LUCIANO BARTOLINI PENSANDO ALL’ORIENTE
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LUCIANO BARTOLINI
PENSANDO ALL’ORIENTE
Facing page: Galleria Françoise Lambert, Milan 1975
Galleria D’Alessandro Ferranti, Rome 1976
Following pages, left: Volevo possedere quello spazio, Galerie Paul Maenz, Cologne 1978
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Following page, right: La Moschea della Perla, Galerie Paul Maenz, Cologne 1978
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LUCIANO BARTOLINI
PENSANDO ALL’ORIENTE
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LUCIANO BARTOLINI
PENSANDO ALL’ORIENTE
XIV São Paulo Biennial, 1977, Museum of Modern and Contemporary Art, tempera and Kleenex on brown paper. Facing page: DATA, n. 31, March–May 1978
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ART IN FLORENCE IN THE 1970S
Excerpt from the book Firenze 1977. Luciano Bartolini, Michael Buthe, Klaus Vom Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann, Ulrike Rosenbach &tc. by Paolo Emilio Antognoli Viti.
LUCIANO BARTOLINI After the 1966 floods, a profoundly innovative scene, from radical architecture and design to theatrical and musical research, came together in Florence.
In 1963–64 Gruppo 70 was formed (Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, then Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Luciano Ori, Michele Perfetti, Sarenco etc.). Amongst the founding members, Eugenio Miccini (Florence 1925– 2007) and Lamberto Pignotti (Florence 1926) organised two conferences in Florence, Arte e comunicazione (Art and Communication) in 1963, and Arte e tecnologia (Art and Technology) in 1964.
In painting, informal experience managed to liberate the field from suffocating academia. In 1959, its young protagonists made their debut at the Numero gallery. ey were Paolo Masi (1933), Riccardo Guarneri (1933), Mario Fallani (1934–2014), Lanfranco Baldi (1938–1990) and Claudio Verna (Guardagriele e group worked with the collage, and the technique was person1937) – who would appear again in the 1970s.1 alised. Pignotti theorised a new, visual poetic collage from the start of the decade. Images and words taken from mass communications (papers, magazines, advertising, cartoons, etc.) were reused and, in Numero, owned by Fiamma Vigo (1908–1981), was one a sort of détournement, the message was subverted, loading the of the most vitally important centres. Founded in 1949 as form with political and ironic content. is was research that then a magazine, then a gallery from 1951, it was closed in 1970 resulted in the future definition of Poesia Visiva (Visual Poetry). (although flooded in 1966), while still remaining active between Rome and Venice. Ketty La Rocca (1938-1976) was a valuable trait d’union between avant-garde artistic research and elements of the feminist moveen the scene froze. Research concentrated on the abstractgeometric morphologies of ‘materialist’ concept. In those years, ment, one of the spearheads of artistic and social innovation that Giulio Carlo Argan supported an integration of art and tech- lead to 1968. nology. It was no coincidence that the 4th San Marino Biennale, At the same time, artistic and musical experimentation intensified. directed by Argan and Filiberto Dasi in 1963, was program1963 saw the foundation of Pietro Grossi’s Studio Fonologico matically entitled Oltre l’informale (Beyond the Informal). – which, from 1967, developed with experiences of computer music and then progressed further. is resulted in the development, in 1963, of an unorthodox side to experimentation in music, avant-garde literature, and visual poetry. Poesia Visiva and Fluxus were sources of continuous energy and fed relationships and experimentations. Interdisciplinary developments 1 Verna studied in Florence and remained there until 1961. See Paolo Masi. in art, music and theatre were down to Sylvano Bussotti (Florence La responsabilità dell’occhio, exhibition catalogue, curated by F. Gualdoni, 1931), Giuseppe Chiari (1926-2007), Giancarlo Cardini (1940), Frittelli Arte Contemporanea, Gli Ori Editore, Pistoia 2013, p.146. Daniele Lombardi (1946) and other, younger composers.
From left to right: Gruppo ’70, newspaper and photograph; Ketty La Rocca, In principio erat ; Studio di Fonologia Musicale by Pietro Grossi, Florence; Poesie Visive 1962– 1970 by Eugenio Miccini.
L’ARTE A FIRENZE NEGLI ANNI SETTANTA
Dopo l’alluvione del 1966 si coagula a Firenze una scena fortemente innovativa dall’architettura al design radicale alla ricerca teatrale e musicale. In pittura, l’esperienza informale riesce a liberare il campo da un accademismo soffocante. Nel 1959 i suoi giovani protagonisti esordiscono alla galleria Numero. Sono Paolo Masi (1933), Riccardo Guarneri (1933), Mario Fallani (1934-2014), Lanfranco Baldi (1938-90) e Claudio Verna (Guardagriele 1937) – che poi ritroveremo negli anni Settanta.1 Numero, di Fiamma Vigo (1908-81), è fra i centri vitali. Fondata nel 1949 come rivista, poi galleria dal 1951, viene chiusa nel 1970 (benché allagata nel 1966), ma restando ancora attiva tra Roma e Venezia. Poi la scena si raggela. Le ricerche confluiscono verso morfologie astratto-geometriche di concezione «materialista». In quegli anni Giulio Carlo Argan sostiene un’integrazione fra arte e tecnologia. Non a caso la quarta Biennale di San Marino, diretta da Argan e Filiberto Dasi, si intitola programmaticamente Oltre l’informale (1963). Si arriva così allo sviluppo, nel 1963, di un versante eterodosso di sperimentazione tra musica, letteratura d’avanguardia e poesia visiva.
Estratto dal libro Firenze 1977. Luciano Bartolini, Michael Buthe, Klaus Vom Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann, Ulrike Rosenbach &Tc. di Paolo Emilio Antognoli Viti
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Verna studia a Firenze e vi rimane fino al 1961. Cfr. Paolo Masi. La responsabilità dell’occhio, catalogo della mostra, Frittelli Arte Contemporanea, a cura di F. Gualdoni, Gli Ori Editore, Pistoia 2013, p.146.
Nel 1963-64 si forma il Gruppo 70 (Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti poi Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Luciano Ori, Michele Perfetti, Sarenco ecc.). Tra i fondatori, Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti organizzano a Firenze due convegni, Arte e comunicazione (1963) e Arte e tecnologia (1964). Il gruppo lavora con il collage, ne personalizza la tecnica. Pignotti teorizza il nuovo collage poetico visuale all’inizio del decennio. Si riutilizzano immagini e parole tratte dalle comunicazioni di massa (giornali, riviste, pubblicità, fumetti, ecc.) e in una sorta di détournement se ne sovverte il messaggio caricando la forma di contenuto politico e d’ironia. Sono ricerche che confluiscono nella futura definizione della poesia visiva. Ketty La Rocca (1938-1976) è un prezioso trait-d’union tra ricerca artistica d’avanguardia e istanze del movimento femminista, una delle punte di diamante dell’innovazione artistica e sociale che porta al Sessantotto. Contemporaneamente s’intensifica la sperimentazione artistica e musicale. Nel 1963 si ha la fondazione dello Studio Fonologico di Pietro Grossi – che si sviluppa dal 1967 con esperienze di computer music e prosegue oltre. Poesia visiva e Fluxus sono fonti continue di energia, alimentano relazioni e sperimentazioni. Sviluppi interdisciplinari tra arte, musica e teatro si devono a Sylvano Bussotti (Firenze 1931), Giuseppe Chiari (1926-2007), Giancarlo Cardini (1940), Daniele Lombardi (1946) e altri più giovani compositori.
PENSANDO ALL’ORIENTE Bussotti, in contact with John Cage since 1959, displayed the influence of Fluxus – notation as musical vision and graphics. In 1962, he exhibited at Numero in Rome together with Cage, Berio, Feldman, Higgins, La Monte Young, Maciunas, Paik, etc. Chiari went beyond sound with ‘gestures on the piano.’ Heinz Klaus Metzger wrote that Chiari was responsible for that ‘plebeian revolution’ that united acoustics to the visual, word to song, to sound, that abolished the disciplinary limitations that isolated artistic work from the other fields of reality. Amongst the other interesting elements of Bussotti’s polyhedric activity was the rediscovery of the ‘operatic world,’ from an avant-garde point of view – for this reason defined post-operatic. Maurizio Nannucci (Florence 1939) was formed in this environment. He frequented Pietro Grossi. He participated in the research into electronic music in his S 2F M (Studio di Fonologia Musicale in Florence). Where Grossi championed musical elaborations, Nannucci inserted vocal emissions to then structure them as sound poems, audio-works and sound installations. Nannucci’s methodological-conceptual creativity stood, from the start, on a trans-media level of communication. ‘Sometimes – Nannucci wrote – I applied the same idea to different disciplines. I elaborated the visual idea first, then in terms of language, then also acoustically. If, at times, it worked out fairly homogenously, when the programme was well defined, or if very different things came out, what was important was the method, never the result.’2
Bussotti, in contatto con Cage dal 1959, manifesta un’influenza fluxus – la notazione come visione e la grafia musicale. Nel 1962 espone da Numero a Roma assieme a Cage, Berio, Feldman, Higgins, La Monte Young, Maciunas, Paik, ecc. Chiari va oltre il sonoro con i «gesti sul piano». Heinz Klaus Metzger scrisse che si deve a Chiari quella «rivoluzione plebea» che unisce l’acustico al visivo, la parola al canto, al rumore; che abolisce quelle dogane disciplinari che isolavano il lavoro artistico dagli altri campi della realtà. Tra gli elementi di interesse della poliedrica attività di Bussotti la riscoperta del pianeta operistico, dal punto di vista dell’avanguardia – definito per questo post-operista. Maurizio Nannucci (Firenze 1939) si forma in questo ambiente. Frequenta Pietro Grossi. Partecipa alle ricerche sulla musica elettronica dello studio S 2F M (Studio di Fonologia Musicale di Firenze). Se Grossi campiona elaborati musicali, Nannucci inserisce emissioni vocali per poi strutturarle in poemi sonori, audioworks e installazioni sonore. Una creatività metodologica concettuale, quella di Nannucci, che si colloca fin dagli inizi sul piano transmediale della comunicazione. «In certe occasioni [scrive Nannucci] applicavo una stessa idea a discipline diverse. Elaboravo prima di tutto l’idea visivamente, poi in termini di linguaggio, poi anche acusticamente. Se a volte la cosa riusciva abbastanza omogenea, quando il programma era ben definito, o se uscivano cose molto diverse, ciò che importava era il metodo e mai il risultato».2
In 1969, when Gruppo 70 was dissolved, Eugenio Miccini founded the Téchne centre in Florence, together with the eponymous magazine – later directed by Pier Luigi Tazzi in the early 1970s. Téchne also hosted the newly born theatre companies such as the Carrozzone (later Magazzini Criminali). Debates were promoted there as well as a series of artbooks, Quaderni.
9 Finally, it would be superfluous to list the wealth of examples of architecture and radical design (Superstudio, Archizoom, Ufo, 9999, Gianni Pettena, Zziggurat, etc.).
Experimental and underground cinema should also be mentioned (Andrea Granchi, Renato Ranaldi, Silvio Loffredo, Lanfranco Baldi, Mario Mariotti, Massimo Becattini, Alberto Moretti, etc.). e explorations of the film medium (which, under certain aspects was similar to the Gruppo 70 research) contributed to the extension of the artistic paradigm, in a unitary, meta-linguistic circuit. e possibilities of the means of recording, recoding and subverting existing codification, as well as delimiting the medium, freeing it – also in relation to the political and social events of 1968 – were investigated.3
e artistic vivacity of the 1970s, therefore, did not come from nowhere. It was steeped in a polymorphic and brilliant tradition that blazed out over the, unfortunately, black sea of institutional indifference. e artistic circuit was, therefore, very much alive but contained. Florence stood out for its dense artistic fabric and a vivacious critical presence. It is impossible to draw up a list of all the critics, stable and passing through, during the course of the 1970s (Eugenio Battisti, Carla Lonzi, Lara Vinca Masini, Ermanno Migliorini, Vanni Bramanti, Pier Luigi Tazzi, Alessandro Vezzosi, and others who gravitated to Florence: Germano Celant, Enrico Crispolti, Bruno Corà, Bonito Oliva and many others without taking into account the preceeding generation of Ragghianti, Longhi, Salvini, etc.).
A climate of experimentation between the various media was created which contributed to the birth of video art.
A series of art criticism conferences, for example, was held in Montecatini between 1978 and 1982.4
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Lara-Vinca Masini, ‘Chi ha paura del rosso del giallo e del blu, o del giallo del rosso e del blu, o del…,’ in Maurizio Nannucci, exhibition catalogue, Sala d’Armi di Palazzo Vecchio, Vallecchi, Florence 1983, p.12.
e expression decentralisation was one of the key words of the 1970s and which did not only refer to regional autonomy.
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See Andrea Granchi, Cinema d’artista e cinema sperimentale in Italia 1960/1978, exhibition catalogue, Comune di Firenze – Cinémathèque Française at Centre Pompidou, 1978. Also the International Art Cinema Days from 1978–79, with the pertinent title Cine qua non. See also Alfredo Leonardi, ‘Sperimentalismo a Firenze,’ in Filmcritica, no. 175, 1967, pp.124-126.
Nel 1969, quando si scioglie il Gruppo 70, Eugenio Miccini fonda a Firenze il centro Téchne e la rivista omonima – diretta poi da Pier Luigi Tazzi nei primi anni Settanta. Téchne ospita inoltre le nascenti compagnie teatrali quali il Carrozzone (poi Magazzini Criminali). Vi si promuovono dibattiti e una collana di libri d’artista, i «Quaderni».
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See the volumes Critica 0. Atti del convegno europeo sui problemi della crticia d’arte, J.H. Lieslveld, E. Mucci and P. L. Tazzi (eds.), Vannini, Borgo a Buggiano 1978; and Il pubblico dell ’arte, E. Mucci and P. L. Tazzi (eds.), Sansoni Editore, Florence 1982.
Infine, inutile elencare la ricchissima compagine dell’architettura e del design radicale (Superstudio, Archizoom, Ufo, 9999, Gianni Pettena, Zziggurat, ecc.).
Occorre menzionare il cinema sperimentale e underground (Andrea Granchi, Renato Ranaldi, Silvio Loffredo, Lanfranco Baldi, Mario Mariotti, Massimo Becattini, Alberto Moretti, ecc.). Le esplorazioni del mezzo filmico (che per certi aspetti si avvicinano alla ricerca del Gruppo 70) contribuiscono all’estensione del paradigma artistico in un circuito unitario, metalinguistico. Si indagano le possibilità del mezzo di registrare, ricodificare e di sovvertire la codificazione preesistente nonché di sconfinare dal medium, liberarlo – anche in relazione alle istanze politiche e sociali del Sessantotto.3
La vivacità artistica degli anni Settanta dunque non nasce dal nulla. Affonda in una tradizione polimorfa e brillante, che scintilla purtroppo sul mar nero dell’indifferenza istituzionale. Il circuito artistico è vivissimo ma contenuto. Firenze si contraddistingue per un tessuto artistico fitto e una vivace presenza critica. Non è possibile redigere un elenco di tutte personalità critiche fra stanziali e passanti nel corso degli anni Settanta (Eugenio Battisti, Carla Lonzi, Lara Vinca Masini, Ermanno Migliorini, Vanni Bramanti, Pier Luigi Tazzi, Alessandro Vezzosi, e altri che gravitano a Firenze: Germano Celant, Enrico Crispolti, Bruno Corà, Bonito Oliva e molti altri, senza considerare la generazione dei Ragghianti, Longhi, Salvini, ecc.).
Si crea un clima di sperimentazione tra i diversi media che contribuisce alla nascita della video-arte.
Una serie di convegni di critica d’arte, ad esempio, si svolgono tra Montecatini dal 1978 al 1982.4
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Lara-Vinca Masini, Chi ha paura del rosso del giallo e del blu, o del giallo del rosso e del blu, o del..., in Maurizio Nannucci, catalogo della mostra, Sala d’Armi di Palazzo Vecchio, Vallecchi, Firenze 1983, p.12.
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Andrea Granchi, Cinema d’artista e cinema sperimentale in Italia 1960/1978, catalogo della mostra, Comune di Firenze – Cinémathèque Française al Centre Pompidou, 1978. Si ricordano anche le Giornate Internazionali del cinema d’artista, dal 1978-79, dal fortunato titolo Cine qua non. Cfr. anche Alfredo Leonardi, Sperimentalismo a Firenze, in «Filmcritica», n. 175, 1967, pp.124-126.
Tra le parole chiave degli anni Settanta troviamo il termine decentramento, che non si riferisce soltanto all’autonomia regionale.
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Cfr. Critica 0. Convegno europeo sui problemi della critica d’arte (tenutosi a Montecatini Terme dal 25 al 29 maggio 1978), a cura di J.H. Lieslveld, E. Mucci e P. L. Tazzi, Vannini, Borgo a Buggiano 1978; e Il pubblico dell’arte, a cura di E. Mucci e P. L. Tazzi, Sansoni Editore, Firenze 1982.
10 ere was an artistic meaning that appeared in Tuscany for the first time, above all through Enrico Crispolti, in memorable exhibitions such as Volterra ’73 – on the line of work that lead to the Venice Biennale of 1976 (art as participation or environment as the social) – to be compared with Achille Bonito Oliva’s exhibition Amore mio in Montepulciano in the summer of 1970.5 These initiatives were the start of a series of innumerable exhibitions spread out over the area and in small Tuscan towns, with notable success, that lasted up until the year 2000, with the closure of the cycle Arte all’arte. Florence in the 1970s throbbed with private containers – galleries (l’Indiano, in decline, Flori, Il Bisonte, etc.) and not-for-profit spaces. What follows is very brief list: Galleria Schema, created in 1972 by Roberto Cesaroni Venanzi, Alberto Moretti and Raoul Dominguez. A large salon, inaugurated by Superstudio, in via della Vigna Nuova 17, for exhibitions, interdisciplinary activities – installations, body art, performances, etc. – international meetings, seminars.
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See Fabio Belloni, ‘Approdi e vedette. Amore mio a Montepulciano nel 1970,’ in Studi di Memofonte, online six monthly review, no. 9, 2012, pp.121-165.
C’è un’accezione artistica che si manifesta in Toscana per la prima volta, attraverso Enrico Crispolti, innazitutto, in rassegne memorabili quali Volterra 73 – su una linea di lavoro che porta alla Biennale di Venezia del 1976 (arte come partecipazione o ambiente come sociale) – da confrontare con la mostra Amore mio di Achille Bonito Oliva a Montelpulciano dell’estate 1970.5 Queste iniziative daranno il là a una serie di innumerevoli mostre disseminate nel territorio e nei piccoli centri toscani, una notevole fortuna che perdura fino agli anni Duemila con la chiusura del ciclo Arte all’arte. Firenze negli anni Settanta pullula di contenitori privati – gallerie (l’Indiano, in fase calante, Flori, Il Bisonte, ecc.) e spazi non-profit. Mi limito a un brevissimo elenco: La Galleria Schema, creata nel 1972 da Roberto Cesaroni Venanzi, Alberto Moretti e Raoul Dominguez. Un grande salone, progettato e inaugurato da Superstudio, in via della Vigna Nuova 17, per mostre, attività interdisciplinari – installazione, body art, performance, ecc. – incontri internazionali, seminari.
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Cfr. Fabio Belloni, Approdi e vedette. Amore mio a Montepulciano nel 1970, in «Studi di Memofonte», rivista on-line semestrale, n.9, 2012, pp.121-165.
LUCIANO BARTOLINI From 1967 to 1970, Paolo Masi, Lanfranco Baldi, Auro Lecci and Maurizio Nannucci formed an aesthetic research group called Centro F/Uno. Subsequently, Zona was created in one of the happiest moments of the Florentine artistic scene. is happened in 1974. Masi, Nannucci and Mario Mariotti established the first group for the creation of Zona in the San Niccolò quarter. e space filled a void, bringing together in the city international artistic experiences about which the institutions had maintained their indifference. In becoming aware of the changes occurred in the forms of labour and the transformation in course toward the post-Fordist modes of production, a new realisation with regard to the tools and apparatus in which the various media were involved – press, radio, cinema, television and art systems – became widespread. ‘When forms meet with their content – Nanni Balestrini stated – a subversive and proletariat use of the various kinds of knowledge is produced and which is able to reveal the expropriation of intelligence by capital, including also a reappropriation of the means of production.’ e activities of the Centro Di in Florence, the contemporary art archive of Ferruccio Marchi and Alessandra Pandolfini – publishers from 1968 – should be remembered.
Dal 1967 al 1970, Paolo Masi, Lanfranco Baldi, Auro Lecci, Maurizio Nannucci, formano un gruppo di ricerca estetica chiamato Centro F/Uno. Nel 1974 nasce Zona, tra i momenti più felici della scena artistica fiorentina.
Books did not take on a fundamental role in the diffusion of artistic research alone but also served as an autonomous artistic medium – becoming, in that period, the subject of discussion, as demonstrated by the appearance of Germano Celant’s Off Media after the eponymous Bari exhibition in 1977.6 e great absent from artistic historiography is usually the Area gallery in Florence. It replaced one of the Bicocchi’s spaces, in which they had kept graphic works and where, sometime earlier, they had begun the production of videos.7 Area (managed by Bruno Corà and Paolo Marchi) tried to overcome the instrumental and unwieldy relationship between political militants and artists and in which – as Corà was to say – only too often ‘the aspect of language was not greatly considered’ and the ‘cause’ prevailed over everybody and everything. Area, affiliated with Lotta Continua, aimed at joining up artistic work and the extra-parliamentary movements, and part of its profits financed the newspaper.
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See, as well as Celant’s book, the catalogue Bookmakers. Une esposition des livres d’artistes de Zona archives, curated by M. Nannucci, Pays-Paysage, Saint-Yriex-la-Perche 1995.
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See the interview with Maria Gloria, Primo Conti’s daughter. www.digicult.it/it/digimag/issue-067/arttapes22-interviewwith-maria-gloria-bicocchi
Il libro non assume soltanto un ruolo fondamentale per la diffusione della ricerca artistica, ma anche quello di medium artistico autonomo – divenendo in questi anni oggetto di riflessione, come mostra l’uscita di Off Media di Germano Celant, dopo l’omonima mostra a Bari nel 1977.6
Masi, Maurizio Nannucci e Mario Mariotti fondano il primo collettivo per la nascita di Zona nel quartiere di San Niccolò. Lo spazio viene a colmare un vuoto, convogliando in città esperienze artistiche internazionali di fronte alle quali le istituzioni si mantenevano indifferenti.
Di frequente la grande assente dalla storiografia artistica è la galleria Area di Firenze. Si insedia in uno spazio dei Bicocchi, in cui avevano tenuto opere grafiche e iniziato qualche tempo prima la produzione di video.7
Con la presa di coscienza dei cambiamenti delle forme del lavoro e della trasformazione verso il postfordismo, si diffonde una nuova consapevolezza degli strumenti e degli apparati in cui i diversi media sono inseriti – stampa, radio, cinema, televisione, e sistema dell’arte.
Area (con la direzione di Bruno Corà e Paolo Marchi) cercava di superare quel rapporto strumentale e maldestro tra militanti politici e artisti, in cui – come ebbe a scrivere Corà – troppo spesso «non veniva molto considerato l’aspetto del linguaggio» e la «causa» prevaleva su tutto. Affiliata a Lotta Continua, Area cercava una congiuntura tra lavoro artistico e movimenti extraparlamentari. Parte dei ricavati finanziava il giornale.
«Quando le forme si incontrano con i contenuti – diceva Nanni Balestrini – si produce un uso sovversivo e proletario dei vari saperi. Capace di svelare l’espropriazione dell’intelligenza da parte del capitale, anche verso una riappropriazione dei mezzi produttivi». A Firenze occorre anche ricordare l’attività del Centro Di, l’archivio di arte contemporanea di Ferruccio Marchi e Alessandra Pandolfini – casa editrice dal 1968.
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Cfr. oltre al volume di Celant, il catalogo Bookmakers. Une esposition des livres d’artistes de Zona archives, a cura di M. Nannucci, Pays-Paysage, Saint-Yriex-la-Perche 1995.
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Cfr. l’intervista a Maria Gloria Bicocchi, figlia di Primo Conti. www.digicult.it/it/digimag/issue-067/arttapes22-interviewwith-maria-gloria-bicocchi/Maria
PENSANDO ALL’ORIENTE Chronology of the Area exhibitions: Mario Merz – 5 October 1974 Alighiero Boetti, 16 November 1974 Francesco Clemente, 28 December 1974 (opening of his first solo show at 22 years of age) Giovanni Anselmo, 1 February 1975 Luciano Fabro, 8 March 1975 Jannis Kounellis, 28 March 1975 Lucio Pozzi, 10 April 1975 Gianfranco Gorgoni, 13 May 1975 Diego Esposito, 29 May 1975 Wolf Vostell, 13 June 1975 André Caderé, October 1975 Giulio Paolini, 10 April 1976 Sol Lewitt, May 1976 Maurizio Nannucci, 1976 Over and above the various artists’ different modes of expression (Minimalist, Conceptual, Arte Povera, etc.), as highlighted by Corà, they all had ‘languages matured in the centrality of the same years of the movement’s formation, from 1965 onwards, considering even Berkeley and Vietnam all part of the formation of the extra-parliamentary groups.’
Cronologia delle mostre di Area: Mario Merz, 5 ottobre 1974 Alighiero Boetti, 16 novembre 1974 Francesco Clemente, 28 dicembre 1974 (inaugurazione della sua prima personale, a 22 anni) Giovanni Anselmo, 1 febbraio 1975 Luciano Fabro, 8 marzo 1975 Jannis Kounellis, 28 marzo 1975 Lucio Pozzi, 10 aprile 1975 Gianfranco Gorgoni, 13 maggio 1975 Diego Esposito, 29 maggio 1975 Wolf Vostell, 13 giugno 1975 André Caderé, ottobre 1975 Giulio Paolini, 10 aprile 1976 Sol Lewitt, maggio 1976 Maurizio Nannucci, 1976 Oltre alle singole modalità espressive dei vari artisti (minimaliste, concettuali, poveriste, ecc.), come evidenzia Corà, tutti ebbero «linguaggi maturati nella centralità degli anni stessi della formazione del movimento, dal 1965 in poi, considerando persino Berkeley, il Vietnam, tutta la formazione dei gruppi extraparlamentari».
From the top: Zona, Florence 1976. Archivio Gianni Melotti; Maurizio Nannucci, Star, scrivendo camminando, 1973; Sol LeWitt, Photo of Florence, decoupage di carta topografica della città, 1976; Paolo Masi, copertina di Rilevamenti esterni – Conferme interne, Edition Lydia Megeret, Bern 1977; Zona, Florence; Mater Materia, invitation. Facing page, from left to right: Archizoom, No-Stop City, 1968-72; Zziggurat, Città lineare, Florence, 1969; Superstudio, Monumento Continuo, 1969-70.
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LUCIANO BARTOLINI
From left to right: Luciano Bartolini, Nepal; Luciano Bartolini, Soft, 1974.
LUCIANO BARTOLINI Around the turn of the 1970s in Florence, the contamination of languages and interdisciplinary exchange between music, theatre, cinema, avant-garde literature and visual poetry became particularly intense. The city was home to major radical architecture projects, and the debate around visual arts was nurtured by a lively critical presence destined to spread across the Tuscan territory thanks to a range of initiatives. This research was fostered by young composers open to experimentation with new media, such as Sylvano Bussotti, in contact with John Cage and the Fluxus artists, but also magazines like Téchne, founded by Eugenio Miccini following the experience of Gruppo 70 and later directed by the critic Pier Luigi Tazzi, not to mention private galleries and innovative exhibition spaces. It was thus an extremely fertile context which hosted the debut of Luciano Bartolini (Fiesole 1948 – Milan 1994). In 1973 the artist started to work with brown paper, and in 1974 he held his first solo show at the
Palazzo of the town council of Stia in the Casentino Valley, where he displayed his brown papers as wall-mounted elements with folds. The exhibition was curated by Tazzi, the first appreciator of his work, who identified both formal measure and his sensitivity for materials. 1974 was also the year of the first series of Kleenexes on packing paper, through which the artist explores the tactile and metaphorical limits and potential of the expressive material in regular patterns. Capable of grasping the ‘ephemeral’ in modular configurations to be overlaid ad infinitum, the works were ironically defined – with an eye to the Folded Drawing series by Sol LeWitt – Folded Pictures. Born in Fiesole on 23 July 1948, Bartolini was the youngest of the artists who, from Paolo Masi to Lanfranco Baldi, from Maurizio Nannucci to Mario Mariotti and Renato Ranaldi, characterised the new Florentine scene. Burri and Manzoni were key points of reference for many of them.
His debut was not really preceded by artistic studies, but by an interest in the knowledge and learning of languages. Literature, writing and – from 1971 onwards – journeys to the Orient, especially towards North India and Nepal, constituted a fundamental training experience for him. In 1972, when Tazzi met him for the first time and saw some of his early experiments, Bartolini had already developed an interest in industrial papers, objects of consumption and serial production. The metalinguistic reflection on painting already to be found in the series on Kleenex and more in general in his early work cycles is also developed in his first artist’s book, SOFT, also dated 1974. The dialectic between Kleenex – a sort of rough film imbibed with vinyl acetate or glued only around the edges – and a backing paper, which may be read through it, here draws on the comparison with the blank page. 1974 was also the year of operazione tredici luglio, a conceptual work which consisted in sending a presentation letter of his folded pictures to 26 museums.
Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, a Firenze, la contaminazione dei linguaggi e gli scambi interdisciplinari fra musica, teatro, cinema, letteratura d’avanguardia e poesia visiva si fanno particolarmente intensi. La città accoglie importanti esperienze di architettura radicale, e il dibattito attorno alle arti visive si avvale di una vivace presenza critica destinata a estendersi nel territorio toscano attraverso numerose iniziative. A incoraggiare queste ricerche sono giovani compositori aperti alla sperimentazione con nuovi media, come Sylvano Bussotti, in contatto con John Cage e gli artisti Fluxus, ma anche riviste quali Téchne, fondata da Eugenio Miccini dopo l’esperienza del Gruppo 70 e poi diretta dal critico Pier Luigi Tazzi, nonché gallerie private e spazi espositivi innovativi. È un contesto estremamente fecondo quello in cui si inscrive l’esordio di Luciano Bartolini (Fiesole 1948-Milano 1994).
Nel 1973 l’artista inizia a lavorare con la carta da pacchi e nel 1974 tiene la sua prima mostra personale al Palazzo comunale di Stia, nel Casentino, dove espone le sue carte come elementi a parete con piegature. L’esposizione è curata da Tazzi, primo interprete del suo lavoro, che ne individua la misura formale unita alla sensibilità per i materiali. Sempre al 1974 risale la prima serie dei Kleenex su carta da pacchi, attraverso la quale l’artista esplora in pattern regolari, i limiti e le potenzialità tattili e metaforiche della materia espressiva. Capaci di accogliere l’“effimero” in configurazioni modulari che si possono giustapporre all’infinito, i lavori vengono definiti ironicamente – pensando alla serie Folded Drawing di Sol LeWitt – Folded Pictures. Nato a Fiesole il 23 luglio 1948, Bartolini è il più giovane fra gli artisti che, da Paolo Masi a Lanfranco Baldi, da Maurizio Nannucci a Mario Mariotti e Renato Ranaldi, caratterizzano il nuovo scenario fiorentino.
Burri e Manzoni sono punti di riferimento importanti per molti di loro. L’esordio non è preceduto da studi propriamente artistici, ma da un interesse per la conoscenza e l’apprendimento delle lingue. La letteratura, la scrittura e, dal 1971, i viaggi in Oriente, soprattutto verso l’India del Nord e il Nepal, costituiscono per lui una fondamentale esperienza formativa. Nel 1972, quando Tazzi lo incontra per la prima volta e vede le sue prime sperimentazioni, Bartolini ha già maturato il suo interesse per le carte industriali, gli oggetti di consumo e i procedimenti seriali. La riflessione metalinguistica sulla pittura già presente nella serie dei Kleenex e più in generale nei suoi primi cicli di opere, si sviluppa anche nel progetto del suo primo libro d’artista, SOFT, anch’esso del 1974. La dialettica fra Kleenex – una sorta di pellicola rugosa imbevuta di vinavil o incollata solo ai bordi – e carta di supporto, leggibile anche in trasparenza, si avvale qui del confronto con la pagina vuota.
PENSANDO ALL’ORIENTE And also that same year, on the occasion of the exhibition organised by the Studio inquadrature 33 in Florence (a key space for visual poetry), Bartolini produced an artist’s catalogue containing an early version of his Kleenexes. Instead, the following year saw his new artist’s book congiunzione/sostituzione and the work comparaisons: four double spreads in a brown paper envelope serving as a catalogue for the exhibition held at the Galleria Françoise Lambert in Milan in 1975. The Kleenexes had reached a decorative and ambient dimension. A few months later, the artist took part in the show ‘I colori della pittura’, curated by Italo Mussa, in which the Kleenexes take on a radical and paradoxical role, in keeping with a number of experiences of analytical and conceptual painting. In the meanwhile, Bartolini had started to work with food grade paper used by butchers and greengrocers. This was the start of his first Cartepaglie: surfaces of various sizes textured with vinyl acetate. The works, originating from research for the artist’s book, were to go on
to become works in their own right, rhythmic scores to be hung on the wall. This is what happened with the exhibition at the Galleria D’Alessandro Ferranti in Rome in 1976, where these works were presented alongside great Kleneex works, evoking the material nature of the wall. All this was accompanied by a new textless artist’s book, entitled papierselbstdartstellung (‘self-showing paper’, a term coined by Bartolini himself ). The relationship between page and stroke was instead at the heart of the ‘book/object’ traces in 1977, published by Zona in Florence. From this moment on, his participation in group shows became more intense and frequent, as well as his contacts with Italian and German artists in residence in Florence – Michel Buthe, Klaus von Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann and Ulrike Rosenbach – which developed through the activity of Villa Romana, a genuine powerhouse of ideas and experiences which established a privileged link with the German artistic context.
In 1977, Bartolini made use of gold leaf for the first time, destined to become a constant feature of his work. At the same time, the citations of images and evocations encountered in his travels find their way into the construction of his work ever more explicitly. Pensando all’Oriente, another exhibition staged at the Françoise Lambert in Milan, established a direct dialogue between his Kleenexes, which descend from above in vertical strips in the corners of the exhibition venue,
A quello stesso anno risale operazione tredici luglio, lavoro concettuale che consiste nell’invio a 26 musei della lettera di presentazione di un folded picture. Sempre nel 1974, in occasione della mostra organizzata dallo Studio inquadrature 33 di Firenze, importante spazio per la poesia visiva, Bartolini realizza un catalogo d’artista contenente una prima definizione dei Kleenex. Dell’anno successivo sono invece il nuovo libro d’artista congiunzione/sostituzione e l’opera comparaisons, quattro doppie pagine contenute in una busta in carta da pacco con funzione di catalogo per la mostra tenutasi presso la Galleria Françoise Lambert di Milano nel 1975. I Kleenex hanno ormai raggiunto una dimensione decorativa e ambientale. A qualche mese di distanza, l’artista partecipa alla rassegna I colori della pittura, curata da Italo Mussa, nella quale i Kleenex assumono una valenza radicale e paradossale in sintonia con alcune esperienze di pittura analitica e concettuale.
Frattanto, Bartolini ha iniziato a lavorare con le carte per alimenti utilizzate dai macellai e dai fruttivendoli. Nascono così le prime Cartepaglie : superfici di varie dimensioni lavorate con vinavil, le opere, originate da una ricerca intorno al libro d’artista, divengono in seguito lavori a sé, partiture a scansione ritmica da appendere alla parete. È quanto accade con la mostra presso la Galleria D’Alessandro Ferranti di Roma nel 1976, nella quale queste opere vengono presentate insieme a grandi Kleneex che rievocano la materialità del muro. Ad accompagnare il tutto è un nuovo libro d’artista privo di testo, intitolato papierselbstdartstellung («la carta che mostra se stessa», termine coniato dallo stesso Bartolini). Il rapporto fra pagina e segno è invece al centro del «libro/ oggetto» traces del 1977, realizzato per le edizioni Zona di Firenze. A partire da questo momento la partecipazione a mostre collettive si fa più intensa e regolare, così come
i contatti con artisti italiani e tedeschi in residenza a Firenze – Michel Buthe, Klaus von Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann, Ulrike Rosenbach – sviluppati attraverso l’attività di Villa Romana, vero e proprio laboratorio di idee ed esperienze che stabilisce un legame privilegiato con il contesto artistico della Germania. Nel 1977 Bartolini utilizza per la prima volta la foglia d’oro, destinata a divenire una costante del suo lavoro. Parallelamente, la citazione di immagini e suggestioni incontrate nei suoi viaggi, entra in modo sempre più esplicito nella costruzione della sua opera. Pensando all’Oriente, nuova mostra allestita presso Françoise Lambert a Milano, instaura un dialogo diretto fra i suoi Kleenex, che scendono dall’alto in strisce verticali agli angoli del locale espositivo, e gli ampi spazi vuoti della galleria; per terra, sovrapposti gli uni agli altri, cento fogli di carta nepalese con segni dorati.
and the wide, empty spaces of the gallery; on the ground, lying one on top of another, 100 sheets of Nepalese paper with golden signs. The symbolic element also appears on the Kleenexes, in subtle brushstrokes, and in the artist’s book published especially for the occasion by Lambert. Placing various works in relation, the display reveals an intertextual, linguistic and semiotic awareness in the direction of elements in play and in the interpretation of the exhibition space. In his later production that same year – Salon, Ouroboros, Appunti per una lettura isotopica, La Moschea della Perla, Volevo possedere quello spazio – the photographic image becomes an important reference, called upon to accompany the work or to be incorporated within it, sometimes after having been manipulated through the use of a photocopier. Through photography and writing, the artist gives way to a reflection that will lead him to examine the theme of the shadow. 1977 was also the year he was invited to take part in the 14th Biennale of São Paulo.
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From the top: Luciano Bartolini, traces, Zona, Florence 1976; Luciano Bartolini, invitation card; Pensando all’Oriente, Galleria Françoise Lambert, Milan 1977; Jahresbericht 1978, Paul Maenz, Cologne 1979; Ouroboros, 1977, 5 Strips of Kleenex and gold on brown paper, 3 photocopies in gold-gilt frames, 22 x 30 cm.
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LUCIANO BARTOLINI In 1978, come feticcio, the book of blank pages was published by the Galleria Schema in Florence, where the exhibition ‘Annotazione e definizione di un feticcio’ was taking place. Then it was The Pearl Mosque, another artist’s book inspired by the mosque of the same name in New Delhi, and produced on the occasion of his solo show at the Paul Maenz Gallery in Cologne, which also featured Volevo possedere quello spazio, a new installation with photographic elements. Paul Maenz was to dedicate a year of programming exclusively to Italian artists, such as Anselmo, Bartolini, Boetti, Chia, Clemente, De Maria, Fabro, Garutti, Icaro, Kounellis, Longobardi, Mariani, Paladino, Paolini, Penone, Salvo and Tatafiore: the exhibitions were gathered together in Jahresbericht, 1978, with a text by Germano Celant. Again that year, Bartolini published Kubla Khan through TAU/MA in Bologna.
His passion for literature finds full expression in this latest work, inspired by the ballad of the same name by the Romantic poet Samuel Taylor Coleridge in honour of the Mongol prince, just like in the exhibition at Schema, where he presented a sequence of texts taken from The Burial of the Dead by Thomas Stearns Eliot; at the same time, the interpretation of the space made by the artist appeared to be ever more influenced by the in-depth studies on Oriental and Mediterranean symbolism. In the Florentine show – a large-scale complex installation, subdivided into various sections – the work brought together fragments of other works, traces of painting, photocopies of objects, impressions and annotations: diversified images that highlight the fetishism of artistic actions. The following year, Bartolini exhibited at the Michèle Lachowsky in Brussels. The exhibition, Traces d’un rêve élaboré avec des éléments antérieurs,
consisted of a great installation dominated by light blue, that of the shimmering sea over which the artist dreams of flying, casting his own shadow. Introduced by the image of a sail in black & white, the exhibition was accompanied also in this case by an artist’s book of the same title. Again in 1979, sogni, ombre was published by Ottenhausen Verlag in Munich. The oneiric component and the metaphor of seeing and being seen are ever more explicit here. The theme of introspection and memory shift Bartolini’s attention towards Greek mythology in search of archetypes with a paradigmatic value. Reread through the myth of Arachne, the weaver of shadows and the incarnation of the figure of Arianna, the images of the book reappear, silkscreen printed, on the glass panels displayed by Pasquale Trisorio in the exhibition ‘Arianna e la nostalgia del luogo’, as well as in the work produced at the medieval prisons of the Council palazzo of Certaldo.
Nel 1978 esce come feticcio, libro di pagine bianche edito dalla Galleria Schema di Firenze, dove è in corso la mostra Annotazione e definizione di un feticcio. Poi sarà la volta di The Pearl Mosque, altro libro d’artista ispirato all’omonima moschea di New Delhi e realizzato in occasione della personale presso la Galleria Paul Maenz di Colonia, nella quale viene presentata anche Volevo possedere quello spazio, installazione inedita con elementi fotografici. Paul Maenz dedicherà un anno di programmazione esclusivamente ad artisti italiani, quali Anselmo, Bartolini, Boetti, Chia, Clemente, De Maria, Fabro, Garutti, Icaro, Kounellis, Longobardi, Mariani, Paladino, Paolini, Penone, Salvo, Tatafiore: le mostre sono raccolte in Jahresbericht, 1978, con un testo di Germano Celant. Sempre quell’anno Bartolini pubblica Kubla Khan per le edizioni TAU/MA di Bologna.
La sua passione per la letteratura trova piena espressione in quest’ultimo lavoro ispirato all’omonima ballata del poeta romantico Samuel Taylor Coleridge in onore del principe mongolo, come pure nella mostra da Schema, in cui presenta una sequenza di testi ripresi da The Burial of The Dead di Thomas Stearns Eliot; parallelamente, la lettura dello spazio operata dall’artista risente sempre più degli studi approfonditi sul simbolismo orientale e mediterraneo. Nell’esposizione fiorentina, una grande installazione complessa e articolata in più parti, l’opera accoglie frammenti di altri lavori, tracce pittoriche, fotocopie di oggetti, impressioni e annotazioni: immagini diversificate che mettono in scena il feticismo dell’azione artistica. L’anno successivo Bartolini espone presso Michèle Lachowsky a Bruxelles. La mostra, Traces d’un rêve élaboré avec des éléments antérieurs, è composta da
From the top: Annotazione e Definizione di un Feticcio, Galleria Schema, Florence 1978; sogni, ombre , Ottenhausen Verlag, Munich 1979; Perciò nelle strade della notte perdurano gli ori della tua ombra, 39th Venice Biennale 1980.
L’elemento simbolico dell’oro appare anche sui Kleenex, in sottili pennellate, e sul libro d’artista edito per l’occasione da Lambert. Mettendo in relazione i diversi lavori, l’allestimento rivela una consapevolezza intertestuale, linguistica e semiotica nella regia degli elementi in gioco e nell’interpretazione dello spazio espositivo. Nella produzione successiva di quello stesso anno – Salon, Ouroboros, Appunti per una lettura isotopica, La Moschea della Perla, Volevo possedere quello spazio – l’immagine fotografica diviene un referente importante, chiamata ad affiancare l’opera o a esservi incorporata, talvolta dopo essere stata manipolata con la fotocopiatrice. Attraverso la fotografia e la scrittura, l’artista dà il via a una riflessione che lo porterà ad approfondire il tema dell’ombra. Sempre del 1977 è la sua partecipazione alla XIV Biennale di São Paulo.
PENSANDO ALL’ORIENTE The photographs of this last installation, in which the artist materially develops the theme of the shadow for the point of view of the spectator, were to be the object of Arianna, the new book published by the Centre d’Art Contemporain in Geneva, and the outcome of collaboration with the artist Filippo di Sambuy and Fulvio Salvadori for the narrative parts. The book was to accompany the solo exhibition Chi li avesse paragonati avrebbe visto ch’erano essenzialmente uguali, of which the title was inspired by an essay by Jorge Luis Borges on Coleridge. Also another artist’s book, Asterione (perciò nelle strade della notte…) is dedicated to the godheads of the Cretan labyrinth, published by Ottenhausen Verlag that same year. It was a whole cycle of works that took shape in 1980 around the figure of Asterion, the name of the Minotaur who, like in the story The House of Asterion by Borges, wanders around, overwhelmed with anguish and solitude in the labyrinth build by Daedalus,
una grande installazione dominata dall’azzurro, quello del mare increspato su cui l’artista sogna di volare proiettando la propria ombra. Introdotta dall’immagine di una vela in bianco e nero, l’esposizione è accompagnata anche in questo caso da un libro d’artista con lo stesso titolo. Sempre nel 1979 esce sogni, ombre per le edizioni Ottenhausen Verlag di Monaco. La componente onirica e la metafora del vedere e dell’essere visti si fanno, qui, ancora più esplicite. Il tema dell’introspezione e della memoria spostano l’attenzione di Bartolini verso la mitologia greca, alla ricerca di archetipi dal valore paradigmatico. Rilette attraverso il mito di Aracne, tessitrice di ombre e incarnazione della figura di Arianna, le immagini del libro ricompaiono, serigrafate, sulle lastre di vetro esposte da Pasquale Trisorio nella mostra Arianna e la nostalgia del luogo, come pure nel lavoro realizzato presso le prigioni medievali del palazzo comunale di Certaldo.
Le fotografie di quest’ultima installazione, nella quale l’artista sviluppa materialmente il tema dell’ombra in funzione del punto di vista dello spettatore, saranno l’oggetto di Arianna, nuova pubblicazione edita dal Centre d’Art Contemporain di Ginevra e frutto di una collaborazione con l’artista Filippo di Sambuy e Fulvio Salvadori per le parti narrative. Il libro accompagnerà la personale Chi li avesse paragonati avrebbe visto ch’erano essenzialmente uguali, il cui titolo è ispirato a un saggio di Jorge Luis Borges su Coleridge. Alle divinità del labirinto cretese è dedicato anche Asterione (perciò nelle strade della notte...), altro libro d’artista dello stesso anno edito da Ottenhausen Verlag. È un intero ciclo di opere a prendere forma nel 1980 attorno alla figura di Asterione, nome proprio del minotauro che, come nel racconto La casa di Asterione di Borges, si aggira dilaniato dall’angoscia e dalla solitudine nel labirinto costruito da Dedalo, metafora della ricerca di identità in un mondo ormai privo di centro.
La prima esposizione di quell’anno è da ‘t Venster a Rotterdam, cui fanno seguito la partecipazione alla rassegna I nuovi nuovi, curata da Renato Barilli per la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, e alla 39a Biennale di Venezia su invito di Vittorio Fagone, dove Bartolini presenta un’installazione intitolata Perciò nelle strade della notte perdurano gli ori della tua ombra. Altrettanto importante è la sua presenza fra gli artisti di Magico Primario, esposizione curata da Flavio Caroli per il Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Inoltre partecipa a o sole mio, Kunstlerhaus Hamburg, a cura di Hella Berent, Wolgang Woessner, Fried Rosenstock, catalogo con testi di Hella Berent, Inniger Schiffbruch, Pier Luigi Tazzi. Il lavoro su Asterione troverà nuove formulazioni per la Biennale di Parigi e per Italian Wave, organizzata da Francesca Alinovi e Roberto Daolio presso la Holly Solomon Gallery di New York.
a metaphor for the quest for identity in a world which has lost its bearings. The first exhibition that year was at ‘t Venster in Rotterdam, followed by his participation in the show ‘I nuovi nuovi’, curated by Renato Barilli for the Galleria d’Arte Moderna in Bologna, and at the 39th Venice Biennale, invited by Vittorio Fagone, where Bartolini presented an installation entitled Perciò nelle strade della notte perdurano gli ori della tua ombra. Just as important was his presence among the artists of ‘Magico Primario,’ an exhibition curated by Flavio Caroli for the Palazzo dei Diamanti in Ferrara. What’s more, he participated in ‘o sole mio’, Kunstlerhaus Hamburg, curated by Hella Berent, Wolgang Woessner and Fried Rosenstock, catalogue with texts by Hella Berent, Inniger Schiffbruch and Pier Luigi Tazzi. The work on Asterion was to find new formulations for the Biennial of Paris and for ‘Italian Wave’, organised By Francesca Alinovi and Roberto Daolio at the Holly Solomon Gallery in New York.
15 As well as hosting a solo show of his work, the Chantal Crousel Gallery in Paris curated the publication of two other artist’s books Les (doubles) jardins de A. and Atlantis (jardin), which marked the start of a major new theme. Bartolini had spent the summer in Santorini, the Greek island destroyed in the second millennium BC by a violent volcanic eruption and associated with the myth of Atlantis, becoming the emblem of any hypothetically extinct civilisation. The lost island, the circular shape of which in concentric rings may be likened to the image of the sacred mountain of the tantric tradition – Mount Abu and its seven rivers – is enhanced with new cosmic meanings in the 1981 work, often characterised by the golden markings of an original writing: the alphabetic imagery created in Phoenician land at the mouth of the Mediterranean serves as a frame to the 25 autobiographical tales for the group show ‘Enciclopedia’, organised by Caroli at the Galleria Civica di Modena.
From the top: Fulvio Salvadori, Luciano Bartolini, Filippo di Sambuy, Centre d’Art Contemporain, Geneva 1979; Galerie Michèle Lachowsky, Brussels 1979; Asterione (perciò nelle strade della notte ...), Ottenhausen Verlag, Munich 1979; o sole mio, Künstlerhaus, Hamburg 1980; Les (doubles) jardins de A., Galerie Chantal Crousel, Paris 1980.
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LUCIANO BARTOLINI Also the installation Gli effetti a distanza della grande eruzione si dissolsero alla fine in tramonti e crepuscoli di incomparabile bellezza owes a lot to this in-depth study, presented by Walter Storms in Munich. In Milan, in the meanwhile, ‘Passeggiate nei dintorni’ at the Françoise Lambert featured the harmonic movement of signs in space, while a cryptic writing, light almost to the point of being immaterial, marked the production of Prima as letters, then as sound, then as a very subtle sensation, inaugurated at the Villa Romana in Florence. Instead, of a more selfreflective and acknowledging value is ‘Septen triones’, the first solo show staged by Ginevra Grigolo in Bologna, presenting an installation constructed like a constellation of signs, starting from various groups of works and accompanied by an artist’s book. A new journey allowed him in the meantime to consolidate his interests: during the summer, Bartolini visited Mount Athos in Greece, where he discovered the simandron, a sort of gong used by monks as a means of summoning.
From left to right: Settentrione, Galleria Ginevra Grigolo, Bologna 1981; Looking into the heart of light, the silence, Exit Edizioni, Lugo 1982; Ménage à trois, Verlag Beatrix Wilhelm, Stuttgart 1985.
In 1982, this synesthetic vision was to give way to a process of abstraction capable of elevating the simandron to a sort of absolute sign, to be used as an iconic and compositional form in a new cycle of works, like in the tryptic For yonder bank hath choice of sun or shade, presented in the rooms of A Space in Toronto. The golden alphabetic signs were instead featured in the exhibition ‘Le porte del solstizio’, presented by Alberto Weber in Turin, the publisher of another artist’s book that takes up the title of the exhibition in Villa Romana the year before. Exit Edizioni of Lugo also published Looking into the heart of light, the silence. 1983 marked a turning point. After being awarded a study grant by the DAAD in Berlin, Bartolini moved his studio for a year to the German city, to Lutzowplatz 7, in an urban context undergoing rapid transformation yet still marked by the ruins of WWII.
This was the Berlin of the early 1980s, that which formed the backdrop to Neue Wilder painting, of great expressive impact. The sobriety of the serial editions typified by the Kleenex and Cartepaglie in the 1970s was now substituted by the expressive immediacy of an ever more gestural painting, of which the calligraphic and decorative aspects forged new openings towards the Orient – especially the Byzantine world – or the ancient Minoan civilisation, but also towards masters of modernity like Klimt, Klee and Tobey. The half-moon of the simandron became a module declinable in response to new artistic choices, a dancing outline renamed ‘Klang’: a sound which spreads through space or a sign with infinite resonances, in continuous metamorphosis. Its oscillatory movement lay at the heart of Berliner Klang, the first major work in this new, decidedly more pictorial phase. His exhibition activity comprised of a number of solo
shows in Germany: in Stuttgart at the Beatrix Wilhelm Gallery, in Munich thanks to Walter Storms, in Berlin at the Fahneman, and at the Frankfurter Westend Galerie in Frankfurt. That same year he also exhibited in Basle with Fina Bitterlin, in Naples with Pasquale Trisorio, while he also published Berliner Raga through Exit Edizioni. In the early months of 1984, Bartolini prepared the exhibition foreseen for the autumn at the Nationalgalerie in Berlin. For this occasion, a major catalogue was published with texts by Toni Stoss, Helmut Friedel, Jürgen Schilling and Wolfgang Max Faust. In that period, he also took part in Der Traum des Orpheus, an exhibition curated by Friedel that the Städtische Galerie im Lenbachhaus of Munich dedicated to the mythology of Italian art from the end of the 1960s. The artist presented Eterna metamorfosi, a major installation in which the chromatic and pictorial material itself generated continuous transformation.
Oltre a ospitare una sua personale, la Galleria Chantal Crousel di Parigi cura l’uscita di altri due libri d’artista Les (doubles) jardins de A. e Atlantis (jardin), che danno inizio a una nuova importante tematica. Bartolini ha trascorso l’estate a Santorini: l’isola greca, distrutta nel II millennio a.C. da una violenta eruzione vulcanica e associata al mito di Atlantide, diviene l’emblema di qualsiasi ipotetica civiltà estinta. L’isola perduta, la cui forma circolare ad anelli concentrici può essere avvicinata all’immagine della montagna sacra della tradizione tantrica – il Monte Abu con i suoi sette fiumi – si arricchisce di nuovi significati cosmici nella produzione del 1981, spesso caratterizzata dai segni aurei di una scrittura originaria: l’immaginario alfabeto sorto in terra fenicia all’imbocco del Mediterraneo fa da cornice ai 25 racconti autobiografici per la mostra collettiva Enciclopedia organizzata da Caroli alla Galleria Civica di Modena.
E da questi approfondimenti muove anche l’installazione Gli effetti a distanza della grande eruzione si dissolsero alla fine in tramonti e crepuscoli di incomparabile bellezza, presentata da Walter Storms a Monaco. A Milano, intanto, Passeggiate nei dintorni presso Françoise Lambert mette in scena il movimento armonico dei segni nello spazio, mentre una scrittura criptica, leggerissima e quasi immateriale, segna la produzione di Prima come lettere, poi come suono, poi come sensazione sottilissima, inaugurata presso Villa Romana a Firenze. Di valore più autoriflessivo e ricognitivo, invece, è Septen triones, la prima personale allestita da Ginevra Grigolo a Bologna, che presenta un’installazione costruita come una costellazione di segni a partire da diversi gruppi di opere e accompagnata da un libro d’artista.
Un nuovo viaggio gli permette frattanto di consolidare i suoi interessi: durante l’estate, Bartolini visita il Monte Athos in Grecia, dove scopre il simandron, una sorta di gong utilizzato dai monaci come strumento di richiamo. Nel 1982, questa visione sinestetica darà origine a un processo di astrazione capace di elevare il simandron a una sorta di segno assoluto, da utilizzare come forma iconica e compositiva in un nuovo ciclo di lavori, come nel trittico For yonder bank hath choice of sun or shade presentato nei locali di A Space a Toronto. Ai segni alfabetici dorati è invece dedicata l’esibizione Le porte del solstizio presentata da Alberto Weber a Torino, editore di un altro libro d’artista che riprende il titolo della mostra di Villa Romana dell’anno precedente. Per le Exit Edizioni di Lugo, inoltre, esce Looking into the heart of light, the silence. Il 1983 segna una svolta.
PENSANDO ALL’ORIENTE
Dopo essersi visto assegnare una borsa di studio dal DAAD di Berlino, Bartolini trasferisce il suo studio per un anno nella città tedesca, in Lutzowplatz 7, in un contesto urbano in rapida trasformazione ma ancora contrassegnato dalle rovine della seconda guerra mondiale. È la Berlino dei primi anni Ottanta, quella in cui si è sviluppata la pittura di grande impatto espressivo dei Neue Wilder. Alla sobrietà delle partiture seriali inaugurata dai Kleenex e dalle Cartepaglie negli anni Settanta si sostituisce ora l’immediatezza espressiva di una pittura sempre più gestuale, le cui valenze calligrafiche e decorative creano nuove aperture verso l’Oriente – ora soprattutto bizantino – o l’antichità minoica, ma anche verso maestri della modernità come Klimt, Klee, Tobey. La mezzaluna del simandron diviene un modulo declinabile in funzione delle nuove scelte artistiche, tracciato danzante ribattezzato Klang, suono che si diffonde nello spazio o segno dalle infinite risonanze, in continua metamorfosi.
Il suo moto oscillatorio è al centro di Berliner Klang, il primo lavoro importante di questa nuova fase decisamente più pittorica. L’attività espositiva è contrassegnata da alcune personali in Germania: a Stoccarda da Beatrix Wilhelm, a Monaco da Walter Storms, a Berlino da Fahneman e presso la Frankfurter Westend Galerie di Francoforte. Quello stesso anno espone anche a Basilea da Fina Bitterlin e a Napoli da Pasquale Trisorio, mentre per Exit edizioni pubblica Berliner Raga. Nei primi mesi del 1984 Bartolini prepara la mostra prevista per quell’autunno presso la Nationalgalerie di Berlino. Per l’occasione esce un importante catalogo con testi di Toni Stoss, Helmut Friedel, Jürgen Schilling e Wolfgang Max Faust. In quel periodo partecipa anche a Der Traum des Orpheus, esposizione a cura di Friedel che la Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco dedica alla mitologia nell’arte italiana dalla fine degli anni Sessanta.
On returning to Italy, a new retrospective curated by Pier Luigi Tazzi was inaugurated in the Sala d’Arme in Palazzo Vecchio, Florence. In that year, he also exhibited at the Françoise Lambert in Milan and with Ginevra Grigolo in Bologna, publishing (solo un’immagine) with Exit Edizioni in Lugo, his latest artist’s book. In 1985, he spent the winter in Zurich. Here, with André Emmerich,
he exhibited large-format works along with a group of watercolours with a lighter, more airy stroke: Ménage à trois. The title was to be taken up once again in an artist’s book published by Beatrix Wilhelm in Stuttgart, in whose gallery he was to stage a one-man-show that same year. Again in Stuttgart, he took part in the exhibition ‘Von Klang der Bilder’, curated by Tony Stoss and Karin von Maur for the Staatsgalerie. He also took part in ‘Livres d’artistes’, a vast event organised by the Pompidou Centre in Paris. In Italy, he exhibited with Piero Cavellini in Brescia, and was invited to take part in the ‘Anni Ottanta’ group show organised by Renato Barilli to be held at the Galleria d’arte Moderna in Bologna. According to the critic, Bartolini represented the ‘post-abstract’ artist par excellence. In 1986, a new cycle of works began entitled Kosmische Visionen, in which the intense material sonority of his latest works tended to lessen in favour of a more interiorised path towards the world of archetypes and the spiritual dimension.
L’artista presenta Eterna metamorfosi, grande installazione nella quale è la stessa materia cromatica e propriamente pittorica a generare continua trasformazione. Tornato in Italia, una nuova antologica a cura di Pier Luigi Tazzi viene inaugurata alla sala d’Arme di Palazzo Vecchio a Firenze. In quell’anno espone inoltre da Françoise Lambert a Milano e da Ginevra Grigolo a Bologna, pubblicando per Exit edizioni di Lugo (solo un’immagine), il suo nuovo libro d’artista. Nel 1985 trascorre l’inverno a Zurigo. Qui, da André Emmerich, espone lavori di grande formato insieme a un gruppo di acquerelli dal segno più leggero e aereo, Ménage à trois. Il titolo verrà ripreso anche in un libro d’artista edito da Beatrix Wilhelm a Stoccarda, nella cui galleria terrà quello stesso anno una personale. Sempre a Stoccarda, prende parte alla mostra Von Klang der Bilder, a cura di Tony Stoss e Karin von Maur per la Staatsgalerie.
Partecipa inoltre a Livres d’artistes, vasta rassegna organizzata dal Centre Pompidou di Parigi. In Italia espone da Piero Cavellini a Brescia ed è invitato a partecipare alla collettiva Anni Ottanta organizzata da Renato Barilli per la Galleria d’arte Moderna di Bologna. Per il critico, Bartolini rappresenta l’artista «postastratto» per eccellenza. Nel 1986 prende il via un nuovo ciclo di lavori intitolato Kosmische Visionen, nel quale l’intensa sonorità materica delle ultime opere tende a stemperarsi a favore di un percorso più interiorizzato verso il mondo degli archetipi e la dimensione spirituale. L’immagine si svincola qui dalla componente più narrativa del racconto mitologico per strutturarsi attorno a un asse centrale, come avverrà più tardi con la serie degli Alberi. Le nuove opere vengono presentate alla Galleria Montenay di Parigi, da Ginevra Grigolo a Bologna e da Trisorio a Napoli.
17 The image thus moves away here from the more narrative component of the mythological tale in order to be structured around a central axis, as would be the case later with the Alberi series. The new works were presented at the Galerie Montenay in Paris, at the Ginevra Grigolo Gallery in Bologna at the Trisorio in Naples. In the meantime, at Villa La Rocca in San Gimignano, he staged a major retrospective. The ‘Artisti contemporanei’ series (edited by Giulio Guberti for Edizioni Essegi of Ravenna) published a volume dedicated to him, with texts by Andrea del Guercio, Toni Stooss, Pier Luigi Tazzi and a major critical anthology. Also his solo shows of the following year – held with Piero Cavellini and Valeria Belvedere in Milan, with Marianne Deson in Chicago and Walter Storms in Munich – revolved around the new cycle of works, which the artist developed sometimes with mosaic inserts.
From the top: Luciano Bartolini, Nationalgalerie, Berlin 1984; Luciano Bartolini (eterna metamorfosi), Nationalgalerie, Verlag Beatrix Wilhelm, Berlin 1984; Luciano Bartolini, Essegi, Ravenna 1986; Luciano Bartolini, Kosmiche Visionen, Edizioni Nuovi Strumenti, Brescia 1987; Luciano Bartolini (Giano, La foresta, il tempo), (Sinonimi), (Andante), Studio Marconi, Galleria Lorenzelli Arte, Milan 1989; Luciano Bartolini. Emblematische Blumen, Studio Tipografico, Rome 1990.
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Nel frattempo, a Villa La Rocca di San Gimignano, allestisce una grande retrospettiva e la collana “Artisti contemporanei” curata da Giulio Guberti per le Edizioni Essegi di Ravenna pubblica un volume a lui dedicato, con testi di Andrea del Guercio, Toni Stooss, Pier Luigi Tazzi e un’importante antologia critica. Anche le personali dell’anno successivo – da Piero Cavellini e da Valeria Belvedere a Milano, da Marianne Deson a Chicago e da Walter Storms a Monaco – sono incentrate sul nuovo ciclo di lavori, che l’artista sviluppa talvolta con inserti a mosaico. Una pubblicazione edita da Nuovi Strumenti e curata da Helmut Friedel raccoglie l’intero ciclo delle Kosmische Visionen, mentre per Exit Edizioni esce Camini di fata, fortezze e bagni turchi: un omaggio al tempo. Sempre nel 1987 espone presso la Galleria Corraini di Mantova, che pubblica un nuovo libro d’artista, Il cader giusto.
LUCIANO BARTOLINI A book published by Nuovi Strumenti and edited by Helmut Friedel brought together the entire cycle of the Kosmische Visionen, while Exit Edizioni issued Camini di fata, fortezze e bagni turchi: un omaggio al tempo. Again in 1987, he exhibited at the Galleria Corraini in Mantua, which also published his new artist’s book: Il cader giusto. In Alberi (1988), the vertical dimension, the axis that links the earth to the sky, unfolds from the very format of the sheets on which the outline of vegetable growth is traced. These are presented as a place of symbolic ‘correspondences’, evoking the idea of the forest in their harmonising with one another. The first show of the year dedicated to the series opened in Stuttgart at the Beatrix Wilhelm Gallery, marking the occasion by publishing Baumen und Baumchen, the artist’s book created in collaboration with Pier Luigi Tazzi. This was followed by the one-man-show in Villa Romana in Florence, which also curated the publication of the artist’s book Snakes, and the show in the church of Santa Maria delle
Croci in Ravenna, in which the Alberi were included in a more complex work from a scenic, decorative and symbolic point of view, and which was to be accompanied by the catalogue Beyond published by Edizioni Essegi, edited by Bruno Bandini and Roberto Daolio. That same year, the Museo di Stato / National Museum of Modern Art of San Marino dedicated a vast retrospective with works produced since 1974 and the catalogue Ritmico, curated by Sandra Miller. Ineguale ma ritmico was instead to be the title of the artist’s book published by Edizioni Flavio Albanese of Vicenza. The Alberi were also featured in the exhibition of the same name held in London at the Frith Street Gallery in 1989. That same year, Bartolini was involved in the staging of two exhibitions: one at the Studio Marconi (Giano, la foresta, il tempo) and one at the Galleria Lorenzelli Arte (Sinonimi), on which occasion a box set was produced containing three catalogues.
He began to work on two cycles in this period: le Ascensioni, presented for the first time at the Galleria Totem il Canale in Venice, and Foresta di vetro, small-format works on sandpaper, exquisite yet at the same time discreet works which induce a sense of self-gathering in the onlooker. At the same time, a book by Edizioni Essegi featured a number of his works, alternating with poetic texts and photographs shot some time before in the Orient. In that year, he also took part in the 2nd Art Biennial of Istanbul and in the exhibition La poetica materiale, curated by Martina Corgnati for the Palazzo delle Esposizioni in Messina. In 1990 a new phase opened, in which the theme of horizontality seemed to take the upper hand, already partly preannounced in part by the previous Ascensioni. Emblematische Blumen: this is the title of the new works presented at the Galerie Montenay in Paris and by Beatrix Wilhelm in Stuttgart, in which various themes already found in Alberi were developed, although from a
more exclusively expressive point of view, the transparencies and thickenings of the paper support – now painted with shiny lacquers in garish hues – enriched the work with a tactile side, like in the more contemplative works of the previous year. Published by Studio Tipografico in Rome, Luciano Bartolini, Emblematische Blumen, with texts by Silvana Sinisi, Sania Papa and Arnaldo Romani Brizzi. They were also to have an important role in the retrospective organised at the Kunstverein in Göppingen, during which also the monograph Ritmico-Emblematische Blumen was to be presented, with texts by Alexander Tolnay and Silvana Sinisi. At his solo show in the Ginevra Grigolo Gallery in Bologna, Bartolini presented an installation of small mosaics entitled Respiro, alongside other works that allow him to highlight the coherence and complexity of his thematic universe. This is what also emerges from his participation in other group shows, like Gegenwart Ewigkeit at the
Negli Alberi del 1988 la dimensione verticale, l’asse che collega la terra al cielo, scaturisce dal formato stesso dei fogli su cui si sviluppa il tracciato della crescita vegetale. Questi si presentano come luogo di «corrispondenze» simboliche e suggeriscono l’idea di foresta nel loro armonizzarsi l’un l’altro. La prima mostra dell’anno dedicata alla serie inaugura a Stoccarda da Beatrix Wilhelm, che per l’occasione pubblica Baumen und Baumchen, libro d’artista realizzato in collaborazione con Pier Luigi Tazzi. Seguono la personale di Villa Romana a Firenze, che cura l’uscita del libro d’artista Snakes, e la mostra nella chiesa di Santa Maria delle Croci a Ravenna, nella quale gli Alberi vengono inseriti in un lavoro più complesso dal punto di vista scenografico, decorativo e simbolico e che sarà accompagnata dal catalogo Beyond delle Edizioni Essegi curato da Bruno Bandini e Roberto Daolio.
Quello stesso anno, il Museo di Stato/Galleria Nazionale d’Arte Moderna di San Marino gli dedica una vasta retrospettiva con opere realizzate a partire dal 1974 e il catalogo Ritmico, a cura di Sandra Miller. Ineguale ma ritmico sarà invece il titolo del libro d’artista ideato per le Edizioni Flavio Albanese di Vicenza. Agli Alberi è dedicata anche l’omonima mostra londinese organizzata dalla Frith Street Gallery nel 1989. Quello stesso anno Bartolini è impegnato nell’allestimento di una doppia esposizione, presso lo Studio Marconi (Giano, la foresta, il tempo) e la Galleria Lorenzelli Arte (Sinonimi), in occasione della quale si realizza un cofanetto contenente tre cataloghi. Due sono i cicli su cui inizia a lavorare in questo periodo: le Ascensioni, presentate per la prima volta alla Galleria Totem Il Canale di Venezia, e Foresta di vetro, opere di piccolo formato su carte vetrate, preziose e al tempo stesso discrete, che inducono una sorta di raccoglimento nello spettatore.
Parallelamente, un libro delle Edizioni Essegi presenta alcuni suoi lavori alternati a testi poetici e a fotografie scattate tempo prima in Oriente. In quell’anno si segnala anche la partecipazione alla II Biennale d’arte di Istanbul e alla rassegna La poetica materiale curata da Martina Corgnati per il Palazzo delle Esposizioni di Messina. Nel 1990 si apre una nuova fase, nella quale sembra prendere il sopravvento il tema dell’orizzontalità, già preannunciato in parte dalle precedenti Ascensioni. Emblematische Blumen: questo il titolo dei nuovi lavori presentati alla Galleria Montenay a Parigi e da Beatrix Wilhelm a Stoccarda, nel quale si sviluppano alcune tematiche già presenti negli Alberi, anche se dal punto di vista più propriamente espressivo trasparenze e ispessimenti del supporto cartaceo – ora dipinto con lacche lucide dai colori squillanti – arricchiscono l’opera di implicazioni tattili, come nelle opere più contemplative dell’anno precedente.
Esce per l’edizioni Studio Tipografico di Roma, Luciano Bartolini, Emblematische Blumen, con testi di Silvana Sinisi, Sania Papa, Arnaldo Romani Brizzi. Questi avranno uno spazio importante anche nella retrospettiva organizzata presso il Kunstverein di Göppingen, durante la quale verrà presentata anche la monografia Ritmico-Emblematische Blumen con testi di Alexander Tolnay e Silvana Sinisi. Alla personale da Ginevra Grigolo a Bologna, Bartolini presenta un’installazione di piccoli mosaici dal titolo Respiro, accanto ad altri lavori che permettono di evidenziare la coerenza e la complessità del suo universo tematico. È quanto emerge anche dalla partecipazione ad alcune collettive, come Gegenwart Ewigkeit al Gropius Bau di Berlino, a cura di Jurgen Schilling e Wieland Schmidt, ma soprattutto alla rassegna L’opera come spirito del luogo, a cura di Martina Corgnati, per le tre sedi di Brescia (Piero Cavellini), Parma (Galleria Mazzocchi) e
PENSANDO ALL’ORIENTE Gropius Bau in Berlin, curated by Jurgen Schilling and Wieland Schmidt, but above all in the show L’opera come spirito del luogo, curated by Martina Corgnati, for the three venues in Brescia (Piero Cavellini), Parma (Galleria Mazzocchi) and Rome (Galleria Oddi Baglioni), retracing his artistic career through thematic groups and exemplary series. Emblematische Blumen is also the title of the artist’s book published by Exit Edizioni in Lugo in 1991; over the course of the year, that same cycle of works was to be exhibited in Trento by Paola Stelzer and at the Studio Ghiglione in Genoa, as well as the Montagna dei canti, a complex installation for the Galleria Totem Il Canale in Venice inspired by the novel The Songlines by Bruce Chatwin and the theme of the journey as an inner itinerary. In the new cycle O sporos, presented in Rome at the Galleria Il Polittico, his latest research converged on the zero degree from which every form moves: the seed,
which in its elongated shape evokes the sacred image of the almond. At the same time, the catalogue with texts by Arnaldo Romani Brizzi and Sania Papa featured a front cover with kufic characters, the highest form of decorative beauty in a religious culture which – like that of Islam – foregoes all forms of iconic expression. In 1992 his last project began to take shape, Soffi di luce. The new cycle features small diptychs consisting of a pictorial element and a collage, drawing on the portable icons of the Byzantine tradition, and represent the extreme outcome of a research around the image as the hub of the contemplative experience. Soffi di luce was also the new artist’s book published by Exit Edizioni in 1992. That same year, the Kobayashi Gallery in Tokyo dedicated a solo show to his work. Soffi di luce was also to be the title of the exhibition organised by Lorenzelli Arte in Milan in 1993. Edizioni Essegi in Ravenna published a volume with a text, an annotated biography and a
critical anthology curated by Martina Corgnati, while Bruno Bandini and Claudio Cerritelli, for Maestri Incisori Editori, would edit the catalogue of works entitled Elogio del papel. Luciano Bartolini passed away prematurely in April 1994. In 1997 the Galleria Ginevra Grigolo was to stage the first posthumous exhibition of his work. In 1998, his work was presented in ‘Arte italiana. Ultimi quaranta anni. Pittura aniconica’, curated by Danilo Eccher and Dede Auregli at the Galleria d’Arte Moderna in Bologna. In the same year, the first exhibition was to be staged at the Studio Dabbeni in Lugano, which would then dedicate other solo shows in 2000, 2002, 2004 and 2012. A wide-ranging retrospective curated by Roberto Daolio would be held in 2000 at Villa delle Rose in Bologna (catalogue published by Charta). Among the other major exhibitions following his death, we might mention that at the Galleria Niccoli in Parma in 2005, ‘Pittura Materiale,’ curated by Pier Luigi Tazzi in 2007 for Frittelli Arte Contemporanea in
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Florence, and that of Lorenzelli Arte in Milan, which was to publish a catalogue with a text by Ivan Guaroni. In 2015, the Studio Gariboldi in Milan also dedicated an exhibition to his work, followed that same autumn by a major show in the historic venue of Villa Romana in Florence. On this occasion, the volume Firenze 1977. Luciano Bartolini, Michael Buthe, Klaus vom Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann, Ulrike Rosenbach &tc. Materiali su artisti italiani e tedeschi a Firenze e Villa Romana attorno al 1977 (1976-1978), was published, an essay by Paolo Emilio Antognoli Viti published by Archive Books in Berlin. At the same time, again with Archive Books, in collaboration with the Luciano Bartolini Archive, the volume Luciano Bartolini. Pensando all’Oriente. 1973-1979 was published, dedicated in particular to his artist’s books. The two volumes were presented in the exhibition that took place between December 2015 and January 2016 at Studio Dabbeni in Lugano.
From left to right: Luciano Bartolini. Ritmico-Emblematische Blumen, Kunstverein Göppingen 1990; Emblematische Blumen, Exit Edizioni, Lugo 1991; Luciano Bartolini, Galleria Il Polittico, Rome 1991; Soffi di Luce, Exit Edizioni, Lugo 1992; Luciano Bartolini, Edizioni Essegi, Ravenna 1993; Luciano Bartolini – More Than This, Villa delle Rose, Bologna 2000; Pittura Materiale, Galleria Frittelli, Florence 2007; Luciano Bartolini, Galleria Lorenzelli Arte, Milan 2009.
Roma (Galleria Oddi Baglioni), che ne scandiscono il percorso artistico attraverso gruppi tematici e serie esemplari. Emblematische Blumen è anche il titolo del libro d’artista pubblicato dalle Exit Edizioni di Lugo nel 1991; nel corso dell’anno, quello stesso ciclo di opere verrà esposto a Trento da Paola Stelzer e allo Studio Ghiglione di Genova, come pure nella Montagna dei canti, complessa installazione per la Galleria Totem Il Canale di Venezia ispirata al romanzo Le vie dei canti di Bruce Chatwin e al tema del viaggio come itinerario interiore. Nel nuovo ciclo O sporos, presentato a Roma presso la Galleria Il Polittico, le ultime ricerche convergono nel grado zero da cui muove ogni forma, il seme, che nella sua espressione allungata rievoca l’immagine sacra della mandorla. Parallelamente, il catalogo con testi di Arnaldo Romani Brizzi e Sania Papa, presenta una copertina con caratteri cufici, espressione di bellezza decorativa assoluta per una cultura religiosa che, come quella dell’Islam, ha abdicato all’espressione iconica.
Nel 1992 prende forma l’ultimo progetto, Soffi di luce. Il nuovo ciclo comprende piccoli dittici composti da un elemento pittorico e uno a collage, che si richiamano alle icone portatili della tradizione bizantina e rappresentano l’estremo esito di una ricerca attorno all’immagine come fulcro dell’esperienza contemplativa. Soffi di luce è anche il nuovo libro d’artista uscito per Exit Edizioni nel 1992. Quello stesso anno la Kobayashi Gallery di Tokyo allestisce una sua personale. Soffi di luce sarà anche il titolo della mostra organizzata da Lorenzelli Arte a Milano nel 1993. Per le Edizioni Essegi di Ravenna uscirà un volume con testo, biografia ragionata e antologia critica a cura di Martina Corgnati, mentre Bruno Bandini e Claudio Cerritelli editeranno per Maestri Incisori Editori il catalogo di lavori intitolato Elogio del papel. Luciano Bartolini scompare prematuramente nell’aprile del 1994. Nel 1997 la Galleria Ginevra Grigolo gli dedicherà una prima mostra postuma.
Nel 1998, il suo lavoro viene presentato in Arte italiana. Ultimi quaranta anni. Pittura aniconica, a cura di Danilo Eccher e Dede Auregli, presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Nello stesso anno verrà allestita la prima mostra presso lo Studio Dabbeni di Lugano che gli dedicherà altre personali nel 2000, nel 2002, nel 2004 e nel 2012. Un’ampia retrospettiva a cura di Roberto Daolio verrà allestita nel 2000 a Villa delle Rose a Bologna (catalogo edizioni Charta). Fra le altre mostre significative seguite alla sua scomparsa, ricordiamo quella presso la Galleria Niccoli di Parma nel 2005, Pittura Materiale, curata da Pier Luigi Tazzi nel 2007 per Frittelli Arte Contemporanea di Firenze, e quella di Lorenzelli Arte a Milano, che pubblicherà un catalogo con un testo di Ivan Guaroni. Nel 2015 lo Studio Gariboldi di Milano gli dedicherà un’altra mostra, seguita quello stesso autunno da un’importante esposizione nella sede storica di Villa Romana a Firenze.
Per l’occasione viene presentato il volume Firenze 1977. Luciano Bartolini, Michael Buthe, Klaus vom Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann, Ulrike Rosenbach &tc. Materiali su artisti italiani e tedeschi a Firenze e Villa Romana attorno al 1977 (1976-1978), saggio di Paolo Emilio Antognoli Viti pubblicato da Archive Books di Berlino. Contemporaneamente, sempre per Archive Books, in collaborazione con l’Archivio Luciano Bartolini, esce il volume Luciano Bartolini. Pensando all’Oriente. 1973-1979, dedicato in particolare ai suoi libri d’artista. I volumi della casa editrice tedesca sono stati presentati nella mostra tenutasi da dicembre 2015 a gennaio 2016 presso lo Studio Dabbeni di Lugano.
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Luciano Bartolini. Pensare all’Oriente, Identificazione di un feticcio, curated by Paolo Emilio Antognoli Viti, Villa Romana, Florence 2015. Courtesy Archivio Luciano Bartolini, photo: Alessandro Zambianchi.
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LUCIANO BARTOLINI ARTISTS’ BOOKS AND ARCHIVE BOOKS AT STUDIO DABBENI
Open gallery #10, Lugano 12.10. 2015 – 30.01.2016
On the occasion of OPEN GALLERY #10, Studio Dabbeni invited Archive Books to present its publishing activities and latest releases. Among the other titles Archive Books will launch two books released for the recent exhibition on Luciano Bartolini’s work at Villa Romana in Florence. The two volumes: Firenze 1977 written by Paolo Emilio Antognoli Viti, and Luciano Bartolini. Pensando all’Oriente 1973–1979, tell the story of a number of artists who passed through Florence, and particularly Villa Romana, between the second half of the 1970s and the early 1980s. Archive Books’ titles will be housed within Cubitus, an installation devised by the artist Luca Frei in 2005. Comprised of stacked wooden units, Frei has created a flexible structure that acts both as an open archive and as seating. The starting point for Cubitus is an image of La Bibliotèque des Enfants that the artist has found in the Centre George Pompidou’s annual report Rapport d’Activité (1982), while researching into the Swiss sociologist Albert Meister’s book La soi-disant utopie du centre beaubourg (1976). Alongside the display of Archive Books’ titles an exhibition of the complete collection of the artist’s books of Luciano Bartolini.
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In occasione di OPEN GALLERY #10, Studio Dabbeni ha invitato Archive Books a presentare la propria attività editoriale e le sue più recenti pubblicazioni. Tra gli altri titoli, Archive Books ha presentato due libri realizzati in concomitanza con la mostra di Luciano Bartolini a Villa Romana a Firenze. I due volumi: Firenze 1977 di Paolo Emilio Antognoli Viti e Luciano Bartolini. Pensando all’Oriente 1973–1979, raccontano la storia di un gruppo di artisti che ha frequentato Firenze e in particolare Villa Romana tra la seconda metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. I titoli di Archive Books sono stati presentati nel Cubitus, installazione del 2005 progettata dall’artista Luca Frei. Composta da moduli impilabili in multistrato, la struttura creata da Frei è flessibile e agisce sia come un archivio aperto che come seduta. L’idea del Cubitus nasce da un’immagine della Bibliotèque des Enfants che l’artista ha trovato nel rapporto sulle attività del Centre George Pompidou pubblicato nel 1982, durante durante le sue ricerche sul libro La soi-disant utopie du centre beaubourg (1976) del sociologo svizzero Albert Meister. Il display dei libri di Archive Books è affinacato da una mostra della collezione completa dei libri d’artista di Luciano Bartolini.
Following pages, left: Luca Frei, Untitled, 2007, Inkjet su tela, 63,5 x 43,5 cm. Courtesy the artist, Studio Dabbeni, Lugano. Right: Archive Books Titles: display by Luca Frei, Cubitus, 30 items 50 x 50 x 50 cm, birch wood, variable dimensions. Courtesy the artist, Studio Dabbeni, Lugano
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From the top: Archive Books titles, display by Luca Frei, Cubitus, 30 items 50 x 50 x 50 cm, birch wood, variable dimensions. Courtesy the artist, Studio Dabbeni, Lugano. Luca Frei, Untitled, 2007, 94,5 x 63 cm, Inkjet su tela. Courtesy the artist and Studio Dabbeni.
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ARCHIVE BOOKS AND ARCHIVE KABINETT
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28 Archive Books is a publishing house based in Berlin and Milan. Through the production of different formats – anthologies, essays, artists’ books and magazines – the editorial line of Archive Books take form in collaboration with authors who make use of archival materials and documentary processes to offer perspectives – starting from the field of contemporary art – on controversial themes such as labor conditions, the psychopathologies of capitalism, post-colonialism, the relationship between historical memory and biographical memory, and processes of formation. Archive Kabinett is a space set aside for publishing in expanded form: encounters, research, screenings, presentations, exhibitions and a bookshop. Archive Appendix is a studio for graphic design in publishing and communication. Starting in 2014, Edizioni Temporale publishes reflections on aesthetics, in the form of small essaymanifestos in Italian.
LUCIANO BARTOLINI Archive Books è una casa editrice di base a Berlino e Milano, pubblica in inglese, italiano, tedesco e francese. Attraverso la produzione di diversi formati: antologie, saggi, libri d’artista e riviste, la linea editoriale di Archive Books prende forma nella collaborazione con autori che si avvalgono di archivi e pratiche documentarie per offrire, a partire dal campo dell’arte contemporanea, uno sguardo su temi controversi come quelli delle condizioni del lavoro, le psicopatologie del capitalismo, il post-colonialismo, la relazione fra memoria storica e quella biografica, i processi di formazione. Archive Kabinett è uno spazio dedicato all’editoria nella sua forma espansa: incontri, ricerca, screening, presentazioni, mostre e bookshop. Archive Appendix è uno studio per la progettazione grafica nel campo editoriale e della comunicazione. A partire dal 2014, Edizioni Temporale pubblica in lingua italiana riflessioni sull’estetica nella forma di piccoli saggi-manifesto.
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LUCIANO BARTOLINI PENSANDO ALL’ORIENTE 1973–79 This publication was made in collaboration with Archivio Luciano Bartolini, which since 1994 – the year of the artist’s death – has conducted careful research for the conservation and cataloguing of his works. Created in parallel with the volume Firenze 1977 it takes a position of ideal continuity with the essay by Paolo Emilio Antognoli Viti, accompanying the historical-critical recontextualization of the figure of the artist with an important tool of documentation on his work from 1973 to 1979. Bio-bibliographical by Valentina Bucco. La presente pubblicazione è stata realizzata in collaborazione con l’Archivio Luciano Bartolini, che dal 1994, anno della scomparsa dell’artista, ha compiuto un attento lavoro di cura e catalogazione delle opere. Nata in parallelo al volume Firenze 1977, essa si pone in una linea di continuità ideale con il saggio di Paolo Emilio Antognoli Viti, affiancando alla ricontestualizzazione storico-critica della figura dell’artista un importante strumento di documentazione della sua ricerca nel periodo compreso dal 1973 al 1979. Apparati bio-bibliografici a cura di Valentina Bucco.
FIRENZE 1977 LUCIANO BARTOLINI MICHAEL BUTHE KLAUS VOM BRUCH MARTIN KIPPENBERGER MARCEL ODENBACH ANNA OPPERMANN ULRIKE ROSENBACH &tc.
Editorial coordination Paolo Caffoni
Firenze 77 racconta la storia di un gruppo di artisti passati da Firenze tra la seconda metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Questo libro assembla una serie di appunti, annotazioni, schede di libri e apparati di vario genere e non vuole presentarsi altrimenti che come raccolta di materiali eterogenei autonoma e aperta alla prospettiva di un futuro lavoro più ampio e unitario.
Proofreading Valentina Bucco Graphic Design Archive Appendix Published by Archive Books ISBN 978-3-943620-42-9
A special thanks to: Angelika Stepken, for the commitment to the project and the materials; Valentina Bucco, for the revision and overall supervision of the text; Gian Domenico Sozzi, for the support and important contribution to the realization of the project.
Firenze 77 tells the story of a number of artists who passed through Florence, and Villa Romana, between the second half of the 1970s and the early 1980s. is book brings together a series of notes, comments, book summaries and various kinds of devices and does not pretend to be other than a collection of heterogeneous, autonomous material and is open to the prospect of a future, broader and unified work.
Un ringraziamento speciale a: Angelika Stepken, per l’impegno nel progetto e per i materiali; Valentina Bucco, per la revisione e per la supervisione del testo; Gian Domenico Sozzi, per il supporto e per l’essenziale contributo alla realizzazione del progetto.
Roberto Amato, Carlo Bertocci, Rudolph Bonvie, Antonino Bove, Vanni Bramanti, Klaus vom Bruch, Katalin Burmeister, Joachim Burmeister, Paolo Caffoni, Carlotta Castellani, Maria Gloria Conti, Bicocchi, Bruno Corà, Giulia Del Piero, Lilia Di Bella, Bruna Esperi, Maurizio Faraoni, Chiara Figone, Fondazione Lanfranco Baldi, Gian Piero Frassinelli e Archivio Superstudio, Simone e Lisa Frittelli, Frittelli Arte Contemporanea, Michele Guidugli, Jürgen Klauke,
Françoise Lambert, Alwin Lay, Luigi Lazzerini, Paul Maenz, Paolo Masi, Gianni Melotti, Jacopo Miliani, Maurizio Nannucci, Giustino Nibbioli, Marcel Odenbach, Ulrike Rosenbach, Fried Rosenstock, Carlotta Rossi, Pier Luigi Tazzi, Micheal Trier – Estate of Sigmar Polke, Dietmar Werle, Michele Zaza, Archivio Luciano Bartolini – Milano, Kunstbibliothek – Sammlung Buchkunst, Berlino, Studio Dabbeni – Lugano, Archivio Ferranti – Roma, Archivio Giulio Paolini – Torino, Archivio di Villa Romana – Firenze.
Editorial coordination Paolo Caffoni Proofreading Valentina Bucco Photographs E Barbara, Mimmo Capone, Ilaria Casalino, Philippe de Gobert, Roberto Massoni, Gianni Melotti, Fotostudio Paltrinieri, Prestampa Taiana, Tutino, Alessandro Zambianchi Graphic Design Archive Appendix Published by Archive Books ISBN 978-3-943620-41-2
PENSANDO ALL’ORIENTE
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Beti žeroc, When Attitudes Become the Norm, 2015 ISBN 978-3-943620-39-9
The Politics of Memory Documentaty and Archive, 2015 ISBN 978-3-943620-33-7
Anguish Language Writing and Crisis, 2015 ISBN 978-3-943620-30-6
Republications, 2015 ISBN 978-3-943620-06-1
Where to Sit at the Dinner Table? The Forest & the School, 2015 ISBN 978-3-943620-26-9
Judith Raum, eser, 2014 ISBN 978-3-943620-12-2
Giorgio Andreotta Calò, Prima che sia notte, 2014 ISBN 978-3-943620-21-4
Eric Baudelaire, Anabases, 2013 ISBN 978-3-943620-15-3
Deimantas Narkevičius, Da capo. Fifteen Films, 2015 ISBN 978-3-943620-28-3
Clemens von Wedemeyer, The Cast, 2014 ISBN 978-3-943620-11-5
Ketty La Rocca
S UPPLICA
Esercizi
Übungen
PER UN ’ APPENDICE Texte 1962 – 1976
Archive Books
Rimedi all’assenza di Reiner Ruthenbeck, 2011 ISBN 978-3-865605-02-3
Acknowledgements / Ringraziamenti: Archivio Luciano Bartolini – Milano, Roberta Mazzola, Ximena Rodriguez Bradford, Angelika Stepken, Villa Romana, Firenze, Alessandro Zambianchi, Paolo Caffoni, Chiara Figone, Lilia Di Bella, Françoise Lambert, Paul Maenz, Paolo Emilio Antognoli Viti, Archivio Ferranti – Roma, Luca Frei, Miart 2016 – Milano, Istituto Svizzero – Milano, Riviera, Caterina Riva, Francesco Valtolina, Kevin Pedron.
Remedies to the absence of Reiner Ruthenbeck, 2011 ISBN 978-3-865605-02-3
Gegenmittel bei Abwesenheit von Reiner Ruthenbeck, 2011 ISBN 978-3-865605-02-3
Ketty La Rocca, Supplica per un’appendice, Texte 1962 –1976, 2012 ISBN 979-3-943620-01-6
Luciano Bartolini Pensando all’Oriente
STUDIO DABBENI
Editorial coordination Coordinamento editoriale Paolo Caffoni Graphic Design Archive Appendix Published by Pubblicato da Archive Books and Studio Dabbeni
Corso Pestalozzi 1 6900 Lugano, Switzerland www.studiodabbeni.ch ARCHIVE BOOKS
Dieffenbachstraße 31 10967 Berlin, Germany — Via Maffucci 26 20158 Milan, Italy — www.archivebooks.org www.archivekabinett.org
Gianfranco Baruchello Esercizi / Übungen, 2012 ISBN 978-3-943620-06-1