Pubblicata da Sysform Editore 00131 Roma Via Monte Manno 23 -
Direttore Responsabile Manuela Rosci
Edizione cartacea della rivista telematica www.lascuolapossibile.it Iscrizione al Tribunale di Roma 63/2010 del 24/02/2010 N.20 febbraio 2012
Web Content Manager Maurizio Scarabotti
Editoriale
Ma di quale didattica parliamo? Il peso della didattica nel fare scuola di Rosci Manuela - Editoriali
RE. Sempre più mi imbatto in mortificazioni che la scuola -attraverso gli insegnanti- regala spesso inconsapevolmente ai propri alunni. Non credo di dire nulla di nuovo se affermo che il docente sembra indossare un abito antico, un po' demodé, uno stile passato di moda, che mette in difficoltà la sua "esibizione" agli occhi degli alunni, soprattutto dei più grandicelli.
Questo concetto è da sempre messo in relazione con l'APPRENDIMENTO: il docente insegna, l'alunno apprende. Siamo andati avanti così per molto tempo, con la convinzione che l'apprendimento fosse un qualcosa riferibile solo allo studente e non alla persona. Abbiamo invece scoperto che si apprende anche in altri contesti, come la famiglia, il gruppo dei pari, le attività ricreative, inoltre si apprende per tutta la vita. Questo cambia un po' il paradigma di riferimento con cui il docente oggi insegna.
Come reagisce il docente? Impugnando in maniera più salda lo scettro del potere: valuta (spesso giudica) quello che un alunno sa oppure no, e l'operazione si compie sotto l'egida della DIDATTICA, l'elemento che fa sì che la scuola e i docenti definiscano la propria professione. Intorno alla didattica, quindi, si organizzano e si strutturano i tempi e i modi per cui l'altro lo studente- possa prendere ciò che ogni insegnante ha da dare. La didattica spesso si esaurisce nella singola disciplina che, a sua volta si impernia sul contenuto: cosa insegno (meno, come lo insegno)? Torniamo un momento indietro e accettiamo la definizione di didattica (dal greco didàsko = insegno): è la teoria e la pratica dell'INSEGNA-
Prendiamo in considerazione la tesi che afferma che la nostra conoscenza della realtà è una costruzione individuale e sociale. Il termine "costruzione" indica qualcosa che si sviluppa in situazione, che potrebbe non essere esistito prima di quel momento: è quindi poco pertinente con un modello di scuola che si basa ancora troppo su modalità didattiche sostanzialmente trasmissive, che sottendono posizioni di sostanziale oggettivismo (esiste un'unica realtà oggettiva che può e deve essere raccontata e tramandata). Se condividiamo il valore delle discipline
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come costrutto storico, dobbiamo anche accettare che non possono essere utilizzate come descrizioni oggettive di realtà ma sono invece la testimonianza di come si è evoluto nel tempo il rapporto dell'uomo con il mondo; si comprende allora il perché di un susseguirsi di modelli interpretativi e di concetti chiave che possono nel tempo essere cambiati all'interno delle stesse discipline.
TICA: io insegno da sempre nello stesso modo, anzi mi sono aggiornato e l'altro (l'alunno ma anche tutta la società) non apprezza il mio impegno. Torniamo alla teoria: se parliamo di "costruzione" della conoscenza dobbiamo abbandonare l'idea che a costruire sia soltanto IO, meglio ritenere responsabili tutti NOI, in quello spaccato di vita scolastica che è la classe, che raccoglie due livelli gestiti -da sempre- in maniera dicotomica: l'individuo e il gruppo. Come se non appartenessero allo stesso contesto, come se l'agire di uno non incidesse sull'altro livello e viceversa. Quindi la costruzione della conoscenza "accade" nel gruppo con l'apporto di tutti.
Se la scuola è imperniata sulla didattica ...che tipo di didattica (teoria e pratica) può adottare oggi il docente per essere "dentro il presente"? Se la teoria di riferimento è che la conoscenza è una "costruzione", diventa impensabile limitarsi a spiegare ciò che il testo racconta perché quei contenuti -se non trattati a dovere- rimangono racconti più o meno interessanti ma gli studenti continueranno a chiedersi: ma che ci azzeccano con la vita di tutti i giorni?
Va da sé che se accettiamo la teoria per cui i bambini non sono "tabula rasa", anzi sviluppano precocemente "teorie ingenue" sulla realtà, microteorie utilizzate come cornici interpretative, come paradigmi validi fin quando non vengono smentiti, la funzione del docente CAMBIA NECESSARIAMENTE, non è tanto quella di "riempire" di nozioni e convincere che le cose stanno così come vengono raccontare, ma è il predisporre un contesto di apprendimento in cui le cose che già si sanno (sia adulti che bambini/ragazzi) vengono rimesse in discussione da ciò che accade di nuovo, che ha proprio il compito di modificare gli schemi già acquisiti e che, con l'andar del tempo, diventano improduttivi alla crescita della persona. Il docente è colui che sollecita dubbi non colui che dà risposte (vi consiglio di leggere l'articolo di Simonetta Melchiorre), è colui che abbandona sempre più la centralità della lezione frontale a favore dell'esperienza diretta, ben sapendo però di non lasciarsi tentare di ridurre anche l'esperienza a qualcosa di già visto, già vissuto. Fare scuola significa accettare che tutto ciò in cui hai creduto può essere confutato, trasformato, diversamente interpretato. Non esisterà mai una realtà OGGETTIVA uguale per tutti, perché ognuno percepisce sulla base della nostra intenzionalità e dipende inoltre dalla costruzione interna che ognuno di noi ha fatto.
Non voglio banalizzare l'importanza della nostra tradizione culturale ed educativa ma dobbiamo decidere che è ora di abbandonare l'area di confort (dove ci troviamo meglio perché conosciamo le regole) per avventurarci nel campo della ri-cerca continua, quotidiana, insieme ai nostri ragazzi. Mi vengono in mente i docenti che riutilizzano i quaderni di qualche anno prima, già sperimentati con altri alunni, in un'altra epoca. La massima negazione della dinamicità della conoscenza, che non si limita a prendere contenuti "preconfezionati" ma li crea dentro le situazioni che accadono sul momento. L'esempio scolastico più calzante è il confronto tra le classi: presento lo stesso materiale e i due gruppi classe si comportano diversamente, gli uni sono bravi gli altri un po' meno. Eppure io sono sempre la stessa, insegno nella stessa maniera! Noi insegnanti ci illudiamo di essere persone "asettiche": senza pregiudizi, senza preferenze, solo con convinzioni positive, con un alto senso di giustizia e responsabilità, e potrei continuare oltre.
Possiamo pensare quindi che l'apprendimento che cerchiamo di sollecitare nei nostri alunni attraverso la didattica, avviene non in forma lineare, in risposta al nostro input didattico ma a quanto siamo riusciti a
Attribuiamo così all'altro (in genere l'alunno ma non è lasciata indenne nemmeno la famiglia) l'insuccesso dell'operazione DIDAT-
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creare "intorno" alla situazione e cosa siamo "insieme" riusciti a provocare. All'interno di questo processo è fondamentale valorizzare la dimensione sociale della conoscenza, le potenzialità che può esprimere la classe come gruppo, nell'imparare dagli altri e con gli altri, nella negoziazione di interpretazioni ad un livello sempre più raffinato e condiviso.
Per una didattica "costruttivista" c'è ancora posto, anzi c'è da farle posto! Manuela Rosci
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In questo numero di febbraio 2012
Area Tematica
SottoTitolo Il peso della didattica nel fare scuola
Autore Rosci Manuela
Per evitare gli appiatti-menti e la dispersione scolastica ... è queRiccardi Barbara stione di "STILE"! I nuovi traguardi e le nuove sfide La didattica dell'inglese con i Beatles
Agolino Simona Loretta Ansuini Cristina
Una mente aperta al dubbio, consapevole delle differenze, disponibile al cambiamento
Del Guercio Nadia
Sono i più vecchi di tutta Europa
La redazione
L'organizzazione di una didattica pensata per raggiungere tutti
Melchiorre Antonia
Con gli occhi della ragione
Riccardi Barbara
Preparare il fisico... e la mente
Nucera Roberto
Una didattica che inizia là dove sembra avere fine
Traversetti Marianna
Il mio ideale di maestro
Melchiorre Simonetta
Verso la definizione della Qualità dei percorsi educativo-didattici
Presutti Serenella
Una dimensione inverificabile e non relativa
Sabatini Roberto
Le mie proposte didattiche
Paci Lucia Giovanna
Tecniche passive e tecniche attive a confronto
Infantino Aminta Patrizia
Non è poi così difficile!
Ruggiero Patrizia
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DDalla prima pagina Dalla prima pagina
La didattica metacognitiva Non è poi così difficile! di Ruggiero Patrizia - Sotto la lente
base consigliata dal Parlamento Europeo, ossia imparare ad imparare, vedo che è ancora poco conosciuta o applicata in modo sporadico e poco mirato. È poco trattata come prassi quotidiana! La didattica metacognitiva ha come obiettivo quello di promuovere la conoscenza metacognitiva: tutto ciò che un individuo pensa sul funzionamento della propria mente. Gli elementi costitutivi della didattica metacognitiva, quelli che bisogna fare uscire allo scoperto e in qualche modo sistematizzare sono (da Ianes): - le conoscenze sul funzionamento cognitivo in generale, teoria della mente: stili di apprendimento, le intelligenze ,il pensiero ecc.
Questo della didattica metacognitiva è un argomento che mi è molto caro e che ho già trattato su questa rivista (vedi articolo ottobre 2008 le domande per imparare ad imparare). È connessa allo spostamento del focus dall'insegnamento all'apprendimento.
--la autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, cosa e come sto pensando, ricordando, cosa mi facilita o cosa ostacola ,quali sono i miei punti di forza e deficit, cosa mi può aiutare a comprendere, a ricordare.
È la base della personalizzazione in quanto prende in esame anche gli aspetti emotivorelazionali, oltre che quelli cognitivi, perché considera la mente, naturalmente, interamente, interconnessa.
---l'uso di strategie di autoregolazione cognitiva: autoosservazione, autodirezione e autovalutazione come ho fatto, come posso fare, come sono andato - le strategie di problem solving e planning- l'autoistruzione verbale
Tiene conto, sottolinea e risalta le differenze di ciascuno nell'approccio allo studio ed è essenziale per diversificare il lavoro in classe. È considerata un requisito e un propedeutico allo stesso tempo, per promuovere il tutoraggio tra pari, l'aiuto reciproco, le varie forme di apprendimento cooperativo.
----le variabili psicologiche di mediazione, immagine di sé come persona in grado di imparare: stile di attribuzione (interno o esterno), convinzioni riguardo al proprio uso di strategie, al senso di autoefficacia, alla immagine di sé come studente sono/non sono capace, in cosa penso di essere/ non essere bravo, alla propria capacità di trovare risorse per .. ce la posso fare!
È considerata un ottimo strumento compensativo per gli alunni con DSA (Gabriel Levi). E ugualmente, pur essendo la modalità scelta per sviluppare una delle competenze
Un campo di azione molto vasto! Che sicu-
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ramente necessita di parecchio tempo di applicazione. Confrontandomi con i colleghi, soprattutto delle superiori (es. Liceo Croce), ho visto che utilizzano dei questionari, esaminati anche con il supporto di esperti e con una restituzione anche alle famiglie, oltre che agli studenti e agli insegnanti, che indagano: le strategie per collegare nuovi apprendimenti, la capacità di organizzazione, la tendenza a perdersi di fronte agli impegni scolastici, l'uso di organizzatori come mappe o schemi, ecc. come pure il livello di ansia, la capacità di portare a termine gli impegni, la percezione di competenza scolastica ecc.
razione orale o scritta, o nell'ascolto, o nella memoria, o nell'ampliamento del lessico, o nell'analisi extratestuale o prevedendo dal titolo quali sono gli sviluppi o trovando le parole chiave o sintetizzando in una mappa. È importante, io credo, proporre o cercare, insieme a loro, un metodo per misurare la performance realizzata, per compararla dopo un certo tempo.
Io penso che questo può essere un ottimo modo per cominciare, per "mettere in tavola" questo "cibo" ma poi bisogna anche "masticarlo e digerirlo".
Oltre che sviluppare autonomia nello studio, che diventa la ricerca di un percorso personale, aiutiamo i nostri ragazzi a diventare problem solver: persone che si sperimentano per superare, fronteggiare, aggirare, abbattere l'ostacolo, scoprire, valorizzare e mettere in campo le proprie capacità.
Si costruisce così la percezione di efficacia e si motiva la spinta a mettersi in gioco spezzando lentamente il preconcetto radicato profondamente negli alunni con difficoltà "non so' bono!".
Un modo per far radicare questa forma di didattica nel quotidiano può essere quello di utilizzare i contenuti delle discipline non (solo) come un fine a sé stante ma come un mezzo per esplorare, conoscere o per allenare la propria mente.
Patrizia Ruggiero, docente di sostegno SMS Fellini – Roma
In maniera sistematica, l'obiettivo, il percorso e il risultato devono essere presi in considerazione insieme, in un parametro di tempo, per valutare il lavoro complessivo e apportare variazioni o implementazioni. In questo caso è necessario suddividere ed esplicitare in modo dettagliato l'obiettivo. Monitorare il percorso facendone oggetto di riflessione. Valutare il proprio risultato e compararlo con altri propri percorsi. Preannunciando cosa sviluppa quel determinato compito o chiedendo agli alunni di scoprirlo, l'insegnante può mettere anche a confronto, sempre in positivo, le differenze individuali, evidenziando su cosa il nostro cervello si sta sperimentando o quali strategie sono state impiegate e quali quelle più utili per ciascun alunno per raggiungere quell'obiettivo specifico. Per esempio nello studio di un testo possiamo esercitarci nella lettura espressiva, o nella comprensione del testo, o nella elabo________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it
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Dalla prima pagina
La corsa al recupero
Preparare il fisico... e la mente di Nucera Roberto - Long Life Learning
cuperare? Quando un soggetto si avvia all'attività fisica, quindi si appresta ad eseguire una serie di movimenti che quotidianamente non fa, perché non sono necessari, i muscoli non sono abituati, esercitati, insomma allenati, la conseguenza è una stanchezza fisica, a volte dolorante, ma è tutto nella norma. Però in seguito, prima di riavvicinarsi alla stessa attività, deve recuperare. Proprio così! Deve consentire a quella parte interessata di "riprendersi", riorganizzarsi, recuperare appunto. Alla luce di ciò, credo che i nostri alunni non debbano recuperare quello che non sono riusciti ad apprendere la mattina, bensì hanno bisogno di organizzare meglio i loro concetti, quelli che già posseggono e aiutarli a preparare il loro fisico (la loro mente) allo sforzo che poi devono fare. Bisogna rinforzarli. Questo è il termine che preferisco all'inappropriato recupero: RINFORZO.
Da buon insegnante di scienze motorie e sportive, poi docente di sostegno, devo dire che l'argomento "recupero" rientra a pieno titolo nel mio bagaglio, prima motorio ed in seguito in quello didattico. Pur essendo in pieno inverno, i corsi di recupero riscaldano ampiamente l'atmosfera scolastica, sia dei docenti che degli alunni, che spesso non sono molto contenti di riempire i pomeriggi del loro tempo, ancora a scuola, a ripetere, o meglio rivedere i concetti che non trovano "collocazione neuronale" nella testa degli alunni.
Io vado a rinforzare quello che possiede. Non posso fare un recupero, ops rinforzo, se prima non faccio un'analisi di quelli che sono i suoi punti deboli, se non conosco il suo metodo di studio, se non mi apro al suo mondo e modo di vedere le cose e come si applica. In genere, dopo il plotone d'esecuzione degli scrutini, mi "offro" ai colleghi dicendo loro di affidarmi qualche alunno, durante l'orario curricolare per cercare di rinforzarli e recuperare (solo qua ci sta bene) quel mostro di quattro in pagella. Nessuno pretende di fare miracoli, ma il tentativo è quello di offrire loro degli altri momenti, DIVERSI, di apprendimento, dove il gruppo fa forza e la motivazione potrebbe subire una nuova fibrillazione.
Il dilemma sta proprio nella parola recupero, che non apprezzo particolarmente in quanto classifica qualcuno che sta indietro, che sembra ripetergli a voce alta: "ehi tu, forza, ma quanto ci metti, lumacone, recupera!". Recupera, recupero, RECUPERO. Io mi chiedo, ma forse se lo chiede anche l'alunno, cosa mai dovrà recuperare se non ha perso niente? Se una cosa non è "entrata", non ha fatto il giro delle impervie circonvoluzioni cerebrali, che gli permettono di impiantarsi "dentro", cosa dovrà re-
Ebbene, storia che si ripete, ecco l'elenco
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degli "sfigati", termine che sembra stia cambiando valore in questo periodo storico: "allora, ti porti Giovannino, Pasqualino, Mariolino, ah si anche lui che mamma mia...". Conclusione: elenco dei perdenti, nullafacenti; un bella lista di personaggi che a guardarli fanno paura, non perché siano brutti, ma sentono pronunciare il loro nome solo quando c'è qualcosa che non va. Pensate la loro espressione. Pensate anche alla mia, alla vostra, a quelle di chi vede in loro anche quel buono che c'è. E qui subentra la mia opinione, che in qualche modo cerca di non ostacolare troppo la lista pensata dal collega (non sempre ci si riesce): inizia la campagna degli acquisti: "guarda, io direi che se mettiamo anche Mirco, Marco e Maria, Lucia - che magari vanno un pochino meglio -, un po' li confondiamo e non comunichiamo loro che sono SOLO LORO ad andare male". Bene, ogni tanto ce la facciamo, troviamo colleghi disponibili.
sti corsi, è quella di capire come studiano a casa, mi faccio fare degli esempi, mi faccio dire se studiano soli, se li aiutano, come lo fanno, se hanno la tv accesa, computer e tutta la compagnia tecnologica. Cerco di capire i loro ingranaggi, i loro linguaggi, cosa non è chiaro. Ho bisogno di tanti elementi per improntare un'azione ed ognuno diverso, altri più o meno validi per tutti, perché abbiamo modi diversi di intendere ciò che ci circonda, quello che ci viene detto, quanto ci viene proposto. I nostri cari alunni sono continuamente bombardati da stimoli, di ogni genere, che spesso non sanno gestire o gestiscono male. Hanno bisogno di guide, di qualcuno che dica loro ciò che è bene e male, quello che serve e quello che serve meno. Noi, non dobbiamo stancarci di ripetere che ci sono tante strade per arrivare ad un obiettivo, magari non sempre facili; che una scelta non esclude un'altra e non è MAI definitiva; che le opportunità sono sempre dietro l'angolo.
PRIMO GIORNO di R...INFORZO: tutti seduti, tutti zitti, libri aperti a pagina ics. NOOOO! Seduti senz'altro, ambiente nuovo, magari accattivante, disposizione dei banchi in un certo modo, si parla, io parlo, loro parlano, tutti parliamo. La prima cosa che chiedo loro, quando mi accingo a fare que-
Roberto Nucera, docente di sostegno scuola secondaria I grado, IC Carlo Levi - Roma
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Faccia a faccia
Con gli occhi della ragione di Riccardi Barbara - L'intervista
Il Professore - La principale differenza è nell'età dei soggetti della nostra didattica. Un Prof. ha che fare con persone adulte, minimo ventenni, molte di queste sono anche maestre che proseguono il loro percorso formativo. Il ruolo del Prof. che opera all'interno dell'Università è quello di trasmettere la chiave di lettura per interpretare i fenomeni della realtà storica e dei metodi. Nel percorso di formazione universitario è importane lo studio individuale e di gruppo; lo studente durante l'offerta formativa si confronta con la classe ed i professori. Il corso funziona quando nella classe si creano delle dinamiche, quando gli studenti sono soggetti attivi; nella scuola invece funziona il modello, l'imitazione e scatta l'elemento emotivo/affettivo, quindi si tratta di un sistema riduttivo, fondato sulla parola ripetuta e quello che conta è acquisire l'abitudine a ripetere e padroneggiare delle conoscenze. Per gli studenti universitari invece l'apprendimento avviene quando imparano a trascrivere, a prendere appunti sapendoli ordinare e classificare, nel fare ricerca, nel saper consultare i libri, le monografie che sono un esempio di come si fa ricerca.
Dei figli "imperfetti" a volte possono tirar fuori il peggio da un padre, sia che questo padre sia un famoso capitalista o un importante leader comunista. "Nel nome del padre" è una commedia sentimentale come la definisce l'autore Luigi Lunari. E' l'incontro tra una donna ed un uomo che battuta dopo battuta svelano i contenuti delle loro vite da "confinati" e che finalmente con gli occhi della ragione, riescono ad aprire i loro cuori raccontandosi e ritrovandosi uniti nel dolore e nella sofferenza di esperienze simili, liberandosi dalle ombre di un passato angoscioso, di figli scomodi, di genitori ambiziosi e famosi. Per vedere il Trailer del film, clicca qui
2. Che idea ha della scuola, di quello che si fa, di come si insegna, di come si fa didattica? Il Professore - Sulla base di quello che osservo in chi partecipa ai miei corsi, è la mancanza di esperienza e di pratica effettiva sul campo per diventare vere maestre capaci, e anche la prova, la verifica delle conoscenze, dei bagagli teorici di apprendimento. Per esempio, dal punto di vista della didattica registro una convinzione: quando in classe sono presenti bambini immigrati o di altre religioni, la gentilezza e la bontà sono gli strumenti prevalentemente scelti dall'insegnante per affrontare un dialogo interculturale adeguato, mentre il punto di partenza è il valore, il riconoscimento del valore della diversità culturale. Il cinema, ad esempio, ha reso famosi gli hamish anche se sono una comunità chiusa
Gli attori Margherita Buy e Patrick Rossi Gastaldi con la loro bravura interpretativa riescono a caratterizzare ancor più, le note sentimentali e poetiche, di una trama sconvolgente e particolarmente intensa. La stessa intensità ed intraprendenza che trapela nell'intervista al Professor Carlo Felice Casula dell'Università Roma 3 Scienze della Formazione e alle due Maestre di Scuola Primaria, Simonetta Rossini e Marianna Traversetti: un "confronto a distanza" tra soggetti che si occupano di ... DIDATTICA! 1. La differenza didattica tra un Professore Universitario ed una Maestra: come si "muovono" per trasmettere il loro stile nella didattica?
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ma non per questo sono un elemento negativo, anzi rappresentano ugualmente una ricchezza. Essendo io uno studioso della Storia dell'Unesco e avendo una cattedra all'Unesco per l'insegnamento della pace e della diversità culturale, porto avanti questi valori come fondanti per la nuova cittadinanza, che sempre di più non è Nazionale, chiusa e patriottica, ma Universale e globale.
politica e delle guerre è una visione angusta e limitatissima. 5 Cosa le piace trasmettere di lei quando fa lezione e che arrivi ai suoi studenti? Il Professore - Mi piace trasmettere l'idea di una visione ottimistica della realtà e nel caso specifico trasmettere l'esperienza vissuta; che studiare è un lavoro e bisogna farlo nei tempi e nei modi giusti e che non si va avanti solo per raccomandazioni e per intrallazzi, in questo caso ricorro alla mia esperienza, parlando del mio vissuto della "storia della mia famiglia", di mio padre che era un pastore analfabeta ed io sono diventato un docente universitario.
3. Come si trasmette la memoria storica? Il Professore - Aver tolto lo studio della storia contemporanea dai programmi ministeriali per la scuola elementare, vuol dire aver privato i bambini del ricorso a quella che viene chiamata la storia orale, le storie di vita, la storia dei loro nonni e bisnonni. E' come aver effettuato "il furto della storia antica", ridurre lo studio della storia al bacino mediterraneo, è aver compiuto un vero furto. Pensiamo in classe, un bambino del Bangladesh o delle Filippine si sentirà escluso, deprivato come rappresentante di quella parte di storia, di quella parte di storia antica. Trattando solo la storia del bacino mediterraneo si è privato il mondo della sua storia, affermando il fenomeno dello Eurocentrismo. A riguardo uno dei maggiori antropologi, Jack Goody, ha scritto il libro "Il furto della storia", sottolineando l'importanza della storia nella sua collocazione geografica e la partizione della storia costruita sulle vicende storiche dell'Europa.
La Maestra Simonetta - Vorrei che loro percepissero il mio ruolo come di colei che li aiuta a dare il meglio di se stessi e quindi a capire che le materie che insegno possano essere una chiave di lettura per la realtà, di tutto quello che fa parte del loro quotidiano e della vita in genere. La Maestra Marianna - Far capire loro che attraverso la forza del proprio carattere e della propria volontà si può raggiungere la sicurezza di sé: questo è un aspetto dal punto di vista educativo; dal punto di vista didattico, nell'arco di tempo di cinque anni, in un lavoro pedissequo, mi piace far capire loro che la lingua italiana che io insegno, se analizzata in tutti i suoi molteplici aspetti, è una perfetta armonia tra la cultura e il sapere, la capacità relazionare dell'uomo e la logica che sta dietro ai ragionamenti e agli apprendimenti.
4. Come leggere la storia? Il Professore - E' necessario far toccare con mano che la storia avviene nel tempo e nello spazio e non è comprensibile se non si ha una visione globale dei due. Un esempio che uso con successo durante le mie lezione è il colonialismo: faccio vedere sulla cartina il Belgio e il Congo Belga, faccio notare le loro differenze di grandezza, sollecitando gli studenti all'uso delle cartine geopolitiche per capire la realtà in cui vivono. Nell'insegnamento c'è una tradizione a tramandare e parlare solo delle istituzioni politiche e delle guerre, mentre la storia è anche politico militare, è la storia del clima, delle grandi trasformazioni dell'economia, delle mentalità, è la storia delle tradizioni, dell'evoluzione demografica, di come la popolazione cresce, è la storia delle immigrazioni, e ricondurre la storia solo allo studio della
6 La funzione del contesto urbano, dell'ambiente/terreno, quanto influenzano la consapevolezza e la presa di coscienza nel processo didattico? Sia la città, ma anche la campagna, il paesaggio urbano, sono di grande utilità per vedere le trasformazioni della storia, per vedere tutto il lascito del lavoro fatto nei secoli dall'uomo. Lo studente deve abituarsi a leggere i contesti, non c'è nulla di più umanizzato del paesaggio agrario. La delocalizzazione delle sedi universitarie in tante città di provincia ha facilitato sì l'accesso all'Università, con il rischio però di liceizzare e provincializzare invece di creare uno stimolo per poter andare via dalle città di provincia, per essere un elemento di crescita.
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Purtroppo le Università non si sono strutturate per accogliere la grande richiesta da parte degli studenti, e non adeguandosi, siamo arrivati a questo processo di delocalizzazione.
11 Un consiglio da dare alle nuove generazioni di maestre che affrontano il lavoro per la prima volta? La Maestra Simonetta - Grande considerazione e rispetto per gli alunni e cercare di imparare da persone e da metodologie efficaci, tutto quello che incontriamo ci può insegnare e non partire quindi dal presupposto che sappiamo tutto. Mettersi sempre in discussione e verificare quello che si insegna, essere umili, sensibili e ricominciare da capo se le strategie non hanno portato dei risultati.
7 Ultime novità nel mondo universitario, progetti, ricerche... Il Professore - L'avvio della produzione scientifica viene monitorato, come la produzione, la quantità e la qualità scientifica in tutti i campi e questa è la novità positiva; quella negativa, il taglio in questi ultimi anni ai finanziamenti anche nella gestione ordinaria, come è avvenuto nella scuola in genere.
12 Le nostre classi somigliano a noi, sono un po' la nostra impronta ... Cosa vedi nella tua classe di te? La Maestra Simonetta - Sono dei bambini ottimisti, molto autonomi, capaci e con un pizzico di ironia che fa parte di me, sono contenta perché essere ironici significa essere osservatori ed intelligenti.
8 Qual è uno strumento adottato, ideato, che ha funzionato, che le ha dato soddisfazione? Il Professore - L'uso del film, perché la visione e l'uso del documento audiovisivo è il modo per ottenere i migliori risultati nell'apprendimento; l'altro, stimolare gli studenti a prendere appunti nelle lezione e portare poi degli elaborati scritti agli esami, possibilmente realizzati in gruppo.
La Maestra Marianna - C'è stata una classe che ho amato tantissimo, una classe di dieci anni fa chiamata da me "I mitici", che si è avvicinata di più al mio stile, non è giusto dire che somiglino alla propria maestra ma sicuramente sono stati un gruppo che mi ha capito ed io ho capito loro. Abbiamo passato cinque anni fantastici, non vedevo l'ora di entrare in classe e alle quattro e mezza nessuno di noi voleva andar via. Questo è il vero successo formativo -e di insegnamento- che si può avere. Il senso di responsabilità degli alunni nell'assolvere i compiti a casa ... è una cosa a cui tengo di più in assoluto!
9 Cinema, TV ed Internet, quale importanza rivestono nell'educazione? Il Professore - La TV è anche trasmissione del cinema, è il cinematografo della nostra epoca. Il cinema prima era consumato in gruppo e le emozioni venivano condivise e percepite insieme agli altri, mentre il cinema in TV è un consumo individuale. Uno studente apprende così, sa della storia non più dai libri ma dal cinema, che offre maggiori conoscenze, sia dai film fiction che dai film documentari: i ragazzi ricordano maggiormente un film fiction, resta di più impresso.
Una rete di intenzioni, dalla Scuola Primaria all'Università, fatta di PASSIONE e di CREDO nella propria missione, fa la differenza, verso una crescita di saperi di qualità, per un passaggio di conoscenze e di saperi da impartire ai nostri ragazzi del futuro, per dei RAGAZZI di VALORE, per dei nuovi cittadini Universali e Globali, come dice il nostro amico Prof. Casula!!!
10 La sua ultima esperienza nel mondo della Tv? Il Professore - L'ultima esperienza in campo è stata la consulenza storica che ho fornito per la produzione della fiction "Il generale dei briganti", andata in onda su Rai 1. Il mio intervento è stato confrontarmi con il regista e la sceneggiatrice, il risultato è stata una fiction che riesce a dar conto della complessità e dell'importanza storico culturale del fenomeno, del cosiddetto brigantaggio nel primo decennio dell'Italia unitaria.
VIVERE LA VITA
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Barbara Riccardi, docente CD 143° "Spinaceto"
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Il postino, un poeta per maestro Il mio ideale di maestro
di Melchiorre Simonetta - Orizzonte scuola
"Sono un viaggiatore e un navigatore, e ogni giorno scopro qualche nuova regione dentro la mia anima" Kahlil Gibran
L'incontro con la poesia, e con quest'uomo pieno di carisma, aiuta Mario, il postino, a trovare dentro di sé la bellezza che c'è, lo aiuta a trovare i doni, i talenti che egli possiede e che non riesce ancora ad esprimere perché non ha ancora gli strumenti per farlo.
Qual è il mio ideale di maestro? Quale la guida, l'insegnante speciale per me? Non credo possa esistere nulla di perfetto per fortuna, ma il poeta Neruda nel film "Il postino", si avvicina molto all'immagine del MAESTRO che vorrei essere per i miei alunni o che vorrei incontrare per me. Mario Ruoppolo, Massimo Troisi nel film, è un giovane con tanti sogni e molti desideri ma nessuna idea di come realizzarli. Insoddisfatto della sua vita nell'isola, egli è diverso da tutti i pescatori che la abitano, preoccupati solo di tornare al porto con i pesci, sbarcare il lunario, bere un po' di latte caldo la sera con un tozzo di pane, aspettare l'acqua una volta alla settimana.
Ecco, credo che un insegnante debba essere straordinario, speciale e semplice, come la poesia, capace di guardare il mondo e i suoi alunni con occhi immensi. Pablo Neruda non rispondeva a tutte le domande di Mario, né ha aderito a tutte le sue richieste, a tutte le sue pretese ma lo guardava con fiducia, sapeva che egli era in grado di trovare da sé la sua strada... è stato il primo a dare valore ai suoi sogni e alle sue aspirazioni. Questo dovrebbe fare, secondo me, un grande insegnante.
Lui sa scrivere, sa leggere (anche se a stento), a differenza degli altri, ma non sa ancora cosa farci con tutto questo desiderio. Fino a quando arriva lui, il poeta Neruda, famoso per le sue idee politiche, per il suo impegno sociale, per le splendide poesie e il successo con le donne. Mario rimane affascinato dalla bellezza di quest'uomo, dalla sua capacità di dire parole che egli ha sempre sentito di avere dentro sé ma che non era mai riuscito ad esprimere in quel modo tanto sublime quanto semplice.
E' difficile sintetizzare in poche righe, pagine e pagine di dialoghi profondi, teneri, intelligenti, è impossibile rendere la luce e la bellezza dei luoghi del film, vi invito a rivederlo e a pensare al poeta come ad un maestro e al postino come un allievo; troverete in quel rapporto molti più spunti che in una guida didattica, un libro di psicologia o di organizzazione scolastica. Per questo non sono qui a dirvi come presentare l'aggettivo piuttosto che il verbo o
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la divisione a due cifre (anche se è importantissimo ed utile cercare e trovare nuove strategie di presentazione degli argomenti) ma sento che è molto più importante domandarsi COSA SONO mentre spiego questo o quell'argomento, riesco a passare loro la bellezza, l'utilità, direi quasi l'anima dell'aggettivo o del verbo?
N: Ascolta questa poesia: Qui nell'isola, il mare,// quanto mare //Esce da sé, a ogni istante,//dice di sì //dice di no//poi di no// nell'azzurro, nella spuma// nel galoppo//dice di no//poi di no//non può stare //tranquillo // - mi chiamo mare- ripete// appiccicandosi a una pietra // senza riuscire a convincerlo// allora //con sette lingue verdi// di sette tigri verdi //di sette cani verdi //di sette mari verdi //la percorre //la bacia //la inumidisce //e si batte il petto //ripetendo il suo nome.
Per tentare di rendere ciò che ho in mente, trascrivo la scena in cui Neruda spiega a Mario cos'è una metafora "Neruda [= N]: [...] È indegno che tu mi sottoponga a questo tipo di paragoni e metafore. Postino [=P]: Don Pablo? N: Metafore, diamine! P: E cosa sarebbero? Il poeta posò una mano sulla spalla del ragazzo. N: Per spiegartelo più o meno confusamente, sono modi di dire una cosa paragonandola con un'altra. P: Mi faccia un esempio. Neruda guardò l'orologio e sospirò. N: Be', quando dici che il cielo sta piangendo, cos'è che vuoi dire? P: Semplice! Che sta piovendo, no? N: Ebbene questa è una metafora. P: E perché se è una cosa così semplice, ha un nome così complicato? N: Perché gli uomini non hanno nulla a che vedere con la semplicità e la complessità delle cose. Secondo la tua teoria, una cosa piccola che vola non dovrebbe avere un nome lungo come farfalla. Pensa che elefante ha lo stesso numero di lettere di farfalla, ed è molto più grande e non vola. Conclude Neruda esausto. Con un ultimo scampolo di energia gli indicò la rotta per la caletta. Ma il postino ebbe la baldanza di dire. P: Come mi piacerebbe essere poeta! [...] P: È che stavo pensando Neruda strinse le dita al gomito del postino e lo condusse con fermezza fino al lampione a cui aveva appoggiato la bicicletta. N: E per pensare rimani fermo? Se vuoi diventare poeta, comincia a pensare camminando [...]. Ora te ne vai alla caletta pedalando lungo la spiaggia, e mentre osservi il movimento del mare puoi metterti a inventare metafore. P: Mi faccia un esempio.
N: Che te ne pare? P: Strano. N: Strano. Sei un critico severo. P: No, don Pablo. Non è la poesia che è strana. Strano è come io mi sentivo mentre lei recitava la poesia. N: Mio caro Mario, vedi di svegliarti un po', perché non posso passare tutta la mattina ad ascoltare le tue chiacchiere. P: Come posso spiegarmi? Quando lei recitava la poesia, le parole andavano di qua e di là. N: Come il mare, allora! P: Sì, ecco, si muovevano come il mare. N: E questo è il ritmo. P: E mi sentivo strano, perché con tutto quel movimento mi veniva il mal di mare. N: Il mal di mare. P: Certo! Ero come una barca cullata dalle sue parole. Le palpebre del poeta si scollarono lentamente. N: Come una barca cullata dalle mie parole. P: Sicuro! N: Lo sai cos'hai fatto, Mario? P. Cosa? N: Una metafora. P: Però non vale, perché mi è venuta così, per caso. N: Non c'è immagine che non sia casuale, figliolo. Mario si portò la mano al cuore, e cercò di controllare una prepotente palpitazione che gli era salita fino alla lingua e lottava per esplodergli tra i denti. Arrestò il passo, e roteando un dito impertinente a pochi centimetri dal naso del suo illustre cliente, disse: P: Lei crede che tutto il mondo, voglio dire tutto il mondo, con il vento, i mari, gli alberi, le montagne, il fuoco, gli animali, le case, i deserti, le piogge ...
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N: Adesso puoi già dire "eccetera". P: Eccetera eccetera ! Lei crede che il mondo intero sia la metafora di qualcosa? Neruda spalancò la bocca, e il suo mento robusto parve distaccarsi dal volto. P: È una stronzata quella che ho domandato, don Pablo? N: No, davvero no. P: Però ha fatto una faccia così strana. N: No, il fatto è che mi sono messo a pensare (1).
re valore a chi è lì pieno di fiducia nella nostra capacità di giudizio. Senza dimenticare l'amore. Il postino, alla fine del film, riesce a scrivere la sua prima ed unica poesia. Non impor-
Una frase bellissima in mezzo ad un dialogo splendido e profondo: "Strano come mi sentivo io mentre la dicevate". Mario si sente strano mentre il poeta recita la sua poesia, le parole sbattono di qua e di là nella sua mente e lui si sente come una barca in mezzo alle onde. Ci siamo mai domandati come si sentono i nostri alunni mentre noi parliamo? Ci domandiamo mai se quello che gli diciamo li emoziona, ha un senso per loro o lo ha soltanto per noi? Io desidero essere, nella mia professione di insegnante, come un poeta che parla di bellezza con passione e gusto, non credo di dover necessariamente stupire la mia classe con effetti speciali, utilizzando chissà quali orpelli per rendere sempre nuova e all'avanguardia la mia lezione. Io voglio essere come il Neruda del film, sensuale e innamorata della vita, del godimento, entusiasta, idealista, appassionata, capace di vedere il mondo non solo così com'è ma come una metafora di qualcos'altro, una viaggiatrice dentro e fuori di me, per conoscere, come scrive Gibran, altri mondi, altri spazi, altre regioni in me stessa e negli altri.
ta quanto è bella, né che non avrà il successo delle poesie di Neruda. Ciò che è veramente importante è che egli sia riuscito a creare, grazie a questo rapporto speciale, la propria opera d'arte, a dare senso e valore alla propria vita. Le parole del maestro gli sono servite per trovare dentro di sé altre parole per esprimere ciò che è, senza più doverle prendere in prestito.
"Facciamo così Mario, ora rifletterò sulla tua domanda poi domani ti darò una risposta". Ecco la sintesi sublime di quello che intendo per maestro. L'insegnante, secondo me, non è colui che ha una risposta ad ogni domanda, non deve riempire tutti gli spazi, tutti i silenzi, tutti i dubbi. Egli è piuttosto colui che prende sul serio tutte le domande, tutti i silenzi, tutti i dubbi. E' colui che si prende il tempo per riflettere su quanto accade all'interno della sua classe, tra i ragazzi, tra lui e i suoi alunni. Perché sa che prendere sul serio una domanda, dare il giusto spazio ad una richiesta, significa da-
Ecco ciò che conta di un insegnante: egli mostra, fa vedere ma soprattutto dà valore, insegna il valore perché non c'è lezione più grande e fondamentale di quella in cui ciascun allievo impari piano piano a dare a se stesso quello che si aspetta venga dagli altri: darsi valore e trovare dentro di sé la strada per costruire la propria poesia.
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1) Ho unito i dialoghi di due scene perchĂŠ mi sembravano significative entrambe. Per visualizzare clicca qui Simonetta Melchiorre, docente IC Viale Adriatico - Roma
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Dalla prima pagina
Ci vorrebbe una scuola seriamente divertente!
L'organizzazione di una didattica pensata per raggiungere tutti di Melchiorre Antonia - Integrazione Scolastica
che le nozioni non arrivino ad ogni bambino allo stesso modo. Allora, come raggiungere tutti?
Come più volte ho scritto nei miei articoli, ciò che è più difficile per un insegnante è tenere in considerazione le "diverse diversità" che vivono all'interno della classe. Non è facile!
Sicuramente la spiegazione fatta alla classe è importante per presentare l'argomento, POI PERÒ VA VERIFICATO CHI LO HA COMPRESO E COME. Il mio compito come insegnante di sostegno non è solo quello di "pensare" ai bambini certificati, ma di collaborare con le insegnanti di classi per far fronte insieme proprio a queste difficoltà. Con il team ci siamo organizzati in modo da poter ricavare spazi e tempi per affrontare nuovamente in piccoli gruppi gli argomenti trattati e ancora non assimilati dai bambini. Le strategie per lo più sono basate, anche in questo caso, su materiale sia strutturato che non. Per esempio abbiamo utilizzato dei semplicissimi tappi di plastica, di misura diversa, per capire il concetto di decina ed esercitarci al "cambio" con il "gioco della banca". Oppure li abbiamo utilizzati per risolvere problemi di logica e capire per esempio i concetti di: tanto quanto, più di, meno di, uguale a.
I bambini sono tanti, le sfumature diverse, pensare "individualmente" a tutti è difficilissimo, dovremmo prevedere un compito diverso per ogni bambino!
Quando lavorano insieme a piccoli gruppi, utilizzando del materiale concreto e non solo il quaderno, i bambini solo felicissimi perché imparano divertendosi! Facilitare il compito ai bambini dovrebbe essere nostro dovere, questo non vuol dire lasciarlo sempre ad un "basso livello", ma alzare di volta in volta il tiro, ossia rimanere sempre nell'area di sviluppo prossimale definita da Vygotskij come la zona all'interno della quale un bambino può risolvere, con l'aiuto di un educatore o di un compagno, problemi che non sarebbe in grado di risolvere da solo. Uno dei bambini che seguo ha difficoltà di letto-scrittura ed ho utilizzato con lui il me-
In una scuola montessoriana il materiale che è a disposizione delle classi facilita questo compito, perché organizzando un percorso (A→Z) che prevede delle tappe (B,C, D, ecc), il materiale permette ad ogni bambino di svolgere il proprio lavoro autonomamente rispetto al suo compagno che magari è un po' più indietro o un po' più avanti. Infatti, in una scuola montessoriana la lezione per lo più non è frontale, come invece accade più facilmente in una scuola tradizionale. Spiegare lo stesso argomento ad una classe intera aumenta le possibilità
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todo Panlexia (1). Per questo bambino riuscire a leggere piccolissimi brani è una grande soddisfazione, così come riuscire a scrivere in stampato minuscolo o il corsivo, e nel momento in cui riesce in queste imprese, sentirlo esclamare con gioia "questo è il più bel giorno della vita mia a scuola!" è una grande soddisfazione anche per noi insegnanti.
Sicuramente il piccolo gruppo, l'ambiente laboratoriale, il supporto di un materiale o di un compagno, sono strumenti che aiutano il bambino ad imparare con più facilità e divertimento e con meno paure. Ciò che noi insegnanti dovremmo cercare di mettere in atto sono strategie che possano migliorare la QUALITÀ DELLA VITA SCOLASTICA dell'alunno, in modo da attivare la resilienza educativa "la capacità, cioè, di tollerare le frustrazioni e le difficoltà che s'incontrano nel corso dell'apprendimento senza turbarsi e battere prematuramente in ritirata." (1)
Trovare strategie efficaci che possano "risolvere problemi" è l'attività più frequente nel nostro team, come per molte altre insegnanti! Tra i bambini che seguo c'è anche una bimba autistica che non utilizza spontaneamente la parola per comunicare e nella sua classe c'è un bambino cinese che ancora non conosce bene la nostra lingua. Per l'acquisizione di parole che richiamano oggetti che fanno parte dell'ambiente scolastico, o adoperati nella vita di tutti i giorni, con questi due bambini utilizziamo immagini e cartelli con i relativi nomi. A volte questi due bambini lavorano insieme ed Alessandra, conoscendo i nomi di alcuni oggetti ,"aiuta" il bambino straniero ad imparare parole nuove, o viceversa è lui a sollecitare la compagna quando conosce il nome proposto. Hao è contento di lavorare con Alessandra perché si sente importante: nonostante la sua difficoltà con la lingua, anche lui può aiutare la sua compagna.
Il compito di noi insegnanti dovrebbe essere proprio quello di rendere la scuola un luogo sereno e divertente dove si imparano ...cose serie! Antonia Melchiorre, docente di sostegno, IC Perazzi – Roma Bibliografia (1) Kvilekval Pamela, Il metodo Panlexia. La rieducazione della dislessia, Ed. M Antonia Melchiorre, I laboratori come strategia didattica, ebook Sysform Editore, 2010
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Dalla prima pagina
Tecniche di strategie didattiche, la parola ai ragazzi Tecniche passive e tecniche attive a confronto di Infantino Aminta Patrizia - Orizzonte scuola
ragionare aumenta nell'interazione con i propri pari e con persone maggiormente esperte, possiamo affermare che lavorare in gruppo accresce le capacità di ragionamento critico. Con la partecipazione attiva e la cooperazione tra compagni, che la pedagogia oggi chiama 'tecniche attive' includendo il brainstorming, il cooperative learning, il problem solving, il tutoring tra pari....) andiamo ad operare con un metodo pedagogico che, istruendo, educa alla responsabilità individuale e alla capacità di relazione con gli altri. Vita da scuola media: la parola ai ragazzi :-) Ragazzi cosa ne pensate delle lezioni frontali e delle tecniche attive? Propongo un brainstorming sui vantaggi e svantaggi delle lezioni frontali e vantaggi e svantaggi del lavoro cooperativo. Tiriamo fuori tutto quello che ci viene in mente, liberamente, unica regola 'alzare la mano per poter parlare uno alla volta'. Un compagno scrive tutto quello che emerge.
Alcune strategie didattiche per animare le lunghe mattine e le noiose lezioni frontali mettono in primo piano il ruolo attivo degli alunni. Sperimento quotidianamente che un compito mal compreso dalla spiegazione dell'insegnante, può venire 'accettato' meglio se spiegato da un compagno. Il 'tutoring tra pari' è una tecnica efficacissima di aiuto tra compagni. "Oggi io insegno la battuta di pallavolo a te e tu domani insegni le equazioni a me...." e la valutazione va data ad entrambi i ragazzi in base alla qualità del rapporto insegnamento /apprendimento che si è saputo creare. Genitori non abbiate timore a far studiare i ragazzi insieme. Apprendono meglio!
Vantaggi e svantaggi delle lezioni frontali 'ex cattedra' Vantaggi: La professoressa spiega senza interruzioni, cercando di far capire tutto a tutti; la lezione frontale aumenta di molto l'apprendimento dei ragazzi, instaurando un po' di sana competizione tra i ragazzi; ci si impegna di più per apprendere e imparare perché ci si sente più responsabili; apprendi direttamente ciò che ti insegna l'insegnante, stai più attento; la prof spiega a tutti, con voce alta e chiara e se non hai capito te lo rispiega; possiamo capire tutti insieme quello che ci spiega l'insegnante; c'è più silenzio; impari a controllarti meglio, resisti
Dato che lo sviluppo cognitivo è un processo sociale ed è appurato che la capacità di
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ancora di più all' ansia, capisci che devi studiare meglio; ascoltare, ripetere, essere zitti, stare uniti, dire se hai capito o no e essere attenti; l'alunno è più attento, apprende meglio, si impegna di più; quando la prof spiega, tutti quelli che sono stati attenti apprendono allo stesso modo, così ,tra quelli che stanno attenti, non c'è nessuno che si sente superiore in fatto di sapere di più e non può di certo dire a qualcuno che è stato attento: "So più di te e sono più bravo!"; si può ascoltare la lezione senza interruzioni e si studia meno a casa; il silenzio aumenta l'attenzione e la concentrazione; si apprende meglio, ci si mette alla prova;si sta più attenti;se vieni interrogato puoi dimostrare quello che vali; si può valutare individualmente; ci mettiamo alla prova su quello che abbiamo studiato, stiamo più attenti; l'alunno si impegna e può dimostrare quanto vale, quanto ha studiato e quanto si è impegnato.
regola, tutti gli altri alzano le mani per rispondere quindi si crea una specie di competizione a chi ne sa di più e alla persona interrogata può venire l'ansia e dall'agitazione scordarsi le cose Vantaggi e svantaggi del lavoro cooperativo Vantaggi: Aiutarsi, dare consigli, tutti impariamo tante cose nuove anche dai compagni; conoscere nuove idee, conoscere nuove lingue, conoscere cose interessanti prese dall'esperienza dell'altro; lavorare in gruppo, scrivere alla lavagna (a me piace tanto!); invitare a casa qualche compagno; quando si fa un cartellone mi piace che il gruppo scrive bene e colora bene; puoi creare, puoi fare amicizia, puoi essere te stesso, puoi aprirti agli altri; studiare, giocare, riflettere e perdonare;conoscere meglio le persone ;aiutarci a lavorare insieme; quando non sai qualcosa magari la sa un altro;la fortuna di capitare con Simone che scrive bene e che ha buon gusto sulla scelta dei colori; il lavoro cooperativo ci fa stare tutti uniti, tutti insieme, tutti amici; è bello condividere le cose create insieme; in gruppo se tu non sai la soluzione la sa l'altro; mi piacciono i compagni, l'amicizia, la simpatia, la collaborazione; si impara a lavorare divertendosi; si impara ad essere comprensivi e a rispettare il lavoro e le idee che non ti piacciono.
Svantaggi: Non si fanno domande, bisogna riflettere da soli; ci vuole molta attenzione da parte degli studenti; non c'è divertimento e capita spesso di non capire un argomento;per chiedere ulteriori spiegazioni non devi essere timido; spesso ti senti rispondere "potevi stare attento", quando ti va bene ...sennòòò!; interagisci poco; mentre tu sei al banco, però, puoi benissimo distrarti se, ad esempio, i compagni fanno i commenti buffi o ti annoi; a volte non tutti capiamo la lezione; più ansia; l'ansia, paura di prendere un brutto voto; l'alunno ha sempre un po' di paurastrizza, si annoia, si perde nella propria fantasia, E' STANCOOOOOOOOOOOOOOO; non rendono molto partecipe l'alunno alla lezione, perché io, quando la professoressa spiega, devo sentirmi al centro della lezione, non ai margini, anche perché, quando lei spiega, io mi posso distrarre, se sono coinvolto invece, non mi posso proprio distrarre. La passività ti fa perdere nei pensieri; devi stare tutto il tempo fermo e zitto ad ascoltare; noia, distrazione; io sbuffo, mi viene voglia di dormire, di andare in bagno, ho paura; devi studiare; mi sale l'ansia e la paura di rispondere giusto o sbagliato; quanta noia, ansia nelle interrogazioni; ti senti osservato; apprendi da solo, nessun consiglio; è noiosa e non possiamo parlare mentre la prof spiega; all'interrogazione se qualcuno non si ricorda un avvenimento storico o una
Svantaggi: si potrebbe litigare; si potrebbe litigare perché vogliono fare sempre tutto gli altri; potresti avere la sfortuna di litigare con chi non sa perdonare; puoi capitare con chi vuole fare tutto da solo, con chi non t'ascolta e non ti aiuta; non è adatto per chi è timido, per chi si vergogna, per chi è permaloso; puoi avere la sfortuna di capitare con chi vuole avere sempre ragione; alcune persone se ne approfittano e fanno di testa loro e rovinano il lavoro di altri che ci hanno messo tutto l'impegno; non puoi fare come ti pare; puoi entrare in competizione con gli altri e ci rimani male quando dicono di essere più bravi e allora preferisci lavorare da solo; quando vuoi dare lo stesso contributo sulla stessa parte del lavoro; quando non ci decidiamo a chi inizia e poi litighiamo perché non vogliamo più finire; quando non condividi le stesse scelte; se ti sta antipatica una persona ci devi stare per forza; se scrivi o disegni male non vieni accettato;
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non lavorare in armonia se nascono incomprensioni. Emerge chiara la distinzione:'l'uno contro l'altro o l'uno con l'altro?' L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO può essere adattato a ogni compito, ogni materia e ogni curricolo. L'efficacia è stata dimostrata e la ricerca mostra che la cooperazione e il lavoro di gruppo a confronto del lavoro competitivo e individualistico, permette di ottenere risultati migliori, gli studenti lavorano di più, memorizzano meglio e più a lungo, sviluppano una maggiore motivazione intrinseca, migliorando il ragionamento e la capacità di pensiero critico. Le relazioni si fanno più positive e si crea un maggiore benessere psicologico migliorando il senso di autoefficacia, l'autostima e l'immagine di sé; gli studenti sviluppano competenze sociali e una maggiore capacità di affrontare lo stress....Ma si, lasciamoli parlare con il compagno di banco di tanto in tanto che, magari, ha i suoi frutti!!! Aminta Patrizia Infantino, docente di sostegno scuola superiore di primo grado "SMS Pintor"e "Cecco Angiolieri" – Roma N.B. L'articolo è parte del testo in corso di pubblicazione con Edizioni La Meridiana
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Dalla prima pagina
Sessualità e amore
Le mie proposte didattiche di Paci Lucia Giovanna - Orizzonte scuola
Dopo la consegna del documento di valutazione, per ripartire con un nuovo quadrimestre, è necessaria una pausa di riflessione, di analisi, di ragionamento, di proposte "per correggere il tiro" degli interventi: recuperare, consolidare, potenziare. Ecco perché la scelta di dedicare alla didattica la rivista di questo mese. Come al solito, ogni qualvolta si trattano argomenti tecnici, non essendo un docente, ma solamente un genitore, mi sento un po' disorientata e senza argomenti, ma poi riesco sempre a "pescare" qualcosa dalla mia realtà quotidiana. Con quattro figli, vivo quotidianamente in più modi gli sforzi che ogni scuola fa nel proprio piccolo per essere degna di questo nome, a livello di persone e di proposte e non mi sento di giudicarne la portata, sia pure dall'osservatorio di chi vive la scuola da un altro punto di vista e può offrirne letture diverse. Mi sembra di finire col dire sempre le stesse cose, che pure se minimamente intelligenti, diventano spesso idealismi o retorica da strapazzo.
I miei figli sono tutti adolescenti, chi già, chi ancora e chi in pieno e nonostante la partecipazione attenta di noi genitori, che li abbiamo accompagnati e continuiamo a farlo giorno per giorno nel loro cammino, la loro generazione li ha inevitabilmente contagiati di un analfabetismo emotivo e sentimentale, che noi non abbiamo sicuramente avuto alla loro età! Anche noi abbiamo fatto le nostre scoperte e le nostre esperienze, fisiche ed emozionali e abbiamo vissuto le nostre "prime volte" in questi campi, ma con una struttura diversa alle spalle, più piena, un sistema di categorie a fare da supporto e in cui appunto catalogare via via le esperienze. Loro ne sono sprovvisti e l'emergenza educativa di cui si discute tanto oggi riguarda moltissimo l'EDUCAZIONE SENTIMENTALE.
Pensando alla didattica e dovendo trarre dal mio vissuto, tuttavia, sento di dover denunciare che la Scuola sta perdendo molto il suo ruolo di istituzione educativa, principalmente perché ha essa per prima smarrito la consapevolezza di poterlo, doverlo essere, poi perché le viene poco o per nulla riconosciuto dalla sua controparte, la Famiglia, che dovrebbe sostenerla ed esserle complementare.
Il fatto di cronaca di qualche giorno fa che ha visto protagonisti due quattordicenni, scoperti nell'atto di un rapporto sessuale nel bagno della scuola, mi ha atterrito, non solo per la differenza di "punizione", che ha penalizzato la ragazza rispetto al ragazzo, ma per il fatto che due ragazzi così giovani
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considerassero l'atto sessuale mera soddisfazione istintuale e unicamente fisica, così impellente da essere velocemente consumata in uno squallido bagno scolastico e che la Scuola abbia perso la sua opportunità di intervento educativo, limitandosi a quello punitivo.
Si parla da secoli della necessità di fare "educazione sessuale" nelle scuole, ma si è sempre frainteso cosa questo debba significare. I ragazzi non hanno bisogno di sapere le tecniche, che ci mettono due minuti a scoprire, ma hanno bisogno di crescere nell'affettività e di sentirsi dire che la sessualità non può essere fine a se stessa, ma deve essere inquadrata nel rapporto d'amore, che non si basa sulla qualità di una prestazione ma è il completamento di un sentimento, che va "imparato" nella quotidianità del vissuto e non consumato frettolosamente.
Chi spiega ai ragazzi che non si viene puniti perché si ha un forte desiderio, ma perché lo si esprime a scuola? Chi dice loro che così come non ci si mette le mani nel naso o non si urla, così non ci si bacia appassionatamente o non si fa sesso, in pubblico o in un contesto dove "normalmente" si fa altro?
Perché non può dirle anche la Scuola queste cose?
Chi spiega loro che è normale, soprattutto alla loro età, avere delle pulsioni, che ti fanno "accapponare la pelle" e ti eccitano i sensi, ma che è giusto farle andare a braccetto con i battiti del cuore, le emozioni della mente che riconosce nell'altro qualcuno con cui camminare "d'amore e d'accordo"?
Attraverso i professori o attraverso degli esperti appositamente consultati, senza moralismi, senza indottrinamenti pseudo religiosi, con il buon senso di adulti che guidano i principianti alla scoperta di un universo... Ce ne sarebbe un gran bisogno, i ragazzi ne avrebbero, e anche noi genitori e probabilmente anche ai docenti farebbe un gran bene far passare il loro rapporto con i ragazzi da questo!
Chi non ha paura di dire che il discorso sessuale va inquadrato in un discorso sentimentale, d'amore, che ha i suoi spazi, i suoi tempi, il suo linguaggio, le sue leggi?
Lucia Giovanna Paci, genitore, IV Municipio - Roma
La Scuola dovrebbe farlo, potrebbe farlo, perché a volte capita che la Famiglia ci provi, ma le manchi l'apporto utilissimo che potrebbe darle la Scuola e a volte capita proprio che la Famiglia sia inadeguata e incapace e allora la Scuola ha il dovere morale e deontologico di farlo!
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Una comunità di ricerca
Una mente aperta al dubbio, consapevole delle differenze, disponibile al cambiamento di Del Guercio Nadia - Attività Laboratoriali
Poi un giorno sulla mia strada professionale ho avuto un incontro con persone speciali: insegnanti e formatori del curricolo Philosophy for Children (noto con l'acronimo P4C).
" Pensiero, io non ho più parole. Ma cosa sei tu in sostanza? Qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce. Pensiero, dove hai le radici? Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? Sei così ardito, vorace, consumi ogni distanza; dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice e così possa perderti nell'antro della follia." Alda Merini
L'incontro non è stato casuale perché ho scelto di partecipare, con alcuni colleghi della mia scuola, ad un corso di aggiornamento-formazione all'interno di un progetto finanziato dal Comune di Roma e realizzato anche con gli operatori del nostro Municipio. Noi adulti abbiamo sperimentato, durante le sessioni di lavoro, come diventare "comunità di ricerca" con attività autoregolate del metodo dialogicoargomentativo e, a turno, ogni insegnante ha anche ricoperto il ruolo di facilitatore per stimolare, gestire e orientare il dialogo filosofico. Sicuramente il numero degli incontri non è stato esaustivo ma tra noi colleghi c'è chi ha continuato, in classe con gli alunni, la pratica del DIALOGO FILOSOFICO. Per qualche tempo alcuni formatori hanno continuato a seguirci come tutor, monitorando e riflettendo insieme su idee-guida valide per individuare nuclei filosofici all'interno di una qualsiasi "chiacchierata" o "conversazione libera su vissuti quotidiani".
Inizia intenzionalmente da questa poesia la mia testimonianza nei confronti di un metodo, di una strategia didattica che abbia dato un senso e anche un nome a quei percorsi scolastici che già consideravo imprescindibili dalla parola EDUCARE. Interrogarsi sulla natura del pensiero, sulla sua sede e sul suo "indagare" è proprio della natura umana e come insegnante ho sempre creduto che la ricerca dell'identità, del valore e del senso della vita sia parte integrante della formazione anche per i bambini. Ho ascoltato per anni le domande e le argomentazioni che i bambini si pongono e poi ripropongono ai compagni e alle maestre. Ho ascoltato e cercato qualche volta di dare risposte che mi sembravano adeguate; altre volte tentavo di aiutarli a trarre fuori da loro stessi soluzioni o scelte possibili; ma il più delle volte confesso di aver anticipato certezze, perché, ora lo riconosco, è più facile e sbrigativo per un insegnante trasmettere quello che si sa.
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pubblico e quindi sociale, unico spazio possibile per il ragionamento. Il Philosophy for Children è l'EDUCAZIONE DELLA RAGIONE, percorso formativo necessario, oggi più che mai, per la costruzione di un buon cittadino in una società democratica. PHILOSOPHY FOR CHILDREN e anche LIGUORI EDITORE DI NAPOLI e anche SOPHIA (a cui il P4C è associato). Baci filosofici Per approfondire clicca qui Per un libro... clicca qui Nadia Del Guercio, docente IC Via dell'Archeologia - Roma Intervista a Lipman Allo stesso scopo si è rivelata utile la lettura e la discussione dei racconti filosofici di Lipman (scritti espressamente per il P4C), diversificati per l'età degli alunni dalle classi liceali fino ai bambini più piccoli. Ai racconti, veri e propri supporti didattici, sono allegati dei manuali per l'insegnante in cui si suggeriscono gli approfondimenti delle tematiche e si presentano esercizi di rinforzo delle abilità cognitive implicate nel ragionamento filosofico. In questo senso il dialogo disciplinato su tematiche precise, che già utilizzavo per il circle-time, è diventato confronto tra punti di vista, scambio intersoggettivo, ristrutturazione delle idee. Si può ottenere, anche con i bambini più piccoli, il riconoscimento dell'alterità, la diminuzione di situazioni di prepotenze, disagio, prevaricazione o sottomissione; si può alimentare la forza della ragione contro la ragione della forza. Non è poco... il P4C, inoltre, favorisce la trasversalità delle discipline curricolari perché arricchisce il patrimonio linguistico, aumenta le competenze logiche, stimola, attraverso l'aiuto dei compagni, le potenzialità delle "zone di sviluppo prossimo" (Vygotskij). Infine, proprio per esaltarne il valore, considero il P4C alla stregua dell'idea meravigliosa e romantica che ho sempre avuto della filosofia, sviluppata nell'agorà, spazio ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it
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Alla scoperta delle tracce
Per evitare gli appiatti-menti e la dispersione scolastica ... è questione di "STILE"! di Riccardi Barbara - Attività Laboratoriali
<<C'era una volta un fiore che non voleva essere un fiore, allora la fata dei fiori disse: "Se tu vuoi diventare un essere umano io ti accontenterò ma se non ti piace, ti dovrai rassegnare perché non potrai più essere un fiore". Il fiore accettò e la fata lo toccò con la bacchetta e lo trasformò in un essere umano. Il fiore si rese conto che la vita era difficile. La fata allora lo fece diventare un tulipano finto, per non farlo morire, poi scomparì per sempre>>. Carla ha chiesto a un compagno di classe: <<Secondo te che cosa ha voluto dire Concetta con il suo racconto?>>. <<Che il fiore non voleva morire e così la fata lo ha fatto diventare immortale>>. <<Però l'ha trasformato in un tulipano finto! È meglio essere una persona umana e morire o essere un fiore finto e non morire mai?>>. <<È meglio morire>>. Insegnare al Principe di Danimarca di Carla Melazzini
classe, al contrario, una metodologia di stile che attribuisce al gioco un valore strategico per raggiungere obiettivi: lo sviluppo delle abilità, il realizzare strategie, lo sviluppo cognitivo e comunicativo. Il gioco come modalità privilegiata per un apprendimento e una scoperta del mondo in ogni età, efficace sempre e per chiunque, essendo insita nell'uomo, la parte bambina fatta di giochi e divertimento. Ho potuto notare come il gioco e la curiosità, sono strumenti utili per rendere interessante agli occhi dei bambini il contesto in cui vivono, stimolandoli a scoprire un altro modo, per imparare a studiare un argomento, una materia, durante il loro percorso scolastico e soprattutto di vita.
Quale potrebbe essere un percorso che permetta ai ragazzi di conoscere, imparare, studiare IN MODO DIVERSO: In quale altro modo posso fargli scoprire il piacere di conoscere?
Uno dei tanti GIOCHI-STUDIO da cui traggo frutti, l'ultima mia "creatura creativa" - la nostra esperienza in classe IV A e IV B del TG Storia - con la quale ho constatato come e quanto i ragazzi, anche i meno propensi allo studio, si sono attivati come RICERCATORI di materiale informativo, centrati/concentrati sul ruolo di GIORNALISTI/CRONISTI di fatti ed eventi della lettura storica.
Perché allora non brevettare la stessa esperienza sottoforma didattica/educativa in classe?
"L'uomo è pienamente tale solo quando gioca". Così scriveva il grande scrittore Friedrich Schiller nel 1795 nel suo trattato "Sull'educazione estetica dell'uomo". E'da questa affermazione sull'importanza della ludicità, che ho impostato la mia modalità e il mio stile di insegnamento, così congeniale al mio modo d'essere e che reputo essenziale per un apprendimento dinamico e innovativo. Così pensando e riflettendo sulle procedure didattiche adottate lungo il mio percorso lavorativo, è uscito fuori dal mio "cilindro esperienziale", quella che posso definire LA MIA METODOLOGIA LUDICA.
Sono partita dal prospettare la parte ludica di una proposta accattivante della Storia, usando a paragone il personaggio di Indiana Jones. L'idea ha preso corpo dall'esperienza del TG Scuola dello scorso anno, visto i risultati riscontrati in italiano, ricordate? Con i miei ragazzi abbiamo cominciato a vedere un vero TG, a sviscerare le tecniche che utilizzano i grandi per realizzare un notiziario, da quante e quali persone ruotano intorno alla produzione di un TG. Abbiamo
Non una semplice messa in atto di giochi in
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preso spunto per adattarlo agli argomenti storici del programma di classe, alle nostre esigenze e all'obiettivo primario da raggiungere: IMPARARE A STUDIARE DIVERTENDOCI!
La genialità, la creatività, l'originalità la fa da protagonista e protagonisti principali ... LORO, I GIORNALISTI IN ERBA, veri giornalisti di un notiziario a portata di bambino, autonomi e consapevoli di saper fare e di saper trasmettere saperi assimilati. Un TG Storia in alternativa alla solita tradizionale lezione frontale (io spiego e voi ascoltate, io interrogo e tu rispondi), una presa di coscienza sull'importanza del concetto di collaborazione attiva, perché insieme, uniti si può raggiungere un risultato migliore.
Ognuno, nella libertà più assoluta, si è dato un ruolo: regista, cameraman, videomaker, realizzatore della sigla, segretaria di produzione, chi ha scritto il ciak e colorato i nomi dei giornalisti sui porta nomi da scrivania, chi ha fatto ricerche su internet, su quotidiani e libri. Insomma tutti si sono impersonati nel ruolo di esperti ricercatori, in cerca della pietra verde, ovvero LA NOTIZIA CHE FA MAGGIORE AUDIENCE. Questo ha portato anche i più timidi e timorosi a lanciarsi, a brevettarsi verso un modo nuovo di approcciare la materia di studio senza paura di essere giudicati, bensì ascoltati da un pubblico assolutamente non giudicante, un pubblico amico, uditore attento di notizie, presente nel condividere curiosità e novità scovate dai compagni e raccontate nel TG Storia. Ognuno si è sentito libero di ascoltare la propria voce narrante, invece di ripetere a "pappardella" le parole del libro, rimodulandone i contenuti, facendo un copia e incolla delle parti ricavate dalla loro ricerca e riproponendole e riadattandole al proprio stile giornalistico/caratteriale. Chi in modo scherzoso, chi serioso, chi con intonazione alla Montalbano, chi passo e chiudo, chi si sente Lilli Gruber, chi Alighiero Noschese, chi in modo spontaneo, come un vero e proprio giornalista, ha lanciato il servizio come se finora non avesse fatto altro "Buongiorno a tutti i telespettatori dal TG Storia, notizia del giorno ..."- altri più preoccupati e meno espansivi; comunque tutti, proprio tutti hanno provato a proporsi, nel loro "modo di essere", nel loro stile più congeniale.
Un lavoro didattico/educativo in/di équipe, dove ognuno con le proprie competenze ed abilità, messe a disposizione della classe, ha imparato ... GIOCANDO! Provare per credere!!! Barbara Riccardi, docente CD 143° Spinaceto – Roma
Questa la parte più bella e divertente: la realizzazione delle "notizie frangiflutti" contro l'apatica modalità di essere interrogati da docenti in cattedra, da un ripetere ritmico parole e contenuti, senza enfasi ed interesse. Hanno imparato l'importanza delle fonti storiche, di come utilizzarle e sfruttarle nel migliore dei modi per poterne trarre spunto, per realizzare la loro notizia da offrire agli altri, in modo efficace e trasmettitrice di saperi. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it
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Attività laboratoriali
Il mio mondo matematico
I nuovi traguardi e le nuove sfide di Agolino Simona Loretta - Attività Laboratoriali
sa; o da quei docenti che non si lasciano andare all'utilizzo delle nuove tecnologie. Si cerca sempre di usare meno ripetitività e più consapevolezza nel discente, che non deve essere giudicato ma guidato verso i meandri della temuta Signora: si cerca di dare spazio alla padronanza delle abilità e delle conoscenze strategiche sempre personalizzate e significative. La Signora Matematica tende giustamente a modalità più vicine alle esigenze dell'apprendimento reale ed effettivo degli alunni, cercando di sviluppare curiosità e suggerimenti. Cerca di mettere in movimento la mente dell'alunno che affronta situazioni problematiche, spinto da un vero entusiasmo, sapendo di potersi confrontare con l'insegnante, suo vicino ed alleato, che parla con la Signora Matematica, nel viaggio avventuroso e mai noioso che deve caratterizzare il percorso didattico di ogni bambino. La MIA Signora Matematica deve di fondo seguire sempre dei principi necessari e fondamentali, e che ricorrono ogni volta. Tuttavia è presente una totale libertà di porsi obiettivi nuovi, più o meno profondi o più o meno lungimiranti, ma sono sempre libera di scegliere come affrontarli o proporli, sia al singolo alunno che al gruppo classe.
Non è vero che la matematica è rimasta sempre la stessa da migliaia di anni, da quando i Sumeri diedero il "VIA". Certamente i contenuti sono ricorrenti ma la nostra Signora Matematica cambia d'abito, si rinnova, introduce nel suo look nuove modalità e contenuti e, devo dire, sta sempre al passo con i tempi moderni, proprio per parlare alle future generazioni. Di conseguenza il suo insegnamento non deve rimanere ancorato ai vecchi schemi, deve assolutamente inseguire nuove e diverse modalità per trasmettere il suo sapere, cercare di guardare avanti e di stupire i nostri alunni con esempi più affascinanti e con strumenti tecnologici, cercando di non presentarla come una Signora arida e distaccata dalla realtà, tutt'altro! La Signora Matematica ha bisogno di un radicale ripensamento da parte di tutti, a partire da quei genitori che mi guardano "strano" e si sentono "inadeguati" quando seguono i figli nei compiti che ho dato per ca-
Come insegnante di matematica, sin dalla prima elementare ho costruito ogni oggetto che la riguardasse, a partire dalle palline rosse per indicare le decine e quelle bianche per le unità, l'abaco dove metterle; ho cercato di avvicinare gli alunni alla matematica con la praticità, facendola vivere come una esperienza sia mentale che manuale. Ho continuamente spiegato ai miei alunni che la Matematica è presente SEMPRE nella vita di tutti i giorni, a partire dal risveglio fino al termine della giornata, e ho
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capito che i bambini, rassicurati da questo, si sono sentiti anche piĂš liberi di affrontare le sfide con essa. Adesso che siamo in quinta, mi stupisco delle loro risposte e di quello che conoscono e sono "orgogliosa" nel vedere i miei alunni che hanno padronanza e rispetto verso la Signora Matematica: non hanno piĂš paura di "Lei" ma cercano continue soluzioni, ci giocano come si fa con le persone che si stimano e si conoscono e che propongono sempre nuove sfide. La MATEMATICA deve poter essere sempre protagonista, trasformando il linguaggio e i tempi di una scuola che -prima o dopo, nel bene e nel male- sa sempre affrontare i cambiamenti. Simona Loretta Agolino, giurista, docente I.C."2Ottobre 870",piazza Borgoncini Duca Roma
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Attività laboratoriali
Obladì obladà
La didattica dell'inglese con i Beatles di Ansuini Cristina - Attività Laboratoriali
porta a mettersi in gioco, spinti dalla voglia di comunicare. L'energia trasmessa dalle canzoni dei Beatles e dallo stesso animatore è davvero travolgente e fa cadere quelle barriere di timidezza... che spesso bloccano noi adulti quando dobbiamo esprimerci in una lingua straniera! Attraverso la ripetizione canora di alcune parti delle canzoni accompagnata da immagini evocative, i bambini ampliano il loro vocabolario e le loro competenze, comprendono i significati delle parole, li animano e via via arrivano a meglio comprendere l'utilizzo dell'imperativo e degli opposites, a formulare le domande, a salutare e così via.
Nell'affannosa ricerca di modi nuovi, e soprattutto piacevoli!, di avvicinare i bambini all'apprendimento giocoso e fattivo dell'inglese, mi sono imbattuta nell'ACLE, un'associazione culturale che opera da anni nella scuola e organizza attività diverse, sia di formazione per noi insegnanti, sia per i bambini, con un ampio ventaglio di proposte, dai "City Camps" al "Theatrino". L'incontro con l'ACLE mi ha dato la possibilità di venire a conoscenza di laboratori da relizzare a scuola legati all'apprendimento dell'inglese, o all'approfondimento di tale lingua, grazie alle canzoni dei Beatles!
Modulando le attività per le varie fasce di attività si seguono percorsi differenti che vanno dal riconoscimento del protagonista del cartoon di Octopus's garden e dal mimo di Hello Goodbye, a note storiche sui Fab Four (dead or alive?) e su Liverpool.
Mi è sembrata un'opportunità preziosa quella di far avvicinare i bambini alla lingua e alla cultura inglese attraverso una musica buona e così significativa per tante generazioni! Ed in più con l'animazione di un insegnante madrelingua! Ma come si svolge realmente il workshop? Dura all'incirca un'ora ed è calibrato sul livello linguistico dei partecipanti. L'animatore parla sempre in inglese e stimola i bambini ad esprimersi nello stesso modo! Questo, se da un lato può inizialmente disorientare i bambini, in realtà li
La bellezza delle attività fatte insieme sta nell'energia trasmessa a piene mani dalla musica e dalla globalità dell'affettività stimolata nei bambini.
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È chiaro che non è possibile esaurire tutta le ricchezza di possibilità in un'unica volta: è un po' da vedersi come un input, come l'avvio di una serie di esperienze belle da fare insieme, puntando di volta in volta sulla drammatizzazione, sull'ascolto, sul disegno e, perché no?, sulla scrittura.
Cristina Ansuini, Psicologa, Docente presso la scuola "2 ottobre 1870", I.C. Piazza Borgoncini Duca, Roma
Non mi sono accontentata di osservare i visi ridenti e urlanti dei bambini ma ho fatto loro un po' di domande, chiedendo di scrivere di questa esperienza, mettendo un po' su carta tutte le emozioni e le sensazioni prima che volassero via con la musica e ne sono uscite fuori delle osservazioni e delle note utili a proseguire il percorso, per conto nostro, pur non essendo madrelingua, pur non sapendo suonare la chitarra e pur non essendo perfettamente intonati. COSI' STIAMO PROSEGUENDO LA NOSTRA AVVENTURA, ognuno a modo suo, chi con cartelloni per "fermare" l'esperienza vissuta, chi cercando video, chi canzoni da riprendere... Per me, in particolar modo è stato qualcosa di più; sarà perché sono nata nell'anno in cui sono venuti a Roma, sarà perché la loro musica tocca delle corde sempre sensibili, sarà perché hanno rappresentato un'epoca e non solo, ma hanno quel posto speciale che nessuno gli può togliere. I don't know why you say goodbye, I say HELLO!
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La valutazione a scuola: percorso di adempimenti o opportunità di crescita? (2a parte)
Verso la definizione della Qualità dei percorsi educativodidattici di Presutti Serenella - Orizzonte scuola
nale, sia per le sue origini anglossassoni, sia per le difficoltà oggettive che rileviamo per l'espressione di autonomia delle scuole, conditio sine qua non, più adeguata per assumere la connotazione di SISTEMA in senso moderno. Nonostante queste doverose considerazioni, ritengo che grazie al DPR 275/99, il noto Regolamento che istituisce l'Autonomia scolastica, si è aperta una serie di importanti e improcrastinabili opportunità soprattutto per quanto riguarda la costituzioni di "Reti" di scuole. All'art. 7/comma 2, troviamo che l'adesione ad un accordo o protocollo di rete "può avere per oggetto attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, ferma restando l'autonomia dei singoli bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coerenti con le finalità istituzionali; se l'accordo prevede attività didattiche o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, è approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza."
simmetrie in rete Nel precedente numero della nostra rivista ho cercato di esprimere un punto di vista sui processi di valutazione che si focalizzasse sul "Sistema Scuola" piuttosto che su di un elemento in particolare, che sia questo considerare gli stessi Alunni, destinatari dei percorsi di apprendimento, che siano gli insegnanti, dirigenti, Ata o le Famiglie, gli Adulti corresponsabili, diretti ed indiretti, dei detti percorsi.
Il punto di vista sistemico quindi, sulla definizione dei percorsi di diversa competenza, ma che indicano comunque lo stesso orientamento e obiettivo: il miglioramento delle azioni didattico-educative e il raggiungimento del successo formativo degli Alunni
IL PUNTO DI VISTA SISTEMICO DELL'APPRENDIMENTO non è semplicemente una scelta di un osservatorio diverso da un altro per poter operare analisi, monitoraggio e valutazione, ma piuttosto ne rappresenta il contenitore dell'intero processo, delineandone i confini come gli obiettivi ed gli orientamenti complessivi.
Al nascere dell'Autonomia scolastica, tra la fine degli anni '90 e l'affacciarsi del nuovo millennio, destò molto interesse, coagulando attenzioni e energie di molti, il "Progetto Qualità", ispirato ai modelli della qualità to-
La visione sistemica dei processi umani è un'acquisizione non ancora compiuta per quanto riguarda la nostra Istruzione nazio-
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tale; si introdussero concetti aziendalistici come Domanda/Offerta/Cliente e la Customer Satisfation. Si cominciò anche a parlare di Scuola come SERVIZIO EDUCATIVO e di ISTRUZIONE. Il primo decennio 2000 ha assistito al passaggio degli aspetti "a la page", "trendy" anche per ambiti insospettabili fino a dieci anni prima, come la SCUOLA...
formale"? Perchè la valutazione di sistema, che opera attraverso individuazione e validazione di indicatori condivisi può dare di più anche alle singole scuole? Bene, come si evince dai documenti di rete, redatti dal Responsabile SGQ e approvati nelle Assemblee di rete, possiamo affermare che: Il significato più forte si ritrova nella tipologia delle azioni approntate per raggiungere tale scopo: .... le 13 Istituzioni Scolastiche del territorio che comprendono scuole di primo e secondo ciclo, hanno progettato ed attuato in Rete un sistema integrato di gestione dei propri processi primari e di supporto al fine di garantire efficacia ed efficienza nell'erogazione del servizio di istruzione e formazione al quale sono chiamate.
...questa però è la parte di demerito... Ma i cambiamenti penetrati nel tessuto organizzativo hanno avuto una rielaborazione positiva, intelligentemente creativa, nell'evolvere il concetto di qualità e valutazione, contestualizzando le esperienze un pò aziendalistiche e traducendole adeguatamente ai processi di insegnamento/ apprendimento.
IL VALORE AGGIUNTO è da ritrovare nel fatto che: In questo contesto il termine qualità si riferisce alla capacità di soddisfare i bisogni degli utenti, intesi come fattore critico per il successo formativo degli alunni di ogni età. La scelta di rete comporta e ha comportato da parte di ogni singola scuola l'aver adottato un punto di vista altro dalla propria individualità istituzionale, munendosi di chiavi di lettura che privilegiano l'osservazione del territorio come unità di appartenenza e (quindi) di paragone. La valutazione si svolge pertanto a questo punto del Sistema e ... attraverso l'attuazione del SGQ la Rete Interscolastica ScuoleInsieme e le Istituzioni Scolastiche aderenti al Progetto Qualità acquisiscono, infatti, gli elementi per gestire e controllare i propri processi interni, permettendo di individuare in modo chiaro ed efficace eventuali problematiche e di ottenerne il superamento
Le esperienze delle SCUOLE in RETE hanno rappresentato il volano di questo cambiamento. L'istituto scolastico che dirigo fa parte di una rete di scuole, 25 istituti di ogni ordine e grado, di cui 13 hanno intrapreso un percorso per la realizzazione del "Progetto Qualità", cioè la costruzione di un ...Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ) inteso come l'insieme degli elementi (processi e risorse) che sono posti in atto per predisporre e realizzare quanto pianificato.
Per ultimo, ma solo nell'esposizione, l'aspetto importante della Sperimentazione e la Ricerca E' indubbio che RI-CERCARE, RIMODELLARE e RI-VALUTERE proprie modalità in atto, come anche gli strumenti didattici in uso, può rappresentare una formidabile opportunità di crescita e di sviluppo, sia a livello di singolo come di comunità professionale e scommettere in risultati migliori.
La Rete ScuoleInsieme e tutte le 13 scuole aderenti al Progetto Qualità hanno ottenuto la certificazione ISO 9001:2008 in data 29.11.11. Si potrebbero porre alcuni interrogativi a questo riguardo. Che significato ha ottenere questo risultato? Qual è il valore aggiunto che supera quello"
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Abbiamo accettato questa sfida con armi insolite e originali, con uno sguardo al futuro, ma anche, con molta Umiltà, consapevoli dell’importanza delle proprie radici. Non è di questo che la Scuola italiana ha bisogno? AI POSTERI L'ARDUA SENTENZA. Serenella Presutti, Dirigente scolastico, psicopedagogista e counsellor,143° Circolo didattico Spinaceto Roma
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Orizzonte scuola
Il fantastico mondo della didattica della lingua italiana Una didattica che inizia là dove sembra avere fine di Traversetti Marianna - Orizzonte scuola
La didattica della lingua italiana conosce molteplici aspetti culturali e procedurali che si snodano in modo complesso, ma armonico, all'interno di una progettazione ampia e transdisciplinare, frutto dell'intreccio dei paradigmi semantici, espressivi e linguistici di cui essa stessa è portatrice. Forse è per questo che "insegnare italiano" diviene una preziosa ed insostituibile opportunità professionale ed educativa sotto due diversi punti di vista. Quello del docente il quale, se è padrone della materia, riesce a trasmettere all'alunno una modalità di ragionamento concreto e plurimo che "segna per la vita"; e quella dell'allievo che, se coglie (attraverso l'accompagnamento dell'insegnante che, con motivazione ed amore per la disciplina, mostra e fa scoprire le fattezze meravigliose di tutto ciò che la materia di studio sottende e racchiude) la possibilità di utilizzare a proprio piacere le potenzialità della lingua, si appropria di un atteggiamento mentale e di un modus operandi, tale da consentirgli di "varcare" ogni soglia del sapere, qualsiasi esso sia, con fare indagatore e affascinato. Si tratta, senza dubbio, di un giudizio di valore che proviene da una esperienza personale e professionale originata da una spinta motivazionale interiore che, se usata in classe in modo dinamico e sicuro, allora ha la stragrande capacità di farsi anello portante di un sapere vitale e consistente che diviene, nel contempo, forza individuale e veicolo di informazioni, di conoscenze, di abilità che arricchisce la persona nell'ambito di un contesto di identità, appunto, personale ma anche culturale. E quale didattica per l'italiano?
Una didattica assolutamente flessibile, che non ha la fretta di finire là dove un aspetto del programma disciplinare pone un punto, ma che sfrutta tutte le occasioni possibili, siano esse personali dell'allievo, esperenziali, culturali o "alternative". Una didattica che non sta ferma all'interno di una soffocante "logica" (che poi tanto logica non è) di una banale ed induttiva trasmissione di singoli saperi distaccati da contesti comunicativi, relazionali, esperenziali e concettuali, ma che, al contrario ed in maniera dirompente, coniuga consapevolmente una strategia metodologica che è vibrante ma rigorosa, seria ma ludica, chiara ma complessa con una disposizione all'apprendimento da parte degli allievi che è, gioco forza, una conseguenza naturale di un impulso ad imparare, che ha le sue radici nel tarlo della curiosità che lo studio della lingua italiana suscita e rinvigorisce. Marianna Traversetti, docente IC Perazzi -
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Roma
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Scuola, allarme insegnanti Sono i più vecchi di tutta Europa di La redazione - Dalla redazione Scuola, allarme insegnanti Sono i più vecchi di tutte Europa È quanto emerge dal rapporto "Key Data on Education in Europe" pubblicato a Bruxelles sullo stato di salute dell'insegnamento europeo. La percentuale di ultracinquantenni è del 57,8%. Ci si avvicina solo la Germania. (da Il Fatto Quotidiano) Per visualizzare clicca qui Sara e le Sbiruline di Emily: io non temo l'epilessia Un libro spiega come affrontare la malattia IN ITALIA MEZZO MILIONE di persone soffrono di crisi epilettiche. Chi ne soffre deve fare i conti con disturbi improvvisi e transitori a causa di un'alterazione dei neuroni. Molteplici le cause: fattori genetici, lesioni al cervello da traumi, tumori, ictus. E numerose le conseguenze, tra cui anche il disagio e l'emarginazione sociale. Ecco allora la necessità di preparare un bambino ai sintomi di questa malattia. Ma come spiegare quelle crisi a volte convulsive che arrivano all'improvviso? Se lo è chiesto un cuore di mamma, che insieme alla domanda ha cercato di trovane anche la risposta. Da qui nasce il libro di Rachele Giacalone dal titolo Sara e le Sbiruline di Emily. (da Quotidiano.net) Per visualizzare clicca qui La politica non mortifichi la scienza F.A.N.T.A.Si.A. Dalla Federazione delle Associazioni Nazionali a Tutela delle persone con Autismo e Sindrome di Asperger il documento a difesa delle Linee Guida "Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti", promossa dall'Istituto Superiore di Sanità uno strumento essenziale per garantire alle persone che ne sono affette pari opportunità di una vita piena e dignitosa ... Per visualizzare clicca qui Per visualizzare le linee guida clicca qui Bari nasce clinica del sale per i bimbi Se i bambini non possono andare al mare, il mare andrà da loro E' il primo caso in Italia e ad usufruirne, per il momento, saranno bambini fra i 4 e i 12 anni. Nasce a Bari la clinica del sale. Il mare finisce in una stanza nel reparto di Otorinolaringoiatria del Policlinico Universitario di Bari, diretto dal professor Nicola Quaranta, dove ha preso il via una sperimentazione sull'utilizzo dell'Aerosal, una camera le cui pareti, soffitto e pavimento, sono interamente ricoperte da salgemma per garantire un ambiente ipoallergenico e a bassa carica batterica nel quale il microclima mantiene un'umidita' (40-60%) e una temperatura (1824%) stabili. (da Dire Giovani.it) ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it
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Per visualizzare clicca qui Aderisci al FAI con la tua classe! FAI PER L'ITALIA. FAI ANCHE TU Sottoscrivendo l'Adesione Scuola (1 insegnante + 1 classe), si diventa Classe Amica FAI: si ha così l'opportunità di far crescere gli studenti nel rispetto delle radici e delle tradizioni umane e culturali del loro territorio. (dal sito del FAI). Per visualizzare clicca qui
La redazione
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