BACCI CECILIA - L'AMORE ASPETTA

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L’AMORE ASPETTA Biografia raccontata e illustrata di Cecilia Bacci

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Studio Byblos


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Copertina illustrata da Giulia Di Muoio @_giuligiuls


L’AMORE ASPETTA

INTRODUZIONE

S

ono Cecilia, sono appassionata alla scrittura forse da sem-

pre, ma solo ad oggi ho realizzato questo testo. L’amore

aspetta, una biografia in chiave romanzata, ci ho messo molto del mio, ed è spero riuscito un bel testo anche in chiave ironica oltre che toccante! Fa capire l’amore ai tempi degli anni ottanta e come una giovane ragazza la pensa al riguardo! Grazie ai miei genitori che mi hanno insegnato valori importanti. L’amore aspetta è in gran parte dedicato a loro! Buona lettura a tutti!

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L’AMORE ASPETTA

FEBBRAIO 1968

N

asco già con i capelli folti, tanti, neri un bel fagottino rosa,

robusto entra già nel cuore di molti amici e conoscenti.

Già ammiravano estasiati la simpaticona sorniona come una

gattina che dormiva beata nella sua culla. In via Lambruschini ero l’orgoglio di mamma Giuly e babbo Roby. Io, beh già percepivo le coccole i baci che mi elargivano con amore mamma e babbo. La mia cara amica, Cristy, nasce per colpa mia! La mia cara amica, inseparabile compagna di giochi, di scuola nasce dopo dieci mesi perché sua mamma avendo visto me si era invogliata a mettere al mondo un’altra bambina oltre alla primogenita Betty.

Cecy a 5 mesi! ANTEPRIMA 5


L’AMORE ASPETTA

PRIMA INFANZIA

C

resco bene attorniata da nonni paterni che adoravo. Il

nonno Osvy, un omone con occhioni colore verde chiaro,

una faccia buona, aperta. I suoi occhi sono uguali ai miei per colore e forma. Compagno di giochi oltre che nonno, simpaticamente burlone. Io, ne godevo la sua simpatia. Era il mio nonno tutto mio, perché ero la sua unica nipote. Anche la nonna Ily, con cui formava un’inseparabile coppia, spesso passavo i pomeriggi con lei. Poi c’erano gli altri nonni, quelli materni e lì, abbracciavo, non solo loro, ma un universo intero tra ben cinque zie più zii e sei cugini. Tutti insieme ogni fine settimana nella dimora di campagna dei nonni. Lì davamo proprio sfogo a grida, giochi e stramazzi, scherzi, merende nei prati e tutto quello che concerne la spensieratezza tipica di quell’età.

Cecy al mare a 5 anni! ANTEPRIMA 6


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Come non ricordare i Natali, una lunga tavola che metteva tutti insieme tra i tegami, gli arrosti al fuoco. Era come una sorta di riunione, tutti al tavolone riuniti e affiatati! Fino all’adolescenza ragazzi e bambini felici, spensierati poi la prima disgrazia si abbatté su questa grande famiglia. Zia Alby si ammala e ci lascia a soli cinquanta anni per un male incurabile. Noi ragazzi a fila a salutarla perché lei volle così. Prima che ci lasciasse volle baciarci a uno a uno… i suoi nipotini. Io tremavo dentro perché nonostante la mia giovane età a soli quindici anni, capivo che lei capiva e sapeva che non ci avrebbe rivisto più. Il mio nonno materno non si riebbe più, fu un duro colpo per lui.

Comunione di Cecy, con la mamma 7

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L’AMORE ASPETTA

IO E CRISTY

L

e scuole, i compiti, le scampagnate ai giardini. E poi le ri-

sate, le carnevalate a casa… sì io e lei troppo unite una

sorta di simbiosi! Se lei non veniva a scuola perché era malata, io non riuscivo a dare il meglio, ero triste e spenta!

Io e Cristy - 5a elementare

I PRIMI 20 ANNI

A

nche la nonna Ily si ammala. Era l’anno in cui la vita ha

un senso, tu sei più sicura, più felice per tutto anche per

capire che cos’è l’amore! Sì, io a differenza delle mie coetanee, l’amore e la sua forma non lo rincorro, perché io l’amore lo sogno non lo vivo! Parola amore è, quasi rovente, è quella che sta scritta nei foglietti dentro ai baci perugina, che vuole dire esserci a trecentosessanta gradi e anche se a volte con rammarico, il pensiero 8

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non va di pari passo con la convinzione, basta un niente a fare traballare tutto, a fare traballare anche quei venti anni... Dovevo compiere venti anni, era una calda mattina di maggio, già si sentiva nell’aria profumo d’estate, i primi raggi solari si facevano sentire, i primi calori che preannunciavano un’estate che sarebbe stata calda. Io mentre passeggiavo sul lungo canale, che circonda il fiume Bisenzio, mi sentivo libera proprio come una leggera farfalla a primavera. Indossavo una camicetta bianca, minigonna pois nera e bianca e ballerine. Sì le mitiche ballerine le amavo perché non ero ancora donna e le scarpe con il tacco le ammiravo e provavo quelle di mamma, immaginando di essere una vamp, una vera vamp della tv! Ma le mie ballerine erano le mie ballerine, e si sa a diciannove anni possono essere di transizione, per poi gettarle e passare ai quasi tacchi che somigliavano a quelli di mamma. Mamma era bellissima a cinquanta anni, sensuale, voluttuosa, con le sue forme piene. Ahimé io volevo incarnare la sua bellezza rotonda nei punti giusti ma ero ancora troppo acerba. Ero verde come si suole dire, non ancora pronta per mangiarsi, se non da chi vuole cogliere il fiore, il frutto proibito. Il frutto che deve maturare e c’è chi è sempre pronto a tutto pur di farlo! Proprio in quella calda mattina di maggio il lupo travestito da agnello fece i suoi primi passi verso la dimora di via Lambruschini. Sentii un leggero stridere di freni, di pneumatici che si incollavano sull’asfalto quasi rovente. Mi voltai perché anche la mia 9

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verde giovinezza aveva percepito qualcosa di diverso. In quel momento lo vidi, per la prima volta, lo vidi un uomo bellissimo, moro, abbronzato, seducente; uno sguardo fermo, deciso e un sorriso felino che avrebbe inchiodato qualsiasi creatura! Dalla sua bellissima automobile, un fuoristrada quattro per quattro bianco, mi rivolge un semplice ciao, io contraccambio. Era la perfezione, era il sogno di qualsiasi ragazza in verde età! Avrà avuto circa trenta anni, quindi uomo, macho, irraggiungibile, inafferrabile per me, piccola, acerba in maturazione, fanciulla! Eccolo che sicuro, spavaldo, scende dal fuoristrada e mi si avvicina; mi dice qualcosa tipo: come va? Ti va se ci conosciamo? È bello conoscere nuova gente! Io resto immobile, impalata, inerme solo il grosso porta chiavi di metallo che stringevo tra le mani, dalla trepidazione mi cade rumorosamente a terra! Lui si offre di raccoglierlo e guardandolo dice: meno male non si è rotto! Proprio una bambina pasticciona, inesperta, tremolante, di fronte ad un uomo. Non ero proprio abituata. Poi lui estrae dal taschino un biglietto da visita e mi dice: chiamami quando vuoi. Si presenta dicendo il nome sono Saury, piacere! Io farfuglio un sì e corro in casa con una sorta di contentezza, stupore e meraviglia! Al pomeriggio non contenevo più la gioia, tipica di una ragazzina in età verde, a cui per la prima volta sembra di aver incontrato l’uomo dei suoi sogni. Mi faccio coraggio prendo quel biglietto da visita color grigio dove è scritto nome, cognome, attività 10

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lavorativa! Sembrava tutto perfetto anche il suo lavoro, era una sorta di commerciante di petrolio! Comunque tutto calzava a pennello! Bello, ricco e potente! Già mi vedevo a suo fianco una signora dell’alta società! Ne parlai con mamma, mia amica, mia confidente e compagna nella vita, guardò attentamente quel biglietto grigio ed esortò: Sembra il lavoro degli sceicchi, il petrolio! Io in cuor mio speravo che avesse letto il mio cognome sul campanello in modo che potesse scoprire il numero telefonico. Passarono giorni e intanto rigiravo tra le dita quel biglietto. Poi uno squillo del telefono mi fece sobbalzare! Risposi: pronto? E dall’altro capo del telefono udii un: sono la SIP ah, ah! Pure ironico, perfetto Si… Era lui! Tremolio alle gambe, batticuore e tutto di più, dissi: ciao! E lì iniziò il mio vero dare amore ad un uomo. A mio modo perché i miei acerbi diciannove anni erano intrisi ancora di sogni di bambina, di romantici baci e di mani che si sfiorano e nulla di più! Faceva ormai caldo, era quasi agosto ed avevo sentito Saury al telefono, mi passava a prendere con la sua auto fiammante cabriolet nera! Non stavo in me quel giorno e ahimé avevo anche il ciclo, per una ragazzina poi non era il massimo come primo incontro e soprattutto avevo deciso di indossare una attillata tutina nera con pantaloncini ciclista in voga in quel periodo! Feci cento prove allo specchio poi io le mie ballerine, i miei innumerevoli ca11

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pelli e soprattutto il ciclo e quel che concerne per contenerlo eravamo pronti! Ero fresca, giovane, ingenua ma già con grandi sogni, troppo grandi forse! Arrivò che erano quasi le sei, vidi il muso dell’auto nera parcheggiare sotto casa. Era lucida, lunga sembrava un giaguaro nel deserto! Era bellissima! Aprì la portiera e dissi un timido ciao contraccambiato. Appena salita non potei fare a meno di notare il suo sorriso da lupo, denti bianchissimi in un volto abbronzato. Vestiva casual, jeans e camicia bianca con maniche con risvolto! Era stupendo! Decappottò l’auto e partimmo a tutta aria! Come prima volta non potei chiedere di meglio. Non fu precipitoso anche perché io non volevo che lo fosse! Ero piccola ma la testa ragionava già da sola! Lui era un uomo non un ragazzo ed era stupendo per questo, però non capivo che non si sarebbe fermato di fronte a nulla, avrebbe colto quel fiore prima o poi! Ma io non lo volevo capire perché a volte i sogni di ragazzina volano più in alto della realtà! Passa un mese ed arriviamo a settembre e quel telefono non squilla. In tv davano Gabriella Carlucci con “Cocco Bello” mio programma preferito forse perché era fresco, colorato e ne ero molto attratta. Il venti settembre, mentre guardavo la tv suona il telefono; dissi: pronto? Era lui! Non stavo più in me, troppo contenta, troppo! Mi aveva ricercata, quindi non si era scordato di me! Anche con le mie ballerine gli piacevo! Cavolo ero bella! Acerba ma bella! 12

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L’AMORE ASPETTA

OTTOBRE ORE 17,00

L’

autunno si faceva sentire con i suoi colori caldi, e i suoi

profumi di caldarroste, i primi freddi, i primi cappottini

corti che mi sfioravano appena il ginocchio e sempre le mie intramontabili ballerine! Mi accingevo ad andare a quell’appuntamento, lo sapevo che ero quasi donna ma non volevo lasciare il ruolo di bambina, anche se comprendevo che lui era un lupo a tutti gli effetti! Però, caspita, che bel lupo! Mentre aspettavo che la sua auto cabriolet nera con morbidi sedili in pelle color crema si facesse avanti, mi domandavo tra me e me che cosa sarebbe successo quel pomeriggio e soprattutto se io potevo essere al top indossando una semplice giacca “Principe di Galles” con martingala nera. Ma sì ero acerba e quel look era sbarazzino, poteva andare! Eccolo! Parcheggia apro la portiera e mi accingo a salire in auto. Lui con maglia aderente e giacca era semplicemente divino! Io lì in quell’auto, impacciata ma nemmeno tanto in fondo, pregavo il Dio che non si fermasse ma come l’altra volta ad agosto mi facesse fare semplicemente due giri in auto! Invece, dopo due sguardi alle ginocchia, già comunque attraenti, da donna, soffermò l’auto e ahimè mi guardava diritto in volto. Erano già le diciassette e quaranta cinque e quasi un’imminente sera stava piombando ed io questa volta non avevo scelta. No, non l’avevo! Il lupo stava quasi affondando le sue fauci sulla 13

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sua preda, acerba sì ma molto succulenta. Percepì qualcosa tipo, “Sei come una puledra da domare!” E non avevo scelta o farmi domare, o aprire quella portiera e fuggire! Ma il sogno allora? Se fuggivo non lo avrei più assaporato e mi sarei data della stupida, della bambina paurosa e allora ferma come una statua rimasi di fronte a lui ad un centimetro dalla sua bocca. Percepivo l’odore di uomo, di lupo pronto a tutto. Percepivo il suo calore ma io ero ancora troppo acerba per capire che un uomo non si può fermare! Lo capii subito quando qualcosa di umido e duro mi si infilò nella bocca, io immobile labbra aperte non capivo o forse sì capivo benissimo che il primo passo era compiuto. Non provai niente eppure era il primo bacio vero che tutte le giovani in verde età sognano o hanno già dato, ma io no! Io ero diversa da tutte, ero io fatta di emozioni, più che di fatti. Fatta di palpitii più che di esperienze e allora cavolo che facevo lì con un uomo vero? Ero come divisa a metà, una parte voleva aspettare l’uomo dei sogni ed una viverlo! Che strana ero davvero, potrei definirmi acerba ma con un’anima matura! Si questa ero io! Stai ferma mi implorava! Non fuggirmi, non muoverti quando dalla bocca si staccò e ahimè si mise una mano sulla cintura dei suoi pantaloni! Mille cose mi frullavano in testa ma non certo che volevo quello che lui stava per fare. No quello no! E perché mi chiedevo non mi ha fatto fare un giro in auto come ad agosto? Invece di fermarsi, mettermi 14

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la sua lingua dura in bocca e ora mettersi la mano sulla sua cintura? Perché Ma lo sapevo sì l’anima matura lo sapeva che i lupi non si tirano indietro, vanno diritti, avanti soprattutto quando di fronte a loro si trovano creature in erba, pronti a coglierne il frutto! I miei grandi occhioni guardavano con dissenso, stupore, se vogliamo disgusto, quel coso nudo spuntare dritto, fermo, immobile dalle sue mutande. Non volevo guardare e mi voltai di scatto indietro, come nauseata, ma il lupo fu allora che prese più gusto e mi prese una mano, la mia piccola mano e me la voleva poggiare lì, facevo resistenza ma vinse lui, e non potevo ribellarmi più. Sentii qualcosa di viscido, duro e caldo fremere nelle mie mani. Le mie piccole mani ancora troppo acerbe per poter toccare quel coso! Ti piace? mi disse, dovresti anche baciarlo sai? Ma che? Sei matto?! No, io non lo farei mai, sei matto! Già per oggi lui aveva superato ogni pudore ormai ed ora chiedeva troppo! No! Io non volevo quello, forse un bacio sì ma sulle labbra, ma lì no assolutamente no! Devi crescere, diventare donna! Basta bambina! Quella sua voce ferma, imponente e decisa mi colse di sorpresa e mi fece trasalire nel mio orgoglio. Sono una donna, dissi risoluta! Sì, fece lui, ma non del tutto. Lo capivo sì che non lo ero del tutto anche se mi doleva ammetterlo! Io ti domerò e poi mi ringrazierai un giorno disse convinto. 15

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Mi prese con forza la testa, con vigore, con fermezza e deciso mi fece chinare su quel suo membro voglioso la mia bocca. Chiusi gli occhi ma non per assaporare il tutto no! Gli chiusi per disgusto e un senso di sconfitta che provai perché non era quello che volevo, non era quello che avevo desiderato ma non potevo fuggire. Lui mi teneva ferma la testa li! Ad un certo punto presi fiato e mi staccai come quando annaspi sott’acqua e riemergi, e dissi: ora basta, non più! Devi crescere, basta bambina anche nel look devi metterti tacchi alti e fammi vedere le mani? Impacciata le mostrai, mani da ragazzo! Ci vogliono le unghie lunghe da donna! Erano le mie mani! Il mio uomo dei sogni non mi avrebbe parlato mai così, le avrebbe amate a prescindere, e perché lui mi stava facendo male con quelle parole, mi feriva? Non volevo capire o forse si capivo benissimo, non mi amava quanto ero pronta ad amarlo io, la mia anima da donna in un corpo ancora acerbo stonava lo so! Ne riparleremo quando sei cresciuta, ora scendi! Soffermò l’auto davanti casa e scesi ma la mia rabbia per aver fallito mi fece sbatacchiare forte la portiera! Ero arrabbiata con lui, ma anche con me stessa per aver fallito con lui e ormai non l’avrei rivisto più quello era il mio unico pensiero! Ma come, dico io, prima non approvi quello che ti fa e poi pensi che non lo rivedrai più? Ero strana lo so. Scissa in due, anima matura e ragazzina ribelle! Come potevano collimare? 16

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DICEMBRE

M

ia nonna Ily sta per andarsene, ormai leggo la dispera-

zione nel volto del babbo. Io, intanto, ero più sicura di

me perché il lupo mi aveva convinta a gettare le mie ballerine e a far prendere posto a decolté nere da donna con tacco quattro centimetri. Per me altissimi! Erano i miei primi tacchi da donna vera, le provai per tre giorni in casa esclusivamente e traballando mi recavo dalla mia camera al corridoio d’ingresso e viceversa. Mi vedevo bella, bellissima, alta , esile come un giunco sfilare, traballare e prendere via via sicurezza in una decente camminata per poi concludere l’operazione finalmente e uscire fuori con i miei primi tacchi e soprattutto farmi vedere a lui, al lupo. Si il mio solo intento ormai era quello di fargli vedere che la bambina con le sue ballerine aveva lasciato il posto ad una “donna” vera. Ormai faceva freddo era quasi Natale e io avevo comprato un bel cappottino rosso con le maniche a sbuffo, mi vedevo molto bella, e prendevo sicurezza ormai anche con i tacchi alti. Tutto ormai era rivolto solo per lui perché ero decisa ad amarlo da donna anche se quella bambina non cedeva, non mollava. Alla nonna ormai restavano pochi giorni di vita, come la zia Alby mi volle vedere per l’ultima volta. Mi recai in ospedale, lei immobile, rantolava, gialla in volto, con la lingua ormai biascicava le sue ultime frasi. Io forse volevo essere forte, non piangevo, non mi emozionavo ero gesso, immo17

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bile, freddo, ma dentro uno strazio come si fa a cacciare le lacrime e non esplodere! Io si ero brava anche in questo perché pensavo che con lei un pezzo di me se ne sarebbe a breve andato ma avevo i miei ancora sani e forti e la parola morte non volevo accettarla. Se ne andò una mattina all’alba. Il babbo le tenne la mano e lei andò in pace finalmente. Quell’anno, penso il mille novecentoottantanove, fu un anno da dimenticare, oltre alla morte della nonna, si stava per abbattere un altro dispiacere su di noi, soprattutto sui miei genitori che io anima turbolenta non avevo messo in conto ma c’erano tutte le avvisaglie per capirlo. I miei amati cari genitori non lo meritavano loro che mi adoravano, mi avevano tenuto come una principessa, amata, senza farmi mai mancare niente. Il babbo, un semplice commesso e la mamma casalinga non navigavamo nell’oro ma non ci mancava niente e loro non si meritavano che la sua unica figlia ribelle gli desse anche questo dispiacere.

GENNAIO

I

l lupo mi invitò ad uscire con lui alle ore ventuno, io ingenua

bambina nonostante i tacchi, chiesi al babbo se potevo an-

dare la sera per la prima volta dopo cena. Il lupo dal telefono disse non comandano gli uomini non chiedere a lui, comandate voi donne! Accettai perché volevo vederlo e farmi adulare e soprattutto mostrargli le mie scarpe nuove con i quattro centimetri di tacco. 18

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Mi venne a prendere alle ventuno e ci recammo nel suo magazzino dove lavorava. Il suo cane bellissimo, un alano nero di nome Califfo, ci venne all’incontro alla porta del magazzino. Io, ormai mi sentivo viva, grande, innamorata, forse non di lui ma di tutto il contesto che circondava lui. Solo oggi dopo trenta anni l’ho capito. Ma allora c’erano i sogni e tutto era amore! Ci accomodammo nel suo ufficio e mi scattò una foto con una semplice polaroid istantanea, ci vollero sei minuti per vederla. Ero magrissima, vestita con un tubino nero, minigonna, calze e le famose scarpe col tacco, la foto era pronta! Io sul divanetto bianco due posti, con le gambe lunghe accavallate e le braccia strette conserte intorno alla vita in segno di protezione, ad oggi l’ho capito. Siamo adulti e vaccinati, disse lui, ormai possiamo fare tutto! No, dissi io: non ora, non voglio! Gli chiusi la bocca con un bacio e assaporai le sue labbra, ero io ad amare ora! La bambina impacciata non esisteva più! Mi accarezzava le gambe, le cosce, ed io mi rilassavo finalmente, lo volevo godere quel bacio… Poi vide le scarpe finalmente! E dissi: visto? Che tacchi?! E lui: ah, ah, ah, ah chiamali tacchi questi! Come sempre riusciva a farmi sentire piccola! Lui era il lupo quindi per forza era così, non poteva essere né dolce, né carino, era schietto, deciso, pronto a tutto!

5 FEBBRAIO

V

enne il giorno del mio compleanno, avrei compiuto venti

anni! Ma ero donna sempre nell’anima e bambina in 19

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altro, soprattutto nella cosa che ambiva il “lupo”. Mi regalò un walkman con cuffie stereo! Per me il regalo più bello del mondo, mentre me lo dava disse: questo vale sia per il compleanno che per San Valentino! Ero felice, lui mi aveva fatto il regalo inaspettato! Ero al settimo cielo, troppo felice!

29 MARZO - PASQUA

E

ra già primavera, Pasqua, un giorno sereno, ma non per

me, anche se ero euforica perché dovevo vedermi con lui,

ma sapevo in fondo a quella mia anima già formata da vera “donna” che sarebbe andato tutto storto, un presagio, un avvertimento del mio essere mi spingeva a fare un passo indietro e la parte ancora immatura di bambina mi spingeva ad andargli incontro. Come sempre ero in conflitto con me stessa, e maledicevo le mie coetanee che sapevano già quale fosse il loro percorso di vita! Ma era possibile che ad appena venti anni succedesse questo? Io volevo stare con lui, si, ma non ancora, non ero pronta! E allora, perché quella domenica di Pasqua, mi rimiravo davanti allo specchio, in attesa di mie conferme ed erano tutte positive! Vedevo me, già una bella ragazza mora dai lunghi capelli ricciuti, dal fisico statuario anche se acerbo, fasciata in pantacollant di velluto nero con camicetta bianca in cotone, con vistoso jabot che ornava il davanti e per finire mini giacchino da torero nero in velluto con alamari. Stavo bene, molto forse, ma la moda del momento ri20

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chiamava quello stile, e non ero certo io ad indossare tutto quanto, ma anche altre, immagino. Mi venne a prendere che erano quasi le tre, molto presto davvero. Andiamo a fare una girata? dissi al lupo. Quando salì in auto, mi morsi la lingua nel vedere la sua mise da sportivo, e lì capì che forse quel giorno non avevo scampo, ma non scappai, continuai imperterrita in quella ardua scelta: vedere fin dove si sarebbe potuto spingere… Lo seppi a breve… Percorremmo la breve strada che costeggia il Bisenzio per ahimè di sua iniziativa recarsi da lui, nella sua casa, nella tana del lupo. Mi fece segno di scendere molto prima della sua abitazione (tutto programmato) e lui prosegui in auto, quindi mi dette le indicazioni precise, la via esatta, il numero civico, il campanello, l’interno dell’abitazione. Paura ne avevo molta, inutile negarlo. Era quella forza di quella mia anima da donna che vuole amare a dirmi continua non ti arrendere perché credevo che l’amore si potesse rincorrere, si potesse trasmettere, invece l’amore è paziente, l’amore non ha fretta, l’amore aspetta! Salì le ripide scale di un villino tenuto bene con giardinetto annesso, con il cuore che rintoccava nel petto, mi aprì lui e mi fece entrare e accomodare nella sua dimora, la sua tana! Era una bella dimora, molto moderna con arredamento di buon gusto. Notai un lungo divano nel soggiorno a elle, un bancone, un frigo bar e 21

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poi l’angolo cucina, un piccolo frigo mentre lo apriva notai che conteneva l’occorrente. Lui prese dell’acqua e me la offrì. Rifiutai, non bevevo nulla in casa altrui io, nemmeno l’acqua! Poi mi offrì del cioccolato dicendomi: prendi, così ti addolcisci!! No grazie, feci io, ero lì, ma non mi apparteneva nulla, non capivo cosa mi avesse spinto ad andarci, forse la parte da donna che voleva emergere, ma ero ancora tanto bambina con paure, timori, incertezze e lui troppo grande, troppo sicuro, troppo uomo... Mi accompagnò nell’ingresso e notai una bella statua di gesso ad un angolo, poi mi fece strada e mi condusse in camera da letto! Accese uno stereo, tipico degli anni ottanta e la musica partì con “Lucio Battisti”, il suo cantante preferito. Iniziò a cantare “Non è Francesca”, lui ripeteva la strofa, a suon di musica, e cominciò a spogliarmi e a spogliarsi… alt... nooo! Non volevo! Non ero pronta! E lo sapeva! No, per carità, ero in preda a mille pensieri! Avevo avuto il ciclo poche settimane prima, sarei potuta rimanere incinta! Noo, non potevo, non volevo! Ma lui non ci sentiva, era pronto a cogliere quel fiore acerbo ma succulento! Lui era ormai il lupo a tutti gli effetti, non si sarebbe tirato certo indietro nemmeno di fronte alle mie grida, urla, alle mie suppliche, lui voleva, io no! Mi scaraventò sul letto, strappandomi il mio candido body in pizzo bianco, a tal punto che i gancetti di chiusura di sotto si strapparono. Mi disse con voce rauca… zitta, devo operare! Nooo, basta! Ti prego! 22

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Ti supplico per il nome di Gesù, non voglio! Troppo tardi ormai il suo duro membro lacerava con forza le mie carni, con violenza, vigore e forza. Era sopra di me e non intendeva ragione alcuna! In quei momenti non realizzi, non pensi se non a salvarti la pelle. Ero in balia ormai non avevo più scampo. Poveri i miei genitori che mi avrebbero vista al ritorno, pensavo a loro, pensavo che il suo seme poteva fecondarmi, pensavo a tutto fuorché a stare lì! Si staccò da me, per mia fortuna a breve e vidi il suo bianco seme sulla sua pancia, almeno quello potevo vederlo non era dentro me! Ma non vale, pensavo, può succedere lo stesso. Mi riebbi, stordita, confusa, esausta, feci per alzarmi dal letto ed andare in bagno quando vidi che una macchia rosso vivo era sul letto… sangue! MI tremavano le gambe ma soprattutto quando realizzai di stare in piedi non riuscivo a camminare, un lancinante dolore me lo impediva. Era troppo forte, troppo. Mi rivestii in fretta di tutto punto mentre lui era già in vasca da bagno. Mi chiamò e andai lì in bagno, ormai dovevo essere contenta, bene o male ero diventata donna! Invece no! Un nodo mi serrava la gola! Un bel bagno con mega lavandino mi dette all’occhio. Lui nudo, immerso nella vasca, volle che gli lavassi la schiena. Lo feci, ubbidì come una donna sottomessa ad un padrone ma il mio cuore era gonfio di pianto! Intanto dallo stereo di camera Battisti cantava “Emozioni”, già emozioni, bella canzone, peccato che io non avevo provato altro che schifezza e nessuna emozione! 23

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Si rivestii e si recò sul terrazzo dove teneva una corda e cominciò a saltare a zig e zag e anche alla rovescia. Io a guardare e soprattutto a dirgli che dovevo rientrare a casa perché ero sicura che i miei genitori stavano in ansia e io avevo tanto bisogno di loro. Mi fece aspettare al cancello di casa come avevo fatto per recarmi da lui, raggiungerlo a piedi dove stava fermo ad aspettarmi. Varcai la porta di casa con lo sgomento nel volto. La mamma, il babbo, il nonno, erano tutti in ansia preoccupati per me! Gli stavo deludendo, lo sapevo. Lessi subito lo sgomento negli occhi prima della mamma appena mi vide, sconvolta, rossa in volto, farfugliando un: È successo! Mi ha violentata! Andai di corsa in camera mia, mi tolsi quegli abiti troppo stretti, scomodi mentre agitato sentivo il babbo dire “cosa è successo?” Poi sentivo il nonno perplesso, anche se anziano e in un suo mondo captava qualcosa che non andava. La mamma, il babbo aprirono la porta della mia camera trafelati, angosciati. Vedendomi tumefatta, china, prostrata in un mio ormai sgomento pianto. È un porco, dicevo tra un singhiozzo e l’altro, il babbo di solito sempre autoritario e spavaldo, in quella situazione non ci si ritrovava. Lo vidi assorto. Sconvolto, cupo. So solo che io stavo malissimo e senza di loro non ne sarei uscita. Mi incoraggiarono dicendomi di andare per prima cosa in farmacia onde evitare spiacevoli inconvenienti. Poi decidemmo di non sporgere denuncia che dato lo conoscevo ed ero andata di 24

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mia spontanea volontà, ma ormai il mio sogno era svanito. Lui non volevo più vederlo in assoluto! La notte non riuscivo a prendere sonno, piangevo e tremavo. La mamma venne in camera mia e si infilò nel mio letto, piccolo ma insieme a lei ci stringemmo forte, forte. L’indomani dolorante, andammo ad una vicina farmacia. Entrò il babbo e senza preamboli chiese al farmacista di turno, dopo avergli detto che sua figlia aveva avuto un rapporto sessuale non protetto e voleva la sicurezza, una pillola che impedisse una gravidanza. Tutto fu risolto almeno da quel punto di vista. Presi tre pillole per due giorni successivi. Bombe ormonali. Ma se non si era fecondato l’ovulo, tra cinque giorni mi sarebbe venuto il ciclo. Così avvenne il quinto giorno andai in bagno e avevo il ciclo. Meno male sospirò il babbo. Sembrava ormai tutto passato ma io non ero felice, il sogno spezzato di amore! Tutto era andato ormai! A lui ci pensavo sempre però in fondo era stato il mio maestro, grazie a lui ero diventata donna, quindi, non provavo odio! Non riuscivo ad odiarlo! Anzi ripensavo spesso a lui, passarono mesi io comunque avevo reagito bene, ormai, non ero più bambina ma veramente una bella ragazza, molti, si giravano per strada, anzi mi dicevano che ero la sosia di Francesca Dellera, attrice in voga in quel periodo. Ero consapevole della mia bellezza e gli uomini ne erano attratti , non potevo farci nulla! Ma restano abbagliati e non vanno oltre! Ma l’amore? Quello aspetta pensavo! Inutile gli uomini non mi capiranno mai mi dicevo restano abbagliati e non 25

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vanno oltre. Il lupo, ormai, lo vedevo non come un pericolo, ma come un uomo che ha saputo e voluto prendersi il meglio! Lo volli rincontrare ed io ormai sicura di me mi sentivo che se quello che era successo, per tante avesse un significato, per me no! Io volevo farlo solo per amore! Infatti lo rividi e non fu ripetuto, solo baci ardui, carezze spinte e nulla più!

I SABATI AL MARE

I

l babbo aveva avuto una promozione era diventato rappre-

sentante e quindi al sabato faceva festa!

Che bello mi sarei abbronzata, finalmente, anche a giugno e

non solo ad agosto! Troppo bello! La mia passione era togliermi quella odiosa pelle color avorio per diventare color ebano. Compito arduo, visto che la mia pelle era chiara ma se andavo a giugno

Sabato al mare 26

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L’AMORE ASPETTA

già al mare era tutto già più facile! Partivamo alle otto la mattina e alle dieci e un quarto eravamo già in spiaggia. Io e i miei tutti felici, anche il babbo, molto bello abbronzato gli piaceva godere di quel giorno di relax. La sera dopo cena tornavamo a casa, e ci guardavamo allo specchio, contenti, ridevamo di come quel sole avesse agito! Rossi, paonazzi e felici! Da giugno a settembre facevamo questo! Poi ad agosto ci accontentavamo di andare in albergo per dieci giorni! Io ero sempre più bella e affascinante, lo vedevo negli sguardi di molti uomini.

Cecy a 25 anni... 27

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L’AMORE ASPETTA

1995

G

ià volavano gli anni, al lupo pensavo spesso, chissà se mi

pensava anche lui ma io sognavo l’amore ed il lupo era

tutt’altro che amore! Quella mattina faceva freddo. Era la fine di ottobre e mi ero recata al bar per prendere un caffè. Senza indugiare mi avvicino al bancone e vedo due occhi azzurro verde guardarmi con insistenza. Beh lì per lì non ci faccio caso perché sono abituata a sguardi di uomini, ma era carino, alto, capelli rossi, lentiggini e occhi verdi. Lo rividi anche la mattina successiva e sempre al bar alla stessa ora. Finalmente fuori dal bar mi raggiunge dicendomi: ciao! Ciao, dissi io, e tutto ebbe inizio così! Lui si chiamava Leonard, molto dolce non come l’altro, non come il lupo, proprio il mio ideale di amore; peccato per una cosa sola, mi confidò che aveva una ragazza dai tempi della scuola! Eh già lo sapevo, tutto per me non poteva essere, troppo bello sarebbe stato. Io e Leonard avevamo instaurato un bel rapporto di amicizia e di intesa. Lui era il classico ragazzo rassicurante che dopo il “lupo” avevo, a mio avviso, visto; il mio ragazzo ideale, calmo, simpatico, dolce, tutto era perfetto se non fosse stato per quell’unico neo che non poteva, per il momento essere solo mio! Io e Leonard cominciammo la nostra storia d’amore sì, anche se speravo in cuor mio si rendesse conto che due donne non si possono amare e che se aveva deciso di conoscere me doveva capire che il legame con 28

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