scheda
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Regina Apostolorum nsa
Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli
L’ABC DELLA FEDE Indirizzi ALGERIA sr FerrArio Flora
di Don Egidio Villani, Sacerdote di Milano
La fede come “salvezza” Senza il problema della “salvezza” tutte le religioni diventano un insieme di concetti astratti, di comandi morali, di divieti, di cerimonie rituali, alla fine poco interessanti. Se invece si percepisce che è in gioco la propria “salvezza” allora la cosa ci tocca da vicino. Che cosa vuol dire che uno è “salvo”? Salvo è chi ha superato un pericolo senza danno ed è stato liberato da un male incombente. Ogni persona che non sia del tutto intorpidita, avverte di essere “insidiata” da un male che ci sovrasta.
3, rue Abdel Djabbar · 13550 HENNAYA T. 00213 043 270586 · florafnda@yahoo.fr
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Senti questo problema? Per te “salvezza” da che cosa? Da chi? Da quali insidie? La fede e le “salvezze” laiche L’uomo/donna spesso vuole salvarsi dai propri limiti con le sole sue forze. Sentire che è nato “il Salvatore“ non interessa. È stato proposto il “sol dell’avvenire”. Alcuni sembrano convinti che la salvezza sta nel “salutismo” e così si impongono ferree diete che li fanno vivere malati in modo da morire sani; altri pensano che la salute sta nella vita sessuale, e così riducono l’amore a una specie di ginnastica senza significato e senza finalità, altri nello sviluppo dell’informatica così da sapere in tempo reale tutto tranne ciò che conta veramente, per altri l’importante è salvare la natura.
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sr GeroSA enrica sr BoLZAn Giuliana
Non sei eccessivamente preoccupato della tua salute e delle “cure” da seguire? Anche per te: “Prima di tutto la salute”? Salvare la natura, “l’amore” per gli animali fanno parte della tua cultura? La fede nel Signore che salva “Vi è nato un Salvatore” è l’annuncio dato all’umanità, la grande notizia che il Cielo regala alla Terra. Il Salvatore di tutti e quindi anche mio, è Gesù, tanto è vero che il suo nome significa il Signore salva. A Maria e a Giuseppe l’angelo dice: “… lo chiamerai Gesù infatti salverà…”. Ciascuno di noi e chiunque non si opporrà, sarà salvato da Lui, cioè troverà risposta alle domande fondamentali dell’esistere umano: senso del vivere e del dopo morte, il superare il male che faccio, la pienezza dell’amore. Nulla con Lui, può togliermi la speranza. Quando sei stanco e avvilito ritrovi la certezza e la pace in Gesù salvatore? Come?
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Siamo presenti in
Rivista Trimestrale Anno 26
l i a . o rg
mARzo 2013 · N
1
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Dare un seguito all’avventura del vANGELO
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v i s i t ate i l n o s t ro
La gioia di un nuovo anniversario missionario 30 ANNI DI prESENzA NSA IN ArGENtINA MESSAGGI AL MONDO
LE vOcAzIONI Segno della speranza fondata sulla fede
1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,1415) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sè. Questa economia Se davvero la Chiesa ha coscienza di ciò che il Signore vuole ch’ella sia, sorge in lei una
della Rivelazione comprende
nSa-Sma domenica 2 giugno 2013
Santuario della madonna della Cornabusa Via Papa Giovanni XXIII in frazione Cornabusa 24038 Cepino S. Omobono Imagna (BG) ∙ Tel.035.851087
eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere,
singolare pienezza e un
compiute da Dio nella storia
bisogno di effusione,
della salvezza, manifestano
con la chiara avvertenza
AppuNtAMENtI
invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm
Pellegrinaggio
e rafforzano la dottrina e le
Programma della giornata 11.00 Celebrazione Eucaristica 13.00 Pranzo 14.45 S. Rosario e testimonianze dei Padri SMA e Suore NSA che festeggiano il loro giubileo di sacerdozio e vita religiosa missionaria 16.00 Partenza
d’una missione che la trascende, d’un annuncio
realtà significate dalle parole,
da diffondere. È il dovere
mentre le parole proclamano le
dell’evangelizzazione.
opere e illustrano il mistero in
È il mandato missionario.
Paolo VI Ecclesiam Suam
CoMe Si raGGiUnGe Autostrada A4 Milano-Venezia, uscita a Dalmine, direzione Ponte S. Pietro Villa d’Almè, poi proseguire per la Valle Imagna fino a S. Omobono, a sinistra parrocchia di Cepino.
Per inforMazioni e Prenotazioni:
esse contenuto. Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”, 18 novembre 1965
FERIOLE ∙ Tel. 049 9900494 ∙ smaferiole@smaferiole.org GENOVA ∙ Tel. 010 307011 ∙ consitalia@missioni-africane.it MILANO ∙ Tel. 02/70600256 ∙ animazione-nsa@libero.it
appuntamenti
“
Con questa Rivelazione Dio
Rifletti Se c’è un vero desiderio, se l’oggetto del desiderio è veramente la luce, il desiderio della luce produce luce. C’è un vero desiderio quando c’è sforzo di attenzione. E si desidera veramente la luce quando non è presente nessun altro movente. quand’anche gli sforzi dell’attenzione rimanessero in apparenza sterili per anni, vi sarà un giorno in cui la luce, esattamente proporzionale a quegli sforzi, inonderà l’anima (…). questa funzione del desiderio permette di trasformare lo studio in una preparazione alla vita spirituale, poiché il desiderio orientato verso Dio è la sola forza capace di elevare l’anima. Certo, è soltanto Dio che discende ad afferrare l’anima e ad elevarla, ma soltanto il desiderio costringe Dio a discendere. Egli viene soltanto per quelli che gli chiedono di venire: a quelli che glielo chiedono spesso, a lungo, ardentemente, egli non può rifiutarsi. Simon Weil
Prega Signore, tu sei venuto nel mondo per me, per cercarmi, per portarmi l’abbraccio del Padre. Tu sei il Volto della bontà e della misericordia: per questo vuoi salvarmi! Dentro di me ci sono le tenebre: vieni con la tua limpida luce. Dentro di me c’è tanto egoismo: vieni con la tua sconfinata carità. Dentro di me c’è rancore e malignità: vieni con la tua mitezza e la tua umiltà. Signore, il peccatore da salvare sono io: il figlio prodigo che deve ritornare, sono io! Signore, concedimi il dono delle lacrime per ritrovare la libertà e la vita, la pace con Te e la gioia in Te. Amen. (+ Angelo Comastri)
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Editoriale
coraggio
il dell’ C
umiltà
oraggio ed umiltà. Due virtù, apparentemente distanti che invece, nel cristiano, sono naturalmente e intimamente connesse. D’altro canto, ci vuole coraggio ad essere umili, perché “l’umiltà è soprattutto verità”. (…) È una “virtù nuova, la virtù della sequela di Cristo”. Ma non si tratta di un’utopia, tutt’altro: “L’accettare l’altro, che forse è più grande di me, suppone proprio questo realismo e l’amore della verità; suppone accettare me stesso come “pensiero di Dio” così come sono, nei miei limiti e, in questo modo, nella mia grandezza” (Incontro con i parroci, 23 febbraio 2012). “Accettare me stesso e accettare l’altro vanno insieme” (…) “le piccole umiliazioni” che dobbiamo vivere quotidianamente “aiutano ognuno a riconoscere la propria verità ed essere così liberi” dalla “vanagloria che è contro la verità e non mi può rendere felice e buono”: “Accetta-
re e imparare questo, e così imparare ad accettare la mia posizione nella Chiesa il mio piccolo servizio come grande agli occhi di Dio. E proprio questa umiltà, questo realismo rende liberi”. “Se sono arrogante, se sono superbo voglio sempre piacere e se non ci riesco sono misero, sono infelice e devo sempre cercare questo piacere”. Ecco allora che l’umiltà mi dà coraggio e mi rende libero: “Quando invece sono umile ho la libertà anche di essere in contrasto con un’opinione prevalente, con pensieri di altri, perché l’umiltà mi dà la capacità, la libertà della verità. E così, direi, preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere realmente costruttori della comunità della Chiesa”. Dalle meditazioni di Benedetto XVI sulla virtù dell’umiltà. Una virtù che ha testimoniato e continua a testimoniare
Un augurio a tutti/e di un cammino quaresimale che sappia fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore La Redazione
ANNO COSTANTINIANO
“liberi per credere”
Nel XVII centenario dell’Editto di Milano dal 6 dicembre 2012 al 6 dicembre 2013 celebrazioni, appuntamenti culturali, momenti ecumenici e interreligiosi
N
on esiste una data precisa dell’Editto, ma è probabile che l’intesa tra Costantino e Licinio da cui proviene il rescritto chiamato “Editto di Milano” risalga al 3 febbraio 2013. Di conseguenza si è pensato di collocare nella primavera 2013 (febbraio-marzo) un grande evento che celebri l’anniversario. Nello specifico, si dovrebbe trattare di un momento ecumenico che privilegi il dialogo con le Chiese d’Oriente, articolato in un convegno e una grande liturgia. Si punta così a richiamare come i grandi dogmi che strutturano la nostra fede comune (dogma trinitario e quello
Rivista Trimestrale Anno 26. n. 1 Direttore Responsabile: Sr. Fiorina Tagliabue Autorizz. Tribunale di Varese n. 185 del 5.10.1966 Sped. in abb. post. art. 2 Comma 20 lettera C Legge 662/96 - Milano
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cristologico dell’incarnazione) hanno contribuito a costruire la cultura occidentale, innestandovi un’idea unica e originale dell’uomo e del bene comune. La fede cristiana è all’origine di una declinazione inedita del rapporto o religione-potere, che ha consentito lo sviluppo delle culture e delle società occidentali capaci di mettere al centro l’uomo e le esigenze di libertà, di felicità e compimento che lo costituiscono come persona. A questo evento saranno associate altre iniziative culturali, come pure i Laboratori della Pastorale giovanile.
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Sommario 4
Vita nsa
Il “convento” di Bardello
90 anni di amicizia profonda
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Suor EUgEnIa
consola le sue figlie 12
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28
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Una scuola tutta
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La gioia di un nuovo anniversario missionario
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“getto semi di vangelo”
38
vogLio vivere e dare voglia di vivere
Camminando...
Dare un seguito all’avventura del
vangeLo
Dalla parte di 42
Una ParTenza, la condivisione di tante ricchezze per le nostre vite
Quarant’anni da allora …
Il destino dell’EMI è “precedere il futuro”
Profili
24
MiSSionaria
30 anni di presenza nSa in argentina
Messaggi al mondo
Le vocazioni
Il piccolo mondo di
KoLoWarÉ
E l’amore è l’avventura più bella
segno della speranza fondata sulla fede 20
Dalla missione
Adesso parliamo noi 46
SanKoFa
Vita nsa
Il “convento”
90 ANNI dI AmI
“
Il cammino fatto insieme è arrivato fin qui… e ci permette di ricordare con gratitudine questi 90 anni di presenza unica, ricca di umanità e di fede (…). Le profondità sono radicate nella fede e nell’amore a Cristo e al suo Vangelo che orienta tutta la vita delle suore, la stessa fede della gente di Bardello che ha saputo creare
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di Bardello
CIzIA prOfONdA
la consapevolezza di condividere qualcosa di molto profondo, e di duraturo. I tempi sono cambiati, il convento accoglie oggi molte suore anziane, alcune ammalate, ma lo spirito è lo stesso e la loro presenza vuole continuare ad essere fraterna e aperta a tutti.
“
6
Vita nsa
S
iamo nell’estate del 1922, a Bardello avviene un fatto singolare che cambia la vita del paese: arrivano dalla Francia delle suore missionarie che abiteranno nella grande casa che fu della Famiglia Quaglia. Fin dai primi tempi appare evidente una cosa, il palazzo si trasforma completamente: allo stile di vita agiato di persone facoltose alle quali nulla manca, si sostituisce quello povero ed umile di una comunità di religiose che dedicano tutta la loro vita all’annuncio del Vangelo in Africa. Vengono in Italia, da Lione, proprio per accogliere le giovani italiane disponibili ad accogliere la loro stessa vocazione e seguire il loro cammino sulle orme di Cristo. Il “palazzo” è ormai diventato il “convento”, nome che caratterizza da 90 anni questa grande casa, vegliata dal grande pino prospiciente il portone di entrata. La storia di Bardello si trova così inevitabilmente intrecciata con quella delle suore, in una osmosi continua fatta di scambio, di stima reciproca che il tempo non ha scalfito. Sono molte le cose da raccontare… vogliamo privilegiare i fatti, i ricordi che ci rimandano proprio a questa “amicizia” profonda fra la gente di Bardello e le Suore di Nostra Signora degli Apostoli. Un’amicizia, concreta, vissuta nel quotidiano con le sue gioie, le sue pene, i suoi problemi. Le suore sono povere, non hanno, almeno per i primi anni, altra fonte di sostentamento che la carità del popolo cristiano. La gente del paese le sente vicine anche in questo e dona generosamente aiuti semplici, in natura, è uno scambio da poveri a povere che rende ancora più tangibile la vicinanza. Ma le suore si danno da fare, cercano subito di rendersi utili: servono la Parrocchia, animano l’Oratorio, visita-
no gli ammalati, daranno vita alla Scuola Materna. È bello ricordare soprattutto l’aiuto dato alle famiglie: c’erano molte coppie giovani, alcune non originarie del paese, che trovavano conforto e sostegno presso le suore. Fin dal mattino presto, prima di andare al lavoro, portavano al convento i bambini, che arrivano con il loro cibo per il pranzo. Poi, nel pomerig-
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gio c’erano gli alunni delle elementari per il dopo scuola. È un va e vieni dall’aurora al tramonto! Il convento è un alveare di attività, il centro di incontri di ogni tipo che creano scambio, fiducia, aiuto reciproco. C’è un problema? Andiamo dalle suore! Ecco perché tutti le chiamano ancora oggi “le Suore di Bardello”!
Ricordiamo un’altra attività delle suore che, da brave missionarie, non hanno mai avuto paura ad uscire per andare dove ci sono persone nel bisogno. Siamo negli anni ’60, alcuni operai dell’IGNIS, una trentina di giovani provenienti dal Sud, ospitati nel villaggio costruito dall’azienda per i suoi dipendenti, chiedono aiuto al convento per rammendare e stirare i loro abiti! E le suore ci vanno, consapevoli di rendere un servizio importante. Non si può poi dimenticare uno degli avvenimenti dell’anno: il “presepio vivente” che mobilitava tutta la popolazione! Il fulcro di questa attività era ancora una volta il convento dove venivano conservati gli abiti e gli accessori e dove si programmava la rappresentazione. Dalle suore si partiva per fare il giro del paese per poi ritornare ancora lì… e fare festa, nella gioia comune. Ed ancora la Via Crucis della Settimana Santa che tutt’ora riunisce ai Bardellesi molta altra gente dei paesi circonvicini. Il cammino fatto insieme è arrivato fin qui… e ci permette di ricordare con gratitudine questi 90 anni di presenza unica, ricca di umanità e di fede. Terminiamo con un proverbio africano: “È nelle profondità della foresta che bisogna cercare il legno per modellare il tam tam che fa danzare tutto il villaggio”, le profondità sono radicate nella fede e nell’amore a Cristo e al suo Vangelo che orienta tutta la vita delle suore, la stessa fede della gente di Bardello che ha saputo creare la consapevolezza di condividere qualcosa di molto profondo e di duraturo. I tempi sono cambiati, il convento accoglie oggi molte suore anziane, alcune ammalate, ma lo spirito è lo stesso e la loro presenza vuole continuare ad essere fraterna e aperta a tutti. Suor Marisa Bina, NSA
Vita nsa La Commissione Missionaria del Decanato di Abbiategrasso (MI), seguita da qualche anno da Suor Martina, NSA, ha incontrato nella Parrocchia di Rosate il 21 Gennaio 2013 Suor Eugenia Bonetti. Tema dell’incontro: “Dare voce a chi non ha voce … Come essere responsabili del disagio umano e sociale del nostro Paese”. di Virna Paghini
Suor EugE
consola le su
gEnia
ue figlie
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S
uor Eugenia Bonetti (Bubbiano 1939), missionaria della Consolata, ha vissuto per 24 anni in Kenya e oggi combatte in Italia la tratta degli esseri umani e la prostituzione. Dopo aver lavorato in un centro Caritas di Torino, dal 2010 è diventata responsabile dell’Ufficio Tratta donne e minori dell’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia). Per la sua instancabile lotta contro le moderne schiavitù è stata nominata, nel 2004, Commendatore della Repubblica Italiana ed ha ricevuto nel 2004 e nel 2007, un duplice riconoscimento da parte del Dipartimento di Stato americano. Nel 2011 le è stata conferita l’onorificenza “Servitor Pacis” dell’Osservatorio permanente della Santa Sede presso l’Onu. Ha scritto con Anna Pozzi: “Spezzare le catene”, edito da Rizzoli.
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Vita nsa
S
i è udita una voce a Rama, a Roma, a Torino a Milano …un lamento, un pianto amaro; Rachele piange le sue figlie; lei rifiuta di essere consolata dalle sue figlie, perché non sono più … Sono parole di un passo di Geremia, che l’evangelista Matteo cita mentre descrive la fuga in Egitto della novella famigliola di Giuseppe, Maria e Gesù, costretti a fuggire di fronte alla rabbia furibonda di un solo uomo intento a tutelare il suo potere. Erode, per questo, compie la strage degli innocenti. Sono passati duemila anni e non abbiamo ancora smesso di compiere stragi, ma la cosa più preoccupante è che queste stragi avvengono sotto gli occhi di tutti e nessuno fa niente. Oggi si viene uccisi nella dignità. Parlo della tratta di esseri umani, dello sfrutta-
Suor Eugenia Bonetti, Suore Missionarie della Consolata
mento di giovani donne dell’Africa o dei paesi dell’Est che, nella ricerca di una condizione di vita migliore, incappano nei trafficanti di vite umane che con l’inganno, le costringono alla prostituzione. Non è molto facile capire il sottile meccanismo che questi malvagi adottano; l’ha scoperto una suora Missionaria della Consolata, il cui nome di battesimo è Maria Maddalena Bonetti, classe 1939, oggi Suor Eugenia, che una ventina di anni fa incappa, si, anche lei incappa però, non nei briganti ma in una prostituta che le chiede: “Sorella, per piacere aiutami”. Così, il Signore Gesù inizia a parlare al cuore di Suor Eugenia di questa realtà che lei non conosceva, piano piano la suora si rende conto, avvicinando queste donne di notte, sulle strade della cintura di Torino, guardandole negli occhi, parlandole e offrendogli aiuto, della gravità e della vastità del giro d’affari legato alla tratta e alla prostituzione. Queste giovani donne, ingannate, comprate e poi vendute, schiavizzate e gettate sui nostri marciapiedi dove i clienti, cioè i nostri uomini, i nostri padri di famiglia, i figli della nostra Italia cattolica, per pochi euro, sfogano i loro istinti che si fa in fretta a definire animaleschi. Queste donne che provengono da paesi evangelizzati dai nostri missionari che là hanno annunciato la buona novella del Vangelo parlandole di speranza, di bontà e misericordia, ora si trovano private della dignità, non più libere, picchiate quando non guadagnano, non solo, per arrivare alla violenza psicologica le assoggettano con cerimonie voodoo, con riti di magia nera che esercitano sulle povere vittime sole e indifese, un vero e proprio martirio. Donne in un tunnel buio, che alla fine di ogni prestazione, vengono rigettate sulla
11 strada come si fa con un sacco della spazzatura. Di fronte a questa crudeltà, Suor Eugenia, oggi responsabile dall’ufficio “Tratta Donne e Minori”, ha dato vita ad una rete di religiose che mettono in pratica le parole d’invocazione della S. Messa … ricordati Padre della Tua Chiesa, diffusa su tutta la terra, rendila perfetta nell’Amore… Così l’Amore Misericordioso, il solo capace di distruggere i malvagi, si concretizza nelle case famiglia (anche l’istituto delle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli ne ha donata una) dove queste donne insieme con i loro bambini, vengono accompagnate dalle suore nella difficile ricostruzione delle loro vite spezzate.
Attualmente, l’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) coordina il lavoro di 250 suore appartenenti a 80 congregazioni diverse che lavorano in collaborazione con la Caritas, con le Parrocchie, con altri enti pubblici e privati, con volontari e associazioni per ridare speranza e dignità a queste donne. È questa la forza grande del Vangelo, l’unione dei carismi di ciascuna congregazione e di ciascuna religiosa che permette una sinergia mondiale capace di parlare la stessa lingua, capace di riportare e casa tra la sua gente, una persona di nuovo libera nuovamente capace di donarsi. Chi volesse aiutare Suor Eugenia, può scrivere a tratta@usminazionale.it
Suor Eugenia, la prima a destra, con l’equipe delle suore USMI a Ponte Galeria, Roma
Vita nsa
E l’amore è l’avventura più bella
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore Oggi, 2 febbraio, la Chiesa celebra la Giornata della Vita Consacrata. È l’occasione per esprimere l’affetto e la gratitudine per coloro che hanno risposto alla consacrazione nel segno dei consigli evangelici, e che sono presenti e operanti nella nostra Diocesi. La Chiesa vi è vicina e vi ringrazia non solo per i vostri specifici carismi e per i vostri molteplici servizi, ma innanzitutto per il segno grande della consacrazione, che esprime e manifesta il rapporto sponsale tra Cristo-Capo e la Chiesa-Corpo di Cristo. C’è bisogno di questa profezia anche oggi, in una cultura per cui i legami sono sentiti come la negazione della libertà individuale, dello slancio vitale, della spontaneità soggettiva. E quindi la fedeltà - il per sempre - viene guardata come una prospettiva opprimente e impossibile. Per questo tutto sembra dover essere vissuto a tempo, per prova, per vedere se ci si sente soddisfatti, oggi si dice realizzati!: consacrazione, sacerdozio, famiglia. Alla base di tale allergia ai legami, sul piano antropologico troviamo il rifiuto del limite, del fatto che siamo creature limitate e che pertanto abbiamo bisogno gli uni degli altri, che dipendiamo gli uni dagli altri. Si respira il rifiuto del limite anziché la bellezza e l’elogio del limite. Sì elogio, perché il limite fisico, affettivo, intellettuale, spirituale… ci
“
Dio ha voluto rapportarsi con l’umanità con un legame d’amore nella forma eccellente della sponsalità, dove la fedeltà e l’unicità dell’amore si esprimono nella vita di famiglia e nella fecondità della vita. Gli uomini hanno bisogno di vedere questa radicalità d’amore che è fascino e impegno, gioia e tormento quotidiano. Hanno bisogno di vedere che è possibile perché, al fondo del proprio cuore spesso ingannato da culture distorte e interessate, sentono che questa è la propria casa, la patria della gioia vera nel tempo e nell’eternità (...) E l’amore è l’avventura più bella, ma anche il legame più esigente: se poi si tratta di Lui allora il legame si presenta al nostro “sì” come radicale.
“
Suor Gaetana e suor Maria Grazia, in occasione della celebrazione della giornata della Vita Consacrata, hanno ricordato, insieme a consorelle di altri Istituti religiosi nel Duomo di Genova, i loro 60° di fedeltà a Dio e ai fratelli. Riportiamo qui l’omelia del Card. Angelo Bagnasco.
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spinge ad uscire da noi stessi, ci costringe a scontrarci con la nostra non autosufficienza, e così imparare ad entrare in comunicazione con gli altri non come nostro specchio e proiezione, ma come il terminale di relazioni vere e virtuose. Ci spinge a chiedere umilmente aiuto e a dare generosamente aiuto. Non è anche questa la dinamica molto umana, e per nulla poetica, della vita di fraternità comunque questa si
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Vita nsa svolga? Ebbene, Dio ha voluto rapportarsi con l’umanità con un legame d’amore nella forma eccellente della sponsalità, dove la fedeltà e l’unicità dell’amore si esprimono nella vita di famiglia e nella fecondità della vita. Gli uomini hanno bisogno di vedere questa radicalità d’amore che è fascino e impegno, gioia e tormento quotidiano. Hanno bisogno di vedere che è possibile perché, al fondo del proprio cuore spesso ingannato da culture distorte e interessate, sentono che questa è la propria casa, la patria della gioia vera nel tempo e nell’eternità. Purtroppo, questa ritrosia a coinvolgerci, ad arrenderci, insinua anche il nostro rapporto con Gesù e quindi la nostra consacrazione. Per questo abbiamo bisogno di stare all’erta, e l’anno della fede ne è un’occasione propizia. In-
fatti, credere è decidere di lasciarci amare da Dio. E l’amore è l’avventura più bella, ma anche il legame più esigente: se poi si tratta di Lui allora il legame si presenta al nostro “sì” come radicale. Se volessimo tentare un’immagine appunto radicale, potremmo pensare ad un triangolo che, anziché poggiare su un lato, poggia su una punta: la punta è Gesù e il suo amore. Perché ciò avvenga, pur senza sminuire ogni altro possibile e legittimo punto d’appoggio, è necessaria la fede. Siamo noi anime di fede? La risposta è evidente e certa, corale e sincera: per la grazia di Dio lo siamo. Ma viviamo di fede? E qui penso che ognuno di noi debba verificarsi seriamente, perché avere la fede e vivere di fede non è la stessa cosa in modo scontato. Che cosa significa allora
15 vivere di fede? Non vuol dire conoscerla nei suoi misteri, né esserne maestro per gli altri, né solo avere dei tempi regolari di preghiera, né rispettare le regole delle rispettive comunità. Significa leggere le cose con gli occhi di Gesù, cioè di Dio. Potremmo chiederci: come siamo abituati a vedere e giudicare le situazioni, gli avvenimenti che accadono a noi personalmente, alle nostre comunità, alla Chiesa, alla vita degli altri e del mondo? Forse usando i criteri correnti, gli schemi dominanti? Forse sono i parametri del nostro individuale benessere? Del nostro sentirci realizzati perché le cose corrispondono ai nostri gusti, alle idee alle quali siamo tanto affezionati e che ci sembrano le migliori? Forse la consonanza con i nostri progetti? In questi casi non viviamo di fede,
ma ci nascondiamo dietro alle ragioni religiose per affermare noi stessi, non per accogliere il Signore che ci ama e ci porta per sentieri non nostri ma suoi. Penso che qui possiamo avere un buon criterio per rispondere a quella domanda da cui non possiamo sfuggire se vogliamo vivere la nostra consacrazione e percorrere la via della luce e della gioia. Cari Amici, il Signore della luce illumini i nostri cuori facendo verità: la sua luce non schiaccia perché è luce d’amore. Mentre risplende e illumina, abbraccia e salva. Festa della Presentazione di Nostro Signore Gesù Cristo Genova, Cattedrale di San Lorenzo, 2 febbraio 2013
Messaggi al mondo
Le voc
SEgno DELLa SpEranza
Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che si celebrerĂ il 21 aprile 2013, quarta domenica di Pasqua. Ne riportiamo, qui, ampi estratti.
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ari fratelli e sorelle, in che cosa consiste la fedeltà di Dio alla quale affidarci con ferma speranza? Nel suo amore. Egli, che è Padre, riversa nel nostro io più profondo, mediante lo Spirito Santo, il suo amore (cfr Rm 5,5). E proprio questo amore, manifestatosi pienamente in Gesù Cristo, interpella la nostra esistenza, chiede una risposta su ciò che ciascuno vuole fare della propria vita, su quanto è disposto a mettere in gioco per realizzarla pienamente”. “L’amore di Dio segue a volte percorsi impensabili, ma raggiunge sempre coloro che si lasciano trovare. La speranza si nutre, dunque, di questa certezza: “Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi” (1 Gv 4,16). E questo amore esigente, profondo, che va oltre la superficialità, ci dà coraggio, ci fa sperare nel cammino della vita e nel futuro, ci fa avere fiducia in noi stessi, nella storia e negli altri”. “Vorrei rivolgermi in modo particolare a
voi giovani e ripetervi: “Che cosa sarebbe la vostra vita senza questo amore? Dio si prende cura dell’uomo dalla creazione fino alla fine dei tempi, quando porterà a compimento il suo progetto di salvezza. Nel Signore Risorto abbiamo la certezza della nostra speranza”. “Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza. Egli, Vivente nella comunità di discepoli che è la Chiesa, anche oggi chiama a seguirlo. E questo appello può giungere in qualsiasi momento”. “Anche oggi Gesù ripete: ‘Vieni! Seguimi!’ (Mc 10,21). Per accogliere questo invito, occorre non scegliere più da sé il proprio cammino. Seguirlo significa immergere la propria volontà nella volontà di Gesù,
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Messaggi al mondo dargli davvero la precedenza, metterlo al primo posto rispetto a tutto ciò che fa parte della nostra vita: alla famiglia, al lavoro, agli interessi personali, a se stessi. Significa consegnare la propria vita a Lui, vivere con Lui in profonda intimità, entrare attraverso di Lui in comunione col Padre nello Spirito Santo e, di conseguenza, con i fratelli e le sorelle. E questa comunione di vita con Gesù il “luogo” privilegiato dove sperimentare la speranza e dove la vita sarà libera e piena!”. “Le vocazioni sacerdotali e religiose nascono dall’esperienza dell’incontro personale con Cristo, dal dialogo sincero e confidente con Lui, per entrare nella sua volontà. È necessario, quindi, crescere nell’esperienza di fede, intesa come relazione profonda con Gesù, come ascolto interiore della sua voce, che risuona dentro di noi. Questo itinerario, che rende capaci di accogliere la chiamata di Dio, può avvenire all’interno di comunità cristiane che vivono un intenso clima di fede, una generosa testimonianza di adesione al Vangelo, una passione missionaria che induca al dono totale di sé per il Regno di Dio, alimentato dall’accostamento ai Sacramenti, in particolare all’Eucaristia,
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“Anche oggi Gesù ripete: “Vieni! Seguimi!” (Mc 10,21). Per accogliere questo invito, occorre non scegliere più da sé il proprio cammino. Seguirlo significa immergere la propria volontà nella volontà di Gesù, dargli davvero la precedenza, metterlo al primo posto rispetto a tutto ciò che fa parte della nostra vita: alla famiglia, al lavoro, agli interessi personali, a se stessi. Significa consegnare la propria vita a Lui, vivere con Lui in profonda intimità, entrare attraverso di Lui in comunione col Padre nello Spirito Santo e, di conseguenza, con i fratelli e le sorelle. E questa comunione di vita con Gesù il “luogo” privilegiato dove sperimentare la speranza e dove la vita sarà libera e piena!”.
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Questo itinerario, che rende capaci di accogliere la chiamata di Dio, può avvenire all’interno di comunità cristiane che vivono un intenso clima di fede, una generosa testimonianza di adesione al Vangelo, una passione missionaria che induca al dono totale di sé per il Regno di Dio, alimentato dall’accostamento ai Sacramenti, in particolare all’Eucaristia, e da una fervida vita di preghiera.
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e da una fervida vita di preghiera. Quest’ultima “deve, da una parte, essere molto personale, un confronto del mio io con Dio, con il Dio vivente. Dall’altra, tuttavia, essa deve essere sempre di nuovo guidata e illuminata dalle grandi preghiere della Chiesa e dei santi, dalla preghiera liturgica, nella quale il Signore ci insegna continuamente a pregare nel modo giusto”. “La preghiera costante e profonda fa crescere la fede della comunità cristiana, nella certezza sempre rinnovata che Dio mai abbandona il suo popolo e che lo sostiene suscitando vocazioni speciali, al sacerdozio e alla vita consacrata, perché siano segni di speranza per il mondo. I presbiteri e i religiosi, infatti, sono chiamati a donarsi in modo incondizionato al Popolo di Dio, in un servizio di amore al Vangelo e alla Chiesa, un servizio a quella salda speranza che solo l’apertura all’orizzonte di Dio può donare”. “Pertanto essi, con la testimonianza della loro fede e con il loro fervore apostolico, possono trasmettere, in particolare alle nuove generazioni, il vivo desiderio di rispondere generosamente e prontamente a Cristo che chiama a seguirlo più da vicino. Quando un discepolo di Gesù accoglie la divina chiamata per dedicarsi al ministero sacerdotale o alla vita consacrata, si manifesta uno dei frutti più maturi della comunità cristiana, che aiuta a guardare con particolare fiducia e speranza al futuro della Chiesa e al suo impegno di evangelizzazione. Esso infatti necessita sempre di nuovi operai per la predicazione del Vangelo, per la celebrazione dell’Eucaristia, per il Sacramento della Riconciliazione. Non manchino perciò sacerdoti zelanti, che sappiano accompagnare i giovani quali “compagni di viaggio” per aiutarli a riconoscere, nel cammino a volte tortuoso
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e oscuro della vita, il Cristo, Via, Verità e Vita; per proporre loro, con coraggio evangelico, la bellezza del servizio a Dio, alla comunità cristiana, ai fratelli. Sacerdoti che mostrino la fecondità di un impegno entusiasmante, che conferisce un senso di pienezza alla propria esistenza, perché fondato sulla fede in Colui che ci ha amati per primo”. “Ugualmente, auspico che i giovani, in mezzo a tante proposte superficiali ed effimere, sappiano coltivare l’attrazione verso i valori, le mete alte, le scelte radicali, per un servizio agli altri sulle orme di Gesù. Cari giovani, non abbiate paura di seguirlo e di percorrere le vie esigenti e coraggiose della carità e dell’impegno generoso! Così sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare, sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno, imparerete a “rendere ragione della speranza che è in voi”. Benedetto XVI
Camminando...
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Nel 2009, in occasione del 150° anniversario della morte dei primi membri dell’Istituto e del primo Vicario Apostolico, l’arcivescovo attuale di Freetown Mons. Charles, fece una domanda ufficiale alla SMA perché ritornasse in Sierra Leone e scherzando aggiunse: “Se non volete venire ad aprire una parrocchia, venite almeno a prendervi cura del vostro Fondatore e dei vostri primi confratelli. Noi ce ne siamo occupati per 150 anni!”. (…) La storia, dopo 153
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anni, sembra riannodare tanti legami fino ad ora sciolti.
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l 25 giugno 1859 moriva a Freetown Mons. de Marion Brésillac. Di ritorno dall’India dove era stato per dodici anni missionario e vescovo, Mons. Brésillac aveva fondato nel 1856, su richiesta della Santa Sede, un Istituto missionario votato all’annuncio del Vangelo in Africa: la Società delle Missioni Africane (SMA). Aveva chiesto, a diverse riprese, che gli fosse affidato come primo campo di missione il Dahomey, ma la Santa Sede ritenne quel Regno troppo pericoloso a causa dei sacrifici umani che ancora vi si compievano. Il 13 aprile 1858 viene eretto il Vicariato Apostolico di Sierra Leone comprendente gli attuali Stati di Sierra Leone, Liberia e due terzi della Guinea. Mons. de Marion Brésillac ne diventa il primo Vicario Apostolico.
Il 3 Novembre dello stesso anno partono da Marsiglia i primi tre missionari della SMA. Il 10 marzo dell’anno seguente lo stesso Fondatore volle partire insieme ad altri due missionari: era lui il Vicario Apostolico e voleva andare ad abitare in mezzo al suo nuovo popolo. Il 14 maggio, dunque, sei membri dell’Istituto si trovano ormai a Freetown.
Purtroppo la febbre gialla fa capolino quasi subito. Nel mese di giugno muoiono tutti, salvo uno rimandato in Francia poco prima. Sembrava la fine di una missione appena iniziata e la morte di un Istituto appena nato. A Lione, infatti, non restavano che due padri e cinque seminaristi. Ma questi decidono di raccogliere la fiaccola e di dare un seguito all’avventura del Vangelo in quelle terre africane. Alla fine di settembre di quello stesso anno P. Planque, braccio destro e successore del Fondatore, si trova a Roma per incontrare il Papa e presentargli la decisione di continuare, presa dal piccolo gruppo di superstiti. In quell’occasione scrive al Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide responsabile per le missioni: “Vostra Eminenza sa anche che fino al 12 settembre I857, giorno in cui fu spedita a Mons. Brésillac il duplicato di una lettera andata persa del 27 aprile dello stesso anno, noi abbiamo sempre chiesto la Missione del Dahomey; e anche quando il Vicariato apostolico di Sierra Leone ci fu offerto e che Mons. de Brésillac l’accettò, non abbiamo mai perso di vista che è il Dahomey che ha fatto nascere la nostra Congregazione. […] Non sarà dunque sorpresa, Vostra Eminenza, che io persegua lo stesso scopo e che chieda il Dahomey. […] Mi sembra, Eminenza, che morire per morire, il martirio di sangue porta più vantaggi alla Religione e al missionario che quello delle febbri; almeno questo sangue versato ci consegnerebbe una palma e un’aureola in cielo, e potremmo veder realizzarsi questa parola che è sempre stata una verità nella Chiesa di Dio: Sanguis martyrum, semen christianorum”. Il Vicariato del Dahomey sarà, quindi, eretto nell’agosto del 1860 e P. Francesco Borghero ne sarà il responsabile. Il 6 gennaio del 1861 con altri due confra-
23 telli parte alla volta del Dahomey. Fanno sosta a Freetown per pregare sulla tomba dei primi confratelli, ma uno di loro, proprio lì, trova la morte. Sei confratelli sono dunque sepolti a Freetown dove la SMA, dopo la morte del Fondatore e dei suoi compagni, non ha più avuto nessuna missione. Nel 2009, in occasione del 150° anniversario della morte dei primi membri dell’Istituto e del primo Vicario Apostolico, l’arcivescovo attuale di Freetown Mons. Charles fece una domanda ufficiale alla SMA perché ritornasse in Sierra Leone e scherzando aggiunse: “Se non volete venire ad aprire una parrocchia, venite almeno a prendervi cura del vostro Fondatore e dei vostri primi confratelli. Noi ce ne siamo occupati per 150 anni!”. I tempi del ritorno erano ormai maturi. Venerdì 19 ottobre 2012, nella cappella della casa generalizia della SMA a Roma, durante una Messa solenne vi è stata la cerimonia d’invio in Sierra Leone di P. Bruno Miyigbena, superiore del nuovo gruppo SMA. A P. Bruno si uniranno ad altri due confratelli: P. Amaladass Arockiyasami originario dell’India e P. David Agbevanoo del Ghana. L’India ricorda dove il nostro Fondatore è stato missionario, il Bénin (ex Dahomey) da cui proviene P. Bruno è là dove Mons. Brésillac aveva chiesto di andare. Il compito affidato a questi tre padri è quello di aprire una parrocchia nell’arcidiocesi di Freetown e di costruirvi un piccolo santuario. Mons. de Brésillac aveva scritto, infatti: “Dopo Dio, noi riponiamo fermamente la nostra fiducia in Nostra Signora di Fourvière: a Lione ci siamo messi sotto il suo manto e lei si è degnata di favorire gli inizi della nostra modesta e difficile impresa. Per questo porteremo con noi la sua immagine in Sierra Leone e le faremo
costruire una cappella appena possibile, sotto il titolo di Mater febricitantium, Madre di coloro che soffrono delle febbri”. Ecco perché, durante la cerimonia d’invio, il Superiore generale ha affidato a padre Bruno due immagini: quella del Fondatore che lì ha dato la vita e quella della Madonna nera di Fourvière dal largo mantello. La storia, dopo 153 anni, sembra riannodare tanti legami fino ad ora sciolti.
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Una PART la condivision ricchezze per di Marco Aziani Don Claudio Mainini, sacerdote di Milano, ha accompagnato, per due anni, con suor Martina (NSA), la Commissione Missionaria Decanale di Abbiategrasso (MI). Ora si prepara a partire in missione come Fidei Donum. Don Claudio, si racconta in questa intervista. C’è da scommettere che sarà radicale un cambiamento che accompagna la partenza per Haiti? «Una partenza costa sempre fatica perché significa interrompere una storia fatta di moltissime relazioni che mi legano a questa parrocchia di Vigano e a questa gente, ma dall’altra è di grande stimolo». Da dove le viene questo tuo desiderio di partire? «A dire il vero, ho girato spesso nelle missioni … D’estate andavo a trovare amici
o persone che ho conosciuto con i giovani: ad esempio in Madagascar con gli scout, come pure con il Vispe in Burundi, insieme a un gruppo di parrocchiani, o in Salvador e in Messico, che ho visitato con Pax Christi …” Che cosa conosci di Haiti? «Non conoscevo niente se non le voci. Anche se ci sono stato per 15 giorni a vedere le condizioni di vita, una realtà complessa, molto povera … Io sono inviato nella parrocchia di Marrouge, 200 km a nord della capitale. Una realtà semplice dove manca un po’ tutto». L’importante che si mantenga e si rafforzi il legame con la comunità che stai per lasciare …? «Spero e penso che mi sosterranno. La gente in generale è dispiaciuta della partenza, ma è contenta della scelta che ho
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TENZA,
ne di tante r le nostre vite La vocazione al sacerdozio si accese in don Claudio Mainini durante gli anni della tenera giovinezza trascorsa condividendo l’esperienza educativa e formativa degli Scout. Un “marchio di fabbrica” che lo ha poi portato, negli anni del ministero sacerdotale, a rivestire ripetutamente l’incarico di assistente di importanti gruppi di giovani e ragazzi aderenti all’Agesci, sia a Milano, sia a Sesto San Giovanni. Un “marchio di fabbrica” che ha fatto attecchire nel suo cuore il seme della missionarietà, di un desiderio di una speciale attenzione agli ultimi e di una forte radicalità evangelica . Avendo fatto richiesta, da una decina d’anni, di poter fare un’esperienza missionaria come sacerdote “Fidei donum”, ecco che la proposta gli è stata rivolta dal Vicario generale monsignor Mario Delpini lo scorso anno con la possibilità di scegliere tra un’altra parrocchia della diocesi milanese, oppure l’isola di Haiti … “Ho detto di sì, racconta don Claudio, e ad agosto mi hanno precisato che la mia destinazione sarebbe stata Haiti …”.
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fatto. Li vedo molto partecipi. Interessati a dove vado». Che cosa ti spaventa e che cosa invece ti far star bene? «Mi spaventa il fatto di dovercela fare anche fisicamente, così come questo distacco da tutte le relazioni che si sono create, una conseguente possibilità di maggior solitudine … Invece ho voglia di provare a rimettermi in gioco, di fare questa nuova esperienza per vedere oltre, di mettermi alla prova per un nuovo passaggio della mia vita che può compiere un salto … E allora, se penso a tutto questo, sono contento…». Missionari ed annunciatori del vangelo lo si può e lo si deve essere anche stando qui in Italia, dove il processo di scristianizzazione lo richiede, come pure la carenza di vocazioni e il cosiddetto analfabetismo religioso di ritorno. Perché è necessario andarlo a fare lontano da qui? «Io penso che il Vangelo vada annunciato ovunque e sempre e che in questo andare ci sia anche uno scambio… È vero che qui c’è una scristianizzazione, da una parte, pur con tanti mezzi, opportunità, occasioni. Ad Haiti, per quel che ho potuto vedere, c’è una fede anche più semplice che può aiutare anche noi: la “missione”
è riuscire a creare questo scambio tra la vita di là e quella di qua. Uno scambio che può essere di aiuto anche per la mia fede e per la mia testimonianza. Unire le due realtà e farle conoscere è fondamentale per arricchirsi spiritualmente, far incontrare la fede della gente di laggiù e di quella delle nostre parrocchie è come la condivisione di tante ricchezze per le nostre vite (…). Anche se saremo in una situazione di grave povertà, avrò la possibilità di connettermi a internet e dunque di alimentare contatti frequenti. Poi là sono già stati avviati vari progetti, è stata creata un’associazione che ne segue già parecchi. Da quando ho saputo che sarei stato destinato ad Haiti, ho conosciuto tantissima gente e tantissime realtà che già lavorano per quel Paese. Soprattutto nella capitale, Portau-Prince, sono moltissime le organizzazioni. Riuscire a entrare in relazione con queste è importante». Insomma, non solo nessun isolamento, ma in realtà una quantità di relazioni crescente… «Certo, si apre un mondo nuovo anche per me, che è quello della cooperazione internazionale». Haiti, per come l’hai vista, continua ad essere sconvolta dal terremoto avvenu-
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to esattamente tre anni fa, il 12 gennaio 2010? «Nella capitale è ancora molto grave la situazione determinata dal terremoto e poi anche dagli uragani successivi, che hanno riguardato più da vicino la stessa Marrouge. Invece il terremoto quella parte, fatta per lo più di capanne sparse, l’aveva per così dire risparmiata. C’è sempre qualcosa che scombussola la vita di quelle persone e che le mette alla prova». E delle persone che devi lasciare qui a Vigano, alla tua comunità parrocchiale soprattutto, qual è la raccomandazione che ti senti di rivolgere loro? «Quello che ho già detto loro è che parto non da solo, ma sostenuto dall’amicizia della comunità di cui continuo a essere parte, anche se non sarò più il parroco. Quella che lascio è dunque una Chiesa che manda da qua. Penso che a Vigano la cosa più bella sia sentirsi accompagnati. Avere una comunità nell’amicizia, nella stima …». Dunque, don Claudio, partenza imminente? «A fine gennaio termino il mio ministero qui; poi ad aprile sarò a Parigi a imparare il francese, lingua ufficiale di Haiti (anche se però la gente parla il creolo,
Don Claudio in uno dei sui viaggi in Africa
che dovrò imparare sul posto, condividendo la quotidianità. Da maggio ad agosto sarò a Marrouge, ma non ancora definitivamente: settembre e ottobre li trascorrerò a Verona, dove dovrò partecipare ad un corso di missiologia che viene proposto a tutti i partenti. Il viaggio per restare ad Haiti sarà dunque in autunno». E con quali prospettive, come tempi? «Di solito è un’esperienza che occupa una decina d’anni. In Italia si rientra generalmente, a parte qualche raro periodo di “vacanza”, al massimo 12 anni dopo la partenza. Ma non è una regola fissa, dipende da tante cose. Io ad esempio sono stato chiamato per sostituire un altro sacerdote che dopo 10 anni ha chiesto di poter tornare. Anche perché ne ha 75 compiuti…».
Dalla missione
Il piccolo m
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mondo di
WArÉ
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Dalla missione
È
il piccolo mondo di Kolowaré che viene à voi, un mondo di circa 6200 persone, del villaggio e delle abitazioni sparse nella campagna, alcune anche molto lontane. Sono persone semplici che coltivano un pezzetto di terra sabbiosa e poco fertile per sopravvivere: mais, manioca, miglio, ignami. Tra loro una sessantina di anziani lebbrosi, tutti handicappati, affidati alle nostre cure. E da qualche anno, una moltitudine di persone con l’AIDS: donne, uomini e bambini. Per occuparsi di questo mondo di poveri, alla periferia della storia, ecco le suore di Nostra Signora degli Apostoli: Beatrice togolese, Mabel ghaneana, Etta italiana, tutte tre infermiere. In più 15 altre persone che operano con le suore nel Centro Sanitario: infermieri, ostetriche, tecnici di laboratorio, personale per la pulizia, farmacista. Ma quello che è meraviglioso, è che adesso abbiamo due assistenti medici, uno a tempo pieno e l’altro due volte la settimana e un medico, il Dottor Niman, che viene due o tre mattine per settimana. E poiché è molto competente e accogliente, i giorni in cui visita siamo completamente invasi
dagli ammalati. Questo medico ci ha ottenuto qualcosa di prezioso: l’autorizzazione ad avere à Kolowaré una banca di sangue. Tutti gli ammalati molto anemici (e sono molti) soprattutto bambini e ammalati di AIDS, dovevano essere trasferiti all’ospedale della città di Sokodé con spese che molti non potevano sostenere. Ora possiamo fare, qui a Kolowaré, trasfusioni tempestive e salvarli. Un altro regalo di questo medico: ha fatto formare il tecnico di laboratorio e l’ostetrica per prelevamenti che ci permettono diagnosi più accurate. Tutto questo è completato da giornate di formazione per tutto il personale sulle diverse patologie incontrate durante le visite. Da quest’anno abbiamo un elettrocardiografo. La popolazione conta una grande percentuale di ipertesi e facciamo in media 35 ECG al mese. Questo ci permette di fare diagnosi precoci di malattie cardiache e dunque prevenire complicazioni. Nostro sogno è avere ora un ecografo. Un’associazione ce lo ha promesso! Abbiamo attualmente 271 persone con il virus dell’AIDS in terapia antiretrovirale, ma molti di più sono i sieropositivi che attendono che il loro dossier sia accetta-
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Il villaggio di Kolowaré, nato nel 1935 per curare gli ammalati di lebbra, si è trasformato, poco alla volta in un importante villaggio con un Centro Sanitario che si avvia a diventare ospedale. Ecco i servizi che il Centro offre: ambulatori per visite e cure, camerette per accogliere ammalati gravi, laboratorio di analisi, farmacia, centro nutrizionale per bambini malnutriti, laboratorio per protesi e calzature, una maternità.
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to dalla commissione per aver diritto alle cure. Tutto questo richiede un’attenzione costante per sostenere, accompagnare ammalati e famiglie. Ci occupiamo anche dei bambini malnutriti e dei bambini malati di AIDS la cui situazione è ancora più dolorosa di quella degli adulti. Una benefattrice tedesca ci fornisce dei kits di alimenti per questi bambini. Quest’anno abbiamo visitato sino fino ad oggi 9350 persone. La nostra comunità cristiana è piccola, ci conosciamo tutti e formiamo una grande famiglia. P. Galli, delle Missioni Africane, risiede qui e accompagna la comunità. Suor Mabel si occupa dell’ACR, ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica, e dei chierichetti. Il Togo continua a vivere problemi che generano malessere, disagio e sofferenza, come molti Paesi d’Africa: salari molto
P. Silvano Galli, SMA e la comunità delle suore NSA di kolowaré
bassi, costo della vita sempre più caro, scioperi degli insegnanti (la scuola è iniziata un mese dopo), agitazioni e distruzioni nelle università, bombe lacrimogene nelle strade della Capitale per disperdere i manifestanti. Ecco quello che desideriamo condividere con voi. Questi tratti di vita condivisa sono il nostro grazie per la vostra generosità che ci permette di operare, confortare, accompagnare, amare, salvare, questo mondo di malati. Suor Etta Profumo, NSA
Suor Etta Profumo, responsabile del Centro Sanitario
Dalla missione
Una scuola tutta
mISSIONArIA L
a scuola «Nostra Signora degli Apostoli (NSA) di Salima (Libano) esiste dal 1933. È nata con lo scopo di assicurare un’educazione umana, sociale e intellettuale a ragazzi di confessione religiosa diversa. Essa, nel corso di tutti questi anni, ha vissuto momenti difficili dovuti al susseguirsi di guerre interreligiose e crisi economiche. Avvenimenti di una gravità tale da obbligare le suore, insieme ad altre persone di religione cristiana, a lasciare la regione per motivi di sicurezza. Solo dopo 30 anni di massacri, di distruzioni e di sofferenza, con il coraggio che le caratterizza, le suore sono ritornate per riprendere l’insegnamento. Questo desiderio di ritorno è stato un tentativo per superare la paura e ritrovare coraggio da infondere a tutti i cri-
stiani profughi invitandoli a far ritorno a casa. È timidamente che la scuola NSA di Salima ha ripreso la sua attività nel 2004 e oggi ha raggiunto un effettivo di 86 allievi di cui 48 cristiani e 38 drusi ripartiti in classi che vanno dalla scuola materna alla 3ª media. Attualmente le suore lavorano con un’equipe composta di 12 insegnanti e 4 persone impegnate in un progetto educativo ben mirato e con uno stile tutto missionario. Tre suore NSA, a tempo pieno, sono impegnate nell’insegnamento. La scuola oltre ad offrire una buona formazione intellettuale ha lo scopo di far crescere i ragazzi in uno spirito missionario cioè con la capacità di collaborare con persone di ogni razza, religione avendo degli obiettivi ben mirati per il futuro. I prìncipi che
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orientano questo progetto educativo sono: il rispetto di sé e degli altri, l’apertura di spirito, di accoglienza del diverso, la ricerca di maggiore autonomia, il sentimento di appartenenza, una maggiore coscienza del rispetto verso l’ambiente, il senso del lavoro ben fatto, il gusto del bello. La scuola cerca di promuovere i valori di giustizia e di pace, di rispetto, di fraternità, di libertà, di uguaglianza, di generosità, di senso civico, di responsabilità e di autonomia. L’obiettivo di questi ragazzi è proprio quello di arrivare a gestire, in maniera autonoma, le situazioni di conflitto in uno spirito di pace, di giustizia e di non violenza. La nostra giornata a scuola incomincia sempre col riunire i ragazzi e gli insegnanti per una breve preghiera e dopo aver cantato l’inno nazionale libanese tutti entrano in classe. È evidente che la lezione di catechesi è data solo ai cristiani mentre i drusi partecipano ad altri corsi di carattere educativo. I momenti importanti durante l’anno come il Natale, la Quaresima, le celebrazioni dei sacramenti sono
vissuti da tutti con grande gioia. Con loro non si fanno solo dei laboratori a carattere pedagogico, non si organizzano solo momenti di intrattenimento ma anche attività caritative e missionarie. Attraverso questo clima fraterno che continua anche in famiglia noi vediamo come il nostro impegno missionario prenda sempre più consistenza tra ragazzi e insegnanti. Il nostro unico problema è quello economico. I genitori di questi ragazzi hanno un salario molto basso e non possono pagare delle rette troppo alte. Questo incide sulla difficoltà da parte nostra di assicurare lo stipendio agli insegnanti e garantire l’efficienza della scuola. Ci affidiamo alla generosità di tutti coloro che ci seguono e ci vogliono bene perché quest’opera educativa possa continuare in questa regione del Libano che ha ancora bisogno della nostra presenza missionaria. Suor Odile Ogou, Responsabile della scuola NSA di Salima (Libano)
Dalla missione
La gIoIa dI Un nUovo an
30 anni di presenza T
rent’anni di presenza in Argentina, trent’anni portando a tutti la Parola e l’Amore di Cristo. Questi trent’anni di Evangelizzazione meritano una celebrazione! L’abbiamo vissuta il 28 dicembre 2012, nel tempo favorevole del Natale che ci ha fatto sentire uniti al “Dio con noi”, tra noi e con tutti i poveri del mondo. Le Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli ci hanno invitato nella loro comunità, eravamo presenti una cinquantina di persone per condividere insieme il Pane di Vita e la gioia di un nuovo anniversario missionario. Arrivati ci siamo sentiti accolti da un’atmosfera di spiritualità, di entusiasmo e di gioia caratteristici della festa: tutti erano indaffarati a fare qualcosa, a controllare che tutto andasse per il meglio: il presepio, le luci, i fiori, la musica. C’era un gran movimento anche in cucina dove si preparavano tante buone cose da offrire agli invitati. Per prima cosa c’è stata la Messa di ringraziamento. L’omelia di P. Marcello Giannerini ci ha fatto riflettere sull’im-
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La comunità NSA in Argentina
Te rogamos por todas las Hermanas nsa y los sacerdotes de la sma que en éstos 30 años, entregaron generosamente sus vidas en la animación misionera de la Iglesia en Argentina. Que sus esfuerzos sigan floreciendo y fructificando haciendo de la Argentina una Iglesia solidaria con la humanidad del mundo entero, tal como Jesús la fundó.
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portanza di questo dono silenzioso e appassionato delle suore che, seguendo l’esempio di Maria, con fede e amore, perseverano nella preghiera e nel lavoro missionario. Sull’altare erano esposte le immagini della Vergine nel Cenacolo e gli Apostoli che ricevono lo Spirito Santo, e
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nnIversarIo mIssIonarIo
a NSA in Argentina
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(traduzione) “Ti preghiamo per tutte le suore NSA e i Padri SMA che in questi 30 anni hanno lavorato e lavorano a servizio dell’Animazione Missionaria nella Chiesa di Argentina. Benedici e santifica i loro sforzi perché continuino a portare frutti facendo dell’Argentina una Chiesa solidale e fraterna col mondo intero, nella fedeltà al mandato missionario di Gesù.
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di P. Agostino Planque, Fondatore della Congregazione. Durante la processione offertoriale abbiamo portato all’altare alcuni simboli di unità fra tutti i popoli: un poncho delle Ande, una bambola vestita all’africana, e del cibo preparato per l’occasione da
mani laboriose. Il suono delle chitarre accompagnava i nostri canti, unendoci tutti nelle lodi al Signore. Con il cuore colmo di pace e di gioia abbiamo continuato la festa con il brindisi accompagnato da ottimi bocconcini, sandwich e “empanadas”. Non poteva mancare la danza! Una coppia di ballerini ha dato il via esibendosi nel “patio” con tango e “milonghe”. Il culmine della festa si è avuto con l’esibizione del complesso folcloristico “Radici Auricane” che ha suonato musiche tipiche argentine: “checareras, gatos y zambas” dando brio ai ballerini e raddoppiando il loro entusiasmo: tutti scendevano in pista gareggiando con danze diverse: la “cumbia”, il “quartetto conrobese”, le danze africane. Danze e “rinfresco” si alternavano e a turno si gustavano i buoni dolciumi. Poi abbiamo avuto il brindisi finale con torte e lo scambio di auguri per il 2013. Ci siamo lasciati con tanta gioia nel cuore augurando ogni bene alle Sorelle missionarie. Dio le benedica per il lavoro che stanno svolgendo. Mirta Elena Curviello in Biondi
Dalla missione
“getto semi “G
etto semi di Vangelo”, è un’affermazione molto bella e oso sperare che questo avvenga quotidianamente nella mia vita, nella semplicità delle mie relazioni, nel mio darmi agli altri, nel mio stile di vita, nelle mie scelte. La comunità NSA in cui vivo è composta da tre suore, Marcelline di origine beninese, e Lynn di origine francese, ambedue arrivate quest’anno, la terza sono io al mio quinto anno di presenza a Ferkessédougou, cittadina situata al nord della Costa d’Avorio.
Una bella comunità non c’è che dire, e come ogni inizio ciascuna ha un ruolo importante “da giocare” per gettare quei semi che costituiranno la base e lo stile della nostra presenza fra la nostra gente. “Ricevere.., e dare...”. Grazie a quest’abbraccio di culture, sono molti i semi che sono stati gettati, sparsi nel mio cuore e che hanno contribuito a renderlo più sensibile, attento, disponibile, aperto al nuovo e al diverso. Umilmente, con i miei errori e tentennamenti, i semi che io ho potuto gettare in terra, per favorire la crescita della fami-
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di Vangelo” glia NSA nella sua multiculturalità sono stati quelli dell’ascolto, della comunione, del rispetto. L’elemento che più mi riempie di gioia e di speranza è di contribuire alla crescita di questi bambini, essere partecipe delle loro gioie e delle loro scoperte. I loro cuori sono così percettivi e interessati ad accogliere in un gesto semplice, in una parola, un sentiero per condurli a Dio. Con le famiglie la gioia più grande che vivo è quella dell’incontro che sorpassa la soglia del semplice approccio e questo
ogni qualvolta che mi è proposto di entrare a conoscenza delle loro vite, attraverso un interscambio diretto senza pregiudizi. Il seme gettato in terra, la semente che evangelizza il mio essere d’oggi, è il testo delle Beatitudini (Mt 5,3-12). Perché questo testo? Perché i beati sono coloro che gettano a piene mani i semi del Vangelo, che incarnano con la loro vita il Verbo fatto carne. Un ideale molto alto, ma raggiungibile se si aggiunge una buona dose di umiltà, di conversione personale e di semplicità. Suor Annamaria Schiavon, NSA Ferkessédougou, Costa d’Avorio
Dalla missione
VOgLIO VI e dare voglia d U
n avvenimento religioso eccezionale. Da più di un secolo non c’era stata un’ordinazione episcopale a Orano. Questa si era fatta sempre o in Francia o ad Algeri. E invece il 25 gennaio 2013 (festa della Conversione di S. Paolo), fra Paul Vesco, Provinciale in Francia dell’Ordine Domenicano ma prima Vicario Generale e parroco di Tlemcen (Algeria), è stato ordinato vescovo della diocesi di Orano. La preparazione e l’organizzazione sono state perfette per accogliere nella piccola sede vescovile la: famiglia, gli amici venuti dalla Francia, ma anche il Cardinale di Lione Philippe Barbarin, il Nunzio Apostolico, gli attuali Arcivescovi e quelli emeriti del Marocco, di Algeri. I vescovi delle altre quattro diocesi di Algeria. Mentre i sacerdoti, religiosi e religiose provenienti da ogni parte del paese, da Metz sono stati accolti all’Hotel “Bel Air”. I giovani universitari africani e malgasci, nel corso della celebrazione, hanno riempito la cattedrale di ritmi festosi e si sono resi disponibili per i vari servizi. Una cerimonia tutta africana: colorata, piena di gioia e ricca di canti. Un’assemblea espressione di una pluralità di colori, di confessioni religio-
se diverse, come la presenza di famiglie copte ortodosse con il loro monaco ora, molto fraterne con noi (in passato molto più distanti dalla chiesa cattolica). Gente di ogni età, condizione, dagli Ambasciatori di Francia, Spagna ai semplici operai, molti amici mussulmani. Una “splendida famiglia” riunita insieme per lodare l’unico Dio. Sorrisi, strette di mano, abbracci. Ci si stringe per offrire un piccolo posto a sedere. Cerimonia molto bella nella sua semplicità e nello stesso tempo significativa con la presenza di 10/12 vescovi, una quarantina di preti. Impressionante questa partecipazione!!! Impressionante anche il silenzio, l’ascolto, l’attenzione che si porta sul significato che riveste tale Città di Orano
Vere
i vivere ordinazione episcopale: l’unzione, consegna dell’anello, della mitra, del pastorale che fu usato da Mons. Claverie già vescovo di Orano, domenicano assassinato nel 1996 dai fondamentalisti islamici. Jean Paul steso sul pavimento della Cattedrale. Tutto questo colpisce profondamente i mussulmani. In un clima di preghiera il nuovo vescovo alza la mano per mostrare a tutti l’anello offerto da Mons. Alfonso Georger, suo predecessore. L’assemblea risponde con un caloroso applauso. Il suo motto? Una frase di una religiosa che durante il decennio buio del fondamentalismo islamico che ha seminato terrore e morte aveva detto: “Voglio vivere e dare voglia di vivere”. L’omelia di Mons. Ve-
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Mons. Jean Paul Vesco Nato a Lione, il 10 marzo 1962, svolge la professione di avvocato a Parigi ed entra nella Congregazione dei Frati Predicatori (Domenicani) facendo la solenne professione di fede il 14 settembre 1996, è consacrato sacerdote il 24 giugno 2001. Dopo gli studi alla Scuola Biblica di Gerusalemme, si trasferisce in Algeria, a Tlemcen nella diocesi di Oran dove cerca di rifondare la presenza domenicana sei anni dopo l'assassinio di monsignor Pierre Claverie. Nel 2005 è nominato vicario generale della diocesi, e nel 2007 anche economo. Nel dicembre 2010 è eletto priore provinciale dei domenicani francesi, e deve lasciare l'Algeria per tornare a Parigi. Il 1 dicembre 2012, papa Benedetto XVI lo nomina vescovo di Oran, succedendo a monsignor Alphonse Georgerm, ritiratosi per raggiunti limiti d'età. Viene consacrato il 23 gennaio 2013 dal cardinal Philippe Xavier Ignace Barbarin.
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Dalla missione
sco lasciata alla spontaneità più che ad un discorso ufficiale. Una parola fraterna, affettuosa, carica di riconoscenza per tutti. Per noi una giornata indimenticabile, una cerimonia unica che raggiunge il suo valore più alto quando ci spostiamo verso il fondo della cattedrale, per una preghiera silenziosa, sulla tomba dove riposa Pierre Claverie. Presente anche la sorella di Pierre venuta con il marito per condividere questo momento di gioia ma anche per rendere omaggio al fratello scomparso. I genitori di Jean-Paul, i due fratelli emozionati e felici. La mamma mi diceva alla vigilia: “Jean Paul non ha ancora finito di stupirci! Da avvocato a domenicano, da Vicario generale a Provinciale e Vescovo …”. “Non è forse ancora finito, è giovane!”. Gli ho risposto! Tutti ci troviamo ripartiti in diverse sale per un buffet e nel cortile per i saluti e gli scambi sempre occasione di nuovi
incontri; momento molto amichevole dove anche il Card. Barbarin canta con il gruppo dei malgasci e ricorda con loro il soggiorno di quattro anni vissuti in questo paese. Cantando dimostra di non aver ancora dimenticato questa lingua. Mi avvicino a lui con un amico algerino avvocato: una stretta di mano, un sorriso e una frase di presentazione: “Eccellenza, si direbbe che non siete un cardinale? Siete così semplice!”. La sua risposta: «Si, sono così felice, mi fa così bene trovarmi con voi tutti!” E si vedeva! Alle 20.00 l’Hotel “Bel Air” offre un buffet e dei panini a tutti coloro che rientrano nei loro rispettivi luoghi di provenienza: Algeri, Tiaret, Mosta, Tlemcen, Annaba … Le suore di Nostra Signora degli Apostoli che la sera prima avevano accolto una trentina di persone arrivate soprattutto dalla Francia si ritrovano, in casa loro, attorno a un pasto fraterno. Ci raggiunSuor M. Claude, autrice dell’articolo
41 gono anche Fella e Myriam due amici algerini. Myriam è stata formata al ricamo e cucito dalle nostre due suore: Bibiane e Angèle Marie, assassinate il 3 settembre del 1995. È lei, l’ultima che le ha viste. Originaria di Tibhirine, ha conosciuto anche la comunità monastica di cui 7 monaci furono pure vittime dei fondamentalisti islamici. Myriam si dice sempre: “nostra sorella mussulmana”. Bisogna vederla come discute, come risponde ai giovani padri domenicani che si trovavano a tavola con noi. Sono contenta di vedere come l’ascoltano e l’apprezzano. La serata ci riserva altri incontri significativi:
il Console di Francia, il Prof. Gèrard de Bélair, famoso biologo e studioso della flora e fauna in Algeria. Potrei continuare ma possiamo solo dire che questa festa è stato un momento carico di grande umanità, un momento di grazia non solo per la diocesi ma per tutta la chiesa di Algeria. Come non aggiungere una sorpresa: un padre domenicano ha avuto subito il visto e la possibilità di venire a vivere qui con noi. Speranza e gioia da condividere anche con voi. Fraternamente. Suor M. Claude Sohier, NSA, Orano, Algeria
La diocesi di Orano (in latino: Dioecesis Oranensis) è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell’arcidiocesi di Algeri. Nel 2010 contava 800 battezzati su 8.149.159 abitanti. È attualmente retta dal vescovo JeanPaul Vesco, O.P. La diocesi è stata eretta il 25 luglio 1866 con la bolla Supremum pascendi di papa Pio IX, ricavandone il territorio dalla diocesi di Algeri, che è stata contestualmente elevata ad arcidiocesi metropolitana. Nei primi secoli c’erano non meno di 123 diocesi nella Mauritania cesarea e tingitana. Un’importante sede nell’attuale diocesi fu Tlemcen. Victor, vescovo di Tlemcen, partecipò al concilio di Cartagine (411); Onorato venne esiliato nel 484 dal re vandalo Unerico per avere respinto l’arianesimo. Sebbene gli arabi (708) distruggessero molte chiese, secondo AbouObed-el-Bekrii nel 963 a Tlemcen esistevano ancora chiese e cristiani. Fino al 1254 si ha notizia di truppe cristiane al servizio dei re mori di Tlemcen; Da una bolla di papa Niccolò IV (1290) appare che un vescovo del Marocco, legato della Santa Sede, avesse giurisdizione sulla regione, rovinata da una violenta persecuzione nella seconda metà del XIII secolo. Orano, probabilmente di origine mora, venne conquistata dagli spagnoli nel 1509. La spedizione contro Tlemcen, guidata dal conte d’Alcaudette capitano generale dal 1534 al 1538, fu una sorta di crociata. Gli spagnoli governarono fino al 1708, e ancora dal 1732 al 1792. A seguito della richiesta del Bey di protezione alla Francia, i francesi occuparono Orano (10 dicembre 1830). Nel 1849 venne istituito il pellegrinaggio a Notre-Dame du Salut a Santa Cruz. Prima della legge sulle associazioni del 1901 la diocesi ospitava gesuiti, lazzaristi e diversi ordini religiosi dediti all’insegnamento, di cui uno nativo della diocesi, i fratelli di Nostra Signora dell’Annunciazione, con casa madre a Misserghin. Sono numerose le suore trinitarie, con casa madre a Valence (Drôme). Nel 1901 la diocesi contava 273.527 europei, esclusi i soldati francesi; nel 1905 c’erano 5 parrocchie canoniche, 77 parrocchie succursali, 13 curatie remunerate dallo stato, 14 preti ausiliari.
Dalla parte di
Quarant’anni da allora …
Il destino dell’EMI è “precedere il futuro” Q
uello era il mio territorio di missione. Tra le camere da letto dei Padri missionari, al secondo piano, una stanza disadorna era stata trasformata nel mio ufficio. Fuori, alle pendici del Colle della Guardia, sul quale si alza leggero il santuario di San Luca, la quieta campagna bolognese, appena fuori dal frastuono della città. Da lì guardavo il mondo. Arrivavano libri da ogni dove, ma libri ancora da fare, libri nella mente dei loro autori, libri che cercavano una veste per presentarsi con decenza ai lettori: il tavolo e le sedie erano sempre colmi di manoscritti e di bozze. Eravamo in pochi nella prima sede dell’EMI: al pianterreno, nella
stanza che ora è diventata una cappella, c’era Ottavio, padre e factotum della nuova creatura; a due passi, in un ampio salone, Roberta, alla contabilità, e Giovanna – che Dio l’abbia in gloria per la sua materna dolcezza – alle vendite.
Correva l’anno… Ma gli anni corrono sempre troppo e siamo a quarant’anni da allora. E allora, come adesso, l’impresa era stupenda e impossibile: scoprire e far scoprire che il mondo è uno, la casa di tutti; capire e far capire che siamo tutti fratelli e sorelle, ma tanto diversi che non ci riconosciamo, se un Padre, Dio, e una Madre, la Chiesa, non se ne fanno testimoni; dire a noi stessi e gridare sui tetti che la fede – ogni fede – è ben strana dottrina se divide gli uomini, separa passato e futuro, mette inimicizia fra la natura e la storia. Quella casa a metà collina sembrava una nave, in realtà era un porto di mare. Quante persone incontravamo! Cito le più note: Raoul Follereau, Madre Teresa, l’Abbé Pierre, Helder Camara. Era la prima fase dell’EMI, mes quella dei grandi messaggi e dei credenti credibili. Si cominciava a capire che eravamo noi, l’Occidente, ai margini del mondo e che i poveri copriva coprivano quasi l’intera fac faccia della terra. I libri di P. Gheddo o di Giorgio Torelli por portavano alla ribalta la fame del mondo e l’epopea nascosta dei missionari; i quali venivano – trent’anni in
43 Sudan, venti in Bolivia, cinquanta in Kenya, venticinque in India… – tutti con i loro manoscritti (ma proprio scritti a mano e in un italiano incerto per la lunga lontananza dalla madrelingua) a parlarci non più di tigri e di leoni ma di oppressi e oppressori, di lotte quotidiane per la vita e di battaglie storiche per l’indipendenza… Arrivava però anche, ospite inatteso, alto e dinoccolato, il professore di Oxford a cercare i testi etnologici di P. Santandrea o di P. Giorgetti; e arrivavano i linguisti italiani, pretenziosi quanto incerti, a proporre le prime grammatiche di kiswahili o di cinese. Intanto l’EMI cresceva e aveva crisi di adolescenza. P. Ottavio Raimondo, seguendo la sua primaria vocazione, era partito per il Messico e sulla fragile barca salivano i “reduci dalle nazioni”: P. Luca dal Giappone, P. Catellani dagli Stati Uniti, P. Vittorio da Hong Kong, P. Acerbi dall’India, P. Tietto dal Tanzania… Un avvicendarsi di sensibilità e visioni che portò l’EMI alla seconda fase: quella dell’interculturalità, dell’aria nuova che le culture “altre” potevano far entrare nelle stanze chiuse della vecchia Europa. Cominciammo con le poesie e le favole. P. Luca, P. Danieli e P. Riccò ci portarono “sulle spiagge dei mondi” e con “il flauto magico” ci fecero sco-
prire armonie d’altri luoghi. Le “favole dal mondo” irruppero nelle scuole italiane per dire a maestri e alunni che la sapienza dei popoli può viaggiare su ali leggere. P. Zanotelli protestava, come se l’EMI fosse diventata frivola mentre la misura dell’ingiustizia si faceva sempre più piena; ma P. Silvano Galli e don Vittorio Maconi invitavano a scavare sempre più e sempre meglio nell’inesausta miniera delle tradizioni orali. Dall’America Latina arrivò P. Tassi e le vocazioni dell’EMI si ricomposero. I “Quaderni ASAL”, “Battesimo di sangue” (fra Betto), il “Nunca más”, “La povertà ricchezza dei popoli” (Albert Tévoédjré)
e tante altre voci dal Sud e dal Nord del mondo mettevano insieme la necessità di una rivolta e l’impegno alla reciprocità dei doni. Intanto l’EMI non era più nella gloriosa sede di Via del Meloncello 3/3. Vagava di sede in sede, sempre a Bologna, cercando l’ubi consistam. Non faceva più capo solo ai quattro più antichi Istituti missionari di origine italiana: la cooperativa si era allargata a tutti i 14 o 15 Istituti missionari presenti in Italia, e aveva l’ambizione di rappresentare l’intero mondo missionario italiano. Da questo più ampio seno nasceva “ad Gentes”, rivista di teologia e antropologia della missione, luogo di incontro e di passione di teologi e missionari; nasceva MISNA (“Missionary Service New Agency”), che si sarebbe più tardi staccata dall’Editrice come Eva dalla costola di Adamo. Eravamo, ormai, alla terza fase. Ne erano focus i “nuovi stili di vita”. Gli ispiratori, almeno per l’EMI, ne furono – primi anni ’90 – don Giulio Battistella e P. Meo Elia. Io ci misi del mio quando convinsi don Giulio a dare all’EMI il primo libro, proprio con quel titolo, uscito in Italia, che egli stava per cedere a una piccola editrice laica e “rivoluzionaria” di Vicenza. Lo convinsi dicendogli che così quel libro sarebbe diventato
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Dalla parte di La EMI è una casa editrice missionaria di proprietà di 15 istituti italiani maschili e femminili che svolgono attività anche fuori dell'Italia. Sono: • Missionari Comboniani • Missionari della Consolata • Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) • Missionari Saveriani • Società delle Missioni Africane (SMA) • Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli (NSA) • Missionarie Comboniane • Missionari d’Africa (Padri Bianchi) • Missionari Verbiti • Missionarie della Consolata • Missionarie Secolari Comboniane • Comunità Redemptor Hominis • Missionarie dell'Immacolata • Missionarie di Maria (Saveriane) • Segretariato Unitario per le missioni dei Cappuccini È esattamente questa diversità di sensibilità e prospettive, di questi Istituti, che è la ricchezza più grande dell'EMI e che si traduce in un'ampia gamma di temi e proposte editoriali: dal racconto della missione fatto dai suoi protagonisti, i missionari, allo sforzo di dar voce alle giovani chiese; dai temi della giustizia e della pace a quelli dell'intercultura; dal rapporto tra paesi e popoli ai nuovi stili di vita. Inoltre, temi del dialogo interreligioso, dell'ecumenismo, dell'incontro con il diverso; temi legati all'ambiente e al rispetto del pianeta; la solidarietà tra i popoli e la cooperazione internazionale; senza dimenticare la dimensione biblica, la spiritualità missionaria, gli aspetti teologici della missione. Il pubblico al quale la EMI si rivolge è estremamente variegato: dalle persone di chiesa (laici e religiosi impegnati) ai militanti di movimenti sociali e gruppi alternativi; dal mondo della cultura a quello della scuola; dal contesto missionario a quello dell'impegno sociale, laico e politico. Nel catalogo EMI ci sono collane per i bambini e altre per insegnanti ed educatori. Molti titoli sono pensati per le famiglie come per i gruppi di solidarietà.
un capostipite. E chi può negargli questo onore davanti ai tanti valorosi libri di Francuccio Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo), a “Futuro sostenibile” del Wuppertal Institute, ai testi di Serge Latouche, di Christoph Baker, di Gianfranco Bologna e a quelli
dell’intera collana “Giustizia, Ambiente, Pace”? Il destino dell’EMI è “precedere il futuro”, destino che è capito solo “dopo”, come quello dei profeti, che hanno sempre un po’ da soffrire, ma non possono mai arrendersi, neanche quando vorrebbero,
perché Dio non lo concede. Da tanti anni (2004) sono ormai fuori dall’EMI. P. Ottavio è a Bari, Roberta in pensione, Giovanna in Cielo. Io non vivo di ricordi, ma so che i ricordi possono far bene all’eternità. Francesco Grasselli
Certo, con te abbiamo
accettato di salire sulla Croce, con Te nella Tua morte siamo stati battezzati; noi non abbiamo scandalo di Te, o Dio in croce. Noi non ci ritiriamo dal gridare che Tu sei il senso, l’unico senso per cui tutte le cose vivono; Tu Cristo in croce. Per questo è iniziata in noi la Risurrezione … In te noi siamo, o Cristo, ormai risorti: il dolore è investito dalla gioia. L. Giussani (da… “Tutta la terra desidera il Tuo volto”)
Auguri cAri di BuonA PAsquA. il signore risorto doni A tutti lA suA PAce. Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli
Adesso parliamo noi
S
ankofa è il titolo che abbiamo voluto dare alla serie di tre incontri che la nostra comunità di Feriole insieme ad alcuni laici, ha proposto quest’anno alla grande Famiglia SMANSA. Gli incontri si propongono di farci riflettere su cosa vi è di fondamentale che dà vita, mantiene e stimola una comunità come quella SMA-NSA. Abbiamo voluto farlo partendo da due uomini che sono all’inizio della nostra storia missionaria: Mons. de Marion Brésillac e P. Augustin Planque. Durante questi tre incontri ci proponiamo di conoscere un po’ di più questi due uomini, la loro vita, il loro messaggio e cercare insieme ciò che può aiutarci a vivere meglio il nostro presente, insieme tra noi. Abbiamo vissuto il primo incontro. Esso aveva per titolo: “Essere missionario dal profondo del cuore”. Un momento di preghiera ha introdotto la giornata, ponendo la Parola al centro delle nostre riflessioni. Aiutati poi dal video sui Fondatori proposto da P. Gino Sanavio e dalla conferenza tenuta da P. Renzo Mandirola, siamo entrati nel vivo della riflessione durante la quale è stato chiesto a ciascuno di noi partecipanti di attualizzare quanto visto e ascoltato. Siamo stati aiutati in questo anche dalla lettura di alcuni brani tratti da-
SANK gli scritti dei Fondatori e dai documenti della Chiesa sulla Missione. Come lo Spirito Santo ha gettato semi di Vangelo attraverso i Fondatori e il carisma missionario a loro affidato così anche noi siamo stati invitati a condividere i “semi di Vangelo” gettati nel nostro cuore durante la giornata. Grazie al contributo di ciascuno abbiamo ancora più profondamente compreso
KOfA
che essere missionari è prima e anzitutto una questione di cuore. Certo! Alcuni di noi sono chiamati dal Signore a partire per annunciare il Vangelo fuori dai confini della propria Nazione, là dove Gesù Cristo non è ancora conosciuto. Tuttavia tutti, rispondendo ciascuno alla propria vocazione siamo invitati a partire con il cuore, ad amare non con la testa ma con il cuore”. In definitiva, come qualcuno di noi ha detto, “non è il partire o il non partire che fa il missionario, ma il cuore!”. L’importante è preoccuparsi di dove e come il Signore ci vuole. È uno stile di vita che siamo invitati ad acquisire sempre di più. Uno stile fatto di fedeltà fino in fondo agli impegni presi, di “passione vissuta nelle due forme: mettere il cuore nelle cose che si fanno e accettare di soffrire per esse”. Esso è fatto anche di “fiducia nel progetto di Dio e nei fratelli”, con la consapevolezza che “sono le piccole cose che fanno i gran-
47 di i santi”. Ecco soltanto alcuni dei “semi di Vangelo” che abbiamo condiviso tra di noi. Giornata tanto ricca quanto profonda, terminata con la Celebrazione Eucaristica nella quale è stato ribadito che Gesù Cristo e nessun altro è e deve restare il Re della nostra vita. Quanto più la viviamo, questa vita, sviluppando tutta la nostra umanità in positivo, tanto più essa sarà piena di significato per noi e per le persone a cui siamo inviati, le nostre famiglie e comunità, i luoghi di lavoro e/o apostolato. Grazie a tutti e a ciascuno per quanto ci siamo donati reciprocamente. Grazie a Dio per questa vocazione missionaria che ci accomuna. Ripartiamo con la consapevolezza rinnovata che il “seme di Vangelo” che è il nostro carisma missionario ha ancora oggi grandi potenzialità e può, anzi, deve portare ancora molti frutti… attraverso di noi. Suor Marta Pettenazzo, NSA L’immagine del Sankofa che nel simbolismo della cultura akan, è un uccello che volge la testa indietro per recuperare un uovo. Esso è associato a un proverbio che significa: “dobbiamo voltarci verso il passato per cogliere ciò che può aiutarci a meglio vivere il presente”.
aPPunTaMenTi
mISSIO gIOVANI IOVANI (organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana che si occupa dell’animazione missionaria per adolescenti e giovani) propone:
Missiotour Sicilia • 15-17 marzo 2013
Il Missiotour ha lo scopo di: • sensibilizzare e diffondere tra i ragazzi e i giovani lo spirito missionario della Chiesa italiana • arrivare a raggiungere quel mondo “fuori”, partendo dalla rianimazione di coloro che da tempo conoscono le varie realtà di missione degli Istituti religiosi missionari • favorire la collaborazione e il dialogo tra i Centri Missionari Diocesani e Istituti, Movimenti, Gruppi missionari a livello locali. Non dobbiamo aspettare che siano gli altri ad avvicinarsi a noi, dobbiamo essere noi per primi ad Annunciare la Buona Notizia che abbiamo incontrato. Contatti: Giovani (Mgm), Alessandro Zappalà, e-mail: giovani@missioitalia.it
24 marzo 2013
gIOrNATA dI preghIerA e dIgIuNO in memoria dei missionari martiri «Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non morirà mai». Mons. Óscar Arnulfo Romero
La Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri è per ricordare i tanti missionari/e, laici e religiosi, famiglie e operatori pastorali, che donano la vita per il Vangelo, in diverse parti del mondo.
1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,1415) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sè. Questa economia Se davvero la Chiesa ha coscienza di ciò che il Signore vuole ch’ella sia, sorge in lei una
della Rivelazione comprende
nSa-Sma domenica 2 giugno 2013
Santuario della madonna della Cornabusa Via Papa Giovanni XXIII in frazione Cornabusa 24038 Cepino S. Omobono Imagna (BG) ∙ Tel.035.851087
eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere,
singolare pienezza e un
compiute da Dio nella storia
bisogno di effusione,
della salvezza, manifestano
con la chiara avvertenza
AppuNtAMENtI
invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm
Pellegrinaggio
e rafforzano la dottrina e le
Programma della giornata 11.00 Celebrazione Eucaristica 13.00 Pranzo 14.45 S. Rosario e testimonianze dei Padri SMA e Suore NSA che festeggiano il loro giubileo di sacerdozio e vita religiosa missionaria 16.00 Partenza
d’una missione che la trascende, d’un annuncio
realtà significate dalle parole,
da diffondere. È il dovere
mentre le parole proclamano le
dell’evangelizzazione.
opere e illustrano il mistero in
È il mandato missionario.
Paolo VI Ecclesiam Suam
CoMe Si raGGiUnGe Autostrada A4 Milano-Venezia, uscita a Dalmine, direzione Ponte S. Pietro Villa d’Almè, poi proseguire per la Valle Imagna fino a S. Omobono, a sinistra parrocchia di Cepino.
Per inforMazioni e Prenotazioni:
esse contenuto. Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”, 18 novembre 1965
FERIOLE ∙ Tel. 049 9900494 ∙ smaferiole@smaferiole.org GENOVA ∙ Tel. 010 307011 ∙ consitalia@missioni-africane.it MILANO ∙ Tel. 02/70600256 ∙ animazione-nsa@libero.it
appuntamenti
“
Con questa Rivelazione Dio
Rifletti Se c’è un vero desiderio, se l’oggetto del desiderio è veramente la luce, il desiderio della luce produce luce. C’è un vero desiderio quando c’è sforzo di attenzione. E si desidera veramente la luce quando non è presente nessun altro movente. quand’anche gli sforzi dell’attenzione rimanessero in apparenza sterili per anni, vi sarà un giorno in cui la luce, esattamente proporzionale a quegli sforzi, inonderà l’anima (…). questa funzione del desiderio permette di trasformare lo studio in una preparazione alla vita spirituale, poiché il desiderio orientato verso Dio è la sola forza capace di elevare l’anima. Certo, è soltanto Dio che discende ad afferrare l’anima e ad elevarla, ma soltanto il desiderio costringe Dio a discendere. Egli viene soltanto per quelli che gli chiedono di venire: a quelli che glielo chiedono spesso, a lungo, ardentemente, egli non può rifiutarsi. Simon Weil
Prega Signore, tu sei venuto nel mondo per me, per cercarmi, per portarmi l’abbraccio del Padre. Tu sei il Volto della bontà e della misericordia: per questo vuoi salvarmi! Dentro di me ci sono le tenebre: vieni con la tua limpida luce. Dentro di me c’è tanto egoismo: vieni con la tua sconfinata carità. Dentro di me c’è rancore e malignità: vieni con la tua mitezza e la tua umiltà. Signore, il peccatore da salvare sono io: il figlio prodigo che deve ritornare, sono io! Signore, concedimi il dono delle lacrime per ritrovare la libertà e la vita, la pace con Te e la gioia in Te. Amen. (+ Angelo Comastri)
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Regina Apostolorum nsa
Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli
L’ABC DELLA FEDE Indirizzi ALGERIA sr FerrArio Flora
di Don Egidio Villani, Sacerdote di Milano
La fede come “salvezza” Senza il problema della “salvezza” tutte le religioni diventano un insieme di concetti astratti, di comandi morali, di divieti, di cerimonie rituali, alla fine poco interessanti. Se invece si percepisce che è in gioco la propria “salvezza” allora la cosa ci tocca da vicino. Che cosa vuol dire che uno è “salvo”? Salvo è chi ha superato un pericolo senza danno ed è stato liberato da un male incombente. Ogni persona che non sia del tutto intorpidita, avverte di essere “insidiata” da un male che ci sovrasta.
3, rue Abdel Djabbar · 13550 HENNAYA T. 00213 043 270586 · florafnda@yahoo.fr
sr CAtAPAno Sandra
5, ruedea frères Ould Ahcen · 31007 EL MAqqARi - ORANO T. 00213 041 282218 · sandra.catapano@yahoo.it
BURKINA FASO sr CoMi Alma B.P.264 DiABO T. 00226 40 77 50 12 · comi.alma@yahoo.fr
TCHAD sr ALBerti Margherita B.P. 152 SARH T. 00235 68 13 51 · marghensa@tiscali.it
Senti questo problema? Per te “salvezza” da che cosa? Da chi? Da quali insidie? La fede e le “salvezze” laiche L’uomo/donna spesso vuole salvarsi dai propri limiti con le sole sue forze. Sentire che è nato “il Salvatore“ non interessa. È stato proposto il “sol dell’avvenire”. Alcuni sembrano convinti che la salvezza sta nel “salutismo” e così si impongono ferree diete che li fanno vivere malati in modo da morire sani; altri pensano che la salute sta nella vita sessuale, e così riducono l’amore a una specie di ginnastica senza significato e senza finalità, altri nello sviluppo dell’informatica così da sapere in tempo reale tutto tranne ciò che conta veramente, per altri l’importante è salvare la natura.
TOGO sr ProFUMo etta B.P. 36 KOLOWARE - SOKODE T. 00228 90 37 144 · ettanda@yahoo.fr
COSTA D’AVORIO sr MArtineLLi Marisa 03 B.P. 332 ABiDJAN 03 ADJAME T. 00225 20 37 12 52 · marisa.nelli@tiscali.it
sr. SCHiAVon Annamaria
B.P.113 FERKESSEDOUGOU T. 00225 36 86 80 02 · annamariasc@yahoo.fr
sr GeroSA enrica sr BoLZAn Giuliana
Non sei eccessivamente preoccupato della tua salute e delle “cure” da seguire? Anche per te: “Prima di tutto la salute”? Salvare la natura, “l’amore” per gli animali fanno parte della tua cultura? La fede nel Signore che salva “Vi è nato un Salvatore” è l’annuncio dato all’umanità, la grande notizia che il Cielo regala alla Terra. Il Salvatore di tutti e quindi anche mio, è Gesù, tanto è vero che il suo nome significa il Signore salva. A Maria e a Giuseppe l’angelo dice: “… lo chiamerai Gesù infatti salverà…”. Ciascuno di noi e chiunque non si opporrà, sarà salvato da Lui, cioè troverà risposta alle domande fondamentali dell’esistere umano: senso del vivere e del dopo morte, il superare il male che faccio, la pienezza dell’amore. Nulla con Lui, può togliermi la speranza. Quando sei stanco e avvilito ritrovi la certezza e la pace in Gesù salvatore? Come?
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