FERNANDA LACARA - Lo Yoga Ratna raccontato dall'orso Bruno, il gallo Ulisse e altre storie

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Antoine de Saint-Exupéry

Euro 14,00

Lo Yoga Ratna raccontato dall'orso Bruno, il gallo Ulisse e altre storie

Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano.

FERNANDA LACARA

Fernanda Lacara è insegnante di Yoga, diplomata alla “S.I.Y.R.” (Scuola Insegnanti Yoga Ratna) di Piacenza, fondata e diretta dalla M.a Gabriella Cella. Iscritta alla Y.A.N.I., Yoga Associazione Nazionale Insegnanti.

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Lo Yoga Ratna raccontato dall'orso Bruno, il gallo Ulisse e altre storie PRATICHE YOGA GUIDATE PER BAMBINI

Studio Byblos - editore



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Lo Yoga Ratna raccontato dall'orso Bruno, il gallo Ulisse e altre storie PRATICHE YOGA GUIDATE PER BAMBINI

Studio Byblos - editore

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Il disegno di copertina, Ardhachandra-Asana, “La posizione della mezzaluna”, è di Maurizio Fabris.

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YOGA RATNA, significa “il gioiello, la perla dello yoga”. Quella preziosità che esiste in ognuno di noi e che va portata in superficie per essere diffusa anche all'esterno. Attraverso la pratica costante, l'ascolto, la dedizione e il rispetto, emergerà anche il valore simbolico che caratterizza questo metodo, ideato dalla Maestra Gabriella Cella.

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Se volete che i vostri figli siano intelligenti, leggete loro delle fiabe. Se volete che i vostri figli siano molto intelligenti, leggete loro molte fiabe. Albert Einstein

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A Giovanni, il mio primo piccolo yogin, per la gioia che ha portato nella mia vita, a mia figlia AnnaVittoria che continua a stupirmi, a mia madre, che aspetta.

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Se un bambino vive nella critica impara a criticare Se un bambino vive nell'ostilità ̀ impara ad aggredire Se un bambino vive nell'ironia impara ad essere timido Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente Se un bambino vive nell'incoraggiamento impara ad avere fiducia Se un bambino vive nell'approvazione impara ad accettarsi Se un bambino vive nell'accettazione e nell'amicizia impara a trovare l'amore nel mondo. Doretj Law Nolte

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Prefazione Qualsiasi pra!ca si rivolga ai bambini deve necessariamente venire da persone che pur essendo adulte hanno mantenuto inta#a almeno un po’ di fanciullezza; occorre avere la disponibilità e direi proprio l’umiltà di me#ersi al pari con i bambini, riportando in superfice quella piccola luce di ingenuità che ancora alberga all’interno dell’adulto. Fernanda ha queste cara#eris!che e lo dimostra il suo scri#o; inoltre lei è riuscita a trasportare un’an!ca pra!ca indiana nella quo!dianità occidentale unendo così, possiamo azzardare, un po’ di “sacro” e un po’ di “profano” riferendosi allo Yoga. Da parte mia sono veramente felice e orgogliosa che tan! insegnan! di yoga come Fernanda abbiano apprezzato il mio metodo Yoga Ratna basato sulla simbologia dell’induismo, anche se va ricordato sempre che la pra!ca ortodossa dello Yoga non si rivolgeva certamente ai bambini, ma agli asce! e per giunta solo maschi. Oggi lo yoga è seguito da migliaia di persone in tu#o il mondo sicuramente anche perche ś i presta a tan!ssime e differen! visioni e interpretazioni, l’importante credo sia che comunque chi insegna questa disciplina abbia fa#o almeno un percorso individuale di crescita; in tal caso è permesso che spazi con la fantasia anche raccontando favole che miscelano personaggi dell’occidente con quelli dell’oriente. Buon cammino da Gabriella Cella. 9

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Introduzione Ho iniziato a scrivere il primo racconto “La farfalla azzurra e...” più di vent'anni fa quando è nata la mia seconda nipote, Anita Giulia. Poi ho con!nuato, mi è sempre piaciuto scrivere, per lavoro o semplicemente per il gusto e il piacere di farlo. Nel tempo sono nate altre storie e immaginavo di raccontarle un giorno ai bambini. Successivamente, dopo anni di pra!ca yoga e l'incontro con la mia Maestra Gabriella Cella, mi è venuta l'idea di farle “vivere” a#raverso lo yoga. Ho iniziato così a comporre alcune sequenze traendo spunto da ques! raccon! e leggendoli a Giovanni, il mio nipo!no che ha o#o anni. Ho pensato che sarebbero piaciute anche ad altri bambini che magari si sono avvicina! al mondo dello yoga. Ecco allora le storie raccolte in un libro per bambini e non solo, ma anche per genitori, educatori, insegnan! o pra!can! di yoga. Ricordo che Giovanni era al mare con me, aveva quasi due anni e mentre io pra!cavo la ma'na presto sulla spiaggia, mi accorsi che lui seguiva quello che facevo, cercava a modo suo di imitarmi, ed era così buffo, così impegnato e a#ento che mi fece rifle#ere: piace anche a lui così piccolo lo yoga! Così, ogni ma'na facevamo la “nostra” pra!ca yoga, inventando qualche storia e lasciando libera la sua fantasia di esprimersi con il corpo. Si diver!va molto lui ma anche io! E da quella volta, Giovanni con!nua ancora oggi a “fare yoga”. A volte i suoi genitori lo trovano seduto a gambe incrociate con le manine sulle ginocchia, gli occhi chiusi, mentre fa “oooommmm”... “Mi sto concentrando” risponde quando gli chiedono cosa s!a facendo. 11

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Altre volte, è lui a condurre la lezione. Prepara la stanza con molta cura, mi chiede di occupare il tappe!no vicino al suo così lo posso aiutare ed è così impegnato e serio quando “guida” la lezione da sembrare un vero maestro! Oltre a Giovanni, anche Ma!lde, la figlia di una mia giovane allieva, mi ha sorpreso. Una sera, mentre la mamma pra!cava con me, lei che all'epoca aveva solo qua#ro mesi, sdraiata nel tappe!no, giocherellava con le manine e i piedini. Ad un tra#o, l'abbiamo vista sollevare le gambe e prendersi i piedini con le mani, la schiena ben appoggiata a terra e...con una facilità estrema, un gioco, appunto, ecco Ma!lde nella posizione del triangolo disteso! Ho pensato a quanto si muove un bambino nell'arco della giornata, a quan! s!moli riceve, a quanta pressione, spesso, sono so#opos! i suoi sensi. A questo si aggiunge tu#o il tempo che trascorre davan! ad una televisione o ad un apparecchio ele#ronico, passivo davan! ad immagini a volte troppo for! e non filtrate. Quante emozioni, quan! sal! di scimmia in quelle piccole testoline! Perchè allora non inserire nelle loro giovani vite anche il “Lila yoga”, il gioco dello yoga: l'occasione per muoversi, respirare, ascoltarsi, rilassarsi, stare assieme, scatenando la fantasia e la crea!vità̀. Può essere interessante anche dare a loro la possibilità di “liberare” fantasia ed inven!va per rappresentare un cane, un albero, un fiore o un guerriero, ad esempio. Possono essere loro stessi a creare una storia e poi animarla assieme ai compagni, oppure, raccontarla a#raverso le mani (Hasta Mudra).

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I bambini accolgono lo yoga con spontaneità e naturalezza, mentre gli adul! spesso ci arrivano con determinate aspe#a!ve e quando queste aspe#a!ve o bisogni si esauriscono, questo conta#o si spezza e lo yoga svanisce dalla loro vita. Per i bambini invece non è così. Qualsiasi cosa li incuriosisca o a'ri la loro a#enzione, la portano dentro di sé, la fanno propria e diventa parte del loro bagaglio culturale ed esperienziale che si porteranno nella vita. Le storie di questo libro possono dare spunto a genitori, educatori, insegnan! o pra!can! di yoga, per giocare a pra!care con i bambini, condividere con loro una parte della giornata. Avvicinarsi ai bambini fa bene anche agli adul!. Lo yoga può valorizzare le potenzialità naturali dei bambini, aiutandoli a far emergere le qualità che già possiedono dentro di loro. È importante che i bambini giochino, ridano, socializzino tra di loro con spontaneità, senza la compe!zione che spesso crea paure e frustrazioni. Lo yoga è anche questo: un gioco che aiuta a crescere in armonia, equilibrio e serenità. E questo libro è il mio modesto contributo per dare a bambini ed adul! un nuovo approccio all'educazione.

I disegni che seguono sono sta! volutamente lascia! in bianco e nero per dare la possibilità di personalizzare il libro colorandolo a piacere. 13

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Nota Per esigenze tipografiche invece della trascrizione ufficiale dei vocaboli sanscriti con i segni diacritici si è utilizzato un sistema semplificato in cui la ‘c’, che va sempre pronunciata dolce, è traslitterata ‘ch’, come nel caso di chakra, anche se in devanagari, l’alfabeto sanscrito, questa non è una ‘c’ aspirata. Ugualmente le ‘s’ palatale e linguale che vanno pronunciate ‘sc’ dolce come in ‘scena’ sono state traslitterate ‘sh’ e la ‘r’ vocalica è stata traslitterata ‘ri’. La lettera ‘g’ va sempre letta dura, come in ‘ghisa’.

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Se v'è per l'umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l'uomo. La prima premessa per lo sviluppo del bambino è la concentrazione. Il bambino che si concentra è immensamente felice. Maria Montessori

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L’orso bruno Nella grande stalla le giovani rondini sfrecciavano allegre nell'aria, so#o lo sguardo invidioso delle mucche che lentamente mas!cavano il loro fieno e sembravano dire: “Ma guarda queste! Noi siamo qua, dentro ad un recinto, e loro ci vengono a volare so#o al naso, libere come l'aria!” La luna sbiadiva lentamente e l’aurora lasciava spazio a un nuovo giorno. Il sole !epido fece capolino tra le montagne. Nella cucina luminosa, la nonna scaldava il la#e che il nonno aveva munto la sera prima. Sulla tavola, colora! vase' di marmellata e il pane che lei stessa cucinava ogni se'mana nel grande forno a legna che il nonno le aveva costruito dietro la fattoria. Non mancava il miele dorato, dono delle laboriose api che abitavano nelle case#e so#o agli alberi di acacia. L’incessante muggire delle mucche e il canto dei galli, contribuirono al risveglio di Andrea e Agata che poltrivano ancora nei loro le'ni. Ma... dove si trovavano? Non erano nella loro camere#a! “Aspe#a, strofiniamo gli occhi e concentriamoci... Siamo dai nonni in campagna!” La scuola era finita e non dovevano alzarsi in fre#a, scendere le scale e fare colazione velocemente, issare i pesan! zaini sulle spalle, inforcare la bici e...via, pedalando veloci per arrivare a scuola prima che la bidella Pina chiudesse il portone. “Che bello! Abbiamo tu#a la giornata per noi!” esclamò Andrea. Una grande quercia riparava dal caldo sole es!vo una parte della fa#oria rendendola piacevolmente fresca. Il nonno tagliava l’erba nel prato e più tardi l'avrebbe riunita in covoni per farla essiccare e trasportarla poi nel fienile. Durante l’inverno sarebbe servita 17

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ad alimentare le mucche e i conigli. Ogni tanto il nonno alzava lo sguardo verso il limitare del bosco: quel furbacchione di Bruno, l’orso, a volte veniva a reclamare un po’ di miele. Era di casa ormai, bastava non spaventarlo, si lasciava anche fare qualche carezza sul groppone e poi se ne tornava dondolando la sua imponente mole verso il bosco. “Chissà se un giorno tornerà assieme ai suoi cuccioli!” esclamò Agata. La nonna intanto pesava la farina nella sua vecchia bilancia: a pranzo ci sarebbe stata anche la sua gustosa torta di mele! Strane grida improvvise provenien! dalla montagna a'rarono l’a#enzione dei due bambini che corsero all’aperto: una grande aquila con le ali enormi stava volteggiando sopra al prato. Era alta nel cielo azzurro, maestosa e regale, ma si potevano scorgere anche da lontano i suoi occhi acu! punta! verso terra. E che ar!gli aveva! Agata rabbrividì pensando che magari stesse puntando una preda... ”Che sia una lepre?” si domandò. Ne avevano viste parecchie saltare là intorno... Andrea aiutava il nonno a raccogliere l’erba e gli piaceva saltare sopra al mucchio appena fa#o e scivolare giù. Che buono l’odore che veniva dall’erba appena tagliata! Agata intanto raccoglieva dei fiori nel prato, ne avrebbe fa#o un bel mazzo da me#ere sulla tavola e una ghirlanda come le aveva insegnato la nonna. L’avrebbe poi fa#a essiccare e appesa nella sua camere#a in ci#à. Sarebbe stato piacevole ricordare, guardandola nelle tris! giornate d’inverno, i bei momen! trascorsi alla fa#oria. Improvvisamente il cielo si oscurò.... non era l’aquila che passava davan! al sole, ma una grande nuvola nera... “Tra poco pioverà”, disse il nonno “meglio rientrare”. Corsero verso casa ed entrarono appena in tempo. Grosse gocce picchiavano sui vetri e poi... giù l'acquazzone! Fuori

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sembrava ci fosse la nebbia, gli alberi ondeggiavano al vento, i girasoli piegavano le grosse teste verso la terra che iniziava ad inzupparsi. La forza del vento staccava le foglie dagli alberi facendole volare leggere lontano. “Meglio così” disse contento il nonno “la terra era arida, c’era bisogno di abbeverarla e nutrirla. È solo una nuvola passeggera, durerà poco, poi risplenderà il sole”. Così il nonno si mise a raccontare una vecchia storiella indiana, mentre sorseggiava un buon bicchiere del suo vino rosso e i bambini con la nonna bevevano il succo di mele che lei stessa preparava. Il nonno raccontò di un Signore che vagava nei cieli sopra un grande carro d’oro pieno di otri d’acqua, e quando vedeva che la terra necessitava di essere annaffiata, si diver!va a svuotare quei grandi barili sulla terra. Il carro, trainato da qua#ro bellissimi cavalli neri, si alleggeriva a poco a poco e la corsa con!nuava veloce. Il Signore che faceva sgorgare la pioggia, allegro e contento, se ne andava sul suo carro dorato fino a diventare un pun!no nel cielo azzurro. Andrea e Agata erano affascina! da quel racconto e corsero fuori per vedere se nel cielo si potesse scorgere ancora quel grande carro trainato dai neri cavalli e se ancora si potesse udire la divertente risata del suo condu#ore. Ma il cielo adesso era terso, niente più nuvole, una tavola azzurra dove un grande, caldo sole troneggiava in alto. L’erba era bagnata, piccole gocce scivolavano giù dalle foglie degli alberi, le anatre si diver!vano a sguazzare nelle pozzanghere fangose, i ga' avevano abbandonato i loro rifugi ed erano torna! nel cor!le a riscaldarsi al sole. La terra si era nutrita, le api avevano ripreso quel frene!co andirivieni, dai fiori alle case#e, dalle case#e ai fiori: ma chissà cosa succedeva dentro a quelle piccole abitazioni?!

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Il nonno promise di raccontarlo un’altra volta, magari quando sarebbe ritornato il Signore della pioggia e allora sarebbero rimas! ancora in cucina a chiacchierare.“Quando raccoglieremo il miele, allora vedrete e capirete”, disse la nonna. Era giunta l’ora di pranzare, la tavola era stata apparecchiata, la torta sistemata al centro... mmmm, veniva già l’acquolina in bocca! Mangiarono assieme mentre la campagna si appisolava so#o il calore del sole. Anche le mucche avevano smesso di ruminare e muggire, i cani di abbaiare, l’aquila era volata via lontano verso i mon!... Tu#o si era fermato. Il nonno, dopo pranzo, si accomodava nella sua poltrona all’ombra del grande por!co sonnecchiando con la pipa in mano. I due bambini assaporavano quei momen! di pace e serenità: Agata si era distesa nell’amaca con un libro tra le mani, ma ben presto gli occhi si chiusero cullata dal dolce dondolio... stava già sognando? E Andrea? Eccolo, sdraiato so#o alla grande quercia, le mani intrecciate so#o la nuca, un filo d’erba in bocca, lo sguardo tra i grossi rami dove filtravano i raggi del sole... Ascoltava in silenzio il canto degli uccelli, il cuculo che non sme#eva mai il suo verso, il picchio che con!nuava a ba#ere con il becco un vecchio tronco d'albero alla ricerca di qualche vermicello, le rondini che instancabili sfrecciavano dal cielo alla stalla, elegan! e armoniose. Sen!va i grilli e l'incessante frinire delle cicale, annusava il profumo intenso che aveva lasciato la pioggia assaporando la quiete del pomeriggio. Piano, piano, anche i suoi occhi si chiusero al mondo esterno ma dietro le palpebre le immagini si susseguivano: l'orso, l'aquila, le lepri, le rondini... il Signore della pioggia che rovesciava l’acqua sulla terra e poi ridendo se ne volava lontano, lontano, lontano.

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Descrizione della sequenza 1. RONDINE: in piedi, braccia allargate all’altezza delle spalle. I piedi, un po’ aper!, rimangono ancora! al suolo mentre le braccia simulano il volo della rondine, muovendo il busto e le “ali”. Ci si può anche muovere all'interno di una stanza o all'aperto, prendendo direzioni diverse, muovendo armoniosamente tu#o il corpo. 2. CHANDRA, la luna: piedi aper! come la misura delle spalle, il piede sinistro ruota sul tallone e le dita vanno all’esterno, si può fle#ere un po’ la gamba sul ginocchio, l’altra gamba rimane tesa. Inspirando sollevare il braccio destro ed espirando fle#ere il busto verso sinistra, il braccio destro fa da corona al capo, il sinistro si fle#e un poco sul gomito e il palmo della mano guarda verso il cielo in modo da formare proprio una mezza luna, con la parte superiore del corpo. Ripetere sull'altro lato. 3. USHAS*, la dea dell’alba: piedi uni! dalle dita ai talloni, oppure un po’ distanzia!; le mani giunte al pe#o, gli avambracci formano una bella linea diri#a. Inspirando sollevarsi sulle dita dei piedi mentre le braccia salgono verso il cielo e le mani rimangono giunte. Espirando le braccia si aprono e le mani ruotano sui polsi quando sono all’altezza delle spalle, portando il palmo verso la terra. Si con!nua la discesa finché i talloni conta#ano la terra e le mani tornano giunte al cuore. Ripetere per tre volte. 21

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4. TADA, la montagna: con i piedi ben uni! dalle dita ai talloni, il corpo forma una bella linea diri#a dal ver!ce del capo giù fino al centro tra i due piedi, le gambe rimangono distese, i glutei stre', l’addome pia#o. Le braccia rigide lungo i fianchi con le dita delle mani unite che puntano verso la terra. Inspirando si aprono le braccia di circa 30 cen!metri e la forma si man!ene tenendo gli occhi chiusi, con respiri calmi e regolari come se l'aria entrasse ed uscisse dall'ombelico. Durante il mantenimento della posizione, gli occhi della mente possono visualizzare la forma che si sta rappresentando, oppure immaginare una montagna. I piedi ben radica! a terra rappresentano la base solida della montagna, la testa la sua cima, le braccia i suoi fianchi e, simbolicamente, le braccia uniscono queste due grandi energie: la terra e il cielo. Per sciogliere la forma, inspirare ed espirando, riportare le braccia lungo i fianchi. Se si man!ene a lungo, spostare il peso del corpo sulle dita e sui talloni in modo da ria'vare la circolazione. La montagna è uno dei grandi simboli nello yoga: rappresenta la forza, la stabilità e l'equilibrio.

Una antica leggenda narra che un tempo le montagne avevano le ali e vagavano nel cielo, ma ogni tanto si scontravano provocando dei forti rumori e terremoti che interrompevano il silenzio e la meditazione degli dei. Un giorno il dio Shiva, stanco di queste continue scorribande, decise di scagliarle con forza sulla terra dove rimasero conficcate per sempre.

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5. VRIKSHA, l’albero: scaricare il peso del corpo sul piede destro, alleggerire la gamba sinistra, la pianta del piede si appoggia all’interno della coscia destra. Le mani sono giunte al pe#o. Inspirare e sollevare le braccia tese in alto tenendo le mani giunte, espirando le braccia si fle#ono sui gomi! e le mani sfiorano la sommità del capo. Variante: inspirando allungare ancora le braccia in alto aprendole all'esterno come se fossero rami che si protendono verso il cielo e si muovono dolcemente mossi dal vento. Dopo alcuni respiri, riunire le mani, inspirare ed espirando lentamente le mani giunte tornano al pe#o mentre anche il piede scende a terra. Rimanere in ascolto del respiro calmo e regolare mentre gli occhi della mente rivedono la forma mantenuta, sen!re cosa ha lasciato nel corpo... Si ripete poi sull'altro lato, possibilmente con gli stessi tempi. 6. JAMBAVAT, il signore degli orsi*: divaricare i piedi come la misura del bacino. Inspirando, sollevare le braccia ed espirando fletterle sui gomi!, le mani, che non superano la linea delle spalle, si fle#ono sui polsi e cadono morbide, abbandonate. Contemporaneamente, si fle#ono anche le gambe sulle ginocchia, mantenendo il peso ben distribuito su entrambe le piante dei piedi. Prima di entrare nella forma e mantenerla, trovare il proprio centro oscillando verso destra e sinistra con il bacino. Basculare in avan! e indietro in modo da distendere bene la colonna vertebrale e fermarsi con il coccige che punta verso la terra. Quando l'orso si sente bene in equilibrio e ben stabile sulle

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zampe, man!ene la sua forma con respiri calmi e regolari, come se l'aria entrasse e uscisse dall'ombelico. Si può completare la forma quando l'orso abbraccia l'albero: inspirando si sollevano i gomi! che si portano all'esterno formando un cerchio con le braccia, le dita delle mani si toccano sulle punte delle dita. Per scioglierla, inspirare e raddrizzare le gambe, distendere le braccia con i palmi delle mani rivol! in avan! ed espirando, accarezzando l'aria, riportare le braccia lungo i fianchi. Jambavat è colui che dimora nella grotta, dove custodisce una preziosa gemma dalla quale scaturisce una forte luce. Un'antica leggenda narra che proprio da questa gemma si sprigionò la luce del sole. Jambavat, inoltre, percorse 21 volte il mondo alla ricerca di erbe preziose per preparare l'amrta, la bevanda che dona l'immortalità agli dei. 7. TULITA, la bilancia: dalla posizione in piedi, si ritorna alla terra. Inspirare, ed espirando fle#ere le gambe sulle ginocchia, i glutei si appoggiano sui talloni, la schiena rimane diri#a, le spalle ben aperte, le braccia rilassate con i dorsi delle mani che appoggiano sulle ginocchia (oppure con le mani giunte al pe#o). Il peso del corpo è scaricato sulle dita dei piedi. Si possono mantenere gli occhi

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Ringraziamenti Ringrazio di cuore Maurizio Fabris per avermi concesso i suoi disegni (alcuni giĂ pubblica! nei libri della maestra Gabriella Cella); Andrea Marcon per la pazienza nell'ascoltarmi e consigliarmi, senza il suo amorevole e prezioso aiuto, questo libro probabilmente non sarebbe nelle nostre mani adesso; Elia Pavesi per avermi dato lo spunto per riscrivere "L'abbraccio dell'albero"; Caterina Sartori per avermi preparato bellissimi segnalibri inseri! nella prima stampa del libro. Un grande grazie anche a Marilia Albanese, Enrica Rame, Hamza Bhari, mia sorella Mariagrazia, mia figlia Anna Vi#oria, per avermi dato preziosi suggerimen!, supportato e incoraggiato a pubblicare il libro. Un sorriso a mia cugina Rosanna che ha capovolto il !tolo del libro.

NamastÊ, saluto il divino che è in te.

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Indice Prefazione di Gabriella Cella ......................................................9 Introduzione .............................................................................11 L'orso Bruno .............................................................................17 Indovinelli .................................................................................28 La lepre innamorata .................................................................29 La farfalla azzurra e... ...............................................................35 Meditazione sui colori dell'arcobaleno....................................41 Rilassamento guidato...............................................................44 Il gallo Ulisse che sembrava un... pappagallo ..........................47 Vayu, il dio del vento ...............................................................51 Hanuman, il condo'ero dell'esercito delle scimmie ..............55 Matsya, il pesce che ci portò lo yoga ......................................59 L'abbraccio dell'albero, ovvero l’albero di Falcade .................63 Il gioco del...respiro quadrato ..................................................69 Hasta Mudra: la nascita del fiore di loto raccontata con i "ges! delle mani" ............................................................71 L'importanza del fiore di Loto .................................................75 Bibliografia................................................................................79 Ringraziamen!..........................................................................81

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Finito di stampare per conto dello Studio Byblos - Palermo

Studio Byblos Publishing House studiobyblos@gmail.com - www.studiobyblos.com

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