FREE PRESS DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO
EDIZIONE DI CATANIA
ANNO II - N. 11 - VENERDÌ 30 DICEMBRE 2011
Melior de cinere surgo
SCADUTO
STANCANELLI STOP
PAG. 10 UNA COLATA DI CEMENTO
SCANDALO IACP
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LOMBARDO A PROCESSO
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ECCO L’AEROPORTO CINESE
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ANNO II - N. 11 - VENERDÌ 30 DICEMBRE 2011
EDITORIALE
NUN TE REGGAE PIÙ MA IL CIELO È SEMPRE PIÙ BLU Fabiola Foti
Chi vive in baracca, chi suda il salario chi ama l’amore e i sogni di gloria chi ruba pensioni, chi ha scarsa memoria Chi mangia una volta, chi tira al bersaglio chi vuole l’aumento, chi gioca a Sanremo chi porta gli occhiali, chi va sotto un treno […] Ma il cielo è sempre più blu - Rino Gaetano Ma il cielo è sempre più blu cantava Rino Gaetano, malgrado tutto. Forse il cantautore ha scritto le parole di questo brano per i giorni che viviamo oggi, un momento storico in cui abbiamo perso tutto e non ci resta altro che sorridere, affidarci alla satira, ove ci è permesso, e continuare ad andare avanti perché comunque il sole sorge ancora. La nostra classe politica si comporta come fossimo nel medioevo e l’istituto del feudo fosse ancora in uso, il
significato più arcaico di feudo è possesso del bestiame e noi, cittadini, siamo come bestiame. Abbiamo meno diritti di quelle mucche con il marchio all’orecchio. Ci muoviamo entro il recinto da loro segnato, convinti di essere liberi, ignari di fare parte del loro disegno per diventare sempre più ricchi e più potenti. Si accaparrano un pezzo di terra, lo depauperizzano, pretendono di esserne signori, creano delle gerarchie fatte di clientelismo, dove “tu mangi perché io signore te le permetto”. Nominano vassalli, valvassori e valvassini e poi c’è questa sterminata massa di popolo, che però li ha anche messi al potere. E non si stupisca nessuno se presto sarà istituito l’istituto dello ius primae noctis. Con lo stesso sguardo vacuo di una mucca al pascolo, assistiamo impotenti ad un presidente della regione pluri imputato, così per il sindaco di Catania. Si diceva che, il popolo nomina i suoi politici e li rende potenti, ma forse si sbagliava, perché se si guarda alla rappre-
sentanza odierna di Palazzo d’Orleans, ci si rende conto che ne è passata di acqua sotto i ponti da quei tre anni, in cui abbiamo espresso il nostro sacro voto. Sembra una vita fa ed invece sono trascorsi solo tre anni, ma del nostro voto non è rimasto niente, abbiamo visto 1-2-34-5 (abbiamo perso il conto) Lombardi ricostituirsi con rappresentanze variegate e che pescano da ogni parte, solo allo scopo di tenersi la poltrona. Alla fine, non ci ricordiamo più neanche per che cosa abbiamo votato, non abbiamo più memoria dei nostri ideali. La prima volta, la stampa da notizia di queste nuove alleanza, ma col tempo non è più una novità, che l’assessore di sinistra è al fianco di un Lombardo che forse, se ricordiamo bene, alle regionali, per esempio, era contro Giuseppe Lumia. E poi, signor sindaco di Catania, se così la possiamo lecitamente chiamare, ma perché chiude sempre più le porte del comune? Palazzo di città si chiama tale perché è aperto ai suoi cittadini; lei, che si è caratterizzato per prendere le sue decisioni in maniera tanto discrezionale quanto impavida, sia coraggioso anche con il popolo e lo affronti, accolga il frutto di quegli alberi di povertà che ha piantato in una città a cui non resta altro che venire a piangere presso la sua porta. E così come abbiamo aperto, ci rifacciamo ancora al nostro Rino Gaetano in chiusura, questa volta pesando però ad un altro celebre brano nun te reggae più. i ministri puliti i buffoni di corte ladri di polli super pensioni ladri di stato e stupratori il grasso ventre dei commendatori diete politicizzate evasori legalizzati auto blu sangue blu cieli blu amore blu rock and blues NUNTEREGGAEPIÙ - Rino Gaetano
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CRONACA
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SERVIZI SOCIALI: LE MALEFATTE DEL COMUNE L’amministrazione si è inventata una graduatoria del bisogno contro legge F.F. L’amministrazione di Palazzo degli Elefanti toppa anche con i servizi sociali. Ci sono centinaia di bambini indigenti che quest’anno non godono dell’assistenza del comune e l’allarme lo lanciano le madri disperate e i 15 istituti che fino allo scorso 9 settembre ricevevano il contributo comunale e che oggi si ritrovano ad assistere ugualmente e gratuitamente i bambini tagliati da una graduatoria che si è inventato l’assessore ai servizi sociali, Carlo Pennisi. In merito c’è una legge regionale, la 22 del 1986, parla chiaro e fino a quest’anno è stata seguita alla lettera, ma si sa, l’attuale amministrazione comunale ama distinguersi e allora si inventa una graduatoria cosiddetta del “bisogno” senza specificare parametri di valutazione. A spiegarci tutto, per filo e per segno è suor Annamaria Magnano docente e tra i coordinatori dell’istituto Casa della Carità di Catania. «Abbiamo scritto una lettera a Palermo – racconta - e ci hanno fatto sapere che la graduatoria è inammissibile». Il comune si giustifica dicendo che non ha soldi e se quest’anno sono stati tagliati 200 bambini, il prossimo anno questo stesso destino toccherà ad altri 500, e allora minori che prima avevano una “casa” dove stare dalla mattina fino alla sera occupati tra la scuola, il doposcuola e le attività extrascolastiche si ritrovano abbandonati a se stessi, e questo indubbiamente ci fa dubitare sulla qualità dei servizi sociali catanesi, in un momento di così grande tensione economica non sembra opportuno aumentare il degrado dei cittadini più indigenti, ma il comune non ha soldi ed in più la politica dell’assessore Pennisi punta a dirottare i servizi assistenziali sulle cooperative, dove invece, evidentemente c’è da investire. «Il sindaco dal canto suo, non si è mai visto – dice suor Annamaria – lo invitiamo, ma non viene mai». L’ultima volta che si sono incontrati è stato quando i genitori dei bambini rimasti fuori dalle graduatoria hanno assediato Palazzo degli Elefanti; Raffaele Stancanelli, alle domande di Suor Annamaria ha risposto con titubanza e quando si è visto assalito dalla folla dei genitori ha deciso di firmare un mandato di pagamento per gli istituti. Una goccia nell’oceano se si pensa che il comune di Catania da tempo, non paga gli istituti, accumulando debiti su debiti e ritardi notevoli, si parla di arretrati per centinaia di migliaia di euro. «Loro non pagano, ma pretendono da noi degli standard elevatissimi, un certo numero di personale e la presentazione del durc ogni due mesi, questo significa che anche se non riceviamo il contributo comunale, paghiamo regolarmente tutti i contributi oltre naturalmente agli stipendi, e non senza grande sforzo». In tutte le sue decisione, l’assessore Pennisi pare abbia agito senza neanche avere una grande conoscenza della settore di suo competenza. Quando gli sono state rivolte critiche in merito alla formazione di queste graduatorie del bisogno, non previste dalla legge regionale, ha risposto che gli istituti ricevono dei contributi da parte della regione, ignaro del fatto che si riferiva a scuole paritarie e non a scuole parificate «come scuole paritarie al massimo possiamo percepire 6.000 euro all’anno dalla regione – chiarisce suor Annamaria - sono le scuole parificate a godere di un contributo notevole». E seppure il comune sia inadempiente e i bambini che godono del sussidio siano stati ridotti a circa una trentina, la casa della carità continua a prestare il solito servizio di autobus, scuola, mensa, doposcuola ed attività extrascolastiche gratuitamente per ben altri 30 bambini e il futuro si presenta sempre più oscuro e i genitori esercitano sempre più pressioni.
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INCHIESTA
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CORSO DEI MARTIRI, IN ARRIVO UNA NUOVA COLATA DI CEMENTO?
18 associazioni hanno redatto un documento in cui si criticano le scelte dell’amministrazione, ma il comune se ne frega Andrea Di Grazia Il progetto è del 1973, ma per il comune che ha affidato l’esecuzione dei lavori all’architetto Massimiliano Fuksas, l’importante è che tutto vada per il verso giusto e l’ ingombrante spazio libero di Corso Martiri della Libertà venga riempito una volta per tutte. Con che cosa? Un albergo, aree commerciali, uffici e qualche timida aiuola. Dopo un’attesa durata ben 60 anni, l’enorme ferita creata nel tessuto urbano in seguito al riassetto del quartiere San Berillo rischia di diventare una ennesimo monolite di cemento. “Sarebbe stata una buona occasione per creare uno spazio verde, di cui la nostra città ha estremo bisogno”. Questo il parere di Marcello Bailla, responsabile politiche del territorio di Sinistra Ecologia e Libertà che sottolinea l’ assoluta incapacità di ideare una politica alternativa alla prassi consolidata del costruire sempre, ovunque ad a tutti i costi. Proprio come se fossimo ancora nella Sicilia degli anni ‘60 in pieno boom economico, quando i centri commerciali non si sapeva ancora cosa fossero e sulle strade circolavano 1/8 dei veicoli che oggi congestionano le arterie cittadine. Nei giorni scorsi ben 18 associazioni catanesi tra cui Legambiente, WWF, Città Insieme, Lipu, Italia Nostra e Federconsumatori, hanno fatto circolare una dichiarazione comune per esprimere il loro dissenso sull’ apertura del Cantiere Libertà. Lo scorso novembre Palazzo degli Elefanti ha risolto il lungo contenzioso con i proprietari dei lotti edificabili, per un totale di 80.000 metri quadrati. Nessun passo in avanti, invece, per quanto riguarda l’aggiornamento del Prg. “Risale al 1973 – si legge nel documento - quindi non può certamente ritenersi moderno, né rispondente alle esigenze attuali della città. Manca di un’idea di fondo, forte e nuova che possa veramente qualificare l’intervento”. Neanche l’abilità combinatoria di Fuksas potrà fare miracoli. “La qualità del progetto – si legge ancora - non potrà essere garantita dal suo affidamento ad un ‘archistar’ che sarà inevitabilmente condizionato dalla vetustà del Piano urbanistico e delle sue regole, che fissano i perimetri, le densità e le destinazioni dei singoli lotti”. A giugno le ruspe faranno il loro ingresso, ma queste considerazioni erano state già espresse nei mesi scorsi senza però ottenere nessun feedback dal Comune. Anche su questo punto è duro il commento dei 18 firmatari, secondo cui questo atteggiamento sarebbe “specchio di una reale incapacità a prendere delle decisioni indispensabili per la crescita economica, culturale e sociale della nostra città”.
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INCHIESTA
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UNA BANCA FATTA IN CASA
La Banca Sviluppo Economico è nata a Catania nel 2009 ed è stata costituita con capitale privato. Ora pare che... Aureliano Buendìa La crisi internazionale sta trascinando le grandi banche mondiali nel panico, figurarsi quali possono essere i contraccolpi per le piccole banche e quanto le conseguenze possono risultare esiziali per i piccolissimi istituti. A ciò si aggiunga come qualche volta in Sicilia certe iniziative, che sembrerebbero destinate a svolgere un’avventura importante per questa terra, mostrano invece presto delle criticità che meritano d’essere approfondite. Prendiamo ad esempio la Banca Sviluppo Economico S.p.A.; una banca nata nel 2009 grazie al concorso del capitale privato. A leggere il bilancio 2010 si può rilevare un notevole incremento della raccolta ed un’importante acquisizione rappresentata dalla milionaria gestione dei fondi di quiescenza della Camera di Commercio. Un ottimo avvio, quindi, sembrerebbe. Così sembra almeno, fino a quando non arriva, pare, una ispezione di Banca d’Italia il cui esito, stando ad alcune indiscrezioni, racconterebbe invece una storia diversa. Sembra, infatti, che la Vigilanza della Banca centrale abbia rilevato talune anomalie e tra queste in particolare avrebbe segnalato la strana condizione di taluni amministratori che sarebbero anche tra i maggiori debitori della banca. Parrebbe, quindi, che proprio il Presidente del Consiglio di Amministrazione della banca medesima, Maurizio Lipari, risulti essere debitore, come anche uno dei componenti del CdA, il signor Toscano Domenico. Il condizionale in questo caso è quanto mai d’obbligo, poiché quando si tratta una materia così delicata ogni indiscrezione merita d’essere trattata con la dovuta prudenza. Nondimeno, se fosse vero, apparirebbe di certo insolito che il Presidente di una banca così piccola sia anche tra i più importanti debitori della stessa banca e che dopo di lui venga il nominato componente del CdA; quest’ultimo, noto in città quale proprietario di diversi immobili (SUD se ne è già occupato a proposito dell’Affittopoli catanese). La Vigilanza, insomma, sembra rilevare una tale anomalia probabilmente sul presupposto, anche piuttosto logico, che privilegia come più razionale
LA SEDE DI BANCA SVILUPPO ECONOMICO IN VIALE XX SETTEMBRE A CATANIA.
SECONDO INDISCREZIONI LA VIGILANZA DELLA BANCA CENTRALE AVREBBE RILEVATO ALCUNE ANOMALIE
e criteriato l’affidare il denaro ad un pubblico più vasto e quindi anche più frammentato, in modo da non mettere a rischio il capitale stesso della banca che viceversa, appunto se affidato a pochi, si lega alle sorti di quei pochi. Ancora più grave sarebbe la questione se a godere di canali preferenziali per questi crediti sarebbero società o gruppi risultanti particolarmente appesantiti presso altri istituti di credito. Se le cose stessero in questi termini, a rischio ci sarebbero i risparmi dei privati cittadini che hanno creduto nell’iniziativa, ma francamente vorremmo augurarci che la questione non stia invece così poiché una iniziativa imprenditoriale nel mondo del credito rappresenta per la Sicilia una risorsa formidabile, soprattutto se comparata alla vivacità che tale intrapresa ha nelle aree più ricche del Paese. Uno strumento così importante permetterebbe ai risparmi dei siciliani d’essere reinvestiti nella loro
terra e non più di servire a fare cassa per i soliti istituti del Continente. Con tutta sincerità ci auguriamo d’esserci sbagliati per non ritrovarci ancora una volta in presenza di una iniziativa non all’altezza della situazione. Le voci negli ambienti imprenditoriali e finanziari di una nuova e più pressante iniziativa della Banca d’Italia si sono fatte troppo insistenti per non divenire di interesse pubblico e non richiedere ad un organo di stampa come SUD di farsi carico della necessità di fare chiarezza su un settore delicatissimo e strategico, mettendo a disposizione le proprie pagine di chiunque possa contribuirvi, organi di Banca Sviluppo in primis.
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GIUDIZIARIA
SCANDALO IACP: ASSEGNATE CASE A PARENTI il direttore si è dimesso Fabiola Foti IL MANDATO DI SCHILIRÒ ERA SCADUTO È notizia recente che il direttore dell’Istituto, Santo Schilirò Rubino si sia dimesso, messo alle strette non ha potuto fare a meno di prendere questa decisione, tra l’altro il suo mandato è già scaduto.
LA SEDE CATANESE DEGLI IACP
In una intervista ha affermato: «la mia carica scade ad agosto dell’anno prossimo. Sono direttore generale dall’agosto del 2002 in base alla legge 145 dello stesso anno, e l’incarico mi è stato rinnovato nel 2007 per altri cinque anni». Questa dichiarazione deve aver fatto arrabbiare qualcuno, perché a neanche 24 ore dalla pubblicazione dell’intervista, alla redazione di Sud è pervenuto il contratto dello stesso Schilirò, il direttore, con riguardo alla sua dichiarazione, va contraddetto almeno su due punti. Il suo mandato è stato sì rinnovato nel 2007, ma sarebbe scaduto ad ottobre del 2011 poiché il mandato viene calcolato con scadenza quinquennale, ma non a partire dal 2007 bensì dal 2006 (come si vede nella foto accanto).
PARTE DEL CONTRATTO DEL DIRETTORE SCHILIRÒ DA CUI SI EVINCE CHE IL SUO MANDATO È GIÀ SCADUTO NELL’OTTOBRE 2011
IL RINVIO A GIUDIZIO E certamente se si può ignorare la scadenza di un mandato, non si può fare lo stesso con un rinvio a giudizio che interessa 11 tra dirigenti, dipendenti e assegnatari.
Il primo marzo 2012 si presenteranno davanti al giudice della terza sezione penale del Tribunale di Catania: Santo Schilirò Rubino, il figlio di questi, Ettore Schilirò Rubino, altri quattro dipendenti, Anna Tusa (oggi in pensione), Adele Fiorello, Giuseppe Caruso, insieme a sei beneficiari di case popolari, Orazio Sicali (anch’egli dipendente dell’Ente in questione), Nino Santoro, Carmelo Sicali, Agata Romeo, Carmela Bergamo e Gaetano Maravigna. Dovranno rispondere, a vario titolo, di abuso d’ufficio, truffa e falso ideologico. La richiesta era stata avanzata dal Pubblico Ministero Andrea Bonomo ed è stata accolta dal Gup Francesca Cercone. La richiesta è stata preceduta dall’invio, da parte della Procura della Repubblica di Catania, di un rapporto alla Corte dei Conti di Palermo in cui si stima un danno erariale di oltre trenta milioni di euro per una cattiva gestione dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania.
LA REGIONE SICILIANA NEL 2009 HA REALIZZATO UNA RELAZIONE DA CUI È EMERSA UNA GESTIONE CLIENTELARE DA PARTE DEL DIRETTORE SCHILIRÒ. SUL SITO INTERNET WWW.SUDPRESS.IT È POSSIBILE SCARICARE COPIA INTEGRALE
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GIUDIZIARIA
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I FATTI IMPUTATI Il rinvio a giudizio non stupisce Sud, che già l’anno scorso aveva riferito dei fatti per cui risponderanno gli 11 imputati. La Procura ha così individuato illeciti a partire dal 2006. Gli atti illegittimi sarebbero stati commessi per favorire, con falsa documentazione, persone che non avevano i titoli per ottenere una casa dall’ente. In particolare, nel 2006 quando si dovevano assegnare 144 alloggi in viale B. Pecorino e viale S. Teodoro a Librino, risultò assegnatario un dipendente Iacp, Orazio Sicali, già in possesso di un quadrivani in via Medaglie D’Oro a Catania. Lo stesso av-
veniva per un altro dipendente Iacp, Antonino Santoro, già proprietario di un pentavani ad Acicatena. Oltre ai dipendenti dello Iacp risultarono assegnatari anche i parenti di questi, come Mario Tudisco, suocero di Giuseppe Caruso.
Nei mesi e negli anni a venire, tali tipo di assegnazioni sarebbero diventante una consuetudine, in barba a soggetti regolarmente iscritti da anni nelle graduatorie, emblematico il caso di un portatore di handicap che si vide superare sempre da altri più “qualificati”.
tore di handicap, risulta eclatante quello di Ettore Schilirò Rubino, figlio del direttore, a cui è stata assegnata una bottega in piazza Spedini, per cui è stata prevista una spesa di ripristino pari a 25 mila euro. Ettore Schilirò ha documentato una spesa di 3.500 euro per i lavori di ripristino eppure, gli è stato riconosciuta una riduzione del canone di affitto dell’80 % per poter recuperare tali cifre. Insomma, il danno e la beffa.
E se risulta emblematico il caso del porta-
LE ASSEGNAZIONI REVOCATE Con determine che recano la data 8 novembre 2011, quindi a poche settimane dal rinvio a giudizio, il direttore generale revoca l’alloggio a Orazio Sicali e a Nino Santoro (entrambi imputati per il processo che si terrà a marzo prossimo). Lo stesso avviene, sempre l’8 novembre, per gli altri imputati del processo: Agata Romeo, Bergamo Carmela e Gaetano Maravigna.
Le assegnazioni in questione erano avvenute a partire dal 2006, sorge allora spontaneo chiedersi, come mai a ridosso della pronuncia del Tribunale, il direttore Iacp abbia avvertito la necessità di revocare gli alloggi che aveva precedentemente assegnato, e soprattutto come mai solo nel novembre 2011 Schilirò Rubino si rende conto, che queste persone non hanno titolo per poter godere di case di di edilizia popolare? LE DETERMINE CON LE QUALI SCHILIRÒ RUBINO HA REVOCATO GLI ALLOGGI
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SPECIALE IBLIS
PROCESSO LOMBARDO: SI APRONO LE DANZE
Raffaele e Angelo imputati Se non ci fosse stata l’associazione Primoconsumo, il 14 dicembre scorso nessun altro avrebbe fatto richiesta di costituirsi parte civile. E allora, il processo Lombardo, è un processo blindato, che si deve svolgere tra pochi attori protagonisti?
Seppure l’accusa, in accordo con la difesa, abbia detto no a Primoconsumo, il giudice Michele Fichera chiamato a giudicare i fratelli Lombardo scioglierà la riserva in proposito nella prossima udienza, che si terrà il 6 febbraio. Nessun colpo di scena dunque, qualcuno avrebbe sperato che il comune si presentasse con un legale, ma così non è andata. Gli imputati eccellenti Angelo e Raffaele non erano presenti, perché trattenuti da impegni istituzionali a Roma, ma Guido Ziccone, avvocato del Governatore ha tenuto a sottolineare che Raffaele Lombardo intende difendersi in aula.
costituita nel processo per i parcheggi, dove tra gli imputati figura il predecessore, Umberto Scapagnini, e bene ha fatto, così come ha fatto in altri processi. Ebbene, a Catania si è aperto il processo a carico dei fratelli Raffaele ed Angelo Lombardo accusati di aver chiesto voti ad esponenti di spicco di Cosa Nostra catanese.
Si tratta di una contestazione particolarmente odiosa e non crediamo ne occorrerà spiegare le ragioni, ma basterà solo fare riferimento alle espressioni durissime che i Procuratori Carmelo Zuccaro e Michelangelo Patanè hanno usato nel rinvio a giudizio dei due Lombardo.
I fatti, dunque, si sarebbero volti tutti a Catania, dove appunto sarebbe avvenuta la compravendita dei voti dal 1994 fino alle elezioni del 2008’ come sono catanesi gli esponenti mafiosi che Raffaele ed Angelo Lombardo hanno incontrato.
Il voto di scambio, dunque, se c’è stato si è consumato a Catania e soprattutto in danno dei liberi cittadini catanesi. Coerenza e dovere avrebbero imposto al primo cittadino di costituirsi parte civile nel processo a carico dei Lombardo ed a tutela dei catanesi onesti. Stancanelli darebbe una dimostrazione di libertà e soprattutto testimonierebbe da quale parte sta.
E se manterrà la sua promessa, sentirà le 13 intercettazioni che hanno richiesto di sentire Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro entrambi rappresentanti della Procura, qualcuno dice sia un lungo elenco ma ad onor del vero in confronto alle 6000 pagine di Iblis, 13 sole intercettazioni sembrano una goccia nell’oceano.
Saranno sentiti i carabinieri del Ros che hanno avuto ampia parte nelle indagini, sarà convocato il presunto boss di Ramacca, Rosario Di Dio arrestato nell’ambito della stessa operazione “Iblis”, e i pentiti Eugenio Sturiale e Salvatore d’Aquino, entrambi della cosca Cappello e autori di dichiarazioni su presunti rapporti con Angelo Lombardo, e il collaboratore di giustizia di Racalmuto Maurizio Di Gati. Lo ricordiamo, i fratelli Lombardo rispondono del reato di voto di scambio e solo per le elezioni alla Camera del 2008 quando Angelo Lombardo diventò deputato nazionale; associazioni di tipo mafiose avrebbero votato Raffaele e Angelo Lombardo alle politiche del 2008 “mediante generiche promesse di aiuti per il rilascio di concessioni e di autorizzazioni, per l’aggiudicazione di appalti, per l’elargizione di pubbliche erogazioni, per l’assunzione di impieghi in favore di appartenenti agli stessi sodalizi mafiosi o di imprese dagli stessi direttamente o indirettamente controllate”. A convogliare i consensi elettorali verso i Lombardo sarebbero stati boss di spicco come Vincenzo Aiello, Rosario Di Dio, Giovanni Barbagallo, Gaetano D’Aquino, Sebastiano Fichera, Salvatore Vaccalluzzo e Orazio Pardo.
STANCANELLI NON SI È COSTITUITO
Il Comune di Catania negli ultimi anni, sulla scia di quanto già accaduto a Palermo e nelle altre città martoriate dalla criminalità organizzata, si è costituito parte civile in importanti processi sul presupposto che certi reati, per il particolare allarme sociale che suscitano, ledono direttamente la comunità civica che li subisce e che quindi essendone parte offesa é anche legittimata a costituirsi parte civile.
Non è solo una posizione simbolica quanto piuttosto la misura di una sensibilità dell’Amministrazione che tutela i suoi cittadini e mostra di poter fare una scelta di campo netta e lineare contro certo crimini. L’Amministrazione Stancanelli si è per esempio
I PM DEL PROCESSO LOMBARDO SONO MICHELANGELO PATENÈ E CARMELO ZUCCARO
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SPECIALE IBLIS
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LA COSTITUZIONE DI PRIMOCONSUMO AL TRIBUNALE DI CATANIA IV SEZIONE PENALE – proc. nr.: 8323/11 R.G.N.R.
Udienza del 14 dicembre 2011
Il signor Marco POLIZZI, nato a Catania il 16.7.1963, Presidente e Legale Rappresentante dell’Associazione “Primoconsumo”, con sede legale a Roma in via Caracciolo n. 2, nella qualità, si costituisce parte civile, con il patrocinio legale dell’avv. Emanuela Fragalà del Foro di Catania, giusta procura allegata al presente atto, nel procedimento penale in epigrafe, contro LOMBARDO Angelo Salvatore, nato a Grammichele (CT) il 27.6.1960, e LOMBARDO Raffaele nato a Grammichele (CT) il 29.10.1950, entrambi imputati del reato p.e.p. dagli artt. 110, c.p., 96 D.P.R. 361/57, perché “in concorso tra loro, determinavano esponenti delle associazioni di tipo mafioso Cosa Nostra e Clan Cappello, tra cui Aiello Vincenzo, Di Dio Rosario, Barbagallo Giuseppe, D’Aquino Gaetano, Fichera Sebastiano, Vaccalluzzo Salvatore e Pardo Orazio, a promettere e a somministrare denaro ed altre utilità a più elettori per ottenerne il voto in favore di Lombardo Angelo, candidato alle elezioni politiche del 2008 al Senato ed alla Camera dei Deputati. Condotta dei fratelli Lombardo consistita nell’avere indotto gli esponenti dei predetti sodalizi mafiosi al sostegno elettorale in loro favore, secondo le modalità sopra indicate, mediante generiche promesse di aiuti per il rilascio di concessioni e di autorizzazioni, per l’aggiudicazione di appalti, per l’elargizione di pubbliche erogazioni, per l’assunzione di impieghi in favore di appartenenti agli stessi sodalizi mafiosi o di imprese dagli stessi direttamente o indirettamente controllate. In Catania e provincia in epoca anteriore e sino al 14 aprile 2008 L’Associazione senza scopo di lucro “Primoconsumo” costituita in data 19 febbraio 2007, “tende al perseguimento del pieno sviluppo della persona umana attraverso la garanzia e la difesa dei suoi diritti e interessi, sia individuali che collettivi. In particolare, l’Associazione si propone quale scopo quello di tutelare i diritti fondamentali dei consumatori, degli utenti e dei risparmiatori, come previsti dall’art. 2, comma 2, del Dlgs, 6 settembre 2005, n. 6 (Codice del Consumo) nonché di favorire la consapevolezza dei loro diritti e di provvedere alla loro educazione” (art. 2 dello Statuto dell’Associazione). La medesima disposizione statuisce, inoltre, che “l’Associazione persegue i suoi scopi sia a carattere nazionale, anche a livello territoriale, che a carattere internazionale, mediante le seguenti attività: rappresentanza degli interessi generali e diffusi dei consumatori, anche attraverso azioni giudiziarie sia individuali che collettive”. Non v’è dubbio alcuno in ordine alla circostanza che i diritti elettorali costituiscano diritti fondamentali dell’uomo, così come chiaramente riconosciuto anche in forza delle previsioni normative della CEDU che riconosce all’art. 3 il diritto dei cittadini a godere di libere elezioni e dell’obbligo, per gli Stati, di prevederle. Il citato articolo del primo protocollo addizionale alla Convenzione, infatti, cosi recita: “Le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare ad intervalli ragionevoli libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”. Nell’interpretazione data a tale norma dalla Corte di Strasburgo è stato ampiamente specificato che i diritti garantiti dall’articolo 3 del Protocollo n° 1 sono cruciali per l’instaurazione e per il mantenimento di una vera democrazia regolata dalla preminenza della legge; “Esistono molti modi per organizzare e far funzionare i sistemi elettorali, tuttavia alcune delle condizioni imposte all’occorrenza non devono ostacolare la libera espressione del popolo sulla scelta del corpo legislativo – in altri termini, esse devono riflettere, o non contrastare, la preoccupazione di mantenere l’integrità e l’efficacia di una procedura elettorale mirante a determinare la volontà del popolo attraverso il meccanismo del suffragio universale” (Yu-
L’AVVOCATO EMANUELA FRAGALÀ A SORPRESA CHIEDE DI COSTITUIRSI PARTE CIVILE PER CONTO DELL’ASSOCIAZIONE PRIMOCONSUMO
mak e Sadak c. Turchia [GC], ricorso n 10226/03, § 109, 8 luglio 2008). La richiamata disposizione, costituisce pertanto il fulcro e l’essenza della partecipazione e della vita democratica di una nazione. La condotta posta in essere dagli odierni imputati, indebitamente incidendo sul libero esercizio del diritto di voto di numerosi elettori, ha evidentemente leso il diritto della collettività e dei singoli a godere di libere elezioni, in quanto non condizionate dall’illecita pressione precipuamente descritta al capo d’imputazione. La violazione del diritto elettorale, quale diritto fondamentale dell’uomo, consente di individuare la legittimazione attiva di “Primoconsumo” in persona del proprio rappresentante legale, in forza della prima indicazione contenuta in seno allo statuto in relazione al “perseguimento del pieno sviluppo della persona umana attraverso la garanzia e la difesa dei suoi diritti e interessi, sia individuali che collettivi”, tra i quali rientra certamente il diritto a libere elezioni. Ma v’è di più. La precipua contestazione mossa a carico degli odierni imputati consente di evidenziare come la condotta posta in essere dagli stessi, oltre a ledere i cittadini in quanto elettori, abbia direttamente determinato un danno in capo a singoli utenti e consumatori in forza delle modalità specifiche per mezzo delle quali è stato realizzato il voto di scambio. Non v’è chi non veda, invero, come il capo d’imputazione sia assolutamente preciso nel descrivere le richiamate modalità facendo espresso riferimento al fatto che i fratelli Lombardo abbiano indotto “gli esponenti dei predetti sodalizi mafiosi al sostegno elettorale in loro favore, mediante generiche promesse di aiuti per il rilascio di concessioni e di autorizzazioni, per l’aggiudicazione di appalti, per l’elargizione di pubbliche erogazioni, per l’assunzione di impieghi in favore di appartenenti agli stessi sodalizi mafiosi o di imprese dagli stessi direttamente o indirettamente controllate”.
Quanto sopra testualmente riportato impone di rilevare come l’illecita condotta descritta nel capo d’imputazione abbia indebitamente inciso sui diritti dei consumatori e degli utenti, avendo all’evidenza frustrato i sistemi di leale concorrenza tra le imprese, il diritto d’accesso al lavoro pubblico e privato, la lecita gestione di gare d’appalto con l’ovvia conseguenza che nel periodo in cui si è manifestata la grave e pesante pressione posta in essere nell’ottica di uno scambio elettorale politico-mafioso numerosi utenti hanno visto frustrato e leso il loro diritto alla lecita gestione del sistema socio-economico nel suo complesso, non potendosi disconoscere l’ampiezza dell’incidenza sul territorio delle associazioni mafiose indicate in seno al capo d’imputazione. E’ di solare evidenza, invero, come la frustrazione della lecita concorrenza, nonché delle norme in materia di lecita gestione degli appalti, incidano direttamente sul diritto del singolo consumatore non essendo consentito all’utente finale di accedere ai servizi o ai prodotti alle medesime condizioni economiche ga-
rantite dal sistema del libero mercato. In terra di Sicilia, del resto, il maggior danno determinato in capo alla collettività in forza dell’intrinseca presenza del fenomeno mafioso è per l’appunto costituito da tale illecita incidenza. La giurisprudenza di merito, del resto, nell’ammettere la costituzione di parte civile di associazioni a tutela dei consumatori, ha chiarito che “il fondamento della legittimazione processuale di enti portatori di interessi diffusi o collettivi deve considerarsi un vero e proprio diritto degli stessi alla tutela del loro patrimonio morale e al perseguimento dei loro scopi statutari. In casi di tal genere il reato ipotizzato, oltre a ledere l’interesse naturalmente tutelato dalla norma penale, finisce col produrre un danno all’ente o all’associazione che ha fatto della tutela del medesimo interesse il proprio scopo esclusivo o prevalente. E’ pertanto sempre individuabile una lesione del diritto di personalità dell’associazione ogni volta che essa abbia indicato nel proprio statuto un tale interesse quale ragione stessa della propria esistenza, tanto da potersi avere quella immedesimazione fra sodalizio ed interesse perseguito e quindi la nascita di un danno morale idoneo a legittimare, appunto, la sua partecipazione al giudizio penale. Pertanto, alla luce di tali considerazioni, stante lo scopo precipuo delle associazioni a tutela del consumatore, esse ben possono costituirsi parte civile ogni volta che venga posta in essere una condotta di violazione delle regole di mercato a tutela dei singoli consumatori stessi” (Ufficio Indagini Preliminari di Milano, 10 febbraio 2003). Il caso di specie, inscrivendosi perfettamente nell’alveo dei richiamati principi giuridici, legittima pertanto la presente costituzione di parte civile, ponendosi inoltre all’evidenza come “Primoconsumo” abbia un’unica delegazione siciliana proprio nella città di Catania, così ulteriormente accreditandosi quel collegamento con il territorio che, comunque non costituisce presupposto indispensabile ai fini della legittimazione alla costituzione vertendosi in materia di elezioni politiche, e comunque avendo la predetta associazione indicato nel proprio statuto il perseguimento dei propri scopi sia a carattere territoriale che nazione, Alla luce di tutto quanto finora esposto, risulta palese come la condotta posta in essere dagli odierni imputati integrando gli estremi del reato in epigrafe, abbia determinato un’evidente lesione degli interessi diffusi di cui è portatrice l’Associazione “Primoconsumo”, legittimandone la costituzione di parte civile e la richiesta, che in questa sede specificamente si avanza, di risarcimento di tutti i danni, materiali e morali sofferti, da liquidarsi in separata sede. Si chiede, altresì, la concessione di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 200.000,00, oltre al pagamento delle spese processuali del presente procedimento. Catania, 14 dicembre 2011 avv. Emanuela Fragalà
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ANNO II - N. 11 - VENERDÌ 30 DICEMBRE 2011
GIUDIZIARIA
STANCANELLI SINDACO DECADUTO
Arriva il ricorso per dichiararlo incompatibile con la carica di sindaco Al Marten
È un vero colpo di scena quello che si consuma sulle sorti
ancora in corso, chiedendo che Stancanelli venga dichiarato de-
Per oltre 3 anni e mezzo, in spregio alla legge, l’avvocato di Re-
Il giudice riceve la costituzione di Fiumefreddo e si riserva la
mo, incarico di senatore della repubblica e sindaco della città di
dell’elaborato intervento della difesa dell’avvocato Antonio
dell’attuale sindaco di Catania Raffaele Stancanelli.
galbuto ha mantenuto il doppio, irragionevole quanto illegittiCatania. È stato necessario l’intervento della Corte Costituzio-
nale, sollecitato da un cittadino-elettore che contro Stancanelli
aveva presentato ricorso elettorale, per ristabilire un minimo di legalità nella pervicace occupazione di poltrone incompatibili.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, Stancanelli
caduto da sindaco della città di Catania.
decisione. In breve, ed a seguire, proponiamo alcuni stralci
Fiumefreddo, rappresentato dall’avvocato Renata Saitta: viene, infatti, sostenuta la tardività dell’opzione esercitata da Stancanelli, che si sarebbe dimesso da senatore soltanto dopo la sen-
tenza della Corte Costituzionale e non nei termini previsti dalla legislazione vigente.
ha pensato di risolvere la questione dimettendosi da senatore
Se questa tesi, molto argomentata e supportata da numero-
A giochi quasi chiusi il colpo di scena, un altro cittadino-elet-
giudice, Stancanelli verrebbe dichiarato decaduto e Catania
per mantenere la più “pesante” carica di sindaco di Catania.
tore, Antonio Fiumefreddo, decide di intervenire nel giudizio
si riferimenti giurisprudenziali, dovesse venire accolta dal potrebbe finalmente voltare pagina.
RAFFAELE STANCANELLI
STRALCI DEL RICORSO Con ricorso elettorale del 21.10.10 sul presupposto della sussistenza della causa di incompatibilità tra la carica di Sindaco del Comune di Catania e di Senatore della Repubblica Italiana dell’Avv. Raffaele Stancanelli, si chiedeva, previo accertamento della predetta causa di incompatibilità, che venisse dichiarata la decadenza dalla carica di sindaco del Comune di Catania nei confronti dell’Avv. Raffaele Stancanelli qualora lo stesso entro dieci giorni dalla notifica del ricorso non avesse esercitato il diritto di opzione. In via subordinata il medesimo ricorrente chiedeva all’Ill.mo Tribunale che venisse dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione denunciata, e per l’effetto sollevare questione di costituzionalità, per violazione degli art. 3,51,97 della Cost., della legge 15 Febbraio 1953 n. 60, e del D.Lgs 18.8.2000 n. 267 nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra l’ufficio di deputato o senatore della repubblica e la carica di sindaco dei comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti, e viceversa. […] Sulla scorta dei fatti appena narrati l’odierno interveniente, legittimato in tal senso a partecipare alla presente azione elettorale popolare in quanto cittadino elettore che fa propria la domanda originariamente proposta e che reitera autonomamente ed in proprio ex art. 105 c.p.c., ritiene che l’Avv. Raffaele Stancanelli abbia assunto un comportamento non previsto normativamente e che, pertanto, in applicazione delle norme vigenti deve essere dichiarato decaduto dalle sue funzioni di Sindaco del Comune di Catania. […] Le richiamate norme oggi in vigore prevedono che l’interessato ha dieci giorni di tempo, pena decadenza, per formulare osservazioni e per eliminare le cause di ineleggibilità e/ incompatibilità. Le cause di incompatibilità , sia che esistano al momento delle elezioni sia che sopravvengono ad essa, importano la decadenza dalle cariche. Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale il termine di dieci giorni decorre dalla data di notificazione del ricorso. Com’è noto tale disciplina è stata adottata sia dal legislatore nazionale che regionale siciliano in applicazione del principio sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 160 /97 che ha statuito “Gli art. 3 e 51 Cost. impongono di superare l’eccessiva severità del sistema attuale, quale risulta definito dalla Giurisprudenza, assicurando la proporzione tra fini perseguiti e mezzi prescelti. Bisogna dunque consentire di rimuovere la causa d’incompatibilità entro un termine ragionevolmente breve, dopo la notifica del ricorso di cui all’art. 9-bis del Dpr n. 570 del 1960, per assicurare un equilibrio fra la ratio giustificativa della incompatibilità e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo. In ordine al termine di dieci giorni, più volte la Corte di Cassazione si è occupata dell’eccezione d’incostituzionalità , rigettandola, dell’art. 7 comma 5 della legge 154 del 1981, per assunta violazione degli art. 3,24, e 51 della Cost. nella parte in cui prevede che il termine di dieci giorni ivi previsto decorre dalla data di notificazione del ricorso giurisdizionale, anzichè dalla data dell’accertamento giurisdizionale definitivo ( Cass. 4327/05). La stessa Corte ha altresì fissato il principio di cristallizzazione riguardo ai tempi di rimozione delle ine-
leggibilità – incompatibilità dal quale deriva che “le rimozioni delle cause d’incompatibilità che sopravvengono dopo la proposizione della domanda giudiziale sono irrilevanti”. Sul punto sembra interessante da ultimo la sentenza n. 294 del 7.11.2011 resa dalla Corte Costituzionale sulla questione della incompatibilità della carica di deputato regionale con quella di assessore o presidente provinciale. Il Tribunale remittente deduce in detto giudizio la illegittimità costituzionale dell’art.10-sexies comma 1-bis della legge regionale n.29 del 1951 e rileva che nell’ordinamento statale sia l’art. 7 comma 5 della legge 23 aprile 1981, n. 154, che l’art. 69 comma 3 del decreto legislativo 18.Agosto 2000 n. 267 fissano detto termine in dieci giorni decorrenti dalla notifica del ricorso . […]Potendo tale accertamento durare quanto il mandato, ciò configurerebbe un ingiustificato privilegio che procrastinerebbe, addirittura fino al passaggio in giudicato della sentenza, una situazione giuridica impeditiva dell’esercizio continuativo di due attività tra loro inconciliabili. Nel merito la Corte ha statuito che per consolidato orientamento le questioni incidentali di legittimità sono ammissibili quando la norma impugnata è applicabile nel processo d’origine e quindi la decisione della Corte è idonea a determinare effetti nel processo stesso. Compete dunque al Tribunale rimettente valutare le conseguenze applicative che potrebbero derivare da una eventuale pronuncia di accoglimento ed in particolare quale norma debba essere applicata nel giudizio principale. […] Proprio per evitare ciò le norme statali, che regolano l’accertamento in via giudiziale delle incompatibilità, stabiliscono sia per i consiglieri regionali che per gi amministratori locali che il termine di dieci giorni per l’esercizio di opzione decorre dalla notifica del ricorso. Il termine di dieci giorni, la Corte afferma, con ragionamento che possiede una logica giuridica e di conformità a tutto il sistema normativo, appare ragionevolmente breve per assicurare un equilibrio tra la ratio giustificativa della incompatibilità e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo. Nel caso in specie, regolato dalle norme di cui al Capoverso, detto termine non è stato rispettato. E’ accaduto infatti, che nelle more del giudizio ordinario principale, instaurato nell’Ottobre 2010, (che ha dato origine in via incidentale al giudizio di legittimità), l’Avv. Raffaele Stancanelli, anziché rispettare la suddetta normativa e, conseguentemente esercitare il diritto di opzione nei termini stabiliti dalla legge, ha continuato ad esercitare le sopraddette cariche tra loro inconciliabili. Del tutto arbitrariamente ha atteso l’esito della sentenza della Corte Costituzionale e solo successivamente ha esercitato l’opzione , scegliendo la carica di Sindaco del Comune di Catania. Or, non esiste nel sistema normativo alcuna legge che giustifichi e legittimi e/o preveda la condotta dell’Avv. Raffaele Stancanelli, il quale, lo si ripete, ha ritenuto di agire al di fuori della normativa vigente. Conseguentemente va rilevato che le dimissioni tardive dall’ufficio di Senatore proclamate dall’avv. Stancanelli, poiché esercizio di una sorta di arbitraria remissione in termini non prevista normativamente, non possono essere ritenute valide e quindi non possono sanare un comportamento arbitra-
rio. A parere dell’odierna difesa, invece, va senz’altro dichiarata, per tutti i motivi esposti in narrativa la decadenza dell’Avv. Raffaele Stancanelli dall’Ufficio di Sindaco del Comune di Catania. Infine la medesima difesa a sostegno delle considerazioni e difese sin qui spiegate vuole rilevare altresì che, nel caso in specie, a fondamento della spiegata domanda di decadenza dalla carica di Sindaco del Comune di Catania dell’Avv.to Stancanelli si pone pur il principio dell’efficacia retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale di accoglimento dell’incostituzionalità della norma in esame. Principio, detto, che trova accoglimento in numerose sentenze della Corte Costituzionale, secondo il quale la sentenza che dichiara incostituzionale una norma ha effetto retroattivo quantomeno in collegamento con la lite giudiziaria instaurata, nel corso della quale un giudice abbia sollevato la questione di costituzionalità di una norma di legge, la cui applicazione sia indispensabile per la pronuncia giudiziaria in corso. Quindi, per evitare incongruenze inaccettabili, si deve ammettere che essenzialmente nel processo a quo la legge dichiarata incostituzionale dalla predetta sentenza abbia efficacia retroattiva. Proprio perché la pendenza del giudizio sarebbe priva di senso se la sentenza di accoglimento da parte della Corte Costituzionale, non spiegasse i suoi effetti proprio in quel giudizio che ha dato origine alla questione. […] Inoltre, gli stessi si producono ex tunc, vale a dire anche relativamente ai rapporti sorti anteriormente alla declaratoria di illegittimità, così come chiarito anche dalla Corte di cassazione (vedasi, ad esempio, Cassazione civile, sezione I, sentenza 24 giugno 1995, n. 7162), con il solo limite costituito dai “rapporti esauriti”. […] La ratio che giustifica una siffatta interpretazione risiede nel principio per cui la pronuncia di incostituzionalità può esplicare effetti nell’ordinamento se la norma su cui la stessa viene a incidere è, appunto, ancora applicabile: ciò che non accade quando, invece, il rapporto giuridico dalla medesima regolato debba considerarsi “esaurito” secondo quanto precisato in premessa. Tenendo conto dei suesposti principi, e con riguardo al caso di specie, nessun rapporto si è esaurito nel senso giuridico poc’anzi specificato, posto che v’’è giudizio ordinario in corso, e che, per un principio di coerenza e ragionevolezza, cui la Corte tende, la norma scaturita dal giudizio Costituzionale debba essere applicata, innanzitutto, alla fattispecie che ne ha dato causa, e non ancora definitivamente “esaurita” nei termini sopra indicati. Una diversa applicazione sarebbe in stridente contrasto on la logica del giudizio incidentale di costituzionalità, la cui ammissibilità è subordinata proprio al presupposto della rilevanza della relativa questione, presupposto che implica necessariamente la definibilità del giudizio a quo, sulla base della richiesta decisione della Corte Costituzionale Conseguentemente il Tribunale Adito non potrà non tenere conto di tutti detti principi, spiegati dall’odierno interveniente nel momento in cui renderà la Sentenza definitiva in relazione al giudizio a quo.
ANNO II - N. 11 - VENERDÌ 30 DICEMBRE 2011
CRONACA
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CINACRIA: AEROPORTO CINESE E TANTI ENIGMI Sorgerà a pochi passi da Catania. Da Palermo, Ingroia lancia l’allarme Fabiola Foti
ANTONIO INGROIA, PROCURATORE AGGIUNTO DI PALERMO LANCIA UN’ALLARME. “LA MAFIA CATANESE NEGLI ULTIMI ANNI SI È DIMOSTRATA PROPENSA AD INVESTIRE NEGLI AFFARI”.
5 km di piste e un costo stimato in 300 milioni di euro. I cinesi vogliono creare un aeroporto intercontinentale al centro della Sicilia, a Centuripe, a pochi chilometri da Enna e da Catania. Un aeroporto che permetterà l’atterraggio di voli intercontinentali commerciali dalla Cina e dovrà servire a trasportare… merci, ma ancora i siciliani non hanno visto un business plan che accerti questa finalità. Le merci cinesi, è fatto notorio, sono quelle con il minor valore sul mercato, e oggi il trasporto merci funziona con le navi piuttosto che con l’esoso trasporto aereo. Come mai allora si vuol creare questo aeroporto? Se lo è chiesto persino il segretario di stato Ilary Clinton, che in visita in Cina ha fatto domande su questa nuova struttura che dovrebbe sorgere accanto alla base statunitense di Sigonella. E non bastava che in Sicilia avessero forti interessi i cinesi, da pochi giorni persino una holding argentina ha messo gli occhi sopra la trinacria, dichiarando di voler gestire l’aeroporto di Comiso. E sa da una parte sembra più una chimera la prospettiva argentina, dall’altra, Cinacria, l’aeroporto cinese sembra una realtà molto più concreta, tanto che vi è già un progetto, una zagara, una struttura che reinterpreta i petali del fiore d’arancio ma naturalmente in versione hi tech. I grandi dirigenti siciliani non si sono ancora confrontati con i progetti industriali e con gli studi di fattibilità di questo aeroporto; l’unico punto di riferimento per gli orientali, sarebbe l’università Kore di Enna con il suo presidente Cataldo Salerno e con il preside della facoltà di ingegneria, Giovanni Tesoriere. Una cosa è certa, Cinacria servirà a collegare la Cina con il Mediterraneo, per trasportare merci? Questo dato non sembra così assodato. Se dovessimo parlare di passeggeri, il traffico, come Malpensa, si aggirerebbe intorno ai 20 milioni di passeggeri e a Catania non sarebbe più necessario allungare la pista dell’aeroporto. Poco male, visto che i bene informati affermano, che la pista dell’aeroporto etneo non si allungherà mai. E sa da una parte ci sono coloro che caldeggiano questo progetto, dall’altra si stagliano delle ombre: Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo lancia un’allarme. “La mafia catanese – dice – negli ultimi anni si è dimostrata propensa ad investire negli affari”. E i terreni su cui sorgerà questo aeroporto, che tipo di terreni sono?
L’AEROPORTO SARÀ COSTRUITO A CENTURIPE IN PROVINCIA DI ENNA A POCHI PASSI DA SIGONELLA. SE I CINESI NON RIESCONO A COSTRUIRE LO SCALO IN SICILIA SI SPOSTERANNO IN GRECIA AD ATENE.
LE IMMAGINI SI RIFERISCONO AL PROGETTO ELABORATO DAI CINESI PER L’AEROPORTO CHE DOVREBBE NASCERE. LA STRUTTURA REINTERPRETA I PETALI DELLA ZAGARA IN VERSIONE HI TECH.
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CRONACA
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SCANDALO RACCOLTA RIFIUTI AL COMUNE DI CATANIA Il gruppo consiliare del PD denuncia che il servizio di raccolta costa ai catanesi quasi 70 milioni di euro l’anno A.M.
«Il servizio di smaltimento e raccolta dei rifiuti costa al Comune di Catania quasi 70 milioni di euro l’anno. Circa 13 milioni in più di quanto costa all’Ato Simeto Ambiente che copre un territorio maggiore, con più abitanti e fa la raccolta porta a porta in 16 comuni su 18. Una cifra sproporzionata anche rispetto al servizio che ne ha la città, che è sporca e non riesce a fare una efficace raccolta differenziata. Adesso l’Amministrazione Stancanelli non deve più perdere tempo: la legge fissa al 65% la percentuale di differenziata da raggiungere nel 2015 e oggi siamo troppo lontani. L’unico modo per riuscirci è modificare l’accordo con la ditta che cura la raccolta e fare il porta a porta anche a Catania. L’attuale sistema dei cassonetti, infatti, non funziona ed è scoraggiante. Se non si cambia rischiamo di trovarci costretti a pagare multe salate per il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa».
Così il gruppo consiliare del PD catanese, che continua: «Il sindaco dice di aver risanato i conti, ma sui rifiuti ci sembra che la sua gestione non sia affatto efficiente. C’è un costo sproporzionato rispetto al servizio dato alla città, il costo del servizio di smaltimento e raccolta dei rifiuti solidi urbani a Catania è più alto di 13 milioni di euro che rispetto a quello dell’Ato Simeto Ambiente, che è più vasto e più popolato e fa il porta a porta. Lo dicono i documenti ufficiali. A Catania, l’aumento della Tarsu dell’8,5% per il 2011 è stato varato sulla base del costo del servizio di smaltimento e raccolta dei rifiuti solidi, pari a 69 milioni e 685 mila euro, come scritto nella delibera del 4 luglio scorso. Catania ha una popolazione di 295.591 abitanti secondo l’Istat, un territorio unico e non fa la differenziata porta a porta. Basta paragonare questi dati con quelli dell’Ato Simeto Ambiente per notare una differenza eclatante. Simeto Ambiente per lo stesso servizio nel 2010 (parla il bilancio) ha speso 56 milioni e 489 mila euro. Tredici milioni in meno rispetto a Catania. E serve un bacino territoriale più vasto, con più abitanti (339.716) e facendo pure la raccolta porta a porta in 16 dei 18 comuni che serve. Perché a Catania il costo del servizio è così elevato e la città è comunque sporca?». Inoltre diventa sempre più drammatico il gap rispetto agli obiettivi fissati per la raccolta differenziata: «Il Comune spieghi come farà a rispettare le percentuali di differenziata previste dalla normativa, il 65% entro il 2015. Per ammissione dell’Amministrazione, a novembre eravamo a percentuali di raccolta tra il16 e il 20% e a dicembre saremmo dovuti arrivare all’irraggiungibile traguardo del 35%. Il rischio è che il Comune potrebbe essere multato pesantemente. Chi pagherà? I catanesi? Qual è il piano del Comune per raggiungere il 65%? Lo stesso assessore Torrisi ha detto che la discarica di grotte San Giorgio tra due anni sarà piena. Allora lanciamo l’allarme: il problema è che l’attuale sistema di raccolta con i cassonetti non funziona e la comunicazione è partita con troppo ritardo, seppure per scelta del Comune. L’attuale contratto con la ditta aggiudicataria dell’appalto è stato predisposto nel 2008 e prevede una percentuale massima del 38% di differenziata. È stato impostato male, senza lungimiranza. Adesso l’obiettivo è ben più stringente e occorre cambiare approccio. Allora chiediamo che l’accordo sia modificato e suggeriamo di puntare sul porta a porta e su una vera premialità per chi differenzia. Si può fare subito in alcuni quartieri – ha concluso Bianco – ma noi riteniamo che dialogando con i cittadini si possa fare su tutto il territorio». L’Amministrazione deve spiegare il perché del costo così elevato del servizio di smaltimento e raccolta dei rifiuti.
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A CATANIA ANCHE I CASSONETTI SONO FUORILEGGE A centinaia non rispettano la normativa europea Dario De Luca
Le foto in maniera inequivocabile ritraggono un
aggiungono anche quelli economici. Pioggia e umi-
gran numero di cassonetti per i rifiuti indifferenziati
dità provocano infatti un appesantimento dei rifiuti,
aperti. Le coperture, infatti, che dovrebbero favorir-
mento in discarica.
urbani, tutti accomunati dall’essere completamente ne l’utilizzo e l’integrità, nel rispetto dei parametri
tecnici e sanitari, sono nella maggior parte dei casi del tutto assenti. La normativa europea (EN12574)
prevede che i contenitori stazionari per i rifiuti urbani debbano presentare delle specifiche caratteristi-
che tecniche tra cui la presenza di appositi coperchi, per la chiusura, e le relative pedaliere per azionarli. Tutte caratteristiche non più presenti nei cassonetti cittadini.
Le conseguenze di questa paradossale situazione sono facilmente immaginabili: odori nauseabondi e spazzatura trasbordante, che rendono le aree in cui sono collocati oltre a delle vere e proprio discari-
che a cielo aperto, dei potenziali elementi di rischio igenico-sanitario per la popolazione. I cassonet-
ti “aperti” diventano così l’obiettivo principale di animali randagi e di disperati che quotidianamente
rovistano all’interno dei contenitori favoriti proprio
con un danno che si rileva al momento del conferi-
Nelle ultime settimane sono stati collocati anche i nuovi cassonetti per la raccolta differenziata, i quali,
pur essendo relativamente nuovi, in molti casi sono già privi delle apposite coperture e di conseguenza non idonei a contenere i rifiuti secondo i parametri previsti dalla legislazione.
Per i cittadini catanesi questa convivenza con i cas-
sonetti a cielo aperto, rientra addirittura nei canoni della quotidiana normalità. A ciò si aggiunge una
vigilanza pressoché nulla da parte delle istituzioni preposte e una totale assenza di manutenzione dei
contenitori della ditta aggiudicataria del servizio (IPI Oikos ).
La sommatoria di questi comportamenti ha prodotto
una paradossale emergenza ambientale, in un città
come Catania, che trova sempre maggiori difficoltà nel suo percorso di crescita.
dal fatto che questi siano “liberamente fruibili”.
Ai problemi legati alla salute e al degrado urbano si
A PATERNÒ UN MOSTRO DA 7 MLN DI EURO Il velodromo “Le Salinelle” mai inaugurato, si è trasformato in un ricovero per extracomunitari D.D. Quasi due decenni ci separano da quel lontano 1993,
sto quindi inutilizzato. La struttura si è trasformata
dello stadio Salinelle (inizialmente destinato al solo
dimora. Inutili si rivelano i periodici blitz dei Cara-
anno in cui vennero iniziati i lavori di riconversione uso calcistico) in velodromo. La costruzione no-
nostante sia stata completata, non è mai stata inau-
gurata. Il motivo è un contenzioso tra la Provincia Regionale di Catania e la Sambataro Srl, ditta che realizzò i lavori. Alla base della controversia avviata
nel 2004 (sotto l’allora presidenza Lombardo) vi è
la pista ciclabile, che a giudizio della Provincia non era stata realizzata rispettando i dettami tecnici pre-
visti, di conseguenza l’intera struttura non poteva
essere presa in consegna. Differente il parere della ditta realizzatrice dell’opera, che ha sempre addos-
sato le responsabilità all’ente, colpevole di non aver preso in gestione l’impianto in tempi celeri e, non
effettuando l’ordinaria manutenzione ne ha favorito il veloce degrado.
Una situazione difficile da risolvere, forse impossi-
bile, se si aggiunge che nel frattempo la ditta è stata dichiarata fallita, causando un blocco amministra-
tivo che non si riesce a superare. Il giudizio tra le parti è stato infatti temporaneamente sospeso.
Durante questo lungo periodo il velodromo è rima-
in un dormitorio per extracomunitari e senza fissa binieri. L’impianto infatti è spartito tra tunisini, ro-
meni e senzatetto del luogo, i quali negli anni hanno trovato un tetto di fortuna, proprio all’interno degli spogliatoi del velodromo.
Yassine è tunisino, vive all’interno del Velodromo da circa un mese. Parla male l’italiano, ma ci fa vo-
lentieri da guida all’interno di questo “albergo” per
disperati. La sua stanza è negli spogliatoi al piano terra e tra centinaia di cumuli di spazzatura, ha an-
che una vasca per l’acqua. Ci conduce lungo tutti
mo si sono aggiunti anche i costi dell’abbandono,
fino alla tribuna stampa. Le stanze con vista Etna e
to futuro due sono le piste privilegiate: una nuova
i settori dell’impianto e con aria divertita ci guida
saline sono però di un gruppo di siciliani, che non gradiscono la presenza di “intrusi”. Quello che stu-
pisce, dopo aver visionato l’interno dell’impianto è come un essere umano possa dormire in simili con-
dizioni, tra spazzatura e odori nauseabondi, dei suoi stessi bisogni fisiologici.
Tutta questa triste vicenda si traduce anche in costi
economici. Alla somma di quattro milioni di euro spesa per la riconversione della struttura in velodro-
stimati in circa tre milioni di euro. Nell’immediariconversione o addirittura un abbattimento defini-
tivo, sempre qualora il contenzioso venga risolto. Quella che doveva essere un’eccellenza dell’impiantistica sportiva della Sicilia resta una vera e propria incompiuta, simbolo di degrado e abbandono.
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CULTURA
HOMO SAPIENS: LA NOSTRA STORIA
A Roma una mostra sulla storia dell’umanità, anzi delle umanità A.F.
Viaggiamo tra gli astri, siamo stati sulla luna con i nostri piedi ed i nostri mezzi atterrano su Marte ma ancora abbiamo moltissimo da scoprire sulle nostre origini. Una bellissima mostra al Palazzo delle Esposizioni a Roma ripercorre attraverso le sue sale espositive la nostra storia. Attraverso le scoperte dei fossili e tra le stratificazioni di ere lontanissime compare il piccolissimo homo australopithecus, con il suo metro di altezza ed il cervello “umano” più piccolo che si conosca. Erroneamente molti di noi sono convinti che tra un homo e l’altro vi sia stato un progetto evolutivo, ed invece si scopre che alle origini esistevano 5 specie umane diverse, ma come infine l’homo sapiens abbia sopravvissuto a tutti non é dato sapere. Ed infatti, non basta osservare un cervello con un’amigdala più sviluppata e con altre parti che invece hanno perso le funzioni dell’uomo cacciatore; ma Dev’esserci una ragione diversa, ancora da scoprire, e che spiega come dalle terre africane l’homo sapiens si sia insediato in tutto il mondo. É un viaggio di grande fascino che penetra e non può risolvere il mistero della nostra esistenza, con ricostruzioni fedelissime di uomini piccoli e con piedi e mani enormi, e poi ci sono il Papà (?) e la figlia sepolto,testa con testa e ricoperti di monili bellissimi, ci sono i pericoli che l’uomo di quelle ere ha dovuto affrontare e vincere. C’è uno spazio dedicato al Ingaggio. Cosa sarebbe stato l’uomo se non avesse avuto la parola? Per chi crede, come chi scrive, la parola é la prima incarnazione di Dio e la parola stessa é custode del miste-
ro che segna il rapporto con il Creatore, ma per tutti é inimmaginabile l’Uomo senza parola. Ecco, concludendo il percorso della mostra si avverte quanto relativo sia il trascorrere del tempo per l’Uomo e soprattutto si ha la prova di godere di un grande privilegio, essendo l’unica creatura capace di indagare su stessa, sul meraviglioso mistero della Vita. Se pensassimo e ritenessimo davvero preziosa la nostra condizione, quanto maggiore rispetto acquisteremmo verso gli altri e verso i valori che fondano l’Umanità!
HAVEL: LA CULTURA CONTRO LE DITTATURE La lezione di Havel preziosa anche per i siciliani Antonio Fiumefreddo Ho conosciuto Vaclav Havel nel 2001, quando lui era già un mito ed io un modestissimo assessore alla cultura di questa nostra periferica città siciliana. Havel venne con una delegazione di ministri, tutti giovanissimi, per studiare quale fosse l’approccio della Sicilia, identica alla Repubblica Ceca per dimensioni, ai fondi europei. Ricordo che seguì con grande interesse e prendendo appunti la relazione di funzionari ed esperti che magnificavano le grandi opportunità che quei fondi rappresentavano per lo sviluppo dei nostri territori. Mi sembrava un dibattito surreale, tenuto conto del fatto che noi siciliani avremmo casomai potuto dire ad Havel che cosa la Repubblica Ceca non avrebbe dovuto fare per non trovarsi nella stessa condizione della Sicilia, essendo stati noi i peggiori in Europa nel richiedere i fondi. Venuto, pertanto, il mio turno decisi, tra la sorpresa dei più, di dire come stavano le cose e cioè suggerii al Presidente Havel cosa i cechi avrebbero dovuto non fare per non trovarsi nella stessa situazione dei siciliani, suggerii l’importanza dei grandi progetti da preferirsi alla miriade dei piccoli ed inutili progetti, insistetti perché quei fondi aiutassero innanzitutto ad infrastrutturale il Paese piuttosto che a creare piccole ed isolate cattedrali. Il Presidente ascoltò con attenzione dopodiché, finito l’incontro, mi prese sottobraccio per ringraziarmi, poiché – mi disse – l’onestà della verità gli era stata assai più utile delle tante cose sentite nel corso della sua visita. Mi presentò, quindi, sua moglie, Dasha, un’attrice d’arte drammatica bella e molto apprezzata, e mi parlò del suo Popolo, delle sofferenze patite e della straordinaria speranza che riponeva in un’Europa
dei popoli. Havel, gioco del destino, se n’è andato proprio quando quell’Europa dei Popoli è stata tradita dal Continente dei tecnocrati e dei Mercanti. La vita del poeta e del grande Presidente ci lascia però un grande insegnamento; la lezione di Havel, infatti, indica nella cultura del popolo la forza vera per reagire alla dittatura, che sia di destra o di sinistra o criminale – com’è per la mafia in Sicilia. I siciliani dovremmo averlo come riferimento e come modello per liberarci dallaprepotenza dei mafiosi e di una classe politica imbelle e collusa.
ANNO II - N. 11 - VENERDÌ 30 DICEMBRE 2011
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PRIMO CONSUMO DELEGAZIONE DI CATANIA CORSO DELLE PROVINCE, 203 TEL. +39 366 1991408 • 095500311
GLI ABUSI DELLE COMPAGNIE TELEFONICHE: QUALI I RIMEDI? Sono sempre più frequenti i continui abusi che il cittadino (oggi nella veste di “utente”) subisce da parte delle compagnie telefoniche.
È bene ricordare che nel momento in cui si stipula un contratto con un qualsiasi gestore, per l’utilizzo dei servizi offerti, le parti divengono responsabili del puntuale e regolare adempimento delle obbligazioni contenute in esso. Segnatamente: è notorio che l’obbligazione principale del gestore è la messa a disposizione ed il corretto funzionamento dei servizi concordati ; per l’utente, il pagamento delle bollette telefoniche.
Se una delle due parti non adempie alle proprie obbligazioni, si rende responsabile ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1218 c.c., secondo il quale “nel momento in cui una delle due parti non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuta al risarcimento del danno”. Trovandoci innanzi a rapporti contrattuali conclusi con potenti compagnie imprenditoriali, è già evidente l’enorme squilibrio contrattuale al quale viene esposto il singolo cittadino, poiché mentre egli potrà soltanto essere “colpevole” (ahimè) del ritardo o mancato pagamento di una bolletta telefonica, innumerevoli possono essere, al contrario, i soprusi che il povero utente può subire “ad armi impari”.
Tra questi, l’addebito di servizi mai richiesti e piuttosto imposti con chiamate “a trabocchetto” (ci chiediamo in quale forma di Stato civile è possibile STIPULARE un contratto per telefono soltanto premendo il tasto 1 ?), la sospensione immediata della linea telefonica e quindi di ogni forma di comunicazione familiare e lavorativa (drammatico il distacco della linea “ad libitum” e senza alcun preavviso negli studi professionali!), il continuo arrivo di bollette telefoniche anche a distanza di pochi giorni con cifre a più zeri, mentre il contratto che avevamo sottoscritto con la simpatica operatrice (trasformatasi poi in strega dopo la nostra firma) prevedeva l’invio di bollette bimestrali a solo 20 euro “all inclused”!!
E’ prassi, oramai, che ad ogni tentativo di reclamo o di richiesta di chiarimenti da parte dell’ utente, puntualmente ci troviamo di fronte ad un atteggiamento noncurante e non collaborativo delle stesse società, che inizialmente ci garantiscono un servizio che in realtà non riescono quasi mai a fornire con precisione, evidentemente per mancanza di mezzi organizzativi, per poi richiedere inspiegabili somme che quasi sempre non corrispondono ad un effettivo utilizzo della prestazione richiesta. In tutti questi casi, ebbene, le compagnie telefoniche sono responsabili della violazione dei ben noti “principi di correttezza e di buona fede” sanciti dagli artt. 1175 c.c e dalla legge 281/98 sulla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti che prevede, tra i diritti fondamentali, anche quello alla “correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi”. Il gestore, con il proprio atteggiamento consape-
volmente “vessatorio”, lede i principi essenziali sui rapporti che vigono tra imprenditore e consumatore, soprattutto con riferimento a numerose Direttive Comunitarie (tra le tante la Direttiva CE 21/2002), poi recepite dal Codice del Consumo del 2005 che definiscono quello che è il contratto di utenza come uno “strumento importante per garantire agli utenti ed ai consumatori un livello minimo di certezza del diritto”; in particolare, uno degli aspetti principali risulta essere quello della certezza che il contratto stesso attribuisce all’utente, giacchè “ i termini del contratto, le condizioni, la qualità del servizio sono precisate nel contratto stesso”.
Anche la Suprema Corte, nelle proprie innumerevoli pronunzie, stabilisce che “ La buona fede, intesa quale requisito etico della condotta delle parti, costituendo uno dei cardini della disciplina legale delle obbligazioni, si traduce in un vero e proprio dovere giuridico, al quale deve essere improntata la condotta delle parti, sia, ex art. 1175 c.c., nell’ambito del singolo rapporto obbligatorio, sia, ex art. 1375 c.c., sul piano del complessivo assetto degli interessi sottostanti all’esecuzione, e costituisce un limite ad ogni situazione, attiva o passiva, integrativo del contenuto e degli effetti del negozio “.(Cass. 29 maggio 2007, n. 12644).
Ebbene, cosa può fare il singolo utente che sia stato vittima di “abusi contrattuali” da parte del gestore telefonico? La normativa a tutela del consumatore prevede che, a pena di improcedibilità, venga dapprima esperito un preventivo tentativo di conciliazione innanzi ad un apposito organismo conciliativo (che può essere il CORECOM, non ancora attivo in tutte le provincie, la Camera di Commercio o le Associazioni a tutela del Consumatore). Poiché difficilmente le compagnie saranno disponibili ad aderire alla proposta conciliativa, a quel punto potrà proporsi azione legale innanzi al Giudice competente per valore (fino ad € 5.000,00 si potrà andare dal Giudice di Pace del luogo di residenza del consumatore, oltre davanti al Tribunale civile). Attenzione alla prova del danno! Davanti al Giudice il cittadino, che dovrà essere assistito da un legale, dovrà provare con ogni mezzo tutti i danni subìti dal comportamento del gestore (ricevute di pagamento, spese affrontate per il disservizio, danni derivanti dalla mancata reperibilità o perdita lavorativa, etc)
per chiederne il risarcimento, oltre alla restituzione di eventuali canoni pagati per servizi mai fruiti.
Particolarmente chiara sul punto la sentenza della Cassazione Civile, Sez. III, 8 novembre 2007, n. 23304 che afferma il principio secondo cui il “distacco della linea telefonica da parte del gestore di un servizio di telefonia fissa concretizza una ipotesi d’inadempimento contrattuale, quando la decisione non sia stata preceduta dai dovuti accertamenti in ordine al motivo del mancato pagamento della bolletta telefonica. Una condotta siffatta costituisce violazione dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto, con la conseguenza che il gestore del servizio è tenuto a risarcire i danni che siano eventualmente derivati alla controparte, a causa della condotta inadempiente posta in essere dalla compagnia telefonica”.
Peraltro secondo la Cassazione, “il risarcimento del danno da lucro cessante, connesso alla impossibilità per l’utente di fruire del servizio di telefonia, è dovuto soltanto nell’ipotesi in cui il richiedente riesca a fornire la prova, anche per presunzioni, circa la esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile e apprezzabile che risulti conseguenza diretta dell’inadempimento, in termini di certezza o almeno con un elevato grado di probabilità”.
L’ASSOCIAZIONE PRIMO CONSUMO È A DISPOSIZIONE PER FORNIRE ASSISTENZA LEGALE AL CITTADINO CHE VEDA VIOLATI I PROPRI DIRITTI E VI ASPETTA NEI NUOVI LOCALI SITI IN CATANIA VIA G. CARNAZZA N. 51 DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ.
ANNO II - N. 11 - VENERDÌ 30 DICEMBRE 2011
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A CATANIA LA LINK CAMPUS UNIVERSITY
dinamica realtà dell’istruzione d’eccellenza Desiree Sicilia Il 17 dicembre si è inaugurata la sede di Catania dell’Università Link Campus, piccola ma dinamica realtà nel campo dell’ istruzione d’eccellenza. Alla cerimonia era presente il professor Vincenzo Scotti, presidente dell’università con sede a Roma, a cui abbiamo rivolto qualche domanda. PROF. SCOTTI, LEI CHE È IL PRESIDENTE, CI PUÒ SPIEGARE COME NASCE QUESTO ATENEO?
La Link Campus University, istituita nel 1999, è stata la prima università straniera autorizzata a operare in Italia. Nasce come filiazione dell’università di Malta ed ora è a pieno titolo università dell’ordinamento italiano non statale legalmente riconosciuta Però questo non le fa perdere la caratteristica fondamentale per cui è nata e cioè quella di essere un’università internazionale dove gli studenti studiano in più lingue. Noi siamo una piccola università di nicchia che non vuole porsi in competizione con le grandi e importanti università statali e private italiane ma vogliamo dare un valore aggiunto di corsi estremamente mirati alla formazione di leaders della società moderna globale, che studiano in più lingue in modo interdisciplinare e comparativo e che siano in grado di affrontare le sfide che il mondo moderno pone davanti a noi.
VINCENZO SCOTTI PRESIDENTE DELLA LINK CAMPUS UNIVERSITY
QUAL È L’OFFERTA FORMATIVA CHE OFFRITE AI GIOVANI CHE SCELGONO DI ISCRIVERSI DA VOI?
L’offerta formativa, prevede corsi di laurea triennali e lauree magistrali biennali nelle seguenti aree: area disciplinare dell’economia generale ed aziendale; area disciplinare delle relazioni internazionali e delle scienze diplomatiche e delle scienze dell’amministrazione; area disciplinare degli studi strategici dell’intelligence e della sicurezza; area disciplinare della comunicazione e delle arti; laurea magistrale quinquennale in giurisprudenza. I corsi sono strutturati in maniera tale da consentire agli studenti di ottenere un’apertura verso il mondo con una preparazione non solo teorica ma anche pratica che consenta, attraverso un approccio sistemico al problem solving, di saper rispondere in maniera adeguata alle complessità con cui si presentano le “questioni” da affrontare nella vita delle imprese, delle professioni, della politica. L’impostazione didattica è quella tipica del modello anglosassone: presenza obbligatoria, classi con pochi alunni in modo da ottenere un rapporto interattivo ottimale tra docente e studente; mediateca delle lezioni ( tutte le lezioni vengono videoregistrate e tutti gli studenti hanno libero accesso ad esse); docenti e tutor a disposizione degli studenti e soprattutto il rispetto dei tempi per il conseguimento del titolo. È impensabile che un nostro iscritto possa andare fuori corso. E’ obbligatorio, dato il forte indirizzo internazionale, lo studio dell’inglese e di altre lingue secondo il corso prescelto. In alcuni corsi per laurearsi è necessario superare l’esame dello IELTS (International English Language Testing System). Coloro che lo desiderano possono anche studiare lo spagnolo e accedere all’esame DELE (Diplomas de Español como Lengua Extranjera). I nostri studenti vanno all’estero per un seme-
L’AULA MAGNA DELLA LINK UNIVERSITY A CATANIA. UN MOMENTO DELL’INAUGURAZIONE
stre oltre a fare stage di lavoro durante il periodo universitario. COME SARÀ STRUTTURATA LA SEDE DI CATANIA?
La sede di Catania sarà un campus a tutti gli effetti per dare la possibilità di seguire la vita dell’ateneo anche ai fuorisede. Gli iscritti potranno usufruire di alloggi, mensa e campi sportivi. A disposizione degli studenti di Catania ci saranno le stesse tecnologie che utilizziamo nell’ateneo di Roma e cioè: ambienti con rete wireless, mediateca delle lezioni, aule multimediali, l’assistenza per gli stage ed i placement; si organizzeranno confronti interattivi con i protagonisti del mondo imprenditoriale, economico e politico che hanno fatto dell’innovazione la chiave del loro successo. I corsi di laurea attivati saranno gli stessi di quelli di Roma e partiremo subito con economia aziendale e giurisprudenza.
Riprenderemo alcune delle attività accademiche più importanti che facciamo a Roma con particolare attenzione alla formazione post laurea per dare agli studenti la possibilità di raccordare studio e lavoro.
I nostri studenti potranno svolgere gli stage presso le grandi aziende straniere, italiane e siciliane con le quali abbiamo già in corso una collaborazione e avranno anche la possibilità di effettuare un semestre di studio presso le università europee ed internazionali con le quali siamo collegati e con le quali stiamo sviluppando accordi di ricerca. Statisticamente, grazie a questi periodi in azienda ed alla formazione ricevuta, l’85% dei nostri laureati hanno trovato lavoro in pochi mesi e sono poi cresciuti rapidamente in responsabilità gerarchiche aziendali. È un’opportunità importante per Catania e ci auguriamo che i siciliani possano accoglierla con la giusta attenzione.