N 5 - TheRealFishing.it

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“ Vivi momento per momento, muori al passato, non proiettare alcun futuro... godi il silenzio, la gioia, la bellezza di questo momento. “ ( Osho )


I pescatori che hanno reso possibile questa uscita... Noi non ci stiamo e ve lo dimostriamo Pianificazione e organizzazione di un’intera stagione di pesca 1 parte

A Carpe D’inverno Teorizzando

Ultima Frontiera Sotto i piedi Intervista: Una borsa piena di cose Winter Wood

Nuove acque, nuove soddisfazioni


TEORIZZANDO

Leonardo Bresolin

Piogge incessanti e acque impraticabili, poco tempo a disposizione e impossibilità di tirare fuori le canne dal fodero…di conseguenza come posso riempire le giornate dedicando un po’ di tempo alla pesca? Semplice, mi metto a “tavolino” con la cassetta della minuteria a fianco e provo qualche montatura… Da un po’ di tempo a questa parte mi sono fissato con un finale di lenza che ancora non ho avuto occasione di provare ma che mi sono ripromesso di farlo nella prossima stagione…o per lo meno dalle prossime pescate. Niente di nuovo per carità, ma per chi, come me, non l’ha ancora usato può essere uno spunto interessante. Per pigrizia, necessità o comodità ho sempre utilizzato un montaggio bolt rig, con le classiche clip con piombo a perdere che non hanno bisogno di presentazioni. Il montaggio a cui mi riferisco invece è un sistema che mi dà il vantaggio di un piombo semi fissato e che possa dare un minimo di auto-ferrata nel


momento del primo contatto tra la bocca della carpa e l’amo, che possa permettere al terminale di scorrere lungo il trave finale e soprattutto che sia sicuro per il pesce in caso di rottura! Insomma un miscuglio tra un helicopter rig, un semi-fixed e un run rig, cogliendo le peculiarità ed i vantaggi di tutti per riunirli secondo le mie esigenze. Tutto questo ovviamente è solo sulla carta, ne immagino i passaggi e non vedo l’ora di metterli in pratica! La scintilla decisiva che mi ha portato a questa decisione è stata una recente pescata con Willy, il quale durante uno scambio di battute riguardo le sue tecniche di pesca, mi fece vedere un montaggio simile a quello da me descritto, dicendomi che ultimamente grazie a questo aveva avuto una percentuale pari a 0. Lui utilizzava dei prodotti appositi marchiati Prologic, io invece ho voluto riciclare ciò che avevo in casa, adattando il tutto a quello che sto “teorizzando”.


Per prima cosa ho deciso di affidarmi ad uno spezzone di nylon dello 0,80 , crimpando le due estremità con degli appositi cilindretti metallici che vanno stretti con una pinza. In una delle due estremità inserisco una Multi Clip, la quale ha la funzione di aggancio per il piombo. Questo andrà a posizionarsi verso l’estremità finale del trave. A

ridosso della clip, verso monte ,posiziono un conetto di silicone, di quelli generalmente usati per le montature a perdere. Avendone diversi di inutilizzati ho deciso che la soluzione migliore, per non vederli inutilizzati, era quella di riutilizzarli in altre maniere. In alternativa utilizzo anche i tulip beads


di carp system che si rivelano molto adatti allo scopo. Questi accessori rivestono una parte fondamentale ,qui andrĂ ad incastrarsi la girella di collegamento con il terminale, in maniera che si possa sganciare dopo alcune testate del pesce. Secondo la mia immaginazione il terminale deve essere

libero di scorrere lungo il trave di nylon, in maniera che il piombo si posizioni, durante il combattimento, distante dal terminale e dal pesce, escludendo o almeno riducendo la possibilità di slamata a causa dell’effetto pendolo che ha il piombo in queste fasi. Credo che possa tornare utile in quei momenti in cui il pesce si rigira in acqua e fa fare


movimenti strani alla lenza. È importante ovviamente che la lenza sia sempre in tiro e che l’amo sia ben piantato altrimenti non c’è santo che ci protegga! La slamata è dietro l’angolo. Questa situazione si verificherà solamente quando il pesce effettuerà particolari movimenti o “capriole”, nelle normali fasi di recupero invece il terminale sarà sempre in prossimità della posizione iniziale proprio per effetto della trazione del recupero. Ultimo aspetto, ma primo per importanza, è quello che in caso di rottura della lenza madre il pesce sarà libero di andarsene solamente con il nostro rig in bocca. La girella di collegamento dovrà quindi avere un anello molto largo, in grado di far passare


agilmente attraverso il foro il cilindro a monte, che per una maggiore uniformità dovrebbe andare rivestito con del tubetto termorestringente. Ammetto che tutta questa teoria però mi lasciava molti punti interrogativi,almeno finchè non ho fatto qualche chiacchiera con altri carpisti durante la recente fiera di Ferrara,i quali hanno avvalorato le mie ipotesi. Il bello della pesca è anche questo, immaginarsi situazioni e poi metterle in pratica. Non mi resta che provare!


NOI

CI STIAMO,

NON

Matteo

Petrassi


E VE LO DIMOSTRIAMO!


Sono di ritorno da una delle giornate più costruttive della mia carriera di carpista e devo dire che mi sento orgoglioso delle persone che avevo a fianco oggi !!! Voi direte “si può sapere cosa hai fatto?” vi accontento subito, oggi c’è stata la prima giornata ecologica sul lago di Castel Gandolfo, organizzata in 10 giorni da un gruppetto di amici stanchi di vedere il nostro lago deturpato e invaso da immondizia. Mi aspettavo un’affluenza scarsa a causa dei brevi tempi di organizzazione e della scelta di giovedì 3 gennaio come data utile, invece ci siamo trovati in 20 persone circa con l’intento di ripulire le sponde


“L’unica nota dolente della giornata è stata la raccolta di diverse buste di immondizia lasciate lì da nostri colleghi… sacchetti di boiles, nylon e trecce di grosse dimensioni, bustine di ami, pacchi di pasta...”


e ridare dignità a un paradiso che sembra in lento declino. L’appuntamento era per le 9:30 davanti il ristorante “La Playa” ma come al solito sono arrivato in ritardo e non ho trovato nessuno, subito ho pensato “si è ripetuta la storia di due anni fa…non è venuto nessuno” e invece scendendo verso la spiaggia ecco che ho iniziato a vedere persone armate di buste piegate a raccogliere lo sporco qua e là e devo dire che quell’immagine mi ha riempito di soddisfazione !!! Da una rapida chiacchierata, abbiamo deciso poi di spostarci su un'altra zona del lago più sporca e degradata e di concentrarci su quella….



Devo dire che la mattinata è volata, tra uno sfottò e una battuta ci siamo ritrovati all’ora di pranzo senza neanche accorgercene, con circa 60 sacchi di immondizia stracolmi e la smania di continuare il nostro lavoro in uno dei weekend successivi. L’unica nota dolente della giornata è stata la raccolta di diverse buste di immondizia lasciate lì da nostri colleghi… sacchetti di boiles, nylon e trecce di grosse dimensioni, bustine di ami, pacchi di pasta… insomma i resti di qualche


giorno di permanenza sulle sponde, ma come si dice‌la mamma degli imbecilli è sempre incinta !!! Ora lascio parlare le foto che sicuramente dicono piĂš di mille parole, con la speranza che la prossima volta saremo molti di piĂš !!!


A carpe d’inverno Michele Finocchi



...In molti che non conoscono la nostra disciplina ci prenderanno per pazzi quando ci vedranno in pieno inverno sulle sponde di un lago in attesa dell'abboccata di una carpa, ma solo perchè non sanno che con le giuste strategie non è poi una cosa così strana arrivare al successo...

In questo periodo ci stiamo addentrando nel pieno della stagione più affascinante ma sicuramente anche più difficile per la pesca alla carpa : l’inverno. L’inverno è la croce e delizia per noi carpisti, infatti per molti (compreso il sottoscritto) è una vera e propria sfida sia con le carpe, che in questo periodo sono particolarmente difficili da catturare, sia con le vecchie teorie dei nostri nonni, che credevano che in questo periodo le carpe fossero in letargo, quindi che non si alimentassero, inoltre gli spettacolari scenari naturali che ci riserva l’inverno valgono in se il prezzo di essere sotto una tenda ad attendere una partenza con diversi gradi sotto lo 0 C°. Per molti altri invece non vale la pena spendere giorni in riva a laghi o fiumi con temperature rigide, a volte troppo, per cercare una cattura che, secondo loro, troppo spesso non arriva. Partiamo dicendo che in inverno la pesca si complica notevolmente, quindi sarà piuttosto difficile fare sessioni con catture multiple, soprattutto in determinati specchi d’acqua ( vedremo in seguito quali) ma sicuramente con i giusti metodi possiamo catturare, e, spesso, anche esemplari di buona taglia, che sembrano più attivi rispetto alle carpe di peso inferiore, visto che quest’ultime hanno un fabbisogno di cibo minore alla altre, quindi si possono permettere di limitare gli spostamenti alla ricerca di alimento. Per catturare in inverno dobbiamo tener conto di tre fattori, che, sono importanti anche nelle altre stagioni, ma lo sono particolarmente in questo periodo in cui ogni errore lo possiamo pagare con un duro cappotto; i tre punti fondamentali sono: la conoscenza delle abitudini delle carpe in un determinato ambiente, questo ci permette di

pescare negli specchi d‘acqua e negli spot più prolifici, l’approccio di pesca, quindi lenze, terminali, pasturazione ecc. e ultimo ma non per importanza l’esca che utilizziamo. Passiamo ora ad analizzare i tre punti. Abitudini del pesce In inverno come abbiamo accennato, i pesci subiscono un progressivo rallentamento del loro metabolismo quanto più si abbassa la temperatura dell’acqua, questo fa si che i loro spostamenti siano sempre più brevi e volti a svolgere le funzioni essenziali dell’organismo, come la ricerca di cibo, di ossigeno e di zone con acqua più calda (a volte anche di 1 solo C°). Per spiegare piuttosto dettagliatamente le abitudini delle carpe in questa stagione, è utile partire dividendo le acque


correnti da quelle ferme che a loro volta dividiamo in acque con profondità modeste e acque con profondità maggiori. Abbiamo fatto questa scissione perché nelle tre diverse tipologie di ambienti, assistiamo a tre diversi comportamenti da parte dei pesci. Possiamo affermare che le acque correnti subiscono una diminuzione della temperatura meno brusca rispetto a quelle ferme, e questo è dovuto proprio al moto dell’acqua che fa si che sia meno sensibile alle temperature esterne (questo accade anche in estate quando le acque restano relativamente fresche). E’ logico quindi che maggiore è la velocità della corrente minore è la sensibilità alla temperatura dell’aria. Fatta questa premessa appare chiaro che nei fiumi di una certa portata, le carpe restano attive normalmente per una buona parte dell’inverno. Con la diminuzione graduale della temperatura, i pesci tendono a raggrupparsi vicino

alle buche profonde a filo corrente, dove trovano qualche C° in più rispetto alle altre zone, così, in caso di piene del fiume, possono rimanere in queste aree con il minor sforzo possibile, visto che durante la stagione fredda come dicevamo il metabolismo tende a rallentarsi gradualmente non permettendogli più grandi sforzi, inoltre il fatto di trovarsi vicino al flusso principale dell‘acqua gli permette una garanzia di cibo con spostamenti molto brevi. Sono sempre preferiti i fondali piuttosto morbidi, dove spesso le carpe si adagiano cercando una sorta di protezione dal freddo. Zone con ostacoli sommersi come legnaie o grossi massi che rompono la forza della corrente sono quasi sempre ottimi spot per l’inverno. Il problema principale di questi ambienti è la pesca nella parte finale dell’inverno, quando le prime giornate miti sciolgono le nevi in montagna.


Le acque che ne derivano sono ghiacce e molto trasparenti, dai piccoli ruscelli in quota arrivano fino ai fiumi più grossi, facendo abbassare la temperatura dell’acqua di molti gradi, bloccando quasi del tutto l’attività dei pesci. In queste condizioni è molto difficile catturare, e fino a primavera inoltrata difficilmente cambierà qualcosa però è sicuramente meglio cercare fortuna nelle zone basse dei corsi d'acqua dove “l'acqua di neve” è più diluita. Il discorso è molto diverso invece nelle acque ferme con fondali bassi. Qui la pesca si complica già con l’arrivo dei primi freddi, che fanno abbassare repentinamente la temperatura dell’acqua, rallentando fin da subito l’attività dei pesci. Cercare fortuna in questi ambienti non è cosa facile in inverno, soprattutto nella prima parte della stagione, quando le carpe sono sazie dalle abbondanti mangiate autunnali che, con i grassi accumulati, gli permettono di affrontare questo periodo. I pesci sicuramente si ammucchiano nelle zone più profonde e fangose, dove gli sbalzi termici sono minori, ma raramente anche se peschiamo in questi settori avremo qualche abboccata , sembra davvero difficile interessare le carpe con i nostri inneschi, a parte in acque veramente molto popolate dove la competizione alimentare è forte. Con il trascorrere dell’inverno i pesci finiscono le scorte di grasso accumulato, e iniziano piano piano a cercare zone dove reperire un po’ di cibo, questo accade soprattutto nelle giornate soleggiate, o in caso di venti di scirocco, che scaldano di qualche grado le acque più basse, qui infatti non è raro trovare carpe che si alimentano e si godono la temperatura più mite.Una giornata soleggiata, può far uscire allo scoperto anche molti animaletti acquatici (gamberi, vermi ecc.), per questo con tutta probabilità le carpe pattuglieranno le zone d’acqua bassa anche durante la notte. Questo fenomeno avviene soprattutto nella seconda parte dell’inverno, ma, a seconda della stagione, può capitare anche prima … Con queste condizioni catturare non è più così difficile!!! Nelle acque profonde i pesci risentono più tardi dell’arrivo della stagione fredda, così se

peschiamo a ridosso di buche o ostacoli sommersi, abbiamo buone probabilità di catture fino a quando l’acqua gradualmente si raffredda fino a raggiungere temperature proibitive (4-5 C°). Questo fenomeno avviene ogni anno in tempi diversi a seconda del clima, però possiamo dire che mediamente fino a metà inverno le probabilità di cattura sono buone. In queste acque quando la temperatura scende fino a toccare la soglia sopra citata, la lotta si fa veramente dura, anche perché per riscaldare di nuovo una colonna d’acqua importante occorre un bel po’ di tempo, e spesso accade già durante la primavera. Nel caso ci siano uno o più immissari in un lago, è importante considerare che fino a che le nevi non si sciolgono sono ottimi spot, in quanto apportano cibo, ossigeno e una temperatura dell’acqua costante, che in certi periodi è più calda di quella del lago, soprattutto quando la temperatura esterna è molto bassa. Approccio di pesca Viste le difficoltà di cattura durante l’inverno, è fondamentale avere certe accortezze che sono utili anche negli altri periodi, ma durante questa stagione sono sicuramente la chiave del successo. Partendo dalla presentazione generale della montatura, sarà sicuramente importante tenere la lenza ben adagiata sul fondo, in modo che se qualche pesce decide di alimentarsi nei nostri settori, non incontri un grosso filo teso che lo insospettisca, sicuramente l’uso di un buon leadcore farà al caso nostro, inoltre aggiungere un piccolo piombo


scorrevole sulla lenza madre che tiene altri centimetri di filo sul fondo, scaccerà tutti i pensieri. In questo periodo sono sconsigliati gli affonda filo, in quanto spesso durante l’inverno le abboccate sono molto delicate, e l’utilizzo di questi accessori possono farci ritardare la ferrata. I terminali sono consigliati corti e costruiti con materiali morbidi, il motivo è molto semplice, le carpe come abbiamo detto sono rallentate, e spesso si alimentano molto lentamente, limitando anche gli spostamenti. Il ruolo del terminale è quindi quello di dare il minor spazio di movimento possibile con l’amo in bocca alla carpa (per questo, terminali di 15cm andranno bene), inoltre l’utilizzo di filati morbidi garantirà libertà di movimento al nostro innesco anche nel caso di aspirate molto lente da parte del pesce. Per quest ’ ultimo motivo è utile avere sul rig inneschi ben bilanciati, che siano composti da boilies o granaglie, l’importante è che alla minima aspirazione della carpa si stacchino dal fondo con facilità finendo in bocca al pesce. Altro punto importante è la pasturazione. Sono stati scritti fiumi di articoli in merito, e ognuno ha il suo punto di vista, certo è che per avere buoni risultati in caso di pasturazione preventiva, il lavoro deve essere iniziato in autunno, quando le carpe sono più attive, per poi proseguire con la stessa frequenza, ma dimezzando le dosi di boilies e limitando l’uso di granaglie, cercando di concentrare la pasturazione nei soli hot spot, senza disperdere esche nelle aree dove non abbiamo intenzione di pescare in futuro. Per quanto riguarda invece la pasturazione in pesca, quando non abbiamo preparato prima il posto, il consiglio è di pasturare poco e solo vicino al terminale, per questa operazione ci viene in contro il PVA che ci garantisce un risultato perfetto. Soltanto in sessioni lunghe possiamo azzardare con una pasturazione più ampia mantenendo comunque “la mano leggera”. Esche per l’inverno


Partiamo facendo una premessa. Abbiamo detto che le carpe durante la stagione fredda hanno il metabolismo rallentato, e i loro brevi spostamenti sono volti alla ricerca di cibi che gli diano un buon apporto nutritivo. Da questo breve discorso capiamo che le granaglie in questa stagione svolgono un ruolo secondario rispetto alle boilies, che sono molto più complete da un punto di vista nutrizionale e allo stesso tempo ben digeribili (se composte con cognizione di causa). Disporre di palline fatte con un buon birdfood, è quanto di meglio si può chiedere, infatti il pesce ha bisogno di trovare cibo da convertire in energia con il minimo sforzo, e questo tipo di mix ha proprio questa caratteristica. Per aumentare ancora di più l’attrazione del mix in questione, possiamo aggiungere spezie miste all’interno di esso, questo può garantirci una marcia in più in questo periodo visto che le spezie sono ottimi attrattori e aiutano

la digestione. Attenzione però a non esagerare, dosaggi troppo elevati rischiano di avere un effetto repellente dopo il primo assaggio. Anche le farine di pesce se usate nei giusti quantitativi sono molto efficaci, e oltre a garantire una buona attrazione, hanno un buon apporto nutritivo. Fino a qualche anno fa erano sconsigliate le farine di pesce in inverno a causa sella loro scarsa digeribilità invece con il passare del tempo sono state rivalutate, anche perchè si trovano comunemente prodotti facilmente digeribili o addirittura predigeriti. E’ comunque meglio non esagerare nel dosaggio, e l’introduzione in questo periodo è consigliata attorno a 100-150 g per kg. Per quanto riguarda gli aromi da utilizzare, sono preferibili se sono disciolti in solventi alcolici, che garantiscano una buona solubilità anche con acque fredde. Per quanto riguarda gli oli invece si è creduto per molto tempo che fossero totalmente inefficaci in inverno, e solo con gli emulsionanti si


potesse risolvere il problema, l'eperienze personali e di amici stretti con cui mi confronto spesso invece sono ben altre e dimostrano con i risultati ottenuti durante delle prove che anche senza emulsionante gli oli lavorano perfettamente anche a basse temperature considerando che all'interno della boilies sono presenti quasi sempre emulsionanti naturali che facilitano la dispersione degli oli. Inoltre oli naturali come quelli di pesce, di lino, di canapa apportano alle nostre esche importanti sostanze nutritive. Il diametro dell’esca è da preferire sotto i venti millimetri per le pescate nei posti non pasturati preventivamente, questo perché sono più attrattive di quelle di grosso diametro, mentre nei luoghi già preparati si possono utilizzare palline anche di 26/30 mm tutto dipende anche dalle nostre abitudini di pesca. Conclusione In inverno catturare è difficile, ma se mettiamo in pratica le teorie che abbiamo analizzato in questo

articolo ci possiamo togliere delle belle soddisfazioni. Ogni cattura in questa stagione ha un sapore speciale, che sia 3 kg o che sia 30, perché i risultati non vengono a caso, ed ogni partenza è il frutto di una scrupolosa azione di pesca che non lascia niente al caso … provare per credere!!!


Winter Wood Williams

Baccolini



Il carpfishing invernale mi ha sempre affascinato, ma per anni, a causa di un altro mio grande hobby, lo snowboard, non son mai riuscito a praticarlo. Questo fino allʼanno scorso, causa la fine dei miei “impegni invernali”(la vecchiaia) ho finalmente potuto iniziare questa fase di pesca a me, diciamo, quasi sconosciuta. Finite le festività natalizie e di inizio anno avevo voglia di passare qualche giorno nel grigiume e nel silenzio tipico di questo periodo, e devo ammettere che mi piace proprio. Adoro lʼodore di umido della terra bagnata e foglie marcite, adoro il leggero battito di ali di pettirossi e cincie di ogni razza, che puntualmente si fermano a guardarmi da sopra una canna o ramo, in attesa che gli dia qualche briciola da sgranocchiare.Sanno che son di cuore tenero, e se ne approfittano. Mi piace il silenzio, lʼinverno.

Chiamo il mio amico Inch, e poichè so che sta pescando assiduamente in fiume gli chiedo se conosce un punto, una postazione dove non stia pasturando qualcuno, un spot dove sia presente una buona quantità di legnaie. Avrei tranquillamente potuto cercarmelo anche da solo lo spot, lʼho gia fatto anche in passato, ma sapendo che bene o male conosce a menadito sia il fiume, che i suoi “carpisti” abituali mi sarebbe stato di grande aiuto nel non finire su una posta curata da qualcuno di questi ragazzi. In fondo il fiume è lungo e i pesci hanno le pinne, di posto ce nʼè a volontà. Visto il periodo e lʼacqua abbastanza fredda, ero sicuro che molto del pesce presente fosse fermo al riparo di ostacoli, ostacoli di ogni tipo, ma indubbiamente le legnaie erano ciò che più mi dava fiducia nella mia testa. A dirla tutta, avrei preferito trovare uno spot con questo tipo di riparo sul fondo in prossimità del


centro del fiume, ma avrebbe richiesto molto tempo nella ricerca, con lʼuso di barca ed ecoscandaglio, e non avendone in questo periodo ho optato per legnaie prossime alla riva, spot comunque che potevano dare buoni risultati. Inch mi indica uno spot non pasturato dove bene o male si fermano tutti, uno spot secondo lui buono, a patto di pescare bene in certi punti. Ok, questo mi basta vada per questa postazione, sempre che non ci sia gia qualcuno al mio arrivo gli dico! Finalmente anche lʼultima ora di lavoro del venerdì finisce, mi cambio e parto dritto in direzione del fiume, solo unʼora e mezza di macchina, ma tanto basta per farmi arrivare a buio, soprattutto ora che le giornate son molto

corte, ma non mi dispiace, perchè anche questo, lʼarrivare a buio, fare le cose avvolto dalle tenebre e silenzio fa parte di quel fascino che ha la pesca in inverno. Percorro alcuni km sullʼargine in cerca del punto indicatomi da Stefano(Inch), che trovo non senza qualche difficoltà e scopro di essere solo sul fiume, per lo meno per quei chilometri che ho percorso. Scarico tutta lʼattrezzatura, e il su e giù sullʼargine ripido mi fa sudare, così mi svesto anche se non sarebbe periodo, ma tenere vestiti bagnati di sudore mi avrebbe fatto solo male..quindi meglio soffrire un poco il freddo ma rimettersi vestiti asciutti dopo. In breve tempo monto la tenda, non fa particolarmente freddo quindi decido di non montare il sovra telo, poi con me ho la stufetta(un


lusso che mi son permesso questʼanno per la prima volta)nel caso faccia veramente freddo accendo quella penso. Una volta montata la tenda inizio con le canne, che divido nei due “buchi” che ho a disposizione per pescare. In poco tempo sono pronto a lanciare la prima canna e mi trovo di fronte al primo problema; di fronte a me dovrei avere un pezzo di sponda franato, che ha portato giù con se tutti gli alberi che vi crescevano sopra, ma a causa del buio e della leggera foschia con la lampada che ho non riesco a vedere dove sono e fino a che punto si spingono nel fiume. Cosa faccio?Come faccio? Mi ricordo che nello zaino ho una vecchia lampada da testa rotta che faceva un fascio di luce piuttosto stretto ma molto lungo, è lʼunica mia possibilità per cercare di mettermi in pesca in modo corretto prima della mattina. trovo la lampada e vedo che i ganci che la fanno mantenere in posizione sono rotti facendola cadere in avanti, così cerco dalla borsa delle pile di ricambio, e del nastro isolante. Dopo qualche aggiustamento il risultato è funzionale e mi permette di vedere più o meno fin sullʼaltra sponda. Meglio di niente mi dico. La prima canna la lancio verso monte dove finisce la sassaia e sta per iniziare la grossa legnaia, la seconda la lancio di fonte a me al limite degli ostacoli verso il centro del fiume , la terza la lancio a fine legnaia il più vicino a sponda possibile e la quarta la lancio a valle nel mio sotto riva. Decido di innescare solo esche nuove che prologic ci ha mandato da provare e poi poter dare un personale feedback sulle eventuali impressioni, quindi, se hanno fame, mi dico, devono andargli bene queste! Su un tipo, le krill e belachan non avevo grossi dubbi essendo una miglioria delle vecchie crustacean belachan mentre sulle altre era una nuova scoperta per me visto che son palline nuove al fegato, bioliver appunto. Vista la temperatura dellʼacqua decido per inneschi semplici, due canne con singola affondante, le due centrali, e due con omino 20/16, quella a monte e quella a valle, poi inizio a pasturare, e anche qui mi sorge un dubbio, quanto?? Un po mi faccio influenzare da alcuni salti che ho sentito mentre montavo la tenda, così decido di lanciare in acqua circa 3 etti di esche per ogni canna;


potrebbero essere troppi, ma se il pesce è attivo, e si nasconde in buon numero tra tronchi e ramaglie varie il quantitativo mi sembra giusto, in caso contrario rischio di sfamare i pesci senza nemmeno sentir suonare un avvisatore, in quel caso avrei toppato la pescata, ma la vita e la pesca è una questione di scelte, e la mia testa mi dice che il pesce è in attività. Finalmente ho finito tutto e posso ritirarmi nella mia “stanza” e cenare. Mi faccio un bel pezzo di salsiccia in padella e mi butto in branda, e caspita, ho troppo fango nelle scarpe per dormirci nel sacco a pelo, non posso, così decido di toglierle, sapendo che avrei concesso un poco di tempo in più ai pesci per cercarsi un rifugio, soprattutto per le due canne poste nel buco a valle, stringo al massimo il baitrunner, incrocio le dita e crollo nel sonno. Non passa molto che la centralina emette i primi suoni, mi infilo le scarpe alla velocità della luce e mi precipito verso la canna più a valle, la vetta scuote ma non prende filo, ferro e capisco subito che non si tratta di un pesce di mole, infatti appare una grossa bream che cerca timidamente di difendersi. Mentre la slamo mi accorgo che effettivamente è piuttosto grossa il mio omino 20/16 balla abbondantemente nella sua bocca e lʼamo dellʼ1 è perfettamente piantato al centro del labbro inferiore. Peccato tu non sia una carpa, le dico mentre la lascio andare, poi rilancio e mi rimetto in branda, fiducioso. Sono le 2 quando la canna a valle della legnaia parte, e stavolta non è una bream! Ho in canna la prima carpa del 2013, vediamo se riesco a portarla sul materassino mi dico. Ci riesco in poco tempo, non si è difesa con molta energia, e per di più non è una grossa carpa, la slamo la osservo un po nella sua bellezza, e la lascio andare, era la prima carpa del 2013, come non esserle riconoscente? Reinnesco un altra boiles, e rilancio cercando di arrivare il più vicino possibile alla sponda e ci arrivo talmente tanto che pianto il piombo quasi fuori dallʼacqua!!tiro un po per staccarlo dalla terra e decido di lasciarlo dove è finito una volta staccatosi; prendo il sacchetto e lancio un paio di manciate di boiles. Alle 4 la stessa canna mi regala unʼaltra partenza, e una volta ferrata sento il pesce sfregare contro della legna, inizio a forzarlo ma lo sento bloccato, è lʼunica cosa che posso fare, ma a nulla serve, il pesce è incagliato. Lascio in bando il filo nel tentativo che si muova e possa riprendere il combattimento, ma non accade nulla, e così


per altre tre volte, decido di tirare a canna dritta, e così facendo rompo il legno a cui si era intrigato il pesce rendendo così possibile il recupero e guadinatura. Che culo penso. Questa volta il pesce è un po più gradino, una tipica carpa di fiume, tonda e bella grassoccia, decido di tenerla qualche ora in sacca e farle qualche scatto appena viene giorno.

A farmi capire che sta per sorgere la luce ci pensano le macchine sullʼargine, i carpisti stanno arrivando e pian piano vanno ognuno ad occupare i propri posti con la speranza di catturare qualche bel pesce. Decido di rilanciare le canne non appena la luce sarà sufficiente per vederci bene, così da poterle posizionare il più vicino possibile agli ostacoli.


Mentre faccio colazione preparo alcuni stringer da mettere sugli ami, come ulteriore richiamo quando andrò a rilanciare, oramai la luce è quasi sufficiente. La canna a valle decido di posizionarla anchʼessa verso il sotto sponda opposto, mentre quella che mi ha regalato le due carpe nella notte la rilancio un po più lontano

dalla sponda in acqua più profonda alla fine della legnaia. Mentre mi dirigo verso la tenda la canna lanciata proprio di fronte ha un sussulto poi la vedo piegarsi violentemente; son già lì così ferro immediatamente e forzo per tenerla fuori dalla legna, sento la prima forte testata della carpa, ma poi tutto si affloscia, si è slamata. Mentre recupero


mi scappa qualche imprecazione, più a me stesso per aver forzato così tanto senza forse un motivo, visto che non sentivo sfregamenti o altro, ma poi mi tranquillizzo, so che in questo tipo di situazioni son cose che possono capitare. Innesco una nuova pallina e rilancio, stessa cosa per la canna a monte, e decido di gettare alcune manciate di esche sugli inneschi appena riposizionati. Mentre mi sdraio nuovamente sul lettino noto che il telo interno è un poʼ umido a causa della condensa, così accendo la stufetta per asciugarlo, e avvolto da tutto quel calore mi riaddormento. Passa unʼora e mi sveglio, oramai sono le 9 e decido di

preparare il tutto per fare le foto al pesce, così esco dalla tenda a preparare treppiede e materassino, e mentre posiziono questʼultimo vengo distratto dal suono di un segnalatore, mi volto e la canna è piegata sotto la trazione di un pesce. Ferro e forzo il pesce un po più dolcemente e così dopo alcune testate è a centro fiume, ma taglia tutto alla mia sinistra a favore di corrente, una volta sotto sponda però riparte verso il largo e riesco a portarlo verso di me ed evitare le ramaglie del sotto sponda. La vedo, è una bella carpa, e mi da del filo da torcere con potenti ripartenze ogni volta che vede la rete del


guadino, ma finalmente riesco a portarla a farcela finire dentro. La slamo e osservo quanto siano in forma questi pesci, la peso e poichè stavo già preparando il tutto per fotografare lʼaltra carpa, mi ci vuole un attimo a fotografarla e poi via, di nuovo in libertà. Rilancio il mio innesco, stavolta arrivo veramente vicino alla legna che ho di fronte, ma decido di lasciarlo esattamente dovʼè caduto, poi rilancio in acqua un altro paio di manciate di esche, sembra che

davvero il pesce sia attivo. Chiamo Stefano, che nel frattempo è entrato in pesca a sua volta a 3/400 metri a valle di dove sono io, il quale mi dice di aver già fatto un paio di pesci e decidiamo di rimanere in contatto sms. Poco dopo me lo vedo di fronte e facciamo 2 chiacchiere dove mi racconta della storia di quel pezzo di sponda franata e di quante carpe negli


anni ci ha preso vicino, poi mi saluta e ritorna alle sue canne. Passa si e no mezzora da quando il mio amico è tornato alla sua postazione che la mia canna più a valle si piega e scuote con violenza, tutte le frizioni dei baitrunner son strette al massimo, quindi il filo preso in partenza è pochissimo e si limita a qualche cm durate le testate più violente. Prendo la canna e ferro, inizio a forzare perchè

sento il pesce pompare contro corrente in direzione degli ostacoli. la canna è un arco ed il pesce non vuole starne a sapere, indietreggio un paio di passi per accentuare la trazione, ma sento iniziare lo sfregamento da qualche parte, decido di tirare ancora di più, ma il pesce con forti testate tiene il sotto riva opposto e poi è la fine! sento sfregare sempre di più finche in un attimo tutto si affloscia, poi dʼun tratto, con la stessa velocità, il


tutto si blocca. Probabilmente il pesce si è slamato, e lʼamo o il piombo si sono poi incagliati. Perdo tutto. Mentre rifaccio la montatura mi scappa qualche parolaccia, rilancio, pasturo ulteriormente e chiamo Inch per raccontargli lʼaccaduto. Noto anche che pian piano i sacchetti di esche si stanno svuotando, buon segno mi dico! La partenza successiva è di nuovo sulla canna centrale, ferro e sento il pesce sfregare contro qualcosa, in effetti avevo lanciato molto vicino agli ostacoli e il rischio che si infilasse subito era alto, ma grazie ad una costante trazione riesco a portarlo in acque aperte. Questa volta sembra proprio quello giusto, da forti testate tiene il fondo, non riesco a staccarlo. Ogni volta che arriva al gradino sotto riva riparte verso il centro del fiume, questa volta è grosso mi dico, devo stare calmo e pronto col guadino, poi lo vedo e non capisco! come può un pesce di quelle dimensioni aver tirato così tanto? ma dopo una scodata è tutto chiaro, si è allamata di fuori, per una pinna! Mentre la adagio sul materassino sorrido pensando a come “ha mangiato”. Lo rilascio immediatamente e rilancio il mio innesco seguito da un paio di manciate di esche, appoggio il cobra e mi siedo sulla branda quando la stessa canna riparte immediatamente! corro e ferro portando il pesce in acque aperte, e quando penso ad un nuovo combattimento andato a buon fine succede il disastro. La carpa, non so come riesce ad agganciarsi al filo della canna a valle, e nonostante questo trova

anche un ulteriore ostacolo a tre quarti del fiume dove incagliarsi. Provo a disincagliarla in tutti i modi, appoggio la canna e cerco di recuperare quella a valle, se rompo, penso, magari riesco a disincagliarla, invece nulla. La prima lenza che perdo è quella a cui era attaccata la carpa, non sentivo più nulla, quindi probabilmente il pesce se ne era già andato, poi però con la seconda riesco, non so come, a trascinare lʼostacolo fin contro il gradino sotto sponda senza rompere, ma a quel punto lo sforzo era enorme così il nodo dello


shock leader cede con uno schiocco potentissimo. Ora avevo due lenze da rifare completamente. Una volta in pesca racconto a Stefano quei 20 minuti di follia, dicendogli che come minimo il prossimo pesce lʼavrei perso proprio lì sotto i piedi in quellʼostacolo, poi mi addormento. Mi sveglia una partenza sulla canna a monte, lʼunica che non era ancora partita, il pesce arriva sotto sponda abbastanza in fretta ma, grazie alla corrente finisce per infilarsi tra i rami nel sotto riva. Eʼ un bel pesce, riesco comunque a tirarlo fuori dalle ramaglie poi noto che qualcosa non va. Il pesce sembra libero da incagli, ma non riesco a tirarlo a riva! sono lì, tutto proteso verso lʼacqua col guadino ed il pesce a galla a non più di 20cm dalla bocca di questʼultimo. Cerco di capire ma non ci riesco. Non ci sono rami che trattengono il pesce ne il terminale, eppure nonostante tutto non riesco a tirarlo oltre, verso il guadino, provo ogni mossa possibile finche non vedo qualʼè il problema! il filo di una delle due montature perse precedentemente sullʼostacolo si è arrotolata al terminale durante il combattimento ed ora non riesco a portare a guadino il pesce. Le provo tutte, fin che la carpa riesce a slamarsi e con un leggero colpetto di coda si allontana. Lʼamo rimane agganciato al filo nellʼacqua come per farmi presente quale era il problema. Tiro ed il filo si taglia, per fortuna lasciandomi il terminale. Eʼ quasi buio e son in pesca perfettamente con tutte le canne, mi preparo ad una notte insonne se continua in questo modo penso, invece dormo senza nessuna partenza! La mattina come fa giorno rilancio gli inneschi allo stesso modo della mattina precedente, e mi chiedo come mai siano cessate le partenze di botto. Mi dico che probabilmente aver

spostato un ostacolo che fungeva sicuramente da riparo tra centro del fiume e legnaia abbia infastidito il pesce o forse semplicemente ne avevo gia forate parecchie in poco tempo. Mentre penso a questo la canna centrale si piega e sussulta mentre un pesce tira dallʼaltra parte del filo. Ferro e dopo un buon combattimento


unʼaltro bel pesce finisce davanti alla macchina fotografica. Aspetto con fiducia lʼultima partenza, oramai è ora di tornare a casa, ed infatti mentre sto iniziando a metter via la roba la canna a valle parte esaudendo il mio desiderio di un ulteriore bel combattimento. Volevo solo questo, quindi una volta fotografato il pesce chiudo la canna ed

inizio a smontare il campo sotto una leggera pioggerella. Non potevo desiderare pescata migliore, grigio invernale, pettirossi che ti vengono a far visita e carpe combattive per farti passare ore serene, non vedo lʼora di poter farne unʼaltra. Ciao


FEDERICO GENNARO


SOTTO I PIEDI


Marginal Fishing

Ricordo perfettamente le mie prime esperienze, sulle sponde di una piccola cava vicino a casa, alle prese con curiose palline profumate e strani aggeggi che emettevano suoni quando abboccava un pesce (ai tempi il più delle volte rimanevano in silenzio…). Durante queste pescate, spesso venivo a contatto con altri carpisti più “esperti” e competenti di me, o almeno riuscivano a farmelo credere ,sfoggiando

rod pod e canne all’ultimo grido. Entrando in confidenza con questi ragazzi, parlando del più e del meno, arrivammo al fatidico argomento in quanto ai risultati ottenuti in questo modesto specchio d’acqua: mi raccontavano di pesci con pesi in doppia cifra, carpe a specchi, carpe comuni, amur e siluri. Convinto più che mai della loro abilità, iniziai ad emularli per quanto mi fosse possibile. Ripensandoci dopo tanti anni capisco, ora come non mai, il significato del detto: “l’abito non fa il monaco”. Lo spot in questione è un ex cava d’ estrazione di inerti,


adiacente ad un fiume; durante una piena anni addietro, il fiume esondò e creò l’invaso. Il fondale e pressoché omogeneo senza variazioni nette di profondità, nel sotto sponda si forma un netto scalino, ai piedi del quale iniziano 4/5 mt di profondità ,che si protraggono sino al centro del lago in maniera conforme e regolare. Tutte queste informazione le ho colte, “interrogando” pescatori al colpo o spinnermen, assidui frequentatori del posto, oltre che andandoci a pescare di continuo. Facendo plumbing ( visto che nella cava in questione l’uso della barca è

vietato) mi rendevo conto della morfologia del fondale: immediatamente mi saltò subito all’occhio, che le zone perimetrali erano le più interessanti; col passare del tempo mi resi conto che queste zone erano anche le più proficue. Tutto questo ragionamento, le prime uscite di pesca non l’avevo fatto, seguivo la “massa”. La moda del momento era di lanciare lontano da riva in direzione del centro del bozzo, la pasturazione, avveniva mediante cobra , spod e fionde,: indi per cui anch’io sparavo piombi più lontano che potevo, sperando in non so


nemmeno io cosa. Solo dopo diversi risultati negativi consecutivi, capii che dove lanciavo il fondale era formato esclusivamente da metri di fango maleodorante. In un secondo momento appresi che le zone marginali, ed il sotto sponda stesso, erano caratterizzate, da un fondale formato da fango più compatto misto a ghiaia; il piombo e le esche , dopo diverse ore di pesca, non puzzavano come quelle che lanciavo in mezzo al lago. Le volte successive decisi di improntare l’azione di pesca esclusivamente nei sotto sponda: questa scelta ebbe un esito tutt’altro che negativo. Iniziai a catturare con lanci che alle volte non superavano i 20 mt. Le canne erano quasi parallele alla sponda al fine di evitare strani angoli, che si potevano creare tra l’apicale della canna ed il mio innesco: per intenderci se riusciamo a “puntare” la vetta della canna in direzione di dove abbiamo posizionato l’esca, quando avremmo una violenta partenza, la lenza fuoriuscirà in maniera più fluida evitando pericolosi sbalzi delle canne dal rod pod o dai

banckstiks. Ora parliamoci chiaro, non ho inventato proprio niente di nuovo ,questo metodo di pesca si chiama marginal fishing, e gli amici britannici lo conoscono da molto più tempo di me. Tutte queste nozioni apprese da tali esperienze, le affinai nel momento in cui, conobbi Francesco Pesci, attualmente uno dei miei soci di pesca, nonché fidato amico, con un notevole bagaglio d’esperienza alle spalle, per quanto riguarda la pesca della carpa. Francesco mi spiegò come adattare queste nuove conoscenze scoperte in cava, in acqua corrente, e negli invasi artificiali. Laghi artificiali Proprio in quest’ ultimi Francesco ha pescato di recente, e mi ha fatto notare che nei periodi più caldi si può praticare la pesca marginale con successo, pescando non molto lontano da riva, nei fondali meno profondi. Questo particolare approccio di pesca da il meglio di sé in estate, quando il pesce è solito visitare gli strati d’acqua più superficiali: i bassi


fondali diventano per forza di cose gli spot più gettonati; in queste zone avremmo più possibilità di venir a contatto con le nostre prede, proprio perché nei loro passaggi in superficie dove c’è meno profondità, entrano automaticamente in contatto con i “bassi fondi”. Concentriamoci quindi su piccole anse , oppure dove troviamo canali che si riversano nell’invaso; qui avremmo una situazione ottimale con acqua più fresca, e l’habitat stesso più ossigenato. Spesso questi piccoli immissari portano nel lago, ingenti quantitativi di cibo naturale, come sanguisughe, gamberetti ,piccoli invertebrati e larve ; pertanto inizia ad essere interessante un marginal anche in prossimità di questi piccoli affluenti. Questi fiumiciattoli spesso scendendo dal bosco portano con loro molte foglie cadute dagli alberi; quest’ultime una volta depositatosi sul fondale, col passare del tempo, creeranno un tappeto di foglie in decomposizione, un ottimo substrato per il proliferare di var de vase, spesso alimento principe dei nostri ricercati ciprinidi. Questi

invasi artificiali, spesso dighe idroelettriche, a seconda della stagione, cambiano la propria portata d’acqua, e di conseguenza il proprio livello; è interessante quindi cercare le carpe in prossimità degli scalini (o sbalzi repentini del fondale) che si creano in questi ambienti, spesso non molto distanti da riva, lanciando o calando a pochi metri dalla nostra postazione. Acqua corrente Dopo alcuni ”test” in diversi ambienti, mi resi conto che il marginal fishing sembrava studiato apposta per gli ambienti fluviali che frequentavo. Alle prese con forti correnti, postazioni disagiate con sponde a picco e pareti scoscese, la pesca marginale diventava una soluzione d’obbligo. Quando nelle parti centrali dei corsi d’acqua la corrente spinge di più, in prossimità delle sponde, la corrente tende ad attenuarsi; è qui che nella maggior parte dei corsi d’acqua dobbiamo cercare le nostre prede. Spesso queste zone sono caratterizzate da legnaie ed ostacoli di vario genere, che


modificano il corso della corrente, creando zone di riparo e fonte di cibo naturale costante. Di solito queste zone sono sinonimo di punti di stazionamento, dove per gran parte dell’anno, i banchi di pesce frequentano abitualmente. Mi è capitato molto spesso girando in barca, proprio in fiume, di notare carpe nei bassi fondali a ridosso delle sponde, soprattutto nei periodi a ridosso della frega, e nelle stagioni più calde; a maggior ragione se questi spot sono ricchi di vegetazione che si immerge in acqua (la carpa spesso durante l’ estate torrida cerca l’ombra proprio qui). Sappiamo bene che le carpe con l’avvicinarsi del periodo di frega sono solite preferire gli spot poco profondi, spesso tra legnaie, erbai e canneti. Queste zone sono prolifiche anche nei periodi più freddi, se abbiamo la fortuna di imbatterci in una giornata invernale soleggiata, questi spot saranno i primi a scaldarsi durante le ore più calde, perciò anche durante l’inverno in pieno giorno non sottovalutiamo un possibile passaggio del pesce in questi siti. Utilizzando il marginal in fiume possiamo pescare in postazione molto vicine alla foce. Pescando nei bassi fondali avremmo una minor densità di acqua salata rispetto alle fasce di corrente del centro fiume. Quindi l’acqua dolce in questo caso sarà in maggior quantità rispetto all’acqua salata immessa dal mare. Si creano così strati di corrente con acqua salmastra, dove però l’acqua sarà meno salata di altri punti, e dove le carpe saranno meno “disturbate” dalle quantità di sale. Tutto quello che il mare, tramite mareggiate e sbalzi di marea, introduce nel fiume, diventa immediatamente fonte di alimento per le carpe; proprio per questo se vogliamo sfidare le acque salmastre, il marginal fishing diventa una parola d’ordine per avere successo. In azione Quando la profondità dei sotto riva lo permette, preferisco entrare in acqua con gli stivaloni (waders) per avere facilità di lancio, evitando possibili ostacoli come cespugli od alberi sulla riva, Mi è capitato a volte di riuscire addirittura a calare a ridosso di una bella legnaia o un canneto, situati a pochi metri dalla mia postazione, entrando in acqua con gli stivali; avvicinandomi il più possibile ad essi, riuscivo perfettamente a rendermi conto dei punti migliori, determinare la presenza di altri ostacoli, ed una volta effettuate queste valutazioni ,con la canna in mano, lasciavo cadere in acqua l’innesco nel punto che preferivo; aprendo l’archetto me ne tornavo in postazione mesto mesto, per posizionare la canna sui picchetti. Se le profondità vicino alle sponde, precludono questo stratagemma di andare a calare o lanciare con gli stivaloni, potremmo effettuare tale operazione mediane un’imbarcazione; non è detto che la barca si debba per forza usare per sbobinare metri e metri di filo per raggiungere gli spot mediante il long range; se analizziamo bene tutte le nostre possibilità di pesca, e se la situazione ci consente di pescare in zone perimetrali a poca distanza dalla postazione, giochiamoci bene le nostre carte : tramite la barca potremmo avvicinarci con cautela dove intendiamo pescare, ed


effettuare la calata del terminale con il massimo della precisione. Inoltre con un natante, e con una particolare limpidezza delle acque, sarà possibile utilizzare il battiscopio, strumento fondamentale per studiare i bassi fondali delle zone perimetrali; con esso sarà come immergersi in acqua con una maschera da sub. Questo particolare cono, appoggiandolo sulla superficie dell’acqua, grazie ad un particolare vetro al suo

interno, ci consentirà di valutare se ci sono strani depositi sul fondale per esempio alghe in eccesso, maleodorante limo, oppure ostacoli non visibili ad occhio nudo; se siamo fortunati, riusciremo ad individuare, se dove andiamo a calare, le nostre prede manifestano la loro presenza: solitamente con le classiche” buche” create dal loro grufolare mentre sono in cerca di alimento; oppure utilizziamolo per cercare


qualsiasi altra prova del loro passaggio. Sia calando a mano che con l’imbarcazione, lo stress che causeremo in acqua dovrà essere minimo, ovviamente nel limite del possibile; anche il vociferare in postazione e gli inutili schiamazzi saranno deleteri quando si vorrà attuare il marginal fishing. Trovo affascinante la preparazione tecnica che si “nasconde” dietro questa tipologia di pesca. In primo luogo bisogna affinare la tecnica di lancio: infatti come molti pescatori, ho sempre trovato maggior difficoltà a fare un lancio a breve distanza piuttosto che una lunga gittata; soprattutto se il lancio in questione, dovrà essere estremamente preciso. Se abbiamo la possibilità di effettuare il marginal mediante l’utilizzo di un natante, è preferibile utilizzare i remi anzi che qualsiasi altro tipo di motore, al fine di creare uno stress minimo sulla superficie dell’acqua, ed avere una maggior

discrezione, disturbando il meno possibile le nostre prede. Ritengo avvincente riuscire a catture a pochi metri dalla mia tenda, grossi e smaliziati esemplari. Subito dopo la partenza sei subito a contatto con il pesce, è un emozione unica che consiglio a tutti di provare. Non nascondo che quando i regolamenti mi consentono l’utilizzo di più canne, e l’ambiente in cui sto pescando si presta a questa tecnica, almeno una la dedico al marginal fishing. Sarà anche perché molte volte mi è capitato, durante sessioni difficili, di salvare la faccia proprio pescando “sotto i piedi”.


Pianificazione

e

organizzazione di un’intera stagione di pesca

Matteo Petrassi

prima parte...


In questo articolo voglio trattare un tema che secondo me è di fondamentale importanza per ottenere buoni risultati in questa tecnica di pesca ovvero, come dice il titolo, quello della pianificazione e dell’organizzazione. Da qualche anno a questa parte a causa della diminuzione del tempo libero da dedicare alla pesca, mi vedo costretto a concentrare i miei sforzi nella stagioni più proficue in termini di numero e di taglia delle catture, cerco quindi di sfruttare il periodo invernale ed estivo per prepararmi al meglio, facendo solo qualche pescata qua e là per studiare gli spot e per non perdere l’allenamento !! Cercherò ora di fare un quadro generale su quelle che sono secondo me le varianti da approfondire maggiormente.

1- LA SCELTA DEGLI SPOT La scelta dello spot è senza ombra di dubbio la prima cosa che andrà ad influenzare la riuscita della nostra stagione di pesca. Abitando nei pressi di Roma ho a disposizione parecchie acque di natura abbastanza diversa, ci sono infatti i laghi vulcanici, le dighe, il fiume e altri piccoli ambienti meno conosciuti, tutti questi posti hanno però una costante in comune, la medio-alta pressione di pesca. Solitamente quando devo scegliere uno spot su cui basare un’intera stagione, la prima cosa che faccio è quella di allontanarmi il più possibile dai posti “strapescati”, in primo luogo per evitare che ogni weekend qualcuno possa approfittare delle mie fatiche, in secondo luogo perché ho notato che nelle zone con maggior pressione di pesca i pesci sono solitamente più smaliziati e non rispondono molto bene alle lunghe campagne di pasturazione. Queste caratteristiche spesso corrispondono purtroppo a spot difficili da raggiungere e molto scomodi, dove probabilmente non potrete avere troppi confort, ma se questo ci permette di stare tranquilli e lontani dal casino ben venga !! Cosa cercare in uno spot ? La condizione ideale sarebbe quella di trovare una zona dove il pesce sia stazionario tutto l’anno grazie all’alta presenza di cibo e di un fondale che gli permetta di riprodursi e gli dà riparo nei periodi più freddi, purtroppo però, per quella che è la mia esperienza, spot del genere sono pressoché inesistenti. Nella maggior parte dei casi avremo a che fare con degli spot dove il pesce è di passaggio o nella, migliore delle ipotesi, dove staziona per medio-brevi periodi.

Se ho intenzione di battere un posto per un intero anno cercherò una zona che mi permetta di catturare con costanza, e che abbia quindi una zona con acqua non troppo profonda e presenza di qualche ostacolo per il periodo che và da fine inverno a tutta la primavera ma al tempo stesso deve darmi la possibilità di pescare su fondali più profondi nel periodo che và dalla fine dell’estate all’inizio dell’inverno. Nei fiumi spesso queste prerogative le ho trovate maggiormente a ridosso delle isole, dove solitamente c’è sempre un ramo del fiume con meno corrente e quindi con fondali più bassi e ricchi di ostacoli o nelle grandi curve dove si và a depositare il materiale


eroso formando zone sabbiose con basse profondità dove spesso prolificano le piante acquatiche. In entrambi gli spot è possibile però trovare anche delle situazioni più ideali al periodo autunnale, nel primo caso pescando nel ramo più veloce e profondo del fiume, nel secondo caso andando a pescare al centro della corrente o spostandosi di poche decine di metri a monte o a valle della curva per pescare nella parte dritta antistante o successiva della curva. Trovare queste condizioni nei laghi a volte è molto semplice, altre volte invece è decisamente molto complesso, proverò a dare qualche indicazione per quelle che sono le mie esperienza.

Nelle dighe la ricerca di uno spot all season si ristringe per lo più alle grandi gole, queste infatti permettono di pescare in bassi fondali nel periodo di frega e di spostarsi su fondali maggiori nei periodi autunnali semplicemente allungando le calate o spostando i nostri inneschi dal fondo della gola all’inizio inoltre, proprio grazie alla natura di questi invasi, trovare variazioni di fondale repentine o ostacoli non è affatto difficile . Il problema maggiore di questi ambienti è la continua variazione del livello, rischiamo infatti di impostare la nostra stagione in uno spot che a distanza di 2-3 mesi si troverà senza acqua, quindi, dato che ogni lago fa storia a se, tenete ben


presente questo aspetto nella scelta del vostro settore di pesca. Nei laghi vulcanici la situazione è ben diversa in quanto solitamente i settori di frega sono ben circoscritti e nel periodo primaverile sono presi d’assalto, questa situazione può portare notevoli benefici se si ha intenzione di pescare un po’ qua e un po’ là ma è assolutamente da scartare nel caso in cui si abbia voglia di battere uno spot per un lungo periodo perché sicuramente ci troveremo a dover discutere con altri carpisti, che come noi voglio giustamente sfruttare quelle zone in quel periodo. Inoltre le aree di frega solitamente hanno fondali che degradano molto lentamente e ci obbligherebbero a pescare a distanze stratosferiche nel periodo autunnale. Per contro bisogna dire che in questi laghi le carpe si muovono sempre in grandi branchi, e fanno parecchi chilometri per arrivare alle zone di acqua bassa nel periodo primaverile, in questi mesi solitamente cerco di intercettarle durante il loro tragitto, posizionandomi nei settori adiacenti le zone di acqua bassa che mi permettono di calare i miei inneschi più corti e che restano solitamente meno affollati. Questo genere di spot permette inoltre di effettuare buone catture anche nel periodo che và dalla fine dell’inverno alla prima metà di aprile, in quanto sembra essere uno dei primi ad essere battuto dalle carpe più grandi subito dopo il loro risveglio. Altri spot ottimi nei grandi laghi vulcanici sono quelli adiacenti i porti (attenzione però perché c’è una distanza minima da rispettare), questi solitamente non hanno fondali troppo bassi perché creerebbero problemi alle barche, ma al tempo stesso diventano dei rifugi per le carpe nel periodo invernale, ciò ci permetterà di intercettarle la primavera in uscita e l’autunno in ingresso. Molti di voi si saranno chiesti come mai tutto questo sbattimento per cercare uno spot che sia valido sia in primavera che in autunno quando potrei pescare per un periodo nelle zone di frega e poi spostarmi in zone con fondali differenti…beh la risposta è semplice, in primo luogo perché nei laghi che frequento non è così facile trovare dei settori dove si possa intraprendere un lunga campagna di pasturazione, in secondo luogo perché sono convinto che per capire ed ottenere il massimo da un dato settore, bisogna pescarci costantemente lungo tutto l’arco dell’anno o quantomeno nei mesi più proficui. 2-TECNICA DI PASTURAZIONE Una volta scelto lo spot ci troveremo nella condizione di dover decidere come gestire la nostra stagione, personalmente avendo poco tempo, cerco di pasturare con la maggior costanza possibile e di pescare almeno una notte a settimana.

I fattori da tenere in considerazione per scegliere il giusto approccio sono sostanzialmente due, il periodo e la tipologia di acqua. Il primo è fondamentale per “partire con il piede giusto” infatti secondo me è di notevole importanza scegliere quando iniziare una campagna di pasturazione e mai mi sognerei di farlo in pieno inverno o a fine autunno quando le carpe sono pressochè bloccate. Solitamente inizio le mie campagne di pasturazione la seconda metà di marzo o i primi giorni di aprile, quando la temperatura dell’acqua comincia a riacquistare timidamente qualche grado e le carpe riprendono a muoversi; comincio di solito con un paio


di settimane di pasturazione leggera, e poi provo subito a pescare per vedere come ha risposto il pesce, in questo caso anche un cappotto può insegnare molto, infatti già il fatto di passare 24 ore sulle sponde aiuta a capire quanto il pesce sia in attività. Per questa prima fase di pasturazione mi affido di solito a esche del 18 o del 20 e a mix molto digeribili con basse percentuali di pesce preferibilmente predigerito e idrolizzato, andando avanti con i mesi la quantità di grassi e proteine animali aumenteranno per riscendere poi

nell’ultima fase dell’autunno quando l’attività delle carpe torna a rallentare. Se il periodo ci condiziona sulla quantità e il diametro delle nostre esche, il tipo di acqua ci condiziona sulla qualità. Trovandoci infatti a pescare in ambienti con alta pressione di pesca, ciò che farà la differenza sarà per lo più la qualità delle nostre esche, che dovranno essere superiori a quelle dei nostri “colleghi” per ingannare i pesci più interessanti. In questi ambienti infatti le carpe sono già avvezze alle boiles e per condizionarle l’unico modo è scegliere ottimi mix che non le stanchi nel tempo e


che gli apporta un certo beneficio nel lungo periodo. Utilizzando piccole quantità di esche per questo genere di ambienti preferisco affidarmi a mix commerciali di provata efficacia, nel mio caso mix rod chiaramente, in quanto solitamente un carpista medio come me non riesce ad ottenere un mix complesso e bilanciato come quello che può fornirgli una ditta con 20-30 anni di esperienza, e anche se economicamente forse è un po’ più sconveniente, ci guadagno in tempo e sbattimento. PIANIFICAZIONE E ORGANIZZAZIONE DI UN INTERA STAGIONE DI PESCA 2° parte Dopo aver parlato delle prime due varianti da tenere in considerazione per la buona riuscita di una stagione, passiamo alla parte più pratica, ovvero la realizzazione e lo stoccaggio delle esche e la scelta dei giusti materiali da utilizzare. 3- ESCHE In lunghe campagne di pasturazione organizzarsi al meglio per quello che riguarda la preparazione e lo stoccaggio delle nostre esche è di fondamentale importanza, infatti la possibilità di rimanere senza boiles, senza una farina o senza aromi è per me inconcepibile in quanto ciò ci obbligherebbe a interrompere la nostra pasturazione o a cambiare il tipo di esche.

Per evitare ciò preferisco sfruttare questi periodi in cui pesco di meno per organizzarmi al meglio e fare scorta di liquidi e farine, in modo che durante i mesi migliori dovrò pensare solo ad acquistare le uova e rullare nel caso finisco le mie scorte. Una volta prese le farine preparo grosse quantità di mix che tengo in secchi o bidoni ermetici per i mesi successivi, questo li mantiene freschi e lontani dall’umidità. Stivato il nostro mix dovremmo pensare al rullaggio, anni fa ero solito prepararmi 10-15 chili di boiles alla volta, rullando quindi ogni settimana, ma con il diminuire del tempo libero, preferisco organizzarmi una giornata intera prima dell’inizio della pasturazione e prepararmi una buona scorta di esche e poi magari rimetterci le mani una seconda volta dopo 6-7 settimane per farne una seconda sfornata, in questo modo non dovrò rinunciare a una sessione di pesca e non dovrò impazzire per riuscire a far combaciare pasturazione, rullaggio e altri impegni durante una settimana. Rullare 50-70 chili di mix in un unico giorno è una bella faticata, l’ho fatto anche da solo più volte, ma è preferibile essere almeno in due per ridurre il tempo e la fatica. Anche essendo in due bisognerà comunque avere uno spazio apposito e una buona attrezzatura per ridurre i tempi e aumentare la produzione. Fondamentale è una pistola pneumatica capiente, ad oggi ce ne sono di ottime a 100-150 euro e con capienze di tutto rispetto


(se ripenso a quando usavo la tecnipeche da 6 etti mi vengono i brividi !!),senza pistola pneumatica è impensabile rullare più di 10 chili di mix a meno che non si vogliano fare esche quadrate…questa soluzione ci permette infatti di fare buone quantità di boiles senza bisogno di attrezzatura per rullare e in fiume avremo anche notevoli vantaggi per quanto riguarda la corrente. Un'altra cosa fondamentale è un trapano per impastare o ancora meglio un’impastatrice da fornaio, nel primo caso saremo costretti a dare un’ultima impastata a mano al nostro mix per farlo tirare a dovere, nel secondo caso il mix uscirà pronto per essere rollato. Reputo questi attrezzi fondamentali perché a mano bisognerà fare tanti piccoli impasti da 30 uova alla volta che ci porteranno via moltissimo tempo riducendo drasticamente la quantità finale giornaliera. Dato che a me capita di rullare anche da solo, 4-5 anni fa mi sono organizzato con una rullatrice elettrica che riduce ancora di più i tempi e dimezza la fatica, ma per anni ho utilizzato le tavole in palstica o in legno e il risultato era lo stesso !! Sempre restando nell’ottica di massimizzare la produzione e ridurre i tempi, molti sono convinti che la cottura a mollo sia più veloce e meno dispendiosa rispetto a quella a vapore, io sono anni che mi sono convinto del contrario, tant’è che non ricordo più l’ultima volta che ho cotto in acqua…saranno passati oramai quasi 10 anni !!

La cottura a vapore infatti, oltre ai ben noti benefici di mantenimento delle caratteristiche olfattive e nutritive, è secondo me meno dispendiosa per quanto riguarda il consumo di gas (pensate a quanto ci vuole a far bollire un pentolone d’acqua…), più veloce dato, che con un minimo di organizzazione si riesce a cuocere 10 chili di esche a volta, inoltre se la vaporiera è ben pulita (altrimenti lo sporco si brucia) è possibile dare una prima veloce asciugata alle boiles accendendo il fornello sotto la vaporiera chiusa senza mettere acqua, in questo modo mantenendo la fiamma bassa, la temperatura sale velocemente a 35-40 gradi, a questo punto spegneremo il fornello e lasceremo le nostre esche all’interno per qualche minuto in modo da eliminare la prima umidità esterna e ridurre drasticamente il rischio muffa. L’ultima fase è quella dello stoccaggio, io personalmente mi sono organizzato con 10 telai in legno 100x50 con rete metallica 1x1 che mi permettono di lasciare ad asciugare anche 50 chili di boiles, molti utilizzano le cassette per la frutta che sono altrettanto funzionali e meno dispendiose, ma occupano un sacco di spazio in più. Io inoltre ho la fortuna di avere un garage molto asciutto quindi una volta messe sulle reti le boiles le lascio asciugare per qualche settimana, con la sola accortezza di girarle di tanto in tanto per evitare che i punti di contatto con il legno restino più umidi con conseguente fuoriuscita di muffa. Dopo 3-4 settimane trasferisco le boiles in reti a sacco (le nasse per le trote o i carpsack sono perfetti) e le lascio indurire finchè non le uso, a tanti non piace questa soluzione, ma le esche dure mi allontanano il


pesciame o comunque resistono di più al loro attacco. Nel caso non abbiate un posto asciutto dove mantenere le boiles per lunghi periodi potete usare il conservante e dopo 7-10 giorni di asciugatura riporle nei secchi senza paura che muffino o, se volete evitare quest’ultimo, congelarle. Ci sarebbe anche il sottovuoto come sistema di stoccaggio delle boiles, ma secondo me è troppo lungo e dispendioso come processo quindi non l’ho mai provato e non so quanto effettivamente sia efficace. 4- SCELTA DELLA GIUSTA ATTREZZATURA Una volta scelto lo spot le esche e il tipo di pasturazione, ci saranno da fare delle considerazioni riguardo il tipo di attrezzatura da utilizzare, soprattutto per quello che riguarda gli ultimi metri delle nostre lenze. In funzione del tipo di pesca che andremo a fare, a lancio o calando, in presenza di ostacoli o sul pulito, ci troveremo a dover scegliere la lenza da caricare sui nostri mulinelli, chiaramente nel primo e terzo caso preferirei un nylon dello 0,30 0,35 o 0,40 e nel secondo una buona treccia da almeno 30-40 lb. Ci sarà poi da scegliere cosa mettere negli ultimi metri delle nostre bobine e in questo

caso la scelta è influenzata da più fattori, ad esempio pescando in fiume, se ho bisogno di lanciare lungo, utilizzo 7 massimo 8 metri di shock leader dello 0,50 mentre se mi trovo a dover pescare in una pietraia a lunga distanza utilizzerò sicuramente una treccia ma gli ultimi 50 metri saranno in nylon dello 0,60 o 0,70, la treccia come shock leader la utilizzo solo in presenza di alghe e vegetazione acquatica, solitamente ne uso 12-15 metri in diametri sostenuti che vanno dalle 50 alle 100 lb, può sembrare una dimensione esagerata dato che basta una treccia più sottile per recidere le alghe ma preferisco non rischiare in quanto se questa entra a contatto con delle pietre ha pochissima resistenza. Una cosa fondamentale, se si pesca su fondali ingombri di ostacoli, è portare con se sempre almeno una bobina nuova dello shock leader che si stà utilizzando, in quanto essendo una delle parti più a rischio della nostra lenza, è buona norma sostituirlo come comincia a rovinarsi e comunque avere una discreta quantità di scorta ci permetterà di pescare sempre al top anche dopo un eventuale rottura. Questa cosa dovrebbe valere per ogni sessione di pesca, ma varrà ancor di più se si “cura” a dovere il posto in quanto probabilmente il numero di partenze crescerà parecchio !! Parliamo in fine dell’ultimo metro di lenza, come anti-tangle solitamente utilizzo leadcore ricoperto o


nylon di grosse dimensioni, in entrambi i casi tendo a prepararne una decina per tipo onde evitare il rischio di restare senza a causa di una rottura o di una sfregatura su di una roccia. La lunghezza può variare dai 70 cm nel caso in cui pesco a lancio, fino ad arrivare a 150-160 per situazioni più gravose. Ultimi ma non per importanza ci sono i terminali, su questo argomento ci sarebbe da scrivere un poema dato che ce ne sono moltissimi tipi e ognuno ha le sue convinzioni in merito. Io negli anni ho provato molte soluzioni, dagli stiff rig al whity pool, dai D-rig al line aligner con parecchie tipologie e dimensioni di ami, alla fine ho trovato 2-3 tipologie di terminali con le quali riesco a coprire un po’ tutte le situazioni di pesca e che difficilmente mi hanno tradito. Per le pop-up mi affido a 2 terminali entrambi D-rig ma un po’ differenti tra loro, uno completamente in treccia, con D in nylon dello 0,60 o 0,70, mentre l’altro è un combi rig composto da treccia da 50 lb e 5-6 cm di fluorocarbon fluorod dello 0,45. Per le affondanti invece mi affido ad un blow back rig che ha alcune particolarità, in primis il fatto di sostituire il classico capello con l’asola, con un capello molto morbido a cui è legato un anellino, un’altra particolarità è quella di utilizzare una treccia guainata e lasciare 1,5-2 cm di treccia che

fuoriesce dall’occhiello per avere una miglior rotazione dell’amo in fase di allamata. Anche per i terminali vale lo stesso discorso degli anti-tangle, ovvero prepararne un po’ da avere di scorta in quanto, si presuppone, che pasturando uno spot si utilizzino sempre boiles dello stesso diametro, quindi non servirà averne 20 diversi ma ne basteranno 4-5 per pop-up e 4-5 per affondante, inoltre in questo modo possiamo permetterci di portare con noi in barca sempre un paio di terminali già innescati da sostituire direttamente in barca senza dover tornare a riva per rinnescare e quindi senza disturbare due volte lo spot di pesca e risparmiando una notevole quantità di batteria nel caso si peschi a lunga distanza. Ho parlato della scelta dell’attrezzatura da utilizzare perché credo che sia una buona regola (o almeno, per me lo è…), iniziare la stagione con una buona scorta di minuteria in modo da non rischiare di restare senza durante una sessione, e poi in fiera si trovano sempre tante belle occasioni !!


una

borsa piena di ......

cose!


Una strana intervista a Maurizio Pelatelli


Ogni carpista, dentro la propria borsa, cassetta della minuteria, zaino, ha qualcosa a cui è particolarmente affezionato, per scaramanzia, affetto, ricordo, ma che senza, a pesca, non può starci. Inizia con Maurizio, visto che è anche il “padre” di questa cosa, di questa rubrica, una serie di brevi interviste, spero divertenti, che andranno poi a coinvolgere tutti i componenti di questa “rivista” e che metteranno a nudo quelli che sono gli oggetti più strano che non mancheranno mai in una sessione di pesca..

Ci troviamo a Ferrara, in occasione del Carp show & specialist, e vista la distanza che ci separa, lui a Roma, io qui a Bologna, gli chiedo se ha portato con se la propria borsa per poter fare questa intervista. Ci guardiamo e scuotendo la testa ci diciamo che non sappiamo quello che ne verrà fuori, ma ci proviamo. Lui crede molto in questa cosa, e io pure, sappiamo che se fatta bene farà sorridere chi la legge...o almeno è quello che ci auguriamo e per cui decidiamo di farla, quindi accendo il registratore e partiamo...

Willy: Ciao Maurizio:Ciao (Con noi ci sono anche Luca Tribuzio e Fabio Bianchi che scoppiano subito in una grossa risata) W: Dai non rompere le palle!! presentati almeno? (Tutti i presenti son piegati dalle risate) M: ok , Ciao mi chiamo Maurizio Pelatelli e sono di Roma W: oh, vedi che sei capace? Dai fammi vedere cosa cʼhai qua dentro..mmhh, cosʼè questo? M: un coltello W: Ma dai? questo riesco a capirlo anche io! (ancora risate e insulti vari) M: Eʼ un coltello Cooper! W: Cooper? interessante... M: Sì, coltello Cooper, così si chiama, e niente, è un coltello che è rimasto a me da mio nonno, che non ho mai conosciuto, ed era stato lasciato in un cassetto. Luca intanto blatera qualcosa a riguardo di sogni nei cassetti e coltelli W: Dai Luca taci! (ancora risate) M: E, niente, io lʼho preso, allʼinizio per una questione dʼaffetto, poi visto che era nella mia cassetta ho iniziato ad usarlo per tagliare le boiles.. W: le dita.. M: no no, son un ragazzetto sveglio io!


M: Comunque ora sta nella mia cassetta e lo uso a seconda dellʼoccorrenza W: E questa cosa qua cosʼè?? M: Eʼ una lampada! W: stai scherzando?(risate) ma che cacchio di lampada eh??ma per favore! M: Guarda che è una cosa molto intelligente!


W: si, da te, intelligente! raccontane unʼaltra! M: Davvero! con una spesa di 15 euro ho fatto una lampada... W: ma dai, io dai cinesi con 15 euro ne compreo 15 di lampade! M: Sì, ma quanto ti durano?! W: mmhh vabbè vai avanti.. (ancora risate) M: questa lʼho fatta io e con 15 euro ho fatto una lampada a risparmio energetico.. W:adesso sei anche ingegnere.. M: Eccome no? (risate) 12v 11w, fatta da me!! W: Ma fa luce? M: certo! fa la luce adeguata per un bivvy, che è gia sufficente. Ovvio non è una luce da discoteca! W: E qui..cosa abbiamo, cosʼè questa? M: questa è una bush light, ed è una lampada che mi tiene tanto compagnia, soprattutto in inverno quando fa freddo, e sono solo, fa unʼatmosfera...fa atmosfera ecco!! W: alla fine sei anche un ragazzo profondo (Ma si è timido il ragazzo, interrompe Luca) M: Dai scherzi a parte è una lampada che mi tiene compagnia W: vabbè, però vedo che leggi cose serie, ma me lo sarei aspettato... M: Certo! non posso andare a pesca senza una lettura seria! Rolling Stone non manca mai, altro che riviste del settore oversponsorizzate! Non mi prendo nemmeno un portatile per leggere questa di rivista, si parla di tutto fuorchè di pesca!! W: hai ragione! trovala una rivista che ti intervista infatti! (risate e insulti tutti contro tutti per almeno 2 minuti) W: Una palla 8? dai spiegami il perchè di questa palla, sei un giocatore di biliardo e non lo sapevo? M: ma noo! Vabbè, che è una palla 8 lʼhai capito, e la porto con me perchè 8 fa rima con cappotto! e così lʼattacco al pod o a un picchetto...la porto per scaramanzia, è il mio portafortuna, anche se non è che funzioni poi così bene! W: ok, grazie Maurizio M: Ciao e grazie a voi.. W:...Oh cazzo, ma non è partita la registrazione! M: no dai! Non la rifaccio! ma sì che ha registrato, non vedi? 6 minuti e 30, è partita è partita!! dai andiamo al bar...



ULTIMA FRONTIERA ...alla riscoperta della semplicitĂ


“ Immaginate un viaggio che vi porti da zero alla felicità … carpfishing! “

Verso la fine di Agosto il clima era torrido e decisi di ridurre al minimo le mie pescate. La pesca estiva infatti, non è mai stata così redditizia in termini di qualità delle catture e da qualche anno mi sono dedicato durante le afose serate estive a spot di ridotta dimensione, per cercare di selezionare più velocemente la taglia ,data la scarsità di popolazione di carpe presente

nei piccoli bacini che frequento. In questo periodo concentro tutta la mia attenzione alla ricerca di nuove tecniche alternative di pesca, sia in movimento che statiche che tornano sempre utili durante la primavera e l’inverno. I primi venti freschi serali mi rendevano impaziente e con quella sensazione di ansia e frenesia addosso che spesso mi invade all’arrivo dell’Autunno. Non mi vergogno a dire che rispetto a molti altri carpisti che


conosco sono decisamente un principiante nella pesca autunnale. In questo periodo il senso dell’acqua , il nostro “Sesto Senso”, spesso acuito in alcuni mostri sacri, ci guida ad occhi bendati sussurrandoci all’orecchio messaggi impercettibili: la giusta direzione verso la cattura delle grosse carpe! Seguiamole! Scovarle con intuito. Era ora di riprendere in mano la situazione. L’autunno era alle porte e dovevo scovare un posto dove le carpe rimanessero per l’autunno per alimentarsi in funzione dell’inverno. Spesso, ma non sempre, queste zone di alimentazione non distano molto dalla zona di svernamento. La mia intenzione era quella di cercare di allungare il periodo di alimentazione di qualche branco che bazzicava nella zona. Era mia intenzione pescare per tutto l’autunno dalla barca, poichè volevo trovare delle zone in cui i pesci di mole sicuramente sarebbero stati meno pressati dall’azione dei pescatori. Primo problema : la mia barca purtroppo non è cabinata ! Avrei dovuto arrangiarmi come potevo per ripararmi dagli agenti atmosferici che durante l’autunno e l’inverno non aiutano di certo l’azione di pesca. Ma si sa, quando si pratica il carpfishing in acque libere gli imprevisti e le condizioni avverse sono sempre dietro l’angolo, ma mai demoralizzarsi! Per individuare i pesci ho sacrificato molte ore in barca, benzina( e soldi!!! ), alla ricerca di eventuali branchi specialmente durante svariati orari del giorno e della notte. Ero convinto data la mia personale cronologia delle catture degli anni precedenti, che le carpe



si alimentassero prevalentemente durante le ore serali. Questo a mio parere forse era condizionato dalla mole di caos che si veniva a creare durante il giorno. D'altronde le carpe prediligono gli ambienti tranquilli dove possono avere tutto nel breve tragitto : calore , cibo e tranquillità. Metto sempre al primo posto il calore in quanto come noto, le carpe, regolano il loro orologio biologico interno in funzione alla temperatura dell’acqua cercando di minimizzare al meglio gli sbalzi termici. In ambienti poco profondi purtroppo il fattore temperatura rende il tutto molto più critico perché gli strati d’acqua acquistano e cedono calore molto in fretta. Dopo varie uscite notturne a remi,l’ecoscandaglio mi confermò che le carpe si muovevano solo in determinate zone a ridosso di uno scalino vicino ad un erbaio tra i 7 e i 14 metri .Purtroppo la zona non era pescabile dalla barca per varie ragioni ,quindi decisi di abbandonare quello spot per dedicarmi ad altre zone dove avevo notato la presenza delle carpe anche in acqua molto bassa. Ad oggi, la ragione di queste duplici zone di alimentazione a mio avviso rimane alquanto dubbia . Personalmente infatti non sono d’accordo sulla teoria dell’inversione termica notturna sposata da molti carpisti, di contro sono molto più propenso alla mia personale teoria dove un pesce come la carpa talvolta fa prevalere l’opportunismo alimentare alle situazioni termiche favorevoli. Detto questo decisi di tentare il tutto per tutto in uno spot in acqua bassa, un vero azzardo!

Pasturare con umiltà.


La settimana seguente arrivò una forte perturbazione che mise un po’ in crisi la mia voglia di catturare il primo pesce in quella nuova postazione. Mai mollare se ne vale la pena, è la regola dei carpisti vincenti! E non esitai! Dopo un veloce raffronto con il mio socio di pesca, infatti, decidemmo di iniziare una pasturazione “sistematica” in modo da marcare il fondo e di lasciar poi riposare il posto per qualche giorno prima di iniziare a pescarvi. Avendo rimesso in ordine il nostro piccolo laboratorio dove prepariamo le boiles, ne era uscito un rimasuglio di farine decisamente oltre la data di freschezza, quindi le impastammo con l’impastatrice e andammo a gettare sullo spot con la barca all’incirca un paio di quintali di pastura fresca. So che molti storceranno il naso, eppure sappiate che le carpe mangiano cose ben più putride e meno digeribili di qualche quintale di farina non più adatta alla produzione di palline! Eravamo certi che quella massiccia bomba di pastura avrebbe attirato tutto il pesce presente nei pressi, creando un’incredibile competizione alimentare,avremmo solo aspettato che i pesci più grossi avessero avuto la meglio su tutti quei cavedani e scardole che a milioni sarebbero scesi a pulire per bene il fondale. Talvolta è bene non pescare, specialmente durante le pasturazioni, le pescate troppo anticipate aiutano solamente ad accumulare cappotti! Esserci con costanza. Trascorsero circa tre settimane di pasturazione e venne il momento di iniziare a testare se il nostro piano avesse funzionato o meno. La zona era molto difficile e sinceramente già dopo le prime cinque sei pescate a cappotto iniziai a storcere il naso , catturavo infatti sistematicamente solamente grossi cavedani ! Continuai imperterrito la pasturazione anche se in misura via via inferiore in termini di quantità,questo di pari passo con l’arrivo delle basse temperature. Entrati nella quinta settimana , cambiammo decisamente la


tipologia di mix a favore di farine molto più digeribili e veloci, aggiungendo ingredienti che avevano fatto la differenza durante le pescate invernali del mio socio Angelo, il quale modestamente sono certo sia tra i migliori “maker” a livello italiano e internazionale, nonché un ottimo pescatore! Durante le serate trascorse a pescare notammo però alcuni salti sulla pastura. Decidemmo quindi di serrare il tiro e inserire tra gli inneschi qualche omino di neve provvisto di pop up molto attrattive . Crederci con passione. Entrai in pesca ancora una volta senza troppe pretese, con il mio piccolo rod pod , due canne innescate in modo meticoloso , lo stringer , materassino , guadino, carp sack e tanta voglia di scoprire cosa succederà dopo aver lanciato i miei inneschi! Sono le piccole cose , questi gesti che ripeto come tutti sempre a memoria, che fanno diventare speciale ogni singolo momento che trascorro a pescare. Durante l’ultimo anno le mie pescate sono divenute meno lunghe, trascorro infatti da un minimo di cinque ore ad un massimo di dodici ore a pesca , non necessariamente pescando la notte. Questo, perché negli anni passati ho notato quanto vi siano due metodi diametralmente diversi di intendere il carpfishing e di come io volessi raggiungere i miei obiettivi senza dover

spendere troppo tempo dentro una tenda! Esistono infatti due tipi di approcci , quello passivo quantitativo e quello attivo qualitativo, entrambi funzionano perfettamente infatti pescare per giorni e giorni ripaga in termini di catture e qualità in molte acque, ma c’è anche un altro approccio , quest’ultimo mi rispecchia pienamente credo, dove il fattore tempo non influisce e agendo su altri fattori si riesce benissimo a stanare carpe anche di notevole dimensione in pochissimo tempo. E’ una pesca aggressiva, non si può sbagliare e ogni azione va


Vincere con onore. Le ore trascorrono sempre febbrili mentre sono a pesca e non è proprio vero che a pesca ci si rilassa sempre! La notte con i suoi silenzi, talvolta misteriosi mi avvolgeva tenendomi compagnia. La nebbia aumentava e le luci scomparivano ad una ad una davanti a me. Rimasi per ore seduto e avvolto nella mia coperta, finchè un singolo Bip mi svegliò da quel breve letargo dei sensi. Pensai subito a qualche anatra che ogni tanto passava di li andando a sbattere accidentalmente sui miei fili, ma un altro Bip mi fece saltare in piedi. Corsi verso il pod e la canna di sinistra ad un tratto si piegò e l’avvisatore finalmente, cantava vittoria! Una piccola ferrata per avere la sicurezza di essere sul pesce e dopo circa cinque minuti guadinai la mia prima carpa di quello spot, una stupenda regina di 11 kg ! Fantastico! Era la mia regina della nebbia.

calibrata per ottenere da ogni situazione una cattura. Esatto prima di tutto è necessario catturare , il che vi assicuro non è assolutamente alla portata di tutti, dopodiché arriva il momento di selezionare. Questo implica saper rinunciare a prede di medie dimensioni e di facile cattura a favore di altre zone di pesca , spesso con difficoltà molto maggiori e catture molto sporadiche. E poi, un cappotto non ha mai fatto male a nessuno …

Rilanciai senza ulteriori pretese , ben coscio che probabilmente la pescata sarebbe finita con quella cattura, ma non dopo pochi minuti dal rilascio della stupenda e selvaggia regina la stessa canna rilanciata con lo stesso innesco rilanciato ripartì! Rimasi incredulo per pochi secondi guardando la bobina del mulinello che fischiava sotto ai miei occhi. Ennesima ferrata e combattimento al


cardiopalma. Dieci minuti interminabili credo, tra ripartenze furiose e un tiro alla fune per farla allontanare da un ostacolo alla mia sinistra. Eccola, piano piano si stava stancando. La vedevo solamente a tratti per via della nebbia. E finalmente dopo l’ennesima piccola sgobbata la portai a guadino. Mi avvicinai cauto alla sponda per via del terreno scivoloso e accesi la lampada da testa aprendo con delicatezza il guadino. Penso che questo momento , quello del vedere la preda, sia l’apoteosi dell’istinto primordiale e

infantile di ogni carpista. Ti ho presa, e sei mia! Per sempre. Chiuso il guadino la sollevai, anzi cercai di farlo perché non ci riuscivo! A quel punto un urlo di gioia nella nebbia silenziosa ruppe quel silenzio tombale. Non avevo la minima idea di quanto pesasse quell’esemplare, tuttavia sebbene di mole, il valore che aveva era legato ai sacrifici che avevo speso per catturarlo . Per farla mia, per sempre! Chiamai l’unica persona che poteva essere sveglia a quell’ora , un vero


amico, e gli dissi di venire a farmi qualche foto. Rimasi venti minuti ad aspettarlo perché non riuscivo ad alzarla da quella ripa scoscesa, in ginocchio io e lei nella nebbia, ad accarezzarla. Poi arrivato Kevin , qualche foto , la pesatura e il rilascio. Per tutta la mia vita credo che manterrò solo un ricordo di questa carpa, che attualmente è il mio personal best di questo spot, quello della mezz’ora in ginocchio io e lei , nella nebbia. Questa carpa l’ho chiamata “Freedom” , perché nessuno la

catturerà mai più , ne sono certo. A lei che scomparve nella nebbia rimane la cosa più importante , la libertà! A me l’onore di averla catturata. Grazie Carpfishing!


Fabio Bianchi

NUOVE ACQUE... NUOVE SODDISFAZIONI


Tutto cominciò quando il buon Luca mi propose di andare a pescare in una zona

gradino, gli ostacoli, le acque profonde e quelle basse, per coprile tutte non

nuova in un grande lago. Accettai

sarebbero bastate tutte le canne a

immediatamente per vari motivi: Luca è un ottimo pescatore e un ottima compagnia,

disposizione!! Era sicuramente una zona molto interessante, avremmo potuto

pescare in acque nuove ha sempre il suo fascino e il suo mistero, ma soprattutto

trovare le carpe in acque basse in mezzo ai canneti e agli ostacoli durante le ore

avevamo entrambi qualche conto in

notturne, oppure avremmo potuto pescare

sospeso con quel lago!! Nei giorni a seguire Luca tramite mail mi mandò

a ridosso del gradino a diverse profondità dove le carpe potevano essere attive anche

alcune foto dal satellite della futura zona di pesca per darmi più informazioni possibili

in pieno giorno. Fissammo la data di partenza in modo che coincidesse con il

e per avere le mie impressioni. Si trattava

ponte dei santi a novembre in modo da

di una grande ansa dove era chiaramente visibile un netto gradino del fondale a

avere a disposizione 3 notti da dedicare alla ricerca delle carpe di quel gigantesco

distanze variabili dalla riva, la parte destra era circondata da fitti canneti mentre

lago. Anche il meteo sembrava dalla nostra parte infatti era prevista una bassa

quella sinistra lasciava posto ad alberi semi

pressione per le ultime 2 notti che unita

sommersi ,strutture dismesse e ostacoli vari, inoltre l’ingresso di un piccolo fosso

alle temperature piuttosto miti per il periodo avrebbero messo in moto le nostre

creava una zona di deposito sul fondale di sicuro interesse. Sin dal primo momento l

amiche baffute. Insomma il posto era molto promettente, il meteo favorevole,

‘area mi era sembrata molto interessante,

quindi la voglia di caricare la macchina e

con molteplici zone di pesca: i canneti, il

partire era a mille!! Il mercoledì sera caricai


la macchina sotto una pioggia fittissima e un forte vento e già mi immaginavo un

chilometro dietro a me ,e poco più di un’ora ci separava dalla nostra meta. La

trasbordo poco piacevole l’indomani , ma

luce del giorno dava spazio ad ampie

la voglia di pescare era tanta e nessuno ci avrebbe fermato. Alle 4:45 la sveglia

schiarite…ma non mi tornava il paesaggio fuori dal finestrino…infatti avevo sbagliato

suonò, giusto il tempo di connettere qualcosa che già mi trovavo al volante, una

strada!!!! Sarà stato il sonno, saranno stati i mille pensieri che avevo in testa, che

leggera pioggia mi accompagnava per

sbagliai lo svincolo per l’uscita della

strade deserte a quell’ora. Dopo un oretta di viaggio chiamai Luca per sentire dove si

tangenziale e me ne accorsi solo una quarantina di km dopo!!!! Chiamai Luca per

trovava, mi disse che anche lui era partito da circa un’ora e tra pochi chilometri

avvertirlo e dopo essersi messo a ridere mi insultò e disse che era ora di comprami un

avrebbe imboccato la mia stessa

navigatore ”mai” gli risposi ridendo.

autostrada per proseguire insieme il viaggio. Il tempo di un’agghiacciante

Appena mi fu possibile invertii la marcia mi diressi a razzo verso quel maledetto

cappuccino e un terribile cornetto da autogrill ed ero di nuovo al volante a

svicolo, pregai che gli autovelox fossero spenti , volevo tornare a casa solo con

macinare chilometri. Intanto stava facendo

foto di carpe e non della mia targa!

giorno il cielo sembrava schiarirsi sempre di più con il passare dei chilometri. Luca mi

Finalmente imboccai la strada giusta ed il lago era la sola cosa che volevo vedere.

chiamò e mi disse che era appena entrato in autostrada e si trovava qualche

Luca era già arrivato e stava andando a piedi a vedere la nostra postazione, a me


mancavano circa 20 minuti mi disse che mi avrebbe chiamato appena fosse arrivato e

veramente mozzafiato un’infinita distesa d’acqua circondata dalle montagne che

io accelerai ancora di più non vedevo l’ora

spettacolo!!!. In pochi minuti scaricammo

di calare le canne. Mi chiamò per dirmi cosa aveva visto, gli risposi che se avesse

le auto e caricammo le barche pronte per partire verso il nostro spot. Dopo un breve

aspettato alcuni minuti sarei arrivato, stavo già costeggiando il lago da alcuni minuti.

sopralluogo avevamo due opzioni per accamparci, una comoda spiaggetta

Vidi il muso della macchina di Luca fermo

oppure una stretta e scomoda sponda

in una stradina a lato della strada principale, mi affiancai e dopo esserci

rocciosa, ovviamente scegliemmo la seconda opzione! Scaricammo velocemente

scambiati una serie di coloriti saluti andammo a vedere il lago. Imboccammo

le nostre imbarcazioni, montammo i nostri piccoli ripari e preparammo il resto

uno stretto sentiero che costeggiava un

dell’attrezzatura, finalmente tutto era

piccolo fosso gonfio d’acqua per le forti piogge cadute il giorno prima e davanti a

pronto e non ci restava altro che andare a fare un bel giro in barca per vedere cosa

noi si mostrò il lago, il panorama era

offriva il lago, Luca si diresse verso la zona


di ostacoli e acqua bassa , mentre io mi diressi sullo scalino alla nostra destra. Il fondale rimane fermo sui 2 metri di profondità fino a 150 metri da riva poi scendeva velocemente fino a 7 metri per poi sprofondare ad oltre 20 metri a circa 300 metri di distanza. Più mi allontanavo verso destra più il fondale scendeva dolcemente lasciando alcuni punti molto interessanti, dove calare le esche a profondità diverse tra di loro. La zona mi piaceva proprio e aveva caratteristiche simili ad acque che conoscevo bene, le carpe avrebbero sicuramente visitato quell’area, inoltre sull’eco avevo visto diversi archi tra i 9 e gli 11 metri .Una volta tornati a riva preparammo gli inneschi ,le straordinarie crustacean belachan e freshwater snail erano alla base dei nostri inneschi. La maggior parte furono snow man ultra collaudati, di diametro 20/16 e 24/20 mentre inneschi singoli da 24mm furono destinati a zone di fondale duro nei pressi del gradino. Di comune accordo alternammo le nostre canne su picchetti singoli, in modo da avere un maggiore spazio di manovra con la barca e soprattutto uguali possibilità di cattura nel caso una zona fosse stata più produttiva dell’ altra. 2 canne furono calate a lunghissima distanza quasi 500 metri, e per evitare spiacevoli inconvenienti con le barche di passaggio portammo fuori i terminali che era quasi buio e con 4 tendifilo per canna. Finalmente tutto era pronto e le canne erano perfettamente in pesca, ci gustammo prima uno spettacolare tramonto, poi un’abbondantissima cena a base di salsiccia e fagioli. La stanchezza accumulata durante la giornata unita alle pance piene ci mandarono in branda presto. Durante la notte fummo svegliati varie volte da rumorosi salti proprio dove avevamo calato alcune canne, sembravano anche esemplari di buona taglia, il che ci fece ben sperare. Evidentemente non

avevamo “sperato” abbastanza, in quanto al mattino eravamo ancora in cappotto!! Durante la giornata decidemmo di recuperare alcune canne per controllare lo stato degli inneschi, e per spostarle in altri settori rivoluzionando la nostra strategia, e dedicando maggiore attenzione alla zona di acqua bassa dove le carpe, saltando, avevano mostrato la loro presenza durante


la notte. Finimmo di ricalare le canne che era già buio, Luca era molto fiducioso e mi

parlare del più e del meno. Tre o quatto bip provenienti da una mia canna mi fecero

disse ”ho fiducia….vedrai che stanotte

balzare dalla sedia e ferrai forzando

prendiamo!!” “sarebbbe anche ora “ gli risposi con un sorriso mentre ero in acqua

energicamente il pesce per allontanarlo da pericolosi incagli. Saltai in barca dove mi

a sistemare la barca. Poco dopo eravamo intenti a divorare un’altra ricchissima cena,

aspettava Luca e prendemmo il largo ,dopo un breve combattimento guadinammo una

visto il clima più mite rispetto alla sera

regina di medie dimensioni. Finalmente

precedente restammo fuori a lungo per

una cattura!! Ero contentissimo!! Non


passò molto tempo che prese vita una canna del socio, solito tiro alla fune per

ostacolo sul fondo. Sicuramente si trattava di un’ esemplare di buone dimensioni per

allontanare la carpa dagli ostacoli e dopo

avere combinato un macello del genere,

un bel combattimento sottobarca guadinai a Luca una bella carpa dalla forme

riuscimmo a districare la mia treccia da quella di Luca poi girammo la barca per

rotondeggianti. Eravamo molto fiduciosi in quanto avevamo ancora tutta la notte

andare a vedere dove si era andata a infilare. Una volta arrivati sull’incaglio mi

davanti. Una mia canna posizionata a non

accorsi che tutto era fermo provai a tirare

più di 30 metri da riva nei pressi di una barca affondata, partì violentemente

la treccia con le mani ma era bloccata, diedi un pugno sulla panca della barca in

nonostante la frizione quasi completamente stretta, tempo di infilarsi i

segno di stizza, poi ripresi in mano la canna strinsi al massimo la frizione e

wader e saltare in barca per inseguire la

iniziai forzare al massimo incurante della

preda ,e la carpa andò prima a impigliarsi nella treccia della canna di luca che

curva che prese la mia vecchia Tournament Carp da 10 piedi che era veramente a

passava li vicino poi cambiò totalmente direzione andandosi a piantare in un’

rischio di esplosione, un paio di strattoni e la treccia iniziò a lentamente a muoversi, e


potevo sentire la carpa in fondo alla lenza. Riuscii a recuperare qualche metro sentivo

ricalai nel medesimo punto della cattura precedente. Quella notte dormimmo ben

la treccia che sfregava da qualche parte

poco in quanto al mattino potevamo

avevo il terrore che si rompesse da un momento all’altro, fui più tranquillo

contare sette partenze di cui due purtroppo perse negli ostacoli, ma le

solamente quando lo shock da 100 lbs entrò in canna e per assurdo forzai ancora

cinque sacche legate alla barca di Luca erano un’ ottimo risultato in acque simili.

di più!! Vidi la sagoma della carpa circa un

Ricordo un simpatico episodio di quella

metro e mezzo sotto la superficie ma era bloccata da una vecchia corda, per mia

notte: venni svegliato da una partenza sulle canne di Luca infilai i waders al volo e

fortuna il pesce era esausto così riuscii a guadinarlo sott’acqua al primo tentativo,

ancora mezzo addormentato saltai in barca e partii verso il largo senza caricare il mio

poi tagliai la treccia e finalmente chiusi le

amico!!!! Che scena!!! Evidentemente le

stecche del guadino. Mi voltai verso il mio amico con il braccio teso al cielo in segno

carpe erano presenti nell’ area ma le forti piogge e il vento dei giorni precedenti al

di vittoria e cacciai un’ urlo liberatorio!! Tornati a riva la misi in sacca e rifeci una

nostro arrivo le aveva temporaneamente bloccate. Nel nostro piccolo accampamento

nuova montatura eliminando diversi metri

sembrava essere scoppiata una bomba:

di treccia completamente sfilacciata e

canne da tutte le parti, sling di pesatura sui


rovi carpsack, stesi ad asciugare sulle canne ancora in pesca, terminali e minuterie varie sparsi in ogni dove! La giornata passo rapidamente a causa delle tante cose da fare eravamo molto stanchi ma soddisfatti, tra una risata e una montatura nuova arrivò la terza e ultima notte. Stavolta al calare delle tenebre eravamo già perfettamente in pesca ma una leggera pioggia ci mandò in tenda prima del solito, poco male avevamo del sonno da recuperare. “ Tempo da big” disse Luca mentre chiudeva la zip del suo bivvy “ci starebbe proprio a pennello “ gli risposi dall’ interno del mio. Quella notte portò tre carpe, due per Luca e solo ma di buona taglia per me più una slamata a testa. Ci svegliammo al mattino per fare le foto sotto pioggia, tribolammo non poco a farle in acqua a causa della vitalità delle carpe dopo una notte a riposare in sacca. Arrivò anche il momento di smontare ,lo facemmo piuttosto velocemente per bagnare meno roba possibile, caricammo le nostre barche e dopo un trasbordo piuttosto bagnato arrivammo alle nostre auto dove di li a poco tornammo verso casa. Che dire?? Sicuramente è stata un’ ottima pescata con una taglia media molto buona, e con una tecnica di pesca non proprio “comoda” pescare con le frizioni quasi bloccate in mezzo agli ostacoli dove i primi istanti del combattimento sono dei veri e propri tiri alla fune non è cosa semplice. Carpe vergini, stupende nelle forme e nei colori dotate di una forza impressionante che ci hanno regalato memorabili combattimenti sottobarca. Ma soprattutto la soddisfazione di aver catturato in una distesa d’acqua simile non ha paragoni. Qualche settimana dopo tornammo nello stesso posto, ma a causa del livello altissimo del lago non andò altrettanto bene.... ma questa, amici, è un’altra storia.



The RealFishing vi da appuntamento

a

Maggio


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