L’onda… Sale, scende, si solleva, ricade, s’innalza, s’abbatte. Così l’onda diventa metafora della storia dell’uomo, della sua altalena di riuscite e fallimenti. In questo numero vi raccontiamo storie di successi: designer, performer, fotografi, food stylist e illustratori hanno interpretato per noi il tema dell’onda. “Anche in me l’onda si leva. Si gonfia, inarca la schiena. Ancora una volta sono consapevole di un nuovo desiderio, qualcosa che si solleva sotto di me come il fiero cavallo che il cavaliere prima sperona e poi frena”. V. Woolf , Le Onde
EDITORIAL STAFF EDITOR IN CHIEF AND PHOTOGRAPHER Laura Novara laura.novara@the-fridayproject.com ART DIRECTOR AND DESIGNER Maria Luisa Spera marialuisa.spera@the-fridayproject.com ARCHITECTURE AND DESIGN EDITOR Chiara Casciotta chiara.casciotta@the-fridayproject.com CULTURE EDITOR AND EDITING Elisabetta Cerigioni elisabetta.cerigioni@the-fridayproject.com COMMUNICATIONS MANAGER AND LIFESTYLE EDITOR Laura Ferrari laura.ferrari@the-fridayproject.com
CONTRIBUTORS Cheap Benedetta Consonni Roberta Deiana LaTo Photography Maria Francesca Nitti Photography
COVER
Ray Collins The Friday Project è un periodico online registrato presso il Tribunale di Ancona al n. 07/2015 del registro periodico, protocollo n.34/2015. La riproduzione delle illustrazioni e degli articoli pubblicati sulla rivista, nonché la loro traduzione è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione. Copyright © 2016 The Friday Project COPIA OMAGGIO
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SULLA CRESTA DELL'ONDA
RAY COLLINS
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BLU MEDITERRANEO
THE WONDERFULSOCKS
NIENKE HOOGVLIET
INDICE
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VICTOR CASTANERA
ARCHITECTURES VIVES
ACQUA E ONDE SONORE
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ANDRECO
LE MEMORIE DELL'ACQUA
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SULLA CRESTA DELL'ONDA Testo Elisabetta Cerigioni Fotografie LATO Photography
All we did was water, water, water. My family belives we came from the ocean. And that’s where we’re going back. Duke Kahanamoku
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Reglan - Mare della Tasmania - Nuova Zelanda
#TFPSTORIES
Lillatro - Mar Tirreno - Italia
San Jean de Luz - Oceano Atlantico - Francia
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Malibu - California - USA
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Dicono che a volte, in certi luoghi, quando le onde vengono spazzolate dal vento e l’acqua è cristallina, l’unica cosa che serva davvero per sentirsi liberi sia una tavola da surf… Dicono che a volte l’oceano sia infuriato… E ci hanno anche raccontato di una ragazza che a Malibu ha cavalcato una tra le onde più famose e sognate al mondo e ci hanno anche raccontato che “l’ultima onda poi esco” non si dovrebbe dire mai, perché “quando il vento smette di soffiare e le onde si fanno mano a mano più lisce è difficile mantenere la parola, anche se fuori c’è qualcuno che ti aspetta”. Il surf è un rito ed è rivelazione: adrenalina e godimento per un’onda che tanto si è attesa e che adesso, finalmente, vedi da lontano e sai che sta per lanciarti. E poi resti solo tu e il mare.
Riverton - Mare della Tasmania Nuova Zelanda isola sud 15
Marina Romea - Mare Adriatico - Italia
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Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza (Canto XXVI, Inferno Divina Commedia)
Riscopri Ulisse con l’Inferno di Dante nelle Grotte di Castellana #RiscopriDante www.hellinthecave.it
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RAY COLLINS Intervista a cura di Laura Novara Fotografie di Ray Collins
LA POTENZA, LE SUGGESTIONI, LA BELLEZZA DELLE ONDE RACCONTATE DA UN UOMO IN PERFETTA SINTONIA CON L'OCEANO. Un fotografo che non lascia nulla al caso, ma è pronto a cogliere la fortuna quando bussa alla sua porta. Ray Collins ci incanta con le sue immagini e ci fa sognare con le sue parole. La prima domanda è tanto ovvia quanto necessaria: perché hai scelto le onde come soggetto principale dei tuoi scatti? Che cosa rappresentano per te e in che modo ispirano le tue foto? Conosco l’Oceano da sempre, è stato un elemento costante e ricorrente della mia vita e mi ha insegnato davvero tante cose. Amando il Surf, il nuoto e vivendo
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sull’Oceano è stata per me una scelta abbastanza ovvia, una volta che ho avuto la mia prima macchina fotografica nel 2007, scegliere di fotografare l’Oceano anche perché ogni onda è un momento unico, e non si ripeterà mai nello stesso identico modo. Ci puoi raccontare come affronti e come organizzi una giornata di shooting? Lo shooting è la fine del lavoro. Pianifico uno shooting settimane o anche mesi prima. Studio il vento, le maree, il meteo e il punto preciso in cui voglio posizionarmi, questo sia che si trovi dall’altro lato della strada o dall’altra parte del mondo. Generalmente mi alzo quando ancora fuori è buio. Dopo aver fatto un doppio check per essere sicuro di avere le lenti di
#TFPPHOTOGRAPHY
cui ho bisogno per la giornata, controllo le guarnizioni della custodia waterproof. Quindi bevo un paio di caffè ristretti, che sono così forti che dovrebbero essere illegali! Indosso la mia muta nel buio e nuoto fino al punto prescelto, che può essere a 3 metri dalla riva o a 1 miglio in mare aperto. L’obiettivo è sempre fotografare nel momento in cui il sole sorge, è la luce migliore del giorno qui sulla East cost Australiana. Quali sono le sfide e i problemi principali che devi affrontare nel tuo lavoro? Beh, immagina uno studio in continuo movimento, e di dover cercare di mantenere l’acqua ferma, nonostante tu debba continuare a nuotare e a muoverti. La luce poi cambia di continuo, si nasconde dietro le nuvole per poi ricomparire, senza un ritmo reale e prevedibile. Mentre nuoti devi continuamente cambiare le impostazioni della macchina fotografica,
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il cui peso in queste situazioni sembra quello di una dozzina di mattoni! Devi regolare la velocità, l’apertura, l’Iso e la messa a fuoco e controllare che nemmeno una piccola goccia d’acqua vada a rovinare lo scatto perfetto. Devi essere costantemente consapevole delle correnti e dei movimenti del mare, perché la situazione può diventare tragica in un attimo. Alla fine, una volta controllate tutte queste cose, scatto. Penso che conoscere la mia attrezzatura dentro e fuori dall'acqua, avere una buona forma fisica insieme ad una buona conoscenza dell'Oceano, siano le chiavi per realizzare buone immagini. Quando scatti hai un’idea chiara e precisa del risultato che stai cercando, o ti fai guidare dalle condizioni e ispirare dall’Oceano? La fortuna è dove l’opportunità incontra la preparazione! Normalmente è un mix di entrambe le cose.
Oil
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Light Burst
Triumph
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Blue Hook
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La lente scelta è importante perché non la puoi cambiare durante lo shooting, e questo può rendere inutile tutta la nuotata che hai fatto, se hai scelto la lente sbagliata. O ancora il surf può essere troppo grande e rompersi su una roccia e se hai una lente di 20 mm il rischio è che sembri una formica o potresti rischiare di morire andando troppo vicino alle onde, mentre se hai un 85 mm o un 70-200 mm puoi stare comodamente seduto lontano dal pericolo. Una volta scelta la lente giusta per lo shooting, dipende molto dalla mia posizione ma anche da quello che Madre Natura decide di mandarmi! Aspetti tecnici dello shooting contro le emozioni dell'Oceano, che cosa è più importante per ottenere lo scatto perfetto? Lascio che la luce sia la mia guida e che il mood della giornata mi dica come scattare. Ma non potrei farlo senza una conoscenza tecnica di come interpretare la luce. Se un raggio di sole filtra tra le nuvole devi cambiare le impostazioni per portare la tua visione alla realtà. Mi
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faccio sempre guidare dalle emozioni, ma devono essere supportate dalle competenze tecniche. Il posto e lo scatto che non puoi dimenticare? L'Islanda è un posto indimenticabile! Mettere la tua muta con la neve che arriva fino all'anca è surreale, così come nuotare tra le onde e avere la neve che ti arriva in faccia e si scioglie quando tocca il mare! Ho anche una forte connessione con le persone e le onde delle isole Hawaiane, lì mi sento sempre a casa. Dove sarà il tuo prossimo progetto? Recentemente ho fatto una serie di scatti all'oceano da un elicottero, una posizione che dà un vantaggio unico e paradisiaco. Esporrò questa serie alla fine di quest'anno. Inoltre sto anche lavorando al mio prossimo libro. Ho pronto l'80%, credo, ma continuo a creare per il libro perché mi piace! Thanks for having me and for being interested in what I do! I love yas! xx
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BLU MEDITERRANEO Testo e Style Roberta Deiana Fotografie Laura Novara Ennefoto
INGREDIENTI PER 4-6 PERSONE
Per la crema base: 100g di yogurt greco intero 2 cucchiai di miele di corbezzolo 1 pizzico di pepe bianco 1 punta di cucchiaino di colorante alimentare blu. Per la gelatina: 1/2 pacchetto di colla di pesce 2dl di mirto bianco 1 cucchiaino scarso di colorante alimentare blu. Per l'aria al profumo di macchia mediterranea: 2 rametti di rosmarino 4 rametti di timo 1 foglia di alloro 2 rametti di mirto 2dl di acqua 1 pizzico di zucchero 1g di lecitina di soia.
PROCEDIMENTO
Ripescate nella memoria la piĂš bella isola del Mediterraneo che abbiate mai visitato, il colore del suo mare. Ora siete pronti. Intiepidite leggermente il miele a bagnomaria fino a farlo diventare piĂš liquido, quindi incorporatelo nello yogurt assieme a un pizzico di pepe bianco. Unite il colorante, mescolate bene e tenete in fresco. Preparate la gelatina: ammollate i fogli in abbondante acqua fredda, poi scioglieteli in un pentolino a fuoco dolce, spegnete e incorporate a poco a poco il mirto. Unite infine il colorante, mescolate bene e raffreddate in frigo per 2 ore. Preparate l'aria: lavate e sfogliate le erbe, mettetele in un frullatore assieme all'acqua, allo zucchero e alla lecitina per 3-4 minuti. Raccogliete la schiuma che si formerĂ in superficie e tenetela da parte. Componete la vostra onda perfetta: uno strato di crema di yogurt, un secondo strato di gelatina di mirto spezzettata e poi la cresta dell'onda, l'aria di macchia mediterranea.
#TFPFOOD
per veri intenditori, il nuovo libro di roberta deiana
"non saper cucinare è come non saper far sesso: lo farai per tutta la vita, tanto vale sapere come." Robert rodriguez
THEWONDERFULSOCKS Testo di Maria Luisa Spera Fotografie di Zup Design
#TFPDESIGN
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L'ELEGANZA DELL'ONDA NELLA e dunque anche del packaging, è "SEMPLICITÀ" DI UNA SCATOLA. arrivato ad accogliere un pack unico, "Never forgot details. Especially when you put yourself to the test. This is where you realise how important the simplest things are. Much like the pedals or the correct gear. The socks need to be perfect too". Così racconta la sua storia Thewonderfulsocks (prima azienda, italiana, produttrice di calze motivazionali per tutti gli appassionati di sport) e da quella storia il marchio, curando ogni aspetto del prodotto
nella purezza del dettaglio firmato Zup Design. Può una scatola diventare un oggetto dinamico, rappresentare e trasmettere quel movimento che è insito nel prodotto contenuto al suo interno? Il nuovo pack di Thewonderfulsocks soddisfa tali caratteristiche, forse per questa ragione ha ricevuto il bronzo nella sua categoria, a Vienna, in occasione degli European Design Awards. Un design italiano, realizzato dalla Zup
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Design di Perugia, studiato per soddisfare l'estetica e anche per adempiere a ruoli ben piÚ funzionali. La sua forma triangolare, robusta, assicura maggiore sicurezza in caso di urti e possibili sollecitazioni durante il trasporto, abbatte i costi per la dimensione ridotta e soprattutto non intacca in alcun modo il contenuto, che rimane inalterato e pronto per la consegna, come fosse uscito dall'azienda in quel preciso momento. Questa scatola non è solo bella ed efficiente ma possiede anche un forte impatto a livello
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ecologico, per il possibile riciclaggio dei materiali e perchÊ contro ogni spreco: essendo composta da un unico foglio di carta cellulosa nera - stampato in serigrafia - questa confezione viene assemblata manualmente per eliminare totalmente le aree di incollaggio. Il risultato è un'onda modulare che sinuosamente si compone nei display dei negozi; linee gentili ricordano una composizione di origami, elegante e sobria, dal carattere moderno e inconfondibile come ogni prodotto della linea Thewonderfulsocks.
"Facce, storie e prodotti di qualità” Per chi ha fame di creatività e di produzioni in serie limitata, realizzate con dedizione.
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NIENKE HOOGVLIET Testo di Chiara Casciotta Fotografia di Femke Poort
IL MARE COME ELEMENTO DI ricerca relativa ai materiali sostenibili, in modo da contribuire a tali questioni SPERIMENTAZIONE. L'olandese Nienke Hoogvliet con i suoi progetti si propone di sensibilizzare l'opinione pubblica su alcune questioni per lei particolarmente affascinanti, nonché attuali. La maggior parte delle sue idee ha qualcosa a che fare con la vulnerabilità umana, della società ma anche della natura. Ha sempre avuto una mente attivistica che l'ha portata a scegliere di diventare vegetariana a soli sette anni, perché in disaccordo con certe pratiche che non tengono conto delle sofferenze degli animali. Così, dopo la laurea presso la Willem de Kooning Academy nel 2013, quando ha notato quanto il mare fosse inquinato e, al contempo, considerando le allarmanti condizioni del settore tessile, ha avviato la sua
con il suo lavoro. Il progetto Sea Me dà origine ad un tappeto, fatto di filato di alghe marine e annodato a mano in una vecchia rete da pesca che simboleggia le problematiche circa l’inquinamento degli oceani. La designer vuole mostrare le potenzialità di questo inusuale materiale e allo stesso tempo far riflettere sulla condizione dei nostri mari e delle nostre spiagge. La sua ricerca è proseguita con Re-Sea Me, un ulteriore sviluppo del precedente progetto, nel quale ancora una volta si dimostra curiosa di sperimentare materiali sostenibili provenienti dal mare stesso. Ha scoperto che le pelli di pesce, prodotto di scarto dell'industria della pesca, si possono trasformare in bella pelle.
#TFPDESIGN
Utilizzando una vecchia tecnica scandinava priva di prodotti chimici, ha creato un materiale forte, sostenibile e piacevole nell’estetica, che può essere utilizzato come qualsiasi altro tipo di pelle. Per mostrare le potenzialità di questo materiale ha progettato addirittura un piccolo sgabello ed un tappeto concettuale. Il proposito della designer è di mostrare la bellezza dei materiali provenienti dal mare anche al di fuori del mare stesso, nella speranza di ispirare le persone e invogliarle a far parte integrante di questo progetto, magari con collaborazioni o programmi affini che abbiano come scopo la riqualificazione dei materiali di scarto, abbassando così lo spreco e cooperando ad una evoluzione del settore tessile in direzione ecosostenibile. Attualmente sta sviluppando e testando i suoi nuovi materiali per permettere il loro inserimento nei processi industriali; infatti, come ci dice la stessa Nienke: “sempre più aziende capiscono l'importanza dell'utilizzo di materiali sostenibili ed è in corso un grande cambiamento da questo punto di vista”. Nel frattempo la sappiamo al lavoro su nuovi progetti che prevedono come filo conduttore la creazione di un mondo migliore e più sostenibile: "sto già lavorando a qualcosa di interessante in questo momento, ma non posso dire nulla ancora".
www.nienkehoogvliet.nl
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VICTOR CASTANERA Testo di Chiara Casciotta Fotografie Victor Castanera
L’ISPIRAZIONE NASCE DALL’ONDA
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Il designer Victor Castanera di Barcellona, laureato in industrial design all’Università Elisava, ha sempre avuto la passione per il mare che resta, per lui, inesauribile e privilegiata fonte di ispirazione. Da qui nasce la sua ricerca che si concentra sulla sperimentazione di nuove tecniche e materiali, i quali si traducono in oggetti a dir poco innovativi, pieni di espressività e di una identità forte. La sua volontà era di ideare e dunque sperimentare un procedimento in grado di creare prodotti esclusivi e riconoscibilissimi ogni volta, ed ancora
una volta il suo sguardo si è rivolto al mare. Il progetto UNDAE, che si articola in UNDAE#1 e UNDAE#2, si ispira al movimento ondoso. Una serie di tubi, posizionati verticalmente alla stessa altezza ma con lunghezze differenti, iniettano resina ecologica all’interno di uno stampo verticale, ottenendo così una struttura unica a più strati. Il risultato del processo mostra la bellezza dell’imperfezione e della diversità. Nella collezione UNDAE#1 differenti quantità di pigmenti blu e neri vengono aggiunti alla resina per ottenere diverse #TFPDESIGN
tonalità di blu, mentre in UNDAE#2 la resina bianca, che rappresenta la schiuma del mare prodotta quando le onde colpiscono la sabbia, viene mescolata con farina di legno e segatura in modo da imitare la consistenza della sabbia stessa. Victor è particolarmente interessato alla produzione sostenibile e in futuro vorrebbe imparare di più sui materiali sostenibili e provare a mescolarli con un buon design. “Viviamo in un sistema che produce molto di più di quanto abbiamo bisogno e penso, come designer, che dovremmo sentirci tutti responsabili”.
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www.victorcastanera.com
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"GreenOvation" Pauline Marquet, Claire Chrestia et Sybille Jaubert
ARCHITECTURES VIVES Testo di Chiara Casciotta Fotografie di Emidio Castri, Paul Kozlowski, Quentin Giraud
UN'ONDA DI ARCHITETTURA PER ricchezze storiche della città e il linguaggio contemporaneo e, allo stesso tempo, I CORTILI DI MONTPELLIER L’onda è un movimento travolgente, lei avanza fino ad irrompere su qualsiasi cosa trovi nel suo percorso. Lo stesso avviene ogni anno per una settimana a Montpellier, capoluogo della Languedoc-Roussillon nella Francia del sud, durante il Festival des Architecture Vives. Arrivato alla decima edizione, il Festival, organizzato dall'associazione Champ, ha come obiettivo la valorizzazione del patrimonio architettonico attraverso installazioni site-specific, realizzate da giovani progettisti. Tutto questo favorisce la riflessione circa il rapporto fra le
intende avvicinare un pubblico sempre più vasto all'architettura e al design. Le installazioni creative vengono realizzate nelle corti interne degli hôtels particuliers, i prestigiosi palazzi del centro storico, per lo più privati, che di solito non sono visibili ai visitatori. I team di architetti internazionali offrono alla collettività nuove esperienze spaziali e sensoriali, creano interazione tra città e visitatori, e danno modo a questi ultimi di riscoprire luoghi nascosti e dimenticati, nonché il significato e la percezione dello spazio pubblico e del verde urbano.
#TFPARCHITECTURE
L’edizione 2016, che si è svolta il giugno scorso, ha dato origine ad una riflessione circa l’innovazione nel campo dell’architettura e le interpretazioni proposte dai giovani architetti sono state davvero originali e diversissime tra loro: Mickaël Martins Afonso e Caroline Escaffre-Faure, che hanno vinto il premio della Giuria con la loro installazione La tête dans les nuages, hanno realizzato una sorta di “pausa” lungo la passeggiata urbana, una sosta caratterizzata da nuvole galleggianti nell’aria che sovrastano i visitatori, creando una suggestiva cornice entro la quale isolarsi e allontanarsi dai rumori della città, prendere del tempo per pensare, per riposare, insomma: per avere la testa
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tra le nuvole. L’innovazione qui, è insita nell’idea stessa, vale a dire nel proposito di utilizzare questi cortili interni come luogo per installazioni artistiche. Pauline Marquet, Claire Chrestia e Sybille Jaubert con il progetto GREENovation si pongono il problema di quale sia (o possa essere) il ruolo degli spazi verdi nelle nostre aree pubbliche e sperimentano una nuova idea di giardino. Si tratta di un omaggio poetico al luogo-giardino: chi passa si imbatte in una struttura sospesa, fatta di fiori e fronde vegetali, che specie nelle ore centrali del giorno crea un singolare ed accattivante gioco di ombre. Tutto questo invita decisamente al relax e alla contemplazione.
La tĂŞte dans les nuages MickaĂŤl Martins Afonso et Caroline Escaffre-Faure
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Porte Vers Maurice Schwab
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Sable y est Ariane Francescato et Julien Pinard
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[ IN N' OVER ] Maxime Derrouch, Typhaine Le Goff et Emeline Marty
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ACQUA E ONDE SONORE Testo di Elisabetta Cerigioni Fotografia di Tyler Nardone Photography
LA CASA CHE SUONA CON LA PIOGGIA E L’ORGANO MARINO. Armonia, proporzione ed equilibrio: architettura e musica sono fatte delle medesime, imprescindibili componenti. Goethe riassumeva così il legame tra l’una e l’altra: “La musica è architettura svolta, mentre l’architettura è musica pietrificata”. Esiste un curioso edificio a Dresda, che traduce tutto questo con esattezza. È la cosiddetta “casa che suona con la pioggia”, nata da un’idea della scultrice Annette Paul e dei designer Cristopher Rossner e Andre Tempel. Situata nel quartiere studentesco della città, la struttura, un po’ palazzo un po’ installazione, presenta una facciata di colore turchese brillante ed è ricoperta da tubature e imbuti che sfruttano la musicalità della pioggia, amplificandone
il suono. A seconda dell’intensità delle precipitazioni la melodia può sentirsi appena o trasformarsi in un vera e propria fanfara. Una seconda, straordinaria opera architettonica si trova sul lungo mare di Zara ed è il Morske Orgulje, progettato dall’architetto Nikola Bašic. Si tratta di un vero e proprio strumento musicale, concepito come una scalinata lunga settanta metri. Sotto i gradoni bianchi, divisi in sette sezioni, ciascuna di dieci, sono stati posizionati ben trentacinque tubi, di diversa lunghezza, diametro e inclinazione, che permettono il passaggio dell’aria e dell’acqua: un organo insomma, da cui fuoriesce un suono diverso in base alle condizioni del vento e del mare. Altra curiosità: la sinfonia è modulata secondo sette accordi e cinque tonalità, tipici della musica dalmata.
#TFPARCHITECTURE
ANDRECO Intervista a cura di Maria Luisa Spera Fotografie di Alice Bettolo e Michele Lapini
#TFPART
ARTE E SCIENZA NEL RAPPORTO UOMO/AMBIENTE Andreco, giovane Ph. D in Ingegneria ambientale, romano di nascita, artista e innovatore. Famoso per il suo modo di interpretare l'arte, fonde le sue competenze per rappresentare lo strano rapporto tra uomo e ambiente. Da anni, parallelamente alla tua attività di ingegnere, porti avanti anche una vera e propria ricerca artistica sul rapporto tra uomo e ambiente caratterizzando i panorami urbani con le tue opere, da cosa nasce questa tua volontà? La mia ricerca scientifica e quella artistica per molto tempo sono andate avanti in parallelo, ma negli ultimi anni si sono spesso creati dei punti di contatto. Credo che, al di là della mia volontà, questa sovrapposizione sia nata dalla necessità e dall'urgenza di esprimere alcuni concetti attraverso punti di vista differenti. Mi interessano i progetti multidisciplinari, in particolare quando si parla di spazi pubblici credo sia importante tenere in considerazione i diversi elementi che li caratterizzano. Un buon progetto dovrebbe relazionarsi con le componenti sociali, ecologiche, urbanistiche e architettoniche. Per "relazionarsi" intendo: tenere in
considerazione queste componenti senza creare vincoli per la creazione artistica. Le onde, da sempre sono metafora della vita e dei suoi mutamenti, del suo eterno ritorno, ciclico per certi aspetti. Credi sia possibile associare questa metafora dell'onda anche al tuo progetto? Il Fisico e saggista Fritjof Capra, osservando le onde dell'oceano, pensa alla fisica nucleare che vede ogni atomo in continua oscillazione a causa del moto degli elettroni intono al nucleo. Il fisico immagina ogni elemento della natura in movimento, o meglio soggetto ad una vibrazione costante e impercettibile anche quando è apparentemente in stasi. Mi piace immaginare tutto in continua oscillazione e in mutamento. Il progetto Emission che ho realizzato sulla parete esterna dell'autostazione di Bologna è una narrazione astratta, un percorso composto da immagini simboliche in trasformazione. Ma le onde in certi casi diventano immagine di tempesta, di qualcosa di dirompente che si abbatte con
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violenza contro un obiettivo. Così è anche il tuo messaggio di denuncia, ce ne puoi parlare? Emission fa parte del mio macro progetto itinerante Climate, sulle cause e gli effetti dei cambiamenti climatici, iniziato a Parigi in concomitanza con la conferenza delle Nazioni Unite sul Clima “Cop21”. La tappa di Bologna, realizzata per il Cheap festival in una delle zone più trafficate ed inquinate della città, pone l'attenzione sulle emissioni in atmosfera generata dal traffico veicolare. Tra i disegni si possono trovare riferimenti, più o meno espliciti, ai limiti delle emissioni in atmosfera, alle polveri sottili, alle temperature in aumento, al ciclo dell'acqua e i bilanci idrici, alla concentrazione di anidride carbonica, agli inquinanti nelle acque, fino ad arrivare ad alcune delle conseguenze dei cambiamenti climatici, come gli incendi e gli allagamenti. Nei tuoi lavori, in particolare nelle opere scultoree, emergono elementi naturali dalle linee semplici e geometriche, c'è una logica intrinseca
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in queste scelte stilistiche? Come abbiamo detto, i contenuti del mio lavoro sono influenzati dalla ricerca teorica, ma anche da una forte componente di ricerca visiva e grafica che lavora sull'essenziale. Cerco di ridurre l'immagine ad un equilibrio necessario, dove il disegno e il non disegno sono perfettamente bilanciati e in sintonia con il territorio che li ospita. C'è un luogo che ti piacerebbe usare come "tela" per la tua prossima opera, quella che ancora non hai pensato e che prima o poi realizzerai? Mi piace relazionarmi alle architetture dei centri urbani ma anche ai paesaggi naturali, il mio ruolo è sempre quello di inserirmi creando un dialogo con gli elementi esistenti. In questo periodo sto lavorando sulle Dolomiti e le Alpi Carniche, in posti bellissimi. In futuro mi piacerebbe lavorare a Roma dove sono nato ma, a causa dei miei continui spostamenti in Italia e all'estero, ho lavorato ancora poco.
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“LE MEMORIE DELL’ACQUA” Testo di Elisabetta Cerigioni Fotografie di Marco Pezzati
PERFORMANCE DI DANZA URBANA. DA UN’INTERVISTA A COSETTA GRAFFIONE, DANZATRICE E COREOGRAFA. Non si accorge, lui di passaggio, di trovarsi nel bel mezzo di una performance, né di farne parte… Le Memorie dell’acqua è il titolo di un progetto euro-regionale di danza contemporanea, prodotto e sostenuto da otto strutture diffuse tra le città di Genova, Torino, Marsiglia, Avignone, Villeurbanne e Rillieux la Pape. La sua specificità risiede nel luogo in cui si svolge la performance, vale a dire lo spazio pubblico. Le origini di queste Memorie vanno ricercate nel territorio ligure, a Genova, e tutto intorno alla fontana in Piazza De Ferrari, perché l’acqua, coi
suoi movimenti ondosi e zampillanti, diventa elemento predominante della messinscena. Così Cosetta Graffione, danzatrice e coreografa, e il paesaggista Davide Costelli hanno dato vita ad un’idea nuova, a partire dallo studio sul cambiamento direzionale (da divergente a convergente) dei getti d’acqua periferici della fontana. “Il progetto nasce per irrompere nel vissuto e agire sulla consuetudine. Il mio obiettivo è di uscire dai luoghi canonici dedicati allo spettacolo, di rinnovare, e di confrontarsi con le bellezze urbane della città, coi suoi monumenti e i suoi abitanti” - dice Cosetta. Lo spettatore assiste ad una coreografia spettacolare, durante la quale la ballerina danza dentro la fontana ma anche fuori; si arrampica e discende, e ancora: si muove attorno alla sorgente, seguendo una traiettoria
#TFPPERFORMANCE
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a spirale con in mano due innaffiatoi pieni, lasciando che l’acqua fuoriesca naturalmente e raggiunga il pubblico, come se il moto ondoso si verificasse in mare aperto. Questo provoca “un’onda di fuggi fuggi generale!” confessa la danzatrice. Gli elementi costituivi della fontana (pietra, zoccolo, vasca, acqua, forma e direzione dei getti, ma anche i palazzi della piazza, etc.) vengono legati tra loro tramite una scia d’acqua realizzata al suolo attraverso i due innaffiatoi. Questo perimetro (che è anche percorso coreografico) evoca il concetto d’onda, perché generato da un movimento ondulatorio: alzarsi e abbassarsi della danzatrice. La mise-en-scène finisce per delineare “un traccia d’onda tra corpo, acqua e onda sonora, in cui la musica di Philip Glass restituisce, attraverso la ripetizione continua del brano, la dimensione d’onda. Si tratta tuttavia di una traccia effimera perché legata al suo tempo di sparizione. La cosa più bella che accade dopo la performance è che la gente è incuriosita e va spontaneamente a vedere e toccare l’acqua della fontana,
cosa che prima non avrebbe fatto”. E, continua Cosetta: “a Lione i bambini mi erano talmente vicini che mi hanno preso la gonna, quasi strappandola e non riuscivo a muovermi più... Un’altra volta mi è capitato (ero a Marsiglia, arrampicata sulla cima della fontana delle Danaides, con un getto d’acqua che usciva direttamente dal mio costume di scena) di avere le vertigini e di esitare a scendere! Per finire, la prima volta che ho danzato il solo a Genova (la mia città) ho messo l’acqua nelle mani di mio nipote di 6 anni, se l’è bevuta, in barba alle regole comuni d’igiene e sotto gli occhi sbalorditi di sua madre! Mi sembrò di battezzarlo, di aprigli una porta. Per finire, vorrei sottolineare che per me questo solo di danza ha un valore fortemente affettivo. Mi è stato proposto lo stesso giorno in cui mio padre era appena stato operato di cuore. Dopo l’operazione mi misi immediatamente a concepire la drammaturgia insieme a Davide. Mi è sembrato giusto dedicarglielo e dare a questa performance un finale che va letto come restituzione alla vita dopo la fine di una battaglia”.
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Editoriale curato da Elisabetta Cerigioni
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