Arte e scienza: diario di un'esperienza

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ARTE e SCIENZA: diario di un'esperienza Workshop 2010


Arte e Scienza: diario di un'esperienza Workshop 2010 un progetto di Cristina Francucci per la Fondazione Marino Golinelli dedicato all'Accademia di Belle Arti e all'UniversitĂ di Bologna

una produzione della Fondazione Marino Golinelli in collaborazione con MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna a cura di Cristina Francucci coordinamento generale Elisa Schiavina MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna supervisione editoriale Antonio Danieli Fondazione Marino Golinelli editing Lucia Tarantino Fondazione Marino Golinelli progetto grafico studio lulalabò, Torino


ARTE e SCIENZA: diario di un'esperienza Workshop 2010


2–3


2–3


La Fondazione Marino Golinelli

Una sola cultura di Marino Golinelli

La Fondazione Marino Golinelli (FMG), costituita nel 1989, rappresenta oggi un punto di riferi-

La Fondazione che porta il mio nome opera da vent’anni a supporto della diffusione e della pro-

mento a livello nazionale nel campo della promozione della cultura scientifica, della formazione

mozione della cultura scientifica, della formazione e dell’educazione, facendosi promotrice di una

e dell’educazione, operando di concerto con le principali istituzioni del territorio e con autorevoli

visione unitaria della cultura che ponga al centro lo studio dell’uomo.

partner accademici, scientifici e culturali. Oltre a sostenere attività di ricerca, realizzare originali

Come imprenditore e come cittadino ritengo che la redistribuzione del profitto prodotto da un’im-

progetti di didattica informale, incontri e dibattiti, a partire dal 2000 la Fondazione ha sviluppato

presa risponda ad un dovere sociale, secondo un’ottica di responsabilità etica in base alla quale

una serie di progetti didattico-formativi con l’obiettivo di avvicinare i cittadini – e in particolare

risulta essenziale restituire alla collettività parte di ciò che si è ricevuto. Lo scopo del mio impegno

le giovani generazioni – alla scienza, all’arte e alla cultura.

è di fornire un contributo alla nascita della futura società della conoscenza, nella profonda con-

Tra i principali obiettivi della FMG, lo studio delle interconnessioni tra l’Arte e la Scienza risulta

vinzione che il sapere e la partecipazione dei cittadini siano da considerarsi strumenti democratici

da anni uno dei temi prioritari. La Fondazione Marino Golinelli persegue infatti la promozione di

indispensabili per il rafforzamento della coesione sociale, per lo sviluppo, per l’innovazione e per la

una visione unica della cultura, in cui Arte e Scienza sono visti come percorsi paralleli di ricerca

competizione del Paese a livello internazionale. La convinzione che la cultura - intesa secondo la

che insieme permettono all’uomo di accrescere la conoscenza del mondo e dunque la propria

definizione che ne da il Devoto Oli (*) - sia il principale di questi strumenti, mi ha spinto a cercare

consapevolezza di sé. Dal 2003 al 2005 la FMG ha indetto un Concorso “Arte e Scienza” rivolto

di predisporre numerose attività culturali e didattiche, soprattutto rivolte alle giovani generazioni,

alle scuole e finalizzato a stimolare i ragazzi e i loro docenti a pensare nei termini di una sola

i cittadini di domani.

cultura, di un solo sapere; dal 2007 al 2009 ha allestito 3 mostre con opere di giovani artisti ed un

In tal senso, Arte e Scienza, pur utilizzando linguaggi differenti, concorrono in maniera complemen-

percorso espositivo con foto e alcuni pannelli che proponevano suggestioni e riflessioni sul rap-

tare al potenziamento dell’abilità umana di sintesi culturale, rendendo l’Umanità più responsabile di

porto tra arte e scienza e cenni di importanti scoperte scientifiche e correnti artistiche. Nell’anno

quelli che sono i propri diritti e doveri verso la società.

accademico 2008-09 è stato indetto e assegnato un premio riservato agli studenti dell’Accademia

Sia le scienze umanistiche e sociali che quelle naturali sono modi per andare oltre la realtà immedia-

di Belle Arti di Bologna per opere “bidimensionali” su temi legati al cervello e alle neuroscienze; è

ta delle cose, avendo in comune una radice fondamentale: la curiosità intelligente nei confronti del

stato organizzato un seminario, composto da incontri/lezioni con ricercatori, artisti ed esperienze

mondo. Così come lo scienziato è un ricercatore che focalizza i suoi studi sull’essenza dell’uomo e

di laboratorio; e si è collaudata la collaborazione con l’Accademia di Bologna e col Dipartimento

sul suo rapporto con la natura, anche l’artista è un osservatore della società, che cerca di compren-

Educativo del MAMbo, Museo d’Arte Moderna di Bologna, per la realizzazione di laboratori didat-

dere le dinamiche e gli sviluppi insiti in essa, tal volta anticipandone i risultati. Credo profondamente

tici e del Workshop Arte e Scienza.

nella forza creativa dell’artista, che con le sue opere offre, tanto alla singola persona quanto alla

Dal 2005 la Fondazione realizza La Scienza in Piazza, iniziativa per la diffusione della cultura

collettività, la possibilità di intravedere ciò che la nostra mente riesce solo ad immaginare.

scientifica, che ha lo scopo di avvicinare i cittadini alla scienza coinvolgendoli in prima persona

Se l’artista crea e lo scienziato elabora conoscenze, entrambi operano praticamente sulla base della

in attività di laboratorio, exhibit interattivi, dibattiti. Lo studio delle interconnessioni fra arte e

loro visione del mondo e della società.

scienza è stato il filo conduttore della V edizione della manifestazione che si è svolta a Bologna

Questo il motivo per cui la Fondazione “Marino Golinelli” si sta impegnando a sviluppare, con sem-

dall’11 al 21 marzo 2010, con laboratori hands-on, mostre, incontri, spettacoli e una rassegna

pre più energia, progetti concreti nel campo dell’educazio-

sperimentale Antroposfera, nuove forme della vita, curata da Giovanni Carrada e Cristiana Per-

ne, ricercando al contempo nuove ed efficienti sinergie per

rella: un insieme di opere d’arte contemporanea, ispirate dalla scienza o dalla tecnologia, ciascu-

la ricostruzione di una visione unitaria della cultura che

na delle quali accompagnata da un exhibit interattivo dedicato al tema scientifico correlato. La

stimoli una prolifica convivenza tra pratiche artistiche e

mostra è poi proseguita presso la Pinacoteca di Bologna in un nuovo allestimento arricchito di

conoscenze scientifiche.

elementi storici.

4–5

(*)"Quanto occorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”. Il Dizionario della Lingua Italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Le Monnier, 1971.


La Fondazione Marino Golinelli

Una sola cultura di Marino Golinelli

La Fondazione Marino Golinelli (FMG), costituita nel 1989, rappresenta oggi un punto di riferi-

La Fondazione che porta il mio nome opera da vent’anni a supporto della diffusione e della pro-

mento a livello nazionale nel campo della promozione della cultura scientifica, della formazione

mozione della cultura scientifica, della formazione e dell’educazione, facendosi promotrice di una

e dell’educazione, operando di concerto con le principali istituzioni del territorio e con autorevoli

visione unitaria della cultura che ponga al centro lo studio dell’uomo.

partner accademici, scientifici e culturali. Oltre a sostenere attività di ricerca, realizzare originali

Come imprenditore e come cittadino ritengo che la redistribuzione del profitto prodotto da un’im-

progetti di didattica informale, incontri e dibattiti, a partire dal 2000 la Fondazione ha sviluppato

presa risponda ad un dovere sociale, secondo un’ottica di responsabilità etica in base alla quale

una serie di progetti didattico-formativi con l’obiettivo di avvicinare i cittadini – e in particolare

risulta essenziale restituire alla collettività parte di ciò che si è ricevuto. Lo scopo del mio impegno

le giovani generazioni – alla scienza, all’arte e alla cultura.

è di fornire un contributo alla nascita della futura società della conoscenza, nella profonda con-

Tra i principali obiettivi della FMG, lo studio delle interconnessioni tra l’Arte e la Scienza risulta

vinzione che il sapere e la partecipazione dei cittadini siano da considerarsi strumenti democratici

da anni uno dei temi prioritari. La Fondazione Marino Golinelli persegue infatti la promozione di

indispensabili per il rafforzamento della coesione sociale, per lo sviluppo, per l’innovazione e per la

una visione unica della cultura, in cui Arte e Scienza sono visti come percorsi paralleli di ricerca

competizione del Paese a livello internazionale. La convinzione che la cultura - intesa secondo la

che insieme permettono all’uomo di accrescere la conoscenza del mondo e dunque la propria

definizione che ne da il Devoto Oli (*) - sia il principale di questi strumenti, mi ha spinto a cercare

consapevolezza di sé. Dal 2003 al 2005 la FMG ha indetto un Concorso “Arte e Scienza” rivolto

di predisporre numerose attività culturali e didattiche, soprattutto rivolte alle giovani generazioni,

alle scuole e finalizzato a stimolare i ragazzi e i loro docenti a pensare nei termini di una sola

i cittadini di domani.

cultura, di un solo sapere; dal 2007 al 2009 ha allestito 3 mostre con opere di giovani artisti ed un

In tal senso, Arte e Scienza, pur utilizzando linguaggi differenti, concorrono in maniera complemen-

percorso espositivo con foto e alcuni pannelli che proponevano suggestioni e riflessioni sul rap-

tare al potenziamento dell’abilità umana di sintesi culturale, rendendo l’Umanità più responsabile di

porto tra arte e scienza e cenni di importanti scoperte scientifiche e correnti artistiche. Nell’anno

quelli che sono i propri diritti e doveri verso la società.

accademico 2008-09 è stato indetto e assegnato un premio riservato agli studenti dell’Accademia

Sia le scienze umanistiche e sociali che quelle naturali sono modi per andare oltre la realtà immedia-

di Belle Arti di Bologna per opere “bidimensionali” su temi legati al cervello e alle neuroscienze; è

ta delle cose, avendo in comune una radice fondamentale: la curiosità intelligente nei confronti del

stato organizzato un seminario, composto da incontri/lezioni con ricercatori, artisti ed esperienze

mondo. Così come lo scienziato è un ricercatore che focalizza i suoi studi sull’essenza dell’uomo e

di laboratorio; e si è collaudata la collaborazione con l’Accademia di Bologna e col Dipartimento

sul suo rapporto con la natura, anche l’artista è un osservatore della società, che cerca di compren-

Educativo del MAMbo, Museo d’Arte Moderna di Bologna, per la realizzazione di laboratori didat-

dere le dinamiche e gli sviluppi insiti in essa, tal volta anticipandone i risultati. Credo profondamente

tici e del Workshop Arte e Scienza.

nella forza creativa dell’artista, che con le sue opere offre, tanto alla singola persona quanto alla

Dal 2005 la Fondazione realizza La Scienza in Piazza, iniziativa per la diffusione della cultura

collettività, la possibilità di intravedere ciò che la nostra mente riesce solo ad immaginare.

scientifica, che ha lo scopo di avvicinare i cittadini alla scienza coinvolgendoli in prima persona

Se l’artista crea e lo scienziato elabora conoscenze, entrambi operano praticamente sulla base della

in attività di laboratorio, exhibit interattivi, dibattiti. Lo studio delle interconnessioni fra arte e

loro visione del mondo e della società.

scienza è stato il filo conduttore della V edizione della manifestazione che si è svolta a Bologna

Questo il motivo per cui la Fondazione “Marino Golinelli” si sta impegnando a sviluppare, con sem-

dall’11 al 21 marzo 2010, con laboratori hands-on, mostre, incontri, spettacoli e una rassegna

pre più energia, progetti concreti nel campo dell’educazio-

sperimentale Antroposfera, nuove forme della vita, curata da Giovanni Carrada e Cristiana Per-

ne, ricercando al contempo nuove ed efficienti sinergie per

rella: un insieme di opere d’arte contemporanea, ispirate dalla scienza o dalla tecnologia, ciascu-

la ricostruzione di una visione unitaria della cultura che

na delle quali accompagnata da un exhibit interattivo dedicato al tema scientifico correlato. La

stimoli una prolifica convivenza tra pratiche artistiche e

mostra è poi proseguita presso la Pinacoteca di Bologna in un nuovo allestimento arricchito di

conoscenze scientifiche.

elementi storici.

4–5

(*)"Quanto occorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”. Il Dizionario della Lingua Italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Le Monnier, 1971.


Una prospettiva di libertà

Sperimentare la creatività al Museo

di Cristina Francucci

Elisa Schiavina - Dipartimento educativo MAMbo

Siamo abituati a pensare all’arte e alla scienza come a due realtà distinte: da una parte la scienza,

In linea con le più aggiornate esperienze museali europee, il Dipartimento educativo MAMbo,

il campo del razionale e dell’analisi, dall’altra l’arte, il mondo della creatività e dell’intuizione.

che opera in tutte le sedi dell'Istituzione Galleria d’Arte Moderna di Bologna, ha come progetto

Spesso si dimentica la radice storica comune di queste due discipline che infatti, attraverso i

educativo la divulgazione dell’arte attraverso un approccio studiato per avvicinare i differenti pub-

secoli, hanno proceduto in maniera indipendente la loro ricerca. Le relazioni però si manifestano

blici ai linguaggi e alle espressioni artistiche contemporanee. La metodologia prescelta esclude un

quando si cerca di delineare il contesto storico e culturale di un’epoca, ci accorgiamo allora delle

apprendimento nozionistico per incentivare un rapporto creativo con l'universo culturale e sociale,

connessioni che intercorrono tra artisti e scienziati nella visione della realtà. Entrambe le posi-

attraverso la sollecitazione suscitata dalle opere. L'arte così proposta viene percepita non come

zioni, anche se non direttamente legate, si sono influenzate e per avere una lettura organica e

esperienza lontana dal vissuto ma, all'opposto, una, tra le altre, dimensione del reale; una parte

consapevole di un determinato periodo storico dobbiamo unire queste due entità.

della vita in cui l'aspetto estetico e poetico entrano in relazione con tutti gli altri ambiti. Da questa

L’arte costruisce mondi a partire da un’osservazione attenta di ciò che ci circonda, scopre, anche

premessa concettuale anche l'incontro con la scienza, rapporto in continua evoluzione, diviene

nelle più umili cose, valenze estetiche che ci stupiscono e ci permettono di rivolgere nuovi sguardi

aspetto di grande interesse.

verso la quotidianità. La scienza studia la realtà e ci sorprende scoprendo, in ciò che c’è già, nuove

Parte da qui l'idea del Worksop Arte-Scienza, dalla necessità di verificare sul campo come i pro-

dimensioni.

cessi creativi alla base delle due discipline possano essere sovrapponibili o coincidenti. Per questo

Sia l’arte sia la scienza rendono visibile l’invisibile: ciò che a un occhio comune sfugge.

il progetto è stato pensato come un vero e proprio laboratorio, un esperimento di interazione tra

Ma come far incontrare questi due mondi senza dover attendere una lettura postuma di un

persone con conoscenze e metodologie apparentemente distanti. Sono stati così coinvolti gli stu-

avvenimento culturale? Come unificare la pratica artistica e la ricerca scientifica in un unico

denti delle facoltà scientifiche dell'Ateneo bolognese e gli studenti dell'Accademia di Belle Arti di

laboratorio che ci permetta di osservare e mettere in evidenza la comune operatività?

Bologna per creare quel confronto diretto, prima di tutto personale, tra forme mentis e formazioni

Il work shop svoltosi al Mambo dal 10 al 22 marzo 2010, sostenuto dalla Fondazione Marino Goli-

diverse.

nelli ha l’obiettivo di rispondere a queste domande. Vuole rintracciare elementi comuni di queste

Il workshop si è da subito mostrato come un'esperienza di ricerca per i partecipanti ma è anche

due discipline nella creatività e nella sperimentazione della ricerca.

diventato un punto di osservazione privilegiato per chi lo ha organizzato. Il comitato scientifico,

Studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e di alcune facoltà scientifiche della stessa città si

infatti, ha guardato oggettivamente le dinamiche create durante i 10 giorni di seminario potendo,

sono trovati a convivere, avendo l’opportunità di mettere a confronto le loro storie, il loro sapere

nel confronto, farsi una più chiara idea di ciò che significa oggi “profilo scientifico” e “profilo arti-

e la loro visione e rielaborazione del mondo.

stico”, notando le aree di intervento naturalmente condivise e altre in cui c'è più distanza.

Con l’aiuto di studiosi, artisti, scienziati, hanno potuto lavorare vivendo un’esperienza che è servi-

Come in ogni ricerca questa prima edizione non ha portato a risultati definitivi e necessita di

ta a cancellare luoghi comuni e preconcetti a riguardo delle identità delle professionalità coinvol-

ulteriori prove e verifiche.

te, ponendo nel fare il campo d’incontro dei processi creativi di ambedue queste realtà. Questo testo vuole essere un vero e proprio diario dei giorni trascorsi insieme, vuole raccogliere

La collaborazione di più istituzioni - La Fondazione Marino Golinelli, realtà privata con la vocazio-

e intrecciare le riflessioni e le emozioni di un cammino che intende superare sterili separazioni e

ne alla divulgazione scientifica, il Dipartimento educativo MAMbo, sezione di un museo pubblico

intravede nell’arte e nella scienza e nella cultura in genere una prospettiva di libertà.

nata per comunicare e far conoscere l'arte contemporanea, l'Università e l'Accademia di Bologna,

Là dove il mondo cessa di essere teatro di speranze, desideri e volontà personali; dove affrontia-

le istituzioni dedicate alla formazione e alla ricerca – ha mostrato ancora una volta come solo la

mo il mondo, contemplando, ammirandolo, indagandolo,

sinergia tra gli enti che hanno obiettivi comuni possa effettivamente contribuire alla diffusione

come creature libere; là, noi entriamo nel dominio dell’ar-

della cultura contemporanea. Cultura che, pur avviandosi sempre più alla specializzazione, deve

te e della scienza. (Albert Einstein)

rimanere interdisciplinare e permettere ai suoi molteplici ambiti di “confondersi”.

(*) Testo finto in attesa di aggiungere i riferimenti della citazione di Albert Einstein. ????

6–7


Una prospettiva di libertà

Sperimentare la creatività al Museo

di Cristina Francucci

Elisa Schiavina - Dipartimento educativo MAMbo

Siamo abituati a pensare all’arte e alla scienza come a due realtà distinte: da una parte la scienza,

In linea con le più aggiornate esperienze museali europee, il Dipartimento educativo MAMbo,

il campo del razionale e dell’analisi, dall’altra l’arte, il mondo della creatività e dell’intuizione.

che opera in tutte le sedi dell'Istituzione Galleria d’Arte Moderna di Bologna, ha come progetto

Spesso si dimentica la radice storica comune di queste due discipline che infatti, attraverso i

educativo la divulgazione dell’arte attraverso un approccio studiato per avvicinare i differenti pub-

secoli, hanno proceduto in maniera indipendente la loro ricerca. Le relazioni però si manifestano

blici ai linguaggi e alle espressioni artistiche contemporanee. La metodologia prescelta esclude un

quando si cerca di delineare il contesto storico e culturale di un’epoca, ci accorgiamo allora delle

apprendimento nozionistico per incentivare un rapporto creativo con l'universo culturale e sociale,

connessioni che intercorrono tra artisti e scienziati nella visione della realtà. Entrambe le posi-

attraverso la sollecitazione suscitata dalle opere. L'arte così proposta viene percepita non come

zioni, anche se non direttamente legate, si sono influenzate e per avere una lettura organica e

esperienza lontana dal vissuto ma, all'opposto, una, tra le altre, dimensione del reale; una parte

consapevole di un determinato periodo storico dobbiamo unire queste due entità.

della vita in cui l'aspetto estetico e poetico entrano in relazione con tutti gli altri ambiti. Da questa

L’arte costruisce mondi a partire da un’osservazione attenta di ciò che ci circonda, scopre, anche

premessa concettuale anche l'incontro con la scienza, rapporto in continua evoluzione, diviene

nelle più umili cose, valenze estetiche che ci stupiscono e ci permettono di rivolgere nuovi sguardi

aspetto di grande interesse.

verso la quotidianità. La scienza studia la realtà e ci sorprende scoprendo, in ciò che c’è già, nuove

Parte da qui l'idea del Worksop Arte-Scienza, dalla necessità di verificare sul campo come i pro-

dimensioni.

cessi creativi alla base delle due discipline possano essere sovrapponibili o coincidenti. Per questo

Sia l’arte sia la scienza rendono visibile l’invisibile: ciò che a un occhio comune sfugge.

il progetto è stato pensato come un vero e proprio laboratorio, un esperimento di interazione tra

Ma come far incontrare questi due mondi senza dover attendere una lettura postuma di un

persone con conoscenze e metodologie apparentemente distanti. Sono stati così coinvolti gli stu-

avvenimento culturale? Come unificare la pratica artistica e la ricerca scientifica in un unico

denti delle facoltà scientifiche dell'Ateneo bolognese e gli studenti dell'Accademia di Belle Arti di

laboratorio che ci permetta di osservare e mettere in evidenza la comune operatività?

Bologna per creare quel confronto diretto, prima di tutto personale, tra forme mentis e formazioni

Il work shop svoltosi al Mambo dal 10 al 22 marzo 2010, sostenuto dalla Fondazione Marino Goli-

diverse.

nelli ha l’obiettivo di rispondere a queste domande. Vuole rintracciare elementi comuni di queste

Il workshop si è da subito mostrato come un'esperienza di ricerca per i partecipanti ma è anche

due discipline nella creatività e nella sperimentazione della ricerca.

diventato un punto di osservazione privilegiato per chi lo ha organizzato. Il comitato scientifico,

Studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e di alcune facoltà scientifiche della stessa città si

infatti, ha guardato oggettivamente le dinamiche create durante i 10 giorni di seminario potendo,

sono trovati a convivere, avendo l’opportunità di mettere a confronto le loro storie, il loro sapere

nel confronto, farsi una più chiara idea di ciò che significa oggi “profilo scientifico” e “profilo arti-

e la loro visione e rielaborazione del mondo.

stico”, notando le aree di intervento naturalmente condivise e altre in cui c'è più distanza.

Con l’aiuto di studiosi, artisti, scienziati, hanno potuto lavorare vivendo un’esperienza che è servi-

Come in ogni ricerca questa prima edizione non ha portato a risultati definitivi e necessita di

ta a cancellare luoghi comuni e preconcetti a riguardo delle identità delle professionalità coinvol-

ulteriori prove e verifiche.

te, ponendo nel fare il campo d’incontro dei processi creativi di ambedue queste realtà. Questo testo vuole essere un vero e proprio diario dei giorni trascorsi insieme, vuole raccogliere

La collaborazione di più istituzioni - La Fondazione Marino Golinelli, realtà privata con la vocazio-

e intrecciare le riflessioni e le emozioni di un cammino che intende superare sterili separazioni e

ne alla divulgazione scientifica, il Dipartimento educativo MAMbo, sezione di un museo pubblico

intravede nell’arte e nella scienza e nella cultura in genere una prospettiva di libertà.

nata per comunicare e far conoscere l'arte contemporanea, l'Università e l'Accademia di Bologna,

Là dove il mondo cessa di essere teatro di speranze, desideri e volontà personali; dove affrontia-

le istituzioni dedicate alla formazione e alla ricerca – ha mostrato ancora una volta come solo la

mo il mondo, contemplando, ammirandolo, indagandolo,

sinergia tra gli enti che hanno obiettivi comuni possa effettivamente contribuire alla diffusione

come creature libere; là, noi entriamo nel dominio dell’ar-

della cultura contemporanea. Cultura che, pur avviandosi sempre più alla specializzazione, deve

te e della scienza. (Albert Einstein)

rimanere interdisciplinare e permettere ai suoi molteplici ambiti di “confondersi”.

(*) Testo finto in attesa di aggiungere i riferimenti della citazione di Albert Einstein. ????

6–7


programma workshop indice

Intervista a Pietro Greco pag 12

mercoledì 10 MARZO

venerdì 12 MARZO

ore 14.00 | MAMbo incontro con gli studenti: presentazione del progetto e introduzione al programma. Consegna delle dispense

ore 9.00>11.00 | MAMbo Incontro con Jorge Orta, artista

ore 16.00 | MAMbo incontro con Daniele Campagnoli, operatore video, per impostare il video di documentazione del workshop

giovedì 11 MARZO ore 9.30>12.00 | MAMbo Incontro con Pietro Greco, filosofo della scienza

Visita alla mostra pag 18 e riflessioni su Hubert Duprat pag 22

ore 12.15 | Palazzo Re Enzo Inaugurazione de “La Scienza in Piazza” ore 14.30>15.30 | Palazzo Re Enzo Visita guidata alla mostra “Antroposfera, nuove forme della vita“ con i curatori Giovanni Carrada, giornalista scientifico e redattore di SuperQuark e Cristiana Perrella, critica d’arte contemporanea ore 16.30>17.30 | Sala Borsa incontro con Vittorio Gallese, medico neurologo

Intervista a Vittorio Gallese pag 16

8–9

ore 18.00>19.00 | Sala Borsa “Il potere delle immagini”, conferenza con Silvia Evangelisti, direttore di ArteFiera 2010, e Vittorio Gallese nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

Incontro con Jorge Orta pag 28

ore 12.00>13.00 | MAMbo Incontro con Laura Calvini, grafica e art director e Luca Aimeri, sceneggiatore per la presentazione dell’elaborato finale “Diario di un’esperienza” ore 14.00>18.00 | MAMbo Incontro di redazione per il “Diario di un’esperienza”.

redazione pag 34

sabato 13 MARZO ore 17.00>19.00 | Sala Borsa “La scienza nella storia dell’arte”, conferenza con Philippe Daverio, critico d’arte, e Lamberto Maffei, docente di Neurobiologia, nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

Intervista a Lamberto Maffei pag 36

lunedì 15 MARZO ore 9.30>11.00 | La scienza in piazza Visita guidata alla mostra “Le relazioni platoniche” ore 14.00>15.30 | La scienza in piazza Spazio Biothec, laboratorio di genetica ore 16.00>19.00 | La scienza in piazza "Se corpo mente”, laboratorio di neuroscienza “Accendi il cervello”, visita guidata alla mostra di neuroscienza

Laboratori: "relazioni platoniche" pag 42 "dna" pag 43 "se il corpo mente" pag 44


programma workshop indice

Intervista a Pietro Greco pag 12

mercoledì 10 MARZO

venerdì 12 MARZO

ore 14.00 | MAMbo incontro con gli studenti: presentazione del progetto e introduzione al programma. Consegna delle dispense

ore 9.00>11.00 | MAMbo Incontro con Jorge Orta, artista

ore 16.00 | MAMbo incontro con Daniele Campagnoli, operatore video, per impostare il video di documentazione del workshop

giovedì 11 MARZO ore 9.30>12.00 | MAMbo Incontro con Pietro Greco, filosofo della scienza

Visita alla mostra pag 18 e riflessioni su Hubert Duprat pag 22

ore 12.15 | Palazzo Re Enzo Inaugurazione de “La Scienza in Piazza” ore 14.30>15.30 | Palazzo Re Enzo Visita guidata alla mostra “Antroposfera, nuove forme della vita“ con i curatori Giovanni Carrada, giornalista scientifico e redattore di SuperQuark e Cristiana Perrella, critica d’arte contemporanea ore 16.30>17.30 | Sala Borsa incontro con Vittorio Gallese, medico neurologo

Intervista a Vittorio Gallese pag 16

8–9

ore 18.00>19.00 | Sala Borsa “Il potere delle immagini”, conferenza con Silvia Evangelisti, direttore di ArteFiera 2010, e Vittorio Gallese nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

Incontro con Jorge Orta pag 28

ore 12.00>13.00 | MAMbo Incontro con Laura Calvini, grafica e art director e Luca Aimeri, sceneggiatore per la presentazione dell’elaborato finale “Diario di un’esperienza” ore 14.00>18.00 | MAMbo Incontro di redazione per il “Diario di un’esperienza”.

redazione pag 34

sabato 13 MARZO ore 17.00>19.00 | Sala Borsa “La scienza nella storia dell’arte”, conferenza con Philippe Daverio, critico d’arte, e Lamberto Maffei, docente di Neurobiologia, nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

Intervista a Lamberto Maffei pag 36

lunedì 15 MARZO ore 9.30>11.00 | La scienza in piazza Visita guidata alla mostra “Le relazioni platoniche” ore 14.00>15.30 | La scienza in piazza Spazio Biothec, laboratorio di genetica ore 16.00>19.00 | La scienza in piazza "Se corpo mente”, laboratorio di neuroscienza “Accendi il cervello”, visita guidata alla mostra di neuroscienza

Laboratori: "relazioni platoniche" pag 42 "dna" pag 43 "se il corpo mente" pag 44


Laboratorio "ciao robot" pag 45

martedì 16 MARZO

sabato 20 MARZO

ore 9.30>13.00 | MAMbo Incontro dedicato all’Arte Contemporanea a cura di Veronica Ceruti, responsabile del Dipartimento educativo MAMbo

ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista

ore 17.00>19.00 | La scienza in piazza Ciao Robot, laboratorio sulla robotica

Visita guidata al MAMbo pag 46

mercoledì 17 MARZO ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista ore 14.00> 18.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista

Workshop con Alessandra Tesi pag 60

ore 14.00>16.30 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista ore 17.00>18.30 | La scienza in piazza “Vedere di più, capire di più”, conferenza con Giulio Giorello, filosofo della scienza, Eugenio Riccomini, storico dell’arte, Philippe Daverio nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

intervista a Giulio Giorello pag 72

ore 21> 22.30 | Aula absidale di S. Lucia “La matematica sentimentale”, spettacolo teatrale nell’ambito di “Il teatro della scienza”

domenica 21 MARZO Workshop con Loris Cecchini pag 48

giovedì 18 MARZO ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista ore 14.00>18.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista

ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista ore 14.00>18.00 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista

lunedì 22 MARZO venerdì 19 MARZO ore 9.30>17.30 | MAMbo Incontro di redazione per il “Diario di un’esperienza”.

redazione pag 58

10–11

ore 18.00>19.30 | La scienza in piazza “Il volto della natura”, lectio magistralis di Flavio Caroli, critico d’arte, nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

ore 10.30>13.00 | MAMbo Conclusioni e riflessioni da inserire nel “Diario di un’esperienza”

chi sono? cosa faccio? come convivono in me Arte e Scienza? pag 74


Laboratorio "ciao robot" pag 45

martedì 16 MARZO

sabato 20 MARZO

ore 9.30>13.00 | MAMbo Incontro dedicato all’Arte Contemporanea a cura di Veronica Ceruti, responsabile del Dipartimento educativo MAMbo

ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista

ore 17.00>19.00 | La scienza in piazza Ciao Robot, laboratorio sulla robotica

Visita guidata al MAMbo pag 46

mercoledì 17 MARZO ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista ore 14.00> 18.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista

Workshop con Alessandra Tesi pag 60

ore 14.00>16.30 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista ore 17.00>18.30 | La scienza in piazza “Vedere di più, capire di più”, conferenza con Giulio Giorello, filosofo della scienza, Eugenio Riccomini, storico dell’arte, Philippe Daverio nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

intervista a Giulio Giorello pag 72

ore 21> 22.30 | Aula absidale di S. Lucia “La matematica sentimentale”, spettacolo teatrale nell’ambito di “Il teatro della scienza”

domenica 21 MARZO Workshop con Loris Cecchini pag 48

giovedì 18 MARZO ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista ore 14.00>18.00 | MAMbo Workshop tenuto da Loris Cecchini, artista

ore 9.00>13.00 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista ore 14.00>18.00 | MAMbo Workshop tenuto da Alessandra Tesi, artista

lunedì 22 MARZO venerdì 19 MARZO ore 9.30>17.30 | MAMbo Incontro di redazione per il “Diario di un’esperienza”.

redazione pag 58

10–11

ore 18.00>19.30 | La scienza in piazza “Il volto della natura”, lectio magistralis di Flavio Caroli, critico d’arte, nell’ambito di “I dialoghi dell’Arte”

ore 10.30>13.00 | MAMbo Conclusioni e riflessioni da inserire nel “Diario di un’esperienza”

chi sono? cosa faccio? come convivono in me Arte e Scienza? pag 74


11 03 giovedì

intervista

Pietro Greco Laureato in chimica, è giornalista scientifico e scrittore. Ha diretto il Master in Comunicazione Scientifica presso la Sissa di Trieste. È stato coautore e responsabile scientifico dei programmi di Rai Educational e attualmente conduce il programma radiofonico Radio3Scienza. Dal 1987 collabora con L’Unità. Dirige la rivista Scienza&Società dell’Università Bocconi di Milano ed è condirettore del web journal Scienzainrete edito dal Gruppo 2003. Dal 2006 al 2008 è stato Consigliere del Ministro dell’Università e della Ricerca, on. Fabio Mussi. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione IDIS-Città della Scienza di Napoli. Ha diretto FEST 2008, Fiera dell’editoria scientifica di Trieste.

L’opera “Edunia” di Eduardo Kaç un fiore transgenico con il Dna dell’artista espresso nelle venature rosse dei petali, ha posto un problema etico, provocando il pubblico dell´arte senza, invece, sconcertare la comunità scientifica. Per le leggi vigenti nel nostro paese sugli OGM ne è stato negato l´accesso alla mostra “Antroposfera” ospitata a Bologna tra marzo e maggio 2010 da “La Scienza in Piazza”. In questo caso Arte e Scienza si incontrano e l'interpretazione dell'opera necessita della conoscenza di argomenti riferiti alle due discipline. Come può, secondo lei, la divulgazione scientifica preparare ad una lettura completa dell´opera d’arte e, all’opposto, l’arte aiutare la divulgazione scientifica? Io ne sono convinto. Anche se, talvolta, scienziati e artisti si sopportano (a stento), si può dimostrare che la scienza e l’arte si supportano. E si ispirano a vicenda. Diversa è l’analisi del rapporto tra la divulgazione scientifica e l’arte. La divulgazione della scienza (ovvero la traduzione in linguaggio comune di contenuti scientifici), infatti, è una parte – direi minore – della più generale comunicazione della scienza. Che è costituita in primo luogo dalla comunicazione tra scienziati – anzi, tra membri dei medesimi “collegi invisibili” – che è parte co-essenziale dell’attività scientifica. La scienza, infatti, è un’impresa sociale. E non c’è scienza senza comunicazione, ovvero senza messa in comune dei risultati dell’osservazione della natura. La comunicazione della scienza è costituita anche dalla trasmissione

12–13

Natural history of enigma di Eduardo Kac, 2003-2009.

di contenuti scientifici da esperti a non esperti e persino tra non esperti. Questa comunicazione ha moltissime facce: alcune esplicite, come appunto la divulgazione. Altre implicite, per esempio la trasmissione di contenuti scientifici mediante l’arte. Ciò premesso, si può dire in prima approssimazione che la divulgazione scientifica è uno dei canali principali attraverso cui l’artista viene a conoscenza dei contenuti scientifici. Una buona e capillare divulgazione scientifica (nella aule scolastiche, universitarie o sui mass media) può favorire un “buon incontro” tra l’artista e la scienza. Anche se non è certo esaustivo di questo rapporto. Naturalmente una buona cultura scientifica non specialistica può fa-

• NATURAL HISTORY OF THE ENIGMA di Eduardo Kac, 2003-2009, Edunia fiore transgenico con il DNA dell'artista espresso nelle venature rosse dei petali. Collezione Weisman Art Museum, Minneapolis. Foto Rik Sferra. Fonte: www.ekac.org


11 03 giovedì

intervista

Pietro Greco Laureato in chimica, è giornalista scientifico e scrittore. Ha diretto il Master in Comunicazione Scientifica presso la Sissa di Trieste. È stato coautore e responsabile scientifico dei programmi di Rai Educational e attualmente conduce il programma radiofonico Radio3Scienza. Dal 1987 collabora con L’Unità. Dirige la rivista Scienza&Società dell’Università Bocconi di Milano ed è condirettore del web journal Scienzainrete edito dal Gruppo 2003. Dal 2006 al 2008 è stato Consigliere del Ministro dell’Università e della Ricerca, on. Fabio Mussi. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione IDIS-Città della Scienza di Napoli. Ha diretto FEST 2008, Fiera dell’editoria scientifica di Trieste.

L’opera “Edunia” di Eduardo Kaç un fiore transgenico con il Dna dell’artista espresso nelle venature rosse dei petali, ha posto un problema etico, provocando il pubblico dell´arte senza, invece, sconcertare la comunità scientifica. Per le leggi vigenti nel nostro paese sugli OGM ne è stato negato l´accesso alla mostra “Antroposfera” ospitata a Bologna tra marzo e maggio 2010 da “La Scienza in Piazza”. In questo caso Arte e Scienza si incontrano e l'interpretazione dell'opera necessita della conoscenza di argomenti riferiti alle due discipline. Come può, secondo lei, la divulgazione scientifica preparare ad una lettura completa dell´opera d’arte e, all’opposto, l’arte aiutare la divulgazione scientifica? Io ne sono convinto. Anche se, talvolta, scienziati e artisti si sopportano (a stento), si può dimostrare che la scienza e l’arte si supportano. E si ispirano a vicenda. Diversa è l’analisi del rapporto tra la divulgazione scientifica e l’arte. La divulgazione della scienza (ovvero la traduzione in linguaggio comune di contenuti scientifici), infatti, è una parte – direi minore – della più generale comunicazione della scienza. Che è costituita in primo luogo dalla comunicazione tra scienziati – anzi, tra membri dei medesimi “collegi invisibili” – che è parte co-essenziale dell’attività scientifica. La scienza, infatti, è un’impresa sociale. E non c’è scienza senza comunicazione, ovvero senza messa in comune dei risultati dell’osservazione della natura. La comunicazione della scienza è costituita anche dalla trasmissione

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Natural history of enigma di Eduardo Kac, 2003-2009.

di contenuti scientifici da esperti a non esperti e persino tra non esperti. Questa comunicazione ha moltissime facce: alcune esplicite, come appunto la divulgazione. Altre implicite, per esempio la trasmissione di contenuti scientifici mediante l’arte. Ciò premesso, si può dire in prima approssimazione che la divulgazione scientifica è uno dei canali principali attraverso cui l’artista viene a conoscenza dei contenuti scientifici. Una buona e capillare divulgazione scientifica (nella aule scolastiche, universitarie o sui mass media) può favorire un “buon incontro” tra l’artista e la scienza. Anche se non è certo esaustivo di questo rapporto. Naturalmente una buona cultura scientifica non specialistica può fa-

• NATURAL HISTORY OF THE ENIGMA di Eduardo Kac, 2003-2009, Edunia fiore transgenico con il DNA dell'artista espresso nelle venature rosse dei petali. Collezione Weisman Art Museum, Minneapolis. Foto Rik Sferra. Fonte: www.ekac.org


vorire la lettura di un’opera d’arte. Sono convinto che senza una buona cultura scientifica si perde la gran parte della Divina Commedia di Dante così come delle opere di Calvino; dei quadri del Caravaggio così come delle opere di Picasso. L’arte aiuta moltissimo la divulgazione. Offrendo immagini sintetiche e metafore efficaci ai divulgatori. I divulgatori sono quelli che più hanno da guadagnare da rapporti stretti tra arte e scienza. Il progetto di ricerca scientifico giustifica la sua esistenza solamente quando valica i confini del laboratorio per diventare patrimonio della collettività. Secondo lei come si potrebbe agevolare la divulgazione dell’ informazione scientifica rendendola accessibile alla lettura di tutti? Ci sono molte risposte possibili a questa domanda. La forma più immediata, ma meno profonda, è aumentare le occasioni in cui gli scienziati possono parlare di scienza al pubblico (ai pubblici) di non esperti; aumentando i luoghi della divulgazione professionale della scienza; aumentando i luoghi dove non esperti (per esempio, gli artisti) parlano (in varie forme) di scienza a non esperti. C’è tuttavia una modalità più profonda, di lungo respiro. Creare una cultura scientifica diffusa. Il che implica riconoscere che la scienza è una delle componenti – tra le più importanti e dinamiche – dell’unica cultura umana. Creare una cultura non è frutto lineare di azioni semplici, ma un processo molto complesso. Ma è essenziale avviarlo nel nostro tempo, informato dalla scienza e dalla tecnologia. Oggi viviamo nella società e nell’economia della conoscenza, dove le decisioni in merito all’avvio della ricerca scientifica sono prese in cooperazione, oltre che dagli addetti al settore, con i politici, le aziende e la società civile. Quanto si può definire democratico questo quadrilatero? Il quadrilatero esiste. Ma non tutti i vertici, in ogni paese o in ogni

14–15

fase storica, hanno il medesimo peso. In paesi democratici e in fasi storiche democratiche l’equilibrio è omogeneo e tutte le componenti partecipano in maniera dialettica o cooperativa al dibattito scientifico. In altri paesi e in altre fasi storiche alcuni vertici tendono a prevalere sugli altri. Quando questo accade in modo abnorme il quadrilatero cessa di essere un’arena democratica. In particolare il quadrilatero della discussione diventa democratico se si affermano i “diritti di cittadinanza scientifica”, che hanno almeno quattro diverse dimensioni: culturale (accesso all’informazione scientifica); sociale (la scienza deve essere a vantaggio di tutti e non di pochi); politica (tutti devono poter concorrere al dibattito, nel rispetto dei ruoli); economica (tutti devono poter partecipare all’economia della conoscenza) La storia ci insegna che Einstein e Picasso, figli dello stesso tempo, giunsero alla medesima interpretazione della realtà partendo da punti di vista differenti. La creatività scientifica può dunque essere accomunata al processo creativo artistico? La creatività scientifica e la creatività artistica hanno, probabilmente, una comune origine nella mente dell’uomo. E questa è la ragione più profonda ma meno documentabile di “singolari" coincidenze, come quelle che hanno portato negli stessi mesi Einstein e Picasso a mettere in crisi i concetti di spazio e di tempo assoluti. Ci sono, tuttavia, della cause meno profonde e più verificabili. Entrambi, scienziati e artisti, si nutrono della cultura del loro tempo, nella quale vivono. Ed entrambi ne sono influenzati mentre la loro opera, scientifica o artistica, “sta per nascere”. È stato dimostrato in maniera abbastanza convincente, per esempio, che Einstein e Picasso, in maniera indipendente l’uno dall’altro, sono stati influenzati dagli scritti sulla relatività del matematico francese Henri Poincaré.


vorire la lettura di un’opera d’arte. Sono convinto che senza una buona cultura scientifica si perde la gran parte della Divina Commedia di Dante così come delle opere di Calvino; dei quadri del Caravaggio così come delle opere di Picasso. L’arte aiuta moltissimo la divulgazione. Offrendo immagini sintetiche e metafore efficaci ai divulgatori. I divulgatori sono quelli che più hanno da guadagnare da rapporti stretti tra arte e scienza. Il progetto di ricerca scientifico giustifica la sua esistenza solamente quando valica i confini del laboratorio per diventare patrimonio della collettività. Secondo lei come si potrebbe agevolare la divulgazione dell’ informazione scientifica rendendola accessibile alla lettura di tutti? Ci sono molte risposte possibili a questa domanda. La forma più immediata, ma meno profonda, è aumentare le occasioni in cui gli scienziati possono parlare di scienza al pubblico (ai pubblici) di non esperti; aumentando i luoghi della divulgazione professionale della scienza; aumentando i luoghi dove non esperti (per esempio, gli artisti) parlano (in varie forme) di scienza a non esperti. C’è tuttavia una modalità più profonda, di lungo respiro. Creare una cultura scientifica diffusa. Il che implica riconoscere che la scienza è una delle componenti – tra le più importanti e dinamiche – dell’unica cultura umana. Creare una cultura non è frutto lineare di azioni semplici, ma un processo molto complesso. Ma è essenziale avviarlo nel nostro tempo, informato dalla scienza e dalla tecnologia. Oggi viviamo nella società e nell’economia della conoscenza, dove le decisioni in merito all’avvio della ricerca scientifica sono prese in cooperazione, oltre che dagli addetti al settore, con i politici, le aziende e la società civile. Quanto si può definire democratico questo quadrilatero? Il quadrilatero esiste. Ma non tutti i vertici, in ogni paese o in ogni

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fase storica, hanno il medesimo peso. In paesi democratici e in fasi storiche democratiche l’equilibrio è omogeneo e tutte le componenti partecipano in maniera dialettica o cooperativa al dibattito scientifico. In altri paesi e in altre fasi storiche alcuni vertici tendono a prevalere sugli altri. Quando questo accade in modo abnorme il quadrilatero cessa di essere un’arena democratica. In particolare il quadrilatero della discussione diventa democratico se si affermano i “diritti di cittadinanza scientifica”, che hanno almeno quattro diverse dimensioni: culturale (accesso all’informazione scientifica); sociale (la scienza deve essere a vantaggio di tutti e non di pochi); politica (tutti devono poter concorrere al dibattito, nel rispetto dei ruoli); economica (tutti devono poter partecipare all’economia della conoscenza) La storia ci insegna che Einstein e Picasso, figli dello stesso tempo, giunsero alla medesima interpretazione della realtà partendo da punti di vista differenti. La creatività scientifica può dunque essere accomunata al processo creativo artistico? La creatività scientifica e la creatività artistica hanno, probabilmente, una comune origine nella mente dell’uomo. E questa è la ragione più profonda ma meno documentabile di “singolari" coincidenze, come quelle che hanno portato negli stessi mesi Einstein e Picasso a mettere in crisi i concetti di spazio e di tempo assoluti. Ci sono, tuttavia, della cause meno profonde e più verificabili. Entrambi, scienziati e artisti, si nutrono della cultura del loro tempo, nella quale vivono. Ed entrambi ne sono influenzati mentre la loro opera, scientifica o artistica, “sta per nascere”. È stato dimostrato in maniera abbastanza convincente, per esempio, che Einstein e Picasso, in maniera indipendente l’uno dall’altro, sono stati influenzati dagli scritti sulla relatività del matematico francese Henri Poincaré.


11 03 giovedì

intervista

Vittorio Gallese È professore ordinario di Fisiologia Umana presso l’Università di Parma. Ha svolto attività didattica e di ricerca presso la Nihon University di Tokyo e la University of California di Berkeley. È membro della Società Italiana di Fisiologia, del Direttivo della Società Italiana di Neuropsicologia, dell’International Neuropsychological Symposium e del Comitato Scientifico della Fondation Fyssen di Parigi. Nel 2007, con Giacomo Rizzolatti e Leonardo Fogassi, ha vinto il Premio Grawemeyer per la Psicologia per la scoperta dei “neuroni specchio”. È autore di numerosi articoli pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali.

Biosphere 06 di Tomas Saraceno, 2009. Secondo lei, Arte e Scienza si sopportano o si supportano? Fino a non molto tempo fa direi che si sono sopportate anche male, nel senso che particolarmente nel nostro paese si è sempre enfatizzato questa distinzione rigida tra scienze umane e scienze della natura. Oggi assistiamo fortunatamente a un clima culturale che sta cambiando rapidamente, non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo; si moltiplicano occasioni di scambio, di incontro, spesso anche di scontro, ma comunque di dialogo tra queste discipline, che pur avendo dei linguaggi e dei contenuti diversi hanno tuttavia molti punti di contatto.

Qual è la relazione che intercorre tra queste due discipline? La prima è che sia arte che scienza sono espressioni di una qualità fondamentale dell’essere umano che è la creatività. Un altro elemento caratteristico è l’atteggiamento nei confronti della natura da parte dell’artista e dello scienziato. Einstein ha detto che è impossibile fare scienza se non si nutre Einfühlung, ovvero empatia, nei confronti della natura; questo è un altro aspetto che secondo me dimostra come arte e scienza siano due modi diversi ma comunque molto vicini di declinare l’essere umano. Oggi Arte e Scienza si incontrano? E se si incontrano come e quando? Come dicevo prima, c’è oggi la possibilità di guardare all’arte, all’esperienza estetica anche con il linguaggio di descrizione della scienza e questo secondo me arricchisce l’aspetto della fruizione dell’opera

16–17

d’arte di una nuova dimensione, permettendo di leggerla in un modo più stratificato e quindi più approfondito. Inoltre credo che un orizzonte futuro a portata di mano sia anche quello di contribuire, attraverso questo corto circuito tra Arte e Scienza, all’evoluzione di nuove forme di espressione artistica.

• BIOSPHERE 06 di Tomas Saraceno, 2009, acrilico, sistema di irrigazione, filo di nylon, piante di Tillandsia, sfera di diametro cm 50. Foto Michele Famiglietti. Fonte: per gentile concessione della Fondazione Marino Golinelli


11 03 giovedì

intervista

Vittorio Gallese È professore ordinario di Fisiologia Umana presso l’Università di Parma. Ha svolto attività didattica e di ricerca presso la Nihon University di Tokyo e la University of California di Berkeley. È membro della Società Italiana di Fisiologia, del Direttivo della Società Italiana di Neuropsicologia, dell’International Neuropsychological Symposium e del Comitato Scientifico della Fondation Fyssen di Parigi. Nel 2007, con Giacomo Rizzolatti e Leonardo Fogassi, ha vinto il Premio Grawemeyer per la Psicologia per la scoperta dei “neuroni specchio”. È autore di numerosi articoli pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali.

Biosphere 06 di Tomas Saraceno, 2009. Secondo lei, Arte e Scienza si sopportano o si supportano? Fino a non molto tempo fa direi che si sono sopportate anche male, nel senso che particolarmente nel nostro paese si è sempre enfatizzato questa distinzione rigida tra scienze umane e scienze della natura. Oggi assistiamo fortunatamente a un clima culturale che sta cambiando rapidamente, non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo; si moltiplicano occasioni di scambio, di incontro, spesso anche di scontro, ma comunque di dialogo tra queste discipline, che pur avendo dei linguaggi e dei contenuti diversi hanno tuttavia molti punti di contatto.

Qual è la relazione che intercorre tra queste due discipline? La prima è che sia arte che scienza sono espressioni di una qualità fondamentale dell’essere umano che è la creatività. Un altro elemento caratteristico è l’atteggiamento nei confronti della natura da parte dell’artista e dello scienziato. Einstein ha detto che è impossibile fare scienza se non si nutre Einfühlung, ovvero empatia, nei confronti della natura; questo è un altro aspetto che secondo me dimostra come arte e scienza siano due modi diversi ma comunque molto vicini di declinare l’essere umano. Oggi Arte e Scienza si incontrano? E se si incontrano come e quando? Come dicevo prima, c’è oggi la possibilità di guardare all’arte, all’esperienza estetica anche con il linguaggio di descrizione della scienza e questo secondo me arricchisce l’aspetto della fruizione dell’opera

16–17

d’arte di una nuova dimensione, permettendo di leggerla in un modo più stratificato e quindi più approfondito. Inoltre credo che un orizzonte futuro a portata di mano sia anche quello di contribuire, attraverso questo corto circuito tra Arte e Scienza, all’evoluzione di nuove forme di espressione artistica.

• BIOSPHERE 06 di Tomas Saraceno, 2009, acrilico, sistema di irrigazione, filo di nylon, piante di Tillandsia, sfera di diametro cm 50. Foto Michele Famiglietti. Fonte: per gentile concessione della Fondazione Marino Golinelli


11 03 giovedì

visita alla mostra

Antroposfera L’arte, la scienza e la vita intorno a noi di Giovanni Carrada

Il tema della mostra Antroposfera, nuove forme della vita è il rapporto fra noi e gli altri esseri viventi, al centro delle preoccupazioni per la salute degli ambienti naturali e degli interrogativi posti dalla nostra capacità di intervenire sui meccanismi fondamentali della vita. L’idea alla base del percorso espositivo è stata quella di offrire la possibilità di guardare il tema dai punti di vista dell’arte e della scienza insieme, attraverso una serie di opere d’arte contemporanea accompagnate da exhibit scientifici. Poiché sono due facce della creatività umana, arte e scienza insieme ci permettono infatti di vedere e capire “di più”: l’una coglie gli aspetti oggettivi della realtà, l’altra rivela il rapporto soggettivo con le cose. L’arte e la scienza possono quindi nutrire la nostra conoscenza e la nostra immaginazione in modi che né l’una né l’altra, da sole, sarebbero in grado di fare. Solo insieme potranno infatti aiutarci a trovare un nuovo modus vivendi, più accettabile, con il nostro pianeta e gli altri abitanti con i quali ci troviamo a dividerlo. • Opere e installazioni della mostra Antroposfera, nuove forme della vita, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, La Scienza in Piazza, 11-21 marzo 2010, Fondazione Marino Golinelli, Bologna.

18–19


11 03 giovedì

visita alla mostra

Antroposfera L’arte, la scienza e la vita intorno a noi di Giovanni Carrada

Il tema della mostra Antroposfera, nuove forme della vita è il rapporto fra noi e gli altri esseri viventi, al centro delle preoccupazioni per la salute degli ambienti naturali e degli interrogativi posti dalla nostra capacità di intervenire sui meccanismi fondamentali della vita. L’idea alla base del percorso espositivo è stata quella di offrire la possibilità di guardare il tema dai punti di vista dell’arte e della scienza insieme, attraverso una serie di opere d’arte contemporanea accompagnate da exhibit scientifici. Poiché sono due facce della creatività umana, arte e scienza insieme ci permettono infatti di vedere e capire “di più”: l’una coglie gli aspetti oggettivi della realtà, l’altra rivela il rapporto soggettivo con le cose. L’arte e la scienza possono quindi nutrire la nostra conoscenza e la nostra immaginazione in modi che né l’una né l’altra, da sole, sarebbero in grado di fare. Solo insieme potranno infatti aiutarci a trovare un nuovo modus vivendi, più accettabile, con il nostro pianeta e gli altri abitanti con i quali ci troviamo a dividerlo. • Opere e installazioni della mostra Antroposfera, nuove forme della vita, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, La Scienza in Piazza, 11-21 marzo 2010, Fondazione Marino Golinelli, Bologna.

18–19


11 03 giovedì

Antroposfera Esploratori del futuro di Cristiana Perrella

L’artista è come un esploratore del futuro che ci aspetta e di sicuro la scienza e la tecnologia costituiscono nella nostra epoca la strada più diretta verso quel futuro. Non sorprende perciò che l’arte sia tornata, dopo lungo tempo, a intrattenere un rapporto sempre più stretto con i temi della ricerca scientifica attuale, a misurare le proprie capacità espressive con il linguaggio della biologia, delle neuroscienze, della genetica, per “raccontarne” le frontiere più avanzate, con quella capacità unica di sintesi, di comunicazione, che solo l’immagine possiede. Antroposfera, nuove forme della vita, ambisce a rendere esplicito e visibile questo rapporto, a mostrare come arte e scienza dialoghino sempre più, esponendo una serie di opere internazionali che riflettono su tematiche scientifiche, ambientali, tecnologiche per la prima volta a confronto diretto con la ricerca che li ha ispirati. Tutti i lavori in mostra, ciascuno a suo modo, ci aiutano a immaginare meglio i mondi possibili che la scienza apre davanti a noi, a intuire i confini del futuro che ci aspetta.

20–21


11 03 giovedì

Antroposfera Esploratori del futuro di Cristiana Perrella

L’artista è come un esploratore del futuro che ci aspetta e di sicuro la scienza e la tecnologia costituiscono nella nostra epoca la strada più diretta verso quel futuro. Non sorprende perciò che l’arte sia tornata, dopo lungo tempo, a intrattenere un rapporto sempre più stretto con i temi della ricerca scientifica attuale, a misurare le proprie capacità espressive con il linguaggio della biologia, delle neuroscienze, della genetica, per “raccontarne” le frontiere più avanzate, con quella capacità unica di sintesi, di comunicazione, che solo l’immagine possiede. Antroposfera, nuove forme della vita, ambisce a rendere esplicito e visibile questo rapporto, a mostrare come arte e scienza dialoghino sempre più, esponendo una serie di opere internazionali che riflettono su tematiche scientifiche, ambientali, tecnologiche per la prima volta a confronto diretto con la ricerca che li ha ispirati. Tutti i lavori in mostra, ciascuno a suo modo, ci aiutano a immaginare meglio i mondi possibili che la scienza apre davanti a noi, a intuire i confini del futuro che ci aspetta.

20–21


11 03 giovedì

appunti

Hubert Duprat la bellezza al confine tra Arte e Scienza Hubert Duprat è un artista francese noto per il carattere insolito del suo lavoro: un incrocio artistico tra larve di tricotteri (caddisfly larvae), un insetto acquatico di fiume e piccoli frammenti di pietre preziose. Duprat, fin dai primi anni ’80, è spinto da un’insaziabile curiosità per la scienza. Passa la sua adolescenza interessandosi di scienze naturali, andando in campagna ad osservare gli insetti e costruendosi teche in cui riporli. I tricotteri in natura compongono astucci di protezione con materiali trovati nei letti dei fiumi come ramoscelli, gusci di lumaca, granelli di sabbia e piccole pietre. Questi insetti sono così utilizzati in una simbiosi mutualistica tra arte e natura: una volta raccolti dai loro ambienti naturali e riposti in vasche fornite di piccoli frammenti di oro, perle e pietre preziose, i tricotteri cominciano a costruire le loro guaine protettive utilizzando i nuovi materiali trovati e creando dei piccoli capolavori.

Alla base del lavoro dell’artista c’è lo studio di come la natura sembri avere un preciso comportamento estetico nel suo mutare, evolversi e svilupparsi, volto alla creazione di bellezza e meraviglia. Duprat intende dimostrare come gli animali, anche in cattività, cooperino laboriosamente ad un principio di bellezza armoniosa insita nella natura. Nella storia dell’arte possono essere individuati tre grandi passaggi che riguardano il rapporto tra arte e natura. In una prima fase l’artista rappresenta la natura: in pittura e scultura nasce la necessità di rappresentare ciò che si vede e di raffigurare il mondo naturale attraverso differenti stili. L’artista, attento osservatore di ciò che lo circonda, coglie l’attimo e lo immortala in una ricerca continua della mimesis. Nella fase successiva si assiste ad un diverso ruolo dell’artista che non si limita più ad osservare la natura, ma ci entra dentro e la esplora a diretto contatto e utilizzandone gli elementi primari, spinto dalla volontà di diminuire la distanza tra l’essere umano e la natura stessa. Un esempio emblematico è Giuseppe Penone (1947, Garessio) che, ricorrendo a materiali poveri, naturali e antiartistici, ne evidenzia l’energia e ne analizza i processi naturali. La terza ed ultima fase riguarda l’artista che interviene sui meccanismi della natura

22–23

• TRICHOPTERE di Hubert Duprat, 1980-2000, larve acquatiche di tricottero, oro, perle, turchesi, cm 2,5 circa. Fonte: http://collection. fraclorraine.org

con lo scopo di modificarli e trasformarli. È questo il caso di Hubert Duprat e di altri artisti che, come lui, operano in maniera simile intervenendo direttamente sulle fasi di mutamento nei processi naturali. Nasce una nuova forma d’arte detta transgenica che, con l’ausilio dell’ingegneria genetica, trasferisce geni naturali o sintetici ad un organismo creando esseri viventi unici e rari. Ha operato in questo modo l’artista e professore Eduard Kac nella sua opera GFP Bunny (2000), dove ha inserito il gene della Aequorea victoria, una specie di medusa, nel DNA di un coniglio bianco, a cui ha dato il nome Alba. Così al coniglio è stata trasferita la stessa proprietà della medusa, grazie alla quale il pelo e gli occhi del coniglio brillano nel buio di un colore verde fosforescente. Nel successivo progetto, Natural History of the Enigma, sviluppato nell’arco di cinque anni a partire dal 2003, Kac crea Edunia, un fiore modificato geneticamente: l’artista ha inserito un proprio gene nel DNA di una Petunia e ha creato un ibrido che esprime nelle venature rosse dei petali il suo patrimonio genetico. Anche Marta de Menezes negli ultimi anni ha lavorato sul rapporto fra arte e biologia, utilizzando laboratori di ricerca come veri e propri atelier artistici. Con l’opera Natura? L’artista interferisce con i meccanismi di sviluppo delle farfalle, modificando il pattern di una sola ala in modo da ottenere sulla stessa farfalla due ali differenti, una naturale e l’altra disegnata dall’artista. L’opera mette in evidenza le differenze tra ciò che è naturale e ciò che è artistico e quindi manipolato dall’uomo. Oggi più che mai è lecito chiedersi quali sono i reali confini tra arte e scienza. L’argomento è di estremo interesse perché apre nuovi interrogativi sul rapporto tra le due forme di sapere che da sempre si incontrano e scontrano e che, grazie alle recenti scoperte, aprono nuovi quesiti e pongono questioni anche da un punto di vista etico-morale.


11 03 giovedì

appunti

Hubert Duprat la bellezza al confine tra Arte e Scienza Hubert Duprat è un artista francese noto per il carattere insolito del suo lavoro: un incrocio artistico tra larve di tricotteri (caddisfly larvae), un insetto acquatico di fiume e piccoli frammenti di pietre preziose. Duprat, fin dai primi anni ’80, è spinto da un’insaziabile curiosità per la scienza. Passa la sua adolescenza interessandosi di scienze naturali, andando in campagna ad osservare gli insetti e costruendosi teche in cui riporli. I tricotteri in natura compongono astucci di protezione con materiali trovati nei letti dei fiumi come ramoscelli, gusci di lumaca, granelli di sabbia e piccole pietre. Questi insetti sono così utilizzati in una simbiosi mutualistica tra arte e natura: una volta raccolti dai loro ambienti naturali e riposti in vasche fornite di piccoli frammenti di oro, perle e pietre preziose, i tricotteri cominciano a costruire le loro guaine protettive utilizzando i nuovi materiali trovati e creando dei piccoli capolavori.

Alla base del lavoro dell’artista c’è lo studio di come la natura sembri avere un preciso comportamento estetico nel suo mutare, evolversi e svilupparsi, volto alla creazione di bellezza e meraviglia. Duprat intende dimostrare come gli animali, anche in cattività, cooperino laboriosamente ad un principio di bellezza armoniosa insita nella natura. Nella storia dell’arte possono essere individuati tre grandi passaggi che riguardano il rapporto tra arte e natura. In una prima fase l’artista rappresenta la natura: in pittura e scultura nasce la necessità di rappresentare ciò che si vede e di raffigurare il mondo naturale attraverso differenti stili. L’artista, attento osservatore di ciò che lo circonda, coglie l’attimo e lo immortala in una ricerca continua della mimesis. Nella fase successiva si assiste ad un diverso ruolo dell’artista che non si limita più ad osservare la natura, ma ci entra dentro e la esplora a diretto contatto e utilizzandone gli elementi primari, spinto dalla volontà di diminuire la distanza tra l’essere umano e la natura stessa. Un esempio emblematico è Giuseppe Penone (1947, Garessio) che, ricorrendo a materiali poveri, naturali e antiartistici, ne evidenzia l’energia e ne analizza i processi naturali. La terza ed ultima fase riguarda l’artista che interviene sui meccanismi della natura

22–23

• TRICHOPTERE di Hubert Duprat, 1980-2000, larve acquatiche di tricottero, oro, perle, turchesi, cm 2,5 circa. Fonte: http://collection. fraclorraine.org

con lo scopo di modificarli e trasformarli. È questo il caso di Hubert Duprat e di altri artisti che, come lui, operano in maniera simile intervenendo direttamente sulle fasi di mutamento nei processi naturali. Nasce una nuova forma d’arte detta transgenica che, con l’ausilio dell’ingegneria genetica, trasferisce geni naturali o sintetici ad un organismo creando esseri viventi unici e rari. Ha operato in questo modo l’artista e professore Eduard Kac nella sua opera GFP Bunny (2000), dove ha inserito il gene della Aequorea victoria, una specie di medusa, nel DNA di un coniglio bianco, a cui ha dato il nome Alba. Così al coniglio è stata trasferita la stessa proprietà della medusa, grazie alla quale il pelo e gli occhi del coniglio brillano nel buio di un colore verde fosforescente. Nel successivo progetto, Natural History of the Enigma, sviluppato nell’arco di cinque anni a partire dal 2003, Kac crea Edunia, un fiore modificato geneticamente: l’artista ha inserito un proprio gene nel DNA di una Petunia e ha creato un ibrido che esprime nelle venature rosse dei petali il suo patrimonio genetico. Anche Marta de Menezes negli ultimi anni ha lavorato sul rapporto fra arte e biologia, utilizzando laboratori di ricerca come veri e propri atelier artistici. Con l’opera Natura? L’artista interferisce con i meccanismi di sviluppo delle farfalle, modificando il pattern di una sola ala in modo da ottenere sulla stessa farfalla due ali differenti, una naturale e l’altra disegnata dall’artista. L’opera mette in evidenza le differenze tra ciò che è naturale e ciò che è artistico e quindi manipolato dall’uomo. Oggi più che mai è lecito chiedersi quali sono i reali confini tra arte e scienza. L’argomento è di estremo interesse perché apre nuovi interrogativi sul rapporto tra le due forme di sapere che da sempre si incontrano e scontrano e che, grazie alle recenti scoperte, aprono nuovi quesiti e pongono questioni anche da un punto di vista etico-morale.


11 03 giovedì

scienza CLASSIFICAZIONE SCIENTIFICA Regno: Animalia Sottoregno: Eumetazoa Ramo: Bilateria Phylum: Arthropoda Subphylum: Tracheata Superclasse: Hexapoda Classe: Insecta Sottoclasse: Pterygota Coorte: Endopterygota Superordine: Oligoneoptera Sezione: Panorpoidea Ordine: Trichoptera

I Tricotteri sono insetti a metamorfosi completa o Olometaboli che, nello stadio immaginale, hanno ali ricoperte da sottilissimi peli da cui il nome Trichoptera (dal greco: trikhòs “pelo” e pteròn “ala”). Il ciclo di sviluppo (olometabolo) si compone di quattro stadi: uovo, larva, pupa e adulto. Le dimensioni dell’insetto adulto vanno dai 3 ai 25 millimetri, per lo più di colore brunastro o comunque con colori poco vivaci,che volano di solito al crepuscolo o di notte.

24–25

L’accoppiamento è subito seguito dalla deposizione delle uova che, da alcune specie, viene effettuata sulla vegetazione riparia o su quella che pende sull’acqua, mentre altre specie depongono le loro uova sull’acqua o appena sotto la superficie di questa. Le uova, deposte in filamenti o in masserelle, sono ricoperte da mucillagine che si rigonfia per imbibizione e le protegge. La schiusa avviene dopo 2-3 settimane. Gli stadi larvali sono generalmente acquatici. Le larve sono essenzialmente onnivore e sono munite di mandibole taglienti. Possono essere sia di tipo eruciforme che di tipo campodeiforme. Quelle di tipo eruciforme costruiscono astucci e sono di solito vegetariane, mentre quelle di tipo campodeiforme sono predatrici e spesso non costruiscono astucci. Tutte

hanno un torace chitinizzato con zampe sviluppate mentre il ventre è carnoso e molle per cui, per proteggersi utilizzano alcuni materiali, disponibili nell’ambiente in cui vivono, per costruire un astuccio che è tenuto insieme dalla presenza di un filo appiccicoso, che producono da una ghiandola vicino alla bocca, entro cui si avvolgono. Ogni specie costruisce i propri astucci con un particolare materiale, per questo gli astucci sono indice di riconoscimento tra le specie. I materiali adoperati più spesso sono costituiti da frammenti vegetali, granelli di sabbia, frammenti di conchiglie, ecc. Ad ogni accrescimento della larva segue un “ampliamento” dell’astuccio mediante apposizione di materiale all’estremità anteriore. Il capo e le zampe fuoriescono dall’astuccio consentendo la deambulazione e la possi-

bilità di ricerca del cibo, due uncini piuttosto robusti, posti all’estremità dell’addome, impediscono che la larva perda il suo involucro protettivo. Quelle specie che non costruiscono astucci, costruiscono reti di seta che ancorano alla vegetazione; queste reti offrono riparo e protezione, ma fungendo da trappole consentono loro di procacciarsi il cibo. Lo stadio di pupa, in cui si formano le strutture definitive dell’insetto adulto, viene svolto nell’astuccio che, allo scopo, viene cementato su oggetti sommersi. Quando è tempo di sfarfallamento, la pupa divora la porta d’uscita con le mandibole, nuota o si trascina verso la superficie e appena emerge vola via immediatamente. Il ciclo vitale dura un anno e la maggior parte viene trascorso allo stadio larvale.

• TRICHOPTERE di Hubert Duprat, 1980-2000, larve acquatiche di tricottero, oro, perle, turchesi, cm 2,5 circa. Fonte: www.adnkronos.com


11 03 giovedì

scienza CLASSIFICAZIONE SCIENTIFICA Regno: Animalia Sottoregno: Eumetazoa Ramo: Bilateria Phylum: Arthropoda Subphylum: Tracheata Superclasse: Hexapoda Classe: Insecta Sottoclasse: Pterygota Coorte: Endopterygota Superordine: Oligoneoptera Sezione: Panorpoidea Ordine: Trichoptera

I Tricotteri sono insetti a metamorfosi completa o Olometaboli che, nello stadio immaginale, hanno ali ricoperte da sottilissimi peli da cui il nome Trichoptera (dal greco: trikhòs “pelo” e pteròn “ala”). Il ciclo di sviluppo (olometabolo) si compone di quattro stadi: uovo, larva, pupa e adulto. Le dimensioni dell’insetto adulto vanno dai 3 ai 25 millimetri, per lo più di colore brunastro o comunque con colori poco vivaci,che volano di solito al crepuscolo o di notte.

24–25

L’accoppiamento è subito seguito dalla deposizione delle uova che, da alcune specie, viene effettuata sulla vegetazione riparia o su quella che pende sull’acqua, mentre altre specie depongono le loro uova sull’acqua o appena sotto la superficie di questa. Le uova, deposte in filamenti o in masserelle, sono ricoperte da mucillagine che si rigonfia per imbibizione e le protegge. La schiusa avviene dopo 2-3 settimane. Gli stadi larvali sono generalmente acquatici. Le larve sono essenzialmente onnivore e sono munite di mandibole taglienti. Possono essere sia di tipo eruciforme che di tipo campodeiforme. Quelle di tipo eruciforme costruiscono astucci e sono di solito vegetariane, mentre quelle di tipo campodeiforme sono predatrici e spesso non costruiscono astucci. Tutte

hanno un torace chitinizzato con zampe sviluppate mentre il ventre è carnoso e molle per cui, per proteggersi utilizzano alcuni materiali, disponibili nell’ambiente in cui vivono, per costruire un astuccio che è tenuto insieme dalla presenza di un filo appiccicoso, che producono da una ghiandola vicino alla bocca, entro cui si avvolgono. Ogni specie costruisce i propri astucci con un particolare materiale, per questo gli astucci sono indice di riconoscimento tra le specie. I materiali adoperati più spesso sono costituiti da frammenti vegetali, granelli di sabbia, frammenti di conchiglie, ecc. Ad ogni accrescimento della larva segue un “ampliamento” dell’astuccio mediante apposizione di materiale all’estremità anteriore. Il capo e le zampe fuoriescono dall’astuccio consentendo la deambulazione e la possi-

bilità di ricerca del cibo, due uncini piuttosto robusti, posti all’estremità dell’addome, impediscono che la larva perda il suo involucro protettivo. Quelle specie che non costruiscono astucci, costruiscono reti di seta che ancorano alla vegetazione; queste reti offrono riparo e protezione, ma fungendo da trappole consentono loro di procacciarsi il cibo. Lo stadio di pupa, in cui si formano le strutture definitive dell’insetto adulto, viene svolto nell’astuccio che, allo scopo, viene cementato su oggetti sommersi. Quando è tempo di sfarfallamento, la pupa divora la porta d’uscita con le mandibole, nuota o si trascina verso la superficie e appena emerge vola via immediatamente. Il ciclo vitale dura un anno e la maggior parte viene trascorso allo stadio larvale.

• TRICHOPTERE di Hubert Duprat, 1980-2000, larve acquatiche di tricottero, oro, perle, turchesi, cm 2,5 circa. Fonte: www.adnkronos.com


arte GLI ESPERIMENTI DI HUBERT DUPRAT

L’appassionante studio di Hubert Duprat sulla biologia di questi insetti gli ha permesso di selezionare le migliori larve produttrici di astucci e di ottimizzare le condizioni di allevamento di quest’ultime. Egli generalmente utilizza le larve appartenenti alle famiglie Limnephilidae, Leptoceridae, Sericostomatidae e Odontoceridae, con una preferenza per i generi Limnephilid, Potamophylax e Allogamus. Queste vengono cresciute da gennaio ad aprile all’interno di appositi acquari dove viene ricreato l’habitat

naturale dei Tricotteri; l’acqua, infatti, è adeguatamente ossigenata e refrigerata in modo da prolungare il più possibile lo stadio larvale ed il periodo di costruzione dell’astuccio. L’unica modifica viene apportata ai materiali a disposizione della larva; a questo scopo, Hubert ha testato numerose pietre e perle, diverse per composizione e dimensioni. Per il suo primo esperimento le larve furono alloggiate in un acquario il cui fondale era interamente ricoperto di sassolini d’oro. Trascorso un certo periodo, tutte erano

in grado di costruirsi il proprio astuccio. Successivamente, per poterlo rimuovere senza comprometterne l’integrità, Hubert tolse il cappuccio nella parte posteriore e con una leggera pressione spinse fuori la larva, aiutandosi anche con strumenti da lui realizzati. A questo punto il gioiello era pronto, ma l’artista notò anche che l’involucro costruito in una stagione da una larva poteva essere ripreso la stagione dopo da un’altra larva e ulteriormente rifinito. Rimasto affascinato dalle potenzialità di questi insetti, i

• TRICHOPTERE di Hubert Duprat, 1980-2000, larve acquatiche di tricottero, oro, perle, turchesi, cm 2,5 circa. Fonte: da sinistra a destra, www.genetologisch-onderzoek.nl, www.luxist.com

26–27

suoi studi si sono sempre più specializzati. Egli infatti ha cominciato a monitorare i tempi impiegati dalle larve per costruirsi l’astuccio, le preferenze che alcune di queste mostravano per determinati tipi di pietre e da qui la possibilità di miscelarle facendo crescere gli insetti in diversi acquari, ognuno dei quali caratterizzato dalla presenza di una particolare pietra. La permanenza delle larve per determinati periodi all’interno degli acquari porta infine alla creazione ogni volta di un gioiello diverso ed unico.


arte GLI ESPERIMENTI DI HUBERT DUPRAT

L’appassionante studio di Hubert Duprat sulla biologia di questi insetti gli ha permesso di selezionare le migliori larve produttrici di astucci e di ottimizzare le condizioni di allevamento di quest’ultime. Egli generalmente utilizza le larve appartenenti alle famiglie Limnephilidae, Leptoceridae, Sericostomatidae e Odontoceridae, con una preferenza per i generi Limnephilid, Potamophylax e Allogamus. Queste vengono cresciute da gennaio ad aprile all’interno di appositi acquari dove viene ricreato l’habitat

naturale dei Tricotteri; l’acqua, infatti, è adeguatamente ossigenata e refrigerata in modo da prolungare il più possibile lo stadio larvale ed il periodo di costruzione dell’astuccio. L’unica modifica viene apportata ai materiali a disposizione della larva; a questo scopo, Hubert ha testato numerose pietre e perle, diverse per composizione e dimensioni. Per il suo primo esperimento le larve furono alloggiate in un acquario il cui fondale era interamente ricoperto di sassolini d’oro. Trascorso un certo periodo, tutte erano

in grado di costruirsi il proprio astuccio. Successivamente, per poterlo rimuovere senza comprometterne l’integrità, Hubert tolse il cappuccio nella parte posteriore e con una leggera pressione spinse fuori la larva, aiutandosi anche con strumenti da lui realizzati. A questo punto il gioiello era pronto, ma l’artista notò anche che l’involucro costruito in una stagione da una larva poteva essere ripreso la stagione dopo da un’altra larva e ulteriormente rifinito. Rimasto affascinato dalle potenzialità di questi insetti, i

• TRICHOPTERE di Hubert Duprat, 1980-2000, larve acquatiche di tricottero, oro, perle, turchesi, cm 2,5 circa. Fonte: da sinistra a destra, www.genetologisch-onderzoek.nl, www.luxist.com

26–27

suoi studi si sono sempre più specializzati. Egli infatti ha cominciato a monitorare i tempi impiegati dalle larve per costruirsi l’astuccio, le preferenze che alcune di queste mostravano per determinati tipi di pietre e da qui la possibilità di miscelarle facendo crescere gli insetti in diversi acquari, ognuno dei quali caratterizzato dalla presenza di una particolare pietra. La permanenza delle larve per determinati periodi all’interno degli acquari porta infine alla creazione ogni volta di un gioiello diverso ed unico.


venerdì

Jorge Orta

Volere, fortissimamente volere

e l'Argentina degli anni '80

Molto ispirato

Tutto è facile Rete di relazione fra persone

a p e r t o sensibile

Emotivo

Profetico Opera tra il funzionale e il poetico

Utopico realista

Persone

Modo sociale dell’arte

Compromesso

Capace di tirar fuori e far partecipare gli uomini alla società

“Sapevamo che un giorno saremmo

INTELLIGENTE

Trasmettere passione

stati privati di questa possibilità. Lavorando giorno e notte [...]

No pigrizia mentale

Umano

distruggevamo per ricominciare tutto daccapo. Le esperienze vissute

Sacrificio

L’esempio più forte dell’arte contemporanea

e i loro resoconti erano la prova dell'importanza di questo lavoro in fieri “.

In quegli anni a Parigi Jorge Orta iniziò a usare la luce e i proiettori. Insieme a ingegneri francesi sperimentarono e usarono nuove e più potenti tecnologie per proiettare le immagini. “Potevamo proiettare la luce a oltre un chilometro e questo ci ha aperto una molteplicità di ipotesi e possibilità verso la Public art. Il proiettore PAE diventò il mio pennello e il primo lavoro di luce (Light Work) fu Graphic Light Poem del 1991 a Parigi, riproposto nella scellerata spedizione di Machu Pichu in Perù (1992). Tutto questo fu l’inizio di un’avventura decennale, trascorsa realizzando opere monumentali ed effimere, richiamando centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo.”

28–29

Crederci Sognatore utopistico

Tutto ha un prezzo

imp o ssibili

Jorge Orta diede vita ai suoi primi grandi lavori di arte pubblica (Transcurso Vital e Testigos Blancos) all’inizio degli anni ‘80. Anni di idee rivoluzionarie, che coinvolsero università e intellettuali. Tra il 1976 e il 1981 in Argentina prese il potere il generale Videla. Lo stato proibì l’organizzazione e la partecipazione a incontri pubblici e privati. Per contrastare questa corrente Orta e altri artisti si impegnarono in forme organizzative non ufficiali (come la Mail Art o il PoemaConcert). Gli scopi erano provocare, stimolare la partecipazione collettiva, diventare voce e mezzo per un’utopia fondatrice in grado di trasformare, senza fini economici, il processo sociale attraverso l’arte. Arte come catalizzatore sociale. Arte come co-creazione. Una creazione condivisa, mediata da professionisti in grado di attuare “strutture di fattibilità”, resa possibile dall’esperienza della vivencia, della condivisione.

Attivista

P ro g etti

12 03

appunti

Rispettoso verso l’essere umano

Catalizzatore sociale

FANTASTICO Viaggiare, spostarsi Cuore (parlare con)

Impegno

FORTE

Profondo


venerdì

Jorge Orta

Volere, fortissimamente volere

e l'Argentina degli anni '80

Molto ispirato

Tutto è facile Rete di relazione fra persone

a p e r t o sensibile

Emotivo

Profetico Opera tra il funzionale e il poetico

Utopico realista

Persone

Modo sociale dell’arte

Compromesso

Capace di tirar fuori e far partecipare gli uomini alla società

“Sapevamo che un giorno saremmo

INTELLIGENTE

Trasmettere passione

stati privati di questa possibilità. Lavorando giorno e notte [...]

No pigrizia mentale

Umano

distruggevamo per ricominciare tutto daccapo. Le esperienze vissute

Sacrificio

L’esempio più forte dell’arte contemporanea

e i loro resoconti erano la prova dell'importanza di questo lavoro in fieri “.

In quegli anni a Parigi Jorge Orta iniziò a usare la luce e i proiettori. Insieme a ingegneri francesi sperimentarono e usarono nuove e più potenti tecnologie per proiettare le immagini. “Potevamo proiettare la luce a oltre un chilometro e questo ci ha aperto una molteplicità di ipotesi e possibilità verso la Public art. Il proiettore PAE diventò il mio pennello e il primo lavoro di luce (Light Work) fu Graphic Light Poem del 1991 a Parigi, riproposto nella scellerata spedizione di Machu Pichu in Perù (1992). Tutto questo fu l’inizio di un’avventura decennale, trascorsa realizzando opere monumentali ed effimere, richiamando centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo.”

28–29

Crederci Sognatore utopistico

Tutto ha un prezzo

imp o ssibili

Jorge Orta diede vita ai suoi primi grandi lavori di arte pubblica (Transcurso Vital e Testigos Blancos) all’inizio degli anni ‘80. Anni di idee rivoluzionarie, che coinvolsero università e intellettuali. Tra il 1976 e il 1981 in Argentina prese il potere il generale Videla. Lo stato proibì l’organizzazione e la partecipazione a incontri pubblici e privati. Per contrastare questa corrente Orta e altri artisti si impegnarono in forme organizzative non ufficiali (come la Mail Art o il PoemaConcert). Gli scopi erano provocare, stimolare la partecipazione collettiva, diventare voce e mezzo per un’utopia fondatrice in grado di trasformare, senza fini economici, il processo sociale attraverso l’arte. Arte come catalizzatore sociale. Arte come co-creazione. Una creazione condivisa, mediata da professionisti in grado di attuare “strutture di fattibilità”, resa possibile dall’esperienza della vivencia, della condivisione.

Attivista

P ro g etti

12 03

appunti

Rispettoso verso l’essere umano

Catalizzatore sociale

FANTASTICO Viaggiare, spostarsi Cuore (parlare con)

Impegno

FORTE

Profondo


12 03 venerdì

appunti

30–31

Arte Relazionale

L'Utopia

Il lavoro dei cogniugi Jorge e Lucy Orta si sviluppa sempre a partire dall’analisi delle relazioni umane in uno specifico contesto sociale. Una scelta etica impone che l’artista si apra alla società come mediatore di processi collettivi. Durante la dittatura in Argentina, Jorge ha maturato l’esigenza di un’arte che si ponesse contro la censura, funzionando da catalizzatore sociale per raggiungere il maggior numero di persone e sviluppare forme autonome di organiz-

gamento fisico, sociale e visivo e generano una nuova iconografia della connettività sociale. In uno studio sull’utilizzo degli spazi pubblici, Jan Gehl spiega che un’attività sociale ha luogo ogni volta che due persone stanno insieme nello stesso spazio. Il rituale dell’incontro si esprime nel progetto 70x7, The Meal in cui l’atto di cibarsi a fianco di altri in una tavolata lunghissima snodata nello spazio urbano, genera processi imprevedibili di riflessione. Secondo

zazione. Giunto in Francia, dove la situazione politica è certamente diversa, Orta accusa un diffuso individualismo; i contesti sociali, affetti da globalizzazione, sono pianificati per ridurre gli spazi di relazione e far prevalere un’estetica della solitudine venduta per emancipazione. Lucy e Jorge iniziano a lavorare insieme per diffondere modelli di cooperazione, dipendenza reciproca e responsabilità sociale. I Collective Wear, abiti-tenda collettivi pensati come rifugio e architetture antropomorfizzate in movimento, sono un esempio di colle-

Bourriaud, l’intervento artistico funziona da interstizio sociale quando, essendo vivo nel sistema, suggerisce altre forme di scambio rispetto a quelle del commercio. L’elemento fondamentale del lavoro di Orta è il processo; le persone sono riunite per condividere temi, come l’esclusione sociale, la sopravvivenza, l’identità, il problema del cibo. Dalla loro capacità di relazionarsi si generano processi che durano per anni. L’essere presenti è il seme per altre forme di attività sociale.

È difficile guardare all'opera di Orta senza considerare l’idea di Utopia. Questo concetto ha origini antichissime, ha un ruolo centrale nel pensiero ortiano e acquista una particolare sfumatura di significato. Utopia è un termine coniato per la prima volta da Thomas More. La parola designa una dimensione dello spirito umano che oscilla tra reale, ideale e virtuale. Il testo di Thomas More è ancora fortemente attuale. Viviamo in un’epoca carica di problematiche sociali, politiche e economiche. La riflessione su una civiltà ed un consorzio umano ideale deve essere il pensiero cardine dell’intellettuale e dell’artista. Se osserviamo alcuni dei progetti di Orta come Lucy Orta’s Refuge Wear, Nexus Architecture, Antarctica, Orta water, Fallujah-Casey’s Pawns ci accorgiamo di

• REFUGE WEAR INTERVENTION LONDON EAST END di Lucy Orta, 1998, Ref: 2001.2 Foto Lambda colour su Dibon. Fonte: www.studio-orta.com

quanto sia profondo l'impegno per il sociale di questi artisti. Ci sono spazi come quelli dei cimiteri, dei giardini e delle colonie che sono designati da Michel Foucault con il termine di eterotopia, una specie di utopia “materializzata”. Questi luoghi sono in se stessi una contraddizione in quanto sono autonomi ma anche inseriti in un contesto di vita quotidiana, in cui creano rapporti simbolici e virtuali. Al contrario delle utopie, che sono puramente immaginarie, le eterotopie sono un misto di reale e virtuale,corporeo e mitico. Hanno l’indispensabile funzione di riflettere il mondo e riproporlo sotto un’altra luce. In questo senso molti lavori degli Orta sono veramente illuminanti. Si situano nel contesto della città ma da questa non vengono assorbiti e annullati. Hanno sempre una speciale “aura” che li associa a qualcosa di mitico e reale allo stesso tempo. Potremmo dire che testimoniano della problematicità del nostro tempo e sono forze attive di un rinnovamento collettivo ed individuale.

• THE MEAL, ACT XXXI, PLYMOUNTH di Lucy e Jorge Orta, 2009, ref. 066.30, installazione e cena per 70 persone al Sherwell Church Hall, North Hill, Plymouth. Courtesy: Groundwork South West, Plymouth Arts Centre, Plymouth College of Art. Fonte: www.studio-orta.com

• BODY ARCHITECTURE - COLLECTIVE WEAR SOWETO di Lucy e Jorge Orta, 1997, ref. 0053, tenda, vestiti di seconda mano e altri oggetti. Collezione degli artisti. Fonte: www.studio-orta.com


12 03 venerdì

appunti

30–31

Arte Relazionale

L'Utopia

Il lavoro dei cogniugi Jorge e Lucy Orta si sviluppa sempre a partire dall’analisi delle relazioni umane in uno specifico contesto sociale. Una scelta etica impone che l’artista si apra alla società come mediatore di processi collettivi. Durante la dittatura in Argentina, Jorge ha maturato l’esigenza di un’arte che si ponesse contro la censura, funzionando da catalizzatore sociale per raggiungere il maggior numero di persone e sviluppare forme autonome di organiz-

gamento fisico, sociale e visivo e generano una nuova iconografia della connettività sociale. In uno studio sull’utilizzo degli spazi pubblici, Jan Gehl spiega che un’attività sociale ha luogo ogni volta che due persone stanno insieme nello stesso spazio. Il rituale dell’incontro si esprime nel progetto 70x7, The Meal in cui l’atto di cibarsi a fianco di altri in una tavolata lunghissima snodata nello spazio urbano, genera processi imprevedibili di riflessione. Secondo

zazione. Giunto in Francia, dove la situazione politica è certamente diversa, Orta accusa un diffuso individualismo; i contesti sociali, affetti da globalizzazione, sono pianificati per ridurre gli spazi di relazione e far prevalere un’estetica della solitudine venduta per emancipazione. Lucy e Jorge iniziano a lavorare insieme per diffondere modelli di cooperazione, dipendenza reciproca e responsabilità sociale. I Collective Wear, abiti-tenda collettivi pensati come rifugio e architetture antropomorfizzate in movimento, sono un esempio di colle-

Bourriaud, l’intervento artistico funziona da interstizio sociale quando, essendo vivo nel sistema, suggerisce altre forme di scambio rispetto a quelle del commercio. L’elemento fondamentale del lavoro di Orta è il processo; le persone sono riunite per condividere temi, come l’esclusione sociale, la sopravvivenza, l’identità, il problema del cibo. Dalla loro capacità di relazionarsi si generano processi che durano per anni. L’essere presenti è il seme per altre forme di attività sociale.

È difficile guardare all'opera di Orta senza considerare l’idea di Utopia. Questo concetto ha origini antichissime, ha un ruolo centrale nel pensiero ortiano e acquista una particolare sfumatura di significato. Utopia è un termine coniato per la prima volta da Thomas More. La parola designa una dimensione dello spirito umano che oscilla tra reale, ideale e virtuale. Il testo di Thomas More è ancora fortemente attuale. Viviamo in un’epoca carica di problematiche sociali, politiche e economiche. La riflessione su una civiltà ed un consorzio umano ideale deve essere il pensiero cardine dell’intellettuale e dell’artista. Se osserviamo alcuni dei progetti di Orta come Lucy Orta’s Refuge Wear, Nexus Architecture, Antarctica, Orta water, Fallujah-Casey’s Pawns ci accorgiamo di

• REFUGE WEAR INTERVENTION LONDON EAST END di Lucy Orta, 1998, Ref: 2001.2 Foto Lambda colour su Dibon. Fonte: www.studio-orta.com

quanto sia profondo l'impegno per il sociale di questi artisti. Ci sono spazi come quelli dei cimiteri, dei giardini e delle colonie che sono designati da Michel Foucault con il termine di eterotopia, una specie di utopia “materializzata”. Questi luoghi sono in se stessi una contraddizione in quanto sono autonomi ma anche inseriti in un contesto di vita quotidiana, in cui creano rapporti simbolici e virtuali. Al contrario delle utopie, che sono puramente immaginarie, le eterotopie sono un misto di reale e virtuale,corporeo e mitico. Hanno l’indispensabile funzione di riflettere il mondo e riproporlo sotto un’altra luce. In questo senso molti lavori degli Orta sono veramente illuminanti. Si situano nel contesto della città ma da questa non vengono assorbiti e annullati. Hanno sempre una speciale “aura” che li associa a qualcosa di mitico e reale allo stesso tempo. Potremmo dire che testimoniano della problematicità del nostro tempo e sono forze attive di un rinnovamento collettivo ed individuale.

• THE MEAL, ACT XXXI, PLYMOUNTH di Lucy e Jorge Orta, 2009, ref. 066.30, installazione e cena per 70 persone al Sherwell Church Hall, North Hill, Plymouth. Courtesy: Groundwork South West, Plymouth Arts Centre, Plymouth College of Art. Fonte: www.studio-orta.com

• BODY ARCHITECTURE - COLLECTIVE WEAR SOWETO di Lucy e Jorge Orta, 1997, ref. 0053, tenda, vestiti di seconda mano e altri oggetti. Collezione degli artisti. Fonte: www.studio-orta.com


12 03 venerdì

appunti

Antarctic village (2007) “Se non ha qualcosa di importante da dire l’artista non merita la rilevanza pubblica del suo messaggio, per questo è investito da una sorta di responsabilità etica”. Di Jorge Orta ci è rimasto il sapore della sua umanità e della sua attenzione per il sociale. Ci ha colpito la sua volontà di comunicare agli altri come cittadino del mondo, di investire il suo ruolo di un forte potere di catalizzatore sociale. Il progetto Antartica, o per meglio dire Anctartic Village – No Border, realizzato con la moglie Lucy è l’emblema di tutto questo. Nella primavera del 2007 Lucy e Jorge Orta realizzano in Antartide un vero e proprio accampamento di tende che non a caso riprendono la forma di quelle utilizzate dall’esercito, ma ricoperte da una moltitudine

32–33

di bandiere unite e da una scritta che riporta l’emendamento 13.3 da aggiungere alla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. In questo modo gli artisti concretizzano ciò che fin dal 1959 era stato comunemente sottoscritto da molti stati tacitamente. L’Antartide rappresenta il sesto continente avente la particolarità di essere universalmente riconosciuto come neutrale, appartenente a tutti, ventre perfetto per il sogno utopico di cooperazione fra popoli da sempre sostenuto dagli artisti. Inoltre l’Antartide con le sue impossibili condizione territoriali per la sopravvivenza diviene anche una metafora tagliente della situazione di difficoltà urbana e sociale. L’Antarctica World Passport è solo una delle tante operazioni correlate a questo progetto che gli Orta hanno compiuto: un

Orta water purification station (2005) vero e proprio documento che obbliga chi lo possiede ad una responsabilità etica e morale di cittadino del mondo, attribuendogli il dovere di denunciare gli abusi sui territori, sulle persone e tutto ciò che oltraggia il progresso e la cooperazione sociale. Un intervento come Anctaric Village ci mostra l’artista come cittadino del suo tempo, capace di rinunciare alla sua pura espressione personale per fondersi nella collettività, con la massima chiarezza e semplicità, in modo da poter raggiungere gli occhi di quante più persone è possibile.

• ANTARCTIC VILLAGE - NO BORDERS, EXPEDITION TARPAULIN di Lucy e Jorge Orta, 2007, Ref: 5051, Jettex, inkjet print, webbing, eyelets, Courtesy, Collezione degli artisti. Fonte: www.studio-orta.com

Nel 2007 Lucy e Jorge Orta lavorano al progetto Orta Water, affrontando il problema della crisi idrica mondiale. L’intento è quello di far prendere coscienza al mondo agiato, della carenza di acqua potabile nei paesi in via di sviluppo economico, delle cause e delle conseguenze di tale situazione. Nell’ambito di questo lavoro l’acqua simbolo di vita ed elemento necessario alla sopravvivenza, diventa soggetto e oggetto della mostra Drinkwater! allestita a Venezia tra gli spazi interni della Fondazione Bevilacqua La Masa ed il Canal Grande. In questa occasione lo Studio Orta mette in opera un vero e proprio impianto di depurazione dell’acqua, che viene aspirata dal Canale, resa potabile e offerta al

pubblico in apposite bottiglie. Le persone si ritrovano al centro di un percorso di scambio tra interno ed esterno; il “dentro” degli spazi della fondazione, sede di depurazione, e il “fuori” dell’ambiente cittadino, il Canale sede dell’acqua. L’opera diventa luogo di dialogo e di reti di pensiero che come l’acqua, fluiscono ininterrottamente. L’intero lavoro degli Orta mira a sensibilizzare la “nostra” parte di mondo, che molte volte ha una coscienza addormentata, sedata dal benessere, situazione per cui si tende ad agire irresponsabilmente, senza pensare quanto e come ogni nostro gesto si rifletta su ciò che ci circonda. Salute, diritti umani, ecologia, sono temi alla base del lavoro di questi

artisti, ma sono anche temi che riguardano tutti noi in quanto abitanti di un Mondo costruito insieme con un’interazione collettiva e costante. In una simile realtà il benessere di uno non può essere a scapito di un altro, siamo tutti interconnessi quindi è compito di ognuno aprire i propri occhi sull’altro, tentando il più possibile di averne cura.

• ORTA WATER PURIFICATION STATION di Lucy e Jorge Orta, 2005, pompe per l’acqua potabile, sistema di purificazione, struttura in acciaio, taniche, lattine, contenitori, oggetti diversi, tubi, impianto stereo mp3, casse acustiche, bottiglie in vetro, cm 804 x 345 x 540. Collezione privata Bologna. Fonte: www.studio-orta.com


12 03 venerdì

appunti

Antarctic village (2007) “Se non ha qualcosa di importante da dire l’artista non merita la rilevanza pubblica del suo messaggio, per questo è investito da una sorta di responsabilità etica”. Di Jorge Orta ci è rimasto il sapore della sua umanità e della sua attenzione per il sociale. Ci ha colpito la sua volontà di comunicare agli altri come cittadino del mondo, di investire il suo ruolo di un forte potere di catalizzatore sociale. Il progetto Antartica, o per meglio dire Anctartic Village – No Border, realizzato con la moglie Lucy è l’emblema di tutto questo. Nella primavera del 2007 Lucy e Jorge Orta realizzano in Antartide un vero e proprio accampamento di tende che non a caso riprendono la forma di quelle utilizzate dall’esercito, ma ricoperte da una moltitudine

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di bandiere unite e da una scritta che riporta l’emendamento 13.3 da aggiungere alla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. In questo modo gli artisti concretizzano ciò che fin dal 1959 era stato comunemente sottoscritto da molti stati tacitamente. L’Antartide rappresenta il sesto continente avente la particolarità di essere universalmente riconosciuto come neutrale, appartenente a tutti, ventre perfetto per il sogno utopico di cooperazione fra popoli da sempre sostenuto dagli artisti. Inoltre l’Antartide con le sue impossibili condizione territoriali per la sopravvivenza diviene anche una metafora tagliente della situazione di difficoltà urbana e sociale. L’Antarctica World Passport è solo una delle tante operazioni correlate a questo progetto che gli Orta hanno compiuto: un

Orta water purification station (2005) vero e proprio documento che obbliga chi lo possiede ad una responsabilità etica e morale di cittadino del mondo, attribuendogli il dovere di denunciare gli abusi sui territori, sulle persone e tutto ciò che oltraggia il progresso e la cooperazione sociale. Un intervento come Anctaric Village ci mostra l’artista come cittadino del suo tempo, capace di rinunciare alla sua pura espressione personale per fondersi nella collettività, con la massima chiarezza e semplicità, in modo da poter raggiungere gli occhi di quante più persone è possibile.

• ANTARCTIC VILLAGE - NO BORDERS, EXPEDITION TARPAULIN di Lucy e Jorge Orta, 2007, Ref: 5051, Jettex, inkjet print, webbing, eyelets, Courtesy, Collezione degli artisti. Fonte: www.studio-orta.com

Nel 2007 Lucy e Jorge Orta lavorano al progetto Orta Water, affrontando il problema della crisi idrica mondiale. L’intento è quello di far prendere coscienza al mondo agiato, della carenza di acqua potabile nei paesi in via di sviluppo economico, delle cause e delle conseguenze di tale situazione. Nell’ambito di questo lavoro l’acqua simbolo di vita ed elemento necessario alla sopravvivenza, diventa soggetto e oggetto della mostra Drinkwater! allestita a Venezia tra gli spazi interni della Fondazione Bevilacqua La Masa ed il Canal Grande. In questa occasione lo Studio Orta mette in opera un vero e proprio impianto di depurazione dell’acqua, che viene aspirata dal Canale, resa potabile e offerta al

pubblico in apposite bottiglie. Le persone si ritrovano al centro di un percorso di scambio tra interno ed esterno; il “dentro” degli spazi della fondazione, sede di depurazione, e il “fuori” dell’ambiente cittadino, il Canale sede dell’acqua. L’opera diventa luogo di dialogo e di reti di pensiero che come l’acqua, fluiscono ininterrottamente. L’intero lavoro degli Orta mira a sensibilizzare la “nostra” parte di mondo, che molte volte ha una coscienza addormentata, sedata dal benessere, situazione per cui si tende ad agire irresponsabilmente, senza pensare quanto e come ogni nostro gesto si rifletta su ciò che ci circonda. Salute, diritti umani, ecologia, sono temi alla base del lavoro di questi

artisti, ma sono anche temi che riguardano tutti noi in quanto abitanti di un Mondo costruito insieme con un’interazione collettiva e costante. In una simile realtà il benessere di uno non può essere a scapito di un altro, siamo tutti interconnessi quindi è compito di ognuno aprire i propri occhi sull’altro, tentando il più possibile di averne cura.

• ORTA WATER PURIFICATION STATION di Lucy e Jorge Orta, 2005, pompe per l’acqua potabile, sistema di purificazione, struttura in acciaio, taniche, lattine, contenitori, oggetti diversi, tubi, impianto stereo mp3, casse acustiche, bottiglie in vetro, cm 804 x 345 x 540. Collezione privata Bologna. Fonte: www.studio-orta.com


13 03 sabato

redazione

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13 03 sabato

redazione

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13 03 sabato

intervista

Lamberto Maffei Laureato in Medicina presso l’Università di Pisa, ha insegnato Neurobiologia e diretto l’Istituto di Neurofisiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa. È stato visiting professor presso numerose Università straniere, tra le quali Cambridge, Oxford e il Collège de France. Nel corso della sua attività ha ricevuto prestigiosi premi e riconoscimenti per gli studi sul sistema nervoso centrale. Ha pubblicato su numerose riviste scientifiche di risonanza internazionale come Science e Nature. Nel 2009 è stato eletto Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei e membro del Comitato di Neuroscienze del Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica e dell’Istituto Europeo per la Paraplegia.

L’opera d’arte “Flocking” di Armin Linke, presente nella mostra “ANTROPOSFERA. Nuove forme della vita.”, affiancandosi agli studi del Massachussetts Institute of Technology, mostra come i fenomeni di comportamento collettivo degli stormi possano essere paragonati a quelli umani, come, ad esempio, flussi di traffico automobilistico, fenomeni di panico collettivo e il diffondersi delle mode. Potrebbe approfondire come tale comportamento, tanto necessario per la vita animale, possa sviluppare nell’uomo una “intelligenza collettiva” talvolta limitante per l'identità personale? Il comportamento collettivo degli stormi, così preciso, regolare ripetitivo è un esempio meraviglioso, descrivibile matematicamente, della raffinatezza del comportamento animale che ha sempre un valore intrinseco per la sopravivenza. Anche nell’uomo c’è una forte tendenza a un comportamento collettivo e anche in questo caso con indubbi vantaggi soprattutto per la comunicazione e per la vita sociale. Comportamento collettivo o omologato significa desiderare le stesse cose, tendere a comportamenti simili, avere una base comune di conoscenze. Appena le conoscenze sono diverse, diviene difficile capirsi, pensate alla lingua, alle diversità di religione. Questi vantaggi del comportamento omologato, come quello degli storni, ha anche i suoi svantaggi; se seguiamo il gruppo, come gli storni, perdiamo la nostra individualità e la nostra identità diviene quella del gregge. Ciò può avere tragiche conseguenze. Pensate ad esempio al nazismo, al fascismo ad ogni regime dove il capo guida il gruppo

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Flocking

di Armin Linke, 2009.

come per gli storni, le folle inneggiano al capo e alle sue idee emotivamente, senza nessuna causa razionale. All’origine delle dittature c’è l’omologazione del pensiero La diversità di idee e di opinioni è essenziale per la dialettica di questo con lo scopo di creare un pensiero diverso. Se si pensa tutti ugualmente non è un grande pensare. Per non cadere nell’omologazione e non seguire ad occhi chiusi il capo, o bere tutti la coca-cola, o mettersi tutti l’anellino all’ombelico per non essere alla moda passivamente, occorre esercitare una critica continua, avere cioè un cervello sempre attivo che si chiede ciò che a nostro parere è giusto o meno e ne fa seguire il comportamento adeguato. Questo, in fondo, è l’esercizio del libero arbitrio, mentre l’omologazione è pigrizia cerebrale.

• FLOCKING di Armin Linke, 2009, video di 13’42’’, una collaborazione tra HfG Karlsruhe University of Art and Design e Starflag project, CNR Istituto Sistemi Complessi di Roma con il supporto di Goethe-Institut Rom. Fonte: catalogo della mostra Antroposfera, nuove forme della vita, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, La Scienza in Piazza, 11-21 marzo 2010, Fondazione Marino Golinelli, Bologna.


13 03 sabato

intervista

Lamberto Maffei Laureato in Medicina presso l’Università di Pisa, ha insegnato Neurobiologia e diretto l’Istituto di Neurofisiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa. È stato visiting professor presso numerose Università straniere, tra le quali Cambridge, Oxford e il Collège de France. Nel corso della sua attività ha ricevuto prestigiosi premi e riconoscimenti per gli studi sul sistema nervoso centrale. Ha pubblicato su numerose riviste scientifiche di risonanza internazionale come Science e Nature. Nel 2009 è stato eletto Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei e membro del Comitato di Neuroscienze del Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica e dell’Istituto Europeo per la Paraplegia.

L’opera d’arte “Flocking” di Armin Linke, presente nella mostra “ANTROPOSFERA. Nuove forme della vita.”, affiancandosi agli studi del Massachussetts Institute of Technology, mostra come i fenomeni di comportamento collettivo degli stormi possano essere paragonati a quelli umani, come, ad esempio, flussi di traffico automobilistico, fenomeni di panico collettivo e il diffondersi delle mode. Potrebbe approfondire come tale comportamento, tanto necessario per la vita animale, possa sviluppare nell’uomo una “intelligenza collettiva” talvolta limitante per l'identità personale? Il comportamento collettivo degli stormi, così preciso, regolare ripetitivo è un esempio meraviglioso, descrivibile matematicamente, della raffinatezza del comportamento animale che ha sempre un valore intrinseco per la sopravivenza. Anche nell’uomo c’è una forte tendenza a un comportamento collettivo e anche in questo caso con indubbi vantaggi soprattutto per la comunicazione e per la vita sociale. Comportamento collettivo o omologato significa desiderare le stesse cose, tendere a comportamenti simili, avere una base comune di conoscenze. Appena le conoscenze sono diverse, diviene difficile capirsi, pensate alla lingua, alle diversità di religione. Questi vantaggi del comportamento omologato, come quello degli storni, ha anche i suoi svantaggi; se seguiamo il gruppo, come gli storni, perdiamo la nostra individualità e la nostra identità diviene quella del gregge. Ciò può avere tragiche conseguenze. Pensate ad esempio al nazismo, al fascismo ad ogni regime dove il capo guida il gruppo

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Flocking

di Armin Linke, 2009.

come per gli storni, le folle inneggiano al capo e alle sue idee emotivamente, senza nessuna causa razionale. All’origine delle dittature c’è l’omologazione del pensiero La diversità di idee e di opinioni è essenziale per la dialettica di questo con lo scopo di creare un pensiero diverso. Se si pensa tutti ugualmente non è un grande pensare. Per non cadere nell’omologazione e non seguire ad occhi chiusi il capo, o bere tutti la coca-cola, o mettersi tutti l’anellino all’ombelico per non essere alla moda passivamente, occorre esercitare una critica continua, avere cioè un cervello sempre attivo che si chiede ciò che a nostro parere è giusto o meno e ne fa seguire il comportamento adeguato. Questo, in fondo, è l’esercizio del libero arbitrio, mentre l’omologazione è pigrizia cerebrale.

• FLOCKING di Armin Linke, 2009, video di 13’42’’, una collaborazione tra HfG Karlsruhe University of Art and Design e Starflag project, CNR Istituto Sistemi Complessi di Roma con il supporto di Goethe-Institut Rom. Fonte: catalogo della mostra Antroposfera, nuove forme della vita, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, La Scienza in Piazza, 11-21 marzo 2010, Fondazione Marino Golinelli, Bologna.


13 03 sabato

intervista

Durante la conferenza che si è tenuta presso “La Scienza in Piazza”, Lei ha parlato di arte come fonte per una pluralità di stimoli anche molto differenti tra loro. Lungo il corso della vita, in che misura la fruizione estetica di opere d’arte può favorire il mantenimento di una mente attiva ed elastica? Davanti un’opera artistica, supponiamo un dipinto, gli stimoli che giungono all’osservatore sono molteplici e non solo di natura visiva. Un opera artistica porta con se una sua fama e una sua storia e anche la fama e la storia dell’artista che ne è l’autore. Conoscere la biografia dell’artista aiuta notevolmente per l’interpretazione e il godimento dell’opera; è un po’ come entrare nella vita dell’artista, nelle sue ricchezze e miserie intellettuali, nelle sue malattie. È difficile capire Pollock o anche Van Gogh senza conoscere i loro affanni quotidiani. Capire l’opera d’arte è in parte ricrearla, riviverla soprattutto nelle emozioni che ne stanno alla base. Un occhio più esperto apprezzerà i colori, il loro accostamento per esempio nel caso dei colori complementari, il segno, l’armonia spaziale della composizione e il suo significato. Quindi l’opera d’arte figurativa non è solo un’esperienza visiva, ma anche emozionale che ci portiamo via uscendo dal museo e che rivive nella nostra memoria. Questa complessa esperienza certamente genera una serie di reazioni cerebrali eccitatorie con produzione di mediatori chimici e neuroormoni estremamente positivi per il funzionamento del cervello. L’opera d’arte arricchisce il cervello nel senso di una stimolazione fisiologica che risulta particolarmente efficace e inoltre si accompagna al piacere. È l’esperienza estetica!!! Lei ha anche paragonato la creatività artistica a quella dello scienziato, sostenendo che il momento della creazione non è mai razionale, definendo così il cosiddetto “pensiero notturno”. Ci potrebbe argomentare meglio questa tematica? È difficile, se non impossibile, risalire ai meccanismi fisiologici che stanno alla base della creatività dell’artista e dello scienziato; si può

38–39

solo fare qualche congettura e fantasticare sulla base di conoscenze note del funzionamento cerebrale. Distinguerei due momenti separati nella creazione sia scientifica che artistica, pensando che è principalmente il secondo a distinguere la creazione scientifica da quella artistica, cioè il momento dell’esecuzione, della messa in opera del prodotto cerebrale, della preparazione e stesura e soprattutto della comunicazione del messaggio all’altro. Il primo stadio è quello dell’intuizione che può affacciarsi alla mente nei momenti più impensati, quando il cervello è libero dalle routine quotidiane di lavoro. È quello che chiamo il pensiero notturno nel senso che può affacciarsi prima del sonno, nel rilassamento muscolare e mentale. Questi fantasmi di pensiero sono sempre vaghi e mal definiti. Direi che il “pensiero notturno” è simile nello scienziato e nell’artista, il cervello libero che crea. Molti scienziati raccontano che le loro principali intuizioni sono venute in forma visiva o come nel caso di Einstein di sensazioni muscolari probabilmente propriocettive. Poi si distingue un secondo momento che si potrebbe chiamare il pensiero di giorno, in cui l’intuizione deve diventare opera artistica o scientifica e qui lo scienziato e l’artista in parte si differenziano. Lo scienziato dovrà andare in laboratorio, pianificare un esperimento, verificare se l’idea sia giusta o meno, verificare i risultati e vedere se hanno validità scientifica cioè generale. L’artista dovrà andare nel suo studio e applicare le sue abilità ad esempio pittoriche, che riguardano le sue conoscenze, la sua abilità manuale la sua tecnica dei colori e dar vita alle figure che ha nella sua fantasia visiva. In un certo senso anche lui fa l’esperimento di verificare se l’idea è comunicabile come messaggio artistico.Il secondo momento della creazione è dunque per entrambi, scienziato e artista quello della comunicabilità, cioè il lavoro di rendere la sua intuizione comprensibile agli altri


13 03 sabato

intervista

Durante la conferenza che si è tenuta presso “La Scienza in Piazza”, Lei ha parlato di arte come fonte per una pluralità di stimoli anche molto differenti tra loro. Lungo il corso della vita, in che misura la fruizione estetica di opere d’arte può favorire il mantenimento di una mente attiva ed elastica? Davanti un’opera artistica, supponiamo un dipinto, gli stimoli che giungono all’osservatore sono molteplici e non solo di natura visiva. Un opera artistica porta con se una sua fama e una sua storia e anche la fama e la storia dell’artista che ne è l’autore. Conoscere la biografia dell’artista aiuta notevolmente per l’interpretazione e il godimento dell’opera; è un po’ come entrare nella vita dell’artista, nelle sue ricchezze e miserie intellettuali, nelle sue malattie. È difficile capire Pollock o anche Van Gogh senza conoscere i loro affanni quotidiani. Capire l’opera d’arte è in parte ricrearla, riviverla soprattutto nelle emozioni che ne stanno alla base. Un occhio più esperto apprezzerà i colori, il loro accostamento per esempio nel caso dei colori complementari, il segno, l’armonia spaziale della composizione e il suo significato. Quindi l’opera d’arte figurativa non è solo un’esperienza visiva, ma anche emozionale che ci portiamo via uscendo dal museo e che rivive nella nostra memoria. Questa complessa esperienza certamente genera una serie di reazioni cerebrali eccitatorie con produzione di mediatori chimici e neuroormoni estremamente positivi per il funzionamento del cervello. L’opera d’arte arricchisce il cervello nel senso di una stimolazione fisiologica che risulta particolarmente efficace e inoltre si accompagna al piacere. È l’esperienza estetica!!! Lei ha anche paragonato la creatività artistica a quella dello scienziato, sostenendo che il momento della creazione non è mai razionale, definendo così il cosiddetto “pensiero notturno”. Ci potrebbe argomentare meglio questa tematica? È difficile, se non impossibile, risalire ai meccanismi fisiologici che stanno alla base della creatività dell’artista e dello scienziato; si può

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solo fare qualche congettura e fantasticare sulla base di conoscenze note del funzionamento cerebrale. Distinguerei due momenti separati nella creazione sia scientifica che artistica, pensando che è principalmente il secondo a distinguere la creazione scientifica da quella artistica, cioè il momento dell’esecuzione, della messa in opera del prodotto cerebrale, della preparazione e stesura e soprattutto della comunicazione del messaggio all’altro. Il primo stadio è quello dell’intuizione che può affacciarsi alla mente nei momenti più impensati, quando il cervello è libero dalle routine quotidiane di lavoro. È quello che chiamo il pensiero notturno nel senso che può affacciarsi prima del sonno, nel rilassamento muscolare e mentale. Questi fantasmi di pensiero sono sempre vaghi e mal definiti. Direi che il “pensiero notturno” è simile nello scienziato e nell’artista, il cervello libero che crea. Molti scienziati raccontano che le loro principali intuizioni sono venute in forma visiva o come nel caso di Einstein di sensazioni muscolari probabilmente propriocettive. Poi si distingue un secondo momento che si potrebbe chiamare il pensiero di giorno, in cui l’intuizione deve diventare opera artistica o scientifica e qui lo scienziato e l’artista in parte si differenziano. Lo scienziato dovrà andare in laboratorio, pianificare un esperimento, verificare se l’idea sia giusta o meno, verificare i risultati e vedere se hanno validità scientifica cioè generale. L’artista dovrà andare nel suo studio e applicare le sue abilità ad esempio pittoriche, che riguardano le sue conoscenze, la sua abilità manuale la sua tecnica dei colori e dar vita alle figure che ha nella sua fantasia visiva. In un certo senso anche lui fa l’esperimento di verificare se l’idea è comunicabile come messaggio artistico.Il secondo momento della creazione è dunque per entrambi, scienziato e artista quello della comunicabilità, cioè il lavoro di rendere la sua intuizione comprensibile agli altri


arte scienza


arte scienza


15 03 lunedì

laboratori arte scienza

relazioni platoniche Specchi, origami, caleidoscopi. “Visibile armonie” direbbe Michele Emmer. Esistono solo cinque poliedri regolari: dalla dualità alle simmetrie, da Kepler a Escher alla biologia, ecco in scena i “solidi platonici”, oggetto di interesse per scienziati e artisti di sempre. Qualcosa rimane sospeso, qualcosa incompreso, ma la matematica mostra la sua più profonda essenza: bellezza, mistero, eleganza.

dna In questa giornata “biotecnologica” gli artisti si sono calati nei panni degli scienziati maneggiando eppendorf e pipette. Tra incertezze, curiosità e divertimento è stato identificato il DNA del “colpevole di un delitto” a partire dall’analisi di una serie di campioni incogniti grazie alla “corsa elettroforetica su gel d’agarosio”, un test di laboratorio utilizzato di routine della Polizia scientifica. Un minuscolo assaggio dell’immensa importanza delle biotecnologie.

42–43


15 03 lunedì

laboratori arte scienza

relazioni platoniche Specchi, origami, caleidoscopi. “Visibile armonie” direbbe Michele Emmer. Esistono solo cinque poliedri regolari: dalla dualità alle simmetrie, da Kepler a Escher alla biologia, ecco in scena i “solidi platonici”, oggetto di interesse per scienziati e artisti di sempre. Qualcosa rimane sospeso, qualcosa incompreso, ma la matematica mostra la sua più profonda essenza: bellezza, mistero, eleganza.

dna In questa giornata “biotecnologica” gli artisti si sono calati nei panni degli scienziati maneggiando eppendorf e pipette. Tra incertezze, curiosità e divertimento è stato identificato il DNA del “colpevole di un delitto” a partire dall’analisi di una serie di campioni incogniti grazie alla “corsa elettroforetica su gel d’agarosio”, un test di laboratorio utilizzato di routine della Polizia scientifica. Un minuscolo assaggio dell’immensa importanza delle biotecnologie.

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15 03 lunedì

laboratori arte scienza

44–45

se il corpo mente

ciao robot

In questo percorso sono state presentate le attività dei laboratori di ricerca in cui si studia, si osserva e si visualizza il funzionamento del cervello e della mente umana. L’obiettivo era capire come nel cervello si rappresentano e si osservano le forme, i movimenti, le emozioni, come si attivano le connessioni e le aree che inducono illusioni sensoriali e emozioni. In particolare nell’esperienza “Se corpo mente” era riprodotto un laboratorio di ricerca di neuroscienze cognitive sulla percezione del corpo e del movimento e ai partecipanti era richiesto di diventare parte attiva degli esperimenti. Nella mostra accendi il cervello, diversi exhibit e applicativi invitavano a rispondere ad una serie di quesiti curiosi, scoprendo così, intuitivamente e attraverso il gioco, le leggi del comportamento umano che regolano la trasmissione di messaggi verso e dal cervello.

Lo spazio espositivo e sperimentale sulla robotica aveva l’obiettivo di indagare lo stato attuale della ricerca in tale settore, riflettere sul rapporto tra etica e robotica, vedere i robot in azione, imparare alcuni principi di programmazione robotica. Sono così stati introdotti alcuni concetti scientifici interdisciplinari quali lo studio degli ultrasuoni, l’ottica, la logica, l’informatica, la matematica, e le corrispettive implicazioni/applicazioni in ambito artistico e architettonico.

• Foto di Michele Famiglietti. Fonte: per gentile concessione della Fondazione Marino Golinelli


15 03 lunedì

laboratori arte scienza

44–45

se il corpo mente

ciao robot

In questo percorso sono state presentate le attività dei laboratori di ricerca in cui si studia, si osserva e si visualizza il funzionamento del cervello e della mente umana. L’obiettivo era capire come nel cervello si rappresentano e si osservano le forme, i movimenti, le emozioni, come si attivano le connessioni e le aree che inducono illusioni sensoriali e emozioni. In particolare nell’esperienza “Se corpo mente” era riprodotto un laboratorio di ricerca di neuroscienze cognitive sulla percezione del corpo e del movimento e ai partecipanti era richiesto di diventare parte attiva degli esperimenti. Nella mostra accendi il cervello, diversi exhibit e applicativi invitavano a rispondere ad una serie di quesiti curiosi, scoprendo così, intuitivamente e attraverso il gioco, le leggi del comportamento umano che regolano la trasmissione di messaggi verso e dal cervello.

Lo spazio espositivo e sperimentale sulla robotica aveva l’obiettivo di indagare lo stato attuale della ricerca in tale settore, riflettere sul rapporto tra etica e robotica, vedere i robot in azione, imparare alcuni principi di programmazione robotica. Sono così stati introdotti alcuni concetti scientifici interdisciplinari quali lo studio degli ultrasuoni, l’ottica, la logica, l’informatica, la matematica, e le corrispettive implicazioni/applicazioni in ambito artistico e architettonico.

• Foto di Michele Famiglietti. Fonte: per gentile concessione della Fondazione Marino Golinelli


16 03 martedì

MAMbo

Visita al MAMbo Grazie ad un percorso animato in cui anche il corpo è diventato una chiave interpretativa delle opere esposte, si è compreso come gli artisti contemporanei affrontino lo spazio, il corpo e la figura passando da un'idea di rappresentazione al concetto di presentazione.

46–47


16 03 martedì

MAMbo

Visita al MAMbo Grazie ad un percorso animato in cui anche il corpo è diventato una chiave interpretativa delle opere esposte, si è compreso come gli artisti contemporanei affrontino lo spazio, il corpo e la figura passando da un'idea di rappresentazione al concetto di presentazione.

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17 03 mercoledì

laboratorio

Loris Cecchini Loris Cecchini è nato a Milano nel 1969; attualmente vive e lavora tra Prato e Bejiing (Cina). Nel suo lavoro, fotografia, disegno, scultura e installazione si fondono in una poetica unitaria, in cui la trasfigurazione ne diventa l’elemento cardine. Collage multipli, dettagliati modelli architettonici, roulotte inventate, case sugli alberi e spazi strutturalmente distorti sono solo alcuni dei numerosi soggetti che caratterizzano il suo fare artistico. L’uso di forme familiari permette all’artista di revisionare l’idea di “modello” e di generare un nuovo progetto che, pur restando in continuità con il passato e la sua funzionalità, si fa portatore di ulteriori simbologie.

48–49

Cloudless (2006-2007) Composta da migliaia di microsfere in polietilene sostenute da una struttura interna di scale di alluminio, Cloudless rappresenta una tappa fondamentale del percorso dell’artista Loris Cecchini sulla definizione dello spazio, spesso in bilico tra arte e architettura. Con riferimenti formali e plastici che ricordano l’operato di architetti come Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio, Cecchini ha creato una massa voluminosa e apparentemente astratta, un corpo senza peso tra l’epico e il fiabesco. L’opera, dopo essere stata ospitata in differenti sedi, ha trovato la sua collocazione finale negli spazi del MAMbo, in un allestimento che ne esalta appieno le potenzialità : “Cloudless” si presenta infatti al vi-

sitatore come una nuvola sospesa sulla scalinata d’accesso alla biblioteca, ma anche come un gigantesco insieme di molecole o una rappresentazione in scala dell’universo. Molteplici e aperte sono quindi le possibili interpretazioni di questa forma, modello ideale di universi micro e macro, ai confini tra il naturale e l’artificiale, tra l’organico e l’inorganico, tra la pura percezione del mondo e la sua conoscenza.

• CLOUDLESS di Loris Cecchini, 2006-2007, installazione di palline in PTFE e scale di alluminio, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Collezione Unicredit Grou. Foto di Matteo Monti. Fonte: per gentile concessione del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna


17 03 mercoledì

laboratorio

Loris Cecchini Loris Cecchini è nato a Milano nel 1969; attualmente vive e lavora tra Prato e Bejiing (Cina). Nel suo lavoro, fotografia, disegno, scultura e installazione si fondono in una poetica unitaria, in cui la trasfigurazione ne diventa l’elemento cardine. Collage multipli, dettagliati modelli architettonici, roulotte inventate, case sugli alberi e spazi strutturalmente distorti sono solo alcuni dei numerosi soggetti che caratterizzano il suo fare artistico. L’uso di forme familiari permette all’artista di revisionare l’idea di “modello” e di generare un nuovo progetto che, pur restando in continuità con il passato e la sua funzionalità, si fa portatore di ulteriori simbologie.

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Cloudless (2006-2007) Composta da migliaia di microsfere in polietilene sostenute da una struttura interna di scale di alluminio, Cloudless rappresenta una tappa fondamentale del percorso dell’artista Loris Cecchini sulla definizione dello spazio, spesso in bilico tra arte e architettura. Con riferimenti formali e plastici che ricordano l’operato di architetti come Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio, Cecchini ha creato una massa voluminosa e apparentemente astratta, un corpo senza peso tra l’epico e il fiabesco. L’opera, dopo essere stata ospitata in differenti sedi, ha trovato la sua collocazione finale negli spazi del MAMbo, in un allestimento che ne esalta appieno le potenzialità : “Cloudless” si presenta infatti al vi-

sitatore come una nuvola sospesa sulla scalinata d’accesso alla biblioteca, ma anche come un gigantesco insieme di molecole o una rappresentazione in scala dell’universo. Molteplici e aperte sono quindi le possibili interpretazioni di questa forma, modello ideale di universi micro e macro, ai confini tra il naturale e l’artificiale, tra l’organico e l’inorganico, tra la pura percezione del mondo e la sua conoscenza.

• CLOUDLESS di Loris Cecchini, 2006-2007, installazione di palline in PTFE e scale di alluminio, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Collezione Unicredit Grou. Foto di Matteo Monti. Fonte: per gentile concessione del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna


17 03 mercoledì

laboratorio

Artista o scienziato? Durante il primo giorno di workshop con Loris Cecchini abbiamo visionato il suo lavoro artistico attraverso delle proiezioni. Loris ci ha spiegato i materiali che utilizza e ci ha mostrato immagini di forme naturali a cui si è ispirato. È stato molto interessante scoprire il suo metodo di lavoro, il modo di procedere, la ricerca sulle forme, lo studio dei materiali e il reperimento degli stessi.

suggestioni

50–51

Ovviamente artista sebbene di mentalità molto razionale. La tradizione del pensiero storico ci induce a pensare all’arte e alla scienza come due sfere separate. Da una parte la scienza intesa come regno del razionale e dell’indagine sistematica, dall’altra l’arte come campo di creatività e inventiva. In questo artista, le due sfere si fondono insieme in un idillio di creatività scientifica ed emozione artistica. Particolare e mirato è, infatti, l’utilizzo dei materiali che egli fa. Sin dagli esordi, la materia plastica o tecnica è fulcro della sua

opera. Loris Cecchini si fa promotore dell’utilizzo conscio dei materiali per esprimere la sua poetica, stessa indagine che uno “scientifico” è di norma abituato a realizzare, anche se con finalità differenti. La sua ricerca è mirata ad uno scoprire e manipolare la materia, non solo per intraprendere percorsi legati alla identificazione intrinseca delle proprietà del materiale usato, come in ambito scientifico, ma anche per uscire fuori dalla materia stessa e proporre un’opera in cui l’osservatore ne risulta totalmente coinvolto.


17 03 mercoledì

laboratorio

Artista o scienziato? Durante il primo giorno di workshop con Loris Cecchini abbiamo visionato il suo lavoro artistico attraverso delle proiezioni. Loris ci ha spiegato i materiali che utilizza e ci ha mostrato immagini di forme naturali a cui si è ispirato. È stato molto interessante scoprire il suo metodo di lavoro, il modo di procedere, la ricerca sulle forme, lo studio dei materiali e il reperimento degli stessi.

suggestioni

50–51

Ovviamente artista sebbene di mentalità molto razionale. La tradizione del pensiero storico ci induce a pensare all’arte e alla scienza come due sfere separate. Da una parte la scienza intesa come regno del razionale e dell’indagine sistematica, dall’altra l’arte come campo di creatività e inventiva. In questo artista, le due sfere si fondono insieme in un idillio di creatività scientifica ed emozione artistica. Particolare e mirato è, infatti, l’utilizzo dei materiali che egli fa. Sin dagli esordi, la materia plastica o tecnica è fulcro della sua

opera. Loris Cecchini si fa promotore dell’utilizzo conscio dei materiali per esprimere la sua poetica, stessa indagine che uno “scientifico” è di norma abituato a realizzare, anche se con finalità differenti. La sua ricerca è mirata ad uno scoprire e manipolare la materia, non solo per intraprendere percorsi legati alla identificazione intrinseca delle proprietà del materiale usato, come in ambito scientifico, ma anche per uscire fuori dalla materia stessa e proporre un’opera in cui l’osservatore ne risulta totalmente coinvolto.


18 03 giovedì

laboratorio

Poliedri e Dendriti La premessa che sta alla base di questo laboratorio proposto da Loris Cecchini è l’idea che la dimensione organica permetta alla scultura di riferirsi all’immagine di proliferazione e quindi di abbandonare la stasi assoluta del corpo plastico per assumere una forma variabile. Il modulo, pertanto, non è un’unità iconica ma mezzo per creare una concatenazione germinale che possa assumere svariate e impreviste configurazioni multiple, pronte a destare la meraviglia dello spettatore. Nella prima fase del laboratorio sono stati realizzati una serie di ottaedri, che successivamente sono diventati il modulo per la creazione di una scultura tridimensionale, composta proprio dall’assemblaggio dei diversi solidi. Su ogni faccia del poliedro l’artista ha

invitato i partecipanti a scrivere emozioni, riflessioni, pensieri, stati d’animo sul rapporto arte-scienza e su quanto imparato durante l’esperienza del workshop. Nell’ultima fase di assemblaggio gli ottoedri sono stati uniti in una costruzione più complessa. Si è così passati dalla forma neutra del modulo alla sua personalizzazione per arrivare ad una installazione collettiva.

52–53

Dopo aver stampato su carta circa 500 ottaedri, li abbiamo lavorati ottenendo delle forme tridimensionali.


18 03 giovedì

laboratorio

Poliedri e Dendriti La premessa che sta alla base di questo laboratorio proposto da Loris Cecchini è l’idea che la dimensione organica permetta alla scultura di riferirsi all’immagine di proliferazione e quindi di abbandonare la stasi assoluta del corpo plastico per assumere una forma variabile. Il modulo, pertanto, non è un’unità iconica ma mezzo per creare una concatenazione germinale che possa assumere svariate e impreviste configurazioni multiple, pronte a destare la meraviglia dello spettatore. Nella prima fase del laboratorio sono stati realizzati una serie di ottaedri, che successivamente sono diventati il modulo per la creazione di una scultura tridimensionale, composta proprio dall’assemblaggio dei diversi solidi. Su ogni faccia del poliedro l’artista ha

invitato i partecipanti a scrivere emozioni, riflessioni, pensieri, stati d’animo sul rapporto arte-scienza e su quanto imparato durante l’esperienza del workshop. Nell’ultima fase di assemblaggio gli ottoedri sono stati uniti in una costruzione più complessa. Si è così passati dalla forma neutra del modulo alla sua personalizzazione per arrivare ad una installazione collettiva.

52–53

Dopo aver stampato su carta circa 500 ottaedri, li abbiamo lavorati ottenendo delle forme tridimensionali.


18 03 giovedĂŹ

laboratorio

Installazione collettiva: una forma unica costruita da tutti i moduli creati

54–55


18 03 giovedĂŹ

laboratorio

Installazione collettiva: una forma unica costruita da tutti i moduli creati

54–55


18 03 giovedì

laboratorio

DENDRITI Abbiamo poi lavorato sulla forma dei dendriti (ramificazioni che si ritrovano nel cervello e che trasportano il segnale nervoso, ma anche che costituiscono molte forme naturali), mettendo dell’acrilico fluorescente tra 2 fogli di acetato e poi separandoli l’uno dall’altro. Creata una composizione sulla parete e spenta la luce, il risultato è stato sorprendente: un mondo di forme organiche fluorescenti inaspettate, che nulla avevano a che vedere con le forme iniziali.

La parola Dendrite deriva dal termine greco”albero”, riflettendo il fatto che tali neuriti (sporgenze del neurone) assomigliano ai rami di un albero che si estendono dal soma, ovvero la parte centrale del neurone. I dendriti di un singolo neurone sono chiamati collettivamente albero dendritico; e ciascun ramo dell'albero è chiamato ramo dendritico. Per capire come funzionano i dendriti è necessario innanzitutto capire come fun-

56–57

ziona la comunicazione tra i neuroni. Questa avviene tramite il rilascio da parte del primo neurone di un messaggero chimico (neurotrasmettitore) che si lega ai recettori specifici presenti sulla membrana del secondo neurone. Generalmente gli assoni dei neuroni presinaptici si legano (prendono sinapsi) all'albero dendritico del neurone postsinaptico. Pertanto, la funzione di questa parte del-

la cellula è quella di ricevere informazioni a livello postsinaptico, in particolare, avviene nelle regioni specializzate chiamate spine dendritiche. A tal fine, questa parte del neurone è ricoperta da migliaia di sinapsi. La membrana dendritica al di sotto della sinapsi possiede molte molecole di proteine specializzate chiamate recettori che percepiscono il neurotrasmettitore nello spazio intersinaptico.


18 03 giovedì

laboratorio

DENDRITI Abbiamo poi lavorato sulla forma dei dendriti (ramificazioni che si ritrovano nel cervello e che trasportano il segnale nervoso, ma anche che costituiscono molte forme naturali), mettendo dell’acrilico fluorescente tra 2 fogli di acetato e poi separandoli l’uno dall’altro. Creata una composizione sulla parete e spenta la luce, il risultato è stato sorprendente: un mondo di forme organiche fluorescenti inaspettate, che nulla avevano a che vedere con le forme iniziali.

La parola Dendrite deriva dal termine greco”albero”, riflettendo il fatto che tali neuriti (sporgenze del neurone) assomigliano ai rami di un albero che si estendono dal soma, ovvero la parte centrale del neurone. I dendriti di un singolo neurone sono chiamati collettivamente albero dendritico; e ciascun ramo dell'albero è chiamato ramo dendritico. Per capire come funzionano i dendriti è necessario innanzitutto capire come fun-

56–57

ziona la comunicazione tra i neuroni. Questa avviene tramite il rilascio da parte del primo neurone di un messaggero chimico (neurotrasmettitore) che si lega ai recettori specifici presenti sulla membrana del secondo neurone. Generalmente gli assoni dei neuroni presinaptici si legano (prendono sinapsi) all'albero dendritico del neurone postsinaptico. Pertanto, la funzione di questa parte del-

la cellula è quella di ricevere informazioni a livello postsinaptico, in particolare, avviene nelle regioni specializzate chiamate spine dendritiche. A tal fine, questa parte del neurone è ricoperta da migliaia di sinapsi. La membrana dendritica al di sotto della sinapsi possiede molte molecole di proteine specializzate chiamate recettori che percepiscono il neurotrasmettitore nello spazio intersinaptico.


19 03 venerdì

redazione

58–59


19 03 venerdì

redazione

58–59


20 03 sabato

laboratorio

Alessandra Tesi Alessandra Tesi nasce a Bologna nel 1969, la sua formazione avviene presso l’Accademia di Belle Arti. Dopo gli studi si trasferisce a Parigi perché viene selezionata per frequentare i seminari dell’Institut des Hautes en Art Plastiques. In questi stessi anni partecipa a collettive a Lisbona e Bologna. Nel 1996 tiene la sua prima personale alla Galleria di Paolo Vitolo a Milano e nello stesso anno viene invitata alla rassegna internazionale “Project ‘96” di Francoforte. Nel 2001 partecipa alla Biennale di Venezia presentando uno schermo fatto di microsfere da lei ideato e brevettato per riprodurre dei quadri luminosi tridimensionali, immagini trasparenti e concrete. Successivamente lavorerà al fianco della Brigata Criminale di Parigi accompagnando le inquietanti inchieste della polizia francese. Il suo lavoro vive momenti di grande fermento, insieme alle mostre collettive vince borse di studio e crea videoinstallazioni di ampio respiro, per prestigiose istituzioni museali e private di tutto il mondo. Attualmente è impegnata in un progetto pubblico insieme a Daniel Buren, Bertrand Laviere Lewis Baltz al rinnovo della piazza Arnolfo di Cambio di Colle Val D’Elsa (Siena). Alessandra Tesi vive e lavora a Parigi.

60–61

Hospital #1 (2009) Alessandra Tesi guarda attraverso il suo obiettivo la realtà. Le lenti potrebbero essere le stesse di un microscopio, lo sguardo lucido indaga, osserva. É capace di introdursi all’interno di spazi e di coglierne tonalità, colori e atmosfere. Hospital#1 è una composizione di 40 fotografie, tutte scattate all’interno di un ospedale. Dallo sfondo nero emergono come macchie gli ambienti asettici del luogo.

• HOSPITAL #1 di Alessandra Tesi, 2009, installazione all’Espai d’art contemporani de Castellò (EACC), Spagna, 40 fotografie cm 600 x 1440, ognuna cm 120 x 180. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi • Scena sospesa. Particolari dell’opera HOSPITAL #1 di Alessandra Tesi, 2009. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

Le luci al neon e all’assenza di decorazione rendono ancora più difficile la capacità di coglierne tracce umane, come se ogni passaggio dell’uomo fosse stato eliminato. Questi luoghi di sospensione e privi di qualsiasi connessione o rimando con il mondo quotidiano suscitano un brivido di vuoto in chi li osserva.


20 03 sabato

laboratorio

Alessandra Tesi Alessandra Tesi nasce a Bologna nel 1969, la sua formazione avviene presso l’Accademia di Belle Arti. Dopo gli studi si trasferisce a Parigi perché viene selezionata per frequentare i seminari dell’Institut des Hautes en Art Plastiques. In questi stessi anni partecipa a collettive a Lisbona e Bologna. Nel 1996 tiene la sua prima personale alla Galleria di Paolo Vitolo a Milano e nello stesso anno viene invitata alla rassegna internazionale “Project ‘96” di Francoforte. Nel 2001 partecipa alla Biennale di Venezia presentando uno schermo fatto di microsfere da lei ideato e brevettato per riprodurre dei quadri luminosi tridimensionali, immagini trasparenti e concrete. Successivamente lavorerà al fianco della Brigata Criminale di Parigi accompagnando le inquietanti inchieste della polizia francese. Il suo lavoro vive momenti di grande fermento, insieme alle mostre collettive vince borse di studio e crea videoinstallazioni di ampio respiro, per prestigiose istituzioni museali e private di tutto il mondo. Attualmente è impegnata in un progetto pubblico insieme a Daniel Buren, Bertrand Laviere Lewis Baltz al rinnovo della piazza Arnolfo di Cambio di Colle Val D’Elsa (Siena). Alessandra Tesi vive e lavora a Parigi.

60–61

Hospital #1 (2009) Alessandra Tesi guarda attraverso il suo obiettivo la realtà. Le lenti potrebbero essere le stesse di un microscopio, lo sguardo lucido indaga, osserva. É capace di introdursi all’interno di spazi e di coglierne tonalità, colori e atmosfere. Hospital#1 è una composizione di 40 fotografie, tutte scattate all’interno di un ospedale. Dallo sfondo nero emergono come macchie gli ambienti asettici del luogo.

• HOSPITAL #1 di Alessandra Tesi, 2009, installazione all’Espai d’art contemporani de Castellò (EACC), Spagna, 40 fotografie cm 600 x 1440, ognuna cm 120 x 180. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi • Scena sospesa. Particolari dell’opera HOSPITAL #1 di Alessandra Tesi, 2009. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

Le luci al neon e all’assenza di decorazione rendono ancora più difficile la capacità di coglierne tracce umane, come se ogni passaggio dell’uomo fosse stato eliminato. Questi luoghi di sospensione e privi di qualsiasi connessione o rimando con il mondo quotidiano suscitano un brivido di vuoto in chi li osserva.


20 03 sabato

laboratorio

Essere dentro un luogo carico di storie che non si vedono. Un pretesto per Comunicazione di Alessandra Tesi inviata agli studenti prima del workshop

anatomia di uno spazio

un’anatomia dello spazio.

Il punto di partenza sono le parole del poeta: È come se l’immagine di questa casa fosse caduta dentro di me da altezze infinite e si fosse frantumata nel mio intimo.

in uno spazio per vederlo,

(Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids Bridge.)

La mia domanda: "C’è un luogo che in qualche modo vi trattiene, che rimane dentro di voi, e che vorreste completare, trasformare, cancellare o velare, ritrovare, o allora fare esplodere?". Invito a portare immagini già fatte, per "entrare" di nuovo in quegli spazi. Oppure registrare o verificare uno spazio durante il tempo del workshop. Entrambe le soluzioni coinvolgono i mezzi messi a disposizione sul posto.

Cosa si decide di guardare, cosa si decide di tagliare costruirlo, o perderlo.

L'incontro Il sabato mattina le città hanno un altro ritmo. Noi tra l’emozione dell’attesa e il clima addormentato sostavamo un po’ incantati sui primi colli di Bologna, in quello che era un complesso monastico ed ora è divenuto un ospedale, l’istituto Ortopedico Rizzoli. Eravamo tutti un po’ curiosi, come sarà Alessandra Tesi? Finalmente arriva una macchina da cui vengono scaricati dei grandi rotoli di carta. Subito dietro un tassì, ed ecco una piccola donna dai capelli lunghi e biondi con un trolley. È lei. Ci saluta e la seguiamo lungo un corridoio che si affaccia su un bellissimo chiostro, ci porta in una sala con un pavimento di legno, si leva i capelli dal viso, si siede, e inizia a presentarsi. Ecco che il suo trolley e la sua piccola figura si trasformano in uno spettacolo di una forza straordinaria. Lei, con le sue foto, ci introduce lentamente in un nuovo viaggio, in una nuova percezione della realtà. • Fotografie scattate da Alessandra Tesi nella sala radiografie dell’ospedale ortopedico Rizzoli di Bologna. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

62–63


20 03 sabato

laboratorio

Essere dentro un luogo carico di storie che non si vedono. Un pretesto per Comunicazione di Alessandra Tesi inviata agli studenti prima del workshop

anatomia di uno spazio

un’anatomia dello spazio.

Il punto di partenza sono le parole del poeta: È come se l’immagine di questa casa fosse caduta dentro di me da altezze infinite e si fosse frantumata nel mio intimo.

in uno spazio per vederlo,

(Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids Bridge.)

La mia domanda: "C’è un luogo che in qualche modo vi trattiene, che rimane dentro di voi, e che vorreste completare, trasformare, cancellare o velare, ritrovare, o allora fare esplodere?". Invito a portare immagini già fatte, per "entrare" di nuovo in quegli spazi. Oppure registrare o verificare uno spazio durante il tempo del workshop. Entrambe le soluzioni coinvolgono i mezzi messi a disposizione sul posto.

Cosa si decide di guardare, cosa si decide di tagliare costruirlo, o perderlo.

L'incontro Il sabato mattina le città hanno un altro ritmo. Noi tra l’emozione dell’attesa e il clima addormentato sostavamo un po’ incantati sui primi colli di Bologna, in quello che era un complesso monastico ed ora è divenuto un ospedale, l’istituto Ortopedico Rizzoli. Eravamo tutti un po’ curiosi, come sarà Alessandra Tesi? Finalmente arriva una macchina da cui vengono scaricati dei grandi rotoli di carta. Subito dietro un tassì, ed ecco una piccola donna dai capelli lunghi e biondi con un trolley. È lei. Ci saluta e la seguiamo lungo un corridoio che si affaccia su un bellissimo chiostro, ci porta in una sala con un pavimento di legno, si leva i capelli dal viso, si siede, e inizia a presentarsi. Ecco che il suo trolley e la sua piccola figura si trasformano in uno spettacolo di una forza straordinaria. Lei, con le sue foto, ci introduce lentamente in un nuovo viaggio, in una nuova percezione della realtà. • Fotografie scattate da Alessandra Tesi nella sala radiografie dell’ospedale ortopedico Rizzoli di Bologna. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

62–63


suggestioni

sabato

20 03

laboratorio

LUOGO ROTTO

Scena di interno. La mia casa strappata, le pareti con le fessure aperte. L’appartamento distrutto, in La conversazione di Coppola.

• Frame dal film LA CONVERSAZIONE (THE CONVERSATION) di Francis Ford Coppola, 1974.

Scena del crimine. La casa bruciata. La parete esplosa. ... e dietro, i buchi. Le medicine, il water, tutto ricoperto di polvere, come velluto. I fili elettrici sciolti. I libri bruciati. Un unico paesaggio rotto.

• Fotografie scattate da Alessandra Tesi su diverse scene del crimine. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

il luogo Anatomia di uno spazio è il laboratorio proposto da Alessandra Tesi. L’appuntamento era davanti all’Ospedale Rizzoli di Bologna, non sapevamo niente del perchè ci trovassimo lì. Siamo stati accompagnati in una stanza vuota, che poi abbiamo scoperto importante per i segni e le tracce che mostrava. L’attività si è svolta in quella stanza. Alessandra Tesi ci ha presentato le immagini dei luoghi che ha attraversato fisicamente e mentalmente per trasformarli in progetti e opere. Seguendo il suo racconto siamo entrati in tanti tipi di spazi: rotti, indagati, sonori e assenti.

64–65


suggestioni

sabato

20 03

laboratorio

LUOGO ROTTO

Scena di interno. La mia casa strappata, le pareti con le fessure aperte. L’appartamento distrutto, in La conversazione di Coppola.

• Frame dal film LA CONVERSAZIONE (THE CONVERSATION) di Francis Ford Coppola, 1974.

Scena del crimine. La casa bruciata. La parete esplosa. ... e dietro, i buchi. Le medicine, il water, tutto ricoperto di polvere, come velluto. I fili elettrici sciolti. I libri bruciati. Un unico paesaggio rotto.

• Fotografie scattate da Alessandra Tesi su diverse scene del crimine. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

il luogo Anatomia di uno spazio è il laboratorio proposto da Alessandra Tesi. L’appuntamento era davanti all’Ospedale Rizzoli di Bologna, non sapevamo niente del perchè ci trovassimo lì. Siamo stati accompagnati in una stanza vuota, che poi abbiamo scoperto importante per i segni e le tracce che mostrava. L’attività si è svolta in quella stanza. Alessandra Tesi ci ha presentato le immagini dei luoghi che ha attraversato fisicamente e mentalmente per trasformarli in progetti e opere. Seguendo il suo racconto siamo entrati in tanti tipi di spazi: rotti, indagati, sonori e assenti.

64–65


20 03 sabato

laboratorio

suggestioni

suggestioni

LUOGO INDAGATO

LUOGO ASSENTE

L’investigatore mi aveva detto: "ogni volta che si entra in un luogo, si aggiunge, e si porta via, qualcosa". Il luogo era misurato, e pian piano annerito: i tecnici ricoprivano i punti più toccati con polvere di alluminio. Loro, avevano il compito di esaurire lo spazio, e di rilevare ogni ombra. Lentamente l'ambiente si trasformava in un luogo nero.

Pensava che le notti di sonno erano vasche profonde e oscure, in cui poteva sommergersi. (...) Argomenta che il numero delle possibili esperienze dell’uomo non è infinito, e che basta una sola ripetizione a dimostrare che il tempo è un inganno... [da “Il miracolo segreto”, in Finzioni di Borges]. Scena bianca. Dal bianco al trasparente. Nel convento di clausura le finestre erano tutte sull’interno. Le aperture sull’esterno erano interamente di alabastro, cosi’ da avere solo luce, senza immagini.

• LA MAISON BLANCHE, fotografia scattata da Alessandra Tesi all’interno di un antico asilo psichiatrico di Parigi. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

Ancora una storia di materiali che diventano la struttura e il destino del luogo...

• TODOS LOS DIAS DE MI VIDA di Alessandra Tesi, frame del video e immagine dell’installazione al museo ... schermo di perline di vetro. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

Scena forata. La Maison Blanche. Un antico asilo psichiatrico non più in uso. L’infilata di aperture ritagliate nelle finte pareti permette la suddivisione dello spazio e la messa in scena di uno sguardo laterale, quasi chirurgico. Scena fissa. L’investigazione della memoria. Ogni immagine rappresentava una SCENA differente. Un pezzo di celluloide... qualche cosa che potevo sentire e toccare, qualche cosa del mondo reale. (...) Ero passato dall’altra parte dello specchio. Chris Marker, Introduzione a La Jetée.

suggestioni

LUOGO SONORO Scena mancante. Il suono sottratto. Qualcosa disturba la registrazione, qualcosa manca. “La conversazione” di Coppola.

• Frame del film LA JETÉE di Chris Marker (Francia 1962)

66–67

• Frame dal film LA CONVERSAZIONE (THE CONVERSATION) di Francis Ford Coppola, 1974.


20 03 sabato

laboratorio

suggestioni

suggestioni

LUOGO INDAGATO

LUOGO ASSENTE

L’investigatore mi aveva detto: "ogni volta che si entra in un luogo, si aggiunge, e si porta via, qualcosa". Il luogo era misurato, e pian piano annerito: i tecnici ricoprivano i punti più toccati con polvere di alluminio. Loro, avevano il compito di esaurire lo spazio, e di rilevare ogni ombra. Lentamente l'ambiente si trasformava in un luogo nero.

Pensava che le notti di sonno erano vasche profonde e oscure, in cui poteva sommergersi. (...) Argomenta che il numero delle possibili esperienze dell’uomo non è infinito, e che basta una sola ripetizione a dimostrare che il tempo è un inganno... [da “Il miracolo segreto”, in Finzioni di Borges]. Scena bianca. Dal bianco al trasparente. Nel convento di clausura le finestre erano tutte sull’interno. Le aperture sull’esterno erano interamente di alabastro, cosi’ da avere solo luce, senza immagini.

• LA MAISON BLANCHE, fotografia scattata da Alessandra Tesi all’interno di un antico asilo psichiatrico di Parigi. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

Ancora una storia di materiali che diventano la struttura e il destino del luogo...

• TODOS LOS DIAS DE MI VIDA di Alessandra Tesi, frame del video e immagine dell’installazione al museo ... schermo di perline di vetro. Fonte: per gentile concessione di Alessandra Tesi

Scena forata. La Maison Blanche. Un antico asilo psichiatrico non più in uso. L’infilata di aperture ritagliate nelle finte pareti permette la suddivisione dello spazio e la messa in scena di uno sguardo laterale, quasi chirurgico. Scena fissa. L’investigazione della memoria. Ogni immagine rappresentava una SCENA differente. Un pezzo di celluloide... qualche cosa che potevo sentire e toccare, qualche cosa del mondo reale. (...) Ero passato dall’altra parte dello specchio. Chris Marker, Introduzione a La Jetée.

suggestioni

LUOGO SONORO Scena mancante. Il suono sottratto. Qualcosa disturba la registrazione, qualcosa manca. “La conversazione” di Coppola.

• Frame del film LA JETÉE di Chris Marker (Francia 1962)

66–67

• Frame dal film LA CONVERSAZIONE (THE CONVERSATION) di Francis Ford Coppola, 1974.


21 03 domenica

laboratorio

• Frame dal film BASTARDI SENZA GLORIA (INGLORIOUS BASTERDS) di Quentin Tarantino, 2009. • Frame dal film NON È UN PAESE PER VECCHI (NO COUNTRY FOR OLD MEN) di Joel e Ethan Coen, 2007.

storie di pavimenti

Conoscere i suoi lavori ci ha permesso di osservare con metodo lo “Spazio”, portandoci ad analizzalo nei suoi dettagli per ricostruire gli eventi che lo hanno segnato. Il pavimento di legno era una “storia”, le immagini stratificate facevano intuire il tempo trascorso e su questo si è focalizzata la nostra indagine. Alcune piccole zone sono state rilevate con il frottage e la matita è diventata una lente d’ingrandimento. Incredibilmente ogni lavoro era diverso... ognuno aveva creato la propria storia.

Fare, Agire, Produrre Il giorno seguente al MAMbo abbiamo lavorato sull’immagine del nostro spazio interiore partendo dall’indagine compiuta sul pavimento. Anche chi non ha mai seguito percorsi artistici è stato in grado di realizzare un progetto individuale e specifico. In soli due giorni Alessandra Tesi è riuscita a insegnarci come analizzare uno spazio, fuori e dentro di noi, per poi comunicare l’emozione di questa ricerca tramite una espressione artistica. Un laboratorio che ha tracciato un segno profondo nella nostra esperienza.

68–69


21 03 domenica

laboratorio

• Frame dal film BASTARDI SENZA GLORIA (INGLORIOUS BASTERDS) di Quentin Tarantino, 2009. • Frame dal film NON È UN PAESE PER VECCHI (NO COUNTRY FOR OLD MEN) di Joel e Ethan Coen, 2007.

storie di pavimenti

Conoscere i suoi lavori ci ha permesso di osservare con metodo lo “Spazio”, portandoci ad analizzalo nei suoi dettagli per ricostruire gli eventi che lo hanno segnato. Il pavimento di legno era una “storia”, le immagini stratificate facevano intuire il tempo trascorso e su questo si è focalizzata la nostra indagine. Alcune piccole zone sono state rilevate con il frottage e la matita è diventata una lente d’ingrandimento. Incredibilmente ogni lavoro era diverso... ognuno aveva creato la propria storia.

Fare, Agire, Produrre Il giorno seguente al MAMbo abbiamo lavorato sull’immagine del nostro spazio interiore partendo dall’indagine compiuta sul pavimento. Anche chi non ha mai seguito percorsi artistici è stato in grado di realizzare un progetto individuale e specifico. In soli due giorni Alessandra Tesi è riuscita a insegnarci come analizzare uno spazio, fuori e dentro di noi, per poi comunicare l’emozione di questa ricerca tramite una espressione artistica. Un laboratorio che ha tracciato un segno profondo nella nostra esperienza.

68–69


21 03 domenica

laboratorio

...ci sono fotografie dei disegni molto simili, ma non doppie. Le ho lasciate tutte, secondo un'idea di ripetizione circolare che ha attraversato tutto il workshop, come il suono mancante nella Conversazione di Coppola. Alessandra Tesi

70–71


21 03 domenica

laboratorio

...ci sono fotografie dei disegni molto simili, ma non doppie. Le ho lasciate tutte, secondo un'idea di ripetizione circolare che ha attraversato tutto il workshop, come il suono mancante nella Conversazione di Coppola. Alessandra Tesi

70–71


20 03 sabato

intervista

Giulio Giorello Laureato in Filosofia e in Matematica, ha insegnato a Pavia, a Milano e a Catania e attualmente ricopre la cattedra di Filosofia della Scienza presso l’Università di Milano. I suoi studi vertono su tematiche legate al cambiamento scientifico e analisi delle relazioni tra scienza, etica e politica. È stato Presidente della SILFS (Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza). Dirige, presso l’editore milanese Raffaello Cortina, la collana Scienza e idee e collabora come editorialista con il Corriere della Sera. Di recente pubblicazione, Lo scimmione intelligente. Dio, natura e libertà (con Edoardo Boncinelli), Rizzoli, 2009.

Animal Logic - the giraffe di Richard Barnes, 2005. Secondo lei, Arte e Scienza si sopportano o si supportano? La tendenza abituale porterebbe a dire che Arte e Scienza coesistono ignorandosi l’un l’altra ma questa è una risposta secondo me superficiale, perché in passato Arte e Scienza hanno al contrario fortemente interagito. Si prenda la matematica: la “dolce prospettiva” dei grandi pittori del Rinascimento italiano ha aperto la strada poi alla geometria proiettiva. Oppure si pensi alle geometrie di Escher: sono arte o sono un modello splendido delle geometrie non euclidee? Possiamo scegliere quale risposta dare; talvolta è la scienza che feconda l’immaginazione artistica, ma talvolta sono gli artisti che arrivano un po’ prima della scienza. Per esempio, il grande gusto per la pittura di genere animale e vegetale andava di pari passo con la grande scienza biologica tipica dell’800, soprattutto in Gran Bretagna, appunto la scienza di Charles Darwin.

Qual è la relazione che intercorre tra queste due discipline? Io direi che Scienza e Arte si sono biforcate da un unico ceppo, che è il tentativo umano di rappresentare il mondo secondo i suoi interessi. Questa rappresentazione non è mai neutra, priva di effetti bensì cambia l’ambiente e quindi non è soltanto un rappresentare, ma è anche un intervenire nel mondo. L’esperimento è qualcosa che accomuna lo scienziato e l’artista; un artista fa un esperimento quando crea un’opera d’arte - non pensiamo solo a quando la espone in un museo, pensiamo a quando la mette in una piazza, quando fa vivere la facciata di una casa, quando una musica diventa un punto di riferimento per un grande pubblico -. Sono esperimenti non diversamente

72–73

dai grandi esperimenti scientifici. Dopo tutto teatro e teoria hanno la stessa radice, vuol dire “vedere”. Oggi Arte e Scienza si incontrano? E se si incontrano come e quando? Credo che oggi Arte e Scienza si incontrino nel tentativo di andare entrambe al di là della capacità abituale che ha l’esser umano di pensare il mondo. L’Arte - penso anche a certe forme di arte concettuale, di astrazione quasi pura – ha, in comune con le teorie scientifiche più avanzate, la tendenza di forzare l’immaginazione e portarla là dove talvolta la nostra intuizione viene meno.

• ANIMAL LOGIC - THE GIRAFFE di Richard Barnes, 2005, C-print, cm 137 x 168, collezione privata dell’artista, Beacon, New York. Fonte: catalogo della mostra Antroposfera, nuove forme della vita, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, La Scienza in Piazza, 11-21 marzo 2010, Fondazione Marino Golinelli, Bologna.


20 03 sabato

intervista

Giulio Giorello Laureato in Filosofia e in Matematica, ha insegnato a Pavia, a Milano e a Catania e attualmente ricopre la cattedra di Filosofia della Scienza presso l’Università di Milano. I suoi studi vertono su tematiche legate al cambiamento scientifico e analisi delle relazioni tra scienza, etica e politica. È stato Presidente della SILFS (Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza). Dirige, presso l’editore milanese Raffaello Cortina, la collana Scienza e idee e collabora come editorialista con il Corriere della Sera. Di recente pubblicazione, Lo scimmione intelligente. Dio, natura e libertà (con Edoardo Boncinelli), Rizzoli, 2009.

Animal Logic - the giraffe di Richard Barnes, 2005. Secondo lei, Arte e Scienza si sopportano o si supportano? La tendenza abituale porterebbe a dire che Arte e Scienza coesistono ignorandosi l’un l’altra ma questa è una risposta secondo me superficiale, perché in passato Arte e Scienza hanno al contrario fortemente interagito. Si prenda la matematica: la “dolce prospettiva” dei grandi pittori del Rinascimento italiano ha aperto la strada poi alla geometria proiettiva. Oppure si pensi alle geometrie di Escher: sono arte o sono un modello splendido delle geometrie non euclidee? Possiamo scegliere quale risposta dare; talvolta è la scienza che feconda l’immaginazione artistica, ma talvolta sono gli artisti che arrivano un po’ prima della scienza. Per esempio, il grande gusto per la pittura di genere animale e vegetale andava di pari passo con la grande scienza biologica tipica dell’800, soprattutto in Gran Bretagna, appunto la scienza di Charles Darwin.

Qual è la relazione che intercorre tra queste due discipline? Io direi che Scienza e Arte si sono biforcate da un unico ceppo, che è il tentativo umano di rappresentare il mondo secondo i suoi interessi. Questa rappresentazione non è mai neutra, priva di effetti bensì cambia l’ambiente e quindi non è soltanto un rappresentare, ma è anche un intervenire nel mondo. L’esperimento è qualcosa che accomuna lo scienziato e l’artista; un artista fa un esperimento quando crea un’opera d’arte - non pensiamo solo a quando la espone in un museo, pensiamo a quando la mette in una piazza, quando fa vivere la facciata di una casa, quando una musica diventa un punto di riferimento per un grande pubblico -. Sono esperimenti non diversamente

72–73

dai grandi esperimenti scientifici. Dopo tutto teatro e teoria hanno la stessa radice, vuol dire “vedere”. Oggi Arte e Scienza si incontrano? E se si incontrano come e quando? Credo che oggi Arte e Scienza si incontrino nel tentativo di andare entrambe al di là della capacità abituale che ha l’esser umano di pensare il mondo. L’Arte - penso anche a certe forme di arte concettuale, di astrazione quasi pura – ha, in comune con le teorie scientifiche più avanzate, la tendenza di forzare l’immaginazione e portarla là dove talvolta la nostra intuizione viene meno.

• ANIMAL LOGIC - THE GIRAFFE di Richard Barnes, 2005, C-print, cm 137 x 168, collezione privata dell’artista, Beacon, New York. Fonte: catalogo della mostra Antroposfera, nuove forme della vita, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, La Scienza in Piazza, 11-21 marzo 2010, Fondazione Marino Golinelli, Bologna.


22 03 lunedì

partecipanti

chi sono? cosa faccio? come convivono in me Arte e Scienza?

Fabiana Azara

Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte. Accademia di Belle Arti di Bologna.

Biennio Specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Credo che il rapporto arte e scienza sia un dialogo di sinergie continue e di reciproche contaminazioni. Se, nel mondo accademico, discipline scientifiche e umanistiche appaiono separate in modo netto, senza punti di contatto le une dalle altre, esse, nella quotidianità, sono assolutamente complementari e intersecanti: superando i pregiudizi, mi affascina pensare come artisti conducano la loro ricerca in modo metodico, rigoroso e sperimentale e come eminenti scienziati riflettano sul tema dell’arte e teorizzino i momenti irrazionali da cui ha origine la creatività umana.

dopo questa esperienza sono sempre più convinta che l’arte e la scienza dovrebbero affiancarsi, sostenersi e stabilire tra di loro una relazione continua. L’arte, grazie alla sua potenzialità comunicativa ed espressiva, può essere utile per avvicinare l’uomo alla scienza, rendendo maggiormente comprensibili argomenti di tipo complesso e spesso incompresi.

Tiziana Abretti

Nadia Antonello

Ludovica Bellotti

Laura Branchetti

Biennio di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Accademia di Belle Arti di Bologna.

Dopo il liceo mi trasferisco a Bologna, con molta passione vado a vivere sulle colline dove finalmente posso coltivare le mie più grandi passioni: salire su gli alberi e scendere in città per studiare in accademia e fare i miei lavoretti. Mi interesso di arte, di teatro di strada e di coltivare un piccolo orto. Ho grandi ideali e compio piccoli gesti.

Laureata in Matematica (triennale) ora iscritta al Corso di Laurea Magistrale in Matematica (indirizzo didatticodivulgativo). Università degli Studi di Bologna.

Il mio interesse nel rapporto tra arte e scienza nasce da una indagine sulle forme naturali, sui materiali e sulle loro strutture fisiche e biologiche. Il valore estetico dello sviluppo di queste forme mi porta a pensare che arte e scienza non siano in contrapposizione ma possano sviluppare un dialogo interessante e fruttuoso. Dal mio punto di vista l’arte può stimolare una riflessione culturale su temi di tipo scientifico, e soprattutto può utilizzare mezzi e riflessioni che nascono nell’ambito della scienza.

74–75

Carlotta Astori

Ho sempre pensato che gli artisti fossero quelli che si emozionano davanti alle cose e gli scienziati quelli che le analizzano. Lavoro con gli oggetti, con le persone e la natura, ma non riesco a dividere l’aspetto terreno da quello fatto di idea e di spirito. Analizzo e mi emoziono e i due ambiti vanno mescolandosi, annullando quel confine. Forse non c’era.

Arte e scienza convivono in me come un viaggio in cui sperimentare e osservare emozioni, sensazioni e scoperte di ogni genere, una ricerca intuitiva e intelligente in cui potersi senza paura lasciare trasportare.

Della scienza amo le sfide continue, le strategie, le idee brillanti, l'attimo in cui afferri un concetto complesso e lo fai tuo, i problemi e la voglia, a volte inspiegabile e irresistibile, di risolverli, la testardaggine e anche le sconfitte e la costanza di riprovarci. L'arte mi rende dolce, grintosa, commossa, divertente. Mi concede di emozionarmi, mi permette di esprimermi e di sperimentarmi, mi aiuta a comunicare e a stare meglio.


22 03 lunedì

partecipanti

chi sono? cosa faccio? come convivono in me Arte e Scienza?

Fabiana Azara

Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte. Accademia di Belle Arti di Bologna.

Biennio Specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Credo che il rapporto arte e scienza sia un dialogo di sinergie continue e di reciproche contaminazioni. Se, nel mondo accademico, discipline scientifiche e umanistiche appaiono separate in modo netto, senza punti di contatto le une dalle altre, esse, nella quotidianità, sono assolutamente complementari e intersecanti: superando i pregiudizi, mi affascina pensare come artisti conducano la loro ricerca in modo metodico, rigoroso e sperimentale e come eminenti scienziati riflettano sul tema dell’arte e teorizzino i momenti irrazionali da cui ha origine la creatività umana.

dopo questa esperienza sono sempre più convinta che l’arte e la scienza dovrebbero affiancarsi, sostenersi e stabilire tra di loro una relazione continua. L’arte, grazie alla sua potenzialità comunicativa ed espressiva, può essere utile per avvicinare l’uomo alla scienza, rendendo maggiormente comprensibili argomenti di tipo complesso e spesso incompresi.

Tiziana Abretti

Nadia Antonello

Ludovica Bellotti

Laura Branchetti

Biennio di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Accademia di Belle Arti di Bologna.

Dopo il liceo mi trasferisco a Bologna, con molta passione vado a vivere sulle colline dove finalmente posso coltivare le mie più grandi passioni: salire su gli alberi e scendere in città per studiare in accademia e fare i miei lavoretti. Mi interesso di arte, di teatro di strada e di coltivare un piccolo orto. Ho grandi ideali e compio piccoli gesti.

Laureata in Matematica (triennale) ora iscritta al Corso di Laurea Magistrale in Matematica (indirizzo didatticodivulgativo). Università degli Studi di Bologna.

Il mio interesse nel rapporto tra arte e scienza nasce da una indagine sulle forme naturali, sui materiali e sulle loro strutture fisiche e biologiche. Il valore estetico dello sviluppo di queste forme mi porta a pensare che arte e scienza non siano in contrapposizione ma possano sviluppare un dialogo interessante e fruttuoso. Dal mio punto di vista l’arte può stimolare una riflessione culturale su temi di tipo scientifico, e soprattutto può utilizzare mezzi e riflessioni che nascono nell’ambito della scienza.

74–75

Carlotta Astori

Ho sempre pensato che gli artisti fossero quelli che si emozionano davanti alle cose e gli scienziati quelli che le analizzano. Lavoro con gli oggetti, con le persone e la natura, ma non riesco a dividere l’aspetto terreno da quello fatto di idea e di spirito. Analizzo e mi emoziono e i due ambiti vanno mescolandosi, annullando quel confine. Forse non c’era.

Arte e scienza convivono in me come un viaggio in cui sperimentare e osservare emozioni, sensazioni e scoperte di ogni genere, una ricerca intuitiva e intelligente in cui potersi senza paura lasciare trasportare.

Della scienza amo le sfide continue, le strategie, le idee brillanti, l'attimo in cui afferri un concetto complesso e lo fai tuo, i problemi e la voglia, a volte inspiegabile e irresistibile, di risolverli, la testardaggine e anche le sconfitte e la costanza di riprovarci. L'arte mi rende dolce, grintosa, commossa, divertente. Mi concede di emozionarmi, mi permette di esprimermi e di sperimentarmi, mi aiuta a comunicare e a stare meglio.


Marianna Della Croce

Giorgia Dolfini

Giulia Grigi

Filippo Pierpaolo Marino

Laureata presso l’Accademia di Belle Arti in Comunicazione e Didattica dell’Arte, è iscritta al Biennio specialistico dello stesso corso di Laurea ed è attualmente impegnata alla realizzazione pratica dei propri sogni.

Ultimo anno di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Facolta di Psicologia. CdLM Psicologia Cognitiva Applicata. Università degli Studi di Bologna.

Scenografia. Accademia di Belle Arti di Bologna.

Per lei l’Arte e la Scienza si conformano come un binomio inscindibile.

Perché vediamo quel che vediamo? Qual è l'odore dell'arte? Si può inferire qualcosa dal modo in cui disegniamo? Come mai la genialità si accompagna in alcuni casi con la sofferenza? Arte-mente (intesa, anche, come cervello) propone una interessante diade di approfondimento, poiché l’opera d’arte è prodotta dall’uomo ed è quindi frutto dei processi cognitivi di quest’ultimo.

ho sempre pensato che gli artisti fossero quelli che si emozionano davanti alle cose e gli scienziati quelli che le analizzano. Lavoro con gli oggetti, con le persone e la natura, ma non riesco a dividere l’aspetto terreno da quello fatto di idea e di spirito. Analizzo e mi emoziono e i due ambiti vanno mescolandosi, annullando quel confine. Forse non c’era.

Silvia Fittipaldi

Nadia Valentina Galimberti

Marina Martello

Barbara Matera

Biologa. Dottoranda in Medicina e Chirurgia. Università degli Studi di Bologna.

Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte. Accademia di Belle Arti di Bologna.

Laureata in Biotecnologie Molecolari, studentessa in Biotecnologie Farmaceutiche. Università degli Studi di Bologna.

Biennio di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Penso che l’arte e la scienza ricerchino entrambi una forma universale di verità e un modo di chiarire il funzionamento del mondo attraverso mezzi di comunicazione diversi. Nel mondo contemporaneo, molti progetti si basano sulla collaborazione tra persone con un profilo scientifico contrapposte a persone con un background artistico. Ero consapevole di questo legame, ma l’esperienza del workshop mi ha permesso di avere un contatto più ravvicinato con il mondo dell’arte e il processo compositivo dell’operatore artistico. Alla fine del workshop ho capito di aver riscoperto una parte di me capace di percepire e osservare con curiosità gli oggetti e il mondo che mi circonda.

76–77

Frequento l’ultimo anno specialistico in Arti visive presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Utilizzo la fotografia e progetto interventi da eseguire nell'area urbana. Penso che arte e scienza convivano nella quotidianità, creando spazi d’azione ibridi. Il dialogo tra i due saperi è fortissimo nell’arte relazionale, che si occupa di generare processi di socializzazione, ed è a mio parere un acuto strumento di lettura della realtà contemporanea. La scienza con le sue scoperte fornisce di volta in volta i materiali all’arte, per stimolare i sensi dei fruitori e agevolare nuove forme di comunicazione.

Credo possa esistere un rapporto dialettico e complementare tra la scienza e l’arte perchè l’interdisciplinarità e il dialogo tra i diversi ambiti del sapere sono necessari per sviluppare una visione costruttiva delle cose che ci circondano. Gli artisti hanno spesso fatto riferimento ad ambiti scientifici, traendone spunto o utilizzando un atteggiamento rigoroso e metodico, e gli scienziati hanno spesso impostato le loro ricerche intersecando e riflettendo sull’arte, in termini cognitivi e scientifici. Il diffuso dualismo conflittuale è semplicemente frutto del pensiero umano, mentre in natura è tutto un fluire armonioso di elementi.

Arte e scienza rappresentano per me due facce della stessa medaglia, due mondi apparentemente lontani ma, al contrario, continuamente intrecciati tra loro. Da una parte mi ritrovo nel rigore e nella risolutezza del pensiero scientifico. Ma non mi sentirei mai completa senza quel senso di libertà e a tratti di follia che l’arte è capace di infondermi. D’altra parte la storia insegna che un bravo scienziato non è una persona che “vede” bianco e nero, ma è colui che riesce a colorare la sua attività grazie al più ampio ventaglio di gradazioni cromatiche possibili.

Il rapporto tra l’arte e la scienza è uno stimolo che supporta continuamente la mia produzione artistica. La scienza, con la sua razionalità, mi aiuta a riflettere sulla concettualità delle mie opere e trasforma la mia personale complessità in messaggi universali. Mi diverte pensare alla mia creazione artistica come ad una sorta di laboratorio alchemico in cui tutto è ammesso e concesso per il piacere della scoperta, dell’invenzione e dell’esecuzione.


Marianna Della Croce

Giorgia Dolfini

Giulia Grigi

Filippo Pierpaolo Marino

Laureata presso l’Accademia di Belle Arti in Comunicazione e Didattica dell’Arte, è iscritta al Biennio specialistico dello stesso corso di Laurea ed è attualmente impegnata alla realizzazione pratica dei propri sogni.

Ultimo anno di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Facolta di Psicologia. CdLM Psicologia Cognitiva Applicata. Università degli Studi di Bologna.

Scenografia. Accademia di Belle Arti di Bologna.

Per lei l’Arte e la Scienza si conformano come un binomio inscindibile.

Perché vediamo quel che vediamo? Qual è l'odore dell'arte? Si può inferire qualcosa dal modo in cui disegniamo? Come mai la genialità si accompagna in alcuni casi con la sofferenza? Arte-mente (intesa, anche, come cervello) propone una interessante diade di approfondimento, poiché l’opera d’arte è prodotta dall’uomo ed è quindi frutto dei processi cognitivi di quest’ultimo.

ho sempre pensato che gli artisti fossero quelli che si emozionano davanti alle cose e gli scienziati quelli che le analizzano. Lavoro con gli oggetti, con le persone e la natura, ma non riesco a dividere l’aspetto terreno da quello fatto di idea e di spirito. Analizzo e mi emoziono e i due ambiti vanno mescolandosi, annullando quel confine. Forse non c’era.

Silvia Fittipaldi

Nadia Valentina Galimberti

Marina Martello

Barbara Matera

Biologa. Dottoranda in Medicina e Chirurgia. Università degli Studi di Bologna.

Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte. Accademia di Belle Arti di Bologna.

Laureata in Biotecnologie Molecolari, studentessa in Biotecnologie Farmaceutiche. Università degli Studi di Bologna.

Biennio di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Penso che l’arte e la scienza ricerchino entrambi una forma universale di verità e un modo di chiarire il funzionamento del mondo attraverso mezzi di comunicazione diversi. Nel mondo contemporaneo, molti progetti si basano sulla collaborazione tra persone con un profilo scientifico contrapposte a persone con un background artistico. Ero consapevole di questo legame, ma l’esperienza del workshop mi ha permesso di avere un contatto più ravvicinato con il mondo dell’arte e il processo compositivo dell’operatore artistico. Alla fine del workshop ho capito di aver riscoperto una parte di me capace di percepire e osservare con curiosità gli oggetti e il mondo che mi circonda.

76–77

Frequento l’ultimo anno specialistico in Arti visive presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Utilizzo la fotografia e progetto interventi da eseguire nell'area urbana. Penso che arte e scienza convivano nella quotidianità, creando spazi d’azione ibridi. Il dialogo tra i due saperi è fortissimo nell’arte relazionale, che si occupa di generare processi di socializzazione, ed è a mio parere un acuto strumento di lettura della realtà contemporanea. La scienza con le sue scoperte fornisce di volta in volta i materiali all’arte, per stimolare i sensi dei fruitori e agevolare nuove forme di comunicazione.

Credo possa esistere un rapporto dialettico e complementare tra la scienza e l’arte perchè l’interdisciplinarità e il dialogo tra i diversi ambiti del sapere sono necessari per sviluppare una visione costruttiva delle cose che ci circondano. Gli artisti hanno spesso fatto riferimento ad ambiti scientifici, traendone spunto o utilizzando un atteggiamento rigoroso e metodico, e gli scienziati hanno spesso impostato le loro ricerche intersecando e riflettendo sull’arte, in termini cognitivi e scientifici. Il diffuso dualismo conflittuale è semplicemente frutto del pensiero umano, mentre in natura è tutto un fluire armonioso di elementi.

Arte e scienza rappresentano per me due facce della stessa medaglia, due mondi apparentemente lontani ma, al contrario, continuamente intrecciati tra loro. Da una parte mi ritrovo nel rigore e nella risolutezza del pensiero scientifico. Ma non mi sentirei mai completa senza quel senso di libertà e a tratti di follia che l’arte è capace di infondermi. D’altra parte la storia insegna che un bravo scienziato non è una persona che “vede” bianco e nero, ma è colui che riesce a colorare la sua attività grazie al più ampio ventaglio di gradazioni cromatiche possibili.

Il rapporto tra l’arte e la scienza è uno stimolo che supporta continuamente la mia produzione artistica. La scienza, con la sua razionalità, mi aiuta a riflettere sulla concettualità delle mie opere e trasforma la mia personale complessità in messaggi universali. Mi diverte pensare alla mia creazione artistica come ad una sorta di laboratorio alchemico in cui tutto è ammesso e concesso per il piacere della scoperta, dell’invenzione e dell’esecuzione.


Paolo Mazzeo

Walter Perdan

Azzurra Simoncini

Marco Salvio

Fotochimica e materiali molecolari. Università degli Studi di Bologna.

secondo anno del biennio specialistico di arti visive - scultura all'Accademia di belle arti Bologna.

Primo anno Biennio Specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte, Accademia di Belle Arti Bologna.

Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna.

Sono due flussi che si intrecciano continuamente. Come artista e come scultore sono molto interessato alle dottrine scientifiche. Mi capita molto spesso di “perdermi” davanti alla bellezza di certe formule matematico-geometriche e pensare se anche per le mie sculture esiste una formula che le descriva. Ma esiste una risposta ad ogni quesito che ci poniamo?

La vita reale, così come l’Arte, il più delle volte ci si para davanti con un’ampia mescolanza di materiale figurativo e linguistico, all’interno di questo, possiamo orientarci solamente grazie alla nostra percezione, semplicemente da questo appare chiaro come l’uomo, non possa vivere di sola Arte né di sola Scienza, ma possa solamente godere ed approfittare di un loro perfetto connubio.

Per ottenere chiavi interpretative utili a catturare la polisemia che ci circonda, oggi è più che mai necessario fondare il nostro sapere su una metodologia trasversale e multidisciplinare che riconosca come valori centrali la diversità e la differenza. L'arte educa le nostre emozioni plasmandole ai fini di un'esperienza estetica, la scienza educa la nostra mente alla conoscenza; entrambe educano al dialogo e alla crescita individuale e collettiva.

Matteo Porta

Delia Pizzuti

Airin Toscani

Huang Xiaozhe (Yo)

Fisica dei materiali e cultura giapponese, laureato in fisica ed appassionato di sport, montagna e soprattutto di ciò che è bello. Ma cosa è bello?

Laureata in geografia umana e organizzazione territoriale e frequento l'ultimo anno del biennio specilistico in arti visive, indirizzo pittura, all'Accademia di belle Arti di Bologna.

Biennio di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Collegio Superiore dell'Università degli Studi di Bologna.

Poincaré diceva: "Uno scienziato degno di questo nome […] prova lavorando la stessa impressione di un artista; la gioia che gli dà il suo lavoro è altrettanto grande e della medesima natura". In questa frase è riassunto tutto quanto effettivamente penso riguardo all’arte e alla scienza. Ogni giorno cerco di fare scoperte sensazionali proprio come ogni giorno un artista cerca di donare al mondo il proprio punto di vista. Sono razionalmente equilibrato, come ogni buon scienziato che si rispetti e impulsivamente fantasioso, come ogni buon scienziato che si rispetti.

Quello che mi piace. Spesso mi piace osservare il comportamento di cose, persone ed animali intorno a me. Osservo con rigore e metodo, ma non è scienza. C’è chi potrebbe vedere qualcosa di artistico nel mio agire, ma, non essendo l’arte qualcosa di naturale, si tratterebbe di un abbaglio. Dunque non sono artista e non sono scienziato. Riconosco al tempo stesso arte e scienza come cose esistenti, e penso che siano due pilastri fondamentali della società, due diversi occhi sulla realtà, stimoli per molti.

78–79

Credo che l'arte e la scienza siano due ambiti del sapere umano strettamente interconnessi e che le relazioni tra i due aumentino sempre di più con l'ampliarsi della conoscenza.Nel mio lavoro artistico cerco di analizzare gli aspetti della percezione in rapporto al paesaggio, luogo pensato, disegnato e costruito dall'uomo,dove il sapere scientifico,la sensibilità e il sapere artistico dialogano in un flusso unico e costante.

“Convivenza” è la parola che determina l’intero mio percorso di studi. Da sempre mi ha affascinato l’idea di una possibile cooperazione e commistione tra realtà diverse, che siano Oriente e Occidente, concretezza e immaterialità, innovazione e tradizione, arte e scienza appunto. Penso che nella vicendevole comprensione tra aspetti apparentemente tanto lontani stia il vero arricchimento e la vera completezza e che arte e scienza siano due cardini importanti e fondamentali l’uno all’altro per avvicinarsi ad una sana conoscenza.


Paolo Mazzeo

Walter Perdan

Azzurra Simoncini

Marco Salvio

Fotochimica e materiali molecolari. Università degli Studi di Bologna.

secondo anno del biennio specialistico di arti visive - scultura all'Accademia di belle arti Bologna.

Primo anno Biennio Specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte, Accademia di Belle Arti Bologna.

Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna.

Sono due flussi che si intrecciano continuamente. Come artista e come scultore sono molto interessato alle dottrine scientifiche. Mi capita molto spesso di “perdermi” davanti alla bellezza di certe formule matematico-geometriche e pensare se anche per le mie sculture esiste una formula che le descriva. Ma esiste una risposta ad ogni quesito che ci poniamo?

La vita reale, così come l’Arte, il più delle volte ci si para davanti con un’ampia mescolanza di materiale figurativo e linguistico, all’interno di questo, possiamo orientarci solamente grazie alla nostra percezione, semplicemente da questo appare chiaro come l’uomo, non possa vivere di sola Arte né di sola Scienza, ma possa solamente godere ed approfittare di un loro perfetto connubio.

Per ottenere chiavi interpretative utili a catturare la polisemia che ci circonda, oggi è più che mai necessario fondare il nostro sapere su una metodologia trasversale e multidisciplinare che riconosca come valori centrali la diversità e la differenza. L'arte educa le nostre emozioni plasmandole ai fini di un'esperienza estetica, la scienza educa la nostra mente alla conoscenza; entrambe educano al dialogo e alla crescita individuale e collettiva.

Matteo Porta

Delia Pizzuti

Airin Toscani

Huang Xiaozhe (Yo)

Fisica dei materiali e cultura giapponese, laureato in fisica ed appassionato di sport, montagna e soprattutto di ciò che è bello. Ma cosa è bello?

Laureata in geografia umana e organizzazione territoriale e frequento l'ultimo anno del biennio specilistico in arti visive, indirizzo pittura, all'Accademia di belle Arti di Bologna.

Biennio di Arti Visive, Accademia di Belle Arti di Bologna.

Collegio Superiore dell'Università degli Studi di Bologna.

Poincaré diceva: "Uno scienziato degno di questo nome […] prova lavorando la stessa impressione di un artista; la gioia che gli dà il suo lavoro è altrettanto grande e della medesima natura". In questa frase è riassunto tutto quanto effettivamente penso riguardo all’arte e alla scienza. Ogni giorno cerco di fare scoperte sensazionali proprio come ogni giorno un artista cerca di donare al mondo il proprio punto di vista. Sono razionalmente equilibrato, come ogni buon scienziato che si rispetti e impulsivamente fantasioso, come ogni buon scienziato che si rispetti.

Quello che mi piace. Spesso mi piace osservare il comportamento di cose, persone ed animali intorno a me. Osservo con rigore e metodo, ma non è scienza. C’è chi potrebbe vedere qualcosa di artistico nel mio agire, ma, non essendo l’arte qualcosa di naturale, si tratterebbe di un abbaglio. Dunque non sono artista e non sono scienziato. Riconosco al tempo stesso arte e scienza come cose esistenti, e penso che siano due pilastri fondamentali della società, due diversi occhi sulla realtà, stimoli per molti.

78–79

Credo che l'arte e la scienza siano due ambiti del sapere umano strettamente interconnessi e che le relazioni tra i due aumentino sempre di più con l'ampliarsi della conoscenza.Nel mio lavoro artistico cerco di analizzare gli aspetti della percezione in rapporto al paesaggio, luogo pensato, disegnato e costruito dall'uomo,dove il sapere scientifico,la sensibilità e il sapere artistico dialogano in un flusso unico e costante.

“Convivenza” è la parola che determina l’intero mio percorso di studi. Da sempre mi ha affascinato l’idea di una possibile cooperazione e commistione tra realtà diverse, che siano Oriente e Occidente, concretezza e immaterialità, innovazione e tradizione, arte e scienza appunto. Penso che nella vicendevole comprensione tra aspetti apparentemente tanto lontani stia il vero arricchimento e la vera completezza e che arte e scienza siano due cardini importanti e fondamentali l’uno all’altro per avvicinarsi ad una sana conoscenza.


Arte e Scienza: diario di un'esperienza Workshop 2010 ELENCO TESTI non firmati > intervista a Pietro Greco di Silvia Fittipaldi, Filippo Pierpaolo Marino, Paolo Mazzeo > intervista a Vittorio Gallese di Carlotta Astori, Marco Savio, Azzurra Simoncini, Nadia Valentina Galimberti, Fabiana Azara, Giulia Grigi > Huber Duprat - la bellezza al confine tra arte e scienza di Tiziana Abretti e Barbara Matera > Classificazione scientifica di Marina Martello > Gli esperimenti di Hubert Duprat di Marina Martello > Jorge Orta e l'Argentina degli anni '80 di Laura Branchetti > Suggestioni di Airin Toscani > Arte Relazionale di Giorgia Dolfini > L'Utopia di Walter Perdan > Antartica di Airin Toscani

80

> Orta Water di Delia Pizzuti > intervista a Lamberto Maffei di Carlotta Astori, Marco Savio, Azzurra Simoncini, Nadia Valentina Galimberti, Fabiana Azara, Giulia Grigi > Relazioni platoniche di Laura Branchetti > Dna di Marina Martello > Se il corpo mente di Giulia Grigi > Loris Cecchini di Carlotta Astori e Nadia Valentina Galimberti > Cloudless di Carlotta Astori > Suggestioni di Barbara Matera e Tiziana Abretti > Artista o scienziato? di Paolo Mazzeo > Poliedri o Dendriti di Carlotta Astori, Nadia Valentina Galimberti, Barbara Matera e Tiziana Abretti

> Dendriti di Giulia Grigi > Alessandra Tesi di Marianna Della Croce e Ludovica Bellotti > Hospital di Marianna Della Croce e Ludovica Bellotti > L'incontro di Marianna Della Croce e Ludovica Bellotti > Il luogo di Silvia Fittipaldi > Storie di Pavimenti di Silvia Fittipaldi > intervista a Giulio Giorello di Laura Bracchetti e Matteo Porta > documentazione fotografica a cura di Fabiana Azara, Ludovica Bellotti, Marianna Della Croce, Giorgia Dolfini, Silvia Fittipaldi, Matteo Porta, Huang Xiaozhe.


Arte e Scienza: diario di un'esperienza Workshop 2010 un progetto di Cristina Francucci per la Fondazione Marino Golinelli dedicato all'Accademia di Belle Arti e all'UniversitĂ di Bologna

una produzione della Fondazione Marino Golinelli in collaborazione con MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna a cura di Cristina Francucci coordinamento generale Elisa Schiavina MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna supervisione editoriale Antonio Danieli Fondazione Marino Golinelli editing Lucia Tarantino Fondazione Marino Golinelli progetto grafico studio lulalabò, Torino


ARTE e SCIENZA: diario di un'esperienza Workshop 2010


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