CRISALIDE

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Crisalide di Jein Patrick Smith

Anteprima Studio Byblos - editore



Questo libro è dedicato a mia madre, Cruzana Montoya Rojas, che mi ha insegnato il coraggio di vivere la vita, con grande forza e determinazione, affrontandola senza paura e senza inganno. Questo libro lo dedico, poi, a tutte le donne. Essere donna significa avere coraggio, avere la forza di lottare, diventare uragani e non fermarsi mai davanti a nulla. Una donna, pur se con il cuore pieno di lividi, non si lascia intimorire, discreta e con passo sicuro, lotta per i propri sogni e la propria indipendenza, non soggiace a nessun tipo di violenza o sottomissione, combatte fino alla fine come una guerriera. Ognuno di noi ha un preciso ruolo in questo mondo e un preciso cammino da seguire con gioia e coraggio di vivere, con spirito di sacrificio, valore e dignità . Ringrazio tutte le persone che mi sono state accanto e mi hanno aiutata a superare le difficoltà e ad andare avanti a testa alta. Grazie mamma e forza donne!

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Questo libro potrebbe turbare alcune persone, si consiglia, pertanto, la lettura ad un pubblico non impressionabile. Ho voluto narrare la mia storia, come fin da piccola, la mia vita sia stata segnata da difficoltà, umiliazione, dolore e paure, ma ciò nonostante ho avuto sempre la forza di reagire e lottare. Sono nata in Medellin, Colombia, in una bella Nazione ma segnata dalla guerra, dalla mafia e dal terrorismo; ho combattuto contro la fame, la violenza e la povertà ma nonostante tutto ho voluto studiare e lavorare, con tantissimo sacrificio, per perfezionarmi e combattere l'ignoranza. La cultura e il sapere rendono gli uomini liberi di esprimersi e li inducono a scoprire grandi cose sulle origini e sulla bellezza del mondo. All’età circa di ventuno anni, mi trasferii in Sicilia per amore, sperando in un futuro migliore, essendo dottoressa-fisioterapista ed estetista, invece in Italia iniziò il mio incubo peggiore: una terra per me straniera, una lingua sconosciuta ed un marito che ben presto iniziò a maltrattarmi e picchiarmi, oltre che tradirmi, lasciandomi definitivamente sola con i bambini piccoli; per non parlare della sua famiglia che non mi accettò mai come componente del nucleo familiare. Fu allora che imparai cosa significa lottare senza arrendersi, non accettare soprusi e violenze, per me ma soprattutto per i miei figli. La mia vita non è stata risparmiata da nulla: calunnie, diffamazioni, false testimonianze, bugie, violenze fisiche e psicologiche da parte di mio marito e della sua famiglia, facente parte dei Testimoni di Geova, che ha fatto di tutto per mandare in frantumi il mio matrimonio perché cattolica e non italiana. Sono arrivata, addirittura, alle sedi giudiziarie per la mia tutela. Insomma, io contro tutti. Ecco lo scopo di questo libro: vuole essere da insegnamento per tutte quelle donne che non riescono a superare le difficoltà della vita, accettando passivamente il loro destino, pieno di violenza e infamia, senza sperare in un futuro migliore. La chiave di svolta sta in noi stesse. La forza di reagire e di cambiare il decorso del nostro destino dipende solo dal nostro coraggio e dalla nostra determinazione. Nulla è impossibile per chi crede. “Un guerriero impara a godere un giorno alla volta, perché sa che potrebbe essere l’ultimo”. Dalla sofferenza nascono le anime forti, quelle che, nonostante le difficoltà ed i problemi, il pianto, la disperazione, hanno scelto di non arrendersi, di continuare ad andare avanti e lottare, sono anime della resilienza, un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita.

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1 - LA FORZA DI VIVERE: LA MIA STORIA

Medellin, Colombia

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edellin è la capitale di Antioquia, provincia montuosa della Colombia, la seconda città più grande, soprannominata la “Città della eterna primavera” per il suo clima mite; da sempre ospita il famosissimo festival annuale dei fiori. Oggi funivie moderne collegano la città con i quartieri circostanti e offrono una vista sulla “valle del Aburra” sottostante. Le sculture di Fernando Botero decorano la piazza da cui prende il nome, mentre il museo d’Antioquia espone altre opere d’arte precolombiana e di vari artisti colombiani.

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Nella mia infanzia passavo il mio tempo a giocare, salire e scendere, sulle scale Elettriche all'interno dell'edificio Coltejer, che caratterizza la città di Medellin Antioquia. Un tempo, da piccina, la citta era diversa, si usavano fare passeggiate lungo il corso principale, nei giorni di festa tutte le strade della città erano illuminate con mille luci colorate che mettevano gioia e allegria solo a guardarle. All’epoca la città era divisa da un burrone a causa di una frana e si poteva transitare solo a piedi o con i muli. Al di là della frana c’era un paese che si chiamava La Toma, adesso è diventato un quartiere di Medellín, lungo e stretto, nato sul letto del torrente Santa Elena, che ancora scorre. All’epoca era un paese con una sua identità e una lunga storia: si diceva che c’era la malavita, mafia, spaccio, prostituzione e povertà. Altri quartieri di Medellin sono Lo vaina, Barrio Antioquia in cui regna tuttora il caos e l’assenza dello Stato, tutti nominati nei giornali di cronaca nera. La Toma rimarrà nella memoria, purtroppo, per la sua mala fama. Ma fu proprio in quel quartiere La Toma dove ebbe inizio la mia infanzia e in cui crebbi. Ricordo quando mi madre abitava in una casa chiamata "el pasaje" con una stretta e lunga entrata, una specie di labirinto, con tante stanze piccole e oscure, muri di paglia e residui organici di mucche e cavalli, sabbia e cemento, il pavimento era argilloso. Mia madre pagava l’affitto mensilmente solo per una piccola stanza e il resto era in condivisione con altre famiglie. Noi dormivamo tutti in unico letto: io, mia madre e la mia sorellastra maggiore Gladis, mentre mio fratello Luis dormiva per terra in un materassino fatto di paglia che nella mattina mia madre posizionava sopra il letto. Mia madre cucinava in un piccolo angolo con un fornello a petrolio, riempiendo la stanza di un forte odore, con la famosa cioccolatiera e tre pentole. La stanza era buia e priva di finestra, illuminata da una lampadina gialla nel centro della stanza. Non avevamo televisione, né condizionatore né macchina. Per amore dei figli, mia madre spesso era costretta a rimanere digiuna, mentre noi cenavamo tutte le sere con mezza tazza di avena, preparata con acqua, o la “acqua panela” e un biscotto, diviso in tre. Questa era la vera povertà, senza filtri né finzione. Se dovessi riassumere in poche parole cosa significa per me la povertà, direi che 8

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è come vivere in un corpo senza braccia, con tanta voglia di abbracciare il mondo, di vivere, imparare e tanta sete di conoscenza ma senza speranza per un futuro migliore. Una povertà piena di ricordi ma per fortuna anche di scadenze. Fu proprio da quella casa che mia sorella maggiore, con tanto coraggio, scappò via all’età di diciassette anni, stanca della povertà e di quella vita troppo sacrificata. La mia povera madre soffrì tantissimo, piangeva di notte e di giorno, non mangiava, passava il tempo a cercarla, non sapevamo dove fosse, inoltre, in quel periodo vi erano molti omicidi in Medellin, come tutto oggi ancora purtroppo, e appena girava la notizia del ritrovamento di un cadavere il cuore sobbalzava in gola e mia madre correva subito per vedere se fosse la sua figlia amata. Abbiamo continuato a vivere in quella stanza brutta e mal ridotta, piena di scorpioni velenosi che arrivano dall'esterno arrampicandosi sui muri, mia madre piangeva sempre, si disperava, pregava tutti i giorni per la propria figlia ma il tempo passava e la sofferenza lasciava il posto alla rassegnazione. Io piccola come potevo mai capire il dolore di mia madre? Nacqui nell’ ospedale Leon XIII di Medellin, ricevetti il sacramento del battesimo il terzo giorno di vita presso la cappella dell’ospedale stesso. Ero la più piccola dei miei due fratelli, cresciuti da mia madre, una donna molto religiosa e con grande fede in Dio. Fino alla tarda adolescenza fui una fervida cattolica, andavo a Messa ogni domenica, sono ancora cattolica però negli ultimi anni, dopo aver verificato la sua esistenza, sono diventata maggiormente fedele e devota a Nostro Signore Gesù Cristo che amo con tutta me stessa. Si è vero, fui una bambina nata in povertà ma ebbi tante qualità umane, un grande cuore e in più un dono speciale di Dio, quale la chiaroveggenza, la premonizione e le esperienze di premorte “DNE”. Quella povertà che caratterizzò tanto i miei anni non mi portò vergogna, né colpa. La mia infanzia, infatti, la ricordo piena di amore, di rispetto e valori sinceri; sono stata cresciuta con l’educazione e l’amore protettivo di mia madre, figura importantissima per me, che credeva tanto nei valori umani e nella sincerità delle relazioni sociali, con un rispetto elevatissimo per la vita. La povertà ci costringeva ad indossare vestiti vecchi e danneggiati, ad uscire senza scarpe, a piedi nudi, giocavo per le strade del quartiere di La Toma in Medellín con mio fratello Luis e altri bambini poveri come noi 9

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Una delle tante qualità che ereditai da mia madre fu la forza di lottare nella vita, la fedeltà, la fede in Dio, il buon esempio, l’onestà, la positività ed il coraggio. Posso dire che la sofferenza e la povertà della mia infanzia mi hanno trasformata in una donna più forte, coraggiosa e sempre combattente. Adesso, dopo tanti anni di sacrifici e difficoltà, mi ritrovo con la ricchezza più importante che possa esistere per l’essere umano: la bontà d’animo. Quella povertà mi portò a dare il massimo, a superare me stessa, a studiare e fare tantissimi sacrifici per essere sempre migliore in questa terra, combattere l’ignoranza, la delinquenza e combattere per la giustizia. Questa è la donna che sono io oggi. Credo di essere una brava madre, ho insegnato ai miei figli i buoni valori, forti principi morali e pensieri etici che ritengo positivi e importanti nella vita quali l’onestà, la riconoscenza, l’educazione, il rispetto, il valore per la famiglia, l’amore verso Dio e il non fidarsi ciecamente delle persone La priorità assoluta la do all’amore, quel sentimento che guida il mondo. Posso dirmi molto orgogliosa di essere nata in povertà se alla fine è questo che ne ho tratto. Con la mia esperienza di vita ho cercato sempre di essere da buon esempio per coloro che soffrono. I pulcini dipinti sono anche conosciuti come “i pulcini colorati”. Quando ero piccola, passavo insieme a mia madre in alcuni luoghi in cui alcune persone mettevano in palio pulcini colorati attraverso un semplice gioco che 10

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costava dieci centesimi. Il gioco consisteva nel prendere una pallina da un sacchetto nero e indovinare il colore, se i bambini indovinavano il colore il premio era un pulcino colorato. Ricordo che io vincevo quasi sempre e portavo con me a casa diversi pulcini, mia madre li allevava, faceva un recinto con la rete dove potevano circolare liberamente ma poi, una volta cresciuti, preparava il pollo in brodo, raccontandomi che, invece, erano scappati. Altro ricordo bello dei tempi della mia infanzia fu quando, un 24 dicembre dell’anno in cui mia sorella se ne andò di casa, mia madre, che era senza lavoro e molto depressa, decise di portare me e mio fratello al parco centrale detto “Il Parque de Berrío”, situato nel cuore geografico della città di Medellin, forse il più storicamente significativo della città, dove gli Antioquegni hanno confluito e considerato per generazioni come il principale luogo di incontro, principale riferimento della città di fronte a visitatori e stranieri. Così andammo a mangiare un gelato; mio fratello ricordo prese un gelato gusto di mora e, mentre passeggiavamo, notammo un signore che vendeva cappelli dipinti a mano, fatti in spugna; quanto erano belli, mi piacquero subito. Mia madre, nonostante sapesse di non avere soldi, mi accontentò e mi comprò il più bel cappello che c’era: fu così il regalo di Natale più bello che io ebbi.

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2 - I MIEI ANGELI CUSTODI

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opo un po’ di tempo che io abitavo in quella vecchia casa che condividevo insieme ai miei e con altre persone, un giorno ebbi a vedere spiritualmente un ragazzino che indossava pantaloncini a quadri e di circa otto anni di età, correre; a volte, lo vedevo al mattino e, qualche volta, al pomeriggio ma io non sapevo chi fosse, lui tutte le volte mi guardava e si nascondeva. Un giorno di quelli, mentre mia madre stava lavando i piatti, lo vidi di nuovo e subito le raccontai tutto perchè lei conosceva il mio dono. Nei giorni a seguire lei si informò e venimmo a sapere che si trattava del figlio di una signora che tre anni prima aveva abitato in quella casa, con il marito e il piccolo bambino di sette anni. L'incidente avvenne sotto gli occhi vigili della madre: il ragazzino amava giocare a calcio e dopo qualche tiro cadde a terra nel corridoio di casa, battendo violentemente la testa, perse i sensi e il violento schianto con il suolo non gli lasciò scampo. Il ragazzino si fratturò il cranio. La madre subito si precipitò a soccorrere il figlio e tentò di rianimarlo come poteva. L’arrivo dei soccorsi, venti minuti dopo il fatto, non riuscì a salvarlo e dopo qualche giorno il bambino spirò. Penso che questa fu la mia prima esperienza paranormale. In quello stesso periodo mi ammalai a causa di una puntura di uno scorpione, con febbre alta, nausea, vertigini, spasmi muscolari, difficoltà respiratorie e debolezza generale, prurito, gonfiore, aumento della temperatura cutanea, intorpidimento e formicolio della parte che era stata colpita. La mia povera mamma non aveva soldi per portarmi all'ospedale e tra gli anziani vi era la credenza che se si superava il terzo giorno la persona malata sarebbe guarita. 13

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Ero molto piccola, stavo tanto male, non avevo fame, non avevo sete, sudavo freddo e mia madre, per calmare la febbre, mi fece un bagno con acqua e alcool, mi diede l’aspirinetta ma nulla sembrava calmare quei dolori lancinanti. I vicini di casa passavano a farci compagnia, a dare sostegno e anche in quel periodo, per due giorni di continuo, vedevo chiaramente tre uomini di altezza superiore ai 186 cm, di corporatura media, di carnagione molto chiara e i capelli corti biondi, vestiti in smoking bianco, scarpe bianche ,con cappelli bianchi, vestiti molto eleganti. Loro mi chiamavano per nome. All'inizio pensavo fosse il prodotto della mia immaginazione o la causa della febbre alta, allora decisi di raccontare a mia madre che vedevo tre uomini che mi chiamavano di continuo, mia madre piangeva e mi diceva di non andare con loro, poi lei chiamò diversi vicini di casa per chiedere aiuto. Quegli uomini continuavano sempre a chiamarmi, mi chiamavano mentalmente e con le loro mani mi facevano il gesto di seguirli, invitandomi ad andare verso di loro. A quel punto mia madre cominciò a pregare, con le sue amiche, e mi mise sopra gli occhi un asciugamano bagnato con acqua santa. Mia madre mi chiese: “Li vedi ancora?”. Risposi: “No”, ma ancora ascoltavo le loro voci chiamarmi per nome. Mia madre con una vicina spruzzarono per tutta la stanza acqua santa e si misero a pregare ancora di più. Poi mi chiesi nuovamente: “Ancora li vedi?”. Risposi “Si”, li vedevo ancora all'ingresso della stanza in piedi che continuavano a chiamarmi. Mia madre continuava a dirmi di non andare con loro. Tutta la notte, fino alle sette di mattina, questi tre uomini vestiti di bianco continuarono a chiamarmi e ad invitarmi ad andare con loro. Mi è rimasto questo particolare nella mente: mia madre che non si arrese e mi fu vicina sempre. Verso la metà della giornata, dopo diversi giorni di digiuno, accettai un po’ di brodo preparato da mia madre. Dopo quella terza notte li vidi nuovamente. Solo io li vedevo. Verso le sette e mezzo del mattino del terzo giorno se ne andarono scomparendo completamente.

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3 - LA MIA SECONDA MAMMA

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ia madre mi raccontava sempre come lei da giovane si era innamorata di un ragazzo, figlio dei proprietari dove lei lavorava come domestica: quello fu il ragazzo che la fece soffrire molto. I genitori del ragazzo vennero a sapere della relazione clandestina e cacciarono via mia madre licenziandola perchè era povera, contrariamente al ragazzo che era molto ricco e questa relazione per la sua famiglia era un disonore. In una notte fredda e piovosa, mia madre si ritrovò, quindi, per strada, a soli ventuno anni ed in gravidanza, senza soldi e senza un rifugio. Dopo diverse ricerche fortunatamente trovò una chiesa cattolica che la aiutò fino alla nascita di mia sorella e dopo decise di ritornare presso la sua famiglia di origine, in un piccolo paese chiamato “San Diego, Caldas” in cui rimase fino a quando il suo spirito libero la indusse a ricercare altrove la propria dimensione, sola e con una bambina piccola al seguito. Così ritornò nuovamente a Medellin e iniziò a lavorare in un piccolo ristorante vegetariano Mia sorella Gladis aveva già sei anni quando al ristorante arrivò l’uomo che sarebbe divenuto mio padre. Da quel momento mia madre e mio padre coltivarono una vera relazione d’amore, i due si innamorarono e dopo un anno si sposarono e da quella unione nacque mio fratello e dopo sette anni nacqui io e mio padre riconobbe anche mia sorella, pur se nata da una precedente relazione. Nei miei primi anni di vita, dopo che mia sorella maggiore Gladis era già scappata da casa, mia madre portò me e mio fratello Luis a casa di una signora di nome Bertha Ines Echeverria Agudelo, una donna più o meno 45-50 anni, di corporatura robusta, 15

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il viso segnato dalle sofferenze passate, con un enorme sorriso, un grande cuore, capelli lunghi, risi e brizzolati che raccoglieva in una treccia per poi formarla in un chignon e appuntarlo con i fermagli. Questa signora si prendeva cura di me e di mio fratello come se facessimo parte della sua famiglia, mentre mia madre andava a lavorare come collaboratrice domestica e babysitter presso una famiglia benestante. Questa signora Bertha diventò molto amica di mia madre, era molto dolce e protettriva con noi, così come i vicini di casa, situata nel quartiere di Belen Las Playas, nella strada 12 con 70, in Medellin, vicino l’aeroporto Olaya Herrera, un aeroporto antico, situato nel sud-ovest della città. Io la chiamavo “mamma Bertha”, la volevo davvero molto bene, era l’unica che avevo vicina. Mia nonna materna e gli zii abitavano in San Diego nel comune di Caldas, dove era nata mia madre, alcuni miei parenti invece abitavano in Armenia. Quindi, i pochi parenti che erano rimasti in Medellin erano lontani e non ci frequentavamo, forse a causa della nostra povertà; solo qualche volta mia madre portava me e mio fratello a casa dei due fratelli di mio padre, zio Julio Sanchez e Enrique Sanchez, persone tranquille e semplici, come lo zio Julio e sua moglie Nena che hanno avuto tre figli di nome Jhon Jairo, Nena e Angela, molto amiche con mia sorella; qualche volta andavamo pure dallo zio Gerardo che aveva un sacco di colombe e conigli: io mi divertivo tantissimo in quella casa. La mamma Bertha riempiva il mio piccolo mondo fatto di solitudine e tristezza. Questa signora rimase vedova molto giovane, crescendo da sola i suoi sei figli, riusciva a mettere da parte qualche soldo lavando e stirando i vestiti della gente e prendendosi cura di me e di mio fratello perchè mia madre la pagava per il servizio resoci. In quella casa io ebbi le mie seconde esperienze paranormali con le anime del purgatorio, dopo un paio di mesi che io e mio fratello abitavamo con la famiglia Echavarria Agudelo. Iniziò così: notte dopo notte, mi svegliavo alla stessa ora, alle 2:30 circa e una di quelle mi svegliai per andare in bagno e passando dalla stanza principale e dal salotto di ingresso vidi chiaramente delle persone sedute. In fondo al salotto c’era un signore di mezza età con i baffi, poi alla sua sinistra c’era una signora anziana, alla sua destra una giovane donna e un ragazzino dodicenne; mi dissero che la figlia maggiore della signora Bertha, che si chiamava Margharita, doveva morire molto presto. 16

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24 - LE MIE PREMONIZIONI

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ra le mie premonizioni ce ne sono parecchie. Ricordo per esempio che un giorno del 2018 incontrai una mia amica Francesca, e notai subito nella sua aurea un velo di tristezza, iniziai cosi dapprima a dirle che io vedevo che lei era fidanzata con un uomo (anche se lei negava perché la storia era nello stadio iniziale e voleva tutelarsi) e che da lì a poco sarebbe rimasta sola, per il tradimento da questo uomo. Così andarono le cose. La mia amica, molto innamorata e da sempre fedele, era nello sconforto più totale e con un grande dolore a causa di quell’uomo e decise di trasferirsi a Milano perché voleva recuperarlo. Appresa la notizia, io le iniziai a raccontarle tutto quello che le sarebbe accaduto in quella città per lei sconosciuta. Ovviamente la mia amica non credeva alle mie parole ma solo con il tempo dovette ricredersi. 97

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Ora ho vinto tutte le cause contro le persone che mi hanno fatto tanto male. La vita mi ha ridato ciò che mi aveva tolto negli anni. Ho recuperato tutti i miei clienti della mia professione di fisioterapista ed estetista. I miei figli stanno bene, io combatto ancora contro il tumore cerebrale. Sono diventata una brava scrittrice e adesso mi dedico a narrare storie di altri che presto leggerete. Parte del ricavato della vendita di questi libri andranno ai bambini poveri del Sud America e alla ricerca sui tumori cerebrali. Continuo ad aiutare le persone indigenti e sono contenta di tutto l’amore che dono e di aver potuto condividere con voi la mia esperienza di vita.

di Jein Patrick Smith

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INDICE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

La forza di vivere: la mia storia ....................................7 I miei angeli custodi.....................................................13 La mia seconda mamma .............................................15 L’abbandono...............................................................19 L’amarezza ................................................................21 Tempo per imparare ....................................................25 L’internato .................................................................29 Il mistero ....................................................................33 L’incubo .....................................................................37 Il cambiamento............................................................43 Da bambina ad adolescente .........................................45 Il superamento.............................................................51 L’assalto.....................................................................55 L’addio a Luis ...........................................................57 Lottare .......................................................................61 L’inganno ...................................................................65 La crudeltà .................................................................69 Un eroe sopravvissuto alla seconda guerra mondiale .....71 Il sacrificio ..................................................................75 T.S.O.........................................................................79 Tra la vita e la morte ..................................................83 Cosa ci aspetta dopo la vita .........................................87 Ritorno alla dimensione spirituale................................93 Le mie premonizioni ...................................................97

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Finito di stampare Giugno 2019 per conto dello Studio Byblos - Palermo

Studio Byblos Publishing House www.studiobyblos.com

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