ANTEPRIMA
(Portieri Nostalgia 1)
Massimiliano Lucchetti
Portieri di “Provincia” degli anni ‘90 a cura di Pietro Guella
Studio Byblos
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© Massimiliano Lucchetti, Serra Riccò, 2021 Impaginazione, composizione, ritocchi e copertina di Giuseppe De Chaud Logotipo Portieri Nostalgia: disegno originale di Serena Boccardo. Elaborazione grafica di Giuseppe De Chaud © Studio Byblos Via Montepellegrino, 163, 90142 Palermo, 2021
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Premetto che è un onore per me scrivere la prefazione di un libro, soprattutto perché è un libro che parla di portieri. Ho avuto la fortuna di essere compagno di squadra di molte personalità descritte in queste pagine. E leggere le storie di Rampulla, Ferron, di Bucci, Ballotta, Micillo e tutti gli altri, è una doppia emozione, che colpisce dritta nelle viscere. Questo libro è un viatico per tutti i giovani che vogliono intraprendere la carriera di portiere, insegnando loro che niente è regalato, che i risultati di questi grandi uomini, dei loro idoli, sono stati raggiunti grazie alla loro abnegazione e ai loro sacrifici. Io stesso ho migliorato la mia carriera calcistica soltanto osservandoli e studiandoli. Negli anni novanta, l’Italia è stata la prima nazione nel mondo a creare una vera e propria scuola di portieri, con preparatori specifici altamente formati e specializzati nel ruolo (basti pensare che fino al 1960 in Inghilterra, patria del calcio addirittura c’era qualche squadra che faceva fare il secondo portiere a un qualsiasi calciatore!). Il lavoro dei preparatori in quegli anni ha cresciuto una generazione di portieri equipaggiati di solide basi e una tecnica di ferro, e credetemi, la tecnica insieme alla testa è indispensabile per poter eliminare i difetti e diventare veramente grandi. A proposito di testa: dicono che un portiere, in quanto tale, deve essere pazzo. Ecco, per me è esattamente l’opposto. Tralasciando le doti atletiche che chiunque avanza in questa car3
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riera più o meno già possiede, è proprio la testa la carta vincente, la stessa che prevede la giocata avversaria, che assorbe le forti emozioni e mantiene lucidi. Il grande portiere affronta la squadra di terza serie con la stessa concentrazione di una finale di Champions. Essere nel posto giusto al momento giusto non è frutto solo di istinto o fortuna, ma accade allenando costantemente la propria attenzione, anche quando la palla si trova nell’area di rigore avversaria. E dirò di più, un portiere deve ragionare due volte rispetto ai calciatori perché non potrà mai pensare: “la prossima gara parerò due rigori o farò delle eccellenti parate”, semplicemente perché può darsi che non subirà un tiro in porta. Egli dovrà quindi ragionare sulle mosse dell’avversario e i movimenti dei compagni, e all’occasione, essere dunque pronto per intervenire. Tecnica e concentrazione sono i comuni denominatori dei grandi portieri raccontati nel libro, insieme a un terzo, però, di pari importanza: PASSIONE. Perché solo una viva passione può averli guidati, attraverso una miriade di avversità, verso la strada dell’affermazione. Un abbraccio.
Angelo Peruzzi
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Massimiliano Lucchetti con Angelo Peruzzi Formello (Roma) Centro Sportivo della Lazio, 2017
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A mio padre. Il mio primo idolo, che ha sempre parato le mie follie.
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... Solo i portieri sanno cosa significa davvero il profumo dell’erba. Gli altri calciatori non ne hanno idea. Perché loro sull’erba corrono, al massimo ogni tanto scivolano oppure, oggi, si rotolano un pò. Ma il portiere no. Il portiere ci lavora con l’erba. E praticamente ogni suo gesto, ogni suo intervento finisce sempre allo stesso modo, con il naso dentro l’erba ... Dino Zoff (da: “Dura solo un attimo la gloria”. Milano, Mondadori, 2014)
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Prefazione Questo è il primo libro che, da portiere, dedicherò ai portieri. Sarebbe mia intenzione continuare a scriverne altri, non sapendo, ad oggi, dove andrò a “parare”. Ho voluto dedicare questo primo lavoro ai “Portieri di provincia degli anni ‘90” poiché nascendo nel 1989, ho vissuto direttamente quello che è stato, probabilmente, il periodo di massimo splendore del calcio italiano, ricco di straordinari interpreti anche nel nostro ruolo. Il rovescio della medaglia di tanta abbondanza, però, è stato che per molti portieri, pur di grande livello, è stato complicato o impossibile arrivare al paradiso della Nazionale o diventare titolari in grandi club. Proprio per questo motivo, ho voluto raccontare dei “portieri di provincia” numeri 1, iconici, che hanno lasciato, pur senza arrivare alle vette, un’impronta indelebile che resisterà nel tempo. Grazie al fatto che molti di loro, si siano concessi ad una chiacchierata, tramite i miei canali social, il mio lavoro è risultato più semplice ma, allo stesso tempo, mi ha dato maggiori responsabilità, volendo interpretare al meglio le loro confidenze. Ho voluto che i capitoli fossero 12, poiché il dodici, al pari del numero uno, rappresenta uno dei numeri iconici per noi nostalgici del ruolo. All’interno, troverete anche tre capitoli extra, 11
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che ho voluto indicare con i numeri 1-12-22 (non penso ci sia bisogno di spiegarvene il motivo). Io e i miei “allenatori” ci siamo divisi, questi tre capitoli, scritti ognuno secondo le proprie caratteristiche e passioni.
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Prefazione del portiere
“…Il portiere ha sempre la colpa. E se non ce l’ha paga lo stesso. Quando un giocatore qualsiasi commette un fallo da rigore, il castigato è lui: lo lasciano lì, abbandonato davanti al suo carnefice, nell’immensità della porta vuota...” (Edoardo Galeano) Eccoci qui, non avrei mai pensato un giorno, di poter scrivere un libro; per questo devo ringraziare molte persone, ma lasciamo alla fine questa parte. Prima di iniziare a raccontarvi del contenuto di questo libro, vorrei esprimere il mio modesto pensiero su cosa significhi, per me, essere un portiere. Il portiere è un ruolo a sè, è l’unico giocatore nella squadra che è vestito in maniera diversa, ha i guanti, può prendere il pallone con le mani, in settimana si allena con un preparatore dedicato; gioca insieme ai suoi compagni, ma è come se praticasse un altro sport; molte volte ci si ritrova da soli contro tutti, l’unico tuo amico-nemico è il portiere nella porta avversaria che, in cuor tuo, vorresti prendesse goal ad ogni azione, ma poi, quando succede, ti dispiace pure un po’, perché sai benissimo che è un tuo “simile” e capisci, che anche 13
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lui, come te, è solo contro tutti. Quando guardo le partite alla Tv, tante volte mi capita di dispiacermi per un errore di un numero 1, perché mi immedesimo in lui e capisco perfettamente cosa possa provare. Ciò che mi ha sempre fatto sorridere, poi, è il fatto che, alla fine della partita, tutti si ricordano di un piccolo errore che hai fatto e mai delle mille parate salva risultato, mentre il centravanti che sbaglia davanti alla porta, o il difensore che non marca, il centrocampista che sbaglia tutti i passaggi li dimenticano più facilmente. Questo perché, quando sbagli tu, è finita, hai preso gol e nessuno ti salverà. Non a caso si chiama Estremo Difensore! Roberto Baggio una volta disse: “Nessuno si ricorda i rigori che ho segnato, ma nessuno si scorda i rigori che ho sbagliato”. Per il portiere è la stessa cosa: puoi fare cento parate e un solo errore, ma alla fine della partita tutti si ricorderanno l’errore e non le parate. Per questo per fare il portiere ci vuole un carattere, forte e deciso, altrimenti alla prima difficoltà ti buttano giù. Questo è uno dei mille motivi che mi hanno spinto a diventare - nel mio piccolo si intende - un portiere ed un ammiratore un po’ maniaco dei numeri Uno. I portieri sono coloro che si buttano nelle mischie senza paura; dove un giocatore “normale” non avrebbe mai il coraggio neppure di metterci il piede, “noi” ci mettiamo la faccia. Siamo quelli capaci di volare da un palo all’altro, come tutti i bambini sognano di fare. Poi c’è il gesto tecnico che a me personalmente piace di più: l’uscita in presa alta; quando parte il calcio d’angolo o la punizione, tu vedi dalla tua visuale d’eccellenza le facce preoccupate dei difensori, gli attaccanti pronti a fare 14
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gol, la palla che spiove in area e, a un certo punto, arrivi tu con le mani, dove nessuna testa può arrivare a prendere il pallone, bloccarlo, osservando le facce dei tuoi difensori serene che sanno di poter contare su di te e guardando le espressioni degli avversari sconsolate: quello per me rimane il momento più eccitante. Uno degli altri motivi è che provengo da una famiglia di portieri; mio padre è stato, nel 1971 il primo portiere della storia della squadra dilettantistica di Serra Riccò, il mio paese; mio fratello maggiore ha giocato nelle giovanili ed io ho proseguito - e proseguo tutt’ora - la tradizione familiare. I miei nipoti stanno giocando da portieri nelle loro categorie giovanili e mio figlio - anche se ha solo 3 anni - sta già promettendo bene! (poverino verrebbe da dire, potrebbe fare diversamente?). Azzardo un’affermazione discutibile, ma posso dire che, probabilmente, il gene dei portieri è nel nostro sangue.
Massimiliano: uscita alta nel Torneo di San Cipriano (Serra Riccò), 2021 15
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Capitolo 1 Marco Ballotta
La vicende di Marco Ballotta, arrivato ad essere “il Nonno” del calcio italiano, hanno dell’incredibile poiché in ogni squadra in cui ha militato, ha lasciato un impronta indelebile. Siamo a Bologna, a metà degli anni ‘70 e un giovane Marco, all’epoca undicenne, iniziò a tirare i primi calci al pallone nei pulcini del Crespellano, squadra di un paese vicino al capoluogo emiliano. Lì rimase cinque anni, poi, un giorno all’improvviso, venne a mancare il portiere titolare perito in un tragico incidente e l’allenatore provò Marco fra i pali: da allora non uscirà più (o quasi). A sedici anni, il Bologna lo chiamò per fare un provino e Pietro Battara, ex grande portiere degli anni sessanta e settanta, allora allenatore dei numeri 1 rossoblu, non se lo fece scappare. Oltre a Battara, anche Vavassori e Rado, furono i suoi maestri. Nel 1982-83 arriva la prima occasione per dimostrare il suo valore in una prima squadra. Gioca nel San Lazzaro nell’Interregionale e conquista subito i galloni di titolare. L’annata positiva lo riporta alla casa madre, nel frattempo retrocessa in C1; Massimo Bianchi è il portiere titolare e Ballotta accetta con serenità, vista anche la giovane età, il ruolo 17
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di dodicesimo, almeno fino a quando a novembre il Bologna acquistò un altro portiere Claudio Maiani (*). Marco a questo punto, si ritrovò a fare il passo del gambero e a tornare a giocare nella Primavera. A fine anno, i rossoblu salirono di categoria e a Ballotta fu proposto di fare il dodicesimo in Serie B: Marco rifiutò, intenzionato a giocarsi le sue carte da titolare, in un altra piazza, piuttosto che stare ancora in panchina. In un intervista - anni dopo - disse che quella scelta fu dettata da due fattori: il primo che un portiere giovane deve giocare per fare esperienza; il secondo è che quando subentrò in panchina mister Pace, capì che il nuovo allenatore non aveva fiducia in lui. Nel frattempo Ballotta continuava a giocare nella primavera. Durante il derby di categoria contro il Modena parò qualsiasi cosa. Per sua fortuna a vedere quella partita sulle tribune c’era l’allenatore dei canarini, Gigi Mascalaito, che rimase talmente impressionato da quel numero 1, da contattare subito la società rossoblu. Fu così che il lunedì successivo, Ballotta divenne un giocatore del Modena, scambiato, a sua insaputa, con Tortora. Qui ha inizio il primo capitolo della sua storia modenese che si svolgerà tra il 1984 e il 1990. La prima amichevole è subito contro i campioni d’Italia del Verona, battesimo di fuoco, il Modena vince 3-1 e Marco impressionò per la sua sicurezza e tranquillità, diventando subito titolare. Nei sei anni passati a Modena, Ballotta e la squadra raggiunsero due picchi. Il primo fu la promozione dalla C1 alla B, nel ‘85-86, raggiunta insieme al Parma a quota quarantasette punti. La seconda ebbe luogo nell’ultima 18
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annata di Marco: un’altra vittoria del campionato, questa volta, però, più degli altri anni, “Rambo” (soprannome datogli dai suoi compagni di squadra) fu fondamentale subendo solamente nove reti e tenendo la porta inviolata per ben 958 minuti. Un altro record tutt’ora suo è quello della maggiore imbattibilità in partite casalinghe: ben 1427 minuti! Il primo capitolo finisce qui, ma la storia fra il Modena e Ballotta riprenderà più avanti. Finalmente arriva la grande occasione della carriera, con il trasferimento a Cesena, nella massima serie. L’allenatore dei romagnoli è Marcello Lippi, alla sua seconda stagione alla guida dei bianconeri. Insieme a Ballotta, ci sono altri due portieri che ambiscono al ruolo di titolare: Francesco Antonioli e Alberto Fontana (torneranno entrambi in questa storia). L’anno precedente il ruolo di numero 1 era stato di Sebastiano Rossi, con Fontana a fargli da secondo; proprio ad Alberto, viene affidata la maglia da titolare nella stagione successiva. Per Ballotta le presenze, nell’intero campionato, saranno cinque, con la soddisfazione di aver esordito in Serie A, contro il Genoa (tenete presente questo particolare). Finita la stagione Ballotta avrebbe dovuto tornare a Modena, ma il mister di allora Eugenio Bersellini preferì puntare su Massimo Meani e non caldeggiò il suo rientro. A questo punto, Marco accettò la proposta del Parma per fare il secondo del nazionale brasiliano Claudio Taffarel, con possibilità di giocare alcune partita in Coppa Italia. All’epoca però, non tutti gli allenatori avevano come abitudine l’alternanza fra portieri, tra questi l’allora mister dei cro19
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ciati Nevio Scala; così, dopo una partita contro la Fiorentina in Coppa Italia e l’ennesima panchina, complici anche le non esaltanti prestazioni di Taffarel, Ballotta sbottò, andando a chiedere spiegazioni al mister. Dopo il chiarimento, da quel momento in avanti, non solo diventò il numero 1 nella Coppa nazionale, ma anche nelle competizioni internazionali. I risultati dei parmensi ci dicono che scelta migliore non poteva essere fatta. Fu così che per Marco gli anni di Parma furono il momento più esaltante della carriera, dove vinse da protagonista molti trofei. La Coppa Italia del 1991-92 è il primo che Ballotta e il Parma mettono in cassaforte; e il nostro portierone fu determinante soprattutto nella doppia sfida contro la Sampdoria in semifinale, mentre in finale ci fu il trionfo sulla Juventus. La Coppa delle Coppe ‘92-93 vinta ai danni dell’Anversa e la Supercoppa Uefa dello stesso anno contro il Milan saranno le ciliegine sulla torta di quei magnifici anni. Proprio per questo motivo, fu soprannominato il “portiere di coppa”. Per il nonno, la soddisfazione fu doppia, poiché di solito quando si vince un trofeo da dodicesimo si è contenti per la propria squadra anche senza essere protagonisti, invece gli unici che il Parma ha alzato in quegli anni, portano la sua firma da numero 1. L’annata ‘92-93, vede Marco titolare in campionato, visto l’infortunio nelle prime partite di Taffarel. Nonostante risulterà il miglior portiere per rendimento della Serie A, con una media voto di 6,61; il Parma del ‘93-94 affidò la maglia di 20
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numero 1 a Luca Bucci, prodotto del vivaio. Marco dopo un altro anno, da dodicesimo, decise di fare le valigie e cercare una nuova destinazione. Le rondinelle di Brescia diventarono la sua casa, per un solo anno. La prima stagione da primo portiere in Serie A purtroppo è da accantonare nei meandri dell’oblìo: la squadra non fu all’altezza del ruolo e alla fine retrocederà. Dopo i mondiali statunitensi, Carlo Ancelotti, vice di Sacchi nell’Italia finalista di USA ‘94, decise di iniziare il proprio cammino come allenatore. La Reggiana, appena retrocessa in Serie B, era la sua destinazione ideale, un posto perfetto dove iniziare la nuova carriera. L’anno precedente i granata avevano affidato la loro porta a Antonioli, che non disputò una stagione memorabile. A Carlo serviva un portiere esperto, che conoscesse la categoria e quale miglior numero 1 poteva scegliere, se non il “nostro” Marco Ballotta? I due anni di Reggio furono molto diversi tra loro: il primo straordinario, con la promozione in Serie A, il secondo disastroso con il primato in negativo di minor numero di vittorie casalinghe della storia e la retrocessione nella Serie cadetta. Nonostante ciò, Marco disputò due ottime annate e infatti alla fine dell’anno ricevette la proposta della Lazio. Avventura che - come quella di Modena - si divise in due parti. La prima vide Ballotta scendere in campo pochissime volte e fare da fido scudiero a Luca Marchegiani; probabilmente quelle furono le stagioni migliori di sempre per i biancocelesti, che vinceranno un titolo insperato nella stagione 1999-2000, con una rimonta miracolosa ai danni della Ju21
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ventus e con l’incredibile epilogo dell’ultima giornata: la squadra della Capitale vinse facilmente la sua partita contro la Reggina e i bianconeri naufragarono nel diluvio di Perugia. Il portiere di coppa prima di lasciare la Lazio, ha ancora da togliersi una soddisfazione personale. Il 18 maggio del 2000 va in scena la finale di ritorno della Coppa Italia; all’andata finì 2-1 per i biancocelesti. La Lazio, reduce dai festeggiamenti per lo scudetto, si presentò in campo con dei look stravaganti e fra questi c’è anche il nonno con i capelli (capelli forse è una parola grossa...) dipinti di blu - immagine che tutti noi nostalgici non ci dimenticheremo mai. Queste sono le sue partite e come al solito fu perfetto, 0-0 e altra Coppa in bacheca. Alcuni mesi dopo, prima dell’inizio della Serie A, vi fu l’attesissima Supercoppa italiana: si affrontarono nuovamente Lazio e Inter, ma questa volta Ballotta era dall’altra parte della barricata, a difendere i colori nerazzurri. Qualche settimana prima, ci fu lo scambio con Peruzzi. L’Inter aveva deciso di consegnare la porta a un giovane “fenomeno” francese Sebastian Frey e, come al solito in quegli anni, il portiere ideale per supportare in modo affidabile una promessa, era sempre quello, Marco Ballotta. Mister Lippi caldeggiò il suo arrivo, conoscendolo bene dai tempi di Cesena, e in quella partita decise di affidargli la fascia di capitano, pensando che potesse dare qualcosa in più. L’Inter uscì sconfitta dopo un pirotecnico 4-3, ma Marco fece in tutto e per tutto il proprio dovere. Ai nerazzurri rimase solo una stagione, con un record però tutt’oggi imbattuto: esordio del giocatore più anziano nella storia della squadra. 22
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Alla fine dell’anno Rambo venne sostituito nel ruolo di dodicesimo da Alberto Fontana, anche qui corsi e ricorsi. Marco non la prese proprio bene, perché la società gli aveva fatto capire che lo avrebbe avvicendato con un portiere giovane, ma non fu così, visto che “Jimmy” aveva solo qualche anno in meno. Ed eccoci arrivati al primo dei secondi capitoli della sua carriera: Modena. La squadra militava in Serie B e l’allenatore era Gianni De Biasi; mancava il portiere d’esperienza per trainarla al salto di categoria e naturalmente chi se non il nonno per ricoprire questo ruolo? Ballotta quell’anno non sarà solo il numero 1, ma anche il capitano; con il secondo posto la squadra emiliana, tornò in Serie A, riuscendo a conservare la categoria anche l’anno successivo, classificandosi al 12° posto. Pur ottenendo gli stessi punti di Empoli, Reggina e Atalanta furono queste a doversi giocare lo spareggio per la permanenza in A. Le favole non si possono sempre chiudere nel migliore dei modi e infatti la stagione 20032004 fu una delle peggiori per Marco e per il Modena che retrocesse, finendo al 16° posto. Visti i risultati e le prestazioni negative di Ballotta, i rapporti con l’allenatore Alberto Malesani - fino a un certo punto ottimi - precipitarono. Come raccontato da lui stesso, un martedì durante un allenamento il mister si presentò con la foto della barriera di Udine trafitta da Iaquinta, e diede la colpa a Ballotta; per Rambo quello fu solo un pretesto per essere tenuto fuori. Dopo l’esonero di Malesani a favore di Bellotto, qualcuno disse che l’allenatore dalla panchina sembrava Marco ed 23
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uscirono voci maligne che fosse lui a mettere i giocatori contro il tecnico; naturalmente con questi presupposti a fine stagione le strade si separarono. Il nonno rimase senza contratto sino all’autunno del 2004, quando il Treviso manifestò l’esigenza di un portiere rodato. La squadra veneta aveva iniziato il campionato in modo orribile con una sola vittoria nelle prime nove partite. Con l’arrivo di Ballotta in porta e il nuovo allenatore Giuseppe Pillon, ci fu un cambio di passo e i veneti chiusero il campionato al 4° posto, disputando lo spareggio playoff contro il Perugia. Pur perdendo la partita tuttavia, per varie vicissitudini e non iscrizioni da parte di alcune squadre, il Treviso conquistò ugualmente una storica promozione in Serie A. Rambo fu il protagonista indiscusso di quella stagione, probabilmente una delle migliori della sua carriera. Restò a Treviso solo un anno e, visto che a volte la storia si ripete, dopo Modena, toccò alla Lazio essere la meta di ritorno del nostro figliol prodigo. I portieri della squadra biancoceleste erano Peruzzi e Matteo Sereni; Angelo, a causa dei suoi possenti muscoli, era soggetto a infortuni. Per questo motivo, la dirigenza tornò sul mercato per assicurarsi un terzo portiere di esperienza e Ballotta era il migliore in circolazione. La stagione 2006-2007 vide il ritiro di Peruzzi dall’attività agonistica; la Lazio decise di puntare sul giovane uruguaiano Fernando Muslera. Essendo però troppo rischioso affidarsi a un portiere che non conosceva il campionato italiano rinnovò il contratto a Ballotta per un altra stagione. Il numero 1 uruguayano, complice una piazza molto esigente come quella laziale, non risultò irreprensibile 24
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nelle prime uscite e quindi toccò nuovamente al “giovincello” Marco mettersi tra i pali. Disputò tutte le partite in Champions League, ottenendo un altro record, il giocatore più anziano ad aver calcato i campi da gioco della Coppa dalle grandi orecchie (d’altronde è o non è il portiere di coppa?). Oltre al record della Champions, disputando la partita contro il Genoa (ricordate con chi aveva esordito in Serie A?), l’11 maggio del 2008, fece suo anche il record di giocatore più anziano ad aver calcato i campi di Serie A a 44 anni e 38 giorni. Finalmente era giunto il momento di appendere i guanti al chiodo... e di intraprendere una nuova carriera come attaccante, si perché Rambo - come il suo soprannome impone - non aveva nessuna voglia di smettere di giocare e allora si reinventò centravanti nelle categorie dilettantistiche per continuare ancora la sua infinita carriera. Ballotta è stato uno dei portieri più iconici degli anni ‘90 e 2000. Ogni qualvolta una squadra avesse bisogno di un uomo, oltre che di un portiere d’esperienza, si è sempre fatto trovare pronto. La sua immensa voglia di giocare a qualunque età e a qualunque livello ha fatto il resto.
(*) Claudio Maiani Primo portiere nella storia della nazionale Sanmarinese. Titolare nella prima partita persa contro la nazionale olimpica canadese, per 1-0, nel 1986. Considerato il portiere più forte nella storia del San Marino. Due panchine in Serie A alla Juventus, come secondo di Dino Zoff. 25
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Scheda giocatore
otta l l a co B Mar
Casalecchio di Reno (BO) 3-4-1984 m. 1,81 - kg. 78 Squadre in cui ha militato: Brescia - Cesena - Inter - Lazio - Modena Parma - Reggiana - San Lazzaro - Treviso Presenze: 223 Serie A 61 partite a porta inviolata 178 Serie B 71 porta inviolata 76 Coppa Italia 25 porta inviolata 10 Champions League 2 por ta inviolata 8 Coppa delle Coppe 4 por ta inviolata 1 Coppa Uefa 1 Supercoppa italiana 2 Supercoppa Uefa 1 porta inviolata 26
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Capitolo 2 Luca Bucci
La carriera di Luca Bucci è stata di ottimo livello anche se, nel 1995, ha vissuto due giornate che si possono definire “sliding doors”: il 10 e il 19 novembre. Luca nasce nell’Appennino emiliano e da ragazzo, oltre il calcio, ha molti interessi, tra cui la lettura, passione inconsueta per i giovani della sua età. L’incontro più importante a livello calcistico è quello con Pietro “Gedeone” Carmignani, ex grande portiere degli anni ‘70 che allenava nel settore giovanile del Parma e riconobbe da subito in Luca le qualità giuste per poter diventare un ottimo portiere. A quindici anni, Bucci partecipa al primo ritiro e porta con sé tutta l’attrezzatura sportiva, non sapendo che la società avrebbe fornito tutto il necessario per gli allenamenti. In molti sorrisero per questo, ma Luca era così: un giovane che viveva nel suo mondo, una persona umile e di sani principi, come la sua famiglia l’aveva educato. Al Torneo di Viareggio del 1988 le sue doti ormai si evidenziarono pienamente tanto che nella finalina per il terzo posto, vinta ai rigori contro il Milan, si concede il lusso di segnare dagli undici metri. 27
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Oltre alle qualità come portiere, infatti, si nota la predisposizione al gioco con i piedi, che nel proseguo della sua carriera sarà un elemento fondamentale. Il ‘90-91 è il primo anno importante, poiché giocò titolare in C1, con una squadra di livello come la Casertana vincendo subito il campionato. La stagione seguente però le sue parate non furono sufficienti per consentire la salvezza dei rossoblu. A Parma, Taffarel e Marco Ballotta gli chiusero la porta, ma come recita un vecchio proverbio: “quando si chiude una porta, si apre un portone”. Il suo “portone” infatti è rappresentato dalla Reggiana e soprattutto dal mister Giuseppe Marchioro. L’allenatore degli amaranto predilige il gioco a zona, strategia che porta molto spesso il portiere a giocare fuori dai pali e diventare frequentemente un libero aggiunto. Per interpretare bene questo “doppio” ruolo ci vuole una capacità non indifferente con i piedi, abilità, in quegli anni, non comune alla maggioranza dei portieri. L’annata di Reggio si rivelò fenomenale. Durante un match con il Pisa diede sfoggio della sua completezza tecnica tanto che i commenti lo paragonarono a Zoff e a Baresi, niente male per un giovane che stava appena affacciandosi alla ribalta del calcio che conta. L’annata 1992-93 fu ricca di record, tra cui quello di imbattibilità iniziale - durata ben 508 minuti - e quello di imbattibilità assoluta, 763 minuti, tra la nona e la diciassettesima giornata. Chiuse al secondo posto della speciale classifica del Guerin d’oro, con la media voto di 6,55, dietro al solo Fabrizio Lorieri. 28
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Indice Presentazione ...............................................................pag. 3 Prefazione .....................................................................pag. 11 Prefazione del portiere................................................pag. 13 Cap. 1 Marco Ballotta .................................................pag. 17 Cap. 2 Luca Bucci ........................................................pag. 27 Cap. 3 Fabrizio Ferron ................................................pag. 37 Cap. 4 Alberto Fontana...............................................pag. 47 Cap. 5 Fabrizio Lorieri................................................pag. 57 Cap. 6 Francesco (Franco) Mancini..........................pag. 67 Extra 1 Salvatore Soviero............................................pag. 75 Extra 12 Simone Braglia .............................................pag. 79 Extra 22 Nello Cusin ...................................................pag. 83 Cap. 7 Andrea Mazzantini..........................................pag. 87 Cap. 8 Davide Micillo .................................................pag. 95 Cap. 9 Michelangelo Rampulla..................................pag. 105 Cap 10 Gianpaolo Spagnulo.......................................pag. 115 Cap. 11 Giuseppe (Pino) Taglialatela........................pag. 123 Cap. 12 Giacomo Zunico............................................pag. 133 Extra internazionale (Rubinho).................................pag. 143 Angelo Peruzzi.............................................................pag. 145 Ringraziamenti ............................................................pag. 147 Live con.........................................................................pag. 148 151
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