PLAYBOOK beST/magazine
! E E R F OR F JUST U YO
ATTREZZATURA / TECNICA / TURISMO
THE BEST OF TENNISBEST.COM
GAテ記 MONFILS, GIOCATORE PROFESSIONISTA GAEL MONFILS, PROFESSIONAL TENNIS PLAYER
SONO LA CONSAPEVOLEZZA CHE UN PUNTO
PUÒ CAMBIARE TUTTO.
BETTER YOUR BEST con myasics.com
photo by Nathaniel Goldberg for TAG Heuer. Maria indossa orologio TAG Heuer Formula 1 Lady Steel & Ceramic
sommario / Playbook 2013
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TENNISBEST AWARDS
MARIA SHARAPAPERONA
PRO KENNEX: QUARTO POTERE
SPECIALE RACCHETTE
SPECIALE SCARPE
Una giuria formata dai top negozianti ha votato i migliori prodotti del mercato, dalle racchette alle scarpe, dalle corde alle palle e marchi di abbigliamento. And the winner is….
È la sportiva più ricercata e più pagata del mondo. Un ritratto della giocatrice-imprenditrice che promette bene anche come businesswoman. by Federico Ferrero
È diventato il quarto marchio in Italia nel settore racchette. Grazie a prodotti di alta qualità e al number one azzurro, Andreas Seppi. by Gianluca Roveda
I migliori telai del mercato destinati a giocatori agonisti o di club, con i testi di laboratorio e in campo. Dalla leggendaria Pure Drive alle nuove Head Graphene…
Le sette migliori calzature del mercato, dalle ormai mitiche Asics (in doppia versione) alle Nike di Nadal e Federer, le Adidas di Murray, le nuove Babolat Propulse…
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REPORTAGE IL BUDELLO
SPECIALE CORDE
SUPERFICI INNOVATIVE
TECNICA E TATTICA
TENNIS TRAVEL IN THE WORLD
Siamo stati a Ploermel per vedere come si produce la corda più bella del mondo: il budello naturale. Una lavorazione ancora manuale e decisamente affascinante by Lorenzo Cazzaniga
Sono il motore della racchetta ma ancora troppo sottovalutate. Come scegliere la corda giusta (e il giusto incordatore)
Dalla terra battuta rinforzata di nuova generazione alla superficie in resina removibile: le nuove top soluzioni.
Come migliorare la propria tecnica ma soprattutto la tattica di gioco. Con tips e consigli pratici sul campo. by Diego Nargiso, Emilio Sanchez, Massimo Sartori...
I dieci luoghi più belli dove trascorrere una vacanza (anche) di tennis. Dal Forte Village in Sardegna allo Sugar Beach di Mauritius. Un tour del mondo, racchetta sotto braccio.
CONTRIBUTORS
Una carrellata dei complici che ci hanno permesso di sfornare questo numero di TENNISBEST Magazine Playbook 2013. 1
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CORRADO ERBA Gli abbiamo offerto un bel compito: una carta di credito per scegliere i prodotti che solo Tennis Warehouse Europe è in grado di offrire all'appassionato. Una mattinata di pura goduria, prima di scoprire che la carta di credito era uno scherzo…
FEDERICO FERRERO Una delle migliori penne del panorama editoriale italiano, ci ha raccontato Maria Sharapova che non è solo una grande giocatrice, ma un vero e proprio brand che attira sponsor a vagonate. E con le sue Sugarpova si sta dimostrando anche abile imprenditrice.
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EMILIO SANCHEZ Sulla terra battuta, la scivolata è un'arma importante per raggiungere palle che sarebbero impossibili da ribattere su altre superfici. Ma non è un gesto così semplice: un grande esperto ci ha insegnato come fare.
MASSIMO SARTORI Il rovescio di Andy Murray è tra i migliori colpi del circuito professionistico, soprattutto in fase di risposta al servizio. Ecco la sequenza dei momenti clou di questa esecuzione, commentati dal coach del numero uno d'Italia.
RICCARDO BISTI Caporedattore anche del nostro sito Internet TennisBest.com, si è occupato di contattare i top negozianti italiani grazie ai quali abbiamo realizzato i nostri tradizionali Oscar per eleggere i migliori prodotti del mercato.
6 FILIPPO MONTANARI A tennis si vince… sbagliando meno del proprio avversario. Infatti, consistenza è uno dei vocaboli più utilizzati dai coach professionisti. Ecco come diventare più solidi per riuscire a sbagliare sempre meno.
LORENZO CAZZANIGA Il nostor direttore ha coordinato i lavori, intervistato titolari di azeinde, direttori commerciali, ha valutato nuove superfici e nuove tendenze per scoprire il meglio che offre attualmente il mercato del tennis.
7 DIEGO NARGISO Per tirare un colpo vincente, non bisogna pescare sempre la riga. Bisogna imparare ad aprirsi il campo, con uno schema semplice quanto efficace. dalla sua nuova accademia di Monte Carlo, Nargiso ci ha spiegato come riuscirci.
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5 LUCA BOTTAZZI Ex giocatore professionista e docente di Scienze Motorie all'Università, è anche commentatore tv a Eurosport e socio fondatore di R.I.T.A.
Direzione e redazione: via Domenichino 19 - 20149 Milano - www.tennisbest.com. Direttore responsabile: Lorenzo Cazzaniga / lorenzo@tennisbest.com; Caporedattore: Riccardo Bisti / info@tennisbest.com. Hanno collaborato: Luca Bottazzi, Corrado Erba, Federico Ferrero, Filippo Montanari, Diego Nargiso, Gianluca Roveda, Emilio Sanchez, Massimo Sartori. Photo Agency: Getty Images. Art director: Der Prinz. Editore: Sports Publishing & Management, corso Garibaldi 49 - 20121 Milano. Stampa: Grafiche Mazzucchelli, Via Ca’ Bertoncina 37/39/41 - 24068 - Seriate (BG), tel: +39 035 292.13.00 / info@mazzucchelli.it. Registrazione presso il Tribunale di Milano n.75 del 10 febbraio 2012. Distribuito gratuitamente nei migliori negozi specializzati di tennis. 4
Editoriale DI LORENZO CAZZANIGA
L’APPASSIONATO MEDIO NON PUÒ CHE ESSERE SODDISFATTO. IL MERCATO DEL TENNIS NON HA MAI OFFERTO UNA QUALITÀ DI PRODOTTI COSÌ AMPIA. MA... …come districarsi in mezzo a un dedalo di decine di racchette (solo un marchio come Wilson ne propone una ventina), di scarpe (per supinatori, per pronatori, neutre), di corde (oh, una tale infinità che servirebbero due stagioni per testarle tutte) e di abbigliamento (Roger Federer cambia una decina di collezioni l’anno)? Non è facile e l’appassionato medio rischia di perdersi e non riuscire a trovare l’attrezzatura più idonea al suo livello e tipo di gioco. Per questo è fondamentale affidarsi a degli esperti, che siano i maestri ma soprattutto i negozianti specializzati, coloro che ogni giorno vivono il mercato, lo testano, lo assaporano e infine capiscono quali sono i modelli che vale la pena consigliare. Perché all’interno di una proposta così vasta, è assolutamente impossibile non trovare qualcosa che si adatti a ciascuno di noi. Dobbiamo solo trovare il consulente giusto per ci dia una mano.
DA NON PERDERE 1. TENNISBEST AWARDS Abbiamo creato una giuria formata dai top negozianti e abbiamo chiesto di votare i migliori prodotti dell’anno. Ne è uscito uno spaccato piuttosto interessante (e piuttosto utile) del mercato del tennis.
È anche quello che ci proponiamo di fare con questo Playbook. Oltre a consigli tecnici e sulle migliori clinic/resort dove passare qualche bella settimana di puro tennis, vi proponiamo una serie di sezioni che vi possano aiutare a scegliere l’attrezzatura più idonea. Non un semplice catalogo, tutt’altro. La prima (grossa) scrematura l’abbiamo fatta noi. Tredici racchette, sette scarpe, una quindicina di corde: è la base per fare la scelta giusta. Tutti prodotti che abbiamo testato in campo e valutato con gli esperti del settore. Siamo certi che all’interno di queste pagine, troverete quello che vi serve per riempire il vostro borsone con quello che serve per far bene sul campo. Ci siamo ovviamente concentrati sull’attrezzatura principale, cioè racchette, corde, scarpe e palle. Va detto che la qualità media dei prodotti è più che soddisfacente, anche se qualche anomalia non manca. Un esempio su tutti? Beh, in tempi di crisi economica, riscontrare qualche problema produttivo (o una selezione meno accurata) è normale. Non è per esempio facile trovare due telai che nascono uguali, per peso, bilanciamento e quindi attitudine alla spinta (il dato di inerzia). Per questo è fondamentale rivolgersi ad un negoziante specializzato, in grado di customizzare le racchette fino a farle diventare tutte gemelle. Per curiosità, siamo andati in un negozio e abbiamo pesato tre telai di cinque modelli, per verificare le differenze. In un caso, c’erano ben 8 grammi di differenza tra due telai che dovrebbero essere identici. Come fare? Servono mani esperte. Per questo vi consigliamo di trovare un consulente personale (oh, anche su Internet, sia chiaro), che vi possa aiutare a raggiungere lo scopo: fare la scelta giusta.
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2. SHARAPAPERONA La nostra firma Federico Ferrero si è soffermato non su Maria Sharapova tennista, ma sul brand MS, ora che la bella giocatrice russa è diventata anche imprenditrice di successo con le sue Sugarpova.
Maria Sharapova è la giocatrice più ammirata del circuito mondiale, la più popolare tra gli appassionati e la più ricercata dagli sponsor. Ma ora ha deciso di diventare anche imprenditrice nel settore delle caramelle lanciando il suo brand Sugarpova. Il marchio MS davvero non conosce crisi. info@tennisbest.com
3. NUOVE SUPERFICI Se alcuni settori soffrono di immobilismo (vedi soprattutto quello delle palle da tennis), altri sono in pieno fermento. Come quello delle superfici che presenta novità tecnologiche che promettono di rendere i campi più performanti ed economici. Sia quelli in terra rossa, sia quelli in resina.
THE PLAYBOOK: DOVE SIAMO TENNISBEST Magazine / The Playbook è distribuito gratuitamente presso i migliori negozianti di tennis. Qui sotto potete trovare un elenco completo dei negozi in modo da poter richiedere la vostra copia. Però affrettatevi, prima che siano tutte distribuite. Il nostro progetto ci porterà ogni anno ad aumentare la distribuzione e il numero di copie disponibili, ma non dimenticate di seguirci quotidianamente sul nostro sito Internet TennisBest.com e di leggere la nostra rivista per tablet (a partire da iPad) TENNISBEST Magazine. JOLLY SPORT VIA NIZZA 51/53 10125 TORINO - SEREVA SPORT VIA S. CIRIACO, 27 10073 Cirie' (To) - DELLA CORTE SPORT Via Vittorio Emanuele II, 73 10023 Chieri (To) - MIRAFIORI SPORT 2 Via Montegrappa, 19 10064 Pinerolo (To) - GO4TENNIS Corso Adriatico, 16 10129 Torino - FAVARON SPORT - INTERSPORT Piazza Madonna Delle Grazie, 6/A 10088 Volpiano (To) - LA BAITA SPORT Via Gramsci 5 10024 Moncalieri (To) - BANNY SPORT Via Goito, 1 10024 Moncalieri (To) - POLISPORT Corso Roma, 88 10024 Moncalieri (To) - CA' SPORT Corso Torino 96 10086 Rivarolo Canavese (To) - RAPID STRING Via Giuseppe Mazzini 116 10098 Rivoli (To) - FULL SPORT Largo Catania, 19 15100 Alessandria - G. SPORT Via Roma 56 15033 Casale Monferrato (Al) - CREVANI SPORT SERVIC INTERSPO Piazza Ester Mietta 1 15057 Tortona - TECHNOSPORT Fr. Pont Suaz 51 11100 Charvensod (Ao) - G.&G. 80 SPORT Corso Luigi Einaudi 36 14100 Asti - DIMENSIONE SPORT - Intersport Piazza Medici, 30 14100 Asti - FS TEAM - INTERSPORT Corso Europa 140/D 12051 Alba (Cn) - IL PODIO SPORT Via Chiri, 10 12100 Cuneo - PAROLA SPORT WEAR Via Sebastiano Grandis, 5 12100 Cuneo - SLALOM Via Gualtieri 16 12037 Saluzzo (Cn) - FS TEAM - INTERSPORT Via Domenico Oreglia, 21 12045 Fossano (Cn) - OMNIA SPORT Via Dei Martiri, 170 28078 Romagnano Sesia (No) - SPORTWAY - PERNATE Via Per Novara, 119 28100 Pernate (No) - POSSA SPORT Corso Paolo Ferraris 29 28037 Domodossola (Vb) - BRUNO SPORT Via Lamarmora 27 13900 Biella - HOBBY SPORT Via P. Boselli, 6R 16146 Genova - WILLY SPORT Via Alessandro Rimassa 139/R 16129 Genova - PIETRI SPORT Via Roma 145/147 18038 Sanremo (Im) - SPORTART - INTERSPORT Via Trilussa, 20 17100 Savona - RIVA SPORT Via Dei Mille, 97 17031 Albenga (Sv) - NAKE SPORT Via Vitruvio 38 20124 Milano - LA BOTTEGA DEL TENNIS Via Bernardo Quaranta, 3 20141 Milano - LA GRIFFE SPORT Via Dall'ongaro N. 2 20133 Milano - R&C SPORT = COLOMBO SPORT Via Xxvi Aprile 130 20010 Arluno (Mi) - TENNISMANIA Via Giuseppe Arimondi, 13 20155 Milano - TENNISMANIA Via Vittorio Veneto, 35 20054 Nova Milanese (Mi) - FEBA Via Borgo Palazzo 95/C 24125 Bergamo - BITE Via San Martino, 10 24047 Treviglio (Bg) - Remo E Lucia Sport Corso Roma, 52 24067 Sarnico (Bs) - ALPI SPORT Via Trieste 61 25121 Brescia - FAVALLI Via Brescia, 16 25025 Manerbio (Bs) - BREAK POINT SPORT Via Garibaldi, 49 22100 Como - MAXISPORT MERATE INTERSPORT Via Nuova Valassina, 352 20035 Lissone (Mi) - A TENNIS Via San Rocco, 34 20035 Lissone (Mi) - TAURUS Viale Brodolini 23900 Lecco - TOP TENNIS Viale Po 2 26100 Cremona - PT 2.1. Via Raffaello Sanzio, 39 20149 Milano - CREVANI - INTERSPORT Via San Lorenzo, 9 27058 Voghera (Pv) SPORTIME - INTERSPORT Via A.Bracci 53 46100 Mantova - CHECK POINT Via Parma, 66 46041 Asola (Mn) - NEWGRAPHIC Via Trieste, 54/A 21023 Besozzo (Va) - SPORT CENTER Via Giovanni Xxiii 53 21015 Lonate Pozzolo (Va) - ANGELO SPORT Via Vittorio Veneto, 54 29121 Piacenza - CENTRO SPORTIVO PLEBISCITO 2001 Via Guglielmo Geremia, 2/2 35133 Padova - SPORT MAX Via Zanella, 2/A 35010 Carmignano Di Brenta (Pd) - BOREGGIO SPORT Via Casalini 17/21 45100 Rovigo - NEW MATCH POINT Via Pio X, 50 36022 Cassola (Vi) - CARLA SPORT Via Luigi Dalla Via, 3/A 36015 Schio (Vi) - TENNIS POINT VERONA Via Albere, 33 37138 Verona - SPORT STYLE 612 Via Francesco Torbido 2 37133 Verona - SPORTLINE Via Garibaldi, 8/10 37053 Cerea (Vr) - MERIGHI FRANCO Via Pancaldo 1-A 37100 Verona - CUNICO SPORT-INTERSPORT Corso Vittorio Emanuele 82 37069 Villafranca (Vr) - SPORT PIU' Piazza Dei Donatori 4 37066 Caselle Sommacampagna (Vr) - GETO SPORT Via Capuccini 45 31033 Castelfranco Veneto (Tv) - NATA Via Maggiore Piovesana, 4/A 31015 Conegliano (Tv) - SPORT MARGHERITA Via Giuseppe Verdi, 40 30016 Jesolo (Ve) - TENNIS 3.IT Viale Garibaldi 113/B 30173 Mestre (Ve) - BENESSERE NATURALE Via Grado 54/C 34074 Monfalcone (Go) - SPORTWEAR Via S. Valentino 8 33170 Pordenone - VIDUSSI - INTERSPORT Piazza Alberto Picco 15 33043 Cividale Del Friuli (Ud) - C.D.M. STORE -INTERSPORT Via Antonio Bardelli, 4 33035 Torreano Martignacco (Ud) - SPORT-MODE SCHOENHUBER - INTERSPORT Via Centrale 24/A 39031 Brunico (Bz) - SPITPOINT SPORTS Viale Druso, 339 39100 Bolzano - TECNOSCI Via Fermi 13/2 38100 Trento - VEGHER SPORT Via Nazionale, 10 38020 Pellizzano (Tn) - TENNIS FUN Via Don Luigi Sturzo, 5/C 40135 Bologna - PUNTO SPORT Via Pasubio 37-39 40133 Bologna - SPORTIME Via Rivalta, 97 40026 Imola (Bo) - SPORT TECH Via Bologna 68/10 44100 Ferrara - TENNIS HOUSE Via Frampolini 120 41100 Modena - TENNIS PLAYER PROGRAM PUNTOFFICE Via Barchetta, 100 41100 Modena - CLAP Via Archimede, 9 41049 Sassuolo (Mo) - GILIOLI SPORT Corso Italia 54 41058 Vignola (Mo) - PARMA SPORT Via Buffolara, 92/A 43126 Parma - GRAN SLAM Via Zarotto, 63Bis 43100 Parma - UNIVERSO SPORT Via Emilia Ospizio, 51/F 42100 Reggio Emilia SPORT SERVICE - INTERSPORT Via Emilia Per Forli', 1331 47034 Forlimpopoli (Fo) - MATCH POINT Viale Europa 649 47023 Cesena (Fc) - GENGHINI VIRGILIO & C. Via Romagna 5 47838 Riccione (Rn) - CASA DELLO SPORT - INTERSPORT Via Gramsci, 72/74 48100 Ravenna - TENNIS CORNER Bagnacavallo Via Mazzini, 13 48012 Bagnacavallo (Ra) - SPORT PASSION Via Ricci Curbastro, 1 48020 S. Agata Sul Santerno(Ra) - ERRETI SPORT 2 Strada Massetana Romana 2 Int2 53100 Siena - TENNIS LAB Via Pagnini, 41 50134 Firenze - MAXI SMALL Via Dell'industria, 9 50056 Montelupo Fiorentino (Fi) - TENNIS CORNER FIRENZE Piazza Alberti 15 50136 Firenze - LINEA SPORT - INTERSPORT Via G. Braga 224 59021 Vaiano (Po) - NENCINI SPORT - INTERSPORT Via Del Pratignone Snc 50019 Sesto Fiorentino - BASTOGI SPORT Corso Italia, 16/18 58015 Orbetello (Gr) - LEMA- INTERSPORT Via Aurelia Antica, 42/46 58100 Grosseto - TUTTO SPORT BANDITELLA Via Puini 97 57100 Livorno - SPORTEEN Via Vitt. Emanuele II, 140 57027 S.Vincenzo (Li) - VIVISPORT LUCCA Viale S. Concordio, 1075 55100 S. Concordio Contrada (Lu) - TENNIS CORNER CLUB Via Mazzini, 109 55042 Forte Dei Marmi (Lu) - EREDI CHELI Viale G. Puccini, 950954 55100 Lucca - TENNIS E OLTRE Via Adua, 165 51100 Pistoia - ITS = BARTONI Via Masolino Da Panicale 15 00196 Roma - TENNIS HOUSE &CO Viale Cesare Pavese, 96/F 00144 Roma - TENNIS WORLD SAS Via Riccardo Billi, 11/13 00173 Roma - CARLISPORT Via Dei Villini, 15 00040 Ariccia (Rm) - TENNIS LINE Via A.Sacchi 24 00196 Roma - SCARMAN -INTERSPORT Viale Citta' D'europa, 833/835 00144 Roma - REGINA Piazza Umberto I N.12 03024 Ceprano (Fr) - SPORT 85 - INTERSPORT Via Piave Km. 68.600 04100 Latina - SPORT K2 Via Campo Marte 113 06100 Perugia - WIMBLEDON TENNIS SPECIALIST Via Volumnia, 81 06135 Ponte San Giovanni (Pg) - CAMPUS C.Cle Piazza Umbra 06039 Trevi (Pg) - CAMPUS C.Cle Le Fonti 06012 Citta' Di Castello (Pg) - L'ALBERO DELLO SPORT Via Flaminia 207 61030 Lucrezia (Pu) - KING Via Modigliani, 3 60019 Senigallia (An) - ERRE 2 SPORT Via Adriatica Nord, 27 63012 Cupra Marittima (Ap) - SOLARIS SPORT Via Valletta 10 62012 Civitanova Marche (Mc) - CAMPUS Via Enaudi 280 62012 Civitanova Marche (Mc) - SPORT DOLCI -INTERSPORT Via Roma 56 65100 Pescara - LINEA SPORT Viale Orsini 191 64021 Giulianova (Te) - GHITA SPORT Via Filippo Patella 2 84131 Salerno - PDN Via S.Nullo 155 80014 Giugliano (Na) - NEW SPORTS & CO Via Fracanzano, 27 80127 Napoli - TENNIS WORLD Via Vannella Gaetani, 28 80121 Napoli - LILY WHITE SPORT Corso Vittorio Emanuele, 745 80121 Napoli - B.T. SPORTING SHOP Viale Cappiello, 92 81100 Caserta - SHOPPING SPORT Via Campania, 115 74100 Taranto - RUOTA LIBERA Via Bari, 207 70022 Altamura (Ba) - PIPPO SPORT Via Cisternino, 113 70010 Locorotondo (Ba) - CHARLIE Via Corsica 29/C 70053 Canosa (Ba) - PICCOLI AMICI SPORT Via Imbriani, 171 70052 Bisceglie (Ba) - CIEFFE SPORT Via Giovanni Xxiii, 103 72017 Ostuni (Br) - DANIELI SPORT Viale Ofanto, 279 71100 Foggia - PETALI Via S.S. 275 Maglie - Leuca Km 13,4 73030 Surano (Le) - LINEA SPORT- INTERSPORT Via Annunziatella 18 75100 Matera - IDEA SPORT Corso Garibaldi Snc 89048 Siderno (Rc) - MAGNELLI SPORT Via Della Resistenza, 151 87036 Commenda-Rende (Cs) - MATCH BALL Via Manzoni, 67 91016 Casasanta-Erice (Tp) - TECNICA SPORT Via Aquileia 38 90100 Palermo - ALFANO SPORT Piazza Leoni, 26 90143 Palermo - ZACCA' SPORT SERVICE - INTERSPORT Via Giuseppe De Felice, 35B 95129 Catania - ZACCA' SPORT SERVICE - INTERSPORT Via Aldo Moro, 61 95045 Misterbianco (Ct) ONNISPORT Via Garibaldi 53 98100 Messina - MARTA SHOP Via San Sebastiano 12/14 98122 Messina - AJELLO SERGIO Via Naxos 163 98030 Giardini Naxos (Me) - SCUBA & TENNIS POINT Viale Tica, 92 96100 Siracusa - MATCH POINT Via Coradduzza, 21 07100 Sassari - MATCH POINT DI CHRISTIAN FAMA' Via Paganini, 60 09045 Quartu S.Elena (Ca) - BASSOTTO LUCIANO Via Abruzzi, 9 /13 09122 Cagliari - MATCH POINT Via Della Pineta, 67/B 09100 Cagliari
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ATTREZZI
WHO
Dickie Lee
WHERE
Melbourne Park, Australia
WHEN
17 gennaio 2013
WHY
Perché il lavoro degli incordatori è fondamentale quanto sottovalutato.
WHAT Il servizio incordatura è fondamentale perché la prestazione dell’attrezzo sia corretta. Non è sufficiente scegliere la corda giusta: servono anche mani esperte e una macchina professionale. Come la Baiardo della Wilson e i polpastrelli di Dickie Lee, uno degli incordatori ufficiali all’Australian Open. Tanti fuoriclasse hanno optato per l’incordatore personale, altri invece si affidano a quelli dell’organizzazione e sono disposti a pagare caro la manodopera (25 euro di media) pur di ottenere un risultato perfetto. Perché sbagliare un’incordatura può anche voler dire perdere un match.
photo by Marianna Massey Getty Images
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TECNICA
WHO
James Blake
WHERE
Sydney Olympic Park Tennis Centre
WHEN
7 gennaio 2008
WHY
Perché il tennis deve essere anche (soprattutto?) spettacolo
WHAT Un gesto clamoroso, un tuffo vero, di quelli a cui ci aveva abituato il miglior Boris Becker, che non aveva timori a sbucciarsi un ginocchio per arrivare su un passante dell’avversario. James Blake è sempre stato un giocatore esplosivo; magari non dotato di una mano super sensibile, ma certamente capace di gesti spettacolari. Come questo tentativo di salvare una situazione compromessa. Perché non bisogna mai arrendersi sul campo, anche quando tutto sembra perduto. Perché se la tecnica di base è fondamentale per esprimere un buon tennis, poi bisogna saper andare oltre gli insegnamenti e tirar fuori quello che si ha dentro. Anche l’impossibile. photo by Ezra Shaw Getty Images
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TRAVEL
WHO
Tennis Courts
WHERE Unknown
WHEN Autunno
WHY
Per il fascino dei campi di strada.
WHAT Non tutti si possono permettere di cominciare a giocare nei tennis club privati. Molti devono arrangiarsi come possono, tra i campi comunali e quelli, ancor più affascinanti, di strada. Un po’ buttati lì, niente resine tecnologiche ma puro asfalto, con le foglie da spazzolare via e la palla che scappa ovunque. E occhio a non steccare troppo, che se rovini il Suv parcheggiato di fianco son dolori. I fuoriclasse una volta nascevano così, sulle strade o come raccattapalle nei circoli. Ora i tempi sembrano inesorabilmente cambiati e i campi di strada sono spariti o restano coperti dalle foglie. Certo, giocare sui campi dei migliori resort o tennis club del mondo è una manna. Ma una capatina nostalgica per strada... photo by Christopher Fulton Getty Images
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Una storia tutta nuova Massimo Bonfanti è il nuovo direttore della filiale italiana di Babolat. Arriva in un momento strategico, con il compito di lanciare sul mercato prodotti molto innovativi di Lorenzo Cazzaniga
N
on era l'unico della lista, perché il ruolo era di quelli (molto) appetibili. Appena si è sparsa la notizia che vi sarebbe stato un cambio nella direzione commerciale di Babolat, è stato un fioccare di telefonate nell’ufficio del boss, il dottor Riccardo Pietra, che per l’occasione deve aver ritrovato vecchie amicizie, riapparse all’improvviso. Alla fine l’ha spuntata Massimo Bonfanti, 44 anni, una vasta esperienza nel ramo sportivo, mai in quello tennistico (e potrebbe essere un vantaggio). Quattro anni in Briko Sport ai tempi d’oro di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni, poi come managing director della filiale europea di Spy Optic: sempre con il compito di coordinare l’export e il vantaggio di confrontarsi con i mercati di mezzo mondo. «Quella di Babolat è una bella sfida, molto stimolante. Ho lavorato in mercati diversi ma vi sono dei punti comuni col tennis, soprattutto quando parliamo di negozi multisport, che poi rappresentano l’80% dei punti vendita. Dal punto di vista commerciali e distributivo vi son molte aderenze col mondo che ho sempre conosciuto: nei prossimi mesi andrò a conoscere il negozio specialista, che per noi resta un cliente fondamentale. Premetto che io ho sempre lavorato con l’estero e forse sono più preparato sulla distribuzione di un prodotto a Tokyo o San Francisco, che a Roma 16
e Milano: ma non credo sia un punto debole, anzi. Qui se devo parlare con un cliente basta che prenda la macchina, non è così complicato». A prima vista, come ha trovato il mercato italiano? «Mi sembra che vi sia un’attenzione pazzesca al prezzo e poco al valore percepito del prodotto: è una logica di benchmarking un po’ particolare. Secondo punto, nonostante una fase di contrazione dei consumi, anche per un inizio di primavera non esattamente fortunato, credo che lo stato di salute del tennis in Italia sia decisamente migliore rispetto a tanti altri settori. Vuol dire che vi è una base di consumo più leale e iperappassionata, quindi nella scelta della locazione delle proprie risorse economiche, rientra nella fascia dell’irrinunciabile. Magari si comprano una cintura in meno, ma non rinuncia alla sua passione. Infatti siamo in una situazione di tenuta, che di questi tempi è un gran successo». Ma qual è il modo, nonostante la crisi economica, per tornare a crescere? «Cercheremo di lavorare molto sui modi di comunicare per nutrire il nostro cliente tradizionale, ma cercando al contempo di allargare la base. C’è un gran numero di tennisti latenti, coloro che hanno appeso la racchetta ma che potrebbe tornare a giocare, o chi non segue il tennis internazionale ma che
non rinuncia alla sua partita settimanale. E con queste persone dobbiamo arrivare a parlarci. Il web per esempio, è un mezzo ideale. Così come l’utilizzo di mezzi di divulgazione che vadano oltre i canali tradizionali. Serve una comunicazione più di massa che possa utilizzare dei concetti tecnici per arrivare al cosiddetto tennista latente. Che può diventare un nuovo cliente. Però servono gli strumenti adatti. «Credo che il lancio della nostra prossima tecnologia sia perfetta per questo target». Già, il Play&Connect. Presentato un anno fa a Roland Garros, ancora non è entrato in produzione. «Arriverà in Italia entro fine anno, si chiamerà più semplicemente Play e sono certo porterà dei risultati straordinari. Ne avremo a disposizione una quantità limitata e si rivolgerà ad un target alto di utenza. Ha dei contenuti clamorosi, ben più completi rispetto a quanto raccontato un anno fa. La storytelling è meravigliosa e ci sarà un passaparola velocissimo. Un prodotto innovativo, del quale la gente parlerà tanto. E non solo i super appassionati di tennis. Di questo ne sono sicurissimo». La collezione di racchette presenta due bestseller (Pure Drive e Aeropro Drive) ma è più limitata rispetto ai concorrenti: come pensate di intervenire? «Il 2014 sarà un anno ricco di novità. Oltre alla racchetta simbolo degli ultimi vent’anni, la Pure Drive, e al telaio di Rafa Nadal, che in questo momento presenta dei dati di vendita anche superiori, vi sarà una gamma quantomai completa. Pure Drive e Aeropro Drive però, resteranno sempre due pilastri sui quali lavorare perché se attualmente prova a entrare in un punto vendita, noterà 7-8 posizioni occupate da Babolat sulla rastrelliera e magari 12-13 da altri concorrenti. Però quelle otto posizioni di vendita ruotano continuamente durante l’anno, con dei dati di sell-out piuttosto confortanti per il negoziante». Mi pare comunque di capire che le due bestseller saranno in buona compagnia l'anno prossimo. «Esatto. Detto del lancio entro fine stagione della Play, ci saranno tante novità, in tutti i settori, ma particolarmente in quello racchette e corde. E poi continuerà la partnership con Roland Garros che ha dato grandi ritorni e inizierà quella con Wimbledon. Gli inglesi che accettano un marchio francese, niente male! Stiamo poi crescendo nel settore scarpe: l'obiettivo è quello di raggiungere la leadership tra i marchi tecnici di tennis. ma non solo nelle calzature, ma anche nell'abbigliamento. La strategia per i prossimi tre anni è già delineata». Uno dei problemi maggiori è la guerra dei prezzi, in particolare sul web. Come pensa di affrontare la problematica? «Per Babolat è fondamentale il rapporto con lo specialista. Il mercato tecnico senza lo specialista, semplicemente muore. Non può vivere solo di acquisti self-service, stile grande distribuzione. È lo stesso motivo per cui Babolat non ha nessuna intenzione di aprirsi ad una vendita diretta on-line, con un sito proprio. Non è nella sua logica. Per noi il rapporto di fiducia con il negoziante specializzato è un fattore imprescindibile. L'ipotesi non è mai stata presa nemmeno in considerazione». Una curiosità: ma lei gioca a tennis? «È uno dei miei sport preferiti, anche se i risultati non sono eclatanti. Ma sono contento che avrò sempre più modo di giocare. Ormai, anche quando vado a fare visita ai nostri rappresentanti, ho sempre la racchetta in borsa.
Alcune immagini targate Babolat. Eric Babolat con alcuni dei top testimonial (Rafael Nadal, Kim Clijsters, Na Li, Jo-Wilfried Tsonga) alla presentazione della nuova tecnologia Play. Qui sopra una delle tante esultanze post-vittoria di Rafael Nadal e, più in alto, Gianluigi Quinzi, la miglior promessa del tennis italiano.
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LA STRADA GIUSTA Artengo sta sviluppando una serie di prodotti innovativi. Con la consulenza di un fuoriclasse come Nicolas Escudè
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i sono marchi che hanno un’immagine che non riflette assolutamente la qualità dei prodotti che propongono e della ricerca che si nasconde alle spalle. Artengo è una dimostrazione lampante di quanto appena scritto. In quanti di voi, pensando al marchio tennistico del colosso Decathlon, lo associano a prodotti economici, convenienti, ma non al livello del top di gamma di altri marchi dello stesso settore? Tanti. E siete in buona compagnia perché anche il nuovo consulente per i prodotti tennis, Nicolas Escudé, la pensava così: «Prima ancora di lavorarci insieme, avevo chiaramente sentito parlare del marchio Artengo, anche nel tour professionistico. Ma solo da quando frequento questo team ho capito che l’immagine era del tutto deviata. La ricerca e lo sviluppo dei prodotti sono già a livello molto buono. Io spero di dare ancora qualcosa in più, visto la mia esperienza di ex giocatore professionista». L’idea di Artengo è del tutto condivisibile: essendo in un processo di sviluppo continuo, era necessario affidarsi a gente esperta per sviluppare ancor di più i prodotti. E chi meglio di un tizio che ha sempre mostrato viva sensibilità nei colpi ed è stato capace di battere tre volte in carriera Roger Federer, può aiutare nello scopo? Vuoi che non sia in grado di aiutare un team di esperti ingegneri e designer a creare racchette, palle e scarpe sempre più performanti? «Lo spero - dice l’ex numero 17 del mondo - perché sono qui per questo motivo. Ho giocato ad alto livello, mi alleno ancora spesso e credo di sapere cosa serva per aiutare il giocatore di club a migliorare il suo tennis». Perché, al di là dei proclami che parlano di obiettivi molto alti (tipo vedere un giocatore trionfare in uno Slam imbracciando una racchetta Artengo entro i prossimi dieci anni), lo scopo è sempre quello di creare prodotti che aiutino la massa, non solo l’élite. Certo, volendo Decathlon, che ormai è una potenza impressionante a livello internazionale, poteva scegliere semplicemente di comprare un marchio, know-how compreso. Invece ha deciso di crearselo in casa. Con più fatica e certamente con maggiori soddisfazioni. La presenza di Escudé aiuterà anche in fase promozionale, per far conoscere di più (e meglio) un marchio che promette di diventare un forte competitor anche per i top brand, perché la ricerca non finisce qui. Anzi, è già stato presentato una nuova tecnologia che consentirà di conoscere meglio il proprio gioco. Ma questa è un’altra storia.
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I PENSIERI DI NICOLAS Nicolas Escudé, ex n.17 del mondo, parla dei suoi obiettivi con Artengo. Vittoria di un torneo Slam compresa CONSULENZA TOP
Il mio compito in Artengo? Aiutare gli ingegneri a sviluppare nuovi prodotti, in particolare racchette, calzature e palle. Ho giocato a ottimi livelli professionistici e credo di avere le conoscenze adeguate per dare una mano nel produrre materiali di ottima qualità.
UNA BELLA SORPRESA
Avevo già sentito parlare del marchio Artengo quando giocavo da pro, ma era considerato un prodotto di livello medio-basso. Poi ho cominciato a lavorare col team e mi sono accorto che la percezione era totalmente sbagliata.
PUNTARE IN ALTO
La base da cui siamo partiti era dunque già piuttosto alta, ma possiamo crescere ancora, prima nello sviluppo della racchetta 920 per esempio, poi anche nel settore palle e calzature. Non è facile ma la volontà è quella di creare prodotti che aiutino l’appassionato a migliorare davvero il suo livello di gioco.
PARTNERSHIP IMPORTANTI
Io metto a disposizione il mio background come giocatore per spiegare quello che serve a migliorare un prodotto. Eseguo test, mi confronto col resto del tesm Artengo e arriviamo a delle conclusioni. Poi bisogna verificarle sul campo. Per questo le partnership sono importanti, come quella con il torneo ATP di Metz per le palle. Aiutano a migliorare e a far conoscere il marchio.
PROGETTI A LUNGO TERMINE
Stiamo lavorando duro per migliorare gli attuali modelli di racchette e calzature, ma guardiamo anche oltre, alla stagione 2014, a quella 2015. Bisogna sempre programmare gli interventi perché il lavoro non è semplice.
OBIETTIVO SLAM!
Quale obiettivo ci siamo prefissati da qui a 10 anni? Beh, vincere un torneo del Grand Slam! No, non mi chiedete una data precisa, è troppo complicato, ma gli obiettivi del marchio restano certamente molto alti. Perché no? Nicolas Escudé è nato a Chartres il 3 aprile 1976. Ha vinto due volte il torneo di Rotterdam (2001 e 2002), ha raggiunto le semifinali all’Australian Open (1998) e vanta tre vittorie in carriera contro Roger Federer. Ma soprattutto ha portato il punto decisivo alla Francia nella finale di Davis nel 2001. Miglior posizione nel ranking mondiale, numero 17 nel 2000.
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Dream Shopping Un Gold Amex a disposizione per sbizzarrirsi su Tennis Warehouse Europe, cercando le chicche che solo il leader dell’e-commerce tennistico è in grado di offrire di Corrado Erba
L’
altra notte ho fatto un sogno talmente orgasmico che la mia bella moglie, a seguito di mugolii di piacere, mi ha svegliato pensando al peggio. «Dimmi chi è o ti faccio fuori» mi ha detto con aria risoluta. Fortunatamente, la scossa improvvisa, pur distogliendomi dai pensieri notturni, mi ha permesso di avere una visione ancora chiara del sogno. Diciamo che ipoteticamente (molto ipoteticamente) il direktor impazzisce e mi chiama di mattina presto. «Senti, ho qui una bella carta di credito Amex Gold, te la do in uso fino alle 12. Vai su Tennis Warehouse Europe e comprami a più non posso». Insomma, lo so che può sembrare morboso sognare una versione tennistica di shopping night al posto del Playboy Late Night Show, comunque… La prima cosa che faccio, data la connessione a banda larga, è entrare sul sito e piazzarmi sui forum di discussione, icona in alto a destra. Se conoscete mediamente l’inglese, sono una fantastica fonte di informazione. Dai gossip sull’ultimo sponsor dei tennisti («Forse Agassi torna alla Nike!» ci informa FabolousDD) a Frinton e DR325 che si scambiano 20
informazioni su dove è possibile comprare gli outfit Uniqlo di Djokovic, mentre il club degli amanti della Prestige ci fornisce le impressioni sull’ultima limited edition. Siccome il bello di TWE è quello di offrire una scelta quasi illimitata di prelibatezze, immagino di fiondarmi per comprare qualcosa di originale e non i soliti prodotti, facilmente rintracciabili in ogni negozio della penisola. In sostanza, vorrei che il socio del mio tennis club che mi vede passare così agghindato, sbavi al pensiero di cotante belle cose. Cominciamo dall’ABC (racchette, abbigliamento, scarpe), passiamo agli ammennicoli (borse e accessori) e chiudiamo con un bel po’ di curiosità. Allora, sulle racchette opterei per un paio di marchi non distribuiti in Italia. Vedo sui siti che ai racchettomani garba parecchio un brand dalle grosse suggestioni, ovvero Boris Becker. Mi oriento sulla Delta Core London, che oltre ad essere in saldo, è un attrezzo che mi ha sempre incuriosito. Praticamente una Prestige midsize in tutto per tutto, ma alleggerita di 20 grammi. Tosta ma possibile, rosso scura con fregi argento, aggressiva e brillante, un peso sostenibile di 328 grammi incordata, uno schema 18 x 20 da cecchino. Le specifiche sono ben spiegate sulla sinistra della pagina, sotto le possibili concorrenti
affini: Prince EXO 100 e Tecnifibre 320, de gustibus. Ne compro ovviamente due per 80,5 euro ciascuna. Per le corde, mi oriento su un qualcosa di morbido, multifilamentoso, bello pastoso. Rifuggo le solite marche e mi getto sulla L-Tec, di cui Ghost 25 mi parla benissimo sullo StringForum. Tra l’altro, LTec vende anche i mezzi set di corde per costruirmi un ibrido dalle belle sensazioni. Prendo dunque L-Tec Premium Gut (morbidoso effetto budello) e lo abbino al Premium Flex (più rigidino, ottimo supporto). «Libidine», direbbe Jerry Calà. (Euro 12,71 + 7,62 x 2). Per portare a spasso le signorine mi piacerebbe una bella borsa sfiziosa, di quelle che la gente si chiede dove cavolo l’hai presa. Donnay, direi! E vai di anni settanta, di Bjorn Borg, di capelloni. Un bel portaracchette da dodici, nero con la scritta oro, spallacci regolabili, tre bei tasconi e siamo a posto. Ora pensiamo a vestirci da fighi. Confesso che su questo punto sono parecchio imbarazzato: l’all american di Under Armour (che fa tanto american football)? Oppure K-Swiss (che fa tanto Bryan Bros) o la collezione Bjorn Borg? Facciamo tutto dai: boxer coloratissimi della collezione dell’asso svedese, compriamoli sia rossi che verdi (Euro 22.91 x 2), completo Under Armour, maglietta e calzoncini modello Catalyst (Euro 26,90 x 2, e occhio che data l’aderenza, ci vogliono addominali di ferro). Tuta K-Swiss combo (Euro 98) e, fiore all’occhiello, scarpe K-Swiss Accomplish, pensata apposta per i terreni indoor e per le moquette (superfice piuttosto popolare nei paesi del Nord Europa), ovvero suola completamente liscia (Euro 84,91). Prendo su qualche t-shirt della linea ATP, da mettere giusto ai tornei per passare da giocatore (Euro 19,99 x 2). Quindi passo agli accessori. Calzini Falke (Euro 14,50 x 4) ideali per proteggere la caviglia in tutte le situazioni, asciugamano Wilson US Open, che fanno tanto Federer (Euro 20,34), polsini Yonex gialli (molto Hewitt, Euro 16), occhiali da sole Tyfosi Inc. con lenti intercambiabili (Euro 71,12). A questo punto la borsa è piena, ma la mia brama di tennis maniaco non è ancora soddisfatta. Vediamo un po’ di ammennicoli. Inammissibile non sapere in tempo reale a quanti chilogrammi è tirata la mia racchetta: il tennis è una questione di dettagli e basta una perdita di tensione di un paio di chili per spedirmi fuori una palla decisiva: mi affido al computer portatile Gamma, un modo semplicissimo per saperlo, anche se un po’ costoso (Euro 199). Poi, a quanti infastidisce rimettere a posto le corde ribelli senza tagliarsi le dita? Ci pensa il raddrizza corde String Thing (Euro 18,26). Già che ci sono mi compro un pennarello Babolat per ripassare il marchio sulle corde (Euro 12,80) e un paio di tappi di ricambio Prince (Euro 3,80 x 2). Sai, non vorrei rimanere in difficoltà, visto che nella sezione vintage ho annusato una meravigliosa Prince POG Graphite Mid, che non può mancare nella mia collezione (Euro 122,02). E a questo punto, con il mio carniere bello pieno stavo già facendo il check out, quando i pugni di mia moglie mi hanno bruscamente risvegliato. Va beh, sarà per un'altra volta ho pensato. Ops, suonano al campanello, UPS spedizioni rapide: «Chi ha ordinato tutta questa roba?». «Dadooooo!». 21
AI VOSTRI PIEDI LE ABBIAMO SPESSO DEFINITE MAGICHE. CI È PARSO UN TERMINE ADEGUATO DOPO CHE ALCUNI GIOCATORI CI HANNO INVIATO MESSAGGI STRAPPALACRIME SU COME LI AVEVAMO AIUTATI A TORNARE A GIOCARE SEMPLICEMENTE UTILIZZANDO QUESTE SOLETTE. SEMBRAVA UN MIRACOLO MA NON CI SIAMO ACCONTENTATI E ABBIAMO CONTII NUATO A TESTARLI. IN UN ANNO LE ABBIAMO MESSE AI PIEDI DI PROFESSIONISTI COME ANDREAS SEPPI, COACH COME BARBARA ROSSI, MAESTRI E GIOCATORI DI CLUB, COMMENTATORI TV. E AL NOSTRO DIRETTORE. ECCO I RISULTATI.
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DI FABIO TURATI
iamo fissati con i test dei prodotti. Ci piace prenderli, soppesarli, distribuirli a vari tester e verificare la loro qualità. Beh, difficilmente abbia provato un prodotto meglio delle solette Noene. Vero che partivamo scettici, increduli che una solettina di un millimetro di spessore potesse risolvere problemi muscolari o tendinei, ma le abbiamo volute davvero mettere alla prova in maniera tosta. In un annetto di prove, le abbiamo infilate nelle scarpe di giocatori professionisti come Andreas Seppi (che ha sempre subìto pochi infortuni, ma tra quei pochi uno fastidioso al piede: e ora funziona tutto a meraviglia), di coach come Barbara Rossi (che ne ha approfittato per farsene preparare un paio per... le scarpe col tacco, ma intanto ci ha detto: «Non soffro di particolari problemi, ma comunque mi affaticano meno in campo»), di giocatori di club («Ero fermo da giorni per un problema ai tendini. Ho infilato le solette e dopo una settimana sono tornati a giocare» Angelo Assumma, quarta categoria. «Da quando mi sono operato al crociato, ho sempre avuto timori e qualche fastidio muscolare. Ora non gioco più senza 'ste solette» Giacomo Picchi, quarta categoria). Abbiamo perfino obbligato a usarle il nostro direttore, anche lui reduce da un'operazione al legamento crociato del ginocchio: «Non ci credevo nemmeno un po'. Anzi, ero preoccupato dal doverne dare un giudizio anonimo, se non proprio negativo. Invece sono diventate compagne inseparabili, e non solo nelle scarpe da tennis» Il segreto? Il Noene, un materiale vibro-assorbente che elimina (al 98%…) i traumi da impatto col terreno e il tessuto Nexus che, grazie alle Onde Infrarosse Lontane, migliora la circolazione sanguigna. Perché queste solette non sono indicate solo per chi ha subìto un trauma o vuole evitare di subirlo. Ma anche chi è in perfetta forma può utilizzarle, come atto di prevenzione oppure per affaticare meno il corpo, le gambe in particolare. L'ultimo in ordine di tempo alle quali le abbiamo affidate è Stefano Meloccaro, giornalista di Sky Sport, specializzato soprattutto in tennis e avido giocatore, con qualche problema a muscoli e tendini. Ha provato anche le cure laser, ma i fastidi permangono. Gli abbiamo consegnato un paio di modelli differenti e lasciato un mesetto e mezzo di tempo per testarle. Fra qualche settimana, arriverà anche la sua sentenza. 22
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SP01 / AC2
a gamma di prodotti Noene è piuttosto varia, per assecondare le esigenze di atleti di discipline differenti e con carichi di lavoro diversi per quantità e continuità. Tuttavia, vi sono due prodotti che si caratterizzano per qualità e utilizzo: la SP01 e la AC2. La soletta SP01, ultrasottile e leggera (un millimetro di spessore per 13 grammi di peso, sostanzialmente impercettibile) viene infilata sotto la soletta standard o il plantare specifico, che tanti tennisti (soprattutto i professionisti) già utilizzano. È concepita con materiale vibro-assorbente per eliminare le vibrazioni all'impatto, soprattutto sui terreni più duri (leggi campi hard court dove è vivamente consigliato l'utilizzo). Il rivestimento tecnico è traspirante e assorbente: sono lavabili a mano e la garanzia è estesa a 12 mesi. Il modello AC2 invece, è un plantare anti-shock (che quindi sostituisce la soletta della scarpa) con inserto in carbonio e arco rinforzato particolarmente indicato per chi ha problemi di pronazione. Oltre a eliminare gli shock da impatto, l’inserto in carbonio Kevlar, rinforza e sostiene l’arco plantare con un effetto defaticante. Ovviamente, potete utilizzarlo se non calzate già un plantare specifico.
INTERVISTA DI RICCARDO BISTI Le solette Noene sono particolarmente consigliate ai maestri di tennis, che restano in campo per diverse ore. Come accade ad Andrea Monti, 39 anni, ex B1 e oggi è direttore tecnico del River Side di Torino. Come ha conosciuto il mondo Noene? Tramite un cliente, ma non ho creduto a certi risultati fino a quando non l’ho provato. L'ho testato sia come soletta sia come impugnatura (Noene, infatti, dispone anche di un prodotto da mettere sotto l’overgrip della racchetta n.d.r.). All’epoca non avevo problemi articolari, quindi non ho avvertito grandi differenze. Poi mi è capitato di giocare su una superficie dura, e ho iniziato ad avvertire problemi al collaterale del ginocchio sinistro. Allora ho riprovato ad utilizzare le solette e il problema è scomparso. Quanto tempo è stato necessario? Meno di una settimana. La cosa incredibile è che sento la differenza quando non le utilizzo: la differenza è enorme. Magari non avverto un vero e proprio dolore, ma una certa differenza a livello articolare, di schiena e di cervicale. Oggi sarebbe in grado di giocare senza solette? Beh, per scendere in campo e giocare una partita, sì. Ma la differenza la senti dopo. Io non faccio più molta attività agonistica, quindi a livello muscolare non sono così allenato. Per questo, il giorno dopo una partita, avverto un certo fastidio. Ma senza le solette, il fastidio sarebbe maggiore. Le usa anche nella vita di tutti giorni? Le uso sempre, salvo quando vado a passeggio e per pigrizia non le metto. Diciamo che le indosso nove volte su dieci. Non c’è dubbio che stia meglio dopo ogni attività fisica, dal passeggio alla corsa. Credo che incida anche a livello di prestazione fisica perché hai la tranquillità di poter spingere al massimo. Secondo lei c’è la giusta attenzione alla prevenzione di questo tipo di problemi? No, soprattutto nel tennis. Ci limitiamo a insegnare diritto e rovescio, mentre non viene data sufficiente importanza all’aspetto mentale, medico, nutrizionistico e della prevenzione infortuni. Nel tennis, in particolare, Noene in cosa aiuta? Durante il gioco sei concentrato sul match, non pensi a queste cose, a parte il fatto che offre una certa tranquillità fisica che magari prima non c’era. La grande differenza la senti dopo. In altri sport la sensazione di sollievo è più immediata: penso alla corsa, dove le sollecitazioni sono continue. Di una cosa sono certo: se tanti praticanti lo utilizzassero, ci sarebbero meno problemi ad anche, schiena e articolazioni. Lei come utilizza Noene? Sotto il plantare infilo la soletta da 2 millimetri. Una grande qualità di Noene è che non condiziona l’utilizzo del plantare. Essendo così sottile (uno o due millimetri) non crea alcun scompenso.
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NEW BALLS, PLEASE! IL SETTORE PALLE STA SOFFRENDO PARECCHIO, TRA SCARSA MARGINALITÀ, PROBLEMI DI PRODUZIONE E POCHE NOVITÀ. E IL PROSSIMO FUTURO NON INDUCE ALL’OTTIMISMO di LORENZO CAZZANIGA
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l malato non è immaginario. Il settore palle sta vivendo un momento decisamente complicato e non a caso le novità, che in altri ambiti comunque non mancano, latitano decisamente, segnale che non vi è grande fermento e nemmeno eccessiva ricerca nel trovare soluzioni innovative, in quello che resta il prodotto fondamentale per il gioco.
I motivi sono abbastanza semplici. Non essendo le aziende di tennis delle Onlus, è chiaro che gli investimenti in ricerca e sviluppo vanno indirizzati verso prodotti che consentono un guadagno ragionevole, se non proprio esagerato. la palla da tennis invece, garantisce una marginalità piuttosto ridotta, al punto che si ragiona sui volumi, ancor prima che sulla qualità. E così non si vedono all’orizzonte dei cambiamenti radicali che possano aiutare il mercato a darsi una scossa. Anzi. Dalla Far East infatti, arrivano notizie piuttosto allarmanti. Pare che siano state chiuse molte fabbriche tra Filippine e Indonesia per essere dislocate in Cina. Detta così, non pare una notizia né preoccupante, né in assoluto negativa. I cinesi già producono la quasi totalità delle racchette, delle corde, delle scarpe (almeno quelle che offrono performance adeguate, ma questo è un discorso che affronteremo in altra sede), perché non affidare a loro anche la produzione delle palle? Il discorso sembra filare via liscio, non fosse che i cinesi, per una volta, non sembrano disporre ancora di un know-how sufficiente per garantire un prodotto di estrema qualità. Chiunque abbia avuto la possibilità di seguire un intero processo produttivo di una palla da tennis, si sarà reso conto che non si tratta di una lavorazione così banale. Ricordo una fase di controllo qualità molto selettiva, che rifiutava decine di palle che presentavano un minimo difetto (che poi sul campo si trasforma in epiteti ingiuriosi per un cattivo rimbalzo o una palla che si è sgonfiata anzitempo). Fonti molto attendibili ci dicono che potrebbe verificarsi una perdita di qualità, problema che già diversi marchi hanno dovuto affrontare nel recente passato aveva, ma che sembrava finalmente risolto. In più, il proliferare di nuove superfici sintetiche e una manutenzione dei campi in terra battuta che non è paragonabile a quella di una volta, ha complicato ancor di più il compito dei produttori di palle. Senza tener presente che le corde monofilamento che ormai spopolano nel mercato, mettono duramente sotto pressione il rendimento della palla. Ma (ahimè), non è finita qui. Bisogna infatti affrontare anche il discorso economico. La marginalità offerta dalla vendita di palle è molto ridotta, per l’azienda e per lo stesso negoziante. Eppure, è probabile che nel 2014 bisognerà alzare i prezzi di listino. Il costo della gomma si è infatti impennato (si parla delle famose double digit, e la prima cifra è almeno un due), così come quello della lana (la lavorazione del feltro avviene ancora in fabbriche selezionate, generalmente in Irlanda). Maggiori costi che quindi dovrà sostenere l’azienda che, come abbiamo detto, non può vantare dei margini di guadagno sostanziosi. Qual è dunque l’unica possibilità che rimane? Alzare il prezzo finale di vendita. «Difficile che l’anno prossimo un tubo di palle possa costare meno di 9 euro» dicono gli esperti del settore. Ma come, non dovrebbe essere già così? Beh, sulla carta, ma sul campo (o comunque sotto la scrivania del custode) si riesce a strappare prezzi ben più concorrenziali. Per la gioia dell’appassionato che, pur di risparmiare qualche euro, è disposto a sacrificare (sbagliando) un po’ di qualità nel prodotto. Non sarà così, anzi: il rischio è di trovare sul mercato prodotti di qualità inferiore a prezzi maggiorati. A meno che le aziende (e in Italia ne sappiamo qualcosa) non decidano di svenarsi pur di piazzarle. ma siamo certi che si tratti di una politica così vantaggiosa?
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WILSON TOUR CLAY È sostanzialmente l’unica novità reale del mercato in questa stagione. Wilson aveva estrema necessità (soprattutto per il mercato europeo) di un palla specifica da terra rossa, visto che i modelli US Open e Australian Open evocano gli hard court. Si tratta di un’ottima palla, rimbalzo regolare, non troppo rapida ma tiene più che discretamente la pressione. Nel mese di maggio, su TennisBest.com, troverete il test completo.
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LA BORSA DEL TENNIS N o n s o n o p e ri o d i fa c i l i e a n ch e l e a z i e n d e d i te n n i s d e vo n o a ff ro n t a re l a c ri s i e c o n o m i c a i n te rn a z i o n a l e . E c c o q u a l è l a t e n d e n z a d e i p ri n c i p a l i b ra n d d e l m e r c a t o HEAD
WILSON
BABOLAT
BONUS Il miglior parco testimonial, una gamma super completa di racchette e la novità del grafene che sta spopolando. Anche il titolo in borsa a Vienna è in buona crescita.
BONUS La nuova Blade è azzeccata e la gamma piuttosto completa. Bella la novità della palla Tour Clay. Salomon ha iniziato a lavorare sulle scarpe: l’anno prossimo sarà un boom.
BONUS Due telai super performanti e prodotti di eccellenza anche nei settori scarpe, corde e palle. Col sensore Play, a fine anno può fare un ulteriore salto di qualità.
MALUS Ancora indietro in altri settori come scarpe, corde e abbigliamento.
MALUS Le linee Juice e Steam non hanno sfondato, Roger non sarà eterno e la linea Pro Staff va presto rinnovata.
MALUS Può migliorare nell’abbigliamento, rinforzare il parco testimonial (soprattutto per la Pure Drive) e allargare la gamma di racchette.
PRO KENNEX
DUNLOP
YONEX
BONUS Ormai è dventato il quarto marchio del settore racchette grazie a prodotti di ottima qualità, al sistema Kinetic e al number one azzurro, Andreas Seppi. Gode di grande credibilità nei punti vendita.
BONUS Fort Clay e Fort All Court sono ancora le palle regine del mercato.
BONUS I prodotti hanno poca concorrenza per qualità ed efficienza. Oltre alle racchette, anche le scarpe sono piuttosto buone.
MALUS Deve completare la gamma di prodotti, soprattutto con una palla omologata.
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MALUS Nel settore racchette la crisi è evidente. E con le palle si guadagna poco...
MALUS I testimonial non sono più quelli di una volta, ma la diffusione potrebbe essere maggiore (ma la pesca sottrae troppe risorse). I margini di progresso sono notevoli.
PRINCE
TECNIFIBRE
NIKE
BONUS Il marchio è storico e la speranza che rinasca è quella di tutti gli appassionati.
BONUS Prodotti di ottima qualità, corde super (soprattutto i multifilo) e una partnership con l’ATP di notevole importanza.
BONUS Il binomio Federer-Nadal resta il meglio che possa offrire il mercato. La Vapor Tour 9 è un ottimo prodotto. L’immagine è sempre cool.
MALUS Le racchette non hanno particolarità così significative e scontrarsi con il trio Babolat-Head-Wilson non è semplice. Janko Tipsarevic come top testimonial rischia di non essere più sufficiente.
MALUS Tante (troppe?) i cambi di linea di abbigliamento durante l’anno (come seguirle tutte?. E quelle di Federer e Nadal mancano un po’ di verve. Sono lontani i tempi in cui Agassi spaccava il mercato.
ADIDAS
ASICS
LUXILON
BONUS Ottimi prodotti, parco testimonial più che buono, linee chiare ma molto diversificate e la presenza di Stella McCartney come ciliegina sulla torta.
BONUS Di gran lunga le migliori scarpe del mercato. Ormai sono un must. Scalzarli non sarà per niente facile. E la Solution Speed, in due anni ha conquistato tanti appassionati.
BONUS Tutti le vogliono, tutti le cercano: è il marchio must have del mercato delle corde. Ottimo l’ingresso della novità 4G.
MALUS Ricorda quei giocatori che fanno tutto molto bene ma non hanno il colpo del k.o.. Disporre di un Nadal aiuterebbe non poco la causa.
MALUS Può migliorare il parco testimonial (gli ultimi acquisti Stosur e Monfils non hanno regalato grandi soddisfazioni) e nel settore abbigliamento.
ARTENGO
AUSTRALIAN
LOTTO
BONUS Una solidità alle spalle invidiabile, una crescita continua, un settore ricerca e sviluppo molto attivo e la presenza di Nicolas Escudé come consulente tecnico. A breve, la bella novità del Personal Coach.
BONUS Resta il brand made in Italy per eccellenza, visto che Fila e Tacchini sono pressoché spariti dal mercato italiano. Qualità del prodotto sempre ottima.
BONUS Prodotti di ottima qualità, testimonial scelti con cura e che ottengono ottimi risultati garantendo una buona copertura televisiva.
MALUS La crisi di casa madre ha fatto pressoché sparire il marchio dal mercato italiano. Nessuna conferma su quando arriveranno i nuovi modelli. Il centro ricerche e sviluppo di Treviso è stato chiuso.
MALUS La qualità dei prodotti non è così percepita e questo determina un profilo inferiore a quanto merita. Disponibilità sostanzialmente limitata agli store Decathlon.
MALUS Difficile sconfiggere l’immagine glamour di Nike e Adidas. Servono testimonial perché nel settore abbigliamento sono fondamentali. La visibilità tv è quasi nulla.
MALUS E se la moda dei monofilamenti dovesse passare? E se i giocatori di club capissero che il monofilamento non è la corda più adatta al loro livello di gioco?
MALUS Manca il testimonial che spacchi e una vera, super novitá nel settore calzature.
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2013
TennisBest
AWARDS
Abbiamo chiesto ai migliori negozianti d’Italia di votare la loro top 5 di racchette, scarpe, corde, palle e marchi di abbigliamento. Ecco tra (tante) conferme e (qualche) sorpresa, quali sono i risultati finali DI LORENZO CAZZANIGA
C
ome è ormai tradizione, anche quest'anno abbiamo realizzato la nostra indagine per votare i migliori prodotti attualmente sul mercato. Siamo chiaramente convinti che una votazione sia importante tanto più è qualificata la giuria, e quindi ci siamo affidati ancora una volta ai top negozianti italiani, cioè coloro che tutti i giorni vivono il mercato del tennis sulla loro pelle, cercando di vendere prodotti e di consigliare al meglio l'appassionato. Il loro giudizio offre inequivocabilmente uno spaccato del mercato e un'indicazione precisa su quali sono i prodotti di tendenza, i più ricercati, i più consigliati e i più performanti, dal punto di vista tecnico e commerciale. I risultati finali? Tante conferme e qualche sorpresa, anche se al top di ciascuna categoria troviamo i prodotti che da anni sono presenti sul mercato. Ecco che dunque a trionfare sono state la Babolat Pure Drive GT tra le racchette, la Babolat RPM Blast tra le corde, la Dunlop Fort All Court tra le palle, la Asics Gel Resolution 5 tra le scarpe e la Nike come marchio di abbigliamento. Differenze rispetto alle classifiche 2012? Nessuna. Gli stessi prodotti erano al top anche 365 giorni fa (e peraltro la sola Gel Resolution ha vissuto quantomeno una rivisitazione tecnica del prodotto. Questo testimonia che, in un momento di contrazione economica internazionale, il mercato non è vivissimo. O meglio, sputa sempre fuori nuovi prodotti ma questi non sfondano così apertamente il mercato. Forse perché aziende e appassionati non hanno tanta voglia di rischiare un nuovo prodotto
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AND THE WINNER IS...
ma preferiscono affidarsi a modelli già conosciuti. In realtà, qualche novità si è affacciata vicino alla leadership, in particolare la nuova serie Graphene di Head tra le racchette e la Luxilon 4G nel settore corde.
Andiamo quindi ad analizzare un po' i giudizi ricevuti. Il settore corde è quello più frastagliato, con il maggior numero di prodotti citati (34 modelli differenti, contro 28 racchette, 16 scarpe, 15 marchi di abbigliamento e 13 palle). Proprio il mercato delle palle appare il più solidificato, con una sola novità determinata dalla Wilson Tour Clay che infatti ha immediatamente conquistato una più che discreta posizione nel ranking. Il settore corde è anche quello che permette a piccoli marchi di farsi notare, come Starburn e Solinco, per citare i migliori. Nel settore racchette, Babolat si conferma il marchio più votato, ma in generale il trio Babolat-Head-Wilson ha raccolto l'86,5% dei voti, sostanzialmente la quota reale di mercato di cui dispongono. Pro Kennex e Yonex sono i primi marchi della seconda fila, avendo soppiantato una Dunlop in crisi e una Prince della quale non abbiamo nemmeno certezze sugli arrivi della prossima collezione, dopo il (quasi) fallimento della casa madre. Trattandosi di marchi storci, speriamo riescano a risollevarsi al più presto. Nel settore scarpe, si è riscontrato il dominio più assoluto, con Asics che ha conquistato oltre il 50% dei voti totali (51,8% per la precisione). Una prestazione straordinaria se consideriamo che il brand vincitore delle altre categorie non è mai andato oltre il 39,6% (Babolat nelle corde). Asics ha creato un solco clamoroso e determinato dalla qualità del prodotto, visto che in termini di testimonial e visibilità, non potrebbe
reggere il confronto con giganti quali Nike e Adidas. Nike si è comunque difesa bene, mentre ormai non sorprende più la presenza nella top 5 delle Babolat Propulse, continuamente migliorate. La distanza con le dirette concorrenti tecniche, Head e Wilson, appare enorme in questo ambito, benché vi è molta attesa per scoprire le calzature che Salomon studierà per Wilson (fanno entrambe parte del gruppo Amer Sports) e che dovrebbero conquistare fette di mercato interessanti. Nel settore palle, la Dunlop si conferma il top in Italia, benché insidiata dalla Head ATP come singolo modello e da Babolat come marchio, che può vantare due bestseller come la Team e la Roland Garros. Nonostante tutto, Dunlop mantiene salda la sua leadership conquistando il 35,9% delle preferenze. Da notare che Dunlop, Babolat, Head e Wilson hanno raccolto il 95% dei voti e che solo 13 modelli sono stati menzionati. Nel settore corde, Babolat si conferma al primo posto sia con il singolo modello (RPM Blast) sia in senso assoluto raccogliendo il 39,6% dei voti. Insieme a Luxilon arrivano al 71,3%, aggiungendo anche Tecnifibre all'84,1%. Dietro, tanti piccoli e medi brand che riescono a crearsi un loro mercato di nicchia, che peraltro si sta sempre più allargando (il settore incordature è l'unico che non sta vivendo una contrazione economica nei negozi, tutt'altro. Questo è un indice positivo perché conferma un trend in crescita della pratica, se non proprio della spesa).
Nel settore abbigliamento, Nike si conferma il marchio di maggior tendenza, davanti a Adidas, anche se insieme non raggiungono il 50% dei voti. Australian e Lotto cercano di tener vivo il made in Italy, anche se l'assenza di marchi storici come Fila e Sergio Tacchini si fa sentire.
LA NOSTRA GIURIA Ecco l'elenco, in ordine alfabetico, dei negozianti che hanno votato per i nostri TENNISBEST AWARDS. Abbiamo chiesto una votazione a 40 top negozianti, ci hanno risposto in 35. Nonostante avremmo avuto piacere a ospitare i giudizi degli altri 5 esperti del settore, riteniamo che questa giuria sia in grado di offrire uno spaccato significativo del mercato del tennis in Italia. È comunque nostra intenzione allargare la base di questa giuria. A-Tennis (Lissone), L'Albero dello Sport (Lucrezia), Angelo Sport (Piacenza), Banny Sport (Moncalieri), Barchiesi Sport (Jesi), Bartoni Sport (Roma), Bite Tennis (Treviglio), Boreggio Sport (Rovigo), Break Point
(Como), Ca' Sport (Rivarolo Canavese), Cheli Sport (Lucca), Crevani (Tortona), Crevani (Voghera), Danieli Sport (Foggia), Doctor Tennis (Montecatini), Favaron Sport (Volpiano), Go4Tennis (Torino), La Griffe (Milano), Match Point (Cesena), Match Point (Sassari), Mauro Sport (Bergamo), M.i.d.a.s. (Roma), Nake Sport (Milano), New Tennis (Besozzo), Play The Game (Padova), PT 2.1 Store (Milano), Punto Sport (Bologna), Sport Maxx (Carmignano di Brenta), Tennis Corner (Bagnacavallo), Tennis Land (San Giuliano Milanese), Tennis Point (Verona), Tennis Service (Torino), Tennis Warehouse Europe (www.tenniswarehouse-europe. com), Tennis World (Roma), Universo Sport Maicol (Reggio Emilia).
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BABOLAT Pure Drive GT
A
lla fine la spunta sempre lei, la racchetta simbolo degli anni 2000. Parliamo ovviamente della Babolat Pure Drive GT che si conferma la regina della nostra inchiesta. Se però l'anno scorso aveva raccolto il triplo delle preferenze rispetto alla seconda classificata (all'epoca la BLX 6.1 95 pollici della Wilson), questa volta non è riuscita nemmeno a doppiare la più diretta inseguitrice. Intendiamoci, la distanza resta notevole, ma certamente la nuova serie Graphene della Head si è dimostrata linea molto apprezzata e competitiva. Certo, nemmeno mettendo insieme tutti i modelli Speed, si arriva vicino alla quota raggiunta dalla sola Pure Drive, ma il secondo posto della Speed 300 MP indica chiaramente che si tratta della novità recepita meglio dal mercato (ricordiamo che la Pure Drive GT è rimasta identica. Se il periodo di due anni di vita media di una racchette venisse rispettato, la nuova versione dovrebbe essere lanciata all'Australian Open, a metà gennaio 2014). Sul gradino più basso del podio si conferma l'altra ammiraglia del marchio francese, la AeroPro Drive di Rafael Nadal, finita a mezza lunghezza dal secondo posto, a conferma di un ruolo
ormai consolidato. A debita distanza inseguono i primi due modelli Wilson, la BLX Blade 98 e Pro Staff 6.1. Wilson è il marchio che esce un filo sconfitto da questo ranking perché in generale ha raccolto 121 punti contro i 167 di Head e i 232 di Babolat. Il brand americano paga lo scarso appeal delle nuove linee Steam e soprattutto Juice, al punto che potrebbe lanciare la nuova versione della Pro Staff 6.1 prima della fine dell'anno. I tre marchi principali hanno comunque fatto il vuoto conquistando l'86,5% dei voti. Nella top 10, vi sono due modelli che non appartengono a Babolat, Head o Wilson e sono la Yonex VCore Xi 100 e la Pro Kennex Q15, versione da 300 grammi. Yonex e Pro Kennex hanno racimolato un 4% a testa dei voti, ma possono essere soddisfatti; gli altri marchi tutti insieme non hanno saputo fare meglio. Preoccupa soprattutto i deludenti responsi di Dunlop e Prince. Quest'ultima, senza il supporto di casa madre e senza racchette da consegnare (non vi sono ancora certezze sulle date di prossima consegna) è rimasta sostanzialmente ignorata. Speriamo che un marchio che ha scritto pagine importanti della storia del tennis trovi la forza di rialzarsi presto.
LA CLASSIFICA 148 punti
6. Head YouTek Graphene Instinct MP
40 punti
2. Head YouTek Graphene Speed MP 300
87 punti
7. Head YouTek Graphene Speed Pro
26 punti
3. Babolat AeroPro Drive GT
81 punti
8. Wilson Steam 99 S
20 punti
4. Wilson BLX Blade 98
57 punti
9. Yonex VCore Xi 100
11 punti
5. Wilson BLX Six.One 95 16x18
44 punti
10. Pro Kennex Q15 300 gr
9 punti
1. Babolat Pure Drive GT
34
ASICS Gel Resolution 5
E
ra il verdetto più scontato: la Asics Gel Resolution (giunta quest'anno alla quinta versione) è ormai riconosciuta come la scarpa preferita dai tennisti italiani. L'unica alternativa è… la sorellina minore, la Gel Solution Speed, più leggera, più dinamica e ugualmente stabile (benché non sia troppo consigliata ai pesi massimi). I due modelli Asics hanno umiliato la concorrenza, che nemmeno tale si può definire, visto che, si fossero anche messe tutti insieme, non avrebbero comunque vinto. Gel Resolution e Gel Solution Speed hanno ottenuto il 51,8% delle preferenze totali. Tanto per capirci, la Vapor Tour 9 (calzata dal signor Federer) e la Air Court Ballistec 4.3 (calzata dal signor Nadal) sono ferme al 23%. Insomma, un consenso bulgaro e senza nemmeno l'ausilio di particolari testimonial (Monfils e la Stosur non li definiremmo esattamente trainanti questa stagione) ma grazie alla qualità del prodotto che si è affermato sempre più, al punto che la maggior parte dei giocatori professionisti senza un contratto con un brand di calzature, implora i direttori marketing delle varie filiali di spedirne qualche paia. Di questi tempi, è un gran bel risultato.
Si è dunque lottato per l'ultimo gradino del podio, ma anche qui non c'è stata storia, con le Nike Federer che hanno doppiato la quarta classificata, la Babolat Propulse 4 che scende di un gradino rispetto al ranking 2012, pur avendo notevolmente migliorato la qualità tecnica del prodotto. La Propulse tiene dietro, seppur di un solo punticino, la Nike Nadal e soprattutto si conferma nettamente avanti agli altri brand direttamente concorrenti. Ricordiamo che fino ad una decina di anni fa, i marchi di racchette non erano sostanzialmente presenti nel mercato delle scarpe (e dell'abbigliamento). La crisi di marchi storici come i nostri Fila e Tacchini, li ha indotti a farsi strada, con risultati più che apprezzabili. Dietro arriva sempre puntuale la Lotto Raptor, davanti alla sottovalutata Yonex Power Cushion e alla Wilson Tour Rush (e dall'anno prossimo, con Salomon che si occuperà ancor di più delle scarpe Wilson, è atteso un salto di qualità notevole). Più indietro rispetto alle previsioni Adidas, mentre K-Swiss potrebbe performare ancora meglio, visto la qualità del prodotto. In totale sono stati 16 i modelli che hanno ricevuto almeno un voto.
LA CLASSIFICA 1. Asics Gel Resolution 5
167 punti
6. Lotto Raptor Ultra IV Speed
26 punti
2. Asics Gel Solution Speed
132 punti
7. Nike Air Max Cage
17 punti
3. Nike Vapor Tour 9
86 punti
8. Yonex Power Cushion 308 Clay
16 punti
4. Babolat Propulse 4
42 punti
9. Asics Gel Challenger 9
15 punti
5. Nike Air Court Ballistec 4.3
41 punti
10. Wilson Tour Rush / Adidas Barricade 7.0
14 punti
35
DUNLOP Fort All Court
A
d un certo punto, sembrava dovesse concretizzarsi la sorpresa più grande di questi nostri TennisBest Magazine Awards. Con Dunlop che non sta esattamente vivendo il suo miglior momento e i concorrenti che sono sempre più aggressivi, poteva scapparci il sorpasso, in un settore dove il brand inglese per anni ha mantenuto quote bulgare, ben sopra al 50%. Invece Dunlop ha resistito piuttosto bene agli attacchi, confermandosi al primo posto con un certo margine di sicurezza rispetto alla più diretta inseguitrice. La quale quest'anno non è stata la Babolat Team, ma la Head ATP che ha sopravanzato di un nulla (0,8%) la concorrente francese (che si consola con i 7 primi posti, contro i 4 della palla austriaca, e i 13 della Fort All Court).
Gli altri brand praticamente non esistono, se consideriamo che Babolat, Dunlop, Head e Wilson monopolizzano il 95% dei voti. La Tecnifibre X-One è una bella palla, ma quando si chiamava Roland Garros aveva tutt'altro appeal.
Non solo, Dunlop conserva il comando anche nella classifica generale per marchi, davanti a Babolat. Il modello Team infatti, ha dovuto far spazio alla concorrenza interna dettata dal modello Roland Garros, che si sta sempre più affermando, anche se dichiaratamente utilizzabile su terra battuta, e per questo un po' più limitato. la Roland Garros ha sostanzialmente impattato la gara con la Dunlop Fort Clay Court.
Sempre presente anche la Slazenger Wimbledon: gran bella palla, di ottima qualità, ma con un nome prestigioso quanto ingombrante e limitativo. Se l'appassionato lo associa ai mitici Championships, come è naturale che sia, di campi in erba naturale dove poterla utilizzare, ne troverà davvero pochi in Italia.
La verità è che, garantendo un margine ridicolo nella vendita, è difficile che vengano effettuati degli investimenti notevoli in questo settore (chi, come il marchio Sphera ha provato ad entrare nel mercato, si è dovuto arrendere davanti a profitti talmente risibili da non giustificare gli investimenti in test e ricerca, nonostante una cattiva palla sia la causa principale di una brutta ora di tennis). Così marchi e modelli si trascinano, anno dopo anno, senza grandi sussulti.
Babolat dunque dispone di ben due modelli top (contro il solo ATP di Head), mentre chi ne può sfruttare tre come Wilson, non riesce però a performare come sarebbe prevedibile. Due Slam su quattro si giocano con palle Wilson che portano i nomi dei tornei, ma solo la US Open si fa notare in positivo (sesto posto, l'anno scorso era quinta, mentre il modello Australian Open è stato pressoché ignorato). Tuttavia, il brand americano ha comunque motivo di sorridere per l'ingresso (al settimo posto) della Wilson Tour Clay, la palla con la quale ha completato la gamma con un prodotto specifico per terra battuta, alla quale sono molto sensibili gli appassionati europei (un po' meno gli americani che di campi rossi ne vedono ben pochi). Inoltre, trattandosi di una gran bella palla, è naturale scommettere che i risultati saranno sempre migliori.
LA CLASSIFICA
36
1. Dunlop Fort All Court
159 punti
6. Wilson US Open
45 punti
2. Head ATP
117 punti
7. Wilson Tour Clay
22 punti
3. Babolat Team
112 punti
8. Tecnifibre X-One
10 punti
4. Dunlop Fort Clay Court
65 punti
9. Slazenger Wimbledon
10 punti
5. Babolat Roland Garros
62 punti
10. Wilson Australian Open
9 punti
BABOLAT RPM Blast
T
rentaquattro. Sono i modelli di corde che hanno ricevuto almeno un voto da parte dei top negozianti italiani. Un numero decisamente superiore agli altri quattro settori, indice che vi è un grande fermento. Chiaramente vi è anche una maggior frammentazione nelle votazioni ma alla fine l'ha spuntata, come già l'anno scorso, la Babolat RPM Blast, la corda nera di Rafael Nadal che è rimasta ancora un passo avanti rispetto all'altro monofilamento per eccellenza, il Luxilon Alu Power. Anche la distanza è rimasta pressoché invariata, a dimostrazione che restano le due corde più desiderate. La novità arriva dall'ultimo gradino del podio, dove compare la corda Luxilon 4G, una new entry utilizzata da tanti giocatori (e giocatrici) pro e che ha affiancato l'Alu Power. Come già indicato l'anno scorso, sono risultati che in un certo senso non ci fanno piacere. Quasi la metà delle preferenze è finita a modelli di corda che il giocatore medio italiano dovrebbe evitare. I monofilamenti di nuova generazione sono certamente migliorati nel comfort e nella sensibilità, ma restano adatti ad un pubblico estremamente agonista e che soprattutto, per prestazioni o rottura, cambia le corde con una viva frequenza. Se invece pensate di montare un monofilamento e di farci mezza stagione estiva, allora non bisogna lamentarsi né della predita di qualità del prodotto, né del dolorino al braccio che cominciate ad avvertire.
Tecnifibre si conferma marchio di lusso nel settore corde (al sesto posto c'è anche il Black Code): pur senza vantare testimonial prestigiosi come i concorrenti sopra citati, la qualità del prodotto le consente di restare sul podio dei marchi, distanziando tutti gli altri pretendenti. Dopotutto, Babolat, Luxilon e Tecnifibre messe insieme, hanno raggranellato oltre l'80% dei punti totali. In settima posizione, salutiamo l'arrivo tra i protagonisti di un marchio che negli Stati Uniti sta performando piuttosto bene da alcune stagioni: la Solinco Tour Bite è certamente tra i migliori monofilamenti del mercato. Il budello (Babolat VS Team) compare in nona posizione (tre sole citazioni ma tutte al primo posto), mentre altri marchi hanno comunque attirato l'attenzione dei punti vendita, con la Starburn Turbo 6 in prima fila. Restano staccate Head (presente nella top 10 con la Sonic Pro) e Wilson (altrimenti che l'avrebbe acquistata a fare Luxilon?), ma i veri sconfitti sono gli ibridi: continuiamo a ritenerli una scelta intelligente e logica, ma per adesso non troppo utilizzata (anche perché tra spiegazione al cliente e tipologia di incordatura, sono meno performanti delle incordature classiche.
In questo senso, servirebbe un maggior aiuto da parte proprio dei negozianti specializzati e quindi maggiormente esperti di questioni tecniche, che dovrebbero avere la pazienza (e il tempo) di spiegare ad un utente finale che la corda di un Nadal o di un Djokovic non è essenzialmente la migliore del mercato: è la migliore per le loro esigenze che, pare evidente, sono diverse da quelle del giocatore di club. Eppure, per trovare un multifilamento dobbiamo scendere al quarto posto, con l'eccellente…Excel di Babolat e, a ruota, il Tecnifibre X-One Biphase, corda meravigliosa e, questa sì, adatta al giocatore medio che cerca (o almeno dovrebbe cercare) potenza e comfort, ancor prima che controllo e rotazioni.
LA CLASSIFICA 1. Babolat RPM Blast
122 punti
6. Tecnifibre Black Code
30 punti
2. Luxilon BB Alu Power
104 punti
7. Solinco Tour Bite
26 punti
3. Luxilon 4G
67 punti
8. Luxilon BB Original
22 punti
4. Babolat Xcel
46 punti
9. Babolat VS Team
21 punti
5. Tecnifibre X-One Biphase
37 punti
10. Head Sonic Pro
19 punti
37
NIKE
U
n dominio assoluto, come era nella logica delle previsioni. Nell'abbigliamento i testimonial recitano un ruolo fondamentale e Nike ancora possiede il miglior parco giocatori, nonostante gli investimenti nel golf (e in Rory McIlroy in particolare) abbia determinato qualche taglio (vedi Tomas Berdych). Però Roger Federer e Rafael Nadal garantiscono ancora la miglior visibilità e il maggior appeal nei confronti degli appassionati e, di conseguenza, dei negozianti. Il margine di vantaggio è molto ampio, al punto d'aver quasi doppiato il rivale storico, Adidas.. Tuttavia, il marchio tedesco si conferma al secondo posto assoluto, anche grazie ad un prodotto che non ha nulla da invidiare a quello del baffo americano (anzi…). In Italia vanta ottimi testimonial (Fabio Fognini, e Flavia Pennetta su tutti), ma in senso generale Andy Murray è fenomenale nel mondo anglosassone, meno in quello latino. Tiene molto bene in campo femminile (la linea Stella McCartney è semplicemente meravigliosa) ma l'utenza maggiore resta ancora quella maschile. Salda al terzo posto, come nel 2012, Babolat. Un po' a sor-
presa perché è il settore dove il brand francese fatica maggiormente, ma sono stati bravi ad approfittare bei buchi lasciati da Fila e Sergio Tacchini. Da notare il distacco che separa Babolat da Head e Wilson, diretti concorrenti. Si mantiene su livelli più che discreti Lotto, fatica ancora a esplodere in questo settore Asics (se pensiamo alla performance nelle calzature, ma le logiche di ingresso nei tennis club sono piuttosto particolari e non sempre condivisibili), mentre Lacoste è scesa dal quarto al sesto posto per l'unica ragione che in Italia il distributore non pare così interessato alle vicende tennistiche (visti anche i notevoli risultati che raggiunge nella moda casual). Perché la qualità del prodotto non ha paragoni, nemmeno con i top brand. Chi ha ottenuto buoni riscontri è ancora Australian, perché l'immagine del made in Italy conta ancora qualcosa, mentre chiude la top 10 un marchio come Under Armour che potrebbe avere uno sviluppo interessante nel prossimo futuro anche in Italia.
LA CLASSIFICA 1. Nike
38
185 punti
6. Lacoste
43 punti
2. Adidas
98 punti
7. Asics
31 punti
3. Babolat
61 punti
8. Wilson
28 punti
4. Lotto
45 punti
9. Head
26 punti
5. Australian
43 punti
10. Under Armour
23 punti
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È atterrata negli States senza un soldo. ADESSO, Maria Sharapova guadagna 27 milioni di dollari all’anno. Come testimonial di racchette, telefoni, gioielli, macchine di lusso. E DA imprenditrice di caramelle… RACCONTATA da FEDERICO FERRERO
ms sharapaperona
L'ultimo accordo milionario della più grande affarista del tennis, siglato ad aprile, è arrivato come un anticipo del bis nel torneo di Stoccarda, evento scricchiolante nel recente passato, poi resuscitato con iniezioni di liquidi e pubblicità dai manager patrioti di Porsche. Lei non è una manager né un'imprenditrice ma ha saputo imparare quei mestieri senza smettere di essere tennista. Ma sì, è miss Maria Sharapova, un'azienda uniproprietaria che incassa stabilmente oltre venticinque milioni di dollari l'anno, con freccia di andamento del fatturato puntata all'insù, anche in questi anni di crisi. Una depressione globale che ha buttato a terra pure il mercato automotive, compresa la sua branca del lusso: eppure Porsche, il marchio tedesco che ha pensato, per l'Italia, di rivolgersi al pubblicitario più rivoluzionario e provocatorio di sempre, Oliviero Toscani, contava nel contempo i soldi necessari ad assicurarsi una madrina mondiale di classe, conosciuta agli appassionati di sport e non, un'icona senza limiti territoriali. Per la prima volta, Porsche voleva ingaggiare un global ambassador, un richiamo di eccellenza per il suo mercato, eminentemente maschile e danaroso: Maria è stata la loro scelta di medio raggio, per i prossimi tre anni. Matthias Mueller, Ceo di Porsche, l'ha messa così: «Lei è di successo, ha potenza ma anche stile ed eleganza. Come noi: quindi è perfetta per rappresentarci». Identificazione e immedesimazione: auto per pochi, donne per pochi, non è un concetto nuovo ma funziona.
MARIA SHARAPOVA Sharapova è un esempio di sfruttamento a tutto campo di un nome, di un'idea e della bravura a schiaffeggiare una palla: dote, quest'ultima, che difficilmente garantisce fama planetaria nell'extrasettore. Torniamo a Porsche: Azarenka, per citarne una, non avrebbe potuto aspirare alla stipulazione del contratto, se non altro per l'obbligo di saper portare vestito lungo e tacco 10 con naturalezza, per insinuarsi tra una 991 e una Panamera davanti a una selva di fotografi. È la classe, quella dote che, se manca, produce numero uno al mondo ignote a chi non viva a pane e racchette. Con Nike, lo storico brand che l'ha vestita dai tempi in cui giocava a fare la Lolita, Sharapova ha via via preso in mano la situazione, senza accontentarsi di indossare ciò che gli stilisti di Beaverton le proponevano. L'idea di una Masha designer piaceva alle donne che praticano sport e nei 70 milioni di dollari di sponsorizzazione accordati per 8 anni, nel gennaio 2010, rientrava il progetto di lanciare la Maria Sharapova Collection. In un periodo, notare, in cui ancora non si sapeva come avrebbe reagito all'operazione alla spalla, né se sarebbe stata in grado di tornare a vincere: era precipitata al numero 126 del ranking e in quei giorni era stata fatta fuori al primo turno dell’Aussie Open. Eppure, Nike le diede fiducia fino al 2018, a scatola chiusa: regina degli Slam o pensionata di lusso, il mestiere della sua apripista Anna Kournikova, l'azienda decise che Sharapova valesse comunque la spesa. Il passo successivo, quello che ha reso Maria una vera donna-business, è stato quello di spendere. Di intraprendere, insomma: investire dei soldi propri – cinquecentomila dollari, nel caso di specie, neanche tanti – sperando di moltiplicarli. Come? La dritta giusta le è arrivata da Jeff Rubin, un marpione nel mondo dei dolciumi, già aiutante della figlia di Ralph Lauren nella creazione del mitico Dylan's Candy Bar, la catena di boutique delle caramelle. Si trattava di far nascere un nuovo prodotto, delle caramelle coloratissime, dolcissime e di forma accattivante (scelte a una a una, secondo fonte ufficiale, da Maria). Nessun problema per l'alto contenuto di zucchero: It's Sugar, la compagnia di Rubin, aveva costruito
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un impero sullo zucchero raffinato, che costa pochissimo e rende alla grande. Qualcuno aveva obiettato che una campionessa dello sport non avrebbe dovuto lucrare su prodotti dedicati ai bambini, se poco salutari come le caramelle: troppo tardi, per le questioni etiche. Splashy, Sporty, pure le seducenti Flirty erano già pronte sui banchi di Henri Bendel, sulla Quinta Strada, per il lancio ufficiale del prodotto nell'estate 2012 mentre Maria giurava che «le caramelle mi hanno aiutato anche nel tennis» benché tutti sappiano che non ne mangerebbe una neanche sotto tortura. E stanno andando alla grande, le Sugarpova: entro agosto, si stima che sarà stato piazzato ai figli di tante mamme del mondo il primo milione di sacchetti. Venduti a quattro euro e mezzo l'uno, hanno cinque pezzi per confezione, 500
Kcalorie e quasi un etto di zucchero. Un veleno, per chi fa sport, ma l'operazione si sta allargando: a gennaio le prime distribuzioni in Australia, ovviamente durante l'Open; in questi mesi, l'apertura dei mercati della Cina, dell'India, e poi Canada, Russia, Giappone e Regno Unito. Per ogni pacchettino, Sharapova incassa qualcosina più di un dollaro: dovesse fermarsi ora, avrebbe già un attivo. È un lusso non del tutto inaccessibile, quello che Sharapova accosta a sé per far lievitare gli incassi: Cole Haan, l’ex marchio più elegante di Nike (il colosso americano lo ha ceduto lo scorso febbraio ad Apax Partners LLP) non è Hermès, con 150 euro si può comprare una borsetta; Evian, l’acqua della Savoia comprata dal colosso Danone che si è assicurata il visino dolce della siberiana dal 2010
e almeno fino al 2015, è cara ma è acqua, e si trova anche al supermercato. Gli orologi Tag Heuer, perché rappresentano il lusso, ma sportivo. Se poi si parla di tecnologia telefonica, il marchio più cool è Apple: eppure Sharapova ha scelto di legarsi ai competitor sudcoreani di Samsung, dopo aver rappresentato Motorola e Sony Ericsson. Sulla stessa traccia, in fondo, è il contratto con la gioielleria di New York, Tiffany, la casa di Audrey Hepburn, «il posto migliore al mondo in cui non può accedere alcunché di brutto». Tiffany è, sì, il diamante raro, il luogo esclusivo per eccellenza, ma ormai è anche oggetto del turismo di massa, e l’ambito cuore d’argento griffato T costa 150 dollari. Il non detto, in ciascuna di queste operazioni commerciali, sembra essere identico: Maria è della upper class,
è diventata una principessina ma sa da dove è venuta, come cantava Jennifer Lopez: «Don't be fooled by the rocks that I got / I'm still Jenny from the block / Used to have a little now I have a lot / No matter where I go I know where I came from». In poche parole: non fateci caso, se mi regalano diamanti: sono sempre la ragazza di periferia. Una che non aveva niente e ora ha molto, e che ovunque vada ricorderà sempre da dove è venuta. Come Maria Sharapova figlia di Yuri, cresciuta a Gomel, scappata dalla nube atomica di Chernobyl e finita a sette anni da Bollettieri, senza permesso di soggiorno, con il padre che comprava da mangiare e racimolava i soldi per le lezioni facendo il giardiniere muto, perché non parlava una parola di inglese, in un golf club. E che adesso guadagna 27 milioni di dollari all’anno, quando gira storto.
LE PAPERONE DELLO SPORT Le tenniste avrebbero ben poco da lamentarsi per i loro guadagni, visto che sono le atlete che guadagnano di più in assoluto. Secondo la classifica-cult stilata dal magazine americano Forbes, Maria Sharapova resta la number one con guadagni sitmati in 27,1 milioni di dollari annui. Al secondo posto Li Na (18,4 milioni), l'unica a cui Nike concede di portare altri marchi sulla maglia da gioco (Mercedes e un gruppo assicurativo cinese) perché il mercato della Cina è troppo importante e quindi uno strappo alla regola è concesso. Al terzo posto, Serena Williams (16,3 milioni), al quarto Caroline Wozniacki (13,7 milioni) e al quinto la prima non-tennista, la pilota Nascar, l'americana Danica Patrick (13 milioni).
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QUARTO PRO KENNEX È DIVENTATO IL QUARTO MARCHIO DI RACCHETTE IN ITALIA, DIETRO AI MOSTRI SACRI BABOLAT, HEAD E WILSON.
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POTERE
GRAZIE A PRODOTTI DI QUALITÀ, A UNA SAGGIA DISTRIBUZIONE E AL NUMBER ONE AZZURRO, ANDREAS SEPPI BY GIANLUCA ROVEDA
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PRO KENNEX
è il quarto marchio di racchette del mercato italiano. Detta così, sembra un miracolo. Almeno per chi conosce la storia, piuttosto travagliata, di questo brand, che dimostra come la qualità (del prodotto e del lavoro) paghi anche e soprattutto in periodi di crisi economica. Nonostante il fallimento globale del 1997, quando Pro Kennex era controllata dal suo fondatore Kunnan Lo1, il quale fu costretto a far spazio alle banche che entrarono in possesso dei brevetti e affidarono la gestione alla Pro Kennex International di Jeff Yao2, figlio del ministro delle finanze di Taiwan e ancora oggi proprietario della casa madre. Anche se negli uffici di Taiwan, gira ancora un fantasma cinese che si muove in ciabatte e verifica che le banche rientrino degli ingenti debiti contratti al momento del fallimento. Un periodo di crisi che inevitabilmente si era riflesso anche sul mercato italiano, come ci racconta Mauro Monesi, titolare di Pro Kennex in Italia, che ci accoglie nel suo ufficio di Brescia, insieme al figlio Marco, che l’ha affiancato nella gestione dell’azienda. «In Italia non avevamo materiale da vendere – ricorda Monesi -. Casa madre aveva provato ad affidarsi a Peter Liu, conosciuto in Europa perché produceva i rollerblade per Benetton, che aveva promesso di rilanciare marchio Kennex. In realtà, voleva semplicemente venderlo a Wilson, molto interessata al sistema Kinetic. E in effetti fu un’operazione che portò avanti, fin quando venne fermato dai revisori dei conti, reali proprietari dei brevetti. Siamo riusciti a sopravvivere, unici in Europa, proprio grazie a Jeff Yao, sorpreso di come, in due anni, eravamo riusciti a vendere 4.000 racchette Kinetic in Italia. Ci consentì di acquistare gli strip di Kinetic3 prodotti dal loro inventore, Roland Sommer e di entrare in fabbrica per procedere alla produzione di un quantitativo di telai minimo, ma sufficiente per restare sul mercato, seppur in maniera un po’ abusiva». Nel frattempo, la situazione nel Far East precipitò. Peter Liu4 addossò a Yao la colpa del mancato passaggio a Wilson e non pagò quanto dovuto per la produzione dei materiali. Quando Yao tornò in Cina e si presentò in fabbrica, fu sostanzialmente sequestrato. Fu proprio Monesi, con l’aiuto di qualche partner americano, a trovare i soldi per farlo uscire e spiegare la situazione». In quindici anni, la situazione è stata ribaltata: «Credo che il motivo sia stato il rapporto di estrema fiducia e di amicizia che avevamo instaurato con i negozianti prima del fallimento della casa madre. A fine anni 90, il mercato era in contrazione e noi eravamo rimasti ai margini nelle ultime due stagioni. C’erano dunque tutti i presupposti per finire male. Invece non c’è stato un punto vendita che non ci ha accolto, appena la produzione si è normalizzata. Quando mi sono ripresentato, nessuno mi ha detto di no. Magari poco, ma tutti compravano qualcosa». Chissà, in molti avranno ricordato che si trattava di un marchio storico, quello che in passato produceva racchette per metà degli altir brand, che aveva creato la prima racchetta in grafite, la Black Ace5 e quel sistema Kinetic che resta la miglior tecnologia salvagomito mai inserita in una racchetta da tennis. Un brevetto che peraltro è ormai scaduto, per quanto sia stato ri-brevettato grazie all’aggiunta del sistema Ionic, che permette di non creare energia spuria elettrostatica. Ma il Kinetic System,
inteso come masse che si muovono all’interno di una cavità, non è più brevettabile. «Personalmente non sarei dispiaciuto se un grosso marchio ne facesse uso - sostiene Monesi -. Anzi, sarebbe una testimonianza della qualità del lavoro che abbiamo svolto fin qui. Però non è facile, né economico da produrre anche se una Wilson Kinetic suppongo farebbe sfracelli in America». Tuttavia, se tutti questi fattori giustificano una bella presenza del marchio Pro Kennex in Italia, continua a sorprendere la scalata verso il quarto posto assoluto, dietro ai tre mostri sacri, BabolatHead-Wilson. Tutto merito del management di Pro Kennex o c’è una qualche compartecipazione colpevole dei concorrenti? «Mah… Yonex ha sicuramente delle colpe perché produce delle racchette meravigliose! Sono attentissimi ai dettagli e pure l’avvolgimento del grip è sempre uguale per tutte le racchette. Per noi ha fatto tanto avere come testimonial Andreas Seppi. Non solo come risultato sulla massa dei giocatori, ma soprattutto tra gli agonisti. Prima la nostra crescita era dovuta soprattutto agli accessori, alle borse, alle corde6, ma prima dell’arrivo di Seppi, eravamo conosciuti nel mercato delle racchette quasi solo per il sistema Kinetic e quindi come racchette salvagomito. Seppi ci ha sdoganato da quell’immagine e fatto capire che avevamo dei telai agonistici di primissimo livello e che il Kinetic si adattava perfettamente anche a quell’utenza. Adesso abbiamo uno junior
1. Kunnan Lo è il fondatore di Pro Kennex (e di molto altro). Dopo il fallimento gli è stato ritirato il passaporto e confinato in un monastero. Ora, a 77 anni, in dialisi e con la voce incerta, ha ottenuto il permesso di rimettersi in affari. Ha creato un’enorme fabbrica che produce luci led. 2-3. Jeff Yao, attuale titolare di Pro Kennex, è un tipo brillante e piuttosto furbo. Per il Kinetic, ha escogitato uno stratagemma per eludere la non protezione dei marchi in Cina. In sostanza, ha imposto un’esclusiva di acquisto degli strip Kinetic dal loro inventore, Roland Sommer. Ne fa richiesta per la quantità che serve a Pro Kennex e così si assicura che non possano produrne altre. Astuto.
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Andreas Seppi gioca con racchette Pro Kennex dal 2009. Con la QTour ha raggiounto il suo best ranking al numero 18 ATP, diventando di fatto il più forte giocatore azzurro nell’era post-Panatta
team di tutto rispetto. In sostanza, continuiamo ad avere il signore col mal di gomito ma anche il figlio che punta all’agonismo» In proporzione sono aumentate le vendite, in crescita costante nell’ultimo decennio. Parlando con i top negozianti (ma anche con diverse altre aziende di settore), non vi è alcun dubbio che Pro Kennex sia la primissima scelta da infilare in un punto vendita specializzato, dopo il trio già menzionato. L’obiettivo è stato fissato e raggiunto a quota 10.000 telai: «Sono sostanzialmente tutte racchette Kinetic, quindi di alta gamma - conferma Monesi -. E di queste diecimila, circa 800 sono QTour di Seppi, un telaio decisamente agonistico. Vuol dire che stiamo conquistando fette di mercato anche in quella fascia. Rispetto all’anno scorso, e nonostante la crisi economica, abbiamo fatto un ordine superiore dell’8% rispetto alla scorsa stagione. Ma non sono stato abbastanza ottimista, nonostante sia nella mia natura, perché le richieste hanno superato le nostre aspettative».
esi dove la linea Q ha soppiantato la precedente linea K, in Italia le due linee viaggiano a braccetto: «Per noi è un dato importante – continua Monesi – perché vuol dire ampliare la gamma di prodotti disponibili, anche se chiaramente è la linea Q quella che garantisce i migliori risultati». Ma Pro Kennex non vuole certo fermarsi, ora che la situazione è in costante progresso7. «Stiamo sviluppando due-tre tecnologie interessanti, una perfino rivoluzionaria. Basta dare un’accelerata e siamo pronti a tirarle fuori, anche se bisogna attendere il momento giusto. Perché tutti ormai producono buone racchette, ma
PRO KENNEX È ORMAI LA PRIMA SCELTA DI UN PUNTO VENDITA SPECIALIZZATO DOPO I TRE MOSTRI SACRI, BABOLAT-HEAD-WILSON
Questo anche perché, a differenza di quanto accaduto in altri pa-
a livello di costruzione tecnologia, sono convinto che Pro Kennex sia ancora due gradini sopra tutti». E i risultati, anche e soprattutto in Italia, ne sono la dimostrazione più lampante.
4. Di Peter Liu sarebbe saggio chiedere do occuparsene alla versione cinese di Chi l’ha visto? 5. Un fatto storico del quale se ne è occupato anche il settimanale Panorama nel suo numero speciale per il 50° anniversario. Ha difatti inserito la Black Ace tra le 50 invenzioni che hanno cambiato il nostro modo di vivere 6. Nel 2005 e 2006 sono stati distributori delle corde Luxilon. 7. Non solo nel tennis, ma anche nel badminton, mercato molto importante in Asia e nel racquetball in America, dove Pro Kennex è già leader.
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THE BEST OF... NELL’IMMENSO PANORAMA DELLE RACCHETTE DA TENNIS, ABBIAMO SCELTO TREDICI MODELLI PARTICOLARMENTE INTERESSANTI. MA FATE ATTENZIONE A GIUDICARE BENE IL VOSTRO LIVELLO DI GIOCO, PRIMA DI FARE UNA SCELTA SBAGLIATA. LA NOSTRA SCELTA.
Quella che troverete di seguito, non è un elenco con tutte le racchette del mondo. È una scelta del meglio che offre il mercato. Come ci siamo arrivati? Testandole in laboratorio e soprattutto in campo, e confrontandoci con gli operatori del settore: con le aziende produttrici, con i maestri, con i negozianti che raccolgono i feedback di tutti e che sono coloro che ogni giorno cercano di individuare quali sono i telai che incontrano i maggiori favori del pubblico. Ne abbiamo pubblicate tredici (non siamo superstiziosi, eh!) di tipologia ben diverse. Principalmente sono divise in tre categorie: racchette per giocatori di club, per giocatori agonisti e per giocatori molto agonisti. Andiamo ad analizzare le varie categorie per capire qual è l’utenza ideale alla quale si riferiscono.
RACCHETTE PER GIOCATORI DI CLUB.
È importante essere onesti nel giudicare il proprio livello di gioco. Siamo convinti che, ancora oggi, una gran parte degli appassionati utilizza una racchetta sbagliata (e questa dovrebbe essere una notizia molto positiva per le aziende di settore). Il problema è come farglielo capire, senza colpire la loro autostima. Si vedono attempati signori con movimenti ormai rattrappiti utilizzare la Wilson Federer. O magari una signora senza grande forza chiedere se è il caso di mettere dieci grammi in più in testa: «Così tiro più forte». Sarebbe più opportuno sapersi valutare correttamente e scegliere la racchetta che può aiutarci, non quella che ci crea dei fastidi (anche se tirare un vincente con un 90 pollici può essere una gran goduria). Vi proponiamo un tris di telai ideali per i giocatori di club: la Pro Kennex Q15 (divertente anche per un agonista che vuole farsi un doppiettino e giocare serve&volley), la Babolat Pure Drive Lite e la Head YouTek Graphene Instinct S. Queste ultime due, sono le sorelline di racchette alle quali si potrà passare appena il livello di gioco migliora. Per questo sono adatte a giocatori (e soprattutto giocatrici) under 14.
RACCHETTE AGONISTICHE.
Parliamo di telai che si adattano a giocatori agonisti. Che non sono solo i seconda o i terza categoria, ma in generale coloro che giocano tanto, che fanno qualche torneo (magari anche solo quelli del loro club), che in goni caso settimanalmente organizzano battaglie con gli altri soci. La tendenza è per pesi non esagerati (300 grammi e dintorni, più le corde), bilanciamento leggermente in testa per avere maggior attitudine alla spinta e magari una costruzione tubolare, di quelle un po’ arrotondate che aiutano spin e potenza. Pensiate alle due Babolat, la Pure Drive GT e la Aeropro Drive di Rafael Nadal. oppure alla Pro Kennex Q5, alla nuovissima Head YouTek Graphene Instinct di Maria Sharapova: tutte esaltano la manovrabilità, la spinta e, soprattutto nel caso delle Babolat, le rotazioni. Sono le racchette di stampo moderno, che si adattano al giocatore moderno, che sa usare gli spin, che cerca potenza ma anche una certa facilità di gioco. Per questo, in alcuni casi si adattano anche al giocatore di club che abbia un minimo di forza e di movimento corretto.
RACCHETTE MOLTO AGONISTICHE.
Sono oggetti meravigliosi ma pericolosi, perché adatti solo ed esclusivamente ad un pubblico di giocatori agonisti, ben allenati e col braccio in grado di reggere per tre set impatti piuttosto secchi e non sempre confortevoli. Necessitano per questo anche di una viva attenzione nella scelta della corda (e nel momento giusto in cui sostituirla). Sono racchette come la Pro Kennex QTour, la Head YouTek Graphene Speed Pro (quella di Nole Djokovic), la Wilson pro Staff 6.1 da 95 pollici quadrati: racchette dalla sezione squadrata, con pesi più importanti e forme molto tradizionali (e magari, rarità ormai assoluta, ovali da 95 pollici quadrati e schemi di incordatura da 18x20). Prima di affidarvi a questo genere di telai, valutate se non vi sia qualcosa di più semplice e che aiuti maggiormente il vostro gioco. POST SCRIPTUM: vi sono altre due racchette non citate, entrambe in casa Wilson, che meritano attenzione: da una parte la bellissima Blade BLX 98. La forma è molto tradizionale, ma la giocabilità piuttosto alta. Resta una raccheta agonistica ma davvero molto versatile, anche se si adatta maggiormente a giocatori dallo stile classico. Ma soprattutto c’è la nuova Steam 99 S con uno schema di incordatura rivoluzionario. È una racchetta piuttosto indecifrabile e, di questi tempi, non è facile convincere un appassionato a prendersi un rischio. Però è fondamentale che le aziende continuino a studiare nuove tecnologie. Il prgresso nei telai ha aiutato tanti appassionati ad avvicinarsi al nostro sport e migliorare il loro livello. Non deve certo fermarsi.
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aeropro drive gt
babolat
Rafael Nadal e Jo-Wilfried Tsonga sono i testimonial principali. Il fuoriclasse spagnolo è passato dal modello Pure Drive al sistema Aero già nel 2004.
Non è sostanzialmente cambiato nulla rispetto alla versione precedente, come è normale trattandosi di una racchetta di grande successo. Solo il nuovo Active Cortex ha migliorato la sensibilità all'impatto ma si tratta di un aggiustamento. Telaio da 300 grammi più le corde con bilanciamento in testa quel tanto che basta per ottenere una notevole spinta. L’impatto è secco, sensazione accentuata dagli steli appiattiti. L'ovale è un 100 pollici con profilo variabile fino a 26 millimetri e uno schema di incordatura aperto per facilitare spinta e rotazioni. L’inserto in tungsteno offre una miglior solidità all'impatto e, di conseguenza, un maggior controllo e precisione.
Test
AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Al picchiatore che cerca spinta e forti rotazioni, top spin in particolare. L'impatto secco piace agli agonisti che torveranno adeguato controllo e precisione in fase di spinta. Molto manovrabile, la mano non-dominante deve adattarsi ad appoggiarsi su uno stelo appiattito.
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PAOLO, 22 ANNI CLASSIFICA 3.3 Come al solito, bellissima. Si picchia con grande controllo e prende benissimo le rotazioni. L’impatto è secco, come piace a noi agonisti, ma il braccio non ne risente, se sei ben allenato. Puoi picchiare per tre set con buon comfort. Non è strasensibile, ma non si può avere tutto.
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 3.5
Ideale quando picchi dal fondo, prende bene le rotazioni e la palla esce rapida, con un’ottima sensazione di controllo. Bisogna adattarsi agli steli appiattiti (la sensazione della mano di appoggio è un po’ insolita) e l’impatto è più secco rispetto alla Pure Drive (che continuo a preferire perché offre maggior comfort).
LA CORDA GIUSTA. Il picchiatore di ottimo livello agonistico, può anche optare per un monofilamento (Nadal utilizza il Babolat RPM Blast che è molto performante ma tende a perdere molto presto la tensione). Se l'impatto diventa troppo duro, meglio l’incordatura ibrida. Le tensioni variano a seconda delle esigenze tra i 22 e i 27 kg.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Bella perché mi offre un super controllo pur essendo una racchetta che aiuta anche in fase di spinta. I compromessi sono ideali e d è pure confortevole, perché il braccio non si stanca. Certo, per incordare con un monofilo, bisogna essere buoni giocatori e molto allenati.
CRISTIANO, 38 ANNI CLASSIFICA 4.2
IN LABORATORIO lunghezza: 69 cm ovale: 100 pollici rigidità: 70 profilo: 21,5 mm costante peso: 320 grammi bilanciamento: 33,2 cm inerzia: 331 corde: 16 x 19
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pure drive gt
babolat
Sara Errani: «È cambiato tutto da quando ho iniziato a usare questa racchetta, nel 2012. Ho subito capito che mi avrebbe fatto fare un salto di qualità. Ora tiro più forte, più profondo, con più rotazione»
Una bellezza, anche esteticamente. Uscita nel gennaio 2012, rispetto alla versione precedente offre più solidità all’impatto che si traduce in maggior controllo (e di potenza ne resta sempre tanta). Si adatta al giocatore di club che cerca spinta o all’agonista che usa tanto le rotazioni e trova adeguati compromessi tra potenza e controllo (con il giusto set-up con le corde). In fase di recupero è insuperabile, mentre l’agonista che ama il gioco classico, fatto solo di botte piatte non sfrutterebbe appieno le peculiarità dell’attrezzo. Il sistema Cortex è stato migliorato per ottenere maggior feeling. Per il resto, è la classica Pure Drive da 100 pollici, 315 grammi incordata, schema da 16x19, profilo allargato fino a 26 mm.
Test
AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Giocatori agonisti che amano picchiare ma soprattutto usare forti rotazioni, top spin in particolare. Oppure giocatori di club che cercano potenza, comfort e manovrabilità. Se giocate solo piatto non sfrutterete la sua qualità migliore: poter tirar forte con tanta rotazione, trovando adeguata profondità.
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Impossibile cambierla Oltre a essere bella esteticamente, riesco a tirare molto, molto forte. Rischio di perdere controllo? Mah, il mio problema non è tirare lungo ma non tirare troppo corto! E poi poter tirare forte con grande rotazione è il top. E non è vero che i colpi di tocco sono complicati: quelli, se non riescono, è per colpa del braccio, non della racchetta!
Bella, però preferisco la Pure Drive Roddick. Ho sempre giocato con racchette pesanti e profili stretti; ora le “tubolari” mi permettono di arrotare e trovare al contempo profondità. Ma con la Roddick, o con la Pure Drive con piccoli pesetti a ore 10 e ore 2, la palla esce più pesante, oltre a garantirmi maggior stabilità all’impatto e quindi precisione nei colpi.
Uso tranquillamente la versione in commercio, con tanto di sistema Cortex. Rispetto a quella precedente trovo che sia migliorato decisamente il controllo e ne sono contento perché la potenza non ha mai fatto difetto. Ora però sento di poter picchiare con maggior tranquillità e fiducia. Le rotazioni sono impressionanti.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
FABRIZIO, 18 ANNI CLASSIFICA 4.1
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 3.5
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 72 profilo: 23-26-22 mm peso: 315 grammi bilanciamento: 33 cm inerzia: 310 corde: 16 x 19
ALESSANDRO GIANNESSI GIOCATORE PRO
LA CORDA IDEALE: l’agonista puro deve optare per un monofilamento per trovare il miglior mix tra potenza e controllo anche a tensioni abbastanza alte (fino ai 26-27 kg, a seconda della corda). Si può scegliere una corda ruvida per esasperare le rotazioni. I giocatori di club possono invece optare per una scelta di maggior comfort, ibrido in testa.
on court
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youtek graphene speed 300 mp
head
La grande novità è il Grafene, un materiale posto al cuore della racchetta, leggero quanto resistente, che ha permesso di eliminare peso da quella zona della racchetta (pur mantenendo inalterata la stabilità) e ridistribuirlo meglio nel resto del telaio.
Lunghezza tradizionale, ovale classico da 100 pollici, peso da 300 grammi più le corde e bilanciamento leggermente verso la testa per aumentare un’inerzia che non è niente male. Il profilo non è estremizzato (come tutte le sue caratteristiche tecniche), così come la rigidità. Lo schema di incordatura da 16 x 19 aiuta la velocità di uscita della palla. Il Graphene, materiale rivoluzionario, è il plus che offre questo telaio: una miglior ridistribuzione dei pesi ha consentito, senza appesantire la racchetta, di ottenere un telaio più potente. Basta prendere lo steso modello nella versione precedente per avvertire la (notevole) differenza. Tra le novità, il bestseller della stagione.
Test AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore completo a tutto campo, che ama colpire piatto o con leggera rotazione e cerca una viva sensibilità all’impatto. Ideale per giocatori dal tennis abbastanza classico, senza eccessive rotazioni.Rispetto a tanti altri telai dal taglio classico, si avvertono le medesime sensazioni ma con più potenza a disposizione.
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Gioco prevalentemente in doppio e mi piace la manovrabilità. In realtà, trovi anche racchette più maneggevoli, ma con quelle si perde troppo nella consistenza dei colpi. Con la 300 MP invece, si tira forte ma senza aver la sensazione di muovere una clava. L’impatto è bello secco ma la palla esce rapida. Sarà ‘sto graphene?
Ero curioso di testare soprattutto la Djokovic. Alla fine, forse forse, scelgo la 300 MP. Non perdo così tanto nel rapporto tra potenza e controllo e, invece, guadagno molto in comfort. A inizio partita userei la Djokovic, al terzo set la 300 MP! In generale, voto 51% per la 300 MP.
Bella perché si picchia con grande controllo e conseguente fiducia. Certo, le tubolari sono più facili ma se non si arrota tanto e si cerca un feeling più tradizionale all’impatto, questa 300 MP è davvero interessante. La si muove con ottimo agio e si esalta sia in fase di spinta (soprattutto se si colpisce piatto) sia nei colpi di tocco e di volo.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
GIAMPAOLO, 55 ANNI CLASSIFICA 4.1
PAOLO, 24 ANNI CLASSIFICA 3.1
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 66 profilo: 22,5-22,5-21,5 mm peso: 312 grammi bilanciamento: 33,3 cm inerzia: 320 corde: 16 x 19
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 3.5
LA CORDA IDEALE: per una racchetta che si adatta ad un giocatore completo, la soluzione ibrida appare la più logica. Altrimenti si può spaziare, a seconda dell’utente. I più agonisti opteranno per il monofilo, i meno agonisti per il multifilo. La tensione media consigliata è di 24-25 kg.
on court
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youtek graphene speed pro
head
È la nuova racchetta del numero uno del mondo, Novak Djokovic, evoluzione del precedente modello e che sfrutta il grafene, un materiale che rende possibile una più efficace ridistribuzione dei pesi.
Lunghezza tradizionale e ovale classico da 100 pollici. Per il resto, parliamo di una racchetta agonistica vecchio stampo, dal profilo (abbastanza) sottile, peso importante e schema di incordatura da 18x20, ormai una rarità, ai giorni nostri. la nuova arma imbracciata da Nole Djokovic promette di darvi controllo e precisione; al resto, dovete pensarci voi. Però l'inserto del grafene ha consentito una migliori ridistribuzione dei pesi e quindi si fatica meno a spingere, rispetto allo stesso modello, versione precedente. Un miglioramento non da poco perché questi telai obbligano ad avere un braccio che spinge e, se si facilita l'uscita di palla, i risultati sono immediatamente riscontrabili.
Test
MO AGO LTO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore molto agonista (in caso contrario, meglio optare per la versione 300 MP) che cerca controllo e precisione, grazie anche allo schema da 18x20, caso ormai (quasi) unico. La nuova versione risulta comunque più giocabile, a partià di prestazioni ed efficacia.
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Una goduria. Il rumore all'impatto è bellissimo. Certo, a patto di prenderla piena, perché non è che perdoni come altri telai. Però, se non sei un arrotino folle, puoi spingere di piatto, controllare e attaccare col back, trovare angoli stretti col top. Insomma, un po' di tutto. Perché è anche maneggevole per il tipo di racchetta. Certo, non la consiglierei a mia sorella enneci.
Bella, molto bella. Perché il controllo è quello che ti aspetti da un telaio di questo genere, ma l'uscita di palla è sorprendente. Picchio per due ore e trovo profondità anche nell'ultimo game. Se hai il braccio, ti riesce tutto. Certo, poi ti mettono in mano la 300 MP e forse è ancora meglio, perché più giocabile ma non perdi troppo controllo.
Non fossi invecchiato e non avessi scoperto le "tubolari", sarebbe stata la mia racchetta. Ora gioco con telai di maggior spinta e corde di controllo; quando imbracciavo la Prestige, facevo l'opposto. Ho cambiato perché il braccio non reggeva più. Avessi avuto la Grafene Speed pro, chissà… Controllo e precisione sono super!
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
FRANCO, 32 ANNI CLASSIFICA 4.1
PAOLO, 24 ANNI CLASSIFICA 3.1
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 68 profilo: 22,5-22,5-21,5 mm peso: 332 grammi bilanciamento: 32,3 cm inerzia: 330 corde: 18 x 20
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 3.5
LA CORDA IDEALE: è una racchetta per agonisti puri, gente ormai devota al monofilamento. Noi preferiamo la scelta dell'ibrido, che la rende più sensibile e facilità l'uscita di palla. Inutile alzare troppo le tensioni (soprattutto col monofilo): 22-23 kg sono una media accettabile.
on court
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youtek graphene instinct mp
head
Maria Sharapova e Tomas Berdych sono i due principali testimonial di una racchetta che esalta i loro movimenti ampi, puliti, lineari e l'impatto quasi sempre piatto.
Un vero bestseller, forse seconda solo alla versione MP della Speed. La caratteristica principale è la manovrabilità che aiuta i movimenti ampi, i colpi piatti e le soluzioni a rete. L’adattamento è immediato, il comfort notevole, considerando che si tratta pur sempre di una racchetta agonistica, seppur con quello stampo moderno che consente anche al giocatore di club di muoverla con agio. La palla esce facile, si trova adeguata profondità e prende bene le rotazioni anche se una "tubolare" esalta maggiormente il top spin. Il servizio esce rapido (ottimo lo slice, meno il kick) e la sensibilità è più che accettabile. Incordata pesa 312 grammi con bilanciamento a 33,3 cm, ovale da 100 pollici, leggermente profilata, rigida quanto serve e con una buona attitudine alla spinta
Test
AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO A giocatori (e giocatrici) agoniste che cercano soprattutto spinta e maneggevolezza. E quindi che utilizzino movimenti ampi e colpi essenzialmente piatti o con un semplice accenno di rotazione.
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Bellissima! Ora capisco perché la Sharapova tira così forte: la grande maneggevolezza ti consente movimenti ampi e quindi di mettere tutto il peso del corpo sulla palla. Se colpisci piatto è una favola e si tocca anche bene sotto rete. Prende meno bene le rotazioni (anche se il back è piuttosto soddisfacente). Ma quale donna usa tanto il top spin?
Mi è piaciuta un sacco dopo tre colpi: fluida, maneggevole, spingo senza far fatica e trovo una buona lunghezza media dei colpi. L’impatto è confortevole e il braccio ringrazia. Poi si muove bene da fondo come sotto rete e i recuperi sono tutt'altro che impossibili. Manca un filo di cattiveria se si vogliono esasperare le rotazioni.
Super manovrabile. Per questo piace fin dall’inizio. Però non è un giocattolino perché la palla esce rapida e si trova adeguata profondità e con un accenno di rotazione offre ancora maggior controllo. Certo, la pesantezza di palla non è quella della “Djokovic”, però il comfort è decisamente maggiore.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
FABIANA, 29 ANNI CLASSIFICA 3.5
LUCA, 45 ANNI CLASSIFICA 3.5
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 70 profilo: 23-24,5-22,5 mm peso: 312 grammi bilanciamento: 33,3 cm inerzia: 312 corde: 16 x 19
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 3.5
LA CORDA IDEALE: il set up corretto è un must per far rendere al meglio il telaio. Il monofilo aiuta a trovare un filo di maggior controllo e rotazione, anche se la soluzione ibrida mantiene ancor meglio certi equilibri. Non salite troppo con la tensione: 23-24 kg è un’ottima media.
on court
60
ki q5 (315 gr)
pro kennex
Il sistema Kinetic è riconosciuto come la miglior tecnologia salvagomito mai inserita all'interno di un telaio. Le Kinetic Mass sono piazzate anche in quattro punti dell'ovale.
Raramente, e sia detto senza piaggeria, ho incontrato due sorelline cosi compatte e divertenti. Trattasi delle nuove Q5, di cui trattiamo soprattutto la versione più agonistica, tentativo ben riuscito di creare una via di mezzo tra la super profilata Q15 e le agonistiche QTour. La grafica è tra le più belle mai viste: un bel nero lucido con riflessi marroni e lettere in oro. Tecnicamente è un telaio da 100 pollici, 337 grammi incordato e un profilo da 22,5 millimetri. Ai quattro angoli del piatto le masse del sistema Kinetic, mentre lo schema 16x20 rende più facile la spinta e la possibilità di mordere la palla. In fase di spinta, la palla non esce dalle corde, si precipita letteralmente fuori, come sparata da un cannone. Non è un attrezzo da brutali arrotolatori, bensì da fini tessitori, quel bel giocatore che scambia a velocità non troppo elevata, ma fa sempre cadere la palla nell’ultimo metro di campo, accelerando improvvisamente, per poi tagliare a fette il campo con il back e chiudere con una morbida stop volley.
Test
AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO È adattissima a chi ama il gesto classico, i colpi piatti e le volée di tocco, il back di rovescio e le accelerazioni improvvise, sfruttando la spinta del colpo avversario. Insomma, al federeriano convinto che non può reggere l’urto della Pro Staff. L'amica Barbara Rossi potrebbe farci lezione per una vita e mezzo di fila.
61
CORRADO, 42 ANNI CLASSIFICA 4.2 Allora, mettiamola così: servo slice a uscire, entro col piattone di diritto e, sulla palla più corta dell'avversario gioco una rasoiata in back. Scesa a rete, chiudo con eleganza una comoda stop volley. Oh, non è che mi riesce con tutte le racchette, ma con questa la palla esce così facile…
LORENZO, 4.1 ANNI CLASSIFICA 3.5
Mi piace la grande facilità di gioco, data dall'estrema manovrabilità, conseguenza del bilanciamento sotto i 32 centimetri. Sul veloce, dove si arrota meno e si sfrutta la velocità del colpo avversario, è una manna. Sul rosso, dove si deve spingere di più e arrotare meglio, manca un po' di cattiveria.
LA CORDA IDEALE: il set up corretto? Saremmo convinti sostenitori del multifilo (soprattutto sulla versione light), anche se un ibrido potrebbe rendere il gioco più intrigante. Per la tensione, variate a seconda delle abitudini: non ci sono controindicazioni.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Cerco manovrabilità da una racchetta e questa ne offre in abbondanza. E poi che esalti i colpi piatti e la Q5 sembra fatta su misura. Si spinge e si tocca bene, mentre si fatica un po' nel top spin esasperato, che comunque non è il mio schema preferito. Bisogna trovare il giusto set up con le corde per esaltare la potenza o trovare maggior controllo. Io ho scelto l'ibrido.
FABIANA, 29 ANNI CLASSIFICA 3.5
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 67 profilo: 22,5 mm costante peso: 337 grammi bilanciamento: 31,8 cm inerzia: 320 corde: 16 x 20
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qtour (325 gr)
pro kennex
Andreas Seppi usa telai Pro Kennex da oltre un lustro. Come tanti campioni, ha le sue manie: per esempio, vuole solo la grafica lucida. Motivo? La mano sinistra scorre meglio sul telaio quando scende per impugnare a due mani!
Racchetta tipica da giocatori agonisti che privilegia il controllo alla potenza, che necessita precisione all’impatto ma ne restituisce con gli interessi, che favorisce la botta piatta alle rotazioni esasperate in top spin (mentre il back esce che è una meraviglia). Si manovra meglio di altre “colleghe” o versioni precedenti, grazie al bilanciamento a 31,5 cm e perdona un filo di più, benché l’uso resti riservato a giocatori agonisti ben allenati. È stato applicato il sistema Kinetic, universalmente riconosciuto come il più efficace nell'ammortizzare le vibrazioni nocive del telaio, con le quattro masse poste a ore 2, 4, 8 e 10: sono evidenziate sul telaio e il rumore della sabbiolina è ridotto al minimo. Il peso è importante (338 grammi) ma il bilanciamento rende comunque l'attrezzo maneggevole. Il profilo è sottile (19 mm) a sezione squadrata, tipico delle tradizionali racchette agonistiche. L'ovale è un 98 pollici con lo schema di incordatura da 18x20 per esaltare il controllo. Molto interessante la versione da 295 grammi (non incordata e con schema da 16x19) per chi è ormai abituato a pesi meno estremi.
Test MO AGO LTO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Giocatori agonisti che amano le racchette tradizionali per sfruttare al meglio il loro stile classico, fatto soprattutto di botte piatte, back di rovescio e gioco al volo. Grande controllo, ma anche un pizzico di manovrabilità in più rispetto a molto altre sue "colleghe".
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DAVIDE, 35 ANNI CLASSIFICA 4.1 Il controllo è come te lo aspetti, ma sorprende per la rapidità con la quale esce la palla. Manovrarla non è così complicato come con altre racchette agonistiche, ma bisogna fare attenzione a trovare la corda giusta per ottimizzare le sue qualità: se non sei superman, direi un multifilo o un ibrido, a tensione bassa (se hai un braccio sensibile puoi anche scendere a 20 kg). Il Luxilon lo lascerei a Seppi.
LORENZO, 4.1 ANNI CLASSIFICA 3.5
Finalmente riassaporo il piacere di usare una tipica racchetta agonistica. Certo, serve precisione all'impatto e con una "tubolare" si fatica meno nel trovare rotazioni e profondità. Ma se giochi colpi piatti o back e non ti dispiace scendere a rete, è una furia. Il controllo? Super! E il braccio non si stanca troppo: certo, per sostenerla tre set sulla terra bisogna essere allenati.
LA CORDA IDEALE: lo schema privilegia il controllo alla spinta, per questo il monofilo è consigliato solo ad agonisti dal braccio allenato. Un buon compromesso è un multifilamento o ibrido a tensioni non troppo elevate (si può scendere anche a 20-21 kg).
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Mi piace un sacco perché a me interessano due cose: controllo e precisione. Con 'sta racchetta sento di poter picchiare quanto voglio senza andar fuori giri e anche nei momenti importanti posso rischiare perché aumenta la fiducia. E il servizio è una vera bomba!
FRANCESCO, 34 ANNI CLASSIFICA 2.8
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: 63 profilo: 19 mm costante peso: 338 grammi bilanciamento: 31,5 cm inerzia: 318 corde: 18 x 20
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blx blade 98 16x19
wilson
Milos Raonic, canadese, classe 1990: una scommessa (nemmeno troppo azzardata) è pronosticarlo top 10 nel 2013. È il principale testimonial della nuova Blade.
Una delle racchetta agonistiche bestseller di questa stagione, esattamente come lo è stata due anni fa nella versione precedente. Oltre alla tecnologia Amplifeel che offre una maggior sensibilità all'impatto, la vera novità è data dal modello con schema di incordatura più aperto, (16x19, che ormai è diventato la norma) che offre maggior spinta e profondità ai colpi e una maggior resa delle rotazioni (pur senza esaltare le esasperazioni). L'utente agonistico cerca sempre più racchette giocabili e la nuova Blade 98 ha centrato in pieno l'obiettivo. Il controllo, ça va sans dire, è sempre su livelli ottimali, mentre servizio e colpi piatti sono da vera cannon ball.
Test
AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO A giocatori agonisti dotati di un braccio allenato, dallo stile (abbastanza) classico, che amano picchiare dal fondo ma anche toccare sotto rete (e sfruttare l’inerzia se si dispone di un servizio importante). Le rotazioni non sono certo bandite ma se siete arrotomani, si possono cercare altre soluzioni.
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FRANCESCO, 32 ANNI CLASSIFICA 3.2 Perfetta per chi gioca classico: gran servizio (oh, si tirano botte clamorose), i colpi piatti escono potenti e in totale controllo, e il gioco di volo è piuttosto preciso. Le rotazioni non vanno esasperate e per il gioco di difesa ci vuole gran sensibilità. In generale, una racchetta per chi ama offendere, più che difendere. Meglio stare bassi con la tensione delle corde: 22, 23 kg.
PAOLO, 24 ANNI CLASSIFICA 3.5
Una favola: picchio quanto mi pare e la palla resta sempre in campo. Le 16 corde aiutano eccome, anche perché quel pizzico in più di rotazione mi aiuta ad avere maggior controllo e a far saltare di più la palla che sulla terra è un aspetto fondamentale. Chiedete ai miei avversari quanto pesa la palla…
LA CORDA IDEALE. La corda ideale? L'ibrido ci è parsa la scelta ideale, restando su tensioni basse, 22-23 kg. Se siete agonisti spinti, puntate su un monofilo in olefine, sempre a tensioni basse.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Se ti sei abituato alle tubolari e giochi con grandi rotazioni, difficile tornare indietro. Certo, la sensazione all’impatto è bellissima perché senti la palla piena e non una sensazione di vuoto. Però devi sempre spingere: se ci riesci, chi ti tiene? Ma se ti viene un filo di braccino oppure sei spesso costretto a difenderti, allora amen.
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 4.1
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 98 pollici rigidità: XX profilo: 21,5 mm costante peso: 315 grammi bilanciamento: 33,9 cm inerzia: 335 corde: 16 x 19
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blx pro staff 6.1 95
wilson
Oleksandr Dolgopolov, talento sconfinato che può sfruttare al meglio la versatilità agonistica e le doti di sensibilità della Wilson Pro Staff 95.
Più giocabile della “Federer”, è comunque una racchetta da masochisti perché, nonostante l’ampliamento a 95 pollici, resta un telaio complicato da gestire. Certamente offre controllo e precisione nella traiettoria, ma quello che si paga in manovrabilità, spinta e facilità difficilmente torna indietro. Astenersi giocatori che non siano agonisti di alto livello dallo stile molto classico. Il telaio sfrutta le fibre di basalto che offrono maggior stabilità all’impatto e la versione 16x18 permette una miglior uscita di palla. Il profilo è sottile (18 mm) e decisamente squadrato. Il peso non è nemmeno eccessivo, con bilanciamento al cuore e attitudine alla spinta lontana da cifre record. Rigida senza eccessi, l’ovale è ciò che la differenzia dalla massa, essendo un 95 pollici quadrati, quando la media ormai è di 100 abbondanti.
Test
MO AGO LTO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Ai malati federeriani che cercano un telaio molto agonistico e un filo più giocabile della “Federer” vera e propria. La possono sfruttare agonisti di ottimo talento, con impatti precisi e colpi essenzialmente piatti (o in back). Astenersi arrotini.
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CORRADO, 42 ANNI CLASSIFICA 4.1 Generalmente mi piacciono questi telai perché gioco classico, tutto piatto con movimenti anni 70. Però la palla non esce facile come avrei sperato. Certo, il controllo non manca se l’impatto è preciso ma non ci sono sensazioni straordinarie. Alla fin fine, non si è più riusciti a ricreare la manovrabilità dell’Original 85. Può apparire strano, ma fra le due mi par più giocabile la vecchia “Sampras”.
LORENZO, 4.1 ANNI CLASSIFICA 3.5
Troppo complicata. Soprattutto se si cerca di spingere con forte top spin, rotazione che bisogna quasi eliminare dal vocabolario con questo genere di racchette. Non è tanto che non sia un telaio apprezzabile, ma sono convinto che sostanzialmente chiunque possa trovare (anche in casa Wilson) un telaio col quale giocherà meglio.
LA CORDA IDEALE: da evitare il monofilo, se non siete Dolgopolov e dintorni. L’ibrido è una soluzione accettabile, anche se non è da escludere un’incordatura solo in budello naturale a tensioni medie (23-24 kg) se volete cercare la massima sensibilità.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Irresistibile, perché l’idea di giocare con un telaio del tutto simile a quello di Roger ma un più giocabile, è libidine pura. Certo, forse con altri attrezzi sarei più performante, ma il tennis è anche (direi soprattutto) divertimento, o no? E la sensazione di colpire piatto e capire che potrei colpire una moneta da venti metri (e che è tutto merito mio) non ha prezzo.
PAOLO, 30 ANNI CLASSIFICA 2.8
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 95 pollici rigidità: 62 profilo: 18 mm costante peso: 327 grammi bilanciamento: 32 cm inerzia: 305 corde: 16 x 19
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vcore xi 100
yonex
Caroline Wozniacki è la testimonial principale di questo modello. O meglio, la più famosa, visto che Angelique Kerber ora la precede in classifica ma non ha il suo appeal.
A livello di pura qualità costruttiva, le racchette Yonex non hanno nulla d ainvidiare a nessuno. Anzi. Hanno il limite della sezione isometrica della testa della racchetta che le rende uniche ma obbligano anche ad un qualche adattamento (peraltro spesso vantaggioso). La novità è il materiale Micro Core, una schiuma di uretano molto densa, iniettata nella punta e nelle aree più ampie del telaio. Secondo Yonex, ciò riduce le vibrazioni e aumenta la stabilità, la potenza e la sensibilità. Parliamo di un telaio molto versatile, che si adatta bene alle rotazioni e alle scelte del giocatore. Sotto rete, si dimostra molto manovrabile e l'impatto secco e stabile aiuta a trovare precisione. Nel servizio si può optare per la botta piatta (che esce molto rapida) o per una rotazione, a vostra scelta: il risultato sarà sempre ottimale. Ottimo anche il comfort di gioco: pur trattandosi di una racchetta studiata per un'utenza agonistica e con un impatto discretamente secco, il braccio non soffre e si può picchiare per tre set senza avvertire particolare fatica.
Test AGO NIS TI
A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore completo a tutto campo, che ama mischiare le carte, le rotazioni, le soluzioni offensive a quelle difensive. E cerca un ottimo comfort di gioco da una racchetta agonistica.
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FRANCO, 30 ANNI CLASSIFICA 4.1 Premessa: gioco Yonex da una vita e trattandosi di racchetta dalla forma particolare è difficile cambiare. La Xi 100 mi ha molto impressionato per la possibilità di variare il gioco, spingere quanto voglio ma senza risultare poco manovrabile nella fase difensiva. Ottimo il binomio potenza del servizio e controllo delle volée, fattore che aiuta molto in doppio.
LORENZO, 4.1 ANNI CLASSIFICA 3.5
La qualità dei materiali è indubbia, la si avverte sin dai primi impatti, secchi ma confortevoli, quello che desidera un giocatore agonista. Piace la versatilità, la possibilità di fare un po' tutto, anche di difendersi egregiamente o di spingere per tre ore senza avvertire fastidi. Si può variare molto con la corda e per questo è meglio provare varie opzioni prima di fare una scleta definitiva.
LA CORDA IDEALE: volendo mantenere la medesima versatilità offerta dal telaio, l'incordatura ibrida si sposa benissimo. Se siete particolarmente agonisti potete optare per un monofilamento, magari in olefine, magari a tensioni non troppo elevate.
on court
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
Mi ci è voluta qualche ora per abituarmi alla forma isometrica della testa della racchetta. È come se cambiasse un pochino il punto di impatto e al principio mi costava qualcosa in termini di controllo e soprattutto di precisione. Una volta fatta l'abitudine, l'ho trovata molto maneggevole, ottima in fase di spinta e con la palla che esce piuttosto rapida. Da provare.
FABIANA, 29 ANNI CLASSIFICA 3.5
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 71 profilo: 24-24-22 mm peso: 318 grammi bilanciamento: 33 cm inerzia: 310 corde: 16 x 19
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pure drive lite
babolat
Sembra incredibile, ma Agnieszka Radwanska usa un telaio superleggero, studiato per giocatrici di club. Ma con la sua sensibilità.
Prendete una Pure Drive, toglietele una ventina di grammi, riassestate il bilanciamento in maniera da non perdere troppo in fase di spinta, ed eccovi servita la Pure Drive Lite. Che sarebbe una racchetta per giovanissimi appassionati o signore non troppo avvezze al gioco e all'agonismo, ma che poi vedi in mano ad Agnieszka Radwanska e allora capisci che, nonostante il peso contenuto, la consistenza e la stabilità all'impatto ne fanno una racchetta di primissimo livello. Ideale per gli adulti di livello amatoriale o per i giovani che a breve passeranno all'agonismo (e a quel punto impugneranno la Pure Drive). Da notare il nuovo sistema Cortex che migliora la sensibilità all'impatto.
Test
CLU PLA B YER
A CHI LA CONSIGLIAMO A giocatori di 12-14 anni che a breve passeranno all'agonismo o a giocatrici di club che ricercano un ottimo binomio potenzamanovrabilità
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Ogni tre anni che passano, prendo una racchetta sempre più leggera! Non ho alternative, se voglio continuare a giocare tanto, senza avvertire dolori e con un telaio che riesca a muovere con facilità. Gioco soprattutto in doppio, e con la Lite riesco a incontrare bene la palla avversaria e la muovo facilmente sotto rete. E poi non è un "giocattolo". Sarà l'età?
Non faccio tanti tornei ma gioco tanto e sto migliorando a vista d'occhio (o almeno così dice il mio maestro). Con la Lite vado alla grande perché riesco a spingere e, al contempo, a manovrarla senza far troppa fatica e quindi concentrandomi bene sul movimento che devo fare, visto che ti permette un po' tutto.
Oh, chiedo solo una cosa alla racchetta (oltre ad aiutarmi tanto a buttarla di là!): che sia facile e maneggevole, perché non ho tanta forza nel braccio. La Lite è perfetta: spinge bene la palla senza dover fare troppa fatica e mi sembra anche abbastanza precisa. L'impatto è confortevole e il mio braccio ringrazia.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
FABIO, 57 ANNI CLASSIFICA N.C.
LETIZIA, 13 ANNI CLASSIFICA N.C.
IN LABORATORIO lunghezza: 68,5 cm ovale: 100 pollici rigidità: 67 profilo: 22-25-22 mm peso: 292 grammi bilanciamento: 33,3 cm inerzia: 298 corde: 16 x 19
GIANNA, 45 ANNI CLASSIFICA N.C.
LA CORDA IDEALE: multifilamento se non siete giocatori (o giocatrici) agonisti oppure incordatura ibrida come la Radwanska se volete maggior spin e controllo, pur senza concedere troppo in fase di spinta.
on court
72
youtek graphene instinct s
head
Il grafene è un materiale leggerissimo ma molto resistente posizionato al cuore del telaio che rende possibile una più efficace ridistribuzione dei pesi.
È la versione light del modello Sharapova (o Berdych, secondo le preferenze). Sfrutta chiaramente il grafene, materiale che ha consentito di rendere la racchetta più stabile e potente senza aumentarne il peso. La racchetta è dunque leggera ma la spinta non è per nulla malvagia. La differente ridistribuzione dei pesi ha consentito di spostare il bilanciamento verso la testa e ottenere un attrezzo più potente, senza perdere troppo in manovrabilità. Per questo, un giocatore (o giocatrice di livello amatoriale (o uno junior in crescita) può spingere senza fatica ma anche manovrarla da fondo come a rete con un certo agio e senza affaticare eccessivamente il braccio.
Test
CLU PLA B YER
A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore (o ancor meglio giocatrice) di club che cerca un attrezzo di grande manovrabilità, peso contenuto ma un bilanciamento in testa che consente di spingere, anche senza movimenti troppo ampi.
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Bella, tiro forte senza far troppa fatica ed è facile da manovrare, a fondocampo e a rete. Sto migliorando rapidamente e quindi a breve dovrei passare alla Instinct, quella vera. Quella del mio mito, Maria Sharapova. Per adesso però è ancora troppo pesante e rischio di non riuscire a eseguire dei gesti corretti. Andiamo per gradi, che è meglio.
Ho provato a usare racchette più pesanti e agonistiche, come le chiama il mio maestro. Risultato? Rendimento scarso e braccio affaticato. Mi accontento del mio livello, con una tecnica discreta, anche se ho cominciato tardi a giocare. Non ho grande potenza ma riesco a trovare una buona profondità, anche quando il movimento non è perfetto.
Gioco abbastanza (anche un paio di volte a settimana) ma ad un livello piuttosto basso. Per questo mi piacciono racchette come questa, maneggevoli, dal piatto corde grande e col peso in testa, perché mi aiutano a spingere senza avere movimenti ampi e perfetti. L'impatto è confortevole.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
GIOVANNA,14 ANNI CLASSIFICA N.C.
PATRIZIA, 44 ANNI CLASSIFICA N.C.
IN LABORATORIO lunghezza: 69,8 cm ovale: 105 pollici rigidità: 72 profilo: 27 mm costante peso: 290 grammi bilanciamento: 35 cm inerzia: 308 corde: 16 x 19
FABIO, 38 ANNI CLASSIFICA N.C.
LA CORDA IDEALE: per giocatori e giocatrici di club, il multifilamento dovrebbe essere d'obbligo. O almeno un ibrido a tensioni non troppo elevate, 22-23 kg. Il monofilio potrebbe provarlo un (forte) junior in crescita.
on court
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Le Kinetic Mass sono poste in quattro punti (evidenziati) del telaio e offrono grande stabilità e comfort quando si impatta la palla.
L'identikit del giocatore/giocatrice ideale è piuttosto delineato, al di là del livello di gioco (studiata per giocatori amatoriali o pre-agonisti), aiuta soprattutto chi ha movimenti corti e compatti, che sfrutta la velocità del colpo avversario, che predilige in maniera quasi esclusiva i colpi piatti o, al massimo, con un leggero back. Così facendo, con poco sforzo si trova profondità e velocità di palla. Chiaro, se si sbraccia tanto, si rischia di andare (molto) lunghi. Cercate una corda sensibile o un ibrido, per favorire il controllo. È disponibile anche nella versione da venti grammi più leggera, riservata essenzialmente ai giocatori (e alle giocatrici) amatoriali.
ki q15 (300 gr)
pro kennex Test CLU PLA B YER
A CHI LA CONSIGLIAMO Al giocatore di club o semi-agonista che ama colpire di piatto o in leggero back, con movimenti compatti e che desidera spinta e comfort.
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La usava la mia maestra a far lezione e l'ho presa in mano. Ho subito avuto un buon feeling, perché la manovro tranquillamente, visto che ho abbastanza forza. La palla esce facilissima e, visto che non gioco con 'sto top spin, contorllo i colpi abbastanza bene. Il vantaggio principale? Adesso i miei colpi vanno un metro e mezzo più lnghi senza fare più fatica. Non è poco…
Gioco tanto e pure abbastanza bene, ma col mio tipo di gioco, tutto piatto, al massimo un filo di back sul rovescio, movimenti corti a sfruttare la velocità di palla dell'avversario, una racchetta di stampo puramente agonistico mi creava fastidi, più che benefici. Con la Q15 ho compiuto un notevole salto di qualità
Un'altra vita. Con le vecchie agonistiche facevo una fatica bestia e la palla andava appena dopo la linea di metà campo, quando andava bene. Ene steccavo parecchie. Con la Q15 il comfort è notevole, faccio un quinto della fatica, la palla finisce profonda e tutto sommato, per il mio livello di gioco, la controllo molto bene.
Il sistema Trusstic offre un ottimo supporto mediale, mentre la gomma Ahar è garanzia di durata. Il battistrada a spina di pesce modificato si adatta alle varie superfici di gioco.
PAOLA,37 ANNI CLASSIFICA N.C.
FRANCO, 45 ANNI CLASSIFICA N.C.
IN LABORATORIO lunghezza: 69,8 cm ovale: 105 pollici rigidità: 72 profilo: 25 mm costante peso: 316 grammi bilanciamento: 32 cm inerzia: 311 corde: 16 x 19
LUCA, 39 ANNI CLASSIFICA N.C.
LA CORDA IDEALE: multifilamento o perfino budello, a tensioni medie (24-25 kg). Potete testare anche una versione ibrida, com uno spezzone di budello e l'altro, eventualmente, anche in monofilo, non troppo rigido.
on court
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7WONDER
SCEGLIERE LA SCARPA GIUSTA NON È BANALE, MA FONDAMENTALE PER LA SALUTE DELL’ATLETA. ECCO LE SETTE MERAVIGLIE OFFERTE DAL MERCATO
LE NOSTRE SCELTE. Vi è (fortunatamente) sempre maggior attenzione nella scelta delle calzature. Questo perché è ormai risaputo che un fastidio ai piedi può costar caro e declinare il dolore ad altre zone del corpo. Come suggeriscono i podologhi, il piede è l’unico arto che va a contatto col terreno e di conseguenza un cattivo appoggio può determinare delle conseguenze gravi e delle patologie non semplici da risolvere. Basti citare l’esempio di Rafael Nadal, che, appena affacciato al circuito, rischiò di vedere la sua carriera compromessa da un problema al piede che sembrava quasi irrimediabile. Il fuoriclasse spagnolo ha raccontato di momenti terribili e grandi pianti, fin quando non è volato fino a Beaverton, al quartier generale della Nike per trovare una soluzione. I tecnici del baffo hanno dovuto lavorare duro per trovare degli accorgimenti tali che gli consentissero di muoversi senza dolore e proteggendo i suoi piedi, messi peraltro a dura prova dagli spostamenti violenti di Nadal. Altri che non sono riusciti a trovare una soluzione definitiva (vedi la nostra Mara Santangelo) sono stati addirittura costretti al ritiro. Chiaro dunque che si tratti di una scelta fondamentale. Se tutto sommato, e nonostante le ricerche tecniche, per l’abbigliamento è soprattutto una questione di look, trovare la scarpa che si adatta al nostro piede è davvero molto importante. Ma come non rischiare di sbagliare la scelta? Beh, il vantaggio è che si possono provare prima, tanto che la prima calzata è quella che fa la differenza nella scelta. Se appena infilate ai piedi, le scarpe non sono comode, difficilmente l’acquisto andrà a buon fine. Generalmente dividiamo in tre sezioni le tipologie di scarpe: 1. quelle running prestate al tennis, 2. quelle in stile carro armato e infine 3. quelle che stanno nel mezzo. La “running prestate al tennis” sono quelle in stile Feather di Adidas o le Vapor Tour 9 di Nike, che lo stesso Federer ha voluto superleggere e che Tinker Hatfiled, il guru della Air Jordan, ha disegnato in metropolitana appena lasciata la riunione con RF. Magari non sono le più resistenti, ma il comfort è assoluto e certamente migliore rispetto alle versioni precedenti (dove chi non aveva la pianta strettissima faceva fatica ad infilarci i piedi). Sullo stesso piano (ma diciamo anche un gradino sopra), le Gel Solution Speed di Asics, delle piume che si diceva potessero reggere al massimo atleti di 80 kg, anche se poi un Simone Bolelli (e altri ancora) hanno dimostrato il contrario. Tra le “carro armato”, sicuramente le Courtballistec 4.3 di Nadal (certamente utili a sorreggere i garretti dello spagnolo ma anche piuttosto rigide), mentre nel mezzo si trovano le Propulse 4 di Babolat, notevolmente (notevolmente) migliori rispetto alle versioni precedenti. Un caso a parte sono le Asics Gel Resolution, giunte alla quinta versione e considerate il Sacro Graal delle scarpe: insuperabili per comfort, sostegno, stabilità, ammortizzazione. A livello di look, stan pian piano sparendo la classica scarpa bianca (sempre presente nei cataloghi ma non troppo in evidenza). La base scura sembra diventata la norma, con varianti colori talvolta anche un po’ agghiaccianti. I designer si stanno sbizzarrendo ma non è facile perché i supporti indispensabili in uno sport che obbliga a spostamenti di ogni genere, crea dei limiti ben precisi. Infine, ricordate che se una scarpa da running va cambiata ogni 800 chilometri, quella da tennis andrebbe sostituita ogni 130-140 ore di gioco.
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Test
adidas barricade 7.0
Le scarpe si dividono in sezioni: quelle dalla calzata più o meno ampia, quelle per pronatori, supinatori o neutri e, una volta trovato un buon comfort nella calzata, bisogna scegliere tra quelle ultraleggere e una di maggior supporto. Ecco, le Barricade 7.0 (scarpa utilizzata da Andy Murray) fanno parte di questa seconda categoria, quella che esalta supporto e stabilità, prima ancora che comfort e leggerezza. La prima calzata è comunque comoda perché la base è ampia e bisogna solo fare attenzione alla numerazione (serve una misura in più del solito perché calzano piuttosto
strette). La sensazione è che il piede risulti avvolto, sostenuto e supportato come poche altre volte e con un grado di stabilità da prima della classe. In realtà, i designer hanno provveduto a sottrarre peso (473 grammi della versione 6.0 ai 455 grammi della 7.0 per una misura 44.5). Tuttavia, resta ancora lontana dai modelli superleggeri. Si rivolge al giocatore agonista ma soprattutto a chi dispone di gambe muscolose che possano supportare il peso e, anzi, cercano delle scarpe resistenti e che mantengano stabili i loro appoggi. In questo senso, le Barricade 7 sono meravigliose.
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1
Premessa: adoro le scarpe leggere e per questo ero prevenuto. Mi sono (in parte) ricreduto: stabilità e supporto sono qualità imprescindibili se si battaglia a lungo con continui cambi di direzione. Dovessi scegliere in trenta secondi, opterei sempre per una superleggera; ma alla lunga, queste possono offrirmi maggior sicurezza e resistenza.
LORENZO, 40 ANNI CLASSIFICA 3.5
Il sostegno nel tallone offre stabilità nella parte posteriore. Il sistema Torsion è un must per mantenere alto il livello di stabilità e gli inserti in adiPRENE aiutano a ridurre gli shock da impatto.
on court
2
Sono un tipo piuttosto robusto e la scarpa deve sorreggermi, tanto più quando d’inverno gioco sul cemento. In questo senso le Barricade sono il top. Rispetto alla versione precedente, più che una maggior leggerezza, ho notato una maggior flessibilità della tomaia che le rende più confortevoli.
FABIO, 36 ANNI CLASSIFICA 4.1
3
Io adoro le scarpe da tennis in stileTrusstic “carro Il sistema armato”, po’ offre un un ottimo supporto mediale, pesanti, che fasciano mentre la gomma il piede e ti lasciano Ahar è garanzia liberodidi muoverti, durata. Il scattare, scivolare e battistrada a spina di pesce modificato cambiare direzione adatta alle varie senzasitemere nulla. superfici di gioco. Ecco, in questo senso le Barricade sono perfette. Sicurezza totale e supporto super.
4
Nein! Troppo pesanti. Uso le Federer (o le Speed della Asics) che pesano cinquanta grammi in meno e godo di più. Se poi si sfasciano… le cambio!
CORRADO, 42 ANNI CLASSIFICA 4.1
La tomaia è in pelle sintetica, morbida anche se non eccessivamente traspirante. Il sistema Claw Stability sostiene il piede nei movimenti laterali e nei cambi di direzione.
LUCA, 44 ANNI CLASSIFICA 4.1
La suola è resistente e offre un’ottima presa del terreno. Il battistrada si adatta alle varie superfici ma, date le sue qualità di stabilità e supporto, sono particolarmente performanti sui terreni duri.
80
adidas Testadizero feather ii Leggere e confortevoli: un binomio che, soprattutto sulla terra battuta dove le sollecitazioni sono inferiori, è quello preferito dagli appassionati Trecentoventotto grammi (per una misura 44.5, un bel "taglio" rispetto alla versione precedente) che offrono un valido supporto nei cambi di direzione. La prima calzata è ottimale, con una sensazione di immediato comfort grazie alla tomaia molto morbida e flessibile. Il sistema Sprintframe inserito nel tallone permette adeguato supporto, mentre la tecnologia Sprintweb nell'avampiede aiuta in fase di spinta. Per
quanto riguarda la suola, lo sbordo protegge in caso di continue scivolate, mentre la gomma adiWEAR è molto resistente con un battistrada che si adatta alle varie superfici. I sistemi ammortizzanti adiPRENE e adiPRENE+ sono inseriti rispettivamente nella zona tallonare e dell’avampiede, e consentono di ammortizzare gli shock da impatto. Parlavamo poi dei cambi di direzione: in questo caso interviene il collaudato sistema Extended Torsion nella pianta e nell’avampiede per una miglior stabilità. Sono compatibili con il sistema miCoach.
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1
Bellissima! Perché mi adoro le scarpe leggere, non i carri armati. Per me, è il comfort ciò che conta e tutto sommato la stabilità è più che sufficiente. Controllo bene la scivolata e mi muovo con grande rapidità. E poi la suola è molto resistente. Mi piace anche il look, un gisuto mix tra aggressività ed eleganza.
LORENZO, 40 ANNI CLASSIFICA 3.5
La calzata è confortevole, con una larghezza leggermente più ampia nell'avampiede. L'arco plantare è leggermente basso, ma non è richiesto un particolare periodo di adattamento.
on court
2
La calzata è molto morbida e per avere comfort sono disposto a rischiare una durata inferiore (della tomaia, perché invece la suola è piuttosto resistente). Rispetto alle Barricade, magari hanno meno supporto ma per chi gioca a livello di club è più che sufficiente. Mentre su comfort e leggerezza, non transigo.
PAOLO, 35 ANNI CLASSIFICA N.C.
3
Scelgo la scarpa in due minuti: apro la Il sistema Trusstic scatola, la infilo ai offre un ottimo piedisupporto e ci corricchio mediale, per sentire lagomma prime mentre la Ahar è garanzia sensazioni. Per di durata. Il questo la feather battistrada a spina mi piace ancor più di pesce modifi cato dellasibarricade, che adatta alle varie superfi ci dipiù gioco. invece trovo rigida. Magari un seconda categoria ha bisogno di un maggior supporto. A me interessa il comfort.
4
Uso Adidas da sempre perché gioco di regolarità e corro tanto. Amo da sempre il sistema Torsion perché ho l'impresione di poter scattare, scivolare e cambiare direzione senza alcun fastidio. Le Barricade le preferisco per i match sui campi sintetici; le Feather sulla terra rossa.
FABRIZIO, 28 ANNI CLASSIFICA 3.52
La tomaia è resistente e leggera Sprintskin per una maggiore stabilità, comodità ed aerazione, rinforzata dalla tecnologia SPRINTWEB per ottenere la massima stabilità nei tagli aggressivi.
VALERIO, 45 ANNI CLASSIFICA 4.2
La suola è in gomma ADIWEAR con una costruzione dal profilo basso che sonsente un'ottima trazione in tutti i tipi di spostamento, scivolata compresa.
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asics5 Test gel resolution Sparita i problemi alla retina nella zona del puntale, sono spariti anche gli unici difetti di una scarpa che ormai è diventata un mito tra gli appassionati. Per comfort, stabilità e presa del terreno, non ha eguali (a parte la "sorellina" Gel Solution). La prima calzata è quella che fa la differenza: una vera pantofola. La tomaia è decisamente confortevole, molto flessibile e si adatta perfettamente al piede. Il grip col terreno è fantastico, quasi esagerato per come si resta incollati anche sulla terra battuta, senza rischi di scivola-
te eccessive, ma sempre in pieno controllo del movimento. Il piede è ben supportato e il grado di ammortizzazione ottimale, visto che si finiscono battaglie di ore senza alcun fastidio. Un aggiornamento della tecnologia Trusstic offre ancora maggior sostegno tallonare, con la suola leggermente più spessa nella zona mediale per agevolare i movimenti laterali e i cambi di direzione. La suola è pressoché indistruttibile e mantiene sempre un ottimo grip. Il look è variabile, dalla classica base bianca, al giallo shocking.
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1
Super. Come al solito, verrebbe da dire. Ormai Gel Resolution è diventato sinonimo di scarpa da tennis. Grippano il terreno come nessun'altra, pur mantenndo una viva stabilità. La suola è indistruttibile e la tomaia molto comoda e flessibile. Il top del top.
LORENZO, 40 ANNI CLASSIFICA 3.5
Il classico sistema di ammortizzazione in Gel aiuta ad assorbire gli impatti col terreno, mentre il sistema I.G.S. migliora l'andatura naturale del piede. L'intersuola offre supporto e stabilità.
on court
2
Impossibile cambiare. Trovi altre scarpe che hanno raggiunto un livello prestazionale molto alto, ma alla fine la Resolution è sempre un passo avanti. Certo, non sono economiche ma nemmeno le altre te le regalano. E poi con i piedi non si scherza. Per confort e stabilità, le numero uno in assoluto.
GIACOMO, 50 ANNI CLASSIFICA 4.3
3
Fantastiche come sempre. Flessibili, Il sistema Trussticci si muove con un agio offre un ottimo supporto mediale, straordinario. Non la gomma perdimentre mai stabilità, Ahar è garanzia anche continui di nei durata. Il cambi di direzione battistrada a spinao pesce più modifi cato neglidiscatti rapidi. adatta alle varie E poisisostengono ci di gioco. bene superfi il piede ed evidentemente ammortizzano gli impatti col terreno perché non finisco mai con un acciacco, anche dopo due, tre ore di gioco.
4
Ero curioso. Non le avevo mai provate, ma tutti a dirmi che ero pazzo. Avevano ragione: un gradino sopra tutte le altre. Per stabilità, supporto, ammortizzazione… tutto! Anche il look un po' scioccante (nella versione gialla) non mi dispiace. Dicono che un tempo si rompevano spesso sul puntale: vedremo fra un paio di mesi.
FABRIZIO, 34 ANNI CLASSIFICA 4.1
Comfort super, senza più grossi problemi di usura nella parte del puntale. La tecnologia Personal Heel Fit, con due strati di schiuma modellante sul tallone, offre una calzata personalizzata.
GIANNI, 22 ANNI CLASSIFICA 3.2
La suola è in gomma AHAR per una eccellente durata e presenta un adeguato rinforzo nella zona del puntale. Il battistrada con disegno a spina di pesce è ideale per la terra battuta.
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Test
asics gel solution speed 365. È il numero magico che accompagna questo modello e rappresenta il peso (per una misura 44) di una delle scarpe più leggere (la media supera i 400 grammi) ma che mantiene un supporto ottimale. Ribattezzata Speed perché facilita corsa e scatto, praticamente sembra di non avere nulla ai piedi, una sensazione di estremo comfort con un unico handicap: considerando i continui cambi di direzione, può offrire adeguata stabilità? Pensata per giocatori che non amano le scarpe in stile carro armato, si è arrivati a parlare di 80 kg come limite di massa corporea che sarebbero in grado di sostenere. Però vi sono
esempi di giocatori pro (vedi Simone Bolelli) che la utilizzano senza problemi nonostante pesino oltre 80 kg e le sollecitazioni siano ben diverse da quelle prodotte dai giocatori di club. Nessun problema quindi di stabilità e sostegno, anche perché all’estrema leggerezza si affiancano tutte le altre tecnologie Asics. È altresì chiaro che devono combattere la forte concorrenza casalinga della Gel Resolution. In generale, se non siete… ehm… sovrappeso e non avete una corsa troppo pesante, le Speed sono una manna perché il comfort è insuperabile. Se invece cercate un sostegno maggiore, meglio optare per la Resolution.
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1
Premessa: togliermi le Resolution è impossibile. Detto questo, ho provato anche le Solution e mi sono trovato bene. Sono leggerissime e molto comode, ma meno resistenti delle Resolution anche perché io “pesto” molto quando corro. Non ci fossero le Gel Resolution le utilizzerei senza problemi. Ma visto che ci sono le Resolution…
FILIPPO VOLANDRI GIOCATORE PRO
Il sistema Trusstic offre stabilità nei movimenti, mentre il Personal Heel Fit è una schiuma modellante posta intorno al collo del piede per una calzata personalizzata.
on court
2
Da una scarpa cerco soprattutto leggerezza. Meno le avverto ai piedi e meglio è. Le Solution sono perfette, visto che non le sento proprio! Non sono un peso piuma ma non ho avuto nessun problema di durata o stabilità. Le alterno con le Gel Resolution, a seconda dei momenti.
SIMONE BOLELLI GIOCATORE PRO
3
Comfort perfino sorprendente e Il sistema Trusstic leggerezza offre unpazzesca, ottimo supporto al punto che mediale, ti senti la leggero! gomma anchementre tu più Ahar è garanzia Si scatta con Ilfacilità di durata. e “prende” bene la battistrada a spina pesce off modifi cato terradirossa: rono si adattastabilità, alle varie una buona superfici di gioco. meglio di quella che pensavo visto che l’estrema leggerezza può far pensare che la trazione non sia eccellente. E invece lo è, eccome.
4
Troppo leggere? Ma se una volta giocavamo con le Superga di tela! Oh, forse farebbe fatica Nadal con la sua potenza, ma non capisco perché un giocatore di club non dovrebbe utilizzarle, soprattutto se con questi strumenti tecnologici riescono comunque a offrire supporto e stabilità. Se poi fra sei mesi ne ho rotte due o tre paia ne riparliamo!
PAOLO, 50 ANNI CLASSIFICA 4.2
Il Gel Cushioning protegge il piede all’impatto col terreno, l’intersuola Solyte 55 è piuttosto leggerezza e l’Impact Guidance aiuta il piede a eseguire dei movimenti più naturali.
FABRIZIO, 36 ANNI CLASSIFICA 3.3
La suola è nella collaudata gomma AHAR per una maggior resistenza all’usura. Il disegno del battistrada a spina di pesce è ideale per i campi in terra battuta.
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Testbabolat propulse 4 Metti le ali ai tuoi piedi!. Le avesse progettate la Red Bull, sarebbe calzato a pennello il loro motto. In generale, un (molto) deciso passo avanti rispetto alle versioni precedenti. Sono serviti tre anni e diversi studi, ma alla fine Babolat ha creato una scarpa che abbina ottimo comfort e leggerezza, ad una sana stabilità nei movimenti e un’ottima presa del terreno, anche in fase di scivolata. La prima calzata non è ancora da pantofola in stile Asics, ma dopo ogni ora di gioco si “smollano” e il comfort
diventa ideale (bastano un paio d’ore). Il piede risulta ben fasciato senza che la scarpa diventi ingombrante. Pesa 460 grammi (taglia 44) e l’unico problema è che sono “corte”: potreste aver bisogno di una misura in più rispetto al solito, fattore importante per chi vuole acqistarle via Internet. Il look, fattore deterimante nella scelta, è piuttosto moderno e aggressivo, con l'ormai tipica base scura e colori che riprendono… quelli della AeroPro Drive per chi cerca un total look.
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1
First of all, mi piace il look aggressivo. Ormai vanno di moda le scarpe su base scura e l’abbinamento cromatico mi pare eccellente. Il comfort è buono sin dalla prima calzata e diventa ottimo dopo un paio d’ore di gioco. Mi piace la leggerezza perché odio le scarpe stile carro armato, mentre queste rendono sicuri gli spostamenti ma senza apparire ingombranti.
LORENZO, 40 ANNI CLASSIFICA 3.5
Il sistema di allacciatura fascia molto bene il piede, con la linguetta che resta ben posizionata, senza dar fastidio. Lo strappo a velcro rende la calzata ancor più sicura.
on court
2
Ottime. Ho subito intuito che sarebbero bastati un paio di match per rendere la calzata più morbida e così è stato. Ma fin dal principio il comfort mi è parso adeguato. Supportano bene il piede e la presa del terreno è soddisfacente. Onestamente mi tengo le mie Asics Gel Resolution 5, ma queste sono una valida alternativa.
GIACOMO, 47 ANNI CLASSIFICA 4.2
3
Avevo paura solo aIl calzarle sistema Trusstic neglioffre spogliatoi! un ottimo Avevo testatomediale, il supporto mentre la gomma primissimo modello Aharricordo è garanzia e ancora di durata. Il il malbattistrada di piedi!a spina Invece, a distanza di pesce modificato si adatta alle varie di qualche anno, superfici di gioco. i progressi sono stati straordinari. Una signora scarpa: leggera ma resistente, confortevole ma sicura negli spostamenti. Chapeu.
4
Sono un paio d’anni che uso la Propulse ma questo modello è decisamente il migliore. Gioco quattro volte a settimana e quindi mi serve una scarpa resistente. E fin qui eravamo già a buon punto. Però ora sono più leggere e performanti, senza aver perso in sicurezza negli spostamenti e nella stabilità. E sono pure molto carine…
LUISA, 24 ANNI CLASSIFICA 2.7
La tomaia presenta il materiale Cell Shield per una maggior durata e comfort. Il tessuto in rete consente un’adeguata ventilazione, mentre la tecnologia Foot Belt fascia bene il piede.
PAOLO, 52 ANNI CLASSIFICA 4.1
La suola porta il marchio di garanzia Michelin, con un battistrada a doppia spina di pesce, più larga all'interno per una miglior presa del terreno, più sottile all'esterno per favorire la scivolata.
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Test
ballistec 4.3
nike air court Sono le scarpe di Rafael Nadal, e tanto dovrebbe bastare (benché i problemi al piede del campione spagnolo lo obblighi a calzate personalizzate). Piacciono soprattutto lo straordinario livello di sostegno e stabilità: ti muovi come meglio credi, anche su superfici dure, senza il rischio di perdere trazione col terreno. Il telaio è piuttosto rigido: da un lato diminuisce il comfort, dall'altro migliora la resistenza alla torsione, permettendo di realizzare scatti aggressivi potendo contare su un'eccellente stabilità. La suola è molto resistente, mentre
il rivestimento in Drag-On 2X ha migliorato la flessibilità dove serve, cioé nell'avampiede. Anche la parte mediale della tomaia è dotata di Drag-On 2X perproteggere dall'abrasione, soprattutto durante le scivolate. La tecnologia Lunarlon situata nell' intersuola dell'avampiede invece, permette una buona ammortizzazione, insieme al classico Max Air nel tallone. Una scarpa che esalta durata, stabilità e sostegno, ancor prima che il comfort. Il sistema di allacciatura è collegato con delle cinghie interne che permettono di personalizzare la calzata.
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1
Belle toste, forse troppo se, come il sottoscritto, non si amano le scarpe molto rigide. Però, se la muscolatura le sostiene, sono di una stabilità e di un supporto ottimale, anche negli scatti e nei cambi di direzione più estremi. Molto, molto resistenti.
LORENZO, 41 ANNI CLASSIFICA 3,5
La tecnologia Lunarlon offre un’ammortizzazione più flessibile, mentre il Maximum Air-Sole nel tallone una protezione negli impatti. Il sostegno in plastica nella zona mediana aumenta il supporto.
on court
2
Sul duro, la stabilità e il supporto che offrono sono indispensabili per non rischiare dolori post-match. Su superfici più morbide come terra battuta ed erba sintetica invece, preferisco calzature più leggere stile Nike Vapor Tour o Asics Solution Speed, che sono più confortevoli.
FABIO, 21 ANNI CLASSIFICA 3.5
3
Non sono un peso piuma, tutt’altro. Il sistema Trusstic Quindi mi piacciono offre un ottimo scarpe solide che supporto mediale, offrano soprattutto mentre la gomma Ahar è sostegno e garanzia stabilità durata. Il e chedimi aiutino battistrada a spina con le ginocchia di pesce modificato doloranti. E alle le varie si adatta superfi ci di gioco. Ballistec sono da sempre una scarpa ideale. Quelle stile running le lascio ai mingherlini.
4
Le usa Nadal e tanto mi basta! E se mi aiutassero a muoversi come lui, sarebbe ancora meglio! In realtà, essendo piuttosto robuste e rigide, servono polpacci alla Nadal per muoversi con agio. Certo, offrono grande stabilità, ma si perde in comfort. La coperta è sempre un pochino corta…
SANDRO, 28 ANNI CLASSIFICA 4.5
La tecnologia DragOn 2x in TPU a doppia densità offre un'adeguata resistenza e flessibilità nelle zone più delicate. Il tessuto a rete aiuta a migliorare la traspirazione.
FRANCO, 34 ANNI CLASSIFICA 4.3
La suola è in gomma XDR molto resistente e che offre una buona trazione su tutte le superfici, terra rossa compresa. Da notare gli stabilizzatori mediali per un corretto supporto.
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nike Test zoom vapor 9 tour Per soddisfare le richieste di Roger Federer, alla Nike hanno scomodato Tinker Hatfield, il designer che ha firmato vari modelli delle mitiche Air Jordan. «Voglio una scarpa che abbia il comfort di una calzatura da running e la stabilità di una da tennis» è stato il diktat di RF. Detto e fatto. La Vapor Tour, giunta alla sua nona edizione, è innovativa rispetto alla Vapor 8 che aveva lasciato perplessi, per via soprattutto di una calzata talmente ridotta che solo chi aveva una pianta (molto) stretta poteva utilizzarla. Ora la calzata è più ampia, soprattutto a livello dell’avampiede, mentre torna a stringersi un
filo nella zona mediale. Il comfort è dunque migliorato. In più, Hatfield ha utilizzato la tecnologia Adaptive Fit, inserti in materiale plastico simili a delle dita integrati all’allacciatura, che avvolgono la tomaia in mesh, materiale traspirante (che però si sporca un po’ sulla terra battuta). Il sistema consente di regolarizzare la calzata in sei posizioni, mentre il mesh assicura leggerezza e traspirabilità. Da qui, la somiglianza ad una scarpa da running. In sostanza, quando si allaccia stretto, il sistema adatta la forma della scarpa al piede e continua a farlo mentre il piede si muove nelle varie direzioni.
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Od
1
Rispetto alle Vapor 8, un'altra faccenda. Soprattutto in termini di comfort della calzata. Il piede è bene avvolto senza sentirsi prigioniero di uno spazio troppo stretto. Ottimo il grip col terreno, anche nei cambi di direzione e nella scivolata sulla terra rossa.
LORENZO, 40 ANNI CLASSIFICA 3.5
L'ntersuola è in phylon e corre lungo tutta la scarpa. Il sistema ammortizzante Zoom Air è nel tallone e favorisce una corsa reattiva e una corretta sensazione a contatto con il terreno.
on court
2
Premessa: odio le scarpe stile carro armato, che fai fatica anche solo a trascinarle, figurati a giocarci per tre ore. Forse chi ha fisici più potenti si adatta, ma io preferisco scarpe come la Vapor 9, molto leggere: mi sembra perfino di sprintare meglio!
PAOLO, 50 ANNI CLASSIFICA 4.2
3
Oh, se le usa Roger, vuoi Ilche nonTrusstic le sistema possaoffre usare io? In un ottimo mediale, tantisupporto mi dicono di mentre la gomma provare anche la Ahar è garanzia Asics,di che sono durata. Il una manna, che poi non battistrada a spina di pesce modifi cato le cambi più. Sarà, adatta alle varie ma iosi Roger non lo superfici di gioco. tradisco.
4
Belle, confortevoli e leggere, ci si muove con grande agio anche dopo tre ore di gioco. Sono traspiranti e flessibili, e questo aiuta sulla terra rossa quando si è costretti a spostamenti conitnui nelle varie direzioni. Forse non saranno le più resistenti, ma certamente tra le più performanti.
VALERIO, 25 ANNI CLASSIFICA 4.1
La tomaia è morbida e offre un comfort immediato. La protezione sul puntale aumenta la durata in un zona ad elevata usura. Leggera, ottima la flessibilità che rende più facile la corsa.
EUGENIO, 36 ANNI CLASSIFICA 4.4
La suola è divisa in due con uno stabilizzatore al centro che rende sicuri gli spostamenti. Il sistema ammortizzante Zoom Air è nel tallone e il battistrada a permette una buona trazione.
www.starburn.it
game, set e vittorie per sempre nelle
“tue corde”
Eiffel59TS, i professionisti del tennis al servizio di giocatori di ogni livello, maestri, incordatori e negozianti. Importatori e distributori unici per l’Italia delle corde da tennis STARBURN. Servizio custom su telai, corsi per incordatori, servizio consulenza per scegliere la corda adatta alle vostre esigenze. Eiffel59TS è presente su Facebook e sui migliori siti di settore come www.passionetennis.it. Per informazioni: eiffel59ts@gmail.com
NEW KIDS ON THE BLOCK Se amate sperimentare, il settore corde da tennis è l'ideale. Certo, il proliferare di nuovi marchi talvolta rende complicata la scelta, ma è anche stimolante (e divertente) andare a caccia di un prodotto del tutto nuovo, magari sconosciuto ai nostri avversari al club. Si è creata una nicchia di mercato interessante, soprattutto da quando sono esplosi i monofilamenti, certamente più semplici ed economici da produrre. Da quel momento, è battaglia per trovare le alchimie migliori per renderli più confortevoli e performanti. In Germania ci sono quattro fabbriche che producono decine di decine di modelli diversi, con vari marchi. In Italia abbiamo visto nascere il brand Double Ar a Biella e crescere altri marchi che dispongono di prodotti che non hanno nulla da invidiare a quelli top di gamma di aziende ben più famose. Vi consigliamo di provare soprattutto due marchi: Starburn (e sfruttate anche il loro servizio di consulenza, unico nel suo genere) e Solinco (perché la Tour Bite è davvero una gran bella corda).
starburn PER LE CORDE CI VUOLE PASSIONE. PERCHè SONO UN MONDO A PARTE, FATTO DI DETTAGLI. E CI VUOLE COMPETENZA PER LANCIARE UN NUOVO MARCHIO. QUELLA CHE HA DIMOSTRATO DI AVERE MARCO GAZZIERO di lorenzo cazzaniga
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macchina incordatrice, ovunque matasse di corde. Le sue Starburn, ma anche tante altre, pronte a essere analizzate, testate, vivisezionate, per scoprire nuove possibilità. Perché occuparsi di corde da tennis non è puro business. Serve anche passione per un prodotto spesso indecifrabile ai non esperti e per questo ancor più affascinante. Dopotutto, se le differenze tra le varie racchette o scarpe sono piuttosto evidenti, con la corda l’impresa diventa più complicata. E non solo se a toccarle sono mani inesperte, ma per tanti restano un mistero anche dopo averle montate e provate sul proprio telaio abituale. Non ci credete? Fate un test col giocatore medio di club e difficilmente riconoscerà un monofilamento rigido dal multifilamento più sensibile. Per questo motivo è un settore dove c’è ancora spazio, a patto di avere una conoscenza approfondita della materia, qualità che fa ancora la differenza.
Opportunità. È la parola magica che si aggira nel mercato delle corde da tennis in Italia. Magica perché in tempi di crisi economica, parlare di opportunità sembra un’utopia, davanti alle notizie di tagli, fallimenti e chiusure. Invece c’è ancora chi ci crede, chi è disposto a investire se è evidente (come in questo caso specifico) che il mercato è disposto ad accogliere nuovi protagonisti. È quello che è accaduto a Casale, Piemonte, dove Marco Gazziero ha cominciato la sua avventura con Starburn, un marchio di corde che sta spopolando nei forum internettiani dove gli appassionati di racchette e dintorni si ritrovano per discutere degli ultimi modelli testati, acquistati, scambiati. È lì che la favola di Starburn è cominciata, prima di ampliarsi, uscire dai bit del web ed essere pronta a sbarcare in maniera ancora più importante, in un settore dominato da pochi attori (Babolat, Luxilon, Tecnifibre) e che lascia spazio a chi riesce a creare qualcosa di innovativo. Arriviamo in tarda mattinata e Gazziero ci accoglie nell’azienda di famiglia, che si occupa di ben altro: batterie, tanto per intenderci, niente a che fare con lo sport. Passeggiamo lungo una serie di capannoni che confermano l’impressione che non si tratti di un’attività ristretta, per quanto la situazione attuale non prometta granché. Basta però entrare nell’ufficio del titolare per capire che la passione è un’altra. Fianco la scrivania fa bella mostra una
Ma come è nata l’avventura Starburn? Come spesso accade, le belle storie cominciano per caso. Sul forum della Bottega del Tennis, storico punto vendita milanese, Gazziero ha conosciuto Marco Parisio, guru delle corde, ossessionato ancor prima che appassionato dagli armeggi tennistici. «Lui aveva un negozio a Brescia - ricorda Gazziero - dove passavo molti week-end perché lì abitava quella che poi è diventata mia moglie. Dal forum della Bottega ci siamo spostati in quello di Passione Tennis e abbiamo continuato a confrontarci sulle corde. E nel frattempo a valutare qualche possibilità di business». Già, perché Parisio è un super tecnico ma meno incline agli affari rispetto al suo socio, imprenditore da ormai diversi anni. «Mario è troppo buono e quindi poco commerciale. ha avuto la possibilità di importare alcuni marchi di corde come Weiss Cannon prima e Discho poi: ma ogni volta si faceva fregare da qualcun’altro. Quantomeno però, abbiamo ottenuto un canale preferenziale col proprietario del marchio Discho che ci ha proposto di distribuirne un altro: Starburn». Detto e fatto, il nuovo duo Gazziero-Parisio si vede recapitare una varietà assassina di modelli di corde. Consapevoli che in due sarebbe diventato un lavoro massacrante riuscire a individuare quali potessero essere i modelli migliori, hanno deciso di rovesciare la questione. «Visto la fame di nuove corde, abbiamo sfruttato gli utenti del forum che sono diventati nostri tester, che si sono sentiti coinvolti e ci hanno permesso di fare una prima scrematura, fino a scendere ad una ventina di modelli. Poi ogni anno bisogna restare aggiornati, testando le dieci, dodici novità che escono». Già, un proliferare notevole, quasi sorprendente di corde che provengono dalla Mecca europea, la Germania, dove quattro aziende si dividono la produzione in maniera intelligente. Hanno creato come un cartello, evitando di farsi inutile concorrenza nelle loro aree di riferimento e addirittura scambiandosi il materiale semilavorato, cioè ancora da estrudere, a cui ognuno aggiunge qualcosa: chi lo sagoma, chi lo twista, chi gli cambia colore. Nascono così, decine di modelli differenti che stanno costruendo un mercato che si affianca a quello dei marchi classici. A tutto beneficio dei consumatori che si ritrova una gamma quantomai ampia dove scegliere la propria corda ideale.
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NUOVI PROGETTI
Qui a lato, alcune immagini di Marco Gazziero agli Internazionali d’Italia, dove ha svolto il ruolo di incordatore nel 2012. Lo vediamo all’opera, in compagnia del suo socio Mario Parisio e di Andreas Seppi. Ma le belle novità di Gazziero non si fermano alla distribuzione del marchio Starburn. È sua ferma intenzione trovare altri brand nel settore tennis di cui occuparsi ma, nel frattempo, ha deciso di far spazio in uno dei suoi capannoni per creare un nuovo negozio di tennis superspecializzato: «Troverà spazio anche un campo da tennis di lunghezza corretta e tutti i prodotti che meritano di entrare in un punto vendita. Considerando che per decine di chilometri non esiste un negozio così specializzato, molte aziende già gongolano all’idea di aver trovato un partner di questo genere.
Ma Starburn in Italia non è solo un marchio di corde. È una costante opera di comunicazione e consulenza: «Il problema dei top brand è che manca l’anello che unisce i loro prodotti col consumatore finale perché, fatto salvo alcuni veri specialisti, molto negozianti latitano e ancora adesso si limitano a chiedere al cliente se preferisce la corda da 15 o 20 euro. Io invece ho imparato da Mario che è un maniaco: le porta in laboratorio per vedere come sono fatte e ha una naturale curiosità che lo porta scovare nuovi prodotti. In più, ha tante conoscenze nel mondo del tennis ad alto livello col quale può confrontarsi e attingere. Talvolta è talmente minuzioso nelle descrizioni che certe dichiarazioni possono sembrare frutto dell sua fantasia. Poi ti ritrovi a discuterne e capisci che semplicemente è un esperto come ne trovi pochi». La gamma Starburn propone circa 30 modelli di corde dif-
ferenti tra monofilamenti, multifilamenti e multimono, cioè multifilamenti avvolti in un guscio che sostanzialmente sono una via di mezzo tra le altre due categorie. «Siamo anche stati i primi ad avere una gamma completa di corde in olefine: uno spettacolo. Con questo materiale si è creato un monofilamento che spinge, creando di fatto una nuova nicchia». Certo, qualcuno può pensare che sono dettagli e sarebbe probabilmente anche nel giusto. Peccato che spesso sono i dettagli a fare la differenza: «A Roma ho incordato per i più grandi campioni del circuito e ho avuto la conferma dell’attenzione che hanno riguardo l’attrezzatura e le corde in particolare - dice Gazziero - . Perché una tensione anche solo leggermente diversa può voler dire tirare una palla fuori di cinque centimetri al posto che dentro. E magari perdere un break di vantaggio, una partita, tanti soldi. Per il giocatore di club vale lo stesso discorso, e non conta
starburn non è solo un marchio di corde. è un’opera continua di consulenza. per aiutare l’appassionato a scegliere la corda giusta 96
solo il livello agonistico di gioco. Ognuno ha l’obiettivo di giocare al meglio delle sue possibilità e avere un’attrezzatura adeguata è importante. Chi lo capisce, parte con un vantaggio. Per questo nascono dei veri malati di corde». Il problema è convincere l’utente finale e per farlo è necessario dimostrare una viva competenza, e non solo cercare di piazzare la corda che si preferisce vendere. «In questo momento gli appassionati non chiedono tanto una corda monofilamento o multifilamento, ma sostanzialmente che non si sposti - continua Gazziero -. Bisogna quindi argomentare bene la scelta. Noi crediamo che la nostra assistenza sia fondamentale, infatti non puoi andare sul nostro sito e acquistare una matassa. Devi passare da noi, interfacciarti con noi. Noi siamo dei tecnici e vogliamo consigliare al meglio perché anche la miglior corda del mondo, sul telaio sbagliato con l’utente sbagliato, diventa una schifezza. Abbiamo venti modelli diversi e dobbiamo capire come giochi per consigliarti al meglio». Uno dei problemi maggiori è anche la scelta della tensione corretta. Spiega Gazziero: «Trovo molto complicato far digerire alla gente la tensione bassa. Hanno tutti paura che la palla possa scappare sempre lunga. Ad una conferenza al circolo di Caselle, abbiamo portato tre telai identici incordati con la stessa corda a 18, 23 e 28 chilogrammi. Le hanno provate circa trenta persone, dal seconda categoria al giocatore di club, senza spiegare che avevano tensioni diverse. La tensione che ha ottenuto i migliori riscontri è stata quella media, da 23 kg. Su quella da 18 kg, erano tutti concordi nell’affermare che spingeva tanto e perdeva solo un po’ di controllo. Quando abbiamo spiegato che c’erano cinque chilogrammi di differenza sono rimasti basiti. Per questo non capisco chi non vuol scendere da 25 a 23 kg: otterrebbero solo vantaggi. Nessuno avvertirebbe la differenza a livello tecnico, ma il comfort sarebbe decisamente maggiore. Anche perché parliamo di plastica e, superata una certa tensione, hai una sorta di pre-stiraggio. Infatti, se incordi un monofilo a 28 kg e poi vai a verificare la tensione dinamica, la ritrovi a 23 kg. Rischi solo che la corda muoia prima».
TOP 5 BLACKBURN PENTATWISTED calibro: 1.27 mm €82 (200mt) - €8,20 (12mt)
Pentagonale ritorta. Il processo di torcitura viene realizzato su uno spezzone più lungo fino al raggiungimento della lunghezza voluta. In questo modo vengono esaltate le caratteristiche di elasticità, aumentandone di conseguenza il tempo di contatto con la palla e con esso controllo e rotazioni.
AQUAPOWER calibro: 1.25 mm €60 (200mt) - €6 (12mt)
Copoliestere a basso peso molecolare con polibutilene e guaina interna in olefine. Corda morbida ad alta reattività, particolarmente indicata su telai dai 98 pollici in su, specialmente se con schema di incordature non troppo fitto. Si adatta anche a trame fitte ma soprattutto a basse tensioni.
METAL TOUR calibro: 1.20 mm e 1.25 mm €110 (200mt) - €11 (12mt)
Corda agonistica bipoliestere ad alte prestazioni. L’aggiunta di ossidi metallici ad alta adattabilità permette tenuta della tensione e della resa dinamica nel tempo. L’elevata concentrazione di tali ossidi permette alta resa anche a tensioni basse. In particolare, è consigliato di diminuire la tensione di un 10% rispetto ad un normale copoliestere prestirando sempre al 10%.
DYNAMITE calibro: 1.22 mm €58 (200mt) - €5,80 (12mt)
L’ultimo modello arrivato in gamma è il Turbo: «Corda di rara potenza - dice Gazziero -. L’hanno dovuta sagomare perché liscia spingeva troppo. Così invece, hanno aumentato il controllo e la resa dello spin, senza perdere totalmente la spinta. Un giusto compromesso. Da dicembre a metà gennaio, ho fatto partire 60 matasse». Questo perché Internet ha permesso di conoscere tanti nuovi materiali e l’appassionato curioso ha la voglia di provare nuove soluzioni. «E non solo - sostiene Gazziero -. tra cassa integrazione e licenziamenti, c’è chi ha messo in piedi un piccolo business, incordando al circolo. Anche se poi bisogna vedere come lo fanno...».
Corda agonistica adatta a chi cerca alte prestazioni unite ad una giocabilità eccellente. Rame e cromo rendono la corda permissiva e ideale su telai dal profilo sottile, schema di corde fitt0, ovali da 98 pollici in giù). Apprezzata per la durata e tenuta di tensione, ottimo adattamento agli ibridi.
Perché se è vero che la scelta della corda è fondamentale, anche la mano che la monta sul telaio deve essere sapiente. Ma questo è un altro discorso (che peraltro affronteremo appena più avanti). Nel frattempo, la visita di Casale ci ha confermato che, se in altri settori del mercato-tennis c’è un forte immobilismo, quello delle corde è molto attivo. Bisogna solo capire che la corda è il motore della racchetta. E comportarsi di conseguenza.
La struttura base in alfa-olefine + etilene modificato permette di ottenere grande facilità di gioco abbinata ad un ottimo confort. Il rivestimento in polvere di carbonio aumenta invece la durata. Il profilo esagonale, unito al calibro sottile, esalta la potenza, gli effetti e anche la tenuta di tensione.
VORTEX TURBO 6 calibro 1.20 mm -1,25 mm -1,30 mm €80 (200mt) - €8 (12mt)
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LA FABBRICA DEL BUDELLO A PLOERMEL, IN BRETAGNA, 31 ARTIGIANI LAVORANO L’INTESTINO DEL BUE PER CREARE LA CORDA DA TENNIS PIÙ APPREZZATA AL MONDO: IL BUDELLO NATURALE. UN PROCESSO LUNGO 20 GIORNI E ANCORA MOLTO MANUALE DI LORENZO CAZZANIGA
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REPORTAGE
a prima volta si assicurano che nessuno entri con un vestito di Hermès. È normale, quando si entra nello stabilimento Babolat di Ploermel, in piena Bretagna dove, ancora oggi, 31 artigiani lavorano le corde in budello naturale, una delle pochissime produzioni dove l’aspetto umano ha un valore ben superiore a quello delle macchine. Dopotutto, avete presente come si produce una corda monofilamento? Bastano un paio di guardiani attenti che le macchine non si inceppino. Per il resto, la differenza sta nella chimica degli elementi utilizzati. Col budello naturale è tutta un’altra storia. Il laboratorio di Ploermel ha aperto i battenti nel 1978, ma la famiglia Babolat si occupa di budello naturale dal 1875, quando era utilizzato per le corde musicali, il filo di sutura (e due Guerre Mondiali devono aver aiutato enormemente il fatturato) e, credeteci o meno, i preservativi. Comunque, tornando al processo produttivo attuale, si parte chiaramente dal mattatoio, posto giusto a fianco e, a scanso di equivoci, premettiamo che non viene ucciso un bue per creare delle corde da tennis. Viene prelevata solo una piccola parte di intestino, dopo che i macellai hanno già compiuto il loro mestiere. Da quell’istante, tutto passa nelle sapienti mani degli artigiani Babolat. L’odore appena entrati non è dei più dolci (capito perché consigliano di non entrare con un abito di Hermès) e la lavorazione è complessa, al punto che servono 20 giorni per ottenere ogni singolo armeggio. Insomma, un lavoraccio. Si comincia prelevando filamenti da 42 millimetri di larghezza dall’intestino del bue e tagliandoli in lunghezza a 12,65 metri. Un lavoro faticoso, riservato solo agli uomini più prestanti. Poi bisogna ripulire il tutto dalle cellule trasversali e lavorare solo quelle longitudinali che offrono l’elasticità per cui è famosa questo tipo di corda. Quindi si procede mettendo i filamenti sotto l’esposizione dei raggi UV per verificarne eventuali difetti strutturali. Ma la strada è ancora lunga: sette filamenti sono attaccati per un’estremità a un gancio e la signora che se ne occupa impiega due secondi per l’operazione. Due secondi. Una persona, per quanto abile manualmente, finirebbe con l’arrotolarsela intorno. E comunque è a questo step che la corda comincia ad avere un aspetto familiare, anche perché un ulteriore nodo all’altra estremità e una misurazione di precisione, consente di ottenere un filamento lungo 12,25 metri, lo stesso che trovate nella vostra bustina. È anche il momento in cui si verifica la maggior differenza rispetto alla lavorazione precedente, quando venivano utilizzati 13 filamenti da 21 millimetri ciascuno. “Non si perde nulla in termini di sensibilità - dice Folco Canonico, Senior Product Manager della casa francese - ma si guadagna in resistenza”. Dici niente: il budello è certamente la corda più preziosa, quella più sensibile e confortevole, ma anche la più delicata e costosa, due
fattori che sono un campanello d’allarme per l’utente finale. Perché se una serata di forte umidità è sufficiente a far rompere una corda da cinquanta euro, è chiaro che se diventa un filo più resistente (del 15% secondo gli ingegneri Babolat), è pura gioia per gli appassionati. Ma continuiamo col processo di lavorazione. Le corde subiscono sette bagni chimici durante le successive 24 ore per lavarle e ripulirle. Dopo altre 12 ore di sgocciolamento, le corde vengono tese per l’essiccazione. Un’altra giornata piena serve per estrarre l’acqua da ciascuna corda, mediante un abbassamento controllato del tasso di umidità e una serie di torsioni automatizzate. Quest’ultima operazione, consente anche di ripartire gli sforzi su ciascun filamento, permettendo una miglior coesione tra loro. Qui entra in scena una macchina fondamentale, quella che misura il calibro che varia, a seconda del modello, da 1,25 a 1,30 millimetri. Una differenza sottile ma che può diventare gigantesca quando si deve indirizzare una pallina da sei centimetri di diametro a due dita dalla riga a una velocità superiore ai 200 km/h. La corda viene dunque infilata nella macchina per tutta la sua lunghezza con la lucidata che viene realizzata in ultima istanza. Ciascuna partita di corda è testata a campione con un apposito strumento dinanometrico,, benché 138 anni di esperienza siano una notevole garanzia. A questo punto, tutto passa nelle mani della Professoressa. Appare così, la signora con gli occhialetti, sguardo attento e occhi da far invidia a Clark Kent e capace di individuare la minima imperfezione. Come faccia è un mistero ma soprattutto una preoccupazione. Se difatti un macchinario più evoluto lo puoi sempre acquistare, dove trovare nuovi artigiani del budello? Mica facile, considerando che non si trovano più nemmeno idraulici e antennisti. Eppure trovare nuove risorse umane è un fattore importante per continuare produzioni così complesse. Ma finalmente riusciamo a completare questo processo infinito, quanto affascinante. Ogni corda viene avvolta su una sorta di rullo prima di essere legata a un collare. Qui interviene un’altra signora, non meno sorprendente. Il suo compito prevede il controllo tattile di ciascun metro di corda, lasciandola scorrere tra il pollice e l’indice. Mais oui, avete capito bene. Il tutto avviene in un apposito laboratorio per evitare qualsiasi variazione di umidità, la peggior nemica di una corda in budello naturale. Infine, la corda viene infilata nel sacchetto che poi trovate appeso nei negozi. Anche questa bustina è creata in maniera tale da preservare la corda da variazioni di umidità e dall’esposizione alla luce che ne possano alterare le prestazioni. Et voilà, venti giorni dopo aver ricevuto la materia prima dal mattatoio, ecco confezionata la corda più bella, performante e, ahimè, costosa del mondo. Ma a chi può giovare questa tipologia di corde? Beh, la qualità non conosce confini: di primo acchito verrebbe da pensare al veterano che ha bisogno di spinta e comfort, ma poi ti ricordi che col VS Touch 1.30, ancora nel 2011 Kim Clijsters ha vinto l’Australian Open e allora capisci che il target è ben vario.
PER PRODURRE UNA CORDA IN BUDELLO NATURALE SI PARTE DAL MATTATOIO E CI VOGLIONO VENTI GIORNI DI LAVORAZIONE MANUALE. TRA RAGGI UV, COESIONE DI FILAMENTI, CONTROLLI SISTEMATICI... 100
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IL MOTORE DELLA
RACCHETTA 103
LA CORDA È UN ELEMENTO FONDAMENTALE CHE VIENE (TROPPO) SPESSO TRASCURATO. ECCO QUELLO CHE DOVETE SAPERE CON UNA GUIDA COMPLETA SUI MODELLI TOP DEL MERCATO.
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llegali. Le definì così Andre Agassi, al termine di un allenamento sotto i pini del Foro Italico, nel 2002. Il fido incordatore Roman Prokes, gli aveva appena montato una nuova corda, tale Luxilon, secondo gli informatori del Kid, uno dei segreti che aveva permesso a Guga Kuerten di vincere tre Roland Garros. Ma perché mai avrebbero dovuto renderle illegali: «Perché in mezz’ora di palleggio non sono mai riuscito a tirarla fuori dalla righe». Era cominciata una rivoluzione. Me l’aveva preannunciata qualche settimana prima, al torneo di Barcellona, Todd Martin: «Si parla tanto di quanto sono cambiate le racchette, ma l’evoluzione maggiore sta avvenendo nelle corde. Ormai con questi monofilamenti non sbaglia più nessuno. Per quanto tu possa tirare forte, la palla non esce mai e così si possono trovare angolazioni impensabili. Per questo sono spariti i giocatori di rete: con gli angoli che si raggiungono, è come se improvvisamente il campo si fosse allargato». Ci aveva visto lungo, il buon Todd. Peccato che tanti (troppi) appassionati ancora sottostimino l’importanza delle corde: sono capaci di spendere un mezzo patrimonio per le racchette, salvo poi rovinare tutto mettendo una corda qualsiasi, o comunque poco adatta alle loro esigenze. Le quali, peraltro, difficilmente dovrebbero combaciare con quelle dei professionisti e per questo il proliferare delle corde monofilamento anche tra i giocatori di club, non deve essere visto come un fatto positivo. Tuttavia, senza adeguata istruzione (e talvolta senza un maestro o negoziante abbastanza avveduto da saper consigliare la corda corretta) si tende a seguire le orme dei pro. Per questo i monofilamenti spopolano, quando la maggior parte degli appassionati dovrebbe optare per corde più confortevoli, considerando poi che, a differenza dei professionisti, pretendono di sostituirle dopo quindici ore e non dopo tre questi d’ora. Ma cos’hanno di particolare le corde monofilamento? Questo è il bello: assolutamente nulla. Nel senso che il processo produttivo è semplice, perfino banale se paragonato a quello del budello naturale. La differenza può riguardare soprattutto la miscela iniziale che consente di creare una materia prima differente. Poi il prodotto finale lo si ottiene mediante un processo di estrusione in cui il poliestere raggiunge un grado di fusione molto alto. In sostanza, è il materiale che resiste meglio all’energia che produce la frizione delle corde. E quindi è quella che dura di più. Tuttavia, è anche la corda più dura all’impatto e quindi traumatica per il braccio. Per questo si consigliano tensioni inferiori (non spaventatevi e azzardate anche un 20, 21 kg). L’istituto scientifico ESP Consulting ha infatti verificato con test specifici una riduzione del 22% della forza dell’avambraccio dopo un’ora e 24 minuti di gioco con una corda in poliestere. Però il successo è notevole e, ahinoi, non limitato alla fascia di giocatori agonisti dal braccio allenato che rappresenta l’utenza ideale di questo tipo di corde. L’abitudine, particolarmente sviluppata in Italia, di seguire i fuoriclasse nelle loro scelte tecniche, spinge i nostri appassionati a scegliere prodotti poco adatti al proprio livello di gioco. Tant’è, la richiesta è tale che ha spinto le aziende a investire molto nella ricerca e così negli ultimi anni sono nate corde monofilamento non più solo a sezione cilindrica ma anche pentagonali e ottagonali, forme che aiutano ad aumen-
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LE CORDE IN OLEFINE È una delle ultime novità del mercato, le corde in olefine. Ne abbiamo parlato con Mario Parisio, uno dei migliori incordatori in Italia. Di cosa si tratta? Sono dei legami lineari tra molecole di carbonio e di idrogeno in rapporto di una a due. Normalmente, quelle utilizzate fino a oggi, sono state le corde con valori di carbonio abbastanza bassi, perché col salire dei legami diventa sempre più morbido. Però studiando la composizione meccanica della corda, sostituendo una delle due molecole di idrogeno con un’altra molecola composita, offre prestazione meccaniche diverse. Tradotto? Una parte delle molecole assorbe l’impatto della palla, l’altra serve a farla ripartire velocemente. Sempre ricordando che il tempo di rilascio della palla varia da 25 a 60 millesimi di secondi. Corde in poliestere con l’addizione di queste fibre offrono un ottimo compromesso tra qualità e durata Ma i vantaggi? Siccome si conosce esattamente la loro deformazione meccanica, si possono programmare prima della fase di produzione. Vuoi una corda da super top spin? Metti al centro il poliestere, un primo rivestimento in polibutilente e il rivestimento esterno in olefine. E, seconda il numero di molecole di carbonio, puoi variare la rigidità. Ma rispetto ai monofilamnenti? Quelli sono singole molecole lineari, con una risposta più o meno rigida, ma abbastanza uniforme. Questa è una catena multidimensionale, alcune molecole immagazzinano energia, altre la rilasciano. Praticamente è come mettere il turbo alla corda. Ma si adattano anche ai giocatori di club? Assolutamente. L’ideale è restare su calibri inferiori e tensioni più basse. Poi hanno resistenza meccanica e dinamica molto alta e infatti si gioca anche con corde dal calibro 1.15. Il limite sarà il prezzo, che può essere un 20% più alto delle top corde monofilamento attuali.
MONOFILAMENTI Costruite generalmente in poliestere (e più raramente in nylon), teoricamente non dovrebbero avere una diffusione così planetaria. Invece, siccome è la tipologia di corda più amata dai professionisti, ormai ha conquistato una bella fetta del mercato globale, nonostante siano armeggi duri, che offrono gran controllo e resistenza ma che necessitano di un braccio forte e allenato. Altrimenti, vibrazioni e shock da impatto possono procurare danni. Va tenuto presente che generalmente si tratta di corde che tendono a perdere rapidamente e in maniera costante le loro peculiarità (e la tensione). Ora, i professionisti le cambiano dopo ogni match o allenamento (qualcuno anche a ogni cambio palle, quindi ogni nove game), un lusso che difficilmente un giocatore di club può permettersi. Se però riuscite a gestirle, allora potrete picchiare a vostro piacimento, ricevendo in cambio controllo, rotazioni e angolazioni impressionanti. Inutile salire troppo con la tensione per non irrigidire eccessivamente il piatto corde. Va detto che i monofilamenti di ultima generazione sono più performanti e confortevoli di qualche anno fa. Il mercato offre un’infinità di modelli: noi ne abbiamo scelti nove per voi. Cominciamo con la Best Three di Luxilon. L’Alu Power è straordinario appena montato, poi pian piano tende a perdere le sue qualità (interessante la variante Rough che esalta le rotazioni). Il Luxilon 4G è la novità della stagione: resta una corda rigida, quindi state bassi con la tensione. Inoltre, necessita di un setting time, quindi lasciate la racchetta a riposo per 24 ore dopo l’incordatura. È perfetta come ibrido, accompagnata da una corda in budello. La Babolat RPM Blast di Nadal, ideale appena montata ha il difetto di perdere rapidamente tensione (la Dual doveva migliorare questo aspetto, ma si rischia di perdere in performance); la Solinco Tour Bite è semplicemente meravigliosa: per chi spinge e arrota, un must; la Starburn Vortex Turbo 6 è una manna se cercate potenza e spin: la pesantezza di palla diventa notevole. Per chiudere, tre monofili Tecnifibre: Ruff, Black e Razor Code (con tanto di effige ATP Tour): come tutte le corde Tecnifibre hanno una base qualitativa ottima: controllo e rotazioni sono da primi della classe.
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tare le rotazioni e che si adattano al gioco moderno dove l’utilizzo dello spin è notevole. Roberto Gazzara era il responsabile dell’ormai ex Centro di Sviluppo e Ricerca di Prince, a Treviso, e conosce bene il settore corde: «E’ probabile che un buon 60%, degli appassionati italiani giochi con un telaio o una corda sbagliata, ma non è detto che un monofilamento sia destinato solo ai giocatori agonisti. I monofili di ultima generazione sono migliorati notevolmente in feeling e shock all’impatto. In realtà, per usare un monofilamento bisogna soprattutto essere allenati. Però hanno un vantaggio da tenere in considerazione: si rompono di rado e questo, al di là di ogni considerazione tecnica, è apprezzato dall’utente finale». L’aspetto sul quale tutti gli esperti del settore pongono l’accento, sono i cambiamenti nella prestazione di tali corde nel tempo. La corda monofilamento, dopo il classico periodo di assestamento, perde progressivamente le sue qualità. Per questo i professionisti spesso le sostituiscono ogni cambio di palle. Una soluzione chiaramente inapplicabile dal giocatore di club. Però bisogna fare attenzione a cambiarle con una certa frequenza o comunque essere coscienti che dopo tre, quattro ore di gioco, la prestazione non sarà la stessa. Uno studio pubblicato sul volume Technical Tennis di Rod Cross e Crawford Lindsey, ha dimostrato che una corda in poliestere incordata a 60 libbre (27,18 kg), scende a 50 (22,65 kg) dopo la prima mezz’ora seguente l’incordatura. Tuttavia, dato che il poliestere è un materiale piuttosto rigido, l’impatto continuerà a risultare secco anche se la tensione è diminuita. In particolare, la perdita di tensione registrata dopo 200 secondi e 5 impatti potenti, paragonabili all’impatto con un servizio scagliato a 193 km/h, è di un valore compreso tra 2,7 e 4,1 kg per il budello naturale e 3,5 e 8,5 kg per una corda in poliestere. Per questo può suonare ridicolo chiedere una data tensione: quando l’incordatore avrà tirato l’ultima corda, la prima avrà già perso qualcosina. Inoltre, è possibile che le varie corde abbiano tensione diversa a causa della deformazione che subisce il telaio al momento dell’incordatura. In particolare, le corde orizzontali (più corte) registrano una tensione inferiore di 2,2-4,4 kg rispetto alle verticali (più lunghe) al termine dell’incordatura. Appurato che vi è una perdita di tensione progressiva, Cross e Lindsey consigliano «di cambiare la corda quando la rigidità del piatto è scesa del 20%». Se invece relazioniamo il tutto all’impatto con la palla (ricordando che questa restituisce solo il 55% dell’energia che riceve), i test hanno stabilito che l’adagio «incorda a basse tensioni per una maggior potenza e a tensioni più alte per un maggior controllo» è corretto ma non nelle proporzioni che qualcuno potrebbe pensare. In sostanza, abbassare la tensione non vi permetterà un aumento della spinta del 20%. Se infatti calate la tensione di 4,5 kg, il guadagno in termini di velocità sarà inferiore al 2%. Tuttavia, va ricordato che se l’aumento della velocità di uscita della palla dalle corde non è significativo, lo sarà il risultato finale. Tale lieve aumento infatti, proiettato sull’intera traiettoria della palla, consentirà di ottenere un colpo più profondo. E questo sì, che può fare la differenza. Però bisogna riflettere su quanto raccontato da Marco Gazziero di Starburn: «Durante un test al circolo di Caselle, una trentina di tester hanno riprovato il multifilamento. E in molti hanno ammesso che si trovavano meglio. Ma se manca la cultura di base…». Questo è il fattore principale: la prossima volta, quando vi chiedono che corda volete, non buttate lì un nome a caso. Studiate gente, studiate...
CASA ITALIA Dal 2010, le nazionali azzurre di Coppa Davis e Fed Cup si avvalgono di un incordatore personale. Si tratta di Silvano Stefanini, professione maestro (prima) e negoziante (poi, pur continuando a insegnare part-time). Una mattina, il suo negozio Tennis-House di Roma ha ricevuto una telefonata. Era Corrado Barazzutti, amico di lunga data. «L’Italia era reduce dalla vittoria in Fed Cup contro gli Stati Uniti, ma dal punto di vista delle incordature era stato un disastro – racconta Stefanini –. I telai arrivavano in ritardo e non sempre erano soddisfacenti. Allora Corrado e Sergio Palmieri hanno pensato di reclutare un incordatore di fiducia». È così nata una collaborazione intensa e proficua: la semifinale di Fed Cup a Palermo è stata la nona “panchina” di Stefanini. «I giocatori italiani sono tutti attenti – dice Stefanini – e la fase più delicata è studiare la tensione. Appena arriviamo sul luogo dell’incontro, seguo i primi allenamenti e poi facciamo un briefing per stabilire la tensione. Proviamo alcuni settaggi in attesa di trovare quello giusto». Molto dipende dalle condizioni atmosferiche, soprattutto con le corde in poliestere. «Quando fa molto caldo, le corde perdono tensione più rapidamente. A Palermo, per esempio, abbiamo dovuto aumentare la tensione di un chilo». Quando gli chiedi chi sono gli azzurri più attenti all’attrezzatura, Stefanini non ha dubbi. «La Schiavone è molto precisa. Anche Fognini è molto esigente. Incordare durante i match? Succede soprattutto con Bolelli e Schiavone». Entrando nello specifico, Stefanini ci ha svelato le tensioni utilizzate dalle racchette azzurre: «Nel team di Davis oscilliamo tra i 18 kg di Daniele Bracciali ai 27 richiesti da Fognini e Bolelli. Meno differenze in Fed Cup: la Schiavone incorda a 24 kg, mentre le altre azzurre stanno sui 21-22». Il reclutamento di Stefanini è stato molto apprezzato dai giocatori, anche per un discorso di professionalità in seno al team: «Sento che il mio lavoro è preso in grande considerazione». Ormail il rapporto di fiducia è talmente evidente che spesso Stefanini sa già cosa fare quando gli viene consegnato un fusto. Ma quando si prende un giocatore ex-novo, quanto tempo ci vuole per trovare il giusto set-up? «Direi una settimana, cioè 20-30 ore di gioco». Si può scherzare su tutto, ma non sugli strumenti di lavoro: la nazionale azzurra lo ha capito.
ALMENO IL 60% DEGLI APPASSIONATI UTILIZZA UNA RACCHETTA O UNA CORDA SBAGLIATA, MA NON È DETTO CHE SOLO UN AGONISTA PURO POSSA SFRUTTARE UN MONOFILAMENTO 106
MULTIFILAMENTI Se il mondo (del tennis) fosse perfetto, la maggior parte dei giocatori di club utilizzerebbe una corda multifilamento, invece delle più rigide (e agonistiche) monifilamento. Veterani, amatori, agonisti di livello non troppo alto, dovrebbero affidarsi a questo genere di armeggi. Nell’impossibile sfida che ha scatenato le aziende per trovare una corda che avvicini le prestazioni di sensibilità, potenza e comfort del budello naturale (ma da costruirsi con un processo produttivo più semplice ed economico), è la corda multifilamento che ha vinto la competizione. Si tratta in sostanza di un grande numero di fibre di poliammide (generalmente un numero compreso tra 800 e 1.000) ricoperte da un rivestimento in poliuretano che esaltano la spinta e il feeling all’impatto, che non è duro come nel caso del monofilo. La palla esce più rapidamente aiutando a trovare un’adeguata profondità, soprattutto per chi non ha muscoli importanti, come il caso dei ragazzi più giovani o degli appassionati... meno giovani. Rispetto alla corda in budello naturale ha due vantaggi non indifferenti: resiste molto di più sia agli agenti atmosferici sia all’usura da gioco e... costa meno. Rispetto ai monofilamenti invece, ha un grado di resistenza inferiore ma il comfort è decisamente superiore. Se usate un monofilo e cominciate a sentir male al braccio, è venuto il momento di cambiare tipologia di corda e quella multifilamento è la scelta ideale. Qui sotto vi proponiamo il nostro podio: al primo posto, la Babolat Xcel (ottima anche come spezzone per un ibrido) e due Tecnifibre (marchio leader tra i multifilo): la X-One Biphase (oh, una corda straordinaria) e la XR1. Facile che, provando il multifilo, non si torni più indietro.
IBRIDI Detto che nella scelta della corda subentra anche la sensibilità personale, è altrettanto vero che l’incordatura ibrida ha una sua logica. In sostanza, visto che le corde orizzontali e verticali sono di lunghezza differente e lavorano in maniera diversa, ecco che ha senso utilizzare due spezzoni di corda che abbiano caratteristiche specifiche e, ovviamente, non così simili. Spesso si abbina una corda monofilamento (quindi di maggior controllo e resistenza) sulle verticali e una in budello naturale o in multifilamento (quindi di maggior spinta) sulle orizzontali. Ma allora perché Roger Federer esegue esattamente l’opposto? Perché i geni non sempre seguono la ragione. Ci si può anche sbizzarrire in varie combinazioni, ma quella monofilo + budello appare la migliore. Qui sotto, il nostro podio: al primo posto, Babolat VS (budello) + Babolat Pro Hurricane Tour (monofilo); a mezza lunghezza, lo stesso budello mixato con la Babolat RPM Blast. Appena montata preferiamo questa seconda ipotesi, ma alla lunga la perdita di tensione abbastanza rapida della RPM Blast ci fa propendere per la prima soluzione. Non poteva poi mancare il Champions Choice della Wilson, budello naturale e Luxilon Alu Power Rough, quello più ruvido che aumenta le rotazioni. Al di là del fatto che lo usa RF, una combinazione super per ottimizzare potenza, controllo e rotazioni.
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WWW.TENNISBEST.COM WWW.TENNISBEST .COM
NUOVE FRONTIERE La terra battuta resta la superficie più amata dagli italiani, per dirla alla Cuccarini. Tuttavia, presenta dei problemi non sempre facili da risolvere e legati alla manutenzione. Non solo quella ordinaria, ma soprattutto il rifacimento annuale, con la problematica di campi che non sempre risultano soddisfacenti per qualità di gioco. «Certo, potessimo permetterci le spese di manutenzione del Monte Carlo Country Club» ci hanno detto ironicamente i gestori del Tennis Club Cureglia, nel Canton Ticino. Ecco perché loro hanno scelto la nuova terra rossa Red Plus. Così come il Tennis Club Parioli e tanti altri, tra Italia e Svizzera. Perché il settore delle superfici è in fermento, come dimostra anche la tecnologia Remove applicata da Mapei che ha creato il primo hard court removibile. Il tutto, per fornire campi da tennis sempre più confortevoli e performanti per gli appassionati, ed economicamente profittevoli per i tennis club.
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OVE! UN CAMPO IN RESINA... REMOVIBILE? A S S O L U TA M E N T E IMPOSSIBILE. E I N V E C E N O , G R A Z I E A D U N A N U O VA T E C N O L O G I A C R E ATA D A M A P E I C H E S I A M O A N D AT I A S C O P R I R E T R A F I E R E , T E S T, I N G E G N E R I E L A B O R A T O R I BY LORENZO CAZZANIGA
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REMOVE. Beh, detta così, nel mondo delle superfici da tennis non sembrerebbe una rivoluzione. Siamo abi-
tuati a vedere nei tornei indoor le squadre di operai che, quasi fossero gli addetti ai pit stop della Formula 1, in pochi minuti rimuovono una superficie sintetica da tennis per far spazio ad un parquet di basket o volley. Ricordo l’operazione al mai troppo rimpianto torneo ATP di Milano, con le ultime edizioni giocate al PalaLido di Milano: alle 16 si giocava la finale del torneo di tennis, alle 20 scendeva in campo l’Olimpia di pallacanestro. Per questo, quando Angelo Nobili, Product Manager della linea resilienti e pavimentazioni sportive di Mapei, mi ha chiamato per annunciarmi la notizia, non mi sembrava esattamente una novità rivoluzionaria, come mi voleva far credere. «Ehi, ma guarda che sto parlando di una superficie da tennis in resina!». Il tempo di verificare che non fosse improvvisamente impazzito, e mi precipito ai laboratori Mapei. Mi portano in uno di quei capannoni affascinanti, perché sai che sono la casa di ingegneri che provano a studiare nuove, avveniristiche soluzioni. Mi spiegano che era da tempo che stavano studiando questa soluzione e che finalmente avevano messo insieme i pezzi di un puzzle per niente banale da completare. In sostanza, l’obiettivo era costruire un campo in resina, quelli che in gergo tennistico definiamo hard court, che fosse possibile rimuovere quando e come si vuole. Ora, prenotate un’oretta
fettamente la superficie al terreno in maniera che risulti stabile e confortevole, ma al contempo permette di rimuoverla». Già di rimuoverla semplicemente arrotolandola, come con un qualsiasi manto in sintetico che siamo abituati a vedere nei nostri tennis club. «Uno degli aspetti più complicati era riuscire a rimuovere la superficie senza rompere la resina. Dovendo arrotolarla, bisognava creare una superficie in resina che avesse delle proprietà elastiche tali da impedire la rottura al momento della rimozione - spiega ancora Nobili -. Erano tanti i fattori da prendere in considerazione, ma questo era particolarmente importante. Invece è stata trovata un’elasticità tale da permettere la rimozione senza fastidi e senza complicazioni di sorta». Ma l’eccessiva elasticità non rischia di rendere la superficie troppo gommosa? «Per nulla. Stiamo parlando di valori che non influenzano la giocabilità sul prodotto finale. Siamo pienamente coscienti che ci sono club che preferiscono una resina più rapida, altri una più veloce, per quanto si tratti di una superficie molto tecnica». Già, perché, in particolare agli agonisti, non piace affondare sulla superficie, ma preferiscono un grado di rigidità che, pur senza diventare nocivo per le ginocchia, consenta di scattare in maniera pronta e decisa, di avvinghiarsi al terreno in fase di appoggio, di poter cambiare rapidamente e senza rischi la direzione della corsa, con un grip della scarpa che offra stabilità e reattività. Ce l’avranno fatta gli ingegneri Mapei?
TNS REMOVE, UN CAMPO HARD COURT REMOVIBILE CON LA RESINA CHE VIENE APPLICATA SU UN TELO IN PVC. TECNICAMENTE ECCELLENTE, SI ADATTA SOLO ALLE STRUTTURE INDOOR. ALMENO PER ADESSO... di tennis su normale campo in resina e immaginate di poterlo portare via. Impossibile. La resina, una volta applicata, come fai a spostarla? «Semplice, abbiamo fatto parlare insieme il pvc e la resina. E non è uno scherzo» aggiunge serio Nobili. In effetti, la soluzione ha quasi del miracoloso, se non fosse una parola mal digerita dagli ingegneri. Ma vediamo di capire come avviene il miracolo e quali applicazioni potrebbe sfruttare. Citiamo direttamente Mapei che ha creato questa nuova soluzione. «Il Mapecoat TNS Remove è un sistema multistrato removibile a base di resine acriliche in dispersione acquosa e cariche selezionate in combinazione con un tappetino in pvc fibro rinforzato con il quale è possibile realizzare superfici per il tennis ad uso professionale ed aree multisport in ambienti indoor con elevate resistenze all’usura». Per la traduzione, abbiamo chiamato Fabio D’Amato, Mapei Product Specialist per le pavimentazioni sportive in resina: «La sfida era molto accattivante ma anche difficile da vincere, perché unire insieme le proprietà di pvc e resina non era per nulla semplice. Si tratta di applicare un primo telo in pvc e poi, grazie ad uno speciale collante, la resina finale. La novità sta nel fatto che la colla fa aderire per-
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Per scoprirlo siamo andati all’Accademia Vavassori, dove è stato montato un campo in TNS Remove. «Una soluzione perfetta dice Vavassori -. Rimbalzo sempre regolare, anche in altezza, velocità adeguata ma senza eccessi, ottimo comfort di gioco, facilità e stabilità negli spostamenti. Prende bene gli effetti e consente di giocare a tutto campo, senza estremizzare una caratteristica rispetto ad un’altra. Un campo in resina molto tecnico, di livello alto, tanto per intenderci. Con un solo difetto: avrebbero dovuto inventare prima questa soluzione, avrei risparmiato un bel po’!». Il rammarico è semplice: una volta presa in gestione una struttura tennis, è normale dover intervenire sui campi, con costi non sempre economici. Ebbene, immaginate di doverlo fare ma che il campo resti di vostra proprietà. E, una volta scaduto e non rinnovato il contratto, di poter andar via... con i campi! E piazzarli in un’altra struttura. Un vantaggio gestionale notevole, che si applica istantaneamente a tutte quelle manifestazioni di breve durata, per una superficie che diventa itinerante (come dimostrato nella sua prima apparizione pubblica, allo SportShow di Brescia). L’unico reale difetto, è che si tratta di una tecnologia applicabile solo in strutture indoor. «Per adesso...» aggiunge sornione Nobili. Temo che a breve dovrò fare un’altra visita ai laboratori Mapei.
Alcune fasi della posa del nuovo TNS Remove. Prima il telo in pvc, quindi la resina finale sulla quale si giocherà e che può avere velocità diverse a seconda delle esigenze. Tra i segreti, la colla che consente di far aderire perfettamente la resina ma anche di rimuovere la superficie senza problemi. Perché la particolarità di questo prodotto è proprio il fatto che si tratta del primo campo da tennis in resina removibile. Con ovvi vantaggi per il gestore dell’impianto che potrà rimuovere il campo e applicarlo in eventuale altra sede. Una soluzione perfetta anche per gli eventi di breve durata. 113
TERRA PROMESSA 114
DOPO DECENNI DI IMMOBILISMO, ORA VI SONO NUOVI SISTEMI PER CREARE UN CAMPO IN TERRA ROSSA PIÙ PERFORMANTE. ABBIAMO GIRATO ITALIA (E SVIZZERA) PER TESTARE IL RED PLUS. E ABBIAMO SCOPERTO CHE... DI LORENZO CAZZANIGA 115
È assodato che gli inglesi rinuncerebbero alla monarchia ma non all'erba di Wimbledon. In Italia abbiamo esiliato i Savoia nel 1946, di campi in erba vi sono poche tracce, ma in compenso nessun tennis club, coach o appassionato rinuncerebbe mai ad un campo di mattoni rossi. L'unica pecca è che in trent'anni è cambiato il mondo, hanno inventato Internet e gli smartphone, le auto elettriche e i navigatori satellitari. Nel tennis sono migliorate le racchette e le scarpe, per non parlare delle corde. Si è anche lavorato per studiare nuove resine che rendano più confortevoli i cosiddetti campi hard court e trovato soluzioni che li rendono perfino removibili. Ma la nostra, amata terra battuta, è rimasta sempre quella. Possibile? Eppure la crisi economica ha obbligato i tennis club a tagliare i costi ma anche i servizi, tra i quali una corretta manutenzione della terra rossa, sia in termini di sottofondo sia di lavoro quotidiano. Per questo ci siamo stupiti che ben poche innovazioni siano state introdotte per migliorare la performance e ridurre i costi. Finalmente pare che qualcosa di significativo sia arrivato: si chiama Red Plus e abbiamo girato e ascoltato diversi circoli italiani (e svizzeri) per capire se davvero questo sistema può essere la panacea di tanti mali dei nostri tennis club. L'intuizione l'ha avuta Michele Corsiero, titolare della New Tennis System, che chiama per annunciarmi di aver scovato il Sacro Graal del tennis. Parliamo di un ex maestro di tennis che già vent'anni fa amava sperimentare. Nuovi sistemi didattici, nuove metodologie, nuove attrezzature. Nel garage, dovrebbe aver conservato un'avveniristica macchina lanciapalle che, l'avesse vista papà Agassi, avrebbe mandato in pensione Il Mostro, il marchingegno che ha accompagnato Andre nei suoi allenamenti e del quale ha tanto parlato nel suo libro, Open. «Mi è sempre piaciuto guardare avanti, cercare nuove soluzioni. Da quando ci occupiamo di superfici, coperture e quant'altro possa servire ad un tennis club, ho sempre immaginato di trovare una soluzione per migliorare la qualità dei campi in terra battuta e, al contempo, ridurne i costi di manutenzione. E sai che ti dico? Ce l'ho fatta!». Davanti a tanta sicurezza e da buon San Tommaso, ho chiesto di spiegarmi e, soprattutto, di verificare. Detto e fatto, mi ritrovo con due ore prenotate al Tennis Club di Bagnatica, alle porte di Bergamo, dove un abile dirigente ha creato un torneo ITF femminile con in palio una macchina, un bonus che ha portato a giocare sui campi in Red Plus due tizie da torneo WTA: Karin Knapp e Maria Elena Camerin. «Senza il Red Plus non avremmo mai finito il torneo. Ha piovuto tutta la settimana ma il drenaggio è stato perfetto» ci dice Oliviero Terzi, mentre ci avviamo verso i campi. Appena entrati sotto il
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pallone, la prima impressione è già positiva: terreno piatto come un biliardo, nessun segno di buche o avvallamenti e terra di color rosso fuoco, non quella sbiadita che sempre più spesso vediamo nei nostri tennis club. Cominciamo a palleggiare e andiamo avanti una bella ora e mezza: mai un rimbalzo fasullo, sensazione di grande comfort e cushioning per le gambe, velocità del rimbalzo non troppo sostenuta, scivolata molto controllata. Da stropicciarsi gli occhi: ma dove sono finiti i cari, vecchi rimbalzi da palla magica ogni volta che prende una buchetta? E lo stridolìo delle scarpe quando la (poca) terra che viene stesa è sparita? E il rimbalzo alto e rapido, come si giocasse sul cemento? «Tutto dimenticato - sentenzia Terzi -. Però se li ricordano maestri e soci perché adesso giocano il giorno stesso che decidiamo di scoprirli e un'oretta dopo ogni volta che ha piovuto. L'anno scorso ho salvato 300 ore che avrei perso, con un campo in terra rossa tradizionale. O meglio, in terra rossa antica». Eccoci al punto fondamentale: ma il Red Plus è un campo in terra battuta "normale"? Spiega Corsiero: «Certo, il campo è omologato dalla Federazione Internazionale come campo in terra battuta (categoria 2, velocità medium-slow n.d.r.). La terra battuta, di primissima qualità, viene intasata in un manto di erba sintetica. Il risultato? Un campo più performante, più lineare, più economico da gestire. Ma pur sempre un campo in terra battuta». In sostanza, è lo stesso processo scelto da Milan e Inter per il campo di San Siro, alla cui manutenzione ha collaborato la stessa New Tennis System: «E infatti si è passati da sette a nessuna rizzollatura». E come per il campo del Meazza, il termine corretto da usare sarebbe terra battuta rinforzata. «Anni fa ero al centro tennis di Cadro e vidi una soluzione simile. Ma con l'erba sintetica e la terra rossa che usavano, il campo diventava duro come un sasso. Mi chiedevo se era mai possibile trovare una soluzione che risolvesse i problemi della terra rossa tradizionale, visto che resta la superficie più amata dagli appassionati. Prima cosa ho capito che serviva una fibra d'erba molto aperta per poterla intasare correttamente. Non a caso è un'erba prodotta solo per la nostra esigenza. Al principio utilizzavamo sottomanto e manto finale ma al coperto faceva comunque la crosta. Adesso usiamo solo mattone, di prima qualità». I vantaggi sono notevoli. Lo conferma anche Maurizio Romeo, Presidente di uno dei circoli più importanti d'Italia, il Parioli di Roma: «Il nostro è un circolo storico e il socio è molto attento alla qualità dei campi. All'inizio erano perplessi all'idea di un nuovo tipo di terra battuta. Adesso, dovessimo farne altri,
I campi in Red Plus sono omologati dalla Federazione Internazionale Tennis come superficie in terra battuta, classe di velocità 2, medium-slow. Ma come nasce un campo in Red Plus? Ecco le principali fasi di lavorazione. 1 / Stesura del supporto in erba sintetica. 2 / Incollaggio e chiusura del supporto. 3 / Finitura e rullatura dei giunti. 4 / Intaso con terra battuta di prima qualità. 5 / Spazzolatura in fase di lavorazione. 6 / Innaffiatura del campo. 7 / Posizionamento delle righe di gioco. 8 / Rullatura del campo. 9 / Spazzolatura del campo finito.
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«Il nostro è un circolo storico e i soci fanno molta attenzione alla qualità dei campi. Adesso, dovessi farne altri, sceglierei sempre Red Plus» Maurizio Romeo, Presidente TC Parioli sceglieremmo ancora il Red Plus. Per la scuola tennis poi, è una scelta obbligata: tanto per intenderci, dopo un acquazzone, i nostri campi asciugano tradizionalmente un'ora prima di quelli del Foro Italico. Ma con quelli in Red Plus va ancora meglio. Il comfort è eccezionale e dopo un annetto di assestamento del terreno, anche i semi-professionisti che lo trovavano piuttosto lento al principio, ora si accorgono di quanto sia importante avere rimbalzi sempre regolari». Il Presidente Romeo ha toccato un tasto fondamentale: il maggior numero di ore che si riesce a garantire ai soci e alla scuola tennis, che si traduce in maggiori introiti per il tennis club. Facciamo due conti per capire il potenziale risparmio economico: appena tolti i palloni pressostatici, mediamente servono dieci giorni per rendere un campo in terra agibile, se la pioggia nel frattempo non crea fastidi. I campi in Red Plus sono disponibili il giorno stesso dello smontaggio del pallone. Dieci giorni (almeno) risparmiati equivalgono a circa 80 ore di gioco. Ad una media stimata di 15 euro all'ora di valore, fanno già 1.200 euro. Se poi consideriamo una media di 30 giorni di pioggia per ogni stagione primaverile ed estiva, vanno aggiunti una media di altre 200 ore guadagnate e una stima di altri 3.000 euro risparmiati. Ma non è finita qui. Il risparmio immediato è dato anche dal fatto che non è necessaria alcuna lavorazione supplementare, a parte quella ordinaria (straccio, meglio ancora uno spazzolone, e tanta acqua). Niente interventi nel sottofondo, niente rullaggi, niente spese annuali per il rifacimento. Solo un eventuale costo di manutenzione ordinaria (circa 800 euro) se si vuol mantenere la garanzia decennale. Ma c'è un altro vantaggio, che scopriamo andando nella Svizzera italiana, in Canton Ticino. «Gente seria, attenta alle novità, dove bisogna lavorare come Dio comanda» avverte Corsiero. Nessun dubbio e per questo il test mi pare ancora più valido. Cominciamo dal Tennis Club Cureglia, appena sopra Lugano. «Per anni abbiamo giocato sui campi in terra verde americana - ricorda Febo Zamboni, dirigente del club -. Aveva dei costi folli e allora abbiamo deciso di sostituirla con la terra rossa. La New Tennis System, che già ci forniva la manutenzione dei campi, ci ha offerto il nuovo Red Plus. All'inizio si ha sempre qualche dubbio nel cambiare. Abbiamo accompagnato diversi soci a provare questi campi ovunque, a Campione d'Italia, a Milano, a Novi Ligure. Inoltre, il signor Corsiero era talmente convinto della bontà del suo prodotto da offrirci una dilazione di pagamento notevole. E, da buoni svizzeri, abbiamo convinto i soci a garantire la copertura economica, in cambio del 3% di interessi che avrebbero fatto fatica a ottenere dalle banche! Come è finita? Che è stata una delle scelte più azzeccate del club». Interviene a supporto la maestra del club, Simona Becherini: «Non perdiamo più tante ore, giochiamo all'aperto appena la temperatura lo consente, non è troppo rapido e ci posso giocare per otto ore al giorno senza avvertire fastidi». Già, perché questi campi non gelano e quindi si possono utilizzare anche in autunno e inverno: «Prima li chiudevamo - dice
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Zamboni - mentre adesso si gioca anche a marzo, ottobre e novembre. Abbiamo guadagnato un 20% di ore e a Pasqua eravamo l'unico club del Canton Ticino dove si poteva giocare». Da Cureglia ci spostiamo a Carona, il club scenograficamente più bello della zona: due campi con vista sul lago. Ci accoglie la Presidente del cub, Lucia Minotti: «La cornice è stupenda ma il quadro non era granché, fin quando non abbiamo deciso di intervenire. Un ruolo importante l'ha recitato la scelta di fare i campi in Red Plus: potendo giocare solo all'aperto, la stagione era diventata molto corta e tanti soci ci avevano abbandonato. Ora invece si può giocare da marzo a novembre e la situazione è decisamente migliorata. E consideri che, dopo tutta la neve dell'inverno e la pioggia della primavera, abbiamo cominciato a giocare ad aprile e senza nessun intervento di manutenzione, se non togliere le foglie. Anzi, quasi quasi licenzio il nostro uomo dei campi! Però obblighiamo i soci a spazzare e bagnare il campo dopo ogni ora di gioco, altrimenti scattano le ammonizioni». Sensazioni positive confermate dal giovane maestro, Loris: «La superficie è super confortevole, drena benissimo e dopo un periodo di assestamento, la velocità è quella corretta per un campo in terra rossa». Si sente spesso ripetere di questo periodo di assestamento: «È naturale, accade anche per i campi in terra tradizionale - dice Corsiero -. Giocandoci sopra si compatta e si velocizza». «Verissimo - dice Zamboni del TC Cureglia -. Infatti il secondo anno erano ancora migliori del primo. E poi siamo convinti di risparmiare notevolmente nei costi di manutenzione: in una stagione utilizziamo solo una quindicina di sacchi di sabbia e con gli attrezzi giusti il campo resta sempre in perfette condizioni. Prima si infossava, le righe salivano, affioravano addirittura i sassi a fine stagione. Certo, potessi permettermi una manutenzione stile Roland Garros o Monte Carlo Country Club, allora potrei anche pensare di rimanere legato alla vecchia terra rossa, ma in un normale tennis club non è più possibile, se si vuol far quadrare i conti e offrire un servizio di qualità ai soci. Dovessi fare altri due campi, non avrei dubbi, sceglierei la soluzione Red Plus. Una consacrazione, che dalla Svizzera plana all'Italia, che da un piccolo circolo del Canton Ticino sbarca anche in un club come il Molinetto, alle porte di Milano, che sembrava destinato ad affidare solo al golf le chance di rimanere in vita. Invece, da quando i vecchi campi in sintetico sono stati sostituiti col Red Plus, il tennis ha ripreso a vivere. Perché una delle soluzioni più vantaggiose, è proprio quella di poter convertire vcchi campi in resina, in mateco, in asfalto, perfino nella vecchia terra battuta, senza dover intervenire in maniera troppo invasiva, visto che il supporto in erba sintetica viene applicato sopra. Basta preparare una pendenza corretta, se già non esiste. Insomma, lasciando pure il Sacro Graal alle leggende, è positivo che stia emergendo un prodotto che possa migliorare i nostri amati campi in terra rossa. Club e appassionati dovrebbero stappare un buon millesimato di Dom Perignon.
PERCHÈ SCEGLIERE RED PLUS? È la domanda più ovvia che ci siamo posti. Ed ecco le risposte che abbiamo trovato. MIGLIOR PERFORMANCE: niente buche, niente rimbalzi fasulli, niente righe che saltano via. Un tavolo da biliardo. E non troppo veloce, che per il socio medio è un vantaggio. MAGGIOR GIOCABILITÀ. non solo in termini tecnici, ma di ore disponibili. Perché non gelando, si può giocare all'aperto ogni volta che il clima lo consente. E, asciugando in fretta, anche dopo un violento temporale, si scende in campo prima rispetto alle normali abitudini. Con ovvi vantaggi per le scuole tennis e i soci. RISPARMIO ECONOMICO: necessita solo della manutenzione ordinario (spazzolone e acqua). Nessun rifacimento annuale e, dopo il primo anno di assestamento, basta aggiungere una quindicina di sacchi di terra rossa, un numero notevolmente inferiore a quanto necessita un campo in terra tradizionale. MAGGIOR VERSATILITÀ: come spiegato qui sotto, si adatta a tante situazione di riconversione, da un campo in resina ad uno in mateco, da un altro in terra rossa alla soluzione ex novo.
LE SOLUZIONI RED PLUS
Si tratta di una superficie molto versatile che si adatta a varie situazioni. Tra le principali e come evidenziato dalle immagini sopra (da sinistra verso destra), la riconversione in terra battuta Red Plus di campi con sottofondo in asfalto, quella con sottofondo in mateco, quella con sottofondo in resina e infine con sottofondo in terra battuta. Il vantaggio è che questo tipo di superficie non necessita di lavorazioni preliminari particolari ma viene applicata sopra il manto preesistente, riducendo notevolmente i costi. Chiaramente può essere realizzata anche come campo ex novo.
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IL LANCIO DI PALLA Il gesto è appare semplice, perfino banale. Il lancio di palla nel servizio è invece la causa di tanti mali per diversi giocatori di club. Perché in realtà non è così elementare e soprattutto viene curato (e allenato) pochissimo. In generale, è un gesto che viene lasciato all'istinto, e se l'istinto non è quello buono… Perché la scarsa precisione o potenza del servizio, spesso e volentieri è determinata da un cattivo lancio di palla. Come rimediare? Punto 1: è consigliabile lanciare con quattro dita, usando i polpastrelli e rilasciando bene la palla, aprendo la mano. Punto 2: la mano accompagna il lancio fino in fondo. L'accompagnamento è fondamentale, come quando si gioca a bocce. Punto 3: la mano resta sollevata, estesa, per un attimo, prima che il braccio-racchetta parta. Non bisogna farla cadere troppo presto. Infine, dove lanciare? Leggermente avanti, leggermente a destra, mantenendo un vivo equilibrio. La tendenza attuale è lanciarsela un filo più in testa per colpirla più in alto e sviluppare potenza con una pronazione maggiore, trovando al contempo anche un'angolazione più acuta.
TECNICA
IL GRANDE FRATELLO
SIAMO CERTI CHE LA BASE DELL’INSEGNAMENTO DEL TENNIS IN ITALIA SIA CORRETTA? SIAMO CERTI CHE LA TECNICA DEVE ESSERE IL CENTRO DELL’UNIVERSO DEL TENNIS? SIAMO CERTI CHE LA TECNICA VA INSEGNATA SECONDO UNA DIDATTICA MECCANICA? SIAMO CERTI CHE I CAMPIONI COME FEDERER, NADAL, DJOKOVIC VADANO COPIATI? DI LUCA BOTTAZZI
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Lo sport in generale, e il tennis non fa eccezione, è sempre stato sedotto dalle gesta delle sue grandi stelle. Gli appassionati vivono la speranza di potersi avvicinare il più possibile, se non proprio ai successi, perlomeno ai gesti tecnici dei campioni più amati. Il servizio di Federer, la risposta di Djokovic, il diritto di Nadal, il rovescio di Murray, sono i riferimenti della didattica incentrata ai colpi, obiettivo principale dell’insegnamento di molte scuole. I PARADOSSI DI MONTANG Nel film Fahrenheit 451 di Francois Truffaut, il protagonista Montang, paladino della cultura, si contrappone al sistema di potere che vuole bruciare i libri. Ho un amico con lo stesso nome e affinità al protagonista del film. L’amico Montang è un esperto di vini riconosciuto, ma a suo dire, è anche un intenditore di tennis. Le sue idee sono sorprendenti in quanto ribaltano credenze diffuse e radicate nell’ambiente tennistico. Tra un bicchiere e l’altro me ne sottopone alcune. 122
I COLPI. LA TECNICA. I media, in particolare la tv, catturano lo spettatore ammaliandolo con la visione del colpo da campione, facendogli credere che il gesto tecnico sia l’obiettivo del gioco. Gli highlights sono percepiti come i gioielli della corona. Il pubblico guarda il campione colpire la palla dimenticando che questi pensa. Ecco la ragione per la quale tutti parlano quasi esclusivamente di colpi considerandoli il centro del pianeta tennis. Un abbaglio clamoroso: viene confuso il mezzo con il fine (vincere il punto). La tecnica è solo uno strumento, un elemento a sua volta parte di un contesto molto più vasto. Però bisogna considerare che la tecnica è la parte ovvia e visibile dell’iceberg, per cui è un prodotto facile da vendere ad una società liquida (Z. Bauman), sprovveduta e schiava delle apparenze. TECNICA DA CAMPIONE. Roger Federer è per gli addetti ai lavori il più grande campione di sempre, anche e soprattutto dal punto di vista tecnico. Quindi mi domando quali competenze biomeccaniche aveva il maestro dello svizzero, quali modelli e vincoli ha imposto al Federer bambino per insegnargli la tecnica
e quanti altri allievi ha formato con i colpi di Roger. Inoltre mi chiedo se lo svizzero è in grado di arrivare sulla palla e di colpirla con continuità nel punto considerato ideale dagli esperti di tennis. Tuttavia non capisco per quali motivi Federer a volte perda il controllo di colpi abbastanza semplici e stecchi spesso la palla, in particolare col rovescio. Inoltre mi domando come facciano a giocare e vincere anche altri tennisti, tutti con stili diversi e soprattutto senza la tecnica sublime dell’elvetico. Tutto questo fa riflettere circa la credenza di tecnica quale elemento centrale in grado di fare la differenza nella formazione e nella performance. BIOMECCANICA E VIDEOANALISI. Nel tennis, esperti e tecnici si occupano a scopo divulgativo e didattico di biomeccanica. Il loro intento è individuare nel campione-modello vincoli come: impugnatura e apertura, angoli del braccio e della racchetta, postura del busto e delle spalle, posizione dei piedi, ecc., da usare come riferimenti didattici. La videoanalisi è lo strumento utilizzato per il copia e incolla tra il campione-modello e gli allievistudenti con l’obiettivo di ottenere giocatori in serie come nella riproduzione falsificata dei capolavori della pittura. Purtroppo questa proposta didattica non ha evidenziato alcuna proprietà transitiva o miracolosa. Al contrario vi sarebbero decine di cloni di Roger Federer con le stesse movenze e gesti tecnici, certamente incapaci di vincere quanto lo svizzero, pur se in grado di copiarlo fedelmente sul piano esecutivo. Mi chiedo se per ciascun individuo in ogni sua azione esecutiva esistano migliaia o milioni di possibilità biomeccaniche e se la tecnica sia stata sempre confusa con lo stile. Emergono dunque perplessità ipertrofiche circa l’uso che viene fatto della videoanalisi e della biomeccanica. INEGNAMENTO E APPRENDIMENTO. La didattica incentrata sul colpo da campione pare essere come la ricerca del poker d’assi per il giocatore di carte. Auguri! Nel tennis la situazione è variabile: non è mai esistito un campione che abbia eseguito un colpo esattamente uguale ad un altro. Il noto fisiologo e biomeccanico Kapandji afferma che “i muscoli di un’articolazione a tre gradi di libertà non possiedono mai la medesima azione, qualunque sia la posizione dell’articolazione”. Figuriamoci nel tennis! Inoltre copiare l’azione tecnica di un qualsiasi tennista è un’assurdità, in quanto presuppone degli individui con le stesse identiche qualità oppure dei poveri automi come allievi. Infine, quanto fino ad ora rilevato sembra escludere una formazione orientata al processo del pensiero. Ad esempio, flessibilità e adattabilità si presentano come optional. Peccato perché il tennis è un’eccellente occasione per esercitare l’intelligenza. Opportunità che non andrebbe sprecata. Quindi, a mio avviso, parrebbe da rivedere l’indirizzo di insegnamento oggi diffuso in molte scuole tennis. LA LETTERATURA SCIENTIFICA A questo punto lasciamo Montang ai suoi vini e permettetemi di entrare in punta di piedi nell’universo delle pubblicazioni scientifiche riportando solo uno stralcio di alcuni lavori. Consapevole di quanto sia impegnativa questa parte dell’articolo, chiedo al lettore un piccolo sforzo per giungere ad una visione generale più ampia. ANTICIPAZIONE E AZIONE. Ciò che accade prima di colpire la palla fa la differenza e influenza l’azione esecutiva. Quando apprendiamo una nuova abilità motoria, come ad esempio approcciare una palla da tennis, tutti i nostri organi sensoriali e i conseguenti compiti, possiedono variazioni. Gli stessi provvedono a fornire informazioni imperfette circa traiettoria, rotazio-
ne, profondità, angolo e velocità della palla e noi possiamo solo stimarla. Durante il corso di una partita le variabili della palla saranno molteplici, ma ci sarà una probabile distribuzione dei fattori che saranno più frequenti e con maggiori probabilità di essere utilizzati dai contendenti. Combinando le diverse informazioni attraverso molteplici modalità per ridurre l’errore di stima della palla, verrà acquisita o affinata la capacità di previsione e di anticipazione. Questa evoluzione risulterebbe di fondamentale importanza per attivare in modo efficace le azioni successive e subordinate, tra cui quella esecutiva (Nature, K.P. Kording, D.M. Wolpert). METODOLOGIA E DIDATTICA. La capacità di prendere decisioni didattiche corrette è una competenza essenziale per chi si occupa di insegnamento. Nell’ambito dell’apprendimento motorio, il modello attualmente più diffuso è la “teoria dello schema” dello psicologo Richard Schmidt. Questa afferma che nel cervello vengono immagazzinati programmi motori deputati a coordinare centralmente l’esecuzione dei movimenti. Oltre alla teoria dello schema è presente un altro tipo di approccio con una prospettiva ecologica, la “teoria dei sistemi dinamici” del neurofisiologo russo Nikolai Bernstein, il primo ad evidenziare il problema dei gradi di libertà del movimento e della irripetibilità esecutiva. In questa teoria la coordinazione motoria viene considerata come una organizzazione emergente da vincoli periferici del sistema anziché da strutture di controllo centrale. L’approccio di Schmidt implica un insegnamento-apprendimento di tipo prevalentemente prescrittivo, quello ecologico/dinamico di Bernstein euristico. (S.D.S., C. Pesce). CONCLUSIONE Emerge inequivocabilmente quanto i paradossi dell’amico Montang siano sensati. Il mondo della racchetta avrebbe necessità di assorbire nuove competenze per rinnovarsi, ma strappare Montang al mondo della cultura e dell’enologia sarà un arduo compito. In questo articolo si evidenziano alcune verità in netto contrasto con le credenze diffuse nell’ambiente del tennis. Le sintetizzo in quattro punti. Punto primo, i colpi sono subordinati ad aspetti ambientali (compreso il regolamento), cognitivi, percettivi, coordinativi, psicofisici. In particolare gli elementi ambientali e cognitivi risultano rilevanti (M. Pisaturo). La tecnica nei giochi sportivi è lo strumento attraverso il quale l’atleta tenta di risolvere un problema di natura strategico-tattica (C. Rossi). Per cui la tecnica non può essere il centro dell’universo del tennis. Punto secondo, insegnare la tecnica attraverso una didattica analitica, meccanica, al di fuori del contesto del gioco, copiando l’azione esecutiva di campioni-modello, è pratica diffusa quanto sbagliata. Dunque non ha senso insegnare tennis come fosse uno sport tecnico compositorio, nei quali invece il gesto tecnico è la prestazione. Punto terzo, le scuole di colpi devono essere sostituite da scuole di gioco. Le stesse devono fare riferimento a una metodologia e una didattica in grado di favorire lo sviluppo del processo del pensiero e della cultura sportiva, nell’interesse primario della salute e della formazione degli allievi. Punto quarto, se teorie diverse hanno implicazioni didattiche diverse, quale deve essere il criterio per la scelta metodologica? Se il criterio è basarsi su teorie scientifiche, quale teoria deve essere privilegiata? La risposta a questo dilemma può essere trovata proprio nell’integrazione dell’approccio cognitivo di Schmidt con quello ecologico di Bernstein. 123
TECNICA & TATTICA
NON SBAGLIARE MAI! VUOI VINCERE PIÙ MATCH? DIMENTICA I COLPI VINCENTI E IMPARA A SBAGLIARE MENO. SUCCEDE ANCHE A LIVELLO PROFESSIONISTICO DOVE UNO SCAMBIO SI CONCLUDE CON UN ERRORE (FORZATO O NON FORZATO) NEL 70% DEI CASI TRA GLI UOMINI E NEL 77% TRA LE DONNE. SONO DATI TRATTI DAGLI ULTIMI TRE TORNEI DELLO SLAM DISPUTATI. E SE QUESTO ACCADE TRA I PRO, FIGURIAMOCI QUANDO SI SCONTRANO GIOCATORI DI CLUB. QUINDI, PIUTTOSTO CHE ALLENARSI A GIOCARE DEI COLPI VINCENTI, IMPARATE A FORZARE L’AVVERSARIO ALL’ERRORE. COME FARE? SEGUENDO OTTO REGOLE
di Filippo Montanari* * titolare di GoTennis (gotennis.it)
1. ERRORE FORZATO Pensate a David Ferrer, tanto per intenderci. Pensate ad un giocatore che ribatte colpo su colkpo, palla su palla, che la tira sempre di là. Siete già al decimo, dodicesimo colpo e siete perfettamente coscienti che dovreste rigiocare un altro colpo incrociato, quando invece cercate la soluzione vincente in lunglolinea, anche se le chance di riuscita sono ridotte. E ovviamente, nella maggior parte dei casi, commetterete un errore. Giocatori alla Ferrer, ti costringono a tirare il colpo che non vorresti, perché è chiaro (ad entrambi) chi è in grado di resistere di più, senza sbagliare. Spostano il duello ad una battaglia di resistenza. COME ALLENARSI: giocate degli scambi lunghi in allenamento, dove voi non potete chiudere il punto prima del decimo colpo. Sforzatevi di giocare sempre al 70-80% della vostra forza, senza prendere rischi e senza farvi attaccare.
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2. DESTRA...SINISTRA...DESTRA B
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Sulla terra rossa si gioca soprattutto incrociato, ma cercate di uscire dalla diagonale più sfavorevole. In sostanza, cambiate spesso direzione, soprattutto se giocate contro dei grandi picchiatori che amano colpire con i piedi ben piantati per terra. Così finirete per sfiancare l’avversario. Come spesso riesce a fare Novak Djokovic. COME ALLENARSI: un giocatore tira solo in lungolinea, l’altro solo incrociato. Ogni cinque minuti cambiate direzione.
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3. ALTI E BASSI Quasi sempre ci si preoccupa di qwuanto veloce abbiamo tirato o di quanto profonda è finito il nostro colpo. Quasi mai valutiamo le altezze, che sono invece fondamentali. Variare l’altezza del colpo è infatti un modo molto efficace di forzare l’avversario all’errore. Chi sa usare bene il top spin, deve cercare di far saltare molto la palla, obbligando l’avversario a colpire al livello della spalla (e col rovescio a una mano diventa complicato: ricrdate Roger Federer contro Rafael Nadal?). oppure, se l’avversario è alto e fatica ad abbassarsi, variate con lo slice. Il cambio di rotazione, ma soprattutto di altezza d’impatto, vi porterà in dote tanti errori. Dell’avversario. COME ALLENARSI: scambiate con l’obbligo di avriare continuamente la rotazione (top e back spin) e quindi l’altezza del rimbalzo del vostro colpo.
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4. GIOCARE LUNGO B
Soprattutto con risposta e primo colpo dopo il servizio, è fondamentale giocare lungo. Il primo che trova profondità, è quello che si crea l’opportunità di comandare lo scambio e di forzare l’avversario all’errore. E se non siete voi, vuol dire che è il vostro avversario! COME ALLENARSI: scambiate tracciando una linea un paio di metri dopo la riga di metà campo e ad un metro da quella di fondo e cercate di colpire quell’area in fase di palleggio. Allargate o stringete l’area, a seconda del vostor livello di gioco.
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5. PIANO VELOCE Punto primo: non si può sempre tirare al 100% della propria forza, altrimenti finirete con lo sbagliare troppi colpi e perder eil match. Cercate invece di variare non solo l’altezza dei colpi e la rotazione, ma anche la velocità. Tirare una botta veloce metterà chiaramente in difficoltà il vostro avversario. ma anche offrire una palla senza peso può dare problemi. Come riesce a Bernard Tomic. COME ALLENARSI: giocate cambiando spesso la velocità di palla. E soprattutto, allenatevi a colpire forte una palla senza peso (esercizio che si può effettuare anche al cesto). Sembrano colpi banali ma non lo sono affatto.
6. RUBA IL TEMPO Tutti quanti abbiamo bisogno di tempo per cercare bene la palla con i piedi, piazzarci e quindi eseguire il movimento corretto. Ci sono giocatori con piedi rapidissimi, altri meno. Giocatori che eseguono dei gesti rapidi, altir con uno swing molto lungo. Ecco, nel caso di giocatori lenti con i piedi e/o con movimenti lunghi, cercate di anticipare i tempi, li forzerete a fare tutto più in fretta del solito, causando un maggior numero di errori. COME ALLENARSI: allenate l’anticipo, soprattutto sulla risposta (l’uscita del servizio è un momento non semplice da gestire). Abituatevi a risponder ealla seconda palla con i piedi dentro il campo.
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7. OLTRE LA RETE. MA QUANTO? B
1,5 mt 30 cm
1 mt
Abbiamo dunque capito che per vincere dobbiamo sbagliare poco. E qual è l’errore che fa imbufalire i maestri: la palla che finisce in rete. Soprattutto sulla terra battuta, è inutile far passare la palla rasente alla rete: molti rischi, pochi benefici. Imparate a valutare dove passa la vostra palla rispetto alla rete. Cercate di avere un margine di sicurezza importante. COME ALLENARSI: tirate un filo a diverse altezze (a seconda del vostro livello di gioco. Usate il seggiolone dell’arbitro come appoggio) e imparate a tirarci sopra, per aumentare il vostro margine di errore.
A
8. ATTEGGIAMENTO AGGRESSIVO L’avversario ha appena sbagliato la prima di servizio? Fate un passo dentro il campo, spesso e volentieri vi regalerà un doppio fallo. Oppure attaccate, anche senza un grande approccio, e lo forzerete a sbagliare il passante. State lottando da fondocampo? Fate vedere che vi avvicinate alla riga di fondo, cercherà di giocare più lungo e il suo colpo finirà oltre la riga di fondo. Insomma, la posizione che assumete in campo, obbliga l’avversario a fare delle scelte, non sempre volute. Mettetegli pressione e vi regalerà dei bei punti. L’atteggiamento aggressivo paga (quasi) sempre. COME ALLENARSI: giocate dei punti cercando di avere un atteggiamento aggressivo. Chi forza l’avversario all’errore, riceve 2 punti. Organizzate dei match al meglio degli 11 punti.
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LA SCIVOLATA PERFETTA DI EMILIO SANCHEZ
UNA SCIVOLATA ALLA RAFA
Per vincere sulla terra battuta, è indispensabile saper scivolare bene. L’esempio principale è Rafael Nadal, probabilmente il miglior specialista della storia. Ma anche Roger Federer e tanti altri spagnoli come David Ferrer o Fernando Verdasco, sanno come muoversi correttamente sul rosso. Un’eccezione è stato Andre Agassi, campione di Roland Garros nel 1999, che non sapeva granché scivolare, come spesso accade agli americani, troppo abituati a giocare sul cemento. Agassi aveva però trovato uno stratagemma: giocare sul rosso con le scarpe da erba, dotate di una suola “punterellata”, per trovare degli appoggi simili a quelli dei campi in duro. Ma si tratta di scarpe che distruggono letteralmente i campi in terra rossa e alla fine non gliel’hanno più concesso. In generale, è importante utilizzare scarpe specifiche da terra, con un disegno della suola che consenta di scivolare senza problemi.
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IL GIUSTO TIMING
L’arte di scivolare è soprattutto una questione di timing. Si tratta di colpire la palla nell’esatto momento in cui si sta concludendo la scivolata, in modo da poter ripartire immediatamente verso il lato opposto per ritrovare una corretta posizione in campo. La chiave è trovare la coordinazione che determina l’istante in cui il giocatore comincia la scivolata per andare a cercare la palla. Pete Sampras, che non sapeva muoversi bene sulla terra, colpiva la palla e scivolava dopo l’impatto. E così perdeva due metri quando colpiva e altrettanti quando doveva tornare in posizione.
L’ESERCIZIO
Per insegnare ad un allievo a scivolare, c'è un esercizio senza racchetta che viene utilizzato molto spesso: piazzate in una metà campo cinque palle, una su ciascun angolo e la quinta all'intersezione della linea verticale del servizio con quella di metà campo. Chiedete poi agli allievi di andarle a recuperare il più velocemente possibile. Impareranno subito a scivolare meglio verso la palla.
GLI ALLIEVI MIGLIORI
Per scivolare bene, bisogna essere forti a livello di quadricipiti perché più si riesce a restare bassi, più si controlla la scivolata. Ci sono tanti professionisti in grado di far questo, ma nessuno bene come Rafael Nadal. Lo spagnolo riesce a coprire una distanza enorme dalla palla, mantenendo un vivo equilibrio, degli appoggi perfetti e, infine, a colpire forte. Lui sul campo pattina, e in questo senso tornano utili gli esercizi fatti col suo storico preparatore atletico, Joan Forcades, sul monopattino.
LA GIUSTA DISTANZA
La scivolata perfetta si estende per circa 4 metri, nel caso disperato in cui si debba rincorrere una buona smorzata dell’avversario. Se invece si deve scivolare per poi colpire forte dal fondo, allora lo scarto della scivolata di solito non supera i due metri.
OCCHIO ALLA TERRA
I campi in terra battuta non sono tutti uguali. Dipende da come sono stai costruiti, curati, dalla terra che si utilizza. In generale, il top sarebbe avere una terra piuttosto compatta che permette di controllare meglio la scivolata. Se invece di terra ne vedete poca, fate attenzione perché è più facile perdere l’equilibrio e quindi tirare un buon colpo. In questo caso, affidatevi a scivolate più corte.
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TATTICA DI GIOCO
APRI IL CAMPO PER VINCERE DI PIÙ NON È INDISPENSABILE MIGLIORARE LA PROPRIA TECNICA DI GIOCO. ANZI, SPESSO È PIÙ UTILE ESSERE TATTICAMENTE MEGLIO PREPARATI E SAPER UTILIZZARE LE ZONE DEL CAMPO. IN PARTICOLARE, È FONDAMENTALE SAPERSI APRIRE IL CAMPO, CHE SIGNIFICA FAR CORRERE L’AVVERSARIO, SPEDIRLO IN POSIZIONI DI CAMPO DIFFICILI DA COPRIRE E CREARSI LA CHANCE DI CHIUDERE IL PUNTO SENZA DOVER RISCHIARE UNA BOTTA VINCENTE. MA CONQUISTANDO IL CAMPO AD OGNI COLPO.
di Diego Nargiso* * vincitore di Wimbledon juniores e finalista di Coppa Davis. Ora è un coach professionista
FASE 1 B
Il tennis è come giocare a tirae-molla, se uno spinge, l’altro è costretto a difendersi come può, se uno gioca profondo, l’altro è costretto ad accorciare. E il giocatore che prende l’iniziativa dello scambio con maggior frequenza, generalmente vince la partita. Il primo colpo di questo schema è dunque fondamentale e si tratta di giocare un colpo incrociato e profondo. Tanto più è alto il livello di gioco, tanto più profondo dovrà essere il colpo.
COME ALLENARSI
A
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Tracciate una riga a circa due metri dalla riga di fondo (la distanza varia a seconda del vostro livello di gioco) e palleggiate cercando di mantenere una viva profondità, soprattutto se l’avversario accorcia il colpo. Dovete imparare a giocare lungo. Cercate la direzione incrociata.
FASE 2
B
La seconda fase è quella dell’approccio verso rete. In realtà, non è un classico approccio in back, ma qualcosa di più spinto. In sostanza, se avete giocato lungo e obbligato l’avversario ad accorciare, dovete subito approfittarne e prendere l’iniziativa. In particolare col diritto, entrate con i piedi nel campo e giocate un colpo più violento in lungolinea e scendete a rete.
COME ALLENARSI
A
Palleggiate con l’obbligo, ogni volta che l’avversario accorcia, di prender ein mano l’iniziativa dello scambio spingendo col diritto lungolinea. Un’esercitazione che potete svolgere anche al cesto col vostor maestro.
FASE 3 La terza fase è quella dell’incasso. Seguite a rete la direzione del colpo d’approccio e coprite soprattutto il lungolinea (se l’avversario arriva in ritardo non ha alcuna altra possibilità). La volée dovrà essere giocata verso il lato opposto e possibilmenter stretta, vicino all’intersezione tra la riga del servizio e quella del corridoio, in modo da tagliar fuori qualsiasi speranza di recupero dell’avversario.
B
COME ALLENARSI A
Provate le tre fasi col vostro maestro: prima al cesto, poi con palla viva, quindi giocando dei punti con un altro giocatore, cercando di applicare questo schema. Fate delle partite agli 11 punti; chi conquista il punto eseguendo questo schema conquista tre punti.
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TAGLIA LA RISPOSTA DI ROBERTO BROGIN
La risposta è uno dei colpi più importanti e meno allenati, almeno a livello di giocatori di club (ma spesso anche tra gli agonisti). Invece, è proprio con i colpi di inizio gioco che si riesce a prendere in mano l’iniziativa e a condurre lo scambio. E bisognerebbe anche essere in grado di… impedirlo all’avversario. Perché non importa quanto siate sicuri con i colpi fondamentali da fondocampo, la risposta è un’altra cosa. Servono riflessi, un po’ di intuito, reattività e conoscenza tattica su come e dove rispondere. Lavoro per la Federazione canadese e, visto che in Nord America si gioca soprattutto su terreni veloci dove servizio e risposta sono fondamentali, alleniamo tanto questi colpi. In particolar modo, bisogna fare attenzione allo slice da destra, colpo riscoperto anche a livello professionistico. L’errore che commettono i giocatori di club, è quello di muoversi lateralmente e quindi scappare via dal punto di impatto ideale, finendo col colpire con i piedi oltre il corridoio, senza chance di poter recuperare una buona posizione. Imparate invece a tagliare il campo in diagonale, anticipando l’impatto. Avete tre possibilità: una più conservativa, cioè rispondere lungo e incrociato con una traiettoria alta e riguadagnare la posizione. Due, giocare un cross stretto per mettere fuori posizione l’avversario (entrambe le soluzioni si fanno preferire sulla terra rossa). Tre, esecuzione più da terreno veloce, impattare in lungolinea alla ricerca della risposta aggressiva. 132
B
A A
THE SMASH
Molti giocatori di club si spaventano quando vedono l’avversario alzare un lob e aspettano troppo tempo prima di prepararsi adeguatamente. Il timore è quello di sbagliare un colpo sulla carta semplice. Già, sulla carta ma non in campo. Anche perché va considerato che è un colpo che si allena poco e che magari si gioca solo 3-4 volte nell’arco di un’intera partita. È importante prepararsi bene e soprattutto velocemente. Dovete arretrare come un quarterback del football americano, con la racchetta già piegata sulla schiena. Le spalle devono restare ben girate, al punto che, in fase di preparazione, il vostro avversario dovrebbe vedere un pezzo della vostra schiena.
TIPS!
1. Arretrate col passo di tango, incrociando i piedi. In questo modo sarete più rapidi (ed eleganti!) e vi ritroverete già in posizione corretta, con le spalle girate, prima di eseguire il movimento. 2. Cercate di arrivare oltre la linea della palla: se ci riuscite, lo smash risulterà molto più semplice. 3. Colpite in avanzamento, con la forza necessaria ma senza stringere eccessivamente l’impugnatura. Nel tennis uno schiaffo fa più male di un pugno.
ALLENATEVI COSÌ
Giocate un paio di volée, con l’avversario che dopo vi alzerà un lob difensivo sul quale dovete abituarvi a chiudere subito col primo smash, che va tirato nelle zone colorate, quindi profondo o ad uscire, ma senza cercare le righe.
B
A
A
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TECNICA
La risposta di MURRAY Non vi è alcun dubbio che Andy Murray sia uno dei migliori ribattitori del circuito, in particolare dal lato sinistro. Lo scozzese è infatti più sicuro col rovescio anche nei colpi da fondo ma si esalta quando deve rispondere ai servizi dell’avversario. E se le sue notevoli doti di incontrista gli permettono di neutralizzare anche le prime palle più veloci, diventa decisamente offensivo quando può spingere sulla seconda palla. Generalmente, un buon battitore serve una seconda palla in kick, cioè con rotazione in top spin che fa rimbalzare molto la palla dopo il rimbalzo. Questo per tenere lontano l’avversario dalla riga di fondo e impedirgli di diventare pericoloso. Ebbene, sfruttando perfetDI MASSIMO SA tamente la presa bimane che consente di colpire la RTORI*
Tecnica
palla anche all’altezza delle spalle, Murray riesce ad attaccare anche una buona seconda palla in kick. Inoltre, con questo atteggiamento aggressivo, mette pressione all’avversario costringendolo a forzare la seconda e magari incorrere in qualche doppi fallo. Dalla posizione che assume, pare che Murray sappia benissimo che tipo di palla gli arriverà ed è quindi in grado di organizzarsi perfettamente. Inoltre, è un tipo di soluzione che può portare avanti per tutto il match. E se l’avversario non ha una grande seconda palla, non è semplice giocare col fiato dell’avversario sul collo fin dai colpi di inizio scambio. Una situazione che vi farò notare nell’analisi delle varie foto è il fatto che Murray tiene sempre piegato il gomito destro, che la mano dominante è la sinistra e che il saltino serve per avere maggior spinta, nel caso di una seconda palla piuttosto lenta. * Massimo Sartori è il coach del numero 1 italiano Andreas Seppi
L’IMPUGNATURA
SINISTRA DOMINANTE
APERTURA CONTENUTA
Punto primo: Murray parte già dentro al campo, quindi vuol dire che si aspetta una seconda di servizio lenta e ha già deciso di aggredire la risposta. Una situazione che gli permette di organizzarsi con anticipo e in maniera molto accurata.
Murray “tira” la racchetta con la sinistra, mentre la destra è morbida. Ciò vuol dire che la mano sinistra è quella dominante non solo quando va a impattare la palla, ma già nella fase di preparazione. Perché è la mano sinistra che spinge dietro la racchetta.
L’apertura non è esagerata, infatti non va oltre la linea del corpo. Questo perché ha già deciso di spingere su una seconda debole, sfruttando il saltino. Un’eccessiva apertura lo sbilancerebbe, impedendogli tutto ciò.
Come impugnatura, utilizza una continental con la mano destra e una eastern di diritto con la mano sinistra. Per un rovescio a due mani, è una scelta abbastanza classica.
Le due mani sembrano lontane perché si nota dello spazio; in realtà, l’indice della mano destra tocca il mignolo di quella sinistra, confermando che sono molto vicine. La punta del piede destro si sta preparando a spingere per eseguire il salto.
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Un aspetto molto interessante è che Murray tiene il braccio destro sempre piegato. In un modo o nell’altro, non è mai disteso per tutta la durata dell’esecuzione. Il vantaggio è quello di poter colpire la palla a qualsiasi altezza, a qualsiasi distanza, in qualsiasi modo. L’ovalizzazione è piuttosto ridotta e il gesto risulta compatto
ATTEGGIAMENTO AGGRESSIVO Il primo aspetto che va sottolineato è l’atteggiamento molto aggressivo che mostra Murray. Parte già dentro la linea di fondo per mettere pressione e costringere l’avversario (conscio che arriverà una risposta molto rapida) ad essere veloce nell’uscire dall’esecuzione del servizio. È altrettanto chiaro che per riuscire ad attuare una tattica di questo genere per tutta una partita, vuol dire che la seconda palla dell’avversario non è granché incisiva! Altrimenti, bisogna cercare di farlo solo in determinati momenti e avanzando nel campo quando l’avversario alza gli occhi verso la palla, perché non si accorga delle vostre intenzioni.
BRACCIO PIEGATO
SALTA PER SPINGERE
IL FINALE
Il braccio destro è piegato anche al momento dell’impatto, mentre quello sinistro è esteso.
Il salto indica che Murray si aspettava una seconda palla debole. Si è organizzato con anticipo e in maniera precisa. Ma perché salta? Per dare maggior spinta alla risposta. Se impattare un servizio veloce è più complicato, dall’altra permette di sfruttare la velocità di arrivo della palla.
Murray è stato talmente aggressivo da saltare sopra la palla e questo gli ha permesso di non dover accentuare il finale del movimento per trovare adeguata spinta e profondità.
Il punto d’impatto è alto (Murray ha anticipato la risposta), quasi all’altezza delle spalle. Il braccio destro è piegato quasi a 90 gradi, ma potrebbe esserlo anche a 110 o 70 gradi, perché è il braccio sinistro che comanda. È il vantaggio di avere una presa continental con la mano destra, perché è un’impugnatura che consente di muovere la mano come si vuole. Da notare che quando colpisce, Murray ha già i piedi per aria.
Dopo l’impatto, le mani proseguono la loro corsa in avanti e il braccio sinistro quasi si distende completamente per trasferire la massima energia. Da notare l’anca sinistra che, dopo l’impatto, finisce a sinistra (guardando la foto) rispetto alla destra.
Dopo l’impatto, in fase di ricaduta torna ad appoggiarsi sul piede destro ma ormai la palla è già andata. Posso scommettere che Murray, dopo aver preso un rischio cercando una risposta aggressiva, sarà molto rapido anche nell’uscita dall’esecuzione della risposta per continuare a spingere col colpo successivo. 135
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COMINCIAMO UNA SERIE DI LEZIONI PER ILLUSTRARE I COLPI BASE, SIA PER GLI AGONISTI SIA PER I GIOCATORI AMATORIALI DI MASSIMO SARTORI
Se siete dei novelli John Isner, non preoccupatevi: da quell’altezza e a quella velocità, sarà sufficiente tenere la palla in campo per assicurarvi il 90% dei punti. In tutti gli altri casi, è importante variare la direzione per non offrire dei punti di riferimento all’avversario, alternando la botta al centro con quella laterale.
3 LA TATTICA
Uno dei principali comandamenti per una prima di servizio efficace, è colpire la palla nel punto più alto che si riesce a raggiungere. Nella foto centrale si nota come, grazie al caricamento precedente, si arriva a colpire col braccio totalmente disteso. In questo modo si può trovare anche un angolo più acuto nella traiettoria.
2 L’IMPATTO
1 IL CARICAMENTO Come avrete modo di appurare nella sequenza successiva (vedi pagine seguenti), la fase di caricamento, sia delle gambe all’inizio del gesto, sia del braccio-racchetta che deve finire ben dietro sulla schiena, sono un aspetto fondamentale per riuscire poi a salire in alto a colpire la palla con la massima energia.
Servizio piatto
tecnica
Per realizzare un ace o un servizio vincente, la sola potenza non basta: bisogna allenare anche la precisione. Mettete dei bersagli negli angoli del rettangolo di battuta e cercate di colpirli tirando una prima di servizio alla massima velocità. Tenete sempre conto della percentuale di prime palle messe in campo.
ALLENATI COSÌ
Commettere un errore nella presa del servizio, vuol dire compromettere l’intera esecuzione. L’ideale è un’impugnatura Continental, detta anche a martello, che consente una buona escursione del polso. A volte può essere necessario fare piccoli aggiustamenti: li ha appena fatti anche Rafael Nadal, con grandi risultati. Una presa verso quella del diritto invece, renderebbe decisamente più complicato giocare le rotazioni.
GRIP
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Il servizio slice deve rappresentare una valida alternativa alla botta piatta. Se notate che l’avversario ha trovato il timing corretto anche quando servite ad alta velocità, cominciate a mixare: il cambio di direzione e la differente rotazione, gli renderanno la vita più difficile. Inoltre, lo slice è utile da destra per aprirsi il campo sul lato del rovescio avversario.
3 LA TATTICA
Se nella botta piatta era importante colpire al punto massimo raggiungibile, nello slice è fondamentale. Colpire alto vuol dire avere a disposizione un angolo maggiore. E l’angolazione è la qualità principale di un servizio slice. L’impatto deve avvenire con il piatto corde che colpisce la palla vicino a “ore 3” per dare la rotazione necessaria.
2 L’IMPATTO
Anche se rispetto alla botta piatta, la potenza è un fattore meno determinante, il caricamento delle gambe e del braccio-racchetta resta un obbligo per riuscire a dare dinamicità al movimento. Inoltre, il braccioracchetta deve andare sempre rapido perché la rotazione rallenterà già di per sé la velocità della palla.
1 IL CARICAMENTO
Servizio slice
Sostanzialmente potete ripetere l’esercizio illustrato per la botta piatta, variando semplicemente la posizione dei bersagli. Lo slice si usa soprattutto da destra e il bersaglio va messo vicino alla riga del corridoio, a metà strada tra la rete e la riga di metà campo. Da sinistra bisogna invece mirare la riga centrale.
ALLENATI COSÌ
È importante, oserei dire fondamentale, non variare la presa. Al massimo, si può leggermente spostarla verso quella del rovescio per avere il piatto corde ancora più chiuso e colpire la palla con maggior slice. Fate però attenzione che se si esagera con la rotazione, si perderà troppo in potenza. E comunque, lo slice va dato col polso e non variando eccessivamente presa ed escursione del braccioracchetta.
GRIP
REVOLU
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UTION! PUÒ UN GIOCATORE DI CLUB CANCELLARE UNA DECENNALE MEMORIA MUSCOLARE PER CORREGGERE E MIGLIORARE LA PROPRIA TECNICA DI GIOCO? ANDREW FRIEDMAN CI HA PROVATO...
S
e siete giocatori del mio livello, vuol dire che avete anche voi un tallone d’achille nel vostro bagaglio tecnico, una debolezza che vi accompagna sin da quando avete cominciato a giocare. È chiaro che vi sono momenti di frustrazione perché ci si sente impotenti davanti a tutto ciò, ma solitamente non c’è granché da fare per una semplice ragione: quando giocare a tennis non è il vostro lavoro, trovare il tempo (senza considerare il talento, l’allenamento e la volontà) per migliorare il diritto o la volée, è chiedere troppo. Oppure no? Il mio tennis raggiunge il suo punto più basso col servizio. È così da sempre. Al centro del problema, l’impugnatura. Uso la stessa Eastern di sempre, appresa come autodidatta da ragazzino. Devo picchiare forte per ottenere qualche risultato ma non offre alcuna possibilità di variare direzione e rotazione. Nel corso degli anni, diversi (ottimi) maestri hanno cercato di convincermi a cambiarla con un’impugnatura Continental, ma mi sono sempre rifiutato: non ho tempo di fare centinaia di cesti e sviluppare una nuova memoria muscolare. E non sono nemmeno disposto a perdere tanti match per riuscirci. Un maestro, piuttosto frustrato dalle mie ragioni, mi ha ricordato che pure Pete Sampras ha cambiato il rovescio bimane che usava da ragazzo con quello a una mano, ed è stato disposto a perdere diversi match pur di farlo. Già, ma Sampras stava cercando una strada per arrivare a vincere Wimbledon. Io, col tennis, voglio solo divertirmi. TESTO DI MARCO IMARISIO Detto ciò, recentemente ho ripensato a certi miei convincimenti. Così mi sono nuovamente chiesto: quanto mi costerebbe provare realmente a sviluppare un servizio più penetrante e vario? Per scoprirlo, ho chiamato il mio primo maestro (colui che mi ha 139
insegnato i colpi fondamentali, alla vecchia soglia dei 40 anni), Al Johnson, col quale mi sono ritrovato al The Prospect Park Tennis Center di Brooklyn, New York City. Già quando prendevo regolari lezioni settimanali, Al aveva cercato di spiegarmi l’importanza di avere un servizio solido, insistendo per terminare ogni lezioni con almeno 10 minuti di servizi. Ma nemmeno lui mi convinse a cambiare l’impugnatura. Ho chiamato Al e gli ho spiegato il mio cambio di opinione. È rimasto sorpreso quanto felice e abbiamo fissato una lezione. Quando ci siamo visti, abbiamo stabilito un format che era l’esatto opposto delle vecchie lezioni: 10 minuti di scambi da fondo per scaldare i muscoli e 50 minuti di servizio. Cinquanta minuti parcheggiato sulla linea di battuta, eseguendo un solo colpo, senza nessuno che rispondesse, nessun palleggio e nemmeno l’occasione di sudare un pochino. È ciò che succede quando un giocatore di club decide di cambiare qualcosa nel proprio gioco. Al mi ha mostrato come impugnare una Continental e i vantaggi che avrei riscontrato: «Potrai muovere il polso come si deve». Mi consigliò anche di tenere la mano rilassata mentre impugnavo. È bastato girare un filino l’impugnatura dalla Eastern alla Continental per avvertire una sensazione nuova e, appena lanciata in aria la palla, non avevo alcuna idea di come dirigere il colpo, una sfida esasperata dalla necessità di pronare il polso leggermente appena prima di colpire la palla, per ottenere un angolo di impatto adeguato. Sono stati 50, lunghi minuti. Restare concentrato sulla nuova impugnatura, mantenere la mano rilassata, pronare e dirigere la palla nel box di battuta mi sono costati maggior fatica che imparare le basi del servizio. Al si è raccomandato di non colpire dei brutti lanci e di tenere la testa alta per osservare il momento dell’impatto. Esercizi che mi ricordavano da vicino le riabilitazioni che ti insegnano nuovamente a camminare dopo un brutto incidente alle gambe. «È durissima» gli dissi ad un certo punto. «Ovviamente è dura - mi ha risposto Al mentre mi offriva un’altra palla da colpire -. È tutto nuovo». Poi, pian piano ho cominciato a trovare regolarità e a colpire più forte. Alla fine, Al mi ha chiesto di servire dieci volte da destra e, con mia grande sorpresa, otto sono finiti perfettamente in campo. Tuttavia, erano talmente deboli che non mi sentivo granché ottimista, nel caso mi fossi trovato a giocare una partita. Ho quindi provato a servirne altre dieci, aumentando la velocità dell’esecuzione. La mia percentuale è subito crollato al 50%. Cosa sarebbe successo durante una partita? Ho deciso di scoprirlo giocando contro il mio amico Marc e promettendo a me stesso che non avrei fatto passi indietro verso la mia vecchia impugnatura. Nemmeno una volta. Se anche mi fossi trovato in una situazione delicata, avrei provato a uscirne con il mio nuovo
movimento. Ho però commesso l’errore di dire a Marc quello che stavo cercando di fare. Vinto il sorteggio, mi ha guardato beffardo: «Servi tu per primo!». Ho controllato l’impugnatura, rilassato la mano, lanciato la palla e... bam! La palla è rimasta miracolosamente in campo. Tuttavia, il mio servizio era privo di potenza che Marc riusciva sempre a mettermi pressione con la risposta. Tuttavia, entrambi abbiamo tenuto il nostro turno di servizio varie volte. Sul 4 pari, è arrivato il momento della verità. Mi sono trovato ad affrontare un break point. In altri momenti mi sarei rifugiato nel mio vecchio movimento, per essere sicuro di generare sufficiente potenza e magari di tirare una prima vincente. Invece, ho tenuto la mia presa Continental, ho fatto rimbalzare la palla, controllato il grip, rilassato la mano, lanciato la palla e... bam! È finita lunga. Dopo un lungo respiro (e qualche rimbalzo extra) ho lanciato nuovamente la palla che è finita miseramente in rete. Doppio fallo. Cinque minuti dopo, Marc aveva vinto il set. Il match mi ha fatto pensare molto. Certamente non è stato l’esordio che mi auguravo per la mia nuova “arma”. Ma devo riconoscere che, se voglio migliorare, devo essere disposto a perdere qualche game, e qualche match, prima che il nuovo gesto diventi meccanico. Devo inoltre continuare a lavorare tecnicamente e per questo ho prenotato un’altra lezione con Al. Gli ho raccontato del match e mi ha detto di non mettermi troppa pressione addosso. Per concentrarmi sulla meccanica esecutiva, mi ha consigliato di fare due cose: tenere il mignolo alzato per rilassare di più la mano, preoccupandomi solo di indirizzarlo esattamente dove volevo, senza preoccuparmi della velocità. Poi, in seguito, di eseguire tranquillamente il gesto, velocizzando però la testa della racchetta all’ultimo secondo. Piano piano ho preso confidenza con la nuova impugnatura e ho cominciato a tirare sempre più forte. Ho quindi fissato un altro match, questa volta contro un avversario mai visto prima, tal Stone. Questa volta mi sono incontrato con Al prima del match e ho servito 15 minuti con lui che mi rispondeva, simulando qualche punto. Mi sono sentito molto meglio. Nonostante abbia subito dei break, questi erano dovuti più alla qualità del gioco avversario. Ho comunque vinto il primo set 6-4 e conducevo 5-2 nel secondo quando è terminata la nostra ora di gioco. Mi ero divertito meno di altre volte perché troppo concentrato sul mio servizio, ma ero soddisfatto dei risultati raggiunti. Le ragioni delle miei iniziali resistenze persistono: ho cominciato a giocare a tennis per sfogarmi dallo stress quotidiano, non per aggiungerne altro. Ma la vittoria in questo secondo match mi ha dato la motivazione per continuare in questo progetto: giocare una prima più versatile e una seconda carica di spin. Vado avanti convinto che i risultati più difficili da ottenere sono quelli che offrono le maggiori soddisfazioni. Il nuovo servizio trasformarmi in un giocatore più completo. E cosa ci può essere di più divertente su un campo da tennis?
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TENNIS 145
L’ITALIA È RICCA DI LUOGHI SPECIALI. MA SE CERCHI UN RESORT CHE SUPERI L’ECCELLENZA, LA SCELTA È SEMPLICE: FORTE VILLAGE Il Forte Village non è più solamente un resort di lusso, è un marchio di eleganza, un brand che esporta nel mondo lo stile italiano. Una clientela internazionale che apprezza la nostra ospitalità, una location sul meraviglioso mare della Sardegna, una cucina di livello altissimo (a cominciare dalla presenza del mitico Gordon Ramsay), un centro di talassoterapia che è un vero gioiello, ma anche un’offerta sportiva con pochi eguali. Dalla scuola calcio del Chelsea voluta da mister Abramovich in persona (che spesso sverna da queste parti con la famiglia. Quando attracca il suo yacht è difficile non notarlo) a qualsiasi attività di mare, dai percorsi golf seminati vicino alla struttura al nostra amato tennis, che gode di particolare rilevanza e gode di una cornice spettacolare. Quest’anno, il Forte Village ha lanciato un’iniziativa che fino adesso era stata prerogativa di altre strutture alberghiere, in particolare in Turchia. Si è deciso di organizzare 10 tornei professionistici (cinque maschili e cinque femminili), a maggio e settembre, offrendo a tanti giocatori pro di vivere un’esperienza importante e di guadagnarsi dei punti preziosi per la classifica mondiale. Al contempo, il resort offre l’opportunità ai suoi ospiti di ammirare dei giocatori professionisti impegnati in competizione, tra i quali alcune delle migliori promesse del tennis italiano (al primo torneo erano presenti anche Stefano Napolitano e Matteo Donati). Una piacevole novità che si accompagna alla tradizione della Stars Academy. Se infatti i tornei ITF possono rappresentare un trampolino di lancio per le giovani promesse future, il Forte Village propone cinque settimane da sogno con la presenza di altrettanti giocatori che una carriera importante tra i professionisti l’hanno già vissuta. Si comincia a giugno, si finisce a settembre e quest’anno le novità sono parecchio interessanti. A partire dalla presenza di Rocky Loccisano, ex coach di Pat Cash, ormai di casa al Forte. Toccherà a lui gestire i cinque campioni che si alterneranno, a partire da quel Jonas Bjorkman, ex top 5 mondiale (e numero uno del mondo in doppio) che gli ospiti del Forte Village ormai conoscono bene e che sarà presente dal 7 giugno. A seguire, la bella novità rappresentata da Charly Steeb, mancino tedesco che ha avuto la fortuna/sfortuna di giocare nella stessa era di Boris Becker e Michael Stich (la fortuna è che avere compagni del genere in Coppa Davis era un bel vantaggio, la sfortuna è che una carriera di tutto rispetto è stata oscurata dai due fenomeni). E ancora, dal 10 luglio Mark Woodforde, la metà dei Woodies (l’altra metà era Todd Woodbridge), una delle più forti coppie di doppio della storia. Come perdere l’occasione di chiedere come tagliare sotto rete, come rispondere stretto, come attaccare in back (e perché utilizzava una
racchetta con così poche corde, anche se certi particolari è meglio non imitarli). Via Woodforde, arriverà l’olandese Paul Haarhuis, ottimo in singolare, anche lui favoloso in doppio e infine, dal 19 agosto, il marocchino Younes Al Aynaoui, che conosce benissimo il nostro paese e che si è sempre distinto per classe, eleganza e un diritto da far paura (oltre che per un’epica battaglia contro Andy Roddick all’Australian Open 2003 e perso solo 21-19 al quinto set contro l’ex numero uno del mondo. A voi dunque la possibilità di sfruttare un’occasione pressoché unica, quella di dividere il campo con un professionista di livello altissimo e carpire qualche segreto tecnicotattico. Negli anni passati, abbiamo avuto la fortuna di dividere il campo con Jonas Bjorkman e Thomas Enqvist e la tipica disponibilità svedese è andata oltre ogni aspettativa, col buon Jonas capace di passare un’ora a (cercare di) spiegare qualche schema vincente di doppio, come giocare una prima volée solida, come riuscire a rispondere un metro dentro la linea di fondocampo (oh, a lui riusciva contro Sampras, riusciremo anche noi contro i nostri avversari al circolo). Ma le sorprese non finiscono con gli ingaggi degne di un top team di calciomercato. Gli otto campi in terra rossa della Tennis Academy sono stati tutti rinnovati, insieme alla nuova, splendida reception. E, chiaramente, di fianco al Dream Team di coach, una serie di maestri qualificati a disposizione per l’intera giornata per chi volesse provare a migliorare il proprio tennis. Il Forte Village è però diventato una vera e propria Sports Academy, vista la presenza di una scuola calcio Chelsea per ragazzi con istruttori della squadra londinese, vincitrice della Champions League 2012. E poi l’academy di rugby, quella di golf, quella di cricket e, last but not least, à metà luglio quella di basket, vera novità del programma 2013. E per non farsi mancare nulla, è stato invitato Ettore Messina, che sarà reduce dalla Final Four di EuroLeague col suo CSKA di Mosca. Ovviamente, il Forte Village non è solo sport. L’accomodation è molto diversificata con sistemazioni differenti, a seconda dei vostri desideri. La spiaggia e il mare sono meravigliosi (siamo in Sardegna, remember), i ristoranti non riuscirete a testarli tutti (a meno di non soggiornarvi per un mesetto) e la piazza Maria Luigia offrirà ogni sera uno spettacolo imperdibile. Ma la ciliegina sulla torta è il centro Thalasso, un’esperienza unica. Vi sono piscine di ogni genere (di olio, di sale, eccetera eccetera) e trattamenti che rimetterebbero in sesto anche lo sportivo più acciaccato. Provate l’esperienza di frequentarla di sera, illuminata di sole candele. Un’emozione che vi porterete dentro a lungo. Come quella di un doppio giocato al fianco di Jonas Bjorkman.
INFO: Forte Village Resort, SS195 Km 39,600, 09010 Santa Margherita di Pula. Aeroporto: Cagliari. www.fortevillage.com
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L’ELBA TENNIS CAMP DEL MAESTRO FILIPPO BERSANI, È UN APPUNTAMENTO IMPERDIBILE DELLA STAGIONE TENNISTICA. SPECIAL GUEST? RICCARDO PIATTI DI RICCARDO BISTI
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CI SONO DEI PUNTI FERMI TRA LE TENNIS CLINIC ITALIANE. E UNO DEGLI APPUNTAMENTI PIÙ ATTESI È IL TENNIS CAMP ALL’ISOLA D’ELBA. Perché il mondo è pieno di resort meravigliosi, dove ogni appassionato sogna di mettere insieme le due parole magiche: tennis e relax. Tuttavia, non c’è bisogno di andare dall’altra parte del mondo per trovare il posto che fa per...tutti: coppie, single, bambini, gruppi di amici, agonisti. Il viaggiatore-tennista può trovar eil suo Eden alla Tenuta delle Ripalte, nel cuore dell’Isola d’Elba. Un luogo paradisiaco che ospita una delle tennis clinic più attese (e apprezzate) d’Italia. Volete migliorare il vostro livello? Volete mantenervi in forma anche in vacanza? Volete provare l’ebbrezza di ammirare il vostro diritto accanto a quello di Roger Federer? Basta chiamare il Maestro Filippo Bersani, piacentino, ideatore del progetto Elba Tennis Camp, che da anni sverna per tutta l’estate in uno die luoghi più incantevoli del nostro Paese. Un’idea talmente brillante da essere sposata dal più celebre (e vincente) coach italiano, Riccardo Piatti. Di solito le belle storie nascono per caso. Stavolta di casuale c’è ben poco: vent’anni fa, Bersani ha conosciuto questo spicchio di terra in mezzo al mare e ha capito che sarebbe potuto diventare il paradiso dei tennisti. «Una cinquantina d’anni fa, lo Stato ha chiuso le miniere di ferro – racconta Bersani – dando vivibilità a un luogo colmo di vegetazione. La zona è stata acquistata dal marchese Tobler, avo degli attuali proprietari, che ne ha fatto la propria residenza estiva. Il tutto rispettando la natura e senza togliere spazio ai boschi, le spiagge col mare cristallino e una tranquillità quasi surreale». Vero. I posti letto non sono moltissimi e si dislocano in uno spazio di 450 ettari. «Per questo succede che anche il giorno di Ferragosto ci si possa domandare se c’è qualcuno». La tranquillità e l’assenza di distrazioni lo rendono il posto ideale per lo sport. Se ne è accorto anche Piatti, dalla prima volta che è transitato da queste parti: «Qui ci faccio la mia Accademia». È un luogo paradisiaco, dove si può lavorare in tranquillità e senza distrazioni. Bersani è stato il primo ad accorgersene, ma nemmeno lui immaginava dove lo avrebbe portato la sua intuizione. «Ho convinto la proprietà a investire sul tennis, costruendo sempre più campi e migliorando le strutture. In questo momento ci sono sei campi: due in terra battuta e quattro in sintetico». Se a Dubai hanno fatto giocare Roger Federer e Andre Agassi in cima a un tetto, all’Isola d’Elba hanno fatto ancora meglio: hanno costruito un campo da tennis in cima... a una cantina! Ovviamente è l’unico al mondo. Una particolarità che ha incuriosito anche Sky Sport, tanto che qualche tempo fa Stefano Meloccaro ha realizzato un servizio. «Il nostro filo conduttore si chiama unicità – continua Bersani – vogliamo offrire un prodotto assolutamente esclusivo». Ci sono riusciti alla grande. Pensi al villaggio turistico e ti viene in mente l’animazione, la musica sparata a tutto volume. All’Isola d’Elba è tutto diverso, con alcune chicche di assoluto valore. Millenni fa, gli antichi romani realizzavano un vino pregiato, l’Alea Ludendo. Lo dismisero, ma la famiglia Tobler l’ha ripreso e ancora oggi lo produce con una qualità straordinaria. In altre parole: potete degustare un bicchiere di vino pregiato in cantina, poi salite le scale e vi fare una partita di tennis (però è meglio viceversa). Bersani cominciò
portando i suoi allievi per trascorrere un paio di settimane tra allenamenti e relax. Ma i genitori dei bambini, incantati dalla bellezza del posto, hanno fatto partire un inarrestabile passaparola. Sorpresi da tanto entusiasmo, i proprietari hanno chiesto a Bersani di fare il...tour operator sportivo. «Ho assunto maestri di qualità per offrire un servizio professionale e siamo cresciuti fino a organizzare 18 settimane di stage». Incredibile ma vero: dal 23 maggio al 14 settembre, l’attività sarà ininterrotta. Il passaggio successivo è stata la collaborazione con la GoTennis di Filippo Montanari, società leader nel settore, da cui è nato il contatto con Riccardo Piatti. Il tecnico comasco ama il posto a tal punto da dedicare ben sette settimane ai suoi stage. In altre parole: volete farvi allenare dall’uomo che ha portato Ivan Ljubicic al numero 3 ATP? Con Elba Tennis Camp è possibile. La sola presenza di Piatti sarebbe sufficiente per attrarre anche il più svogliato degli appassionati, ma c’è molto di più. Insieme a lui ci sono Massimo Sartori (storico coach di Andreas Seppi) e i coach del suo staff: Cristian Brandi e Danilo Pizzorno, guru della videoanalisi. «La videoanalisi è una bella novità – racconta Bersani – in tanti ne sono rapiti, soprattutto i più giovani. Allora con Danilo abbiamo fatto un passo in più: realizzare una vera e propria stazione di videoanalisi. Si tratta di una torretta posta tra i campi. Al piano terra c’è un salottino, al piano superiore la sala regia. Danilo va in campo con la stazione mobile (ma abbiamo anche le telecamere fisse per riprendere le varie partite), riversa i dati nel suo computer e realizza un prodotto che fa sentire un professionista anche il più amatore degli NC. La comparazione dei propri colpi con quelli dei professionisti è qualcosa che fa impazzire». Perché il bello dell’Elba Tennis Camp sta nella sua poledricità. Sei un top 100 ATP? È il posto ideale per allenarti. Sei un terza categoria che vuole passare in seconda? Idem. Vuoi battere il tuo avversario nelle partite della domenica? I maestri ti spiegheranno come fare. Sei un junior desideroso di migliorare? Piatti insegnerà a te e al tuo maestro. «Spesso invitiamo anche i maestri, in modo che ci sia un vero e proprio confronto con i coach professionisti. Piatti analizza il lavoro e offre la sua opinione. Quando gli stage finiscono, tutti i maestri si sentono arricchiti”. L’organizzazione si prende cura del cliente dalla prima telefonata a quando mette piede sul traghetto per tornare a casa. «Per questo non ha senso parlare a priori di un listino prezzi. Mi chiamano, ascolto le loro esigenze e studio la soluzione più adatta». Nella Tenuta delle Ripalte si può girare in bicicletta, a cavallo o dedicarsi al diving. Gli alloggi? Oltre ai tradizionali hotel, ville e appartamenti, c’è anche il concetto del “Glamping”, (glamour camping), con tende di lusso. E a proposito di unicità, negli Anni 60 diverse stelle del cinema (tra loro anche Marcello Mastroianni) avevano un’abitazione da queste parti. Oggi le ville vengono affittate ai clienti. Traduzione: al mattino potete andare al mare, al pomeriggio allenarvi con Riccardo Piatti, alla sera cenare con un vino inventato dagli antichi romani e poi dormire nello stesso letto di Mastroianni. C’è di meglio nella vita?
INFO: Elba Tennis Camp, tel. 335 6924932. Traghetto: Piombino-Portoferraio e Piombino-Porto Azzurro. www.elbatenniscamp.it
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DEIA, ISOLA DI MAIORCA, SPAGNA Incantevole. Non immaginate il solito hotel all’americana, magari super lusso, super techno, super attrezzato, ma anche anonimo. La Residencia di Deia, come suggerisce il nome, è un tipo di hospitality differente. Parliamo di manor house all’inglese, come enormi villoni pronti ad accogliere gli ospiti non come clienti ma come amici. Camere di grande eleganza, due piscine meravigliose, soprattutto quella accessibile solo agli adulti, con vista sulle colline e nessun rumore intorno. Se il relax dovesse materializzarsi, lo farebbe in quell’angolo di paradiso. Il tennis? Due bellissimi campi con mattoni esposti intorno, una vista meravigliosa e ad accogliervi Shayne Tabb, coach australiano che ormai ha messo radici in questo piccolo borgo dell’isola di Maiorca (e come dargli torto?). Potete optare per lezioni singole o di gruppo, per match con vari sparring partner e tornei organizzati per gli ospiti. Per il post-match, una visita alla Spa e la cucina del ristorante El Olivo per chiudere in bellezza. Hotel La Residencia, Son Canals s/n - 07179 Deia, Mallorca. www.hotel-laresidencia.com 152
UMAGO, CROAZIA Difficile trovare una maggior concentrazione di campi da tennis come in questo angolo di Croazia, celebre soprattutto per il torneo ATP che organizza alla fine di luglio e che attira migliaia di appassionati e alcuni dei più forti giocatori del circuito mondiale. La sistemazione più lussuosa è il Melia Coral, un cinque stelle di grande eleganza che da un paio d’anni dispone della formula Adults Only, nel senso che non sono ammessi ragazzi sotto i 16 anni. Hospitality and Food sono particolarmente apprezzati, così come la zona mare e la struttura tennis. Appena varcata la porta dell’hotel, si ammira la distesa di campi in terra rossa, una dozzina, con una manutenzione degna del Country Club di Monte Carlo. Tavoli da biliardo, perfetti in ogni dettaglio, come ormai se ne vedono pochi nel nostro Paese. Il top è rappresentato dallo stage GoTennis di metà giugno quando il team di Filippo Montanari si trasferisce a Umago. Un luogo ideale per unire tennis, relax e divertimento. Hotel Melia Coral, Katoro bb, Umago 52470, Croazia. www.it.melia.com - www.gotennis.it 153
ISOLA MAURITIUS Era già splendido, dopo la ristrutturazione avvenuta negli ultimi anni, è il più appetibile resort di Mauritius, se si tien conto del rapporto qualità-prezzo. Particolarmente apprezzato dagli ospiti europei, la qualità dell’hospitality è altissima, come la struttura, tutta tipicamente in stile mauriziano. Mare e spiaggia sono da cartolina, ma anche l’offerta sportiva è di primissimo livello, a partire dal tennis. Lo Sugar Beach dispone di sei campi in erba sintetica, piatti come tavoli da biliardo e tenuti in ordine con cura maniacale. Kamil Patel, che li gestisce vanta un curriculum di tutto rispetto (numero 1 delle Mauritius, ATP ranking 280 nel 2002, capitano di Coppa Davis) e ha creato una scuola sull’isola di tutto rispetto che ha elevato in maniera esponenziale il livello di insegnamento. Per Kamil Patel, il tennis è una missione, al punto che diversi fuoriclasse (lo scorso inverno anche Serena Williams) hanno scelto Mauritius come base per la preparazione della nuova stagione. Sugar Beach Resort, Wolmar, Flic en Flac, Mauritius, www.sugarbeachresort.com - www.destinations.it 154
GOING AM WILDEN KAISER, AUSTRIA Già il nome è affascinante: Bio-Hotel. In sostanza, un luogo dove rimettersi in forma, con il fisico e con lo spirito. Il luogo è meraviglioso, in estate come d’inverno, di fronte ad un ghiacciaio e con un hospitality molto particolare. A gestirlo ancora la famiglia che da oltre un secolo non ha mai mancato un giorno di lavoro, per offrire un’esperienza unica ai suoi ospiti. Sotto vari punti di vista. Quello principale, è poter vivere in mezzo alla natura, comprese le attività sportive che sono presenti. Come il tennis, gestito dalla mitica scuola di Peter Burwash, un guru del tennis americano la cui organizzazione si occupa della sezione tennis in alcuni dei più importanti resort del mondo. E lo Stanglwirt (che dispone di campi outdoor e di una splendida struttura indoor) non fa eccezione, al punto da meritare ampi riconoscimenti negli stessi States (vedi anche su TennisResortsOnLine) dove è l’unico resort europeo citato nelle varie top 10 dei luoghi tennistici più belli del pianeta. Bio-Hotel Stanglwirt, Kaiserweg 1, A-6353 Going am Wilden Kaiser, www.stanglwirt.com 155
MARBELLA, SPAGNA Nel 1979, il Puente Romano Tennis Club è stato inaugurato e, per non farsi mancare niente, l’accademia era stata affidata a Bjorn Borg, allora superstar sui campi ma che passava volentieri qualche settimana in questo angolo di paradiso. Nel 1983, Borg passò la palla a Manolo Santana, uno dei più grandi tennisti della storia del tennis spagnolo e ancora adesso le facilities tennistiche del resort sono considerate tra le migliori di tutto il sud Europa. Al punto che per anni si sono disputati tornei professionistici, compreso un torneo WTA, visto che il campo centrale può ospitare circa 2.500 spettatori. Si è giocata anche la Davis Cup Senior con la presenza di fuoriclasse come John McEnroe, Boris Becker e Jim Courier. In totale, vi sono 10 campi da tennis (otto in terra battuta e due in cemento), oltre a quattro campi da paddle, che in Spagna tira molto. senza contare che sono presenti coach di ottimo livello, anche per academy invernali o stage estivi. Hotel Puente Romano, Bulevar Principe Alfonso von Hohenlohe s/n, Marbella, Spagna. www.puenteromano.com 156
ATOLLO LHAVIYANI, MALDIVE Ma che pensi, di giocare a tennis alle Maldive? Beh, la domanda non è priva di buon senso, visto che i piccoli atolli maldiviani non sono stati studiati per ospitare academy di tennis con distese infinite di campi. Eppure, c’è chi ha pensato di infilarne un paio in mezzo alla ricca vegetazione e creare un luogo intimo e meraviglioso dove poter giocare un match. Il Kanuhura Resort si trova a tre questi d’ora di idrovolante da Malè, si distingue per lusso ed eleganza ma, per noi aficionados della racchetta, anche per i due campi che trovano spazio tra le acque cristalline e le ville. Hanno optato (intelligentemente) per l’erba sintetica, della miglior qualità: massimo comfort, rimbalzo regolare, velocità non eccessiva e luci artificiali perché di giorno può fare molto caldo. Il servizio è sempre da 5 stelle lusso, con tanto di frutta esotica e bibite ghiacciate a bordocampo. Sull’atollo vi è anche un maestro e uno sparring partner, a seconda delle vostre esigenze e, nei periodi clou, si organizzano anche tornei e clinic. Tennis alle Maldive? Si può, si può... Kanuhura Resort, Kuredu Island Resort, Lhaviyani Atoll, Maldive. www.kanuhura.com 157
MIAMI, STATI UNITI Crandon Park Tennis Center: a Miami è un’istituzione, anche se in realtà bisogna percorrere uno dei famosi ponti e arrivare fino all’isola di Key Biscayne. Un viaggetto (calcolate un’oretta se venite da Miami Beach) che vale sicuramente la pena. E non solo per il tennis. Si tratta di una riserva naturale bellissima, con un parco che vale la pena visitare e alcune delle spiagge (selvagge) più belle della zona. In sostanza, se non amate solo il glamour di Ocean drive, potrebbe piacervi anche più della mitica Miami Beach. Se poi il tennis è una passione alla quale non volete rinunciare nemmeno in vacanza, allora Key Biscayne è l’isolotto che fa per voi: dal Crandon Park Tennis Center (dove si disputa l’ATP Masters 1000 e che resta aperto anche per i comuni mortali) a una miriade di tennis club e accademie sparse ovunque e con libero accesso. Se poi non ne avete abbastanza, potete tornare a Miami Beach e scambiare due palle con Jimmy Bollettieri, il figlio di Nick, che insegna nel rinnovato Flamingo Tennis Center. Crandon Park Tennis Center, 7300 Crandon Boulevard, Key Biscayne, Florida, Usa. www.sonyopentennis.com 158
TENERIFE, SPAGNA Se Emilio Sanchez vi ha aperto una sua personale accademia (anche per adulti), vuol dire che l’Abama Resort è davvero un luogo di grande appeal. Perché l’Academia Sanchez-Casal è ormai considerata il top a livello europeo e ospita campioni di grande livello e, di conseguenza, cerca solo partnership che garantiscano un’affidabilità notevole. Da questo punto di vista, l’Abama Resort è uno spettacolo, per il livello di ospitalità e le strutture a disposizione. Comprese quelle sportive e tennistiche in particolare. Vi sono sette campi in Plexipave (come all’Australian Open), tenuti splendidamente e pronti ad ospitare giocatori ed eventi di livello internazionale, con un campo centrale che può ospitare fino a 600 spettatori. I coach presenti sono di ottimo livello e soprattutto seguono la didattica creata da Emilio Sanchez nella sua accademia principale di Barcellona. Pare quasi inutile sottolineare, trattandosi di un resort 5 stelle, che anche il resto dell’ospitalità è curata nel minimo dettaglio. Abama Hotel Resort, Ctra. General TF47 km 9, Guia de Isora, Tenerife, Spagna, www.abamahotelresort.com 159
The End
TI PIACE INCORDARE FACILE? Molti appassionati sono ancora (troppo) convinti che quello dell'incordatore sia un lavoro banale. Piano piano (troppo piano) anche i giocatori di club si stanno accorgendo dell'importanza di montare una buona corda, ma fanno poca attenzione a chi le incorda. Come se una mano valesse l'altra. Niente di più sbagliato. Non è un caso se anche un Nadal, che viaggia senza incordatore personale, comunque in ogni torneo chiede che a incordare la sua AeroPro Drive sia sempre la stessa persona, sulla stessa macchina incordatrice. Diffidate di chi si presenta come incordatore specializzato nei vialetti di un circolo e poi si scopre che usa una macchina manuale, senza alcun strumento per verificare il lavoro che deve svolgere. Il tutto per risparmiare tre euro, un'operazione che costa già poco nei negozi specializzati (dai 6 ai 9 euro), quando invece i professionisti pagano 25 euro (di sola manodopera) in un torneo pro. Una cattiva incordatura renderà poco performante la vostra racchetta, vi farà giocare peggio e vi costringerà... a cambiarla. Meditate gente, meditate. E poi affidatevi ad un incordatore professionista.
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