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Prossa nova racconti – I. Buselli

PROSSA NOVA racconti

VENDETTA IN QUATTRO TEMPI

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di Irene Buselli

Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza.

E l’uomo, per ambizione o per superbia, ancora tenta di emularlo, imprimendo nelle sue creazioni un segno di se stesso.

Per questo le automobili hanno sguardi. Fissano, hanno occhi cattivi, che abbagliano; indagano senza vederti e passano oltre, ingoiando chilometri e vita.

Lui non sopporta di essere osservato dai loro volti gelidi, lo atterriscono quei mostri di lamiera dai lineamenti severi.

Il loro cuore è motore. Un cuore a quattro tempi, una potenza a quattro palpiti.

Aspirazione: il primo battito, che ruba l’aria. Compressione: il secondo, che violenta e soffoca. Lo scoppio è il terzo, che romba, infiamma, distrugge. Lo scarico è lo strozzino che soffia la morte sui nostri volti, prestandoci in cambio una breve illusione di potere.

Sono demoni di metallo, in quattro fremiti rubano l’anima; e lui lo sa, lo vede. Ogni giorno, ogni ora, da ventitré anni. Ogni minuto. Ogni volta che la sbarra si alza e si abbassa, ogni volta che dice Buongiorno Grazie Buon viaggio, ogni volta che dà il resto, sorride educatamente, rilascia il biglietto.

Ironia della sorte, direte, che l’unico mestiere che possa fare sia stare a guardare i suoi incubi, al confine tra una fila ordinata e un sentiero della morte dove le belve sfrecciano avvolte nella loro carrozzeria.

Un’occupazione tanto rara, poi, quella del casellante in entrata.

Ironia della sorte, dite.

Vi sbagliate. Quest’impiego l’ha scelto; l’ha desiderato, poi bramato, finalmente ottenuto. Solo per soddisfare un capriccio forse, un tarlo la cui realizzazione, presto o tardi, gli frutterà la gioia che questi assassini a motore hanno strappato via insieme alla sua anima per anni. Allora sarà la rivincita del paradosso, la sua vittoria, la sua migliore paga.

Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su Sbarra giù. Una vita spesa in sorrisi educati.

Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su Sbarra giù. Una vita ad aspettare il riscatto.

Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su... il giorno della vendetta, non farà in tempo a pensare l’ultimo movimento: sarà una vendetta in quattro tempi, per un mostro a quattro tempi. Una vita spesa ad aspettare che il quinto movimento per un errore perda il ritmo e intrappoli la bestia, che la sbarra le piombi sulla cervice metallizzata e la riduca a un’agonizzante scatola di latta.

La sbarra è il confine. Tra la dece-

lerazione dopo il precedente tratto di strada e le nuove velocità inumane, tra il nervoso ordine della coda e il brivido dell’accelerazione; tra l’attesa e la realizzazione della sua ossessione.

Quel giorno – quello in cui il confine si spezzerà o, meglio, spezzerà una delle tante vite metalliche che lo attraversano – quel giorno verrà: è una certezza. È la meta che ogni giorno lo fa alzare, andare al lavoro, faticare, quella che lo fa resistere; quella che lo mette in moto.

Ecco che l’uomo e l’automobile non sono più così distinti: persino lui talvolta si sorprende a pensare al suo corpo come a un meccanismo di ingranaggi lubrificati, dimenticando quale sia stato il modello e quale invece la creazione, quasi i suoi organi vitali fossero una copia di pistoni e candele.

Ma in un brivido è tutto finito: si alza, si veste, va al lavoro. Entra nella sua cella e ricomincia a sognare. Nulla farà affinchè quella sbarra si abbatta sul nemico: non potranno accusarlo. Ma mentre tutti incolperanno il caso, lui si licenzierà, tornerà a casa, e sarà felice.

Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su Sbarra giù.

Un ciclope a motore si avvicina, col suo unico occhio luminoso e il suo centauro pelle e borchie sulla schiena.

Lui guarda il motociclista con il casco slacciato e pensa che, in ogni caso, tutti siamo destinati a morire più o meno allo stesso modo: che a collassare sia una camera d’aria o un ingranaggio di muscoli e ossa.

Osserva il ragazzo sfrecciare via, come se gli avesse dato il permesso di uccidersi, col suo ritornello Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su Sbarra giù.

Ma abbiamo costruito i nostri assassini ad alta velocità forse solo per illuderci che siano loro a renderci mortali; così, lui passa la vita a sperare che quella sbarra gli impedisca di consegnare al loro destino delle vite sulle quali, in fondo, non ha alcun potere.

Trascorre il tempo oscillando tra la sicurezza che ogni macchina sia un carnefice e la consapevolezza che la loro pericolosità non è che il capro espiatorio dell’irresponsabilità del mondo.

Una ragazza bionda allunga goffamente il braccio, lui Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su Sbarra giù. C’è qualcuno sul sedile accanto a lei, lo vede chiaramente; eppure, tutti sembrano così soli quando lui li lascia partire.

Tutti così simili, poi, così ugualmente umani mentre attraversano il confine. Inghiottiti dai loro giochi di aspirazione, compressione, scoppio e scarico, non si rendono conto che quattro tempi sono un ritmo pericoloso per il cuore, una scansione innaturale.

Se solo quella sbarra si abbassasse all’improvviso, se solo il braccio meccanico di quella cella, che ventitré anni hanno trasformato da prigione a scheletro metallico, bloccasse l’incedere di pneumatici e carrozzerie smaltate...

Ma lui, lui è soltanto il confine.

Buongiorno Grazie Buon viaggio Sbarra su Sbarra giù.

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