“Si può fotografare l’inconscio?”

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“Si può fotografare l’inconscio?”


in copertina: “Domani” fotografia digitale stampa su carta Titolo poesia: Incantesimo, da: In-differenze, (Edizioni di San Marco,1987, pag. 58.)

Quando la Storia s’abbarbicherà alla Natura un tonfo risuonerà nell’Universo menti alienate ricomporranno i mondi distratti da ‘cose’ fatiscenti queruli riscatteremo estasi di albe innevate da raggi lunari di oceani tuffati nei Soli ardenti nemesi monocorde di essenze fantasmagoriche

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L’organizzazione artistica Tartaglia Arte e il CASC-Banca d’Italia presentano

“Si può fotografare l’inconscio?” di

Dream-Slave Group Giuliana Polenta e Silvana Petrucci a cura di Riccardo Tartaglia

14 - 23 gennaio 2013 presso CASC-BANCA d’ITALIA via del Mandrione, 190 Roma


Si può fotografare l’inconscio? Da questo interrogativo emblematico è nata una grande sfida al mondo delle immagini comuni. Era un momento realmente onirico di fronte alla pittura di Monet in una delle stanze del Musée de l’Orangerie di Parigi. Due psicoanaliste (autrici delle opere in esposizione) si stavano confrontando su un sogno le cui scene entravano con la lentezza del verso poetico dentro le icone pittoriche che avevano di fronte! Occasione irripetibile per quel movimento inconscio che si trasferiva da una parte all’altra creando sovrapposizioni, pensieri, versi, colori, memorie… stava nascendo un nuovo movimento… almeno per noi! Abbiamo cominciato a ripassare tutto ciò che nella quotidiana vita professionale entra in scena quando ci connettiamo all’inconscio dei nostri pazienti. E il sogno divenne il protagonista delle nostre ipotesi artistiche. La domanda tornava in maniera impertinente nella nostra comunicazione: si può fotografare l’inconscio? Sentivamo che in qualche modo dovevamo procedere con le immagini del sogno per trovare punti di realtà che si potevano sviluppare con l’aiuto dell’’immaginazione fotografica. Ovvero si doveva andare alla ricerca di elementi simbolici che occupassero lo spazio della pellicola. Sentivamo che questo non era ancora sufficiente a quietare la nostra smania di sintesi. Ed ecco che la parola è entrata in scena accanto alle immagini. Le nostre opere fotografiche dovevano avere, accanto, versi poetici sparsi. E a quel punto eravamo pronte a dare una definizione al gruppo che si era appena formato: Dream-Slave Group. Ovvero schiavi del sogno. Abbiamo convenuto che si poteva accettare l’invito dei nostri inconsci… ci stavano offrendo la possibilità di realizzare le scene oniriche! Così alcuni elementi del sogno sono stati tradotti in scatti fotografici fino alla costruzione scenica delle opere che sono venute in seguito. Partendo dal click (fermo immagine) l’obiettivo è stato quello di costruire opere fotografiche integrate. L’icona doveva essere accompagnata dal movimento del verso poetico per stimolare il pensiero attraverso gli organi di senso. In seguito, ci è piaciuto ricordare ciò che sottolinea René Magritte in “Scritti” riguardo alla mente. “Il meccanismo della mente non è ancora completamente noto, a meno che non ci si accontenti, come le persone dalle idee confuse, di credere di conoscerlo. Ma ciò che non si sa, in maniera certa, (…) e che basta in ogni caso all’artista come punto d’appoggio, è che la mente è capace di immaginare effetti che non sa spiegare”. (…) Il meccanismo della mente potrebbe forse essere conoscibile sin nei minimi particolari. Può darsi quindi che si potrà parlare correttamente di “spiegazione” quando si sarà spiegata “la spiegazione”. C’è stata un’altra questione da affrontare, quella di trasformare le immagini prodotte dall’inconscio individuale in immagini prodotte dall’inconscio collettivo. Non ci è risultato difficile chiedere in prestito a C. G. Jung i concetti che hanno fatto la storia della “spiegazione” della vita psichica universale, dell’universalità dell’arte. “L’inconscio personale poggia (…) sopra uno strato più profondo che non deriva da esperienze e acquisizioni personali, ma è innato. Questo strato più profondo è il cosiddetto “inconscio collettivo”. (…) i cui contenuti sono gli archetipi, (…) cioè immagini universali presenti fin dai tempi remoti”. Per questo si dovevano trovare simboli unificatori, che riconciliassero più realtà attraverso un’unica scena, la scena della costruzione di altre realtà forse metafisiche, forse surreali. Con l’aiuto delle immagini e con l’aiuto delle parole. Insieme di vita e morte, di realtà e sogno, di tempo e spazio, ovvero stavamo parlando della coniunctio oppositorum che esiste a prescindere dai nostri inconsci personali! L’opera d’arte come simbolo unificatore a metà tra il Visibile e l’Invisibile, il possibile e l’impossibile dove realtà e paradosso coesistono rafforzando tale coniunctio. “In questo


caso è indispensabile la conoscenza dei simboli, perché in essi si compie l’unione dei contenuti consci e inconsci e da questa unione risultano nuove situazioni o nuovi atteggiamenti della coscienza. Perciò ho chiamato “funzione trascendente” l’unione degli opposti. In questa guida della personalità alla pienezza consiste lo scopo d’una psicoterapia che pretende di non essere mera cura di sintomi”. Abbiamo proceduto allora verso la considerazione che solo attraversando il mondo degli archetipi è possibile liberare parte del Sé, “per la costruzione di scene che scuciono le maglie della nostra compostezza emotiva. L’inquietudine che ne deriva apre le porte dell’inferno, zona ricca di ombre che popolano città senza vita della nostra anima. E’ l’incontro più duro e insopportabile per la maggiore parte degli uomini”. Ancora con Jung “chi è in condizione di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito”. … e il nostro compito, oltre quello che abbiamo nel setting terapeutico, stava a mano a mano prendendo forma verso la funzione trascendente dell’arte, quella stessa funzione trascendente che è alla base della congiunzione degli opposti per la pienezza della personalità. … e poi ancora… che posto avrebbe occupato il sogno con le sue scene, con i suoi simboli e con i suoi tempi di elaborazione, nell’opera finita?... o meglio definita entro lo spazio di un tempo infinito? Sembra un gioco di parole ma solo in apparenza! Ci siamo soffermate per lungo tempo sulla scelta di alcuni elementi che in parte realizzavano in tre scatti la sintesi del sogno, in parte in quattro scatti, a volte solo in uno scatto. Anche questo bisogno di sintesi ci è subito apparso illusorio ma una sintesi dovevamo pur averla, noi! Come dire! Dovevamo sapere che cosa comunicare e come comunicarlo! Dovevamo solo vestire gli occhi di un’altra prospettiva e cambiare i livelli interpretativi, sia della realtà che del sogno! Dovevamo affermare che… realtà e paradosso coesistono! Ma quale realtà… quale paradosso… quando ci poniamo all’interno del sogno, o quando ci fermiamo all’interno della realtà!? Abbiamo cercato di aprire la porta ad uno spazio senza tempo, in una realtà tanto reale quanto paradossale dove potevano ancora incontrarsi Paradosso e Realtà, Visibile e Invisibile, Possibile e Impossibile, Vita e Morte. E’ possibile, ci siamo chieste, ritrovare tutto questo? … forse dentro il sogno in compagnia dell’arte, è stata la risposta. Il viaggio stava per iniziare. E con il viaggio iniziava l’incontro e il confronto. Come in tutti i viaggi, prima di partire si avvertiva una certa diffidenza al pensiero che saremmo andate a toccare geografie sconosciute. Eravamo perfettamente consapevoli di questo ma la spinta a procedere ha avuto la meglio sulla diffidenza. Ci stavamo mettendo in gioco occupandoci della trasposizione dei segni nascosti. Sapevamo che dovevamo raggiungere la quaternità, “che costituisce un simbolo reale (…) della divinità. (…) I simboli naturali della totalità, che da noi in Occidente compaiono nei sogni e nelle visioni e in Oriente nei mandala. Stiamo ancora viaggiando memori delle nostre aspirazioni in un mondo che è possibile scoprire ad ogni gradino verso il tentativo di raggiungere il Sé, ovvero verso la circolarità che genera la Vita e da cui la Morte prende le distanze. Forse solo per rinascere dalle ceneri come nella leggenda della fenice. Ci piace citare ancora Jung che accompagna il nostro viaggio con fedeltà e pazienza e ci aiuta nei momenti che riconosciamo come “rites d’entrée et de sortie”: Inspira dai raggi, inspira tre volte quanto più puoi e ti sentirai sollevare e camminare verso l’alto, e ti sembrerà di essere nel mezzo della regione aerea… La strada degli dei visibili apparirà attraverso il disco del sole, che è Dio mio padre. (…) E ciò verso le regioni dell’occidente, infinito come vento che spira da oriente; se poi ad essere diretto verso le regioni dell’oriente è l’altro vento, vedrai del pari verso le regioni di quello il rovesciamento della visione. Giuliana Polenta


ALLA LUCE DEL TEMPO – trittico - fotografia digitale stampa su carta Versi estratti da E’ tempo ormai in Alla luce del tempo forse pensieri (Ed. E.S.S. 2001 pag. 58):

è tempo… … è tempo ormai di schiudere spazi per sofisticati richiami d’amore.



LA LUNA IMPAURITA - trittico - fotografia digitale stampa su carta Versi estratti da La notte in Alla luce del tempo forse pensieri (Ed. E.S.S. 2001, pag. 37); da Non importa dove (op.cit., pag. 25); Un sogno (op.cit., pag 55):

impaurita la luna trattiene il respiro è nel cielo Non importa dove cosa rimane di quella notte un sogno da sognare ancora.



LE JARDIN DU MONET - trittico - fotografia digitale stampa su carta Versi estratti da Intanto il fiume scorre in Alla luce del tempo forse pensieri (Ed. E.S.S. 2001, pag. 44)

rassegnato, il Destino guarda incerto, l’Amore giace nascosta, la Giustizia attende e intanto il fiume scorre lento. résigné, le Sort témoigne incertain, l’Amour se couche voilée, la Justice vagabonde et dans l’intervalle le fleuve s’écoule lentement.



OLTRE - fotografia digitale stampa su carta Versi estratti da Stagioni in: Ballata d’un sogno d’amore (Ed. TRACCE, 2011 pag. 23):

un tempo tornavo impietosa a filare sorsi di luna quando l’inverno apre le ali di cristallo alla curva del silenzio.


Biografie Giuliana Polenta nasce a Roma dove vive e lavora. Dott.ssa in Psicologia, specializzata in Psicoanalisi freudiana e in Sessuologia, già Giudice Esperto del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Psicologo clinico ha al suo attivo oltre trent’anni di professione a cui ha affiancato numerosi articoli e saggi scientifici tra cui Il luogo in cui non voglio stare. Incesto - Pedofilia - Violenza Carnale presente alla BNF di Parigi. Come psicologa-psicoterapeuta ha dedicato gran parte della storia professionale anche allo studio della creatività e dei suoi effetti in ambito soggettivo e sociale. Applica la materia psicologica alla materia artistica sia in ambito figurativo che letterario. Ha scritto su Balthus, de Chirico, Paul Klee, Isabelle Fordin, Mattia Preti, Klimt-Schiele-Kokoscka, Bertina Lopes ed altri, in campo figurativo, e su Bohumil Hrabal in campo letterario tradotto in lingua Ceca. Ideatrice della performance “Riflessi sonori di immagini poetiche” in versione multimediale. (Casa del Jazz, Roma, 2006). La versione multimediale di questa performance è stata scelta con lo scopo di integrare tre dei livelli percettivi a cui fa riferimento l’apparato psichico: la musica, la parola, l’immagine per un ritorno che amplia e moltiplica i codici della realtà toccando più livelli che interagiscono tra di loro. La poesia ben si colloca non solo come contenitore e veicolo di sentimenti e di emozioni, ma anche come strumento per decifrarli e trasfigurarli, come strumento di indagine e di conoscenza. A questo proposito l’Autore ha utilizzato la poesia anche come strumento terapeutico mettendo a punto una tecnica sperimentale “La Poetry Therapy” (utilizzata in America fin dagli anni ’50) a supporto della psicoterapia classica (ad andamento psicodinamico) i cui risultati sono stati pubblicati. Ideatrice e realizzatrice dell’iniziativa sociale “Il teatro negli Ospedali” con il contributo del Comune di Roma con la favola “Il topolino rosa” messa in scena dalla compagnia teatrale Ygramul (Ospedale Bambin Gesù, Fatebenefratelli – Carcere di Rebibbia). - In-differenze, edizioni San Marco, Venezia 1988 (Premio internazionale di poesia Città di Enna 1989). - Alla luce del tempo, forse pensieri, E.S.S. Ed. Roma 2001 (alcune poesie tradotte in lingua polacca) - Il mondo delle favole Editore Ibiskos, 2003. - … Ti racconto il silenzio Spettacolo di poesia e musica Teatro dei Satiri Roma 4 giugno 2010. - Ballata d’un sogno d’amore Edizioni TRACCE testo a fronte in lingua Francese (Ballade d’un rêve d’amour). Tradu-


zione di Gabriella Sacra. Revisione di Stéphanie Déjoan (2011). - Sapori Di Versi poesia e musica Roma, 2 dicembre 2012. Incontro culturale alla Taverna Cairoli (Roma, 2011). - Il treno delle cose dimenticate cortometraggio presentato in anteprima alla Casa Dei Piccoli (Villa Borghese-Roma il 14 dicembre 2012 (con versi estratti dalla poesia Il treno delle cose dimenticate in Ballata d’un sogno d’amore). Regia di Giorgia Esposito. ------Silvana Petrucci nasce ad Ascoli Piceno. Vive e lavora a Grottammare e a L’Aquila. Dott.ssa in Psicologia, specializzata in Psicoanalisi junghiana, in Medicina Psicosomatica e in Psicoterapia della Gestalt Analitica. Attualmente lavora come libero professionista ed è didatta del CSP per l’insegnamento della Gestalt Analitica. Si avvicina alla danza negli anni novanta sperimentando varie discipline. Dalla danza classica, a quella moderna al flamenco. La danza come rappresentazione corporea nello spazio alla stessa stregua delle figure-simbolo dei disegni. Percorso psicologico in cui si attua la ricerca dei 4 elementi che costituiscono la sintesi di ogni processo d’individuazione: acqua-terra-aria-fuoco. Si avvicina alla fotografia con l’intento di cogliere realtà apparentemente fuggevoli.


Organizzazione artistica Tartaglia Arte tel. 064884234 - cel. 3486622952 riccardotartaglia@tartagliaarte.com www.tartagliaarte.com

finito di stampare nel gennaio 2013



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