Cristina Marsi
Francesca Carabelli
e la lettera d’amore sbagliata
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Un piccione all’improvviso...
S
tamattina ho le dita impegnate in un pizzicamaglia da record.
Devo finirlo presto, solo che è arrivato un
piccione rompiscatole. Sta alla finestra e mi
distrae continuamente picchiettando con il becco sul vetro!
Io vorrei intrecciare in pace i fili colorati
e le perline del braccialetto per Veronica (che abita in via Pussacani 8, è la mia com-
pagna di banco, e soprattutto la mia socia in una speciale attività segreta), ma mica è facile!
Toc Toc bussa forte il becco! 7
Trabalzo per la centesima volta: “Uffa,
smettila! Che vuoi?”.
Il piccione alza una zampetta e mi mostra
un rotolino di carta legato vicino all’artiglio. Interessante. Apro la finestra e lo lascio entrare.
È un fulmine alato! Cerco di fermarlo,
ma finiamo dritti tra le piante in un angolo
della stanza, e come se non bastasse suona pure il campanello!
Franiamo sul ficus, il vaso casca e plania-
mo sul tappeto. Per un soffio evito lo scodin-
zolo di terra nera sul pavimento, che disastro! Ma chi c’è alla porta?
Apro: sono Mafalda e Bricco! Appena
entrati vengono travolti dal caos.
“Aiutatemi a prenderlo!” grido richiuden-
do la porta con una piedata.
Mafalda ride come una strega: “Per tutte
le altissime meringhe, cosa sta succedendo?”. 8
Il pennuto è agitato, va quasi a sbattere
contro l’attaccapanni e si posa sul lampadario. Ora sembra voler restare lassù.
“Vado a prendere la scala?” dico severa.
“Prendo la scopa?” minaccio ancora più decisa. “O preferisci il battipanni?”
“Abbi pazienza. Smettila di corrergli die-
tro, vedrai che si rilasserà e verrà giù”, dice Mafalda dal divano.
Mi siedo anch’io accanto alla mia saggia
vice nonna.
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“Come mai siete qua?” domando con lo
sguardo fisso al lampadario.
“Casomai ti chiedessi dove sono, sappi
che trascorrerò la giornata a friggere frittelle
di ricotta al mercatino in via dei Salici, non si sa mai…” sorride.
“Meno male che stavolta mi hai avvisata.”
Mafalda a volte sparisce senza avvertirmi, io
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mi preoccupo e metto a soqquadro il quartiere per trovarla.
Anche la mia vice nonna tiene d’occhio
il piccione appollaiato tra i vetri di Murano che sono l’orgoglio della mamma.
All’improvviso, Bricco fa un salto sperico-
lato verso il lampadario. Si sorprende da solo per essere riuscito ad arrivare così in alto.
“Caspita come sono bravo”, sospira appe-
so come uno straccio buttato per aria.
Mi piazzo sotto: “Che volete fare ragazzi?
Scendete subito, tutti e due!”.
Il piccione vola sulla mia spalla.
Super ginnico, Bricco si lascia cadere in
braccio a me. Accarezzo la testa del piccione e con l’altra gli sfilo il rotolino dalla zampet-
ta: “Bene! Finalmente vediamo cosa porti… Ooooh… ma è un’orribile lettera d’amore! Con tanto di cuoricini. Ovviamente il piccione ha sbagliato indirizzo!” 11
Il foglietto è delicato come l’ala di un
omino volante. Lo annuso, non ha odori d’incantesimo, come mi è capitato di sentire in casa di Teresa Torcinaso, quando voleva
che sua sorella partisse con lei per le Canarie, e allora le ha preparato un centrifugato convincisorella che sapeva di erba e aceto.
Sulla carta non ci sono nemmeno im-
pronte di mani sporche di polline o bava
d’insetto. Insomma, anche se ancora non ci giurerei, secondo me non dovrebbe essere opera di fate tremende o streghe.
La scrittura è minuscola, timida. Le paro-
le fanno arrossire. Descrivono capelli setosi, sguardo profondo, tramonti lontani. Ovvio
che non è per me. Io a queste frasi sdolcinate dico bleah!
“Il piccione si è perso, non sono io la per-
sona a cui deve dare la lettera”, dichiaro solennemente.
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Sventolo il foglietto sotto al naso di Ma-
falda.
“Leggi qua, miele che cola, bleah!”
“Forse invece è proprio per te, che ne sai?
E se avessi un ammiratore segreto?” miagola Bricco.
Mafalda sospira sognante: “Chissà chi
l’ha scritta, sono cose che si facevano ai miei tempi”.
Devo scoprire per chi è, prima possibile.
Guai se finisce in mano alla mamma o al
papà, morirei di vergogna se pensassero che la destinataria sono io.
In controluce noto dei leggerissimi pal-
lini stampati sul foglietto. È un dettaglio
raffinato. La carta è stata forse toccata dalla
punta di uno spillo impregnato da un filtro d’amore? È sottile, mi ricorda quelle veline che avvolgono oggetti delicati oppure cer-
te scarpe… Ma come mai l’innamorato ha 14
scritto su un pezzetto di carta velina? Aveva fretta? E poi, per quale motivo si è firmato solo con una P?
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