FREE PRESS DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO
Anno ii - n. 7 - LUNEDì 18 luglio 2011
EDIZIONE DI CATANIA
Melior de cinere surgo
REAGIAMO IVAN LO BELLO parla CON SUD
PAG. 8 ecco perché sono incazzato
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stancanelli denunciato
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orrore al cannizzaro
CHE figuraccia con i croceristi!
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Anno ii - n. 7 - LUNEDì 18 luglio 2011
EDITORIALE
STERILIZZATI Il PARASSITA
Ehy Boy, Hey Girl. Giovani uomini e giovani donne cosa aspettate? Perché non fate sentire la vostra voce? In questo numero di Sud parliamo di una terra che sta sprofondando e che porterà a fondo con sé anche voi; assistiamo ad un sistema corrotto che crolla davanti ai nostri occhi, loro, quelli che occupano le poltrone del potere diventano sempre più potenti e ricchi e noi stiamo a guardare. Ogni sera andiamo a farci l’aperitivo, ci riempiamo la pancia soddisfatti di questo poco che ci possiamo permettere grazie alla paghetta da precari che ci regalano i nostri governatori, ma siamo incapaci di diventare i leader della nostro futuro, ma che dico, non possiamo neanche permetterci di comprare una casa o di avere un figlio. Ci sterilizzano e loro ci offrono un sollazzo che dura l’arco di un “tempo troppo piccolo” (persino quando ci vendiamo il voto). I genitori ci passano ancora quel resto necessario per poter andare in palestra e dopo, quando le risorse assistenziali già scarse finiranno e papà e mamma, già super indebitati ci lasceranno, cosa sarà di noi? Due-tre generazioni che stanno a guardare, ma ricordate di non ammalarvi mai perché gli ospedali sono diretti da quei grandi elettori, incompetenti in fatto di sanità, ma bravi più di voi a vendersi. Non nasce più niente in questa terra tanto fertile. Né figli, né imprese e quelle che vedono la luce, anche loro, sono avvolte da un’ombra scura. La giustizia sta a guardare compiacente, l’informazione si vende! è vero, Sud ha le sue idee, ma non prendiamoci per il culo, almeno noi lottiamo per un’ideale e non per l’euro. Ho sentito di giornalisti (scribacchini) che fanno testimoniare al loro matrimonio Firrarello e che quando questi non mantiene promesse troppo grandi, decidono di darsi a Lombardo. Ma questo è solo la misera punta dell’iceberg. Davanti ai nostri occhi scorrono (panta rei) grandi oscenità governative, la politica sta ovunque, ha ragione Ivan Lo Bello quando afferma che società civile e politica devono stare separate (ha garantito che non si vuole presentare alle prossime elezioni). Siamo incapaci di far sentire la nostra voce, in questo numero ho intervistato due persone totalmente diverse con interessi altrettanto diversi: Lo Bello e Bianco, ma entrambi hanno detto la stessa cose. Ribelliamoci! Si dice che Sud sia monotematico, smentisco e affermo che in realtà, se alla nostra attenzione viene spesso l’operato di Lombardo è perché chiaramente non solo è più esposto per la posizione che ricopre, ma per di più è oggetto di un’inchiesta senza precedenti. Ciò non significa che gli altri esponenti politici e mi riferisco alla branca Firrarello, quindi anche al genero Castiglione, siano santificati da questa testata. Nessuno sfugge al nostro giudizio critico, perché tutti loro hanno contribuito, in maniera più meno vistosa (e non più o meno determinante), a fare di questa terra un inferno. Però, prendiamoci le nostre responsabilità e reagiamo.
Fabiola Foti
Direttore Responsabile Fabiola Foti • direttore@sudpress.it Collaboratori Silvio D'Alì, Andrea Di Grazia, Mario Passalacqua, Simone Rausi, Antonino Reina, Federica Campilongo, Rosario Pavone, Angelo Capuano, Aureliano Buendia Registrazione Tribunale di Catania 18/210 Edito da Editori Indipendenti S.r.l. Viale Kennedy 10 - 95121 Catania tel. 095349015 info@sudpress.it • redazione@sudpress.it www.sudpress.it Impaginazione e Grafica MCA S.r.l. Catania Stampa Litocon S.r.l Catania Per le vostre inserzioni pubblicitarie su SUD tel. 095 34 90 15 • commerciale@sudpress.it SUD viene impaginato utilizzando programmi Open Source e stampato su carta reciclata
STA MANGIANDO L’OSPITE
Scontro finale tra Cambiamento e Conservazione “Le istituzioni non si riformano da sole”, avvertiva Gaetano Mosca, il più gran-
de studioso liberale della Teoria delle Elite. Quando non funzionano più, quando assumono derive di inefficienza che superano ogni limite, bisogna trovare strade alternative per ricondurre il Sistema al perseguimento di quel Interesse Generale il cui soddisfacimento consente di poter perseguire senza danni e senza troppi squilibri la maggior parte degli interessi in campo. Lo abbiamo già detto, ma è il motivo per il quale siamo nati, e quindi lo ripetiamo. Continuare ad interrogarsi sui motivi che hanno condotto alcuni galoppini della Prima Repubblica a diventare, inspiegabilmente, la classe dirigente di questa regione, può essere interessante dal punto di vista accademico, ma rischia di farci perdere tempo prezioso. I risultati sono chiari e non lasciano dubbi: produttività sotto zero, disoccupazione alle stelle, sprechi intollerabili, clientele elefantiache, servizi sconcertanti, riforme false o fallite, la violenza sociale alle porte delle nostre periferie. Le cronache rappresentano
la realtà politica, falsandola, come fosse in costante sommovimento: destra contro sinistra, centro contro destra e sinistra, conflitti all’interno della sinistra come della destra, gruppi che si formano e si sciolgono, scissioni e riunificazioni. Quasi per illudere che stia per accadere una qualche Svolta, una qualsiasi, o quantomeno un piccolo cambiamento che possa dare un minimo di speranza. Invece niente, tutto fermo, tutto immobile,
anzi sempre peggio, perché a darsi le carte sono sempre loro, sempre gli stessi da 15 anni, i peggiori della nostra storia. Si insultano, si aggrediscono, ma poi mangiano alla stessa tavola. C’è poco da fare. “Le
istituzioni non si riformano da sole”, anzi tendono ad accrescere i propri privilegi e potenziare gli strumenti che gli consentono il mantenimento sempre più clientelare del proprio potere. E Potere, così ridotto, in ultima analisi, significa arricchimento ingiustificato, arrampicata sociale fulminea, privilegi senza freni, arroganza e impunità senza limiti. Per loro, ovviamente. Ormai irreversibilmente incapaci di produrre un minimo di benessere comune. Ad aggravare il quadro, il sistema di selezione per mera cooptazione e nomina, che produce scelte sempre più orientate verso il basso: difficilmente
chi detiene potere consente la crescita di personalità migliori di sé, rischiando pericolosi concorrenti. E quindi, misurando risultati e capacità di
chi comanda oggi, possiamo immaginare il livello degli entourage e dei successori designati. Allora, che fare? Cosa c’è oltre questo Sistema criminale e parassitario che si alimenta di risorse pubbliche con sempre maggiore ingordigia? Qualcosa c’è. C’è un mondo di gente onesta e capace, che riesce con fatica ma determinazione a far quadrare i propri bilanci, familiari o aziendali, nonostante tutte le inefficienze provocate dai signori di cui sopra. C’è un mondo di
gente che non accetta di stare a bivaccare davanti a segreterie politiche in attesa di un falso posto di lavoro. E c’è anche gente che sta ancora in quelle segreterie, ma adesso aspettando il momento di fargli pagare tutte le
truffe e le umiliazioni subite per una disperazione indotta e mantenuta scientificamente da questi artisti
della gestione del consenso clientelare e mafioso. Ma qualcosa si sta muovendo. Mentre i politici, di ogni colore e livello, si chiudono a riccio, sperando così di impedire lo tsunami che li riporterà da dove sono venuti o meglio, dove meritano di finire, nel resto della società qualcosa si muove. Le gran-
di organizzazioni di rappresentanza degli interessi, dei lavoratori come degli imprenditori, dei commercianti come degli artigiani stanno cominciando a dare dei segnali: sono più a contatto con la realtà, sanno
bene che sta per scoppiare e solo anticipandone la detonazione, governandola intelligentemente, possono evitare di esserne travolti anch’essi. Sarebbe disastroso il coinvolgimento di tutte le componenti sociali in responsabilità che invece vanno sanzionate per grado di colpevolezza. Deve comprendersi, finchè sostenibile, la prudenza di quanti hanno ritenuto praticabile una qualche intesa con istituzioni ormai autoreferenziali. Era doveroso tentarci nell’interesse legittimo delle proprie organizzazioni, ma alla luce dei risultati, perseverare significherebbe meschina complicità. Adesso basta. A fron-
te di un ceto politico parassitario e incapace, ci sono settori, anche nella nostra regione, che possono rappresentare il volano per costruire un’alternativa immediata. Chi ha la responsabilità della rappresentanza
sociale, Sindacati, Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Ordini Professionali, Consumatori, comincino a valutare con maggior attenzione all’opportunità di continuare a partecipare a “tavoli di concertazione” drammaticamente inconcludenti, paraventi immorali utili solo a dare ulteriore tempo (perso) a chi li convoca. Bisogna che chi
appartiene alle ormai poche categorie produttive rinunci, almeno per ora, ad antipatie personali o contrasti di bottega: ci sarà tempo per riprendere le litigate. Adesso l’imperativo categorico è abbattere il Male Assoluto della delinquenza politica e promuovere il ritorno al perseguimento di quell’Interesse Generale soddisfacen-
do il quale si può, legittimamente, soddisfare anche ogni interesse particolare.
C ontinuare a sperare c h e da q uesto sistema di pubblici imbecilli si possa ancora trarre un qualche vantaggio è semplicemente stupido.
“Alle urne o alle armi”, urlava Malcom X nella straordinaria america degli anni 60, noi sappiamo
bene che le urne oggi, purtroppo, non bastano e le armi non ci piacciono. Occorre altro. Le Forze Sociali e Civili, non prestino più la faccia alla politicanza, che non può più essere considerata interlocutrice positiva, ma assumano un ruolo nuovo, contribuiscano a costruire un’alternativa che parta dalla propria gente.
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Malapolitica
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comune in concludente I consiglieri preoccupati per i conti non tornano Simone Rausi Il rendiconto non fa conto È ora di far quadrare i conti al Comune di Catania. E non parliamo solo di numeri. All’ordine del giorno, ma che dico, del mese, c’è l’approvazione del rendiconto di gestione dell’anno 2010. Un fascicolone di fogli carico di cifre che, attraverso la relazione di spese ed entrate dell’amministrazione, permette la verifica degli obiettivi, della realizzazione dei programmi e del rispetto degli equilibri economici e finanziari. Il consiglio comunale tenuto a inizio mese avrebbe avuto il compito di esaminare la relazione e far esprimere i consiglieri in merito alla questione. Condizionale d’obbligo dato che, in un clima da osteria, ogni consigliere ha parlato di tutto, o meglio, di niente (dai paninari alle strisce blu), urlando capi d’accusa contro i partiti d’opposizione senza arrivare a una conclusione.
Le nostre domande Sulle casse del Comune però, noi di Sud abbiamo alcune perplessità. Su alcune macro spese nel corso dell’anno alcuni gruppi consiliari avevano addirittura tentato l’istituzione di formali commissioni d’inchiesta. In particolare quella, abortita ignominiosamente, sui 15 milioni di euro spesi per “restaurare” la Villa Bellini che avrebbe potuto riservare alcune sorprese. A rendiconto andranno adesso i fondi stornati dalla sicurezza nelle scuole. Così come i rimborsi spese a Sindaco, esperti, staff, capi di gabinetto e compagnia bella. E ci saranno anche le manutenzioni, le manifestazioni a “costo zero”, le spese di propaganda e pubblicità come le spese di rappresentanza, affitti e noleggi, etc. Risulta che alcune associazioni di consumatori stanno valutando di operare quell’accesso agli atti amministrativi che, a quanto pare, i consiglieri di maggioranza ed opposizione non compiono perché impegnati diversamente.
I numeri Ma questo rendiconto ha tutti i numeri in regola o no? Secondo i documenti redatti dallo stesso comune la differenza tra spese (885milioni di euro) ed entrate (892milioni di euro) porterebbe ad un avanzo positivo. Troppo facile secondo alcuni consiglieri. C’è chi avanza l’ipotesi che i rimborsi spese del sindaco e del suo entourage e le spese di pubblicità e rappresentanza siano state ridotte all’osso e c’è chi – come il consigliere D’Agata del Pd – afferma che i 7milioni di euro di crediti passivi, inseriti allo scopo di far quadrare i conti, siano troppo “vecchi” e difficilmente recuperabili e che la questione debba passare al vaglio dell’avvocatura. La Pregiudiziale di D’Agata blocca il consiglio che non raggiunge il numero legale all’atto della votazione. Il numero legale non viene raggiunto neanche una seconda e una terza volta, nonostante l’abbassamento del quorum a 18 voti. I consiglieri non ci stanno La questione è: perché i consiglieri non si presentano a votare una questione così importante? C’è chi – come Puccio La Rosa – ci vede un forte segnale della maggioranza a Stancanelli. Il signor sindaco perde pezzi e i suoi stessi “uomini” boicottano la votazione di un atto che porta la sua firma. Strategie politiche troppo raffinate per la maggior parte dei capi gruppo sentiti: “La verità è che nessuno viene in consiglio perché manca la voglia. I consiglieri, maggioranza compresa, si mostrano totalmente disinteressati. Non si presentano a votare e, nella maggior parte dei casi, ignorano quanto scritto nelle delibere”. Ma sarebbe l’intero sistema a fare acqua da tutte le parti: le delibere arrivano a pochissimi giorni dal voto, la lentezza regna sovrana in un Palazzo degli Elefanti ovattato dalla noia e poi, quando arrivano gli ultimatum e a rischio ci sono scranni e stipendi, li vedi correre radunati da chiamate lampo al cellulare: “Corri a votare, forza! Ci serve il numero”. Entrano, premono un pulsante e se ne vanno (vedi il caso Tarsu, approvato sul filo del rasoio a pochi minuti dalla scadenza). Non sarebbe forse ora, che Stancanelli faccia il punto con il suo partito invece di continuare ad assistere a consigli inconcludenti che costano soldi e tempo?
In attesa del nuovo bilancio… Il tempo non sembra essere un problema, tutto scorre lentamente. Per un rendiconto 2010 che aspetta ancora approvazione c’è un piano finanziario 2011 che deve ancora arrivare al consiglio. Si suppone che, la programmazione dell’anno venga fatta prima e non a metà dell’anno in corso. In questo 2011 fin ora l’amministrazione ha ragionato per ipotesi e a fine Luglio è fissata la scadenza del bilancio 2011. Peccato che, anche stavolta, nulla è pronto. L’amministrazione deve ancora fornire il piano triennale delle opere pubbliche, propedeutico all’approvazione. E tutto si trascinerà chissà per quante altre puntate…
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la giudiziaria
LA FORMAZIONE DI LIGA, LOMBARDO & CO. Aureliano Buendia Mentre la Corte dei Conti impedisce alla Regione dei supertecnici lo sperpero di altri 140 milioni denunciandone i corsi di formazione truffa (vedi www.sudpress.it), il settore comincia ad essere scosso da voci insistenti. L’indagine “Iblis” dovrà ancora risolvere la posizione del Presidente Lombardo dopo lo stralcio, ma intanto non si quieta la scoperta di intrecci e relazioni pericolose tra la politica e gli ambienti criminali. Un terreno di contatto, fino ad ora osservato troppo poco, sembra essere proprio quello della Formazione professionale. Ed infatti, gli esponenti politici regionali elettoralmente più forti hanno quasi tutti il loro Ente di formazione di riferimento con finanziamenti milionari. Il sindacato, che nelle ultime settimane pare aver fiutato l’aria ed annunciato un deciso passo indietro dal lucroso settore, purtroppo, non è stato da meno ed anzi finora nella spartizione della torta dei finanziamenti della formazione ha fatto la parte del gigante, forte anche del suo potere interdittivo. Naturalmente, questi Enti, vedi caso, assumono figli, mogli, nipoti e parenti vari ma soprattutto con il blocco dei concorsi hanno rappresentato una straordinaria occasione di acquisire clientele nuove, ingrassare le macchine elettorali, facendo incetta di pacchetti di voti. E non solo. Infatti, poiché il crimine organizzato, grande controllore di voti, ha i suoi soldati ed ha bisogno di “sistemare” le loro famiglie, quale migliore occasione che farlo con i soldi della Regione, utilizzando quei politici che si dichiarano pubblicamente disponibili a trattare con i mafiosi (naturalmente parlando con questi solo di “politica”, giacchè, come stiamo apprendendo in questi giorni, sembrerebbe non essere reato)? La Formazione ha dunque rappresentato negli anni un porto sicuro, al riparo dalle attenzioni che da tangentopoli in poi hanno riguardato il sistema degli appalti. La Mafia, dunque, non è rimasta a guardare e come sa fare ha infiltrato un settore pieno di soldi e di posti di “lavoro”, danneggiando irrimediabilmente decine di migliaia di lavoratori onesti che adesso ne pagano il prezzo. È quindi un caso che l’architetto Liga, in carcere a Palermo perché ritenuto un pezzo grosso di Cosa Nostra, fosse in Sicilia il dominus dell’EFAL, ricchissimo ente di formazione? è lo stesso Liga che il Presidente Raffaele Lombardo riceveva, convocandolo, presso la sede della Presidenza della Regione a Palazzo d’Orleans? Ed è vero o no che l’EFAL in Sicilia orientale è nelle mani di Raffaele Lombardo? È vero o no che all’EFAL di Catania i responsabili negli anni sono stati uomini vicinissimi al Presidente della Regione? Non sarebbe opportuno verificare se anche a Catania la Mafia ha avuto la sua parte? Sempre, ovviamente, che non si stia già facendo. E se così è, deve pretendersi che la Città venga informata rapidamente e compiutamente. Sarebbe ora che la parte sana della città chiedesse conto di come vengono sperperati i soldi delle tasse che paghiamo, chi li gestisce e come, accertando se finiscono nelle mani degli stessi criminali che incassano il pizzo dai cittadini per bene che lavorano, si chiarisca quale sia il ruolo di alcuni dirigenti sindacali (ci siamo già occupati con SUD della CGIL), si chiariscano anche i rapporti che legano alcuni politici con vari enti di formazione, a partire dal sindaco Stancanelli, che è stato proprio assessore regionale alla Formazione e che, guarda caso, oggi ha tra i suoi più stretti collaboratori al comune di Catania personaggi provenienti proprio da quel mondo. A breve sul sito e nel prossimo numero maggiori approfondimenti su questo settore che ingurgita incredibilmente e senza alcun risultato centinaia di milioni di euro ogni anno.
raffaele lombardo
GIUSEPPE LIGA Accusato dal GIP per il delitto di direzione ed organizzazione dell’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra
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Galassia provincia Segnaliamo alcuni degli incaricati e i relativi compensi percepiti dagliamministratorinominatidallaProvinciaRegionalediCatania nelle società da queste partecipate (dato aggiornato al 30/6/2011)
Convention Bureau Etneo s.r.l. Centro Congressuale e Fieristico “Le Ciminiere” Golftur Consorzio per lo sviluppo del Turismo e Golf in Sicilia
Francesco Caristia euro 5.000,00
in qualità di presidente
euro 10.000,00
Mario Antonio Bonsignore euro 4.000,00
in qualità di consigliere
Domenico Torrisi euro 10.000,00
Francesco Caristia euro 5.000,00
in qualità di consigliere
in qualità di presidente
euro 15.000,00
in qualità di amministratore delegato
Antonino Maugeri euro 10.000,00
in qualità di consigliere
Il Sole dell’Etna s.p.a. Servizi agli agricoltori, enti ed istituzioni pubbliche. SErvizi Idrici Etnei s.p.a.
Elio D’Antrassi euro 60.000,00
Giacomo Scalzo euro 50.000,00
in qualità di presidente
Presidente Consiglio di Gestione
Mariarosa D’Imprima euro 5.000,00 in qualità di consigliere
Pubbliservizi s.p.a.
Stefano Ridolfo euro 30.000,00
Presidente Consiglio di Gestione
Francesco Carpinato euro 69.066,40
in qualità di amministratore unico
La somma equivale al trattamento annuale lordo, ma qui giova come sempre ricordare, che noi facciamo riferimento con questi numeri al costo che i contribuenti sostengono per ciascuna persona qui indicata. Ci chiediamo poi quali siano i requisiti in base ai quali vengono scelti questi consulenti: in base alle loro conoscenze tecniche, alla loro professione, ai precedenti o all’appartenenza a determinate categorie?
Consorzio per lo sviluppo del Turismo e Golf in Sicilia (Golftur)
F. F.
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nomine dirigenti
Stancanelli denunciato alla corte dei Conti
Primoconsumo chiede siano perseguiti il Sindaco Stancanelli ed i dirigenti nominati Nomine dirigenziali in violazione dell’art. 19 commi 6 e seguenti del decreto legislativo n. 165/2001, della Sentenza della Corte Costituzionale n. 324 del 2010 e della Sentenza della Corte dei Conti n. 12/2011. Nella pubblicazione del numero 6 distribuito in data 27.6.2011, SUD rilevava che alcuni dirigenti del Comune di Catania gravano per somme importanti sul bilancio comunale, cosicché il comune appare trasformato in uno stipendificio e soprattutto il costo effettivo per mantenere costoro pesa sulle tasche dei catanesi che pagano le tasse comunali. Un vero e proprio stipendificio. A completamento della vicenda è sembrato opportuno a SUD, per dovere di informazione, approfondire la questione di queste nomine dirigenziali. Da un esame comparato della normativa in materia e della Giurisprudenza, si è appreso che la Corte dei Conti a Sezioni Riunite in sede di Controllo, con sentenza n.12 resa nel corso dell’anno 2011 ha fatto proprie le tesi della Corte Costituzionale (Sentenza n. 324 del 2010) affermando in riferimento ai limiti percentuali della dotazione organica nell’ambito dei quali è concesso agli enti locali attribuire incarichi dirigenziali a soggetti esterni l’applicazione dell’art 19 comma 6 bis del Decreto Legislativo n. 165/2001. Detta norma stabilisce al comma 6 che gli incarichi di cui al comma 1 e 5 della predetta norma(ovvero gli incarichi dirigenziali) possono essere conferiti , da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10% della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’art. 23, e dell’8% della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. Secondo l’orientamento della Corte dei Conti, considerato che la contrattazione collettiva di comparto non prevede la distinzione tra dirigenza di prima e seconda fascia, appare ragionevole applicare la percentuale dell’8% all’amministrazione locale. Atteso che la percentuale più elevata è prevista per la dirigenza statale di prima fascia. Quindi, gli enti locali possono coprire posti di qualifica dirigenziale previsti in dotazione organica mediante contratti a tempo determinato nel limite dell’8% della stessa dotazione organica, di quelli appartenenti alla seconda fascia. Le disposizioni dettate dall’art. 19 comma 6 e 6 bis del decreto legislativo 165/2001 debbono essere considerate espressione di principi di carattere generale così come riferisce la Corte Costituzionale nella sentenza 324/2010. La Consulta eliminando ogni incertezza ha confermato l’applicazione immediata e diretta delle citate norme all’ordinamento degli enti locali cui spetta pertanto un corrispondente obbligo di adeguamento. Il Comune di Catania in violazione del dettato normativo ed a dispetto della sentenza della Corte dei Conti ha impunemente nominato otto dirigenti, (una percentuale maggiore rispetto a quella prevista dalla Consulta) mentre avrebbe potuto nominarne soltanto due, violando palesemente detta pronuncia.
Roberto sanfilippo
ecco i dirigenti 4 esterni : Lanza Maurizio con il ruolo di Direttore Generale Sanfilippo Roberto Galeazzi Marina Morabito Marco Santonocito Giorgio 4 interni Sebastiano Molino Loretta Granzotto Gianluca Emmi Rosanna Pelleriti
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Peraltro, sempre secondo la Consulta, il preminente obiettivo è senza dubbio quello di razionalizzare il costo del lavoro pubblico mediante il contenimento della spesa complessiva del personale entro i vincoli di finanza pubblica. Quindi se da un lato il Comune, in nome della legalità, cerca di recuperare introiti dai cittadini (tasse, aumento tarsu, tra breve potrebbe essere prevista una tassa di soggiorno e quant’altro) dall’altro, effettua nomine illegittime e sperpera il denaro pagando stipendi per dirigenti nominati in numero superiore rispetto a quello determinato dagli organi di controllo.
RISULTATO: SPERPERO DI DENARO PUBBLICO – DANNO ERARIALE. Per queste ragioni ed in considerazione delle gravi violazioni di legge PrimoConsumo presenterà apposito esposto alla Corte dei Conti per accertare la sussistenza della RESPONSABILITà AMMINISTRATIVA-CONTABILE del Sindaco di Catania e dei Dirigenti che hanno adottato le determine di nomina illegittime.
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L’iNTERVISTA
“siciliani, emulate gli indignados della spagna” Ivan Lo Bello parla con SUD Fabiola Foti
«Catania ha un enorme potenziale di crescita.» Esordisce così Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia «addirittura – aggiunge – ha un potenziale più alto delle altre province siciliane». E seppure Ivan Lo Bello mantenga un generale contegno “english” appare scosso nel descrivere la situazione economica che vive la Sicilia. Lei parla spesso di questo potenziale «Perché ne sono convinto, ma questa città ha difetti strutturali. Un rapporto squilibrato tra società e mondo politico, così come avviene in tutte le altre realtà siciliane. La politica è presente anche in settori in cui non avrebbe niente da fare». Qualche esempio? «La politica non si occupa di rendere più competitivo il sistema delle imprese: realizzando infrastrutture, facendo funzionare in maniera trasparente e responsabile la macchina amministrativa, garantendo iter autorizzativi trasparenti e veloci. Il ruolo che svolge la politica in tutti i contesti evoluti del mondo è questo. L’imprenditore molto spesso non ha un rapporto trasparente con la pubblica amministrazione, vista la diffusa cultura dell’intermediazione e ciò a selezionare il peggiore: un imprenditore serio scappa da questi processi». Quale potrebbe essere il nostro futuro? «Faccio un esempio: la General Electric, la seconda corporation al mondo con numerosi stabilimenti sparsi in Italia, l’anno scorso propose alla regione due investimenti, non di grande rilevanza, però, si trattava comunque di un grande segnale. La società aveva ipotizzato due contratti di programma per avviare due realtà, a Catania e a Palermo. Non se n’è fatto niente e il risultato ulteriore è stato che, avendo già selezionato dei giovani, la General Electric ha investito a Firenze e portato con sé i nostri 20 ragazzi. Abbiamo perso due volte: oltre che la General Electric, risorse umane di grande qualità e qualificazione». Perché è successo? «Non tanto per dolo, quanto per l’incapacità di capire cosa rappresenta una grande multinazionale come la General Electric per una sorta di provincialismo che ha fatto andar via una società importante che certo non avrà in futuro un buon ricordo della Sicilia. Però, casi come questi si moltiplicano. Sa, molte aziende vogliono venire in Sicilia, c’è una buona qualità della vita». Malgrado tutto? Malgrado le infrastrutture carenti? «La General Electric era interessata malgrado tutto. In Sicilia, i manager stranieri, conosciuto il luogo, rimangono legatissimi, tanto che quando finiscono il percorso comprano una casetta al mare. Il grande problema è che c’è un gran pezzo della Sicilia che pensa a come ridistribuire risorse assistenziali, che peraltro oggi non ci sono più e a come cercare consensi attraverso reti clientelari». Ampia parte del nostro sistema si regge sulla formazione. «La formazione è una sorta di grande ammortizzatore sociale con dei corsi, frutto di una fantasia smisurata, una sorte di ammortizzatore sociale per i formati ed i formatori, che certo non crea ricchezza. 7.000 formatori e il tasso di disoccupazione più alto in Italia, che nei giovani è quasi al 40%. E poi c’è un fenomeno terrificante, oggi il 38%, tra gli aventi i 18 ed 33 anni, viene classificato con una formula anglosassone: Neet generation (nessuna formazione, nessun’occupazione, nessun addestramento), come se avessimo una materia prima che piano, piano si disperde.
Tra 30 anni, nelle migliori delle ipotesi, questo 38% avrà conquistato una pensione da fame, e non avrà mai comprato una casa o messo su una famiglia. E’una bomba sociale enorme». In Sicilia non si vantava il numero più alto di laureati? «Nella nostra terra le persone che studiano si trasferiscono all’estero. Un ingegnere che si laurea in qualsiasi università italiana, oggi ha uno stipendio iniziale che è molto più basso di qualsiasi altro suo coetaneo, per esempio, in Francia, il sistema produttivo è diverso. Però, fuori dalla Sicilia almeno un lavoro lo trovi, nell’isola neanche quello. Tutto questo porta i ragazzi più bravi ad andare via, molti, già studiano fuori. Da 16 anni circa abbiamo un trend decrescente di risorse e invece di creare ricchezza come si fa in Veneto, in Piemonte e in Lombardia, cioè in tutte le aree industriali del paese, sono state inventate decine di società apparentemente private, ma controllate dal pubblico, nella quale si sono assunti precari. A Palermo, la Gesip vive perché ogni mese la Regione, o la Stato sganciano milioni di euro per pagare gli stipendi, ma fra qualche mese le risorse finiranno, queste società sono state create per clientele politiche e ognuna di queste significa 10 ragazzi disoccupati». Il dato degli Ineet è preoccupante, come si deve risolvere? «Si dovrebbe fare come gli Indignados spagnoli. La Sicilia non è condannata a un declino irreversibile ma bisogna fare delle scelte importanti». A Catania, moltissime realtà sono già macchiate sul nascere. Attività su cui spesso incombe l’ombra di un’inchiesta della procura. «Come ovunque in Sicilia. Molto spesso dipende dal fatto che le imprese hanno a che fare con la pubblica amministrazione e le procedure messe in atto da amministrazioni locali o regionali sono poco trasparenti, in questo caso la tentazione di mettere in campo meccanismi di illegalità sono più forti. Il mercato viene compresso perché le regole sostanziali superano quelle formali, per cui le assunzione avvengono attraverso meccanismi non competitivi, voglio precisare che non è un problema culturale per cui dobbiamo rassegnarci, è legato a precise condizioni economiche, sociali, politiche e amministrative che generano frutti avvelenati». Però sono condizioni che ricorrono nel tempo, anche se i soggetti cambiano. «Ma questo dipende dal fatto, che la pubblica amministrazione è inefficiente, che la politica pensa alla ridistribuzione assistenziale e clientelare e che alcune imprese pensino che non sia il mercato il misuratore della loro efficienza ma la capacità di avere un dialogo poco trasparente con la pubblica amministrazione». è così facile avere questo dialogo poco trasparente? «Sì, ma non solo in Sicilia». E gli organi di controllo cosa fanno? «La Corte dei Conti dovrebbe sanzionare i comportamenti delle amministrazioni pubbliche che dilapidano risorse, e negli ultimi tempi si è attivata in proposito con relazioni anche molto dure». E le prefetture? «Non si possono sovraccaricare le prefetture di compiti che non hanno. In Sicilia hanno un ruolo più forte che nel resto del paese, altrove problemi risolti da un sindaco o da un parlamentare, qui arrivano in prefettura perché c’è un tasso di conflittualità e di incapacità delle istituzioni di
risolvere problemi anche banali». Le leggi cambiano troppo spesso per le imprese? «Nel nostro paese c’è un eccesso di produzione legislativa. Gli Stati che funzionano fanno poche leggi e si concentrano nel farle rispettare. Le regole sono necessari, ma devono essere semplici e supportate da meccanismi di controllo, leggi che cambiano sempre creano incertezze nel mercato e sono fattore di depotenziamento della crescita». Lo Statuto Speciale? «Abbiamo avuto una grande occasione, lo statuto speciale poteva consentire ad una classe dirigente adeguata di autogovernare bene la Sicilia. Di utilizzare ingenti risorse, visto che abbiamo una parte del gettito fiscale che altre regioni non hanno, ma lo abbiamo sprecato. Invece di valorizzarla, l’autonomia speciale è stata la fiera dei privilegi: impiegati pubblici assunti senza concorso, diversamente dalle altre regioni, insomma una congerie di privilegi favoritismi e sprechi». Gli imprenditori che entrano in politica? «Contrario. Alle ultime elezioni, scrissi una lettera ai miei colleghi per dire che se qualcuno si vuole candidare doveva dimettersi 6 mesi prima e comunque non si fa certo una bella figura. Oggi Confindustria ha maturato un profilo di indipendenza».
l’intervista
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Enzo Bianco: “Ecco perché sono Incazzato” F. F.
«Catania è una città teatrale, ogni piazza è una quinta di scena, il catanese è teatrale e non solo perché qui sono nati grandi maestri del teatro - che vergogna però che a 10 anni dalla sua scomparsa non si sia ricordato in alcun modo Turi Ferro - ma dicevamo, Catania è teatrale e oggi è una città che sta perdendo l’anima, violentata e brutalizzata.» Come si ferma il fiume in piena del senatore Enzo Bianco? Due volte sindaco della città di Catania, lo si intervista, gli si fornisce un la e lui, come minimo, compone un intera sinfonia lirica. «La mattina esci di casa e ti devi armare di elmetto perché c’è una guerra civile, solo per cercare un posto per l’auto o per sbrigare una pratica in qualche ufficio. Hanno trasformato un giardino in una giungla. I potentati economici fanno da padrone.» Lei è stato eletto alla fine degli anni 80 quando la situazione era pessima, ma l’impressione è che oggi sia peggio. «E’ una domanda che mi faccio spesso. Nell’88, quando fui eletto a Catania c’erano 120 morti l’anno per omicidi di mafia, una specie di Beirut. Dopo le 7.30 di sera d’inverno, c’era il coprifuoco; un sindaco durava in carica 4-5 mesi, uno non faceva in tempo a sedersi che già veniva mandato via, scioglimenti di consiglio comunale ecc. ecc. La città era depredata, oggi siamo in quelle condizioni? Non glielo so dire, ma certamente ci manca poco.» La differenza rispetto al passato è che la città è rassegnata? «Nell’88 il movimento Città Insieme, estremamente combattivo, ebbe la forza di occupare viale Raffaello Sanzio dove c’era la Pam Car di Nitto Santa Paola e di fare le sue proteste. A quei tempi un pezzo di città, faceva sentire la sua voce, oggi ho la sensazione che sulla città si sia stesa una coltre.» Il Presidente di Confindustria Sicilia, si domanda perché i giovani non si ribellano come in Spagna? Anche lei la pensa alla stessa maniera? «Quello che è accaduto al Cairo, la rivoluzione dei gelsomini, è frutto dei ragazzi di Internet, così in Tunisia e in Spagna. Noi certo, non patiamo per la democrazia, però oggi nella città, un giovane ha il dovere con se stesso di far sentire la sua voce. Chi si laurea in una università catanese sa che ha solo il 50% di probabilità di trovare un posto di lavoro. Chi ne scova uno, ottiene un lavoro precario, con un contratto rinnovabile ogni 3 mesi ed è consapevole, anche se ha 30-33 anni, che non può fare un mutuo per comprare un casa, nè avere il denaro per sposarsi o avere un figlio.» Abbiamo intervistato i commercianti del centro storico allarmati per la moria che sta attraversando proprio il centro storico. «Prima c’era vivacità e sicurezza, ogni notte 80 vigili urbani controllavano le vie, oggi la città è nelle mani di nessuno, e il sindaco beatamente ha il coraggio di dire che tutto
va bene, che la città è pulita, che non ci sono buche nelle strade.» E che le rattoppa «E che le rattoppa e se c’è qualche buca dice che dipende dalle aziende, che fanno i lavori di metanizzazione, ma chi le dovrebbe controllare? Un professore universitario ha chiesto al sindaco di mettere una pensilina dell’autobus davanti all’ospedale Garibaldi. Il sindaco ha risposto: “scusi, ma perché lo chiede a me?”. E a chi si deve rivolgere un cittadino per ottenere ciò che lo riguarda direttamente? Ecco perché sono incazzato, perché questa, è una città, che ha enormi potenzialità e vederla ridotta così è fastidiosissimo.» Qual è il suo programma per l’immediato futuro? Candidatura? «Non lo so, da un canto ho una voglia forte, perché io so come fare per affrontare un problema.» Malgrado l’economia? «Certo, per molte cose non c’è bisogno neanche di soldi. Faccio un esempio: un imprenditore ha fatto un’operazione di recupero di un’immobile nella zona di via Delle Finanze, ha realizzato un residence, ma da otto mesi aspetta il permesso di abitabilità, non solo viene bloccato dopo aver sostenuto un investimento, ma c’è da chiedersi quali siano le ragioni per cotanta attesa, c’è forse qualcuno che aspetta ci sia l’olio per ungere?» E a proposito, come è finita con la famosa riqualificazione di San Berillo? «Il sindaco ogni tanto fa una conferenza stampa e annuncia che il mese prossimo arriva la soluzione. Sa quante volte lo ha fatto per Corso Martiri della Libertà? 8 volte. Riguardo ad una eventuale candidatura a sindaco, da un canto ho una gran voglia di farlo. D’altra parte, mi dico: “ma chi me lo fa fare”. Io oggi ho un ruolo nazionale, una visibilità.» Lei sa che quando ha lasciato Catania per il Ministero, i catanesi si sono sentiti abbandonati? «Ero a metà passata del mio secondo mandato, non ero più ricandidabile. In fondo, sono stato chiamato a ricoprire una delle più alte responsabilità nella storia della repubblica italiana e non inutilmente, di recente è stata inaugurata la 3Sun, joint venture tra Enel, Sharp e St. La prima pietra per quest’opera l’ho posta io da Ministro dell’Interno. Domando comunque scusa a tutti i catanesi, che hanno avuto la sindrome dell’abbandono; ricordo però, che nel 2005 mi ero messo di nuovo a disposizione della città, ma purtroppo un pezzo della città si è venduta l’anima… ed anche il voto. Quella volta, si sono verificate operazioni pesanti, vere e proprie compra vendite di voti in interi quartieri della città. Che si venda il voto uno che non ha i soldi per arrivare a fine mese, io lo posso anche capire, ma che lo faccia anche un pezzo della borghesia catanese, mi riferisco a i ricchi, francamente mi fa schifo.» Meglio Scapagnini o Stancanelli? «Sono infinitamente diversi. Scapagnini è più simpatico, se dovessi andare a mangiare una pizza, sicuramente andrei con lui, anche se disastri ne ha fatti tanti. Stancanelli è meno simpatico. Però, hanno un elemento in comune, entrambi sono molto legati a Raffaele Lombardo, che era, ed è il dominus fondamentale della città.» Ancora oggi? «Certo, da presidente della Regione ha gli strumenti ed altro per farlo.» Facciamo un conteggio prosaico, con quali forze si candiderebbe?
«Sul piano civico amministrativo, la mia forza è che una parte della destra mi vota. Oggi Catania non la governi se sei sindaco dei partiti, se mi dovessi candidare, non mi presenterei esclusivamente come Pd.» Improvvisi un programma. «Subito l’ordinaria amministrazione. Consegna delle pratiche in tempo rapido, il ritorno dei vigili nelle strade, la pulizia, insomma recupero. Poi, rimetterei in moto la macchina del comune di Catania.» Semplificare la burocrazia, dunque tra le priorità? «Sì certo, chi deve investire nella città, deve poterlo fare in tempo reale. Non possono passare 8 mesi per aprire un residence. » Con la nascita di tutti questi centri commerciali affonda pure il commercio in città. «I centri commerciali ci vogliono, ma a Catania ve ne sono più che a Milano e molti di questi nascono in una condizione almeno dubbia, per non dire di più.»
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Anno ii - n. 7 - LUNEDì 18 luglio 2011
Inchiesta
Ospedale Cannizzaro o Meglio una morte veloce? Breve racconto della gestione del super potente Poli Simone Rausi “Silenzio! Silenzio!” urla indispettita una voce dall’altoparlante. Il brusio si placa, gli sguardi dei pazienti si incrociano interrogativi e poi ricomincia il mormorio. Siamo nella sala accettazione dell’ospedale Cannizzaro di Catania, dove almeno una settantina di persone sono in fila, alla ricerca di un posto a sedere o davanti ai bocchettoni dell’aria condizionata, in attesa di una visita medica, un controllo, un prelievo del sangue. «Sono stanca – dice una signora – attendo già da due ore». Normale routine verrebbe da pensare ma non è tutto.
NEFROLOGIA
PRONTO SOCCORSO Quindici pazienti sono seduti in attesa di un aiuto medico. Tutti codice verde. Attendiamo con loro e il russare di un signore disteso su tre sedie ci fa comprendere che non sarà una questione di minuti. Mezz’ora dopo infatti, nessuno dei pazienti è ancora entrato. Ci spostiamo nella costruzione adiacente, il polo F. Un palazzone di nove piani con tutti i principali reparti.
corridoio di ginecologia-ostetricia-ortopedia
POLO F Qui la situazione è davvero paradossale. Piano dopo piano scopriamo un vero e proprio cantiere aperto. Scale appoggiate ai corridoi, pannelli del tetto mancanti da cui cade della polvere, sacchi neri di spazzatura, contenitori vari appoggiati dovunque e porte divelte. In mezzo alle barelle passano i muratori con il loro strascico di polvere, il tutto in un ambiente che dovrebbe essere sterile. Nei corridoi, le porte aperte mostrano mattoni e travi. C’è persino un televisore abbandonato. Gli ascensori, quando non hanno un bel cartello con la scritta “Guasto”, sono in condizioni igieniche precarie. La spazzatura è annidata perfino dentro i vani degli estintori, ovviamente senza vetrino di protezione. Saliamo le scale e troviamo una pedana di legno a sbarrare la porta del balcone di nefrologia. Al centro trasfusionale non va meglio. Le porte sono spalancate nonostante sia orario di visita. I campanelli per chiamare i dottori sono sostituiti da cartelli che rimandano a citofoni immaginari. Le persone ricoverate, con le loro condizioni mediche, sono chiaramente a rischio d’infezione. Il cartello che invita a riporre i “calzari sterili” assume nel contesto un tono grottesco. CORRIDOIO DI GINECOLOGIA, OSTETRICIA, ORTOPEDIA Il piano interrato del polo F merita una menzione speciale. Nel sottoscala ecco un’altra pedana di legno. All’interno uno scenario da film horror: corridoi abbandonati illuminati da neon intermittenti, prese elettriche scoperte, cicche di sigaretta dovunque (in ospedale è rigorosamente vietato fumare), bottiglie d’acqua semivuote, piatti di plastica utilizzati, ferraglie arrugginite. Entriamo dovunque, di infermieri e sorveglianti manco l’ombra.
CANNIZARO - POLO F
UNITà SPINALE Accanto all’elisoccorso svetta un palazzone abbandonato prima di essere inaugurato. “Tutto è pronto all’interno da oltre un anno” ci dice una fonte, ma quando chiediamo i tempi per l’apertura il tizio fa spallucce. Nel frattempo i
contatori continuano a girare, le luci stanno accese giorno e notte e fuori, coperte e giornali fanno pensare a un ritrovo per barboni. VERSO PEDIATRIA intonaco scrostato, mattoni scoperti, fili penzolanti. Ma è all’angolo di una strada, sopra il marciapiede e alla portata di tutti, che troviamo due contenitori pieni recanti la scritta “rifiuto sanitario pericoloso a rischio infettivo”.
Centro trasfusionale citofoni immaginari
LA PROTESTA INTERNA I corridoi sono tappezzati da volantini in cui sotto la scritta “accade anche questo” si denunciano i diversi “infortuni nelle unità operative per estrema carenza di personale e adeguate misure di sicurezza” e lo “spreco di soldi per tutto senza nessun piano di prevenzione per le patologie muscolo scheletriche degli infermieri”. Fuori dall’ospedale, la sensazione è di sentirsi più sporchi e un po’ malati rispetto a prima. Al pronto soccorso l’uomo che dorme è ancora li…
malapolitica
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Welcome Croceristi: che figuraccia, stancanelli! E le bugie dell’assessore Rita Cinquegrani F. F. Welcome, bienvenue, willkommen ma soprattutto benvenuti nella fantastica Catania. Città che vi sorprenderà con un’accoglienza eccellente, a garantirlo è l’assessore al turismo Rita Cinquegrani con un comunicato pubblicato sul sito del comune (vedi e leggi qui sotto) che solo a leggerlo, anche se non siamo croceristi, fa venir voglia di andare a prendere una spremuta d’arancia rossa al porto.
Analizziamo ogni frase “abbiamo voluto ricreare un ambiente che riproduce la tradizione siciliana, con musica e immagini della città.” Falso assessore, al loro arrivo i turisti trovano solo caldo e container. “Al vostro arrivo vi attende una degustazione di dolci tipici e una spremuta di arance rosse.” Falso assessore, il servizio, garantito nel 2009 già da molto tempo è stato interrotto. “Il nostro personale dell’ufficio Turismo, vi fornirà informazioni sulla città, dandovi delle mappe contenenti tre percorsi artistico-culturali” Ancora falso perché, così come ci ha confermato anche il presidente dell’Auturità Portuale Santo Castiglione intervistato nel video, il comune ha finito i soldi per pagare i ragazzi addetti alla distribuzione delle mappe. L’unica verità e conforto per i poveri passeggeri, che non sia mai possano veramente scoprire la città ed il suo barocco, sono le strisce blu a segnalare loro un percorso. Peccato stiano sbiadendo. Ciò che abbiamo trovato veramente interessante del comunicato è che la Cinquegrani abbia messo in risalto l’ottima segnaletica turistica posta all’uscita del porto. Manco a dirlo l’indicazione rimanda ad un vecchio muro scrostato (vedi foto)
Il messaggio, lo avrete intuito, è diretto alle migliaia di passeggeri che sbarcano ogni settimana al porto di Catania, trasportati dalle navi da crociera: Costa, Msc e fra qualche mese anche Royal Caribbean. Peccato che ogni frase scritta nel comunicato appaia palesemente mendace. Abbiamo realizzato un video che smentisce l’assessore (www.sudpress.it). La verità infatti è che i passeggeri quando sbarcano nella città etnea sono come i bimbi sperduti di Peter Pan. (vedi foto)
E allora, in Tunisia passeggiata in cammello e una fresca bevanda, a Barcellona boutique di moda, a Marsiglia saponi e mousse di fegato d’oca, a Catania caldo fantozziano (peggio che in Africa se ti danno il benvenuto sotto una copertura in lamiera) e container. Ma il nostro porto non è di quelli aperti al centro della città? Meno male che c’è Santuzzo, che promette: «Quando avremo la nuova stazione marittima garantisco un servizio 5 stelle».
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inchiesta
istituti di vigilanza: Truffa all’INps? Storia di un monopolio. Scopriamo le carte in tavolo, la vigilanza privata in Sicilia è gestita da pochissimi imprenditori che in possesso di più di una licenza sono titolari di altrettante ditte di vigilanza. A quale scopo? Al fine di poter guadagnare alle spalle di lavoratori e contribuenti. Le aziende di vigilanza assumono i lavoratori con i benefici della legge 407 che consente l’esenzione dai contributi per i primi tre anni. Trascorso il triennio, i lavoratori vengono licenziati. Dopodiché, l’imprenditore si presenta con un’altra delle sue aziende, con diversa licenza, e riassume i lavoratori beneficiando ancora dell’esenzione per i nuovi tre anni. Vi chiederete, ma se un’azienda fallisce non deve cedere tutti i servizi che le sono in gestione? Certamente, ma di fatto, l’imprenditore che azzera una realtà, gira i servizi ad un’altra azienda che gestisce con apposita e ulteriore licenza. Insomma, una ruota che gira. I vigilantes, quelli che stazionano in pianta stabile per protesta sotto la prefettura di Catania, raccontano che gli imprenditori si accaparrano a prezzi modestissimi gli appalti, operazione che riesce lucrosa grazie al fatto di non dover pagare i contributi per i lavoratori. Ma chi sono gli uomini della sicurezza a Catania e più in generale in Sicilia? Primo tra tutti, l’avvocato palermitano Rosario Basile con i suoi figli, proprietari a vario di titolo della: Sos, network che opera quale centro intermediario nel settore della sicureza, a queste si aggiungono la Sicurtransport e la Ksm (vedi schema). Il gruppo gestisce quasi in monopolio la sicurezza nelle banche in Calabria e Sicilia. A quanto pare anche la catanese e tristemente famosa Falcon Sud sarebbe di competenza della famiglia Basile.
la famiglia Basile gestisce numerose società di vigilanza. Il gruppo quasi in monopolio si è aggiudicato gli appalti delle banche in Sicilia e Calabria
A Catania i grandi nomi della vigilanza sono: Stivala, Santangelo, Tomarchio, Pietropaolo e naturalmente De Felice. Meritano una menzione speciale Silvio Santagelo e Mario De Felice. L’ultimo, lo si ricorderà come il famosissimo assessore comunale che fece introdurre le ganasce a Catania. De Felice, manco a dirlo illustre rappresentante MPA, era proprietario della Celere. La Celere con un debito per oltre 10 milioni di euro ha dovuto dichiarare il fallimento. Storia passata per il De Felice che non contento ha messo su una nuova azienda di vigilanza la 2858, intestata questa volte alla moglie. Santagelo, mitico proprietario della Veritas ormai anche essa fallita tragicamente, oggi a vario titolo controlla vigilsud e veritas sud. La domanda allora sorge spontanea, come fanno titolari
d’imprese fallite a controllare anche indirettamente (attraverso l’attribuzione a parenti) delle aziende? In più, lo stesso Satangelo oggi si fregia di rappresentare associazioni di categoria in incontri che hanno ad oggetto la stabilizzazione di lavoratori in mobilità. L’osservatorio della Prefettura ha dovuto soggiacere agli accordi presi da rappresentanti delle associazioni di categoria insieme con i sindacati. Ultime, e non per questo meno importanti, sorgono spontanea ancora altre domande: perché, continua a perpetuarsi questo monopolio degli istituti di vigilanza? Chi permette agli imprenditori di poter facilmente aggirare le “regole”?
MARIO DE FELICE
vigilantes ex “VERITAS” in protesta sotto la prefettura di catania
inchiesta
Anno ii - n. 7 - LUNEDì 18 luglio 2011
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DISAsTRO alla zona industriale La regione ha speso oltre un 1mln di euro per le telecamere di Sorveglianza. Ma a quanto pare non servono a niente. Andrea Di Grazia
Un anno fa durante il furto del suo camion, moriva alla zona industriale di Catania l’autotrasportatore Salvatore Niesi. Ben 6 telecamere avrebbero potuto riprendere la scena, ma nessuna di queste era in grado di registrare le immagini del delitto. L’impianto di videosorveglianza stradale è costato alla Regione Sicilia oltre 1 milione di euro, ma la sua funzione è ancora oggi avvolta nel mistero. Furti, rapine ed attività illecite di ogni tipo continuano a verificarsi sotto gli impotenti obiettivi elettronici. Fino a pochi mesi fa mancava persino il collaudo tecnico. Ma il problema di fondo è proprio la funzione di un sistema progettato per coprire una superficie sproporzionata, se rapportata con il raggio d’ azione delle telecamere. La loro presenza è un blando deterrente per chi agisce nell’illegalità: non basta acquisire i filmati, se non si è comunque in grado di intervenire o attuare sistemi di prevenzione dei reati. In questo modo, alle aziende che investono nell’area industriale di Catania, non rimane altro che provvedere privatamente alla propria sicurezza, con un massiccio
impiego della vigilanza privata che pesa sempre più nel bilancio. Danneggiare i delicati apparecchi non è certo un’impresa impossibile. Infatti, diverse unità hanno dovuto fare i conti con atti di vandalismo. Ad esempio, i continui furti di rame non possono essere arginati con l’ escamotage del controllo remoto. Per assurdo, una delle tante interruzioni di energia elettrica dovute proprio a questo fenomeno, potrebbe finire con l’oscurare temporaneamente il segnale sui monitor. Ma chi controlla questi schermi? Dopo il collaudo, l’impianto è perfettamente in grado di operare? Per quanto tempo gli occhi elettronici sono stati spenti? Queste le domande alle quali non abbiamo trovato risposta e che lasciano aperti pesanti interrogativi. Il presidio locale dei carabinieri può contare su non più di 3 uomini; entrare in azione in queste condizioni potrebbe essere perfino pericoloso. Ma non solo: in alcuni casi, la loro presenza delle telecamere è del tutto inutile. Un po’ come dei vecchi spaventapasseri su cui si poggiano i merli più tenaci, le telecamere si rivelano un inutile e costoso accessorio.
Rifiuti Tossici Il foto racconto Una testimonianza concreta dell’assenza di un vero e proprio sistema di sorveglianza, umano o elettronico che sia, è la presenza di decine di microdiscariche in tutta l’area industriale. Sotto gli occhi impassibili delle telecamere, si estendono a perdita d’occhio i cumuli di rifiuti speciali. Sono questi i buchi della rete di sorveglianza? Oppure, più semplicemente, queste falle sono l’eccezione che conferma la regola, per cui l’intera area sembrerebbe essere una vera e propria terra di nessuno. A portare i pericolosi materiali di scarto nella zona di Pantano d’Arci sono spesso altre aziende, poste a diversi chilometri di distanza. Pagare un’impresa specializzata è certamente più costoso che smaltire in questo modo gli scarti di lavorazione. Basta trovare qualcuno che si prenda la briga del trasporto e dello scarico ed il gioco è fatto, con poche centinaia di euro.
In via Giovanni Agnelli c’è un grosso deposito di eternit, sopra il quale qualcuno ha riversato prodotti alimentari scaduti (privi di etichetta), medicinali veterinari e perfino materiale dell’Ausl 3.
Su uno di questi scatoloni è impressa una sorta di targa, IT015CT150. Ad alcune centinaia di metri c’è uno scolo fognario scoperchiato in cui galleggiano liquami, probabilmente di origine zootecnica. Ruote di autotreni a perdita d’occhio, molte sono state bruciate per far posto ad altro materiale. E buona parte è finita sottoterra. In mezzo a grossi ammassamenti di argilla spuntano altri copertoni, altri scarti di edilizia. Tutta roba che è meglio far finta di non vedere.
Cos’è l’ASI Catania Angelo Capuano Il Consorzio per l’ Area di sviluppo industriale di Catania è un ente di diritto pubblico non economico disciplinato dalla legge regionale n. 1 del 4 gennaio 1984 e nasce come strumento di supporto allo sviluppo delle attività produttive. Le principali attività del Consorzio sono: la gestione dell’assegnazione delle aree industriali alle aziende e la realizzazione e la manutenzione delle infrastrutture di servizio necessarie all’insediamento industriale. Del consorzio fanno parte, oltre all’Assessorato regionale all’Industria e alla Provincia regionale, il Comune di Catania, le maggiori sigle sindacali e alcune tra le associazioni degli industriali e degli artigiani. Come ogni carrozzone che si rispetti, il Consorzio pullula di consiglieri, dirigenti, responsabili di area, ecc., divenendo nel tempo un vero e proprio sottogoverno dove a vario titolo confluiscono soggetti espressione degli enti consorziati. Sull’efficienza del consorzio non è necessario spendere molte parole, basterebbe chiedere alle 584 aziende presenti nelle Aree di Catania, Belpasso e Paternò, che sono costrette ad operare in difficoltà oggettive a causa di problemi alla rete idrica e di depurazione, all’illuminazione e alla videosorveglianza. Da quasi tre anni l’Asi è sotto gestione commissariale, prima con Salvatore Giuffrida, dirigente Regionale all’assessorato al Turismo, ex Sindaco di Tremestieri Etneo, riconfermato nel 2009 dall’Assessore Regionale all’Industria di allora, on. Pippo Gianni, e attualmente con Dario Montana, dirigente dell’ufficio catanese dell’Assessorato alle Attività Produttive e fratello del commissario Beppe Montana, ucciso da Cosa Nostra nel 1985. La nomina di Montana è avvenuta nel 2010 a seguito dell’ingresso all’Ars di Salvatore Giuffrida, subentrato, in qualità di deputato supplente, a Fausto Fagone coinvolto nell’inchiesta Iblis. La nomina di Montana è certamente in discontinuità con la precedente gestione commissariale, già da dirigente dell’ufficio catanese dell’Assessorato, Montana, aveva sospeso le delibere di Giuffrida riguardanti l’aumento dell’indennità dello stesso commissario e la richiesta di due nuovi dirigenti. Le delibere sono state definitivamente annullate dopo l’insediamento del nuovo commissario.
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Cronaca
I PUPARI CATANESI A RISCHIO ESTINZIONE L’Unesco tutela l’opera dei pupi, inconsapevole che nella città Etnea le istituzioni hanno deciso di uccidere quest’arte. Andrea Di Grazia Dove sono finiti i pupari? C’era una volta l’era d’oro del teatro di strada siciliano, che in pochi oggi possono dire di aver vissuto. Dietro e davanti il palcoscenico di legno e cartone viveva tutto un mondo, fatto di valori incorruttibili, condivisi da una parte e dall’ altra della società. E’ il maestro Fiorenzo Napoli, insieme al figlio Davide, a spiegarci con quali difficoltà deve fare i conti, questa antichissima tradizione. «L’opera dei pupi era una sorta di utopia collettiva, in cui il pubblico sfogava la propria rabbia, partecipando alle gesta eroiche dei paladini. Il puparo era un riferimento per tutta la gente del quartiere, che non si perdeva uno spettacolo». Il laboratorio dei fratelli Napoli è un mondo senza tempo. Alle pareti manifesti con quasi un secolo di storia, marionette di tutte le dimensioni appese ovunque, in vetrina piccoli capolavori di oreficeria scolpiti a mano da Davide. «Oggi quest’arte non riceve le attenzioni che meriterebbe - spiega Fiorenzo – e non c’è nessun aiuto concreto da parte delle istituzioni. L’ amministrazione comunale da anni non inserisce nella programmazione estiva un nostro spettacolo. Al contrario, siamo richiestissimi in paesi come il Giappone e la Thailandia». E dire che l’opera dei pupi
rientra nella lista dei beni di interesse culturale posti sotto la tutela dell’ Unesco. Lo scorso 30 giugno Legambiente ha presentato il dossier “Unesco alla Siciliana” proprio per denunciare l’assenza di politiche di salvaguardia dei valori tipici della tradizione isolana. A Catania esiste perfino un “Teatro provinciale dell’opera dei pupi”, costruito in maniera impeccabile dall’allora Presidente della Provincia Nello Musumeci. «Praticamente è sempre chiuso, – afferma Fiorenzo sospirando – spesso ci chiedono come mai non sfruttiamo regolarmente questo palco d’ eccezione. Purtroppo, abbiamo potuto usarlo solo nei pochi mesi successivi all’inaugurazione. In tempi più recenti, il nostro ultimo spettacolo è andato in scena con Etnafest. La gente faceva la fila per accaparrarsi i 100 posti disponibili...». E pensare che tutto questo avviene in Sicilia, che all’estero è famosa proprio per i suoi splendidi pupi oltre che per le squisitezze della cucina mediterranea e per le sue meraviglie naturali. Strapazzata, ingannata e sfruttata in ogni modo, questa splendida forma d’arte rischia seriamente di rimanere un ricordo dei tempi che furono.
ISTAT: IL COMUNE Dà I NUMERI? Il “giochetto” delle false rilevazioni. Simone Rausi Ricordate il cinema Golden? Chiusi i battenti nel 2000 per l’amministrazione etnea ancora nel 2005 era funzionante e i prezzi dei suoi biglietti rientravano a pieno titolo all’interno dell’indagine Istat sulla rilevazione dei prezzi. Un’indagine che noi contribuenti finanziamo e che, come leggerete da queste righe, sembra assumere i connotati della truffa. Partiamo dal principio: La nostra Catania è una delle 86 città monitorate dall’Istat, l’istituto che ogni anno stila gli indici del costo di vita delle famiglie italiane. All’interno del Comune esiste una Direzione Statistica che raccoglie i dati sugli indici dei prezzi al consumo di beni e servizi (dovrebbero essere messi sotto la lente di ingrandimento alcuni esercizi commerciali, i trasporti, le bollette, gli stabilimenti balneari, i medicinali ecc…) e che opera “per merito” di una commissione che costa al Comune quasi 7mila di euro l’anno. La commissione svolge il suo lavoro – cosi si legge in una scheda di Palazzo degli Elefanti – “con precisione e all’avanguardia” ma alcune denunce pervenute alla Procura della
Repubblica e arrivate anonimamente presso la nostra redazione dicono l’esatto contrario. Basta recarsi agli indirizzi degli esercizi commerciali, che la “meticolosa” commissione aveva il compito di analizzare per scoprire negozi trasferiti da 5 anni, società chiuse da anche un decennio o gestori allibiti che mai nella loro vita hanno visto un funzionario della Direzione Statistica del Comune. La Commissione – secondo quanto letto nelle denunce - non si sarebbe mai mossa dall’ufficio, e avrebbe continuato a intascare i gettoni presenza inviando all’Istat i prezzi di panifici chiusi da anni, il costo della frutta di negozianti mai sentiti o il valore dell’oro di gioiellerie inesistenti. Dati falsi o palesemente inventati. Un lavoro non da poco, badate bene, quello di fornire prezzi inesistenti e credibili considerato che, molti dei negozi campione da analizzare sono chiusi o trasferiti dai tempi della lira. A capo dei conti ci sarebbe la Responsabile della commissione, tale Donatella Ciciulla, che – sempre secon-
do quanto letto dalle denunce – non solo sarebbe stata al corrente di tutto ma avrebbe perfino erogato degli “straordinari benefici economici in modo simultaneo alle denunce” a tutti i membri della commissione. Denunce che sarebbero passate nelle mani del Responsabile dell’Istat, del direttore del servizio, del direttore del personale e dei Carabinieri ma che non avrebbero fermato il viaggio periodico dei dati a quanto pare taroccati verso la sede Istat di Roma. Come se la situazione non fosse già abbastanza critica, il carico a coppe arriva con la scoperta che tra i membri della commissione consapevoli del lavoro (o sarebbe meglio dire del non lavoro) figurerebbe anche tale Luca Rosario, marito della responsabile prezzi al consumo Donatella Ciciulla. Una coincidenza davvero fortuita. Alla luce di quanto appena detto sarebbe ora che il Comune cominciasse a fare i conti con alcune realtà per certi versi sconcertanti… anche se, abbiamo capito, i conti non sono certo il suo forte.
i numeri Nel 2005 queste attività erano “erroneamente” considerate operanti. Alcuni dati sarebbero stati corretti contrariamenti di altri. Impresa di riparazioni via Cavaliere risultata SCONOSCIUTA SOCIETà COOPERATIVA via Trieste TRASFERITA DA 5 ANNI COOPERATIVA in via Verona TRASFERITA DA 5 ANNI AUTOCARROZZERIA V.le M. Rapisardi TRASFERITA DA 8 ANNI SICILCOOPER Via Casa Nutrizione 4 TRASFERITA DA 10 ANNI CINEMA GOLDEN V.le Ruggero Di Lauria CHIUSO DA 5 ANNI PANIFICIO Via Vitt. Emanuele 102 CHIUSO DA 2 ANNI …e nel 2009 Esercente di Via Aloi, l’attività risulta chiusa dal 2001
CULTURA
Anno ii - n. 7 - LUNEDì 18 luglio 2011
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Estate Catanese: In morte del centro storico Il Sindaco presenta 56 eventi musicali …ma dimentica di dare l’autorizzazione per far suonare le band Alfredo Nicotra
Quando agli inizi degli anni Settanta Pasolini in una delle sue ultime visite in questa città descrisse Catania usò toni amari per denunciare una città ormai «in frantumi», attraversata da bande di «giovani impazziti, o ebeti o nevrotici». Il centro storico, diceva, il «quartiere delle Finanze, un tempo sfolgorante di luce e di bellezza [...] tace in un abbandono sinistro». Poi gli anni Ottanta gettarono un velo di piombo su tutta la città per confermare la verità di quanto lo scrittore sosteneva. Chi da anni lavora al centro e vi ha investito risorse ed energie parla di «zona franca» lasciata nell’ingovernabilità e nell’illegalità. Lontana dagli interessi del Palazzo. Si registrano solo disagi: dalla mancanza di controllo e di vigilanza della zona, alla strutturale assenza di progettualità e di regole per riqualificare il territorio.
«Noi abbiamo aperto nel 1998 - racconta Antonio Romeo, il proprietario del caffè/libreria Tertulia, nei pressi di piazza Teatro Massimo - il nostro spazio si integrava con il contesto del centro storico. C’erano meno locali, ma più attenzione per la qualità dell’offerta, si avvertivano le esigenze di una compagine sociale variegata, senza scadere in velleità elitarie si faceva più “cultura”». E adesso, la situazione è mutata? «I residenti non trovando più sopportabile la situazione di diffuso disagio nel centro storico, dovuta agli schiamazzi e alla confusione notturni, tendono a lasciare le loro abitazioni per trasferirsi altrove». Il centro tende a svuotarsi? «Sì, ha perso la sua funzione aggregativa così forte un tempo». è cambiata la politica con la recente amministrazione? «Avvertiamo un profondo senso di disagio. Sentiamo lontana l’amministrazione attuale, un tempo il sabato era il giorno in cui avevamo la maggiore affluenza della settimana, adesso è il giorno in cui registriamo il peggior fatturato». Circa un mese fa sono stati incendiati i tendoni esterni della libreria, segno del degrado che stiamo vivendo? «Del disagio in cui si trovano molti ragazzi che passano le serate senza una reale e concreta prospettiva, magari fortuitamente avvantaggiati da qualche bicchiere di troppo. Ma l’amministrazione pensa di risolvere il problema semplice-
mente con la militarizzazione della zona, mentre ci vorrebbe una seria politica culturale di riqualificazione del territorio, una programmazione culturale coerente. L’assessore alla polizia Municipale Massimo Pesce ha assicurato una maggiore vigilanza del territorio ma non credo sia questa la soluzione». Cosa indicherebbe allora? «Un progetto e proficuo dialogo degli esercenti con i residenti». Saro Urzì, proprietario dello storico Nievski, racconta: «Ci sentiamo molto isolati e distaccati dall’amministrazione, ma risolviamo tutto con l’autogestione. Non aspettandoci nulla e niente dalle autorità, facciamo persino la pulizia della scalinata Alessi, servendoci delle nostre pompe idranti. Assistiamo al passaggio di questi giovani privi di modelli, cooptati dalla cultura dello sballo, che non promuove nessuna vena di creatività». Da addebitarsi a qualcuno in particolare? «Mancano proposte culturali e investimenti importanti per rivitalizzare il centro cittadino, soprattutto la mancanza di iniziative pubbliche che valorizzino il centro come bene comune e aggreghino la gente, dai costi contenuti, come i grandi eventi che si facevano in passato e ci facevano sentire orgogliosi della qualità di vita che si era raggiunta a Catania, facendo della città il riflesso di una voglia di riscatto di tutto il meridione, quando da Milano e da Torino venivano per cercare di capire cosa stesse succedendo». Il cartellone dell’Estate catanese 2011 tanto sponsorizzato dal sindaco? «Le iniziative promosse per quest’estate dall’amministrazione non ne fanno una proposta per tutti e per tutte le tasche».
A chiarire ulteriormente questo aspetto, ci pensa Giuseppe Giuffrida, gestore de LA CHIAVE, che da anni movimenta la vita delle notti catanesi «Benché il comune abbia disposto per il programma dell’Estate catanese “Di tutti i colori”, più di 56 eventi musicali, ha dimenticato di darci l’autorizzazione per far suonare le band di musicisti, così finora non abbiamo potuto ospitare nessuna delle iniziative musicali nei pressi dei nostri locali». Una stagione che diventa allora un po’ monocolore visto che
escludendo le iniziative musicali, ad ingresso libero naturalmente, il programma è rivolto principalmente agli appassionati del Teatro Stabile e del Teatro Massimo Vincenzo Bellini.
Anno ii - n. 7 - LUNEDì 18 luglio 2011
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Primo Consumo Delegazione di Catania Corso delle Province, 203 Tel. +39 366 1991408 • 095500311
FAMIGLIE SUPERINDEBITATE: è EMERGENZA SOCIALE Inutile filosofare. Per capire la gravità del tema del debito familiare, partiamo da un caso reale che Primo Consumo sta assistendo. Si tratta di un dipendente pubblico, sposato, con un reddito annuo di 19.500,00. Vive in affitto. Si è rivolto a Primo Consumo perché assillato, spesso anche il sabato, da agenti del recupero crediti di banche e finanziarie delle quali risulta debitore. Cerchiamo di capire qual è la reale situazione patrimoniale del nostro nuovo assistito e i nostri sospetti vengono confermati: il nostro amico paga più rate di quanto guadagna. Ma com’è possibile? Con quale criterio vengono concessi crediti che poi si rivelano vere e proprie trappole che distruggono intere famiglie? E poi, è davvero legale concedere credito oltre ogni ragionevolezza? In certi casi, può affermarsi una responsabilità di chi ha concesso prestiti da considerarsi vessatori? Vediamo. Al momento, in attesa di valutare le azioni legali che andremo a proporre, omettiamo i nomi delle finanziarie coinvolte, avvertendo che si tratta comunque dei maggiori player del settore del credito al consumo. Alcuni dei prestiti ancora in vita sono in realtà “rinnovazioni” di esposizioni precedenti, in pratica il cliente per poter ottenere qualche euro di liquidità (magari per pagare altre rate scadute di altre finanziarie!), estingueva il precedente, obbligandosi per maggior tempo e a tasso peggiore: questo il sistema, le finanziarie guadagno più commissioni e tassi e il cliente si strangola ulteriormente.
Vediamo un po’. Prestito di 25.800 garantito da cessione del quinto dello stipendio; Prestito di 30.000 garantita da delega su stipendio; Prestito di 13.000; Prestito di 45.000; Prestito di 1.925 cambializzato; Prestito di 2.550 cambializzato. Siamo quindi arrivati a totalizzare un debito (di solo consumo) pari a 120.000 con un monte rate di 1.662 euro a cui dobbiamo aggiungere l’affitto mensile della casa di residenza. Non consideriamo bollette e consumi essenziali, già dal solo monte rate comprendiamo facilmente che il nostro amico non può farcela a sostenere questo peso.Il che significa che spesso salta delle rate, il che comporta l’aggravio di spese per mora e le telefonate vessatorie per il recupero si fanno sempre più insistenti e moleste. In breve, non riesce più a campare. è un caso isolato? Purtroppo no, e comincia sempre più a diventare comune. La diffusione di situazioni
simili ne fa un’emergenza sociale e occorre definire regole certe che restituiscano dignità e serenità a centinaia di migliaia di famiglie che si sono trovate, con colpe certamente anche loro, invischiate nell’irresponsabile corsa al consumo degli scorsi anni: “tasso zero”, “paghi tra un anno”, “piccola rata”, tutti slogan ripetuti ossessivamente che hanno indotto troppi lavoratori a rovinarsi. Il tutto aggravato dall’arrivo sul mercato di pesudo-finanziarie (usurai mascherati) che con la promessa di mirabolanti “ristrutturazioni” del debito, hanno ulteriormente affossato la platea di sprovveduti. Abbiamo voluto citare un caso concreto, partendo dal quale Primo Consumo intende affrontare in tutte le sedi il tema della ragionevolezza del credito concesso, oltre il quale la responsabilità dell’insolvenza deve gravare esclusivamente su chi lo ha imprudentemente concesso. Vige da sempre una regola del merito creditizio, secondo la quale non è possibile pagare rate per un importo superiore al 30% del proprio reddito, considerandosi giustamente che la parte restante debba servire per mangiare e vestirsi. Ora, sarebbe opportuno fissare la regola che i prestiti concessi oltre una certa soglia debbano considerarsi illegittimi in quanto insostenibili, comportandone la decadenza contrattuale senza rivalsa, in danno proprio di chi li ha concessi. Basta bonus, basta commissioni per manager senza scrupoli. Questo forse aiuterebbe anche a tornare ad un’economia più reale, meno schiava di una finanza impazzita, ad un consumo più aderente ai reali bisogni e, di conseguenza, a produzioni più in linea con ciò che occorre: serve davvero cambiare cinque cellulari all’anno?
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