ALESSANDRO VITALE - LA MALTA, UN ELEMENTO DI CONTINUITÀ NELL’EDILCOSTRUITO

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ALESSANDRO VITALE

LA MALTA, UN ELEMENTO DI CONTINUITÀ NELL’EDILCOSTRUITO LA MALTA CON LE PAROLE DEGLI AUTORI

Studio Byblos

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PRESENTAZIONE

Il libro è la prima monografia di una filiera di “edilmateriali” storico-antichi (Nota 1), dal vetro al legno, dall’argilla al cocciopesto, dal gesso alla calce e dalla malta al calcestruzzo calcare, atteso che, come scrive Gorge Orwell, pseudonimo di Eric Artur Blair, giornalista-scrittore (1903÷1950),“...Chi controlla il passato, controlla il presente…..”(1) e, si può aggiungere, determina il futuro. In realtà, è introdotto anche il calcestruzzo cementizio pur non essendo compatibile con la filiera. Questo sia perché è un elemento identificativo dell’Età Contemporanea e sia perché, essendo un massimo di idrofilia e di resistenza meccanica, consente una classificazione dei materiali del passato. Tra gli scopi della filiera, oltre la divulgazione degli edilmariali storico-antichi, anche la correlazione con la destinazione d’uso e lo stato di conservazione delle fabbriche giunte fino a noi. La filiera è articolata in più monografie, ognuna argomenta uno o più materiali purché affini tra loro per composizione chimica, comportamento fisico-meccanico e destinazione d’uso. Almeno una delle tre. Il libro svolge e discute la malta dalla Preistoria all’Epoca contemporanea mettendo a nudo la molteplicità delle sperimentazioni alla ricerca di miscele con rapporti composizionali i più efficaci per un’edilizia di qualità. Il libro, in particolare si sofferma sull’ epoca Neolitica, Romana, e Contemporanea. La prima perché fortemente innovativa in ogni settore, dall’alimentazione all’edilizia e dall’economia al relazionarsi con gli altri. La letteratura scrive: “ …fino alla diversificazione delle tecniche produttive (….) la posizione del singolo nella comunità era indifferenziata e integrata”(…) “…dalla disparità della ricchezza dei corredi e dalla diversifica3

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zione delle tecniche edili..”. La seconda perché, ancora oggi, è testimoniata da significativi intonaci ed allettamenti in buono stato di conservazione e la terza, infine, perché spartiacque tra passato e futuro. La malta è un conglomerato cementante multifunzionale idealmente nato nelle capanne della preistoria e poi sviluppato fino all’intonaco ed al giunto delle fabbriche “verticaleggianti” dell’Età contemporanea. L’epilogo di 2000 anni di attività cantieristica, di sperimentazioni laboratoriali ed in loco, di intuizioni e deduzioni d’autore ampiamente documentati in letteratura. Da questa nasce il libro, dopo una attenta e sofferta speculazione (dottrinale), non potendo penetrarla in lungo ed in largo per la sua vastità. Apripista della speculazione la Tesi di laurea sperimentale del Dipartimento di Ingegneria di Napoli:“Comportamento di malte tradizionali ed innovative su supporti tufacei”. Relatore Prof. Renato Iovino e Correlatore Ing. Francesco Polverino e Le ricette del Restauro di Carla Arcolao, XV÷XIX secolo, Saggi Marsilio, testo prezioso anche della ricca bibliografia di autori, cultori della malta e non solo, cui l’autore ha fatto riferimento. Tra gli altri Francesco Milizia, Andrea Palladio, Alberti, etc. In pole position il testo-Vangelo di Vitruvio De Architectura un trattato dell’edilizia onnicomprensivo. A seguire articoli, note convegnistiche, testi e stesure di studiosi e cultori della materia. Opere queste da cui sono stati estratti gli scritti dei vari autori citati in ogni Epoca. Ogni scritto, oltre l’opera di provenienza, è riportato in corsivo ed è virgolettato. L’eventuale mancanza e quindi impossibilità di distinguo dal contesto è solo e soltanto dimenticanza. L’autore si scusa.Nello specifico il libro, spaziando tra intonaci, allettamenti e malte d’autore, fornisce un largo spettro di proprietà e comportamenti, mettendo a nudo, anche indirettamente, la marginalizzazione del lapideo artificiale nell’estetica e nella rappresentanza della fabbrica e della città. La letteratura scrive: “La malta contrariamente agli altri materiali edili, è molto più influenzata dall’estetica della fabbrica che dalle leggi di mercato”. Il libro, senza trascurare i rapporti con il territorio, ripercorre l’evoluzione-trasformazione della malta, dalle colle neolitiche, malte facenti funzione (mff), al conglomerato, anche cementizio. G. Manfredi, G. Marcari, S.Voto ed altri scrivono: ” ...le tessiture murarie sono strettamente dipendenti dalla disponibilità locale di 4

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materia prima (tufi, pietre calcaree, laterizi, leganti etc.) e dalla struttura sociale ed economica dell’area. Questi fattori influenzano notevolmente le modalità di realizzazione dei setti murari e conferiscono loro connotati e proprietà strettamente locali e, che quindi, non possono essere direttamente estese ed applicate in un contesto geografico diverso. Nel caso della città di Napoli, ad esempio, nel corso dei due millenni e mezzo di storia della città, si è fatto costante e quasi esclusivo ricorso al tufo giallo, prelevato direttamente dal sottosuolo o da cave localizzate sui fianchi delle circostanti colline, e messo in opera soprattutto negli ultimi cinque o sei secoli, secondo tessiture non molto dissimili tra loro. In particolare, le tipologie murarie dell’area napoletana hanno una storia ed un’evoluzione legate agli sviluppi storici, economici e sociali di un più ampio contesto che è quello dei Paesi del bacino del Mediterraneo (2). Particolare attenzione è rivolta alla malta-intonaco tradizionale soffermandosi sui materiali e sulle modalità di realizzazione. Dall’intonaco tradizionale monostrato all’intonaco multistrato il passo è breve, seppure con la mediazione di esperienze cantieristiche e laboratoriali. L’intonaco è sagacemente descritto da Vitruvio, dettagliando formulazione ed esecuzione ed introducendo l’intonaco multistrato, a compendio del quale, teorizza quello di sette strati. Vitruvio è il perno di rotazione della malta e dell’intonaco confermandosi un valido sprono per testi e scritti in ogni Epoca costituendo la prova provata di continuità e costanza composizionale. La costanza composizionale e l’imperitura presenza fanno della malta un elemento, se non l’elemento, di continuità dell’edilcostruito. Una peculiarità della monografia è di essere anche materia di confronto e stimolo per nuove malte e nuovi contesti. In realtà oggi più di ieri, la passione per l’antico permea anche l’edilizia comportando maggiore interesse più per le antiche tecniche e gli antichi intonaci, malgrado, secondo la letteratura “i non pochi dubbi nel restauro come nella manutenzione ordinaria, nelle piccole e grandi sostituzioni, nonché nella messa in opera”. Il libro si particolarizza anche per la messa a fuoco della reazione pozzolanica, diffusa nelle fabbriche Romane come tutt’oggi, nell’edilizia sott’acqua. 5

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La reazione pozzolanica, in effetti, è percepita solo in un secondo momento. All’inizio, la pozzolana è per lo più in alternativa alla sabbia, essendo impiegata pressoché sempre nello stato grossolano. La frazione fine, la chiave di volta della reazione, è solo casuale. Un’altra nota distintiva del libro è l’assimilazione dei collanti neolitici alla malta storica, essendo, forse, per la prima volta, riconosciuto anche nelle colle naturali il “sistema disperso” legante/aggregato. Un libro, dunque, di storia della malta, di storia dell’intonaco e di storia della perspicacia Romana negli acquedotti e nelle cisterne. Perspicacia erta a modello in tutte le Epoche, se si esclude la defaillance del Medioevo, anche se non del tutto, visto il particolare riutilizzo dell’usato romano. Il libro è rivolto al Tecnico specialista dell’edilizia, senza escludere il Geometra cantierista e neanche l’impresa edile impegnata nei rifacimenti di fabbricati e della grande opera monumentale. Non vanno esclusi neppure i restauratori ed i progettisti della manutenzione di murature.

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LA PREISTORIA

La Preistoria o anche Paleostoria, è suddivisa in Paleolitico, Mesolitico e Neolitico. Il neolitico contempla anche i periodi preceramici A e B. (Tabella 1).

Tabella 1. Preistoria Il Paleolitico ed il mesolitico sono indecisi ed imprecisi negli accadimenti, mentre la fase Neolitica (6000 a.C.÷ 3000, 500 a.C.), volendo, è già un passo nella storia, essendo abbastanza affidabile almeno per le periodizzazioni che la caratterizzano come la produzione di terracotta, III millennio a.C., l’Età dinastica iniziata nel 3300 a.C. e terminata nel 332 a.C. con la XXXI Dinastia. Inoltre sono pressoché affidabili anche i passaggi dalla capanna e dall’ alimentazione paleolitica, a base di cacciagione e agricoltura spontanea, alla capanna ed all’ alimentazione neolitica, a base di animali allevati e agricoltura coltivata. 7

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L’Età Neolitica, sebbene varia nell’inizio e nella fine, ha una sua affidabilità (Tabella 2).

Tabella 2. Età Neolitica *lega Cu-Sn La biblioteca di Repubblica cosi scrive:“…l’inizio dell’Età Neolitica varia a secondo l’area geografica,ad esempio in Asia 12000 anni a.C.e in Europa 7000 anni a.C.”(3). La fine è convenzionalmente associata alla introduzione della scrittura. Ad esempio: Egitto 2000 a.C., Mesopotamia ~4000 a.C., Grecia 800 a.C., Germania Meridionale e Asia Occidentale circa 10000 a.C., Europa Orientale 9000÷8000 a.C., Europa Occidentale 50 d.C. e Italia 500 a.C..In Italia, quindi, molte età intermedie si possono considerare in area neolitica. Il naturalista Jhon Lubbock (1834÷1913) nel 1865, rompendo con la tradizione, sopprime il mesolitico e suddivide la preistoria in paleolitico o età della pietra scheggiata o età della pietra antica e neolitico o età della pietra levigata o età della pietra nuova. L’Età Neolitica si accredita presso le generazioni future con la sua tendenzialità alla innovazione inducendo cosi la trasformazione della preistoria. Trasformazione che, per l’archeologo R. Bianchi Bandinelli (1900÷1975) (4) è uno sconvolgimento sociale, mentre, per l’archeologo Gordon Childe (1892÷1957), di origine Australiana, è una “rivoluzione”, o più esattamente, è la “Rivoluzione neolitica”, volendo evidenziare più incisivamente la radicalizzazione dell’innovazione nella struttura socio-economica. L’Età neolitica, “avviata nelle regioni naturalmente portate verso nuove colture come i cereali (…) e la nuova alimentazione del neolitico fatta da ani8

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mali allevati e agricoltura coltivata, che costituirà poi l’alimentazione romana, è l’opposta di quella paleolitica” (5) . L’Età neolitica è “un regime socio-economico-alimentare a base di animali allevati e di prodotti agricoli coltivati (agricoltura coltivata)” ed è anche una “rivoluzione urbana” (6). Infatti anche la capanna rifugio si trasforma. Oggi il centro Vicus Bagienni scrive: “La capanna neolitica…più ampia di quella paleolitica, è ricoperta con copertura in pelle e canne di fiume; all’interno il focolare ed un letto di assi in legno ricoperti di paglia creano un ambiente decisamente più accogliente e confortevole rispetto a quello tipico del Paleolitico”. La capanna paleolitica “…viene realizzata con pali incrociati fermati in alto e ricoperti con pelle animale cucita con fibre vegetali, un piccolo focolare all’ingresso e una grande pietra utilizzata forse per sedersi accanto al fuoco sono posti nelle stesse posizioni dell’originale. All’esterno una pelle stesa sul telaio ligneo per la concia ed il bollitore in pelle, tipici aspetti della vita quotidiana paleolitica”. La trasformazione della capanna è confermata nel XX secolo dall’archeologo olandese P.Akkermanns e dai professori Alberto Brogli di Asiago e Janusz K. Kozlowski dell’università di Trento. Akkermanns scrive: “si passa dalle strutture circolari (….) alle case rettangolari in mattoni crudi suddivise.” Nel 193 Alberto Brogli di Asiago e Janusz K. Kozlowski scrivono: “I cambiamenti delle strutture d’abitato si possono osservare particolarmente bene nel (…)Vicino Oriente. Rispetto ai siti del paleolitico superiore si osserva un ampliamento delle dimensioni dei campi base e la presenza di costruzioni di pietra, soprattutto basi di capanne circolari, circondate da pavimentazioni e munite di focolari costruiti con blocchi di pietra”. l’Età Neolitica, come scrive la letteratura, è “depositaria dei modelli base dello sviluppo umano”. Il fervore neolitico trasforma ed innova tutta l’eredità paleoliticamesolitica.La letteratura, oggi scrive: “compresi il rivestimento (intonaco) e l’allettamento dei cannicciati delle capanne e degli elementi murali delle fabbriche”. Wikipedia scrive: “il periodo neolitico storicamente è considerato l’origine delle colle”, visto l’uso fatto di impasti di fango per costruire le loro ca9

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panne”. La prima malta-rivestimento facente funzione è il fango, un “conglomerato naturale, che compatta le canne delle capanne”. La prima delle cosiddette colle neolitiche naturali che consente all’uomo preistorico di proteggersi dall’aggressività delle intemperie e degli animali. Dalla letteratura il fango trova grande impiego in Oriente: “in epoca predinastica dell’arte Egizia (5500a.C.÷3300 a.C.) le necropoli sono costruite con fango e frasche, mentre, le piramidi sono realizzate con mattoni crudi legati con fango misto a sabbia e scaglie di pietra ….”, cioè, oggi si potrebbe dire, con un “conglomerato o calcestruzzo” di fango. L’Età dinastica inizia nel 3300 a.C. e termina nel 332 a.C. con la XXXI Dinastia. Ogni Dinastia ha i suoi Faraoni. I Faraoni del momento nel XVI-XI sec a.C., all’interno di Luxor, edificano il tempio di Karnak o Amon, una delle prime strutture anche con fango. Nel Tempio di Karnak o Amon, re degli dei, la letteratura scrive “…dopo il primo portale (porta di ingresso), fango solidificato costituisce lo scivolo per il trasporto dei blocchi per la costruzione”. La costruzione originale del Tempio, modificato ed ampliato da Rameses II (1279 a.C.-1212 a.C.), si fa risalire alla III dinastia (2700a.C.-2625 a.C.), sebbene secondo Nicolas Gimal: “ ...vi sono poche speranze su di una conferma diretta di tale antichità, tanto la parte primitiva è stata danneggiata.”(…). “…è certa la sua esistenza all’Epoca di Antef II, quando è chiamato Dimora di Amon, XI dinastia (2160 a.C.-1991a.C.)…” (7). Giuseppe Moscatelli ed altri attribuiscono il tempio originale a Sesostri I, XII Dinastia, i cui faraoni iniziano la trasformazione della struttura, che si protrae fino alla XXX dinastia. Il tempio di Amon, secondo Valerio Ciriminna, originariamente, è composto, da:” un pilone, un cortile con colonne, la sala ipostila, il vestibolo ed il santuario oltre le sacrestie”. Norman Daevy oggi scrive: “...nell’antico Egitto le malte (Nota 2) di fango erano usate con mattoni essiccati al sole, mentre per la posa dei blocchi di pietra di edifici monumentali era preferito il gesso….” (8). Dalla letteratura “Nell’insediamento stagionale di Tepe Guran nelle pareti delle case a pianta rettangolare di Qalaat Giarno (Iraq settentrionale) risalenti a 6000 a.C.÷7000 a.C. viene ritrovato fango frammisto a legno. In par10

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ticolare, le case sono realizzate con blocchi di fango coperti con incannucciate la cui tessitura era cementata con fango; i focolari sono formati da larghe vasche di argilla fissate nel pavimento intonacato come le pareti” (9) Ad Hassuna o Tell Hassuna (VI millennio), un sito neolitico Iracheno (Mesopotamia), 22 miglia da Mousul, sono ritrovate strutture di fango. A Djenne, cittadina del Mali in Africa Occidentale, si ritrovano murature in mattoni di fango rivestite con fango. Famosa la moschea costruita oltre 2000 anni fa. La moschea è tra i più grandi, se non il più grande, edificio di fango. È realizzata con mattoni di terra cruda rivestiti di fango. In realtà i resti di strutture in mattoni di fango rivestite con fango non sono molti sebbene oggi Paolo Crespi scriva: ”…Ai nostri occhi urbanizzati questo modo di costruire sembra primitivo e naif. Eppure la tecnica millenaria che usa mattoni di fango e paglia essiccati resiste, bellissima e ricca di virtù, a ogni latitudine, per un terzo dell’umanità”. Dalla letteratura: “… il fango essiccato acquista proprietà intrinseche adesive e coesive tanto da restringere gli impasti e da legare i materiali (canne, mattoni, ecc.) che riveste. Inoltre in presenza di acqua (il fango) diventa nuovamente plastico fino a diventare impermeabile”. Questo, presumibilmente, spiega anche il buono stato del villaggio di Nola (Napoli), noto come la Pompei della Preistoria, 1860a.C.÷1680a.C.. Questo viene ritrovato“...inglobato in una cappa di fango e cenere”. Ma se il fango è riuscito a preservarlo per duemila anni, l’incuria umana di oggi ne ha determinato il crollo (10). L’Epoca del fango per Bernardo Marchese è anche l’epoca in cui si passa dalle capanne “...formate da stuoie rivestite da spessori crescenti di argilla alle strutture in pietra con e senza allettamento, fino alle abitazioni protoneolitiche, realizzate con mattoni bombati”. L’Egitto, in Oriente, è il primo a fare uso di fango, essendo il Nilo ricco di canne ed il clima particolarmente favorevole. Dopo il fango, le altre colle naturali della preistoria sono l’argilla ed il bitume. L’argilla, facilmente reperibile, richiede scarsa manutenzione ed è facilmente adattabile ai supporti per la sua plasticità. 11

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L’argilla, inizialmente, è nei rivestimenti dei canneti delle capanne e poi nelle murature delle strutture abitative. Palestra scrive: Lo spessore dell’intonacatura in argilla andò sempre più aumentando sino a trasformarsi in un muro avente lo scheletro in cannicciato. Questa tecnica di origine preistorica (Neolitica) si è conservata pressochè invariata per millenni sia nel Vicino Oriente sia in Europa (11). L’argilla (Nota 3), la seconda colla neolitica in ordine di tempo, si ritrova, ad esempio, in Palestina, a Gerico, la città più antica del mondo, dopo Damasco. In età Preceramica (Nota 4) (~8000 a.C.) a Gerico si individua: “un insediamento costituito da case ovali o rotonde semiinterrate. Le pareti (delle case) sono in parte costruite con un tipo di mattone bombato, e nella parte superiore da frasche e pali ricoperti di argilla. Le fortificazioni sono formate da un muro di cinta munito di una torre che aveva la funzione di porta della città”. Nell’Età preceramica B, intorno al 7000 a.C., Gerico è caratterizzata da case rettangolari di cui: “.. la cinta muraria dell’insediamento è costruita in grossi blocchi di pietra; le strutture murarie sono fondate in pietra e l’alzato è eretto in conci di argilla plasmati a mano….” (12). In quest’area sono ritrovati reperti archeologici di età preistorica e capanne con fondazioni in pietra, risalenti all’età del bronzo (2500 a.C.÷ 900,800 a.C.). Argilla si ritrova anche nel periodo eneolitico, fine 3000 a.C÷inizio 2000 a.C., di cui Mario Murolo, negli anni 2000, scrive: ”….Pure a questo periodo intermedio della preistoria egiziana si fanno risalire delle murature fatte con mattoni essiccati al sole, nei quali l’argilla funziona da conglomerato”. “Questo sistema di costruzione si ritiene adottato in Egitto nell’Epoca Protoarcaica (prima del IX sec. a.C.). Ivi l’argilla fu pure largamente impiegata come legante per malte da intonaco e per colmare gli intervalli nelle ossature delle costruzioni in legname di Palmizio, completate con canne lacustri e papiri….”(13). Argilla si ritrova, tra l’altro, anche in Grecia, Italia e Macedonia. In Grecia a Cnosso, nell’area archeologica più famosa dell’isola di Creta, risalente all’età del Bronzo, vengono ritrovati, “oltre argilla miscelata con inerti e pietrisco, anche intonaci colorati di argilla con profondità fino a 5 cm, compresa la finitura”. 12

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Nell’isola di There (arcipelago Santorini) si ritrovano abitazioni in pietra grezza e paglia mista ad argilla, 2000 a.C.÷1500 a.C., da cui la cosiddetta Epoca della “paglia mista ad argilla”. La paglia fornisce lo “scheletro per migliorare le resistenze meccaniche di una massa”. Ad esempio l’intonaco nei pressi di Salamanca in Spagna. Le commistioni paglia-argilla in Spagna sono per Palestra la “…dimostrazione che anche in Europa, gli impasti di argilla e paglia (con un minimo di calce) vennero usati sino a non molti anni orsono” (14). A Micene viene ritrovata argilla nel rinzaffo dei giunti dell’opera ciclopica e argilla frammista a paglia tritata nei mattoni di case contadine a 9 Km dalla città di Argo (2000 a.C.), una delle città più antiche della Grecia. Oggi un sito archeologico. In Italia l’argilla interfacciata con mattoni essiccati si ritrova pressoché fino all’età dei metalli in regioni come Campania, Lazio, Puglia, ecc.. In Etruria, antica regione dell’Italia centrale, viene ritrovata argilla stratiforme (1÷3 mm) nelle tombe etrusche scavate nelle rocce, in particolare nei rivestimenti delle pareti e delle stuoie formate da cannicciati e paglia mista ad argilla del canneto originario, legato con fango, VII sec. a.C.÷VI sec. a.C.. Tutto è rivestito con fango e/o argilla. Nelle tombe Etrusche vengono ritrovati intonaci grezzi di argilla fine, VI sec a.C., ed intonaci fini formati dai tre strati, rinzaffo, arriccio e finitura. “Il rinzaffo o rabboccatura o strato di fondo o strato di adesione è composto da pozzolana e calce; l’arriccio o arricciatura o strato intermedio è composto da sabbia silicea e calce e la finitura o malta fine o intonachino o strato esterno è composto da calce e sabbia colorata” (IV sec. a.C.). Un intonaco simile in tutto e per tutto a quello Romano, sia per la composizione di ogni strato e sia per l’arriccio. Nella Macedonia, un regno del mondo antico, nella parte meridionale della penisola Balcanica (Europa Sud Orientale), a sud-est, VI sec. a.C., tra il golfo di Salonicco e quello di Orfani, nel mar Egeo, nella città di Olinto, viene ritrovata argilla mista con rami e giunchi nel rivestimento delle capanne (15). In Egitto le murature delle case contadine sono costruite con mattoni di argilla cruda, essiccati al sole, e con pietre. 13

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Con i mattoni di argilla cruda essiccati al sole, oltre le murature contadine, sono costruite abitazioni comuni, di lusso, palazzi reali e le cosiddette mastaba delle città o tombe dei nobili. Con le pietre,invece, si costruiscono i “palazzi per l’eternità ” come le piramidi di Giza. Un esempio la piramide di Cheope. Secondo Wikipedia la piramide: “… in origine era coperta da un rivestimento in pietra che formava una superficie esterna liscia; Ciò che si vede oggi è la struttura di base sottostante. Alcune delle pietre del rivestimento, che un tempo ricoprivano la struttura, sono ancora visibili attorno alla base”(16) . A.Choisy, in Epoca contemporanea scrive che la malta della grande Piramide o piramide di Cheope: “…it to contain 81,5% of calciun sulphate , and only 9,5 % of the carbonate (17). Il costruito egiziano in mattoni crudi di argilla ed in pietre viene confermato oggi da Sergio Pernigotti ed altri. Essi scrivono:”….In ogni caso, i primi esempi sicuri di templi degli dei in pietra, miracolosamente conservati, risalgono al Medio Regno Egiziano (2040a.C.-1640 a.C.). Tutti gli altri edifici erano in mattoni crudi: in questo materiale erano costruite tanto le abitazioni comuni quanto quelle di lusso e perfino il palazzo regale, realizzandosi qui la contrapposizione tra il palazzo, in cui risiedeva il sovrano durante la sua vita su questa terra, e il palazzo per l’eternità, la tomba, in pietra…”(18). Infine il bitume, l’ultima “colla” neolitica naturale, in ordine di tempo. Tra i primi, se non i primi, a costruire con bitume i Sumeri, antichi abitanti della Mesopotamia, una regione tra il Tigri e l’Eufrate. Il primo re è Enmebarages di Kish, (4000 a.C.). Mario Liverani: Nelle Civiltà Mesopotamiche( Corriere della sera 2004), scrive: i Sumeri costruiscono murature a lista di pesce la cui parte elevata è: “…costruita con mattoni crudi, allettati con malta di calce e bitume, e le fondamenta con mattoni cotti”. Negli anni 2000, Murolo scrive: “….i mattoni crudi comunemente si legavano con argilla fluida ma in Mesopotamia un legante abituale citato da Erodoto e Dione Cassio, era il bitume….” (19). Nel 3000 a.C. viene ritrovato bitume miscelato con calcare. Bitume anche nella torre di Babele, 1200 a.C., e nelle murature di Babilonia. 14

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Babilonia (2100a.C.÷1950a.C.) fa un grande uso di bitume, essendone ricca. Vitruvio scrive “…Non dappertutto infatti come a Babilonia c’è abbondanza di bitume liquido, da usare al posto della calce e della sabbia, per costruire le murature di mattone cotto…”. “Babilonia era praticamente priva di pietre; per questo motivo le mura della città furono costruite in mattoni” (20). Nel VI secolo a.C. . Nabucodnsor II ( 604a.C÷562 a.C), re di Babilonia, noto per la distruzione di Gerusalemme, inizia la sostituzione del bitume con calce idrata e la miscela calce idrata, argilla, cenere. “La biblica torre di Babele archeologicamente si fa corrispondere allo Ziqqurat o Ziggurat iniziato da Nabucodonsor I (1125a.C.÷1124 a.C.), il quarto re della II Dinastia di Isin”. Nella Bibbia si legge: “…si dissero l’un l’altro: venite, facciamoci mattoni e cociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra ed il bitume da cemento… “…e dissero venite costruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo e…” (21). La Bibbia battezza il bitume materiale da costruzione ed il fuoco elemento chiave per trasformare l’argilla in un materiale meccanicamente resistente. Se la Bibbia indica il bitume quale collante del costruito neolitico, l’autorevolezza dell’Imperatore Marcus Ulpis Nerva Traiano (53d.C.÷117d.C.) accredita le capacità leganti quando scrive: “…Tale materia ( il bitume) era di tanta tenacità e forza con i laterculi e con le pietre, che non è cosi dura alcuna pietra viva intanto che a fatica potevasi spezzare col ferro...” (22). Durante il paleolitico inferiore, 2.500.000÷120.000 anni fa, con la scoperta del fuoco con l’Homo erectus, e dopo il passaggio dall’argilla cruda ai blocchi di argilla impastati con paglia e seccati al sole, si ha l’argilla cotta o terracotta, la prima “colla tecnologica”. Tra i primi manufatti un vaso ritrovato a Gerico, in Palestina , III millennio a.C.. L’argilla cotta è contemporanea ai passaggi dagli animali predati a quelli allevati e dall’agricoltura spontanea a quella coltivata (23). La cottura dell’argilla, oggi, è la prova provata della consapevolezza neolitica di poter migliorare le resistenze meccaniche dei materiali con il fuoco e la qualità della vita con nuove tecnologie. La cottura dell’argilla, all’inizio occasionale, con l’introduzione delle fornaci diventa regola spingendo in 15

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avanti i progressi tecnologici e quindi la ceramica. Lo Zingarelli Minore scrive: “Le fornaci ….aprono la fase dei manufatti ceramici, accrescendo in tal modo la distanza tra l’epoca neolitica ed il paleolitico inferiore e medio, caratterizzato dalla manifattura litica, e, ancora di più, dal paleolitico superiore, pervaso dalla manifattura, non solo, litica ma anche ossea”. Marchese scrive:”La cottura dell’argilla chiude l’epoca del fango, cioè l’epoca del passaggio”.. dalle capanne dei cannicciati alle capanne delle pelli tra i pali verticali, rinforzati con fasci sciolti di canne orizzontali, i cui interstizi sono chiusi con fango argilloso” (24). Sersale scrive: “la cottura dell’argilla chiude l’Epoca delle “colle”naturali ed apre quella dei leganti artificiali come il gesso, un legante preistorico” (25). L’argilla cotta è, quindi, la prima colla tecnologica dell’uomo (Nota 5). Dopo l’argilla il gesso. Il passaggio dall’argilla cotta al gesso e successivamente dal gesso alla calce sono più lenti di quello dall’argilla cruda all’argilla cotta. Il gesso,“il legante dell’antico Egitto”, è la prima “colla” artificiale, essendo ottenuto dalla cottura della pietra gessosa naturale (Nota 6) con perdita di acqua. Il gesso è cotto nelle stesse fornaci della calce, ma a temperatura più bassa. Il gesso, ancora oggi, non è certo come sia stato scoperto e quando sia iniziato il suo uso. Tra i suoi primi manufatti un intonaco-supporto di un affresco decorativo ed un elemento decorativo di lavori risalenti al 6000 a.C.÷5500 a.C. nella città neolitica di Catal Huyuk, un centro abitato dell’Anatolia in Turchia, nella Regione Konia dell’Asia Minore. Il gesso, generalmente, precede la calce, ma in Oriente, escluso l’Egitto, è l’inverso. Il combustibile è il legno erbaceo, ampiamente diffuso in Egitto, ma capace di produrre poco calore, oggi basso potere calorifico (Nota 7). Il gesso in Egitto è impiegato già nel III millennio sia nelle piramidi di Giza, Cheope, Chefren, Micerino, e sia nelle tombe di Saqqara, anche per la sua facile reperibilità. Nello antico Egitto, scrive A. Lucas: “la malta impiegata negli edifici in pietra era a base di gesso idrato”(26). Il gesso è caratterizzato, oltre che dalla facile reperibilità, anche dalla immediata preparazione, essendo sufficiente miscelarlo con acqua per avere un legante a pronta presa. Valentina Cabiale scrive: “tra i primi ad impie16

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garlo, in epoca preistorica, nelle piccole statuine” (…) e negli “intonaci spesso stesi come supporto per una decorazione pittorica” sono il vicino Oriente, la Siria orientale, l’Anatolia, la Mesopotamia, ecc.(27). Norman Davey nel 1960 scrive: “…il gesso in Egitto fu abbondantemente usato sin dai tempi delle prime Dinastie (3150 a.C.), ad esempio nelle piramidi di Gizah e nelle Tombe di Saqqara (….). La roccia suddivisa in blocchi veniva ammucchiata in fornaci primitive, spesso costituite da piccole buche scavate nel pendio di un colle, come se ne vedono ancor oggi nella Persia Meridionale. I blocchi erano disposti ad alveare e poi cotti con legno o carbone di legna (...). Gli Egiziani usarono uno stucco formato essenzialmente di gesso calcinato per livellare le superfici di muri in mattoni essiccati al sole e per riempire gli interstizi e preparare cosi uno strato ben levigato dello spessore di circa 0,15 cm sul quale poter dipingere. I muri delle camere delle grandi piramidi erano rivestiti in questo modo e l’esame di un campione di stucco rivelò che il materiale era composto per l’82% di gesso calcinato e per il 10% di carbonato di calcio, probabilmente derivato dalle impurità del gesso prima della cottura e non aggiunto artificialmente…”(28). Conferma del gesso nelle piramidi viene anche da Jean Karisel, che scrive: “…. In seguito, nel periodo di massimo splendore delle piramidi, malgrado le dimensioni dei paramenti, non si verificarono più problemi di stabilità perché i faraoni abbandonarono le antiche malte a presa lenta, per adottare malte di gesso, con indurimento più rapido e resistenza più elevata” (29). Dalla letteratura oggi: “.. il carbonato di calcio ed il gesso sono nello stesso rapporto anche nei campioni prelevati dai templi di Karnak del nuovo Regno o secondo Impero Tebano (1580 a.C.÷1085a.C.).” “Una tettoia intonacata con gesso viene ritrovata in Mesopotamia ad Hassuna (V sec a.C.) ed in Grecia viene ritrovato gesso anche per chiudere gli interstizi delle murature in pietra”. Un particolare gesso è l’alabastrino, un materiale granuloso compatto dall’aspetto ceroso, VII secolo a.C.. Un’intonaco con questo gesso viene ritrovato nella Doganaccia, nella necropoli dei Lucumoni, etruschi di Tarquinia, settore Reale, da uno scavo effettuato dall’università degli studi di Torino e dalla Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria meridionale (30). 17

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In Grecia, Eresos Teofrast (371a.C.÷287a.C.), filosofo greco, allievo di Aristotile, nel libro Sulle Pietre scrive: “…..in Fenicia ed in Siria fanno il gesso bruciando le pietre…. in fornaci(…).la cottura della selenite produce un ottimo legante” (31). La selenite è caratterizzata da grandi cristalli. Lucas ed altri scrivono: “L’Egitto, escluso Catal Huyuk, è tra i primi anche ad impiegare intonaci di gesso dei paramenti murari di pietre e di mattoni crudi (…).Riprova di ciò è lo stesso Egitto con la sua ricchezza di edifici monumentali antichi comunemente rivestiti di gesso, per livellare e rifinire le murature di pietra, e con le sue scarse tracce di rivestimenti a calce. L’Egitto è tra i primi anche nell’uso del gesso dall’epoca predinastica (5200 a.C.) alla bassa epoca Tolemaica (315 a.C.). In Egitto la malta di gesso tra i conci di pietra dei paramenti murari si fa risalire intorno al terzo millennio a.C..Gesso è ritrovato anche tra mattoni cotti al sole e come stucco per livellare le superfici” (32). L’Egitto dipinge il rivestimento delle opere monumentali come il Tempio di Amon (Docsity, social network per studenti). Il gesso, seppure a fatica, sostituisce l’argilla cotta e apre la strada alla calce ottenuta dalla cottura di pietre calcaree a temperatura abbastanza alta rispetto il gesso. Questo esclude le piante erbacee come combustibile essendo scarse produttici di calore/unità di massa. Si impiegano, pertanto, le piante arboree con maggiore capacità caloriche. La calce aerea è ottenuta casualmente dalla pietra calcarea per calcinazione (Nota 8). Autori vari scrivono: “… La scoperta della calce aerea da parte dell’uomo preistorico fu probabilmente analoga, anche se non altrettanto facile, a quella della terracotta. Costruendosi un focolare in terreno non argilloso ma calcareo, l’uomo preistorico si accorse che la pietra che era stata a contatto del fuoco dopo raffreddamento cadeva in polvere e questa con l’acqua dava un impasto plastico, il quale successivamente perdeva la plasticità ripristinando un materiale rigido, simile alla pietra di partenza…”(33). Norman Daevy e Mario Murolo negli anni 2000 confermano l’origine preistorica della calcinazione. Essi scrivono: “….Sembra che la calcinazione del calcare fosse praticata in Mesopotamia sin dal 2450 a.C. a Khafaje dove sono ritrovate le rovine di un forno…”(34). Murolo negli anni 2000 scrive: ”..E’ probabile che, indipendentemente dall’Egitto, una scoperta fortuita 18

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fosse avvenuta in Campania dove l’attività dei vulcani locali nel passato aveva calcinato larghe zone di (…) roccia calcarea (35). Il gesso e la calce dunque entrambi leganti preistorici. Oggi Ricardo Sersale classifica il gesso un legante primitivo e la calce un legante tradizionale (36). Dal 2500a.C. all’800 a.C. l’impiego di malta di calce è scarso. Murolo scrive: “sono poche le testimonianze ritrovate del suo impiego”. Tra queste un murale risalente al 1950 a.C. a Tebe in Egitto, presso le moderne città di Karnak e Luxor, e la piramide di Chepren(...). “….Malta di calce cotta al forno e sabbia era largamente usata in Egitto, insieme con malta di gesso, e ne furono analizzati campioni nella piramide di Chepren, figlio di Cheope”(…). “L’esterno della piramide di Chepren è rivestito con pietre calcaree, pesanti dagli 800 Kg alle 20 tonnellate, e all’interno è realizzato con monoliti di granito pesanti dalle 20 alle 80 tonnellate (…) la piramide sia stata realizzata spostando i grandi Blocchi da una cava e poi sollevati…”(37). La base è rivestita con granito rosso e grigio di Assuan. La parte alta è rivestita con calcare bianco di Tura. La terza piramide è quella di Micenio. L’intonaco delle grandi piramidi risulta arricchito con calce. La malta di calce aerea si diffonde nel Mediterraneo fin dai tempi dei Fenici (XXI secolo a.C.), cosi denominati dai greci. La popolazione Fenicia è originaria della costa orientale del mediterraneo nei pressi del Libano. La Malta di calce aerea è impiegata anche presso i Greci e i Romani. Palestra, oggi, scrive: “nella civiltà minoica, a Creta (2000 a.C.÷1450 a.C.), in alcuni casi si è arrivati ad applicare sino a quattro strati di malta, iniziando con un impasto composto da calce, ghiaietto e cocciopesto (in genere frammenti di terraglia) seguito da altri strati, ciascuno via, via più levigato” (38). La piramide di Chepren, costruita dal sovrano della IV dinastia (2575÷2467a.C.), è la seconda delle tre piramidi del governatorato di Giza, situato nei pressi della piramide di Khufu o anche piramide di Cheope. La calce idrata (CH) o calce spenta (Nota 9), oggi idrossido di calcio, si ritrova fin dall’età del bronzo (2300a.C.÷ 900a.C.). Una prova lodevole è nella Tomba del tuffatore, Magna Grecia (480a.C.÷470 a.C.), ritrovata a Paestum (Salerno) nel 1968. Negli anni 2000, Mario Napoli scrive: “La Tomba del tuffatore è costituita da 5 lastre calcaree di travertino locale incollate tra loro con stucco bianco 19

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a base di calce. Anche gli interstizi sono chiusi con lo stesso stucco. Le lastre interne, ed eccezionalmente anche la volta, sono rivestite con un intonaco affrescato formato di calce spenta e sabbia (arriccio) e dalla rifinitura, sempre di calce, ma in maggiori quantità con l’aggiunta di polvere di marmo”(39). Un intonaco di calce idrata si ritrova a Velia, la città greca Elea fondata nel 540 a.C. dai profughi di Focea, in Asia Minore. Qui si ritrova anche un allettamento di calce e sabbia, seppure non intero. In realtà non sempre le murature sono state allettate. Sono ben note le cosiddette murature a secco. Strutture che compaiono dopo la cottura dell’argilla con le opere poligonali o opus poligonalis o opus siliceum della tradizione colta dell’Italia Meridionale. Si tratta di opere costruite con grandi massi sovrapposti a incastro, senza calce e con rari cunei all’interno di spazi vuoti. Giuseppe Lugli (1890 – 1967), archeologo e Professore presso la Sapienza di Roma oggi scrive: ”Poligonale opera è il nome moderno della tecnica antica di sovrapporre massi enormi gli uni sugli altri, senza calce e senza un taglio regolare del contorno, ma solo una semplice squadratura nei punti di contatto fra i vari blocchi: questi perciò si presentano in facciata come tanti poligoni. Tale modo di costruire, che è il più antico che l’uomo abbia conosciuto, la letteratura l’attribuisce ai Pelasgi. A questi si attribuiscono resti di murature. I greci chiamano pelasgi le popolazioni preelleniche archeologicamente identificate con i Peleset. I pelasgi (Nota 10), secondo Roberto Mortari, sono “un popolo di navigatori e costruttori di monumentali murature”. Archeologicamente una zona Pelasgica è la Tessaglia, una delle tredici periferie della Grecia. L’opera poligonale più volte si identifica con la “muratura megalitica”, anche se in realtà la sinonimia poligonale/megalitica è dubbia. Giuseppe Lugli nel 1946 scrive: “…. È dimostrato oramai che i Pelasgi non hanno nulla a che vedere con le grandi fortificazioni poligonali e che esse non sono cosi antiche come si credeva un tempo. Il raffronto con le mura di Tirino e Micene è puramente tecnico e non presenta alcun legame storico ed etnico; le mura più rozze risalgono sul nostro territorio al VI a.C., mentre quelle più accuratamente tagliate si possono datare alla metà e fine del IV a.C.. Biso20

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gna precisare che non tutte le mura megalitiche sono poligonali, e non tutte le mura poligonali sono megalitiche”. Cioè le opere poligonali non sempre sono megalitiche. Le strutture poligonali sono particolarmente diffuse nell’Italia centrale fino al II sec. a.C.. Ad esempio a Cosa, Norba (Norma), Fondi, Circei (San Felice Circeo), ecc.. Esse trovano impiego per lo più nei terrazzamenti ed anche per scopi difensivi. Sono realizzate con mattoni tal quali, rivisitati o anche perfetamente aderenti. Dalla letteratura: le strutture poligonali sono “opere di fattura manuale di un solo uomo”, mentre quelle ciclopiche o megalitiche sono “opere di una stirpe o di un’etnia”. Opere “i cui megaliti o grandi blocchi sono disposti senza materiale interposto e senza rivestimento”. Vitruvio scrive: Le opere megalitiche sono “…realizzate certi della gravità degli elementi monolitici superiori su quelli inferiori e sull’attrito tra le superfici interfacciate…”(40). Un ersempio di fabbriche megalitiche sono i nuraghi. I nuraghi sono torri-fortezze in pietre a faccia vista. Essi sono realizzati con la tecnica “ciclopica” dei greci, una delle tecniche di costruzione murarie neolitiche. Secondo Spano (1867) e Lillu (1966) le strutture nuraghe sono nate per scopi abitativi, mentre per Taramelli ed altri (1911) sono per scopi difensivi vista “la presenza di rame”. In realtà “…è ancora aperto il dibattito su significato e funzioni di queste costruzioni e tante siano le tesi sulla destinazione d’uso di queste strutture...” (41). 6000-7000 strutture nuragiche o nuraghi sorgono in Sardegna, tante da costituire la cosiddetta civiltà Nuragica. Questa per alcuni è tra la prima età del bronzo (1700 a.C.) e la prima età del ferro (XV sec.a.C.÷IXsec.a.C.) mentre per altri si estende fino al II secolo d.C., in qualche modo contemporanea a quella Romana. Una presa di possesso proturbana nuragica, molto significativa della Sardegna, è il villaggio Serra Orrios. Giovanni Lilliu di Barumi (Sardegna) 2005, scrive: “…il vocabolo stesso (Nurago) indicherebbe non la destinazione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire appunto cavo, costruzione cava, torre cava, a causa della figura turrita (forma di 21

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torre della corona muraria che cinge la testa della donna allegorica dell’Italia, di origine dell’antica Roma) del suo esterno che si fatta per accumulo di grossi massi e per la cavità cupoliforme dell’interno….”(42). I materiali impiegati vanno dal basalto all’arenaria, al porfido, al calcare, allo scisto. Per oltre il 50% è basalto. Oltre le piramidi a gradini dell’America latina e le costruzioni degli antichi greci e romani sono strutture a secco anche i Trulli (cupole) di Alberobello, in Puglia, a forma conica. Strutture in pietra senza malta di allettamento risalenti all’età del bronzo. Dalla letteratura: già nella protostoria, dopo la cottura dell’argilla, in età calcolitica o eneolitica o cuprolitica o del rame, tra il neolitico e l’inizio del bronzo, le murature a secco vengono sostituite con quelle allettate. In realtà le fabbriche abitative realizzate a secco, cioè senza allettamento convenzionale sono comuni fino al III secolo a.C.. L’età neolitica è dunque caratterizzata da tecniche costruttive con e senza allettamento (Tabella 3)

Tabella 3. Principali Tecniche di costruzione murarie neolitiche

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Note 1) Età storica: archi temporali segna" da even" perfe#amente data". Ad esempio età an"ca, età medioevale, età moderna ed età Contemporanea. Le prime due vengono iden"ficate nel 1550 dall’Archite#o George Vasari; Età an"ca: Secondo De Simone Voltorta, l’Età an"ca risale:”….al IV millennio a.C. con le prime ci#à Stato…”, anche se convenzionalmente, si fa iniziare, in corrispondenza della prima olimpiade greca (776 a.C.) e si fa terminare in coincidenza con la fine dell’Impero Romano d’Occidente, 476 d.C. 2) Malta: materiale specialis"co monoli"co composito formato da iner" e legan". 3) Argilla: una roccia sedimentaria di origine alluvionale. Essa cos"tuisce circa i 600 m più esterni della litosfera. Essa è presente come impurezza nei calcari da pochi percen"li fino al 50% nei giacimen" marnosi. Mineralogicamente è composta da silicoallumina" idra". Con"ene Fe+2. 4) Epoca preceramica, o età dei primi insediamen" protourbani. E’ dis"nta età preceramica A e età preceramica B. Essa è:”… insediata nella Pales"na e sui mon" Zagros; gli insediamen" protourbani sono stru#ure in basalto anteceden" l’urbanizzazione vera e propria del territorio”. 5) Colla tecnolgica: argilla modellata seccata e co#a in forno ad alta temperatura usata per fabbricare vasellame. Zingarelli minore, edizione terzo millennio. 6) Co#ura pietra gessosa, selenite: CaSO4·2H2O + calore (107÷163 °C) CaSO4·0,5H2O+1,5 H2O Pietra da gesso emidrato 7) Potere calorifico: quan"tà di energia che si può ricavare convertendo completamente una massa unitaria di combus"bile in condizioni standard. Le piante arboree hanno un potere calorifico più alto di quelle erbacee. 8) Calcinazione: co#ura con eliminazione di gas o vapori. Nello specifico della pietra calcarea è una co#ura con eliminazione di CO2. CaCO3 + calore (700°C ÷900°C) → CaO + CO2 pietra calcarea calce aerea anidride carbonica 9) Idratazione o spegnimento della calce aerea: CaO + H2O → Ca(OH)2 calce spenta 10) Pelasgica è la popolazione vivente in Grecia e in altre aree come Creta, Sicilia, Italia Meridionale, Etruria, ecc. prima dell’arrivo degli Ellenici. Pelasgi, secondo la le#eratura, sono “tu% i popoli autoctoni delle terre intorno all’Egeo. Ai pelasgi si a#ribuiscono i res" di murature come il “muro di Atene”.

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LA STORIA CAPITOLO I

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ETÀ ROMANA (753a.C.÷476d.C.)

La storia della malta inizia con l’Epoca Romana, un Epoca densa di innovazioni e conferme. In realtà la malta è già presente nella preistoria seppure ancora in via di definizione. Tra gli scopi del testo anche chiarire che cosa sia stata la malta e cosa sia oggi, oltre allettamento e intonaco. Domande cui può rispondere soltanto la storia di ogni giorno, di ogni anno e di ogni Epoca di questi primi 2000 anni di Edilcostruito (Tabella 4).

Tabella 4. Epoche L’Età neolitica prepara l’Età romana e con essa apre la storia, malgrado la precarietà e le incertezze che la caratterizzano. L’età Romana, inizia con l’Età Regia, 753 a.C.÷509 a.C., e termina con la caduta dell’Impero romano d’Occidente e la fine dell’antichità, 31a.C.÷476 d.C.. Tra le due l’Età Repubblicana, 509 a.C.÷31 a.C.. L’Età che più delle altre ha destato il mondo è l’età imperiale, impreziosita oltre dai suoi valori intrinseci anche dal valore aggiunto delle prime vittorie dell’uomo sulla na27

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tura, quali l’accumulo dell’acqua, il trasporto delle merci ed il superamento di fiumi e strapiombi con, cisterne, ponti ed acquedotti rispettivamente. La Roma Imperiale codifica e sviluppa le conquiste neolitiche anche nell’intonaco e nei giunti, superando le strutture a secco. Tant’è che attraverso Vitruvio, Plinio, e gli altri l’Impero Romano raggiunge vertici inaspettati nella messa a punto e nell’esecuzione dell’intonaco. L’edilizia Romana, senza nulla togliere a Plinio e Catone, deve molto particolarmente a Marco Vitruvio Pollione (80/70a.C÷23a.C.), un gigante dell’intuizione. Egli è maestro dell’edilizia reale, seppure solo teorico, come scrive la letteratura, e, non solo in Epoca romana ma anche in quelle successive fino all’Epoca Contempora 1 MATERIALI PRIMI NELL’EDILCOSTRUITO (MATERIALI ATTI ALLE FATTURE DEGLI EDIFICI. VITRUVIO) Vitruvio consegna alla storia il “De Architecture”, un trattato sullo stato dell’Edilizia dedicato all’Imperatore Augusto a titolo informativo. In particolare argomenta sintesi, metodiche, procedure ed interventi manutentistici debitamente integrati da intuizioni, riflessioni e considerazioni personali. Il secondo libro inizia argomentando la necessità di un “cemento” interpartcellare affinché i materiali possano esistere. Vitruvio cosi scrive nel suo “Trattato-Terstamento” De Architecture: Edizione Tesi: “ogni materiale deve possedere al suo interno una scrive: “colla” che unisce gli elementi del microscopico per avere il macroscopico ( …). Nessuna cosa infatti presente in natura né tra gli esseri animati, né tra le cose inanimate può esistere e neppure essere concepita se non come fusione di elementi fondamentali” Edizione Flores: “...perché non alcun genere di materia, non corpi, non cose, senza la congiunzione (unione) dei materiali, possono nascere e neppure immaginarsi…”.(…) “....Ora tornando al proposito, ragionerò dei materiali atti alle fatture degli edifizi, del modo che dalla natura furono prodotti e da quali misture i congiungimenti dei principi debbano essere in essi temperati.(…)” ...parlerò dei mattoni con quale terra convenga che essi siano formati. Poiché non debbono essere formati da argilla sabbiosa né 28

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ghiaiosa né da sabbia poiché se sono formati da questi tre tipi di terra in primo luogo diventano pesanti, poi quando nei muri sono bagnati dalla pioggia, si rovinano e si sciolgono e le paglie in questi non aderiscono a causa della non purezza dell’argilla (Tabella 5).

Tabella 5. Argille L’argilla, la colla neolitica per eccellenza, nell’epoca Vitruviana, assurge a ruolo primario nel costruito edile e non solo, come provano l’oggettistica e le fornaci ritrovate per la cottura, come quelle di Ronta(Cesena), un paese agricolo in provincia di Ravenna, e quelle dell’Atelier di Albinia, Orbetello (Grosseto). A Ronta, nel 2005, durante la costruzione del canale emiliano-romagnolo è stato rinvenuto un insediamento archeologico, II sec. a.C., composto da tre fornaci romane di forma rettangolare di grandi dimensioni, costruite una prima e due dopo indicate rispettivamente con A e B. La fornace A, più grande, è pavimentata con un mosaico in mattoncini ed è rivestita all’interno con argilla e paglia. Carla Conti scrive: “..le due Fornaci sono destinate alla cottura di tegole e coppi… ”. L’Atelier di Albinia, fine II sec.a.C.÷I sec.d.C. (Vitali, Laubenheimer, 2003) produce anfore per il vino nell’Etruria romana. Il sito archeologico di Albinia scavato da D.Vitali, F.Olmer,C. Calistri negli anni 2000, tutt’ora aperto, è “costituito da un grande muro di contenimento (….) che ingloba i resti di due grandi fornaci a pianta rettangolare affiancate e parallele destinate alla cottura di anfore vinaie di età tardo repubblicana e presenta uno spazio come un vano per la preparazione e per la decantazione dell’argilla….” (43). Le indagini archeologiche sono dirette dall’Archeologa Maria Grazia Maioli della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna. 29

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SOMMARIO Presentazione ..............................................................................................................3 Prima Parte - La Preistoria ...........................................................................................7 Seconda Parte - La Storia ...........................................................................................25 Capitolo I - Età romana ..............................................................................................27 1 Materiali primi nell’edilcostruito ............................................................................28 2 La Malta ..................................................................................................................35 3 Strade ed Acquedo% .............................................................................................42 4 Le Opus ...................................................................................................................44 5 Intonaco ..................................................................................................................48 Capitolo II - Età Paleocris"ana....................................................................................59 1 La Malta ..................................................................................................................61 Capitolo III - Età Medioevale ......................................................................................65 1 La Malta ..................................................................................................................67 Capitolo IV - Rinascimento .........................................................................................75 1 Malte d’autore ........................................................................................................77 Capitolo V - Età Moderna...........................................................................................87 1 Materiali Pozzolanici ...............................................................................................89 2 Malte D’autore ........................................................................................................94 Capitolo VI - Età Contemporanea ............................................................................107 1 La vicenda Umana ................................................................................................109 2 Incompa"bilità interfacciale .................................................................................110 3 La Pietra calcarea .................................................................................................114 4 IL Gesso ................................................................................................................117 5 Il Macrociclo .........................................................................................................121 6 Introduzione al calcestruzzo .................................................................................125 7 Malte d’autore ......................................................................................................127 Ringraziamen" .........................................................................................................143 Conclusioni ...............................................................................................................145 Bibliografia ...............................................................................................................147 Biografia ...................................................................................................................157

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