Passiamo una giornata formidabile alla fattoria. Camminiamo tra i campi, cogliamo grandi mazzi di fiori e mungiamo le mucche. Io ho una fifa blu, ma Carmen mi spiega come fare: “Con delichitesa!” dice, e così ci riesco. Sono più bravo di Francesco che rabbrividisce quando tocca le mammelle. Poi il capo dei mori attacca il carretto dalle ruote verdi a un vecchio cavallone paziente, balziamo su e andiamo a fare un giro. Mi volto per cercare Carmen, che all’ultimo svolazza a bordo: “Me piasciono i ghiri in carosa”. 31
“Ma la tua nuova amica non sta mai zitta?” dice Francesco. “Hai sentito anche tu?” gli chiedo io, speranzoso.
“Be’, difficile non accorgersi di tanto starnazzare”, ridacchia la mamma. Il papà fa sì con la testa. “A me la sua voce piace. Come hai detto che si chiama?” “Carmen.” “Nome appropriatissimo”, approva lui. “Ma chi te l’ha detto?” “Lei”, rispondo io. “È una gallina parlante”, spiego, tanto so che loro non capiscono. “Ma certo”, s’intromette Francesco. “Se tu pensi, perché una gallina non può parlare?” E ridacchia. “Otusso. È sollo un otusso”, mi bisbiglia Carmen. Sono d’accordo con lei e alzo i pollici. Ha proprio ragione. Lui e i suoi Blec Faiter sono una massa di scimuniti vestiti di nero. Guardo Carmen e penso che deve essere piuttosto scocciante 33
parlare e non essere capita. Per fortuna, io ci riesco. Ma come mai? Quando siamo soli, glielo chiedo. Lei fa strani suoni lamentosi, mescolati a gridolini: “Tuto depinde de la sempantia”. “Quindi noi ci siamo sempantici... cioè simpatici?” “Chiarro”, chioccia lei. Dopo il giro in carrozza, ci sediamo al tavolone e ci prepariamo per il pranzo. Ho così tanta fame che esclamo: “Mi mangerei un poll...”. Mi fermo appena in tempo: “... pettone di verdure”, così Carmen non si offende. È un banchetto squisito che non finisce più: verdure saltate, grigliate, gratinate; maccheroncini caserecci con salsa di noci; polpette al sugo; un delizioso assortimento di formaggi di mucca e di capra; e una buonissima torta con savoiardi, crema e spuma di frutta. La mamma e il papà bevono un bicchiere di 34
vino. Francesco prova, ma gli va di traverso. Poi si riprende e fa il duro, schioccando la lingua da intenditore, ma ha la maglietta macchiata. A me bere non interessa, invece lancio un bel po’ di briciole a Carmen che le becca felice: “Telizziosso!” starnazza, e chiude gli occhietti, splendenti come due piccoli soli d’estate. Devo ammettere che più la guardo, più la trovo affascinante. All’inizio avevo pensato che fosse solo un pollo. Poi l’avevo promossa a gallina e adesso la considero decisamente una bella gallina. Ha le zampe giallissime, lisce e forti. Penne morbide e candide come la neve. Una collana di piume più corte gialle e rosa, da cui spunta la 35
testa color giallo intenso. Nel complesso è abbastanza gialla. Tranne per la cresta rosso fiammante che trema a ogni movimento. Sugli occhi scendono delle sottili palpebre viola, mentre il becco è dorato. Sembra truccata! Dopo pranzo, andiamo a conoscere le capre che sono sette e hanno tutte un nome. Le chiamiamo una a una e loro rispondono come se stessimo facendo l’appello. Le capre sono molto intelligenti. Se nascondiamo un bocconcino da qualche parte, lo trovano subito e indovinano anche chi l’ha messo lì. Io mi affeziono a Luna, una capretta agile e marroncina, che 36
ama stare in equilibrio sulle zampe posteriori. Le faccio mille carezze e lei mi lecca mani e faccia. “È perché sei salato”, mi spiega la mamma. “Le capre adorano il sale.” “E poi alle capre piacciono molto i bambini. Specialmente se gli mancano i denti davanti”, aggiunge Francesco con una punta di cattiveria. Io mi arrabbio e sto per tirargli un calcio, quando Carmen si mette a strepitare: “A le cappere piasciono queli intelligientiti”. Il suo commento mi riempie di orgoglio e cancella la mia sete di vendetta. Dopotutto, sono io quello che sa mungere e che ha fatto amicizia con Carmen.
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