Sardegna a piedi

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Riccardo Carnovalini, Roberta Ferraris

Sardegna a piedi 11 itinerari spettacolari lungo la costa

Seconda edizione


Se vi mettete in cammino non dimenticatevi di quelli che verranno dopo di voi e, se avete annotazioni, suggerimenti o novitĂ scrivete a: editore@terre.it. Ci serviranno per la prossima edizione della guida.


Indice

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Mare di Sardegna Sentiero mare: il giro a piedi della Sardegna in 80 giorni Le tappe del giro Turismo e qualità

Il percorso 23 Un balcone su Tavolara Da Ottiolu a La Caletta

itinerario 1

35 Magiche Baronie Da Santa Lucia a Cala Liberotto

itinerario 2

47 Il Golfo di Orosei Da Cala Gonone a Cala Sisine

itinerario 3

61 La Sella del Diavolo Da Calamosca a Capo Sant’Elia

itinerario 4

70 Capo Spartivento Da Cala Bernardini di Santa Margherita di Pula a Sa Perda Longa

itinerario 5

82 Golfo di Palmas Da Porto Pino a Sant’Antioco

itinerario 6

96 Costa di Iglesias Da Portoscuso a Piscinas

itinerario 7

117 Penisola del Sinis Da Tharros a Sa Rocca Tunda

itinerario 8

131 Capo Caccia e la Nurra Da Cala Dragunara a Capo Caccia

itinerario 9

141 Graniti di Gallura Da Isola Rossa a Costa Paradiso

itinerario 10

148 Caprera Dal Compendio garibaldino di Caprera a Cala Coticcio

itinerario 11



Magiche Baronie In cammino su immense spiagge bianche tra dune di sabbia, ginepri e stagni BèRCHIDA, GINEPRO FENICIO SULLA DUNA


2-3 luglio

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Storia di relitti e macchine per cucire Beppe, o Peppino (tutti lo conoscono per nome), è nato a Santa Lucia, poi emigrato a Torino e in Liguria, da qualche anno è tornato stabilmente per aprire una gelateria al paese, aperta tutto l’anno - ci tiene a precisare - anche quando il mare, lì sotto a pochi passi, si schianta con onde che fanno paura. Beppe si muove tra i tavolini e le poltrone di vimini della veranda, riparo accogliente sotto la pioggia e il cielo grigio, serve i clienti, parla con tutti, e snocciola i suoi racconti. Santa Lucia è il posto più bello del mondo. Guai a contraddirlo. Le spiagge oltre Santa Lucia: anche queste le più belle, e gli daremo anche ragione il giorno successivo. Su Capo Comino rivanga tra i ricordi di famiglia. Il capo è un luogo pericoloso per la navigazione, ci sono molte secche. I vecchi, quando il mare ruggiva in tempesta, salivano all’ovile sopra il faro attuale e accendevano il falò per allertare le navi di passaggio. Ma i naufragi ci sono sempre stati, tanto che le case più antiche di Santa Lucia e di Siniscola hanno le travature di legni strani, durissimi (probabilmente mogano e teak), recuperati smontando i relitti. Il caso più clamoroso fu quando si arenò una nave carica di macchine per cucire Singer. Una festa per il paese: alcune famiglie ne avevano in casa anche tre o quattro. Il saccheggio sistematico delle navi fruttava denaro liquido a chi di soldi in quei paesi non ne vedeva quasi mai.

Santa Lucia, la spiaggia delle barche e la torre

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Cala Liberotto

Magiche Baronie Santa Lucia di Siniscola è un minuscolo insediamento alla buona, dove ancora oggi sopravvivono, un po’ assediate da seconde case senza pretese, alcune antiche abitazioni di pescatori, perché il villaggio è un villaggio vero, raccolto intorno a una delle tante torri di guardia spagnole. Il turismo c’è, anche qui ha qualche tratto invasivo, ma è quantomeno “ruspante”: le seconde case appartengono agli abitanti della zona, di Siniscola o di Nuoro. Tanti sono emigrati in continente, per poi tornare su questa costa a godersi la pensione o avviare qualche attività in proprio. E, fatte le debite eccezioni degli insediamenti di s’Ena ‘e sa Chitta, Cala Ginepro e Cala Liberotto, si conservano su questo tratto di costa alcuni veri paradisi, dove la speculazione non è arrivata e forse non arriverà mai, e dove è possibile godere del più autentico e selvaggio paesaggio costiero sardo (naturalmente in punta di piedi).

Un set cinematografico

Spiagge bianche, chilometriche, ginepri secolari piegati dal vento, stagni, dune. È lo scenario ideale di un film, che è già stato girato, naturalmente. Il fatto eccezionale non è che Lina Wertmüller abbia scelto questo angolo di Sardegna per ambientarvi Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, ma che le sabbie calcate nei primi anni 70 (il film è del ’74) da Mariangela Melato e Giancarlo Giannini (arrogante borghesissima milanese e marinaio siciliano comunista) siano ancora quelle. L’effetto “isola deserta” si può provare ancora oggi. Ampi tratti di costa sono raggiungibili solo a piedi o in barca, e questo riduce drasticamente la folla di bagnanti. La costa si presenta come una successione di spiagge di sabbia bianca, a volte anche molto grandi, alternate a bassi promontori granitici, dalle ormai consuete forme arrotondate e scolpite dal vento salmastro. Tra le più notevoli, la spiaggia di Silita, lunga 8 km tra s’Ena ‘e sa Chitta e Capo Comino, dove si trova il più significativo sistema di dune sabbiose, con quelle di Villasimius, della costa orientale. Alle spalle della linea di costa si estende un entroterra selvaggio, chiuso dalle elevazioni di Punta Artora (156 m) e su Arcu (207 m) in corrispondenza di Capo Comino, le punte Ioanneddu (244 m) e s’Abilinu (249 m) e le più modeste alture di sa Marchesa e monte Biderrosa. Sono antiche montagne granitiche, solcate da valloni densi di macchia impenetrabile, dove scorrono i torrenti che alla fine del loro breve corso formano gli stagni di Bèrchida, Biderrosa e sa Curcùrica, e le bellissime spiagge che li chiudono al mare.

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Santa Lucia

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CAPO COMINO, IL FARO

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Antichi vulcani

A sud di Cala Liberotto il paesaggio cambia ancora: ha termine il regno incontrastato del granito. Appaiono rocce di forme e colori nuovi. Nella valle del Cedrino, che dà origine alla vasta piana di Orosei, si trovano estese colate laviche, di basalti che vanno dal grigio violaceo al nero. Le eruzioni, originate dall’attività degli antichi vulcani di s’Abbanoa, Conca de Janas e su Murtale, sono avvenute in tempi geologicamente recenti (700-880mila anni fa) e hanno coperto con lingue e placche le rocce preesistenti (oltre ai graniti, anche dolomie e calcari giurassici e del Cretaceo, di cui si riparlerà con più dettagli nell’itinerario successivo). Ancora oggi le antiche colate laviche sono ben evidenti: alcune arrivavano fino al mare, come quella che forma il basso promontorio di Punta Nera. La costa basaltica ha creato complesse scogliere di massi arrotondati di roccia nera e porosa, oppure bancate a strati (le “giare”), dove si riconoscono varie eruzioni sovrapposte, spesso profondamente fratturate. Paesaggi lunari, poco proponibili per il turismo balneare, fortunatamente assente in luoghi come Punta Nera, di selvaggia e forse ostile bellezza, dove i finocchi di mare e le rare palme nane spiccano per il loro colore verde acceso, sulla roccia lavica.


Un paio di file di ombrelloni multicolori e una struttura in legno per il bagnino, su cui sventola la bandiera della pace, è quanto offre al turismo balneare la spiaggia di Bèrchida, una lunga falce di sabbia bianca alle cui spalle il rio omonimo e il rio su Lidone formano alcuni stagni. Una strada sterrata raggiunge il sito dall’entroterra. È stata indicata da Goletta Verde come una delle spiagge più incontaminate d’Italia. Come sempre, e fortunatamente, la pressione dei bagnanti si concentra solo vicino agli accessi stradali. Proseguendo sulla spiaggia di sa Marchesa, alle cui spalle ci sono solo foreste di rimboschimento a pino ed eucalipto, e un labirinto di piste sterrate di servizio, l’isolamento dal mondo del turismo balneare è totale. Analoga sensazione sulla spiaggia antistante lo stagno Biderrosa, dove l’accesso è a numero chiuso e a pagamento per chi vi arriva in auto. Il territorio compreso tra lo stagno di Biderrosa e sa Curcùrica, esteso su circa 800 ettari, è di proprietà del comune di Orosei ed è gestito dall’Ente foreste della Sardegna. Gli stagni di Biderrosa e Bèrchida sono sito di importanza comunitaria (Sic), esteso su 2.639 ettari (comprende tutta la costa da Salina Manna, a nord di Capo Comino, e fino a sa Curcùrica). Biderrosa deve il suo nome a un ovile, cuilaria Biderrosa, antico forse di 300 anni, all’interno dell’area protetta. Lo stagno ha una foce intermittente e d’estate un cordone sabbioso lo chiude completamente. Lo stagno sa Curcùrica (che significa gallinella d’acqua) è il più vasto dei tre (38 ettari), ed è alimentato dal rio Pischina e sa Mela. È dotato di una peschiera, che ne sfrutta le abbondanti risorse ittiche: cefali, anguille, spigole e orate, che fanno gola anche a una estesa popolazione di cormorani e gabbiani. Gli specchi d’acqua sono frequentati anche da specie rare come il falco pescatore, l’airone rosso e il pollo sultano.

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Una costa esemplare: sa Curcùrica, Bèrchida e Biderrosa

STAGNO BIDERROSA

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Il percorso M ag i c he Bar onie  Santa Lu c ia  ➜  C al a L ibe rotto

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Tempo 2 giorni. 4 ore da Santa Lucia a s’Aliterru, 6 ore da s’Aliterru a Cala Liberotto.

Difficoltà Percorso su sentieri, sterrate e spiagge. Guado del canale dello stagno su Curcùrica, alto 1 metro e 10 (4 luglio 2007).

Rifornimento d’acqua S’Ena ’e sa Chitta, davanti all’isola Ruia (bar-ristoro), s’Aliterru (fontanile), Bèrchida (bar mobile), Cala Ginepro (chiosco).

Mangiare e dormire A Santa Lucia ristoranti e, uno accanto all’altro sul viale dei Pini, campeggio la Mandragola, tel. 0784-81.91.19, www.villaggiomandragola. com, e campeggio Selema, tel. 0784-95.37.61, 334-95.77.731, www.selemacamping.com.

A s’Aliterrru, al termine della prima delle due giornate, un fontanile e una essenziale area sosta. A Cala Liberotto negozi, ristoranti, alberghi (diversi a Sos Àlinos ma non economici) e il campeggio sa Prama, tel. 0784-91.072, 349-23.68.569, www.saprama.it.

Collegamenti con mezzi pubblici Sulla fascia costiera fra Siniscola e Orosei, e più in generale fra Olbia e Nuoro, fanno servizio le corriere Arst, tel. 800-86.50.42, Arst Olbia tel. 0789-55.30.00, Arst Nuoro, tel. 0784-30.115, www.arst.sardegna.it. Santa Lucia si trova a circa 9 km da Siniscola ed è collegata dai mezzi Arst. Da Sos Álinos, e in estate anche da Cala Liberotto, si possono raggiungere Orosei, Dorgali e Nuoro verso sud e Santa Lucia, Siniscola e Olbia a nord.

Si parte dalla circolare torre spagnola, costruita nel XVII secolo in mattoni di pietra basaltica scura e circondata sino alla fine degli anni Settanta da pochi edifici, soprattutto baracche di pescatori. Si percorre verso sud il marciapiede di via Lungomare e quando termina si prosegue sulla sterrata ai margini della pineta e a breve distanza dalla bassa scogliera basaltica. Percorsi circa 3 km agevoli si arriva alla Punta s’Ena ‘e sa Chitta, occupata da un insediamento turistico fatto di case basse. Al termine della sterrata si entra nella spiaggia e si cammina sulla bianca, fine e compatta battigia, ricca di quarzo. All’interno, oltre la duna, la Salina Manna e poi la più piccola Salinedda, altro specchio d’acqua salmastro, con la mescolanza di acque dell’interno e del mare che creano le condizioni favorevoli di salinità per diverse specie vegetali e animali. Dalla primavera all’autunno, l’emissario della Salinedda presenta un facile guado. Guardando all’interno è ben visibile l’imponente e candido massiccio calcareo del monte Albo, mentre verso nord, alle spalle, appare di tanto in tanto l’isola di Tavolara, distante ma ben riconoscibile. Un bel sistema di dune si eleva vicino alla spiaggia: è scampato all’espansione edilizia e al saccheggio dei turisti, che portano via la sabbia a sacchet42


SANTA LUCIA, LA STERRATA PER S’ENA ‘E SA CHITTA

ti. Si giunge all’altezza dell’isola Ruia, un pennello naturale di porfido rosso popolato dai cormorani, e con un ultimo tratto di spiaggia ci si trova in un ampio parcheggio dotato di bar-ristoro. Si prosegue sulla sterrata parallela e più bassa della strada asfaltata, che presenta anche qualche tratto di selciato. Poco prima di arrivare al faro di Capo Comino si percorre a destra un sentiero che sale al piazzale dove ha termine la strada asfaltata. L’edificio a tre piani con la lanterna è qui a pochi passi, circondato dalla macchia e da rocce granitiche giallo-rosate, lavorate dagli agenti atmosferici. Per la sua posizione, Capo Comino rappresenta da tempi antichi un punto importante per le rotte nautiche. I pastori che un tempo abitavano la Punta Artora, sull’altura alle spalle del faro, accendevano un grande falò vicino allo stazzo nelle notti di tempesta e senza luna, in modo da guidare le navi in difficoltà. Oggi rimane la vecchia e abbandonata costruzione, sormontata da moderne antenne per le telecomunicazioni, che consentono di individuare la posizione di Capo Comino anche da diversi chilometri di distanza ma, in questo caso, anche di giorno. Oltre il faro la strada prosegue sterrata ai piedi della Punta Artora. Percorso circa 1/2 km dal faro, si lascia la sterrata principale, che volge a destra verso l’interno, per imboccare a sinistra una strada più piccola a fondo naturale che si avvicina al mare. Prima di raggiungerlo, si trova sulla sinistra un lungo fontanile con acqua di sorgente e appresso uno slargo, ideale per bivaccare. Ci sono un alto ginepro che dà preziosa ombra, un rudimentale punto fuoco e la spiaggia sassosa s’Aliterru, contornata dalla scogliera granitica. Si riprende il cammino a fianco della frastagliata linea di costa, tralasciando ben presto il percorso più battuto, indicato da una tabella in

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LA COSTA DI CALA LIBEROTTO

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legno col simbolo della bicicletta, per tenersi sul sentiero prossimo al mare. Il sentiero è ben visibile solo a tratti, ma la costa a ridosso del mare è sempre ben percorribile. Giunti a una spiaggia più estesa (ci sono la foce di un rio e un grande ginepro con un tavolo rudimentale), si può raggiungere la soprastante strada forestale mediante un sentiero. È anche possibile rimanere sulla linea di costa e percorrerla senza particolari difficoltà, se non il fondo sassoso, fino alla spiaggia di Bèrchida. Giunti a una fascia antincendio, si lascia la strada principale per seguire a sinistra, lungo la recinzione, una sterrata più stretta. Poco più avanti si torna a percorrere la via più battuta, per un breve tratto e fino al primo bivio, dove si gira a sinistra per camminare sulla sterrata parallela alla costa. Quando si cominciano a vedere le bianche spiagge di Bèrchida, si lascia la strada e si scavalca una recinzione su apposito passaggio. Per arrivare alla spiaggia si segue una piccola sterrata che oltrepassa alcuni slarghi alle spalle della duna. Si percorre interamente la lunga e ampia spiaggia di Bèrchida, passando il rio omonimo (senza problemi in estate), lungo il cui corso si trova, poco all’interno, un’area archeologica con un insediamento nuragico. Sempre camminando sulla battigia, si attraversa l’arenile di sa Marchesa, movimentato qua e là dalla presenza di massi granitici. In alternativa alla spiaggia, si può percorrere il sentiero immediatamente alle sue spalle, che corre sulla duna, fiorita di gigli di mare nei mesi estivi e profumata in primavera da una moltitudine di specie, fra cui il mirto, un simbolo della Sardegna. Passato un piazzale che interrompe la macchia, il sentiero giunge allo stagno Biderrosa, oasi naturale chiusa alle spalle da un arco di picchi granitici.


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Si percorre la spiaggia fino allo stretto canale che mette in collegamento lo stagno su Curcùrica col mare e viene utilizzato da gommoni e piccole imbarcazioni. Il canale richiede un guado che in estate dovrebbe aggirarsi intorno al metro di altezza. Lo stagno ha una profondità massima di 2 metri, una superficie di 38 ettari, è ricco di vegetazione e popolato di avifauna, e ospita le strutture di sbarramento di una peschiera. Si cammina sulla battigia a nord di Punta Ginepro, dal colore rosato dovuto all’erosione delle scogliere granitiche. Quasi al termine della spiaggia, nella pineta, ci sono un campeggio e un chiosco. Si prosegue sul sentiero lungo il mare e, all’imbocco della penisoletta di Punta Ginepro, si può scegliere fra due percorsi. Un sentiero compie il periplo completo della punta, un altro percorre la duna tagliando alla base il promontorio. La successiva spiaggia di Cala Ginepro arriva alla movimentata scogliera di Cala Liberotto, dove inizia un tratto meno interessante, deturpato dalle villette costruite vicino al mare. Questa è una delle mete più amate dai turisti locali nuoresi e l’affollamento nella stagione dei bagni è pesante. Un sentiero porta a una prima caletta; il sentiero successivo a una spiaggia più grande; sentiero e poi sterrata fra case e scogliera, conducono a Porto Corallo, un’insenatura più decisa. Percorsa la spiaggia, nel punto in cui è più profonda s’imbocca un ultimo breve sentiero nella pineta che raggiunge la strada asfaltata di Cala Liberotto. L’itinerario sul mare della Baronia termina qui. La rettilinea via Cala Liberotto collega il mare con la località Sos Álinos, sulla statale 125, in 1,2 km.

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