ROBERTA FERRARIS
Pasta madre lievito vivo
Cos’è COME SI FA COME SI USA
in 60 ricette salate e dolci
Elogio del buon pane quotidiano
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traboccano di pani di tutte le forme e varietà le ceste dei panettieri, oggi come non mai. E così i banchi del supermercato. Pane per tutti i gusti, e anche di qualità, in qualche buon forno artigianale. Che senso ha, allora visto che l’offerta non manca - avventurarsi nell’impresa di far nascere nella propria cucina una coltura di lieviti o pasta madre, e fare il pane in casa? Non è una mera scelta di buona economia domestica, anche se è pur vero che il pane di qualità costa molto se acquistato in panetteria, e se si ha tempo da dedicare al forno e ai fornelli, il risparmio c’è. Ma ribadisco, non è solo una scelta dettata dai tempi di crisi. Ogni volta che si impara a fare qualcosa con le proprie mani, gli insegnamenti utili sono molti e a vari livelli: possono spaziare dalla dimensione terra-terra dell’economia domestica - appunto - fino a lambire i massimi sistemi della filosofia e della spiritualità. Il pane quotidiano, dopotutto, nutre il corpo e, insieme a quello, le più alte sfere dello spirito e della mente. Dal punto di vista pratico, una delle lezioni che si possono trarre dalla panificazione domestica con pasta madre è il rigore, un rigore degno della cucina di un cuoco zen. Prendersi cura della propria pasta madre con regolarità diventa un vero e proprio rito di santificazione del cibo, e porta ordine e precisione a cascata nelle pratiche quotidiane. Bisogna ricordarsi di quel vasetto pieno di materia bianca che sta in frigo, bisogna che il frigo
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sia sempre pulito perché non vogliamo certo odori o contaminazioni sgradite. Terremo poi sotto controllo costante le scorte di farina, per evitare l’infestazione di parassiti. Impareremo a distinguere tra farina e farina, e sceglieremo inevitabilmente in base alla migliore qualità. Rieducheremo il nostro gusto al sapore del grano, che decenni di produzioni omologate avevano quasi accantonato nel dimenticatoio delle belle cose perdute. Il pane fatto in casa con tale impiego di tempo ed energie avrà quindi un altro e più alto valore, e non si sarà così propensi a sprecarlo e buttarlo. I ritmi e le cadenze che regolano la panificazione domestica con pasta madre sono un eccellente esercizio alle buone pratiche dietetiche in generale e un antidoto a prassi diffuse come servirsi direttamente dal frigo di alimenti preconfezionati, ingurgitare merendine industriali, fare ammuffire le verdure per poi buttarle e - in sostanza - lasciare che la casualità e il disordine regolino le nostre abitudini alimentari. E poi coltivando con passione il nostro lievito madre, acquistiamo consapevolezza del fatto che i nostri cibi sono materia viva: noi non vediamo i microorganismi unicellulari che compongono, con straordinaria biodiversità, la nostra pasta madre. Ma essere consapevoli di quella magia che lievita il pane, dandogli un sapore unico, sapere quanta vitalità ci sia in un alimento così semplice, ci aiuta a dare il giusto valore al cibo di cui ci nutriamo, a meditare sulla necessità di una maggiore tutela degli ambienti naturali che ci forniscono le materie prime, e in ultimo a rispettare noi stessi che ci alimentiamo dei frutti della terra. Il senso di gratitudine nei confronti di madre natura e lo stupore per il mistero della vita sono emozioni sempli-
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ci che l’uomo primitivo, pur nella rozzezza dell’infanzia della nostra specie, conosceva bene, ma che noi, distratti dalla frenesia degli impulsi mediatici a cui siamo sottoposti, non siamo piÚ in grado di cogliere. Sensazioni ed emozioni che si possono però recuperare con un gesto semplicissimo, da ripetere a cadenza regolare, quasi fosse un mantra: mescolare acqua e farina per il pane di tutti i giorni.
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Cos’è la pasta madre
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l profumo saliva alla finestra della stanza di primo mattino, proveniente da qualche anfratto misterioso. Svegliarsi con quell’aroma di pane, senza poi mangiarne era più una tortura che un piacere, finché un giorno il mistero fu svelato. Una vicina di casa aveva il suo personale forno sotto la finestra della mia stanza, e una volta alla settimana, come aveva sempre fatto, panificava per tutta la famiglia. Sfornava sei o sette pagnotte lunghe e dalla mollica soffice. Ma erano soprattutto il profumo e il gusto a rendere quel pane diverso da quello acquistato nel negozio e al supermercato. La signora vicina fu disponibile a includermi nella sua famiglia, vendendomi uno dei suoi pani una volta alla settimana, ma si mostrò piuttosto gelosa della ricetta, o forse - più semplicemente - non era del tutto capace di spiegarla in buon italiano. Tanto che col tempo distribuì dettagli e consigli, e anche qualche segreto. Così, un boccone alla volta, fu possibile ricostruire a grandi linee il procedimento alla base di quel pane. Il segreto era senz’altro la farina, non integrale ma molto grossolana, che la signora prendeva al mulino: era farina del buratto, più grossolana della 00 e della 0, dal colore paglierino, ideale per un pane rustico, di campagna. La sua arte stava soprattutto nell’indovinare la temperatura del forno, riscaldato dalla fiamma viva di fascine che il cognato le preparava. Poi era importante la pulizia del piano di cottura dalla cenere, con una scopa fatta al momento con rami di leccio verde. Ma l’aspetto fondamentale, il cuore di tutto il procedimento di panificazione, stava da sempre custodito nella sua madia: una palla di impasto avanzato dalla settimana prima,
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lasciato a riposare in mezzo alla farina. Non è dato sapere da quanti anni quella “madre” si tramandava di pane in pane, di settimana in settimana. Ma possiamo ragionevolmente pensare che l’avesse ereditato da sua madre, che a sua volta l’aveva avuto dalla nonna. E così per molte generazioni di donne contadine e fornaie. Il pane degli antenati Pare che già in tempi molto antichi fosse stato compreso che la fermentazione che naturalmente avveniva nell’impasto di acqua e farina rendeva più gradevole, più buono e digeribile il pane. Già in Egitto e in Grecia si producevano pani di vario tipo e in tutto il Mediterraneo era ben nota la fermentazione di cereali come l’orzo e il grano, che dava origine alla birra, e quella dell’uva che trasformava il succo dolce del frutto in una bevanda anche più ricca di alcol, il vino. C’è un nesso molto stretto tra birra, vino e pane, proprio perché i microorganismi alla base della fermentazione sono gli stessi. Invisibili e ignoti agli uomini e alle donne dell’antichità, solo dal XVIII secolo, con la nascita della moderna microbiologia, hanno avuto un nome, e sono stati studiati al punto di poterli riprodurre in laboratorio. Lo scienziato che per primo li ha identificati e riconosciuti come creature viventi è stato Louis Pasteur a metà del XIX secolo. Meno immediata è la relazione che lega la lievitazione del pane alle complesse pratiche dell’arte casearia, che trasforma il latte, prodotto altamente deperibile, in un alimento di tutt’altra consistenza e lunga conservabilità. Ma un legame c’è, perché tra i microorganismi che formano il lievito madre ci sono sia i lieviti responsabili della fermentazione alcolica, sia i batteri alla base della fermentazione lattica.
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Strani funghi: i lieviti I lieviti - al pari delle varie specie di cereali, ortaggi e alcuni animali - sono tra le creature viventi addomesticate da più lungo tempo, pur essendo minuscoli e non visibili a occhio nudo. Sono infatti esseri unicellulari e appartengono al regno dei funghi. Ne esistono almeno 1.500 specie, quasi tutte utili, o almeno non dannose. Tra i pochi lieviti patogeni, un ospite sgradito è la Candida albicans, responsabile di fastidiose infiammazioni. Altri lieviti possono dare origine a dermatiti, ma si tratta di poche specie, in confronto alla vasta schiera di lieviti “buoni” e di fatto indispensabili alla nostra alimentazione. I lieviti si nutrono di zuccheri semplici come il glucosio, il fruttosio, il maltosio, ma anche di carboidrati più complessi. Come tutti i funghi non hanno bisogno di luce per crescere. Possono anche fare a meno dell’ossigeno per respirare, così come alcuni batteri. Possono scegliere, a seconda delle condizioni ambientali, se riprodursi per gemmazione o attraverso la formazione di spore, soprattutto se le condizioni ambientali divengono difficili (carenza di nutrimenti o acqua, temperature non adeguate). Cosa avviene nell’impasto di acqua e farina in presenza di lieviti? Inizialmente i microorganismi utilizzano l’ossigeno per respirare e trasformano gli zuccheri presenti nella farina, traendo energia per il loro sostentamento e rilasciando anidride carbonica e acqua. Una volta esaurito l’ossigeno, i lieviti iniziano la fermentazione, demolendo gli zuccheri senza utilizzare l’ossigeno, ma producendo oltre all’anidride carbonica anche alcol etilico. Alla base della lievitazione del pane, come della fermentazione del mosto d’uva e del malto d’orzo sta, insomma, una complessa reazione chimica.
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Pane al miele e alle noci
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l pane con le noci è davvero speciale, indeciso se essere un dolce o se sposarsi con cibi salati come i salumi, con cui, a dire il vero, si intende alla perfezione, proprio per il contrasto dolce/ salato. E poi non è mai troppo zuccherino, vista l’esigua quantità di miele. Nutriente e sostanzioso, non bisogna aspettarsi un pane leggero e molto alveolato. Crescerà quanto basta a essere morbido, se costretto in uno stampo da plumcake. Appare scuro e compatto al taglio delle fette, con i frammenti di noce immobilizzati nella pasta.
Ingredienti per uno stampo da plumcake 100 g di farina Manitoba 100 g di farina del buratto (oppure tipo 0) 100 g di farina di farro integrale 100 g di farina di segale integrale 50 g di gherigli di noce 300 ml di acqua 150 g di pasta madre rinfrescata 1 cucchiaio di miele di castagno 10 g di sale semola – •–
Tempi complessivi di preparazione 8 ore circa – •–
Tempi di lievitazione 4-6 ore a seconda della stagione e della temperatura della cucina – •–
Tempi di cottura 1 ora
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zz Passerai un po’ di tempo a rompere gusci di noce, se parti dalla materia prima grezza. In commercio si trovano ovviamente noci già sgusciate, ma chi scrive non le ha mai usate, avendo svariati alberi di noce. Non serve che i gherigli siano interi, anzi, è meglio che le noci siano rotte in pezzi, in modo da riuscire a impastare bene. zz Messe da parte le noci, si setacciano insieme le farine in una zuppiera capace, riaggiungendo la crusca che eventualmente rimane nel setaccio. Si uniscono gli altri ingredienti - eccetto il sale - con l’acqua intiepidita, e si comincia a lavorare l’impasto, inizialmente con un cucchiaio di legno, poi a mano, riversando la massa su una spianatoia ben infarinata. Quando risulta elastico e non si attacca alle mani e al piano di lavoro, si aggiunge il sale lavorando il pane ancora un po’, quindi si spiana con le mani e si piega più volte. zz Si mette a lievitare in uno stampo da plumcake oliato e infarinato con semola, dove deve stare ben comodo, a circa metà dell’altezza dei bordi, in modo da aver spazio per crescere. Si pone in luogo tiepido e si fanno passare almeno per 4 o 5 ore, o anche più, se serve. La pasta deve almeno raddoppiare. zz Si inforna a 200 gradi, per poi abbassare dopo una decina di minuti a 160. Il miele nell’impasto potrebbe facilmente annerire la crosta, quindi è meglio tenere d’occhio il pane durante la cottura. Si può anche inumidire la superficie con un po’ di latte e spargervi sopra qualche noce sminuzzata molto fine. La crosta sarà più interessante. A cottura ultimata, togli il pane dallo stampo e avvolgilo in un panno. Aspetta che si raffreddi un po’ prima di tagliarlo.
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Taralli
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taralli, soprattutto quelli al peperoncino, sono pericolosi, perché in genere non si riesce a smettere di mangiarne. Quindi, se la pasta madre è troppa, conviene trasformarne una parte in questo eccellente e croccante cibo, particolarmente adatto agli aperitivi.
Ingredienti per circa 15 taralli 100 g di farina del buratto (oppure tipo 0) 100 g di pasta madre non rinfrescata circa 40 ml di vino bianco secco 3 cucchiai di olio extravergine di oliva 2 pizzichi di sale aromi vari: peperoncino piccante tritato o semi di finocchio, circa 1 cucchiaino – •–
Tempi complessivi di preparazione 2 ore – •–
Tempi di lievitazione Mezz’ora circa – •–
Tempi di cottura 20 minuti
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zz Metti tutti gli ingredienti in una zuppiera, avendo l’accortezza di aggiungere il vino poco per volta, visto che la quantità dipende anche dal grado di idratazione della pasta madre. L’impasto, che va lavorato energicamente e a lungo (almeno una ventina di minuti), deve risultare morbido, compatto, liscio ed elastico, non appiccicoso. zz Lascia riposare nella zuppiera per una mezz’ora, intanto prepara la leccarda con un foglio di carta da forno. Procedi poi a formare i taralli in questo modo. zz Dividi la pasta in due o tre porzioni, e con le mani forma salami lunghi e sottili. Più sottili sono, più piccoli saranno i taralli. Taglia con un coltello a intervalli regolari di circa 4-5 cm. Quindi chiudi i taralli ad anello con una lieve pressione delle dita. Disponi il tutto sulla leccarda e inforna a 200 gradi per circa 20 minuti. I taralli si devono dorare e risultare friabili e croccanti. Se fai taralli più grandi, calcola qualche minuto in più per la cottura.
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Frittelle di castagne
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e frittelle di castagne sono tipiche della Lunigiana, della Garfagnana e dell’Appennino toscoemiliano, dove i castagni non mancano, mentre scarso, in queste regioni impervie e piovose, è sempre stato il grano. Sono semplici da fare e, a dire il vero, la ricetta originale non prevede la lievitazione della frittella, che si fa con acqua e farina di castagne. Con l’aggiunta di pasta madre e di un po’ di farina forte, tuttavia, il risultato è eccellente, per morbidezza e consistenza. Fare le frittelle di castagne con un esubero di pasta madre non serve solo a smaltirla in modo virtuoso, ma ancora una volta aggiunge qualità alla nostra cucina.
Ingredienti per circa 15 frittelle 50 g di farina di castagne 50 g di farina tipo 0 50 g di pasta madre 100 ml di acqua olio extravergine di oliva per friggere – •–
Tempi complessivi di preparazione 3 ore – •–
Tempi di lievitazione 2 ore circa, variabili a seconda della stagione e della temperatura della cucina – •–
Tempi di cottura 3 minuti per ogni padellata
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zz In una zuppiera, setaccia le farine, aggiungi la pasta madre e l’acqua poco alla volta, fino a ottenere una crema densa. Lascia lievitare in un luogo non freddo: alla farina di castagne giova comunque riposare a lungo dopo che è stata mescolata con un liquido. Per valutare se è in corso una fermentazione, bussa sul fondo della zuppiera: se suona vuoto vuol dire che qualcosa sta succedendo, anche se apparentemente non vi è stato aumento di volume. Non aspettarti che la pastella si gonfi, la farina di castagne non ha glutine, dopo tutto. zz Prepara una padella di olio extravergine di oliva abbondante e bollente, e versa con un cucchiaio o un piccolo mestolo tanta pastella quanta basta a fare un disco di 4-5 cm. Non intasare la padella di frittelle, per non abbassare troppo la temperatura dell’olio. A seconda della dimensione della padella, ce ne stanno 5 o 6 per volta. Attendi circa un minuto, un minuto e mezzo, e girale con la schiumarola sull’altro lato. Friggi ancora per un minuto, poi raccogli le frittelle, che avranno gonfiato un po’ la pancia, scolandole bene dell’unto, e ponile in una ciotola su carta assorbente. Appaiono color cioccolata, molto morbide, e all’interno la pasta madre avrà prodotto qualche interessante alveolo. Servile come da tradizione, caldissime con ricotta di pecora. zz Le frittelle di castagne sono decisamente versatili, e funzionano bene come dolce a fine pasto, ma si prestano anche a essere antipasto, fianco a fianco con salumi toscani e torte d’erbi della Lunigiana.
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Biscotti semplici da colazione
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a pasta madre cresce a dismisura in frigo, e c’è poco tempo per pensare di panificare. Un buon metodo per smaltirla è trasformarla in biscotti da tè o da colazione.
Ingredienti per circa 20 biscotti 200 g di pasta madre non rinfrescata 125 g di farina tipo 0 80 g di burro 50 g di zucchero 1 tuorlo d’uovo la buccia grattugiata di un limone un pizzico di sale
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Tempi complessivi di preparazione 1 ora e mezza – •–
Tempi di cottura 10 minuti – •–
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zz Mescola la pasta madre con la farina, il tuorlo d’uovo, il burro fuso a bagnomaria, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone e il sale. Impasta fino a ottenere un composto omogeneo, liscio e piuttosto compatto. Eventualmente aggiungi farina se la tua pasta madre è piuttosto liquida. Con le mani arrotola l’impasto a formare un salame, che avvolgi nella pellicola trasparente e poni in congelatore per un’ora. zzTaglia il salamino con un coltello e forma dischetti di pasta, che disponi sulla placca coperta da carta da forno. Compattali bene con le mani, spennella con il bianco dell’uovo sbattuto e spolvera con zucchero. Non serve che lievitino: sarà il burro a dare la giusta consistenza friabile ai biscotti. Inforna a 180 gradi per una decina di minuti, facendo attenzione a non bruciare lo zucchero in superficie. Abbassa eventualmente la temperatura a 140 gradi.
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