, Prato and Alessandria), as well as the most recent one, Floramundi (printed Tonutti in Udine), not to forget the Kabir produced by Modulgraf in Pisa. Twenty years of artistic labels, with as many references (around twenty) that will be put on display from May 16 at Villa Necchi Campiglio, site of FAI (the Italian National Trust) in Milan. It is not a casual choice but in tune with Donnafugata, which is a Corporate Golden Donor to FAI, having donated the Pantesco garden on the island of Pantelleria. The labels designed by Vitale form a part of the close relationship there has always been between Donnafugata and art and literature. This is explained to us by Josè Rallo, fifth generation of the family, who leads the company with Antonio, her brother (she is in charge of management and communication while he, an agronomist and wine maker, deals with production strategies). This relationship began in 1983 with the choice of the name (Donnafugata - woman in flight) which refers back to the novel Il Gattopardo and recalls the story of a queen who found refuge where today there are the company’s vineyards. It is a story, adds José, which has also inspired the company logo. This connection with the territory, history and culture of the places where the vines are grown has been the common thread also in the choice of the names of the wines: Anthìlia, Tancredi, Mille e una Notte, La Fuga, Ben Ryè, Chiarandà, Floramundi, Angheri, Kabir, Sedàra… For Donnafugata how important has been, and still is, the communication of your brand’s essence and its products? Extremely. Today we unite the mode of personal communication - we call it analogical - by welcoming ten thousand people a year for guided tasting visits. At the same time we have approached the modes of digital communication. The web, for us, is a setting for interaction and strategic sharing. That is where our choice comes from to completely renew our site and put the person, their desires and experience at the centre of the navigation. The site represents the heart of the digital communication system that we have evolved in recent years through the development of the DonnafugataWine channels on Facebook, Twitter, Instagram and Youtube. These are channels planned for different users: Twitter is more for professionals and opinion makers and
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traders; Instagram is for a thoughtful and sophisticated public; Facebook is aimed more at young people who are getting close to the world of quality wines for the first time. What role does analogical print still play within these communication channels? A role that we continue to consider fundamental. Most of all because the labels of our bottles are made of paper and, together with the bottles, represent the outfit our wines put on. We maintain a very strong link to paper considering it unbeatable and irreplaceable. Over recent years we have learned though to calibrate its use. I’m referring to the leaflets and catalogues tailored to the public (sector operators rather than consumers) they’re intended for. We make a distinction between the products on the basis of their content, between the more functional ones intended for the commercial sector and those more emotional ones planned for the end consumer. However, we make available to sector professionals, from journalists to digital influencers, a large amount of very well-structured technical documentation. We haven’t yet produced a monograph - in the classic sense of one in a luxury presentation box - but we’re thinking about it. How many copies of catalogues do you produce in a year? There are about 3000 copies of those for the sales force and the brochures printed by a Sicilian company, Tipografia Priulla in Palermo. These aren’t prestige catalogues but we prefer agility in the formats and the materials. And in their sustainability. On top, we have some thousands of presentation postcards printed for the visits to our cellars that we distribute to the hotels on the island, and synthetic brochures. What does marketing wine mean today? The production world offers a vast choice on the market and so marketing is indispensable to get the characteristics of our wines known, the ties with the territory, their origin. Marketing means explaining, informing, communicating the value of a vineyard and a wine - being able to differentiate the message in relation to the target it’s intended for. And with communication you add the emotional aspect that expresses the values which have always inspired Donnafugata. Communicating a wine also means ‘dressing’ it in a tailored outfit, from the bottle to the cork to the label. The challenge for us, in these terms, is two-fold and runs parallel to producing a
great wine and creating a packaging that, in the consumer’s eye, ensures its suitable personality and tells its story. That’s why the packaging is fundamental. In the company - beginning with my mother Gabriella - we’ve always very much believed that the function and strength of the label in some way represents the identity manifesto of our wines. This is where the now twenty-year collaboration with Stefano Vitale comes from. In these years our wines’ labels have always followed an artistic path tied to a coherent theme - the fabulous woman always in flight and always different - which represents Donafugata. How do you produce these labels? Today they’re all self-adhesive. The illustrations are produced by Stefano Vitale after we decide on the name. The creative process takes place in close contact and it’s always us who choose the sketch we think best; we produce it ourselves internally and then we pass it on to the printing companies we’ve been using for years. Every label around 2.2 million a year like the number of bottles we produce - involves a series of finishings and enhancements: heat printing; embossing; gold; particular varnishings that enhance the colours. But also treatments that make the label resistant to water if the bottle is placed, for example, in the ice bucket. At any rate, we tend not to exaggerate with the finishings because, on their own, the illustrations are a major enrichment and it’s necessary to have a balance without creating redundancy. How important are the new technologies and environmental sustainability for packaging? Since 2011, alongside DNV, one of the main certification bodies in the world, we have been committed to quantifying and reducing CO2 emissions along the entire production cycle, from vineyard to bottling. From the processing of the data we gathered we’ve been able to adopt measures to further reduce the environmental impact, such as for example adopting a lighter bottle. In this way we can save both on the emissions from glass production and on those generated by the transportation. Or like the replacement of the corks made of cork with synthetic corks from a BIO selection with zero emissions and 100% recyclable. Since 2014 a sticker has been placed on all the company’s bottles that carries the certification related to the Carbon Footprint and a QR code readable on a smartphone that refers back to a page on the company website where the main results are reported on the calculation of the ecological impact.
Is there a label you consider more significant than others? The labels cover the range of our references - there are around twenty of them. So one gets created for a new wine even if some years there’s a restyling of the previous ones. Undoubtedly the most famous is the label of the Anthìlia label - almost a logo for Donnafugata - with the portrait of a woman with her hair being slightly blown by the wind, escaping towards new horizons. She’s a woman who expresses the spirit of our company - always ready to embrace new challenges. THE SICILY OF WINE MEETS ART Giacomo Rallo, fourth generation of a family with over 160 years of experience in quality wine, founded Donnafugata in 1983 together with his wife Gabriella. Today the fifth generation - their children José and Antonio – lead a team of people (around a hundred) highly motivated in representing the excellence of Made in Italy in the world and a company that has a turnover of €17m., produces 2.2 million bottles a year with around twenty references, and is present in 60 countries in the world, starting off from Germany, Switzerland, the USA and Japan. Donnafugata in Sicily has three historic production sites. The ancient family winery at Marsala, where the ageing and bottling processes take place. The winery of Contessa Entellina, in the heart of western Sicily, with vineyards (270 hectares) and olive groves (9 hectares). The Khamma winery at Pantelleria with Zibibbo vineyards (68 hectares) cultivated with Pantelleria saplings (UNESCO heritage). The company’s iconic wines today are the red, Mille e una Notte, and the Ben Ryé Passito di Pantelleria DOC. TERRITORY, SHARING, SUSTAINABILITY: THIS IS HOW WINE INDUSTRY EXCELLENCE IS COMMUNICATED Interview with Ferdinando Calaciura, founder of Gran Via, Società & Comunicazione, which takes care of Donnafugata’s communication. Today more than yesterday, and even more so tomorrow, it is not enough that you produce excellent wines but you need to be able to communicate them and get them to wear a tailor-made suit when you present them. So wine design and wine marketing are important and will be even more so. Ferdinando Calaciura is convinced of it. From Palermo, in 2006 Calaciura founded Gran Via, Società & comunicazione (www.granviasc.it)
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for the wine industry sector itself in the Sicilian capital. It is a company made up of journalists, sector professionals and social media managers which produces marketing and communication strategies, taking care of the most important aspects and including the graphics department and, for three years now, television productions. Calaciura explains that the segment of excellent wines - an expression of Made in Italy - is becoming increasingly significant for the Italian economy and quality agro-food. Wine is a product that has to be communicated by differentiating it and targeting it at the end consumer, the importers, the opinion makers. In these terms a new awareness is growing of the fact a glass of wine should talk about its territory, its history, its culture, the community it was born and its environmental sustainability. This dimension is not purely specific to the qualitative content of the wine and its characteristic production element but leaves space for simpler dimension, less emphatic, less self-referential, in order to talk first of all about experience. Today the great Italian wines - from Sicily, Veneto, Piemonte, le Marche, Puglia or Tuscany - must not only be communicated but also ‘shared’. What does this mean? That every marketing and communication action - the leaflet, the catalogue, the label, the bottle, the digital channel, the photo, the video - has in some way to allow everyone to share the information about that product and to uphold, from several points of view, the independent capacity of a wine to impose itself on the market. In this sense Vinitaly has become a strategic shop window but there is still much work to do. The Anglo-Saxon world today, Calaciura always recalls, is very good at communicating wine in a very interesting and dynamic way. It uses a mix of languages and content, studied for the various means of communication, which are beginning to be used by Italian companies but at too low a rate. From this point of view, how important is the packaging of the wine? The ‘outfit’ today is better looked after than it was in the past, answers Calaciura. Italy, from the bottle to the cork to the label, is displaying an increasingly aesthetic rather than substantial approach. Especially when the comparison is made to French wines which - as you can see by just looking at the bottles on display in supermarkets or wine merchants - have a uniform outfit that is limited to describing the vineyard, the territory and the production. In Italy, on the contrary, we are going through a greater vivacity and diversification that sometimes though crosses the border a little into the chaotic and “too noisy”. On certain levels wine
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design becomes the added value when it becomes the identity, the graphic symbol that distinguishes that wine’s recognisability for the consumer. And for excellent wines the glass bottle and the enhanced label still win today and continue to characterise them compared to a totally different segment represented by other containers such as tetrapak. These, at any rate, apart from the graphic covering, are aimed at another world and another style of consumer. But, concludes the founder of Gran Via, if the elements that on a packaging level embellish the wine product and underline its characteristics, there’s no need to go too far as we know today sustainability is the winner, both for content and for container and the information on it, starting from the label, which can become (if you think about the insertion of QR codes) the door for accessing other, broader information.
PAGE 26 IT’S TIME FOR LABELS Wine is the essential expression of everything beautiful and good that we Italians can do so, inevitably over the infinite course of its history, it became one of our treasures. And now that the market has happily opened up to the dynamics of international consumption, the communication has changed too: it’s been tasked with transmitting to the world the intangible values that characterise our products: those minute, completely Italian stories that talk about the vines and the expert hands that take care of them, those stories pregnant with emotions and memories, wrapped around like bunches of grapes in the feeling of wine. It is very true that wine needs to be heard and understood before being talked about. “It’s no coincidence,” Luca Fois, creator of the high level training course in Wine & System Design at the Politecnico di Milano, tells us that “also in the wine sector, as in that of cosmetics, the intangible values represent around 75% of the product’s economic value”. While it is true that the international scene is opening up the wine sector to new opportunities, it is likewise true that on the communication level everything is complicated. Building a presence and a dialogue in such different and distant countries is a complex affair. “Let’s take the label”, reasons Luca Fois “which in just a few seconds plays a crucial role in the consumer’s choice: until a few years ago it was usually inspired by the producer or the slightly creative printer but today designing a label is the outcome of a very complex process that requires specific professional skills and know-how”. But how will that little
rectangle of printed paper, increasingly cared for and enhanced, evolve? What are the changes - technological and in meaning - that might change consumers’ approach? We asked the most important Wine Design studios to answer a collection of questions, focused on the theme of labels and their future. In the following pages you can find their answers. SGA CORPORATE & PACKAGING DESIGN The birth of the first “nucleus” of the communication agency founded in Bergamo by Giacomo Bersanetti and Chiara Veronelli, which Francesco Voltolina later joined, dates back to 1983. It took its current name - SGA Corporate & Packaging Design - in 2006, and the agency today is made up of people who share its original philosophy. SGA has been awarded many prizes in Italy and abroad, and the SGA designers have been called on to hold many exhibitions and lessons in different universities on the subject of Wine Design. SPAZIO DI PAOLO Wine design, packaging, photography, contemporary art: these are the specialisations of Spazio Di Paolo, the multi award-winning studio founded by Mario Di Paolo, which is based in Spoltore (Pescara). It’s an out and out factory, offering its clients a complete service that extends from marketing to research, from packaging to professional photography. Spazio Di Paolo is one of the most recognised companies on an international level because of the high innovative and creative value given to it by the top packaging design competitions in the world. SIMONETTA DONI DONI & ASSOCIATI Founded by Simonetta Doni in 1975 in Florence, the graphics studio Doni & Associati is, on an international level, one of the few studios specialising in Wine and Packaging Design. A team of highly specialised professionals provides their clients with their skills and a specific cultural and artistic sensitivity. The know-how developed in dealing with the complex work of graphic design and communication has always proved decisive in the success of the products that are entrusted to Doni & Associati. VINCENZO MACCARRONE TOMMASO PECCHIOLI OFFICINA GRAFICA A workshop of ideas applied to design, packaging and communication, Officina Grafica was founded in Florence by Vincenzo Maccarrone and Tommaso
Pecchioli, creative, complementary and eclectic characters - one a painter, the other a photographer - united in their common passion for the world of wine. Vincenzo and Tommaso consider that every project represents a stimulating challenge to tackle with painstaking dedication, expressive flair and maniacal attention.
IN THE WINE COMMUNICATION SYSTEM WHAT PLACE DOES THE LABEL TAKE? IS IT ALWAYS THE MOST IMPORTANT TOOL FOR THE RECOGNISABILITY OF PRODUCTS? Giacomo Bersanetti The internet, above all through social media, has — like the label — the characteristic of ubiquity because it reaches every individual who is passionate about wine; but the label remains the main communicative tool because it conveys the identity of each wine. The bottle plays a very important role and the form has certainly influenced the success and recognisability of certain wine producers, but let’s try to imagine the walls of a wine merchant or the shelves of a modern supermarket filled with bottles without labels… what a sense of disorientation and impoverishment would grab us! Mario Di Paolo The label is the surface that reaches the consumer, the aesthetic part of the design; it’s a bit as if the external facade of a large building not visible to the end-user and made by research, analysis and drafts that determine its architecture leading us to the final result. It’s a work that needs a perfect balance between three elements: the aesthetic aspect; the quality of the product; the sale. In order to win in the wine world there has to be osmosis between these three elements. If the visual language is not in tune with the wine’s quality and price, there’s something that doesn’t work. Simonetta Doni The label is one of the most important aspects both for the company and for the wine communication system. We make the label for an Italian product that travels the world, so the product and company image are conveyed by the label. Many people create private labels for the market in question, but we think that the image should be unique and reflect the company’s history and features. The label reflects the wine and the work the company carries with it so it’s right it doesn’t just give a quick wink at the country - because we’re not talking about just one country.
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Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli The wine world, which has always been influenced by ancient traditions, has been able to turn its attention to more current aesthetic canons by combining with increasingly exclusive styles. In this modernisation process the label represents the greatest expression of a new cultural philosophy devoted to a global market where a company’s and a product’s recognisability are increasingly tied to the story the label is able to tell. KNOW-HOW ON PRINTING TECHNIQUES AND MATERIALS: HOW IMPORTANT ARE THEY IN DESIGNING A LABEL? Giacomo Bersanetti Technical know-how is indispensable for creating an effective label because it allows the designer to plan in terms of feasibility, in other words, thinking about solutions that can be produced. The design takes shape and is completed in the production phase so a close dialogue with whoever is printing and producing the design is to be hoped for; we consider it fundamental. Understanding the printing and working techniques is also useful for imagining innovative solutions. Mario Di Paolo The technical skills are fundamental. There’s an enormous competition in the conceiving of packaging but the difference can be seen when there’s ‘security’ in its production. By the term ‘security’ what I mean is the designer’s know-how of the production processes. A design is best produced when there’s a complete vision, which means many things: not just know-how of the printing techniques but also understanding of the wine world, including the production aspects and bottling systems. Sometimes here in Spazio Di Paolo we have had to intervene on the engineering structure of the labelling machines. We feel that this aspect also falls to us because we develop innovation through ideas, which in their turn are useful for the technological universe so that it can change and evolve. With the Litos label printed with the Rotas we encouraged a technological barrier to be passed: since this label was designed it has been possible to go beyond the idea that a label can only be printed on a single coat of paper. Litos was designed with three natural white papers with different natural textures automatically united one above the other. I have developed a personal sensitivity to experimentation and the overcoming of conventional technical limits by collaborating in the closest way possible with the technicians in the best Italian print houses.
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Simonetta Doni To design labels you need to know what there is on the market, to not run the risk of creating a label that resembles another. You need to understand wines in relation to their lands and their visual codes. You need to understand papers, and how they are always evolving and do not all print in the same way. Some laminates don’t work on specific papers because they have components that don’t go with certain papers. Then you need to be able to change paper or tonality or laminate, and to do that you need to have the know-how, to understand the numerous metallic effects and the types of papers they can be obtained with. We have good knowhow in printing - we don’t delegate the choices to the printer, and it’s often us who ask the printer to experiment with a certain type of printing. Sometimes we think of something that doesn’t exist yet and in these cases we refer to those printers who are willing to experiment and want to be the first to innovate. The quality of the printed product often depends on how the printer uses their machines and how they use colours. Even the Pantone colours don’t resolve matters and then you need to use hot rolls, which is the only way that colour will be more defined. But, the point is, you need to have know-how. Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli In the contemporary market it’s ever more difficult to create an identity and emerge. Printing techniques and the constant emergence of new materials allow the creative process to be made even richer in experimentation. The paper producers and printers are investing vast economic resources in the quest for new substrates and technical solutions; for us designers it’s fundamental to pay the greatest attention to this new frontier and carry out an appropriate evaluation of all the processes capable of translating an idea’s originality into a form of expression. Only through a constant two-way flow of information can we learn all the notions needed for suggesting innovative graphic solutions that, at the end of the day, can be produced. WHAT ARE THE MOST REQUESTED ENHANCEMENTS THAT TRANSMIT A WINE’S QUALITY? Giacomo Bersanetti All the techniques, the enhancements and the substrates are potentially useful; you need to understand them very well to use them appropriately and distinctively. Appropriately because the whole of the elements may express
what category (sparkling, spirit etc.) a wine belongs in. Something similar happens in the musical setting and enables us to distinguish the genres (classical, modern, popular, experimental, etc). It’s distinctive because the integration of different enhancements and aesthetic choices produces its own ‘sound’ that enables us to discern - as happens with a singer or musical group - the style and personality of a company. Mario Di Paolo The requests vary on the basis of the products’ distribution markets. In China and Asia, for example, there’s a substantial demand for laminates - let’s say there’s a preference for the gaudiest enhancements. In the western markets more sober, minimalist visual codes are the thing. In general each design adapts to the visual culture of the market in question. Simonetta Doni Transparent braille is fashionable with thicknesses, which if they’re used well, in small quantities, permit interesting tactile effects. Or else embossing and debossing, but also the two technologies together. Recurrent themes are also overlapping and multi-material labels: one paper on another or one paper on another material. Otherwise, in this period, special inks sensitive to light or thermal inks are still being used. We, at Studio Doni, try not to follow trends - we want to be beyond fashions. A label made today has to be correct today but also within ten or twenty years. Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli In recent years we have noticed an increasing attention from our clients on the printing processes that enrich packaging. Our experience forces a painstaking scrutiny of the individual projects and a weighted choice on the use of braille, embossing and debossing, pearlescent bands, iriodin inks, gold and silver laminates etc... We love sobriety and elegance but we find the use - even simultaneously - of some of these enhancements lends packaging a more refined and enchanting aura. LOOKING AHEAD WILL PAPER REMAIN THE FAVOURED SUBSTRATE FOR WINE LABELS OR WILL IT GIVE ITS PLACE UP TO SLEEVES? Giacomo Bersanetti Today the most beautiful labels from the major high quality Champagne brand products both in France and Italy are printed on plastic materials. Paper
remains the chosen substrate, for emotional reasons too; plastic films provide stability and absolute non-deformability so they are excellent on the technical and functional level. They come out as rather “cold”: the touch — except when using a version with high-thickness varnish — is impersonal. In addition, there are many paper substrates that guarantee stability and high resistance to water and ice; they carry out extremely lengthy tests - but why should a good bottle remain for a long time in an ice bucket? Mario Di Paolo I develop ideas using my capacities and those of the studio, with the aim of reaching the analysed result with the available materials. I love paper - I have an intimate, special relationship with it - I work with paper as a substrate to shape out in an infinite number of ways, even 3-D. Paper is the best substrate for communicating a wine. Sleeves have never got me excited - they make sense in certain specific projects. In general each project adapts to the visual culture of the market in question and to the technical and economic needs of the producer who has to bring the product to market. Simonetta Doni On fizzy wines sleeves are used a lot, even for major champagnes. I think for the moment that in the wine sector sleeves might be used for an event but not for a major wine: on fresher, faster products, then yes. And in this case the sleeve would be a surface that helps communicate over the entire bottle and so would allow talking about the wine in more depth. Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli It would be wrong to line up for one solution rather than another. Prestigious Champagne houses prefer plastic materials, just as some of the most famous French and Italian red wine producers use a coated paper for all their products. The landscape, fortunately, is becoming ever more vast and varied but paper, still today, is the emblem of a fascinating product sector and, in our opinion, will remain so for some considerable time. The food sector is certainly akin to that of wine so the use of sleeves will be steadily increased by interested companies, and in these cases we suggest a combined “sleeve/paper” usage. The room for manoeuvre offered by this type of package opens up various possibilities. Undoubtedly the presence of sleeves is going to grow in the future but, in our opinion, this will be limited to a fairly specific market segment.
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HOW DO YOU SEE THE PERSONALISATION PHENOMENON IN THE WINE UNIVERSE? Giacomo Bersanetti Labels and bottles have always been personalised; in the past it was done by involving skilful calligraphers, then it moved on to more technological solutions like lasers, digital printing, etc; but to express the unique character manual intervention is the most effective solution. Mario Di Paolo Personalisation makes sense when you’re dealing with entering a new market or a hostile market and it can give a good push forward for the marketing. In this case a personalisation operation can knock down a hurdle, climb up a step. Basically, it’s like changing clothes for a moment. It’s very interesting to think about labels completely different to one another with different printing. It can certainly give a product new openings. After all that’s what happened with Nutella, re-opening new markets to the brand. Simonetta Doni With digital printing we can personalise but a one-off like Nutella did, not as a repeated usage. Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli The exclusivity of a personalised package has a growing importance for the consumer. The desire to distinguish yourself and to feel part of a club can certainly emphasise a product’s importance. Until today this solution has always been fairly complex and expensive so it was directed at those products whose small printrun was also a synonym of high quality. Thanks to the arrival of high quality digital printing today we can conceive of a production of packages very different one from the other at reasonable costs, which can be shared and enjoyed also thanks social media. This type of message has not yet been applied to wine but it is undeniable that in the near future we are certainly going to see these types of packages appearing on the shelves. THE CHANGE IN CONSUMPTION STYLES COULD ENCOURAGE A REAL CHANGE IN CONTAINERS TOWARDS WINE IN CANS AND BOXES. WHAT DO YOU THINK? Giacomo Bersanetti The cork is hanging on more for psychological and cultural reasons since the screw top’s superiority has for some time been shown. I think the can may
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carry out its conservation role very well; wine-in-the-box, for the container’s objective structural reasons, is better suited to young or very young wines; glass has an unlimited duration, it doesn’t pollute and is totally recyclable. Mario Di Paolo I’m tied to glass - I find the 0.75 cl bottle an intelligent format with a perfect material and an ideal capacity for wine - I don’t think it’ll be easy to replace it. I love bottles and I collect them. Certainly the formats and materials can change at pace with the need to segment production based on market demands, but I don’t believe that glass bottle can be replaced by another container. Simonetta Doni Wine-in-a-box could become the norm. If we think about the Swedish or Norwegian market where even high quality wines are sold both in glass on the shelves and in bag-in-boxes at a lower price. At any rate, it’s a container that doesn’t let air in. Here in Italy we still have the culture that wine in a box is low quality. Instead, even excellent quality wines (not the very top ones, but of a certain quality) can be packaged in a box perfectly well. As for aluminium containers, it’s difficult to imagine them becoming widespread especially because of the Italian mentality: we have a very tie to the culture of wine and treating it like Coca Cola would be difficult. But aluminium is a phenomenal material - easy to transport, a low weight compared to glass, not bulky, easy to recycle. As well as that, from 2018 the environmental contribution for its disposal will be reduced.
In the quantity of solutions and applications available, we need to distinguish what is concretely useful from what is simply a distraction. The systems that allow the traceability of wines are very useful because they effectively oppose counterfeiting, while the interactive labels are very useful for increasing the packaging’s memorability. The information that gets to us thanks to the new technologies tells us about the wine and its producer and forms a useful introduction; there are two aspects for us to the fore: the wine’s “outfit” has to go with its content to give it added value and, secondly, the wine whose label has struck us must be recognised when it’s drunk - just as the cellars and the vineyards should be visited, after all. The challenge lies in not losing contact with the real figures. Mario Di Paolo The entire universe of smart labels doesn’t yet belong to the world of wine. I’ve seen very nice designs but they don’t do anything for me. I consider these things as separate from the fast consumerism that wants to attract you but then disappears just as quickly. The wine universe is made of different times, and waiting is the factor in charge. I’m an innovator strongly attached to tradition so I love paper, I treat and transform it - touch is fundamental. And even if I look to the future, as far as I’m concerned, I see a sheet of paper: you fold it and it becomes another thing. With simplicity. There’s no need to invent who knows what technologies - there’s still a lot to discover at arm’s reach.
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Unlike other types of products wine changes over time and the dimensions of the container (or rather the quantity of the wine contained in it) influences the ageing of the wine itself. There are already single-dose solutions that are oriented towards the type of wine associated more with table wines rather than ritual and romanticism that has always connected with this product (particularly in markets like ours where the dining table plays a strongly social role of sharing). In this case too the number of solutions is definitely going to increase but it’ll be hard to replace the more traditional solutions with their outstanding elegance.
Simonetta Doni The smart label has existed for very many years but it’s still not made great use of we’ve managed to put QR Codes on the back but the end user doesn’t really use them. On top wines, planned for a mature market, technologies struggle to get in. We’ve proposed a label with augmented reality but realistically there are few people who bother to download the app, set up the bottle… Augmented reality would be interesting if the apps launched on the phones by themselves. Since up to now every system has its application I see it as a gesture that hasn’t yet entered in common use. Or at least you’d need to run an advertising campaign that says there’s augmented reality on that label. But you’d need to make major economic investments.
LET’S LOOK AT THE FUTURE, AT TECHNOLOGICAL CHALLENGES AND POSSIBLE CHANGES. Giacomo Bersanetti
Vincenzo Maccarrone, Tommaso Pecchioli Over the last decade we’ve lived through the launch of “smart labels” or “interactive labels” that can provide more or less
detailed documentation on the zone of origin, the type of grapes selected, the progress of the harvest, etc. In an increasingly computerised world having digital devices available that dialogue directly with the consumers could, undoubtedly, be a major step towards the quality certification of the product we’re about to purchase. We’re more doubtful about whether the might in some way be replaced since touch and sight are closely involved in the first 20 or 30 seconds before the purchase. In our eyes, finding yourself in front of a label that communicates emotions is, even today, the greatest recognition that can be achieved.
PAGE 36 “CLIENTS ASK US FOR VISION, CREATIVITY, KNOW-HOW” — IAN ROONEY PACKLAB is a global Design + Innovation agency partnership that creates unique brand experiences for users and measurable growth for businesses. Across our studios worldwide, we create people-inspired products and we revitalise new or established brands. Whether seeking to gain global exposure and enter new markets, or to steady their footing in local markets, brands around the world trust PACKLAB for their specialised expertise and visionary creativity. Born in Ireland and raised in England, with studies in design, marketing and communications in different countries, Ian Rooney has been a leading designer on the international stage of packaging and branding for more than 25 years. In 2009 he established PACKLAB, packaging design and brand identity agency that, within a few years, won very prestigious international awards such as Pentawards (Worldwide Packaging Design Awards) in Shanghai and the GDUSA (American Package Design Awards) in New York. Ian Rooney is considered an innovator in packaging, a topic he has taught for some years at the Lahti Institute of Design in Helsinki, of which is also director, making it one of the most advanced global centres for packaging and brand design. In the role of speaker and visiting professor, Ian often also travels to work personally at the six PACKLAB offices in the world of and its numerous clients. PACKLAB has been independent since 2009 and we pride ourselves on being a micro-global agency. Our international team of specialists collaboratively work in an agile manner and can be found in London, Leeds, Helsinki, Lisbon, Sao
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Paulo and Luanda. We work on diverse projects world-wide and are known for our agility, streamlined and quick development processes and the exceptional ROI that we deliver for our clients. PACKLAB is the intelligence hub behind some of the most awarded packaging designs within the food, wine, spirits, and technology product categories. Our work helps brands world-wide to be more competitive on the shelf, to connect better with their consumers and reach more markets across the globe. What is your preferred material for packaging when you think to food and beverage and for other products? Why? The specification of every project requires either a standard predetermined solution by the client or a tailored solution. Depending on the brief and agenda, we propose the most appropriate materials and finishes, but we don't have preferred materials or suppliers as every project is pretty much unique and bespoke. PACKLAB prides itself on being an independent specialist agency, providing independent and impartial advice. What is the role of the designer in influencing brands to pursue behaviour consistent with the theme of environmental responsibility? Sadly we are in the thick of a disposal economy, yet I am not sure consumer disposable guilt culture is fully embedded for us to move fast forward. I grew up in the UK in an age when glass bottles were delivered to our doors, were washed and reused and you could return drinks bottles back to the shop for ten pence. I’m not sure where it all went wrong, to be honest. I have also been living in Finland for the past 13 years, a country with efficient plastic and glass bottle returning facilities and on the whole a great national recycling system. The word ‘’theme'' might be the correct term as many brands are playing with the idea or the theme of environmental responsibility but not all are invested in the whole or full ''narrative''. This toe tipping into the waters of environmental responsibility is, of course, justified and understandable. Sometimes politically loaded, with waters muddied by the media and the influential agendas of manufactures/suppliers can make this area of knowledge a minefield for brand managers and designers. Don’t get me wrong, every little change and incremental development makes a difference but not fast enough to my mind. I think the environmental challenge needs a disruptive and significant design thinking approach; you don’t need a team you need the whole value chain to get involved. The word ''responsibility'' for me still suggests that some still consider ''environmental
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responsibility'' as optional. My heart tells me we first need to create systems, a complete overview and review of the whole infrastructure. This infrastructure should be built on desire and not for duty. A new system and a way to consume that has a foundation for longevity, and to my mind that can only be reusability. Digital printing is the new frontier of personalised packaging, do you think end-consumers will appreciate brands using digital printing to launch messages that resonate with specific clusters of them? Is digital printing an efficient tool when brands want to diversify their messages to consumers? What is the problem you see in personalisation? I have more questions than answers, there is no doubt digital print has many exciting applications, with personalisation being the most publicised, yet will this approach be considered as a one trick pony or will there be other significant global brand rollouts that utilise the technology that can capture such media and public attention? There is no question there has been a positive consumer response but this undoubtedly this was in part down to the novelty of its application. What’s next? Expectations are high, but I am not sure these highs will be repeated to the same levels. I could be wrong but I think digital personalisation will become an everyday marketing tool, where its integration rather than its stand-alone appeal will be more realistic moving forward. Where I get really excited about its application and benefits is the ability to explore in different ways, test faster, have more control over timetables, speed to market and a reduction in investment with regards to smaller runs. For global brands working in a multitude of markets the benefits are obvious and the ability to solve previous regional differences is a significant game changer. The quality of digital print is continually improving, but there are still some major limitations and quality tradeoffs for added value branded products. For me, it’s a valuable tool, a great opportunity but it’s one of many that brand managers and designers have at their disposal. Is the tactile experience important in packaging? What is your opinion about the sensorial experience consumers should have with materials, shapes, textures, colours? I associate successful multi-sensory consuming experiences to that of an orchestra playing classical music with instruments from different families. From string, brass, woodwind through to percussion, all representing a different sense. Some instruments like the vi-
olin can be played independently while others are somewhat cumbersome and awkward. There is a time and a place for a violin like there is a time and place to be captivated by an orchestra. Delivering a successful tangible consuming experience is a tightrope walking activity that balances scientific understanding, the explorative nature design and the delicate intuitive touch that can only be described as craft. This all has to be done at a hundred miles an hour. From understanding the environment, the products context and the associated rituals, to the brand's story, its timing, the weight upon each sense and its promise of authenticity. Successful and iconic branded products are experiences that are orchestras made up of relevant touch-points (instruments) that weaves harmoniously with our unconscious senses, in ways that seem incomprehensible and unquestionable, they just are. These effortless and seamless experiences are what iconic brands and products are made of. Transparency (of containers, label, closures): is it important to enable consumers to look through? A Brit, Dutch and Finn walk into a supermarket to buy some milk in their respected markets. The drivers, packaging formats and importance of transparency differ significantly. I have lived in all three countries, and I have experienced these differences first hand. All markets pride themselves on the importance of their national fresh produce and their regional dairies. In the UK you are likely to purchase a transparent pet bottle, a regional dairy, with the retailers branding. In the Netherlands, you are likely to buy local branded milk in a Tetra packaging format. What is significant in the Dutch market is the usage of plastic windows that can be found on some Tetra packaging solutions so consumers can measure the product and, more importantly to them, see the quality of the product. Seeing fresh produce is very important for Dutch consumers, which may be explained the diversity of other packaging formats such as glass and plastic across the country and more so in specific regions. In Finland standard Tetra packaging solutions are the only packaging solution for milk and other dairy products. Finns are loyal and trust national food brands and producers. Due to this confidence, there seem to be less packaging transparency in food and beverage products compared to many other European markets, and I believe this to be the case of all Nordic countries. So, in answer to the question; transparency in packaging level of importance differs from product category and from market to market. The importance of transparency in
branded packaging design and its meaning in the broader cultural context has been and will continue to be one of the biggest challenge facing brand managers and designer alike. How to show and communicate transparency in the age of disruption and skepticism. There is need to cultivate new and relevant consumer rituals that are more in line with broader social concerns and needs. PAGE 43 PRINTING DEFECTS Let’s run through the most common errors that can occur during the printing process in order to understand how we can avoid them in good time; and in order not to ruin a printed product or the rendering of a photo. Everyone commits errors. That’s why, as a Japanese proverb says, there’s a rubber for every pencil. But there’s error and error. Sometimes an error is an unexpressed possibility that still has to find its way, other times just an irreversible mistake. Even the complex world of printing is not exempt from this rule. Unfortunately mistakes are more frequent than the creations born by chance and one is more serious than another. While we’re waiting for some sort of fantastical error-destroying machine, let’s go over the most common ones together. Sometimes it doesn’t take much not to get things wrong! 1. Pendant What it looks like: It’s not easy to get the ideal pendant, or in other words get two parts of a photo perfectly aligned if they’re on different pages. This crossing can happen in different points in the printed product and, apart from the centre of the gathering that belongs to the same sheet, it always brings about some pitfalls, especially if the two pages come from two different gatherings or, as almost always happens in advertising in magazines, between the inside front cover and the first inside page. In this case the problem is not only tied to the fact that the sheets are printed at different moments or the images can even be very distant on the same print sheet, but it also depends on the fact they sometimes have very different substrates, through paper grammage and finishing. In practice the type of section and the fall of the pages can make the difference and may ruin the rendering of a photo. Causes: In many cases, taking the colour may be complicated, if not impossible, and compromises will have to be made out of necessity. The pendant is not just problematic for the colouring but also for the binding both because an imperfect fastening highlights straight away any
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mistaken alignments and because if not well balanced it influences the legibility of the photos. Take into account that a photo crossing over and, all the more, a text like a banner headline, ends up necessarily in the fold and the printed product may not open completely as the pages go on, making reading difficult. What can I do?: Obviously you can’t ask to limit the pendants because they have a great impact graphically and it’s inconceivable to know how that photo will fall on the machine sheet. But something can be done at the planning stage. During impagination just conceive of the photo as two different halves and move each of the two at least 5 mm. towards the outside. This method will gain you a more natural legibility of the image. The expert’s opinion: As with colouring, the printer will certainly seek the best rendering but remember that in these cases the best solution is compromise. 2. Out of register What it looks like: You know when you seem to be seeing double and you lift your head from the page and everything goes back into focus? There, that’s out of register. It’s a defect inevitable as it is frequent. You know everything that is printed is really made up of a thick framework of little coloured dots which the eye puts back together in one single image? This simple trick allows all the colours to be reproduced with just four inks, each with its own plate, printing them on the sheet one at a time, in succession and “perfectly” overlapping: in register, in fact. Cause: It seems easy but still today, despite the electronics on board cars that control everything and regulate everything, having a perfect register on an entire sheet is a Utopia: a lot depends on the printing conditions (very large sheets or rotary printing are the enemies of perfect register), on the machine’s regulations and on the substrate. Certainly there are margins but the out of register should be perceptible. The human eye can perceive a difference of register of 0.1 mm to 30 cm of distance. The regulation of the register is one of the initial phases of the printing process and precedes the colour regulation. The out of register should therefore not appear on so-called good sheets and it shouldn’t get to the finished printed product. But the ‘shouldn’t’ is necessary: all you need is a stoppage in the machine. It isn’t easy to say how many copies the defect will be on. It could be a few sheets that are still not perfect but considered good after going through the print run and so a restricted number; but it could also be an oversight by the operator and involve a good part of the print run. What can I do?: Printing in register is one of the basic supply conditions of a
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printed product and so it depends on the printer, but it is equally true that something can be done before. It’s undeniable that there are dangerous characters: very small coloured letters, for example below 7 pt font, or perforations on a full background, but even very thin coloured lines or frames, maybe curves. In all these cases getting the register on all the printed sheet is decidedly more arduous. The expert’s opinion: Pay attention to 4-colour black texts: they’re an error regardless of the register but they can turn out to be dramatic. 3. Moiré What it looks like: The term comes from the French word meaning a type of material, traditionally silk, with an iridescent effect that recalls the waves or water, obtained with an appropriate calendering in the finishing stage. If the moiré for materials like silk, brocade and satin is an indicator of preciousness, the same cannot be said for the printing world. This marbling appears like an iridescence of the print screen’s frame. On frames or textures altered geometries are manifested, which are irregular and unpleasant to the eye. Causes: The phenomenon is insidious and unpredictable and, what’s more, not that frequent even if the conditions exist that encourage it, and it appears as waves, small holes or concentric rings (called Newton’s rings), visible only when printed. The moiré derives from an interference defect between the frame of a character (e.g. the stripes of a shirt) and the slant of the print screen composing it. In practice, it happens when an already screened image is reproduced through screening. At the time of blue printing and analogical colour tests that were obtained from film assembly, it was easy to notice this problem before printing a sheet. But now everything is digital the multi-frequency screen in use conceals the problem. What can I do?: Rather than the printer at times it’s the graphic designer who can avoid the moiré by intervening on the most hazardous photos. How? By lightly blurring in post-production the channel of the image that writes more, especially the black which normally has a screen slant of 45°. In printing only the ruling of the plates or the shape of the dot can be changed. The expert’s opinion: The digital that uses a non-regular screen can be a help but it’s not a given that this technology can be used. All in all, if you have to print a catalogue of fabrics maybe it’s best to talk with the printer beforehand. 4. Hickies What they look like: They’re not the ones on a teenager’s neck and when they’re called that people in the industry laugh.
Instead, they’re those little imperfections and coloured holes that pop out here and there on the pages of our printed product. It’s just as well to say it straight away: there isn’t a print run that sooner or later doesn’t get one. It’s a phenomenon inherent to printing processes. At times they have a dimension of a millimetre, and at others they appear like constellations of white spots where there’s more ink. Causes: Usually they form when some dirt enters the machine as dry ink film, particles of paper coating or dust; sticking to the matrices they create empty zones through the lack of one of the colours, or little white circles. In this case the hickie is certainly on the plate of the missing colour. The residue of paper due to the cutting of the sheets prior to printing can also be the cause, especially if the paper is very fibrous. What can I do?: As the Italian proverb says, “four eyes see better than two”: if you’re there to see the start up at the printer’s, once you’ve arranged the colouring with him - but before signing the good sheet - have a general glance and point out any hickies that might have escaped the operator. Later disputes will be avoided. The expert’s opinion: The defect is easily identifiable and just as easy to eliminate during the print run as long as the printer notices it by checking the sheet frequently. He doesn’t even have to stop the machine. 5. Colouring error What it looks like: “I thought this photo would come out differently”. That’s the error right there. Colour rendering, not only in printing, is a science based on controlled processes and accurate measurements. Of course there are a lot of variables in play and errors are just around the corner but all the procedures exist for working properly and putting the printer in a position to do so too. Perhaps the plates get put in the machine the wrong way round or the proper attention isn’t paid to correctly checking the machine, but most of the time behind a colouring error there’s prior bad colour management. Causes: The plates are marked carefully marked and checked several times before going into the machine and the printer, as well as his experience, has all the more or less refined aids to regulate the ink ducts. Plus: today the CTPs directly regulate the machines in order to get the right inking. “The sooner I print well, the sooner I finish and put a new job in the machine”. It’s on the job turnovers that you earn in printing. So what creates problems of colour rendering most of the times is poor conversions from RGB to CMYK, profiles used without any awareness, tests done on inappropriate or not profiled paper, not calibrated evaluations on the monitor
or a bad photolitho. What can I do?: The first thing is not to expect the impossible. What you see on the monitor can’t always be reproduced in print. Don’t do it yourself if you don’t know what you’re doing. The colour tests aren’t an extra and aren’t a favour you’re doing the printer but a protection for you both. It’s better if you compare yours with the printer’s, even just a sample. Pay attention that they’re on a paper that simulates the finishing on what you’ll be printing. The expert’s opinion: Chromolithographers don’t make it up as they go along and everything you think of saving before can ruin the entire job after. And don’t evaluate the colours under the neon lights in the office: in calibrated light they’ll be very, very different. 6. Black error [black only instead of 4-colour black] What it looks like: Black in printing is a bit of a vague concept: there’s the one of only black ink, there’s the one plus cyan or magenta and there’s the black of 4-colour. And there isn’t one of them that works in every situation. You sometimes see 4-colour black texts split in two by the out of register; backgrounds full of only black that appear as a very dark grey or, worse, transparent if there’s an image underneath; or blocks of serif text typed in negative on nicely full black backgrounds but still coloured by the out of register rather than white. Causes: Black on its own is fine for texts and lines because a single ink, as loaded as it is, can’t manage to completely cover the screen underlying the other colours. The solution to the problem is called rich black (made up of all four colours) provided that you use it properly because although it certainly looks very full and uniform, it is open to the risk of out of register. What can I do?: Understanding how what you see on video is translated onto paper while it’s being impaginated is indispensable. We write in black and we use several inks for all the rest. Rich black can be obtained with different combinations: all graphic artists have their own. The most used are C30, M30, Y40, K100 or more, or C50, M30, Y30, K100: not much changes, just pay attention not to exaggerate with the coverage, which shouldn’t be above 310%. Careful with Photoshop whose black natively is made up of C75, M68, Y67, and K90, which is different from the native black of InCopy or Illustrator which is done using only black. The expert’s opinion: Remember that what you see on the monitor isn’t what you’ll print; to help yourselves, set up the programmes so they show the 100 K as a grey, while the 4-colour rich black is shown as black.
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7. Stripping of varnish, screen-printing, plastic What it looks like: If just three ingredients separate a mayonnaise and ruin it, imagine what damage the numerous substances and chemical and physical transformations in the production of a printed product can do! Even if everything’s been tested, sometimes something goes wrong. For example, air bubbles might be created under a lamination, or it gets stripped. Or the varnish might go wrong by agglutinating, or else the screen-printing doesn’t stick and peels away and flakes immediately after drying. Causes: Most of the time it’s due to a superficial drying of the ink, to excessive haste in getting on with the next job, or to having used products that are not compatible with each other in the printing phase. In this case it’s very likely the phenomenon is widespread within the whole print run and can certainly give rise to disputes. What can I do?: Don’t expect unsustainable times. Paper is alive and goes through variations based on temperature and humidity (think about the stress on the paper as it goes into a 170° rotary printing oven and comes out of the machine a few moments later into room temperature). Add to this the chemical reactions of ink and varnish, of plastic glues or screen-printing ink. In short, every job has its own times. The expert’s opinion: Usually what worsens the situation is folding, creasing and packaging, which by stressing the paper destroy its fibres and weaken the hold of the plastic. 8. Media wedges and visible cross marks What it looks like: You know the flyers you get in the post box? There, those signs you find on the corners and in the fold and those coloured squares are all signs that are always there on any printed product, just that usually they stay outside the job and get eliminated in the cutting phase. The flyer is the only case in which they’re acceptable: it has to cost nothing and be printed at the speed of light. The cutting and folding signs, such as the overlaying cross marks and the media wedges, are needed as reference points for the various jobs in printing and print product set up phases. Sometimes though, because of a cutting error, mistaken or decentred, they become visible again. Causes: There are at least two reasons: on the one hand, a banal measuring error in the cutting, on the other, very small margins to insert them on the sheet and therefore very narrow tolerances. They’re never nice and they shouldn’t be in the print run: above all, the colour wedges aren’t put in. This is also because seeing them means the folding and cutting are mistaken and with them the bleeds of the
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photos will also be visible that get deliberately opened beyond the margin. What can I do?: In this case it’s all in the hands of the printer and the binder so the job needs to be engineered correctly. But in reality there is something we can do: if the format of our printed product is at risk because of our printer’s machines, it might be enough to give up a couple of millimetres, particularly in the height. The expert’s opinion: If we’re the ones buying the paper, let’s take nothing for granted and not make the printer work without any margins just to save a few euros. 9. And finally… Text errors What it looks like: There’s a curious misprint - the only one in the whole volume in truth - in a version of the Bible printed in 1631. The compositor left a “not” in the drawer and the sixth commandment quoted in Deuteronomy 5:24 became “You must commit adultery”. But there isn’t a text that is exempt. It’s no coincidence that there proof readers. And don’t delude yourselves - the corrector in Word is not infallible, it actually adds entropy, even if it is useful for a first check. InDesign also has its spell checker and, something not everyone knows, the Hunspell dictionaries can be downloaded from the OpenOffice site. And then you read and reread, backwards too and syllable by syllable. But above all make yourselves read! The correction of drafts isn’t a superfluous step and the misprints are a symptom of little care for the text and your printed product. And what you don’t see, the reader certainly will. 10. The expert Rino Ruscio, art director, graphic artist and consultant for Mondadori Libri and previously for Rizzoli Libri. He acts as an expert on behalf of the court of Milan and the Milan Chamber of Commerce. For him graphics, publishing and printing hold no secrets: he doesn’t remember how many covers have passed through his Mac. He is the author, among other things of numerous tutorials on Photoshop and InDesign.
PAGE 55 TAILOR-MADE IS ICMA’S PROPOSAL FOR PACKAGING THAT BECOMES A MESSAGE With Tailor-Made, Icma has enabled the creation of two customized and coordinated packaging options that meet the requirement for minimum quantities characterizing luxury brands.
The first Tailor-Made option involves the production of a customized finish for the requesting company, starting from a minimum quantity of one tonne of paper (equal to approximately 15,000 sheets). You can choose a texture from Icma’s historical cylinder archive (about 200 different designs) and combine it with a finish (for example two-tone, fluorescent, glittered, smooth, glossy, metallic, matte, pearlescent, soft-touch, velvet, with oxidation effects, perspective depth, perfumed and more) and with a Pantone colour of your choice. The option also includes papers derived from post-consumer waste. This combination generates a unique and distinctive product, designed to optimize the corporate identity in all its applications (boxes, shopping bags, gift wrap, brochures, invitations, etc.). Indeed, the paper can be manufactured in a range of weights from 50 to 400 g. The company has the advantage of a “tailor-made” product it can stock in an easyto-manage quantity commensurate with its actual needs. The second option concerns even smaller quantities of approximately 2000 sheets required to distinguish a capsule collection or limited edition in detail. In this case, you can combine an embossing pattern with a colour and standard finish from among Icma’s samples. The result fulfils the need for a finalized image for a specific project, based, in any case, on over 30,000 different combinations. Naturally, Icma can also craft a completely new texture, thus making an embossing cylinder that belongs to the customer. Icma has entered its eighty-fifth year in business with various innovations to be presented throughout the year at the trade fairs Packaging Première and LuxePack Monaco, and at other key events.
PAGE 74 “CON VISTA” - A PRIVILEGED VIEW OVER THE HILLS OF THE CHIANTI CLASSICO The new label for the Chianti Classico Cecchi has its origins in a collaboration between Arconvert, Epson, Perruccio, Luxoro and Mario Di Paolo. A dinner with friends and a good bottle of wine: nothing else is needed. The idea of showing the world how important it is to dress a bottle of wine with an attractive and persuasive label, both in its aspect and its content, had its origins in a moment of shared joy. At the dinner table were some key players in the label industry, who all agreed that you start drinking wine with your eyes. So between chats
and laughter, a project came into being: to document the birth of a successful label and the added value it brings to a good quality wine. The graphic and tactile appeal of a label – it is a well known fact now – encourages the consumer to feel its texture and pick up the bottle. According to the Harvard Business Review, this gesture creates a psychological illusion of ownership and pushes the consumer to buy the product, so they can truly own it. According to retail industry statistics, packaging influences nearly 70% of the average consumer’s decision to buy, and even 75% if the product is a new entry. For this reason, and because our brains unconsciously associate the product to its label, it is important for a quality wine to have a quality label, so that the consumer is not misled and made to think that a poorly designed label represents a poor quality wine. So this collaboration was developed with a complete focus on quality. To achieve this, the collaboration included Epson and its Sure-Press, Arconvert with its self-adhesive paper, and Mario Di Paolo with his creative genius, but also the Cecchi family and their wines, Luxoro and their clichés and plastic films made by Etichettificio Perruccio with great artisanal care. The real protagonist of the project is Cecchi’s Chianti Classico. Cecchi is a winery that has always well known the role played by the label in keeping the promise of quality made to the consumer. Mario Di Paolo created for this renowned and distinctive wine a contemporary and innovative label, which catches your eye and your heart at the same time, because of the story its elegant image tells. It is the story of a family who, from the very beginning, has safeguarded the genuine and honest values that make unique wines and the soft and welcoming landscape that “Con vista – Chianti Classico Cecchi” offers a special view of. To stay as faithful as possible to the Pantone colours, all the digital parts were printed with Epson SurePress. The hot laminate parts are printed with Luxoro’s Kurz foil, and the eye, which seems to be looking at the hills through a keyhole, is a dry relief made with Luxoro’s clichés. The label for “Con vista – Chianti Classico Cecchi” is made of three different self-adhesive papers by Arconvert. The cypresses are printed on Acquerello Bianco, their shadows on Ipanema White, and the big yellow cypress is printed on Cotone Bianco UWS.
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Stupefacenti sculture in forma di libro, di Lorenzo Perrone
www.libribianchi.info
Ph. Franco Berra
L I B R I B I A N C H I
Kintsugi (2018) Tecnica mista: Libro vero, gesso, vernice acrilica, oro. cm 42×26×16 circa Il kintsugi, letteralmente ‘riparare con l'oro’, è una pratica giapponese che consiste nella riparazione di oggetti in ceramica, i cui frammenti vengono saldati con l’oro. Sul piano simbolico, da un’imperfezione o da una ferita casuale può nascere una maggiore perfezione estetica. Ogni pezzo riparato diviene infatti unico e irripetibile. Kintsugi è lasciare che il dolore si trasformi in qualcosa di nuovo e di più prezioso, e trovi una nuova interezza.
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O L V E ERS N I W
Arconvert presenta Wine Lovers, la straordinaria collezione di carte autoadesive Manter per l'etichettatura di vini di alta gamma. Wine Lovers Label Collection moltiplica il potenziale creativo dei progetti di labelling piÚ esigenti ed è in grado di trasmettere il valore piÚ autentico dei vini migliori. Arconvert, the best self-adhesive papers for the best wine labels. Richiedi il tuo catalogo gratuito su www.askarconvert.club