Numero 24 giugno 2012 lascuolapossibile

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Pubblicata da Sysform Editore 00131 Roma Via Monte Manno 23 -

Direttore Responsabile Manuela Rosci

Edizione cartacea della rivista telematica www.lascuolapossibile.it Iscrizione al Tribunale di Roma 63/2010 del 24/02/2010 N.24 giugno 2012

Web Content Manager Maurizio Scarabotti

Editoriale

Ma come dovrebbe "funzionare" un docente? La funzione docente di Rosci Manuela - Editoriali

Ma che significa "essere autentici"? Siamo giunti a conclusione di un altro anno scolastico e nasce spontaneo dire ... sembra ieri che abbiamo iniziato! La percezione del tempo che passa è certamente influenzata dai nostri stati d'animo, da ciò che abbiamo vissuto -nel bene e nel male- da quanto abbiamo fatto, da quanto siamo soddisfatti, seppur stanchi. Ogni anno (ma anche ogni nostra esperienza) si conclude con una valutazione, che può essere anche molto sommaria, tra le cose che sono andate e quelle che è meglio dimenticare, anche se spesso è difficile "lasciare andare" ciò che ti ha toccato in negativo, ciò che ti ha ferito. Abbiamo scelto di dedicare l'ultimo numero ai bilanci -tasto dolente in questo periodo!a ciò che ci siamo portati via di importante, emozionale, di indimenticabile in questo anno di lavoro, affiancando anche qualche nota di rammarico per ciò che non si è riusciti a fare, o non come si sarebbe voluto. I nostri autori sono stati autentici nel raccontare le loro storie, di oggi come di ieri, di come si sono sentiti e perché qualche scelta, di natura didattica quanto relazionale, abbia lasciato in loro la voglia di donarla, di raccontarla a tutti noi.

Mi aiuto ricercando su Wikipedia (oggi risulta essere il più gettonato luogo per ricercare spiegazioni, da grandi e piccini!). Ho scelto: "Il termine diretto da cui deriva quello di autenticità è autentico (dal lat. tardo authentĭcus, dal greco αὐϑεντικός, derivato di αὐϑέντης (che vuol dire "autore"; "che opera da sé" e che significava in senso lato "avere autorità su sé stessi"). La parola è composta da autòs (sé stesso) ed entòs (in, dentro) e quindi in senso più pregnante autentico può voler dire che autentico è ciò che si riferisce alla nostra vera interiorità, al di là di quello che vogliamo apparire o crediamo di essere. ....La ricerca dell'autentica interiorità non è propria soltanto della filosofia ma anche della pedagogia che si propone di far emergere con l'educazione l'individuo autentico e svilupparne le potenzialità che possono raggiungersi insegnando a non limitarsi nella propria egoità, nel proprio io individuale, ma a superare l'incapacità di relazionarsi nel mondo, con quell'"esserci" (dasein) che ci permette di superare l'heideggeriana

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inautenticità e anonima impersonalità. Rendersi conto attraverso la scienza dell'educazione della centralità della propria persona inserita in un ambiente sociale dove accanto all'"io" esiste anche il "noi".

TINUIAMO A DARE CON LA NOSTRA FUNZIONE? Quale valore aggiunto potrebbe esserci nell'insegnare qualcosa a qualcuno se non proprio nella nostro essere AUTENTICAMENTE capaci di accompagnare i più giovani di noi a ragionare diversamente da noi, a considerare l'altro una risorsa seppur diverso da te, a essere leale piuttosto che falso, con se stesso e con gli altri, a guardare oltre ciò che oggi riesci a vedere, a sentire il dolore dell'insuccesso quanto la gioia del successo, a sopportare l'errore quanto l'eccellenza, a sapersi accettare quanto criticare ....

E ancora: "Il concetto di autenticità ha una connotazione soggettiva e una oggettiva. Per la prima l'autenticità è la sincerità che l'uomo ha con sé stesso, quando cioè non si finge di essere quello che non è, quando è genuinamente quello che il suo carattere lo fa essere. A questa interiorità spontanea e autentica deve però corrispondere un coerente comportamento esterno: vi deve essere un accordo tra le vere caratteristiche interiori e il rapporto con gli altri nel senso che l'uomo soggettivamente autentico accorda il suo temperamento a ciò che dice e fa: dice ciò che pensa, fa quello in cui crede."

Capite bene che sento questa funzione così importante, così vitale che cerco di essere autentica nel mio lavoro, cercando di integrare l'aspetto interiore del concetto (l'autenticità è la sincerità che l'uomo ha con sé stesso, quando cioè non si finge di essere quello che non è, quando è genuinamente quello che il suo carattere lo fa essere) con il comportamento esterno (l'uomo soggettivamente autentico accorda il suo temperamento a ciò che dice e fa) che si sintetizza bene nel motto: dice ciò che pensa, fa quello in cui crede.

Qualche considerazione. Nella nostra funzione docente è importante dunque accompagnare i nostri studenti verso questo percorso di "autenticità" che deve poter coniugare la propria persona con quella di tanti altri che insieme a noi formano l'ambiente sociale. Non è forse la classe un "ambiente sociale" predefinito, a disposizione proprio per apprendere ciò? Non è forse l'azione quotidiana del "lanciare il sasso nello stagno" -lanciare ad esempio una provocazione didattica alla classe- che contraddistingue il lavoro di ogni giorno di tantissimi docenti, che serve a mettere in gioco se stessi con il proprio io ma anche con gli altri? Non è compito della scuola, e quindi della nostra funzione docente, "aprire le menti" e costruire un "noi" che possa essere anche di supporto a tanti "IO" presenti in ogni classe?

Ma il mio lavoro non si realizza solo con gli studenti, si concretizza molto anche nel rapporto tra colleghi e anche questo dovrebbe essere... autentico, nella costruzione di senso che riesce a dare un gruppo di persone che potrebbero/dovrebbero condividere la stessa mission e forse anche la stessa vision! Ebbene, ciò che mi porto via da questo anno, o meglio da un ciclo di vita professionale, oltre che amicale, insieme a un gruppo di docenti con cui ho lavorato per undici anni, è che un gruppo (di docenti, ad esempio!) diventa forte quando i membri sono autentici non a parole ma a fatti, quando si è maturi per poter dire ciò che si pensa (e questo è abbastanza frequente tra gli adulti) ma altrettanto capaci di mettere in atto coerentemente il proprio pensiero, di fare AZIONE che vada verso la realizzazione di ciò che si dice, all'insegna della condivisione, come risultato di una messa in gioco di molti ("tutti" è difficile!). Fatti, non solo chiacchiere! Quando si costruisce questa identità collettiva, quando ognuno mette in gioco se stesso, il suo sé soggettivo al servizio di una visione comune, una comune ricerca di azio-

Immaginate quanti siamo a svolgere questa funzione: probabilmente siamo "l'azienda" più numerosa, che conta più lavoratori in assoluto! E tutti svolgiamo l'attività quotidiana di accompagnare i nostri alunni verso quella consapevolezza che ha ragione di essere perseguita proprio nell'ambiente sociale per eccellenza, che è stato individuato da sempre (la classe) come luogo "sociale" dove imparare a fare e a stare ... in modo "autentico". Se non siamo convinti che la nostra mission sia di natura pedagogica (educativa) e non solo disciplinare (istruttiva) ... COSA CON-

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ne ... l'esperienza non solo è gratificante ma riesce a produrre cambiamenti impensabili, nei singoli e nel gruppo stesso. Questo mi porto via, il lavorare in maniera "autentica" con un gruppo di colleghi. E' stato fantastico. Unica accortezza (nota dolente): attenzione a chi si spaccia per "autentico" e in realtà si ferma solo a essere ciò che è, senza nessuno sforzo per cambiare (azione indubbiamente faticosa!) o per condividere con gli altri, nel mettersi in gioco per il gruppo, trincerandosi dietro pietose affermazione (ma io sono così, non è colpa mia!). Diffidate: spesso sono persone non sincere ... anzi FALSE e, come le monete fasulle, non valgono nulla, tanto vale non prenderle in considerazione, evitarle .... non esistono per me! Grazie a tutte/i veri autentici che ho incontrato nel mio cammino, sono molti, ma molti di più delle persone che non lo sono. Manuela Rosci

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In questo numero di giugno 2012 Area Tematica

Titolo

Autore

Ma come dovrebbe "funzionare" un docente?

Rosci Manuela

Cuore di Cinema

Riccardi Barbara

Re Artù e la Tavola Quasi Rotonda Lucci Laura Se hai una montagna di neve, tienila all'ombra

Ansuini Cristina

Alunni speciali

La redazione

BIZ Factory 2012 premia l'eccellenza imprenditoriale giovanile

La redazione

QUELLO CHE NON HO...

La redazione

Amore di sé

Riccardi Barbara Agolino Simona Loretta

La mia collega. Una rosa blu

Crasso Antonella

Golia Amore a prima vista

Riccardi Barbara

Meglio saltare o... superare l'ostaNucera Roberto colo? Hanno collaborato in questo numero giugno 2012 IL DOCENTE è soprattutto una docente? Un mondo precario al femminile? Insegnante curricolare o di sostegno? Promozione e respingimento? Qualche rammarico?

La redazione Presutti Serenella Traversetti Marianna Sabatini Roberto Infantino Aminta Patrizia

Raffaella, un'insegnante, il mio mito

Paci Lucia Giovanna

Il futuro sono gli e-book!

Monacelli Rodolfo

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DDalla prima pagina Dalla prima pagina

Il futuro sono gli e-book! Finalmente anche in Italia? di Monacelli Rodolfo - Scuola & Tecnologia

se, la vendita (in particolare del Kindle) di lettori ad un prezzo più accessibile (il Kindle base viene venduto a soli 99€) ed una lettura che si avvicina molto a quella di un libro di "carta". Nonostante questi chiari miglioramenti l'incidenza degli e-book sul totale dei libri venduti in Italia è ancora insignificante, poco più dell'1%, anche se è vero che il numero dei titoli disponibili, in un solo anno (Maggio 2011/Maggio 2012), sono triplicati. In parallelo con i titoli sono, inoltre, aumentati anche gli e-book store: in Italia, attualmente, oltre al già citato Amazon, si possono trovare e-books (gratis o a pagamento) anche su Ibs, Bol, Issuu, EbooksItalia, Bookrepublic, e molti altri.

Ho l'impressione che a proposito di ebook e dintorni, si corra il rischio di continuare a ripetere che è 'troppo presto', fino a quando non ci si accorgerà che, all'improvviso, è 'troppo tardi'(Alessandro Zaccuri, scrittore)

Questo è certamente un segnale che è quello il futuro dell'editoria. Del resto, numerosi sarebbero, e saranno, i vantaggi nel passaggio dal libro cartaceo a quello digitale. Dato il limitato spazio non possiamo approfondire l'argomento, ma cerchiamo di evidenziare alcuni aspetti, i più significativi:

Uno dei fenomeni più interessanti dell'editoria italiana è certamente quello degli ebook. Un fenomeno nuovo soltanto per il mercato italiano, mentre nel resto del mondo è, se non affermato in base a tutte le sue potenzialità, consolidato in maniera significativa. Basti vedere il mercato americano, grazie soprattutto all'avvento di Amazon, e a quello europeo (andare sui link indicati per leggersi qualche dato estremamente significativo). L'Italia, si sa, è una società e un mercato estremamente conservatore e dunque l'avvento degli e-book è stato, ed è, molto più complesso. Ma un'inversione di tendenza esiste. Grazie, anche in questo caso, all'arrivo della versione italiana di Amazon nel nostro Pae-

- Abbassamento dei costi. Con gli e-book si abbasseranno i costi per le case editrici e questo darà loro la possibilità di poter investire su autori e testi meno commerciali,

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migliorando la qualità complessiva dell'editoria italiana. - Risparmio ambientale. Con gli e-book non si utilizzerà la carta ma soltanto il digitale e questo permetterà di non uccidere milioni di alberi ogni anno per libri, a dire la verità, che non meriterebbero tutti questi sacrifici. - Eliminazione degli sprechi. Con gli ebook non si potrà assistere a quel fenomeno esecrabile che avviene oggi nell'ambito dell'editoria cartacea. Quel fenomeno, cioè, per cui, ormai, alcuni libri resistono nelle librerie poche settimane e vengono, a seguito delle mancate vendite, mandati al macero. Questo, con gli e-book (così come con tutti i prodotti digitali), ovviamente non potrà succedere.

do, "Il gioco di parole. Lo sviluppo e le difficoltà di linguaggio", che è possibile acquistare sul sito della Sysform Editore. Un libro che ci permettiamo di consigliare perché estremamente interessante ed in cui, come scrive l'autrice stessa, <<genitori, insegnanti, educatori, terapisti, ecc... potranno conoscere il linguaggio, come si sviluppa, come dovrebbe essere uno sviluppo normale e come interpretare i campanelli d'allarme, in modo tale da intervenire il più precocemente possibile>>. Buone vacanze e buoni e-books a tutti! Rodolfo Monacelli, staff di Sysform Editore

Come si vede, i vantaggi (e abbiamo citato solamente i più significativi) degli e-book sono molteplici. Numerosi vantaggi, nell'utilizzo degli e-book, si avrebbero anche nel mondo della scuola, partendo dal fatto che i nostri studenti e figli non dovrebbero essere più costretti a portare zaini pieni di decine e decine di libri per tutte le materie. Anche per gli insegnanti l'utilizzo degli ebook faciliterebbe di molto il loro lavoro. Basti pensare, ad esempio, che in un Kindle, si possono contenere migliaia di testi consultabili immediatamente, qualunque sia il luogo dove ci si trova, sia per formazione personale che per motivi lavorativi. Perché, dunque, non iniziare, già da queste vacanze, a superare il nostro conservatorismo e scetticismo e iniziare a leggere qualche e-book? Questo, tra le altre cose, ci risparmierebbe un bel po' di posto nelle nostre valigie sempre più ingombranti. Un consiglio che mi permetto di dare a tutti i lettori di questa rivista è di acquistare subito il libro di Esterina Castal________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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Golia Amore a prima vista

Un blog laboratoriale per meglio convivere con il nostro migliore Amico di Riccardi Barbara - L'intervista

yorkshire, ci gioco, mi mordicchia, lo strapazzo, mi lecca, lo manipolo, è fatta Eros ha scoccato il suo dardo... Il padrone intanto racconta che si tratta del figlio di Punto e Virgola, i cani della Carrà, ricordate la sua trasmissione: "Quanti fagioli contiene l'ampolla? Quante lenticchie ..." , io non avevo proprio bisogno di farmi ammaliare, già avevo deciso: "Golia è mio"!!" Ora la parte più difficile dell'impresa, arrivare al si di mamma, che dire, si era già fatta catturare al loro primo scambio di sguardi. L'ostacolo, papà come la prenderà? All'unisono, alleate, io e la mamma, decidiamo di portarlo a casa: "A giochi fatti non potrà dire di NO ..." Così fu! Al primo incontro, frase classica: "O entra lui o vado io via di casa", e noi: "Bene, d'accordo...", il secondo giorno Golia, ah dimenticavo il peloso l'avevo battezzato Golia, primo per simbolismo al gigante grande, grosso e vincente e poi perché nero e tondo proprio come una caramella Golia, in onore al mio nonno amato a cui piacevano da impazzire, terzo per in riferimento al piccolo di elefante della Walt Disney che ha messo in salvo i suoi amici di fronte la comparsa di un topolino; vi stavo dicendo che Golia non si staccava un momento da papà, sembrava quasi che avesse capito che doveva catturarsi le sue grazie con la sua simpatia e bellezza. Certo l'approccio non era proprio quello giusto, perché continuava ad assillarlo mordicchiandogli i lacci delle scarpe, tanto lo sapeva bene Golia, nato ad ottobre nel segno anche lui, come il babbo dello scorpione, fermo e volitivo avrebbe fatto breccia anche nel più dei glaciali dei cuori.

Un Amore a prima vista durato 18 anni, nel Bar Termini in Via S. Croce in Gerusalemme, in una gelida mattinata di inverno, lui una pallina di pelo nero arruffato, avvolto in una sciarpa bianca si è presentato a me. Oggi dopo tanti anni mi sto chiedendo se è stato Amore o se è stato l'effetto dopo il prelievo di sangue e lo stomaco vuoto che hanno reso fattiva l'audace adozione tra me e il mio futuro Amichetto. Mentre ingurgitavo in fretta la doppia razione di cornetto e cappuccino si avvicina al bancone un signore distinto con in braccio un'enorme sciarpa bianca. Incuriosita ma distratta dal masticare chiedo cosa celava di tanto prezioso, lui senza proferir parola prende e inizia a scartare la sciarpa e sorpresa un esserino dallo sguardo furbetto si fa intravedere, di colpo lascio cadere nel piatto il cornetto e afferro il cucciolo di pelo

In realtà papà non è che non lo voleva, aveva solo paura dei cani, una paura che ha

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avuto fin da piccolo avendo avuto un'esperienza negativa legata al ricordo/rapporto dei suoi due boxer di cui i nonni avevano una passione. Si sa che i boxer sono giocarelloni, saltano e non controllano la loro esuberanza, da lì un brutto approccio di contatto è stato fatale ad incutergli terrore dei quattro zampe. L'incontro di Golia con lui, una volta entrato in contatto, è stato terapeutico riuscendo a superare ogni remora. Come l'Amore può tutto!!

tratti di una persona cattiva "sempre", ventiquattro ore su ventiquattro. È la circostanza, il contesto che fa cambiare alle volte il carattere dell'individuo, uomo o animale che sia. Ogni reazione e comportamento del cane ha una logica alle spalle; i cani aggressivi esistono ma con l'esperienza di persone competenti si possono aiutare a modificare il loro comportamento. E' possibile superare la paura dei cani? Si può "guarire" da queste fobie gradualmente ma bisogna avere la volontà di farlo e ricorrere ad "aiuti" esterni, come ad esempio possono essere quelli familiari o di persone competenti in campo cinofilo (l'educatore e/o il comportamentalista ). Ci si può avvicinare ad un cane di taglia mediopiccola (anche se la taglia non ha un gran valore); maggiore importanza c'è l'ha il cane che troviamo "carino" anche se facciamo fatica ad avvicinarci proprio a causa della nostra paura.

Proprio di questo, di come un cane può essere di aiuto per superare paure e fobie ce lo spiega la nostra esperta comportamentista cinofila Giulia, la quale ha creato apposta un blog sul nostro "Net for Kids" il social network under 14. Giulia spiegherà trucchi e mestieri per guadagnarci la loro fiducia e la loro simpatia, come farci ascoltare ed ubbidire senza troppa fatica. Insomma come rendere migliore il rapporto con il nostro migliore Amico!!

Di che cosa parlerai con i ragazzini su NET for KIDS? Affronterò con loro i problemi, i dubbi e le curiosità circa i cani. E' probabile che qualcuno abbia già un cane e potrò dare loro consigli su come migliorare il rapporto con lui. Per chi non ha ancora un cane e desidera tanto averlo ... parleremo anche dei canili e delle attività di adozione che si possono realizzare. Vi aspetto tutti su NET for KIDS, iscrivetevi al gruppo: IO AMO IL MIO CANE!!!

DIMENTICAVO DI DIRVI: tutto questo vale solo per gli iscritti a NET for KIDS il social network under 14. Giulia sono molte le persone che hanno paura di un cane? La paura ad avvicinarsi ad un cane appartiene a molte persone. Ci sono persone che hanno vissuto direttamente, sulla propria pelle un' esperienza negativa e altre invece hanno assistito a episodi di "violenza" e ne sono rimaste colpite.

Grazie Giulia e complimenti per l'iniziativa che certamente sarà interessantissima per tutti gli under 14 che amano i cani.

Perché si ha paura? La paura riguardo il rapporto uomo-cane è dovuta al fatto che la maggior parte delle persone non sa "comprendere" ciò che il cane ci sta comunicando attraverso il corpo (il linguaggio non verbale). Alcune persone credono che tutti i cani che attaccano in modo lieve o meno un essere umano sono per forza cani aggressivi e cattivi ma non è affatto vero, è come dire che quando vediamo una persona litigare con un'altra su un mezzo pubblico ad esempio pensiamo si

Barbara Riccardi

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Re Artù e la Tavola Quasi Rotonda ... E così m'invento il medioevo di Lucci Laura - Attività Laboratoriali

Trovo veramente assurdo che un bambino di 11 anni esca dalla scuola primaria conoscendo la storia fino ai romani. Personalmente, ho sempre pensato che nella primaria la storia si dovesse raccontare partendo dal proprio vissuto, per passare poi al vissuto dei genitori, poi dei nonni e via via indietro fino alla preistoria. Probabilmente, aiuteremmo i nostri ragazzi ad avere un concetto spazio-tempo migliore, ma questa è fantascienza lo capisco!

Naturalmente stiamo parlando di genitori attenti che credono nel loro compito educativo, che hanno la coscienza che la loro prima Chiamata sono i loro figli e quindi parliamo di figli fortunati. Ma tutti i bambini hanno questo tipo di genitori? E i bambini che non hanno genitori così, vuoi perché presi dal lavoro, vuoi perché non pensano siano importanti queste cose? Ma scusate... ma la scuola una volta non era quell'opportunità che permetteva a tutti di crescere e scegliere come essere in futuro?

Però trovarci ad avere dei ragazzini di 10 anni che non sanno chi sia Carlo Magno o Napoleone, che ritengano che Colombo sia un commissario un po' attempato che passano solo su rete 4, che non hanno idea di cosa sia la portata innovatrice di una Rivoluzione Francese o una Rivoluzione industriale, che non conoscano la follia della guerra che porta popoli fino a ieri amici a combattersi allo stremo per seguire un ideale perverso... perdonatemi ma io trovo tutto questo una follia ed è deprimente sia come docente sia come genitore:

Ok, ci hanno tolto la storia... quindi a noi insegnanti irriducibili cosa rimane? LA FANTASIA ... e così m'invento il medioevo!

➢ come docente, in quanto so che il mio compito è quello di far emergere la Persona dei miei piccoletti, formare la loro coscienza sociale e civile... ma con che mezzi... 9 mesi a parlare di preistoria, altri 9 per i popoli antichi e altri 9 mesi a parlare dei romani... come possono i bambini sentire vicino questo percorso?; ➢ come genitore, perché per portare i nostri figli ad un museo, o li abbiamo preparati una settimana prima o ci ritroviamo in fila per i biglietti a raccontare velocemente 100 anni di storia, oppure quando vediamo un film - sarà sicuramente successo anche a voi di vedere un film storico con i vostri figli e di sfruttare le scene in cui succedeva poco per raccontare velocemente qualcosa per far capire loro... una fatica!!!(adesso che ci penso chi ha inventato il tasto pausa in mysky doveva avere un figlio nella primaria)

Medioevo

Ecco come nasce il percorso che ci porta alla parodia della più famosa delle "leggende storiche" Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda.

A settembre presento un progetto di un Laboratorio Teatrale inserito nei due filoni cardine della mia scuola: Progetto Fiaba e Progetto Alimentare. Partiamo con la lettura in classe di un libro: "La leggenda di Re Artù - Giunti del borgo": ogni capitolo ci porta degli approfondimenti

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e nasce così un quaderno, affrontiamo insieme temi della società medievale, le caste, gli usi, i costumi. Vediamo insieme come nasce la cavalleria, il codice cavalleresco e seguiamo il percorso del bambino destinato a diventare cavaliere. Troviamo il rito d'iniziazione del cavaliere, la veglia, la purificazione e il grande giorno dell'investitura... (internet+libri= cocktail perfetto) e con dei disegni fissiamo meglio i concetti. Passiamo poi alla visione del film "L'ultima legione" sapientemente epurato delle scene più cruente da un genio, genitore della nostra classe, che piace molto e galvanizza i ragazzi. Questo ci permette di parlare delle spade del medioevo e conduciamo così una ricerca sulle spade più famose. Ci soffermiamo poi sui vari personaggi del libro, come si presentano e quali sono le valenze positive o negative che incarnano: Re Artù, Merlino, Ginevra, Lancillotto, Morgana e i vari cavalieri. Ogni tanto ci rilassiamo con qualche puntata di "King Arthur and the Knights Of Justice" , un cartone animato intriso di valori cavallereschi, che ha accompagnato i bambini ad identificarsi nei vari cavalieri e nelle varie dame. Parallelamente viene seguito un percorso di educazione alimentare che porta i bambini a conoscere le regole della corretta alimentazione che privilegia una dieta sana ed equilibrata. Alla fine del nostro percorso portiamo a teatro una parodia della storia di Re Artù, con un Merlino dietologo, che impone diete strettissime ai cavalieri per far raggiungere loro una forma perfetta, ma i cavalieri trovano un escamotage per beffare Merlino. Il finale tragicomico porta Merlino a riflettere e a trovare il giusto equilibrio. Abbiamo imparato cose nuove, abbiamo condiviso un periodo storico che, forse in pochi gesti, è ancora presente nella vita di oggi e ci siamo divertiti. ... QUESTA È LA SCUOLA IN CUI CREDO! Laura Lucci, docente 70°CD Falcone - Roma

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QUELLO CHE NON HO...

Io bambino scolaro italiano(perché tutte queste cose me le hanno tagliate:costavano troppo!!!) di La redazione - Dalla redazione

dicono che dobbiamo leggere, scrivere, addestrarci a rispondere alle prove di matematica e di lingua, studiare senza distrarci, per essere premiati come alunni migliori e poter far premiare la nostra come la scuola migliore delle altre : "ma" dico io "siamo in una corsa ad ostacoli"?) · il tempo per guardare le cose con calma, dentro e fuori della scuola e farmi domande a cui rispondere con l'aiuto dei compagni e delle maestre (niente più visite guidate al quartiere, ai luoghi importanti della mia città, ad altre città e paesi d'Italia, ai parchi, alle biblioteche, ai teatri... non c'è più chi possa accompagnarci, perché siamo sempre con un solo insegnante e non ci sono più soldi da inGuarda il video cliccando sul link su -Indirizzi Web vestire né della mia famiglia, né della scuola) · Una Scuola a Tempo Pieno di qualità (ce l'avevo, me l'hanno distrutta!) · due maestre (oggi ne ho tantissime che vanno e vengono nella mia classe e io e non capisco più chi di loro insegna che cosa!) · una maestra specialista di inglese, se le mie maestre non conoscono bene la lingua straniera (adesso la insegna una di loro, dopo un corso online di 50 ore... ma lei aveva studiato solo francese e tanto tempo fa!) · il tempo per crescere, imparare in modo tranquillo, essere ascoltato e ascoltare i compagni (si corre, si aprono e chiudono quaderni diversi, si risponde a tantissimi test e quiz , non si può ragionare con calma, non si può sbagliare!) · i laboratori (non c'è più chi ci può segui· il tempo per conoscere i miei compare come prima, quando, a piccoli gruppi, digni di altri Paesi (non c'è modo per ascolpingevamo, utilizzavamo i computer, suotare i racconti e per scambiarsi esperienze navamo gli strumenti musicali, preparavacon i compagni di classe o di scuola che mo spettacoli, scrivevamo giornalini...) vengono da lontano, ma non c'è neanche · il tempo per giocare in giardino o in tempo per scrivere a "compagni di penna" palestra e per chiacchierare e discutere di Paesi europei con i quali, in passato, abun po' con i compagni e le compagne biamo anche realizzato progetti Come(adesso le ore a disposizione sono pochisnius) sime, non più di 27 e maestre e maestri ci · la carta igienica, il sapone, i materiali ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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per l'igiene personale (veramente questi sono sempre stati pochissimi, ma adesso proprio non ce ne sono più e devono comprarli i nostri genitori) · una scuola pulita, bella, in ordine (mi dicono che ci sono sempre meno soldi per chi rimette in ordine e lava la mia scuola e per chi dovrebbe realizzare i lavori di manutenzione dei locali) · i miei cari bidelli (adesso si chiamano collaboratori scolastici, ma sono sempre di meno e non posso chiedere niente a nessuno quando ho bisogno di una mano per rivestirmi, per trasportare materiali dalla mia classe ad altre, per spostarmi dentro la scuola, per essere accudito se sono momentaneamente disabile... per fare una chiacchierata quando sono stanco o nervoso e la maestra mi invita a fare un giro fuori della classe) · la maestra o il maestro di sostegno, se ho difficoltà a muovermi, ad imparare, a comunicare(ormai l'insegnante che si dedica a me ha solo un'ora al giorno perché deve seguire almeno altri 3 o 4 bambini) Non ho più la scuola accogliente e stimolante che la Costituzione italiana mi garantiva, perchè la crisi economica del nostro paese, come mi hanno spiegato mamma e papà e gli insegnanti, la stiamo pagando noi, i bambini, gli studenti, insieme ai malati, agli anziani, ai più poveri. Ma io non credo che questa ingiustizia possa continuare e chiedo ai miei genitori, ai maestri, ai ministri, ai politici, alle persone di cultura, a chi lavora in TV e nei giornali... di darsi da fare per restituire a me a ai miei compagni quello che ci spetta perché possiamo crescere sani, e diventare adulti interessati e CITTADINI CAPACI DI RAGIONARE CON LE NOSTRE TESTE. dal web

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Una rosa blu

Sfogliando pensieri di un anno tra i banchi di scuola di Crasso Antonella - Integrazione Scolastica

Il mio anno scolastico si è concluso con una rosa blu, donatami dai miei alunni della seconda: un gesto d'amore, posso dirlo con certezza, a mettere il sigillo su un anno vissuto insieme tra tante difficoltà,problemi e crescita reciproca.

una grande diffidenza iniziale verso l'insegnante e la collega nuova, ancora una volta tutto da dimostrare! Gli inizi non sono stati per niente facili: uscivo da quella classe con l'impressione di essere trasparente, con l'amara sensazione di non aver dato il mio contributo significativo,con la sofferenza di vedere questi ragazzi che emotivamente erano come raggelati, non riuscivano a lasciarsi andare, diffidenti e totalmente privi di espansività.

La classe mi è stata assegnata a settembre, tutto era nuovo, la scuola nella quale mi ero appena trasferita dopo l'immissione in ruolo, grandi numeri, molti colleghi con i quali avrei lavorato, tutti da conoscere tra incertezze e un nuovo universo lavorativo e umano da scoprire: come al solito io mi sono buttata con entusiasmo in questa nuova avventura, cosciente che, nonostante le apparenze non tutto sarebbe stato rose e fiori..(rose blu a parte,s'intende!).

Ho capito che un anno così non lo potevo passare, pena lo spegnere in me quel fuoco che invece è sempre vivo di competenza emotiva e di interazione significativa, e così dal mio cantuccio accanto al ragazzo (fantastico) che ho seguito quest'anno, ho cominciato con lo spostarmi fisicamente in un luogo nel quale fossi visibile a tutta la classe e potessi vedere tutti e poi, sfruttando le tante ore di italiano in compresenza, ho cominciato ad intervenire durante le lezioni, apportando pian piano il mio patrimonio di esperienze e di conoscenze. In questo è stato molto importante l'apporto della mia collega di italiano, una di quelle insegnanti veramente preparate, intelligenti

La seconda è una classe prevalentemente femminile, i ragazzi sono pochi e piccoli rispetto alle femmine, le quali invece sono estremamente vivaci e battagliere, molto più avanti dei maschi in tutto... c'era anche da gestire una new entry molto problematica che ha un po' alterato i già difficili equilibri, una ragazza troppo bella e mai davvero accettata e un consiglio di classe con alcuni rapporti interni difficili... il tutto condito da

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e "toste" che ho avuto la fortuna di incontrare, una di quelle che pretende tantissimo dai ragazzi, ma si spende in maniera totale per loro: lei ha cominciato ad interpellarmi a ogni lezione, a lasciarmi spazio, a lasciarmi spesso la gestione delle discussioni, ad affidarmi gruppi, progetti, in pratica in poco tempo e davanti ai ragazzi non poteva fare più a meno di condividere con me ogni decisione e ogni strategia.

ad attecchire e accanto a persone che sono consapevoli della loro inadeguatezza in merito e che però si ingegnano di chiederti, di informarsi, di consigliarsi, di aggiornarsi, c'è chi demanda fortemente all'insegnante di sostegno la gestione totale delle situazioni che vedono coinvolti gli alunni in situazione di handicap, ma non con l'umiltà di chi non sa come gestire, bensì con la supponenza di chi, sostanzialmente se ne lava le mani.

Questo ha cambiato significativamente le cose, gli stessi alunni hanno avvertito una presenza che per loro poteva essere (come sempre dovrebbe) importante e costituire una risorsa preziosa e il loro atteggiamento in breve è completamente cambiato: con gioia li ho visti da allora ogni giorno cercarmi, e soprattutto affidarsi a me, confidare ogni paura sia a livello scolastico che sul piano personale. Ricordo a proposito una cosa che mi ha tanto commosso!Verso maggio la classe è partita per un campo scuola (al quale loro volevano tanto che io partecipassi, ma, ahimé, dolenti note, nessuno si è sognato di chiedermelo...) siamo rimasti un po' di giorni senza vederci, anche perché quando loro sono tornati, per alcuni giorni non ci sono stata io e nel frattempo la classe aveva avuto una serie di problemi e discussioni. Morale: quando ci siamo rivisti si sono precipitati ad abbracciarmi dicendomi :"Prof, ci è mancata tantissimo, finalmente torna il sole in questa classe, rivediamo la luce!!". Erano così contenti di vedermi che lì ho veramente capito di aver fatto breccia nei loro cuori ed è una sensazione che niente può descrivere. Un'altra cosa simpatica che mi è capitata è stata quella di quando sono partita per portare mia figlia ai campionati di danza e insieme alla squadra è partita anche una delle mie alunne, una delle più brave, insieme alla mamma, la quale, dopo alcuni giorni di reciproca conoscenza mi ha confidato:"Prof, non dica a mia figlia che gliel'ho detto, ma parla sempre di lei e dice che lei è davvero speciale!".

A malincuore devo dire che, in tante occasioni, anche i "vertici" che dovrebbero evitare il presentarsi o peggio il ripetersi di certe situazioni, non l'hanno fatto, anzi, hanno avallato penose situazioni, costringendo spesso noi docenti di sostegno a girare come trottole nel solito, avvilente, ruolo di tappabuchi, ormai così invalso in certi contesti. E poi, quel che è peggio,consigli di classe spesso spaccati nella considerazione di ciò che è un alunno al momento di decidere della sua bocciatura. Quest'anno, nonostante tutti i miei sforzi, la ragazza nuova è stata fermata, non sono riuscita a far cambiare idea ai miei colleghi, a fronte di una situazione personale e familiare dell'alunna per la quale una bocciatura sarebbe stata (per giunta è già la seconda) inutile e dannosa. Certo,il dato numerico è incontrovertibile, tante insufficienze, la matematica che nella sua fredda oggettività condanna ragazzi così... ma ho posto il problema se un ragazzo,un adolescente, non possa essere considerato qualcosa di più di una sequenza di numeri su una scheda di valutazione, se la tanto sbandierata considerazione dell'alunno nella sua totalità e globalità (e quindi con i suoi vissuti problematici) non venisse prima di tutto, anche prima del profitto... ma nessuno ha voluto prendersi la responsabilità di capire e questo mi ha ferito molto. Il non capirsi sulle cose importanti, il voler imporre a livello personale le proprie opinioni, facendo valere il proprio "peso"di docente che conta, la mancanza di quella flessibilità di pensiero tanto necessaria nei nostri consigli di classe, la cecità di non voler vedere oltre le apparenze sono cose sulle quali, credo, sia sempre attuale riflettere. E così un altro anno se ne è andato e sfogliando i petali della rosa blu ho ricomposto il mosaico delle vittorie e delle sconfitte di quest'anno, ricordando, valutando, pro-

Potrei continuare con le note liete, ce ne sono state molte che hanno reso i miei giorni ricchi e pieni, ma... c'è sempre un "ma" quando si tratta di scuola, di rapporti umani, di persone che il caso ha messo insieme. E c'è che a parte i già citati casi di colleghi "illuminati", siamo ancora lì... la cultura del sostegno proprio fa fatica

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grammando, che, se non sono state sempre vittorie, almeno sono stati dei bei pareggi... e in tempi di Europei di calcio la cosa è quanto mai attuale! L'ultimo regalo di questo anno scolastico me lo ha fatto il "mio" AEC, un ragazzo splendido con il quale abbiamo lavorato benissimo; mi ha regalato il catalogo della sua mostra di pittura (è un giovane artista dotato e quotato...) con la dedica:"Ad Antonella, tanto generosa e gentile". Grazie per aver compreso lo spirito col quale lavoro, grazie per aver colto l'essenza. Antonella Crasso, docente di sostegno SMS E.Mayorana – Roma

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Dalla prima pagina

IL DOCENTE è soprattutto una docente? Un mondo precario al femminile? I pregiudizi del passato o le incertezze nel futuro?....quali speranze e azioni possibili? di Presutti Serenella - Organizzazione Scolastica

sualità non è più il principio prioritario che governa la realtà del nostro Sistema d'Istruzione.

Pensare alla figura del Docente è per me un'azione a forti tinte emotiinsegnante... donna ve e cognitive...e non potrebbe che esserlo, in considerazione del fatto che ho svolto questo ruolo per la maggior parte della mia vita lavorativa.

Non più, appunto. Nonostante la forte femminilizzazione del corpo docente (...anche della Dirigenza...), i forti e radicali cambiamenti sociali del mondo occidentale, quelli che per capirci attualmente sono in discussione tanto da mettere in profondissima crisi l'intero assetto della vecchia Europa, ci consegnano oggi un profilo del docente sostanzialmente diverso, in linea più con l'"idea di Lavoro" attraversata dalle ferite della crisi globale come anche dalla forza propulsiva della necessità del cambiamento e dello sviluppo degli scenari della formazione per le nuove generazioni.

Due ordini di considerazioni e linee di pensiero vorrei condividere con colleghi lettori abituali o meno di queste pagine: la prima a sfondo sociologico, la seconda di tipo più tecnico/esperienziale, se così si può dire.

"Questa schiacciante prevalenza numericaci dice Irene Biemmi, ricercatrice TD presso il Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università di Firenze - ha indotto molti a credere che a scuola non ci fossero più problemi discriminazioni di genere: la scuola, nel sentire comune, appare come uno dei pochi contesti della società italiana, notoriamente maschilista, in cui le pari opportunità tra uomini e donne vengono effettivamente esercitate. Questo malinteso nasce, in parte, dall'avere ipotizzato una correlazione positiva tra la femminilizzazione del corpo docente e l'interesse per le tematiche di genere, considerate in genere come tematiche di pertinenza femminile.

" L'insegnante sceglie questo lavoro il più delle volte per ripiego"...ahimè...quante volte qualcuno (troppo) spesso si è sentito legittimato ad esprimere questo retropensiero, che altro non è che voce di un profondo pre-giudizio radicato nel sentire popolare dalla nascita della Scuola pubblica nazionale... ma che, come tutti i pregiudizi non ha reso e, meno che mai ora rende, giustizia della realtà. Questa è una profonda convinzione, credo, di chi la scuola la fa e la vive tutti i giorni, ma anche di chi è fruitore attento del servizio. Esistono scuole di qualità e insegnanti di qualità che fanno la differenza, ma la ca-

Sulla scia di quanto avvenuto negli anni '70

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del Novecento, si è supposto che le donne insegnanti si sarebbero fatte naturalmente promotrici di una cultura più paritaria e più attenta alle differenze di genere, portando nelle aule scolastiche le istanze emerse dal movimento neofemminista. Così non è stato. Diversi studi hanno denunciato una sorta di complicità delle donne-insegnanti nel perpetuare acriticamente una cultura sessista e conservatrice, trasmettendo alle nuove generazioni femminili una "cultura della subalternità" di cui sono state loro stesse prime vittime."

consente, anche dopo aver raggiunto il minimo degli anni richiesti. Solo un piccolissimo 5% continua a lavorare dopo aver raggiunto i requisiti minimi. E' da notare però che i requisiti minimi di età per il pensionamento sono cresciuti di un terzo in tutti i Paesi UE dal 2001. (da "Orizzonte scuola", Giulia Boffo, febbraio 2012) Pertanto i Precari sono sempre più SENZA DIFFERENZA DI GENERE, semmai la differenza e la distanza sono GENERAZIONALI! Viene da pensare che è ormai di vitale importanza che non si confondano le modalità di espressione del diritto alle "pari opportunità", o per lo più barattate per tali, che nascondano invece pericolosissimi sottrazioni di altri di diritti... Come, con la più ampia e necessaria onestà intellettuale, non possiamo più indugiare sulle espressioni di privilegio, o meglio di spirito corporativo, rispetto alle differenze nell'impegno di tempo lavorativo e di competenza da parte di alcuni docenti (in numero sempre maggiore per la verità) che fanno la differenza nell' Offerta formativa negli Istituti scolastici...

Inoltre sarebbe opportuno riflettere sul fatto che se che fino agli anni '80 la scuola era da considerarsi un ambito quasi esclusivamente ad appannaggio "rosa" per la particolare organizzazione del lavoro stesso, il più delle volte a "mezza giornata", come moltissime realtà ministeriali, che lasciava il tempo adeguato per occuparsi della (propria) famiglia, oggi insegnare è considerato un lavoro per lo più precario e di difficile stabilizzazione, come la quasi totalità delle occupazioni... e non solo in Italia!

Sono diventata docente alla fine di un percorso di studi e di tirocinio in ambito educativo ma non scolastico; un percorso di approfondimento pedagogico e di specializzazione per "piccole comunità" di ragazzi in difficoltà. Nascevano le esperienze delle case famiglia e delle equipe psicopedagogiche... ma solo sperimentalmente, non proprio, diciamo così, un'occupazione lavorativa... MA NON SONO DIVENTATA INSEGNANTE PER CASO! Semmai, IL CASO MI HA VOLUTO INSEGNANTE...come, dopo molti anni, il caso non mi ha voluto Dirigente scolastico... Non è un ragionamento tautologico il mio, ma la considerazione che l'esperienza in ambito educativo è preformante per alcune professioni che hanno (debbono averlo!!) in comune una matrice culturale e di conoscenze che, debitamente approfondite e specificate, orientano verso alcune attività lavorative.

I dati divulgati dal rapporto UE "Cifre chiave dell'istruzione 2012", non lasciano scampo: in Bulgaria le insegnanti arrivano fino all'80%. Ma calano ai livelli più alti di istruzione. I dati del rapporto ci consegnano un'immagine della Scuola in Europa dove le insegnanti donna sono presenti in maggioranza nella scuola primaria e secondaria, tanto da raggiungere il 60%. In quattro Paesi (Bulgaria, Estonia, Latvia e Lituania) sono l'80% del corpo docente. L'età delle docenti europee della scuola primaria è anche molto alta, specialmente in Italia, Germania e Svezia in cui la metà supera i 50 anni. I docenti della secondaria sono in media più vecchi di quelli della primaria, infatti prevale il gruppo che ha più di 50 anni. In Italia, ad esempio, gli insegnanti con più di 50 anni sono più del 50%, pochissimi hanno meno di 30 anni. I docenti della secondaria più giovani si trovano in Polonia, Portogallo e d Malta, dove il gruppo dai 30 ai 39 anni è il più folto, a Malta sono ad esempio più della metà.

Sono profondamente convinta che la formazione iniziale dei Docenti non debba passare attraverso una forte specializzazione, ma piuttosto attraverso una serie di esperienze significative in ambito educativo e formativo, un ventaglio di opportunità formative

Nella maggior parte dei Paesi UE i docenti vanno in pensione appena la legge glielo

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pregnanti che poi l'incontro con la realtà personale e sociale darà spazio alla scelta personale...come una sorta di "possibilità a..." (ricordate il delizioso film "Sliding doors"?!?)

Se siamo o meno noi stessi a determinare le scelte che orientano o cambiano le nostre vite è un tema antico quanto il pensiero umano...la filosofia e la scienza si sono misurate per secoli su questi temi, senza risolvere il dilemma, naturalmente... Io sono convinta, come Forrest Gump, lo strampalato protagonista dell'omonimo film, che: ...Non lo so... se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza... ma io credo, può darsi le due cose, forse le due cose capitano nello stesso momento. (Forrest Gump) Serenella Presutti, Dirigente scolastico 143°C.D."Spinaceto" Psicopedagogista e Counsellor professionale

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Dalla prima pagina

Raffaella, un'insegnante, il mio mito

Ho ritrovato trent'anni dopo la mia professoressa di liceo di Paci Lucia Giovanna - Orizzonte scuola

utenza sia per classe insegnante, di buona borghesia un po' conformista, come da tradizione e aspettative e Raffaella era la rottura, giovane sessantottina, contro gli schemi ma con tanta sostanza. Anche fisicamente me la ricordo diversa: capelli corti, jeans e maglietta, borsa tipo Tolfa a tracolla, seduta sulla sedia, in maniera morbida, un po'"sdraiata" sullo schienale e di traverso, specialmente quando interrogava. Piccoletta ma grintosa, sprigionava un'autorevolezza potentissima, per niente intaccata da quel tu, che era pure abbastanza ragionevole, sia pure inconsueto, dal momento che aveva poco più di dieci anni più di noi. Credo che questa si basasse sulla forza delle sue idee, intese come sapere e conoscenza, ma anche come ideali, di quello che era il suo compito di traghettatrice, di quella che era la sua professione.

Ho ritrovato per caso, dopo trent'anni, la mia professoressa di italiano del liceo. Non ci siamo visti, ma Facebook ci ha permesso di parlarci. L'emozione per me è stata enorme, perché quest'insegnante è stata un mito, per anni, per me, e ancora di più oggi, che la vedo con gli occhi dell'età e dell'esperienza che ho fatto da genitore, è per me l'Insegnante.

Chiacchieravo un po' di tempo fa con Maretta Damiano, che scrive su queste pagine, e lei, approdata a fare la Dirigente scolastica dopo una vita passata tra i banchi come insegnante, mi ha dato una definizione di professione e professore, che mi ha aperto degli orizzonti: "proprio perché usiamo questa parola veicolata dalla Religione che 'si professa perché ci si crede', a mio avviso un professionista è una persona che crede profondamente in quello che fa, e ci si spende senza riserve. Diversamente da chi fa semplicemente 'un lavoro'".

L'opinione in realtà non è personale, ma condivisa con i miei vecchi compagni di scuola e a posteriori, oggi, provo a capire perché. Raffaella - così si è sempre fatta chiamare, chiedendo il tu- era allora non ancora trentenne, probabilmente alle prime armi nella sua professione, ma noi non l'abbiamo maisaputo, nel senso che non abbiamo mai percepito questa sua giovane esperienza, perché ci è sembrata da subito come una che sapesse proprio tanto il fatto suo, con consapevolezza e convinzione. Eravamo in una scuola parificata, di élite socio culturale abbastanza alta, sia per

Raffaella credeva in quello che faceva e lo faceva senza riserve, con passione e fede, entrava nelle cose e ci portava pure te, in maniera critica, senza superiorità. Noi stavamo con lei, dentro gli ar-

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gomenti, nei libri, nelle discussioni, alla pari, in modo dialettico, perché lo scopo era far funzionare le nostre teste e le nostre coscienze, ci veniva dato tanto e

bisogno. Mi ha scritto Raffaella di recente: " Negli anni ho insegnato in scuole molto diverse e ho avuto esperienze diversissime, in alcuni casi ho avuto anche molta paura perché portare avanti certe idee era davvero difficile in situazioni dove gli unici valori erano i soldi o la forza brutale. Eppure, ho sempre riscontrato che al mio comportamento prima o poi corrispondeva una risposta, perché i ragazzi cercano esempi, regole e rigore. Certo devi morire per conquistarti autorevolezza senza essere autoritaria, devi essere sempre all'erta..." Ecco: morire vuol dire ogni volta abbandonare delle certezze precostituite e doverle ogni giorno reinventare nel confronto con te, nella messa in discussione, senza paura di raccogliere una sfida, nell'intenzione di essere un esempio da seguire. Raffaella ci ha insegnato il valore dell'intelligenza, la regola del lavoro e il rigore dell'impegno, è stata un esempio perché ha rispettato queste regole con noi, sempre mossa dal desiderio di non concedere spazio alla banalità, alla superficialità, alla trascuratezza, così, semplicemente, per fede naturale o per intenzione, non so bene dove penda la bilancia, mi verrebbe da dire, in maniera normale, anche se di normale Raffaella non aveva niente e, infatti, non l'ho mai più trovata un'insegnante come lei!

dovevamo muoverci tanto. Che ricordi, che successo! Ricordo temi di letteratura, dati come compiti in classe, particolarmente complessi e strutturati, che ci lasciava portare a casa, perché potessimo "studiarci sopra", per poterli elaborare al massimo, perché quello che contava era che imparassimo a costruire un discorso di senso, critico, e non era importante che potessimo "attingere a delle fonti" (copiare?!), ma anzi, proprio saperle utilizzare. Non era scontato che prendessi 9, ma se capitava era proprio perché avevi capito come lavorare e trarre il massimo dal materiale a tua disposizione. Quanto ho imparato da quest'autonomia di lavoro, dalla fiducia che mi è stata accordata e quanta autostima è risultata dal suo gioire dei miei successi o dei miei progressi! Ho ragionato tanto durante quest'anno su questo, perché mia figlia Benedetta ha avuto un'insegnante assolutamente lontana da questo modello, che si è auto definita "non un'educatrice" e che mi ha costretto più volte a pensare a quale fosse, appunto, lo status di un docente. Sempre Maretta mi ha detto: "tutti possono insegnare, ma pochi sono i Maestri, perché Maestro è colui che lascia il segno"... Mi viene da dedurre, allora, che un insegnante è colui che ti accompagna, anzi ti "seduce", nel senso più proprio del termine, ti porta a sé e con sé, per quella che, però, rimane la tua strada, con i tuoi mezzi, i tuoi tempi, i tuoi successi e i tuoi fallimenti e gioisce dei tuoi risultati, aiutandoti a correggere il tiro laddove tu ne abbia

Lucia Giovanna Paci, genitore IV Municipio - Roma

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Dalla prima pagina

Meglio saltare o... superare l'ostacolo? Non vince il singolo ma il gioco di squadra. di Nucera Roberto - Oltre a noi...

Bisogna affrontare, superare ciò che ci si presenta davanti e non schivarlo... o saltarlo, perché in questa azione mancherebbe la presa di coscienza, l'esperienza della conoscenza, la crescita. Ogni anno trovo che si parano ostacoli differenti, ai quali vorrei dare un'accezione positiva, almeno nel concetto, vale a dire punti di vista diversi. Quando lavoriamo con tante persone, ponendoci una finalità comune è quasi fisiologico che succeda, però, tutto ciò che è regolare può degenerare quando si perde di vista l'obiettivo comune appunto e condiviso e si comincia ad andare avanti da soli. Il meccanismo si confonde. Non si può quindi fare a meno di riossigenare l'ingranaggio e alimentarlo di chiarezza. La difficoltà sta proprio nella volontà di farlo, nell'aprirsi all'altro come un proprio pari, comprendere che insieme si può fare squadra e in cui ognuno è parte sostanziale e rilevante. È in questo gioco di team che l'esperienza diversa, che distingue i giovani dai "veterani", diventa arricchente, valorizzante e motivo di unione, dove ognuno può apprendere dall'altro e nessuno si sente una riserva o messo in disparte. Non si tratta di essere più bravi perché più anziani o più freschi e ricchi di idee perché giovani, perché pensando così si intraprende la strada dell'isolamento e prende spazio quell'immaginario erroneo della propria funzione dove l'io, anziché coniugarsi e sposarsi con i suoi "simili", si allarga a sproposito dimenticando di non essere solo. Questi i propositi che personalmente mi pongo e propongo, che metto in quel bagaglio pronto all'uso: percorrere insieme il percorso, aiutarsi e sostenersi reciprocamente, imparare a chiedere aiuto quando da soli non ce la facciamo, avere il coraggio di dividersi se l'altro fa solo da peso.

Un altro anno in cantiere, un'altra esperienza da mettere in quella valigia mai riposta nell'armadio, ma nell'angolino della stanza o dietro la porta: semi aperta, pronta all'uso e a ripartire. Il lavoro dell'insegnante è quello di chi socchiude la porta e lascia uno spiraglio in entrata e in uscita, che sia di luce, la presa d'aria o d'altro non ha importanza. È la riflessione sull'operato, l'aver fatto, l'attesa di coglierne i frutti o almeno vederli attecchire e, piano piano, germogliare. È lo sguardo all'indietro, non malinconico ma cosciente. È la spinta ad andare avanti più consapevoli e responsabili. Quando decisi di intraprendere questo mestiere, forse, non ero assolutamente coscienzioso. Chi decide di prendere una strada nella quale sa, a priori, che ci saranno ostacoli da superare!? Ebbene l'ostacolista lo sa. Infatti è quella persona che sa di dover attraversare un percorso nel quale si ritrova a superare (e non saltare) dei cosiddetti ostacoli e non si tira indietro. Pazzo!? Assolutamente no. Ha fatto la sua scelta e per affrontarla al meglio si prepara, si allena, può sbagliare, ma è sempre là, pronto a dare di più. Oggi mi sento un po' quell'ostacolista. È curioso che nel linguaggio dell'atletica non si saltano gli ostacoli, ma si superano ed in effetti è quello che accade, anche se non così nell'immediato come nella specialità, nell'essere docenti. In realtà dovrebbe esserlo per tante cose, se non per tutte.

Roberto Nucera, docente di sostegno IC "Carlo Levi", Roma

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Cuore di Cinema

Va' dove ti porta l'Amicizia di Riccardi Barbara - Attività Laboratoriali

della messa in onda" e soprattutto appagata nel condividere un ruolo di prestigio insieme ai miei compagni di viaggio, le leggendarie F.S., (no, Ferrovie di Stato), Figure Strumentali Ambito Linguistico Espressivo. Un ruolo che ho investo, grazie alla fiducia e nel credere nelle mie capacità da parte dei miei colleghi di Plesso, (fiducia che spero di non aver tradito e deluso). Orgogliosa di aver fatto parte di questo team, perché calzante al mio stile di libero pensiero, creativo e giocoso. Già al primo nostro incontro, di conduttori/rappresentanti dei pensieri dei nostri quattro Plessi, si è respirato un'aria amicale, in pieno travolgimento di interessi pienamente condivisi. Da subito è sbucata dal cilindro l'idea di progettualità, basata sulla visione filmica, una recherche di quattro film sul tema dell'Amicizia in ogni sua forma, il titolo della rassegna: "Cuore di Cinema".

L'abilità del fare sta nel vedere e nell'ascoltare J. Krishnamurti "Tutti i nostri desideri" di P. Lioret evidenzia il valore delle relazione umane POSSIBILI e il significato dell'Amore!!

L'anno scolastico 2011/12, è stato un anno pieno di incontri e di molte prove alla "Mario Bros", segnato dalla fatica titanica per ogni Le cose belle della vita cosa, nessuna facile. Poi, pian pianino, il ritorno del figliol prodigo ha dato un senso allo scotto pagato e da pagare. L'ora del "ripagamento karmico" è arrivata dall'incontro con persone che usano lo stesso canale comunicativo: l'ascolto condiviso, integrato dal ponderare opinioni, idee e progetti, adoperando lo stesso "canale ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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• Sviluppare competenze avanzate nell'utilizzo delle varie possibilità espressive fornite dagli strumenti audiovisivi. • Creare degli elaborati con l'utilizzo in modo trasversale di ogni disciplina. • Acquisizione delle capacità di applicare la metodologia della ricerca-azione, redigere una scheda riassuntiva utilizzando diversi linguaggi e modalità comunicative. Con "Cuore di Cinema" abbiamo brevettato la possibilità di realizzare anche un laboratorio di scrittura creativa, grazie anche ad una scheda di analisi del: titolo, dei personaggi, della trama, del finale e la creazione di disegni riassuntivi del concetto base del film. I film quindi come mezzo per comunicare e sviluppare, soprattutto da parte dei più timidi/impacciati e di chi ha difficoltà, i propri sentimenti, le proprie emozioni, i propri stati d'animo e le varie forme di percezione sensoriale. Le immagini per dar vita ad esperienze dove potersi raccontare ed entrare in conversazione con tutti senza il timore di essere giudicati ed essere giudicanti, un'esperienza democratica ed accessibile a tutti. La visione filmica può diventare lo strumento ideale per affrontare e comprendere in profondità delle problematiche complesse, per favorire e supportare il processo di crescita personale dei nostri ragazzi, promuovendo l'individuazione dell'immagine che ognuno ha di sé all'interno delle dinamiche sociali, e proponendo una didattica progettuale ed interattiva di ricerca e confronto di concetti e contenuti.

Cuore di cinema

All'unisono, ci siamo "riconosciuti", interessati e animati in qualcosa che ci aveva già visto sperimentatori brevettati nel nostro C.D., con ben due Cineforum di grande impatto, a diversa gittata, "i film che uniscono come mezzo di espressione e comunicazione". "Cuore di Cinema" e i suoi obiettivi: • Proporre la narrazione cinematografica come mezzo per la rielaborazione della realtà in cui i ragazzi vivono e crescono, con particolare attenzione al rapporto del sé e dell'altro, ognuno con le proprie differenze di pensiero e di analisi, come valore aggiunto, sviluppando capacità di osservazione, ascolto e interpretazione della realtà. • Stimolare lo sviluppo delle proprie capacità relazionali. • Sviluppare le competenze coerenti per l'acquisizione di analisi della trama e dei personaggi.

Grazie a questo esperimento abbiamo visto che stimolare culturalmente e concettualmente, attiva interessi e motivazioni e i ragazzi sono portati a dare il meglio di sé in ogni situazione, approfondendo in maniera creativa dialoghi, ricerche, analisi e confronti. Da questa analisi siamo pronti a confermare che possa divenire una nuova stra-

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tegia di pensiero critico, creativo e positivo, una vera e propria innovazione didattica da trasferire all'interno della Scuola, da applicare ad ogni disciplina come salvagente per un dialogo che avvicini alle nuove generazioni e rimuova gli ostacoli del loro disagio per mancanza di motivazioni, nell'incapacità di vedere e di trovare nella Scuola un percorso futuro. Un intervento educativo, in cui i giovani divengono i protagonisti del cammino formativo e culturale, come strategia di intervento e/o prevenzione, dove poter esprimere le proprie emozioni, i propri sentimenti e il proprio sentire/vedere ognuno dalla propria "angolatura". Il Cinema, quindi come nuovo strumento di comunicazione nel percorso educativo scolastico, un linguaggio per tutti che supera le barriere e "allarga la visione".

Barbara Riccardi, docente 143° CD Spinaceto – Roma

Con l'intento di ampliare ancora questo Progetto, per il prossimo anno scolastico, è stata "ripromessa" quest'avventura nel mondo filmico. Ringrazio tutti per la grande bella esperienza condivisa "Cuore di Cinema", con i piccoli, i nostri ragazzi, e con i grandi, noi docenti! Grazie per la possibilità regalata di esprimere la mia più grande passione, chi mi legge lo sa bene, in ogni articolo faccio sempre uso ad un riferimento ... utilizzando trailer o spezzoni, frasi o foto, questa è la dichiarazione del mio Amore per la VII Arte e verso tutti quelli a cui Krishamurti tengo! Alle prossime avventure!! P.S. Il filosofo J. Krishnamurti insisteva nel dire che: "La scuola deve essere un posto dove l'insegnante e l'allievo esplorano non solo il mondo esterno della conoscenza ma anche il proprio pensiero e il proprio comportamento per capire il condizionamento che distorce la realtà. Solo liberi dai condizionamenti si può veramente imparare".

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Attività Laboratoriali

Se hai una montagna di neve, tienila all'ombra Riflessioni sulla visione di film non banali di Ansuini Cristina - Attività Laboratoriali

Non importa quanto sia stretta la porta, Quanto piena di castighi la vita, Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima. William Ernest Henley (1849-1903) Come ho avuto occasione di scrivere, la comunicazione è una delle parole chiave della mia vita. Ogni mezzo è lecito e buono per affrontare un argomento importante, uno scambio proficuo, una tematica spinosa. Quest'anno, che nonostante le tante difficoltà è stato uno dei più belli della mia ormai considerevole carriera di maestra, ho voluto utilizzare il linguaggio cinematografico per poter poi creare dei cerchi in cui far circolare idee, valori, principi, per seminare un po' di germogli sani, da annaffiare con cura, da sostenere con attenzione, da curare con praticità. Ho così sostenuto letture e discussioni con visioni di film, un po' fuori circuito, ma ricchi di spunti comunicativi e di idee su cui soffermarsi. Alcuni di questi ci sono decisamente rimasti nel cuore ed hanno avuto un posto speciale nel nostro percorso.

Il primo è "I ragazzi del coro", titolo originale "Les choristes", un film francese del 2004, che ha avuto la nomination all'Oscar dell'anno successivo.Racconta di una sorta di collegio di "ragazzi difficili" e di un insegnante di musica che riesce a trasformare in risorse quelle che fino al suo arrivo erano state considerate devianze. Il film ha una caratterizzazione dei personaggi tale, una descrizione così acuta e puntuale, una poesia così diffusa, che lascia inizialmente senza parole, con una commozione ed una forza allo stesso tempo che fa pensare a tutte le occasioni perdute per valorizzare una potenzialità, ma anche al potere dello scambio affettivo, alla ricchezza del linguaggio musicale, alla positività di un pizzico di sana trasgressione. Un altro film speciale è stato "We want sex equality", un film inglese che racconta la storia vera di un manipolo di donne operaie che, sul finire degli anni 60, riesce ad ottenere un adeguamento salariale rispetto ai colleghi maschi scioperando e protestan-

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do contro un colosso dell'industria automobilistica. È un film che ho avuto qualche timore a proporre, riflettendo sul fatto che forse certe tematiche sono ancora distanti dal mondo di bambini della scuola elementare, ma i fatti mi hanno poi confortato sulla giustezza della mia proposta: i bambini sono rimasti affascinati da questo argomento e lo hanno poi attualizzato, chiedendo di riportarlo alla realtà attuale, facendo ricerche e ponendo domande anche in famiglia.

Le osservazioni sono state anche relative all'abbigliamento dell'epoca, al linguaggio, ai rapporti familiari e a quelli tra colleghe operaie, alle reazioni del mondo maschile... l'interesse dei bambini è andato ben oltre le mie più rosee aspettative! Per la fine dell'anno scolastico ho lasciato uno dei miei film del cuore, che guardo quando ho bisogno di una spinta in più, di riallacciare i fili dei pensieri, di dipanare un po' dì di nebbie fastidiose: si tratta di "Invictus", di Clint Eastwood. È il racconto poetico e stupefacente, della nascita di una nuova società, quella sudafricana, all'insegna della condivisione, dell'uguaglianza, di uno sguardo acceso verso il futuro per cancellare serenamente gli orrori del passato. Al centro c'è Nelson Mandela, che crede fermamente in una nuova società di uguali, senza apartheid e che cerca un punto vero, solido, da cui partire. Trova questo punto nello sport: il trait d'union tra bianchi e neri sarà il sostegno alla squadra di rugby sudafricana, durante il Campionato del Mondo che si svolgerà proprio in Sud Africa. Il neo presidente non ha un compito facile: deve affrontare il sospetto dei bianchi, che temono di perdere tutti i loro secolari privilegi, e la diffidenza dei neri, che ancora non vogliono credere all'enormità del cambiamento epocale di cui sono protagonisti.

La forza del personaggio sta proprio nella sua poeticità, nell' aver fatto tesoro di ogni esperienza,anche la più terribile, riconoscendo la preziosità nascosta negli altri e nel saperla ricapitolare al momento opportuno. Tutto ciò consentirà di creare un nuovo spirito nazionale che sarà sugellato, proprio come fiabe più belle, con la vittoria della Coppa del Mondo. L'intreccio tra poesia - il titolo è relativo ad una poesia di William Ernest Henley la cui forza ha contribuito ad aiutare Mandela a sopportare tanti anni di prigione - e sport è davvero trascinante e mette in luce i valori veri di entrambi questi elementi portanti della vita: l'emozione, la scrittura, la lealtà, lo scambio vitale... e come essi possano avere delle risorse davvero incredibili. La visione di questo film e le discussioni, le poesie, i disegni che da esso sono scaturiti, hanno segnanto un po' la fine di questo anno scolastico dandogli un sapore speciale, unico da conservare tra le cose più care, come "la montagna di neve da tenere all'ombra" . Cristina Ansuini, Psicologa, Docente presso la scuola "2 ottobre 1870", I.C.Piazza Borgonicini Duca, Roma

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Insegnante curricolare o di sostegno? Tutte e due, grazie!

di Traversetti Marianna - Organizzazione Scolastica Insegnante curricolare o di sostegno? Tutte e due, grazie! Si impara ad insegnare... insegnando agli allievi con bisogni educativi speciali Cosa mi "porto a casa" da questo anno scolastico? Sicuramente molto cose, alcune delle quali assai negative, di quelle che non vorresti che accadessero in un posto elettivo quale è la scuola, altre molto positive che nutrono le insegnanti di quella forma di consapevolezza e di entusiasmo che permette loro di continuare ad andare avanti nel percorso di insegnamento, al di là di tutte le nefandezze politiche, ministeriali e sociali che abitano le istituzioni scolastiche. Senz'altro ciò che più si fa evidente ai miei occhi da qualche tempo a questa parte e che, proprio in questo anno scolastico, si fa più sentire in me è la scoperta di quanto gli allievi con difficoltà di apprendimento siano portatori di un'unicità incredibile: quella di produrre, in senso pedagogicamente euristico, un cambiamento straordinario nell'azione didattica ed educativa dell'insegnante. Molto spesso, infatti, si pensa che la didattica per gli alunni con bisogni educativi speciali sia cosa a se stante, sia altro dalla didattica quella vera, quella di tutti i giorni, quella per tutta la classe. Non c'è niente di più sbagliato. Solo chi insegna ai bambini in difficoltà, sia nel ruolo di docente curricolare sia di sostegno, possiede le competenze specifiche e generiche nel contempo che aprono la via a qualsiasi tipo di insegnamento, a quello per tutti, essenzialmente. L'insegnante che si interroga, si forma, riflette e sbatte il muso su proposte mirate a specifiche disabilità o necessità o difficoltà riesce ad amplia il suo bagaglio conoscitivo, in termini di operatività con gli studenti, e costruisce da sé un'impalcatura salda, stabile e dinamica contemporaneamente, che sostiene tutte le strategie metodologiche che possono essere messe in campo nel processo dell'insegnare e dell'apprendere....

È un'insegnante di serie A, di quelli che lasciano il segno, di quelli che non si scordano, di quelli che, a volte, sono "ingombranti" ma determinati per aiutare le persone a crescere. E solo chi comprende la necessità, da docente curricolare o di sostegno che sia, di dover partire dai bambini in difficoltà per arrivare ad una competenza didattica di qualità e per raggiungere "tutte le teste", allora si dispone nelle condizioni ottimali per insegnare. Eh sì, perché non sempre ci si pone nelle condizioni ottimali. Non sempre si insegna. Non sempre si insegna bene. Un monito per l'estate è, allora, quello di ricercare nel proprio patrimonio professionale quegli aspetti che bisogna buttare al largo , per dimenticarli e non averne nemmeno un ricordo che, inconsciamente, possa ritornare alla ribalta; e quelli, invece, che bisogna andare a raccogliere, con la maschera della consapevolezza e le pinne della meraviglia, in fondo al mare, per poi portarli su, in superficie, avvicinandoli pian piano alla riva, accompagnandoli con cura e dedizione, sapendo che, una volta giunti in terraferma, saranno i nostri tesori di conoscenze, di valori, di competenze, di aspettative e di credi pedagogici che custodiremo

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gelosamente, per sfruttarne la loro preziosità in tutte le occasioni in cui vorremo sfoggiarli mettendoli al servizio degli altri e, soprattutto, degli alunni. L'integrazione degli alunni disabili è una sfida per tutti

Stella Targetti, vicepresidente e assessore alla Scuola della Regione Toscana

Marianna Traversetti, docente scuola primaria IC Perazzi – Roma

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Organizzazione scolastica

Promozione e respingimento? La fine dell'anno scolastico

di Sabatini Roberto - Organizzazione Scolastica In realtà per una fetta non trascurabile della popolazione insegnante il momento della valutazione e tutta la complessa burocrazia degli esami e degli scrutini si configura come un autentico conflitto di ruolo, ossia come un'incombenza inevitabile, prevista e prescritta nella funzione, ma di cui questi colleghi avrebbero volentieri fatto a meno. Se nelle competenze e nei compiti di ogni insegnante non può mancare la verifica e la valutazione, va anche detto che il momento valutativo in senso proprio è decisamente esterno a quello della spiegazione e della trasmissione di dati e nozioni, idee e pensieri, è completamente estraneo a quello della stimolazione delle correlazioni e della creatività, a quello della interpretazione dei testi, a quello del trasferimento di padronanza e di capacità di problem solving e così via.

Questo è il primo anno in cui non ho nulla che sia andato male, né che sia andato bene, dal momento che ho lasciato il servizio all'inizio dell'a.s. 2011/2012; ma vorrei cogliere l'occasione per esprimere il mio pensiero su un aspetto della funzione docente che nemmeno dopo quasi quarant'anni di esercizio ha trovato la sua "via". Mi riferisco alla fine di ogni anno scolastico e alla sua routine valutativa e selettiva, al suo esito che, soprattutto nella secondaria di secondo grado, oscilla tra promozione e respingimento. Quindi soltanto una riflessione su un momento difficile, non solo per gli studenti, ma anche per i docenti; una difficoltà di cui si parla poco perché lo stereotipo prevalente dipinge l'insegnante più come sadico selettore sociale che non come un masochista rassegnato e tollerante. Naturalmente si tratta di due estremi che allo stato puro sono anche estremamente rari, ma dal momento che l'opinione più diffusa è quella degli insegnanti che arrivano agli esami e agli scrutini animati da desideri di decimazione per lo scarso rendimento dei loro studenti, da sentimenti vendicativi per la condotta inopportuna che questi ultimi hanno tenuto e per fare giustizia valutativa del pessimo rapporto che molti allievi hanno con il mondo della formazione, spezzerò più d'una lancia in favore di un'altra categoria di docenti, meno nota e di cui solo nella narrativa lacrimevole tipo "Cuore" venivano presi in considerazione drammi e dubbi, problemi e stati d'animo.

La misura delle capacità e delle conoscenze raggiunte da un allievo mi hanno sempre suscitato le perplessità su cui invito i lettore a seguirmi. Il primo problema si pone pro________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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prio nel merito: valutare bene è difficilissimo e la mania di somministrare "prove oggettive" è un escamotage che crea più problemi di quanti ne risolva. Tutti gli addetti ai lavori sanno benissimo che anche i migliori test quantificano solo certi tipi di abilità mentali, sono infatti favorevoli a determinati tipi di intelligenza e diagnostici solo nei confronti di certe discipline. Questo per tacere del quoziente di fortuna che è strutturalmente presente in questo tipo di prove e che può andare dal 25% nelle domande con risposta a scelta multipla (di solito composte da 3 distrattori e da una risposta giusta) fino al 50% nelle domande con risposta Si/No, oppure Vero/Falso. L'obiezione che ormai il resto del mondo si sta orientando in questo modo e che se non vuoi esserne tagliato fuori e perdere competitività devi fare altrettanto ha tutta la sua validità, ma vuole anche dire andare dove tira il vento più forte, dove porta la corrente più potente, scimmiottare gli altri, chinarsi e obbedire ai vari decisori di turno. L'argomentare, l'esporre, il periodare, il ragionare, ma anche l'inventare, l'escogitare, il correlare, il dubitare e l'osare, tentando nuove associazioni e nuove soluzioni sono abilità secondo me decisive che non solo cadono del tutto oltre la portata dei test, ma persino delle più collaudate forme di verifica perché il poco tempo a disposizione e la necessità di sondare l'assimilazione del semplice programma svolto, si mangiano il valore diagnostico delle prove e non lasciano margini all'espressione delle varie forme mentis dei nostri studenti. Più lo studente con cui abbiamo a che fare è sui generis, personale e originale e più la valutazione è randomica, aleatoria, poiché più è individuale la sua prestazione e meno siamo in grado di effettuare comparazioni e di misurare la sua preparazione con prove e criteri che vorrebbero essere anche intersoggettivi. In questi casi viene alla luce la tendenza dell'istituzione scolastica a omogeneizzare, a rendere uniforme e seriale la formazione, a ridurre la creatività e l'unicità personale degli studenti.

scano mai e che per molti versi siamo sempre sotto esame, da parte di qualcuno, di qualcosa e, spesso, di noi stessi, che non finiamo mai di valutare la nostra efficienza, la nostra prestazione, il nostro successo in tutti gli aspetti del quotidiano e ci infliggiamo severe sentenze, o pessimi sentimenti di colpa e di vergogna. Per spiegare ai miei allievi che dovevano considerare normale e accettare la necessità di essere esaminati, sono arrivato ad esemplificare che persino tra di loro si valutavano senza pietà, che persino l'innamoramento non risparmiava loro pesanti valutazioni, confronti e competitività: tutti valutano, soppesano, scelgono; chi scelgono? Il migliore, quello che piace di più, il più simpatico, il più affidabile, il più caro e così via e non è piacevole essere respinti in queste materie! Però questi nostri esami hanno delle conseguenze che si collocano su piani diversi da quelli relazionali, hanno esiti in aspetti che esulano dal nostro rapporto con i nostri studenti, si ripercuotono sul loro percorso in modi e termini che ci sfuggono. Il fatto è che la valutazione sommativa è anche una vera e propria promozione sociale; il buon proseguimento della carriera scolastica dello studente è anche un sostegno al più generale processo di inserimento socioculturale della persona. Questo va bene e ne siamo lieti, ma ciò vuole anche dire che respingere non è solo una battuta d'arresto nel percorso formativo dell'allievo, ma anche un ostacolo posto sul percorso di inserimento socioculturale della persona. Possiamo consolarci affermando che la correlazione tra successo scolastico e successo professionale è modesta e potremmo persino dire che anche la correlazione tra il successo professionale e la felicità è contenuta, ma sappiamo bene che ci stiamo consolando! Non per nulla alcuni decenni fa venne introdotta la nozione di mortalità scolastica per indicare gli studenti che venivano respinti e che abbandonavano il ciclo di studi senza aver conseguito titoli e quello di dispersione per individuare e quantificare gli anni persi e che dovevano essere ripetuti; due termini che dipingono come pieno di conseguenze, se non drammatico, perdere anni scolastici o non conseguire i titoli previsti dal corso di studi.

Il secondo problema si pone invece nelle conseguenze della valutazione, ossia nel suo aspetto promozionale/selettivo. Sono convinto che gli esami non fini-

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Pur sapendo bene che non è possibile né corretto promuovere indipendentemente dal merito e che non sempre il tempo scolasticamente perso è perso davvero, molti colleghi sentono queste scelte, questi giudizi e le loro conseguenze come problemi, umani prima di tutto, perché sanno che dietro ogni studente che non ha superato le prove c'è una storia individuale, una serie di motivi e di situazioni che vengono prima della sua preparazione e che sfociano in quell'esito; sistemici in seconda battuta, perché non possono non vedere che è il sistema nel suo complesso a generare questi imbuti attraverso cui si deve passare per affermarsi negli studi e che conducono ad altri imbuti volta per volta da superare per affermarsi nel mondo del lavoro e del successo sociale, politico. Dal momento che si sa bene che questo processo selettivo non è effettuato con pari opportunità, perché il ventaglio dei vari vantaggi e svantaggi, dei vari privilegi e impedimenti è ampio e non dovuto al merito, si ha modo di dubitare che il merito misurato possa essere giusto e dirimente. Insomma vorrei che gli studenti sapessero quanta partecipazione, preoccupazione e apprensione può albergare l'insegnante che li valuta e che in caso negativo li respinge e li costringe a ripetere la prova! Roberto Sabatini

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Organizzazione scoalstica

Qualche rammarico? L'anno è finito

di Infantino Aminta Patrizia - Organizzazione Scolastica

Ripercorro con il pensiero l'intero anno scolastico. Sono soddisfatta? Si, assolutamente, dei ragazzi, dei colleghi, delle collaborazioni che abbiamo creato. In tutte le classi? Bhé, non esageriamo, magari fosse così semplice! Ho due sezioni e in una è andata meglio dell'altra. Ho avuto più spazio per lavorare sulla classe. I colleghi mi hanno dato il tempo necessario per affrontare tematiche integrative e per stimolare i ragazzi con le tecniche attive collaborative. Ne sono emerse menti curiose e motivate, anche se spesso la creatività genera caos e disordine. L'altra classe, invece, è stata impostata su lavori culturalmente più nozionistici e, di fronte a un brainstorming, un problem solving o a un circle time, i docenti temevano la perdita di tempo. Per non parlare del computer! Si ha ancora il timore che rubi spazio al nozionistico. E i lavori creativi? Roba da elementare, ormai devono avviarsi al liceo! Mi rimane il rammarico di non aver insistito a volte ma, del resto, in questa scuola non mi conoscevano ancora e io ho scelto di entrare in punta di piedi! Eppure qualche lavoro creativo informatico in più mi sarebbe piaciuto farlo! Soprattutto per prepararli agli esami.

Il modo di relazionarsi cambia e si sviluppano difficoltà relazionali. La tecnologia informatica è un mezzo che motiva maggiormente i ragazzi ma va utilizzato in modo razionale, spesso i percorsi vanno personalizzati ma, soprattutto, va compreso quando è il caso di utilizzare il digitale o il tradizionale. È come se volessimo sostituire l'aereo con la bicicletta. Ogni cosa ha il suo tempo e va usata a suo tempo. Sarebbe inopportuno, disagevole e dispendioso recarsi a scuola in aereo anziché a piedi. Personalmente sono maggiormente orientata a muovermi a piedi, in bici, in macchina, ma sempre più spesso a scuola siamo forniti di aule interattive, virtuali con computer, internet, LIM, dove si può imparare ad usare elementi di informatica, inviare mail, word, powerpoint. Il computer nella didattica psicopedagogica potrebbe apportare un contributo rilevante senza sostituirsi ai libri e alle tecniche attive 'face to face'. E noi docenti, se fossimo formati meglio, potremmo utilizzare questo strumento per incuriosire e per motivare.

La rivoluzione digitale del XXI secolo porta con se un divario tecnologico tra le esperienze dei ragazzi e quelle degli insegnanti. E' un divario che dobbiamo evitare che ci allontani. I nostri ragazzi sono digital native, per usare un termine coniato da Marc Prensky, perché sono nati durante l'era digitale e sono cresciuti con le tecnologie digitali. Sono madre lingua. Noi docenti siamo ancora tutti digital immigrant, dobbiamo destreggiarci, imparare, stare al passo con i tempi, ma è anche vero che noi siamo il ponte tra il prima e il dopo rivoluzione e abbiamo il dovere di indirizzarli verso il giusto uso delle tecnologie.

Altri rammarichi? Si, l'uso delle prove invalsi agli esami. Lungi da me qualsiasi polemica al riguardo. Oggettivamente noto che i risultati delle prove invalsi sono diso-

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rientanti e lasciano una sorta di amarezza in noi e nei ragazzi più 'studiosi'. Per qualche ragazzo anche a questi ultimi esami di terza media sono state quasi paralizzanti. Per assurdo sono andati meglio i ragazzi che andavano peggio. Mi sforzo di capire perché e poi mi sorge un dubbio. Sono prove che valutano la logica più che i saperi e questa si sviluppa più con le tecniche pedagogiche attive che aiutano ad applicare il ragionamento alla conoscenza. Aiutano ad acquisire competenze, a risolvere a mente aperta i problemi. Ma allora se così fosse torniamo all'importanza di integrare alle lezioni frontali le tecniche attive collaborative, permettendo, a noi docenti, di raggiungere tutti gli stili di apprendimento e le diverse intelligenze. Forse le prove invalsi avrebbero maggiore senso se non ci crollassero dall'alto come un'imposizione e senza che nessuno ci formi e ci spieghi concretamente come preparare al meglio i nostri ragazzi. Aminta Patrizia Infantino, Docente di Sostegno Scuola Superiore di primo grado "SMS Pintor" e "Cecco Angiolieri" – Roma

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Amore di sé

Dedicato a noi operatori scolastici di passioni di Riccardi Barbara - Dedicato a te

ho smesso di desiderare un'altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda è un invito a crescere. Oggi so che questo si chiama MATURITÁ. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello che succede va bene. Da allora ho potuto stare tranquillo. Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SÈ STESSI. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di privarmi del mio tempo libero e di concepire progetti grandiosi per il futuro. Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento, ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi. Oggi so che questo si chiama SINCERITÁ. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene: cibi, persone, cose, situazioni e da tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso, all'inizio lo chiamavo "sano egoismo", ma oggi so che questo è AMORE DI SÈ. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di voler avere sempre ragione. E cosi ho commesso meno errori. Oggi mi sono reso conto che questo si chiama SEMPLICITÁ Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro. Ora vivo di più nel momento presente, in cui TUTTO ha un luogo.

Dedicato a tutti noi animatori di ricercaazione, nel fare/dare con passione durante il difficile cammino di docenti viandanti di incontri e rapporti, rabdomanti della vera essenza del nostro compito: trasmettere saperi per insegnare a saper fare. A noi dedico uno scritto di passione, di un uomo che ha vissuto ogni suo ciak con ardore: Charles Chaplin in occasione del suo 70° compleanno dal libro "Il Segreto del Cuore" di Ruediger Schache. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che la sofferenza e il dolore emozionali sono solo un avvertimento che mi dice di non vivere contro la mia verità. Oggi so che questo si chiama AUTENTICITÁ. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito com'è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri, pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta, anche se quella persona ero io. Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SE STESSI. Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

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È la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo PERFEZIONE. Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che il mio pensiero può rendermi miserabile e malato. Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore, l'intelletto è diventato un compagno importante. Oggi a questa unione dò il nome di SAGGEZZA DEL CUORE. Non dobbiamo continuare a temere i contrasti, i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi. Oggi so che QUESTO è LA VITA!

Buona pausa vacanziera per un respiro di aria pura e fresca... Barbara Riccardi

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Dedicato a te

La mia collega.

Un anno speciale con una persona speciale. di Agolino Simona Loretta - Dedicato a te

Totò e Peppino

"Totò e Peppino". Così fummo definite all'inizio della nostra avventura,che si è conclusa quest'anno al termine di cinque bellissimi anni e pieni d'incognite. Io stessa sono stata l'incognita costante in questo ciclo, che a settembre sperava di poter tornare a lavorare nella "nostra" scuola e con la sua collega.

biamo sempre cercato di tessere i rapporti tra compagni e compagne, per favorire una maggiore apertura e ascolto verso l'altro. Abbiamo sempre cercato di sollecitare i rapporti tra insegnanti e genitori, affinché il nostro lavoro a scuola non fosse vanificato fuori, ma che continuasse oltre l'orario scolastico. Oggi fare l'insegnante è sempre più difficile, poiché sono profondamente cambiati i linguaggi e gli interessi degli studenti e, soprattutto, è cambiato il modo di gestire la classe e la disciplina: i modelli severi e autoritari del passato - cui alcuni insegnanti fanno ancora ricorso - sono oggi inefficaci e non più accettabili e credo che insieme abbiamo cercato di insegnare questo ai nostri alunni; ma altrettanto inefficace consideravamo l'atteggiamento di rassegnato laissez-faire seguito da altri insegnanti, che lasciava la classe nel caos e fa-

La scuola non è solo un luogo di studio, ma anche un ambiente dove si creano e si vivono relazioni: rapporti tra compagni e compagne di classe; rapporti tra insegnanti e allievi; tra insegnanti e genitori e tra docenti e altri docenti. Noi due abbiamo sempre cercato di favorire una relazione tra insegnante e allievo, basata sulla fiducia e apertura reciproca non lo abbiamo ritenuto importante solo sul piano umano, ma anche su quello didattico e formativo e ab-

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ceva perdere all'insegnante il rispetto di sé e degli allievi.

così, semplicemente, nell'eloquenza del silenzio. Elena Oshiro

In realtà, noi abbiamo cercato un dialogo costante sia fra di noi che fra gli alunni e trovato insieme ogni soluzione ai problemi che dovevamo affrontare con modalità di gestione costruttiva della classe, e per il bene di tutti.Era importante per noi rendere stimolante e accogliente l'ambiente scolastico, in modo che ciascun bambino potesse sviluppare le personali capacità espressive e comunicative e in questo siamo state, ognuna nel proprio ambito, delle insegnanti non ben viste da alcune colleghe, ma siamo rimaste sempre unite fino al nostro traguardo. Abbiamo compreso che, per svolgere efficacemente la nostra azione educativa, non bastava conoscere la propria disciplina ed i principi pedagogici e didattici, ma era necessario capire la complessa rete delle relazioni all'interno della nostra classe. Come spesso accadeva, non importava se restavamo oltre il nostro orario di servizio, perché sapevamo che farlo era un nostro piacere, nel condividere ogni singolo momento della nostra avventura.

Simona Loretta Agolino, Giurista,docente I.C."2 Ottobre 1870",piazza Borgoncini Duca Roma.

Purtroppo collaborare in armonia con gli altri non è stato facile, spesso il nostro luogo di lavoro è stato caratterizzato da rapporti freddi e di pura facciata, da invidie e gelosie, da conflitti latenti tra colleghi e le nostre spensierate risate a molte davano fastidio perché... non é decoroso ridere! Ma quello che è stato evidente a tutti è il nostro rapporto di lavoro basato sull'amicizia, cosa rara nel nostro ambiente. Grazie collega, di avere reso belli per entrambe questi cinque anni, anche nelle tante difficoltà vissute, con l'augurio e la speranza che se ne possano vivere ancora. Credo in te, amica. Credo nel tuo sorriso, finestra aperta nel tuo essere. Credo nel tuo sguardo, specchio della tua onestà. Credo nella tua mano, sempre tesa per dare. Credo nel tuo abbraccio, accoglienza sincera del tuo cuore. Credo nella tua parola, espressione di quel che ami e speri. Credo in te, amica, ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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Alunni speciali

Apprendere l'inclusione a scuola di La redazione - Dalla redazione

In ogni classe sono inseriti ragazzi che hanno bisogno di essere integrati attraverso una didattica speciale adeguata ai loro bisogni speciali. Questo diventa un'opportunità se i docenti trasformano i bisogni speciali del singolo in un'occasione di crescita per tutta la classe attraverso la sperimentazione di innovative tecniche attive d'insegnamento. Dalla solita e ripetitiva lezione frontale alle tecniche cooperative che permettono sia di scoprire la potenza del cervello del gruppo che di sperimentare tutti i talenti che i ragazzi possiedono. È il salto qualitativo tra l'integrazione, l'inclusione e l'interazione.

Ci fa piacere pubblicizzare il lavoro di Patrizia Aminta Infantino che scrive anche sulle pagine di questa rivista. In bocca al lupo per la sua nuova avventura!

"Alunni speciali" è un invito a lasciarsi catturare dal piacere dell'educazione in una scuola finalmente cooperativa dove a vincere non è il primo che alza la mano ma colui che aiuta l'altro ad alzarla. Vince chi ha le emozioni chiare più che le idee. Vince chi è felice di non essere l'unico ad essere felice. Vince chi è capace di risvegliare in sé il rispetto e la dignità. Vincono gli insegnanti che sanno lasciare un segno. Vince chi educa tirando fuori dall'altro il miglior "sé stesso" possibile. Vince chi sa ascoltare. Vince chi ha i mezzi per educare e li sa mettere al servizio degli altri. Questo libro è destinato a quelle guide, genitori ma soprattutto insegnanti, che cercano di trasformare le sofferenze in una forza dirompente, comprendendo che la "diversità" o il "trauma" possono rappresentare un trampolino di lancio per la propria realizzazione.

Aminta Patrizia Infantino vive e lavora a Roma. È insegnante nella scuola secondaria di primo grado e specializzata in Scienze ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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Motorie e Attività di Sostegno e Integrazione. Sostenitrice del gioco e delle tecniche attive utilizzate come strumento didattico, crede nella scuola e nel valore della semplicità dell'atto educativo. Arricchisce il percorso personale con passioni inerenti e integranti l'unione tra sé e il suo lavoro: danza, teatro, shiatsu, medicina tradizionale cinese, biopsicosomatica.

Edizioni la meridiana, Collana partenze pp. 116, Euro 14,50 NOVITÀ IN LIBRERIA Per richiederlo e per ulteriori informazioni info@lameridiana.it o visitate il sito www.lameridiana.it

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Notizie dalla redazione

BIZ Factory 2012 premia l'eccellenza imprenditoriale giovanile Il premio "Migliore impresa JA" all'Istituto Fermi di Pontedera di La redazione - Dalla redazione

senza dover più ripetere le operazioni di login e senza doverle memorizzare sul proprio PC, a scapito della sicurezza. La pendrive è in vendita online sul sito www.bissgroup.it Il vincitore è stato decretato da una giuria di professionisti presieduta da Roberto Barontini, Direttore Master Mains presso l'Istituto di Management della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e la premiazione è stata preceduta da un talk show condotto da Roberto Bonzio, giornalista e blogger di Italiani di Frontiera. Hanno portato, inoltre, la loro testimonianza durante la serata anche Francesca Mazzocchi, rappresentante Progetto RENA (Rete per l'Eccellenza Nazionale); i Gruppi di Ricerca della Scuola Superiore S. Anna di Pisa con progetti sul tema della Smart City; e Jacopo Deiuri, studente-imprenditore, Presidente Alumni JA.

BIZ FACTORY

Si è conclusa l'8 giugno a Pisa, presso la Stazione Leopolda, la nona edizione di BIZ Factory, l'evento ideato da Junior Achievement Italia, che ha visto 150 studenti delle scuole superiori provenienti da tutta Italia affrontarsi sul terreno dell'imprenditoria giovanile con 20 idee d'impresa originali.

La Redazione

Si è aggiudicato il premio "Migliore Impresa JA" 2012 BISS Group dell'Istituto Fermi di Pontedera con la penna USB "KeyPassWorld". Gli studenti pisani si presentano con l'acronimo di Business, Innovation, Simple, Software e con questa dichiarazione di mission: "Semplificare la navigazione in rete per agevolare la diffusione di Internet e consentirne l'utilizzo a un sempre maggior numero di utenti". KeyPassWorld è una penna USB che, inserita nel computer, memorizza le credenziali che l'utente crea per registrarsi ai siti di suo interesse consentendo, successivamente, l'accesso diretto ai siti stessi, ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it

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