Tortona e dintorni

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con il sostegno di:

tortona e dintorni

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i luoghi

pubblicazione a cura dell’ISTITUTO STATALE DI ISTRUZIONE SUPERIORE “G. MARCONI” TORTONA (AL)

i prodotti

i personaggi

la cultura

la storia

perché è meglio perdersi in un bicchier d’acqua che a un incrocio

con il patrocinio di:

Comune di Tortona


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RINGRAZIAMENTI:

“Tortona e dintorni” è una pubblicazione curata da Carlo Arzani, Cristina Antoni, Giovanna Bianchi, Patrizia Corana, Poppi Posillipo, Simona L. Vitali. Uno speciale ringraziamento va a Agostino Gatti e inoltre a Valentina Bonadeo, Rosa Fadda, Anna Miglioli, Michela Ricco, Tommaso Porta, Davide Sandalo, Fiorella Traverso, Davide Sannia. Le fotografie sono di Valentina Bonadeo, Massimiliano Navarria e Davide Sannia.

In copertina (ed ultima di copertina) “Tortona” particolare stampa della collezione di Giuseppina Pedenovi.

Realizzazione Danibel srl e Plug In srl stampata dalla tipografia Viscardi di Alessandria nel mese di novembre 2009.


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Quando cominciammo a riflettere su questa guida, circa tre anni fa, ci proponevamo l’obiettivo di fare in modo che, come è nel DNA del nostro Istituto, gli studenti “imparassero facendo” anche attraverso un approfondimento della conoscenza del territorio capace di rendere più salde le relazioni tra scuola e realtà locale. Stavamo cercando, insomma, di realizzare un “prodotto” e non soltanto un saggio scolastico. Finalmente oggi, grazie all’impegno degli studenti e dei docenti che li hanno guidati e grazie al prezioso coinvolgimento della Provincia di Alessandria e della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino ce l’abbiamo fatta!

Siamo convinti che la nostra pianura e le nostre colline abbiano molto da offrire. Da Bruggi e Caldirola a Marengo, dal Po e dal Tanaro fino alla Val Borbera, passando per le valli del Curone, del Grue e dell’Ossona conserviamo memorie che nascono dalla preistoria, attraversano l’antichità celtica, ligure e romana ed il medioevo, fino all’epoca moderna ed ai giorni più recenti. In molte epoche la nostra è stata una terra di confini, passaggi, scambi e incontri di culture diverse. La natura e l’uomo hanno modellato il paesaggio; la storia ha influenzato i nostri cibi, gli usi, i linguaggi ed i nostri pensieri.

Mi piace segnalare inoltre come la collaborazione, originalmente non prevista, di professionisti - per le immagini, la grafica, l’impaginazione, la stampa - abbia di molto innalzato la qualità della nostra guida, che certamente oggi non si presenta come una pura esercitazione realizzata a scuola. La speranza, pertanto, è che questa pubblicazione sia utile a quanti, curiosi di Tortona e dei nostri paesi, si propongano di trascorrervi qualche giorno… o anche solo qualche ora. O a chi, semplicemente, voglia saperne qualcosa di più.

In queste pagine, nate dal lavoro degli studenti - molti dei quali figli d’altre terre - spuntano tracce di una storia comune: un compito in più affidato alla guida è invogliare all’approfondimento per conoscere meglio le tante radici ed i tanti rami di quell’antico albero che è il nostro territorio.

ing. Carlo Arzani Preside I.S. “G. Marconi” _3_


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Trasmettere cultura attraverso la valorizzazione del territorio è da sempre uno tra i principali obiettivi della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Un elemento importante che ritroviamo in questo lavoro, frutto di un approfondito percorso di ricerca ed analisi dei giovani dell’Istituto Marconi di Tortona e dei loro insegnanti. Sono quindi lieto di salutare il risultato di tanti mesi di lavoro e di raccolta di documenti, fotografie, curiosità sia di Tortona che dei paesi limitrofi, che hanno contribuito a realizzare una guida davvero esaustiva per tutti coloro che desiderino approfondire le proprie conoscenze su un territorio ricco di fascino e storia.

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Una pubblicazione realizzata dai ragazzi che, inizialmente priva di troppe ambizioni, è riuscita ad arrivare ad un elevato livello di dettaglio non solo nella ricostruzione e descrizione del territorio ma anche per la precisione, l’analisi minuziosa e la scelta iconografica che accompagna ogni pagina. Per questo la Fondazione CRT ha creduto e sostenuto dall’inizio il prodotto, sia per la sua valenza culturale che per il progetto educativo che porta con sé.

Agostino Gatti Consigliere Fondazione Cassa di Risparmio di Torino


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Noi studenti di 5ª AT 2009-2010, con l’apporto del lavoro svolto dalla 5ªAT 2007-2008, siamo riusciti a creare una guida turistica del tortonese tutta nostra, la cui stesura ci ha tenuti occupati soprattutto durante lo scorso anno scolastico. Abbiamo lavorato molto sul progetto: inizialmente eravamo scettici e non credevamo nella riuscita di quest’opera ma, anche con la collaborazione e il sostegno dei professori interni ed esterni, dell’ area professionalizzante, siamo alla fine riusciti a “tirar fuori” il meglio di noi. A poco a poco abbiamo scoperto notizie e curiosità che ci hanno spinti a credere in ciò che facevamo, lavorando come un “team”, in grado di mettere insieme idee, informazioni e fantasia. È stato interessante ed emozionante apprendere caratteristiche del nostro territorio che prima di quel momento non avevamo potuto apprezzare. Ci siamo, ad esempio, imbattuti in personaggi del presente e del passato, come Enrico Bellone e Carlo Leardi. Abbiamo scoperto piatti e modi di dire per noi del tutto nuovi, ma che

sappiamo far parte delle tradizioni ereditate dai nonni, come le ricette dei “farseau” o della “squicia”. Della nostra classe fanno parte anche alunni stranieri, che hanno collaborato alle nostre scoperte, con un coinvolgimento che li ha sicuramente aiutati a sentirsi parte del gruppo. Per concludere: siamo orgogliosi di presentare questa guida, con la speranza che possa piacere ed essere uno stimolo di riflessione e un incoraggiamento al lavoro per le classi che verranno dopo di noi.

I ragazzi della 5ª AT 2007-2008 e 2009-2010 Giada, Martina, Alessandra, Emanuele, Alessandro, Sandee, Alessandra, Jessica, Valentina, Oana Laura, Serenella, Roberta, Pamela, Rossella, Serena, Laura, Veronica, Enrica, Viktorija _5_


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La Storia e la Cultura Fino a che ci pare fatta solo di date ed eventi che sembrano non appartenere a nessuno, la Storia rischia di dire nulla o ben poco. Poi ci si accorge che dietro quei nomi incisi sulle targhe delle vie ci sono state persone e che gli occhi vuoti di una statua possono diventare vivi. La ricerca ha cosĂŹ inizio e gli indizi sembrano disseminati dappertutto, come in un libro giallo. E non ci si ferma piĂš. Una volta scoperte le radici che danno senso alla nostra vita, il compito diventa quello di irrobustirle e proteggerle. Per farle diventare un altro pezzo di Storia. _7_


la storia

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Tortona, (in dialetto Turtona) è un comune di 27.000 abitanti sito sulla destra del torrente Scrivia, tra la piana di Marengo e le colline dell’Appennino Ligure. La città si estende su sette colli e del suo territorio fanno parte sette frazioni (Bettole, Castellar Ponzano, Mombisaggio, Rivalta Scrivia, Torre Calderai, Torre Garofoli, Vho, Passalacqua). È sede vescovile e ospita il Santuario di Nostra Signora della Guardia, voto di Don Orione, sulla cui torre campanaria è ben visibile la Madonnina Dorata. Per queste ragioni Tortona è anche detta piccola Roma o piccola Milano.


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Una storia che parte da lontano Si è concordi nel ritenere che il primo insediamento abitativo di Tortona debba farsi risalire tra VIII e V secolo a.C. ad opera dei Liguri. Con molta probabilità si trattava di un villaggio fortificato posto sulla collina a dominare una pianura malsana e paludosa. Tortona è considerata la più antica colonia romana del Piemonte e precederebbe di circa 20 anni Eporedia (Ivrea), fondata nel 100 a.C. È già descritta dal geografo greco Artemidoro di Efeso come città illustre. Dertona era infatti fiorente centro agricolo e commerciale, all’incrocio di tre importanti vie di comunicazione: la via Postumia che collegava Genova ad Aquileia, la via Fulvia che arrivava da Pollenzo e la via Æmilia Scauri proveniente da Vada Sabatia (l’odierna Vado Ligure), attraverso Aquae Statiellae, (oggi Acqui Terme).

Tra il 40 ed il 30 a.C., il territorio di Dertona è oggetto di una seconda colonizzazione romana: Ottaviano assegna terre dertonine ai suoi veterani di guerra e, a ricordo dell’avvenimento, la città adotta l’appellativo di Julia Dertona. _9_


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Il nome Tortona così come Terdona e Dertona, deriva dal motto: Pro tribus donis similis Terdona leonis, Tortona è simile a un leone per tre doni: il valore, la lealtà e la cortesia, chiara allusione al prestigio che la accompagna sin dai tempi più antichi.

la storia

Già in epoca paleocristiana, la città era sede vescovile ed importante comunità religiosa. San Marziano, Protovescovo della Diocesi e Santo Patrono della città (6 marzo) fu martirizzato e, secondo la leggenda, le reliquie vennero ritrovate sulla riva sinistra dello Scrivia.Oggi sono conservate presso la cattedrale della città.

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Bisogna arrivare all’XI secolo perché Tortona riesca a diventare libero comune sottraendosi al potere vescovile e partecipando alla ribellione contro l’autorità imperiale. Nel 1155 Federico Barbarossa ne rase completamente al suolo le mura e le torri. Ricostruita con l’aiuto dei milanesi,

fu nuovamente conquistata dall’imperatore nel 1162, ma aderì alla Lega Lombarda e partecipò alle lotte comunali cambiando spesso schieramento. Seguì quindi le sorti del ducato di Milano dal 1347 (sotto il dominio dei Visconti prima e degli Sforza poi) fino al XVI secolo e fu anche città dotale di Cristierna di Danimarca, moglie dell’ultimo duca di Milano, Francesco II Sforza: la principessa, poi duchessa di Lorena, morì qui nel 1590. Successivamente in mano agli spagnoli, venne fortificata ed elevata a baluardo difensivo ai confini del Ducato di Milano. Nel 1706 fu teatro di scontri durante la guerra di successione spagnola; nel 1738 venne annessa ai domini sabaudi da Carlo Emanuele III.


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Con la discesa di Napoleone in Italia (1796), il castello di Tortona fu ceduto dall’armistizio di Cherasco ai francesi che vi stabilirono il loro quartier generale in occasione della battaglia di Marengo: 14 giugno 1800. In seguito agli accordi presi con lo zar di Russia, Napoleone ordinò, nel 1801, lo smantellamento delle fortificazioni e la distruzione del castello. Dopo essere stata annessa all’Impero Francese (1802), ritornò definitivamente ai Savoia (1814) dando inizio a un periodo di floridezza economica, espansione demografica e rinnovamento edilizio. Nel 1890 venne aperta la caserma Passalacqua giudicata uno dei migliori esempi di architettura militare del tempo. In seguito fu utilizzata come centro di raccolta dei profughi provenienti dalla Grecia insieme a un folto

gruppo di esuli giuliano-dalmati (si stima che siano stati almeno 20.000 i rifugiati ospitati tra il 1946 e la fine degli anni ‘60 dalla struttura, una delle più grandi d’Italia). Nel 1892, il giovane chierico Luigi Orione inaugurò il primo oratorio per i ragazzi di Tortona presso l’episcopio, poi trasferito all’Oratorio del Crocefisso e, successivamente, a San Bernardino. In occasione del Natale del 1894 la Filodrammatica di San Filippo Neri presentò per la prima volta Gelindo di don Carlo Testone: fu un successo straordinario. Il 13 giugno 1896 uscì il primo numero del settimanale Il Popolo Dertonino. Nel 1900 proseguì il processo di sviluppo economico ed urbano della città. _11_


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la storia

Risale a questo periodo la nascita di alcune importanti industrie, l’ammodernamento della Via Emilia, lo sventramento del Paramuro e l’ampliamento di Piazza delle Erbe con la costruzione del mercato ortofrutticolo. Nei primi anni del secolo, per iniziativa di Aristide Arzano, fu fondata la Società Storica Julia Dertona che si battè tenacemente per la valorizzazione del Tortonese, aprendo il Museo Civico e la Biblioteca e organizzando a Tortona (nel 1905) l’VIII Congresso Storico Subalpino.

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Lo sport da pionieristico diventò popolare: nel 1905 venne fondata l’Unione Sportiva Tortonese mentre il Derthona F.B.C. dal 1908 partecipò ai primi campionati di calcio. Il ciclismo, però, era lo sport più diffuso, grazie anche a Giovanni Cuniolo Manina, tre volte campione d’Italia e vincitore di un Giro di Lombardia. Il 29 gennaio 1911 con atto del notaio Caminada, 51 sottoscrittori diedero vita alla Cassa di Risparmio di Tortona.


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Il primo presidente eletto fu il prof. Pio Evasio Cereti e poco dopo venne aperto il primo sportello in via Giulia. Gli Anni Venti furono un periodo inquieto per la storia tortonese, come, del resto, per l’Italia: la disoccupazione era in forte aumento, in netto contrasto con le promettenti prospettive dei primi anni del Novecento.

Anche Tortona pagò il proprio tributo di sangue alla causa della libertà durante la Resistenza: nel marzo 1944, infatti, vennero fucilati sul Castello, per rappresaglia, dieci partigiani detenuti nelle carceri cittadine.

Il 29 agosto del 1931 venne consacrato il Santuario della Madonna della Guardia, così tenacemente voluto da Don Orione. I festeggiamenti si conclusero il mese dopo, quando il maestro Lorenzo Perosi venne a Tortona a dirigere la Resurrezione di Cristo. Il 12 marzo 1940 a San Remo morì Don Orione. Nello stesso anno, nei mesi di maggio e giugno un giovane corridore stupì per le sue imprese: Fausto Coppi trionfò al Giro d’Italia. Una vera festa per tutti. Tra il 1943 e il 1944 la città fu colpita da una lunga serie di bombardamenti. _13_


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la cultura

Museo Orsi (ex fabbrica trattori) La fabbrica di macchine agricole Orsi muove i primi passi alla fine dell’800, come semplice fucina di attrezzi agricoli. Negli anni ‘30 e ‘40 diventa una realtà industriale di livello nazionale, tra le prime del suo settore. L’importanza della ditta Orsi risiede nel fatto di essere stata la fabbrica pioniera nell’aprire la fase industriale della città di Tortona, sicuramente la più vecchia attività metallurgica tortonese, su cui si è basata per quasi 50 anni l’economia locale. Dopo la chiusura del 1964 l’area industriale dismessa viene acquistata dal Comune. L’ex insediamento occupava un vasto isolato a ridosso del

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centro storico, lungo la via Emilia, direttrice principale del nucleo cittadino. Il complesso ha subito diverse trasformazioni nel corso degli anni ed è oggi caratterizzato dalla presenza di servizi pubblici come le scuole (costruite negli anni ‘70 demolendo parte dell’opificio), la Caserma dei Carabinieri (ricavata negli ex uffici Orsi), le abitazioni ATC (adattamento delle vecchie abitazioni dei dipendenti Orsi). L’insediamento industriale, rimasto ancora in disuso, è composto principalmente da due fabbricati: l’ex fabbricato “montaggio trattori” e “torneria”, di circa 2000 mq ciascuno e la relativa area di pertinenza di circa 10.000 mq. Il capannone già “torneria” è stato trasformato in museo delle macchine agricole. Museo Civico Attualmente il Museo raccoglie più di 2000 reperti, testimonianze tanto concrete quanto affascinanti della storia locale, dalla preistoria al Medioevo. Del resto il nome di Tortona si può leggere anche nei libri di geologia e già nelle primissime pagine di quelli di storia. Infatti, Tortoniano è il nome uno dei piani del Miocene (che termina 7 milioni di


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appartenuto probabilmente ad un maschio di 20 anni e risalente al quarto millennio a.C., alcuni pezzi di corna di cervo lavorate e alcune selci scheggiate costituiscono il piccolo ma significativo retaggio della presenza umana nel tortonese prima dell’epoca storica. Teatro Civico Risale al 1838 e fu realizzato su progetto di Pietro Pernigotti: i lavori cominciarono nel 1836. L’interno, decorato da fregi e stucchi, è a tre ordini di palchi più il loggione. Completamente restaurato negli anni ‘80, dopo la riapertura del 2 maggio 1990, ospita ogni anno una grande stagione di spettacoli.

anni fa) e lo Sperone di Tortona è una tipologia geologica le cui successive formazioni sono abbondantemente fossilifere. Il Museo possiede un’interessante raccolta di fossili locali ed è in grado di documentare anche la più antica presenza dell’uomo nella zona: un cranio neolitico,

Palazzo Guidobono Il palazzo appartenne ad un ramo dei Guidobono di Tortona che lo lasciarono in eredità ai Guidobono di Castellaro e Monleale agli inizi del XVIII secolo. Nel 1762 la contessa Massimilla Visconti-Guidobono ne fece vendita al Comune di Tortona che, dopo averlo restaurato, lo destinò al governatore sabaudo della città e della provin_15_


la cultura

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cia. Dal marzo 1799 al 1850 divenne sede amministrativa della città e ospitò le riunioni del Consiglio Comunale. Dal 1801 al 1814 l’edificio fu sede degli organi amministrativi napoleonici (sindaco e sottoprefetto). La presenza dell’ufficio del maire, il sindaco napoleonico, modificò il nome dell’area in piazza della “merì” (anticamente nota come piazza dell’Annunziata, per il nome della chiesa che vi si affacciava). Parzialmente ricostruito nel 1939, conserva all’interno un soffitto ligneo quattrocentesco con motivi araldici e, nel sotterraneo, resti di muratura e di un pavimento a mosaico romani oltre a una “nivera” rinascimentale. Dalla metà degli anni ‘50 fino al 1996 ha ospitato gli Istituti Civici Culturali, oggi è sede della Pinacoteca. Ordinata tra il 1990 e il 1992, la galleria è ricca di 150 opere, una piccola testimonianza della cultura artistica tortonese tra XVI e XX secolo. Il nucleo più antico è rappresentato da una serie di dipinti religiosi, presumibilmente provenienti da chiese e conventi soppressi. Interessante, fra gli altri, un acquarello di Pietro Bagetti con protagonista la fortezza di Tortona in tutta la sua im-

ponenza che fa da sfondo al passaggio dello Scrivia da parte delle truppe francesi (1796). Palazzo Banca Popolare

Fu edificato nel 1889 su progetto del geometra Luigi Remotti per ospitare la sede della Banca Popolare, fondata nel 1871 e attiva fino al 1968. L’elegante facciata richiama i modelli neo-rinascimentali della fine del secolo XIX. Sulla piazza antistante sorge il monumento ai caduti delle Guerre


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d’Indipendenza (inaugurato nel 1890) opera dello scultore Odoardo Tabacchi. Muro Romano Costruito in blocchi di arenaria, testimonia la presenza sul Colle Savo di un castrum romano già prima che avvenisse la distribuzione di terre ai veterani e la centuriazione del territorio circostante. Il materiale recuperato dal cavo di fondazione ha permesso di confermare la datazione del I secolo a.C. e ha restituito molti reperti riferibili ai primi insediamenti a Tortona dell’età del ferro. I resti sono ancora visibili in via Rinarolo. Sepolcri romani In Porta Voghera, zona Fitteria, si possono vedere i mausolei a podio assimilabili ai monumenti funebri turriformi diffusi nell’Italia centrale. Ponte Romano Databile tra la fine del I secolo a.C. e la seconda metà del I secolo d. C., venne scoperto nel 1982 nella zona di Porta Voghera e riportato alla luce nel 1987.

Ricavate contro il terreno, le spalle evidenziano il nucleo di calcestruzzo e le tracce del rivestimento in blocchetti squadrati di calcare. Castello Il Castello si può considerare il vero protagonista dei 25 secoli di storia tortonese. Quello che ne rimane, dopo la distruzione voluta da Napoleone nel 1801, sono alcuni resti della cintura muraria e la torre campanaria della chiesa del forte, assurta a simbolo della città: di qui si spazia per largo orizzonte sulla pianura padana verso Milano, Genova, Alessandria, Piacenza, con lo sfondo, nei giorni sereni, delle Alpi. Il colle Savo ha visto il primitivo castelliere ligure trasformarsi prima in rocca romana, poi in castello medioevale, ripetutamente assediato e più volte distrutto, ma sempre ricostruito e rafforzato fino a divenire, nel 1773, per opera dell’ingegnere militare Bernardino Pinto, su incarico di Vittorio Amedeo II, una superba fortezza. Nella zona del Castello sorgevano sia l’antica Cattedrale sia le fortificazioni della città che resistet_17_


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la cultura

tero al Barbarossa e che furono smantellate nel XVII sec. dalle soldatesche di Carlo V e dai fulmini. A ricordo di quelle epoche eroiche resta la Torre del Castello (in realtà, torre campanaria della chiesa del forte) del secolo XII unico elemento superstite dell’imponente fortezza che sovrastava la città dall’alto del colle. Si trova nel Parco del Castello ed è circondata da vaste aree verdi e vialetti alberati. Identificata come la torre campanaria della cappella dedicata al Beato Amedeo di Savoia del forte S. Vittorio, sopravvisse alla completa distruzione del complesso militare decretato da Napoleone Bonaparte nel gennaio 1801 ed effettuata nel marzo-aprile dello stesso anno.

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Mausoleo di Maiorano Enorme costruzione a pianta quadrata (8.90 x 8.70 m), databile al I sec. a. C. sembra mostrare una finalità celebrativa, ma la tradizione l’ha sempre identificato con il Mausoleo dell’imperatore Maiorano, assassinato da Ricimero a Tortona nel 461 d. C. I resti attualmente sono annessi alla canonica della chiesa di San Matteo.

Palazzo vescovile Edificato per volere del vescovo Cesare Gambara nel 1584, presenta un bel portale in marmo bresciano. All’interno è conservato un trittico con Madonna con Bambino, santi Giovanni Battista e San Bernardo di Macrino d’Alba (1499) e una tela avente per soggetto la Madonna col Bambino e sante Margherita ed Anna (1610) di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo.


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Basilica della Madonna della Guardia Sorge alla periferia della cittĂ , nel quartiere di San Bernardino. Voluta da San Luigi Orione ed edificata nel 1931, ne conserva le spoglie mortali. L’edificio è dotato di una elevata torre su cui poggia una gigantesca

statua in bronzo (14 m) della Madonna col Bambino, collocata nel 1959. Il duomo di Tortona Il duomo di Tortona, dedicato a Maria Assunta e a San Lorenzo martire, venne edificato nella se-

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la cultura

conda metà del XVI secolo su una chiesa preesistente. La facciata, di ispirazione neoclassica, è della seconda metà dell’Ottocento (1880-85). All’interno, opere di artisti quali Gian Mauro della Rovere detto il Fiammenghino, Aurelio Luini, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, Camillo Procaccini e Giuseppe Vermiglio. Stivate nel duomo sono le tombe di Lorenzo Perosi e del fratello cardinale Carlo. Conservate nel duomo sono anche le reliquie di san Marziano, santo al quale, secondo la tradizione locale, si deve la conversione della città al cristianesimo. In un altare laterale è conservato inoltre un frammento della Vera Croce che dà origine a una delle più sentite ricorrenze cittadine: la festività di Santa Croce.

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Chiesa di Santa Maria Canale L’edificio attuale risale al XI-XII secolo con l’aggiunta, nella seconda metà del XVI secolo, dell’abside rettangolare e delle cappelle laterali. È la chiesa più antica che si conserva in città; purtroppo ha subito molti rimaneggiamenti e insieme ai caratteri romanici originali presenta anche ele-

menti gotici. La facciata a capanna è frutto del restauro condotto nel 1853. L’interno, che conserva tracce di affreschi del XV secolo, fu decorato dal pittore Rodolfo Gambini nel 1918. Tra i dipinti sono presenti opere del Fiamminghino (XVII sec.), del Brandimarte della Torre (XVI sec.), del Vermiglio (XVII sec.) e del Gambini (XX sec.). Di notevole interesse una Natività di scuola leonardesca (XVI sec.).


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I Personaggi Passeggiando sotto i portici della via Emilia, poco prima di giungere in piazza Malaspina, si possono riconoscere, dipinti nei soffitti, i ritratti di alcune tra le più grandi personalità della città, insieme agli stemmi delle famiglie nobili del passato. Nei pilastri a fianco due targhe riportano brevi cenni sulla vita di ognuno. Un curioso omaggio che Tortona ha voluto in onore dei “suoi cittadini” più illustri. _21_


i personaggi

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Padre Michele da Carbonara (1836-1910) Prefetto apostolico dell’Eritrea, documentò gli orrori della schiavitù in Abissinia ospitando nella sua casa i poveri che sfuggivano ai commercianti di carne umana. Leopoldo Massa Saluzzo (Tortona 1766 – 1853) Di famiglia nobile, si laureò in legge a Torino e partecipò alla guerra franco-sabauda (1792-1796). Poeta e studioso delle antichità cittadine, nel 1827 pubblicò due volumi sulle Opere Edite ed Inedite. Fu consigliere comunale e vicesindaco. Pietro Frascaroli (Tortona 1839-1910) Marchese ingegnere, diede avvio alle prime osservazioni meteorologiche tortonesi installando un pluviometro sulla torretta della sua abitazione, situata nell’antica area del Convento di Santa Chiara. Questo strumento rimase in funzione sino all’inizio dell’attività dell’Osservatorio Meteorologico Vescovile.

Gregorio Leardi (Tortona 1823- 1900) Avvocato, fratello di Carlo e di Alberto, si laureò in Giurisprudenza a Torino, dove strinse stretta amicizia con Vittorio Emanuele II. Ricoprì la carica di Sindaco di Tortona dal 1860 al 1865, dal 1874 al 1875 e dal 1881 al 1885. Stimato giureconsulto della città e del circondario, presiedette numerose istituzioni pie tortonesi. Francesco Bersani (Castelnuovo Scrivia 1844 – 1866) Eroe garibaldino, lasciò giovane e ricco la famiglia per unirsi a Garibaldi nell’impresa dei “Mille”. Valoroso combattente, fu ferito in modo grave e morì sul campo senza rivedere la propria patria unita. Domenico Schiavi (Tortona 1808-1886) Fu tra i fondatori della Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Tortona diventandone poi presidente. Furiere presso il Comune è stato il più sincero e popolare poeta dialettale. _23_


i personaggi

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Domenico Carbone (Carbonara Scrivia 1823 - Firenze 1883) Fu uno dei più noti poeti patriottici e satirici del Risorgimento. A lui si devono Re Tentenna, La Carabina del Bersagliere, Il libro del profeta Pippo. Dopo essere stato Provveditore agli studi divenne Rettore del Collegio Ghislieri di Pavia. Diodato Leardi (1827-1893) Uomo di grande ingegno e patriottismo, combattè valorosamente nel 1848 nella Guerra d’Indipen-

denza. Fu Censore agli Studi, Deputato al Parlamento Subalpino e poi al Parlamento Nazionale. Si interessò di opere letterarie, di lingue, di politica. Carlo Varese (Tortona 1793 - Rovezzano 1866) Medico, romanziere e storico. Nel 1830 pubblicò il Folchetto Malaspina nel quale celebrava l’eroico passato della città natale. Tra il 1835 e il 1838 pubblicò la Storia di Genova che gli valse la croce di Cavaliere. Fu eletto deputato al Parlamento.


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Carlo Alberto Guidobono Cavalchini (Tortona 1683 - 1774) Laureato in diritto civile e in diritto canonico, si rese celebre a Milano per le grandi competenze giuridiche che influenzarono la sua carriera curiale a Roma. Questo gli consentì successivamente di esercitare il ruolo di avvocato concistoriale sotto il papato di Clemente XI. Dopo aver ricoperto vari prestigiosi incarichi, fu nominato cardinale nel 1743.

Alberto Leardi (Tortona, 1936 - Milazzo, 1860) Patriota, seguì gli ordini di Garibaldi diventando capitano dei Mille. Morì durante lo sbarco in Sicilia. Giuseppe Passalacqua (Tortona, 1794 - Novara, 1849) Tenente colonnello, morì nella battaglia di Novara durante la Prima Guerra d’Indipendenza

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i personaggi

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Peppino Sarina (Broni, 1884 - Tortona, 1978) Burattinaio di origine lodigiana trasferitosi a Tortona ed esponente principale di una celebre famiglia di marionettisti.

quel “da Volpedo” che finì poi per connotare costantemente la sua firma. L’improvvisa morte della moglie nel 1907 lo gettò in una profonda crisi depressiva che lo portò, nello stesso anno, non ancora quarantenne, al suicidio.

San Luigi Orione (Pontecurone, 1872 - Sanremo, 1940) Santo, sacerdote e fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza che si diffuse in tutto il mondo. Studiò al Seminario di Tortona, a lui si deve la fondazione del Santuario della Madonna della Guardia, inaugurato nel 1931. Beatificato il 26 ottobre 1980 da papa Giovanni Paolo II, è stato proclamato santo dallo stesso Papa il 16 maggio 2004.

Lorenzo Perosi (Tortona, 1872 - Roma, 1956) Sacerdote, compositore di musica sacra e direttore perpetuo della Cappella Sistina. Nel 1907 a Tortona viene fondata l’Accademia Perosi. Ad essa è legato il Festival che, dal 1995, è organizzato dall’Ente Festival Perosiano.

Giuseppe Pellizza da Volpedo (Volpedo, 1868 - 1907) Pittore, dapprima divisionista, poi esponente della corrente sociale, celeberrimo autore de “Il Quarto Stato”, divenuto emblema del mondo del lavoro subordinato e delle battaglie politico-sindacali. Dal 1892 cominciò ad aggiungere al suo cognome

Giuseppe Romita (Tortona, 1887 - Roma, 1958) Ingegnere, fece vita politica attiva nelle file socialiste finché il Fascismo lo costrinse al confino; tornato libero, entrò nel Comitato di Liberazione Nazionale. Fu ministro degli Interni e durante il primo governo De Gasperi fu responsabile del regolare svolgimento del referendum monarchia-repubblica il 2 giugno 1946. _27_


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Fausto Coppi (Castellania, 1919 - Tortona, 1960) Soprannominato il Campionissimo o l’Airone, fu il corridore più vincente e famoso dell’epoca d’oro del ciclismo, ed è considerato uno dei più grandi atleti di tutti i tempi. Eccellente passista e scalatore, era molto forte anche in volata, risultando un corridore completo e adatto ad ogni tipo di competizione su strada. Vinse cinque volte il Giro d’Italia e due volte il Tour de France. Fu Campione del mondo nel 1953. Nel ciclismo su pista, fu Campione del mondo d’inseguimento nel ‘47 e nel ‘49 e primatista dell’ora (45,798 km) dal 1942 al 1956. Morì all’ospedale di Tortona di malaria.

Carlo Mirabello (Tortona, 1847 - Milano, 1910) Ammiraglio italiano, ministro della Marina. Appassionatosi alle innovazione tecniche del tempo, seguì con interesse gli esperimenti di Guglielmo Marconi, con il quale strinse una lunga amicizia. Durante una spedizione in estremo Oriente stabilì il primo contatto tra la legazione italiana a Pechino e il mare. Ritornato in Cina a bordo della Vettor Pisani appoggiò la costruzione della stazione Radio di Pechino, inaugurata nel 1903. Nello stesso anno fu richiamato in Italia per assumere la carica di Ministro della Marina Militare Italiana.


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Ma Tortona annovera tra i suoi cittadini molte altre figure importanti:

Maggioriano (420 circa - Tortona, 461) Imperatore romano a partire dal 457, la tradizione lo vuole assassinato a Tortona nel 461. Enrico II Rampini (Sant’Aloisio, circa 1390 - Milano, 1450) Arcivescovo di Milano, si prodigò largamente in favore dei poveri della città: durante una carestia si narra che vendette tutti i propri piatti d’oro e d’argento per ricavarne del denaro da distribuire, fatto che gli fece guadagnare il soprannome di “Padre dei Poveri”. Cristierna di Danimarca (Nyborg,1522 - Tortona,1590) Ultima duchessa di Milano e moglie di Francesco II Sforza.

Francesco Guidobono Cavalchini (Tortona, 1755 - Roma, 1828) Discendente da una nobile famiglia locale, cardinale e titolare della chiesa di Santa Maria in Aquiro, mancò l’elezione al soglio pontificio per il veto di alcuni sovrani europei. Carlo Leardi (Tortona, 1828 - 1882) Membro della reale Accademia dei Georgofili di Firenze pubblicò lo studio “Degli interessi economici dell’agricoltura italiana”. Tito Carbone (Carbonara, 1863 - Milano, 1904) Insegnante e scienziato. Si dedicò allo studio dei fenomeni infettivi e proprio in queste ricerche durante un’autopsia contrasse la brucellosi (o “febbre maltese”) che lo fece morire in pochi mesi. Angelo Barabino (Tortona, 1883 - Milano, 1950) Amico del Pellizza, fu uno dei suoi allievi più fedeli, e come tale lo seguì anche nel passaggio dalla _29_


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corrente divisionista a quella sociale. Nel 1907, dopo la morte del maestro, completò un dipinto da lui incompiuto, Il girotondo.

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Giovanni Cuniolo (Tortona, 1884 - 1955) Ciclista, tre volte campione d’Italia, stabilì il record dell’ora nel 1906, primo al Giro di Lombardia nel 1909 (anno in cui vinse anche una tappa al Giro d’Italia).

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Mario Silla (Tortona, 1891 - 1977) Politico, partigiano e antifascista, aderí al Partito Socialista Italiano. Fu consigliere e poi sindaco di Tortona nel 1921 guidando la resistenza contro le squadre fasciste provenienti da Pavia. Costretto alle dimissioni nel 1924 si ritirò a vita privata fino al 1942 quando si iscrisse al Partito Comunista Italiano. Promotore e presidente del CLN di Tortona, guidó gli antifascisti tortonesi. Nell’ottobre 1944 divenne commissario politico della Brigata Arzani e finita la guerra, fu eletto nuovamente sindaco.

Luigi Malabrocca (Tortona 1920 - Garlasco 2006) Ciclista, divenne famoso come maglia nera del Giro d’Italia. Fu anche due volte campione italiano di Ciclocross. Giuseppe Campora (Tortona, 1923 - 2004) Tenore, specialista del repertorio pucciniano, ebbe successo in tutti i più grandi teatri del mondo, tra cui il Metropolitan Opera di New York. Alla fine degli anni ‘70 si ritirò dalle scene per ritornare nella sua città dove continuò ad insegnare canto. Serse Coppi (Castellania, 1923 - Torino, 1951) Fu il prezioso gregario di Fausto nel dopoguerra alla Bianchi. Esordì come professionista nel 1946 classificandosi al ventiquattresimo posto nel Giro d’Italia. Nel 1949 arrivò la sua più grande affermazione, alla Parigi-Roubaix. Morì in seguito alle conseguenze di un incidente di gara al Giro del Piemonte.


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Enrico Bellone (Tortona, 1938) Fisico, divulgatore scientifico e storico della scienza. Ha insegnato negli atenei di Lecce, Genova, Padova e Milano, dove è stato ordinario di Storia della Scienza e delle Tecniche presso la Facoltà di Scienze Matematiche. A Padova ha diretto il Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia e Filosofia delle Scienze. Nel 1995 diventa Direttore di Le Scienze (versione italiana della statunitense Scientific American) e della rivista Mente&Cervello. Nel 2004 gli è stato assegnato il Premio Capo d’Orlando. Ivo Milazzo (Tortona, 1947) Disegnatore di fumetti, è il creatore di Ken Parker.

conoscenza per “il suo contributo fondamentale all’avanzamento dell’analisi in sonda ionica dei minerali, con particolare riferimento agli elementi leggeri”. Enrico Cucchi (Savona, 1965 - Tortona, 1996) Calciatore italiano attivo negli anni 80-90 nel ruolo di centrocampista. Alessandro Cattelan (Tortona, 1980) Conduttore televisivo e radiofonico, scrittore, cantante, ha lavorato per All Music, MTV Italia, Italia 1 e Radio 105 e attualmente è impegnato nella co-conduzione di “Quelli che il calcio...” per Rai Due.

Luisa Ottolini (Tortona, 1954) Fisica, è tra le ricercatrici CNR che hanno contribuito allo sviluppo del progresso scientifico. Il suo nome è legato a un minerale di recente scoperta della classe dei silicati (la ferri-ottoliniite) come ri_31_


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Frutta, verdura, funghi, tartufi e castagne, salumi, miele e formaggi e per finire dolci: il tortonese è una terra particolarmente ricca di prodotti di grande qualità e tradizione, apprezzati in tutt’Italia. Dalla pianura alle colline, fino ai boschi degli Appennini, dalle zone ricchissime d’acqua, terre fertili e amiche a quelle più aspre e bruciate... il tutto in una manciata di chilometri: questa particolare configurazione territoriale permette al tortonese di esprimersi davvero alla grande nel complesso mondo dell’agroalimentare.


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La patata È un prodotto di grande importanza nel panorama del settore orticolo della Bassa Valle Scrivia, in particolare nei comuni di Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora, Isola Sant’Antonio, Sale e Alluvioni Cambiò dove le prime coltivazioni di patate risalgono addirittura a 400 anni fa. Le tipologie coltivate sono principalmente due: quella a pasta bianca e farinosa e quella a pasta gialla. I terreni di produzione sono “non trattati”, così da aumentare il pregio dei prodotti. L’acqua, elemento indispensabile alle coltivazioni, è garantita dai tre grandi corsi d’acqua (il Po, il Tanaro e lo Scrivia) che confluiscono proprio in queste zone. Il sedano Alluvioni Cambiò è l’epicentro della produzione di sedano. I terreni ricchi di humus e poco acidi, che fanno da cornice al Po e al Tanaro,

sono l’ideale per la coltivazione di questo ortaggio seminato in primavera e raccolto in autunno. In quest’area se ne producono due varietà: Bianco e Verde (quest’ultimo chiamato sul posto Nero). Il primo tipo è carnoso con un sapore e un profumo delicato; il secondo, invece, è fortemente aromatico. Il sedano è un prodotto facilmente deteriorabile, richiede molta attenzione e cura durante le varie fasi della maturazione. Il competente intervento dell’agricoltore, ricco di tradizione ed esperienza, ne garantisce genuinità e qualità: doti che lo hanno reso famoso presso massaie e cuochi di tutto il territorio, fino a Genova. L’aglio È uno dei più importanti elementi della cucina mediterranea, ottimo per valorizzare il gusto di parecchie vivande fino al punto che la saporita cucina piemontese ne fa uno degli ingredienti più utilizzati. Il paese che fa della produzione di aglio un vero fiore all’occhiello è Molino dei Torti: con i suoi 1500 quintali prodotti ogni anno è diventato _33_


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un prodotto trainante per l’economia locale. Seminato a mano in autunno, ha bisogno di terreni ricchi, diserbati e concimati con sali di potassio e azoto. Si raccoglie a luglio, sempre a mano, utilizzando solo una grande lama che solleva il terreno. È lasciato sul campo 7 giorni per la prima essiccazione poi, giunto nella aie delle cascine, viene pulito e spazzolato, fino a farlo divenire bianchissimo. È commercializzato nei caratteristici mazzi composti da una decina di teste. Gli amanti dell’aglio lo considerano il migliore in Italia e la sua fama ha già varcato i confini nazionali.

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La cipolla Di provenienza dall’Asia occidentale, la cipolla è stata introdotta in Europa dai greci ed è sicuramente l’ortaggio più prodotto in Italia. La tradizione della cucina piemontese le attribuisce un doppio ruolo: quello di ingrediente, per insaporire insalate e minestre, ma anche quello di protagonista assoluto di ottimi piatti tra cui primeggiano le zuppe.

Nella “Piana Tortonese”, specificamente nei comuni di Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Pontecurone, se ne coltivano tre qualità: le cipolle bianche, quelle dorate e quelle rosse, variabili sia per la forma che per le dimensioni. La semina avviene a febbraio, la raccolta da metà agosto. È importante che gli imballi per la conservazione siano di legno, ben puliti e asciutti, in grado di far “respirare” il prodotto. La commercializzazione avviene in caratteristici sacchetti a rete. Particolare pregio rivestono le coltivazioni della “Cipolla Viola” e “Cipolla Dorata” denominate “di Castelnuovo Scrivia”. La fragola Viene prodotta principalmente nei comuni di Viguzzolo e Volpedo. I terreni ben drenati e una corretta concimazione naturale praticata dai contadini sono gli elementi che permettono a questo piccolo e sfizioso frutto di dare il meglio di sé in quest’area. Le fragole, immesse sul mercato appena mature, devono essere consumate in bre-


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vissimo tempo perché sono facilmente deperibili: solo consumandole fresche si possono apprezzare i loro sapori e profumi, il gusto dolce, l’aroma gradevole, la polpa succosa e fragrante. Discorso a parte, merita la “Fragola profumata di Tortona” la cui storia inizia un secolo fa da un’attenta selezione di specie selvatiche. Di piccole dimensioni, profumo intensissimo e colore delicato, coltivata fin dal 1500, ha rivestito un ruolo importantissimo nel panorama ortofrutticolo della città e ha dato fama e gloria agli orti tortonesi. Simile al lampone per colore e dimensioni, ha una polpa bianca ed il tipico profumo di “fragolina di bosco” che conquista il palato con un retrogusto ricchissimo di sfumature sorprendenti. Una vera delizia che negli anni trenta del secolo scorso, tra maggio e giugno, era prodotta in quantità davvero importanti, circa 100 quintali al giorno. Nel dopoguerra la produzione si era ridotta talmente da farne temere l’estinzione. Poi è arrivata la tutela con un disciplinare molto rigoroso tanto da indicare nella zona Oasi, alla periferia orientale di Tortona, quella più adatta alla sua coltivazione. La tradizione consiglia di consu-

mare le fragole con Barbera e zucchero o con la panna. Ma il massimo è gustarle così come sono, al naturale, senza nessuna aggiunta. Il melone È un frutto dalle qualità sopraffine consumato di preferenza nella stagione estiva. La coltivazione del melone è assai diffusa nel territorio di Isola Sant’Antonio, Castelnuovo Scrivia e Sale; una zona dove i terreni umidi, di natura argillosa e limosa, l’abbondanza di acqua e il caldo estivo creano un habitat ideale per la sua produzione. In particolare i meloni di Isola Sant’Antonio sono ricercati per le straordinarie caratteristiche organolettiche e per la tipicità che ha dato loro la possibilità di essere aggregati ai prodotti Agroalimentari Tradizionali del Piemonte. Sono detti reticolati, con la scorza solcata da reticoli in rilievo (da cui il nome) con venature verdi, più o meno scure, di forma rotonda o oblunga. Quando raggiungono la maturazione il loro interno è color arancione ed ha un profumo intenso. _35_


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La pesca Le Colline Tortonesi hanno una vera vocazione per la coltivazione della pesca di qualità. Tra le diverse varietà un particolare pregio riveste la “Pesca di Volpedo”. La sua fama ha già varcato da tempo non solo i confini regionali ma anche quelli nazionali. Ovviamente la tipicità di questa pesca, di profumo intenso e delicato con polpa compatta e gustosa, deriva dai terreni argillosi, freschi, adatti alla coltivazione del vigneto... e, come ben si sa, dove crescono le vigne, cresce bene anche il pesco! Altra particolarità che certamente incide sulla qualità è la raccolta che avviene immediatamente prima della maturazione fisiologica, con 4 – 5 stacchi successivi: la permanenza prolungata sulle piante migliora colore e pezzatura ed esalta le qualità organolettiche dei frutti che, più delicati, vengono confezionati manualmente. La commercializzazione del prodotto avviene in modo rapido senza utilizzo della catena del freddo, così da giungere in pochi giorni al consumatore.

Nelle annate normali, il periodo della campagna peschicola è compreso tra la seconda decade di giugno e la prima decade di settembre. La maggior parte della produzione viene fatta da aziende a conduzione familiare e messa in commercio direttamente o tramite la cooperativa di Volpedo Frutta, vero punto di riferimento per tutti i produttori delle valli. La mela Con una superficie coltivata sempre più in espansione la parte collinare del tortonese che circonda Volpedo, Monleale, Brignano Frascata e San Sebastiano Curone è diventata la principale produttrice di mele di qualità della nostra provincia. La coltivazione delle mele si è sviluppata in quest’area da pochi decenni, facendo grandi passi, garantendo al consumatore un prodotto di alta qualità sia dal punto di vista organolettico sia da quello igienico sanitario. La produzione si avvale di competenti dettami impartiti dal Consorzio Volpedo Frutta, in materia di lotta integrata guidata,


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che indirizzano l’agricoltore a produrre secondo le richieste di un consumatore sempre più esigente. In passato era molto coltivata la Mela Carla, mentre oggi stanno avendo il sopravvento le Renette cui stanno pian piano affiancandosi le varietà americane Delicious e Golden Delicious. Le ciliegie I dintorni di Garbagna, in primavera, si imbiancano dell’inconfondibile colore dei ciliegi in fiore. A giugno ogni fiore lascia il posto alle rosse, polpose, succose e gustose ciliegie. Il colore può variare di tonalità secondo la varietà: nella zona se ne coltivano tre tipi, la Pistoiese, la Bella di Garbagna e il Grigione di Garbagna. La prima, all’esterno rosso intensa, matura nella seconda decade del mese di giugno: anche la sua polpa è rossa e croccante, il sapore ottimo. La seconda, usata per la conservazione in alcol, matura nella terza decade del mese di giugno: è un durone, di polpa rosata, di pezzatura grossa e di buon sapore. Destinata anche all’esportazione.

La terza ha polpa rossa e gradevole sapore: matura nella prima decade di luglio ed è ideale per essere consumata fresca. Viene richiesta dalle industrie conserviere sia nazionali che estere. L’albicocca e la susina Sono frutti che solo recentemente sono stati messi a coltura. Attente indagini hanno evidenziato che i terreni delle Valli Tortonesi sono adatti alla coltivazione di questi frutti. Per il momento i dati raccolti sulle loro tipicità e qualità sono più che promettenti: bisognerà, però, aspettare ancora un poco per poter contare su una produzione più ampia. I funghi I funghi sono tra le bandiere che questo territorio sventola con orgoglio; fanno parte della tipicità alle quali è legata l’immagine del territorio della Comunità Montana Valli Curone, Grue e Ossona. La zona è ideale per produzioni di pregio e qualità. Senza ombra di dubbio si può affermare _37_


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che queste Valli siano tra le più quotate dell’alessandrino per la raccolta dei funghi porcini, la specie più conosciuta ed apprezzata in Italia. Il fungo, purtroppo, essendo un prodotto vincolato alle condizioni climatiche, dà una produzione discontinua ed è presente sul mercato per periodi molto brevi. La raccolta dei funghi è una valida integrazione di reddito e un meritato premio per tante famiglie che abitano la valle, in particolare per quelle che sono proprietarie dei boschi e che con il loro lavoro riescono a salvaguardarli da danneggiamenti. I funghi, sia freschi che essiccati, compaiono in molte ricette tradizionali, dalle frittate ai ragù; sono i principi (insieme ai tartufi) della tavola presso tutti i ristoranti delle valli.

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I tartufi Nella stagione autunnale la Valle Curone profuma di tartufo. È il grande momento in cui i buongustai si danno appuntamento in questa zona alla ricerca del prezioso tubero. Questa valle è l’unica in Piemonte a produrne ben tre tipi, tutti di

pregio: Tuber Magnatum Pico (tartufo bianco, con involucro liscio, colore giallo ocra pallido, carne con venature bianche) è il tipo più profumato e quello di più alto valore commerciale; Tuber Melanosporum Vittadini (Tartufo nero, scuro e verrucoso, ha carne scura con venature chiare), anch’esso molto profumato e ricercato; Tuber Aestivum Vittadini (Tartufo d’estate, scorzone: molto simile al precedente con il quale spesso si confonde), mangereccio ma meno pregiato. La struttura dei terreni di crescita, l’omogeneità del suolo e l’assenza dei sassi del sottosuolo hanno creato l’ambiente ideale per la diffusa produzione in quest’area. La maturazione, che di norma avviene a novembre, è l’elemento essenziale che garantisce la qualità: da essa derivano profumo e gusto. Anche il colore della polpa ha un ruolo importante e può variare a seconda della specie di albero con cui il tartufo nasce e si sviluppa in simbiosi: nocciola con la quercia, molto chiaro con il pioppo , rosato con il tiglio. Per la tutela del consumatore è nata un’associazione di tartufai che garantisce il tartufo della Val Curone.


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Le castagne Anche nelle nostre valli, in epoche ormai lontane, il castagno veniva chiamato “albero del pane”. Per secoli il suo frutto, la castagna, è stato l’alimento base per le genti che abitavano le colline e le montagne della provincia. Poi, lentamente, in questi ultimi decenni, a causa del progressivo spopolamento, si è assistito all’abbandono del suo utilizzo. Oggi nei castagni rimasti possiamo leggere le storie, la vita, i duri sacrifici dei nostri avi. In Piemonte sono ormai poche le aree dove viene ancora tenuto in debita considerazione: una di queste è la zona montagnosa che fa da cornice all’alta Val Grue e al suo principale centro, Garbagna. Qui i castagneti sono stati mantenuti e destinati alla raccolta delle castagne, un lavoro non facile e faticoso che deve essere fatto a mano per raccogliere solo il prodotto caduto a terra, evitando la battitura dei ricci ancora sui rami. La maggior parte del raccolto è destinato alla produzione di farina di castagna, il rimanente viene destinato al consumo fresco a fa-

vore di pochi estimatori che ne sanno ancora apprezzare il gusto. Le castagne di Garbagna si prestano alla preparazione di alcune specialità quali il castagnaccio, le castagne al rum, le castagne bollite nel latte e il gelato al gusto di castagna. Il miele L’allevamento apistico e la produzione del miele ben si collocano nelle Valli Curone, Grue e Ossona, territori ricchi di flora nettarifera di pregio e privi di inquinamento. Numerose sono le aziende che producono miele, alcune addirittura come attività primaria. I mieli ottenuti sono di diversi tipi di colore, consistenza, aroma e sapore, secondo le loro differenti origini botaniche. Si dividono poi in due categorie: monoflorali e eteroflorali (conosciuti anche con il nome di millefiori). Appartengono alla prima quelli prodotti con il nettare di un’unica specie, quali fiori di ciliegio, di castagno, di acacia (robina), di tiglio. Al secondo gruppo appartengono quelli derivati dalla combinazione di nettari prodotti da fiori di specie diverse sia di campo che di sottobosco. _39_


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Il Montebore: un formaggio diventato leggenda Montebore è una frazione del comune di Dernice, in Val Curone, sullo spartiacque tra le valli del Grue e del Borbera, un pugno di case diventato famoso grazie ad un formaggio con la forma a tronco di cono a gradoni che non solo porta il suo nome, Montebore appunto, ma che pare addirittura ispirato al suo castello. Di origine antichissima (pare risalire addirittura al IX secolo e all’arte casearia dei monaci dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Vendersi), il Montebore diventa famoso nel 1153 grazie a Leonardo da Vinci, Gran Cerimoniere del pranzo di nozze tra Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Sforza, che decide di inserirlo nel menù come unico rappresentante dei prodotti locali. Il suo successo dura fino al secolo scorso: nel dopoguerra, nessuno lo produce più, troppo complesso, troppo caro e poi le valli si spopolano, le tradizioni si perdono e piano piano nessuno si ricorda di lui. Grazie ad un’accurata ricerca da parte di un esponente di

Slow Food, viene recuperata la ricetta originaria e il Montebore, diventato presidio, viene ripresentato alla stampa mondiale in occasione di Cheese ‘99. Oggi questo formaggio “crudo” è fatto proprio come 900 anni fa, utilizzando circa il 70% di latte bovino e circa il 30% di latte ovino scaldati solo fino a 36°C. Può essere gustato fresco, semistagionato (15 giorni) o da grattugia. Un sigillo ne garantisce l’autenticità. I Gobein ovvero gli Agnolotti di Tortona Più piccoli di quelli fatti in Monferrato, sono piccole gobbe di pasta ben schiacciata a mano sul ripieno particolarmente gustoso per la ricchezza di parmigiano. Vanto della famiglia Costa-Sterpone, titolare della storica trattoria Cappel Verde che operò in Tortona dal 1919 fino agli anni settanta, l’”agnolotto di Tortona” varcò i confini della città ed il locale divenne tappa fissa per tantissimi buongustai. Gli agnolotti sono un piatto unico, fatti con una sfoglia ottenuta impa-


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stando farina e uova; sulla pasta tesa viene distribuito un ripieno di stufato di solo manzo, cotto a fuoco lento con vino rosso robusto e corposo. Il tutto si ricopre con un’altra sfoglia, chiudendo così il contenuto, e si rifila con la rotella seghettata (o con lo stampo). Dopo la cottura vanno conditi con il sugo ottenuto dallo stesso stufato. Gli “Agnolotti di Tortona” vengono ancora preparati, nel rispetto della vecchia ricetta, in alcuni ristoranti della città e delle valli tortonesi. È possibile degustarli anche nel brodo o nel vino, in alternativa al sugo. I salumi L’allevamento dei maiali fa parte della cultura contadina delle terre tortonesi. L’utilizzo delle carni di maiale fu una esigenza di molte popolazioni per fare fronte alle carestie e alla fame. Per fortuna i tempi sono cambiati: quello che in passato era necessità, oggi è diventata una virtù. Le antiche ricette si sono tramandate di padre in figlio ed è grazie a coloro che hanno continuato

l’arte del salume che ai nostri giorni possiamo gustare tante prelibatezze. Nel territorio tortonese se ne producono di diverso tipo e ottima qualità: salsicce, salami crudi, cacciatorini, cotechini, salami cotti, zamponi, prosciutti cotti e crudi, pancetta e lardo. Tra tante golosità qualche nota di riguardo va riservata a quelle che sono state elette grandi specialità della zona: il salame crudo, il cacciatorino e il prosciutto cotto. Il salame crudo Viene prodotto principalmente da piccoli artigiani sparsi nelle colline che circondano Tortona. È caratterizzato dall’impasto a grana grossa, dal sapore dolce e delicato, con aroma fragrante e caratteristico. È un insaccato di nobile carne suina al 100% (solo in pochissimi casi è utilizzata anche una piccola percentuale di carne di manzo). La lavorazione della “pasta” avviene utilizzando sale da cucina, pepe nero in grani e aromatizzato con un particolare infuso di aglio e vino rosso. Viene insaccato in budello naturale di scrofa, legato con spago a maglia fine e fatto stagionare in ambienti _41_


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adeguatamente aerati, per un periodo che va dai 4 ai 6 mesi, raggiunta la maturazione, sulla “pelle” si forma la caratteristica muffa bianca. Il cacciatorino Piccolo salame stagionato da mangiare crudo: è cosi chiamato perché nato come razione che può essere contenuta nelle bisacce dei cacciatori durante le battute di caccia. La pasta con cui viene prodotto è molto simile a quella del “fratello maggiore”, la stagionatura, invece, è molto breve: 15 giorni. Estremamente appetitoso, è ideale per scampagnate e come stuzzichino con aperitivi di vino bianco o spumante. Il prosciutto cotto Da sempre è il fiore all’occhiello dell’arte salumiera del tortonese. Da antiche ricette nascono prosciutti cotti di grande qualità, gusto e aroma: un’accurata scelta delle carni, ben bilanciate di grasso e una saggia aromatizzazione costituiscono il mix essenziale per la loro produzione. Il prosciutto cotto viene realizzato utilizzando suini nazionali, allevati nel territorio. Le cosce vengono private dello zampetto, disossate, sottoposte a salamoia, quindi a cottura.

Non vengono impiegati polifosfati. Nel giro di pochi giorni sono pronte per il consumo. Al momento del taglio il prosciutto si presenta di colore rosa, non traslucido, con un inconfondibile profumo garbato dai sentori speziati; il sapore è gradevolissimo, delicato, morbido, un poco dolce, non asciutto o umido. I Baci di Dama e i Baci Dorati di Tortona Si tratta di dolci molto semplici e straordinari allo stesso tempo: due piccoli biscotti di forma ovale o semisferica, a base di farina di mandorle, burro, zucchero e farina di frumento sapientemente dosati, uniti al centro da una striscia di cioccolato. Ancora oggi vengono realizzati artigianalmente nel rispetto di un’antica segreta ricetta. Ne esiste anche una nobile variante, con cacao nella pasta, chiamata Baci Dorati. Sia gli uni che gli altri sono dolci di grande fragranza e di sapore superlativo.


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Qualche ricetta per farsi venire l’acquolina in bocca. Lo stufato di carne. È un secondo piatto a base di carne di manzo che viene macerata per 24 ore con verdure (aglio, sedano, carota, cipolla), aromi (lauro, chiodi di garofano, cannella, noce moscata) e vino rosso corposo (Barbera locale). La carne, tolta dalla fusione, viene rosolata con cipolla e quindi si procede ad aggiungere gli ingredienti e un pezzetto di milza di manzo stemperata. Infine si porta il tutto ad una cottura lenta fino all’amalgama degli ingredienti. Con il sugo possono essere conditi gli agnolotti tortonesi. Soma d’Aj Ricetta povera della campagna. Si prepara tagliando a fette del pane raffermo che viene sfregato con abbondante aglio e condito con un filo di sale e di olio d’oliva. Spesso si usa anche la crosta del pane fresco. Si tratta di uno stuzzichino o di un rompidigiuno. Farseu Tipiche di San Giuseppe, sono frittelle di pasta cotta, fritte nello strutto o nell’olio, soffici, sono

servite calde, cosparse di zucchero. Esistono anche varietà di pasta lievitata con uvetta e fagottini fritti con ripieno di marmellata o frutta. Squicia Frittella larga e sottile a base di farina, acqua e sale, è fritta con strutto o olio in una padella di ferro. Si può guarnire a fine cottura con un velo di zucchero, marmellata, cioccolato e frutta a piacimento oppure, per chi lo preferisce, un velo di sale. Fa parte della tradizione della cucina povera locale. Cavagneu da l’oeuv È un cesto di pasta dolce con dentro un uovo di gallina. L’uovo (da sempre considerato simbolo di fertilità e di vita e, nella simbologia religiosa, di risurrezione), viene portato a metà cottura previa bollitura in acqua, e quindi inserito nel cesto di pasta dolce (pasta frolla o altro tipo di pasta dura) e portato in forno per la cottura definitiva. Da qui la definizione di ”cestino di uovo”, da consumare in occasione delle festività pasquali, in particolare durante le merende tradizionali del Lunedì dell’Angelo. _43_


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i prodotti

Bragton e Büsela Nel periodo natalizio il pane di tutti i giorni si arricchisce e alle paste lievitate si dà la forma di pupazzi che si mangiano a Santo Stefano. I nomi di questi dolci derivano dalla tradizione orale dei nostri avi. Per il loro confezionamento si può anche usare pasta frolla o pasta dura dolce.

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La bella calda Cotta in forno a legna, in larghe teglie, un tempo venduta per le strade, è un piatto di origini liguri, come molte tradizioni della nostra città. Gli ingredienti base (farina di ceci, olio, sale, acqua) sono parte del patrimonio gastronomico contadina. Il piatto viene condito con pepe nero macinato al momento.


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Isola Sant’Antonio Guazzora

Molino dei Torti Alzano Scrivia

Alluvioni Cambiò

Sale

Castelnuovo Scrivia Pontecurone

Piovera

Viguzzolo

Casalnoceto

Tortona

Carbonara Scrivia Villaromagnano Spineto Scrivia Paderna Villalvernia Sant’Agata Fossili

Sarezzano

Monleale

Nella piantina a lato, sono indicati tutti i comuni del comprensorio tortonese. Attraversare il nostro territorio significa andare a scoprire quella commistione di elementi Castellar Guidobono piemontesi e di influssi provenienti dalle province vicine che Volpeglino così bene contraddistingue non Berzano di Tortona solo questa zona, ma anche la Pozzolgroppo stessa provincia di Alessandria.

Cerreto Momperone Grue Costa Casasco Vescovato Brignano Avolasca Carezzano Frascata Castellania Gavazzana Garbagna Dernice Sardigliano

Montemarzino Montegioco

Nelle prossime pagine vi proponiamo due itinerari che, a nostro avviso, rappreGremiasco sentano al meglio il tortonese in tutte le sue sfumature geoMontacuto grafiche, storiche, Fabbrica Curone culturali, eno-gastronomiche... San Sebastiano Curone _45_


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(verso Salice Terme)

Casalnoceto

Tortona

Viguzzolo

Volpedo Monleale Reguardia

Brignano Frascata Gremiasco

Castellania Garbagna

i dintorni

Cassano Spinola

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San Sebastiano Curone

Fabbrica Curone

Borghetto di Borbera Pertuso Serravalle Scrivia

Cantalupo Ligure Vignole Borbera

Grondona

Rocchetta Ligure

Caldirola


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Direzione sud-est: alla conquista della val Curone Basta avere un giorno a disposizione e la voglia di puntare in alto, passando dalla pianura alle dolci colline tortonesi, ricche di vigne e frutteti, tra boschi di faggi, roveri e castagni fin verso le più elevate cime della provincia di Alessandria, il Giarolo, l’Ebro, il Chiappo che dall’alto dei loro 1500 metri e più, segnano il confine di 4 regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia, Liguria). Ultimi baluardi di civiltà, le frazioni di Bruggi, Salogni, Forotondo, Selvapiana e Caldirola, tuttora stazione sciistica della Provincia di Alessandria che oggi, con il Bob & Downhill Park, si propone come luogo non solo di sport (le piste di mountain bike sono di livello nazionale) ma anche di divertimento.

fa bella mostra di sé all’interno del parco pubblico che costeggia la strada principale: costruzione romanica semplice, a tre navate, con tre absidi semicircolari e tetto a doppio spiovente; sulla facciata spicca una porta ad arco e un occhio circolare, probabilmente costruito, come il piccolo campanile a vela, in epoca successiva.

Ma riprendiamo da Tortona. Ideale fissare la partenza per il tour in val Curone dal quartiere “OASI” e prendere come direzione quella per Vigseu, Viguzzolo, comune a soli 6 km, situato sulla destra del torrente Grue. Merita sicuramente una sosta la Pieve Santa Maria che

All’interno è conservato un bel crocifisso ligneo del XVI secolo. Viguzzolo è il luogo di nascita di Virginio Arzani, famoso comandante partigiano, Chicchirichì, medaglia d’oro al valor militare, morto alle strette di Pertuso, in val Borbera, nell’agosto del 1944. _47_


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Da Viguzzolo a Casalnoceto (Ël Casal Nosé): per chi ama il fuoriprogramma, questa può essere l’occasione per scoprire un centro termale di grande prestigio: Salice Terme, in provincia di Pavia. Una nota di cronaca: a Casalnoceto nel 1869 si costituì la “Società di Mutuo Soccorso per operai, artisti, agricoltori e contadini”, una tra le prime del tortonese.

i dintorni

Proseguendo invece verso la Val Curone, si entra nel territorio di Volpedo (Vulped) comune inserito nel club de “I Borghi più Belli d’Italia”.

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Il panorama tutt’intorno, fino ad ora tipicamente di pianura, si fa via via dolcemente collinare ed

offre scorci veramente inaspettati: castelli, torri, vecchi lavatoi, fontane, borghi che sembrano rimasti immutati da mille anni! Tutto appare molto curato, tra i filari dei vigneti, tra gli alberi da frutto e ancora nei grandi pascoli per gli animali da latte. Questa terra generosa sa regalare ogni anno prodotti di eccellenza e di qualità garantita, che finiscono sulle tavole imbandite di tutta Italia: pesche, mele, albicocche, susine, ciliege, fragole, miele, formaggi, tartufi (bianchi e neri), vino, specie Timorasso, Cortese e Barbera. Chi si trova a passare da queste parti nella stagione giusta non deve assolutamente perdere l’occasione di acquistare alcuni di questi prodotti approfittando dei tanti mercati o direttamente dai piccoli produttori che con i loro carretti spuntano di tanto in tanto sugli slarghi della strada. Il nucleo del paese è chiuso dalle mura e posto su di una collinetta che si erge sul lato sinistro del Curone. Su quello destro, all’incirca alla stessa altezza, c’è Monleale, un tempo comune “rivale” (nel 1500 Volpedo, di fazione Guelfa, fu addirittura distrutta da Monleale, di fazione Ghibellina).


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La pieve romanica, con gli affreschi interni di Manfredino e Franceschino Baxilio, il castrum, parte della cinta muraria (ricostruite nel XVI secolo) con i suoi potenti bastioni, sono luoghi di grande fascino, certamente da segnalare.

e lavorare nei luoghi in cui era nato: l’idea di “completare” la sua firma con la sigla “da Volpedo” non lascia dubbi sul grande attaccamento dell’artista verso la sua terra. Lo studio in cui lavorava, nella sua casa natale, è oggi aperto al pubblico, ricco di importanti testimonianze sulla sua produzione artistica.

Conosciuto per la produzione di ottima frutta, in particolare pesche, tutelate da un consorzio che ne difende la tipicità e la qualità, Volpedo è famoso nel mondo per avere dato i natali al pittore Giuseppe Pellizza (1868-1907), autore della celebre tela “Il Quarto Stato”, realizzata utilizzando come “modelli” persone del paese, amici e parenti dell’artista. Pellizza fece la scelta di vivere _49_


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i dintorni

È ora di rimettersi in viaggio. Appena lasciato Volpedo, le colline, diventate un po’ più aspre, offrono mille tentazioni di profumi e colori. Ad ogni incrocio viene la voglia di perdersi un po’, di andare a curiosare tra le enormi distese di alberi di mele (Carle, Renette, Delicious e Golden) protette da veli bianchi che le difendono dalla grandine. Noi, con una svolta a destra nell’abitato della Barca, abbiamo scelto di salire a Montemarzino, una strada da batticuore, da fare con la massima prudenza. Ma ne vale la pena per quello che si riesce a vedere, da una parte e dall’altra e laggiù in fondo, avvolto da una foschia che lo rende misterioso, a dominare tutto, il Giarolo.

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Le sorprese non sono finite. A Reguardia, una piccola frazione di Montemarzino, proprio appoggiato al campanile della chiesa, quasi a fare gara a chi va più in alto, ecco maestoso un olmo secolare, di 155 anni, alto 32 metri e con un diametro alla base di oltre 3 metri: un vero albero monumentale. Assolutamente da fotografare.

Tornati a fondovalle, dopo pochi chilometri (11 da Volpedo) si entra a Brignano-Frascata, (Bërgnàu e Frascà) un comune di 486 abitanti, posto anch’esso in riva al torrente Curone.


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Già frequentato nel Neolitico, come dimostrano i ritrovamenti in località Serra del Monte, nel 1375 passò dal ducato di Milano agli Spinola di Genova. Dopo un tremendo fatto di sangue accaduto nel castello, nel 1485 il feudo fu venduto a Cavalchino Guidobono per 13.500 lire imperiali. Appartenne poi ai Ferrari di San Sebastiano. Fu istituito comune soltanto nel 1928.

Una bella sorpresa ci aspetta: il Polo Museale dedicato all’archeologia e alla storia del territorio (aperto nei fine settimana e comunque visitabile su prenotazione). Uno dei luoghi più panoramici della Val Curone, oggi meta privilegiata di molti appassionati di arrampicata sportiva. L’esposizione di Brignano-Frascata illustra le iniziali frequentazioni del Piemonte sud-orientale,

avvenute tra il Paleolitico e il Neolitico, sino alla media età del Bronzo ed è il risultato di studi sistematici, avviati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte su manufatti preistorici rinvenuti in zona. Grazie ad oggetti e pannelli descrittivi sono ben evidenziate le dinamiche del popolamento dell’uomo in questo comprensorio montano, il passaggio dal nomadismo alla sedentarizzazione, e, di conseguenza, lo sviluppo di un’economia di tipo produttivo. Nelle vetrine sono raccolti numerosi reperti, tra cui recipienti in ceramica, vasi, scodelle, frammenti di strumenti scheggiati in selce appenninica, ossidiana, selce subalpina, diaspro e quarzo ialino, preziosa testimonianza di intensi scambi commerciali in età molto antica. Qualche ciclista fa sosta al vecchio lavatoio, proprio davanti al muro dove la scritta W IL CAMPIONISSIMO perfettamente conservata ci dice del grande affetto che tutta la valle ha sempre avuto per Fausto Coppi che veniva volentieri a “farsi le gambe” da queste parti. _51_


i dintorni

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Castellania (Castlanìa) non è poi così lontana, almeno in linea d’aria: solo 10 km! Circa il doppio per arrivarci davvero. Arrivati in paese che con i suoi 99 abitanti è il più piccolo della Provincia di Alessandria, l’occhio corre immediatamente alla casa che diede i natali al mitico Fausto e a suo fratello Serse. Ai due ciclisti e alle loro straordinarie vittorie è dedicato un importante centro di documentazione. Quattro volte Campione del Mondo, trionfatore di cinque edi-

zioni del Giro d’Italia e di due Tour de France, Fausto Coppi non ha mai abbandonato la sua terra, luogo ideale per i lunghi e tenaci allenamenti: ciascuna di queste strade oggi fa parte del circuito “Le strade di Fausto e Serse Coppi” che permette di rivivere un mito, quello del “grande airone”, il Campionissimo, il cui ricordo non sembra essere stato scalfito dal tempo. La commozione si fa grande dinnanzi al monumento dei due campioni. Il silenzio è quasi totale, interrotto ogni tanto dal sibilo del vento. Dall’alto le due belle torri di Sant’Alosio sembrano fare da sentinella. Si torna a Brignano. Se l’ora è giusta per una pausa enogastronomica, si può puntare sulla frutta oppure sui formaggi. Da non perdere i salami crudi, eccezionali per la squisita combinazione delle carni, e la Croatina, vino che ne è compagno ideale.


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Da visitare la Chiesa Parrocchiale, in piazza Roma, l’Oratorio dei Bianchi o della Madonna Assunta, l’Oratorio dei Rossi o della Madonna della SS.Trinità, la chiesetta delle Grazie.

Il nostro viaggio prosegue: a soli 5 km, proprio sulla confluenza del torrente Museglia col Curone, si incontra San Sebastiano Curone, San Bastian da Cròu, comune con circa 600 abitanti. Grazie alla sua posizione davvero strategica lungo la via del sale, anticamente percorsa da mercanti e pellegrini che trasportavano merci da Genova a Milano e Piacenza (sale, acciughe) e viceversa (cereali, lana, armi, pelli), divenne un importante centro commerciale, con magazzini di deposito, locande e osterie, maniscalchi e sensali. Una sorta di centro logistico di 600-700 anni fa. Il suo sviluppo va pari passo con quello del porto di Genova, fondamentale per gli scambi commerciali.

Ed ancora la Casa del Principe, dimora dei Doria, ed il castello Visconteo, almeno ciò che di originario è rimasto (i bastioni e le mura): da questo fortilizio si poteva ben controllare e proteggere il traffico delle carovane ed il vicino confine con la Repubblica di Genova. A San Sebastiano Curone, nel dicembre 1758 nacque Felice Giani, pittore e decoratore di interni, uno dei massimi esponenti del neoclas_53_


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i dintorni

sicismo italiano. A soli 22 anni, grazie alla protezione del principe Doria Pamphili, partecipò alla prestigiosa decorazione di Palazzo Altieri, uno dei più sontuosi palazzi romani. In Vaticano lavorò alla riproduzione degli ornati delle Logge di Raffaello che poi furono inviati a Caterina II di Russia e rimontate in un ambiente dell’Ermitage; si spostò quindi a Faenza, a Bologna, di nuovo a Roma per decorare l’appartamento napoleonico al Quirinale, a Parigi per un intervento alla Malmaison. E ancora a Bologna, nel nuovo palazzo imperiale di Venezia, Ferrara, Ravenna e Forlì, a Cesena. Vero personaggio “irregolare”, Giani conduceva una vita girovaga e bohémien. Morì a Roma nel 1823 per le conseguenze di una caduta da cavallo.

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A questo punto proponiamo due alternative, egualmente interessanti. La prima alla conquista della val Curone, la seconda verso la val Borbera partendo da Garbagna.

Verso Caldirola. La direzione è Gremiasco - Fabbrica Curone, (Gremiasch e Fràuga), 400 abitanti circa il primo, praticamente il doppio il secondo che è anche il più orientale dei comuni piemontesi, sito a 720 mt. sul livello del mare. Qui si mescolano le influenze culturali delle 4 Province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza), caratterizzate da usi e costumi comuni e da un importante repertorio di musiche e balli antichi. Strumento principe di questa zona è il piffero appenninico che accompagnato dalla fisarmonica, e un tempo dalla müsa (cornamusa appenninica), guida le danze e anima le feste. Da non perdere l’antica pieve di Santa Maria Assunta di Fabbrica, edificio romanico con portale in pietra, sormontato da una lunetta, una navata centrale con tetto a capanna e due navate laterali con tetto a falda semplice.


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Anche Gremiasco vantava una pieve romanica che nel 1697 è stata sostituita da una parrocchiale in stile barocco. Superare Fabbrica significa entrare definitivamente in stretto contatto con le alte cime appenniniche e con una natura più selvaggia. L’aria si è fatta tersa e i colori paiono più nitidi. Qualche cavallo ci viene a salutare, un’aquila fa cerchi nel cielo. Paesi non ce ne sono più, solo qualche frazione... Lunassi, dove è stato recentemente istituito un Museo della civiltà contadina che raccoglie strumenti, attrezzi, macchinari, documenti ed oggetti che dimostrano al visitatore la lotta per la sopravvivenza di una popolazione attaccata ad una terra poco fertile. Salogni (950 m s.l.m.) presso cui scorre il Rio Maestro. Da qui si raggiunge quota 1500 m tramite strada asfaltata e quindi, percorrendo alcuni sentieri, i monti Chiappo (1699 m) ed Ebro (1701 m). Sempre da Salogni tramite sentiero n. 108 (C.A.I.) si può raggiungere il Rifugio Ezio Orsi (1397 m) situato ai piedi del monte Ebro (1701 m).

Caldirola (1.110 m s.l.m.), raggiungibile con una strada che ricorda i passi alpini, e chiamata dai ciclisti “Piccolo Stelvio”, è una delle prime località turistiche invernali a nascere in Italia. La storia racconta che i primi sci norvegesi d’importazione sono comparsi da queste parti nell’inverno del 1927-28: per raggiungere le piste da sci era necessario utilizzare il trasporto a dorso di mulo. Oggi ci sono due skilift e una seggiovia che collega la località La Gioia (1110 m) con il Monte Gropà (1446 m). Vi sono 4 tracciati di differenti difficoltà, che confluiscono tutti nel canalone che ospita la partenza della seggiovia. Sempre sulle pendici del monte, si può trovare anche un anello per lo sci di fondo. Dalle alture, nelle giornate più limpide, soprattutto d’inverno, è possibile scorgere il mare... e le navi nel porto di Genova. A Caldirola è anche in funzione il Bob&Downhill Park, che con i suoi percorsi d’avventura e di sport riesce a mettere a dura prova anche i più coraggiosi. Per quanto riguarda il bob, il percorso si snoda lungo i pendii, tra curve ampie e strette e cambi di pendenza mozzafiato, garantendo tanto divertimento nella massima sicurezza. _55_


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Per gli amanti delle due ruote, è possibile caricare la propria bici sulla seggiovia e raggiungere i percorsi per il downhill.

i dintorni

Verso la Val Borbera Da San Sebastiano, Garbagna è a pochi chilometri.

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La sua posizione, al termine della valle del Grue, e le possibilità strategiche che tale localizzazione offriva per il controllo delle strade, furono certamente alla base della decisione dei vescovi di Tortona di erigervi un castello del quale troviamo diversi riferimenti nei documenti medioevali. Con il dopoguerra il paese imbocca la strada della valo-

rizzazione dei prodotti tipici, in particolare le castagne e le ciliegie. Garbagna, in questi anni, grazie ad un gruppo di valenti artigiani, è diventata anche un importante centro di lavorazione del mobile d’arte. Si punta, poi, su Dernice, (Dernìs), comune insediato lungo la famosa via del sale, tra Genova e la pianura Padana, a cavallo tra val Curone e val Borbera. Qui sorgono i ruderi dell’antico castello. La chiesa parrocchiale (XVII secolo) conserva un interessante gruppo statuario ligneo raffigurante il martirio di San Donnino. Le sue frazioni (Bregni, Cascina Carano, Gropparo, Montebore, Parogna, Poggiolo, Vigana, Vigoponzo) si mescolano nel territorio con quelle di Cantalupo Ligure che è alla stessa altezza di Dernice, però in val Borbera (Arborelle, Besante, Borgo Adorno, Campana, Costa Merlassino, Colonne, Merlassino, Pallavicino, Pertuso, Pessinate, Prato, Semega, Strappasese, Zebedassi). Cantalupo Ligure (Cantalov) è un comune con 500 abitanti circa, sito sulla destra del torrente Borbera. Ha avuto un ruolo importante nella storia contemporanea del nostro Paese: la frazione di Per-


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tuso, nell’agosto 1944, è stata infatti teatro di uno degli episodi più importanti della Resistenza italiana, la Battaglia di Pertuso. Per tre giorni un distaccamento partigiano della Divisione Cichero e un gruppo di contadini del posto, armati di fucili da caccia, tennero testa a un consistente contingente di nazisti, Guardia Nazionale Repubblicana e Mongoli che tentava di penetrare in Val Borbera.

moria. È sepolto a Genova, nel cimitero di Staglieno.

Quell’episodio segnò l’inizio della presenza partigiana nella vallata, che diventò una delle basi più importanti della resistenza nell’entroterra di Genova. Per queste ragioni Cantalupo Ligure è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione, insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale.

Dal 1999 al 2005 è stato sede europea del Living Theatre di New York, aperto con contributi dell’Unione Europea. Oggi è sede del Comune e del Museo della Resistenza e della Vita Sociale in Val Borbera “Giambattista Lazagna” fondato nel 1990 per iniziativa del Comune e della Regione Piemonte. Il museo raccoglie immagini fotografiche, armi, proiettili, radio da campo, borracce, borse, zaini e altri utensili dei partigiani della zona.

Nella battaglia di Cantalupo (2 febbraio 1945) morì Fiodor Polataev, partigiano russo decorato con la medaglia di Eroe dell’Unione Sovietica e con la Medaglia d’oro al valor militare alla me-

A questo punto, un salto a Rocchetta Ligure (5 minuti da Cantalupo) è quasi d’obbligo. Per molti secoli dominio della Repubblica marinara di Genova, ci conquista subito con Palazzo Spinola, polo museale del circuito “Castelli Aperti” del Piemonte.

Per tornare a Tortona consigliamo di proseguire per Roccaforte Ligure, Grondona, Borghetto di Borbera, Vignole Borbera. _57_


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Isola Sant’Antonio Molino de’ Torti Alzano Scrivia Alluvioni Cambiò

Sale

Castelnuovo Scrivia

Pontecurone

i dintorni

Piovera

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Spinetta Marengo

San Giuliano Vecchio

Tortona Torre Garofoli

Rivalta Scrivia


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Sulle orme di Napoleone. Tra Tortona ed Alessandria ci sono solo 21 km ma il territorio offre tanti spunti e occasioni di incontro tra storia, arte e cultura che è davvero impossibile trascurare... Iniziamo con una deviazione, in direzione Pozzolo Formigaro - Novi Ligure. Quasi subito si incontra la frazione di Rivalta Scrivia, dove un lungo viale alberato ci accompagna all’ingresso di un cortile, delimitato da un grande arco. Stiamo entrando nel complesso monumentale di Rivalta Scrivia, sulla riva sinistra del torrente Scrivia, nei pressi dell’incrocio di antiche strade romane (Via Emilia Scauri e via Postumia), divenute poi nel Medioevo importanti vie di transito commerciale e di pellegrinaggio soprattutto per chi, proveniente dalla Spagna e dalla Francia meridionale, si recava verso Roma. Di fronte a noi si presenta una delle chiese più belle di tutto l’alessandrino, l’Abbazia cistercense di Santa Maria. _59_


i dintorni

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Eretta intorno al 1180, periodo di maggior prosperità della comunità monastica di Rivalta guidata dall’abate Ascherio, la chiesa, a croce latina con abside e cappelle laterali quadrangolari con volte a botte, fu costruita seguendo fedelmente i dettami dell’architettura cistercense sanciti da San Bernardo, che prevedeva estrema semplicità e linearità delle forme. Di dimensioni molto grandi, oggi, dopo una lunga serie di ristrutturazioni, presenta 3 navate (all’ origine erano 4). Nella parte sinistra del transetto fu installato un organo Vegezzi-Bossi a due tastiere di 38 registri e 27 pedali, collaudato nel novembre 1894 dal maestro Giuseppe Perosi. Un ulteriore valore storico-artistico è dato dalla presenza di un ricco apparato pittorico che orna le pareti interne, i pilastri e gli altari. Alcune raffigurazioni sono firmate da Franceschino Baxilio, pittore tortonese vissuto tra la fine del XV secolo e il 1522, figlio del maestro Manfredino. I restauri più recenti, iniziati nel 1942 hanno coinvolto tutto il sito e sono terminati nel 2004 con il rifacimento di tutte le volte dell’Abbazia.

Il complesso monumentale di Rivalta, grazie alla sua posizione privilegiata è stato uno dei luoghi simbolo della celebre battaglia di Marengo (14 giugno 1800), il più grande scontro dell’epopea napoleonica non solo per le dimensioni ma soprattutto per il valore “politico” che scaturì dalla vittoria finale: grazie ad essa, infatti, Bonaparte riconquistò il dominio dell’Italia e rientrò trionfante a Parigi. Proprio a Rivalta, infatti, il generale Desaix, inviato da Napoleone a coprire un’eventuale ritirata dell’esercito francese verso Genova, era stato obbligato a fermarsi qualche giorno per un’inaspettata piena dello Scrivia. Questa coincidenza, assolutamente casuale, permise alla sue truppe di riunirsi rapidamente a quelle di Napoleone preoccupato dall’impeto austriaco a Marengo. Il ritorno di Desaix coincise con un rinnovato vigore dei francesi che investirono con l’artiglieria le truppe austriache scompigliandole. Torniamo a Tortona e puntiamo ora verso Alessandria. Il primo luogo d’interesse per una breve sosta è la frazione Torre Garofoli dove è ancora oggi vi-


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sibile la sede principale del comando francese prima e dopo la battaglia di Marengo. Si tratta di una grande cascina sormontata da una torretta che riporta una lapide a ricordare il celebre scontro. Al suo fianco c’è la chiesa costruita nel 1595 dall’ultimo rappresentate dei Garofoli, potente famiglia tortonese proprietaria di tutto il complesso fino al XVII secolo.

All’interno due altari: in quello di destra, dedicato alla Beata Vergine del Rosario, si può ammirare un’opera a lei dedicata dallo scultore torinese G. Minoia (1888), a sinistra, presso l’altare di

Sant’Agata, è esposta una monumentale pala di Camillo Procaccini (1594-95 ca.), raffigurante il martirio della santa. Sulle volte della chiesa sono collocate altre tele del Procaccini. Verso Marengo Da Torre Garofoli si prosegue alla volta di San Giuliano Vecchio, borgo di Alessandria dove avvenne l’incontro tra Bonaparte e Desaix al suo ritorno da Rivalta. Alla testa dei 10.000 uomini della 9ª Brigata di fanteria leggera, Desaix si lanciò contro il nemico ma nella carica morì, colpito al cuore da una pallottola. Per molti è considerato il vero eroe della Battaglia di Marengo. Siamo a Marengo, oggi frazione di Alessandria, costituita da alcuni edifici medievali e da una villa ottocentesca. Fra i primi spicca un’antica torre (detta di Teodolinda), datata tra l’VIII e il XIII secolo. La villa fu realizzata tra il 1844 e il 1847 dal farmacista Giovanni Antonio Delavo per ricordare la vittoria napoleonica. _61_


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i dintorni

sinistro della strada per Alessandria, è collocata una colonna sormontata dall’aquila napoleonica. Eretta per celebrare la vittoria francese, fu rimossa dagli austriaci alla caduta di Napoleone e ricollocata al suo posto nel 1922, al termine della I Guerra Mondiale.

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Oggi, completamente ristrutturata, ospita un importante museo storico militare. Nell’antico e vasto parco secolare che fiancheggia la villa si trova l’ossario dei caduti e il busto dedicato al sacrificio del generale Desaix. Recentemente è stata anche costruita una piramide alta 9 metri per celebrare tutte le vittorie di Napoleone. Davanti alla villa, invece, c’è il monumento a Bonaparte Primo Console (non Imperatore) dello scultore Benedetto Cacciatori attivo a Milano fino al 1871. Di fronte ad esso, sul margine

Una curiosità gastronomica: pare che Napoleone fosse particolarmente goloso di pollo. Per questo, nei giorni della battaglia il suo cuoco, a corto di rifornimenti, gliene cucinò uno con gamberi di fiume, funghi, farina, pomodori, vino bianco, prezzemolo, limone, pane raffermo, uova, olio d’oliva


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e sale, una strana combinazione che il generale apprezzò molto. Nacque così il pollo alla marengo, ancor oggi tra i più caratteristici piatti della gastronomia alessandrina. Per chi ama la “piana”, le sue atmosfere calde e un po’ misteriose, i suoi grandi spazi silenziosi, vale la pena tornare a Tortona non per la via diretta (circa 15 km) ma attraverso un percorso un po’ più lungo, di quelli da affrontare in tutta calma, quasi a voler perdere tempo, magari con qualche sosta per assaggiare qualche buon prodotto che una terra fertile produce con generosità. In tutto sono circa 50 km: da Spinetta Marengo a Piovera, poi si raggiunge Sale, Alluvioni Cambiò, Isola Sant’Antonio, Molino dei Torti, Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Pontecurone... ed infine si torna a Tortona. Tutt’intorno la terra è ricchissima di acqua e di sali... l’ideale per la coltivazione degli ortaggi, diventati il vero fiore all’occhiello di tutta la zona: cipolle, patate, piselli... e soprattutto il sedano, i meloni e l’aglio, annoverato quest’ultimo tra i pro-

dotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Piemonte proprio perché riconducibile ad una tradizione che abbraccia almeno tre generazioni. Ma procediamo con ordine. Lasciata Spinetta Marengo, si punta a nord, verso Piovera, (Piòvra) comune di circa 800 abitanti, sito sulla sponda destra del fiume Tanaro, ai margini del Parco Fluviale del Po e dell’Orba.

Il suo castello, costruito all’epoca di Carlo Magno per garantire la sicurezza delle vicine vie di comunicazione, nel XIV secolo divenne di proprietà dei Visconti e poi dei Balbi della Repubblica di Genova. _63_


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i dintorni

Conserva parti tinteggiate a lutto per la morte di Napoleone Bonaparte. Oggi ospita laboratori d’arte ed è inserito nel sistema dei “Castelli Aperti” del Basso Piemonte.

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Un rapido salto a Sale (Sal) comune che conta poco più di 4000 abitanti. Situato nelle estreme propaggini orientali della piana della Fraschetta, è uno dei più importanti centri agricoli della zona, “ricco per fertilità dei suoi terreni, onesto di storia gloriosa...” Tra gli edifici di maggior interesse, spicca la Chiesa di San Calocero, l’antica pieve, che si trovava appena a sud del borgo, fuori la porta di sotto chiamata nel XVI secolo porta San Calocero. Il campanile è databile intorno alla fine del XV secolo, senza guglia, coronato da una decorazione pensile in cotto. Da visitare anche la Chiesa di San Giovanni, citata per la prima volta nel 1009.

L’edificio religioso conserva nella zona absidale una decorazione ottocentesca ad affresco (1856 ca.) di Francesco Mensi (Alluvioni Cambiò 1800-Alessandria 1888). Dello stesso artista sono alcune tele che ornano gli altari laterali. Mensi, pittore ricercato e fecondo, si distinse per la sua raffinatezza stilistica, per la purezza delle forme privilegiando temi sacri e ritratti insieme a soggetti storici e mitologici. Infine la Chiesa di Santa Maria e San Siro, con i suoi affreschi è stata costruita entro la cerchia del borgo. Compare per la prima volta nel 1165 nei documenti riferiti all’accordo di pace stipulato tra Pavesi e Tortonesi. Per raggiungere Alluvioni Cambiò (Liviòn) basta puntare a nord, in direzione della confluenza del Tanaro nel Po, proprio al confine della Lomellina. La sua storia, a partire dal Seicento, è racchiusa nel suo stesso nome: una serie ricorrente di alluvioni, spesso drammatiche, tanto da radere al suolo interi abitati e da creare continui cambiamenti del territorio.


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st’isola c’erano tre frazioni: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Un tempo il territorio veniva chiamato “Isola dei Lupi” perché infestato dai predatori.

Ma l’acqua è anche un elemento prezioso ed una terra che ne è ricca sa essere molto generosa: cipolle, peperoni, piselli, spinaci, zucchini e sedani sono diventati prodotti simbolo di questi luoghi, capaci di conquistare mercati anche al di fuori dei confini provinciali. In una delle sue 6 frazioni, Grava, nel 1800 è nato il pittore Francesco Mensi. Poco lontano, anche lo Scrivia termina la sua corsa nel Po, contribuendo a creare una vera e propria piana alluvionale, anticamente una sorta di aggregato di isole attraversate da canali. La più grande era detta di Sant’Antonio poiché ivi sorgeva una cappella dedicata al Santo. In que-

Oggi in questi luoghi c’è il comune di Isola Sant’Antonio (Ìsola Sant Antòni) rinomato per il suo melone conosciuto in tutta la regione. Puntando ad est, si raggiunge il comune di Molino dei Torti (Molèj dij Tòrt) circa 700 abitanti, capitale nazionale dell’aglio. _65_


i dintorni

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Le speciali caratteristiche del terreno, non troppo argilloso e ricco di sostanze organiche e la sapiente manualità dei produttori che investe l’intero ciclo produttivo rende l’aglio di Molino dei Torti decisamente unico sia nelle dimensioni del bulbo che nella colorazione particolarmente bianca della pelle e per questo apprezzatissimo nelle cucine di tutt’Italia.

è legatissima a quella di Molino dei Torti (dal 1928 al 1946 i due comuni erano addirittura fusi insieme come Molino Alzano). Anche Alzano Scrivia ha una forte produzione incentrata sull’orticoltura in particolare specializzata nella produzione di patate, spinaci, sedano, cavoli e fagioli. Famoso è il suo fagiolo “lingua di fuoco” che, probabilmente per la composizione del terreno in cui viene coltivato (zona golenale del torrente Scrivia), si presenta di colore rosso vivo ed è un’apprezzata specialità gastronomica. Da visitare la Chiesa della Natività di Maria, edificata dal 1846 sulle fondamenta di un edificio religioso preesistente. All’interno sono presenti quattro pale raffiguranti San Sebastiano, Santa Caterina da Siena, Sant’Antonio da Padova e San Gerolamo. Sulla facciata una riproduzione della Natività, opera bronzea del vogherese Casati.

A poco più di un km, ecco Alzano (Autsan) il comune più pianeggiante d’Italia (il dislivello del territorio massimo misurabile è 1 m). La sua storia

Per raggiungere Castelnuovo Scrivia (Castelneuv da Scrivia) occorre puntare a sud per circa 4 km, lungo la sponda destra dello Scrivia.


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Con i suoi 5600 abitanti, è sicuramente il centro più importante della piana come testimonia anche la sua storia. Nel Medioevo Castelnuovo partecipò alla distruzione di Tortona (1155) al fianco del Barbarossa ottenendo in cambio privilegi (ad esempio il diritto di collocare sulla torre la bandiera comunale e di avere l’esclusiva del mercato del gualdo, erba usata in quei tempi per tingere le stoffe di colore turchino) e opere pubbliche tanto che durante tale epoca Castelnuovo Scrivia divenne un centro di grande importanza e assai ricco, come testimoniano le belle case costruite in quel periodo, di cui rimane ancor oggi traccia evidente. Nella piazza principale merita una visita la Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, romanica del XII secolo. Di fronte, il palazzo Pretorio (Castello dei Torriani e dei Bandello) del XIV secolo con por-

ticato ogivale, bifore, balconcino e con l’antica torre merlata alta 39 metri. Sulla strada per Molino dei Torti è visibile poi il grande arco secentesco, una delle cinque porte che permettevano il passaggio attraverso la cinta muraria. In tutto il territorio di Castelnuovo Scrivia e nelle zone limitrofe si coltivano con grande successo ortaggi di pregiata qualità ed in particolare le cipolle, sia nella qualità ramata, con il bulbo interno bianco che nella qualità rossa, con l’interno più scuro. A soli 10 minuti di auto, verso il confine tra Piemonte e Lombardia, si arriva a Pontecurone (Poncròu) il cui nome deriva dal latino Pons Coronis, con riferimento evidente al ponte sul torrente Curone, tutelato nell’antichità dai Cavalieri Templari. Il lungo dominio di Roma su questo territorio è confermato dalla regolarità dell’impianto urbano del paese e trova il suo centro nella piazza principale che fronteggia la torre medievale. Il paese venne distrutto dal Barbarossa che, secondo una tradizione locale, ordinò che a Ponte_67_


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i dintorni

curone fosse costruito un palazzo imperiale per celebrare le sue vittorie: di quell’edificio resta oggi una finestra gotica. A partire dal ‘300, il territorio è stato sotto il dominio dei Visconti, degli Sforza, dei Medici e degli Spinola... Lungo la via Emilia, sulla sinistra, dopo la piazza del Comune, si può visitare la casa natale di Don Orione, ricostruita sul luogo della precedente demolita nel 1903, con ricordi di famiglia e foto della vita del Santo nato qui il 23 giugno 1872 e fondatore a Tortona della Piccola Opera della Divina Provvidenza, oggi diffusa in tutto il mondo.

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Tra le più eminenti figure della Chiesa e della spiritualità cristiana del secolo scorso, il 16 maggio 2004 Don Luigi Orione è stato proclamato Santo per volontà di Papa Giovanni Paolo II. A lui è dedicata una grande statua nel centro del paese. Pontecuronese mancato è invece Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 22 dicembre 1876 – Bellagio, 2 dicembre 1944) poeta e drammaturgo, padre del Futurismo Italiano la cui famiglia apparteneva al Comune di Pontecurone.


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Per realizzare questa guida abbiamo consultato un grande numero di pubblicazioni e coinvolto moltissime persone. Abbiamo sempre trovato disponibilitĂ e pazienza. In molti ci hanno dato consigli e suggerimenti. Un contributo davvero prezioso senza il quale non ce l'avremmo fatta. A tutti grazie. Con affetto e riconoscenza.

Carlo Arzani _69_


i numeri utili

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Taxi 0131.861782 Polizia Municipale 0131.821469 Polizia Stradale 0131.810711 Aci Soccorso Stradale S.S. Alessandria 35/B/8 0131.8671717 Azienda Sanitaria Locale Ospedale Civile P.zza F. Cavallotti, 7 0131.865111 Pronto Intervento 118 D.E.A. – Pronto Soccorso P.zza Cavallotti, 7 0131.865234 Guardia medica (notturna, prefestiva e festiva) 0131.82941 Carabinieri Pronto Intervento 112 Compagnia e stazione - Centralino Lg. Carabinieri d’Italia, 1 0131.829600 Municipio C.so Alessandria, 62 0131.8641 Biblioteca Civica C.so Romita, 16 0131.863470 Teatro Civico Via Amm. Mirabello, 3 Biglietteria 0131.820195 Piscina Comunale Dellepiane Via Mariano Delle Piane 0131.820517

Protezione Civile Centro Operativo Via Anselmi, 8 800.093929 Accademia Comunale di Musica Lorenzo Perosi Via Pernigotti, 12 0131.862605 Istituti Civici Culturali C.so Romita, 16 0131.863470 Bocciodromo Comunale V.le Piemonte, 9 0131.866821 Campo Sportivo Comunale C. Cosola Via Sacro Cuore 0131.811541 Campo Sportivo Comunale E. Cucchi Via Silvio Ferrari, 12 0131.821381 Campo Sportivo Comunale F. Coppi Via Montello 0131.863158 Palazzetto dello Sport Uccio Camagna C.so Alessandria, 1 0131.868803 Palestra Bianca C.so Garibaldi 0131.863004 Palestra Cavour C.so Cavour 0131.862356 Palestra Coppi V.le Kennedy 0131.864208 Pista Atletica V.le Amendola 0131.892511


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I miei appunti

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i miei appunti

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