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Da Tarvisio a Gemona del Friuli
LUNGHEZZA: 68,6 km
DISLIVELLO: SALITA 230 m DISCESA 717 m
FONDO: 13% STERRATO 87% ASFALTO
Trasporti
TARVISIO: Stazione ferroviaria Tarvisio Boscoverde (a 2,7 km dal centro), linea Pontebbana Udine-Tarvisio, www.trenitalia. com; linea Rudolfiana collegamento con l’Austria, obb-italia.com.
PONTEBBA: Stazione ferroviaria, linea Pontebbana Udine-Tarvisio, www.trenitalia.com.
RESIUTTA: Consorzio Tpl Fvg, autobus linee 194 e 200, www.tplfvg.it.
VENZONE: Stazione ferroviaria, linea Pontebbana Udine-Tarvisio, www.trenitalia.com.
GEMONA DEL FRIULI: Stazione ferroviaria, linea Pontebbana Udine-Tarvisio, www.trenitalia.com.
Servizi
TARVISIO: Infopoint, via Roma 14, tel. 0428-21.35 / 335-78.39.496, info.tarvisio@promoturismo.fvg.it.
PONTEBBA: Iat, via Mazzini 32, tel. 042890.693, contatti@pontebba.info.
RESIUTTA: Iat, c/o Comune, via Nazionale 8, tel. 0433-51.215.
CHIUSAFORTE: Iat, piazza Pieroni 1, tel. 0433-52.030,
cultura@comune.chiusaforte.ud.it.
VENZONE: Iat, via Glizoio di Mels 5, tel. 0432-98.50.34, provenzone@libero.it.
GEMONA DEL FRIULI: Iat, c/o museo Civico palazzo Elti, via Bini 9, tel. 0432-98.14.41, info@visitgemona.com, www.visitgemona.com.
Ospitalità
TARVISIO: Hotel Adriatico, via Roma 69, tel. 335-58.16.315, adriaticotarvisio@gmail. com, www.adriaticotarvisio.it, 21 posti, 75-80 € DBL, colazione non inclusa (prezzi speciali per pellegrini con credenziale), chiuso metà ott-nov.
Hotel Tarvisio, via Parini 4, tel. 042864.42.23 / 349-62.87.795, tarvisiohotel@ gmail.com, 36 posti, 70-150 € DBL (prezzi speciali per pellegrini con credenziale), aperto tutto l’anno.
Hotel Edelhof, via Diaz 13, tel. 0428-40.081, info@hoteledelhof.it, www.hoteledelhof.it, 45 posti, 130-190 € DBL, chiuso metà ott-nov.
MALBORGHETTO: Albergo Valcanale, piazza Palazzo Veneziano 7, tel. 0428-60.063, albergovalcanale@gmail.com, 15 posti, 75 € SGL, 100 € DBL, 125 € TPL, aperto tutto l’anno.
PONTEBBA: Da Fedrigo, via Mazzini 61, tel. 0428-91.106, pontafel@gmail.com,
www.dafedrigo.at/it/pontafel, 18 posti, 48 € a persona, chiuso lunedì.
Albergo Spina, via Roma 12, tel. 0428-82.02.09, info@albergospina.it, www.albergospina.it, 30 posti, aperto tutto l’anno (possibili chiusure variabili).
B&B Ta Famee, via della Chiesa 22, tel. 0428-99.13.07 / 340-56.21.350, tafamee@libero.it, www.tafamee.it, 6 posti, 50-60 € SGL, 80-100 DBL, aperto tutto l’anno (possibili chiusure variabili).
CHIUSAFORTE: Affittacamere Dal Nini, via Stazione 6, tel. 0433-52.036 / 347-24.15.844, dose.nini55@gmail.com, 10 posti, 35 € a persona, aperto tutto l’anno.
Al Cerbiatto, via Roma 46a, tel. 34709.60.516, al_cerbiatto@alice.it, 6 posti, 30 € a persona, chiuso metà ott-mar. Stazione di Chiusaforte, via Stazione 15, tel. 0433-52.344, stazionedichiusaforte@ gmail.com, www.stazionedichiusaforte.it, 10 posti, 38 € a persona colazione dolce inclusa, aperto apr-ott.
RESIUTTA: Hotel Val Fella, viale Udine 35, tel. 347-57.23.492 / 389-00.26.049, 24 posti.
VENZONE: Hotel Carnia, via Canal Ferro 28, tel. 0432-97.80.13 / 0432-97.80.83, info@ hotelcarnia.it, www.hotelcarnia.it, 45 posti, 74 € SGL, 104 € DBL, aperto tutto l’anno.
GEMONA DEL FRIULI: B&B Al Viandante, via Nazionale 101 (300 m dopo il km 18), tel. 339-61.93.146, piob1955@gmail.com, 4-5 posti, 35 € a persona (prezzi speciali per pellegrini con credenziale), chiuso nov-metà mar.
Camping Ai Pioppi, via Bersaglio 118 (300 m dopo il km 20), tel. 0432-98.03.58, bar-camping-taxi@aipioppi.it, www.aipioppi.it, 120 posti, 32 € SGL, 47 € DBL (senza bagno), 70 € DBL (con bagno), disponibili anche bungalow e case mobili, chiuso nov-feb.
Hotel Pittini, piazzale della Stazione 10 (a 1,3 km dall’arrivo), tel. 0432-13.70.028, info@hotelpittini.com, www.hotelpittini. com, 30 posti, 60-70 € SGL, 80 € DBL, aperto tutto l’anno.
Il nostro viaggio parte da Tarvisio, nel cuore delle Alpi Carniche, a una manciata di chilometri dal triplice confine tra Italia, Austria e Slovenia. Seguendo il corso del fiume Fella lungo il vecchio tracciato della ferrovia Pontebbana, oggi dismesso e riconvertito in un tratto della ciclovia dell’Alpe Adria, incontriamo ponti metallici, gallerie e antiche stazioncine ristrutturate che ci portano a raggiungere i luoghi del terremoto del 1976. Attraversiamo borghi fantasma e cittadine d’arte ottimamente ricostruite come Venzone, dove si trova anche un museo dedicato al sisma, e Gemona, con il suo splendido duomo del Trecento.
TAPPA 1
Da Tarvisio a Pontebba
KM: 25,1 DISLIVELLO: +74 m -256 m DIFFICOLTÀ: media STERRATO: 12% ASFALTO: 88%
Dalla piazza principale di TARVISIO costeggiamo il duomo sulla destra e scendiamo i gradini per immetterci sul tracciato della ciclovia dell’Alpe Adria (segnaletica “Ciclovia Alpe Adria” e “FVG1”). Si tratta di un percorso molto frequentato dai ciclisti: per questo è necessario prestare grande attenzione alle biciclette che sopraggiungono in entrambi i
sensi. Proseguiamo sempre lungo la ciclovia fino a Camporosso [1.1], dove giriamo a destra per attraversare il paese, seguendo i cartelli “Romea Strata”; a Camporosso è possibile effettuare una deviazione per lo spettacolare MONTE SANTO DI LUSSARI , a quota 1.789 metri, che ospita un santuario circondato da un piccolo borgo; la località è raggiungibile a piedi in circa 3 ore, seguendo il Sentiero del Pellegrino, o più comodamente con una decina di minuti di funivia (per informazioni: lussari.eu).
All’uscita del paese, dopo 1 km, attraversiamo lo spartiacque di Camporosso, segnalato da un apposito cartello. Proseguiamo lungo una strada sterrata tra i campi, che passa sotto l’autostrada e segue il corso del fiume Fella fino a reimmetterci sulla ciclovia, dove iniziamo a incontrare i manufatti della vecchia ferrovia Pontebbana da cui è stato ricavato il tracciato ciclopedonale; al km 9,5, all’altezza di Ugovizza, troviamo sulla destra la stazioncina ora trasformata in bar-ristorante. Dopo Ugovizza il percorso si tiene al di fuori dei centri abitati ed è quindi consigliabile tenerne conto per programmare il pranzo.
Dopo aver percorso 2,7 km [1.2] troviamo la prima di una serie di gallerie – che ci accompagneranno anche nei giorni successivi –anch’esse ricavate dalla ex ferrovia; l’illuminazione è molto scarsa ed è quindi assolutamente indispensabile attrezzarci con luci sia davanti sia sulla schiena (e possibilmente anche con un gilet rifrangente) in modo da essere ben visibili; appena prima della galleria se si va a destra si raggiunge in 500 m la piacevole località di MALBORGHETTOVALBRUNA . Poco meno di 600 m dopo [1.3], all’ingresso di un’altra galleria, giriamo a destra uscendo dalla ciclovia; percorriamo una strada in discesa che ci porta a costeggiare il corso del fiume Fella. A 800 m dall’inizio della deviazione [1.4] troviamo un piccolo guado sul rio Palug, normalmente superabile senza alcuna difficoltà. Proseguiamo fino alla località Ombrico dove il cartello “Romea Strata” ci indirizza a sinistra lungo la strada asfaltata [1.5]. Percorsi 1,5 km ci immettiamo nuovamente sulla ciclovia dell’Alpe Adria, che continuiamo a seguire fino ad arrivare a PONTEBBA.
Prosciutto di San Daniele: il segreto è nell’aria
Si dice che, nel 1563, durante il Concilio di Trento, i prelati riuniti abbiano consumato ben “trenta paia di parsutti”, di cui una buona parte era stata fatta appositamente recapitare a Trento da San Daniele. Sì, perché il “prosciutto con il piedino”, una delle bandiere della tipicità italiana nel mondo (registrato Dop dal 1996), nelle terre moreniche lambite dal Tagliamento delle colline a ovest di Udine ha da tempi remoti trovato il proprio ambiente di elezione. L’area, che ha l’epicentro a San Daniele del Friuli ed è punteggiata da una fitta rete di borghi fortificati – è infatti denominata “strada dei castelli e dei prosciutti” –, gode di un clima asciutto e ventilato, felice combinazione tra l’aria fresca proveniente da nord e quella calda dell’Adriatico, perfetta per la stagionatura. Esclusiva, la razza selezionata per le carni è il suino pesante padano, cui viene aggiunto solo sale marino. Dodici mesi di riposo e assidui controlli nei saloni di stagionatura del Consorzio e il prosciutto con il piedino, dal sapore insieme dolce e sapido, è pronto da gustare.

TAPPA 2
Da Pontebba a Resiutta
KM: 21,1 DISLIVELLO: +407 m -660 m DIFFICOLTÀ: facile STERRATO: 10% ASFALTO: 90%
La tappa segue in gran parte la ciclabile (cartelli “Ciclovia Alpe Adria” o “FVG1”); i tratti in cui ci si discosta dal tracciato sono spesso segnalati in modo poco visibile, è quindi consigliabile fare sempre riferimento alle tracce Gps. Per i primi 14 km, fino a Chiusaforte, non si incontrano centri abitati, è opportuno portare qualche scorta di acqua e cibo.
Partiamo dal piazzale antistante la chiesa di Santa Maria Maggiore, attraversiamo il sottopasso della ferrovia e percorriamo il centro del paese lungo via Roma, al termine della quale ci ritroviamo sulla ciclovia dell’Alpe Adria. Ne percorriamo solo 600 m [2.1], dopo di che ci manteniamo in basso sulla sinistra lungo la strada carrozzabile, evitando di entrare nella galleria San Rocco. Percorsi 500 m [2.2] giriamo a destra salendo verso il cimitero e la chiesa di San Rocco, reimmettendoci poi sulla ciclovia.
Dopo 1,5 km [2.3], all’altezza di un’area di sosta, scendiamo una rampa sulla destra e percorriamo il sottopasso che incrocia la ciclovia, immettendoci in una strada asfaltata in discesa. Proseguiamo sulla carrozzabile per 800 m (evitando così una galleria ciclabile molto lunga) e risaliamo poi sulla ciclovia attraverso una rampa di gradini sulla destra [2.4]. Inizia qui una lunga serie di gallerie poco illuminate e molto frequentate da ciclisti, che richiedono quindi grande attenzione e l’uso di luci sia davanti sia sulla schiena. Dopo 4 km incontriamo una deviazione per il paese di Dogna, a poche centinaia di metri sulla sinistra, dove si trova un minimarket automatizzato e aperto tutto il giorno, che può rivelarsi utile dal momento che, come già detto, la tappa non attraversa centri abitati.
Proseguiamo sempre mantenendoci sulla ciclovia e attraversando suggestivi ponti ferroviari in ferro, fino a incontrare, 5 km dopo Dogna, la piccola stazione ferroviaria di Chiusaforte, oggi riconvertita a bar-ristorante e ostello. Arrivati all’ampio incrocio alle porte di Resiutta [2.5], ci stacchiamo infine dalla ciclovia girando a sinistra verso il centro del paese (segnalato da una freccia con la scritta “di qua!”) e risalendo per un breve tratto il torrente Resia fino alla chiesa di San Martino Vescovo.
TAPPA 3
Da Resiutta a Gemona del Friuli
KM: 22,4 DISLIVELLO: +73 m -125 m DIFFICOLTÀ: media STERRATO: 18% ASFALTO: 82%
Riscendiamo per 300 m lungo il corso del Resia fino alla strada principale (via Roma), quindi giriamo a sinistra attraversando il ponte e proseguendo poi lungo la strada carrozzabile per altri 700 m fino a trovare sulla sinistra una breve e ripida salita asfaltata [3.1] che ci permette di immetterci sulla ciclovia dell’Alpe Adria. Anche questo tratto è caratterizzato da una serie di gallerie poco illuminate, ed è quindi necessario munirsi di luci e gilet catarifrangenti per rendersi ben visibili. Continuiamo dritto lungo la ciclovia (anche quando, dopo 2,2 km, alcuni segnali indicano di svoltare a destra all’altezza di Moggio Udinese), raggiungendo la località di Carnia; a questo punto le gallerie sono finite e possiamo mettere da parte fanali e gilet ad alta visibilità. Da qui il percorso – che si snoda sempre lungo la ciclopedonale – comincia a mostrare le memorie del terremoto del 1976: subito dopo l’abitato di Portis (caratterizzato da una curiosa zucca gigante in mostra nel mezzo di un prato sulla destra del percorso) attraversiamo il paese fantasma di Portis Vecchio, le cui case semidistrutte sono come congelate nel tempo al momento del sisma; l’area è ora utilizzata come polo di addestramento di una scuola internazionale di formazione per la gestione della risposta in emergenza sismica. Circa 1 km dopo svoltiamo a sinistra [3.2] su via san Leonardo, su cui proseguiamo fino all’ingresso di VENZONE attraversando le storiche mura; la tappa non è ancora conclusa, ma conviene riservare un po’ di tempo per una visita del centro storico e dell’interessantissimo museo Tiere Motus.
Dalla piazza del Municipio di Venzone (dove si trova una gelateria che è una piccola gloria locale) giriamo a destra [3.3] , costeggiamo le rovine dell’ex convento degli agostiniani, usciamo dalla porta della città e ci teniamo a sinistra in modo da attraversare la trafficata via Pontebbana sul passaggio pedonale. Da qui proseguiamo su via del Fortino, passando al di sotto della ferrovia per poi girare a sinistra e continuare su piccole strade di campagna seguendo le indicazioni della ciclovia per Gemona. All’altezza di Ospedaletto l’itinerario principale segue una doppia curva a sinistra e a destra; continuando invece dritto dopo la prima curva [3.4] è possibile percorrere la variante di colle Sant’Agnese (descritta a fine tappa). La ciclopedonale prosegue

direttamente verso l’area urbana che circonda GEMONA DEL FRIULI , il cui bellissimo duomo si raggiunge al termine di una lunga salita.
Variante colle Sant’Agnese + 3,5 km Questa piacevole escursione su sentiero porta alla duecentesca chiesetta di Sant’Agnese, ricostruita dopo i danni causati dal sisma. Da [3.4] teniamo la sinistra su via del Lago, oltrepassiamo la ferrovia e dopo 400 m giriamo a sinistra su via Monte Ercole, affrontando una impegnativa salita di 2,5 km che si inoltra tra le cime dei monti Palombaro e Cumieli. Da qui, una serie di tornanti in discesa ci riconduce al fondovalle, ricongiungendosi al percorso principale all’ingresso di Gemona del Friuli.
Da vedere
Tarvisio Basta guardarsi intorno per capire che la sua posizione strategica tra Austria, Slovenia e Italia e il suo passato di crocevia culturale hanno fatto di Tarvisio un melting pot di tradizioni, lingue e stili che nelle architetture ha le tracce più evidenti. La CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO, alto esempio di chiesa-fortezza che per secoli difese la città e i suoi abitanti dalle minacce veneziane e ottomane, incarna questa stratificazione. Costruita tra il XIV e il XV secolo, fa mostra di stile carinziano nella cuspide a cipolla e nella navata gotica, e di barocco nelle cappelle laterali. In facciata, affreschi raffiguranti San Cristoforo, protettore dei pellegrini, e scene della Passione. Aria di melting pot anche nei palazzi signorili di Tarvisio. In primis, il PALAZZO DELLA FORESTALE , edificato nel 1516 per volere dei vescovi di Bamberga. Destinato al “maestro delle foreste”, reinterpreta il Rinascimento e lo stile carinziano, tra comignoli, timpani, colonne doriche e un maestoso portale.
Monte Santo di Lussari Mille sono i metri di dislivello da percorrere per raggiungere, dal fondovalle di Tarvisio, il Monte Santo di Lussari (m 1.790). Lo si può fare in funivia (in estate e in inverno in funzione tutti giorni, negli altri periodi è bene informarsi su date e orari) oppure a piedi, risalendo le pendici del monte attraverso il cosiddetto sentiero del Pellegrino, immerso nella millenaria foresta di Tarvisio, 24.000 ettari di intatto ambiente alpino “regalati” dal re ottoniano Enrico II il Santo al vescovo di Bamberga nel 1007 ed estesi fino al confine con Austria e Slovenia. In vetta, il cinquecentesco santuario della Madonna del Lussari – il primo dei miliarium lungo la Romea Strata, detto “dei tre popoli” perché punto di riferimento e pellegrinaggio delle genti delle tre lingue confinanti, italiano, tedesco e slavo –annulla i confini e nello stesso tempo li allarga al grandioso panorama delle Alpi Giulie.
Malborghetto Cuore dell’ampia Valcanale, protetta dagli abeti, faggi e pini della foresta di Tarvisio, nel medievale “Bonborghetto” (il nome probabilmente cambiò nel tempo a causa del decadimento economico, oggi è comune di Malborghetto-Valbruna) i veneziani lasciarono il segno. Nel centro dell’abitato, la loro influenza si riflette nell’architettura dell’elegante PALAZZO VENEZIANO (1591), in origine residenza di un facoltoso mercante di ferro e oggi sede del MUSEO ETNOGRAFICO , dedicato alla storia, alle tradizioni e alle ricchezze naturalistiche del territorio, con una sezione speciale sulla foresta di Tarvisio. Ad accogliere i visitatori, nel giardino del palazzo, il grande tiglio secolare, monumento naturale.
Pontebba Pontebba e Pontafel: nome italiano e tedesco per un comune che fino alla fine della Prima guerra mondiale segnò il confine tra Italia e Austria. Svetta sul paese il campanile con cuspide a cipolla della CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA , fondata nel 1368 e ripetutamente rimaneggiata. In facciata, nella nicchia sopra il protiro, la statua lapidea del Santo anticipa quella lignea dell’interno, posta sopra l’altare maggiore, di epoca barocca. Altri altari barocchi ospitano le statue della Madonna (a sinistra del maggiore) e del Sacro Cuore (a destra), mentre il soffitto a volte lunettate e il coro parlano gotico. In stile gotico è anche la PIEVE DI SANTA MARIA MAGGIORE , ricostruzione cinquecentesca di una precedente chiesa del XII secolo. Al suo interno, il prezioso altare in legno intarsiato forse di mano del maestro Enrico da Villaco è rappresentativo dei Flügelaltäre, gli “altari alati” di influenza tedesca chiusi da portelle mobili decorate a bassorilievo.
Venzone Il borgo fortificato in riva al Tagliamento è un gioiello medievale cesellato e riedificato, pietra su pietra, subito dopo il terremoto del 1976. In paese il DUOMO DI SANT’ANDREA APOSTOLO (1308), miliarium giubilare, è tra gli edifici fedelmente ricostruiti con i materiali originari. Conta tre portali ed è decorato con altorilievi del XIV secolo e
patere di stampo veneto-bizantino. Di fronte, la cripta cimiteriale della duecentesca CAPPELLA DI SAN MICHELE è sede di un museo che attira studiosi e curiosi da tutto il mondo. Vi si conservano alcune delle salme risalenti al XIV-XIX secolo ritrovate nell’area del duomo a partire dal 1647 e straordinariamente mummificate grazie a una particolare muffa locale che ha il potere di disidratare i tessuti umani. Filologicamente ricostruiti sono anche il PALAZZO COMUNALE , con gli stemmi delle antiche famiglie di Venzone e bifore in stile gotico fiorito, e il PALAZZO ORGNANI MARTINA , sede del museo Tiere Motus, che rievoca anche con simulazioni multimediali i giorni del terremoto.
Gemona del Friuli Menzionato per la prima volta da Paolo Diacono in epoca longobarda come Castrum Glemonae, l’insediamento ha origini che risalgono al XIII-XI secolo a.C. Il colpo d’occhio sulla struttura urbana della città fortificata, rasa al suolo dal terremoto del 1976 e fedelmente ricostruita, si ha dal CASTELLO (risalente al VII secolo), che si erge in posizione strategica in cima al colle a dirupo e difesa della piana friulana. Percorsi i 150 gradoni della salita dei Longobardi, da lassù il DUOMO DI SANTA MARIA ASSUNTA e il suo campanile si innalzano sull’abitato ricordando l’importanza spirituale e politica di Gemona durante il patriarcato di Aquileia. La ricostruzione della chiesa ha riportato in facciata le sculture dell’Epifania, i busti degli apostoli, i tre rosoni trecenteschi (sull’intreccio di giunchi, colonne e archi del maggiore, opera dello scultore Buzeta, è impossibile non soffermarsi) e l’enorme statua di San Cristoforo. All’interno, catturano l’attenzione il simpatico genietto alato che si dondola su un delfino nel rilievo della vasca battesimale ricavata da un monumento romano del I-II secolo d.C. e il quattrocentesco Crocifisso ligneo estratto dalle macerie del terremoto e tenuto volutamente deturpato in una teca.
Dal duomo, è bello passeggiare per il nucleo storico della cittadina, tra palazzi, case e residenze restaurati con rigore e materiali antichi; di CASA ANTONELLI si notano le bifore e gli affreschi del XIII-XIV secolo, mentre del PALAZZO DEL COMUNE , detto Boton, spicca al primo piano la cinquecentesca trifora con ballatoio. In via Sant’Antonio, merita una visita il SANTUARIO DI SANT’ANTONIO DI PADOVA , ritenuto essere il più antico luogo sacro dedicato al Santo dei Miracoli. Forse eretta sulla cappella della Beata Vergine voluta dallo stesso Antonio nel 1227 (se ne vedono i suggestivi resti all’interno), la chiesa fu consacrata nel 1248, ben prima che fosse compiuta la Pontificia Basilica Minore di Padova. Vantando questo primato, Gemona è porta settentrionale di un cammino di 250 chilometri in 11 tappe dedicato al Santo, che attraversa Friuli e Veneto da Gemona fino appunto a Padova.
Il Tagliamento, cuore del Friûl
Non è rosso il filo che, da Venzone, penetra nella piana friulana tra le province di Udine e Pordenone, per poi affacciarsi in Veneto e consumare il proprio rocchetto nell’Adriatico. Non è rosso, bensì biancheggiante, ed è costituito dall’ampio greto del fiume Tagliamento che, nei suoi circa 170 chilometri di lunghezza, da sempre modella una grande varietà di paesaggi e influenza la vita della popolazione locale.
Uno dei pochi fiumi in Europa ad aver mantenuto quasi interamente il suo corso naturale, senza deviazioni artificiali significative, il Tiliment (in friulano) nasce nelle Alpi Carniche e forse del Friuli è il simbolo identitario più forte. Nel suo corso sinuoso il fiume lambisce località ricche di tracce di ospitali dedicati al pellegrinaggio (un po’ più discosto, ma attivo ancora oggi, è quello di San Giovanni a San Tomaso di Majano, al termine della prima tappa dell’itinerario successivo) e interessa una sequenza straordinaria di ambienti naturali, dai sentieri di montagna alle praterie sorgive, alle lagune.
Peculiarità idrografica del Tagliamento sono però le grave e i magredi, che si estendono soprattutto nella parte centrale dell’alveo (che arriva a raggiungere i 3 chilometri di larghezza), quella compresa tra Osoppo, Spilimbergo e San Vito al Tagliamento. Le grave sono vaste distese composte da ciottoli bianchi e acque che scompaiono e riaffiorano, i magredi sono prati aridi formati dai depositi alluvionali. Dal fascino quasi lunare, questi ambienti brulli e improduttivi, dove in passato si praticava solo la pastorizia, costituiscono oggi habitat unici per la loro biodiversità (ospitano specie come l’orbettino, la lucertola “che ha perso le zampe”, e diverse specie di orchidee selvatiche) e sono meta di splendide escursioni naturalistiche.
Il Tagliamento ha segnato profondamente anche la storia di queste terre. La riva destra fu via di penetrazione da nord a sud e, durante il patriarcato di Aquileia, lungo il suo asse si disposero castelli di difesa e di riscossione dei dazi. Castelli che, dal 1420, con l’inclusione del Friuli nella Repubblica di Venezia, divennero residenze e ville “gentili”. Sono numerosi i centri abitati e le strade che si sono tenuti a distanza di sicurezza dalle sponde fluviali. I friulani sanno da sempre che le bizze del fiume sono in agguato, tra piene disastrose e periodici straripamenti, che hanno portato fertilità e timore allo stesso tempo. Così, in paesi come Gemona, Majano, Spilimbergo, Valvasone, San Vito, la presenza del Tagliamento, che pure sembra nascondersi, si percepisce, si sente, c’è.
È il cuore più genuino del Friûl, e i suoi cicli naturali vanno attesi e rispettati.