ANTONINO SERGI - IL VAGABONDO FELICE

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ANTONINO SERGI

Antonino Sergi

IL VAGABONDO FELICE

IL VAGABONDO FELICE

Sono il primo di qua"ro figli di una famiglia di operai. Sono nato a Messina, nel Rione Paradiso il 21 maggio del secolo scorso. Ho avuto una buona infanzia, la mia vita cambia a 19 anni con l’arruolamento nel corpo della Guardia di Finanza, un altro dolce episodio sono la nascita dei miei figli e dopo qualche anno per mo#vi economici cambiai lavoro poiché lo s#pendio era basso. Adesso mi sento appagato con i miei nipo# e mi godo la mia pensione facendo qualche viaggio e aiutando le persone poco abili.

Antonino Sergi ama definirsi “Il Sognatore”. Ed è vero perché nei suoi libri dà vita ai suoi sogni con estrema naturalezza e uno s"le scri#orio semplice e piano, che ricalca perfe#amente la vita di ognuno e veste di poesia il quo"diano. Ogni suo romanzo sarebbe un o$mo copione per un film, di quelli a lieto fine ma non banali perché " fanno rifle#ere: sulla condizione dell’uomo e sulla sua con"nua ricerca della felicità e del donare e del ricevere amore. “Racconto dell’uomo felice” è un libro nel quale i sen"men" dell’uomo e l’introspezione sono i veri protagonis". E ce ne accorgiamo alla fine della lettura che avviene tu#a di un fiato perché Antonino Sergi appassiona in ogni pagina per la sua sincerità e per la sua vicinanza ai fa$ che ognuno di noi, seppure in modi e in tempi diversi, ha vissuto una volta nella vita, o almeno ha sognato. Un Salgari moderno, e questo ci stupisce ancora di più, poiché nell’opera del Sergi mol" luoghi descri$ sono visita" non fisicamente, ma dalla sua immaginazione. Uno scri#ore sincero, che tu$ vorremmo conoscere di persona, per stringere quella mano che ci regala umanità ed emozioni senza chiedere nulla in cambio. Ma sono sicuro che verrà spontaneo da parte di ogni le#ore offrire un sorriso e un “grazie” ad Antonino scrittore di vita vera e d’amore. Dino Marasà, editore e fondatore di Studio Byblos

Euro 12,00

Studio Byblos - editore



ANTONINO SERGI

IL VAGABONDO FELICE

STUDIO BYBLOS - EDITORE



Il Vagabondo Primo Capitolo ........... 7 Secondo Capitolo .......13 Terzo Capitolo ............21 Quarto Capitolo .........29 Quinto Capitolo..........37 Sesto Capitolo ............45 Se"mo Capitolo ........55 O#avo Capitolo ..........71



Prima d'ora, mai avrei pensato che poteva succedere anche a me: ritrovarmi in poco tempo il mondo addosso. Forse mi sen!vo forte dei miei trent'anni, che avrei compiuto tra un mese, dell’o"mo lavoro, di una moglie bella e giovane, di una bella ville$a con piscina e una macchina spor!va. Tu$e cose che ognuno sogna nell'età giovanile, ed io con fa!ca ero riuscito a realizzare. Purtroppo non avevo fa$o i con! col des!no poiché tu$o questo in un giorno di fine aprile svanì. Ero sul mio posto di lavoro quella fa!dica giornata d'aprile quando mi arrivò una telefonata: “tua moglie è stata ricoverata in ospedale per partorire, prima del tempo”. E io per la contentezza del primo figlio, andai via dal lavoro per assisterla e vedere subito il bambino, anche se sarebbe nato prematuramente e in un momento inaspe$ato in quanto non aveva maturato i nove mesi. Mi presentai in ospedale, chiesi informazioni e raggiunsi il reparto maternità, c’erano anche i miei genitori che a$endevano avendo loro seguito mia moglie in ospedale. Dopo due ore di a$esa, si presentarono i medici ma non sorriden!, molto seri. Ci fecero entrare nel loro studio per darci la triste no!zia: il parto non era andato bene, si erano presentate delle complicazioni. Grossi problemi. Madre e figlio non ce l’avevano fa$a: erano mor! durante il travaglio. Non ci volevo credere, ero come paralizzato, stordito, un bru$o sogno dal quale volevo uscire, ma purtroppo dovevo constatare a malincuore che era la realtà. Da quel momento il mio mondo non esisteva più, i miei sogni si erano vola!zza! con loro che andavano in cielo.


IL VAGABONDO

- CAPITOLO I -

M

i sono isolato da tu", rimanendo sempre in casa, tu#o il mese

di maggio, barba lunga. Non facevo la doccia, insomma ero un

reli#o, amici e paren$ venivano a trovarmi per cercare di consolarmi e aiutarmi dal dolore immenso, al lavoro ero assente. Avevo deciso di andare via, fuggire da questa situazione e nella mia testa due idee si facevano avan$ su come fare: o mi sarei comprato un camper e avrei vagabondato per l'Italia, oppure mi sarei imbarcato sulle navi da crociera, in quanto era lì che avevo conosciuto il mio primo e unico amore. Allora facevo il primo ufficiale di macchina. Avevo studiato al nau$co e, finita la scuola, mi ero imbarcato come allievo ufficiale. Già dopo 2 anni, ero ufficiale in seconda. Sbarcato per fare il servizio militare di 24 mesi (15 sul mare e 9 di accademia navale a Livorno), ricordo che il giorno del congedo avevamo fa#o una grande festa assieme ai commilitoni che avevano messo firma, a mio parere, erano troppi 24 mesi di servizio militare. Rientrai a casa e ANTEPRIMA

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IL VAGABONDO

mi presi una pausa di riposo, giravo con amici e amiche, sinceramente mi volevano tu" molto bene in quanto il mio cara#ere, è sempre stato allegro e socievole. Dopo quasi un anno di bella vita senza fare niente, decisi di imbarcarmi di nuovo, mi piaceva il mare e il mio $po di lavoro. Con i motori io ci parlavo, sembrerĂ strano, ma io amavo tanto il mio lavoro, che anche quando stavo male cercavo di essere presente. Mi ero imbarcato su una nave da crociera, in modo da potermi svagare e di lavorare, pra$camente, univo l'u$le al dile#evole. Durante il mio orario libero dal servizio, in divisa di ordinanza giravo su tu#a la nave, gli uďŹƒciali potevano andare, anche dove c'erano i passeggeri, questo ai so#ordini non era permesso, loro dovevano restare nei loro pos$ di ritrovo. Io sapevo che la divisa faceva colpo sulle donne, ne approfi#avo. Avevo 26 anni ed ero un bel ragazzo, diciamo che rimorchiavo abbastanza spesso delle belle ragazze. Preferivo stare sempre sulla nave, non scendevo mai a terra, c'era tu#o sulla nave e quello che guadagnavo, lo lasciavo quasi tu#o in banca, in modo che, un giorno sposandomi, avessi la mia ville#a dei sogni e il benessere per la mia famiglia futura. Erano sogni di una persona normale. Verso la fine, dei miei 28 anni, sulla nave dove prestavo servizio, conobbi una ragazza, si chiamava Andrea, di Palermo, di circa due anni piĂš piccola. Capelli neri e occhi del cielo. Furono loro che mi misero al tappeto. Andrea mi faceva ba#ere il cuore, il classico colpo di fulmine. Lei era in crociera con i genitori ed io vedendola, sempre con loro e senza cavaliere al fianco, cercavo di farmi notare, di approcciarla in modo amichevole, visto l'importanza che aveva per me, comportandomi in modo educato e riservato. Fa#o amicizia, sia con lei che con i genitori, ci scambiammo i nomi, prendendo anche da bere al bar della nave, par8

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lando di tu#o: a lei piaceva il mio modo di fare. Quando ero libero dal servizio, andavo a prenderla, per girare la nave, non avevo mai cercato di forzare i tempi poiché non volevo dare l'impressione dell'avventuriero. Ero sempre gen$le, educato e mai invadente, qualità che le donne cercano in un uomo. Poi il rapporto sessuale viene da solo e anche se si tra#a di un’avventura bisogna farla sempre con amore, non per avere il corpo della donna. Loro non sono stupide, capiscono se l'uomo le tra#a solo per sua soddisfazione o sentono se l’uomo $ene ad un rapporto che dia piacere reciproco. Gli ul$mi due giorni di navigazione, navigando verso l'Italia, dopo cena, ci ritrovammo con Andrea a poppa della nave, per ammirare il tramonto. Mi disse quanto fosse dispiaciuta che la crociera volgesse al termine. “Ne farai ancora” risposi. Al suo pronunciare: “ma non con la tua compagnia” sca#ò in me un qualcosa. Che avrei voluto dire quanto fosse importante per me e non trovando le parole, la presi fra le braccia e la baciai. Le fece piacere poiché mi strinse a se. Non so dire per quanto tempo rimanemmo in quella posizione, ma sapevo che per entrambi, la vita sarebbe cambiata da quel momento. Il giorno del suo sbarco, scalo a Palermo, io dovevo proseguire verso Genova la tappa di fine crociera, ci scambiammo gli indirizzi e il telefono. Le promisi inoltre che avrei fa#o solo quest'ul$mo viaggio: ero innamorato di lei come lei lo era di me. Ma purtroppo non potevo lasciare su due piedi la compagnia per la quale lavoravo. Ero obbligato a dare un preavviso per trovare un sos$tuto. Comunque in quindici giorni sarei stato a casa sua. Nel fra#empo si erano avvicina$ i suoi genitori, che certamente avevano capito qualcosa

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poiché la loro figlia era quasi sempre con me, salutandoli dissi anche a loro che sarei andato a trovarli a casa. Durante quei quindici giorni, telefonavo ogni giorno ad Andrea e le mie “uscite” in divisa erano ormai un ricordo del passato. Una volta trascorsi sbarcai a Palermo e senza perdere tempo presi un taxi per raggiungere la casa di Andrea. Mi a#endeva fuori casa e sceso dal taxi, lei felicissima e all’improvviso, si bu#ò a baciarmi. Non credeva ai suoi occhi, non credeva che io avessi mantenuto la promessa. Mi fermai a Palermo, una se"mana e dopo di che, con i suoi andammo a Messina, a casa mia, per fare conoscenza dei miei genitori. Dopo o#o mesi eravamo marito e moglie. Avevo preparato tu#o, i miei sogni erano diventa$ realtà, ma non avevo fa#o i con$ col des$no. La mia vita sarebbe con$nuata felice se non fosse mai arrivata quella fine di aprile in quel modo: le complicazioni durante il parto e la morte di Andrea col bambino. Sen$vo dentro di me la fine, un vuoto creato da questa situazione e che ha distru#o la mia vita. Lasciai il lavoro, vende" la ville#a e la macchina e comprai il camper. Abbandonai l’idea d'imbarcarmi ancora poiché avrei avuto sempre Andrea davan$, avendola conosciuta in nave. Comprai il camper per voler fuggire da quella situazione che non mi dava pace, un esilio forzato dunque. Scelsi e portai le mie cose più personali, alle quali ero affe"vamente legato salutai amici e paren$ per iniziare la mia vita da esiliato volontario. Alcuni non condividevano la mia scelta, un poco mio padre mi capiva, dovevo ritrovare me stesso in quanto assieme ad Andrea era andata via la mia anima, dovevo capire, avevo bisogno di vedere, se fossi riuscito a riprenderla. 10

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IL VAGABONDO

Le vie alterna$ve erano due: o la mia pazzia o suicidio. Tanto forte era il mio dolore che spesso non riuscivo a capacitarmi di cosa fosse successo, forse un tremendo incubo? Non vivevo più su questo mondo, la testa era sempre sulle nuvole, come se fossi ubriaco. Per questo avevo scelto la via del vagabondaggio da dove sarebbe par$ta l’altra parte della mia vita. Avevo pagato il camper e messo in banca, il ricavato di tu#o quello che avevo venduto e tenuto l’indispensabile per iniziare la nuova strada. Dal traghe#o guardavo la mia Sicilia allontanarsi e giunto dall'altra parte, sulla costa Calabra, sbarcai non sapendo dove andare. Senza una meta, mi lasciavo guidare dall'is$nto e mi fermavo in tante ci#à tu#e sul mare. Un giorno a Salerno girovagai per il porto a piedi. Guardavo le navi ormeggiate, le officine dove si riparano i motori o si fanno interven$ di manutenzione sulle navi. Era estate e lavoravano all’aperto. Decisi di entrare in una di queste e chiesi a un operaio di poter parlare con il $tolare. Con gen$lezza mi disse di aspe#arlo lì e una volta tornato mi invitò a seguirlo fino all’ufficio del capo. Il $tolare era una persona di mezza età e facendomi accomodare mi chiese in cosa poteva essermi u$le. Gli raccontai il mio caso, aggiunsi che ero in cerca di lavoro e mi proposi come operaio. Mi osservò zi#o per qualche minuto poi mi chiese: - T’intendi di motori marini? - Si abbastanza! Sono stato imbarcato sulle navi e sono diplomato al nau!co. - Bene! Potres! fare una se"mana di prova. Non $ conosco e voglio vedere come va! Così il lunedì successivo mi presentai e iniziai il mio nuovo lavoro per quella se"mana. Il sabato mi convocò in ufficio. Ero andato bene.

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Avrei potuto lavorare nella sua officina. Mi assunse come operaio e mi comunicò il salario dicendomi che avrei fa#o lo stesso lavoro della se"mana di prova. Passarono i giorni e presi il primo mese di paga. Tu#o procedeva bene, purtroppo c'era il problema che io non dialogavo con nessuno dei colleghi, soltanto rappor$ di lavoro, ero taciturno e mi isolavo nelle conversazioni. Erano conten$ del mio lavoro, ma non erano conten$ del mio silenzio, e i colleghi di lavoro, con$nuavano a farmi domande: “perché non parli?”, “ma cosa hai?”. Verso la fine dell'estate ero un po’ stanco di essere osservato e della loro curiosità e così decisi di lasciare il lavoro. Presentai le dimissioni al capo officina e venni chiamato dal $tolare che mi invitava a non tenere conto dei colleghi, per non farmi andar via era disposto ad aumentarmi la paga, era contento del mio lavoro, ma io avevo preso la mia decisione. Lo ringraziai, mi congedai da tu" e andai via.

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- CAPITOLO II -

R

ipar$to con il camper verso nord, arrivai a Roma e mi fermai per

qualche giorno. Dopo la breve sosta, decisi di a#raversare l'Italia

dalla parte del mare Adria$co, l'i$nerario della strada mi porta a Ravenna un’altra bella e grande ci#à, non come Roma ma anche questa con una storia e qui mi fermo qualche giorno per poi proseguire sempre verso il nord, non avendo nessuna meta. Arrivai in un paesino chiamato Chioggia, prevalentemente abitato da pescatori, mentre l’a#raversavo, vedevo tante barche da pesca di tu#e le dimensioni, sia nei suoi canali che nel por$cciolo. Dopo aver percorso un ponte translagunare col camper mi trovo in una frazione di Chioggia chiamata “So$omarina”. L’Adria$co era davan$ a me. Percorrendo quel lungomare arrivai in una spiaggia dove sostai per cenare, eravamo a se#embre e quindi non c'era molta gente. Parcheggiai in prossimità del mare, dove la sabbia è più compa#a, per evitare di inANTEPRIMA

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IL VAGABONDO

sabbiarmi con le ruote a circa 40 metri dalla riva, una volta fermato il motore, scesi dal camper andando fino a riva. Camminavo scalzo sul bagnasciuga e quell'acqua fresca ai piedi mi dava sollievo e l'odore che emanava era come elisir. Mi era mancato questo profumo di alghe e facevo dei respiri a pieni polmoni. Dopo una decina di minu$ mi sede" sulla sabbia e osservando l'orizzonte mi venne in mente Andrea. Mi mancava ma dovevo farmene una ragione, pensandola dai miei occhi venivano fuori lacrime d'amore. Diedi uno sguardo all'orologio: le 17:00 e non avevo ancora mangiato nulla. Andai nel camper per preparare dei panini con bistecche che portai sulla spiaggia per mangiarli seduto sopra un telo che faceva da sedia e tavola. Avevo ancora lo sguardo all'orizzonte, quando ad un tra#o mi si avvicinò un pastore tedesco, un bellissimo animale, era stato forse a"rato dall'odore delle mie bistecche. In un primo momento ebbi paura, ma annusatomi, capì che si poteva fidare, era buono e docile, ed io accarezzandolo, cercavo di capire se appartenesse a qualcuno. Scorsi una signorina, con i capelli lunghi e biondi con il guinzaglio in mano. Mi si avvicinò chiamando il cane: “Rex!”, “Rex!”. - Mi scusi tanto per il cane… - Mi alzo in piedi - Nessun problema! Vedendo quegli occhi celes$ color del cielo, che mi ricordavano quelli della mia Andrea, mi ero fermato nel parlare, come incantato. Ripresomi da quella bellezza e per tranquillizzare la signorina, visibilmente dispia14

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ciuta per l'accaduto, ho de#o: “si! all'inizio ho avuto paura ma poi ho capito che lui si è reso conto che non sono ca"vo e siamo diventa! amici.” Rex intanto faceva fuori la mia cena e all’imbarazzo della padrona, preoccupata e che non sapeva cosa fare, dissi che nel mio camper avevo ancora del mangiare. Tranquillizzatasi con$nuò a dialogare con me chiedendomi da dove venissi. Risposi che ero stato a Salerno , Roma e Ravenna ma che venivo da Messina e che mi piaceva vagabondare senza meta. -Ah! Pensavo che fosse uno zingaro… -No! No! Signorina, vagabondo si, ma zingaro no! Le spiegai che mi piaceva il posto e che avevo deciso di fermarmi sulla spiaggia, ero un amante del mare, tanto da lavorarci e che in quel periodo, c’era poco lavoro, andavo in giro nei pos! di mare con l’obbie"vo di trovarlo da qualche parte. - Io ho il papà che ha un peschereccio, poi ha, altri amici, che hanno barche da pesca, se mi dai il numero di telefono, io ne parlo. Pensai che forse voleva aiutarmi per ricambiare la mia gen$lezza di non essermi adirato con lei per Rex. - Grazie! lei mi facilita il compito, bene questo è il mio numero, io mi chiamo Orazio Carrà e lei? - Io sono Elena Pagan, questo è il mio cane Rex, - Con lui ci siamo conosciu! prima, è vero Rex? Rise, e si allontanò con Rex al guinzaglio. Le dissi a voce alta: “Signorina Elena, telefonami anche se non mi trovi lavoro, mi ha fa$o piacere parlare con lei, ciao!” Tornato al camper, mi preparai una spaghe#ata al burro e un panino col salame, di bistecche non ne avevo più! Mi spostai verso il porto e cercai un posto per parcheggiare, senza in-

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tralciare nessuno o creare problemi al traffico, per poter perno#are dentro il camper non distante da dove arrivano i pescherecci. Al ma"no andai a piedi, dove c'erano le grandi barche da pesca, diedi un’occhiata, ma con mia sorpresa tu#o il por$cciolo era quasi vuoto. Capì che erano usci$ per pescare, entrai in un bar e con la scusa di bere il caffè, chiesi informazioni. Mi fu de#o che alcuni restavano fuori anche diversi giorni, altri facevano ritorno la stessa sera. Feci un altro giro, comprai qualcosa da mangiare e tornai al camper. Pranzai, e nel pomeriggio, tornai al por$cciolo. Già le barche rientravano e, spen$ i motori, dopo essere state ormeggiate, scaricavano il pesce. Avvicinandomi a un pescatore, che svolgeva questa operazione, chiesi se fosse possibile avere del pesce. Mi rispose con un no secco ma una volta allontanato, mi richiamò: “Ehi giovano#o! hai un sacche"no?”. Ne avevo uno in tasca e glielo diedi. Mise dentro del pesce dicendomi di andare via e di non farmi vedere. Mi aveva preso per un barbone, l'aspe#o era quello. Andai al camper, riposi il pesce e ritornai sui miei passi. Scorsi l’uomo che mi aveva dato il pesce, lo chiamai, avevo intenzione di offrirgli un caffè o qualcos'altro per ringraziarlo del pesce che mi aveva dato e per fargli anche delle domande su cose che mi interessavano. Quell’uomo mi guardò stupito: “Acce$o il tuo caffè giovano$o!” Al bar gli chiesi come avrei potuto fare per lavorare su quelle barche. Lui mi guardò sorpreso e disse: - Tu sai fare il marinaio? Hai il libre$o per lavorare sul mare? - Si ma non so niente della pesca, io ho lavorato sulle navi da crociera ma niente pesca! 16

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IL VAGABONDO

- Va bene, mi informo, mi dai un recapito? Gli diedi il numero di telefonino e il mio nome: Orazio Carrà. Salutandoci mi disse di chiamarsi Valerio Voltolina. Di ritorno al camper, incrociai la signorina Elena, la riconobbi subito: bionda, capelli lunghi sciol$ e occhi celes$, la mia passione, come quelli della mia Andrea. - Signorina Elena, buon giorno, si ricorda di me? - Oh! Signor Orazio buongiorno, ho parlato con mio padre che mi ha chiesto cosa sapesse fare lei: marinaio o adde$o ai motori? - Entrambe le cose, quello che vuole suo padre! Prontamente Elena telefonò al padre me#endo il viva voce, per riferirgli. - Elena sei sicura che quest’uomo sa lavorare sui motori? - Papà è qui con me al porto… - Bene allora vieni qui con lui sulla barca. Gli voglio parlare! Salimmo sul Freccia Azzurra, un peschereccio fra i più grandi in quel por$cciolo. Era una bella barca. Subito i marinai, vista la figlia del capitano-armatore, salutavano e uno di loro le disse che il papà era sul ponte di comando dove andammo. Piacere Orazio Carrà! Piacere Carlo Pagan! Di dov’è sei e cosa sai fare con i motori? Risposi alle sue domande e gli mostrai il mio libre#o di navigazione. Lui vecchio del mes$ere lo esaminò e constatò che ero un ufficiale di macchina, con diversi anni di navigazione e con lunghi periodi d'imbarco. - Ah! ma tu sei sprecato qui, puoi guadagnare molto di più se con!nui a fare quello che sei realmente! - Sono stanco di fare lunghi viaggi e mi piace provare questo lavoro. - Intendiamoci, non è che qui prendi poco, anzi hai la stessa paga men-

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IL VAGABONDO

sile mia, in quanto sei uno specialista con patente di macchina, ma è la vita, che è dura e se non si è abitua! non si resiste! - A me interessa lavorare e se le servo sono pronto! - Va bene! Il prossimo mese, il mio specialista, va in pensione e uno giovane come te, m’interessa perché di specialis! in giro, c'è ne sono pochi. Adesso telefono in ufficio per avver!rli che domani ma"na ! presenterai per registrar!. Così vedrò come lavori prima! Pra$camente ero già in prova, lo salutai e andai via con la signorina Elena che, scesi dal peschereccio, mi disse: - Ma come!? Sei un ufficiale da tan! anni e ! compor! come uno zingaro, perché? - Lasciamo stare signorina non mi va di parlarne, adesso io la ringrazio di quello che ha fa$o e se domani mi accompagna lei in questo ufficio perché io non so dov'è, mi farebbe una seconda cortesia. - Ok verso le 10 ci vediamo in quel bar. Mi indicava lo stesso bar dove io avevo preso il caffè la ma"na. La ringraziai e ci salutammo. Mentre la vedevo andare via, sicuramente pensava a cosa potessi nascondere del mio passato. Quella sera mi cucinai il pesce che mi aveva regalato Valerio il pescatore, ne avevo proprio voglia, non ne mangiavo da tempo e dopo cena sistemai il camper, preparai i documen$, andai a dormire pensando sempre a quegli occhi celes$, sembrava che il des$no volesse farmi incontrare con un'altra donna che aveva gli stessi occhi della mia Andrea e togliermi così da quella vita che io avevo scelto di avere. Presi sonno con ques$ pensieri. Alle 8,30 dell’indomani mi alzai, cercai di darmi una ripulita: fa#o la barba, lava$ capelli e pe"na$, benché lunghi. Avevo un’aria più giovane… 18

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IL VAGABONDO

Presi un jeans, un maglione e un giaccone blu, scarpe nere. Allo specchio mi vedevo molto diverso rispe#o al giorno precedente, adesso ero presentabile. Arrivato al bar ordinai un caffè e mentre lo bevevo arrivò Elena che non mi riconobbe: -“Signorina Elena lo zingaro è qui!” Lei si voltò e rise: -“Ah! Se tu" gli zingari fossero cosi, non ci sarebbero più zingari, adesso si che sei presentabile!”. Risi anch’io e pensai che era la prima volta che lo facevo da quando avevo iniziato quella vita. Andammo all’ufficio dove presentai i miei documen$. Dopo un’ora era tu#o ok. L’indomani alle 4:00 del ma"no mi sarei dovuto presentare al lavoro sul peschereccio. Uscimmo e chiesi ad Elena se volesse bere qualcosa. Non volle nulla, aveva delle commissioni da fare e non aveva tempo. Le chiesi se avessi potuto rivederla anche l’indomani. Fu vaga ma subito dopo una breve riflessione mi disse che aveva il mio numero di telefono e che mi avrebbe chiamato. Del resto lei sapeva i miei turni: se ero libero, ero sul peschereccio con suo padre! Una volta tornato al camper presi un sacco in pelle e misi dentro la tuta da meccanico e qualcosa di più pesante, in caso avessi avuto freddo in mare. Presi anche qualche sapone e un asciugamano, un cappello di lana, dopo aver mangiato e sistemato tu#o, misi la sveglia per le ore 3:00 così alla 4:00 sarei stato sul peschereccio.

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RACCONTO DELL’UOMO FELICE

COME SEMPRE DICO: AI SOGNI NON RINUNCIATE MAI! Antonino Sergi (il sognatore) La mia stella cara piccola rondine stella del mio cielo, mi manchi tanto e da solo mi consolo ma stasera guardando, in alto sù nel cielo, cercherò di capire e scoprire dove sei, perchè se dovessi sapere che non ci sei, nell'immensità del mio sogno io mi perderei. Ciao ciao Venezia

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Antonino Sergi ama definirsi “Il Sognatore”. Ed è vero perché nei suoi libri dà vita ai suoi sogni con estrema naturalezza e uno s"le scri#orio semplice e piano, che ricalca perfe#amente la vita di ognuno e veste di poesia il quo"diano. Ogni suo romanzo sarebbe un o$mo copione per un film, di quelli a lieto fine ma non banali perché " fanno rifle#ere: sulla condizione dell’uomo e sulla sua con"nua ricerca della felicità e del donare e del ricevere amore. “Racconto dell’uomo felice” è un libro nel quale i sen"men" dell’uomo e l’introspezione sono i veri protagonis". E ce ne accorgiamo alla fine della lettura che avviene tu#a di un fiato perché Antonino Sergi appassiona in ogni pagina per la sua sincerità e per la sua vicinanza ai fa$ che ognuno di noi, seppure in modi e in tempi diversi, ha vissuto una volta nella vita, o almeno ha sognato. Un Salgari moderno, e questo ci stupisce ancora di più, poiché nell’opera del Sergi mol" luoghi descri$ sono visita" non fisicamente, ma dalla sua immaginazione. Uno scri#ore sincero, che tu$ vorremmo conoscere di persona, per stringere quella mano che ci regala umanità ed emozioni senza chiedere nulla in cambio. Ma sono sicuro che verrà spontaneo da parte di ogni le#ore offrire un sorriso e un “grazie” ad Antonino scrittore di vita vera e d’amore. Dino Marasà, editore e fondatore di Studio Byblos

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