TICINO WELCOME N°78

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EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80 MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE N° 078 GIUGNO / AGOSTO 2023 LUIGI RUGIANO IL LUSSO DI SAPER CREARE TURISMO LUGANO REGION Un impegno ampio e articolato
SPECCHIO IOANNA ARCHIMANDRITI
Gerardo… SPECIALE SALONE DEL MOBILE PROPOSTE DESIGN
sguardo
futuro dell’abitare FINANZA
Banking Day
LEADER ALLO
Honestly,
Uno
sul
ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE Lugano

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Il nostro record mondiale d’immersione nel luogo più profondo della Terra, ha portato a un rivoluzionario orologio subacqueo OMEGA. Ogni orologio da 45.5 mm della collezione Seamaster Planet Ocean Ultra Deep è un Co-Axial Master Chronometer ed è impermeabile fino a 6.000 metri. Incluso questo modello realizzato nel nostro O-MEGASTEEL, con lunetta in ceramica nera lucida e quadrante laccato effetto sfumato, che vira dal blu al nero.

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EDITORE

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Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2

CH-6900 Lugano-Paradiso

T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch

RESPONSABILE EDITORIALE

Mario Mantegazza

COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI

Paola Chiericati

COORDINAMENTO EDITORIALE, SETTORE ARREDO/DESIGN

Francesco Galimberti

REALIZZAZIONE EDITORIALE

Mindonthemove srls

LAYOUT E GRAFICA

Kyrhian Balmelli e Lorenzo Terzaghi

FOTOGRAFIE

Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino.

Foto di copertina: Lucrezia Roda

STAMPA

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CH-6963 Pregassona

SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI)

CHF 32.- (spese postali escluse)

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PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN

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CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch

T. +41 (0)44 928 56 31

COLLABORATORI

Dalmazio Ambrosioni, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Rocco Bianchi, Andrea Conconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Franco Citterio, Ariella Del Rocino, Fabio Dotti, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli

De’ Santi, Marta Lenzi, Arianna Livio, Manuela Lozza, Giorgia Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Pedevilla, Sarah Peregalli, Romano Pezzani, Amanda Prada, Valeria Rastrelli, Donatella Révay, Mattia Sacchi, Gerardo Segat, Gianni Simonato, Fabiana Testori.

DISTRIBUZIONE

IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino.

IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubbliciProvincia di Como e Lombardia.

Non si può continuare a confondere il sesso con la sessualità. Il sesso è il sesso! C’è chi nasce con la vagina e chi nasce col pene. Quindi una persona è di sesso maschile o femminile a seconda del suo sesso. È altresì logico che oggi una persona abbia la possibilità di cambiare sesso e quindi passare da un sesso all’altro essendosi privato di un organo a favore di un altro.

La sessualità è invece un’altra cosa e mi inquieta davvero molto che si discuta così tanto e così apertamente di una questione che dovrebbe invece essere intima. Quello che succede nel letto delle persone costituisce infatti la più grande intimità e non deve interessare chi in quel letto non c’è.

Eterosessuali, bisessuali, omosessuali, transessuali sono liberi di comportarsi come gli pare nella propria intimità, premesso che ciò non rechi danno a sé stessi o ai propri partner.

Quello che non è tollerabile è che le persone vogliano rendere pubbliche e imporre le proprie attitudini o abitudini sessuali perché, francamente, non ce ne può importare di meno di sapere quello che uno fa nel suo letto, proprio come non ce ne importa niente di sapere quello che uno fa

quando si chiude in bagno. Le persone vengono giudicate per quello che valgono come esseri umani, non per come gestiscono i propri rapporti sessuali con gli altri.

È davvero così difficile da capire questa cosa o sono io che non mi riconosco più in questo mondo, dove tutti siamo omologati e obbligati ad accettare tutto degli altri e farci sbattere in faccia le loro intimità?

Possiamo ancora dire Madre Patria? Madre Lingua? Posso stare sereno nella mia realtà di eterosessuale, tanto quanto possono stare tranquille le persone che vivono altre sessualità? Posso ancora gioire e essere orgoglioso di essere nonno naturale di mio nipote o me ne devo invece vergognare?

Nossignori, io su questo terreno non vi seguo! Ho sempre rispettato tutti, ma per farlo ho dovuto innazitutto rispettare me stesso. Dimmi pure di che sesso sei, ma non dirmi che uso ne fai, perché oltre a non interessarmi, potrebbe anche non piacermi.

5 TICINO WELCOME / EDITORIALE
TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

LUIGI RUGIANO

Il lusso di saper creare

MARINA CAROBBIO

Una visione e una sensibilità femminili

RUTH METZLER-ARNOLD

Il coraggio di affrontare le sfide

LAC

Anna Bolena: Il dramma di una regina

EDITORIALE

Di che sesso sei? Di Mario Mantegazza

Luigi Rugiano: Il lusso di saper creare Di Patrizia Pedevilla

Ignazio Cassis: Il dialogo è l’unico strumento per arrivare alla pace

Marina Carobbio Guscetti: Una visione e una sensibilità femminili Di Rocco Bianchi

Ruth Metzler-Arnold: Il coraggio di affrontare le sfide Di Fabiana Testori

David E. Card: I fattori della discuguaglianza salariale

Alain De Raemy: Una diocesi viva e attiva

Marco Chiesa: Impegno costante per la sanità e l’ambiente

Morena Ferrari Gamba: Pigrizia artificiale

Anna Oxa: Alla sorgente del suono Di Keri Gonzato

LEADER

Ioanna Archimandriti: Honestly, Gerardo… Di Gerardo Segat

Se viene meno il principio di realtà Di Moreno Bernasconi

LAC: Anna Bolena: Il dramma di una regina

Pinacoteca Züst: Fascino discreto e delicato Di Michele Fazioli

ABT: Lugano Banking Day

BNP Paribas: Da 150 anni protagonista del settore bancario in Svizzera

Banca Credinvest: Actively Managed Certificates: una strategia vincente

Ruling Companies: Quanto sono solide le banche?

Credit Suisse: Donne sempre più indipendenti anche in campo finanziario

Uno sguardo sul futuro dell’abitare

Poliform: Laboratorio di idee innovative

Baxter: Le sorprese sono qui

Minotti: Eccellenza italiana nel mondo

Molteni&C: Stile e rigore all’aria aperta

Maxalto: Icone di uno stile senza età

Rugiano: Stile pulito e contemporaneo

Tisettanta: Sapienza artigianale, design internazionale

LEMA : Design contemporaneo e materiali ecosostenibili

Galimberti Nino: Nuovo classico milanese

Turri e Turri Design: Quando la contemporaneità sposa il design

C Design: Una collezione gentile e leggera

DESIGN

SUPSI: Design e formazione

Mons. Pier Giacomo Grampa: Dobbiamo ripensare il ruolo della chiesa

Pizza: Dal neolitico a patrimonio dell’umanità

Ristorante META: Omaggio al lavoro dello chef

San Pellegrino Sapori Ticino: Ticino-Svizzera-Francia e ritorno

Di Marta Lenzi

Di Mattia Sacchi

Di Marta Lenzi

Stelle Michelin: Una regione tutta da gustare Di Marta Lenzi

Ristorante Locanda Barbarossa: Quando la genuinità trionfa nel piatto Di Giacomo Newlin

Ticino Gourmet Tour: Due ricette a base di pomodoro

La Musa Restaurant: Un elegante Gourmet fuoriporta

Manor Food: Il supermercato di Lugano in una veste totalmente rinnovata

Di Giacomo Newlin

6 SOMMARIO / N° 78
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PRIMO PIANO
ALLO SPECCHIO GRANDANGOLO LAC CULTURA FINANZA SPECIALE SALONE DEL MOBILE 2023
A TAVOLA CON… GASTRONOMIA TICINO LAND OF STARS

BNP PARIBAS

CARLO COLOMBO

BALLY FOUNDATION

Gstaad Palace: Eccellenza nel cuore dell’Oberland bernese Di Paola Chiericati

Gstaad Palace: Cenare a cinque sensi Di Giacomo Newlin

Golf Club Gstaad: Un campo immerso in una riserva naturale Di Ariella del Rocino

Mirador Resort & SPA: L’esclusività incontra l’accoglienza Di Paola Chiericati

Mirador Resort & SPA: Là dove la vista si nutre di immenso Di Giacomo Newlin

Hotel Hermitage: Lusso discreto esclusivo

Anna Valli: Una donna alla guida dei sommeliers ticinesi Di Rocco Lettieri

ASSP: Anche il tappo diventa sostenibile

Ticino Turismo: Business e congressi in Ticino

Ticino Turismo: Digitalizzazione e competitività sfide del futuro

Lugano Region: Un impegno ampio e articolato

Asilo Ciani: Una location per ogni tipo di evento

Mendrisiotto Turismo: Andare a teatro in bicicletta

Museo di Vallemaggia: Il giro del mondo di Emilio Balli

Soletta: Trionfo barocco

Arcobaleno: Titoli di trasporto per ogni esigenza

OMEGA: Una sfumatura per ogni personalità

Maserati GranTurismo: Estetica senza fine

AMG Winteler Club: Eccellenza, passione ed eventi esclusivi

Lugano Elegance: Quando le auto sfoggiano tutta la loro bellezza

Wetag Consulting: 50 anni raccontati da tre protagonisti

Gruppo SETA: Arte di vivere

MG Immobiliare: Clientela esigente

St.Moritz Sotheby’s International Realty: St.Moritz mantiene tutto il suo fascino

Piera Scuri: Disegnare gli uffici del futuro

DOSSIER

Elisa Bortoluzzi Dubach: Filantropia e salute, un binomio virtuoso

Giuseppe Fontana: Il nostro impegno per il territorio

Corinna Adler: La filantropia per la medicina di domani

Angela Gichaga: Health is everyone’s right

Hugo Bänziger: How to finance healthcare

Bally Foundation: Uno sguardo aperto sull’arte

AZIENDE SPORT BENESSERE

Fondazione Agire/Genuine Way: Come la blockchain può aiutare l’ambiente

IFJ: Un aiuto per chi fonda una nuova azienda

Gruppo Belotti: 35 anni a firma Belotti

Gruppo WMM: 50 anni di passione e vicinanza

STRP: La comunicazione come fattore di dialogo

My Academy: Perché le persone si dimettono dal posto di lavoro?

Previdenza: Pensare per tempo al proprio futuro

Elia Degani: Conquistato dalla scherma

The Longevity Suite: Vivere bene e a lungo

Speciale Medicina: Convenzionale, complementare o alternativa?

Di Dimitri Loringett

Di Paola Bernasconi

Di Romano Pezzani

SOMMARIO / N° 78
Uno sguardo sull’arte
DON MINO GRAMPA Dobbiamo ripensare il ruolo della chiesa Uno sguardo sul futuro dell’abitare
192 104 74 64
Da 150 anni protagonista del settore bancario in Svizzera
126 130 132 134 136 138 140 142 144 146 148 150 152 154 156 160 162 164 166 168 170 172 174 176 178 180 182 184 186 192 194 198 200 202 204 206 208 210 212 216 218
ENOLOGIA TURISMO LUSSO AUTO ARCHITETTURA
HOTELLERIE
FONDAZIONI
7
Sofa / Nautilus Armchair / Cocò Coffee Table/ Sixty
MILANO Flagship Store Via della Moscova, 53 rugiano@rugiano.it rugiano.com
Ph: © Lucrezia Roda

IL LUSSO DI SAPER CREARE

Arrivo con un po’ di anticipo a Mariano Comense, in Provincia di Como. Non ho difficoltà a trovare l’azienda di Luigi Rugiano, uno stabile imponente, moderno, con grandi vetrate e circondato dal verde. Mi accomodo nel suo ufficio, affascinata da ogni singolo oggetto presente. Luigi Rugiano mi offre un caffè, anzi è lui stesso a farmelo. Accanto all’espresso rigorosamente corto delle noccioline, come dirgli di no… e iniziamo e chiacchierare piacevolmente.

«Sa la cosa che mi preme maggiormente? Far capire alle persone che l’artigianalità è un’arte che si tramanda di padre in figlio, non c’è nessuna scuola che possa insegnartela, è un tesoro prezioso. Noi facciamo puro artigianato, ogni pezzo nasconde, nella fase di progettazione, un’attenta ricerca. Naturalmente non tutte le famiglie hanno al loro interno qualcuno di interessato a seguire e dare continuità all’attività di famiglia».

Ma lei ha suo figlio Alberto che già lavora in azienda…

«Mi sento molto fortunato, anche perché lui non solo lavora con me, ma è anche designer. Da sempre ha avuto la passione per il disegno, la creazione, tanto che inizialmente desiderava fare architettura e per un periodo ha frequentato l’Accademia di Mendrisio per poi concludere gli studi all’Istituto Europeo di Design a Milano».

Immagino viaggiate molto, siate sempre impegnati, anche perché Rugiano è un’azienda internazionale molto rinomata…

«Certo! Ed è legata anche a Lugano (soddisfatto), infatti mio figlio Alberto oltre a vivere lì, ha anche un’azienda in Ticino, Aerre Design Projects, che si oc-

cupa di sviluppo e progettazione soprattutto nel settore alberghiero, ma anche di residenze di lusso: e infatti stiamo ultimando un nuovo showroom in via Trevano. Parliamo di 700 m2, una location molto bella che diventerà il nostro quartier generale svizzero, punto di riferimento per i clienti d‘oltre San Gottardo».

Non mi fraintenda… ma avete qui una sede meravigliosa, perché aprire anche uno show room a Lugano?

«Non è una domanda scontata, perché effettivamente la scelta di avere uno show room in Svizzera è stata pensata. Negli anni abbiamo notato che il cliente arrivato a Lugano si siede, non ha più voglia di spostarsi… e quindi abbiamo deciso di andare noi da lui (sorride). Inoltre, a Lugano dedicheremo molta attenzione ai mobili di design per il settore alberghiero, sì perché il futuro sarà molto concentrato sull’estetica, il bello, il sentirsi bene in un ambiente e quindi anche gli alberghi storici, come chi non ha mai sentito l’esigenza di cambiare, dovranno effettuare nuovi investimenti per restare al passo con il mercato. I clienti, ormai lo sappiamo, sono sempre più esigenti e disposti a pagare, ma per il bello… altrimenti cambiano destinazione, senza pensarci troppo».

Oltre allo show room, dobbiamo dirlo, suo figlio Alberto da anni abitata a Lugano, come mai questa scelta?

«La scelta dettata inizialmente da un percorso di studi, è stata poi nel tempo una scelta di vita, definitiva. La tranquillità, la sicurezza e la stabilità del paese l’hanno fatto letteralmente innamorare del territorio a tal punto da rimanerci a vivere! Questa sua scelta, unita alla bellezza e naturalità del territorio svizzero ha poi trascinato l’intera famiglia a spostarsi in Ticino».

PRESIDENTE DELLA RINOMATA

AZIENDA RUGIANO INTERIORS

DECORATION, LUIGI RUGIANO CI APRE LE PORTE DELLA SUA CASA MADRE. UN’OASI DELL’ARREDAMENTO DI LUSSO, DOVE È POSSIBILE AMMIRARE

CREAZIONI UNICHE, CURATE NEL MINIMO DETTAGLIO E CHE RIEMPIONO D’ORGOGLIO L’IMPRENDITORE ITALIANO, DA ANNI LEGATO AL TICINO. LA SUA È STATA UNA CARRIERA PASSIONALE, INIZIATA DA GIOVANISSIMO E CHE OGGI LO VEDE AI VERTICI DEL DESIGN MONDIALE.

11 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / LUIGI RUGIANO

Lei ha origini calabresi, è arrivato a Milano da ragazzino e ha creato dal niente un impero, le manca la sua terra?

«La Calabria, il suo mare, i suoi sapori saranno sempre vivi nel mio cuore. Sono nato in un paesino e i miei genitori erano nel settore agricolo. Ora è rimasta solo mia mamma, ha novantasette anni, ma è ancora una donna fortissima, con un carattere deciso. Visto l’età, l’abbiamo da poco trasferita in Brianza, vicino a noi, per potercela godere al massimo negli ultimi anni della sua vi-

sono rimasto qui (ridiamo). Ho iniziato a lavorare nel settore dei mobili casualmente, e il mio successo è iniziato con i letti in ottone, poi sono passato al metallo fino ad arrivare al legno: a questo punto ho creato il brand che in molti conoscono nel mondo».

Raccontata così la fa quasi facile… «Effettivamente. Comunque è vero, ho creato tutto questo dal niente, ma anche quando non avevo nulla guardavo oltreoceano, pensavo a delle creazioni che potessero andare lontano, piacere a una

ta. Ma torniamo a me… sono arrivato a Milano a dodici anni, per studiare, perché avevamo dei parenti in città e a quei tempi era una grande opportunità, non avrei potuto dire di no. Quando ho visto Milano ero stupito, non capivo cosa ci trovasse la gente in quella che già descrivevano come una grande città; però alla fine tanto male non era visto che

clientela internazionale, non solo italiana. Oggi Rugiano è un brand rivolto al mondo e che viene guardato dal mondo, sinonimo di internazionalità, offrendo un prodotto unico e senza tempo».

Una domanda banale, ma d’obbligo, sempre che sia una risposta: la chiave di questo successo?

«Ho sempre anticipato i tempi, non so se per fortuna, talento, casualità… in ogni caso ho iniziato con i letti in ottone in un momento in cui l’ottone portava un guadagno importante, poi sono passato al metallo prima che il mercato crollasse. Anche il metallo ha poi avuto una scissione e prima che succedesse ho avuto la lungimiranza di cambiare

12 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / LUIGI RUGIANO

nuovamente direzione, probabilmente quella più vicina alla Rugiano di oggi, ho acquisito un’azienda con all’interno il “know how” della pelletteria, lavorazione di cuoio, pelle, legno; uniti alle nostre capacità di lavorazione del metallo, ottone, sono andato anno dopo anno a costruire sempre di più una collezione completa, con un’identità precisa e riconoscibile nel mondo, quell’identità che ad oggi ci permette di essere definiti un brand».

Ma oggi come fa? I tempi si sono accorciati e la concorrenza è agguerrita…

«Diciamo che ancora oggi siamo all’avanguardia. Stiamo molto attenti a come si muove il mercato. Naturalmente le cose sono completamente cambiate, perché ora abbiamo una collezione completa; il total look (il poter arredare in modo completo un’intera proprietà) è una richiesta di mercato, non

possiamo far finta di non vedere: le aziende piccole spariranno, non voglio apparire cinico, ma è così».

Immagino che da imprenditore si debba imparare a guardare il mondo anche con una certa freddezza, ma come fa a gestire tutto? Riesce a delegare oppure ha bisogno avere tutto sotto controllo?

«Diciamo che in questo tipo di azienda sono obbligato a delegare, ma non è sempre facile, perché è una realtà complessa. Il design, il savoir faire, l’attenzione al dettaglio sono fondamentali. Un’attività come la mia non la fai solo per il piacere economico, quello al massimo viene dopo, la fai perché è la tua vita, la tua passione, quello che ti fa alzare la mattina motivato e felice. Quando realizzo un pezzo cerco la bellezza assoluta, passo ore e ore qui in azienda e non mi pesa. Abbiamo creato una realtà dove la passione si respira,

dove i collaboratori hanno spazi loro; ho voluto un orto, una cucina esterna, del verde, perché alla fine questa è come casa nostra, è dove passiamo la maggior parte del tempo».

Ma questo senso dell’estetica, pensa che sia innato o lo si acquisisce?

«Secondo me, per quanto mi riguarda, in parte è innato. Ho un’attenzione al dettaglio quasi ossessiva. Mi capita, anche per caso alle volte, di camminare per gli showroom e quasi cercare un dettaglio fuori posto! La perfezione assoluta non esiste, ma faccio del mio meglio per andarci il più vicino possibile» (ride).

Quindi era già da bambino così puntiglioso?

«Non penso, comunque ero ordinato anche perché sono cresciuto velocemente, ho dovuto arrangiarmi da solo, imparare a cucinare, lavare, fare tutto. E questo insegnamento l’ho voluto tramandare anche a mio figlio, oggi ventottenne, ma a livello professionale già quarantenne».

13 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / LUIGI RUGIANO

Alberto è cresciuto professionalmente in azienda da lei, anche se spesso i genitori mandano i ragazzi a farsi le ossa da terzi…

«Inizialmente ci ho pensato anch’io, ho riflettuto, mi sono confrontato con amici e colleghi, poi mi sono detto: “Ho fatto tutto da solo, nessuna esperienza esterna e così farà mio figlio”. Oggi sono felice della mia decisione e sono orgoglioso di come sia cresciuto a livello professionale Alberto».

E sua moglie?

«Lei non si occupa dell’azienda, è stata una decisione che abbiamo preso assieme».

Scusi se mi permetto, ma chi ha arredato casa vostra?

«Un po’ insieme (silenzio)… a dire la verità mia moglie ha lasciato fare a me perché non voleva togliermi questo tipo di soddisfazione, mi conosce da quarant’anni, sa che quanto mi piace arredare!»

Posso dirle una cosa? Avrei un po’ di soggezione ad invitarla a casa mia, anche perché con il suo occhio critico vedrebbe mille difetti…

(Ride). «Guardi, non si preoccupi, ci sono abituato perché la mia è una deformazione professionale, non posso fare a meno di entrare con un occhio critico, guardare come sono stati abbinati i mobili, vedere quali oggetti e dipinti sono stati scelti. Sono stato in moltissime case, anche di persone facoltose, ma poche volte ho visto il bello… questo anche in case che ho arredato completamente io e dove, per una ragione o per l’altra, sono stati aggiunti oggetti vari che poco c’entravano con quello che io avevo pensato. Ormai sono così, sono un pignolo, non penso di cambiare più».

Domanda bomba… ma in Ticino per quanto riguarda il buon gusto come siamo messi?

«Per quanto mi riguarda, c’è molto spazio! C’è forse un po’ meno cultura in ambito di design e dettagli, ma d’altra parte l’Italia in questo è imbattibile! Nonostante ciò, ho notato che negli ultimi anni anche il Ticino e la svizzera in generale stanno approcciando sempre di più questo mondo e sono onorato di esserne parte».

Quindi il design è un investimento sicuro…

«Oggi si sceglie un ristorante, un albergo, per l’atmosfera che si respira, si sente, per l’energia emanata, poi naturalmente per la cucina, ma alla fine mangi bene anche a casa tua. Quindi sì, oggi come oggi, il design è una

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scelta sicura e sta arrivando ovunque: case, alberghi, ristoranti, ma anche barche e aziende».

Mi dica, come nasce un pezzo di design?

«Per quanto mi riguarda penso a un oggetto senza tempo, qualcosa che si possa tramandare, che non perda valore. Anche la scelta dei materiali è importante, è la qualità della materia prima a resistere nei decenni. Utilizzo la stessa filosofia quando devo arredare una casa intera, propongo un total look senza tempo, che non stanchi, anzi che prenda valore nel tempo. La sfida maggiore nel design è combattere il tempo, se si riesce a dar vita ad un design che vada oltre al passare del tempo senza mai invecchiare, allora si ha secondo me la massima espressione di questo termine».

Quando le vengono le idee?

«L’ispirazione è un momento, arriva guardando gli occhi di una persona, un dettaglio, è una sorta di illuminazione, chiaramente la mia esperienza professionale insieme al viaggiare spesso in giro per il mondo mi apre molto la mente e mi aiuta in questo impegno creativo».

Lei è una persona lungimirante e sicuramente in parte vive già nel futuro, non teme una crisi del design?

«Non penso che ci sarà una battuta d’arresto, ma la tendenza sarà quella di an-

dare sempre più verso una direzione ben definita. Ci sarà la fascia d’alta gamma e quella più economica, tendenzialmente le vie di mezzo spariranno. Per quanto riguarda le linee si continuerà a rivisitare il passato, siamo partiti dagli anni ’20 e oggi siamo negli anni ’70, con forme rotonde, tessuti stropicciati… sono i materiali a cambiare, pellami stampati, ricercati, morbidi al tatto».

Abbiamo parlato di design, tutti conoscono questo termine inglese, ma alla fine cosa significa realmente?

«Il design sta nelle forme, nelle idee nuove, oggi purtroppo il termine è abusato, potrei dire che il design è tutto quello che non è ancora stato fatto, che richiede artigiani esperti e si allontana dalle produzioni industriali».

Torniamo per terminare all’artigianato, abbiamo iniziato dicendo che la vostra è una produzione d’alto artigianato e oggi i bravi artigiani sono difficili da trovare…

«Questo è un problema vero, noi vendiamo, ma trovare chi lavora bene le materie prime, chi fa tappezzerie, tappeti, lavora la pelle… sta diventando complicato e le macchine non potranno mai sostituire le esperienze e l’amore dell’artigiano. Il mio appello ai giovani è questo: se avete amore per la manualità, per i mobili, non perdete l’occasione di imparare dai pochi veri artigiani italiani rimasti».

Terminata la chiacchierata ho la fortuna di poter visitare gli spazi espositivi, la sala riservata ai pranzi, il cortile a cielo aperto con un orto incredibile, una cucina con griglia e un’atmosfera da sogno. Il tutto nato dalla determinazione di un ragazzino, arrivato dalla Calabria e al quale Milano inizialmente non era neanche tanto piaciuta.

PRIMO PIANO / LUIGI RUGIANO
15 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

IL DIALOGO È L’UNICO STRUMENTO PER ARRIVARE ALLA PACE

IL FIORE DI PIETRA IN VETTA AL MONTE GENEROSO HA OSPITATO L’INCONTRO TRA IL CONSIGLIERE FEDERALE IGNAZIO CASSIS E IL MINISTRO MALTESE DEGLI AFFARI ESTERI ED EUROPEI E DEL COMMERCIO, IAN BORG. I COLLOQUI SI SONO CONCENTRATI PRINCIPALMENTE SULLA PRESENZA DELLA SVIZZERA E DI MALTA NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU E SULLE RELAZIONI BILATERALI. NELL’OCCASIONE ABBIAMO RACCOLTO IL PARERE DI IGNAZIO CASSIS SU ALCUNE QUESTIONI INTERNAZIONALI.

Che significato politico riveste questo incontro con Ian Borg, Ministro degli esteri di Malta?

«Le visite diplomatiche come questa rivestono un ruolo fondamentale nelle relazioni tra la Svizzera e il resto del mondo. Questo incontro fa seguito a quello

16 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / IGNAZIO CASSIS

tenutosi a novembre del 2022, quando ebbi modo di recarmi a La Valletta per una visita ufficiale. Malta riveste in questo periodo un’importanza strategica perché è l’unico Paese dell’Unione europea ad occupare attualmente un seggio non permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Malta ha presieduto questo organo nel mese di febbraio, mentre il nostro Paese a maggio. Inoltre, l’isola si trova al centro di una delle questioni internazionali più complesse, e cioè quella dei migranti che dai Paesi del Nord Africa cercano di raggiungere l’Europa ed è dunque un punto di riferimento di primo piano per comprendere tutti i problemi riguardanti il Medio Oriente e il bacino del Mediterraneo».

Qual è lo stato delle relazioni tra la Svizzera e Malta e quali sono le principali questioni politiche ed economiche che impegnano i due Paesi?

«Posso dire che se anche i due Paesi non hanno una contiguità geografica, lo stato delle relazioni diplomatiche è eccellente e si alimenta attraverso un

regolare scambio di informazioni e collaborazioni. Ian Borg si è dimostrato particolarmente interessato a conoscere lo stato delle relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea (UE), in riferimento anche agli intensi colloqui esplorativi fra le due parti. L’obiettivo del Consiglio federale resta quello di stabilizzare e sviluppare la via bilaterale con l’UE».

Di fronte alle numerose tensioni che contraddistinguono in questo periodo gli equilibri internazionali, quale dovrebbe essere il ruolo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, di cui entrambi i Paesi sono attualmente membri non permanenti?

«L’ONU e altre organizzazioni multilaterali sono nate dopo il secondo con -

17 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / IGNAZIO CASSIS

flitto mondiale proprio per permettere il dialogo tra Paesi in guerra tra di loro. E questo è particolarmente vero in un periodo di fortissime tensioni internazionali come quello che stiamo vivendo in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, tenendo anche conto del fatto che la Russia è membro permanente del Consiglio di sicurezza e che dunque a maggior ragione dovrebbe essere garante della pace e del rispetto del diritto internazionale. La situazione attuale è molto complessa e i margini di mediazione sono ridotti ma dobbiamo continuare, come Sviz -

zera e come Europa, a compiere ogni sforzo per intensificare il dialogo tra le parti in conflitto anche all’interno di queste organizzazioni».

In un mondo sempre più dominato dalle grandi potenze globali, esiste ancora uno spazio di mediazione da parte di Paesi che vantano una grande tradizione diplomatica, come la Svizzera e Malta?

«Vorrei anche aggiungere un ulteriore elemento. Malta e la Svizzera sono due Paesi che hanno sempre mantenuto la propria neutralità e questo raffor -

za la loro credibilità nella ricerca di soluzioni condivise che possano porre termine ai conflitti. Il ricorso alla guerra come strumento di affermazione di potenza nelle relazioni internazionali sembrava, almeno in Europa, appartenere alla memoria del secolo scorso che aveva visto il deflagrare di ben due conflitti mondiali. Oggi viviamo in un mondo sempre più globale e interconnesso ma non è possibile lasciare solo alle grandi potenze, economiche e militari, il diritto di governare il mondo. Per questo, ripeto, il ricorso al dialogo e alla mediazione sono lo strumento necessario per ristabilire corrette relazioni internazionali».

PRIMO PIANO / IGNAZIO CASSIS
215x138, TW (2023_04).pdf 1 28.04.2023 17:53:41
“La situazione attuale è molto complessa e i margini di mediazione sono ridotti ma dobbiamo continuare, come Svizzera e come Europa, a compiere ogni sforzo per intensificare il dialogo tra le parti in conflitto anche all’interno di queste organizzazioni.”

Prima pensate alla previdenza, più ne potrete beneficiare.

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INTERVISTA CON MARINA

CAROBBIO GUSCETTI CHE

LASCIA BERNA E IL CONSIGLIO

DEGLI STATI PER BELLINZONA

DOVE SARÀ LA QUARTA DONNA

ELETTA NEL GOVERNO TICINESE.

DI ROCCO BIANCHI

L’IMPORTANZA DI UNA VISIONE E DI UNA SENSIBILITÀ FEMMINILI

Cosa ha provato la prima volta che è entrata nella sala del Consiglio di Stato da consigliera di Stato?

«Innanzitutto una grande emozione. Mi sono resa definitivamente conto che avevo abbandonato un lungo periodo della mia vita per iniziarne un altro, sempre con compiti politici ma

diversi rispetto a quelli fino ad allora ricoperti: non più un legislativo ma un esecutivo, membra di un Governo collegiale, un nuovo ruolo rispetto al mio partito… L’auspicio è ovviamente quello di riuscire a contribuire al benessere del mio cantone e dei suoi cittadini, una cosa cui ho sempre tenuto molto».

20 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / MARINA CAROBBIO GUSCETTI

Da Belotti vivi la tua estate

Come l’hanno accolta i suoi colleghi, tutti maschi?

«Molto bene. Naturalmente li conoscevo già tutti, anche se con alcuni di loro ho avuto più stretti contatti di lavoro che con altri. Siamo evidentemente tutti coscienti che su determinati temi avremo opinioni differenti, ma c’è la volontà di trovare delle soluzioni condivise che vadano nell’interesse del Ticino e della sua popolazione».

L’unica donna in un collegio per lunghi anni unicamente maschile: può fare la differenza?

«Soprattutto porta una visione nuova e differente, che appunto mancava da diverso tempo nella politica ticinese. Ritengo che una democrazia sia veramente completa solo quando sono rappresentati entrambi i sessi. Anche se una su cinque non è una rappresentanza equa (e anche in Gran Consiglio da questo punto di vista c’è stato un arretramento), penso sia importante portare una sensibilità femminile sui temi nell’interesse di tutta la società, in particolare su quelli di genere - disparità salariale, possibilità di carriera, job sharing (cioè condivisione dei posti di responsabilità), conciliabilità tra lavoro e vita privata… - ma non solo. Bisogna pensare a modelli innovativi, e in questo senso il contributo di una donna è importante».

In base alla sua esperienza esiste un approccio femminile alla politica, oppure preponderanti sono le visioni ideologiche dei partiti?

«Le differenze tra i partiti sono importanti; tuttavia vorrei portare l’esempio della mia esperienza al Consiglio degli Stati, dove in questa legislatura non ci sono mai state così tante donne (13 su 46). Ebbene, lavorando tutte assieme, al di là quindi dei rigidi steccati di partito, siamo riusciti a portare avanti dei temi “nostri”, delle rivendicazioni co -

muni ottenendo anche dei successi, ad esempio sui centri contro la violenza di genere. È stato importante lavorare in rete: penso che senza questo lavoro comune certe cose agli Stati non sarebbero mai passate. L’obiettivo, per me, è sempre quello di raggiungere una società il più possibile paritaria».

Anche su temi non prettamente femminili? O riconducibili in modo più o meno diretto alle donne?

«Secondo me sì; è una questione di vissuto, che per una donna è differente rispetto a quello di un uomo. Possono ovviamente cambiare le soluzioni proposte, come è giusto che sia in una democrazia, ma nell’individuazione del problema e nel suo approccio le sensibilità tra uomini e donne sono differenti. Mi ricordo quando da presidente del Consiglio nazionale interruppi la seduta per permettere ai deputati di partecipare allo sciopero delle donne: fui criticata da destra, ma in piazza scesero le donne di tutti i partiti (e non solo le donne)».

Una vita passata sui banchi del legislativo, adesso inizia una nuova vita in un esecutivo. Come pensa di riuscire a vivere questo cambiamento e questo nuovo ruolo?

«Fatte le debite proporzioni, ho già ricoperto ruoli decisionali in associazioni di vario tipo; anche da presidente del Consiglio nazionale ho comunque dovuto fare delle scelte di tipo operativo. Non credo quindi che mi sarà molto difficile adattarmi anche a questo nuovo ruolo. Vedremo comunque tra qualche mese».

Lei però passa per una politica piuttosto profilata e combattiva; in questo senso in un legislativo è permesso di più rispetto a un esecutivo…

«Probabilmente sì, ma anche da deputata quando è stato necessario ho trovato o mi sono piegata a compromessi nel bene del Paese. Conosco abbastanza bene il sistema politico svizzero per sapere che in certe situazioni bisogna fare delle scelte il più possibile condivise. Soprattutto in momenti difficili ritengo ci voglia un Governo che non ragioni sul singolo dipartimento ma che abbia una visione comune. In questo senso sono disposta a fare la mia parte. Naturalmente ho anche dei principi – come la difesa dei più deboli e delle minoranze, o una società più equa e giustache difendo e che continuerò a difendere, ma credo anche che si debba dare delle risposte ai bisogni e alle preoccupazioni della popolazione».

Potrebbe avere delle difficoltà ad uscire a difendere posizioni che non condivide? Le manifesterebbe come ad esempio le manifestava Blocher?

«Penso appunto che possano averle anche colleghi di altri partiti, magari anche più di me, anche se a loro questa domanda non la si pone mai».

Lei ha iniziato a fare politica da giovanissima. Una passione che le viene da papà o una scelta sua?

«È riduttivo riportare tutto a mio papà, perché anche mia mamma era politicamente molto attiva. Era molto meno conosciuta, perché attiva soprattutto nelle associazioni e non nei partiti, ma ha avuto un ruolo per me molto importante. Mi ricordo ad esempio che in casa c’era appeso un foglio in cui si parlava dei costi del lavoro di cura, una cosa che mi aveva molto impressionata. A tavola insomma di politica si parlava non solo con mio padre, ma anche con mia madre (pure mia sorella è impegnata politicamente, sia pure in altri ambiti e non a livello istituzionale). Sono dunque cresciuta in una famiglia politica. E anche in un ambiente politico, dato che molte, ma non solo, delle conoscenze dei miei

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“Ritengo che una democrazia sia veramente completa solo quando sono rappresentati entrambi i sessi.”
Inimitabile. Inconfondibile. GRANTURISMO, UN VIAGGIO FISICO ED EMOZIONALE CHE GUIDA I SENSI ALLA SCOPERTA DI TERRITORI INESPLORATI NEI QUALI L’UNICO EQUIPAGGIAMENTO NECESSARIO È LA CURIOSITÀ. PIÙ CHE UN’AUTO, È UNO STILE DI VITA, È ABILITÀ SPORTIVA CON PROFILI SCOLPITI ED ELEGANTI. L’ EVOLUZIONE DI UN’ICONA CHE DURA DA 75 ANNI. LORIS KESSEL AUTO SA Via Grancia 4, 6916 Grancia T E W +41 91 994 55 71 showroom@kessel.ch kessel.ch Consumo di carburante (WLTP): combinato 10,2 l/100 km // Emissioni di CO2*: combinate 230 g/km // Classe di efficienza: G. *CO2 è il principale gas a effetto serra responsabile del riscaldamento globale; la media delle emissioni di CO2 di tutti i tipi di veicoli (di tutte le marche) offerti in Svizzera è di 129 g/km. Il valore target di CO2 è di 118 g/km. A B C D E F G G

genitori erano persone della sinistra ticinese. Da studente partecipavo a gruppi di solidarietà con l’America latina, ai movimenti studenteschi e femministi, in seguito a accanto al lavoro associativo c’è stato poi quello istituzionale che negli anni è aumentato».

Una predestinata con una strada forse un po’ spianata… «Non posso negare che alla mia prima elezione in Gran Consiglio, a 24 anni, ha sicuramente influito il fatto che mi chiamassi Carobbio e che mio padre era consigliere nazionale. Il duro è stato dopo, una volta eletta, quando ho dovuto e voluto dimostrare che non ero solo “la figlia di”, ma che potevo dare io un contributo mio».

Se dovessi citare qualcuno che l’ha influenzata?

«Anna Biscossa, una persona con cui ho lavorato tantissimo quando ero in Ticino e con cui ho una grande amicizia, che continua ancora oggi. Lei era presidente e io capogruppo ed eravamo molto affiatate».

Quand’è che ha deciso di mettere da parte il suo essere medico, la professione che ha scelto, per diventare una politica?

«Quella di medico è una bellissima professione, che mi piace tuttora. Come medico, soprattutto se medico di famiglia, vivi e senti quali sono i problemi della popolazione, non solo la malattia ma anche tutto quello che ci sta attorno (quando una persona ti parla del suo malessere fisico spesso parla anche del resto). Il passaggio da medico a politica è stato graduale. L’accelerazione è avvenuta dopo che sono stata eletta a Berna, dapprima in Consiglio nazionale con le commissioni – prima una, poi due, poi la Delegazione delle Finanze, che è stata molto impegnativa – poi ancor di più al Consiglio degli Stati con ancora più commissioni e responsabilità. Inoltre il sistema politico svizzero fa sì che

devi essere presente in diverse associazioni, che spesso anche loro hanno la sede centrale a Berna. Senza dimenticare che per 12 anni sono stata vicepresidente del Partito socialista svizzero. Gradualmente, appunto, qualcosa devi lasciare…».

Mai avuto un rimpianto?

«No: quanto ho imparato nella mia profesione mi è servito anche nell’approccio politico».

Da uno studio medico a un ufficio di palazzo: non le mancherà il contatto diretto con la gente, con i suoi problemi, le sue speranze?

«Io credo che la politica abbia il dovere di non rimanere chiusa nel palazzo, ma di uscire per ascoltare, capire e imparare. Che è quello che ho intenzione di fare, iniziando ovviamente da quelli che sono i temi del mio dipartimento, ossia scuola, cultura, istituzionale e indipendente, e sport (non solo di élite ma anche popolare). Adesso che come membro di un esecutivo non potrò più avere cariche all’interno di associazioni e fondazioni, dovrò trovare un modo per mantenere una presenza nel territorio e costruire un dialogo con le persone».

Sedici anni a Berna e adesso in Ticino, una realtà evidentemente più piccola. Non le fa specie? Non le dà un senso di declassamento?

«Quella di lasciare Berna per candidarmi al Consiglio di Stato non è stata una scelta facile, che ha richiesto molto tempo ma che perciò è stata anche molto meditata. So che i grandi temi, che sono quelli che mi affascinano, vengono trattati e decisi a Berna, un luogo dove penso avrei potuto dare ancora un contributo; d’altra parte ho anche pensato che nel nostro sistema queste decisioni devono poi essere trasposte nella realtà locale e quotidiana, e questo è fatto dai e nei Cantoni. Per di più a livello cantonale si possono avviare dei progetti

pilota, delle innovazioni che poi un giorno, magari, troveranno una loro collocazione a livello nazionale».

Sedici anni a Berna in cui comunque si è costruita una fitta rete di contatti… «E che spero di riuscire a mantenere: non solo con l’amministrazione federale ma anche con i politici – consiglieri federali, parlamentari nazionali e politici di altri cantoni. Il Ticino ha bisogno di avere contatti importanti con Berna e il resto della Svizzera. È chiaro che io lavorerò qui e che le risposte le dovrò dare ai ticinesi, però secondo me questa attenzione federale e sovracantonale è importante».

A livello personale è cambiato qualcosa dopo il 2 aprile?

«Non penso nel contatto con le persone: mi fermavo volentieri a parlare con la gente prima, lo farò anche adesso. Cambierà nel senso che sarò, anzi sono già più presente in Ticino: prima ero praticamente tutte le settimane a Berna o comunque oltre San Gottardo, cosa che mi accorgo ancor di più adesso, nel tempo mi ha fatto anche perdere alcune belle cose».

E in famiglia come hanno preso questo suo ritorno, questa sua maggiore e più costante presenza?

«Con mio marito e i miei figli, ora adulti, abbiamo discusso al ungo delle mie varie tappe politiche, anche della candidatura per il Governo ticinese e penso che saranno contenti di vedermi un po’ più a casa la sera, dal momento che prima pernottavo spesso fuori Cantone».

Nel tempo libero cosa le piace fare?

«Andare in montagna, una cosa che cerco di fare tutte le settimane magari anche solo per poche ore, e leggere. Non solo documenti ufficiali e rapporti, ovviamente, ma anche romanzi e saggi. Adesso per esempio sto leggendo Il grande sogno di Almudena Grandes».

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IL CORAGGIO DI AFFRONTARE LE SFIDE

«Èdifficile costruire una carriera senza muoversi da casa e le opportunità non sono pianificabili. Coglierle quando si presentano significa saper abbandonare la propria zona di confort. Ai giovani dico: lavorate part-time se volete, ma non a una percentuale troppo bassa e siate lungimiranti sulle vostre rendite pensionistiche» (Ruth Metzler-Arnold).

Ruth Metzler-Arnold portava ancora l’apparecchio ai denti quando nel 1998 figurava fra i possibili candidati al Consiglio federale all’età di soli 34 anni. Designata l’anno dopo, soprannominata “la ragazzina” sotto la Cupola di Palazzo, la seconda rappresentante del PPD in governo accanto al collega Joseph Deiss, è stata la terza donna nella storia svizzera ad essere eletta nell’Esecutivo federale e fra i più giovani Consiglieri federali di tutti i tempi, preceduta, apparentemente, solo da Numa Droz nel 1875, allora trentunenne, e da Jakob Stämpfli nel 1854, che di anni ne aveva 34. Fin dall’inizio e già prima di approdare a Berna, il ritmo della sua carriera politica e professionale è stato serrato. Giudice al Tribunale cantonale d’Appenzello Interno a 31 anni, Consigliera di Stato nello stesso Cantone e prima donna in assoluto ad ottenerne la carica a 32, fino al grande salto alla testa del Dipartimento federale di giustizia e polizia.

«Imparo in fretta» aveva detto con schiettezza disarmante appena giunta a Berna, lasciando di stucco i benpensanti della politica elvetica. Poi gli incarichi politici al livello più alto, dossier difficili, molte responsabilità, ema è storia vecchia - gli intrighi di pa -

lazzo e all’interno del suo stesso partito, che hanno contribuito alla sua mancata rielezione quasi cinque anni più tardi, lasciando la strada spianata a Christoph Blocher, quindi a due membri UDC nel Consiglio federale e alla sconfessione della tradizionale “Formula magica”. Pensionata non ancora quarantenne dell’Esecutivo federale, Ruth Metzler si è poi dedicata all’insegnamento all’Università di San Gallo, in seguito è stata (ed è tuttora) attiva in importanti gruppi dell’economia privata, senza però perdere l’attaccamento alla questione pubblica e alla partecipazione in organizzazioni legate alla Confederazione, come Switzerland Global Enterprise, di cui è Presidente del Consiglio di amministrazione e la cui missione, su mandato della Segreteria di Stato dell’economia e dei Cantoni, è quella di promuovere le esportazioni e la piazza economica elvetica. Il suo impegno per il Paese è stato dimostrato anche nella sua precedente funzione in qualità di Presidente della Fondazione per l’Aiuto Sportivo Svizzero e nella sua attuale presidenza della Fondazione Guardia Svizzera Pontificia.

Ruth Metzler-Arnold ha seguito un percorso atipico in quanto Consigliera federale. Ha infatti conquistato il seggio all’interno dell’Esecutivo del governo svizzero giovanissima e solo successivamente ha proseguito la sua carriera nel privato. Solitamente invece, il cammino è opposto.

Si raggiunge il Consiglio federale dopo decenni di politica attiva, coltivando, a lato, un curriculum professionale ricco di solide esperienze.

Per molti versi, l’allora stella del firmamento popolare democratico, ha

IN QUESTA LUNGA INTERVISTA RUTH

METZLER-ARNOLD RIPERCORRE

LE TAPPE DI UNA CARRIERA POLITICA

INIZIATA ANCORA GIOVANISSIMA

E SI SOFFERMA SUI PROBLEMI

CONNESSI AL MERCATO DEL LAVORO IN SVIZZERA E ALLE DIFFICOLTÀ

CHE I GIOVANI, E SOPRATTUTTO LE DONNE, INCONTRANO NELL’AVVIARE IL PROPRIO PERCORSO PROFESSIONALE.

rappresentato dunque un unicum, un elemento sorprendente ancora oggi, in quanto giovane, donna, formatasi nelle fila di un partito conservatore e cresciuta politicamente in un cantone ancora più conservatore come Appenzello Interno. Riguardando i filmati dell’epoca, sia prima dell’elezione a Berna, sia dopo essere stata catapultata nell’arena della politica dei grandi, la giovane Ministra colpisce per l’inossidabile sicurezza in sé stessa, la franchezza che alcuni tacciarono - si immagina per associazione all’età - di irriverenza.

La pupilla del Consiglio federale dell’epoca non perse il sangue freddo nemmeno quando, a malincuore e con presumibile delusione, si congedò dall’Assemblea federale dopo la sua non rielezione. Di fronte al Parlamento svizzero, il quale nelle immagini d’allora sembra essere composto quasi unicamente da uomini e, nello specifico, da uomini maturi (nel 2003 la quota femminile

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all’interno dell’Assemblea federale non raggiungeva il 25%), Ruth Metzler tenne un discorso pieno di dignità, di ringraziamento per l’esperienza eccezionale che aveva avuto il privilegio di vivere, senza l’ombra di asprezza, senza lasciarsi andare a qualche parola piccata o a facili emozioni. In poche parole: nervi d’acciaio, a dimostrazione che Consiglieri federali si diventa, seppure giovani, donne e con poca esperienza, a dispetto di chi, ancora oggi, pretende di sostenere il contrario. Infatti, nella Consigliera federale Metzler si intravvidero già allora molti tratti distintivi delle generazioni seguenti: la volontà di imparare ininterrottamente, la voglia di bruciare le tappe, la ricerca costante di stimoli, il rifiuto di dogmi secolari e vetusti, la ferma fiducia nelle proprie capacità, la libertà di dire ciò che si pensa e di fare ciò che si ritiene giusto. È stata quindi spontanea la domanda scherzosa che le abbiamo posto durante l’intervista che ci ha concesso per parlare di lavoro, giovani, prospettive e nuovi paradigmi professionali e cioè se considerasse di essere stata in un qualche modo una millennial vent’anni prima dei millennial attuali.

«Non credo alle definizioni attribuite alle generazioni. Ci sono infatti molti studi scientifici che dimostrano come i concetti di pazienza, impazienza, predisposizione al rischio, e così via, siano rimasti stabili nel corso degli ultimi trent’anni. Inoltre, io avrei potuto rappresentare quasi l’antitesi della figura dei millennial, se consideriamo solo le accezioni negative che si attribuiscono a questa specifica generazione. Ho sempre amato lavorare e lavorare molto e l’equilibrio fra sfera privata e attività professionale era, ed è, quello che io consideravo giusto per me stessa e non quello che qualcun altro poteva volere. Rispetto le scelte delle giovani generazioni, lavorare meno, guadagnare meno, privilegiando il tempo da dedicare a sé, ma come tutte le scelte è necessario assumerne anche le responsabilità e accettarne le conseguenze».

Parlando appunto di lavoro: lei oggi è Presidente dell’organizzazione

Switzerland Global Enterprise e quindi in contatto diretto con il mondo imprenditoriale e professionale. Qual è la sua opinione in merito al mercato del lavoro svizzero, ai suoi cambiamenti e al ruolo ricoperto dai giovani in questo senso?

«Il mercato del lavoro è cambiato nel corso del tempo. Oggi è in grado di offrire opportunità diverse ai lavoratori e quindi anche le possibilità di questi ultimi sono mutate. In questo contesto, i dipendenti, e nello specifico i giovani, desiderano un impiego con uno scopo che li rappresenti, oltre a maggiore flessibilità da parte delle imprese, poiché considerano il loro tempo personale un bene equivalente, se non superiore, al salario e ad altri incentivi.

Queste dinamiche sono da ricondurre ad una mancanza di forza lavoro qualificata e ad un tasso di disoccupazione molto basso [secondo la SECO, nel 2022, il tasso di disoccupazione in Svizzera è sceso a una media annua del 2,2%, il più basso degli ultimi due decenni, NdR], i quali incoraggiano i professionisti ad avanzare le proprie richieste, come l’impiego a tempo parziale o il lavoro da remoto.

Le attuali condizioni economiche del mercato del lavoro stimolano fenomeni di rottura con il passato, come appunto la rivendicazione a lavorare meno per dedicarsi alla famiglia o ai propri passatempi. Sono fermamente convinta che l’elemento chiave in questo tipo di negoziazione sia la ricerca di equilibrio, non solo fra datore di lavoro e dipendente, ma tenendo presente anche i bisogni dei clienti o potenziali tali. Inoltre, è importante ricordare l’impatto avuto della pandemia sulla sfera professionale.

Infatti, il Covid ha spinto molti, e soprattutto i giovani, a ragionare sul senso del proprio impiego e della

propria carriera secondo un quadro di pensiero più ampio. Switzerland Global Enterprise, per esempio, si dimostra molto attenta verso questo tipo di richieste, quali il lavoro flessibile o parziale, senza dimenticare il valore dato alla cultura aziendale. Tutti si danno del tu e anche il lavoro da casa non viene imposto dalla direzione, ma discusso e deciso a livello delle équipe. Tutto questo per sottolineare come le esigenze dei dipendenti vengano accolte, senza però trascurare anche quelle dei clienti. Personalmente sono a favore del lavoro da remoto, ma non nell’assoluto. Il lavoro da casa andrebbe organizzato durante certi periodi oppure secondo dei giorni precisi, anche perché, e di questo sono certa, è difficile costruire una carriera senza muoversi dalla propria abitazione. Allo stesso tempo, sono una sostenitrice del tempo parziale, ma consiglio di non prediligere mai delle percentuali troppo basse. Quest’ultime, infatti, non solo generano costi aggiuntivi sproporzionati per le aziende, ma anche insoddisfazione fra i colleghi, che spesso vedono ricadere su di loro una maggiore mole di lavoro».

Come valuta la condizione di impiego e le opportunità professionali riservate alle donne nel nostro Paese? «Quanto menzionavo a proposito delle basse percentuali di lavoro si riferisce soprattutto alle donne, le quali, tendenzialmente, sono impiegate part-time durante la maternità. Al fine di incentivare una maggiore presenza femminile sul mercato del lavoro, partecipo al comitato d’iniziativa a favore dell’imposizione fiscale individuale, uno degli elementi necessari per aumentare il tasso di occupazione femminile. Infatti, in un regime di imposizione individuale e non cumulativo, come nel caso di una tassazione di coppia, il maggior reddito aggiuntivo risultante non sarebbe immediatamente assorbito dalle imposte

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a causa della progressione fiscale. Un sistema d’imposizione individuale indipendente dallo stato civile costituirebbe non solo un modello giusto e moderno, ma anche un’incitazione finanziaria appropriata nei confronti delle donne e degli uomini, sia per coloro che già lavorano a tempo parziale, favorendo un innalzamento del tasso di occupazione, sia per coloro senza attività professionale, che sarebbero incitati a rientrare nel mondo del lavoro».

Eletta prima in Consiglio di Stato ad Appenzello Interno, poi in Consiglio federale come terza donna nella storia del governo svizzero ad un’età molto giovane, lei ha rappresentato una figura di riferimento per le donne e per i giovani e un elemento di rottura con la politica elvetica osservata fino a quel momento. Che impressione le suscita riguardare la Ruth Metzler di allora sotto la Cupola di Palazzo federale?

«La mia vita politica e professionale ha seguito un tracciato che trent’anni fa non avrei mai potuto immaginare. Quando mi sono sposata con il mio primo marito pensavo che avrei avuto una famiglia con dei figli e che entrambi avremmo lavorato a tempo parziale per suddividerci i compiti che la genitorialità comporta. Le cose sono andate diversamente. Il mio desiderio di imparare e di arricchire continuamente le mie competenze non si è mai esaurito e ho sempre colto le opportunità che si sono presentate immediatamente, sapendo che avrebbero potuto non ripresentarsi una seconda volta. Tutto

questo mi ha forgiato, rendendomi coraggiosa e il mio percorso si è fatto chiaro molto velocemente. Un altro tratto che contraddistingue sia il mio carattere, sia il mio modo di agire è certamente la resilienza, peculiarità che possiedo da sempre, forse perché, fin da giovanissima, ho praticato atletica, abituandomi presto alla competizione, a vincere qualche volta, ma anche a perdere e a seguire una certa disciplina sportiva. Quando sono entrata a far parte del Consiglio federale ero cosciente di essere stata eletta con un risultato molto risicato ed ero altrettanto consapevole del fatto che se una persona raggiunge una certa posizione, sia essa in politica oppure nel mondo aziendale, si tratta sempre di un concorso di circostanze. In veste di Ministra non ho mai perso di vista il fatto di ricoprire una carica istituzionale e quando mi capitava di ricevere dei complimenti o si lodava il mio operato sapevo che questi erano indirizzati alla funzione, non a Ruth MetzlerArnold. Lo stesso vale anche in senso contrario, quindi per dei commenti negativi oppure delle considerazioni critiche verso le iniziative politiche».

Cosa consiglia ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro o che ambiscono a crescere professionalmente e/o politicamente?

«In una prospettiva a lungo termine è importante scegliere un lavoro che piaccia, a cui si trovi un senso e che offra, possibilmente, un buon compromesso fra vita professionale e vita privata. Inoltre, nell’ideale, lavorare a stretto contatto con persone ispiranti e pronte alle sfide è certamente stimolante ed arricchente.

È altrettanto vero che la vita non propone sempre delle condizioni perfette e dei percorsi professionali agevoli e semplici. I momenti duri esistono e quando si presentano non si può semplicemente rinunciare. A mio parere è fondamentale abbandonare la zona di confort se si desidera avanzare nella propria vita professionale. In generale, consiglio ai giovani di cogliere il maggior numero di sfide all’inizio della loro carriera e di investire in una ampia formazione. A coloro che svolgono professioni a tempo parziale raccomando di guardare oltre e di pensare al proprio futuro pensionistico che con una percentuale lavorativa troppo bassa potrebbe non essere sufficiente. In particolare, incoraggio le donne ad assicurarsi il più possibile un’indipendenza finanziaria, la quale, nella maggior parte dei casi, si raggiunge attraverso un’attività professionale. Ad entrambi, uomini e donne, se in coppia e con dei figli, suggerisco di conciliare famiglia e carriera senza sacrificare le ambizioni professionali dell’uno o dell’altra. Ciò detto, è giusto comunque ricordare che esistono numerose coppie che non hanno la possibilità di scegliere di lavorare meno, poiché dipendono da entrambi i redditi».

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“In una prospettiva a lungo termine è importante scegliere un lavoro che piaccia, a cui si trovi un senso e che offra, possibilmente, un buon compromesso fra vita professionale e vita privata.”
PRIMO PIANO / RUTH METZLER-ARNOLD

I FATTORI DELLA DISUGUAGLIANZA SALARIALE

DAVID E. CARD È UN UMILE ECONOMISTA. MA ANCHE SE SI VANTA DI ESSERE UNA “PERSONA QUALUNQUE”, LA SUA CARRIERA È STATA TUTT’ALTRO. DA UNA FATTORIA IN CANADA AL PALCOSCENICO DEL NOBEL PER L’ECONOMIA DI CUI È STATO INSIGNITO NEL 2021. CARD HA AFFRONTATO UN’AMPIA VARIETÀ DI QUESTIONI E ARGOMENTI: IL SALARIO MINIMO, LE DISUGUAGLIANZE SALARIALI E LA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO, LA SEGREGAZIONE SCOLASTICA, LA PARITÀ DI GENERE, LA MIGRAZIONE E L’IMMIGRAZIONE, I CONTRATTI DI LAVORO, SOLO PER CITARNE ALCUNI. I SUOI CONTRIBUTI HANNO SPAZIATO IN NUMEROSI CAMPI, E TUTTO EBBE INIZIO UNA FATIDICA SERA IN CUI LA SUA FIDANZATA DI ALLORA, CHE STUDIAVA ECONOMIA MENTRE LUI ERA ISCRITTO A FISICA, GLI CHIESE DI AIUTARLA CON UNA SPECIFICA FORMULA MATEMATICA. UN CAPITOLO SUI MERCATI AGRICOLI, UN’AREA CHE CONOSCEVA BENE DOPO TUTTI GLI ANNI TRASCORSI IN UN’AZIENDA AGRICOLA, SI RIVELÒ PARTICOLARMENTE

ILLUMINANTE . CARD LESSE L’INTERO LIBRO DI TESTO IN POCHI GIORNI, FREQUENTÒ IL SUO PRIMO CORSO DI ECONOMIA, E IL RESTO È STORIA. PER GENTILE CONCESSIONE DI UBS NOBEL PRESPECTIVES. UBS.COM/NOBEL

L’importanza dell’elemento umano nell’economia del lavoro

Card è probabilmente il primo ad ammettere che la sua branca dell’economia, l’economia del lavoro, è spesso considerata incredibilmente insignificante, mentre gli aspiranti economisti si focalizzano sul mercato del lavoro e sui salari, studiano i tassi di interesse, la disoccupazione e gli aspetti più macroeconomici e astratti. Per Card, tuttavia, l’economia del lavoro è uno dei rami del settore più tangibili e vicini a noi.

32 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / DAVID E. CARD

«Il motivo per cui siamo importanti è che all’inizio degli anni ‘80 abbiamo cominciato a utilizzare grandi set di dati microeconomici per studiare le persone», spiega Card. «Ci siamo dedicati alle questioni riguardanti il successo o il fallimento nel mercato del lavoro, il motivo per cui le persone sono povere, perché sono disoccupate, o se è utile avere un livello di istruzione superiore. Sono domande particolarmente salienti».

A causa del suo focus su grandi serie di dati e su domande casuali, l’economia del lavoro è più scientifica, secondo Card, e ha influenzato anche il resto dell’economia a muoversi in questa direzione. Gli economisti del

DAVID E. CARD A PRIMA VISTA

Data e luogo di nascita:

1956, Guelph, Canada

Campo di studi:

Economia del lavoro

Riconoscimenti:

Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel, 2021 (condiviso)

Lavoro premiato:

Contributi metodologici all’analisi delle relazioni causali

Il collegamento tra mucche e PhD: Crescere in una fattoria è stato un buon allenamento per la rigida disciplina della vita accademica

Problemi da rockstar:

Dopo oltre quarant’anni di ricerca, afferma che talvolta le persone preferiscono ascoltare i classici anziché i nuovi successi

Un’importante lezione di vita:

«Non si può lasciare che la perfezione sia nemica del bene»

Il pezzo mancante:

È fermamente convinto che il compianto economista Alan Krueger, suo collega di lunga data, avrebbe condiviso il premio se fosse stato ancora vivo

lavoro, sostiene il premio Nobel, sono molto più concentrati sugli interrogativi relativi a ciò che si fa e a come analizzarlo.

Chi guadagna cosa e perché

Uno degli argomenti che Card ha approfondito maggiormente, e ai quali si è più interessato, è il tema della disuguaglianza salariale e delle forze che la determinano: in sostanza, capire quanto guadagna una persona rispetto a un’altra e perché. Secondo Card, la disuguaglianza di reddito è causata da aspetti quali l’istruzione, il genere, la razza, il luogo e altri fattori che non si sa bene come quantificare, come le abilità matematiche, l’ambizione e la volontà di lavorare sodo. Uno dei suoi studi più recenti ha analizzato le disuguaglianze salariali e razziali in Brasile. «Metà della popolazione brasiliana è considerata non bianca e di questi tempi quasi tutti i brasiliani sono preoccupati per questioni di uguaglianza razziale. Fortunatamente, il Brasile dispone di dati di alta qualità che consentono di esaminare le scelte di assunzione dei singoli datori di lavoro, in modo da poter seguire nel tempo cosa accade ai dipendenti bianchi e non bianchi in un determinato luogo». «Quello che si osserva è un pattern sistemico in cui le aziende che tendono a pagare salari più alti tendenzialmente assumono meno lavoratori non bianchi. E questo modello è confermato anche se si guarda alla composizione di tutti i dipendenti che li circondano. Abbiamo dimostrato che la differenza tra i modelli di assunzione rappresenta il 20-30% del divario salariale razziale in Brasile».

Il dibattito sul salario minimo

Il lavoro per cui Card è forse più noto è la sua ricerca sul salario minimo, iniziata con le catene fast food quasi trent’anni fa. Il New Jersey aveva proposto un aumento del salario minimo, dando a Card e al suo co-ricercatore sull’argomento, Alan Kruger, il tempo di con-

durre una serie di interviste prima che l’aumento entrasse in vigore, per poi svolgere uno studio comparativo con gli stati confinanti dove non ci sarebbe stato alcun cambiamento. Dall’analisi emerse che in realtà i tassi di occupazione erano saliti dopo l’aumento, e la scoperta causò un forte contraccolpo.

«Le principali riviste pubblicarono numerosi commenti negativi e altri economisti, perlopiù di area conservatrice, si inserirono nel dibattito, affermando che avevamo confuso i dati senza sapere cosa stessimo facendo. Altri sostennero che probabilmente avevamo interpretato male i dati, che stava succedendo qualcosa che noi non riuscivamo a comprendere e il nostro era un tentativo ideologico per promuovere l’idea di alzare il minimo salariale. Scrivemmo quindi un libro sui minimi salariali senza mai affermare neanche una volta, all’interno del libro, che si dovesse aumentare o ridurre il minimo salariale, cercando cioè di prendere le distanze dalla questione e di considerarla più che altro una domanda su come funziona il mercato del lavoro».

In quel periodo della sua carriera Card si ritrovò a essere una figura controversa, ma poi il vento cambiò direzione: i vecchi manuali di economia dove il salario minimo era descritto come un’idea sostanzialmente terribile furono progressivamente modificati, fino ad aggiungere dopo qualche anno un nuovo capitolo con le prove che forse non era un’idea così malvagia. E il nuovo testo si basava in gran parte sulle scoperte di Card. «Posso dire che le opinioni degli economisti più giovani sono un po’ più in linea con i risultati del nostro studio, forse perché il nostro studio è riuscito a entrare nei libri di testo», afferma Card. «I nostri risultati non provano necessariamente che in un modo o nell’altro si debba aumentare il salario minimo: quello che cercavano di dimostrare è che il mercato del lavoro funziona in modo diverso da come si pensa».

33 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / DAVID E. CARD

Gli effetti delle migrazioni sui mercati del lavoro locali

Card descrive un esperimento naturale come un evento o un episodio in cui qualcosa di molto specifico e in qualche modo inaspettato accade in un luogo e non in altri, dando la possibilità di confrontare l’effetto di quell’episodio nel luogo in cui è accaduto rispetto ad altri luoghi. L’esodo di Mariel, un’emigrazione di massa di cubani verso Miami nel 1980, fornì a Card l’opportunità per studiare l’effetto della migrazione e dell’immigrazione su un mercato del lavoro locale.

«Questo evento stava creando un aumento piuttosto consistente del numero di lavoratori meno qualificati in cerca di lavoro a Miami, quindi ho confrontato ciò che succedeva a Miami con quanto accadeva in altre quattro città, che erano il gruppo di controllo».

Grazie a questo studio, Card scoprì che il grande afflusso di lavoratori a Miami non aveva comportato un aumento della disoccupazione, né una riduzione dei salari rispetto ad altre città, come alcuni avevano invece temuto. Secondo Card, i risultati di questa ricerca erano più sfaccettati perché la migrazione e l’immigrazione sono argomenti più emotivi per le persone rispetto al salario minimo. «Ci sarà sempre qualche economista convinto che l’immigrazione sia qualcosa di terribile, ma storicamente la maggior parte degli economisti la considera una forza positiva per l’economia. L’unico timore sull’immigrazione era che potesse esserci un effetto negativo sui lavoratori poco qualificati, quelli più competitivi con gli immigrati scarsamente qualificati. E posso dire che stando ad alcune mie ricerche e a molti altri studi questi effetti negativi sono piuttosto limitati».

Colmare il divario di genere in economia

Un’altra area in cui Card ha utilizzato esperimenti naturali simili per evidenziare la disuguaglianza è il suo

stesso campo di studi, l’economia. Card e i suoi coautori hanno voluto verificare se gli articoli economici scritti da donne siano giudicati più severamente rispetto a quelli delle controparti maschili. Hanno quindi preso in considerazione tutti i lavori presentati da quattro importanti riviste di economia, utilizzando il numero di citazioni ottenute dopo la pubblicazione come metodo per misurare la qualità complessiva di un articolo.

Se un articolo è stato inizialmente respinto, ma alla fine ha ottenuto molte citazioni, questo proverebbe l’esistenza di un pregiudizio negativo nei confronti delle autrici e dei team femminili. Secondo Card la differenza riscontrata non è enorme, ma risulta comunque significativa.

«Conoscevamo il genere dei giudici e non abbiamo trovato alcuna prova che i giudici donna o i giudici uomo trattassero in modo diverso le candidature femminili», afferma Card. «Tuttavia abbiamo avuto l’impressione che, in effetti, tutti fossero un po’ più severi nei confronti delle pubblicazioni scritte da donne».

Uno sguardo al futuro

Card non si è mai posto l’obiettivo di focalizzare l’attenzione su questioni di natura politica, né ha avanzato suggerimenti sulle politiche da adottare. Tuttavia, la sua opera ha modificato radicalmente il funzionamento di molte componenti del mercato del lavoro; pertanto, se consideriamo il suo focus attuale sulle differenze salariali locali possiamo aspettarci altri cambiamenti da lui ispirati.

«Per molto tempo è stato veramente difficile. I dati per analizzare le differenze salariali a livello locale negli Stati Uniti sono appena stati resi disponibili», afferma Card. «Sto cercando di capire cosa succede in certe aree degli Stati Uniti, dove sembra che le persone con livelli di istruzione relativamente modesti abbiano opportunità di lavoro piuttosto limitate. E questo

ciclo sembra ripetersi, per cui anche i figli che crescono lì non se la passano particolarmente bene. Sto cercando di capire perché, cosa c’è che non funziona in quelle regioni. Perché i datori di lavoro non investono in quei luoghi». Al momento Card si sta concentrando sui dati relativi agli Stati Uniti, ma la questione del perché i salari siano enormemente più alti in alcuni luoghi rispetto ad altri si ripresenta in quasi tutti i Paesi.

«In parte questo sembra dipendere dal luogo in cui i datori di lavoro vogliono insediarsi e dove sono disposti a pagare salari più alti», afferma Card. «Nella California settentrionale, per esempio, i lavoratori percepiscono un ampio premio salariale rispetto ad altre parti del Paese, ma qui il costo della vita è estremamente elevato. I lavoratori che si spostano da un luogo all’altro hanno avuto alcuni aumenti salariali, ma non abbastanza da compensare realmente i costi. In Gran Bretagna, la stessa cosa vale per le differenze tra Londra e il resto del Paese. È difficile capire come risolvere il problema o cosa raccomandare al riguardo». Anche le complessità legate alle differenze salariali e alle circostanze economiche locali contribuiscono alla difficoltà di proporre un salario minimo nazionale. E questo rafforza ancora una volta l’idea di Card secondo cui l’economia del lavoro è fondamentale per il campo dell’economia. «In ogni Paese ci sono aree dove sembra che le cose non vadano bene e non si capisce veramente perché», afferma Card. «Se riuscissimo a fare qualche progresso in questa direzione, ci aiuterebbe davvero la possibilità di capire come funzionano il mercato del lavoro e la società».

34 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / DAVID E. CARD

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UNA DIOCESI VIVA E ATTIVA

INTERVISTA CON SUA ECCELLENZA

ALAIN DE RAEMY, VESCOVO

AMMINISTRATORE DELLA DIOCESI DI LUGANO

Quali sono i più importanti problemi di carattere materiale e spirituale che affliggono la Diocesi di Lugano?

«La Diocesi di Lugano non è una Diocesi afflitta; è una Diocesi felicemente viva! Certo, sono ancora diverse le potenzialità da sviluppare. Per portare un esempio

a riguardo, una cosa su cui stiamo lavorando sono i modi della nostra presenza negli ospedali e nelle case anziani. Qui si potrebbe migliorare la preparazione nel servizio in queste strutture, fornendo maggiore formazione alle persone coinvolte. Tuttavia, per fare questo servono i soldi! Ecco, quindi, il problema materiale. Ma sono sicuro che la generosità e tanta: troveremo una soluzione».

Lei è stato in passato cappellano della Guardia svizzera pontificia in Vaticano. Che cosa ricorda di quell’esperienza e della sua vita nella città di Roma?

36 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / ALAIN DE RAEMY

«Ricordo, anzitutto, i tanti giovani svizzeri che con generosità si impegnano al servizio del Papa per almeno due anni. La loro vita è segnata per sempre da quest’esperienza di servizio, di cameratismo e di fede scoperta, riscoperta o, almeno, intravista… Proprio recentemente, un gruppo di reclute ha svolto una parte della sua formazione presso la Polizia cantonale ticinese. So già che Roma diventerà per loro come una seconda patria, ma con il Ticino nel cuore!»

All’interno della Conferenza dei vescovi svizzeri lei è responsabile dei dicasteri dei giovani, dei media, e dei cappellani militari. In particolare, quali interventi ritiene necessario promuovere per accompagnare i giovani nel loro processo di crescita?

«Per esempio, la partecipazione dei giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù che è una scuola di vita nella Chiesa, ma anche per la Chiesa. In queste occasioni, migliaia e migliaia

di giovani di tutto il mondo scoprono quanto la loro fede sia fermento di unità, di pace e di gioia, anche quando non si capisce neanche una sola parola della lingua dell’altro. Ma questo vale anche per tutti gli altri nella Chiesa; la testimonianza di semplicità dei giovani è un richiamo forte a maggior coerenza di vita».

Lei è anche presidente della Commissione per il dialogo con i musulmani. Qual è lo stato dei rapporti con questa comunità in Ticino?

«Purtroppo, non ho avuto ancora occasione di incontrarli. È proprio una mancanza! Grazie per la domanda, che mi spinge ad aprire un dialogo».

Allargando lo sguardo, quale ritiene debba essere il ruolo della Chiesa di fronte alle guerre, alle crisi e alle tensioni internazionali che sconvolgono il mondo contemporaneo?

«La Chiesa non può rivestire altro che i modi di Gesù, e Gesù entrava in dialogo con tutti. Infatti, ha dichiarato beati gli operatori di pace. La Comunità cattolica di Sant’Egidio, per esempio, è già riuscita a convincere tanti nemici a mettersi attorno a un tavolo per dialogare. Ogni cristiano è chiamato a farlo ovunque, dalla propria famiglia al posto di lavoro. Aiuta tantissimo cominciare la giornata chiedendo a Gesù di ispirarci tutto quello, e solo quello, che contribuisce alla pace nei cuori e nelle relazioni».

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“La Chiesa non può rivestire altro che i modi di Gesù, e Gesù entrava in dialogo con tutti.”

IMPEGNO COSTANTE PER LA SANITÀ E L’AMBIENTE

INTERVISTA CON MARCO CHIESA, UOMO POLITICO SVIZZERO, PRESIDENTE NAZIONALE DELL’UNIONE DEMOCRATICA DI CENTRO.

Lei vanta una lunga carriera politica. Quali sono state le principali tappe del suo percorso all’interno delle istituzioni ticinesi e svizzere?

«Mi sono avvicinato alla politica partendo da un piccolo comune, Villa Luganese, quando ancora non contava 500 abitanti. Partecipavo alle assemblee comunali. Nel 2000 con l’aumento della popolazione fu istituito il primo legislativo e venni eletto sebbene ottenni meno voti di mia madre. Villa Luganese aderì poi alla nuova grande Lugano. Mi candidai per l’UDC e fui eletto. Erano i tempi di Giudici, del Nano e di Cansani in Municipio. Il resto è storia recente, anche se il tempo vola. Nel 2007 entrai in Gran Consiglio, nel 2015 in Consiglio nazionale e, dopo una legislatura, nel Consiglio degli Stati. Sono fiero di rappresentare il Ticino alla Camera alta e pensai che il mio percorso fosse finito ma poco dopo il mio partito mi volle alla presidenza nazionale. Da lì è iniziato il mio personale “Tour de Suisse” alla scoperta di tutti gli angoli del nostro Paese e delle personalità che lo rendono straordinario».

Come è cambiato negli ultimi due decenni il Ticino e quali sono a suo giudizio i più importanti problemi irrisolti che questo territorio deve risolvere?

«Il dato più impressionante, sotto gli occhi di tutti, è l’aumento esponenziale del frontalierato nel nostro Cantone. Nel 2002 contavamo poco più di 30.000 lavoratori frontalieri in Ticino, oggi raggiungiamo quasi quota 80.000. Se da un lato questa impennata testimonia del fermento economico,

dall’altro la lombardizzazione del nostro mercato del lavoro pone dei quesiti in termini di sostenibilità e di pressione sui residenti, salari compresi. Penso che l’immigrazione sia come l’acqua. Se ben gestita porta del benessere, se lasciata scorrere impetuosa causa dei danni socioeconomici. Più in generale ritengo cha al nostro Cantone manchi un vero progetto di sviluppo, una visione per il futuro. Su quali settori vogliamo veramente puntare e dunque coerentemente investire? Alcune attività si sono molto contratte, purtroppo, altre sono promettenti ma ho l’impressione che queste dinamiche positive siano più il frutto del caso che di una chiara strategia».

Una questione sempre aperta riguarda il sistema sanitario ticinese. In base alla sua esperienza quali interventi andrebbero promossi per renderlo ancor più efficiente e a misura delle esigenze dei cittadini?

«I costi sanitari nel nostro Paese sono in continuo e rapido aumento. Nel 2000 il costo complessivo del sistema sanitario si attestava a 43 miliardi di franchi, oggi abbiamo raggiunto gli 85 miliardi, il doppio. Questa crescita non è sostenibile, il sistema sta implodendo. Da tempo si ricerca una causa, talvolta un capro espiatorio, a cui attribuire l’intera responsabilità di questa evoluzione. In verità ciò non è possibile perché tutti gli attori contribuiscono a questa crescita smodata.

Consideri che il Consiglio federale ha confermato a più riprese, anche a seguito di miei atti parlamentari, che i premi dell’assicurazione malattie rispecchiano effettivamente i costi del sistema sanitario e, in passato, ha di -

PRIMO PIANO / MARCO CHIESA
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4 Ristoranti stellati 35 Musei 900 Km di sentieri

chiarato che potremmo risparmiarne fino al 20% se venissero tagliate le prestazioni inutili. I costi della sanità continueranno ad aumentare, soprattutto a causa del progresso medicotecnico, della crescita del volume di prestazioni e dell’evoluzione demografica. Esiste tuttavia un margine di manovra per limitare l’aumento a un livello giustificabile dal punto di vista medico. Le misure di risparmio sono note. Si tratta per esempio di limitare l’eccesso di offerta e consumo in ambito medico, di adeguare le tariffe nel settore ambulatoriale nonché di migliorare la pianificazione ospedaliera e la trasparenza nell’assicurazione malattie obbligatoria».

Si fa un gran parlare di transizione ecologica. In che modo e in che misura è possibile conciliare sviluppo e rispetto dell’ambiente?

«Tutti abbiamo a cuore il nostro ambiente e lo sviluppo sostenibile. Sono convinto che dobbiamo puntare sulle energie rinnovabili ma sarebbe un grave errore pensare che solo grazie a quest’ultime si possa mandare avanti un Paese. La fallita strategia energetica 2050 ne è la dimostrazione. Si discute molto di una “Svizzera a zero emissioni” nell’ambito dei cambiamenti climatici ma la Svizzera è responsabile dello 0,1% delle emissioni mondiali di CO2. La legge sul clima in votazione il 18 giugno non avrà dunque alcun impatto su queste dinamiche, e come potrebbe averlo, ma prevede la diminuzione del 50% delle emissioni di CO2 entro il 2031 e zero emissioni entro il 2050. Se approvata ciò comporterà un divieto di fatto di utilizzare delle energie fossili come la

benzina, il diesel, il gas e l’olio da riscaldamento. Se a queste imposizioni aggiungiamo il fatto che le nostre centrali nucleari, che per inciso non producono CO2, saranno spente, ci dovremo confrontare inevitabilmente con una diminuzione di produzione elettrica e un aumento della domanda. L’inevitabile conseguenza di tutto ciò è che l’approvvigionamento del Paese non sarà più garantito. L’ETH calcola inoltre fino a 6.600 franchi di maggiori costi per persona all’anno per coprire il fabbisogno svizzero senza energie fossili. Da 3.000.- fino a 9.600.-. Molta ideologia e ben poco pragmatismo!».

Quali sono state le più importanti battaglie sostenute durante la sua permanenza alla guida dell’UDC e quali i principali risultati conseguiti?

«Per rimanere in tema potrei citarle la legge sul CO2. La popolazione svizzera ha sostenuto il referendum che, purtroppo, abbiamo lanciato in solitaria. Dico purtroppo perché mi sarei aspettato l’appoggio di ha a cuore le regioni periferiche, il potere d’acquisto dei cittadini e i posti di lavoro.

Abbiamo dunque evitato che nuove tasse e divieti ricadessero su categorie ben specifiche della nostra popolazione, ticinesi compresi. Non dimentico però le nostre battaglie per un’immigrazione moderata e nell’interesse dell’economia come d’altronde iscritto nella nostra Costituzione, per salvaguardare la nostra neutralità integrale al fine di poter giocare un ruolo di mediatori credibili, la riforma dell’AVS e le nostre proposte per risolvere l’attuale caos nel settore dell’asilo. Alcune di queste sfide sono ancora dei cantieri aperti».

Quale impegno specifico si sente di prendere nei confronti dei suoi elettori in vista delle prossime edizioni federali?

«Di continuare ad essere me stesso. Le racconto un aneddoto. A seguito dell’elezione al Consiglio degli Stati e, ancora dopo, alla Presidenza del primo partito svizzero, alcune persone mi hanno avvicinato al solito bar che frequento chiedendomi; ma sei ancora qui? Pensavamo di non vederti più! Ebbene no, gli ho risposto, io non sono cambiato e non cambierò, questa è la mia vita, queste sono le mie amicizie e i miei affetti. Mantengo i piedi ben saldi per terra. Un giorno la politica finirà, per molti conta la sedia su cui si è seduti, e le lusinghe finiranno. Rimarranno però il bagaglio di esperienza maturata e le cose importanti della vita».

Infine, ci vuole raccontare qualche aspetto della sua vita professionale e privata, le sue passioni, il modo in cui trascorre il tempo libero quando non è impegnato in politica?

«Di tempo libero ne resta ben poco, e molto di questo lo dedico ad altre attività quali la presidenza del Soccorso d’Inverno, un’associazione nata nel 1936 in favore delle persone residenti in stato di necessità, o della fondazione Pro Infantia, che ho contribuito a far nascere, con lo scopo di creare degli asili nido e favorire la conciliabilità lavoro-famiglia. Per il resto le passioni sono quelle fin da bambino: il FC Lugano e l’HC Lugano. E poi, ultimo ma non certo ultimi in termini d’importanza, la mia famiglia. A loro va il mio ringraziamento per il sostegno e la pazienza. Passo più di 200 giorni Oltralpe, è un sacrificio per tutti, ma forse un giorno cambierà».

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“Sono convinto che dobbiamo puntare sulle energie rinnovabili ma sarebbe un grave errore pensare che solo grazie a quest’ultime si possa mandare avanti un Paese.”

«I miei soldi basteranno anche dopo la pensione?»

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PIGRIZIA ARTIFICIALE

Abbiamo paura? Sì. Il progresso fa sempre paura!

Fino ad oggi il progresso tecnologico era rivolto alle macchine per provare a lavorare il meno possibile…fisicamente. Finché la tecnologia ci ha tolto la fatica fisica, ne siamo stati contenti, ma se ci toglie anche il pensiero, il ragionamento e la creatività, cosa ci resta?

TRA SCENARI APOCALITTICI ED ENTUSIASMO INCONDIZIONATO VERSO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE (IA), DOBBIAMO PRIMA DI TUTTO

COMBATTERE LA PIGRIZIA: NEL NON VOLER SAPERE E COMPRENDERE

E, ALLO STESSO MODO, PIGRIZIA NELL’ACCOGLIERLA SENZA PREGIUDIZI E CON UN USO INCONDIZIONATO.

FERRARI GAMBA, ESPERTA HR

L’avvento di ChatGPT, arrivato così repentinamente, ci ha messo davanti a qualcosa di preoccupante. Pensare che il linguaggio umano fosse replicabile da una macchina sembrava solo fantascienza. Il futuro è arrivato, come una bomba. ChatGPT è un software che riesce a soddisfare qualunque richiesta: una curiosità, una tesi, un articolo, persino una risposta alle nostre ansie e preoccupazione, siano esse lavorative, sentimentali o intime. Il passo successivo sarà un robot fatto a nostra immagine e somiglianza, compreso quella dimensione umana che si chiama “empatia”. Macchine antropomorfe che gesticolano, parlano come noi, ne sanno più di noi e ci daranno tutte le risposte di cui andiamo alla ricerca, persino di sentimenti. Non manca molto al loro perfezionamento. Ecco allora il dilemma e la preoccupazione dei comuni mortali: che ne sarà di noi, del nostro libero arbitrio, delle nostre scelte incondizionate?

Noi abbiamo bisogno di tanta rapidità? Non è meglio investire sulla cultura e la formazione che ci consentono di avere una maggiore consapevolezza della responsabilità individuale e collettiva, oltre a dotarci di strumenti per adattarci ed essere noi i protagonisti e non gli algoritmi?

Se personaggi come Yoshua Bengio, uno dei massimi esperti al mondo di IA e primo firmatario della richiesta di moratoria (uno stop di 6 mesi alle ricerche in questo settore) o ancora Geoffrey Hinton,

considerato il “padrino dell’Intelligenza artificiale”, che ha denunciato i pericoli dell’IA lasciando Google, non dovremmo essere preoccupati anche noi? Partiamo dal fatto che la tecnologia non è né buona né cattiva. Dipende solo dal come e chi la usa. Purtroppo, il nostro cervello si è impigrito nel pensare, nel creare, nel non mettere in campo quel senso critico che fa porre domande e dubbi. Non ricordiamo più i numeri del telefono, non facciamo più di conto, ci facciamo misurare il cuore, il sonno, facciamo leggere invece di leggere, ascoltiamo la musica e guardiamo film che l’IA ci propone. Ora facciamo anche scrivere i nostri pensieri e come svolgere al meglio le nostre attività. Il tutto addirittura con un “semplice” smartphone! In cambio dei “suoi sevizi” noi ci “consegniamo”, ogni giorno, dando i nostri dati e il potere di utilizzarli (Facebook, Twitter, Amazon, ecc.) e così il prodotto diventiamo noi: il diritto di privacy diventa il diritto di controllo su di noi. Purtroppo, non solo per venderci qualcosa, ma anche per condizionare il nostro pensiero.

Allora è forse giusto porre un freno, una moratoria per trovare un quadro di principi per disciplinare l’IA. Non tocca alla scienza farlo, tocca alla politica e agli intellettuali, a chi si occupa di etica, per determinare il confine tra il consentito eticamente possibile e, a quel punto, giuridicamente consentito. Ce la possiamo fare.

L’IA deve essere un dono e non una condanna. Parafrasando Pascal, dovremmo riconoscere che l’animo umano ha le sue ragioni, che “l’IA” non conosce. Non diventiamo pigri artificiali, non permettiamo proprio tutto, ricordando Isaac Asimov: «la tecnologia è pericolosa, la risposta a questo problema sta nella saggezza».

42 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / MORENA FERRARI GAMBA
DI MORENA

ALLA SORGENTE DEL SUONO

Arriva puntuale al nostro appuntamento in un piccolo caffè di Locarno, ci sediamo in un angolo su delle poltrone comode e inizia un viaggio. Il viaggio di un fiume, il fiume della vita, la vita di Anna Oxa. Una donna dall’animo gentile, elegante, profondo. Diversa e, come tutti i diversi, ribelle di naturale e spesso contrastata ma anche molto amata da un pubblico importante, del quale parla con affetto come di una famiglia. Una donna forte che ha saputo crescere da sola due figli, non ha mai percepito mantenimento dai suoi ex, ha sempre vissuto del suo lavoro che non ha mai lasciato, una donna esemplare. Una persona tanto sofisticata quanto semplice che, quando scende dal palco, ama perdersi nelle vette dei monti del Ticino dove ha scelto di abitare, immergersi tra le piante e gli animali, fare amicizia anche con i contadini del posto. Vegana da molto tempo, è devota alla ricerca della giustizia, della verità e della libertà individuale, a prescindere dai dogmi. Anna Oxa che, stanca dei media che distorcono la realtà creando sensazionalismi, da tempo concede poche interviste, oggi (dopo un Sanremo turbolento per le fake news) ci ha dato l’opportunità di ascoltarla, invitandoci nel suo flusso sorgivo per comprendere il suo modo di vivere l’arte e il mondo…

Come sta oggi Anna Oxa?

«Sto bene, già da tempo ho trovato una tranquillità interiore e sono serena. Mi sento centrata, allineata, molto verticale. Il viaggio della vita è un continuo conoscersi, non c’è un traguardo o un momento dove uno dice “bene, sono

arrivato, ora mi fermo”. È una continua crescita e presa di coscienza di se stessi, di ciò che è stato, di ciò che è. La musica mi porta a viaggiare molto ma torno sempre volentieri a casa, che da molto tempo è in Ticino, vicina alla natura, vicina ai miei figli che sono cresciuti qua. Amo il ritmo di una vita semplice, a stretto contatto con la natura, passo ore a passeggiare ascoltandone i suoni, meravigliandomi della sua poesia. Il cambiamento delle piante da una stagione all’altra, la purezza degli occhi degli animali della fattoria del luogo con cui ho stretto amicizia, la musica del vento… In questa dimensione tutto è meraviglia e nutrimento per l’anima».

Quali momenti significativi ti hanno fatto fare un “salto quantico” cambiando il tuo modo di guardare a te stessa? «Indubbiamente ci sono eventi forti, tanto intensi da penetrarti e scuotere le fondamenta delle proprie certezze. Momenti in cui metti in discussione tutto… il senso dell’essere al mondo come umano. Questi passaggi cruciali, in queste “crisi”, danno l’opportunità di indagare, cercando di capire il perché di tante cose. Questo sì nella mia vita è accaduto e, dal momento in cui non c’è una scissione tra me e la musica, tra me e Anna Oxa come personaggio pubblico, i cambiamenti interiori hanno portato a evoluzioni graduali a livello artistico».

Nel tempo Anna Oxa è cambiata e con lei la sua musica…

«La musica, i suoni e le frequenze vanno di pari passo con la crescita personale dell’artista. L’evoluzione interiore va sì che anche la voce possa crescere e modificarsi nel tempo. Cambia la con-

ANNA OXA È UN’ARTISTA FORTE PERCHÉ HA SCELTO DI ESSERE SEMPRE SÉ STESSA IN UN MONDO, QUELLO DELL’INDUSTRIA MUSICALE, CHE SEMPRE PIÙ SPINGE VERSO L’OMOLOGAZIONE.

DI KERI GONZATO

45 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 PRIMO PIANO / ANNA OXA
Ph: © Oxarte

sapevolezza dello strumento che hai, dello strumento che sei sapendo che la voce è generata da ogni parte del tuo corpo. A differenza di una chitarra o un pianoforte, che sono in un certo senso più circoscritti, la voce si scatena da tutta te stessa. Le mie trasformazioni interiori si sono manifestate anche in una crescita vocale, oggi ho una consapevolezza più grande della mia vocalità e dei mondi che sono dentro di essa e che la musica mi permette di esprimere».

Cosa senti di esprimere oggi al pubblico?

«Dallo spazio vasto della mia esperienza vocale emergono i suoni dei popoli del mondo. Il mio viaggio artistico mi ha portata a rappresentare un mondo sonoro, frequenziale e vibrazionale, che esprime un senso di unità, dove i suoni del mondo convergono verso un’esperienza unica… quella dell’essere umano. In fondo, dentro di te c’è tutta la storia, capita di cercare altrove fino a realizzare che portiamo in noi un libro ricco di memorie, eventi, dei tanti “chi siamo stati” e di tutti gli avi che ci hanno preceduto. Quando contatti questo mondo interiore, da lì si apre un mondo totalmente differente, questo condivido con il mio pubblico quando canto. Con la mia voce e la connessione a questa percezione più ampia invito chi mi ascolta a entrare nella stessa vibrazione, aprendo i portali delle proprie percezioni».

Il concerto non è più solo uno svago ma diventa una vera e propria esperienza olistica…

«La voce sorgiva allora sgorga in modo naturale dalla fonte, il canto crea il qui e ora, c’è una sacralità in questo. Il mio nuovo tour si chiama infatti Voce Sorgente e parte dall’idea di uno spazio espressivo e di condivisione con il

pubblico libero dai codici standard che imbrigliano il flusso espressivo. I codici standard rappresentano dei paletti a ciò che puoi dare come artista e quindi, facendo questo, limiti anche l’esperienza di chi ti ascolta. Se segui i protocolli dello showbiz imposti alla società diventa solo svago e non c’è sacralità ma dispersione dell’origine del suono e quindi della musica. Lasciando invece fluire la creatività, la scrittura e la formazione di un arrangiamento sviluppi i brani in modo molto differente alle modalità distorte alle quali siamo abituati».

Cosa pensi della musica mainstream e in generale del pop?

«Abbiamo una strana idea del pop che è diventato per tanti la canzonetta “hit” di tendenza. In realtà il pop è popolare ovvero qualcosa che appartiene al popolo ed è quindi di tutti. Ovviamente si tratta di una dimensione musicale ampia all’interno della quale si sceglie cosa ascoltare e cosa no in base alla propria indole. La musica l’abbiamo etichettata noi ma alla sorgente non ha etichette, proprio come l’acqua. Perché la sorgente? L’acqua in se non ha una forma però può diventare tutto e nulla, ha il potere di portare informazioni e di modificare elementi tanto duri e apparentemente fermi come la roccia. L’acqua sa rendere morbido un sasso pieno di spigoli, è passata lì, è diventata per un attimo la pancia di un lato della roccia e poi è diventata nuovamente acqua portando con se quella nuova informazione, la memoria di quel contatto. Quindi anche la vocalità può sorgere, può diventare, di colpo tornare a non essere più niente e può modificarsi. Questo accade quando è sorgiva, è viva e non cristallizzata in forme pre-definite, in brani risuonati e ripetuti mille volte come pappagallini».

Vivere in modo autentico… «Spesso viviamo in modo cristallizzato nella memoria, nei profumi, nei pensieri, nei costumi e nelle abitudini. Il mio canto è quello di vivere senza timori, essendo voce naturale. Credo nella bellezza di una voce libera dai giudizi. Per la stessa visione ho scelto di far studiare i miei figli alla Scuola Steiner di Origlio. Un ambito educativo (allora) che usciva dai canoni e che seguiva un approccio più olistico che osservava e dava spazio al bambino nel suo insieme, lasciando emergere i suoi talenti naturali ed evitando di tagliargli le ali con i giudizi e le forme competitive».

Che importanza ha la curiosità come fattore evolutivo?

«È importante, nel tempo ho appreso che più che cercare le risposte l’importante è ascoltare e vivere intensamente le domande… Fatti le domande e lascia lo spazio perché possano affiorare le risposte dentro di te senza cercare prima conferme dall’esterno. Se non impariamo a creare uno spazio vuoto e silenzioso dove ricevere un’indicazione interiore chiediamo la risposta all’altro e così facendo ci perdiamo. Come diceva Krishnamurti non ci sono zattere che ti portano a destinazione, sei tu a dover indagare con cura e sollecitudine».

Quest'anno a Sanremo hai cantato “Sali”.

Un invito a tornare alla propria essenza, all’innocenza di quando nasciamo... come vedi l’epoca in cui viviamo oggi?

«Viviamo in un’epoca in cui si è delegato il potere all’esterno, ai canoni dettati dal mondo, e l’invito è quello di tornare a connettersi con il cuore — ovvero con la verità che vibra in ciascuno — ed essere liberi. Il cuore è legato a un amore senza condizioni che non è quello romantico, e carico di condizioni, a cui siamo abituati. I

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PRIMO PIANO / ANNA OXA
“La voce, così come tutto nella vita, fluisce come l’acqua se tu sei autentico.”

nostri tre corpi, mente, spirito e materia, oggi sono sconnessi. Quando questi tre saranno uniti, saremo nella comprensione della totalità. Il conflitto nasce invece dalla frammentazione, la mente pensa una cosa, il cuore ne percepisce un’altra ancora e il corpo somatizza le incongruenze. Il cammino da percorrere è quello dalla separazione, sia individuale che di società, basti pensare alle guerre ideologiche che si sono create con la pandemia, all’unione e quindi all’armonia. L’ignoranza ci fa mettere gli uni contro gli altri, come hanno cercato di fare anche con me con delle storie fasulle a Sanremo senza riuscirci. Chi la pensa in modo diverso e non si adatta spesso viene preso di mira da un sistema ormai fossilizzato ma ciò non toglie la potenza di un messaggio come quello della canzone che ho portato a Sanremo e del tour Voce Sorgente e, infatti, sto avendo un riscontro importante dal pubblico. Persone di tutte le età, tra cui molti giovani e tanti musicisti, sono attratti dalla potenza dell’autenticità e dalla profondità vibrazionale a cui do voce… È una grande, immensa, avventura!».

CHI È ANNA OXA

Un’artista dalla luce ribelle e dalla voce unica. Oltre ad aver pubblicato 23 album in studio, collaborando con i migliori artisti della scena italiana e internazionale, è ambasciatrice di pace per la guerra nel Kosovo e altri conflitti. Il suo ruolo come portatrice di un messaggio di unione é stato riconosciuto da diversi Stati. È stata premiata dal maestro Bacalov come Honor Artist a testimonianza del valore della sua Arte nella scena artistica odierna. Artista amata in Italia ma anche all’estero, per l’Albania è al terzo posto tra i nomi più importanti.

Anna Oxa uno dei personaggi illustri presenti nel Ticino, è circondata da un team di lavoro all’unisono, costituito da Milly Milano, manager e titolare della società ticinese

Oxarte; abiti di Yohji Yamamoto/ Greg Lauren/Avant Toi con riferimenti su www.lenastore.it; trucco di Elisa Calcinari e acconciature di Pier Giuseppe Moroni.

Da molti anni ha scelto il Ticino come casa, apprezzando la bellezza delle montagne e la calma che vi si respira, tra un viaggio e l’altro ricarica le batterie facendo lunghe camminate nella natura. Oggi il suo interesse centrale é l’esplorazione della voce e la ricerca di un suono puro, verace, in continuo mutamento. È in un cammino di ricerca continuo, sia a livello artistico che personale, e lavora con musicisti aperti a fare musica seguendo questo approccio. Anche sul palco porta qualcosa di nuovo.

Il tour VOCE SORGENTE 2023 crea unione e fa viaggiare il pubblico salendo oltre ogni limite e confine. La sua indagine artistica riflette una vita dedicata all’autenticità ed all’espressione libera del proprio essere.

47 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

HONESTLY, GERARDO…

«I like all three – and therefore they are equally important to me. Striving for “excellence” has been key during the various stages of my career. Purpose fueled my drive and the desire to have impact on others. Although I have always been aligned with my own identity and my personal values, I feel I can do more on authenticity especially with regards to talking about emotions or also admitting concerns [shortcomings]. I’ve made the experience that being more open can also help others to be more authentic, reveal their true self and ultimately unleash their full potential».

In this regard, what is one action you could immediately take?

sire to have an impact. Maybe you would also see my concern that I might not have enough time to drive positive change the way that I would like to».

Looking in the mirror, what don’t you see or don’t want to see about yourself?

«I talk to myself so much that I know me very well. But honestly, Gerardo, I don’t spend much time on myself. Though I would like to find more time to see friends and maybe also to meditate or practice mindfulness – at least occasionally».

What, about yourself, gives you joy?

«DARE TO REVEAL YOURSELF, TO SPEAK UP, TO RAISE YOUR HAND». «IN ANY COMMUNITY, THE AUTHENTICITY OF ITS MEMBERS FUELS ATTRACTIVENESS».

«Dare more: to reveal yourself, to speak up, to raise your hand».

In a scenario of widely-spread deep authenticity, what would be different in yourself, in the bank you work for and in Ticino?

«In any community, the authenticity of its members fuels development, innovation, progress, inclusion and attractiveness. As for myself, I would probably let my emotional weak points show a bit more».

What makes you genius, superhuman?

«I’m not a genius».

«I think of myself as an honest person who cares deeply about others».

What, about yourself, annoys you, instead?

«I do have a tendency to try solving everybody’s problems».

So, why don’t you spend more time on you?

«I am a working mother of three in a dual career household, I simply do not have the time, maybe in the future».

The biggest secret or vulnerability of your life: which one would you choose to share with an audience and why not the other one?

Excellence, in your skills, knowledge and abilities. Authenticity, with respect to your values, opinions, identity as well as desires, emotions and fragilities. Purpose, the ultimate goal of what you do, exceeding yourself and your loved ones. Which of these three evolutionary driving forces of the leader do you want to respond to more in the future than you already do today?

What makes you human, instead? «Caring immensely for others and wanting to have a positive impact on the people around me».

I hand you this mirror. There is just you and your reflection. If I were to look at you as you are doing, with your eyes, what would I see differently that I don’t see from out here?

«Actually, I do hope you see what I see. Lots of positive energy. The strong de -

«Neither one, I would say, and I think that is ok too – some things are just very personal».

What does it mean to you being one of the first two female members in the Global Business Committee of the bank you work for?

«This really means a lot to me – it recognizes that our people are our most important asset and emphasizes the importance of Human Resources as a key function in the bank. This makes me really happy».

48 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 LEADER ALLO SPECCHIO / IOANNA ARCHIMANDRITI

In your opinion, what does it mean to us, instead?

«It’s a clear sign that we as an organization care for our people».

Would you move to Ticino to live and work?

«I would, I like it a lot».

Why?

«In its own way, Ticino is more vibrant than the other two Swiss financial hubs. It’s also well connected – although something should be done about the airport».

According to a recent study made by Gallup, the world’s unhappiness index rose from 25% to 33% in the last fifteen years: what is, in your opinion, the one ultimate reason for these 640 million additional unhappy individuals?

«Covid, wars and poverty may be reasons. But I think the ultimate reason is increasing human isolation: people are driven apart, there is less direct and personal interaction. One would expect that technological progress would have led to more time for ourselves and for human connection; instead people seem to be carried away, constantly trying to achieve more, want more and do more. Ultimately, we seem to have busier lives and we ended up doing even less for ourselves».

From your point of view, what is the one change that would have the most positive impact on this index?

«Eliminating poverty, finding ways to reallocate wealth worldwide».

Acting as a leader, being a leader, feeling inside as a leader, training the leader in you: what is your order of importance?

«For me the order would be: acting, training, feeling. “Being” would be last, as it’s the natural consequence».

Please take a moment to imagine a corporate leadership team lacking team work, care, trust, open mind, courage, vision, authenticity: as head of HR, what’s your leadership development strategy and which decisions and actions do you take to improve?

«This team would be a disaster, and, honestly, those leaders should be replaced. A shared vision can often help to restore trust and improve open-mindedness and team work. As for the aspects of courage and authenticity, I would consult with expert coaches to work with them».

Let’s talk about selfishness and altruism: being selfish for altruistic reasons or being altruistic for selfish reasons, which one do you choose?

«For me, the reason behind is paramount so I choose being selfish for altruistic reasons. I would prefer being altruistic for altruistic reasons though because I can’t relate with selfishness at all».

It’s your lucky day, you found Aladdin’s lamp! Unfortunately, it grants you one selfish and one altruistic wish only: what is it that you truly want for yourself and for the world? «Health for myself. Eliminating poverty for the world».

Close your eyes please and go back to that moment you sobbed your heart out and visualize it: those tears, if they could talk, what would they say to you?

«Stop crying, there must be something you can do about it».

With your eyes closed, please go back to that moment you laughed out loud and visualize it: these happy tears, if they could talk, what would they say to the sad ones of the previous question?

«You see…life is beautiful…there is always a way!».

Please keep your eyes closed… imagine your soul takes flight… it is now flying in the air: where does it land?

«In a happy, secluded place…on a Greek island…next to the sea».

I give you a magic wand, prepaid to grant you one specific wish: what new quality you gift to Ticino’s leadership of all areas, not just politics, which you don’t see today? It does not matter if you have limited exposure to the region, your point of view as an outsider is valuable. The previous guests of this column have already answered team work, care, trust, open mind, courage, vision and authenticity. «I would encourage them to be more assertive in their storytelling and showcase what they and the region have to offer thus creating even more visibility and expressing Ticino’s full potential».

You get to choose the title of your own interview… «I will think about it and come back to you».

What color this interview is?

«A bright one…it reminds me of the sunshine…yellow».

What value did our chat have for you?

«I really enjoyed it. Positive useful reflections on many subjects: leadership, inner-self, the others and Ticino».

Please take the mirror back. In conclusion, what do you whisper in the ear of your reflection?

«You need some rest!».

And in that of who is reading this right now?

«You know what? I have to be honest… I don’t like being in the spotlight at all, and I am better “live”». (big laugh)

49 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 LEADER ALLO SPECCHIO / IOANNA ARCHIMANDRITI
“I would encourage them to be more assertive in their storytelling.”

SE VIENE MENO IL PRINCIPIO DI REALTÀ

DAI LONTANI ANNI TRENTA DEL SECOLO SCORSO A OGGI, IL POTERE DEGLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE

NEL DEFORMARE E FALSIFICARE LA REALTÀ È CRESCIUTO A DISMISURA CON L’AVVENTO DAPPRIMA DELLE

IMMAGINI TRASMESSE DALLA TV E POI

DALL’EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA

DIGITALE E I SOCIAL MEDIA ABBINATI ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

DI MORENO BERNASCONI

Il 30 ottobre 1938, il programma musicale dell’emittente radiofonica americana CBS fu interrotto improvvisamente dall’ annuncio terrificante di uno speaker: «Signore e Signori, devo riferirvi qualcosa di molto grave. Osservazioni scientifiche e l’evidenza stessa dei fatti inducono a credere che gli strani esseri atterrati stanotte nella fattoria del New Jersey non siano altro che l’avanguardia di un esercito di invasione proveniente dal pianeta Marte». Questo annuncio, che faceva parte di un radiodramma prodotto dall’allora ventottenne Orson Welles, produsse panico generalizzato e psicosi di massa. La bufala prodotta ad arte per aumentare gli ascolti dell’emittente fu poi amplificata dai giornali che, nella corsa all’audience, parlarono addirittura di esodo biblico dalle città americane, di famiglie blindate in casa… Questo caso famoso può essere considerato l’emblema delle “fake news” nella nuova era della comunicazione di massa.

Ryzard Kapuscinsky ha illustrato a quali effetti perversi può portare per la democrazia l’avvento dell’era della comunicazione basata sulle immagini. L’immagine mostrata dalla TV ha il potere di accordare statuto di realtà anche a ciò che realtà non è: corpi con evidenti tracce di numerose ferite da taglio su un corpo possono venire spacciate come esseri umani sottoposti a torture. È quello che è stato fatto nel 1989 a Timisoara, in Romania, filmando corpi sottoposti ad autopsia per dimostrare falsamente l’uso della tortura da parte del regime di Ceausescu, suscitando unanime indignazione e condanna internazionale e giustificando così l’esecuzione sommaria, immediatamente dopo un processo farsa, del “conducator” rumeno e della sua consorte. Kapuscinski esorta, nell’era della comunicazione di massa, a sempre distinguere fra verosimiglianza e verità se non si vuole vanificare il ruolo di salvaguardia della democrazia da parte dei media. Con l’avvento del metaverso (che apre le porte ad un mondo non reale ma che viene percepito come tale) e dell’intelligenza artificiale, il potere di deformazione della realtà (di amplificazione o di ridimensionamento fino alla cancellazione) o semplicemente la sua falsificazione - visivamente verosimile e talvolta più sensazionalmente verosimile della realtà stessa - cresce infatti in modo esponenziale.

L’ultima frontiera di questo processo - il cosiddetto Midjourney, ovvero un software in grado di inventare immagini che sembrano vere - permette ad esempio, come abbiamo visto un paio di mesi fa, di illustrare l’arresto di Donald Trump in modo estrema -

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mente verosimile e sensazionale tramite immagini totalmente false. Ultima frontiera per modo di dire, giacché la proiezione di ologrammi permette già di dare vita a persone e cose - tridimensionali e in movimento - create artificialmente. Mai come oggi la tecnica e la trasmissione di immagini permettono di dare o di negare uno statuto di realtà alle cose (ciò che non finisce in rete non esiste), di deformarle falsificandone la natura e suscitando nel pubblico giudizi di valore positivi o negativi a dipendenza dell’immagine falsificata. La manipolazione delle masse è certo sempre esistita, in particolare in epoche e in regimi dittatoriali. Ai tempi dell’Impero sovietico, legioni di funzionari del regime si occupavano di cancellare meticolosamente testi scritti e fotografie di oppositori (Trotzky è stato eliminato dalle foto ufficiali ben prima di essere eliminato fisicamente).

Ma le nuove tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale permettono oggi a regimi autoritari che dispongono di una concentrazione di potere senza precedenti di manipolare la realtà ed esercitare il controllo sociale in modo quasi assoluto. E anche nei sistemi democratici una deriva verso una sistematica deformazione della realtà (o la sua negazione) tramite le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale non può essere guardata senza suscitare giustificata preoccupazione. Per la semplice ragione che una realtà deformata o negata non permette l’assunzione di responsabilità da parte del cittadino e dei suoi rappresentanti politici, chiamati a prendere decisioni politiche sulla convivenza comune e il contesto naturale in cui vive.

Il diniego o la deformazione della realtà non permette l’applicazione di quel “principio responsabilità” che Hans Jonas considera determinante per far fronte alle derive possibili dell’era della tecnologia digitale e la manipolazione della natura (a cominciare da quella umana).

La tentazione della manipolazione o del diniego di realtà non contraddistingue soltanto il sistema dei media e chi lo gestisce, ovvero il quarto potere. Parte dei ceti politici ed economici dirigenti e forti movimenti sociali sono contraddistinti da una tendenza a sostituire alla “realtà effettuale” un approccio ideologico che la falsifica. Da un lato - magari anche senza richiamarvisi esplicitamente - in continuità con l’ideologia di un partito guida o illuminato di stampo leninista; dall’altro richiamandosi a visioni storicoidentitarie nazionaliste alimentate da una retorica che travisa i fatti. Il monito sulla necessità di riaffermare il primato della “realtà effettuale” che Niccolò Machiavelli aveva lanciato cinquecento anni fa per sottrarre la politica alla manipolazione del politicamente corretto dell’epoca andrebbe riproposto con forza oggi. Poiché la tentazione del diniego di realtà corrisponde in larga misura ad un rifiuto della complessità e della ricerca faticosa di soluzioni provvisorie ma verificate, per sostituirla con sbrigativi e manichei diktat ideologici. L’epoca che viviamo è rivelatrice di un crescente approccio ideologico o velleitario, non basato sulla realtà effettuale delle cose ma su scenari apocalittici oppure sulla negazione delle evidenze. L’insorgere di una guerra alle frontiere dell’Europa ha mandato in frantumi un prolungato atteggiamento di diniego della realtà che ha impedito all’Europa di vedere che il disfacimento dell’Unione sovietica - senza la realizzazione di un nuovo assetto della politica di sicurezza europea - sarebbe stato foriero di nuovi e gravi conflitti politici e militari nel nostro continente. Un’incapacità di guardare alla realtà senza occhiali ideologici che non si è lasciata scalfire nelle sue miopi certezze neppure dalla terribile e lunga guerra dei Balcani e dall’intervento militare della NATO che preludevano chiaramente a quanto oggi sta accadendo sotto i nostri occhi in Ucraina.

Aver semplicemente appaltato durante gli ultimi 30 anni agli Stati Uniti la difesa dal leader della ex Unione sovietica Vladimir Putin e allo stesso Vladimir Putin la responsabilità di garantirci buona parte dell’approvvigionamento energetico continentale che cos’è se non la dimostrazione di un’incapacità di considerare la realtà effettuale delle cose?

Al di là degli schieramenti politici tradizionali, lo scontro fra fautori di un approccio ideologico e fautori della realtà effettuale è un banco di prova per i destini della democrazia nella transizione verso una società complessa in cui la tecnologia digitale sta vieppiù svolgendo un ruolo decisivo.

51 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI

IL DRAMMA DI UNA REGINA

Adistanza di cinque anni dal debutto assoluto de Il barbiere di Siviglia (2018) il LAC ha scelto confrontarsi con un’altra impegnati -

va opera lirica, coprodotta con l’Associazione “I Barocchisti”, RSI Radiotelevisione svizzera, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Tea -

IL LAC TORNA A PRODURRE UN’OPERA

LIRICA METTENDO IN SCENA, DAL

4 AL 10 SETTEMBRE, ANNA BOLENA, TRAGEDIA IN DUE ATTI DI GAETANO

DONIZETTI, CHE INAUGURA

LA STAGIONE 2023-24. L’OPERA

SARÀ DIRETTA DAL MAESTRO

DIEGO FASOLIS ALLA GUIDA

DE I BAROCCHISTI, CON

LA REGIA DI CARMELO RIFICI

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tro Comunale di Modena, in collaborazione con LuganoMusica. Dopo il debutto al LAC (lunedì 4 settembre e repliche mercoledì 6, venerdì 8, domenica 10), l’opera effettuerà una tournée nelle sedi dei teatri che partecipano alla coproduzione. Anna Bolena rappresenta una delle vette più alte della produzione operistica di Donizetti e dell’opera romantica in generale. Ispirata al dramma Henri VIII di Marie-Joseph Blaise de Chénier, debuttò al Teatro Carcano di Milano il 26 dicembre 1830 ottenendo uno straordinario successo che oscurò la contemporanea proposta scaligera. Donizetti la compose di getto, in soli trenta giorni, per il soprano che ne fu protagonista, Giuditta Pasta, – a cui ora è intitolato il Teatro della sua città natale, Saronno – e dal tenore Giovanni Battista Rubini, entrambi vere e proprie leggende dell’opera lirica di inizio Ottocento. Nonostante il successo iniziale, l’opera uscì gradualmente dal repertorio fino a quando, nel 1957 al Teatro alla Scala, Maria Callas le regalò una vera e propria se -

conda vita grazie ad una memorabile interpretazione, nell’allestimento diretto da Gianandrea Gavazzeni con la regia di Luchino Visconti. Anna Bolena è la trentaquattresima delle oltre settanta opere del catalogo donizettiano e si presenta come una tragedia lirica in due atti ispirata alla storica vicenda della seconda moglie del re d’Inghilterra Enrico VIII, ambientata nel 1536 presso il Castello di Windsor (I atto) e le prigioni della Torre di Londra (II atto). In occasione di Anna Bolena , Felice Romani e Gaetano Donizetti, pur avendo già collaborato, si misurano con la tragicità di un soggetto squisitamente romantico in grado di consolidare un gusto che porterà di lì a poco lo stesso Donizetti a scrivere ad un committente in questi termini: «Voglio amore, che senza questo i soggetti sono freddi, e amor violento». È stato peraltro osservato come gli autori, pur non portando in scena il patibolo, abbiano in ogni caso rappresentato la condanna a morte di una regina, evidenziando un messaggio simbolico di

contrasto nei confronti del potere oscurantista e reazionario delle monarchie dell’epoca condannate inesorabilmente alle riforme democratico costituzionali o alla definitiva dissoluzione dagli inarrestabili moti libertari della prima metà dell’Ottocento. Affrontando la regia di Anna Bolena , Carmelo Rifici ha sottolineato come «la bellezza di quest’opera sta nella sua capacità ed elevatezza drammatica. Il libretto di Felice Romani non è solo di grande supporto alla musica, qui magistrale di Donizetti, ma per la prima volta riesce a creare, insieme ad essa, un personaggio tragico a tutto tondo: Anna, vero fulcro drammatico di tutta l’opera, esprime una forza espressiva mai raggiunta in precedenza dal Romani. Non solo, la precisione psicologica dei personaggi, la capacità drammatica dei duetti, l’introspezione, così puntuale nel percorso che conduce Bolena alla morte, grazie alla sorprendente cabaletta, rendono quest’opera quasi unica. Sicuramente un punto di arrivo per lo stesso Donizetti.

Quest’opera per un regista è una sfida

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davvero interessante. Fuori dalle opere ‘conosciute’ dal grande pubblico, in assenza di arie famose, la via crucis di Bolena si dispiega davanti ai nostri occhi in tutta la sua ‘oggettiva coerenza drammatica’. Qui bel canto e interpretazione magicamente si sposano».

Recentemente insignito del prestigioso Premio Doron per il suo lavoro con I Barocchisti ed il Coro della Radiotelevisione svizzera, il Maestro Diego Fasolis torna dunque a dirigere un’opera al LAC insieme a I Barocchisti che, sempre con l’impiego di strumenti storici, eseguono spesso pagine del repertorio operistico ottocentesco in collaborazione con il Coro della Radiotelevisione svizzera. Anche in occasione di Anna Bolena , Diego Fasolis dirigerà i due ensemble utilizzando il diapason dell’epoca a 430 hz che rende più confortevole e morbido il canto.

Carmelo Rifici firma la regia dell’opera confermando la fiducia al team creativo che accompagna il suo lavoro da anni: lo scenografo Guido Buganza, la costumista Margherita Baldoni, il disegnatore luci Alessandro Verazzi, il coreografo Alessio Maria Romano. Il cast si compone di Carmela Remigio (Anna Bolena) – ruolo grazie a cui ha vinto nel 2016 il prestigioso Premio Abbiati come miglior cantante al Festival Donizetti Opera –, Marco Bussi (Enrico VIII), Arianna Vendittelli (Giovanna Seymour), Ruzil Gatin (Lord Riccardo Percy), Paola Gardina (Smeton), Marcello Nardis (Sir Hervey), il resto del cast è in via di definizione.

In occasione della produzione lirica Anna Bolena , il servizio di mediazione culturale del LAC, nell’ambito di LAC edu, presenta un calendario di proposte per avvicinare il pubblico agli aspetti musicali, storici e drammaturgici dell’opera di Gaetano Donizetti attraverso incontri, conferenze e proiezioni. Un’opportunità di addentrarsi nel mondo della monarchia inglese del Cinquecento e scoprire le peculiarità musicali di Donizetti, grazie

alla voce dei protagonisti del progetto e agli approfondimenti di specialisti in ambito musicale e divulgativo. Completano la proposta momenti più informali dedicati alle famiglie e ai ragazzi, e una rassegna cinematografica incentrata sulla figura di Anna Bolena e la dinastia dei Tudor. Programma dettagliato su www.luganolac.ch

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01 Diego Fasolis Ph: © D. Vass 02 Anna Bolena, Bozzetto, Sir Hervey Costumi di Margherita Baldoni Anna Bolena 03 Coro RSI 04 I Barocchisti 05 Anna Bolena, Bozzetto Scene di Guido Buganza 06 Anna Bolena 07 Enrico VIII 06 07
LAC Lugano Arte e Cultura
11.07 | Piazza Luini Lugano 12.07 | Piazza Luini Lugano

LA MOSTRA IN CORSO ALLA PINACOTECA CANTONALE

GIOVANNI ZÜST DI RANCATE (02.04.2023-03.09.2023) TORNA

A METTERE IN LUCE, CON UN APPROCCIO ORIGINALE E CON

SGUARDO COMPLESSIVO, UN ARTISTA SIGNIFICATIVO DEL NOVECENTO

TICINESE, FILIPPO BOLDINI (19001989), RIPROPONENDO IL FASCINO

DELLE SUE LUCI SOFFUSE, DELLE

SUE TRASPARENZE, DELLE

SUE GEOMETRIE TALVOLTA QUASI

NEOCUBISTE. INTERVISTA AD ALESSANDRA BRAMBILLA, CURATRICE DELLA MOSTRA, STORICA DELL’ARTE E COLLABORATRICE

SCIENTIFICA DELLA PINACOTECA, AUTRICE ANCHE DI UN PREZIOSO

TESTO NEL BEL CATALOGO CHE

RILUCE DI MOLTISSIME RIPRODUZIONI

DI OPERE DELL’ARTISTA.

DI MICHELE FAZIOLI

FASCINO DISCRETO E DELICATO

La carriera di Boldini è stata singolare e in costante evoluzione, anche perché di fatto egli fu un autodidatta senza studi accademici ma certamente nutrito e seguito da alcuni importanti artisti-maestri anziani nel Ticino e poi aprendosi sempre a un continuo confronto, ricco di influenze, con alcuni grandi nomi dell’arte contemporanea e del passato. La mostra ha il merito di restiture la giusta attenzione a un artista che ha abitato con la sua lunga vita quasi tutto il Novecento (nacque con il secolo, morì nel 1989) e ha assunto una propria personalità riconoscibile e persino ben godibile. Una delle sale è dedicata agli amici “di penna e di pennello”: infatti è stupefacente oggi annotare come fra gli anni ’50 e ’80 fosse nata in Ticino una sorta di circolo spontaneo, solidale e fervido, fra artisti e scrittori nostri che tessevano rapporti di amicizia vera, di stima, di consigli e presentazioni reciproche.

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Filippo Boldini nel suo atelier 1960 ca.

02

Fiori

1957

Olio su tavola Comune di Paradiso

03

Ritratto della figlia Annaly

1933

Olio su tela

Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Collezione Città di Lugano.

Donazione Filippo Boldini (1985)

04

Interno con figura

1982

Olio su cartone telato Comune di Paradiso

56 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 CULTURA / PINACOTECA ZÜST
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Come si situa Filippo Boldini nella realtà artistica ticinese del Novecento? Si può attribuirlo in qualche modo a un gruppo, a una corrente, a una appartenenza anche vaga a qualche “scuola” pittorica? O fu un solitario? «Negli anni in cui è stato attivo Boldini erano nati nel Ticino diversi gruppi e sodalizi artistici, dalla durata varia, come I Solidali, il Gruppo Terrarossa, il Gruppo della Barca, ai quali però il nostro non ha mai aderito. Non è corretto tuttavia definirlo un solitario, in quanto diversi dei partecipanti diventeranno suoi amici e lui amava frequentare una seppur selezionata cerchia di essi. Ha comunque sempre mantenuto una sua linea autonoma, frutto delle sue riflessioni. Come ha giustamente rilevato Piero Bianconi nel 1959, «Boldini medita e dipinge in vista della poca acqua del Cassarate, conosco quel suo studiolo lustro e pulito come il salottino buono d’una donna di casa, odoroso d’ordine se si può dire, senza l’ombra di romanticheria bohème o di estetismo; come del resto lui il pittore, nessuna posa esterna, ma una dedizione mirabile alla sua vocazione di artista […] con un che quasi di monastico, di ascetico […]; Boldini assomiglia alla sua pittura”. Naturalmente si confrontava con i grandi nomi della storia dell’arte, come era solito egli stesso ricordare: il Quattrocento toscano con Beato Angelico e Masaccio, Cézanne, Braque, Giorgio Morandi, Carlo Carrà e il Novecento italiano, riuscendo però sempre a trovare una propria via originale e intimamente sentita, che corrispondesse alle istanze del suo animo».

Quali sono, in breve, i pregi, le peculiarità tecniche ed espressive e il merito pittorico di Boldini?

«Boldini compie una evoluzione continua nel corso della sua lunga vita, mai pago dei risultati raggiunti e sempre pronto ad approfondire la sua ricerca artistica. Le opere forse più conosciute,

quelle che tutti hanno negli occhi e nel cuore, appartengono all’ultimo tratto del suo percorso, quello successivo alla fama raggiunta intorno ai sessant’anni, e che ci portano a una tendenza alla scomposizione delle forme sempre più marcata coniugata, negli anni Ottanta, a uno schiarirsi della tavolozza. Non nel disegno ma nel colore si rintraccia il suo campo espressivo di riferimento, mentre per quanto riguarda i temi, la rappresentazione dei fiori – di campo, umili, delicati – è una costante che lo accompagna per tutto l’arco della sua carriera artistica. Ad essi si accostano ritratti, nature morte, paesaggi, tutti rigorosamente ticinesi: testimonianza del suo affetto sincero per il territorio, che diventa struggente di fronte alla sua distruzione in nome del progresso».

Si è parlato di un Boldini appartato, discreto, silenzioso. Sembrerebbe il segno distintivo di un certo isolamento, persino di una solitudine, però la mostra alla Pinacoteca Züst rivela una trama non formale e non convenzionale di rapporti fervidi sul piano culturale.

«Questo è proprio uno degli aspetti che sono stati maggiormente indagati in mostra e nel saggio che ho pubblicato in catalogo. Si ripetono sempre, per Boldini, gli aggettivi da lei citati. Eppure già Barzaghini aveva rilevato che «a essere scambiata per volontà d’isolamento era soltanto la sua incapacità di prender parte alla vita mondana». Era riservato Boldini, amava la tranquillità della sua casa-atelier in viale Cassarate

6 a Lugano, la compagnia discreta della moglie e i suoi affetti, pochi, ben selezionati, ma profondi e sinceri. Non era isolato Boldini. Al contrario, si trova al centro di una rete di rapporti di stima e amicizia con tutti i principali attori della scena culturale ticinese dei suoi anni. Chissà, forse era la signorilità che traspariva dai suoi modi, la serenità malinconica del suo piglio o la serietà nell’affrontare la questione creativa, fatto sta che critici, poeti, storici,

tutti lo rispettavano e trattavano con deferenza, da Bianconi a Gilardoni, da Giorgio Orelli a Remo Beretta, da Mario Agliati ad Adriano Soldini, solo per citarne alcuni. Da non dimenticare anche gli intensi rapporti con gli altri artisti – che si sostenevano, anche sulla stampa, e talvolta si ritraevano a vicenda – tra cui Giuseppe Foglia, Carlo Cotti, Mario Bernasconi, Pietro Salati, Mario Moglia, Giovanni Genucchi, Ubaldo Monico, Nag Arnoldi. Anche la diceria secondo cui aveva partecipato a poche esposizioni è stata definitivamente sfatata: in calce al catalogo pubblichiamo il corposo elenco delle rassegne alle quali ha esposto, redatto da Mariangela Agliati Ruggia».

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Quale il criterio espositivo adottato per questa mostra, e con quale motivazione e proposito l’avete scelto? «Dopo le prime sezioni introduttive, che inquadrano la formazione e la rete di rapporti con intellettuali e artisti – si espone una nutrita serie di opere che lui aveva loro donato, spesso con una dedica, e che quasi sempre vengono presentate al pubblico per la prima volta – in mostra si incontra una sala che indaga un aspetto finora poco conosciuto dell’attività di Boldini, ovvero la sua partecipazione a concorsi pubblici per decorazione murale, soprattutto attraverso una quindicina di bozzetti inediti appartenenti a una collezione privata. Grazie agli studi condotti in questo frangente da Cristina Brazzola, è emerso come anche Boldini, al pari di molti colleghi, abbia cercato di sfruttare le occasioni lavorative fornite da questo genere di produzione, in anni non facili per ottenere commissioni e piazzare sul mercato le proprie opere. Il nostro si mette in gioco, partecipa e spesso ottiene riconoscimenti, classificandosi ai primi posti. Non riesce però

mai ad aggiudicarsi un incarico. Il percorso prosegue con una sezione dedicata alla figlia Annaly, morta a soli ventisei anni e ritratta a più riprese dall’affettuoso padre. Infine, la “sala delle capriate”, organizzata tematicamente, accompagna il visitatore attraverso il cospicuo corpus di opere di proprietà del Comune di Paradiso e del MASI. Si è deciso di compiere questa scelta per valorizzare le importanti donazioni che il pittore ha fatto al suo Comune di origine (circa duecentottanta dipinti e disegni, oltre a quattro sculture), alla Città di Lugano e allo Stato del Cantone Ticino, affiancandole ad alcuni dipinti acquistati da queste ultime due istituzioni nel tempo. Ne esce un quadro a nostro parere completo dello sviluppo dell’arte di Boldini attraverso i decenni. Nel catalogo abbiamo pubblicato l’inventario a colori di tutte le opere oggetto dei lasciti del pittore alle collezioni pubbliche luganesi».

Come si “costruisce” una mostra su temi come questo? Ci racconti un po’ i “dietro le quinte” del vostro lavoro…

«Come sappiamo Boldini non era certo un pittore sconosciuto prima di questa rassegna: era infatti già stato oggetto di mostre e pubblicazioni. Il nostro lavoro è quindi ripartito dalle fonti, con l’intento di fare chiarezza sulla sua personalità umana e artistica. Abbiamo quindi svolto lo spoglio completo dei quotidiani, alla ricerca della benché minima notizia che ci aiutasse a gettar luce su aspetti inediti, abbiamo consultato gli archivi – l’Archivio di Stato e quello del pittore, di proprietà del comune di Paradiso e conservato a Villa dei Cedri a Bellinzona –, ci siamo confrontati di persona con chi lo aveva conosciuto, contattando gli amici e i loro discendenti. Ne è emerso, come abbiamo visto, un quadro ricco e variegato che ci permette oggi di conoscere più da vicino e in modo approfondito l’artista. In fin dei conti, il nostro lavoro assomiglia da vicino a quello di un detective, pronto a seguire le più labili tracce per scovare dati anche minimi che costituiscono però tessere fondamentali per la ricostruzione di un puzzle».

IL DOLORE PER L’AMATA FIGLIA PERDUTA

«L’uomo Filippo Boldini, dotato di signorilità e discrezione, ebbe tuttavia la quieta e appartata vita ferita da un aspro dolore: egli conobbe la prova durissima di perdere una figlia unica molto giovane, avuta con la moglie Maria Juon, detta Marily, di 12 anni maggiore di lui. Nel 1927 alla coppia era nata una bambina, Anna, detta Annaly. L’artista amò naturalmente molto quella figlia e molte volte la ritrasse, cogliendola nelle varie età. Purtroppo la ragazza fu colpita, ancor prima dei vent’anni, da una terribile forma di malattia degenerativa con paralisi e i genitori la videro soffrire e spegnersi a soli 26 anni, nel 1953.

Proprio per sottolineare quel capitolo privato così doloroso della vita di Boldini, la mostra di Rancate ha voluto dedicare una sala alla ragazza, intitolata “La dolce Annaly”, in cui si ammirano i ritratti che Boldini fece della figlia (vedi figura 03).

Questo amore di padre trasmutato dalla tavolozza e dalla creatività alla dolcezza delicata della ragazzina e poi della giovane donna assume agli occhi dello spettatore d’oggi una tenerezza emozionata proprio perché quella ragazza così presente e vivente testimoniata sulla tela morirà giovanissima lasciando un vuo -

to incolmabile nel cuore dell’artista. Questa ferita grave forse fu elaborata, medicata e in qualche modo pacificata negli anni proprio attraverso quella che potremmo definire una sublimazione dentro la fatica e il compimento dell’arte: certe lievità ariose di luci e colori, certa delicatezza di toni e ritmi, certi allargamenti chiari di respiro sui paesaggi sembrano invocare e forse raggiungere una malinconica quiete interiore. Occore aggiungere che nell’ultima parte della vita Boldini (rimasto vedovo a 73 anni, vivrà ancora sedici anni) introduce a sorpresa nei soggetti della sua pittura anche la figura del teschio, abbinata alla trasparenza di vetri fragili e chiari a significare il drammatico contrasto dell’esistenza fra vita e morte. Un quadro presenta, seduta accanto al teschio, la figura di una giovane ragazza (vedi figura 04): come non pensare al perdurare, anche in età avanzata, della memoria dolorosa della giovane vita della figlia rapita dalla morte? Ma in generale la complessiva opera di Boldini possiede una sua grazia delicata, con tenui armonie di colori, luci e forme che sembrano quasi trascendere, nell’ineffabile mistero dell’arte, la durezza cruda del vissuto».

58 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 CULTURA / PINACOTECA ZÜST

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LUGANO BANKING DAY

BANCHE E IMPRESE RAPPRESENTANO

DUE ATTORI FONDAMENTALI

DEL TESSUTO ECONOMICO, IL CUI

RAPPORTO RISULTA CARATTERIZZATO

DA UNA FORTE INTERDIPENDENZA

E COLLABORAZIONE RECIPROCA.

LE SINERGIE TRA QUESTI DUE

PLAYER E LE NUOVE SFIDE CHE

LI ATTENDONO NELL’ATTUALE

SCENARIO GEOPOLITICO SONO

STATE AL CENTRO DELLA TERZA

EDIZIONE DEL LUGANO BANKING

DAY, EVENTO ORGANIZZATO

DALL’ASSOCIAZIONE BANCARIA

TICINESE (ABT) IN COLLABORAZIONE CON IL DIPARTIMENTO DELLE

FINANZE E DELL’ECONOMIA (DFE).

Gli interventi dei keynote speakers hanno permesso di approfondire temi finanziari e imprenditoriali con uno sguardo rivolto alle trasformazioni in atto nel nostro Cantone. È seguita una tavola rotonda con panelists di spessore, in grado di portare il punto di vista di aziende e banche svizzere a conduzione familiare e quotate in borsa, attive sia a livello globale che locale: Vittorio Cornaro, CEO di Cornèr Banca; Lukas Gähwiler, Vice Presidente di UBS Group; Hansueli Loosli, Presidente di Pilatus AG, azienda svizzera attiva nella produzione aereonautica, ed Er -

menegildo Zegna, Presidente e CEO di Zegna Group, gruppo italiano del lusso. Grazie alle loro opinioni ed esperienze personali, i numerosi presenti hanno avuto il privilegio di ascoltare riflessioni interessanti su un ampio ventaglio di temi: dalla storia familiare alla successione in azienda, dalla sostenibilità alla penuria di manodopera, dalle strategie di mercato alle nuove tecnologie.

Piazza finanziaria e operazione

Credit Suisse/UBS

Con la presenza del Vice Presidente di UBS Group, non si è potuto non commentare il tema del momento:

60 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE

l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. D’altronde il presidente ABT non ha voluto «far finta che negli ultimi mesi non sia successo niente» e ha affermato: «La priorità deve essere quella di garantire il successo di questa operazione, nell’interesse del paese, della piazza finanziaria e soprattutto dei collaboratori e dei clienti della banca». Petruzzella ha poi ribadito che la piazza finanziaria rimane solida: «In Ticino, fatta astrazione per il CS, l’anno scorso le nostre banche hanno registrato buoni risultati. Alcuni istituti hanno festeggiato un anno record. Globalmente, dopo anni di calo e poi stagnazione, l’occupazione globale è addirittura leggermente cresciuta». D’altra parte, il Presidente non ha risparmiato le critiche nei confronti della seconda banca svizzera, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei rischi operata negli scorsi anni. Per quanto concerne la regolamentazione da parte della politica, Petruzzella ha sottolineato come la soluzione per evitare che episodi del genere possano ripetersi non risiede nell’innalzamento della quota di fondi propri delle banche, ma in un’oculata gestione dei rischi: «Dobbiamo assicurarci che le banche facciamo il loro mestiere, gestire rischi, e il regolatore abbia il coraggio e sia dotato dei mezzi per intervenire tempestivamente e incisivamente dove questo non viene fatto».

Il Vice Presidente di UBS Group

Lukas Gähwiler, dal canto suo, ha dichiarato: «Non sentirò la mancanza di queste ultime settimane che sono state emotivamente molto cariche». L’acquisizione di CS ha infatti stravolto completamente i piani di UBS e a questo proposito Gähwiler ha ammesso: «Negli ultimi mesi ci eravamo preparati alla telefonata del Consiglio Federale, ma avremmo preferito proseguire con la nostra strategia». Data la presenza del presidente di Pilatus, il consigliere di UBS si è affidato so -

61 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
Alberto Petruzzella Fabio Regazzi Franco Citterio Christian Vitta

prattutto a metafore aereonautiche per descrivere quanto accaduto: «CS era come un aereo che non aveva problemi di motore, eppure è precipitato. In aviazione, quando succede un incidente di questo tipo bisogna prima trovare la scatola nera e poi analizzarla, per capire se vi fosse un problema di progettazione del velivolo oppure del pilota. Come nell’aviazione, le banche sono molto regolamentate e ritengo che non dobbiamo prendere decisioni affrettate bensì mirate». Il sangallese ha poi voluto parlare delle priorità di UBS per l’acquisizione di CS: «Innanzitutto, dobbiamo portare a termine la transazione, perché in questo momento CS non appartiene ancora formalmente a UBS. In seguito,

dobbiamo stabilizzare il business. Infine, dovremo affrontare l’integrazione delle due banche che, soprattutto fuori dalla Svizzera, sarà un esercizio non semplice, vista la varietà di culture». Sulla designazione di Sergio Ermotti quale CEO di UBS, ha spiegato: «In Cda avevamo convenuto che qualora fosse arrivata la telefonata, ci sarebbe stato un solo pilota capace di intervenire in modo risoluto e di comprendere il nostro Paese nonché il Wealth management. Siamo contenti che abbia accettato l’incarico. Il Ticino ora è tornato al centro del mondo finanziario».

Una sostenibilità a vantaggio di tutti

Il Consigliere di Stato e direttore del Dipartimento delle finanze e dell’e -

conomia Christian Vitta ha sottolineato come il DFE abbia individuato nell’innovazione e nella sostenibilità due piste d’azione per favorire una crescita sostenibile e orientata al futuro del tessuto economico e del territorio. In particolare, il tema della sostenibilità tocca da vicino il settore bancario, sia per quanto concerne la sostenibilità interna del settore che l’offerta di prodotti finanziari sostenibili. In questo contesto, le banche attive in Ticino stanno dimostrando grande sensibilità, come emerso anche dallo studio della SUPSI, commissionato dall’ABT, “La sostenibilità nel settore bancario ticinese”, pubblicato nel 2021. Per il Consigliere di Stato il tema della sosteni -

62 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE

bilità rappresenta un’opportunità: «A fronte di una sensibilità diffusa e di un numero considerevole di iniziative messe in campo, le possibilità di sviluppo del tema sono notevoli e possono rappresentare un’interessante opportunità per l’intero settore, contribuendo alla sua competitività e, di riflesso, all’attrattiva di tutto il territorio».

Anche il Consigliere Nazionale e Presidente dell’Unione Svizzera Arti e Mestieri (USAM) Fabio Regazzi ha toccato il tema della sostenibilità, condividendo una riflessione in merito alla regolamentazione per la concessione di ipoteche alle aziende e all’efficienza energetica degli immobili. Regazzi ha espresso preoccupazione in merito alle “Direttive per gli offerenti di ipoteche per la promozione dell’efficienza energetica” emanate da Swissbanking quale autodisciplina nell’ambito della finanza sostenibile.

Secondo Regazzi: «Questa autoregolamentazione crea ostacoli e oneri aggiuntivi alle imprese attive in un mercato globale e dipendenti da condizioni quadro favorevoli». Il rischio è infatti quello che queste nuove regole conducano a costi maggiori e a restrizioni nella concessione dei crediti ipotecari, che rappresentano la forma di finanziamento più diffusa per le piccole e medie imprese.

Il Presidente ABT Alberto Petruzzella ha affermato che l’obiettivo di queste nuove direttive è condivisibile in quanto il processo di rinnovamento del parco immobiliare svizzero va incoraggiato. D’altro canto, solo un’implementazione di buon senso, che eviti che le controindicazioni siano più grandi degli effetti benefici che ci si prefigge, potrà avere successo. Il compito delle banche, ha aggiunto Petruzzella, «deve essere quello di consigliare i clienti sul tema della transizione energetica e non complicare loro la vita». Di sostenibilità si è discusso anche con Ermenegildo Zegna, Presidente

e CEO dell’omonimo gruppo tessile. Il Gruppo Zegna è stato un precursore in questo ambito: fin dal 1910 il fondatore capì che la bellezza dell’ambiente naturale e il benessere delle persone erano indispensabili per un’azienda che aspirava a un successo duraturo. Si rese conto che la qualità che cercava nei suoi prodotti non poteva prescindere da un rapporto positivo con la natura e le persone. Questo impegno si traduce oggi in obiettivi concreti, come spiegato da “Gildo” Zegna: «Entro il 2026 aspiriamo ad avere il 50% delle materie utilizzate per produrre i nostri capi tracciabili. In ciò siamo facilitati in quanto curiamo l’intero processo produttivo». Un progetto chiave che segna l’impegno del brand a concretizzare il sogno di un mondo a zero sprechi è #UseTheExisting: «Si tratta di un progetto innovativo in cui il prodotto viene rigenerato a partire dagli scarti di lavorazione».

Penuria di personale specializzato

Un altro tema del Lugano Banking Day è stato quello riguardante le difficoltà nel reperire personale specializzato, un fenomeno che tocca anche il settore aereonautico, come ha sottolineato Hansueli Loosli: «Al momento Pilatus può contare su 2500 dipendenti ma siamo alla ricerca di 200 nuovi collaboratori. In particolare stiamo cercando meccanici aereonautici certificati, elettricisti e informatici». Loosli ha poi aggiunto: «Credo che l’immigrazione sia stata di aiuto, dobbiamo smetterla di pensare che tutto si possa fare e trovare in Svizzera. Nella nostra azienda, per esempio, ci sono lavoratori di 60 nazionalità diverse. Dobbiamo, inoltre, collaborare con i politecnici e le università per favorire l’inserimento degli studenti nel mondo del lavoro. Infine, vanno entusiasmate le persone e io credo che l’aereonautica e l’aviazione siano un settore interessante per i giovani».

Anche le banche sono toccate dal problema della penuria di personale qualificato. A questo proposito, Vittorio Cornaro ha messo in evidenza che: «Per molte funzioni di base (contabilità, compliance, risk management, ecc.) si fatica a trovare profili qualificati. C’è, inoltre, una penuria cronica di informatici. Nel caso di Cornèr Banca, siamo costretti a rivolgerci a entità esterne». «L’apertura di Alptransit – ha aggiunto – è stata sicuramente positiva, ma è anche vero che ora Zurigo è più vicina e abbiamo perso talenti che preferiscono lavorare per società come Google dove, oltretutto, gli stupendi sono nettamente superiori».

ASSOCIAZIONE

BANCARIA TICINESE

Villa Negroni

CH-6943 Vezia

T. +41 (0)91 966 21 09

www.abti.ch

63 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE

«La nostra banca ha una lunga storia nella Confederazione. Abbiamo iniziato nel 1872, finanziando i trafori dei tunnel di Gottardo e Sempione, ed in seguito dell’intera l’infrastruttura ferroviaria elvetica. Dopo questi esordi, abbiamo sviluppato le nostre attività nella Gestione Patrimoniale, il Wealth Management, espandendoci dalle regioni svizzero-francesi ad entrambe le aree di lingua tedesca ed italofona, dove oggi vengono generati oltre i due terzi del Prodotto Interno LordoPIL della Confederazione. Nei nostri uffici di Ginevra, Zurigo e Lugano assistiamo la clientela High Net Worth Individuals-HNWI, gli Ultra High Net Worth Individuals-UHNWI, ma anche gli imprenditori, i family offices ed i gestori patrimoniali esterni. Il nostro focus è sui clienti internazionali e confederati presenti in Svizzera, con una particolare attenzione all’area svizzero-tedesca. Infine, ma altrettanto importante, abbiamo una solida base di clienti in Medio Oriente, in particolare a Dubai ed Arabia Saudita».

DA 150 ANNI PROTAGONISTA DEL SETTORE BANCARIO IN SVIZZERA

BNP PARIBAS, OLTRE CHE ISTITUTO FINANZIARIO TRA I PROTAGONISTI A LIVELLO MONDIALE, È ANCHE UNA DELLE BANCHE CON LA PIÙ LUNGA PERMANENZA IN SVIZZERA. IN UN MONDO IN CONTINUA EVOLUZIONE, I CLIENTI CERCANO STABILITÀ, COMPETENZA, UN SERVIZIO PERSONALIZZATO, RISULTATI, ED OPERATIVITÀ GLOBALE. «COME BANCA PRIVATA LEADER NELLA EUROZONA, QUESTO È CIÒ BNP PARIBAS OFFRE AL MERCATO SVIZZERO», SPIEGA BEAT BACHMANN, CEO DI BNP PARIBAS WEALTH MANAGEMENT PER SVIZZERA & EMERGING MARKETS.

Come proseguono le vostre attività nel 2023?

«L’andamento è molto positivo. Siamo riconosciuti come banca decisamente solida ed affidabile: è questo il prezioso patrimonio reputazionale che non solo ci aiuta a sviluppare un percorso di crescita, ma altresì consolida il nostro posizionamento strategico sul mercato ed incrementa la nostra massa patrimoniale. Il che, a sua volta, ci permette anche di aumentare il nostro staff operativo. In sintesi, restiamo decisamente positivi sullo sviluppo della nostra attività in Svizzera, nel medio ed anche nel lungo termine».

Quale è la sua opinione sull’attuale posizione della Svizzera come base per il Wealth Management?

«Sono molto ottimista sulla attrattiva della Svizzera come centro internazionale per le attività di Gestione Patrimoniale. È ormai da tempo che la Confederazione conferma la sua preminenza di hub globale per le attività

di Wealth Management. È un privilegio destinato a durare. Alla nostra clientela raccomandiamo di mantenere una visione di lungo termine, di superare le turbolenze quotidiane riportate dai media e, piuttosto, di concentrarsi su una ripartizione strategica del proprio patrimonio. È questa la formula che protegge i clienti da decisioni affrettate. Confermo: sviluppare una buona strategia di asset allocation presso una controparte ed un gestore patrimoniale affidabili, é il miglior modo per superare le incertezze dei mercati».

Cosa distingue il Wealth Management di BNP Paribas dagli altri operatori?

«BNP Paribas dispone di un solido bilancio: questo ci avvantaggia nel fornire ai clienti un ampio ventaglio di soluzioni di finanziamento, ben oltre le dimensioni e le modalità generalmente offerte da una gestione patrimoniale di impostazione tradizionale. In aggiunta, BNP Paribas ha una solida

64 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / BNP PARIBAS

esperienza nel Corporate e nell’ Investment Banking. Il che ci permette di soddisfare ancor meglio le esigenze della nostra clientela, che infatti ha spesso necessità proprio nei settori Wealth Management e Corporate Banking. In Svizzera, la nostra banca riesce a fornire tutti questi servizi secondo un modello one-stop-shop».

Oggi le principali banche mondiali stanno rafforzando i loro bilanci. Ci può commentare la solidità finanziaria di BNP Paribas?

«È un dato di fatto: la nostra affidabilità patrimoniale è impeccabile. Abbiamo un rating S&P A+, Fitch AA- e Moody’s Aa3. Il motivo è sempre lo stesso: diversificazione. Il nostro portafoglio di servizi è ripartito su un ampio numero di attività e su diverse aree geografiche. Per quanto possa apparire scontato, stabilità ed affidabilità finanziaria invece sono proprio quanto gli investitori cercano. Questo è il compito di una banca: quando si intrattengono relazioni con persone facoltose, la loro priorità è evitare di perdere il patrimonio, prima ancora di moltiplicarlo ad ogni costo».

Quale è la politica di BNP Paribas in tema di Responsabilità Sociale d’Impresa-Corporate Social Responsability (CSR)?

«È un imperativo che oggi un wealth manager deve considerare. Parimenti, il vero interrogativo è distinguere tra una reale CSR ed una CSR di facciata, ovvero il greenwashing. È complicato: non tutto quello che oggi riteniamo greenwashing lo era anche in passato. BNP Paribas ha attivato, aggiornandoli costantemente, dei protocolli interni per selezionare le priorità CSR che si confermeranno tali anche in avvenire. Quindi, disponiamo di strategie conformi ai criteri CSR e, oggi come in futuro, lasciamo i nostri clienti liberi di sceglierle. Comunque, confermo che l’interesse della clientela per le priorità CSR è in crescita contante».

Quali gli obiettivi della presenza e le ambizioni di BNP Paribas a Lugano e in Ticino?

«Nello sviluppo della nostra strategia in Svizzera, il Cantone Ticino è importante per due motivi:

• perché vivono imprenditori confederati e famiglie facoltose, di origini svizzera o trasferitesi nel territorio. Chiedono i servizi di BNP Paribas pur avendo già rapporti con altre banche in Svizzera, o in Europa. Li rassicura sapere che una banca come BNP Paribas è uno dei maggiori operatori finanziari europei, ed é pronta ad assisterli;

• inoltre, ci sono anche UHNWI italiani che chiedono di diversificare il loro patrimonio nella Confederazione, per tutta una serie di motivazioni, e nel pieno rispetto di procedure conformi alle normative fiscali ed alle relazioni transfrontaliere. Non sono molte le banche europee disponibili a cooperare con clienti che intrattengono relazioni e conti presso banche in Svizzera. Ma BNP Paribas é in grado di soddisfare questa esigenza. BNP Paribas è fortemente radicata sul territorio italiano, dove seguiamo differenti ambiti economici».

Per svilupparvi in Canton Ticino prevedete di assumere nuovi collaboratori o team?

«Sì, è un obiettivo che rientra da tempo nelle nostre strategie di sviluppo. I recenti cambiamenti nel settore bancario svizzero ci agevolano nel trovare i profili più adatti; ma è ormai da oltre un anno che abbiamo previsto di espanderci in Svizzera e di rafforzare anche il nostro desk in Cantone Ticino. Stiamo già ottenendo risultati. Le notizie degli ultimi tempi hanno ampliato le opzioni a disposizione di BNP Paribas. Siamo pronti al dialogo con professionisti interessati ad entrare nella nostra banca, e che soddisfano i nostri re -

quisiti. Infine, anche il nostro imminente trasferimento nella nuova sede di Via Nassa, previsto questa estate, conferma il nostro impegno nei confronti del Cantone Ticino, ed in particolare di Lugano».

«“ L’ufficio di Lugano”, aggiunge Fabio Spinelli, Site Manager di BNP Paribas Lugano, “è fondamentale per lo sviluppo delle nostre strategie in Svizzera. Sarà la nostra base in Ticino per assistere la clientela locale ed internazionale attiva nella gestione patrimoniale e corporate banking, grazie al nostro approccio One Bank, di banca globale. La nostra nuova sede in Via Nassa è pronta ad accogliere i clienti e tutti gli interessati alle nostre attività, oltre che nuovi profili professionali».

65 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / BNP PARIBAS

ACTIVELY MANAGED CERTIFICATES: UNA STRATEGIA VINCENTE

BANCA CREDINVEST RACCONTA

DI SEGUITO IL FULCRO DEL SUO

MODELLO DI BUSINESS: I CERTIFICATI

A GESTIONE ATTIVA, PRODOTTI

STRUTTURATI DINAMICI CON UNA

GESTIONE DISCREZIONALE DEL

SOTTOSTANTE, CHE HANNO VISTO

UNA RAPIDA CRESCITA NEL

PANORAMA FINANZIARIO DEGLI ULTIMI ANNI.

Prima di tutto occorre classificare gli actively managed certificates. In particolare, per certificati a gestione attiva (o “AMC”) si fa riferimento a strumenti finanziari emersi nel contesto di determinati mercati finanziari, quello svizzero per primo. Dal punto di vista del quadro finanziario, sia nel mercato svizzero sia in quello italiano, i certificati a gestione attiva rientrano nella categoria dei prodotti strutturati, più precisamente, nella specie dei certificates. È complesso identificare una definizione unica, ma possiamo guardare a questa tipologia di certificati come a prodotti negoziabili in cui possono inserirsi strategie di investimento. Gli AMC, anche se per la loro

struttura giuridica rientrano nella classificazione degli strumenti strutturati, sono molto vicini al concetto di fondo comune per via della componente attiva che possiedono. Il potere decisionale del “gestore” nella scelta degli strumenti finanziari che compongono l’indice, è uno degli aspetti principali che distinguono i certificates tradizionali dagli AMC. In generale, i certificates costituiscono strumenti di investimento a gestione passiva, che replicano fedelmente l’andamento del sottostante di riferimento: l’eventuale pagamento delle cedole e il rimborso del capitale investito dipendono dalla performance di una o più attività finanziarie sottostanti quali ad esempio equity o forex.

66 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / BANCA CREDINVEST

Cosa cambia con i certificati a gestione attiva?

Gli actively managed certificates sono caratterizzati da una gestione discrezionale, e pertanto “attiva”, del sottostante. La composizione dell’indice o delle attività sottostanti può cambiare nel corso del tempo in base alle decisioni prese di volta in volta da un soggetto terzo, il cosiddetto gestore del certificato (conosciuto anche come investment manager o index sponsor) o dallo stesso emittente.

Quale è il più grande plus dei certificati a gestione attiva?

Gli actively managed certificates offrono l’opportunità di coniugare i vantaggi dei prodotti strutturati (struttura fiscale favorevole, soglie di ingresso più basse, rapidità nell’emissione, costi inferiori) con le qualità dei fondi di investimento (diversificazione e adattabilità del portafoglio alle molteplici condizioni di mercato).

Banca Credinvest tratta una vasta gamma di Actively Managed Certificates per gestori terzi ed altre banche. In essi è possibile fare trading attivo illimitato di tutte le classi di investimento in un unico portafoglio (azioni, obbligazioni, fondi, ETF, derivati…) convertito in un titolo liquido con

ISIN sia non quotato che quotato in borse valori, disponibile su Bloomberg e acquistabile dai clienti presso la propria banca.

Banca Credinvest propone AMC con tre diversi setup: Banca Credinvest, Guernsey SPV, Luxembourg SPV. Guernsey è il setup con maggior flessibilità e non vi sono restrizioni sui sottostanti. Questi possono essere: azioni, bonds, fondi, ETF, criptovalute, private assets, strumenti illiquidi come opere d’arte etc. Ogni AMC è una cella segregata, e di conseguenza, non vi è rischio contagio tra le celle e nemmeno rischio controparte con la banca. Il setup lussemburghese, anch’esso a comparti segregati, è pensato come una replica di un indice (che viene modificato attivamente in un portafoglio) gestito in modo attivo in un conto in cui Banca Credinvest è broker delle attività sottostanti (nessun rischio di controparte, EU retail compliant, quotato su Borsa Italiana e/o Frankfurt MTF). Perché il Lussemburgo in sé offre dei benefici? Secondo centro di fondi d’investimento al mondo dopo gli Stati Uniti e primo in Europa; leader nella distribuzione transfrontaliera di fondi; ambiente politico e sociale stabile; norme regolamentari e fiscali favorevoli in li -

nea con gli standard internazionali; concentrazione di esperti di fondi d’investimento specializzati nello sviluppo, nell’amministrazione e nella distribuzione dei prodotti; elevata reputazione che aumenta la trasparenza e la fiducia degli investitori. Dunque, un punto di forza che accomuna tutti i nostri AMC è che in tutti e tre i casi il rischio controparte con la banca e di contagio tra le celle viene eliminato: con setup Banca Credinvest mediante la collateralizzazione con SIX, mentre nel caso degli altri due setup attraverso i comparti segregati. Questo consente, in caso di insolvenza di uno dei prodotti del pacchetto, di non impattare sugli altri e di non perdere il proprio capitale. In breve, quindi, i nostri AMC forniscono a tutti gli external asset managers uno strumento flessibile e veloce nell’emissione (time to market di circa 5-7 giorni), senza particolari restrizioni relativamente ad asset classes e concentrazioni con cui gestire gli investimenti dei propri clienti. La nostra vasta esperienza nella strutturazione di AMC ci ha permesso di sviluppare soluzioni che si integrano alla perfezione con tutte le attività connesse che la banca può offrire.

67 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / BANCA CREDINVEST

DOPO IL FALLIMENTO DELLA

SILICON VALLEY BANK E LA CRISI

DEL CREDIT SUISSE UNA DOMANDA

HA COMINCIATO AD AGGIRARSI

TRA GLI OSSERVATORI DELLA FINANZA

E NON SOLO: SIAMO DI FRONTE

AD UNA CRISI SISTEMICA E COSA

DOBBIAMO ASPETTARCI NEI PROSSIMI MESI? LA RISPOSTA HA PROVATO A

DARLA, NEL CORSO DI UN WEBINAR

ORGANIZZATO DA RULING COMPANIES

E A CUI HANNO PARTECIPATO

OLTRE 200 ESPERTI DEL MONDO

FINANZIARIO E IMPRENDITORIALE, L’ECONOMISTA ANTONIO FOGLIA, VICEPRESIDENTE DEL CDA

E AZIONISTA DI BANCA CERESIO.

QUANTO SONO SOLIDE LE BANCHE?

Le cronache delle scorse settimane sono state dominate dalle vicende relative al sistema bancario soprattutto negli Stati Uniti e in Svizzera e agli effetti collaterali della politica di rialzo dei tassi delle banche centrali, messa in atto per fermare l’inflazione «raffreddando» però al tempo stesso l’economia. Governi e banche centrali si sono affrettati a dire che questi non sono avvenimenti «sistemici» e che il sistema bancario è solido. Da più parti tuttavia sono emerse perplessità riguardo al fatto che le scelte compiute per gestire questa crisi siano state quelle più opportune.

L’economista e banchiere Antonio Foglia ha argomentato la sua dettagliata analisi esprimendo alcuni dubbi sulla solidità patrimoniale delle grandi banche, rilevando come le ultime tre importanti crisi bancarie abbiano coinvolto istituti che rispettavano tutti i requisiti di capitalizzazione in termini di Tier 1 previsti dagli accordi di Basilea III, senza tuttavia impedire una crisi di fiducia e poi di liquidità soprattutto nel caso del Credit Suisse. Per quanto riguarda la Silicon Valley Bank (SVB) si sono poi aggiunti problemi dei regolatori che hanno permesso di non contabilizzare in tempo reale il valore degli attivi a quello di mercato.

In altre parole, le cause della crisi andrebbero ricercate in buona misura in una non adeguata regolamentazione del settore finanziario e non va dunque attribuita ad un eccesso di liberismo in campo finanziario, ma all’esatto contrario, in quanto le banche

coinvolte non avevano infranto i minuziosi regolamenti prudenziali cui erano sottoposte. La crisi è stata piuttosto causata dalle stesse norme che le autorità che dovevano prevenirla hanno imposto alle banche. Economia e la finanza sono sistemi dinamici complessi, difficili da controllare, e gli effetti degli interventi regolatori risultano spesso essere controproducenti. Cosi, anni dopo la prima grande crisi finanziaria, gli errori di regolamentazione delle banche non sono ancora risolti. Anzi al contrario, il mercato monetario è frammentato e alcuni shock che si sono già visti dimostrano che i regolatori non hanno ancora imparato la lezione: un sistema dinamico con troppe regole rigide diventa più fragile, non più forte. Una ulteriore dimostrazione di questo assunto è data dal fatto che gli operatori meno regolamentati ma più responsabilizzati, come gli Hedge Funds, si sono dimostrati più resilienti alla crisi.

In merito poi al salvataggio di Credit Suisse, Antonio Foglia ha rilevato di non avere elementi per non credere che i bilanci siano veritieri e di conseguenza ha espresso perplessità sui numeri dell’operazione di salvataggio sull’istituto elvetico ad opera di UBS. Sborsare, seppure unitamente alla presenza di una linea di liquidità da 100 miliardi di franchi da parte della Banca Nazionale Svizzera, solo 3 miliardi è stato giudicato un controsenso. Credit Suisse risulta infatti avere 39 miliardi di capitale e 99 miliardi di Tlac (Total loss absorbing capacity). A proposito invece degli interventi delle Banche centrali per contrastare

68 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 FINANZA / RULING COMPANIES

la crescita dell’inflazione, la stabilità dei prezzi sembra essere prioritaria rispetto a quella del sistema finanziario, confermando la prosecuzione di una politica monetaria restrittiva. Il tasso guida sul franco è salito di un altro mezzo punto all’1,5% che può apparire poco, ma soltanto nove mesi fa era al –0,75%. Il balzo è stato molto ampio e rapido. Da un paio d’anni ormai il franco prosegue il suo trend di rafforzamento contro l’euro. Spesso gli analisti giustificano i movimenti della valuta elvetica con la sua qualità di «bene rifugio» di fronte ai rischi geopolitici tanto temuti dai mercati. Il fenomeno ha invece radici completamente diverse ed è destinato a proseguire. Sono gli stessi svizzeri a comprare i franchi, assieme agli “Stati canaglia”, che acquistano la moneta elvetica per diversificare le loro riserve in euro o dollari, soggette ad eventuali sanzioni dagli USA o dall’UE. In par -

ticolare gli acquisti vengono effettuati dagli investitori istituzionali svizzeri come i fondi pensione che vogliono tutelarsi dal rischio di cambio. Infatti la Svizzera, dato che esporta molto, ha un forte surplus della bilancia delle partite correnti e quindi non può che investire una buona parte dei propri risparmi fuori dalla Svizzera. Aumentare ancora il costo del denaro sarebbe come sventolare un drappo rosso davanti agli appetiti della speculazione, con il rischio di far salire l’attrattività del franco per gli investitori stranieri e di scatenare effetti dirompenti per l’economia. Una soluzione sarebbe quella di lasciare apprezzare il franco fino alla parità con l’euro, così da indurre i fondi pensione ad assumersi il rischio valutario di altre monete. Di fatto, l’Eurozona manca ancora di un modello funzionante che includa un’unione bancaria e un’unione dei trasferimenti per convogliare finanzia -

menti privati e pubblici. Finora è intervenuta la BCE in caso di crisi, ma la frammentazione del sistema bancario europeo continua a minare l’integrità del mercato comune. Ad esempio le singole banche centrali da una parte continuano a svolgere funzioni che spetterebbero alla BCE, e dall’altra impediscono alle banche commerciali di diversificare il rischio Paese sulla loro liquidità. Di conseguenza, bisognerebbe spezzare questo legame tra le banche e gli Stati nazionali, in modo da incentivare i singoli istituti a diversificare la raccolta e gli investimenti dei fondi nei vari Paesi.

La nuova annata del nostro Rosé è arrivata: uno dei tanti motivi per venire a trovarci in cantina.

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Premiato tra i migliori Rosé al concorso internazionale World of Rosé 2021 e 2022

Podio al Grand Prix du Vin Suisse 2022

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Il nostro Rosé. Unico, come la terra da cui nasce.

DONNE SEMPRE PIÙ INDIPENDENTI ANCHE IN CAMPO FINANZIARIO

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TICINO DI CREDIT SUISSE SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DI UNA MIGLIORE

DIFFUSIONE DELLA CULTURA FINANZIARIA TRA LE DONNE E AVANZA ALCUNI

CONSIGLI PER LA PROTEZIONE DEI PROPRI INVESTIMENTI.

La nuova realtà economica è caratterizzata da un’elevata inflazione e da regimi di politica monetaria che privilegiano la stabilità dei prezzi rispetto alla crescita. Ne risultano tassi d’interesse più elevati e un rallentamento della crescita. Questo nuovo contesto rende necessario riesaminare la propria strategia d’investimento.

meno e a tenere maggiore liquidità in conto. Quindi negli ultimi anni hanno beneficiato meno delle opportunità di crescita del patrimonio in seguito agli interessi pari a zero o negativi, per cui la quota in liquidità non generava praticamente reddito».

In che misura l’attuale inflazione rischia di erodere il valore degli investimenti e quali previsioni si possono fare per i prossimi mesi?

In un mondo in rapida trasformazione dove equilibri economici e sociali che sembravano essere definitivamente consolidati sono invece ripetutamente messi in discussione, perché le donne dal lato degli investimenti pagano il prezzo più alto delle crisi? «Nell’ultimo anno, la geopolitica è tornata a essere un fattore chiave dell’economia globale. Il confronto tra Occidente e Russia sull’Ucraina

ha innescato una crisi energetica e un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari. Lungi dal normalizzarsi, il commercio internazionale si è riorganizzato in base alle alleanze politiche, creando un mondo più multipolare. Questo ha portato a una nuova realtà economica, con un’inflazione elevata e un regime di politica monetaria che privilegia la stabilità dei prezzi rispetto alla crescita. Siccome le donne generalmente sono più avverse al rischio, tendono a investire

«I tassi d’interesse attuali rappresentano una buona notizia per chi mantiene un’alta quota di liquidità soprattutto in periodi di incertezza e ciò, secondo la nostra esperienza, vale in particolare per le donne che preferiscono tenere molta liquidità. D’altra parte, la liquidità può essere attrattiva a breve termine, ma non garantisce rendimenti a mediolungo termine. Infatti, l’inflazione erode il potere d’acquisto del denaro. Per esempio, se calcoliamo un’inflazione del 5%, tra 15 anni con la stessa banconota potremmo acquistare solo metà dei beni o servizi rispetto a oggi».

Perché Credit Suisse ritiene essenziale sensibilizzare le donne sulla necessità di rivalutare i loro piani di investimento, tenendo conto delle esigenze e dei vincoli determinati anche dai cambiamenti del ciclo di vita?

«A volte alle donne manca un quadro di riferimento per iniziare a investire. L’investimento nel ciclo di vita può fornire un utile punto di partenza. Gli

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obiettivi di investimento e i parametri di rischio sono spesso diversi a seconda della fase del ciclo di vita di una donna. Ad esempio, le donne tra i venti e i trent’anni non hanno lo stesso reddito e gli stessi risparmi delle donne di quaranta o cinquant’anni. Il loro obiettivo principale potrebbe essere quello di accrescere la ricchezza piuttosto che di conservarla. Quindi il loro orizzonte di investimento è più lungo e la loro propensione ad assumere rischi di investimento potrebbe essere più elevata. Le donne in età più matura, invece, generalmente hanno orizzonti di investimento più brevi e un desiderio naturale di assumere rischi più moderati. È quindi importante valutare come allineare le strategie d’investimento e l’asset allocation alle principali esigenze e alle possibilità individuali nelle varie fasi della vita».

Quali linee guide andrebbero seguite da parte di una donna che sceglie di pianificare in modo equilibrato il proprio portafoglio?

«In Credit Suisse esistono cinque strategie d’investimento chiave che corrispondono a diversi profili di rischio dell’investitore e che spieghiamo nel corso di un processo di consulenza strutturato. La maggior parte delle investitrici di mezza età tende a identificarsi con la strategia equilibrata, ossia diversificata e bilanciata, con un profilo di rischio generalmente medio. Indicativamente con questa strategia circa metà del patrimonio potrebbe essere investita in azioni, un terzo in obbligazioni e il rimanente in investimenti alternativi e liquidità. Nel corso del tempo, tuttavia, questa strategia andrebbe rivista in base all’evoluzione delle esigenze».

Quale rapporto Credit Suisse consiglia di stabilire tra attività finanziarie non finanziarie, in particolare per quanto riguarda l’aggiunta diretta di beni immobili o oggetti da collezione come parte dei propri investimenti?

«Avere una casa o un appartamento proprio rappresenta spesso un sogno da realizzare per molte donne e va analizzato separatamente soprattutto in termini di sostenibilità a lungo termine dell’investimento. Oggetti da collezione come opere d’arte, gioielli, borse di lusso, orologi oppure vini e auto d’epoca possono essere interessanti perché potrebbero corrispondere agli interessi e alle passioni delle investitrici. Gioielli, orologi e borsette di Chanel generalmente conservano e aumentano il loro valore nel tempo e hanno una bassa volatilità. Vini, auto d’epoca e l’arte in generale hanno un rischio medio paragonabile alle obbligazioni, con una volatilità maggiore. L’arte contemporanea ha un rischio decisamente maggiore, con la possibilità di un rendimento superiore. Dunque, le attività non finanziarie possono rappresentare un interessante complemento agli investimenti finanziari, ma non li sostituiscono. Necessitano in ogni caso di conoscenze approfondite e spesso non sono liquidabili immediatamente».

In che modo andrebbe valutato l’impatto delle criptovalute nei portafogli, da parte di donne investitrici più propense al rischio? «Sono soprattutto le generazioni più giovani che chiedono informazioni in merito alle criptovalute. È importante notare che gli indici azionari dei mercati emergenti più volatili hanno fluttuazioni medie annue di circa il 30%, mentre Bitcoin ha una volatilità media annua superiore al 200%. Quindi includerlo in un portafoglio equilibrato ne incrementa in maniera drammatica la volatilità. Per questo motivo non includiamo le criptovalute nei nostri portafogli gestiti».

L’obiettivo della sicurezza e dell’indipendenza finanziaria può essere garantito da attività a reddito fisso che possano offrire rendimenti interessanti fino alla scadenza?

«La nostra esperienza dimostra che proprio le donne spesso scelgono strategie di investimento a reddito con una preferenza per il reddito fisso. Negli anni passati, questa preferenza ha avuto come conseguenza che le donne sono rimaste indietro rispetto ai loro coetanei maschi in termini di accumulo di ricchezza, a causa dell’elevata prevalenza di strategie di investimento incentrate sul reddito fisso che ha generati rendimenti negativi o molto bassi. Non è l’unica ragione, ma una delle tante che spiega come mai i patrimoni delle donne crescono meno. Attualmente i rendimenti obbligazionari sono di nuovo a livelli tali che rappresentano una proposta di investimento interessante per qualsiasi tipo di investitore. Naturalmente, esistono molteplici possibilità di investimento diverse dalle obbligazioni e le donne dovrebbero cercare attivamente opportunità nell’intero universo di attività finanziarie (azioni e investimenti alternativi), in base alla strategia di investimento più adatta alle loro esigenze e al loro profilo di rischio».

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Dafne Outdoor Collection Table / Marina Chairs / Afrodite
MILANO Flagship Store Via della Moscova, 53 rugiano@rugiano.it rugiano.com
Carlo Colombo Architetto e Designer protagonista del salone del mobile 2023

UNO SGUARDO SUL FUTURO DELL’ ABITARE

IL 61° SALONE DEL MOBILE DI MILANO 2023, SI È CONFERMATO ESSERE IL PRINCIPALE PUNTO DI RIFERIMENTO

A LIVELLO MONDIALE PER TUTTO IL SETTORE DELL’ARREDAMENTO E DEL DESIGN, PER SCOPRIRE LE NUOVE TENDENZE E PER TOCCARE CON MANO COME EVOLVE IL MODO DI PROGETTARE E VIVERE LA CASA.

Oltre 307.000 le presenze registrate alla 61ª edizione del Salone del Mobile di Milano, che con un +15% rispetto al 2022 sanciscono il successo del nuovo format della manifestazione, confermando la forza catalizzatrice dell’evento: i numeri registrati comprovano e, addirittura, superano così quanto previsto dagli addetti ai lavori. Dopo anni di incertezza, la rassegna è tornata in tempi post-pandemici ad accogliere il pubblico straniero, con il 65% di buyer e operatori di settore proveniente da Paesi d’oltreconfine (Cina in prima fila, seguita da Germania, Francia, Stati Uniti, Spagna con Brasile e India a pari merito).

«Siamo soddisfatti di come siamo riusciti a mettere al centro il visitatore, che con facilità ha gestito i proprio percorsi e incontrato le aziende desiderate; di aver proposto a chiunque si trovasse in fiera momenti di conoscenza e crescita grazie ai tanti

talk e tavole rotonde e alle mostre di Euroluce», ha commentato Maria Porro, Presidente del Salone del Mobile Milano. Mostre che, curate da Beppe Finessi sotto il titolo The City of Lights, hanno trasformato l’allestimento della biennale dedicata all’illuminazione in una promenade narrativa.

«L’edizione di quest’anno di Euroluce - commenta l’architetto Carlo Colombo - ha evidenziato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, come la luce rivesta un ruolo fondamentale nell’architettura, e nell’interior design ma anche nell’allestimento di ambienti outdoor: le numerose proposte che le aziende hanno presentato al Salone dimostrano come le installazioni luminose possono modificare radicalmente l’at-

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SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 01 02

mosfera e la percezione di uno spazio, rendendolo accogliente e funzionale, ma soprattutto consono alle esigenze e sensibilità dell’abitare contemporaneo».

Richiesto di sintetizzare in due parole quali elementi hanno caratterizzato questa edizione 2023, l’arch. Carlo Colombo ha risposto: «Sostenibilità e internazionalizzazione. Il rispetto per l’ambiente ha ormai raggiunto un punto di non ritorno e lo si è visto non soltanto nella ricerca di materiali innovati, sostenibili e riciclabili, ma anche in un’attenzione particolare ai processi produttivi, al consumo di energia, alla riduzione di qualsiasi forma di inquinamento. Il secondo aspetto riguarda invece

quella vocazione internazionale che deve essere il punto di partenza per un ogni approccio progettuale, fondamentale per ottenere un design sempre più fluido e smart, indispensabile alla realizzazione di prodotti destinati ad un mercato globale. Tutto ciò non può in caso prescindere dal fatto che qualsiasi prodotto, deve essere prima di tutto pensato per le persone: il design implica infatti un insieme di memoria, funzione, emozioni e sapere, e la responsabilità ambientale, economica e sociale sono le priorità dalle quali partire».

L’appuntamento è al prossimo anno, quando il Salone del Mobile.Milano 2024 andrà in scena dal 16 al 21 aprile.

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I marmi antichi arricchiscono la collezione AntonioLupi, Albume di Carlo Colombo. Lavabi iconici dalla forte personalità, la sovrapposizione di diverse forme geometriche definisce un delicato equilibrio tra le parti, evidenziando tutta l’eccellenza delle materie prime utilizzate e la qualità della lavorazione.

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Zephyr è un lampadario minimalista ed elegante, dotato di una struttura modulare che consente di realizzare infiniti layout personalizzati in base alle esigenze di ogni progetto. L’elemento modulare è un doppio diffusore cilindrico con un corpo centrale che racchiude le sorgenti luminose e, attraverso due anelli che ruotano sullo stesso asse, definisce la posizione dei corpi illuminanti vicini posizionando gli elementi strutturali di collegamento. Artemide 2023

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“The Blade” Gold Edition 9.

La nuova poltrona scultura in finitura oro, realizzata dall’azienda pugliese 3D Vault, la prima collaborazione tra Carlo Colombo e Richard Orlinski – 2023

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Divano Karphi, Poltrona e pouf Eva, Giorgetti, design Carlo Colombo.

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CLORI, la nuova poltrona di Giorgetti disegnata da Carlo Colombo Clori è caratterizzata dall’incrocio di due conchiglie in pelle e dall’abile miscela di legno massello e metallo per la base. 2023

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Carlo Colombo e Matteo Borriero, collaboratore dello studio, con il primo modello della poltrona scultura “The Blade” Gold Edition 9, realizzata in collaborazione con Richard Orlinski

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Bayton, Carlo Colombo e l’ufficio stile di Bentley Home firmano a più mani un divano di grande complessità realizzativa. Dinamico e dalla forte personalità, è caratterizzato dal comfort estremo e dall’inclinazione laterale della scocca in essenza, leggera ed elegante. Un richiamo all’automotive che torna anche nell’imbottitura, aderente dalla forma curva e affusolata, tipica del Dna automobilistico. 2023

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Tavolo Dunes, Poltroncina Elitè, Chandelier Sapphire, Madia Drift, Tappeto Stripes, Elie Saab Maison, design Carlo Colombo

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Carlo Colombo con Dario Rinero CEO at Lifestyle Design e Andrea Gentilini CEO at Luxury Living Group, allo showcase Bentley Home 2023

SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023
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LABORATORIO DI IDEE INNOVATIVE

Alberto Spinelli, Aldo Spinelli e Giovanni Anzani fondarono Poliform nel Distretto del Mobile della Brianza nel 1970. Fondamenta dell’azienda erano allora come oggi cultura del saper fare, etica del lavoro e visione imprenditoriale, cui si uniscono conoscenza tecnica e design. Poliform è un’azienda italiana di arredamento e design che esplora differenti scelte estetiche e compositive proponendo soluzioni d’arredo complete per la casa, dalle cucine alla zona living, fino alla zona notte. Il risultato è un global project, che consente di arredare ogni ambiente della casa con una concezione progettuale stilisticamente coerente, grazie alla versatilità dei sistemi componibili Poliform. Inoltre, pone la massima attenzione alla scelta di materie prime di altissima qualità, per garantire la migliore resa estetica delle sue collezioni, nonché affidabilità e resistenza nel tempo.

Per la collezione Ketch, Jean-Marie Massaud si è ispirato al mondo della nautica. Come una vela tesa tra i due alberi di una barca, lo schienale flessibile dei divani e della poltrona è sostenuto da una struttura semplice e solida in massello di iroko, un legno molto resistente, trattato con idro-oli che ne preservano la bellezza nel tempo. La cuscinatura, realizzata in materiali e tessuti specifici per l’outdoor, è generosa e confortevole. Nella versione con baldacchino, le gambe del divano si estendono fino a creare una micro-architettura dotata di tende, un angolo intimo, discreto e riparato. Marcel Wanders reinterpreta le linee morbide e curve dell’iconica collezione Mad adattandole al lifestyle outdoor. Divano e poltroncina sono caratterizzati dallo schienale in corda intrecciata a mano. Da elemento funzionale, lo schienale avvolgente diventa dunque un particolare suggestivo, e lasciando filtrare l’aria e la luce rende questi pezzi ideali per l’uso esterno, pur mantenendo lo stile e la solidità di una famiglia di imbottiti da interno.

Per la sua prima collezione outdoor, Emmanuel Gallina trova ispirazione nella natura e nei suoi dettagli, come le linee fluide dei rami e la leggerezza di una foglia che cade. L’idea è valorizzare la naturale leggerezza del legno, grazie alla raffinatezza tecnica e alla capacità artigianale di Poliform. La collezione Magnolia si compone di divano e poltrona, ma anche di un day bed e di un lettino, che unisce alla bellezza delle forme la tecnologia invisibile dello schienale, al servizio del comfort. La collezione Monolith si rifà all’aspetto immutabile e rassicurante del dolmen, entrando in connessione con la

natura circostante. Il piano sottile, in Cementoskin® o in pietra basaltina, esaspera l’estetica monumentale e maestosa delle basi, mentre le linee arrotondate sostituiscono gli spigoli, offrendo una grande morbidezza visiva. Vero e proprio sistema, Monolith è disponibile in diverse dimensioni, con varie forme di piani.

Soo Chan disegna un’isola di comfort, per vivere gli spazi all’aria aperta in assoluto relax. Soori è un day bed dalla forma rotonda e dal design rilassato. Elegante lo schienale intrecciato, mentre le trame dei tessuti del rivestimento sono selezionate con cura, per una piacevole sensazione tattile. Flaviano Capriotti firma Sunday, una collezione di sedute imbottite compatte e avvolgenti, ispirate all’atmosfera di intima convivialità tipica del giorno dedicato al riposo per eccellenza. I divani, curvi e asimmetrici con seduta di diverse profondità, sono progettati per vivere a centro stanza. La poltroncina, elegante e comoda, ha una seduta corposa e confortevole, mentre lo schienale basso e avvolgente diventa anche bracciolo, agevolando una seduta composta ma rilassata.

78 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / POLIFORM
Magnolia, Outdoorcollection, Armchair
79 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / POLIFORM
Sunday, Outdoorcollection, Sofa Ketch, Outdoorcollection, Canopy Ketch, Outdoorcollection, Armchair Mad Out, Outdoorcollection, Armchair Sunday, Outdoorcollection, Armchair Magnolia, Outdoorcollection, Sunbed

ATMOSFERE RAFFINATE

Elegante, scenografico, sorprendente: l’allestimento 2023 di Baxter Cinema rinnova l’atmosfera unica di un luogo pensato per custodire un’esperienza, quella del lifestyle Baxter. Store innovativo e dinamico, il Cinema si veste di colori decisi e fantasie optical. Il leitmotiv è evidente già in vetrina, dove, a catturare l’attenzione, sono i volumi morbidi e confortevoli del divano Jo di Draga&Aurel e della poltrona Elli di Christophe Delcourt, entrambi in pelle Nabuck blu elettrico, accostati alla poltrona Miss Rope di Studiopepe in corda nera.

Scendendo la scalinata che conduce all’ampio spazio principale, ci si trova davanti a un’altra novità nella nicchia dell’ex biglietteria: la lampada da terra Nuvola di Draga&Aurel in tre diverse dimensioni. L’effetto è simile a una vera e propria installazione, una suggestione coerente con l’allestimento dell’ex sala cinematografica, che mantiene la partizione tipica delle gallerie d’arte.

L’anima è quella di un luogo ibrido, che accoglie ambientazioni domestiche da vivere assieme a spazi di lavoro con materioteche dove lasciar scorrere l’ispirazione. n questa cornice trovano posto la nuova collezione 2023 e i best seller, presentati in finiture inedite che richiamano la palette di quest’anno: ne riconosciamo il blu elettrico, il rosa nude, il verde acquamarina. Tra gli altri, si possono apprezzare i rivestimenti in pelle Nabuck di Miami Soft e di Budapest Soft , il nuovo tavolo Kate di Christophe

Delcourt in Grand Antique d’Aubert, diverse composizioni della libreria Libelle di Pietro Russo, le sedie So Far e le poltrone So Good di Studiopepe.

Verde bosco, verde oliva, avorio, avio, l’essenza dell’iroko: alla Baxter Outdoor Gallery c’è tutta la palette di un’oasi tra il Mediterraneo e l’Equatore. Il restyling 2023 lascia inalterata l’atmosfera da giardino segreto, impreziosito da composizioni di piante e da manufatti provenienti da diverse parti del mondo, e dà ampio spazio alle nuove composizioni e finiture.

Del vasto piano terra, una porzione generosa è riservata agli invitanti volumi del divano Narciso di Studiopepe, presentato in versione componibile e nel nuovo tessuto Tressage Vert. Poco più in là, oltre il separé Mr Hide di Studiopepe, la presenza scultorea del tavolo Judd , realizzato interamente in Salar Stone, si specchia sulle finiture lucide che contraddistinguono il basamento delle sedie Linfa

Anche l’altra metà del piano terra vede alternarsi una zona conversazione con un’area dining, declinate in sfumature di verde – i rispettivi protagonisti sono i tavolini Nairobi e le sedute Himba di Roberto Lazzeroni; la nuova finitura in iroko nero ne enfatizza il tratto sobrio e sintetico. Salendo nell’area soppalcata, la stessa collezione Himba ci offre un volto diverso: nel living, la base del divano è in iroko naturale e i colori predominanti sono il viola, l’avio e il grigio, che ritroviamo anche, poco oltre, nel divano Girgenti di Antonino Sciortino.

80 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / BAXTER
Cinema, Milano Design Week 2023 Cinema, Milano Design Week 2023
81 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / BAXTER
Outdoor Gallery, Milano Design Week 2023 Stand, Milano Design Week 2023 Stand, Milano Design Week 2023 Stand, Milano Design Week 2023 Outdoor Gallery, Milano Design Week 2023

ECCELLENZA ITALIANA NEL MONDO

Minotti è un’azienda nata nel 1948 a Meda da un’intuizione di Alberto Minotti e riconosciuta a livello internazionale come eccellenza “Made in Italy” nel settore dell’arredo contemporaneo e interprete di un concetto di lifestyle classico moderno nel settore residenziale ed hospitality. Al Salone del Mobile di Milano Minotti ha presentato un Pavilion 2023, luogo scenografico dalle caratteristiche uniche e inaspettate in grado di esprimere a 360 gradi la storia di un marchio che guarda al futuro, capace di rinnovarsi nel tempo, seppur ancorato alle proprie origini. Un padiglione in cui mettere in scena la competenza dell’azienda anche in ambito architettonico: uno spunto creativo per i partner di Minotti al fine di esportare in tutto il mondo la vera anima del brand.

Il Pavilion 2023 è stato il palcoscenico ideale per accogliere i protagonisti della 2023 Collection: il poliedrico sistema di sedute modulari Dylan di Rodolfo Dordoni, nelle sue tre declinazioni pensate per differenti aree di gusto; la famiglia di sedute Torii Bold , nata dalla radice progettuale dell’iconica Torii a firma dello studio Nendo; le linee sinuose della collezione Raphael di GamFratesi, e il raffinato razionalismo dei contenitori Superblocks di Marcio Kogan/studio mk27, per citarne alcuni.

Gli arredi progettati per l’indoor, insieme ai pezzi più distintivi delle collezioni recenti, dialogano in perfetta armonia con i nuovi design pensati per gli spazi open-air firmati da Inoda+Sveje, Nendo, Gordon Guillaumier e Rodolfo Dordoni, in un vero e proprio viaggio alla scoperta dei valori del brand. La 2023 Collection coincide con l’anno in cui l’azienda celebra i suoi 75 anni e racchiude il sentire non solo di un lungo percorso, ma di una family company che ha dato vita a uno stile riconoscibile in tutto il mondo. Una collezione eterogenea, libera da schemi, coerente con il pensiero progettuale Minotti eppur sempre proiettata all’innovazione tecnologica, alla ricerca della bellezza e all’evoluzione di stile tesa a rispondere alla costante trasformazione del vivere contemporaneo. Una collezione capace di generare valore, non solo design. Il sapiente uso di tecniche manifatturiere di matrice couturier si traduce in arredi capaci di abbracciare diversi gusti stilistici, se pur sempre estremamente in linea con la visione dell’azienda. Un equilibrio costante tra classicità e contemporaneità, linee organiche e volumi solidi in cui la morbidezza e la consistenza diventano un tutt’uno. L’iconico linguaggio di eleganza senza tempo firmato Minotti si esprime anche in una scala dimensionale e di fruibilità molto affine al vivere contemporaneo in spazi più raccolti e intimi, spesso racchiusi in dimensioni contenute e avvolgenti.

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Dylan Raphael, Large armchair
83 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / MINOTTI
Raphael, Armchair Torii Bold Superblocks, Living Superblocks, Dining Superblocks, Night Isole Isole

STILE E RIGORE ALL’ARIA APERTA

Per la prima Collezione Outdoor di Molteni&C, il direttore creativo Vincent Van Duysen ha ideato una proposta sobria ed elegante, che incarna il suo stile e incorpora in sé un raffinato rigore visivo e una progettazione che non trascende la funzionalità. Questa collezione è interpretata dai più importanti designer contemporanei: da Foster + Partner a Ron Gilad, da Gio Ponti a Luca Meda. In questa proposta è stata approfondito la ricca tradizione del design, sottolineando una forte attenzione per il savoir-faire per la capacità artigianale e per il profondo rispetto dell’Heritage.

La Collezione Outdoor racchiude in sé diversi concetti, tutti in grado di coesistere nella medesima visione organica. La Collezione Landmark , per esempio, ispira il suo divano al progetto inedito di Palinfrasca, del celebre designer Luca Meda. Una testimonianza del savoir-faire italiano e di grande abilità artigianale. La Collezione Timeout di Vincent Van Duysen presenta un’ampia offerta di eleganti elementi per esterno ispirati alle morbide forme dell’architettura modernista.

Mentre la Heritage Collection comprende una riedizione di due poltrone di Gio Ponti. A completare la proposta, la collezione tappeti che spazia tra proposte dello stesso Van Duysen e dei designer Nicola Gallizia e Marta Ferri. Quest’ultima ha anche curato una sofisticata collezione ine -

dita di tessuti per esterni, definita da motivi sottili, tessuti dalla mano pregiata e dai toni caldi. E infine, due iconici pezzi standalone di Foster + Partners e Ron Gilad, che dialogano perfettamente con la collezione nel suo insieme.

Il filo conduttore dell’intera collezione è il dialogo tra i materiali. L’uso del teak massiccio della Landmark Collection si abbina naturalmente ai profili in metallo della Timeout Collection. Mentre la finitura cemento del tavolo Arc di Foster + Partners crea un gioco di contrasti e richiami con il ferro traforato del piano e la base in pietra lavica del tavolo Panna Cotta di Ron Gilad. Anche i motivi intrecciati diventano importanti richiami concettuali in tutta la collezione, sotto forma di dettagli in corda di polipropilene nella Collezione Timeout, o a fasce per lo schienale del divano Palinfrasca, realizzato in teak o poliuretano EVA, che si ispira alla tradizione mediterranea della fabbricazione delle ceste.

Helios è la cucina da Outdoor che racchiude in sé la maestria del made in Italy unita a tecnologie innovative, che la rendono adatta all’utilizzo da esterno. Le linee pulite e rigorose e l’impatto monolitico ma discreto, permettono di abbinarla sia alla collezione Landmark sia a quella Timeout. La tavolozza dei materiali della proposta Outdoor è stata accuratamente coordinata: toni organici come ruggine, giallo deserto, marrone terra, verde oliva e antracite donano una personalità univoca, dialogando perfettamente tra di loro.

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85 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / MOLTENI&C

ICONE DI UNO STILE SENZA ETÀ

Quella di Maxalto è una storia che da ormai quasi mezzo secolo narra di un’eleganza borghese senza tempo in cui riecheggiano, sì, le atmosfere parigine degli anni tra le due guerre ma che interpreta, prima di tutto, una certa cultura dell’abitare fatta di accoglienza, sobrietà, sostanza. Lo spazio al Salone del Mobile, pensato dall’art director Antonio Citterio come una galleria, riflette proprio questa cifra, con una serie di ambienti distinti, resi straordinari da alte pareti luminose in carta di riso, in cui i prodotti più iconici del marchio dialogano con oggetti preziosi e opere d’arte. Non è dunque una “collezione”, perché i nuovi pezzi disegnati da Citterio vanno a inserirsi senza soluzione di continuità nel catalogo, dialogando con i suoi elementi, spesso in una sorprendente assonanza di contrari grazie a inedite forme d’afflato organico che si contrappongono a quelle più rigorose dell’estetica Déco.

Arbiter. È il primo sistema di sedute componibili di Maxalto e, con le sue misure extra-large adatte a grandi ambienti e riflesse anche dai cuscini sovradimensionati, va a completare la gamma divani del marchio. È il pezzo chiave della nuova collezione-non collezione e nasce con l’ambizione di rinnovare e reinterpretare la tradizione dei divani dei maestri tappezzieri e delle icone dell’interior design. All’abbondanza materiale fa da contraltare l’essenzialità stilistica delle linee rigorose, quasi archetipali, pensate per alleggerirne l’impatto nel contesto domestico.

Lilum. Caratterizzato dalle linee sinuose e d’ispirazione organica tipiche del secondo Dopoguerra, è pensato specificamente per soluzioni di convivialità e intimità e per coabitare, dunque, nello stesso ambiente con divani più formali. Unico divano della gamma Maxalto con struttura a seduta diretta, è disponibile in varie forme più o meno raccolte. Elios. Il nuovo nato della serie di tavolini a base circolare con montanti verticali di acciaio in diverse finiture è pensato espressamente per essere disposto davanti al divano o, magari, proprio in corrispondenza dell’interruzione dello schienale dell’Arbiter.

Sileo. Completa l’offerta di letti Maxalto con un modello che si pone a metà tra le proposte dallo stile ricercato e i sommier essenziali, d’ispirazione quasi alberghiera. Despina e Cleide. Si tratta della riedizione e attualizzazione di due sedie progettate da Antonio Citterio agli albori della traiettoria di Maxalto. Aggiornate nei materiali e nella tecnica produttiva, sono leggermente più alte e profonde dei

modelli originali per adattarsi all’evoluzione dell’abitare. Caratos. Uno degli ampliamenti più significativi del 2023 riguarda la famiglia di sedute dalla caratteristica struttura in pressofusione di alluminio. Sono tre i nuovi elementi che si distinguono dallo schienale: rettangolare, “a cappello di prete” o “a fagiolo”. L’estensione della linea Caratos è figlia del progetto originale di Antonio Citterio, che aveva previsto già inizialmente la possibilità di produrre un cavalletto più basso e di combinarlo a imbottitura e schienale, di conseguenza, più alti.

Eracle. Da anni protagonista della gamma Maxalto per la zona notte, l’armadio viene oggi presentato in una nuova versione “espositore” con ante e fianchi in vetro, così da essere una vera e propria teca per il guardaroba.

Recipio ’14. L’eclettico comodino/tavolino è oggi ancora più funzionale grazie a un cassetto a mezz’altezza che risulta particolarmente comodo, nell’utilizzo a fianco del letto, per riporre riviste, libri e i piccoli oggetti che s’accompagnano al riposo notturno e alla lettura.

Maxalto lancia anche una nuova gamma di tessuti che va ad ampliare la linea nata nel 2020. I nuovi materiali rispondono alla volontà di conferire ulteriore ricercatezza agli imbottiti, con decori e finiture particolari e la spiccata consistenza tattile delle lavorazioni a velluto, jacquard e bouclé.

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SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / MAXALTO
Sileo Privatus Loto
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Maxalto booth, Milano 2023 Arbiter Caratos Lilum

STILE PULITO E CONTEMPORANEO

Parlare di Rugiano è anche parlare di una filosofia: quella che si esprime nei dettagli, nell’attenzione al particolare, nel mobile finemente lavorato e nei ricami della pelle. Quella che si mostra nelle forme sinuose di tavoli in pietra e metallo, nei piani decorati e argentati, nei raffinati basamenti in bronzo, nell’utilizzo di nuovi materiali o nella rivisitazione di quelli classici o ancora nei grandi lampadari che a preziose gocce di luce accostano pellami e metalli, trasformandosi in veri protagonisti dell’arredo. Una filosofia che trova la sua massima espressione in quella linea pulita e contemporanea che non è data dal togliere, ma dall’accostare con eleganza e sapienza. Nascono così arredi per zona notte e

zona giorno di grande carattere, caratterizzati da un sapiente e originale uso di materiali nobili, dal metallo ai legni al pellame. Gli arredi Rugiano sono disponibili a Lugano in via Trevano, in uno spazio elegante e raffinato di 700 mq disposto su 2 livelli con spazio esterno. Il flagship store diventerà il punto di riferimento per il design di alto livello per il mercato svizzero, tedesco e austriaco.

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SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / RUGIANO
Esterno da Via Trevano Alcune viste dello spazio interno Via Trevano, 15 LUGANO
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Alcune viste dello spazio interno Spazio esterno completamente arredato con i prodotti RUGIANO outdoor

SAPIENZA ARTIGIANALE, DESIGN INTERNAZIONALE

Tisettanta, iconico marchio del design, fondata nel 1971 a Giussano in Brianza, nel cuore del design, diventa ben presto punto di riferimento del Made in Italy italiano.

Sin dagli inizi si affianca a grandi nomi del design come Gae Aulenti, Marco Zanuso e Antonio Citterio, ma sviluppa anche la storica collaborazione con Helmut Newton, che ha scattato per la maison le iconiche campagne pubblicitarie.

Proprio negli anni ‘80 inizia la collaborazione ventennale con Antonio Citterio con cui si creeranno prodotti storici e di successo come il sistema libreria Metropolis e il sistema armadi Centopercento, trasformando l’azienda in leader di mercato dell’arredamento Made in Italy.

Nel 2014 l’azienda passa alla seconda generazione della famiglia Tassi, nello specifico al genero Ferdinando Pedrazzani, che ha saputo ascoltare le richieste del mercato, soprattutto quello internazionale, decidendo di cambiare direzione aziendale, facendo diventare il dipartimento contract - bespoke il fulcro del know-how di Tisettanta.

Una produzione artigianale focalizzata sul tailor-made, dove prodotti come cucine, armadi e arredi, non sono più vincolati dalla produzione “a catalogo” ma possono essere realizzati su disegno del professionista, con una vasta gamma di finiture e personalizzazioni.

Una collaborazione diretta con studi di architettura internazionali, porta alla realizzazione di grandi progetti nel mondo dell’hotellerie e dell’ospitality, ma soprattutto residenze privante arrivando fino allo yacht design.

Giunta alla terza generazione, Tisettanta intraprende un nuovo capitolo della sua storia con Alessio Bernardini, che da settembre 2021 guida il brand in qualità di direttore creativo, dimostrando di saper fondere Heritage, design e lifestyle.

La passione del designer per la bellezza e per l’arte si incontrano in uno stile ben definito e in una rinnovata immagine aziendale. Il prodotto di lusso Made in Italy torna ad essere al centro dell’attenzione. In occasione del Salone del Mobile, viene presentata la nuova collezione disegnata dal giovane designer per Tisettanta all’interno del nuovo spazio espositivo da lui progettato.

Lo showroom milanese, al primo piano di Via Fatebenefratelli 3, nel cuore di Brera, è stato concepito come un appartamento privato, in cui si mostra il know-how aziendale, presentando una soluzione “turn-key”.

Uno spazio pensato per dare un servizio esclusivo al professionista, il quale viene accompagnato nei vari step della definizione del progetto, dove lo staff tecnico interno, offre non solo una consulenza tecnica, ma anche supporto in cantiere, nel territorio italiano ed internazionale.

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Letto Soho
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Showroom Milano Master bedroom, Showroom Milano Rabat, Poltrona

DESIGN CONTEMPORANEO E MATERIALI ECOSOSTENIBILI

La collezione 2023 di Lema esprime un’idea di convivialità la cui cifra stilistica risiede nell’incontro tra atmosfere rilassate e accoglienti. L’attenzione ai processi produttivi e di smaltimento, la scelta dei materiali e la costante sperimentazione intorno alla scelta di colori, finiture e soprattutto le loro combinazioni, danno vita ad arredi ecosostenibili che non rinunciano al design. Interpretazioni uniche e contemporanee di uno stile di vita, quello mediterraneo, essenza del made in Italy, che si apre al mondo.

La nuova collezione trova il suo perfetto palcoscenico al Salone del Mobile.Milano, dove lo stand è un luogo scenografico e accogliente, il cui impatto estetico non è dato solo dalla sua vastità (oltre 1300 mq), ma anche dal suo allestimento curato in ogni dettaglio. Progettato dallo Studio

Lissoni&Partners in collaborazione con vandersandestudio e Ufficio Stile Lema, l’allestimento riafferma il linguaggio inaugurato lo scorso anno, dove viene messa al centro la relazione tra la natura e gli ambienti domestici.

Lema rivoluziona ancora una volta il concetto di cabina armadio e lo reinterpreta in chiave contemporanea dando vita a VentiTre: un sistema ad alta personalizzazione modulabile in grado di unire estetica, funzionalità e sostenibilità. Una proposta ricca di elementi e accessori personalizzabili in ogni dettaglio, firmata da David Lopez

Quincoces&Officinadesign Lema, portavoce di una filosofia votata alla “cultura del bello” che continua a guidare l’azienda di collezione in collezione. Un prodotto, tre proposte, sei nuove finiture materiche, 35 colorazioni e innumerevoli combinazioni, tra cui scegliere, dalla più essenziale alla più completa: il “su misura” di Lema trova in VentiTre una delle sue massime espressioni.

Un living pensato in un’ottica ecosostenibile, frutto di un lungo percorso progettuale che ha dato vita ad un prodotto unico: Soffio è la famiglia di sedute realizzata con materiali riciclati e riciclabili che non rinuncia al design. Un arredo passepartout la cui struttura in legno multistrato FSC® sostiene i morbidi cuscini imbottiti con una fibra proveniente da materiale riciclato. Ecosostenibile per eccellenza, è un arredo dall’aspetto classico che rappresenta una risposta concreta alle esigenze dell’abitare contemporaneo che guarda sempre di più l’ambiente casa dalla prospettiva della sostenibilità. Essenziale al primo sguardo, la raffinatezza della sedia e pol-

troncina Ayra è esaltata nei dettagli sartoriali e nella sinuosa curvatura del sedile, che rende la seduta delicata e armonica. Il suo tratttintivo risiede nelle linee dello schienale che scendono rispetto alla seduta, creando un movimento inaspettato.

Si amplia la collezione Niveaux , divano dalle molteplici facce che creano composizioni sempre diverse, in grado di esprimere la sua personalità giovane e fresca e di abitare la zona living con disinvoltura.

Un sistema in grado di adattarsi alle esigenze della contemporaneità, un arredo multifunzionale dall’aspetto minimalista. Lina è la consolle che nasce per abitare gli ingressi delle case, introducendo chi vi abita ad un’atmosfera di calore e familiarità.

Un armadio che celebra l’incontro di materiali diversi, facendo della diversità materica e cromatica il suo punto di forza. Lena è l’ultima proposta firmata da Piero Lissoni, un armadio dalle ante fortemente decorative che svela il suo carattere audace nella combinazione tra finiture diverse.

Drum , la famiglia di tavolini e pouf firmata da Piero Lissoni si distingue per la particolare struttura in legno cannettato, lavorato a toro in massello di noce canaletto, che dona un inaspettato dinamismo alla zona living. La collezione Drum è un arredo che fa un uso audace delle forme geometriche ed è al tempo stesso un esempio di alta ebanisteria.

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SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / LEMA
Soffio, Armchair design, Norm Architects
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VentiTre, Walk-in closet design, David Lopez, Quincoces&Officinadesign Lema Ayra, Dining chair design, Gabriele e Oscar Buratti Drum, Collection design, Piero Lissoni

NUOVO CLASSICO MILANESE

La famiglia Galimberti vanta più di un secolo di tradizione nel settore dell’arredamento, infatti la prima bottega nasceva in Brianza verso la fine del 1800. L’attuale azienda nasce negli anni Sessanta, da un’intuizione di Galimberti Nino. La dimensione artigianale delle origini, si modifica presto e a partire dagli anni Ottanta l’azienda assume carattere e dimensioni industriali.

Il passaggio successivo si deve ai figli, Carlo, Luciano e Roberta Galimberti, che dagli anni Novanta iniziano un processo di espansione e affermano il marchio in Italia e all’estero. Responsabili delle strategie dell’azienda, i fratelli Galimberti condividono la linea creativa ed i principi estetici dei prodotti con diversi architetti e designer.

Formula chiave dell’identità Galimberti Nino è la piena espressione del concetto di Made in Italy, che oggi fonde in modo indissolubile tradizione e tecnologia: il sapere degli artigiani rifinisce un prodotto nato dalla più moderna meccanizzazione, mentre l’intelligenza delle mani offre sensibilità ed emozione alla precisione industriale. Caratteristiche riconoscibili dello stile e di tutta la produzione Galimberti Nino sono il design senza tempo, l’affidabilità e la durata.

Facendo tesoro dell’esperienza maturata nel corso degli anni, Galimberti Nino esercita la sua creatività in nuove direzioni, in un’affascinante stratificazione di suggestioni e stili,

in perfetto equilibrio tra classico e contemporaneo. Un posizionamento e una visione aziendale ben chiara: innovare, mantenendosi fedeli al proprio stile e alla propria storia. La produzione è ispirata agli stili del passato, tuttavia, presentati secondo linee e materiali contemporanei. Si tratta di un’area di gusto ispirata a periodi come il Vittoriano, il Biedermeier, l’Empire; di recente sviluppo, un progetto che rivisita alcuni riferimenti art déco e il modernismo italiano degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Con più di cento anni di storia, il concetto di classico-contemporaneo è più che mai azzeccato. La collezione tavolini Heiko è caratterizzata da un intreccio di linee orizzontali e verticali della struttura che si contrappone alle morbide e sinuose forme del piano. Il gioco di incastri delle gambe, fatto di pieni e di vuoti, esalta l’eleganza del legno massello creando un basamento dal sapore orientale sul quale poggia un piano dal particolare dettaglio curvato che si innesta perfettamente sulla base formando un connubio che rende il tavolino elegante e raffinato. Per quanto riguarda invece il divano e la poltrona Heiko, le linee pulite e rigorose della struttura in legno massello di questo divano e poltrona dialogano con la morbidezza degli accoglienti cuscini in un gioco armonico di linee e materiali che si seguono e si intersecano, creando uno spazio definito e soffice nel quale potersi rilassare e riposare.

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SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / GALIMBERTI NINO
Yang, Vetrina
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Zendo, Divano Nara, Cassettone Dettagli Tavolini Heiko

QUANDO LA CONTEMPORANEITÀ SPOSA IL DESIGN

Autenticità, radici e lusso contemporaneo sono gli elementi essenziali del linguaggio cosmopolita con cui il brand continua a raccontarsi al mercato internazionale. Gli spazi espositivi, firmati da Studio MILO, sono stati pensati come un percorso temporale alla scoperta del design contemporaneo. Si tratta di una progettazione inclusiva, in grado di catturare l’attenzione del visitatore esterno con un involucro che accompagna, attraverso un movimento semplice, all’interno del design Turri. Le ultime tendenze sono espresse attraverso le nuove collezioni di Toan Nguyen e l’inserimento di nuovi arredi per la casa Azul di Paola Navone-OTTO Studio e Roma di Monica Armani.

Il team creativo di Turri si amplia e accoglie la firma di Toan Nguyen, il cui design d’autore di Toan Nguyen propone con disinvoltura e consapevolezza una via d’uscita dalla realtà cosmopolita. La risposta è Ratio, un vero e proprio omaggio al razionalismo. Un divano che, nella sua struttura intrecciata in pelle, racconta liberamente un’eleganza contemporanea. Senza nostalgie o compromessi con gli stili di vita ed il comfort attuali, la semplicità di Ratio rimanda alla spontaneità dei rapporti e a quelle che in inglese vengono identificate con la parola connection che, inevitabilmente, creano un link diretto con l’esperienza e il Made in Italy del marchio Turri.

Nasce invece dal francese antico, l’ispirazione per la nuova collezione Riban. Dalla genesi di “ruban” in francese e “ribbon” in inglese, la forma elementare del nastro è il punto di partenza delle nuove sedute firmate da Toan Nguyen per Turri. La ricerca del contemporaneo di Riban si rivela in un gioco di superfici e torsioni in cui l’esterno diventa interno, in cui lo schienale diventa seduta, e i materiali si alternano in modo tanto organico quanto logico. Un’originalità coerente per esprimere una qualità che non si nasconde più dietro ai volumi dei materiali ma che può ispirarsi liberamente alla cultura dell’artigianalità italiana. Toan Nguyen riesce a interpretare un’idea di minimalismo alternativo che diventa anche dicotomia: quella del guscio del divano, rivestito in pelle marrone nocciola, abbinato alla cuscinatura in tessuto grigio texturizzato. Imbottiti che, tra di loro, parlano lo stesso linguaggio: l’involucro esterno della poltrona, sempre in pelle ma in una tonalità beige scuro dichiara la sua essenza nel contrasto armonico con il tessuto color terra di Siena.

Unica come le persone che la abitano, la casa Azul di Paola Navone-OTTO Studio si trasforma. Le tonalità per la nuova idea di casa ricalcano le influenze dell’alta moda italiana e dello stile contemporaneo della designer spostandosi su cromie più calde. Una scelta per adattarsi alle esigenze di un vivere che è sempre più attuale ma che non trascura la sua autenticità. Il blu lapislazzulo, intenso e raffinato, che colorava la casa azul dello scorso anno, si trasforma in un velluto grigio, per il divano, e in un rosa cipria, per la poltrona. Nella nuova casa ospite d’eccellenza rimane il colore che, insieme al velluto, si mostra spontaneamente nella sua versatilità e, con la sua originalità pu facilmente essere declinato ai vari complementi d’arredo per rendere la dimensione della casa un’esperienza unica e personale.

Disegnata da Monica Armani per Turri e presentata come novità alla scorsa edizione del Salone del Mobile.Milano, la collezione Roma accoglie una nuova proposta di arredi per la zona living. Il divano si mostra in tutta la sua comodità attraverso la presenza di grandi cuscini indipendenti che insieme al bracciolo, volutamente esteso lungo tutto il perimetro dell’imbottito, garantiscono una sensazione unica di comfort. Superfici ideali per avere un appoggio nella zona living sono i side e coffee table.

96 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / TURRI E TURRI DESIGN
Azul, Armchair powder side
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Roma, Chair Roma, Living Ratio, Living Riban, Coffee tables mix Turri Design Salone 2023 Ratio, Living

UNA COLLEZIONE GENTILE E LEGGERA

In occasione della Milano Design Week 2023, C Design è stata presentata in esclusiva presso la Galleria Rossana Orlandi in RoCOLLECTIBILE 2023, l’appuntamento annuale con la collezione eclettica di artisti e designer internazionali, selezionati da Rossana Orlandi ed esposti negli spazi di Milano, in via Matteo Bandello 14 e 16.

Sedie, madie, tavoli, tavolini e console, C Design, ideata e disegnata dal designer Francesco Meda è una collezione che punta all’unicità di ogni suo elemento e ne rileva l’essenza attraverso un’accurata scelta dei materiali: legno, metallo e pietra lavica, combinati a una selezione cromatica che contribuisce a valorizzare la qualità intrinseca di ogni prodotto. Ogni singolo oggetto nasce dallo spirito di geometrie e sezioni di forme che si concretizzano in una riduzione dell’utiliz -

zo del materiale. Il rigore qualitativo e materico degli oggetti si lega alla modalità di progettazione ridotta, al limite dell’architettonico, per creare un linguaggio estetico distintivo all’interno del panorama del design di interni. Una collezione con un tratto gentile, dall’aspetto fisicamente e visivamente leggero, realizzata mediante macchinari d’avanguardia, che trova il suo compimento nell’intervento dell’uomo, in un ritorno all’artigiano per le finiture finali. C Design si è presentata con due partner d’eccezione: da un lato la gallerista Rossana Orlandi, una delle personalità più influenti nel mondo del design, che distribuirà in esclusiva i prodotti, e dall’altra Chelini, da oltre un secolo leader nell’arredamento di lusso Made in Italy, che ne segue la produzione, in un incontro tra arte, artigianato e il design contemporaneo d’avanguardia.

98 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPECIALE SALONE DEL MOBILE MILANO 2023 / C DESIGN
Charmchair Ctable Cchair Csite table
Tisettanta Showroom, via Fatebenefratelli 3 - Milano www.tisettanta.com TAILOR-MADE ATTITUDE.

DESIGN E FORMAZIONE

ABBIAMO INCONTRATO PAOLO

ABATE, RAMONA BANFI E MATTIA

DELLAMORA: TUTTI E TRE HANNO

COMPIUTO I LORO STUDI NEGLI

SCORSI ANNI AL DIPARTIMENTO

AMBIENTE COSTRUZIONI E DESIGN

DELLA SUPSI (IL CAMPUS CHE

DAL 2021 HA SEDE A MENDRISIO, VICINO ALLA STAZIONE). PAOLO

SI È DIPLOMATO IN ARCHITETTURA

D’INTERNI, RAMONA IN INTERACTION

DESIGN, MATTIA IN COMUNICAZIONE

VISIVA. NELLE LORO TESTIMONIANZE

RACCONTANO DEL SAPERE ACQUISITO

E DELLA SENSIBILITÀ AFFINATA

FIN DAI BANCHI DI SCUOLA.

Paolo Abate

Ha frequentato nel 20152018 il Bachelor in Architettura d’interni. Ha sviluppato un’attenzione particolare per gli spazi; le sue immagini sono pubblicate da numerose riviste a livello internazionale.

Lei si definisce Interior and travel photographer. In che misura gli studi in Architettura d’interni sono stati importanti nel prepararla alla sua professione?

«La mia attuale professione, che è soprattutto quella del fotografo d’interni, si è notevolmente avvantaggiata delle competenze acquisite nel corso dei miei studi presso la SUPSI. In particolare, vorrei sottolineare il fatto di avere appreso un rigoroso metodo di lavoro in-

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Ph: © SUPSI, DACD, Claudia Cossu Ph: © Tessa Chung

dispensabile nel processo di costruzione che precede e guida la realizzazione di una fotografia, dove la cura meticolosa dei dettagli rappresenta la condizione da cui non si può prescindere per effettuare un buon lavoro. A ciò si aggiungano le sollecitazioni ricevute riguardo all’acquisizione di un gusto estetico, o ancora l’abitudine a ricercare e sviluppare una metodologia progettuale, che genera la capacità di individuare il migliore punto di osservazione o di creare l’atmosfera più adatta rispetto al contesto, all’ambiente o al prodotto intorno a cui si sta lavorando».

Che cosa significa oggi acquisire una percezione dello spazio e come esso entra a far parte della nostra vita quotidiana?

«L’esperienza dell’ambiente e del tempo nel paesaggio e nell’architettura sono alla base del mio sforzo di far dialogare la filosofia della ricerca progettuale con la percezione dello spazio, dando loro un senso di sintonia e armonia. Da qui la maturazione di una mia idea della rappresentazione fotografica di strutture architettoniche contemporanee o di ambienti interni, per evidenziare l’importanza della percezione dello spazio come esperienza, sia nel mondo della fotografia sia nell’approccio architettonico in fase di progettazione e costruzione. In questa prospettiva ho avuto modo di realizzare un progetto di visualizzazione dello spazio per conto di Lugano Region presentato proprio in occasione del Salone del Mobile 2023».

Ha frequentato nel 2015-2016 il Master in Interaction Design e dopo alcune esperienze in agenzie di design, si è specializzata nel campo della realizzazione di servizi digitali per la pubblica amministrazione, materia che insegna anche in ambito universitario.

Come giudica l’esperienza del Master in Interaction Design e quali elementi appresi nel corso degli studi si sono dimostrati poi preziosi nei lavori successivamente intrapresi?

«L’esperienza è stata molto positiva. I corsi relativi al processo di progettazione sono stati molto preziosi per la mia crescita professionale. Comprendere che durante la realizzazione di un prodotto o un servizio digitale ci siano dei chiari passaggi metodologici da seguire e iterare per creare un artefatto basato sulle reali esigenze dell’utente finale, è stata una solida base per affrontare le prime sfide nel mondo del lavoro digitale contemporaneo. Oltre ad una solida base metodologica è stata fondamentale la presenza, nei diversi corsi che ho seguito durante il Master, di professioniste e professionisti attivi nel settore. I corsi erano tenuti quasi esclusivamente da professionisti che si confrontavano regolarmente con le sfide proposte durante i progetti. Durante i corsi venivano inoltre mostrati svariati casi studio che permettevano una comprensione maggiore della tematica trattata».

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Ph: © SUPSI, DACD, Claudia Cossu Ramona Banfi

Tra le attività svolte lei è docente all’Università di Lucerna dove tiene un corso sulla progettazione di servizi digitali per la pubblica amministrazione: di cosa si tratta? «Durante una delle mie esperienze professionali all’estero ho avuto la fortuna di lavorare per un’agenzia di design focalizzata sulla realizzazione di servizi digitali per la pubblica amministrazione. L’esperienza è stata folgorante: il contributo che un o una designer può dare in un contesto del genere è di grande rilevanza e ha un impatto, tangibile e concreto, sulla vita degli utenti. Il Covid ha accelerato la digitalizzazione dei servizi nel settore pubblico e questo ha svelato, o accentuato, una grossa mancanza di figure professionali qualificate che possano gestire questa trasformazione. Nel corso che tengo a Lucerna pongo un accento particolare sulle problematiche di progettazione legate al settore pubblico in contrapposizione a quello privato e cerco di spingere le future generazioni ad interessarsi a questo tema. Il mondo del digitale è in costante evoluzione e cambiamento: condividere le mie esperienze come docente e poter contribuire come designer a migliorare i processi digitali nel mondo in cui viviamo, è una sfida che mi appassiona giorno per giorno».

Mattia Dellamora

Ha frequentato nel 2017-2020 il Bachelor in Comunicazione visiva e attualmente lavora a Zurigo presso lo studio Raffinerie.

Quali sono a suo giudizio gli elementi positivi e quali i limiti del corso in Comunicazione visiva?

«Del corso in Comunicazione visiva alla SUPSI, ho apprezzato il lavoro e lo studio orientati alla pratica. Trovo che ci sia bisogno di un approccio concreto ai problemi con cui oggi si confronta un o una progettista in ambito grafico. I tempi della realtà professionale sono rapidi e le esigenze dei clienti sono multidisciplinari: un progetto grafico oggi si sviluppa il più delle volte in diversi prodotti visivi che necessitano varie competenze per essere realizzati. Spesso e volentieri oggi il o la progettista si deve occupare di più discipline contemporaneamente, e dove mancano le competenze è essenziale disporre di una rete di persone pronte a collaborare per rispondere alle esigenze.

Penso che la SUPSI mi abbia permesso di avvicinarmi a questa realtà e al tempo stesso di poter approfondire temi e nozioni che rispecchiano i miei punti di forza. Tra i momenti più arricchenti che ho passato alla SUPSI, conservo un ottimo ricordo dei workshop: ho apprezzato poter sviluppare un progetto in un lasso di tempo molto corto che si concludeva con la presentazione del risultato al gruppo. Soluzioni iterate rapidamente all’interno dello stesso progetto, condivisione del lavoro con gli altri e assenza di una valutazione tradotta in nota sono tre degli elementi con cui mi sarebbe piaciuto familiarizzare maggiormente».

Quali prospettive lavorative le sono state aperte grazie alla formazione conseguita?

«Durante lo studio ho avuto modo di entrare in contatto con realtà professionali che mi hanno permesso di

approcciarmi al mondo del lavoro. Nel mio caso, da studente ho avuto l’occasione di visitare lo studio grafico per cui attualmente lavoro. Questa esperienza è stata lo stimolo che mi ha spinto a candidarmi e a muovermi verso Zurigo successivamente. Qui ho poi potuto approfondire le mie conoscenze intraprendendo un corso di formazione avanzata nell’ambito del Creative Coding, che s’inserisce nella continuità degli insegnamenti acquisiti alla SUPSI».

Un ambiente dinamico e interdisciplinare

ll Dipartimento ambiente costruzioni e design della SUPSI si propone di coniugare – nella formazione, nella ricerca e nelle prestazioni di servizio – la dimensione tecnica e quella del design. Grazie al sostegno delle proprie unità disciplinari assicura un contributo alla gestione e valorizzazione sostenibili del patrimonio naturale e costruito del proprio territorio di riferimento, costituito dai Cantoni alpini della Confederazione e dal Nord Italia, supportando scientificamente anche l’amministrazione cantonale. Tutte le sue attività di formazione sono caratterizzate dal valore aggiunto derivante dall’operare in un contesto in cui l’aspetto professionalizzante è associato a quello del rigore scientifico accademico.

Presso il Dipartimento ambiente costruzioni e design è possibile frequentare percorsi di formazione per l’ottenimento del Bachelor of Arts SUPSI in Architettura, Architettura d’interni, Comunicazione visiva, Conservazione e il Bachelor of Science SUPSI in Ingegneria civile, oltre al Master of Arts in Conservazione e restauro, al Master of Arts in Interaction Design e al Master of Science in Engineering - profilo Civil Engineering.

I corsi di laurea Bachelor del Dipartimento hanno lo scopo di formare profili professionali ad impostazione gene -

102 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DESIGN / SUPSI

ralista a partire dai quali è possibile, in una fase successiva, sviluppare competenze specialistiche con la frequenza di corsi Master o di Formazione continua. La formazione pone particolare attenzione all’esperienza di apprendimento e si fonda sull’integrazione di saperi scientifici e pratica professionale, alternando insegnamento teorico, attività di progettazione, esercitazioni, atelier e studio di casi pratici.

Il Dipartimento ambiente costruzioni e design articola la sua attività su quattro principali linee direttrici: la formazione di base, la formazione continua, la ricerca applicata e i servizi. Il Dipartimento realizza il suo mandato rispettando chiari valori guida, quali: scientificità, interdisciplinarietà, attenzione all’individualità e alle relazioni, accessibilità alla formazione, pari opportunità e autonomia. Agisce inoltre coerentemente con i valori fondanti della SUPSI:

concretezza, originalità, multidisciplinarietà, partnership, internazionalità, territorialità e innovazione.

La strategia del Dipartimento vuole mantenere un equilibrio tra le diverse aree di competenza: la formazione da una parte e la ricerca e i servizi dall’altra. Inoltre, coniugare le attività tecniche - architettura, ingegneria civileda un lato e quelle del design dall’altro, rappresenta un’ulteriore sfida per il Dipartimento.

Uno degli obiettivi principali del Dipartimento è quello di favorire lo sviluppo di competenze trasversali e complementari per rispondere alle richieste di una realtà sempre più complessa.

Nell’ambito formativo l’accento viene posto sul consolidamento della qualità della formazione Bachelor e la valorizzazione del carattere professionalizzante. Il Dipartimento sviluppa costantemente una cultura della qualità condi -

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visa e coerente nella formazione e nell’insegnamento, tramite le qualifiche didattiche e le abilità di insegnamento del corpo docente e promuovendone una formazione pedagogica adeguata e flessibile.

Il Dipartimento riconosce poi nella formazione continua un ruolo centrale per mantenere il contatto con studentesse e studenti della formazione di base e trasferendo i risultati della ricerca applicata all’economia privata.

Il campo della ricerca, in particolare sviluppo in settori emergenti come le sfide ambientali e la transizione energetica, rappresenta l’altro pilastro della SUPSI. Combinare il sapere e l’acquisizione di competenze presenti in diverse unità rappresenta uno dei principali obiettivi. Il rafforzamento costante delle collaborazioni con altre istituzioni accademiche a livello nazionale e internazionale resta un obiettivo prioritario per il Dipartimento.

DESIGN / SUPSI

DOBBIAMO RIPENSARE IL RUOLO DELLA CHIESA

A PARTIRE DA QUESTO NUMERO

TICINO WELCOME DÀ INIZIO AD UN

NUOVO FORMAT INCENTRATO SUGLI

INCONTRI CHE PERIODICAMENTE

MARIO MANTEGAZZA TIENE, PRESSO IL RISTORANTE META, CON PERSONAGGI DI PRIMO

PIANO PROVENIENTI DAL MONDO

DELL’IMPRENDITORIA, DELLA

POLITICA, DELLA CULTURA E DELLA SOCIETÀ TICINESE. IL PRIMO COLLOQUIO È STATO CON SUA

ECCELLENZA MONS. PIER GIACOMO

GRAMPA, VESCOVO EMERITO DELLA DIOCESI DI LUGANO.

Lei è stato per lungo tempo alla guida della Diocesi di Lugano, riuscendo a conoscere in profondità e comprendere la vita della popolazione ticinese. Ora che può guardare la realtà con maggiore distacco quali sono i più importanti problemi di carattere materiale e spirituale che affliggono gli abitanti del cantone?

«Non poi così a lungo: dieci anni corrispondono a poco più di due legislature quindi, non so se ho potuto conoscere in profondità e comprendere bene la vita religiosa del Ticino. Ci ho provato, visitando più volte tutte le comunità della diocesi con la visita pastorale per parrocchie e sono 255, per vicariati e sono sei e per zone che allora erano 19. Dopo ogni visita ne riferivo nel Giornale del Popolo, così da ricavare quattro volumi dedicati alla visita pastorale. Ho colto quello che mi pare essere il tratto caratteristico del nostro momento storico: stiamo passando da un’epoca di cambiamenti a un cambiamento d’epoca. Uno studio recente lo riassume così: l’arrivo di nuovi pa -

radigmi di pensiero; l’imporsi del dominio della tecnica; lo sviluppo delle conoscenze in ambito medico e farmaceutico; il boom economico con tutti i problemi di equilibrio, di giustizia, di investimento che comporta; l’arrivo del digitale. Tutto questo porta al rapido diffondersi di una cultura “ossessivamente” centrata sulla sovranità dell’uomo rispetto alla realtà, tanto da parlare addirittura di “egolatria”, ossia di un vero e proprio culto dell’io. Papa Francesco utilizza un neologismo spagnolo particolarmente efficace “rapidacion” (rapidizzazione) per indicare la continua accelerazione dei cambiamenti. E un teologo dice che siamo rapidissimamente passati dall’essere in una “valle di lacrime”, alla pianura lussureggiante di quel benessere fisico, economico, psichico che contraddistingue l’attuale condizione di vita del no -

stro tempo. Ma è proprio così? Siamo davvero in un “paradiso in terra”?».

Nel corso della sua presenza nella Diocesi di Lugano è stato protagonista di polemiche anche accese. Quanto le manca tutto questo e come trascorre oggi il suo tempo un Vescovo emerito?

«Papa Francesco ci rende attenti che non siamo più in regime di cristianità: la fede specialmente in Europa “non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene persino negata, derisa, emarginata, ridicolizzata”. Anche papa Benedetto scrisse: “Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, …oggi non sembra più essere così in grandi settori della società”. Non siamo più in un regime di cristianità! Il che non vuol dire che dobbia -

104 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 A TAVOLA CON... / S. E. MONS. PIER GIACOMO GRAMPA

mo rinunciare a proclamare il Vangelo, ma occorre prendere atto della totale divaricazione tra istruzioni per vivere e istruzioni per credere. Viviamo una rottura nella trasmissione generazionale della fede, che viene marginalizzata, quando non addirittura derisa. Serve dunque una chiesa diversa. Come potrà essere? Cosa vuol dire: Chiesa Sinodale? Quanto spazio fare ancora alle donne? Quale il rapporto fra centro e periferia?

A me non è che manchi qualcosa. Vivo diversamente il mio episcopato: leggo, parlo, scrivo, prego, seguo con attenzione ed interesse la vita della Chiesa, rifletto, ripenso, medito, a chi me lo chiede offro i servizi che posso e soffro in silenzio. La figura del Vescovo emerito deve essere ancora precisata meglio».

Entrando nel merito di una questione fondamentale, come giudica il processo di abbandono dei valori cristiani che sembra essere uno dei fenomeni irreversibili della nostra società contemporanea?

«Scrive don Armando Matteo, un attento osservatore del contesto sociale contemporaneo: “Serve, in concreto, un modo nuovo di immaginare il cristianesimo e un connesso nuovo agire pastorale che possano fare finalmente fronte al cambiamento d’epoca e al declino della cristianità” per il quale offre alcune raccomandazioni di metodo. Quando tutto è importante, nulla è importante. Occorre prendere l’iniziativa e divenire Chiesa in uscita, che non è una cosa facile e priva di rischi. Rimuovere l’ostinata ripetizione: “che si è sempre fatto così!” Prevedere una nuova organizzazione e presenza delle comunità cristiane sul territorio. “È follia immaginare di ottenere risultati differenti, mettendo all’opera sempre le stesse cose” (Rita Maria Brawn). Essere convinti che Gesù è anche la verità sull’uomo stesso. Il termine pastorale deriva da “pastore” e quest’ultimo da “pasto”: il pastore è

colui che si occupa del cibo delle sue greggi, quindi che rischiara anche la verità sull’uomo stesso, insistendo sulla gioia del Vangelo, che trasmette la rivelazione del nome di Dio come nome di Misericordia ed il compimento di ogni esistenza umana come compimento nell’amore».

Un’adesione forte e convinta al Cristianesimo rappresenta la necessaria premessa anche per un dialogo interreligioso. Qual è a suo giudizio lo stato dei rapporti con le altre religioni, in particolare con l’Islam, in riferimento soprattutto alla situazione della Svizzera e del Ticino?

«Non facile. Non bisogna essere ingenui, pur senza rinunciare ad una pastorale dell’amicizia. Papa Francesco ha scritto una lettera pastorale “Fratelli tutti” sulla vocazione di tutti alla fraternità e all’amicizia sociale. Questo è l’impegno dei cristiani, ma il raggiungimento di questo traguardo di amicizia sociale, di dialogo interreligioso, non è di facile conquista da entrambe le parti. Ci sono troppi pregiudizi, troppe presunzioni. L’accettazione dell’altro, del diverso, richiede formazione, cultura, educazione, buona volontà, leggi giuste, rispetto reciproco, volontà positiva. Mi pare che nonostante tutto in Svizzera e Ticino, da noi, i rapporti siano “civili”, nonostante qualche estremismo intransigente e non giustificato».

In un sistema della comunicazione e dell’informazione dominato dai social media e dalle nuove tecnologie, che spazio ritiene che possa ancora esserci per una stampa di matrice cattolica?

«Intanto mi dispiace molto che sia stato chiuso il Giornale del Popolo che è stato un importante mezzo di comunicazione, ma anche di formazione dei cattolici nel Ticino. Sono sorte comunicazioni digitali, qualcuna molto apprezzata, ma purtroppo per intanto di

scarsa diffusione. Vorrei rispondere di sì, che può esserci spazio per una stampa di matrice cattolica, in forme nuove, con scadenze più ariose, che mantengano vivo il dialogo, il confronto, l’informazione e la formazione tra i cattolici, tra i cristiani, tra chi si dimostra sensibile ai temi religiosi».

Approfittando della sua capacità di guardare alle vicende del mondo quale ritiene debba essere il ruolo della Chiesa di fronte alle guerre, alle crisi e alle tensioni internazionali che sconvolgono la società contemporanea?

«Di non stancarsi mai di essere al servizio della pace, della giustizia, della libertà, della difesa del creato, della famiglia, dell’educazione, del rispetto della natura e dell’arte, dell’attenzione ai poveri, ai malati, alle categorie più fragili, all’impegno sociale della Chiesa. Di essere presenti nel vivo dei problemi da affrontare: di lasciarsi coinvolgere, di saper offrire il contributo d’arte, di cultura, di esperienza secolare della Chiesa. Di non dimenticare mai che Gesù è via, verità e vita, quindi di restargli fedeli nella libertà e nella fedeltà di una visione “dinamica”, non statica della vita, della verità, della via».

105 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 A TAVOLA CON... / S. E. MONS. PIER GIACOMO GRAMPA
Ph: © Lucrezia Roda

L’INCREDIBILE STORIA DELLA PIZZA, UN CAPOLAVORO DELLA GASTRONOMIA POPOLARE DIVENTATO UN CIBO PLANETARIO.

DI MARTA LENZI

DAL NEOLITICO A PATRIMONIO DELL’UMANITÀ

Cibo tra i più amati e consumati al mondo, oggetto del desiderio di milioni di appassionati, non ha mai smesso di evolversi, dalla cucina povera alle tavole più esclusive. Soffice, saporita, perfetta come piatto unico, è un alimento che spinge alla condivisione, che mette tutti d’accordo, anche i palati più difficili.

La pizza è nata a Napoli dove oggi vivono e lavorano circa 3000 pizzaioli. Un semplice impasto a base di farina, acqua e lievito ha conquistato il mondo facendo riconoscere “L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” come parte del patrimonio culturale dell’u-

manità. Un patrimonio trasmesso di generazione in generazione e continuamente ricreato, in grado di fornire alla comunità un senso di identità e continuità e di promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana. Una pratica culinaria che comprende varie fasi, tra le quali la preparazione dell’impasto, un movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo e la cottura nel forno a legna. L’Unesco ha voluto proprio sottolineare l’importanza dei valori culturali e sociali di un artigianato alimentare che non si esaurisce nel consumo, ma che crea forme di convivialità, di scambio, di mutualità. Ma quando è nata la pizza e la sua arte? Tutto è iniziato con la scoperta del fuoco e la cottura sulla pietra. Il mondo celebra la pizza, infatti, proprio il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, patrono del fuoco, protettore dei fabbri e dei fornai, dei pompieri e soprattutto dei pizzaioli. Da sempre il 17 gennaio ogni famiglia di pizzaioli lavora solo mezza giornata e poi si sposta fuori dal centro per accendere i fuochi propiziatori.

L’arte deriverebbe addirittura dalla preparazione delle mensae, le schiacciate di grano cotte al forno che gli antichi popoli mediterranei usavano per poggiarvi sopra i cibi. Nel Neolitico, in Oriente, cuocevano sulle pietre bollenti cereali tostati e il tipico pane azzimo. Gli egizi, una volta venuti a conoscenza del lievito, hanno iniziato a usarlo per rendere i loro impasti soffici, creando quello che può essere definito un antenato vero e proprio del pane. Ed è da qui che parte la vera storia della pizza. Fin dall’antichità, quindi, si preparava

un impasto simile a quello che sarebbe diventato la pizza, impasto che veniva condito in molti modi diversi per insaporirlo e variare le ricette.

Nel VI sec. a.C. i soldati persiani che servivano sotto Dario il Grande cuocevano una focaccina con formaggio e datteri sugli scudi da battaglia; nell’antica Grecia i cittadini producevano un pane piatto chiamato plakous che era aromatizzato con condimenti come erbe, cipolla, formaggio e aglio; un primo riferimento a un cibo simile a una pizza si trova anche nell’Eneide: nel libro VII, Enea e i suoi uomini ricevono un pasto che include torte rotonde condite con verdure cotte. Anche i romani utilizzavano vari tipi di farro per creare una farina da impastare con acqua, erbe e sale, che lasciavano cuocere sui focolari. Usavano questi dischi di pane per contenere delle pietanze con molto sugo, creando così delle “pizze”. Negli scavi di Pompei sono stati trovati dei forni che hanno la forma esatta di quelli che ancora oggi vengono costruiti dai maestri fornai partenopei depositari di una tecnica insuperabile. Già nel 1300 la parola pissas veniva utilizzata per parlare di pietanze a base di frumento, aglio, strutto e sale. Ma è nel 1535 che il poeta napoletano Benedetto di Falco nel suo Descrizione dei luoghi antichi di Napoli dichiara che “la focaccia in napoletano è detta pizza”. Qualche decennio dopo nascerà la pizza alla Mastunicola, con strutto, formaggio e basilico. Successivamente, l’olio d’oliva prenderà il posto dello strutto e si aggiungeranno erbe aromatiche. Ma siamo ancora agli inizi

106 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / PIZZA

della storia moderna della pizza. Il grande sviluppo avviene da metà 1700, quando alcuni fornai di Napoli cominciano a vendere tranci di una focaccia rotonda, molto lievitata e schiacciata, condita con acciughe, olio, aglio e origano: la Marinara, cibo preferito dai pescatori al rientro dal lavoro. I ragazzi delle botteghe le distribuivano per i vicoli, anticipando quel che avviene oggi con i riders. Gli acquirenti erano i lavoratori dei ceti più poveri, carrettieri, falegnami, muratori. Ma anche lavandaie, sartine, stiratrici. Uno street food fatto apposta per saziare la fame atavica. La grande scrittrice partenopea agli inizi del ‘900 Matilde Serao l’avrebbe poi infatti ribattezzata “il pronto soccorso dello stomaco”.

Il pomodoro, arrivato dopo la scoperta dell’America, non veniva ancora utilizzato perché considerato velenoso e anche la mozzarella comparirà solo nel 1800.

Quando nel 1835 Alexandre Dumas visita per la prima volta Napoli rimane entusiasta della Marinara. L’autore dei Tre moschettieri coglie, infatti, che dietro l’apparente semplicità, questo cibo nasconde uno straordinario saper fare: croccante fuori e morbidissima dentro, elastica e resistente, né troppo alta né troppo bassa, né

umida né secca, né cruda né cotta. Una storia spesso raccontata sostiene che l’11 giugno 1889, in onore della regina consorte d’Italia, Margherita di Savoia, il pizzaiolo napoletano Raffaele Esposito crea la “Pizza Margherita”, una pizza guarnita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori dell’Italia come sulla bandiera. In realtà, la Margherita esisteva già da diverse decenni: viene descritta in alcuni testi della prima metà dell’800 insieme alla Marinara e al Calzone.

La pizza rimane tipicità napoletana, e attrazione turistica per la città partenopea, fino agli inizi del ‘900, quando inizia lentamente a diffondersi anche nel resto dello stivale. Tuttavia, non arriva al settentrione fino al secondo dopoguerra, così come nel resto del mondo, complici i forti flussi migratori che dalla Campania spinsero moltissime persone a cercare fortuna in altri stati e continenti.

Un’altra pizza tradizionale è quella a portafoglio, piegata in quattro su sé stessa, più piccola rispetto a quelle classiche e quindi più facile da gustare mentre si cammina. E anche la pizza fritta, nata dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando sugo e ingredienti scarseggiavano e i forni a legna erano

spenti o erano stati distrutti, e in città si friggevano gli impasti della pizza che così si gonfiavano e saziavano di più. Senza dimenticare il Calzone, anche fritto che, in origine, era una pizza ripiegata a forma di mezzaluna e farcita con diversi ingredienti avanzati della cucina povera. La parola vuole indicare proprio una grande calza, ricca di sorprese golose.

Uno dei nomi con cui era chiamata la pizza fritta era “a ogge a otto”, perché veniva spesso comprata a credito e pagata la settimana successiva. Oggi diventa sospesa, come il caffè, secondo l’antico uso napoletano di consumare un espresso e pagarne due, lasciando il secondo a disposizione di sconosciuti meno fortunati.

Di solito la pizza fritta veniva preparata direttamente in casa dai pizzaioli nel loro giorno di riposo, per arrotondare le entrate domestiche. A volte il pizzaiolo preparava l’impasto e la moglie lo friggeva, per vendere poi la pizza fritta appena fuori dall’uscio di casa. Con il passare del tempo, la pizza fritta divenne una creazione tipicamente femminile: erano le donne a curarne tutta la preparazione e a friggerla e venderla fuori dalle case con banchetti e tegami che fanno parte della memoria storica della città di Napoli. Come dimenticare la più famosa venditrice di pizza fritta Sophia Loren nel film L’oro di Napoli , diretto da Vittorio De Sica nel 1954.

Passano anni e la pizza si evolve, migliora, cresce. Oggi la sua versione gourmet è una realtà consolidata. Nel mondo della pizza sta succedendo ciò che in quello della cucina è in atto già da tempo: un’evoluzione che pone al centro del mestiere di pizzaiolo la ricerca, l’attenzione agli ingredienti, la conoscenza del territorio.

Continuare comunque a immaginare di essere tra le stradine intricate del centro storico di Napoli e ordinare una pizza da pagare entro otto giorni dal primo morso tra profumi inconfondibili, rimane ancora la migliore versione!

107 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / PIZZA

OMAGGIO AL LAVORO DELLO CHEF

QUE EL SEÑOR MÁS EXIGENTE

TIENE QUE CHUPARSE LOS DEDOS COCINERO, COCINERO, ENCIENDE BIEN LA CANDELA Y PREPARA CON ESMERO UN ARROZ CON HABICHUELAS COCINERO, COCINERO, APROVECHA LA OCASIÓN

QUE EL FUTURO ES MUY OSCURO, AY, TRABAJANDO EN EL CARBÓN DI

Palazzo Mantegazza

Riva Paradiso 2

CH-6900 Lugano-Paradiso +41 (0)91 994 68 68

“Cocinero cocinero”, uno dei maggiori successi del cantaor e ballerino di flamenco Antonio Molina, racconta le difficoltà quotidiane dei cuochi. Ma questo non è un caso. La musica tradizionale spagnola viene infatti vissuta con un’identità culturale e una passione che si può ritrovare solo in una cucina, con canzoni e ricette che si tramandano di generazione in generazione. Arti, perché di arti stiamo parlando, dove l’uso degli strumenti e al contempo l’essere a tempo con gli altri ballerini, o il resto della brigata, sono elementi fondamentali per la buona esecuzione.

Ed è stato forse quindi inevitabile che, nei sei anni trascorsi per le cucine spagnole, Luca Bellanca insinuasse dentro di sé lo spirito e la musicalità del flamenco. Per lui infatti la cucina è un gioco di sincronie, di movimenti, di intonazioni, sia con i colleghi che con i sapori. Per questo, per festeggiare a dovere i 10 anni del Ristorante Meta a Lugano, lo chef ha proposto in una se -

rata esclusiva uno dei suoi piatti forti (tanto da vincere un premio alle celebri Fallas di Valencia, ndr): la paella. «È uno dei piatti che più mi rappresentano – racconta Bellanca -. Una semplicità che in realtà nasconde molta tecnica, dove la tradizione richiede inventiva e cuore. Ma soprattutto, come nella paella si ritrovano tanti ingredienti diversi, dal pesce alla carne passando per le verdure, io in cucina porto le mie origini siciliane e i miei primi anni a Varese, oltre ovviamente agli anni in Spagna e a questa meravigliosa avventura in Ticino».

Proprio Lugano ha riservato allo chef, che quest’anno ha intrapreso il giro di boa dei 40 anni, le maggiori soddisfa -

108 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / RISTORANTE META
MATTIA
SACCHI
marketing@metaworld.ch META @ristorantemeta Ristorante Meta www.metaworld.ch @Meta_Ristorante

zioni personali: «Riguardo il percorso che abbiamo intrapreso con il Meta e mi emoziono. Nel 2020 ho ricevuto il premio di chef dell’anno dalla Gault&Millau, l’anno dopo la Stella Michelin e lo scorso anno l’ingresso nella Grand Tables Suisse. Se me lo avessero detto a inizio carriera non ci avrei mai creduto: sono riconoscimenti che sono il sogno di ogni cuoco. Ma con gli anni, dopo tutti i sacrifici, se c’è una cosa che si impara è che questi risultati non sono esclusivamente individuali ma collettivi. Non è retorica: chi condivide intere giornate in cucina e in sala, affrontando insieme le difficoltà, sa bene di cosa parlo».

16 punti Gault&Millau e la Stella Michelin sono anche la sublimazione del sodalizio decennale tra chef Bellanca e Mario Mantegazza: «Vederlo così emozionato il giorno dell’annuncio stella mi ha commosso. Oggi c’è chi vede solo i premi, ma noi non dimentichiamo che i primi anni sono stati tutt’altro che facili: non era scontato proporre un’idea nuova di ristorazione in un locale lontano dal centro città. Eppure lui ci ha sempre creduto e mi ha dato fiducia, permettendomi di realizzare la mia filosofia di cucina senza compromessi. È stato il lavoro a lungo termine a pagare, ma per farlo bisognava avere la forza di avere pazienza e Mario, con enorme signorilità e senza metterci pressioni,

l’ha sempre avuta, facendoci sentire non semplici dipendenti ma membri di una grande famiglia».

Proprio il concetto di famiglia è diventata una filosofia all’interno del Meta: «Chi viene a trovarci e a mangiare da noi deve sentirsi come a casa. Per questo abbiamo snellito l’arredamento del locale, rendendolo essenziale pur mantenendo una certa eleganza, con una proposta di cucina di altissima qualità, senza però disdegnare la golosità dei piatti. Tutto ciò sarebbe però inutile se non fossimo riusciti a trasmettere ai clienti lo spirito di familiarità che c’è tra ogni membro del ristorante: ognuno non lavora per sé ma ci si dà una mano a vicenda. Professionalità infatti non vuol dire supponenza, bensì avere conoscenza e responsabilità di quali siano i propri compiti e le cose giuste da fare per il bene comune. Il fatto che la maggior parte dei colleghi lavori qui da tanti anni è la migliore dimostrazione di come questo modo di lavorare funzioni bene e ci permetta di dare il massimo ogni sera». Dare il massimo significa non solo mantenere alta l’asticella, ma provare ad alzarla ulteriormente: «Senza questo genere di ambizioni sarebbe meglio cambiare lavoro! L’alta gastrono -

mia è magica proprio per questa necessità di ricercare costantemente nuovi stimoli e nuove frontiere da esplorare. Il rinnovamente della carta va proprio in questo senso: chi vuole potrà sempre ritrovare quelli che, dopo 10 anni, possiamo ormai chiamare i nostri “classici”. Ma, nel frattempo, ognuno potrà vedere, anzi gustare, la nostra interpretazione delle nuove tendenze della cucina, frutto delle nostre esperienze e delle nostre crescite, individuali e collettive. Non vediamo l’ora di farvele provare, vi aspettiamo!»

109 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / RISTORANTE META

TICINO-SVIZZERA-FRANCIA E RITORNO

SARÀ QUESTO PERCORSO DELLA

DICIASSETTESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL VIVE LA FRANCE CHE

VEDRÀ PROTAGONISTA LA FRANCIA

CON 10 TRA I SUOI MIGLIORI CHEF.

PATRIA DELLA PIÙ IMPORTANTE GUIDA

GASTRONOMICA AL MONDO, IL

PAESE TRANSALPINO HA DA SEMPRE

CONSIDERATO LA CUCINA UNA

VERA E PROPRIA FORMA D’ARTE, UN PUNTO DI FORZA DEL TURISMO.

La manifestazione permetterà anche quest’anno un gemellaggio ricco e sorprendente con la cultura enogastronomica ticinese. L’obiettivo del Festival dalla sua nascita è quello di stabilire un rapporto di scambio culturale: le storie, i personaggi, i sapori e i saperi dei Paesi ospiti sono ogni volta i protagonisti unitamente alle eccellenze del nostro territorio, cercando di attraversare il presente e guardare al futuro dell’enogastronomia attraverso una cucina d’eccellenza accompagnata da vini locali e internazionali molto importanti.

La Svizzera è da sempre crocevia di culture diverse anche a livello culinario, con la grande presenza di influenze francesi, tedesche e italiane. E il Ticino in particolare ha un forte e antico legame con la Francia. Non a caso i colori della bandiera sono gli stes -

si della città di Parigi. Non si sa con certezza il perché di questo legame cromatico, l’ipotesi più plausibile è che i colori siano stati scelti in quanto erano quelli predominanti negli stemmi degli otto distretti che hanno dato vita al Cantone, ma altre teorie li fanno derivare proprio dai colori dello stemma di Parigi, come segno di riconoscenza nei confronti del Grande Mediatore Napoleone che nel 1803 grazie all’Atto di Mediazione diede vita al nostro cantone.

Inoltre, l’emigrazione verso la Francia è parte della storia e della cultura del nostro territorio, soprattutto della Val di Blenio, nel periodo compreso tra l’inizio del XIX e la seconda metà del XX secolo. In quegli anni, infatti, centinaia di bleniesi lasciavano periodicamente le proprie case per trasferirsi nelle maggiori città transalpine, Parigi su tutte, ed esercitare

110 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / S.PELLEGRINO SAPORI TICINO 2023
DI MARTA LENZI Dany Stauffacher Ph: © Giorgia Panzera Mauro Colagreco Ph: © Matteo Carassale

professioni di vario tipo come marronai, fruttivendoli, camerieri, cuochi, pasticceri, impiegati alberghieri. Nella capitale francese molti “chocolatier et glacier” erano ticinesi. Questa volta, invece, nella capitale francese si presenteranno alcuni tra i migliori chef ticinesi e svizzeri.

A tal scopo, è iniziata una proficua collaborazione con le istituzioni francesi sul territorio svizzero (Ambasciata di Francia a Berna, Consolato francese a Zurigo e Atout France, l’agenzia di sviluppo turistico) da un lato, e le istituzioni svizzere in Francia, dall’altro (Ambasciata di Svizzera e l’agenzia francese di Svizzera Turismo).

Da un lato c’è l’obiettivo di far conoscere e apprezzare la loro cucina, dall’altro di promuovere il nostro territorio e i nostri partner. La grande potenzialità turistica del nostro territorio, ricco di bellezze naturali,

storia e paesaggi unici, oggi più che mai passa anche attraverso l’enogastronomia, fattore basilare per la scelta di una destinazione.

E quest’anno così, oltre alla ormai classiche trasferte nella Svizzera interna per far conoscere il meglio della nostra cucina e dei nostri vini, S.Pellegrino Sapori Ticino valicherà i confini svizzeri e arriverà a Parigi, insieme ai Swiss Deluxe Hotels, i migliori 39 hotels della Svizzera, da oltre 10 anni partner della manifestazione e le Grandes Tables Suisses, associazione che riunisce 69 dei migliori ristoranti e chef della Svizzera per un totale di circa 70 stelle Michelin, tante eccellenze a dimostrazione di quanto il nostro Paese può offrire nel settore dell’ospitalità e della ristorazione.

Il prossimo 21 settembre, infatti, la capitale francese sarà un palcoscenico ticinese con una conferenza stam -

pa e una cena di gala all’Ambasciata di Svizzera. «Da quando abbiamo ricevuto l’invito da parte dell’ambasciatore Balzaretti ad organizzare una cena all’ambasciata a Parigi, si è subito creato a livello svizzero un grande entusiasmo per questa trasferta», dichiara Dany Stauffacher, CEO di S. Pellegrino Sapori Ticino. «Sarà un grande onore poter presentare e rappresentare le eccellenze enogastronomiche ticinesi e svizzere in un contesto istituzionale così importante. E Parigi vuole essere solo il punto di partenza per una nuova storia di S. Pellegrino Sapori Ticino: grazie al sostegno di Svizzera Turismo e degli altri partners, c’è il desiderio di continuare a portare il meglio del Ticino e della Svizzera (hotels, ristoranti, chef, vini, prodotti locali) in Europa e nel mondo, nei mercati turistici di riferimento come la Germania, l’Ita -

IL SALUTO DI ROBERTO BALZARETTI, AMBASCIATORE DI SVIZZERA IN FRANCIA

A sottolineare ancora di più il legame tra la Svizzera e la Francia, l’ambasciatore svizzero a Parigi Roberto Balzaretti, ha dichiarato: «In qualità di ambasciatore in Francia, mi rallegro che il Festival S.Pellegrino Sapori Ticino 2023 sia dedicato allo scambio enogastronomico con uno dei nostri vicini.

La Svizzera e la Francia intrattengono relazioni bilaterali intense in tutti gli ambiti. L’interazione tra cuochi svizzeri e cuochi francesi è un esempio concreto – e gustoso – dell’importanza della cooperazione bilaterale.

La promozione della cultura e del savoir-faire svizzeri nel Paese che ci accoglie sono parte integrante del lavoro di rappresentanza di un’ambasciata. Siamo felici di ospitare S.Pellegrino Sapori Ticino per una serata di pre -

sentazione del Festival e contribuire così a dare visibilità all’enogastronomia ticinese e svizzera in Francia. E a livello personale sono fiero di far conoscere il mio cantone d’origine ed i suoi atout – gastronomici e non – all’estero. Senza dimenticare che la gastronomia e la viticultura sono due aspetti importanti della nostra cultura. I piatti tipici ticinesi non sono gli stessi che nella Svizzera romanda o nella Svizzera tedesca ed è quindi importante poter far conoscere al pubblico francese la Svizzera in tutta la sua diversità. Lo scambio sul piano gastronomico contribuisce a stimolare un interesse più ampio per la cultura e la storia di un paese o di una regione. Condividere un pasto è il modo migliore di tessere legami duraturi».

111 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / S.PELLEGRINO SAPORI TICINO 2023
Ph: © JC Marmara

lia, gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo». Le serate in Ticino inizieranno poi il 24 settembre e padrino della manifestazione sarà Mauro Colagreco del Ristorante Mirazur di Mentone, 3 stelle Michelin, World’s Best Restaurant 2019 e Goodwill Ambassador per l’Unesco. «Sono felice e orgoglioso che il festival S.Pellegrino Sapori Ticino abbia deciso di onorare la Francia durante l’edizione 2O23» ha dichiarato lo chef. «Questa edizione metterà in risalto la ricchezza e la biodiversità della Francia attraverso le belle strutture che parteciperanno a questo importante festival in Ticino tra Lugano, Locarno e Ascona, in una cornice straordinaria, in una delle regioni più turistiche d’Europa». A rafforzare l’importanza di questa edizione, anche Atout France, l’agenzia di sviluppo turistico della Francia, sarà partner della manifestazione a sottolineare quanto il tema enogastronomico sia importante per il turismo. Dal 2010 il pasto alla francese è diventato patrimonio immateriale dell’Unesco, inteso come

quell’insieme di attività culturali che ispirano la necessità di mantenere una continuità fra generazioni passate, presenti e future, tramandando la storia e l’identità culturale. La cucina francese e le ricette francesi sono il risultato di una ricerca che si perde nella notte dei tempi e che arriva fino al giorno d’oggi, merito di chef celebri in tutto il mondo. E come a SPST la tavola, la cura posta nella sua preparazione, la volontà di riunirvisi attorno in occasione delle grandi occasioni, tutti quei momenti dove si mette in pratica l’arte del mangiar bene, del bere bene, il gusto dello stare insieme e della convivialità diventano fondamentali. Anche la baguette è patrimonio Unesco: ogni giorno, 12 milioni di consumatori francesi spingono la porta di una panetteria e ogni anno escono dalle boulangerie di Francia più di sei miliardi di baguette. Grazie alla cultura enogastronomica, quest’anno i francesi scopriranno anche l’identità ticinese e svizzera e diventeranno i nostri migliori ambasciatori.

GASTRONOMIA / S.PELLEGRINO SAPORI TICINO 2023
112 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
Ph: © Milo Zanecchia

Relax & Recharge

Un olimpo di charme, dedicato al culto del benessere, pensato per gli ospiti dell’hotel, ma aperto anche ai visitatori esterni.

Managed by PlanHotel Hospitality Group theviewlugano.com

UNA REGIONE TUTTA DA GUSTARE

ENOGASTRONOMIA, VEICOLO DELLA CULTURA E DELL’IDENTITÀ DI UN LUOGO, UN PERCORSO PER COGLIERE L’ESSENZA E IL VALORE DELLA DESTINAZIONE. NE ABBIAMO PARLATO CON MASSIMO BONI, DIRETTORE DI LUGANO REGION.

DI MARTA LENZI

Oggi il turista vuole conoscere e sperimentare, vuole essere integrato nella cultura del luogo che sceglie di visitare, gastronomia compresa. Un territorio ricco di tante stelle come il Ticino (a Lugano Cristian Moreschi di Villa Principe Leopoldo, Domenico Ruberto de I Due Sud presso l’Hotel Splendide Royal, Luca Bellanca del Ristorante META, Diego Della Schiava del Ristorante The View; a Bellinzona Lorenzo Albrici della Locanda Orico; ad Ascona Marco Campanella del Ristorante Brezza dell’Hotel Eden Roc, Mattias Roock della Locanda Barbarossa del Castello del Sole, Rolf Fliegauf del Ristorante Ecco dell’Hotel Giardino, e Bernard Fournier del Ristotante da Candida a Campione d’Italia) può contare anche sul progetto di Dany Stauffacher, Ticino Land of Stars, pensato proprio per valorizzare l’aspetto enogastronomico della nostra regione e attirare turisti alto spendenti tutto l’anno.

L’enogastronomia è uno dei principali motivi che spingono il turista a scegliere il Ticino come meta per le proprie vacanze. Avere un numero così importante di ristoranti stellati sul nostro territorio cambia qualcosa a livello turistico?

«Le persone che frequentano i ristoranti stellati cercano con molta probabilità questo livello anche quando viaggiano. La presenza nel territorio di ben quattro ristoranti a una stella Michelin è pertanto un fattore di attrazione verso questo target. Il fine dining negli hotel è una tendenza decisamente in crescita: tutti i ristoranti stellati della regione, ad eccezione del META, sono all’interno di una struttura alberghiera, rendendo l’offerta gourmet sempre più importante nel settore, dove si tende ad assumere chef già premiati e di qualità al fine di attrarre clientela esterna all’hotel».

114 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 TICINO LAND OF STARS / STELLE MICHELIN
01 Piatto di Luca Bellanca 01

Che ruolo ha l’offerta enogastronomica all’interno della vostra proposta ai turisti?

«L’enogastronomia è uno dei quattro segmenti prioritari nella strategia di Lugano Region per i prossimi quattro anni. La nostra regione può garantire un’offerta per tutti i gusti grazie ai 94 ristoranti, di cui 4 che vantano una stella Michelin, 26 grotti, 23 cantine vitivinicole e 6 birrifici. Parallelamente, il nostro Product Management sviluppa prodotti enogastronomici che permettono a Lugano Region di avere un ottimo ventaglio di offerte, come ad esempio La via dei sapori in Capriasca, un progetto che attraverso una rete di sentieri conduce alla scoperta dei sapori genuini di 12 aziende

agricole, alpeggi o capanne dove gustare formaggi, salumi e altri prodotti a km 0, ma soprattutto scoprire tutti i segreti della loro produzione e gli animali che ne contribuiscono. Un altro prodotto d’interesse è il Taste My Swiss City Lugano, un’esperienza enogastronomica che porta alla scoperta di cinque dei migliori luoghi di Lugano per mangiare e bere attraverso un tour individuale.

Come è cambiato il turista, se è cambiato, negli ultimi anni? Dalla vostra postazione privilegiata come vedete il futuro del turismo?

«Ci sono stati diversi cambiamenti negli ultimi anni che hanno portato l’Ente Turistico del Luganese a rivalu -

tare i pilastri strategici. In particolare, guardando al futuro pensiamo sia importante per il turismo locale affrontare temi quali l’ospitalità, la digitalizzazione e non da ultimo la sostenibilità. La regione del Luganese ha lavorato per consolidare la sua vocazione turistica attraverso una moltitudine di offerte che ci permettono di essere attrattivi per più profili. Ci impegniamo a coinvolgere hotel, esercenti e commercianti nell’ottimizzazione della nostra strategia.

Il turista di oggi richiede sempre più informazioni tramite una fruibilità digitale e costante; il fatto di poter offrire dei profili social media e un sito Internet sempre aggiornato rappresenta sicuramente una grande oppor -

115 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 TICINO LAND OF STARS / STELLE MICHELIN
Ph: © Milo Zanecchia

tunità per noi. A tal proposito, abbiamo lavorato sia a nuova strategia di social media marketing, che vede la creazione di contenuti proprietari, in particolare video, volti a dare ispirazione ed informazioni, sia ad attività di influencer marketing con profili legati ai mercati di riferimento e in grado di dare grande visibilità agli stakeholders. In aprile 2023 è stato lanciato il nuovo sito Internet, completamente rinnovato, per migliorare l’esperienza per l’utente sui diversi dispositivi e a promuovere i prodotti turistici della regione. A tre anni dall’adesione di Lugano Region al The Global Destination Sustainability Index (GDS-Index), continua l’impegno della destinazione verso un turismo sostenibile. In linea con il progetto di sostenibilità cantonale in ambito turistico, con Ticino Turismo e le altre OTR (Organizzazioni Turistiche Regionali), Lugano Region lavora per l’attuazione di una strategia di sostenibilità dal 2024. Crediamo in una destinazione dal soggiorno sostenibile per più motivi: i forti miglioramenti nella rete dei trasporti pubblici, la possibilità di godere della natura a pochi passi dal centro città prevalentemente pedonale e di molte esperienze e strutture ricettive certificate da Svizzera Turismo con il label “Swisstainable”».

Le esigenze del luxury traveller sono cambiate nell’ultimo periodo?

Il turismo di lusso avrà un ruolo sempre più importante?

«I canoni del turismo di lusso sono cambiati. Se una volta il lusso era qualcosa di tangibile, ora si intende anche il tempo a disposizione e la possibilità di vivere nuove esperienze. Il settore del lusso ha un ruolo cruciale per la nostra economia locale: si tratta di una categoria che fa lavorare tutti gli operatori del settore: alberghi, ristoranti, campi da golf, impianti di risalita, SPA e, non da ultimo, le boutique del centro città. Il lusso è

diventato un concetto trasversale e riguarda le possibilità limitate di effettuare alcune esperienze uniche, come una visita privata in una rinomata cantina di vini, condotta dai proprietari e dagli enologhi che si prendono il tempo per raccontare i frutti della loro attività. Un’altra caratteristica del turismo di lusso del futuro che potrà vedere vincente la nostra destinazione, è proprio il connubio di esperienze attraverso tutti i segmenti. Abbiamo più di 400 Km di percorsi per mountain bike e oltre 900 Km di sentieri escursionistici. Da noi, un amministratore delegato può andare in bicicletta al mattino, mangiare in un ristorante gourmet a pranzo ed assistere a uno spettacolo al LAC la sera. Lugano è una città unica, in pochi minuti si può passare dal museo, alla boutique e alla natura. Con la recente apertura della Fondazione Bally Villa Heleneum, l’offerta culturale è aumentata ulteriormente e la nostra regione, proprio in armonia con lo sviluppo dei ristoranti gourmet e dell’offerta naturalistica, ha tutte le carte in regola per posizionarsi quale meta per questa specifica fascia di turismo di lusso del futuro».

In questo contesto cosa pensate del progetto Ticino Land of Stars?

«La concentrazione di stelle in Ticino è particolarmente elevata, soprattutto in rapporto alla popolazione, e ciò la rende una delle regioni più dense di eccellenze gastronomiche al mondo.

In particolare, nella regione del Luganese troviamo quattro ristoranti con una stella Michelin nello spazio di pochi chilometri quadrati. Comunicare questo concetto, quale punta dell’iceberg delle eccellenze gastronomiche del nostro territorio, è certamente uno strumento prezioso per raccontare la nostra destinazione. Attirare e stimolare il turista gastronomico ha molti vantaggi: da un lato porta un visitatore trasversale, presente in molteplici segmenti di mercato, pronto a spende -

re e attento al territorio che lo accoglie in maniera genuina; dall’altro genera un turismo che non subisce i classici flussi stagionali e, limitato nella quantità, ma non nella capacità di spesa, crea un impatto ridotto a tutto vantaggio della sostenibilità».

Quali sono le nuove strategie, quali le attività su cui avete scelto di concentrarvi?

«L’obiettivo del nostro lavoro è quello di essere la destinazione di riferimento nel sud della Svizzera nei quattro segmenti prioritari: Sport e Natura, Arte e Cultura, Enogastronomia e MICE, uniti in un’esperienza complessiva, unica e nuova per il visitatore di domani. Per fare questo ci concentriamo in particolare sui target prioritari, ovvero le famiglie, HNWI (High Net Worth Individuals) e DINKS (coppie senza figli con doppio stipendio) in maniera trasversale sui nostri mercati di riferimento, Svizzera, Germania, Italia e Paesi del Golfo. La principale svolta in termini di strategia è lo sviluppo di prodotti turistici trasversali e l’implementazione di offerte e pacchetti integrati, che permettano al visitatore proprio di vivere quest’esperienza complessiva attraverso i segmenti e che lo stimolino a scegliere la nostra destinazione, anche attraverso incentivi economici».

116 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
TICINO LAND OF STARS / STELLE MICHELIN
Mattias Roock Domenico Ruberto Diego Della Schiava Cristian Moreschi Bernard Fournier Marco Campanella Luca Bellanca Lorenzo Albrici
TICINO LAND OF STARS / STELLE MICHELIN
Rolf Fliegauf

QUANDO LA GENUINITÀ TRIONFA NEL PIATTO

Uno tra i più begli alberghi del Ticino dove si respira un’atmosfera autenticamente signorile scevra da snobismo è l’Hotel Castello del Sole ad Ascona. Il suo lussureggiante parco che arriva fino al lago, dove i clienti nella bella stagione possono consumare uno “snack” dolce o salato con qualche fresca primizia e sorseggiare un drink; la grande SPA & Beauty che offre delizie termali e benessere per una piacevole rigenerazione, relax e ricarica; le stupende camere in cui lusso e comfort coccolano il riposo dell’ospite; la cucina, che della genuinità, della naturalità e dell’alta qualità dei prodotti e delle preparazioni ha impostato la sua missione per soddisfare ogni desiderio gastronomico, rappresentano i principali motivi di orgoglio della bella struttura.

Noi come sempre ci occupiamo di quest’ultimo fiore all’occhiello che è la cucina. Regno incontrastato ormai da

diversi anni dello chef Mattias Roock è la Locanda Barbarossa dell’Hotel Castello del Sole, una stella Michelin e 18 punti Gault & Millau. Mattias ha sempre amato la cucina, grazie anche alla sua famiglia che nel Nord della Germania gestiva un rinomato ristorante. Dopo il determinante apprendistato in un albergo a 5 stelle ad Amburgo e numerose e importanti esperienze lavorative in strutture di prestigio dal Medio Oriente all’Asia, agli Stati Uniti, nonché a Londra, nel 2017 è approdato ad Ascona all’Hotel Castello del Sole dove ricopre la funzione di executive chef. Della sua cucina Mattias dice: «La nostra clientela è cambiata negli anni e apprezza sempre più la cucina regionale del Ticino che definisco raffinata e del cuore». Per le sue creazioni ha la fortuna di poter avvalersi di molta materia prima prodotta “in casa”, ovvero presso la cantina vitivinicola con specialità agricole Terreni alla Maggia che appartie -

LA LOCANDA BARBAROSSA

DELL’HOTEL CASTELLO DEL SOLE AD ASCONA VANTA UN’AFFEZIONATA

CLIENTELA CHE APPREZZA SEMPRE

PIÙ LA SUA CUCINA REGIONALE.

DI GIACOMO NEWLIN

118 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 TICINO LAND OF STARS / LOCANDA BARBAROSSA

ne alla stessa proprietà dell’albergo: dalla frutta alle primizie nelle verdure, dal mais da polenta al grano duro per la pasta fino al riso da risotto loto, per contunuare con i pregiati vini e distillati, insomma una condizione di grande vantaggio per un cuoco. L’esperienza indimenticabile di una cena alla Locanda Barbarossa inizia con un’accoglienza cortese e affabile dello “chef de rang” di lungo corso Luigi Zagaria che ci accompagna al tavolo; poi l’esperienza prosegue con l’arrivo del maître Massimiliano Pusceddu che con elegante professionalità ci illustra le proposte del ricco menù con le varie portate accompagnate dal vino più adatto che Massimiliano trae da una lista fornitissima, che annovera soprattutto i pregiati vini di produzione dell’azienda di casa.

I fuochi d’artificio hanno preso avvio con un magistrale Sgombro marinato, vinaigrette con panna acida e aneto, cetriolo, zenzero e un sablé con maionese piccante e semini di amaranto. La sensibilità dello chef, oltre che attraverso il gusto eccellente della pietanza, si percepisce dall’impiattamento che spesso, come in questo caso, si può tranquillamente definire arte. Il Risotto che è seguito, cucinato con il riso “Loto” che viene pro -

dotto in azienda, è diventato un “must” dello chef: cremoso, cottura perfetta, questa volta con asparagi, erbette primaverili e piselli.

La sorpresa è stato il piatto forte ossia il Capretto nero della Valle Verzasca, cipollotti, Merlot bianco, polenta; di una tenerezza e di un sapore commoventi. Alla fine del menù era previsto un certo dessert, ma noi, memori di una prece-

dente dolce esperienza abbiamo puntato senza indugio su un vero trionfo della pasticceria della Locanda: il “Soufflé”, Grand Marnier, frutti di bosco, gelato alla vaniglia Bourbon. Questa meraviglia andava assolutamente complimentata con l’esecutrice materiale, la giovanissima chef pâtissière Raissa Lafranchi. I vini serviti con un accostamento vincente erano quelli dei Terreni alla Maggia: dal Kerner 2022 al Castello del Sole 2018 al Querceto 2016, mentre con il “Soufflé” il maître ci ha viziati con il Tokaj Oremus Aszu 5 Puttonyos, un vero rosolio ungherese. La serata è terminata nel raffinato Bar Bassa Selim, dove tra una melodia e l’altra del pianista lo chef Barman Maurizio Zullo ci ha fatto assaggiare il Digestivo Monte Verità, un liquore veramente speciale che contiene estratti di tè verde e piante officinali pregiate armonizzate col miglior vino Malaga.

LOCANDA BARBAROSSA

Via Muraccio 142

CH-6612 Ascona

T. +41 (0) 91 791 02 02

www.castellodelsole.com

119 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 TICINO LAND OF STARS / LOCANDA BARBAROSSA

DUE RICETTE A BASE DI POMODORO

IL POMODORO È UNO DEGLI

INGREDIENTI PRINCIPE CHE NON PUÒ MANCARE SULLA TAVOLA.

GLI CHEF DI TICINO GOURMET TOUR LO UTILIZZANO SPESSO

NEI LORO PIATTI. ECCO DUE RICETTE DA PROVARE.

Spaghetto «Terreni alla Maggia» cotto in pomodoro fresco, basilico, scaglie di ricotta affumicata del ristorante Centrale di Losone

Ingredienti

350 gr spaghetti dei Terreni alla Maggia, 400 gr Pomodori maturi, 50 gr basilico fresco, 1 dl olio EVO, concentrato pomodoro se necessario, sale, pepe, 100 gr di ricotta affumicata della Valle Maggia, foglie piccole di basilico.

Preparazione

Tagliare i pomodori a metà e schiacciarli per eliminate l’acqua e i semi, frullarli con il basilico, la metà dell’olio EVO, il sale e il pepe. Passare la polpa con un colino per eliminare le bucce ed eventuali semi e incominciare a scaldare a fuoco dolce. Portare ad ebollizione l’acqua salata per la cottura della pasta, versare gli spaghetti e cuocere velocemente, scolarli conservando un po’ di acqua di cottura. Travasarli nella padella con il pomodoro e continuare la cottura come un risotto aggiungendo un po’ di acqua di cottura se necessario e mescolando regolarmente. Giunti a cottura al dente dovranno essere cremosi e amalgamati al sugo. Servire in fondine calde, grattugiare la ricotta affumicata e decorare con il restante olio EVO e le foglie di basilico.

Ingredienti

50 gr pane Valle Maggia, 4 pezzi pomodoro, 50 gr cetriolo, 20 foglie basilico, 4 cucchiai aceto vino rosso, 5 cucchiai olio d’oliva extra vergine, 5 dl succo di pomodoro, 1 pezzo scalogno, 3 dl aceto balsamico, 1 foglia alloro, 3 pezzi chiodi di garofano, 3 pezzi bacche di ginepro, 3 dl acqua, 40 gr sale, 80 gr zucchero, 1 pezzo limone.

Preparazione

Per l’essenza di pomodoro, mettere in un pentolino il succo di pomodoro, 3 pomodori tagliati in quattro, la scorza di 1 limone, 15 foglie di basilico e sale, portare ad ebollizione e cuocere per ca. 40’, frullare leggermente, passare in un passino. Fare raffreddare l’essenza. Per lo scalogno sott’aceto balsamico, mettere lo scalogno tagliato a metà in un pentolino con l’aceto balsamico l’acqua, alloro, chiodi di garofano, bacche di ginepro, sale 35gr e zucchero 80gr. Portare ad ebollizione e lasciare cuocere per 45’ fino a quando il liquido diventi leggermente denso e fare raffreddare. Tagliare a cubetti il Pane Valle Maggia e farlo seccare al forno a 180° per circa 5-8 minuti. Tagliare il pomodoro a cubetti, togliere i semi, fare la stessa cosa con il cetriolo, togliere la buccia, tagliarlo e togliere i semi. Mettere il pane in una bacinella con l’aceto vino rosso, aggiungere i pomodori, cetriolo e spezzettare il basilico a mano nell’insalata, aggiungere l’olio d’oliva, sale e pepe. Lasciare marinare bene il tutto. Servire in un piatto fondo freddo. Adagiare l’insalata di pane nel piatto, con l’essenza di pomodoro fredda su fondo e lo scalogno sott’aceto sopra l’insalata e delle foglie di basilico fresco.

120 GASTRONOMIA / TICINO GOURMET TOUR
Panzanella di Pane Valle Maggia del Ristorante Eden Roc di Ascona
TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
Ph: © Giorgia Panzera

mangia bevi scopri

progetto ideato da ticinogourmettour.ch

LA SORPRESA DI UN ELEGANTE GOURMET FUORIPORTA

Tra le nove muse della mitologia greca, quella che mi è sembrata la più vicina all’anima de “La Musa Restaurant & Rooftop Terrace”, ristorante inserito nella cornice del prestigioso design resort “ARIA Retreat & SPA” all’interno del Parco San Marco a Cima di Porlezza, Como, è la musa Calliope che, in un’interpretazione allegorica rappresenterebbe “l’espressione accattivante”. Perché? Ma perché al ristorante “La Musa” l’intera proposta gastronomica è l’espressione accattivante della filosofia di cucina dello chef. L’executive chef Michele Pili, 46 anni, di origine sarda, può vantare esperienze professionali di prim’ordine

che lo hanno portato in giro per il mondo ed ora sul Lago di Lugano mette a frutto le conoscenze acquisite e delle sue proposte culinarie dice: «La mia filosofia di cucina è semplice, come semplice è la mia idea di gastronomia. Riunisco in ogni piatto la Sardegna, mia terra d’origine, con le materie prime delle Alpi Lepontine e l’esperienza dei miei viaggi. Pochi ingredienti, gli essenziali ma decisi e forti come la mia terra, fatta di granito». Materia prima di alta gamma selezionata con cura, armonia nelle consistenze, inconsueti e audaci accostamenti che sorprendono comunque piacevolmente l’ospite, sono gli ingredienti di una cucina originale e contemporanea.

122 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / LA MUSA RESTAURANT & ROOFTOP TERRACE
LA MUSA RESTAURANT & ROOFTOP TERRACE A CIMA DI PORLEZZA OFFRE UN MIRABILE ESEMPIO DI CUCINA ORIGINALE E CONTEMPORANEA.
DI GIACOMO NEWLIN

Il ristorante “La Musa”, in Guida MICHELIN 2023, gode di una “location” privilegiata poiché si affaccia sul lago di Lugano, mentre l’intima sala con il suo decoro è caratterizzata da un design elegante, ricercato e nello stesso tempo sobrio con i suoi sei unici tavoli che garantiscono riservatezza. Nella bella stagione poi, il servizio gourmet è proposto nella suggestiva terrazza con una vista sul lago ancora più sorprendente. La nostra esperienza è iniziata con la sorridente accoglienza del direttore general manager Raimondo Sartorio che ci ha presentato lo chef Michele e il giovane maîtresommelier Matteo Zecchini, 31 anni, che con la sua simpatica cadenza romagnola ci ha descritto i vari menù. Quasi sempre, nelle nostre peregrinazioni mangerecce siamo soliti lasciarci condurre dallo chef in un percorso gastronomico, questa volta di sette portate senza calcolare gli “amusebouche” e il predessert. Come è nostra consuetudine non è il caso di elencare pedissequamente tutte le sette portate, ma le tre che ci hanno maggiormente impressionato e che sono un po’ la cartina di tornasole

della cucina di Michele le elenchiamo: Trota marinata alla Pompia (un agrume endemico della Sardegna, molto raro e dal gusto deciso) basilico e caviale; Tortello Sassi con pancia di vitello, marinato al burro e salvia e umami di carota; Gambero con pera cotta al vin brulé, patata arrosto e riduzione al vino Cannonau.

Come detto, gli accostamenti possono apparire arditi ma il risultato al palato è convincente. Ci hanno convinto anche gli accostamenti con il vino ad ogni piatto, proposti dal bravo maître-sommelier Matteo che ha potuto attingere alla ragguardevole scelta di etichette, con anche qualche chicca che ci ha fatto piacere conoscere, come ad esempio il Verdicchio Tardivo ma non Tardo Santa Barbara 2019, un vino suadente con i suoi sentori di frutta tropicale, ammaliante per la lunghezza e benevolmente insidioso grazie alla sua facile beva. Nell’arco di un paio d’anni sono state due le esperienze gourmet al ristorante La Musa, così che ora abbiamo la conferma della continuità della cucina dello chef Michele, innovativo e dalle solide basi, coadiuvato dalla competenza sui vini e dalla scrupolosità nel servizio, del maître-sommelier Matteo.

LA MUSA RESTAURANT & ROOFTOP TERRACE

Località Cini, 29 22018 Cima CO - Italia

T. +39 (0) 0344 629 132 www.ristorante-la-musa.com

123 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / LA MUSA RESTAURANT & ROOFTOP TERRACE

DOPO UNA RISTRUTTURAZIONE COMPLETA IL SUPERMERCATO MANOR FOOD DI LUGANO SI PRESENTA ALL’INSEGNA DI INNOVAZIONE, QUALITÀ E SERVIZIO AMPLIFICATO, CREANDO UN’ATMOSFERA CHE RICHIAMA QUELLA DI UN MERCATO MEDITERRANEO. CE NE PARLA FEDERICO PAGANINI, DIRETTORE FOOD MANOR.

IL SUPERMERCATO DI LUGANO TORNA IN UNA VESTE TOTALMENTE RINNOVATA

Qual è la strategia che vi ha indotto ad intraprendere questi importanti lavori di ristrutturazione?

«Negli ultimi anni abbiamo avviato un profondo lavoro di ristrutturazione e innovazione dei nostri punti vendita, in base all’applicazione del concetto che ogni atto d’acquisto deve trasformarsi in una vera e propria esperienza. In questo senso, oltre che ai valori della freschezza e della qualità, il supermercato deve ispirarsi al clima, al sapore, ai colori di un mercato tradizionale. Da questo punto di vista il Ticino rappresenta uno straordinario laboratorio proprio perché la sua cultura si avvicina di più a quella del mercato tradizionale diffuso in tutta l’area mediterranea».

Nella vostra proposta gastronomica, un’attenzione specifica è puntata sui prodotti locali ticinesi. Quale ruolo attribuite alla collaborazione con le aziende della filiera alimentare ticinese?

«L’offerta locale è stata notevolmente ampliata e integrata con specialità ticinesi fatte in casa. Gli otto reparti propongono ogni giorno cibi freschi e di stagione come frutta e verdura o specialità a base di formaggio, carne e pesce. Nella nuova cantina si trovano oltre 500 vini provenienti da tutto il mondo, ma con un’attenzione particolare ai produttori locali. L’assortimento è completato da una panetteria e pasticceria interna, da un bar moderno e da quattro stand gastronomici

124 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 GASTRONOMIA / MANOR FOOD

che preparano ogni giorno menu sani ed equilibrati. Il supermercato si trasforma così in una vera e propria piazza del mercato e il responsabile del punto vendita diventa protagonista delle relazioni con i produttori locali, che seleziona e sceglie e con cui definisce gli accordi commerciali».

Una presenza importante sarà riservata anche alle specialità italiane e all’offerta di prodotti dal mondo. In che modo prevedete di gestire l’alternanza di questa vasta gamma di proposte?

«I prodotti locali costituiscono, come dicevo, una priorità per Manor Food Lugano, così come per le altre 26 sedi in Svizzera. Questi prodotti vanno a completare la gamma di quelli standard e con il suo programma «locale» Manor Food conta ora più di 700 fornitori sul territorio nazionale e un assortimento di oltre 5000 prodotti. L’attenzione è rivolta alla provenienza, alla ricetta, alla qualità e ai prodotti innovativi dell’agricoltura locale. I prodotti locali certificati sono soggetti a un rigoroso controllo di qualità. Con «locale», Manor promuove le opportunità di vendita per le piccole aziende di produzione e garantisce una maggiore sostenibilità, anche grazie alla diversità e ai brevi tragitti di trasporto. Infatti, i produttori possono provenire solo da un raggio massimo di 30 chilometri in linea d’aria dalla filiale Manor Food che riforniscono».

Nei progetti di ristrutturazione di Manor Food avete intenzione di riproporre questo format anche in altre città della Svizzera o altrove? «Assolutamente sì. Questo nuovo concetto di supermercato messo in pratica a Lugano si basa su 4 pilastri: freschezza, locale, fatto in casa e dipendenti esperti grazie ai quali ci consideriamo ambasciatori di uno stile di vita sano e vogliamo offrire alla nostra clientela un assortimento locale con un vasto know-how. Il personale esperto di Manor Food fornisce consigli professionali e competenti. Inoltre, gli stand gastronomici offrono ogni giorno menu equilibrati per uno stile di vita sano. E questo modello, con le necessarie specificità di ogni contesto territoriale, può essere replicato in tutte le regioni della Svizzera».

Manor sostiene già Tavola Svizzera e l’associazione Tavolino magico offrendo loro prodotti alimentari non venduti. Nella lotta contro lo spreco di cibo, Manor collabora ora con Too Good To Go. Ci spiega il funzionamento e i vantaggi di questa applicazione?

«Come ben sappiamo lo spreco alimentare è uno dei principali problemi della nostra epoca. Too Good To Go significa “troppo buono per essere buttato” ed è l’app che permette a pizzerie, bar, ristoranti, panetterie, pasticcerie, e appunto supermercati di vendere online, a prezzi ribassati, il cibo invenduto attraverso le Magic Box. Si tratta di confe -

zioni contenenti prodotti e piatti pronti, scontate in media fra il 33% e il 50% del loro valore. La “magia” consiste nella “sorpresa”. Le Magic Box infatti si acquistano a scatola chiusa, senza sapere che cosa vi è contenuto, se non per intuizione. Come supermercato offriamo prodotti freschi e non, più o meno vicini alla scadenza, dando una seconda vita a cibi che altrimenti sarebbero eliminati, tenendo conto che generalmente si tratta di quantità non sufficienti per essere ritirate dalle varie organizzazioni benefiche. Insieme a numerose altre soluzioni che abbiamo adottato promuoviamo una scelta consapevole in favore dei consumatori e al tempo stesso dell’ambiente e del pianeta».

Con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento sul mercato svizzero dei prodotti biologici, Manor collabora anche con Farmy, un mercato online di alimenti freschi e regionali. Quali sono le opportunità che oggi vengono offerte dal commercio online di prodotti alimentari?

«Siamo di fronte ad un processo di trasformazione importante e probabilmente irreversibile di cui dobbiamo tener conto, esplorandone tutte le grandi potenziale. Al momento le nostre vendite online sono focalizzate sui vini e le prelibatezze, ma la nostra gamma sarà presto ampliata e comprenderà un paniere sempre più ampio di prodotti».

125 GASTRONOMIA / MANOR FOOD

INAUGURATO DEL 1913, DI PROPRIETÀ

DELLA FAMIGLIA SCHERZ DAL 1947, LA STORIA DI GSTAAD PALACE È

FATTA DI TANTI COLPI DI SCENA.

SOPRAVISSUTO ALLE DUE GUERRE

MONDIALI, CON GLI ANNI ‘50 E ‘60

VIVE UNA SFOLGORANTE RIPRESA

GRAZIE A PERSONALITÀ DI SPICCO

DELL’ALTA SOCIETÀ CHE LO

FREQUENTANO FACENDOGLI

RITROVARE LO SLANCIO E UNA

STABILE CRESCITA. INCONTRO CON ANDREA SCHERZ, A CAPO

DELL’HOTEL DAL 2001 E DAL 2022

NOMINATO PRESIDENTE DI “LEADING HOTELS OF THE WORLD”, L’ASSOCIAZIONE MONDIALE

DEI MIGLIORI HOTEL A 5 STELLE.

DI PAOLA CHIERICATI

ECCELLENZA NEL CUORE DELL’OBERLAND BERNESE

Gstaad è immersa in una bellissima valle, vicina ai piccoli laghi di Thun e di Brienz, ed è una delle nove frazioni che fanno parte del comune di Saanen. Con i suoi hotel esclusivi, i ristoranti gourmet, le boutique con le grandi firme della moda, gli chalet di lusso e il vicino aerodromo di Saanen, il villaggio di vacanza chiuso al traffico attrae personaggi illustri da tutto il mondo. In estate il vasto e aperto paesaggio offre un ricco e variegato programma sportivo: escursionismo, mountain bike, parapendio, golf, river rafting e canoa, mentre sul ghiacciaio “Glacier 3000” è possibile praticare lo sci di fondo. In inverno sciatori e snowboarder possono sbizzarrirsi su 200 km di piste a un’altitudine tra 1000 e 3000 metri s.l.m. Sono a disposizione diversi snowpark, numerosi sentieri per slitte e 42 chilometri di piste di fondo suddivise tra stile classi -

co e skating. Per chi cerca qualcosa di meno ordinario ci sono il curling bavarese nel centro di Gstaad e lo sci con elicottero e sul ghiacciaio. Tra le icone dell’hotellerie di lusso di Gstaad e del mondo intero, Gstaad Palace è conosciuto come hotel esclusivo, raffinato, avvolto da una magica atmosfera.

Quali sono le caratteristiche che deve avere oggi un hotel di lusso per stare al passo con i tempi e qual è la filosofia che ancora contraddistingue lo Gstaad Palace e lo rende uno degli hotel più apprezzati in Svizzera e nel mondo? «Diventare “Leading” è un grande privilegio, ma rimanere nel tempo “Leading” è una vera missione. Tra il 1973 e il 1989, quando mio padre Ernst Andrea Scherz era responsabile di LHW, la nostra associazione passò da 70 a 220 hotel fuori dall’Europa.

126 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / GSTAAD PALACE

Oggi ci sono 400 strutture nel mondo e più che mai, ci chiediamo: cosa significheranno “Leading” e lusso in futuro? Cosa vorranno gli ospiti domani e dopodomani? Una cosa per noi è chiara: gli hotel “Leader” saranno più richiesti che mai perché questi hotel - come lo Gstaad Palace – sono tutte strutture individuali, autentiche e con un tocco locale. Gestiamo i nostri alberghi con molto amore, spesso ne siamo anche i proprietari e conosciamo i nostri ospiti, la regione e i fornitori personalmente. Questi sono tutti valori che contano. Gli ospiti non vogliono in genere hotel anonimi che assomiglino a dei bunker. Vogliono hotel con un’anima, con una storia, hotel relativamente piccoli e meno affollati. LHW offre ancora più valore, con prodotti e servizi che aiutano gli albergatori a rimanere indipendenti e i numeri “uno” in termini di qualità». Le parole di Andrea Scherz non possono essere smentite poiché entrando allo Gstaad Palace, ci si rende subito conto che niente è lasciato al caso. Le camere e le suites, ognuna dallo stile unico, sono arredatate con una sorta di eleganza alpina e discrezione inglese, materiali pregiati, e offrono per la

maggior parte un panorama da favola sulle Alpi. Dettagli e rivestimenti in legno di quercia in pieno stile montano e colori dai toni soffusi del rosso e del marrone, emanano un’eleganza indiscussa e rendono estremamente accoglienti gli ambienti. Le suites, ristrutturate dalla designer d’interni Marina Nickels, sono dei veri e propri

appartamenti dotati di ogni comfort. Articolate in più camere, zona pranzo e salone con camino, sono pronte ad accogliere gli ospiti regalando loro un’atmosfera di lusso per vivere un’esperienza romantica o di relax.

The Palace Spa di 1.800 m.q. di superficie è una vera oasi di benessere: costruita con il granito del vicino lago Blausee, offre oltre a una sauna, un bagno turco e una piscina idromassaggio, un bel camino scenografico nella zona relax da cui è possibile osservare la natura circostante da ampie vetrate. I trattamenti sono praticati con raffinati ingredienti naturali che offrono un’esperienza di beatitudine unica e autentica. All’esterno una piscina olimpionica è a disposizione degli ospiti dell’hotel e per gli abitanti del luogo. Per non parlare dei campi da tennis immersi nel verde delle Alpi che hanno accolto giocatori da tutto il mondo.

Ma a Gstaad, la discrezione è tanto una virtù quanto un’arte. Specialmente al Palace, che ha accolto regolarmente importanti uomini di affari, della politica, dell’economia e dello show business, ma nella totale riservatezza. Si parla di Louis Armstrong e

127 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / GSTAAD PALACE

di Marlene Dietrich, in epoca più recente della cantante Madonna, di Michael Jackson che si dice volesse acquistare il Palace, di Elizabeth Taylor con il suo due volte marito Richard Burton, dei reali europei di Belgio, Olanda, Monaco e quelli provenienti da Africa e Arabia. Oltre alle celebrità non mancano le famiglie che frequentano il Palace da generazioni grazie alla filosofia dei proprietari e a tutto il personale che si prende cura di loro da tre generazioni.

Membro dei Swiss Deluxe Hotel, la sua stagione estiva è dal 23 giugno sino al 10 Settembre 2023 e la stagione invernale dal 15 Dicembre all’8 marzo 2024.

HOTELLERIE / GSTAAD PALACE 128 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

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Established in 1934, the Swiss Deluxe Hotels group combines 39 of Switzerland’s most iconic five-star hotels:

ANDERMATT: The Chedi Andermatt AROSA : Tschuggen Grand Hotel ASCONA : Castello del Sole, Hotel Eden Roc BAD RAGAZ : Grand Hotel Quellenhof & Spa Suites BASEL : Grand Hotel Les Trois Rois

BERN : Bellevue Palace, Hotel Schweizerhof Bern & Spa CRANS-MONTANA : Guarda Golf Hotel & Residences, LeCrans Hotel & Spa GENÈVE: Beau-Rivage, Four Seasons Hotel des Bergues, Mandarin Oriental Geneva

GSTAAD : Gstaad Palace, Le Grand Bellevue, Park Gstaad, The Alpina Gstaad INTERLAKEN: Victoria-Jungfrau

Grand Hotel & Spa LAUSANNE : Beau-Rivage Palace, Lausanne Palace LE MONT-PÈLERIN : Le Mirador

Resort & Spa LUGANO : Hotel Splendide Royal LUZERN : Mandarin Oriental Palace Luzern MONTREUX : Fairmont Le Montreux Palace NEUCHÂTEL : Beau-Rivage Hotel PONTRESINA : Grand Hotel Kronenhof

ST. MORITZ : Badrutt’s Palace Hotel, Carlton Hotel St. Moritz, Kulm Hotel St. Moritz, Suvretta House VEVEY:

Grand Hôtel du Lac VITZNAU : Park Hotel Vitznau ZERMATT: Grand Hotel Zermatterhof, Mont Cervin Palace, Riffelalp Resort 2222 m ZÜRICH : Baur au Lac, La Réserve Eden au Lac, The Dolder Grand, Widder Hotel

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CENARE A CINQUE SENSI

colazione è un godimento da gustare senza fretta, anche perché una cosa che da gioia è rivedere al mattino e farti coccolare dallo stesso maître che ti ha servito la cena la sera prima. Però tutto il servizio è attento, professionale e soprattutto sorridente, discreto e nello stesso tempo affabile.

LA RISTORAZIONE ALLO GSTAAD PALACE HOTEL OFFRE UNA STRAORDINARIA ESPERIENZA DI FASCINO ED ELEGANZA.

DI GIACOMO NEWLIN

I buongustai riescono a soddisfare i propri desideri grazie alle scelte di un’alta cucina che si esprime nei diversi ristoranti dell’albergo: il principale è Le Grand Restaurant e La Grande Terrasse; Le Grill, intimo e suggestivo con cucina a vista; La Fromagerie, locale ricavato da quello che durante la Seconda Guerra Mondiale era un bunker in cui venivano custoditi i lingotti d’oro della Banca Nazionale Svizzera, mentre oggi si possono gustare diversi tipi di fondue e raclette; Ristorante Gildo’s, chiamato in onore del Maître Gildo Bocchini che ha servito e cucinato al tavolo per ben 47 anni e dove si può apprezzare l’autentica e varia cucina italiana.

A dirla tutta, per chi desidera fare un’esperienza a contatto con la natura

montana incontaminata, c’è poi anche il Rifugio alpino Walig risalente al 1783 e ristrutturato con grande cura in modo conservativo. Il grande attore di tutte queste possibilità gastronomiche, direi il “Deus ex machina” è lo chef, direttore culinario Franz Faeh, originario di Gstaad, eletto dalla rivista Bilanz, Executive chef del 2021, il quale si avvale di oltre 50 collaboratori, tra cui cito i due chef patissiers, moglie e marito, Laura Pedrielli ed Emanuele Lucania.

Con un pizzico di sensibilità, negli ambienti dello

Gstaad Palace Hotel si può respirare l’aria raffinata e ormai rarefatta di una leggendaria aristocrazia. È una sontuosità d’epoca quella che ti circonda in tutti gli angoli dell’Hotel, comprese le sale per godere della prima colazione, del pranzo e della cena. Sì, anche la prima

130 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / GSTAAD PALACE HOTEL

Tutto il mirabile ingranaggio, in questo Palace incantevole d’altri tempi e con le più moderne ed eleganti infrastrutture dell’ospitalità alberghiera, è senza dubbio dovuto alla gestione e proprietà da generazioni della famiglia Scherz. Tornando alla cucina essa punta su piatti autentici proposti con i migliori ingredienti regionali, senza dimenticare sia il fascino di un’alimentazione mediterranea principalmente italiana, sia il fascino esotico delle tradizioni asiatiche. Il livello della ristorazione allo Gstaad Palace Hotel va di pari passo al livello della più prestigiosa tradizione alberghiera svizzera ed è supportato dal fondamentale aspetto di un servizio impeccabile e molto cordiale, garantito da uno stuolo tra maître e camerieri guidati dal primo maître Andrea Buschini. Citerei tre piatti che mi hanno particolarmente sedotto: la cottura perfetta e il sapore squisito del cuore del filetto di manzo Simmental alla “Chateaubriand” accompagnato da una deliziosa salsa béarnaise; la Sogliola del Mare del Nord alla “Colbert” guarnita con burro maître

d’hôtel; il Soufflé al Grand Marnier con le salse al cioccolato amaro e alla vaniglia, accompagnato da marron glacé e cognac. Al gourmet inoltre, da gioia vedere o usufruire in sala del professionale servizio al tavolo alla lampada per le più svariate preparazioni salate e dolci, una su tutte le Crêpes Suzette. Per il discorso dei vini mi sono affidato al primo sommelier Davide Campaniello con il quale abbiamo trovato i migliori accostamenti cibo-vino, d’altronde con una scelta di alcune migliaia di etichette non poteva essere altrimenti, soprattutto tra vini svizzeri, poi francesi, italiani e del resto del

mondo, prestigiosi, conosciuti, di nicchia, oltre ad alcune pagine dedicate agli Champagne. Una menzione la merita poi il Lobby Bar con la sua notevole scelta di distillati per la preparazione di cocktail, pre-dinner o afterdinner da sorseggiare nella stupenda sala con camino o nel “fumoir” con tra le dita un buon sigaro cubano predisposto con taglio e accensione dal cameriere esperto.

GSTAAD PALACE HOTEL

Palacestrasse 28

CH-3780 Gstaad

T. +41 (0) 33 748 50 00

www.palace.ch

131 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

UN CAMPO IMMERSO IN UNA RISERVA NATURALE

ARIELLA DEL ROCINO PRESENTA

UNO TRA I PIÙ AFFASCINANTI CAMPI

DA GOLF DELLA SVIZZERA: IL GOLF

CLUB GSTAAD-SAANENLAND, APERTO

NEL 1961, SITUATO A 20 CHILOMETRI

A NORD DI GSTAAD. ADAGIATO

A 1400 METRI DI ALTITUDINE, È CONSIDERATO UNO DEI PIÙ BEI CAMPI A 18 BUCHE DELLE ALPI.

Saanen, oltre che da Gstaad, è composta da altri nove villaggi tutti compresi tra i 1000 e 1400 metri di altitudine che sanno regalare ai loro visitatori paesaggi incontaminati. Gstaad è una destinazione cosmopolita che gode di un alto livello di prestigio e di fama mondiale, ma che è riuscita a mantenere intatto il suo autentico ambiente alpino anche grazie a un ri -

goroso piano di sviluppo urbanistico. Hotel di lusso, Spa con tutti i comfort, chalet e boutique: la fama di Gstaad è legata ai suoi negozi di prestigiosi marchi internazionali, ma anche alle sue infrastrutture costruite rispettando il patrimonio naturalistico e culturale locale. Nel cuore del magico paesaggio montuoso dell’Oberland bernese, vicino a una riserva naturale, il Golf Club Gstaad-Saa -

132 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPORT / GOLF CLUB GSTAAD-SAANENLAND

nenland è in grado di offrire sia a giocatori professionisti che a dialettanti un’eccezionale esperienza di golf. Il percorso del Golfclub GstaadSaanenland è stato progettato da Peter Harradine e la sua lunghezza totale è di 5.304 metri. Il Par totale è 70. Il campo si trova all’interno di una riserva naturale comprendente anche una palude e una torbiera poco profonda di importanza nazionale per le varietà vegetali e le specie di uccelli che vi nidificano. I vari 18 fairway sono accuratamente integrati nella natura e il gioco può svilupparsi in una situazione di assoluto silenzio rotto solo dal fruscio del vento e dai rumori provocati dagli animali selvatici. Il Club dispone di un campo pratica, con tee in erba e stuoia, a cui è possibile accedere senza particolari prerequisiti. I gettoni per l’utilizzo del campo pratica sono in vendita presso la segreteria. Sono disponibili anche i

green di avvicinamento e di putting.

Il Golf Club Gstaad-Saanenland dispone di eccellenti strutture d’accoglienza: un bar dove bere un ottimo caffè, una confortevole lounge, una terrazza e una veranda coperta con una meravigliosa vista panoramica.

La raffinata cucina e il servizio cordiale inducono a rilassarsi con un bicchiere di champagne, una buona bottiglia di vino o una tazza di caffè con torte o pasticcini fatti in casa. Tutti gli ospiti sono i benvenuti, siano essi giocatori di golf, amanti della buona cucina o escursionisti. Il ristorante del Golf Club è disponibile anche per feste private o eventi aziendali su prenotazione.

Al Golfclub Gstaad-Saanenland è possibile trovare inoltre i seguenti servizi e attrezzature: snack bar, carrello elettrico, carrello manuale, insegnanti, golf cart, piccola area giochi, noleggio attrezzatura, proshop, put-

ting green, spogliatoi, connessione internet wi-fi. Per prenotare un tee time al Golf Club Gstaad-Saanenland è possibile telefonare al numero: +41 33 748 40 30.

133 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPORT / GOLF CLUB GSTAAD-SAANENLAND

L’ESCLUSIVITÀ INCONTRA IL PIACERE DELL’ACCOGLIENZA

SITUATO IN POSIZIONE ELEVATA

SUL MONT-PÈLERIN, LE MIRADOR

RESORT & SPA OFFRE UNA VISTA

MERAVIGLIOSA SUL LAGO LEMANO

E LE ALPI, UN’ATTREZZATA AREA

BENESSERE E UN PERSONALE MOLTO PREPARATO E ACCOGLIENTE.

DI PAOLA CHIERICATI

Tra le principali caratteristche che spiccano arrivando a questo maestoso hotel 5 stelle è la sua posizione straordinaria con una vista aperta sul Lago Lemano, sulle Alpi e sulla Valle del Rodano. Situato a pochi km da Vevey e da Montreaux, nel cuore del Lavaux e tra i vigneti, patrimonio mondiale dell’UNESCO, è un hotel di gran classe, costruito nel 1904 e rinnovato nel 2009, membro di Lea -

ding Hotels of the World e di Swiss Deluxe Hotels, un’oasi di lusso e raffinatezza. Il suo motto è «offrire agli ospiti un servizio personalizzato, attento, discreto e di qualità», asserisce con un sorriso Benoît Meier, Director of Sales & Marketing.

Dal 2019 alla guida dell’Hotel Le Mirador Resort & Spa c’è Benjamin Müller-Rappard, persona molto affabile e gentile che porta con sé un’esperienza importante. Nato in Argovia, ha con -

134 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / MIRADOR RESORT & SPA

seguito un MBA in International Hospitality and Service Industries Management presso la Glion Hotel Management School e ha precedentemente lavorato a Hong Kong al The Mira Hong Kong e al Langham Place Hong Kong per poi trasferirsi successivamente a Berna al Bellevue Palace. Nel descrivere l’hotel Mirador, Benoît Meier mette in luce quanto sia meravigliosa la clientela discreta di questo hotel, la sua posizione privilegiata e quanto sia stato arredato con gusto, conciliando mobili di lusso, raffinate decorazioni e tecnologie all’avanguardia, offrendo agli ospiti un’eccezionale esperienza con tutte le comodità. L’hotel possiede 64 camere e suite in totale, di cui 54 suite con terrazza privata e una vista fantastica sul lago di Ginevra e le montagne circostanti, due ristoranti, undici sale per conferenze e banchetti illuminate dalla luce del giorno e con vista lago, una SPA Givenchy, unica in Europa, di 1750 m2 che propone numerosi trattamenti di bellezza; un centro fitness ben attrezzato con piscina coperta, sauna, hammam, jacuzzi, solarium panoramico; un centro medico con un approccio olistico personalizzato, che cerca di raggiungere l’armonia del corpo e della mente ripristinando completamente la forza interiore naturalmente presen-

te nel corpo, lavorando al tempo stesso sulla stabilità fisiologica, mentale, emotiva ed energetica.

È facile innamorarsi di questo contesto meraviglioso, non a caso scelto anche per eventi matrimoniali. Inoltre la regione del Laveax offre molteplici attrazioni, tra cui il famoso museo di Charlie Chaplin a Corsier-sur-Vevey, il Castello di Chillon ubicato su una roccia sulle rive del Lago di Ginevra, edificio storico più visitato della Svizzera, che per quasi quattro secoli è

stato residenza dei Conti di Savoia. Per gli interessati alla storia del cibo invece l’Alimentarium di Vevey permette di vivere un’esperienza indimenticabile, ricca di scambi e di piaceri: con i suoi spazi espositivi, laboratori, animazioni e aree per il gioco, unisce sperimentazioni e scoperte utilizzando le tecnologie più moderne. E per gli amanti del golf, a solo qundici minuti in auto si trova il Golf di Lavaux, che beneficia in una splendida cornice tra le Alpi.

LE MIRADOR RESORT & SPA

Ch. de l’Hotel Mirador 5

CH-1801 Le Mont-Pèlerin

T. +41 (0) 21 925 11 11

www.mirador.ch

135 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / MIRADOR RESORT & SPA

LÀ DOVE LA VISTA SI NUTRE DI IMMENSO

I RISTORANTI DEL LE MIRADOR RESORT & SPA SITUATO A CIRCA

800 METRI DI ALTITUDINE SU LE MONT-PÈLERIN NEL COMUNE DI CHARDONNE NEL CANTON VAUD.

DI GIACOMO NEWLIN

Anche il cliente più distratto non può non rimanere affascinato dall’immenso panorama che si gode dall’Hotel Le Mirador Resort & Spa. Dalla ricezione alle camere, dalle terrazze come dai ristoranti la vista spazia sopra la cittadina di Vevey, con il lago Lemano, i famosi vigneti terrazzati del Lavaux e come contorno le alpi del Vallese e della Savoia. In questo luogo idilliaco si respira un’energia positiva, tant’è vero che dal 1977 si è installato un Centro di studi tibe -

tani superiori nonché un autentico monastero tibetano-buddista. A noi però interessa conoscere la ristorazione di questo albergo di lusso a cinque stelle che è Le Mirador Resort & Spa. Alla ricezione siamo accolti con squisita gentilezza, sia dal General Manager Benjamin MüllerRappard, sia dal Director of Sales & Marketing Benoît Meier. È seguita la visita dell’albergo ed in particolare dei due ristoranti che abbiamo potuto testare. Il principale è Le Patio, con l’ampia sala in stile moderno e con -

136 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / MIRADOR RESORT & SPA

temporaneo che si affaccia sulla terrazza da dove si gode il “mondo” sottostante. Lo chef Thomas Perez, che è anche Executive, esalta una cucina internazionale raffinata con accenti mediterranei, che omaggia i migliori prodotti stagionali e del territorio. La cena è risultata estremamente godibile, confermata a partire dall’antipasto: Astice alla Kadaif con salsa gribiche e uova di astice. In seguito la tenerezza del filetto di manzo in crosta di prezzemolo, scalogno e patate mousseline ha sigillato la mano felice di Thomas, che nel finale ha proposto un formaggio: la deliziosa Tomme fleurette di Rougemont con chutney di mela e zenzero. Essendo curioso della bravura dello chef Patissier Arnaud Selvetti, il simpatico maître Romain Estrabols ha proposto una soave Millefoglie di crema leggera alla Williamine, con sorbetto alla pera.

L’accompagnamento con alcune tra le

migliori produzioni vinicole del Lavaux è stata l’opera del sommelier Theo Salamin, un fine professionista. Naturalmente la sera del giorno dopo la cena era riservata all’altro gioiello gastronomico del Mirador, il ristorante Hinata, dove il giovane chef, 26 anni, Giacomo Dal Molin, ma con un bel bagaglio di esperienza al ristorante giapponese Yoshi dell’Hotel Metropole a Montecarlo, del celebre e compianto grande chef Joel Robuchon, ci ha deliziato con una convincente cucina in stile giapponese - fusion che ha preso il via da un Tapas, la Salade de fenouil, shiso e kalamansi (agrume incrocio tra kumquat e mandarino con un gusto agrodolce straordinario), per poi passare al Tataki di tonno con houmous di avocado, aglio fritto e sesamo bianco; quindi Spiedini di pollo con salsa teriyaki e cipollotto, mentre in conclusione un tipico finale giapponese che va alla grande, i Mochi, ov-

vero dolcetti che hanno una consistenza morbida e gommosa ripieni di sorbetto a gusti diversi.

Il maître Grégoire Loyer ci ha condotto in una degustazione di tre Sake: il primo Sake Mio, aromi di pera, pesca e prodotti da forno; il Nigori Cream, il più dolce e adatto a pietanze speziate; infine il Kimoto Junmai, piuttosto concentrato, morbido ed elegante (gradazione alcolica 15,5%). Naturalmente oltre alla scelta di Sake, la carta delle bevande contempla una ricca selezione di vini bianchi e rossi, birre giapponesi, the verdi particolari anche con bacche di Goji e di Acai e vari soft drink.

Le serate al Mirador Resort & Spa iniziano e si concludono nel raffinato e ben fornito Bar Lounge & Terrasse, per sorseggiare un delizioso cocktail pre o after dinner, oppure come fortunatamente è capitato a noi, una rara specialità austriaca prodotta nella Zillertal, il Berg Feuer, liquore di whisky con cannella e peperoncino, abbinamento perfetto con la vista unica e spettacolare che si gode dalla terrazza.

LE MIRADOR RESORT & SPA

Ch. de l’Hotel Mirador 5 CH-1801 Le Mont-Pèlerin

T. +41 (0) 21 925 11 11 www.mirador.ch

137 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / MIRADOR RESORT & SPA

CIRCONDATO DALLA STRAORDINARIA

BELLEZZA DELLA BAIA DELLA

BIODOLA ALL’ISOLA D’ELBA, L’HOTEL HERMITAGE È UN 5 STELLE UNICO PER LA QUALITÀ DELL’ACCOGLIENZA E PER I TANTI SERVIZI CHE ASSICURANO

RELAX E BENESSERE ASSOLUTI, IN UNA FUSIONE PERFETTA CON LA NATURA DEL LUOGO.

LUSSO DISCRETO ED ESCLUSIVO

Uscendo da Portoferraio e proseguendo verso Procchio, non si può non notare uno dei golfi più affascinanti e famosi dell’Elba: quello della Biodola. La spiaggia è caratterizzata da un anfiteatro naturale costituito da rilievi riccamente ricoperti da un fitto bosco ceduo e macchia mediterranea. La sua posizione la espone ai venti di nord-ovest mentre è protetta dai venti da sud. Immersa nella natura dell’Elba, la spiaggia della Biodola è uno scorcio di

pura bellezza: seicento metri di sabbia fine dorata, macchia mediterranea e un fondale che digrada dolcemente nel mare turchese, rendendo la spiaggia molto amata dalle famiglie con bambini, ma frequentata anche dai giovani grazie alle diverse strutture ricettive, sportive e ricreative.

Ed è proprio lo scenario della Biodola, il cui nome deriva da un giunco diffuso sulle dune, che nel 1955 Paolo e Ileana De Ferrari, discendenti di una nobile famiglia genovese, scoprono per la prima volta tutta la bellezza

138 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / HOTEL HERMITAGE

dell’isola d’Elba. Fu subito amore a prima vista per l’acqua cristallina e la sabbia fine, per la vegetazione delle dune e per il profumo intenso del lentisco e delle sughere diffuso nell’aria. Ed è esattamente qui, sulla spiaggia della Biodola, che Paolo De Ferrari ebbe l’intuizione di realizzare una struttura di classe per accogliere ospiti provenienti da tutto il mondo, in cerca di tranquillità e relax all’insegna di un lusso discreto e riservato.

L’Hotel Hermitage a 5 stelle propone un’offerta di alto prestigio per una vacanza con la famiglia, un evento di lavoro o per soggiorni di sport e relax.

E, ancora, è pronto ad accogliere eventi nuziali, e dispone di ampie sale congressi per meeting e corsi formativi, servizio mini club per i bambini, ampi campi all’aperto dove praticare ogni genere di sport. Piscine private con idromassaggio in riva al mare, spiaggia privata riservata e suites vista mare sintetizzano l’esclusività dell’offerta dell’Hotel Hermitage.

L’accoglienza prevede varie soluzioni per soddisfare differenti necessità. Sono ben 7 le tipologie di alloggi disponibili, dalle camere standard con bal -

cone privato alle Junior Suite e Suite, soluzioni esclusive per godere di ogni confort. Per le famiglie vi sono le comode “family room” dotate di una cameretta separata per i figli. L’ampio parco privato dell’albergo, al suo interno, ha 9 campi da tennis in terra rossa, un campo da padel, il Golf

Hermitage a 9 buche panoramiche con vista sul golfo, oltre ad un sentiero di trekking da cui di ammirano gli scorci della Baia della Biodola.

L’Hotel Hermitage è una struttura capace di coniugare la ricercatezza e completezza dell’offerta ristorativa. Un’offerta studiata ed adatta a meeting, cibo ricercato a km 0 e proposte cerimoniali, ricette tipiche dell’isola d’Elba a base di pesce appena pescato. L’offerta è differente e specifica in ogni ristorante presente all’interno, previsto un servizio per bambini e per chi preferisce un’alimentazione vegetariana o necessita di un’alimentazione senza glutine. Il tutto coordinato e studiato dallo chef Paolo Balestrazzi. La vista sul golfo è bellissima dal bar dove poter passare momenti di svago e relax, degustando dell’ottima caffetteria e bevande miscelate dai sapienti barman della struttura.

HOTEL HERMITAGE

La Biodola - 57037 Portoferraio Isola d’Elba (Li)

T. +39 (0) 0565 9740 info@hotelhermitage.it www.hotelhermitage.it

139 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 HOTELLERIE / HOTEL HERMITAGE

UNA DONNA ALLA GUIDA DEI SOMMELIERS TICINESI

PER LA PRIMA VOLTA UNA DONNA È

STATA ELETTA PRESIDENTE DELL’ASSP

DEL TICINO: ECCO COME E PERCHÉ

SI È ARRIVATI A QUESTO TRAGUARDO.

Come sei arrivata ad essere a capo di una Associazione che nata nel 1980, oggi vanta 440 soci e che ha sempre avuto come presidente un sommelier maschio?».

Ho di fronte a me un’amica che conosco da molto tempo ma della quale non so molto di più. La conosco per la sua simpatia, la sua schiettezza, la sua competenza nel raccontare un vino. In questo momento ricopre il ruolo di Presidente dell’ASSP

(Association Suisse des Sommeliers Professionnels) del Canton Ticino. Il sommelier è identificato come una figura professionale della più alta cultura del vino. Un professionista in costante aggiornamento che giudica un vino al fine di individuarne le caratteristiche organolettiche e sensoriali.

«La sommellerie, l’arte praticata dal sommelier, è più di una professione, è l’anello di congiunzione tra chi produce il vino e chi lo beve. Da quando il vino si è evoluto questa figura professionale è divenuta sempre più richiesta, divenendo fondamentale per qualsiasi rivenditore di vino o ristoratore che voglia mettere a disposizione del cliente una selezione di vini. In Svizzera il percorso per accedere alla professione di sommelier è altamente qualificato e fornisce competenze teoriche e tecniche per la degustazione. Un sommelier deve seguire un percorso strutturato su 3 moduli di durata di circa 2 anni. Dopo aver ricevuto il diploma di sommelier sono importanti la curiosità e l’intelligenza della singola persona per ap -

profondire i diversi aspetti che sono alla base del suo studio: serietà, capacità e umiltà per progredire in questa formazione che è una continua ricerca. Il sommelier è pertanto un professionista che deve essere particolarmente acuto nell’intuire i desideri del suo interlocutore ed essere quindi in grado di suggerire abbinamenti che sappiano esaltare le componenti di un vino».

Il vostro impegno professionale vi porta a diffondere la cultura del vino in un modo elegante e distinto già dal vostro modo di proporvi. Come si possono conciliare tutte queste funzioni in una persona che deve anche sapere molte lingue per dialogare ed avere molte competenze teoriche e tecniche per poter presentare un vino in grado di stuzzicare la fantasia della persona che si ha di fronte, che solitamente non è sola, ma è circondata da altre di cui non si sa quale ruolo ricoprano nella vita?

140 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ENOLOGIA / ANNA VALLI

«Nell’ambito associativo, il sommelier è la figura specifica che dovrebbe saper consigliare il vino, è un appassionato che mette a disposizione le sue competenze che sono altamente qualificate e che spaziano in diversi campi, dalle conoscenze sul vino ai prodotti gastronomici, rilevandone le sfumature per raccontarne la storia al cliente. È importante l’atteggiamento, essere aperti, avere la capacità di ascolto, una personale psicologia per approcciarsi all’ospite, capire quanto è disposto il cliente ad ascoltare: tutto rientra nelle competenze e nella discrezione del servizio. Fondamentale è l’ottimo rapporto con lo chef di cucina per sapere come quel piatto viene preparato nei singoli dettagli e quali sono gli ingredienti che andranno ad abbinarsi al vino ideale. L’approccio e la confidenza certamente aiutano ma sono i buoni modi a fare la differenza».

Anna, tu sei una donna che nel Ticino ha trovato molte compagne di viaggio già nel gruppo Donne&Vino. Quando nasce questa sezione e quali i vostri compiti nell’ambito della ASSP nazionale? E quali sono i rapporti con le donne produttrici di vino che in Ticino ora sono in numero davvero considerevole? «Questa domanda me l’aspettavo. Donne&Vino si è costituita ben 17 anni fa, donne che si sono unite per condividerne i ruoli che non sono pochi. Al nostro interno organizziamo degustazioni, serate didattiche di sole donne e sulle capacità e competenze delle colleghe non si discute, hanno diversi interessi e volontà di fare. Pur non volendo fare nomi trovo che ci siano “donne storiche” in Ticino, sono anche associate ASSP da molto tempo, lavorano a tempo pieno nelle loro aziende di produzione vini, enologhe, viticoltrici, quali ad esempio Fabiana Matasci e la cugina Paola Matasci, Nicoletta Cattaneo, Lisetta Lucchini, Silvia Valsangiacomo, Bruna Cavalli, Gaby Gianini, Grazia Cavallini, Fabienne Klausener, Elena D’Amato-Marcionetti, Anna

Barbara von der Crone, Miriam Hermann Gaudio, Maria Rubio di Domingo, Rea di Tenuta Rudolph. E poi le nuove leve. Figlie d’arte come Myra Zundel, Sabrina Monti, Raffaella Gialdi, Valentina Tamborini e, pur non proprietaria, l’infaticabile Cristina Monico, e chiedo scusa già sin d’ora a chi ho dimenticata. Queste donne, si dedicano alla cantina e/o ai vigneti, all’amministrazione, tenendo conto anche della gestione della famiglia. Questi produttori sono sostenuti nel loro lavoro grazie alla forza femminile in famiglia. E quindi è giocoforza ricordare che …dietro un uomo di successo c’è sempre una grande donna».

Ancora una domanda sul ruolo femminile: ci sarà la possibilità di una tua rielezione o della nomina di un’altra donna alla presidenza?

«Io vorrò senz’altro ricandidarmi, sento che questa carica mi appartiene, sono legata all’ASSP dal 2005 e il ruolo di Presidente della sezione della Svizzera italiana, lo svolgo con vigore e passione. Sicuramente c’è qualche donna che può rivestire questa carica, ma al momento sento che ho ancora molto da dare».

A tal proposito qual è il rapporto di dialogo e di convivenza interno all›associazione, essendo il tuo incarico di presidenza per la prima volta occupata da una donna?

«Non è un incarico pesante ma è un incarico prestigioso, gravoso se vogliamo, poiché impegna in una associazione esclusiva formata da persone che partiva nel 1985 con 60 soci e oggi sono più di 440, per la maggior parte uomini con una forte preparazione, e che ci ha portato ad avere nel 2013 Paolo Basso ad essere campione del Mondo dei Sommelier e moltissimi sono quelli insigniti quali migliori sommelier della Svizzera. C’è molto da investire personalmente nella comunicazione e nel temp; per ricandidarmi spetterà poi ad altre persone supportarmi. Sento che dopo diciotto anni all’interno della as-

sociazione di poterla ancora ben rappresentare e credo di poter andare avanti ancora per un pò o almeno lo spero. Il gruppo Donne&Vino nasce nel lontano 2006 ed è quindi ben consolidato ed è grandioso il lavoro che fanno sia a livello regionale che a livello nazionale: questa è una certezza per una ulteriore garanzia di successo per altre colleghe molte brave e competenti. Molti sono gli obiettivi che ci impegnano nella continuità mantenendo accesa la fiamma della serietà che in questo campo è indispensabile. C’è bisogno di studio e di modelli di lavoro a cui ispirarsi senza mai fermarsi».

Una domanda ancora sulle Donne Sommeliere: a Milano si è svolta una manifestazione dove il fondatore Enzo Carbone ha dichiarato: «Sono molto contento ed orgoglioso di aver coinvolto come relatrici delle masterclass solo sommeliere donne, serie e competenti a testimonianza del fatto che sempre più crescente è la competenza rosa dei taste-vin».

Qual è la tua idea a questo proposito?

«Non sapevo di questa iniziativa ma conoscendo le donne nei loro diversi comparti e il ruolo che hanno e come lo svolgono dico che è una grande prova di maturità di questi colleghi e non aggiungo altro se non quello di fare loro i miei complimenti e di certo anche noi ne terremo conto».

In chiusura, ti ringrazio per la tua disponibilità e cosa vorresti dire ai lettori di Ticino Welcome su questa nuova enologia al femminile?

«Vorrei dire che posso sostenere la mia attuale posizione ancora per un bel pò di tempo; le donne hanno diverse abilità e piace sentirsi occupate per le cause a cui si fidelizzano; l’indipendenza mi offre l’opportunità di dedicarmi con molta veemenza alla carica che rivesto senza rinunciare al mio tempo libero che dedico alle amiche e amici per brindare con bollicine numerose fini e persistenti».

141 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ENOLOGIA / ANNA VALLI

ANCHE IL TAPPO DIVENTA SOSTENIBILE

L’ASSOCIAZIONE SVIZZERA DEI

SOMMELIER PROFESSIONISTI, SEZIONE TICINO (ASSP), HA

ORGANIZZATO, IN COLLABORAZIONE CON L’AZIENDA AMORIM CORK

ITALIA RAPPRESENTATA DA DANIELE

STANGHERLIN, DIRETTORE

COMMERCIALE E STEFANO

ZANINOTTO – DIRETTORE TECNICO, UNA INTERESSANTE CONFERENZA

RIGUARDANTE ASPETTI DIVERSI

RELATIVI AL TAPPO IN SUGHERO, CHE SI È TENUTA AL CENTRO

CADRO PANORAMICA, OSPITI

DI STEFANO BARBIERI, E A CUI

HANNO PARTECIPATO NUMEROSI SOMMELIERS E APPASSIONATI DI ENOLOGIA.

Tutto nasce dalle foreste di quercia da sughero (quercus suber) dell’Alentejo, vero epicentro delle sugherete portoghesi e globali, dove cresce e viene reperita la materia prima per quella che ancora oggi è la chiusura più utilizzata per vino. La foresta di sughero portoghese è considerata uno dei 35 santuari di biodiversità del mondo, e da qui annualmente si ottiene buona parte della produzione mondiale. Il Portogallo è il primo paese produttore, segue la Spagna e poi tutti gli altri paesi del bacino mediterraneo tra cui l’Italia, con una produzione concentrata in Sardegna.

Il ciclo del tappo di sughero inizia la decortica, un processo che ancora oggi viene svolto completamente a mano da squadre di decorticatori che si tramandano questo sapere artigiano di generazione in generazione, mantenendo in vita quella che ad oggi è l’attività artigianale più remunerata al mondo, pro -

prio per via dell’alta specializzazione richiesta e per la poca disponibilità di personale qualificato. Le operazioni di decortica si svolgono nel periodo tra maggio a luglio, quando la linfa scorre tra il fusto della pianta e la sua corteccia favorendone il distacco dalla pianta madre, nel pieno rispetto dei cicli della natura. L’attenzione dei decorticatori è maniacale, in quanto ogni ferita inferta alla pianta potrebbe causarne la morte e quindi l’improduttività.

Il sughero raccolto viene subito trasportato in stabilimenti dove ogni pezzo verrà rifilato e messo a stagionare in cataste poste in piazzole in cemento drenante, con un’apposita copertura, in modo da permettere un’asciugatura sana e lenta, che durerà circa 6 mesi.

142 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ENOLOGIA / ASSOCIAZIONE SVIZZERA DEI SOMMELIER PROFESSIONISTI
Daniele Stangherlin Stefano Zaninotto

Il sughero viene poi bollito e vaporizzato per eliminare gran parte dei microorganismi e delle impurità e per renderlo più malleabile, donandogli quindi le caratteristiche ideali per la produzione dei tappi.

Il Gruppo Amorim è il più grande creatore di prodotti in sughero, in grado di coprire da solo il 40% del mercato mondiale di questo comparto e il 28% del mercato globale di chiusure per vino. Conta 22 filiali distribuite nei principali paesi produttori di vino dei cinque continenti. Ma il gruppo Amorim è innanzitutto una famiglia che, da oltre 150 anni fa ha intrapreso questo percorso diventando ben presto leader del settore.

Amorin Cork si distingue per la ricerca della forma più alta di qualità, per la portata innovativa e per la capacità di anticipare e rispondere alle esigenze del mercato. A tutto ciò ha da sempre affiancato un’organizzazione unica per la promozione del sughero e la conservazione delle foreste di querce in Portogallo, luogo del cuore e dell’anima, mantenendo il pieno equilibrio tra avanguardia nell’industria, sviluppo della tecnologia e rispetto per la natura.

Le foreste di querce da sughero sono un pilastro ambientale, sociale ed economico dalla rilevanza globale. Per questo, oltre a diffondere una cultura sul valore del sughero e del suo riciclo, Amorin ha supportato un avanguardi -

stico sistema di irrigazione goccia a goccia, che rende possibile una crescita più veloce delle querce e un rimboschimento più rapido. Corticeira Amorim è riconosciuta per l’attuazione dei principi dell’economia circolare, per la conservazione delle foreste di querce da sughero e dei servizi ecosistemici associati, per la promozione della formazione, della sicurezza, del benessere, dello sviluppo personale e sociale e lo sviluppo professionale dei propri dipendenti e per la promozione, il sostegno e l’investimento in Ricerca & Sviluppo e Innovazione, nonché per gli obiettivi ambiziosi e gli impegni a medio e lungo termine che ne promuovono la conti -

nua evoluzione e ne assicurano una crescita economica sostenuta. Un chiaro esempio dell’impegno di Corticeira Amorim per una crescita sostenibile, in particolare nel settore vinicolo, è il recente lancio mondiale di Naturity e Xpür, tecnologie sviluppate per rimuovere il TCA rilevabile (tricloroanisolo) dai tappi di sughero naturale. Partendo dai tappi naturali, passando poi ai tappi in schiuma, ai tappi micro-agglomerati e ai tappi bartop, tutte le famiglie senza eccezione dei prodotti di Amorim Cork, Cork Stoppers Business Unit di Corticeira Amorim, sono ora certificate con una dichiarazione del loro bilancio di carbonio. Un vantaggio competitivo significativo rispetto alla concorrenza che riflette l’impegno dell’azienda a diventare la prima scelta per i clienti interessati sia al fattore qualità che al fattore sostenibilità. Fondata nel 1999, Amorim Cork Italia fa dell’eccellenza la propria filosofia, fornendo chiusure alle cantine di tutto il panorama nazionale dallo stabilimento di Conegliano, nel cuore dei colli trevigiani. La sua evoluta ricerca tecnologica ha permesso di assicurare a ogni tipologia di vino un prodotto studiato su misura per rispettarne proprietà ed evoluzione. Ogni giorno produce 1.300.000 tappi di sughero di alta qualità.

143 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ENOLOGIA / ASSOCIAZIONE SVIZZERA DEI SOMMELIER PROFESSIONISTI

BUSINESS E CONGRESSI IN TICINO

nologie di ultima generazione spinge ad investire sulla qualità dell’offerta turistica.

I mercati di riferimento del Ticino Convention Bureau saranno quelli classici del turismo d’affari, ovvero meeting, incentive, congressi ed eventi, inclusi i matrimoni. Il raggio d’azione sarà prevalentemente la Svizzera, senza però escludere il posizionamento opportunistico della destinazione a livello internazionale. La clientela MICE che entrerà in contatto con il Ticino Convention Bureau beneficerà di una gamma di servizi che spaziano dalla semplice consulenza specialistica sulle strutture e attività di gruppo presenti sul territorio cantonale fino alla pianificazione e all’organizzazione del loro evento per tramite di agenzie ticinesi specializzate. Grazie a questo centro di competenza e ai partner locali che compongono il prodotto, la clientela MICE potrà approfittare di un punto di riferimento unico in Ticino e valersi così di un servizio completo per il suo evento.

IL TICINO CONVENTION BUREAU

DIVENTA IL CENTRO DI COMPETENZA PER LA GESTIONE DEL TURISMO

D’AFFARI IN TICINO, CON L’OBIETTIVO DI AUMENTARE L’ATTRATTIVITÀ DEL TICINO COME DESTINAZIONE MICE

ATTRAVERSO LA PROMOZIONE, L’ACQUISIZIONE, LA STRUTTURAZIONE DELL’OFFERTA E L’INTEGRAZIONE ATTIVA DEI PARTNER SUL TERRITORIO.

Il turismo d’affari costituisce un settore che dopo la pandemia, già a partire dall’inizio del 2022, presenta un forte dinamismo e ottime prospettive di incremento anche futuro, nonostante l’utilizzo sempre più diffuso di piattaforme per

la comunicazione digitale. Con il Ticino Convention Bureau, l’Agenzia turistica ticinese, le quattro organizzazioni turistiche regionali e le principali città del Cantone intendono dunque dare, grazie anche al sostegno dell’Ufficio per lo sviluppo economico della Divisione dell’economia, ulteriore slancio allo sviluppo del turismo d’affari nel territorio ticinese, posizionando la regione tra le prime sei destinazioni del settore in Svizzera.

La clientela MICE risulta inoltre essere particolarmente interessante non solo perché ha mediamente un target di spesa molto elevato, ma perché con la richiesta di strutture e spazi all’avanguardia e dotati di tec -

Il Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) Christian Vitta ha sottolineato come il Ticino Convention Bureau porterà il Cantone a essere ancora più competitivo nell’ambito del turismo congressuale e degli affari. Un settore, quest’ultimo, che prima della pandemia rappresentava circa il 20% dei pernottamenti nel Cantone e che presenta inoltre delle opportunità interessanti anche, ad esempio, per quanto riguarda la destagionalizzazione della domanda turistica, potendo aumentare l’occupazione di camere e sale per eventi nei periodi da marzo a giugno e da settembre a novembre. Questa nuova entità costituisce un esempio di unione d’intenti e collaborazione, grazie a cui la gestione del turismo d’affari in Ticino sarà coordinata, professionalizzata e competitiva, a tutto vantaggio di una maggiore attrattiva turistica

144 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
01 TURISMO / TICINO TURISMO

del Cantone e delle sue destinazioni. Secondo Angelo Trotta, direttore dell’Agenzia turistica ticinese, proprio nel segmento MICE si riscontrano alcune delle nuove tendenze nel turismo e dunque «combinare il lavoro con il tempo libero è una tendenza globale che la pandemia ha accentuato ancor di più. I concetti di bleisure (prolungare il soggiorno per scopi privati dopo un

evento aziendale) e workation (combinare simultaneamente vacanza e smart working) sono in forte ascesa. Stiamo entrando nell’era del nuovo lavoro, dove si parla anche di nomadi digitali. In un mondo del lavoro sempre più frammentato e diversificato, i viaggi incentive e viaggi dedicati al team building guadagneranno sempre più di significato».

Da parte sua Samuel Righetti, coordinatore del Ticino Convention Bureau, ha sottolineato che «l’istituzione di questo centro consente di condividere e valorizzare le conoscenze e le competenze dei professionisti che da anni lavorano nel settore con l’obiettivo ultimo di portare più eventi aziendali in Ticino e generare di conseguenza indotto economico per i partner turistici».

01

KPM 2021

Ph: © Liliana Lafranchi

02

Degustazione di grappa, Corteglia

Ph: © Christian Meixner

03

Angelo Trotta

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Samuel Righetti e Manuela Nicoletti

DIGITALIZZAZIONE E COMPETITIVITÀ SFIDE DEL FUTURO

ra che mira a valorizzare le risorse di cui dispongono le aree di frontiera in una logica di rete.

Presentando i risultati ottenuti, Stefano Rizzi, Direttore della Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), ha evidenziato come il progetto DESy sia da un lato la dimostrazione che unendo le forze a livello transfrontaliero si possono ottenere risultati utili a tutta l’economia, sia ticinese che della zona di confine italiana e, dall’altro, la conferma di quanto il settore turistico, puntando sullo sviluppo di prodotti e servizi vieppiù innovativi e personalizzati, possa andare nella direzione di soddisfare le esigenze di una clientela sempre più esigente, connessa e internazionale.

IL SETTORE TURISTICO GUARDA AL FUTURO CON IL PROGETTO INTERREG DESY CHE HA CONSENTITO DI COMPIERE SIGNIFICATIVI PASSI AVANTI VERSO LA TRASFORMAZIONE DIGITALE DI TUTTA LA REGIONE INSUBRICA.

Un marketing più efficace, un’ampia banca dati sul mercato turistico di tutta le Regio Insubrica e tre nuovi servizi digitali per gli ospiti. Sono questi i principali risultati raggiunti dall’importante progetto denominato “DESy” (acronimo di Digital Destination Evolution System) lanciato nel 2019 dai capofila di progetto Ticino Turismo e Distretto Turistico dei Laghi con i partner Agenzia Turistica Locale Novarese e Provincia del Verbano Cusio Ossola. L’iniziativa si avvale dell’importante collaborazione scientifica dell’Istituto di tecnologie digitali per la comunicazione dell’USI e dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (USISUPSI) di Manno e rientra nell’ambito della finestra Interreg Italia-Svizze -

Angelo Trotta, direttore di Ticino Turismo, ha rilevato come «di fronte a importanti cambiamenti strutturali nel settore, il turista è sempre più informato, connesso ed esigente. La competizione fra destinazioni, soprattutto in ambito digitale, è fortissima. Questo progetto, svolto sull’arco di un quadriennio, ha permesso al Ticino e agli altri partner coinvolti di compiere significativi passi avanti verso una vera svolta nell’ambito della digitalizzazione. Oggi gli strumenti in nostro possesso ci permettono di lanciare campagne di digital marketing molto mirate, realizzate tramite la creazione di contenuti specifici e al monitoraggio costante dei dati e dei risultati. Al contempo, grazie al progetto DESy sono nati tre servizi di nuova generazione per la promozione del territorio». Entrando nel merito dei risultati già

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conseguiti, le destinazioni si sono dotate di una piattaforma leader di mercato, capace di fornire contenuti migliori agli utenti sulla base dei propri comportamenti. Questo si traduce in comunicazioni personalizzate nella forma e nei contenuti, in suggerimenti su misura sulle attrattive e le attività da svolgere e in un prodotto turistico che, in futuro, verrà “plasmato” anche in base alle importanti informazioni acquisite.

Grazie al progetto DESy è stata raccolta una maggiore quantità di dati sul mercato turistico per le destinazioni e i loro partner. Nel dettaglio, oltre 50 strutture sono entrate in possesso dello strumento di hospitality intelligence HBenchmark, grazie al quale possono confrontare le proprie performance con quelle degli hotel nella loro zona, fornendo così alle destinazioni i dati d’occupazione dell’intera regione. Inoltre, i partner di progetto hanno ora accesso alle informazioni aggregate delle strutture short-term rentals provenienti da Airbnb, Homeaway, Tripadvisor

e Booking, per la prima volta a disposizione dell’intera regione. Tutti questi dati confluiscono in una dashboard aggiornata in tempo reale, attraverso cui misurare offerta, domanda e fatturato sul territorio. Questo permette agli operatori di mettere in atto azioni di promozione basate sulla fluttuazione delle prenotazioni. Le informazioni raccolte non sono finalizzate alla sola promozione, ma rappresentano una base oggettiva di dati che permette un’ottimizzazione degli investimenti che si tradurrà, in futuro, anche in una migliore efficienza nella pianificazione dei trasporti e nella capacità di misurare le performance prodotte. Potranno beneficiarne tutti gli addetti ai lavori e le istituzioni impegnati nello sviluppo della regione turistica (agenzie, organizzazioni turistiche, albergatori, ristoratori, ecc.). Il comparto destinatario del progetto è ampio: nella macroregione considerata si contano oltre 700 alberghi (oltre 35.000 posti letto), più di 80 campeggi e oltre 30.000 posti letto da strutture paral -

berghiere. L’auspicio dei partner è anche quello che la disponibilità di informazioni così dettagliate possa favorire la nascita di nuove iniziative commerciali ed imprenditoriali.

L’ultimo anno è stato inoltre dedicato alla progettazione e al lancio di nuovi servizi: gli Itinerari da ascoltare (racconti che parlano del territorio attraverso un percorso sensoriale, fatto di profumi, sapori, musica e sensazioni tattili), il Welcome Kit (un pacchetto di benvenuto gratuito che viene fornito al turista in forma digitale, da ricevere via e-mail e in forma fisica, da ritirare a un infopoint turistico) e l’Experience Finder (assistente virtuale digitale multilingue presente sui portali web delle destinazioni che, attraverso domande mirate, indica al turista l’esperienza migliore per lui). Grazie a questi servizi, le destinazioni riusciranno a raccogliere nuovi dati sulle preferenze manifestate dai turisti nelle interazioni con gli strumenti. Al tempo stesso, i visitatori riceveranno consigli concreti e su misura per loro, e avranno la possibilità di lasciarsi ispirare da un’esplorazione sensoriale del territorio.

Lorenzo Cantoni, oggi Prorettore vicario dell’USI, dove dirige la Cattedra UNESCO e il Master in International Tourism, ha dichiarato: «Siamo fieri di aver contribuito a questo importante progetto di trasformazione digitale offrendo l’esperienza dei nostri centri di ricerca negli ambiti dell’intelligenza artificiale e della comunicazione digitale applicata al settore turistico. I risultati del progetto sono stati condivisi con la comunità scientifica internazionale interessata all’eTourism, allo Smart Tourism e alla personalizzazione nella comunicazione turistica. Ciò che rende questo progetto particolarmente interessante è il fatto che la raccolta dati è solo un punto di partenza: con l’utilizzo di metodi e strumenti innovativi di ricerca, questi dati sono stati analizzati per proporre soluzioni che hanno come scopo aiutare sia le strutture turistiche che i turisti stessi».

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UN IMPEGNO AMPIO E ARTICOLATO

LUGANO REGION PROSEGUE NEL

SUO OBIETTIVO DI DIVENTARE LA DESTINAZIONE DI RIFERIMENTO PER LA SVIZZERA E PER I SUOI

MERCATI STRATEGICI NEI SEGMENTI

SPORT E NATURA, ARTE E CULTURA, ENOGASTRONOMIA E MICE. QUESTI TEMI SONO STATI AFFRONTATI IN OCCASIONE DEL PRIMO KICK-OFF

MEETING ORGANIZZATO PRESSO I RINNOVATI SPAZI DELL’ASILO CIANI.

Oltre un centinaio di persone sono state accolte dal saluto del Presidente di Lugano Region, Paolo Filippini, del Direttore Massimo Boni e di tutto il Team dell’Ente Turistico del Luganese. Tra gli ospiti della serata Filippo Colombo, ambasciatore della destinazione per il prodotto mountain bike, Barbara Widmer, direttrice artistica (ad interim) dell’Orchestra della Svizzera italiana, lo chef neo-stellato Chef Diego Della Schiava, del ristorante fine dining dell’hotel THE VIEW Lugano, Philomena Colatrella, CEO di CSS, Tyler Brûlé, Editore di Monocle e Martin Nydegger, CEO di Svizzera Turismo.

I prossimi anni vedranno un rilevante impegno da parte di Lugano Region, con una precisa focalizzazione su alcuni segmenti prioritari verso i quali verranno indirizzati piani strategici e risorse finanziarie: l’attenzione sarà infatti posta sulla creazione di prodot-

ti che abbracciano il territorio nel suo insieme attraverso sport e natura, arte e cultura ed enogastronomia con particolare riferimento ai target famiglia, altospendenti (HNWI) e coppie senza figli con doppio stipendio (DINKS). Di specifico interesse anche il prodotto mountain bike, che racchiude uno straordinario potenziale con gli oltre 400 km di percorsi che la regione ha da offrire agli amanti delle due ruote, tutto l’anno e in un contesto naturalistico unico. Anche l’offerta culturale della regione è fonte di grande richiamo di visitatori, come testimonia il ricco calendario d’eventi che la regione offre 365 giorni all’anno. Infine, assolutamente da non trascurare le eccellenze enogastronomiche che evidenziano l’importanza di ricercare sempre prodotti locali di qualità. Nel corso dell’incontro è stato in ogni caso evidenziato come pilastri strategici di Lugano Region per i prossimi anni saranno la digitalizzazione, l’ospitalità e la sostenibilità.

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Massimo Boni, Direttore di Lugano Region Ph: © Michele Mengozzi

Oltre alla creazione e allo sviluppo dei prodotti, per il triennio 2023-25 Lugano Region mira ad attività di promozione della destinazione: dalla nuova campagna pubblicitaria che verrà lanciata in concomitanza con l’inizio della stagione, alla maggiore collaborazione con i media attraverso le atti -

vità di due nuovi uffici stampa – uno per la Svizzera e il Sud della Germania ed uno per l’Italia – e le nuove importanti collaborazioni mediatiche con Monocle e Transhelvetica. Una concreta realizzazione dei progetti in corso è rappresentata dal nuovo sito Internet di Lugano Re -

gion: completamente rinnovato, con nuovi flussi e strutture, volti a migliorare l’esperienza per l’utente sui diversi dispositivi e a promuovere i prodotti turistici della regione. È stata presentata anche la nuova strategia di social media marketing, che vede la creazione di contenuti proprietari, in particolare video, volti a dare ispirazione ed informazioni, ma anche attività di influencer marketing con profili legati ai mercati di riferimento e in grado di dare grande visibilità agli stakeholders. L’ospitalità è invece il cardine centrale delle attività di sales volte a generare new business e incentivare la crescita dei pernottamenti per i mercati di riferimento. A tre anni dall’adesione di Lugano Region al GDS-Index, continua l’impegno della destinazione verso un turismo sostenibile: in linea con il progetto di sostenibilità cantonale in ambito turistico, insieme a Ticino Turismo e le altre Organizzazioni Turistiche Regionali, Lugano Region sta lavorando per l’attuazione di una strategia di sostenibilità dal 2024, ed in parallelo si è già impegnata in progetti d’accessibilità, con OK:GO, Pro Infirmis e la fondazione Claire & George.

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L’ASILO CIANI, UN EDIFICIO ICONICO E RICCO DI STORIA NEL CUORE DI LUGANO, HA RIAPERTO LE PORTE DOPO UN RESTAURO CONSERVATIVO CONDOTTO TRA IL 2020 E IL 2022.

Situato in posizione centrale proprio nel cuore della città, adiacente al Palazzo dei Congressi e al comodo parcheggio sotterraneo, l’Asilo Ciani è il luogo ideale per matrimoni, conferenze, meeting aziendali e molto altro. Di fatto, sono già oltre 60 gli eventi prenotati all’Asilo Ciani per il 2023 e molte date del 2024 e 2025 risultano già pre-riservate per l’organizzazione di matrimoni, eventi aziendali, conferenze, premiazioni, festeggiamenti, ecc. Dal punto di vista dell’attività congressuale, l’Asilo Ciani, essendo parte integrante della location che comprende il Palazzo dei Congressi e Villa Ciani, permette maggiori possibilità di ospitare contemporaneamente più eventi in modo indipendente fra loro. Al tempo stesso, offre una soluzione concreta agli organizzatori di eventi che hanno bisogno di occupare molteplici spazi a distanza ravvicinata, come ad esempio i congressi nazionali ed internazionali che ormai si

UNA LOCATION PER OGNI TIPO DI EVENTO

svolgono con la modalità delle cosiddette Sale Breakout per le riunioni parallele dei partecipanti. L’intervento di restauro, condotto nell’intento di valorizzare le caratteristiche identitarie della struttura storica e di rendere gli spazi adatti alle moderne esigenze dell’organizzazione di eventi, ha visto importanti lavori su acustica, impiantistica, riscaldamento e condizionamento.

Grazie alla generosità di Filippo Ciani, l’Asilo Ciani ha accompagnato la vita e la quotidianità dei luganesi per oltre un secolo. Nel 2004 l’edificio venne acquistato dalla Città, con l’intento di ammodernarlo e impiegarlo come struttura per eventi esterna al Palazzo dei Congressi; la sede con -

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gressuale venne inaugurata nel 2005. Tra il 2005 e 2011 l’ex Asilo Ciani è stato gestito da Lugano Turismo, mentre dal 2012 è sotto la direzione della Divisione eventi e congressi della Città di Lugano.

Nel 2018 l’Asilo Ciani presentava alcuni segni di degrado e la Città ha deciso di intervenire con lavori di manutenzione e restauro, con l’obiettivo di salvaguardare questa struttura di pregio e offrire spazi moderni e funzionali per eventi e manifestazioni. Il restauro ha conservato la fisionomia originaria dell’edificio, con il rifacimento delle facciate e il mantenimento dei volumi interni, un ampio patio centrale e sette sale indipendenti, collegati da un corridoio. Stipiti, serramenti e porte sono stati sostituiti in sintonia con lo stile architettonico, mentre il lucernario d’epoca è stato smontato, restaurato, rinforzato e rimontato con nuovi vetri isolanti. Ogni sala dispone ora di altoparlanti, proiettori e schermi indipendenti e collegabili a quello centrale, soffitto fonoassorbente, prese per elettricità e collegamento a internet, serrature elettroniche, mentre il patio è provvisto di uno schermo di grandi dimensioni. I servizi igienici e la sala di appoggio per i catering sono stati completamente rifatti per rispondere alle esigenze di funzionalità e comodità. La sostenibilità è stata al centro del progetto, con la coibentazione di pareti e pavimenti, nuovi impianti di riscaldamento e raffreddamento a pompe di calore e un impianto elettrico intelligente, grazie all’implementazione della domotica.

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www.luganoconventions.com TURISMO / ASILO CIANI

ANDARE A TEATRO IN BICICLETTA

IL “BICI-TEATRO” È UNA PROPOSTA INNOVATIVA, UNICA NEL SUO GENERE, NATA DALLA VOLONTÀ DI CONIUGARE LA SCOPERTA

DEL TERRITORIO CON L’UTILIZZO DI UNA E-BIKE, PROPONENDO UN’INUSUALE ESPERIENZA TEATRALE. DI QUESTO ORIGINALE PROGETTO CE NE PARLA

NADIA FONTANA LUPI, DIRETTRICE DELLA OTR MENDRISIOTTO.

«Mendrisiotto Turismo - esordisce Nadia Fontana Lupi - ha sviluppato nel corso degli anni una serie di progetti aventi tutti l’obiettivo di valorizzare la storia dei luoghi e dei personaggi che nel tempo hanno abitato questo territorio e le cui tracce sono oggi ritrovabili e presentate al pubblico come parte dell’offerta turistica. In questa prospettiva, il progetto “Bici-Teatro”, ispirato da un libro che ha riscosso molto successo dal titolo “Il ladro di ragazze”, di Carlo Silini” permette all’OTR di raggiungere molti obiettivi che si allineano perfettamente con la nostra strategia, ma allo stesso tempo anche di risultare i primi ad avere realizzato una proposta di questo genere, mai sperimentata prima».

Date previste

17 giugno / 1° luglio / 29 luglio / 26 agosto / 9 settembre / 23 settembre 2023

Prezzo

CHF 85.- per persona

Ci vuole raccontare, nel concreto, di cosa si tratta?

«In estrema sintesi, un pubblico di 30 persone potrà vivere nel corso di 6 sere (17 giugno, 1 luglio, 29 luglio, 26 agosto, 9 settembre e 23 settembre) una particolare esperienza, partendo da Capolago con una e-bike di PubliBike, accompagnati dalla guida Patricia, per raggiungere Mendrisio seguendo un itinerario definito e facendo tappa nei luoghi in cui assisterà a una serie di performance teatrali. Il racconto è legato a una leggenda, quella del Mago

di Cantone, che, secondo la tradizione, aveva preso possesso della tenuta “La Rossa”, un palazzotto addossato alle pendici del Monte San Giorgio nella frazione di Cantone, dove imprigionava giovani donne in una grotta. L’ambientazione è cupa e la storia truce e si presenta un Mendrisiotto molto diverso da quello che è oggi».

I partecipanti sono dunque chiamati a vivere un’esperienza particolarmente coinvolgente…

«L’obiettivo è quello di raccontare alcuni passaggi del libro, ambientato nel

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1600, inserendoli in quello che è il Mendrisiotto di oggi, ripercorrendo i luoghi citati dall’autore, attraverso alcune “immagini” estrapolate dal racconto. Una sorta quindi quasi di visita guidata sui loghi menzionati nel romanzo, con il desiderio di scoprire i palazzi, le chiese e gli «ambienti» storici che l’autore ha inserito nel suo scritto, introducendo però anche alcuni cenni storici della regione, come a ricordare che quei luoghi oggi, come allora, esistono ancora e sono un patrimonio importante da valorizzare per il Mendrisiotto».

Come è nata l’idea di questo originale progetto?

«L’idea è stata sviluppata nell’arco di alcuni anni, durante i quali sono state fatte una serie di valutazioni che hanno coinvolto in prima persona Marco Della Bruna, giornalista e Davide Gagliardi, attore e conduttore radiofonico, spingendoli a confrontarsi su un terreno che è sperimentale anche per loro e affidando loro il compito di tramutare un’idea in un progetto di “Bici-Teatro”. Agli attori Davide Gagliardi, Isabella Giampaolo ed Ettore Chiummo è affidato il compito d’interpretare i ruoli dei personaggi scelti per raccontare quanto accadde in quei luoghi. I costumi sono stati realizzati appositamente da Atelier Asüro di Deborah Erin Parini».

La realizzazione dell’evento ha coinvolto un numero importante di persone…

«Abbiamo dovuto fare preparare i costumi e coinvolgere gli attori, ma anche verificare la disponibilità di PublIBike e del team di OTRMBC che è coinvolto sotto molti aspetti. Inoltre abbiamo verificato la disponibilità dei partner che ci mettono a disposizione i luoghi e scelto di collaborare con la guida turistica che accompagnerà l’esperienza di un gruppo di 30 persone che si spostano in bicicletta. Un pubblico teatrale che non è passivo e seduto, ma è in movimento e distratto da vari elementi esterni. Un pubblico che pedala, magari si stanca, chiacchiera, che però deve essere catturato da quel mondo parallelo che è la finzione teatrale. Per organizzare queste sei serate nel 2023, sono stati coinvolti diversi partner, primi tra tutti PubliBike, l’azienda leader di bike sharing in Svizzera che nel 2021 è approdata anche nella Regione più a Sud della Svizzera con 45 postazioni attive. Ma altri partner sono stati essenziali per poter consolidare l’idea di progetto, in quanto hanno confermato la loro disponibilità a permettere l’accesso del pubblico alle loro proprietà in occasione delle 6 serate: famiglia Sulmoni, Medacta SA, Parrocchia di Mendrisio, famiglia Ferretti o il Ristorante Stella di Mendrisio».

Come è possibile ricevere maggiori informazioni, iscriversi e partecipare?

«Il programma delle 6 serate, che sono state pensate per un pubblico adulto, è descritto sul sito dell’OTR, come anche sui flyers e le locandine che saranno distribuiti nella regione e oltre. La condizione base per partecipare alle rappresentazioni è l’iscrizione a PubliBike (non vi è un costo), una certa dimestichezza con la bici e la prenotazione attraverso il portale con la compilazione del formulario preparato per raccogliere i dati utili a confermare la riservazione e l’assunzione di responsabilità da parte di ciascun partecipante. Altro particolare è che il percorso, che include la cena, prevede la partenza e il rientro in bici a Capolago».

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Da sinistra gli attori: Isabella Giampaolo, Davide Gagliardi e Ettore Chiummo

IL GIRO DEL MONDO DI EMILIO BALLI

FINO AD OTTOBRE 2024 IL MUSEO DI VALMAGGIA PROPONE AL PUBBLICO UN’IMPORTANTE MOSTRA DI RILIEVO INTERNAZIONALE RIGUARDANTE IL GIRO DEL MONDO EFFETTUATO FRA

IL 1878 ED IL 1879 DA EMILIO BALLI, ORIGINARIO VALMAGGESE, UNICO TICINESE AD AVER COMPIUTO UNA SPEDIZIONE DI TALE PORTATA.

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Emilio Balli ventitreenne

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Il manifesto della mostra

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La sala dedicata al giovane Emilio prima della partenza per il viaggio

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Elio Genazzi con l’ambasciatore USA in Svizzera Scott C. Miller, che nelle scorse settimane ha visitato, con grande interesse la Mostra, soffermandosi in particolare sull’attraversamento degli Stati Uniti e l’incontro con gli emigranti ticinesi a Petaluma

Aoltre 140 anni dal viaggio e a quasi 90 anni dalla sua morte, il Museo di Valmaggia – con sede a Cevio – dedica a Emilio Balli una mostra, per rievocarne la figura e la sua singolare impresa.

Presentando l’iniziativa, Elio Genazzi, Presidente del museo, ha sottolineato come questa esposizione «superi ampiamente le dimensioni locali e possa essere a buon diritto annoverata tra le quattro più importanti mostre che si tengono quest’anno in Ticino. Il progetto è stato reso possibile grazie alla messa a disposizione e apertura dell’archivio di Emilio Balli, per anni accuratamente conservato tra le mura domestiche e ad un’attività di ricerca e studio svolta in collaborazione con la Facoltà di geografia e ambiente dell’Università di Ginevra».

«L’importanza di questa mostra - prosegue Elio Genazzi – risiede nel fatto che a partire dagli anni Settanta dell’Otto -

cento era diventato possibile compiere un giro del mondo da turista, ma si trattava ancora di un’avventura complessa e non priva di rischi, ma soprattutto economicamente alla portata di pochi. Di famiglia benestante, Emilio Balli, solo ventitreenne, se lo poteva permettere. Un’esperienza tuttavia affrontata con la maturità, la determinazione e la curiosità dello studioso, traendone il massimo profitto, raccontata attraverso un ricco ed interessante epistolario di lettere scritte ai fratelli, alle innumerevoli fotografie, oltre a un rilevante numero di cimeli raccolti, costituiti da collezioni di conchiglie, di erbe e fiori, di animali impagliati, di monete e di oggetti vari frammisti a “souvenir” acquistati nei diversi negozi di curiosità».

Di origine valmaggese, Emilio Balli nacque a Locarno il 27 aprile 1855. Il padre, Valentino Alessandro Balli, emigrò in Olanda, dove si fece una posizione nell’ambito del commercio. Emilio,

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ultimo di undici figli, frequentò il collegio dei padri barnabiti di Monza per poi proseguire gli studi all’Università di Lovanio, in Belgio. Sin da subito si dimostrò persona curiosa e attenta agli aspetti legati all’uomo e alla natura. Ispirato dalla lettura del libro, fresco di stampa (1872), di Jules Verne, “Il Giro del Mondo in 80 giorni”, fu attratto dalle inserzioni di un viaggio attorno al mondo per studiosi. Dotato di grande spirito pionieristico, non esitò a iscriversi e partì per questa avventura durata 472 giorni. Al rientro, arricchito dall’esperienza vissuta, dedicò la sua vita al Ticino e ai suoi abitanti, distin-

guendosi in particolare nei campi dell’archeologia, della numismatica e delle scienze naturali. Fu fra i fondatori della Società ticinese di scienze naturali e quindi precursore del Museo di Locarno, che diresse per molti anni, fin quasi alla morte avvenuta nel 1934. All’incontro di presentazione della mostra era presente il pronipote Alessandro Botteri Balli, che ha raccontato la passione con cui all’interno della famiglia sia stata tramandata e conservata non solo la memoria ma anche la documentazione e i souvenir di quell’epico viaggio del bisnonno. «Il suo viaggio partì da Marsiglia per raggiungere poi

Madeira e, dopo aver attraversato l’Atlantico, New York. Dopo avere visitato vari Paesi dell’America latina percorse gli Stati Uniti e il Canada per passare poi in Giappone e in Cina dove soggiornò a lungo e dove raccolse il maggior numero di testimonianze. Dalle diverse tappe aveva inviato a Locarno casse con oggetti vari, acquistati per soddisfare la sua curiosità scientifica. Molti di questi sono esposti in questa mostra per la prima volta. Il bisnonno, al suo rientro, contribuì all’apertura del museo civico a Locarno, che raccoglie materiale archeologico, scientifico, naturalistico ed etnografico. Una collezione che in gran parte è confluita nel Museo cantonale di storia naturale a Lugano e che tornerà nel Locarnese con la nuova sede al Santa Caterina». L’Università di Ginevra ha partecipato alla concezione scientifica della mostra sul giro del mondo di Emilio Balli nell’ambito del programma di ricerca denominato “Faire le monde. Primi giramondo e tour turistici del mondo (1869-1914)”, finanziato dal Fondo nazionale di ricerca svizzero e diretto dal professore Jean-François Staszak. Questo programma si colloca all’incrocio tra geografia culturale, storia dei viaggi e studi visivi. Come ha spiegato il professor Staszak, «il giro del mondo non riguarda solo pochi privilegiati che avevano il tempo e i mezzi per intraprendere questo lungo e costoso viaggio “dal vero”. Tutta una serie di dispositivi testuali, visivi e scenografici permette a tutti di fare un giro del mondo virtuale, leggendo un diario, sfogliando un album fotografico o visitando una mostra internazionale. In questo modo, il globo e il suo viaggio sono diventati un motivo importante nella cultura popolare. Il programma di ricerca esamina come una nuova pratica turistica, su scala globale, si sia affermata alla fine del XIX secolo e come abbia contribuito alla creazione di un nuovo regime di geografia nel contesto della globalizzazione e della modernità».

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TRIONFO BAROCCO

LA «CITTÀ DEGLI AMBASCIATORI»

SI TROVA AI PIEDI DEL GIURA

MERIDIONALE SULL’ARGINE DELL’AARE, A CIRCA 30 CHILOMETRI A ORIENTE

DI BIENNE. È PIACEVOLE PASSEGGIARE

NELL’ISOLA PEDONALE DEL CENTRO

STORICO, DOVE SI TROVANO

NUMEROSE BOUTIQUE E PICCOLI

ALBERGHI, CIRCONDATI DA BEI

MONUMENTI ARCHITETTONICI, PALAZZI PATRIZI ED EDIFICI MILITARI.

NELLE SERATE ESTIVE È SENZA

DUBBIO CONSIGLIABILE UNA SOSTA

NEI RISTORANTI CON DÉHORS

E NEI BAR LUNGO L’AARE.

Dal XVI al XVIII secolo

Soletta è stata la residenza dei rappresentanti del re di Francia, i cosiddetti «Ambasciatori». Le magnifiche costruzioni in stile barocco e rinasci -

mentale come il nobile Palais Besenval e i sontuosi edifici sacri costellano il percorso di visita: il centro storico conta undici chiese e cappelle e numerose fontane e torri. La Cattedrale di Sant’Orso, vero e proprio gioiello, è stata costruita dall’architetto svizzero

Gaetano Matteo Pisoni e completata dal nipote Paolo Antonio Pisoni. La facciata è stata finanziata da Luigi XIV. All’interno è possibile ammirare raffinatissimi stucchi barocchi. Le mura di cinta della città sono state realizzate secondo il principio del -

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le fortificazioni francesi di Vauban. La più antica fortificazione della città è rappresentata dalla torre pendente ( Krumme Turm). Quest’ultima è alta 50 metri ed ha una forma pentagonale con i lati disuguali: per questo motivo la guglia sembra inclinata. La Burristurm, chiamata anche Muttiturm o Kulturm, costituisce la controparte della Riedholzturm, che è un vigoroso caposaldo di forma circolare del centro storico. Anche Soletta è dotata di una Torre dell’Orologio: si tratta della costruzione cittadina più antica ed è anche avvolta da varie leggende. In occasione di una visita alla città non si devono assolutamente perdere lo spettacolo del carosello, che ha inizio allo scoccare dell’ora, il meccanismo d’orologeria e il gruppo di figure. Nel cuore del centro storico di Soletta i mercatini locali offrono specialità che vanno dai dolci fragranti ai fiori colorati, alle trote appena pescate. Il più pittoresco e variopinto è il Märet (mercato) che si tiene il mercoledì e sabato mattina dalle 7.15 alle 12.15 (www.maeret.ch).

La città vanta una significativa offerta culturale, tra cui spiccano le giornate del cinema o della letteratura di Soletta. Particolarmente diversificato il patrimonio museale, a cominciare dai tesori del Museo d’arte di Soletta ( Kunstmuseum Solothurn, Werkhofstrasse 30, tel.+41 32 624 40 00, www.kunstmuseum-so.ch) che vanno dal tardo medioevo all’arte contemporanea e permettono di conoscere l’evoluzione dell’arte svizzera. Opere importanti di artisti internazionali quali Vincent van Gogh, Gustav Klimt e Henri Matisse arricchiscono le collezioni degli artisti svizzeri moderni. Le mostre periodiche su vari periodi della storia dell’arte e sugli artisti contemporanei completano il programma. In occasione delle presentazioni delle collezioni e delle mostre temporanee viene proposto un ricco programma di divulgazione artistica per bambini, ragazzi e adulti.

A Soletta, in ogni caso, i più giovani possono trovare validi motivi d’interesse. Così, per esempio, il Museo di storia naturale ( Naturmuseum Solothurn , Klosterplatz 2, tel. +41 32 622 70 21, www.naturmuseum-so. ch) è molto apprezzato dalle famiglie e presenta in modo stimolante la fauna, la flora e i minerali della regione. Le tartarughe fossilizzate di 150 milioni di anni provenienti dalle cave cittadine sono uniche, come lo sono le meravigliose stelle marine del Weissenstein e le celebri tracce di dinosauri di Lommiswil.

Assolutamente da non perdere una visita del Museo del vecchio arsenale (Alten Zeughaus , Zeughausplatz 1, tel. +41 32 627 60 70, www.museumalteszeughaus.so.ch) costruito tra il 1609 e il 1614 con lo scopo di fornire una soluzione logistica all’equipaggiamento militare dei suoi cittadini. Divenne così il simbolo della capacità militare della città-stato. Il museo è un’importante testimonianza dei numerosi conflitti che bel corso della storia hanno toccato il cuore dell’Eu -

ropa. Dal XVIII secolo il vecchio arsenale divenne museo e nel 2014 fu completamente rinnovato. A fianco delle 400 armature storiche, l’esposizione raccoglie una collezione di numerosi tipi di armi da fuoco, artiglieria, vessilli, bandiere, uniformi ed equipaggiamenti diversi.

Senza dubbio molto curioso e unico nel suo genere è il Museum ENTER (Zuchwilerstrasse 33, tel. +41 32 621 80 52, www.enter.ch) che racconta la storia dei computer e dell’elettronica di consumo. A partire dalla primissima stazione radio svizzera sono esposti ben oltre 10.000 oggetti da ammirare. La collezione completa di hardware e software di computer ancora funzionanti, periferiche, macchine da calcolo, apparecchiature di telecomunicazione, radio e TV conferiscono a questo museo una rilevanza di livello europeo.

Nella grande varietà di opportunità che può offrire un soggiorno a Soletta non mancano luoghi ideali per un salto nel passato, a diretto contatto con la natura, la sostenibilità, il rispetto per l’ambiente, la ricerca di una spiritualità lontana dalla frenesia della vita contemporanea. È il caso del Convento dei Cappuccini ( Kapuzinerkloster, Kapuzinerstrasse 18, tel. +41 79 446 80 58, www.kapuzinerkloster-solothurn.ch), dove dietro le spesse mura del complesso religioso è possibile riscoprire la semplicità, l’autenticità, lo spirito di oltre 450 anni di vita monastica. Non diversamente, subito fuori dell’abitato di Soletta, le Gole e l’eremo di SainteVérène consentono di vivere un intenso momento di pace e benessere spirituale. Un sentiero idilliaco attraversa il bosco lungo il torrente, fino all’eremo. Le Gole, romantiche e ombreggiate, e nei dintorni e lungo l’Aar gli escursionisti e i ciclisti trovano una vasta rete di percorsi a piedi o in bicicletta.

Soletta è una città turistica e offre numerose soluzioni per un’accoglienza di

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elevata qualità, come nel caso del H4 Hotel Soletta , (Schänzlistrasse 5, tel.+41 32 655 46 00, www.h-hotels. com/en/h4/hotels/h4-hotel-solothurn), una moderna struttura situata direttamente sulle rive dell’Aar. L’albergo dispone di un’area benessere, un ristorante con una bella terrazza soleggiata e un bar. Dall’attico al 7° piano si gode una splendida vista sui tetti della città. All’interno dell’hotel, il ristorante Gaumenfreund , serve piatti internazionali e mediterranei, con una particolare attenzione alla stagionalità delle proposte.

Per gli amanti dei dolci la torta di Soletta è senza dubbio la specialità più famosa della città. La ricetta è stata inventata poco più di 100 anni fa da Albert Studer. Questa torta leggendaria è fatta di meringa con nocciole fondenti e leggero ripieno di crema. L’originale torta di Soletta si può degustare presso la Confiserie Suteria oppure presso la pasticceria Hofer. Ampia la scelta dei ristoranti dove è possibile gustare piatti provenienti dalle cucine di tutto il mondo. Così, per esempio, la Cantinetta Bindella (Ritterquai 3, tel.+41 32 623 16 85, www.cantinetta-bindella.ch) è un piccolo ristorante italiano dove i piatti si

ispirano alla cultura della tavola toscana e alla loro semplice preparazione. Il giardino romantico è un rifugio che invita ad assaporare cibi e vini indugiando senza fretta. Al Grappolo AG Vini (Prisongasse 4, tel. +41 32 623 55 45, algrappolo.ch), aperto dal 1987, serve i vini in maniera esemplare. Un locale dove si può bere del buon vino in bottiglia o alla pressione o dove anche acquistare vino da asporto; ma soprattutto un luogo dove le persone possono incontrarsi, parlare insieme e gustare un buon pasto. E, ancora, il Ristorante Salzhaus (Landhausquai 15a, tel. +41 32 622 01 01, www.restaurant-salzhaus.ch) propone una cu -

cina raffinata, con piatti classici e influenze asiatiche, in un’atmosfera rilassata all’interno di un vecchio magazzino del sale. Premiato con 13 punti Gault-Millau, d’estate accoglie i suoi ospiti in una magnifica terrazza panoramica. Infine, il Ristorante e bar Aarebar (Landhausquai 17, tel. +41 32 757 49 92, www.aarebar.com) si trova sul nel cuore di Soletta, affacciato sull’Aar, e la sua terrazza è un punto focale d’incontro per tutte le generazioni che possono assaggiare un po’ di tutto, pizza, piatti moderni o bevande rinfrescanti. Un locale giovane e invitante per tutte le occasioni.

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Solothurn Silhouette Tag

© Solothurn Tourismus

Ph: © Tino Zurbrügg

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Cattedrale di Sant'Orso

© Solothurn Tourismus

Ph: © Tino Zurbrügg

158 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
TURISMO / SOLETTA
Torre dell'Orologio 04 H4 Hotel Solothurn 05 Ristorante Salzhaus 04 05
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TITOLI DI TRASPORTO PER OGNI ESIGENZA

ARCOBALENO È LA PORTA D’ACCESSO AL MONDO DEL TRASPORTO PUBBLICO DEL TICINO, DEL MOESANO E DELLA LOMBARDIA. È LA SCELTA

GIUSTA PER RISPARMIARE SIA TEMPO

SIA DENARO RISPETTANDO ALTRESÌ L’AMBIENTE.

Arcobaleno dispone di un ampio assortimento di biglietti e abbonamenti che sono in grado di rispondere alle diverse esigenze di mobilità da parte dell’utenza.

Gli abbonamenti

Disponibili per la durata settimanale, mensile o annuale, sono perfetti per chi viaggia regolarmente. L’abbonamento annuale è la soluzione più conveniente e permette agli adulti di viaggiare per 12 mesi al prezzo di 9, mentre ai giovani al prezzo di soli 7 mesi. Sono inoltre disponibili abbonamenti transfrontalieri, annuali e mensili, per giovani e adulti che permettono di spostarsi fra le zone Arcobaleno e la Lombardia sui mezzi di tutte le imprese di trasporto che aderiscono alla Comunità tariffale Arcobaleno e sui treni regionali e suburbani di Trenord. Arcobaleno aziendale è invece un abbonamento annuale che permette ai dipendenti delle aziende convenzionate di beneficiare di importanti sconti sul costo dell’abbonamento.

I biglietti

Le possibilità di risparmio non mancano anche per chi necessita del trasporto pubblico in modo meno regolare. La

160 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 TURISMO / COMUNITÀ TARIFFALE ARCOBALENO

carta giornaliera permette di muoversi tutto il giorno liberamente al prezzo di un’andata e ritorno. Inoltre, la carta per più corse e la multi-carta giornaliera permettono di beneficiare di 6 corse, rispettivamente 6 carte, al prezzo di 5.

La scelta migliore anche nel tempo libero

Le numerose proposte d’escursione o di attività da svolgere in Ticino e nel Moesano possono essere in gran parte raggiunte con l’offerta di trasporto pubblico. La Comunità tariffale Arcobaleno vi accompagna proponendo la soluzione più adeguata per godere appieno del proprio tempo libero. Il vasto assortimento di titoli di trasporto si basa sul concetto zona-tempo. Ciò significa che non viene acquistata una singola tratta, bensì una o più zone all’interno delle quali è possibile circolare liberamente con treno, bus e anche su alcune tratte di battello, per un determinato limite di tempo.

Ancora indecisi? Fatevi consigliare!

La Comunità tariffale Arcobaleno non dispone di punti di vendita propri; bi -

glietti e abbonamenti possono essere acquistati nei punti vendita delle imprese di trasporto aderenti alla Comunità tariffale Arcobaleno, attraverso i distributori automatici Arcobaleno (presenti negli agglomerati urbani) e FFS (disponibili nelle stazioni ferroviarie) e online su ffs.ch. Inoltre, l’acquisto di biglietti è possibile anche tramite app Arcobaleno. È possibile trovare il punto vendita più vicino a voi su arcobaleno.ch/punti-vendita

Vantaggi offerti da SwissPass

Gli abbonamenti annuali e mensili Arcobaleno sono caricati sulla comoda tessera SwissPass. SwissPass è infatti un supporto su cui è possibile caricare molteplici prestazioni come, ad esempio, lo Skipass o abbonamenti PubliBike. La tessera SwissPass ha una durata di cinque anni, al momento del rinnovo l’abbonamento viene caricato sulla tessera senza sostituirla. Grazie a SwissPass è possibile anche visualizzare i propri abbonamenti comodamente nel proprio cellulare in formato digitale. Inoltre, siccome la data di validità non è stampata sulla tessera, gli abbo -

nati hanno la possibilità di ricevere dei pratici promemoria via e-mail o sms sulla validità del proprio abbonamento, nonché di gestire le proprie informazioni online. Per ulteriori curiosità o domande, visitare arcobaleno.ch

161 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

UNA SFUMATURA PER OGNI PERSONALITÀ

LA NUOVA COLLEZIONE AQUA TERRA DI OMEGA, DISPONIBILE PRESSO BOUTIQUE TOURBILLON DI VIA NASSA

3 A LUAGNO, CELEBRA IL CONCETTO DI COLORE, CON UNA GAMMA DI TONALITÀ ESCLUSIVE ISPIRATE ALLE CROMIE DELL’OCEANO E DELLA TERRA.

L’introduzione della famiglia Aqua Terra di OMEGA risale al 2002. I segnatempo della gamma presero un nome latino per omaggiare la ricca tradizione marina di OMEGA e lo spirito degli iconici orologi Seamaster, a cui appartengono anche gli Aqua Terra Shades. Già la prima linea Aqua Terra spiccava per uno stile concepi -

to per ogni occasione: creare un connubio tra attitudine urbana ed ispirazione marina era senz’altro una sfida. Tuttavia, ad oltre vent’anni dal lancio, il successo della collezione prosegue, e i modelli Seamaster sono tra le proposte orologiere più amate. Con la nuova linea di orologi Aqua Terra Shades OMEGA crea un’atmosfera inedita e suggestiva. I quadranti, proposti in una vasta gamma di colori,

162 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 LUSSO / OMEGA

offrono un’esplosione di tonalità per sottolineare la personalità di chi li indossa. Tutti i quadranti della collezione Shades sono realizzati in ottone spazzo lato a raggi di sole dal cen tro verso l’esterno. Ognu no è laccato per garantire una maggiore profondità visiva. La loro vera forza sta però nel colore. Grazie ai recenti progressi nel campo, OMEGA ha da to infatti vita a tonalità uni che, diverse da quanto si sia mai visto in passato. L’effetto prodotto dalla tecnologia PVD (Physical Vapor Deposition) consente di creare colori come quello della terracotta, mentre la tecnologia CVD (Chemical Vapor Deposition) consente l’attuazione di determinate reazioni chimiche all’origine di tonalità quali il blu mare. La selezione da 38 mm include quadranti spazzolati a raggi di sole in versione blu oceano, verde alloro, sabbia, zafferano e terracotta. La selezione da 34 mm, invece, offre quadranti pastello spazzolati a raggi di sole dalla tonalità blu mare, verde laguna, sabbia, rosa conchiglia e lavanda. Nella gamma da 34 mm, i quadranti presentano lancette e indici in oro bianco 18K dalla forma ispirata allo scafo di una barca a vela. In quella da 38 mm, i quadranti si distinguono invece per le lancette e gli indici nel tradizionale trattamento rodiato OMEGA.

I nuovi modelli Aqua Terra sono dotati di movimenti Co-Axial Master Chronometer all’interno di una cassa in acciaio inossidabile lucido e sono disponibili in due dimensioni di 34 mm o 38 mm. Cuore pulsante dell’orologio è il calibro OMEGA CoAxial Master Chronometer 8800. La certificazione Master Chronometer garantisce che ciascun orologio e il rispettivo movimento siano resistenti a campi magnetici fino a 15.000 gauss e abbiano superato i severi test

dell’Istituto Federale Svizzero di Metrologia (METAS). Per conferire ulteriore luminosità al polso, OMEGA offre due ulteriori orologi in oro. Il modello da 38 mm in oro Sedna™ 18K presenta un quadrante color sabbia con una lunetta tempestata di diamanti, mentre il modello da 34 mm in oro Moonshine™

18K presenta un quadrante color verde laguna corredato da un cinturino in pelle verde. Le leghe auree proprietarie di OMEGA, note per la loro resistenza nel tempo, aumentano l’intensità del colore.

163 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 LUSSO / OMEGA

PRESENTATA LA NUOVA MASERATI

GRANTURISMO 2023, DISPONIBILE

PRESSO KESSEL AUTO A PAMBIO

NORANCO, CHE PER LA PRIMA

VOLTA SARÀ ALIMENTATA ANCHE

DA UN MOTORE ELETTRICO, LA

VERSIONE FOLGORE. QUEST’ULTIMA

RISULTA ESSERE LA CAPOSTIPITE

DI UNA NUOVA GAMMA DI VETTURE

100% ELETTRICHE CHE ANDRÀ PIAN

PIANO AD ESPANDERSI NEI PROSSIMI ANNI. LA GRANTURISMO CON MOTORE A COMBUSTIONE INTERNA

ABBANDONA INVECE IL VECCHIO

4.0 V8 DI DERIVAZIONE FERRARI PER L’UNITÀ V6 BITURBO NETTUNO DA 3.0 LITRI.

ESTETICA SENZA TEMPO

Sviluppata presso il Maserati Innovation Lab e prodotta nel polo produttivo di Mirafiori (Torino), la nuova Maserati GranTurismo 2023 è 100% made in Italy ed espressione di “Italian luxury performance”, il concetto guida di tutti i modelli Maserati.

La nuova generazione di Maserati

GranTurismo è lunga 4,96 metri, larga 1,96 metri, alta 1,35 metri e ha un passo di 2,92 metri. Per quanto riguarda l’estetica, la nuova Maserati GranTurismo mantiene le stesse proporzioni del vecchio modello, con un cofano molto lungo e un abitacolo spostato verso l’asse posteriore “avvolto” dai muscolosi passaruota. Alcuni stilemi sono ripresi da modelli recenti come la MC20 e la Grecale – vedi la forma dei fari e le maniglie delle portiere incavate – ma allo stesso tempo rimangono altri elementi

tipici di una Maserati come la calandra ovale con il Tridente in bella mostra al centro o le tre prese d’aria laterali, che ora sono leggermente più in alto La parte posteriore presenta forme molto classiche e pulite, anche nel caso della più prestazionale versione Trofeo. Da notare i quattro scarichi circolari (assenti per ovvie ragioni sulla GranTurismo Folgore) e il volume occupato dai generosi passaruota. I fanali a led sono sottili e sviluppati in orizzontale, e sono sormontati da uno spoilerino che, nel caso della Trofeo, è in fibra di carbonio.

A livello di architettura tecnica la GranTurismo 2023 è frutto di un innovativo progetto che fa ampio uso di materiali leggeri come l’alluminio e il magnesio, unitamente ad acciai alto performanti. Questo nuovo approccio multimateriale ha richiesto la definizione di nuovi processi produttivi e ha

164 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AUTO / MASERATI GRANTURISMO

permesso di raggiungere livelli di peso da prima della categoria.

La Maserati GranTurismo Folgore adotta un sistema di propulsione 100% elettrico a batteria. Il sistema è basato su una tecnologia ad 800 V ed è stato sviluppato con soluzioni tecniche d’avanguardia derivate dalla Formula E. Offre prestazioni di assoluto rilievo grazie ai tre potenti motori a magneti permanenti da ben 300 kW. La batteria ha una capacità nominale di 92,5 KWh e una capacità di scarica di 560 kW e permette di inviare alle ruote con continuità circa 760 CV 1.530 Nm. La potenza erogata può salire per pochi secondi fino a 830 CV con la modalità Max Boost. La disposizione particolare e il layout innovativo della batteria permettono di contenere l’altezza della vettura in 1,35 m (analoga al modello precedente), senza compromettere il carattere sportivo. La forma del pacco batterie definita “T-bone” permette di non avere moduli batteria sotto le sedute, posizionandoli principalmente attorno al tunnel centrale e consentendo, quindi, di abbassare notevolmente il baricentro della vettura.

La Maserati dichiara per la nuova GranTurismo Folgore una velocità massima

di 320 km/h, uno 0-100 km/h in 2,7 secondi e il raggiungimento dei 200 km/h in soli 8,8 secondi. La batteria può essere caricata con sistemi a corrente alternata a 22 kW oppure con colonnine rapide fino a 270 kW per recuperare 100 km di autonomia in 5 minuti.

Per una Maserati il sound è qualcosa di fondamentale. Per la Folgore è stato quindi studiato un sistema di diffusori interni ed esterni che attraverso un software possono unire le frequenze tipiche dei motori V8 a benzina con quelle naturali degli elementi elettrici.

La nuova Maserati GranTurismo Folgore dispone di quattro modalità di guida, che sono Max Range, GT, Sport e Corsa, più quattro livelli di recupero dell’energia. Le varie modalità sono gestibili tramite un sistema sviluppato da Maserati denominato VDCM (Vehicle Domain Control Module). La modalità Max Range si può utilizzare qualora si volesse limitare al massimo i consumi, aumentando così l’autonomia. In particolare la velocità viene limitata a 130 km/h e vengono ridotte le prestazioni e la funzionalità del climatizzatore. L’uso di questa modalità è consigliato quando la carica della batteria va sotto il 16%.

Le prestazioni sono invece disponibili all’80% in modalità GT e al 100% in Sport e Corsa, ma scegliendo quest’ultima è possibile intervenire manualmente anche sulla regolazione del Torque Vectoring, sul controllo di trazione e sul Performance Optimizer che permette di scegliere tra Max Boost (massima accelerazione per breve tempo) ed Endurance (prestazioni per un periodo prolungato con gestione delle temperature di sistema). La Folgore infine consente di scegliere tra quattro livelli di recupero dell’energia.

Il V6 biturbo – a carter umido e non a secco come sulla MC20 – è abbinato a un cambio automatico a 8 rapporti e alla trazione integrale, con quest’ultima che adotta il differenziale anteriore in linea con il propulsore al fine di mantenere più basso possibile il V6. Per la GranTurismo Modena il 3.0 biturbo è proposto in una variante da 490 CV e 600 Nm, mentre per la Trofeo si arriva a 550 CV e 650 Nm. La Modena impiega 3,9 secondi per raggiungere i 100 km/h da fermo, 13 secondi per arrivare a 200 km/h e ha una velocità di punta di 302 km/h. La Trofeo, forte dei 60 CV e dei 50 Nm in più, scatta da 0 a 100 km/h in 3,5 secondi, arriva a 200 km/h impiegando 11,4 secondi e raggiunge una velocità massima di 320 km/h.

Il guidatore ha a disposizione quattro modalità di guida: Comfort, GT, Sport e Corsa. In più è possibile disabilitare tutti i controlli elettronici. La modalità GT è quella predefinita all’avvio, mentre in Comfort si ammorbidiscono le sospensioni e viene modificata la risposta del cambio automatico, rendendo le cambiate più morbide. Se si passa alla modalità Sport le cambiate sono più reattive, le sospensioni sono più rigide, il controllo di trazione è meno presente e aumentano i decibel provenienti dallo scarico. In Corsa tutti i sistemi sono settati per le massime prestazioni in pista ed è prevista anche una visualizzazione specifica della strumentazione digitale.

165 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AUTO / MASERATI GRANTURISMO

ECCELLENZA, PASSIONE ED EVENTI ESCLUSIVI

166 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
AUTO / AMG WINTELER CLUB
DA GENNAIO 2023 LA FAMIGLIA WINTELER HA CREATO UN LUOGO DI RITROVO PER I VERI APPASSIONATI DEI MOTORI MERCEDES-AMG.

Possedere una MercedesAMG è una questione identitaria: non si tratta solo di auto dalle performance strabilianti, né unicamente di uno status quo. C’è una vibrante passione in chi sceglie di guidarle, e la famiglia Winteler questo lo sa bene! Spinti da questa convinzione, Winteler ha creato a Giubiasco l’AMG Winteler Club, con lo scopo di offrire un’esperienza esclusiva ai proprietari di vetture MercedesAMG localizzati sul territorio. Si tratta di una vera e propria Community di appassionati, dove l’adrenalina e la passione guidano ciascuna delle tante attività proposte. Il Performance Center AMG di Giubiasco è la sede del Club, dove i soci si riuniscono per partecipare a eventi unici, formativi, ludici e culturali, accessibili solo ai membri. Il Club permette un’interazione spontanea e agevole, fornendo servizi e benefici esclusivi, un’esperienza di guida su circuiti riservati ed esperienze itineranti in contesti insoliti, oltre a opportunità di networking e confronto.

Valori e obiettivi del Club

L’AMG Winteler Club è stato ideato con l’obiettivo di creare occasioni significative di socialità e conoscenza tra i membri, in un contesto di esperienze ed emozioni crescenti. Questo si concretizza nell’offerta di un’ampia gamma di servizi riservati ai soci, ma anche e soprattutto nel proporre momenti di svago e relax, opportunità professionali e iniziative varie che ruotano intorno a

questa passione, pensate appositamente per i membri del Club.

A chi è riservato il Club?

L’AMG Winteler Club è un luogo di aggregazione in cui possono confluire persone con background ed età diversi, accomunate dalla passione per le vetture Mercedes-AMG e dalla voglia di vivere esperienze uniche e innovative. L’unico requisito richiesto è quello di essere in possesso di almeno una vettura Mercedes-AMG.

Benefici esclusivi per gli aderenti

I soci del Club beneficiano di un Welcome kit personalizzato e vantaggi esclusivi su trattamenti di cura delle vetture, riparazione cerchi e cambio gomme. Il punto di forza è tuttavia rappresentato dal fitto calendario di eventi appositamente studiato e riservato ai soci. Tra le iniziative proposte segnaliamo le Colazioni con l’esperto AMG: appuntamenti periodici che hanno luogo nel Performance Center AMG, dove esperti del settore automotive si confrontano con i soci su temi tecnici di guida, cura e manutenzione ottimale della vettura.

Il divertimento è sempre in primo piano, anche quando si tratta di competizioni su pista con vetture piccole a motore monocilindrico come i kart, dove la voglia di sfidarsi e arrivare sul podio è sempre in pole position! Splendide sono poi le serate conviviali organizzate in contesti riservati e di prestigio come il recente evento di Lu -

gano, all’interno dello spazio eventi META a Palazzo Mantegazza, dove i soci hanno trascorso una serata gourmet strepitosa, grazie alla cucina stellata dello chef Luca Bellanca.

Prossime uscite ed eventi

Ecco alcuni degli appuntamenti in programma per i prossimi mesi:

• Giugno 2023: Visita alla Villa del Balbianello, sul Lago di Como.

• Luglio 2023: Tre giorni alla scoperta dello spirito AMG con l’esclusiva Factory Tour alla sede centrale AMG di Affalterbach e visita al prestigioso museo Mercedes-Benz di Stoccarda.

• Settembre 2023: AMG Racing Experience a Immendingen, in Germania.

• Ottobre 2023: Talent Experience in Toscana, un tour di tre giorni tra le bellezze artistiche della Versilia, in location estremamente esclusive e alla guida della propria Mercedes-AMG.

• Novembre 2023: Colazione con Esperto AMG presso l’AMG Performance Center di Giubiasco.

• Dicembre 2023: Christmas Gala Party presso l’AMG Performance Center di Giubiasco.

Per maggiori informazioni sul Club, consultare il sito web: www.amgwintelerclub.ch o scrivere alla segreteria organizzativa: amgclub@winteler.ch

167 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

QUANDO LE AUTO SFOGGIANO TUTTA LA LORO BELLEZZA

ERNST&YOUNG, IN QUALITÀ DI GOLD SPONSOR, HA DECISO

ANCHE QUEST’ANNO DI SUPPORTARE

LUGANO ELEGANCE CONDIVIDENDO

LA PARTICOLARE ATTENZIONE AL TERRITORIO TICINESE E LA VICINANZA

AI PROPRI CLIENTI. PARTNER EY

ATTIVAMENTE COINVOLTI

NELL’ORGANIZZAZIONE DELL’EVENTO

SONO STATI ERICO BERTOLI, PARTNER E RESPONSABILE

DELLA SEDE DI LUGANO

E JOOST VREESWIJK, EMEIA MARKETS FOP LEADER.

Il centro di Lugano ha ospitato nel corso del primo weekend di maggio la terza edizione di Lugano Elegance & Lions in Classic 2023, concorso d’eleganza con il rally di regolarità per auto storiche, organizzati dal Lions Club Monteceneri. Una cinquantina di auto si sono contese il titolo davanti a una prestigiosa giuria internazionale.

La manifestazione, nata nel 2013 come progetto charity del Lions Club Monteceneri, ha permesso finora di raccogliere e distribuire in beneficenza circa 140 mila franchi svizzeri. Nel 2019, al rally di regolarità è stato affiancato il concorso di eleganza.

Anteprima della manifestazione, giovedì 5 maggio è stato il vernissage tenutosi presso Imago Art Gallery. Sabato, via al concorso con l’esposizione

delle vetture in via Nassa e nelle piazze adiacenti; nel pomeriggio, sfilata e presentazione delle candidate sul lungolago. Per chiudere, cena di beneficenza. I possessori di auto d’epoca non in gara hanno potuto comunque recarsi al concorso con la propria auto e posteggiarla nelle aree dedicate sul piazzale del LAC e in Piazza Luini. Domenica, la nona edizione del rally di regolarità Lions in Classic 2023, con inedito percorso nel cuore del Ticino e sconfinamento nei Grigioni, rientro a Lugano e premiazioni.

A contendersi i titoli delle varie categorie e il Best of Show le vetture esaminate da una giuria composta da oltre quindici super esperti internazionali. L’eleganza e l’estetica complessiva, l’accuratezza e la ricercatezza del design, l’armonica dei colori e l’eleganza degli

168 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AUTO / LUGANO ELEGANCE
Joost Vreeswijk Erico Bertoli

interni costituivano i parametri in base ai quali le vetture venivano esaminate. Ovviamente sono stati premiati anche i restauri più rispettosi dell’originalità. Queste le categorie: auto scoperte o chiuse ante e post-guerra; più, in que -

sta edizione, cinque classi speciali: 75 anni di Porsche, Carrozzieri svizzeri, Vetture con motore americano, Mercedes 300 SL Gullwing & Roadster e Auto sportive italiane di grossa cilindrata. La giuria era composta da oltre 15

esperti di caratura internazionale, presenti nei più famosi concorsi. Capo dei giurati il tedesco Christian Kramer, tra l’altro giudice di Pebble Beach e membro del comitato di selezione per Villa d’Este. Il premio per la bella tra le belle è stato creato da Marco Pagot, il disegnatore dei personaggi Calimero e Draghetto Grisù dei cartoni animati. Massimo Albertini, Presidente del Comitato organizzatore ha sottolineato come «Lugano Elegance si sia migliorato ulteriormente anche quest’anno, offrendo a pubblico e partecipanti un’esperienza da ricordare a contatto con una cinquantina di meravigliose vetture storiche, che non hanno mancato di mettere alla prova una giuria formata da qualificati esperti. Siamo stati inoltre molto onorati che la 1000 Miglia Warm Up CH sia stata di nuovo lo stesso giorno a Lugano, ad arricchire un parterre di storia e cultura automobilistica di altissimo livello».

AUTO / LUGANO ELEGANCE
169 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
Ph: © M. Vannetti e S. Silvestrini

50 ANNI RACCONTATI DA TRE PROTAGONISTI

«Il nome Wetag non è esotico, ma è stato scelto dai primi due proprietari, è una fusione dei loro cognomi. In ogni caso ci tengo a ricordare che la Wetag del 1973 non era una società immobiliare, ma si occupava di costruzioni, anche importanti. Poi, non entro nei dettagli, malgrado le cose andassero a gonfie vele, delle incomprensioni tra i vecchi soci hanno portato la società alla rovina. Quando sono arrivato nel loro vecchio ufficio, impolverato, ricordo che c’erano delle sedie in cuoio, un tavolo, nel garage una vecchia Subaru e in banca… debiti (sorride). Allora ho guardato negli occhi il mio partner di allora, Peter Albrecht, uno sguardo d’intesa e dopo una riflessione condivisa abbiamo deciso di acquistare Wetag. Non avevamo nessun’esperienza nell’immobiliare, ci occupavamo di architettura e pensavamo di continuare in Ticino nel settore della ristrutturazione. Poi, come spesso capita nella vita (sorride), una vendita inaspettata di un piccolo appartamento ci ha in un qualche modo illuminati e, da lì, abbiamo realizzato che c’era un grosso potenziale sul mercato. È stato un periodo intenso, abbiamo lavorato moltissimo, con noi c’era anche Brigitte Ebner, ancora in Wetag e ora Accounting Manager. Eravamo determinati e all’avanguardia. Abbiamo fatto fallire la vecchia Wetag per tutelarci da eventuali debiti non estinti, io mi sono trasferito da Zurigo in Ticino - prima facevo il pendolare da Zurigo e sognavo ancora di diventare un musicista (tono divertito) - e, come detto, abbiamo dato il meglio di noi. Bisogna anche di -

170 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
GLI ANNIVERSARI SONO SEMPRE MOMENTI IMPORTANTI PER UNA SOCIETÀ E, INEVITABILMENTE, SONO ACCOMPAGNATI DA SPUNTI DI RIFLESSIONE. È L’OCCASIONE PER ANALIZZARE IL PASSATO, IL PRESENTE, MA SOPRATTUTTO GUARDARE AL FUTURO. LA SCELTA DI DARE LA PAROLA AI TRE PROPRIETAR I DI WETAG CONSULTING NON È CASUALE: UELI SCHNORF È LA MENTE STORICA, PHILIPP PETER IL PRESENTE, MENTRE IRADJ ALEXANDER DAVID IL FUTURO.

re che Peter, a quei tempi, era già molto ferrato con l’informatica e quindi ha creato un database e un sito Internet che nessuno ancora aveva. Anche i nostri flyer, il nostro modo di porci era completamente diverso dalle abitudini dei venditori ticinesi, che molto spesso non parlavano neanche bene altre lingue. Pian piano abbiamo notato che anche le altre società del settore ci stavano copiando, la conferma che stavamo facendo la differenza, la scelta giusta. Ma sa una cosa? Non sono mai stato una persona ambiziosa a livello finanziario, avevo ed ho uno spirito artistico, creativo, oggi ammetto sinceramente di essere soddisfatto di quanto creato, di tutto ciò che ho imparato; sono un professionista del mio settore, un settore che posso dire di conoscere estremamente bene. La forza di Wetag è proprio sempre stata questa: la professionalità legata alla passione per il lavoro che facciamo, la forza di Wetag non sta unicamente nelle cifre, è racchiusa nel suo personale, un team che negli anni si è rafforzato esattamente come la società. Mi ha chiesto se sono orgoglioso di me… io le rispondo che sono molto orgoglioso della società (emozionato)».

PHILIPP PETER

«La storia di Wetag mi è piaciuta subito. Quando ho incontrato Ueli la prima volta mi sono immediatamente reso conto della sua grande professionalità e soprattutto della sua esperienza nel mercato del lusso, estremo lusso. Quando mi è stato chiesto di entrare in Wetag ero cosciente che fosse una grossa sfida e devo dire, sinceramente, che sono rimasto sorpreso dalla fiducia che Ueli, conoscendomi poco, mi ha dato. Di punto in bianco mi sono ritrovato con le chiavi dell’ufficio di Lugano in mano. E sa cosa mi ha detto Ueli? Semplicemente: “Sai cosa devi fare”, stiamo parlando di quasi dieci anni fa, quando Wetag era soprattutto conosciuta nel Locarnese. Ho iniziato quindi con una segretaria, che si occupava anche di vendite. Abbiamo dovuto lottare, perché la concorrenza era grande e ho dovuto conquistare la fiducia di clienti, banche, avvocati, notai, fiduciari… perché comunque agli occhi di molti ero un pilota, bravo, ma un pilota di auto. I miei contatti, la mia perseveranza e la mia passione per questo lavoro che mi ha conquistato, sono stati la chiave del successo a Lugano. Oggi posso dire con orgoglio che Wetag è leader del mercato immobiliare del lusso in Ticino».

IRADJ ALEXANDER DAVID

«Difficile arrivare dopo Ueli e Philipp, condivido pienamente la loro visione di Wetag e mi sento altrettanto appassionato e pronto a raccogliere le sfide dei prossimi anni. Wetag sicuramente affronterà il futuro con lo stesso spirito e la stessa grinta con la quale ha affrontato i primi 50 anni. Ci sono infatti delle caratteristiche che sono radicate all’interno del suo DNA, quali la costante voglia e necessità di essere aggiornati ed essere all’avanguardia in quello che si fa, alla capacità di adattarsi e adeguarsi in modo dinamico al continuo evolversi e mutamento del mercato immobiliare e al costante bisogno di potersi sempre migliorare. Queste qualità permettono alla nostra società di affrontare il futuro in modo preparato e sereno. Sono caratteristiche che dal mio punto di vista sono fondamentali per ottenere successo, non solo finanziario, ma anche a livello di rapporti con i clienti: noi lavoriamo per loro. Ho più volte pensato a quanto è stato fatto in questi 50 anni, Ueli ha creato una società solida e consolidata, Philipp –con il suo arrivo – è riuscito a rafforzare e ampliare ulteriormente questa società, il mio compito ora è di continuare a lavorare in questa direzione, senza mai perdere di vista i valori di Wetag».

171 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING

ARTE DI VIVERE

tutto quel luogo di benessere dove si ritorna dopo una lunga giornata, dove ci si sente sicuri, bene con le proprie cose, comodi e rilassati.

Presente da oltre dodici anni con un ampio portafoglio di proprietà già costruite, SETA, che comprende SETA Real Estate, SETA Architecture, SETA Project Management e SETA Mood, è la nuova struttura costituita a Lugano con un assetto societario i cui protagonisti sono specialisti nei vari campi di appartenenza, capaci di offrire un servizio a tutto tondo, per dare al cliente una visione finale il più completa possibile.

«Core business di SETA è l’immobiliare, oggi integrato con gli altri tre pilastri, strutture che dialogano tra loro creando una sinergia costruttiva, una musica ben accordata dove ognuno svolge il proprio ruolo», afferma Omar Arena che assieme alla sorella Deborah Schetter si fa portavoce della società.

OMAR ARENA E DEBORAH

SCHETTER PRESENTANO

LE

OPERATIVE CHE REALIZZA

INTERVENTI A 360° NEL

SETTORE IMMOBILIARE TICINESE.

DI DONATELLA RÉVAY

Continua Omar: «Siamo visionari, profondi conoscitori del territorio e delle sue peculiarità. Siamo architetti e interior designers. Lavoriamo fianco a fianco per tradurre il sogno di una casa in uno spazio da vivere. Non progettiamo solo oggetti architettonici, progettiamo momenti di vita, con una ricerca quasi maniacale della qualità di vita. Una filosofia che si declina sulla base della proprietà stessa, sia essa una villa, un palazzo, o un oggetto amministrativo o commerciale. Per ogni tipo di oggetto viene fatta costantemente, in maniera mirata, una ricerca completamente diversa, per dare un significato al benessere e alla qualità di vita».

mo cominciato a fare operazioni immobiliari ad oggi, c’è stata una grandissima evoluzione. Il mercato, che è largamente cambiato non solo per le nuove tecnologie, richiede un approccio innovativo che tenga conto anche del gap generazionale. Un mercato cambiato sotto diversi aspetti, a partire da come si acquisiscono i fondi, dal tipo di progetto che deve essere realizzato, dalla scelta dei partner, ma anche nella gestione e armonizzazione delle varie parti e di come pilotare e sovrintendere la promozione della parte commerciale. Siamo orientati ad un futuro prossimo, con un focus preciso incentrato su come vorremmo vivere, oggi e in futuro, di cosa ci sarà bisogno, quali rifiniture e quale tecnologia sarà necessario includere nella costruzione, con una visione orientata sempre al fare bene, fare meglio se possibile, e l’obiettivo del più alto grado di benessere per chi vivrà gli spazi che progettiamo e costruiamo».

La casa rappresenta uno spazio fisico ricco di significati simbolici ed emozionali, che per molti aspetti è il riflesso della nostra psiche, del nostro mondo interno e del nostro modo di rapportarci agli altri. Casa è soprat-

Interviene Deborah Schetter che, dopo esperienze di finanza in ambito borsistico prima sulla piazza finanziaria luganese e poi in quella londinese, da dodici anni si è affiancata con entusiasmo al fratello: «Dall’inizio degli anni 2000, dal momento in cui abbia -

Si parte dalla scelta del terreno, cercando di valorizzarne il più possibile peculiarità e punti di forza. Viene creato un business model adatto a quello che si vuole raggiungere in termini di contenuti e soprattutto a come si intende realizzarli nel rispetto dei criteri prefissati. Ci adeguiamo a dei processi di lavoro mirati all’oggetto con lo scopo di identificare la soluzione migliore. Entrano così in scena gli architetti che con Omar discutono del progetto in modo da tenere conto dello stile di vita che i futuri proprietari desiderano, o delle caratteristiche che chi costruisce ha previsto per i futuri abitanti o inquilini. «La mia visione di lusso», continua Omar «va oltre la scelta dei materiali pregiati per concentrarsi sul modo in cui vengono vissuti gli spazi ed è per questo motivo che, qualsiasi sia il contesto, mettiamo una così grande attenzione e cura nel progetto. La villa po -

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ATTIVITÀ DI UN GRUPPO ARTICOLATO IN VARIE UNITÀ

sizionata in una location di prestigio ha ovviamente delle esigenze diverse dal piccolo appartamento, ma chi ci abita può essere ugualmente felice se ha tutto quello che desidera ed è funzionale ai propri bisogni».

Quello che Arena cerca di spiegare è che il primo obiettivo del Gruppo SETA è l’ottimizzazione del risultato, con principi che sono esattamente l’opposto del pensare comune. Un’attenzione che si riflette anche sulla scelta dei partner, sempre selezionati in maniera molto severa, in modo da mettere in tranquillità il loro modo di lavorare e di conseguenza il cliente finale. Tutto il Gruppo lavora con il più alto grado di professionalità e serietà e con un profondo rispetto in chi investe in questo bene primario.

Tutti sogniamo la nostra casa e nei nostri sogni ci sono delle caratteristiche che solo noi conosciamo. Il Gruppo si adopera quindi perché il sogno

diventi realtà, mettendosi a fianco del cliente per avvicinarsi il più possibile ai suoi desideri, alla sua psicologia, alle sue esigenze, cercando di trovare le soluzioni che più si adattano.

SETA

Via Zurigo 35

CH-6900 Lugano www.seta.ch

L’ASSETTO DEL GRUPPO SETA

Seta Real Estate, fondamentale per la ricerca, l’ideazione e la ricerca dei contenuti e lo sviluppo delle operazioni immobiliari, nonchè il controllo e la gestione della parte legale e finanziaria, e la relazione con il cliente finale.

Seta Architecture, per lo sviluppo del progetto architettonico costruito attorno ad un serie di contenuti definiti, sulla base delle peculiarità dell’immobile riguardo la location e il lifestyle.

Seta Project Management, che si occupa della gestione di tutto il processo di costruzione e del cantiere, compresa la relazione con i vari artigiani.

Seta Mood , per la progettazione degli interni e la ricerca di pezzi di arredo e pezzi d’arte. Una ricerca che spazia dal moderno al vintage più ricercato, applicato ad ogni aspetto della casa e che considera sia la parte esterna che gli interni.

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SOLUZIONI DI LUSSO PER UNA CLIENTELA ESIGENTE

Qual è la situazione attuale del mercato immobiliare in Ticino, Svizzera?

«Lugano e la sua regione sono considerate la perla della Svizzera italiana e rappresentano una delle destinazioni immobiliari più ambite al mondo. Il mercato immobiliare è in costante evoluzione, con una domanda di proprietà sempre elevata sebbene la situazione politica ed economica nel mondo sia alquanto confusa e incerta».

Quali sono le attuali tendenze architettoniche richieste dalla clientela?

«L’architettura ticinese si caratterizza per l’attenzione ai dettagli e la fusione di stili tradizionali con finiture moderne che servono a mettere in risalto

il paesaggio e per avere un’integrazione con il territorio. I materiali come la pietra e il legno sono molto richiesti, dando vita a proprietà di lusso dall’aspetto elegante e raffinato. Inoltre, l’attenzione per l’efficienza energetica e la sostenibilità sta diventando sempre più importante e richiesta».

Quali sono le novità del vostro portafoglio immobiliare?

«Abbiamo selezionato e messo in vendita per una clientela attenta al bello e all’esclusivo, numerose proprietà di pregio tra cui 3 o 4 ville ed un paio di attici estremamente interessanti ed unici che rappresentano la massima espressione dell’eleganza e della raffinatezza. Sono immobili particolarmente apprezzati dalla clientela sia locale che internazionale

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GIOVANNI MASTRODDI FA IL PUNTO SUL MERCATO IMMOBILIARE TICINESE E PRESENTA ALCUNE SOLUZIONI ABITATIVE DI GRANDE PRESTIGIO PROMOSSE DA MG IMMOBILIARE. 01 Rif. 1965: Aldesago: ATTICO esclusivo off market, roof garden e jacuzzi 02 Rif. 1940: Montagnola-Collina d’Oro: VILLA unifamiliare con piscina, vicina al Tasis 03 Rif. 1972: Caslano: VILLA d’autore direttamente a lago, pontile, posto barca e piscina 01

che cerca l’esclusività in una delle zone più belle del mondo come la regione di Lugano.

Tutte presentano una vasta gamma di servizi esclusivi come piscine private, accesso diretto al lago, darsena privata, sale home cinema, cantina vino, ecc. ed ovviamente offrono una vista mozzafiato sul lago di Lugano e sulle colline limitrofe».

Può dirci di più riguardo a questi immobili? Quali sono i loro punti di forza?

«Segnaliamo ad esempio 2 ville unifamiliari che rappresentano le tendenze architettoniche del momento, entrambe disegnate dal famoso architetto Franco Ponti, ville di charme e perfettamente inserite nel contesto paesaggistico. L’attenzione ai dettagli, al territorio e la fusione tra moderno e tradizionale trovano in queste ville la loro massima espressione.

Una villa è direttamente sul lago di Lugano con darsena privata, giardino di 2.500 mq e piscina. Ha 350 mq di superficie con doppio soggiorno e 5 camere e tanta privacy immersa in una oasi di pace e natura. L’altra è sulla collina di Rovello a Lugano con una esposizione solare perfetta ed una vista sul Lago di Lugano meravi -

gliosa. Comprende oltre 300 mq di superficie e 1.500 di giardino capace di coniugare tutte le esigenze di una famiglia esigente».

Avete anche immobili per clienti internazionali?

«In Collina d’oro disponiamo di diverse ville, tutte vicine alla Scuola Americana TASIS, tra cui una grande villa di 16 locali e una superficie di 1.200 mq con un ampio giardino e gode di una bella vista lago che spazia sino al monte Rosa. Un’altra altrettanto vicina al TASIS, comprende 310 mq con piscina e 4 camere e locale home cinema, SPA ad un prezzo interessante vicino a 3 milioni di franchi».

In quali altre zone avete immobili pregiati?

«La collina di Castagnola – Ruvigliana rappresenta da sempre il top per la clientela locale ed italiana: qui abbiamo in vendita 2 oggetti esclusivi ed eleganti quali un attico, off-market, di 320 mq con 4 camere, roof garden e solarium con jacuzzi, un salotto in piena aria tra vista lago e cielo.

La seconda è una villa vendibile come 2° residenza, sempre a Ruvigliana, di 330 mq moderna e perfetta, dove l’eleganza dei dettagli affascinano i clienti piu’ esigenti, tanta luce e vista lago da ogni angolo della casa e per finire una piscina ed un terrazzo super panoramico ed unico. Grazie alla posizione strategica del Ticino, queste proprietà rappresentano un investimento sicuro e duraturo per tutta la clientela nazionale ed internazionale che cerca il massimo del lusso e della comodità».

IMMOBILIARE SAGL

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T. +41 (0)91 921 42 58

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175 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ARCHITETTURA / MG IMMOBILIARE
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MG FIDUCIARIA

ST. MORITZ MANTIENE TUTTO IL SUO PRESTIGIO

Alla luce delle recenti vicende in campo economico e finanziario, si sono registrati possibili effetti anche sull’andamento del mercato immobiliare a St. Moritz e in Engadina?

«Penso che il problema principale sia la situazione di incertezza che ormai da molti mesi domina un po’ tutti i campi, dai rapporti internazionali alla politica, dall’economia alla finanza, senza naturalmente dimenticare l’inflazione che gli esperti indicano in frenata ma che al momento permane molto alta. In questo contesto è evidente che chi possiede un immobile, se non si trova in condizione di assoluta necessità, preferisca procrastinare un’eventuale vendita, stimando che il mattone possa ancora rappresentare la forma più sicura di investimento a protezione del proprio capitale. Di conseguenza, questa non propensione alla vendita va ad aggravare la ormai storica carenza di oggetti

immobiliari in offerta che contraddistingue da tempo tutta la regione dell’Alta Engadina».

Nello specifico è possibile individuare particolari situazioni a secondo delle diverse località e aree della regione?

«Sicuramente si può operare una distinzione tra St. Moritz, che gode di una notorietà e di un prestigio che a livello internazionale non hanno paragoni, e gli altri centri dell’Engadina, che godono di situazioni turistiche e ambientali altrettanto valide ma che sono conosciute e apprezzate soprattutto da una clientela svizzera e in parte anche italiana. Se a St. Moritz il mercato immobiliare è quasi totalmente fermo, nelle altre località della regione è possibile trovare ancora qualche soluzione interessante, soprattutto se si ricercano, più che la mondanità, opportunità per una vita tranquilla e rilassante, a stretto contatto con una natura incontaminata».

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ENRICO F. SBRIZZAI, GENERAL MANAGER DI ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY SOTTOLINEA COME LA PERDURANTE CRISI POLITICA ED ECONOMICA MONDIALE NON FRENI LA
RICHIESTA DI PRESTIGIOSE RESIDENZE A ST.MORITZ E IN
L’ALTA ENGADINA.
Sils Maria, 4.5 con galleria, soggiorno con camino Samedan, Chesa Pulin, entrata e vista in alcune stanze
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Samedan, Chesa Pulin, bagno

Dal punto di vista della domanda, quali sono le principali richieste che ricevete da parte di una clientela domestica e internazionale?

«Bisogna operare una distinzione tra le richieste di residenze secondarie, destinate soprattutto a soggiorni per periodi di vacanza, e residenze primarie ricercate da una popolazione locale o per investimento. La clientela internazionale ricerca soprattutto immobili di grande prestigio, situati in posizioni privilegiate nel nucleo di St. Moritz o in adiacenti località di grande fascino e bellezza. Più articolate invece le richieste da parte di famiglie già presenti nella regione o che vogliono trasferirvi la propria residenza: in questi casi le motivazioni sono più differenziate e di conseguenza anche le esigenze abitative cui si cerca di far fronte».

In base alla sua conoscenza del settore, sono auspicabili eventuali interventi pubblici finalizzati infondere un nuovo dinamismo ad un mercato che appare sostanzialmente bloccato per difetto di offerta?

«Credo che in questo momento non siano ipotizzabili interventi pubblici in

grado di modificare in modo significativo la situazione in atto. A ciò si aggiunga il fatto che le iniziative di alcuni Comuni, laddove ci sono state, sono andate tutte verso un incremento delle abitazioni primarie, mentre le residenze secondarie continuano a soffrire di una grave carenza dell’offerta rispetto alla domanda. Il perdurare troppo a

lungo di questa situazione potrebbe indurre alcuni potenziali acquirenti ad orientarsi verso altre destinazioni con un depauperamento delle località turistiche della nostra regione».

Infine, vuole segnalarci qualche oggetto di particolare interesse attualmente disponibile e da voi proposto al mercato?

«Nel panorama delle nostre proposte possiamo indicare alcune interessanti soluzioni, anche di grande prestigio, ubicate sia nel cuore di St. Moritz che nella prestigiosa location del Suvretta e in altre splendide località dell’Alta Engadina».

Via Serlas 20

CH-7500 St. Moritz

T. +41 (0)81 836 2551

www.stmoritzsir.ch

177 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 ARCHITETTURA / ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
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ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY

DISEGNARE GLI UFFICI DEL FUTURO

Dall’Italia al mondo intero il passo è stato relativamente breve…

«Infatti. A partire dal 2002 e per circa vent’anni ho vissuto spostandomi da un Paese all’altro, in particolar modo in Medio Oriente e nel mondo arabo. E il mio lavoro non è stato mai soltanto quello di una progettazione teorica, delegando poi ad altri la realizzazione pratica. Al contrario, ho maturato la mia esperienza sul campo, all’interno dei cantieri dove si realizzavano i diversi impianti, in contesti ambientali e climatici spesso estremi, a contatto con realtà sociali non di rado prevenute se non addirittura ostili nei confronti di una donna che aveva un ruolo di direzione del progetto, che parlava la stessa lingua di ingegneri e tecnici, che seguiva tutti gli aspetti e le fasi del lavoro. Un’esperienza che ha avuto senza dubbio momenti anche difficili ma che non esito a definire esaltante e che ha rappresentato il cuore del mio percorso professionale».

FORTE PERSONALITÀ, ATTITUDINE

AL COMANDO, UNA CURIOSITÀ INNATA

E UNA SOLIDISSIMA FORMAZIONE

PROFESSIONALE: CON QUESTE

PREROGATIVE L’ARCHITETTO PIERA

SCURI È RIUSCITA AD AFFERMARSI

IN UN CONTESTO DIFFICILE COME

QUELLO DEI PAESI ARABI E IN UN CAMPO ESCLUSIVO COME QUELLO DELLA PROGETTAZIONE DI DIGITAL COMMAND CENTER.

Come nasce il suo interesse per gli ambienti di lavoro e la realizzazione di uffici al passo con le esigenze del mondo contemporaneo?

«Dopo essermi laureata nel 1981 presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Venezia, in anni culturalmente e politicamente molto turbolenti, mi sono recata a New York per svolgere degli studi concernenti la progettazione dell’immagine e dello spazio dei grattacieli, poi pubblicati nel volume I grattacieli degli anni ‘80 (in Italia

F. Angeli Editore, 1988, negli Stati Uniti nel 1990 presso Van Nostrand

Rehinold) e sono entrata a lavorare all’interno dello studio di progettazione Kohn, Pederson, Fox Associates, approcciando per la prima volta il tema della realizzazione e dell’allestimento degli ambienti di lavoro, ma avvicinandomi anche alle ricerche svolte in materia dagli psicologi comportamentisti. Successivamente ho avuto modo di studiare a Huston e San Francisco le soluzioni adottate dalla NASA per la progettazione degli interni delle stazioni spaziali, fino a pubblicare a Milano un articolo dedicato agli ambienti artificiali su le Scienze, edizione italiana della prestigiosa rivista Scientific American. È stato un po’ il mio trampolino di lancio e infatti ho ricevuto subito dopo una proposta di lavoro da parte della società Montedison dove sono rimasta per molti anni occupandomi di tutti gli elementi che concorrono a determinare l’efficienza e la qualità di un posto di lavoro, dalle attrezzature alle postazioni, dalle tonalità delle pareti ai rivestimenti degli ambienti, l’illuminazione, l’acustica, ecc.».

Lei è co-fondatrice insieme a Douglas Skene di Spazio, uno studio altamente specializzato in Control Building e Command Center Design che da 30 anni svolge in tutto il mondo ricerche e innovativi progetti di architettura ed ergonomia per ambienti dove la tecnologia ha un ruolo dominante. Di cosa si tratta quando si parla di Ufficio del Futuro e di Digital WorkPlace?

«Le tecnologie digitali hanno cambiato il modo di lavorare e di conseguenza anche l’organizzazione e la progettazione degli spazi fisici dell’ufficio. Le classiche postazioni di lavoro vengono affiancate da soluzioni interamente digitali mixando l’esperienza fisica con quella digitale, tanto che si parla di Phygital, crasi tra “physical” e “digital”. Un Digital Workplace (o Modern Workplace) è dunque un ambiente di lavoro digitale dove, grazie all’utilizzo della tecnologia, è possibile migliorare la comunicazione, la collaborazione, l’accesso, la condivisione e l’aggiornamento di informazioni e contenuti. La

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chiave di volta per il successo della Digital Transformation è concepire il Workplace mettendo le persone al centro, per garantire un’esperienza moderna ed efficace attraverso l’utilizzo di strumenti digitali, che permettono di migliorare la comunicazione e la collaborazione tra i dipendenti, garantendo un accesso sicuro alle applicazioni integrate all’interno di un ecosistema di servizi. Uno degli aspetti centrali è legato al concetto di Enterprise Collaboration. La collaborazione tra i dipendenti è fondamentale e porta l’azienda a un livello superiore, permettendo uno scambio snello di informazioni che sia in linea con le policy dell’organizzazione, garantendo la comunicazione in tempo reale e una migliore gestione delle risorse umane. Avere spazi e tecnologie studiati per rendere più agevole la comunicazione e lo scambio di idee facilita la creatività e l’innovazione all’interno delle aziende».

Insieme al suo team di lavoro lei ha progettato oltre 60 spazi “estremi” ad alta tecnologia.

Il progetto Panorama illustra concretamente come si configura un Digital Workplace e quali sono i criteri progettuali ed ergonomici da applicare per realizzarlo…

«Si tratta del primo Digital Command Center del settore Oil&Gas, progettato ad Abu Dhabi da Spazio per il Gruppo Adnoc, una delle principali società mondiali di petrolio e gas. Va detto che Panorama è stato progettato e realizzato nel 2017, anche se per motivi di riservatezza se ne è cominciato a parlare solo qualche anno dopo. Nel

layout adottato, nelle tecnologie utilizzate o nei criteri ergonomici applicati, è possibile individuare elementi e dettagli che oggi vengono proposti nel mondo, a cominciare dall’Expo di Dubai del 2022, come prototipi di ufficio del futuro.

Si tratta di un ambiente di lavoro caratterizzato da un’atmosfera futuribile e scenografica, un progetto complesso, anche perché i tempi strettissimi imposti per la realizzazione richiedevano che le lavorazioni in cantiere avvenissero in contemporanea. Questo Command Center si trova al 37esimo piano del quartiere generale di Adnoc. Il layout è il risultato di un’approfondita analisi delle funzioni e delle tecnologie previste al suo interno: tra tutte spicca un Video Wall lungo 50 metri, la cui posizione finale è stata decisa anche con l’intento di valorizzare la magnifica vista su Abu Dhabi. L’interior design incorpora tecnologie e arredi all’avanguardia. Ovunque compaiono curve per individuare percorsi precisi e consentire una circolazione veloce tra le postazioni di lavoro, ma anche per trasmettere nello spazio il senso di dinamismo. All’interno dell’area principale si trova il “Bridge”:

una combinazione di Piattaforma di Controllo e Area di Presentazione dei Visitatori. Tra il Bridge e il Video Wall sono collocati i desk IT per supportare il team e assicurare un’adeguata disponibilità e funzionalità degli strumenti. Coerentemente al suo claim “Innovative Architecture and Ergonomics” lo studio Spazio ha realizzato anche un progetto accuratissimo e custom made di ergonomia, acustica e illuminazione. Quest’ultima, considerata in relazione con i colori e materiali di pavimenti, soffitti, mobili e pareti, offre la possibilità di modificare automaticamente temperatura del colore e intensità della luce per permettere di trasformare l’atmosfera dell’ambiente rendendolo duttile e vivo».

Di recente avete aperto una succursale anche in Ticino… «Spazio Architectural Innovation Sagl è una società specializzata nella progettazione e realizzazione di Command Center, ambienti di lavoro altamente tecnologici, arredi con tecnologia integrata, progettazioni di illuminazione dinamica, ricerca, innovazione e sostenibilità, ivi comprese collaborazioni con società estere. La sede è a Riva Paradiso 30. Questa apertura svizzera nasce dalla consapevolezza che il contesto economico e sociale ticinese si presenta come uno dei più dinamici in Europa, per la sua capacità di coniugare un’elevata qualità della vita, centri di studio e di ricerca di ottimo livello, una spiccata propensione all’innovazione, nonché una creatività tipicamente latina».

179 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023

FILANTROPIA E SALUTE, UN BINOMIO VIRTUOSO

LA CURA DELLA SALUTE È UNO DEI TEMI CHE PIÙ STA A CUORE AI

FILANTROPI DI TUTTO IL MONDO.

MA QUALI SONO LE SFIDE E LE OPPORTUNITÀ PER CHI SI INTERESSA

DI QUESTA TEMATICA? NE ABBIAMO

PARLATO CON ELISA BORTOLUZZI

DUBACH*, DOCENTE UNIVERSITARIA

E SPECIALISTA DI FILANTROPIA.

L’impegno dei mecenati a favore della salute è cosa recente?

«Filantropia e sanità si sono sempre incontrati. Basti pensare a Roma, alle Corsie Sistine, volute da papa Sisto IV in occasione del Giubileo del 1475 all’interno del complesso di Santo Spirito in Sassia, il più grande ospedale d’Europa. Il papa affidò i lavori all’architetto Baccio Pontelli e allo scultore Andrea Bregno, che pensarono di costruire una vasta corsia dotata di grandi finestre per consentire il ricambio d’aria, ma una delle intuizioni geniali fu quella di affrescare la sommità delle pareti, in modo che i malati allettati potessero guardare le immagini che raffiguravano le gesta dei papi che avevano dato vita alla struttura e godere della bellezza dei dipinti.

Un altro esempio virtuoso è la Ca’ Granda di Milano, voluta da Francesco Sforza, in accordo con la moglie, in seguito a un voto fatto il 25 marzo 1450, giorno dell’Annunciazione. Una sola vasta struttura, la Magna Domus Hospitalis, avrebbe fornito assistenza medica gratuita a tutti, in particolare ai poveri. Fino ad allora a Milano non esistevano grandi nosocomi, ma soltanto delle infermerie in luoghi diversi della città, gestite da religiosi, con scarsità di posti letto. Le malattie erano curate in modo adeguato in relazione alle conoscenze dell’epoca, dove la farmacopea di base era un riferimento».

Come operavano in passato i filantropi attenti a questi argomenti?

«Ben prima che gli Stati si dessero un welfare sociale, i medici, in prevalenza di sesso maschile, si dedicavano a una piccola fascia sociale in grado di remunerarli. A livello di quartieri la cura dei pazienti non benestanti era spesso esclusiva delle donne. Dettata da convinzioni religiose e spinte etiche, era dominio di personalità femminili, appartenenti al ceto nobiliare o molto facoltoso, che sentivano il desiderio di impegnarsi in favore dei più deboli, considerando fra l’altro la filantropia come un mezzo per acquisire prestigio. Le ragazze di buona famiglia, specialmente se sposate, prevedevano un impegno assiduo nella filantropia – in particolare sul territorio in cui vivevano.

L’impegno filantropico variava a seconda dello stato civile della donna: nubili, sposate e vedove avevano un diverso approccio nei confronti della filantropia, e il mecenatismo divenne uno strumento per acquisire una diversa visibilità e un più ampio campo di influenza. Con il miglioramento sociale e la nascita del welfare, molte attività furono delegate

alle istituzioni pubbliche, ma i filantropi, uomini e donne, continuarono ad avere attenzione ai temi della salute, che rimane una questione centrale, come dimostrano le esperienze e gli studi in tutto il mondo, per esempio, fra i molti, quelli di WealthX, una delle banche dati e degli istituti di ricerca di riferimento, o della Lilly Family School of Philanthropy dell’Università dell’Indiana».

Filantropia e sanità si possono incontrare oggi in maniera virtuosa?

«In Svizzera le strutture sanitarie che lavorano al meglio con i mecenati sono quelle che si danno strategie e definiscono regole, stabiliscono obbiettivi, ambiti di intervento e vincoli, e hanno al loro interno figure professionali in grado di interagire in modo ottimale con i mecenati, realizzando progetti non coperti dai budget ordinari. Una bellissima opportunità per quanti come me sono convinti che un obbiettivo fra i molti sia quello di facilitare il lavoro degli specialisti, sollevandolo dalle mansioni burocratiche e rifocalizzandolo alla vocazione primaria della prevenzione e cura dei pazienti».

Quali sono le aree del settore sanitario in cui i mecenati scelgono di impegnarsi?

«Sono attivi in moltissime aree che spaziano dalla ricerca – fra gli altri anche in quei casi dove le case farmaceutiche sono più restie a investire, come nello sviluppo di farmaci per le malattie rare – ai vaccini, all’acquisto di materiale sanitario e di infrastrutture, al contributo economico per la costruzione di padiglioni ospedalieri. Oppure laddove è necessario, per esempio edificando interi ospedali nei Paesi in via di sviluppo, o fornendo sostegno a nuovi modelli di cura o ad ambiti in cui

180 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH

le istituzioni pubbliche investono ancora troppo poco, come nella prevenzione. I medici di base concentrano le loro energie soprattutto nell’intervenire sulle malattie, anche a causa delle risorse economiche limitate, e spesso non c’è attenzione sufficiente per la prevenzione. Per contro, gli specialisti si concentrano su un particolare problema, spesso ignorando il paziente nella sua interezza. Da parte loro, i grandi donatori possono mettere a disposizione capitali di rischio, che sostengano quei pionieri del mondo della cura impegnati nello studio di nuovi modelli di intervento sanitario, a patto di poter finanziare progetti volti a una visione di piena sostenibilità sanitaria».

Parliamo di medicina olistica: c’è spazio per i filantropi anche in questo ambito?

«Sono convinta che il medico non debba solo dispensare farmaci, ma che la cura sia un concetto olistico, e al paziente serva sempre anche una comunicazione adeguata. Quando la malattia è di lungo periodo, o particolarmente invasiva, serve altresì un adeguato supporto psicologico. In generale gli ospedali, anche i più moderni, sono spesso strutture grigie e tristi. Posto che quasi sempre le istituzioni pubbliche non hanno fondi per migliorarne l’estetica, anche soltanto per rendere meno anonime le sale d’attesa o realizzare stanze di lunga degenza che riconoscano quanto abbiamo appreso dalla psicologia, ecco una grande opportunità di collaborazione con i privati. Le ricerche scientifiche più all’avanguardia continuano ad approfondire le potenzialità degli effetti dei suoni, dei colori, della luce, della natura sull’organismo e hanno per esempio dimostrato che la musica è in grado di stimolare la produzione di endorfine (gli ormoni del “buon umore”) e il sistema immunitario. Un esempio è il progetto “Cultura e Salute”, avviato nel 2011 dalla Fondazione Medicina a Misura di Donna, che ha fornito e raccolto le risorse economiche necessarie. Alla base c’è la volontà

di creare luoghi in grado di influenzare il risultato terapeutico nell’interesse dei pazienti e degli stessi operatori sanitari. In un decennio è stato ripensato un intero blocco dell’ospedale Sant’Anna di Torino. L’arte è una importante risorsa e il processo di recupero della salute coinvolge il corpo, ma anche la mente».

“Solo il tocco, il rimedio e la parola possono guarire”, diceva Ippocrate, ma sembra che nel corso del tempo la scienza medica abbia dimenticato questo prezioso insegnamento e abbia messo a tacere la parola, concentrandosi soltanto sul tocco e sul rimedio. È vero?

«Oggi, la comunità scientifica, grazie all’approccio sistemico, ha nuovamente preso in considerazione lo studio e l’applicazione della comunicazione verbale, cogliendone la soggettività, come vuole la medicina narrativa, che purtroppo al momento non fa sempre parte della formazione del personale sanitario. Ecco allora l’importanza delle Medical Humanities, che danno primaria importanza ai criteri etici, necessari a guidare le decisioni nei casi più problematici, senza dimenticare però la dignità del paziente, e il rispetto per la sua sofferenza fisica e psicologica. È il cosiddetto “umanesimo scientifico”, che privilegia i piccoli gesti, “come un tocco, un sorriso, una parola gentile, un orecchio in ascolto, un complimento sincero, o il più piccolo atto di cura, che hanno il potenziale per trasformare una vita” (Leo Buscaglia). In Canton Ticino, la Fondazione Sasso Corbaro, nata nel 2000 per iniziativa di medici, imprenditori e studiosi, e cresciuta con l’appoggio delle autorità cantonali, è stata la prima in Svizzera a dedicarsi alla promozione delle Medical Humanities e dell’etica clinica».

Come migliorare la sensibilità sulla collaborazione fra Stato e mecenati anche nell’ambito della salute?

«È necessario passare da una filantropia “occasionale e casuale” a interven -

ti specifici, sistematici e coordinati nel tempo. Risultato che si ottiene andando incontro ai bisogni della comunità e confrontandosi sulle regole della collaborazione fra istituzioni e privati. In questo modo si crea anche un rapporto più concreto e profondo con il filantropo, basato sulla conoscenza reciproca e su una “professionalità dal volto umano”, in cui la collaborazione ha obbiettivi precisi, condivisi, e dagli effetti misurabili; serve inoltre a prevenire il pensiero che il filantropo sia solo una sorta di bancomat dispensatore di fondi. Concretamente, immaginiamo l’aiuto che un grande donatore può offrire alle comunità locali, ad esempio con la formazione di operatori sociali di quartiere, in grado di monitorare lo stato fisico e psicologico delle persone anziane e fare così prevenzione a livello sanitario.

“Bisogna tornare alla Medicina della persona” sosteneva Umberto Veronesi, che da grande taumaturgo sapeva che per curare qualcuno dobbiamo sapere chi è, che cosa pensa, che progetti ha, per che cosa gioisce e soffre. Dobbiamo far parlare il paziente della sua vita, non solo dei suoi disturbi. “Prima di essere auscultato, il paziente ha bisogno di essere ascoltato”, scrive Fulvio Fiori nel suo libro Le parole della cura. Dal linguaggio medico al linguaggio terapeutico, Edizioni Lindau. Mentre oggi le terapie sembrano spesso fatte a macchina, in serie, anche se le cause non sono sempre legate alla volontà del personale sanitario: “Lei ha questo, faccia questo; ha quest’altro, prenda quest’altro”. Ma questo non è curare. Ebbene, la filantropia può portare linfa preziosa alla nuova medicina, quella che vuole guarire l’uomo, insieme alla sua malattia».

181 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
*Dr. Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti di studi superiori in Svizzera e Italia. (www.elisabortoluzzi.com)

IL NOSTRO IMPEGNO PER IL TERRITORIO

tempo libero a organizzazioni imprenditoriali sul territorio nazionale, era ormai tempo di dedicarmi attivamente al Terzo Settore. Da allora partecipo alla vita della Fondazione della Comunità di Monza e Brianza e di altre associazioni. All’interno della Fondazione abbiamo costituito un fondo che rappresenta lo strumento condiviso con tutta la famiglia per attività benefiche».

A quali attività filantropiche ha dato vita personalmente o attraverso la sua azienda?

INTERVISTA CON L’IMPRENDITORE

GIUSEPPE FONTANA, SOSTENITORE IN PROPRIO E ATTRAVERSO L’AZIENDA DI FAMIGLIA DI NUMEROSI PROGETTI, IN AMBITI DIVERSI, PER LA PROMOZIONE E IL SOSTEGNO SOLIDALE AL TERRITORIO DI MONZA E DELLA BRIANZA.

Lei è un imprenditore di successo. Dov’è cresciuto?

«Sono cresciuto in una famiglia in cui da artigiani si è passati a essere imprenditori: all’inizio sul territorio lombardo, poi nel tempo all’estero fino a diventare una multinazionale».

Che studi ha fatto?

«Mi sono laureato alla Bocconi. Ho scelto l’ambito finanziario prima che la gestione aziendale, cosa che poi ho fatto nella pratica sviluppando per l’azienda di famiglia, appena dopo la laurea, il mercato americano».

Che peso ha avuto la sua famiglia nella sua scelta di interessarsi alla filantropia?

Il senso della filantropia nella nostra famiglia era: “Quella persona ha bisogno, quindi diamo una mano”. Abbiamo così dato tanto aiuto a privati, istituzioni religiose e non, da soli o aggregando altri soggetti. Molti tra questi interventi sono ancora attivi, e forte rimane la memoria di quanto fatto in passato».

C’è una persona particolare che l’ha ispirata?

«Alla fine degli anni 90 incontrai Giuseppe Guzzetti, Presidente di Fondazione Cariplo, già amico di famiglia: presentava a Monza la proposta di insediamento sul territorio della Fondazione Comunitaria Provinciale. Il progetto, che ho sposato da subito, mi ha avvicinato al mondo del Terzo Settore, ma nella sua versione professionale: l’obiettivo non era solo donare ma partecipare a dei progetti, sviluppare la cultura del dono».

Qual è il momento in cui ha compreso che la filantropia sarebbe stata parte della sua vita professionale?

«Fu proprio in quel periodo: capii che, pur avendo tanto dato del mio poco

«Azienda e famiglia sono coinvolte allo stesso modo nella beneficenza. L’azienda sostiene finanziariamente i progetti, se necessario, consapevoli che la partecipazione alle necessità del territorio è parte della responsabilità sociale dell’azienda. La persona fisica, invece, oltre ai capitali mette il proprio tempo. Sosteniamo progetti legati alla sanità, al sostegno ai giovani disagiati, alla terza età, alla disabilità ma siamo attivi anche nello sviluppo territoriale. Supportiamo inoltre l’asilo della nostra comunità, un impegno nato per volontà di nostra madre e che portiamo avanti anche in suo onore. Significativo è poi il nostro impegno nel progetto “Il Paese Ritrovato”, villaggio per i malati di Alzheimer creato a Monza dalla Cooperativa La Meridiana».

Quali ambiti e temi la interessano personalmente?

«Riceviamo numerose proposte: le vagliamo tutte con attenzione e poi decidiamo in maniera collegiale con i membri della famiglia. Personalmente sono sensibile al tema delle persone malate e sofferenti, ma sono attento anche alle tematiche che riguardano lo sviluppo del territorio».

182 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / GIUSEPPE FONTANA

Lei è Presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Monza e Brianza. Che scopo statutario ha questa Fondazione?

«La Fondazione della Comunità di Monza e Brianza, nata il 18 dicembre 2000 da un progetto di Fondazione Cariplo, si propone di promuovere la cultura del dono sostenendo progetti sociali, culturali e ambientali con il coinvolgimento di enti, istituzioni e persone che hanno a cuore lo sviluppo della nostra provincia. Fiducia, dialogo, ascolto, relazioni e sinergie sono le parole chiave su cui si fonda la sua attività. Ho l’onore di ricoprire il ruolo di presidente ormai da diversi anni e non posso che ringraziare, a nome dell’intera Fondazione, il Terzo Settore della nostra provincia per l’operato che quotidianamente svolge a favore della comunità. Lavoriamo attraverso erogazioni, bandi e linee di finanziamento, ma anche assumendo un approccio sempre attivo e aperto, di confronto a tutti i livelli. In questo modo, nel tempo, siamo riusciti a rafforzare e a rendere più frequente il dialogo con numerose realtà e a introdurre modalità erogative più flessibili, orientate al sostegno di progettazioni comuni. Ringrazio anche i tanti che ci sono sempre stati accanto, sostenendo le raccolte fondi, i progetti via via avviati e istituendo nuovi fondi».

Di quali progetti nell’ambito della salute si occupa la fondazione?

«L’attenzione al sociale ha sempre rappresentato uno dei pilastri della Fondazione, motivo per cui non è mai mancato, negli anni, il sostegno a iniziative di carattere socio-sanitario. Dal supporto alle attività legate alle esigenze della quotidianità, come il trasporto dei più anziani e di chi si trova in una condizione di malattia ai luoghi di cura e ai centri diurni, passando per iniziative di contrasto al disagio giovanile con particolare attenzione all’assistenza psicologica e alla salute mentale, fino al sostegno di progetti che possano offrire

visite mediche a prezzi calmierati. E poi, tra le tante: le iniziative di animazione dedicate allo svago e al sollievo di pazienti di ospedale, il coinvolgimento di mediatori culturali nei reparti maternità per il sostegno alle neomamme straniere, la donazione di macchinari e strumentazioni in dotazione a reparti ospedalieri e alle ambulanze, la promozione di corsi di formazione per ASA e OSS per offrire un’adeguata assistenza domiciliare. Ogni attività sostenuta in questi ventidue anni ha cercato di rispondere ai bisogni via via emergenti».

Il Paese Ritrovato: il primo villaggio Alzheimer in Europa: ce ne vuole parlare?

«Quella del Paese Ritrovato è la storia di un sogno, un progetto tanto visionario quanto necessario. È stato messo a punto dalla Cooperativa La Meridiana di Monza ed è stato realizzato in tempi record grazie al sostegno dell’intera comunità. Anche la nostra Fondazione ha fortemente creduto nel suo valore, tanto che, oltre a un contributo economico, ha promosso l’istituzione di un fondo dedicato alla raccolta di donazioni, cui in tanti hanno potuto contribuire. La nostra Brianza ha il cuore generoso e si è lasciata subito conquistare dal progetto. Il Paese Ritrovato è stato pensato come un vero e proprio piccolo paese, così da permettere ai pazienti di condurre una vita quasi normale e di sentirsi a casa ricevendo, allo stesso tempo, le cure necessarie. La nascita del Paese Ritrovato è stata una rivoluzione, perché ha profondamente innovato i metodi di cura dell’Alzheimer e la cultura del welfare di comunità».

Lei è anche Presidente di Villa d’Este che ospita il noto evento dello Studio Ambrosetti. Ha mai pensato di dare vita a un summit della filantropia internazionale?

«Non avevo mai preso in considerazione questa possibilità ma la colgo come interessante spunto di riflessione».

Che cosa devono fare a suo parere i filantropi per ottimizzare l’impatto delle loro attività a favore della società civile?

«Credo che debbano partecipare o essere promotori di progetti o istituzioni che agiscono “a rete” in sinergia sul territorio. La disponibilità di fondi non è infinita e l’unico modo per essere incisivi è creare qualcosa di importante e strutturato insieme ad altri».

Qual è la sua visione per il futuro: che ruolo avranno i filantropi nei prossimi anni?

«La filantropia riflette l’aspetto eticoculturale dell’essere umano. Il ruolo di chi si dedica alla filantropia in prima persona è soprattutto quello di creare cultura attraverso il consenso e la condivisione. La filantropia è sussidiaria al pubblico, non può essere sostitutiva ma integrativa alla creazione del bene e del benessere comune. Inoltre non è solo importante alleviare il dolore delle persone ma creare la condizione per cui l’uomo possa vivere la propria vita in un contesto sano di crescita morale e mentale».

CHI È GIUSEPPE FONTANA

Nato a Monza, formazione all’Università Bocconi di Milano e una significativa esperienza negli Stati Uniti, Giuseppe Fontana è CEO di Fontana Gruppo, realtà leader a livello mondiale nella bulloneria di alta qualità. Rappresenta la seconda generazione di una dinastia imprenditoriale che ha diversificato con successo nel settore del turismo, acquisendo la maggioranza del Gruppo Villa d’Este, player di riferimento nell’hôtellerie. È Presidente della Fondazione della Comunità di Monza e Brianza.

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LA FILANTROPIA PER LA MEDICINA DI DOMANI

Chi è Corinna Adler è come è nato il suo interesse per la filantropia?

INTERVISTA CON CORINNA ADLER, DIRETTRICE DELLA FONDAZIONE DELL’OSPEDALE UNIVERSITARIO DI ZURIGO.

CHI È CORINNA ADLER

Corinna Adler è direttore generale della Fondazione USZ. Ha studiato economia agraria al Politecnico di Zurigo. Da 17 anni si occupa della realizzazione di partenariati filantropici di lungo respiro, soprattutto nel campo della medicina e della ricerca universitaria. È membro del consiglio di amministrazione di diverse fondazioni erogative. La Fondazione USZ è la fondazione indipendente di pubblica utilità dell’Ospedale universitario di Zurigo. Grazie ai suoi donatori, promuove innovazioni mediche che migliorano significativamente la qualità di vita delle persone. www.usz-foundation.com

«Il cognome Adler, che in italiano significa aquila, corrisponde alla mia attitudine profonda. Come per un’aquila, è importante per me la visione d’insieme. Allo stesso tempo, in quanto agronoma di formazione, mi piace fare le cose per bene. Sono una persona pragmatica, cerco di avere un’ampia visione delle cose e pensare a lungo termine. Sono molto legata alla natura, e nel tempo libero pianto alberi. Sono i polmoni della nostra terra. Anche mio nonno diceva: “Non si pianta un albero per sé, ma per i propri nipoti”. Questa filosofia mi accompagna in tutto ciò che faccio, e da qui nasce anche la mia passione per la filantropia. In questo ambito, infatti, vedo un grande valore aggiunto nel creare partnership strategiche di finanziamento. Questo impegno rappresenta per me una vocazione».

Da quanto tempo dirige la Fondazione dell’Ospedale universitario di Zurigo e quali sono gli obiettivi che si prefigge di raggiungere?

«La Fondazione è stata istituita nel 2017, e da cinque anni ne faccio parte. Ho un obiettivo preciso, consolidare ulteriormente la filantropia medica. Secondo me, l’impegno filantropico in questo ambito deve avere la forza di portare nuovi impulsi e contribuire a far progredire il sistema sanitario».

Quali sono gli scopi statutari della Fondazione?

«La Fondazione dell›Ospedale universitario di Zurigo ha lo scopo di

migliorare direttamente la qualità della vita delle persone, attraverso innovazioni mediche. I nostri ricercatori, grazie alle loro eccellenti qualifiche, possiedono un›enorme capacità di innovazione. Ciò che manca, tuttavia, è la disponibilità di tempo e di risorse finanziarie. I partner finanziatori della Fondazione si impegnano a far sì che possano avviarsi ancora più progetti dell’Ospedale universitario di Zurigo».

Parliamo di medicina olistica: quali progetti sta portando avanti l’Ospedale universitario di Zurigo e come collabora con i filantropi in questo settore?

«Il nostro ospedale è uno dei principali centri medici della Svizzera, e spazia dalle cure primarie alla medicina specialistica d›avanguardia. La Fondazione USZ si concentra su progetti per i quali l›ospedale e lo Stato non dispongono di fondi. Per esempio, siamo attualmente alla ricerca di partner che condividano la grande visione del professor Michael Scharl. Il gastroenterologo studia intensamente il microbioma, cioè l’insieme di tutti i microrganismi come batteri o virus- del nostro intestino. Secondo Michael Scharl, il microbioma intestinale ha il potenziale per aiutare il nostro sistema immunitario ad affrontare le malattie. Per tenere conto dell’essere umano nella sua globalità, conduce ricerche insieme a esperti di altre discipline. È sempre affascinante per me vedere come le idee diventino soluzioni utili agli esseri umani, grazie al sostegno dei filantropi. Perciò stiamo attenti a mantenere uno stretto dialogo con i nostri donatori, per capire le loro esigenze e far tesoro dei loro preziosi suggerimenti».

184 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / CORINNA ADLER

Quali sono i benefici concreti per i pazienti?

«Tutti i progetti sostenuti dai nostri mecenati vanno a diretto beneficio dei pazienti, spesso già in fase di sviluppo. Un esempio: è in corso uno studio mirato a trovare una terapia affidabile che riduca il rischio di un nuovo ictus. Nel processo è stato identificato un cosiddetto biomarcatore, grazie al quale si può chiarire più rapidamente quale sia la causa di un ictus. Innumerevoli persone colpite possono così beneficiare di una diagnosi più precisa già prima del completamento dello studio».

Quando parla di medicina personalizzata e di coinvolgimento dei filantropi, cosa intende esattamente?

«La medicina personalizzata consiste nella possibilità di offrire un trattamento individualizzato e quindi più adeguato per ogni persona. Questo è un tema di estrema attualità nella ricerca, ma nella filantropia è uno dei tanti temi. La cosa affascinante del mecenatismo è che molte cose diventano possibili quando le forze migliori si uniscono e perseguono una visione comune. La salute è il nostro bene più grande, ed è per questo che l’apporto della filantropia è particolarmente importante in medicina».

Quali iniziative, difficilmente realizzabili con fondi pubblici, possono essere sostenute dai filantropi?

«I mecenati possono sostenere idee coraggiose che a volte possono fallire. L›aspetto positivo del mancato successo nella ricerca medica è che non significa necessariamente aver fallito. Nella ricerca, nessuna strada è sbagliata, ma piuttosto un passo in avanti verso nuove conoscenze, magari inaspettate, che ci portano più lontano».

Può farci qualche esempio concreto dei progetti in corso?

«Vorrei tornare alla visione del professor Scharl, che è già riuscito a dimostrare come alcuni batteri aiutino a combattere il cancro al colon. Se comprendiamo ancora meglio i compiti dei singoli batteri, potremo essere in grado di utilizzarli anche per altre malattie. Un altro progetto è quello della professoressa Gabriella Milos. L’esperta ticinese di disturbi alimentari sta lavorando sul tema dell’anoressia, una malattia che mette a rischio la vita. Gabriella Milos include i fattori metabolici, oltre a quelli psicologici, della malattia. Sta studiando un ormone che potrebbe far uscire il corpo dal metabolismo ipocalorico. Questo, in futuro, dovrebbe rompere il circolo vizioso della malattia e supportare la psicoterapia».

Comunicazione e pazienti, un’area che può essere ottimizzata. Cosa possono fare i filantropi in questo settore?

«Le esigenze dei pazienti sono centrali per il nostro ospedale. Pertanto processi e attività sono continuamente perfezionati, per guadagnare più tempo per i pazienti, rispondere al meglio a tutte le esigenze e incrementare la loro soddisfazione. Alcune migliorie comportano dei costi, soprattutto nell’area delle tecnologie. Questo mi riporta a parlare del carico di lavoro dei medici che vorremmo ottimizzare, grazie anche ai mecenati della Fondazione USZ. Una maggiore disponibilità di tempo può essere ottenuta anche da un programma più efficiente per la registrazione dei dati dei malati. Il tempo così guadagnato è disponibile per migliorare la comunicazione con i pazienti. A prima vista, i progetti infrastrutturali possono non essere i più attraenti per un mecenate, tuttavia alleggeriscono il carico di lavoro di infermieri e medici nella routine ospedaliera quotidiana, e quindi sono molto efficaci».

Quali progetti sosterrà la Fondazione USZ tra cinque anni? Cosa vorrebbe aver realizzato per allora?

«Le dinamiche della medicina sono impressionanti e il potenziale di innovazione dell›Ospedale universitario di Zurigo è straordinario. Pertanto, non è ancora possibile dire quali progetti avveniristici decolleranno con l›aiuto di fondi filantropici. La nostra filosofia è quella di sostenere in modo rapido e agile i progetti che hanno un maggiore impatto sulla nostra salute».

Qual è la sua visione? Come passare da una medicina di massa altamente specializzata a un concetto di cura che si concentri sulle persone e sul loro benessere piuttosto che sulla prescrizione di farmaci?

«Ho fiducia nella forza e nella capacità di innovazione di centri come l›Ospedale universitario di Zurigo. Se vogliamo comprendere l›essere umano nella medicina nella sua interezza, dobbiamo prenderlo in considerazione da diverse angolature. Nel nostro ospedale questa possibilità esiste già. La Fondazione USZ ha il potenziale per integrare sempre più visioni, metodi e prospettive nel senso di un approccio interdisciplinare, interprofessionale e olistico».

185 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / CORINNA ADLER

HEALTH IS EVERYONE’S RIGHT

You are a very successful manager. Would you like to tell us which milestones of your professional and personal life have had the most influence on your choice to commit to health?

«My parents were civil servants, and my mother worked in the health sector. I grew up believing that government drives development and has a reach and relevance in every corner of a country more significant than any entity. As a result, this motivated me to serve in government. Because of my mother’s influence in the health sector, I was drawn to helping people by alleviating suffering. When I joined the government as a doctor, I was posted in Garbartulla by the government to serve in both rural and hardship areas. While working there, I recognized that one, the healthcare system and infrastructure needed to be improved to meet the community’s needs due to poor physical, social, and financial access challenges. Secondly, we needed to extend care to the household level. One of the milestones and experiences while working in Garbartulla health facility was I had the opportunity to serve a nomadic community that used to pass by the facility and seek help. However, they moved with their cattle during this period, and we had dismal health metrics. As a result, we partnered with community health workers to follow the nomadic community as they searched for pasture and water for their animals. Through this assistance, we were able to equip and empower community health workers to be able to offer

services as they moved around with the community and to be able to record the health impact we were having. This experience changed my mindset about how we think and deliver health services in Africa. It also raised awareness on how to re-orient the health care system so that we can extend care at the point and place of need».

When did you first come into contact with philanthropy?

«My first encounter with philanthropy was when I was working for the government, and we had philanthropic partners who would come to support the delivery of government priorities. They did this in many ways. First, they would help co-implementers working alongside the government to do many things and be innovative, which differed from the government’s comparative advantage at the time. When these implementors could demonstrate that an intervention would work or have an impact, they would make the case to us who are in government. As such, we explored feasible opportunities to scale interventions through the government. The second opportunity was around filling some of the gaps in service delivery; the government has significant financial and human resources but also has competing priorities. There were more urgent needs that the government could only sometimes respond to adequately or promptly. Therefore, philanthropy’s role when I was in government was around being able to mobilize, step in and step up to fill some of the need gaps that arose. Over time, my understanding, visibility,

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INTERVIEW WITH ANGELA GICHAGA, CEO OF FINANCING ALLIANCE FOR HEALTH.

and engagement in philanthropy have continued to grow and evolve and have become central to some of our work at the Financing Alliance for Health. As an entity, we collaborate with philanthropic partners to support our activities. More importantly, we facilitate engagement between philanthropy partners, governments, and other stakeholders so we can take advantage of diverse funding pipelines. FAH believes that money from the government, private sector, philanthropy, and social sector has different comparative advantages that can be leveraged. These funding sources are great for sustaining and scaling interventions and meeting running costs. Private sector money is excellent for areas where innovation is critical, or efficiency is a priority. Philanthropy and social sector money is vital in supporting discovery and innovation in low risks and filling the gaps of reach that will not necessarily make economic sense for the private sector or may go delayed if waiting on the public sector. I continue to see the value that philanthropy plays in these different areas».

What is the Financing Alliance for Health (FAH), what is the structure and objectives of your organization?

«The Financing Alliance for Health (FAH) is an Africa-based, African-led, and Africa-focused entity that convenes governments, funders, philanthropy, private-sector, and communities to address systemic financing challenges to scaling primary and community health systems for delivery of integrated primary healthcare services through country, regional and global partnerships. As trusted strategic and technical advisors, FAH acts as a bridge between the world of health and finance through long-term partnering with the Ministries of Health and Ministries of Finance teams to develop different and changing financing sources. This approach empowers /enables them to be the lead stewards in their local health systems to reach the scale

and sustainability that is needed and ultimately achieve universal health coverage. Headquartered in Nairobi, Kenya, FAH has successfully supported 17 national and sub-national governments across 12 countries (Rwanda, Zambia, Zimbabwe, Haiti, Burkina Faso, Uganda, Sierra Leone, Liberia, South Africa, Malawi, Kenya, Togo)».

What projects is your organization currently pursuing?

«FAH works with governments in their journey to build, finance, and scale their primary and community health programs. We seek to strengthen national health systems through embedding teams and regional health systems through evidence generation, designing financing solutions, and advocacy. We ensure that country experiences are elevated globally, and global best practices are contextualized locally. At the country level, FAH has focused on catalyzing health policy formulation processes, providing Technical Assistance (TA) to host governments, supporting capacity building of government teams and other stakeholders on health financing.

In 2023, we are currently supporting 2 countries (Kenya; 6 sub-national governments and Zambia). We are working to partner with 3 more countries Ghana, Botswana and Senegal. Our current service offering to these countries include:

Political prioritization: supporting Primary & Community Health teams in developing and identifying champions, making a case for investment, and supporting advocacy efforts; Strategy and policy development: developing costed strategies and supportive policies as well as running iterative costing processes;

Development of investment plan(s): advising the government on alternative financing and fiscal scenarios; Resource mapping and mobilization: identifying and prioritizing funding sources, analyzing financing gaps and

resource needs, and developing financing pathway(s). This also includes developing financing solutions (mechanisms, products, or approaches) that the governments can tap into to narrow their funding gaps.

We continue to dream big and advance our big ideas toward closing the community health financing gap, which is currently estimated at $4.4 billion. We have made remarkable progress with the Africa Frontline First Initiative (AFF), our front-runner idea that will get us one step closer to bringing this gap down to zero. AFF is a collaborative initiative that supports the financing and strengthening of integrated and sustainable community health service delivery to achieve health for all. Through unique partnerships between governments, donors, implementers and technical allies, AFF will institutionalize and scale 200,000 professionalized community health workers (CHWs) across 10 African countries by 2030. As the originator and seed investor in the ideation of the Africa Frontline First Initiative, FAH continues to colead the successful implementation of this tri-phased approach, while still serving as fiscal sponsor of the overall initiative. From our experience, investment and implementation excellence are strongly linked: therefore, the Africa Frontline First initiative will continue to be a key anchor of our work as we transform the financing and operational excellence of integrated community health systems in Africa alongside ecosystem partners».

How many philanthropists are you working with at the moment and from which countries do they come?

«Financing Alliance for Health (FAH) is privileged to have received support from extraordinary partners in the last five years. We are currently working with 5 renowned philanthropies namely; the Community Health Acceleration Partnership (CHAP), Skoll

188 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / ANGELA GICHAGA
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Foundation, Johnson & Johnson Foundation, Elma Philanthropies, and LGT Ventures Philanthropy. These Philanthropies originate from the Global North countries».

Could you explain how you work with philanthropists from the selection of suitable profiles to the concrete realization of projects?

«FAH works with philanthropies that espouse and aligns with our values: Respect and trust are the basis of our relationships;

We challenge and disrupt the status quo for impact;

We are curious, passionate, and effective in our approach;

We are driven to support the well-being of communities.

As we work with philanthropiesFAH aligns stakeholders towards a shared vision: one where the country’s investments catalyze additional funding from public and private sector partners. Through partnering with philanthropies FAH seeks to:

Align multiple stakeholders towards a common vision;

Co-develop effective primary & community health strategies and less fragmented modalities to finance them; Advocate for prioritization and more effective financing.Build the health financing capabilities of government and global health stakeholders to ensure evidence-based resource allocation».

Would you give us an example of a particularly successful collaboration with a philanthropist?

«In 2022, the Financing Alliance for Health was one of the five organizations to win the prestigious 2022 Skoll Award for Social Innovation. The Skoll Foundation is known for its incredibly thorough due diligence, and they verified that we are on a path to create as much human impact as the best organizations in the world. Beyond this incredible boost of assurance, it’s a great honor and an equally

great responsibility that was bestowed on us. This award signals that the work of bringing healthcare closer to communities matters.

Additionally, it recognizes that with the right mix of public, private and philanthropic funding options, governments who are the stewards of the public health system can and will continue to invest in strong community health systems as a scalable and sustainable pathway to achieving universal health coverage.

Further, it underscores the incredibly important work of community health workers who are communities’ first line of defense against death, disease and pandemics. It’s a huge responsibility because it means that FAH’s work to narrow the ~$4.4B funding gap for community health must continue in earnest. We are energized by this responsibility and continue with a laser focus towards expanding our footprint and to serving African governments in their quest to ensure #health4all».

What do you think philanthropists can do for health that institutions cannot?

«There are strong arguments in favor of Philanthropists participating in the discussion of health care reform. The total amount of philanthropy resources is hardly a rounding error in terms of government spending. Hence, Philanthropies cannot exclusively rely on the work they carry out through their grants in order to have a lasting influence. The ability to influence or persuade others must be put to the test. Government is the key player in health. As a result, Philanthropists need to work to influence policymaking and direct government funding toward their goals».

Your vision for the future of philanthropy?

«My vision for philanthropy is multifold. First, that competition would become the new collaboration. Many philanthropies have priority areas, and the

challenge becomes where there is a narrow focus on a niche that philanthropies influence implementors, governments, and co-implementors to focus on areas that do not strengthen the whole system. My vision for philanthropy is that they would balance the particular focus on areas of interest with actual system change support so that we maintain both the system that delivers on interventions. My second vision is that philanthropy would come together and harmonize how they work to reduce funding flow fragmentation, which increases the efficiency and effectiveness of the dollars flowing into the system. This will help philanthropy partners leverage and collaborate as opposed to competing to get a return on investment. Thirdly, philanthropy will be able to de-risk the private sector entry into development areas. The private sector has a role to play in the following: health, education, agriculture, and among others so that the return on the investment is sustainable and less optimal to the private sector players willing to commit financially. Philanthropic money can be used to de-risk their innovations and offer some form of grace period for the private sector to explore, research, and bring solutions to the force. My fourth vision is that countries would align their national priorities and policies and work alongside other sources of donor funding, especially bilateral and multilateral money, in a blended financing way so that there is a grace period for the government to be able to implement their programs and be able to see their ROI. Another vision is that philanthropy would be able to increase not just the amounts but the duration of funding that they give to implementors and also move more towards unrestricted funding. This funding will be accounted for, and the implementors and proximate leaders will have passed through a trusted due diligence process. This will help them to be more responsive to emerging needs that had not been envisioned earlier».

190 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
DOSSIER FONDAZIONI / ANGELA GICHAGA
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HOW TO FINANCE HEALTHCARE

Would you like to tell us which milestones of your professional and personal life have had the most influence on your choices as a philanthropist?

«I studied economic history, had a career in international finance and lived for 30 years in London and New York. When living abroad you notice quickly what a priviledged life we have in Switzerland. There are so many people in the world who live in poverty, with no jobs and no hope. Their health is not good either. Medical emergencies often consume all their savings. They are trapped in a cycle of poverty».

When did you first come into contact with philanthropy for health?

«In 2005 when I learned how many street children in Manila die every day from curable diseases like measles, small pox, pneumonia, encephalities».

What made you decide to get involved in this field?

«It is unacceptable that we close our eyes and pretend these things do not happen. We have to get involved. It is not primarily money the street children need. Drugs we donate will cure them from one disease. But the next will kill them. We need to prepare them for life, get them through school, place then into apprenticeships and help them find a job - making them independent. We need to break the cycle of poverty they are trapped in. Today my charity runs a program in Manila for 2’200 slum children. 200 already graduated. A vital part is the annual health check we do with doctors and nurses from the University of Ghent. These 30 people from Belgium

make a big difference. Our healthy children now have a future».

As a philanthropist, you are one of the supporters of the USZ Foundation. Why this choice?

«I know the CEO of the University Hospital Zürich (USZ), Gregor Zünd, from my days in the Swiss Army. His concept of a Hospital Foundation conviced me. There is so much know-how in a hospital. If the USZ knew what it knows, it would be surprised. The USZ is one of the top 10 research hospitals in the world. If we mobilise this knowhow and make it available to others, the world will be a healthier place and health care will become more affordable for everybody».

Which project have you decided to support?

«I support the building of a USZF communications network where medical professionals, patients, pharmaceutical companies and financial sponsors can meet. One day – maybe - we will do MED Talks. Building this infrastructure is not as «sexy» as developing new drugs. But it is vital for an eco-system that aims for medical progress and easy access to health care».

What criteria do you think a philanthropist should adopt when choosing a project to support in the field of health?

«We should donate to projects which are aligned with our professional and personal expertise. Money is important. Personal contribution often more. Having an idea is only 10% of the work. 90% is in execution. In the latter, we can significantly contribute. Managing a project, building

192 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 DOSSIER FONDAZIONI / HUGO BÄNZIGER
INTERVIEW WITH HUGO BÄNZIGER, ECONOMIST, BANK MANAGER, PHILANTHROPIST.

IT, raising funds, create proper project governance – it always requires the same skills».

How do you measure the impact of the philanthropic projects you support?

«In the Philippines by the number of children who graduate each year. At the USZ Foundation by the number of events we do».

Why does it make sense for philanthropists to support the University Hospital Zurich and what can they do that public institutions are not already doing?

«As Philantropists, we can take risks that nobody else can or wants to take. We use our own funds. We do not have to ask for « value for money ». Often, « crazy and out-of the box » ideas are the most promising. They are also the most risky. We are seed funders».

What is your personal vision of philanthropy for the health of the future?

«If the USZ Foundation can harvest the many ideas our doctors, nurses and specialists generate, we can package them, get patent protection, find distribution partners and give the world access to the new cures. Such an approach will also generate a royalty stream back to the USZF or the Canton of Zurich. If done systematically, these royalties will fund a substantial part of our future health cost. This is a worthy goal by itself».

WHO IS HUGO BÄNZIGER

Hugo Bänziger is a Swiss economy historian and bank executive. He was a member of Deutsche Bank’s Management Board from 2006 to 2012 and responsible for risk, treasury, legal and compliance. From 2014 to 2018 he was a Managing Partner at the Private Bank Lombard Odier & Co in Geneva. Hugo Bänziger holds a doctorate on the banking crisis in 1933 from the University of Bern and taught finance at University of Chicago. He is a board member of the John D.V. Salvador Foundation (JDVSF) [3] as well as a member of the Assembly of the International Committee of the Red Cross (ICRC).

DOSSIER FONDAZIONI / HUGO BÄNZIGER
Qualibroker Ticino SA Via S. Balestra 22B - 6900 Lugano I nostri servizi: Brokeraggio assicurativo | Programmi internazionali Gestione dei rischi | Gestione dei sinistri | Gestione delle assenze Piermichele Bernardo piermichele.bernardo@qualibroker.ch Tel. +41 58 854 03 30 Georges Hardegger georges.hardegger@qualibroker.ch Tel. +41 58 854 02 28 Giuseppe Vecchi giuseppe.vecchi@qualibroker.ch Tel. +41 58 854 03 37 Stefano Ciampi stefano.ciampi@qualibroker.ch Tel. +41 58 854 03 40 Stefano Del Co’ stefano.delco@qualibroker.ch Tel. +41 58 854 03 33 Qualibroker in Svizzera e Liechtenstein: Berna | Friborgo | Ginevra | Losanna | Lugano | Neuchâtel | Sion | Vaduz | Zurigo Partner e network internazionali: DIOT-SIACI | EOS Risq | Assurex Global

NICOLAS GIROTTO, CEO, E VITTORIA

MATARRESE, DIRETTRICE DELLA

BALLY FOUNDATION, PRESENTANO

UN’ISTITUZIONE CHE, IN SEGUITO

ANCHE ALL’APERTURA DELLA NUOVA

SEDE PRESSO VILLA HELENEUM

A LUGANO, SEGNA DOPO 17 ANNI

DALLA SUA FONDAZIONE L’INIZIO

DI UNA NUOVA E IMPORTANTE

FASE NELL’EVOLUZIONE DELLA

PROPRIA ATTIVITÀ.

UNO SGUARDO APERTO SULL’ARTE

Quali sono le principali finalità perseguite dalla Bally Foundation?

N.G.: «La missione della Fondazione è quella di promuovere l’arte e la cultura mettendo in evidenza temi importanti per Bally, come l’innovazione, il sostegno alla creatività e l’attenzione ai temi dell’ecologia. Fin dall’inizio della storia di Bally, il suo fondatore ha dimostrato una visione impegnata nel sociale e una grande disponibilità a lavorare a stretto contatto con artisti, architetti, grafici e creativi di ogni provenienza. Oggi, grazie alla Fondazione, la storia continua attraverso un’offerta artistica e culturale diversificata, che mira a sostenere la creatività in tutte le sue forme e in particolare a supportare i giovani artisti con, tra l’altro, un programma di residenze, e a coinvolgere intorno al progetto della Fondazione un pubblico ampio, che comprende la comunità locale e internazionale e le istituzioni culturali e accademiche».

Che cosa rappresenta il trasferimento nella vostra nuova sede?

N.G.: «Abbiamo intrapreso un notevole lavoro per far rivivere questo luogo e la fase preparatoria del progetto ha segnato tappe importanti per la sua realizzazione, come la firma del contratto con il Comune di Lugano nel novembre 2021, e la pre-apertura nel novembre scorso, accolta con grande entusiasmo. Nel corso della sua storia, Villa Heleneum ha ospitato le aspirazioni di diverse personalità. Danza, musica, arte e scienza sono state combinate in stretta connessione con le ambizioni iniziali della fondatrice di Villa Heleneum, Hélène Bieber. La Fondazione Bally intende ora dare vita al progetto di quel luogo d’arte e di cultura che Hélène Bieber aveva immaginato per la villa. Con un desiderio di inclusione e apertura, sosterrà tutte le discipline creative contemporanee, dalla pittura al video o alla scultura, dalla moda alla performance, compresa la ricerca, all’interno di questo luogo segna-

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to dalla storia e dalla creatività. Rilevando un sito storico e aprendolo al pubblico, la Bally Foundation intende essere uno degli attori della costruzione della città di Lugano di domani, instaurando dialoghi a scala locale e internazionale».

Dal novembre dello scorso anno, la Fondazione Bally ha una nuova direttrice. Quali sono gli elementi principali del suo progetto?

V.M.: «La Fondazione Bally avrà la particolarità di essere ancorata al suo territorio, alla sua geografia e alla sua storia, proponendo mostre che mettono in evidenza i grandi temi della creatività contemporanea nel mondo che ci circonda. Il focus della Fondazione sarà concentrato sull’arte contemporanea e sulla creatività attraverso mostre ed eventi che riuniscono artisti emergenti e affermati. Nel prossimo futuro, il programma di residenze mirerà anche a rafforzare i legami con il territorio, i giardini e la storia del luogo, accogliendo artisti da tutto il mondo. I rapporti con la regione e le istituzioni locali saranno sviluppati attraverso programmi specifici, a partire da una maggiore collaborazione con il Museo d’Arte della Svizzera Italiana».

Quali sono i caratteri salienti della mostra Un Lac Inconnu?

V.M.: «Il mio primo incontro con questo luogo, la Villa Heleneum, è stato di quelli che non si possono dimenticare: amore a prima vista per un’architettura elegante, preziosa ma non ostentata, interamente rivolta verso il lago, quasi affiorante dall’acqua. È da questo faccia a faccia con il paesaggio che nasce Un Lac Inconnu. Questa mostra inaugurale è un invito al potere evocativo della natura circostante. Alla sua capacità di aprire l’immaginazione e creare immagini persistenti. A trasformare i confini tra esterno e interno in sottili membrane e perlustrare i nostri propri giardini intimi, i nostri paesaggi sommersi. Un Lac Inconnu è la ricerca di una vibrazione comune tra ciò che accade all’interno e all’esterno. Gli artisti presentati sono le esploratrici e gli esploratori solitari delle vestigia del paesaggio e delle nostre memorie, creando un ponte, una breccia che ci permette di entrare più da vicino in un territorio, nella sua storia e nei suoi miti».

Con quale visione la Fondazione si accinge ad affrontare le sfide dei prossimi anni?

N.G.: «Oggi risulta quanto mai essenziale mettere in luce una scena artistica emergente e confermata, sempre più attenta alle tematiche ecologiche e contemporanee, e aprire la riflessione alla scena internazionale. È necessario per una Fondazione ripensare il proprio ruolo all’interno della società in cui è inserita, per inventare un’identità dinamica, oscillante tra eccellenza artistica e partecipazione del pubblico. Dobbiamo consolidarci come un luogo che ascolta il suo ambiente, capace di generare cambiamenti nella vita sociale e culturale, visionario ma ancorato al suo territorio. La Fondazione sta sviluppando un programma progettato per risuonare con questi elementi, combinando mostre bi-annuali, installazioni site-specific, incontri, serate di performance, programmi di proiezione e la-

boratori di mediazione, oltre a visite tematiche in collaborazione con istituzioni accademiche e relatori esterni. Nel 2024 si creerà anche un program-

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ma di residenze artistiche per la ricerca e la produzione. A livello internazionale, la Fondazione desidera stabilire solidi partenariati con musei e centri d’arte per collaborare insieme allo sviluppo di una serie di programmi specifici. Queste collaborazioni ci impegneranno a promuovere una scena contemporanea e emergente, all’avanguardia nelle tematiche ecologiche e inclusive».

Quali novità si annunciano infine per Premio Artista Bally?

V.M.: «Il Bally Artist Award, che dal 2008 viene assegnato a un artista svizzero o residente in Svizzera particolarmente impegnato nella ricerca tra know-how e natura, ha raggiunto una nuova tappa: il vincitore del Bally Artist Award, Pedro Wirz, vedrà la sua opera acquisita e integrata nelle collezioni del MASI e beneficerà di una mostra personale di due mesi in seno al museo, nell’anno del premio».

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Bally Foundation, Villa Heleneum

Ph: © Andrea Rossetti

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Un Lac Inconnu, poster

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Caroline Bachmann

Double arc en ciel flottant, 2021

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Bally Foundation, Villa Heleneum

Ph: © Valentina Casalini

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Elise Peroi, CACC

Ph: © Margot Montigny

Impianti di climatizzazione, ventilazione, riscaldamento

Installazioni idrosanitarie

Centrali termiche a vapore, acqua surriscaldata, olio diatermico e centrali di refrigerazione

Reti per fluidi liquidi e gassosi

Impianti fotovoltaici e solari termici

Pronto intervento 24H

Servizio riparazioni e manutenzione TECH-INSTA

Impiantistica e gestione razionale dell’energia
SA Via Industria 10 - CH-6807 Taverne - T. 091 610 60 60 info@tech-insta.ch - www.tech-insta.ch
05 DOSSIER FONDAZIONI / BALLY FOUNDATION

COME LA BLOCKCHAIN PUÒ AIUTARE L’AMBIENTE

AMELIA BASSINI, COO, RACCONTA

LA STORIA DI UNA STARTUP FONDATA

NEL 2019 INSIEME A WALFREDO

DELLA GHERARDESCA, CEO,

E LUCA NARDELLI, CTO, CHE

ATTRAVERSO LA TECNOLOGIA

BLOCKCHAIN SI PROPONE

DI SUPPORTARE LE IMPRESE NELL’ANALIZZARE E COMUNICARE IN MODO PIÙ TRASPARENTE

LA PROPRIA SOSTENIBILITÀ

AMBIENTALE E DI FILIERA.

Bergamasca di origine, studi presso l’Università Cattolica di Milano, sembrava destinata ad una brillante carriera in avvocatura, dopo essere entrata a far parte di uno dei più prestigiosi studi legali milanesi. Ma avvertendo che forse non era quella la sua strada, Amelia Bassini si prende una pausa di riflessione e per 40 giorni cammina da sola lungo il Cammino di Santiago, meditando su quale fosse la sua reale vocazione. Negli anni successivi frequenta SDA Bocconi e consegue un Master in marketing, soggiorna negli Stati Uniti e matura significative esperienze in società multinazionali. Finchè, un incontro orienta definitivamente il suo percorso professionale: nel giro di pochi giorni fonda con Walfredo della Gherardesca, che già si stava occupando delle possibili applicazioni della tecnologia Blockchain, la Genuine Way, startup che si propone di dare un importante contributo alla lotta contro il greenwashing, cioè quell’ecologismo di facciata portato avanti da

aziende che con l’ambiente e la transizione ecologica hanno poco a che fare e che sono solo preoccupate di far crescere il proprio business. Ma come funziona la piattaforma messa a punto da Genuine Way? «Abbiamo scelto di rispondere alle aspettative delle imprese - sia PMI che corporate - elaborando un modello di business appositamente customizzato per le loro esigenze. La nostra attività è indirizzata su due fronti, con un focus da una parte sull’analisi di dati, grazie ad una Dataroom ESG su Blockchain, dall’altra sulla comunicazione ai consumatori. La registrazione delle informazioni raccolte sulle imprese analizzate avviene attraverso la GEN Platform, software proprietario, che permette di tenere traccia dell’impatto ambientale dell’intera filiera di approvvigionamento attraverso Blockchain pubblica».

In questo modo, Genuine Way fornisce soluzioni digitali pronte per l’uso andando a misurare l’impatto su diversi settori, dall’agrifood alla moda, passando per il design e la

198 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / FONDAZIONE AGIRE/GENUINE WAY

cosmesi, e si presenta sul mercato come il provider di riferimento per la tracciabilità verticale relativa alle tematiche ambientali.

«Un esempio del nostro modo di operare - prosegue Amelia Bassini - è dato dal lancio nel 2021 del progetto QuiVicino che riguarda la digitalizzazione della filiera del pane attraverso la tecnologia Blockchain con un QR code presente nei panifici che aderiscono all’iniziativa. Il meccanismo è molto semplice: i consumatori inquadrano il QR con il proprio smartphone e accedono a una finestra da cui possono seguire la filiera produttiva di ogni singola materia prima, a partire dagli agricoltori, dai mulini e dai depositi fino ai singoli esercizi commerciali in cui viene acquistato il pane. In questo modo è garantita la tracciabilità e l’autenticità della filiera produttiva del pane in un sistema che implementa il rapporto tra gli operatori del settore e i consumatori finali, con una soluzione che può essere replicata anche in altri contesti. Al momento partecipano al progetto circa una quindicina di panificatori della provincia di Bergamo, ma l’obiettivo, per il prossimo futuro, è di estenderlo anche ad altri settori al di

fuori della panificazione, che hanno le stesse esigenze di tutela del consumatore. Il valore di questo lavoro consiste infatti nel supportare l’agricoltura locale e dare la possibilità al consumatore di scegliere consapevolmente prodotti di qualità e del territorio. I fondatori di Genuine Way hanno le idee ben chiare riguardo ai prossimi passi da compiere per far crescere la loro società. «Fin dall’inizio - racconta ancora Amelia Bassini - ci siamo strutturati come se fossimo un’azienda dalle dimensioni ben maggiori delle nostre, stabilendo ruoli e precise responsabilità. Attualmente contiamo una decina di collaboratori distribuiti nelle sedi di Lugano, Milano e Salerno. Siamo nati in un periodo certo non facile, subito prima dello scoppio della pandemia, ma abbiamo rapidamente recuperato grazie anche al sostegno ricevuto in Svizzera attraverso la Fondazione Agire che ci ha supportato, oltre che offrendoci una sede presso il Tecnopolo, con interventi di coaching per strutturare al meglio la nostra azienda e mettere a fuoco il modello di business, ma anche attraverso presentazioni della nostra attività all’ecosistema ticinese, in primis

mettendoci in contatto con AITI UP di cui ora siamo soci attivi. Fondazione Agire giocherà altresì un ruolo centrale nell’introduzione a fondi e investitori istituzionali per ottenere il round di finanziamento - il terzo nella storia della start up - previsto per la seconda parte di quest’anno. Per il futuro puntiamo in primo luogo alla crescita del numero dei brand che utilizzano la nostra piattaforma (attualmente sono una cinquantina, molti dei quali presenti con più linee di prodotti e siamo presenti in 7 Paesi europei). Siamo convinti della nostra strategia, in considerazione del fatto che sono sempre più numerose le aziende che cercano di risolvere i problemi ambientali grazie alla tecnologia e a livello di ecosistema aumentano anche i player interessati, che mirano a finanziare o accelerare progetti di questo tipo. Mai come oggi nel mondo del business si sta ripensando il proprio modo di operare garantendo e comunicando, attraverso la trasparenza, la sostenibilità ambientale dei propri prodotti e delle proprie attività».

AZIENDE / FONDAZIONE AGIRE/GENUINE WAY

UN AIUTO PER CHI FONDA UNA NUOVA AZIENDA

sul tema della costituzione di società, sulla fiscalità e sulla realizzazione del proprio Business Plan aziendale. Verranno anche organizzati in lingua italiana eventi Startimpuls con la partecipazione di numerosi esperti».

Possiamo dare alcune cifre per sottolineare l’importanza di IFJ nel supportare le persone nella pianificazione e nella costituzione di nuove aziende?

IVANO DANDREA, CEO E PARTNER FONDATORE DEL GRUPPO MULTI, PRESENTA LA SOCIETÀ IFJ CHE DA POCHI MESI HA STABILITO LA SUA SEDE A LUGANO PRESSO IL GRUPPO MULTI E SIMON MAY CEO DI IFJ

Quali sono i vantaggi derivanti dalla presenza di IFJ in Ticino?

I.D.: «Nel 2022 IFJ ha aperto, presso Gruppo Multi SA, gli uffici a Lugano e propone ora i propri servizi anche in Ticino. Grazie alla collaborazione con Gruppo Multi, fiduciaria attiva dal 1972 su territorio ticinese, IFJ intende infatti promuovere tutte le prestazioni in lingua italiana in Ticino. Tutti i processi di costituzione on-line di SA, SAGL, Società individuali e società in nome collettivo, così come ogni mutazione al Registro di Commercio del Canton Ticino potranno essere gestiti direttamente sulla piattaforma di IFJ in italiano www.ifj.ch/gruenden/service. Se gli startupper necessiteranno di consulenze più specifiche, potranno contare sulle consulenze specialistiche fornite dal Gruppo Multi in ambito aziendale, contabile, fiscale e legale. La collaborazione prevede inoltre l’organizzazione di webinar di formazione

S.M.: «Dal 1989, l’IFJ Institut für Jungunternehmen ha assistito 175.000 fondatori di aziende nel loro percorso verso l’indipendenza. In qualità di pioniere e leader del settore, l’IFJ offre i servizi digitali più utilizzati in Svizzera per la costituzione di società, le modifiche al registro di commercio e la protezione dei marchi. Gli strumenti per lo sviluppo di un piano aziendale, per la contabilità e l’amministrazione e il servizio fiduciario facilitano il lavoro imprenditoriale. I webinar gratuiti, i corsi e le conferenze con networking attivo, nonché le liste di controllo, il supporto legale e la consulenza completa accompagnano i giovani imprenditori nelle parole e nei fatti prima, durante e dopo la creazione di un’azienda».

Un successo confermato anche dalla qualità delle partenrship stabilite nel corso degli anni… S.M.: «Partner rinomati (tra cui Atlanto, Helvetia, PostFinance, Swisscom, Google, Switzerland Global Enterprises, Venture Lab, Flyeralarm, SWICO, Die Post, … ) e il settore pubblico sostengono la cooperazione strategica a lungo termine con l’IFJ. Questo ci permette di fornire un supporto completo e gratuito in Svizzera. Oggi

200 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / IFJ
Ivano Dandrea Simon May

L’Istituto gestisce 16.000 contatti telefonici all’anno, accoglie 13.000 visitatori a corsi ed eventi, registra decine di migliaia di utenti del web e dei social media ed elabora circa 4.000 costituzioni di società e modifiche al registro delle imprese ogni anno».

La digitalizzazione ha rappresentato un ulteriore passo in avanti nello sviluppo di IFJ…

S.M.: «Nel 2012 IFJ ha lanciato il servizio nazionale di start-up online. Grazie a questo servizio online di ingegnosa semplicità, il team di IFJ guida i fondatori passo dopo passo attraverso l’intero processo di avviamento. La costituzione di società di persone e di capitali viene effettuata da esperti di start-up, avvocati e notai IFJ, che accompagnano i fondatori nelle parole e nei fatti mentre compiono il passo verso il lavoro auto -

nomo. Ogni giorno, IFJ fonda più di 10 nuove aziende per i suoi clienti».

In che misura gli anni della pandemia hanno rallentato la vostra offerta di consulenza?

S.M.: «Al contrario. Nel 2020, anno segnato dalla pandemia Covid 19, i servizi di IFJ sono stati richiesti più che mai. Nonostante la situazione, il team IFJ ha gestito i famosi corsi ed eventi come webinar, con grande successo e oltre 10.000 partecipanti. Grazie al servizio di start-up online sempre disponibile, l’IFJ ha aumentato il numero di start-up di aziende a circa 3.000, con un supporto legale e notarile completo. Inoltre, l’IFJ ha lanciato il servizio online per le modifiche al registro delle imprese, e attualmente offre un nuovo portale video con accesso 24 ore su 24 e 7 giorni su 7».

Nel centro di Lugano gli utenti di IFJ possono contare anche su uffici e spazi fi coworking per le loro nuove attività imprenditoriali

I.D.: «È questo il naturale sviluppo di un’offerta che ha già riscosso grande successo per esempio nella Svizzera interna; da giugno 2021 IFJ ha infatti aperto un nuovo spazio per le startup di 4’500 m² a Schlieren. Non sono solo proposte postazioni di lavoro e uffici innovativi e moderni, ma anche molto spazio per seminari, workshop, riunioni ed eventi in una location strategica. Lo stesso modello viene replicato in Canton Ticino, nelle sedi del Gruppo Multi nei centri Città di Lugano, Locarno e Bellinzona. Siamo convinti che mettere a disposizione degli spazi fisici per creare delle community attive di imprenditori sia sempre un importante fattore di successo anche per il Canton Ticino dove molto giovani imprenditori hanno bisogno di spazi e soprattutto di community generatrice di innovazione e di nuove relazioni sul territorio. La nostra volontà è, oltre che assistere queste iniziative, mettere in contatto tra di loro queste realtà imprenditoriali.».

201 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / IFJ

SILVANO BELOTTI, FONDATORE

E PRESIDENTE DI UN GRUPPO

CHE È LEADER IN TICINO NEL

CAMPO DELL’OTTICA E DELL’UDITO, RACCONTA LE TAPPE DI QUESTA STRAORDINARIA AVVENTURA

IMPRENDITORIALE MA SOPRATTUTTO

ENUNCIA LA SUA VISIONE DI UN FUTURO IN CUI LA NUOVA GENERAZIONE AVRÀ

UN RUOLO DETERMINANTE.

Partendo dalla nascita del primo centro ottico a Bellinzona, come si sono evoluti i 13 centri Belotti e perché la scelta di affiancare l’ottica all’udito?

«Da quel lontano 1988 sono passati molti anni eppure mi sembra ieri quando ho scelto, insieme a mia moglie, Nadia, che mi è stata sempre a fianco in tutte le decisioni importanti, di dare

35 ANNI A FIRMA BELOTTI

vita a qualcosa che in Ticino ancora non c’era e che fin dall’inizio volevo fosse destinata a durare nel tempo. Un’iniziativa imprenditoriale che ha assorbito tutte le mie risorse mentali, ogni ora del mio tempo, ogni mia intuizione e competenza. Un’attività che non sarebbe stata possibile senza il prezioso contributo dei numerosi collaboratori che si sono succeduti nel corso degli anni e che voglio idealmente ringraziare per la fiducia che hanno riposto in me e nella mia organizzazione. In questi 35 anni siamo cresciuti in modo esponenziale, aprendo sempre più centri ottici, facendo sempre ricorso soltanto alle nostre risorse, senza dover dipendere da nessuno. A sorreggerci in questo compito non facile e molto faticoso credo che sia stato il fatto di aver sempre concepito il mondo dell’ottica in un modo diverso da quello tradizionale, fatto di attesa più che di volontà di anticipare le aspettative e le esigenze della clientela. Una ulteriore conferma di questa nostra convinzione viene dal fatto di aver voluto affiancare, fin dal

1993 e in modo davvero pioneristico, l’ottica all’udito, nella consapevolezza che entrambi questi sensi fanno capo a quella straordinaria risorsa che è costituita dal cervello umano. La nostra struttura non si occupa di ottica e udito, ma è, non a caso, OtticaUdito».

Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate in questi 35 anni, un lungo periodo durante il quale il mondo ha conosciuto profondi sconvolgimenti, basti pensare alle crisi finanziarie, alla pandemia, alle guerre e alla rottura degli equilibri politici internazionali… quali sono state le armi vincenti per superare tutti i problemi?

«Certamente siamo riusciti a resistere e a superare tutte le difficoltà grazie alla nostra capacità di mettere in campo tutta una serie di elementi diversi. In primo luogo direi che abbiamo costantemente ampliato le nostre competenze, in un processo di formazione e professionalizzazione che ha coinvolto tutti i nostri collaboratori che, a fronte di un settore che si andava trasformando, hanno saputo rispondere con prontezza alle mutate esigenze di chi doveva affrontare e risolvere un problema di vista o di udito. Elemento non secondario sono state poi la parsimonia e l’oculatezza che hanno guidato la crescita, che è stata graduale e continua, a misura del nostro consolidamento in un mercato sempre più difficile e competitivo, ma senza azzardi o premature fughe in avanti. Infine, vorrei citare la diversificazione, cioè la capacità che abbiamo sempre dimostrato di rispondere alle trasformazioni del settore, adeguando

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le nostre scelte commerciali, canali di vendita e politica di prezzi, pur mantenendo sempre i più elevati standard qualitativi grazie alla prestigiosa rete di partner commerciali che nel tempo abbiamo creato e mantenuto».

A proposito di diversificazione, come si spiega la scelta di intensificare la vostra presenza anche all’interno dei grandi centri commerciali?

«La crescita della nostra rete commerciale rispecchia puntualmente quella che è stata l’evoluzione delle modalità d’acquisto dei consumatori. Ben presto ci siamo resi conto che non era più sufficiente essere presenti con i nostri negozi nel cuore delle città e dei principali centri abitati, in considerazione del fatto che l’interesse si andava spostando anche verso i grandi centri commerciali. Di conseguenza abbiamo messo a punto una strategia mirata ad intercettare fasce sempre più ampie e diversificate di clienti e abbiamo dato vita al brand

“Blitz For Eyes” presente in tutti i centri commerciali del Cantone, e dove una scelta oculata del prodotto per quel tipo di esigenza ha fatto in modo che anche questa operazione raccogliesse i suoi frutti e completasse il suo mandato. Ma la nostra scelta è stata ancor più coraggiosa se si considera che abbiamo portato nei centri commerciali anche tutta la nostra esperienza e consulenza in merito ai problemi di udito, dando modo a fasce sempre più ampie di popolazione di affrontare preventivamente e in un

ambiente friendly problematiche sempre più frequenti e che si vanno acuendo con l’avanzare dell’età media».

Di grande rilievo anche la scelta di una partnership tra Luxottica e il Gruppo Belotti per lanciare Oakley, primo store in Svizzera nel settore dell’abbigliamento e degli occhiali sportivi…

«La collaborazione, ma direi di più, la stretta partnership con tutti i principali marchi del settore costituisce tradizionalmente uno dei punti di forza del Gruppo Belotti. Con Luxottica abbiamo creato qualcosa di assolutamente nuovo e originale, un punto vendita altamente performante all’interno del Centro Lugano Sud, con una gamma di prodotti di elevata qualità nel campo degli occhiali tecnici, dell’abbigliamento e degli accessori sportivi. La realizzazione di questo progetto, cui seguirà nell’autunno di quest’anno una ulteriore apertura all’interno di FoxTown, ha comportato una profonda riorganizzazione della nostra struttura, della distribuzione, della logistica, ma si è trattato di un’altra sfida vinta che testimonia la nostra decisa volontà di proseguire sulla strada dell’innovazione e dell’esplorazione di nuove strade che segneranno l’evoluzione futura del Gruppo Belotti».

A questo proposito, non posso esimermi da chiederle le sfide dei prossimi anni…

«Mi accingo ad affrontare i prossimi decenni con la consapevolezza che mi infonde una grande fiducia per il futuro, ovvero quella di avere a fianco mia figlia Nicole che si prepara in questi anni per assumere ruoli di sempre maggiore responsabilità all’interno dell’azienda e alla quale mi auguro di poter trasmettere quel patrimonio di conoscenze e esperienze che invece io sono stato costretto a costruirmi con fatica giorno per giorno sul campo. Già oggi lei si è resa protagonista e sostenitrice di un altro grande progetto che abbiamo portato avanti già a partire dagli anni della pandemia: quello dell’ingresso del Gruppo Belotti nel settore dell’e-commerce, con un progetto innovativo e performante, di respiro internazionale, che consentirà alla clientela di approcciare i nostri prodotti utilizzando il canale più consono alle sue esigenze. La stretta connessione tra on line e off line permetterà infatti agli utenti di vivere nuove e gratificanti esperienze. Se poi mi chiede quale sarà la grande sfida dei prossimi anni le rispondo che ormai da tempo il Gruppo Belotti mira ad uscire dal Cantone, guardando alla Svizzera e più in generale all’Europa, al mondo. Questo significa strategie di mercato che già ora sono implementate in maniera decisiva come quella di avere un prezzo di vendita dei nostri prodotti allineato a quello europeo. Viviamo ormai in un mondo interconnesso, digitale e reale allo stesso tempo, dove sento di poter ancora portare il mio contributo di idee e progetti, ispirati ad una visione del futuro dove il bello, la sostenibilità e l’umanità possano avere quel posto centrale cui aspirano le donne e gli uomini di domani».

203 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / GRUPPO BELOTTI
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Silvano Belotti – Presidente e Fondatore Belotti Group
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La famiglia Belotti – Silvano Belotti, la moglie Nadia e la figlia Nicole
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L’Headquarter di Castione, cuore e mente del Gruppo Belotti

RADICATO NEL CONTESTO LUGANESE

E TICINESE SIN DALLA SUA NASCITA, IL GRUPPO WMM HA FATTO SUOI

VALORI CHE SI DIFFONDONO

DAL CONSULENTE AL CLIENTE, DALL’UFFICIO AL TEMPO LIBERO.

NELLA PRIMAVERA DEL 2023, LA PASSIONE E LA VICINANZA AL TERRITORIO HANNO ASSUNTO

LA FORMA DI AFFASCINANTI AUTO STORICHE, APPARSE NEL CUORE

DI LUGANO PER UN CONCORSO

D’ELEGANZA INTERNAZIONALE.

Il Ticino è, per sue caratteristiche culturali e posizione geografica, naturalmente portato ad assumere un ruolo di punto d’incontro tra differenti realtà e culture. Il clima mediterraneo si unisce a sensibilità e precisione più caratteristiche dei popoli del nord. Al tempo stesso, la posizione strategica sugli assi logistici europei favorisce interi settori e rende la nostra regione attrattiva per aziende che hanno sede in differenti aree del continente e del mondo. Lugano, in particolar modo, si è evoluta nel corso degli anni in un polo commerciale e finanziario capace di dialo -

50 ANNI DI PASSIONE E VICINANZA

gare in modo efficiente tanto con il mercato italiano, quanto con la Svizzera tedesca e la Svizzera romanda, divenendo sede di incubatori d’aziende e di università rinomate nel mondo.

Ed è in questo contesto che, da cinquant’anni, si inserisce l’attività del Gruppo WMM (Wullschleger Martinenghi Manzini).

Da sempre focalizzata su Lugano, sede storica del Gruppo, e sul Ticino, WMM ha visto aumentare la sua presenza sul territorio cantonale grazie all’espansione della gamma dei prodotti offerti, a partnership e all’acquisizione di aziende storicamente attive in Ticino. All’alba dei cinquant’anni del Gruppo, WMM ha ad esempio acquisito lo scorso anno MAG Consulenze Aziendali Fiscali e Immobiliari SA, con sede a Losone, fornendo un

204 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / GRUPPO WMM (WULLSCHLEGER MARTINENGHI MANZINI)
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nuovo punto di riferimento alla clientela del Locarnese. Ma essere presenti sul territorio non significa soltanto offrire servizi: significa supportare proattivamente la comunità in cui si opera, durante le ore d’ufficio ma anche nel tempo libero.

WMM Group oggi supporta associazioni ed enti locali nella gestione delle loro attività: in qualità di partner sensibile alla realtà locale (e in essa profondamente radicato), fornisce strumenti tangibili per aiutare chi si occupa di sport, beneficenza, arte e cultura a realizzare i loro progetti in modo sostenibile economicamente, efficiente e conforme alle norme. E quando si tratta di unire passione e promozione del territorio, il Gruppo si presta oggi a supportare anche finanziariamente iniziative ad alto potenziale e alto impatto sulla realtà luganese e cantonale.

Tra queste, va menzionata Lugano Elegance, Concorso d’eleganza per auto d’epoca che ha visto quest’anno realizzarsi la sua terza edizione e WMM Group assumere il ruolo di Main Sponsor.

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Partner WMM Group: da sinistra Nicola Wullschleger, Emilio Martinenghi, Giovanni Manzini

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Reception desk WMM Group in Piazza Manzoni durante l’evento Lugano Elegance

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Dettaglio di Piazza Riforma durante l’evento Lugano Elegance

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Auto esposta sul lungolago durante l’evento Lugano Elegance

PASSIONE E MOTORI NEL CUORE DI LUGANO

È in linea con i valori dell’azienda, tra cui hanno un ruolo di primaria importanza la passione e la presenza sul territorio, la decisione di WMM Group di assumere il ruolo di Main Sponsor di Lugano Elegance. Gli scorsi 5 e 6 maggio 2023, infatti, mentre la zona pedonale del centro di Lugano assisteva alla presenza di diverse decine di auto classiche (i cui proprietari si confrontavano

in un concorso d’eleganza di portata internazionale) WMM Group era presente in qualità di sponsor principale della manifestazione. Sono stati numerosi i collaboratori, manager e clienti del Gruppo che, accomunati dalla passione per i motori e le auto storiche, hanno presenziato all’evento.

Lugano Elegance, nato da un’idea del Lions Club Monteceneri, ha dato vita

nel 2023 alla sua terza edizione, dimostrando di possedere il potenziale per divenire un appuntamento fisso di alto livello nel circuito europeo degli eventi dedicati alle auto storiche. Degno di nota è inoltre il nobile fine dell’evento, che prevede cene benefiche con vendita di oggetti all’asta, e che inoltre prevede che l’intero ricavato della manifestazione sia investito in beneficienza.

205 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023
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LA COMUNICAZIONE COME FATTORE DECISIVO DI DIALOGO

INTERVISTA A PIETRO JOLLI, RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE

AZIENDALE PRESSO AET. CON LUI PARLIAMO DEL PROGETTO DEL PARCO

EOLICO DEL SAN GOTTARDO, DELLE SFIDE DELLA COMUNICAZIONE IN AMBITO ISTITUZIONALE E DEL RAPPORTO FRA RELAZIONI PUBBLICHE E MARKETING.

DI DIMITRI LORINGETT

quindi un particolare significato simbolico per l’azienda, ma anche per il processo di transizione verso le rinnovabili del nostro Cantone. Dal profilo della comunicazione è stata un’esperienza molto coinvolgente: per la necessità di dover gestire tante e diverse sensibilità e per il privilegio di poter raccontare una prima per il nostro territorio. È stato un cantiere a tratti spettacolare: si è lavorato in alta quota nell’arco di due estati, tra giugno e ottobre, con un’organizzazione dei lavori che ha richiesto estrema precisione. Le immagini e le impressioni che abbiamo raccolto ci accompagneranno per anni».

Che ruolo hanno giocato le PR, i contatti personali ecc., nella realizzazione del progetto?

Come ha vissuto il progetto del Parco Eolico dal punto di vista comunicativo?

«La fase di gestazione del progetto, fra procedure di autorizzazione, ricorsi ed elaborazione di varianti, è durata vent’anni. A dimostrazione della complessità dell’operazione, anche in ambito comunicativo. Arrivato in AET nel 2012, ho avuto occasione di seguire la fase finale del processo autorizzativo, ma soprattutto di vivere l’attesa. Il via libera è arrivato nel 2018 e finalmente siamo potuti partire. È stato un momento importante. Il Parco Eolico del San Gottardo è il primo e per ora l’unico impianto di questo genere in Ticino; riveste

«La lunga fase autorizzativa ha comportato discussioni con tutte le parti interessate dal progetto: Cantone, Comuni, patriziati e numerose associazioni favorevoli e contrarie. Il dialogo con tutti questi attori ha segnato ogni fase del progetto ed è stato pressoché ininterrotto. I rapporti con ogni singola controparte sono stati curati con particolare attenzione e parte del risultato ottenuto è sicuramente merito di questo paziente lavoro».

Quest’anno lei è stato nominato presidente di Swiss Marketing Ticino. Come vede la collaborazione con STRP e altre associazioni di categoria nella nostra regione?

«La nomina, che mi rende molto orgoglioso, viene dopo due mandati da membro del comitato che mi hanno permesso di maturare una certa visione circa il ruolo dell’associazione e le attese dei soci. Negli ultimi anni ho avuto infatti la fortuna di potermi “preparare” a questo passaggio di consegne, promuovendo dapprima una serie di riflessioni interne e in seguito un confronto diretto con i membri dei comitati di STRP e di altre associazioni affini. Da queste discussioni è emersa con chiarezza la volontà di intensificare le collaborazioni già in atto, valorizzando al meglio le sinergie e gli interessi comuni degli associati. Le due professioni –responsabile marketing e addetto alle pubbliche relazioni/responsabile della comunicazione – sono in fin dei conti sempre più “permeabili”, soprattutto nella realtà ticinese dove spesso vengono svolte dalla stessa persona o comunque all’interno dello stesso ufficio. Collaborare non significa rinunciare all’identità o alla specificità delle due associazioni, ognuna delle quali continuerà a riservare momenti esclusivi dedicati ai propri soci. Siamo però convinti che da una collaborazione più sistematica possano nascere nuove e innovative iniziative, che da soli avremmo più difficoltà a portare avanti».

206 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / STRP

DA UNA PARTE LE AZIENDE NON POSSONO PERMETTERSI

DI AUMENTARE IL LORO COSTO

DEL LAVORO, DALL’ALTRO IL SOLO COMPENSO MONETARIO NON È TEMA COSÌ ATTRATTIVO

DA PARTE DEL PERSONALE.

DI GIANNI SIMONATO

PERCHÉ LE PERSONE SI DIMETTONO DAL POSTO DI LAVORO?

Lo stipendio si sta rivelando sempre più inefficace per trattenere le persone. E d’altra parte le PMI non possono permettersi costi via via crescenti del personale, vista la forbice costi/ricavi sempre più stretta. Morale: le persone hanno intenzione di cambiare lavoro, o addirittura lo fanno, dimettendosi. Ma perché lo fanno?

Una recente ricerca di McKinsey conferma il fenomeno, e avverte che il problema principale in questa situazione è rappresentato dal fatto che i datori di lavoro non sono in grado di capire i motivi che spingono i propri dipendenti a dimettersi.

Nello studio Great Attrition’ or Great Attraction? The choice is yours, ci sono dei dati molto interessanti al riguardo. Quello che trovo più incredibile è che molti CEO credono ancora che, alla base dell’abbandono del posto di lavoro, ci siano ragioni di tipo economico, come uno stipendio troppo basso.

La ricerca, al contrario, evidenzia che il problema delle dimissioni in massima parte non dipende dalla retribuzione. Ha invece a che fare con un modo nuovo di percepire il lavoro.

Emerge che “invece di sentirsi apprezzati, i dipendenti si sentono parte di una transazione”.

Insomma, per quanto stipendi e bonus possano aumentare, difficilmente riusciranno a soddisfare i lavoratori. Le

reali esigenze dei dipendenti sono altre. Lo studio evidenzia che la maggior parte dei lavoratori cerca un “senso di scopo” in quello che fa, vuole “connessioni interpersonali con i colleghi e con i manager” e, soprattutto, desidera “relazioni, non transazioni”. Addirittura il 40% degli intervistati afferma che molto probabilmente nei prossimi 3-6 mesi cambierà lavoro. Ma a sorprendere ancora di più è il dato relativo a chi ha cambiato occupazione nei sei mesi precedenti: il 36% lo ha fatto senza avere già un nuovo impiego. È quest’ultimo elemento che rende il fenomeno della Great Resignation, o Great Attrition , diverso dai turnover che ciclicamente si manifestano sul mercato del lavoro.

Cosa devono fare allora le PMI per trattenere le persone? Sicuramente pensare a programmi di formazione e sviluppo per i propri collaboratori, visto che la sola leva monetaria non funziona al 100%. Il mondo della formazione per le grandi aziende è sempre stato un pianeta avanti rispetto alle PMI che vogliono risorse già preparate, pronte all’uso. Nelle PMI c’è sempre poco tempo e ci sono risorse finanziarie scarse per fare Formazione e Sviluppo per i propri collaboratori. Non potendo contare su formazione e sviluppo, nelle PMI finora lo stipendio è stato l’elemento di gratificazione più importante nella transazione economi -

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ca tra azienda e collaboratori. Ma le cose sono cambiate, e in maniera veloce, negli ultimi tempi. Il cambiamento è stato così repentino da provocare, da una parte, una impennata di dimissioni, o per lo meno l’idea di volerlo fare. Sarà un fenomeno transitorio o definitivo col quale dovremo fare i conti nel futuro? C’è solo un modo per trovare delle soluzioni: “capire perché le persone si licenziano e agire di conseguenza”, trasformando la Great Attrition in Great Attraction . La formazione e lo sviluppo delle persone giocano un ruolo fondamentale nelle organizzazioni, se veramente riteniamo che le aziende siano fatte di persone e questo non sia solo uno slogan. Quali esperienze sto facendo nelle aziende a fronte del problema dello sviluppo delle persone, in particolare nelle PMI?

• Noto che il tema principale è la mancanza di tempo da investire sui programmi formativi. La classica formazione frontale, in presenza, se da una parte ha il beneficio di generare una grande empatia con i partecipanti, ed è altamente consigliata per l’interazione che sviluppa, dall’altro risulta altamente dispendiosa in termini di tempo. Chi nelle PMI può permettersi di dedicare giornate intere a fare formazione?

• Per le aziende che non hanno molte giornate fisiche da dedicare, durante l’anno, per la formazione al loro personale, negli ultimi due anni abbia -

mo sperimentato una forte accelerazione dell’uso della formazione online. I collegamenti Zoom sono all’ordine del giorno. Team di 5/10 persone al massimo, videocollegati con il docente/formatore. Il limite di questa formazione è nella limitata interazione con i partecipanti, a causa dello schermo digitale che si frappone e che non agevola la prossemica

• Lavorando su questi problemi abbiamo creato la formula delle Academy interne alle aziende, che forniscono una formazione chiavi in mano. In pratica ogni azienda, con minimi investimenti, può progettare e gestire una formazione dedicata per il proprio personale. Noi realizziamo l’infrastruttura, i contenuti, e i metodi.

• Le Academy Aziendali sono uno strumento sempre più diffuso per la formazione del personale aziendale, ponendosi l’obiettivo di valorizzare i percorsi di crescita in termini di upskilling (adeguare le proprie competenze) e reskilling (riqualificare le proprie competenze), soprattutto nell’ambito della digitalizzazione e della sostenibilità, temi oggi di estrema attualità.

• Le Academy sono la concreta applicazione di come la formazione rivesta un ruolo fondamentale nel contesto di digitalizzazione del business.

• L’Academy Aziendale è oggi uno strumento di crescita professionale per chi già lavora e, allo stesso tempo, un’opportunità di formazione

per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani. Il cambiamento delle modalità di apprendimento, per cui anche la formazione è sempre più

4.0, impone che le aziende garantiscano la fruibilità dei percorsi formativi anche a distanza e in qualsiasi momento.

Grandi cambiamenti quindi nel mondo del lavoro. E nella tua azienda cosa sta succedendo? Fammi sapere la tua opinione. Scrivimi a info@myacademypmi.com e scambiamo due idee su come progettare e gestire la tua Academy Aziendale.

AZIENDE / MY ACADEMY

PENSARE PER TEMPO AL PROPRIO FUTURO

CHI È VICINO ALLA PENSIONE, COME

VIVE IL PASSAGGIO DAL LAVORO ALLA PENSIONE? QUALE È LA LORO SITUAZIONE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO IN TICINO? NEL CANTONE LE PERSONE COMPRESE TRA I 55 E I 64 ANNI, GLI ULTIMI FIGLI DEL BABY BOOM DEL DOPOGUERRA, ERANO NEL 2021 OLTRE 50.000.

Una generazione con tante caratteristiche che la rendono unica, partendo dalla necessità di ricostruire dalle fondamenta vita, lavoro e identità dopo le crisi economiche che ha vissuto, nonché l’essere la prima a doversi occupare dei genitori anziani e l’ultima a poter andare in pensione abbastanza serenamente.

Generalmente si sente parlare di diffuse preoccupazioni relative alle rendite cui avranno diritto. «Penso di poter affermare che non si tratti di una vera preoccupazione, ma piuttosto di un stereotipo, e che eventuali differenze non siano dovute al luogo di residenza, ma piuttosto dal campo di attività e dal fatto di aver iniziato o meno a contribuire alla previdenza fin dall’inizio della propria carriera lavorativa, ciò che non è avviene specialmente da parte di chi si è trasferito dall’estero», obietta Piermichele Bernardo, CEO e partner di Qualibroker Ticino SA. Per il suo collega di SwissLife Roberto Russi i fondi di previdenza al momento sono più che sicuri. «Le dirò di più:

quelli della mia compagnia, Swisslife, lo sono maggiormente rispetto a qualche anno fa. La nostra previdenza, infatti, è (più) ben strutturata, è cresciuta negli anni».

Russi ritiene che il punto di partenza fondamentale per dare un nome alle proprie preoccupazioni sia una analisi della propria situazione finanziaria e previdenziale, per capire a che cosa si avrebbe diritto una volta in pensione (o anche prima in caso di malattia, invalidità o decesso) e come colmare eventuali lacune. «Offriamo, come Swisslife, soluzioni personalizzate in base alle esigenze di ognuno. La prima fascia per età di clienti che si rivolgono a noi sono le giovani famiglie, i concubini, i giovani in carriera, dai 25-30 anni sino ai 45-50, che desiderano pianificare come agire sulla previdenza. Il mio consiglio è di iniziare a pensarci il prima possibile. La seconda invece è rappresentata da chi sta per andare in pensione: non bisogna attendere il 64esimo anno per pensarci! A queste persone offriamo un prodotto di analisi, pianificazione

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DI PAOLA BERNASCONI Sandro Cattacin Piermichele Bernardo Roberto Russi

pensionamento, che tiene in considerazione fattori come la previdenza, la liquidità, un ammortamento del mutuo ipotecario, degli aspetti fiscali, la garanzia di mantenimento della liquidità, eventuali costi di successione, la garanzia della continuità del sostentamento di eventuali eredi. Dico sempre che la nostra analisi è come un check up medico, che tiene conto di vari fattori per trovare la soluzione migliore: essa poi è sempre un mix tra fattore emozionale e tecnico». Entrambi concordano sul fatto che nella maggior parte dei casi i 55-65enni possono dormire sonni relativamente tranquilli. «Fatta eccezione per vicende che possono aver influenzato la realtà del singolo, come prelievi per accesso alla proprietà privata, divorzio o altro, il capitale accumulato da parte di chi ha potuto contribuire fin dall’inizio alla cassa pensione (la LPP è entrata in vigore nel 1985), dovrebbe permettere di raggiungere l’obiettivo che si era prefissato il legislatore, ossia di avere a disposizione da pensionato, tra AVS e cassa pensione, un 60% dell’ultimo reddito, se questo non ha avuto importanti aumenti nel corso degli anni. Mi sembra opportuno sottolineare che per quanto attiene alla cassa pensione, almeno nella soluzione che permette di prelevare il capitale, non dovrebbe influenzare negativamente le generazioni dei più giovani in quanto i capitali a disposizione sono stati accumulati e sono di proprietà del singolo assicurato, diversamente della opzione rendita vitalizia, la cui durata rimane chiaramente un’incognita per chi deve garantirla e/o finanziarla in considerazione del continuo aumento dell’aspettativa di vita», spiega infatti Bernardo. Dal punto di vista tecnico, per quel che riguarda le pensioni la preoccupazione può venire dalla possibile riduzione dei tassi di conversione: dato che la speranza di vita è aumentata, un anziano riceverà mensilmente una quo -

ta inferiore del capitale versato, per farlo durare più a lungo.

Della stessa opinione è anche Sandro Cattacin, professore ordinario di sociologia dell’Università di Ginevra dove dirige l’Istituto di Ricerche Sociologiche. «Sicuramente sono l’ultima generazione che, grazie alla cassa pensione ed anche agli aiuti complementari, può andare in pensione serenamente, forte anche di una situazione finanziaria generale migliore di quella della fasce più giovami di popolazione».

Al di là delle preoccupazioni finanziarie, come viene vissuta l’uscita dal mondo? «Premetto che a mio avviso si tratta di un passaggio troppo brutale. Il comune di Vernier, nel canton Ginevra, per esempio, organizza ogni anno una festa dei pensionati a cui partecipano tutti i neo pensionati, trovo sia qualcosa di estremamente positivo: sono presenti anche associazioni che illustrano le attività possibili nel tempo libero e i servizi cantonali che spiegano di che aiuti si può usufruire. Detto ciò, ci sono piccoli imprenditori e liberi professionisti che, un po’ perché amano quello che fanno e un po’ perché non hanno versato contributi sufficienti a poter vivere senza problemi, non smettono mai di lavorare. I dipendenti invece non vedono l’ora di lasciare il lavoro, in una economia che sovente è alienante perché chiede tanto e dà poco in termini di soddisfazioni».

Se è vero che il fenomeno delle great dimission e la voglia di riappropriarsi della qualità di vita oltre il lavoro tocca soprattutto i giovani, nemmeno quelli compresi nella fascia considerata, secondo Cattacin, ne sono esenti. «Non si identificano più solamente con la loro professione, anche per questione di autodifesa: non esistono più le aziende familiari o un posto per tutta la vita, si cambiano anche diversi mestieri non sempre poi definibili con chiarezza. Il proprio senso viene cercato dunque al di fuori, tanto che sovente quando qualcuno si presenta lo fa parlando dei propri hobby. Per que -

sta generazione sono importanti e non vedono l’ora di avere tempo libero per potervisi dedicare».

Non è un caso, cita ancora, che se negli anni ’80 chi prestava volontariato aveva prevalentemente attorno ai 40 anni, ora prevalgano i 50-60enni sino ai 70. «Sono persone che quando vanno in pensione hanno davanti ancora una ventina di anni, di cui una quindicina in buona salute. E sono delle risorse, perché i giovani non pianificano, anche a causa delle mutate circostanze, la loro vita oltre i due anni, mentre loro possono farlo, garantendo di prestare un’opera di volontariato, come per esempio la gestione di un progetto, per un paio di decenni».

Quelle citati da Russi e Bernardo sono casi di persone che hanno potuto pensare a un piano previdenziale perché hanno una situazione economica che glielo permette. Purtroppo come sempre c’è anche chi già durante gli anni lavorativi fatica a arrivare a fine mese, per cui non rientra nel target di clienti delle compagnie assicurative in materia di previdenza. Per loro, emigrare può essere una soluzione? Russi cita, più che la decisione di scegliere lidi come Portogallo o Spagna, quella di optare per Cantoni con aliquote fiscali più favorevoli, come Grigioni o Uri. Chi va all’estero e si rivolge ai consulenti previdenziali per capire come usare i propri capitali lo fa per scelta di vita, non per questioni economiche, sottolinea anche il collega Bernardo. E Cattacin fa notare come spesso attorno ai 60-65 anni qualche straniero decida di lasciare il Ticino per tornare nei paesi di origine (anche per andare ad accudire i genitori ormai anziani), salvo poi rientrare sull’ottantina, per usufruire delle nostre strutture sanitarie. I dati fornitici dall’Ufficio Cantonale di Statistica parlano, nel 2021, di 508 partenze di persone tra i 75 e i 99 anni verso l’estero e 272 verso altri cantoni. Dal ritratto, emerge dunque una generazione che nonostante dubbi e preoccupazioni può sorridere.

211 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 AZIENDE / PREVIDENZA

DEI FILM DI ZORRO, AVEVA CHIESTO

AI SUOI GENITORI DI PORTARLO

NELLA PALESTRA DELLA SAL LUGANO PER COMINCIARE A “COMBATTERE”.

DI ROMANO PEZZANI

CONQUISTATO DALLA SCHERMA

Le Olimpiadi di Parigi del 2024 rappresentano l’obiettivo più importante della tua ancora giovane carriera, nel cui parlmarès spicca un titolo europeo a squadre Under 23. «È proprio la disciplina a squadre che determina la qualifica ai Giochi Olimpici anche nelle specialità individuali. Francia, Italia, Corea e Ungheria sono le più accreditate nelle otto gare sull’arco di un anno che valgono il biglietto per Parigi, senza dimenticare Ucraina e Russia. Per vincere questa concorrenza la Svizzera dovrà superarsi. È dura pure la selezione interna per i quattro posti a disposizione per partecipare alle gare di qualifica con la Nazionale. Sarà una lotta aperta fino all’ultimo, anche se un’Olimpiade vale qualsiasi sacrificio. Ho un anno di tempo per giocarmi fino in fondo le mie chances».

«Mi sono trasferito a Milano per i miei studi universitari e ho intensificato la mia preparazione fino a 24 ore alla settimana. La mia giornata prevede due ore in palestra per il lavoro prettamente fisico e altre due ore e mezza di scherma per la tecnica e il combattimento. Inoltre, mi affido a un preparatore mentale, Stéphane Clech, che conosce molto bene questo sport, essendone uno specialista. Sono sedute in presenza o in videoconferenza che mi hanno permesso di compiere dei notevoli progressi. Milano, dove ho completato il mio Bachelor nel 2022, è stata una scelta ottimale che mi consente ora di conciliare gli allenamenti con il mio Master in Management che sto seguendo all’USI di Lugano».

Perché hai scelto la spada?

L’abilità di Zorro con la spada ha incantato milioni di persone che da oltre un secolo fanno del suo personaggio un’autentica icona della cultura popolare grazie allo scrittore americano Johnston McCulley, ideatore nel 1919 del mito di grandi e piccini. «Ero affascinato da Zorro - racconta Elia Dagani - per il suo abbigliamento nero con la sua maschera e per la sua capacità nel duellare. La scherma mi ha subito conquistato ed eccomi qua 20 anni dopo a inseguire un altro sogno…».

Elia Dagani è nato il 3 febbraio 1998 sotto il segno dell’Acquario, in cui trova alcuni miti dello sport come i calciatori Roberto Baggio, Cristiano Ronaldo, il motociclista Valentino Rossi e il tennista John McEnroe. A chi ti ispiri?

«A Roger Federer. Al di là dei suoi straordinari successi in carriera, si è sempre proposto come un vero sportivo, con classe ed eleganza. Un uomo apprezzato in tutto il mondo per il suo stile inconfondibile e per la sua capacità di farsi amare ovunque. Un esempio per qualsiasi giovane sportivo e non solo».

La scherma richiede un’ottima forma fisica, una grande abilità tecnica e mentale, oltre a una concentrazione straordinaria. Qual è la tua tabella di allenamento?

«A differenza del fioretto e della sciabola, che sono armi soggette a convenzione con il diritto di mettere la botta a chi inizia l’attacco, la mia è una specialità più aperta e ogni schermidore può mettere a segno la stoccata decisiva senza limitazioni. Mi sento più libero, anche se la spada presenta più concorrenti e richiede più energie. L’adrenalina è sempre al massimo. Per citare un mio maestro, un assalto di scherma può essere considerato come una partita di scacchi giocata alla velocità della luce».

Nel tuo curriculum spiccano già alcuni risultati di assoluto rilievo e il titolo continentale Under 23 a squadre conquistato nel 2018 in Armenia è finora il tuo fiore all’occhiello… «Ho avuto la fortuna di far parte delle selezioni giovanili di categoria superiore e a 13 anni combattevo già per la nazionale Under 17. A Erevan, nel 2018, avevo soltanto 20 anni in quello che rimane il risultato più importante della mia

212 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPORT / ELIA DAGANI
ELIA DAGANI, BAMBINO DI 5 ANNI CHE GUARDAVA L’AVVINCENTE SERIE

carriera. Pure il bronzo agli Europei

Under 17 di Maribor nel 2015 e l’oro in Coppa del Mondo Under 20 nel 2016 in Bahrain sono sicuramente risultati che hanno segnato la mia crescita e carriera. Ai Campionati svizzeri Assoluti ho vinto un argento e due bronzi e nella prossima edizione di dicembre punterò all’oro. Nella stagione in corso ho finora ottenuto due medaglie in competizioni del circuito europeo della categoria “assoluti”. Un argento a Dublino e un bronzo a Losanna che confermano il valore del lavoro che sto seguendo».

Delle otto medaglie olimpiche conquistate dalla Svizzera nella scherma, soltanto tre arrivano dalla spada, mentre in 58 edizioni dei Mondiali non è mai giunto un titolo individuale. Come ti spieghi questo percorso particolarmente laborioso rispetto ad altri sport delle Olimpiadi estive come la ginnastica, il ciclismo, il canottaggio o l’equitazione?

«La concorrenza nella mia disciplina è molto elevata e imporsi nelle varie gare è sempre difficile, anche se va

sottolineata con orgoglio la medaglia d’oro a squadre della Svizzera nei Campionati del mondo del 2018. Ci sono molteplici variabili che entrano in gioco nella scherma, che negli ultimi anni è diventata sempre più fisica, con la preparazione atletica che ricopre ora un ruolo fondamentale nel raggiungimento della performance. Uno schermidore di 1 metro e 90 (o addirittura più alto) ha un fisico esplosivo e un’apertura del braccio che amplia la sua capacità di mettere a segno una stoccata prima del suo avversario. Nella spada, con una lama di 90 cm di lunghezza, fa ancora di più la differenza. Tuttavia, con una buona tattica, tecnica e forza mentale si può battere chiunque».

Come ti immagini la “tua” Nazionale?

«I Giochi Olimpici di Rio de Janeiro del 2016 hanno chiuso un ciclo straordinario ed è in corso un ricambio generazionale al quale voglio appartenere. Il CO -

UN TALENTO DELLA SPADA SOSTENUTO DALLA BANCA DEL SEMPIONE

La scherma è uno sport di combattimento che si pratica con “armi” protette: la spada, il fioretto e la sciabola. Il ticinese Elia Dagani è uno dei suoi migliori interpreti a livello svizzero e insegue la qualificazione ai Giochi Olimpici di Parigi 2024: «La Nazionale è diretta dal francese Stéphane Le Roy, che fa già affidamento su due posti fissi in squadra per la selezione all’evento più atteso del prossimo anno. Siamo rimasti in corsa in cinque atleti per le altre due piazze e io ci credo con tutte le mie forze».

Marcel Fischer, unico schermidore della storia a conquistare un oro olimpico per i colori rossocrociati (ad Atene nel 2004), ha coronato il lavoro in profon-

dità di “Swiss Fencing”, la federazione nazionale che da anni concentra i suoi sforzi nella spada. «Ho cominciato con il fioretto, poi ho cambiato per poter avere un futuro agonistico a livello internazionale», sorride Elia Dagani. La spada è la specialità più versatile e permette di colpire qualsiasi parte del corpo. Il fioretto è un’arma più leggera e il bersaglio è limitato al torso dell’avversario, mentre la sciabola, più veloce, consente ai combattenti di colpire il busto, le braccia e la testa. «La mia è sicuramente la disciplina più completa e spettacolare». Per affrontarsi sulla pedana di gioco, lunga 14 metri e larga 1,5 metri, gli schermidori devono indossare una maschera protettiva e una

divisa composta da una giacca, una corrazzetta, i pantaloni e un guanto. Elia Dagani, fra le promesse più interessanti del panorama sportivo svizzero, è sostenuto dalla Banca del Sempione, che ha sposato senza vincoli di risultati il progetto di un giovane studente in economia. «Seguiamo i talenti nella loro formazione – sottolinea Veronica Broggi, vice-direttrice dell’istituto presente a Lugano dal 1960 –con lo scopo di garantire loro un percorso di crescita sportiva e un’esperienza di vita. Al momento, siamo presenti anche nel tennis, con una giovane promessa, e – nella seconda parte dell’anno – con una squadra nell’unihockey».

213 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 SPORT / ELIA DAGANI

VID ha messo a dura prova tutto lo sport, facendo perdere un anno soprattutto ai giovani per la preparazione del grande evento di Parigi 2024, visto che in realtà l’edizione di Tokyo 2020 si è disputata nel 2021. Al di là di questa considerazione che può rappresentare un vantaggio per quei Paesi tradizionalmente più forti, io mi sento bene e sono pienamente motivato per un obiettivo ambizioso e affascinante come quello di partecipare a un’Olimpiade. Nel 2028 sarò ancora nella piena maturità di uno schermidore, che di norma va dai 27 ai 32 anni, e potrò puntare anche ai Giochi di Los Angeles».

Buenos Aires, Vancouver, Istanbul, Budapest, Doha. Nel tuo calendario figurano gare di Coppa del Mondo attorno al globo e anche questo è un aspetto stimolante delle tue competizioni internazionali… «Swiss Fencing, la nostra federazione, rimborsa parzialmente (e solo dall’entrata nel tabellone principale di ogni torneo) le spese per queste trasferte. La scherma è uno sport

impegnativo anche dal punto di vista finanziario e senza il sostegno di sponsor personali sarebbe impraticabile. Io ho la fortuna di beneficiare dell’appoggio della Banca del Sempione, che mi segue indipendentemente dall’esito dei risultati prettamente sportivi. È un progetto che mi permette di concentrarmi anche sulla preparazione fisica e mentale della mia crescita, privilegiando pure un aspetto etico che rafforza il mio equilibrio di sportivo e di uomo. L’Aide sportive suisse, sostenuta da Swiss Olympic, il nostro Esercito (di cui faccio parte come atleta) e l’Associazione Aiuto Sport Ticino in collaborazione con AIL mi garantiscono la mia indipendenza. Ringrazio ogni persona che crede in me anche sotto questo aspetto basilare».

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217 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2023 BENESSERE / THE LONGEVITY SUITE®
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CONVENZIONALE, COMPLEMENTARE O ALTERNATIVA?

Tra gli argomenti che animano i dibattiti di esperti e profani della materia si pone un dilemma annoso: medicina convenzionale, complementare o alternativa?

Per quanto la medicina tradizionale abbia fatto passi da gigante nell’ambito della cura di molte patologie, l’esigenza di comprendere l’origine dei disturbi per cercare soluzioni terapeutiche diverse, alternative ai ‘classici’ farmaci, è sempre più forte. Tra correnti di pensiero totalmente opposte, tra chi sostiene la validità di una piuttosto che l’inefficacia dell’altra esiste una sola certezza: la confusione che si è creata intorno alle diverse tipologie di approcci curativi.

È quindi importante fermarsi a riflettere sui dati statistici, che rivelano una tendenza piuttosto significativa, a livello mondiale, ad affidarsi alla medicina non convenzionale.

Nel XXI secolo la medicina non può più concentrarsi soltanto sulla malattia e sulla prescrizione di trattamenti, ma deve porsi come priorità la salute della persona a 360 gradi. Il focus deve quindi essere spostato sulla prevenzione, sul rafforzamento delle difese immunitarie e su stili di vita e regimi alimentari corretti. Ecco perché, sulla scia di un’esigenza comune, sono stati attivati numerosi master in farmacia, corsi post-laurea di specializzazione orientati alle ‘terapie olistiche’.

La medicina tradizionale, o convenzionale che dir si voglia, mira in ogni caso principalmente ad eliminare i sintomi di una malattia, senza preoc -

cuparsi delle relative origini. Si tratta quindi di una medicina razionale; è definita ‘allopatica’ in quanto utilizza sostanze di sintesi chimica che provocano effetti contrari a quelli causati dalla malattia.

Prima di addentrarci nell’ambito delle peculiarità delle medicine non convenzionali è tuttavia d’obbligo una breve premessa, per contestualizzare il discorso e per cercare di dare una risposta al quesito ‘medicina convenzionale o alternativa?’

Alcune problematiche di salute sono causate da stili di vita errati, come può essere ad esempio l’abitudine a consumare eccessive quantità di alcol, caffè e cibi poco salutari, oppure l’assunzione di droghe, o ancora l’eccessiva sedentarietà. La cronicità di alcune patologie dipende quindi dalle scelte sbagliate fatte dallo stesso paziente, per cui può essere prevenuta, e in alcuni casi risolta, senza l’assunzione di farmaci tradizionali.

Con l’espressione medicina complementare si fa dunque riferimento a tutte quelle terapie che non rientrano nella medicina ufficiale. Si tratta di approcci terapeutici, taluni dei quali vantano una tradizione millenaria, che hanno in comune una visione olistica dell’organismo, ovvero una visione unitaria che include corpo e psiche. Queste terapie si basano su cure che tengono in grande considerazione l’aspetto psicologico del paziente; in particolare mirano a risolvere il disturbo partendo da un’analisi non solo del corpo ma anche della mente.

Con il termine medicina alternativa

si fa invece riferimento a un variegato e non omogeneo sistema di pratiche contro varie patologie per le quali non esiste prova definitiva di efficacia o, se sono state sottoposte a verifica sperimentale, è stata ravvisata l’inefficacia e per talune di esse anche la pericolosità. Per tali motivi non vengono ricomprese nell’alveo della medicina scientifica che le relega nell’ambito delle pseudoscienze. Sintetizzando le differenze tra medicina convenzionale e medicina alternativa si può dire che la prima si focalizza sulla guarigione del corpo mentre la seconda si concentra sull’equilibrio di corpo e anima.

Il successo delle medicine alternative è innegabile e sorprendente. Le medicine alternative sono semplici e danno al paziente l’impressione di capire le cause del suo male e le ragioni della terapia proposta. Si basano su ipotesi che non includono biochimica, anatomia e fisiologia, discipline difficili da spiegare al paziente, mentre vanno dritte alla terapia che riveste invece grande interesse. Alcune, come l’omeopatia, nascono da un’idea della quale rappresentano lo sviluppo logico e non si scontrano con nessun dato empirico che possa metterle in dubbio: al paziente arriva un ragionamento omnicomprensivo e coerente, piuttosto che una serie di dati di difficile interpretazione. Il medico che pratica le medicine alternative parla a lungo col paziente, non prescrive analisi sgradevoli né ricoveri e somministra farmaci che non danno effetti collaterali. Inoltre in ge -

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BENESSERE / SPECIALE MEDICINA

nere il medico convenzionale evita di mettere a parte il paziente delle sue elucubrazioni diagnostiche fino a quando l’iter delle analisi non si è completato (alcune malattie che il medico può sospettare, quali i tumori, non devono essere nominate fino a quando non sono accertate); quindi il paziente viene mandato in giro per vari ambulatori per motivi a lui poco chiari. Il medico che pratica le medicine alternative in genere non ha bisogno di analisi (e neppure di diagnosi) e spesso promette risultati miracolosi. E, ancora, molti pazienti attribuisco -

no a terapie mediche alternative delle guarigioni che sarebbero avvenute comunque e che sono dovute alle normali risposte difensive dell’organismo. Inoltre i medici che praticano le medicine alternative hanno in genere il buon senso di inviare all’ospedale convenzionale le emergenze mediche e chirurgiche e trattano soltanto affezioni minori. Infine, alcune persone hanno obiezioni ideologiche di vario tipo alla medicina convenzionale e si rivolgono alla medicina alternativa come scelta politica. La medicina convenzionale è in ogni caso costosa,

spesso anonima e spersonalizzante perché rinvia il paziente a specialisti diversi, fastidiosa e talvolta rischiosa; i medici hanno spesso assunto gli atteggiamenti di una casta chiusa e orgogliosa; i casi di malasanità non sono rari. Non da ultimo un elemento da non trascurare è il valore, nelle cure alternative, della vis sanatris: quale che sia la metodica terapeutica ritenuta idonea per il paziente, compresa la Nutrizione, il primo principio che ogni medico deve sempre tenere presente è che le forze del paziente sono indispensabili per la guarigione.

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DOMINIQUE

HORT (D.H)

Dottore in chiropratica

HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:

OLAF

KUHNKE (O.K.)

Dottore in Medicina generale FMH e in Medicina biologica

Dal suo osservatorio privilegiato quali sono le principali ragioni per cui un numero sempre maggiore di persone fa ricorso alle cure alternative?

D.H.: «Credo che il fenomeno sia da attribuire ad una accresciuta consapevolezza riguardo al fatto che trovare la causa delle malattie o dei sintomi sia sempre preferibile e più efficace tanto come risultato finale che come costi. Si è inoltre accresciuta la scientificità

BARBARA

BRAGHIROLI (B.B.)

Neuropsicopedagogista

GRAZIELLA

PRIMUCCI (G.P.)

Terapeuta in Medicina Ayurvedica

WERNER

NUSSBAUMER (W.N)

Presidente dell’Associazione Medici Svizzera Italiana (AMSI)

dell’approccio naturale e la formazione dei terapeuti, migliorando risultati e fiducia dei pazienti. La maggiore offerta sul territorio e la diversificazione delle terapie proposte ha fatto il resto».

B.B.: «Sempre più spesso la motivazione a valutare approcci alternativi è direttamente proporzionale all’insuccesso o alle lacune delle terapie tradizionali sperimentati dal paziente. Anche la recidività di alcune patologie e dei disagi psicoemotivi correlati spingerebbe il paziente a ricercare soluzioni

migliorative per la propria salute e in generale il proprio stile di vita».

G.P.: «La maggior parte delle persone che giungono al mio centro si sono prima di tutto rivolte a medici e specialisti della medicina convenzionale e non hanno alcuna esperienza con la medicina alternativa. Tuttavia, non avendo trovato una soluzione al proprio problema, decidono di tentare delle strade alternative. Ciò che maggiormente mi colpisce, di queste persone, è il loro bisogno di essere ascoltati e di svolge-

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re una parte attiva nel processo di guarigione di una malattia con la quale spesso convivono da una vita intera».

O.K.: «Quello con cui sono confrontato giornalmente è che i pazienti cercano un approccio diverso, considerando la molteplicità delle cause che portano a una determinata situazione di malattia; un approccio che richiede a volte più tempo di quello che si ha a disposizione in un ambito convenzionale. Oltre alla cura dei sintomi di una malattia, la maggioranza dei pazienti desidera una terapia che - per quanto possibile - coinvolga diversi lati dell` individuo».

W.N.: «Le persone sono sempre più consapevoli del fatto che, per mantenersi in buona salute, devono mangiare sano, fare movimento e avere un pensiero positivo, e quindi non vogliono far uso di sostanze chimiche che possono in parte peggiorare il loro stato di salute e renderli dipendenti. Di conseguenza, ricercano nelle cure naturali i rimedi ai loro problemi di salute, specialmente da quando hanno fatto comparsa gli pseudo-vaccini anti Covid-19 che, secondo me, hanno causato più danni alla salute umana che vantaggi. Si crede sempre meno alla scienza ufficiale che viene sempre più considerata un business».

Quali sono i vantaggi offerti dalla medicina alternativa nei confronti di quella convenzionale?

D.H.: «Lavorando alla radice delle problematiche vi è un senso di soddisfazione accresciuto e, grazie a una necessaria collaborazione tra paziente e dottore o terapeuta complementare, i cambiamenti di stile di vita necessari per una guarigione olistica influenzano positivamente tanti altri aspetti della quotidianità creando un senso di con-

partecipazione alla guarigione. Il fatto che poi gli effetti negativi siano molto limitati facilità l’apprezzamento dell’approccio. Ricordiamoci però che la medicina allopatica deve gestire frequentemente la fase finale delle malattie e quindi è costretta ad intervenire con mezzi molto più drastici a quel punto necessari e che implicano conoscenze specifiche e applicazioni che ne limitano un possibile approccio olistico».

B.B.: «Certamente la visione olistica, ossia l’interdipendenza tra la componente fisiologica e psicoemotiva del paziente. Inoltre l’approccio relazionale empatico pone al centro del percorso terapeutico la persona intesa come unica e irripetibile, intercettando soluzioni terapeutiche personalizzate e da monitorare insieme al paziente o ai familiari per integrarle o modificarle in itinere».

G.P.: «Posso parlare soltanto della medicina Ayurveda, della quale mi occupo. Questa ha un approccio globale alla persona in cui la nutrizione, la psicosomatica, le abitudini quotidiane, il sonno o il modo di respirare sono soltanto alcuni degli

aspetti che contribuiscono a preservare lo stato di salute. L’equilibrio della persona si riflette quindi in molte azioni quotidiane e richiede pertanto volontà e impegno».

O.K.: «Avendo un’attenzione più centrata sull’eziologia e meno sulla patogenesi, la medicina complementare dà un peso diverso all’anamnesi e alla ricerca d’infiammazioni croniche nell’organismo colpito. I cosiddetti focolai di disturbo (ad esempio: intestino, denti devitalizzati, ecc.) possono portare a un diverso approccio riguardo alle cure da effettuare (chiaramente sempre parlando di problemi cronici e non acuti) con una medicina più dolce, interagendo anche con altre persone: medici specialisti (ad esempio dentisti, ORL) e soprattutto terapisti, dietisti, “educando” i pazienti a cambiare stile di vita».

W.N.: «I vantaggi della medicina alternativa sono numerosi: si può dare a tutti, a qualsiasi età, non ci sono praticamente effetti secondari, costano meno e si rispetta la natura combattendo l’inquinamento, sia per la fabbricazione che per lo smaltimento».

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Perché, nonostante gli innegabili progressi compiuti nelle tecniche e nella pratica medica, è andata per contro diminuendo la fiducia nella scienza?

D.H.: «Non penso che si possa affermare che vi sia meno fiducia nella scienza: tanti approcci naturali scoperti di recente, o antichi rimedi e trattamenti, stanno dimostrando la loro scientificità grazie proprio a ricerche ben fatte come nel campo della chiropratica. Penso invece, che il paziente ricerchi un contatto umano e un approccio dove essere considerato nella sua interezza; approccio dal quale la medicina si è allontanata per necessità dovendo specializzare sempre più il focus del suo l’intervento. Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale i medici avranno più tempo da dedicare ai pazienti, scaricando tante delle mansioni amministrative che oggi tediano la professione. Se guardiamo l’apprezzamento dei medici che riescono a mantenere questo contatto e relazione di collaborazione mentre applicano la loro scienza, soddisfazione e fiducia rimangono grandi e immutate».

B.B.: «Viviamo in una società liquida, incalzata da cambiamenti continui sempre più rapidi, nella quale avere/dare fiducia in generale è condizionato dalle 3D: Disorientamento psicoemotivo, Dispersione cognitiva, Disordine comportamentale. Quando le nostre scelte investono la salute e potenzialmente ritmi e abitudini di vita, l’affidarsi richiede in sequenza un atto di accettazione-coraggio-disponibilità. Ecco perché si parla di “paziente (o non) collaborativo”».

G.P.: «Non credo che sia diminuita la fiducia nella scienza bensì nell’economia che la finanzia e re -

golamenta. Tradizionalmente la medicina non era legata al potere politico ed economico, quanto piuttosto a quello religioso e filosofico, e come tale metteva al centro del proprio interesse il paziente».

O.K.: «A mio parere non è che diminuisca la fiducia nella scienza, forse è il modo di comunicare che lascia un po’ perplessi. È vero che alla luce dell’aumento delle patologie croniche e del cresciuto uso di farmaci moderni è altrettanto aumentata la quota di effetti collaterali di tali medicamenti; questo, però, non sarebbe un argomento contro la scienza che ha fatto progressi con passi da gigante nel campo della chirurgia e nelle terapie acute. La medicina olistica si concentra di più sulle malattie croniche che richiedono cure continue ed anche qui entra in materia la scienza: nella fitoterapia, nella medicina orto molecolare, nell’omeopatia, ecc. sono stati fatti molti studi scientifici che provano l’efficacia dei prodotti».

W.N.: «La gente è sempre più informata degli effetti negativi che la chimica causa e i medici sono sempre più dei porta borse delle industrie. Gli studi vengono fatti dall’industria chimica e i medici hanno perso la capacità di pensare col proprio cervello e non fanno quasi più altro che seguire i protocolli che l’industria chimica impone facendo esplodere i costi delle medicine».

A suo giudizio perché la medicina convenzionale non riesce a farsi carico in modo soddisfacente dei crescenti bisogni di umanizzazione delle cure espressi dai pazienti?

D.H.: «Perché ha la sfortuna che per i suoi stessi protocolli molto rigidi e che obbligano a una visione a imbuto del sintomo più che della causa, ha creato un distacco dalla persona co -

me essere umano. L’iperspecializzazione (che però dobbiamo ammettere ogni paziente pretende…) non crea le condizioni giuste per una visione del paziente come essere globale; obbliga invece ad analizzare l’individuo più come singolo organo o sistema e spesso non mette in relazione ciò che viene trovato con una visione olistica della sua vita. Frequentemente, le cause della maggior parte delle malattie sono da trovare nella interazione tra fisico, emozioni, mente, reazione bionomica all’ambiente e spirito. Per essere allineati e capaci in questo approccio terapeutico, la formazione stessa del medico o del terapeuta deve essere ispirata a questa visione».

B.B.: «Personalmente credo che ci sia differenza tra “il fare” e “l’essere” medico o terapeuta-terapista. I pilastri delle professioni medico-sanitarie e d’aiuto sono certamente le competenze acquisite, che tuttavia diventano fondanti quando praticate “Etica-Mente” con Empatia-Tolleranza-Interesse-Compassione-Ascolto».

G.P.: «La medicina alternativa si effettua su piccola scala, con tempi e modalità differenti, mentre la medicina convenzionale si fa carico del sistema sanitario nazionale. Dovrebbero fare delle proprie differenze una forza. In India la medicina occidentale e quella tradizionale costituiscono un solo sistema sanitario nazionale. Quando il paziente ha bisogno di un’attenzione particolare, ad esempio per seguire delle terapie o lavorare sugli aspetti emotivi del proprio disequilibrio, questo viene inviato ad un medico Ayurveda. Penso che stesso sta accadendo qui da noi grazie all’integrazione delle terapie complementari».

O.K.: «Come ho detto prima nella medicina convenzionale ci si basa sul concetto della procedura

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“lineare”, basandosi su protocolli (diagnostici e farmacologici) sicuramente di grande importanza, in parte usati da ogni medico. Bisogna ricordare che anche molti pazienti diventano sempre più esigenti, aspettandosi di ricevere delle soluzioni istantanee ed i medici si trovano sempre più stressati e carenti di tempo da dedicare alle persone. Con la medicina convenzionale -quasi necessariamente - ci si focalizza spesso sul sintomo, sugli esami di laboratorio ecc., dimenticando molte altre problematiche circostanti, anche in casi cronici. In più, una burocrazia sempre più abbondante la fa da padrone e ruba molto tempo che si potrebbe usare in modo più mirato per il bene dei pazienti».

W.N.: «Il medico, come dicevo sopra, è stato formato per curare con sostanze chimiche. Non ha più un approccio olistico col paziente che diventa un organo da curare, per cui il paziente si sente sempre meno compreso e sempre meno considerato nella sua totalità: di conseguenza e si sente sovente abbandonato e costretto a far uso di sostanze, senza essere seguito specialmente dal punto di vista affettivo e umano. Da oltre 20 anni mi occupo di medicina preventiva per cui cerco di insegnare al paziente, grazie agli esami del sangue, di quali elementi, quanto e come deve nutrirsi: cosa che praticamente nessun medico convenzionale fa. Penso che con le medicine alternative si possa curare e prevenire più dell’80% delle patologie e solo il 20% abbisogna della medicina convenzionale (operazioni, medicina d’urgenza). Attualmente il rapporto è rovesciato, e solo un 20% della popolazione si avvale della medicina alternativa, anche perché le casse malati creano difficoltà rispetto ai rimborsi: insomma, oltre a dover pagare premi salati, i pazienti devono pagare di tasca propria anche i trattamenti e le cure».

Infine, a quali condizioni e con quali modalità ritiene possibile e auspicabile un’integrazione tra medicina convenzionale e medicina alternativa?

D.H.: «Con una formazione da parte dei terapeuti complementari che permetta di trovare un linguaggio che sia compreso e trovi il rispetto da parte della medicina, e che da quest’ultima vi sia un’apertura verso un approccio naturale che grazie ai risultati clinici sempre migliori, sta dimostrando la sua utilità e ragione di essere. In questo senso la figura del chiropratico è privilegiata con la sua formazione universitaria alla Facoltà di Medicina a Zurigo che gli permette di costruire protocolli di cura naturali collaborando con i medici in modo molto costruttivo ed efficace».

B.B.: «La condizione essenziale è concentrarsi sulla persona, quindi sull’eziopatogenesi per personalizzare-integrare le terapie necessarie, volte alla riabilitazione fisica e all’equilibrio bio-psico-sociale del paziente. La modalità per professare con approccio integrato è l’onestà e l’umiltà intellettuale, basata sul confronto e sul mutuo sostegno. Pertanto il professionista deve essere disponibile anche a fare un passo indietro e inviare il paziente a figure-strutture in quel momento più idonee per la risoluzione della sua patologia».

G.P.: «La scienza moderna è figlia del sapere tradizionale ed è ben cosciente degli infiniti benefici della botanica e della farmacopea tradizionale, la quale è un cardine della ricerca moderna. Se la medicina Ayurveda fosse applicata in modo pratico nella medicina occidentale, le due medicine potrebbero unire le proprie forze. Personalmente sono sempre

contenta di collaborare con esperti del settore medico di ogni genere. Ho potuto notare sempre degli ottimi risultati sul benessere della persona».

O.K.: «A mio parere manca ancora la collaborazione e l’interazione tra medici praticanti la medicina convenzionale e medici e terapisti praticanti la medicina olistica. Forse non per la mancanza di volontà ma proprio per la non conoscenza e per le esigenze quotidiane (tempo, organizzazione…). Così come si fanno seminari e formazione continua su tutte le novità a livello di nuovi farmaci, nuove tecnologie ecc., si dovrebbero informare i medici già nelle università, durante il percorso di studio e con gli stessi criteri, riguardo ad una visione più integrata relativa ai diversi metodi di cura basati anche sulla medicina olistica».

W.N.: «Sono Presidente dell’AMSl (Associazione Medici Svizzera Italiana) e abbiamo creato questa associazione per poter portare avanti la medicina alternativa. A tal fine proponiamo non più casse malati ma delle casse della salute che coprano anche le spese di prevenzione. Attualmente è chiaro che più il medico lavora “più guadagna”: e questo non è compatibile con l’etica medica e la qualità della medicina».

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