Alla fine è stato l’ultimo ad averci accolto dopo un eterno giro per bere abbiamo spiccato un pezzo di pancia e l’abbiamo esposta dal kebab. Abbiamo gestito male Il gesto il gesto eiaculatorio eiaculatorio del del gin gin tonic tonic sorbito tra queste mura di pietra con dei ragazzi che facendo i muscoli dicevano flexo ma non mi piego e postavano il frutto del sacrificio 24 ore su un social qualunque per sentirsi al sicuro – che piacere quando fioccano i cuori come neve. Fuori al freddo una saracinesca ancora accartocciata dalla schiena di un inquieto. Esposti dal kebab, famelici armavamo la mano alcolica e le birre sapevamo che nascoste le teneva più in basso giù nel frigo rotto e birre calde e calde mura ci cullavano perché a quest’ora andava bene tutto, pure quelle. Prova tu a infrangerla la promessa del gin tonic, ché il suo ghiaccio a volte fa male ai denti e non si regge quando fa inverno e sogni l’ultimo kebab del rullo il più sudato il più stracotto quello con la crosta che si dedica ai vegani mentre brindiamo all’essere astemi di qualcun altro. Viva i pakistani, viva l’Italia, viva la fica e porco Dio e puttana la Madonna: oggi mi sento finalmente un italiano. Abbiamo tempo per prenderne di piadine coi falafel che sono buoni solo quando li fa il mio amico afgano che non è vegano ma li fa per accompagnarli allo stufato di capra. Esposti abbiamo chiesto patatine vomitate di salse nel piattino cantate dai borborigmi dei flaconi che schizzano ketchup ketcha e mayonese. mayo. Una tipa nel frattempo entra con un americano in vacanza ubriachi, lui fa lo schifoso, lei ci chiede dove andare per scopare. In esposizione è perfetto, diciamo, scopare in mezzo ai pezzi che ci siamo rotti serve a nascondere la timidezza forse anche la tristezza, comunque c’è sempre tempo per poi andarsene.
Le birre calde confortano dal buio e dall’alone malconcio dei lampioni. C’è un tipo che piscia per strada. Vado a chiamarlo. Vieni al kebab gli dico siamo in esposizione. Seguici followaci, iscriviti, swallowaci pregaci, prostrati, credici. Ho dato al tipo una birra calda e un arrotolato pieno delle urla di babilonia per tutta la cipolla che c’era dentro tanto da lacrimare. Piangendo rientriamo insieme e ascoltiamo come suona il cin con le Peroni fuori frigo, favoriscono la piscia e non restano mai sullo stomaco. Lui ci prova con quella che voleva scopare fa la merda, prende al culo l’altro troppo ubriaco per capire. C’è un duello. Tre tipi tutti pippati entrano sono pronti a fare qualunque cosa purché sia entusiasmante nei loro occhi già s’infiltra la luce del mattino. Vedono il duello e devono esultare urlano e applaudono gagliardi, pestano il piede a terra come alle corse. Il kebabbaro bengalese li guarda, è doveroso: non si rifiuta mai un arrotolato. Ma le piadine roteano, i frighi volano spargendo in giro kefir, qualcuno si accaparra i cartocci ammaccati. Sei una puttana – ubriaco 1 Vaffanculo – ubriaca 1 Me la dai? – ubriaco 2 Vaffanculo – ubriaco 1 Non vali un cazzo – ubriaca 1 Ti voglio scopare – ubriaco 2 I kebabbari fordisti, esperti di ripieni succosi e coltelli brandiscono le lame passano sul filo i volti degli ubriachi una volta tanto hanno detto la loro preparano una crudité da sushi fusion con le facce dei tre che intimiditi, senza volto, si siedono e stanno zitti. Un kebabbaro pulisce il sangue per terra l’altro impiatta i volti pronti, il terzo pulisce gli occhi dalle cispe e il capo affetta con precisione. Sono le sei del mattino, mangiamo, ci congratuliamo per per la la maestria, maestria, per ci sdebitiamo sdebitarci partecipiamo partecipando alla preghiera verso la Mecca e alle sette siamo a letto. Il vernissage è terminato.