FRANCO SALDI' - GABRIELLA ZEGRETTI - IL DONO

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Franco Saldì Gabriella Zegretti

IL DONO Pensieri a 4 mani

Studio Byblos ANTEPRIMA



Al Dott. Mauro Berto già Primario del reparto di Nefrologia e dialisi dell’Ospedale degli Infermi di Biella, alla Dott. Veronica Morellini, Nefrologa del medesimo noscomio, al Dott.Sergio Di Bella Medico di famiglia, per aver circondato la nostra famiglia di stima e profondo affetto; A Carla e Valentina, ai nostri nipotini, sole della nostra esistenza.

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- Prefazione -

Ciao Franco, inizio così la presentazione a questo testo per‐ ché la tua presenza sempre viva più che mai, viva in noi. Tes‐ sere le tue lodi è troppo facile perché in te erano tutte

presenti, ma non di questo vorrei parlarti. Grazie ad uno splendido dono hai potuto vivere una meravigliosa vita, un dono che costantemente hai onorato, creando quel "ilo invi‐ sibile ed indistruttibile che ti ha legato a chi nell’ora estrema, ha deciso che dalla sua morte scaturisse la vita. Il dono non è mai gratuito, ma deve essere reciprocato e tu l’hai fatto amando tutto ciò che la vita ti ha concesso senza mai dimenticare il donatore, il tuo angelo senza nome. Un ricordo mi sovviene alla mente! Era il 2018 quando ti consegnai una targa per i tuoi trenta‐ due anni dal trapianto. Fu una bella cerimonia, emozionante e ricca di commozione. Quante belle discussioni ci siamo fatti io e te in questi anni in cui sempre la memoria del pas‐ sato e l’aspettativa del futuro si concretizzavano in un pre‐ sente pieno di "iducia. Aristotele diceva che non si può vivere senza amici e tu ne hai avuti tanti intorno a te: amici veri, amici per virtù. In"ine voglio parlarti di Gabry, di Carla, di ANTEPRIMA

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Valentina e di tutti i tuoi nipotini che tanto hai amato: tu vivi in loro non solo nel ricordo, ma nell’essenza stessa delle loro anime perché l’amore, il rispetto, la lealtà e la tenacia che hai profuso in loro non moriranno mai. Grazie per tutto questo, Mauro

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- Introduzione -

La ragione che ha fatto nascere questa raccolta di pensieri, scaturisce da un forte desiderio di mio marito Franco di esternare le sue emozioni. La linfa vitale di ogni essere

umano è data da sentimenti che possono essere celati o espressi mediante linguaggi diversi. Per tutta la sua vita, Franco ha voluto conservare gelosamente dentro di sé ciò che corrispondeva ai suoi pensieri, al suo modo di essere, al suo modo di amare. Durante gli ultimi giorni di vita però, mi informò di avere raccolto alcune memorie sul suo computer e di volerle divulgare a testimonianza che l’esistenza in que‐ sto mondo è ricca di doni fatti e ricevuti; doni che imprezio‐ siscono il signi"icato non solo di momenti tristi ma anche di quelli più felici. Non esistono doni di differente valore, ma è giusto ricono‐ scerli sempre e ringraziare con tutto il cuore chi li offre ge‐ nerosamente. Lo stesso giorno del suo saluto, le nostre "iglie andarono alla ricerca del "ile e vi trovarono parole semplici ma cariche di grande signi"icato che rispecchiavano in tutto la sua personalità. Ricordi di vita vissuta, dolori e tristezze di attimi susseguiti ANTEPRIMA

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uno dietro l’alto in un periodo molto lungo, ma anche breve, raccontati con la più grande serenità e amore.

Polvere di stelle che luccicano in cielo in una notte apparen‐ temente scura e tenebrosa sono stati i momenti percorsi in‐ sieme. Non è stata una strada sempre rettilinea e ben asfaltata come immaginavamo da ragazzi, cinquant’anni fa. Abbiamo incontrato curve a gomito, salite impervie, buche profonde rischiando la perdita di controllo del carro armato di cui eravamo alla guida e di rotolare fuori strada parecchie volte. La determinazione di volercela fare, insieme all’amore che è sempre stato nostro alleato, ci hanno portato alla vittoria

"inale arrivando al nostro traguardo di vita insieme con tanta soddisfazione. Queste righe hanno lo scopo di dare un signi"icato e uno sprone a chi le legge e ha qualche remora nel dover accettare ciò che ogni bagaglio dell’esistenza umana contiene al suo interno. Scritte a quattro mani per amalgamare i suoi pen‐ sieri ai miei, ciò che è stato detto e quello che invece è stato espresso, utilizzando altri linguaggi. Ogni attimo, non solo nelle discussioni e nelle diversità di opinioni, è rimasto vivo ed eterno nella nostra memoria. È il regalo, il dono tanto desiderato, l’ultimo della sua esi‐ stenza, l’apertura della sua anima con la consapevolezza e la serenità del suo trapasso, insieme alla soddisfazione di ciò che aveva ricevuto dalla vita stessa. 8

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Io, in sua vece, le regalo a tutti quelli che hanno il desiderio di conoscere la nostra vita, magicamente rinata in un giorno

di aprile del 1986 e di comprendere che la disperazione per eventi devastanti non ha alcun signi"icato; ciò che invece è importante è l’af"idarsi al miracolo stesso del dono, del‐ l’amore che forti"ica e unisce per sempre. Parole scaturite dal cuore, dai sentimenti, dalla maturità, dalla coscienza di una coppia nata nel verde della gioventù, cresciuta e consolidata con la consapevolezza dell’amore che ha fatto da collante in momenti felici e appaganti o come in momenti che a volte ci portavano a sprofondare in abissi in‐ sormontabili. Raccolte di pensieri e frasi di Franco mai rese

pubbliche per il pudore e l’umiltà che hanno caratterizzato il suo essere. Franco è stato sempre schivo ad esprimere le sue emozioni e i suoi sentimenti, bisognava interpretare i suoi silenzi, i suoi sguardi, le sue semplici azioni che spiazzavano anche chi gli stava vicino da sempre.

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IL MIO SOGNO Franco: Ho sempre pensato che se avessi scritto un libro per raccon‐ tare la mia storia, lo avrei scritto in versi per dare al mio pen‐

siero un ritmo diverso in modo da accennare ai momenti di grande sconforto e per lasciare spazio invece a tutti gli attimi ricchi di emozioni, speranza, "iducia. Sì, perché la vita anche quando si presenta triste, faticosa, sofferente se la si pone nell’apprendimento della parola di Dio, dona momenti di gioia. Come una "iligrana, questi aspetti della vita hanno contri‐ buito a farmi superare la tristezza, il dolore e l’angoscia che nei momenti dif"icili hanno adombrato il mio orizzonte, la paura nei miei occhi, il tremore nel cuore mio; scappo verso di te: ma perché fuggire dalla legge della vita? Certo sarebbe stato molto lungo il libro che avrei voluto scri‐ vere per tramandare le mie emozioni provate durante la mia vita ma ora, in età avanzata, in cuor mio, le rivivo insieme a quelle delle mie amatissime "iglie Carla e Valentina ed è que‐ sto che mi importa maggiormente. L’arrivo dei miei nipotini Adele, Lidia, Francesco e Diego ha ANTEPRIMA

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generato in me un’ulteriore scintilla di bellezza e grandezza. Non sempre ho saputo nascondere il dolore, ma l’amore, la

"iducia nell’aiuto del Signore e della Vergine Maria hanno prevalso dandomi forza e tanto coraggio. Negli smarrimenti, nelle incertezze e nelle maree della vita, il mio animo ha cer‐ cato comunque di conservarli tutti insieme nella speranza. Comporre le mie emozioni e i miei pensieri prima della di‐ partita è sempre stato mio desiderio. Un sogno che avrei vo‐ luto fosse scritto in forma lirica come segno d’affetto alle mie "igliole, ai miei nipoti, ai miei fratelli, a tutti i parenti e amici e principalmente alla mia compagna, moglie e amica Gabry, che magari non mi ha sempre capito, ma che lo stesso ho portato nel mio cuore. Vorrei inoltre lasciare la mia benedizione a tutte le persone che mi sono state vicine nella malattia (nefrologia di Biella, nefrologia di Brescia, le cure palliative, il medico di famiglia, il mio carissimo amico Dr. Berto), che mi hanno voluto bene, a tutte quelle che ho conosciuto e che mi hanno conosciuto; a chi il destino mi ha fatto incontrare nella piovosa notte del 1986. Risuona sempre nelle mie orecchie la telefonata di quel pomeriggio: “Franco, devi andare subito a Brescia! Forse c’è un rene per te!”. È andato tutto bene, ogni giorno era sempre meglio. Risentivo nuovamente lo stimolo alla vita. Alla persona che mi ha donato il suo rene, dico che la sua vita non è andata persa, una parte di lei ha continuato a vivere in me. Ogni giorno che il sole mi ha guardato, ha guar‐ 12

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dato anche lei. Lei che non ringrazierò mai abbastanza per avermi regalato la possibilità di altri momenti. Se penso al

domani vado incontro alla sera e un gelido tremore, pene‐ trando nelle mie ossa, mi irrigidisce. Con occhi umidi sogno i giorni passati con te Gabry ed allora trovo la forza per re‐ starti accanto per vivere ancora l’amore insieme anche con chi ne è stato il frutto. Vorrei che il mio libro, purtroppo solo pensato e mai scritto, terminasse sprigionando il fascino delle stelle cadenti per poter accendere nel cuore di ogni lettore e di ogni persona presente al mio ultimo addio, un bagliore di luce, una scin‐ tilla di speranza, un desiderio di verità, bellezza e amore continuo. Vorrei avere la mente di tutti i “Grandi” per catturare nel mio cuore Te, o Cristo, per essere accolto nella tua Misericordia perché sia sereno e sublime il mio eterno riposo. La lirica di cui parlo, solo pensata e ancora non formalizzata, l’ha scritta il mio Angelo biondo, la mia nipotina Adele, e re‐ cita così: Chiudi gli occhi e vedrai l’amore,

stai in silenzio e sentirai la felicità, apri il cuore e saprai stare insieme, apri le braccia e saprai amare. Adele

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TU ED IO Franco: Come spesso accade, anche in questa occasione, mi ritrovo a guardare con gli occhi di oggi ciò che è stata la mia vita, la

nostra vita, tua e mia; cinquant’anni insieme nel corso dei quali siamo cresciuti, maturati, amalgamando i nostri carat‐ teri e le nostre abitudini, trasformando due inesperti ragaz‐ zini in una coppia movimentata ma coraggiosa e tenace, vogliosa di fare le cose per bene e seriamente. Sono felice del risultato ottenuto: le nostre "iglie e i nostri nipoti, ben quattro stupendi bimbi che sono l’ossigeno della nostra se‐ conda gioventù. Nel percorso impervio per nulla breve che abbiamo attra‐ versato ci siamo sempre trovati a fare delle scelte complesse che hanno segnato solchi profondi nell’animo nostro ed anche delle nostre "iglie che spesse volte dovevano dimo‐ strare maturità, a tal punto che se qualcosa andava storto in dialisi, sapevano a memoria quelle regole rigide che dove‐ vano seguire perché il loro papà non riusciva a tornare da solo a casa ed aveva bisogno di te Gabry mio amore, che con l’ansia all’esasperazione ti precipitavi in mio aiuto. ANTEPRIMA

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Oppure, quando mi chiamarono per il trapianto, mi ricordo con l’adrenalina a palla, prendendo decisioni immediate par‐

lammo con le nostre piccole di ciò che stava succedendo e a chi sarebbero state af"idate nel giro di qualche ora. Forza e coraggio non ci sono mai mancati e sono stati trasferiti alle nostre bimbe, senza celare verità. Gli eventi da affrontare erano necessari e non avrebbero mu‐ tato alcun tipo di sentimento nei loro confronti, anzi il loro papà non avrebbe più sofferto e non avrebbe più fatto dialisi. Un carissimo amico ci accompagnò con l’auto e passò la notte all’ospedale seduto su una sedia nel corridoio, mentre io mi stavo preparando all’intervento. E tu? Tu eri con me,

mi carezzavi la testa, mi tenevi la mano come si fa con i bam‐ bini, mi dicevi parole confortanti e convincenti. Poche ore dopo la mia incredulità su ciò che mi stava succe‐ dendo, lasciò il posto all’ansia ma anche al sollievo per la consapevolezza che vi avrei donato una nuova realtà. Mi por‐ tarono in sala operatoria ed ero sereno e con il sorriso sulle labbra, ti salutai. E tu... tu mi seguisti. Mi ricordo quando mi raccontasti delle tue forti emozioni, del momento in cui un infermiere entrò in sala con celerità e scrupolo, facendo attenzione a non danneggiare la borsa frigo che portava con sé. Le tue sensazioni le ho tutte inte‐ riorizzate, fatte mie e condivise: dentro alla borsa era ada‐ giato sul ghiaccio il rene, il suo rene, la mia vita per la vita. Mi risvegliai qualche ora dopo in una camera asettica dove 16

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passai circa un mese assaporando ogni attimo del mio nuovo star bene ed aspettando il momento fatidico, quello di tor‐

nare a casa con tutta la mia famiglia. Per favore Gabry, potresti prendere quelle scatole, mi piace‐ rebbe rivedere le vecchie foto che hai riordinato un po’ di tempo fa. Me le potresti raccontare? Vorrei nutrirmi di ri‐ cordi, di passato, af"inché mi possa immergere ancora una volta nella nostra vita con tutto me stesso insieme a tutti voi. Gabriella: Cominciammo a sfogliare gli album mentre i ricordi scorre‐ vano inesorabili con le immagini di tantissimi anni fa. La tri‐ stezza mista alla consapevolezza che sarebbe stata l’ultima volta che l’avremmo fatto insieme inondava i miei pensieri. Se avessi potuto, avrei fermato il tempo per tenerti ancora vicino a me.

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I RICORDI Gabriella: Racconterò per te, amore mio con le lacrime agli occhi e il dolore della consapevolezza. Inizierò da… Agrigento, 26 aprile 1970 Giornata di intensa tiepida primavera. Mi guardavo intorno stupita, come se vedessi per la prima volta la Valle dei Tem‐ pli tra fasci di colori dalle sfumature impercettibili e visioni sempre più evanescenti e trasparenti che avvolgevano in un morbido abbraccio le secolari, forti e indistruttibili colonne; quella valle incantata che appariva sotto i miei occhi impo‐ nente e "iera dei suoi molteplici secoli di storia. Sentivo den‐ tro una strana sensazione: sfarfallii, batticuore, salivazione azzerata. Il tepore del sole siciliano scaldava e carezzava le mie mem‐ bra, mi faceva sentire coccolata ed appagata; il profumo degli oleandri misto a quello dei cannoli di ricotta, dei frutti di martorana, e di caffè, mi grati"icava e mi avvolgeva in uno stato di appagante sicurezza e nello stesso tempo di scono‐ sciute emozioni. Cosa mi stava succedendo? Avevo appena sedici anni e qualche giorno prima ciò che mi rendeva felice ANTEPRIMA

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e grati"icata era scorazzare per le vie della città con la mia bici bellissima per quei tempi e ben attrezzata. Aveva due

ampie borse laterali e due portapacchi posti sul davanti e sul retro. Era il mio orgoglio, il simbolo della gioia di vivere la mia ado‐ lescenza. Spesso oltrepassavo la linea di con"ine stabilita dai miei genitori per non farmi allontanare troppo da casa. Mi ritrovavo immersa in quella Valle dei Templi simbolo della nostra città natale, Agrigento. Durante le mie fughe segrete amavo sedermi in un bar pasticceria noto ai giovani di quei tempi. Ti ricordi, Franco? Tu eri seduto di fronte a me. Sentivo ad‐

dosso il tuo sguardo penetrante che cercava il mio, complice e accattivante. Lasciai alle spalle le paure, ogni remora, le in‐ sicurezze tipiche delle ragazzine di quell’epoca: avevo ap‐ pena sedici anni ma mi sentivo già donna. Ricordo il brivido che mi fece sobbalzare, non conoscevo quel tipo di emo‐ zione, so che ero felice. Mi stavo innamorando di te! Di te, bel tenebroso ma così dolce e rassicurante nello stesso tempo. Immaginavo di accucciarmi come un micino tra le tue braccia, scoprire il tuo odore, la tua forza, la tua acco‐ glienza. Cosa avrei potuto chiedere di più? Tu continuavi a guardarmi, forse aspettavi il momento favorevole per pren‐ dere un’iniziativa qualsiasi e che arrivò quando uno dei no‐ stri amici che mi faceva il "ilo avvicinò la sua sedia alla mia. Ebbi un sussulto, il cuore cominciò a battere fortissimo 20

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quando ti alzasti di scatto per portarmi via, via per sempre come nelle favole il principe azzurro fa con la sua princi‐

pessa. Non potevo chiedere di più. La favola era la mia, la no‐ stra! Innamorarsi è raro, ma non dif"icile. La vera impresa è conservare quel sogno d’ amore anche dopo la sua trasfor‐ mazione in realtà. “Perché, se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola.” (M.Gramellini). E noi non ci siamo mai persi!

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FRANCO: Sai, Gabry, in quei giorni non capivo granché della vita che stavo vivendo. Mi chiedevo se ero proprio io che ti avevo vi‐ cino e che ti stavo baciando. Ti baciavo con tutto il trasporto e la passione e tu mi avevi spiazzato, con la tenerezza, con il tuo carattere scanzonato e allegro, sempre pronta alle bat‐ tute per far divertire con la schiettezza e naturalezza che ti rendevano unica tra tutte. Il verde argentato degli ulivi se‐ 22

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colari brillava sotto i raggi amorevoli del sole; la candida pu‐ rezza del bianco dei mandorli si mescolava all’intenso verde dei prati e ai mille colori dei "iori. Il rosso passionale e acceso dei delicatissimi papaveri completavano un quadro meravi‐ glioso dipinto solo per noi due; la cornice era la nostra pre‐ ziosa intesa, il nostro amore in boccio. Avevi scelto proprio me, così serio e impostato, impaurito e sulle difensive sem‐ pre pronto a proteggere quel poco che mi sembrava di pos‐ ANTEPRIMA

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sedere. Con la gioia nel cuore, non credevo a quello che stava succedendo. Amore mio, è come se ti avessi cercata nel

mondo, nelle parti più nascoste dell’universo, nell’ immen‐ sità più intima della mia anima. Eri lì ad aspettare che ti tro‐ vassi. Mi ricordo che pregai Dio perché la felicità che provavo non avesse "ine, che mi facesse camminare accanto a te, per tutti gli attimi più dolci, più intensi, più tristi, più dolorosi perché ciò che era importante per me, allora come ora, è l’unione, l’armonia di coppia che unisce due persone, per sempre senza conoscere alchimie o magie o per quale de‐ stino, ma che trasforma due vite in una sola. GABRIELLA: Il periodo dal 1970 in avanti è servito per conoscerci più a fondo, plasmare reciprocamente i nostri caratteri, smussare incomprensioni ed egocentrismi, abitudini del quotidiano, condividendo tutto anche con qualche innocuo scambio di idee usato come saporita spezie per aromatizzare un piatto prelibato. Siamo stati eccellenti scultori, meticolosi cesella‐ tori del percorso della nostra vita insieme, consapevoli delle dif"icoltà da superare. Intanto le immagini scorrono. Ci ve‐ diamo belli, in chiesa a consolidare il nostro amore davanti a Dio. Questa certamente fu la ciliegina sulla torta del nostro duraturo progetto di vita. Quanta determinazione hai do‐ vuto spendere con la speranza di dare anche alla tua famiglia di origine serenità e pace! Spesso non compreso, consideravi 24

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questi attimi frustanti ed impegnativi per te che nonostante tutto cercavi di equilibrare le situazioni, sdrammatizzando

per evitarmi delusioni e problematiche che comunque inci‐ devano notevolmente sul nostro rapporto. Hai portato sulle tue spalle il peso di sofferenze altrui indossando abiti da pa‐ ladino per chiunque chiedesse il tuo aiuto; come un piccolo Telamone aggiunto ai tre che costituiscono lo stemma di Agrigento e simboleggiano il carattere della nostra gente che non si arrende mai alle dif"icoltà e che porta sulle spalle pe‐ santi torri colme di sofferenze. Sei stato una roccia per tutti noi, per chi ha avuto l’onore di conoscerti. Una roccia al contempo friabile perché non sem‐

pre le decisioni che prendevi erano semplici e fattibili. Così ti adombravi chiudendoti in te con mille pensieri in testa dove nessuno poteva accedere "inché esausto non decidevi di condividere con me le tue pene. Così anche nel campo lavorativo la tua sete di conoscenza ed il tuo rispetto verso chi aveva bisogno di aiuto ti portava a studiare ogni singolo caso. Ti alzavi all’alba per consultare codici e libri vari che potevano aiutarti a risolvere situazioni intricate. Così stuzzicavi il mio orgoglio di essere tua moglie. Amore, i tuoi occhi mi dicevano tutta la tua soddisfazione: “È come pensavo! Hai visto, avevo ragione, non potevo sba‐ gliarmi.” Diventavi come un bambino, gioioso di aver preso un ottimo voto. ANTEPRIMA

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LA VITA CONTINUA A PRESCINDERE Franco: Ciò che reputo giusto è considerare la vita come una scala da salire a piccoli passi, raggiungere obiettivi pre"issati e do‐

nare i risultati raggiunti a piene mani a chi mi sta vicino, nel tortuoso percorso in salita della mia vita. Credo nella capacità di affrontare le dif"icoltà con forza, di andare avanti un gradino per volta, senza paura. Non solo per me, soprattutto per chi ha "iducia in me. È il "ilo condut‐ tore delle mie decisioni da sempre, per vivere. Da quando mi sono ammalato, anzi da quando ho scoperto di essere malato, non nascondo che avevo perso le speranze. Nove anni di dialisi avevano contribuito ad annientare la "i‐ ducia posta nel mio futuro e nel vostro, tuo e delle nostre "i‐ glie. Ecco, guarda questa foto… È il primo compleanno di Carla e aspettavamo Valentina che sarebbe nata a "ine anno. Avevo al braccio il cerotto della dialisi che cercavo di nascon‐ dere il più possibile per celare il mio stato. Tante volte ho dovuto lottare contro pregiudizi e maldicenze dovute alla non conoscenza, all’errore di catalogare in un unico cliché di tossicodipendenti il mio essere malato solo per aver no‐ ANTEPRIMA

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tato un braccio con "istola, cicatrici di buchi causati da aghi per dialisi. Ricordo anche quel periodo antecedente, come se fosse ieri. Avevo appena ventinove anni e tu, Gabry quasi ventisei quando mi svegliai un giorno e non vedevo più. Mi prese il panico, ma facendo "inta di niente a tastoni andai verso la voce allegra della mia piccola Carla che mi chiamava per buttarmi le braccia al collo e farsi prendere dal suo let‐ tino. Ricordo la disperazione che pervase la mia mente. Non l’avrei più potuta guardare né vederla sorridere? Non potevo accettare quella realtà, né tanto meno quando i medici mi comunicarono che per via della grave insuf"icienza renale, la mia, la nostra vita avrebbe avuto importanti trasforma‐

zioni. Ero arrabbiato con un destino che non potevo cambiare. Ri‐ cordo ancora che feci volare i comodini e quello che avevo a portata di mano vicino al mio letto di ospedale. Carla aveva

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Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7

CAPITOLO I ‐ Il mio sogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11 CAPITOLO II ‐ Tu ed io . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15 CAPITOLO III ‐ I ricordi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .19 CAPITOLO IV ‐ La vita continua a prescindere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .27 CAPITOLO V ‐ Esiste la diversità? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .33 CAPITOLO VI ‐ IL mistero della vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .35 CAPITOLO VII ‐ La fede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .39 CAPITOLO VIII ‐ Ultimo saluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .45 CAITOLO IX ‐ Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .47 CAPITOLO X ‐ I doni non "iniscono mai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .51 CAPITOLO XI ‐ Il signi"icato della donazione di organi . . . . . . . . . . . . . .53 CAPITOLO XII ‐ I pensieri e le parole della Dott.ssa V. Morellini . . . . .57



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