Il piccolo principe

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Quando vide il mio aereo si incuriosì. Gli spiegai che serviva per volare, e che si era rotto. “Anche tu vieni dal cielo?” mi chiese. E poi: “Di quale pianeta sei?”. “Perché, tu arrivi da un altro pianeta?” mi stupii. “È un pianeta piccolissimo”, rispose, “non più grande di una casa”.

Poi aggiunse: “È vero che le pecore mangiano gli arbusti?”. “Sì, è vero.”   “Bene! E mangiano anche i baobab?” “No.” “Accidenti. Il terreno del mio pianeta   è infestato da semi di baobab e ho paura che, germogliando,

le loro radici possano farlo scoppiare!”


Il quinto giorno ero alle prese con un bullone che non riuscivo a svitare    e non ero di ottimo umore, quando il piccolo principe mi domandò:    “Se la pecora mangia gli arbusti, mangia anche i fiori?”.   “Una pecora mangia tutto quello che trova.”    “Anche i fiori con le spine?” “Certo.”

“Allora a cosa servono le spine?” “A niente. Sono solo cattiveria da parte dei fiori.”   “Non è vero! I fiori sono deboli.    Io ne conosco uno… che esiste solo sul mio pianeta.   E se la pecora che mi hai disegnato se lo mangia?”    Il piccolo principe scoppiò a piangere. Lo presi in braccio e lo cullai:

“Il fiore che ami non è in pericolo.

Disegnerò una museruola per la tua pecora”.


Il piccolo principe mi raccontò che il suo fiore era bellissimo,   non era molto modesto, aveva solo due spine per difendersi   ed era terrorizzato dalle correnti d’aria:   “Ogni sera mi metterai sotto una campana di vetro.    Qui da te è molto freddo…”,   gli aveva detto per farlo sentire in torto. Era un fiore davvero complicato. Così il piccolo principe, nonostante il suo amore e la sua buona volontà,    aveva deciso di andarsene.


Per lasciare il pianeta credo abbia approfittato    di una migrazione di uccelli selvatici.


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