PINA COLASANTI
LA FORZA DELLA VITA
STUDIO BYBLOS ANTEPRIMA
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LA FORZA DELLA VITA
Mi presento: mi chiamo Pina Colasanti (il mio vero nome è Giuseppina, ma mi hanno sempre chiamato Pina dalla nascita). Vivo in un piccolo paese in provincia di Frosinone, Boville Ernica, ho quarantadue anni, sono sposata da quasi ventidue con la mia bellissima metà di nome Renato e dal nostro amore grandissimo sono nati i nostri gioielli Giuseppe, Sofia e Giovanni. Questo mio racconto è dedicato principalmente al mio primo genito Giuseppe, ho deciso di condividerla con voi e rendervi complici nella sua “forza della vita”. 3 ANTEPRIMA
❤ “Questa storia non ha niente a che vedere con i “principi azzurri” e nemmeno con il “vissero per sempre felici e contenti”. Questa storia è una di quelle storie che hai vissuto e che ti svegliano di notte sul più bello di un sogno, che ti ricorda di non dare nulla per scontato, una di quelle storie che starebbe meglio senza protagonisti ma che, a volte, ne necessita qualcuno.”
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DOVE TUTTO COMINCIA
DOVE TUTTO COMINCIA
Mi piace guardare le stelle. E la luna è la cosa più misteriosa che ci sia secondo me, mi piacerebbe scoprire cosa ci sia al di là di quelle luci. Spesso me lo chiedo, e da quelle lucine, mi tornano in mente tante cose... belle e brutte, vissute. La mia vita come tutte le altre è stato un susseguirsi di cose belle e brutte che ti fanno poi allo stesso tempo crescere, impostare, rafforzarti... Io sono stata sempre uguale da piccola e da grande posso ritenermi umile e con un cuore grande per tutti, e ne sono fiera e orgogliosa di questo mia caratteristica che fa parte di me. Anche se sono ancora molto giovane avrei da scrivere molte pagine della mia vita. Oggi mi sento una DONNA con un carattere fortissimo (anche se ho anche io alcune fragilità) e mi ritengo tanto fortunata ad avere accanto un uomo straordinario che amo tantissimo. E la cosa più bella e importante dell’amore è quando 5 ANTEPRIMA
DOVE TUTTO COMINCIA
sei ricambiata: puoi attraversare anche un uragano nella tua vita e ne uscirai sempre vincente. Certe volte mi domando come fanno due persone ad incontrarsi e a diventare un unico essere vivente senza sapere che già esistevano già da un po’ di anni e non si erano mai incrociati prima sebbene vivessero vicini l’uno dall’altro. Questo accadde a noi! Tutto bellissimo e stupendo, vivendo delle cose che io non avevo mai vissute prima di allora: un corteggiamento d’ altri tempi, tutto stupendo con lui. Poi la vita ti si accanisce contro: io mi sono chiesta tante volte se è stata una prova da superare?? Perché io sono sicura di questo: tutto succede per un motivo e mai per caso, forse per mettere alla prova il nostro amore che era indistruttibile per me. Ma è stata la prova più forte e difficile da superare, il frutto del nostro splendido amore, quest’esperienza bruttissima mi ha segnato il cuore per il resto dei miei giorni. Non posso, non riesco a dimenticarla a distanza ormai di tanti anni e credo che mai ci riuscirò. Il sesto senso di una donna o meglio di una mamma non si può confondere o sostituire con nient’altro! 6 ANTEPRIMA
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Giuseppe ed io siamo stati sempre in simbiosi ci capivamo immediatamente l’un l’altro. Forse eravamo tutti e due piccoli, lui sempre intelligentissimo anche da piccolissimo, mi ha insegnato tante cose che io, molto ingenua, non conoscevo.
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❤ “La vita non ti da mai le persone che vuoi tu, ti da le persone di cui tu hai bisogno, per amarti, per formarti, per distruggerti e per renderti la persona che era destino che tu fossi, perché l’errore più grande che commettiamo durante la nostra vita e che si fa sempre è quello di credere che la nostra vita sia immutabile, che una volta preso un binario lo si debba percorrere fino in fondo come noi abbiamo deciso, invece il destino ha molta più fantasia di noi.”
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DOVE NON TUTTO VA COME VORRESTI
DOVE NON TUTTO VA COME VORRESTI
Lui ha sconvolto la sua vita e la mia. Ricordo ancora quel venerdì, era l’undici ottobre non lo dimenticherò mai, ho ancora impresse nella mia testa quelle voci che venivano da una stanza grande e vuota dove le parole facevano eco. Da quel giorno la mia vita è cambiata completamente, all’inizio lo ammetto è stata dura da accettare, mi sentivo priva di emozioni, di pensieri, di voglia di vivere. Quelle sensazioni, quando ci ripenso, mi affliggono perché è come se le riprovassi; è stato tremendo piangevo, piangevo, piangevo tantissimo. Ma la cosa più sconvolgente l’essere sempre sola con me stessa, anche se avevo un esercito intorno! Per questo forse e sicuramente oggi sono diventata così forte, paziente, sorridente sempre, vera come nessuno nel bene e nel male. È molto brutto da un giorno ad un altro che la tua vita cambi nel modo più terribile che tu possa immaginare. A ventiquattro anni felice con tuo marito, ce la dovevamo fare! Giuseppe dava 9 ANTEPRIMA
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coraggio a noi che delle volte non pensavamo di farcela, un eroe! Quante cose brutte ha dovuto passare! Io ce l’ho tutte impresse nella mia mente, e mai potrò scordarle. Era l’undici di ottobre un venerdì, mai come quel giorno mamma, mia sorella e soprattutto Renato non erano lì con me, almeno per qualche ora, come succedeva gli altri giorni (dovevamo superare soli io e Giuseppe quella prova così forte). Sentì le parole dei medici venire dalla stanza accanto. Quella parola maledetta che non ebbero neanche loro il coraggio di dirmela! “Aspettiamo il papà domani questa ragazza è sola adesso le viene un colpo!” Non dimenticherò mai quelle parole. Mi riabbracciai Giuseppe che dormiva ancora sotto l’effetto della anestesia su quella lettiga enorme. Neanche si vedeva, lui, minuscolo, me lo riportai in braccio. Quei medici mi guardavano e si guardavano tra loro. Forse pensavano “Non sta capendo nulla perciò è così forte...” Io invece avevo sentito tutto, sapevo già tutto ed era come un sogno, un bruttissimo sogno, ma non chiesi nulla ai medici. Quella notte fu la più lunga della mia vita: lui su quella culla ed io con una sedia vicino a lui ormai da una settimana. Quella notte ripercorsi tutta la mia vita e credevo che fosse finita li. Non dissi nulla neanche a Renato ma forse aveva in10 ANTEPRIMA
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tuito qualcosa anche lui perché non dormi neanche lui, e all’alba era già lì; da lì è iniziato un calvario per noi. Ricordo queste parole perfettamente: “Oggi vedete tutto nero ma un giorno verrà Giuseppe a trovarci e ci dirà io ho avuto la leucemia”. Tutti intorno a noi piangevano mentre ci portavano in un reparto bruttissimo; io guardavo tutti quei bimbi senza capelli e la cosa che più mi impressionava era il viso bianco che avevano. Iniziai a notarlo anche in Giuseppe: quelle occhiaie nere che prima forse non notavo così tanto. In quel reparto non esistevano visite di familiari se non attraverso il vetro della finestra, eravamo io e lui, ventiquattro ore su ventiquattro non l’ho mai lasciato. Mi dicevano i medici, gli infermieri e la suora del reparto: “Fatti dare un cambio almeno di notte altrimenti crolli non puoi farcela da sola...” Io non mi fidavo di nessuno, sempre attenta ai medicinali che erano un infinità. Delle volte mi chiedevo come fa questo cucciolo di dodici chili e seicento grammi a sopportare tutte queste bombe (così mi dicevano i medici).
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❤ “Sai che cos’è la sofferenza? La sofferenza è il nome che diamo alle tante lacrime versate, alle nostre urla e a tutti i nostri sospiri. È una semplice parola ma che definisce il nostro sguardo.”
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DOVE NON TUTTO È COME SEMBRA
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Ci spiegarono tutto quello che doveva affrontare con i pro e i contro, ma ci sono stati tanti contro purtroppo. Ricordo quando dentro la stanza del professore io e Renato dovevamo firmare un mucchio di scartoffie ci guardammo per un po’ come per dire: “Firmiamo?” Dopo averli ascoltato il personale medico che ci diceva quello che sarebbe potuto accadere affrontando le cure fortissime che sarebbero dovute iniziare, forse lo capirono. Noi con quelle penne in mano... neanche acquistassimo qualcosa di bello... Fermarono subito i nostri pensieri e ci gelarono dicendoci che potevamo decidere se ascoltare altri pareri di altri medici (cosa che abbiamo poi fatto) o di farlo curare in un altro posto. Però avremmo dovuto decidere immediatamente perché anche pochi giorni senza iniziare il trattamento avrebbero potuto cambiare le prospettive di vita. Fu terribile. Il giorno dopo iniziarono tutte quelle sacche una dietro l’altra per quasi due 13 ANTEPRIMA
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anni. Mi dicevano tutto quello che succedeva dopo avergli somministrato i farmaci e cosi era, riusciva sempre tutto, la prima settimana iniziarono con fortissime dosi di cortisone ed io rimanevo sbalordita del fatto che mi comunicavano che il dosaggio era fortissimo e veniva dato tante volte al giorno. Io incredula dicevo loro “Ma non è che vi state sbagliando?” Dopo una settimana il mio Giuseppe cambiò aspetto, era sempre bellissimo, ma divenne gonfio tanto che sembrava stesse scoppiando ed aveva una fame nervosa, mangiava notte e giorno di continuo, non dormiva mai, aveva perso la cognizione del tempo ed io con lui. Un altro farmaco chiamato Indocsan, fortissimo anche questo, gli fece crollare tutte le difese immunitarie. Subito dopo “Vincristina”. Questo devo dire la verità, oltre la paura di iniziarlo, perché era il primo ciclo di chemioterapia di quattro settimane (già vedevo Giuseppe così provato), era quello, mi avevano già avvertita, che mi avrebbe fatto trovare i capelli sul cuscino. Lui tutti quei capelli così folti, bellissimi. Così fu, mai che si sbagliavano! Aspettai qualche altro giorno e li rasai, ne erano rimasti pochissimi e lui mi tartassava di domande. Forse era la cosa che più gli aveva fatto impressione. La prima volta che lo feci vedere allo specchio mi disse “ 14 ANTEPRIMA
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Sono come papà”. Come se volesse rincuorarmi. Da allora si doveva sapere che era malato altrimenti non lo si notava. Era una forza incredibile: aveva imparato i valori dell’emocromo, il modo di fare le analisi, riprendeva gli infermieri se portavano una farfallina di colore diverso nel vassoio dell’occorrente che portavano tutte le mattine sul suo lettino per fare prelievi. A me ridevano gli occhi: era buffo però aveva ragione perché l’ago era di dimensioni più grandi quando li riprendeva. Diceva loro dove avrebbero trovato la vena poiché era rimasto con pochissime vene tutte bruciate. Io dicevo tutto a Giuseppe qualsiasi cosa dovesse affrontare, delle volte vedevo altre mamme, magari di fianco al nostro letto che raccontavano ai figli anche più grandi di età del mio tante stupidaggini, cose non vere. Lo facevano per non impaurirli per carità, però li rendevano ancora più fragili di quanto i medicinali già non lo facessero. Io invece mi ero ripromessa dal primo giorno di raccontargli tutto, senza prenderlo in giro, per questo vedendolo oggi tanto sicuro di sé penso che ne sia valsa la pena. Delle volte gli raccontavo delle cose che magari doveva affrontare il giorno dopo con un magone in gola che non riesco a spiegare. Però lui mi ascoltava, mi faceva domande, delle 15 ANTEPRIMA
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volte piangeva perché aveva paura, ma io gli dicevo “ci sono io qua con te” e ci facevamo una risata. Chi può scordarsi tutto questo? Neanche se rivivessi un’altra vita. Certo devo dire che l’innocenza dei suoi pochissimi anni di vita non potevano certo immaginare cosa significasse la parola Leucemia.
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DOVE IMPARI TANTE COSE
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I giorni passavano anche se interminabili, era un continuo andirivieni tra casa e ospedale, tra alti e bassi. Sempre la valigia pronta perché da un momento all’altro si doveva partire. La cosa che più distruggeva Giuseppe era la febbre, che arrivava sempre puntuale a fine terapia. Ciò cambiava tutti i programmi, perché non potevamo stare qualche giorno a casa almeno, come previsto. Di nuovo il ricovero, minimo per una settimana con antibiotico; poi oltre alla febbre servivano da fare trasfusioni di sangue e piastrine. Erano tutti di numeri da imparare e da rispettare, e io li avevo tutti nella mia mente (ancora oggi capita). La mattina appena svegli la prima cosa da chiedere in infermeria erano i suoi valori del sangue, il peso della sua pipì della notte, il dosaggio dei medicinali, il suo peso corporeo, la sua temperatura, il dosaggio dei liquidi ingeriti. Era diventata una vita fatta di numeri, e lui era un numero. Il proseguire della giornata dipen17 ANTEPRIMA
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devano da tutti quei numeri che ormai avevo imparare a memoria. Se erano nella norma affrontavi la giornata con più tranquillità, altrimenti erano quelle giornate tremende e interminabili che non finivano mai. Un altro punto dolente e molto fastidioso che abbiamo dovuto affrontare erano le vene. Era diventato un incubo fare prelievi, trasfusioni, infusioni delle terapie, quindi ci consigliarono di fargli mettere un catetere venoso, cosa che era già prevista dai medici ma che io non volevo accettare. Il nove di gennaio ci preparammo per la sala operatoria ed affrontare questo piccolo intervento. Questo è l’unico segno di riconoscimento che gli rimarrà a vita, io dico che è il suo segno particolare: una cicatrice sul collo. Con questo catetere dovetti imparare tante cose nuove anche io, a pulirlo cosa che facevo ogni due-tre giorni, sola in casa io e lui. Sul tavolo, immobile, si faceva fare tutto. Quella era una cosa un po’ delicata da fare perché poteva infettarsi facilmente e per fortuna non mi è mai successo. Facevo i prelievi io, con quella provetta, correndo come una matta con la macchina per portarla in laboratorio per fare l’emocromo. 18 ANTEPRIMA
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L’attesa di conoscere il risultato per sapere se si sarebbe dovuto ripartire immediatamente. Per noi le giornate erano così, mai un qualcosa da poter pianificare poiché non si sapeva mai se sarebbe potuto rispettare. Questa cosa mi è rimasta ancora oggi, non voglio, non mi piace programmare le mie giornate e soprattutto la mia vita perché ti si rivolta tutto contro.
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❤ “Il coraggio di una persona non significa avere la forza di andare avanti, ma andare avanti anche quando manca la forza.”
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DOVE IL TEMPO È INCESSANTE
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I giorni, i mesi passavano in fretta ma in realtà erano lunghissimi. Il primo nostro pensiero era Giuseppe, ma la vita continuava per tutte le cose che comunque vanno affrontate per andare avanti. Ed è stato difficilissimo quel periodo. Non so dove ho preso tutta quella forza, io che ero così fragile eppure ero diventata una roccia. Vedevo così soffrire il mio piccolino, mi logorava dentro, una volta lo stavamo perdendo per una semplice varicella. Ancora adesso sento le parole dei medici: “non c’è una cura specifica da fare bisogna solo controllare se si alzano i globuli bianchi”. Era un fare prelievi di continuo durante il giorno. Giuseppe era già senza difese immunitarie e quindi se fossero continuate a scendere (aveva soltanto 200 globuli bianchi e 40 neutrofili) non avrebbe potuto farcela. Eravamo isolati in un’altro reparto e io lo consolavo e lo coccolavo. Penso che nessuno mai avesse ricevuto tante coccole. 21 ANTEPRIMA
LA FORZA DELLA VITA
INDICE Dove tutto comincia ................................................ 5 Dove non tutto va come vorresti........................... 9 Dove non tutto è come sembra ........................... 13 Dove impari tante cose.......................................... 17 Dove il tempo è incessante................................... 21 Dove si cresce in fretta .......................................... 23 Dove perdi le gioie della vita ................................ 27 Dove intravedi di nuovo la speranza ................... 31 Dove il tempo aggiusta tutto................................ 39 Dove raccontarti è un sollievo ............................. 41 Dove torna la paura ............................................... 47 Dove la sofferenza ti perfeziona.......................... 51 Dove la vita ti toglie e ti dà ................................... 53 Dove il bel tempo si trasforma in tempesta....... 57 Dove non tutto succede per caso ........................ 61 Dove guardi tutto in modo diverso ..................... 65 Dove il tempo ti aiuta a ponderare...................... 67 Il regalo mio più grande ........................................ 69
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