PLAYBOOK beST/magazine
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s ' t e L PLAY! tennisbest.com
monte carlo country club
sommario / playbook 2014
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NOVAK djOKOVic
TeNNiSbeST AwARdS
PLAYSiGHT PLAY SMART
ReAdY, PLAY (CON BABOLAT)
iL deLTA di PRO KeNNex
È uno dei giocatori più amati dagli appassionati non solo per il suo gioco, ma anche per le sue gag, le imitazioni e la sua spontanea allegria. by Federico Ferrero
Come ogni anno, abbiamo chiesto a 50 top negozianti d'Italia di votare i migliori prodotti del mercato. Sono la miglior giuria possibile e i risultati che emergono sono molto, molto interessanti.
Una società israeliana ha ideato un software per realizzare un campo "intelligente", in grado di dirci tutto (ma proprio tutto) su quello che combiniamo in campo.
È la più grande novità degli ultimi anni, una racchetta dotata di sensore che fornisce tanti dati tecnici sul nostro gioco. L'abbiamo testata per voi. by Lorenzo Cazzaniga
Un nuovo attrezzo a cuore chiuso con corde centrali più lunghe che sviluppano una potenza mai vista. Ce ne hanno parlato in anteprima. by Gianluca Roveda
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New STicK ON THe bLOcK
wHY ALwAYS Me?
FORMULA ViNceNTe
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STiLe iTALiANO
Il mercato delle racchette offre ogni stagione nuovi modelli: abbiamo testato (anche in campo) i più interessanti, dalla Babolat Pure Strike 16x19 alla Yonex V Core Tour G
Probabilmente il nome Mikko Simos non vi dirà granché. Però è lui (con il suo staff all'Asics) che ha creato le scarpe da tennis più performanti di sempre. Ne abbiamo parlato insieme.
I campi in terra battuta Red Plus sbarcano in terra di Francia, addirittura al Monte Carlo Country Club. Impossibile? Non proprio... by Lorenzo Cazzaniga
Marco Gazziero, già distributore del marchio di corde Starburn, ha aperto a Casale Monferrato il più grande negozio di tennis d'Italia. Siamo andati a vederlo.
Una serie di immagini da smartphone per illustrare la Confederations Cup e il calcio brasiliano. Con la top 10 dei ricordi di chi l'ha vissuta come inviato. by Tommaso Pellizzari
sommario / playbook 2014
ediTORiALe
10 PLAY SMART
I nostri Oscar hanno premiato sempre i soliti prodotti. Eppure qualcosa si sta muovendo sul mercato. A partire da... by Lorenzo Cazzaniga
RUbRicHe
18 I MONOFILAMENTI
Sono le corde più utilizzate ma non sono l'ideale per tutti. Ecco ciò che dovete sapere sui monofili, per fare la scelta giusta.
26 I MIRACOLI DI NOENE
Sono le migliori solette da applicare alle proprie calzature (e non solo quelle sportive). L'hanno confermato coach, preparatori atletici, giocatori professionisti e di club, giornalisti, vip...
TecNicA
119 LA SECONDA DI SERVIZIO
Massimo Sartori, coach di Andreas Seppi, ci ha spiegato come eseguire un colpo fondamentale: la seconda in kick.
120 COSÌ TI BATTO
IL PALLETTARO Brad Gilbert, nel suo meraviglioso Vincere Sporco, spiega come affrontare (e battere) i pedalatori della terra rossa..
126 THE CLAY GAME
Tempo di campi rossi e di certi colpi (e strategie) che vanno utilizzati per sfruttare al meglio la superficie. Come ci ha illustrato Diego Nargiso.
TRAVeL
131 GIOCA CON GORAN
Goran Ivanisevic sarà presente a luglio e settembre alla Umag Tennis Academy. Imperdibile
132 AROUND THE WORLD
Il giro del mondo in dieci tornei top (esclusi Grand Slam e Roma). Per vedere da vicino i propri campioni perferiti.
«Se vai dal dentista, ti prepari mentalmente a soffrire. Ecco, devi fare la stessa cosa prima di giocare contro un regolarista» Brad Gilbert
132 FIVE STARS ACADEMY
Uno dei resort più belli del mondo, il Forte Village in Sardegna, offre la chance di giocare con alcuni ex top players, da Jonas Bjorkman a Diego Nargiso. In un luogo da mille e una notte.
Dal 1976 ad oggi facciamo l’unica cosa che conta nello sport:
arriviamo PRIMI...
Pro Kennex s.r.l. via della Volta 46/a 25124 Brescia tel. 0303546614 fax 0303546607www.prokennex.it e-mail: info@prokennex.it seguici sulla nostra pagina Facebook: www.facebook.com/ProKennexItalia
CONTRIBUTORS
Una carrellata dei complici che ci hanno permesso di sfornare questo numero di TENNISBEST Magazine Playbook 2014. 1
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RICCARDO BISTI Caporedattore anche del nostro sito Internet TennisBest.com, si è occupato di contattare i top negozianti italiani grazie ai quali abbiamo realizzato i nostri tradizionali Oscar per eleggere i migliori prodotti del mercato.
LUCA BOTTAZZI Certamente uno dei maestri italiani più preparati e profondo conoscitore delle meccaniche dell'insegnamento. Talvolta perfino precursore dei tempi.
LORENZO CAZZANIGA Il nostro direttore ha coordinato i lavori, intervistato titolari di aziende, direttori commerciali, ha valutato nuove superfici, tecnologie e tendenze per scoprire il meglio che offre attualmente il mercato del tennis. del tennis.
CORRADO ERBA Gli abbiamo offerto un bel compito: verificare su Internet come riuscire ad acquistare delle racchette Pro Stock, quelle preparate espressamente per i top player del circuito, dai peones a Rafael Nadal e Roger Federer. Se volete mettere mani al portafogli...
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DIEGO NARGISO Il tennis su terra battuta richiede di dover eseguire determinati colpi e permette di esaltarne altri. L'ex davisman azzurro e ora coach professionista, ci spiega come sfruttare queste situazioni.
MASSIMO SARTORI Il coach di Andreas Seppi ci spiega come eseguire una buona seconda di servizio in kick, un colpo fondamentale per non essere attaccati direttamente dalla risposta.
FEDERICO FERRERO Una delle migliori penne del panorama editoriale italiano, ci ha raccontato il personaggio Novak Djokovic, non solo come grande giocatrice, ma per quello che rappresenta per i suoi sponsor e i suoi fans.
BRAD GILBERT L'autore del bestseller Vincere Sporco ci spiega come battere uno degli avversari più ostici: il pallettaro. Assolutamente da non perdere (come il resto del libro).
Direzione e redazione: via Bernabò Visconti 18 - 20153 Milano - www.tennisbest.com. Direttore responsabile: Lorenzo Cazzaniga / lorenzo@tennisbest.com; Caporedattore: Riccardo Bisti / info@tennisbest.com. Hanno collaborato: Luca Bottazzi, Corrado Erba, Federico Ferrero, Brad Gilbert, Diego Nargiso, Gianluca Roveda e Massimo Sartori. Photo Agency: Getty Images. Art director: Der Prinz. Editore: Sports Publishing & Management, corso Garibaldi 49 - 20121 Milano. Stampa: Arti Grafiche Boccia, Via Tiberio Claudio Felice, 7 cap 84131 SalernoRegistrazione presso il Tribunale di Milano n.75 del 10 febbraio 2012. TENNISBEST Magazine / The Playbook è distribuito gratuitamente nei migliori negozi specializzati di tennis. 6
editoriale dI LorenZo CaZZanIGa
OGNI ANNO MI INCURIOSISCE CONFRONTARMI CON I MIGLIORI NEGOZIANTI SpECIALIZZATI SUI TOp pROdOTTI dELLA STAGIONE. Perché sono loro che ogni giorno alzano la cler e consigliano gli appassionati su racchette, scarpe e corde e, osservando i dati di vendita, hanno il reale polso del mercato. Per questo motivo, abbiamo scelto loro come giuria per votare i migliori prodotti della stagione. Con un pizzico di delusione, non è cambiato nulla rispetto all’anno scorso, e nemmeno a quello prima. Il giocatore medio dovrebbe ancora utilizzare una Babolat Pure Drive incordata con Babolat RPM Blast, giocare con palle Dunlop Fort All Court e indossare abbigliamento Nike con scarpe Asics Gel Resolution 5. Eppure il mercato è in fermento e i moti rivoluzionari sono tanti e per nulla banali. In particolare, siamo entrati nell’era del Tennis Connected, grazie a due tecnologie che abbiamo cercato di sviscerare e che sono in grado di evidenziare tutti i dati possibili e immaginabili che si creano durante un match. La Babolat Play è già arrivata nei negozi specializzati ed è una Pure Drive con un impercettibile sensore nell’impugnatura che offre spunti tecnici interessanti per voi e il vostro maestro e che vi consente di entrare in un global ranking che fa molto social. PlaySight è invece un software made in Israel che permette di verificare qualsiasi dettaglio relativo alla vostra prestazione, grazie ad un sistema di telecamere e ad un programma raffinato quanto sofisticato.
da non perdere 1. TennISBeST aWardS Abbiamo creato una giuria formata dai top negozianti ai quali abbiamo chiesto di votare i migliori prodotti della stagione. Ne è uscito uno spaccato interessante (e molto utile) del mercato del tennis.
Insomma, ormai tutto ciò che accade su un campo viene rilevato, analizzato e quindi sputato fuori per stimolarvi a giocare sempre di più e sempre meglio. Perfino una super potenza come la Sony si è disturbata a creare una tecnologia di rilevazione dati tramite un sensore applicato alla racchetta (dovrebbe accomodarsi sui telai Yonex), a conferma che la strada è segnata e che pure i top brand si stanno scomodando. E ancora, dagli States arrivano nuove idee per rendere le racchette più performanti, lavorando sullo schema di incordatura. Ha cominciato Wilson col suo Spin Effect (che tanto successo ha riscosso negli USA mentre deve ancora affermarsi in Italia), l’ha seguita a ruota Prince con il sistema ESP, mentre Head ha avuto il merito di consolidare l’utilizzo di un materiale innovativo come il grafene che ha davvero migliorato i suoi telai. Insomma, le aziende ci provano a rendere il gioco più attraente sfruttando ciò che gli ingegneri riescono a reperire in termini di tecnologia avanzata. A voi non resta che seguirci su questa strada per scoprire tutto il meglio che offre il mercato. E che può aiutarvi a vincere di più.
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2. pLaY SMarT Siamo sempre connessi tra web e social network. Ora lo saremo anche sul campo da tennis grazie alle tecnologie PlaySight e Babolat Play che consentono di verificare una lunga serie di dati tecnici sulle vostre prestazioni. Da condividere con la Rete. PlaySight è una società israeliana, alle porte di Tel Aviv, che ha sempre lavorato per l’esercito israeliano nel settore dell’aviazione. Ora ha deciso di darsi al tennis, creando il primo campo “intelligente”. Una vera rivoluzione che presto potrebbe arrivare anche in Italia info@tennisbest.com
3. aroUnd THe WorLd Potete immaginare qualcosa di meglio di un globetrotter che gira il mondo seguendo il circuito professionistico? Abbiamo scelto dieci tappe assolutamente da non perdere.
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WORLD PRESS PHOTO
WHO Novak Djokovic
WHERE Flushing Meadows, New York, Usa
WHEN 3 settembre 2013
WHY Perché essere premiati dal World Press Photo è sempre un traguardo storico
WHAT Per una volta, il colpo straordinario non l’ha tirato Novak Djokovic, ma il fotografo Al Bello. Una risposta d’incontro sul centrale di Flushing Meadows che per l’occasione ha regalato un gioco di luci meraviglioso. Meglio di chiunque altro ha saputo cogliere l’attimo Al Bello che ha immortalato l’istante in uno scatto talmente affascinante da meritare il terzo posto nel concorso del World Press Photo, categoria Sports Action. Uno scatto che potrete ammirare (insieme a tutte le altre fotografie premiate) al Museo di Trastevere a Roma fino al 23 maggio.
photo by Al Bello Getty Images
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PASSiON
WHO Bernard Tomic
WHERE Federation Square, Melbourne
WHEN 19 gennaio 2014
WHY Perché è sempre meraviglioso quando il tennis muove le masse
WHAT Federation Square diventa il centre court della città, ogni anno a gennaio, durante l’Australian Open. Un’intera città (e un intero paese) vivono di tennis per quindici giorni, in attesa di un connazionale che torni a trionfare. Ma i fans australiani riempiono la piazza sia quando gioca l’idolo di casa, Bernard Tomic, sia per ammirare i veri fuoriclasse, da Federer a Djokovic, da Nadal a Murray. È lo spirito che anima i veri appassionati di tennis e che li accomuna in tutto il mondo. E chissà che un giorno la stessa immagine che arriva da Federation Square non possa giungere anche da Piazza del Popolo.
photo by Ryan Pierse Getty Images
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TRAVEL
WHO Tennis Court
WHERE Singita Sabora Tented Camp
WHEN 12 gennaio 2014
WHY Perché è difficile immaginare un luogo più sorprendente dove scambiare quattro palle
WHAT A vedere l’immagine, si potrebbe sospettare l’intervento di un abile photoshoppista, tanto pare impraticabile la situazione: un campo da tennis in piena savana, in un campo tendato immerso nell’area selvaggia della riserva Grumeti, al confine con il Parco dello Serengeti in Tanzania, una delle grandi meraviglie della natura. Il campo avrebbe bisogno di una qualche manutenzione e senza raccattapalle potrebbe diventare scomodo recuperare le palle. Ma quando vi ricapita di giocare un tie-break con le zebre a bordo campo e un affascinante tramonto africano a far da cornice? photo by Singita Lodges
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i maniaci della racchetta
pro stock! testo di corrado erba
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siste uno zoccolo duro di appassionati, che definirei maniaci in un’accezione puramente affettiva, i quali potessero vendere la moglie a un beduino per avere i dettagli (specs per gli iniziati) della racchetta di Djokovic o comprare le scarpe indossate da Rafa, non esiterebbero un istante. Una volta, a meno di non essere un iniziato, era impossibile reperire queste informazioni, e tantomeno riuscire a comprare il telaio di un professionista. Ricordo con tenerezza un amico collezionista che girava per l’Europa con il baule della sua Fiat Ritmo blu piena di racchette e le scambiava con amici improbabili, conosciuti con inserzioni fatte sulle riviste dell’epoca. Luoghi di scambio: caselli autostradali, autogrill, una volta perfino dentro la cella frigorifera di una macelleria di Arezzo («Il freddo non mi danneggia i budelli» gli disse un tizio estraendo un mazzo di Maxply da due quarti di bue appesi). Lo fermarono in dogana a Chiasso e rischiò l’arresto per contrabbando; fortuna volle che trovò un doganiere svizzero
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amante di Jimmy Connors e la risolse lì per lì, vendendogli una T2000 con il cartellino ancora appeso. Purtroppo, o forse no, quei giorni eroici sono finiti da un pezzo: l’autostrada virtuale di Internet permette un accesso illimitato alle informazioni, anche se bisogna essere un tantino esperti per trovare quello che si vuole. Certo, sul classico mercato di eBay qualche volta ci si può imbattere in una chicca particolare, ma se volete trovare le informazioni precise, inerenti la racchetta del vostro giocatore preferito o addirittura comprarla, bisogna rivolgersi altrove. Ma non è per nulla impossibile. Navigando nella rete, ci siamo accorti che da qualche anno a questa parte girano tantissimi telai Pro Stock, ovvero costruiti appositamente per i professionisti. Alcune case costruttrici infatti, va detto non tutte, hanno un reparto che costruisce i telai fatti “su misura”, adattati alle singole richieste dei giocatori professionisti. Questi telai, detti appunto Pro Stock, hanno tecniche costruttive e materiali similari a quelle vendute abitualmente in ogni nego-
zio, ma sono appositamente customizzate nel peso e nel bilanciamento. In particolare, i grip sono creati ad hoc seguendo il calco della mano dei giocatori (sapevate ad esempio che i grip dei mancini sono sagomati in maniera diversa rispetto ai destrorsi?) e ovviamente ogni racchetta ha lo stesso peso al grammo, mentre quelle retail hanno margini di tolleranza piuttosto ampi (anche 12 grammi di differenza tra un telaio e l’altro!). La tendenza dei professionisti è avere telai generalmente molto pesanti (quello di Andreas Seppi ad esempio, pesa circa 370 grammi), con indici di elasticità piuttosto accentuati e generalmente con bilanciamenti verso la testa. Le customizzazioni, invisibili agli occhi, sono fatte generalmente con silicone iniettato nel manico e strisce di piombo inserite negli steli o sotto i bumper. Ebbene, una volta era quasi impossibile trovare questo tipo di racchette, mentre ora bastano pochi click (e parecchi euro) per procurarsi racchette Pro Stock in quantità. Ma da dove arrivano? Le fonti sono varie: molte sono eccedenze
Una racchetta originale di rafa, roger o nole arriva a costare 3.200 euro e viene venduta istantaneamente. ma con 600 euro potete trovare la racchetta Pro Stock di un altro top player
di telai che passano di mano, dalla casa ai professionisti che curano le incordature dei giocatori e a loro volta le immettono sul mercato. Altri sono telai test scartati dai professionisti stessi, perché magari le specs non erano quelle volute. Moltissime sono poi le racchette di collezioni passate, usate e poi rivendute. Ma mi è anche successo di leggere un’inserzione per la vendita di un telaio Pro Stock e scoprire che era lo stesso giocatore sponsorizzato (generalmente pesci piccoli, sotto la 200° posizione ATP) a vendere il telaio per procurarsi qualche piccolo extra (indice che i peones del circuito si arrangiano veramente come possono). In Italia il forum di riferimento è il sito stratennis.com dove, seppur non spessissimo, si trovano in vendita Pro Stock, sopratutto di Head e Prince. Se invece volete trovare tutto o quasi (per intenderci le racchette personali di giocatori quali Berdych, Djokovic, Sharapova o Wozniacki), i forum di riferimento sono due (rigorosamente in inglese). Il primo, essenziale per reperire qualsiasi informazione, è il message board di Tennis Warehouse, il più fornito negozio online di tennis del mondo. Cliccate sul sito, quindi in alto a destra su message board, e si apriranno varie voci. La vostra è: Pro’s Racquets and Gear. Troverete qualsiasi informazione: un giocatore si allena su un campo secondario di un circoletto di Sarasota impugnando un telaio che invece di rosso è giallo? Tempo zero e qualcuno posterà una foto. Rafa decide che le sue scarpe del momento non gli piacciono e ne indossa un paio differenti? In tre minuti interverranno in venti. Volete le specs dei telai dei primi 100 giocatori del mondo? Basta chiedere. Il forum è frequentato anche da molti addetti ai lavori, che postano spesso e volentieri le foto delle nuove collezioni anche parecchie settimane prima dell’uscita, nascondendosi dietro vari nickname. Al momento, l’informazione più gettonata è quella riferita al nuovo misterioso telaio di Federer: girano congetture di tutti i tipi, ma al momento nemmeno loro sono riu-
sciti a metterci una mano sopra. Per l’acquisto invece, stringforum.net è il vostro accesso al paradiso. Stringforum, lo dice la parola stessa (string, corde in inglese) sarebbe un forum specializzato in corde, ma se cliccate sul banner in basso a sinistra (classified/shopping/sale) per il racquet maniac si spalancano le porte dell’inferno (monetario). Potete scegliere tra 170 Head Pro Stock, tutte identificate da sigle particolari, uno slang da astronauti: PT57A, PT10, PT161, TGK. Volete la vecchia Head di David Weathon? Prego, accomodatevi. Oppure preferite prototipi Donnay mai finiti in commercio? O le racchette personali di Mathieu, Gulbis o Caroline Wozniacki? Basta cliccare e aprire il portafoglio. Costi? Dai 200 - 250 euro per un telaio Pro Stock di medio livello e reperibilità, ai 600 euro (e passa) per il telaio personale di un pro, che non sia dei Fab Four. Per quel che concerne il Santo Graal, la racchetta di Rafa la potete trovare a 3.200 euro, idem per quella di Djokovic o Roger. E, sorpresi o meno, nonostante i prezzi vengono vendute quasi istantaneamente! Ovviamente chi le compra è un vero esperto e capisce solo dalle foto e da certi particolari se il telaio in oggetto è dello stock personale del campione. A volte qualcuno prova a contrabbandare normali racchette per Pro Stock, ma viene inesorabilmente colpito e affondato fin dalle prime informazioni. Abbiamo provato a fare due chiacchiere con un negoziante, per capire cosa ne pensa il normale retailer: «Certo, qualcuna me ne passa per le mani: le portano i clienti per farle incordare, tutti contenti perché hanno una Pro Stock tra le mani. Generalmente sono racchette di ottima fattura, però...». «Però?». «Però ci giocano una volta e tornano disperati. Anche un buon quarta categoria cosa vuoi che ci combini con un telaio da oltre tre etti e mezzo, bilanciato a 34 e mezzo e magari incordato con Luxilon a 27/28 kg?». E così i forum continuano a riempirsi di Pro Stock in vendita…
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FLAVIO ROMA MANAGER, 48 ANNI Non mi stanca mai perché trovo sempre qualcosa che è introvabile nel mio negozio di fiducia: marchi che in Italia non si vendono, modelli creati ad hoc, maglie particolari. Il tutto a prezzi molto convenienti
PAOLA GARINI IMPRENDITRICE, 37 ANNI Non è solo una questione di prezzo (anche se conta pure quello): mi piace che ogni prodotto sia ben spiegato, che ci siano dei test video, che uno staff di persone preparate abbia già provato ciò che vende. Un atteggiamento molto professionale
LUCA ROSSI
STUDENTE, 20 ANNI Gioco tantissimo e così spacco un sacco di corde. Su TWE ne trovo di ogni tipo e la scelta è ampissima. E poi consumo tante scarpe, palle, overgrip e ogni tanto trovo delle offerte assurde. In più mi arriva tutto a casa in 24 o 48 ore
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E-commerce and the TWE Experience Per tantissimi appassionati è un punto di riferimento ogni qualvolta devono acquistare un prodotto. Non solo per i prezzi molto convenienti, ma anche per la varietà e la qualità dell’offerta
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gni ricerca di marketing che si rispetti, evidenzia come il commercio on-line sia in costante crescita, benché nel nostro paese meno che in altri della comunità europea. C’è ancora chi preferisce dare il numero della moglie ad un latin lover piuttosto che il numero della carta di credito ad un sito Internet (ancorché le statistiche dimostrino la funzionalità dei sistemi di sicurezza adottati universalmente), ma in generale anche l’italiano medio si sta abituando a cercare sul web il prodotto di cui ha bisogno. Anche quando si tratta di sport e di tennis in particolare. In questo senso, recita un ruolo di primissimo piano Tennis Warehouse Europe, la versione europea di quel Tennis Warehouse che spopola in America (e che ha dovuto aprire i battenti anche in Europa perché i dazi doganali sulle importazioni dagli States sono altissimi) e che è diventato un vero e proprio punto di riferimento per gli appassionati. Ma come è riuscito a raggiungere questo obiettivo? Solo questione di prezzo, come sostiene qualcuno? Non proprio, anche se l’aspetto economico è prioritario, soprattutto in un periodo storico-economico non esattamente entusiasmante, come quello che TENNIS WAREHOUSE EUROPE È AMATO DAGLI stiamo vivendo attualmente. Non è mistero che Tennis Warehouse APPASSIONATI NON SOLO PER I PREZZI Europe sia un riferimento non solo COMPETITIVI E LE OFFERTE SPECIALI, MA per gli appassionati ma per gli stessi PERCHÉ HA LA PANCHINA LUNGA: IN VETRINA negozianti italiani che, quando INFATTI, NON FINISCONO SOLO I PRODOTTI devono fare un prezzo o calcolare uno PIÙ CONOSCIUTI MA ANCHE TANTE CHICCHE sconto, danno sempre una sbirciatina CHE IN ITALIA SI FATICANO A TROVARE E CHE su tenniswarehouse-europe.com per capire se sono in linea col mercato RAPPRESENTANO UN PLUS NOTEVOLE. TUTTI web o meno. Ma non è tutta una PRODOTTI TESTATI, SPIEGATI, FOTOGRAFATI... semplice questione di prezzo perché attualmente anche gli store fisici si sono adeguati e hanno il vantaggio, al momento dell’acquisto, di poter guardare in faccia l’acquirente, di poterlo convincere su una determinata scelta e di poter intervenire in maniera diretta sulla contrattazione. La verità è che l’aspetto più importante e che rende Tennis Warehouse Europe una vera chicca è la varietà dell’offerta. Rispetto a tanti altri negozi (anche on-line) ha la panchina lunga perché non si limita ad un’offerta attraente su un prodotto straconosciuto. Non è togliendo qualche euro ad una Radical o ad una Nike che si conquista un cliente. Ci riesce perché un negozio fisico non ha la possibilità materiale di infilare in 100-120 metri quadri (la dimensione media di un negozio specializzato di tennis in Italia, tutto ciò che TWE offre: centinaia di racchette, ovvio, ma anche corde dei marchi meno conosciuti ma di ottima performance. E tantissimi brand di abbigliamento, scarpe, accessori e qualche special edition a far da ciliegina. E poi tutti i prodotti sono testati, spiegati e fotografati. Insomma, è come avere un buon amico che ti accompagna nella giungla dei prodotti tennis e ti sa consigliare al meglio. Se poi ti fa anche risparmiare...
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THE COLLECTION
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cose che dovete conoscere sulla CAPsule collection dedicata a yannick noah
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GRANDE DINAMICITà
YANNICK! COME DIMENTICARE l’edizione 1983 di Roland Garros: Christophe Roger-Vasselin che batte Jimmy Connors nei quarti e spiana la strada della finale al suo connazionale Yannick Noah che in finale batte Mats Wilander tre set a zero. Yannick vestiva Le Coq, con quella famosa magliettina a righe (in finale aveva qualla gialla) che ha fatto innamorare tante tifose.
THE CAPSULE LA CHIAMANO così, capsule collection, quando son pochi pezzi ma preziosi. Come questa scarpa che Le Coq ha creato in esclusiva per Urban Jungle. I modelli sono due: la Dominator e la Noah Comp.
COLORI DI FRANCIA I COLORI di base riprendono quelli della bandiera francesi: son quindi disponibili in blu, bianco e rosso.
ANNO 1987. È principalmente la Noah Comp che richiama alla mente il successo alla Porte d’Auteuil del 1983. Realizzata con pellami ricercati per qualità, flessibilità e resistenza, è ora una sneaker estremamente confortevole.
UNA SCELTA INFINITA NON SOLO SCARPE e maglie da competizione. Noah in quel magico 1983 giocava anche con una racchetta Le Coq Sportif, molto particolare nella forma e che è stata riproposta in pochi pezzi con tanto di fodero che riprende la prima pagina de L’Équipe del giorno dopo la vittoria. Per collezionisti.
RICHARD GASQUET OLTRE ALL’AMARCORD dedicato al più famoso tennista di sempre vestito da Le Coq, il brand francese è tornato sul mercato anche con una linea competition e ha chiaramente scelto un testimonial francese: Richard Gasquet. Tecnicamente ancor più dotato di Noah, diciamo che non ha esattamente lo stesso sex appeal.
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Spin Effect: sarà rivoluzione? Wilson ha lanciato l’anno scorso la tecnologia Spin Effect che ribalta i tradizionali schemi di incordatura per ottenere maggiore rotazione. Ma gli appassionati italiani sono pronti ad una simile rivoluzione? Abbiamo ascoltato anche il parere di chi la utilizza al top: Grigor Dimitrov
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pesso si ripete che il tennis è uno sport eccessivamente tradizionalista, un concetto che non vale solo per regolamenti secolari ma anche per il settore attrezzatura, racchette in primis. E fra tutti gli appassionati, gli italiani sono tra i più legati a queste tradizioni. È gente che ha quasi sempre rifiutato telai dalle forme particolari, ovali e profili esagerati, costruzioni futuristiche. Tuttavia, il progresso non si ferma e le case provano a studiare nuovi sistemi che possano migliorare il gioco. O quantomeno renderlo più facile. In questo contesto si inserisce la tecnologia Spin Effect di Wilson. In sostanza è stato ribaltato lo schema di incordatura. Rispetto ai canonici 16×19 o 18×20, si è deciso di optare per un… 16×15. Quindi meno corde orizzontali rispetto alle verticali, una scelta che, come suggerisce il nome, dovrebbe aiutare a ottenere maggiori rotazioni. «Abbiamo testato diverse soluzioni– ha spiegato in sede di lancio John Lyons, Global Product Director di Wilson - mantenendo uno schema di incordatura simmetrico (16×14, 14×12, 12×10) ma abbiamo scoperto che il segreto era diminuire le corde orizzontali che bloccano quelle verticali nel momento in cui devono deflettere e soprattutto tornare nella posizione di origine». Difatti il segreto per ottenere maggior rotazione è chiamato snap-back: «Abbiamo studiato dei video ad altissima velocità – ha continuato Lyons – lanciando palle verso una racchetta in posizioni statiche: una con schema 16×18, l’altra 16×15. Entrambe incordate con Luxilon Alu Power, ne abbiamo paragonato lo snap-back, la velocità con la quale si defletteva e SULLA CARTA LO SPIN EFFECT È UNA tornava nella sua posizione originale. TECNOLOGIA INTERESSANTE. MA, COME DICE Ebbene, il modello da 16×15 non solo BRAD GILBERT, A TENNIS SI GIOCA OVUNQUE permetteva una deflessione maggiore, ma tornava indietro in maniera TRANNE CHE SULLA CARTA. E CONVINCERE violenta. Ed è normale perché con una QUEI TRADIZIONALISTI DEGLI ITALIANI NON minor frizione tra le corde, queste si SARÀ SEMPLICE. PERÒ ASCOLTATE GRIGOR deflettono e tornano in posizione più DIMITROV: «GRAZIE A QUESTA TECNOLOGIA rapidamente, consentendo di imprimere maggior rotazione alla palla». Ma questo "MORDO" DI PIÙ LA PALLA E RIESCO A incremento a quanto può ammontare? OTTENERE MAGGIORE ROTAZIONE, SENZA 3,3 volte e tornano in posizione ad una PERDERE IN CONTROLLO». CAPITO? velocità superiore del 69%, secondo gli studi Wilson «La rotazione è data da tre fattori - ha concluso Lyons -: l’angolazione dello swing, la velocità della testa della racchetta e lo snap-back della corda. Sui primi due possiamo intervenire poco, sul terzo fattore abbiamo creato lo Spin Effect». Ma come si comporta questa tecnologia sul campo? Le versioni Steam del 2013 non hanno riscosso un successo straordinario, mentre la nuova Blade 98S sta piacendo parecchio, forte anche del brand Blade che porta appresso. Tra i pro, Grigor Dimitrov è il miglior testimonial di questa tecnologia, lui che fa della tecnica esecutiva il suo punto di forza. Lo abbiamo braccato a Monte Carlo e ci ha detto: «All’inizio ero un po’ scettico ma volevo provare qualcosa di nuovo. Con questo sistema “mordo” di più la palla, riesco a imprimere più spin senza perdere in controllo e, soprattutto sulla terra rossa, è un bel vantaggio. Ma aiuta anche nel servizio e nel back di rovescio. Ho provato tanti pattern diversi e alla fine ho scelto questo» che è un 18x17, inesistente sul mercato ma che testimonia come, con i giusti adattamenti, lo Spin Effect possa risultare efficace. Dopotutto è una tecnologia che ha delle basi scientifiche interessanti. Almeno sulla carta. Peccato che, come dice Brad Gilbert, a tennis si giochi ovunque, tranne che sulla carta. E convincere quei tradizionalisti degli italiani non sarà un’impresa semplice.
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DIEGO NARGISO EX DAVISMAN E COACH Non gioco più a livello pro, ma scendo in campo con giovani atleti e lo sforzo è notevole. Ho cominciato con le solette da un millimetro: meravigliose. Dopo un paio di settimane sono spariti quei piccoli ma fastidiosi dolori. E dopo tre ore di allenamento sento le gambe meno stanche.
FRAN LLORENTE IMPRENDITORE
Non avverto differenze negli appoggi però avevo male al ginocchio sinistro e ogni volta che giocavo due ore il tendine d’Achille si infiammava, mentre da quando utilizzo le solette Noene, non succede più. Non penso sia casuale. Anzi, dovrebbero contattare Rafa Nadal e fargliele provare, così risolviamo le sue tendinopatie.
MARCO IMARISIO GIORNALISTA
Diciamo che queste Noene mi hanno fatto un gran regalo: permettermi di giocare senza dolore! Ieri due ore sul cemento e neanche la borsa del ghiaccio a fine match. Ma chi le ha inventate, Mandrake?”.
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TEST! Le (miracolose) solette Noene Da giornalisti a vip dello spettacolo, da ex professionisti ATP ad affermati coach, da ottimi agonisti a giocatori di club: le solette Noene hanno rimesso in piedi tanti appassionati
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n ordine di tempo, l’ultimo è stato Eros Ramazzotti. Seduto ad un tavolino dell’Aspria Harbour Club di Milano, si è incuriosito quando un amico comune (e preparatore atletico) ha tirato fuori dalla borsa una soletta Noene di quelle più sottili, da un millimetro, che vanno infilate sotto la soletta che è già inserita nella scarpa. Ramazzotti si era appassionato al tennis, sport che ha dovuto abbandonare causa problemi fisici. Presa al balzo l’occasione, si è dichiarato pienamente soddisfatto, mentre si allenava nella palestra del club. È questa l’ultima di una lunga serie di testimonianze positive circa queste solette che sfruttano un materiale vibro-assorbente (il Noene appunto) che elimina (al 98%...) i traumi da impatto col terreno, mentre il tessuto Nexus, grazie alle Onde Infrarosse Lontane, migliora la circolazione sanguigna. Solette che non sono indicate solamente per chi ha subìto un trauma, ma anche per chi è in perfetta forma e vuole utilizzarle come atto di prevenzione oppure per affaticare meno il corpo e le gambe in particolare. Ma oltre a Ramazzotti, chi altro si è pestato a testarle? Le abbiamo affidate a Stefano Meloccaro, giornalista di Sky Sport, specializzato in tennis e avido giocatore, con qualche problema a muscoli e tendini. Gli abbiamo consegnato un paio di modelli differenti e ora viaggia come un treno. E ancora, un top journalist come Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera per QUESTE SOLETTE SFRUTTANO IL NOENE, i maggiori fatti di cronaca, ci ha MATERIALE VIBRO-ASSORBENTE CHE subito inviato un sms: «Ma chi le ha ELIMINA (AL 98%) I TRAUMI DA IMPATTO inventate? Mandrake?». E per salire COL TERRENO, MENTR EIL TESSUTO NEXUS, di livello (tennistico, of course), ecco GRAZIE ALLE ONDE INFRAROSSE LONTANE, Diego Nargiso, ex davisman e ora MIGLIORA LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA. coach professionista: «Già quando giocavo facevo molta attenzione ai PER QUESTO SONO INDICATE PER CHI HA piedi perché qualunque preparatore SUBÌTO UN TRAUMA MA ANCHE COME atletico o medico specializzato ti ATTO DI PURA PREVENZIONE spiega quanto siano importanti per mantenere un buon assetto generale. È da lì che provengono i problemi alle ginocchia, alla schiena, alle articolazioni e ai tendini. Ecco perché ero curioso di provare queste solette. Non gioco più a livello pro ma ogni giorno scendo in campo con giovani atleti e lo sforzo è notevole, anche perché il fisico non è più allenato come una volta. Ho cominciato testando quelle da un millimetro: meravigliose. Dopo un paio di settimane di utilizzo sono spariti quei piccoli ma fastidiosi dolori. Ed essendo così sottili, nemmeno ti accorgi di averle infilate. Poi ho provato anche la soletta AC2: dopo un primo momento di adattamento, in quanto comunque è diversa da quella data in dotazione con la scarpa, l’efficacia è ancora maggiore. Soprattutto quando si gioca sul cemento». Dello stesso avviso anche un giocatore di quarta categoria come Giacomo Picchi: «Non ci credevo nemmeno un po’, invece sono diventate compagne inseparabili, e non solo nelle scarpe da tennis». Definirle miracolose è forse esagerato ma certamente sono un sollievo per il nostro corpo. Che, soprattutto se non si è più giovanissimi, va difeso in tutti i modi. E le solette Noene sono un ottimo alleato.
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corde
cose che dovete conoscere sulle CORDE MONOFILAMENTO. PER FARE LA SCELTA GIUSTA
AUTOVALUTAZIONE BISOGNA ESSERE ONESTI con se stessi e valutare correttamente il proprio livello di gioco: le corde monofilamento sono indicate per giocatori agonisti di ottimo livello tecnico e ben allenati perché l’impatto è piuttosto secco.
NIENTE COMPROMESSI È FONDAMENTALE cambiare la corda monofilamento ogni 6-8 ore di gioco perché perde inevitabilmente le sue caratteristiche. A subirne le eventuali conseguenze sono braccio e gomito perché passano vibrazioni ad alta frequenza che nemmeno un sistema come il Kinetic riesce a bloccare totalmente.
OCCHIO ALLA TENSIONE C’È LA CATTIVA abitudine di utilizzare tensioni troppo alte, anche sopra i 25 kg, quando un buon agonista di club che utilizza un monofilo, potrebbe tranquillamente sfruttarlo a dovere tirandolo a 22-23 kg. Ne gioverebbe la salute del suo braccio.
GRANDE DINAMICITà IL MONOFILO rende al meglio appena montato (dopo un paio d’ore di assestamento) perché offre grande dinamicità e, di conseguenza, spinta e rotazioni. Per questo si può tirare molto forte e con grande controllo.
UNA SCELTA INFINITA LA SCELTA è infinita, quindi potete sbizzarrirvi a trovare quello che più vi piace. Ma provate anche a sfruttarlo come spezzone in un’incordatura ibrida (con budello naturale), come fanno tanti campioni, a partire da Roger Federer.
Ok, IL PREZZO È GIUSTO? CI SONO MONOFILI con prezzo finale superiore ai 15 euro (manodopera esclusa) quando all’origine costano circa 50 centesimi. Talvolta è meglio optare per un monofilo meno conosciuto e più economico ma che potete cambiare ogni 6 ore di gioco.
Vai alle pagine dei nostri Oscar 2014 per vedere quali corde sono state le più votate dai negozianti. Esatto, due monofilamenti. E non è detto che sia un bene.
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accessori
cose che dovete conoscere sul miglior overgrip del mondo: il tourna grip
SUPERSOTTILE
NON SOLO OVERGRIP TOURNA GRIP non è solo overgrip, ma anche grip come il Tourna Tac che segue gli stessi principi: assorbe bene ed è anche molto resistente. E poi corde, damper...
PISTOL PETE
THE CHAMPIONS
PETE SAMPRAS è stato il più famoso testimonial del Tourna Grip. Indimenticabile la sua Pro Staff Classic avvolta nell’overgrip azzurro. E non sentiva ragioni: ha voluto sempre e solo quello.
NON SOLO SAMPRAS, Corretja o Gasquet. Sono tantissimi i fuoriclasse che hanno utilizzato l’overgrip azzurro, con o senza contratto. Tra gli altri Andre Agassi, Maria Sharapova, Andy Murray, David Ferrer, Tommy Haas, i fratelli Bryan...
ALEX CORRETJA e Richard Gasquet hanno reso molto visibile il Tourna Grip. Giocando il rovescio a una mano, l’hanno sempre avvolto fino a metà manico, vuoi per fare più in fretta, vuoi per parsimonia.
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LA CAPACITÀ di assorbire il sudore è inarrivabile per un comfort e una sicurezza nella presa ottimali. Dal 1997 viene seguito un processo di lavorazione a strati di grande precisione. Ecco, non è proprio super resistente.
QUELLO CHE generalmente si chiede ad un overgrip è di non cambiare la misura del manico. Il Tourna Grip è sottile (0,45 mm) e l’impugnatura resta identica. Ma molto più sicura.
PREZIOSO
Tourna Grip è distribuito in Italia da Mauro Sport (www.maurosport.it)
MO SwEAT
La Borsa deL Tennis Continua il difficile periodo economico e il mercato del tennis (e dello sport in generale) non p u ò c h e r i s e n t i r n e . Tu t t a v i a , c ’ è c h i m o s t r a b u o n e per formance e chi meno. Ecco il nostro borsino personale dei principali brand di tennis in Italia Head
WiLson
BaBoLaT
bonus La Blade 98S sta provando a sdoganare anche in Italia il sistema Spin Effect. C’è grande attesa per l’uscita della nuova racchetta di Roger Federer.
bonus L’arrivo della Play può determinar eun salto di qualità molto, molto importante. Leader con Pure Drive e nelle corde, è finalmente arrivata anche la Strike 16x19.
malus Racchette a parte, fatica con scarpe e abbigliamento e la nuova Hawk non basta per arrivare al vertice del settore corde.
malus Giò, però RF ha tirato un colpo mancino, facendo bucare l’uscita del suo nuovo attrezzo. E il sistema Spin Effect avrà bisogno di molto tempo per affermarsi.
malus Con l’abbigliamento non ci siamo (anche se è arrivato un manager ad hoc in casa madre). E poi perché far uscire il modello Strike più atteso mesi dopo gli altri?
Pro KenneX
dUnLoP
bonus I migliori testimonial, una gamma molto completa di racchette, il grafene che spopola e la nuova linea Radical decisamente azzeccata. Seppur di poco, il brand leader in Italia.
bonus Con Yonex si gioca il ruolo di quarto brand del mercato. La nuova QTour 16x19 è un altro bell’inserimento, in attesa dell’arrivo della linea Delta: una bella scommessa. malus Per completare la gamma serve una palla omologata e una linea di corde ad hoc. E Seppi non può restare l’unico testimonial.
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YoneX
bonus Con le palle è ancora al vertice, sia con la All Court, sia con la Clay. E pare che sia in programma lo sbarco in Italia dei negozi di casa madre, Sports Direct.
bonus L’esplosione di Stan Wawrinka è stata la ciliegina che ha messo in evidenza una torta niente male. Dopotutto, la qualità del prodotto è da prima della classe.
malus Tolte le palle, resta poco, perché la crisi nel settore racchette persiste. E vendere le palle sul sito Sports Direct a prezzo basso, non aiuta con i negozianti italiani.
malus Non ci fosse la pesca a sottrarre tante energie, potrebbe performare meglio in Italia. Può migliorare negli altri settori e manca un modello di palla di riferimento.
PrinCe
TeCniFiBre
niKe
bonus Finalmente è tornata sul mercato e si è proposta con oltre venti moelli di racchette e un buon parco testimonial. La buona volontà non è certo mancata.
bonus A livello di corde è ancora al top, soprattutto nei multifilamento. E la partnership con l’ATP non ha fatto male all’immagine del brand.
bonus Federer, Nadal, Dimitrov (per il prossimo futuro), Sharapova, Serena Williams... bastano questi nomi per restare al vertice del settore abbigliamento.
malus Ancora un mezzo enigma dopo la forzata assenza del mercato. Rientrare non è facile e il sistema ESP non è facile da far digerire lontano dagli States.
malus Con le racchette è in fase stagnante e la concorrenza spietata, come anche nelle corde monofilamento che vanno per la maggiore. Momento di stallo.
malus I continui cambi di linea (e consegne non sempre puntuali) creano problemi ai negozi. La nuova scarpa di Rafa Nadal non ha esattamente entusiasmato.
adidas
asiCs
LUXiLon
bonus Fognini e Pennetta sono due testimonial ideali per l’Italia e completano un parco atleti di primo livello. La tecnologia Climachill promette piuttosto bene.
bonus Il binomio Resolution / Speed è (di gran lunga) ciò che di meglio può offrire il mercato della calzatura. E il futuro promette ancora meglio.
malus Manca sempre il colpo del k.o., che di solito viene inferto da un vero numero uno (che non èp Andy Murray). Ecco, servirebbe Leo Messi con la racchetta.
malus Deve migliorare il parco testimonial (a quando un top 10?) e nel settore abbigliamento dove è ancora anni luce lontana dai risultati ottenuti con le scarpe.
HYdrogen
aUsTraLian
bonus Una piacevole novità in un settore che offriva poche news di livello. Ottima la scelta dei testimonial con Bolelli e Dustin Brwon. Il teschio è sinonimo di successo nel mondo della moda.
bonus La qualità è sempre di pirmissimo livello come lo stile made in Italy. Sfrutta a dovere la tradizione ma prova anche a innovare con un design spesso rinnovato.
malus Attaccare il mercato dell’abbigliamento tennis è una sfida complicata. La qualità è alta, ma anche il prezzo non scherza.
malus L’immagine è fin troppo classica, per chi ama tecnologia e stile moderno. Andare in battaglia contro i grandi colossi senza un testimonial di livello è un’impresa.
bonus Fin quando i monofiilamento contunueranno a spopolare, rimarrà un marchio di riferimento, rgazie soprattutto all’Alu Power, una delle corde più amate anche dai pro. malus Se cambia la moda dei monofili, sarà crisi. E la 4G non ha conquistato il mercato come speravano.
LoTTo
bonus La Raptor è un prdotto top nel settore delle calzature. Una politica aggressiva di prezzo, unita ad un’ottima visibilità garantita da validi testimonial, ha consentito di ottenere buoni risultati. malus Serve un prodotto super innovativo e magari un top testimonial in campo maschile più cool di David Ferrer.
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io, novak djokovic UN’INFANZIA COMPLICATA DALLA GUERRA NELLA EX JUGOslAVIA, LA CONSAPEVOLEZZA DI QUELLO CHE VOLEVA DIVENTARE E LA CAPACITÀ DI INSERIRSI IN UN DUOPOLIO PERFETTO COME QUELLO TRA FEDERER E NADAL. ECCO PERCHÉ IL FUORICLASSE DI KOPAONIK È DIVENTATO UNO DEI PERSONAGGI PIÙ AMATI (E AMMIRATI) DEL CIRCUITO MONDIALE di FEDERICO FERRERO FOTO di clive brunskill / getty images
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C’è un muro di mattoni che ciascuno di noi trova in faccia alle proprie ambizioni, ed è la misura più affidabile della propria fame di successo (qualsiasi cosa si intenda con esso) e di capacità di sopportazione del dolore. Quello di Novak Djokovic è crollato con precocità sorprendente, sotto le spallate di un bambino figlio della guerra: tanto piccolo da non riuscire a reggere la racchetta con una mano sola nel rovescio, tanto grande da abbandonare i compagni di giochi alla scuola elementare al suono della campanella, ogni santo giorno, per scapicollarsi giù nel vialetto di casa a Kopaonik, dove mamma e papà gestivano un baracchino per ristorare con pizza e affini i turisti e offrivano lezioni di sci. Tutti i proventi, quelli extra-sopravvivenza si intende, venivano convogliati nel progetto tennis di Novak: la maestra Jelena Gencic teneva le sue clinic estive in città e lui, col suo borsone con maglia di riserva, overgrip, asciugamano e banana «perché l’ho visto fare da Pete Sampras», aveva già deciso che avrebbe vinto Wimbledon e sarebbe diventato il numero uno del mondo. Anche se il clima di Kopaonik non è il più indicato al mondo per la pratica del tennis, i Djokovic rimasero in quel regno della neve dal 1989 al 1997. Certe volte le storie sono semplici e sfacciate come te le raccontano. Djokovic è il frutto di quella compresenza tanto semplice e rara di occasioni giuste, aiuti quasi incoscienti alle spalle, talento e desiderio di riuscita che fanno sbocciare il fenomeno. Ricetta semplice ma non aggirabile: non può mancare nulla, altrimenti si diventa, al più, il fratello di. Come Marko Djokovic, ora dispensato dalla fatica di trovare fondi per allenarsi e da mille altre problematiche dell’emergente, eppure vagamente paragonabile al fratello, giusto nella pettinatura e nell’abbigliamento tecnico. O Djordje, per il quale Nole previde un futuro da campione Slam: scalpita, promette, pare sia buono ma finora rimane non pervenuto. Il Novak adulto è il prodotto di prima spremitura di quel vissuto: tendenzialmente allegro, meno “fiorelloso” che in gioventù ma comunque accentratore e istrionico. Lo ha
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aiutato, e non poco, una capacità non comune di assorbimento e imitazione di lingue e suoni, modi di fare e difetti, caratteristiche peculiari della gente che lo circonda; sa annusare l’aria e dire la cosa giusta al momento giusto, ingraziandosi il pubblico più di quanto non se lo sia inimicato quando attraversò la sua fase di bad boy. Sapeva cosa significasse vivere vendendo tranci di margherita, ma non sembra aver mai deviato dalla strada maestra per mere questioni di cassa: tra i suoi difetti, non pare potersi conteggiare l’avidità. Certo è che inserirsi, anche con riguardo all’aspetto della personalità, in un dualismo totalizzante come quello tra Federer e Nadal, è stata una sfida clamorosa. Pensateci: ancor più hollywoodiani dei protagonisti del duello precursore, Agassi vs Sampras, Roger e Rafa erano perfetti per raccontare uno sport, come l’alfa e l’omega. Il tennis non aveva, davvero, bisogno di altro: contava sui migliori di sempre a darsi battaglia, in uno schianto frontale tra il bianco e il nero. Uno mancino, l’altro no; uno classico e l’altro no; uno elegante, l’altro travolgente, un mitteleuropeo e un latino, classe e muscolo, tradizione e rivoluzione, erba e terra. Era tutto perfetto ed escludente per chiunque altro. Non per Nole Djokovic: ha avuto la forza, innanzitutto quella bellica, per iniziare a revocare in dubbio quel duopolio, a partire dall’Australian Open 2008; nel contempo, si è scoperto tanto abile da avallare e promuovere il personaggio clownesco Djoker: l’imitatore giocherellone, deliziosamente dissacrante, che giustifica la sua presenza e, anzi, offre un’altra visione del tennis. L’appassionato non era più costretto a scegliere tra il giorno e la notte, esisteva un’alternativa tra l’iscrizione al partito azzimato di Roger e quello della corrida di Rafa. Tanto che lo spazio, così stretto, tra due monumenti viventi del tennis si è sorprendentemente allargato a un terzo eroe, che il pubblico ha iniziato ad apprezzare per le vittorie e ad appuntarsi per quell’atteggiamento, talora ai limiti del beffardo, col
Novak Djokovic è nato il 22 maggio 1987 a Belgrado, Serbia. Alto un metro e 88 per 80 kg, in carriera ha vinto 43 tornei, tra cui 6 Slam (quattro volte l’Australian Open, una volta ciascuno Wimbledon e US Open). Ăˆ stato n.1 del mondo per un totale di 101 settimane
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quale si accreditava: Nole era uno che, anche prima di vincere per davvero, parlava, sfidava, puntava il dito contro quanto non gli andava giù. Se c’era da mandare al diavolo tutta Flushing Meadows dopo aver battuto Andy Roddick, nemmeno una pioggia di fischi lo fermava; se gli andava di far capire a Nadal che si prendeva troppo sul serio, o a Federer che si faceva sempre e solo gli affari suoi, tra l’imitazione di un bicipite maiorchino gonfio e di un vanesio elvetico che colpisce diritti specchiandosi, trovava il modo per far passare il messaggio. Aperto più di ogni altro a sdrammatizzare, Djokovic ha saputo far viaggiare il suo personaggio in prima classe, rendendolo via via più credibile: pur perfezionando le imitazioni ha continuato a insufflare qualità nel suo tennis, e chi lo aizzava a riproporre i suoi richiestissimi show si è trovato ad un certo punto in imbarazzo. Perché Rafa ci stava, ad assistere alla scenetta della smutandata, ma solo durante una premiazione da vincitore. Dopo una sconfitta, sarebbe parsa una presa in giro intollerabile. E infatti, con i primi trionfi, le esibizioni da saltimbanco si sono rarefatte.
Inserirsi in un dualismo totalizzante come quello tra Federer e Nadal è stata una sfida clamorosa, ma Djokovic ha avuto la forza di revocare in dubbio quel duopolio
Djokovic ha già conosciuto anche un paio di depressioni sportive notevoli: l’incapacità iniziale di tenere il ritmo di quei due fenomeni, ampiamente superata da una convinzione incrollabile nel suo valore, e la sindrome da rimbalzo, dopo una stagione 2011 probabilmente irripetibile in cui aveva preso il tennis di Nadal, lo aveva reso (come, non si sa) ancora più intriso di sangue e sudore, e glielo aveva restituito a mo’ di dimostrazione in ogni dove, dalla terra rossa di Roma a quella di Madrid, dall’erba di Wimbledon al cemento dello US Open. Nadal prese una rincorsa lunghissima e lo superò, lo scorso anno, rimettendogli sulla maglia il pettorale numero due. Al di là della mossa-Becker, sulla cui portanza tecnica è lecito avanzare seri dubbi, è certo che Novak abbia preso con lo spirito del fuoriclasse purosangue anche questa nuova sfida al rialzo, tanto che i primi mesi dell’anno, infortunio al polso a parte, lo hanno rilanciato come numero uno putativo. Segno che Djokovic ha tuttora del margine per riempire la sacca di altri Slam. Sei, e l’ultimo più di un anno fa, sono pochi per il peso della sua qualità, della sua ambizione: e la latitanza di Roland Garros sembra destinata, più prima che poi, a venire sanata. Nole Djokovic, estroverso e intransigente nel suo essere professionista a tempo pieno, è geneticamente egocentrico: del resto, se all’asilo proclami il tuo futuro da superstar, non puoi che avere una grande opinione di te. Non ha la classe di haute couture di Federer, gli manca la fisicità esplosiva di Nadal che fa svenire stormi di ragazzine cinguettanti e ti cuce addosso un personaggio, eppure ha avuto – e qui pare che la fidanzata Jelena Ristic, che lo renderà padre tra poco, abbia giocato un suo ruolo – la capacità di crearsi un modo di essere, almeno quello pubblico, fortemente riconoscibile. Nole non è un uomo-tuta come Andy Murray, il tennis guy disordinato e sciatterello che dimentica il nome del barbiere tra una seduta e l’altra e, come criterio per scegliere l’abbigliamento, utilizza la legge del caos; porta con disinvoltura, e coi nodi giusti, il completo cravattato e i capi casual per il tempo libero. Sa tenere il palco, che si tratti di un Late Show a New York con Letterman o dello studio di corso Sempione a Milano con Fabio Fazio. Ha una leggerezza, nel vivere da trottola per il mondo, che gli deriva da una consapevolezza: sa quanto costa un trancio di margherita, sa che c’è gente che
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da Kopaonik espatria solo accendendo la tivù in salotto, per mangiarsi con gli occhi il ragazzo di paese che fa razzìa di Master 1000. «Ormai tutti sono in forma fisicamente e hanno grandi colpi. Il tennis è diventato uno sport mentale», ama ripetere. Ha raccontato meno spesso di quell’attacco aereo Nato a fine anni Novanta, dei due giorni nel rifugio antibombe sottoterra, dei prestiti folli che il padre Srdjan si fece accordare quando si trattò di mandare il figlio a Monaco di Baviera, all’accademia di Niki Pilic, dove c’era quel genio dissipatore e milionario di Gulbis a dividere camera e campo con lui. Ma è lì, la risposta: se hai già rischiato di perdere tutto, vita compresa, se sai cosa significa non essere nessuno e non valere nulla, o ti rassegni e vivacchi, oppure reagisci. Se poi hai avuto in dono un’arte che conoscono in pochi in tutto il mondo e la usi come leva per scardinare il destino, allora non puoi aver paura di un match point da salvare. E rispondi vincente di diritto sulla riga, ai tremila all’ora, come allo US Open contro Federer. Insomma, sei Novak Djokovic.
TESTIMONIAL GLOBALE Secondo la classifica 2013 stilata dal noto mensile economico americano Forbes, con 19,8 milioni di dollari guadagnati Novak Djokovic è risultato il quarto tennista più ricco del mondo, dietro solo a Roger Federer (54,3 milioni US$), Rafael Nadal (32,4 milioni US$) e Maria Sharapova (27,1 milioni US$). Djokovic veste dal 2012 i completi di Uniqlo, colosso giapponese dell’abbigliamento e del retail (celebre per i maglioni in cashmere a prezzi economici) e le scarpe Adidas, linea Barricade. Utilizza una racchetta Head YouTek Graphene Speed Pro con incordatura ibrida: monofilamento Luxilon Alu Power e budello. Fuori dal campo, Djokovic è testimonial di brand importanti come Peugeot (che dallo scorso gennaio è presente anche con un patch sulla maglia) e gli orologi Seiko. Quest’anno ha pubblicato un libro Il Punto Vincente (Sperling & Kupfer Editore) in cui racconta soprattutto di come la sua dieta glutin free abbia migliorato le sue prestazioni. Ha anche una fondazione benefica, diretta dalla sua compagna Jelena Ristic.
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OSCAR 50
R 2014 Come ogni anno, abbiamo chiesto ai top 50 negozianti italiani di votare i migliori prodotti del mercato. Tantissime conferme al vertice e qualche novitĂ , con il settore corde che presenta diversi marchi mentre quelli di racchette, scarpe e palle sono ormai bloccati dai soliti noti. Ecco tutti i risultati.
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O S C AR TENNIS BEST
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AND THE WINNER IS... Abbiamo chiesto ai 50 migliori negozianti d’Italia di votare la loro top 5 di racchette, scarpe, corde, palle e abbigliamento. Tantissime le conferme, poche le novità. Ecco i risultati finali di Lorenzo Cazzaniga
CI RISIAMO. Come è ormai tradizione, anche quest'anno abbiamo realizzato la nostra indagine per votare i migliori prodotti attualmente sul mercato. Chiaramente convinti che una votazione sia importante tanto più è qualificata la giuria, ci siamo affidati ancora una volta ai top negozianti italiani, cioè coloro che tutti i giorni vivono il mercato del tennis sulla loro pelle, cercando di vendere prodotti e di consigliare al meglio l'appassionato. I risultati sono dunque uno spaccato piuttosto preciso della tendenza generale. E cosa hanno detto questi risultati? Beh, hanno confermato che i migliori prodotti sono quelli dell'anno scorso. Quindi a trionfare sono state ancora una volta la Babolat Pure Drive GT tra le racchette, la Babolat RPM Blast tra le corde, la Dunlop Fort All Court tra le palle, la Asics Gel Resolution 5 tra le scarpe e la Nike come marchio di abbigliamento. Gli stessi prodotti erano al top anche 365 giorni fa e... pure 24 mesi or sono. Questo indica un certo immobilismo a livello alto, anche se qualche novità nel settore racchette è arrivata (vedi il Graphene della Head), ma non sufficiente a scalzare i rivali storici dalla vetta. Comunque, osservando i dati finali emerge un mercato delle racchette controllato dai Big Three (Babolat, Head e Wilson) con Yonex e Pro Kennex che hanno scalzato Prince e Dunlop (un sorpasso peraltro già decretato l'anno scorso); nelle corde la RPM Blast e la Luxilon Alu Power governano un settore molto diversificato, nelle palle non è riuscito a Babolat il sorpasso su Dunlop, anche se ogni anno la distanza si riduce, mentre nell'abbigliamento Nike ha rintuzzato l'attacco di Adidas con gli altri brand che seguono a distanza. Discorso a parte per le scarpe dove il dominio Asics è talmente evidente da non lasciare margini di manovra ai competitor, anche se questi sono le calzature di Roger Federer e Rafael Nadal. La sensazione, dialogando con tanti negozianti e verificando i dati di mercato, è quella di una contrazione delle vendite che seleziona sempre più i negozi specializzati, i quali si difendono grazie ad un servizio che Internet non potrà mai regalare: quello dell'incordatura. Per questo molti si stanno specializzando, consapevoli che la partita non la si giocherà solo sul prezzo come qualcuno voleva far credere, ma soprattutto sul servizio. Senza questa caratteristica, il negozio fisico rischia di sparire sotto i colpi di website sempre più completi nella gamma di prodotti che offrono e sempre più competitivi nei prezzi, grazie ai volumi che sviluppano. Il negoziante deve far valere la sua competenza. Per questo noi li abbiamo scelti come nostra giuria, certi che il loro giudizio è quello più importante.
lA NoSTRA gIuRIA Ecco l'elenco, in ordine alfabetico, dei negozianti che hanno votato per i nostri TENNISBEST AWARDS. Abbiamo chiesto una votazione ai top negozianti. Riteniamo che questa giuria sia in grado di offrire uno spaccato significativo del mercato del tennis in Italia. A-Tennis (Lissone), Alfano Sport (Palermo), L'Albero dello Sport (Lucrezia), Angelo Sport (Piacenza), Banny Sport (Moncalieri), Barchiesi Sport (Jesi), Bassotto Sport (Cagliari), Boreggio Sport (Rovigo), Break Point (Como), BT Sporting Shop (Caserta), Ca' Sport (Rivarolo Canavese), Charlie Sport,Cheli Sport (Lucca), Crevani Sport (Voghera), Danieli Sport (Foggia), Doctor Tennis (Montecatini), Dolci Sport (Pescara), Eiffel59 Tennis Store (Casale Mon-
ferrato), Favaron Sport (Volpiano), Go4Tennis (Torino), Gran Slam (Parma), Il Piccolo Slam (Prato), Il Podio Sport (Cuneo), Jolly Sport (Torino), La Bottega del Tennis (Milano), La Griffe (Milano), Match Point (Milano Marittima), Mauro Sportwear (Pordenone), Mauro Sport (Bergamo), M.i.d.a.s. (Roma), Nake Sport (Milano), New Tennis (Besozzo), Paradisi Sport (Termoli), Play The Game (Padova), PT 2.1 Store (Milano), Provera Sport (Chivasso), Rapid String (Rivoli), Tennis Corner (Firenze), Tennis Corner (Forte dei Marmi), Tennis Land (San Giuliano Milanese), Tennis Planet, Tennis Point (Verona), Tennis Service (Torino), Tennis Warehouse Europe (www.tenniswarehouseeurope.com), Tennis World (Roma), Tennis World (Napoli), Tennis3 (Mestre).
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racchette OScAr
BABOLAT Pure Drive GT
P
arafrasando un vecchio detto calcistico sulla Germania, potremmo dire che i nostri Oscar sono una competizione dove 50 top negozianti possono votare decine di racchette e alla fine vince sempre la Pure Drive GT. Come nelle due edizioni precedenti, è la racchetta simbolo degli anni 2000 che ha conquistato il primo posto, con un distacco abbastanza considerevole nei confronti della seconda classificata che quest'anno è risultata la sorellina, quella Aeropro Drive GT che è nata da una costola della Pure Drive ma che, nonostante sia utilizzata da Rafa Nadal, non è mai riuscita a superare la capostipite. Sul gradino più basso del podio, la Wilson BLX Blade 98, nella versione tradizionale. Restano invece ai piedi del podio i nuovi modelli Head, anche se occupano metà della top 10 e avrebbero meritato certamente una miglior posizione individuale. Tuttavia, è chiaro che disponendo di un alto numero di modelli, i punti vengono maggiormente divisi tra loro e impediscono di raggiungere l'élite assoluta. Onestamente c'è anche un pizzico di delusione in questi risultati, soprattutto perché vi è l'ennesima conferma che non vi sono grandissime novità nel settore. Se escludiamo i nuovi modelli Graphene della Head (che appunto non sono arrivati sul podio), al vertice troviamo racchette che si sono certamente evolute nel corso degli anni, ma che di base sono attrezzi del secolo scorso. Pensiamo alla Pure Drive, nata a fine anni 90 e che ancora adesso resta la preferita degli italiani. Chiaramente rispetto alla primissima versione sono state aggiunte tecnologie importanti come il Woofer, il Cortex, l'utilizzo del tungsteno, però è chiaro che la struttura portante e le caratteristiche tecniche di peso, bilanciamento, profilo, eccetera eccetera, sono rimaste sostanzialmente invariate. Possibile che nel frattempo non sia arrivato un prodotto in grado di buttare giù dalla vetta questo prodotto ultradecennale? Beh, la forma della racchetta probabilmente impedisce eccessive sperimentazioni e lo studio di nuovi materiali è talmente costoso che il business che potrebbe generare il mercato del tennis non è sufficiente a smuovere i migliori scienziati. Ecco dunque che la Pure Drive continua a dominare e partirà ancor più favorita l'anno prossimo, quando uscirà la versione 2015 e con la spinta della tecnologia Play che è già disponibile attualmente in negozi selezionati. In più, va considerato che non si tratta di una vittoria al fotofinish: Con i 169 punti conquistati, la Pure Drive ha doppiato
la terza classificata e i primi tre modelli Head sommano un totale di 139 punti. L'unico altro modello a reggere il paragone statistico è l'Aeropro Drive GT che si è fermata alla notevole quota di 127 punti. Questa è forse la notizia più interessante in casa Babolat, visto che l'Aeropro l'anno scorso aveva perso lo status di Numero 2. Ciò che sorprende ancora meno è il dominio dei Big Three: Babolat, Head e Wilson hanno conquistato l'84,1% dei punti totali, un filo in ribasso rispetto all'86,5% dell'anno scorso ma comunque un dato che attesta come il mercato in Italia (e non solo) sia controllato da questi brand. Nella top 10 hanno trovato spazio solo due altri modelli, entrambi di casa Yonex, la EZone ai 98 e 100. Il marchio giapponese ha sicuramente sfruttato l'esplosione di Stanislas Wawrinka, visto che era dai tempi del miglior Lleyton Hewitt che non avevano un testimonial maschile ai vertici del ranking mondiale. Yonex è anche il marchio che ha totalizzato il maggior numero di punti dopo i tre brand sopra citati: con 61 punti è largamente al quarto posto, davanti a Pro Kennex che si è fermata a quota 34. Proprio Pro Kennex però, vanta un record notevole perché i top 50 negozianti italiani hanno citato ben 7 modelli differenti di racchette del marchio taiwanese. Solo Head la supera a quota 9, mentre Babolat e Yonex sono fermi a quota 5. Il segnale che Pro Kennex non dispone solo di un paio di modelli di punta ma di intere linee che sono particolarmente apprezzate (e ora anche nel settore agonistico con la linea QTour e non solo nel comparto comfort racquet). Un discorso a parte meritano i due marchi americani Wilson e Prince. La prima ha sofferto... Roger Federer. Doveva essere l'anno di lancio della nuova racchetta di RF ma il fuoriclasse svizzero ha impiegato mesi a sistemare il suo attrezzo che non è ancora disponibile (e difficilmente lo sarà per settembre; più probabile appena prima di Natale). Quando uscirà sarà un bestseller ma intanto Wilson ha subìto una grossa frenata, anche perché il sistema Spin Effect ha funzionato sulla Blade, ma solo sulla Blade. Prince invece è rientrata sul mercato solo quest'anno dopo un periodo di assenza: si è presentata con oltre 230 modelli ma ci vorrà tempo per sistemare gamma e rapporti. Infine, Dunlop e Tecnifibre, che nel mercato delle racchette sono un po' sparite. Le ritroveremo rispettivamente in quello delle palle e delle corde.
Quella della Pure Drive non è stata una vittoria al fotofinish: ha doppiato la terza racchetta classificata (Wilson BLX Blade 98) e solo la Aeropro Drive GT è riuscita a tenerle testa. 44
Number One La Pure Drive si è confermata la racchetta più amata dagli italiani, stando alle votazioni dei top 50 negozianti d'Italia. Racchetta tubolare da 300 grammi (non incordata), aiuta tanto in fase di spinta e soprattutto nell'imprimere rotazioni. Se siete giocatori agonisti, apprezzerete come riesca a esasperare il top spin, consentendo di tirare forte e arrotato (il massimo che si può pretendere); se invece siete giocatori di livello intermedio, vi piacerà per la manovrabilità e la spinta: si riesce a trovare profondità senza far troppa fatica. Chi ama l'assoluta precisione (tipica dei telai agonistici tradizionali) avrà qualche difficoltà di adattamento, soprattutto se si cerca sempre la botta piatta e si ha un braccio in grado di sostenere pesi importanti e ovali più piccoli.
Testimonial italiano Il maggior testimonial attuale della Pure Drive GT è il nostro Fabio Fognini che la utilizza... praticamente da quando ha cominciato a giocare. Nadal l'ha utilizzata fin quando non è arrivata la Aeropro Drive, studiata per esaltare ancor di più il top spin. In campo femminile, la top player della Pure Drive è la cinese Na Li.
LA cLAssificA / ToP 10 1. Babolat Pure Drive GT
169 punti
2. Babolat AeroPro Drive GT
127 punti
3. Wilson BLX Blade 98
80 punti
4. Head YouTek Graphene radical Pro
69 punti
5. Head YouTek Graphene radical MP
45 punti
6. Head YouTek Graphene Speed Mp
29 punti
6. Yonex EZone ai 98
29 punti
8. WilsonBLX Blade 98S
21 punti
9. Head YouTek Graphene Speed Pro Ltd. 19 punti 9. Head YouTek Graphene Prestige Pro
19 punti
9. Yonex EZone ai 100
19 punti
45
2014
2014
palle OScAr
DUNLOP Fort All court
T
rema ma non cade. La palla Dunlop, certamente la più famosa nel Belpaese, si conferma al primo posto dei nostri awards con il suo modello più completo, come suggerisce il nome: la All Court. Con 182 punti sopravanza la seconda classificata, la Babolat Team, ferma a quota 168. Una differenza di circa il 2% che si mantiene sostanzialmente immutata se allarghiamo la classifica sommando i punti di tutti i modelli Dunlop e Babolat. Una vittoria ai punti che soddisferà solo in parte i dirigenti Dunlop, abituati a vincere per k.o. tecnico (l'anno scorso la distanza con la seconda piazzata, la Head ATP, era di circa il 25%). In ogni caso, Dunlop resta la palla più amata dagli italiani: la All Court trionfa sulla Babolat Team, come la Fort Clay è rimasta ancora davanti alla seconda ammiraglia della casa francese, la Roland Garros, nonostante l'appoggio del più importante torneo al mondo su terra battuta. Scivola invece in terza posizione la palla dell'ATP, made in Head, e che l'anno scorso si era invece classificata al secondo posto. Resta decisamente sopra i 100 punti, un valore comunque notevole, ma c'è più distanza tra la numero 3 e la numero 2, di quanto non ve ne sia tra la numero 2 e la numero 1. Comunque sia, è indiscutibile che questi tre modelli rappresentino una fetta notevole del mercato e il 60% dei voti che ci sono arrivati dai top 50 negozianti d'Italia. Resta esclusa dal podio Wilson, che pure presenta tre modelli di sicuro livello: la US Open, che resta la più apprezzata e che si è classificata al quarto posto, pur rimanendo sotto i 100 punti, l'Australian Open e la Tour Clay. Ecco, un discorso a parte merita proprio quest'ultimo modello che introduce un commento doveroso, ancorché non troppo positivo. Il settore delle palle pare quello in maggior involuzione o, quantomeno, in minor evoluzione. Non ci sono grandi novità, tranne talvolta un qualche piccolo rinnovo grafico nelle confezioni. Stiamo parlando, sia chiaro, del settore dove i margini di guadagno sono inferiori, talvolta risibili se confrontati con quelli di scarpe e abbigliamento, ma è chiaro che senza grandi innovazioni è difficile smuovere un mercato dove ciò che conta pare essenzialmente il prezzo. In questo immobilismo, l'unica novità è rappresentata appunto dalla Tour Clay della Wilson, introdotta l'anno scorso e che ha riscosso un buon successo, non solo in termini commerciali ma di livello tecnico. Parliamo infatti di un'ottima palla, non troppo rapida ma che dura a
sufficienza e mantiene delle buone caratteristiche. Ha un solo difetto: doversi scontrare con dei competitor molto forti perché, oltre ai modelli top che hanno dominato la nostra classifica, deve affrontare anche la Fort Clay e la Roland Garros, palle studiate appositamente per la terra rossa (e che ha spinto anche Wilson a creare un modello ad hoc). Chiaramente, partendo in ritardo, è difficile operare un avvicinamento, se non proprio un sorpasso, in tempi brevi. Ma almeno abbiamo potuto osservare l'ingresso di un nuovo tipo di palla. Dicevamo invece che troppo spesso il valore commericale del prodotto palla è determinato dal prezzo. Circoli e maestri fanno un uso abbondante di palle ed è normale che, in tempi di crisi economica, debbano buttare un occhio sulla qualità e un altro sul bilancio. E lo stesso dicasi per il consumatore finale perché giocare con palle consumate riduce la performance e aumenta il rischio di infortuni. In questo senso, la casa madre di Dunlop, Sports Direct, ha intrapreso una strada ben delineata. In tanti ci hanno fatto notare che sul sito di Sports Direct, disponibile anche in italiano, è possibile acquistare le palle Dunlop, Fort Clay e All Court indifferentemente, a prezzi notevolmente vantaggiosi (talvolta pare ancor più vantaggiosi dello stesso negozio italiano): una scelta che lascia presagire una strategia che punta soprattutto sul retail, piuttosto che sui brand. In buona sostanza, dobbiamo aspettarci che Sports Direct apra i suoi mega punti vendita anche in Italia, dove saranno disponibili tutti i marchi ma con ovvi vantaggi di prezzi per quei brand che gestisce in maniera diretta. Le notizie che arrivano non indicano l'Italia come uno dei primissimi paesi dove avverrà questo sbarco: Nord Europa e Francia sembrano prioritarie, ma prima o poi è lecito pensare (e sperare) che la stessa operazione avvenga anche nel nostro paese. Nel frattempo, se queste promozioni continueranno, non sarà un bene per il negoziante ma certamente per l'appassionato. Dietro i Big Four (rispetto al settore racchette si aggiunge appunto Dunlop), praticamente il vuoto assoluto. Tecnifibre ha smesso di rappresentare un vero competitor d'élite quando ha perso la partnership con Roland Garros, mentre la palla che serve il torneo più prestigioso al mondo, la Slazenger Wimbledon, non vive un periodo particolarmente florido in Italia, benché quei pochi negozi che l'hanno segnalata, l'hanno sempre indicata al vertice. La conferma che si tratta comunque di un prodotto di ottima qualità.
in un settore con scarse novità tecniche, Dunlop si conferma al vertice, come singolo modello e come brand. Ma con un vantaggio rispetto a Babolat ormai ridotto a circa il 2% 46
DUNLOP FOrT ALL cOUrT La palla più amata, il brand storico per eccellenza che ha spesso chiuso le sue stagioni con oltre il 50 (se non il 60) per cento di quote di mercato. La All Court è il modello principale, a ruota segue la Fort Clay, studiata appositamente per gli amati campi in terra battuta. Come già l'anno scorso, seppur con uno scarto ridotto, ha trionfato nei nostri Oscar, confermando la scritta che campeggia sul tubo: World's N.1 Ball. La pensano ancora così anche i nostri top negozianti. Alle sue spalle, rispetto agli awards 2013, la Babolat Team ha scavalcato la Head ATP.
LA cLAssificA / ToP 10 1. Dunlop fort All court
182 punti
2. Babolat Team
168 punti
3. Head ATP
137 punti
4. Wilson US Open
93 punti
5. Dunlop Fort clay
60 punti
1. Babolat Roland Garros
47 punti
2. Wilson Tour clay
24 punti
8. Slazenger Wimbledon
20 punti
9. Wilson Australian Open
18 punti
10. Tecnifibre X One
12 punti 47
2014
2014
scarpe OScAr
ASIcS Gel resolution 5
P
arlare di semplice vittoria sarebbe alquanto riduttivo perché Asics ha letteralmente dominato (e non è la prima volta) il settore delle calzature con i suoi due modelli principali, la Gel Resolution 5 e la Gel Solution Speed 2. Le premesse per una conferma c'erano tutte e in realtà la curiosità era data solamente dal verificare se ci sarebbe stato un sorpasso della Speed ai danni della Resolution. Sorpasso rimandato perché il modello principale di casa Asics continua a controllare la scena senza alcun timore e con distacchi siderali. La stessa Speed è staccata di oltre sette punti percentuali, non pochissimi quando si domina il mercato in maniera tanto eloquente. La Gel Resolution 5 ha conquistato un ulteriore primato, essendo l'unico prodotto ad aver superato quota 200 punti, quando già arrivare alla metà è considerato un risultato di notevole spessore. Basti pensare che non c'è arrivata nemmeno Nike con l'abbigliamento, laddove si vota il brand e non il singolo modello e quindi vi è una dispersione inferiore di punti. Asics, unendo i tre modelli citati dai top 50 negozianti d'Italia (oltre alle due top di gamma, anche la Challenger 9) è arrivata a 392 punti totali: un record assoluto e difficilmente avvicinabile. Parlando però più correttamente in termini percentuali, i due modelli di punta di Asics hanno conquistato il 50% dei punti, con il terzo gradino del podio che andrebbe dunque abbassato ulteriormente. In altra parte del magazine troverete un approfondimento riguardo queste scarpe Asics nato da una bella chiacchierata con Mikko Simos, Category Manager Asics Europe, in sostanza colui che si occupa di modificare e migliorare ogni anno queste due magnifiche scarpe. Al terzo posto troviamo invece Roger Federer, o almeno la sua scarpa: la Nike Zoom Vapor Tour 9.5. Quando ci ha messo mano Tinker Hatfield, il designer di diversi modelli di Air Jordan, è riuscito ad accontentare Re Roger che desiderava una scarpa performante ma anche super leggera. Una sorta di calzatura running adattata alle esigenze dei movimenti e degli spostamenti tipici del nostro sport. Hatfield è sicuramente riuscito nell'impresa ma, nonostante un testimonial di grande appeal, le Asics restano ancora lontane (e va anche considerato che il brand giapponese non ha un top 10 come testimonial, ma solo un giocatore cool, quanto incostante, come Gael Monfils). la Federer è rimasta lontanissima dalle Asics, doppiata dalla Gel Solution Speed, addirittura con meno
di un terzo dei punti della Gel Resolution. Basterebbero questi dati ad affermare una supremazia che è confermata da un altro fatto che accade molto spesso nel tour professionistico. Quando un giocatore ha un contratto di abbigliamento con un brand che non produce scarpe top di gamma da tennis (Lacoste, Tacchini, eccetera), il giocatore rimane libero di scegliere un brand al quale affidarsi per le scarpe; ebbene, quasi sempre la scelta ricade su Asics, a testimonianza che quando non vi è un discorso economico alle spalle, quasi tutti preferiscono calzare una Asics. Sono questi giocatori, involontariamente, i migliori testimonial. Appena giù dal podio, la prima scarpa nata da una tendenza che sta proseguendo e che vede i marchi tipici dell'attrezzatura (racchette, corde, palle) occuparsi anche di scarpe e abbigliamento. La prima è la Babolat Propulse, giunta alla quarta edizione. Dopo un avvio con qualche problema, ogni anno il modello è andato migliorando e ora possiamo parlare di una scarpa realmente top di gamma e che pecca solo nella mancanza di un testimonial importante. Tuttavia, pare già un grande risultato aver tenuto alle spalle la Lotto (Raptor) che di scarpe (e abbigliamento) vive. Certo, Asics a parte, le distanze sono ridotte e questo è un ulteriore merito per quei brand che non hanno lunga tradizione nel settore. Appena fuori dalla top 5, la K-Swiss Big Shot II. Il brand ha sempre ricevuto riscontri positivi da parte del mercato, anche se in Italia è tornato protagonista da pochi anni e necessita ancora di tempo per conquistare le fette di mercato che il prodotto meriterebbe. La vera delusione però arriva col settimo posto conquistato dalla nuova Nike Lunar Ballistec. Presentata come una grande novità e con una forma che ricorda da vicino quelle tanto utilizzate nel mondo del calcio, è stata messa ai piedi di Nadal, testimonial di grande effetto e piuttosto attento alle scarpe che utilizza, dato i problemi ai piedi di cui ha sofferto fin da ragazzo. Ora, Nadal sarà anche soddisfatto, un po' meno invece lo sono stati i nostri top 50 negozianti che l'hanno relegata lontano dalle posizioni di vertice, poco contenti della calzata e del comfort generale della scarpa. Chiudono la top 10 la Wilson Rush Pro, la Air Max Cage di Nike (il modello di punta meno blasonato) e la Yonex SHT Pro, a dimostrazione che gli ingegneri giapponesi non sono esperti solo di racchette ma che stanno trovando la giusta via anche nelle calzature.
Asics non ha vinto, ha letteralmente dominato, raggiungendo vette mai toccate prima. Distaccata anche la Nike di Roger federer, mentre la delusione è la Lunar Ballistec di Rafa Nadal 48
SUPEr ASIcS Asics ha totalmente dominato il nostro Oscar, oltre ogni aspettativa. Ma non finisce qui perché gli ingegneri e i designer sono già all'opera per studiare l'evoluzione della Resolution. Il prossimo anno vedrà nascere la versione numero 6 e, scommessa che appare facile adesso, potrebbe essere la prossima vincitrice dei nostri Oscar 2015.
AD... ADIDAS
Da quest'anno Adidas ha cominciato una collaborazione con Advanced Distribution, che già si occupa in Italia del marchio Prince, per avere una maggior presenza nei negozi specializzati di tennis. Una partnership che dovrebbe consentire al marchio tedesco di conquistare ulteriori fette di mercato.
ONLY THE TOP
A differenza di quanto accade in tutti gli altri settori, compreso l'abbigliamento, la conferma che produrre un paio di scarpe performanti sia affare piuttosto complicato è data dall'assenza di piccoli marchi. I costi di studio, ricerca e realizzazione sono talmente alti che diventano proibitivi se alle spalle non vi è un'azienda di grosse dimensioni. La scelta si riduce quindi ai soli marchi più prestigiosi ma che sono garanzia di qualità, vista la notevole importanza del prodotto che deve assicurare protezione e comfort ai piedi e, di conseguenza, a tutto il corpo.
LA cLAssificA / ToP 10 1. Asics Gel Resolution 5
219 punti
2. Asics Gel Solution Speed 2
164 punti
3. Nike Zoom Vapor 9.5 Tour
62 punti
4. Babolat Propulse 4
54 punti
5. Lotto raptor Ultra Speed
45 punti
6. K-swiss Big shot ii
31 punti
7. Nike Lunar Ballistec
28 punti
8. Wilson rush Pro
28 punti
9. Nike Air Max cage
22 punti
10. Yonex SHT Pro
22 punti 49
2014
2014
c o r de OScAr
BABOLAT rPM Blast
I
l settore corde è certamente quello più variegato e complicato. Hanno ricevuto almeno un voto 16 marchi diversi e ben 40 modelli totali, sette in più del settore racchette. Alla fine però, comandano sempre loro due, la Babolat RPM Blast e la Luxilon Alu Power. E, non ci stancheremo di ripeterlo, è un vero peccato. Perché? Semplicemente perché parliamo di due corde monofilamento, adatte soprattutto a giocatori agonisti che spingono forte e con grandi rotazioni, mentre sempre più spesso finiscono su racchette destinate a giocatori di club che si lasciano ammaliare dal fatto che le utilizzano i grandi campioni. E poi arrivano i problemi al braccio e al gomito perché non si ha la pazienza, la cultura e talvolta i denari, per cambiarle spesso, come occorrerebbe fare con armeggi di questo genere. Però i risultati parlano chiaro: insieme hanno raccolto il 36% dei voti, oltre un terzo del totale, relegando le altre corde al ruolo di comparse. La RPM Blast ha avuto il merito di finire sulle racchette di tanti fuoriclasse, non sempre disposti a cambiare corda dopo anni in cui si sono affidati ad altri modelli. Invece, nonostante sia relativamente poco che le RPM Blast sono sul mercato, hanno conquistato tanti professionisti, a partire da Rafa Nadal, che non ha mai amato le corde particolarmente sensibili ma che si è presto adattato a questa soluzione per trovare un pizzico di maggior profondità dei colpi e rapidità nell'uscita della palla rispetto a ciò che usava precedentemente (una corda Babolat che un comune mortale non avrebbe mai potuto montare). Preoccupato di perdere controllo, in realtà ha trovato solo benefici e non si è più allontanato da tale scelta. Non sorprende invece che l'Alu Power sia al secondo posto. Anzi, al massimo la sorpresa è che non riesca a risalire al primo (potere di Nadal). Si tratta del monofilamento che ha spopolato in questi anni, benché pare che quello che si produceva una volta in Belgio e che derivava dai filamenti medicali, fosse ben altra cosa. Tuttavia, resta una super corda per chi cerca prestazioni ottimali appena montate, salvo poi ricordarsi di cambiarle (come tutti i monofili) appena perde le sue caratteristiche, fatto che potrebbe accadere dopo 6-8 ore di gioco a seconda del livello di gioco. Dopotutto, se i professionisti le tagliano anche dopo il singolo allenamento, ci sarà pure un motivo (e nonostante nei tornei pro la manodopera non costi 6-8 euro come in negozio, ma sopra i 20).
Detto quindi che RPM e Alu Power comandano senza rivali, dietro è vera bagarre. Sorprende trovare al terzo posto la Head Sonic Pro che l'anno scorso finì appena appena dentro la top 10. Una notizia confortante per Head che ha sempre prodotto racchette di eccellente qualità ma che nel settore corde faticava parecchio. Ora invece la Sonic, e la nuova Hawk che ha chiuso al settimo posto, offrono una dimensione sicuramente più corretta per una delle aziende leader nell'attrezzatura. Al quarto posto la prima corda Tecnifibre, marchio specializzato in questo settore e che trarrebbe particolare vantaggio da una campagna che ricordi come il giocatore di club (anche quello agonista) dovrebbe utilizzare corde più morbide e sensibili, cioé quelle multifilamento. E, in questo particolare spicchio di mercato, Tecnifibre ha certamente il prodotto più performante. Almeno insieme alla Babolat Xcel che, non a caso, si è piazzata al quinto posto, davanti a tanti altri blasonati monofili. A questo proprosito, è da sottolineare come sia mezzo sparito il Luxilon 4G, lanciato in grande stile l'anno scorso ma che non ha riscosso il successo sperato, sia perché piuttosto rigido sia per i costi per nulla indifferenti. Quest'anno è finito addirittura undicesimo nei nostri Oscar. Chi invece è riuscito a stare nella top 10, anche se per il rotto della cuffia, è il budello VS Touch della Babolat, tecnicamente la miglior corda del mondo. Spiace notare la quai totale assenza di incordature ibride (anche se molti tendono a realizzarlo con due spezzoni di marchi diversi e quindi venduti separatamente). A tal proprosito, basti pensare che ha ricevuto una sola nomination il Champions Choice della Wilson, budello e Alu Power, la corda di Roger Federer. Chissà, forse è solo questione di comunicazione perché la logica è ottimale e tanti (tanti) professionisti sono ormai passati a questa soluzione. Infine, una lunga serie di marchi minori ma che producono corde di ottimo livello. Dalla Solinco Tour Bite che ha nuovamente trovato spazio nella top 10 alla Starburn, dalla BowBrand alla MSV, dalla Signum Pro all'italianissima Double Ar di Roberto Rossetti. A dimostrazione che c'è voglia di testare sempre qualcosa di nuovo, che il mercato è in totale fermento e che c'è spazio anche per nuovi brand. Perché, piano piano, anche il consumatore finale si sta accorgendo che la corda è davvero il motore della racchetta e che quindi va scelta con particolare cura.
comandano sempre i soliti due monofili, Babolat RPM Blast e Luxilon Alu Power. Mezzo sparito il Luxilon 4G, sono stati nominati ben 40 modelli differenti. segnale che il settore tira 50
LA cLAssificA / ToP 10 1. Babolat RPM Blast
167 punti
2. Luxilon Alu Power
114 punti
3.Head Sonic Pro
58 punti
4. Tecnifibre X-One Biphase
45 punti
5.Babolat Xcel
43 punti
6. Tecnifibre Black code
38 punti
7. Head Hawk
28 punti
8. Babaolt Pro Hurricane Tour
27 punti
9. Solinco Tour Bite
26 punti
10. Babolat VS Touch
22 punti 51
2014
2014 abbigliamento OScAr
NIKE
S
i ripete spesso che il settore dell'abbigliamento tennistico (e sportivo in generale) è dominato dalle due super potenze, Nike e Adidas. I nostri Oscar hanno confermato questa tendenza visto che i due colossi hanno totalizzato insieme il 43% dei punti, su un totale di ben 18 marchi che hanno ricevuto almeno una nomination. A differenza dell'anno scorso però, quando Nike dominò a tal punto che sostanzialmente doppiò i punti realizzati da Adidas, questa volta c'è stata battaglia fino in fondo, anche se alla fine l'ha spuntata comunque Nike ma con un vantaggio ridotto sotto i sette punti percentuali. Il fatto che vi sia un dominio così netto e incontrastato è ancora più indicativo per il fatto che comunque il tennis non rappresenta per entrambi i marchi uno dei focus principali, visto che calcio e running spopolano e raccolgono la maggior parte degli investimenti. Nike sfrutta una parterre di testimonial che non ha eguali, a partire dalla coppia formata da Roger Federer e Rafael Nadal, per continuare con quello che promette di diventare il futuro numero uno, cioè Grigor Dimitrov. In campo femminile, stessa logica, con Serena Williams e Maria Sharapova come maggiori ambassador ma anche una testimonial chiave come Na Li che ha aperto il mercato cinese. Importante a tal punto che è l'unica testimonial (sia in campo femminile sia in quello maschile) a cui Nike concede di mettere dei patch sulla maglia da gioco. Da quando poi ha vinto il suo primo Slam a Roland Garros, doppiato dal successo australiano dello scorso gennaio, Na Li è diventata un veicolo fondamentale in Cina e che trascende il settore tennis. La stessa Adidas comunque si difende bene a livello di testimonial (che nell'abbigliamento può fare la differenza) con Andy Murray, Jo-Wilfried Tsonga e Ana Ivanovic (quest'ultima è, insieme alla Sharapova, la miglior testimonial possibile in campo femminile), oltre a top atleti italiani come Fabio Fognini e Flavia Pennetta, la nuova coppia del tennis internazionale. Ma soprattutto, l'accordo con Advanced Distribution (che già in Italia si occupa di Prince e Tretorn nel mondo del tennis) garantirà sicuramente una miglior presenza nei punti vendita specializzati, portando direttamente al consumatore finale un prodotto di livello molto alto, sia nell'abbigliamento, sia nelle calzature. Dietro, quelli che possiamo considerare due outsider: Babolat e Wilson. Già, due marchi che fino a qualche anno fa si occupavano solo di attrezzatura e che si sono buttati anche nell'abbigliamento perché hanno notato che si era creato un vuoto e che loro avrebbero potuto colmarlo. E così hanno
fatto. Certo, sorprende comunque che siano davanti a brand tipici di abbigliamento come Lotto (che è in forte ricrescita, grazie anche ad una politica di prezzi piuttosto aggressiva) o Asics (che fatica ad arrivare al vertice, soprattutto se consideriamo quanto è performante nelle scarpe) Senza contare che se c'è una lamentela da parte dei negozianti nei confronti di questi marchi è proprio relativa all'abbigliamento perché ancora troppo spesso non sono organizzati a sufficienza nelle consegne. Questione di esperienza. Nonostante questi limiti, riescono a tenersi alle spalle i brand sopra citati, compresa quell'Australian che, a dispetto del nome, rappresenta un bellissimo esempio di made in Italy. Storicamente apprezzata da chi ama il classico, Australian ha inserito dei prodotti molto giovanili per aumentare la propria fetta di potenziali utenti. Resta invece staccata Head, solo all'ottavo posto, mentre fa rabbia vedere relegata Lacoste ai margini della top 10. Non è certo una questione di qualità del prodotto e nemmeno di visibilità; semplicemente Lacoste in Italia è concentrata su polo e abbigliamento casual; nel momento in cui volesse puntare anche su quello che è lo sport tradizionalmente più legato al brand, potrebbe spopolare. Così come Under Armour, marchio nato come abbigliamento intimo molto tecnico (quelle maglie super aderenti che servono a proteggere da caldo o freddo, a seconda della stagione) e che anche nel settore performance più stiloso potrebbe recitare un ruolo importante. In attesa del ritorno in Italia di Sergio Tacchini, atteso in tempi non molto lunghi (dopo essere già tornata ad operare in altri paesi, soprattutto la Francia), vi sono altri brand che nel frattempo sono nati e cresciuti in Italia. Ne ricordiamo in particolare due: Higher di Niccolò Cotto, ex giocatore professionista che lavora tanto con i circoli. Per tutti è il brand con la manina (il logo è una mano stilizzata) e che con la politica dei piccoli passi si sta facendo strada; l'altro è Hydrogen Tennis, nato da una costola di Frank Jeans, azienda creata da un gruppo di imprenditori padovani che ha attirato l'attenzione di mister Hydrogen, il celebre marchio del tennis. Ebbene, il 2014 ha rappresentato l'anno del lancio vero e proprio, grazie a capi molto trendy e fashion (il teschio piace tantissimo) e all'utilizzo di testimonial importanti come Filippo Volandri, Simone Bolelli (che sta tornando su livelli significativi) e soprattutto quel Dustin Brown che non solo ha regalato un giocatore da top 100 ma anche un personaggio amato da tanti appassionati, anche in Italia. Il futuro è dunque (anche) made in Italy.
Nike e Adidas dominano il settore ma si affacciano anche nuovi brand italiani come Higher e Hydrogen Tennis, il celebre marchio col teschio indossato da simone Bolelli e Dustin Brown 52
LA cLAssificA / ToP 10 1. Nike
194 punti
2. Adidas
144 punti
3. Babolat
89 punti
4. Wilson
64 punti
5. Australian
62 punti
6. Lotto
60 punti
7. Asics
30 punti
8. Head
26 punti
9. Lacoste
26 punti
10. Under Armour
16 punti
53
PLAY SMART PLAYSIGHT UNA SOCIETÀ ISRAELIANA, ABITUATA AD ADDESTRARE I PILOTI DELL’AVIAZIONE MILITARE, HA CREATO IL PRIMO CAMPO “INTELLIGENTE”. CAPACE DI DIRTI TUTTO (MA PROPRIO TUTTO) SU QUELLO CHE ACCADE IN UNA PARTITA
DI LORENZO CAZZANIGA
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mmaginate di poter sapere a quale velocità avete tirato ciascun colpo durante una sessione di allenamento o una partita di torneo. E anche di poterne tracciare la direzione, il punto di impatto e valutare se la strategia di gioco che avete adottato è stata corretta. E ancora, pensate di poter estrarre da questa mole di dati, i video che mostrano fattivamente il vostro comportamento in campo. O anche solo di rivedere l’intero match e, se la prestazione è stata positiva, condividerla col mondo dei social network. Fantascienza? Non proprio. A realizzare questo sistema avveniristico, certamente la più avanzata tecnologia applicata al tennis, è una società israeliana con sede alle porte di Tel Aviv e un ufficio nel New Jersey, perché gli States sono il mercato primario quando si parla di queste cose. Il background è militare (guarda un po’...), come ci spiega Chen Shachar, uno dei tre fondatori di Playsight: «Il nostro background risale all’aviazione dell’esercito israeliano, ma abbiamo lavorato anche per altri paesi, compresa l’Italia. Ci occupavamo di software di simulazione molto sofisticati per preparare i piloti alle missioni. In un certo senso possiamo dire di esserci spostati dai campi di battaglia a quelli da tennis. Non siamo degli appassionati di tennis di vecchia data; anzi, tutto è successo quasi per caso: uno dei miei soci aveva la figlia di 9 anni che seguiva un corso di tennis e si è accorto che non aveva a disposizione nessuno strumento per valutare oggettivamente quello che succedeva in campo. Nessun dato, nessuna rilevazione. Solo l’opinione del maestro e le sue sensazioni. Da quel momento abbiamo deciso che c’era spazio per creare qualcosa di utile. Ci piaceva il fatto che si trattasse di uno sport individuale perché all’interno di un team, è complicato valutare l’efficacia del rendimento di un singolo atleta. E poi il tennis è complicato dal punto di vista tecnico e strategico: si dice che è come giocare a scacchi in movimento e avere dei dati che ti aiutano a capire quello che hai fatto o subìto, credo sia fondamentale per riuscire a migliorarsi». Per rendersi conto di quanto i data analytics siano importanti, basta farsi una passeggiata al parco. Tutti i runner che vedete, sia quelli più allenati sia quelli che vogliono solamente perdere un filo di pancetta, a fine sessione tirano fuori il loro smartphone e si scaricano i dati per sapere quanti chilometri hanno corso, a quale andatura, le calorie bruciate, e così via. In molti casi, sono strumenti che agiscono anche live, durante la prestazione, per avvertirti se qualcosa sta girando storto. Comunque sia, tutti vogliono conoscere i loro parametri e valutare oggettivamente la prestazione. Ebbene, nel tennis tutto ciò mancava. Ogni tanto, la televisione mostra statistiche interessanti di un match professionistico, ma il giocatore di club si è sempre dovuto accontentare di un’autovalutazione. Fino adesso. «Il Nike Plus o il miCoach di Adidas sono stati sicuramente un’ispirazione, ma volevamo qualcosa di più innovativo di un orologio che fornisce qualche informazione. Volevamo un programma da next generation ma che potesse essere utilizzato dai giocatori di ogni singolo club. Non come hawk-eye che lo trovi solo nei tornei professionistici. Perché sono i giocatori junior quelli che potrebbero sfruttare al meglio questa nostra tecnologia e migliorare il loro livello di gioco. Ecco perché abbiamo
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studiato un sistema di full analysis collegato con i social media». Ok, Chan, è tutto meraviglioso: ma come diavolo funziona? «Semplice: vengono applicate cinque telecamere al campo. Le quattro laterali sono quelle necessarie per avere un track di tutto ciò che accade in campo, mentre quella centrale ha la semplice funzione di registrare la partita. Sul campo viene predisposta una postazione con un monitor dove è possibile verificare il tutto in diretta. Un esempio? Beh, la classica discussione se una palla è dentro o fuori. Con Playsight, basta cliccare un pulsante e il sistema sputa fuori il verdetto». E qui sospettiamo che qualche socio di club abituato a chiamare a modo suo le palle dubbie, non amerebbe troppo giocare sullo smart court. «Ma questa è solo una chicca resa famosa dalla tv – continua Shachar -. Il lato più importante è quello tecnico perché c’è la possibilità di rilevare, per ogni singolo colpo, velocità e direzione. In un prossimo futuro, inserendo lo score potremo poi estrarre i dati a seconda della situazione di punteggio: vuoi sapere come giochi le palle break? No problem. O se tiri indietro il braccio quando vai sotto di un quindici? Eccoti servito. Ora per poterlo fare servirebbe una persona che si guarda un intero match e lo analizza personalmente punto per punto, quindi immetta i dati in un computer e infine disporre di un programma che analizzi i dati. Con Playsight si può fare tutto questo in automatico. E non solo a livello pro, ma in qualsiasi circolo». E a proposito di circolo, affascina quella che è stata ribattezzata la Lobby App. Generalmente, nel salottino della club house, viene piazzato un gran bel televisore dove poter seguire i tornei più importanti. Ebbene, quando non ci sono Federer, Nadal, Djokovic e gli altri fuoriclasse in campo, si può tranquillamente trasmettere in diretta il match che si sta disputando sullo smart court, comprensivo di statistiche. Vi immaginate poter “ammirare” i vostri amici impegnati nella battaglia della domenica direttamente dalla club house? O magari sul vostro computer, se si predispone il live streaming (in questo caso suggeriamo di non raccontare alla moglie che farete tardi perché oberati di lavoro). Ma, oltre alla curiosità del giocatore di club, lo stesso genitore potrebbe seguire il figlio senza dover stare per forza sul campo, alleviando la pressione sul ragazzo. E non è finita qui<: il maestro che imposta le sue esercitazioni, può estrarre poi una classifica tra i vari allievi: chi ha il servizio più veloce? E via di top 10. Chi gioca meglio il diritto in cross stretto? Uguale come sopra. Chiaramente stiamo parlando di un’evoluzione pazzesca nei metodi di allenamento, indispensabili per chi punta al livello agonistico, ma anche di forte stimolo per chi non ha il talento per emergere a livello professionistico ma vuole comunque provare a raggiungere il 100% del suo potenziale.
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Il concetto però è differente rispetto a quello che ha animato la Babolat Play ed è ancor più distante dai prodotti di rilevazione statistica dei dati di gioco di Sony e Zepp. La differenza principale, e assolutamete sostanziale, sono le telecamere che, oltre ad offrire una telemetria più precisa di velocità e traiettorie, consente di vedere quello che i dati suggeriscono. Senza bisogno di un operatore, senza bisogno di un supporto. Semplicemente con un click. Montare la struttura richiede tre ore e una connessione Internet che deve coprire il campo di gioco. Non si tratta chiaramente di semplici telecamere ma di attrezzatura ad alta definizione di ultima generazione. Tuttavia è un sistema semplice da usare come uno smartphonee può rappresentare una vera rivoluzione per coach, giocatori e genitori. «Si possono seguire live le lezioni dei figli (ma i maestri saranno validi alleati? n.d.r.) e verificare i loro progressi». Resta da capire un piccolo dettaglio: quanto costa la rivoluzione? L’hardware, cioè le telecamere, il monitor e tutti gli accessori annessi, costano 10.000 dollari per un’installazione indoor, fino a 12.500 per una all’aperto, che deve essere waterproof. Il software che gestisce i dati invece,
PLAYSIGHT: THE FILE Playsight è una società israeliana con sede in una piccola cittadina alle porte di Tel Aviv che ha lavorato per l’aviazione militare di Israele, addestrando i piloti alle missioni di guerra. Esperti di software, hanno creato il primo campo da tennis “intelligente”. Ma quali dati fornisce? INSTALLAZIONE Vengono applicate cinque telecamere: le quattro laterali servono per fornire tutti i dati relativamente al gioco in campo. La quinta, quella centrale, serve per ottener eil video della partita. Funziona facilmente indoor, mentr eoutdoor ha costi leggermente superiori perché il tutto deve essere waterproof.
prevede una licenza da 800 dollari al mese («Ma su quest’ultima è prevista una scontistica se si installano più campi Playsight, mentre il costo dell’hardware resta invariato perchè ci affidiamo a strutture esterne e lavoriamo già al costo» dice Shachar. In caso di malfunzionamento del sistema, lo staff Playsight interviene, quasi sempre da remoto, cioè da Tel Aviv, «tranne in casi molto rari di malfunzionamento o danneggiamento dell’hardware»). Il club ovviamente guadagna dal fatto che prenotare un’ora di tennis o di lezione su uno smart court garantisce un introito extra, come anche nel caso di organizzazione di tornei: «In New Jersey c’è un club che ne ha installati sette - racconta ancora Shachar -: ogni week-end ci sono un centinaio di ragazzi impegnati in competizione ed è praticamente impossibile
che loro, il coach o il genitore, non acquisti il video della partita con tutte le statistiche annesse. Quel club guadagna migliaia di dollari al mese, grazie a Playsight». Lo stesso Sven Groeneveld, già coach di Ana Ivanovic e Maria Sharapova, ne ha appena acquistati due per la sua accademia in Olanda, mentre un club svedese ha trovato perfino uno sport legato all’innovazione che ha contribuito ad ammortizzare l’investimento iniziale. La rivoluzione è appena cominciata: c’è solo da sperare che l’Italia non resti in fondo alla coda. TennisBest ha intervistato i fondatori di Playsight e si è confrontata con alcuni club che hanno già installato questa tecnologia. Tuttavia, si riserva alla fine di giugno di testare direttamente il campo al Queen’s Club di Londra. Troverete gli opportuni aggiornamenti sul nostro sito Internet TennisBest.com
VIDEO ANALYSIS La differenza rispetto ad altre tecnologie di data system, è la possibilità di avere i video di quanto successo in campo. Per ogni colpo giocato, sapremo a che velocità abbiamo colpito, la direzione, se la palla è rimasta in campo o meno. Potremo ricevere (e condividere sui social network) il video dell’intera partita o anche solo gli highlights (il computer verifica un colpo finito in campo che non è stato toccato dall’avversario o anche solo gli scambi più lunghi, gli ace, i doppi falli, eccetera eccetera). Un coach che non ha seguito il proprio allievo in torneo, opuò valutarne il rendimento osservando il video (che potrebbe anche essere trasmesso in live streaming) . OCCHIO DI FALCO Il sistema di telecamere permette di valutare in diretta, sullo schermo piazzato in campo, se una palla era dentor o fuori. E a qualcuno potrebbe anche non piacere...
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toni nadal @ziotoni
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Se avessi avuto la possibilitĂ di utilizzare la @babolatplay quando @RafaelNadal era ancora un ragazzino, avrebbe giocato ancora meglio #tennisconnected #tennisdata #supercoach Risposta 4.769 RETWEET
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11:24 AM - 05 May 14
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di LORENZO CAZZANIGA Quando un paio d'anni accettai l'invito di arrivare a Roland Garros con un certo anticipo per scoprire quella che all'epoca era stata annunciata come Babolat Play & Connect, mi azzardai a paragonarmi a John Landau che il 22 maggio del 1974 lanciò una delle previsioni più azzeccate scrivendo sul The Real Paper: «Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen». Con gli opportuni paragoni, quel giorno di maggio del 2012 sul campo Suzanne Lenglen di Parigi, pensavo di aver assistito ad un’esibizione che avrebbe cambiato il mondo del tennis. Ci sono voluti altri due anni di studi e sperimentazioni, ma alla fine quel sogno nato undici anni fa in Rue André Bollier a Lione, è diventato realtà. «È come passare da un film muto ad uno moderno» mi disse compiaciuto Eric Babolat. Il nome è stato asciugato in Babolat Play ma la sostanza è rimasta uguale: all’interno dell’impugnatura è stato inserito un sensore in grado di trasmettere una lunga serie di dati tecnici che aiutano a determinare le vostre capacità tecniche e, di conseguenza, a intervenire sui punti deboli. Con la differenza che non si tratta più di un’opinione soggettiva (vostra o del maestro a cui vi affidate) ma di precise rilevazioni che non ammettono repliche. Solo riflessioni e lavoro per migliorarvi, con un aspetto social che la rende ancor più appetibile. Ma andiamo con ordine. Chiediamo di ricevere la Play nuda e cruda, senza ricevere aiuti nella configurazione dell’applicazione, per capire quanto sia pratica. Scarichiamo sull’iPhone la app e, con il bluetooth, la facciamo parlare con la racchetta. Bastano pochi secondi e siamo pronti a testarla. Scambiamo quattro palle per evitare che il sensore registri anche il pittino di riscaldamento, quindi la accendiamo, per dirla alla Gerry Scotti. Il telaio è una comune Pure Drive GT, con inserti di color arancione, quello scelto dai designer Babolat per indicare i prodotti connected. Qualcuno di chi ci ha preceduto, dice che ha notato sottili differenze. Forse un filo suggestionati, ci pare di avvertire un impatto più secco (che peraltro determina un maggior controllo, sensazione tutt’altro che spiacevole) ma stiamo parlando di dettagli. Di sicuro
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La nuova Babolat Pure Drive Play e il suo partner preferito: l'iPhone, dove i dati viaggiano rapidissimi. Col sistema bluetooth è possibile attivare la racchette e scaricare i dati direttamente sul campo per analizzare la vostra tecnica e il vostro rendimento. Uno strumento utile sia per gli appassionati sia per i maestri di club e i coach pro
BABOLAT PURE DRIVE PLAY La nuova Babolat Pure Drive Play è disponibile nei negozi specializzati al prezzo di 399 euro con tutti gli accessori necessari. È possibile scaricare l'applicazione sia per i sistemi Apple sia per quelli Android. A fine stagione dovrebbero essere disponibili anche gli altri telai top di gamma dotati di questa tecnologia.
peso e bilanciamento restano inalteratI: la scheda madre pesa circa 20 grammi e sostituisce i 20 grammi di pesini che solitamente sono inseriti per equilibrare l’impugnatura. In questo sta la differenza con altri sistemi di questo genere: quello della Sony (che dovrebbe essere applicato alle racchette Yonex ma che rumors dicono possa pesare fino a 10 grammi e nel manico non sono pochi), o della Zepp, che arriva a 18 grammi e con un aggeggio da montare in fondo al manico che rende fastidiosa la presa. Il sensore dovrebbe registrare dati abbastanza elementari (quanti diritti, rovesci e servizi si è colpito) e altri decisamente più evoluti. In definitiva, sono tre le circostanze che mi interessano maggiormente. Il primo è l’impact locator. L’ovale della racchetta è stato suddiviso in cinque parti; quella centrale, il perfetto sweet spot e intorno altre quattro zone che indicano un impatto meno preciso. Il secondo
riguarda le rotazioni: finalmente saprò quante volte sono costretto a difendermi in back e se il top può davvero far male. Già, perché a determinarlo è un giroscopio che rileva quando il braccio colpisce un diritto e poi sale su verso l’alto. Un po’ alla Nadal, per intenderci. Si potrebbe obiettare che c’è chi riesce a dare una bella frustata in top utilizzando bene l’avanbraccio e chiudendo più verso il basso. Verissimo: è il limite del giroscopio. Diciamo che viene rilevata una forte rotazione: l’accenno di top spin, quello che poi sostanzialmente non fa male all’avversario, si trasformerà comunque in colpo piatto. Il terzo focus è dato (ovvio) dalla potenza, il dato a cui nessuno sa rinunciare. Ma come si può misurare l’esatta velocità della palla senza l’ausilio di telecamere che possono calcolare tempo e spazio? Hanno trovato un sistema semplice quanto ingegnoso. Hanno preso i loro testimonial top 20 al mondo (parliamo di Nadal, Tsonga, Fognini, eccetera) e
hanno rilevato i loro dati ai quali è stato dato un valore pari a 100. Il sensore potrà dunque paragonare la vostra velocità esecutiva con quella pre-determinata dei giocatori pro e fornire un dato in percentuale. In buona sostanza, quando la mia prima di servizio ha raggiunto un valore di 73, vuol dire che viaggia al 73% di quella di uno Tsonga (applausi, thanks). Dopo solo una mezz’oretta, la curiosità di conoscere i dati è troppo forte. Riprendo l’iPhone e col bluetooth scarico direttamente i dati sul cellulare (in dotazione c’è anche un cavetto che viene collegato al sensore da un piccolo plug posto nel tappo, per chi non è dotato di smartphone e vuol scaricare i dati sul computer). Il sistema mi chiede di scegliere tra sessione di allenamento e partita, se ho giocato indoor o all’aperto, su quale superficie e… il mio stato d’animo. Non sono dati obbligatori ma significativi se poi volete estrarre un
profilo storico più preciso. Lo accontento e finalmente la sincronizzazione sputa i dati sul mio palmare. Scopro che la mezz’oretta di gioco sono stati in realtà 21 minuti effettivi, che ho eseguito 246 colpi di cui 151 diritti, il 60% dei quali perfettamente nello sweet spot, il 29% verso la testa (e fin qui ci siamo), il restante 10 sparsi qui è là, ma comunque dove non si dovrebbe. Ho volutamente estremizzato il top spin e infatti ben oltre la metà dei miei diritti è rilevata con quella rotazione, mentre il back compare solo nel rovescio. Il tutto si traduce in un grafico, diventato il mio miglior amico del week-end: il pulse. Provo a scaricare… non funziona. Già, bisogna scaricare almeno due sessioni. Detto, fatto: torno in campo, questa volta per la miseria di 13 minuti , ai quali aggiungerò una terza sessione da 4 minuti e 24 servizi. E finalmente posso avere il mio Pulse. Il sistema riassume i vostri dati in tre valori: 1. la tecnica, data dalla precisione dell’impatto;
2. l’endurance, che dipende dal tempo e dal numero di colpi giocati; 3. la potenza. Viene poi calcolata una semplice media aritmetica: il vostro Pulse, appunto, che conteggia le ultime sei sessioni scaricate. È rappresentato da un grafico, una sorta di triangolo che visivamente vi permette di verificare se c’è equilibrio nei tre valori o se è il caso di lavorare su uno in particolare. Certo, non è un indicatore definitivo del vostro livello di gioco, ma ci si avvicina. Esco con un 63,20%. Mi pare perfino un buon risultato. Per scoprirlo clicco sul tasto community, giusto per vedere la mia posizione nel classifica mondiale della Babolat Play: 132° su oltre 2.000 iscritti. Non vale come quella ATP ma son sempre soddisfazioni. Chiaramente, davanti ad un risultato positivo, impossibile resistere alla tentazione di postarlo su Facebook e Twitter e condividerlo con gli amici (oh, in caso di prestazione negativa, potete anche mantenere il segreto di stato).
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Finita qui? Nemmeno per sogno. Se non vi accontentate de dati dell’ultima sessione, il computer crea dei grafici per verificare i progressi, le giornate storte e quelle più felici. Con le prossime evoluzioni, potrete entrare ancor più nel dettaglio e crearvi grafici a seconda della superficie di gioco, selezionando solo le performance in allenamento o in partita, e così via. Rispetto a quanto mi era stato mostrato due anni prima, sono state aggiunte nuove funzionalità ma è stata cancellata la verifica live. A Roland Garros ci avevano dotato di un tablet sul quale comparivano i dati colpo dopo colpo, in diretta. Volevi sapere quali colpi avevi giocato su una palla break? Bene, il coach/accompagnatore che stava sugli spalti poteva verificarlo. Era un punto molto discusso perché sostanzialmente era una nuova (e pericolosa) forma di coaching. Il giocatore non avrebbe diritto a parlare durante il match col suo allenatore, anche se è una regola tollerata, se non si esagera. Ora, la Federazione Internazionale si è adeguata ai tempi e ha introdotto una norma che consente di applicare (determinati) inserti tecnologici nella racchetta, ma evidentemente si è voluto porre dei limiti alle informazioni che coach e giocatore potrebbero trasmettersi durante una partita. Scelta saggia, prima di vedere stormi di genitori a bordo campo nei tornei giovanili che urlano al proprio figlio: “Non aver paura che l’ultimo diritto l’hai tirato solo al 43%!”. Sia lodata la tecnologia, a patto di poterne fare buon uso. Ma chi può trarre i maggiori benefici da questa tecnologia? Ma, onestamente bisognerebbe girare la domanda. Chiaro che per il veterano i risultati sono più oggetto di curiosità visto che è difficile cambiare gli aspetti del proprio gioco o della propria tecnica. Per il giocatore junior (e per il suo coach) è invece manna. Si possono scoprire i lati deboli, lavorarci e verificare i risultati. Funziona come stimolo all’allenamento e alla competizione, e soprattutto consente ad uno sport definito troppo tradizionale di adeguarsi ai nuovi strumenti social. Per i maestri è uno strumento fondamentale: l’applicazione sviluppa anche una funzione coach dove si possono inserire tutti i propri allievi e tenerli continuamente monitorati. A livello di club, il maestro non può seguire gli al-
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lievi in tutti i tornei che giocano, ma la Babolat Play gli consentirà di avere un tracciato tecnico di come si sono comportati in partita. E di valutare il rendimento nel corso dell’intera stagione. Spesso un maestro vede come gioca un allievo in allenamento o nelle partitelle al club; ora ha la possibilità di avere dei dati precisi di ciò che riesce a mettere in pratica in un torneo anche senza avere la possibilità di vederlo live. Ci sono anche dei limiti, va detto. Il sistema ci dice tutto di come abbiamo impattato la palla ma non… se è finita in campo o fuori. Nella mia sessione di 24 servizi, ho ottenuto un punteggio
molto alto, anche se ne avrò messi in campo non più del 40%. Quello è un aspetto che dovrete comunque verificare di persona. Già rileva i colpi al volo ma, fino alla prossima versione, non fornisce ancora nessun dato. Così come non sarà facile distinguere un diritto da un diritto al volo, anche se parliamo di colpi che in percentuale rappresentano meno dell’1% delle possibili esecuzioni. Il rischio per personalmente prevedo è quello del… Pulse. Chiaro che crescere in classifica (o all’interno della community che vi potete creare con gli amici) è stimolante, ma in assoluto non vuol dire che chi ha il pulse più alto è il giocatore più forte. L’aspetto più importante è la possibilità di verificare la vostra tecnica, il vostro modo di impattare la palla, le rotazioni che riuscite a imprimere, la regolarità e la costanza negli alle-
È possibile collegare la racchetta direttamente al computer tramite apposito cavetto offerto in dotazione, ma se disponete di uno smartphone, il sistema bluetooth è ancora più pratico. La batteria al litio è quasi eterna e il sensore può tenere in memoria fino a 150 sessioni. Una volta scaricata la sessione invece, resterà registrata per sempre nel vostro profilo. A quel punto potreste anche dare la racchetta ad un altro utente. Non è infatti escluso che un negoziante possa anche "affittare" la racchetta per singole sessioni a più giocatori
namenti, l’equilibrio tra i vari colpi (a questo proposito, se giocate una partita contro un amico sarebbe interessante verificare i suoi dati: quanti rovescio sono riuscito a farti colpire? Quanti back sei stato obbligato a giocare?). Il lato social è divertente (e utile se giocate contro qualcuno che conoscete poco) ma quello tecnico è ancora più utile. Per adesso la tecnologia Play è disponibile solo su Pure Drive e in alcuni negozi specializzati. Entro fine anno si allargherà la scelta anche agli altri modelli top. L’obiettivo è stato fissato all’anno 2020, quando tutte le racchette Babolat sfrutteranno questo sistema, compresi i telai junior. Piaccia o meno, viviamo in un mondo perennemente connesso. Ora, finalmente, anche sul campo da tennis.
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DELTA un nuovo TELAio pro kEnnEx A cuorE chiuso chE promETTE mErAvigLiE pEr gLi ovEr, grAziE AD un’usciTA Di pALLA pAzzEscA. A pATTo Di coLpirLA nELLo swEET spoT. testo di gianluca roveda
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uccede poche volte di uscire dall’ufficio di Mauro Monesi, titolare di Pro Kennex Italia, senza una novità tennistica da raccontare (potrebbe succedere anche se si parlasse di antiquariato, l’altra sua grande passione. Ma non è il caso di scriverne qui). Generalmente si finisce col discutere di grafite, di nuovi compositi, di aziende cinesi più o meno performanti nel produrre una palla o un telaio. Ultimamente è particolarmente concentrato sulle corde, consapevole che il business è notevole perché i ricarichi sono alti e gli spazi di manovra ancora ampi. E allora, giù a parlare di polipropilene o chissà quali altri materiali per trovare una soluzione ottimale, a prezzi concorrenziali. Il tutto fin quando butta lì: «Immagina poi se ci fosse una racchetta dove le quattro corde centrali, messe insieme, fossero 36 centimetri più lunghe». Gli accenni un sorriso, mentre ti domandi se al tennis e all’antiquariato, non abbia aggiunto una sana passione per il vino. Poi, con uno scatto, da sotto la scrivania, tira fuori una racchetta mai vista e, come niente fosse, ti dice: «Una racchetta come la Delta, per intenderci…». Inutile correre nei negozi: la Pro Kennex Delta non è ancora disponibile. Se le navi che arrivano da Taiwan saranno puntuali, dovrebbero essere consegnate nel mese di settembre. Si tratta di una racchetta a cuore chiuso (da cui il nome Delta) ma vuoto al suo interno, in modo che le corde possano muoversi in totale libertà. Le quattro centrali diventano più lunghe (di dieci centimetri le due esattamente centrali, di otto centimetri quelle a fianco) per consentire un’uscita di palla a velocità folle e una resa dello spin come mai prima. E, udite udite, una costruzione interna in legno, chiaramente ricoperto di grafite. Ma attenzione, non il legno della Pro Kennex Core, per capirci, ma frassino e acero, cioè quelli con cui venivano costruite le top racchette degli anni 70. Il non plus ultra: «Appena arrivata non ho resistito – racconta Monesi -: sono sceso in campo, io che la butto giusto di là, e poi l’ho data ai nostri agonisti, da Andrea Agazzi in giù, tutta gente di seconda categoria». Prima di capire il feedback, vale la pena dare qualche dato tecnico sul primo modello che sarà disponibile: 280 grammi e 33,5 di bilanciamento (non incordata), rigidità 77 (77!) e schema di incordatura 16x19, come è ormai (buona) consuetudine. Ma in campo come si comporta? Agazzi non l’ha più mollata, ma lui è un discorso a parte. Ultimo adepto del serve and volley, del chip and charge, del butta di là uno straccio e vai a rete, ama i telai particolari e ha una sensibilità fuori dal comune. «Quel che è certo però – dice fuori dai denti – è che la velocità di uscita della palla è pazzesca e l’ottima rigidità la mantiene stabile e quindi precisa nella traiettoria». E il servizio: «Madonna…» vien giù in coro. Per questa particolare costruzione, Pro Kennex si è affidata ad una fabbrica esterna, nonostante ne disponga di una tutta sua a Taiwan (che in altra epoca serviva a produrre racchette per diversi marchi) e sono tutti convinti che possa rappresentare un’alternativa importante alle racchette tradizionali. «Sono curioso di provare la versione da 300 grammi che stanno preparando, per avere un impatto ancora più solido. E guarda che il profilo è stretto, inferiore a quello della Q15» si affretta a specificare Monesi. Il quale però, sulla 280 grammi avanza anche qualche piccolo dubbio, quasi a voler fare l’avvocato del diavolo: «L’unico limite mi sembrano i colpi decentrati. Sarà per gli inserti in legno, ma se la colpisci fuori dallo sweet spot parte quel deeeng! che mi infastidisce. O meglio, è come se suonasse una campanella che ti avverte che hai colpito male la palla. E questo mi irrita! La 300 grammi avrà un suono all’impatto più sordo e credo che mi piacerà di più. Se invece colpisci spesso nello sweet spot, allora è una favola». Gusti personali. Quel che invece è già evidente, è che la rigidità è molto alta (generalmente si resta ben sotto i 70 punti, qui si sfiorano gli 80) con una ridotta capacità torsionale che favorisce la precisione della traiettoria. Se incordata con calibri sottili a 1.25 mm, le rotazioni sono invidiabili, anche se bisogna fare attenzione ai punti di impatto: scorrendo la corda oltre il normale, lo sweet spot ideale non è più al centro ma un filo più in basso, fatto per cui bisogna prenderci un po’ la mano. Non cambia nulla invece per chi deve incordarla: il sistema è semplice e lo spezzone da 12 metri basta e avanza per completarla.
ThE nExT
Ancora poche settimane e quindi si potrà testare un telaio che va ben oltre gli schemi tradizionali. Ma il mercato come reagirà: «Fare previsioni è difficile, soprattutto in Italia dove siamo ancora molto legati ai telai tradizionali e non sempre riusciamo ad adattarci a qualcosa di più performante ma di più particolare - dice Monesi -. Nella forma poi, più che nella sostanza. Anche se, impugnandola ad occhi chiusi, non capiresti mai di avere in mano un attrezzo a cuore chiuso. E comunque, hai presente la nostra Q30? – conclude Monesi, mostrando il padellone più grande di casa Kennex – Ecco, quest’anno ne abbiamo vendute oltre 600 agli over 55. Gente che urlava: ‘Quando sarà costretto a usare quella cosa, smetterò di giocare!’. Un anno dopo facevano la fila. Quando penso ai primi modelli Delta, mi vengono in mente loro. E poi chissà, se funziona…”.
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Le prime immagini scattate alla nuova Pro Kennex Delta a cuore chiuso: 280 grammi di peso e 33,5 centimetri di bilanciamento (non incordata), valore 77 di rigidità e schema da 16x19
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et test Anche nel 2014 sono stati tanti i nuovi modelli di racchette che sono usciti sul mercato. Ne abbiamo testati sette che ci hanno particolarmente colpito: dalla Pure Strike 16x19 alla V Core Tour G, passando per la Classic Graphite 100, la Blade 98S, la QTour 16x19 e le Radical e Prestige Pro
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L’idea degli ingegneri Babolat era di fare un bel mix tra il profilo arrotondato della Pure Drive e quello squadrato tipico delle racchette agonistiche tradizionali. Il modello più interessante dei quattro proposti è questa versione da 305 grammi (senza corde) e con schema 16x19. Il primo responso è che lo schema 18x20 è ormai obsoleto, una scelta ostinata di qualche agonistica vecchia maniera, incapace di adattarsi a quanto di meglio può offrire un 16x19 (soprattutto se, come questo, è abbastanza denso al centro da favorire comunque il controllo, soprattutto della botta piatta). Rispetto alla versione 18x20, la palla esce decisamente più facile, senza troppo perdere in controllo. Il telaio esalta la botta piatta, ma permette di trovare angoli interessanti anche con le rotazioni. I colpi decentrati vengono perdonati di più, rispetto alle versioni Tour e 18x20, benché non sia un punto di forza. Dove rispetto agli altri modelli perde un pochino è in stabilità, soprattutto nei recuperi o quando si colpisce tardi. Ideale è il giocatore a tutto campo che usa le rotazioni con intelligenza ma senza esasperazioni, che ama spingere dal fondo ma anche concludere a rete, che varia molto il servizio e gioca di offesa e poco di difesa. Strike First è lo slogan coniato e scritto su misura, perché la manovrabilità aiuta a colpire d'incontro, sfruttando la velocità della palla avversaria, in modo da prendere per primi l'iniziativa dello scambio. Una racchetta che completa la gamma Babolat, già coperta nel settore giocatori-agonisti-moderni-e-arrotini con i modelli Pure Drive e Aeropro Drive, e che ora con la linea Strike (e la Control) può accontentare anche i giocatori dallo stile più classico.
PURE STRIKE 16X19
Test BABOLAT A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore che ama colpire forte e d'anticipo sfruttando la velocità del colpo avversario, che ama spingere dal fondo, sfruttando le rotazioni ma soprattutto la botta piatta. E che cerca un attrezzo decisamente manovrabile.
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PAOLO, 24 ANNI CLASSIFICA 3.2 Bella ma preferisco ancora la versione Tour: visto che il braccio è allenato a spingere, la Tour mi offre maggior sostegno e controllo, sia quando devo spingere, sia quando voglio solo bloccare la palla. Direi che però, sotto la terza categoria, è preferibile utilizzare la 16x19.
LORENZO, 42 ANNI CLASSIFICA 3.5
Decisamente la migliore della famiglia Strike: si spinge con buon agio, soprattutto quando si decide di picchiare duro, senza indugio. Ottimo comfort e manovrabilità, si può giocare a tutto campo. Si avverte una sensibilità non eccessiva, che farebbe comodo per chi ama variare il gioco. Ma se siete un arrotino da fondo, non lascerete la vostra Pure Drive.
LA CORDA GIUSTA. Il monofilo aiuta nel controllo quando si spinge tanto (a patto di poterlo cambiare abbastanza spesso perché perde in fretta le sue caratteristiche). Se volete ancora maggior spinta e soprattutto più sensibilità, optate per un ibrido budello+monofilo. Non tenete tensioni troppo alte su un telaio abbastanza flessibile.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Aspettavo la 16x19 da quando ho testato la Tour, che mi pareva troppo pesante. Infatti con la 16x19 la palla mi esce più facilmente e riesco a picchiare anche per tre set, tre volte la settimana, senza avvertire fastidi o cali di rendimento. La botta piatta è il colpo che esalta maggiormente, meno le rotazioni, soprattutto il top.
FLAvIO, 16 ANNI CLASSIFICA 4.1
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: 67 profilo: 21-23-21 mm peso: 318 grammi bilanciamento: 32,5 cm inerzia: 333 corde: 16 x 19
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Andy Murray è il testimonial principale di un attrezzo che utilizza (nelle sue varie evoluzioni) da diversi anni e che sembra studiato su misura per esaltare le sue caratteristiche tecniche.
Non ha difetti, ed è è già una bella qualità. Probabilmente è il miglior compromesso del mercato tra racchetta agonistica tradizionale (sezione squadrata, peso importante, gran controllo ma scarsa potenza e impatto molto secco) e tubolare (gran potenza e rotazioni ma controllo così così). Si spinge con agio e un ottimo (ottimo) compromesso col controllo. Sorprende la facilità con la quale si trova profondità e si riesce a far girare la palla. Certo, le tubolari spingono ancora di più e con maggior spin, ma quello che si guadagna in termini di controllo e sensibilità, compensa perfettamente. L’utente ideale è l’agonista giovane o l’adulto che fatica con le racchette agonistiche tradizionali e non trova precisione e feeling con le tubolari. Una racchetta super azzeccata: che sia il graphene o meno, ma unisce comfort e agonismo. Niente male.
gRAPHENE RADICAL PRO
Test HEAD A CHI LA CONSIGLIAMO A giocatori agonisti che cercano una racchetta molto versatile, con la quale si può picchiare in sicurezza ma che offre anche un’ottima uscita di palla e una viva sensibilità.
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Fantastica: quando picchi, la palla esce veloce, ma senza la sgradevole sensazione di non sapere dove finirà. Il compromesso potenzacontrollo è pazzesco. E poi è confortevole, considerando la media dei telai agonistici. Sembra fatta apposta per i piccoli Murray: picchi, controlli, arroti, giochi di tocco: insomma è l'ideale per un giocatore a tutto campo.
Molto bella: non avessero inventato le tubolari che mi danno ancora maggior spinta e rotazioni, non avrei avuto dubbi. Anzi, qualche dubbio me lo crea in ogni caso perché si “sente” la palla che è una meraviglia. Mix potenza-controllo azzeccatissimo: si serve bene, si picchia da fondo ma aiuta anche nei recuperi e la manovri senza problemi sotto rete.
La palla esce più facile del previsto, sicuramente con maggior velocità e agio rispetto alla versione precedente. Da fondo si spinge con gran controllo e ottime rotazioni, per ottenere un giusto mix tra potenza, controllo e maneggevolezza. Se si azzecca il set-up con le corde, è una bomba.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
GIOvANNI, 27 ANNI CLASSIFICA 3.4
FRANCESCO, 37 ANNI CLASSIFICA 3.3
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: 68 profilo: 20,5-23,5-21,5 mm peso: 326 grammi bilanciamento: 32,4 cm inerzia: 327 corde: 16x19
LORENZO, 42 ANNI CLASSIFICA 3.5
LA CORDA IDEALE: l’agonista puro può affidarsi al monofilo (a patto di cambiarlo con una certa frequenza) o all’incordatura ibrida, che esalta la versatilità dell’attrezzo. Meglio però non salire troppo con la tensione: perché il controllo è già molto buono.
on court
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gRAPHENE PRESTIgE PRO
HEAD
Il croato Marin Cilic, che sta cercando di rientrare ai vertici della classifica mondiale, è il testimonial principale della linea Prestige.
La differenza sta nel Graphene, materiale leggero quanto resistente che permette di redistirbuire meglio i pesi. Tradotto su questa Prestige, una maggior facilità nel generare potenza, senza perdere quella precisione che è i segno distintivo del telaio. Peso importante, come per i veri telai agonistici, la manovrabilità è sorprendente e permette di spingere con discreto agio, a patto che il braccio supporti. Il controllo è la qualità principale, con la grande stabilità che consente di sbracciare senza preoccuparsi di finire lunghi. Il servizio è una bomba, i colpi di tocco sono ben assecondati. Ideale per attaccanti piuttosto che difensori, se il top spin è la vostra religione, allora meglio rivolgersi altrove, perché qui è la botta piatta che viene esaltata.
Test A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore completo a tutto campo, che cerca controllo e precisione, che ama colpire piatto ma con maggior manovrabilità e comfort rispetto ad una Prestige vecchia maniera.
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Si manovra meglio di quanto si possa immaginare ma resta pur sempre un attrezzo pesante, dal profilo sottile e impatto abbastanza secco, quindi bisogna essere buoni agonisti e anche allenati. Precisione e controllo sulla botta piatta sono eccelsi, le rotazioni esasperate da evitare. Comunque provatela per tre set per capire se il braccio la supporta anche alla distanza.
Bella, la migliore nella gamma Prestige attuale perché offre il top del compromesso tra controllo e precisione (che sono di default se ti chiami Prestige) e la facilità di spinta. Non è un muro e, anche se il braccio ci deve dar dentro, la manovrabilità è più che soddisfacente, come anche il comfort, considerando il telaio così agonistico. Occhio al set up con le corde.
Bei ricordi, quando il braccio sosteneva certe racchette. Comunque più manovrabile e duttile delle vecchie Prestige, è chiaro che la può usare chi chiede tre cose: controllo, precisione e feeling. Se preferite il top spin o la difesa, non ci siamo. Il servizio è micidiale, la botta piatta di grande controllo, ma l'impatto secco deve essere supportato da un braccio allenato.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
LUCA, 47 ANNI CLASSIFICA 4.1
CARLO, 28 ANNI CLASSIFICA 3.1
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: 63 profilo: 22 mm costante peso: 332 grammi bilanciamento: 33 cm inerzia: 338 corde: 16 x 19
LORENZO, 42 ANNI CLASSIFICA 3.5
LA CORDA IDEALE: il grafene (nella foto) aiuta a redistribuire meglio i pesi e quindi si picchia con maggior agio e manovrabilità. Tuttavia, la Prestige è pur sempre una racchetta agonistica e di gran controllo: quindi, monofilo solo per ottimi agonisti, altrimenti una bell'ibrido per mantenere i migliori compromessi, con tensione non superiore ai 24 kg.
on court
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CLASSIC gRAPHITE 100
PRINCE
Che dire della nuova Prince Classic Graphite 100, POG per gli aficionados? È come avere di nuovo tra noi una vecchia amica, magari un po’ liftata, ma ancora più bella. Nera lucida, con fregi verde scuro e oro, di per se è un attrezzo magnifico, talmente bella che verrebbe voglia di appenderla al muro, come un trofeo prezioso. Ma sarebbe uno spreco. Il telaio è moderno, valido, non difficile, invecchiato come un buonissimo rosso e pastoso come un morbido cantuccio. Proprio sul bilanciamento, le case hanno fatto passi da gigante: l’attrezzo è talmente ben bilanciato da risultare utilizzabile da ogni braccio, anche da quelli incerti o meno allenati. Se colpita in sweet spot (molto ampio), la palla fila via che è un piacere, specialmente se colpita di piatto o con un leggero spin. Non è, va detto, un attrezzo che piacerà agli amanti delle Pure Drive e compagnia cantante: non è fatta per lo spin estremo ma se sapete giocare a tennis, è la racchetta che fa per voi. La botta piatta è ficcante e molto, molto precisa: colpita con un po’ di mano, la palla sembra depositarsi dove vogliamo noi; il back è facile e la palla fischia via veloce, senza fatica. Per tutti gli amanti del grande feeling, ma ormai impossibilitati a manovrare una Prestige o una Pro Staff, la POG 100 è la soluzione ideale. Il contrattaccante trova peso e inerzia per giocarsela senza fare troppa fatica, il toccatore la mette lì di giustezza. Il picchiatore (corda permettendo) può iniziare un forcing senza fine. Se poi siete amanti del serve and volley, allora... aspettate un secondo: stiamo telefonando a Pat Rafter per consigliargli l’attrezzo. Sotto rete si muove con estrema agilità, i cambi di direzione sono facili, il tocco leggero. Al servizio è un attrezzo versatile: il kick va via facile, lo slice a uscire è mortifero, la botta piatta precisa. Ed è una meraviglia anche la versione da 107 pollici.
Test
Giocatori agonisti (di buon livello e con braccio ben allenato) dallo stile classico, fatto di colpi piatti, back, servizi slice e una certa attitudine al gioco di rete. Ideale per giocatori d’offesa, più che di difesa. Astenersi arrotomani.
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Gioco d’attacco, sempre: superfici veloci, serve & volley se l’avversario risponde male e avanti ogni volta che posso. Lo slice d’attacco è musica: una goduria. E una volta a rete, se mi passi… chapeau! Ma se ci arrivo, posso spingere la volée con facilità, trovare secchezza e precisione, oppure toccarla di fino. Insomma, se la tocco, a rete faccio punto.
Una meraviglia: per chi ama i Gesti Bianchi, colpi piatti e di tocco più che sbracciate e rotazioni, è una vera manna. Il bilanciamento è perfetto, anche per chi non è un seconda categoria e la si manovra alla grande ovunque. Ideale per chi ama (ancora) il tennis in stile classico.
La palla esce facile: si sente bene l’impatto e si manovra bene a tutto campo, sia quando bisogna spingere sia quando basta appoggiarsi al colpo dell'avversario. Ottima sotto rete, slice, back e volèe sono notevoli. Certo, se vivete di top spin, le tubolari aiutano molto (ma molto) di più.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
MAURO, 30 ANNI CLASSIFICA 3.5
LUCA, 44 ANNI CLASSIFICA 4.2
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 62 profilo: 19 mm costante peso: 332 grammi bilanciamento: 32,5 cm inerzia: 321 corde: 16x18
LORENZO, 42 ANNI CLASSIFICA 3.5
LA CORDA IDEALE: sul set up, provate a sbizzarrirvi: il giocatore di tocco potrebbe osare addirittura un bel budello, quello più squattrinato un agile multifilo, gli all arounders un ibrido, l'agonista molto tosto il monofilo. Il piatto 100 consente anche tension abbastanza alte ma non consigliamo (quasi) mai di esagerare: 25 kg può essere un limite accettabile.
on court
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KENNEX
Andreas Seppi è il maggio testimonial di Pro Kennex. Utilizza una QTour… piuttosto pesante! Per questo è stata creata una linea di telai che hanno caratteristiche simili ma con un peso gestibile anche da un giocatore di club di buon livello.
Versatilità: è la qualità migliore di questa racchetta da 98 pollici quadrati con schema di incordatura aperto da 16x19 (e che siano banditi i telai 18x20!) che consente di ottenere buona spinta e facilità nelle rotazioni. Ottima la manovrabilità che aiuta il giocatore a tutto campo, quello che sa impattare d'incontro sfruttando la velocità del colpo avversario, ma anche di difendersi col back, quando necessario. Gli ingegneri Pro Kennex sono riusciti a trovare degli ottimi bilanciamenti, per cui si trova facilmente profondità, ma la racchetta è sufficientemente stabile da garantire sufficiente precisione. Considerando che si può muoverla velocemente e che quindi il servizio esce alla grande (anche la seconda in kick offre buone sensazioni) e che al volo si difende piuttosto bene, è chiaro che il giocatore completo a tutto campo la può sfruttare meglio dell'arrotino puro. Il Kinetic resta il miglior sistema antivibrazioni mai inserito in una racchetta: migliora il comfort, e soprattutto la salute, del braccio.
QTOUR 16X19
Test PRO A CHI LA CONSIGLIAMO Giocatori di club con una certa tendenza all'agonismo (o giovani che stanno crescendo) che cercano una racchetta versatile che consente di fare tutto piuttosto bene e che offre ottima manovrabilità e comfort. Astenersi rozzi picchiatori arrotini.
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PAOLO, 47 ANNI CLASSIFICA 4.2 Finalmente una racchetta che possiamo definire agonistica in tante sue caratteristiche ma senza essere obbligati a manovrare un badile da 330 grammi e passa. La 295 si muove con grande agio: ottima al servizio, perfetta sotto rete, ci si appoggia benissimo ai colpi avversari sfruttandone la velocità senza far troppa fatica. Poi, se sono particolarmente allenato, basta metterci qualche pesino verso la testa…
LORENZO, 4.1 ANNI CLASSIFICA 3.5
Dieci anni fa l'avrei schifata: una 295 grammi a me? Datemi la "Seppi" vera e propria o non se ne parla nemmeno. Ora capisci che certi pesi fatichi a gestirli e scendere aiuta in fase di spinta e comfort di gioco. Lo schema 16x19 non ammette discussioni e deve decretare la scomparsa dell'anacronistico 18x20 che dovrebbe essere concesso solo a pochi semi professionisti.
LA CORDA IDEALE: l'agonista può utilizzare un monofilo (a patto di cambiarlo spesso), mentre chi cerca maggior spinta e sensibilità deve affidarsi ad un multifilamento o (soluzione che suggeriamo) un bell'ibrido, studiato per mantenere i giusti compromessi.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Quando sei in piena crescita tecnica (come il sottoscritto, modestamente!), non è facile trovare l'attrezzo giusto. Questa PK è perfetta perché eseguo gesti classici e mi permette di muoverla con grande facilità. Mi sembra un giusto "attrezzo di passaggio" verso un telaio più pesante e agonistico, se mi completerò tecnicamente e il braccio supporterà a dovere.
TIZIANO, 19 ANNI CLASSIFICA 4.3
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: 57 profilo: 19 mm costante peso: 310 grammi bilanciamento: 32,8 cm inerzia: 318 corde: 16 x 19
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Lo Spin Effect è una tecnologia che Wilson ha introdotto sul mercato l'anno scorso: in sostanza, è stato ribaltato lo schema di incordatura, con meno corde orizzontali rispetto alle verticali, per generare (soprattutto) maggiori rotazioni. Fra tutte, il telaio Spin di maggior successo è questa Blade 98S che, rispetto alla Blade tradizionale, offre maggiori possibilità di spin e comfort all'impatto. Certo, essendo più leggera si migliora in manovrabilità e in facilità esecutiva ma si perde qualcosa in termini di stabilità (e per l'agonista puro di ottimo livello, quel qualcosa non è poca cosa). Però l'adattamento è più semplice e rapido. In sostanza, è più facile da manovrare e questo aiuta nei colpi di inizio gioco e chi cerca di giocare in velocità, appoggiandosi spesso al colpo avversario. Per quanto riguarda la spinta, se il braccio supporta il peso, la Blade tradizionale offre maggior potenza; in caso contrario, con la BladeS si riesce a trovar profondità senza eccessiva fatica e senza dover ricorrere ad una tubolare. Chiaro che la precisione non è massimale, o meglio serve un filo di adattamento perché l'angolo di incidenza all'impatto è diverso rispetto al solito. Infatti, la prima sensazione di chi non si adatta a questo genere di incordatura è «che non capisco dove tiro»: non esattamente un dettaglio ma problemi tipici quando si cambia una variabile importante come lo schema di incordatura. In compenso, servizio, risposta d'incontro e volée, viaggiano alla grande e l'estremizzazione dello spin consente di variare tanto gli schemi. Volendo riassumere, per i nostri tester la Blade 98S pare una via di mezzo tra la classica Blade 98 e la Six.One Team, il modello creato per giocatori agonisti di livello non eccelso o per giovani in crescita. La sensazione è che, se non ci si abitua, non se ne vuol nemmeno sentir parlare; in caso contrario, diverrà la vostra miglior compagna.
BLX BLADE 98S
Test WILSON A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore che vuole un telaio (abbastanza) agonistico con una viva attitudine alle rotazioni. Ideale per chi ama variare mlto gli schemi.
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FRANCESCO, 27 ANNI CLASSIFICA 4.3 All'inizio ero un po' perplesso dall'inversione dello schema di incordatura, ma in realtà suppongo che tanti nemmeno lo noterebbero giocando! Perdita di precisione? Mah, avercela, la precisione! Meglio ottenere un po' più di profondità e soprattutto di facilità di gioco. E poi il back di rovescio esce che è una favola e col servizio riesco ad alternare la botta piatta a tutti gli effetti.
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 4.1
Non male perché la palla esce ancora meglio e con maggior rotazione rispetto alla Blade normale. Certo, chi usa racchette di questo tipo, generalmente non cerca eccessivo spin ma massima precisione, che qui si perde un pochino perché l'angolo di uscita della palla è differente. Però trovare viva profondità è manna.
LA CORDA IDEALE: una corda di grosso calibro aiuta nel controllo ma così si eliminano i vantaggi dello Spin Effect. Provate la stessa corda di sempre: dovreste però notare un miglioramento di spinta e rotazioni. Poi potete lavorare sulle tensioni per trovare il set up migliore.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Ho sempre usato telai molto tradizionali e pesanti e non mi sono mai abituato alle tubolari, pur non giocando certo di potenza. Però adoro avere il feeling giusto e assoluta precisione quando mi difendo: questione di abitudine. Beh, con questo telaio ho mantenuto (quasi) lo stesso controllo ma la palla esce più facilmente. Subito adottato.
SILvIO, 49 ANNI CLASSIFICA 3.5
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: 63 profilo: 21,5 mm costante peso: 312 grammi bilanciamento: 34 cm inerzia: 321 corde: 18x16
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Stanislas Wawrinka è il testimonial maschile di altissimo livello che mancava da qualche anno a Yonex. Il suo stile perfetto aiuta a evidenziare le qualità del telaio.
Stabilità e precisione: sono queste le caratteristiche che vengono esaltate da uno dei pohissimi telai da 97 pollici rimasti e dal peso piuttosto significativo (siamo sopra i 340 grammi incordata). Adatta (solo) a giocatori agonisti che sbracciano con potenza, si riesce a trovare velocità e rotazioni (a patto che il braccio aiuti). L'ovale è leggermente ridotto (ma non troppo) ma comunque è richiesta una certa precisione all'impatto. La botta piatta esce velocissima ma il plus è riuscire a imprimere anche rotazione, per ottenere entrambi i vantaggi. Insomma, sembra disegnata su misura per Stan Wawrinka. La tecnologia Neo CS Carbon Nanotube aiuta a ottenre flessibilità, senza perdere in precisione, anche grazie al sistema Micro Core che stabilizza l’ovale della racchetta a ore 10 e 2. Abbastanza sensibile, si può volleare con agio perché si "sente" bene la palla. Al servizio si riescono a combinare potenza a precisione, con una certa facilità di rotazione, soprattutto con lo slice. L'ennesima conferma della bontà dei telai made in Japan.
V CORE TOUR g
Test YONEX A CHI LA CONSIGLIAMO Solo a giocatori agonisti dal braccio molto allenato e che sanno spingere con grande precisione, sfruttando a dovere le rotazioni.
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FRANCO, 30 ANNI CLASSIFICA 4.1 Premessa: gioco Yonex da una vita e trattandosi di racchetta dalla forma particolare è difficile cambiare. La Xi 98 mi ha molto impressionato per la possibilità di variare il gioco, spingere quanto voglio ma senza risultare poco manovrabile nella fase difensiva. Ottimo il binomio potenza del servizio e controllo delle volée, fattore che aiuta molto in doppio.
LORENZO, 42 ANNI CLASSIFICA 3.5
La qualità dei materiali è indubbia, la si avverte sin dai primi impatti, secchi ma confortevoli, quello che desidera un giocatore agonista. Piace la versatilità, la possibilità di fare un po' tutto, anche di difendersi egregiamente o di spingere per tre ore senza avvertire fastidi. Si può variare molto con la corda e per questo è meglio provare varie opzioni prima di fare una scelta definitiva.
LA CORDA IDEALE: se il braccio regge la combinazione, col monofilo si ottiene gran potenza e rotazioni. Però va assolutamente cambiato spesso. L'ibrido è essenzialmente un ottimo compromesso. Con la tensione si può restare anche bassi, tra 21 e 24 kg.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Mi ci è voluta qualche ora per abituarmi alla forma isometrica della testa della racchetta. È come se cambiasse un pochino il punto di impatto e al principio mi costava qualcosa in termini di controllo e soprattutto di precisione. Una volta fatta l'abitudine, l'ho trovata molto maneggevole, ottima in fase di spinta e con la palla che esce piuttosto rapida. Da provare.
FABIANA, 29 ANNI CLASSIFICA 3.5
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 97 pollici rigidità: 62 profilo: 20,5 mm costante peso: 345 grammi bilanciamento: 32,3 cm inerzia: 333 corde: 16 x 20
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WHY ALWAYS ME
Le scarpe Asics sono le regine incontrastate del mercato da diverse stagioni. Ma da dove arriva questo loro straordinario successo? Ne abbiamo parlato con chi si preoccupa della loro evoluzione: Mikko Simos testo By lorenzo Cazzaniga photo By antonio righetti
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N
on invidio per nulla i prossimi mesi di Mikko Simos. Il biglietto da visita recita Category Manager di Asics Europe e il lavoro è di quelli che scotta, benché sia stato scelto proprio per le sua qualità nel saper creare scarpe sportive di ottima qualità. A lui è stato affidato uno dei gioielli di famiglia, quella Gel Resolution che quest’anno è giunta alla quinta versione e si è confermata la miglior calzatura da tennis del mondo. E il compito di Mikko è proprio quello di studiare la numero 6 e di portarla ad un livello ancora superiore. Roba da due aulin al giorno perché sfido chiunque a trovar difetti nell’attuale versione, ora che anche quella tendenza che aveva nell’aprirsi sull’avampiede è stata corretta e per comfort, cushioning e stabilità è anni luce avanti a qualsiasi concorrente. Simos ha cominciato a occuparsi di tennis in Asics nel 2010, dopo che era stata lanciata la Resolution 2: «Sono stato un buon runner, ma non altrettanto competitivo a tennis – ci racconta -. In generale ho praticato tanti sport e ho capito che alla fine ci sono delle esigenze comuni a qualsiasi atleta, indipendentemente dalla disciplina che pratica: prima di tutto cerca il comfort e un ottimo feeling: deve sentire bene il piede dentro la scarpa. Siamo riusciti ad accontentarli nel running, il mio compito è stato quello di trasportare gli stessi principi nel mondo del tennis». Per questo ha analizzato i movimenti dei giocatori, per capire dove hanno bisogno di flessibilità e dove di stabilità, come dare ammortizzazione agli impatti e come proteggere il piede per ottenere un’adeguata resistenza. «La durata è importante – sottolinea Simos – perché il giocatore di club si aspetta di poter giocare a lungo con una scarpa, ma quello non è il solo concetto fondamentale. La salute dei piedi è un aspetto fondamentale per avere una buona condizione fisica generale e quindi il supporto che creiamo deve tener conto di tante esigenze, soprattutto in uno sport come il tennis dove gli spostamenti sono di varia natura e di intensità molto diversa a seconda della posizione di campo. Abbiamo chiesto un feedback anche ai giocatori professionisti che sollecitano piedi e scarpe in maniera notevole e tutti indicano la stabilità come l’aspetto principale. Vogliono sentirsi sicuri nell’appoggio quando
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ASICS GEL RESOLUTION 5 La Asics Gel Resolution 5 (in questa pagina) ha vinto per il terzo anno consecutivo il nostro Oscar quale miglior calzatura da tennis. Ormai però è tallonata dalla sua sorellina, la Gel Solution Speed 2 (in apertura), scarpa leggerissima, perfetta per l'estate e per chi ama i pesi (molto) contenuti. Quasi una scarpa da running adattata al tennis. E per l'anno prossimo sono previste novità molto interessanti.
stanno per colpire perché da quel fattore dipende l'efficacia del movimento che stanno per eseguire. Devono sentirsi sicuri nell’appoggio e con un grip perfetto sul terreno di gioco». Se con la Resolution questi obiettivi sono stati oggettivamente raggiunti, Simos ha progettato anche qualcosa di diverso, che potesse completare il lavoro fin lì svolto. Da quel pensiero è nata la sorellina della Resolution che, non a caso, hanno chiamato Solution, aggiungendo il termine Speed, perché permettono scatti e accelerazioni notevoli. Un modello giunto solo alla sua seconda edizione ma che già ha già sbancato (i nostri Oscar hanno dimostrato come l’accoppiata Gel Resolution 5 e Gel Solution Speed 2 sia la più apprezzata del mercato. E non solo delle scarpe). «L’idea si è concretizzata nel 2011 – continua Simos -. Per chi come il sottoscritto arriva dal mondo del running, è normale considerare il peso come un dettaglio
fondamentale, mentre nel tennis mi sono reso conto che c’erano pochissime scarpe leggere. Certo, parliamo di sport con movimenti molto differenti ed è possibile che non tutti i tennisti amino calzature super leggere perché pensano di perdere quella stabilità che abbiamo detto essere così importante. Ma cosa succede se si riescono a mettere insieme questi due concetti?». Succede che hai creato la Solution Speed. Trecentosettanta grammi per una misura 44,5, laddove la Resolution arriva a 440 grammi come la Lotto Raptor, mentre la Babolat Propulse 4 ne pesa 461. Perfino le scarpe di Federer e Nadal, che pure hanno subìto un trattamento di forte alleggerimento, restano sopra i 400 grammi. «Il peso leggero era la priorità, quando abbiamo progettata la Solution Speed – continua Simos -. Dovevamo capire fino a che punto potevamo spingerci: i top players sfrutttano appoggi aggressivi e corrono molto veloci. L’evoluzione nello sport è continua e dovevamo creare
un qualcosa che offrisse stabilità inserendo dei supporti nelle zone corrette ma al contempo studiando materiali super leggeri che consentissero di ridurre il peso globale». Ci sono riusciti. Benché la Solution Speed sia consigliata per giocatori non troppo pesanti, ci sono diversi professionisti, a partire dal nostro Simone Bolelli, che se ne sono innamorati: «Mi hanno spiegato che essendo così leggere, dovevo verificare la resistenza alla pressione che si crea durante gli spostamenti. Io mi sono trovato subito benissimo e non ho avvertito nessun problema né di stabilità, né di durata. Solo un comfort pazzesco». Tanti le amano soprattutto nel periodo estivo, quando il piede rischia l’ebollizione agli oltre 30 gradi ai quali si è obbligati a giocare. «Ho provato le Solution Speed – conferma Filippo Volandri – e sono ottime, con una traspirabilità e un comfort meravigliosi. Certo, quando sono anni che ti sei abituato alle Resolution, è difficile tornare indietro…».
«La scelta è molto personale – dice Simos – perché ogni piede è diverso dall’altro: c’è chi vuole comfort estremo e chiede la Solution Speed, chi una perfetta stabilità e preferisce la Resolution. Ora però abbiamo dato la possibilità di scegliere tra due linee top». Resta da capire cosa cambia a seconda del paese dove vengono prodotte. Se avete la pazienza di alzare la linguetta delle varie Solution o Resolution che trovate in un negozio specializzato, vedrete che alcune sono made in China, altre made in Vietnam, altre ancora made in Indonesia. La sensazione è che quelle “cinesi” siano perfette, le altre un filo meno. Simos non è d’accordo: «Non è tanto importante il paese dove vengono prodotte, ma le fabbriche. Abbiamo creato degli standard molto precisi e posso tranquillamente affermare che non vi sono sostanziali differenze tra i vari modelli». Insomma, si può pescare come si vuole (e in effetti abbiamo testato una Resolution made in China e
un’altra made in Vietnam senza avvertire alcuna differenza). Il problema è che ora il lavoro di Simos si complica notevolmente. Sta infatti studiando l’evoluzione della Gel Resolution e non è facile quando un prodotto è così apprezzato. In ogni caso, nel 2015 verrà presentata la sesta versione che pare sarà rivoluzionaria. Non solo un ritocco della number five, ma concetti nuovi e ancora più performanti. Stesso discorso quando si affronta il discorso delle scarpe da junior, «perché i ragazzini crescono rapidamente e le mamme non vogliono spendere tanti soldi per un modello che dovranno cambiare dopo tre mesi. Inoltre, va considerato che pesano meno e quindi hanno bisogno di protezioni inferiori. Comunque stiamo studiando una Resolution adatta ai più giovani che possa venire incontro alle esigenze di budget familiare e al contempo misurarsi con le grandi aspettative che sempre ci sono quando si parla di scarpe Asics».
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FORMULA dopo il successo in italia e svizzera, red plus ha il mercato top della terra battuta, quello francese. sono arrivati i primi campi anche al monte carlo 90
VINCENTE lanciato una sfida ancor piĂ&#x2122; complicata: conquistare e con la partnership nata con tradition terre battue country club. di lorenzo cazzaniGa 91
s
i dice che i francesi pensino spesso di essere migliori dei loro cugini e che altrettanto spesso abbiano ragione. Certamente questo accade quando si parla di campi da tennis in terra battuta di cui sono considerati i massimi esperti. Sarà perché Roland Garros, il vero Campionato del Mondo su terra rossa, ce l'hanno loro; o sarà perché la cornice di Monte Carlo ha fatto apparire glamour tutti i tennis club della Costa Azzurra. Comunque sia, quando un torneo, un tennis club prestigioso, un evento importante, ha necessità di assistenza su un clay court, alza il telefono e compone il prefisso della Francia. Per questo andare a proporre un campo in terra battuta innovativo a casa loro è come mettersi a vendere riso a Canton. Eppure... Eppure è successo a Red Plus, società italiana con sede a Cavenago, due passi da Milano e Bergamo e che da qualche anno ha trovato la soluzione ideale per creare quello che ci piace definire un campo in terra battuta 3.0, con una costruzione più moderna ed efficace, al passo con i tempi perché consente migliori prestazioni all'utente finale, migliori guadagni ai gestori di un circolo. Un binomio talmente efficace da scomodare i proprietari di Tradition Terre Battue, società francese leader nella costruzione di campi in terra rossa. I signori Lanvin e Vauvert hanno imparato l'arte da quel Marcel Fiandrino che è stato l'inventore dei primi campi in terra rossa della Costa Azzurra, seguendo criteri costruttivi tramandati dal padre e dal nonno. TTT, come viene ribattezzata, lavora dove ogni costruttore vorrebbe stare: lo Stade Roland Garros, il Monte Carlo Country Club, l'accademia di Sophie Antipolis dove a breve sbarcherà Patrick Mouratoglou, il coach (e non solo) di Serena Williams che sposterà proprio a un'oretta scarsa dal confine italiano il suo centro operativo, con oltre trenta campi e servizi annessi. Quando Ion Tiriac a Madrid decide che è ora di rompere con la tradizione e si inventa in campi in terra blu (flop notevole), chiama TTT per capire cosa non ha funzionato e come porre rimedio. Per questo, quando Michele Corsiero, titolare di Red Plus, decide di sbarcare in terra di Francia, sembra un'impresa napoleonica al contrario. E invece, dopo poche settimane di test, sono i cugini francesi che corrono nella sede Red Plus per firmare un accordo: loro sono i re della terra rossa e non vogliono farsi scappare un prodotto che è inevitabilmente destinato a cambiare le abitudini dei circoli, italiani o francesi che siano.
«cercavamo un prodotto con un drenaggio particolare, per allenarsi anche dopo una forte pioggia. red plus ci ha convinti» michel Garcia, responsabile della manutenzione dei campi al monte carlo country club
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La sigla dell'accordo che da quest'anno permette a Tradition Terre Battue di distribuire il marchio Red Plus sul territorio francese
«Appena abbiamo letto di questo nuovo sistema, ci siamo interessati alla questione - ci racconta Fred, uno dei titolari di TTT che da anni passa la sua giornata costruendo o sistemando campi in terra battuta -. È normale perché viviamo di terra rossa e seguiamo tutte le sue evoluzioni, considerando che abbiamo metodi costruttivi molto selezionati e particolari, piccoli segreti che si tramandano da generazioni. Red Plus ci è parso subito un prodotto interessante e siamo andati diverse volte a testare i loro campi in varie strutture. È bastato poco per capire che ci trovavamo di fronte ad una soluzione ottimale e non abbiamo avuto dubbi nel volerla importare da noi». Un attestato di qualità che vale più di qualsiasi certificazione. Pronti, via, ed ecco che i primi campi Red Plus sbarcano oltre un confine che non sia quello svizzero, dove sono già molto conosciuti. Prima Antibes, poi Sophie Antipolis, ma soprattutto la ciliegina del Monte Carlo Country Club, la Mecca della terra rossa, il club più prestigioso al mondo e sede del Masters 1000. «Confesso che quando TTT ci ha chiamato per avere i kit per costruire due campi al Monte Carlo Country Club ho pensato ad uno scherzo. Siamo partiti in Francia da pochissimi mesi e, benché consapevoli di avere un prodotto di notevole performance, pensavo ci sarebbe voluto molto tempo per entrare nei club più importanti. Invece abbiamo cominciato proprio dal vertice della piramide: oltre che l'orgoglio personale, è stata l'ennesima conferma della bontà del nostro prodotto». Novelli San Tommaso, siamo corsi al MCCC per osservare i due nuovi campi in Red Plus. Arriviamo in una delle rare giornate di pioggia del Principato, con i lavori in corso prima del torneo. Ci accoglie monsieur Michel Garcia, un signore gentile come sempre accade da queste parti. Garcia ha un compito leggermente delicato, quello di responsabile della manutenzione dei campi in un club che esige la perfezione. Saliamo le gradinate generalmente affollate dai tifosi a caccia di un autografo e arriviamo sui campi in alto, quelli offerti ai giocatori per le sessioni di allenamento. «Li abbiamo realizzati da pochi giorni - dice
I campi in Red Plus sono omologati dalla Federazione Internazionale Tennis come superficie in terra battuta, classe di velocitĂ 1, slow. Ma come nasce un campo in Red Plus? Ecco le principali fasi di lavorazione. 1 / Stesura del supporto portante. 2 / Incollaggio e chiusura del supporto. 3 / Finitura e rullatura dei giunti. 4 / Intaso con terra battuta di prima qualitĂ . 5 / Spazzolatura in fase di lavorazione. 6 / Innaffiatura del campo. 7 / Posizionamento delle righe di gioco. 8 / Rullatura del campo. 9 / Spazzolatura del campo finito.
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Garcia . quindi è presto per dare giudizi definitivi, però la prima sensazione è piuttosto positiva. Noi fortunatamente non abbiamo problemi di manutenzione, quindi riusciamo a trattare bene anche i campi in terra tradizionali, però cercavamo un prodotto che avesse anche un drenaggio particolare, per consentire ai soci e ai giocatori del torneo, di allenarsi anche dopo una forte pioggia, che a Monte Carlo non è avvenimento così poco frequente. Ecco Red Plus mi è parso un prodotto molto performante anche in questo senso». E per avvalorare la tesi, apre un getto d'acqua, inzuppa una parte di campo e mostra che quasi magicamente torna asciutto in pochi istanti. Seguendo il consiglio di Garcia, torniamo volentieri durante il torneo (dopo qualche altra settimana di test) per verificarne le condizioni sotto pressione, quando non si tratta di dover accontentare un socio (benché spesso milionario...) del club, ma tennisti professionisti, abituati a giocare in condizioni di assoluto privilegio. Ci appostiamo fuori dal campo Red Plus, appena Edouard Roger-Vasselin comincia l'allenamento. Un'ora e mezza molto completa, in cui prova tutti i colpi, schemi di gioco offensivi e difensivi per uno dei pochi giocatori che ancora ama chiudere un punto con una bella volée. Insomma, un tipo di gran talento, attualmente top 50 del mondo e con un background familiare importante, visto che il padre Christophe è stato semifinalista a Roland Garros nel 1983. A fine sessione lo bracchiamo: «Cosa ne penso di questo campo? Ottimo, come tutti gli altri del Country Club. Perché?» ci domanda sorpreso. Ci affrettiamo a spiegargli che la terra rossa (top quality) è intasata in un supporto portante, che si gioca
Monsieur Michel Garcia, responsabile della manutenzione dei campi al Monte Carlo Country Club, si è dichiarato molto soddisfatto dei due campi in Red Plus appena costruiti
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«cosa ne penso di questo campo? ottimo, come tutti gli altri in terra battuta del country club: perché?» edouard roger-vasselin, top 50 atp, al termine di un allenamento al torneo di monte carlo esclusivamente sulla terra battuta (e così sono omologati dalla ITF) ma che questo sistema offre dei vantaggi non indifferenti. Il buon Doudou comincia a scavare col piede per trovare qualche traccia, poi ripete: «Ok, ci credo. Però quel che conta per il mio allenamento è che il campo è esattamente come tutti gli altri in terra rossa del club». Il coach annuisce, per la gioia dei manutentori che osservavano la scena incuriositi: «Abbiamo questi due campi da poche settimane - mi dicono - e sono perfetti. Si asciugano in un batter d'occhio! Forse sono ancora leggermente più lenti degli altri perché si devono ancora assestare». In somma, un top player francese che si dice ampiamente soddisfatto di un campo in terra rossa made in Italy al Country Club di Monte Carlo: chi l'avrebbe mai immaginato? Fino adesso, le prime conquiste in terra francese rappresentano una delle maggiori soddisfazioni per mister Red Plus: «Non avevo dubbi sul nostro prodotto ma vedere i nostri campi al Monte Carlo Country Club è una soddisfazione enorme dopo tanti anni di studio e lavoro. Mi è sempre piaciuto sperimentare nuove soluzioni, ma Red Plus è un vero fiore all'occhiello, perché migliorare la qualità dei campi in terra battuta e, al contempo, ridurne i costi di manutenzione, è un risultato eccezionale. E credo proprio di esserci riuscito». Il risultato è un campo più performante, più lineare, più economico da gestire. Ma pur sempre un campo in terra battuta. «Tutti i materiali utilizzati per la realizzazione di Red Plus sono di primissima qualità e vengono preparati appositamente per questo campo in terra di ultima generazione. L'utilizzo di questi componenti ci ha consentito (pochi al mondo) di ottenere il prestigioso riconoscimento ITF Two Star Recognised Court». I vantaggi sono notevoli perché non perde le sue caratteristiche dopo una gelata, quindi si può giocare all'aperto tutto l'anno (se il clima lo permette, of course), non necessita di manutenzione straordinaria, drena che è un piacere salvando decine di ore stagionali, è un tavolo da biliardo, quindi il rimbalzo è sempre regolare e ha il colore intenso del rosso mattone, non quello sbiadito che ormai siamo (troppo) spesso abituati a vedere nei nostri circoli. Una sola avvertenza, che vale in Italia come nel resto del mondo: «La manutenzione ordinaria resta fondamentale: bisogna bagnarlo e passare lo spazzolone in maniera corretta». Nulla di speciale, solo le dovute attenzioni, doverose per un prodotto ad alta performance. Provare per credere, diceva il signor Ragazzi.
perchÈ sceGliere red plus? È la domanda più ovvia che ci siamo posti. Ed ecco le risposte che abbiamo trovato. MIGLIOR PERFORMANCE: niente buche, niente rimbalzi fasulle, niente righe che saltano via. Un tavolo da biliardo. E non troppo veloce, che per il socio medio è un vantaggio. MAGGIOR GIOCABILITÀ. non solo in termini tecnici, ma di ore disponibili. Perché non gelando, si può giocare all'aperto ogni volta che il clima lo consente. E, asciugando in fretta, anche dopo un violento temporale, si scende in campo prima rispetto alle normali abitudini. Con ovvi vantaggi per le scuole tennis e i soci. RISPARMIO ECONOMICO: necessita solo della manutenzione ordinario (spazzolone e acqua). Nessun rifacimento annuale e, dopo il primo anno di assestamento, basta aggiungere una quindicina di sacchi di terra rossa, un numero notevolmente inferiore a quanto necessita un campo in terra tradizionale. MAGGIOR VERSATILITÀ: come spiegato qui sotto, si adatta a tante situazione di riconversione, da un campo in resina ad uno in mateco, da un altro in terra rossa alla soluzione ex novo.
le soluzioni red plus Si tratta di una superficie molto versatile che si adatta a varie situazioni. Tra le principali e come evidenziato dalle immagini sopra (da sinistra verso destra), la riconversione in terra battuta red Plus di campi con sottofondo in asfalto, quella con sottofondo in mateco, quella con sottofondo in resina e infine con sottofondo in terra battuta. Il vantaggio è che questo tipo di superficie non necessita di lavorazioni preliminari particolari ma viene applicata sopra il manto pre-esistente, riducendo notevolmente i costi. Chiaramente può essere realizzata anche come campo ex novo. 95
thE stORE
Marco Gazziero ha aperto a Casale Monferrato il pi첫 grande negozio specializzato di tennis d'Italia: 500 metri quadri e campo per testare i prodotti. E dire che poteva essere su una spiaggia a Gran Canaria...
THE HOUSE OF
TENNIS testi di LORENZO CAZZANIGA
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oteva stare con le gambe all'aria a prendere il sole per trecento giorni all'anno a Gran Canaria. Marco Gazziero è titolare di una bella azienda che tratta batterie industriali; di fianco un gran capannone, a casa una bella moglie e un figlio piccolo. «Sono andato da mia moglie e le ho detto: se vuoi vendiamo tutto e ne abbiamo abbastanza per passare la vita al mare, senza far nulla». Troppo giovani, troppo vogliosi di seguire le proprie passioni. E così la moglie si ritrova con uno studio d'avvocato ben avviato e Marco con il più grande negozio specializzato di tennis in Italia. Un elettrauto ormai avanti con l'età e con sempre maggiori difficoltà a onorare l'affitto, gli ha lasciato vuoto il capannone da cinquecento metri quadri. Lui, che già operava sul mercato con le corde Starburn, ha chiamato il suo socio negli affari tennistici, Mario Parisio, e gli ha detto: «Come lo vedi un grande negozio di tennis che sia anche un salotto dove gli appassionati possono trovarsi a discutere del loro sport preferito? E magari con un campo dove poter testare i prodotti, prima di acquistarli?». Detto, fatto: a Casale Monferrato, due passi dall'uscita dell'autostrada, si trova l'Eiffel59 Tennis Shop, una sorta di paradiso dell'appassionato tennista perché puoi trovarci tutto ciò che hai sempre sognato. Non il minimo indispensabile, come talvolta succede; non una buona varietà, come è la norma. Ma sostanzialmente tutto. Questo può accadere quando a dirigere il negozio non c'è solo un uomo che pensa al business (questo è intrinseco nella natura dell'imprenditore) ma un fanatico di attrezzatura tennistica che ha voluto creare quello in cui ha sempre voluto imbattersi: il negozio di tennis che riesce a soddisfare (quasi) tutte le richieste. E se c'è da tralasciare qualcosa, meglio farlo nel settore fashion, perché non si è mai visto uno che migliora il suo diritto solo perché veste la maglia di Federer. Però, se si tratta di racchette, scarpe, corde e accessori, allora vale la pena andare fino a Casale.
Innegabile. Così come il servizio di incordatura live: «Abbiamo clienti che vengono da molto lontano perché vogliono l'assistenza massima. Però chiedergli di venire a Casale e tornare tre giorni dopo per avere la racchetta incordata non è fattibile. E allora garantiamo l'incordatura live, in modo da non farti perdere tempo». L'assistenza tecnica è dunque il fiore all'occhiello di questo negozio: «Il core business resta il servizio incordatura, anche perché 200 matasse hanno un costo di magazzino inferiore a 200 racchette o 400 capi di abbigliamento. E poi le puoi utilizzare su tutte le racchette e con qualsiasi cliente. A livello business, nel tennis sono nato con le corde e ho capito che basta trovare un giusto set up per migliorare il proprio gioco, far sparire i dolori al braccio o anche solo aumentare il divertimento nel far testare nuove soluzioni. In questo campo non vogliamo transigere e cerchiamo sempre l'eccellenza. Abbiamo i marchi più conosciuti come Babolat e Tecnifibre, ma andiamo a scovarne di molto particolari perché Gamma o Signum possono tornare utili per una certa clientela. E poi ci sono chiaramente le nostre corde Starburn, che scegliamo con estrema cura». Ma il prodotto non basta, nel servizio incordatura è la mano che può fare la differenza: «Io sono un Pro Tour Stringer e siamo solo una dozzina in Italia e una cinquantina nel mondo; il mio socio in Starburn, Mario Parisio, è uno degli incordatori più apprezzati, abbiamo ottime macchine (Wilson Baiardo) e oltre cento tipi di corde disponibili, quando porti tutto all'eccellenza ti aspetti di avere successo». Anche se cominciare una nuova attività non è solo rose e fiori: «Aprire un negozio tecnico è sempre un piccolo salto nel buio, anche se a Casale ci sono tantissimi campi da tennis e quindi la scelta aveva un senso. Il primo problema, a parte quelli burocratici, è stato fare degli ordini corretti. Non è così semplice quando non hai uno storico alle spalle. E
«ho voluto creare qualcosa che non esisteva: un negozio con campo annesso per testare le racchette e un servizio di assistenza sopra la norma. Credo di esserci riuscito» «Per me in Italia c'è una gran fame di tennis - ci racconta Gazziero - ma è difficile trovare un negozio dove puoi provare tutto ciò che trovi su Internet. Vai su Tennis Warehouse e ti puoi far spedire le racchette test e in un negozio invece no?». Il segreto è stato dunque pensare a qualcosa che non esisteva: «Per questo non ho preso 150 marchi di abbigliamento ma ho costruito un campo dentro il negozio. La lunghezza è regolamentare, anche se più stretto. Da una parte ci ho piazzato la macchina lanciapalle e così un appassionato può venire qui e provare tutte le racchette top. Immagina la scena: un giocatore di club arriva, ci spiega come gioca e quale tipologia di racchette gli piace utilizzare. Iniziamo a fare la scelta prendendo 7-8 telai differenti, sempre ben incordati, e lo piazziamo sul campo. Lui avverte subito le sue sensazioni e, alla fine della sessione rimarrà indeciso solo tra un paio di attrezzi. A quel punto possiamo lasciarglieli perché li possa testare al club. Un bel servizio, non pensi?».
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sbagliare in quella fase può costare caro, soprattutto se, come il sottoscritto, vuoi avere tutto il meglio che offre il mercato. Poi un altro problema sono quelle aziende di racchette che dispongono di una gamma esagerata. Prendi invece Babolat: loro sono bravi perché hanno creato un numero corretto di modelli di cui un negozio può farsi carico. Se ti presenti con 24 racchette diverse, un negozio come fa a seguirti totalmente? E poi stiamo cercando di far riscoprire al maestro la passione per l'attrezzatura. Spesso vanno in un negozio e trovano un muro, mentre noi vogliamo che la nostra passione venga trasmessa al ragazzino, che poi è il nostro miglior cliente». Il riscontro positivo è stato immediato e questo non può che soddisfare Gazziero. Un pochino meno invece il lato economico. «Alla fine ti resta un 10% del fatturato, che non è granché rispetto ad altri settori. Ma io mi alzo la mattina e non vedo l'ora di arrivare in negozio per occuparmi di tennis. Quanti possono onestamente dire la stessa cosa?».
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FAShION TENNIS
STILE ITALIANO Studiata in Italia, la collezione Sergio Tacchini è un giusto mix tra materiali tecnici, design classico, comfort di gioco e fashion style phOTO By ANTONIO RIGhETTI
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ROLANd GARROS Per la collezione Roland Garros sono stati utilizzati colori vivaci e brillanti che richiamano l’estate, come il verde mela, il bluette e il fucsia. Ma con il corpo della polo è rigorosamente bianco. Per lo short, un nuovo tessuto: il poly twill mecanical stretch, che non contiene elastam ma è reso stretch dalla modalità di tessitura. Più leggero e confortevole, la tinta unita verde è interrotta da piccoli dettagli come il piping bianco sul profilo delle tasche e il logo fucsia.
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I cOLORI dEL TENNIS Rosso, bianco e blu sono i colori tradizionali del nostro sport, tanto amati dagli appassionati e ben mixati in questa maglia dal taglio moderno. La racchetta è una Babolat Pure Strike, con borsone Babolat Roland Garros e scarpa Babolat Propulse Wimbledon.
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climachill Una nuova active cooling technology che sfrutta piccole sfere di alluminio, permette di ridurre la temperatura corporea. E di performare al meglio anche in condizioni estreme
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Alcuni dei principali testimonial della tecnologia Adidas Climachill: qui sopra il nostro Fabio Fognini; nella pagina a fianco, Ana Ivanovic, Andy Murray e Caroline Wozniacki
HerzogenauracH. I più attenti avranno notato che a Indian Wells i vari testimonial Adidas vestivano una maglia molto particolare. Perfino il logo era stato spostato, per evidenziare che si trattava di qualcosa di molto speciale. Ebbene, quel piccolo segreto aveva un nome ben preciso: Climachill. Si tratta di quella che in gergo viene definita active cooling technology; in sostanza, una tecnologia che aiuta a ridurre la temperatura del corpo che, quando si gioca in condizioni di grande caldo, può raggiungere livelli tali da compromettere la prestazione. Il nuovo tessuto utilizza titanio e speciali sfere di alluminio 3D che aiutano questo processo di raffredamento e, conseguentemente, di migliorare la performance dell’atleta. Lo stesso Fabio Fognini, che l’ha testata a Indian Wells (e il deserto californiano offre condizioni ideali per mettere questa tecnologia sotto stress) si è definito molto soddisfatto: «Faceva un gran caldo ma con questa maglia ci si poteva allenare e giocare in partita in totale agio. In certi momenti, avvertire una sensazione di freschezza aiuta, sia fisicamente sia mentalmente, a sentirsi più pronti per la battaglia». Già, perché l’obiettivo di questo chill effect è proprio quello di permettere un allenamento più duro, di correre più a lungo e di competere al meglio. Anche in condizioni per nulla semplici. Adidas ha certamente intuito l’importanza della gestione della temperatura corporea, per questo si può parlare di vera e propria rivoluzione. Per la prima volta, tecnologie di conduzione ed evaporazione sono state unite con queste sfere di alluminio che sono state inserite in punti strategici, quelli dove solitamente vi è una maggior sudorazione da parte dell’atleta, con la capacità di raffredare la pelle appena arriva a contatto col tessuto. Inoltre, in aggiunta alle sfere di alluminio, vi è la presenza di titanio (un tempo materiale utilizzato per 108 108
alcuni modelli di racchetta di grande successo) che aiuta a trasmettere una sensazione di maggior traspirabilità. Volendo ricordurre ad un numero percentuale, I test dell’azienda (realizzati con metodologie molto precise, a oltre 50° di temperatura e con simulazioni che hanno consentito di capire come funzionavano le piccole sfere di alluminio) parlano di una capacità di raffredamento migliorata del 36%, se paragonata ai precedenti modelli di Adidas Climacool. Ovviamente il tennis non è il solo sport dove verrà utilizzata questa nuova tecnologia. Tutti I capi di allenamento, in particolari quelli per l’attività sportiva all’aperto, potranno sfruttare il sistema Climachill, sia a livello maschile sia femminile. Ne sa qualcosa anche un ex fuoriclasse del calcio come David Beckham, ambassador di Adidas nel mondo: «Allenarsi e giocare in condizioni estreme può essere molto difficile sia dal punto di vista fisico, sia mentale. Personalmente ho provato a giocare con un grande freddo, come nel nord dell’Inghilterra, o con un grandissimo caldo, come negli Stati Uniti. Il clima può davvero fare la differenza nella performance di un atleta ma la tecnologia Climachill permetterà ai giocatori di concentrarsi unicamente sulla loro prestazione e di performare al meglio, anche nelle condizioni più avverse». La pensa allo stesso modo Heike Leibl, Senior Vice President di Adidas Training: «Studiamo continuamente nuove opportunità che possano consentire ai nostri atleti di esprimersi nel miglior comfort possibile, in modo da restare concentrati solamente su loro stessi. E le Aluminium Cooling Spheres utilizzate nella tecnologia Climachill permettono appunto di esprimersi nelle migliori condizioni possibili».paragonata ai precedent modelli di Adidas Climacool.
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Il coccodrillo è il segno distintivo della Chemise Lacoste. Nato come scommessa con il capitano di Davis francese, la stampa americana lo ribattezzò in questo modo nel 1927 (quando la Francia strappò l'Insalatiera agli States) per la sua tenacia.
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RENÉ LACOSTE la storia di un fuoriclasse che è diventato un mito. e un brand.
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Anni 30: l'eleganza di RenĂŠ Lacoste (e della regola del prevalentemente bianco), anche in compagnia della mitica Suzanne Lenglen (nella pagina a fianco) e (qui sotto) degli altri Moschettieri di Francia: Jacques Brugnon con la pipa, Henri Cochet e, ultimo a destra, Jean Borotra. Insieme hanno vinto in sei occasioni la Coppa Davis tra il 1927 e il 1932.
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RenÊ Lacoste è stato anche un inventore: una macchina lanciapalle e, nalla pagina seguente, una racchetta dal piatto cordoe rotondo e anelli esterni come passacorde: ceduti i diritti a Wilson, divenne la famosa T2000
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LE CROCODILE
René Lacoste dovrebbe essere celebre per aver strappato la prima Coppa Davis agli americani nel 1927, insieme agli altri Tre Moschettieri (Henri Cochet, Jean Borotra e Jacques Brugnon). Oppure per le tre vittorie a Roland Garros, le due a Wimbledon e Forest Hills, tutte conquistate tra il 1925 e il 1928. Invece passerà alla storia soprattutto per le sue bellissime polo col coccodrillo, un brand nato per scommessa e che ora fattura 1,89 miliardi di dollari. Lacoste fu soprannominato Il Coccodrillo dalla stampa americana dopo una scommessa con il capitano dell’équipe di Davis francese riguardo un suitcase fatto appunto di pelle di coccodrillo. Lacoste strappò la promessa che ne avrebbe ricevuto uno in regalo appena avesse vinto un match importante per la squadra, anche se i giornalisti yankee lo ribattezzarono in quel modo soprattutto per via della sua tenacia sul campo. «E così il mio amico Robert George – ha poi scritto Lacoste – disegnò un coccodrillo che ho fatto ricamare sul blazer che vestivo in campo». Era il 1927 e, sei anni dopo, René Lacoste e André Gillier, proprietario e presidente della più grande casa manifatturiera di Francia, crearono una nuova società per produrre maglie col coccodrillo: La Chemise Lacoste. René l’avrebbe indossato in campo, ma altri modelli vennero immediatamente destinati anche al golf e alla vela, come mostra il primo catalogo stampato nel 1933. Per la prima volta, almeno per quanto si sappia, il nome di un marchio appariva su una maglia, precorrendo quella che sarebbe diventata un’abitudine piuttosto lucrativa. L’iniziativa creò subito grande interesse e rimpiazzò in breve tempo le vecchie maglie a maniche lunghe, per non parlare dei blazer, piuttosto scomodi nel tirare un diritto. La prima Lacoste era bianca, con le maniche molto corte, colletto a coste e prodotta in un materiale chiamato jersey petit piqué. La chiamarono L.12.12: L come Lacoste, 1 per il suo tessuto unico, 2 per il design a maniche corte, 12 come le versioni finalizzate dallo stesso Lacoste. Il quale, forse inconsapevolmente, aveva appena rivoluzionato il mondo del tennis, almeno nell’abbigliamento. Vi era però un’altra azienda, la Izod, che utilizzava il logo del coccodrillo e che cominciò a collaborare negli States con Lacoste, fino a creare la Izod Lacoste. Non si può parlare di immediato successo perché negli anni 50 era complicato trovare qualcuno disposto a spendere 8 dollari per una polo con un coccodrillo sul petto. Ma Vincent De Paul Draddy, che originariamente acquisì la licenza di Lacoste per Izod, ebbe una brillante idea: regalò la polo col coccodrillo ad alcuni suoi amici, i quali si chiamavano JFK, Eisenhower e Bing Crosby. Da quel momento le Lacoste divennero uno status symbol e cominciarono ad affollare i grandi magazzini americani, perché la gente amava comprare qualcosa che aveva visto indossare da personaggi famosi (in questo senso, poco è cambiato in 50 anni). Gli anni 70 e 80 hanno segnato il boom, con l’era del preppy look e negli anni 90 il trend era ormai consolidato. Lacoste e Izod si sono separati nel 1993, ma nel frattempo sono arrivate tante imitazioni del coccodrillo al punto da spingere spesso il brand francese a pubblicizzare l’acquisto del prodotto autentico, diffidando da qualsiasi tentativo di imitazione, compreso quello della Crocodile Garments, azienda cinese che, dopo un decennio di battaglie legali, ha cambiato logo nel 2003. Ma Lacoste non è stato solo il creatore di una polo rivoluzionaria. Amava inventare e sperimentare sul campo da tennis. Ha studiato e prodotto la prima macchina lanciapalle e una curiosa racchetta che sembrava un cestello: piatto corde rotondo e anelli esterni come passacorde. Come Lacoste non fu un successo, al punto che René decise di concedere i diritti ad un marchio americano, la Wilson. Quella stesa racchetta fu ribattezzata T2000 e Connors ci vinse diversi Slam, fino a diventare uno dei telai cult nella storia del tennis. René è scomparso nel 1996, prima di poter assistere al cambio di look avvenuto sui campi da tennis: dalle sue eleganti polo bianche ai completi fluorescenti di Agassi e al multicolor a cui siamo ormai abituati. Forse servirebbe un altro René Lacoste per dare un indirizzo più preciso e performante al mondo dell’abbigliamento tennis.
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FINALMENTE FINALMENTE FINALMENTE IN IN IN ITALIA ITALIA ITALIA ILILIL BESTSELLER BESTSELLER BESTSELLER DA DA DA 200.000 200.000 200.000 COPIE COPIE COPIE BRAD BRAD BRAD GILBERT GILBERT GILBERT &&Steve &Steve Steve Jamison Jamison Jamison
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WINNING WINNING WINNINGUGL UGL UGL YYY Guerra Guerra Guerra mentale mentale mentale nelnel tennis. nel tennis. tennis. Lezioni Lezioni Lezioni dada unda un maestro un maestro maestro
« Brad « Brad « Brad mimi hami ha aiutato ha aiutato aiutato a migliorare a migliorare a migliorare il mio il mio il gioco mio gioco gioco e credo e credo e credo che che possa che possa possa migliorare migliorare migliorare anche anche anche il vostro il vostro il vostro » » » Andre Andre Andre Agassi Agassi Agassi
PRIULI PRIULI PRIULI & VERLUCCA & VERLUCCA & VERLUCCA
« Io « Io «ho Iohovinto hovinto vinto ununsacco unsacco sacco didipartite dipartite partite che che che avrei avrei avrei dovuto dovuto dovuto perdere. perdere. perdere. TuTuhai Tuhai hai perso perso perso ununsacco unsacco sacco didipartite dipartite partite che che che avresti avresti avresti dovuto dovuto dovuto vincere. vincere. vincere. Penso Penso Penso didipoterti dipoterti poterti essere essere essere utile utile utile ».».».
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LA SECONDA DI SERVIZO Un vecchio adagio tennistico dice che un giocatore lo si giudica dalla sua seconda palla di servizio. A livello di club (anche agonistico) è spesso un deficit complicato da arginare, perchè diventa una semplice rimessa in gioco, con il giocatore più preoccupato di non regalare un punto all'avversario che di giocare un colpo che impedisca di essere attaccati. Una buona seconda di servizio deve essere giocata in kick, con rotazione top spin che rimablzi alta, possibilmente verso il rovescio dell'avversario. Ma come riuscirci? Punto 1: bisogna lanciarsi la palla molto a sinistra, fin dietro la testa Punto 2: è necessario inarcare bene la schiena e poi risalire decisi. Punto 3: l'impugnatura deve essere ben spostata verso quella del rovescio e colpire la palla con un forte top spin. Punto 4: come mostra Wawrinka in questa immagine, dopo l'impatto la racchetta "sputa" in fuori per accentuare la rotazione. Così facendo, da sinistra riuscirete a buttare fuori dal campo l'avversario, e in ogni caso, saltando la palla alta sul suo rovescio, gli impedirete di essere aggressivo (tranne contro i giocatori dal forte rovescio bimane che possono anticipare la risposta. Ma non si può volere tutto...) coach Massimo Sartori
COSÌ TI BATTO
IL PALLE
tra i giocatori di club, vince quasi sempre chi sbaglia meno. per questo affrontare un regolarista è piuttosto complicato. a meno di conoscere la tattica giusta
DI BRAD GILBERT 120
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ETTARO!
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BRAD GILBERT
Sai perfettamente quali sono i Difensori con i quali potresti giocare. E magari tu stesso sei un Regolarista. Non ti abbattere: qualche volta sono stato accusato anch’io di esserlo. Un incontro che ho giocato contro Boris Becker nelle semifinali dell’ATP di Cinicinnati nel 1989 è stato descritto come «un uomo che inseguiva una gallina con un bastone». Io ero la gallina, Boris aveva il bastone. La descrizione probabilmente era esatta, ma la gallina quella volta vinse la partita in tre set rimandando tutto dall’altra parte, una palla dopo l’altra. In quella giornata io ero un grande Rego- larista. Infatti finii per vincere il torneo sconfiggendo Sampras, Chang ed Edberg. Tanto per intenderci, chiariamo subito cosa si intende per Re- golarista. Il modello base del Regolarista (altrimenti noto anche come Pedalatore) rimane a fondo campo e rimanda tutto dall’altra parte. Non impone il ritmo. Non si preoccupa della profondità. Non usano rotazioni. Non cercano gli angoli. Non gioca di tocco. Ma ti fa letteralmente impazzire! Tutti i colpi tornano indietro. I Regolaristi corrono su ogni palla senza arrendersi mai. Sembrano incollati alla linea di fondo e possono rimanere laggiù per tutta la giornata e quando iniziano a perfezionare il loro gioco, possono imparare ad adoperare le rotazioni, la profondità e il ritmo. Ma il tema di fondo della loro strategia rimane sempre lo stesso: rimandare tutto di là. Il Pallettaro è una variante del Regolarista, un’evoluzione. Ha- rold Solomon ha perfezionato questo stile e Andrea Jaeger lo ha applicato in maniera piuttosto efficace: consiste nel colpire palle molto alte sopra la rete, profonde nel campo avversario, utilizzando un top spin accentuato. Thomas Muster e José Higueras hanno usato questo tipo di stile. Si piazzavano là in fondo e continuavano a rimandare queste palle pesanti, piene di top spin che rimbalzavano all’altezza della spalla dell’avversario. I pallonetti sono frustranti perché hanno un effetto quasi ipnotico. Tu rimani lì a guardarli e senza nemmeno accorgertene smetti di pensare. Una palla dopo l’altra. Come il Regolarista standard, mettono a dura prova la tua pazienza. Ma la differenza principale tra il Pallettaro e il tipico Regolarista è che il Pallettaro rimanda sempre lo stesso tipo di colpo: un pallonetto. Lo stile di gioco del Regolarista può essere molto efficace contro un avversario che non sa come spezzare gli scambi infiniti o uno che si spazientisce facilmente. Boris perse la pazienza e verso la fine del match non vedeva l’ora di uscire dal campo e prendere un’aspirina contro il mal di testa. Era pronto a perdere. Il regolarista di club A livello di club la situazione è grossomodo la seguente. Una volta stavo guardando una partita tra due giocatori al San Fran- cisco Tennis Club dopo essermi allenato in palestra. Uno dei due era il classico Regolarista. Il suo nome è Mason Grigsby, ma il suo soprannome era Il Grande Grigsby, ed era molto af- fezionato alla linea di fondo. Stavo guardando distrattamente la partita quando il suo avversario giocò una buona smorzata e il Regolarista, Il Grande Grigsby, iniziò a correre verso la rete. Credevo non avesse nessuna possibilità di arrivare sulla palla, ma in qualche modo riuscì a prenderla e a mandarla oltre la rete, facendola atterrare nei pressi della linea di fondo avversaria. Il Grande Grigsby, adesso era a rete nella posizione ideale per chiudere il punto. Almeno così pensavo. Con mia somma sorpresa (e ancora prima che il suo colpo
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precedente avesse toccato terra) Il Grande Grigsby si girò e tornò a fondocampo. Il Classico Regolarista. Era ad un metro dalla rete e senza preoccuparsi minimamente di guardare che colpo il suo avversario fosse in procinto di giocare, aveva fatto immediatamente ritorno alla sua posizione originale, vicino alla riga di fondo. Non aveva alcuna voglia di rimanere a rete. La linea di fondo era la sua comfort zone, il luogo in cui si sentiva al sicuro. Questo stile di gioco è tipico del Regolarista e può facilmente farti diventare matto se non sai che contromisure adottare. Sconfiggere un Regolarista è molto difficile perché i punti tendono a durare molto a lungo e mettono a dura prova la tua pazienza. Bjorn Borg e Chris Evert sono stati i migliori di sempre in questo tipo di gioco. Poi sono arrivati Alberto Mancini, Todd Witsken e pure Michael Chang, prima che aggiungesse un minimo di gioco di volo al suo repertorio. Sono tutti specialisti nello stile di gioco «tutto torna indietro». Chang era particolarmente ostico perché riusciva a riprendere praticamente ogni palla. I suoi polpacci e i quadricipiti erano talmente sviluppati che sembrava appartenessero ad una persona grande il doppio di lui, e riuscivano a produrre una velocità incredibile che gli consentiva di coprire più campo rispetto ad ogni altro giocatore al mondo. Si diceva che Chang potesse correre più veloce persino della sua ombra. Il problema per me è che riusciva ad andare più veloce di molti dei miei colpi. Ma la velocità da sola non vince le partite. Ecco come solitamente lo affrontavo (riuscendo in diverse occasioni a batterlo) e come puoi applicare la mia tecnica contro il tuo Regolarista preferito. 1. LA PAZIENZA È IL TUO MIGLIOR ALLEATO Il Regolarista standard basa il suo successo sugli stessi princìpi della tortura cinese. È banale, ripetitivo, lento. Lo stesso schema viene ripetuto all’infinito. E la cosa ti fa perdere la testa. I Regolaristi adorano assumere le sembianze di un muro umano: Colpisci la palla verso di loro e loro la rimanderanno indietro. Ogni volta. Correranno più di te, sbaglieranno meno di te e avranno maggiore resistenza. La tua mente alla fine cederà. Preparati a soffrire Se vai dal dentista, ti prepari mentalmente. Ti ripeti: «Farà male, ma finirà presto». Sei già nello spirito adatto, tanto che nel momento in cui ti dicono: «Apra bene, sentirà un po’ di dolore», sei già mentalmente preparato a soffrire. Devi fare la stessa cosa quando giochi contro un Regolarista: preparati a soffrire. Avere la giusta predisposizione mentale è molto importante. Nello studio del dentista magari non servirà, ma sarà utile quando si scenderà in campo contro un Regolarista. Prepararsi a ciò che accadrà in campo è fondamentale perché lo stile di un Regolarista mira a distruggere la mente dell’avversario, più di ogni altra cosa. Devi scendere in campo contro questo tipo di giocatore sapendo che ogni scambio sarà lungo. Dovrai colpire
Il Regolarista è un giocatore che non si stanca, né di colpire tante palle, né di correre tanti chilometri. Più che sfiancarlo, bisogna cercare di metterlo fuori posizione, spostandolo dalla sua tanto amata riga di fondocampo, giocando stretto o corto. Oppure attaccandolo
quattro, cinque, sei o sette colpi in più di quanto accada normalmente. E, quando metti a segno un bel colpo e ti aspetti che sia un vincente o che la risposta del tuo avversario sia corta e debole, il Regolarista riuscirà a rimandarla. Ti devi preparare psicologicamente a vedere molte palle ritornare indietro. Stanne certo. Aspettatelo. Ecco perché. I Regolaristi magari sono monotoni e noiosi, ma sono altrettanto pazienti e poco propensi all’errore. La regolarità è, come dice il nome, la qualità principale di un Regolarista. E a qualunque livello di gioco è una qualità molto preziosa. Anzi, a livello di club, è forse la più preziosa di tutte. È durissimo battere la regolarità. Nel tour un giocatore deve giocare colpi vincenti per battere l’avversario, ma a qualunque altro livello, solitamente vince colui che riesce a mantenere la palla in gioco più di tutti, e il Regolarista in questo è un maestro. Gli errori non forzati determinano il risultato di un match molto più che i colpi spettacolari. È questa la chiave del gioco del Regolarista ed è anche la chiave per batterli. Il gioco del Regolarista è molto costante, ma è anche piuttosto limitato. Se sei paziente e sai come sfruttare i suoi punti deboli è possibile smontare il suo gioco. È quello che accadde a Chang. I suoi avversari iniziarono a sfruttare il suo gioco di Regolarista da fondocampo a loro vantaggio. Iniziarono a neutralizzare la sua maggiore velocità negli spostamenti e ad avvantaggiarsi del suo gioco unidimensionale. Fino a quando non iniziò a sviluppare un gioco di rete accettabile, Chang veniva regolarmente battuto. Perché si perde contro un Regolarista Il Regolarista riesce a sconfiggerti perché contro di lui sbagli tattica. Più lui ti rimanda palle su palle, più la tua frustrazione cresce. Diventi impaziente. Spingi ancora di più. Cerchi colpi sempre migliori, sempre più forti, sempre più profondi, sempre più angolati. Fino a che non cerchi di eseguire dei colpi che non sei in grado di fare, che non hai mai fatto e che non sarai mai in grado di eseguire. Colpi che nemmeno McEnroe tenterebbe. Il Regolarista continuerà a rimandare la palla dalla tua parte fino a quando non commetterai un errore. Continuerà a rimandarti la palla, sapendo che prima o poi il tuo errore arriverà. O fino a che tu non cambierai tattica e inizierai a tua volta semplicemente a ributtare la palla di là. E perderai. Perché a quel tipo di gioco è migliore di te. Per questo è fondamentale entrare in campo con il giusto atteggiamento, sapendo che la pazienza è il tuo più efficace alleato quando c’è un Regolari-
sta dall’altra parte della rete. Dopo esserti preparato mentalmente ad una lunga giornata di lavoro con punti che diventeranno molto lunghi, queste sono le altre tattiche che potranno permetterti di far pendere l’ago della bilancia dalla tua parte. 2. SCENDI A RETE Il tuo obiettivo principale contro un Regolarista è costringerlo a giocare qualche vero colpo. Invece di farlo accontentare delle sue solite cucchiaiate per «mandarla di là» e «tenerla in campo», devi forzarlo a provare qualche colpo specifico. Devi farlo uscire dalla sua comfort zone e il modo più semplice per riuscirci è scendere a rete. Anche se non è il tuo solito gioco, devi scendere a rete. Quindi, ogni volta che ti arriva una palla più corta del solito (nemmeno troppo corta) scendi a rete. Passa all’attacco, ma nella maniera giusta. Non cercare di tirare vincenti dalla linea di fondocampo o altri colpi a bassa probabilità, ma prova semplicemente a scendere a rete ogni qualvolta si presenta l’occasione. E anche quando l’occasione non si presenta. Scendere a rete porta la maggior parte dei Regolaristi fuori dalla propria comfort zone. Li costringe a decidere che tipo di colpo devono giocare. Un passante incrociato? Un lungolinea? Devono tirarti addosso? Un lob? Improvvisamente si trovano a dover prendere decisioni in poco tempo. E ai Regolaristi non piace dover pensare a cose di questo tipo! È molto più facile rimandare semplicemente la palla di là in quel grande campo aperto che gli offri rimanendo a fondo. In quel modo hanno un margine di errore molto elevato. Toglilo! Limita le loro scelte restringendo il campo. Sono fermamente convinto che, contro un Regolarista, si potrebbe anche venire a rete senza racchetta e ugualmente portare a casa qualche punto. La semplice vista di una persona a rete li scombussola un poco. Ma è comunque meglio andarci con la racchetta, nel caso riescano a rimandare la palla dall’altra parte della rete. Un avvertimento. Non sto dicendo che sia opportuno correre a rete ad ogni colpo (a meno che tu non ti senta a tuo agio a giocare in questo modo). Devi essere selettivo. Sulle palle più corte, scendi a rete con regolarità. Sulle palle a metà campo, se hai la possibilità di giocare un colpo d’approccio decente, cerca di venire a rete. Una palla più profonda? Cerca comunque di scendere a rete di tanto in tanto, per testare l’effetto sorpresa. E sulla seconda di servizio del Regolarista? Buona idea. Sulla sua prima? Se lo fai, rimarrà vera-
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mente turbato? Certamente. Fidati, funziona. Naturalmente, il tuo scopo è quello di scuoterlo, di fare in modo che guardi te invece che la palla. Inizierà a sentire di avere poco tempo per eseguire i suoi colpi e inizierà a sbagliarne qualcuno. Improvvisamente inizierà a commettere quelli che a livello di club di solito decidono il vincitore: gli errori gratuiti. Il Regolarista che inizia a commettere errori è destinato a perdere. 3. TRASCINA IL REGOLARISTA A RETE C’è un’altra strada per portare il Regolarista fuori dalla sua comfort zone, costringendolo a fare qualcosa che non sia piantare le tende sulla riga di fondo e rimanere lì per tutta la partita. Questa strada consiste nel trascinarlo a rete come io ho fatto tante volte con Aaron Krickstein. Attiralo vicino alla rete, fagli colpire qualche colpo al volo. Dagli la possibilità di giocare un bell’approccio, una buona volée di rovescio (poco probabile), qualche colpo sopra la testa (difficile se è una giornata di sole), qualche demi-volée (dammi un colpo di telefono quando capita) e qualunque altra cosa riesci a fargli giocare. In questo modo hai privato il Regolarista del suo piano A e lo hai costretto a fare affidamento solamente sul suo piano B. Per riuscirci devi tirare qualche colpo piuttosto corto. Se non pensi di esserne in grado, allenati a farlo. Ricordati, lo hai fatto senza volerlo migliaia di volte. Ora devi solo cercare di farlo di proposito. E una volta che hai giocato un colpo di questo tipo, di fatto hai messo la tua trappola. Il Regolarista odia la rete. Il Grande Grigsby prova a giocare al volo Ricordi Il Grande Grigsby, il Regolarista che stavo guardando e che era stato attirato a rete? Ecco il resto della storia. Dopo essere arrivato su una palla corta e aver rimandato la palla profonda nel campo avversario, se ne era tornato a fondocampo. A quel punto il suo avversario giocò un’altra smorzata. Il Grande Grigsby ripetè la stessa operazione: corse a rete rimandando la palla profonda dall’altra parte e un’altra volta tornò indietro verso la sua linea di fondo. Il suo avversario giocò allora una terza smorzata! Non avevo mai visto nessuno prima di allora giocare tre smorzate consecutive senza perdere il punto. Ne avrebbe giocata una quarta? No, Il Grande Grigsby corse di nuovo a rete, ma per chissà quale motivo decise che era giunto il momento di sfruttare la posizione di vantaggio nella quale si trovava e finire il punto. Giocò una
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volée. O almeno credo che fosse una volée. Difficile dirlo dal modo in cui colpì la palla. Non solo il suo colpo finì largo di un metro, ma alla fine del movimento la sua racchetta toccò la rete. E a quel punto iniziai a capire perché ogni volta era tornato a fondo. Era stato trascinato a rete tre volte consecutive. Per due volte era tornato indietro verso la zona a lui nota, la linea di fondo. Si era comportato come se fosse stato contro il regolamento trovarsi così vicino a rete. Mi disse (e questo è fondamentale per capire il gioco di un Regolarista): «Mi sento più a mio agio a fondocampo». Da quello che avevo visto, potevo capirne il motivo. Se trascini il Regolarista fuori dalla sua comfort zone vincerai sicuramente. 4. «PIÙ PIANO» È MEGLIO DI «PIÙ FORTE» Nella maggior parte dei casi il Regolarista si appoggia alla velocità dei tuoi colpi. Ama servirsi dell’energia che tu hai fornito (nella forma di un colpo veloce) e restituirtela a mo’ di specchio. Più tu colpisci forte, più lui colpirà forte! Solo che non è lui a fare la fatica di colpire più forte! E più cerchi di colpire forte, più alte sono le probabilità che tu commetta un errore. A lui invece, basterà opporre la racchetta (e con i nuovi materiali, non deve fare molto altro) e magicamente la palla ti tornerà indietro più rapida. Non è
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Gilbert paragona un match contro un regolarista ad una visita dal dentista: quando ci devi andare sei già mentalmente pronto a soffrire e per questo... soffrirai meno. Fai lo stesso prima di affrontare un regolarista. Arrivare mentalmente preparato a questo tipo di match, ti aiuterà.
Il regolarista ama chi cerca di tirare sempre più forte per “sfondarlo”. Così facendo, sbaglierete più del solito perché costretti a rischi eccessivi. Invece provate a variare il gioco, anche rallentando il ritmo, per impedire al regolarista di sfruttare la velocità dei vostri colpi.
Alcuni tipici regolaristi, ovviamente a livello professionistico. Dall’altra pagina, l’americano Eddie Dibbs (inguardabile), il nostro Soldatino, Corrado Barazzutti, l’immenso Bjorn Borg, il suo erede designato Mats Wilander e gli yankee Aaron Krickstein e Michael Chang
magia, è fisica. Se tiri la palla contro un muro senza troppo vigore, tornerà indietro ugualmente senza vigore. Ma se la tiri in maniera violenta, tornerà indietro con violenza. Nel caso del Regolarista, tu sei il lanciatore di palla e lui è il muro. E il muro di solito vince. Il giocatore di medio livello che affronta un Regolarista cade nella trappola di colpire sempre più forte per vincere il punto, mentre il Regolarista rimane a fondo a remare, rimandando colpo su colpo. È una delle sue situazioni preferite perché sa che prima o poi cercherai di tirare più forte di quanto dovresti e la tua palla finirà in rete o sui teloni di fondo. E nemmeno ti dirà grazie per il lavoro che hai svolto per lui. 5. GIOCA PRIMA LA TUA SECONDA I maestri di tennis dicono che il giocatore medio ha due tipi di battuta: lenta e più lenta. C’è un fondo di verità: mentre un professionista riesce a colpire la palla oltre i 210 km/h, il servizio del giocatore di club viaggia circa la metà. Quindi non preoccuparti di servire ace o servizi vincenti. Specialmente contro un Regolarista. Infatti, contro questo tipo di giocatore pensa «seconda palla». Ancora una volta, così facendo si toglie ritmo al Regolarista, costringendolo a fare un lavoro che non ama fare e solitamente non fa. Quando prova a spingere la palla, iniziano a fioccare gli errori
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Una scelta obbligata contro un regolarista è quella di scendere a rete, in modo da obbligarlo a tirare un colpo con una certa percentuale di rischio: il passante (o il lob). Aggreditelo di continuo, anche già dalla risposta. Talvolta gli basterà vedervi correre verso la rete per commettere un errore gratuito.
Un’alternativa alla vostra discesa a rete è quella di... obbligare il regolarista a farlo. Per riuscirci dovete giocare una palla più corta che “invogli” l’avversario. Non è un colpo semplice da eseguire volontariamente ma un sacco di volte vi sarà capitato di giocare così corto... senza volerlo!
gratuiti. E se prova a rispondere semplicemente bloccando la tua seconda palla morbida, la risposta risulterà corta, permettendoti di scendere a rete. Nessuna offesa Lasciami chiarire una cosa che potresti aver pensato quando ho detto che Borg, Evert, Chang, Krickstein e altri giocatori possono essere classificati come Regolaristi. Ovviamente giocatori di quel calibro non erano solo capaci di bloccare la palla e mandarla dall’altra parte. Non ho intenzione di offendere alcuno definendolo Regolarista. Questi giocatori avevano questo stile di gioco e l’hanno sviluppato al massimo livello. Vedere qualcuno scendere a rete li disturbava molto meno di quanto accada ad un Regolarista che vi può capitare di incontrare nel vostro torneo sociale. Quando scendevo a rete contro Michael Chang, credetemi, aveva una decina di opzioni per passarmi. Il problema era che se non fossi sceso a rete, avrebbe continuato a rimandarmi la palla fino al giorno seguente. Ho giocato contro di lui nella semifinale di un torneo e ho perso il primo set per 6-0. Nel secondo set ho iniziato a scendere a rete e per poco non riuscivo a vincerlo! Perché non ho iniziato a scendere a rete prima? È quello che mi sono chiesto anch’io. A ogni modo, a meno che tu non sia in grado di battere un Regolarista al suo stesso gioco, difendendo meglio di lui, devi cercare un’altra maniera per sconfiggerlo. La prossima volta che giochi contro un Regolarista, applica alcuni dei miei suggerimenti. Prenditi il tempo necessario per abituarti alla nuova tattica, ma cerca di capire cosa fare in qualunque situazione e quale tattica nel tuo caso potrebbe funzionare. Funzionerà, credimi. E più ti sentirai a tuo agio con questo nuovo approccio, più i match point finiranno a tuo favore.
VINCERE SPORCO Finalmente in italiano. Edito da Priuli & Verlucca, Winning Ugly di Brad Gilbert è diventato Vincere Sporco e ha subito riscosso l’interesse della critica (e non solo quella tennistica) perché aiuta a capire come bisogna prepararsi prima e durante un grande incontro. E come si possono sfruttare tutti gli elementi per portare a casa la partita.
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PLAY BETTER TENNIS
THE CLAY GAME PER DIVENTARE ESPERTI TERRAIOLI (SENZA NECESSARIAMENTE TRASFORMARSI IN PALLETTARI) BISOGNA SEGUIRE ALCUNE SEMPLICI REGOLE E IMPARARE A SFRUTTARE SITUAZIONI TATTICHE E COLPI CHE SONO DIVENTATI DESUETI MA CHE SUL MATTONE ROSSO POSSONO TORNARE ANCORA UTILI. E POI TROVARE UN GIUSTO MIX TRA SPINTA E REGOLARITà, TRA DIFESA E OFFESA, TRA UN GIOCO SOLIDO E SUGGESTIVE VARIAZIONI. SE RIUSCIRETE A MISCHIARE BENE LE CARTE, ALLORA LA TERRA BATTUTA PUò DIVENTARE UN PREZIOSO ALLEATO.
di Diego Nargiso* * ex top player ATP e coach pro
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MASSIMA SOLIDITÀ Resistere, resistere e ancora resistere! Sul rosso dovete imparare a tenere scambi da 6-8 colpi e comunque rimanere lucidi per poi trovare l’angolo giusto o la soluzione vincente. Se siete abituati a chiudere lo scambio in due-tre colpi, allenatevi sulla solidità: cercate di sbagliare meno, cercando di aprirvi il campo un po’ alla volta, senza prendere eccessivi rischi fin dai primissimi colpi. Allenatevi tanto anche dal punto di vista della resistenza fisica. ALLENATI COSÌ Giocate degli scambi, anche centrali ma abbastanza profondi (vedi spazio segnato in giallo) fino all’ottavo / decimo scambio (quattro / cinque colpi a testa), poi cominciate a muovere la palla cercando angoli e accelerazioni. Disputate partite agli 11 punti.
A
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VOLÉE SMORZATA Nell’era del corri-e-tira, la smorzata sembrava sparita dal circuito pro. Poi è stata riscoperta perché sul rosso, dove si ha più tempo per eseguirla, è un colpo che può fare la differenza. Stesso discorso vale per la volée smorzata, colpo di cui molti tendono perfino ad abusarne. A livello di club, dove mediamente l’avversario fatica a correre in avanti, è una soluzione ideale. Per poterla eseguire però, dovrete aver conquistato una bella posizione a rete. E ricordatevi che spesso sarà vincente anche se non millimetrica. ALLENATI COSÌ Giocate dei punti partendo dal colpo d’approccio, quindi eseguite una prima volée profonda e poi giocatevi il punto cercando di chiuderlo con una volée smorzata.
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IL CROSS STRETTO
B
Una delle regole principali sul rosso (forse la più importante) è quella di aprirsi il campo per scardinare l’avversario dalla sua comfort zone: la linea di fondo. È un aspetto fondamentale contro i pedalatori. Se non riuscite a sfondarli di potenza, cercate di allargare il campo giocando il cross stretto: a loro non piace colpire fuori posizione e voi vi troverete con un angolo aperto dove tirare un winner. Se siete di livello agonistico, potete provare anche da sinistra giocando un diritto lungolinea corto e carico di top spin. ALLENATI COSÌ Scambiate dal fondo e, appena vi è l’occasione, stringete col cross stretto e, da quel momento, giocatevi il punto.
A A
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TRAVEL
IN ACCADEMIA CON GORAN IVANISEVIC Dall'anno scorso, la Umag Tennis Academy ha cambiato volto, diventando una delle migliori strutture d'Europa. Un complesso molto bello, con hotel di vario genere (dai mini appartamenti del Polynesia per 4-6 persone alle 5 stelle del Sol Coral) e un centro tennis che conta 26 campi (25 in terra rossa, uno in erba sintetica, otto con illuminazione e 2 indoor), vista mare. La ciliegina sulla torta è arrivata dalla partnership con Goran Ivanisevic che sarà presente per sei settimane tra luglio e settembre per corsi intensivi dedicati ai ragazzi (4 ore al giorno). Ivanisevic, che sta svolgendo un lavoro egregio come coach di Marin Cilic, seguirà sul campo i ragazzi per offrire i suoi preziosi consigli. Nel resto della stagione, l'accademia offre corsi per ragazzi e adulti in maniera continuativa (più o meno intensivi, a seconda del livello e delle esigenze), oltre alla possibilità di prenotare i singoli campi o appoggiarsi ai maestri durante il periodo di soggiorno. Per informazioni: www.umagtennisacademy.com
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Around the
WORLD
Da Monte Carlo a lonDra, Da tel aVIV a UMago, eCCo I DIeCI torneI IDealI DoVe aMMIrare I CaMPIonI Da (Molto) VICIno, In lUogHI Da CartolIna e In Hotel Da Sogno
O
rmai è boom: non vi è torneo sparso per il mondo (tranne qualche rara eccezione) in cui non arrivino turisti attratti dall'idea di vivere una vacanza in un luogo incantevole, passando un paio di giornate a godersi un buon torneo. Che sia una capitale europea come Madrid o Londra, piuttosto che un luogo di pura villeggiatura come Acapulco o Umago, il turista-tennista prende sempre in maggior considerazione l'opportunità di unire due delle cose più belle della vita: le vacanze e il tennis. Potendoselo permettere, il sogno dell'appassionato sarebbe girare il mondo seguendo i circuiti internazionali: gennaio in Australia, febbraio in Sud America, marzo negli States, quindi la primavera europea, il fine estate a New York, l'autunno in Asia e il gran finale alla 02 Arena di Londra. Già, un programmino niente male, ma di complicata realizzazione se non siete un giocatore o un coach professionista (o se non avete più bisogno di lavorare...). Tuttavia, senza ambire ad un giro del mondo tennistico di dieci mesi, potete sempre optare per un paio di eventi, consapevoli che una visita al Tempio di Wimbledon è immancabile nella vita di un tennis fan ma che non sempre gli Slam offrono il godimento maggiore. Troppa gente, troppa confusione, pochi biglietti in posizione di primo livello e scarso accesso agli allenamenti, uno dei momenti cult per il vero appassionato. E nessuna chance di incrociare il vostro campione preferito. Meglio optare per tornei medio-grandi dai Masters 1000 agli ATP 250 che però possono offrirvi una location invidiabile e una possibilità di muovervi all'interno della struttura più semplice. Alla fine siete in vacanza e lo stress da torneo va evitato accuratamente. In generale, è dunque importante scegliere un evento che possa appagarvi totalmente, che vi consenta di trovare comodamente un campo dove giocare (oltre che guardare) e soprattutto di restare a contatto con i top players. Non tanto scovandoli in un ristorante la sera, ma potendoli osservare da vicino durante gli allenamenti, magari con la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con i loro coach e carpire qualche segreto tecnico. Una vacanza doc che ci ha spinto a creare la nostra personalissima top 10 dei migliori tornei ai quali vale la pena assistere, escludendo dal pacchetto le prove del Grand Slam e gli Internazionali d'Italia, fin troppo facili da evidenziare. Ne abbiamo scelti per tutti i gusti, da chi ama l'esotico a chi preferisce la tradizione; per chi vuole rimanere vicino all'Italia e per chi non è vacanza se non varca l'Oceano. In ogni caso, sarà una grande esperienza. E un grande divertimento.
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ATP FINALS
Londra, InghILterra, 9-16 novembre Ormai è un evento imperdibile, da quando i dirigenti ATP hanno deciso di riportare le ATP World Tour Finals (il Masters, tanto per capirci) in Europa. Organizzandosele direttamente, l'ATP mette in campo tutte le sue risorse e, grazie anche all'aiuto di uno sponsor munifico come la Barclays, ha creato un torneo meraviglioso, ospitato nello spettacolare scenario della 02 Arena. I motivi per non mancare l'appuntamento sono tanti: beh, prima di tutto si qualificano i primi 8 giocatori del mondo, e tanto basta per sciroccarsi le due - tre ore di volo che servono per
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raggiungere Londra. Qualunque giornata si scelga, difficile sbagliarsi perché sono tutti top players. Ma è tutto ciò che circonda l'evento a essere attraente, a partire dalla scenografia teatrale nella quale si gioca: luci spente sugli spalti, solo il campo resta illuminato. I biglietti si acquistano direttamente sul sito ATP e fate attenzione a muovervi per tempo, perché vanno via veloci. Potete anche affidarvi a GoTennis per un pacchetto completo. E poi siete a Londra, al principio del periodo pre-natalizio: cosa chiedere di più?
www.barclaysatpworldtourfinals.com
ATP UMAG
Umag, CroazIa, 21-27 LUgLIo Il torneo del comfort e del divertimento, con la più grande concentrazione di campi da tennis per chilometro quadrato. Facilmente raggiungibile dall'Italia (almeno per chi vive al nord, visto che dista un'oretta da Trieste), il club si trova sul mare, con hotel annessi a cinque minuti di distanza. L'atmosfera è molto familiare ed è facile avvicinare i giocatori e osservare da vicino allenamenti e partite. I prezzi di alloggio e biglietti sono molto concorrenziali e il campo di partecipazione piuttosto buono, con un'ottima presenza italiana. Gli incontri iniziano dopo le 17 e il post-partite riserva sempre musica e party a go-go. Nel complesso di hotel spicca il Sol Coral (adults only) con accademia da oltre venti campi e stage con Goran Ivanisevic. www.croatiaopen.hr/eng/
GRAND SLAM E WTA FINALS
AUSSIE OPEN MELBOURNE
Il più suggestivo, ma servono almeno due settimane per ammortizzare fuso e costi. I biglietti si trovano con facilità.
TEL AVIV IsraeLe 15-21 settembre
ROLANd gARROS PARIgI
Parigi è vicina, ma trovare i biglietti non è semplice se non conoscete un tesserato FFT. Meglio BluFreccia
La bella novità della stagione 2014: il grande tennis torna a Tel Aviv dopo una lunga assenza, peraltro ereditando l'evento da un'altra splendida città come San Pietroburgo. Il torneo sarà ospitato
WIMBLEdON LONdRA
US OPEN NEW YORK
WTA FINALS SINgAPORE
La Mecca del tennis, una volta nella vita bisogna andarci. Per i biglietti, vedi Parigi. O GoTennis.it.
Non è il più elegante degli Slam ma NYC è sempre elettrizzante. Biglietti no problem su usta.com.
Mete sempre più esotiche per le WTA Finals: da Istanbul a Singapore. Nessun problema per i bilgietti
a Ramat Hasharon, alle porte della città, uno dei tanti centri tennistici costruiti in Israele per dare un luogo sicuro di divertimento ai giovani dopo la Guerra dei Sei Giorni. Il plus è dato
dalla città, una delle più divertenti del mondo, con i suoi locali sulla spiaggia, le feste e una nightlife invidiabile. Un cocktail che ricorda molto Miami. In più, a meno di un'ora di auto,
imperdibile la visita a Gerusalemme. Il tennis può quindi diventare una bella occasione per scoprire uno dei luoghi più affascinanti del pianeta.
israeltenniscenters.org
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VALENCIA
CIUtat de Les arts I Les CIènCIes, sPagna, 18-26 ottobre Barcellona ha il suo fascino, col Real Club a far da degna cornice, uno dei circoli più belli d'Europa che per la verità viene sacrificato un poco durante il torneo. E poi, chi non è stato una volta nella vita nella città catalana? E allora, se amate la Spagna, il mare e il divertimento, il torneo di Valencia è l'occasione giusta per scoprire una città all'avanguardia, che ha investito molto nello sport (a partire dalla
vela) e che è ormai diventata una delle mete più ambite dell'intero paese. Il torneo è indoor ma il clima che troverete sarà piuttosto caldo, non solo per il caloroso tifo spagnolo, ma perché a queste latitudini, il mese di ottobre è come la nostra primavera. Il campo di partecipazione è ottimo, biglietti se ne trovano e la città pullula di accademie e club pronti ad accogliervi se volete giocare un match. valenciaopen500.com
ACAPULCO
FarImont PrInCess resort, messICo, FebbraIo 2015
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con tante spruzzate di azzurro (la Pennetta ci ha vinto due volte). Il torneo si disputa all'interno di un meraviglioso resort a forma di piramide con tutti gli annessi e connessi di un hotel di lusso: bellissima spiaggia, clima incantevole e compagnia... pure. Si gioca la sera, dopo una giornata passata al sollazzo e non manca l'occasione di tirar quattro palle.
abiertomexicanodetenis.com
NIzzA 18-24 MAGGIO
PICCOLO È bELLO
Gigi e Andrea cantavano «Viva le donne che son come l'acqua santa/ Quando le tocchi il miracolo non manca!» mentre passeggiavano sulle spiagge di Acapulco. Per gli intenditori del circuito mondiale (quindi coach, preparatori e parenti che seguono i giocatori in giro per il mondo) il torneo messicano è una tappa imperdibile. Torneo combined, uomini e donne insieme
bASTAD 7-13 LUGLIO
GSTAAD 27/7- 2/8
Tornato nel 2010, Club sul mare Per chi ama la è comodo da con (bellissimo) montagna d'estate, raggiungere e il hotel annesso. E e un torneo fascino della Costa ristoranti affollati considerato tra i Azzurra resta dalle bionde più divertenti immutato. bellezze del paese. del tour.
MONTE CARLO
monte CarLo CoUntry CLUb, PrInCIPato dI monaCo, aPrILe
Spesso si dice che è, insieme a Roma, il più importante torneo italiano, tanto il Principato è vicino all'Italia e viene di conseguenza invaso dai nostri appassionati. Per chi vive al nord Italia è il torneo più comodo da raggiungere e il Country Club è tra i luoghi tennistici più magici, uno dei teatri di gioco più affascinanti del circuito. L'ideale è potersi permettere un pranzettino sulla terrazza vista mare, tavolo vicino alla ringhiera, con ai propri piedi il campo centrale; se però non volete far piangere
2015
i vostri risparmi, un qualsiasi posto sul Centrale andrà benissimo, senza però dimenticare di fare una capatina sui campi in alto, dove si può assistere agli allenamenti e godersi i top players a due metri di distanza oppure sui campi laterali, dove solitamente sono impegnati i giocatori azzurri. Lati negativi? Il club fatica a contenere oltre 15.000 spettatori al giorno e le code per il parcheggio o per raggiungere l'autostrada possono diventare snervanti. monte-carlorolexmasters.com
FASCINO D'ORIENTE TOKYO, 15-21 SETTEMbRE
Torneo di grande tradizione, ottima partecipazione (si è visto anche Rafael Nadal) e perfetta organizzazione. E la città è piena di campi dove poter giocare. PECHINO 29 SETTEMbRE 5 OTTObRE
Grande fascino del torneo (e dello stadio olimpico), come della città. Da provare, una volta nella vita. SHANGHAI 5-12 OTTObRE
INDIAN WELLS
IndIan weLLs tennIs garden, statI UnItI, marzo
2015
Fino a pochi anni fa, se avessi accennato ad un possibile sorpasso del torneo di Indian Wells nei confronti di quello di Crandon Park a Key Biscayne (Miami) ti avrebbero preso per pazzo. Poi è arrivato Mr. Oracle, al secolo Larry Ellison, e il miracolo è avvenuto in tempi piuttosto brevi. Ora nel deserto della California va in scena il primo Masters 1000
stagionale in una location che ogni anno viene rinnovata offrendo facilities sempre migliori, per i giocatori e per gli spettatori, al punto da meritare l'appellativo di Quinto Slam. Non è esattamente dietro l'angolo, ma Indian Wells è diventata una meta tennistica insperatamente interessante. bnpparibasopen.com
Città affascinante e in continua evoluzione. Il suo Masters 1000 è tra i meglio organizzati.
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NEWPORT
newPort CasIno, haLL oF Fame, Usa,
Come location non teme paragoni: tre ore da NYC e sede della tennis Hall of Fame, dove sono riunite le più importanti memorabilia della storia del nostro sport, la giornata clou è quella che introduce ogni anno alcuni grandi personaggi del mondo del tennis in questa élite di fuoriclasse. Il torneo è affascinante perché si gioca nel
DUbAI
dUbaI dUty Free tennIs Centre,FebbraIo
Tra le mete più affascinanti del circuito. Prima avvertenza: non è un combined, quindi prima si gioca il
LONDRA
torneo femminile, la settimana successiva quello maschile, con Roger Federer che a Dubai ha preso casa. E ora, per
royaL aLbert haLL, gran bretagna,
È un po' come se un torneo a Milano si giocasse alla Scala. Oddio, la Royal Albert Hall non ha la stessa fama, ma resta una delle location più ambite dove potersi esibire in calzoncini e imbracciando una racchetta. Qui che si disputa il Masters del Champions Tour, il circuito delle Vecchie Glorie dove si può dar sfogo alla propria
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2015
3-7 dICembre
nostalgia osservando Goran Ivanisevic o Stefan Edberg. Qualche volta ci si può anche rimanere male nel vederli arrancare su una volée ma alla fine è sempre un bello spettacolo. E vedere che anche un Johnny Mac a 50 anni può sbagliare un comodo appoggio, diventa un sollievo per gli appassionati. aegonmasterstennis.com
trovare i biglietti, bisogna muoversi con anticipo. Il club che ospita il torneo è stravagnte perché ricco di... pub
irlandesi. La notizia negativa è che dista circa 45 minuti dalla Jumeirah Beach. dubaidutyfreetennischampionships.com
7-13 LUgLIo
club che ha ospitato a inizio secolo i campionati degli Stati Uniti. ll campo di partecipazione non è da primi della classe ma assistere a un match dalla storica club house non ha eguali. La cittadina, che per anni ha ospitato l'America's Cup di vela, è molto bella, sul mare, tranquilla ed elegante.
tennisfame.com
2005
Gotennis offre da anni i migliori pacchetti hotel + biglietti per i più grandi Tornei del circuito professionistico
2014
Da 16 anni Gotennis propone occasioni per migliorare il vostro talento in luoghi selezionati dove apprendere piccoli segreti facendovi divertire con professionalità, passione e tanta allegria. Single, famiglie, coppie, principianti o molto esigenti imparano i superiori contenuti tecnici che eroghiamo, frutto di profonde esperienze presso le più prestigiose scuole del mondo: Academia Sànchez-Casal eVan Der Meer Academy fra tutte
Gotennis rappresenta in Italia le migliori Scuole ed Accademie nazionali ed internazionali, punti di riferimento nella metodologia di insegnamento del tennis moderno. Contattaci e sapremo consigliarti al meglio
Grandi Tornei
2010
Imparare con il sorriso è da sempre indice di una buona qualità apprendimento; l’esperienza e la capacità degli insegnanti fanno il resto.
Scuole e AccadEmie
2008
Stage Vacanza
®
www.gotennis.it
FIVE
IL FORTE VILLAGE RESORT, NELLA SARDEGNA PIÙ CINQUE EX CAMPIONI PER MIGLIORARE IL HAARHUIS, DA CLAUDIO MEZZADRI AL NOSTRO PROMETTE DI FARVI VIVERE UN’ESPERIENZA
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STARS
BELLA, OFFRE UN’OCCASIONE UNICA: SFRUTTARE VOSTRO TENNIS. DA JONAS BJORKMAN A PAUL DIEGO NARGISO: LA FIVE STARS ACADEMY STRAORDINARIA
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IN QUESTO PARTICOLARE MOMENTO STORICO, L’ITALIA HA POCHISSIME OCCASIONI PER FARSI INVIDIARE. UNA DI QUESTE È IL FORTE VILLAGE. Spesso si ripete che il turismo dovrebbe rappresentare un’enorme ricchezza per il nostro paese ma che non sempre siamo in grado di valorizzare i nostri tesori. Ebbene, basta sbarcare a Santa Margherita di Pula per scoprire che il Forte Village è una piacevole eccezione perché riesce a offrire il meglio dell’ospitalità made in Italy. Tuttavia, quel che maggiormente interessa il fanatico tennista è che stiamo parlando di un resort che ha deciso di sposare il mondo del tennis, tanto da organizzare oltre quaranta (quaranta!) tornei professionistici, allungando la sua stagione che ormai parte a marzo e arriva alla metà di novembre. FIVE STARS ACADEMY Il fiore all’occhiello della stagione estiva è però la Five Stars Tennis Academy, il miglior concentrato possibile di ex giocatori presenti sul territorio italiano da giugno a settembre. Oltre a nomi importanti del panorama internazionale, tra cui spicca il nome di Jonas Bjorkman, ex top 5 del ranking mondiale e semifinalista a Wimbledon (oltre che numero 1 al mondo in doppio), il 2014 segna una new entry importante perché (finalmente) la Five Stars Academy comincia a parlare anche italiano, grazie alla presenza di Diego Nargiso, ex campione di Wimbledon juniores, finalista di Coppa Davis nel 1998 e attualmente coach professionista. Proprio nella sua nuova veste di allenatore, Nargiso è già ben conosciuto al Forte Village visto che ha spesso accompagnato i suoi allievi (tra i quali il promettentissimo Gianluca Mager) durante i tornei ITF. Nargiso potrà però diventare anche il vostro personal coach (soprattutto per i più giovani) nella settimana dal 30 giugno al 6 luglio. Avete qualche dubbio tecnico? Volete migliorare la vostra volée o la strategia di gioco? O semplicemente volete farvi raccontare qualche aneddoto degli anni 90? Nargiso è la persona giusta (immancabile il racconto di quella volta che giocò in doppio col suo idolo, John McEnroe...).
stante il clima della Sardegna non sia idoneo come quello inglese), una palestra super attrezzata e tanti professionisti che vi aiuteranno a migliorare la vostra condizione di forma psico-fisica. Perché ridurre il Forte Village all’etichetta di resort di lusso, sarebbe un errore. Ormai è giusto parlare di un brand che esporta nel mondo lo stile italiano nella sua massima eccellenza. Una clientela internazionale che apprezza la nostra ospitalità, una location sul meraviglioso mare della Sardegna e una cucina di livello altissimo, a cominciare dalla presenza del mitico Gordon Ramsay, divenuto celebre in Italia anche grazie ad uno dei tanti reality legati al mondo del food. Però, tennis a parte, il vero gioiello della struttura è il centro di talassoterapia. Trovare qualcosa di simile è pressoché impossibile, anche in Oriente dove sono particolarmente esperti quando si tratta di acqua e benessere. L’idea di poter passare un paio d’ore tra piscine ricche di olio e sale (consigliatissima la visita serale) e provare uno degli innumerevoli trattamenti estetici, aiuta a rigenerarsi (anche mentalmente) dalle fatiche sportive. Perché proprio l’offerta sportiva è qualcosa di pazzesco, sia a livello quantitativo sia qualitativo. Quello che vi abbiamo raccontato a riguardo della Five Stars Tennis Academy, viene poi replicato a tanti altri sport. Appassionati di calcio con figli di (più o meno) buone prospettive future? Ecco la scuola calcio del Chelsea, voluta espressamente da Roman Abramovich che si è innamorato di questi luoghi dopo averci attraccato col suo transatlantico qualche anno fa. Preferite il basket? Nessun problema: il Forte Village ha assoldato nientemeno che Ettore Messina, mitico coach italiano in forze al CSKA di Mosca ma che ha lavorato anche come secondo allenatore dei Los Angeles Lakers (e i rumors dicono che un suo arrivo come head coach nella NBA è solo questione di tempo). E così via per il rugby e tante altre discipline sportive, compreso il golf, con i percorsi seminati vicini, a partire da quello di Is Molas.
NON SOLO ITALIA Ma il programma della Five Stars Academy non si concluderà chiaramente con la presenza di Diego Nargiso ma, data anche la grande internazionalità degli ospiti, è garantita la presenza di altri grandi personaggi del mondo del tennis. Come già detto, vi sarà Jonas Bjorkman (27 luglio - 9 agosto), quindi Karel Novacek (14 - 28 giugno), Paul Haarhuis (8-18 luglio) e un’altra new entry (svizzera di passaporto ma dal cuore italiano), Claudio Mezzadri (9-23 settembre). Ma l’offerta tennistica non si ferma qui. Anche chi non avesse la possibilità di soggiornare in questo periodo, potrà sfruttare i maestri presenti in maniera fissa nel resort, oltre a strutture che non hanno eguali sul territorio italiano (e non solo) con una distesa di campi in terra rossa (e la chicca del campo in erba naturale, nono-
LUXURY ACCOMODATION Ah, davanti ad una tale offerta sportiva e di benessere, ci stavamo dimenticando dell’accomodation. Ville sul mare a parte, il Forte Village dispone di diverse strutture alberghiere, tra le quali spiccano il Castello e la Villa del Parco. Quest’ultima è particolarmente attraente perché vicina al centro di talassoterapia e la tranquillità e il relax che si respirano là dentro, pare accompagnino l’ospite fin nella sua camera. E parlando di Sardegna, non possiamo dimenticarci del mare. Splendido, trasparente e perfino caldo, quest’ultima non esattamente una qualità scontata in Sardegna. E per finire la serata al top, la piazza Maria Luigia dove ogni sera vengono allestiti spettacoli di primissimo livello. Anche se lo spettacolo assoluto, per i veri appassionati di tennis, resterà quella risposta vincente tirata a Diego Nargiso.
INFO: Forte Village Resort, SS195 Km 39,600, 09010 Santa Margherita di Pula. Aeroporto: Cagliari. www.fortevillage.com
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The End
L'ARTE DELL'INCORDATURA Ci sono professionisti che se lo portano appresso in hotel, l'incordatore personale. «Perché avere una tensione sbagliata di mezzo chilo può voler dire una palla dentro o fuori nel momento clou del match più importante della tua vita» disse una volta Agassi, spiegando perché Jay Schweid viaggiava sempre al suo fianco. E così fanno Federer, Djokovic e tanti altri fuoriclasse, con gli specialisti di Priority One. Ora, il giocatore di club non deve portarsi l'incordatore in vacanza, né si gioca milioni in un singolo match, però c'è ancora troppa superficialità non solo nella scelta della corda (e qui si sta già migliorando parecchio) ma anche dell'incordatore stesso. Il ragazzotto che al club incorda per arrotondare, magari su una Scaglia di qualche lustro fa, non è in grado di offrirvi un servizio adeguato. E sul campo pagherete caro questa approssimazione. Andate in un negozio specializzato, chiedete della mano più esperta, valutate che tutto venga svolto seriamente e, se vi trovate bene, chiedete la prossima volta che la racchetta venga incordata dalla stessa persona, sulla stessa macchina. Anche questo aiuta (e non poco) a migliorare la vostra prestazione in campo. Nei tornei pro, si paga anche 25 euro la manodopera; voi ve la caverete con 8 euro. Soldi ben spesi, se affidati ad un incordatore professionista. 144
Sappiamo che possiamo vincere. Insieme. Oggi ogni progetto richiede coraggio e grande tenacia. Noi condividiamo le tue sfide con passione e impegno. Veneto Banca, siamo con te perchĂŠ siamo come te.
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Esplorare la vita
Realizzare i sogni
Ci sono già sette miliardi di individui che vivono sul nostro pianeta e il numero continua a crescere di duecentoventimila unità ogni giorno. Come si può garantire l’alimentazione a un numero sempre maggiore di persone senza arrecare danni all’ambiente? Come si può accrescere il benessere di ognuno e prevenire le malattie? Come sviluppare materiali nuovi che aiutino a conservare le risorse? La ricerca Bayer contribuisce a fornire soluzioni migliori a tali problematiche. La società è costituita da tre aree di business: Salute, Agricoltura e Materiali Innovativi. Campi nei quali Bayer è già un leader globale e la cui importanza per il futuro dell’umanità cresce ogni giorno. www.bayer.it