Playbook 2015

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THE PLAYBOOK

! free

FOR JUST YOU

love.




sommario / playbook 2015

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loVE 30

RogER FEDERER

Quali sono i migliori giocatori da mettere sotto contratto come testimonial? Una scelta difficile. Ci abbiamo provato, indicando i primi trenta.

Il campione più amato, più conteso, più ammirato. Che ha saputo evolvere la sua immagine, grazie anche alla sua fedele compagna di avventura. by Federico Ferrero

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oscAR 2015

iMAgE is EVERyTHing

sPEciAlE coRDE

Abbiamo chiesto a 55 top negozianti d'Italia di votare i migliori prodotti del mercato. La miglior giuria possibile per ottenere uno spaccato preciso delle nuove tendenze

I fuoriclasse del tennis sono contesi da sponsor di ogni genere: auto, orologi, assicurazioni, banche. Ecco spiegato come e perché. by Riccardo Bisti

Sono il vero motore della racchetta ma spesso vengono sottovalutate dai giocatori di club. Ecco una guida per capire meglio un mondo complicato e fare la scelta giusta.


sommario / playbook 2015

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THE cool TEnnis guy

THE PuRE DRiVE sToRy

PoRTFolio BJoRn BoRg

Basta con le solite racchette, le solite trasferte, i soliti completini. Ecco cosa bisogna fare per essere cool (e farsi invidiare dagli amici al club)

La racchetta simbolo del nuovo millennio. Nata per assecondare le esigenze delle donne, ha vinto Slam e tornei di quarta con la stessa facilità. E il nuovo modello... by Lorenzo Cazzaniga

L'Orso svedese è stato il primo campionesandwich, inseguito dagli sponsor e ammirato dalle fans. Dopo aver rivoluzionato il gioco. by Cino Marchese

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lED

THE sociAl TEAM

Le lampade Led stanno rivoluzionando l'illuminazione dei campi da tennis, offrendo prestazioni migliori con una spesa ridotta... by Lorenzo Cazzaniga

C'è Mister Lob che ti fa sbroccare e il Teacher che ha sublimato nel tennis la passione per le donne. Personaggi curiosi della più improbabile squadra di Serie D by Corrado Erba


sommario / playbook 2015

editoriale

10 Battilei

Tutto (o quasi) quello che abbiamo imprato dal mercato del tennis in un anno ricco di novità. E sul discorso del Play Smart... by Lorenzo Cazzaniga

rUBricHe

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occHio ai Piedi Continuano i nostri (sorprendenti) test sulle solette Noene, sempre più ricche di testimonianze positive e di dati tecnici interessanti.

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la nUoVa terra Dal Monte Carlo Country Club alla Mouratoglou Academy, passando per tanti circoli italiani e svizzeri e con le opinioni di personaggi qualificati come Riccardo Piatti. Ecco come Red Plus vuole rivoluzionare il concetto di terra battuta

tecnica

12 lo SMaSH

Un colpo molto sottovalutato e poco allenatoma che può rivelarsi psicolgicamente decisivo. Se ne sbagliate uno decisivo. by Diego Nargiso

122 MiGliorare. Per Vincere Il vostro gioco è improvvisamente entrato in crisi durante il match? ecco come non perdere la partita. by Brad Gilbert

128 leZione GratUita

Si può sempre migliorare il proprio tennis, dal punto di vista tecnico ma anche tattico. Con alcuni semplici accorgimenti e relativi esercizi. by Francesco Michelotti

traVel

145 FiVe StarS acadeMY

Il meraviglioso Forte Village Resort in Sardegna offre l'ooportunità di giocare con grandi ex campioni. E di assistere a tornei pro.

146 aroUnd tHe neW World

«Se il vento rende la tua vita tennistica complicata,

costruisciti un campo indoor. e invitami a giocare: anche a me non piace il vento» Brad Gilbert

Non solo Slam, non solo Roma e Monte Carlo. Il tour pro offre tante opportunità per unire tennis e vacanza. Ecco le dieci migliori.

154

WelcoMe to ParadiSe Non tutti i campi da tennis sono uguali. Alcuni sono ospitati in ambienti molto speciali. Da Mauritius all'Arizona, dalle Maldive a Positano, ecco il top of the world


Fabio FOGNINI (ITA)

FB.COM/BABOLAT

@BABOLAT

BABOLAT - OFFICIAL TENNIS RACKETS, SHOES*, BAGS AND ACCESSORIES OF THE CHAMPIONSHIPS, WIMBLEDON

BABOLAT - OFFICIAL RACKETS, STRINGS, BALLS, BAGS AND ACCESSORIES OF THE FRENCH OPEN ROLAND-GARROS


THE PLAYBOOK

Direzione e redazione via Bernabò Visconti 18 20153 Milano Direttore responsabile Lorenzo Cazzaniga lorenzo@tennisbest.com INSPIRED BY I giocatori di club che ogni giorno si sfidano per migliorare la loro classifica. Quella della TPRA.

Caporedattore Riccardo Bisti info@tennisbest.com Hanno collaborato Marca Caldara, Corrado Erba, Federico Ferrero, Cino Marchese, Filippo Pascucci, Luca Piccioli, Mirko Roveda, Matto Terenghi

INSPIRED BY Il giocatore piĂš amato dagli appassionati italiani (e non solo): mister Roger Federer

Pro Coach Brad Gilbert, Francesco Michelotti, Diego Nargiso, Emilio Sanchez, Photographer Marco De Ponti Photo Agency Getty Images Art director Der Prinz INSPIRED BY Un personaggio che ha conosciuto molto da vicino e che non poteva che affasciunarlo: Bjorn Borg

Editore SPM SRL corso Garibaldi 49 20121 Milano Stampa Arti Grafiche Boccia via Tiberio Claudio Felice 7 84131 Salerno - tel. 089 303311 info@artigraficheboccia.it Distribuzione Gratuita presso 165 negozi specializzati di tennis in Italia e tra i migliori tennis club italiani Website www.tennisbest.com magazine.tennisbest.com

INSPIRED BY La nuova collezione Sergio Tacchini, perfetta in campo e al tennis club



CONTRIBUTORS

Una carrellata dei complici che ci hanno permesso di sfornare questo numero di TENNISBEST Magazine Playbook 2015. 1

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RICCARDO BISTI Caporedattore anche del nostro sito Internet TennisBest.com, si è occupato di contattare i top negozianti italiani grazie ai quali abbiamo realizzato i nostri tradizionali Oscar per eleggere i migliori prodotti del mercato.

6 FEDERICO FERRERO Una delle migliori penne del panorama editoriale italiano, ci ha raccontato il personaggio Roger Federer, non solo come campione, ma per quello che rappresenta per i suoi sponsor e i suoi fans. E di come sia cambiata la sua immagine nel corso degli anni

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MARCO CALDARA Ci ha raccontato il movimento TPRA, in continua crescita (oltre 10.000 iscritti) al punto che la Fit l'ha voluto mettere sotto la propria ala. Per pemettere anche ai giocatori non propriamente agonisti di avere un loro circuito.

LORENZO CAZZANIGA Il nostro direttore ha coordinato i lavori, intervistato titolari di aziende, direttori commerciali, ha valutato nuove superfici, tecnologie e tendenze per scoprire il meglio che offre attualmente il mercato del tennis.

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8

BRAD GILBERT L'autore del bestseller Vincere Sporco ci spiega come riuscire a vincere un match anche quando il nostro gioco comincia ad andare a pezzi. Sempre col suo stile, i consigli utili dal punto di vista della preparazione, della tattica, della psicologia.

FRANCESCO MICHELOTTI Ex giocatore professionista, tecnico federale e nazionale, è uno dei più apprezzati maestri di tennis in Italia. Noi lo abbiamo avuto a disposizione per offrirvi una lezione gratuita, fatta di tanti consigli tecnici e tattici, con relativi esercizi per migliorare il vostro gioco.

MARCO DE PONTI Il nostro fotografo di moda e di prodotto. A lui il compito di realizzare il servizio fotografico della collezione Sergio Tacchini, in campo e fuori in uno dei più bei tennis club italiani: l'Aspria Harbour Club di Milano.

9 CINO MARCHESE Il più importante manager della storia del nostro tennis, ci ha raccontato il personaggio Bjorn Borg, che ha avuto l'opportunità di frequentare e conoscere piuttosto bene. E di una personalità che poteva solo affascinare un vero appassionato di tennis.

5 CORRADO ERBA Visto che ogni weekend battaglia sui campi in varia competizioni a squadre (over 45, Serie D, eccetera eccetera), ci teneva particolarmente a raccontare i personaggi che abitualmente animano il suo team. Ne sono usciti dei ritratti molto curiosi...

10 DIEGO NARGISO Ex davisman, ora coach professionista, è lui una delle guest star della nostra sezione tecnica. Prima ci ha insegnato a non sottovalutare un colpo semplice solo all'apparenza: lo smash. Poi ad allenarsi per resistere ai lunghi scambi sulla terra rossa.


BORNA CORIC

STAN WAWRINKA

NICK KYRGIOS

ANGELIQUE KERBER

BELINDA BENCIC

ANA IANOVIC

G: 310 g HG: 330 g

98”

PESO MEDIO

LG: 285 g G: 305 g

100”

PESO MEDIO

LG: 280 g G: 300 g

VCORE Si 100

PESO MEDIO

TM

VCORE Si 98

LG: 290 g G: 310 g

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VCORE Tour G

310 g

97”

PESO MEDIO

VCORE Tour F97

93”

PESO MEDIO

VCORE Tour F93

7% LARGER SWEET SPOT

3D VECTOR SHAFT

AERO FIN TECHNOLOGY

BLACK MICRO CORE

BT HYBRID STRINGING SYSTEM

Le scanalature più pronunciate migliorano la rigidità del telaio riducendone la torsione e generando grande potenza.

Profili aereodinamici che riducono sensibilmente la resistenza all’aria.

Grafite e elastomeri aggiunti alla tecnologia MICRO CORE per aumentare la stabilità all’ovale della racchetta.

I passacorde con fori di diverso diametro lasciano muovere liberamente le corde donando così maggior potenza nei colpi e presa sulla pallina.

DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ITALIA S.r.l. - Viale Brenta, 27/29 - 20139 Milano Tel. (+39) 02 522 00 91 - Fax (+39) 02 536 211 - www.fassa.it - info@fassa.it


Editoriale DI LORENZO CAZZANIGA

COME OGNI ANNO, PER REALIZZARE IL NOSTRO PLAYBOOK MI CONFRONTO CON AZIENDE, DIRETTORI MARKETING E COMMERCIALI, NEGOZIANTI SPECIALIZZATI, INCORDATORI PROFESSIONISTI E ABUSIVI DI PROFESSIONE, INGEGNERI, DIRIGENTI DI CIRCOLO, MAESTRI E GIOCATORI DI CLUB. ECCO QUELLO CHE HO IMPARATO. > Fin quando due monofilamenti saranno le corde più vendute in Italia, dovremo continuare a battagliare per educare il giocatore di club su quale corda sia meglio che utilizzi. > Ho particolare curiosità di andare al nuovo torneo su erba di Stoccarda: per un vero appassionato di tennis, nothing is like a grass court! > Mi piacerebbe conoscere Stefani Grosse, designer e fondatrice del marchio Monreal, il più fashion nel mondo del tennis femminile. Quando era da Calvin Klein ha disegnato gli abiti per ritirare Oscar e Golden Globe a Gwyneth Paltrow e Julia Roberts. Evidentemente sa come vestire una donna, anche su un campo da tennis. > Si parla tanto di tennis connesso: ma siamo proprio sicuri che siamo ad un chilometro dal traguardo? Per adesso resto impressionato solo dal PlaySight di origine israeliana: ma sfonderà in Italia? Nei corsi dirigenti organizzati dalla Fit, qualcuno spiegherà mai che tipo di impatto (anche economico) potrebbe rappresentare? La distribuzione italiana sarà così efficiente? Sarà boom o flop? Le potenzialità sono enormi. Enormi. > Dell’illuminazione dei campi mi è sempre fregato nulla. Ma ‘sta storia dei Led mi affascina. > Un giorno di questi contatto un produttore di corde (in Germania se ne trovano diversi) e provo a vedere cosa succede quando si vuole creare un proprio marchio di corde. > Un prodotto che manca nel mondo del tennis? Un integratore specifico per il nostro sport. Usiamo Enervit perché è il marchio più famoso, ma aspetto che un produttore voglia davvero catturare il milione di tennisti italiani creando qualcosa ad hoc per loro. Chissà se la linea di Djokolife proporrà anche qualcosa di questo genere. > Dopo 23 anni (!) sono tornato a prendere lezioni per lavorare su alcuni particolari con un ottimo maestro come Francesco Michelotti (abituato ai professionisti ma capace di insegnare anche ai terza-barra-quarta. E capisci che un bravo maestro è capace di proporti sempre nuove sfide. Cool! > Le ricerche di mercato sono chiare: Head e Babolat sono sostanzialmente appaiate in testa al gruppo e insieme fanno il 70% del mercato; Wilson arranca alle loro spalle, dietro crescono Pro Kennex e Yonex. Il resto è noia, direbbe Califano. > Sarà tutto merito del successo di Open di Agassi ma si continua a sfornare libri di tennis. Quello di papà Agassi soprattutto, ma anche di Nick Bollettieri. E altro bolle in pentola. Non male. > Ho grande rispetto per i negozianti specializzati: lavoro non semplice, di grande passione, con margini ristretti. Unico appunto: è difficile trovare un bel negozio. Non dico debbano essere delle boutiqe, ma un amico architetto ce l’abbiamo tutti. > A proposito di negozianti specializzati, ogni anno gli chiediamo di votare i migliori prodotti del mercato. Entro la fine di novembre, faremo il contrario, cioè chiederemo alle aziende di attrezzatura di votare loro. Creando una sorta di TripAdvisor dei 165 negozi specializzati di tennis in Italia. Stay tuned.

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DA NON PERDERE 1. SPECIALE CORDE Ancora troppo sottovalutate dai giocatori di club, una guida per navigare in un settore talvolta complicato, certamente affascinante. Per un prodotto che può cambiare radicalmente il vostro gioco. 2. THE COOL TENNIS GUY Una serie di consigli (talvolta anche ironici) per essere sempre cool, dentro e fuori il campo da tennis.

Ora che Sergio Tacchini sta tornando grande e Fila pare aver trovato un distributore, non dico di tornare a vestire una finale Slam come quella qui sopra, però (almeno) nella moda, l’Italia dovrebbe tornare a dettar legge, anche sui campi da tennis.

3. LEZIONE GRATUITA Abbiamo preso un signor maestro come l’ex pro Francesco Michelotti, della Golarsa Tennis Academy, e gli abbiamo chiesto di offrivi una serie di consigli per migliorare dal punto di vista tecnico e tattico, con degli esercizi mirati. Funzionano, garantito.




EVENT

WHO

The Championships

WHERE All England Lawn Tennis & Croquet Club, London

WHEN 26 giugno 2014

WHY Perché nessun torneo regge il confronto con il fascino di Wimbledon

WHAT L’Australian Open è lo Slam più amato dai giocatori per i servizi che offre; lo US Open quello che attira il maggior numero di spettatori e la sua night session è elettrizzante; Roland Garros si gioca sulla (nostra amata) terra rossa ed è l’unico major dove gli azzurri hanno trionfato in singolare. In più, sembra sia scattata un’autentica Indian-Wells-mania perché il clima, l’atmosfera e i dollari di Larry Ellison hanno trasformato questo Masters 1000 nel vero Quinto Slam. Ma basta scendere dal metro a Southfields, percorrere Church Road e varcare i Doherty Gates, per ricordarsi che il fascino di Wimbledon resta qualcosa di assolutamente inarrivabile. photo by Peter Macdiarmid Getty Images News

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TRAVEL

WHO

Un campo da tennis (e i fiori di ciliegio)

WHERE Washington Park, Portland, Stati Uniti

WHEN 21 marzo 2015

WHY Perché l’ambiance può rendere il gioco ancora più gradevole

WHAT L’arrivo della primavera segna (finalmente!) l’inizio delle battaglie all’aperto, soprattutto in stati come l’Oregon dove l’inverno è particolarmente rigido. Ma non cambiano solo le condizioni di gioco (peraltro più complicate che indoor) ma anche l’atmosfera. Come dimostra questo campo di Washington Park a Portland, ingabbiato dai fiori di ciliegio in uno spettacolo naturale per nulla banale. E di cui può godere l’intera comunità, trattandosi di un parco pubblico di 16 ettari che comprende serre, percorsi da running e sei campi da tennis, impilati ordinatamente uno dietro l’altro. Avercene.

photo by Cosmonaut iStock

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ATTREZZATURA

WHO

Macchina per la produzione di corde sintetiche

WHERE Corbas, Francia

WHEN 12 febbraio 2015

WHY Per capire come si produce una corda sintetica, un aspetto vitale per una buona prestazione in campo

WHAT Oltre un secolo fa, un appassionato di un nuovo gioco chiamato Tennis, si rivolgeva alla Babolat per creare una corda tratta dalle budella del bue, solitamente utilizzata per strumenti musicali, filo di sutura e rudimentali preservativi. A Ploermel, in Bretagna, la produzione è ancora attiva (oh, solo per le corde da tennis), mentre a Corbas, a pochi chilometri dalla storica sede di Lione, si realizzano le corde sintetiche. Con un processo infinitamente piÚ semplice, affidato alle macchine, che restituiscono ciò che montiamo sui nostri telai. E che troppo spesso sottovalutiamo, nonostante ormai siano universalmente riconosciute come il vero motore della racchetta.

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A.A.A... cercasi nuovo Fit ranking Per aumentare ancor di più la presenza in tutte le categorie di tornei, è fondamentale una riforma delle classifiche. Che prenda spunto da quelle spagnole o dai cugini del tennis tavolo di Marco Caldara

Diciamocelo: quel 4.2 stampato sulla tessera FIT ci appartiene poco. È una fascia troppo ampia, che comprende una valanga di giocatori, difficile sentirla propria. Non sarebbe mille volte meglio sapere di essere il numero 21.357 della Lombardia? O il numero 78.944 d’Italia? La risposta è ovvia, la realizzazione un po’ meno, ma comunque raggiungibile. La via è un vero e proprio ranking nazionale (o almeno regionale, viste le differenze che passano tra i quarta categoria della Lombardia e quelli del Molise), sulla falsariga di quello ATP, che permetta a ogni giocatore di sapere sempre in che posizione si trova, dal seconda categoria con ambizioni di professionismo, al ‘quarta’ che disputa tre tornei all’anno. In realtà, un ranking italiano esiste già, ma solo per i primi 500

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giocatori, da Fabio Fognini al 2.6 romano Lucio Luciani, da Flavia Pennetta alla 3.1 bergamasca Linda Agazzi. Viene rilasciato una volta per stagione, insieme alle classifiche di fine anno, e praticamente non ha alcuna utilità. Estendendolo a tutti i tesserati, magari aggiornandolo più frequentemente, potrebbe guadagnare tutt’altro valore. Un buon esempio da seguire può essere (anche qui) il sistema spagnolo, dove fra uomini e donne il ranking nazionale abbraccia circa 35mila giocatori. Le categorie rimangono per facilitare l’iscrizione ai tornei, ma vengono calcolate in base al posizionamento nella classifica, aggiornata ogni trimestre. Il doppio rispetto all’Italia, ma l’obiettivo è fare ancora meglio: magari una volta al mese, col sogno di avere un ranking fresco ogni lunedì, da consultare sul tablet

nella club house del circolo. Dopotutto, se ce la fanno i cugini della Fitet (Federazione Italiana Tennis Tavolo), significa che ci può riuscire anche la Fit. È vero che ci sarebbe da governare una massa di tornei e atleti nettamente superiore, ma il boom del circuito TPRA, nuovo cavallino federale, ha dimostrato che attraverso un software studiato ad hoc, è possibile gestire quotidianamente risultati e classifica di un numero di giocatori in costante crescita. Per questo urge provarci. Sarebbe un bell’incentivo per tutti, giocatori di club in primis, e potrebbe rilanciare ancor di più un movimento che negli anni è cresciuto tanto, ma ha nelle classifiche una delle sue pecche. Perché tentare il salto fra i 4.1 è un conto, ma dannarsi l’anima per entrare fra i primi 15.000 d’Italia sarebbe ben altra cosa.


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PERCHÈ SCEGLIERE REDPLUS? • Si può installare su qualsiasi superficie esistente: cemento, mateco, terra, resina ecc...; • Risparmio sui costi di preparazione di sottofondo per nuove costruzioni; • Non necessita di fermo campo dopo la costruzione; • Non teme vento (terra antivento); • Non teme gelo; • Altissimo drenaggio dell’acqua; • Minimo ricarico di terra per la manutenzione; • Non si formano buche; • Mantiene nel tempo le proprie caratteristiche e la morbidezza di gioco; • Scivolata come i campi in terra battuta tradizionale e buon rimbalzo della palla; • I campi coperti non odorano di muffa; • I campi coperti sono interessati da poca umidità; • Risparmio sulle spese di riscaldamento nei campi coperti. WHY CHOOSE REDPLUS? • Can be installed on any type of surfaces: concrete, mateco, clay, resin ect...; • Cost saving on preparing underlying the surface; • Does not require stationary field after building; • Not sensitive to wind; • Not sensitive to freeze; • Tall drain of the water; • Minimum load of clay for the maintenance; • Not formed holes; • Maintains characteristics over time and smoothness of play; • Solid footings, sliding and true ball bounces; • Indoor tennis court clay do not smell of mold; • Indoor tennis court clay have low-humidity; • Saving money on indoor clay tennis court heat.

SWITZERLAND - BELLINZONA

SWITZERLAND - MORBIO - TC MORBIO

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Associazione Maestri di Tennis Finalmente potrebbe nascere un'associazione che rappresenti una categoria fondamentale e troppo spesso bistrattata del nostro tennis. Ma si riuscirà a concretizzare il progetto? di Riccardo Bisti

Mi è preso un colpo, quando Facebook ha sputato fuori l'idea, nel profilo di Francesco Gambetti, già ottimo maestro, ora direttore sportivo del bel circolo di Reggio Emilia: (ri)creare un'Associazione Nazionale Maestri. I meno giovani mi hanno spesso raccontato di quando i maestri erano ben rappresentati, tutelati, perfino protetti, nonostante il loro mestiere non sia mai stato giuridicamente riconosciuto (sia chiaro, con i contro ma anche con i pro). Poi, il nulla. Una delle categorie che animano la linfa vitale del nostro movimento, non è più stata capace di riunirsi in una forma associativa nazionale che avesse il solo scopo di portare a casa qualche vantaggio, meritato dalle ore che quotidianamente ogni singolo maestro passa sul campo. Sono oltre cinquemila in

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Italia, ma il conto reale si perde considerando quelle sotto-categorie che la Fit ha istituito, forse solo per far cassa, visto che le condizioni dei circoli italiani non consentono nuove assunzioni. Eppure, niente: solo tante lagne, per l'aumento delle quote Fit, gli obblighi sempre più stringenti, i regolamenti più restrittivi, e qualche caso di persecuzione nel caso si voglia esporre una targa alternativa a quella federale (soprattutto se la sigla si chiama Uisp). Però, nessun fatto concreto. Fin quando Gambetti non ha buttato l'amo che diverse centinaia di colleghi hanno raccolto. Almeno sul web. E sono cominciate le discussioni, qualcuna costruttiva, altre meno. Il nostro direttore si è comunque lanciato a Reggio Emilia per ascoltare il loro progetto e non possiamo che definirlo

opportuno. In Fit pare che qualcuno abbia storto il naso, come fanno certi imprenditori quando sentono odore di sindacati. Però Gambetti è stato chiaro: non si tratta di voler fare rivendicazioni alla Fit, ma solo di fornire dei servizi utili a maestri che sono professionisti in campo ma non sempre fuori, che mal digeriscono lo studio di nuove leggi che però li vedono implicati, loro malgrado. La Fit sta organizzando dei corsi per dirigenti sportivi, ma nessuno pare occuparsi dei maestri, dai quali però dipende l'intero movimento tennistico italiano. A breve dovrebbe essere annunciato l'atto costitutivo di questa nuova associazione e sono curioso di verificare quanti firmeranno l'adesione. È un treno importante quello che sta passando: quanti maestri ci salteranno sopra?


Dal 1976 ad oggi facciamo l’unica cosa che conta nello sport:

arriviamo PRIMI...

Pro Kennex s.r.l. via della Volta 46/a 25124 Brescia tel. 0303546614 fax 0303546607www.prokennex.it e-mail: info@prokennex.it seguici sulla nostra pagina Facebook: www.facebook.com/ProKennexItalia


SPONSORSHIP

Top 50 Brand Ranking La visibilità che offrono i testimonial è fondamentale per un brand di racchette. Ma chi ha conquistato la fiducia della maggior parte dei top 50 mondiali, tra circuito maschile e femminile? La risposta in una infografica

BABOLAT 15

PRO kENNEx 1

WILsON 13

dUNLOP 1

sRIxON 1 hEAd 10

TEcNIfIBRE

2 PRINcE 3

NUMERO 1 Novak Djokovic, ripassato a Head da qualche anno dopo un periodo in Wilson

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TOP 10 Head ne ha sotto contratto ben 4, Wilson 3, Babolat, Prince e Yonex 1

TOP 25 Sorpasso Wilson (9) nei confronti di Head (8). Babolat resta lontana con 3

yONEx 4

TOP 50 Babolat in testa con 15: quantità, più che qualità. In doppia cifra anche Wilson e Head

ITALIANI I nostri top 3 sono Babolat (Fognini e Bolelli) e Pro Kennex (Seppi)

GIOVANI Buona distribuzione: Zverev con Head, Coric con Yonex, Kokkinakis con Babolat

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MEN ANd WOMEN. I grafici mettono in evidenza come i vari brand si sono divisi le sponsorizzazioni dei top 50 mondiali, a livello maschile (pagina a fianco) e femminile. A livello maschile, comanda Babolat, con 15 top 50 ATP, seguita da Wilson a quota 13 e da Head a 10. In totale, i tre maggiori brand del mercato, vantano tre quarti dei cinquanta migliori giocatori del mondo. Va però sottolineata anche la qualità dei giocatori e in questo caso è difficile reggere il paragone con Head che ha sotto contratto ben quattro top 10, tra i quali il numero uno del mondo, Novak Djokovic. Wilson ne ha tre (e Federer potrebbe pure valere doppio), mentre Babolat deve affidarsi al solito Rafael Nadal per avere una presenza nei Primi Dieci. In totale, sono nove i brand rappresentati. A livello femminile, comanda Wilson davanti a Babolat, mentre Head non regge il ritmo ottenuto tra i maschietti (una sola top 10, Maria Sharapova) ed è affiancata da Yonex. In totale, il Brand Ranking vede in testa Wilson con 32, davanti a Babolat con 28 e Head con 16 (ma di grande qualità). Classifica ATP e WTA del 5 aprile.

WILsON 19 PRO kENNEx 1

BABOLAT 13

dUNLOP 1

sRIxON 1 hEAd 6 NO BRANd 2 PRINcE 2

NUMERO 1 Serena Williams, legata al marchio Wilson da quando era una ragazzina

TOP 10 Wilson ne ha sotto contratto il 50%, davanti a Babolat (3), Head e Yonex (1)

TOP 25 Sempre Wilson in testa (10), quindi Babolat (8) e Yonex (3), poi Head (2)

yONEx 6

TOP 50 Wilson ne ha oltre un terzo, Babolat è seconda, Head è affiancata da Yonex

ITALIA Babolat ha Errani, Vinci e Giorgi; Wilson risponde con la sola Pennetta

NEW BALLs Bene Babolat con Bouchard, Pliskova e Muguruza. Wilson punta sulla Keys

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NUOVI SERVIZI

INCORDATURA A DOMICILIO Un negozio di Milano, Doctor Tennis, si è inventato il servizio incordatura a domicilio. Con un piccolo surplus, ti ritira la racchetta, la prepara e in 24 ore la ritrovi in ufficio di Riccardo Pini

A

Sky, Federico Ferri e Stefano Meloccaro, grandi appassionati di tennis e buoni giocatori, sono clienti fissi. Stanno chiusi nei palazzi di Murdoch dalla mattina alla sera, bellissimi ma un po' fuori mano. Attraversare la città da Rogoredo per far incordare la racchetta dal proprio stringer di fiducia, è un po' scocciante, soprattutto se hai un servizio da chiudere o un tg da condurre. Ecco allora che l'idea di Daniele Berardi, titolare di Doctor Tennis, uno dei top negozi di tennis a Milano, è ideale per chi ha esigenze di questo tipo. Basta chiamare e ci penseranno loro a venire nei vostri uffici, ritirare la racchetta, coordinarsi per la scelta della corde, della tensione, di un eventuale overgrip da sostituire, e nel giro di 24 ore ve la ritrovate allo stesso posto, senza aver mosso un solo passo. Il servizio incordatura è ancora l'unico aspetto dove il web non è performante perché non avrebbe senso impacchettare il proprio telaio e spedirlo in Germania per ritrovarselo chissà in quali condizioni tre giorni dopo. E senza aver avuto la benché minima consulenza su cosa montare e perché. I negozi specializzati hanno capito che il loro guadagno dipenderà molto dal servizio incordatura, dove non c'è

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concorrenza internettiana, serve una certa preparazione per svolgere il lavoro come si deve (e quando spariranno gli abusivi dai circoli sarà sempre troppo tardi) e ci sono buoni ricarichi. Per questo ci si ingegna a trovare nuove soluzioni. Come quella ideata da mister Berardi: «Avevamo deciso di cominciare con la prima cerchia dei bastioni, gente che lavora in centro e fatica a muoversi perché a Milano, nelle ore di punta, ci metti mezz'ora a far cinquecento metri - spiega Berardi -. In realtà, ormai serviamo tutta la città: dove ci chiamano, noi arriviamo. Presto avremo anche il menu-corde, come accade con la pizza, anche se nel nostro caso gli ingredienti cambiano continuamente. Però mi piace anche sentire il cliente, poterlo consigliare, trovare insieme una soluzione e magari invitarlo un giorno a vedere il negozio. Quindi ci attiviamo: si parte in scooter o in metro, si arriva a destinazione, si raccoglie il materiale e, tempo ventiquattro ore, siamo di nuovo a domicilio. Che si vuole di più?». Già, l'idea è intelligente e i costi per il cliente contenuti (5 euro in più rispetto al prezzo in negozio). E la comodità assoluta, di avere sempre la racchetta in ordine per il match clou, senza nemmeno doversi più muovere dall'ufficio. Vero, che si vuole di più?



NUOVI SERVIZI

INCORDATURA A DOMICILIO Un negozio di Milano, Doctor Tennis, si è inventato il servizio incordatura a domicilio. Con un piccolo surplus, ti ritira la racchetta, la prepara e in 24 ore la ritrovi in ufficio di Riccardo Pini

A

Sky, Federico Ferri e Stefano Meloccaro, grandi appassionati di tennis e buoni giocatori, sono clienti fissi. Stanno chiusi nei palazzi di Murdoch dalla mattina alla sera, bellissimi ma un po' fuori mano. Attraversare la città da Rogoredo per far incordare la racchetta dal proprio stringer di fiducia, è un po' scocciante, soprattutto se hai un servizio da chiudere o un tg da condurre. Ecco allora che l'idea di Daniele Berardi, titolare di Doctor Tennis, uno dei top negozi di tennis a Milano, è ideale per chi ha esigenze di questo tipo. Basta chiamare e ci penseranno loro a venire nei vostri uffici, ritirare la racchetta, coordinarsi per la scelta della corde, della tensione, di un eventuale overgrip da sostituire, e nel giro di 24 ore ve la ritrovate allo stesso posto, senza aver mosso un solo passo. Il servizio incordatura è ancora l'unico aspetto dove il web non è performante perché non avrebbe senso impacchettare il proprio telaio e spedirlo in Germania per ritrovarselo chissà in quali condizioni tre giorni dopo. E senza aver avuto la benché minima consulenza su cosa montare e perché. I negozi specializzati hanno capito che il loro guadagno dipenderà molto dal servizio incordatura, dove non c'è

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concorrenza internettiana, serve una certa preparazione per svolgere il lavoro come si deve (e quando spariranno gli abusivi dai circoli sarà sempre troppo tardi) e ci sono buoni ricarichi. Per questo ci si ingegna a trovare nuove soluzioni. Come quella ideata da mister Berardi: «Avevamo deciso di cominciare con la prima cerchia dei bastioni, gente che lavora in centro e fatica a muoversi perché a Milano, nelle ore di punta, ci metti mezz'ora a far cinquecento metri - spiega Berardi -. In realtà, ormai serviamo tutta la città: dove ci chiamano, noi arriviamo. Presto avremo anche il menu-corde, come accade con la pizza, anche se nel nostro caso gli ingredienti cambiano continuamente. Però mi piace anche sentire il cliente, poterlo consigliare, trovare insieme una soluzione e magari invitarlo un giorno a vedere il negozio. Quindi ci attiviamo: si parte in scooter o in metro, si arriva a destinazione, si raccoglie il materiale e, tempo ventiquattro ore, siamo di nuovo a domicilio. Che si vuole di più?». Già, l'idea è intelligente e i costi per il cliente contenuti (5 euro in più rispetto al prezzo in negozio). E la comodità assoluta, di avere sempre la racchetta in ordine per il match clou, senza nemmeno doversi più muovere dall'ufficio. Vero, che si vuole di più?


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TENNIS & SALUTE

I SALVAPIEDI Si presentano come semplici fogli neri, in realtà sono in materiale Noene e, una volta tagliati nella forma di solette per scarpe, riducono le vibrazioni del 98%. Risolvendo un sacco di malanni di Luca Piccioli

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i primo acchito, i tester non ti assalgono come quando ti presenti con la nuova Nike di Federer o l'ultima novità al grafene della Head. Eppure parli di una soletta che abbiamo definito magica, perché a tanti ha restituito la gioia di giocare a tennis, se non addirittura di camminare e farsi un po' di jogging la domenica mattina. «Va beh, ma una solettina cosa diavolo potrà mai fare? Risolvere il mio problema muscolare? O il suo ai tendini?». E giù una bella risata. Fin quando questa solettina (anche quella più semplice, da un millimetro, che si infila sotto quella che c'è nella scarpa o, ancor meglio, la AC2, che sostituisce di fatto quella già presente) non la infilano nelle scarpe e si accorgono della differenza. E non parliamo di dettagli, ma di appassionati che avevano smesso o che finivano doloranti e adesso sembrano non aver mai sofferto in vita loro. Miracolose, appunto. Gli slogan, a volerci credere, sono accattivanti: «Riduzione del 30% dei tempi di recupero», seguito da un impressionante «98% di assorbimento degli shock» e un confortante «96% di atleti soddisfatti dopo l’utilizzo». Ma sarà tutto vero?

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Possibile che ‘ste solette Noene offrano tanti e tali vantaggi? Come al solito (e già diverse volte in passato, anche con giocatori e coach professionisti come Diego Nargiso), siamo scesi in campo con varie tipologie di utenti: e quali sono stati i responsi? Eccoli qui. Cominciamo dai maestri di tennis, categoria che dovrebbe essere particolarmente interessata alla questione, visto che si tratta di persone che restano in campo otto ore al giorno e il cui stipendio dipende anche dalla loro ottimale condizione fisica. Gianluca, 48 anni, maestro FIT di lunga data e un passato da quasi giocatore del tour pro: «Sono sempre stato attentissimo alla condizione fisica. Mi alleno in palestra, stretching prima e dopo le lezioni, fisioterapia di tanto in tanto: io col fisico ci lavoro e se salta quello, perdo il lavoro! Perciò queste solette le ho infilate volentieri nelle scarpe e non le tolgo più. Fisicamente sto bene ma non dicono sempre che prevenire è meglio che curare? E poi ridurre l’affaticamento muscolare è fondamentale per chi arriva a fare 45 ore di lezioni alla settimana, di cui tre quarti con dei giocatori agonisti». Gli fa eco Paolo, 36 anni, istruttore di secondo grado FIT in un bel circolo della Milano-bene: «Impossibile toglierle dalle scarpe. Anzi, dovrò infilarle anche nelle


sneaker da passeggio. Insegno per circa 4-5 ore al giorno ma ancora mi diverto a giocare tornei e gare a squadre, tanto che sono rimasto classificato 3.1. Però, sommando allenamenti, lezioni e match, cominciavo a sentire qualche scricchiolio nel mio fisico. E prima che sia necessario fermarmi o ridurre l’attività (magari interrompendo quella agonistica), preferisco affidarmi ad un prodotto del genere. Tanto nella scarpa manco ti ricordi di averlo, però l’efficacia è assoluta». Chiude il discorso Tiziano, 59 anni, maestro FIT, che fa notare un piccolo particolare: «Ogni tanto mi chiedo come facevano i maestri della mia età quando ho cominciato questo mestiere. Trentacinque anni fa stavano sparendo le Superga di tela, ma li vedevi quelli con le Stan Smith. Ora le sollecitazioni sono aumentate tantissimo e un maestro, che vive della sua buona salute, deve sfruttare solette tecnologiche come questa se vuole arrivare a far cinque ore di lezione al giorno… alla mia età!». Di solito, i nuovi adepti cominciano cauti, con le solette da un millimetro, poi passano alla AC2, sostituendo di fatto la soletta della scarpa. La differenza è così evidente? L'abbiamo chiesto a qualche giocatore di terza categoria, una buona via di mezzo tra i professionisti del mestiere e il tipico giocatore della domenica. Gianluca ha 45 anni e una buona classifica da 3.3: «Le Noene le conoscevo già perché utilizzo abitualmente la soletta da un millimetro. Beh, con questi plantari ho una ulteriore sensazione di comfort e protezione, oltre che di minore affaticamento. Ho spesso avuto problemi fisici, soprattutto ai tendini, perché mi piace scambiare tanto da fondo, correre, non mollare una palla. Insomma, il mio è un tennis soprattutto fisico e le sollecitazioni in questo sport sono notevoli. In più, mi succede spesso di non trovare il campo in terra rossa e dovermi adattare a quello in cemento o addirittura in pvc, ormai consumato dal tempo. È indubbio che queste solette aiutino: basta toglierle e giocare senza una settimana per rendersene conto. Ma a chi non trova sufficienti benefici con quella da un millimetro, gli suggerirei di provare la AC2». Continua Carlo, 39 anni, classifica 3.2: «Ero scettico. Anzi, pensavo che infilarmi qualcosa di diverso nella scarpa mi avrebbe dato fastidio, perché curo molto i particolari. Invece, trovata la giusta misura, non si avvertono differenze di

comfort e ne giova decisamente il fisico. Capita spesso di avere un affaticamento muscolare o un problemino ai tendini: in tre mesi che la utilizzo, niente di tutto questo. Coincidenza? Mah, tutto può essere, però...». Già, tutto può essere, però... Però per sollecitare ancor di più il test, ci siamo affidati alle donne, per solito ipercritiche verso ogni prodotto che chiediamo di testare, perché appena si cambia qualcosa e vien meno (anche solo psicologicamente) la loro sicurezza, preferiscono fare un passo indietro. Non è stato questo il caso: Tiziana, 32 anni, ottima classifica di seconda categoria, 2.5: «Niente male: gioco quattro volte la settimana, spingo tanto, anche fisicamente, quindi sollecito parecchio i muscoli e qualsiasi accorgimento riduca la fatica è bene accetto. Anche perché, avanzando con l’età agonistica, recuperare dopo un grosso sforzo è sempre più complicato». Nel campo a fianco c'è Sara, 50 anni, tipica giocatrice di club, che ha smesso con i tornei ma si diverte a giocare almeno un paio di volte la settimana: «In effetti, da quando ho cominciato a usarle, muscoli e tendini ne hanno tratto beneficio. Ma sarà merito delle solette, mi chiedono? Mah. Ho provato a toglierle e in buona parte si vede che era merito loro. Qualcuno dice che è suggestione ma se mi sento meglio, va bene così!». E ancora, la bella Valeria, 28 anni, classifica 3.2: «Ho la tendenza a farmi male, perché da ragazzina ho sempre trascurato la preparazione atletica (che noia!). Niente di grave, qualche contrattura, una tendinite, roba di questo genere. Uso le solette Noene da tempo perché aiutano tanto, sento l’appoggio meno traumatico, i muscoli rispondono meglio e… me l’ha consigliato il mio fisioterapista di fiducia». Chiude Roberta, 40 anni, classifica 4.2, la più scettica (fin dal principio, va detto): «Boh, onestamente non sento differenze enormi. O meglio, non saprei dire se la sensazione di stare meglio è dovuta all'utilizzo di queste solette o al fatto che mi scaldo bene, faccio stretching prima e dopo il match, mi fermo qualche giorno se sento i muscoli un po' affaticati. Forse è un mix di tutto questo. Non potrei dire con certezza che sono miracolose come nel caso di altri, ma male non fanno di sicuro e visto che faccio attenzione alla salute, cosa mi costa infilare quelle da un millimetro sotto la soletta della scarpa?». Già, cosa costa?

LE SCARPE FANNO BOOST Energy Takes Over, sentivi gridare quando hanno presentato l’evoluzione della tecnologia Boost di Adidas, la Ultra Boost. Chiaramente, la prima applicazione è finita sulle scarpe da running. La suola intermedia è stata arricchita di un ulteriore 20% di poliuretano termoplastico, un materiale solitamente presente nei cruscotti delle automobili. Iniettando al suo interno circa tremila bolle d’aria, si ottiene una superficie che garantisce un altissimo livello di ritorno di energia in seguito all’impatto con il suolo, e che si traduce in maggior reattività. Un grande passo in avanti rispetto alle tradizionali suole di etilene vinil acetato. Ebbene, anche per l'appassionato tennista è cominciato il conto alla rovescia: nel periodo pre-estivo, sarà disponibile il primo modello specifico da tennis con tecnologia Boost. In un mercato attualmente dominato da Asics, il Boost di Adidas potrebbe diventare il più realistico competitor. Stay tuned per il nostro test su tennisbest.com

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TENNIS & SUPERFICI

Il Monte Carlo Country Club, con in primo piano i due campi Red Plus, di un rosso ancora più intenso degli altri, e sui quali si sono allenati tanti top players durante il Masters 1000

LA (VERA) TERRA ROSSA I campi in terra battuta di nuova generazione Red Plus stanno conquistando sempre più estimatori. Tra i quali anche diversi top players del tour pro (Rafael Nadal incluso) che si sono allenati sui due campi del Monte Carlo Country Club di Roberto Principi

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i dice che il meglio lo tieni per tuo figlio. Se il detto corrisponde a verità, e non ci sono motivi per dubitare, i campi in terra rossa Red Plus hanno ottenuto una testimonianza molto significativa. Perché quando Riccardo Piatti, il miglior coach della storia del nostro tennis, porta il figlio a giocare, sceglie proprio i due campi in Red Plus di cui si è voluto dotare il Country Club di Monte Carlo dall'anno scorso, e che stanno riscontrando sempre maggiori consensi in quello che viene considerato il più affascinante (ma anche esigente) tennis club del mondo. «Ci gioco spesso con Rocco - ci ha detto coach Piatti - e non posso che parlarne bene: sostanzialmente sono perfetti!». Già, al punto che non ci ha portato solo il figlio Rocco, ma anche un altro allievo, per adesso con maggiori necessità tecniche, anche quando si parla di superfici: Milos Raonic ci ha messo piede per gli allenamenti pre-Masters 1000, con evidente soddisfazione. Lui come tanti altri, a partire dal più forte giocatore di sempre sulla terra battuta, quel Rafa Nadal che la mangerebbe a colazione e che più di ogni altro sollecita il campo, con i suoi movimenti, gli scatti e le frenate,

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tipiche del suo stile terraiolo. Appena appresa la notizia, Michele Corsiero, titolare della Red Plus, ha fatto spallucce, a mostrare totale fiducia nella sua creatura. Suppongo che altri sarebbero stati un filo più allarmati, perché Nadal è il peggior tester che può capitare sulla faccia della terra. L'allenamento è filato via liscio, senza sbavature, senza alcun problema. Solo visi soddisfatti, nonostante il periodo non sia dei più felici per il mancino di Manacor. Test importanti quelli vissuti nell'ultima edizione del torneo di Monte Carlo, dove tanti giocatori si sono arrampicati sui due campi in cime al club, deputati ad essere utilizzati anche in torneo, se la pioggia avesse marcato presenza. Già, perché ATP, direzione del torneo e del club, avevano dato il loro assenso ad utilizzarli in caso di necessità, decisione figlia dei consensi che per primi arrivano da chi quotidianamente si occupa di curarli nei minimi particolari. Michel Garcia, responsabile della manutenzione dei campi del Monte Carlo Country Club, l'abbiamo conosciuto l'anno scorso e subito si era dichiarato soddisfatto. Un commento che quest'anno è diventato ancor più positivo, dopo che un annetto di


intenso utilizzo hanno reso il campo più solido, con un miglior assestamento. E quando anche lo storico direttore del club, Francis Truchi, annuisce soddisfatto, vuol dire che si è svolto davvero un buon lavoro, perché da quelle parti sono abituati ad affidarsi solo ai migliori prodotti. E anche a trattarli opportunamente, che poi è il segreto perché un campo in Red Plus offra tutti i vantaggi che sono stati appurati in queste ultime stagioni. «Sono maniacali - conferma Fred, il titolare della società che distribuisce in esclusiva Red Plus in territorio francese - ma è come si dovrebbe tornare a fare ovunque, perché senza un'adeguata manutenzione, non si possono pretendere risultati ottimali, benché non sia richiesto chissà che genere di intervento». In realtà, basterebbe trattarli come se il campo fosse nostro. Tanta acqua (nessun problema di assorbimento, il drenaggio è perfetto) e lo spazzolone, diverso dal solito straccio. Una manutenzione ordinaria, per intenderci, quella che abitualmente viene (o dovrebbe essere) riservata ad un tradizionale campo in terra battuta. Perché, e questo è il concetto più importante di questa nuova superficie: si tratta di un vero e proprio campo in terra battuta, così omologato dalla Federazione Internazionale Tennis, così verificato da chiunque ci metta il piede sopra e non si accorge di alcuna differenza. Lo abbiamo constatato noi stessi, la prima volta che ci abbiamo messo piede in quel di Bagnatica, in provincia di Bergamo, e ancora quando al Monte Carlo Country Club abbiamo assistito ad un'ora e mezza di allenamento di Edouard Roger-Vasselin, top 100 mondiale, finalista in doppio all'Australian Open lo scorso gennaio: «Ehi, Edouard, come ti sembrano questi campi?» gli abbiamo innocentemente chiesto. Lo sguardo perplesso di chi non riusciva a capire la domanda è stata la risposta migliore: «Come al solito, perfetti» è stato il commento di chi ignorava cosa stesse calpestando. A noi piace chiamarla terra battuta 3.0, perché la costruzione del campo è di nuova generazione. In Red Plus, parlando correttamente di campo in terra battuta rinforzato, dove un manto di erba sintetica viene intasato di terra rossa al punto da non capire cosa c'è sotto, esattamente come accade col campo dello stadio San Siro che è in erba rinforzata, perché sotto i fili naturali, si rintana un manto in erba sintetica. I vantaggi sono molteplici ma ciò che resta invariato sono le

sensazioni di gioco, perché il piede non toccherà mai l'erba sintetica (che infatti non si consuma quasi per nulla) ma sempre e solo terra battuta, peraltro di notevole qualità, a differenza di quella che si trova ormai nella maggior parte dei club italiani. Il risultato è un campo dalle performance migliori: un rimbalzo finalmente omogeneo, capacità drenanti sorprendenti e risparmi non indifferenti nella gestione. «Tutti i materiali utilizzati per la realizzazione di Red Plus sono di primissima qualità e vengono preparati appositamente per questo campo in terra di ultima generazione. L'utilizzo di questi componenti ci ha consentito, pochi al mondo, di ottenere il prestigioso riconoscimento ITF Two Star Recognised Court», dice orgoglioso mister Corsiero. Ma il tipico dirigente di tennis club italiano deve guardare anche ai bilanci e quindi capire quali sono i reali vantaggi: primariamente, non perde le sue caratteristiche dopo una gelata, quindi si può giocare all'aperto tutto l'anno (se il clima lo permette, of course), allungando di fatto la stagione. Non necessita di manutenzione straordinaria (e il risparmio annuo diventa considerevole, così come la cancellazione di quei dieci giorni di stop solitamente necessari per la messa in uso dei campi dopo il periodo invernale), drena che è un piacere salvando decine di ore stagionali e ha il colore intenso del rosso mattone, non quello sbiadito che ormai siamo (troppo) spesso abituati a vedere nei nostri circoli. Unica avvertenza, non va mai lasciato scarico di terra rossa, anche perché, dopo il primo anno di assestamento, saranno necessari solo una quindicina di sacchi, un numero notevolmente inferiore a quanto richiesto da un campo in terra di vecchia generazione. Ma ancor più di Riccardo Piatti e Rafael Nadal, c'è un altro fattore che testimonia la bontà di questa superficie: la Svizzera. Non è mistero la loro precisione e accuratezza nei dettagli, e laggiù, i campi Red Plus stanno spopolando. Il Tennis Club di Giubiasco ci ha addirittura fornito un business plan che indica come realizzare i loro campi in Red Plus (rispetto a rifarli totalmente nuovi in terra battuta) gli farebbe risparmiare fino a 130.000 franchi (!) in dieci anni, grazie ai ridotti costi di manutenzione. Perché il Progetto Campi Veloci della Fit avrà pure una sua validità tecnica, soprattutto per chi punta all'agonismo spinto, ma un'oretta passata su un bel campo in terra rossa resta ancora la goduria più grande. Se poi è terra di nuova generazione, ancora meglio.

VOGLIA D'ERBA A proposito di nuove superfici, quest'anno uno dei tornei ATP più attesi sarà quello di Stoccarda che si giocherà sulla superficie di tennis... più antica: l'erba naturale. Il calendario si è adattato per ospitare una settimana in più sui prati e la città tedesca non ha perso l'occasione. Perché il gioco sull'erba e il colpo d'occhio che offrono questi campi, restano inimitabili. Peccato che in Italia siano praticamente spariti: ne trovate un paio a Casalicolo, provincia di Brescia, grazie alla passione di Armando Lazzari, che nella sua villa ha preferito costruire due campi verdi piuttosto che un campetto di pomodori. Un paio di altri campi li si può scovare in altrettanti golf club, ma sono quasi intonsi. Chissà se qualche organizzatore di eventi tennistici in Italia avrà mai la volontà di replicare quello che hanno fatto a Stoccarda. L'impegno sarebbe notevole ma il successo assicurato.

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NEW TECHNOLOGY

LA RACCHETTA DEL FUTURO? Il prgetto di due studenti supportati da un'azienda esperta di 3D Printing ha permesso di creare il prototipo di una racchetta futuristica che sfrutta un materiale rivoluzionario: il Windform di Matteo Terenghi

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uante volte ci siamo chiesti come sarà la racchetta del futuro? E quante volte nemmeno esperti ingegneri sono stati in grado di dare una risposta suggestiva, se non proprio realistica? Alla fine, ci si arrende all'evidenza che una racchetta da tennis ha forme difficilmente variabili, tanto più ora che anche la Federazione Internazionale comincia a fissare dei paletti per evitare che il gioco venga stravolto dalla tecnologia. Però, a scovare un'opportunità futuristica (ma nemmeno troppo) sono stati due giovani studenti. E nemmeno di qualche facoltà di ingegneria sperimentale, ma addirittura dell'Accademia di Belle Arti di Rimini (e forse proprio per questo motivo non sono sempre stati appoggiati da chi dovrebbe essere entusiasta di questo loro studio). I due studenti si chiamano Salvatore Gallo e Mario Coppola, il loro progetto Superorganic e ce lo hanno spiegato in presa diretta: «L'obiettivo era la riprogettazione di un attrezzo utilizzato in ambito sportivo e, in quanto entrambi appassionati di tennis, abbiamo individuato nella racchetta le parti a cui apportare delle modifiche, rivoluzionandola

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quasi totalmente. In questo caso, ci sembrava possibile variare gli spessori in maniera tale da dare più aerodinamicità, rendendo l’attrezzo più reattivo e performante. L’oggetto ha una forma che caratterizza il nostro stile, in quanto ispirati dalla natura e dalle geometrie complesse (apparati scheletrici, radici, fauna marina, eccetera), e questa realtà, oltre ad attirare il nostro gusto estetico, ci ha dato modo di scoprire e studiare sistemi capaci di riservare continue sorprese. L’approccio ci ha portato a considerare la racchetta non più come un oggetto ma come il prolungamento del braccio, una vera e propria protesi capace di agevolare ulteriormente i movimenti. Abbiamo unito dimensioni e proporzioni classiche, con strutture organiche e irregolari formando un modulo morbido e sinuoso. Questa fusione di concetti la si può notare principalmente nella struttura del manico, dove l’alternarsi di pieni e vuoti determina una forma univoca, in grado di regalare un’interessante immagine evocativa. Inoltre, la struttura complessa permette di avere una maggiore traspirazione ed ergonomia. In testata sono state apportate variazioni agli spessori, concentrando al vertice alto una sezione maggiore, capace di bilanciare la forza e il peso delle parti laterali del piatto corde, che si presentano più


sottili. Mentre la zona che riguarda il cuore della racchetta, anch’essa totalmente ridisegnata, risulta più aerodinamica rispetto allo standard grazie alla particolare geometria. Le variazioni hanno avuto un costante riscontro con la totalità della scocca in maniera tale da ottenere un oggetto omogeneo ed equilibrato. L’obiettivo era quello di far coincidere funzionalità, ergonomia ed aerodinamicità ottenendo un forte riscontro estetico». Ok, fin qui il progetto: interessante, meraviglioso, affascinante. Ma all'atto pratico, come realizzare un prototipo? Per questo hanno trovato supporto da un'azienda modenese, la CRP Technology, da vent'anni specializzata in 3D Printing, e che ha voluto essere coinvolta in maniera importante, convinti che si possa trattare di un progetto con uno sviluppo tecnologico (ma anche commerciale) piuttosto significativo. Tuttavia, basta dare un'occhiata alle immagini per capire che la forma attuale della racchetta 3D difficilmente incontrerebbe i favori del pubblico, distante com'è dalle abitudini del giocatore di club. Però affascina, soprattutto l'impugnatura, studiata «per conferire maggiore aerodinamicità, reattività e un forte carattere estetico all’impugnatura. Pertanto le parti rimodellate, oltre ad avere un valore estetico di forte rilevanza, hanno alla base uno studio aerodinamico volto a migliorare le prestazioni dell'atleta in gara- spiegano dalla CRP Technology -. Il design del prototipo è stato portato avanti scorporando l'oggetto nelle tre parti fondamentali: il manico, il cuore e la testa. Per ognuna sono state studiate delle varianti strutturali e contemporaneamente è stata lavorata l'intera scocca al fine di ottenere omogeneità ed equilibrio. Le modifiche che sono state apportate, si sono rivelate fondamentali per ideare un nuovo concetto di racchetta che si distingue per struttura, forma e dettagli. Ma come rendere il progetto su carta in forma solida, utilizzando gli strumenti di stampa in 3D? Per riuscirci la CRP Technology si è affidata al loro materiale top di gamma, il Windform XT 2.0, per offrire la massima performance. Un materiale particolarmente apprezzato nel mondo del motorsport e dell’aerospazio, per le sue proprietà meccaniche che lo rendono tra i materiali più performanti nel panorama della tecnologia della

sinterizzazione laser. Caricato in fibra di carbonio e a base poliammidica, il Windform XT 2.0 viene utilizzato in applicazioni in cui è richiesta una forte resistenza agli stress, al danneggiamento, garantendo al tempo stesso una certa leggerezza grazie alla presenza del carbonio». Ma, vien da chiedersi, sarebbe possibile oggigiorno produrre fattivamente una racchetta in 3D Printing con la quale scendere in campo? Dalla CRP Technology per adesso ci vanno cauti: «I nostri materiali di 3D Printing, pur essendo di eccellenza, non sono ancora in grado di sostenere le sollecitazioni a cui è sottoposta una racchetta da tennis. I telai attuali sono costruiti in carbonio, fibre lunghe che riescono a dare determinate caratteristiche meccaniche. Nel nostro caso parliamo di fibre molto corte, molto performanti rispetto a quanto offre il resto del mercato del 3D Printing ma non ancora sufficienti per produrre una racchetta da competizione. Però i materiali si evolvono molto rapidamente, quindi credo sia una questione di tempo. E, arrivato quel momento, si potrebbero perfino creare delle racchette totalmente personalizzate sullo stile di gioco e le esigenze di un determinato giocatore perché i nostri materiali non hanno limiti in termini di forme che si possono creare. Si tratta solo di aspettare che l'evoluzione del materiale consenta di creare un telaio sufficientemente rigido da resistere alle sollecitazioni all'impatto con la palla. Ma questa è l'applicazione più affascinante che prevedo». Nel frattempo però, si potrebbero sviluppare dei singoli dettagli da applicare ai telai tradizionali per renderli ancora più performanti. Dopotutto, alla CRP Technology sono abituati a lavorare sui particolari: appena entrati nella sede, per esempio, vi troverete di fronte la scocca di una macchina da Formula Uno perché offrono i loro servizi anche nella vicina Maranello, immaginate per quale cliente. Il Windform promette dunque di rivoluzionare alcune sezioni di una racchetta (l'impugnatura potrebbe essere un punto di partenza interessante): ma quale sarà la prima azienda che approfitterà dell'occasione?

LA NUOVA RACCHETTA DI RAFAEL NADAL Si chiama Maxime ed è l’incordatore che si è occupato della (nuova) racchetta Babolat AeroPro Drive Play di Rafael Nadal al torneo di Monte Carlo. A fianco, il responsabile del servizio incordatura (curato da Tecnifibre), Pierre Bouché, che ci spiega cosa è cambiato: «Hanno variato la posizione dei buchi passacorde, in modo da allargare lo spazio tra le varie corde, soprattutto nella zona dello sweet spot, per ottenere maggior potenza e rotazione. È possibile che, col passare degli anni, Nadal abbia meno forza e necessiti di maggior spinta». Stephane Chrzanovski, consulente che spesso affianca gli incordatori Tecnifibre, è convinto sia variata la posizione di tutti i passacorde: «Non hanno solo spostato alcune corde, ma in generale mi pare che il primo foro sia posto più in basso e, partendo da lì, sia cambiata la posizione di tutti i fori». L'obiettivo è appunto «ottenere maggior spin e potenza, a costo di perdere qualcosa in controllo», come ha spiegato lo stesso Nadal. Il telaio è pittato di nero; la versione definitiva la mostrerà con ogni probabilità al prossimo US Open, con l'entrata in commercio a ottobre. Il resto del telaio rimarrà identico, una classica AeroPro Drive con il sensore Play per la cattura dei dati tecnici.

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BOOKS

MY TENNIS STORY I libri che hanno segnato una vita da (fanatico) tennista di Filippo Pascucci

INFINITE JEST David Foster Wallace

David Foster Wallace è considerato tra i migliori scrittori americani degli ultimi decenni. È morto suicida nel 2008.

Ci sono sfide nella vita che si devono provare a vincere. Una di queste è leggersi le 1.434 pagine di questo libro che ha reso celebre David Foster Wallace, «a novelist with a tennis background» come gli piaceva definirsi. I protagonisti della Enfield Tennis Academy diventeranno compagni inseparabili. La scrittura è brillante ma non esattamente semplice; roba che per leggerlo servirebbero un paio di settimane da passare in una bella cascina con vista sulle colline toscane. Ci ho provato: non ha funzionato nemmeno quello. Perché non è facile tirare dritto senza perdersi tra le centinaia di personaggi che si intrecciano, le note a piè pagina (che qui vengono messe in fondo, per praticità) che gli erano tanto care e una storia che richiede viva concentrazione. Ma sia chiaro, ci riproverò, come al solito, la prossima estate.

OPEN

Andre Agassi

Per Open, Agassi si è affidato a J.R.Moerhinger, già premio Pulitzer. In Italia ha venduto oltre 200.000 copie.

Tra gli altri meriti, quello di aver ricordato agli editori italiani che i libri di tennis possono anche essere un successo. Certo, non tutti diventeranno dei bestseller come questa biografia in cui il Kid di Las Vegas ha raccontato una vita fuori dal comune. L’hanno letta fanatici di tennis e gente che ignora lo sport, perché è un libro che va ben oltre lo sport. Personaggi come Jovanotti e Linus hanno obbligato amici e parenti alla lettura. Per spiegare il successo, mi affido ad Alessandro Baricco: «In genere, quando un libro ottiene un simile successo, contiene una di queste quattro domande: chi è l’assassino? Il protagonista troverà se stesso? Ma alla fine si sposeranno? Chi dei due vincerà? Open ne contiene tre su quattro, e le intreccia molto bene: la possibilità di sottrarsi alla trappola sono pari a zero. (Manca l’omicidio, ma se si largheggia un po’, l’idea di far allenare il proprio figlio di sette anni tirandogli 2.500 palline al giorno assomiglia molto a una specie di avvelenamento metodico, e quella era l’idea di educazione che aveva in testa il padre di Agassi).

VINCERE SPORCO Brad Gilbert

Ci sono voluti anni prima che un editore (appassionato tennista, Luca Priuli) decidesse di farlo tradurre. È alla quarta edizione.

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Gioco a tennis due volte la settimana da 39 anni, che sia nella mia Firenze, a Nairobi, Washington o Cape Town. Ho sempre perso più di quanto abbia vinto, per questo mi sono fidato di Agassi, quando ha detto «Brad mi ha insegnato come si gioca una partita di tennis, è il miglior allenatore del mondo». E Gilbert si presentò così ad Agassi: «Io ho vinto un sacco di partite che avrei dovuto perdere, tu hai perso un sacco di partite che avresti dovuto vincere. Credo di poterti essere utile». Lo è stato per Agassi, e anche per me. Warning: non è un manuale di tecnica, ma spiega tutto ciò che dovresti fare prima, durante e dopo un match per vincere più spesso. E funziona.


Il capitolo sul tennis, dedicato ad un giocatore di secondo piano come Michael Joyce, è imperdibile per capire cosa può essere il tennis e la vita di un mediocre tennista professionista.

CLUB

BREVI LETTURE

500 ANNI DI TENNIS Gianni Clerici

Non voglio nemmeno conoscerlo, un appassionato che non ha letto (in tutto, o almeno in parte) il più importante volume sulla storia del nostro gioco, tradotto fino al giapponese. L’edizione che vale il posto in prima fila della libreria è quella dalle forme giganti, non il più comodo per la lettura ma che offre il senso dell’importanza storica dell’opera. Dagli albori (ma proprio gli albori) del gioco, fino ai giocatori contemporanei, la storia diventa anche romanzo, con il top che lo Scriba raggiunge quando deve raccontare i personaggi della sua epoca, quando i giornalisti erano ancora inviati, quando non c’era Google per avere l’omniscienza a portata di click. E nascevano i capolavori. Come questo.

TENNIS A parte la nostalgia per l’Indoor di Milano, Baricco riesce a dirti «cosa riesce a spiegarti il tennis, senza dar nell’occhio». Quindici minuti di bellissima lettura e riflessione.

Quando Roger Federer ha incontrato DFW è rimasto scosso: pare che lo scrittore americano fosse un filo rude. Ma RF gli deve essere davvero grato per quello che gli ha restituito.

BOOK

John McPhee

«Nel tennis i meccanismi motori traducono la storia personale e il carattere in colpi e caratteristiche di gioco». Lo scrive John McPhee in apertura del suo lungo articolo Level of the Game, uscito sul New Yorker oltre 40 anni fa e finalmente tradotto in italiano. È il racconto, vissuto con i protagonisti, della semifinale dello US Open 1968, tra Arthur Ashe, primo coloured capace di arrivare fin lì, e Clark Graebner E poi mi basta che Clerici l’abbia definito il miglior racconto mai scritto sul tennis.

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CLUB

Edito da Mondadori, ha un fratellino piccolo (seppur di 455 pagine!): Gianni Clerici agli Internazionali d’Italia - Cronache dello Scriba. Vale davvero la pena fare la coppia.

INFINITE JEST David Foster Wallace

Sessant’anni di Wimbledon da rivivere in compagnia di Gianni Clerici è un’opportunità che solo un folle lascerebbe cadere. La raccolta dei suoi articoli da inviato ai Championships diventa quasi un romanzo. Tanti i profili di personaggi che ci sembra di aver vissuto, anche se non li abbiamo nemmeno visti giocare, come Laver, come Maureen Connolly. Però ricordo con particolare piacere quello di Althea Gibson, prima vincitrice di colore a Wimbledon, che dice a Clerici: «C’è un lungo cammino tra un ballo con il duca di Devonshire, e l’essere scacciata da un bowling, a Jefferson City, Missouri, per il colore della pelle». Pezzi di storia che non si possono (e non si devono) dimenticare.

YOU CANNOT BE SERIOUS

Scritto con James Kaplan, edito da Piemme, insieme a quella di Agassi, è la miglior biografia mai scritta da un top player (da evitare quelle fin qui scritte di Pete Sampras e Rafael Nadal)

Ci sono diverse edizioni, la mia è quella dell’immagine qui sopra, edita nel 1981 da Sperling & Kupfer. Ne scrivesse una adesso, mi metterei in coda fuori dalla libreria.

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BOOK

John McEnroe

Se masticate poco l’inglese, l’edizione italiana è di grande supporto, benché sia un delitto aver tradotto Non puoi dire sul serio, il celebre You Cannot Be Serious urlato da Johnny Mac all’arbitro Edward James nell’edizione 1981 di Wimbledon. La vita del più grande talento tecnico della storia (sorry Roger), la sua rivalità con Borg, la love story con Tatum O’Neal («La prima volta abbiamo fatto l’amore nel letto di Farrah Fawcett, la fidanzata di suo padre Ryan: non è stata una buona idea!»), la voglia di diventare una rockstar e tanto altro ancora. L’ha scritta nel 2002, e se volete un paragone con la biografia di Agassi, ci pensa lo stesso John a spiegarlo: «Lui non ha scritto: ha fatto una seduta di psicanalisi e si è liberato dalla disperazione. O almeno ci ha provato. Magari è stato più bravo di me, così non ha pagato per fare terapia».

LA MIA VITA, IL MIO TENNIS Bjorn Borg

In realtà, probabilmente non meriterebbe di stare in quelle Top 10 List tanto care agli americani. Però è stato il primo libro di tennis che ho letto (insieme ad un manuale in cui Adriano Panatta e Valerio Piccioni cercavano di insegnarti a giocare a tennis). Il libro pare una lunghissima intervista rilasciata a Gene Scott, grande giornalista di quell’epoca. Parliamo del 1980, quando un Borg giovanissimo dominava il tennis e si racconta senza troppi veli. Curiosi i capitoletti che dedica ai suoi principali avversari, raccontati con estrema genuinità. Peccato non abbia voluto aggiornarlo: la sua vita (confusa) l’avrebbe meritato.


La storia di Emiliano, negli States grazie ad una borsa di studio vinta grazie al tennis. Perfetto per l’estate in spiaggia (post scriptum: aver incontrato l’autore rende un libro più accattivante).

CLUB

BREVI LETTURE

TERRIBILE SPLENDORE Marshall Jon Fischer

La più bella partita di tutti i tempi (che molti lettori ignorano). Basterebbe questo per obbligare ad una corsa in libreria (o, ahimé, su Amazon). Anno 1937, la Grande Depressione sta scemando, la Seconda Guerra Mondialeè alle porte: Stati Uniti e Germania si affrontano in Coppa Davis sull’erba di Wimbledon: il giovane americano Don Budge (il primo che realizzerà il Grand Slam nel 1938) contro il barone tedesco Gottfried Von Cramm, inviso al regime nazista, sorvegliato dalla Gestapo, ancora in vita proprio grazie ai suoi successi sportivi. Come ha scritto Emanuela Audisio, «le partite più belle sono quelle dove ci si gioca la vita. Hanno splendore, tragicità, mistero».

STROKE OF GENIUS

Un libricino del filosofo francese, André Scala. dedicato «all’ammirabile presenza poetica di un grande campione e più in generale all’essenza stessa del tennis»,

Il prossimo libro? Letto anni fa in inglese: la storia di papà Agassi, da quando scoprì il tennis in Iran al suo progetto con Andre. L’edizione italiana l’hanno titolata Indoor: la nostra storia

BOOK

L. Jon Wertheim

Gli americani hanno spesso giornalisti di tennis piuttosto pallosi, legati alla cronaca più che al racconto. Wertheim, penna di Sports Illustrated, è una bella eccezione (il suo Mailbag su si.com è un must) e per questo il libro diventa una piacevole lettura. Il match più bello di tutti i tempi (ma quanti ce ne sono stati?), la mitica finale di Wimbledon del 6 luglio 2008 tra Rafael Nadal e Roger Federer, viene rivisitata nei minimi particolari, tecnici ed emotivi, con alcuni retroscena curiosi. Immancabile solo per la presenza di quei due. Peccato sia solo in lingua inglese.

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TENNIS BUSINESS

La BorSa dEL TENNIS Pur in una congiuntura ecnomica negativa, il mercato del tennis ha reagito in maniera abbastanza positiva, con alcuni marchi particolarmente performanti. Ecco il nostro personale borsino per offrire un quadro della situazione

ADIDAS

ASICS

AUSTrALIAN

BISOGNA PARTIRE da un presupposto ben preciso, e cioè che il tennis non rappresenta una category significativa in Italia, dove calcio, running e rugby godono di attenzioni ben diverse. In più, paga la perdita di testimonial importanti come Novak Djokovic prima (rimasto solo con le calzature) e Andy Murray adesso, anche se in Italia, la coppia Fognini & Pennetta è sicuramente di grande appeal. Nel periodo pre-estivo arriverà la scarpa con tecnologia Boost, già sperimentata nel running: potrebbe diventare la vera alternativa alle scarpe Asics.

UN’IMPRESA PAZZESCA. Perché quando i tuoi competitor si chiamano Nike e Adidas, pensare di diventare padroni assoluti di quel mercato è sostanzialmente impensabile. E invece Asics c’è riuscita. L sue scarpe sono universalmente riconosciute le migliori, quando bisogna scendere su un campo da tennis. Margini di miglioramento invece, ci sono nell’abbigliamento e nella scelta di qualche nuovo testimonial. Sarà poi importante mantenere ottimi rapporti con i negozianti specializzati, che vedono nei margini contenuti e nelle richieste di maggiori investimenti, un certo deterrente.

L’ABBIGLIAMENTO è il settore più complicato, soprattutto in momenti di crisi economica. Se palle e corde sono beni di consumo, se l’evoluzione delle racchette suggerisce nuovi acquisti, il completo da tennis è certamente un plus. Per questo vanno ricercati stile e materiali che possano attirare l’appassionato. Australian è sempre stata indicata come il brand del made in Italy e le ultime collezioni hanno mostrato uno stile molto particolare, da affiancare a quello tradizionale. Però manca un testimonial importante, un vero top player che faccia da traino.

BABOLAT

IL LANCIO DELLA NUOVA Pure Drive è andato sopra ogni rosea aspettativa, con numeri da record. Nel settore corde restano leader, come in quello delle macchine incordatrici, e sta crescendo anche nel complicato mondo delle calzature. In più, l’apprezzamento dei negozianti specializzati è da primato. Ora ci sono altre due sfide da vincere: affiancare un’altra linea di racchette alla Pure Drive e AeroPro Drive (la Strike non ha funzionato granché) e sfondare nel mercato con la tecnologia Play: Eric Babolat vuole tutte le racchette connesse per il 2020. Una sfida affascinante quanto complicata.

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DUNLOP

SI CONFERMA IL BRAND leader nel settore palle, che attualmente è il core business dell’azienda. Sono stati rinnovati gli accordi con i più importanti tornei del mondo su terra battuta (da Monte Carlo a Roma, a Barcellona: sostanzialmente resta escluso Roland Garros). E, grazie a nuove offerte commerciali, sta crescendo nei settori corde e accessori che offrono buoni ricarichi. Il problema resta il settore racchette: i nuovi modelli sono anche apprezzabili ma senza nuove tecnologie e nuovi testimonial (ricordate i tempi di Johnny Mac e Steffi Graf, o anche solo di Tomas Berdych?), faticano ad uscire dai negozi.

HEAD

IL GRAFENE è probabilmente la novità tecnologica più interessante delle ultime stagioni e presto potrebbe avere evoluzioni importanti. Il brand austriaco ha il miglior parco testimonial, cinque (!) linee di racchette top di gamma e finalmente ha cominciato a sviluppare un progetto importante nel settore delle corde (con risultati iniziali positivi). La collezione scarpe è destinata a crescere in maniera importante e a breve sarà lanciata anche la macchina incordatrice. Crede poco nel nuovo sensore Sony, molto nella personalizzazione dei telai, con un progetto pilota appena partito in alcuni negozi italiani.


HYDrOGEN

LACOSTE

LOTTO

LA MIGLIOR NOVITÀ nel settore dell’abbigliamento. Dopo un periodo di studio, Hydrogen sta sfondando in un mercato per nulla semplice. Ci voleva qualcuno che rompesse gli schemi e il brand col teschio ha l’immagine giusta per riuscirci. Ha perso un testimonial importante come Dustin Brown (il matrimonio con Hydrogen era perfetto ma i dollari di Under Armour sono stati un’attrazione fatale), ma Simone Bolelli resta un personaggio credibile, bello senza essere dannato. Se poi continuerà a crescere nel ranking, rappresenterà un veicolo decisivo nel compiere un ulteriore salto di qualità. Certo, avere un brand di successo nel settore dell’abbigliamento casual aiuta, come la prima presenza agli Internazionali d’Italia, ma Hydrogen è riuscita dove tanti altri hanno fallito. E questo è già un gran merito.

AVREBBE TUTTO per far grandi cose: la tradizione, un prodotto meraviglioso, le potenzialità di investimento, la presenza nel circuito pro e qualche buon testimonial (ecco, forse questo sarebbe l’aspetto in cui potrebbe migliorare, partendo dal presupposto che parliamo di un brand di livello altissimo). Però... però chi distribuisce Lacoste in Italia evidentemente non crede che il tennis possa rappresentare un business importante, visto che scovare un completo Lacoste nei negozi specializzati (ma anche solo nelle loro boutique) è un’impresa. Un peccato, perché la richiesta non manca. La nota più piacevole è comunque la nuova racchetta, assolutamente da collezione, creata con inserti in legno ed elaborata da due noti artigiani di Albertville. Una chicca, come la linea di abbigliamento che l’accompagna. Peccato sia per pochissimi.

SENZA INFAMIA E SENZA LODE. Un marchio italiano che riesce a difendersi bene, uscito anni fa da un periodo per nulla semplice, ha trovato le risorse per trovare adeguata stabilità. Però tutto sta nella media: il prodotto è buono ma non apprezzato come certi suoi competitor, i testimonial di ottimo livello ma nessuno che entusiasmi le folle (David Ferrer è l’esempio più calzante). Nel settore scarpe ha diversificato su vari modelli, anche se la Speed Clay resta il cavallo di battaglia che non ti abbandona mai nel momento del bisogno. Però manca quel quid in più, un’idea un po’ rivoluzionaria, un prodotto che si stacchi dalla media. Perché Asics le ha fatto... le scarpe, Nike si è presa i top players, marchi giovani come Hydrogen sono in crescita e competitor come Sergio Tacchini sono tornati in pista: Lotto è chiamata ad una sfida interessante.

LUXILON

NIKE

È GIÀ UN MIRACOLO che un piccolo brand di corde sia riuscito a crescere a tal punto da essere annessa nel mondo di Amer Sports, a far compagnia a Wilson, per quanto riguarda il settore tennis. Luxilon ha rivoluzionato il mondo delle corde col prodotto sulla carta più ignorante, il monofilamento. Per i professionisti è stata una manna, per i giocatori di club una moda pericolosa, perché troppo spesso li vediamo utilizzare corde non adatte al oro gioco. Luxilon ha delle colpe in tal senso, benché nel settore monofilamento restino un must, a partire dall’Alu Power, perfetto anche per le incordature ibride. Vien da chiedersi cosa accadrà quando finalmente la gran massa dei giocatori capirà che usare le corde dei professionisti è una mezza fesseria.

AH, SE SOLO VOLESSE.... Come per Adidas, anche per Nike il tennis in Italia non rappresenta un core business, e il giudizio negativo è dato dalle potenzialità che non vengono sfruttate. La presenza nei negozi specializzati non manca ma potrebbe essere decisamente maggiore e soprattutto meglio supportata. I prodotti non sono il top (nelle scarpe si è aperta la forbice che li separa da Asics, in particolar modo nell’apprezzamento degli appassionati), ma il parco testimonial è tale da poter far fronte a qualsiasi difficoltà. Quando puoi sfruttare l’immagine di Roger Federer, Rafael Nadal e Maria Sharapova, tutto diventa più facile. Però, se solo volesse, potrebbe quasi annullare la concorrenza. Invece nelle scarpe ha già perso la leadership (ma supponiamo non sia un problema vitale).

PrINCE

ROBA DA CHI L’HA VISTO. Un marchio che ha scritto pagine importanti di questo sport, che ha realizzato autentiche rivoluzioni nel settore con alcuni telai che rimarranno nei libri di storia del tennis, è sostanzialmente scomparsa dal mercato italiano. Nella nostra indagine con i top 55 negozianti specializzati d’Italia, delle 275 citazioni di racchette, nemmeno una riporta la scritta Prince. Nemmeno una. I problemi che hanno afflitto le passate gestioni della casa madre non hanno aiutato, la mancanza di adeguata comunicazione anche alle nostre latitudini resta invece un danno che poteva essere (in parte) evitato. Un annetto fa, erano ripresentati sul mercato con un progetto importanti e una gamma completa. Poi il nulla. Speriamo si trovino le risorse per non far morire di lenta agonia un marchio così prestigioso.

39


TENNIS BUSINESS

PrO KENNEX

SErGIO TACCHINI

CONFERMA QUANTO di interessante aveva già mostrato nelle ultime stagioni. Il prodotto è di livello alto e avere come unico testimonial un giocatore affidabile come Andreas Seppi aiuta nel mercato italiano. Il sistema Kinetic resta la miglior tecnologia antivibrante mai inserita in una racchetta da tennis, ma la crescita nella vendita degli altri telai dimostra che il brand si è ormai slegato dal Kinetic, che resta un plus e non necessariamente la base. La prossima stagione prevede altre novità e una collezione ancora più chiara. Invece mancava di competitività nei settori corde e palle e per questo è stata acquisita la distribuzione del marchio Tecnifibre. In più, il management Pro Kennex è impegnato anche nell’organizzazione del torneo Challenger di Brescia, che dopo la prima edizione è già un top event del calendario italiano.

FINALMENTE. Dopo la cessione da parte del Cavaliere e qualche traversia societaria, il marchio Sergio Tacchini sta tornando in maniera significativa sul mercato italiano, con un licenziatario che si ritrova tra le mani un brand storico, un prodotto di qualità e qualche buon testimonial da sfruttare (benché sarebbe opportuno integrare il buon Tommy Robredo con un altro top player, seppur i tempi di John McEnroe e di Novak Djokovic siano complicati da imitare). In ogni caso, in un momento in cui si sono aperti spazi interessanti nel settore, Sergio Tacchini ha il know-how e la tradizione per colmare questo vuoto (e la collezione autunno/ inverno sarà un bel passo in avanti verso questo obiettivo). Lo studio di una collezione di scarpe poi, rappresenterebbe un valore aggiunto, anche se non è mai stato troppo nel DNA del marchio.

UNDEr ArMOUr

WILSON

HA REALIZZATO il più importante colpo di mercato, assicurandosi i servizi di Andy Murray, unico top player che ha cambiato brand di abbigliamento all’inizio di questa stagione. E per non farsi mancare nulla, ha messo sotto contratto anche Dustin Brown, il giocatore col miglior rapporto appealranking. Una scelta importante che però potrebbe non portare ad un vero e proprio lancio nel mondo del tennis. Murray (come altri grandi fuoriclasse sponsorizzati dal marchio, vedi Lindsay Vonn) interessano soprattutto per promuovere i prodotti training, il core business dell’azienda, e scelti proprio per le loro attitudini atletiche. Per questo non sono previsti eccessivi investimenti in prodotti specifici per il tennis. Un vero peccato.

ALTI E BASSI. La nuova racchetta di Federer ha ottenuto un ottimo riscontro ma è anche uscita con un anno di ritardo; la Blade resta il bestseller del brand ma la 16x19 è uscita in extremis. E gli americani insistono nel voler spingere i telai col sistema Spin (quelli con le corde “invertite” per intenderci), che magari piacciono agli yankee ma che in Italia fa storcere il naso (e infatti l’unica che si vendicchia è la Blade S, come tutto ciò che porta il nome Blade). Un telaio che però potrebbe dare enormi soddisfazioni è la Burn: ha testimonial importanti ed è la miglior risposta alla Pure Drive che si ricordi. Certamente farà una miglior fine delle linee Steam (abbandonata) e Juice (accantonata). E poi c’è il lancio del sensore creato dalla Sony e commercializzato da Wilson: sarà un successo?

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TECNIFIBrE

IL CAMBIO DI DISTRIBUZIONE è una di quelle operazioni che si definiscono win-win: Pro Kennex si ritrova magicamente una collezione di corde, accessori, abbigliamento, palle e macchine incordatrici che prima non aveva, e Tecnifibre una distribuzione più efficiente che potrebbe garantire un salto di qualità al marchio. In realtà, la qualità dei telai non è così eccelsa, ma il vero core business restano le corde, in particolare quelle multifilamento dove Tecnifibre è il brand più apprezzato (e che nel prossimo futuro potrebbero rappresentare un mercato molto significativo, visto che pian piano i giocatori di club stanno capendo che sono questi gli armeggi a cui dovrebbero affidarsi). Un binomio, quello Pro Kennex - Tecnifibre che in Italia promette di funzionare piuttosto bene.

YONEX

MOST IMPROVED BRAND. Dovessimo assegnare il premio al marchio che è maggiormente progredito, non potremmo che darlo a Yonex. Telai molto performanti (e qualità media superiore al resto del gruppo, per precisione in pesi e bilanciamenti), testimonial come ai bei tempi (Stan Wawrinka ma anche giovani dal grande futuro come Nick Kyrgios e Borna Coric, oltre alla solita lunga schiera di giocatrici) e una gamma completa dove spicca la Si100, nella top 3 dei migliori telai 300 grammi - 100 poliici presenti sul mercato. E che la percezione del brand sia migliorata lo si nota dall’apprezzamento per altri prodotti, calzature soprattutto. Ci sono poi ampi margini di miglioramento in corde e accessori, oltre al digital match da vincere, visto che il sensore Sony finirà anche sui telai giapponesi.



the

the list

best

30

testimonial in the world

of

tennis


IN QUALSIASI DISCIPLINA, CI SONO ATLETI CHE VALGONO PIÙ DEI LORO RISULTATI, PERCHÉ LO SPORT NON È SOLO QUESTIONE DI NUMERI E STATISTICHE, MA ANCHE (SOPRATTUTTO?) DI EMOZIONI. E NON SEMPRE LE DUE SITUAZIONI VIAGGIANO A BRACCETTO. ABBIAMO DUNQUE MESSO IN FILA QUELLI CHE SAREBBERO I TRENTA MIGLIORI TESTIMONIAL PER UN BRAND CHE VOLESSE SFONDARE NEL MONDO DEL TENNIS. DAI FUORICLASSE PIÙ FAMOSI ALLE MIGLIORI PROMESSE, PASSANDO PER PERSONAGGI CHE RAPPRESENTANO QUALCOSA DI MOLTO SPECIALE PER IL LORO PAESE.

AND THE WINNER IS…

30.

29.

28.

Thanasi KOKKINAKIS

Borna CORIC

Fabio FOGNINI

classe 1996

classe 1996

classe 1987

Australia

Croazia

Italia

Per i tecnici ha meno qualità tecniche del suo connazionale Nick Kyrgios, per gli esperti di tennis-marketing meno appeal mediatico. Però è solo perché l’altro è un autentico fenomeno in tal senso. In realtà, avercene di Kokkinakis, ragazzo capace di attrarre la folla e qualche celebre collega (vedi l’amicizia con Vika Azarenka). Non ha un tennis così brillante, ma la personalità è di livello alto.

Piace soprattutto per l’atteggiamento: un vero fighter, di quelli che esaltano le folle (amiche), meno gli esteti. Non ha l’eleganza di un Dimitrov (senza scomodare paragoni ancor più difficili) ma lo sport non è solo tecnica. A far da contraltare, servono (anche) i combattenti. Lui è uno di quelli, e non a caso brand come Hublot l’hanno già scelto come testimonial.

Amore e odio, sono sentimenti che spesso convergono tra gli appassionati per uno dei giocatori più controversi del circuito ma anche tra i più affascinanti, per personalità e talento. Certi suoi atteggiamenti non sono stati positivi, ma piace la sua genuinità e perché dice quello che pensa, senza troppe censure. È considerato tra i belli del circuito, quindi molto apprezzato dal pubblico femminile.

43


27.

26.

25.

Dustin BROWN

Ons JABEUR

Camila GIORGI

classe 1984

classe 1994

classe 1991

Germania

Tunisia

Italia

Best for value, dicono gli americani per indicare un ottimo affare. In proporzione a vittorie e ranking, è il giocatore più ricercato. E infatti, insieme a Andy Murray, è stato il prescelto di Under Armour per affacciarsi nel nostro mondo: piace per il suo tennis alternativo come il suo look (che fa impazzire le donne). Attivissimo sui social, fosse solo qualche anno più giovane...

Non è solo perché ha un talento meraviglioso (ha giocato oltre venti smorzate vincenti contro una runner come Wozniacki) ma perché potrebbe, da tunisina e musulmana, rappresentare un simbolo importante per il suo paese e per tutta quell’area, ancora poco sviluppata tennisticamente. Magari facendosi accompagnare nel percorso da un altro tunisino di talento, Malek Jaziri

Non badate al fatto che non compare in nessuna campagna pubblicitaria, che la vedete indossare i completini disegnati dalla madre o che attaccato a tal vestitino non vi sia appiccicato nessun patch: accade perché pare respingere i tanti sponsor che la cercano, per motivi che ci sfuggono. Ma per bellezza, carattere e qualità del tennis che mostra, potrebbe diventare una top testimonial.

24.

23.

22.

Alexander ZVEREV

Bryan BROTHERS

John MCENROE

classe 1998

classe 1978

classe 1959

Germania

Stati Uniti

Stati Uniti

Come la Germania è la nazione trainante dell’economia europea, lo stesso accade nel mondo del tennis. Per questo un campione tedesco farebbe bene all’intero movimento. Invece un fuoriclasse (non ce ne voglia Tommy Haas, ma intendiamo uno Slammer) manca dai tempi di Becker e Stich. E Zverev è la miglior carta che la Germania può giocarsi da diversi anni a questa parte.

Vuoi perché sono gemelli, vuoi perché hanno vinto oltre 100 titoli pro, di cui 16 del Grand Slam, vuoi perché il doppio sarà pure specialità in crisi ma spesso i loro match sono più divertenti di tanti incontri di sngolare, ma alla fine i fratelli Bryan si sono creati uno zoccolo di fans molto fedeli. E considerando che nei club si gioca soprattutto in doppio, la coppia più vincente di tutti i tempi ha il suo appeal.

Per capire quanto tiri ancora, basta chiedere a Ernesto De Filippis, che l’ha riportato in Italia per le tappe del Senior Tour: per avere successo servono lui e chiunque altro. Perché anche a 56 anni, sentir urlare all’arbitro You Cannot Be Serious non ha prezzo. Gli anni passano inesorabili ma evidentemente non per il talento perché in pochi giocano bene la volée come riesce (ancora) a Johnny Mac.

44


21.

20.

19.

Juan Martin DEL POTRO

Andre AGASSI

Francis TIAFOE

classe 1988

classe 1970

classe 1998

Argentina

Stati Uniti

Stati Uniti

Come per il ranking ATP, anche in quest’altra classifica la sua posizione risente della sua propensione agli infortuni. Poteva essere un crack, il Fab Five, e invece si parla soprattutto del suo polso malandato e non vi sono certezze possa tornare ad altissimo livello. Peccato perché il Sudamerica gode di grande tradizione tennistica ma necessita di un top player che invece manca.

Trasformista come nessun altro: da ragazzo ribelle a filantropo che ha creato scuole (quelle vere, non di tennis) che hanno aiutato migliaia di ragazzi in condizioni economiche approssimative. Le qualità narrative di J.R. Moehringer hanno esaltato la sua storia in Open e anche se la schiena lo obbliga a centellinare le presenze in campo, il suo cachet è ancora il più alto in assoluto tra i senior.

Ci hanno provato con Donald Young ma non è andata come volevano. Gli americani attendono un fuoriclasse in stile Sampras e Agassi, o quantomeno un top player di colore, in uno sport talvolta ancora accusato di classismo negli States e sempre avaro di coloured. Francis ha talento e ora un manager come il rapper-imprenditore Jay’z che moltiplicherà la sua visibilità mediatica.

18.

17.

16.

Jo-Wilfried TSONGA

Venus WILLIAMS

Sania MIRZA

classe 1985

classe 1980

classe 1986

Francia

Stati Uniti

India

Potenzialmente un fenomeno di marketing, con quella somiglianza con Muhammad Ali, la sua esultanza da boxeur e, al contempo, il tipico savoir-faire francese, unito ad una sorprendente eleganza, nei modi e nell’aspetto. Però ultimamente vince (e gioca) troppo poco, gli anni avanzano e lui rischia di rimanere nel limbo, comunque lontano dal fascino dei top (top) players.

La sorellina (si fa per dire...) Serena le ha tolto visibilità, ma non pare esserne dispiaciuta. Ad un certo punto si è volutamente defilata, quando è stata colpita dalla sindrome di Sjogren che le ha consigliato prudenza nell’attività fisica. Ha creato Eleven, il suo marchio di abbigliamento (anche) tennis e messo un po’ da parte i potenziali contratti dei top brand. Ma resta un personaggio molto positivo.

Chiaro, non fosse indiana non sarebbe in questa lista, ma nel suo paese è una eroina, prima sportiva donna di successo. L’India vanta una certa tradizione tennistica e un mercato di diversi milioni di potenziali appassionati (basterebbe rubarne una piccola percentuale al cricket!). Ma lei va ben oltre il tennis, essendo uno dei personaggi più famosi in una nazione da 1,252 miliardi di abitanti.

45


15.

14.

13.

Milos RAONIC

Victoria AZARENKA

Grigor DIMITROV

classe 1990

classe 1989

classe 1991

Canada

Bielorussia

Bulgaria

Sul campo non è il giocatore più spettacolare, fuori promette di diventare un testimonial cult. Dimenticate per un attimo la brillantina alla Happy Days: ha un atteggiamento positivo, l’aspetto glamour e non gli sfugge una mostra d’arte in tutte le città dove gioca. E se diventasse il tennista culturalmente più evoluto? In un mondo un po’ ignorante come quello sportivo, sarebbe una perla.

La regina del trash ha i suoi estimatori (oltre 600.000 solo su twitter). Certo, difficile venga invitata dal Rotary ma piace ai Millennials, ragazzi che vivono sui social e non badano troppo all’eleganza. Posta camere di hotel, balli sfrenati, twerking come se piovesse: ti fa entrare nel suo mondo e questo attira (fans e sponsor). Si fidanzasse con Monfils, darebbero 6-2 6-2 a Sharapova-Dimitrov.

Era Baby Federer, poi è diventato Mr. Sharapov, eppure nom disperiamo che Grigor Dimitrov possa diventare una stella di primissimo piano. Ha talento, stile, aspetto e personalità per bucare lo schermo. Gli basterebbe solo (già, solo...) vincere qualcosa di serio (uno Slam, niente di meno) e il gioco è fatto. Per intanto si accontenta dell’ombra lunga della bella fidanzata.

12.

11.

10.

Gael MONFILS

Nick KYRGIOS

Eugenie BOUCHARD

classe 1986

classe 1995

classe 1994

Francia

Australia

Canada

Avesse vinto quanto un Ferrer, avrebbe la coda fuori dalla porta, perché è uno showman che potrebbe tascendere il mondo del tennis. Gael muove le chiappe della gente e le porta su qualunque court perchè dove c’è lui, c’è spettacolo. Senza trucco e senza inganno, perche a lui, di avere un ufficio marketing che venda il suo show non gliene importa assolutamente nulla. O almeno così pare.

Potenzialmente un fenomeno. Per come gioca a tennis e per il suo atteggiamento, magari non sempre opportuno ma che piace ai fans. I suoi match non sono mai banali, come le soluzioni che prova in campo. Viene da un paese con grande tradizione tennistica e ha la personalità per reggere i grandi palcoscenici. La Nike è l’azeinda giusta per evolvere un’immagine che spacca.

Sta scoprendo sulla sua pelle le conseguenze del successo, dei photo shooting a ripetizione, degli sponsor che pretendono le loro appearance in cambio delle borse di dollari che garantiscono. La WTA l’ha eletta come futura reginetta del circuito, la infila in ogni round table, video promoting, ad campaign. Però poi ci sarà bisogno che diventi davvero una n.1. Oppure che finalmente sposi Justin Bieber.

46


09. Ana IVANOVIC classe 1987

Serbia Una delle poche giocatrici i cui risultati agonistci sono quasi secondari. La velina mora del tour, accusata di allenarsi poco per non intaccare la sinuosità delle sue gambe e lasciare che vengano ammirate, che porti il gonnellisno da tennis o un tailleur con tacco 12. Accorgimenti necessari per rimanere sul podio delle più belle tenniste del mondo e dar ragione a chi, vedi Adidas, le ha firmato un contratto a vita senza mai pentirsene, anche quando giocava male e vinceva poco. Ora è tornata su livelli apprezzabili e questo ha rinvigorito la sua immagine. Non aiutano invece le sue risposte pre-stampate (qualcuno ricorda una sua frase interessante, spiritosa o anche solo un po’ orginale?), che non necessitano di censura, soprattutto quando si parla delle sue love story. E infatti resta lontana dai rotocalchi anche adesso che ha un calciatore come Bastian Schweinsteiger al suo fianco.

08.

07.

06.

Andy MURRAY

Caroline WOZNIACKI

Kei NISHIKORI

classe 1987

classe 1990

classe 1989

Gran Bretagna

Danimarca

Giappone

Avrebbe ben poco appeal, non avesse vinto Wimbledon, 77 anni dopo l’ultimo britannico, bissando il successo già ottenuto allo US Open. Da sempre definito il Ringo Starr dei Fab Four, va detto che Twitter ci ha fatto scoprire un personaggio quantomeno autentico, se non proprio gradevole. E comunque, quel successo ai Championships gli ha cambiato vita e (in parte) immagine.

La crisi tecnica di un paio di anni fa aveva causato un crollo anche delle azioni della Wozniacki Inc. Poi, nonostane l’abbamdono di Rory McIllroy, è tornata a vincere e il suo ottimo ufficio marketing si è inventato la partecipazione alla maratona di Nyc. Lo shooting per lo speciale bikini di Sports Illustrated è stata la ciliegina: da allora è woz-mania. L’hanno voluta anche i cioccolatini Godiva...

Deve la sua fortuna alle origini. In sé, non è bello, non ha il physique du rôle, non è particolarmente esapansivo. Però è un vero top 10 mondiale e soprattutto è giapponese, il secondo mercato mondiale per il tennis. I suoi contratti con Uniqlo, Wilson, Adidas, Tag Heuer, Weider Supplements, Jaccs, Nissin, EA Game, Air Weave and WOWOW valgono oltre 10 milioni di dollari. Destinati a crescere.

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05. Serena WILLIAMS classe 1981

Stati Uniti Ok, quando sei considerata la più forte giocatrice di tutti i tempi, non c’è bisogno di nient’altro per avere fama e sponsor. Se poi sei una giocatrice di colore, arrivi da Compton dove ti allenavi con le pallottole che volavano a bordo campo e tua sorella maggiore è forte (quasi) quanto te, ci sono tutti gli ingradienti perché anche il peggior marketing manager del mondo ci costruisca intorno una storia meravigliosa. Serena è diventata pima un’ispirazione per tante ragazzine di colore, ora un’icona planetaria, capace di trascendere il mondo del tennis. Se si potesse calcolare il mix tra risultati agonistici e appeal per i fans, potrebbe tranquillamente competere per il titolo di Sportswoman of the World. Invece resta dietro Maria, anche perché è rimasta troppo americanocentrica, con scarse (e talvolta modeste) apparizioni in Europa. E da noi, la tipica bellezza russa vale ancora di più di qualche Slam conquistato sul campo.

04. Novak DJOKOVIC classe 1987

Serbia È destinato a dominare il tennis, in campo e fuori. Anche perché la concorrenza potrebbe assottigliarsi decisamente nell’arco di poche stagioni. Il suo cruccio principale è infatti quello di non aver ancora raggiunto in termini di popolarità Roger Federer e Rafael Nadal, che restano i più amati dai tifosi. Forse gli sarà più semplice raggiungerli nelle vittorie Slam o nelle settimane da numero uno, dove comanda il campo e non il cuore. Però il fenomeno-Djokovic è cresciuto anche nell’immagine: un istrione piuttosto simpatico (invero, più fuori che in campo), con una bella storia da raccontare (chissà quando arriverà una vera autobiografia e non solo un libro di consigli alimentari) e una certa influenza sui fans, se ne ha convertiti migliaia al gluten-free, pur senza essere minimamente celiachi. Il divario tra lui e l’accoppiata Roger&Rafa si sta assottigliando (e le vittorie aiutano molto): riuscirà a raggiungerli?

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03. Maria SHARAPOVA classe 1994

Russia Il miglior ufficio marketing del circuito: sui social arriva un filo dietro a Federer e Nadal (oltre 16 milioni di fans), ha (di gran lunga) il miglior sito Internet tra i players, si è già dimostrata ottima businesswoman lanciando le sue caramelle Sugarpova, si è legata a top brand come Porsche, Avon, Evian e Tag Heueur e va considerata una global ambassador di Nike e Head, i suoi sponsor tecnici. Il tutto senza mai aver mostrato slanci di particolare simpatia (chi ricorda una sua dichiarazione cult?) e con l’atteggiamento di chi vuol mantenere una certa distanza tra lei e il resto del mondo, compresi i suoi tifosi. Si concede raramente, non ama i tabloid e anche la privacy che riserva alla sua love story con il collega Grigor Dimitrov è roba da servizi segreti. Piace per la ragione più ovvia, ma anche perché in campo mostra un coraggio e una mentalità vincente davvero ammirevoli. Falla pure simpatica...

02. Rafael NADAL classe 1986

Spagna Limitando i fans alla categoria junior, Rafa Nadal non avrebbe rivali. Piace quello che mette in campo e non parliamo del liftone di diritto, ma di quella voglia di lottare su ogni singola palla che lo accompagna da quando giocava i Campionati delle Baleari under 9 (e ora conta 14 Slam). Adorato dalle donne perché il macho latino ha sempre il suo fascino e dagli uomini per la forza mentale che l’ha più volte spinto oltre i limiti della ragionevolezza umana, è sempre rimasto fedele ai suoi partner, dal coach alla fidanzata, fino agli sponsor: Nike, Babolat e Kia Motors, ai quali si sono aggiunti più di recente, Mapfre, Banc Sabadell, Poker Stars e Richard Mille. Una chiacchierata col suo amico Giorgio (Armani) deve averlo aiutato nella doverosa evoluzione da truzzo con i pinocchietti e lo smanicato, mentre è rimasto difficile colmare la lacuna di un inglese arrangiato che gli ha precluso di sfondare pienamente nel difficile mercato americano.

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Roger. un’infanzia curiosa con un’alimentazione a base di pasta e pizza, i primi successi con la trash metal music a far da colonna sonora e una carriera adulta da ambasciatore del bon ton. con la moglie mirka che l’ha guidato scrupolosamente in una metamorfosi sorprendente, che ha permesso di creare un impero economico fondato su un’idea di perfezione che garantisce 55 milioni di dollari all’anno BY FEDERICO FERRERO

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Federer.

Nel breve libello biografico dedicato all’infanzia e adolescenza del giovane Roger, il giornalista svizzero Rene Stauffer ha custodito, al servizio della storia, un’aneddotica gustosa. Nei mesi in cui il quattordicenne Federer - si parla del 1995 - si dovette trasferire a Ecublens, nel cantone francofono Vaud, dove era stato precettato presso il centro di svezzamento dei talenti, il ragazzo venne ospitato da una famiglia locale appassionata di tennis, i signori Christinet. Farlo sentire a casa sua era un guaio: Roger discorreva nello schweizerdeutsch del padre e con l’inglese della mamma sudafricana ma non spiccicava una parola di francese. Ci si spiegava a gesti. Con il figlio degli ospitanti, Vincent, si intendeva grazie al linguaggio universale dei ragazzini. Ma è ciò che ricordano i Christinet delle abitudini di Roger, a risultare come prossimo all’incredibile. Quel progetto di campione e di uomo accudito da un’altra mamma «non scendeva mai dal letto, al mattino dovevo chiamarlo venti volte. Poi si alzava, si infilava i vestiti e partiva in bicicletta, senza fare colazione». Normali pigrizie adolescenziali. Ma il ragazzo non era un raffinato: «Non gli piaceva la carne. Mangiava solo pasta e pizza, pasta e pizza, in continuazione. E cereali, a tonnellate: quando era in casa, a ogni ora lo sentivo uscire dalla stanza, scendere le scale e venire in cucina per riempirsi una tazza di latte e cornflakes. Non mi sembravano delle abitudini alimentari sane, però non volevo sgridarlo anche perché sapevo che i suoi genitori erano al corrente della cosa e a loro, per quanto ne sapevo, andava bene così». Milano, 2001. Federer sta per vincere il primo torneo Atp. I giocatori dormono all’hotel Brun, zona San Siro, si giocava al Palalido. Già sotto osservazione per quella sua facilità di gioco e una gestualità classica sconcertante, quasi fosse nato da una genìa di tennisti australiani e non in un Paese dalla tradizione specifica pressoché nulla, in una famiglia di tennisti della domenica, Roger si accompagna a un coach svedese, l’ex professionista Peter Lundgren. Narra Lorenzo Cazzaniga, ai tempi capufficio stampa dei Milano Indoors, che i ragazzi alla guida delle navette erano ben poco contenti di doverli accompagnare ai campi o in stanza, perché i due consegnavano all’autista un Cd di musica trash-metal e chiedevano insistentemente, per ingannare l’attesa ai semafori nel traffico irritante della zona Fiera, di “spararla”

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al massimo volume. Al che iniziavano a fare gli scavezzacollo sul sedile posteriore, agitandosi come tarantolati e scuotendo i testoni (allora ipercapellosi, con coda di cavallo) al ritmo di quella musica da metallari. Il Federer maturo è un uomo che ha conosciuto una rivoluzione estetica, nel senso più lato del termine. Se nel 1998, per la vittoria all’Orange Bowl di Miami, si era regalato per 250 dollari una scolorata ai capelli (quelle meches erano ancora visibili al suo esordio in Davis nel 1999, a Neuchâtel, contro l’Italia), oggi è l’unico tennista al mondo a potersi permettere di ospitare il diavolo vestito Prada, Anna Wintour, nel box giocatori. Non ha firmato contratti per promuovere il consumo adolescenziale di prodotti Kellogg’s ma ha affiancato la sua immagine pulita e classy a Jura, una fabbrica di macchine da caffè costose come scooter. Nonostante la popolarità da superstar, quella che funziona dal cliente discount in su, non ha venduto i diritti di sé alla Coca Cola ma a Moët&Chandon. Non a Nestlé e ai suoi snack, ma ai maestri cioccolatai (ancorché su scala industriale) di Lindt. E Gillette ha scelto proprio Federer, l’ex mechato, come simbolo del tennista sempre in ordine, che non farebbe mai crescere selvaggiamente la peluria sulle guance. La metamorfosi, da ragazzaccio inconsapevole del suo genio che canta lo yodel a squarciagola sotto la doccia – lo fa ancora, si dice, ma ben lontano da orecchie indiscrete - all’ambasciatore del bon ton, mai fuori posto nelle occasioni più formali e naturalmente suo agio in situazioni in cui i suoi colleghi vestono con plateale impaccio uno smoking sognando la tuta e la playstation, non è solo la consapevolezza di sé e del proprio ruolo. È stato ed è un lavoro puntiglioso e rigoroso di Mirka, la donna di cui Federer ammette di non poter fare a meno. Perché quella tuta sdrucita e sformata è la stessa che terrebbe addosso dal divano alla pizzeria; quel videogioco è la stesso cui si attaccherebbe con brama come tuttora capita in albergo a Rafa Nadal, se quattro figli non gli dessero dell’extralavoro e, soprattutto, la moglie non gliel’avesse sequestrata anni fa. Mirka è moglie, consigliera,

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personal shopper, contabile, pierre, amministratrice, censore di ciò che il Roger pubblico deve essere e del come è opportuno appaia. Ecco che ogni milione di dollari guadagnato dal marchio RF è decuplicato dagli sponsor, in un rapporto di moltiplicazione del core business primitivo che neanche Maria Sharapova e la sua multiattività imprenditoriale sono riusciti ad avvicinare. Superare la cifra da fatturato di una grande impresa (70 milioni l’anno, quando il numero uno del mondo Novak Djokovic si ferma sotto i 30 come Nadal e Sharapova) non è una questione di Slam. Non più. Federer è un marchio immanente: non vince un grande torneo da quasi tre anni, non torna in cima alla classifica da ottobre del 2012: eppure, alla gente che affida i risparmi a Credit Suisse o che assicura villa e barca con Nationale Suisse, non interessa se il numero uno è in realtà il due, o il tre, se è stato l’otto in un’annata buia come la scorsa, se giocherà o meno il mese prossimo. Federer è uno status: è dogmaticamente il migliore, anche da quando non lo è più. Questo privilegio è qualcosa che nessun altro tennista della storia si è mai potuto permettere. Tutti i campioni hanno legato la loro immagine vincente ai successi. Anche gli idoli americani McEnroe, Agassi o Sampras sottostavano alla regola: ci sono stati anni del loro cammino più sfigatelli di altri, in cui per una ragione o per l’altra non vincevano più. La loro immagine extrasportiva, in quei momenti, si annebbiava. Se finivano in crisi, come Andre nel 1998, o Sampras nella versione di fine carriera (lo chiamavano dead man walking) il loro appeal

Federer è uno status: è dogmaticamente il migliore, anche da quando non lo è più. Un privilegio che nessun altro tennista della storia si è mai potuto permettere.

commerciale si appannava. Se Jim Courier perdeva la prima posizione mondiale, veniva meno il motivo unico per cui fargli promuovere prodotti: o era il primo, o chisseneimporta di Courier. Quando McGenius venne messo da parte dalla nuova generazione di picchiatori, il suo personaggio scavezzacollo non andò in crisi, vero, ma quale immagine di primazia trascendente avrebbero potuto cucire addosso a un fuoriclasse un po’ frusto? Difatti, Perrier gli fece interpretare un personaggio fantascientifico, invecchiato, che giocava in un campo sopravvissuto alla guerra nucleare. Federer no: per la gente, Federer è il tennis. Anche quando non lo gioca. Mercedes Benz ha rinnovato, a dicembre scorso, il contratto che individua in RF il testimonial principale; il capo esecutivo del marchio, Marcel Guerry, ha spiegato quali valori i suoi potenziali clienti rivedono in un un gesto di Federer come in una berlina stellata: classe, sicurezza, alte prestazioni. E quanto contino la meccanica di un dritto, il colore del polsino e la gestualità nel versare milionate al campione svizzero non è così complicato da capire: ve lo immaginate Rafa Nadal, quel bravissimo ragazzo che è la quintessenza della gentilezza e della discrezione e che, al lavoro in campo, pare un selvaggio assatanato di sangue, consigliare al padre di famiglia facoltoso una Classe C? L’imprenditore cinquantenne potrebbe forse rivedersi nei suoi bicipiti esplosivi, nelle corse urlate e forsennate, nei colori fluo dei suoi abbigliamenti? Ecco perché Rafa, se vogliamo rimanere nell’automotive, consiglia ai suoi tifosi le macchine Kia. E Novak Djokovic, nonostante la maturità che ne ha ripulito le smargiassate e la posizione di indiscusso miglior tennista del pianeta, non ha firmato per Lexus, ma per Peugeot. E il modello che la casa francese gli ha intitolato come “approved by Djokovic” non è neppure il top di gamma ma la 208, un’auto pensata per adolescenti e giovani ai primi anni di patente. Se anche Nole mettesse le mani sui prossimi dieci Slam, la musica non cambierebbe. Come Federer viene associato - non necessariamente a ragione, ma nel marketing la verità non conta - al concetto di tennis, “marca di oro-


logio” è un’idea che otto intervistati su dieci legherebbero a cosa? A Rolex. Non importa se i superesperti storcono il naso: l’orologio è Rolex, il tennis è Federer. Rolex ha lasciato a Maurice Lacroix che lo svizzero completasse la costruzione del suo personaggio in purezza, permettendogli di metterlo sotto contratto, per poi blindarlo anni fa con un legame a vita (sportiva). Un azzardo, in tempi nei quali gli sportivi sono soggetti ad attentati alla reputazione: scandali, fuitine, storiacce di alcol e droga, cattive compagnie, amanti, crisi di rendimento, cadute di stile. Con Federer, tutti i marchi di eccellenza sono stati unanimi nel concedere credito illimitato: Roger non si caccerà mai in alcun guaio imbarazzante per i datori di denaro. La diretta concorrenza non è a secco, sia chiaro: Novak Djokovic ha redditizio rapporto di sponsorship per gli accessori da polso. Con Seiko, però. Andy Murray ha Rado. Richard Mille ha concepito l’orolo-

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Gli sponsor ufficiali di Federer: Nike (abbigliamento), Wilson (racchette), Rolex (orologi), Mercedes (auto), Jura (macchine per caffè), Credit Suisse (banca), Lindt (dolci), Moet&Chandon (champagne), Nationale Suisse (assicurazioni), Sunrise (telefonia) e Gillette (rasoi)

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milioni circa, i fans che lo seguono sui social network: oltre 14 milioni su Facebook, quasi tre milioni su Twitter.

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milioni di dollari, i guadagni 2014 stimati dalla rivista Forbes

gio sportivo più leggero del mondo – 19 grammi - tanto leggero che Nadal è già stato... alleggerito dell’oggetto da 700.000 dollari, un giorno che lo lasciò incustodito e ha scelto Rafa, per un oggetto preziosissimo “da prestazione”. Nel magico mondo di Immagine Roger, tutto ha un suo perché. Per quanto buone, le racchette Yonex non potrebbero mai transitare dalla manona di Wawrinka alla sua. Ci vuole il marchio classico, l’ovale gentile, il profilo discreto. Serve Wilson, il legno di Jack Kramer, l’arma di Edberg, il ferro di Sampras. E le linee Nike per Federer non arrivano dallo stesso pianeta delle t-shirt da ironman militari di Murray o dai sarti giapponesi di Djokovic. Dai cereali e i capelli tinti a un impero economico fondato su un’idea di perfezione ormai indiscutibile, vivente a sé: è quasi più difficile che collezionare diciassette Slam.

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5 1 0 2 R A C S


AND THE WINNER IS... Abbiamo chiesto ai 55 migliori negozianti d’Italia di votare la loro top 5 di racchette, scarpe, corde, palle e abbigliamento. Oltre al nuovo Brand of the Year. Tante conferme qualche novità. Ecco i risultati finali PER IL TERZO ANNO abbiamo realizzato la nostra indagine tra i migliori negozianti specializzati d'Italia, ai quali abbiamo chiesto di votare i top prodotti attualmente presenti sul mercato. L'importanza dei risultati di una votazione è direttamente proporzionale alla qualità della giuria: e chi può esprimere un parere più qualificato di chi ogni giorno alza la serranda e deve proporre agli appassionati racchette, scarpe, corde, palle, maglie, eccetera, eccetera? E difatti gli esiti sono sempre interessanti, uno specchio preciso di quanto sta accadendo sul mercato, delle varie tendenze, delle novità che arrivano (peraltro abbastanza contenute). Ebbene, cosa hanno detto questi risultati? Soprattutto tante conferme perché in ogni categoria il successo è andato allo stesso prodotto dell'anno precedente (che, in qualche caso, corrisponde anche a quello del 2014 e del 2013...). Partiamo dalle racchette, dove ha trionfato, come da pronostico, la Babolat Pure Drive, il telaio simbolo degli Anni 2000 e che ha sfruttato anche l'uscita del nuovo modello, che non è stato solo un cambio cosmetico ma anche tecnico. Al di là di qualche dubbio iniziale, il mercato ha reagito in maniera sorprendente, con cifre da record (nei nostri punteggi e nel salvadanaio dell'azienda). Babolat si è poi confermata leader anche nelle corde, sempre con la RPM Blast di Rafael Nadal, con i due monofilamenti principali (l'altro è l'Alu Power di Luxilon) che comandano il ranking senza fastidi (ma almeno stavolta al terzo posto c'è un multifilo, l'Excel di Babolat). Confermatissima al primo posto nelle palle la Dunlop Fort All Court, ora nella versione Tournament Select, quella destinata obbligatoriamente ai tornei agonistici (con le concorrenti che restano ancora a debita distanza), mentre nelle scarpe non si può parlare di semplice vittoria ma di autentico trionfo di Asics. Esattamente come negli anni passati ma con una novità: seppur di un'unghia, ma quest' anno il modello più votato non è quello della famiglia Resolution, ma della Solution Speed, solo alla sua seconda versione (contro le sei della Resolution) ma che piace per l'estrema leggerezza. In ogni caso, un'egemonia del marchio giapponese, anche nei confronti di un brand come Nike. Il quale però resta in testa nel settore abbigliamento. Per quanto riguarda la nuova categoria Brand of the Year, dominio Babolat e tre marchi di racchetta posizionati nei primi quattro posti. Dunque, sono state davvero poche le novità: tra queste, il rientro sul mercato italiano in maniera importante di un marchio storico come Sergio Tacchini e di uno giovane ma che promette bene: il teschio di Hydrogen indossato da Simone Bolelli.

lA nOsTrA gIurIA Ecco l'elenco, in ordine alfabetico, dei negozianti che hanno votato. Riteniamo che questa giuria sia quella in grado di offrire uno spaccato significativo del mercato del tennis in Italia. 15Zero (Sestu), A-Tennis (Lissone), L'Albero dello Sport (Lucrezia), Angelo Sport (Piacenza), Banny Sport (Moncalieri), Bartoni Tennis (Roma), Bassotto Sport (Cagliari), Boreggio Sport (Rovigo), BT Sporting Shop (Caserta), Ca' Sport (Rivarolo Canavese), Cheli Sport (Lucca), Clap (Sassuolo), Colombo Sport (Arluno), Crevani Sport (Tortona), Danieli Sport (Foggia), Doctor Tennis (Milano), Dolci Sport (Pescara), Eiffel59 Tennis Store (Casale Monferrato), Erre2 Sport (Cupra Marittima), Gazzotti Sport (Reggio Emilia), Gran Slam (Parma), Il Podio Sport (Cuneo), La Bottega del Tennis (Milano), Match Point (Cesena), Match Point (Quartu S. Elena), Mauro Sport (Bergamo),

Milano Tennis (Milano), Nake Sport (Milano), Nata Sport (Conegliano), New Tennis (Castellanza), PDN (Giugliano), Primato Sport (Marano Vicentino), Provera Sport (Chivasso), Punto Tennis (Canelli), Slalom (Saluzzo), Sport Center (Lonate Pozzolo), Sport Margherita (Jesolo), Sport Time (Imola), Sport Time (Mantova), Sportmaxx (Carmignano di Brenta), Tennis Corner (Firenze), Sportswear (Pordenone), Tennis Fun (Bologna), Tennis Lab (Firenze), Tennis Land (San Giuliano Milanese), Tennis Point (Verona), Tennis Service (Torino), Tennis Warehouse Europe (www.tenniswarehouse-europe.com), Tennis World (Roma), Tennis World (Napoli), Top Tennis (Cremona), Tuttosport Banditella (Livorno), TuttoTennis (Musile di Piave), Willy Sport (Genova), Wimbledon Tennis Specialist (Ponte San Giovanni).

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2014

2015

racchette OSCAR

BABOLAT Pure Drive

S

e possibile, il dominio è ancora più evidente. Per il terzo anno consecutivo la racchetta (nettamente) più votata dai negozianti specializzati è la Babolat Pure Drive, uscita quest'anno nella nuova versione. Il distacco rispetto alle inseguitrici è ancor più aumentato, visto che la PD ha conquistato quasi il triplo dei punti del secondo telaio in classifica, la Wilson Pro Staff 97, che a sua volta ha preceduto di un soffio la Wilson Blade 98. In realtà, la Pure Drive ha ottenuto da sola più punti rispetto a tutti i telai messi insieme di qualsiasi altro brand.

Chiaramente non si può parlare di sorpresa: il trionfo era atteso, dato anche i dati di vendita fin qui registrati (si dovrebbe superare quota 15.000 Pure Drive vendute in Italia) e il fatto che la Pure Drive è universalmente riconosciuta come la racchetta simbolo degli Anni 2000, benché la prima versione risalga ancora al principio degli Anni 90. In realtà, al momento del lancio c'era un filo di preoccupazione perché la scelta di ridurre lo spazio tra le corde nella parte alta del telaio (quello che gli studi nati con la versione digitale della Pure Drive hanno indicato essere il reale sweet spot) ha cambiato il telaio in maniera significativa, pur senza stravolgerlo. In sostanza, ne è uscita una racchetta più agonistica, con un impatto

il lancio del nuovo modello. La versione RF è per collezionisti, quella più votata è il modello "umano", che comunque vien fuori a 330 grammi, incordata. Non certo una racchetta facile, ma il fascino di Federer vale qualche centinaio di telai venduti in più. E sempre Wilson chiude il podio col modello più venduto del brand americano in Italia, la Blade 98 (pare invece che se allargassimo la forbice al resto del pianeta, la Blade 98 con schema di incordatura 16x19 non rientrerebbe nella top 20). Un modello classico, a ricordare che gli italiani amano la tradizione ma che ha pagato il fatto che la versione 16x19 è arrivata sul mercato dopo tutti gli altri modelli (la 18x20, la 104, la S). In ogni caso, pare che stia recuperando in fretta il tempo perso. Dietro arriva Head, con ben tre modelli ad occupare le posizioni dal quarto al sesto posto. Il marchio austriaco dispone della gamma più varia e completa, con cinque linee top di gamma (Speed, Instinct, Radical, Extreme e Prestige) e un parco testimonial da far invidia (Novak Djokovic, Andy Murray, Tomas Berdych, Maria Sharapova, tanto per citare alcuni nomi). Nei nostri Oscar, la Speed di Djokovic nella versione MP resta davanti ai due modelli Radical, la Mp e la Pro. Subito dietro, il primo telaio che non appartiene ai Big

la Pure Drive ha dominato per il terzo anno consecutivo, quasi triplicando i voti del secondo telaio classificato. un trionfo annunciato dal record di vendite che si sta registrando nei negozi specializzati più duro, maggior controllo e minor potenza e facilità nel far uscire la palla. Come sempre accade, c'è chi resta entusiasta di un cambiamento, chi meno. In ogni caso, il mercato pare aver reagito in maniera positiva, regalando altri record ad una racchetta destinata a rimanere al vertice ancora a lungo. Il tutto, nonostante non vi sia un testimonial da top 10 (il miglior utente Pure Drive a livello maschile resta il nostro Fabio Fognini), quindi contrastando la classica teoria che vorrebbe gli italiani sempre e solo alla caccia di prodotti utilizzati dai migliori testimonial del mondo. La grande novità è però rappresentata dalle due Wilson, che hanno conquistato gli altri due gradini del podio, a scapito della sorella della Pure Drive, la AeroPro di Rafael Nadal. La linea Pro Staff, oltre che essere legata ad una tradizione di lunga data, ha sfruttato la lunga attesa determinata dai test che Roger Federer ha portato avanti per diversi mesi, posticipando di una stagione

Three, la Yonex EZone Ai 98, per quello che resta il marchio che probabilmente è progredito maggiormente nei gusti dei negozianti specializzati. In generale, solo cinque marchi hanno ricevuto almeno una citazione (ai quattro già citati va aggiunta Pro Kennex). Volessimo poi fare una graduatoria per brand, continuerebbe il dominio Babolat (413 punti complessivi fra tutti i modelli), davanti a Wilson (242 punti), Head (212 punti), Yonex (113 punti) e Pro Kennex (45). In termini di numero di citazioni, con 85 Babolat è solo un passo avanti a Wilson (78) e Head (69), a dimostrazione che i tre top brand sono votati da tutti ma quello francese guadagna più spesso le prime posizioni (dei 55 top negozianti che abbiamo fatto votare, 31 hanno indicato al primo posto la Pure Drive). Da notare che Pro Kennex ha ricevuto ben 20 citazioni per otto modelli diversi, quest'ultimo un record assoluto.

2014 / 1. BABOLAT Pure drive GT 2. BABOLAT AerOPrO drive GT 3. WiLSON BLX BLAde 98 2013 / 1. BABOLAT Pure drive GT 2. HeAd YOuTeK GrAPHeNe SPeed MP 3. BABOLAT AerOPrO drive GT

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lA clAssIfIcA / TOP 10

01. BABOlAT Pure Drive gT

301 punti

02. WIlsOn Pro staff 97

107 punti

03. WIlsOn Blade 98

104 punti

04. BABOlAT AeroPro Drive gT

93 punti

05. HEAD graphene XT speed MP

87 punti

06. HEAD graphene radical MP

57 punti

07. HEAD graphene radical Pro

20 punti

08. YOnEX eZone AI 98

19 punti

09. WIlsOn Burn 100

15 punti

10. WIlsOn Blade 98 s

14 punti

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2014

2015

palle OSCAR

DUNLOP Fort All Court Select

P

assano gli anni, ma la palla più amata dagli appassionati italiani resta la Dunlop Fort All Court, quest'anno nella versione Tournament Select. Il prodotto non è cambiato di una virgola ma testimonia come si tratti di tubi selezionati, senza alcun difetto, con un ottimale controllo qualità. Con questo modello (e sulla carta solo con questo modello) si dovrebbero disputare le competizioni agonistiche sul territorio italiano. Un dettaglio da tenere in stretta considerazione, da parte dei circoli, dei negozi specializzati e degli stessi giocatori. Anche in questo caso dobbiamo parlare di successo atteso, per nulla sorprendente e che conferma i risultati delle ultime due stagioni nei nostri Oscar. Dei 55 negozi specializzati che abbiamo fatto votare, oltre la metà hanno indicato proprio la Fort All Court al primo posto, con il brand Dunlop che in generale ha raggranellato 322 punti complessivi, un terzo del totale a disposizione. A inseguire, ma a debita distanza, le altre due palle più qualificate del mercato: la Babolat Team e la Head ATP, divise da uno sputo. Non a caso, si tratta dei tre modelli che in tutte e tre le edizioni dei nostri Oscar hanno chiuso il podio, a di-

palle specifiche per terra rossa). Wilson resta comunque incollata a Head nel ranking generale, anche se piuttosto lontana da Dunlop e Babolat. Il resto del mercato è francamente nullo, benché vi siano tanti modelli (sono stati nominati ben 17 modelli diversi). Piace sempre ricordare la Slazenger Wimbledon perché porta il nome del torneo prestigioso, dove il brand inglese è presente fin dalla prima edizione. Roba da veri intenditori (e peccato che non vi siano in Italia campi in erba naturale dove poterle sfruttare al meglio). Resta ai margini anche un altro marchio che di palle se ne intende, vale a dire Tecnifibre. Fin quando era la palla ufficiale di Roland Garros, aveva una fetta di mercato non proprio irrilevante; quando Babolat le ha scippato il torneo parigino, è nato un modello comunque molto performante (la X-One) ma con un appeal decisamente inferiore. Quel che manca è una ventata di novità. Capisco chi comanda: squadra vincente, non si cambia, si dice nello sport, ma chi insegue dovrebbe cercare di trovare nuove soluzioni, benché non appaia impresa semplice.

la Dunlop fort All court resta (di gran lunga) la palla più amata dagli appassionati italiani. Ora nella versione Tournament select, quella con la quale si dovrebbero giocare le competizioni agonistiche mostrazione che si tratta dei migliori modelli presenti nel negozi, ma anche che non vi sono grandi novità in un settore che presenta volumi importanti di consumo ma anche margini di profittabilità piuttosto bassi, che non consiglia straordinari investimenti.

La sensazione (e non solo quella) è che da tanti anni si giochi sempre con gli stessi modelli, prodotti con gli stessi macchinari, nelle stesse fabbriche. Al più, c'è qualche dubbio sul controllo qualità, che talvolta non pare ottimale, visto che a turno sono emersi problemi per tutti.

Babolat resta il secondo brand col maggior numero di punti, considerando che può avvalersi anche di un secondo modello top, quello marchiato Roland Garros (e che potrebbe performare ancora meglio, dato che porta il nome del vero Campionato del Mondo su terra battuta, la superficie regina del tennis in Italia). Alle loro spalle, il marchio Wilson, col modello US Open (particolarmente adatto ai terreni duri) e, in misura più contenuta, all'ottimo modello Tour Clay, una delle pochissime novità degli ultimi anni ma che paga anche una concorrenza notevole (va considerata anche la Dunlop Fort Clay Court, tra le

Chiaro che non è semplice studiare una palla che sia giocabile fin dal principio, che mantenga a lungo le sue caratteristiche, che non si sgonfi presto, né perda eccessiva pressione. E magari col feltro che resta bello giallo, con la scritta in bella evidenza (una delle qualità delle Dunlop Fort, in tutte le versioni). Però abbiamo visto un'evoluzione significativa nelle racchette e straordinaria nelle corde; aspettarsi che accada anche nelle palle è doveroso, anche se gli scarsi margini di profitto non invogliano le aziende a investire e prendere rischi. Però un modello nuovo per il 2016 sarebbe una news da copertina.

2014 / 1. duNLOP FOrT ALL COurT 2. BABOLAT TeAM 3. HeAd ATP 2013 / 1. duNLOP FOrT ALL COurT 2. HeAd ATP 3. BABOLAT TeAM

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lA clAssIfIcA / TOP 10

1. DunlOP fort All court select

249 punti

2. BABOlAT Team

176 punti

3. HEAD ATP

171 punti

4. WIlsOn us Open

121 punti

5. DunlOP fort clay

64 punti

6. BABOlAT roland garros

55 punti

7. WIlsOn Tour clay

23 punti

8. WIlsOn Australian Open

20 punti

9. slAZEngEr Wimbledon

15 punti

10. TEcnIfIBrE X One

10 punti

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2015

scarpe OSCAR

ASICS Gel Solution Speed 2

I

l sorpasso era nell'aria e si è curiosamente materializzato nella stagione in cui la mitica Asics Gel Resolution è uscita con la nuova versione numero 6. La scarpa più votata è dunque la sorellina della Resolution, quella Asics Gel Solution Speed, alla sua seconda versione (e c'è già grande attesa per la terza) che è venuta incontro alle esigenze degli appassionati che sempre più sono alla ricerca di una scarpa che riesca a offrire contemporaneamente stabilità e comfort, leggerezza e resistenza. Al principio, si diceva che una scarpa così leggera (370 grammi per una misura 44,5) poteva esser utilizzata solo da giocatori entro un certo limite di peso. Simone Bolelli (e tanti giocatori di club non esattamente in peso forma) hanno dimostrato il contrario, benché chi cerca il massimo sostegno e stabilità si affidi ancora alla Resolution. Insomma, due modelli che si completano, più che farsi concorrenza interna. Asics ha dunque dominato per il terzo anno consecutivo i nostri Oscar, con quote bulgare, visto che ha conquistato oltre la metà dei punti disponibili, nonostante abbiano raggranellato nomination nove brand differenti per venti modelli totali. Entrambe le Asics hanno però triplicato i voti ricevuti dalla terza classificata. Chapeau.

te ma anche più pesante del mercato) ma ora si scontra con competitor in stile Gel Solution e Vapor Tour che sono avversari quasi imbattibili. Però è evidente che la sua fetta di mercato l'ha già conquistata. Al quinto posto, la nuova Barricade di Adidas. Ci si aspettava un progresso maggiore, ora che la distribuzione nei negozi specializzati è stata affidata ad una società esperta di questo settore, ma per il boom bisognerà probabilmente aspettare il periodo pre-estivo quando è previsto il lancio della nuova scarpa da tennis con tecnologia Boost, già performante prima nel running, ora in diversi altri sport. Dovrebbe essere questa la grande novità del settore nei prossimi mesi e forse l'unica risposta (sulla carta) vincente allo strapotere di Asics, che fin qui ha l'unico difetto (secondo i negozianti, of course) di condizioni d'acquisto non così vantaggiose, con marginalità ridotte. I negozianti sono preoccupati di creare grandi volumi di vendita e di intascare pochi denari. Attualmente la richiesta degli appassionati verso le calzature Asics è tale che il negoziante non ha grandi poteri in tal senso, ma in futuro supponiamo sarebbe meglio trovare un miglior equilibrio.

la gel solution speed ha superato la sorella maggiore, la resolution 6, ma è in generale che Asics domina con quote bulgare. Dietro sempre nike, tallonata da Babolat. In attesa del... Boost di Adidas Sul gradino più basso del podio troviamo sempre la Nike Vapor 9.5 Tour, in buona sostanza la scarpa di Roger Federer che, nonostante la presenza del testimonial di maggior appeal (Asics deve affidarsi al solo Gael Monfils, nei quartieri alti) e di un designer come Tinker Hatfield, ha dovuto rintuzzare l'attacco delle nuove Babolat BPM, staccate di un'unghia e a conferma che Nike non ha intenzione di spingere eccessivamente le vendite tramite i negozi specializzati, affidandosi evidentemente ai suoi store, fisici ma soprattutto online. Proprio il modello di punta Babolat si conferma la prima calzatura di un marchio non tipicamente di scarpe. La nuova BPM è molto differente dalla vecchia Propulse (che invece è uscita dal mercato, e chi ha la pianta larga, onestamente non ne sarà troppo compiaciuto): è stata notevolmente snellita per venire incontro alle esigenze di leggerezza (la vecchia Propulse era la scarpa più resisten-

Curiosa invece la situazione di Lotto che ha diversificato i suoi modelli, per cui non ne ha uno nella top 5 ma resta comunque il quarto brand in senso generale, davanti perfino ad Adidas. Subito dietro, un marchio che piace agli appassionati (chi le mette ai piedi, generalmente conferma la scelta nel tempo) è K-Swiss, che sta cercando di ricavarsi uno spazio maggiore, mentre dietro spingono gli altri brand tipici di attrezzatura tennistica che hanno visto un certo spazio quando diversi marchi sono spariti dal mercato o non si sono specializzati nella scarpa. Sono tutti incollati: Wilson, Yonex e Head, che sta creando una nuova collezione in cui saranno presenti diversi modelli top, mentre i diretti competitor pare preferiscano concentrarsi su un solo modello di punta. Vedremo se i marchi di racchetta, sfruttando il loro già ricco inserimento nei negozi specializzati, riusciranno nel golpe di spezzare l'egemonia dei marchi di scarpe, benché l'impresa appaia molto complicata.

2014 / 1. ASiCS GeL reSOLuTiON 5 2. ASiCS GeL SOLuTiON SPeed 2 3. NiKe vAPOr 9.5 TOur 2013 / 1. ASiCS GeL reSOLuTiON 5 2. ASiCS GeL SOLuTiON SPeed 3. NiKe vAPOr 9 TOur

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lA clAssIfIcA / TOP 10

01. AsIcs gel solution speed 2

259 punti

02. AsIcs gel resolution 6

253 punti

03. nIKE Vapor 9.5 Tour

83 punti

04. BABOlAT Propulse BPM

81 punti

05. ADIDAs Barricade

39 punti

06. WIlsOn rush Pro 2.0

33 punti

07. YOnEX sHT Pro

25 punti

08. K-sWIs Big shot II

24 punti

08. HEAD sprint Pro

24 punti

08. lOTTO raptor ultra IV speed clay

24 punti

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2015

corde OSCAR

BABOLAT RPM Blast

P

er adesso, niente da fare. I monofilamenti, per quanto cominci ad essere chiaro che si tratta di corde destinate al solo pubblico degli agonisti (e di un certo livello) continuano a spopolare, grazie al fatto che non si rompono mai, non si spostano e... li usano i campioni (situazione che peraltro dovrebbe consigliare il giocatore di club a fare altre scelte). E così, come già l'anno scorso (e l'anno prima pure), la corda di Rafael Nadal, alias Babolat RPM Blast, ha stravinto i nostri Oscar. Duecentoventinove punti, con ben 21 negozianti specializzati dei 55 votanti che l'hanno inserita al primo posto assoluto e solo nove che l'hanno invece completamente ignorata. La RPM Blast resta decisamente avanti anche alla principale concorrente, quella Luxilon Alu Power, particolarmente amata dai professionisti, che si è fermata a quota 151 punti e 34 preferenze, ma solo 11 da prima posizione. Anzi, la RPM Blast da sola pareggerebbe i punti conquistati dall'intera gamma Luxilon. Comunque sia, insieme si sono divise il 54% dei primi posti e la gran fetta di un mercato che resta in assoluto il più variegato in termini di brand e di singoli modelli, considerando poi che in Italia non sono presenti alcuni marchi che invece all'estero sono piuttosto famosi.

la Lynx all'ottavo con la Hawk. Fino all'anno scorso, Head pareva sottovalutare un settore che invece dovrebbe appartenere a chi ha una posizione di leadership nelle racchette. Certo, il Sonic Pro è una bella corda (addirittura terza nei nostri Oscar 2014) ma da sola (o quasi) non poteva reggere il confronto con gamme molto più ricche. Ecco dunque la scelta di puntare forte su questo settore, con l'assunzione di Mauro Pinaffo in casa madre, un vero cervello monstre delle corde, in passato impiegato nel centro di ricerche e sviluppo Prince che tanti bei progetti aveva elaborato. Lynx e Hawk sono solamente il principio perché la gamma si completerà sempre più e chissà che un giorno anche il grafene, che tanti vantaggi ha portato nel mondo delle racchette, non potrà essere utilizzato anche per un nuovo tipo di corda. Supponiamo che gli ingegneri Head ci stiano già lavorando e potrebbe essere solo questione di tempo prima di arrivare a giocare con una corda con inserti in grafene. Nel mezzo, Wilson con la sua Sensation, che resta sempre molto apprezzata dagli utenti, l'Original della Luxilon e, a chiudere la top 10, la miglior corda del mondo, il budello naturale Babolat VS Touch. Come è possibile che la miglior cor-

I monofilamenti continuano (purtroppo?) a spadroneggiare, con Babolat rPM Blast e luxilon Alu Power un bel passo davanti a tutti. Dietro tanti brand: in totale sono stati votati undici marchi diversi La buona notizia arriva con l'ultimo gradino del podio dove finalmente troviamo una corda multifilamento, la Babolat Xcel, corda di grande tradizione e di notevole qualità. Certamente è un armeggio più indicato ai giocatori di club (ma, tra questi, anche a quelli di ottimo livello), che aiuta a spingere e trovare adeguata profondità e soprattutto comfort al braccio. Il fatto che, rispetto alle abitudini, sia arrivata ad occupare il terzo posto, fa ben sperare per il futuro perché vuol dire che qualcosina sta cambiando, anche se siamo ancora lontani dalle prime due posizioni. Dietro, la prima corda Tecnifibre, con il Black Code (e ci fosse giustizia e maggior cultura nel settore sarebbe invece arrivato la nuova, e bellissima, HDX Tour), seguita a ruota dalla XOne Biphase, a testimoniare che le corde francesi, tra Babolat e Tecnifibre, continuano a spopolare. Nella seconda metà della top 10, emerge la presenza di Head, al sesto posto con

da del mondo chiuda e non apra una top 10? Semplice, è una questione di costi (il doppio di un ottimo monofilamento) e di durata (spesso piuttosto ridotta). Ma in termini di giocabilità, tenuta di tensione e comfort, non c'è paragone. In totale sono stati ben 18 i singoli modelli capaci di conquistare almeno una volta la prima posizione, con due brand specializzati nelle corde che si stanno facendo largo: Solinco (con la Tour Bite) e Starburn (con vari armeggi) ma soprattutto la Vortex Turbo 6. Segnali chiari che indicano come l'utente finale stia sempre più attento a cercare prodotti performanti e soprattutto che si diverte a sperimentare nuove soluzioni. Tra le quali non si trova l'ibrido, a differenza di quel che succede a livello pro, dato anche il fatto che vi sono pochissime opzioni di una confezione in cui l'ibrido è già... pronto. La maggior parte preferisce crearselo da sé, secondo le proprie esigenze.

2014 / 1. BABOLAT rPM BLAST 2. LuXiLON ALu POWer 3. HeAd SONiC PrO 2013 / 1. BABOLAT rPM BLAST 2. LuXiLON ALu POWer 3. LuXiLON 4G

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La cLassifica / top 10

01. BABOlAT rPM Blast

229 punti

02. luXIlOn Alu Power

151 punti

03. BABOlAT Xcel

62 punti

05. TEcnIfIBrE Black code

42 punti

05. TEcnIfIBrE X-One Biphase

40 punti

06. HEAD lynx

39 punti

07. WIlsOn sensation

39 punti

07. luXIlOn Original

33 punti

09. HEAD Hawk

29 punti

10. BABOlAT Vs Touch

26 punti

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2015 abbigliamento OSCAR

NIKE

I

mmobile. Come già successo in altre categorie, anche nel settore abbigliamento si conferma la classifica delle altre due edizioni dei nostri Oscar, addirittura senza nemmeno il minimo cambiamento, almeno per quanto riguarda il podio perché nella seconda metà della top 10 invece, qualche novità è spuntata (e non può che far piacere). Al primo posto si conferma dunque Nike, come è logico. In un settore meno tecnico rispetto a quello di racchette, corde, scarpe, eccetera eccetera, il valore del brand e dei suoi testimonial svolgono un ruolo decisivo e da questo punto di vista nessuno tiene il passo dell'azienda di Beaverton. Suoi i migliori ambasciatori, da Roger Federer e Rafael Nadal, da Serena Williams a Maria Sharapova, ne trovate per tutti i gusti. E per fortuna che Nike in Italia non spinge particolarmente nei negozi specializzati, preferendo canali diretti e autonomi, in particolare il loro store online. Ma, nonostante questo, se budget e condizioni finanziarie lo permettono. Non vi è negozio che non vuole appendere la maglia di Roger e la bandana di Rafa (per gli altri, la scelta è indubbiamente legata ai costi e alle condizioni imposte da Nike certamente più rigide di quanto non avvenga con brand di altro appeal.

Ai piedi del podio, Australian, che ha fatto un passo avanti, e diventando un marchio decisivo per quei negozi che non vogliono (o non possono) affidarsi al binomio Nike-Adidas. Ecco che Australian rappresenta ancora il meglio del made in Italy, un brand apprezzato per la sua tradizione e che si è fatto notare con alcune scelte cromatiche azzardate ma evidentemente vincenti (avete presente il camouflage di Paolo Lorenzi?). Certo, il problema è che, rispetto agli anni d'oro, manca il testimonial di primissimo livello, anche solo a livello italiano per promuovere adeguatamente l'italianità del marchio. In crescita anche Asics, che cerca di sfruttare l'egemonia nel settore scarpe per farsi avanti dove moda, marketing e testimonial contano quanto la tecnicità e qualità del prodotto. Gael Monfils è un ottimo veicolo promozionale ma i completi che gli abbiamo visto indossare recentemente (a partire dal pigiama di Monte Carlo) non aiuta in un mercato come quello italiano. Alle loro spalle, abbiamo già citato Head e Wilson, anche loro alla disperata rincorsa di quote di mercato ma soprattutto di trovare una propria identità, non semplice per chi viene ricordato principalmente come brand di attrezzatura. E, anche

I completi di roger federer, rafael nadal e Maria sharapova restano quelli maggiormente apprezzati. la piacevole novità è la presenza nella top 10 di un marchio giovane e accattivante: Hydrogen Nike non ha vinto ma ha sostanzialmente dominato la classifica, con margini ancora maggiori rispetto agli anni passati. A inseguire, il concorrente più nobile nel settore abbigliamento, vale a dire Adidas, la quale soffre soprattutto la perdita di alcuni testimonial chiave, tra i quali Andy Murray (mentre Novak Djokovic è sotto contratto solo per le calzature). In Italia c'è il nostro numero uno, Fabio Fognini, che aiuta, a livello internazionale Jo-Wilfried Tsonga non può bastare. A chiudere il podio, sempre Babolat. Ed è una parziale sorpresa, visto che lo stesso management della filiale italiana conferma che vi sono ancora enormi margini di progresso in questo settore. Eppure, grazie anche alla scomparsa di alcuni brand (che in parte stanno tornando: finalmente anche Fila ha trovato un distributore in Italia), il marchio francese resta saldo in terza posizione e vince la gara contro i suoi diretti competitor, Head e Wilson, rispettivamente ottava e settima in classifica. 2014 / 1. NiKe 2. AdidAS 3. BABOLAT 2013 / 1. NiKe 2. AdidAS 3. BABOLAT

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in questo caso, la mancanza di testimonial (succede anche in casa Babolat) rende l'impresa ancora più difficile, benché qualche tentativo di total look è stato messo in pista, ma su livelli ancora non troppo alti. Infine, due marchi che sono entrati nella top 10 e che rappresentano una ventata di piacevole novità. A chiudere i Migliori Dieci, il marchio spagnolo Joma (che punta molto sul calcio in Italia, ma comincia a farsi conoscere anche nel tennis), ma soprattutto Hydrogen, l'ormai famosa maglia col teschio. Simone Bolelli è un ottimo testimonial ma soprattutto è un brand che ha portato un gusto nuovo, molto amato dai giovani ma soprattutto da chi vuole distinguersi. Infine, una citazione per Under Armour: suo il colpaccio dell'anno (Andy Murray, ma anche Dustin Brown): è presto per giudicare, anche se potrebbe pagare il fatto che non è ancora prevista una linea specifica per il tennis, a lui dedicata e da proporre ai negozi italiani.


lA clAssIfIcA / TOP 10

01. nIKE

224 punti

02. ADIDAs

136 punti

03. BABOlAT

126 punti

04. AusTrAlIAn

87 punti

05. AsIcs

87 punti

06. lOTTO

69 punti

07. WIlsOn

67 punti

08. HEAD

38 punti

09. HYDrOgEn

29 punti

10. JOMA

24 punti

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2015 BRAND OF THE YEAR OSCAR

BABOLAT

L

a novità dei nostri Oscar: in sostanza, abbiamo chiesto ai top negozianti specializzati di votare il Marchio dell'Anno, quello che ha riscosso i maggiori favori, al quale non sarebbe possibile rinunciare e che si è proposto con le novità più interessanti. I favoriti dei negozianti, insomma. E sarà che il lancio della nuova Pure Drive è stato un gran successo (per l'azienda ma anche per i negozianti, of course), sarà che è rimasto tra i pochissimi brand che trattano esclusivamente tennis, ma anche in questa categoria Babolat ha spazzato via la concorrenza, che si tratta degli altri marchi di racchetta o più specifici di abbigliamento. Su 55 negozianti che hanno votato, Babolat ha ricevuto 46 citazioni e in 17 casi è stata indicata in prima posizione A inseguire, ma a (molta) debita distanza, Asics. Anche in questo caso, un marchio che ha un prodotto che si stacca dalla media (in questo caso le scarpe) e che viene premiato dai negozianti. Nel momento in cui il brand giapponese riuscirà a migliorare anche l'offerta nel settore abbigliamento e ad affiancare un top testimonial a Gael Monfils, potrà crescere ulteriormente: prodotto, marketing e background non mancano di certo e crediamo sia solo questione di tempo.

Da qui iniziano le sorprese, positive e negative. Tra queste ultime Nike, che paga il fatto di non voler spingere troppo sui negozianti specializzati e avere uno store online che rappresenta un forte competitor. D'altro canto, il brand è talmente importante che può permettersi qualsiasi scelta (e comunque, soprattutto nelle grandi città, stare senza i completi di Federer e Nadal è un mezzo suicidio). A seguire, la nota positiva di Yonex, il brand di racchette che probabilmente è cresciuto di più e ora sta lasciando la nicchia di mercato per consolidarsi in un gran numero di negozianti. Nel settore racchette è diventato un brand imprescindibile, ma anche nelle calzature si sta muovendo parecchio bene, mentre può migliorare ancora nel settore corde e accessori. Tornando a note non particolarmente positive, Adidas è solo settima, a pari merito con Pro Kennex che invece può essere ampiamente soddisfatta del risultato. Pro Kennex e Yonex, nel settore racchette hanno sostituito a piè pari marchi di grande tradizione come Dunlop e Prince (quest'ultima non ha ricevuto la minima citazione, in nessuna categoria: scomparsa totalmente dal mercato, è un

The Brand of the Year? Domina Babolat, davanti ad Asics. ci sono tre marchi di racchette nelle prime quattro posizioni. confermata la forte crescita di Yonex e Pro Kennex e la novità di Hydrogen Chiude il podio un altro brand di racchetta, Head. Ha il parco testimonial migliore, la gamma decisamente più completa (fatto che può aiutare un negoziante: se non funziona una linea, andrà meglio un'altra) e storicamente è tra i brand più innovativi (benché non creda eccessivamente nelle nuove racchette con sensore Sony): è il brand destinato a crescere maggiormente nei prossimi anni, anche perché non lesina investimenti, ora anche su prodotti un tempo più trascurati come corde e scarpe. Già l'anno prossimo, potrebbe cambiare in parte lo scenario. Staccata di un niente, Wilson. A livello mondiale comanda ancora nel settore racchette grazie al mercato americano; bisognerà vedere cosa succederà nel dopo-Federer e soprattutto se vorrà insistere sulla tecnologia Spin che negli States sta ottenendo discreti riscontri, in Italia decisamente meno, creando qualche problema al management. 2014 / 2013 . CATeGOriA NON PreSeNTe NeGLi ANNi SCOrSi

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peccato mortale). Ora poi, Pro Kennex Italia si è fatta carico anche della distribuzione nel nostro paese del marchio Tecnifibre, completando con corde, palle, accessori e abbigliamento un parco prodotti davvero interessante. Perché a livello tecnico, i telai Pro Kennex sono di alto livello, e non solo per la tecnologia Kinetic (e pare che bolla in pentola qualche novità molto interessante). A chiudere la top 10, Hydrogen e Under Armour. Abbiamo già sottolineato come Hydrogen rappresenti una piacevole novità, grazie anche al supporto di un'azienda importante nel settore dell'abbigliamento casual. Il fatto che sia stata citata in sette occasioni e per ben tre volte in prima posizione, è il segnale che c'è voglia di qualcosa di nuovo nel settore abbigliamento. Da notare infine, che nella top 10 sono rappresentati in egual misura sia il mondo racchetta, sia quello di scarpe e abbigliamento.


lA clAssIfIcA / TOP 10

01. BABOlAT

210 punti

02. AsIcs

120 punti

03. HEAD

109 punti

04. WIlsOn

106 punti

05. nIKE

79 punti

06. YOnEX

74 punti

07. ADIDAs

39 punti

07. PrO KEnnEX

39 punti

09. HYDrOgEn

30 punti

10. unDEr ArMOur

29 punti

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IMAGE IS EVERYTHIING

auto fuoriserie e orologi di lusso. ma anche dolci, banche e assicurazioni. i top brand sono sempre a caccia di testimonial in grado di emozionare i propri fans di riccardo bisti

Un bellissimo ritratto di Fabio Fognini a Capri, durante lo shooting per il brand di orologi Capri Watch, dall'anno scorso partner del campione ligure

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S

Immaginate di tornare a casa, con la televisione che improvvisamente si accende. A spaventare però, è soprattutto l'immagine di un tizio dall'aspetto per nulla rassicurante che, guarda un po', vi ritrovate per casa, per fortuna armato solo di una Wilson Pro Staff. Comincia uno scambio folle, tra tavoli che si spaccano e vetri che si infrangono. L'improvvisato ospite, che vorrebbe diventare il coach di RF, ci prova pure con un cannone lanciapalle. Inutile aggiungere che Federer risponde a tutto, con un morbido back di rovescio o con una frustata di dritto che mette k.o. l'intruso. Un minuto e trentuno di spot Nike, come al solito ben diretto, benché siano lontani i tempi della mitica Guerrilla Tennis o Endless Point, con protagonisti Andre Agassi e Pete Sampras. In ogni caso, anche in tempi di crisi economica, la pubblicità resta l'anima del commercio e la dea tv il mezzo ideale per trasmettere i valori di un brand, o anche solo le qualità di un prodotto. E per riuscirci al meglio, per convincere che la nostra auto, orologio, t-shirt o caramella sia migliore di quella della concorrenza, ecco scendere in campo il testimonial, quel qualcuno deputato a convincere il pubblico che il prodotto che sta usando è il migliore in assoluto. Ora, Vittorio Zucconi, scriveva di non aver mai conosciuto nessuno che aveva comprato una Opel perché avevano stampato il loro logo sulle maglie del Milan (ed era quello di Maldini & Co., sia chiaro); tuttavia, il ragionamento, per quanto possa apparire corretto, non tiene conto della visibilità che offre una squadra di calcio, un'attrice famosa, un tennista di successo. Se a questo aggiungiamo che il tennis è giustamente considerato uno degli sport più internazionali del mondo, ecco che i top player sono ambiti inevitabilmente dai top brand. Roger Federer ne è l'esempio più evidente e anche quello dove si sposa meglio il concetto che un marchio dovrebbe affidare la propria immagine ad un testimonial con il quale condivide gli stessi valori. Ecco perché Federer si mette al polso un Rolex, viaggia su una Mercedes (ora familiare), si prepara un caffè con macchinette Jura da mille e cinquecento euro e mangia solo cioccolatini Lindt, sorseggiando Moet&Chandon. E a chi affidare la cinquantina di milioni che annualmente si mette in tasca? Ovviamente al Credit Suisse. Il simbolo

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Sopra, ormai da diversi anni, Rafael Nadal è legato a Kia Motors, main sponsor anche dell'Australian Open e della Coppa Davis. Sotto, Novak Djokovic e la sua Peugeot

assoluto dell'eleganza e del savoir faire, non lo vedrete mai associato a qualcosa di banale o cheap, perché non sarebbe credibile, come un qualsiasi Antonio Banderas che ci vogliono far credere si alzi alle quattro del mattino per preparare «i miei tarallucci, ancora più buoni da inzuppare». E così, ce la vedreste la Sharapova scendere con il suo tailleur nero e tacco dodici da una Ford Mondeo? Chiaro che no. E infatti eccola infilarsi, in un Carrera 911, con un Tag Heuer coi brillanti al polso e il bel Grigor sul sedile di fianco. E se la dieta salutista impedisce il Magnum di Champagne, se deve essere acqua che sia almeno Evian, cinque euro ogni trentatre centilitri al


Per cui nascono infinite list, elenchi numerici che servono a classificare le celebrities più famose, le donne più influenti, le aziende più performanti. E, non poteva mancare, gli sportivi più famosi. Ed è qui che il tennis alza la voce. Floyd Mayweather e Manny Pacquiao fanno storia a sé viste le borse che hanno strappato per il match (di boxe) del secolo, ma comunque i nostri eroi tennistici si difendono. Roger Federer capeggia la lista-tennis con 56 milioni di dollari introitati nel 2014 (settimo posto assoluto che gli è valso un accordo col fisco svizzero per mantenere la residenza a Bottmingen e non spostarla sulla spiaggia di Jumeirah a Dubai), mentre Nadal lo tallona a quota 44,5 milioni di dollari. Più lontano Novak Djokovic con 33,1 milioni di bigliettoni verdi. Tuttavia, è nelle donne che il tennis straborda. Eliminati d'incanto sport come il calcio, il football americano, il baseball, il pugilato e (in gran parte) il basket, la concorrenza si fa decisamente più snella. E così Maria Sharapova è prima in senso assoluto con 24,4 milioni di dollari, davanti a Na Li (23,6 milioni), che si è ritirata ma resta tra le sportive più famose del mercato più gigantesco del mondo, e Serena Williams (22 milioni). Oh, ma non è finita qui. Tirato il fiato con la pattinatrice Kim Yuna e Danica Patrick, pilota Nascar, tornano le tenniste. Sopra i 10 milioni di dollari ci sono Victoria Azarenka e Caroline Wozniacki, sopra i 6 milioni Agnieszka Radwanska (giuro!) e Ana Ivanovic, a chiudere una top 10 con otto, dicasi otto tenniste (che pure non lesinano rivendicazioni salariali sui montepremi). Ecco, andrebbe approfondito il caso di Caroline Wozniacki. Uscita distrutta dal mancato matrimonio con Rory McIllroy, non è dato sapere se è diventata una star grazie al caso o ad un sapiente ufficio marketing. Prima la partecipazione maratona di New York, poi un'abbondante presenza sui social network fino ad attirare oltre due milioni di fans, infine uno shooting in bikini per lo Swimsuit di Sports Illustrated, la Bibbia soft dei guardoni.

P

tennis club di Beverly Hills. Ma allora, chiedono i benpensanti, che c'entrano le caramelline Sugarpova? Ora, prima di tutto, le vende in locali tipo Bendel, una gioielleria con i dolci al posto delle collane di Bulgari; poi quello non è un sponsor, è un business studiato e sviluppato da Maria medesima, perché questi grandi fuoriclasse non rischiano di finire sul lastrico come un Borg qualsiasi, ma sono collaudati businessmen, capaci di gestire un'azienda che fattura qualche milione di dollari con la stessa disinvoltura con la quale tirano un ace sulla palla break. Per la stessa logica, non ci si può vestire una vita con pinocchietti e smanicati e poi guidare una Bentley. Serviva qualcosa di sportivo per Rafael Nadal, che infatti da sempre viaggia con la Sorento e trasuda orgoglio nazionale nel promuovere i conti correnti del Banc Sabadell e le assicurazioni della Mapfre. E se vuole far serata, meglio una partita con Poker Stars, sorseggiando un bicchiere di Bacardi e cola, come fanno gli under 30 di mezzo mondo (anche se per gli altri, gli amici del poker non si chiamano Ronaldo). Vi è dunque una logica, se non sempre una precisa strategia, dietro le scelte di marketing di un brand importante. E così dovrebbe essere anche per il testimonial, che però spesso è disposto a scendere a compromessi se la cifra sul contratto finisce con molti zeri. Ma chi è lo zio Paperone del tennis che si fa il bagno nelle monete d'oro? Ogni anno è la rivista economica Forbes che si impegna a soddisfare le esigenze compulsive degli americani di classificare qualunque cosa.

È spesso sottovalutata come testimonial. ma Agnieszka Radwanska è molto ricercata, anche da brand prestigiosi come Lexus

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Tutto ciò ha fruttato contratti sostanziosi, perfino con Godiva Chocolatier, non esattamente un prodotto per sportivi. Un chiarissimo esempio di come un personaggio si può anche costruire. In tal senso, il re incontrastato della materia è stato (e resta) Andre Agassi, una gioventù punk e ribelle, una vita adulta passata tra eventi di charity e donazioni alla sua fondazione. La scelta, studiata con grande tempismo, di pubblicare un'autobiografia diventata un bestseller (affidarsi ad un premio Pulitzer non è stata una cattiva idea), lo ha riportato in vetta alle preferenze dei fans, che restringiamo il parco giocatori ai senior. Non è un caso che, sbirciando tra gli ingaggi necessari per avere ex campioni a giocare un'esibizione, il suo cachet deve essere nettamente il più alto se, come avviene per certe ville, di fianco al suo nome compare la scritta "trattativa riservata". Insomma, alla fine sono i grandi campioni che tirano, con l'eccezione di chi ha avuto la fortuna di nascere in un paese sportivamente povero o altamente nazionalista. Prendiamo i casi di Victor Estrella e Kei Nishikori. Il primo lo chiamano El Presidente, perché a Santo Domingo sta diventando il personaggio più famoso e grazie ai nuovi sponsor, tra i quali il meraviglioso Westin di Punta Cana, l'anno prossimo è deciso a realizzare uno dei tre sogni che lo accompagnano da sempre: comprarsi una Ferrari (gli altri due sono acquistare una bella casa e raggranellare sufficienti denari affinché il direttore di banca ti saluti ogni volta che entri in filiale, ma questi li ha già realizzati, in tutto o in buona parte). Nishikori invece, è l'eroe nazionale del secondo mercato tennistico mondiale, e già questo sarebbe sufficiente a garantire sponsor e adulatori. In più, a suo vantaggio gioca il fatto che il Giappone è un paese che vive il nazionalismo nelle sue forme più estreme. Già prima di diventare un top 5 mondiale, ogni volta che tornava a Tokyo doveva prenotare tre o quattro voli, per depistare i giornalisti che lo inseguivano ovunque, appena atterrato sulla pista del Narita. Ora che ha fatto una finale Slam (US Open 2014) e promette di non lasciare che resti un caso isolato, resta solo da scegliere quali sono i partner giusti, benché il processo di americanizzazione che ha subìto faccia storcere il naso a qualche nipponico doc. Ma tant'è, campione che vince non si discute, è una regola che vale in tutto il mondo. Ma in questo contesto milionario, i giocatori italiani che ruolo recitano? Se Adriano Panatta fosse un giocatore attuale, sarebbe sulle copertine di mezzo mondo. Bello, affascinante, baciato dalla fortuna e dalle belle donne. Il tipico uomo da Dolce Vita romana, che piace anche quando non vince, basta che ci sia. Da allora non ne abbiamo più avuti di tipi così. Poteva diventare un personaggio Paolo Canè, nella sua incontrollabile follia, ma ha vinto troppo poco per varcare i confini del tennis e dell'Italia. Ora un giocatore che buca lo schermo ce l'abbiamo, e infatti l'hanno spesso

T

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Gli orologi sono un must per i top players: Sharapova con Tag Heuer, Federer con Rolex, Ferrer con Bovet (e anche Djokovic con Seiko, oltre a Fognini con Capri Watch). Alcune immagini promozionali di eventi, un billboard con Agassi a Parigi e la mitica pubblicità di Got Milk con delle giovanissime Williams

richiesto perfino per fiction televisive e programmi da sabato sera. Fabio Fognini da Arma di Taggia, bello e tenebroso, col Brontolo tatuato sul fianco e l'atteggiamento controverso. Amato e odiato, esaltato e insultato, piace per la sua inconsapevole genuinità. «Ci metto la faccia» dice lui. «Ogni tanto bisognerebbe metterci anche la testa» gli risponde qualche fan. Ma guai a volerlo cambiare. Per anni ci siamo lamentati delle rivalità da ufficio stampa, delle interviste prestampate, delle dichiarazioni copiaincollate dalla mail appena arrivata del proprio communication manager, di giocatori capaci di mentire spudoratamente pur di rimanere politically correct. Ora finalmente abbiamo qualcuno che spezza l'ordine, che tira fuori quello che ha dentro, anche quando gli parte l'embolo, come accade quotidianamente in migliaia di uffici a sconosciuti direttori vendite, sapendo che le conseguenze le pagherà soltanto lui, non la squadra, non la società, non i suoi colleghi. E infatti, molti suoi colleghi lo amano: l'ultimo a fare outing è stato Benoit Paire, aspetto da anticonformista: «Je suis complétement fan de @ fabiofogna» ha twittato di recente. Ma tanti altri, tra i quali il numero uno, Novak Djokovic, non perdono occasione per un selfie insieme, roba che non accade troppo spesso nel circuito. E infatti diversi brand hanno deciso di legarsi a lui. Tra questi, dall'anno scorso un marchio di orologi (perché non c'è personaggio sportivo che si rispetti che non abbia un contratto con un'azienda orologiaia). Nel suo caso, si tratta di Capri Watch, marchio trasversale, che piace agli adulti come ai giovani, elegante con un pizzico di irriverenza, perché banalità e luoghi comuni non piacciono da quelle parti. E allora eccolo Fognini, che ti ammicca dalla metropolitana di piazza Duomo a Milano, dove ha campeggiato la sua immagine in una bella campagna pubblicitaria, orologio ben in vista e alle spalle i mitici faraglioni di Capri. Lo immaginiamo così, quando è lontano dai suoi amati campi da tennis: impegnato in una bella gita in barca, il sole ad abbronzare gli addominali e camicia bianca per la serata in Piazzetta con gli amici. Con quel fascino latino di cui possiamo ancora andar fieri.


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La corda è il motore della racchetta: lo sentiamo ripetere un sacco di volte ma troppo spesso il giocatore di club ignora le enormi differenze che passano tra una tipologia e l'altra, finendo col fare la scelta sbagliata. Ecco una guida per districarsi in un settore molto complesso.

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PerchĂŠ le corde monofilamento sarebbero adatte solo ai giocatori molto agonisti e invece le usano tanti altri, nonostante i problemi che possono creare e che ci spingono a chiamarle...

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Chez Babolat, ci accoglie Franck Fernier, un giovanotto che sul biglietto da visita ha scritto Product Manager e in sostanza si occupa di sviluppare un settore particolarmente caro alla proprietà, quello delle corde, causa del coinvolgimento della famiglia Babolat nel mondo del tennis, in un'epoca datata 135 anni fa. Parla veloce, deciso, tipico di chi conosce bene l'argomento e non ha dubbi. Comincia a raccontare il lungo iter che porta alla genesi di una nuova corda: il settore ricerca e sviluppo che deve miscelare nuovi ingredienti per creare qualcosa di ancora più performante, con la pressione di un laboratorio pronto a verificare se gli obiettivi sono stati centrati e un intero team di tester che andrà in campo per l'ultima analisi, quella decisiva per capire se ai dati meccanici corrispondono medesime sensazioni di gioco. Si blocca, il buon Franck, solo quando cerchiamo di spostare l'argomento sulle corde che andrebbero consigliate al giocatore di club, al nostro agonista di quarta categoria, con l'ambizione massima di vincere il campionato regionale di D2 e magari trascorrere un annetto con quelli di terza. Franck ha appena finito di sottolineare come «mai nella vita consiglierei ad un ragazzino di usare una corda monofilamento: si rischierebbe solo di danneggiare la muscolatura del braccio. Meglio affidarsi al multifilo e fare opera di prevenzione infortuni», che ci vien spontaneo domandargli se lo stesso discorso non andrebbe fatto anche per i giocatori di club, gente agonista nella tenacia e nel volume di ore giocate, non certamente nella qualità dei gesti e nella preparazione fisica. «Suppongo sia così...» butta lì, cercando di tornare a conversare sulla nuova creatura, la M7. «Ma se una corda monofilamento è adatta ai soli giocatori agonisti, perché le corde più vendute in Italia sono la vostra RPM Blast, la Luxilon Alu Power e quella pletora di armeggi in poliestere di varia natura, costruzione e prezzo? Perché non spiegare che se una corda la usa Rafael Nadal, significa che non la può, non la deve usare il signor Calavetri, 4.3 dopo una lunga rincorsa nei tornei intorno al Lago di Como?». Franck abbozza un sorriso che vale più di tante parole. Cerca qualche ragione («Piacciono perché si rompono poco, non si muovono e restano ben allineate: sembrano sempre nuove... E poi, se insistono, cosa devi fare?»), ma è chiaro che anche lui è convinto che, in un mondo (del tennis) ideale, le preferenze sarebbero ribaltate. «Invece, a livello europeo il 70% del mercato è costituito da corde monofilamento» afferma Mauro Pinaffo, 39 anni, una decina passata a studiare soluzioni innovative, soprattutto nel compianto Centro di Ricerche e Sviluppo di Prince a Treviso, e ora in forza alla casa madre di Head, col compito ben preciso di sviluppare una gamma completa e moderna di corde. Pinaffo conferma l'opinione generale:

1,30 80

il costo di produzione (in euro) di una corda da 12 metri in monofilamento classico di poliestere (senza lavorazioni particolari.

IL PROGETTO PRO-T-ONE: Come spesso accade in queste cose, nasce tutto da una viva passione, ancor prima che da progetti commerciali e business plan. Il tennis ha unito un'équipe di ingegneri che si sono posti l'obiettivo di capire meglio come lavora la racchetta, sia il telaio sia soprattutto la corda, e quindi poter fornire una consulenza mirata ai giocatori per migliorare le loro qualità, senza dover modificare minimamente il gesto tecnico. La base operativa e di studio è a Cesena, in un tipico complesso di uffici, costruito già da qualche anno, a guardarlo con attenzione. Generalmente si occupano di altre faccende, certamente più serie di un gioco sportivo, che però (per noi malati di tennis) è qualcosa che va oltre l'attività ludica. Per questo, ascoltare l'ingegner Gabriele Medri ha un sapore particolare. Nel novembre scorso, al torneo Challenger di Brescia, mi aveva gentilmente offerto un tomo in cui aveva inserito buona parte del suo sapere tennistico. Non una passeggiata da finire, perché tra grafici, tabelle e studi dettagliati su corde e racchetta, c'era dietro un lavoro non indifferente. Però, tra un dato di natura statica e uno di rilevazione dinamica, ti faceva capire quanto si potrebbe lavorare sull'attrezzatura e quanto poco ancora si faccia. Non solo nel caso del giocatore di club, che già è contento quando gli mostri, dati alla mano, come una determinata corda reagisca meglio sul suo telaio rispetto a quella che usava

160

Il prezzo (in euro) alla quale viene spesso venduta quella stessa corda sui più noti canali di vendita online.


UN SERVIZIO PERSONALIZZATO prima, ma anche a livello pro. Perché fra tutti i servizi offerti, quello che maggiormente affascina è la personalizzazione del telaio in base alle caratteristiche del giocatore. Sia chiaro, non si tratta del classico, «ti metto cinque grammi in testa così tiri un filo più forte», per il quale non servirebbero studi scientifici alle spalle. Il supporto è ben diverso: c'è un intero team che si muove, con telecamere, congegni di rilevazione dati e macchina incordatrice al seguito, per osservare ogni minimo particolare del tuo gesto tecnico e quindi studiare le modifiche, che vengono realizzate sostanzialmente live. Vari giocatori si sono rivolti a loro, tra i quali Matteo Donati, la nostra miglior promessa, ed Erik Crepaldi, il quale, guarda un po' che coincidenza, da quel momento ha infilato una serie di vittorie pazzesche nei tornei Futures, dove prima faticava. L'ingegne Medri è un fiume, si vede che è mosso dal desiderio di trovare soluzioni scientifiche in un mondo ancora troppo basato sulle sensazioni. Per questo, insieme ai suoi soci, ha creato una serie di macchinari per testare telaio e corde di cui ancora nessuno si era avvalso in Italia e che sputano fuori sentenze difficilmente contestabili. E che sono a disposizione anche del singolo negozio che volesse offrire un servizio veramente da professionisti ai suoi clienti. Dove potete raggiungerlo (a parte fargli una sorpresa in quel di Cesena)?: www.protoneteam.it.

25

Il costo di produzione (in euro) di una racchetta top di gamma (escludendo l'eventuale costo dello stampo)

«Troppi giocatori di club utilizzano un monofilamento senza avere una struttura fisica e delle capacità tecniche adeguate, e finiscono solo col farsi male, perché servono braccia allenate per resistere alle vibrazioni che trasmettono all'impatto». Pensate che si stia parlando di dettagli, di pochi punti percentuali in una ipotetica scala di rigidità? Ci viene incontro David Bone, CEO della United States Racquet Stringers Association, che ogni anno pubblica lo String Selector, un lunghissimo elenco di corde che vengono testate in questo modo: incordate a 28 chilogrammi e trascorsi 200 secondi di periodo di assestamento, viene simulato un impatto pari a cinque colpi tirati a 190 km/h. Il valore di rigidità che ne consegue, è la forza creata all'impatto per muovere la corda; più il valore è basso, più la corda sarà morbida e con una forza di impatto inferiore, che si traduce in maggior comfort per il braccio. Quindi? Quindi prendiamo gli estremi (relativamente alle corde più utilizzate sul mercato italiano, perché tantissimi brand e modelli non vengono commercializzati nei nostri negozi): il budello naturale Babolat VS Team da 1.25 di calibro, ancora realizzato a Ploermel sotto la supervisione di tecnici specializzati e con un processo produttivo lunghissimo, presenta una valore di 102. Per rimanere in terra francese, il monofilamento in poliestere più venduto in Italia, la RPM Blast, arriva a 273! Oltre due volte e mezzo il budello naturale, risultato che ha fatto esclamare a Gabriele Medri, ingegnere della Pro-T-One e grande esperto di corde: «Questa è la chiara testimonianza di come talvolta l'uomo non sia in grado di far meglio della natura». Ma non è un caso isolato. Se prendiamo in esame la tabella che trovate nelle prossime pagine, vedrete che tutti i monofilamenti hanno valori altissimi, e pericolosi per un braccio non sufficientemente forte e allenato. Altri esempi? Il Luxilon 4G arriva a quota 249, l'Alu Power a 242, il Big Banger Original a 249. E ancora, il Black Code della Tecnifibre a 225, il Razor Code addirittura a 278. E questi nuovi monofilamenti definiti Soft? Migliorano la situazione, non la risolvono: l'Alu Power Soft è dato a 185, il 4G Soft a 214, un risparmio di fastidio tra il 10 e il 20%, ma valori comunque ben più alti di quanto si possa ottenere con corde di diversa costruzione, che offrono sensazioni e risultati differenti. Quando, per esempio, al poliestere viene abbinato l'elastyl, come nel caso del nuovo (e bellissimo) HDX Tour della Tecnifibre, la forza da impatto scende a 148; col nylon della M7 a 157 e con quello dell'ormai super classico multifilo Babolat, l'Xcel da 1.30 di calibro, a 176. Lo String Selector ci viene incontro anche nel determinare quale sia la perdita di tensione delle singole corde, mediante lo stesso test descritto prima. Anche qui, prendiamo gli estremi: il budello naturale VS Touch di Babolat ha un valore di 8.31 (si tratta di libbre: una libbra equivale a 0,453 kg), la RPM Blast di 17.13, oltre il doppio. E non è il top: la nuova Rip Spin della Wilson supera quota 20 libbre, l'Alu Power le 17. Performa meglio il 4G (sotto le 14 libbre in entrambe le versioni, classica e soft). Però il Babolat Xcel si ferma sotto le 10 libbre, appena appena superate dalla HDX Tour di Tecnifibre.

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Il prezzo (in euro) alla quale viene solitamente venduta quella stessa racchetta sui più noti canali di vendita online.

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Insomma, comunque la si voglia vedere, le corde monofilamento non sono le più preziose, nemmeno quelle con le migliori caratteristiche. Certo, hanno delle qualità, ma va capito se sono utili al nostro gioco. Appena montate, sprigionano molta energia, lo snap back (la capacità di tornare velocemente alla posizione di origine) è violento e questo permette di trovare forza, reattività e tanta rotazione. In sostanza, come sosteneva Agassi durante quel celebre allenamento sotto i pioppi del Foro Italico, nell'ormai lontano 2002: «Questa corda dovrebbe essere illegale perché posso picchiare la palla per un'ora e non sbagliare mai». Il Kid di Las Vegas si riferiva al primo Luxilon che Roman Prokes, il suo incordatore personale, gli aveva montato. La colpa, se così possiamo chiamarla, è dunque di Bob Daelemans, che una quindicina d'anni fa era il responsabile di Luxilon, marchio belga poi acquistato da Wilson. Esperti in fili di sutura (guarda un po' che analogia con Babolat), da appassionato tennista cominciò a viaggiare nel tour per capire cosa cercavano i professionisti: «Semplice - gli rispondevano -: tiriamo talmente forte, che ci serve una corda che tenga la palla in campo». Detto, fatto. Cominciò con l'Original (ah, chissà se Guga Kuerten avrebbe mai vinto Roland Garros senza quella corda), quindi riuscì ad evolversi con l'Alu Power. «La vera rivoluzione non è avvenuta nelle racchette - mi raccontava nel 2001 Todd Martin, ex top 5 mondiale e persona di grande intelligenza -: sta avvenendo nelle corde. Per quanto tu possa tirare forte, la palla non esce più. E si trovano degli angoli talmente pazzeschi che è impensabile per l'avversario scendere a rete». Era stato buon profeta, Todd. Però, i top players hanno un vantaggio che rende il monofilamento adatto al loro gioco (oltre a qualità tecnicofisiche non paragonabili a quelle dei giocatori di club): si possono permettere di cambiare le corde prima di ogni match; i più forti e ricchi, addirittura ogni nove game. «Questa fa tutta la differenza del mondo - sostiene Marco Gazziero, esperto di corde e titolare del marchio Starburn -. Personalmente non sono totalmente contrario all'uso dei monofilamenti, ma con le dovute precauzioni: la sostituzione quando le caratteristiche iniziali sono sparite e la tensione, che non deve essere eccessiva». In un colpo solo, due punti focali. La perdita di qualità nelle caratteristiche tecniche è piuttosto rapida quando si tratta di corde monfilamento e per quanto sia complesso stabilire dopo quante ore andrebbero sostituite, Fernier, Pinaffo, Gazziero, Medri e diversi altre tecnici di corde, sono concordi nello stabilire il range tra dieci e venti ore. Per chi gioca due/tre volte alla settimana, vuol dire un lasso di tempo compreso tra uno e due mesi. Parlando con i negozianti specializzati, ci assicurano che solo gli agonisti più spinti viaggiano su queste medie; gli altri pretendono di farsi mezza stagione con una sola incordatura, senza capire i danni che provocano al loro braccio. E poi il discorso tensione: in molti sono rimasti legati a quanto accadeva fino a qualche anno fa, quando tanti giocatori salivano sopra i 25 kg, qualcuno addirittura

sopra i 30 (vedi Thomas Muster e la sua Tom's Machine). Ora la tendenza è molto diversa. Davide Sanguinetti sulla sua Prince incordata Kirschbaum tirava a 16 chili, Filippo Volandri è sceso sotto i 15, ma il record assoluto (dai tempi di Beppino Merlo che praticamente le tirava a mano), spetta al kazako Mikhail Kukushkin che nell'ultimo torneo di Monte Carlo è arrivato a 9,5 kg. È la tesi che sosteneva Roman Prokes, l'ultima volta che l'ho incontrato a New York City, nel bellissimo CityView Tennis Club: «Con le corde monofilamento bisogna fare molta attenzione: possono essere le migliori amiche come il peggior nemico. Un consiglio è quello di scendere di tensione. Ma non i due chiletti che ti consigliano tutti, anche molto di più. In questa maniera si trovano equilibri più consoni al giocatore di club. Però, qualunque soluzione si provi, un monofilamento resta un monofilamento». Già, la corda più ignorante che ci sia, una semplice estrusione di una miscela di materiali. Il cui costo notevolmente ridotto sta alla base che ha spinto tante aziende a investirci sopra e a spingere per monetizzare dei ricarichi non indifferenti. Se non vi sono lavorazioni particolari, bombardamenti di vario genere, strutture complesse e differenti materiali da assemblare, se dunque parliamo del classico monofilamento in poliestere, il costo di produzione è di circa 1,30 euro. La bobina da 200 metri per 18 incordature, non dovrebbe quindi superare i 25 euro, a star larghi. E la stessa la ritroviamo nei migliori negozi online a 160 euro. Tanto per fare un paragone, una racchetta top di gamma

70%

2

82

la stima di quota di mercato delle corde monofilamento nel mercato europeo

i monofilamenti più richiesti, venduti e utilizzati in Italia: la Babolat RPM Blast (la corda di Nadal) e il Luxilon Alu Power.


Un momento della lavorazione delle corde nella fabbrica Babolat a Corbas, vicino Lione

the String Selector La United States Racquet Stringers Association è la più importante associazione di incordatori al mondo che ha in Dave Bone il suo CEO. Ogni anno, realizzano un importante e quantomai utile String Locator, basato su un test che prevede un 'incordatura a 28 kg di tensione (per tutte le corde), un momento di assestamento di 200 secondi e la simulazione di un impatto di cinque colpi a 190 km/h circa. Tutto questo si traduce poi in due dati molto significativi, cioè la rigidità della corda (più il valore è elevato, più la corda risulterà rigida) e la perdita di tensione registrata ed espressa in libbre (una libbra equivale a 453 grammi). Gli associati poi, hanno la possibilità di visionare dei grafici e scegliere di conseguenza il tipo di corda che si desidera, in base ai risultati ottenuti nel loro test. L'asscociazione è diversi anni che realizza questo studio e ormai dispone dei dati di oltre 900 corde. In vari casi, si tratta di marchi e modelli che non sono disponibili in Italia ma offre uno spaccato di quanto sia variegato il mondo delle corde (e quindi anche molto complesso). I dati indicano in particolare come le corde in budello naturale e i multifilamenti abbiano un grado di rigidità notevolmente inferiore rispetto ai monofilamenti e quindi risultino decisamente più confortevoli per il braccio. Di seguito, la tabella riassuntiva con le corde più diffuse in Italia ed elencate in base al grado di rigidità, dalla più morbida alla più rigida. I dati della

tabella rappresentano il nome della corda, la sua composizione, il calibro, la rigidità e la perdita di tensione (in libbre).

(stampo escluso) ha un costo di produzione di 25 euro per essere venduta sempre allo stesso prezzo di 160 euro. Ma allora, qual è la scelta migliore per un giocatore di club, che non ha mire da seconda categoria o addirittura professionistiche? L'ibrido, un concetto sulla carta ideale e che usano anche Novak Djokovic, Roger Federer e Andy Murray, tra gli altri. Si tratta di usare una corda morbida sulla orizzontali (il budello è il top) e una più rigida sulle verticali (in questo caso anche monofilamento, magari nelle versioni soft). Resta il fatto che lo sfregamento delle due corde crea un certo consumo, ma per il braccio è un buon compromesso. Oppure il classico multifilamento: «I giocatori di club devono usare il multifilo - spiega Pierre Bouché di Tecnifibre - e non solo perché preserva il braccio da impatti troppo duri, ma semplicemente perché giocherebbero meglio!». Ecco, questa è «la differenza che fa la differenza» per citare Bruno De Michelis, già psicologo di Milan e Chelsea. Perché il monofilamento aiuta nel trovare rotazioni e controllo, ma il giocatore di club ha bisogno soprattutto di spinta. In troppi hanno la fobìa della palla che scappa lunga, senza rendersi conto che l'80% dei loro colpi finisce poco oltre la metà campo, quando è giornata. Una corda di maggior potenza li aiuterebbe a trovare maggiore profondità, con un comfort decisamente più alto. E se si spostano un pochino, basta un leggero movimento delle dita per rimetterle a posto. Un piccolo fastidio per preservarsi da dolori, tecnici e fisici, ben maggiori.

9,5

la tensione, ion chilogrammi, utilizzata da Mikahil Kukushkin nell'ultimo torneo di Monte Carlo, con una corda monofilamento.

Babolat VS Team Babolat VS Touch Tecnifibre HDX Tour Babolat M7 Tecnifibre TGV Babolat XCel Luxilon Alu Power Soft Babolat Origin Head Hawk Touch Head Lynx Tecnifibre X-ONe Biphase Wilson Sensation Tecnifibre Duramix HD Luxilon 4G Soft Head Hawk Tecnifbre Black Code Babolat Pro Hurricane Wilson Rip Spin Luxilon Alu Power Rough Luxilon Alu Power Luxilon 4G Luxilon Original Babolat RPM Blast Tecnifibre Razor Code

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budello budello elastyl / poliestere & SPL nylon nylon / poliuretano nylon poliestere poliammide poliestere poliestere nylon / poliuretano nylon nylon poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere poliestere

1.25 1.30 1.30 1.25 1.30 1.30 1.25 1.25 1.25 1.25 1.30 1.25 1.30 1.25 1.30 1.25 1.25 1.30 1.25 1.25 1.25 1.30 1.25 1.30

102 107 148 157 175 176 185 188 189 191 192 197 205 214 224 225 226 235 240 242 249 249 273 278

8.45 8.31 10.56 15.01 14.60 9.66 18.7 14.00 15.59 20.68 10.08 11.91 15.50 13.85 18.46 18.03 16.83 20.18 18.98 17.13 13.3 17.11 17.13 18.59

i marchi di corda che potete trovare disponibili su Tennis Warehouse Europe. Ma ce ne sono tanti altri...

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Rigidezza dinamica ai minimi possibili 100 - 105lb/inch (semidinamica 75-80 g/mm). Rigidezza statica media ma molto lineare 0,7 - 0,8kg/mm

DATO TECNICO

Rigidezza dinamica mediobassa compresa fra i 170180lb/inch (semidinamica 140-145g/mm). Rigidezza statica crescente ma entro limiti medio-bassi

Rigidezza dinamica di circa 175lb/inch (semidinamica 140g/mm). Rigidezza statica : 0,70-0,85kg/mm crescente con il crescere della tensione( occhio a non esagerare!)

Rigidezza dinamica bassa 185-190lb/inch (semidinamica 150-155 g/mm). Rigidezza statica medio bassa 0,650,8kg/mm.

Babolat Xcel

Babolat M7

Tecnifibre HDX Tour

MULTIFILAMENTO

Babolat VS Touch

BUDELLO

CORDA

Una corda dalla costruzione complessa e sofisticata. Elastyl e poliuretano in fibre ricoperte da una guaina anti-abrasione fnalizzata a massimizzare la durata e limitare lo spostamento delle corde.

Costruzione ibrida che mixa la struttura multifilamento con la presenza di sette nuclei in poliestere. La corda è in tutto e per tutto un multifilamento ma con caratteristiche dinamiche intermedie fra un mono e un multi.

Costruzione in poliammide per una corda che nonostante non sia nuovissima rimane valida e attuale. Ottima linearità di comportamento e durata esemplare per un multi che rappresenta ancora oggi una validissima alternativa al budello.

Corda assolutamente unica e inarrivabile anche dal migiore multifilamento del mercato. Resilienza da record e durata a rottura consentono di avere una corda che a parte il calo di tensione iniziale, non irrigidisce con il tempo.

CARATTERISTICHE

Una reale alternativa al mono: un multifilo sofisticato in grado di combinare la reattività del monofilo e il confort di una corda in poliammide-poliuretano. Una soluzione per limitare gli shock da impatto e avere comunque una corda dallo spirito agonistico.

Una corda molto versatile che è in grado di fare contenti grandi e piccini, giocatori di tocco e di spinta. Astenersi emuli di Nadal e arrotatori incalliti.

A chi cerca ottime doti di elasticità, resilienza, confort e facilità di spinta. Possibili anche le combinazioni in ibrido come valida alternativa al budello.

A tutti i giocatori che non hanno problemi di rottura precoce per sfregamento, attrito o taglio. Astenersi dunque gli arrotini incalliti e i bruti picchiatori. Nonostante l’investimento iniziale, è da prendere in considerazione a patto di non rompere in 12-15 ore.

A CHI LA CONSIGLIAMO

Possibile un utilizzo in fullbed per massimizzare le doti di comfort come pure in combinazione ibrida per dosare cattiveria e reattività, con confort e spinta.

È una corda di nuova generazione, del tipo HDX di Tecnifibre, che permette di coniugare la rigidezza dinamica di un multifilamento con la consistenza del piatto di un monofilamento.

Date le caratteristiche di elasticità molto marcate conviene matenersi su tensioni operative medie, anche superiori di 2 kg rispetto quanto si faccia con mono più nervosi.

Possibile l’utilizzo in tutte le salse e modalità e anche il fullbed, l’ibrido tradizionale e il reverse, tutti con risultati di riferimento in termini di comfort e prestazioni.

NOTE

Dal budello ai monofilamenti, multifilamenti e ibridi, ecco a nostro parere quali sono le migliori corde tra le quali scegliere. Con una guida per individuare la categoria di riferimento.

SCEGLI LA CORDA GIUSTA


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Rigidezza dinamica titpica da multifilamento 170-180lb/ inch (semidinamica 135 145g/mm), Rigidezza statica compresa fra 0,7-0,9kg/mm in funzione alla tensione di incordatura.

Rigidezza dinamica piuttosto alta di circa 250lb/inch (semidinamica 200g/mm). Rigidezza statica simile alla sorella alu: 0,75-0,85kg/mm

Rigidezza dinamica alta di circa 250-260lb/inch (semidinamica 210-220g/mm). Rigidezza statica molto elevata: 1,10-1,25kg/mm

Rigidezza dinamica elevata, Estrusione pentagonale in poliestere. Un Corda versatile che esiste da anni e continua a 225-235lb/inch (180-190g/ classico che ha fatto scuola, poche perdite, non stancare. Consigliabile un po' a tutti. mm). Rigidezza statica elevata buona durata e plasticizzazione limitata. con valori che vanno da 0,91,1kg/mm

Rigidezza dinamica elevata, 240-250lb/inch (215-225g/ mm). Rigidezza statica elevata con valori che vanno da 0,91,1kg/mm

Luxilon 4G

Tecnifibre Black Code

Tecnifibre Razor Code

Corda in poliestere a sezione circolare evoluzione della pro red code, corda ancora valida ed attuale per consistenza, tenuta e qualità generale. Cattiva ma senza ruggire, da il meglio di se a tensioni basse.

Versione più tenace delle alu power di cui però non posseggono le stesse doti di reattività e cattiveria iniziale. Assolutramente consigliabile e proponibile la versione “soft” che manitiene le stesse doti di rigidezza statica ma è piuttosto “ammorbidita” in termini dinamici.

La mamma di tutti i monofilamenti in poliestere. Costruzione semplice ed essenziale di sezione tonda. Disponibile anche in verisone ruvida dalle caratteristiche dinamiche leggermente meno nervose.

E’ una corda molto tosta, controllosa e parca di spinta. Più adatta ad un gioco pulito di spinta che ad un amante delle rotazioni o del tocco. Agonistica di classe si adatta in calibro sottile anche a giocatori di livello intermedio ma a tensioni medio-basse.

A chi cerca una corda sullo stile “alu power” ma che perda meno tensione a patto di rinunciare a quella sensazione di palla sul piatto che la cugina possiede forse come nessun’altra corda in commercio.

All’agonista che ama il controllo anche sbracciando a tutta. A chi ama la sensazione di palla che esplode sul piatto. A chi è disposto a cambiarle dopo 10 ore per evitare di trovarsi un piatto corde morto.

A chi cerca la prestaziuone senza compromessi. All’agonista indefesso che conosce i pregi e i difetti di una corda che rende al meglio nelle prime ore di gioco per poi perdere tensione e irrigidirsi in modo marcato.

Luxilon Original

La regina fra le corde in monofilamento. Struttura in poliestere con fibre metalliche di alluminio. Disponibile anche in versione rough, ruvida-strutturata, leggermente più morbida all’impatto.

Rigidezza dinamica alta di circa 140-150lb/inch (semidinamica 115-125g/mm) Rigidezza statica intermedia compresa fra 0,75-0,85kg/mm.

Luxilon Alu Power

Al giocatore agonista che vuole una corda cattiva in grado di rendere al top in termini di rotazioni e controllo in un arco di tempo di 2-4 ore.

Una validissima e ormai tradizionale alternativa di alto livello al budello. Ottima nella linearità, durata (a patto di non arrotare e spingere in modo forsennato), consistenza e tenuta. Come per tutti i monofilo non conviene salire troppo di tensione per evitare di trovarsi a gestire piatti corde granitici.

Rigidezza dinamica molto elevata 260-270lb/inc (semidinamica 220-230g/mm). Rigidezza statica elevata 1 1,2kg/mm

Costruzione in poliestere. Forma sagomata a quadrifoglio per incrementare le doti di tenuta e snap-back della corda.

Costruzione lunga e complessa sia dal punto di vista strutturale sia da quello dei trattamenti termici di stabilizzazione. Filamenti in elastomero vengono annegati in una matrice di poliuretano per un ottimo assorbimento degli shock.

Babolat RPM Blast

MONOFILAMENTO

Tecnifibre X-One Biphase

Come tutte le tecnifibre, pochi fronzoli e molta sostanza. Da preferire in assoluto i calibri sottili e tensioni basse per non trovarsi alle prese con grande controllo ma spinta nulla.

Una corda di sostanza, solida e concreta. Principalemente destinata ad un utenza agonistica pùo trovare la sua giusta dimensione in fullbed come in ibrido modulando la tensone operativa.

Pur essendo più consistente della alu power classica, la 4g è omunque una corda agonistica spinta, che fa della cattiveria e del controllo le sue doti principali. Ottimo l’ibrido a tensioni sempre basse!

Corda che predilige pattern non stretti. Data la marcata tendenza alla plasticizzazione e perdita di tensione è fondamentale cambiarla ogni 10 ore.

Ottima la soluzione in ibrido, sia con il budello sia con multifilamenti di razza. Disponibile anche un’ottima versione soft.

Possibile e consigliabile l’impiego in ibrido con budello come pure con multifilamenti dalle marcate doti di resilienza e allungamento.

Meglio scegliere calibri non sottilissimi a meno di non possedere una manina fatata e tocchi deliziosi e leggeri. Ottima in ibrido anche con monofilamenti cattivi e feroci.


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Rigidezza dinamica molto elevata, 235-255lb/inch (205-220g/mm) in funzione del calibro. Rigidezza statica elevata con valori che vanno da 0,8-1,1kg/mm in funzione del calibro adottato.

Rigidità statica elevata con durata decisamente buona.

Solinco Tour Bite

Starburn Vortex Turbo 6

A CHI LA CONSIGLIAMO

All’agonista che non vuole compromessi e al giocatore che punta tutto o quasi su rotazioni, controllo e gioco in pressione. Un'alternativa alle Luxilon anche per i giocatori del circuito pro.

All’agonista senza fronzoli. Spinta rotazioni e pressione da fondo: stile moderno! Possibile, anzi consigliabile l’utilizzo in ibrido con gli ottimi multi della casa o con un budello per un mix di sicura soddisfazione.

Il budello top di Babolat da unire con il monofilamento più utilizzato del marchio francese. Un signor ibrido. Due monofilamenti ma di diversa costruzione da unire insieme per sperimentare una nuova tipologia di incordatura ibrida.

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Babolat VS + RPM Blast Ibrido mono + mono

La corda utilizzata da Roger Federer, l'ibrido ideale formato da uno spezzone di corda in budello e uno di Luxilon Alu Power.

Potrebbe sembrare una follia, ma la soluzione monofilo sagomato (triangolare-pentagonaleesagonale) su monofilo tondo permette di imprimere forti rotazioni. Da provare!

Ibrido al top. Una soluzione di livello pari a quello classico VS+Luxilon Alu Power. Anche in questo caso la durata è limitata dalla plasticizzazione progressiva del poliestere.

A chi non bada a spese e non vuole scendere a compromessi. Il top del top dal punto di vista delle prestazioni e dell’appeal, ma con durata condizionata dalla plasticizzazione inevitabile del poliestere.

Struttura in alfa, olefine, etilene, composto A chi cerca un monofilamento col quale alchenico inerte a struttura tridimensiospingere forte dal fondo con buon controllo e nale. Ottima facilità di gioco e comfort. una viva stabilità di tensione per questo tipo di corda.

Cavallo di razza, dallo spirito agonistico e molto dinamico. Una corda che trae ispirazione dal solco tracciato dalla Luxilon Alu Power e lo interpreta in modo moderno e personale. Profilo pentagonale volto all’ottimizzazione delle rotazioni per scorrimento della corda.

Estrusione in poliestere di sezione circolare, dalle caratteristiche aggressive e prettamente agonistiche. Disponibile anche in versione addolcita denominata soft, dalla rigidezza dinamica minore e maggiore confort complessivo.

Estrusione in poliestere “soft” dalle marCorda versatile e piacevole destinata ad un cate caratteristiche di morbidezza ma pure pubblico molto ampio che va dall’amatore dalla elevata plasticizzazione. sino all’agonista che cerca comunque impatti pieni e non troppo “feroci”.

CARATTERISTICHE

Wilson Champions Choice

IBRIDO

Rigidezza dinamica elevata, 230-235lb/inch (200-205g/ mm). Rigidezza staticamediamente elevata per un poly con valori che vanno da 0,8-0,9kg/mm

Head Hawk

230-235lb/inch (200-205g/ mm). Rigidezza statica molto bassa per un poly con valori che vanno da 0,6-0,7kg/mm

CORDA DATO TECNICO Head Lynx Rigidezza dinamica elevata,

Della serie, lo famo srano? Però il bello con le corde (e con gli ibridi in particolare) è appunto quello di sperimentare.

Un'altra opzione di perfetto ibrido, che peraltro trovate già preparato nel sacchettino da incordatura singola. Niente da dire: super

Se amate gli ibridi, la scelta ideale, quella più performante. Ma non fate come Federer che mette il budello sulle verticali: è una scelta personale e da... Federer.

Possibilità di ottimo utilizzo come ibrido. Tensione consigliata: da 18 a 25 kg (ma più verso i 18 che i 25 con i monofili).

Assolutamente da privilegiare i calibri sottili, che partono da 1.10-1.15, lasciando i calibri 1.25 e 1.30 ai terza e quarta categoria. Da evitare per i deboli di braccio e gli amanti del gioco classico.

Una corda agonistica che è l’esatto controaltare della Head Lynx. Una corda dallo spirito cattivo, la più aggressiva di casa Head. Un leggero pre-strech non fa male.

Una evoluzione naturale della sonic pro che tanto è piaciuta ai giocatori di livello intermedio in questi anni. La marcata plasticizzazione consiglia anche un prestrech in fase di montaggio.

NOTE


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MULTIFILAMENTO Sono le corde con le quali abbiamo quasi sempre giocato fino all'avvento del mono, quelle che si spostano ad ogni colpo, sensibili, che prendono meno lo spin rispetto al mono ma che sono decisamente più potenti. Spesso hanno lavorazioni e strutture talmente complesse da assomigliare al budello naturale sia in termini di giocabilità sia… di prezzo. In genere non creano problemi alle articolazioni e si portano a rottura: questo perché nella quasi totalità dei casi si rompono prima che termini il loro allungamento! In genere si tirano circa 2 kg in più rispetto al monofilo e il loro range di tensione su un piatto corde da 100 pollici va dai 23 ai 26 kg. Purtroppo sono demodè perché si spostano, prendono poca rotazione, peccano di controllo (specie sui telai più moderni) e si rompono spesso (a causa dei pattern molto aperti e le forti rotazioni che si imprimono alla palla).

MONOFILAMENTO

È la corda che si è imposta negli ultimi 15 anni e che ha portato a ridisegnare forme e pattern dei telai. Nata per i professionisti che necessitano di grande controllo, si è poi imposta al grande pubblico. Sostanzialmente è fatta di plastica, spesso con aggiunta di additivi: per questo è facile poterla lavorare e trovarla tonda, poligonale, twistata. Se usato con le dovute precauzioni, il monofilamento aiuta perché permette di avere grande controllo e rotazione, a scapito della sensibilità. Ma quali sono le precauzioni da adottare affinché il monofilamento non ci porti a soffrire del gomito del tennista? Innanzitutto la tensione che deve essere almeno 2 kg inferiore al multifilamento e generalmente compresa, per un piatto da 100 pollici, tra i 18 ed i 23 kg. Poi il tempo di utilizzo, che non deve superare le 20 ore di gioco (se non si rompono entro questo lasso di tempo, bisogna tagliarle) perché è il tempo limite in cui il monofilo perde la sua elasticità e la resa della corda diventa nulla. La parola Synthetic Gut si traduce con budello sintetico, il che potrebbe creare nella testa dei meno esperti un po' di confusione, perché parrebbe un prodotto di gamma alta. In pratica però, a questo genere di prodotto fa riferimento una corda che è costruita in nylon. Nella comunità del tennis, il termine tende a connotare processi di produzione più bassi e prezzi più moderati. Chiamiamola impropriamente una via di mezzo tra il mono e il multi, dove in taluni casi prende i difetti di entrambe le corde e, nei migliori prodotti, i pregi. Purtroppo sempre accompagnati da una scarsa durata di performance e rapida perdita di tensione. Di solito è un prodotto "basic" che comunque non va tenuto oltre le 30 ore sul piatto corde per gli stessi motivi del monofilo.

SYNTHETIC GUT

Che sia una moda o la quadratura del cerchio, nessuno lo ha ancora capito. Va tenuto presente che con l’ibrido si va a modificare leggermente il comportamento della corda verticale, mettendo in orizzontale un prodotto differente. Esempio pratico. Se con un’incordatura totalmente monofilamento vi trovate bene ma volete più di spinta e morbidezza, potete mantenere la solita corda in verticale e montare sulle orizzontali un multifilo. Se al contrario di solito usate un’incordatura multifilo e volete un po’ più di controllo e rotazione, allora potete montare sulle orizzontali un monofilo. Si parla di aggiustamenti minimi con gli ibridi: non pensate di stravolgere il comportamento del telaio. Attenzione poi che in un’incordatura ibrida tra mono e multifilo, il multi tenderà ad essere "segato" dal monofilo: per sapere se tagliare, vale sempre il discorso riferito al tipo di corda montata in verticale.

MONOFILAMENTO

Il primo passo di individuare la categoria di riferimento nella scelta della corda ideale. Ecco una guida per trovare la strada giusta. Post scriptum: abbiamo volutamente tralasciato il budello naturale che meriterebbe un discorso a parte. Ricordiamo solo che si tratta della corda più sensibile e che tiene maggiormente la tensione, ma anche quella che si rompe con maggior facilità e che costadecisamente di più.

LE CATEGORIE DI CORDA


MY WORK

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MY WORK

LAVORO PROFESSIONALE dA 4.000 INcORdAtuRE L'ANNO PER 48 chILOmEtRI dI cORdE. OttO ORE AL gIORNO, cON cONcORRENZA SLEALE E mOLtO mAL REtRIBuItO. EccO cOSA dIcE, AScOLtA, cONSIgLIA uN tIPIcO INcORdAtORE ItALIANO

> Quante incordature mediamente posso fare in una tipica giornata di lavoro? Onestamente, una quindicina. Per fare un lavoro come si deve, servono 25 minuti, perché devi tirar dritto otto ore, per cinque giorni e mezzo la settimana. I record di velocità contano poco se poi tiri due corde insieme o non le allinei come si deve. In più, ogni oretta devo fermarmi una decina di minuti, comprese le pause fisiologiche e le telefonate di clienti, parenti e amici. Se resto full tutto l'anno, supero le quattromila incordature. Sono 48 chilometri di corda... > Cosa faccio quando un giocatore veterano o di livello davvero amatoriale, mi chiede di incordargli la sua racchetta da 320 grammi, 98 pollici e 19 millimetri di spessore, con un monofilamento a 25 kg, «anzi no, fai un chiletto in più, così non mi scappa lunga»? La prima volta cerco di convincerlo a usare tensioni molto più basse; la seconda, a provare un bell'ibrido; la terza, a passare al multifilamento; la quarta, gli consiglio di cambiare anche la racchetta. Se poi insiste, gli metto tranquillamente un 4G a 27 kg e chiamo il fisioterapista per la provvigione. > Succede ancora che qualcuno mi chieda di cambiargli le stringhe. Giuro. > Però in generale i clienti cominciano a essere più preparati. Ogni tanto entrano sapendo perfettamente quello che vogliono, altre hanno piacere a confrontarsi. I migliori sono quelli che si lasciano accompagnare nella scelta e che amano sperimentare, soprattutto con gli ibridi. Succede che si sbaglia clamorosamente, ma il divertimento sta anche nel creare qualcosa di particolare e molto soggettivo. Provare a cambiare è divertente e talvolta si trovano dei set up perfetti, che nemmeno ti immaginavi. > Trovare la corda giusta è complicato. Con la racchetta te la cavi tra una ventina di modelli, con le scarpe anche meno. Corde ce ne sono centinaia e spesso di buonissimo livello. E poi è difficile capire piccole differenze perché dipende dalle palle che usi, la superficie sulla quale giochi, le condizioni meteo, la giornata buona o cattiva del giocatore che con qualcosa deve pur prendersela. La prima opzione è individuare la categoria di riferimento (monofilamento, multifilamento, ibrido, eccetera), poi lavorare partendo da quello a cui è abituato il cliente e portarlo eventualmente su una strada più consona poco alla volta. > Un consiglio che mi ha dato un ingegnere, grande esperto di corde: prova a montare un ibrido così: corda molto resistente e corda molto morbida, alla stessa tensione. Quella resistente spingerà tanto dietro quella morbida e le rotazioni aumenteranno in maniera evidente. Certo, si romperà prima, ma se sei un arrotino è una libidine pazzesca. > Quando mi chiedono il budello naturale, faccio il 15% di sconto di default. Così, per stima. > Se invece volete davvero un monofilamento, tenete molto bassa la tensione, anche sotto i 20 kg. Kukushkin è arrivato a 9,5 kg all'ultimo torneo di Monte Carlo. > La domanda più frequente di chi non ha grande dimestichezza con le corde? «Scusa, ogni quanto le devo cambiare?». E la tua macchina? La cambi uguale che abbia fatto 20.000 chilometri in città o 50.000 di rally? Non esiste un parametro perfetto perché dipende dalle sollecitazioni che riceve, dalle rotazioni che si imprimono, dall'umidità a cui si gioca (se fate provare la stessa corda ad un giocatore di Catania e l'altro di Aosta avrete sensazioni molto diverse), da dove conservate la racchetta. In linea di massima, il budello naturale si può portare a rottura, il monofilamento va comunque tagliato dopo una quindicina di ore se siete un buon quarta categoria, ogni nove game se siete Nadal. > Se porti la tua corda, chiedo mediamente sette/otto euro di manodopera (fanno una quindicina di euro l'ora, un quarto di un idraulico) e qualcuno si lamenta pure. Mi verrebbe voglia di volare a Roland Garros, entrare nella sala incordatura e fotografare il cartello che indica il costo della manodopera: 25 euro! E poi appenderlo nel mio negozio. Ora, non pretendo che Mario Rossi, 42 anni, classifica 4.3, debba sborsare la stessa cifra di un professionista, però il lavoro è del tutto simile, per impegno e professionalità. Quindi posso dire che questa lavoro è mal retribuito. > Sarò di parte, ma non capisco quelli che fanno incordare la racchetta da un mezzo sconosciuto al circolo, che usa una macchina pessima, con sistemi che ti raccomando. Poi si lamentano che giocano male o il braccio si lamenta. Oh, per risparmiare tre euro! > La frase che detesto di più? «Oh, con quello che ho speso per la racchetta, metti una corda mooolto economica, capito?».

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Basta con le solite racchette, le solite scarpe, le solite orette al club e la coda a Wimbledon che ormai l'han vista tutti. Ăˆ il momento di spezzare le abitudini e cercare nuovi stimoli. Per essere sempre al passo con i tempi e diventare...

the cool

tennis guy

1 GRASS! Ancora a giocare sui soliti campetti? La tanto amata terra rossa che conosciamo benissimo, il cemento che spacca i piedi in estate o, ancor peggio, quell'erbetta sintetica che fa tanto vorrei-ma-non-posso. Ăˆ tornato il momento dell'erba naturale, dell'impatto soffice col terreno, la palla che resta bassa, il back che scivola via, la volĂŠe che si smorza appena dopo la rete e l'arrotino dall'altra parte che bestemmia perchĂŠ non la prende mai. Magari vestiti all-white, rigorosamente con palle Slazenger Wimbledon e sui campi del conte Lazzari a Casalicolo, che se va bene ti offre anche l'amatriciana.

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PLAY SMART, PLAYSIGHT

IL TEnnIS COnnESSO

Un sistema inventato da ingegneri israeliani che preparavano i piloti degli aerei militari. Un sistema di telecamere che si possono piazzare su tutti i campi e che forniscono decine di precise informazioni su velocità, traiettorie e con tanto di highlights della partita e occhio di falco sul campo. Fra poco arriverà nei primi circoli italiani. Noi che l'abbiamo visto all'opera, vi anticipiamo che è una meraviglia assoluta.

Il tennis vuole diventare smart: ha cominciato Babolat con la tecnologia Play, finita anche sulla racchetta di Rafa Nadal, ora è il turno di Wilson, Head e Yonex, in collaborazione con Sony. L'obiettivo è fornire dati interessanti e curiosi per accattivarsi le simpatie degli appassionati, come già successo col Nike+ o l'Adidas miCoach nel running. La strada è tracciata ma, visti i primi esperimenti, è ancora molto lunga.

LA RACCHETTA CUSTOM

Robin Soderling si è sostanzialmente ritirato dal circuito causa mononucleosi e per non stare seduto a guardarsi le repliche di House of Cards, ha deciso di intraprendere una nuova avventura: creare palle da tennis come si deve, lui che afferma di aver sempre giocato con palle non all'altezza. Le abbiamo provate e sono davvero meravigliose. Ma in Italia, per adesso ancora non si trovano.

Per adesso è un esperimento, ma è destinato a continuare e diffondersi. Nei negozi specializzati top, potreste trovare questo aggeggio e, in pochi semplici passaggi e con la fondamentale consulenza del negoziante esperto, creare la vostra racchetta (Head, per adesso nei modelli Speed e Prestige) customizzata in peso e bilanciamento (e quindi inerzia), scegliendo la forma del grip più appropriata e alcuni dettagli molto cool. Per adesso costicchia.

Il primo a crederci è stato il nostro Direktor che, pur col braccio da buon terza che si ritrova, ha deciso di prendersi il suo pacchetto da dieci lezioni. Fatelo anche voi, pure se siete degli ottimi 3.2, e lavorate sui dettagli: il breaking step, gli appoggi sul dritto inside-out, la seconda in top spin da destra a uscire. I fuoriclasse insegnano che non si smette mai di imparare ed è divertente provare ad applicare nuovi concetti in campo. Una sfida con se stessi che non potete perdere.

Negli States, che restano la patria delle t-shirt, se ne trovano di tutti i tipi (compresa questa Adidas con Ilie Nastase che mostra il dito medio!), in Italia mai. Eppure siamo convinti che se ne venderebbero.

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LEZIOnI AL TOP


SERVE AnD VOLLEY

AI PIEDI DI AGASSI

Ora, qui vi chiediamo di fare qualcosa di cui vi pentirete. Però, credeteci, ne vale la pena. Avete presente come Andreas Seppi ha chiuso il match contro Roger Federer all'Australian Open? E Fabio Fognini a Rio de Janeiro contro Rafael Nadal? Ok, basta punti banali nei momenti clou. È venuto il momento di osare, di giocare per lo spettacolo e non solo per lo score (che tanto mica vi giocate i quarti a Wimbledon). Nel prossimo match, l'obiettivo sarà: giocare almeno tre smorzate e due stop volley vincenti. Rispondere in chop di dritto e scambiare solo in back di rovescio. Provare lo schema smorzata in risposta e pallonetto al volo. E se clamorosamente arrivate lo stesso a match point, chiudere con un serve and volley. Tutto chiaro?

Tecnicamente si chiamano Air Tech Challenge II, ma per noi appassionati sono semplice The Agassi Shoes. La prima volta che le ha mostrate, a fine Anni 80, i cantori dei Gesti Bianchi sono impazziti. Philippe Chatrier, allora Presidente della Federazione Internazionale, voleva chiuderlo fuori dai cancelli del suo Roland Garros. «Quel pappagallo colorato è uno sfregio all'elegante nobiltà del nostro sport» gridavano inferociti. Ma la Nike ci aveva visto giusto: i tempi stavano cambiando, il concetto di all-white era ormai superato ma serviva un personaggio che potesse davvero rompere gli schemi. I giocatori europei avevano uno stile troppo classico e John McEnroe era sul viale del tramonto, quando Las Vegas sputò fuori questo giovanotto punk, cacciato più volte dall'accademia di Bollettieri (che poi correva a riprenderlo prima che arrivasse davvero all'aeroporto di Tampa, perché Nick non è un pirla, direbbe Mou), capace di pittarsi le unghie e vestire come un clown. Passi per gli shorts in jeans indossati nella sua prima semifinale Slam, a Parigi 1988, ma il completo con i fuseaux rosa che spuntavano dai pantaloncini, abbinati a queste scarpe, hanno rappresentato una svolta epocale non solo nella mode del tennis, ma nel modo di intendere questo sport. Cambiava con Agassi anche la tecnica, nasceva il corri-e-tira, le racchette dall'ovale maggiorato, la potenza prima della finezza. Guarda te, se un paio di scarpe possono stravolgere uno sport. Post scriptum: e ora sono tornate disponibili, come sneaker.

LA VIDEOAnALISI Scherzando, si dice che questo sport ti tira talmente pazzo da aver bisogno di un analista. Per i casi meno gravi, è sufficiente un Danilo Pizzorno e il suo Progetto VideoTennis, in cui ti riprende da tutte le posizioni immaginabili e poi ti spiega come correggere gli errori, visualizzando ogni frame delle immagini che ha catturato. Imperdibile il momento in cui associa in video il tuo dritto con quello di Roger. Per i più giovani, un must se vogliono progredire in fretta.

Preparatevi, sta per arrivare Djokolife, un nuovo concetto di alimentazione e preparazione che, come suggerisce il nome, riprende le abitudini del numero uno del mondo. Tra i vari prodotti, immancabili nella vostra nuova dieta, il mile di Manuka e il the al ginger. Chissà se poi anche voi resisterete a giocare sei ore contro Nadal.

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LACOSTE DA COLLEZIOnE

LO ZAInOnE

L'hanno concepita Alain Gallais, storico collaboaratore di monsieur Lacoste, e Alain Zanco, artigiano degli sci. Hanno lavorato il legno ad Albertville, hanno unito la balsa alla grafite e forgiato 650 pezzi da 300 grammi e 100 pollici (e 550 euro ciascuno). Super, super cool!

Basta con i soliti portaracchette, che poi quando vai in scooter rischi di finir per terra ad ogni curva. Pro Kennex ha creato lo zainone: la racchetta si infila a pelo, il resto delle tasche sono più che sufficienti per il cambio e gli effetti personali. E in scooter, l'abbiamo provato, non rischi più.

Praticamente non lo usa più nessuno, il cuoio (rigorosamente Fairway), ormai soppiantato dai grip sintetici. Eppure l'accoppiata grip Fairway con overgrip Tournagrip, resta ancora il top. E chissà se l'amico Fabrizio Cecchi va ancora a comprar pellame e rigenera i cuoi con l'olio di ricino. nEW STRInGS On THE BLOCK

LA RACCHETTA CUSTOM FIT

A noi piacciono le Starburn perché sono ottime corde e conosciamo l'esperienza, la competenza e la passione che hanno spinto Marco Gazziero a creare questo brand che ogni anno cresce sempre più. Ma in generale, ci sono tanti piccoli marchi di corde con prodotti molto performanti e ogni tanto val la pena divertirsi provando qualcosa di diverso dal solito. Magari quell'ibrido strano che ti vuoi creare da solo, e chissà cosa ne vien fuori.

Il momento più bello è quando la tiri fuori al club: bellissima, sembra un gioiello. te la guardano ma non osano chiedere: Zus. E via su Google a capire di cosa si tratta. Il concetto di personalizzazione più completo e la racchetta che ti arriva quasi fosse un artigiano a consegnartela. I materiali non sono buoni, sono buonissimi e la pastosità all'impatto ti fa dimenticare che costa quasi un centello in più del solito.

A breve, racconteremo su tennisbest.com la storia del marchio Konreal, creato da una giovane impreditrice e che sta diventando il cool brand più celebre nel mondo del tennis. O almeno in quel mondo che va spazia da Harrods alle esibizioni negli Emirati Arabi. Però gli abiti (femminili) sono davvero top top top.

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THE TEnnIS TABLET

MADE In JAPAn

Ormai viviamo in un mondo digitalizzato e anche il tennis si è dovuto adeguare. Ecco dunque che mentre si guida si cerca disperatamente di tenere la connessione sulla Tennis TV per vedere almeno il tie-break dell'imperdibiule Garcia Lopez versus Schwartzman. Oppure il tifoso che ha solo il livescore a disposizione e schiaccia in maniera compulsiva il pulsante in alto a destra, per aggiornareil punteggio ogni tre decimi di secondo. Vogliamo essere connessi al tennis sempre e ovunque e ci creiamo così i nostri miti da seguire, per alcuni il solito Federer, per altri Andujar. Informazione pubblicitaria: a giugno uscirà la nostra app all-news per smartphone e tablet. Follow us!

L'amico Gazziero, che è abbastanza appassionato da aver aperto un negozio di tennis da quattrocento metri quadri a Casale Monferrato, mi ha chiamato appena arrivate in negozio: «Te lo dico: 'sta Si100 è la miglior racchetta da 300 grammi che c'è sul mercato. Garantito». Ora, far classifiche di questo genere non è mai semplice, ma certamente la qualità del materiale e della lavorazione che si trova nella fabbrica giapponese di Yonex è difficilmente replicabile. Ecco perché sta avendo grande successo: prima si è creata una nicchia di discepoli che guai se non è Yonex, ora sta conquistando tutti coloro che cercano massima affidabilità e hanno il desiderio di staccarsi dal resto del gruppo. Nel caso specifico della Si100, chi non vuole stare in compagnia degli altri 15.000 tennisti italiani che quest'anno hanno comprato la nuova Pure Drive, tanto per dire. Poi, va da sé, il prodotto è pura eccellenza, con l'impatto sicuro, la precisione assoluta. Si muove tra le mani che è una meraviglia, secca al punto giusto, con equilibrio sorprendente tra potenza e controllo, botta piatta e uso delle rotazioni, pestaggio dal fondo e tocco sotto rete. Insomma, è uno di quei telai che vorresti conoscere l'ingegnere che l'ha progettato e invitarlo a cena, per capire dove si nasconde il segreto. Poi ti ricordi da dove viene e non ti sorprendi più.

VIETATO AI MInORI Abbiamo l'esempio in casa, il nostro Corrado Erba. Perso un incontro che aveva dominato (gli succede spesso), ha stretto cordialmente la mano all'avversario, si è complimentato per il match, quindi si è seduto e ha estratto le sue quattro racchette dal borsone. Poi, con lucida fermezza, le ha frantumate sul cemento, una dopo l'altra. Finito il lavoraccio, con la solita naturalezza, ha chiesto: «Si va a mangiare dal Trotter?». Ora, non è un esempio da insegnare ad un under 14, ma se succede una volta (e solo una volta) nella vita, è pura libidine.

Ormai del Foro Italico e del Country Club di Monte Carlo conoscete anche i sassolini? Volete un nuovo torneo senza le code in Church Road o fuori dalla Porte d'Auteuil? Correte ad abbracciare Mr. Oracle e godetevi il deserto californiano di Indian Wells. Se anche chi perde al primo turno ha lo sguardo sereno e felice...

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RACQUET

OF THE

YEAR

THE PURE DRIVE STORY La storia della racchetta simbolo del nuovo millennio, la più amata dagli italiani (e non solo). Nel 1994 doveva finire tra le mani di bambini e signore, da allora l'hanno usata indifferentemente vincitori di Slam, numeri uno del mondo e migliaia di giocatori di club. E con la nuova versione 2015... di Lorenzo Cazzaniga

E

ra destino, se mi permette il gioco di parole. Quando gli affari di Kunnan Lo, businessman taiwanese che produceva racchette per mezzo mondo oltre alle sue Pro Kennex, hanno cominciato a scemare fino alla bancarotta e ad un esilio in un monastero dimenticato, varie aziende hanno bussato alla porta per raccattare quel che si poteva. La tenacia del compianto Roland Sommer (e suppongo qualche legame chiamato royalties) impedì a chiunque di appropriarsi della tecnologia Kinetic, ancora oggi considerato il miglior sistema antivibrante infilato in una racchetta da tennis; il resto, andò via al più lesto, se non proprio al più generoso. In Babolat, si accorsero di un telaio piuttosto interessante, di nome Destiny. Si muoveva facile come una piuma ma spingeva forte. All'epoca non era granché considerato: le vendite erano marginali perché si viaggiava ancora con gli 80-90 pollici quadrati, i pesi ben sopra i 320 grammi, i profili stretti, anche sotto i 20 millimetri. Erano i tempi della Prestige e compagnia, ora relegate al ruolo di comprimari. Ma tant'è, in Babolat non cercavano telai di quel genere; volevano qualcosa di facile, adatto a donne e bambini. Qualcosa che bastava toccarla e la tiravi di là, tanto i professionisti o anche solo gli agonisti di club, mai avrebbero avvicinato quel tipo di racchetta. Roba da principianti, si pensava. Già, chi avrebbe scommesso un solo copeco, che quella roba lì sarebbe diventata la racchetta simbolo del nuovo millennio?

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PURE DRIVE STORY

All'inizio degli Anni 90, Babolat vantava già una esperienza secolare nel mondo del tennis, da quando a inizio secolo scorso si presentò un tizio chiedendo se il loro filamento in budello naturale potesse adattarsi all'attrezzo necessario per questo nuovo gioco, il tennis. Di solito, quei filamenti erano perfetti per gli strumenti musicali, come filo di sutura (fin quando non fu inventato quello sintetico), perfino per dei rudimentali profilattici. Poi si scoprì che erano ideali anche per gli allora telai in legno e ancora oggi a Ploermel, una lunga fila di tecnici specializzati realizza quella che resta la miglior corda da tennis: il budello naturale VS. Però, le racchette no, di quelle Babolat non si era mai occupata. Giovanni Pietra, attuale direttore commerciale di casa madre, si affidò ad un amico per studiare un piano di fattibilità. La risposta fu definitiva: con tre marchi leader come Wilson, Head e Prince e un mercato mondiale da poche centinaia di milioni di euro, non c'era spazio per un altro brand. «Lascia perdere, fidati», gli disse con la saggezza di chi vuole impedire un flop sicuro. In Babolat se ne fregarono e decisero di andare avanti, con la consapevolezza tipica dei francesi di saper far le cose bene. E che le cose fatte bene, hanno (quasi) sempre successo. Fu nel 1994, sulla base di quella Pro Kennex Destiny, che gli ingegneri di Lione tirarono fuori la prima versione della Pure Drive. Pesava niente, 280 grammi, con un bilanciamento fortemente spostato verso la testa, 34 centimetri. Era pensata per le fanciulle, giocatrici senza troppa forza, bisognose di un telaio che da sola la buttasse oltre la rete. La prima collezione aveva le stesse caratteristiche di chiarezza che da sempre contraddistinguono il brand francese: sei racchette in tutto, Pure Power e Soft Power per chi cercava potenza, Pure Drive e Soft Drive per la maneggevolezza, Pure Control e Soft Control per il controllo. Quella che riscosse i maggiori consensi è la Pure Drive, grafica accattivante, costruzione moderna, tanto comfort quando si colpisce. Per aumentarne la potenza, l'anno dopo aggiungono dieci grammi, per arrivare alla fatidica quota di tre etti nel 1997. Piaceva, questo nuovo concetto che privilegiava la potenza al controllo, ma ancora mancava la ciliegina per render più buona la torta. Un testimonial affidabile e soprattutto vincente, che potesse offrire adeguata credibilità all'attrezzo. Gli scout Babolat si misero

ANNO 1994 L'anno del lancio della Pure Drive, con l'intenzione di creare un telaio adatto soprattutto alle donne. Peso: 280 grammi Rigidità: 67 Balance: 34 cm

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ANNO 1997 Il primo top player a utilizzarla è Carlos Moya, che va in finale all'Australian Open nel 1997 e vince Parigi l'anno dopo. Peso: 300 grammi Rigidità: 69 Balance: 32 cm

Fabio Fognini è uno dei tanti top player che utilizzano la Babolat Pure Drive. Il ligure si è affidato a questo telaio fin da quando era ragazzino

in moto e individuarono un giovanotto di palma di Maiorca, capello lungo, sguardo da macho latino, con un dritto che te lo raccomando. Si chiamava Carlos Moya e regalò subito a Babolat e soprattutto alla Pure Drive la prima finale Slam all'Australian Open 1997. L'anno dopo arrivò il primo titolo Major, proprio in terra di Francia, alla Porte d'Auteuil di Roland Garros. Ormai era fatta. Il tennis stava cambiando: via i Gesti Bianchi, i colpi piatti, il serve & volley, l'erba. Cominciava l'epoca del Power Tennis, del corri-e-tira di Agassi, della potenza estrema. E per stare al passo, bisognava adeguare gli attrezzi e le tanto amate nuove corde in poliestere, si sposavano perfettamente con la PiDi. Perché la Pure Drive è anche fortunata, come chiunque si trovi al posto giusto nel momento giusto. Dieci anni prima e avrebbe fatto la fine della Destiny; dieci anni dopo, e sarebbe in mezzo al gruppo. Invece è diventata la racchetta simbolo del nuovo millennio, imitata da tutti, raggiunta da nessuno. Nessun brand rinuncia al binomio 300 / 100 (intesi come grammi di peso e pollici di ovale), ma la Pure Drive resta sola al comando, come il miglior Coppi. Nel corso degli anni è cambiata senza subire autentiche rivoluzioni. Nel 1999, alla grafite hanno aggiunto il kevlar, materiale infinitamente robusto, per renderla più solida all'impatto; sette anni dopo scoprono che una spruzzata di tungsteno svolge meglio il lavoro. In sostanza, resta un mistero

ANNO 1999 Viene introdotto il Woofer, primo sistema dinamico che rende interattivi il telaio e le corde. La compisizione diventa grafite e kevlar per una maggior stabilità.

ANNO 2002 La racchetta registra un successo internazionale pazzesco, a livello professionistico e di club. Non cambia granché in questo periodo, se non il design.


È per queste ragioni che era pronta un'interrogazione parlamentare quando un maestro di Roma, ricevuta la versione 2015, si è affrettato a messaggiare: «Ao', hanno fatto a' Pure Drive Prestige» ridacchiando compiaciuto per la battuta. Chiaramente è logico estremizzare per enfatizzare un concetto. Eppure, il sistema FSI adottato lo scorso dicembre, è forse il cambiamento più radicale degli ultimi 15 anni di vita della Pure Drive. Non un semplice restyling con una buona storia di marketing a supporto, ma un telaio sufficientemente diverso da quello precedente da scontentare qualcuno e accontentarne altri. I dati di vendita danno ragione agli ingegneri francesi, se in Italia si è tornati a piazzarne oltre 15.000 (un record assoluto nelle ultime stagioni, per una singola linea di telai) e nuovi adepti si sono aggiunti alla setta. Ma da cosa è nato questo cambiamento?

come siano riusciti a combinare così bene gli elementi da farla usare ad una montagna di professionisti come al signor Rossi che ogni sabato pomeriggio la tira fuori dalla sacca perché solo con quella riesce a giocare, anche dopo due settimane di astinenza. Spopola anche tra i ragazzini, ammaliati da tanta potenza. Fra questi, un altro giovanotto di Maiorca, comune di Manacor, tal Rafael Nadal Parera. È con quella che inizia a far male, prima che lo convincano a usare un modello creato sulla falsariga della PD ma ancor più adatto ai suoi topponi, la sorellina AeroPro Drive, stesso ovale ma con gli steli appiattiti, per aumentare l'aerodinamicità dello swing. Ma son tanti quelli che la scelgono e soprattutto nessuno che la abbandona. In Italia finisce tra le mani delicate di un ragazzino di Arma di Taggia, dritto arrotato e tocco sopraffino. Lo chiamano Fogna ma gioca un tennis bellissimo. Ancora adesso che ha vinto titoli ATP, che è stato nei quarti di finale a Roland Garros e in semifinale a Monte Carlo e in Coppa Davis, che il ranking mondiale lo ha proiettato fino al numero 13, non chiedetegli di abbandonare la sua Pure Drive (e infatti andrà avanti anche nei prossimi anni).

ANNO 2006 Viene aggiunto il sistema antivibrazioni Cortex, appena sopra il manico, per aumentare il comfort e ridurre le vibrazioni nocive all'impatto con la palla.

ANNO 2006 Via il kevlar, si presenta il tungsteno insieme alla grafite per un'ottimale stabilità all'impatto e quindi precisione nelle traiettorie.

Da un'altra creatura made in Babolat, la Play, versione tecnologica dei telai tradizionali. Nel tappo hanno infilato un sensore che dovrebbe (diciamo dovrebbe) restituire una serie precisa di dati: numero dei colpi giocati, la loro velocità, le rotazione impressa e soprattutto il punto di impatto. L'ovale è stato diviso in cinque sezioni e finalmente è stato possibile capire dove si colpisce la palla con estrema precisione. Ecco, partendo da quei dati, è stato stabilito quello che a qualche tecnico pareva ovvio: lo sweet spot, vale a dire le zona ideale di impatto della palla, non è più corrispondente al centro dell'ovale, come quando si colpiva solo piatto o con un filo di back; le nuove impugnature (e corde sempre più performanti) consentono movimenti un tempo innaturali con un punto di impatto che si è spostato più in alto. Ecco perché hanno deciso di spostare di avvicinare di qualche millimetro le corde sopra il centro dell'ovale. Che volete che sia qualche millimetro? Basti dire che se ne accorgono anche i giocatori di club, gente che se gli monti un 4G e gli dici che è un budello naturale, ti risponde che ha subito avvertito una maggior sensibilità. Il feeling è diverso, l'impatto è più secco, la traiettoria esce con maggior controllo («Se tiri forte come prima, la palla cade sempre in campo, un metro dentro la linea» ti dicono. Già, ma per tirar forte come prima serve un braccio un filo più allenato. Perché la coperta, anche per la Pure Drive, è sempre corta: se aumenti il controllo, devi cedere qualcosa in potenza. In Babolat hanno fatto questa scelta: certi puristi passano le giornate su eBay a cercare il modello 2012, se non proprio quello del 1997. Altri si sono convertiti proprio grazie a questo nuovo accorgimento. Comunque sia, la Pure Drive resta la più amata dagli italiani. Sempre sola al comando.

ANNO 2012 Si evolve il sistema antivibrazioni Cortex che migliora ulteriormente il comfort e le sensazioni all'impatto.

ANNO 2015 Cambia il sistema di incordatura perché verso la testa vengono avvicinate per ottenere maggior controllo, a discapito di un po' di potenza.

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tENNIS FAShIoN

DOUBLE MATCH Due ragazzi al club per il classico incontro di doppio. Con un perfetto mix di eleganza, sportività e comfort. Made in Sergio tacchini photo By MARCo DE poNtI

StIlySt CAtERINA - MoDElS DAVIDE E JEAN CARloS - loCAtIoN ASpRIA hARBoUR ClUB MIlANo

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yoUNG lINE Nelle pagine precedenti, Davide come Johnny Mac? Il giubbino è in nylon leggero con fodera interna in morbido jersey e applicazione del doppio bandone diventato simbolo del brand. Fa parte della linea ARCHIVIO, che riproduce capi degli Anni 80 indossati dai grandi campioni di quel decennio, primo fra tutti John McEnroe. Eleganti il pantalone bianco e la borsa rossa con inserti in blu. Le scarpe sono Yonex SHT Pro.

thE CoMpEtItIoN Polo dai colori vivaci in tessuto tecnico Interlock Quick Dry per una maggior leggerezza e traspirabilità, con inserti in mesh su tutto il fianco per offrire una certa fluidità nei movimenti. La manica è in raglan con inserto grafico sulla spalla. Lo short è in tessuto Mechanical Stretch Quick Dry per un effetto di grande morbidezza garantito dal tessuto soft touch. Inserti in mesh sia all'interno gamba che all'estermo, con fascia in mesh che profila tutto il pantaloncino lasciando più libera la muscolatura.

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THE BUMP

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thE tRAINING Davide veste una shirt in jersey di cotone con applicata doppia stripe in piquet di cotone a contrasto colore. Girocollo e bordo manica in costina a contrasto colore. Anche questa shirt fa parte della linea ARCHIVIO e riproduce la polo Anni 80 indossata da John McEnroe. Jean Carlos invece è con una classica t-shirt grigia da allenamento con grande stampa sul petto del logo Sergio Tacchini. Entrambi in short bianchi, scarpe Yonex SHT Pro, racchette e ampio zaino Pro Kennex. poSt SCRIptUM Abbiamo potuto visionare la collezione del prossimo autunno/inverno di Sergio Tacchini che partirà con l'ultimo Slam della stagione, lo US Open: garantiamo che è tra le migliori viste negli ultimi anni, a livello generale.

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Bjorn Borg è nato a Södertälje il 6 giugno 1956 In carriera ha vinto sei volte Roland Garros (su otto partecipazioni, sconfittto in entrambi i casi da Adriano Panatta) e cinque volte (consecutive) Wimbledon. È stato numero uno del mondo per 108 settimane.

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BJĂ–RN sei roland garros. cinque wimbledon. una leggenda, anche di stile.

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Bjorn Borg è stato anche uno dei primissimi sex symbol del mondo del tennis, tanto che ancora adesso Chris Evert dice: Nessun tennista ha creato tanta eccitazione in stile rock star come Bjorn Borg. Nessuno!.

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Borg fa il suo ingresso sul Centre Court di Wimbledon. Da notare lo sguardo delle ragazze scese fino a bordocampo per ammirarlo da vicino. Come fosse davvero una star del cinema.

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ORSO SVEDESE di Cino Marchese Era il 1974 e quell’anno tutti erano curiosi di vedere all’opera al Foro Italico, un ragazzino svedese che aveva già stupito il mondo: Bjorn Borg. Vinse il torneo alla grande anche se fu costretto a dare il meglio di sé in uno storico match contro Guillermo Vilas. Dopo quella volta, tra di loro non ci fu più partita. Io, come tutti i miei amici e soprattutto mia moglie, rimasi stregato da quello svedese dai capelli lunghi e biondi e da una personalità che sapeva esprimere senza dire una parola. Alla fine del torneo mi presentai, gli feci le congratulazioni e gli dissi che mi aveva dato delle sensazioni uniche. Da allora ho instaurato un’amicizia che dura ancora oggi, pur senza aver occasione di frequentarci molto. Tuttavia, a distanza di tanti anni, provo sempre qualche cosa di speciale quando gli parlo. Di lì a poco cominciai la mia nuova professione di manager sportivo, ma la prima cosa importante che feci fu di organizzare nel 1978 un’esibizione in Sardegna, a Roccaruja, dove c'era un camp estivo con Eugenio Castigliano e Claudio Pillot. Roccaruja era un feudo della famiglia Moratti che aveva ceduto il comprensorio all’Immobiliare Sarda, società del gruppo ENI. Roccaruja è un posto meraviglioso, di fronte all’Asinara, in una magnifica baia dove c’è la famosissima spiaggia della Pelosa, con sabbia rosa e mare cristallino. A Roccaruja facevano vacanze molti giocatori della famosa Inter di Helenio Herrera, come Mario Corso, Tarcisio Burgnich, Mauro Bellugi e molti altri, tra cui Marcello Lippi. Ma soprattutto era il regno della mitica Signora Erminia, moglie di Angelo Moratti, storico presidente dell’Inter. Ovviamente ero amico di tutti loro, malgrado la mia fede juventina e con la Signora Erminia giocavo tutte le sere a scopone scientifico. Lei in coppia con il Comandante Mastellone, responsabile del suo yacht e io in coppia con un amico di Monza, negato per lo scopone, ma piuttosto simpatico. Quando annunciai che sarebbe venuto Borg, tutti si attivarono e i Moratti misero a disposizione la loro barca per intrattenerlo. Panatta non era disponibile e quindi fui costretto a ripiegare su Zugarelli che svolse al meglio il suo compito perché il successo fu grandissimo: era la prima volta che Borg, finalmente numero uno del mondo, giocava un’esibizione in un luogo di vacanze e soprattutto in Sardegna. Vennero tutti i giornalisti più importanti (e non solo di tennis) e l’intera Sardegna si mobilitò, con il traffico bloccato per diverse ore. Noi eravamo ospiti in barca della Signora Erminia per un lunch leggero. Ero andato a Nizza con un aereo privato a prelevare Borg con il suo manager Peter Worth di IMG e con l’inseparabile Lennart Bergelin, che dopo l’esibizione si fermò per una settimana al nostro stage. Questa operazione mi servì a cementare la mia relazione con Bjorn e i suoi genitori, Rune e Margaretha. Da quel momento la mia amicizia divenne intensa e Bjorn un punto di riferimento. L’anno dopo venne a giocare il torneo di Palermo, esclusivamente perché lo organizzava il sottoscritto, visto che ormai un giocatore come lui non disputava tornei piccoli. Venne anche a Bologna, sia per il torneo sia per un’esibizione, e non perdeva occasione per dimostrarmi la sua sincera e genuina amicizia. Quando giocava mi sentivo male dalla tensione e ricordo che la famosa finale di Wimbledon del 1980 contro John McEnroe la vidi proprio a Roccaruja. Quando finalmente vinse, ero stanco e spossato quanto lui. Per anni lo seguii dappertutto: Montecarlo, Roland Garros, Wimbledon, US Open e in molti altri tornei. Ero in difficoltà solo quando giocava contro Panatta, perché anche Adriano è stato capace di darmi grandi emozioni. Borg comunque era magico e quando giocava era capace di suscitare sensazioni uniche e speciali. Il suo gioco non era spettacolare e se vogliamo anche un po’ noioso, ma il suo modo di stare in campo era indescrivibile. Con mia moglie andavo spesso a Montecarlo; Borg stava a Cap Ferrat, dove abitavano i genitori. Gli rimasi vicino per tutto il periodo del fidanzamento con Mariana Simionescu, rumena, anche lei tennista, dal carattere mite e molto innamorata. Andammo anche al loro matrimonio che si celebrò in Romania, a Snagov, vicino Bucarest. Per la Romania fu un grande avvenimento e Ceausescu mise a disposizione degli sposi qualsiasi cosa. Noi infatti eravamo in una sua casa sul lago di Snagov, un po’ lugubre, ma per quei posti (e quei tempi) di gran lusso. Le nozze si celebrarono con rito ortodosso in una abbazia bellissima e blindata. Nastase e Gerulaitis erano i soli tennisti invitati, ma molti erano gli ospiti importanti. La cerimonia si svolse con la regia di IMG che ne vendette pure i diritti per coprire le spese, al punto che diversi aspetti furono trattati in maniera discutibile. Il ricevimento si svolse a Snagov con delle musiche folkloristiche locali. Mi ricordo perfettamente della Pirinizza che mia moglie ballò scatenandosi con Ilie e Vitas, rompendo il filo di una bellissima collana di onice. C’era anche la regina delle notti parigine, Regine, famosa per la sua boite e per essere una cantante di successo. Mark McCormack aveva curato personalmente l’organizzazione e selezionato gli inviti. Io e mia moglie eravamo gli unici italiani perché Adriano alla fine rinunciò per stare vicino alla moglie che doveva partorire. Questo evento consolidò ancor di più la nostra amicizia, tanto che Bjorn era ospite a casa mia ogni volta che veniva in Italia, a Roma come a Milano. Perché Bjorn amava profondamente l’Italia, frequentava i miei ristoranti preferiti ed era chiaro che si trovava perfettamente a suo agio. Presto però il matrimonio naufragò e quell’equilibrio che fino alla fine del 1981 lo aveva caratterizzato, andò a farsi benedire. La normalità lo aveva fatto grande. Quella normalità che era costituita dai rapporti sani con Bergelin, Mariana, i suoi genitori e pochi fidatissimi amici. Quando questi equilibri che lo avevano fatto grande cominciarono a scricchiolare, la sua vita si incanalò per un verso sbagliato e nessuno riuscì a fermarlo. Io però lo voglio ricordare come un guerriero quasi invincibile. Sul resto preferisco glissare.

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NEW TECHNOLOGY Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando gli impianti di illuminazione, migliorando le prestazioni e riducendo i consumi. Basta scegliere il partner giusto

LED di Lorenzo Cazzaniga

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In apertura, la bellissima illuminazione al circolo di Fanano. Qui sopra, i campi del tennis club di Scandiano e, nella pagina accanto, quelli di Cuneo

I

l vaffa scatta quasi automatico, a dar ragione a Nanni Moretti quando diceva che i tennisti italiani sono sempre pronti a trovare una scusa per tutto. E quando lo smash sul break point decisivo finisce inesorabilmente sul telone di fondocampo, l'errore non sarà mai dovuto alla solita, cattiva posizione dei piedi, alla modesta escursione del braccio, al timing non esattamente svizzero, ma sempre e solo a quella dannata, scadente illuminazione che ti ha fatto perdere di vista la palla nel momento cruciale dell'incontro. Ma adesso si dovranno cercare scuse migliori. La soluzione per una illuminazione ideale è infatti sbarcata anche sui campi da tennis e si chiama LED. Wikipedia ci informa che si tratta dell'acronimo di Light Emitting Diode o diodo ad emissione luminosa e che è un dispositivo optoelettronico che sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori di produrre fotoni attraverso un fenomeno di emissione spontanea. Detta così, si capisce poco, ma parliamo di una mezza rivoluzione, anche degli impianti sportivi. In sostanza, il risultato promesso è quello di ottenere una qualità dell'illuminazione notevolmente migliore rispetto al sistema tradizionale (e che viene determinata dal calcolo dei celebri lux disponibili), con una spesa decisamente inferiore, che può arrivare al 75-80% di una immaginaria scala-sconti. Con un piccolo dettaglio: l'illuminazione di un campo da tennis è ben diversa rispetto a quella di un ufficio, che è diversa rispetto a quella di un negozio, che è diversa rispetto a quella di un parcheggio. Per questo motivo è fondamentale anticipare i lavori con uno studio sull'architettura dell'impianto e affidarsi, of course, a qualcuno che sia specializzato, negli impianti Led ma anche nel tennis. Noi lo abbiamo trovato: si chiama Carecaled

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Ci siamo dunque infilati sulla A1, direzione Reggio Emilia, in località Scandiano. Ad attenderci, Francesco Morsiani, buon giocatore di club e titolare della società leader in questo settore (tanto per capirci, gestiscono l'intero datacenter della biblioteca vaticana, in sostanza tutto lo scibile umano, da Dante a Galileo). Chiariamo subito di cosa si tratta, snocciolando numeri e dati tecnici che convincerebbero anche il meno attento dei dirigenti di club: «Un campo ad illuminazione tradizionale con lampade agli ioduri, per ottenere 300 lux, la quota necessaria perché un campo sia omologato dalla Fit

I VANTAGGI DELL'ILLUMNAZIONE LED? RISPARMIO

FINANZIAMENTI

Per molti circoli è l'aspetto principale e il risparmio che abbiamo verificato non è certamente marginale. Si arriva a spendere oltre 2.000 euro in meno a campo con una qualità dell'illuminazione notevolmente migliore. Mediamente, se il consumo orario di un impianto tradizionale è di 5.600-5.700 watt per 300 lux, con la tecnologia Led si scende a 1.500 watt, con un risparmio di almeno il 75%

Il costo di un buon impianto Led è di circa 6.000-6.500 euro, che si ammortizza in tre anni, se un campo lavora 8 ore al giorno per 280 giorni all'anno. Tuttavia, si può optare per un finanziamento che permette di pagare l'impianto continuando a versare la stessa cifra della bolletta precedente per 5 anni (in parte al fornitore di energia, in parte alla finanziaria), prima che il club diventi effettivo proprietario dell'impianto.


fino alla Serie A2, consuma fino a 5.600-5.700 watt - spiega Morsiani -. Noi ci riusciamo con 1.500 watt, con una perdita percentuale annua di efficienza irrisoria, circa l'1%, mentre le lampade agli ioduri calano di prestazioni in maniera molto rapida e molto evidente». Il tutto si traduce in un risparmio facile da calcolare: un campo indoor nel Nord Italia che lavora otto ore al giorno per 280 giorni all'anno e un totale di 2.240 ore, con un impianto di illuminazione tradizionale avrebbe un consumo di 5.600 watt all'ora e, dato un costo medio per mille k/watt all'ora di 0,25 euro, una spesa di 1,40

EFFICIENZA E UN RISPARMIO DEL 75%... EFFICIENZA

DURATA

La tecnologia Led si fa preferire anche per la maggior efficienza, visto che si raggiungono facilmente i 300 lux con soli 1.500 watt di consumo energetico. Unico avvertimento è quello di rivolgervi a società specializzate in illuminazione Led per il tennis e che effettuino uno studio sul posizionamento delle lampade, per evitare che si creino fasidiose zone d'ombra sul campo.

Un buon impianto Led può tranquillamente raggiungere le 60.000 ore di utilizzo. I costi di manutenzione sono sostanzialmente nulli (non si bruciano mai!) e la fase di accensione e spegnimento è immediata, senza le attese tipiche di un impianto agli ioduri che obbligano ad aspettare diversi minuti prima che le lampade si scaldino e diano luce.

euro per ogni ora di illuminazione e un costo totale annuo di 3.136 euro. Con un impianto Led, si scende invece ad un consumo di 1.500 watt per un costo totale orario di 0,36 che diventa di 806 ore su base annua. Un risparmio di 2.330 euro a campo che permette di ammortizzare l'investimento in soli tre anni, considerando che il costo di realizzazione di un otimo impianto Led è compreso tra i 6.000 e i 6.500 euro. Ma ridurre la questione Led al solo risparmio economico sarebbe sbagliato. Va infatti considerata la qualità dell'efficienza tecnica e per questo la scelta dell'impianto non è banale. «In Emilia Romagna c'erano solo due campi con 300 lux come richiesto dalla Fit, al CT Bologna e al Castellazzo di Parma - continua Morsiani -. Al circolo di Albinea, sul campo 2 dove giocavano i match meno importanti della Serie A1, si era scesi fino a 50 lux, roba che fatichi a leggere un libro, figurati ribattere una palla che arriva a 200 chilometri all'ora. Ma soprattutto è necessario uno studio sull'architettura del campo per garantire l'uniformità necessaria». Uniformità è la parola magica perché se si creassero delle zone d'ombra sarebbe un disastro. Dunque, la norma Fit parla di 300 lux di media ma con uno scarto massimo di 0,65 con il valore minimo. In sostanza, se la media deve essere 300 lux, il valore minimo non deve essere inferiore a 200. «Generalmente arriviamo a 0,80 - garantisce Morsiani - ma al circolo di Scandiano abbiamo toccato quato 0,92. Per capirci, se giochi all'aperto a mezzogiorno in una bella giornata di sole, basterebbe un albero con un paio di frasche per avere una uniformità inferiore. E attenzione, questo calcolo andrebbe verificato anche dove la Fit non lo richiede, cioè almeno un paio di metri oltre la riga di fondo, perché spesso ci si ritrova a colpire da lì». E infatti la federazione francese, sempre

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molto attenta ai dettagli, richiede una verifica fino a tre metri oltre la linea, mentre l'ATP si ferma ad un metro. E nel caso un club volesse poi aumentare i lux disponibili, magari perché la promozione in A1 o l'organizzazione di un torneo professionistico obbliga ad arrivare a 400 lux? Nessun problema: si aggiunge un modulo e il gioco è fatto. Allo Sporting di Sassuolo, dove d'estate si gioca un Challenger di ottimo livello, si è giunti a quota 500 lux «perché sottostimiamo di un 10% l'emissione e stiamo larghi, perché è meglio abbondare» aggiunge Morsiani. Inoltre, fattore per nulla trascurabile, vengono sostanzialmente azzerati i costi di manutenzione. Basta trabattelli in campo per sostituire le lampade bruciate: un impianto ai led ben costruito performa ad alto livello per circa 60.000 ore, dieci volte più di uno tradizionale, e non si ha memoria di malfunzionamenti («Stimiamo che potrebbe bruciarsi una lampada ogni dieci anni» dice Morsiani, per star cauto. Per verificare il tutto, torniamo in macchina e ci fiondiamo nel piccolo tennis club di Scandiano, una struttura fissa con infilati sotto due campi da tennis in moquette. Appena entrati, l'impatto è impressionante: niente atmosfera cupa, tipica dei piccoli circoli di provincia. Una visuale perfetta, nitida, come si fosse in una bella giornata di sole (e invece piove maledettamente). Il maestro si avvicina, evidentemente compiaciuto della scelta, e sottolinea l'unico problema: «Adesso, quando i miei allievi vanno a giocare un torneo in un altro circolo, fanno fatica perché non sono abituati a veder male!». Ma ogni giorno aumentano i club che si affidano a questa nuova tecnologia, come conferma lo stesso Morsiani: «Capisci che è la strada giusta quando un circolo importante come lo Zeta Due di Modena dopo aver fatto i primi due campi, decide di volerli tutti con illuminazione Led». E i vantaggi non finiscono qui. Vi ricordate i classici cinque minuti di attesa prima che le lampade si scaldino e finalmente diano luce al campo? Preistoria. Il gioco accendi-spegni dei Led è sorprendente, come accendere la luce nel salotto di casa. Un sistema che, va detto, è proficuo soprattutto nei campi coperti, dove l'illuminazione è una necessità per tante ore al giorno, per tanti mesi all'anno. Anche se la tecnologia Led funziona esattamente allo stesso modo nei campi all'aperto, dove però i consumi sono nettamente inferiori, così come il risparmio. In questo caso, la scelta ricade sulla volontà di offrire ai soci un impianto più performante, piuttosto che inseguire una riduzione dei costi. Ma tant'è, è innegabile che proprio quest'ultima è ciò che fa gola a tanti circoli, sempre più pressati dalle spese, sempre più obbligati ad una spending review che però non deve intaccare la qualità del servizio. Per questo motivo, un aspetto interessante è legato alla possibilità di finanziamento, che si traduce in un noleggio quinquennale. In sostanza, il club usufruirà immediatamente di un impianto Led che migliora la qualità del servizio continuando per cinque anni a pagare la stessa cifra precedente, benché a due utenze diverse, perché la bolletta si ridurrà dell'80% circa, ma questo risparmio finirà nelle tasche della finanziaria

Il luxometro, lo strumento utilizzato per verificare i lux di un impianto di illuminazione. La Fit richiede una media di 400 lux per la Serie A1.

che ha anticipato il pagamento dell'impianto. Dopo questo periodo, il circolo diventerà proprietario dell'impianto, con la finanziaria che avrà guadagnato circa il 20% (non male...). È dunque chiaro che se un circolo disponesse di risorse sufficienti, farebbe meglio a saldare direttamente il conto e ammortizzare la spesa in tre anni piuttosto che in cinque; ma l'alternativa win-win, non manca. Tuttavia, in queso caso bisogna fare molta (molta) attenzione alla scelta della finanziaria. Non essendo le società sportive obbligate al bilancio come una società per azioni, non sono bancabili e le tipiche strutture finanziarie non vogliono accollarsi il rischio. Quindi spesso cosa succede? Che un rivenditore di lampade al Led rifili un prodotto di scarsa qualità (non tutti i Led sono uguali, sia chiaro) ad un costo molto basso (1.500-2.000 euro) da pagarsi anticipatamente, finanziando il resto. In sostanza, si fa pagare subito il materiale (scadente) e spalma gli utili in cinque anni. Tutto bello, tutto facile, non fosse che se un prodotto non è performante diventa totalmente inutile. La scelta di un impianto Led appare dunque logica, se non proprio scontata, anche perché questa tecnologia progredisce costantemente: «In un anno abbiamo verificato una miglior prestazione del componente di circa il 10%, con una riduzione dei consumi di un ulteriore 6%» conferma Morsiani, che gongola all'idea che i Led siano destinati ad illuminare il mondo, non solo i campi da tennis: «Figurarsi che mi ha chiamato pure l'Università di Pisa per fare il relatore in un corso di illuminazione per gli impianti sportivi agli ingegneri della regione Toscana. Io, che sono ragioniere col 36...».

I vantaggi dell'illuminazione Led sono molteplici e la tecnologia progredisce costantemente: dall'anno scorso, la prestazione del componente è migliorata di circa il 10%, con una riduzione dei consumi di un ulteriore 6% 118



TM

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SERIES SERIES

Designed for the aggressive players Designed for the aggressive players


TECNICA

FORTE VILLAGE STARS ACADEMY. Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento con la Stars Academy del Forte Village, il più bel resort d’Italia (e non solo). Sempre importanti i nomi degli ex campioni presenti, da Mark Woodforde a Karel Novacek, da Claudio Mezzadri a Paul Haarhuis (nella foto con un’allieva), con la supervisione di Rocco Loccisano, già coach del campione di Wimbledon 1987, Pat Cash, che spesso è stato presente al Forte Village. Si comincia da metà giugno fino a quasi la fine di agosto. Un’occasione imperdibile di (super) tennis e (super) vacanza. E dal mese di settembre, ricominciano i tornei ITF Futures e lo stage GoTennis. Info: fortevillage.com

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the best of...

MIGLIORARE. GIOCARE AD ALTO LIVELLO PER TUTTA LA PARTITA È PRESSOCHÉ IMPOSSIBILE. DI BRAD GILBERT *

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PER VINCERE. ECCO ALCUNI CONSIGLI SU COSA FARE QUANDO IL TUO GIOCO ENTRA IN CRISI. * EX N.4 DEL MONDO. COACH DI ANDRE AGASSI, ANDY RODDICK E ANDY MURRAY

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S

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Se prendiamo i primi 50 tennisti del mondo, tutti giocano pochi match nel corso dell’anno durante i quali sono In The Zone, cioè totalmente ispirati, quando nessun essere umano è in grado di batterti in quella determinata giornata. Quando non avverti alcuna pressione e sei sicuro di vincere, i colpi escono dalla racchetta con grande dolcezza e allo stesso tempo con una potenza che quasi ti viene da ridere (o da piangere, perché capita troppo di rado). Quando succede però, speri sia in occasione della finale di un torneo dello Slam. Accadde per Sampras contro Agassi nella finale dello US Open 1990. Nessuno avrebbe battuto Pete quel giorno e se gli parli una sera davanti ad una tazza di caffè, anche lui ti ripeterà la stessa cosa. E ancora: Stich contro Becker nella finale di Wimbledon del 1991. Quel giorno, Boris avrebbe potuto stare tranquillamente a casa, tanto Stich era In The Zone. Qualche volta quel momento magico dura più di un match. Come accadde a me durante l’estate del 1989. Iniziò in Germania dove vinsi entrambi i miei singolari di Davis. Avevo appena vinto il torneo di Memphis in primavera e fu così che iniziai ad essere In The Zone. Vinsi i tornei di Stratton Mountain, Livingston e Cincinnati. Lungo il percorso riuscii a battere Jim Pugh, David Wheaton, Jim Courier, Boris Becker, Michael Chang, Pete Sampras e Stefan Edberg. Ad un certo punto ero arrivato a vincere 17 match consecutivi. Ero diventato il primo giocatore a vincere tre tornei consecutivi da quando c’era riuscito Boris Becker nel 1986.

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Poi arrivai allo US Open e persi al primo turno. Nervosismo? No. Avvelenamento da cibo. Del pesce avariato la sera prima di giocare contro Witsken. Sfortuna, ma rimasi hot anche dopo lo US Open. Due settimane più tardi raggiunsi la finale al torneo di Los Angeles e poi vinsi quello di San Francisco. Fu un’estate fenomenale e un anno indimenticabile, con cinque tornei vinti più le affermazioni in Coppa Davis. Questo si chiama essere In The Zone. Ma non capita molto spesso, e di solito non dura a lungo. Solitamente nel corso di una partita il livello del tuo gioco tende ad oscillare. Succede a tutti. Le dinamiche cambiano costantemente ed è molto raro che qualcuno riesca a giocare al suo meglio per tutta la partita. Il tuo gioco incontrerà alti e bassi sia per quanto riguarda l’efficacia sia per quanto concerne l’affidabilità. Qualche volta riuscirai a vedere e colpire la palla senza problemi. Poi, improvvisamente, una parte del tuo gioco inizierà a cadere a pezzi. Io non voglio aiutarti a migliorare i tuoi colpi ma darti qualche consiglio su ciò che puoi fare durante una partita quando un particolare colpo smette di funzionare. Qualunque sia il problema, è bene avere un’idea o un’immagine mentale da usare per riportare in vita il colpo moribondo prima che ti costi la sconfitta. Questi suggerimenti provengono da anni di esperienza nel tour: mi hanno aiutato durante la mia carriera e sono risultati efficaci per i giocatori che ho allenato. Ma come tanti altri suggerimenti che puoi leggere, alcuni si adatteranno bene al tuo gioco, altri meno. LAVOLÉE EVANESCENTE Più la volée è facile, più il giocatore diventa pigro. Guarda i giocatori del tuo circolo: quando arriva una palletta, uno di quei colpi senza peso che veleggia alto sopra la rete, diventano pigri o passivi. Aspettano che la palla arrivi e non si muovono in avanti. Danno per scontato che sarà un colpo facile e naturalmente sbagliano la conclusione. Solitamente eseguendo il colpo in maniera affrettata e spedendo la palla lunga, larga o in rete. MUOVITI VERSO LA PALLA Più vicino sei alla rete, maggiori saranno le chance di eseguire una volée vincente: la rete diventa un ostacolo più facile da superare, hai più angoli da scegliere e il campo del tuo avversario diventa improvvisamente più grande. Mai aspettare che la palla arrivi a te, non siamo all’Ufficio Postale. Nel tennis devi essere tu ad andare a raccogliere. E con la volée, il concetto è ancora più vero. Più veloce arrivi a raccoglierla, più il colpo sarà efficace. Uno o due passi verso la rete miglioreranno le tue percentuali di successo in maniera determinante. Quindi, quando stai per colpire una volée, avvicinati alla rete. Ogni passo che riesci a fare per arrivare più vicino aumenta le tue chance di vincere il punto. Ti ricordi di John McEnroe e Stefan Edberg? Entrambi chiudevano i punti arrivando così vicini alla rete che potevano quasi leccarla. E lo facevano con grande rapidità, come un falco che piomba sulla sua preda. LO SMASH INSUFFICIENTE Se hai seguito il mio consiglio, ti troverai con il naso sulla rete per giocare la volée. Ma il tuo avversario non te la


Come spiegato nella pagina di apertura della sezione tecnica, lo smash è un colpo sottovalutato che va allenato bene. E soprattutto bisogna ricordarsi che il piazzamento conta quanto la potenza. Nella pagona seguente, Jack Nicklaus, tra i più forti golfisti di tutti i tempi, molto meticoloso nei suoi allenamenti

farà giocare perché… proverà a lobbarti e questa volta è lo smash a non venire in tuo soccorso. Lo spedisci in rete. Lo tiri lungo. Oppure finisce così largo che sarebbe fuori anche se stessi giocando in doppio. CERCA IL PIAZZAMENTO Una cosa del genere di solito accade perché pensi troppo alla potenza e poco al piazzamento. La maggior parte dei colpi sopra la testa vengono giocati verso la fine del punto, quando l’obiettivo diventa quello di finire il quindici con un vincente. Ancora una volta, la trappola è quella di chiedere ad un colpo più di quanto non ti possa dare. Se il tuo smash diventa incerto durante il match, devi raccogliere le idee. Non cercare di strafare. Non pensare: “Devo per forza chiudere il punto”. Cerca piuttosto il piazzamento invece della potenza. I risultati saranno immediati perché ti sarai liberato della pressione di tirare un colpo molto forte. Sarà più ritmico, sciolto ed efficace. GIOCARE COL VENTO Il vento può inficiare i tuoi colpi perché influenza anche la tua mente. Se non ti senti a tuo agio con il vento, ecco alcune idee per aiutarti a neutralizzare i suoi effetti negativi. Inizia a giocare contro vento Il sole è il fattore più importante da considerare quando si sceglie la parte di campo nella quale iniziare a giocare il match. Se il sole è un problema, preferisco iniziare la partita lasciandomelo alle spalle, in modo tale che il mio avversario ce l’abbia di fronte. Tuttavia, se il sole non è un fattore (come per esempio nei match serali), il vento è l’elemento immediatamente successivo da considerare. Se soffia da nord a sud (ovvero da una linea di fondo all’al-

tra), preferisco iniziare con il vento contro. Di solito il primo game lo si gioca già con un po’ di nervosismo senza che io mi debba preoccupare del vento che rischia di allungare i miei colpi fuori dal campo. Colpire contro vento mi permette di lasciare andare il braccio con la certezza che la palla sarà rallentata, almeno un po’. ABBASSA IL LANCIO DI PALLA Una palla da tennis non pesa molto e una giornata ventosa può farla sembrare una foglia che galleggia nell’aria, specialmente sul tuo lancio di palla. Se il vento comincia a disturbare il tuo servizio, abbassa il lancio di palla. Riduci la sua altezza di alcuni centimetri (o all’occorrenza anche di più) e ridurrai anche l’effetto del vento. ACCORCIA I TUOI COLPI La stessa regola vale per i tuoi colpi da fondo. Quando di gioca in condizioni ventose, cerca di rendere i tuoi colpi più compatti e concentrati sull’impatto con la palla. Ridurrai il numero di colpi mal centrati e aumenterai quelli che vanno dall’altra parte della rete. L’ARMA MIGLIORE CONTRO IL VENTO Infine, ricordati che se il vento rende la tua vita tennistica complicata, il metodo più efficace per sconfiggerlo è questo: costruisciti un campo indoor. E invitami a giocare: anche a me non piace il vento. IL GIOCO DI GAMBE I suggerimenti sono suggerimenti. Ti capiterà di trovarne uno che funziona per te e lo riferirai ad un tuo amico. E per loro sarà totalmente inutile. I giocatori sono talmen-

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TECNICA

te diversi gli uni dagli altri per abilità fisiche, tipologia e quantità di allenamento e motivazione, che è molto difficile che un suggerimento funzioni per tutti. Ma ce n’è uno che vi ripeterò ancora una volta e che invece è invariabilmente universale: un buon gioco di gambe migliora il tuo tennis. Tutti i problemi che devi affrontare con i tuoi colpi hanno varie soluzioni, ma la prima cosa da controllare è sempre il gioco di gambe. Se non è buono, può danneggiare tutti i tuoi colpi. Oppure, può migliorare ogni singolo colpo che giochi. Quando inizi ad avere problemi con uno qualunque dei tuoi colpi, controlla sempre la posizione dei tuoi piedi. Sai come fare: gioca sulle punte dei piedi. Se rimani leggero sulle punte, aumenterai le tue chance per una buona esecuzione dei colpi. L’ALLENAMENTO NON RENDE PERFETTI. PERÒ AIUTA La vera chiave per migliorare i tuoi colpi è lavorarci lontano dai match. La maggior parte dei giocatori pensa di migliorare semplicemente giocando quante più partite possibili. Giocano ore e ore e non riescono a capire perché non migliorano. L’allenamento può non rendere perfetti, ma sicuramente aiuta. Se a golf non giochi mai un colpo dal bunker tranne quando ci finisci in partita, non migliorerai mai nei colpi da quella posizione. Anzi, probabilmente peggiorerai perché ogni volta che ne sbaglierai uno, diventerai più nervoso e giocherai i successivi con maggiore apprensione. ALLENATI COME JACK NICKLAUS Il più grande golfista nella storia del gioco è stato probabilmente anche il giocatore che si è più allenato. E lo faceva con uno scopo preciso: sapeva ciò su cui voleva lavorare e si isolava sul percorso d’allenamento. Era molto metodico nel risolvere i problemi e li affrontava in sessioni di allenamento dedicate. Puoi ottenere grandi miglioramenti nel tuo tennis facendo la stessa cosa. Lavorare su uno specifico problema anche solamente per 30 minuti una volta al mese può portare a risultati strabilianti. Se riesci a farlo due volte al mese, stenterai a credere ai tuoi occhi. COME MIGLIORARE Controlla la meccanica dei tuoi colpi prendendo una lezione. Un buon maestro è molto probabile che riuscirà a correggere il tuo movimento. Allena quello che hai imparato durante la lezione. Usa una macchina lanciapalle o un muro ed evita di colpire la palla senza uno scopo. Inizia tirando piano e cerca di essere molto regolare. Prova a colpire lo stesso colpo per due volte di fila. Poi per tre volte di fila. Prova a isolarti e a mantenere la concentrazione sull’allenamento. Da bambino ho passato ore e ore a giocare contro i muri di Piedmont, California: ero solito giocare interi match immaginari dello US Open contro un Ilie Nastase immaginario. Il muro era Nastase ed era un gran allenamento perché il muro non sbaglia mai. Gioca contro qualcuno che sai di poter battere senza problemi. Durante il match cerca di trovare delle occasioni per provare i colpi su cui hai lavorato in allenamento. Potrebbe capitarti di perdere ma non preoccupartene. Se il tuo rovescio è debole, assicurati di non aggirare mai il colpo durante questa partita. Se la tua volée di rovescio è

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traballante, cerca di giocarla ad ogni occasione possibile. Ai giocatori di club solitamente non piace fare una cosa del genere perché hanno paura che i loro amici vengano a sapere il risultato. Non lasciare che il tuo ego ti impedisca di progredire. Vincerai punti contro quegli stessi amici con i colpi che hai migliorato. Gioca quei colpi “nuovi” nei tuoi match. Ti renderai conto che avrai sempre maggior fiducia nei tuoi colpi più deboli. Il miglioramento coinvolgerà sia il colpo sia il tuo atteggiamento verso il colpo stesso. Gioca contro qualcuno più forte di te, che ti batterà. Giocare sempre contro i tuoi amici rischia di farti andare con il pilota automatico. Contro qualcuno migliore di te, dovrai invece dar fondo a tutte le tue capacità e a tutte le tue energie. Dovrai lavorare più duramente, pensare di più, correre di più, ma nonostante ciò perderai comunque. Benissimo: è per quello che hai giocato contro di loro. I risultati si vedranno quando tornerai a giocare contro i tuoi soliti avversari. Un po’ di attenzione in termini di allenamento produrrà risultati sorprendenti nel tuo gioco. Vincere è molto più divertente di perdere, ma migliorare le tue debolezze renderà più facile vincere. * Per leggere la prima parte di questo capitolo di Winning Ugly, vai su magazine.tennisbest.com, numero di aprile 2015

VINCERE SPORCO Finalmente in italiano. Edito da Priuli & Verlucca, Winning Ugly di Brad Gilbert è diventato Vincere Sporco e ha subito riscosso l’interesse della critica (e non solo quella tennistica) perché aiuta a capire come bisogna prepararsi prima e durante un grande incontro. E come si possono sfruttare tutti gli elementi per portare a casa la partita.


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LEZIONE GRATUITA I CONSIGLI DI UN TOP MAESTRO NAZIONALE PER MIGLIORARE ASPETTI TECNICI E TATTICI DEL PROPRIO GIOCO, CON I DOVEROSI ESERCIZI DI RIFERIMENTO. DAL TEST DEL CORRIDOIO AL QUALITY CROSS, PASSANDO PER LA TEORIA DEL MID POINT E DALLA MITICA CASA DI HARRY HOPMAN

DI FRANCESCO MICHELOTTI *

* EX NUMERO 209 ATP, MAESTRO E TECNICO NAZIONALE, INSEGNA ALLA GOLARSA TENNIS ACADEMY

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TEST DEL CORRIDOIO

Ha l'obiettivo di migliorare le capacità di controllo qualitative (precisione e qualita dell'impatto sul piatto corde) e quantitative (regolarità) del gioco. Due giocatori si posizionano di fronte al corridoio e devono cercare, sotto forma di gara in palleggio, di giocare solamente dentro al corridoio stesso un numero di palle (variabile e non consecutive) prestabilito in partenza. Chi raggiunge prima al'obiettivo, vince. Si puo eseguire come esercizio libero, oppure solo di diritto, solo di rovescio o obbligatoriamnte di diritto/rovescio alternato.

LEGENDA

TECNICA

TATTICA

ESERCIZIO

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LA FISARMONICA

In fase di palleggio, entrambi i giocatori partono da fondo campo e, insieme, in tre/ quattro scambi devono riuscire, mantenendo la palla sempre in gioco, a venire a a rete e giocare entrambi al volo. Quindi, sempre insieme, ritornare a fondo campo per poi ripartire di nuovo.

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LA CASA DI HOPMAN

Si chiama così perché è stato Harry Hopman, mitico allenatore dei più grandi campioni australiani negli anni pre-Era Open, a creare questa situazione. In sostanza, Hopman disegnava una casa sul campo e i giocatori dovevano giocare sempre fuori da quelle linee, mai nella "casa". Con quel disegno, Hopman voleva impedire che un giocatore giocasse sempre in centro, obbligandolo a cercare profondità o angolazione. Si può dunque giocare in palleggio (ma anche facendo punti) con l'obbligo da parte di un giocatore di evitare la Casa di Hopman. La casa può essere di grandezza diversa, a seconda del livello dei giocatori (tracciare le righe due metri e mezzo oltre la metà campo e due metri lateralmente partendo dal centro sono dei limiti molto buoni da raggiungere. A

GIOCARE A ELASTICO

Sempre in fase di palleggio come nell'esercizio della fisarmonica, in questo caso però, invece di partire entrambi da fondo campo, il giocatore A parte da fondo e quello B a rete. Il giocatore B, dopo aver eseguito tre / quattro volée, deve cominciare a indietreggiare, e al contempo il giocatore A comincerà ad avanzare in modo tale che quando il giocatore B sarà arrivato a fondo, il giocatore A si troverà sotto rete. E così via, alternandosi nelle due posizioni. Un esercizio che aiuta a migliorare tecnica e precisione dei colpi e a trovare un buon ritmo esecutivo.

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GUEST STAR

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE

DI DIEGO NARGISO

Sulla terra rossa dovete imparare a tenere scambi da 6-8, anche 10 colpi, e comunque rimanere lucidi per poi trovare l’angolo giusto e la soluzione vincente. Se siete abituati a chiudere lo scambio in due-tre colpi, allenatevi sulla solidità: cercate di sbagliare meno possibile, cercando di aprirvi il campo un po’ alla volta, senza prendere eccessivi rischi fin dai primissimi colpi. Allenatevi tanto anche dal punto di vista della resistenza fisica giocando degli scambi, anche centrali ma abbastanza profondi fino al quinto/sesto scambio, poi cominciate a muovere la palla cercando angoli e accelerazioni. Disputate partite agli 11 punti.


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QUALITY CROSS

THE MEGA POINT

Una situazione imparentata con la Casa di Hopman, per sottolineare l'importanza di "prendere l'angolo", come si dice in gergo, cioè di non giocare troppo in centro ma di spostare l'avversario per aprirsi una zona di campo dove giocare un colpo vincente. Dunque, saper giocare un diagonale di qualità è alla base del bagaglio tecnico-tattico di ogni buon giocatore, perché è con questo colpo che, in fase di costruzione, riusciamo ad aprirci il campo per cambi di ritmo, accelerazioni, attacchi e winner. L'esercizio: in fase di palleggio, prima lo esegue il giocatore A, con il giocatore B che si posiziona al limite del corridoio. Se il palleggio in diagonale del giocatore A manterrà il giocatore B esterno al campo del singolo, senza mai farlo rientrare, significherà che il cross è di qualità; se invece il giocatore B, per mantenere il palleggio deve rientrare verso il centro, vuol dire che si fatica a prendere l'angolo, che si traduce in una fase di costruzione del punto scadente. A

Una delle differenze principali tra un buon giocatore e uno mediocre è senza dubbio quella di saper giocare i punti importanti. Per migliorare questo aspetto, giocate delle partite in cui, quando si arriva a palla break (o palla game) e non si converte il punto, si ricomincia il game da zero. In questo modo, se volete vincere un game, dovrete fare estrema attenzione a come giocate i punti decisivi.

VOLLEY GRIP

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GUEST THE PERFECT MATCH STAR

DI MARK LEVEY

A differenza del golf, dove un giocatore amatoriale potrebbe giocare insieme a Tiger Woods (se questi avesse la pazienza di aspettare la quarantina di colpi in più che vi servirebbero per chiudere il percorso), nel tennis il sistema di punteggio tiene al sicuro il giocatore decisamente più forte. A meno di cambiarlo. Giocate dei match dove il giocatore che ha un game di vantaggio, parte con un punto di svantaggio nel game successivo. Vincete il primo game? In quello successivo partirete da 0-15. Lo vincete ugualmente? Quello dopo partirete 0-30. In questo modo, vedrete che lo score sarà sempre ravvicinato e aumenterà la tensione in campo.

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Un consiglio tecnico per giocare meglio la volée. Normalmente insegnano a utilizzare una sola impugnatura (la continental) per entrambe le volée. Quando però il livello di gioco migliora, consiglio di mantenere tale impugnatura solo per la voleè di rovescio, e girarla verso una strong eastern quando si deve giocare quella di dritto, in modo da aprire meglio l'angolo del polso e impattare la palla piu avanti, con un maggior taglio all'indietro.

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4 CONSIGLI

per migliorare il servizio Un colpo che spesso fa la differenza ma che viene sottovalutato, soprattutto a livello di club. Ecco alcuni consigli per migliorare la tecnica e l'efficacia di un colpo così importante

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IL RITMO DEL SERVIZIO Per migliorare la capacità coordinativa nel servizio, che personalmente reputo un aspetto fondamentale, faccio eseguire questo facile esercizio. L'allievo si posiziona circa due/tre metri dietro la linea di fondo campo e, mentre esegue tre passi in avanzamento, deve trovare un ritmo che gli permetta di cominciare il movimento della parte alta del corpo (mi raccomando: deve inziare durante la camminata, come mostrato nelle immagini qui a fianco) e di impattare la palla in sincronia con l'appoggio del terzo passo, arrivati a ridosso della linea di fondo campo.

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SERVIZIO RANDOM Per migliorare il servizio, prima di eseguirlo normalmente, provate a giocarne 15/20 in posizioni casuali del campo, sia dentro le righe, sia fuori (da metà campo, un metro fuori, spostati a metà corridoio, dove vi pare): l'importante è sempre infilare la palla nel corretto quadrato di battuta. Variare continuamente la distanza tra voi e la zona target vi aiuterà a trovare maggior coordinazione e feeling nel gesto esecutivo.

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A TUTTO BRACCIO Sappiamo che la testa della racchetta, in tutti i colpi, deve arrivare a colpire la palla alla massima accelerazione. Per migliorare questo aspetto nel servizio, provate a servire da metà campo "a tutto braccio", in modo da facilitare il compito tattico (mettere la palla nel quadrato di battuta): noterete che sarete in grado di raggiungere la massima accelerazione con grande facilità.

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IL LANCIO DI PALLA E LA POSIZIONE DEI PIEDI Il lancio di palla è fondamentale nell'esecuzione del servizio: sbagliato quello, recuperare una adeguata coordinazione e ottenere buone percentuali è complicato. Eppure, quante volte avete allenato il lancio di palla? Mai, eh? Utilizzate qualche minuto per capire allenarlo e, anche quando cominciate a provare la battuta prima del match, eseguitene una decina a vuoto per trovare il giusto ritmo. Un piccolo consiglio anche sulla posizione die piedi: idealmente, la punta del piede dietro (il destro per i destrorsi), deve stare più dietro rispetto al tallone del piede sinistro. Osservate Berdych, per esempio.

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IL DRITTO ANOMALO

RISPOSTA REATTIVA

Un buon giocatore riesce sempre ad utilizzare il suo colpo più forte nel maggior numero di occasioni possibile. Quasi sempre (soprattutto a livello di club, il colpo migliore, o comunque quello col quale si ottiene il numero più alto di colpi vincenti, è il dritto. Ecco che quindi nasce l'esigenza di allenare il dritto anomalo, così chiamato perché viene giocato dalla parte dove abitualmente si dovrebbe colpire di rovescio. Uno degli esercizi che preferisco è quello di delimitare la zona di movimento di un giocatore con due birilli posti tra la metà della metà campo del diritto e la linea di singolare del rovescio (evidenziati nello schema dalla riga azzurra). In fase di palleggio, il giocatore A che colpisce dal proprio angolo sinistro deve giocare palle all'interno di quello spazio, mentre il giocatore B dovrà riuscire a colpire sempre e solo di diritto, giocando verso la metà campo del rovescio del suo avversario. A

Per migliorare la capacità coordinativa della reazione alla risposta al servizio, provate a rispondere in sequenza a tre palle diverse. Il vostro compagno prima servirà dalla posizione standard a fondo campo, quindi da tre quarti campo (tra la linea del fondo e quella di metà campo), infine a ridosso della linea di metà campo. Dovrete quindi rispondere a servizi che arriveranno a velocità differenti, avendo sempre meno tempo per rispondere e abituandovi ad essere reattivi..

IL RECUPERO SMORZATA

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GUEST STAR

THE STOP VOLLEY

TIRA DI MASSIMO SARTORI

C'è un colpo che riempie di soddisfazione un tennista (che si tratti di un professionista o di un giocatore di club,) ed è la volée smorzata. Perché serve talento, l'avversario la subisce psicologicamente, nei tornei di club la si vede raramente (e sembra difficile anche quando non lo è) e perché è spettacolare. Sulla terra rossa, è una soluzione soprattutto quando avete preso una buona posizione sotto rete (o se attaccate in controtempo). Allenatevi così: giocate un colpo d'approccio, quindi una volée che deve essere abbastanza profonda da costringere l'avversario ad un passante difensivo sul quale potrete giocare in sicurezza la stop volley.

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La smorzata può essere letale tra i giocatori di club. Spesso è un colpo definitivo (se ben eseguito) e comunque mette in posizione di vantaggio se la si recupera male. In particolare, ricordatevi di giocare il recupero della smorzata quasi sempre in lungolinea, in modo da avere già una ottimale posizione sotto rete e render emeno facile il passante successivo.

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ZONE DI PROFONDITÀ

Si delimita una zona di circa due metri, partendo dalla linea di fondo campo verso quella del servizio. Quella è la perfetta profondità di un colpo. Quindi si palleggia avendo come bersaglio quella zona di campo. La gara consiste nel centrarla per cinque volte. Tuttavia, il punto del mio avversario annulla il mio precedente (in pratica, se centro una volta la zonabersaglio conquistao un punto; se poi ci riesce il mio avversario, non andremo uno pari, ma torneremo zero a zero). Altro esempio, se ne infilo tre nel bersaglio e il mio avversario subito dopo lo centra una volta, non andremo 3 a 1, ma 2 a 0. Se entrambi i giocatori sono precisi, arrivare a 5 non è facile.

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LA TEORIA DEL MID-POINT

Ogni buon giocatore deve essere a conoscenza di questo aspetto, per ottimizzare il recovery (rientro) senza perdere campo. Consiste nel sapere che ad ogni direzione di un nostro colpo, corrisponde un preciso rientro (più o meno ampio). Se dall'angolo destro, gioco un dritto diagonale, il baricentro del mio rientro ottimale sarà un metro circa prima della metà campo; se invece gioco un dritto al centro del campo, il mio rientro ottimale sarà precisamente a metà campo. Infine, se gioco un dritto lungolinea, il mio rientro ottimale per coprire il campo sarà un metro oltre la metà campo. Nella scelta della direzione da giocare, è opportuno essere a conoscenza di questo aspetto tecnico-tattico. Proprio per questo motivo, nella fase di costruzione del punto si predilige la direzione incrociata, mentre il lungolinea va eseguito soprattutto quando si gioca più offensivi, avendo poi potenzialmente più campo da coprire. A

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TIRA FORTE !

Spesso quando si ha paura di sbagliare si tende a colpire col freno a mano. E si finisce con lo sbagliare di più. Non abbiate paura, lasciate andare il braccio, è più facile che la palla resti in campo (senza esagerare in senso opposto!). Provateci in allenamento: rimarrete sorpresi.

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GUEST STAR

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MASSIMA AGGRESSIVITÀ

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TIRA DI PATRICK TOLLSON

I giocatori di club tendono ad aspettare che sia sempre l'avversario a regalare il punto. Qualche volta non hanno la tecnica necessaria per tirare un winner, altre non sono psicologicamente pronti a prendere un rischio. In ogni caso sono troppo attendisti. Ma cosa succede se l'avversario corre di più e sbaglia di meno? Bisogna forzare la mano. Imparate a essere aggressivi con questo semplice esercizio: servite da tre quarti campo, in modo da conquistare l'inerzia dello scambio, quindi avrete tre colpi a disposizione per chiudere lo scambio. Se non ci riuscite, lo perdete automaticamente. Imparerete a essere più propositivi in campo.


FINALMENTE IN ITALIA IL BESTSELLER DA 200.000 COPIE

IV EDIZIONE “Hai perso tante partite che avresti dovuto vincere? C’è un libro che devi leggere...”


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IL RACCONTO

Team

The Social

C'è il Pignolo come Capitano, un Direktor in ottima forma (culinaria), Mister Lob che fa sbroccare chiunque, una coppia di edonisti che giocano solo stop volley tra un eli-ski e un weekend a Miami, il Teacher che ha sublimato nel tennis la sua passione per le donne. E altri personaggi curiosi che formano la più improbabile squadra di Serie D. Che però ha vinto la Coppa Lombardia di Serie C. Potevamo non seguirla?

di Corrado Erba

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o contato 4.715 squadre iscritte ai Campionati di Serie D. Se assumiamo una media di sei giocatori a squadra, avremo 28.290 giovanotti (chi più, chi meno) che alle prime ore dell’alba di domenica, con grande irritazione delle Pinucce, delle Marielle e (ultimamente) delle Masha e delle Asuncion, si alzano dal morbido letto, sfrucugliano al buio negli armadi in cerca della t-shirt da battaglia («Brooklyn! Chi ama brucia!»), evitano i figli piccoli che vorrebbero andare a judo, salgono sull’utilitaria e si dirigono verso la destinazione più complicata: circoli nascosti sotto ponti autostradali e palloni sbrecciati dove affrontare avversari che, come loro, hanno vissuto gli stessi problemi. È LA SERIE D DEL TENNIS. Quella che una volta era propriamente chiamata Coppa Italia. «No, domani mi alzo presto, gioco la Coppa Italia»e i commensali del ristorantino, il sabato sera alzavano il sopracciglio ammirati: «La Coppa Italia»ripetevano, mentre la Pinuccia guardava amabilmente il marito come se avesse raccontato tipo «domani faccio la finale di Coppa Campioni». Lei sapeva, per esserci stata qualche volta, ancora inavvertita fidanzata: pensava a Roland Garros, Montecarlo, ma il Vanni la trascinava tra Limbiate e Bugucciate, dove nemmeno il caffè si poteva prendere («Il bar è chiuso» avvertiva un cartello malridotto) e lei passava la domenica osservando il marito che si trascinava su un court oratoriale, di terra polverosa, le palle spelacchiate, l’avversario stempiato dalle gambe storte, invariabilmente insuperabile. Potrebbe essere l’inizio di un romanzo di Paolo Villaggio, ma la realtà non si discosta troppo dalla fantasia. Anzi, forse il detto «sono un tennista della domenica» deriva proprio dal fatto che il campionato a squadre per antonomasia si gioca il detto giorno. Mi si chiedeva di raccontare le avventure di un gruppo di amici che da anni, anche con compagini diverse, calca il variegato mondo dei campionati a squadre, sia la D, l’over o il campionato indoor. I nostri sono sempre in giro, per gioco e per piacere, «gli Amici Miei del tennis», come li ha apostrofati amichevolmente un noto personaggio del circus ATP (Fulvio Fognini). Non importa tanto la fluidità del gesto, il benessere socio-fisico-economico, la fede calcistica (qui rigorosamente bianconera contro nerazzurra), le idee politiche (qualcuno alla sinistra del partito popolare cinese, altri posizionati alla destra del fu Benito Mussolini), l’età, la provenienza: importa solo buttare la pallina di là (ogni tanto). Ma presentiamo i protagonisti, quelli della squadra del circolo. È sempre un gioco delle parti, ma con recita a soggetto, nessun protagonista, tutti caratteristi: il pignolo, il brillante, lo sbadato, il brutto, il bello e il cattivo. Cominciamo dal Pignolo. Invariabilmente, in ogni circolo che si rispetti, a inizio di ogni stagione, cominciano i balletti per la nomina del capitano. A

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volte si sfocia in vere e proprie battaglie elettorali: so per certo che al circolo dei Pini, un sessantenne NC aveva proposto la moglie alla coppia di doppio titolare, in caso di sua elezione; al circolo dei Pioppi invece, il capitano destituito, aveva bucato le gomme di tutti, anche di quelli del calcetto. Da noi è il contrario. Nessuno vuol fare il capitano. Salvo JP, detto appunto Il Capitano. Pertanto, si inizia a blandire il soggetto, già dalla cena di Natale: «Non c’è nessuno che ne capisce come te JP… Brad Gilbert sta a te come Clagluna a Bearzot…» eccetera eccetera. Ad ogni anno che passa, la cosa si fa più difficile, anche perché, diciamolo chiaramente, poi nessuno gli da retta. Ad ogni modo, anche per quest’anno, il capitano è JP, il quale, nonostante alcune clamorose lacune tecniche (ad esempio, il movimento del suo servizio ricorda quello di un discobolo) ha una idea di tennis molto precisa: la sua. Lo ricordiamo con affetto, seduto in tribuna a Montecarlo, guardare con malcelato disgusto uno svizzerotto palleggiare (tal Roger Federer n.d.r.): «Abbassasse un po’ il gomito sul rovescio migliorerebbe di sicuro il back», mormorava disgustato. Il primo assistente del capitano, nominato anche direttore


Quasi 30.000 appassionati ogni domenica sono coinvolti nei Campionati a Squadre di Serie D, un tempo la Coppa Italia, per certi versi la competizione più importante per un circolo in quanto coinvolge la base, i giocatori dell'attuale Quarta Categoria. E dove si possono incontrare personaggi di ogni genere. Come quelli raccontati in questo articolo

tecnico, è il Direktor, detto altresì, dato che è direttore di professione. Il Direktor fa veramente imbestialire tutti: non si allena, divora gnocchi al formaggio accompagnati da Coca-Cola gelata, poi entra in campo e dà sei-zero a tutti, tirando schiaffi a destra e sinistra. È l’unico che riesce a trascinare a vincere in doppio perfino JP (oh, non sempre, sia chiaro). Ultimamente però non vuole nemmeno giocare, forse esacerbato dalla scarsezza (altrui) esibita sui campi: se ne sta in disparte e se la ride. Poi c’è Mister Lob. Età apparente tra i 50 e i 60 anni, piccolino, si presenta in campo con una tuta da calcio, i pantaloni dentro le calze, tirate su al ginocchio, le racchette in un sacchetto di plastica. Appena arrivato, inizia a cospargersi di unguenti puzzolenti (se giochi indoor è da denunciare per tentato avvelenamento), si lamenta della schiena, del ginocchio, della tibia, del gomito e del mignolo. Poi inizia ad alzare pallonetti altissimi in sequenza. L’avversario, sulle prime ridacchia, poi si incazza, quindi sbrocca. Finale? Ho visto molti buoni terza categoria che stanno ancora piangendo. Il contraltare di Mister Lob sono i doppisti: il Principe e il Notaio, detti anche gli Edonisti del Tennis. Il Principe ha come idolo supremo il vecchio tennista danese Torben Ulrich («Vincere io? Ma che, scherzi?»), che è anche l’unico tennista professionista ad essere entrato sul centrale di Roland Garros in bicicletta. Il notaio invece non c’è quasi mai («Ho un eli-ski in Canada, poi passo da Miami, ma se non c’è neve a Gstaad, allora gioco»). Al Principe importa solo indossare completini bianchi e giocare stop volley, invariabilmente dannose e fuori

contesto; alla stessa maniera, il notaio vive solo per piazzare improbabili palle corte. Amano giocare insieme il doppio e sono imbattibili, esclusivamente nei match a risultato acquisito. Quindi c’è il Teacher. Non si sa bene che lavoro faccia, tuttavia ha sublimato nello sport la sua vecchia passione per le donne: ama giocare per 5-6 ore di fila. Esauriti gli avversari, fa un centinaio di vasche in piscina e raggiunge casa, distante 70 chilometri, in bicicletta. Se giocano in singolare lui e Mister Lob, prenotate pure i campi fino a sera inoltrata. Gioca spesso con Antonio, il cliente preferito di ogni negozio di tennis, dato che cambia racchetta ogni quarto d’ora. Siccome è un gentiluomo, le compra sempre a coppie, incordate in budello. Al primo dritto steccato, torna al negozio e le cambia con un altro modello. Rimangono Ross, che è un altro che vedresti bene sulla Spider a St. Trop (come gli aficionados chiamano St. Tropez): biondino brizzolato, rovescio sbecchettato infallibile e Il Galbia, ex giocatore di pallavolo, che se si giocassero solo smash al salto sarebbe un 2.2 ma purtroppo a rete bisogna arrivarci. Ora, come facciano a vincere qualche match questi personaggi, è un mistero (però abbiamo vinto la Coppa Lombardia di Serie C l'anno scorso) ma rimangono le storie di altri 28.282 giocatori della domenica e i nostri sono sempre in agguato. Non perderti le vicende del Social Team impegnato nel Campionato a Squadre di Serie D raccontate da Corrado Erba sul nostro website, TennisBest.com

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Io sono il numero uno d'Italia. 5

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Il circuito amatoriale nato da un’idea di Max Fogazzi, è diventato ora di esclusiva Fit e coinvolge già 10.000 appassionati mai classificati più di 4.2. Ma potrebbe diventare una grande risorsa per tutti i tennis club 0

di Marco Caldara

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Vi sentite dei piccoli campioni della racchetta ma nemmeno vostra moglie vi ascolta più? Ora glielo potete almeno far credere. L’impossibile è diventato possibile grazie a TPRA, il circuito a cinque stelle che sta cambiando il mondo del tennis amatoriale. Come tutte le grandi cose è nato quasi per gioco, nel 2007, da un’idea del bresciano Max Fogazzi. Ventottenne alle prime armi (col tennis), aveva il problema di tanti: trovare nuovi avversari con cui giocare. Così ha creato un piccolo gruppo di amici e un programmino per gestire i risultati, che poi è diventato qualcosa di più grande e impegnativo, anche se non avrebbe mai pensato di diventare la mente di un circuitosocial divenuto una realtà da oltre 10.000 iscritti e quasi 900 tornei organizzati nel 2014, offrendo a tutti i tennisti da circolo la possibilità di sentirsi al pari dei ‘pro’.

Unico vincolo, avere più di 16 anni ed essere amatori al 100%, quindi mai stati meglio di 4.2 (ex C4). Numeri da capogiro il cui eco è arrivato ovunque, fino agli uffici dello Stadio Olimpico, Curva Nord, sui tavoli della Federazione Italiana Tennis. Il presidente Angelo Binaghi ha bussato alla porta, e ne è nata una sinergia effettiva dall’inizio del 2015. “È rimasto affascinato dal nostro lavoro – racconta Fogazzi – e ha sposato in pieno il mondo TPRA. Siamo riusciti a trasmettergli il nostro entusiasmo per un circuito dalla potenzialità enormi e da lì è nata una trattativa che ci ha portato a cedere alla Federazione i diritti di TPRA per l’Italia”. La FIT ha annusato al volo una

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Succede anche di avere dei giudici di sedia di eccezione come Romano Grillotti. Sarò più difficile arbitrare Federer o un Masters TPRA?

Il successo di TPRA, oltre che nell'idea, è dato dal programma studiato da Max Fogazzi che sfrutta un algoritmo che viene continuamente perfezionato da sei anni

grande opportunità per rientrare nei circoli e occuparsi anche dell’aspetto amatoriale, offrendo un circuito di riferimento su scala nazionale a tutti coloro per i quali la parola torneo ha sempre creato un pizzico di diffidenza. “Credono tantissimo nel progetto, e insieme lo stiamo presentando in ogni angolo d’Italia, sia attraverso una trentina di appassionatipromoter che lavorano sul territorio, sia muovendo i comitati regionali e provinciali”. Una partnership senza precedenti che ha portato tanti vantaggi, compreso un incremento di circa 2.500 iscritti in appena due mesi, ma senza cambiare di una virgola lo spirito che da sempre sta alla base di TPRA.

THE POWER Al centro del circuito ci sono fair play, aggregazione e la grande attenzione data ai giocatori, con articoli su tornei e personaggi, e soprattutto la possibilità di metterci la faccia, nel vero senso della parola. Sul sito del circuito ognuno ha una scheda con fotografia e dati personali, proprio come avviene per i ‘pro’. E se nei vostri scatti fai da te proprio non ce la fate a sembrare dei giocatori veri, cambierete idea guardando le schede dei top 10 sul sito ATP. Anche uno come Federer, a volte, lascia la fotogenia nell’armadietto. Ma come funziona TPRA? Per provare a insidiare il bresciano Emanuele Brocchi e la milanese Sonia Di Stefano, attuali leader delle classifiche, basta iscriversi sul sito www.tpratennis.it e iniziare a giocare. Dimenticate avvisi ai giudici arbitri e ore di attesa, si fa tutto tramite internet: iscrizioni, cancellazioni, orari, richieste. Oltre ai tornei di singolare e doppio, con formula classica o long-set ai 9 game, ogni ‘fighter’ (così sono definiti i giocatori) può disputare delle sfide, all’ora preferita e nel campo più vicino a casa. Si sceglie un avversario e gli si lancia la sfida, e una volta concordate data e orario, la parola passa al campo. Poi basta inserire il risultato nel sistema, che da solo assegna punti a entrambi i giocatori. Più facile di così… Tutte le formule di gara hanno il relativo ranking e


sono valide per il Power, la vera chicca di TPRA. Si tratta di un valore in continuo aggiornamento, attribuito a ogni giocatore e calcolato attraverso un algoritmo che tiene conto di tutti i risultati, garantendo il livello effettivo di ogni iscritto. Si parte a 50 e si può arrivare fino a 99, oppure scendere. Addio ex terza categoria mascherati da enneci che falsano i primi turni dei tornei di quarta. Grazie al power, il reale valore degli sfidanti non sarà più un mistero. Per non farsi mancare nulla, TPRA ha introdotto anche i tornei Limit, 65 e 45, aperti esclusivamente ai giocatori con power inferiore (o pari) alle due fasce indicate, per dare veramente a chiunque la possibilità di tornare a casa con la coppa sul sedile del passeggero. Un servizio offerto a 25 euro all’anno di registrazione, comprensivi di tessera Fit non agonistica, oltre a 6 euro di quota a torneo. THE MASTERS Per avvicinarsi sempre di più al mondo dei professionisti, dal 2013 sono nate anche le Awt Finals, il Master di fine stagione, proprio come avviene per Djokovic e compagni. Ci si qualifica attraverso numerose tappe (le più importanti in concomitanza con i quattro tornei del Grand Slam), poi si vola all’estero a combattere per i titoli delle varie categorie. Il primo anno le Finals si sono svolte a Londra, l’ultimo a Barcellona, mentre le prossime saranno a Praga. Chi non ha mai sognato di prendere un aereo, borsone in spalla, per vivere un torneo di tennis da protagonista, con ospitalità, trattamento da ‘pro’, match in diretta streaming e la possibilità di discutere le chiamate di un arbitro storico come Romano Grillotti? Grazie a TPRA, questo è alla portata di tutti, pure di coloro che hanno un livello troppo basso anche solo per qualificarsi nella categoria inferiore. La speranza si chiama Race of Clans, il fantatennis targato TPRA, che mette in palio un posto per le Finals. Basta armarsi di pazienza, studiare nel dettaglio tutti i giocatori amatoriali e sceglierne cinque, i cui risultati nel corso dell’anno determineranno il miglior fantacoach. E se vi capi-

TENNIS CLUB: UN’OCCASIONE UNICA

Il circuito TPRA conta oltre 10.000 iscritti in Italia. Curiosamente, l'attuale numero uno si chiama Brocchi...

Max Fogazzi ha lanciato il circuito TPRA, la famiglia Carera (tra l'altro manager di Vincenzo Nibali) l'ha fatto crescere. Ora alla Fit il compito di farlo esplodere.

terà di trovarvi da soli in un pallone di un piccolo circolo di provincia, alle undici di un martedì sera qualsiasi, dispiaciuti perché il vostro idraulico ha appena commesso l’ennesimo doppio fallo del suo match di primo turno contro un avvocato che gioca solo pallonetti, vorrà dire che lo state facendo bene. Chi entra in TPRA non riesce più a uscire e sogna, un giorno, di vedere il proprio nome in vetta alla classifica. Non è quella ATP o WTA, ma importa zero. Ai nipotini non lo direte mai.

Come se non bastasse, TPRA non ha pensato solo ai giocatori. Ogni circolo ha la possibilità di crearsi gratuitamente il proprio circuito fai da te, un fac-simile di quello nazionale ma aperto esclusivamente ai soci, che solo il club ha la facoltà di inserire nel programma. Le dinamiche sono le stesse del circuito vero e proprio: sfide, tornei, schede, power dei giocatori e (soprattutto) una classifica aggiornata in tempo reale, per fregiarsi finalmente del titolo di migliore del proprio circolo. Il club invece, beneficia di una vera e propria esplosione di prenotazioni, da parte di tutti gli altri soci agguerriti che vogliono togliere lo scettro al signor Rossi di turno, o quantomeno migliorare la propria posizione nel ranking. “Basta che il club chieda – spiega Johnny Carera, manager del circuito – e noi siamo pronti a offrire il servizio. Non ha alcun costo, se non quello delle quote dei vari tornei sociali. Per il resto, il sistema è concesso gratuitamente, i club lo usano in qualità di affiliati alla Federazione Italiana Tennis, senza dover pagare nessuna tassa”. In più, per i giocatori c’è la possibilità di essere presenti a tutti gli effetti nel circuito, facendo valere i risultati dei tornei interni anche per la classifica globale, o di limitarsi alla sola attività interna, risultando visibili esclusivamente agli altri associati del medesimo club. Il discorso, tuttavia, rimane al momento legato ai vincoli portanti del circuito: over 16 mai classificati meglio di 4.2. E se un circolo desiderasse acquistare una copia privata del software così da aprirlo anche tutti gli altri? “Al momento non è possibile, domani chissà. Per ora si tratta di un prodotto studiato ad hoc per gli amatori, sarà la Federazione, che ne detiene l’esclusiva, a valutarne eventuali utilizzi differenti”. E provare a replicarlo? “Difficilissimo. È un sistema con sei anni di vita, con un algoritmo costantemente perfezionato nel tempo in base a varie esperienze, sino a raggiungere il livello attuale”. Indubbiamente, benché i buoni programmatori non manchino in Italia. Per alcuni club, le limitazioni di età e classifica sono un deterrente (il sistema è magnifico, escludere dei soci potrebbe non essere opportuno) e, a differenza del circuito TPRA, non si tratta di gestire 10.000 sconosciuti appassionati, ma qualche decina di soci. Comunque sia, programma originale o programma alternativo, si tratterebbe di uno dei migliori servizi che un club può offrire ai propri soci.

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TRAVEL

FORTE VILLAGE STARS ACADEMY. Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento con la Stars Academy del Forte Village, il più bel resort d’Italia (e non solo). Sempre importanti i nomi degli ex campioni presenti, da Mark Woodforde a Karel Novacek, da Claudio Mezzadri a Paul Haarhuis (nella foto con un’allieva), con la supervisione di Rocco Loccisano, già coach del campione di Wimbledon 1987, Pat Cash, che spesso è stato presente al Forte Village. Si comincia da metà giugno fino a quasi la fine di agosto. Un’occasione imperdibile di (super) tennis e (super) vacanza. E dal mese di settembre, ricominciano i tornei ITF Futures e lo stage GoTennis. Info: fortevillage.com

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In questa pagina, il campo centrale di Umag a due passi dal mare. Sotto, il torneo di Acapulco all'interno del Fairmont Princess Resort e i nuovi campi in erba dell'ATP di Stoccarda

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AROUND THE (new)

WORLD

I viaggi legati agli eventi sportivi sono in forte crescita e il tennis non fa eccezione. Ecco dieci belle opportunità che offre il circuito professionistico, lontane dai soliti grandi happening di Mirko Roveda

I

l boom che abbiamo segnalato l'anno scorso sui viaggi legati agli eventi sportivi, non si è arrestato. Al contrario, è cresciuto ancora, con diverse agenzie web che si sono specializzate nella vendita di biglietti on-line. Che si tratti di un match di Champions League o di un torneo del Grand Slam. Tuttavia, il tennis ha una caratteristica che lo distingue da tanti altri sport: la stragrande maggioranza di chi assiste ad un match, è anche un praticante. Questo si traduce in una semplice conseguenza: non c'è bisogno del Centre Court di Wimbledon, non c'è bisogno del Big Clash, di un Federer versus Nadal, per decidere di restare tre ore fermi in tribuna o, ancor meglio una giornata intera a girovagare per i campi. L'appassionato tennista non rifugge nemmeno i tornei Challenger, corre a scovare il giovane talento come fosse investito del ruolo di talent scout da qualche società di management, e per questo lo trovi abbarbicato sulle tribune del Trofeo Bonfiglio o dell'Avvenire. E per questo ha fame di tennis pro non solo a livello di Slam e Masters 1000, ma anche di altri tornei che abbiano la possibilità di ospitarlo in una bella città e in una location tennistica di primo livello. Ecco perché abbiamo ascoltato i pareri di tutto il nostro staff e poi creato questa top 10 di tornei assolutamente da non perdere, ma escludendo dal pacchetto le prove del Grand Slam e i Masters 1000, compresi gli Internazionali d'Italia. Cioè, i soliti noti, quelli che è normale siano nell'agenda del turista-tennista. Ma se una visita a Wimbledon è d'obbligo una volta nella vita, è anche vero che in quegli eventi c'è fin troppa gente, troppa confusione, pochi biglietti di qualità e scarso accesso agli allenamenti, uno dei momenti cult per il vero appassionato. E quasi nessuna chance di incrociare il vostro campione preferito. Meglio dunque optare per tornei medio-grandi, gli ATP 500 e 250 che possono offrirvi una location invidiabile e una maggior accessibilità alla struttura. Perché alla fine siete in vacanza e lo stress da torneo va evitato accuratamente. In generale, è dunque importante scegliere un evento che possa appagarvi totalmente, che vi consenta di trovare comodamente un campo dove giocare, dei biglietti con una visuale ottimale e la possibilità di entrare a contatto con qualche giocatore. Non tanto scovandoli in un ristorante la sera, ma osservandoli da vicino durante gli allenamenti, magari con l'appendice, sempre gradita, di far quattro chiacchiere con i loro coach e carpire qualche segreto tecnico. Ecco dunque la nostra lista, con location adatte per tutti i gusti: da Dubai alla Gran Bretagna, passando per le comodissime Umago, Barcellona, Kitzbuhel e Stoccarda, per arrivare fino ad Acapulco. Con la ciliegina sulla torta del torneo olimpico di Rio de Janeiro, per il quale è necessario aspettare l'estate del 2016 ma che bisogna cominciare a programmare fin da ora. E comunque vada, sarà un grande divertimento.

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ATP STUTTGART

Stoccarda, Germania, 08-14 giugno La differenza è la scelta di trasformare uno dei tanti tornei sulla erra battuta in uno dei pochi tornei sull'erba. L'ATP ha (saggiamente) aumentato di una settimana la stagione sui prati verdi e il direttore della Mercedes Cup, Edwin Weindorfer, ha preso la palla al balzo e cominciato un'avventura che al principio poteva apparire folle e che invece è diventata una bella realtà. L'idolo di casa, Tommy Haas, ha inaugurato i campi l'anno scorso, John McEnroe ci ha giocato un match di esibizione contro Michael Stich e il prossimo giugno sbarcherà il torneo ATP. Chiaramente, essendo previsto la settimana successiva a Roland Garros, difficile prevedere la partecipazione di un top 5, ma i pri-

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mi nomi che hanno dato conferma sono comunque molto interessanti: Marin Cilic, Feliciano Lopez e, ovviamente, Tommy Haas. Ma siamo certi che lo staff tecnico lavorerà molto bene con le wild card, magari destinandole a qualche giovane interessante. E comunque, l'atmosfera erbivora vale quanto un top player. E, finiti i match, c'è una città per nulla banale. Da non perdere, il Castello Nuovo, il Castello Vecchio, Königsbau e Kunstmuseum che circondano il punto d’incontro della città: Piazza del Castello (Schlossplatz). Oltre ad una nightlife per nulla scontata e, of course, il museo della Mercedes.

www.mercedescup.de/ENG/


ATP UMAG

Umag, Croazia, 20-26 luglio Tra i tornei più amati dagli italiani, Umag si trova a una trentina di chilometri da Trieste, quattro ore e mezza di macchina da Milano. In più c'è il mare a due passi e party tutte le sere, appena si spengono le luci del campo centrale. Di giorno ci si tuffa nella bellissima Academy (http://www.umagtennisacademy.com/it/) da 25 campi in terra battuta, uno in cemento, quattro coperti e otto illuminati, posta a fianco dell'hotel dei giocatori (Sol Garden Istra) e a quello vip e adults only (Sol Coral), e dove anche Goran Ivanisevic organizza diverse clinic per ragazzi, mentre dalle 17 parte il programma del torneo che solitamente vanta un campo di partecipazione piuttosto importante. E quest'anno, con il nuovo direttore del torneo, Lawrence Frankopan, già manager, tra gli altri, di Stan Wawrinka, Gael Monfils e Borna Coric, ci possiamo aspettare qualche sorpresa. Di sicuro saranno presenti i top players italiani, a partire da Fabio Fognini (che ha raggiunto la finale nel 2013) e Andreas Seppi, sempre felice di venire a giocare sulla costa croata: «La location è splendida e infatti spesso mi accompagnano tutta la famiglia e un sacco di amici! È divertente per noi, è divertente anche per il pubblico» www.croatiaopen.hr/eng/

OLIMPIADI RIO DE JANEIRO Rio de Janeiro, Brasile, agosto 2016

Il 2016 sarà anno olimpico e, vista l'esperienza vissuta nell'estate del 2014 con i Mondiali di calcio, quella di Rio de Janeiro promette di essere una delle edizioni più affascinanti. Il tennis, per decenni lontano dal programma olimpico, in poche edizioni è diventato uno degli eventi più seguiti e sarà così anche in Brasile, seppur la nazione ospitante sia priva di un nuovo Guga Kuerten sul quale puntare per una medaglia. Tuttavia, l'atmosfera che si è vista nell'ATP 500 di quest'anno (foto sopra), promette comunque un pub-

blico molto caloroso. L'unico problema sarà trovare una sistemazione a prezzi accettabili. Il torneo si disputerà al Barra Olympic Park (nuovo complesso che dovrebbe essere ultimato quest'anno e che è costato 46 milioni di dollari) che disporrà di tre campi principali, rispettivamente da 10.000, 5.000 e 3.000 posti a sedere, oltre ad una manciata di campi di allenamento, con circa 250 posti a sedere. E poi, Olimpiadi a parte, resta sempre Rio de Janeiro da scoprire.

http://www.rio2016.com

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ATP VALENCIA

Spagna, 26 ottobre-1 novembre

Sembrava un torneo destinato a sparire, quando la città ha chiuso i rubinetti. Poi li ha parzialmente riaperti e Juan Carlos Ferrero, direttore del torneo, ha potuto tirare un sospiro di sollievo, benché sia sempre aperta una trattativa con gli organizzatori del torneo di Vienna perché gli austriaci acquistino la licenza di ATP 500, concedendo a Valencia quella di ATP 250, scambio che consentirebbe agli spagnoli di ridurre il budget

ATP DUBAI

Dubai, Emirati Arabi, 22-28 febbraio

Mediamente la finale del torneo se la giocano il padrone di casa, Roger Federer e il numero uno del mondo, Novak Djokovic, con la partecipazione di una manciata di altri top 10. Tanto basterebbe per infilarsi su un volo per gli Emirati e godersi lo spettacolo. I match clou sono previsti la sera, quando la temperatura diventa più fresca e lascia liberi durante la giornata di godersi caldo e ma-

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re (mentre in Italia siamo in pieno inverno), con l'unico fastidio che la sede del torneo è vicina all'aeroporto (si chiama Aviation Club...) ma un po' lontana dalla Jumeirah Beach. Il servizio è impeccabile e tutt'intorno al club, ci sono pub irlandesi (già, pub irlandesi), ristoranti e quanto serve per trascorrere una tranquilla serata in compagnia.

www.dubaidutyfreetennischampionships.com

da sette milioni di dollari. Il campo di partecipazione è infarcito di spagnoli ma sempre di primissimo livello. Intorno, una città molto viva, piacevolissima, e che permette anche di soddisfare le esigenze di chi il tennis non vuole solo guardarlo, ma anche giocarlo. Per questo, seppur un po' fuori città, consigliamo la Masia Tennis Academy (www.masiatennisacademy.it) che organizza anche stage di gruppo. valenciaopen500.com


ATP ISTANBUL

Istanbul, Turchia, 27 aprile-3 maggio

Hanno buttato tonnellate di terra battuta nella Garanti Koza Arena che vedete qui sopra, pur di accaparrarsi una data utile per ospitare un torneo ATP. Istanbul è tra le città in maggior crescita economica e ha individuato nello sport un veicolo di promozione molto importante (dal calcio al basket, da Messi alla Wozniacki)). Dopo aver ospitato il Masters femminile, non bastavano le decine di tornei Futures ospitati

ad Antalya e un piccolo torneo WTA. Ecco dunque una tappa del circuito maschile alla quale, e qui sta il colpo grosso, parteciperà anche Roger Federer. Risultato? I biglietti sono andati a ruba (resta qualcosa nei settori meno nobili, anche se poi in loco qualcosa salta sempre fuori...). Spalla di RF, il suo baby, Grigor Dimitrov. Ma soprattutto una città meravigliosa, tutta da scoprire. www.istanbulopen.org

ATP/wTA ACAPULCO Acapulco, Messico, 22-28 febbraio

Chi ci va una volta, ci torna quasi sempre. La location è fantastica, un resort di lusso sul mare (Fairmont Acapulco Princess) con tutti i comfort che si può legittimamente pretendere da una vacanza di primissimo livello. Il torneo, diventato ATP 500, è il fiore all'occhiello perché muove migliaia di appassionati grazie ad un campo di partecipanti interessante (seppur non straordinario perché cade tra la trasferta australiana e quella negli States per i due Masters 1000 e tanti top players preferiscono il riposo o i dollari

di Dubai) ma soprattutto ad un'atmosfera che rende molto godibile la trasferta. Che ovviamente caldeggiamo per chi ha intenzione di passare una settimana al mare e, piuttosto che bazzicare in qualche locale quando cala il sole, preferisce passare qualche ora a guardare qualche bel match. Quest'anno ha trionfato David Ferrer, l'anno prima Grigor Dimitrov. Insomma, i nomi non mancano, il luogo è da cartolina, e difficilmente finirà mai fuori dalla nostra top 10.

www.abiertomexicanodetenis.com

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ATP BARCELLONA

Barcellona, Spagna, 18-24 aprile

Il Real Club è sempre uno spettacolo, anche quando viene un po' imprigionato dalle tribune e dagli stand del villaggio commerciale. Però siamo sempre a Barcellona, terra di appassionati tennisti, con una concentrazione spaventosa di campi e accademie (consigliamo la Casal Sanchez per scambiare quattro palle col metodo spagnolo).

La presenza di Nadal obbliga a prenotare i biglietti per le fasi finali, se non si vuol rischiare di rimanere fuori, perché il tutto esaurito è quasi scontato, grazie anche alla presenza degli altri top player spagnoli. Se quest'anno avete mancato l'appuntamento, segnatevelo già in agenda per il 2016.

www.barcelonaopenbancsabadell.com

ATP QUEEN'S

Londra, Inghilterra, 15-21 giugno Il torneo della Regina è diventato un ATP 500 e ritrovato nella sua entry list Rafael Nadal, che affiancherà l'idolo di casa, Andy Murray. Si gioca in una location splendida, con i campi circondati da palazzi vittoriani e

ATP KITZBUHEL

Kitzbuhel, Austria, 03-09 agosto

Un torneo divertente. Magari con un campo di partecipazione non straordinario perché i top players sono già impegnati nell'estate americana, ma molto godibile. Vero che ammirare Federer, Nadal e Djokovic è un'esperienza unica, ma l'appassionato viaggiatore apprezza anche un Goffin o Thiem, se può osservare il

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match in una location invidiabile. E per chi ama la montagna d'estate, cosa c'è di meglio di Kitzbuehl? Gli organizzatori poi sono capaci di creare la giusta atmosfera, con eventi collaterali piacevoli. Il tutto a prezzi decisamente accessibili e a poche ore di auto dall'Italia.

w w w. g e n e r a l i o p e n . com/en/

la solita, strepitosa atmosfera dei grass courts. L'unica incognita è il clima londinese: se però la pioggia non disturba troppo, ne esce una settimana da favola. www.queensclub.co.uk


Esplorare la vita

Realizzare i sogni

Ci sono già sette miliardi di individui che vivono sul nostro pianeta e il numero continua a crescere di duecentoventimila unità ogni giorno. Come si può garantire l’alimentazione a un numero sempre maggiore di persone senza arrecare danni all’ambiente? Come si può accrescere il benessere di ognuno e prevenire le malattie? Come sviluppare materiali nuovi che aiutino a conservare le risorse? La ricerca Bayer contribuisce a fornire soluzioni migliori a tali problematiche. La società è costituita da tre aree di business: Salute, Agricoltura e Materiali Innovativi. Campi nei quali Bayer è già un leader globale e la cui importanza per il futuro dell’umanità cresce ogni giorno. www.bayer.it


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travel

«Un campo è un campo», mi disse una volta Adriano Panatta. Beh, non è esattamente così. Basta dare uno sguardo a questi luoghi (e campi) da sogno

welcome to

paradise di Arturo Di Maria

1 Swissôtel The Stamford Sei campi da tennis, quattro in cemento e due in erba sintetica, aperti dall'alba alla tarda serata. Detta così, niente di speciale, non fosse che i courts sono abbarbicati tra i grattacieli di Singapore. Obbligatorio giocare la sera, con lo scenario dei palazzi illuminati che fanno sempre un certo effetto. Info: www.swissotel.com/hotels/singapore-stamford/ Singapore

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Hotel Il San Pietro

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Italia

Le Saint Geran

«Quando vi capita di scoprire un posto così bello, il primo impulso è quasi sempre di tenervi la vostra scoperta» scriveva John Steinbeck di questo hotel, nel 1953. E lo stesso ci vien da pensare del suo campo da tennis, incastonato in una delle location più affascinanti al mondo (però a voi lo diciamo). Info: www.ilsanpietro.it

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Mauritius

Fa parte della catena One&Only, e promette ciò che il nome suggerisce. Cinque campi in erba sintetica molto curati con vista su acque turchesi e immersi in giardini che ve li raccomandiamo. Servizio impeccabile, lezioni individuali e di gruppo, tornei settimanali. Ma qui è la location che fa la differenza, isn't it? Info: www.lesaintgeran.oneandonlyresorts.com


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Enchatment Resort Sedona, nel mezzo dell'Arizona, è celebre per le sue rocce rosse e i resort di lusso. Come l'Enchantment che, circondato dal Boynton Canyon, offre un panorama meraviglioso da tutti e sette i campi disponibili (hard courts) con maestri diplomati dalla federazione americana. Info: www.enchantmentresort.com

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Stati Uniti

Riverside Tennis Club

Stati Uniti

Sono gli unici campi in terra rossa di New York e hanno dovuto lottare a lungo perchĂŠ non fossero trasformati in cemento. Si trovano sulla 97th St., nel Riverside Paek, con una belkssima vista sul fiume Hudson. Per giocare? I campi sono pubblici: basta andare lĂŹ e prenotare il primo campo libero. Warning: non ci sono spogliatoi. Info: www.rcta.info

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Harris Tennis Court «Il più remoto campo da tennis del Regno Unito, se non del mondo». Così viene definito il campo voluto da Mike e Peggy Briggs sull'isola di Harris, nelle isole Ebridi. Sono servite due tonnellate di roccia e 60.000 sterline, raccolte tra gli appassionati del luogo. Per vivere un'esperienza (tennistica) unica. Info: www.mikeandpeggybriggs.co.uk/tennis.htm

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Scozia

Belmond La Residencia

Spagna

Shayne Tabb è arrivato a Deia, meraviglioso borgo dell'isola di Maiorca, dalla lontana Australia come maestro fidato di Mr. Virgin, Richard Branson (che ora ha pure chiamato Deia l'ultima figlia!), e ci è rimasto. Dirige lui i lavori tecnici nei due bellissimi campi, vista Tramuntana Mountain, circondati da olivi. È qualcosa di speciale, fidatevi anche voi. Info: www.belmond.com/it/la-residencia-mallorca/


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Nevis

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Four Seasons Nevis Gli unici (quattro) campi da tennis dei Caraibi nella nostra amata terra rossa li trovate in questo meraviglioso resort sull'isola di Nevis. In totale ci sono dieci campi (gli altri sei sono in cemento) immersi nel verde, a due passi dal Mar dei Caraibi con la presenza dei maestri dell'ottima Peter Burwash International. Info: http://www.fourseasons.com/nevis/

Four Seasons Kuda Huraa

Maldive

Troverete tutto ciò che ci si aspetta da un resort di lusso alle Maldive: mare cristallino, servizio impeccabile, Spa e ristoranti al top. Ma anche quello che si trova meno spesso: un campo da tennis in erba sintetica perfettamente curato, su un'isola privata che si raggiunge in un minuto di barca. Tre set da giocare con intorno uno spettacolo naturale unico al mondo. Info: www.fourseasons.com/maldiveskh/

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The End

LA MAGLIA NAZIONALE Sono anni che ripetiamo la solita filastrocca ma non ci aspettiamo che la ITF prenda in esame una proposta che non ha controindicazioni e potrebbe semplicemente dare una spinta ad un mercato che non gira a mille, e soprattutto creare un maggior attaccamento ai colori nazionali nella manifestazione che dovrebbe essere più cara ai dirigenti della Federazione Internazionale: la Coppa Davis. Parliamo delle maglie nazionali e il tennis pare l'unico sport a non volerle adottare. Basta andare su Google, digitare Tennis National Uniform e compariranno foto di qualunque disciplina sportiva, tranne quella richiesta. Perché semplicemente non esistono. Bene che vada, quando impegnati in Davis i giocatori si affidano ad una shirt dai colori simili a quelli nazionali con stampato dietro il nome del proprio Paese, spesso in maniera artigianale. Eppure siamo convinti che proprio queste maglie sarebbero le più vendute. Perché magari non c'è la fila per acquistare la maglia di Paolo Lorenzi, ma per quella dell'Italia, forse sì. E chi non vorrebbe quella della Svizzera di Federer, al posto di una delle dieci linee che veste ogni anno? C'è chi domanda: ma come aggiustare i contratti personali dei giocatori? Come avviene nel calcio, dove un El Shaarawy è testimonial Nike, veste la maglia Adidas del Milan e quella Puma della Nazionale. Con il dovuto anticipo, basterebbe inserire nei contratti che in Davis il giocatore deve utilizzare la maglia nazionale, qualunque sia lo sponsor. Come spesso avviene alle Olimpiadi. E per la Federazioni sarebbe una fonte di importanti introiti di sponsorizzazione. Chissà, ora che arriverà un nuovo Presidente a Londra, qualcuno si occuperà della faccenda?

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