Dizionario pirandelliano

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DIZIONARIO PIRANDELLIANO

prof.Luca Gervasutti


AUTOESTRANIAZIONE Il rifiuto della vita sociale si manifesta attraverso la contemplazione di se stessi e degli altri come da un'infinita distanza, per vedere in una prospettiva di autoestraniazione tutto ciò che l'abitudine ci fa considerare "normale", in modo da coglierne l'inconsistenza, l'assurdità, la mancanza totale di senso. Questo atteggiamento riassume la cosiddetta "filosofia del lontano", applicata dal «forestiero dalla vita», colui che «ha capito il giuoco», ha smascherato gli inganni dei meccanismi sociali e perciò si esclude, si isola, guardando vivere se stesso e gli altri dall'esterno della vita, rifiutando di assumere la sua «parte», osservando gli uomini imprigionati dalla «trappola» con un atteggiamento «umoristico», di irrisione e pietà.


CAOS

La vita di Luigi Pirandello è l' “involontario soggiorno sulla Terra di un figlio del caos”, come egli stesso scisse nella sua Autobiografia. Nella vita e nel suo flusso eterno, Pirandello avverte da un lato disordine, casualità e caos, dall’altro percepisce disgregazione e frammentazione. Questi elementi, però, non si fermano alla realtà esterna: anche l’individuo, al suo interno, manca di unità e di compattezza, si sfalda e si disgrega in frammenti incoerenti. Il caos è dunque dentro e fuori di noi.


COMICO Il comico, definito anche "avvertimento del contrario", nasce dal contrasto tra l'apparenza e la realtà. Nel saggio l’Umorismo, Pirandello ce ne fornisce un esempio: «Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario». Il comico genera quasi immediatamente la risata perché mostra subito la situazione evidentemente contraria a quella che dovrebbe normalmente essere.


DOLORE

La presa di coscienza dell'inconsistenza dell'Io suscita nei personaggi pirandelliani sentimenti di smarrimento e di dolore. Dapprima essi provano angoscia e orrore, poi una sensazione di profonda solitudine, quando si accorgono di non essere nessuno. Essi, inoltre, soffrono per essere fissati dagli altri in forme in cui non si possono riconoscere e che non possono essere modificate.


FORMA Tutto ciò che assume forma distinta e individuale, comincia a morire. Questa consapevolezza induce Pirandello ad avere una nuova e rivoluzionaria concezione dell'uomo, il quale tende a fissarsi in una forma individuale, che lui stesso si sceglie, in una personalità che vuole coerente e unitaria; questa, però, è solo un'illusione e scaturisce dal sentimento soggettivo che ha del mondo. La forma è espressione esteriore di un contenuto interiore, di un modo d’essere: pertanto è sempre relativa. La forma è quel che pare – o appare – della vita (cfr. Montale: “Ciò che di me sapeste / “non fu che la scialbatura / l’intonaco che riveste / la nostra umana ventura” - Ossi di seppia).


ISPIRAZIONE

L'opera d'arte nasce generalmente dal libero movimento della vita interiore: la riflessione, al momento della concezione, non compare o rimane celata sotto forma di sentimento. Nell'opera umoristica, l’ispirazione proviene dalla sfera razionale, perciò la riflessione precede il sentimento giudicando, analizzando e scomponendo la realtĂ .


MASCHERA

Gli altri con cui l'uomo vive, vedendolo ciascuno secondo la propria prospettiva particolare, gli assegnano determinate forme. Perciò mentre l'uomo crede di essere uno, per sé e per gli altri, in realtà è tanti individui diversi, a seconda di chi lo guarda. Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una "maschera" che l'uomo si impone e che gli impone il contesto sociale; sotto questa maschera non c'è nessuno, c'è solo un fluire indistinto e incoerente di stati in perenne trasformazione.


RELATIVISMO Siccome la realtà è multiforme, polivalente, non esiste un'osservazione precisa, una prospettiva privilegiata da cui osservarla. Le prospettive di osservazione sono infinite. Non esiste una verità oggettiva, fissata a priori una volta per tutte, perché ognuno ha una propria verità che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. L'incomunicabilità dell'uomo, il senso di smarrimento, ne sono una conseguenza. E' un riflesso della cultura del primo '900, in cui si conserva la crisi delle certezze del positivismo, la sfiducia nelle scienze. La relatività di Einstein e la filosofia di Pirandello hanno avuto un ruolo simile nel Novecento, perché, sebbene in termini diversi, mettevano in luce la decadenza dell'uomo con una forma simile, che rimanda al loro aspetto relativistico: lo scardinamento del sistema a loro contemporaneo.


SOCIETA’

Pirandello condanna le forme della vita sociale, che impongono all'uomo "maschere" e parti fittizie. Innanzitutto egli critica la famiglia, la base della società. La seconda "trappola" è quella economica, la condizione sociale e il lavoro; da quest'ultima non vi è alcuna via d'uscita storica: il pessimismo pirandelliano è totale. Per lui è la società in quanto tale che è condannabile, poiché è negazione del movimento vitale. La sua critica è puramente negativa e non propone alternative.


SPERSONALIZZAZIONE L'uomo tende a cristallizzarsi in forme individuali, in una realtà che noi stessi ci diamo; in realtà, questa è semplicemente un'illusione. Ci fissiamo in una forma, ma anche gli altri, vedendoci, ci attribuiscono determinate "forme"; noi crediamo di essere uno per noi stessi e per gli altri, in realtà siamo tanti individui a seconda di chi ci guarda. Questa teoria viene ripresa da Pirandello dal teorico Alfred Binet, il quale era convinto che nell'uomo potessero coesistere più persone, ignote a se stesse. Egli vedeva l'Io "frantumato": questa idea era il riflesso della società del '900, in cui era entrata in crisi l'idea di oggettività, e faceva naufragare l’uomo in un mondo di incertezze, generando in lui solitudine e smarrimento. Pirandello cita continuamente lo psicologo francese, Alfred Binet, il quale in un’opera di psicologia del 1892, Le alterazioni della personalità, aveva affermato che ogni uomo ha un Io che si frantuma nel corso della propria vita: la nostra personalità si modifica col tempo. Secondo Binet, infatti, la personalità non è una entità fissa, permanente e immutabile; è una sintesi di fenomeni che varia con gli elementi che la compongono e che è in via di continua ed incessante trasformazione. Questa concezione mutabile dell’Io era stata già affermata dal grande filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662), che aveva detto: non c’è uomo che differisca più da un altro che da se stesso nella successione del tempo.


UMORISMO

Pirandello lo definisce il sentimento del contrario, ovvero quell’atteggiamento che permette di cogliere il carattere molteplice e contraddittorio della realtà , la quale viene osservata contemporaneamente sotto diverse prospettive.


VITALISMO Alla base della visione del mondo pirandelliana c'è una concezione vitalistica ripresa dalla filosofia di Henri Bergson: la realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, flusso continuo, incandescente, indistinto. La vita è insomma una perpetua trasformazione da uno stato all'altro. Tutto ciò che assume forma distinta e individuale, comincia a morire. Pirandello e Bergson hanno la medesima concezione di Vita (intesa come coscienza, profondità e durata) e di Forma (ciò che blocca il fluire della vita, irrigidendola). Bergson vede la vita come il contrario di qualunque meccanismo e schema: essa è creazione perenne, centro di tutte le "qualità", dove nulla si ripete ma tutto si conquista con progressività. Il suo obiettivo preminente è quello di sopprimere gli schematismi sulle concezioni del mondo. Ma la società, che egli definisce chiusa, è fondata su comportamenti che inducono alla ripetitività e all’abitudine, elementi racchiusi nell’univoco concetto di passività. "Se per Bergson esistere significa mutare, mutare consiste nel maturare, e maturare consiste nel creare definitivamente un proprio essere; per Pirandello invece, mutare significa frantumarsi e perdere per sempre ogni possibilità di consistere e d’essere: l'opposto della durata bergsoniana e dello slancio creativo". Ciò premesso bisogna sottolineare che "L'evoluzione creatrice", in cui Bergson sviluppa il tema dell’antagonismo Forma-Vita, fu pubblicata nel 1907; "L’umorismo" di Pirandello, lo scritto in cui i punti in comune con l’autore francese sono presenti in maggior numero, risale al 1908. Non è difficile capire come per quella data fosse impossibile che Pirandello avesse letto il saggio di Bergson: si può invece parlare di "convergenze di idee".


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