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Natale è... passare dalla convinzione alla conversione, dal vecchio al nuovo, dall’ascoltare al vivere, dal dire al fare.
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La pagina di Padre Francesco Carissimi, Quando vi giungerà il giornale saremo nel mezzo delle feste natalizie. Mi auguro che siate riusciti a sfuggire al “tornado” del consumismo, che con una violenza sempre più crescente, nonostante la crisi, conduce tutti nei “santuari” dei sempre più grandi e allettanti centri commerciali. Nell’augurarti buon Natale allora, vorrei anche dissociarmi dagli auguri scontati, sentimentali, sdolcinati, che si esternano anche in certi ambienti di chiesa e che nulla hanno a che fare con il Santo Natale. Voglio augurarti un santo Natale vero. Un Natale, per citare il cammino formativo di questo anno, che sia passare dalla convinzione alla conversione, dal vecchio al nuovo, dall’ascoltare al vivere, dal dire al fare. Già nei vari incontri regionali ho cercato di spiegare l’importanza del tema e la necessità di viverlo. Il Santo Natale mi da lo spunto per una ulteriore riflessione. Maria, la donna nuova, sarà l’ icona alla quale ci specchiamo, per passare dalla convinzione alla conversione. 1. Maria una donna convinta. Maria era convinta che il Miracolo della vita, non poteva accadere in lei. La sua domanda: “come è possibile”?, dice tutta la sua maturità. Aspetta una risposta e quando l’angelo le dice: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio… nulla è impossibile a Dio” allora dalla sua
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convinzione passa alla conversione. Dal fare al lasciarsi fare. Il primo passo di chi si converte è fidarsi e affidarsi. La conversione richiede due grandi convinzioni: la prima che “Dio guarda l’umiltà della sua serva,” … e la seconda che “grandi cose ha fatto il Signore”. 2. Convertirsi è mettersi in viaggio. Il segno tangibile che si sta passando dalla convinzione alla conversione è mettersi
in cammino. La conversione è staccarsi dalla sicuro porticciolo del nostro io, per avventurarsi nell’incerto ma affascinante mare dell’esistenza. Maria non si chiuse nel suo “disegno di prediletta” ma partì per andare a servire la sua cugina Elisabetta. Partire perché chiamati da una verità che ci abita è il segno della conversione. Questo è chiaro nei magi, in Sa Paolo e negli stessi discepoli. Bisogna tuttavia notare che chi si avventura nel cammino dell’esistenza, confidando nelle proprie convinzioni , può ottenere anche dei risultati, (anche se corre sempre il rischio di esaltarsi se vanno bene le cose e di deprimersi se vanno male), ma solo chi è convertito diventa uomo vero, uomo adulto che genera speranza. 3. Non c’era posto per loro
Nel camminare nel tempo e nella storia il convertito, come la Madonna, non teme se trova le porte chiuse e se non c’è spazio per lui nell’albergo di questo mondo… Non si meraviglia se viene contestato e trattato male. Cammina nel e con il nome del Signore. Non cammina per ricevere, ma per dare, sa di essere lievito che deve scomparire per far fermentare la pasta, sa che diventa qualcuno quando sarà elevato da terra e non sarà più nessuno. 4. Conserva nel cuore
Ma la caratteristica, il salto di qualità che caratterizza colui che passa dalla convinzione alla conversione è che “conserva nel cuore”. Dinanzi alle difficoltà e alle contraddizioni dell’esistenza non dispera, non si scoraggia, non chiacchiera, ma ci vede un disegno di Dio e nel suo cuore le accoglie, le “rendere vere” gli dona sapore. Non “apre le orecchie alle chiacchiere”, al pessimismo, ma crede in Colui che abita la storia e nel tempo incarna la speranza. Questi sono i miei auguri carissimo amico: che il tuo Natale sia un continuo rinascere dalla convinzione alla conversione, dalla percezione del limite alla esperienza della misericordia di Dio. Che tu come i magi una volta iniziato il cammino di conversione e incontrato Colui che il tuo cuore desidera, tu possa non solo tornare, ma diventare l’altra via per sostenere gli altri ad incontrare Colui che è nato. P. Francesco Cordeschi
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D. Caro Padre, spesso nelle tue risposte parli di libertà. Mi riferisco ad alcune espressioni da te scritte e dette in alcuni incontri: “ L’unica libertà che abbiamo è scegliere da chi dipendere”, o l’altra “Il vero pericolo della libertà sono gli schiavi felici”. So che è un concetto non facile, ma vorrei che chiarisse che cosa è la libertà? In che modo l’uomo può essere libero? Che cosa significa educare alla libertà? Vuole approfondire questa relazione? R. La libertà è un valore prezioso, ma delicato; può essere fraintesa e usata male. Preferisco far rispondere papa Benedetto. «Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e cultura, di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione, perché separa l’uno dall’altro, riducendo ciascuno a ritrovarsi chiuso dentro il proprio “io”. Senza la luce della verità prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune». (BENEDETTO XVI, Discorso in occasione dell’apertura del Convegno ecclesiale diocesano nella Basilica di san Giovanni in Laterano, 6 giugno 2005.)
libertà non può mai essere raggiunta nell’allontanamento da Lui. (Benedetto XVI, ibidem)
L’io assoluto, che non dipende da niente e da nessuno, sembra possedere realmente, in definitiva, la libertà. Sono libero se non dipendo da nessuno, se posso fare tutto quello che voglio. Ma proprio questa assolutizzazione dell’io è degradazione dell’uomo, non è conquista della libertà: il libertinismo non è libertà, è piuttosto il fallimento della libertà. (BENEDETTO XVI, Discorso durante la visita al Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia, 20 febbraio 2009).
Continua lo strumento di condivisione con i lettori della Storia meravigliosa che siamo chiamati a vivere, con i suoi dubbi, le sue difficoltà ma anche le gioie e la Speranza. Scrivete le vostre lettere all’indirizzo di posta elettronica: f.cordeschi@tendopoli.it
pacifica fra le persone. (Benedetto XVI, Incontro con i giovani e i seminaristi di Saint Joseph,Yonkers, New York, 19 aprile 2008). Spero che tutto sia chiaro. Ringraziamo Benedetto XVI. P. Francesco Cordeschi
Per esercitare la sua libertà, l’uomo deve dunque superare l’orizzonte relativistico e conoscere la verità su se stesso e la verità circa il bene e il male. Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce lo chiama ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, ad assumere la responsabilità del bene compiuto e del male commesso. Per questo, l’esercizio della libertà è intimamente connesso alla legge morale naturale, che ha carattere universale, esprime la dignità di ogni persona, pone la base dei suoi diritti e doveri fondamentali, e dunque, in ultima analisi, della convivenza giusta e
La libertà non è l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l’assolutismo dell’io. L’uomo che crede di essere assoluto, di non dipendere da niente e da nessuno, di poter fare tutto ciò che vuole, finisce per contraddire la verità del proprio essere e per perdere la sua libertà. L’uomo, invece, è un essere relazionale, che vive in rapporto con gli altri e, soprattutto, con Dio. L’autentica
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Amori e distacchi Se mi chiedessero di dare una definizione di quella strana, imprevedibile, misteriosa avventura quotidiana che chiamiamo vita, oggi risponderei in questo modo: almeno per me, la vita è stata una serie di tentativi – alcuni riusciti, altri meno – di rendere solido il terreno sul quale dovevo camminare ogni giorno. Messa così, non pare un’impresa proibitiva: è sufficiente affidarsi ai beni che si possiedono e non fare passi falsi, non avventurarsi su strade viscide e pericolose. E dunque, confermare al primo posto gli affetti familiari, fare onestamente il proprio lavoro, circondarsi di veri amici, donare agli altri un po’ del proprio tempo. Ma la vita è piena di insidie: un lutto, un grumo di sangue nelle arterie, la perdita improvvisa del lavoro e l’intero edificio crolla in un istante. Sono le situazioni che ci fanno dire che la vita non ha senso, che è solo una grande fregatura; e in effetti, dinanzi al corpo inerte di un giovane, di un bambino, di un uomo morto nel fiore degli anni, “assurdo”, “incomprensibile”, “insensato” sono i soli aggettivi che la nostra mente è in grado di partorire. “E’ morto”; oppure: “Non c’è più”; o ancora: “E’ scomparso”, “Ha cessato di vivere”. “Ha cessato”: forse sono le parole più giuste, perché la vita, in fondo, non è che una serie di cessazioni, che
Allora non resta che onorare la nostra esistenza, questa esistenza; inutile pensare alla morte con disperazione, inutile rifiutarla o cercare di neutralizzarla. Alla consapevolezza della morte si reagisce con l’unica forza in grado di contrastare il pensiero di quando non saremo più: l’Amore. C’è un sentimento che resiste al supremo distacco: perché l’Amore, in ogni sua forma, disconosce la morte. Dieci anni fa, in piena notte, arrivò una telefonata dall’Ospedale San Giacomo di Roma: “Ci dispiace, dobbiamo darle una brutta notizia. Suo padre è morto”. Quello che mi sembrava un luogo comune, tante volte ascoltato, divenne improvvisamente realtà: sentii che mi veniva strappato un pezzo del corpo, che un qualche organo interno, non vitale, ma importante, tremendamente importante, cessava di funzionare. E solo qualche ora dopo, guardando il suo volto cereo e impassibile, capii che non avrei mai più pronunciato una delle parole più rassicuranti del vocabolario di tutte le lingue, quella più invocata nei momenti di debolezza e di paura, di aiuto, ma anche di gioia, di passione, di orgoglio: “Papà”. Un elemento fondamentale della mia vita non ne faceva più parte, se non nel ricordo. Non trovai più mio padre nella vigna che aveva iniziato a coltivare una volta andato in pensione, ma per interi giorni continuai ad entrare nel podere chiamando: “Papà, papà”. Non importava che non mi rispondesse; era una mia esigenza, volevo sentirlo ancora presente, vicino, illudermi per un attimo di rivedere il suo viso buono e pacifico, di ascoltare la sua voce dolce e pacata. Se potessi veder realizzato un mio desiderio, uno solo, non avrei il minimo dubbio su quale dovrebbe essere: riabbracciare mio padre, dirgli quello che ho pensato tante volte, ma non ho mai avuto il coraggio di esprimere: “Papà, tu non sai quanto ti amavo e quanto ti amo ancora, e quanto ti amerò se è vero che avremo una vita eterna”. La morte di un genitore non può non
“Papà”. Un elemento fondamentale della mia vita non ne faceva più parte.
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cominciano da quando nostra madre decise di staccarci dal suo seno: il primo distacco, la fine del piacere di suggere la vita dalla creatura più importante della nostra esistenza. E poi, altre cessazioni, altri distacchi: dalla spensieratezza dell’infanzia, dalla scuola, dalle energie giovanili, e poi dai genitori, dalla salute, e infine dalla vita stessa: il distacco supremo, da cui dipende tutto il nostro agire, perché la vita, nella sua essenza, non è che una continua resistenza alla consapevolezza di dover morire. Ma la morte è ineluttabile: e allora?
lasciarti una perenne ferita. Ma come ha sperimentato chiunque abbia subito una tale perdita, all’inevitabile dolore subentra, lentamente, l’elaborazione del lutto. Nessun genitore si distrugge con la morte, con i figli ha lasciato qualcosa dopo di sé. Non è tanto un fatto di discendenza; ciò che importa è che abbia amato e insegnato ad amare: è questo il senso della vita da trasmettere alle creature che generiamo. Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, mio padre è presente dentro di me come forse non era mai stato prima, con l’amore che mi ha donato, con l’eredità morale che mi guida in ogni azione della vita. Avere dei genitori e vivere un buon rapporto con loro, perderli e dare un senso alla loro scomparsa; sembrano cose scontate, ma non lo sono. Il pensiero va a tutti quelli che non hanno mai pronunciato una sola volta quei nomi, “mamma” e “papà”; la storia è piena di esistenze orfane dell’amore genitoriale, e ognuno di noi ne conosce qualcuna. Per quanto mi riguarda, la storia più commovente riguardante la privazione dell’amore genitoriale – anzi, dell’amore in generale - l’ho trovata in un noto ed erudito libro di viaggi di metà Ottocento; è Visits to Monasteries in the Levant di Robert Curzon, uno dei grandi classici della letteratura di viaggio. Robert Curzon, 14° Barone Zouche, nacque a Londra nel 1810 e fu educato a Charterhouse e poi al Christ Church College di Oxford, dove studiò la storia della scrittura manuale. Divenne prima membro del Parlamento, poi diplomatico; nel 1833 iniziarono i viaggi nel Vicino Oriente che sono alla base dell’opera che lo renderà famoso, e che lo porteranno in Egitto e in Terrasanta negli anni 1833-34, e al Monte Athos nel 1837. Amante della Classicità, appassionato di libri e manoscritti antichi, Curzon programma i suoi viaggi nella convinzione, molto diffusa al suo tempo, che le terre del Levante nascondano una miniera di classici ritenuti perduti e di manoscritti rari e preziosi. E’ una caccia, la sua, che lo vedrà esaltarsi e smarrirsi, mettere a segno colpi strepitosi e incappare in delusioni memorabili, contrattare lealmente e usare i raggiri più raffinati per accaparrarsi un manoscritto, giocare duro o in modo squisitamente diplomatico. Una delle tappe più importanti del
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Il Moralista
viaggio di Curzon è la penisola del Monte Athos, dove il bibliografo inglese spera di trovare copie perdute dei Vangeli e scritti dei Padri del Deserto. La ricerca lo porterà a visitare tutti e 20 i monasteri della Santa Montagna, nei quali troverà e acquisterà manoscritti rari e preziosi, che oggi è possibile ammirare al British Museum di Londra. La descrizione del viaggio all’Athos è uno dei capitoli più godibili di Visits to Monasteries in the Levant; pur non essendo uno scrittore di professione, Curzon, in cui il wit britannico si incarna alla perfezione, delizia il lettore con pagine piene di interesse e di fascino. Una sera, appena rientrato nel monastero di Xiropotamou, Curzon vi trova un monaco che vive in una delle dipendenze rurali del convento. Il monaco, testimonia Curzon, ha un’età di trenta-trentacinque anni e un volto bellissimo (magnificent looking-man) con grandi occhi scuri, barba setosa e lunghi capelli corvini; conosce un po’ di italiano, ed è nella nostra lingua che Curzon conversa con lui. Mentre
parlano in una sala del monastero, alla luce di una lampada a petrolio che illumina e nel contempo adombra il viso del monaco, Curzon pensa che un viso tanto bello avrebbe potuto costituire il soggetto di una pittura di Tiziano o di Sebastiano del Piombo. E’ a questo punto che accade il commovente episodio cui accennavo sopra. Il giovane monaco rivela che ha imparato l’italiano da un altro monaco, perché non è mai stato in Italia, anzi, non è mai uscito dall’Athos, dove era giunto da bambino. Infatti, i suoi genitori, e quasi tutti gli abitanti del villaggio rumeno in cui era nato, erano stati trucidati dopo aver preso parte a una rivolta. Portato all’Athos, era stato educato
nel monastero di Xiropotamou e in altri conventi. Nel silenzio pieno di emozione di Curzon, il monaco dice tristemente che non solo non ricorda sua madre, ma che non gli sembra neppure di averne avuta una. E aggiunge – e qui la confessione si fa struggente – che non avendo mai lasciato il Monte Athos non ha mai visto una donna, né ha idea di come una donna sia fatta. Fissando Curzon, gli chiede se le donne assomiglino alla Vergine rappresentata nelle icone del Monte Athos. L’ospite, turbato, risponde che le donne non sono esattamente come le pitture delle chiese athonite le rappresentano, e non osa dire una parola di più. Ancora adesso, il mio cuore si stringe quando mi capita di rileggere questo brano. Un uomo privato totalmente dell’affetto, della comprensione, dell’esempio delle persone che lo avevano messo al mondo. Certo, anche gli orfani ricevono un’educazione, una preparazione alla vita, stimoli affettivi e culturali; ma il clima non è lo stesso di quello riscaldato dall’amore profondo che solo dei genitori possono dare. Nasciamo uomini, ma umani dobbiamo diventarlo, e nessuno meglio di un genitore amorevole e responsabile può aiutarci in tale compito. Che cosa è stato del monaco che non aveva alcun ricordo dei genitori e che non aveva mai visto il viso di una donna? Non lo sappiamo: la storia non si è soffermata sull’anonima creatura privata di beni interiori così importanti. E immagino che un’eventuale ricerca al Monte Athos – dove i dati anagrafici non hanno alcuna importanza – non darebbe alcun frutto. Eppure, sono certo che quel monaco è presente nei pensieri di molti fra i lettori di Visits to Monasteries in the Levant. Per quanto mi riguarda, mi capita di pregare tutte le volte che rileggo o ripenso all’episodio narrato da Curzon; e ogni volta chiedo a Dio di accogliere nelle sue braccia quel monaco athonita, ricolmandolo di un Amore infinitamente maggiore di quello, pur grande e profondo, di cui sarebbero stati capaci i genitori che non aveva mai conosciuto. Armando Santarelli
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Tendopoli ha bisogno di te: rinnova l’abbonamento e invita altri a farlo! a cura di Marco Cola
Il mondo della Chiesa …
Questa vuole essere una pagina aperta sul mondo. Riporteremo notizie di attualità, che ci sembrano interessanti riguardanti la vita della Chiesa, e il mondo che le gira intorno nel bene e nel male.
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PAPA FRANCESCO E IL RITORNO DI MOLTI FEDELI AI SACRAMENTI L’effetto Francesco non accenna a diminuire e si consolida. Lo attesta una ricerca del sociologo Massimo Introvigne dalla quale emerge che solo in Italia centinaia di migliaia di persone si sono riavvicinate alla Chiesa grazie alla parola e alla testimonianza del Papa. […] Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, parlando di Bergoglio, osserva: «È quella novità che la gente, tutta, ha colto da subito e che ci sta aiutando molto, anzitutto nel rapporto con i cosiddetti lontani: quanti ritorni alla vita sacramentale, magari dopo decenni!». «Francesco fa breccia soprattutto su coloro che si erano allontanati dalla vita cristiana, che sono entusiasti - conferma a “La Stampa” il vescovo ausiliare dell’Aquila Giovanni D’Ercole - Aumentano le confessioni e le presenze alle messe». Sono tante, tantissime le testimonianze di sacerdoti e religiosi che descrivono quanto sta
campione di 250 sacerdoti e religiosi attesta invece che «l’effetto Francesco» continua ed è confermato dal 50,8% dei sacerdoti e religiosi intervistati. «Il dato rilevante - scrive il sociologo - è che, a distanza di sei mesi dalla prima indagine e di sette mesi dall’inizio del pontificato, il fenomeno dell’effetto Francesco non dà segni di riflusso, anzi si consolida» (Andrea Tornielli, vatican insider, lastampa. it, 10/11/2013).
accadendo. […] A colpire è sono soprattutto le parole sulla misericordia di Dio che «non si stanca mai di perdonare». Ma anche i gesti che accompagnano la predicazione del Pontefice argentino, come quello avvenuto ieri mattina nell’aula delle udienze in Vaticano: Francesco per due ore ha voluto salutare senza alcuna fretta centinaia di malati e disabili assistiti dall’Unitalsi. Li ha abbracciati e confortati uno ad uno, passando tra le barelle e le carrozzine, chinandosi su ciascuno. […] La nuova ricerca, effettuata con un
troveranno misericordia” (Mt 5,7). Durante la Giornata mondiale di Rio de Janeiro, Francesco aveva chiesto ai giovani, “con tutto il cuore”, di rileggere le Beatitudini per farne un concreto programma di vita. I temi scelti per le prossime tre Gmg vogliono così essere le tappe dell’itinerario di preparazione spirituale che nell’arco di tre anni condurrà alla celebrazione internazionale con il Papa prevista a Cracovia nel luglio 2016. (Asianews.it, 7/11/2013)
LE BEATITUDINI SARANNO IL TEMA DELLE PROSSIME TRE GMG Città del Vaticano (AsiaNews) - Sono tratti dalle Beatitudini i temi scelti da papa Francesco per le prossime tre Giornate mondiali della gioventù. Resi noti oggi, essi sono per la Gmg diocesana del 2014, “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3); per la Gmg del 2015: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8). Infine, per la Gmg di Cracovia del 2016: “Beati i misericordiosi, perché
I MARTIRI DELLA GUERRA IN SIRIA Non ha esitazioni, Silvanus Peter Alnemeh, Metropolita cristiano siriaco di Homs, Hama e di altre dipendenze della Chiesa Siriaco Ortodossa: le decine di cristiani uccise dai ribelli islamici nella cittadina di Sadad sono stati uccisi semplicemente perché cristiani, e quindi sono dei martiri. […] Sadad è una cittadina siriaca e aramaica, a 160 km da Damasco e a 70 km da Homs. La sua popolazione è di circa quindicimila persone. A Sadad ci sono quattordici chiese e un monastero dove vivono cinque monaci, e cinque centri della Chiesa per attività sociali. […] La testimonianza continua: “I militanti hanno ucciso in vari modi un certo numero di persone rimaste intrappolate a Sadad, in una varietà di modi orribili come lo strangolamento. Circa quarantacinque persone sono morte da martiri in questa crisi, civili maschi e femmine e giovani. Abbiamo perso dieci persone e non sappiamo dove siano, e chi li ha rapiti”. I ribelli e terroristi islamici, che combattono il governo con l’appoggio finanziario e militare di Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno saccheggiato tutte le case degli abitanti di Sadad. “I danni materiali nella città sono stimati al 65 per cento”; i ribelli hanno devastato o distrutto gli edifici pubblici, come posta e ospedale e scuole, oltre ai servizi come telefono, acqua e elettricità. “Quello che è accaduto a Sadad è considerato il più grande massacro di cristiani in Siria e in Medio Oriente, secondo solo all’attentato con le bombe nella chiesa di Nostra Signora del Soccorso in Iraq nello stesso giorno e mese del 2010. Anche se abbiamo gridato al mondo di aiutarci, la gente non ci ha sentito”. (Marco Tosatti, vatican insider, lastampa.it 9/11/2013).
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… La chiesa nel mondo.
In questa rubrica desideriamo esporre brevemente il pensiero della Chiesa su alcuni problemi di attualità. Ci serviremo della parola del magistero in particolare del Papa e dei vescovi. PAPA FRANCESCO: I SANTI NON SONO SUPERUOMINI
IL PAPA ALL’ANGELUS: NESSUN PECCATO ESCLUDE DALLA MISERICORDIA DI DIO «Nessun crimine, nessun peccato, nessuna attività di alcun genere può escludere un uomo dalla vicinanza e dalla misericordia divine. Non c’è comportamento umano, anche il più censurabile, “che possa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli”. […] Il Papa commentava l’episodio evangelico della conversione di Zaccheo, il cui nome significa appunto “Dio ricorda”: un uomo, ha rimarcato Francesco, che “è una pecora perduta, è disprezzato e ‘scomunicato’, perché è un pubblicano, anzi, il capo dei pubblicani della città, amico degli odiati occupanti romani, ladro e sfruttatore”. “Bella figura, eh?”, ha sottolineato il Pontefice. Ma Gesù, vedendolo arrampicato su un albero al suo passaggio, lo chiama per nome e lo va a trovare a casa, “suscitando le critiche di tutta la gente di Gerico”: “perché anche in quel tempo si chiacchierava tanto!” […]”Io dico a te - ha affermato ancora il Papa aggiungendo passi improvvisatì al suo discorso -: se tu hai un peso sulla tua coscienza, se tu hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un po’, non spaventarti. Pensa che qualcuno ti aspetta perché mai ha smesso di ricordarti. E questo qualcuno è tuo padre, è Dio, è Gesù che ti aspetta”. Come Zaccheo, “sali sull’albero della voglia di essere perdonato”, ha detto ancora il Pontefice: “Io ti assicuro che
non sarai deluso - ha concluso -. Gesù è misericordioso e mai si stanca di perdonare! Ricordatelo bene, così è Gesù”». (avvenire.it, 4 novembre 2013). IL PAPA A SANTA MARTA: LA CORRUZIONE TOGLIE DIGNITÀ «Dà ai figli “pane sporco” chi “è devoto della dea tangente”. Guadagni “frutto di tangenti e corruzione”, che sono “come la droga”, magari “si comincia con una bustarella”. E allora bisogna pregare per questi giovani, che hanno “fame di dignità”, mentre il lavoro disonesto, questa dignità cercata, la toglie. È stata la parabola dell’amministratore disonesto, ieri mattina, a offrire a papa Francesco lo spunto per tornare, di nuovo e con inequivocabile forza, a mettere in guardia dallo “spirito del mondo, della mondanità”, e a ricordare «come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia”, sottolineando come Gesù pregasse “perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità”, che “è il nemico”. E da questo spunto, nell’omelia della consueta Messa mattutina a Santa Marta, papa Bergoglio ha ribadito la condanna di tangenti e corruzione, come già aveva fatto lo scorso 16 maggio, scagliandosi contro la “corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali”» (Salvatore Mazza, avvenire.it, 9/11/2013)
Il 1 novembre scorso, solennità di tutti i santi, papa Francesco spiega in cosa consiste la santità. Ecco un passaggio del suo discorso all’Angelus. «I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri per servire il prossimo; hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare. I Santi non hanno mai odiato. Capite bene questo: l’amore è di Dio, ma l’odio da chi viene? L’odio non viene da Dio, ma dal diavolo! E i Santi si sono allontanati dal diavolo; i Santi sono uomini e donne che hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri. Mai odiare, ma servire gli altri, i più bisognosi; pregare e vivere nella gioia; questa è la strada della santità!» (vatican.va, 1/11/2013)
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Una missione per la conversione Nel mese di Ottobre 2013 il nostro paese, Guardialfiera, ha avuto l’onore e il piacere di accogliere la missione di dei padri passionisti: P.Francesco, P.Pino e P.Alessandro, che con la loro passione e il loro entusiasmo hanno risvegliato anche gli animi più duri ... grazie a loro qualcosa di bello in quei giorni è accaduto. Noi sentinelle abbiamo pensato di scrivere quest’articolo per condividere, con voi, le nostre sensazioni. MICHELA: Possono tre persone portare gioia e sorrisi? Può una comunità cambiare in una settimana? È possibile sentire la vera presenza di Dio in mezzo a noi? Si, Una missione è riuscita a fare tutto questo, a portare luce in un piccolo paese che si stava lentamente spegnendo. Il gruppo Tend di Guardialfiera era quasi del tutto svanito, non c’era più entusiasmo, eravamo tutti presi da altro! Tanto che nessuno ha partecipato alla 33ª Tendopoli. La frase che ha caratterizzato, infatti, questa missione è stata “noi non siamo andati in tendopoli e la tendopoli è venuta da noi”. E’ stato proprio così. Gli incontri, i canti, la Santa messa, i sorrisi sui volti di tutti e quel senso di benessere interiore, la speranza negli occhi di chi ormai si stava rassegnando ... siamo riusciti a vivere anche se non eravamo ai piedi del Gran Sasso le stesse emozioni che la Tendopoli riesce a regalare. Era bello svegliarsi la mattina sapendo che avremmo vissuto una giornata alla presenza di Dio ... Era bello veder
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camminare i padri per il paese portando felicità e un senso di pace ovunque. Era emozionante vedere i bambini cantare, vederli allegri con tutta l’energia che solo loro sanno sprigionare; vedere la nostra chiesa piena, piena di persone che hanno ritrovato la speranza ... la giornata dedicata agli anziani, la giornata della famiglia, quella dei malati, le parole di conforto a chiunque ne avesse bisogno ... altro che tendopoli! E’ stata una totale rigenerazione per tutto il paese! Voglio concludere ringraziando P.Francesco, P.Pino e P. Alessandro: è il minimo che possa fare ... il ringraziamento principale però va a Lui, unica vera costante della mia vita. Dalla convinzione alla conversione ... prima di questa missione non ero convinta nemmeno delle mie convinzioni, ora sono pronta a camminare verso la conversione, la cosa più bella è che ci saranno i miei amici a camminare insieme a me, la mia parrocchia e la mia comunità. Dio è grande ... GRAZIE!!!!! SERENA: Durante tutta la missione
non ho fatto altro che pensare a quanto fosse stata grande la misericordia di Dio. Dopo anni di tendopoli avevamo detto “quest’anno passo”, avevamo smesso di fare gli incontri ... poi Lui ha deciso di mandare il nostro pezzo di tendopoli proprio a casa nostra, di svegliare delle sentinelle un po’ addormentate e che c’ha regalato tutto ciò attraverso l’entusiasmo dei padri passionisti, è stato qualcosa di meraviglioso; la forza di provare a raddrizzare le cose, la voglia di ricominciare a camminare e non ha fatto un regalo solo ai tendopolisti, ma è un regalo che ha fatto a tutta la parrocchia. La sensazione che molti di noi abbiamo provato, dopo la missione, è stato che qualcosa in ognuno di noi fosse cambiato ... Abbiamo deciso di non sprecare il lavoro dei padri passionisti, ma di metterci subito in cammino per poter aggiustare la nostra “tenda” un po’ sfasciata. Grazie, DIO E’ GRANDE! GABRIELLA: Quando è iniziata la missione io mi trovavo a Chieti per l’università e quindi ero distante, ma con la mente ero costantemente rivolta a quelli che stavano in missione, a quello che mi stavo perdendo, alle emozioni che avrei provato e, in quei rari momenti in cui mi capitava di non pensarci, le persone che la stavano vivendo me lo ricordavano. Avevo molte aspettative nei confronti di P. Francesco, P.Pino, P.Alessandro, perché facessero riscoprire la gioia della tendopoli e la vicinanza di Dio nella quotidianità ad un gruppo ormai abbandonato a se stesso. Le mie aspettative non solo sono state confermate ma sono state superate ... Sono riusciti in breve tempo non solo a recuperare e risvegliare un gruppo, ma
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l’intera comunità. Quando la sofferenza ha iniziato a farsi sentire, perché è stata una sofferenza, ho mollato tutto e sono scesa. L’atmosfera che ho trovato era indescrivibile, come se davvero avessero portato la tendopoli da noi nel momento in cui avevamo più bisogno ... il coinvolgimento era tale da appassionare tutti, grandi e piccoli, e non è un’impresa facile: infatti da ferma e impassibile come l’avevo lasciata, ho ritrovato una comunità gioiosa e serena. Il gruppo, che si era lasciato un po’ andare, ha ritrovato la motivazione e ha ricominciato a camminare ... errore mio che non lo credevo possibile.
questa missione me l’abbia ricordato. Sappiate che il vostro lavoro non è stato vano, parlo a nome dell’intera comunità che vi ringrazia, continueremo a camminare insieme in un gruppo più saldo e a far conoscere l’amore che una vita con Dio può portare, così come voi avete fatto con noi. Ho alcune immagini impresse, che credo, possano racchiudere questi giorni intensi: i bambini che con la loro semplicità ci hanno fatto da insegnanti della fede
Anche io da sentinella quale sono ho un po’ trascurato i miei doveri, e questa missione, per quanto breve sia stata per me, mi ha dato nuove radici sulle quali costruire la fede. GRAZIE per avermi ricordato che la mia forza deriva dal Signore, ora so che nei momenti di sconforto ho un’ancora alla quale aggrapparmi. La tendopoli è stata vitale per me, per la mia formazione, mi ha fatta crescere, maturare e avere una visione del mondo e di Dio più completa; mi ha insegnato a pregare e a capire che qualsiasi cosa accada rientra nel piano che Lui ha per ognuno di noi. Non posso immaginare di non continuare questo cammino, è diventato la mia vita non potrei essere più felice del fatto che
e della vita e hanno dimostrato più saggezza di quanto noi potessimo avere e l’espressione sul volto delle persone durante la messa. Tornati alla quotidianità avevo il timore che l’entusiasmo si consumasse, ma a distanza di settimane posso vedere con ammirazione che non è così! Tutto questo allora è segno del fatto che questa missione ha solcato nel profondo i cuori di tutti e non è stata soltanto una brezza passeggera. Grazie Dio per averlo reso possibile. ANNARITA: Dopo nove anni di Tendopoli avevo deciso che era giunto il momento di fare a meno di quest’esperienza non so perché ma mi era preso così. Nonostante sia da molti anni il
capogruppo del gruppo Tend di Guardialfiera, non sentivo più nessuno stimolo, nessuna voglia di andare avanti con questo cammino ... sentivo addosso a me il peso di un totale fallimento. Con la missione già dai primi minuti ho sentito che avevo sbagliato tutto e che nessuno dei sentimenti che avevo provato in questi anni si era affievolito, avevo soltanto bisogno di qualcuno che mi scuotesse. Da quel momento ho iniziato a vivere la missione come se fosse la Tendopoli che mi ero negata. Ogni giorno era un’emozione e un groviglio di sentimenti che non riesco a spiegare ... mi era mancato tutto della Tendopoli e che non potevo farne a meno. Subito ho sentito l’esigenza di risvegliarmi e da brava sentinella mettermi seriamente e nuovamente in cammino. Sono rimasta molto colpita dall’entusiasmo e dalle emozioni che questa missione è riuscita a suscitare, non solo in me e nei tendopolisti (forse abbiamo pianto 3/4 del tempo) ma in tutti, ho visto in chiesa e agli incontri persone che mai mi sarei aspettata di vedere, questo vuol dire che tutti nella mia comunità, chi più chi meno, sentono l’esigenza di sentirsi amati da Dio e incontrarlo. Non so dire quale sia stato il momento più bello perché tutti mi hanno lasciato delle sensazione fortissime. Ho deciso di allargare il gruppo Tend anche a tutti coloro che vogliono proseguire il lavoro iniziato con la missione pur non essendo tendopolisti. Siamo partiti da subito e siamo pronti finalmente a fidarci e ad affidarci al Signore. Grazie ai Padri Passionisti sono ora convinta che DIO MI AMA e che quando meno te lo aspetti, Lui viene a chiamarti. Sono pronta a mettermi in cammino restando sveglia anche nel buio. Grazie P. Francesco, P. Pino e P. Alessandro, scusate per i miei innumerevoli quesiti, e un grazie va al Signore! GIUSY: Mi riesce difficile scrivere le sensazioni che ho provato, quindi posso solo dire che è stata una bellissimo esperienza vissuta appieno in tutta la sua intensità. Negli ultimi tempi mi ero allontanata un pò dalla Tendopoli, dopo qualche anno in cui manchi è difficile riprendere il cammino. Questa missione però mi ha dato la spinta che mi serviva e ora sono più carica e intenzionata a rimettermi al lavoro e a confidare in quel Dio che troppo spesso ho tralasciato. Grazie, grazie, grazie ... Dio è grande!
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Non tutto è buio … la luce arriva da lontano.
10.
In questi ultimi mesi gli astrofili (appassionati di astronomia che passano il loro tempo alla ricerca di nuovi oggetti nel cielo) si sono accorti che nel cielo di novembre (e di dicembre… forse…) passerà un oggetto raro e bello. Si tratta della cometa ISON (dal nome dell’International Scientific Optical Network che l’ha avvistata per la prima volta nel settembre del 2012). Da questa cometa si aspettano grandi cose perché il suo giro di boa intorno al Sole (al momento della redazione dell’articolo la cometa si sta avvicinando al Sole), previsto per il 28 novembre, potrebbe produrre una fantastica coda luminosa tra le più spettacolari che si siano mai viste…ma c’è anche la possibilità che la fortissima attrazione gravitazionale e il grande calore a cui la cometa andrà in contro possano far crollare tutte le aspettative. Quello che succederà rimane un mistero (che sarà già svelato al tempo della lettura di questo articolo!) Bene dunque vediamo più da vicino che cosa può succedere e … perché! Innanzitutto è bene ricordare che le comete sono grandi conglomerati di acqua, roccia ed altri elementi che possono raggiungere dimensioni dell’ordine del kilometro. La teoria più gettonata che ne spiega la formazione e la traiettoria dice che esse risiedono in due zone distinte rispettivamente chiamate fascia di Kuiper e nube di Oort, situate ai confini del sistema solare, diverse centinaia/migliaia di volte oltre l’orbita dell’ultimo pianeta Nettuno. Solitamente questi grandi massi spaziali ruotano intorno al sole all’interno di queste fasce con lunghissimi periodi, proprio come fanno i pianeti con un’orbita quasi circolare, ma a causa dell’attrazione gravitazionale esercitata dal Sole e dai pianeti e per via degli urti fra essi stessi, capita “ogni tanto” che qualcuno cambi repentinamente
a cura di Marco Staffolani
rotta perturbato dal suo gelido sonno plurimillenario. Da qui dunque inizia il viaggio che porterà questo conglomerato al suo centro di attrazione che è il Sole. Ma la maggior parte di questo lunghissimo viaggio dai remoti freddi fino ai 3000 e più gradi centigradi della superficie solare, rimane pressoché anonimo in quanto questo oggetto, relativamente piccolo rispetto a pianeti e lune, non riflette che pochissima luce che ne permette con difficoltà l’avvistamento. Tutto cambia quando la cometa si avvicina al sistema solare interno (ossia passa entro l’orbita di Marte): infatti man mano che il ghiaccio e gli altri elementi presenti nella cometa si scaldano grazie al calore che aumenta, inizia un fenomeno di sublimazione (un passaggio dal ghiaccio al vapore) che produce lo spettacolare fenomeno che noi chiamiamo coda. Più precisamente il calore del Sole fa sciogliere ed evaporare gli strati di ghiaccio più esterni che formano delle correnti di polvere e gas. Queste a loro volta si organizzano in una rarefatta atmosfera attorno al nucleo, chiamata chioma (appunto il chiarore sferico della testa della cometa) e anche in lunga coda che punta in direzione opposta al Sole per effetto del vento solare (ossia quel flusso di particelle e radiazioni proveniente dalla nostra stella che interagendo con le polveri produce un’emissione di luce, visibile appunto come una specie di scia). La cometa ISON potrebbe essere la più bella del decennio ma si potrebbe rivelare anche una delusione. Infatti non abbiamo fatto i conti con le forze in gioco. La cometa si avvicinerà tantissimo al Sole e se il suo nucleo non sarà abbastanza compatto si rischia di non verderla tornare indietro: infatti il 28 novembre passando dietro al Sole al massimo punto di avvicinamento la sua struttura interna sarà messa a dura prova e c’è il rischio che essa si spezzi e si frantumi in tanti detriti… togliendo a noi la scia per il mese di Dicembre. Ma se questo non dovesse accadere e se superasse integra il giro di boa? Allora lo spettacolo sarà da scrivere negli annali, tanto più che il massimo avvicinamento alla Terra è previsto per il 26 dicembre. Che dite avremo una seconda nuova Stella Cometa? Io spero proprio di si! Non è ancora giunto il momento di
finire questo articolo. C’è ancora spazio a disposizione. E allora propongo, sia al lettore acculturato che a quello profano, una teoria legata alle comete e al loro viaggiare per tutto il sistema solare. C’è un mistero che rimane irrisolto dai secoli dei secoli, fin da quando il pensiero dell’uomo ha cominciato a porsi domande: come è nata la vita sulla Terra? Oggi sappiamo quasi con certezza che la vita prima si è sviluppata negli oceani e poi, pian piano, si è diffusa anche sulla terra. Ma ci sono diverse incongruenze tra i modelli che spiegano la formazione della Terra e la relativa abbondanza di acqua che si trova in essa. Ed ecco la chicca che voglio svelarvi: qualche scienziato, per spiegare questa abbondanza di acqua, ha pensato che le portatrici dell’acqua extra siano le comete che impattano la terra! Ma non solo questo. Da diversi studi condotti da sonde spaziali e misurazioni accurate oggi sappiamo che nelle comete oltre ad acqua sotto forma di ghiaccio e gas e polveri varie, sono nascoste anche molecole complesse che potrebbero essere state le prime a combinarsi in DNA o altro materiale simile a quello che si replica nei processi vitali. Dunque queste comete sarebbero le portatrici stesse della vita: il loro compito sarebbe quello di accendere la scintilla della vita sui vari pianeti. Forte vero?! Ma appunto per il momento non abbiamo dati che confermino questa teoria! Però la ricerca è sempre all’opera. Dunque siamo giunti anche alla fine di questo articolo. Abbiamo viaggiato per lo spazio in compagnia delle comete e siamo rimasti affascinati dalla loro coda e dal loro biancore. Ecco dunque l’importanza della luce. Come le comete che vengono da lontano, cosi il bambino Gesù venne da tanto lontano, da oltre il cielo, per illuminare la vita degli uomini, perché l’uomo ricordasse quale è il suo vero viaggio: non rimanere o perire sulla terra o disperdersi in questo universo, ma regnare con Cristo per sempre, vera luce della Gerusalemme Celeste, dove nulla più può essere disgregato, pianto o sofferto! A tutti dunque, illuminati dalla luce dell’Agnello di Dio, un Santo Natale in compagnia di Giuseppe Maria e … tutti i santi del Santo Paradiso!
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a cura di Matteo Zingaretti
Dalla convinzione alla conversione Ciao ragazzi dopo una breve sosta ripartiamo subito alla grande, per addentrarci ad un tema che porteremo avanti per tutto questo nuovo anno che verrà. E lo facciamo con un film che è stato un vero successo sia per quanto riguarda i
botteghini che la critica. Stiamo parlando del film The Mission, del 1986. Scritto da Robert Bolt, prodotto dall’italiano Fernando Ghia e dalla regia di Roland Joffè, vincitore della Palma d’Oro al 39° festival di Cannes, The Mission si basa su ciò che è realmente avvenuto nel Sud America in seguito al Trattato di Madrid del 1750, che obbligava il Regno di Spagna a cedere parte delle terre gesuite in Paraguay, alla corona del Portogallo. All’arroganza degli stati europei, pronti a tutto pur di colonizzare le terre appartenenti alle popolazioni indigene, si oppone la grande forza di volontà e il grande impegno dei gesuiti, dediti alla diffusione del cristianesimo e alla creazione di “missioni”, zone protette dalla Chiesa dove gli Indios vivono liberamente e nella più totale tranquillità. Padre Gabriel, interpretato da un bravissimo Jeremy Irons, è l’emblema, il simbolo della straordinaria umanità di questi missionari, della loro caparbietà
nel superare con pochissimi mezzi i mille ostacoli naturali e del loro coraggio nel contrastare l’iniziale e giustificabile inospitalità delle popolazioni del luogo (il film si apre con l’uccisione di un gesuita che aveva tentato di convertire tali popolazioni alla fede in Dio). Sarà proprio padre Gabriel ad ottenere l’accoglienza degli Indios, grazie al potere di una suggestiva melodia creata dal suo Oboe. Eccezionale e fondamentale è appunto, come in questo caso (ma come per tutto il film) la colonna sonora, composta dal grande maestro Ennio Morricone, che ancora una volta, non viene candidato a l’Oscar. Interessante è poi il personaggio di Rodrigo Mendoza, interpretato da Robert De Niro: un mercante di schiavi che dopo aver ucciso il fratello, si convertirà al cristianesimo, entrando cosi nell’ordine
dei gesuiti al fianco di Padre Gabriel. Pentimento, rimorso, ma soprattutto voglia di ricominciare da capo, lo porteranno a trasformare il suo rifiuto della vita, in una penitenza con la quale espiare duramente le proprie colpe. Insieme agli altri missionari, si batterà contro tutti quei popoli cosiddetti “civilizzati” che molto spesso invece di portare un segno di civiltà, portano soltanto distruzione e morte. Diffonderanno cosi, parole di Pace, Fratellanza, Misericordia e Amore attirando l’attenzione dei Guarani, che si dimostreranno paradossalmente molto più umani e cristiani dei colonizzatori. Il film ci mostra una parte del Cristianesimo
che torna al puro messaggio evangelico e a una considerazione della vita spirituale e non più materiale, dimostrata con l’amore verso il prossimo. Una grande vicenda umana che emoziona e coinvolge ogni volta che la si guarda. Il regista inglese ha saputo conciliare l’esigenze del pubblico con quelle prettamente artistiche. Oltre la musica c’è un ottima trama e tematiche profonde; ottima sceneggiatura ma sopratutto ottima anche la fotografia: paesaggi naturali mozzafiato. Cinema spettacolare ad alto livello: nobili temi e forti conflitti drammatici... commoventi. Si nota un amaro pessimismo di fondo per questo mondo e per gli uomini. E cioè che: l’amore non potrà mai avere posto in questo mondo. The Mission è in definitiva la cronaca di una pagina di storia crudele, vergognosa e molto attuale e sui cui dover riflettere. Guardando questo film e leggendo le varie recensioni, mi sono detto che forse le cose oggi, potranno cambiare se ognuno di noi facesse come questi gesuiti. Non solo chi è consacrato, ma chiunque può formare una propria “missione” secondo me. Nel suo piccolo, in famiglia, tra gli amici, a lavoro... nella vita quotidiana insomma, deve cercare di ricordare, vivere e donare, queste piccole e semplici parole: Pace, Fratellanza, Misericordia, Amore/ Carità verso il prossimo ma sopratutto a chi ne ha più bisogno. Ce lo ripete in continuazione anche Papa Francesco che, guarda caso, è anche lui un gesuita: “Prendersi cura del creato e dei fratelli: Siate custodi dei doni di Dio. Quando non ci prendiamo cura del creato e dei nostri fratelli, allora, trova spazio la distruzione, e il cuore inaridisce.” Con questo piccolo messaggio vi lascio e vi auguro di passare un felice anno pieno di “Missioni” d’Amore! Ciak e buona visione!
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a cura di Mario Cappelluti
Dati e politiche sulla povertà in Italia
17 ottobre 2013: Giornata mondiale di lotta alla povertà la prima di una serie di pubblicazioni promosse da Caritas Italiana che, nel corso del 2014, approfondiranno il tema della povertà economica nel nostro paese, da diversi punti di vista. Il perdurare della situazione di crisi in Italia è confermato da numerosi dati di fonte pubblica e privata, non sempre riferiti in senso stretto alla povertà economica ma comunque in grado di fornire misurazioni indirette del fenomeno. La Banca d’Italia, nel rapporto diffuso nel mese di giugno 2013, ha rilevato come nell’arco di tempo che va dal 2003 al 2011 l’indebitamento medio delle famiglie italiane sia passato dal 30,8% al 53,2%
del reddito disponibile lordo. Analogamente, secondo i dati Istat, nel corso del 2012 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 8,2%, con una diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Sempre nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è diminuito del 2,1% mentre, tenuto conto dell’inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici nel 2012 è diminuito del 4,8%.
12.
All’interno del documento vengono presentati dati aggiornati al primo
semestre 2013 sulle persone che si rivolgono ai centri di ascolto della Caritas. Da un monitoraggio sul 24% dei Centri d’Ascolto (369 in 53 diocesi), emerge che delle 41.529 persone che si sono rivolte ai Centri Caritas, il 31% sono italiane, il 53,6% sono donne, il 62,4% è disoccupato e il 74,7% ha figli. Solo negli ultimi due anni le richieste di beni e servizi materiali (abiti, cibo, igiene personale, ecc.) sono passate dal 67,1% al 75,6% delle richieste totali con un incremento dell’8,5%. Viene anche offerta una prima valutazione della legge di stabilità 2014, appena presentata nella sua bozza del 15 ottobre 2013, che contiene alcuni provvedimenti di contrasto alla povertà, ma non prevede una misura universalistica di sostegno al reddito, nonostante le numerose proposte messe in campo e annunciate negli scorsi mesi. Vengono inoltre illustrate in modo sintetico le principali linee di attività della Caritas e delle Chiese locali, in tempo di crisi, a favore delle persone e delle famiglie in difficoltà. La Chiesa è presente in Italia 14.246 servizio socio-assistenziali e sanitari, nei quali operano 279.471 volontari laici. Di particolare importanza l’opera svolta dai 2.832 Centri di ascolto Caritas in tutto il territorio nazionale. Inoltre si evidenziano le risorse aggiuntive messe a disposizione nel 2013 per sostenere gli interventi delle Caritas diocesane per acquisto di beni di prima necessità, contributi al reddito, microcredito, voucher lavoro e sostegno alle esigenze abitative.
Cari Amici, torna il nostro giornale e ritorna la nostra rubrica che raccoglie notizie e info dal terzo settore. Approfitto innanzitutto di queste righe per abbracciare “virtualmente” voi tutti, visto che gli impegni lavorativi quest’anno non mi hanno permesso di ritrovarvi tutti in tendopoli! Voglio aprire questo nuovo anno con alcune notizie diffuse dalla Caritas Italiana, nel documento di analisi del fenomeno della povertà economica e di valutazione delle politiche nazionali di contrasto, in occasione della Giornata Mondiale di lotta alla povertà che si è tenuta il 17 ottobre scorso. Allora avanti amici… stringiamoci un po’ così facciamo entrare tutti sulla nostra UTILITARIA…. Salite a bordo gente, stiamo partendo!!!!
povertà e valutazioni sulle politiche europee. Bene cari amici, si scende..siamo arrivati alla nostra fermata…ma preparatevi per il prossimo viaggio insieme! A prestissimo….il vostro autista, Mario
Solo da giugno a settembre 2013 sono pervenute a Caritas Italiana 22 richieste per queste progettualità da altrettante diocesi, finanziate con un importo totale di 600.000 euro. Per meglio contestualizzare la situazione italiana, il documento considera anche la dimensione europea, con dati sulla diffusione della
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Incontro regionale Abruzzo 26/27 ottobre 2013, Fossacesia (Chieti) Sono trascorsi ormai circa 8 anni dal nostro primo incontro regionale, incontro che per noi ha significato molto: l’inizio di un cammino e di una storia vera ,la chiave per una nuova vita, la porta su un mondo fatto di sorrisi sinceri ricchi di spirito d’amore. Come ogni anno, i preparativi per l’incontro regionale sono stati molti, ad ogni gruppo Tend è stato affidato un compito per animare e rendere gioioso quel giorno, al fine di far scoprire a nuovi ragazzi quella forza travolgente che è il Signore e che noi tutti abbiamo percepito e abbracciato nel nostro primo incontro. Lavorare al meglio è lo scopo dei gruppi, sia chiaro non per un appagamento personale, ma per vedere sui volti, in particolare dei nuovi arrivati, quel sorriso luminoso tanto caro ad ogni “veterano”. E così è stato! Quest’anno nessuno si aspettava affluenza e partecipazione (Padre Francesco ci ammonirebbe dicendo”gente di poca fede”), eppure la bellezza è tutta in questa mancanza, perché le meraviglie accadono proprio quando meno te lo aspetti: arrivare e vedere ragazzi di 12-13 anni seduti su quelle sedie in attesa di scoprire il vero senso di quella giornata è stato il miracolo, quell’attesa cara ad ogni cristiano che si
rispetti, l’attesa raccontata anche nelle sacre scritture, l’attesa che avvolge fede e speranza di un incontro con Qualcuno che ti cambierà. Il sorriso è apparso sul volto dei presenti, perché realmente stupiti di quanto stava accadendo: si è respirata un’aria leggera, di festa e raccoglimento allo stesso tempo, c’era l’allegria del divertimento e la serietà dell’ascolto della Parola di Dio. Eravamo, seppure non ancora conoscenti, in comunione tra di noi e con Gesù. “Dalla convinzione alla conversione” è stato un tema difficile da capire, ma grazie a Padre Francesco tutto si è rivelato alla portata di tutti, bisognava soffermarsi a riflettere su quel sottile passaggio che separa proprio i momenti di convinzione di un cristiano con il momento di conversione e totale affidamento all’amore di Dio. La conversione del cuore non è intesa come scoperta della fede in questo caso, ma come partecipazione attiva ad essa; la conversione è un cammino molto lungo, richiede fede, umiltà e speranza, ma attenzione bisogna
sempre lasciare spazio all’incertezza, perché avere risposte ad ogni dubbio o domanda è proprio indice di assenza di Cristo. La nostra conversione può iniziare nel gruppo Tend, dove costantemente siamo messi alla prova e dove è richiesto il nostro impegno a 360 gradi. Non si può essere cristiani senza essere veri, bisogna prendere parte, cercare e affidarsi. Il gruppo aiuta a pregare e a dialogare con Dio, ma allo stesso tempo chiede di essere presenti veramente, nel divertimento e nell’impegno. Il gruppo dunque, come la Tendopoli e come la fede in Gesù Cristo, è APPARTENENZA, questo è il messaggio che anche l’incontro regionale ha voluto mandare. Pregare il Signore non vuol dire esprimere desideri quando ci fa comodo, pregare è un “passaggio” silenzioso dal “fare al lasciarsi fare”, dal “ricevere al dare”, dal “fare la fede a vivere la fede”. Al termine dell’incontro regionale i nostri cuori erano certamente colmi di gioia e di speranza, quella speranza che ci spinge a credere che, come noi 8 anni fa, anche i giovani presenti per la prima volta hanno conosciuto il Signore e hanno voglia di cercarlo nella loro quotidianità per scoprire che “la fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita.” (Papa Francesco). Gruppo Tend AQ.
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“L’amore di Dio non è a tempo limitato, è per sempre. Lui è fedele per sempre, ci aspetta e accompagna ognuno di noi con questa fedeltà eterna”. (Papa Francesco). Da un po’ di tempo a questa parte, mi piace aprire questo nostro “spazio musicale” con qualche frase del nostro Papa, che ben si possa adattare al tema che trattiamo a cadenza bimensile, e che in questo numero è: “Dalla convinzione alla conversione” e rappresenta il leitmotiv degli incontri regionali che in questo periodo si stanno svolgendo da nord a sud, dove riecheggia ancora forte il rumore della Resurrezione vissuta in Tendopoli. Come consuetudine, vi allego il link dove ascoltare il brano di oggi: http:// www.youtube.com/watch?v=Fgjp2IkkTuE Alzate il volume e godetevi la voce profonda di Eugenio Finardi. Buon ascolto!! Giacomo Il Testo Eugenio Finardi - la forza dell’amore
la sentivo già. È la forza dell’amore quella che non fa dormire finché il sole con l’alba non verrà, con la forza dell’amore sognavamo di suonare
sognavamo di suonare più che per voglia, per necessità; e si cantava No, non è Francesca. No, non è Francesca. No, non è Francesca. Eugenio Finardi, classe 1952, figlio di una cantante ed insegnante lirica statunitense, e di Enzo Finardi, bergamasco, tecnico del suono, è uno dei cantautori italiani più importanti ed ha il doppio passaporto (italiano e statunitense); si potrebbe considerare quindi, un “cittadino del mon-
più che per voglia, per necessità. E le ore ad aspettare che i tuoi si decidessero a partire per rubare un poco di felicità, ma la forza dell’amore non si fermerà. E tornando la sera dalle gite della scuola sui sedili, in fondo alla corriera, quando s’imparava a dire le parole dell’amore che nessuno a scuola mai insegnerà e si cantava No, non è Francesca. No, non è Francesca.
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Avevo sedici anni, ero un timido nei panni di un ribelle visto alla televisione, ma la forza dell’amore la conoscevo già;
È la forza dell’amore, per la forza dell’amore, con la forza dell’amore, è la forza dell’amore.
e se avevo paura facevo la faccia dura per le strade della mia città, ma la forza dell’amore
È la forza dell’amore quella che non fa dormire finché il sole con l’alba non verrà, con la forza dell’amore
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Note sotto il Gran Sasso
do”, e forse lo è, per esperienza artistica acquisita e anche per qualche disavventura personale. Ma questo, in fin dei conti, non ci riguarda. “Sono assolutamente agnostico, profondamente non credente”; così ha sempre tenuto a precisare Finardi, anche quando, nel 1996 (aveva 44 anni), fu una delle “guest star” del meeting di CL a Rimini.
distruttivi”. E concluse il suo intervento dicendo: “Non c’è contraddizione tra l’essere un non credente e vivere una vita palpitante di valori, anzi, è una condizione che aiuta a responsabilizzarsi fino in fondo”.
“Non è la prima volta che Comunione e Liberazione mi invita a partecipare a un suo grande evento, e in passato ho ricevuto tanti inviti anche da parte di altre organizzazioni religiose”, commentò allora il cantautore, cercando di mettere da subito le mani avanti come a dire: “Vi rispetto, ma non c’entro nulla con voi; di qualsiasi corrente voi siate”. Finardi in quell’occasione aggiunse anche: “Non mi converto, ma sento il dovere morale di cantare qui”.
Credo personalmente, che non vi sia bisogno di aggiungere molto a questa “pseudo-confessione” presa in parte dal web; mi sento però di aggiungere una mia impressione, che spero sia stata la stessa che avete percepito leggendo queste poche righe: “Come può un cuore assolutamente agnostico e profondamente non credente, a cantare l’amore col coraggio di chi crede veramente in quello che vuole esprimere”?
Sono passati diversi anni da allora e chissà se nel frattempo, quel cuore assolutamente agnostico e profondamente non credente, sia venuto in contatto con un raggio di sole nuovo che lo abbia scaldato, almeno per un po’. E’ interessante però analizzare il “Finardi-pensiero” a proposito di conversione: “Forse, proprio perché non trovo la fede dentro di me, pur essendo sinceramente rispettoso di quelli che ce l’hanno ed essendo come loro convinto dell’ importanza di offrire alla società esempi positivi, sono un interlocutore stimolante per i credenti”.
di oggi, quella che percepiamo è davvero la forza di un uomo che crede nell’amore (forse più di tanti altri), e che magari ha solo avuto paura di aprire un po’ di più le porte del suo cuore.
Com’è possibile che da questo cuore apparentemente chiuso, siano capaci di uscire fuori frasi come: “quando s’imparava a dire le parole dell’amore che nessuno a scuola mai insegnerà” oppure “ma la forza dell’amore la sentivo già”? Oggi, dopo aver superato i 60 anni, forse quel cuore apparentemente arido alla conversione, potrebbe aver ricevuto i primi raggi di un sole caldo. Questo non ci è dato saperlo, ma ascoltando la canzone
Prendendo spunto sempre dal suo intervento al Meeting, Finardi definì la sua partecipazione come una “espressione del suo desiderio di realizzare un confronto dialettico di spessore sui valori etico morali che dovrebbero ispirare la società”. Non è una novità - proseguì che sono contro quella industrializzazione della negatività che ha dominato gli anni 80 e che continua, purtroppo, ad esistere: dobbiamo impegnarci a trovare il coraggio di non essere più
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Nuovo arrivato nella famiglia Cesini.
Ciao a tutti, siamo felici di inviarvi la foto del piccolo Francesco in braccio al fratellone Gabriele.
Dopo Elia è arrivata Sara.
Dopo il grande dono del piccolo Elia, la nostra famiglia festeggia l’arrivo di Sara. Ciao a tutti da Marco e Paola.
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