TICINOWELCOME N°83

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N° 083

SETTEMBRE / NOVEMBRE 2024

ANDREA GEHRI

ISPIRATO DALLA CURIOSITÀ

L’uomo

Addio cara Ambra,

Vola leggera come le tue api e dolce come il suono del tuo violino.

Vola verso quel mondo dove potrai riabbracciare la tua cara gemella Fiona.

Il vostro destino vi ha volute unite sin dal primo giorno e lo stesso destino ha voluto che ora vi riuniate per non lasciarvi mai più. Nel dolore che comporta il tuo addio questa è la sola consolazone, che mi aiuta a rendere un po’ meno amaro quest’ultimo saluto.

Insieme dovrete ora suonare il vosto concerto più importante per dare consolazione, forza e conforto ai vostri genitori e a vostra sorella Gemma che abbraccio con profondo affetto.

Addio cara Ambra e grazie per quei sorrisi e quegli abbracci, che porterò per sempre nel mio cuore.

Mario Mantegazza

EDITORE

Ticino Welcome Sagl

Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso

T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch

RESPONSABILE EDITORIALE

Mario Mantegazza

COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI

Paola Chiericati

COORDINAMENTO EDITORIALE, SETTORE ARREDO/DESIGN

Francesco Galimberti

REALIZZAZIONE EDITORIALE

Mindonthemove srls

LAYOUT E GRAFICA

Kyrhian Balmelli e Lorenzo Terzaghi

FOTOGRAFIE

Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: studio kilo

STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona

SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch

PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31

COLLABORATORI

Dalmazio Ambrosioni, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Rocco Bianchi, Andrea Conconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Franco Citterio, Ariella Del Rocino, Fabio Dotti, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli De’ Santi, Marta Lenzi, Arianna Livio, Dimitri Loringett, Manuela Lozza, Giorgia Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Pedevilla, Sarah Peregalli, Romano Pezzani, Amanda Prada, Valeria Rastrelli, Donatella Révay, Mattia Sacchi, Gerardo Segat, Gianni Simonato, Fabiana Testori.

DISTRIBUZIONE

IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino.

IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubbliciProvincia di Como e Lombardia.

OLIMPIADI?

Ogni Olimpiade mi piace sempre meno, soprattutto quelle estive.

Certo lo sport a livelli così alti finisce poi per ripagare la passione e la curiosità, ma lo spirito sportivo, quello che fu alla base della creazione dei Giochi, quello ormai si offusca sempre più.

Intanto, questo evento è troppo politicizzato. Con criteri ogni volta discutibili si nega la presenza a Paesi in guerra, almeno a quelli economicamente meno interessanti, visto che poi ci sono grandi Stati - che sono in guerra su più fronti – che partecipano da sempre senza problema alcuno. A mio parere l’Olimpiade deve accogliere tutti gli sportivi del mondo senza pregiudizi, perché tale principio è il pilastro di questa competizione.

generi sessuali sempre più numerosi, che ha toccato il culmine con il torneo di boxe femminile che, naturalmente, ha avuto un esito scontato.

Poi, ci sono state un sacco di lamentele sull’organizzazione parigina dei Giochi, ma queste ci saranno sempre anche perché chi osa, fa e propone, verrà sempre criticato. Forse, le Olimpiadi dovrebbero essere attribuite a città che hanno bisogno di rilancio e di nuove strutture, piuttosto che a città già ben attrezzate: ma queste sono riflessioni di carattere personale, facilmente confutabili.

Anche l’aspetto economico e commerciale è ormai eccessivo, non si riesce a riconoscere l’esperienza olimpica degli atleti, valorizzare gli aspetti tecnici della loro preparazione, ecc. Si vede ormai solo il prodotto sportivo televisivo finale, mentre la cultura sportiva passa in secondo piano, se passa.

Quest’anno, si è voluto anche mettere in risalto, fin dalla Cerimonia Inaugurale, l’aspetto dell’appartenenza a

La ciliegina sulla torta è stata però la Senna e qui, devo dire, i francesi hanno fallito alla grande perché era evidente che in una location spettacolare come Parigi, si doveva trovare qualcosa per castigare la grandeur del popolo senza bidè: cosa meglio di un fiume pieno di ratti e feci per compiere la missione?

Io non so se la Senna fosse davvero così inquinata, ma so di sicuro che i parigini avrebbero fatto meglio a organizzare fin dall’inizio le gare in acque libere in altri luoghi igienicamente più salutari.

Mario Mantegazza

DI MARIO MANTEGAZZA

ANDREA GEHRI

Ispirato dalla curiostà

URBANO CAIRO

La mia ricetta per il successo

CARMELO RIFICI

La nostra linfa vitale nasce dal territorio

AXION SWISS BANK SA

Eccellenza svizzera, vicinanza al territorio ticinese

EDITORIALE

Olimpiadi? Di Mario Mantegazza

Andrea Gehri: Ispirato dalla curiosità Di Patrizia Pedevilla

Elisabeth Baume-Schneider: Credo nel pluralismo e nella tolleranza Di Rocco Bianchi

Steve Guerdat: L’uomo che sussurra ai cavalli Di Romano Pezzani

Claudia Golden: Third Woman to become a nobel economist

Jack Savoretti: Canto l’amore, ora anche in italiano

GRANDANGOLO

MASI LUGANO

CULTURA

FINANZA

A TAVOLA CON… GASTRONOMIA

ENOLOGIA

SPECIALE TURISMO TURISMO

HOTELLERIE

Di Michelle Uffer

Partiti politici: La ripresa dell’attività politica autunnale Di Andrea Grandi

Urbano Cairo: La mia ricetta per il successo

E se Orwell fosse già realtà?

Di Eduardo Grottanelli De’ Santi

Di Moreno Bernasconi

Carmelo Rifici: La nostra linfa vitale nasce dal territorio Di Donatella Révay

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati: Yves Klein e Arman, Le Vide e Le Plein

Luigi Ghirri: Immagini di un viaggio lungo una vita

Etienne Reymond: Dieci anni di grande musica

Civica Filarmonica Lugano: L’immenso piacere di suonare insieme

ABT: Sinergie e concorrenza tra banche e gestori patrimoniali.

UBS: La banca per le imprenditrici e gli imprenditori

Axion Swiss Bank SA: Eccellenza svizzera, vicinanza al territorio ticinese

Banca Credinvest: Piattaforma di cartolarizzazione. A costo zero è possibile?

Banca Migros: Lungimiranza con radici ticinesi

Food Industry Monitor 2024: 10 anni di food italiano

BNP Paribas: Dipingere le emozioni

NZ Investments: Business Relocations a 360 gradi

Ettore Vismara: Professionalità e lungimiranza al primo posto

San Pellegrino Sapori Ticino: La Germania che non ti aspetti

Ticino Gourmet Tour: Un Ticino molto appetibile

Val D’Orcia: Un territorio per tutti i sensi Di Marta Lenzi

Associations Des Gourmetts: E fanno trenta! Di Donatella Révay

Gran Café Al Porto: Nel cuore di Lugano dal 1803 Di Giacomo Newlin

Ticinowine: In una bottiglia c’è l’essenza di un territorio

ASSP Ticino: Alla scoperta dei vini tedeschi

Giovani e formazione: Una nuova leva di operatori turistici

OTRMBC: Una regione sempre più “scoperta”

Ferrovie Monte Generoso: Piccoli gesti che fanno grande la differenza

Slovenia: Kamnik e Savinja, una regione immersa nelle Alpi orientali Di Paola Chiericati

Hotel Belvedere Locarno: Un’oasi di assoluto relax Di Mattia Sacchi

Centro Magliaso e Osteria Foce: Un piccolo Paradiso sul Lago di Lugano Di Paola Cerana

ETTORE VISMARA

Professionalità e lungimiranza al primo posto

SIT IMMOBILIARE

Una proposta a misura dell’abitare contemporaneo

ELLEN RINGIER

L’importanza di investire sui ragazzi

GAMBARDELLA Cosa cambia con l’intelligenza artificiale

Giardino Mountain: Hotel di lusso per tutte le stagioni Di Paola Chiericati

Giardino Mountain: “Accontentarsi” solo delle cose buone Di Giacomo Newlin

Six-Senses Crans Montana: Un hotel per risvegliare i nostri sensi Di Paola Chiericati

Six-Senses Crans Montana: Il senso dell’infinito delle Alpi svizzere Di Giacomo Newlin

Omega European Masters: Un’esperienza di gioco indimenticabile Di Ariella del Rocino

Herry Winston: Magnifica creazione di alta gioielleria

Bucherer: Anelli da cocktail

Maserati GranCabrio Folgore: Elettrico di gran lusso

Range Rover SV 2024: Un SUV ancora più potente e veloce

Mercedes-AMG GLC 63 S E Performance: Morde la pista, accarezza il comfort

Mercedes-AMG G 63: Estende i tratti della sua immortalità

Wullschleger Martinenghi Manzini: È la passione che porta al successo

Genesis: Un evento d’eccezione.

Lamborghini Urus SE: Arriva il primo Super SUV plug-in Hybrid

ARCHITETTURA

Wetag: È il prezzo a vendere la casa!

MG Immobiliare: Il vero lusso abbraccia il benessere globale della persona

SIT Immobiliare: Una proposta a misura dell’abitare contemporaneo

Source - A++: Progetti eseguiti a regola d’arte

DOSSIER FONDAZIONI

Elisa Bortoluzzi Dubach: Grazie! La forza della gratitudine nelle relazioni filantropiche

Rolando Benedickt: Il cinema come passione e impegno sociale

Laura Mattioli: Lasciare segni di bellezza

Getti Hug: Coinvolgere le persone nella promozione dell’arte

Ellen Ringier: L’importanza di investire sui ragazzi

Fondazione Academy HC Lugano: Ragazzi e giovani ben formati sotto ogni aspetto

Luca Gambardella: Cosa cambia con l’intelligenza artificiale Di Paola Bernasconi

AITI: L’AI e il mondo che verrà

Franzosini e Butti LTD: Storia di un sogno imprenditoriale

Gruppo Sicurezza SA: Oltre 40 anni di successi

Global Commodities Conference: Il trading delle materie prime in un mondo diviso

Fiori in Corso Mendrisio: Tutti i colori del mondo di Giulia

STRP: Fare impresa significa stare anche con le persone

SUPSI: Dentro la rivoluzione digitale

Fondazione Agire / Lighthouse Tech: Soluzioni concrete per facilitare le disabilità visive

Clinica Sant’Anna: La versatilità del laser sulla pelle

Matteo Malacco: Rigenerare la pelle danneggiata dal sole. Consigli e soluzioni

LUCA

ISPIRATO DALLA CURIOSITÀ

Incontro Andrea Gehri

nello show room a Porza. Nella breve attesa inizio a curiosare tra marmi e rivestimenti di ogni tipo. Resto colpita dalla somiglianza del gres al legno, incredibile… «È un prodotto che è evoluto estremamente negli ultimi anni, non solo è praticamente identico al legno, ma anche al tatto si fatica a capire la differenza».

È da molto che non venivo qui, devo dire che ci sono stati tanti cambiamenti. Ma vorrei iniziare da te, dalle tue origini nordiche… (Sorride) «Non tutti lo sanno, effettivamente mio padre era germanico, originario della Foresta Nera, mentre mia mamma era ticinese. Si sono incontrati, pensa, a Cureggia e… sono stati assieme una vita».

Come mai tuo padre si è trasferito in Ticino? Anche perché stiamo parlando del dopoguerra… «A dire la verità è una storia abbastanza triste, almeno inizialmente. A mio padre, quando aveva ventidue anni, era stato diagnosticato un grosso problema ad un polmone. In Germania gli avevano proposto di operarsi, un intervento impegnativo, anche perché volevano togliergli parte dell’organo. Fortunatamente mio padre si rivolse a un altro medico che gli suggerì di cambiare clima e quindi scelse il Ticino, quasi per caso. Era il 1953, 1954, dopo la Seconda guerra mondiale, e in effetti per un germanico

AFFASCINATO DALLA VITA DI CANTIERE FIN DA PICCOLO,

ANDREA GEHRI HA SAPUTO COLTIVARE LA SUA PROFESSIONE

NEL RISPETTO DELL’ARTE PATERNA. DOPO I PRIMI ANNI PASSATI

DIETRO UNA SCRIVANIA, IN GIACCA E CRAVATTA, HA DECISO

DI RIMETTERSI IN GIOCO PORTANDO A TERMINE L’APPRENDISTATO

DI PIASTRELLISTA. UNA CARRIERA COSTRUITA E PENSATA

NEL DETTAGLIO, QUELLA DELL’IMPRENDITORE SESSANTENNE

ORIGINARIO DI CUREGGIA, CHE GRAZIE ALLA SUA CURIOSITÀ

E INTRAPRENDENZA NON HA MAI AVUTO TIMORE DI SPERIMENTARE

E OGGI, OLTRE AD ESSERE ALLA TESTA DELL’AZIENDA FAMIGLIARE

GEHRI RIVESTIMENTI SA, È PRESIDENTE DELLA CAMERA DI

COMMERCIO DEL CANTONE TICINO E DEL GOLDEN WINGS CLUB,

PRINCIPALE CLUB DI SOSTEGNO DELL’HCL.

DI PATRIZIA PEDEVILLA

venire in terra straniera non era cosa semplice, anche perché non parlava una parola di italiano».

La tua società è giunta alla terza generazione, questo significa che già tuo padre era attivo nel settore dei rivestimenti? «Esatto, è stato lui il primo e devo dire, non perché era mio padre, era apprezzato da molti per la sua bravura e voglia di lavorare. Quando è arrivato in Ticino era Maestro piastrellista, ha iniziato prima come semplice operaio e poi, dopo tanti sacrifici - a quei tempi si lavorava anche il sabato e la domenica per arrotondare - nel 1968 ha aperto la sua attività da indipendente. Il lavoro non gli mancava e nel 1970 ha fondato una società individuale e ha continuato a ingrandirsi. La parte diciamo romantica di questa storia è che la prima ditta per cui mio padre ha lavorato si trovava esattamente qua, su questo sedime,

dove siamo ora e che lui stesso aveva acquistato nel 1981. Ti racconto tutto questo per capire quanti passi sono stati fatti, con pazienza, tanta forza di volontà e sacrifici. Ci rifletto spesso, soprattutto in un’era dove regna la frenesia e il voler tutto subito».

Questa è una problematica reale, che non tocca solo i giovani, ma noi tutti. Tu, allora, ti rendevi conto di tutto quello che stava facendo tuo padre?

«No, come spesso succede ci rendiamo conto di quello che hanno fatto i nostri genitori attraverso i figli. Io sono nato nel 1964, ho sempre visto mio padre come una persona che c’era poco in famiglia, non perché facesse una vita sregolata, ma perché ha dedicato la sua intera vita al lavoro e questi

erano gli equilibri famigliari, come in molte altre famiglie ticinesi. Secondo me è stata la sua immensa passione per il lavoro a regalargli successo. Ha lavorato tanto e bene, ha conquistato la fiducia dei ticinesi, è diventato uno di loro con umiltà, grato dell’opportunità che il Ticino gli offrì».

La tua storia è diversa, ma si respira quella voglia di mettersi in gioco, di dare il meglio di sé… «Il mio percorso è iniziato da lontano. Per me il poter seguire mio padre è stato sempre un grande stimolo, passavo con lui ogni momento libero. Così, durante le vacanze estive, mi facevo due mesi di cantiere. Una situazione oggi impensabile (sorride) anche perché avevo sei, sette anni. È così che mi sono innamorato dello stare all’aria aperta, del vedere la passione e la maestria con cui si lavorava in cantiere, ho dei bellissimi ricordi legati a quei momenti. Questo per dirti che la mia non è proprio stata una scelta lavorativa, sapevo già che questa sarebbe stata la mia strada e l’ho seguita in un certo senso in modo naturale, senza forzare nulla».

Ma ti sei messo anche la giacca e cravatta, quindi non era proprio tutto scontato… «Quello sì, anche perché vedevo le problematiche che doveva affrontare

“Io

mio padre, quindi dopo le scuole dell’obbligo ho conseguito la maturità commerciale e poi ho lavorato fino a ventuno anni in una fiduciaria. Già allora non bastava più essere soltanto un buon artigiano, mi ero subito reso conto che bisognava anche avere delle competenze a livello amministrativo. Oggi rifarei la stessa scelta».

Questo significa che hai rimesso le salopette a vent’anni passati? «Esattamente, le ho messe per iniziare l’apprendistato di piastrellista. Ho voluto fare la gavetta, un po’ come si fa nel settore alberghiero e in altre professioni artigianali, si parte dal basso per arrivare ai vertici, ma in questo modo non si perde mai di vista il lavoro di tutti. Penso sia impossibile essere a capo di

sono nato nel 1964, ho sempre visto mio padre come una persona che c’era poco in famiglia, non perché facesse una vita sregolata, ma perché ha dedicato la sua intera vita al lavoro e questi erano gli equilibri famigliari, come in molte altre famiglie ticinesi. Secondo me è stata la sua immensa passione per il lavoro a regalargli successo”.

un’azienda senza conoscere l’attività svolta dai tuoi dipendenti. In ogni caso ho potuto terminare l’apprendistato abbastanza velocemente, anche perché avevo già un diploma scolastico. Sai una cosa? A me piace di più stare in cantiere che in ufficio… questo è il vero me».

Forse anche perché nell’artigianato si respira anche molta arte, penso ai vostri mosaici, alle pose particolari di pietre, marmi… «Assolutamente sì, l’artigiano deve poter lavorare con le proprie mani e questo da un valore aggiunto e unico all’opera che esegui. Il poter vedere l’avanzamento dei lavori, come sono stati svolti è una sensazione unica. Il mio vantaggio ora è che, conoscendo la professione riesco ad andare in cantiere e riconoscere determinate problematiche, sono un valore aggiunto per l’azienda, anche per quello che riguarda la parte operativa, il trovare soluzioni, il poter consigliare correttamente e di persona il cliente».

Se oggi tuo padre ti vedesse… «Penso che esprimerebbe grande soddisfazione, quando sono entrato in azienda a 25 anni eravamo in set-

te, otto persone, oggi siamo in ottanta e mi sento di dire che unitamente al mio team, abbiamo fatto un buon lavoro. Questo anche perché non ho mai smesso di mettermi in gioco, non mi sono mai fermato, quando già ero a capo dell’azienda ho continuato gli studi, ho conseguito il diploma di capo azienda per le piccole e medie imprese e poi mi sono concentrato sulla parte pratica, diventando Maestro piastrellista ed esperto perito federale. Non dico tutto questo per vantarmi, ma per far capire che il successo non è eterno, va continuamente coltivato, mai dato per scontato. Terminate le mie formazioni, sono stato anche per sette anni presidente nazionale dell’Associazione Svizzera delle Piastrelle e 11 anni di quella ticinese, ho avuto modo di incontrare molte persone, poter interagire con loro, creando anche importanti conoscenze e sinergie

e, credimi, il potersi confrontare con professionisti del tuo stesso settore è molto importante e, poi termino, dobbiamo fare in modo che questo confronto costruttivo continui anche in futuro per non perdere questo valore immenso del sapere che nessun libro può compensare».

Come abbiamo già accennato in azienda siete arrivati alla terza generazione, sono presenti entrambi i tuoi figli?

«No. Da sei anni con me c’è mia figlia Deborah, unitamente a mia moglie Manuela, mentre mio figlio Jonathan ha scelto di intraprendere un’altra via. Sta facendo il suo percorso e se domani dovesse cambiare idea… beh, qui ci sarà sempre un posto per lui. Sono dell’avviso che non bisogna influenzare i figli e fare in modo che seguano la loro strada e le loro convinzioni».

Di cosa si occupa tua figlia?

«Deborah ha conseguito il bachelor in Comunicazione e Management e un diploma federale, come il mio, in gestione PMI. In azienda è responsabile del settore commerciale e della logistica. A lei il compito della gestione dello showroom, fiore all’occhiello della nostra azienda».

Immagino che anche tu non hai avuto in passato molto tempo per la famiglia…

«Mia moglie Manuela direbbe che sono stato un po’ (tanto) assente, evidentemente quando sei impegnato professionalmente è difficile conciliare famiglia e lavoro, ma non dico che questo sia giusto. Anche perché un equilibrio diverso sarebbe auspicabile, almeno per le prossime generazioni. Ma ho avuto la fortuna di avere una donna al mio fianco che mi ha sostenuto e si è dedicata completamente alla famiglia. Da oltre 15 anni è attiva in azienda e si occupa di marketing, comunicazione ed eventi, ambito che io farei fatica a seguire. Posso dire che è anche merito suo se ho potuto seguire altre passioni e crescere con l’azienda. Non posso nascondere che l’impegno messo nella professione è stato molto, per me, come per tutti coloro che iniziano un’attività e vogliono svilupparla; nulla arriva per caso».

Dobbiamo però dire che hai un carattere intraprendente, che non ti sei accontentato del lavoro, hai fatto molto altro… «Penso che tu abbia ragione, è una questione di carattere, io sono molto curioso, mi piace sentirmi utile, imparare ogni giorno, per questo sono stato impegnato a livello associativo, sia sul piano cantonale, sia federale e questo comporta un impegno di tempo non indifferente».

PRIMO

Puoi spiegarmi meglio

“voler sentirmi utile”?

«Amo il mio Paese dal quale ho sempre ricevuto molto, per questa ragione mi sento di voler ridare in termini di impegno, senza un interesse particolare. Questa visione spiega le mie scelte, pensiamo alla Camera di Commercio, dove sono entrato in qualità di membro dell’ufficio presidenziale in rappresentanza del settore artigianale ticinese e mai, dico mai, avrei pensato di diventarne presidente un giorno. Queste sono le costellazioni e le opportunità che capitano nella vita… e vanno colte».

È un ruolo che ti piace molto, che naturalmente ti impegna, ma che allo stesso tempo dà una visione di come effettivamente sta andando il Ticino…

«Ci sono molti timori legati al futuro, questo è vero, ma poi ci sono dati anche molto incoraggianti e noi tutti dobbiamo guardare a questi. Il Ticino ha una piccola economia, ma molto vivace, molto variata e c’è tanta competenza nei diversi ruoli, una ricchezza importante che molto spesso

si sottovaluta. Pensiamo che il Ticino ha 350’000 abitanti e offre 240’000 posti di lavoro, è una proporzione estremamente elevata anche in rapporto ad altri cantoni. Mi sento quindi di dire che il nostro substrato economico è estremamente forte, resiliente, ha saputo superare momenti di crisi importanti; quindi, ci sono delle capacità di tenuta solide».

Quali sono i settori in evoluzione, che segneranno il futuro del Ticino?

«I nostri poli, pensiamo a quello futuro di Bellinzona, lo Swiss Innovation Parc, un polo d’eccellenza dove, oltre alle scienze della vita già ora una realtà consolidata, vi sarà spazio per altri settori innovativi. Abbiamo ricercatori, studenti che arrivano da tutto il mondo, ma questo è solo un esempio…».

mo ad esempio ai settori sociosanitario, all’edilizia, alla gastronomia e al commercio. Se è vero che abbiamo 78’000 frontalieri è anche vero che il Ticino ha la necessità di poter occupare queste persone. Poi si può sempre discutere quali ambiti si vogliono incentivare o disincentivare, ma questa è un’altra questione».

Si parla spesso di fuga di cervelli dal Ticino, soprattutto perché i salari offerti non sono competitivi con il resto dei cantoni svizzeri… «Siamo una regione di frontiera e questo porta a vantaggi e svantaggi. Effettivamente abbiamo una pressione sui salari proveniente dalla vicina Italia, dove i salari sono più bassi, ma se vogliamo un Ticino economicamente all’avanguardia abbiamo bisogno di manodopera che non riusciamo a trovare sul nostro territorio, questa è la realtà. Pensia-

Anche perché da quanto mi sembra di capire è difficile trovare manodopera qualificata in diversi settori, così come apprendisti… «Sì, è così, facciamo fatica a trovare personale qualificato e la sensazione è che gli stipendi aumenteranno anche perché l’Italia sta ereggendo delle barriere a protezione dei suoi lavoratori più giovani… è evidente loro vivono il fenomeno inverso: noi ci accaparriamo i loro giovani, magari i più bravi, anche perché ci sono molti professionisti ben formati. Il sentore è che nell’ambito delle costruzioni molti profili di qualità stanno decidendo di rimanere in Italia, dove gli stipendi si stanno alzando, perché non tutti sono disposti a farsi ogni giorno ore di traffico e colonne, la qualità di vita sta diventando sempre più un fattore che viene preso in considerazione dalle giovani generazioni, così come il tempo libero».

E per gli apprendisti?

«Bisogna voler sporcarsi le mani, bisogna sapere che in estate è caldo, in inverno è freddo, ma la soddisfazione di fare un lavoro manuale è grande, naturalmente ci vuole tanta passione e non so fino a che punto i nostri giovani ne abbiamo… questo mi rattrista un po’, anche perché ci sono professioni che realmente rischiano di scomparire perché non si trovano giovani disposti a custodire arti antiche e sapere pratico».

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Che rapporto hai e hai avuto con la politica, anche perché avresti potuto essere un candidato papabile per molti partiti?

«Non mi sono mai dedicato molto alla politica, anche se mi sono sempre interessato. Ho avuto un percorso molto leggero dietro le quinte: ero in consiglio comunale a Pregassona e poi a Cadro, ma quando è arrivato il momento decisivo di andare in Municipio… mi sono tolto. Preferisco il mio ruolo di presidente della Camera di Commercio, è molto più qualificante, anche perché mi permette di parlare alla politica senza essere un politico e quindi anche di essere libero dall’etichettatura politica. Io parlo della realtà, parlo a tutti, da sinistra a destra, e questo non ha prezzo, anche perché la politica sta scadendo, c’è una polarizzazione di destra e di sinistra, manca l’equilibrio che fu da sempre rappresentato da politiche di centro che hanno fatto le fortune della Svizzera; quindi, le organizzazioni come la Camera di Commercio possono veramente dare un contributo importante, d’equilibrio e sostanziale alla risoluzione di determinati problemi territoriali, sociali ed economici».

Abbiamo quindi bisogno di rinnovare la politica locale?

«Assolutamente, il politico deve fare il conto con le elezioni, con dei numeri, e ragiona in funzione ai risultati che vuole ottenere, una mossa a sfavore dei cittadini anche perché questo atteggiamento lo distoglie, talvolta, dai problemi reali. I problemi non possono essere affrontati con fini troppo elettorali, dobbiamo trovare soluzioni concrete. A volte, il nostro sistema democratico per eccellenza, diventa addirittura un ostacolo per la crescita del nostro Paese. Abbiamo tempi

immani, i carichi burocratici sono in continuo aumento e questo rappresenta un problema per la nostra economia, anche perché gli imprenditori devono avere tempo per dedicarsi al loro lavoro e non prevalentemente alle scartoffie».

La Svizzera attualmente è sollecitata su più fronti, anche quello legato alle catastrofi naturali. Le persone temono che non ci siano i soldi per ricostruire, si parla solo di questo… non capisco, siamo in Svizzera, possiamo permetterci anche di aprire nuovi crediti… «Siamo troppo svizzeri, lo svizzero è sempre stato abituato a spendere quello che ha a disposizione, un concetto che ha la sua logica. Dobbiamo solo fare attenzione che questo discorso non si rivolti in: più tasse per poter spendere di più, questo sarebbe il declino. Però è vero, quasi incredibile oserei dire: nell’ambito delle catastrofi naturali non esiste un fondo nazionale e io stesso l’ho scoperto poche settimane fa. Ovviamente ci sono dei correttivi da porre, e questo lo si deve fare il prima possibile e non pesando sulle tasche dei contribuenti. Non è possibile che non disponiamo di fondi pubblici per far ripartire la Vallemaggia, la Val Bavona e la Mesolcina, dove ci vorranno anni per ridar vita ai commerci locali e mantenere un’attrattività per il futuro. Le valli sono i nostri giardini, un dono prezioso da proteggere e salvaguardare».

Il Ticino ha ancora molto da fare, per migliorarsi, per rafforzarsi, in poche parole, se ho capito bene, non possiamo permetterci di stare fermi… «Esatto, abbiamo già molti punti di forza in rapporto ad altre nazioni,

penso alla sicurezza, alla stabilità politica e quindi dobbiamo rafforzare la nostra propensione economica verso l’innovazione e migliorare la posizione del Ticino, della Svizzera, sul piano internazionale, anche perché siamo riconosciuti come un Paese forte. Abbiamo ancora molte carte da giocare, ci troviamo tra Zurigo e Milano, non potremo mai competere con queste due realtà economiche, ma possiamo fare e offrire quello che loro non hanno. La nostra grande occasione si chiama Swiss Innovation Park, il parco dell’Innovazione che nascerà sul sedime delle ex Officine, una piattaforma unica per la collaborazione di ricercatori, aziende tecnologiche, startup, chiamate a sviluppare progetti e testare idee sostenibili e innovative. Questo progetto svilupperà competenze che oggi, in Ticino, non ci sono, sarà un’occasione importante per i nostri giovani, dico tutto questo per far capire quanto sia importante ragionare a lungo termine e soprattutto avere una visione per il futuro».

Allora ci serve più coraggio o dobbiamo smetterla di essere in un certo senso negativi e crederci, con convinzione… «Forse entrambi. Bisogna credere in quello che si fa, fino in fondo, bisogna avere la voglia di progredire e dobbiamo avere il coraggio di chiedere alla politica di creare condizioni quadro per lo sviluppo e il benessere generale del territorio, senza queste premesse faremo fatica a evolvere». Fatica a evolvere, fatica a trovare giovani desiderosi di sporcarsi le mani, fatica a capire che il successo non è una condizione, ma un lavoro continuo, che implica sacrifici, come anche tanta passione. Sì, perché solo attraverso la passione si arriva all’eccellenza.

INTERVISTA CON ELISABETH

BAUME-SCHNEIDER, POLITICA

SVIZZERA, MEMBRO DEL PARTITO

SOCIALISTA E DEL CONSIGLIO

FEDERALE DELLA SVIZZERA

E A CAPO DEL DIPARTIMENTO

FEDERALE DI GIUSTIZIA E POLIZIA

DAL 1º GENNAIO 2023.

DI ROCCO BIANCHI

Giurassiana, francofona di origine svizzero-tedesca, diplomata in scienze sociali, assistente sociale, direttrice di una scuola universitaria, appassionata di cultura, oggi politica di professione… chi è veramente Elisabeth Baume-Schneider?

«Sono una donna impegnata, madre di due giovani figli adulti, appassionata di politica, con un insaziabile desiderio di agire per una maggiore giustizia sociale, una migliore comprensione e più rispetto tra le minoranze e le istituzioni, e anche per il posizionamento del nostro Paese in Europa e sul piano internazionale».

A parte la politica, quali sono le sue passioni e i suoi hobby?

«La passione per i rapporti umani, in particolare attraverso il tempo che trascorro con la mia famiglia e i miei amici. Per quanto riguarda gli hobby, amo molto la letteratura come anche la musica, trascorrere del tempo in giardino o, talvolta, non fare nulla. Anche questo è un hobby!».

Credo fermamente nel pluralismo e nella tolleranza

Lei proviene da una regione periferica: ha una visione diversa della Confederazione e della politica che si fa a Berna?

«Sì, diciamo di sì: provengo da una regione cosiddetta «periferica», vicina al confine con la Francia. Un particolare curioso è che il Cantone del Giura ha un confine più lungo con la Francia che con la Svizzera. Questa vicinanza ci mostra la necessità di costruire relazioni di fiducia con tutti i nostri partner, che siano i Cantoni, la Confederazione o l’Europa. È coltivando il dialogo con i nostri vicini e lavorando in modo complementare che possiamo fare progressi. Poi, direi che la mia visione della Confederazione è arricchita dalle differenze che alimentano il nostro ecosistema nazionale, costituito da diverse regioni linguistiche, da un tessuto economico forte, da università prestigiose, da città, campagne e zone montane. Insomma, una ricchezza e una diversità notevoli su un territorio relativamente piccolo!».

Una giurassiana, verosimilmente non pro-bernese, a Berna, oltretutto nella sala del Consiglio federale. Ci ha pensato quando vi è entrata per la prima volta? Che emozione ha provato? «Essere giurassiana è anche un modo per rappresentare il mio Cantone, che quest’anno festeggia il suo 50° anniversario. Vorrei inoltre sottolineare che, all’epoca, il Ticino è stato il Cantone che ha approvato l’ingresso del Giura nella Confederazione con la più alta percentuale di voti a favore! Detto questo, la mia elezione in Consiglio federale mi ha emozionata. Ha suscitato in me il desiderio di essere all’altezza delle aspettative della popolazione giurassiana, che ha saputo battersi per la

sua cultura e autonomia, per diventare un membro a pieno titolo della Confederazione».

Dal lavoro nel sociale, quindi a stretto contatto con le persone, a consigliera federale. Non le manca il contatto quotidiano con le persone? Non la disturba la distanza che il suo ruolo attuale le impone?

«Nel lavoro politico è fondamentale il contatto con le realtà vissute dalla popolazione. Formandomi e lavorando nel sociale, ho preso coscienza della specificità delle situazioni individuali e della necessità di rispettare il vissuto delle persone che si sentono ai margini della società. Le relazioni politiche non rientrano nella medesima sfera personale, ma hanno l’obiettivo di instaurare fiducia e un dialogo di qualità. Nella mia funzione di consigliera federale responsabile della cultura sono regolarmente in contatto con la popolazione. Apprezzo molto questa vicinanza, che permette di discutere delle sfide poste alla nostra politica culturale e anche di molti problemi della società, in particolare dei costi della sanità. Il Consiglio federale deve rimanere vicino alla popolazione, in modo da poterne cogliere e comprendere le aspettative e i bisogni, come pure i punti di disaccordo».

Lei è stata ministra della cultura del Cantone del Giura e lo è tuttora come capo del Dipartimento federale dell’interno. Ha il tempo per informarsi sufficientemente sul panorama culturale svizzero? «Probabilmente non siamo mai abbastanza informati sulla cultura, ma mi prendo il tempo per guardare film svizzeri, andare a teatro, al cinema e partecipare a qualche festival musicale e tutto questo mi fa ve -

“Nel lavoro politico è fondamentale il contatto con le realtà vissute dalla popolazione. Formandomi e lavorando nel sociale, ho preso coscienza della specificità delle situazioni individuali e della necessità di rispettare il vissuto delle persone che si sentono ai margini della società”.

nire voglia di saperne di più! Ci tengo inoltre a sottolineare l’importanza della nostra pluralità linguistica e la necessità di rispettare gli equilibri nella rappresentanza delle nostre lingue e culture nazionali».

Può rivelarci quali sono i suoi gusti in materia? Che cosa le piace e che cosa, invece, non le piace?

«Per quanto riguarda la musica, amo molto la chanson francese; sto anche scoprendo il rap con mio figlio più piccolo. E naturalmente ci sono i miei «vecchi» classici come i Pink Floyd e altre chicche! Parlando di letteratura, apprezzo Elisa Shua Dusapin e, in generale, i romanzi che propongono testimonianze personali. Penso, ad esempio, a «Triste tigre» di Neige Sinno, o ai libri di Sarah Jollien-Fardel, che affrontano temi sociali dolorosi di cui è necessario parlare.

Che cosa non mi piace della cultura? Quando viene strumentalizzata per asservirla a idee estremiste e pericolose, come fanno ad esempio alcuni gruppuscoli negazionisti dell’Olocausto o neonazisti».

Nella scala di popolarità e apprezzamento dei consiglieri federali, lei è sovente in fondo alla classifica. Come se lo spiega?

«Ovviamente non faccio salti di gioia quando il sondaggio viene pubblicato. Tuttavia, queste inchieste non hanno alcun impatto sul mio impegno e sulla mia volontà di svolgere il mandato all’interno del Consiglio federale».

Dopo un anno e mezzo in Governo, quali conclusioni può trarre? «È un privilegio poter contribuire al lavoro del Consiglio federale, ma anche collaborare in modo proficuo con i Cantoni, come il Ticino, anche su temi difficili. Constato inoltre una certa polarizzazione del dibattito politico, che deploro».

Gli episodi di intolleranza e razzismo in Svizzera, Paese multietnico e multiculturale per definizione, si moltiplicano. In che modo la politica, e non soltanto il Consiglio federale, potrebbe invertire la tendenza?

«Lanciando un messaggio molto chiaro di tolleranza zero. Qualsiasi deriva va condannata in modo inequivocabile. Anche in questo caso, è un lavoro che dobbiamo portare avanti in stretta collaborazione con i Cantoni e le Città. Infine, sono lieta che il Parlamento federale abbia accolto il principio di un piano d’azione contro il razzismo e l’antisemitismo, che prepareremo quanto prima».

CHE SUSSURRA AI CAVALLI

Con tre ori mondiali, un titolo europeo e ora due medaglie olimpiche al collo in sei edizioni (oltre a una di bronzo a squadre a Pechino 2008), Steve Guerdat continua a regalare successi ed emozioni ai tifosi rossocrociati.

Dynamix de Bélhème è stata ancora una volta fantastica dopo la nomination a “Cavallo dell’anno 2023”. Alla Reggia di Versailles ha incantato per la sua eleganza. L’oro, stavolta, è sfuggito per un soffio… «Lei è stata all’altezza della sua classe. Sono io che non sono riuscito a mantenere la massima concentrazione nel barrage finale, la certezza di una medaglia mi ha forse distratto e l’errore sul penultimo ostacolo è stato decisivo. Non provo però una sensazione frustante di aver mancato il titolo olimpico, perché sono fiero di aver vinto questa medaglia d’argento per la Svizzera».

Le sue parole sono coinvolgenti, i veri campioni si riconoscono proprio in questi momenti. «Molte persone non si rendono conto, e forse a volte me lo dimentico anch’io, di quanto sia difficile vincere, in qualsiasi sport. Alle Olimpiadi, tutti vogliono brillare fra gli eletti del globo. Sono convinto che ci siano diversi cavalieri migliori di me e non ho l’impressione di essere sem-

pre al top. I miei ritorni a casa, la domenica dopo i concorsi, sono stati spesso più dolorosi che piacevoli. E quando ho potuto regalare a mia figlia Ella di 4 anni la medaglia d’oro degli Europei 2023 con Dynamix è stata un’emozione indescrivibile. Con mia moglie Fanny viviamo l’equitazione con molta intensità».

Anche il Ticino è particolarmente orgoglioso che la sua cavalla sia stata scoperta e acquistata da Sabina Cartossi e Gianluca Agustoni della scuderia “CHC Horses” di Sementina. «È stato un dono del cielo imbattersi in due persone straordinarie come loro, perché il nostro rapporto va ol-

DODICI ANNI DOPO AVER SCRITTO LA STORIA DELL’EQUITAZIONE SVIZZERA CONQUISTANDO L’ORO OLIMPICO A LONDRA 2012, STEVE GUERDAT È TORNATO A BRILLARE AI GIOCHI DI PARIGI 2024, AGGIUDICANDOSI UNA SPLENDIDA MEDAGLIA D’ARGENTO. UN RISULTATO STRAORDINARIO PER IL CAVALIERE GIURASSIANO, CLASSE 1982, CHE HA CONFERMATO LA SUA CLASSE E LA SUA PASSIONE IMMUTATA PER QUESTO SPORT. «AMO COSÌ TANTO QUELLO CHE FACCIO CHE MI SENTO COME UN RAGAZZINO IN SELLA AI MIEI CAVALLI. LA VOGLIA È SEMPRE LA STESSA E AFFRONTO OGNI GARA COME SE FOSSE LA PRIMA VOLTA».

tre quello fra proprietari e cavaliere. Oltre a Dynamix, che abbiamo portato a Parigi 2024, ho potuto contare su due altri cavalli di alto livello come Corbinian e Venard de Cerisy, usciti da “CHC Horses”. Se posso essere felice nel mio quotidiano, in cui condivido momenti intensi con animali così fantastici, è grazie a Gianluca e Sabina. Gran parte della felicità della mia vita la devo a loro. Nella mia mente e nel mio cuore, sono dei veri amici, al di là del loro ruolo di proprietari. Hanno sempre messo al primo posto l’amore per i cavalli e il fatto che potessero rimanere con me. E questo lo considero un valore inestimabile. La mia gratitudine nei loro confronti è immensa, senza di loro non sarei me stesso».

Lei ha il dono di sapere sussurrare ai cavalli, con i quali vive in un’autentica simbiosi. Come trova questa connessione? «È qualcosa di naturale per me, perché mi è sempre piaciuto trascorrere molto tempo insieme a loro. Passo la maggior parte delle mie giornate con i miei cavalli e il nostro rappor -

to favorisce una comunicazione naturale, basata sui gesti e sul contatto. Non mi ritengo un ottimo allenatore, ma cerco di creare una sorta di discussione con il cavallo per trovare con un linguaggio comune che ci aiuta a crescere insieme».

Qual è il segreto della sua intesa con Dynamix?

«La pazienza. Quando è arrivata nella mia scuderia di Elgg sei anni fa, ho intuito subito il suo enorme potenziale, ma ho voluto darle il tempo di maturare e di sviluppare le sue capacità senza forzarla. Ho sempre creduto in lei, anche se i primi risultati importanti sono arrivati solo nel 2022».

Quali sono le sue doti?

«Dynamix è una cavalla formidabile, con un carattere forte e determinato. È un amore, di una gentilezza pazzesca. È il primo cavallo che mia figlia Ella ha accarezzato, il primo anche su cui abbiamo osato metterla sulla schiena.

Dynamix è quasi come una persona, capisce tutto. Mi fa pensare a uno studente dotato che si annoia in classe. Ho dovuto fare attenzione a non annoiarla. È nata sapendo cosa doveva fare. Ecco perché la parola genio le si addice perfettamente. Impossibile trovare un punto negativo in questa cavalla. È pura felicità».

Il titolo europeo è arrivato proprio con Dynamix, il 3 settembre 2023 a Milano. E pensare che lo ha inseguito per venti lunghi anni… «Nel 2003, all’inizio della mia carriera, ero giunto sesto a causa di un errore sul penultimo ostacolo che mi era costato la medaglia d’oro. Ho sempre avuto la sensazione che a quel Campionato europeo avessi lasciato passare la mia occa -

“Molte persone non si rendono conto, e forse a volte me lo dimentico anch’io, di quanto sia difficile vincere, in qualsiasi sport. Alle Olimpiadi, tutti vogliono brillare fra i migliori del globo”.

sione. “Si ripresenterà mai?”, continuavo a chiedermi. E poi Dynamix ha cambiato tutto. È stata una grande liberazione. Perché era uno dei rari errori che mi svegliavano ancora la notte, quasi come un incubo. Mi sono letteralmente liberato. È per questo che è stata una vittoria che ha avuto un significato speciale per me e che mi ha sicuramente aiutato a conquistare la medaglia d’argento a Parigi 2024».

Le Olimpiadi francesi l’hanno consacrata fra i miti dello sport svizzero, tanto da essere considerato nel nobile ambiente dell’equitazione con lo stile e la classe di Roger Federer. Come si sente?

«Questo accostamento mi fa piacere, perché lo sport svizzero merita il massimo rispetto non solo sul piano delle vittorie. Ogni disciplina è diversa e risulta molto difficile fare dei parallelismi. Roger è un esempio di successo, stile e continuità. Un altro idolo al quale mi ispiro è Michael Jordan. Ancora oggi, quando penso a battermi, a rialzarmi e a continuare la mia progessione, mi vengono in mente le immagini di Michael, che ha lasciato un segno indelebile in me».

UNA MEDAGLIA

D’ARGENTO

A TINTE TICINESI

Un bacio con la medaglia d’argento fra i denti. Sabina Cartossi e Gianluca Agustoni, i proprietari della cavalla di Steve Guerdat che ha brillato a Parigi 2024, sono raggianti. «È una gioia indescrivibile vedere Dynamix sul podio alla Reggia di Versailles. Per noi era già stato un grande onore partecipare ai Giochi olimpici di Tokyo 2020 con l’altro nostro cavallo, Venard de Cerisy». Gianluca Agustoni, già cavaliere di alto livello, ha avuto l’opportunità di allenarsi con Philippe Guerdat, padre di Steve. «All’epoca, era lui che preparava i giovani svizzeri ed è in quella occasione che ho conosciuto la famiglia Guerdat», sottolinea Gianluca. La fiducia è un elemento chiave nella relazione tra i proprietari ticinesi e il campione di Bassecourt (JU), il quale gode della completa libertà con i loro cavalli. «Le decisioni strategiche spettano solo a lui, noi siamo a di -

sposizione in ogni momento», afferma Sabina. Come a Parigi, dove era presente con i suoi figli Ferdinand e Isabelle, accompagnati da Emma insieme al papà Gianluca Agustoni, tutti membri della delegazione svizzera che hanno sostenuto Dynamix.

Il loro è un rapporto di amicizia sincero, basato da oltre dieci anni sulla passione condivisa per i cavalli e sulla stima reciproca. «Steve è speciale con i cavalli, li tratta con amore e grande sensibilità», sottolinea Sabina. «La nostra fiducia in lui è totale. Il nostro legame è molto profondo ed è in continua evoluzione, sia sotto il profilo personale, sia sul piano sportivo», aggiunge Gianluca. «Sposo al cento per cento i principi su cui Steve basa la sua vita di uomo e di atleta. Per questo la nostra unione è molto salda». La presenza di due cavalli rossoblù a Parigi 2024 – Dynamix de Bélhème (affidata appunto a Steve Guerdat) e Leone Jei (di proprietà di Adolfo Juri di Ambrì e montato da Martin Fuchs) – è un motivo di grande orgoglio per il Ticino. Sabina, Gianluca e Adolfo, con la loro passione e il loro impegno, hanno contribuito a portare il nostro cantone al centro della scena equestre planetaria, dimostrando l’eccellenza dell’allevamento e della formazione dei cavalli.

PRIMO PIANO /

Third Woman TO BECOME A NOBEL ECONOMIST

MEET THE NEWEST NOBEL LAUREATE TO BE AWARDED THE HIGHEST HONOR WITHIN THE FIELD OF ECONOMIC SCIENCES. COURTESY OF UBS NOBEL PRESPECTIVES.

How has the role of women in the global labor market transformed over time?

«The role of women in the global labor market has undergone a profound transformation over the years. From the early struggles for workplace inclusion and recognition to the persistent gender pay gap, it’s been a journey marked by both triumphs and challenges».

What are the gender differences in the workforce?

«Historically, women have battled against deeply entrenched stereotypes and societal expectations that

relegated them to domestic spheres and caretaking roles. Fast forward to today and women have made substantial strides in various professional domains and industries. However, the echoes of gender inequality persist. According to the World Economic Forum’s Global Gender Gap Report 2023 1, we are still 131 years away from closing the global gender gap and the global gender wage gap was 11.9 percent in 2021 2 , according to a Catalyst report».

How have women’s educational achievements impacted their labor market outcomes?

«Women’s educational achievements have soared in the last 25 years, as evidenced by UNESCO 3’s Global Education Monitoring Report from 2020. Female enrolment tripled in tertiary education since 1995 4 and globally, equal numbers of boys and girls have enrolled in secondary education 5. Despite this progress, women still fare significantly worse in the labor market. The International Labour Organization (ILO), women’s labor force participation was 47.4 percent in 2022, compared with 72.3 percent for men 6. This gap means that for every economically inactive man, there are two such women 7 , according to the report».

What role does unpaid care work play in gender inequality?

«Unpaid care work also disproportionately falls on women globally.

“The role of women in the global labor market has undergone a profound transformation over the years”.

According to UN Women, women spend more than twice the time on unpaid care and domestic work than men 8 . Women also have the motherhood wage penalty, a well-documented phenomenon where women who have children experience a significant wage decrease compared to women without children and men with or without children 9. The gender gap in entrepreneurship is also substantial as highlighted by the Global Entrepreneurship Monitor, which reports that one out of every three entrepreneurs is a woman 10. While women’s representation in senior management roles rose to its highest ever number reported in 2021, that number is still just 31 percent 11».

What are Claudia Goldin’s pioneering contributions to labor economics?

«This year, labor economist Claudia Goldin became a Nobel economist 12 , making her just the third woman ever to be awarded the prize and the only woman to receive the prize unshared. It’s a triumph not only for female economists, but for all working women.

Goldin, through her research, has played a pivotal role in elucidating the nuanced factors that reinforce these persistent disparities. Her work on the gender pay gap, for example, has provided crucial insights into the complex interplay of career choices, societal expectations, and workplace structures that contribute to the observed differentials in earnings between men and women.

The Sveriges Riksbank Prize in Economic Sciences in Memory of Alfred Nobel 2023 was awarded to Goldin for “having advanced our understanding of women’s labour market outcomes” but Goldin has long since been known and celebrated for her work on women and the economy. Her research not only challenges prevailing narratives but also provides actionable insights for policymakers and advocates seeking to address gender disparities in the workforce. She has researched and written on topics ranging from the gender pay gap, the flexibility of occupational choices for women, the role of education and marriage, the impact of the contraceptive pill on women’s careers and marriage decisions, the motherhood penalty, and global perspectives on women in the workforce».

Why is Claudia Goldin’s Nobel win significant for gender equality in economics?

«As we celebrate Goldin as the newest Nobel Laureate, it’s essential to recognize the depth and breadth of her contributions, which continue to shape conversations and drive progress in the pursuit of gender equality. It is not merely an accolade for an individual but a celebration of the collective effort to balance out gender dynamics in the labor markets. May we all use this moment to move the conversation of gender equality forward».

1) Global Gender Gap Report, World Economic Forum

2) Women’s Earnings: The Pay Gap, Catalyst

3) Global Education Monitoring Report, UNESCO

4) Global Education Monitoring Report, key findings, UNESCO

5) Global Education Monitoring Report, key findings, UNESCO

6) World Employment and Social Outlook Trends 2023, International Labor Organization

7) World Employment and Social Outlook Trends 2023, International Labor Organization

8) Facts and Figures: Economic Empowerment, UN Women

9) The Motherhood Penalty, American Association of University Women

10) Global Entrepreneurship Monitor 2022/23 Women’s Entrepreneurship Report

11) Women in Management, Catalyst

12) Nobel Prize press release

CANTO L’AMORE, ORA ANCHE IN ITALIANO

A PORTOFINO ALEGGIA

UN RICORDO AD OGNI ANGOLO, CARONA HA UN POSTO D’ONORE

NEL SUO CUORE, ED OXFORD

LO HA TRAGHETTATO VERSO LA MATURITÀ: ECCO SAVORETTI, ARTISTA GIROVAGO IN CERCA

DELLA SUA STORIA.

DI MICHELLE UFFER

Voce profonda, canzoni che arrivano dritte al petto, ed un sorriso che lascia trapelare l’entusiasmo di un ragazzino. Jack Savoretti, classe 1983, è un compositore e cantante di origini italiane. La sua famiglia immigrò in Inghilterra alla fine degli anni Settanta per questioni di sicurezza, dopo che il padre fu testimone di una rapina delle Brigate Rosse. È dunque in Gran Bretagna che Jack vive la sua infanzia, rientrando però ogni estate nell’amata Portofino per le vacanze estive: «Non c’è persona che non mi conosca in quell’angolo della Liguria, vi ho tra-

scorso delle estati bellissime e sarà sempre un luogo speciale per me». Come speciale fu Carona, paese in cui Savoretti si trasferì durante l’adolescenza e dove la sua famiglia si sentì accolta e abbracciata da tutti i suoi cittadini: «Ho dei ricordi meravigliosi di quel periodo, le persone sono state davvero speciali, soprattutto con mia madre che parlava una lingua straniera e si era ritrovata sola dopo la separazione da mio padre. All’epoca frequentavo l’Istituto Elvetico a Lugano, certamente un’ottima scuola, ma non essendo mai stato un ragazzo propriamente accademico…non funzionava benis -

simo. Poi abbiamo scoperto la Scuola americana a Montagnola, e per me è stata una svolta: hanno accettato il mio estro, la mia vena artistica, e mi sono potuto concentrare maggiormente sui miei punti forti. Sarò per sempre grato alla TASIS per avermi lasciato sfruttare il mio potenziale, non obbligandomi a seguire una strada che non sarebbe stata la mia». E così inizia il suo percorso artistico, un crescendo di successi che è davvero impossibile non conoscere ed apprezzare.

Con nove album all’attivo e decine di brani incisi, c’è un singolo al quale sei più legato? «Difficile a dirsi. Probabilmente ti direi un titolo e cambierei idea tra cinque minuti. Però se mi chiedi del mio ultimo album, il brano che mi tocca maggiormente è Come posso raccontare, ed è anche il brano catalizzatore di tutto il mio ultimo lavoro, della ricerca della mia italianità, del significato che ha per me l’Italia, di ciò che mi manca del Bel Paese. Dopo la perdita di mio padre, ho sentito il forte bisogno di ritrovare una nuova identità della mia parte italiana, ed è proprio per questo motivo che mi sono imbarcato nell’avventura di studiarne e conoscerne la cultura in modo più approfondito per poter scrivere il mio primo album in lingua italiana, che è quella di mio padre». Jack da anni scrive, compone e canta, ma tiene a precisare che ogni sua creazione è il frutto di un lavoro di squadra con altre persone, sarebbe impossibile fare tutto da soli. E proprio in queste sue innumerevoli collaborazioni troviamo nomi da capogiro come Kylie Minogue, James Blunt, Bob Dylan, Shania Twain, Elisa, per arrivare anche a Natalie Imbruglia e Zucchero (ma credetemi, l’elenco è ben più folto).

Come nascono questi duetti? «Sono totalmente casuali, a volte gli artisti in questione sono miei amici, e da cosa nasce cosa. Ad esempio Natalie Imbruglia è una mia amica nonché vicina di casa, ed ha origini sicule. Quando ha saputo che stavo creando il mio primo album in italiano mi ha detto che anche a lei sarebbe piaciuto cantare un pezzo nella lingua dei suoi avi. Così, molto spontaneamente, le ho detto “Facciamolo assieme!”, e altrettanto spontaneamente lei ha accettato. Con Zucchero invece è stato diverso, l’ho conosciuto intervistandolo per la BBC, poi mi ha cercato per partecipare ad un suo tour e cantare una canzone con lui, ed io gli chiesto di poterla incidere ed inserire nel mio album. Lui ha approvato, e così abbiamo cantato assieme una delle sue canzoni storiche, Senza una donna. È stato semplicemente pazzesco».

Onestamente, non posso che dargli ragione, il duetto con Fornaciari è da pelle d’oca e sembra davvero riunire perfettamente due pezzi del puzzle della vita di Jack, il suo animo italiano unito al suo percorso britannico: «Totalmente. È raro che nella mia vita tutti i puntini si connettano in modo così sensato, ha stupito anche a me quanto tutto ciò fosse perfetto: nonostante vivessi in Inghilterra, sono cresciuto con questa canzone, e 30 anni dopo nel primo album italiano ho avuto l’onore di cantarla con Zucchero, è stato proprio figo (si può dire figo?)». La famiglia di Savoretti ha una storia incredibile, che parla di politica, di arte e come per molti italiani, d’immigrazione.

In che modo questo bagaglio ha influito sulle tue creazioni?

«Tutto influisce. Non ho mai avuto la stabilità di una casa, ho avuto una vita

scombussolata, e così sono sempre alla ricerca di una certa stabilità, con la necessità di creare qualcosa che nel momento mi dia il senso di controllo, la sensazione di avere la vita tra le mani». L’aver vissuto in vari luoghi, può dare la sensazione di sentirsi a casa ovunque, e nello stesso tempo straniero ovunque, soprattutto dovendo relazionarsi con idiomi diversi.

In che lingua pensi?

«Penso in inglese, ma ultimamente avendo scritto l’album in italiano, sogno in italiano. Dunque, se dovessi risponderti con precisione, penso 80% inglese 20% italiano».

Per anni hai composto in inglese, mentre l’ultima tua creazione è in italiano: che differenze riscontri?

«L’italiano è più poetico, molto emotivo, mentre in inglese l’emozio -

PRIMO PIANO / JACK SAVORETTI

ne è più diretta, meno favolosa. Fondamentalmente rispecchia la cultura: in Inghilterra le persone sono più dirette, l’italiano invece è più poetico, anche nel dramma o nella tristezza c’è estetica, c’è meraviglia. E questo l’ho imparato scrivendo: la lingua è essenzialmente cultura. Sembra scontato, ma solo componendo in italiano (che non è la mia lingua madre), mi sono accorto che ci sono dei modi di dire che cambiano negli anni e con la cultura del momento, ad esempio ci sono delle cose che 40 anni fa’ erano romantiche ed ora sono ridicole, o viceversa». E sempre rimanendo nella penisola, impossibile non ricordare la stupenda esibizione di Jack Savoretti che, in qualità di ospite, assieme a Diodato ha incantato il prestigioso palco di Sanremo regalandoci un momento di pura poesia.

A noi piacerebbe molto vederti all’Ariston come concorrente, cosa ne pensi?

«Non lo so (ride). Sono molto grato di essere stato ospite a Sanremo, il palco è favoloso, l’Ariston è uno spettacolo. Ma la musica competitiva credo mi dia un po’ fastidio. La competizione in generale mi da fastidio. Per questo mi sono dato alla musica e non ho continuato con lo sport».

Eri uno sportivo?

«Sì, giocavo a calcio, ho anche esordito con il FC Lugano. Una breve parentesi prima di dedicarmi totalmente alla mia passione più grande». La sua partecipazione a Sanremo rimarrà forse una nostra illusione, ma il palco del Teatro la Fenice a Venezia, quello è stato decisamente reale: «Mi do i pizzicotti ancora adesso, perché non ci credo che sia successo veramente. La Fenice a Venezia è forse il Teatro d’opera più

“Con Zucchero invece è stato diverso, l’ho conosciuto intervistandolo per la BBC, poi mi ha cercato per partecipare ad un suo tour e cantare una canzone con lui, ed io gli chiesto di poterla incidere ed inserire nel mio album. Lui ha approvato, e così abbiamo cantato assieme una delle sue canzoni storiche, Senza una donna. È stato semplicemente pazzesco”.

bello al mondo assieme alla Scala di Milano, e vi ho suonato assieme a con Kylie Minogue: era il 2018 ed è stato incredibile. Ti confesso che l’unica foto di lavoro che ho in casa rappresenta proprio quella serata». Oltre alla carriera come artista (e possiamo dirlo senza esitazioni: affermato), Jack ha anche una moglie bellissima e tre bimbi.

Che tipo di padre sei, più nordico o più italiano? «Dovresti chiederlo a loro (ride). Però sì, sto diventando sempre più italiano. Anzi, ti dirò di più, il primo sentore d’italianità l’ho avuto proprio con la mia primogenita. Mia moglie è molto inglese, e mi ha stupito come sin da subito eravamo in disaccordo su piccole questioni, ad esempio quando fuori faceva freddo io insistevo per metterle un golf, mentre mia moglie replicava dicendo di non metterglielo perché l’aria fresca fa bene. In quei momenti mi sono accorto quanto i miei nonni e mio padre, con le loro origini e l’educazione che mi hanno impartito, mi abbiano in realtà influenzato anche nel mio essere padre».

Jack Savoretti stupisce per quanta spontaneità e sincerità riesca ad infondere con le sue parole. E a dire il vero è proprio quello che ci trasmette, divinamente, anche con la sua musica.

PRIMO

La ripresa dell’attività politica autunnale: problemi e prospettive

HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:

MARIA PIA AMBROSETTI

HelvEthica Ticino

STEFANO DIAS

Verdi Liberali

AMALIA MIRANTE

Avanti con Ticino & Lavoro

MASSIMILIANO AY Partito Comunista-PC

NORMAN GOBBI

Lega dei Ticinesi

MATTEO PRONZINI

Movimento per il Socialismo

SAMANTHA BOURGOIN e MARCO NOI I Verdi del Ticino

PIERO MARCHESI UDC

LAURA RIGET e FABRIZIO SIRICA Partito Socialista-PS

Il Centro

ALESSANDRO SPEZIALI Partito Liberale Radicale

FIORENZO DADO’
TAMARA MERLO Più Donne

Sta per esordire la stagione politica 2024-25 e la dialettica partitica si troverà confrontata da incognite globali, come i nuovi equilibri originati dalla carica presidenziale in America, ed in Europa dalle consultazioni in Gran Bretagna, Francia e del parlamento di Bruxelles. Quali le strategie per interpretare le necessità del nostro cantone?

«La crescita economica della Svizzera», per Maria Pia Ambrosetti di HelvEthica Ticino, «deve affrontare una serie di sfide legate alla frammentazione geopolitica, al protezionismo e alle sempre più diffuse sanzioni commerciali che ostacolano l’accesso ai mercati esterni. D’altro canto, le forze politiche tradizionali nei Paesi dell’UE stanno perdendo legittimità poiché si concentrano sulla ricerca di capri espiatori per i problemi causati dalle loro politiche anziché sulle soluzioni. L’espansione in corso dei poteri della Commissione UE rende vana l’aspettativa di negoziati costruttivi, per cui la Svizzera rischia di subire un calo dei ricavi da esportazione. Il Ticino dovrà trovare nuovi sbocchi nei poli di crescita al di fuori dell’Europa per mantenere l’occupazione e l’attività economica».

«Effettivamente», commenta Massimiliano Ay di Partito Comunista-PC, «le dinamiche globali

DI ANDREA GRANDI

CROCEVIA DI SENSIBILITÀ SOCIALI CHE VEDONO I NOSTRI

RAPPRESENTANTI POLITICI CONVIVERE CON IL PASSATO MILLENARIO

DEL MONTE SAN GIORGIO ED UN PRESENTE ESPOSTO ALLE PROBLEMATICHE

GLOBALI, IL CANTONE TICINO APPARE UN MICROCOSMO GEOGRAFICO

DEFINITO DA FRONTIERE SENZA CONFINI. ABBIAMO CHIESTO UNA OPINIONE

SULLA IMMINENTE LEGISLATURA AD ALCUNI RESPONSABILI DI PARTITO.

influiscono, anche se indirettamente, sulla vita locale: dall’approvvigionamento energetico alla sovranità alimentare, passando dalla sicurezza. Come PC puntiamo sulla coerenza fra l’azione concreta in Ticino e la visione internazionale: dicendo No UE difendiamo i diritti del lavoro e il servizio pubblico; dicendo No NATO salvaguardiamo neutralità e pace. Viviamo un’epoca di transizione geopolitica: il declino del sistema atlantico e l’emergere del multipolarismo imporrà infatti di collocare correttamente non solo la Svizzera ma anche i suoi partiti e i suoi sindacati, poiché vi saranno ripercussioni sia economiche che sociali, senza contare il drammatico rischio di una guerra mondiale».

«Gli effetti estremi delle crisi internazionali e della globalizzazione li conosciamo anche nel nostro quotidiano», ricordano Samantha Bourgoin e Marco Noi de I Verdi del Ticino. «Liberismo nel nome dell’efficienza e massimizzazione dei profitti, che vanno a rimpolpare le tasche di pochi e hanno costi immensi a spese di cittadine e cittadini (sperpero di risorse e territorio, i danni al clima, all’ambiente e alle persone), tolgono risorse necessarie allo Stato per garantire la resilienza della nostra società. Occorre dunque ridurre drasticamente la dipendenza dall’estero in campo energetico (decarbonizza-

zione), rinforzare l’intera economia locale, investire subito nell’adattamento delle infrastrutture all’evoluzione dei mutamenti climatici e provvedere ad una ridistribuzione più equa dei redditi».

«Spesso ci concentriamo sul nostro Cantone e guardiamo alla politica del “qui e subito”, ma è essenziale elaborare strategie di lungo periodo e attuarle con attenzione a quanto avviene a livello internazionale», osserva Fiorenzo Dado’ del Centro. «Tra le sfide più importanti, con un impatto sul Ticino: la problematica dei migranti, il calo demografico, la perdita del senso di comunità dell’Occidente moderno a favore dell’egocentrismo, la fuga dei cervelli, la concorrenza tecnologica, il cambiamento climatico. Tutto ciò in un contesto in cui non si vede la comunità internazionale impegnata nella ricerca della pace. Osserviamo una situazione globale caotica, dove tali problematiche si acuiscono. Alla politica il compito di leggere la realtà ticinese anche alla luce di quanto avviene fuori dal giardino di casa».

«In un contesto globale in evoluzione, noi promuoviamo un approccio pragmatico e orientato alla sostenibilità», precisa Stefano Dias dei Verdi Liberali. «Davanti alle incertezze economiche e ai cambiamenti geopolitici, dobbiamo puntare su innovazione e collaborazione interna-

zionale per garantire sicurezza economica e ambientale. La nostra visione include la transizione verso un’economia più circolare, l’adozione di tecnologie pulite e il rafforzamento delle competenze locali. Nel nostro Cantone, invece di litigare e temere la perdita di voti, è essenziale unire le forze per realizzare riforme a lungo termine. Accontentare gli elettori con una visione a brevissimo termine non è la soluzione; dobbiamo lavorare insieme per un futuro prospero e sostenibile per tutti».

«Viviamo un periodo instabile», afferma Norman Gobbi della Lega dei Ticinesi, «complicato da eventi “multi-crisi”. Per il Ticino, la sfida è garantire stabilità, sicurezza e politiche mirate al contenimento della spesa pubblica. Ad esempio, ricorrendo alla digitalizzazione per riorganizzare l’amministrazione cantonale. Sostenere le imprese proteggendo le lavoratrici ed i lavoratori residenti. Aiutare concretamente chi è in difficoltà ed evitare abusi. Coordinare lo sviluppo del nostro territorio, comprese le zone discoste. Il clima politico non è ideale per ottenere risultati. Sinché il confronto tra soluzioni efficaci e condivise da Governo e Parlamento prevale sul dialogo, la strada oltre che in salita risulterà sbarrata. Confermo quindi il mio obiettivo: non lasciare indietro nessuno, senza perdere nessuno».

«Un ritorno di Trump alla Casa Bianca», secondo Piero Marchesi di UDC, «contribuirebbe a raggiungere una stabilità globale: un’America più concentrata sugli interessi nazionali favorirebbe una revisione delle attività della NATO e compromessi nella ricerca della pace. Ma sono situazioni dove noi svizzeri dobbiamo rimanere spetta -

tori. Evitiamo quindi di accampare scuse– prima era la crisi globale, poi il Covid-19, la crisi energetica, ecc. – e rinviare le riforme invece necessarie al Ticino, a partire dal risanamento delle disastrose finanze cantonali. Il debito pubblico già supera i 3 miliardi di franchi, cassa pensione dello Stato esclusa. I deficit sono strutturali perché si spende troppo emale. Il popolo ticinese ha ribadito ben due volte che vuole finanze sane ma non aumenti delle imposte. Lo si faccia».

«Quello che il Ticino riceve nella redistribuzione di denaro a livello nazionale (perequazione intercantonale) non è sufficiente e non corrisponde alle reali “forze” dei vari cantoni», precisa Tamara Merlo di Più Donne. «Dobbiamo chiedere di più a Berna. È indispensabile recuperare il divario con il resto della Svizzera per quanto riguarda i salari, anche perché le nostre uscite (affitti, cassa malati, prezzi al supermercato) sono uguali a quelle dei nostri connazionali. Ma soprattutto dobbiamo realizzare quei compiti che già ci siamo prefissi ormai da decenni, come garantire la parità salariare. Un’economia sana, solidale, che non aumenta le differenze fra ricchi e poveri è la ricetta per una società equilibrata, che resiste meglio anche agli sconvolgimenti esterni».

«Bisogna affrontare le sfide globali a livello locale», per Amalia Mirante di Avanti con Ticino & Lavoro. «La nostra priorità resta il lavoro. Le dinamiche internazionali influenzano la gestione locale ma si deve e si può affrontare la maggior parte dei problemi a livello regionale. Ad esempio: manca manodopera qualificata? Si può agire finanziando, con il settore privato, la riqualifica mirata dei

residenti. Inoltre, bisogna ripensare gli uffici regionali di collocamento in un’ottica di sviluppo locale. Garantire lavoro e benessere per chi vive in Ticino deve essere il nostro obiettivo principale. Pur essendo consapevoli del panorama internazionale e delle sue implicazioni, non possiamo permetterci di utilizzare questi fattori come scusa per una paralisi decisionale a livello regionale».

«Il contesto generale, già molto difficile per le salariate ed i salariati, nel prossimo periodo peggiorerà ancora di più», ricorda Matteo Pronzini di Movimento per il Socialismo. «Si pagano e si subiscono le conseguenze di decenni in cui in buona parte delle nazioni i principali partiti di sinistra hanno letteralmente perso la bussola, ammaliati da politiche neoliberiste, ubbriacature privatiste, visioni nazionaliste e pure guerrafondaie. Con la conse -

guenza, a livello elettorale, di gettare i ceti popolari nelle braccia della destra nazionalista, razzista, xenofobia e liberista. Ma vi è speranza. Quanto successo ad inizio luglio in Francia alle elezioni legislative, con la vittoria del Nuovo Fronte Popolare, e dimostra che la Sinistra quanto fa la Sinistra e non scimmiotta la destra può tornare a vincere».

«La stagione politica 2024-25 si apre con contrastanti preoccupazioni e soddisfazioni globali», per Laura Riget e Fabrizio Sirica del Partito Socialista-PS. «Negli Stati Uniti, l’escalation di violenza culminata con l’attentato a Donald Trump alimenta timori per la stabilità democratica. In Europa, le elezioni in Francia e Gran Bretagna mostrano un forte sostegno ai partiti di sinistra, segnando un’inversione di ten-

denza. In Ticino, la stagnazione dei salari e l’aumento del costo della vita sono sfide urgenti. Il PS punta sull’introduzione di un salario minimo sociale e sulla limitazione dei costi di cassa malati e dell’alloggio come priorità dell’agenda politica. Un impegno deciso su questi fronti permetterà al Cantone di superare le sfide della prossima stagione politica».

«Il nostro Paese», dice Alessandro Speziali del Partito Liberale Radicale, «non è al riparo dalla Storia e parecchi aspetti quotidiani dipendono dalle relazioni con gli altri Stati, e l’UE in particolare. In tempi di crisi, gli egoismi nazionali si acuiscono e questo di certo non aiuta –se non a livello di propaganda interna. È importante che la Svizzera sia più che determinata a promuovere i propri interessi finanziari, indu -

215x138, TW (2023_04).pdf 1 28.04.2023 17:53:41

striali e di sviluppo della ricerca, per difendere innovazione e moltissimi posti di lavoro. Centrale, soprattutto in Ticino, sarà stimolare aziende capaci di garantire il potere d’acquisto e opportunità professionali solide, combattendo una precarietà sempre più preoccupante. Dobbiamo preservare la pace sociale: economia e società non possono dividersi – come purtroppo osserviamo in vari punti del mappamondo».

La nostra passione per l'hospitality e la gastronomia ci permettono di creare ogni singolo evento secondo l'essenza di chi lo commissiona, trasformando ogni occasione in un evento indimenticabile creando un'atmosfera unica e suggestiva.

Ogni particolare viene curato nei minimi dettagli: dalla ricerca delle materie prime, alle selezioni dei vini, ai pezzi unici che compongono la mise en place, alla sala e al suo design.

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LA MIA RICETTA PER IL SUCCESSO

Quali sono a suo giudizio le dinamiche che regolano oggi il mondo dei media e quale evoluzione futura prevede?

«Stiamo attraversando un periodo molto particolare in cui è quanto mai importante capire i trend di mercato. Sono stato di recente negli Stati Uniti per un giro di incontri con i più importanti editori e direttori di testate nazionali, internazionali, locali, televisioni, siti. Ho visto alcuni giornali molto in salute e alcuni siti e sistemi in situazioni molto meno brillanti. In ogni caso siamo in una fase di totale trasformazione. Una volta c’era il giornale di carta e basta. Oggi c’è un giornale che ha un sito internet, abbonamenti, social, podcast: di tutto e di più. Ogni giorno condividiamo un proliferare di idee, di specializzazioni, di capacità e un giornalista non deve soltanto scrivere un pezzo, ma deve saper fare molte cose in più. Quindi è tutto molto più divertente ed eccitante, anche se, evidentemente, questa complessità deve essere conosciuta, interpretata e gestita».

Lei riveste un ruolo di primo piano nel mondo dell’editoria, della televisione, della carta stampata. Che significato ha oggi parlare di “giornalismo di qualità”? «Può sembrare un apparente paradosso di fronte una molteplicità di voci, non sempre adeguatamente qualificate, che affollano il mondo dei media, parlare di ricerca di un

giornalismo di qualità, coerente rispetto ai principi e ai valori etici di questa professione. Eppure, proprio la grande confusione che spesso si crea, soprattutto a causa dell’invadenza dei social media, sembra spingere in senso opposto e c’è una fascia importante di lettori, per esempio di quotidiani, sia nella loro versione cartacea che in quella on line, che ricercano e richiedono sempre più spesso un utilizzo corretto dell’informazione, e cioè accurata verifica delle fonti, qualificati approfondimenti, confronti basati su fondati argomenti e non dettati solo da preconcette opinioni. Una corretta informazione significa mettere in condizione la gente a casa di sapere veramente qual è la verità, lasciare totale autonomia ai giornalisti per andare veramente a cercare quella che è la verità. Insomma lo spazio per un buon giornalismo esi -

IMPRENDITORE, EDITORE, DIRIGENTE SPORTIVO E CAPITANO D’AZIENDA, PRESIDENTE DEL TORINO FOOTBALL CLUB, PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI RCS MEDIAGROUP

E FONDATORE DI CAIRO COMMUNICATION, È UN UOMO CREATIVO E DINAMICO CHE NEL CORSO DELLA SUA VITA

NON HA MAI AVUTO TIMORE NELL’AFFRONTARE SFIDE

CHE ALL’INIZIO SEMBRAVANO IMPOSSIBILI.

“Uno degli aspetti più caratteristici delle società odierne è la velocità, che si tratti della velocità di produzione di beni, o quella degli spostamenti, oppure la velocità nell’ambito delle relazioni sociali”.

ste ed è doveroso che abbia un credito sempre maggiore, nonostante tutti i conformismi, le semplificazioni, la disinformazione».

In che modo è possibile preservare una corretta informazione rispetto alla dilagante influenza esercita dai social media?

DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI

«Uno degli aspetti più caratteristici delle società odierne è la velocità, che si tratti della velocità di produzione di beni, o quella degli spostamenti, oppure la velocità nell’ambito delle relazioni sociali. Per questo motivo i social media sono così popolari: le notizie vengono diffuse con grande rapidità, sono in continuo aggiornamento e perciò sono uno strumento perfetto per restare costantemente aggiornati su quello che succede in ogni parte del mondo. L’immediata diffusione dell’informazione vale non solo per le informazioni valide, ma funziona naturalmente anche per la propagazione di fake news che fanno cadere le persone nella trappola della disinformazione. Riconoscere le false notizie diventa dunque non solo un “dovere” per ogni buon giornalista, imponendo un’attenta e laboriosa attività di controllo della veridicità delle informazioni, sottoponendo alla “prova dei fatti” la versione della storia che ci è stata trasmessa o cercando fonti autorevoli che la confermano (e che hanno fatto questo lavoro per noi)».

All’interno delle sue varie attività come fa a riconoscere le persone di valore e quale politica persegue per valorizzare gli autentici talenti?

«Nei giovani e meno giovani che collaborano con me ricerco soprattutto tanta curiosità, voglia di conoscere, di capire, di ascoltare la vita delle persone. E poi le competenze digitali, oggi sempre più essenziali che mai. Inoltre, bisogna sempre credere in ciò che si fa ed essere ottimisti, perché il genio è 10% talento, 90% duro lavoro».

Ha mai valutato l’ipotesi di entrare direttamente in politica?

«Mi è stato chiesto più volte di scendere in politica e non è un segreto l’offerta che qualche anno fa mi venne fatta di candidarmi per la carica di Sindaco di Milano. Ci ho pensato, ma poi ho valutato che l’impegno politico, così come quello imprenditoriale, richiede una dedizione totale, in termini di tempo come di risorse, e io sono già sufficientemente occupato nel portare avanti nel miglior modo possibile le imprese che mi vedono coinvolto».

Che cosa rappresenta per lei il mondo del calcio: passione, popolarità, investimento o che altro? «Il calcio, così come è oggi organizzato e come lo sarà sempre di più in futuro, comporta necessariamente la coesistenza di molti aspetti diversi. Nel caso mio posso dire che tutto nasce da lontano, quando da giovane cominciai a giocare in modo non professionistico a pallone. La passione coltivata nel corso degli anni per il Toro mi ha indotto a cogliere l’opportunità di acquistare quella società che è sempre stata nel cuore della mia famiglia. Quanto agli investimenti devo dire che oggi solo pochissimi club in Europa potrebbero, se anche lo volessero, sostenere i costi che una squadra di alto livello impone. Sono perciò molto contento del fatto che il mio Torino

sia in grado di competere con altre squadre italiane che hanno bilanci molte volte maggiori del nostro».

Imprenditori si nasce o si diventa? «Per diventare imprenditori penso che sia soprattutto necessario avere la capacità di trasformare le proprie passioni in imprese seguendo allo stesso modo un approccio rigoroso al business e uno slancio quasi istintivo verso sfide sempre nuove. Sotto questo aspetto la Bocconi ha svolto un ruolo fondamentale nella mia formazione perché mi ha insegnato a competere e ad affermarmi a livello internazionale. Oltre agli elementi di economia, di politica economica, di sociologia, di marketing, di organizzazione del lavoro appresi nel corso degli studi, ritengo essere stati fondamentali l’abitudine al rigore, alla disciplina, alla continuità nell’applicazione di un metodo. Durante l’università vinsi una borsa di studio e frequentai un semestre alla New York University. Quella fu un’esperienza fondamentale, anche se la passione per la comunicazione l’avevo da sempre. In famiglia leggevamo il Corriere della Sera e io compravo spesso anche La Notte perché all’epoca c’era un direttore molto bravo, Stefano «Nino» Nutrizio, capace di fare un quotidiano innovativo e popolare. La tv intanto stava crescendo ed era un

mondo che mi attirava. Negli Usa mi imbattei in una forma di comunicazione televisiva più evoluta rispetto a quella a cui ero abituato in Italia e volli approfondire quel mondo. Quando tornai in Italia pensai subito che dovevo parlare di tutto quello che accadeva in Usa, e che avevo capito, con l’imprenditore che, in quel momento, si stava muovendo di più nel settore: Silvio Berlusconi».

Infine, quali sono le doti più importanti a cui occorre fare ricorso per avere successo nella vita? «Creatività coniugata al rigore, coraggio, energia, profondo senso logico, capacità di sognare e pragmatismo. Porsi ambiziosi traguardi deve continuare a essere il pensiero guida di un imprenditore, senza mai demoralizzarsi, impegnandosi a cogliere al volo le opportunità. Immaginare nuove possibilità è un esercizio costante per me. Certamente ci sono dei momenti nei quali bisogna concentrarsi per dare concretezza e solidità a un nuovo progetto e allora non c’è più molto margine per divagare perché ci sono conti da risanare, posti di lavoro da mantenere, decisioni da prendere. Però appena le acque si calmano e la situazione si stabilizza io comincio già a pensare a quello che potrebbe essere il passo successivo».

CHI È URBANO CAIRO

Nato a Milano, Urbano Cairo è presidente di Cairo Communication e di Rcs MediaGroup (della quale è anche amministratore delegato). Poco prima della laurea nel 1981 in Economia aziendale alla Bocconi con una tesi su “La strategia finanziaria delle medie imprese industriali in fase di espansione”, entra in Fininvest dove percorre una lunga carriera manageriale diventando anche amministratore delegato di Mondadori Pubblicità. Nel 1995 il salto a imprenditore con la fondazione di Cairo Pubblicità. Nel 1999 acquisisce l’Editoriale Giorgio Mondadori, nel 2003 dà vita a Cairo Editore, oggi leader nel mercato dei settimanali, del 2013 è l’acquisizione del canale televisivo La7 e del 2016 l’Opas a seguito della quale diventa azionista di maggioranza di RCS Media Group. Dal 2005, inoltre, è proprietario del Torino Football Club.

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PRIMO

E SE ORWELL FOSSE GIÀ REALTÀ?

I RISULTATI DI UNA RICERCA SCIENTIFICA SULLA LIBERTÀ

DI ESPRESSIONE IN GERMANIA NEL 2023 SONO ALLARMANTI.

SOLO IL 40% DI UN CAMPIONE RAPPRESENTATIVO DELLA POPOLAZIONE

TEDESCA RITIENE CHE SIA POSSIBILE PARLARE LIBERAMENTE

NEL PROPRIO PAESE. IL 44% È CONVINTO CHE SIA MEGLIO ESSERE

MOLTO PRUDENTI PRIMA DI ESPRIMERSI IN PUBBLICO.

DI MORENO BERNASCONI

Un atteggiamento che studiosi e politici considerano un p ericoloso riflesso di paura, a fortiori preoccupante poiché si è andato diffondendo in modo crescente durante gli ultimi decenni e in modo esponenziale negli ultimi cinque anni. Nel 1990 - all’indomani della caduta del muro di Berlino - quasi l’80% della popolazione tedesca riteneva

ancora di poter esprimere liberamente la propria opinione politica. Oggi, la grande maggioranza dei cittadini di un Paese riunificato e teoricamente libero da più di trent’anni sembra aver paura di parlare liberamente. Come accadeva nella Germania dell’Est comunista ai tempi della sua polizia politica, la famigerata STASI. I dati pubblicati da Statista Reaserch Department il 26 marzo del 2024, focalizzati soprattutto sulla libertà di opinione politica, confermano quelli resi noti già nel 2019 dall’Istituto de -

moscopico Allensbach riguardanti la libertà di opinione in generale. «Tre quarti della popolazione – indicavano i ricercatori cinque anni fa – ritengono che bisogna fare molta attenzione ai temi su cui ci si esprime, soprattutto in pubblico e in internet». Non tanto o a causa delle leggi e relative sanzioni ma per l’ostracismo cui si rischia di andare incontro dal punto di vista sociale e professionale. «Ci sono molte leggi non scritte che determinano quali opinioni sono accettabili e quali sono tabù».

I tabù indicati dagli intervistati sono temi come gender e identità sessuale, Islam, profughi, ma anche patriottismo. Quasi il 60% degli intervistati si dichiara “infastidito” dalle regole considerate “esagerate” del politicamente corretto e la disponibilità ad adeguarvisi acriticamente sta diminuendo drasticamente. Solo il 18% (diciotto) dei tedeschi sostiene che può esprimersi liberamente in pubblico su qualunque tema senza subire sanzioni di tipo sociale e professionale. Il 58% ritiene di poterlo fare solo in famiglia e in cerchie di amici e di doversi esprimere con grande circospezione in altre cerchie. Per la maggioranza, i social media sono forieri di grande conflittualità, sono guardati con sospetto e in internet occorre esprimersi in modo molto guardingo. Il rapporto finale dei ricercatori sottolinea che presso la cittadinanza è sempre più diffusa la convinzione che sta prendendo piede un sistematico controllo sociale. Molti cittadini si sentono sotto osservazione e

giudicati e hanno l’impressione di essere sottoposti ad un processo di indottrinamento, inaccettabile in una società basata su norme condivise. Il forte disagio e la spaccatura sociale che emergono da questi sondaggi scientificamente rappresentativi è ormai oggetto di studio e di dibattito politico in Germania. Dobbiamo considerarlo e liquidarlo come un fenomeno puramente tedesco? Se la storia recente della Germania (in particolare la ferita non rimarginata del nazionalsocialismo, la riunificazione fra la Repubblica federale tedesca e la DDR e la forte immigrazione da paesi islamici, per limitarsi a questi) gioca un ruolo importante nell’attuale conflittualità sociale della Germania, basta guardare ai conflitti fuori controllo e alla recrudescenza dell’intolleranza in Francia, in Gran Bretagna, nei Paesi Bassi e in Belgio – per non parlare degli Stati Uniti - per ritenere che il problema della censura sociale del politicamente corretto, la limitazione della libertà di opinione che in molti casi è autocensura fanno da pericoloso detonatore ai già profondi conflitti economici, sociali e culturali delle nostre, sempre più fragili, democrazie occidentali. Se si ritiene che i dati rilevati in Germania costituiscano un segnale preoccupante di indebolimento della libertà di espressione - pilastro di una libera convivenza democratica - ormai riscontrabile in tutti i Paesi occidentali, è opportuno e urgente porsi alcune domande. Qual è la legittimazione democratica del politicamente corretto e di chi lo definisce? È lecito che l’opinione dominante di alcuni censori limiti l’opinione di una maggioranza? È saggio che a determinare le regole della libera espressione siano non tanto le leggi (che sanzionano giu -

“Quasi il 60% degli intervistati si dichiara “infastidito” dalle regole considerate “esagerate”
corretto

del politicamente

e la disponibilità ad adeguarvisi acriticamente sta diminuendo drasticamente. I tabù indicati dagli intervistati sono temi come gender e identità sessuale, Islam, profughi, ma anche patriottismo”.

stamente reati e comportamenti inaccettabili) ma una morale di parte dettata da un gruppo di censori? Il processo di censura e di modifica politicamente corretta non solo dell’opinione ma della lingua stessa e della Storia è già a tal punto sviluppato nei Paesi occidentali che non si può non ripensare agli scenari autoritari della società del controllo prefigurati da George Orwell. Il suo romanzo distopico “1984”, ci appare oggi per certi versi tremendamente reale. Prendiamo ad esempio ciò che Orwell considera lo strumento privilegiato del controllo sociale, ovvero la creazione di una nuova lingua politicamente corretta, la Neolingua: «In neolingua l’espressione di opinioni eterodosse era praticamente impossibile. E gran parte della letteratura del passato era già stata emendata in questo senso. Numerosi scrittori come Shakespeare, Milton, Swift, Byron, Dickens e altri stavano subendo il trattamento della traduzione ideologica. Una volta che tale lavoro fosse stato completato, i loro scritti originali, assieme a tutto ciò che sopravviveva della letteratura del passato, sarebbero stati distrutti. (…) Se i fatti negano il Socing (l’ideologia dominante, NdR), allora bisogna cambiare i fatti. In tal modo la Storia viene continuamente riscritta. Se poi si deve dare un nuovo ordine a ciò che si ricorda o falsificare i do -

cumenti scritti, diviene necessario dimenticare di aver agito in quel modo. Si tratta di uno stratagemma che può essere appreso come qualsiasi altra tecnica mentale. Certamente lo apprendono quasi tutti i membri del Partito e tutte le persone intelligenti e perfettamente osservanti dell’ortodossia». «Fine specifico della neolingua - ammonisce George Orwell - non era solo quello di fornire un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero» (G. Orwell, 1984; Appendice, I principi della Neolingua). Se riteniamo che proprio della democrazia non sia la promozione di un pensiero unico (e di una lingua unica) definiti moralmente corretti da una nomenklatura al potere bensì la diversità delle opinioni, la libertà di esprimerle in società e in politica nel rispetto di quelle altrui senza subire ostracismi e intolleranza ed anche la libertà di contestazione (civile ma se necessario decisa) di chi sta al potere, allora occorre mettere a tema di approfonditi dibattiti pubblici il rischio reale di una deriva autoritaria delle nostre democrazie. Le enormi possibilità di controllo e di manipolazione della realtà e degli individui che permettono algoritmi e intelligenza artificiale rendono questo dibattito pubblico ancora più urgente.

La nostra linfa vitale nasce dal territorio

ESSERE DIRETTORE ARTISTICO

DI UN TEATRO, PICCOLO O GRANDE CHE SIA, È UN MESTIERE MOLTO COMPLESSO. UN’ATTIVITÀ

A FORTE CONTENUTO CREATIVO

PER LA QUALE SONO NECESSARIE

DOTI NON COMUNI: SUA LA RESPONSABILITÀ DI DELINEARE

LA PROGRAMMAZIONE ARTISTICA

CHE SERVE A COMUNICARE LA SPECIFICA IDENTITÀ DEL TEATRO

E A DEFINIRE UNA LINEA DI AZIONE PRATICA E ARTISTICA

CHE SERVIRÀ A SELEZIONARE

IL CARTELLONE DELLA STAGIONE. IL RACCONTO DI QUESTO

ENTUSIASMANTE IMPEGNO NELLE

PAROLE DI CARMELO RIFICI, DIRETTORE ARTISTICO DEL LAC

DI DONATELLA REVAY

Il Direttore artistico si avvale della collaborazione di una molteplicità di altre professioni specialistiche e tecniche, dai registi ai direttori di produzione, agli sceneggiatori, ai tecnici, oltre ovviamente agli attori, ai cantanti, ai ballerini, a chiunque si esibisca su

un palco. Un team che deve essere coordinato e marciare all’unisono. Nell’ideazione e nella pianificazione della programmazione di un evento è imprescindibile inoltre definire le risorse necessarie. Tutte competenze che necessitano di un lungo iter e di una larga esperienza, ma che da sole non bastano. Ci vuole un grande slancio e tanta passione!

Leggendo tra le righe del suo breve passato pare di capire che da sempre il teatro sia stata una sua passione. È così?

«Nel mio caso, oltre alla passione, ritengo che abbia influito una sorta di DNA familiare perché mio nonno, che era siciliano e in realtà faceva il capomastro, durante il periodo primaverile ed estivo era regista, autore e interprete di una compagnia di teatro con cui girava la Sicilia e la Calabria. Nonostante io fossi molto piccolo, mi ha trasmesso il suo amore per la poesia, il teatro e la teatralità in genere, che ho coltivano fin dalle scuole superiori. Già allora mi legavo ai gruppi giovanili che facevano teatro nel paese in cui sono diventato adulto. Nel tempo la mia passione è cresciuta al punto che ho deciso di farla diventare il mio lavoro».

Faceva teatro lei stesso?

«Sì, e non ho mai avuto grossi dubbi sulla scelta, anche se solo più tardi ho compreso cosa significasse veramente per me il teatro. Per me, vuol dire essere in un posto, un luogo più mentale che fisico - che qualcuno

chiama “casa” in quanto luogo di appartanenza e identità - con persone che mi sono vicine nel lavoro quotidiano e condividono le mie idee e passioni. Durante l’infanzia e l’adolescenza ero piuttosto inquieto e non riuscivo a capire come stare al mondo ed è grazie al teatro che finalmente ci sono riuscito».

Data l’enormità delle proposte, come sceglie ogni anno il filo conduttore della stagione, quindi il cartellone?

«Quello che porti in un teatro in realtà non è altro che una lettura di quello che sta succedendo a livello mondiale, cui si deve prestare una grande attenzione. Preparare una stagione artistica significa scegliere testi che, attraverso gli strumenti che hai a disposizione sappiano trasmettere al pubblico le differenti anime che si agitano nel mondo della cultura, cercando di far comprendere la complessità del nostro presente. Scelgo di programmare testi e compagnie ponendomi l’obiettivo di portare al pubblico di Lugano proposte diverse che rappresentino anime differenti, proponendo nella stessa stagione un’offerta variegata fatta di teatro, performance, danza - disciplina a cui mi riprometto di dare sempre più spazio - che rispetti la visione che ho dell’umanità, fat-

ta di tanti individui che hanno diversi modi di pensiero e di affrontare la vita. Una complessità che non significa complicazione. Una ricerca che mi fa individuare alcuni “fil rouge”, che fondamentalmente sono le domande che mi pongo nel corso dell’anno, e che mi portano a pormi poi la “domanda” con la D maiuscola, che diventerà il tema conduttore dell’anno successivo».

Come avviene la selezione delle varie proposte?

«Non sono solo, con me c’è un tavolo di lavoro, persone che mi accompagnano. Viaggiamo, conosciamo gli artisti, con alcuni di loro creiamo legami duraturi. Si deve avere piena fiducia negli artisti che si scelgono. La difficoltà ovviamente deriva dalla vastità dell’offerta del panorama culturale sia locale sia internazionale. In ogni caso l’obiettivo è quello di profilarsi e di creare quella stagione che in qualche maniera ti somiglia molto, che rispecchia il tuo modo di pensare».

Secondo lei qual è il primo compito di un direttore artistico?

«Lavorare per la propria città, non per se stessi. Il teatro non è l’identificazione del direttore artistico e il direttore artistico non deve dire di essere lui a dirigere quel teatro. Perché quel teatro in realtà è diretto dalle esigenze della città, quindi dai suoi cittadini. Nel caso del LAC poi con “Città” ci si riferisce ad un territorio un po’ più vasto di Lugano, che comprende sicuramente il Sottoceneri e gran parte del resto del Ticino».

Quali aspetti del teatro sono le più congeniali?

«A me piace molto il teatro di regia, che attraverso il testo guarda alla complessità dell’umanità. Ho sempre ritenuto quel teatro molto importante: nasce nell’antichità e attraverso la letteratura, la parola e il corpo in scena, cerca in tutti i modi di rispondere alle grandi domande che l’umanità si pone».

Vista la difficile realtà odierna, può essa in qualche modo influire sul cartellone e sul genere di spettacoli?

«Se pensiamo al mondo sconquassato che c’è in questo momento, tra le guerre e tutto il resto, nel cartellone e nelle scelte dei testi che rappresentiamo c’è sicuramente un nesso anche soltanto metaforico, non per forza una visione della cronaca. Si scelgono dei testi, dei temi che in qualche modo guardano a quello che sta succedendo.

Negli ultimi anni abbiamo os-

servato da vicino le sfide della modernità che si stanno attuando, non tanto nel campo della cultura ma soprattutto delle scienze, della tecnologia, dell’intelligenza artificiale, nella scienza informatica e informativa, nella comunicazione. Tra i cambiamenti epocali infatti ci sono i social network e la loro influenza, strumenti utili, ma che possono presentare anche derive pericolose.

Il teatro deve prendere in considerazione queste evoluzioni, non può fingere che non esistano poiché anch’esso diventa un luogo in cui la domanda è complessa e, con i tempi dovuti, va indagata a fondo. Ecco perché ultimamente il mio rapporto con la scienza e le attività scientifiche e tecnologiche è diventato molto importante».

Un esempio di teatro con queste caratteristiche?

«Processo Galileo, tre storie legate alla figura di Galileo Galilei, tra scienza e coscienza, per indagare la nostra contemporaneità, è una nostra produzione a cui tengo molto, che ha girato tantissimo e che continua ad avere molto successo.

Uno spettacolo che non solo ha messo in evidenza in che modo la scienza si è mossa dal ‘600 a oggi, ma che ha generato tutta una serie di domande, eventi, conferenze, incontri con gli studenti e con gli artisti, scambi di idee e dibattiti. Un plusvalore di cui lo spettacolo in sala è stato il punto di partenza, con l’argomento specifico indagato in profondità. Ci siamo posti numerose domande: qual è il potere della scienza oggi, che legame c’è tra scienza e potere, tra scienza e politica, in che modo la scienza gestisce i suoi rapporti con le attività economiche del mondo».

Quali sono le grandi domande e le sfide che oggi il teatro si pone?

«Il LAC se ne pone tante, soprattutto dal punto di vista di cosa sarà il teatro nel futuro. Può esistere un legame tra tradizione e innovazione? È possibile fare una sintesi tra le due cose? Abbiamo passato dieci anni a costruire le basi del LAC e adesso che la struttura è solida possiamo cominciare anche a immaginare quello che ancora non abbiamo. Ad esempio, una seconda sala più piccola che ci possa permettere di sperimentare. Immaginiamo anche un rapporto più importante con la musica. Avendo adesso Andrea Amarante come direttore del settore musica, potremo sviluppare molto di più la produzione musicale, cosa che fino ad ora non era stata possibile perché non avevamo spazi sufficienti.

Vorremmo poi dare più spazio alla danza, che sta avendo tanto successo, anche con un progetto che permette la coproduzione con le più importanti compagnie di danza. Il

CHI È CARMELO RIFICI

Classe 1973, Laureato in Lettere, si diploma allo Stabile di Torino ed è regista collaboratore di Luca Ronconi. Dal 2014 è direttore artistico di LuganoInScena. Dal 2020 è direttore artistico di LAC Lugano Arte e Cultura per cui firma progetto e regia di Macbeth, le cose nascoste, di cui è anche autore con Dematté; Le relazioni pericolose, scritto con Livia Rossi; La traviata di Verdi diretta da Markus Poschner; Processo Galileo, co-diretto con Andrea De Rosa; Ulisse Artico, coprodotto dal Teatro Biondo di Palermo; Anna Bolena di Donizetti diretta da Diego Fasolis; La pulce nell’orecchio, di cui cura traduzione, adattamento e drammaturgia insieme a Tindaro Granata, nella terna degli spettacoli finalisti al Premio Hystrio Twister 2024 anno in cui dirige De Gasperi: l’Europa brucia scritto da Angela De -

matté, finalista al Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2024 in tre categorie. Dal 2015 dirige la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano. Nel 2005 vince il Premio della Critica come regista emergente, nel 2009 il Premio Eti Olimpici del Teatro come regista dell’anno, il Premio della Critica, il Golden Graal ed è nelle nomination dei Premi Ubu come regista, il Premio Enriquez per la stagione teatrale di LuganoInScena (2015) e per la regia di Ifigenia, liberata (2017), il Premio I nr. Uno della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera per il suo lavoro al LAC (2019). Nel 2021 il Premio Radicondoli per il teatro, lo dichiara Maestro; vince il Premio Hystrio Digital Stage e il Premio speciale Ubu per il progetto digitale Lingua Madre. Capsule per il futuro, ideato con Paola Tripoli.

festival internazionale di danza contemporanea Lugano Dance Project, che recentemente ha trasformato la città in una grande vetrina per artisti e operatori delle arti performative provenienti da tutto il mondo, continua ad avere un bel successo dandoci grandi soddisfazioni».

Quale ruolo attribuisce alle produzioni locali?

«Un ruolo fondamentale perché la linfa vitale nasce dal territorio. Avere artisti e produzione del territorio significa avere innovazione e creatività e propulsione di idee, che partono da qua verso il mondo.

La chiave di lettura del teatro che si aveva prima dell’apertura del LAC a Lugano, dove gli spettacoli arrivavano per un solo un giorno e se ne andavano, era del tutto sbagliata. Oggi il concetto è diverso: gli spettacoli

nascono qua, vengono pensati per chi è qui, poi partono e tornano. Un’idea che secondo me ha creato una forza lavoro e indotto sul territorio.

Cosa vorrebbe dire ai luganesi?

«Mi interessa molto che il pubblico e il territorio capiscano, e sono convinto che abbiano capito, quanto il progetto LAC sia fondamentale per lo sviluppo di una cultura territoriale e per il cambiamento e l’emancipazione del territorio, anche proprio per lo sviluppo del pensiero. Il progetto LAC, anche se siamo piccoli, veramente piccoli ma siamo comunque una bella squadra, ha portato Lugano ad essere un punto di riferimento nel panorama della cultura internazionale. Ora arriviamo a realizzare coproduzioni anche in America, sia negli Stati Uniti sia in Canada, oltre che in tutta Europa».

01

La pulce nell’orecchio

© LAC Lugano Arte e Cultura

Ph: Luca Del Pia

02

Processo Galileo

© LAC Lugano Arte e Cultura

Ph: Masiar Pasquali

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Anna Bolena

© LAC Lugano Arte e Cultura

Ph: Masiar Pasquali

04

De Gasperi, L’Europa brucia

© LAC Lugano Arte e Cultura

Ph: Tommaso Le Pera

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Quiet Light

© LAC Lugano Arte e Cultura

Ph: Mathilda Olmi

YVES KLEIN e ARMAN Le Vide et Le Plein

LA COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI PRESENTA DAL 22 SETTEMBRE AL 12 GENNAIO 2025

“YVES KLEIN E ARMAN. LE VIDE ET LE PLEIN”, UN PROGETTO ESPOSITIVO INEDITO CHE METTE A CONFRONTO PER LA PRIMA VOLTA L’OPERA DEI DUE ARTISTI FRANCESI ESPONENTI DI PUNTA DEL CELEBRE MOVIMENTO DEL “NOUVEAU RÉALISME”. LA MOSTRA, A CURA DI BRUNO CORÀ, È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON LA FONDAZIONE YVES KLEIN DI PARIGI. IL CONCETTO DELL’ALLESTIMENTO È FIRMATO DA MARIO BOTTA

Nativi entrambi di Nizza e a lungo sodali negli anni della loro gioventù, Yves Klein (Nizza, 1928-Parigi, 1962) e Arman (Nizza, 1928-New York, 2005) sono stati i protagonisti di un’intensa stagione dell’arte europea e internazionale di grande innovazione. In un affascinante “faccia a faccia” tra sessanta lavori,

il percorso espositivo mette in luce, per la prima volta, due aspetti antitetici e complementari della poetica dei due maestri, ovvero L e Vide e Le Plein: queste due entità scelte da Yves Klein e da Arman per orientare la propria azione artistica trovano una definizione trasversale a epoche e culture, toccando discipline diverse, dalla fisica alla filosofia, dalla poesia all’immaginario popolare. Per Klein L e Vide, in quanto qualità spaziale, si identifica anche con la dimensione poetica di “immaterialità” verso cui tende tutta la sua vicenda artistica, influenzata dalla filosofia Zen. Attraverso il concetto di Le Plein Arman esalta, invece, l’oggetto frutto della produzione industriale e ne duplica la presenza fisica fino alla saturazione. Se Klein nel 1958 per la sua storica mostra Le Vide alla galleria di Iris Clert a Parigi lascia gli spazi espostivi completamente vuoti, come la sukiya, la “stanza del tè” giapponese, due anni più tardi con la mostra Le Plein Arman mette in atto, nella stessa galleria, un’operazione di segno opposto. L’artista riempie infatti lo spazio di detriti, oggetti e vecchi mobili, trasformandolo in una vetrina che il pubblico può osservare solo dall’esterno.

«Se Klein con Le Vide opera un’innovativa contaminazione tra la cultura orientale e quella occidentale, aprendo un nuovo capitolo della sensibilità verso la realtà, Arman, con l’accumu-

lazione di oggetti e rifiuti della realtà urbana sembra voler enfatizzare l’importanza dell’oggetto e il processo della quantificazione produttiva, portandolo alle estreme conseguenze della saturazione, quasi profetizzando le società consumistiche e del surplus dell’intero Occidente, e non solo» spiega il curatore Bruno Corà a proposito di Le Vide et Le Plein Nella mostra, le poetiche opposte e complementari legate a Le Vide et Le Plein prendono forma in un dialogo frontale tra il linguaggio di Klein e Arman. L’allestimento disegnato e curato da Mario Botta accompagna il confronto tra le opere dei due artisti, presentate in due percorsi paralleli negli spazi poligonali, simili ad absidi, della Collezione Olgiati. Il versante dedicato a Klein si apre con un ciclo di monocromi che coprono in maniera esemplare la fase “storica” dell’intensa stagione del monocromatismo. Oltre a dipinti declinati nel celebre blu, come i due Monochromes bleu sans titre (IKB 38) e (IKB 246), in questo nucleo di lavori, realizzati dall’artista tra il 1955 e il 1959, spiccano anche monocromi del giallo, del rosa e del bianco, fino a Monochrome or sans titre (M 59), realizzato in foglia d’oro su vetro. Forme, materiali e tecniche che caratterizzano la ricerca di Klein sono restituiti, in mostra, da diversi altri gruppi di lavori, come le Antropometrie, im-

pronte dei corpi di modelle cosparse di pigmento puro blu e resina sintetica su carta e su tela, su cui imprimono quella che l’artista definiva una “traccia di vita”. La mostra a Lugano ne presenta cinque esempi, realizzati nel 1960, tra cui si distinguono l’Anthropométrie sans titre (ANT 7) e l’opera Monique (ANT 59). L’eco delle meditazioni cosmologiche giovanili di Klein risuona invece nelle Cosmogonie – in cui le differenti elaborazioni a base di pigmento puro blu e leganti consegnano allo sguardo impronte di fenomeni naturali quali il sole, il vento o la pioggia come, ad esempio, in Cosmogonie pluie (COS 22) del 1961. La tela è per Klein un campo aperto, su cui lasciar agire non solo corpi e agenti atmosferici, ma anche elementi primigeni come il fuoco, principio che l’artista definisce “autentico e contradditorio”, e di cui ricerca la manifestazione come “essenza dell’immediato”. In mostra sono presentati cinque lavori dalla serie delle Peintures de Feu Couleur e Peinture de Feu sans titre (F 13) creati tra il 1961 e il 1962 e realizzati in pigmento puro e resina sintetica bruciati su cartone. Inoltre sono presenti tra le opere monocrome a base di spugne la Scultpure Éponge bleue sans titre (SE 263) e il Relief Éponge Fa (RE 31). Sapienza tecnica e aspirazione verso l’immateriale si fondono, infine, nella poetica Excavatrice de l’espace

(S 19), realizzata da Klein insieme allo scultore Jean Tinguely. Se alimentata elettricamente, l’opera, costituita da un disco di legno, raggiunge velocità altissime e genera un alone che evoca l’idea dell’immaterialità del Blu. Ai lavori incorporei e impalpabili di Klein rispondono, nel percorso espositivo, i cicli di opere che danno sostanza all’idea di Le Plein di Arman, idea che prende le mosse dall’interesse dell’artista verso gli oggetti. Oggetti di cui inizialmente l’artista raccoglie le impronte nei Cachet – lavori creati obliterando timbri inchiostrati su carta o pannello - e, in seguito, nelle Allures d’objets, 1958. Nel 1959 Arman inizia a realizzare le Accumulations e le Poubelles, lavori costituiti da rifiuti inscatolati in teche di plexiglass. Egli si considera così l’interprete di un’epoca dominata dalla società dei consumi e che, come afferma l’artista, “in circa mezzo secolo ha prodotto più oggetti che nei cinquantamila anni precedenti”. Dai rasoi elettrici, alle lampadine di automobile (Fiat pas Lux II ), dalle mani di bambole (Les mains) fino agli ingranaggi di orologi: gli oggetti più diversi si “accumulano” in contenitori di plexiglass e teche di legno in questa serie di opere. Dalla collaborazione con la casa automobilistica Renault nascono poi le Accumulations realizzate con parabordi di automobili gialle, come Les ailes jaunes – Accumulation Renault n. 105 del 1967. Come Klein, anche Arman

impiega nelle sue opere il fuoco, forza distruttiva e creatrice al contempo. Nel percorso della mostra, alla Peinture de Feu di Klein corrisponde e si oppone l’opera Senza titolo, 1969, realizzata da Arman con un violino bruciato e conservato nella resina, in plexiglass. Non si possono passare sotto silenzio, peraltro, sia il Cello, 1962, “coupée” di un violoncello sezionato su tavola, sia Antonio e Cleopatra, 1966, “colère” di due violoncelli fatti a pezzi e composti su tavola. La mostra trova il suo contrappasso ideale in un’affascinante mise en abyme con il Premier portrait-robot d’Yves Klein, le Monochrome in cui Arman ritrae Klein sotto forma di un’attorcigliata accumulazione di indumenti, carte e libri di Bachelard raccolte nel plexiglass e a cui Klein “risponde” con il Portrait relief d’Arman, ritratto a rilievo di Arman in pigmento puro: nudo come una statua antica, l’artista è proiettato in una dimensione altra, nella purezza del blu assoluto.

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Yves Klein

Anthropométrie sans titre (ANT 7) 1960 ca.

Collezione privata

© Succession Yves Klein / 2024, ProLitteris, Zürich

02

Arman

Antonio e Cleopatra (Colère) 1966

Coll. Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano

Ph: © Studio Pagi, 2024

© Arman Studio Archives New York / 2024, ProLitteris, Zürich

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Yves Klein

Sculpture Éponge bleue sans titre (SE 263)

1960 ca.

Coll. Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano

© Succession Yves Klein / 2024, ProLitteris, Zürich

IMMAGINI DI UN VIAGGIO LUNGO UNA VITA

A POCO PIÙ DI TRENT’ANNI DALLA SUA PREMATURA SCOMPARSA, IL MASI LUGANO DEDICA DALL’8 SETTEMBRE FINO AL 26 GENNAIO 2025 UNA IMPORTANTE MOSTRA AL FOTOGRAFO ITALIANO LUIGI GHIRRI (SCANDIANO, 1943 - REGGIO EMILIA, 1992).

Figura pionieristica e influente pensatore della fotografia e del suo ruolo nella cultura moderna, negli anni Settanta e Ottanta Ghirri ha creato un corpus di opere senza eguali nell’Europa del suo tempo: una riflessione giocosa, poetica e profonda sul mezzo fotografico.

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Marina di Ravenna 1972

C-print, vintage print

CSAC, Università di Parma

Ph: © CSAC, Università di Parma.

© Eredi di Luigi Ghirri

02 Rimini 1977

Lambda print, new print (2022)

Eredi di Luigi Ghirri

Courtesy Eredi di Luigi Ghirri.

© Eredi di Luigi Ghirri

Il progetto espositivo al MASI racconta la fascinazione di Ghirri per il viaggio - sia reale che immaginario. Attraverso un’accurata selezione di circa 140 fotografie a colori, per lo più stampe vintage degli anni

un luogo. Il percorso espositivo al MASI si svolge attraverso un allestimento tematico fluido, in cui il pubblico è in-

Settanta e Ottanta provenienti principalmente dagli Eredi di Luigi Ghirri e dalla collezione dello CSAC di Parma, la mostra offre al pubblico l’occasione di scoprire non solo gli scatti più noti, ma anche quelli meno conosciuti. Fin dai suoi primi progetti, all’inizio degli anni Settanta, Ghirri si è ispirato al viaggio, sia come concetto che come fonte di immagini, dalle gite domenicali nei dintorni della sua città natale, Modena, che egli definiva “avventure minime”, fino ai viaggi verso le mete turistiche più frequentate. Ghirri ha inoltre indagato l’idea stessa di viaggio attraverso fotografie di mappe, atlanti, pubblicità per il turismo e cartoline, nonché di turisti che si godono il panorama in vacanza. Le sue fotografie suscitano una riflessione sul modo in cui la fotografia sia arrivata sempre più ad inquadrare e condizionare l’esperienza di

vitato a stabilire liberamente pause, collegamenti e connessioni tra pensieri e immagini. È una scelta, questa, in cui risuona l’approccio di Ghirri verso un’opera fotografica concepita come viaggio che continua oltre la singola fotografia e richiede il ruolo critico e l’interpretazione di chi la osserva. Terminata la visita, l’invito è quindi a percorrere l’itinerario della mostra anche a ritroso, ubbidendo a quelli che Ghirri definiva gli “strani grovigli del vedere”. Fin nelle fotografie scattate nei primi brevi viaggi all’inizio degli anni Settanta nelle città dell’Emilia Romagna in Italia settentrionale o in Svizzera, Luigi Ghirri è attratto da immagini “trovate” nell’ambiente quotidiano, come manifesti e cartoline. Una selezione di questi “Paesaggi di cartone” apre il percorso della mostra al MASI dimostrando

come dei cartelloni pubblicitari possano trasportare un’esotica cascata tra le montagne svizzere o un panorama alpino a Reggio Emilia o, ancora, un mare scintillante a Modena. Con la loro asciutta presenza, questi paesaggi effimeri raccontano l’ubiquità dell’immagine fotografica negli spazi odierni: «La realtà in larga misura si va trasformando sempre più in una colossale fotografia e il fotomontaggio è già avvenuto: è nel mondo reale», scriveva Luigi Ghirri nel 1979, evidenziando già allora, con un’analisi precorritrice dei tempi odierni, il rischio di uno svuotamento di senso, «una strana forma di depauperazione sensoriale» legata all’iperproduzione di immagini. Alla profondità di un nitido pensiero critico Ghirri associava l’attrazione verso i luoghi che esemplificano le complesse relazioni della fotografia con la realtà, come nella serie di fotografie ln Scala , realizzate a più riprese (tra il 1977 e il 1978, e nel 1985) nel parco a tema Italia in Miniatura a Viserba (Rimini). La sua fascinazione per le duplicazioni e le moltiplicazioni della realtà trova qui l’ambiente ideale: le Dolomiti, il Grattacielo Pirelli e la Basilica di San Pietro a Roma possono essere visitati in un rapido tour in cui storia e geografia sono fortemente compresse. ln mostra, una selezione di immagini più esplicitamente dedicate al viaggio raffigura persone in vacanza: il panorama a Hergiswil in Svizzera,

uno scivolo e una giostra vuoti al Lido di Spina, un ombrellone ad Orbetello, piccoli specchi in cui controllare il proprio aspetto a Marina di Ravenna Sono, queste, immagini di calma silenziosa, in cui raramente accade qualcosa. La fotografia di una coppia che gioca a tennis sulla spiaggia sarebbe insignificante, se non fosse per la pallina poggiata proprio sulla linea dell’orizzonte, là dove il mare incontra il cielo, a Île-Rousse in Corsica. «Ciò che è decisivo per Ghirri non è un momento nel tempo, ma la sua distillazione» osserva il curatore James Lingwood. Una sezione intitolata Viaggi in casa comprende la serie Atlante (1973), con dettagli ravvicinati di mappe che Ghirri ha tratto dal suo atlante, “luogo” che per lui descrive tutti i viaggi possibili. A queste immagini si aggiungono quelle di Identikit (19761979), un autoritratto privato del fotografo composto da fotografie degli scaffali della sua libreria che mostrano i dorsi dei suoi libri, dischi, mappe, cartoline, ninnoli e souvenir. Per tutti gli anni Ottanta, Ghirri viaggia in quasi tutta Italia, realizzando diversi servizi per enti turistici e per il Touring Club Italiano. ln questo periodo, il passaggio a una macchina fotografica di medio formato porta maggiore profondità e chiarezza e colori più vivaci alle sue fotografie, anche se continua a inquadrare i panorami nello stesso modo tranquillo e misurato. Destinati a un vasto pubblico, questi lavori su commissione combinano le immagini stereotipate del genere divulgativo con altre più insolite e particolari. Così, ad esempio, all’interno del libro Capri (1983) Ghirri ritorna più volte su un particolare ben noto ai turisti, i celebri Faraglioni. Dalla composizione classica alle vedute in cui le rocce si fram -

mentano in specchi, fino alla loro riproduzione su una mappa dipinta su ceramica, i diversi modi in cui Ghirri fotografa questa immagine turistica simbolica rivelano la sua delicata sovversione del genere. «Se le fotografie ‘di viaggio’ di Ghirri sembrano talvolta affini alle foto scattate dai turisti, sono tuttavia sempre diverse. Non mira a creare una raccolta di momenti memorabili, né a sottolineare la bellezza o l’importanza di un luogo, ma a costruire un quadro riflessivo di una cultura definita e modellata dalle immagini e dalle loro creazioni» conclude James Lingwood. Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo in due edizioni separate (italiano e inglese) con testi di Tobia Bezzola, James Lingwood e Maria Antonella Pelizzari pubblicato da MACK.

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Alpe di Siusi 1979

C-print, new print (2001)

Eredi di Luigi Ghirri

Courtesy Eredi di Luigi Ghirri. © Eredi di Luigi Ghirri.

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Versailles 1985

C-print, vintage print

Collection Massimo Orsini, Mutina for Art

Ph: Massimo Orsini, Private Collection.

LA NUOVA STAGIONE DI MUSICA CLASSICA, CHE SEGNA IL PASSAGGIO DALLA FONDAZIONE LUGANOMUSICA AL LAC, INIZIERÀ GIOVEDÌ 12 SETTEMBRE 2024 E FINO AL 16 GIUGNO 2025 OSPITERÀ I MIGLIORI INTERPRETI IN UN CALENDARIO DI OLTRE CINQUANTA APPUNTAMENTI TRA CONCERTI SINFONICI, DA CAMERA, RÉCITAL, RASSEGNE DEDICATE, INCONTRI DI APPROFONDIMENTO E MUSICA CONTEMPORANEA. CE NE PARLA IL MAESTRO ETIENNE REYMOND CHE DOPO UN DECENNIO DI DIREZIONE ARTISTICA LASCIA IL SUO INCARICO CON UN BILANCIO POSITIVO DI QUESTA ESALTANTE AVVENTURA.

DIECI ANNI di grande musica

Maestro, con quali sentimenti si accinge ad inaugurare questa sua decima stagione alla guida di LuganoMusica?

«Con animo pieno di legittima soddisfazione perché penso di aver raggiunto quasi tutti gli obiettivi che mi ero prefissato all’inizio del mio mandato. Credo che i diversi programmi presentati nel corso degli anni siano riusciti ad offrire una significativa panoramica della storia della musica, da quella di molti secoli fa a quella contemporanea. Abbiamo avuto a Lugano, e non era affatto scontato, tutte le più grandi orchestre e i più

importanti direttori, i solisti e gli interpreti più prestigiosi. E poi, altro punto qualificante del progetto portato a temine, siamo riusciti a creare intorno al cartellone vero e proprio dei concerti tutta una serie di eventi, incontri, conversazioni, approfondimenti e tante altre iniziative che ritengo abbiano contribuito ad avvicinare la popolazione, di ogni età, professione e condizione sociale, allo straordinario mondo della musica».

Agli inizi del suo mandato, nella nostra prima intervista, parlammo di Lucerna e del suo Festival come un modello a cui guardare. A che punto siamo oggi?

«Ricordo benissimo quel riferimento e posso dire che Lugano presenta oggi una stagione musicale di livello assolutamente internazionale. Certo, altre città vantano una tradizione pluridecennale che conta in termine di prestigio e di attrattività nei confronti di orchestre, direttori e artisti di fama. Ma Lugano ha acquisito in questi anni un indubbio prestigio e un riconoscimento assolutamente meritato. Di questo sono grato, oltre che a tutti i collaboratori che nel corso di questi anni hanno condiviso con me questa affascinante sfida. Il mio ringraziamento va naturalmente alla Fondazione LuganoMusica che dieci anni fa mi propose di assumere questa Direzione accogliendomi in terra ticinese. Ringrazio anche la Città di Lugano per l’importante contributo annuale, il Cantone e tutti gli sponsor. Ora LuganoMusica entra a far parte del LAC con la creazione di un settore dedicato alla musica classica. Un passaggio fortemente voluto dalla Città di Lugano, principale finanziatore di entrambe le realtà, e condiviso dalla Direzione del LAC, come compimento definitivo del progetto di un centro culturale multidisciplinare e come naturale conseguenza dell’imminente nascita della Città della musica nel quartiere di Besso».

Quali sono i più importanti appuntamenti in cartellone per la stagione 2024-25? «Innanzitutto la stagione si apre il 12 settembre con la Tonhalle Orchester Zürich diretta da Paavo Järvi con il giovane e acclamato violoncellista Sheku Kanneh-Mason. Di grande impegno il programma previsto, con il Concerto per violoncello e orchestra n. 1 di Dmitrij Šostakovic, seguito dalla Sinfonia n.

“Credo

che i diversi programmi presentati nel corso degli anni siano riusciti ad offrire una significativa panoramica della storia della musica, da quella di molti secoli fa a quella contemporanea. Abbiamo avuto a Lugano, e non era affatto scontato, tutte le più grandi orchestre e i più importanti direttori, i solisti e gli interpreti più prestigiosi”.

1, Il Titano, di Gustav Mahler. Tra le grandi orchestre invitate spicca poi, il 19 novembre, Iván Fischer che dirige la sua Budapest Festival Orchestra in un concerto tutto dedicato alla musica di Johannes Brahms. Il 23 gennaio, Lahav Shani dirige la Israel Philharmonic Orchestra in una esaltazione della più sublime musica russa. Poi, il 25 maggio, Daniele Gatti torna a Lugano sul podio dell’Orchestre de la Suisse Romande con Christian Tetzlaff al violino. La serata è dedicata alla musica di Beethoven, attraverso il Concerto per violino e orchestra e la Sinfonia n. 3 Eroica. Infine, il 16 giugno, si chiude la stagione orchestrale con la leggendaria Philharmonia Orchestra, accompagnata dal suo direttore principale Santtu-Matias Rouvali».

Accanto alle grandi orchestre, molto denso è anche il programma di Récital e musica da camera… «Assolutamente sì. Basterebbe citare il trombone di Mike Svoboda e la fisarmonica di Stefan Hussong, oppure Beatrice Rana, autentica icona musicale, che è anche promotrice di un festival di musica da camera; e ancora, da Berlino arrivano i 12 Cellisten der Berliner Philharmoniker, spettacolari fuoriclasse nel

suonare archetti e restituire tutte le sfumature del violoncello. La musica barocca risplenderà nell’ineccepibile interpretazione della Cetra di Basilea, guidata dal direttore veneto Andrea Marcon. Per celebrare degnamente i 340 anni dalla nascita di Bach, l’Ensemble Claudiana diretta da Luca Pianca è affiancato dai Wiener Sängerknaben, dal soprano Joanne Lunn, il contralto Terry Wey, il tenore Daniel Johansen e il basso Florian Boesch.

Vorrei anche parlare della presenza di nuove leve, come le giovani laureate della Fondazione Capuçon che si esibiranno sul palco insieme a Gautier Capuçon stesso. E poi, Alexandre Tharaud, simbolo dell’arte tastieristica francese, dallo stile raffinato e riconoscibile il cui programma non poteva non comprendere Ravel, di cui nel 2025 si festeggeranno i 150 anni dalla nascita e di cui Tharaud è senza dubbio uno degli interpreti di riferimento. Infine, avremo una coppia cameristica d’eccellenza, Leonidas Kavakos e Enrico Pace, che dedicano la loro presenza a Lugano alla Sonata, caposaldo della loro collaborazione».

Un appuntamento straordinario è fissato per il 6 dicembre quando il brillante gruppo da camera Festival Strings Lucerne diretto da Daniel Dodds vedrà la partecipa -

zione di Maria João Pires, che festeggia i suoi 80 anni. Il 16 marzo, invece, Superar Suisse festeggia i suoi 10 anni di educazione musicale. Questo concerto prova l’impegno passato e futuro e la tenacia nel voler avvicinare i giovani alla musica, non solo nella Città di Lugano. Più di 200 ragazzi, provenienti dalle diverse sedi europee, sono diretti da Carlo Taffuri e Pino Raduazzo».

Come da tradizione, la stagione musicale presenta tutta una serie di rassegne complementari… «Infatti. Così, per esempio i Weekend di Quartetti tornano con tre ensemble ospiti: il Jack Quartet inaugura la rassegna portando la sua tecnica inossidabile al servizio della musica contemporanea. E poi, il Quartetto Modigliani, uno dei più apprezzati a livello internazionale, e successivamente Carmina Quartett, impegnato in brani di Joseph Haydn, Claude Debussy e Antonín Dvorák. In Teatrostudio si rinnovano gli appuntamenti con il LuganoMusica Ensemble, laboratorio musicale nato in seno a LuganoMusica che trae la sua forza dall’unione di docenti del Conservatorio e musicisti dell’Orchestra della Svizzera Italiana. Per Nuova Generazione sono previsti tre appuntamenti dedicati ai migliori giovani musicisti: Sean Shibe (chitarra), Giuseppe Gibboni (violino) con Ingmar Lazar (pianoforte) e infine Dominik Wagner (contrabbasso), accompagnato dalla pianista Lauma Skride. Per la musica contemporanea tornano anche le rassegne EAR, Electro Acoustic Room, e Early Night Modern che aprono nuovi orizzonti nella contaminazione tra generi e arti. La serie EAR presenta quattro concerti dedicati alla musica elettronica, elettroacustica e all’esperienza

dell’ascolto, un progetto di Spazio21 del Conservatorio della Svizzera italiana in coproduzione con il LAC. La trama dell’Early Night Modern quest’anno è composta da filati di musica, luce, danza e movimento. Il programma è una coproduzione Oggimusica e LAC in collaborazione con il Conservatorio della Svizzera italiana con il sostegno di Cantone Ticino – Fondo Swisslos, Città di Lugano e Pro Helvetia».

Non mancano anche quest’anno i cicli di conferenze e approfondimenti musicali che incorniciano e arricchiscono la grande musica in cartellone… «Parte del ciclo di conferenze Grandi direttori e la Svizzera è tenuto da Giovanni Gavazzeni, grande conoscitore del mondo dei direttori d’orchestra, che presenta quattro direttori d’orchestra che hanno instaurato un legame particolare con il nostro paese. Quest’anno, per il ciclo di Approfondimenti musicali , sono proposte cinque conferenze che trovano il

loro soggetto nella Prima Sinfonia di Mahler, nel centenario della scomparsa di Puccini, nelle composizioni per quartetto d’archi dopo il 1950, nell’ approfondimento sul mondo musicale di Alexandre Tharaud e nel 150° dalla nascita di Ravel. Per il ciclo Allegro con brio… Chiacchiere musicali prima del concerto, in un clima leggero e informale, Enrico Parola guida gli ascoltatori in un percorso di scoperta e analisi delle partiture e degli artisti. In estrema sintesi penso si possa davvero parlare di una straordinaria offerta culturale per la città di Lugano e per tutti gli appassionati».

L’IMMENSO PIACERE DI SUONARE INSIEME

DIRETTORE ARTISTICO E MAESTRO DELLA CIVICA FILARMONICA DI LUGANO, CI PARLANO DI UN’ISTITUZIONE PARTICOLARMENTE CARA AI CITTADINI LUGANESI E CHE, TRA L’ALTRO, SVOLGE UN PREZIOSO LAVORO PER LA SCOPERTA E LA VALORIZZAZIONE DI GIOVANI TALENTI.

Quali sono le motivazioni che l’hanno indotta ad immergersi nel mondo della musica assumendo la presidenza di un’istituzione prestigiosa come la Civica Filarmonica di Lugano?

M.F.G.: «Mi ha sempre affascinato la Civica Filarmonica di Lugano, fin da giovane. Io ho studiato per molti anni pianoforte, ma facevo lezioni private. Sentivo amici che invece frequentavano la Civica e dai loro racconti entusiastici avrei avuto voglia di farne parte. La Civica Filarmonica è un fiore all’occhiello per la Città di Lugano. Questa carica, sicuramente impegnativa, mi rende molto orgogliosa. Il grande impegno che ha profuso chi mi ha preceduto, l’avv. Luca Cattaneo, mi permette di ereditare una struttura ben organizzata e che mi facilita senz’altro il

compito. Di questo gliene sono grata. Non è sempre così quando si assume una nuova carica».

Tenendo conto della sua ampia esperienza professionale quale specifico contributo ritiene di poter apportare allo sviluppo della Civica Filarmonica e quali progetti vorrebbe portare avanti?

M.F.G.: «Inizialmente, vorrei ascoltare, conoscere bene la struttura, i maestri e i collaboratori. La Civica conta su un’orchestra molto qualificata, iniziando dal Maestro e Direttore Franco Cesarini. Sempre sotto sotto l’Associazione vi è l’ottima banda compartecipe Filarmonica Pregassona Città di Lugano, la Scuola Musicale e la sua Junior Band, il Gruppo Tamburini e il gruppo musica da camera Quintetto Andersen. Oltre alla nostra realtà, sul territorio, sono presenti anche la Filarmonica Unione

Sovico e La Filarmonica di Castagnola. A queste si aggiungono tantissime altre realtà importanti, dimostrando quanto sia dinamico il settore musicale nella nostra Città. In questo panorama, vorrei creare una sinergia virtuosa fra i vari attori nella formazione musicale, per non disperdere risorse ed energie, compreso l’insegnamento all’interno delle scuole, coinvolgendo pubblico e privato, con l’obiettivo comune di allargare il numero dei giovani che studiano musica e che suonano insieme».

Lei è da sempre particolarmente attenta al rispetto e alla valorizzazione degli aspetti culturali di Lugano. Che cosa rappresenta la Civica nella storia, nel patrimonio ideale e nella vita dei cittadini di Lugano?

M.F.G.: «La cultura in tutte le sue forme è molto importante e troppo

Franco Cesarini, Direttore artistico e Maestro della Civica Filarmonica di Lugano
Luca Cattaneo e Morena Ferrari Gamba, Presidente della Civica Filarmonica di Lugano

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spesso ci dimentichiamo del suo valore educativo e di coesione sociale. La formazione musicale delle giovani generazioni è un aspetto fondamentale della creazione del capitale umano, oltre che di servizio civico all’interno della città. Come dico spesso, i giovani devono riempire “una valigia” di sapere e di esperienze. La musica, ne sono convita, ha un posto importante dentro questa valigia che li accompagnerà nel viaggio della loro vita: un passepartout, facilita la comunicazione tra le persone, lo stare insieme e la socializzazione, da senso alla fatica e all’impegno quotidiano e consente la creazione di armonie non solo musicali ma anche relazionali e sociali».

La Civica Filarmonica è un’istituzione con una sua ben precisa identità, una visione e importanti valori: ce li vuole riassumere?

M.F.G.: «Promuovere e fare conoscere la musica, avvicinare i giovani a quest’ultima, sviluppare la capacità di suonare e vivere in banda, proporre percorsi formativi accessibili a tutti per imparare a suonare uno strumento da solista e in concerto con altri musicisti, sono valori che solo chi ha un legame profondo con la musica è in grado di trasmettere con passione. Forti della propria storia, vi è una grande ricerca dell’eccellenza musicale nell’insegnamento e nelle proprie esibizioni pubbliche e private, da ultimo ma non meno importante, vi è

anche la promozione dell’immagine della città di Lugano a livello comunale, cantonale, nazionale e internazionale. La musica bandistica non è folklore, ma portatrice di tradizioni, che vive in mezzo alla gente e permette ad una comunità di si sentirsi parte della sua storia».

Ci racconta le principali vicende della Civica Filarmonica, la sua fondazione, le ragioni della sua popolarità presso i cittadini luganesi?

F.C.: «Con i suoi 194 anni alle spalle, la Civica Filarmonica è la più antica associazione ancora attiva di Lugano. Una particolarità distintiva è la longevità dei suoi direttori: insieme ai miei quattro predecessori, abbiamo coperto un arco temporale di 142 anni! La Civica vanta una tradizione di eccellenza musicale significativa: già nel 1912 era stata invitata al “Concours Intérnational de Musique” di Parigi, dove nella categoria “eccellenza” ottenne un prestigioso terzo posto. La società è quindi profondamente radicata nel tessuto culturale della città».

Come è attualmente composta, qual è la sua attività musicale nel corso dell’anno, in quali occasioni si esibisce?

F.C.: «La Civica è attualmente composta da circa ottanta musicisti, con età che vanno dai 15 i ai 75 anni. Durante l’anno, la società alterna concerti in sala a esibizioni all’aper -

to, molto apprezzate sia dalla popolazione locale che dai turisti di passaggio. La versatilità della Civica le permette di passare con agilità da un repertorio accattivante per il pubblico occasionale dei concerti all’aperto, a quello sinfonico più sofisticato dei concerti in sala».

Quali rapporti legano la Scuola Musicale con l’orchestra e come avviene l’inserimento dei ragazzi nella Civica Filarmonica di Lugano e nella Filarmonica Pregassona Città di Lugano?

F.C.: «La Civica Filarmonica di Lugano, mantiene uno stretto legame con la sua Scuola di Musica, dedicata alla formazione dei giovani musicisti (oggi più 170 allievi), offrendo un’educazione di alta qualità che li prepara ad unirsi all’orchestra. L’inserimento degli allievi nelle file della Filarmonica Pregassona Città di Lugano e della Civica Filarmonica avviene attraverso un percorso formativo strutturato. Gli studenti, dopo aver raggiunto un adeguato livello di competenza e fatto le prime esperienze nei gruppi di musica d’insieme e nella formazione giovanile “I Perdifiato” (denominazione scelta dagli stessi giovani), hanno l’opportunità di unirsi alle bande, iniziando così a suonare in un contesto orchestrale vero e proprio. Alla fine di questo percorso gli allievi possono proseguire i loro studi alle scuole universitarie come il Conservatorio».

SINERGIE E CONCORRENZA TRA BANCHE E GESTORI ESTERNI

MARTEDÌ 11 GIUGNO SI È TENUTA LA 104.ESIMA ASSEMBLEA GENERALE

DELL’ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE (ABT) PRESSO L’HOTEL SPLENDIDE

ROYAL DI LUGANO. TRA I TEMI AFFRONTATI: LE RECENTI VOTAZIONI

POPOLARI, LE CONDIZIONI-QUADRO DEL SETTORE, IL RICAMBIO

GENERAZIONALE E IL RAPPORTO TRA BANCHE E GESTORI PATRIMONIALI.

Il Presidente ABT Alberto Petruzzella nella sua relazione ha commentato dapprima il risultato delle recenti votazioni cantonali e federali. «La campagna per le votazioni sulla riforma fiscale ha insegnato che bisogna attivarsi per tempo, impegnarsi a fondo, investire anche del denaro e spiegare alla popolazione cosa c’è in gioco. Lo slogan “un regalo ai ricchi” era semplice e accattivante e spiegare, in un periodo in cui lo stato deve ridurre le sue spese, che è sensato diminuire l’aliquota ai buoni contribuenti non è stato facile». Petruzzella ha pure messo in guardia di fronte al rischio di introdurre nuove imposte e tasse per finanziarie le spese statali e le assicurazioni sociali, alludendo in particolare all’iniziativa popolare dei Giovani socialisti che ci porterà a votare sull’introduzione di una tassa di successione del 50% per i patrimoni superiori ai 50 milioni di franchi. «Nel 2013, una tassa del 10% sui patrimoni maggiori ai 2 milioni è stata sonoramente bocciata ma questo rilancio è molto insidioso. 50 milioni sono una cifra enorme per il cittadino comune e la campagna avrà toni qualunquistici mai visti». Riguardo alle condizioni quadro il Presidente ABT ha ribadito l’importanza di rimanere un Paese neutrale, con una vera democrazia, un sistema legale affidabile, un’economia solida, delle finanze sane e una moneta forte. Questi aspetti hanno gio -

cato e continueranno a giocare un ruolo fondamentale nella decisione di una persona facoltosa quando deve scegliere dove custodire una parte del suo patrimonio. «È quindi diventato fondamentale per noi interessarci di come evolve il nostro Paese e dare il nostro contributo perché resti la nazione per eccellenza dove esercitare il Private banking».

Ricambio generazionale e formazione professionale Il Direttore ABT Franco Citterio nel suo intervento ha ricordato in particolare il tema strategico del ricambio generazionale. Un’analisi per categorie di età mette in evidenza che il 36% del personale bancario in Ticino è nella fascia 50-59 anni e il 6% nella fascia 60-65 anni. Quindi il 42% del personale ha più di 50 anni e ciò significa che nel giro dei prossimi 10-15 anni è da prevedere un importante ricambio generazionale nel settore bancario ticinese. Se

da una parte questi dati fanno presagire un’opportunità interessante per i giovani che si stanno avvicinando al settore bancario, dall’altra è necessario comprendere quali sono le figure professionali più ricercate e come è possibile attirare i giovani verso queste funzioni. «Le premesse ci sono tutte: il settore bancario gode ancora di una buona immagine ed è in grado di offrire prospettive di crescita interessanti e la possibilità di svolgere mansioni allettanti e diversificate, legate anche a nuovi trend come la digitalizzazione e la sostenibilità. Sta a noi capire come muoversi sul mercato e rendere più trasparenti le opportunità di formazione e d’impiego nel nostro settore».

Borse di studio ABT per giovani talenti

Il Direttore ABT ha pure annunciato che ABT ha deciso di attribuire delle borse di studio a giovani che frequentano alcuni tra i corsi più

impegnativi organizzati dal proprio Centro Studi di Villa Negroni (CSVN). I destinatari delle Borse sono i giovani talenti e i professionisti del settore bancario in transizione di carriera. Investire sui giovani costituisce un patto tra generazioni, in grado di offrire strumenti e conoscenza qualificate. Investire sui professionisti in transizione di carriera consente di valorizzare il know-how acquisito perfezionandolo a favore del distretto di servizi. Attraverso il conferimento di Borse di studio, ABT desidera sostenere il bisogno, promuovere il merito e incoraggiare percorsi specifici e innovativi con uno sguardo rivolto ad ambiti come sostenibilità, trasformazione digitale, benessere finanziario e sociale.

L’importanza del rapporto tra consulente e cliente Ospite d’onore dell’evento è stato Giorgio Pradelli, CEO della banca EFG International. Con lui si sono

affrontati svariati temi che riguardano le banche e la piazza finanziaria svizzera. La sua presenza è stata anche l’occasione per conoscere meglio la persona e i momenti più significativi della sua carriera. Classe 1967, era destinato a studiare ingegneria come suo padre e suo nonno prima di lui. Un viaggio studio da liceale negli Stati Uniti a metà anni ’80 gli fece cambiare idea e si iscrisse alla facoltà di economia dell’Università di Torino. Scelta vincente che lo ha portato ad avere una carriera internazionale prima a Deutsche Bank, dove dal 1991 ha ricoperto diversi incarichi manageriali a Francoforte e Londra. Nel 2003 è approdato in EFG, svolgendo diverse mansioni, fino a diventarne CEO nel 2018. In merito alla storia e le prospettive future del gruppo bancario che dirige, il CEO ha commentato per esempio l’integrazione di BSI in EFG del 2016 che si è rivelata complessa ma estremamente positiva. La banca è infatti cresciuta anche grazie a questa acquisizione, risultando oggi tra i 5 maggiori istituti in ambito di Private Banking in Svizzera. Pradelli si è detto soddisfatto dell’andamento della banca e ha ricordato alcuni degli elementi che distinguono EFG come la centralità del rapporto tra cliente e gestore patrimoniale, vero e proprio asset per il gruppo bancario. Sull’annosa questione del mancato libero accesso al mercato italiano, Pradelli si è espresso sulle opportunità offerte dalla nostra regione. «La centralità del Ticino, anche da un punto di vista geografico, è un atout che potrebbe essere sfruttato maggiormente dalla piazza finanziaria. Una volta si spostavano i capitali e le famiglie rimanevano oltre confine, ora sono le famiglie a spostarsi e seguire i capitali».

Collaborazione tra banche e gestori esterni

La tavola rotonda che ne è seguita ha visto la partecipazione, oltre che di Giorgio Pradelli, anche di Fabio Poma, Vicepresidente ASG, e di Stefano Veri, Consigliere di alcune società finanziarie. Questo momento finale è stato dedicato in particolare al rapporto tra banche e gestori patrimoniali indipendenti, che da qualche mese sono accomunati dallo stesso regolatore. Anche i gestori devono infatti essere autorizzati dalla FINMA per poter svolgere la propria attività e continuare a operare con le banche depositarie. «Ad oggi - spiega Fabio Poma – 1’600 società hanno richiesto l’autorizzazione e il 75% circa l’ha ottenuta, tra cui diverse realtà molto piccole». Al di là delle sinergie a livello normativo, amministrativo e tecnologico, banche e gestori patrimoniali sono anche competitor nell’ambito del Private Banking. Un cliente per farsi gestire i propri risparmi può scegliere fra un gestore con meno di 10 dipendenti e UBS con più di 100.000 impiegati nel mondo. Nel mezzo, ce n’è per tutti i gusti sia sul fronte delle banche che dei gestori. Sulla concorrenza tra i due settori Stefano Veri: «La competizione sta diventando più accesa perché il mercato cresce relativamente poco, quando il mercato aveva prospettive di crescita maggiori le banche erano disposte a fare meno retention in quanto era più semplice attrarre clienti e collaboratori». Il consigliere di PKB si è espresso anche sulle sfide future dei gestori patrimoniali sostenendo che il settore vivrà nei prossimi 10 anni una rivoluzione, dettata anche dagli aspetti demografici sia dei collaboratori sia dei clienti. «L’auspicio è che le società di gestione patrimoniale continuino a investire nella formazione del proprio

personale senza dover attingere necessariamente dal settore bancario». In conclusione si è affrontato il tema della successione aziendale che risulta cruciale per i gestori, spesso realtà molto piccole incentrate su poche persone chiave. Sul tema il Consigliere di PKB si è così espresso: «Il rischio è quello di far svanire il valore aggiunto creato dal fondatore». Fabio Poma ha aggiunto a questo proposito: «Per le società più piccole non può esserci una vera successione ma piuttosto si verificano vendite o fusioni con altre realtà. Tuttavia, credo che sia molto importante mantenere l’eterogeneità nel nostro settore, sarebbe un errore puntare unicamente su società di dimensioni medio-grandi».

ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE

Villa Negroni

CH-6943 Vezia

T. +41 (0)91 966 21 09 www.abti.ch

I primi appunamenti della stagione

12.09 Tonhalle Orchester Zürich

Paavo Järvi

Sheku Kanneh-Mason

18.10 Beatrice Rana

29/31.10 LuganoMusica Ensemble

08.11 Janine Jansen / Sunwook Kim

19.11

Budapest Festival Orchestra

Iván Fischer / Kirill Gerstein

30.11 I Barocchisti

Diego Fasolis / Klaus Mertens

01.12 Die 12 Cellisten der Berliner Philharmoniker

06.12 Festival Strings Lucerne

Daniel Dodds / Maria João Pires

23.01 Israel Philharmonic Orchestra

Lahav Shani

28.01 La Cetra Basel / Andrea Marcon Julija Ležneva / Valer Sabadus

06.02 Stefano Bollani

United Soloists Orchestra

Arseniy Shkaptsov

23.02 Ensemble Claudiana

Luca Pianca

Wiener Sängerknaben et al.

LA BANCA

PER LE IMPRENDITRICI

E GLI IMPRENDITORI

IN SEGUITO ALLA FUSIONE DI UBS CON CREDIT SUISSE, DA UN ANNO MARZIO GRASSI HA ASSUNTO LA CONDUZIONE DEGLI AFFARI

CON LA CLIENTELA COMMERCIALE DELLA BANCA UNIFICATA IN TICINO. IN QUESTO RUOLO SI CONFRONTA QUOTIDIANAMENTE CON LE ESIGENZE PIÙ SEMPLICI E PIÙ COMPLESSE CHE LE IMPRENDITRICI

E GLI IMPRENDITORI AFFRONTANO NELL’ESERCIZIO DELLA LORO ATTIVITÀ E PER LE QUALI NECESSITANO DI FARE AFFIDAMENTO

SU UNA BANCA CHE POSSA COPRIRE TUTTE LE LORO ESIGENZE. GLI ABBIAMO RIVOLTO ALCUNE DOMANDE SUL RUOLO CHE UNA BANCA

COME UBS SVOLGE NEI RAPPORTI CON L’IMPRENDITORIA TICINESE.

Parlando di banche e imprese si pensa soprattutto allo svolgimento delle operazioni quotidiane come incassi, pagamenti di fatture o stipendi e ipoteche. Quali altri servizi offrite alle imprese?

Marzio Grassi, responsabile

Corporate & Real Estate

Ticino

«I servizi menzionati sono alla base della nostra offerta. Tuttavia, i nostri clienti hanno esigenze molto più complesse, per esempio nell’ambito dell’esportazione di beni in paesi lontani si affidano ai nostri servizi di Trade Finance che garantisce l’esecuzione delle transazioni tramite banche corrispondenti all’estero, mitigando i rischi delle operazioni. Naturalmente siamo sempre al fianco degli imprenditori che necessitano di un finanziamento, di un’ipoteca o, per esempio, di emettere obbligazioni, quotarsi in borsa, cedere la loro attività e acquisirne una nuova. Inoltre sosteniamo gli imprenditori nelle loro esigenze in ambito privato, dalla pianificazione finanziaria e successoria, a quella ipotecaria e previdenziale. In quest’ambito collaboriamo strettamente con il settore Wealth Management. E proprio la grande offerta e il know-how globale che mettiamo a disposizione della nostra clientela ci è valso quest’anno il riconoscimento come migliore banca in Svizzera da parte della prestigiosa rivista Euromoney».

Qual è la sfida principale con cui è confrontata oggi una piccola o media impresa?

«La sfida principale di una PMI su tre è la successione aziendale. Molte aziende sono ancora in mano al titolare fondatore che spesso supera i 65 anni di età. Il processo di successione richiede parecchio tempo, cinque e più anni. Per questo motivo va pianificato accuratamente e il nostro punto forte, come banca per gli imprenditori e le imprenditrici, è proprio la consulenza e il sostegno che offriamo alle aziende in questa situazione. Dobbiamo sempre prendere in considerazione il fatto che la successione non riguarda solo la

persona dell’imprenditore, ma coinvolge altri attori importanti come il consiglio d’amministrazione, gli eredi e gli eventuali consulenti esterni. Inoltre, un aspetto spesso sottovalutato è quello emozionale: è

difficile lasciare andare il progetto di una vita intera e ritrovarsi da un giorno all’altro senza la propria azienda. Ed è quindi anche una questione di fiducia nei confronti della propria banca. Per questo motivo accompagniamo le imprenditrici e gli imprenditori, offrendo insieme ai nostri specialisti interni tutto il nostro know-how, prendendoci tutto il tempo necessario».

Oggi si parla molto di intelligenza artificiale. È un tema anche per le PMI nel nostro Cantone? «Certamente! Da anni ormai molte PMI hanno digitalizzato una parte dei loro processi, soprattutto quelli

amministrativi. Con il nostro prodotto UBS key4 business contribuiamo a rendere più snelle le operazioni bancarie quotidiane delle PMI, riducendo il loro onere amministrativo. Inoltre, in Ticino – e non solo – le PMI lamentano una costante mancanza di manodopera qualificata. Ciò spinge molti imprenditori a investire in nuove soluzioni produttive che prevedono anche l’impiego dell’intelligenza artificiale. Si tratta di investimenti importanti per i quali gli imprenditori si rivolgono a noi per ottenere i finanziamenti necessari a far crescere ulteriormente l’attività e la produttività aziendale. Da un lato riescono così a sopperire alla carenza di manodopera, mentre dall’altra nascono e si formano nuove figure professionali in grado di gestire questi processi».

Quali caratteristiche contraddistinguono le aziende ticinesi di successo?

«Per un’azienda che vuole ottenere successo a lungo termine sono importanti un forte spirito imprenditoriale, capacità innovativa e la ricerca di eccellenza nel proprio settore di attività. Fondamentali sono anche le collaboratrici e i collaboratori dell’azienda: operando in team, con una mentalità aperta, orientata alle soluzioni e pensando a volte fuori dagli schemi, si raggiungono notevoli traguardi. Senza dimenticare l’importanza del networking dal quale spesso scaturiscono nuove opportunità e collaborazioni di successo. Per questo motivo UBS organizza regolarmente incontri ed eventi destinati alle imprenditrici e agli imprenditori. Quando da questi incontri scaturiscono nuove opportunità di collaborazione tra imprenditori, ciò ci regala grandi soddisfazioni».

ECCELLENZA SVIZZERA, VICINANZA AL TERRITORIO TICINESE

IL DIRETTORE MARCO TINI

PRESENTA LE ATTIVITÀ

E LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO

DI AXION SWISS BANK SA, NATA NEL 1998 E DAL 2010 PARTE DEL GRUPPO BANCASTATO.

Possiamo riassumere brevemente quali sono state le principali tappe dell’evoluzione di Axion SWISS Bank?

«Nonostante la sua giovane età, la storia della banca è piuttosto ricca e credo sia opportuno un minimo di contesto che accompagni le sue tappe principali. Axion SWISS Bank ha visto la luce durante una fase di sviluppo del Private Banking in Ticino. Tale fase poteva contare su condizio -

ni quadro molto diverse da quelle attuali ed attirava clienti individuali ma anche iniziative imprenditoriali. Nel 2010, Axion è entrata a far parte del Gruppo BancaStato che ne ha acquisito il controllo da UniCredit (Suisse) Bank SA con l’obiettivo di potenziare il proprio segmento di Private Banking internazionale in un contesto di adattamento alle mutate condizioni normative. Questa acquisizione, infatti, è avvenuta mentre le regolamentazioni finanziarie internazionali diventavano sempre più stringenti, imponendo alle banche di rafforzare trasparenza e solidità patrimoniale. L’integrazione nel Gruppo BancaStato ha fornito ad Axion le risorse necessarie per affrontare efficacemente questi cambiamenti, ga-

rantendo continuità operativa e crescita sostenibile. Nel 2016, il Gruppo ha acquisito parte del settore Private Banking di Société Générale Private Banking (Lugano-Svizzera) SA, raddoppiando le dimensioni di Axion e consolidandone la presenza sulla piazza. Quest’ultima evoluzione ha preso corpo in una fase ulteriormente diversa, in cui il Private Banking in Ticino stava cercando una nuova dimensione. L’acquisizione ha permesso ad Axion di ampliare la propria offerta di servizi e rafforzare ulteriormente la posizione competitiva sia a livello ticinese sia internazionale. Alla luce di questa intensa storia appare evidente come Axion rappresenti la sintesi di molteplici culture aziendali. Sono molto felice di come,

nonostante questo aspetto sia spesso un freno nei processi di crescita di questo genere, tali culture si siano facilmente integrate per andare a costruire una propria identità forte e distintiva, capitalizzando e valorizzando le differenze, che oggi fanno di Axion una banca competitiva, apprezzata e in crescita».

Orientati all’estero ma saldamente ancorati al proprio territorio. Che cosa significa “essere ticinesi” anche nell’ambito del Private Banking?

«Essere ticinesi nel contesto del Private Banking significa coniugare l’eccellenza e la riservatezza della tradizione bancaria svizzera con la capacità empatica e la comprensione delle esigenze del cliente, caratteristiche tipiche della cultura ticinese. La piazza finanziaria ticinese ha subito un’evoluzione significativa negli ultimi anni, con il progressivo assorbimento di importanti strutture locali in entità nazionali o internazionali più grandi. Questo fenomeno ha contribuito a sviluppare un senso di appartenenza più accentuato nei confronti delle peculiarità culturali

ticinesi. Axion SWISS Bank, pur essendo orientata verso una clientela internazionale, mantiene un forte legame con il territorio ticinese, che consente di offrire un servizio autentico e affidabile, capace di rispondere alle aspettative sia dei clienti locali che internazionali. Questo significa essere ticinesi nel Private Banking: valorizzare le tradizioni locali e integrarle con una visione globale, creando così un modello di eccellenza e innovazione che rispecchia la nostra identità unica e distintiva».

Quali sono i punti di forza del vostro approccio al Private Banking e quali specifici servizi offrite?

«Il nostro approccio al Private Banking si distingue per l’eguale importanza attribuita sia all’innovazione nei prodotti e nei servizi, sia alla costruzione di relazioni solide e personalizzate con i clienti. Axion ritiene fondamentale comprendere a fondo le necessità dei propri clienti e offrire soluzioni su misura che rispondano esattamente alle loro aspettative. Pur offrendo i servizi classici di una banca di Private Banking, Axion enfatizza la gestione patrimoniale

personalizzata, bilanciando rendimento e minimizzazione dei rischi, fornendo consulenze finanziarie che, tenendo conto delle particolari circostanze e degli obiettivi finanziari di ogni cliente, garantiscono soluzioni ottimali per la gestione del patrimonio. I servizi di intermediazione e custodia, che permettono ai clienti di accedere a una vasta gamma di prodotti finanziari e di gestire i loro asset in modo sicuro ed efficiente, sono altrettanto importanti se integrati in un’analisi costante delle esigenze. I fondi di investimento ASB Axion SICAV rappresentano inoltre un elemento distintivo della nostra offerta. Grazie alle sinergie con BancaStato, Axion offre inoltre una piattaforma di servizi bancari complementari per fornire un servizio completo ed integrato, garantendo ai nostri clienti le migliori soluzioni possibili».

Quale strategia di Gruppo ha indotto BancaStato a concentrare in Axion specifiche competenze al fine di sviluppare il segmento Private Banking internazionale? «Questa scelta strategica è figlia di diversi fattori che ruotano attorno ai concetti di visione chiara, adattamento alle condizioni del mercato e necessità di focalizzazione di alcuni segmenti. Innanzitutto, Axion SWISS Bank possiede sin dalla sua costituzione una consolidata esperienza nel Private Banking, e questo grazie alla profonda conoscenza dei mercati finanziari nazionali ed internazionali e dalla capacità di offrire servizi personalizzati ai clienti più esigenti. Tale competenza ha rappresentato fin dall’inizio un vantaggio competitivo che BancaStato ha sempre voluto ulteriormente valorizzare e potenziare nel contesto delle altre importanti attività banca-

rie che la contraddistinguono. In secondo luogo, il mercato del Private Banking è evoluto profondamente e alle necessarie competenze tecniche si è rivelato - e si rivela – necessario abbinare la capacità di costruire una relazione solida con i clienti. Axion, in tal senso, ha dimostrato nel tempo una notevole abilità, come dimostrano non solo i risultati finanziari, ma anche la crescita organica e l’altissima fidelizzazione di asset e clienti nei periodi di maggior discontinuità. Da ultimo, la combinazione fra una banca universale come BancaStato, peraltro con un mandato pubblico, ed una banca specializzata verticalmente su un servizio altamente competitivo ha sortito un effetto importante ed atteso. La banca ha saputo combinare gestione patrimoniale, consulenza personalizzata e un’ampia gamma di servizi finanziari, rispondendo così alle esigenze di una clientela locale ed internazionale sofisticata, capitalizzando la reputazione di solidità ed affidabilità di BancaStato, che ha indiscutibilmente rafforzato il posizionamento di Axion».

Avete ottenuto nel 2023 risultati positivi molto rilevanti. Quali sono a suo giudizio le ragioni di questo successo?

«L’utile netto registrato da Axion SWISS Bank nel 2023, pari a 28,7 milioni di franchi svizzeri, riflette la solidità e l’efficacia delle nostre strategie. Questo successo può essere attribuito a una serie di fattori chiave che hanno contribuito a rafforzare la nostra posizione nel mercato. Un elemento cruciale è stata la nostra prudente gestione degli investimenti. La banca ha sempre adottato un approccio conservativo e ben ponderato, mirato a bilanciare il rendimento con la minimizzazione

dei rischi per i clienti. Tale approccio ci ha permesso di mantenere una performance stabile e sostenibile anche in contesti economici complessi. La visione a lungo termine del Gruppo ha poi giocato un ruolo determinante. Abbiamo costantemente innovato i nostri servizi per rispondere alle esigenze in evoluzione dei nostri clienti, mantenendo un’attenzione particolare alla qualità e alla personalizzazione dell’offerta. La nostra capacità di anticipare le tendenze di mercato e di adattarci rapidamente alle nuove condizioni ci ha permesso di attrarre e fidelizzare una clientela sofisticata e internazionale. La dimensione internazionale di Axion ha infine contribuito in modo significativo al nostro successo. La nostra presenza globale ci ha permesso di diversificare i rischi e di cogliere opportunità in diversi mercati, riducendo l’impatto delle turbolenze geopolitiche e delle crisi regionali o di specifiche valute. La diversificazione geografica e settoriale delle nostre attività ha garantito una maggiore resilienza e un miglior rendimento complessivo. Infine, le relazioni ottimali con la capogruppo BancaStato hanno fornito un supporto stabile e competente, potenziando le nostre capacità operative e strategiche. Questo solido sostegno ha facilitato la nostra crescita e continuerà a farlo».

Il buon andamento dei mercati finanziari sembra essere in controtendenza rispetto ad una situazione di instabilità e permanente crisi nelle relazioni internazionali. Come spiega questo apparente paradosso? «Il paradosso tra il buon andamento dei mercati finanziari e l’instabilità internazionale può essere compreso analizzando vari fattori chiave che

hanno influenzato l’economia globale negli ultimi anni. Uno dei principali motori di questa dinamica è stata la risposta delle banche centrali e dei governi alle sfide economiche emerse, inizialmente innescate dalla pandemia di COVID-19 e proseguite con altre crisi globali. Innanzitutto, le politiche monetarie espansive adottate dalle principali banche centrali, come la Federal Reserve degli Stati Uniti e la Banca Centrale Europea, hanno avuto un ruolo significativo. Queste istituzioni hanno abbassato i tassi di interesse e lanciato massicci programmi di acquisto di asset per sostenere la liquidità nei mercati finanziari, favorendo gli investimenti e mantenendo elevato il valore degli asset. Tuttavia, negli ultimi diciotto mesi si è assistito a un rialzo dei tassi di interesse, una mossa necessaria per contrastare l’inflazione crescente. Paradossalmente, il rialzo dei tassi di interesse ha avuto un impatto positivo sui mercati finanziari per diversi motivi. In primo luogo, ha segnalato una fiducia delle banche centrali nella resilienza delle economie globali, un messaggio che ha rassicurato gli investitori. Inoltre, tassi di interesse più alti possono rendere più attraenti gli investimenti in asset a reddito fisso, come i bond, diversificando così le opportunità di investimento e

mantenendo alta la fiducia nel sistema finanziario. Il sentiment degli investitori ha giocato un ruolo cruciale. Nonostante l’instabilità geopolitica e le crisi internazionali, gli investitori hanno mantenuto un atteggiamento positivo riguardo alle prospettive di crescita economica a lungo termine. Tale ottimismo è stato alimentato dalla capacità delle economie di adattarsi e innovare, nonché dai segnali di ripresa evidenti nei principali indicatori economici. L’aspettativa che le economie globali possano continuare a crescere ha incentivato gli investimenti in mercati azionari e altri asset rischiosi. Un altro elemento significativo è stato la diversificazione geografica e settoriale nelle strategie di investimento. Gli investitori hanno cercato di mitigare i rischi associati all’instabilità internazionale, diversificando i loro portafogli e spostando capitali verso aree e settori meno esposti alle tensioni geopolitiche. Questo ha contribuito a stabilizzare i mercati, mantenendo un equilibrio tra i vari asset e riducendo la volatilità complessiva».

In che modo riuscite ad attrarre le migliori competenze e garantite una formazione continua dei giovani che intendono lavorare nel vostro settore?

«In un contesto altamente competitivo come quello del Private Banking, il patrimonio di competenze tecniche e relazionali delle banche deve essere sempre di prim’ordine e costantemente sviluppato. L’ottima reputazione che Axion ha saputo costruirsi nel tempo in Ticino ci ha resi un punto di riferimento per molti professionisti che, in alcuni casi, hanno deciso di raggiungerci. Tuttavia, questo non basta; è necessario continuare ad investire su questo enorme patrimonio attraverso un ambiente di lavoro stimolante e un processo di formazione continua, indispensabile per mantenere l’eccellenza. In questo senso, la nostra appartenenza al Gruppo BancaStato costituisce un tassello essenziale, grazie all’importante tradizione del Gruppo nella formazione di giovani a tutti i livelli e nell’offerta formativa interna, cui Axion aderisce con grandi benefici. Tale adesione consente anche relazioni privilegiate con le istituzioni accademiche locali, che sono un grande propulsore dell’economia cantonale. Da ultimo, ma non in termini di importanza, supportiamo la mobilità all’interno del Gruppo, di cui abbiamo molteplici esempi di grande successo sia a livelli dirigenziali sia specialistici».

Quali sono i progetti e le prospettive di sviluppo futuro di Axion SWISS Bank?

«Axion ha delineato una strategia di sviluppo futura focalizzata su diverse aree chiave, mirata a consolidare la propria posizione nel settore del Private Banking e a promuovere una crescita sostenibile. Tra le priorità strategiche, come verosimilmente per molte strutture analoghe, l’espansione dei servizi digitali riveste un ruolo fondamentale a fronte dell’emersione di nuove tecnologie,

su cui il Gruppo sta investendo per migliorare l’esperienza dei clienti e l’efficienza operativa. A tal proposito, di recente il Gruppo BancaStato ha rinnovato l’accordo con Avaloq per l’aggiornamento delle soluzioni di web banking e mobile banking, con cui Axion dispone di soluzioni di prim’ordine su cui continuerà ad investire. Parallelamente, l’innovazione dei prodotti finanziari costituisce ovviamente un’altra area di interesse importante. Axion intende ampliare la gamma di prodotti offerti, introducendo nuove soluzioni di investimento capaci di rispondere alle esigenze di una clientela sempre più sofisticata. Tali sviluppi saranno come sempre guidati da un’analisi regolare ed approfondita delle tendenze di mercato e delle aspettative dei clienti, e intendono garantire che l’offerta di Axion rimanga sempre di primo livello. L’integrazione dei criteri ESG nelle strategie di investimento e l’offerta di prodotti finanziari che contribuiscano a uno sviluppo sostenibile riflettono l’importanza attribuita ai temi della sostenibilità nelle decisioni di investimento. Questi due assi fondamentali della visione strategica saranno declinati sul modello attuale, con un’anima locale che sarà sempre salvaguardata, la quale andrà di pari passo con una vocazione internazionale che continuerà il proprio sviluppo. Infine, Axion riconosce l’importanza essenziale delle risorse umane per il successo a lungo termine e qualsiasi iniziativa strategica viene sempre accompagnata da un adeguato supporto formativo per i propri collaboratori, nel contesto di un ambiente di lavoro stimolante e dinamico, che valorizza il merito, la diversità e le esperienze: un ambiente di lavoro indispensabile per mantenere un gruppo altamente qualificato e motivato».

Piattaforma di cartolarizzazione A COSTO ZERO: È DAVVERO POSSIBILE?

Ampia conoscenza e solide relazioni con la clientela High Net Worth Individuals, Roberto Rodriguez è responsabile del team che si interfaccia con la clientela istituzionale in Banca Credinvest. Posizione di rilievo acquisita talvolta grazie all’estesa esperienza professionale nella vendita e distribuzione di prodotti strutturati. Dodici anni in una grande banca svizzera a Zurigo, dedito alla pianificazione strategica e allo sviluppo di strategie di investimento alternative. Rientrato in Ticino, dove aveva cominciato la sua carriera bancaria, sta portando avanti con Credinvest la sua idea di business model, con l’ambizione di espandersi in futuro sia in termini di volume che geograficamente.

GRAZIE ALL’AVANZATO ECOSISTEMA CREDINVEST, IN COSTANTE EVOLUZIONE, PUOI CONVERTIRE OGNI IDEA D’INVESTIMENTO IN UN’OPPORTUNITA’FINANZIARIA PER I TUOI CLIENTI. DESIDERIAMO SUPPORTARTI IN OGNI FASE DEL CICLO DI VITA DEL TUO PRODOTTO CON UN APPROCCIO OLISTICO E SOLUZIONI INNOVATIVE.

Secondo lei quali sono oggigiorno le principali sfide nell’ambito della cartolarizzazione?

«La piattaforma di cartolarizzazione di Credinvest vanta una solidità di quasi dieci anni. Questo decennio all’interno del mondo dei certificati a gestione attiva (actively managed certificates, AMC) e delle piattaforme di cartolarizzazione ci ha reso consapevoli circa le numerose sfide all’interno di tale sfera d’investimento. Pensate a quante volte avete avuto delle difficoltà a trasformare la vostra idea d’investimento in un’opportunità finanziaria. Spesso si vuole democratizzare investimenti tipici del mercato privato, accessibile a pochi; altri vogliono creare una strategia collegata ad un portafoglio cripto valute e questo può non essere semplice per alcu-

ne controparti finanziarie; o ancora si vuole distribuire pubblicamente la propria soluzione d’investimento o si desidera il listing in un mercato più grande; a livello tecnico, la criticità dei limiti minimi e dei costi iniziali; l’evoluzione delle giurisdizioni d’emissione con l’implementazione di nuove regolamentazioni o restrizioni, possono rappresentare sfide sia economiche che strategiche. Inoltre, possono esserci poi delle limitazioni di accesso nel panorama degli strumenti finanziari, ad esempio, non si può tradare futures, materie prime o semplicemente obbligazioni. Infine, una delle sfide costanti, con cui si interfacciano ogni giorno tutti gli operatori del settore, è sicuramente quella di collaborare con istituzioni finanziarie di fiducia.

Quali sono le caratteristiche fondamentali per superare queste sfide?

«Cruciale la libertà di muoversi e navigare tra diverse giurisdizioni senza limiti e costi aggiuntivi. Occorre un punto focale, un ecosistema, che connetta piattaforme tradizionali e digitali e consenta una visione globale sulla propria strategia. Il servizio deve essere rapido, efficiente e con costi in linea con il mercato. Uno degli aspetti principali, che fa la differenza, è la possibilità di avere una banca dedicata, capace di seguirti passo dopo passo in tutte le fasi del processo, specialmente dopo l’emissione del prodotto. Durante il ciclo di vita della soluzione d’investimento, infatti, magari il cliente desidera aggiustare la strategia d’investimento o estendere l’universo degli investimenti, e quindi regolare determinate corporate actions, pagamenti di cedole, in generale, intervenire in tutte le questioni che possono emergere nell’operatività quotidiana del business. Per questa ragione, un team di specialisti dedito alle esigenze della della clientela con un approccio olistico è decisivo nel determinare la qualità del servizio erogato».

Perché scegliere Credinvest per i servizi di cartolarizzazione?

«Perché offriamo l’opportunità di accedere ad un ecosistema di cartolarizzazione in cui qualsiasi opportunità di investimento può essere cartolarizzata. Un unico ecosistema, in continua evoluzione, che consente l’accesso a molteplici giurisdizioni, collegato a numerosi broker e banche depositarie, dove venite serviti al contempo da piattaforme digitali all’avanguardia e specialisti pronti a rispondere, in qualsiasi momento, ad ogni vostra esigenza spe -

cifica. La vostra idea di investimento può trovare spazio in diverse giurisdizioni, come Guernsey, Lussemburgo, Isole Cayman, Dubai, Jersey o Svizzera. Ogni giurisdizione e ogni emittente ha caratteristiche distinte e può servire sottostanti differenti, offrendo funzionalità distinte di strutturazione, distribuzione e quotazione. Il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di scegliere in qualsiasi momento la giurisdizione più adatta a esprimere le opportunità del proprio sottostante. Queste molteplici giurisdizioni sono connesse in tempo reale ad un ecosistema di controparti (Saxo, Interactive Brokers, Swissquote, FXPrime, SIX, Copper, SCRYPT, Fireblocks, Deutsche Börse Group e Banca Credinvest stessa), che vi supportano nel trading, nel regolamento delle vostre transazioni, nella custodia delle vostre attività e nei vostri flussi di pagamento. Al centro di questo ecosistema c’è una banca, Banca Credinvest, che vi aiuta in ogni fase del processo grazie all’e-banking centralizzato di Credinvest, il quale garantisce sicurezza, assistenza e controllo. Il risultato è un titolo finanziario che rappresenta un’opportunità di investimento, liberamente negoziabile da offrire ai vostri clienti, i quali possono facilmente acquistarlo da qualsiasi conto bancario esistente presso la loro banca, mediante un semplice numero di identificazione internazionale, il codice ISIN, senza essere sottoposti a complessi processi di onboarding o di documentazione relativa al Know Your Customer».

Quali prodotti offrite all’interno di questo ecosistema?

«Offriamo:

- Certificati a Gestione Attiva: questi prodotti replicano una strategia sottostante, che può essere gestita attivamente da un gestore patrimoniale professionale e può essere implementata per ogni tipo di sottostante. La particolarità dell’ecosistema è la possibilità di combinare diverse strategie con differenti controparti in un’unica soluzione;

- Titoli legati al Credito (Credit Linked Notes, CLN): questi prodotti consentono di cartolarizzare debiti privati, i quali possono supportare una startup nella sua fase iniziale, un progetto ESG (environmental, social, governance) o ancora possono aiutare imprese a raccogliere il capitale necessario per la crescita dell’azienda;

- Certificati Delta One (Delta One Certificates, conosciuti anche come Trackers): soluzioni che replicano una singola opportunità di investimento o sottostante. Il vantaggio di questi prodotti è l’ottimizzazione dei costi senza la necessità di un asset manager, la frammentazione degli investimenti istituzionali e l’accesso alle opportunità del mercato privato (private equity, private debt);

- Dematerializzazione Private Equity (DEMA): capacità di digi -

talizzare la tua impresa. Questo risulta particolarmente vantaggioso quando si è coinvolti in dinamiche di successione;

- Multi: questo programma offre l’opportunità di replicare qualsiasi prodotto strutturato esistente nel mercato. Con questo veicolo diamo accesso a tutta la panoramica di derivati che abbiamo in Svizzera, dove potete creare note a capitale protetto, obbligazioni convertibili, senza avere il rischio emittente.

Come assistete le vostre controparti?

«Prima di tutto siamo una banca. Questo ci consente di controllare e gestire tutte le fasi del processo d’emissione. Partendo dal design della struttura, facilitando le attività di investigazione e approfondimento dei dati nella fase di onboarding (di soli-

to, Banca Credinvest coordina la due diligence), passando poi per il supporto durante l’emissione, la sottoscrizione e il rimborso. Inoltre, mettiamo a disposizione un servizio trading a 360°, con possibilità di calcolo del NAV in base alle esigenze della controparte: giornalmente, settimanalmente o mensilmente. Infine, agiamo in base alle richieste come paying agent, banca depositaria e ci impegniamo, mettendo a disposizione il nostro network, ove possibile, nella fase di distribuzione del prodotto. Un team dedicato di professionisti qualificati affiancato ad una piattaforma digitale estremamente competitiva. La banca dispone infatti di un sistema interno proprietario. Questo le consente di essere estremamente flessibile e di centralizzare tutte le componenti strategiche delle controparti in un’unica piattaforma.

Dal nostro e-banking si può coordinare tutti i prodotti, vedere tutte le posizioni e la documentazione (accordi commerciali, fatture etc), iniziare direttamente e autonomamente una nuova richiesta di emissione. Per quanto concerne il reporting, offriamo white-label reporting (la controparte può mantenere il proprio logo, layout, colori) ed è possibile, in maniera indipendente, cambiare il formato seguendo le proprie preferenze e necessità. Per ultimo, Credinvest può creare una pagina prodotti personalizzata all’interno del sito web dei propri partner a cui i clienti hanno costante accesso. Ora forse risulta più chiaro perché comunichiamo #carefocusdelivery».

Notizie dal mondo AIL

Soluzioni di ricarica per l’elettromobilità

2 1 3

Qualunque sia la vostra esigenza, siamo il partner ideale per pianificare e installare stazioni di ricarica per auto elettriche. Offriamo soluzioni chiavi in mano che comprendono la consulenza, il sopralluogo tecnico e l’installazione, fino alla consegna finale, con servizio di fatturazione agli utenti e supporto in caso di problemi.

Studiate fin nei minimi dettagli, le nostre soluzioni sono indicate per:

1. Case monofamiliari

2. Condomini

3. Aziende

Da ora è anche possibile configurare la soluzione ideale rispondendo a poche domande riguardanti il vostro edificio e il vostro bisogno di ricarica. Per informazioni ulteriori visitate il nostro sito www.ail.ch o inquadrate il codice QR.

Con voi verso un futuro sostenibile ailSolar Cloud è la soluzione «senza pensieri» per il vostro impianto fotovoltaico. Noi finanziamo, progettiamo, installiamo e ci occupiamo della manutenzione dell’impianto per 20 anni; voi beneficiate sempre di tutta l’energia elettrica prodotta! Infatti, se di solito solo il 35% dell’energia fotovoltaica generata viene usata dall’abitazione, grazie al “cloud” delle AIL, l’elettricità prodotta in eccesso durante le ore di sole viene immagazzinata e poi restituita quando serve di più (alla sera, di notte, durante l’inverno...).

Grandi ricariche per grandi motori

Nel corso della primanvera, è entrata ufficialmente in funzione la nuova pensilina di ricarica per battelli elettrici, situata sul lungolago, a pochi passi dal Municipio della Città di Lugano.

La Società Navigazione del lago di Lugano (SNL) persegue il virtuoso progetto Venti35, con l’obiettivo di convertire entro il 2035 tutti i battelli da propulsione per mezzo di combustibile fossile in energie rinnovabili.

Aziende Industriali di Lugano (AIL) SA • Casella postale, 6901 Lugano

Lungimiranza CON RADICI TICINESI

«SIAMO PIÙ DI UNA BANCA», DICE TANIA RUCKSTUHL, RESPONSABILE CLIENTELA

AZIENDALE DELLA BANCA MIGROS

DI LUGANO, CHE IN QUESTA

INTERVISTA CI ILLUSTRA LA SUA VISIONE PER LA REGIONE ECONOMICA TICINO.

Signora Ruckstuhl, lei è la nuova responsabile Clientela aziendale della Banca Migros di Lugano. Cosa l’ha spinta ad affrontare questa sfida?

«Essendo ticinese di nascita, la mia carriera si è svolta tutta in Ticino, da Chiasso a Faido; è così che ho potuto acquisire una vasta esperienza, dal retail banking al private banking fino al corporate banking, con particolare attenzione alla clientela estera. L’opportunità di far confluire le mie conoscenze in una banca fortemente collegata all’economia locale è stato il motivo principale che mi ha indotto a passare alla Banca Migros. Posso così contribuire direttamente allo sviluppo economico della mia regione».

La Banca Migros si posiziona come banca universale. Come percepisce il suo ruolo a tale riguardo?

«La Banca Migros pone al centro le persone e le loro esigenze: questo vale anche per la clientela aziendale. Voglio dimostrare che non siamo solo una Banca: siamo un partner nel percorso imprenditoriale. Qui è importante la nostra competenza nell’ottimizzazione aziendale. Aiutiamo la nostra clientela aziendale a prepararsi alle sfide future, rafforzando la resilienza e l’agilità delle sue attività».

In cosa consiste concretamente questa partnership strategica ai fini dell’ottimizzazione aziendale?

«Analizziamo l’azienda da una prospettiva esterna obiettiva, simuliamo diversi scenari con il tool di business plan della Banca Migros e realizziamo prove di stress in tempo reale. In tal modo è possibile individuare le dipendenze e il potenziale e pianificare strategicamente le fasi successive. Che si tratti di ottimizzare i processi aziendali o di finanziare innovazioni, la nostra clientela aziendale può contare sulla nostra vicinanza, fiducia, competenza e sul nostro impegno».

Ha menzionato i finanziamenti. Qual è la procedura?

«È fondamentale considerare le cifre in una nuova prospettiva. Aiutiamo le aziende a strutturare le rispettive finanze affinché queste possano conseguire la massima efficienza e

crescita. Un esempio è la nostra offerta di consulenza e ottimizzazione dei portafogli immobiliari, che mira a promuovere l’efficienza energetica e l’aumento del valore di mercato degli immobili. Inoltre, offriamo soluzioni di finanziamento particolari come il leasing, che aiuta le aziende a migliorare la capitalizzazione restando al passo con le tecnologie più avanzate».

A proposito: a che punto sono i vostri servizi digitali? «Sappiamo che talvolta servono processi rapidi e semplici e che altre volte sono richiesti ascolto, comprensione e consigli. La nostra clientela può quindi scegliere come interagire con noi. Offriamo sia soluzioni digitali per un banking effi -

ciente che la consulenza personalizzata. Essendo a Lugano, collaboriamo strettamente con i nostri clienti, indipendentemente dal canale».

Torniamo alla sua visione: come vede la Banca Migros in Ticino? «La mia visione è quella di continuare, come Banca, a essere parte integrante dello sviluppo economico in Ticino. Desideriamo aiutare la nostra clientela aziendale a crescere in modo sostenibile e ad agire sempre in modo responsabile e innovativo. La nostra vicinanza all’economia locale e la nostra comprensione delle esigenze dei nostri clienti sono il nostro principale vantaggio».

DIECI ANNI di food italiano

L’UNIVERSITÀ DI SCIENZE

GASTRONOMICHE DI POLLENZO

E CERESIO INVESTORS HANNO

PRESENTATO FOOD INDUSTRY

MONITOR 2024 CHE ANALIZZA

LE PERFORMANCE, L’EVOLUZIONE

DEI MODELLI DI BUSINESS

E I TREND DI MERCATO DELLE

AZIENDE ITALIANE DEL SETTORE ALIMENTARE.

L’edizione di quest’anno del rapporto è stata dedicata ad un’analisi di ampio respiro sull’evoluzione del food italiano nell’ultimo decennio integrata da una riflessione sulle possibili traiettorie di sviluppo di medio periodo.

Il tema di fondo riguardava le necessarie implicazioni tra crescita e sviluppo. La ricerca è infatti focalizza sulla crescita dimensionale e sullo sviluppo di modelli di business con caratteristiche distintive, in grado di sostenere la competizione sui mercati internazionali. Un focus specifico è dedicato alla crescita esterna, all’evoluzione degli investimenti tangibili ed intangibili e al rafforzamento della struttura finanziaria.

Il Food Industry Monitor analizza le performance di un campione di circa

840 aziende, con un fatturato aggregato di circa 90 miliardi di Euro, attive in 15 comparti del settore food. L’osservatorio analizza le performance storiche delle aziende del food dal 2009 al 2023 focalizzandosi sulle seguenti dimensioni: crescita, export, redditività, produttività e struttura finanziaria. Per ogni comparto sono state elaborate le previsioni di crescita del fatturato e dell’export e sull’andamento della redditività relative al biennio 2024-2025.

Il food italiano ha registrato negli ultimi dieci anni una crescita rilevante, passando da un valore di 53 miliardi nel 2012 a circa 90 miliardi nel 2023. Le esportazioni hanno visto una crescita continua, passando nello stesso periodo da 23 a 44 miliardi di euro. Gli occupati nella sola industria di trasformazione alimentare sono aumentati da 449.000 a 488.000, con una crescita record di circa 39.000 unità, in un periodo non particolarmente positivo per l’economia italiana.

Negli ultimi dieci anni, le aziende del food italiano hanno performato costantemente meglio delle medie imprese italiane (Dati MBRES) non solo in termini di redditività (ROI), ma anche per quanto riguarda la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento. Le aziende italiane, note per il loro posizionamento di leadership di qualità in molti segmenti di mercato, sono ancora relativamente piccole, con un fatturato medio di circa 97 milioni di euro e 178 collaboratori. Dal 2013 al 2022 il fatturato

SIAMO VICINO

ALLE IMPRESE

CHE INNOVANO

A Gabriele Corte, Direttore Generale di Banca del Ceresio, che ha introdotto i lavori dell’incontro, abbiamo chiesto un parere riguardo all’importanza ormai acquisita dal rapporto Food Industry Monitor e alla strategia che Ceresio Investors ha adottato nei confronti delle imprese che, nel settore food e non solo, hanno fatto dell’innovazione il driver principale per il loro successo sui mercati internazionali.

Siete stati fin dall’inizio i principali sostenitori di Food Industry Monitor. Come è nata la vostra collaborazione con l’Università di Pollenzo e perché questo rapporto è diventato un punto di riferimento per tutti gli operatori del settore? «L’idea nasce 11 anni fa, quando ci si rese conto che in Italia non esisteva uno studio sistematico del settore alimentare, nonostante rappresentasse già allora una delle colonne portanti della produzione e dell’esportazione nazionali. Valutando alcuni centri di eccellenza, tipicamente università, fummo messi in contatto con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che ha nel suo DNA la formazione di futuri manager e imprenditori del settore alimentare. Si arrivò presto a definire una forma di cooperazione che in questi dieci anni si è trasformata in uno dei principali centri di competenza settoriali. In realtà la cooperazione tra UNISG e Ceresio Inve -

stors si è nel frattempo estesa ad altri ambiti e siamo orgogliosi di essere stati nominati nel 2023 loro Partner Strategico».

Il settore agro-alimentare costituisce un punto di forza del sistema industriale italiano. Quali sono tuttavia gli elementi di debolezza che ancora persistono e nei confronti dei quali è opportuno intervenire per accrescerne la competitività su tutti i mercati?

«Il settore è ricco di vantaggi competitivi unici che risiedono soprattutto nella tradizione, nella biodiversità e nella capacità imprenditoriale dell’industria alimentare italiana. Spesso gli stessi si trasformano anche nei suoi limiti, sovente riassunti nella dimensione relativamente piccola dei suoi attori. Il tema vero è quindi capire come fare a mantenere un’elevata competitività, soprattutto sui mercati di esportazione, senza stravolgere la pro -

pria offerta. Le chiavi di successo passano sicuramente da tematiche quali l’accesso al capitale e le operazioni di aggregazioni, senza dimenticare però le opportunità offerte dagli sviluppi tecnologici. Non si può però non ricordare che l’industria italiana ha una struttura organizzativa totalmente diversa da quella di altri paesi, essendo sovente basata su “filiere”, quindi insiemi di aziende specializzate, che cooperano per raggiungere risultati impossibili per il singolo partecipante. I temi dei capitali disponibili e degli sviluppi tecnologici vanno quindi declinati anche in questo contesto organizzativo, che dà maggiori opportunità di sviluppo anche a soggetti relativamente piccoli su scala internazionale».

medio è cresciuto del 4,4% annuo. Il food italiano resta caratterizzato dalla prevalenza di PMI a controllo familiare, che, se da un lato ha garantito un’offerta di qualità bilanciando tradizione e innovazione, dall’altro rappresenta un limite oggettivo nel confronto internazionale. Le aziende del campione Food Industry Monitor hanno realizzato, a partire dal 2009, 72 acquisizioni di cui ben 26 verso target internazionali, per un controvalore complessivo di 5,4 miliardi di euro. Le acquisizioni sono uno strumento efficace di crescita profittevole, infatti, le aziende che hanno effettuato acquisizioni hanno registrato, dopo tre anni dalla conclusione dell’operazione, un aumento del fatturato di poco inferiore al 90% e un miglioramento dell’EBIT margin del 6%. Il 2023 è stato un anno estremamente positivo per il settore food con una crescita del 10% grazie sia alla buona tenuta del mercato interno sia alle eccellenti performance riscontrate nell’export. Nel 2023, le esportazioni del settore hanno raggiunto i 44 miliardi di euro, registrando una crescita del 6,3%, un dato eccellente anche se inferiore alla crescita registrata nel 2022, determinata in parte dall’aumento dei prezzi. La crescita del settore proseguirà nel biennio 2024-2025 con tassi superiori al PIL. In particolare, per il 2024 si prevede una crescita del +4,8%, mentre per il 2025 la crescita sarà del 5,2%. Anche l’export continuerà a crescere; stimiamo infatti che nel 2024 la crescita delle vendite all’estero sarà del 8,1% e nel 2025 del 7,3%.

I dati reddituali evidenziano uno scenario ampiamente positivo. La redditività commerciale (ROS) raggiunge il 5,1%, un dato in linea con quanto registrato nel 2022. La redditività del capitale investito

“Negli

ultimi dieci anni, le aziende del food italiano hanno performato costantemente meglio delle medie imprese italiane (Dati MBRES) non solo in termini di redditività (ROI), ma anche per quanto riguarda la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento”.

sfiora l’8% ed è in leggera crescita rispetto al 2022, grazie alla capacità di ottimizzare le scorte.

Nel 2024 cresceranno a tassi superiori alla media di mercato settori tipici del Made in Italy come caffè, olio, distillati e vino, soprattutto per via dei buoni risultati sul mercato internazionale. Cresceranno a valori leggermente inferiori altri settori come pasta, latte e derivati, e dolci, che risentiranno delle tensioni generate dal sistema della distribuzione e della contrazione dei consumi in alcuni segmenti del mercato italiano. Nel corso della presentazione tenutasi a Pollenzo presso l’Università di Scienze Gastronomiche Carmine Garzia e Michele Fino, docenti dell’Ateneo hanno presentato i trend di settore per il biennio 20242025, una tavola rotonda ha visto la partecipazione dei maggiori operatori del settore food & beverage italiano. Regina Corradini D’Arienzo, CEO di SIMEST e Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking di Ceresio Investors, hanno parlato di crescita internazionale e competitività sui mercati esteri. Con Andrea Stolfa, CEO di Omnia Technologies e Massimo Ambanelli, co-founder di HIFOOD, e COO di CSM Group Americas & Asia si è discusso di innovazione e del ruolo degli investitori istituzionali come acceleratori della crescita. Nel dibattito non è

mancato il punto di vista della produzione con Federico Vecchioni, AD di Bonifiche Ferraresi, una delle più grandi aziende agricole d’Europa e il quello della distribuzione con Maura Latini, Presidente di COOP Italia. Le conclusioni del convegno sono state affidate a Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e Presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche.

DIPINGERE le emozioni

A PARTIRE DALL’AUTUNNO LA SEDE LUGANESE DI BNP PARIBAS

PRESENTERÀ PER UN ANNO UNA MOSTRA DELL’ARTISTA ALINE PETRÒ

CHE IN QUESTA INTERVISTA CI RACCONTA IL SUO PERCORSO ARTISTICO, LE FONTI D’ISPIRAZIONE DELLE SUE OPERE E I PROGETTI PER IL FUTURO.

Nella sua biografia si legge che nella sua ispirazione artistica emergono ricordi della sua infanzia e delle sue radici. Ci vuole raccontare le principali tappe della sua vita?

«Il mio viaggio è iniziato nel Canton Argovia, dove sono nata e cresciuta. I primi anni sono stati caratterizzati dalla presenza dei nonni con storie di vita che mi sono rimaste fortemente impresse e con la separazione dei miei genitori nella mia prima adolescenza. Fin da bambina mi sentivo attratta dall’arte; era un luogo di rifugio per me, uno spazio in cui potevo esprimere i miei sentimenti e appartarmi in un mondo da sogno. Queste prime esperienze hanno gettato le basi per il mio sviluppo artistico e sono con me ancora oggi».

E per quando riguarda la sua vocazione artistica quando e come ha deciso di dedicarsi alla pittura?

«Un periodo importante della mia vita è stato quello trascorso a Vienna, dove ho scoperto la pittura. La città artistica mi ha plasmato nella vita e nell’arte. In particolare, la mostra dell’artista austriaca Maria Lassnig all’Albertina nel 2019 ha avuto un impatto duraturo su di me. Naturalmente, anche la mia laurea in Belle Arti ha avuto un ruolo importante, poiché mi ha dato l’opportunità di impegnarmi intensamente nella pittura e di perfezionare le mie tecniche».

A questo proposito, quali sono le tecniche pittoriche a cui fa più frequentemente riferimento e lo stile cui si ispira? «Preferisco lavorare con i colori a olio. Sono sempre affascinata dal modo in cui il colore reagisce sulla tela. Traggo ispirazione dalle situazioni quotidiane o dall’ambiente circostante. Tutto ciò che accade nella vita mi ispira».

Lei è stata selezionata dalla BNP Paribas Foundation - 2024 young artist selection. Che cosa rappresenta per lei questo riconoscimento?

«È stato un grande onore per me essere scelto dalla BNP Paribas Foundation. Lo vedo come una straordinaria opportunità per presentare i miei dipinti ad un pubblico più ampio».

Quali sono gli obiettivi perseguiti dalla BNP Paribas Foundation nei confronti dei giovani artisti?

«In linea con i valori del Gruppo BNP Paribas, la BNP Paribas Swiss Foundation è particolarmente interessata ad esplorare pratiche artistiche che richiamano la natura o trasmettono un messaggio legato alla salvaguardia dell’ambiente. La linea curatoriale della fondazione affronta quindi le grandi sfide del nostro tempo e offre a tutti l’opportunità di riflettere aprendosi ad artisti che propongono le loro nuove visioni del mondo. Negli ultimi anni sono stati supportati giovani talenti come Lisa Lurati, Aruna Canevascini o Fabio Sonego».

Sue opere saranno presentate per un anno presso la sede centrale di BNP Paribas a Lugano. Un importante punto di arrivo ma anche un punto di partenza verso nuovi obbiettivi. Quali? «Innanzitutto, mi sento incredibilmente onorata che il mio lavoro sarà

presentato nella sede di BNP Paribas a Lugano questo autunno. L’opportunità di essere in un luogo così importante (proprio sul lago!) mi motiva a continuare a lavorare sulla mia arte. Soprattutto, vorrei creare opere ancora più grandi. Il prossimo passo sarà quindi trovare uno studio adatto che mi offra lo spazio di cui ho bisogno per trasformare le mie visioni in realtà».

Come è organizzato il suo lavoro artistico e quali emozioni prova quando si dedica completamente a un atto creativo? «Il mio lavoro artistico è fortemente caratterizzato dall’intuizione, poiché le mie opere trattano spesso temi molto personali. Questo non rende sempre facile pianificare in anticipo. Tuttavia, cerco di dare una certa struttura al mio processo creativo per realizzare le mie idee in modo mirato. Quando dipingo, sono profondamente concentrato e quasi cado in una specie di trance».

PARIBAS (SUISSE) SA Via Nassa 11 CH-6900 Lugano

BNP

BUSINESS RELOCATIONS

A 360 GRADI

Lei vanta una lunga esperienza nel campo dei servizi finanziari. Quali sono state le principali tappe di questo percorso professionale?

«Mi sono laureato presso l’Università Bocconi di Milano nel 2003 e ho sempre lavorato nel settore dell’asset management e del trading. Nel 2015 ho scelto definitivamente di vivere in Svizzera, un Paese di cui apprezzo particolarmente I suoi aspetti politici, economici e sociali e ho fondato la NZ Investments. La società è attiva nell’ideazione e nel trading di veicoli di investimento, con un particolare focus sugli investimenti alternativi. Gestiamo ad esempio, tra gli altri, un A.M.C. che investe in cryptovalute attraverso strategie proprietarie. Come secondo ramo di business,

forniamo servizi di relocation per gli imprenditori che desiderano trasferirsi in Svizzera e UAE, le due giurisdizioni nelle quali siamo operativi. Il nostro target di riferimento sono imprenditori dello small & micro business, mondo da cui anche noi proveniamo e con il quale ci comprendiamo a prima vista. Sappiamo che questo segmento di mercato spesso non sa come attivare una strategia efficace ed efficiente di relocation, incappando in costossimi errori o irrecuperabili perdite di tempo. Noi, come imprenditori, testiamo prima tutto su noi stessi, e solo dopo lo applichiamo agli altri».

Il suo impegno professione è alimentato da una ben definita visione… «Una breve premessa: la mia famiglia aveva una piccola azienda agricola nel Nord Italia, ed è grazie al loro lavoro che ho potuto frequentare una buona università. Parlo la stessa lingua dei piccoli imprenditori, conosco le loro fatiche, i loro problemi, la loro mentalità e i loro sogni. Per questo ho iniziato ad aiutare le piccole e micro imprese a realizzare i loro progetti. Un’economia guidata dalle PMI significa un vero e proprio ordine finanziario liberale in cui le autorità considerano gli imprenditori non come contribuenti ma come clienti e produttori di ricchezza, creando cosi’ un regime di concorrenza fiscale volto ad attrarre

INTERVISTA CON NICOLA ZANNI FONDATORE NEL 2015 DI NZ INVESTMENTS, SOCIETÀ BASATA A ZUG CHE SI OCCUPA DI CONSULENZA PER INVESTIMENTI E BUSINESS RELOCATIONS.

i migliori imprenditori e I capitali. Aiutiamo i nostri clienti, tra le altre cose, nella transizione da TradFi a Fintech, DeFi e a strategie di offline asset protection. Questo è sicuramente un passaggio fondamentale per raggiungere la libertà finanziaria e personale».

Una parte rilevante del suo business riguarda il banking advice. Può spiegarci di più? «Nel mondo attuale, il banking, sia esso onshore od offshore è sicuramente uno dei problemi principali delle imprese e degli investitori. Vista la forte domanda, abbiamo deciso di dedicarci anche alla consulenza bancaria. Abbiamo un focus particolare sui settori del commodity trading, aziende crypto e blockchain, holding, veicoli di investimento. Abbiamo costruito una solida lista di banche e brokers, con cui abbiamo intrattenuto buoni rapporti pluriennali in quelle giurisdizioni che offrono la massima sicurezza degli assets, certezza normativa, un ambiente favorevole agli affari e una compliance ragionevole. I nostri clienti sono sia imprenditori che necessitano di banche business-oriented, sia investitori internazionali cercano asset protection».

NZINVESTMENTSGMBH Falkenweg 11A

CH-6340Baar nzinvestments.ch

PROFESSIONALITÀ E LUNGIMIRANZA AL PRIMO POSTO

Lei è alla guida dell’Amministrazione

Comunale di Paradiso da quasi 30 anni.

Qual è il segreto del suo “buon governo” e della fiducia che continua a ricevere da parte dei suoi concittadini?

«Non credo che si debba parlare di ‘segreto’, se le elettrici e gli elettori di Paradiso mi hanno eletto Sindaco per l’ottava volta consecutiva, con una netta affermazione personale e di lista alle recenti elezioni. È al nostro Comune, alla sua popolazione che si deve il successo di Paradiso che, pur rimanendo paese dal punto di vista formale e mantenendo una sua precisa e forte identità, ha allargato i suoi orizzonti. Concittadine e concittadini, in linea con l’impegno fattivo dell’Esecutivo e il

costruttivo apporto del Legislativo, hanno saputo esprimere negli anni il senso concreto di rapporti sociali e di conoscenza e di culture diverse. Questo si traduce da sempre in uno stimolo verso la valorizzazione della qualità della vita e consente di affrontare e ben gestire le possibilità sempre nuove date da un mondo e da una società in rapido cambiamento. Questo cambiamento non va subìto né rifiutato, ma ci si confronta col mutamento e lo si gestisce con mente aperta e competenza, anche e soprattutto nei momenti di crisi. Noi procediamo secondo una strategia oculata, lungimirante, organica e progressiva, non miriamo solo a un generico sviluppo, né ci facciamo abbagliare da mode culturali o da tendenze demagogiche. Vorrei aggiungere che Paradiso co -

MARIO MANTEGAZZA

INCONTRA L’ON. AVV. ETTORE VISMARA, SINDACO DEL COMUNE DI PARADISO.

stituisce un esempio chiaro di come il Comune sia un’istituzione fondamentale, in quanto vive sul territorio, è molto vicino alla cittadinanza e ha modo di intervenire meglio sulle esigenze reali. Certo, siamo piccoli, ma l’amministrazione è moderna e funzionale. Il Municipio e il suo Sindaco, e questo ci viene riconosciuto dalla nostra popolazione, ha amministrato diligentemente e soprattutto con lungimiranza! Ecco, il segreto è di lavorare correttamente con obiettivi realistici, realizzazioni ‘misurabili’ e una visione non ideologica, ma ampia e a lungo termine che si riscontri sul territorio».

In questi trent’anni Paradiso si è andata profondamente trasformando: come era un tempo e come appare oggi?

«Paradiso è un Comune dinamico, sano, moderno e progressista che ha il dovere d’impegnarsi affinché da quello che appare un disordine si innalzino con efficacia e orgoglio la valorizzazione della cittadinanza e del territorio, la difesa dell’ambiente, la tutela della sicurezza e i molti servizi orientati ai bisogni della popolazione!

A Calprino, questo il nome originario del nostro Comune fino al 1929, si contavano 86 “anime” nel 1600, 70 bambini fra i tre e i cinque anni nel 1912, il lavoro era essenzialmente agricolo, con piantagioni di gelso e la filanda della seta. È l’apertura della linea ferroviaria della “Gotthardbahn” nel 1882 ad aprire la via

ai traffici intensi e al turismo internazionale. Turismo che, favorito dal clima mite e dalla vista sul Ceresio, si evolve con insediamenti residenziali e sempre migliori collegamenti, con la realizzazione dell’autostrada. Su queste basi lontane, e con l’aumento costante del numero dei residenti e delle attività, sorgono nuovi impulsi, nuove esigenze e naturalmente qualche problema. Sono stati 30 anni frenetici, ma abbiamo sempre saputo gestire lo sviluppo, proporre soluzioni efficaci, badare alla sicurezza, alla qualità della vita, alle infrastrutture e ai molti servizi e alle agevolazioni per tutti e soprattutto per le fasce più fragili e per i giovani. Non posso non citare la progressiva pedonalizzazione, la moderazione del traffico, il nuovo lungolago, le numerose strutture sportive e per il benessere, il verde pubblico, e, come un ricordo ormai lontano, la battaglia per attenuare gli effetti concomitanti molesti della prostituzione e il contributo di Paradiso alla giurisprudenza federale in materia di “immissioni immateriali”, a protezione della quiete e delle persone. Ma non ci limitiamo alla nostra piccola realtà! Paradiso ha stabilito da tempo stretti rapporti operativi con i Comuni del Ceresio per i quali è un polo di riferimento. Mi limito a segnalare la Polizia Ceresio Sud, in tema di assistenza sociale lo sportello LAPS, l’Operatore sociale, la Giudicatura di Pace, l’Autorità Regionale di Protezione… Tutta l’amministrazione comunale - che per definizione deve provvedere alla sicurezza e al benessere dei Cittadini - da sempre si adopera per mettere in atto servizi e provvedimenti orientati alla sostenibilità e alla tutela del territorio e promuove comportamenti virtuosi e rispettosi dell’ambiente.

La nostra sfida, quindi, è di sempre gestire e adattare con professionalità e lungimiranza quella “macchina” speciale che è il Comune per analizzare e risolvere con soluzioni concrete i temi e i problemi che spuntano all’orizzonte».

Qual è il progetto, tra i tanti portati a termine, di cui va particolarmente orgoglioso?

«Potrei rispondere con un concetto ‘immateriale’ invece che con la descrizione di un progetto urbanistico: infatti, credo di poter affermare con orgoglio che la nostra è una comunità molto unita che sa esprimere il suo carattere, la sua compattezza e la propria unità d’intenti verso un Comune ospitale, sicuro, prospero, abitabile, moderno e, lasciatemelo dire, anche bello! Dal punto di vista operativo, un grande progetto è la riqualificazione del lungolago, con una verde “passeggiata a lago” che si integra perfettamente nel tessuto urbano, unendo le varie aree attraverso nuovi collegamenti. La trasformazione dell’intero comparto include un’area pubblica scendente verso il lago (gradonata) che potrà divenire un vero spazio di incontro e di aggregazione, bei giardini a lago con magnifica vista sul golfo, il tutto completato da un centro balneare e nautico e da un autosilo, in attesa dello sviluppo della passeggiata a lago con una passerella sull’acqua che, allontanandosi e avvicinandosi alla riva, offre prospettive inedite del lago e del golfo del Ceresio. Un recente progetto inaugurato nell’aprile 2024 è invece la nuova sala polivalente, incastonata nella cornice del Parco panoramico del Guidino, che ha una superficie ridotta ma offre un carattere certamente particolare e unico nella regione abbraccian-

do l’intero golfo: è uno spazio ben vivibile e fruibile da tutti, ospitale, moderno e anche molto bello!

Questo nuovo progetto di Mario Botta offre infatti una struttura completamente vetrata, con vista su parco, lago e vecchio nucleo, disponibile all’uso come sala per riunioni, incontri, manifestazioni sociali e culturali, è dotata di servizi e di una piccola cucina. Un gioiello visibile su https://paradiso.ch/inaugurata-la-nuova-sala-multiuso-al-parco-guidino/

Di rilevanza è la Residenza Paradiso, la nostra casa per anziani pubblica, che oltre ad offrire un servizio d’eccellenza ha stipulato, ormai da diversi anni, una convenzione con SUVA per un reparto speciale per persone adulte lungodegenti invalide. Mentre è quasi ultimata una lussuosa Residenza per anziani privata sul lago che immagino sarà fonte di nuove risorse per il Comune. Per quanto riguarda gli alloggi a basso costo, non siamo convinti del costruire direttamente ‘case popolari’, ma si preferisce favorire la cittadinanza con una politica di aiuti mirati e una fiscalità favorevole. Infine, non credo di sbagliare se ricordo che, a fronte di una popolazione molto stratificata per reddito e non certo limitata a pochi residenti privilegiati, utilizziamo le solide risorse del Comune nell’interesse di tutti. Offriamo servizi di qualità, numerose agevolazioni ai residenti, promuoviamo la mobilità pubblica con cospicui rimborsi di biglietti di autobus e di treni e il 40% degli abbonamenti dei mezzi di trasporto».

Per contro, che cosa non è ancora riuscito a realizzare e si promette di fare a breve termine?

«I progetti sono davvero molti e particolarmente complessi, sia per l’im -

pegno finanziario che progettuale e per le complesse normative. Ma non lasceremo nulla per la strada… Un grande elemento che stiamo già affrontando è il rifacimento dell’acquedotto, della stazione di pompaggio a lago e della rete idrica, con risanamento del fondale, molto probabilmente con un concetto diverso rispetto a quello pensato dai nostri avi in un momento storico diverso. Un altro interessante progetto prevede la valorizzazione della superficie complessiva di circa 27’500 m2, in zona Alla Valle, — in buona parte boschiva e per l’altra parte agricola prativa, con presenza di una cascina all’interno del comparto — acquistata nel 2021 dal Comune e oggetto di una procedura pianificatoria che prevede: 1) valorizzazione del patrimonio forestale attraverso una pulizia soprattutto dalle piante infestanti per attribuirgli un’identità territoriale forte, con rinaturalizzazione di due corsi d’acqua e con la possibile formazione di biotopi; 2) formazione di un percorso didattico-naturalistico caratterizzato da camminamenti nel bosco che potrebbero diventare spazi museali a cielo aperto tramite installazioni di land art; 3) formazione, grazie al forte pendio, di sedute per creare un anfiteatro naturale atto ad accogliere i visitatori; 4) restauro della cascina volto alla sicurezza, data la vetustà dello stabile, mantenendola il più possibile fedele al suo aspetto e alle sue caratteristiche rurali originali e destinata ad attività compatibili con i luoghi: di piantagione di alberi da frutto e/o vigneti, di formazione e didattica, sportivi e di fitness a cielo aperto, di svago e relax, di osservazione naturalistici e belvedere con connessioni e percorsi pedonali attrattivi e integrati nella rete di mobilità lenta comunale che per -

“Nel panorama dei Comuni ticinesi, il nostro moltiplicatore fiscale favorevole, invero al 58%, riflette il gettito fiscale a livelli interessanti, con recentissimi avanzi di esercizi storici di svariati milioni”.

mettono di mettere in rete questo comparto con gli altri punti di attrattività del territorio comunale.

E molto altro, ma invece che di costruzioni, vorrei accennare al tema della protezione a favore delle persone bisognose di aiuto e di assistenza, l’inclusione, a partire dalla scuola, nel quadro dell’applicazione della riforma che vedrà scomparire le ARP a favore delle Preture di protezione. Su questo ultimo tema ho qualche dubbio, in quanto a efficienza della rete di assistenza sociale e di mancanza delle relative strutture immaginate dalla riforma. E poi, sui costi, in particolare di gestione delle misure, non parliamone».

Quale sono i vantaggi per un piccolo comune derivanti dal mantenimento del moltiplicatore fiscale al 60%?

«Nel panorama dei Comuni ticinesi, il nostro moltiplicatore fiscale favorevole, invero al 58%, riflette il gettito fiscale a livelli interessanti, con recentissimi avanzi di esercizi storici di svariati milioni.

Per salvaguardare questa sicurezza, il nostro impegno va posto nella gestione parsimoniosa ed intelligente delle risorse finanziarie e l’attrattiva di un bel Comune che - in un quadro generale non sempre ideale, ma certamente invidiabile dal profilo paesaggistico territoriale che si affaccia, nel tratto pianeggiante della riva, magnificamente sul lago del Ceresio mentre nella parte del pendio si adagia sul Monte San Salvatore ed offre agli astanti una prestigio -

sa veduta panoramica sull’intero golfo di Lugano - può ancora attirare nuovi insediamenti professionali e residenziali e garantire una qualità del vivere e dell’aiuto sociale, dando sostegno agli anziani, all’integrazione, alla popolazione e molto altro ancora a favore della nostra gente. Del resto credo di poter tranquillamente affermare che il vostro stesso Palazzo Mantegazza ben si inserisca in questa idea di edifici prestigiosi idonei attirare nuovi interessanti insediamenti professionali e residenziali di alta qualità a tutto vantaggio del Comune e della sua gente. Fondamentale è che la buona situazione finanziaria ci consente di proseguire negli investimenti rilevanti per migliorare il Comune e la già buona qualità della vita dei suoi cittadini. Infine, ho già indicato tanti interessanti e stuzzicanti benefici e incentivi economici che il Comune offre, oltre all’aiuto finanziario comunale per i giovani in ambito educativo, sportivo e musicale, il contributo finanziario per l’acquisto di biciclette elettriche e tanto altro».

Ci può annunciare quali saranno le principali linee per una definitiva riqualificazione urbana del fronte lago di Paradiso?

«La grande e complessa riqualifica dell’intera zona che si affaccia sul lago è una grande opportunità per abitanti e visitatori. Il progetto da 50 milioni prevede un’area pubblica che scende verso il lago, la “Piazza Eden”, che sarà uno straordinario

spazio d’incontro e sarà completato da un centro balneare, da un nuovo porto per le barche da turismo e da un autosilo oltre alla passeggiata a lago come elemento unificatore. La nuova piazza gradonata, la gradonata, i giardini, il belvedere e la darsena caratterizzeranno tutto il lungolago, integrandosi perfettamente nel tessuto urbano e unendo le varie aree attraverso nuovi collegamenti a lago. Il tema del giardino è l’elemento centrale del progetto che inquadra il panorama in un’atmosfera intima e rilassante, esaltando l’ecosistema originale della riva. In questo modo, non si rendono semplicemente pubblici degli spazi inizialmente privati, ma si presenta un concetto innovativo di vivere il lago e le sue rive. Un primo passo è stata la piantumazione a palme del primo tratto di Riva Paradiso, quasi una citazione della Croisette di Cannes, che risulta in uno scenografico viale lungolago illuminato la notte, all’entrata del Co -

mune per chi proviene da Lugano, dall’autostrada o da Melide. Un altro tassello importante del progetto è la riqualifica della darsena, già messa a disposizione del pubblico quale piazza, che offrirà un migliorato spazio di sosta, di incontro e di gioco, in relazione allo straordinario spazio lacustre. Essa prevede l’eliminazione degli attuali elementi perimetrali quali muretti, parapetti e della piantagione poco pregiata, sostituiti da una nuova mensola metallica appesa al margine della costruzione che fungerà da panchina con un nuovo parapetto posato antistante al corpo di beton e ribassato, in modo da liberare la vista sul lago. Prevista tra strada e piazza una limitata copertura volta a valorizzare l’area e a conferire un’identità spaziale al belvedere, oltre che offrire un luogo protetto di sosta con una nuova illuminazione che di notte trasformerà la copertura in un corpo illuminante per la piazza, rendendosi vi-

sibile dall’insieme stradale e urbano. I primi lavori sull’area a verde hanno anche visto la realizzazione di una Palestra all’aperto completamente attrezzata, e ben frequentata, che riflette l’impegno del Comune per il benessere e la salute dei cittadini. Queste opere rendono più prestigiosa e vivibile tutta la zona e più sicuro il transito pedonale, grazie alla moderazione del traffico automobilistico e al più facile attraversamento pedonale della via.

Il progetto di riqualifica, fonda la sua base ideale sul concetto che il lago ci unisce e non divide. Il lago, e lo scrisse molto efficacemente lo scrittore Piero Chiara, costituisce una piazza ideale attorno alla quale si affacciano città, borghi e paesi, parchi, ville e giardini tra panorami straordinari… E per coloro che vogliono approfondire il tema si veda: https://paradiso.ch/progetti-seguiti-dal-comune-di-paradiso/riqualificazione-rivalago-di-paradiso/».

Taluni situazioni di disagio sociale e fenomeni più o meno gravi di illegalità e delinquenza hanno attirato critiche riguardo alla sicurezza pubblica. Quali interventi in proposito ritiene opportuno adottare?

«Non mi risulta un tale compromesso quadro a Paradiso anche se condivido che la situazione generale della sicurezza pubblica nell’intera Svizzera non va certo migliorando nel tempo. Per quanto ci concerne, con un corpo di Polizia attualmente di 24 agenti oltre ad 1 assistente e a 4 ausiliari, è inderogabile, poter e dover, avere sempre un occhio attento alla pubblica sicurezza grazie al quale ovviamente non sono né saranno tollerati atti né situazioni non solo illegali, ma anche inopportune e di semplice disturbo. Va poi notato che, spesso, il timore non è legato ad un reale aumento dei tassi di criminalità e del numero dei reati consumati. Il diffuso e tangibile

senso di insicurezza di alcuni nasce dalla globalizzazione dei fenomeni criminali, dovuta alla diffusione mass-mediatica dell’informazione che crea, a sua volta, grande allarme collettivo, soprattutto nelle categorie sociali più esposte. Ma come si risponde alla paura del crimine? La risposta è aumentando la fiducia dei cittadini negli organi di Polizia che garantiscono sicurezza e legalità. Il nostro dispiegamento di più pattuglie motorizzate e a piedi, unito a mezzi elettronici, forma un sistema di controllo del territorio razionale, rapido ed efficace, contribuendo ad una ottima efficacia ed incisività di risposta alle richieste dei cittadini. Vorrei davvero aggiungere un dato molto rilevante: la riqualificazione urbanistica, gli spazi di aggregazione e svago, la presenza di edifici moderni ed esteticamente gradevoli sono dimostratamene un elemento chiave nel prevenire emarginazione, segregazione, malessere sociale e il formarsi di aree a rischio.

Francamente, devo dire che Paradiso è un Comune sicuro e che, come dicevo, dispone di un Corpo di Polizia Ceresio Sud che si distingue per la sua presenza capillare su tutto il territorio intercomunale di competenza, quindi anche dei Comuni convenzionati, e per la sua efficacia operativa. Detto questo, ripeto che il senso di sicurezza dei singoli cittadini va relativizzato. La cosiddetta ‘sicurezza percepita’ è molto soggettiva e la risposta sociale conseguente è in funzione della cultura e delle tradizioni di un luogo e di un contesto che prescinde dalle regole fissate oggettivamente, al punto che si può osservare come alcuni comportamenti destino allarme sociale anche se sono leciti ai sensi di legge. È pur vero che dobbiamo anche tener conto delle reazioni emozionali e

del fatto che negli ultimi anni è aumentato in modo considerevole il bisogno di sicurezza della collettività, ma ritengo poter dire realisticamente che le nostre misure di prevenzione, d’intervento, di controllo del territorio sono certamente adeguate».

Lei ha fatto della riservatezza riguardo alla sua vita privata un punto di forza della sua immagine pubblica. Ci vuole tuttavia raccontare come trascorre il suo tempo libero e quali sono i suoi interessi quando non è impegnato nelle sue attività professionali e nella politica? «Invidio chi ha il ‘problema’ del tempo libero… Un Sindaco, come me in particolare, ne ha davvero molto poco. E soprattutto trovo grande soddisfazione nel mio lavoro. Mi piace molto lo sport, con preferenza a quello individuale con camminate e palestra e l’osservazione della natura nelle sue diverse belle forme e sfaccettature. Posso poi dire che da sempre sono interessato alla cultura e arti orientali nelle loro più varie forme. Mia moglie Hisako, nativa di Tokyo, ama l’arte pittorica detta “Via della scrittura o Shodo” e mi ha consentito di approfondire le mie conoscenze in tanti settori interessantissimi e affascinanti del mondo orientale, anche i meno noti. Infine ho anche la passione dei motori e mi piace molto fare dei giri con la mia moto Ducati XDiavel S».

LA HALL DI PALAZZO MANTEGAZZA

WELLNESS

The Longevity Suite

Piscina Mantapool di Ivana Gabrilo

AP Fisioterapia

RESTAURANTS

Ristorante Meta

Bistrot del Meta

Sala eventi – Meta Events

LIFESTYLE

Ticino Welcome

Mistretta Coiffure

BOUTIQUE

ASSOS Boutique Lugano

Roberto’s News and Cigars

Disponibilità di un ampio autosilo

LA GERMANIA CHE NON TI ASPETTI

DAL 29 SETTEMBRE AL 24 NOVEMBRE, 11 CHEF TEDESCHI STELLATI

MICHELIN PORTERANNO IL LORO ESTRO CULINARIO CON 11 OFFICIAL

NIGHTS CHE SI SVOLGERANNO, COME SEMPRE, IN ALCUNE DELLE PIÙ BELLE E SIGNIFICATIVE LOCATION DEL TICINO, DOVE VERRANNO

OSPITATI DAI COLLEGHI TICINESI CHE OGNI ANNO METTONO A DISPOSIZIONE PROFESSIONALITÀ E SAVOIR-FAIRE NELLA

PREPARAZIONE DI CENE UNICHE E IRRIPETIBILI.

Si continua a sentir parlare di Germania quest’anno: dopo i Campionato europei di calcio, ecco una nuova squadra che per due mesi allieterà i palati di tanti ticinesi.

Capitanati da Thomas Bühner e insieme alla squadra di chef ticinesi di alcune delle migliori strutture del nostro territorio, presenteranno una realtà gastronomica singolare, di cui il pubblico rimarrà piacevolmente sorpreso.

Oggi la Germania è un Paese con una offerta enogastronomica sempre più ricca e in netta crescita. «Ho sempre amato la gastronomia e i vini tedeschi – afferma Dany Stauffacher, CEO & Founder di S. Pellegrino Sapori Ticino – e sono molto felice che nella nuova edizione del Festival potrò offrire delle novità. Già nel 2013 avevamo proposto un gemellaggio con Berlino presentando una ricca e inaspettata realtà. Anche quest’anno, basandosi il Festival su uno scambio culturale, varcheremo i confini cantonali e nazionali e il 19 settembre andremo a Monaco di Baviera con alcune delle nostre eccellenze ticinesi: Eugenio Belfiore di Villa SassaLugano, Luca Bellanca del Ristorante Meta - Lugano, Marco Orto -

lani de La Réserve Eden au Lac di Zurigo e Andrea Pedrina de La Dispensa di Lugano, in collaborazione con Svizzera Turismo, Ticino Turismo, Lugano Region e l’ente turistico di Ascona-Locarno. S.Pellegrino Sapori Ticino non parla comunque solo tedesco quest’anno, anche perché il linguaggio della gastronomia è universale. Con grande piacere ed orgoglio siamo stati invitati da Svizzera Turismo e dall’Ambasciata di Svizzera ad organizzare una cena alla Maison Suisse durante i Giochi paralimpici a Parigi, dopo che l’anno scorso avevamo presentato l’edizione del Festival 2023 all’Ambasciata. E così lo scorso 29 agosto, un’altra squadra ticinese ha rappresentato la ricca offerta enogastronomica ticinese (Marco Badalucci del Badalucci Taste of Art di Lugano, Cristian Moreschi di Villa Principe Leopoldo di Lugano e Andrea Pedrina de La Dispensa di Lugano) nel cuore di Parigi». Questa edizione del Festival, oltre a presentare grandi nomi e grande cucina, parla tanto di ospitalità, concetto fondamentale per il turismo di qualità e la riuscita di ogni evento. «Mi inorgoglisce molto – sottolinea Dany Stauffacher – la nuova colla -

borazione con l’EHL di Losanna, la migliore hospitality school del mondo, che forgia i futuri leader del settore alberghiero e della ristorazione, ma non solo. Una eccellenza che inizieremo a conoscere meglio anche alle nostre latitudini e che ci vedrà come antenna di riferimento nella nostra regione e in Italia. Una occasione di uno scambio importante per sviluppare sempre di più la cultura dell’ospitalità, fondamentale per il turismo e tutta l’economia. Per sancire l’importante collaborazione con EHL, la cheffe stellata Lucrèce Lacchio, del ristorante Le Berceau des sens all’interno del campus di Losanna, sarà la protagonista della serata delle donne del Festival il 18 novembre, insieme a un gruppo di studenti che potranno così sperimentare cosa significa nella pratica l’organizzazione di un evento. Con queste premesse, proseguiremo il nostro lavoro con l’intento di mettere in rete diverse realtà per promuovere le eccellenze del settore. Tra queste, è iniziato un nuovo dialogo anche con Alma, la scuola internazionale di cucina italiana. L’ospitalità è uno stile di vita e la gastronomia è il suo cuore pulsante, per questo cerco sempre di creare sinergie tra enogastronomia, hotellerie, cultura e paesaggio. In quest’ottica per la terza volta, parteciperò alla Luxury Hospitality Conference, da ques’anno come membro del Comitato direttivo oltre che moderatore, dialogando proprio con Markus Venzin CEO

dell’EHL GROUP, che si terrà a Milano il 26 settembre e dove il pranzo sarà organizzato da Sapori Ticino con Cristian Moreschi di Villa Principe Leopoldo e Federico Palladino dell’Osteria Enotaca

Cuntitt di Castel San Pietro. Un’altra opportunità esclusiva per presentare il nostro savoir-faire gastronomico ai general manager dei più importanti e rinomati hotel e catene di lusso, con inoltre CEO di marchi di lusso internazionali, tra chef stellati ed esperti del settore provenienti da tutto il mondo». Il Festival inizierà con il Grand Opening presso l’Hotel Splendide

Royal di Lugano domenica 29 settembre dedicato agli Chef di Swiss Deluxe Hotels con Marco Veneruso che ospita Mauro Taufer del Kulm Hotel St.Moritz, Dominik

Sato e Fabio Toffolon del The Chedi Andermatt e Thierry Buffeteau del Beau Rivage Palace di Losanna per poi continuare con le serate ufficiali e si chiuderà domenica 24 novembre sempre con il

Final Party all’Hotel Splendide

Royal di Lugano con Marco Veneruso insieme a Marco Badalucci del Badalucci Taste of Art di Lugano, Luca Bellanca del Ristorante Meta – Lugano, Federico Palladino dell’Osteria Enotaca Cuntitt di Castel San Pietro delle Grandes Tables Suisses del Ticino. Non mancheranno le serate promozionali oltre Gottardo dedicate al Ticino, nelle strutture di alcuni membri del gruppo Swiss Deluxe Hotels, quest’anno il 9 ottobre al Four Seasons Hotel des Bergues a Ginevra con Marco Badalucci del Badalucci Taste of Art di Lugano, Alessandro Boleso del Grand Hotel Villa Castagnola di Lugano, Federico Palladino dell’Osteria Enotaca Cuntitt di Castel San Pietro e Marco Veneruso dell’Hotel Splendide Royal di Lugano e il 20 novembre all’Hotel Widder a Zurigo con Luca Bellanca del Ristorante Meta di Lugano, Cristian Moreschi di Villa Principe Leopoldo di Lugano, Giuseppe Pi -

stritto del Swiss Diamond Hotel di Vico Morcote e Jacopo Rovetini dell’Osteria dell’Enoteca di Losone, e tanti altri appuntamenti molto amati dal pubblico di SPST, tra cui il Dîner au Château presso la Tenuta Castello di Morcote il 22 settembre con Francesco Sangalli e Mattia Bacchiavini del Ristorante La Sorgente di Morcote, Mattia Armanasco del Ristorante Vicania e Daniel Ortiz della Cantina Tenuta Castello di Morcote. Per un pubblico più giovane, torna la serata Lounge il 24 ottobre al Casinò di Lugano e novità importanti sono 4 serate con 4 nuovi talenti del concorso S.Pellegrino Young Chef, che seleziona i migliori giovani chef sotto i 30 anni da tutto il mondo: lo svizzero Raul Garcia che sarà al Grand Hotel du Lac a Vevey con Guy Ravet, il greco Grigoris Kikis, l’italiano Michele Antonelli e il tedesco Anton Lebersorger, con 3 chef presso 3 nuove strutture entrate a far parte della grande famiglia di SPST: Emanuel Negrusa del Ristorante della Torre di Morcote, Salvatore Sanfilippo del Ristorante La Baia di Locarno e Carlo Ponti Greppi dell’Hotel Belvedere, sempre di Locarno. Tanta carne sul fuoco e con sempre il Ticino protagonista!

GLI CHEF OSPITI DI S.PELLEGRINO SAPORI TICINO

30 settembre

Daniel Gottschlich

2 stelle Michelin, Ox&Klee, Köln, ospite di Emanuele Bertelli al Seven, Lugano

6 ottobre

Thomas Bühner

La Vie Taipei, ospite di Marco Veneruso all’Hotel Splendide Royal, Lugano

7 ottobre

Tony Hohlfeld

2 stelle Michelin, Jante, Hannover, ospite di Luca Bellanca al Meta, Lugano

13 ottobre

Sebastian Zier

2 stelle Michelin, Einstein Gourmet, S. Gallo, ospite di Mattias Roock al Castello del Sole, Ascona

14 ottobre

Stefan Heilemann e Florian Stolte

2 stelle Michelin e 1 stella Michelin, Widder Reastauran, Zurigo e 1789 Restaurant, Baiersbronn, ospiti di Riccardo Scamarcio a Villa Orselina, Orselina-Locarno

15 ottobre

Dirk Hoberg

2 stelle Michelin, Ophelia, Costanza, ospite di Loris Meot al Ristorante Ciani, Lugano

20 ottobre

Anton Gschwendtner

2 stelle Michelin, Atelier in Bayerischenhof, München, ospite di Alessandro Boleso al Grand Hotel Villa Castagnola, Lugano

21 e 22 ottobre

Christian Binder

2 stelle Michelin, Steinheuers Restaurant, Zur alten Post, Badneuenahr-Ahrweiler, ospite di Giuseppe Pistritto al Swiss Diamond Hotel Morcote e di Cristian Moreschi al Ristorante Villa Principe Leopoldo, Lugano

28 ottobre

Manuel Ulrich

2 stelle Michelin, Ösch Noir, Donaueschingen, ospite di Nicola Leanza al Seven Ascona

4 novembre

Yoshizumi Nagaya

1 stella Michelin, Restaurant Nagaya, Düsseldorf, ospite di Emanuele Bertelli al Seven Lugano

Lasciatevi ispirare dalle numerose proposte di Ticino Gourmet Tour (ticinogourmettour.ch) per conoscere, vivere ed apprezzare il territorio insieme al suo patrimonio culinario attraverso la qualità dei 70 ristoranti selezionati e le cantine vinicole. I 20 itinerari di JumpinTicino (le nuove esperienze testate e approvate da diverse influencer provenienti da Svizzera, Germania e Italia) faranno vivere emozioni autentiche e sono ideali per tutti i gusti (famiglia, relax, avventura e attrazioni in città). Passeggiare tra le stradine strette dei famosi borghi del luganese, una gita sul lago al tramonto nel locarnese, emozionanti canyoning nelle gole d’acqua cristallina nelle valli del Bellinzonese, degustazioni di vini nelle cantine locali del mendrisiotto e non solo, fanno parte di un viaggio sensoriale che arricchiscono l’itinerario, ren -

UN TICINO MOLTO APPETIBILE

AVETE PENSATO DI FARE UN SALTO IN TICINO PER IL FINE SETTIMANA?

IL TICINO OFFRE IL CONTESTO IDEALE PER VIVERE EMOZIONI

AUTENTICHE TRA LE SUE BELLEZZE NATURALI, LE TRADIZIONI

CULTURALI E LA SUA ENOGASTRONOMIA, IN OGNI STAGIONE

E CON QUALSIASI CONDIZIONE METEO.

dendo la vacanza memorabile. Oggi, dove ogni angolo del mondo sembra a portata di mano attraverso uno schermo, la ricerca di autenticità diventa fondamentale e alimenta una domanda di esperienze che vanno oltre il semplice osservare. C’è la voglia di connettersi il più possibile con il luogo visitato. Le esperienze culinarie continuano anche con Dine Around, ideato in collaborazione con Lugano Region, che offre la possibilità di acquistare pacchetti gastronomici in tutto il territorio del Luganese presso i ristoranti di Ticino Gourmet Tour che hanno aderito all’iniziativa dove potranno gustarsi menu creati dagli chef ticinesi. Si potranno prenotare quattro tipi di esperienze con menu di tre o quattro portate creati su misura: Gourmet per chi preferisce la cucina fine dining, City Break per vivere il centro città di Lugano, Nature per chi desidera un ambiente più bucolico e Pieds dans l’eau per chi è alla ricerca dell’atmosfera mediterranea che le terrazze sul lago di Lugano potranno offrire. La regione del Luganese può garantire un’offerta gastronomica per tutti i gusti grazie ai numerosi partner attivi sul territorio. Per esplorare appieno questa diversità, Lugano Region ha attivato una speciale promozione per la quale ac -

quistando una delle esperienze combinate proposte si beneficerà di uno sconto del 20%. All’acquisto di un minimo di tre pacchetti, si riceverà un ulteriore sconto del 10%.

Fate dunque un salto in Ticino e lasciatevi ispirare dai paesaggi, dai colori e dai sapori che coinvolgono tutti i sensi, toccano il cuore e arricchiscono lo spirito.

SITUATA NEL CUORE DELLA

TOSCANA, DICHIARATA

PATRIMONIO DELL’UMANITÀ

DALL’UNESCO, LA VAL D’ORCIA

GIOIELLO TRA NATURA E CULTURA, PAESAGGI DA CARTOLINA E PARADISO PER I GOURMET.

DI MARTA LENZI

UN TERRITORIO PER TUTTI I SENSI

Ti guardi intorno e non sai che strada prendere: file di cipressi, distese di ulivi, vigneti infiniti con una luce particolare a qualsiasi ora del giorno. Colline dall’andamento dolce simili a dune, campi di grano in cui il giallo ocra è rotto dai filari di cipressi, parabole di vigne che si mescolano ai girasoli e affiorano dal grigio che i sentieri in terra battuta decorano come fossero una cornice. La regione è punteggiata da affascinanti borghi, ognuno con la sua storia e il suo carattere unico. Tagliata dal fiume omonimo, la valle è un connubio perfetto tra il lavoro della natura e quello degli uomini, racchiudendo alcuni tra i più incantevoli paesaggi della Toscana, a cui si può accedere dall’area limitrofa delle Crete senesi, fatte di argille, arenarie e antichissime sabbie marine che formano i calanchi dalle sfumature grigio-azzurre, degna introduzione alle contrade di questo intero territorio, passando di continuo da Medio Evo a Rinascimento e viceversa.

Situata su un colle a poco più di cinquanta chilometri a sud di Siena, si trova Pienza, un perfetto connubio tra bellezza naturale e architettura rinascimentale, luogo natale dell’u-

manista Enea Silvio Piccolomini che, divenuto Papa Pio II, volle farne una città nuova, dalle geometrie perfette dettate dai canoni urbanistici rinascimentali trasmessi da Leon Battista Alberti e riassunti nella città ideale, convergenza di pensiero e spazi, simboli e simmetrie. Attraversate le porte delle sue mura medievali ci si immerge in vicoli, colonnati e terrazzi, incantati dalla splendida piazza trapezoidale, contornata da palazzi illustri e dalle facciate in travertino color miele, dalle sue strade eleganti, le piazze armoniose e le viste panoramiche sulla valle. Definita «città ideale» o «città utopica», è stata pensata dall’architetto Bernardo Rossellino come modello di convivenza che dall’architettura si traduca in vita quotidiana. Da qui passava l’antica Cassia che poi verrà affiancata dalla Via Francigena, l’antico percorso di pellegrinaggio che collegava Canterbury a Roma. Lungo l’antica Via Francigena, si trova anche San Quirico d’Orcia, un gioiello medievale. Con le sue strade acciottolate, le chiese storiche e gli splendidi giardini, questo borgo offre un’esperienza autentica e tranquilla. La sua posizione ha giocato un ruolo cruciale nel suo sviluppo. Il borgo ha accolto pellegrini per secoli e ancora oggi è un punto di sosta per chi percorre questo storico cammino. Un paio di chilometri prima di raggiungere San Quirico, sulla destra si trova uno dei panorami della Toscana più famosi: i famosi cipressi di San Quirico, nient’altro che una fila di alberi su una collina, ma la loro geo -

metria quasi perfetta, unita alla bellezza del panorama circostante, li rendono davvero una meraviglia della natura. Poco lontano, sempre sulla Cassia, si trovano le terme di Bagno Vignoni, elogiate da santa Caterina da Siena e Lorenzo il Magnifico. Frequentate e conosciute da etruschi, romani e personaggi famosi, sono caratterizzate dalla grande piscina che occupa la piazza centrale, costruita nel Rinascimento proprio sopra la fonte termale e circondata da palazzi cinquecenteschi, opera dello stesso Rossellino che ridisegnò Pienza. Non si può, poi, non parlare di vino e quindi scoprire Montalcino e Montepulciano. Tra chiese e palazzi, come quello vescovile, Montalcino è conosciuto, oltre che per il Brunello, uno dei vini più pregiati d’Italia, per il suo borgo medievale, con una vista spettacolare sui vigneti circostanti, famosissimo anche per una gastronomia più leggendaria, con preparazioni storiche dove il pane, rigorosamente sciocco, cioè senza sale, è il protagonista. Panzanella, pappa al pomodoro, ribollita con il cavolo nero, zuppa frantoiana, fagioli cannelli-

ni e pomodoro su fette di pane abbrustolito. La cucina locale, semplice e genuina, ovunque in questa zona, esalta i prodotti del territorio. Tra le specialità da non perdere ci sono i pici, una pasta fresca fatta a mano, spesso condita con sugo all’aglione o cacio e pepe. Senza dimenticare i formaggi pecorini di Pienza. Montepulciano è invece famosa per il vino Nobile, prodotto principalmente con uva Sangiovese, e per i suoi palazzi rinascimentali e le sue chiese. Arroccata su una collina tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana, vanta una storia antica che risale agli Etruschi, ma è durante il Rinascimento che la città raggiunge il suo massimo splendore. Numerosi palazzi e chiese furono costruiti in questo periodo, rendendo Montepulciano un esempio perfetto dell’architettura rinascimentale. Fin dal tempo degli Etruschi, Montepulciano è stata al centro - sia geografico, che agricolo e storico – del commercio del vino in Toscana. E sarà proprio per questo che proprio qui si trova anche un legame con la nostra Svizzera, precisamente con la Tenuta Vallocaia di Bindella. Il nome Bindella per uno svizzero è sinonimo oggi di ristorazione, ma la storia è iniziata quando Jean Bindella, nato in Ticino nel 1878, fondò un’enoteca nel 1909 e si specializzò nell’importazione di Chianti dalla Toscana. Con soli due cavalli aveva cominciato a trasportare damigiane e successivamente introdusse il fa-

moso fiasco toscano in Svizzera. La storia recente inizia invece negli anni ’80 del secolo scorso, grazie alla passione di Rudi Bindella che, sulla traccia di quanto avviato dal nonno, approfondisce e sviluppa le attività di famiglia iniziando ad importare e distribuire eccellenze italiane nel mercato elvetico, aprendo anche ristoranti dove attrae i pubblici internazionali delle più importanti località svizzere, da Zurigo a Lucerna, da Ginevra a Berna. Durante i suoi studi in Italia scopre Montepulciano, dove decide di diventare viticoltore ed avviare la propria Tenuta. Nel 1983, Rudi Bindella acquista così una piccola proprietà nel cuore storico della produzione vitivinicola di Montepulciano: Vallocaia, nella zona di Argiano, comprendente un rudere e due ettari e mezzo di vigneti. Nel corso degli anni, la proprietà si amplia con l’acquisto di importanti appezzamenti, oliveti e boschi limitrofi ai vigneti per diversificare le produzioni e aumentare la biodiversità. Oggi Tenuta Vallocaia (v. foto sopra) si estende per 175 ettari, di cui 54 sono coltivati a vite con altri 16 dedicati agli oliveti. Nel 2015, sono così iniziati i lavori per la nuova cantina, a coronamento di un processo di crescita e di arricchimento anche funzionale della Tenuta, inaugurata nel 2021. Un tuffo in una atmosfera particolare permette anche qui, oltre a degustare ottimi vini, di respirare tanta bellezza. E la storia continua.

E fanno TRENTA!

DA TRENT’ANNI LE GOURMETTES TICINESI, ASSOCIAZIONE

DI SIGNORE AMANTI DELLA BUONA CUCINA MA NON PROFESSIONISTE, SI RIUNISCONO MENSILMENTE PER CUCINARE ASSIEME SECONDO UN TEMA PRESTABILITO CHE OGNI VOLTA CAMBIA, PER POI GODERE INSIEME DI QUANTO PREPARATO.

L’Association des Gourmettes fa parte delle associazioni eno-gastronomiche svizzere e conta sezioni soprattutto nella parte romanda. Una lunga storia, che si protrae nel tempo, durante la quale le cuoche sono solite sfidarsi reciprocamente con le loro creazioni gastronomiche: una storia che ancora continua ad interessare e motivare queste raffinate gastronome che organizzano cene in cui non solo viene considerata la preparazione e composizione del cibo ma grande importanza viene data anche alla mise en place, all’abbinamento con i vini, alla decorazione dei tavoli, che devono ispirarsi al tema della serata, e alla composizione dei menu.

Un lavoro complesso a trecentosessanta gradi ma che non le scoraggia affatto, anzi le motiva maggiormente. Le socie attive, tra loro libere professioniste in vari settori, alcune già in pensione, altre casalinghe, altre ancora artiste, sono poco meno di una ventina (alcune in fase di intronizzazione) e al momento di allestire la cena mensile si preparano con cura meticolosa, a cominciare dalla formazione del gruppo in cucina: una capogruppo che con l’aiuto di tre o quattro socie si incarica della cena che viene studiata attentamente in tutti i suoi aspetti. Il risultato di solito è molto piacevole da vedere per gli accostamenti dei colori e l’allestimento in sé, ma soprattutto il cibo è eccellente, ricercato, prelibato. Alcune cene davvero particolari so -

DI DONATELLA RÉVAY

no passate alla storia. Da ricordare, una cena a tema futurista ispirata ai quadri e alla filosofia dell’epoca con accostamenti insoliti; una cena povera a base di ingredienti molto semplici; una cena a base di cioccolata dall’aperitivo al dessert. E poi, alcune cene legate alle tradizioni dei popoli spaziando da nord a sud, da est a ovest dell’intero globo: cena latino-americana, una cena a New York, cena a Buckingam Palace, cena indiana, cena marocchina e tante altre. Una delle ultime aveva per tema “Cena al Quirinale”, un’altra “Cena dei Dogi”. Molto simpatiche alcune cene a tema fantasia e famose, anno dopo anno, sono diventate le cene di Natale. Da più di dodici anni a tenere dritta la barra è Claudia Bolliger che tra poco, dopo tanto lavoro, cederà lo scettro ad una nuova presidente.

Dica la verità, vi divertite?

«Oh, sì. E quel che si può notare partecipando ad una cena è l’armonia che si è creata tra le socie diventate ormai delle vere amiche che si aiutano vicendevolmente».

È molto impegnativo preparare una serata?

«Lo facciamo con grande piacere. Certo, prendersi la responsabilità di sviluppare il tema della serata che comprenda piatti in armonia tra di loro, in cui tutto sia coordinato secondo un determinato fil rouge, allestimento dei tavoli compreso, è molto coinvolgente ma non senza impegno».

Com’è il vostro ‘famoso’ Natale?

«Se ogni appuntamento mensile è molto atteso, quello più atteso in assoluto è la Cena di Natale, ogni anno diversa, alla quale partecipano i mariti, e alcuni invitati scelti con cura tra autorità anche del mondo

gastronomico ma non solo. Ogni socia partecipa con almeno un piatto preparandosi diligentemente per l’occasione e curando ogni dettaglio della serata. Come sempre la mise en place è funzionale ma anche esteticamente accattivante, impreziosita da centrotavola e altre decorazioni natalizie. Il risultato è un ambiente conviviale raffinato, perfetto per godersi una serata all’insegna della buona cucina e della compagnia piacevole».

Nel corso della sua lunga presidenza, di quale iniziativa è più fiera?

«Di tutte le nostre cene ovviamente, ma anche del nostro viaggio annuale di qualche giorno, insieme ai compagni e mariti, verso mete bellissime da un punto di vista culturale e paesaggistico che naturalmente

comprende anche appuntamenti gastronomici puntuali. Siamo state in molte delle capitali gastronomiche specialmente in Italia, dalla Sicilia al Piemonte, al Veneto, a Roma». L’Association des Gourmettes Ticino non si limita solo alla promozione della buona cucina, ma almeno una volta all’anno svolge anche attività di beneficenza. La loro passione per il cibo si trasforma quindi in solidarietà e aiuto per coloro che ne hanno bisogno. Da notare ancora, che alcuni anni fa è stato pubblicato un libro curato da Grimod con le ricette preferite di ogni Gourmette.

COME SI DIVENTA UNA GOURMETTE

Per diventare Gourmettes ci sono alcuni passaggi o meglio ‘prove’. Infatti chi desidera inserirsi deve dimostrare la sua bravura preparando in cinque diverse occasioni un antipasto, un primo piatto, un secondo, un dessert e di saper allestire una tavola secondo le indicazioni date dal tema della serata. Sono tutte così entusiaste che ne escono delle vere meraviglie. Ultimamente ci sono alcune candidate che non hanno fatto alcuna fatica ad inserirsi e sono state accolte a braccia aperte. Infatti alcune socie, soprattutto della prima ora, le fondatrici, piano piano stanno diventando socie amiche, pur continuando a partecipare ma con un impegno minore. Molto carina è la cerimonia dell’intronizzazione che normalmente avviene una volta all’anno, quasi sempre nella Svizzera romanda, durante una festa apposita in cui ogni nuova socia riceve, oltre alle congratulazioni festose delle altre socie provenienti dalle diverse sezioni, un sautoir con i colori blu e giallo che distingue ogni Gourmette e che viene indossato nelle occasioni ufficiali. Per le appassionate di cucina che desiderano immergersi in un ambiente di condivisione, creatività e divertimento, l’Associazione Gourmettes Lugano è l’associazione perfetta. Chi vuole unirsi a loro si lasci ispirare da queste signore che hanno saputo trasformare la loro passione in un’esperienza unica e gustosa.

Nel cuore di Lugano DAL 1803

SEMPRE VIVIDA L’AURA

CHE SI PERCEPISCE NEL

“SALOTTO DI LUGANO”

DI GIACOMO NEWLIN

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Lo Chef di Cucina Luca Salerno

e il Responsabile del Ristorante

Matthias Kopp

Probabilmente i primi proprietari di quello che era il ristorante Bianchi già Biaggi in via Pessina a Lugano, non avrebbero immaginato che il bel locale sarebbe diventato ciò che è oggi: il Grand Café Al Porto, che suggerisce al cliente attento l’atmosfera dei “Grand Cafés” francesi, senza tuttavia quel sussiego elitario parigino, anche perché ci troviamo in un’area di socialità latina, quindi assolutamente informale. Il locale nacque nel lontano 1803 quale luogo d’incontro di intellettuali, artisti, notabili, politici e letterati; infatti ha ospitato personaggi come, tanto per citarne alcuni, Carlo Cattaneo, Giuseppe Mazzini, Chamberlain, Henri Guisan, Giuseppe Prezzolini, Clark Gable, l’Aga Khan, Sophia Loren con Carlo Ponti, ecc. Tra l’altro il Grand Café Al Porto, come socio corrisponden -

te, figura nella prestigiosa guida ai “Locali storici d’Italia”.

Oltre alla raffinata eleganza di un arredo classico, il locale vanta un vero gioiello al piano superiore, ovvero l’intimo “Cenacolo Fiorentino”, originariamente refettorio di un antico convento, con soffitto a cassettoni originale del ‘500, valorizzato da affreschi attribuiti al pittore fiorentino Bonafedi. Non è esagerato pensare che nel 1945, alla fine del Secondo conflitto mondiale, fu scelto proprio questo privilegiato contesto per l’incontro segreto di interesse mondiale e di importanza storica, denominato “Operazione Sunrise” tra ufficiali tedeschi ed esponenti Alleati, incontro che creò le premesse per la capitolazione e risparmiò al Norditalia l’ordine nazista di fare “terra bruciata”. Torniamo ai giorni nostri per dire che il Grand Café Al Porto, con le sale e

salette al pianterreno e quelle discrete al primo piano, con il Cenacolo fiorentino, il Salotto, la Biblioteca e il luminoso Patio, è aperto come ristorante per il pranzo di mezzogiorno, che per molti è il “Business Lunch”, mentre la sera può essere riservato per eventi e banchetti per un minimo di dodici persone, con un menu che si può concordare preventivamente con lo chef. Il resto della giornata, dal mattino e fino alle 18.30, il Grand Café Al Porto diventa un luogo elegante e privilegiato per concedersi un caffè, un tè, un drink, un aperitivo, un cocktail, stuzzicati dalla rinomata in tutto il Cantone Ticino e premiata pasticceria, panetteria e confetteria che ricordo è affidata all’estro creativo del responsabile pasticcere e confettiere Paolo Loraschi, che non smette di stupire con le sue creazioni particolari per le principali festività dell’anno nonché per eventi come il Locarno Film Festival. Ciò ha fatto rivivere i fasti di un tempo, tant’è vero che il locale è stato definito a giusto titolo il “Salotto di Lugano”. Da dieci anni la cucina è affidata allo chef Luca Salerno che, grazie alle sue importanti esperienze professionali in rinomate case in Florida, Londra, St. Moritz, Ascona ecc.,

ora offre una cucina dove tradizione e innovazione si incontrano per regalare piatti di gran gusto che rispecchiano il territorio con accenni mediterranei che ricordano le sue origini partenopee.

Spazio quindi alla stagionalità e soprattutto alla qualità dei prodotti per una carta delle vivande che cambia ogni due settimane, abbinata alle proposte del mercato, così da soddisfare una clientela esigente, autoctona e internazionale. Matthias Kopp responsabile del ristorante ci fa accomodare con garbo e professionalità, per un “lunch” ad ulteriore conferma della bontà del concetto espresso dallo chef Luca, di una cucina che sposa egregiamente la tradizione con l’innovazione senza dimenticare le proprie origini napoletane, quindi: ravioli del plin con ricotta di bufala, basilico e sugo di pomodorini; polpettine di

costine di maiale alla brace, polenta taragna e maionese ai due peperoni. Il pranzo al Grand Café Al Porto non termina senza una piccola specialità dolciaria di quello che può essere definito un tempio della pasticceria. La carta dei vini è proporzionata all’offerta gastronomica e comprende, oltre ad alcune selezionate proposte al bicchiere, una scelta ben congegnata di pregevoli etichette ticinesi e italiane.

01

Il Cenacolo Fiorentino con gli affreschi di Carlo Bonafedi e il soffitto a cassettoni del ‘500

02

Il Grand Café con il soffitto in stile Liberty

03

Il Patio allestito per un aperitivo

Sotto

Il Desiderio al cioccolato Al Porto

IN UNA BOTTIGLIA

c’è

l’essenza di un territorio

MARIA GRAZIA CARBONE È DA

LUGLIO ALLA GUIDA DI TICINOWINE.

IN QUESTA INTERVISTA CI

RACCONTA LE RAGIONI PER CUI

HA ASSUNTO QUESTO INCARICO

E COSA INTENDE REALIZZARE A

FAVORE DELLA CRESCITA E DELLA

TUTELA DEL VINO TICINESE.

Quali sono le motivazioni che l’hanno indotta ad accettare questa nuova sfida in campo particolare come quello del vino?

«In realtà, nella mia ventennale esperienza manageriale in ambito del turismo e del retail, ho sempre avuto ben presente l’importanza di

tutti gli elementi, le persone, le aziende che meglio esprimono il loro forte legame con un territorio, inteso come straordinario patrimonio culturale che deve essere in ogni modo tutelato, valorizzato, fatto conoscere all’interno del Paese e all’estero. In questo senso vino e turismo formano un connubio indissolubile. Il prodotto vino diventa occasione per conoscere e valorizzare un territorio e favorirne lo sviluppo, in un panorama contemporaneo in cui la richiesta non è più soltanto quella di consumare, ma anche quella di entrare in contatto con il luogo dove il prodotto trae origine, per scoprirne la storia e le caratteristiche più autentiche e genuine».

Possiamo presentare brevemente Ticinowine, le sue principali finalità e gli obiettivi che intende perseguire?

«Fondata nel 1984, Ticinowine ha saputo conquistarsi una rilevante visibilità sul mercato nazionale ed estero, sovente in stretta collaborazione con settori affini e complementari (ristorazione, alberghiero, turismo, ecc.). Nel tempo, ha sviluppato concetti comunicativi volti a un sempre maggior coinvolgimento del consumatore. Basti pensare ad alcuni eventi, molto conosciuti, come “Notte in Bianco”, “Cantine aperte”, “Presentazione dell’annata”, “Ticinowine Festival” e “Ticinowine Tour”. A ciò si aggiunga la partecipazione sempre più intensa a fiere e manifestazioni di risonanza nazionale e internazionale, dove la vitivini-

coltura ticinese e suoi produttori sono puntualmente presenti».

Come potrebbe essere descritta la situazione attuale della viticoltura in Ticino e quali sono le maggiori sfide che si trova ad affrontare? «Il settore vitivinicolo ticinese che, è bene ricordarlo, raggiunge un valore della vendemmia di circa 26 milioni di franchi all’anno mentre la cifra d’affari compreso anche il vino ammonta a circa 80 milioni di franchi, è chiamato a confrontarsi con numerose sfide tra cui in primo luogo quelle derivanti dal cambiamento climatico. A ciò si aggiungano le nostre particolari condizioni, legate alla natura del terreno e alle strutture e sensibilmente diverse da quelle del resto della Svizzera. Vanno considerate anche le sfide del mercato relative alle abitudini di consumo, che richiedono un monitoraggio continuo della domanda, continuando a garantire l’ottima qualità raggiunta negli anni dal vino ticinese».

Un tempo l’enologia era un campo d’azione riservato quasi esclusivamente agli uomini. Ora anche in Ticino sono numerose le donne alla guida di aziende vitivinicole… «Credo che un aspetto della produzione vitivinicola ticinese che non viene mai abbastanza sottolineato sia proprio quello della grande diversità di situazioni che esso presenta all’interno di un territorio relativamente piccolo come quello del Cantone. Diversità geografica perché i vigneti spaziano dalle lievi colline del Mendrisiotto sino alle coltivazioni quasi alpine delle valli settentrionali del Ticino. Diversità di strutture aziendali perché abbiamo produttori che vantano 130 anni di storia a fianco di giovani che hanno scelto di dedicare alla produzione del vino tutte le loro capacità creative e la loro voglia di innovare. E diversità anche di genere perché sono sempre più numerose le donne imprenditrici impegnate nel mondo

del vino con un apporto personale, qualificato e competente. E tutto questo concorre a determinare la straordinaria ricchezza vitivinicola di questo territorio».

Il vino ticinese ha molto accresciuto nel corso degli anni il suo prestigio. Cosa occorre fare per favorire la sua definitiva affermazione sul mercato svizzero e all’estero?

«Il vino ticinese viene molto apprezzato in tutta la Svizzera ed è appunto verso le regioni interne del Paese che vengono indirizzate le nostre principali attenzioni. In particolare, proseguirà anche quest’anno il Ticinowine Tour, che farà tappa a San Gallo, Rapperswil, Soletta, Morges e Thun e nel corso del quale numerose cantine del nostro Cantone avranno modo di presentare il meglio della loro produzione enologica. All’estero invece il vino ticinese ha una diffusione che potremmo definire di nicchia, dove tuttavia gode di una grande considerazione in quanto prodotto made in Switzerland, e dunque ben fatto, garantito e affidabile».

Quali sono i progetti che ritiene particolarmente importanti da portare avanti nel corso del suo mandato?

«Credo che uno dei compiti prioritari sia rappresentato dal confermare gli obiettivi portati avanti nel corso degli ultimi anni da Ticinowine. In ogni caso, sarà sempre più importante difendere con ogni mezzo e mirate iniziative la grande specificità del vino ticinese che, in tutte le sue molteplici diversità e articolazioni, costituisce un patrimonio imprescindibile della storia e della cultura di questo territorio».

ALLA SCOPERTA dei vini tedeschi

GRANDE SUCCESSO DEL SEMINARIO DEDICATO AD UN APPROFONDIMENTO RIGUARDO

AI VINI DI GERMANIA, AL QUALE

HANNO PARTECIPATO CIRCA

50 SOCI ASSP ED È STATO CONDOTTO DAL CAMPIONE DEL MONDO SOMMELIER PAOLO BASSO.

Il seminario ha proposto un aggiornamento riguardo allo stato dell’enologia tedesca dove, come avviene in numerose altre aree di produzione vitivinicola, si confrontano tradizione e nuove tendenze. I vini bianchi tedeschi, grazie alla loro acidità, e spesso grazie all’alto contenuto di zuccheri, sono fra i pochi vini di questa categoria ad essere adatti ad un lungo e sorprendente affinamento in bottiglia. I vigneti si trovano in genere nella zona compresa fra il 49° e il 51° parallelo, una zona al limite della sopravvivenza della vite, eppure i migliori vini da uve Riesling del mondo si producono in questo Paese e le sorprese non mancano nemmeno nell’ampia scelta dei vini dolci. In condizioni come queste è necessario sfruttare al massimo sia le condizioni del terreno, sia le condizioni climatiche; beneficiare al massimo del sole, per esempio, è un vantaggio che nessun viticoltore tede -

sco può permettersi di ignorare. Per questa ragione, i vigneti sono in genere piantati in colline o pendii rivolti verso sud, preferibilmente in prossimità di fiumi e corsi d’acqua in modo da beneficiare delle condizioni più miti e dei raggi del sole riflessi dall’acqua.

In generale, i vini della Germania, rispetto a quelli prodotti in altre zone del mondo, sono delicati, raffinati e pieni di eleganza, e senza ombra di dubbio questo Paese entra a pieno titolo fra i migliori produttori al mondo di vini bianchi di qualità. La Germania non significa solamente

vini secchi, delicati e trasparenti, qui trovano ampio spazio anche i vini dolci, densi, carichi di affascinanti aromi e potenti sapori, prodotti in modo piuttosto inusuale lasciando appassire i grappoli d’uva nella vite e vendemmiandoli ad inverno inoltrato quando i vigneti sono coperti dalla neve e dal ghiaccio.

Nel corso dell’incontro sono stati presentati 13 vini di cantine affermate e di giovani produttori pronti a sviluppare nuovi temi di tendenza. La degustazione comprendeva Riesling provenienti da varie regioni con stili diversi, nonché Pinot Bianco e Silvaner. Soprattutto i vini a fermentazione spontanea sono stati oggetto di vivace discussione tra gli ospiti per il loro gusto che riporta d’attualità un’enologia del passato ormai dimenticata.

Nella sezione vini rossi sono stati

apprezzati Pinot Neri del Baden e dell’Ahr, entrambe regioni famose per questo grande vitigno, nonché un Lemberger/Blaufränkisch, la specialità del Württemberg. Meno

conosciuti, ma già prodotti in Germania a causa dei cambiamenti climatici, sono i vitigni internazionali a bacca rossa. Di grande interesse un Syrah di Ziereisen della regione del Baden, nonché un assemblaggio in rosso di varietà internazionali del Palatinato. Entrambi hanno dimostrato che negli anni a venire c’è del potenziale e un buon sviluppo da aspettarsi. La degustazione si è conclusa con un “classico” tedesco, un Riesling Auslese della Mosella, un vino molto apprezzato dagli ospiti. Questi vini con residuo zuccherino abbinato alla vivace acidità dell’uva Riesling hanno un fascino tutto loro e si abbinano molto bene non solo con formaggi o dolci, ma anche con piatti speziati. Il “German Wine Institute” è un’istituzione fondata nel 1949 con il nome di “Deutsche Weinwerbung GmbH”. I suoi compiti sono le relazioni pubbliche, l’educazione dei consumatori e il coordinamento delle misure di promozione delle vendite, come l’organizzazione di stand fieristici in Germania alle manifestazioni internazionali del vino.

Una nuova leva DI OPERATORI TURISTICI

Nel panorama economico attuale l’imprenditorialità giovanile è una leva fondamentale per sostenere occupazione e innovazione, soprattutto nel settore dell’ospitalità e del turismo. L’avvento del digital e della sharing economy sono infatti, nella società contemporanea, nuove opportunità per sfruttare al meglio le potenzialità attrattive offerte dal turismo. Questi temi, legati a nuove tecnologie (digital) e condivisione (sharing), animano le nuove generazioni di Millennial, tra cui rientrano a pieno titolo i giovani universitari di oggi. Infatti, il popolo dei “Millennial”, “Nexter”, “Wired Generation”, “Generazione Y” o “Net Generation” definiscono una generazione che si identifica con i nati dai primi anni ’80 ai primi anni del nuovo millennio. Simbolicamente è la generazione dei nativi digitali (born digital).

Nel contesto turistico svizzero e ticinese, la maggior parte delle imprese ha una dimensione medio-piccola e molte aziende sono connotate da una componente famigliare. Per

sfruttare al meglio le potenzialità di crescita del settore servono le giuste risorse, ovvero la giusta spinta imprenditoriale e il giusto sostegno. Il settore dell’ospitalità e del turismo è per sua natura frammentato e complesso, e la componente di relazione con gli attori locali e con il territorio è una variabile necessaria per avere accesso alle risorse e informazioni utili per vendere il proprio prodotto completandolo con altre attrazioni locali. Per questo, avviare un’attività nel settore del turismo significa investire non solo in un’impresa potenzialmente in grado di generare reddito, ma anche contribuire al benessere ed alla valorizzazione dell’ambiente e dell’economia locale. Infatti, fare impresa nel turismo richiede passione, capacità tecniche, ma anche un know-how sulle specificità e risorse locali che consentono di attrarre e fidelizzare turisti. C’è inoltre un filo che lega l’impresa turistica al proprio territorio. Questo legame si esprime soprattutto attraverso una particolare responsabilità e rispetto per l’ambiente circostante. Il turista infatti

usufruisce del servizio turistico nel luogo in cui è collocato il servizio, offrendo al prestatore del servizio la possibilità di entrare in un sistema globale. Nel turismo, è quindi fondamentale l’orientamento alla sostenibilità attraverso un impegno ininterrotto e una visione a lungo termine che include una missione ambientale. Il capitale sociale famigliare fondato su questi valori e che, grazie a questi, permette alla famiglia di essere connessa e inserita in una comunità, è un catalizzatore di comportamenti, azioni e progetti di rispetto per il territorio. Nonostante le potenzialità di sviluppo che turismo e ospitalità potrebbero offrire all’economia in termini di impiego per i Millennial, e al vantaggio che si potrebbe trarre grazie al coinvolgimento imprenditoriale delle giovani generazioni in termini di impulso verso dinamiche innovative, resta da chiedersi se l’attenzione dell’economia, della politica, della formazione, delle istituzioni ecc, si sia adeguatamente concentrata sullo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile.

HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:

ANGELO

TROTTA (A.T.)

Direttore di Ticino Turismo

MASSIMO

BONI (M.B.)

Direttore di Lugano Region

Qual è il coinvolgimento di giovani imprenditori nello sviluppo turistico del vostro territorio?

A.T.: «A volte veniamo a conoscenza di imprese, start-up o progetti di giovani imprenditori, in ambiti che posso anche essere legati al turismo. Pensiamo ad esempio a promotori di esercizi pubblici, produttori locali, ecc. In questi casi cerchiamo di dare visibilità a queste nuove iniziative che nascono sul territorio in modo da sostenere i giovani imprenditori mettendoli in contatto con i professionisti del settore».

M.B.: «Abbiamo importanti scuole sul nostro territorio, come la Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo (SSSAT), la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e l’Università della Svizzera italiana (USI), che formano professionisti per il settore del turismo, ma

NADIA

FONTANA-LUPI (N.F.L)

Direttrice di Mendrisiotto Turismo

purtroppo c’è ancora margine di crescita perché sono ancora pochi quelli che scelgono il settore turistico per il proprio impiego. E di questi, molto spesso, si tratta di start up che sono attive nel mondo della digitalizzazione, come ad esempio la start up ticinese “inticino”, un progetto nato per far vivere al turista un’esperienza da residente e al residente un’esperienza da turista. Dal 2020 sviluppa e offre tramite il suo portale online esperienze locali, per un turismo più responsabile e sostenibile, volto a seguire le tendenze turistiche attuali».

N.F.L.: «Fortunatamente nella regione del Mendrisiotto e Basso Ceresio vi sono giovani che si stanno cimentando in progetti particolarmente importanti che hanno relazioni dirette con il settore turistico e alcuni anche che stanno subentrando nella gestione dell’azienda di famiglia, come è il caso di alcune cantine vitivinicole. Alcuni brillanti giovani hanno invece dato il via a progetti innovativi che il settore ha accolto con un

FABIO

BONETTI (F.B.)

Direttore di Organizzazione turistica

Lago Maggiore e Valli

plauso e penso agli eventi e ad alcune nuove offerte nel mondo dell’enogastronomia. Il settore nel quale ritengo vi sia necessità di giovani che, con nuove idee e approcci si cimentino su un mercato sempre più internazionale e complesso, è quello della ricettività e dell’accoglienza. Qui i giovani imprenditori non sono numerosi, ma vi sono comunque alcuni esempi virtuosi che si distinguono anche per il coraggio e la visione, come è il caso della famiglia Montereale dell’Hotel Conca Bella».

F.B.: «Nel nostro territorio, il coinvolgimento di giovani imprenditori nello sviluppo turistico presenta una dinamica interessante e variegata. Sebbene nel settore dell’albergheria non siano molti i giovani a seguire le orme dei genitori, preferendo percorsi diversi, è incoraggiante notare come numerose nuove iniziative turistiche siano proposte e sviluppate da giovani intraprendenti. Un elemento chiave nel coinvolgimento dei giovani è la collaborazione con la Scuola Supe -

riore Alberghiera e del Turismo (SSSAT). Gli studenti, grazie a questa collaborazione, hanno l’opportunità di mettere in pratica le nozioni apprese durante il loro percorso formativo attraverso esercitazioni pratiche strettamente legate alla realtà del territorio. Questi progetti sono spesso organizzati in collaborazione con partner del settore, diventando veri e propri ‘mandati’ che non solo aiutano gli studenti ad acquisire competenze preziose, ma che possono anche avere un impatto positivo e concreto sullo sviluppo turistico del nostro territorio».

In che misura tradizioni familiari e vocazione ambientale rappresentano una risorsa per la creazione di impresa operanti nel settore dell’ospitalità e del turismo?

A.T.: «Si tratta ovviamente di due aspetti importanti, in particolare la seconda. Non per forza i giovani che desiderano lavorare nel settore turistico o dell’ospitalità devono avere alle spalle una famiglia attiva in quest’ambito. È giusto seguire le proprie passioni e ambizioni».

M.B.: «Quando c’è tradizione famigliare c’è sempre un maggiore legame e attaccamento a quello che si fa. Chi porta avanti un’attività famigliare ha la possibilità di fare tesoro delle esperienze delle generazioni precedenti, combinandole e apportando innovazioni alla gestione di attività turistiche, nonché adeguando l’offerta alle esigenze e richieste del mercato odierno, come ad esempio la sempre maggiore attenzione al tema della sostenibilità».

N.F.L.: «In sintesi, è possibile ritenere che le tradizioni familiari e la vocazione ambientale rappresentino delle risorse preziose per l’industria dell’ospitalità e del turismo. Vantare le proprie radici e avere delle storie “vere” da raccontare permette di sviluppare attenzione e allo stesso tempo di differenziarsi rispetto alla concorrenza. In particolare, e considerando la regione del Mendrisiotto e Basso Ceresio, ritengo che le tradizioni famigliari e il loro patrimonio culturale, possono e devono essere valorizzate con l’obiettivo di offrire esperienze autentiche ai turisti, proprio perché queste esperienze autentiche, sostenibili e culturalmente accattivanti sono presenti in questo territorio e possono quindi essere facilmente proposte agli ospiti. L’impegno ambientale delle strutture a carattere turistico o, in generale, di una destinazione turistica, può considerare: l’utilizzo di energie rinnovabili, la riduzione degli sprechi, l’adozione di pratiche di riciclo e la riduzione dell’impatto ambientale delle proprie attività. Si tratta di agire e di presentare in maniera dovuta il proprio impegno per attrarre clienti sensibili e desiderosi di scegliere una vacanza che permetta loro di condividere questi valori. Nella nostra regione vi sono aziende che si adoperano per integrare tradizione famigliare e per dimostrare il loro impegno per la sostenibilità, ma chiaramente ve ne sono molte che potrebbero decidere di prestare maggiore attenzione a queste tematiche per rendere percepibili le loro radici e la loro filosofia imprenditoriale, per essere “uniche”».

rismo, ma recentemente, sebbene in misura limitata, si osserva un trend positivo con un ritorno di giovani che riscoprono e valorizzano le attività familiari. Questo fenomeno contribuisce non solo a preservare le tradizioni locali, ma anche a rafforzare l’economia turistica. Le tradizioni familiari offrono un prezioso knowhow, poiché i figli spesso iniziano fin da piccoli a interagire con la clientela, acquisendo competenze e conoscenze che si rivelano utili nella gestione delle strutture ricettive».

Quale specifiche iniziative sono state adottate nel corso degli ultimi a livello cantonale e locale per favorire l’inserimento dei giovani in attività turistiche?

A.T.: «Per quanto ci riguarda, siamo molto impegnati sul fronte formativo a più livelli. Internamente abbiamo sempre un apprendista e nel corso dell’anno si alternano diversi stagisti in più settori. Nell’ambito del progetto interreg Desy è stata finanziata l’assunzione di un Dottorando all’USI che ha partecipato alle attività in sede ATT. Partecipiamo inoltre ad alcune iniziative della SSSAT/SUPSI/USI/HSG».

F.B.: «In passato, molti figli non erano interessati a continuare l’attività dei genitori nel tu-

M.B.: «Lugano Region offre la possibilità agli studenti delle scuole del territorio di svolgere stage presso i propri settori e Infopoint. Inoltre, da anni collabora con le scuole nell’ambito di field project volti a sviluppare nuovi prodotti o strategie di marketing. Diverse anche le occasioni in cui abbiamo fornito supporto agli studenti nella realizzazione dei loro lavori di ricerca individuali, rispondendo alle loro domande e fornendo loro dati e strumenti d’analisi».

N.F.L.: «Ritengo che abbiamo la fortuna di abitare in un Cantone dove la formazione proposta da USI, SUPSI e da SSSAT, sostengono, promuovono e sensibilizzano in maniera continua l’approccio alle professioni del settore turistico. Oltre ai corsi di formazione tradizionale, le tre scuole organizzano corsi di vario genere e anche giornate formative “ad hoc” o incontri su tematiche precise, con conferenze di personaggi di caratura nazionale e internazionale. Non va inoltre dimenticato che, già ormai da quasi un decennio, Ticino Turismo e le Organizzazioni turistiche regionali promuovono, con il sostegno del Cantone, un progetto di accompagnamento e formazione destinato agli operatori del settore della ricettività, che dallo scorso anno è sfociato nella proposta formativa “Next Generation Hospitality”, che ha l’obiettivo di potenziare le competenze manageriali e migliorare la competitività di coloro che già sono attivi nel settore della ricettività. Il tema della formazione continua di chi già opera nel settore, come anche quello della preparazione dei giovani alle carriere del settore sono quindi da ritenersi molto importanti per l’inserimento dei giovani che hanno così la possibilità di formarsi e di aggiornarsi, in Ticino come nel resto della Svizzera o all’estero».

F.B.: «Negli ultimi anni, a livello cantonale e locale, sono state adottate diverse iniziative per favorire l’inserimento dei giovani nelle attività turistiche. Un esempio significativo è la presenza della Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo, l’unica in Svizzera interamente pubblica. La SS -

SAT svolge un ruolo centrale in questo ambito. Inoltre, c’è un dialogo continuo tra gli istituti di formazione e i partner del settore turistico, che si concretizza in collaborazioni su progetti e iniziative. Questo include la formazione di apprendisti, stagisti SSSAT e diplomati SSSAT, offrendo loro opportunità concrete di crescita e inserimento nel mercato del lavoro turistico»

Quali progetti condivisi con istituzioni scolastiche e formative sono state promosse per fornire alle giovani generazioni le competenze necessarie al fine di avviare nuove imprese nel settore turistico?

A.T.: «Next Generation Hospitaliy è uno dei progetti strategici di Ticino Turismo, lanciato a settembre 2023 e che si appresta ad avviare la seconda edizione. Si tratta di una formazione avanzata promossa da noi con il sostegno dell’Ufficio per lo sviluppo economico del DFE, in partnership con la SUPSI e SHS Academy. Al primo anno si sono iscritti albergatori e operatori del settore, tra cui anche dei giovani ma non solo, ai quali viene proposto un modello di apprendimento focalizzato sull’imprenditorialità: il corso permette infatti di affrontare e approfondire temi quali la preparazione di un business plan e le forme di finanziamento, il posizionamento del proprio prodotto sul mercato, le forme avanzate di marketing online e l’utilizzo di nuove tecnologie. L’obiettivo finale è quello di formare professionisti capaci di sviluppare progetti di successo, dall’idea alla sua implementazione. Si tratta di un percorso innovativo con 20 lezioni o workshop in 10 diverse loca-

tion, per un totale di 360 ore di apprendimento; sono coinvolti 22 tra docenti e relatori ospiti.

Anche con la SSSAT c’è una forte collaborazione, su temi specifici (quest’anno ad esempio la sostenibilità) ma anche per il programma di formazione Hospitality 360. Questo programma di formazione ha l’obiettivo comune di aumentare la competitività e la qualità dell’offerta del settore turistico ticinese. Portiamo avanti progetti specifici anche con l’USI».

M.B.: «Come esempio concreto e recente, posso citare il progetto del nuovo Infopoint di Lugano Centro in Via Magatti 6, che ci ha visto collaborare con due scuole del territorio, SUPSI e SSSAT. Per la fase di ideazione della nuova architettura d’interni dell’Infopoint abbiamo collaborato per un anno, tra progettazione e ristrutturazione dello spazio, con gli studenti di architettura d’interni della SUPSI. A seguire, con gli studenti della SSSAT è stato implementato uno studio per lo sviluppo di uno spazio Pop Up (corner temporaneo) da mettere gratuitamente a disposizione degli operatori turistici dalla regione per esporre e promuovere le proprie attività».

N.F.L.: «Come indicato sopra, credo che chi vuole formarsi in Ticino, lo può fare e può anche scegliere il proprio percorso formativo. Con SUPSI, USI e SSSAT i momenti di collaborazione per le organizzazioni turistiche possono essere di diverso genere. Questi percorsi prevedono di base anche scambi internazionali utili alla formazione. Sono inoltre sempre disposte a mettere in campo le cono -

scenze teoriche dei giovani permettendo loro un confronto diretto con il mondo del lavoro. Capita spesso di lavorare con gli studenti per delle ricerche o di condividere con loro degli obiettivi, magari anche solo parziali di temi di tesi. Avviare nuove imprese resta un tema particolare che i giovani possono affrontare considerando quanto hanno imparato e cercando di uscire dalla loro “comfort zone” e ritengo che le scuole spingano i giovani a fare questo genere di considerazioni, anche se chiaramente poi servono spirito imprenditoriale e voglia di porsi al centro del cambiamento che questo settore sta affrontando».

F.B.: «Innanzitutto, vanno segnalati i nuovi piani di formazione della SSSAT vicini alle

esigenze del settore. I piani quadro di riferimento (specialisti turistici e albergatori-ristoratori) sono avvallati dalla Confederazione ma elaborati dalle organizzazioni del mondo del lavoro per mantenere questo dialogo e questa vicinanza. L’aggiornamento constante e regolare dei piani di formazione permette di rimanere al passo con i tempi, in un contesto estremamente dinamico e attento alle novità. Quali progetti concreti possiamo senza dubbio segnalare l’attuale progetto di formazione, promosso da Ticino Turismo e dal Cantone e in partnership con la SUPSI che prevede tre tipi di formazione: Base (Hospitality 360°), Intermedio (Director of E-Commerce) e Avanzato (Next Generation Hospitality). Un’opportunità per continuare il processo di riposizionamento dell’intero settore turistico-alberghiero».

L’Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese festeggia il traguardo dell’Associazione Viticoltori e Vinificatori Ticinesi, felicitandosi per i 40 anni di passione

UNA REGIONE SEMPRE PIÙ “SCOPERTA”

IL RAPPORTO DI ATTIVITÀ 2023

DELL’ORGANIZZAZIONE TURISTICA

REGIONALE DEL MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO (OTRMBC), ILLUSTRATI DURANTE L’ASSEMBLEA ORDINARIA PRIMAVERILE, HA CONFERMANO L’ATTRATTIVITÀ IN COSTANTE CRESCITA DI QUESTA REGIONE:

CE NE PARLA LA DIRETTRICE, NADIA FONTANA LUPI

Quali sono le valutazioni complessive relative all’andamento dell’ultima stagione turistica?

«Nel corso del 2023 abbiamo registrato una buona affluenza di turisti nel settore alberghiero, confermando il trend positivo del biennio 2021-2022 grazie anche all’apertura nel comprensorio di nuove strutture ricettive. In raffronto al periodo pre-pandemico il risultato è supe -

riore del 40%. L’ampiezza della riuscita è ancora più indicativa dando uno sguardo all’ultimo decennio: se nel 2014 i pernottamenti in hotel 0-4 stelle erano stati poco più di 107’000 mila, lo scorso anno si è superata la barriera dei 130’000 mila. Un risultato decisamente brillante se consideriamo che sia i numeri del 2021 che quelli del 2022 erano a loro tempo stati definiti eccezionali. In totale i campeggi, pur avendo performato bene anche nel 2023, sono stati in calo di circa 3.000 pernottamenti, assestandosi a 54.362, mentre le cifre degli ostelli, delle capanne e degli alloggi di gruppo sono in aumento da 8.866 a 9.669. I pernottamenti generati da privati che danno in locazione case e appartamenti a turisti sono diminuiti di circa 3’000 pernottamenti, mentre sono stabili le residenze secondarie presenti nella nostra regione.

Quali fattori hanno positivamente influito sul raggiungimento di questi risultati?

«Tra gli elementi che è corretto mettere in luce spicca il risultato eccezionale dell’Hotel Coronado (l’unico 4 stelle) che da tre anni sta dimostrando che con la giusta strategia e coerenza operativa una crescita è possibile. Inoltre, l’aumento del numero delle strutture tra 0 e 3 stelle, che hanno deciso di investire per migliorare l’offerta e anche per migliorare la loro visibilità, come è stato il caso del Conca Bella di Vacallo e del Milano di Mendrisio, senza dimenticare l’importante avvio delle strutture dell’Albergo Diffuso Monte Generoso. Inoltre, anche i campeggi della regione hanno investito e la loro offerta piace, oltre che essere un trend quello di scegliere i campeggi».

Che cosa si può dire riguardo ai Paesi di provenienza dei flussi turistici?

«I mercati di riferimento del Mendrisiotto e Basso Ceresio sono Svizzera, Italia e Germania. I turisti svizzeri rappresentano la fetta più consistente, nonostante nel post-pandemia siano in flessione; in aumento, invece, rispetto al 2022 i visitatori italiani e tedeschi. Da alcuni anni abbiamo inoltre una positiva collaborazione con un partner che collabora con

alcune strutture della regione, motivo per il quale il numero di indiani nella regione è aumentato».

Questi dati positivi fanno pensare che anche il settore turistico sia definitivamente uscito dal periodo pandemico… «Sono convinta che lo strascico negativo del Covid sia ormai finito, mentre le conseguenze positive di quel drammatico evento sono ancora in continua evoluzione, così come è attualmente in evoluzione il clima geopolitico internazionale, che influenza pesantemente il mercato turistico. Il ritorno alla “normalità” ha richiesto una buona preparazione, nell’ottica di impiegare al meglio i fondi di pubblica utilità versati da Casinò Admiral alla NCKM SA. I progetti finanziati grazie a questi fondi nel corso degli ultimi 20 anni sono stati particolarmente importanti e hanno permesso di dare una sterzata positiva all’immagine della regione, oltre a sgravare la contabilità ordinaria. Tra questi, voglio citarne un paio realizzati nel 2023: la nuova impaginazione dell’itinerario tra i vigneti di Pedrinate e il completamento dei contenuti della App “La Regione da scoprire”. Tra i progetti che ci hanno occupati nel 2023 anche quella della nuova sede che

abbiamo progettato e sarà realizzata di fronte alla stazione di Capolago, ubicata in una posizione di grande rilevanza strategica. Si è rivelata pagante anche la collaborazione con Ticino e Svizzera Turismo: sono state numerose nel periodo preso in esame le visite di influencer e media nella nostra regione».

Per favorire la scoperta della regione avete di recente lanciato un’innovativa applicazione mobile. Di che cosa si tratta? «Con l’obiettivo di trasformare radicalmente l’esperienza dei visitatori che sceglieranno di trascorrere le vacanze o semplicemente del tempo di qualità nel Mendrisiotto e Basso Ceresio abbiamo realizzato, grazie ad

una collaborazione sinergica con il Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI per lo sviluppo della tecnologia e con Variante, agenzia creativa per la componente concettuale e grafica, un’applicazione in grado di offrire un ventaglio di esperienze arricchite dalla realtà virtuale, destinate a soddisfare sia i visitatori abituali sia coloro che esplorano la regione per la prima volta».

Quali vantaggi per il visitatore derivano dall’utilizzo di questa innovativa tecnologia?

«Lo scopo dell’applicazione è quello di permettere ai visitatori di scoprire alcune particolarità dei quattro attrattori attualmente proposti, e cioè la Grotta dell’Orso, il Parco delle Gole della Breggia, il Parco del Penz e il Parco archelogico di Tremona, anche fuori stagione, anche quando gli infopoint e la possibilità di prenotare delle visite con visore e con guide non è data. Lungo i quattro percorsi sono stati posati alcuni piccoli totem che fungono da veri e propri “entry points”, consentendo ai visitatori di accedere facilmente all’applicazione».

MONTE GENEROSO

PROCEDE LUNGO LA STRADA DEL TURISMO SOSTENIBILE

E DIVENTA UNA DESTINAZIONE

GREEN A 360°, OTTENENDO LA PRESTIGIOSA CERTIFICAZIONE

SWISSTAINABLE LEVEL III –LEADING DI SVIZZERA TURISMO.

Impegno, dedizione e determinazione: questi gli ingredienti principali che, in pochi anni, hanno portato la Ferrovia Monte Generoso SA a distinguersi nel settore del turismo responsabile.

Tante sono state le attività mirate e concrete intraprese in tutti i settori, dalla storica cremagliera al rinnovato grotto di Bellavista e al Fiore di pietra in vetta al Generoso. Degno di nota è il Camping Monte Generoso di Melano, il primo ed unico campeggio del Ticino ad aver ottenuto il terzo livello di Swisstainable. Un percorso intenso ed impegnativo ma anche arricchente e pieno di soddisfazioni, come l’ottenimento della certificazione Swisstainable Level III – Leading, il massimo riconoscimento nazionale da parte di Svizzera Turismo per tutte le attività turistiche.

«Ogni attività è stata sottoposta al vaglio di un certificatore esterno, (TourCert–Travel for Tomorrow), composto da un gruppo di esperti in turismo, scienza, ambiente, sviluppo e politica», sottolinea Chiara Brischetto, Head of Marketing, Communication & Sustainability della FMG. «Il raggiungimento dell’obiettivo è stato celebrato con Michelle Hunziker che, in qualità di brand ambassador di Svizzera Turismo, è salita a bordo del trenino e, affiancata dal nostro staff, ha tagliato simbolicamente il nastro verde della sostenibilità».

La cremagliera è, infatti, il primo impianto di risalita ticinese a vantare tale certificazione: i suoi trenini sono

Piccoli gesti che fanno grande la differenza

Ph: © RedStudio

alimentati in modo sostenibile grazie all’acquisto, direttamente da Migros, di 1 milione di kWh di elettricità proveniente da fonti rinnovabili al 100%.

Con i primi fondi raccolti dall’adesione alla fondazione myclimate, sono stati installati 162 mq di pannelli solari sul tetto degli uffici di Capolago della Monte Generoso. Grazie ad essi, da maggio 2021 ad oggi, è stata evitata l’emissione di 46.290 kg di CO2, ovvero l’equivalente della piantumazione di ben 1.382 alberi.

Dal 2019 la Fondazione Natura&Economia, ha riconosciuto all’azienda la capacità di mantenere a ‘prato magro’ le zone verdi attorno al Fiore di pietra e al Buffet Bellavista, malgrado la forte affluenza di visitatori.

La recente riapertura dell’iconico grotto a Bellavista, inoltre, ha richiesto la creazione di un sistema per il trattamento delle acque reflue e nell’intento di rendere sostenibile ogni singola azione, è stata creata una vasca di fitodepurazione, cioè un ecosistema naturale, moderno ed efficiente a costo zero. «Le radici delle piante presenti nel terreno», spiega

Chiara Brischetto, «assorbono le acque, la depurano e la reimmettono nell’atmosfera dalle foglie. Oltre ad inserirsi in modo ideale nel paesaggio, per far funzionare il sistema di fitodepurazione bastano il sole e la forza di gravità, senza consumi energetici». Nella stessa zona, inoltre, sono stati posizionati una catasta di legno e un cumulo di sassi ed è stata ripristinata l’antica Bolla ‘Alpe di Mendrisio’, tutti preziosissimi custodi di habitat e biodiversità per varie specie di animali e di anfibi. Ad evidenziare poi, il forte legame con il territorio e i suoi produttori, vi sono la gestione dei rifiuti, l’utilizzo di materiali riciclabili, l’offerta selezionata ed esclusiva di prodotti enogastronomici locali a km zero e l’organizzazione di vari Clean up day per ripulire, con i visitatori più consapevoli, i sentieri del Generoso. «La sostenibilità per noi non è un punto d’arrivo», conclude Brischetto, «bensì una scelta supportata da ogni singolo collaboratore. Non dimentichiamo che è l’insieme anche dei più piccoli gesti quotidiani a farne davvero la differenza».

KAMNIK e SAVINJA , una regione immersa nelle maestose Alpi slovene orientali

LE ALPI SLOVENE ORIENTALI COSTITUISCONO UN PARADISO

NATURALE INCONTAMINATO, CON PAESAGGI DI STRAORDINARIA

BELLEZZA DOVE È POSSIBILE VIVERE UN’ESPERIENZA CHE

OLTRE AD APPAGARE I NOSTRI SENSI, PERMETTE DI SCOPRIRE

GLI ASPETTI CULTURALI E NATURALI DI QUESTE REGIONI.

SI DISTINGUONO PER UNA GRANDE DIVERSITÀ DI RILIEVI CON

CARATTERISTICHE VALLI GLACIALI E FLUVIALI CHE SPROFONDANO

NEL CUORE DEL GRUPPO MONTUOSO. DI PAOLA CHIERICATI

Prima di descrivere le avventure vissute in Slovenia, è bene ricordare un po’ di storia di questo Paese europeo confinante con l’Italia, l’Austria, la Croazia e l’Ungheria. La Slovenia è su scala mondiale uno Stato giovane, autonomo e indipendente dal 1991. Gli antenati degli sloveni, gli Slavi, che nel VI secolo erano migrati dall’area dei Carpazi e si erano trasferiti nella zona dell’attuale Slovenia, avevano fondato già nel VII secolo il più antico Stato slavo conosciuto. Fino al XX secolo il territorio della Slovenia era sotto l’impero austro-ungarico e dopo la Prima guerra mondiale la Slovenia era diventata parte del Regno di Jugoslavia, dopo la Seconda guerra mondiale invece parte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Dopo più di settanta anni di vita in Jugoslavia, gli sloveni avevano costruito il consenso per un percorso indipendente. Al plebiscito del 1990 si era pronunciato per l’indipendenza quasi il 90 per cento degli elettori. Nel 2004 la Slovenia ha aderito all’Unione europea ed è diventata membro della Nato.

Il nostro viaggio inizia nella Koroska (Carinzia slovena) nel centro della città di Slovenj Gradec (Citta della pace) un’affascinante cittadina nella regione slovena della Stiria, l’anima culturale e artistica di questa piccolo territorio. Qui hanno sede il Museo regionale della Carinzia, la Galleria di Belle Arti, il Ginnasio, l’Università, la Biblioteca e la Scuola di musica. Il centro storico di Slovenj Gradec, ottimamente conservato, si trova all’interno di quella che un tempo era l’antica cerchia muraria. Tutto ruota attorno a Glavni trg, la piazza principale, che, come spesso accade nel mondo asburgico, è in realtà una larga via. Facciamo una sosta al caffè del Museo regionale per avvicinarci a Hugo Wolf, compositore austriaco nativo proprio di Slovenj Gradec. Il caffè di Hugo Wolk (Wolfova kava) è un caffè turco con la panna, davvero prelibato, e lo si può gustare in diversi bar in giro per il centro di Slo-

venj Gradec. Successivamente visitiamo la famiglia Perger che produce sin dal 1757 candele e dolci di pan di zenzero. La loro fabbrica viene definita “il paradiso del miele” ed è un vero e proprio tempio della dolcezza! All’indomani andiamo ad esplorare la valle della Drava, uno dei fiumi più grandi e importanti tra quelli che attraversano la Slovenia, che nasce in Sudtirolo. Ci lasciamo trasportare dagli “flosarji” e dalle “loserske frajle” (zattieri) e viviamo la magia di questa particolare professione. Questo percorso in zattera sul fiume Drava offre una visione tutta nuova della città. Per creare un’atmosfera allegra con musica popolare ci pensa il trio Splavarski, mentre noi possiamo assaggiare le tradizio -

nali bontà culinarie, incluso il gulasch e il pane di segale della Carinzia. Proseguiamo con le e-bike sulle piste ciclabili che costeggiamo il fiume per raggiungere il Parco Naturale biologico Radlje ob Dravi, un lago balneare naturale dall’acqua di eccellente qualità mantenuta meticolosamente pura da organismi naturali. Spostandosi a Maribor, si scoprono le peculiarità della parte orientale della Slovenia, con i suoi vasti altopiani e il sottosuolo di Peca che si può visitare in kayak. L’esperienza del kayak è impressionante poiché si scende dapprima con i vecchi treni dei minatori, stretti ma veloci, nelle gallerie allagate della più grande miniera di piombo e di zinco in questa parte d’Europa, chiusa nel 1994. In seguito si scende a piedi attraverso dei ripidi scalini di altri 91 metri e prima dell’ingresso nell’acqua con la canoa ci si munisce di mute di protezione. In mezzo ai cantieri delle grotte, dove una volta si sentiva il rombo dei macchinari, si dispiega il labirinto di laghi sotterranei, che abbiamo esplorato in compagnia della guida, remando 700 metri sotto la superficie della terra ed esplorando i giganteschi scavi della miniera. Si riparte poi verso la regione della Savinja, tra le cime delle Alpi slovene, presso il confine settentrionale della Slovenia, a pochi km dell’Austria. La parte superiore della Valle Savinja è la Logarska Dolina ed è

una delle più straordinarie valli glaciali presenti in Europa. Attraversata dal verde fiume Savinja, dal quale prende nome l’omonima vallata, conserva gelosamente nel suo cuore paesaggi unici che si possono gustare percorrendo la strada panoramica del Solcavsko, immergendosi nei sentori inebrianti del Parco dei Fiori, o salendo le pendici della stazione sciistica di Golte. E poi non deve mancare la visita alla cascata Rinka, col suo salto di 90 metri lascerà estasiasti. Bushcraft Savinjska è invece un’autentica avventura guidata nella foresta in cui si affinano le nostre abilità di sopravvivenza, imparando ad accendere il fuoco nella natura creando un fiammifero, o a trovare erbe aromatiche come l’ortica, il timo, il tarassaco, il luppolo selvatico aromatiche per preparare il tè. Dopo tante belle camminate è bello potersi soffermare all’Hotel Plesnik per una sessione di yoga con un maestro indiano e qualche ora di benessere nella Spa dell’hotel. Da segnalare è sicuramente l’ottima cena al ristorante à-la-carte Raduha House a Luce, che ha una lunga tradizione risalente al 1875. Qui è possibile gustare delle specialità slovene che uniscono tradizione e innovazione culinaria

e volendo si può anche pernottare in una delle suite a forma di una casa sull’albero, complete di vasca idromassaggio privata all’aperto. Immerse in una foresta, tutte le unità abitative sono ecologiche e dotate di uno speciale sistema di raffreddamento e di riscaldamento.

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L’indomani ci attende una passeggiata mattutina nella valle Robanov kot e successivamente una visita al parco fiorito di Mozirje, Mozirski gaj, collocato alle pendici dei monti nella parte superiore della valle del fiume Savinja. Qui si può godere dei profumi inebrianti dei fiori, riposare la vista tra i tulipani multicolori, esplorare il museo all’aperto, aggirarsi tra l’orto delle erbe e il giardino giapponese, salire sulla torre Sveva che offre una bella vista panoramica. Prima del rientro non manca una visita di Lubiana: con un totale di circa 230 chilometri di piste ciclabili, è considerata una delle città più bicycle-friendly del mondo. Lubiana è anche considerata una delle città più verdi del mondo e i suoi dintorni offrono una vasta gamma di escursioni naturalistiche che partono da qui per diramarsi nell’intera regione. www.slovenia.info/it

Ph: © Slovenian Tourist Board

UN’OASI DI ASSOLUTO RELAX

L’HOTEL BELVEDERE DI LOCARNO

HA CONCLUSO I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DELLA SUA

SPA CHE ORA SI APRE AL PUBBLICO CON LA SUA MODERNA DOTAZIONE DI ATTREZZATURE PER ASSICURARE MOMENTI

DI RELAX E BENESSERE.

Si è concluso da poche settimane il Locarno Film Festival, che ha proposto le prime visioni di alcuni dei più interessanti film internazionali. Ma una delle migliori “prime visioni” è stato, con il suo splendido nuovo Wellness, l’Hotel Belvedere di Locarno, Partner Hotel esclusivo della manife-

stazione cinematografica locarnese. L’albergo, posizionato sulla collina sopra Piazza Grande, da anni prosegue un saldo sodalizio con il Pardo e ha inaugurato, lo scorso 5 luglio, l’OASI BELVEDERE Spa • Wellness • Beauty: molto più di un moderno e rinnovato centro benessere, ma un vero e proprio rifugio

di serenità per evadere, anche solo per un pomeriggio, dalla routine e dallo stress della quotidianità, come hanno potuto apprezzare gli attori e i registi ospitati nelle giornate del Locarno Film Festival. «Abbiamo voluto creare degli spazi che venissero incontro alle esigenze di ogni ospite, sia per quelli che vengono con la famiglia per diversi giorni sia per quelli che si fermano per meno tempo, ma che hanno comunque bisogno di un angolo dove potersi rilassare per qualche ora in totale serenità», spiega Patricia Lissi. Una struttura, quella della nuova Oasi Belvedere, che vanta ben 800 m 2 distribuiti su 2 piani, con una zona interamente riservata agli adulti, con diverse saune, percorso Kneipp, frigidarium e sale relax. «La sfida era mantenere intatto il fascino di un hotel storico creando al contempo degli spazi efficienti e con attrezzature di ultima generazione,

in grado di soddisfare le esigenze di una clientela moderna» prosegue Lissi. «Abbiamo voluto mantenere l’armonia con il paesaggio circostante, caratterizzato da un’impareggiabile vista sui monti locarnesi e sul lago e da un’ampia area esterna di 1’400 m 2 circondata da fiori e piante mediterranee: per questa ragione abbiamo valorizzato la piscina, che ha un bacino esterno e l’idromassaggio, da un’area giochi e dal caratteristico bistrot estivo Grotto al Sasso, con specialità tipiche del territorio e con accesso anche ai nostri amici a quattro zampe. Rafforzando

così la visione di una vera e propria oasi dall’atmosfera ticinese». Un’atmosfera alla quale contribuisce anche il personale qualificato, come sottolinea Patricia Lissi: «Per quanto una struttura possa essere funzionale, sono le persone il segreto della magia che si crea all’Oasi Belvedere. E nella nostra struttura possiamo vantare un team di professionisti, in grado di proporre agli ospiti un ricco programma di attività benessere, rigeneranti ed energetiche, con lezioni individuali e di gruppo di Yoga, Pilates, Yolatis e Meditazione con cristalli. Ed è sempre a disposizione per consigliare al meglio su una vasta

proposta di trattamenti e massaggi». Nonostante l’alta stagione stia per concludersi, le attività dell’Oasi Belvedere non diminuiranno. Tutte le moderne attrezzature dell’Hotel Belvedere Locarno, come ad esempio le sale multifunzionali del settore eventi e banchetti, che accolgono fino a 300 persone, o il ristorante La Fontana, aperto giornalmente dalle 12:00 alle 22:00, sono volti a valorizzare le attività che si possono fare anche in bassa stagione. E anche la nuova Spa rientra in questa filosofia, considerando i cambiamenti del turismo attuale, con una rilevante percentuale di turisti stranieri che vuole

godere dell’influenza mediterranea che si può respirare nella Sonnenstube anche al di fuori dei mesi estivi. «Ma, soprattutto, per la precisa volontà di diventare parte della quotidianità dei ticinesi che, sfruttando la possibilità di abbonamenti e agevolazioni, possono così venire a trovarci in ogni momento della settimana, magari dopo una dura giornata di lavoro».

HOTEL BELVEDERE LOCARNO Via ai Monti della Trinità 44 CH-6600 Locarno www.belvedere-locarno.com

Un piccolo Paradiso SUL LAGO DI LUGANO

IL FRUSCIO DELL’ERBA SOTTO I PIEDI, L’OMBRA FRESCA DELLE PIANTE

E LO SCIABORDIO LACUSTRE RENDONO IL CENTRO MAGLIASO

UNA FUGA IDILLICA DALLA FRENESIA DELLA CITTÀ. UN’OASI IDEALE

PER UNA VACANZA ADATTA A TUTTE LE ESIGENZE.

DI PAOLA CERANA

Dopo quattordici anni a St. Moritz, Roland Fischer ha deciso di cambiare letteralmente direzione e ha puntato sul Canton Ticino. Una sfida che l’ha portato a gestire il Centro Magliaso e l’Osteria Fo -

ce, insieme alla moglie Vania. 25.000 metri quadrati di oasi naturale lambiti dal Ceresio, che ospitano 100 camere per 250 posti letto dislocati in diversi edifici, ognuno con una propria particolarità e un proprio nome. Paradiso, Castelletto, Miralago sono alcuni di essi, diffusi tra il cuore del parco e le rive del lago.

Direttore, da dove vengono principalmente i suoi ospiti?

«Per il 90% si tratta di svizzero tedeschi, in parte svizzero francesi e qualche straniero. Siamo aperti da marzo a novembre ma capita di organizzare qualche soggiorno anche in dicembre, nella casa principale. La nostra clientela è varia: famiglie, gruppi e giovani, ai quali sono riservate quelle che chiamiamo le case dei giovani. Inoltre, ospitiamo persone con disabilità. Per questa clientela è riservato un edificio apposito con 12 camere prive di barriere architettoniche, con letti speciali e bagni più ampi».

L’attenzione ai clienti con disabilità è sempre stata parte della filosofia del Centro Magliaso?

«Sin dall’inizio. La struttura non prevede un sostegno medico specializzato. Sono gli accompagnatori o i parenti ad occuparsi del benessere di chi ha bisogno di particolari cure. Sono le Fondazioni a organizzare le

vacanze per gruppi con portatori di handicap, e questo è molto bello».

È una specie di piccolo villaggio indipendente immerso nel verde, giusto?

«Esattamente. Qui c’è tutto: dalla piscina al campo di beach volley, dall’outdoor fitness alla sala tv, alle sale per seminari e lezioni di musica, o corsi creativi. Il tutto è completato da una cucina che propone ogni giorno colazioni, pranzi e cene, oltre che da un grill sul lago. Evidentemente i clienti amano mangiare qui, perché abbiamo una maggioranza di prenotazioni con pensione completa. Alcuni di loro non escono dal Centro, perché trovano tutto

all’interno, senza bisogno di usare l’auto. Lugano è raggiungibile in trenino, in battello due volte la settimana e per i più sportivi ci sono le bici. Ponte Tresa è a soli 3 chilometri e ci si può andare anche a piedi».

Il Centro Magliaso è indipendente anche dal punto di vista di “logica” turistica?

«Sì. La struttura (in origine si chiamava Centro evangelico) è di proprietà della Chiesa evangelica della città di Zurigo. Tuttavia, la gestione dell’offerta turistica è sempre stata autonoma e fedele a certi valori. Per esempio, adottiamo dei prezzi favorevoli e, in caso di necessità, ci prestiamo ad andare incontro alle esigenze dei clienti, per garantire a tutti la possibilità di fare una bella vacanza».

Colpisce la convivenza di abili e meno abili, bambini, giovani e anziani: almeno tre generazioni in vacanza insieme.

«C’è spazio per tutti, per ogni esigenza e ogni età. Nel periodo estivo abbiamo moltissime famiglie con bambini, qui regna un’armonia speciale che fa bene a corpo e spirito; infatti, abbiamo anche qualche prete tra gli ospiti. Ci sono clienti che vengono qui da decenni e tuttora tornano. Non più bambini, non più giovani e spesso arrivano con i propri figli o nipoti».

Quante persone vi lavorano?

«In tutto 35 persone, una squadra vincente. Sulla parete d’ingresso accanto alla Reception avrete notato delle foto incorniciate. Ebbene, sono le persone impiegate qui: i loro volti, i loro nomi, i loro ruoli. Persone, innanzitutto, senza le quali tutto questo non sarebbe possibile».

C’è anche una foto di Lei, Direttore, con sua moglie Vania. «Mia moglie Vania è il capo del capo! È fondamentale, anche perché gestisce quello che ritengo essere una risorsa strategica: l’Osteria Foce. All’Osteria vengono anche clienti esterni, il menu è ricco e ottimo, dalla picanha alla pinsa, fino al limoncello fatto in casa. La domenica sera si anima anche di musica, soprattutto brasiliana e latino-americana, un connubioquello di food e sound - che piace molto ai clienti. Il sorriso di Vania completa l’ambiente e noi siamo felici di vedere che le persone tornano, sia per i buoni piatti e gli ottimi vini, sia per il piacere di stare insieme».

Direttore, si è mai pentito di aver lasciato St. Moritz per venire qui? «Assolutamente no. Per me all’inizio è stata una sfida: un amico mi aveva proposto di cambiare, di fare un salto. Si trattava di lasciare qualcosa di certo e perfetto per avventurarsi in un cammino pieno di

incognite. Dai lunghi inverni innevati delle montagne, al dolce tepore del Ticino. Grazie anche al sostegno di Vania, ho accettato la sfida ed è stata la scelta giusta. Anche le nostre due figlie sono felici di questa nuova vita, cominciata nel novembre 2023, che porteremo avanti con pazienza ed entusiasmo». È l’ora di pranzo e l’Osteria Foce dà il meglio di sé. Dai tavoli si levano profumi invitanti e si mescolano lingue diverse, dallo schwitzerdütsch al portoghese, un segno di piacevole convivialità. Ringrazio il Direttore Roland Fischer, davanti a un fresco rosé che sa di estate. I suoi occhi si illuminano quando incontrano quelli di Vania e in quell’istante, oltre alla loro ammirevole complicità, si coglie appieno l’atmosfera magica che regna al Centro Magliaso. Un piccolo Paradiso sul Lago di Lugano. www.centro-magliaso.ch

DA HOTEL 5 STELLE LUSSO

A BED & BREAKFAST:

IL GIARDINO MOUNTAIN, A DUE

PASSI DA ST. MORITZ, È UNA

STRUTTURA VERSATILE

IN GRADO DI ADATTARSI AD OGNI ESIGENZA IN TUTTE

LE STAGIONI DELL’ANNO.

DI PAOLA CHIERICATI

Resort alpino dal design moderno, si contraddistingue per il clima di relax e di affabile accoglienza che già si percepisce entrando nella hall, priva di eccessivo formalismo, poiché come si legge nella comunicazione stessa dell’hotel “oggi il vero lusso è potere scegliere, soprattutto quello che fa stare davvero bene”.

L’hotel Giardino Mountain risponde infatti al desiderio di libertà dei propri ospiti e la sua versatilità si traduce anche nel cambiare veste a dipendenza dei periodi dell’anno: dal 13 dicembre al 16 marzo si presenta infatti come hotel 5 stelle a Champfèr St. Moritz e dal 21 giugno al 12 ot-

Hotel di lusso PER TUTTE LE STAGIONI

tobre come Bed & Breakfast a Champfèr Silvaplana. Può sembrare una soluzione davvero curiosa, ma più che altro molto all’avanguardia poiché la direzione ha saputo ben interpretare le esigenze dei propri ospiti, con l’intento di avvicinare anche un pubblico esigente ma nel contempo giovane e disinvolto. Non convenzionale, il Bed & Breakfast Giardino a Silvaplana è perfetto per tutti coloro che apprezzano la semplicità con un tocco di eleganza. Lo stile è moderno, gli interni sono arredati con gusto, le camere sono eleganti, la colazione è generosa e i prezzi delle camere sorprendentemente convenienti, a costo di rinun-

età si incontrano nel periodo più bello dell’anno, ovvero durante le vacanze. Questo rispecchia anche la filosofia del Gruppo Giardino, in cui l’ospitalità, i concetti innovativi e la qualità di vita sono al centro». Le 77 camere e suite, alcune con caminetto e balcone con una vista aperta, sono arredate in legno chiaro e tonalità crema arricchite dai colori fucsia o verde. I mobili di design e gli elementi decorativi riflettono il moderno stile di vita degli ospiti e

ciare la sera al servizio dei ristoranti. In inverno invece l’hotel offre tutti i suoi servizi anche in ambito gastronomico, inclusa la cucina del ristorante 2 stelle Michelin Ecco. Ristrutturato nel 2011, Daniela e Philippe Frutiger, CEO del Giardino Hotelgroup, hanno deciso a suo tempo di mantenere il classico stile alpino ma con un tocco cosmopolita. «Con il Giardino Mountain abbiamo trasformato uno degli edifici più antichi dell’Engadina in un rifugio per i viaggiatori moderni, provenienti sia dalla Svizzera che dall’estero. Questo sempre con l’obiettivo di essere un hotel per tutte le generazioni, in cui persone di tutti i paesi e di tutte le

coincidono con il desiderio di unire il lusso contemporaneo al relax. Alcuni elementi sono stati comunque conservati, come i magnifici soffitti in legno e i famosi graffiti dell’artista svizzero Steivan Liun Könz, noto in Engadina per avere dipinto più di cento case.

Il Giardino Mountain occupa una posizione magnifica nella vallata ed è a due passi dal noto ristorante stellato Talvo by Dalass. Champfèr è perfetta per chi desidera una certa privacy, pur essendo in prossimità dei comprensori sciistici di St. Moritz - Corviglia e Corvatsch/Furtschellas, o dei sentieri escursionistici pianeggianti dell’altopiano dei la -

ghi da Maloja a Silvaplana. Dopo essersi dedicati alle attività sportive, ci si può rimettere in forma alla dipiù Spa by Giardino, anche grazie ad un team di terapisti molto preparati; sono a disposizione una magnifica piscina riscaldata, saune e bagno turco, oltre a una palestra attrezzata. Non mancano naturalmente anche i cosmetici della linea dipiù, creati dalla stessa Daniela Frutiger, e realizzati in collaborazione con un’azienda vinicola del Ticino.

Questi prodotti sfruttano gli effetti benefici dell’olio di vinaccioli, di oliva e di mandorle, delle uve Merlot, del miele di castagno e di svariate erbe. Per completare l’offerta sono proposti anche i prodotti Aveda, ispirati alla tradizione ayurvedica. Il tutto, come sempre, perfettamente in sintonia con la filosofia green che identifica tutto il gruppo Giardino, di cui fanno anche parte Giardino Ascona ad Ascona e Giardino Lago a Minusio-Locarno.

HOTEL GIARDINO MOUNTAIN

Via Maistra 3

CH-7512 Champfèr-St-Moritz

T. +41 (0)81 836 36 00

www.giardinohotels.ch

“ACCONTENTARSI” solo di cose buone a tavola

UNA GITA A ST. MORITZ

E UNA SOSTA AL RISTORANTE

HIDE & SEEK DELL’HOTEL GIARDINO

MOUNTAIN A CHAMPFÈR

È RISULTATA UNA SCELTA

PARTICOLARMENTE AZZECCATA.

DI GIACOMO NEWLIN

L’HOTEL GIARDINO MOUNTAIN

Via Maistra 3

CH-7512 Champfèr (St. Moritz)

T. +41 (0) 81 836 63 00

www.giardinohotels.ch

hotel, dato che è una struttura a cinque stelle, vanta più di una postazione dove consumare i pasti: infatti troviamo il ristorante Ecco che può fregiarsi con il rinomato chef Rolf Fliegauf di ben due stelle Michelin e di 18 punti Gault & Millau, chef, stelle e punteggio che durante la bella stagione si trasferiscono nell’omonimo ristorante dell’Hotel Giardino di Ascona. Ma poi c’è anche la “Stüva”, locale intimo con una trentina di coperti, dall’arredo rustico che ricorda il fascino delle baite e dove si può gustare un’eccellente cucina regionale tradizionale del tipo: capuns, pizzoccheri e pietanze sostanziose servite in padella. Ma noi questa volta, dopo un gradito saluto di benvenuto da parte di Cristofaro Bruna, general manager dell’Hotel Giardino Mountain, ab -

biamo scelto la familiarità informale e pur sempre elegante, del ristorante Hide & Seek, regno incontrastato dello chef Francesco Leone, che con la sua brigata può servire fino a 120 coperti supervisionati dall’attento Restaurant manager Mattia Giovannelli. La carta di questo ristorante è accattivante per tutti, specie per i giovani gourmet alla ricerca di una cucina fresca, leggera, comunque concreta e in modo naturale “easy and friendly”. Siccome fuori la serata era fresca, una calda Crema di Pastinaca con nocciole tostate e cerfoglio ha ristabilito una perfetta temperatura corporea. Tra l’altro la pastinaca che è una radice simile alla carota, ma gradevolmente più dolce e di colore “beige”, grazie al suo notevole apporto di fibre, predispone al meglio ad accogliere il resto della cena attraverso un percorso che ci è stato

suggerito dallo chef Francesco e che noi abbiamo accettato, convinti inconsciamente che ci avrebbe condotto alla più ampia soddisfazione. Così è stato. Quindi dopo la crema ecco i Gamberi rossi in tempura con yuzu e polvere di crostacei, poi un fresco Ceviche di Capesante con avocado, mango, lemongrass, coriandolo e ravanello. Ogni piatto conduce la mente in lidi lontani, come il ceviche, diventato patrimonio culturale immateriale dell’umanità, che ricorda la tradizionale e ricca cucina peruviana. Di seguito è giunta la Sogliola ripiena con spinaci, carote e “beurre blanc” al limone; anche qui è inevitabile il ricordo delle bianche scogliere di Dover, poiché questo delicato e pregiato pesce viene catturato nelle fredde acque della Manica.

che è stata fatta su un ventaglio di diverse centinaia di etichette, quindi con una concordanza più precisa con le singole pietanze. Siccome la serata non sembrava terminata, ci siamo spostati al Bar-Lounge dove ci aspettava uno scoppiettante camino e naturalmente un after-dinner: Angel Face Vintage. A proposito, chi desidera cenare al Bar-Lounge può farlo scegliendo da una carta con diverse allettanti proposte, sempre dello chef Francesco Leone.

Al termine del nostro viaggio ci attende una deliziosa Lemon Tarte con crema al limone, yuzu e mandorle. L’abbinamento dei vini a calice è risultata una scelta vincente, dato

Un hotel a Crans-Montana per risvegliare i nostri sensi

CHE SI TRATTI DI UNO SPLENDIDO RESORT SU UN’ISOLA, DI UN RIFUGIO DI MONTAGNA

O DI UN HOTEL URBANO, LA VISIONE RIMANE LA STESSA: RISVEGLIARE I SENSI DELLE PERSONE IN MODO

CHE ALLA FINE SI RICONNETTANO CON SÉ STESSI, CON GLI ALTRI E CON IL MONDO CHE LI CIRCONDA.

DI PAOLA CHIERICATI

Christian Gurtner, Regional General Manager - Europe

Arrivando al Six Senses

Crans-Montana, situato in una posizione privilegiata proprio sopra la funivia principale di Crans-Montana, ci si rende subito conto della maestosità di questa struttura moderna e al passo con tempi. Entrando nella lounge la receptionist ci accoglie con un sorriso e premurosa chiede qualche minuto per raccontarci la loro filosofia ed indicarci il viaggio extrasensoriale che saremo invitati a percorrere.

Costruito nella roccia, da cui emergono terrazze aperte che offrono viste sulle iconiche vette del Vallese, tra cui il Weisshorn e il Monte Bianco, le esperienze da vivere in hotel sono davvero molte: sessioni quotidiane di yoga, esercizi di fitness, rigenerazione e meditazione, ma anche musica dal vivo e DJ che si alternano nei ristoranti e nei bar, oltre alla visione di film nel cinema all’aperto. In linea con gli standard di sostenibilità Six Senses, vengono utiliz -

zati, laddove è possibile, materiali riciclati e rinnovabili.

La struttura dispone di 78 camere e suite e di un lussuoso appartamento con tre camere da letto.

L’atmosfera è da chalet svizzero in uno stile moderno, i soffitti sono alti e gli spazi molto ariosi. Le grandi vetrate che si affacciano sulle terrazze contribuiscono a creare la sensazione di contatto con la natura circostante, regalando viste straordinarie sulle Alpi. Nei bagni, si scoprono pareti in pietra e sottili pannelli decorativi in vetro, i mobili sono su misura

realizzati con materiali in legno massiccio e tessuti naturali.

Il resort è stato aperto ufficialmente a marzo 2023 e ha inaugurato 33 nuove camere a dicembre 2023.

La Six Senses Spa di 2.000 metri quadrati offre un circuito termale di ultimissima generazione che comprende quattro saune, un bagno freddo e i laboratori interattivi dell’Alchemy Bar, che si concentrano sulle proprietà curative degli ingredienti naturali per creare scrub, creme, maschere e balsami freschi, stagionali e biologici. Non mancano una piscina panoramica esterna ri-

scaldata e una piscina coperta, oltre a cinque sale per i diversi trattamenti. Six Senses Spa guida i clienti nel percorso verso il benessere e l’approccio va oltre le normali cure di bellezza per offrire ai clienti benessere olistico, medicina integrativa e longevità.

La regione di Crans-Montana, che costituisce una delle grandi destinazioni turistiche del Vallese, offre varie attività invernali ed estive per celebrare la vitalità, la serenità e l’avventura, come lo sci notturno con fiaccole o le escursioni con le racchette da neve. Il Six-Senses di Crans-Montana permette un esclusivo accesso diretto alle piste da sci, in un comprensorio di 140 km e Giorgio Rocca, ex-campione del mondo di sci, si mette a disposizione degli ospiti con la sua équipe, in alcuni periodi dell’anno, per un particolare ritiro basato sulla yoga e sullo sci.

Six Senses gestisce 23 hotel e resort in 18 paesi e ha firmato un accordo per sviluppare altre 43 proprietà. Affiliato a IHG Hotels & Resorts, Six Senses funge da promotore del cambiamento e mantiene un impe -

SIX SENSES CRANS-MONTANA

Rte des Téléphériques 60 CH-3963 Crans-Montana www.sixsenses.com/crans-montana

gno leader a favore della comunità, della sostenibilità, dell’ospitalità emotiva, del benessere e delle esperienze artigianali, impreziosite da un tocco di eccentricità. Christian Gurtner, che vanta oltre 20 anni di esperienza nel settore internazionale dell’ospitalità di lusso, dal 2022 è Regional General Manager - Europe del Six Senses

Resort and Spa a Crans-Montana, dopo essere stato Direttore Generale del Six Senses Kaplankaya in Turchia. Inoltre, ha lavorato in rinomati hotel come The Ritz-Carlton a Macao, Hyatt International a Shanghai e Singapore e negli hotel Four Seasons in vari stati degli Stati Uniti. Gurtner si è laureato all’École Hôtelière de Lausanne.

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Direzione Generale e Agenzia di Città Via Giacomo Luvini 2a, 6900 Lugano

Sede Operativa e Succursale Via Maggio 1, 6900 Lugano

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Il senso dell’infinito DELLE ALPI SVIZZERE

DOPO UNA MATTINATA

O DOPO UN’INTERA GIORNATA

DI AVVENTURE IN ALTA QUOTA, L’HOTEL SIX SENSES DI CRANS-MONTANA PRESENTA

LA SUA OFFERTA CENTRALE

PER PRANZI E CENE: NELLA

INFORMALE E “COSY” BRASSERIE

WILD CABIN E NEL RISTORANTE

ESCLUSIVO BYAKKO

DI GIACOMO NEWLIN

HOTEL SIX SENSES

CRANS-MONTANA

Rte des Téléphériques 60

CH-3963 Crans-Montana

T. +41 (0) 58 806 20 20 www.sixsenses.com/crans-montana

Anche solo sedersi per la prima colazione nella bella sala di puro design alpino dell’Hotel Six

Senses di Crans-Montana, con negli occhi la maestosa vista mozzafiato sulla corona di cime alpine che si estende dal Monte Bianco al Cervino, predispone l’animo alla gioia di appartenere, non casualmente, al

grande disegno dell’universo. Detto questo, molto pragmaticamente, il ricco buffet con tante chicche della produzione locale casearia e di salumeria, accompagnate dai profumati e fragranti pani e dal burro d’alpeggio, per non parlare di marmellate e confetture di ogni genere, invoglia ad iniziare con slancio una giornata di sci, escursioni, spa e molto altro.

Alla Brasserie Wild Cabin, aperta per colazione, pranzo e cena, che si avvale anche di un’ampia terrazza all’aperto, circondata da boschi di pini, abeti e roverelle che disseminano una frizzante aria

Byakko per una cena giapponese da ruggito. Infatti Byakko è il nome che nel Paese del Sol Levante è dato alla mitica tigre bianca che vive tra le alte vette delle Alpi giapponesi. Un ruggito che sottintende un nuovo modo di esprimere la convivialità in un ambiente delicato e raffinato, proprio della tradizione giapponese, in cui vengono serviti piatti esclusivi preparati dallo chef David Khemphone. Il menù dello chef prevede otto portate che si possono scegliere

montana con i loro sentori dolci e legnosi, la scelta delle pietanze è all’altezza di questo rinomato albergo di cinque stelle, che può contare su un menu in evoluzione che si completa attraverso la stagionalità dei prodotti, naturalmente privilegiando quelli freschi locali. Ad esempio per pranzo vengono proposte, oltre a piatti classici svizzeri puntellati da un tocco di novità, verdure grigliate e arrostite, carne e pesce di produzione locale cotti al forno a legna così da mantenere tutto il loro sapore.

Chi ama la cucina gourmet non ha che prenotare un tavolo al ristorante

da una carta che rispecchia la freschezza, la diversità e la raffinatezza di una cucina lontana, che però sta entrando sempre più nelle corde occidentali. Apriamo il momento conviviale con del Riso croccante e tonno piccante, per poi assaggiare le Melanzane con salsa di miso; si continua quindi con le eccezionali Crevettes Obsiblue in tempura. In seguito rendiamo omaggio a questa cultura lontana con la Zuppa di miso, per poi degustare in un nuovo stile sashimi, la fragranza del Branzino con zenzero fresco, erba cipollina, e salsa di soia allo yuzu. Ora possiamo apprezzare le Tobiko Gunkan, quelle specie di barchette (sushi) in questo caso con all’interno le uova di pesce volante. Il gastronomo curioso vorrebbe provare tutto, ma questa volta si accontenta -si fa per dire- di un pesce che nelle acque oceaniche si chiama Seriola, mentre della stessa famiglia nel Mediterraneo chiamiamo Riccio, dunque Seriola, cipollotto e jalapenos. Nel nostro pasto al Byakko non poteva mancare un piatto con la ormai famosa anche da noi, carne proveniente dal Giappone: Manzo Wagyu brasato. Terminiamo l’esperienza con il dessert Dorayaki: Pancakes di pasta di fagioli Azuki. Come bevande abbinate ai piatti la scelta è caduta sia su alcune tipologie di Sake, bevanda simbolo del Giappone, sia su alcune varietà di Thé. Ovviamente all’Hotel Six Senses di Crans-Montana la scelta sulla carta dei vini è notevole, quindi non c’è il rischio di non trovare l’accostamento più adeguato con i piatti. Infine in questo nuovo, giovanile albergo di design, si possono fare spuntini deliziosi e degustare cocktail classici al “Ora Bar & Lounge” situato al quinto piano.

UN’ESPERIENZA DI GIOCO indimenticabile

ARIELLA DEL ROCINO PRESENTA

L’IMPORTANTE EVENTO CHE

DAL 5 ALL’8 SETTEMBRE 2024

A CRANS-MONTANA, NEL

CUORE DELLE ALPI SVIZZERE, SUL GREEN DEL GOLF-CLUB CRANS-SUR-SIERRE, RAPPRESENTA

UNO DEGLI APPUNTAMENTI

PIÙ SPETTACOLARI

DELL’EUROPEAN TOUR.

Questa gara di golf nota in tutto il mondo ha visto giocatori del calibro di Severiano Ballesteros, Lee Westwood e, più di recente, Matthew Fitzpatrick e Ludvig Aberg vincere l’ambito trofeo. È Il torneo europeo più antico a svolgersi ogni anno sullo stesso percorso e nel tempo ha continuato a evolvere per offrire ogni anno un’esperienza fuori dal comune ai suoi 50.000 spettatori. Lo Swiss Open ha una lunga storia, poiché si è svolto per la prima volta nel 1923. A quel tempo in Svizzera esistevano solo undici campi da golf. Quello dell’Engadina-Samedan, il più antico tra tutti, fondato nel 1898, organizzò le prime edizioni del torneo. Fino al 1938 l’Open si svolgeva alternativamente in Engadina, Lucerna, Losanna e Zurigo Zumikon. Nel 1939 si svolse per la prima volta a Crans-sur-Sierre lo Swiss Open su 72 buche. Poi arrivò la lunga notte della guerra e l’Open

venne ripreso solo nel 1948. Da allora Crans-sur-Sierre è la sede permanente di questo torneo che diventerà European Masters nel 1983. Il campo da golf si trova al centro di un altopiano che domina la valle del Rodano dai suoi 1500 metri. Di fronte le cime più elevate delle Alpi, dal Cervino al Monte Bianco. È in questo scenario maestoso che i pionieri

del golf hanno tracciato il primo campo nel 1906. Da allora, i green hanno continuato a fiorire sotto il sole e i più grandi giocatori sono stati conquistati dalla bellezza naturale del sito. Qui il golf si trova su un terreno solido, con 2 campi, tra cui il famoso campo a 18 buche che porta il nome del suo prestigioso creatore, Severiano Ballesteros, classificato dalle riviste specializzate come uno dei più belli del mondo e che ospita l’Omega European Masters. Il campo richiede precisione e un gioco completo. Soddisfa le esigenze di tutti i livelli di golfisti. Situato in un ambiente eccezionale, offre una vista indimenticabile in un ambiente naturale. La qualità della sua preparazione e la magnifica vista sulle Alpi valle -

sane hanno fatto guadagnare al campo Jack Nicklaus del Golf Club Crans-sur-Sierre quattro volte la designazione delle 9 buche più belle della Svizzera. Relativamente breve, richiede tuttavia grande precisione con i suoi fairway mai rettilinei e gli ostacoli che costeggiano il percorso. Una sfida che si rivolge sia al giocatore medio che agli esperti.

Magnifica creazione DI ALTA GIOIELLERIA

PRESENTATA PER LA PRIMA VOLTA NEL 2014 IN UNA SPETTACOLARE VERSIONE CON DIAMANTI, LA “EMERALD SIGNATURE” ESISTE ANCHE CON GLI ZAFFIRI BLU, COLORE AMATO DALLA MAISON DI HARRY WINSTON. QUESTO PREZIOSO OROLOGIO-GIOIELLO È DISPONIBILE PRESSO LA BOUTIQUE TOURBILLON DI LUGANO IN UNA ELEGANTE VERSIONE CON BRACCIALETTO NERO.

In onore del taglio smeraldo, il preferito da Harry Winston, la cassa di questo modello di alta gioielleria presenta un’elegante silhouette a otto lati. Progettato per le donne attente alle tendenze, che amano i gioielli versatili, aggiungendo un po’di brillantezza nella loro vita quotidiana, “Emerald Signature” è un segreto che aspetta di essere scoperto.

Lo stile di incastonatura dei diamanti ha cambiato radicalmente la scena dell’alta gioielleria in America. La preferenza di Harry Winston per il sofisticato taglio smeraldo e i colori, come l’affascinante blu del suo leggendario “Hope Diamond”, sono diventati i codici distintivi del suo impero dei gioielli. “Emerald Signature” è portavoce di questi codici con il caratteristico gusto lussureggiante associato alla Maison Winston.

Uno straordinario orologio segreto che rivela il suo quadrante in madreperla quando la parte superiore della cassa viene ruotata delicatamente verso sinistra. Un altro segreto della “Emerald Signature”

risiede nel suo design unico e versatile, che gli consente di essere indossato come un orologio, una spilla o persino un pendente. La versione interamente di diamanti del “Emerald Signature” è stata svelata nel 2014, una creazione straordinaria nella collezione di orologi di alta gioielleria che sottolinea e celebra la geometria del taglio smeraldo. “Emerald Signature” è realizzato in oro bianco 18 carati con sette gradini ottagonali, incastonati con 302 diamanti taglio brillante e coronato da un brillante diamante taglio smeraldo. Harry Winston è stato conosciuto durante tutta la sua vita come “il re dei diamanti”, la sua incomparabile

dedizione per la bellezza, la qualità e la rarità lo ha portato all’acquisizione del leggendario diamante blu “Hope” da 45.52 carati nel 1949. Da allora, il colore blu è diventato il colore iconico per la casa di Harry Winston. Progettato per essere adorato per tutta la vita, l’orologio “Emerald Signature” è dotato di un movimento al quarzo svizzero di precisione, per una facile manutenzione, ed impermeabile fino a 30 metri. Data la natura convertibile e altamente versatile del “Emerald Signature”, gli orologi sono dotati di una catena in oro bianco 18 carati con 12 diamanti taglio brillante e un cinturino in raso aggiuntivo.

LA BOUTIQUE BUCHERER

LUGANO E IL SUO DIRETTORE

FRANZ REICHHOLF HANNO

ORGANIZZATO UN AFFASCINANTE

EVENTO DEDICATO ALLE

PIETRE PREZIOSE NEL CORSO DEL QUALE È STATO ANCHE

POSSIBILE AMMIRARE UNA COLLEZIONE DI ANELLI

“DA COCKTAIL” LA CUI ORIGINE

RISALE AL PERIODO DEL PROIBIZIONISMO IN AMERICA.

Anelli da COCKTAIL

Forse non tutti sanno che Louise e Wilhelmina Bucherer, due donne vivaci, appassionate e indipendenti, ritenevano che i gioielli potessero anche essere un bellissimo mezzo di espressione. E tra tutti i gioielli, gli anelli da cocktail costituiscono una rappresentazione particolarmente idonea del loro spirito ribelle. Durante il Proibizionismo americano, negli anni ‘20, le donne indossavano infatti anelli accattivanti per esprimere la loro tacito approvazione dei cocktail party illegali: da qui il loro nome di cocktail rings. Assecondando la tradizionale fantasia e creatività femminile, ogni dettaglio del design dell’anello è realizzato con autentica maestria. Ogni pietra centrale è di incredibile brillantezza, e il suo colore viene esaltato dalle pietre preziose che lo circondano. La cura dei dettagli si estende su tutta la superficie dell’anello, rivelando motivi decorativi meravigliosamente leggeri e ariosi: una vera e propria manifestazione visiva dell’amore per i dettagli e una abilità artigianale senza limiti entrano a far parte del design dell’anello.

I gioielli uniscono dunque artigianalità e creatività in oggetti del desiderio. Non limitandosi ad essere semplicemente qualcosa di bello, il gioiello è allo stesso tempo un mezzo di espressione e registrazione di emozioni. Fin dalla sua fondazione nel 1888, Bucherer Fine Jewellery si è dedicata all’eccellenza artistica, costruendosi

una reputazione grazie alla qualità artigianale delle sue realizzazioni. La collezione di Alta Gioielleria affascina così lo spirito di donne appassionate e indipendenti, quasi in una sorta di omaggio alle prime donne Bucherer, Louise e Wilhelmina, che gettarono le basi per Bucherer Fine Jewellery. Sposata con il fondatore Carl-Fri -

edrich Bucherer, Louise è stata in prima linea nella crescita dell’attività di gioielleria di Bucherer. Le sue orme furono seguite dalla nuora Wilhelmina, la seconda generazione di vivaci donne Bucherer, che ha viaggiato fin negli angoli nascosti del mondo per procurarsi pietre preziose che sarebbero diventate i nuclei centrali delle collezioni di gioielli. Entrambe le donne hanno plasmato Bucherer Fine Jewellery grazie al loro grande occhio estetico e alla competenza nello scegliere le pietre preziose. La bellezza delle pietre preziose è definita da precisi criteri estetici, ma occorre anche tenere conto del loro potenziale espressivo. Louise e Wilhelmina hanno utilizzato intenzionalmente diamanti e pietre preziose come splen -

didi mezzi di espressione della loro identità, al di là della sola purezza estetica. In un’epoca in cui il mondo degli affari e la gemmologia erano professioni dominate dagli uomini, furono donne pioniere capaci di raccontare la storia della bellezza attraverso una lente femminile. Audacemente, hanno spinto i confini di un’identità femminile legata alla casa, per diventare le prime esploratrici cosmopolite. La storia stimolante iniziata con le due donne Bucherer funge da ispirazione per i designer di gioielli Bucherer di oggi. Gli artisti moderni continuano a raccontare la storia attraverso una lente personale, sovvertendo le norme culturali dominanti e dando libero spazio alla propria fantasia e creatività.

Elettrico di gran lusso

MASERATI PROSEGUE LA SUA CORSA VERSO UN FUTURO ELETTRICO

CON GRANCABRIO FOLGORE, LA PRIMA CONVERTIBILE FULL ELECTRIC DEL SEGMENTO AD ARRIVARE SUL MERCATO.

LA VETTURA, CON I SUOI 290 KM/H DI VELOCITÀ MASSIMA

È ANCHE LA CABRIO ELETTRICA PIÙ VELOCE IN CIRCOLAZIONE.

La GranCabrio Folgore eredita dalla sorella

GranTurismo il powertrain elettrico nato dall’esperienza della Formula E. La piattaforma a 800 volt prevede tre motori elettrici per un totale di 1.200 CV teorici: in abbinamento alle batterie da 92,5 kWh, la vettura eroga 761 CV, che salgono per un breve periodo a 830 CV nella modalità MaxBoost del setup Corsa. Il guidatore può scegliere tra quattro modalità di guida: Max Range, GT, Sport e come detto Corsa. La prima predilige l’efficienza e riduce la velocità massima a 130 km/h, limitando anche la risposta dell’acceleratore e la funzionalità del climatizzatore. In GT la potenza arriva all’80% e il sound digitale è mode -

rato; in Sport si ottiene il massimo delle prestazioni e del suono, mentre le sospensioni attivano il setup più dinamico. La modalità Corsa è pensata per la pista e riduce al minimo l’intervento dei controlli elettronici, rendendo ancora più pronta la risposta dell’acceleratore e dando al guidatore la possibilità di regolare il torque vectoring e il controllo di trazione su tre livelli, nonché di selezionare le modalità aggiuntive Max Boost ed Endurance.

La GranCabrio Folgore tocca i 290 km/h di velocità massima e raggiunge i 100 km/h in 2,8 secondi. L’autonomia omologata è compresa tra 419 e 447 km in base ai pneumatici installati (22,4-23,7 kWh/ 100 km).

La ricarica rapida a 270 kW richiede 18 minuti per passare dal 20 all’80%, mentre con una wallbox da 22 kW servono 60 minuti per recu -

perare 100 km. La presenza di due motori separati sull’asse posteriore consente di gestire al meglio il torque vectoring e di scegliere attraverso il VDCM (Vehicle Domain Control Module) le modalità di funzionamento dell’intero powertrain. L’architettura tecnica di GranCabrio, così come quella di GranTuri -

smo, è frutto di un innovativo progetto che fa ampio uso di materiali leggeri come l’alluminio e il magnesio, unitamente ad acciai altamente performanti. L’approccio multimateriale ha richiesto la definizione di nuovi processi produttivi e ha permesso di raggiungere livelli di peso best in class per la categoria.

L’unione tra la carrozzeria cabriolet e la propulsione elettrica rappresenta una scelta vincente non solo dal punto di vista delle prestazioni, ma soprattutto del confort. La capote in tela, disponibile in cinque colori – Nero, Blue Marine, Titan Grey, Greige, Granata – garantisce un’esperienza di guida impeccabile quando l’auto è chiusa, in forma coupé e, conservando un’eccellente aerodinamica, permette di godere di grande comfort anche in versione cabriolet. È azionabile fino a una velocità di 50 km/h (31 mph). Si apre in 14 secondi e si chiude in 16 secondi. Il movimento di apertura/chiusura può essere azionato in qualsiasi momento attraverso il pulsante touch sul display centrale. Il soft top permette di ridurre l’ingombro della ca-

“L’architettura tecnica di GranCabrio, così come quella di GranTurismo, è frutto di un innovativo progetto che fa ampio uso di materiali leggeri come l’alluminio e il magnesio, unitamente ad acciai altamente performanti”.

pote consentendo così di avere spazio per i bagagli di quattro persone. Da sottolineare la scelta di proporre sulla versione Folgore della GranCabrio il rivestimento interno ecosostenibile Econyl, ottenuto lavorando al laser il nylon delle reti da pesca e degli scarti di tessuto. Per chi non vuole viaggiare nel silenzio assoluto la Maserati offre due alternative: la prima è un impianto audio, specifico per questo modello, firmato Sonus Faber; la seconda è la presenza di una firma sonora digitale ispirata alle note dei motori a benzina, attivabile a piacimento. L’ispirazione per il sound non viene dai V6 delle altre GranCabrio, ma dai V8 della tradizione Maserati. La Maserati GranCabrio offre un elevato livello di personalizzazione. Per i cerchi di lega da 20 e 21” con pneumatici 265/35 e 295/30 sono previsti sei diversi stili e quattro finiture, di cui due con disegno ottimizzato aerodinamicamente e con co -

perture a bassa resistenza per migliorare l’autonomia. La carrozzeria della Folgore è proposta in sei tinte base denominate Bianco Astro, Nero Assoluto, Blu Modena, Verde Giada, Grigio Incognito e Grigio Maratea Matte, alle quali si affiancano 27 colori Fuoriserie da abbinare a interni esclusivi attraverso i programmi Collezioni Corse, Futura e Bespoke. La GranCabrio Folgore offre un’ampia serie di servizi dedicati per rendere pratico l’utilizzo del powertrain elettrico nella vita di tutti i giorni. L’infotainment MIA consente di pianificare i viaggi e le soste di ricarica attraverso il Charging Station Locator 2.0, che fornisce anche indicazioni su contatti, tariffe e collocazione delle stazioni. Il DC Booster permette di utilizzare stazioni a 400 e 800 volt indistintamente, mentre il Battery Pre-Conditioning e il Cabin Pre-Conditioning ottimizzano il funzionamento del powertrain nelle fasi di ricarica.

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UN SUV ANCORA PIÙ POTENTE E VELOCE

I MODELLI RANGE ROVER SV SPORT E HYBRID 2024 RAPPRESENTANO UN’INTERPRETAZIONE RAFFINATA E INNOVATIVA DEL CONCETTO DI SUV PREMIUM, UNENDO PRESTAZIONI ELEVATE, DESIGN DISTINTIVO E TECNOLOGIE AVANZATE.

SV: Special Vehicle Operations ha lo scopo di amplificare le caratteristiche fondamentali delle auto più iconiche. Nel caso della nuova Range Rover SV, ciò si traduce in un livello ancora più alto di eleganza e personalizzazione. Il design della Range Rover SV Sport 2024 è audace e dinamico, con linee fluide che esprimono potenza e raffinatezza. La griglia frontale è imponente, mentre i fari a LED conferiscono un aspetto moderno e aggressivo. Le proporzioni del veicolo sono ottimizzate per migliorare l’ae -

rodinamica, riducendo la resistenza dell’aria e migliorando l’efficienza del carburante. La versione Hybrid mantiene gli stessi tratti distintivi, ma integra elementi che rimarcano la sostenibilità, come l’uso di materiali riciclati e finiture eco-compatibili. Le ruote hanno un design elegante e sportivo, contribuendo all’aspetto complessivo del veicolo. All’interno, la Range Rover SV Sport offre un ambiente lussuoso e tecnologicamente avanzato. I materiali utilizzati sono di alta qualità, con opzioni di pelle pregiata, legno autentico e metalli raffinati. Il si -

stema di infotainment è all’avanguardia, con uno schermo touchscreen centrale che offre accesso a tutte le funzionalità del veicolo, inclusi navigazione, intrattenimento e controlli climatici.

Il comfort è una priorità, con sedili ergonomici e ampio spazio per le gambe sia davanti che dietro. La versione Hybrid include anche un sistema di purificazione dell’aria, garantendo un ambiente salubre all’interno dell’abitacolo.

di tecnologie avanzate. Il sistema di assistenza alla guida include il Cruise Control adattivo, il sistema di mantenimento della corsia e la frenata automatica di emergenza. Inoltre, è disponibile un sistema di telecamere a 360 gradi che offre una visione

Le prestazioni della Range Rover SV Sport 2024 sono impressionanti. La versione SV Sport è dotata di motori potenti, progettati per offrire una guida entusiasta e reattiva. La motorizzazione include un motore V8 biturbo, capace di erogare una potenza che supera i 500 cavalli, permettendo accelerazioni da 0 a 100 km/h in meno di cinque secondi.

La versione Hybrid combina un motore a combustione interna con un motore elettrico, offrendo una potenza totale che può superare i 400 cavalli. Questo sistema ibrido non solo migliora le prestazioni, ma riduce anche le emissioni e aumenta l’efficienza del carburante, rendendo la guida più sostenibile.

La Range Rover SV Sport 2024 è equipaggiata con una vasta gamma

completa dell’area circostante, facilitando le manovre in spazi ristretti.

La connettività è garantita tramite Apple CarPlay e Android Auto, permettendo una facile integrazione con i dispositivi mobili. Il sistema audio premium assicura un’esperienza di ascolto di alta qualità, rendendo ogni viaggio piacevole.

Le Range Rover SV Sport e Hybrid 2024 si posizionano come leader nel segmento dei SUV di lusso, con un perfetto equilibrio tra prestazioni, design e sostenibilità. La combinazione di motorizzazioni potenti, tecnologie all’avanguardia e un interno lussuoso fa di queste vetture una scelta ideale per chi cerca un’esperienza di guida senza compromessi, che si tratti di un viaggio in città o di un’avventura off-road.

MORDE LA PISTA, ACCAREZZA IL COMFORT

LA SPECIALE PROPULSIONE IBRIDA, DERIVATA DALLA COMPETIZIONE, REGALA PRESTAZIONI DI MASSIMO LIVELLO CON UNA GUIDA MAI COSÌ AGILE E ATTIVA. LASCIANDO ALTRETTANTO SPAZIO A RELAX, VERSATILITÀ E SILENZIO.

Suv di dimensioni medie, nel cuore dell’ampia gamma Mercedes, la diffusa GLC non ha bisogno di presentazioni: spicca per stile, accoglienza, comfort e tecnologie di ultima generazione. Meritando ulteriori attenzioni, per versatilità e prestazioni, nella sua versione AMG di punta: capace di vantare una propulsione ibrida di tipo ricaricabile (plug-in) concepita proprio in funzione delle migliori qualità dinamiche, ma capace di adattarsi alla perfezione all’uso quotidiano. Questa tecnologia - naturalmente disponibile anche sulla versione GLC Coupé, con coda più slanciata - fa tesoro dell’esperienza agonistica della marca nella massima formula e, su strada, si traduce dunque in un ventaglio di possibilità dinamiche davvero ampio. Potendo spaziare dalla marcia puramente elettrica, del tutto silenziosa e a emissioni locali zero sia pur per soli 12 km - ma sufficienti ad esempio per transitare nelle zone residenziali - al massimo contributo di spinta della potente unità elettrica, con speciale batteria ad alte prestazioni, in aggiunta all’erogazione del generosissimo due litri turbo benzina. Per affrontare in questo modo tanto i ritmi di marcia più impegnati, pista compresa, così come le semplici qua-

lità di accelerazione e sorpasso bruciante, dalle sensazioni inebrianti. Basti giusto considerare che, oltre alla rilevante potenza massima di sistema, questa propulsione “63 S E Performance” mette a disposizione oltre mille Nm di coppia di picco, un dato di per sé superiore a quello vantato persino da numerose “supercar”; la GLC così equipaggiata ha una massa piuttosto rilevante, ma è ad esempio capace di raggiungere i 100 km orari, da fermo, in appena tre secondi e mezzo: un lampo.

Ad offrire l’autentico “plus” energetico contribuiscono in modo particolare due soluzioni: la prima è l’esclusiva alimentazione elettrica del generoso turbocompressore a gas di scarico del quattro cilindri sovralimentato da 476 cv, che in questo modo non soffre di alcun ritardo di erogazione; la seconda è offerta dal motore a corrente da 204 cv sull’asse posteriore, studiato per assecondare al meglio la richiesta immediata di potenza. Peculiare la stessa batteria al litio da 6,1 kWh: è particolarmente leggera e concepita per sopportare tanto la scarica che la rigenerazione in forma estremamente rapide. In questo modo, l’unità torna pressoché a pieno carico nel minor tempo possibile, richiedendo tra l’altro assai meno frequentemente la necessità di allacciamento

su rete esterna. Grazie al motore elettrico posteriore, la spinta sulle quattro ruote può essere calibrata e modificata con particolare rapidità e capacità di adattamento, mentre il cambio doppia frizione a nove rapporti offre una reattività incomparabile. Specifiche, poi, le sospensioni regolabili a smorzamento adattivo, combinate al controllo attivo di rollio in curva e alla sterzata integrale: la GLC AMG di punta è agilissima nello stretto e si lascia parcheggiare in un fazzoletto, offrendo precisione e stabilità massime in curva e sul veloce.

L’abitacolo, corredato del sistema di infotainment MBUX di ultima generazione, spicca per la presenza dell’inconfondibile, generoso schermo centrale multifunzione posizionato in verticale e facilmente a portata di tocco da parte di entrambi i passeggeri anteriori. L’arredo è impreziosito da rivestimenti e dettagli di qualità superiore a sottolineare l’esclusività AMG, attraverso uno stile contemporaneo di impronta sportiva. Con poltrone anteriori avvolgenti e spazi generosi tanto per chi si accomoda in seconda fila che per il bagaglio al seguito.

ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG GLC 63 S E PERFORMANCE

Motore Sistema ibrido plug-in*

Cilindrata 1’991 cm3

Carburante Benzina

Potenza max.

680 cv (500 kW)

Coppia max. 1.020 Nm

Velocità max.

275 km/h

Accelerazione 0-100 km/h 3,5 secondi

Capacità serbatoio 65 litri

Peso totale 2.310 kg

Trazione Integrale

*con 2.0 turbo e unità elettrica

ESTENDE I TRATTI DELLA SUA IMMORTALITÀ

ELETTRIFICAZIONE LEGGERA E SOSPENSIONI REGOLABILI CON CONTROLLO ATTIVO DEL ROLLIO AMPLIANO PRESTAZIONI GIÀ STRAORDINARIE:

SU STRADA COME IN 4X4. CON ACCOGLIENZA ANCOR PIÙ ESCLUSIVA E TECNOLOGICA.

Non occorre cercare differenze eclatanti nel design di questa icona a quattro ruote: la Geländewagen resta totalmente fedele a sé stessa anche con questo lieve restyling, conservando “sotto pelle” tutte le innovazioni e gli aggiornamenti che le consentono di aggiungere ulteriore potenziale al già vasto corredo di capacità e tecnologie. 4x4 pura ma, nel tempo, resa pressoché altrettanto entusiasmante da condurre anche tra le curve, la Classe G esteticamente si affida così giusto a lievi dettagli, con il più evidente dato dalla mascherina anteriore ritoccata. Allo stesso tempo, sono di nuovo disegno i paraurti, mentre un inedito profilo-spoiler sul bordo del tetto si combina a più efficaci materiali isolanti di rivestimento di montanti e pannelli interni per garantire un’aerodinamica più raffinata e un incremento della qualità di insonorizzazione.

Al vertice della gamma restano le inconfondibili qualità dinamiche della AMG 63, sempre affidata al solido otto cilindri a V biturbo di 4,4 litri. Unità tuttavia arricchita del sistema ibrido leggero a 48V: alle prestazioni già apprezzate si aggiunge a supporto l’inedito generatore di avviamento integrato (ISG), capace di fornire una spinta supplementare di 15 kW (20 CV) con 200 Nm di coppia per

un breve periodo. Riducendo i consumi ma non soltanto.

La trasmissione è affidata al rapidissimo cambio automatico Speedshift TCT a nove marce, con l’insieme di queste soluzioni che ha così permesso di “limare” un decimo nello stesso scatto da fermo ai 100 km orari, già di suo esuberante con il tempo di poco superiore ai quattro secondi. Esiste inoltre lo speciale Pack Performance che permette un ulteriore, piccolo miglioramento di questo dato, oltre a innalzare la velocità massima del veicolo. Non meno importante, nell’evoluzione della G 63 AMG, è poi la possibilità di adottare il nuovo sistema di sospensioni Active Ride Control, che portano in dote in primo piano la stabilizzazione idraulica attiva del rollio. Questo permette di mantenere livellata la carrozzeria del mezzo tra le curve, offrendo maggior stabilità, più precisione e tenuta laterale oltre che un comfort superiore per i passeggeri. L’assetto è inoltre regolabile a piacimento, così come in grado di adattarsi in automatico alle varie sollecitazioni indotte dal manto stradale. Oltre alla propensione alla guida più performante, la vocazione al fuoristrada duro non è stata tralasciata. Le stesse, nuove sospensioni permettono un ulteriore miglioramento della loro escursione massima, mentre il

ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG G63

Motore

Cilindrata

V8 Biturbo

3.982 cm3

Carburante Benzina

Potenza max. 585 cv (430 kW) + 20 cv (15 kW)

Coppia max. 850 Nm a 2500-3500 giri/min + 200 Nm

Velocità max.

pacchetto opzionale Offroad Pro aggiunge ulteriore potenzialità nei passaggi più impervi. La trazione integrale conserva inoltre l’opzione delle marce ridotte così come dei tre differenziali bloccabili singolarmente. A bordo, il conducente può disporre di una serie di informazioni aggiuntive anche nella marcia off-road, inclusa la visione “cofano trasparente” che proietta sul display centrale la vista virtuale sotto la parte anteriore del veicolo, per meglio valutare sia gli ostacoli sia creste, scarpate e avvallamenti se non più visibili attraverso il parabrezza, per via dell’inclinazione dell’auto. Questo e molto altro grazie all’adozione del sistema di infotainment MBUX di ultima generazione, che include tra l’altro la navigazione con realtà aumentata. Gli interni sono naturalmente lussuosi e curatissimi; il pacchetto Superior Line aggiunge poi ulteriori finiture in pelle nappa, elementi di design specifici, sedili attivi multi-contour con pacchetto Energizing Plus inclusivo di massaggio e climatizzazione.

220 km/h*

Accelerazione 0-100 km/h 4,4 secondi**

Capacità serbatoio

100 litri Peso totale

2.560 kg Trazione Integrale

* 240 km/h con AMG Performance Package **4,3 secondi con AMG Performance Package

WMM-WULLSCHLEGER MARTINENGHI MANZINI, OFFRE

DAL 1972 SERVIZI NEI SETTORI DELLA CONSULENZA FISCALE

E AZIENDALE, DELLA GESTIONE PATRIMONIALE, DELLA GESTIONE

E DELL’INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE. ANCHE

QUEST’ANNO HA SCELTO DI ESSERE MAIN SPONSOR

DELL’EVENTO LUGANO ELEGANCE

2024. NICOLA WULLSCHLEGER, PARTNER IN WMM DAL 1999, TRACCIA UN BILANCIO DELLA MANIFESTAZIONE.

È la passione che porta al successo

Quali le motivazioni di questa scelta e come si inserisce nella vostra strategia di marketing e comunicazione?

«Sono molte le buone ragioni che ci hanno indotto, anche per l’edizione 2024, a sostenere la manifestazione Lugano Elegance. La prima di queste è senza dubbio rappresentata dal fatto che i partecipanti, proprietari di splendide auto da collezione, ma anche un buon numero di persone intervenute all’evento, erano mosse da un sentimento a cui come WMM attribuiamo grandissima importanza, nel lavoro come nella vita: la passione. Senza passione non è possibile realizzare grandi cose e dietro ogni storia di successo c’è una persona capace di dedicare tutto il suo tempo, le proprie capacità, le sue risorse materiali e mentali al raggiungimento del proprio obbiettivo. Dunque un valore fondante di ogni attività, che come WMM Group condividiamo volentieri con la nostra clientela».

Quali altri elementi avete giudicato insiti in Lugano Elegance?

«Potrei parlare dell’idea di bellezza, perché le vetture che abbiamo ammirato costituivano degli autentici capolavori d’arte, espressione delle capacità umane di realizzare qualcosa destinata a durare nel tempo. E poi, mi piace sottolineare il fatto che si è trattato di un evento che ha rappresentato una vetrina per Lugano,

un’occasione per mostrare tutte le potenzialità attrattive di questa città, la sua capacità di organizzare bene le cose. Per noi una ragione in più per sottolineare il forte legame che storicamente ci lega a questo territorio e il desiderio di contribuire alla sua affermazione e al suo riconoscimento a livello internazionale. Elemento non ultimo si è trattato poi di un evento charity e siamo ben lieti di supportare manifestazioni i cui proventi sono destinati a iniziative benefiche».

Qual è il bilancio finale dell’edizione di quest’anno, dal punto di vista della partecipazione di appassionati di auto d’epoca e soprattutto di qualificati collezionisti?

«Erano presenti una sessantina di auto da tutta Europa (Italia, Svizzera, Germania, Francia, Olanda) e alcune sono arrivate addirittura da oltreoceano, dagli Stati Uniti. Questo è un dato importante, perché significa che la manifestazione si avvia a raggiungere un prestigio internazionale sempre maggiore ed è ormai annoverata tra gli appuntamenti che contano in un settore molto selettivo e qualificato come quello dei collezionisti di auto d’epoca».

È possibile già adesso fare previsioni circa l’evoluzione futura di Lugano Elegance?

«Credo che un aspetto qualificante e distintivo della manifestazione, e che dunque deve essere assolutamente mantenuto, riguardi il fatto che per

gli appassionati visitatori si tratta di un evento assolutamente gratuito e quindi potenzialmente in grado di avvicinare un numero sempre crescente di appassionati dell’affascinante mondo delle auto d’epoca. Per il futuro penso sia necessario lavorare per accrescere il numero delle vetture partecipanti, così da rendere ancora più attrattiva la loro esposizione. Riterrei poi molto utile intensificare il sostegno di comunicazione da parte della Città di Lugano e degli enti preposti alla promozione turistica perché si tratta di un’occasione davvero unica, data la qualità e i contenuti della manifestazione, per mostrare al mondo quale straordinario scenario possa costituire questa città per eventi che hanno al centro l’idea di bellezza, passione, buon gusto e piacevolezza della vita».

UN CONCORSO SEMPRE PIÙ APPREZZATO NEL MONDO

Dal 17 al 19 maggio, la quarta edizione dell’evento ha attirato appassionati e collezionisti da tutto il mondo, con auto

iconiche come una Lancia B52 Coupé Vignale appartenuta a Gina Lollobrigida o una Mercedes 300SL Roadster già di Romy Schneider, trasformando le piazze di Lugano in un museo a cielo aperto di opere d’arte su ruote. La prestigiosa giuria, composta da personalità del mondo dell’automobile classica e presieduta da Christian Kramer, ha designato vincitrice una splendida Isotta Fraschini Roadster del 1927 appartenuta a Rodolfo Valentino. Con il suo esterno mozzafiato, interni lussuosi e un potente motore, questo modello testimonia la grande epoca dell’automobile, all’inizio del XX secolo, suggellata dal perfetto connubio fra maestria artigianale e design pionieristico. Il trionfo dell’Isotta Fraschini al Lugano Elegance sottolinea il fascino duraturo delle automobili classiche e la passione dei collezionisti dedicati alla conservazione della storia automobilistica. Questa vittoria mette in evidenza anche il significativo valore culturale e artistico delle auto d’epoca, che trascendono il semplice trasporto per diventare simboli di eredità e maestria. A Claudio Mosconi, che fin dalle origini è stato l’ideatore e il promotore della manifestazione e che anno dopo anno ha contribuito alla crescita e all’affermazione di Lugano Elegance,

abbiamo chiesto quali sono le ragioni di questo successo e quali novità si possono anticipare per il futuro. «Il successo viene sempre dalla qualità. Qualità della struttura, della giuria, dei partecipanti e degli sponsor che vorrei ringraziare. È un lavoro di grande impegno, di contatti da stabilire nel mondo. Un collezionista di qualsiasi oggetto è disposto a mostrarlo se il contenitore e il contesto sono di qualità. È più facile che un grosso collezionista di fama mondiale presti le sue opere al Louvre che non alla piccola galleria. Ecco, noi stiamo cercando di percorrere questa strada: già oggi siamo considerati tra i 50 più importanti eventi mondiali. Quest’anno avevamo vetture provenienti anche dagli Stati Uniti, oltre che da Germania, Belgio, Olanda, Svizzera, Inghilterra, Italia. Per il futuro miglioreremo ancora la qualità della giuria che per i concorsi d’eleganza è l’equivalente della fama del museo. La location aiuta: Lugano sta attirando molto, come sta contribuendo la nostra scelta di tenere l’esposizione in un contesto cittadino con l’ingresso libero, anche se questo comporta per noi costi superiori e mancanza di introiti dovuti all’assenza di biglietti di ingresso che per concorsi analoghi spesso superano i 500 franchi. Per il futuro posso dire che abbiamo già iscrizioni per l’anno prossimo sia dagli Stati Uniti che dall’Europa. Saremo gemellati con il più importante concorso indiano, il 21 Gun Salute di New Delhi e per questo speriamo di avere anche partecipanti indiani». I fondi raccolti sono stati destinati all’associazione MgR, Malattie Genetiche Rare della Svizzera Italiana, associazione che accompagna i malati e i loro familiari.

UN EVENTO D’ECCEZIONE

A METÀ LUGLIO, NELLA SPLENDIDA CORNICE DEL RENAISSANCE GOLF CLUB DI NORTH BERWICK IN SCOZIA, SI È SVOLTA LA TERZA EDIZIONE DEL GENESIS SCOTTISH OPEN CON GENESIS COME SPONSOR PRINCIPALE.

Questo marchio automobilistico coreano dimostra ancora una volta il suo forte impegno nel mondo del golf, sostenendo uno dei tornei più importanti che fa parte dalla prestigiosa Rolex Series ed è co-sponsorizzato dal DP World Tour e dal PGA Tour.

La quarta e ultima giornata del torneo di metà luglio è stata caratterizzata da un tempo definibile come tipicamente scozzese: temperature di poco superiori ai 10°, vento fred-

do dal mare e anche un po’ di pioggia. Ciò non ha impedito agli atleti presenti di entusiasmare il pubblico con i loro colpi migliori su un campo in ottime condizioni, con green ondulati e molto veloci.

Per la grande gioia dei numerosi tifosi presenti, il torneo è stato vinto dallo scozzese Robert MacIntyre che ha conquistato la vittoria con un putt finale di quasi 7 metri per il birdie alla diciottesima buca, con un risultato di 18 sotto il par, a un solo colpo dal secondo classificato, l’australiano Adam Scott, e a due colpi dal francese Romain Langasque al terzo posto. MacIntyre ha recuperato alla grande sulle ultime nove buche, infilando un putt lungo alla 14 e giocando un eagle alla 16 per finire poi alla 18 con il birdie davanti al pubblico entusiasta che lo ha applaudito a lungo. Si è così aggiudicato il suo primo titolo della Rolex Series, conquistando il premio di 1,58 milioni di dollari e una Genesis Electrified GV70. Egli è il secondo scozzese a vincere il torneo casalingo dopo Colin Montgomerie nel 1999.

Con la sua vittoria, MacIntyre si è aggiudicato anche il Jock MacVicar Association of Golf Writers Memorial Award, che viene assegnato al miglior giocatore scozzese, davanti a Connor Syme che ha chiuso al 15° posto con 12 sotto il par e a Grant Forrest, arrivato 39° con uno score di 8 sotto il par. Naturalmente, vincendo questo torneo, MacIntyre conquista anche posizioni nel ranking mondiale, ritrovandosi inoltre nelle prime posizioni della Race to Dubai. Al termine del torneo, Robert MacIntyre si è presentato agli ospiti della Genesis Lounge con il trofeo appena conquistato e ha raccontato gli emozionanti momenti che ha vissuto giocando le ultime buche. Ha ricordato che nel 2023 il Nordirlandese Rory McIlroy gli aveva strappato la vittoria per un solo colpo e il suo grande sogno di conquistare il titolo in casa era rimasto nel cassetto. Quindi quest’anno, prima di partire per il giro finale, MacIntyre si era detto: «Head down and work hard», ossia giù la testa e metticela tutta, aggiungendo che «c’era una sola cosa

che potevo fare ed era lottare fino alla fine, dando il 110% per riuscire». Il fatto di poter contare sul pubblico di casa gli ha dato ulteriore slancio, «sentivo che il 95% degli spettatori erano lì per me e mi sostenevano». Sul Genesis Scottish Open MacIntyre ha espresso grande apprezzamento, affermando: «è veramente bello vedere che questo torneo continua a crescere, è una grande soddisfazione

della sesta buca è stato piazzato un divanetto per due persone per assistere ancora più da vicino al colpo eseguito dai professionisti. L’esperienza è stata arricchita dalla possibilità di vincere un viaggio VIP per due persone al Genesis Championship in Corea, qualora un giocatore realizzasse in quel momento un “hole in one”. Ulteriori programmi speciali, come “The Academy”, “The Arcade” e una cabina di installazione cinetica interattiva per i fan per “Electrify Your Drive” hanno messo in luce la filosofia del marchio Genesis sull’ospitalità che pone i clienti al centro di ogni punto di contatto. Infatti, in occasione di questo torneo, una flotta di 163 vetture Genesis ha assicurato un’assistenza premurosa nei confronti di giocatori e partner del torneo, garantendo i trasferimenti da e per gli alberghi.

“Con la sua vittoria, MacIntyre si è aggiudicato anche il Jock MacVicar

Association of Golf Writers Memorial Award, che viene assegnato al miglior giocatore scozzese, davanti a Connor Syme che ha chiuso al 15° posto con 12 sotto il par e a Grant Forrest, arrivato 39° con uno score di 8 sotto il par”.

per me e per la Scozia assistere alla sua costante evoluzione negli ultimi anni. Spero che possa continuare a ispirare i giovani e mi auguro che altri bravi giocatori scozzesi possano avere l’opportunità di partecipare a questo prestigioso evento». Gli spettatori presenti al torneo non hanno solo vissuto emozionanti momenti di grande golf seguendo sul percorso i loro atleti preferiti, ma –grazie a Genesis – hanno avuto la possibilità di vivere la “6th Hole Stadium Experience”. Alla partenza

ARRIVA IL PRIMO Super SUV plug-in Hybrid

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Con quali principali caratteristi si presenta Urus SE?

«Grazie a un nuovo design, aerodinamica ottimizzata, inedita tecnologia di bordo e a un powertrain ibrido da 800 CV di potenza, la versione PHEV (Plug-in Hybrid Electric Vehicle) migliora i già eccellenti risultati di Urus S in termini di confort, prestazioni, efficienza, emissioni e piacere di guida. I suoi due motori, termico ed elettrico, consentono valori di coppia e potenza più elevati di sempre, rappresentando un unicum nella categoria, a cui corrisponde una riduzione delle emissioni pari all’80%. Con Urus abbiamo cambiato i paradigmi nel mondo SUV, inaugurando un nuovo segmento. In pochi anni Urus è diventata la bestseller del marchio, consentendo a Lamborghini di attrarre nuovi clienti e rafforzarsi nei mercati più importanti. Con

Roland Oberlehner
e Stephan Winkelmann

Urus SE compiamo un ulteriore passo verso il futuro, coerentemente alla nostra strategia Direzione Cor Tauri».

A questo proposito, quali obiettivi si propone di raggiungere questa strategia?

«Abbiamo deciso di accelerare il nostro percorso verso la decarbonizzazione, e a tale obiettivo abbiamo destinato l’investimento più grande nella storia dell’azienda. La strategia Direzione Cor Tauri, prevede l’elettrificazione della gamma e la decarbonizzazione del sito produttivo, ampliando il nostro impegno nella riduzione delle emissioni all’intera catena del valore. L’impegno si estende, dunque, a tutta la filiera, dalla produzione, alla supply chain e logistica, fino alla product use phase, coprendo l’intero ciclo vita del prodotto e coinvolgendo l’intera azienda in un impegno collettivo».

Da un punto di vista prettamente tecnico quali sono le più importanti novità delle Urus SE che meritano di essere segnalate?

«Il motore 4.0 V8 biturbo è stato re-ingegnerizzato per lavorare in sinergia ottimale con il propulsore elettrico e alla batteria agli ioni di litio da 25,9 kWh, collocata al di sotto del piano di carico e sopra il differenziale posteriore a controllo elettronico. Il motore elettrico sincrono a magneti permanenti, a monte del nuovo cambio automatico a 8 rapporti, può fungere da boost per il motore termico V8 ma anche da elemento di trazione, che rende Urus SE un veicolo 100% elettrico 4WD in grado di percorrere oltre 60 km in modalità EV. Entrambi i sistemi sono stati progettati e calibrati per adattarsi al me -

glio ad ogni condizione di aderenza e stile di guida, offrendo la massima trazione e agilità sia tra i cordoli di un circuito sia sulle dune di un deserto, sul ghiaccio o sullo sterrato. Debutta poi sulla Urus SE il nuovo ripartitore di coppia centrale a controllo elettronico continuo con frizione a lamelle a regolazione elettroidraulica: posto centralmente, distribuisce la coppia motrice in modo variabile e continuo tra l’asse anteriore e quello posteriore. Il ripartitore lavora in sinergia con il nuovo differenziale autobloccante a controllo elettronico installato sul retrotreno, rendendo la vettura sovrasterzante “on demand” per restituire un feeling da supersportiva di razza. Il sistema sviluppa una potenza complessiva di 800 cv (588 kW) di propulsione a 6000 giri/minuto e una coppia totale di 950 Nm già disponibile a 1750 giri/min fino a 5750 giri/min, garantendo prestazioni best in class sotto ogni punto di vista. Urus SE scatta da 0 a 100 km/h in soli 3,4 secondi (Urus S: 3,5) e da 0-200 km/h in appena 11,2 secondi (Urus S: 12,5), raggiungendo una velocità massima di 312 km/h (Urus S: 305 km/h)».

E per quanto riguarda design e aerodinamica?

«Il design esalta la dinamica delle forme, sottolineandone il carattere sportivo della vettura e la sua muscolarità. La sezione frontale presenta un nuovo cofano anteriore dal design flottante: l’assenza della linea di taglio crea un senso di continuità stili-

stica e amplifica lo stile atletico di Urus SE, richiamando nuovi canoni stilistici introdotti da Revuelto. Nuovi anche il paraurti, la griglia frontale e i gruppi ottici, dotati di tecnologia Matrix LED. Il design degli interni riprende la nostra filosofia ‘feel like a pilot’, incrementando l’interazione tra il pilota e il sistema digitale».

Una cura particolare è stata posta nella definizione degli interni… «L’abitacolo è stato progettato per evidenziare il tipico desig Lamborghini e presenta soluzioni inedite in tutta la sezione frontale della plancia, enfatizzando una percezione di leggerezza. Al centro è stato installato uno schermo di maggiori dimensioni, 12,3 pollici, che presenta una nuova Human Machine Interface (HMI), ancora più intuitiva nell’utilizzo e aggiornata nella veste grafica, ispirata a quella della Revuelto».

Un altro punto di forza è rappresentato dalle diverse opportunità di personalizzazione… «Urus SE offre una gamma di personalizzazioni ineguagliabile nella categoria. Si rinnova la gamma di cerchi in lega e quella delle colorazioni con oltre 100 opzioni per la carrozzeria. Al centro della consolle il selettore “Tamburo” consente di selezionare le diverse modalità di guida: grazie all’introduzione del powertrain ibrido alle sei modalità di guida Urus vengono abbinate a quattro nuove Electric Performance Strategies (EPS) per un totale di undici combinazioni. Urus SE è uno step evolutivo fondamentale non solo in fatto di sostenibilità, ma anche di performance e sportività, grazie all’adozione di soluzioni tecniche».

Qual è il vostro target di riferimento e quale livello di gradimento riscuote Lamborghini presso un pubblico femminile? «I nostri principali estimatori restano gli uomini, che in molti casi dispongono già di altri modelli di auto di lusso e sportive e dunque potrebbero essere definiti dei “collezionisti”. Devo tuttavia rilevare un sem -

pre maggiore interesse anche da parte delle donne nei confronti delle Lamborghini. E, soprattutto, mi piace sottolineare il fatto che è molto cresciuta la presenza di collaboratrici donne all’interno dell’aziende, con una forte presenza di ingegneri, progettiste, addette al marketing e alle relazioni con la clientela».

Che progetti ha Lamborghini nei confronti delle competizioni sportive?

«Già oggi è attivo in azienda il dipartimento Squadra Corse dedicato al motorsport. È stato sviluppato con l’obiettivo di dare il massimo supporto ai clienti sportivi di Automobili Lamborghini. Squadra Corse progetta e realizza internamente le vetture che competono nei più prestigiosi campionati GT di tutto il mondo. Inoltre, Squadra Corse organizza il Lamborghini Super Trofeo, il più veloce campionato monomarca al mondo».

Come punto di riferimento della sua famiglia, vuole proteggere la sua eredità per le generazioni future. Con le nostre soluzioni globali di investimento e pianificazione patrimoniale, la supportiamo nell’allineare i suoi valori al suo patrimonio.

BNP Paribas è presente in Svizzera da più di 150 anni ed è stata premiata Euromoney 2024 Best International Private Bank Switzerland.

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È IL PREZZO A VENDERE LA CASA !

QUESTA AFFERMAZIONE

TROVERÀ L’INTERESSE DI MOLTI, ANCHE PERCHÉ NON TUTTI

SI FIDANO DELLE AGENZIE

IMMOBILIARI (FORSE A RAGIONE…

AGGIUNGO IO) E QUINDI

PREFERISCONO VENDERE

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INDIPENDENTE. MA COME SI FA A STABILIRE IL GIUSTO PREZZO?

DI UELI SCHNORF

COMPROPRIETARIO

DI WETAG CONSULTING

«A01

Ueli Schnorf alla ricerca del giusto valore

02

Valore storico immenso – e il prezzo?

03

«La nostra posizione è unica»

lain Pinel, il leggendario guru californiano nel settore immobiliare, ha risposto così: “C’è una regola generale nel settore immobiliare che i professionisti più saggi continuano a ricordare a sé stessi quando devono mettere il prezzo a un nuovo oggetto sul mercato: se un immobile supera anche solo del 5% il valore di mercato percepito, il venditore perde la metà dei potenziali acquirenti, se il prezzo fissato supera del 10% quello commerciale, le probabilità di vendita si riducono del 70%. Questo è soprattutto visibile nel settore del lusso”.

La prima domanda che un venditore privato dovrebbe porsi è: voglio veramente vendere o solo vedere quale sia l’interesse della mia proprietà sul mercato? In quest’ultimo caso potete fissare un prezzo qualsiasi, nel primo caso potete invece mettete un prezzo capace di attirare il maggior numero di acquirenti in un tempo ragionevole, realizzando una vendita al miglior prezzo. Se invece chiedete un consiglio a un agente immobiliare dovete capire se questo vuole vendere la vostra casa o desidera soprattutto “comprare” il vostro incarico. È facile ottenere un mandato dicendo ai venditori che la loro casa vale molto di più rispetto a quanto raccomandato da altri agenti, ma ovviamente, tralasciando la questione etica, questo atteggiamento non porta a nessun risultato e non risponde alla nostra domanda: come si fa a stabilire il prezzo giusto?».

Valutazioni approssimative e inutilizzabili

«Oggi, lo sappiamo, ci sono moltissime società che promettono valutazioni gratuite delle proprietà in dieci secondi. Si tratta di aziende che raccolgono i vostri dati per poi rivenderli a grandi società e la stima offerta non ha nessun valore. Se vogliamo realmente calcolare il valore di una proprietà dobbiamo sapere che esistono tre strategie di prezzo: quello che si percepisce come “valore di mercato” sulla base di confronti pertinenti, quello leggermente o considerevolmente più basso usato per creare il massimo interesse (di moda nei tempi difficili) oppure quello alto, utilizzato da chi ha il tempo di aspettare».

Una visione difficilmente oggettiva

«La nostra esperienza dimostra che più della metà dei proprietari di casa sopravvaluta notevolmente il valore del proprio immobile e le ragioni sono molteplici. L’affermazione “io stesso l’ho pagato così tanto” non significa che l’immobile valga quella cifra sul mercato. Quando sentiamo “il vicino l’ha venduta a x franchi di recente” può essere un’affermazione vera, ma spesso non lo è. “La mia posizione è la più bella e oggi non si trova nulla del genere” oppure “la mia vista non ce l’ha nessun’altro”, può essere vero agli occhi del proprietario, ma può anche non corrispondere alla realtà.

Un’altra frase che spesso sentiamo è “gli immobili simili hanno tutti questo prezzo”, ma se mettiamo a confronto queste proprietà ci accorgiamo che sono ben diverse».

Il valore reale non corrisponde quasi mai al valore commerciale «Gli appartamenti, soprattutto quelli di nuova costruzione, sono facili

da confrontare in termine di prezzo, mentre è spesso difficile confrontare i prezzi delle case unifamiliari o degli immobili di lusso. Le banche o gli architetti vi daranno il loan to value o i valori reali, ma spesso questi hanno poco a che fare con quelli del mercato immobiliare. In questa indecisione generale i proprietari, per avere un margine di trattativa, aggiungono un 10% al prezzo di vendita. Questo ragionamento non funziona quasi mai. Un prezzo troppo alto scoraggia i potenziali acquirenti, almeno fino al momento in cui il prezzo non è obbligatoriamente ridotto in modo massiccio. Una riduzione del prezzo, indipendentemente dall’entità e dal momento, è un momento carico di emozioni. Tanto che quando finalmente arriva il momento, spesso è troppo poco e troppo tardi. In ogni caso una riduzione serve sempre per ridar slancio a un oggetto e, come detto, i tempi e l’entità della riduzione sono decisivi per il successo della vendita».

Il mercato detta legge

«La tempistica di un’eventuale riduzione di prezzo deve tenere conto dello stato attuale del segmento di mercato in cui si offre l’immobile. In un mercato molto caldo questo può avvenire anche dopo poche settimane; in un mercato molto lento,

può avvenire solo dopo sei mesi o un anno. Bisogna anche considerare l’entità: una riduzione del prezzo deve essere abbastanza significativa da far ripartire il motore del marketing. In più, è importante considerare quante nuove proprietà sono arrivate sul mercato, nel frattempo, perché si tratta di oggetti freschi, mentre gli immobili con riduzioni di prezzo spesso danno l’impressione di “finalmente qualcosa si muove qui, aspettiamo e vediamo”. Per questa ragione una riduzione di prezzo deve essere concorrenziale alle nuove proprietà in vendita».

Conclusione

«La definizione del prezzo giusto, decisivo per il successo delle vendite, è quindi una questione di esperienza che deve essere fatta nel modo più consapevole e, per quanto possibile, non emotivo. L’esperienza dimostra che più il prezzo di listino iniziale è conservativo e ragionevole, migliore sarà il risultato finale. Ricordate che nella maggior parte dei casi è l’acquirente a stabilire il prezzo di mercato, non il venditore. Più potenziali acquirenti ci sono, meglio sarete in grado di valutare correttamente il loro comportamento. Il consiglio rimane sempre quello di rivolgersi a professionisti del settore».

LE RIFLESSIONI DI GIOVANNI

MASTRODDI SULL’ANDAMENTO

DEL MERCATO IMMOBILIARE TICINESE, CON UNA ATTENZIONE PARTICOLARE AL SEGMENTO

DEL LUSSO, OGGETTO DI COSTANTI ATTENZIONI DA PARTE DI UNA CLIENTELA DOMESTICA E INTERNAZIONALE.

Un segmento importante del mercato immobiliare ticinese è rappresentato dalle abitazioni di lusso. Con quali principali caratteristiche si presenta attualmente?

«Il segmento immobiliare di lusso a Lugano è evoluto nel tempo ed oggi si distingue per diverse caratteristiche fondamentali, quali location privilegiata, architettura, design e servizi esclusivi oltre che per la sostenibilità. Le proprietà di lusso sono spesso situate in posizioni strategiche che garantiscono privacy, tranquillità e accesso a servizi esclusivi. Si caratterizzano inoltre per un’architettura moderna, sofisticata e con un design che integra elementi naturali e tecnologie all’avanguardia. Naturalmente sono per lo più inclusi servizi su misura come piscine, spa, palestra e giardini paesaggistici e sistemi di domotica avanzata. Anche la sicu-

IL VERO LUSSO abbraccia il benessere globale della persona

rezza è una priorità, con sistemi di sorveglianza di ultima generazione e accesso controllato, cosi come la crescente attenzione alla sostenibilità e all’efficienza energetica, essendo dotati di impianti e tecnologie per la riduzione dei consumi energetici».

Come è andato evolvendo nel corso degli anni il concetto di lusso, in riferimento alla richiesta di ville, attici e residenze di pregio? «Oggi, il lusso non è più soltanto sinonimo di opulenza o dimensioni imponenti, ma si concentra sempre più sulla personalizzazione e sull’unicità delle proprietà. Gli acquirenti cercano residenze che rispecchino il loro stile di vita e che possano essere personalizzate in base alle loro esigenze specifiche. La domotica e le tecnologie intelligenti sono diventate un aspetto fondamentale del lusso moderno. Le case di lusso sono sempre più spesso dotate di spazi verdi, tecnologie eco-compatibili e aree dedicate al relax e alla salute. Non si tratta solo di possedere una casa di prestigio, ma di vivere in un ambiente che offra un’esperienza completa di comfort, bellezza e qualità della vita per tutta la famiglia».

Quali sono, a livello internazionale, i più interessati acquirenti di oggetti immobiliari di lusso? «Lugano ha sempre attratto una clientela da tutto il mondo ed oggi può giocarsi le sue carte per attrarre i clienti privati e facoltosi in uscita da Londra. L’abolizione nel Regno Unito del regime “Resident Non Domiciled”, che diventerà operativo ad aprile 2025, rappresenta una grande occasione per Lugano per offrire un insieme di servizi importanti agli oltre 45.000 clienti privati che vivono nel Regno Unito con un patrimonio di oltre 2 milioni di sterline: sicurezza, alti servizi, paesaggi meravigliosi e sole, scuole di altro profilo ed una fiscalità adeguata ad un alto tenore e qualità di vita. Sono particolarmente lieto che la citta di Lugano abbia pensato di elaborare una strategia di marketing per sfruttare questo importante cambiamento, cercando di anticipare la concorrenza di altre nazioni. I nostri argomenti, veri e concreti potranno incrementare l’arrivo di questi nuovi contribuenti che possono essere un fattore di crescita economica molto importante per Lugano e il Cantone. In questo modo, anche il settore immobiliare ne ricaverebbe un positivo effetto, come stimolo per nuove edificazioni, ristrutturazioni di qualità all’inse-

gna del bello e soprattutto dell’efficiente, capace di soddisfare le qualificate esigente di questi interessanti clienti».

Un elemento entrato decisamente a far parte della dotazione irrinunciabile di una abitazione di lusso è la sua totale corrispondenza a criteri di sostenibilità. Che cosa significa concretamente essere una residenza “sostenibile”?

«La sostenibilità è diventata un criterio essenziale, influenzando non solo la scelta dei materiali e delle tecnologie impiegate, ma anche il modo in cui le abitazioni sono progettate e vissute. Una residenza “sostenibile” si distingue per Efficienza Energetica: è progettato per minimizzare il consumo energetico attraverso l’uso di impianti ad alta efficienza, come sistemi di riscaldamento e raffreddamento a basso consumo, pannelli solari, pompe di calore e finestre a isolamento termico. Queste abitazioni puntano a ottenere certificazioni energetiche di alto livello, come Minergie o CECE A, prevedono l’installazione di elettrodomestici a basso consumo idrico e sono spesso integrate nel paesaggio in modo armonioso, rispettando l’ambiente circostante. La sostenibilità riguarda anche il benessere delle persone che vivono nella casa. L’uso

di materiali naturali e l’attenzione alla qualità dell’aria interna, combinati con spazi progettati per il comfort e la salute, contribuiscono a creare un ambiente abitativo sano e piacevole».

In base alla sua pluriennale conoscenza del mercato immobiliare ticinese quale ritiene possa esse l’evoluzione futura del segmento del lusso riferito alle forme e ai modi dell’abitare?

«Il futuro del lusso e dell’efficienza sarà fortemente influenzato dalle innovazioni tecnologiche. Le case diventeranno sempre più “intelligenti”, con l’integrazione di sistemi di domotica avanzata che gestiranno ogni aspetto della vita domestica. La flessibilità degli spazi abitativi con la possibilità di riconfigurare gli spazi per creare uffici domestici o aree per il tempo libero, il design degli interni sarà sempre più orientato alla creazione di ambienti multifunzionali e personalizzati.

La sostenibilità in futuro diventerà uno standard irrinunciabile per tutte le nuove costruzioni, e saranno valorizzate anche per i benefici economici a lungo termine, come la riduzione dei costi energetici e l’aumento del valore dell’immobile nel tempo. Questi trend indicano un mercato in continua evoluzione, dove l’innovazione, la sostenibilità, la pace sociale e l’attenzione al benessere personale diventeranno sempre più centrali nell’offerta immobiliare di lusso In quest’ottica, un significativo esempio è rappresentato dalla prossima edificazione di una residenza di lusso a Montagnola-Gentilino.

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Render esterni nuova Residenza Golden Hill a Gentilino-Collina d’Oro: una nuova concezione architettonica ed ambientale

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Tra le vostre più recenti proposte d’affitto spicca il complesso residenziale Parco San Michele. Di che cosa si tratta?

«Nel cuore del Malcantone, a due passi dal lago e dalla stazione ferroviaria che porta a Lugano, proponiamo in locazione un interessante complesso residenziale di nuova costruzione. Si tratta di 20 unità abitative di diverso taglio e metratura (2,5, 3,5 e 4,5 locali) realizzate in base al concept di case contigue. Ogni casa si sviluppa su due livelli ed è caratterizzata da finiture eleganti, doppi servizi, colonna lavasciuga, terrazzo coperto, portico e grande giardino privato in spazio comune».

La dotazione di servizi

è un punto di forza di questo complesso residenziale…

«Senza dubbio. Una caratteristica innovativa di Parco San Michele è la presenza della clubhouse, un elemento di convivialità e condivisione, dotato di alcune comodità a portata di mano, come la cucina ed altre attrezzature funzionali per organizzare una cena tra amici o vivere un’occasione speciale. La piscina

esterna completa il concetto di community e contribuisce a rendere davvero uniche sia l’atmosfera che questa esperienza di abitare. Completano la proprietà cantina e posto auto in autorimessa. La locazione viene proposta solo come residenza primaria, non secondaria».

Questa promozione sposa perfettamente la vostra filosofia di soddisfazione delle esigenze del cliente… «Infatti. Questo complesso vuole andare incontro alle esigenze di un pubblico di fascia media desideroso di avere un’abitazione nuova e moderna, con materiali e finiture di qualità, affacciata sul lago e in posizione soleggiata, circondata da ampi spazi verdi, comodamente collegata al centro cittadini grazie ad una mobilità dolce. Una soluzione abitativa molto interessante, che tiene conto della qualità delle rifiniture e degli accorgimenti estetici adottati, ma anche e soprattutto dei bisogni specifici di ogni cliente».

vantaggiose. Grazie alle due sedi di Lugano e Locarno, riusciamo a coprire in modo capillare tutto il territorio ticinese. Negli anni abbiamo avvertito la necessità di diversificarci e specializzarci sempre più per abbracciare le richieste di una clientela ogni giorno più eterogenea».

ni contabili e supporto legale, ma non solo. Infine, SIT Family Office offre servizi personalizzati per aziende, imprenditori, liberi professionisti, famiglie ed expats che cercano un partner affidabile e competente nella gestione delle proprie pratiche quotidiane».

Possiamo brevemente riassumere quali sono state le principali tappe del vostro successo? «Il Gruppo SIT nasce come immobiliare e si occupa da sempre di compravendita e locazione immobili, i servizi di consulenza offerti hanno l’ambizioso obiettivo di chiudere ogni trattativa in tempi brevi, assicurando al cliente il corretto valore immobiliare alle condizioni più

Un elemento che vi caratterizza è sicuramente rappresentato dal fatto di avere al vostro interno tutti i servizi richiesti dalla clientela… «Siamo un Gruppo con unità differenziate e al tempo stesso fortemente integrate. SIT Immobiliare è la capofila e si rivolge sia al mercato privato che ai professionisti: banche, intermediari finanziari e fondi immobiliari che vogliono gestire in modo completo il patrimonio della propria clientela, ma anche imprese edili che cercano visibilità per proporre i propri immobili. SIT Design si occupa di sviluppare progetti e servizi nel campo dell’interior design, dalla fase di sviluppo e realizzazione a quella di assistenza, assicurando tutti i processi di progettazione, produzione e messa in opera di sistemi integrati per l’arredo. A SIT Amministrazione è affidata l’amministrazione di stabili, appartamenti a reddito, proprietà per piani e case vacanze, gestendo qualsiasi pratica legata alla proprietà, tra cui questio -

SIT IMMOBILIARE

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SOURCE – A++ PROGETTI ESEGUITI

A REGOLA D’ARTE

UNA SOCIETÀ SPECIALIZZATA NELLA GESTIONE DELL’INTERO PROCESSO DI ESECUZIONE DI UN PROGETTO CONSENTE AL GRUPPO A++ DI AFFERMARE L’ELEVATA COMPETENZA DEI SUOI ARCHITETTI E INGEGNERI E LA RICONOSCIUTA CAPACITA NELLA REALIZZAZIONE IN TUTTO IL MONDO DI OPERE EDILIZIE DI GRANDE QUALITÀ PROGETTUALE E COSTRUTTIVA.

Qual è il rapporto che lega Source al Gruppo A++ e quali sono gli obiettivi strategici che si propone di perseguire?

«Il rapporto tra Source ed il Gruppo A++ è costituito da un filo diretto, in quanto Source è la società che realizza i progetti e le idee generate dal Gruppo A++. Nasce dall’esigenza di garantire ai nostri clienti la realizzazione perfetta, in termini di qualità, tempi e costi, dei progetti di architettura che abbiamo creato con loro e per loro. Le tradizionali imprese di costruzioni presenti sul mercato, diversamente dall’Architetto, non hanno a cuore il progetto, sono impegnati a tenere sotto controllo altri parametri. Source, quale estensione dello Studio di Architettura, iniziò a costruire i primi progetti in Svizzera progettati da A++,

oggi dopo 7 anni di vita è una PCMC (Project and Construction Management Company) composta da una cinquantina di Ingegneri ed Architetti e può vantare la realizzazione di svariati progetti per un valore di costruzione di centinaia di milioni di franchi. A livello strategico il futuro di Source sarà orientato nel consolidamento della struttura del team svizzero con l’espansione della struttura nella Svizzera tedesca e quella francese».

Quali sono i Paesi in cui è principalmente presente e quali i più importanti lavori portati a termine?

«Come Gruppo A++, e quindi Source, siamo presenti oltre che in Svizzera in Italia, USA e UAE dove abbiamo come A++ incarichi di progettazione e come Source l’obiettivo diportare a termine la rela -

tiva costruzione. La sfida di costruire progetti complessi e di alto standing, in Paesi così diversi tra loro, sta nel comprendere rapidamente le locali tecniche e le logiche di costruzione, farle proprie e governarle al fine di poter creare la perfetta combinazione tra imprese locali ed europee necessaria per una perfetta riuscita del progetto. Esempi di progettazione e costruzione ne abbiamo sparsi in tutto il mondo, dal Kazakistan a Londra, da Panama alla Cina; abbiamo costruito ville di lusso o palazzi residenziali o addirittura torri dove abbiamo messo in luce una capacità di agire trasversalmente da parte di Architetti e Ingegneri con piena soddisfazione da parte nostra e del cliente restando all’interno dei nostri 3 importanti requisiti: qualità, tempi e budget».

Uno dei punti di forza del Gruppo A++ è senza dubbio costituito dalla ricerca della sostenibilità. Che cosa significa concretamente questo concetto nel lavoro portato avanti da Source? «I nostri protocolli di progettazione seguono ormai da dodici anni le linee guide Minergie e Leed

01 – 05

Palazzine ad Andermatt 06

Villa a Dubai 07

Cantiere a Stabio Via Giulia

08 / 09

Villa a Zurigo

perciò, seppur non banale, l’efficienza energetica è un aspetto che diamo per assunto nella progettazione e nella realizzazione dei nostri progetti. Concretamente cerchiamo di portare la sostenibilità ad un livello superiore concentrandoci su concetti quali l’utilizzo di materiali sostenibili, che abbiano un ciclo di vita sostenibile e non comportino un’eccessiva emissione di CO2 per la loro produzione/trasporto, e lo studio delle caratteristiche del luogo per sfruttare i punti di forza (geotermico, solare,

eolico), oppure per proteggerci dai punti di debolezza (eccessivo o limitato irraggiamento solare, eccessiva esposizione ai venti ed agli agenti atmosferici in genere, ecc). Il gruppo ha all’interno del proprio management un ESG manager che sorveglia tutte le nostre attività portando quotidianamente nuove idee e soluzioni per rendere ogni nostra costruzione in linea con le aspettative ambientali del nostro pianeta».

Quali sono le specifiche competenze di Source che hanno consentito di acquisire in un tempo relativamente breve un così grande prestigio internazionale?

«Passione, impegno e dedizione da parte di uno staff di giovani Ingegneri ed Architetti a cui viene data la responsabilità di gestire progetti complessi all’interno di un ambiente dove i valori umani ed il rispetto reciproco sono sempre al primo posto».

La forza della gratitudine nelle relazioni filantropiche

«LA PROSSIMA VOLTA CHE SENTITE CHE QUALCUNO STA AFFRONTANDO

UN QUALCHE PROBLEMA E PENSATE CHE NON VI RIGUARDI, RICORDATE

CHE QUANDO UNO DI NOI VIENE COLPITO, SIAMO TUTTI A RISCHIO.

SIAMO TUTTI COINVOLTI IN QUESTO VIAGGIO CHIAMATO VITA. PRENDERSI

CURA GLI UNI DEGLI ALTRI È UN MODO PER INCORAGGIARCI E SOSTENERCI A VICENDA. QUANDO SENTI SUONARE LA CAMPANA NON CHIEDERTI

PER CHI SUONA. SUONA ANCHE PER TE».

ERNEST HEMINGWAY

«La vita è fondata su complesse reti di relazioni che collegano gli individui che fanno parte di una comunità, ed esiste un legame tra la terra e il corpo, la cui condizione di benessere o malattia incide sulla qualità della vita quotidiana. Quelle che supportano la nostra vita di tutti giorni sono spesso piccole azioni apparentemente banali. La gratitudine rappresenta la lieta consapevolezza di questa realtà, e la chiave di accesso a una prospettiva di vita più ampia e appagante. È un potente strumento che ci aiuta a riorientare la nostra attenzione verso il positivo, coltivando un atteggiamento ottimista».

Qual è il legame tra la riconoscenza e la filantropia?

Dr. Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti superiori in Svizzera e Italia e co-autrice fra gli altri di La relazione generosa. Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati (www.elisabortoluzzi.com).

«Gratitudine e filantropia afferiscono entrambe alla sfera della generosità: la prima esprime la valorizzazione del donatore e l’apertura mentale del beneficato, che non teme di riconoscere pubblicamente il gesto del donatore; la seconda consiste nell’azione concreta di sostenere gli altri attraverso il sup -

porto economico o con iniziative benefiche. La gratitudine è il valore fondante della relazione generosa fra filantropo e beneficiario».

Ci sono effetti psicologici positivi che derivano dal provare ed esprimere riconoscenza?

«È ampiamente dimostrato che provare un sentimento di riconoscenza migliora il benessere mentale, la felicità, e che la gratitudine, se coltivata, può ridurre stress e ansia, incrementare il senso di appartenenza e contribuire a relazioni interpersonali più salutari. Dice Warren Buffett, imprenditore filantropo: “La gratitudine è l’anima della felicità. Quando si è grati per ciò che si ha, si è più capaci di apprezzare le piccole cose della vita e di essere felici, nonostante le sfide che si presentano”».

Si può dire che la gratitudine migliori le relazioni tra donatori e organizzazioni?

«Certamente. Innanzitutto è il clima della collaborazione che cambia: si crea una comunicazione aperta e trasparente, un’atmosfera benevolente che favorisce lo scambio, faci -

litando la crescita e lo sviluppo di rapporti duraturi e significativi. Tutto questo può motivare chi dona a non mettere a disposizione solo risorse materiali, ma anche le proprie reti sociali, e a sostenere l’organizzazione non profit sul lungo periodo. L’esprimere pubblicamente riconoscenza ha poi un impatto sulla reputazione tanto del donatore che dell’organizzazione non profit, poiché dimostra un impegno verso la trasparenza e la cura dei propri sostenitori. Oprah Winfrey, celebre moderatrice televisiva, imprenditrice, filantropa, ha tenuto un diario della gratitudine per molti anni. Attraverso la sua fondazione ha donato cifre significative a organizzazioni che sostengono l’istruzione e l’autonomia di donne e bambini, e a quelle locali che si dedicano all’aiuto dei più vulnerabili nelle loro comunità. Oprah, testimoniando pubblicamente e per anni la sua convinzione che la gratitudine possa produrre azioni significative e altruistiche, ha ispirato migliaia di persone a fare altrettanto» (https://www. oprahfoundation.org/).

Quali sono i modi in cui i beneficati possono dimostrare riconoscenza nei confronti dei loro filantropi?

«I filantropi vogliono sentirsi riconosciuti come persone e non solo in virtù delle loro possibilità finanziarie. Il coltivare una consapevolezza costante di questo aspetto porta anche a riflettere in quale modo sia più opportuno dimostrare riconoscenza. Occorre tenere conto della forma mentis e sensibilità personale di ciascuno. Werner Reinhart, grande mecenate della musica di Winterthur, raccomandava il massimo riserbo ai musicisti che sosteneva; al contrario di Paul Sacher, mecenate basilese coe -

“Riconoscere e apprezzare il sostegno del filantropo può ispirare il beneficato a praticare a sua volta azioni benefiche e incoraggiare comportamenti virtuosi in vari modi: motivazione e incoraggiamento; l’apprezzamento per il sostegno ricevuto può spingere a titolo di esempio un artista affermato a sostenere i giovani”.

vo, che manifestava il desiderio opposto, apprezzando anche il pubblico riconoscimento. Due caratteri diversi, due diverse aspettative, ma lo stesso piacere di sentire nella relazione la meraviglia dell’essere apprezzati. Al di là dei gesti materiali, è dunque l’attitudine spirituale del beneficato quella che conta. Impegnarsi nel ringraziare un filantropo non è qualcosa che si esaurisce dopo aver ricevuto una donazione, ma un atteggiamento interiore che accompagna la relazione per tutta la sua durata. Spesso, purtroppo, le istituzioni per le quali un donatore si è speso per anni hanno la memoria breve, ne ignorano perfino la scomparsa, non lo ricordano alla comunità, non confortano la famiglia, dimenticando totalmente il contributo che ha dato, qualche volta adducendo il motivo di un suo prematuro ritiro dalla vita pubblica».

In che modo la riconoscenza può contribuire alla creazione di un senso di comunità fra filantropi? «Vivere con un senso di gratitudine e riconoscenza il privilegio della ricchezza può favorire la creazione di un senso di appartenenza e identità condivisa tra filantropi, portando a uno scopo condiviso. Da qui la nascita di nuove forme di filantropia come quella della Trust-Based Philanthropy, o filantropia della fiducia, un modello che si fonda appunto sul-

la fiducia nell’abilità dei beneficiari e delle loro comunità di appartenenza di identificare i propri bisogni e dar loro soluzioni ottimali senza intervento esterno. L’approccio è quello di un sostegno pluriennale alle istituzioni e non solo ai progetti, per permettere loro di poter adattare ed espandere programmi e portata. Da qui anche la nascita del modello della filantropia collettiva, uno strumento potente che si attiva quando gruppi di filantropi fanno rete, aggregano risorse e agiscono insieme per massimizzare l’impatto positivo sulla comunità o sulle cause affrontate. Significativa a questo riguardo è l’esperienza di UBS, che ha avviato “UBS Collectives”, gruppi di clienti che uniscono le loro risorse, concentrandosi su temi come la protezione dell’infanzia, il cambiamento climatico e questioni legate alla salute e all’istruzione» (https://www. ubs.com/global/en/our-firm/annual-review2021/empower/articles/ the-power-of-philanthropic-partnerships.html).

In che modo riconoscere e valorizzare il sostegno del filantropo può creare una dinamica positiva e trasformare il beneficiario consapevole in un futuro donatore? «Riconoscere e apprezzare il sostegno del filantropo può ispirare il beneficato a praticare a sua volta azioni benefiche e incoraggiare comportamenti virtuosi in vari modi: motivazione e incoraggiamento; l’apprezzamento per il sostegno ricevuto può spingere a titolo di esempio un artista affermato a sostenere i giovani. Anne-Sophie Mutter, celebre violinista, pupilla di Paul Sacher che la sostenne per anni, ha istituito una propria fondazione con l’obiettivo di fornire sup -

porto globale a violinisti, violisti, violoncellisti e contrabbassisti emergenti. La fondazione offre un supporto personalizzato ai borsisti in base alle loro esigenze specifiche. Questo può includere lezioni con lei, assistenza nella scelta di un insegnante adeguato, fornitura di strumenti musicali, contatti con solisti famosi e partecipazione alle loro masterclass, e audizioni con direttori d’orchestra (https://www.anne-sophie-mutter.de/seite/anne-sophie-mutter-stiftung/).

Gratitudine e reciprocità: Essere grati per il supporto ricevuto può spingere un’artista a ricambiare con gesti altruistici e di solidarietà. Un esempio virtuoso è quello di Angelika Kauffmann, pittrice austriaca del XVIII secolo, sostenuta da mecenati e collezionisti come il conte Josef Johann von Fries. In seguito, la stessa Kauffmann diventò filantropa (https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/022037/2021-12-13/).

Senso di comunità e responsabilità sociale: la consapevolezza di quanto ricevuto potenzia il senso di responsabilità sociale per il benessere collettivo e spinge un’artista a impegnarsi per la comunità. Aviva Rahmani, per esempio, nota artista interdisciplinare, collabora non solo con altri artisti, ma anche con scienziati, architetti e ingegneri, soprattutto a progetti di sostenibilità ambientale. Supportata da fondazioni quali la Doris Duke Charitable Foundation e dalla Andrew W. Mellon Foundation, crede che piccoli cambiamenti possano avere un impatto positivo sull’intero sistema, diffondendo il suo messaggio attraverso l’arte (https://www.avivarahmani.com/). Nel suo libro Generosità contagiosa. L’idea che vale assolutamente la pena di diffondere, il presidente delle Conferenze Ted, Chris Anderson, pre -

senta un esempio di come una donazione inneschi un circolo virtuoso, raccontando la storia di due donatori anonimi che hanno regalato 10.000 dollari ciascuno a duecento sconosciuti, scoprendo che la maggior parte dei beneficiari ha deciso di “restituire” parte della somma con atti generosi propri».

Che ruolo ha infine la gratitudine nell’era moderna e tecnologica?

È ancora un sentimento rilevante o è diventato fumoso e anacronistico nel mondo contemporaneo?

«In una società sempre più veloce e frenetica, solo a uno sguardo superficiale la gratitudine può sembrare un concetto antiquato. In realtà mai come adesso, in un periodo di crescente violenza e incertezza internazionale, ognuno di noi ha bisogno di relazioni qualificanti e di creare per sé un’isola di pace. Condivido il pensiero di Roberto Benigni: “È un segno di mediocrità quando dimostri la tua gratitudine con moderazione”. A maggior ragione per chi ha fatto della generosità un pilastro della propria esistenza».

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IL CINEMA COME PASSIONE E IMPEGNO SOCIALE

INTERVISTA A ROLANDO BENEDICK, IMPRENDITORE E FILANTROPO

Rolando Benedick, che cosa l’ha spinta a diventare imprenditore e quali sono state le esperienze più significative della sua vita professionale?

«La mia passione per l’innovazione e il mio desiderio di creare valore e favorire la crescita delle persone mi hanno spinto ad intraprendere la carriera imprenditoriale. Originario di Lugano, ho lasciato il Ticino per un periodo e poi sono rientrato iniziando a lavorare nel settore della grande distribuzione presso il Gruppo Manor nel 1967. La famiglia Benedick ha gestito il grande magazzino Innovazione per ben tre generazioni, fino al 2000, quando è stato rinominato Manor. Dopo aver ricoperto diverse posizioni all’interno dell’azienda, ho assunto la carica di CEO di Manor

Sud dal 1973 al 1989, per poi diventare CEO e Presidente del CdA del Gruppo Manor Svizzera. Le sfide e i successi che ho affrontato nel corso della mia carriera sono state esperienze gratificanti, e sono grato per tutto ciò che ho avuto modo di vivere insieme al mio team».

Qual è stata la sua formazione professionale e come l’ha aiutata a raggiungere il successo nel mondo degli affari?

«Direi che è lavorando, leggendo, ascoltando e incontrando persone di qualità che ho potuto acquisire conoscenze e competenze che mi hanno permesso di crescere personalmente e professionalmente. Ogni esperienza, ogni lezione appresa sul campo, ogni confronto con persone di spessore mi ha arricchito e mi ha dato la possibilità di imparare sempre qualcosa di nuovo. Non avere una formazione accademica tradizionale in buona sostanza non mi ha mai impedito di raggiungere i miei obiettivi, ma mi ha dato la spinta per cercare continuamente di migliorarmi e di crescere a livello personale e professionale».

Per lei, che cosa ha significato essere un imprenditore e quali sono i valori che hanno guidato la sua visione imprenditoriale?

«La serietà, l’onestà e la voglia di imparare sono valori fondamentali che dovrebbero guidare ogni persona nel suo percorso di crescita. Per me sono stati il cardine della mia visione imprenditoriale. La serietà che permet-

te di essere responsabili e di perseguire i nostri obiettivi con determinazione e costanza; l’onestà che aiuta a mantenere trasparenza e coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo e che permette veramente di costruire rapporti basati sulla fiducia reciproca; e la voglia di imparare che ci fa duttili, flessibili e aperti».

Da dove nasce invece la sua passione per il cinema?

«La curiosità e il desiderio di capire il mondo sono all’origine del mio interesse per il cinema. Considero centrale la capacità di questa arte di farci riflettere sulle sfaccettature della vita umana. Sin da giovane ho sempre amato immergermi nelle atmosfere evocative di un film e questa passione per il cinema mi ha spinto a studiarlo, ad approfondire la sua storia e a scoprire sempre nuovi registi e nuove opere che mi hanno arricchito culturalmente e personalmente».

Quando ha deciso di dedicarsi alla filantropia e com’è nata l’idea di impegnarsi personalmente?

«Non parlerei di filantropia, piuttosto di un approccio sincero nei confronti del prossimo, non mosso solo dalla voglia di aiutare. Per me è sempre stata anche volontà di condividere conoscenze e esperienze, di accogliere l’opportunità di imparare dagli altri mentre cercavo di dare una mano e in questo mi sono sentito ampiamente gratificato».

Che ruolo ha avuto sua moglie Denise nelle sue scelte di filantropo?

«Devo tutto a mia moglie, la cui pazienza, determinazione e voglia di fare hanno reso possibile realizzare tutto ciò che abbiamo raggiunto insieme. Mi ha sempre supportato,

“Devo tutto a mia moglie, la cui pazienza, determinazione e voglia di fare hanno reso possibile realizzare tutto ciò che abbiamo raggiunto insieme. Mi ha sempre supportato, motivato e ispirato ad aiutare gli altri in modo il più possibile significativo”.

motivato e ispirato ad aiutare gli altri in modo il più possibile significativo. È stata un vero catalizzatore, un vulcano di idee. Grazie al suo sostegno penso che siamo riusciti a raggiungere risultati positivi, soprattutto se penso al nostro impegno per il Festival del cinema di Locarno».

Come mai ha deciso di impegnarsi nei confronti del Locarno Film Festival?

«Mi sono appassionato al mondo del cinema negli anni Settanta, a Parigi e a Milano, insieme a mia moglie. Seguivamo con interesse tutte le novità, sia di alta qualità che più popolari. Negli anni successivi il Festival di Locarno ha avuto un calo significativo di pubblico. Per questo motivo con l’allora presidente del Festival internazionale del film di Locarno, Raimondo Rezzonico, abbiamo cercato nuovi sponsor, tra questi Innovazione. Ho collaborato con il Festival per un decennio, fino agli anni Novanta. È stata un’esperienza potente! Non solo grazie a me, ma soprattutto al presidente di quel periodo. In seguito la mia azienda ha lasciato il ruolo di sponsor, ma quando è arrivato Marco Solari, su sua richiesta ho accettato con entusiasmo di tornare a ricoprire questo ruolo».

Quando e perché ha deciso di fondare il Leopard Club?

«Abbiamo fondato il Leopard Club nel 2008; oggi conta ottanta mem -

bri ed è aperto sia a persone fisiche che giuridiche. Il Club ha l’obiettivo di promuovere il Locarno Film Festival fornendo sostegno finanziario, e offre ai soci un’esperienza esclusiva durante l’evento, favorendo l’opportunità di fare networking di alto livello. Eravamo convinti che il Festival avesse bisogno anche di mecenati. La nascita del Club è frutto di un simpatico complotto fra mia moglie e l’allora Presidente del Festival Marco Solari, che mi hanno convinto che fosse la cosa giusta nel momento giusto. In stretta collaborazione con lui, abbiamo lavorato perché il Festival diventasse il luogo d’incontro più esclusivo per mecenati a Locarno e accrescerne la notorietà anche al di là dei confini nazionali. Oggi il presidente è Felix R. Ehrat» (https://www.globalance. com/verwaltungsrat/dr-felix-ehrat).

Come ha convinto gli altri sostenitori a entrare a fare parte del Leopard Club?

«Penso che la mia amicizia e amore per il Ticino siano stati evidentemente contagiosi e abbiano convinto anche molti amici a sostenere il Festival e via via altre personalità significative. Abbiamo creato un gruppo con un forte senso di comunità e appartenenza. Sono felice di aver contribuito a far crescere il Festival e di aver coinvolto sempre più persone nel suo successo».

Quali sono stati i momenti più gratificanti del suo impegno filantropico per il Festival di Locarno?

«Non posso dire di avere incontrato particolari sfide, ma solo grandi soddisfazioni nel lavorare a questo progetto. Mi ha fatto piacere assistere alla crescita e al successo dell’evento nel corso degli anni e sapere di aver contribuito a promuovere la cultura e l’arte attraverso il supporto finanziario. Insieme abbiamo reso possibile la realizzazione negli anni di un evento importante per la comunità locale e internazionale».

Come si immagina il futuro della filantropia per il Festival di Locarno e cosa augura alla nuova Presidente, Maja Hoffmann?

«Spero che la nuova Presidente trovi la strada innovativa che consenta al

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Festival di crescere non solo in termini numerici ma anche e soprattutto in termini di visione. Mi auguro sia orgogliosa di mettere la propria capacità e intelligenza a servizio di questa importante manifestazione culturale. Il Festival di Locarno rappresenta un patrimonio artistico e culturale di inestimabile valore, e spero che sotto la sua guida diventi sempre più ricco e stimolante, a beneficio dei visitatori e di tutti i cinefili».

CHI È ROLANDO BENEDICK

Rolando Benedick è un imprenditore svizzero attivo da oltre quarant’anni nel settore della distribuzione e del food retail. Già Amministratore delegato e Presidente del Consiglio di amministrazione del gruppo Manor dal 1990 al 2006, dal 2006 al 2016 Benedick ha ricoperto il ruolo di investitore, Presidente del Consiglio di amministratore e CEO di Valora Holding AG, società leader nel settore della ristorazione. È stato fondatore e Presidente del Leopard Club, associazione di riferimento del Locarno Film Festival.

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l presente documento è una comunicazione di marketing BASE INVESTMENTS SICAV (la “SICAV”), con sede in Lussemburgo, è promossa e gestita da Banca del Sempione SA Prima della sottoscrizione leggere il prospetto informativo, il quale contestualmente ai KID, allo statuto e alla relazione annuale a semestrale della SICAV, possono essere richiesti gratuitamente presso Banca del Sempione SA, Via Peri 5, Lugano, nominata Rappresentante della SICAV e Agente per i Pagamenti in Svizzera e sul sito www basesicav ch RISCHI DELL’INVESTIMENTO: Ogni comparto della SICAV comporta specifici rischi, quali, a mero titolo esemplificativo, il rischio derivante dall’investimento in obbligazioni, in divise di Paesi Emergenti e dal ricorso a strumenti derivati Per maggiori informazioni sui rischi siete pregati di consultare l’apposita sezione del prospetto e rivolgervi ai propri consulenti finanziari Il grafico espone la performance del comparti menzionati (linea blu) per il periodo 07 2019-07 2024 paragonata alla performance nello stesso periodo dei relativi benchmark di riferimento (linea seppia) Il benchmark del Flexible Low Risk Exposure è così composto: 60% Bloomberg Barclays Global-Aggregate Total Return Value Hedged CHF, 30% Saron 3 mesi e 10% MSCI World CHF hedged; il benchmark del Bonds Value è invece il seguente: Bloomberg Barclays Global-Aggregate Total Return Value Hedged CHF I rendimenti rappresentati nel grafico di cui sopra sono stati calcolati in Franchi Svizzeri Se la valuta differisce dalla vostra moneta di riferimento, il rendimento può crescere o diminuire a seguito delle oscillazioni del cambio La performance del Flexible Low Risk Exposure classe CHF nel 2023 è stata +8 20%, per lo stesso periodo la perf del Bonds Value classe CHF è stata di +23 50% La performance YTD sopra riportata riprende il NAV (prezzo) al 02/01/2024 in assenza di calcolo il giorno 01/01/2024 Per ulteriori informazioni riguardanti le performance o i benchmark si prega di consultare il prospetto informativo o i KID o di rivolgersi a Banca del Sempione SA Non vi è garanzia alcuna che i risultati del passato trovino un riscontro nel futuro I dati relativi alla performance non tengono in considerazione le commissioni e le spese incassate al momento dell‘emissione e riscatto di azioni I rendimenti sono esposti al lordo degli oneri fiscali Con riferimento alla commercializzazione del Comparto in Svizzera, il luogo di esecuzione è presso la sede legale del Rappresentante della SICAV in Svizzera Il foro competente è presso la sede legale del Rappresentante della SICAV in Svizzera o presso la sede legale o il domicilio dell’investitore Per informazioni: Banca del Sempione SA, Lugano – Chiasso – Bellinzona – Locarno / www bancasempione ch

I comparti di BASE Investments SICAV sono sottoscrivibili presso Banca del Sempione SA e presso la vostra banca di fiducia www.basesicav.lu

INTERVISTA A LAURA MATTIOLI, STORICA DELL’ARTE, COLLEZIONISTA, FILANTROPA.

Lei è molto nota come collezionista: quali esperienze o influenze della sua vita hanno contribuito a plasmare la sua passione per l’arte?

«La mia passione per l’arte è nata in famiglia, dato che mio padre era appassionato di arte moderna, amico di artisti, importante collezionista e mecenate. Era lui il famoso collezionista… non io! Sono conosciuta nel mondo dell’arte italiano soprattutto perché ho ereditato la sua collezione e l’ho gestita per 35 anni. Non mi considero una vera collezionista, in quanto non ho mai avuto un vero progetto collezionistico come lui, che voleva rappresentare con la sua raccolta la storia dell’arte italiana della prima metà del XX secolo. Io ho semplicemente acquistato opere di artisti amici che stimo e delle cose che, in quel momento, suscitavano in me delle emozioni. Il che significa

Lasciare segni DI BELLEZZA

fare shopping - o mecenatismo - se si vuole intendere in questo modo un gesto di stima e di amicizia come comperare opere di amici artisti».

Qual è stata la sua esperienza personale con l’arte e come ha coinvolto i suoi figli in questo mondo?

«Oltre che ‘collezionista’ - come lei mi ha definito prima - ho studiato storia dell’arte, scritto testi scientifici, insegnato a livello universitario, curato mostre. Diciamo che quella di storico dell’arte/curatore di mostre è stata la mia professione durante tutta la vita. Poiché l’ho fatto con passione e ho sempre lavorato in casa, i mei figli fin da piccoli hanno visto la mamma che lavorava in questo campo, parlava di arte, incontrava artisti, quindi sono stati convolti in modo naturale, visitando mostre con me o aiutandomi ad allestire. Inoltre avevamo esposta in casa la collezione notificata di mio padre, con cui loro sono cresciuti. Però, con il tempo, si sono entrambi distaccati dall’arte: adesso uno ha un’azienda di prodotti per l’alpinismo e l’altro studia fisica. Per loro l’arte è rimasta una occupazione necessaria per gestire l’eredità ricevuta, ma secondaria rispetto ai loro interessi personali».

Perchè ha deciso di lasciare l’Italia e trasferirsi a New York?

«Ho deciso di lasciare l’Italia soprattutto perché disgustata dalla politica italiana e dalla gestione del patrimonio artistico. Mi sono stabilita a New

York (dopo un primo periodo di cinque anni trascorso in Svizzera) per lavorare meglio alla fondazione che vi ho creato nel 2013, il Center for Italian Modern Art (CIMA)».

Che emozioni le risveglia la parola filantropia e a quali ricordi è legata?

«La parola ‘filantropia’ mi sembra una parola difficile e non di uso comune. Significa, letteralmente, amore per l’uomo, cioè amore per il prossimo. Mi sembra che la filantropia che dovrebbe essere un impegno comune a tutti noi, semplicemente in quanto esseri umani!

Credo però che lei riferisca questa parola ad attività benefiche volontarie promosse da persone che hanno delle buone, o più che buone, situazioni finanziarie. Queste persone, invece di godersi i soldi che hanno o di pensare solo a guadagnare di più, usano parte del loro denaro per sostenere una causa benefica. Devo dire che la filantropia è molto diffusa negli USA, anche perché permette di avere degli importanti vantaggi fiscali, e coinvolge la maggior parte delle persone della media e alta borghesia. Essa è certamente considerata un importante ‘status simbol’, ma credo che faccia parte di una mentalità di origine religiosa, in particolare protestante, considerare doveroso condividere socialmente i beni materiali che si ha la fortuna di avere. Invece in Europa la filantropia non è considerata un’attività ordinaria e non rientra di per sé nei normali doveri del cittadino».

Quali sono i progetti o le cause filantropiche a cui è più legata e che ritiene abbiano avuto un impatto significativo?

«Mi sembra che lei mi stia chiedendo quale delle mie attività filantropiche sia stata la più importante e abbia avuto maggior successo. Certamente il CIMA, soprattutto per le borse di studio che hanno permesso a circa 50 giovani storici dell’arte nel corso di dieci anni di avere un’importante esperienza di vita e di lavoro a New York, contribuendo in modo decisivo alla loro crescita personale e professionale».

Quali sfide o difficoltà ha incontrato nel suo percorso filantropico?

«La maggiore difficoltà che ho incontrato è stata il fundraising. Ho fondato una ‘public charity’, cioè un tipo di fondazione che per la legge americana deve ricevere almeno un terzo del suo bilancio da più di dodici donatori. Però, poiché io avevo creato la fondazione, tutti pensavano che fosse una specie di mio passatempo personale, il giochino di una ricca signora che non aveva ormai nulla da fare e che aveva deciso di promuovere l’arte italiana moderna a New York perché figlia di un importante collezionista

di arte moderna; che, quindi giocava in casa e promuoveva i suoi interessi. Di conseguenza nessuno (imprese italiane con interessi commerciali in USA, banche, associazioni, personaggi italo-americani, galleristi) ha voluto sostenere economicamente la fondazione. Così, dopo dieci anni di attività, abbiamo dovuto chiudere».

In ambito filantropico le buone intenzioni non sono sufficienti a fare la differenza: quali elementi fanno secondo lei di un mecenate un buon mecenate?

«Le situazioni e le legislazioni cambiano molto sia nel tempo che nei diversi paesi. Quindi non credo che ci possa essere una sola risposta, che vada sempre bene. Certamente bisogna guardare alla attività filantropica strutturata (in una fondazione o in un altro tipo di associazione equivalente) come ad una qualsiasi società a scopo di lucro, con obiettivi concreti e ragionevoli, personale professionale e una seria programmazione economica. Bisogna valutare il contesto e l’impatto sociale della attività, dare attenzione alla comunicazione, alla rete di alleanze- collaborazioni- scambi che si possono sviluppare, alla situazione politica in cui si opera».

“La filantropia delle arti favorisce solo gli artisti già affermati?” Alcuni sostengono che i filantropi tendano a sostenere artisti noti, trascurando talenti emergenti. Come valuta questa affermazione? «Direi che spesso il collezionismo è inteso come una forma di investimento alternativo. Acquistare artisti noti equivale ad acquistare delle azioni solide. Questo non mi sembra essere né vero collezionismo, né filantropia, quanto piuttosto una forma di investimento, a mio parere molto più rischiosa di quanto non si pensi abitualmente perché i gusti cambiano e quello che piace ed è di moda in un certo momento, poi passa di moda e perde di valore. Credo che il vero collezionista sia un grande conoscitore di quello che colleziona e debba seguire il suo gusto e i suoi interessi. Il mecenate dovrebbe sostenere artisti ai margini del mercato, che grazie al suo aiuto possono continuare a fare il loro lavoro. Naturalmente il problema è quello di sostenere dei bravi artisti… ma questo è il rischio da correre. A volte si pensa di più a sostenere una persona bisognosa di aiuto che al valore della sua arte… ma forse è giusto fare così!».

“Credo

che il vero

collezionista

sia un grande conoscitore di quello che colleziona e debba seguire il suo gusto e i suoi interessi. Il mecenate dovrebbe sostenere artisti ai margini del mercato, che grazie al suo aiuto possono continuare a fare il loro lavoro.

Naturalmente il problema è quello di sostenere dei bravi artisti… ma questo è il rischio da correre”.

Il Center for Italian Modern Art (CIMA) è stato un centro di studio e di divulgazione situato nel quartiere SoHo di Manhattan, a New York, specializzato nell’arte moderna italiana. Lei l’ha istituito con successo. Quanto di filantropico c’era in questa scelta e perchè ha deciso di chiuderlo?

«Il CIMA si può considerare un’attività filantropica in quanto è stato un luogo di educazione a più livelli: quello per i borsisti, che hanno perfezionato il loro percorso professionale e di studio, e quello per un

pubblico più generico, che si è avvicinato a temi poco noti alla cultura americana. Il CIMA ha svolto anche una attività con le scuole, dai bambini più piccoli ai liceali, agli universitari. E’ stato chiuso per problemi economici, cioè per mancanza di sostenitori dal punto di vista economico, e per il clima culturale affermatosi negli USA dopo la pandemia, che non ha interesse per l’arte Europea, considerata frutto di una cultura colonialista e discriminatoria, e ne contesta i valori».

Come affronta le critiche o i dubbi riguardo alle sue scelte filantropiche?

«Devo dire che ho ricevuto pochissime critiche. Forse la critica più

comune è stata quella di essere un centro con una impostazione troppo accademica. In realtà l’esperienza che i borsisti hanno fatto a New York è stata molto più importante a livello umano e personale che propriamente accademico. Poi ciascuno reagisce in modo diverso alle situazioni e quindi ci sono persone che hanno avuto un’esperienza più positiva e altre meno».

Lei è una personalita di grande successo: che cosa ritiene di avere dato al mondo dell’arte e che cosa al mondo della filantropia?

«Francamente non credo di essere una persona di grande successo. Vado controcorrente, dico sempre quello che penso e così mi creo

Emozioni e memorie d’artista

Marco Lupi espone dal 31 agosto al 22 settembre alla Galleria N di Morbio Inferiore. Artista del Mendrisiotto, nato a Balerna, Marco Lupi ha avuto numerose occasioni di presentarsi al pubblico in Ticino e nella regione, come anche all’estero. Nelle sue opere si ritrovano i sentimenti, i ricordi e anche l’inconscio dell’uomo e dell’artista, che ha sviluppato una tecnica pittorica particolare, molto personale, che gli permette di esprimersi al meglio, giocando con materiali e colori. Tra le mostre che gli hanno permesso di confrontarsi con pubblici diversi, l’esposizione con Willy Inauen al Museo dei Fratelli Grimm di Kassel e tra le più recenti, quelle realizzate a Venezia, Londra, Zurigo e Seoul. Presso lo Spazio N presenterà al pub-

blico una trentina di opere recenti. La storica dell’arte Francesca Rovati ha scritto: «Marco Lupi si distingue per la sua straordinaria capacità di esplorare la dimensione emotiva e la memoria attraverso la pittura. Giocando con i suoi ricordi, il suo inconscio e la pratica pittorica stessa, Lupi intreccia passato e presente in un percorso artistico unico che invita lo spettatore alla riflessione sulla propria

moltissimi nemici. Al mondo dell’arte credo di aver dato delle opere, sostenendo la realizzazione di progetti che altrimenti non sarebbero esistiti. Penso, ad esempio, alla installazione di Dan Flavin alla Chiesa Rossa di Milano, reso possibile anche dal fondamentale contributo della Fondazione Prada. Al mondo della filantropia penso di aver dato, con il CIMA, un modello nuovo di fondazione a scopo educativo, che prima non esisteva».

Come vorrebbe essere ricordata?

«Vorrei lasciare dietro di me dei segni di bellezza. Saranno effimeri come una rosa, ma aiutano a vivere più serenamente».

esperienza emotiva. La sua arte si configura come una commovente celebrazione della semplicità, del vissuto e delle relazioni umane. Le opere recenti di Lupi rappresentano una tappa significativa nel suo percorso artistico. Con una tecnica mista che fonde pittura e collage, l’artista crea rappresentazioni visuali, dove le scene prendono vita su molteplici piani. Attraverso un approccio libero e spontaneo, egli esplora il suo mondo interiore, catturando sensazioni intime dell’animo senza restrizioni. Le sue creazioni più recenti mantengono la freschezza e la genuinità che contraddistinguono il suo stile distintivo, confermando che l’istintività e l’abilità di raccontarsi con la spensieratezza di un bambino sono elementi chiave del suo procedere artistico». L’esposizione sarà visitabile tutti i giorni, dalle 14.00 alle 18.00, alla presenza dell’artista.

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COINVOLGERE LE PERSONE nella promozione dell’arte

INTERVISTA CON GITTI HUG, AVVOCATESSA, FILANTROPA, PRESIDENTE DELLA VEREINIGUNG ZÜRCHER KUNSTFREUNDE (AMICI DELL’ARTE DI ZURIGO).

Gitti Hug, come descriverebbe il ruolo dell’arte e della filantropia nella società di oggi?

«Preferisco parlare del ruolo dell’arte e della filantropia nella società odierna non tanto in termini generali, quanto in relazione a me stessa. L’arte, per come la vivo io, intrattiene, riflette l’attualità, apre nuovi mondi e prospettive, rompe schemi di pensiero radicati e, in ultima analisi, si definisce in base ad un atteggiamento rispetto alla vita e alla capacità di affrontare la realtà sociale di oggi con mente aperta e tolleranza. Proprio per questo è da promuovere e sostenere».

Quando ha capito che l’arte avrebbe avuto un ruolo centrale nella sua vita?

«L’arte è un linguaggio. Uno strumento di comunicazione che gli artisti usano per confrontarsi con il mondo di oggi, con le sue sensibilità e con lo zeitgeist della nostra epoca. A mio avviso, molti degli artisti di oggi sono anche talentuosi storici della contemporaneità, di cui ci offrono segni e immagini. Quando me ne sono resa conto, ho deciso che l’arte avrebbe avuto un ruolo nella mia vita».

La sua formazione ha influito sul suo coinvolgimento nelle arti e nella filantropia?

«Penso che gli studi in Economia aziendale e in Legge non siano ne -

cessariamente i più consoni a sviluppare l’amore per l’arte e l’impegno filantropico. Vengo da una famiglia in cui l’arte ha avuto un ruolo importante. La tradizione filantropica vissuta nell’ambiente familiare e la precoce esperienza e il contatto con la cultura sono stati certamente molto più importanti per far nascere in me l’interesse e la sensibilità nei confronti dell’arte».

Quali compiti sono particolarmente importanti per lei in relazione a queste tematiche?

«Il compito più importante della filantropia nel campo dell’arte è quello di sensibilizzare le persone per coinvolgerle nella promozione della cultura. L’arte non è un lusso, piuttosto, crea identità. Oltre alla passione, questo richiede l’instaurazione di un rapporto di fiducia con l’istituzione sostenuta. Il filantropo che lavora con un’istituzione pubblica deve identificarsi e avere fiducia nello spazio in cui si crea cultura».

In che modo il suo impegno a favore dell’arte ha cambiato la sua visione del mondo?

«Lavorare con l’arte mi fa piacere, non è mai noioso, mi mantiene vitale e mi permette di rimanere aperta nei confronti di diversi modi di vedere e pensare. Quindi non si tratta tanto di cambiare il mio modo di vedere il mondo, quanto di arricchire questa visione, grazie ai diversi approcci alla realtà che l’arte trasmette».

Lei è presidente della Vereinigung Zürcher Kunstfreunde (Associazione degli Amici dell’Arte di Zurigo): quando è stata fondata l’associazione, chi sono stati i fondatori e quali sono gli obiettivi che si pone?

«Nel 1917, in occasione della realizzazione di un’importante mostra di Ferdinand Hodler al Kunsthaus di Zurigo, ci si rese conto che mancavano del tutto i fondi per l’acquisizione di opere d’arte significative, mentre altre collezioni d’arte pubbliche in Svizzera venivano fortemente promosse e sostenute finan -

Quali opportunità offre l’associazione ai suoi membri per fare rete e per scambiarsi idee con la comunità artistica di Zurigo?

«Oltre a numerosi benefici in termini di accesso agevolato alle iniziative del Kunsthaus Zürich, ai soci è riservato un ricco ed entusiasmante program-

“Il compito più importante della filantropia nel campo dell’arte è quello di sensibilizzare le persone per coinvolgerle nella promozione della cultura. L’arte non è un lusso, piuttosto, crea identità”.

ziariamente da famiglie e singoli individui. Per rimediare a questo, un gruppo di venti persone si riunì e fondò l’Associazione degli Amici dell’Arte di Zurigo. Pochi giorni dopo, secondo quanto si tramanda, era già stata raccolta una somma di oltre 200.000 franchi – Zurigo era un centro finanziario fiorente – e fu possibile acquistare le opere di Ferdinand Hodler per il Kunsthaus. Fra i membri fondatori c’era anche mio nonno, Adolf Hug-Schlaepfer. Lo scopo della Vereinigung Zürcher Kunstfreunde è rimasto lo stesso fino ad oggi e consiste nel garantire sostegno finanziario e progettuale al Kunsthaus di Zurigo. Le quote annuali dell’associazione, che non sono trascurabili, vengono utilizzate per acquistare opere d’arte in accordo con il museo. Queste vengono messe a disposizione del Kunsthaus gratuitamente, come prestiti permanenti. Inoltre, vengono promossi scambi e contatti interdisciplinari dei soci dell’associazione con artisti internazionali, collezionisti, esperti d’arte e di cultura e viene offerta l’opportunità di stabilire contatti informali fra i soci stessi».

ma annuale di anteprime loro dedicate, visite a studi di artisti, collezioni private, musei e istituti di formazione universitaria, nonché viaggi d’arte guidati in tutto il mondo. La Vereinigung Zürcher Kunstfreunde è un’organizzazione senza scopo di lucro e quindi esente da imposte, il che significa che le quote associative e le altre donazioni sono deducibili dalle tasse.

Oggi, con oltre mille membri, l’associazione è diventata un circolo di amici e mecenati con diversi livelli associativi, con un numero crescente di giovani membri, un gruppo che si sente impegnato a sostenere il Kunsthaus di Zurigo e allo stesso tempo agisce come mediatore dell’arte e della cultura verso il mondo esterno».

Che cosa hanno ottenuto gli Zürcher Kunstfreunde per il Kunsthaus di Zurigo nel corso degli anni?

«Le opere in prestito permanente al Kunsthaus non solo hanno colmato le lacune della sua collezione, ma l’hanno anche arricchita di alcune opere chiave, portando il museo a essere una delle istituzioni più im -

portanti nel panorama museale svizzero. La collezione del Kunsthaus comprende oggi nomi come Francis Bacon, Constantin Brâncusi, Georg Baselitz, Giorgio de Chirico, Marc Chagall, Piet Mondrian, Sigmar Polke, Franz Gertsch e Georges Braque. A ciò si aggiungono le acquisizioni del gruppo Junge Kunst, che negli anni Settanta e Novanta, pur disponendo di un budget modesto, ha acquistato per il museo opere di Donald Judd, Tony Cragg, Mario Merz, Edward Ruscha, Martin Kippenberger e Andreas Gursky, grazie al fatto che molti di loro erano per lo più sconosciuti al grande pubblico. Oggi, l’associazione Zürcher Kunstfreunde possiede circa seicentocinquanta opere ed è probabilmente una delle più importanti associazioni di sostenitori di un museo in Europa».

Tra i vostri soci c’è un numero sorprendentemente alto di giovani. Come lo spiega? «All’interno dell’associazione dei Zürcher Kunstfreunde esiste il Gruppo Arte Giovane, che acquista opere di giovani artisti svizzeri e internazionali con un budget approvato dall’assemblea generale. Ciò porta a promuovere attivamente il dialogo con la scena artistica contemporanea giovanile, che attrae soprattutto i più giovani. Con un programma di eventi pensati esclusivamente per i soci fino ai quarant’anni (che comprende per esempio la visita a un atelier seguita da una cena, viaggi d’arte, conferenze di artisti ecc.), che i giovani soci stessi contribuiscono a formulare, e con una quota di iscrizione annuale fortemente scontata, cerchiamo di rendere l’associazione più trendy, di ispirare e coinvolgere i giovani soci e di creare un’identificazione con l’istituzione da sostenere».

Tra i membri, però, ci sono anche esponenti delle famiglie più in vista di Zurigo.

Che influenza ha questo aspetto sulla vita dell’associazione?

«La maggior parte dei fondatori della Vereinigung Zürcher Kunstfreunde nel 1917 apparteneva a famiglie storicamente parte della città. Questo ha dato un’impronta che si è mantenuta fino ad oggi: tradizione e responsabilità, unite alla volontà di impegnarsi finanziariamente. Anche i comitati dei Kunstfreunde sono composti da amanti della cultura e dell’arte attivi in campo filantropico, il che rende immediatamente tangibile il carattere autentico dell’associazione».

Ricorda un episodio particolare di generosità negli ultimi anni; qualcosa che non si aspettava e che le ha lasciato un’impressione duratura?

«Il termine generosità viene spesso usato a proposito di mecenati e filantropi, e meno per chi è coinvolto nella creazione dell’opera stessa: in occasione dell’inaugurazione della mostra dell’artista svizzero Raphael Hefti, “Message Not Sent”, allestita al Kunsthaus Zürich alla fine dello scorso anno, era previsto un semplice aperitivo per i visitatori. Del tutto inaspettatamente, però quella sera l’artista si è presentato al museo con ben duemila ostriche, che lui stesso aveva acquistato e fatto arrivare dalla Francia, e con innumerevoli bottiglie del miglior Crémant, cosicché il semplice aperitivo si è trasformato in una meravigliosa festa, che rimarrà indimenticabile per gli ospiti e i visitatori della mostra come un gesto di generosità dell’artista».

Che cosa significa generosità in relazione al suo ruolo di Presidente dei Zürcher Kunstfreunde?

«Credo di poter parlare di generosità in particolare quando penso al tempo che dedico all’attività. Questo riguarda non solo l’associazione in sé, ma anche l’elaborazione di idee per il programma, e la creazione di reti di contatti che consentano ai nostri soci di partecipare a eventi culturali interessanti».

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INTERVISTA A ELLEN RINGIER, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE

ELTERNSEIN ED EDITOR

DELLA RIVISTA PER GENITORI “FRITZ + FRÄNZI”

L’importanza di investire SUI RAGAZZI

Ph: © Pascal Turin

Lei ha un dottorato in giurisprudenza, è una filantropa impegnata e una combattente instancabile: tre caratteristiche che la descrivono come persona?

«Amante dell’umanità, sostenitrice della giustizia, in cerca della verità».

Dove è cresciuta e quali personalità l’hanno influenzata da bambina e da giovane donna?

«Sono cresciuta a Lucerna e mia madre e le mie due nonne, che provenivano da contesti culturali diversi, hanno senza dubbio avuto su di me un’influenza maggiore di quella dei loro mariti. Sono stati inoltre gli studi umanistici fatti al liceo, le

esperienze in numerosi gruppi sportivi e con gli scout, nonché gli studi di giurisprudenza che mi hanno aiutata a diventare quella che sono».

In che modo il suo background personale e la sua educazione hanno influenzato la sua percezione dei problemi sociali e la sua volontà di agire?

«Il mantra del mio nonno inglese era: “L’unica cosa che conta nella vita è dare una possibilità agli altri”. È diventato un motto anche per me, e di fatto il senso della mia vita. Cosa volevo e voglio ottenere dalla mia vita? Non fare del male (intenzionalmente) a nessuno e, laddove possibile, sostenere le persone in difficoltà fisica o psicologica (ad esempio in crisi personale o economica) e aiutarle a trovare una via d’uscita».

Quando ha deciso di dedicarsi alla filantropia e come è nata questa passione?

«Ho lasciato la professione forense all’età di quarant’anni e, grazie alle risorse finanziarie per le quali devo ringraziare mio nonno, ho aperto un mio ufficio con l’obiettivo di realizzare ciò che avevo sempre avuto in mente, ovvero aiutare altre persone in difficoltà. A scanso di equivoci, questo non ha nulla a che vedere con l’essere una “benefattrice”, ma con un’idea, se così si può dire “egoistica” del senso che voglio dare alla mia vita».

Quali valori e convinzioni la guidano come filantropa?

«Si potrebbe dire che soffro di fronte all’ingiustizia che colpisce alcune persone. Come potrei io, che senza dubbio sono dalla parte dei fortunati a cui non manca nulla, limitarmi a guardare o addirittura girare la testa dall’altra parte?».

C’è qualche incontro che l’ha particolarmente ispirata?

«Ricordo un episodio, un canto di Natale intonato dal mio gruppo scout, poco prima della Vigilia, nel reparto maschile dell’ospedale cantonale di Lucerna. C’era un anziano che non mi lasciava la mano mentre mi porgeva un mandarino con una candela su un ramo d’abete e io, che all’epoca avevo circa dodici anni, fissavo con crescente paura la mano vecchia e ossuta di quell’uomo sulla mia. Ma che cosa mi ha detto? Ero il suo angelo che gli toglieva ogni paura… Da allora ho provato una profonda empatia per le persone che vengono lasciate sole dalle loro famiglie, anche a Natale. E da allora ho anche capito che spesso basta poco per aiutare gli altri».

Lei si occupa di cultura, di lotta al razzismo, di donne e bambini in difficoltà. Perché questi temi le stanno particolarmente a cuore e cosa fa nello specifico?

«Il mio impegno culturale ha più a che fare con le mie radici familiari che con una conoscenza approfondita. Ho interiorizzato la frase dell’avanguardia russa dell’inizio del XX secolo, secondo cui la cultura è di tutti e deve quindi essere resa accessibile a tutti.

L’antirazzismo, invece, fa parte di quello che ho appreso dalla mia esperienza: mia madre non era cattolica e nemmeno protestante, una po -

“Ad oggi, il mio obiettivo con la Fondazione Elternsein e con la rivista per genitori “Fritz+Fränzi”, nonché con le nostre diverse offerte digitali, è quello di contribuire al successo della genitorialità, di sostenere gli educatori e rafforzare il triangolo genitore - alunno - insegnante”.

sizione del tutto anomala negli anni Cinquanta e Sessanta. In casa parlavamo anche inglese e i miei genitori erano molto cosmopoliti, un’altra caratteristica che in quel periodo non era comune a Lucerna. All’epoca agli italiani si gridava il termine dispregiativo “Tschingge” per strada; allo stesso tempo la Svizzera è stata risparmiata dalla Seconda Guerra Mondiale anche grazie al suo eccezionale esercito, alla strategia di dissuasione del “Réduit” e alla rettitudine degli svizzeri. Gli stranieri dovrebbero sentirsi felici di poter vivere in un Paese così privilegiato (che pure ha vietato il ricongiungimento familiare, in violazione del diritto internazionale)! C’era un termine per definire questo atteggiamento: sentirsi “migliori” degli altri».

I bambini sono un tema particolarmente importante per lei: come è nata la Fondazione Elternsein? Qual è il suo scopo e quali progetti sta portando avanti oggi?

«Ad oggi, il mio obiettivo con la Fondazione Elternsein e con la rivista per genitori “Fritz+Fränzi”, nonché con le nostre diverse offerte digitali, è quello di contribuire al successo della genitorialità, di sostenere gli educatori e rafforzare il triangolo

genitore - alunno - insegnante. Crediamo che questo lavoro possa anche sostenere il tessuto democratico della nostra società attraverso la catena di relazioni reciproche tra le generazioni. Finché i nostri lettori cresceranno come hanno fatto costantemente, fra l’altro in assoluta controtendenza, continueremo a puntare sulla carta stampata, in particolare sulla nostra rivista per genitori. Allo stesso tempo, di recente siamo riusciti ad ampliare notevolmente la nostra offerta audiovisiva e i nostri canali di social media. Tutti gli editori cartacei del mondo vi diranno che la digitalizzazione è una sfida importante e finanziariamente significativa».

Quali nuovi impulsi possono contribuire a ripensare la filantropia, soprattutto in relazione al tema dell’infanzia?

«Chi si impegna nella filantropia di solito sceglie una causa vicina ai propri interessi personali, e un numero sorprendente di fondazioni cita l’educazione nei propri scopi statutari. Se tutte fossero collegate in rete e collaborassero più intensamente, potrebbe nascere una vera e propria “force de frappe”. Pro Familia e altre istituzioni stanno dando un contributo in tal senso, anche se con finanziamenti federali minimi. Spesso mi chiedo se la persona in carica presso il Ministero dell’Interno sappia di essere anche il Ministro delle Politiche Familiari. Data l’importanza del compito, credo che sarebbe auspicabile avere un Ministero delle Politiche Familiari a sé stante».

Quale può essere l’apporto della filantropia nell’affrontare le sfide sociali e ambientali sul lungo termine?

«Presumo che in futuro le ragioni politiche e l’economia continueranno ad avere la precedenza sulle necessità sociali ed ecologiche. Non si ottengono voti con richieste che sembrano andare contro i bisogni della gente! In economia, sopravviverà solo chi saprà conquistare il mercato. La linea che separa l’essere socialmente ed ecologicamente intelligenti e giusti e la ricerca del profitto è terribilmente sottile! Oggi la filantropia riesce almeno a dare impulsi importanti ai politici e al mercato, come si può vedere ad esempio dal marchio di qualità ecologica».

Che ruolo ha la filantropia nel promuovere la giustizia sociale e la tutela dell’ambiente nella società?

«Ho l’impressione che la filantropia stia diventando un fattore sempre più importante nel tessuto sociale nel suo complesso. Vorrei citare come esempio il WWF, perché credo che abbia svolto un ruolo fondamentale nel radicare la questione della tutela ambientale nella mente di quasi tutti, il che ha portato al fatto che oggi nessun partito può permettersi di evitare le questioni “verdi”».

Quando ripensa ai suoi impegni filantropici, di cosa è particolarmente orgogliosa?

«Nel corso di quarant’anni di attività filantropica, sono stata impegnata in innumerevoli iniziative. Con l’associazione Openair Lengnau e “Rock gegen Hass”, alla fine degli anni Novanta ho cercato di far incontrare i giovani ebrei e musulmani attraverso la musica. Nella Fondazione Scout Svizzera (PBS), è stato importante per me fornire più campeggi per gli scout. Alla Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo (GRA) e alla Società svizzera per le

minoranze (GMS), sognavo che un giorno le persone in questo Paese si sarebbero capite a vicenda attraverso le religioni e le culture. L’associazione Domicil fornisce alloggi a persone in condizioni precarie. Il Centro delle donne di Zurigo ha risvegliato la mia consapevolezza rispetto alle lotte portate avanti dalle donne, allora per la parità di diritti e ancora oggi per un giusto equilibrio tra lavoro e vita privata, è perché venga riconosciuta l’importanza della famiglia per la società nel suo complesso. Per non parlare dei numerosi interventi culturali intrapresi a lungo termine a favore dello Schauspielhaus di Zurigo, del Kunst- und Kongresshaus di Lucerna e del Museo Haus Konstruktiv. E infine, ma non per questo meno importante, l’istituzione della Fondazione Elternsein, il cui impatto su genitori e insegnanti continua e addirittura cresce dopo ventidue anni. Ma “orgogliosa” sono del mio personalissimo impegno a favore di persone e famiglie che ho potuto aiutare a uscire da una situazione di emergenza. Perché? Non si tratta solo di dare un sostegno finanziario, ma di un impegno che mi mette alla prova fisicamente e mentalmente, come persona nel suo complesso, per così dire. Niente nella vita mi è costato più energia, e sono state piccole vittorie rispetto alla mia vita comoda e agiata; di questo sì che sono orgogliosa».

RAGAZZI E GIOVANI BEN FORMATI SOTTO OGNI ASPETTO

L’AVV. MASSIMO PEDRAZZINI, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE

HC LUGANO ACADEMY E ORA

MEMBRO DELLA COMPAGINE

DIRIGENZIALE DELL’ASSOCIAZIONE HOCKEY CLUB LUGANO (HCL),

HA INVITATO ALESSANDRO CHIESA, HEAD OF JUNIOR

DEPARTMENT, E MASSIMO CORDIANO, HEAD COACH, CATEGORIA U11-1, U11-2, A RACCONTARCI DEL LORO

LAVORO CON I RAGAZZI

TRA PREPARAZIONE SPORTIVA E FORMAZIONE UMANA.

Come è organizzato il Settore Giovanile dell’HCL e quali sono le principali finalità di carattere formativo e sportivo che si prefigge di raggiungere?

ALESSANDRO CHIESA: «L’Hockey Club Lugano ha scelto già da molti anni di dare vita ad un Settore Giovanile che persegue l’obiettivo di promuovere a vari livelli e in forme diverse il nostro sport all’interno della società. Ciò significa offrire ai circa 400 ragazzi che si allenano e giocano nelle nostre squadre giovanili infrastrutture e condizioni di allenamento di prim’ordine, ma anche attuare una politica di facilitazioni tale da rendere accessibile a tutti sia il primo approccio sia il proseguimento dell’attività in una disciplina che esige molto, e proprio per questo costituisce anche una scuola di vita importante per i ragazzi».

Quali sono le più importanti problematiche che vi trovate ad affrontare nella gestione dei ragazzi?

ALESSANDRO CHIESA: «Il compito del Settore Giovanile è sostenere ragazzi nella loro formazione di atleti completi, e nel contempo supportarli al fine di terminare la loro formazione scolastica e professionale. Il Settore Giovanile trasmette quindi alle giovani leve dei valori sportivi importanti ed educativi nel rispetto dello sviluppo personale del ragazzo. Viene insegnato ai ragazzi a mettersi in gioco ma soprattutto a divertirsi e formare lo spirito di gruppo aggregativo, lottando tutti insieme per un unico obiettivo, con il sogno di riuscire un giorno ad entrare in prima squadra».

Come è composto il team dedicato alla formazione e alla preparazione dei ragazzi e quali sono i diversi ruoli ricoperti (ghiaccio, accompagnamento, ecc.)?

MASSIMO CORDIANO: «Il Settore Giovanile si avvale del lavoro di 27 allenatori e assistenti, di cui 7 professionisti; 2 preparatori atletici; vari collaboratori a tempo parziale impegnati in segreteria, amministrazione, logistica, magazzino e cura del materiale. E poi, ancora, sono oltre un centinaio i volontari che a vario titolo ci supportano nelle diverse attività. Si tratta dunque di un’organizzazione abbastanza numerosa e com-

plessa ma indispensabile per seguire in modo professionale, oltre all’allenamento e alla formazione dei ragazzi, i diversi campionati da settembre a marzo, i tornei di preparazione e di fine stagione, gli allenamenti estivi di condizione fisica, i campi di allenamento su ghiaccio e i tornei ufficiali organizzati da HCL».

Nello specifico, quanti sono i ragazzi compresi nelle fasce U11-1, U11-2 e come viene organizzata la loro attività sportiva?

MASSIMO CORDIANO: «Questa fascia d’età risulta essere decisiva per l’evoluzione sportiva e psichica del ragazzo, perché segna una fase di passaggio dove le attese e le motivazioni sono ancora in via di formazione. Per questo è molto importante organizzare gli orari degli allenamenti in modo da non precludere la pratica di altri sport o attività varie lasciando al ragazzo l’opportunità di scegliere alla fine qual è l’impegno

più consono alla sua persona. Anche la partecipazione a tornei e competizioni di carattere cantonale o organizzate dall’HCL risponde all’esigenza di motivare e responsabilizzare sempre più i ragazzi senza tuttavia gravarli di impegni troppo onerosi».

Un rapporto particolarmente delicato è quello con i genitori. Quali problemi dovete solitamente affrontare e con quali risultati?

MASSIMO CORDIANO: «La base fondamentale del rapporto che cerchiamo costantemente di stabilire con i genitori dei ragazzi è rappresentata dal dialogo. A tale scopo organizziamo periodicamente degli incontri aperti nel corso dei quali cerchiamo di fare emergere tutte le problematiche, in un confronto franco e responsabile. Il coordinamento e la coerenza tra gli indirizzi educativi della famiglia e il nostro lavoro di formatori sono indispensabili per ottenere buoni risultati, senza caricare i ragazzi di eccessive aspettative e supportandoli invece nei momenti di bisogno o fragilità».

Come è possibile assicurare la compatibilità tra impegni sportivi, scolastici e familiari?

ALESSANDRO CHIESA: «È questo senza dubbio uno dei problemi maggiori che il Settore Giovanile è quotidianamente chiamato ad affrontare. Il supporto dato a vari livelli a questi ragazzi è molto importante se si considera che sono confrontati quotidianamente con diverse ore di allenamento a temperature fredde, con ore di trasferte intervallate da giornate di studio e ore di recupero. Tuttavia sono molto contento di come siamo riusciti a lanciare la Scuola media per sportivi (oggi progetto cantonale) e a coordinare al meglio il binomio scuola e sport in generale, in modo da permettere ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, di poter seguire entrambe le formazioni con il giusto tempo e impegno. È questo senza dubbio un esempio da seguire che mi auguro possa essere replicato anche in altri Comuni del Ticino».

Cosa cambia con L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

LUCA GAMBARDELLA È UNA DELLE MASSIME VOCI

LEGATE ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN TICINO.

È PROFESSORE ORDINARIO PRESSO LA FACOLTÀ DI INFORMATICA E MEMBRO DELL’ISTITUTO DALLE MOLLE DI STUDI

SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE USI-SUPSI (IDSIA), OVE DIRIGE

IL PRIMO MASTER DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE A LIVELLO SVIZZERO,

I CUI STUDENTI STANNO TROVANDO LAVORO APPENA

TERMINATI GLI STUDI, SE NON PRIMA.

DI PAOLA BERNASCONI

Secondo lei, il nostro

Cantone è all’avanguardia, al di là della vostra presenza, per quanto concerne l’AI oppure si trova ancora indietro?

«La mia percezione è che ci sia un grande fermento intorno a queste metodologie. Abbiamo il recente Swiss Innovation Park con i centri di competenza legati alla moda e al lifestyle, ai droni e alle scienze della vita dove l’Intelligenza Artificiale è centrale in molto progetti. Nuove aziende si sono insediate sul territorio e in poco tempo hanno assunto decine di specialisti e il centro di calcolo

CSCS si sta attrezzando con computer che facilitano l’uso dell’Intelligenza Artificiale. Presso il nostro

USI Startup Centre nuove startup si stanno insediando su queste tematiche. Poi, non dimentichiamoci che stiamo parlando di una tematica dove la competizione è oggi a livello globale: dovremmo perciò chiederci se la Svizzera è competitiva, magari l’Europa, rispetto a colossi come Stati Uniti e Cina. Di conforto è il fatto che un recente studio ha posto la Svizzera al nono posto in questo settore a livello mondiale».

Ritiene che gli ostacoli nella diffusione dell’AI in Ticino possano essere di carattere strategico e tecnologico o maggiormente di mindset?

«Ho sempre trovato il Ticino un territorio sensibile e motivato ad innovare, sia a livello di Cantone che di singole città. Poi, dopo le buone intenzioni devono seguire gli investimenti, e qui, proprio quest’anno abbiamo avuto tagli alla ricerca e all’università. Certo siamo in un periodo di sacrifici per tutti, ma questo fatto non si può dimenticare. Una nota comunque mi viene natu -

“Ho

sempre trovato il Ticino un territorio sensibile e motivato ad innovare, sia a livello di Cantone che di singole città. Poi, dopo le buone intenzioni devono seguire gli investimenti, e qui, proprio quest’anno abbiamo avuto tagli alla ricerca e all’università”.

rale: forse questo guardare al Ticino come un sistema di innovazione autoconsistente e capace di far tutto da solo, specialmente in questi settori è limitativo. La vera sfida è trovare risorse interne ma soprattutto alleati e partner a livello svizzero e internazionale».

Di solito, si parla di Intelligenza Artificiale nelle aziende per migliorare i processi, nelle industrie per automatizzarli e migliorarli, nella medicina per personalizzare le diagnosi, nelle amministrazioni per razionalizzare i flussi di lavoro, nella formazione per aiutare nello studio e nella preparazione dei materiali: sono queste le principali possibili declinazioni al momento, anche in Ticino?

«Le tematiche citate sono tutte di grande interesse e attualità e anche per questo sono uscite dell’accademia e hanno notevoli ricadute sulla società, il mercato e sulle industrie. Cito rapidamente la realtà di Artificialy SA, azienda che ho contribuito a co-fondare a Lugano nel 2020 e che si occupa di trasferimento di metodi di Intelligenza Artificiale verso il mercato. Ad oggi ci lavorano trenta persone, tra i quali nostri ex studenti, stiamo aprendo uffici a Zurigo, lavoriamo con le principali aziende del Cantone e portiamo innovazione anche presso le PMI. Per quanto concerne IDSIA, che oggi impiega 140 tra professori, ricercatori e dottorandi, gli ultimi interessanti risultati, anche con aziende del territorio, riguardano lo studio di politiche ottimizzate per la distribu -

“Le

macchine verranno sempre più usate come supporto alle decisioni, per valutare scenari, per analizzare situazioni in tempo reale. Queste informazioni devono diventare parte delle conoscenze che un essere umano deve utilizzare per decidere e fare diagnosi e valutazioni”.

zione dell’energia, l’analisi in tempo reale di immagini di insetti infestanti, il supporto all’analisi dei difetti nella produzione di schede elettroniche e altro ancora. Le tematiche sono numerose e oggi c’è molta più fiducia perché i progetti vengono realizzati, consegnati e certificati in poche settimane e i risolutati concreti sul territorio si possono visionare e verificare».

Con l’AI, in campi come la medicina di base ad esempio, non si rischia di sostituire il fattore umano?

«Sono sempre stato un fautore del mondo ibrido, dove l’intelligenza artificiale deve essere di supporto all’essere umano. Mi rifaccio agli insegnamenti di Angelo Dalle Molle che fondando IDSIA nel 1988 ci ha trasmesso questi valori. Le macchine verranno sempre più usate come supporto alle decisioni, per valutare scenari, per analizzare situazioni in tempo reale. Queste informazioni devono diventare parte delle conoscenze che un essere umano deve utilizzare per decidere e fare diagnosi e valutazioni».

Ogni azienda dovrà formare al suo interno delle persone che, senza essere esperti, sappiano utilizzare l’AI o servirà il solo ricorso a professionisti? Lo stanno eventualmente già facendo?

«Le aziende si attrezzano con degli specialisti interni, spesso non facili da motivare e tenere, o con figure che fanno da interfaccia tra l’azienda (e i propri dati) e un mondo esterno dove aziende terze forniscono servizi moderni e sempre aggiornati. Ci sono comunque molte opportunità di formazione che vanno considerate anche per chi già lavora e questo deve entrare nella mentalità delle aziende e dei lavoratori. Oggi la formazione continua e la vicinanza con il modo accademico rimane uno strumento per restare competitivi a livello aziendale e personale».

Un uso massiccio dell’AI comporta a suo avviso il rischio di una perdita di elasticità mentale e di problem solving, in particolare in campi come lo studio? Il problema come sempre in questi casi è sia etico che pratico, non trova?

«Ho grande fiducia nelle nuove generazioni. Sono ragazzi e ragazzi abituati ad utilizzare le tecnologie digitale. D’altra parte, tutte le generazioni che ricordo da quelle dei miei genitori alle nostre, hanno dovuto affrontare il cambiamento e adattarsi alle trasformazioni e, fortunatamente, madre natura ci ha attrezzato con grandi capacità anche in questo senso. Aggiungo che sono stato giudice di una gara di robotica per adolescenti poche settimane fa e

vi posso garantire che se li aveste visti progettare, discutere, presentare, lavorare in team avreste avuto timore per il futuro dell’Intelligenza Artificiale, non per il loro!».

L’AI potrebbe far perdere molti posti di lavoro, che potrebbero essere sostituiti da processi automatizzati, e al contempo crearne altri, con altre abilità richieste. Il Ticino è pronto o il rischio è di perdere posti di lavoro presenti al momento e di non saper offrire personale preparato per quelli necessari, dovendolo dunque importare?

«Per rispondere a fondo a questa domanda servono competenze che vanno oltre le mie, in un mercato del lavoro ticinese in continua evoluzione. Trovo comunque che il sistema Ticino sia attento a queste tematiche, i contatti che abbiamo con le associazioni di categoria, i cittadini, con le istituzioni e con la scuola mi rassicura che se ci sarà un problema saremo pronti ad affrontarlo e risolverlo. Ad oggi quindi utilizzo più volentieri il concetto di ribilanciamento del mercato del lavoro riaffermando la necessità di porre attenzione alla formazione senza escludere la possibilità futura di un’equa redistribuzione dei benefici derivanti dall’AI».

L’AI E IL MONDO CHE VERRÀ

UNA OPPORTUNITÀ DA COGLIERE, MA ANCHE POTENZIALMENTE UN RISCHIO PER I LAVORATORI

DEFINITI “NELLA TERRA DI MEZZO” SIA COME ETÀ CHE COME

COMPETENZE: L’INTELLIGENZA

ARTIFICIALE STA ENTRANDO

RAPIDAMENTE ANCHE NELLA

REALTÀ TICINESE E NEL MONDO

DELL’INDUSTRIA LOCALE. LE VALUTAZIONI DI OLIVIERO

PESENTI, PRESIDENTE

DELL’ASSOCIAZIONE DELLE INDUSTRIE TICINESI.

L’AITI non può che guardare con grande attenzione allo sviluppo delle varie applicazioni legate all’AI e ai contesti che ne possono essere influenzati. Si tratta di un contesto in continuo divenire, che probabilmente conoscerà una accelerazione importante nei prossimi anni, ancora poco definibile. Dunque, quando si chiede, in modo diretto, al presidente Oliviero Pesenti, se l’AI al momento è maggiormente foriera di possibilità oppure fonte di problemi, egli preferisce guardare gli aspetti positivi, senza escludere le possibili problematiche. «Per l’industria l’intelligenza artificiale rappresenta senz’altro un’opportunità, non fosse altro perché il nostro è un settore legato alle tecnologie. Bisogna anche considerare che nell’ambito dell’AI siamo probabilmente ancora all’inizio di un ciclo di sviluppo di tecnologie desti -

nate a cambiare il mondo della produzione e quello del lavoro. Pertanto, è importante per le aziende poter contare su specialisti che sappiamo sostenere e indirizzare le imprese verso le opportunità dell’AI che man mano si svilupperanno. In linea di principio ritengo dunque che in ogni settore si debba guardare al cosiddetto bicchiere mezzo pieno, anche se non nascondo che un ambito determinante nel quale anche le istituzioni devono dire la loro è quello dei confini legali, etici e di sicurezza che dovranno essere messi per un utilizzo corretto e consapevole dell’intelligenza artificiale». Per le aziende, le strade possibili potrebbero essere quella di formare internamente i propri dipendenti oppure di ricorrere a degli esperti, provenienti magari da USI e SUPSI. «Diverse aziende sono già entrate in materia, altre invece non lo hanno ancora fatto. Valgono entrambe le situazioni. Bisogna formare il personale necessario – e qui ci vuole sicuramente un impegno accresciuto della scuola nei suoi diversi ordini, non solo quello accademico dunque. D’altra parte, è corretto e doveroso rivolgersi come aziende agli specialisti già attivi sul mercato, che per le loro competenze sono preziosi», è l’opinione di Pesenti. Che tra i settori che stanno traendo e potranno trarre maggior vantaggio dall’implementazione delle varie tecnologie legate all’intelligenza artificiale (un mondo ben più variegato rispetto alle applicazioni più conosciute come ChatGPT, come ha specificato ancora Barni), cita «progettazione e produzione”, andando poi più nello specifico: “in diversi rami

industriali si fa strada la personalizzazione della produzione, pensiamo ad esempio al settore farmaceutico.

L’intelligenza artificiale in questo senso fornirà un contributo determinante. Immagino l’importanza dell’AI anche nella sicurezza per quanto concerne le diverse funzioni aziendali. Ma visto che gli sviluppi dell’AI sono rapidi e di portata ancora sconosciuta, non possiamo dire oggi cosa succederà veramente».

Da una panoramica di Andrea Barni, digital coach della Fondazione Agire, i settori aziendali e industriali al momento stanno utilizzando l’intelligenza artificiale per ottimiz -

gati all’AI non si può ancora dire lo stesso. La formazione è certamente determinante e le aziende avranno bisogno rapidamente di specialisti». Guardando alle ripercussioni prossime sul mondo industriale ticinese e generale, «lo sviluppo tecnologico è sempre servito per far fare alle macchine attività ripetitive e pericolose. Poi si è passati ai lavori di precisione ed estrema precisione», rileva, convinto che «la nuova frontiera dettata dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale è quella di creare molte nuove possibilità non esistenti oppure molto difficili per non dire impossibili da realizzare con i tradi-

“Per

l’industria l’intelligenza artificiale rappresenta senz’altro un’opportunità, non fosse altro perché il nostro è un settore legato alle tecnologie. Bisogna anche considerare che nell’ambito dell’AI siamo probabilmente ancora all’inizio di un ciclo di sviluppo di tecnologie destinate a cambiare il mondo della produzione e quello del lavoro”.

zare la catena di approvvigionamento, per migliorare il servizio clienti e personalizzare le offerte, per aumentare l’efficienza delle linee di produzione, per prevedere la manutenzione e per ottimizzare la gestione energetica. Se ne stanno avvalendo anche le banche, il mondo della formazione, la sanità.

La conditio sine qua non per poter cogliere le opportunità presenti e soprattutto future, come sottolineato anche da Barni, è la digitalizzazione. A che punto sono le aziende ticinesi? Per Pesenti, «come detto prima la diffusione dell’AI è ancora abbastanza agli inizi. I processi di digitalizzazione riguardano oramai tutte le imprese; per quelli più direttamente le -

zionali metodi di produzione. Ad esempio, geometrie dei prodotti che li rendono più efficienti in termini di uso dell’energia, prodotti in grado di rigenerarsi, capacità di calcolo esponenziali che creano nuove applicazioni, ecc». D’altro canto, Pesenti non nascondi rischi esistenti in termini di perdita di posti di lavoro, «soprattutto per posizioni professionali poco o mediamente qualificate». Si intende che si potrebbero veder penalizzati profili con competenze medio-basse, la cui forza lavoro potrebbe non essere più necessaria, con la contemporanea creazione di opportunità per figure professionali che dovrebbero, per contro, essere altamente qualificate, con conoscenze specifiche nel

campo dell’AI a 360 gradi. Pesenti ritiene che queste ultime potrebbero «chiarire all’azienda utilizzi dell’AI ai quali magari l’azienda stessa non aveva pensato», contribuendo quindi in modo indiretto alla crescita e aprendo nuovi scenari. Importante è essere in grado di formare localmente figure simili. In merito, il Ticino, a livello accademico, pare essere all’avanguardia. Si è mosso con grande vivacità sul fronte dell’offerta formativa universitaria, dando vita all’USI al primo Master in Intelligenza Artificiale della Svizzera, che sta riscontrando grande successo con studenti che trovano facilmente lavoro anche prima della fine del percorso di studi e alla SUPSI al Master of Science in Engineering in Data Science e il Bachelor of Science in Data Science e Intelligenza Artificiale. Pesenti a tal proposito loda la «risposta interessante della SUPSI che oramai da qualche anno offre una formazione ingegneristica in data science and artificial intelligence”, che ritiene essere “un passo importante” ma non sufficiente: “ce ne vogliono sicuramente altri, anche a livello delle scuole professionali e in altri ordini di scuola». Insomma, tutti devono essere formati sull’AI, altrimenti il rischio è di essere esclusi dal mondo del lavoro. «Dobbiamo entrare nel merito di aiutare quelle fasce di lavoratrici e lavoratori che si trovano in una “terra di mezzo”, come età e come competenze, che hanno bisogno di sostegno e formazione per utilizzare le nuove tecnologie”, ci tiene a evidenziare». Come già detto, la risposta, a suo avviso, è dunque la formazione, per tutti: a quel punto, l’AI sarà una occasione di crescita e non di perdita di posti di lavoro, una rivoluzione positiva.

Storia di un sogno IMPRENDITORIALE

CHRISTIAN TEPOORTEN, PARTENER E DIRETTORE DI FRANZOSINI & BUTTI LTD., RACCONTA L’INTUIZIONE E LO SVILUPPO DI UN’IDEA CHE L’HA PORTATO A COSTITUIRE, CON ALESSANDRO BUTTI E TEPOORTEN GROUP SA, UN’AGENZIA DOGANALE E DOVER, SPECIALIZZATA NELL’OFFRIRE SERVIZI DI SDOGANAMENTO NEL REGNO UNITO.

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Da sinistra

Alessandro Butti, Christian Tepoorten e Marco Tepoorten

DSA LUCIANO FRANZOSINI

Via Rinaldo Simen 3

CH-6830 CHIASSO T. +41 91 695 50 10

a Monaco a Dover: quale è stata la sua visione imprenditoriale che ha consentito di trasformare una crisi in una nuova opportunità di crescita? «Tutto ha avuto inizio tre anni fa, quando appresi dai giornali come la Brexit avesse creato un tumulto doganale, e le autorità britanniche fossero impegnate nella ricerca di modelli da seguire per riorganizzare il loro sistema. Intuivo che questa situazione poteva rappresentare una grande opportunità anche per

noi. La Brexit aveva trasformato il Regno Unito da membro dell’Unione Europea, con frontiere aperte e commercio senza dogane, in uno Stato esterno, simile alla Svizzera. Questo significava che tutte le operazioni doganali dovevano essere riorganizzate, con nuove normative e procedure. Era chiaro che la nostra esperienza svizzera poteva essere importante».

Quali furono le tappe successive nella realizzazione di questo progetto?

«Subito ho iniziato a pianificare il modo in cui trasformare questa visione in realtà. Contattammo immediatamente Alessandro Butti, un amico di famiglia e imprenditore esperto, noto e apprezzato doganalista italiano. La sua esperienza nel settore e il suo entusiasmo furono immediatamente evidenti. In breve tempo, eravamo già in tre: io, mio padre e Alessandro Butti. Mentre mio padre e Alessandro, forse a causa dei loro impegni quotidiani, vedevano questa impresa come un progetto a lungo termine, io ero già al lavoro».

Gli inizi tuttavia incontrarono non poche difficoltà… «Infatti. La nostra avventura iniziò proprio nel momento in cui nel mondo scoppiava la pandemia. In ogni caso, in un periodo di pieno lockdown e a una distanza di oltre 600 miglia, decidemmo di aprire una società nel Regno Unito, a Dover, ispirandoci al modello svizzero. Con l’aiuto di due nuovi collaboratori e un ufficio nel centro storico di Dover, Franzosini & Butti Ltd prese forma. Sorprendentemente, realizzammo tutto questo senza mai essere fisicamente sul posto. Reclutammo collaboratori senza incontrarli di persona e scegliemmo il nostro ufficio basandoci su visite virtuali. Già questo era un primo grande passo verso il successo. La determinazione, il senso pratico e le capacità imprenditoriali presero il sopravvento. Anche il progetto più difficile può essere schematizzato in modo tale da poter essere intrapreso e realizzato: nacque così Franzosini & Butti Ltd. La società iniziò ad operare immediatamente, persino prima di aver finalizzato l’apertura di un conto bancario, che nel Regno Unito è una procedura abbastanza lunga, offrendo i primi servizi gratuiti ai

“Il lavoro di squadra, che combina l’entusiasmo e l’innovazione dei giovani con la saggezza e l’esperienza dei veterani, è la chiave per superare qualsiasi sfida”.

nostri clienti per almeno due mesi e per assicurare che le loro movimentazioni intracomunitarie non subissero interruzioni. Questo approccio ci permise di costruire rapidamente una solida reputazione basata sulla fiducia e sull’affidabilità».

Come avete risolto il problema di operare in un quadro normativo doganale profondamente diverso? «Non esistevano linee guida da seguire e quindi fummo costretti a tracciare una nuova strada. Inoltre, tutto fu realizzato senza beneficiare di alcun sussidio o sostegno statale né in Svizzera né in Gran Bretagna. L’esperienza che avevo acquisito con l’apertura della sede nel Principato di Monaco fu fondamentale. La presenza sul campo, la capacità di coordinare le operazioni con la casa madre e l’attenzione ai dettagli avevano consentito a Franzosini Monaco Sarl di diventare la prima azienda autorizzata come operatore doganale direttamente dalla dogana del Principato. Come Direttore e socio anche della società inglese, mi occupai personalmente di tutte le questioni pratiche in collaborazione con la casa madre Tepoorten Group SA e con Alessandro Butti, impostando il nuovo ufficio sui principi di efficienza, competenza e celerità che contraddistinguono i servizi offerti dal gruppo. In pochi mesi, l’ufficio di Dover fu aperto e operativo, pronto a fornire servizi doganali efficienti e innovativi. La sua apertura ha segnato un punto di svolta per il Gruppo Tepoorten, dimostrando

che con la giusta leadership e una visione chiara, è possibile prosperare anche nei momenti più difficili».

Guardando avanti, quali sono i vostri piani per il futuro?

«Abbiamo dei progetti molto ambiziosi. Vogliamo espandere ulteriormente le nostre attività nel Regno Unito, aprendo nuove agenzie doganali nei principali porti inglesi e sviluppando un reparto operativo dedicato alla gestione delle spedizioni nazionali inglesi e marittime, con l’obiettivo di offrire un servizio sempre più completo e integrato ai nostri clienti. La nostra determinazione e il nostro spirito di innovazione ci hanno permesso di trasformare un’idea in una realtà di successo, e siamo pronti ad affrontare con entusiasmo le nuove sfide che il futuro ci riserva».

Quali sono i valori che animano l’attività del vostro Gruppo e dunque ne determinano il successo?

«Il lavoro di squadra, che combina l’entusiasmo e l’innovazione dei giovani con la saggezza e l’esperienza dei veterani, è la chiave per superare qualsiasi sfida. La storia del Gruppo Tepoorten dimostra come una visione imprenditoriale, insieme all’unità e alla collaborazione, possano trasformare le crisi in opportunità».

OLTRE 40 anni DI SUCCESSI

Lorenza, Michele e Mattia Bernasconi, imprenditori in Gruppo Sicurezza fin dai primi anni 2000, hanno trasformato radicalmente l’azienda ereditata dal padre Fabrizio, fondatore nel 1980.

Michele, lei vanta l’esperienza più longeva all’interno dell’azienda di famiglia. Quali sono state per lei le sfide più importanti?

«Una delle sfide più significative che ci ha accompagnato in questi vent’anni di evoluzione è stato il processo di acquisizione di 3 società e curare un’integrazione rapida ed efficace nel Gruppo. Quest’attività ha aperto un ampio ventaglio di opportunità, ma ha anche richiesto un importante lavoro di riorganizzazione e analisi dei processi per permettere a ciascuna delle nostre aziende un posizionamento strategico nel settore di riferimento».

NEGLI ULTIMI DUE DECENNI IN PARTICOLARE, GRUPPO SICUREZZA HA INTRAPRESO UN PERCORSO DI CRESCITA E TRASFORMAZIONE STRAORDINARI.

FONDATA CON L’OBIETTIVO DI FORNIRE SOLUZIONI

ALL’AVANGUARDIA PER LA PROTEZIONE

E LA SICUREZZA, L’AZIENDA HA SAPUTO ADATTARSI

AI CAMBIAMENTI TECNOLOGICI, ECONOMICI

E SOCIALI, DIVENTANDO IN POCO TEMPO IL PUNTO

DI RIFERIMENTO NEL SETTORE. IL GRUPPO NON

SI È SOLO EVOLUTO IN TERMINI DI PRODOTTI

E SERVIZI OFFERTI, MA ANCHE NELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA E PRESENZA TERRITORIALE.

WWW.GRUPPOSICUREZZA.CH

Mattia, dal suo osservatorio tecnologico, come è cambiata la sicurezza negli ultimi vent’anni?

«La definizione ed il concetto stesso di sicurezza hanno subito trasformazioni radicali. Negli anni ‘80, ad esempio, quando nostro padre fondò l’azienda, la sicurezza era principalmente incentrata su una protezione tecnica: sistemi di allarme, sorveglianza e controllo degli accessi erano i pilastri del settore. Tuttavia, con l’avvento delle tecnologie digitali, anche la sicurezza cyber è diventata centrale e, di conseguenza, i numeri che la riguardano sono diventati significativi. All’inizio degli anni 2000, i sistemi di sicurezza hanno iniziato ad abbracciare le prime forme di tecnologia digitale. Oggi, con la pervasività di internet e dei dispositivi connessi, la cybersecurity è diventata un elemento essenziale. La sicurezza non è più solo una questione di protezione fisica e tecnica ma anche di protezione dei dati, della privacy e di prevenzione dei sempre più numerosi attacchi cibernetici».

Lorenza, come ha vissuto questo cambio di paradigma?

«Vivendo la trasformazione come un viaggio non più orientato esclusivamente al prodotto, bensì potenziando le risorse al processo e all’insieme di soluzioni correlate tra loro per garantire un servizio di protezione ai beni e alle persone. Si tratta di un approccio continuativo che abbraccia sia il mondo fisico sia digitale, richiedendo soluzioni integrate e avanzate per proteggere persone, proprietà e informazioni. Questo cambiamento ha reso necessario un approccio sofisticato e interconnesso, nel quale ogni elemento del sistema di sicurezza lavora in sinergia con altre tecnologie per offrire una protezione completa».

Come avete risposto ai cambiamenti del settore essendo un’azienda di famiglia in un contesto locale?

Da sinistra: Mattia, Michele e Lorenza Bernasconi

LORENZA: «Abbiamo costantemente creduto nell’integrazione di soluzioni in base alle esigenze e ai trend del settore, a volte anticipando la domanda. Posizionarci quali integratori di soluzioni di sicurezza è stato, nel corso degli anni, un approccio vincente per il nostro modello di business».

MATTIA: «Dal mio osservatorio tecnologico, l’avvento di nuove tecnologie e dell’internet ha fatto sì che il concetto di locale e globale non fosse più una barriera fisica. Ciò che funziona a livello locale può essere applicato a livello globale e viceversa. Questo è il motivo per cui abbiamo avviato esperienze gratificanti all’estero, implementando tecnologie all’avanguardia per poi ritornare al nostro territorio e adattarle alle esigenze locali. Queste esperienze internazionali ci hanno permesso di strutturare l’azienda come un processo applicabile in diversi contesti. Non siamo più limitati da confini geografici: ciò che impariamo all’estero può essere scalato e integrato nelle nostre operazioni locali».

MICHELE: «È un approccio che ci consente di rimanere competitivi e innovativi, assicurando che le nostre soluzioni siano sempre all’avanguardia e adeguate sia per il mercato locale sia per quello globale».

Svelateci la formula magica di come una famiglia possa lavorare insieme serenamente…

LORENZA: «La nostra forza risiede nella diversità delle nostre personalità e caratteri. Questa varietà ci permette di completare reciprocamente sia nei processi operativi sia in quelli strategici. Tuttavia, il vero segreto del nostro successo è l’eredità di valori e principi solidi trasmessi dai nostri genitori».

MATTIA: «Ciò che ci accomuna è la dedizione allo sviluppo dell’azienda di famiglia. Questo impegno richiede sicuramente molte energie, ma offre anche tante soddisfazioni, perché è un progetto unico che condividiamo con la stessa visione».

MICHELE: «Grazie allo sviluppo del nostro Gruppo, che attualmente conta 150 collaboratori suddivisi in quattro aziende operative, abbiamo deciso di comune accordo di ristrutturare la nostra organizzazione per rendere più fluida la gestione delle società. Abbiamo rafforzato la leadership e migliorato l’efficienza delle nostre operazioni».

LORENZA: «In altre parole, ogni società operativa all’interno del Gruppo ora gode di una leadership dedicata e mirata: Mattia è il CEO di Gruppo Sicurezza, Michele guida Galli Sicurezza, mentre io supervisiono Gruppo Sicurezza Servizi e Satel Control. Questa struttura ci permette di concentrare le nostre energie in modo efficace, migliorando continuamente la qualità delle nostre soluzioni per rispondere alle mutevoli esigenze del mercato, mantenendo costantemente il cliente al centro del nostro core business».

In tema di sostenibilità, da alcuni anni vi dedicate anche al progetto ‘Idee che valgono’. Di cosa si tratta?

LORENZA: «È un’iniziativa che abbiamo introdotto per valorizzare il contributo dei nostri collaboratori. L›obiettivo è far sì che ogni membro del nostro team si senta parte integrante della nostra crescita, incentivando la presentazione di idee innovative e soluzioni migliorative. Questo progetto è il fulcro del nostro impegno verso il benessere dei dipendenti e la sostenibilità sociale, riflettendo il nostro desiderio di creare un ambiente di lavoro partecipativo e proattivo».

Grazie per averci permesso di entrare nel vostro mondo e conoscere le vostre dinamiche. Un’ultima domanda di rito: dopo tutto questo percorso, quali sono i prossimi obiettivi?

MICHELE: «Abbiamo ancora molti sogni da realizzare. Uno dei nostri principali obiettivi è rimanere leader nel campo della digitalizzazione nel settore della sicurezza. Puntiamo a introdurre dispositivi sempre più avanzati che garantiscano la sicurezza personale e dei beni dei nostri clienti, mantenendo al contempo un’interfaccia intuitiva e facile da usare».

LORENZA: «È importante ricordare che siamo un›azienda giovane e che negli ultimi vent›anni abbiamo beneficiato di una crescita costante. Continueremo a espanderci, rafforzando la nostra presenza in altre regioni della Svizzera e d’Europa».

MATTIA: «Inoltre, stiamo già riflettendo su come garantire un passaggio generazionale efficace, in modo che il nostro Gruppo possa mantenere la continuità nel tempo. Così come nostro padre ha avuto fiducia in noi, è essenziale che anche noi riponiamo fiducia nelle nuove generazioni per assicurare uno sviluppo armonico e sostenibile».

IL TRADING DELLE MATERIE PRIME IN UN MONDO SEMPRE PIÙ DIVISO

LUGANO HA OSPITATO L’1 E IL 2 LUGLIO LA GLOBAL COMMODITIES CONFERENCE 2024, EVENTO ORGANIZZATO DALLA LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION (LCTA), NEL CORSO DEL QUALE IL MONDO DELLE MATERIE PRIME SI È CONFRONTATO

RIGUARDO L’IMPATTO SUI MERCATI

GLOBALI DELLE COMMODITY DETERMINATO DALLE ATTUALI

DINAMICHE GEOPOLITICHE E DALLA TRANSIZIONE ENERGETICA. L’INCONTRO HA RIUNITO OLTRE

150 PROFESSIONISTI DEL SETTORE, PROVENIENTI DA TUTTA LA SVIZZERA E DA IMPORTANTI

CENTRI COME LONDRA E DUBAI.

La geopolitica e i modelli commerciali globali si stanno rapidamente riconfigurando. Le tensio -

ni in Medio Oriente, in particolare, stanno esercitando pressioni sulle principali materie prime, interrompendo le rotte commerciali e le catene di approvvigionamento. Dal canto suo, la «transizione verde» non solo aumenta la domanda di materie prime legate all’energia pulita, ma solleva anche importanti questioni riguardanti l’approvvigionamento sostenibile e l’impegno verso una produzione etica delle materie prime.

La Global Commodities Conference 2024 ha dato l’opportunità ai trader svizzeri e internazionali di materie prime, ma anche a banche e assicurazioni attive nel settore, di confrontarsi su questi temi, analizzando come il commodity trading sia in grado di affrontare la frammentazione globale e un nuovo ordine mondiale, gestendo la complessità operativa, apportando i necessa-

Ph: © studio Daulte / Loreta Daulte

ri adeguamenti e capitalizzando le nuove opportunità di trading. La Conference si è aperta con una prolusione di Yves Rossier, già Ambasciatore svizzero in Russia, sui rapporti di causa ed effetto tra guerra, commercio e sanzioni e sul ruolo della Svizzera nello scacchiere diplomatico globale. I lavori sono poi proseguiti al LAC con i saluti iniziali del presidente Matteo Somaini e una mattinata articolata in due sessioni. Nella prima sessione, Matthew Bryza, già ambasciatore americano in Azerbaigian, si è espresso in merito al nuovo scenario mediorientale. Sono poi intervenuti la studiosa di politica estera Anna Borshchevskaya, membro Senior de The Washington Institute for Near East Policy, Marco Galimberti, CEO di DP Trade, Ano Kuhanathan, Head of Corporate Research di Allianz Trade e James May, Head of Strategy di Duferco SA. Il panel di analisti e di leader di settore ha esaminato gli effetti del conflitto sul commercio di materie prime e sul trasporto marittimo, dagli aspetti logistici all’aumento dei costi, alla gestione dei rischi, evidenziando come gli effetti negativi dell’incertezza si siano riversati sull’Europa e in particolare sulla sua

LA RUSSIA NON STA A GUARDARE

In occasione della GCC, Dimitri Loringett ha incontrato Anna Borschchevskaya, membro senior, di The Washington Institute for Near East Policy.

«Nel complesso, il Medio Oriente sta attraversando un periodo turbolento ed è improbabile che le cose cambino presto, quindi è importante prepararsi a una situazione di instabilità di lungo periodo. Questa regione si trova in corrispondenza di nodi strategici che hanno un impatto sul commercio marittimo. Si pensi per esempio a come i ribelli yemeniti Houthi nel Mar Rosso riescano, con il lancio di droni “economici”, a indurre gli Stati Uniti a reagire con l’utilizzo di armamenti più costosi. È probabile che altri avversari dell’Occidente possano prendere esempio dagli Houthi e trovare il modo di perturbare i commerci marittimi con simili approcci “a basso costo” per raggiungere i propri obiettivi strategici, che probabilmente includono ulteriori azioni per indebolire gli Stati Uniti e i loro alleati. Anche la

Russia è presente nella regione, con la sua cosiddetta «flotta fantasma» che continua a trasportare petrolio in queste acque, seppur con rischi accresciuti. Queste navi, infatti, non sono coperte da assicurazione, il che fa aumentare considerevolmente i rischi associati al loro utilizzo. Putin vuole cambiare l’ordine mondiale rafforzando il potere e l’influenza russa per indebolire l’Occidente. La Russia di Putin ha sempre visto il Medio Oriente come un campo per competere con l’Occidente. Infatti, l’intervento militare di Mosca in Siria alla fine del 2015 ha rappresentato una sfida all’ordine mondiale liberale. La Russia mira a un mondo multipolare e ha usato il Medio Oriente per raggiungere tale obiettivo. Per anni la Russia si è posizionata come mediatore nella regione, come qualcuno in grado di parlare con tutte le parti. Ma in realtà si è sempre avvicinata alle forze antiamericane della regione, ovvero l’Iran e i suoi alleati insieme al regime di Assad». Fonte LCTA/CdT

degli obiettivi comuni, quali: il miglioramento della formazione del proprio personale, l’ampliamento delle conoscenze settoriali, lo scambio di opinioni e punti di vista, ma anche lo sviluppo di una piattaforma a 360° formata da commodity trader, compagnie di navigazione, banche attive nel commodity trade finance nonché assicurazioni, fiduciarie e altri attori importanti per il settore. Oggi la LCTA riunisce alcuni dei maggiori operatori del settore e del suo ecosistema, tutte persone giuridiche ubicate e registrate in Svizzera, con un legame commerciale con il Ticino e con le regioni attigue.

La seconda sessione è stata introdotta da Deia Markova, Head of Trade Commodity Finance presso Société Générale Corporate & Investment Banking (SGCIB), che si è concentrata sull’«ecologizzazione» delle materie prime e sulla «decommoditizzazione» del settore, guidate dalla transizione energetica, e su come produttori e commercianti di materie prime possano adattarsi a questo ambiente in continua evoluzione.

Il tema è poi stato approfondito da Simone Knobloch , COO di Valcambi, Giulio Macciocchi , Head of Finance & ESG di DXT Commodities, Stephen Thomas , Head of ESG & Sustainability di ArrowResources e dalla stessa Deia Markova in un panel moderato da Dominique Bruggmann , Manager Financial Services Risk Consulting di EY.

I panelist hanno evidenziato il ruolo giocato dai mercati del carbonio nel-

la transizione verso la decarbonizzazione e il fatto che clienti ed istituti finanziari richiedano sempre più materie prime provenienti da fonti sostenibili e responsabili, sottolineando altresì il rischio di sovra regolamentazione e la necessità di trovare soluzioni accettabili per tutti.

Nel concludere i lavori il presidente LCTA Matteo Somaini, ha voluto sottolineare la relatività di concetti come la multipolarità, la volatilità e la stabilità; la possibile affermazione di un nuovo paradigma in cui la politica predomina sull’economia; la necessità per i trader di trarre vantaggio dalle transizioni e, nello specifico, di riuscire a cavalcare con successo la transizione energetica; come questa vada di pari passo con una «transizione senza risorse», che in sostanza richiede l’adozione di nuove strategie di approccio ai mercati.

La Lugano Commodity Trading Association (LCTA) è un’associazione senza scopo di lucro con sede a Lugano fondata nel 2010 per rispondere alla necessità delle aziende attive nel settore del commodity trading di rafforzare le condizioni quadro favorevoli del cantone Ticino perseguendo «locomotiva» (la Germania), sempre meno competitiva, non senza però dimenticare le opportunità che si presentano grazie al Medio Oriente, per la prima volta protagonista della transizione energetica.

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Come nasce la sua passione per i fiori e in che misura riesce attraverso di essi ad esprimere la sua personalità? «Credo di essere stata sempre attratta dal mondo dei fiori, guidata fin fa piccola all’amore per le piante da mia nonna che ne era un’autentica appassionata. Dopo aver intrapreso altri indirizzi professionali si è presentata l’occasione di intraprendere questa attività che mi consente di esprimere appieno la mia sensibilità e il gusto

per il bello, ma anche di misurarmi in una sfida imprenditoriale quanto mai impegnativa e gratificante».

Quali sono i principali servizi da voi offerti e a chi si rivolgono? «I fiori sono qualcosa senza tempo e i nostri clienti hanno tutte le età. Si può davvero dire che i fiori attraversano ogni fase della nostra vita, dalla nascita, al matrimonio, fino alla morte. Nel nostro negozio proponiamo, oltre alla vendita di piante e fiori, allestimenti e addobbi floreali per tutti i tipi di eventi, cerimonie, anniversari, allestimenti di vetrine, arredi per uffici, occasioni speciali pubbliche e private».

In occasione di eventi, l’addobbo con fiori e piante riveste una particolare importanza. Nello specifico, in che modo intervenite per rendere per esempio un matrimonio qualcosa di speciale?

«Il punto di partenza deve sempre essere una capacità di ascolto di quelli che sono i desideri e le

aspettative della coppia che deve sposarsi. Compresi quelli che sono i loro gusti e lo stile a cui intendono improntare la cerimonia, interveniamo con la nostra esperienza cercando di consigliare le soluzioni più idonee e funzionali al fine di rendere indimenticabile ogni dettaglio di quel giorno speciale».

Qual è la principale fonte di ispirazione da cui trae suggerimenti e idee per i suoi progetti di allestimento?

«Direi senz’altro la natura, con la sua capacità di creare abbinamenti cromatici che infondono un grande senso di

equilibrio e armonia. Poi interviene la mia fantasia, la voglia di creare nuovi e originali accostamenti e, naturalmente, la capacità di scegliere piante e fiori di stagione o comunque disponibili sul mercato facendo ricorso ad una rete di fornitori affidabili e qualificati presenti in Svizzera o in tutto il mondo».

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Fare impresa significa anche STARE CON LE PERSONE

INTERVISTA A STEFANIA PADOAN, IMPRENDITRICE E CEO DI PADOAN GROUP. CON LEI PARLIAMO DELL’IMPORTANZA DEL SAPERSI RELAZIONARE IN PERSONA PER AVERE SUCCESSO SIA NEGLI AFFARI, SIA IN SOCIETÀ.

DI DIMITRI LORINGETT

Spesso gli imprenditori stranieri che scelgono la Svizzera italiana per insediare la propria attività tendono a essere un po’ «distanti» dalla realtà sociale della regione. Lei invece è più «radicata» nel territorio: questione di carattere o volontà precisa?

«Credo sia un insieme di cose. Innanzitutto, provengo da una regione (il

Veneto, ndr) che, per il suo trascorso migratorio e carattere imprenditoriale è aperta alle nuove sfide. In secondo luogo, ho avuto la fortuna di poter girare il mondo per lavoro e quindi mi sono abituata a confrontarmi con realtà e persone di varia estrazione. Mi sono dunque calata in questi modi diversi di vivere i propri territori. Ed è ciò che ho fatto anche quando sono venuta in Svizzera (nel 2013, ndr): inizialmente il motivo era per insediare un’unità produttiva della mia azienda, in seguito ho deciso pure di abitarci perché credo fortemente che per fare impresa bene bisogna radicarsi nel territorio in cui operi, altrimenti è un po’ come fare le cose a metà. Mi ricordo di alcune persone incontrate all’inizio del mio percorso che mi dicevano “dimenticati di tornare a casa (a Treviso, ndr) ogni settimana”. Grazie a queste persone, ma anche un po’ al mio carattere, sono stata accolta in questa regione e ciò mi ha aiutato anche a viverla più intensamente».

Quanto tempo dedica alle attività «extra lavorative», per esempio nelle associazioni?

«Non ho una misura precisa, ma posso dire che come membra di comitato in associazioni quali AITI e AIF in Ticino, ma anche Confindustria Veneto est e come componente della Commissione pari opportunità della Provincia di Treviso, dedico alcune mezze giornate per le riunioni, a cui però si aggiunge la partecipazione alle attività pubbliche. Ma gli impegni extra-lavorativi fanno parte delle mie passioni, cioè lo stare con le persone per ascoltare le loro esperienze e con-

dividere le mie. Anche questo fa parte del fare impresa, comunque».

Le relazioni via social sono facili ma forse proprio per questo hanno meno valore. È d’accordo con questa affermazione?

«Uso poco i social, credo piuttosto nei contatti personali, il vedersi in carne e ossa perché credo che così si è molto più efficaci nella comunicazione. I social media un po’ come l’olio che resta sopra l’acqua: sono superficiali. A mio parere, per fare bene qualcosa bisogna sedersi attorno a un tavolo, vedersi, parlarsi e condividere le idee. I social media e le tecnologie digitali in generale, tra cui l’intelligenza artificiale, sono comunque importanti per il futuro perché consentono anche più rapidità, efficienza e produttività. Tuttavia, l’interazione personale, fisica, rimane fondamentale per la comunicazione».

Quanto è importante, secondo lei, vedersi «a quattr’occhi», negli affari come in società? «Quando entrai nell’azienda di famiglia mi insegnarono a fare affari con i clienti semplicemente con una stretta di mano. È vero che i tempi sono cambiati ma l’importanza del rapporto fisico per me rimane lo stesso del passato e ancor più nel presente. Lo stesso vale anche per i rapporti non di lavoro».

Un olimpo di charme, dedicato al culto del benessere, pensato per gli ospiti dell’hotel, ma aperto anche ai visitatori esterni.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

COME STA CAMBIANDO

IL LAVORO DEGLI SVILUPPATORI,

PROFESSIONISTI CHE ATTRAVERSO

LA SCRITTURA DI CODICE

CI PERMETTONO DI SFRUTTARE

IL DIGITALE? QUALE SARÀ

IL CONTRIBUTO DI QUESTA

TECNOLOGIA NEL WEB 4.0?

CON TIZIANO LEIDI, DIRETTORE

DELL’ISTITUTO SISTEMI

INFORMATIVI E NETWORKING

DELLA SUPSI, SCOPRIAMO

COME POTREBBERO CAMBIARE

LE NOSTRE VITE.

DENTRO LA RIVOLUZIONE DIGITALE

Che definizione si può dare del web 4.0?

«L’Unione europea, che ha già annunciato ampio sostegno alla ricerca in questo ambito, lo chiama next generation internet o ricorre al termine virtual worlds, un’evoluzione del concetto di metaverso. Si parla anche di spatial internet per descrivere questo internet molto più immersivo; un punto d’incontro fra il virtuale e il reale in cui l’utente si muoverà contemporaneamente tra le due dimensioni grazie a dispositivi indossabili e capaci di fornirgli informazioni a supporto dell’esperienza sociale e professionale. Sappiamo già che questo nuovo ambiente di accesso all’informazione sarà human centered, costruito affinché le persone possano capirlo in modo semplice».

Come possiamo immaginarci il web del domani e che ruolo avrà l’intelligenza artificiale?

«Sicuramente come un internet in cui avremo un ruolo sempre più attivo e un’intersezione fra mondo reale e mondo virtuale che potremo controllare con i modelli di machine learning, che ci supporteranno

anche in attività molto complesse. I dispositivi indossabili - orologi, anelli e soprattutto occhiali per l’extended reality - ci permetteranno di vivere un’esperienza molto diversa rispetto al web tradizionale, fatto di schermate e bottoni. Si interagirà con la voce e con i gesti, con cui potremo recuperare informazioni ma anche influenzare l’ambiente in cui ci troveremo, sia reale che virtuale. Ad esempio: al supermercato potremo chiedere di trovare un prodotto e verremo condotti fra gli scaffali fino ad esso. Le potenzialità sono innumerevoli, per un ampissimo ventaglio di attività. Fino a quando non ci sarà un’intelligenza artificiale generale (AGI), ovvero capace di apprendere e capire qualsiasi compito che può imparare un essere umano, l’IA si tradurrà in una cassetta degli attrezzi sempre più accessibile, integrata in questo nuovo internet e in grado di svolgere attività specifiche. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una rapida evoluzione dei modelli di linguaggio capaci di scrivere testi, riassumerli e organizzare informazioni e di intelligenze artificiali generative che creano immagini e video. Questi strumenti probabilmente si presenteranno sotto forma di agenti virtuali che potremo interrogare, chiedendo loro di eseguire un compito e affinare il risultato in interazioni progressive. Lo scambio avverrà con un linguaggio e con gesti naturali; dunque, con una user experience estremamente semplice».

Qual è il contributo dell’Istituto sistemi informativi e networking allo sviluppo del web 4.0?

«I virtual worlds e lo spatial internet sono al centro della nostra strategia scientifica. Abbiamo solide competenze nella realtà virtuale, nell’analisi dei dati, nella user interface e user experience, nella sicurezza informatica e nella privacy, nonché nel cloud computing e nei sistemi distribuiti e decentralizzati. Vogliamo continuare la ricerca in questi ambiti e al tempo stesso specializzarci nell’intersezione tra queste competenze, coinvolgendo partner di progetto esterni e attivando nuove collaborazioni accademiche con istituzioni europee. In questa visione prendiamo ispirazione dalla volontà dell’UE di profilarsi nello sviluppo del web 4.0.

Tra i progetti che vanno in questa direzione si può citare V-cockpit, sviluppato insieme all’azienda ticinese Connecta Automotive Solutions. In un ambiente virtuale abbiamo la possibilità di modificare il design dell’abitacolo di un’automobile, intervenendo su tutti gli elementi al suo interno, sui materiali e sperimentando in realtà virtuale il loro utilizzo mentre si è alla guida. Possiamo immaginare che in futuro potremo lavorare con persone connesse dai quattro angoli del mondo che interagiranno fra loro e interverranno sul design del cockpit in tempo reale, indossando un paio di occhiali».

A suo avviso in che lasso di tempo un comune utente avrà accesso al web 4.0?

«Si può stimare un orizzonte di tempo fra i 5 e i 10 anni. Abbiamo già a disposizione strumenti di extended reality, che però non sono ancora entrati nella vita quotidiana del grande pubblico. È difficile fare previsioni e tutto potrebbe accelerare con lo sviluppo di modelli di IA generale».

In una recente dichiarazione pubblica il CEO di NVIDIA (l’azienda leader mondiale nella produzione di processori per l’intelligenza artificiale) ha affermato che l’IA trasformerà tutti in sviluppatori.

La tecnologia rappresenterà la fine della programmazione come la conosciamo oggi?

«Sì e no. Grazie alle IA generative è facile immaginare che si potrà programmare in linguaggio naturale, senza la necessità di conoscere linguaggi di programmazione. Progressivamente vedremo ridursi la figura del programmatore esperto, a profitto di figure professionali in grado di indicare all’intelligenza artificiale come produrre una funzionalità desiderata. Non significa che gli sviluppatori scompariranno, anzi: il livello di complessità derivante dal next generation internet crescerà, così come la richiesta di figure capaci di allestire questi nuovi spazi virtuali, definendone il funzionamento.

mente si investirà più tempo nel puro atto creativo e nel problem solving, immaginando e concretizzando nuove funzionalità specifiche per un particolare pubblico o organizzando le richieste degli utenti nella loro estrema eterogeneità. Questi professionisti non scriveranno linee di codice di fronte a un monitor, ma interagiranno in extended reality. Il futuro degli sviluppatori potrebbe essere questo».

Non penso solo agli sviluppatori, ma anche a grafici, 3D designer e a figure che oggi non hanno ancora una definizione professionale chiara. Sicura-

Abbiamo parlato di futuro. Nel presente che impatto sta avendo l’intelligenza artificiale sul vostro lavoro? «I modelli di linguaggio integrati negli ambienti di sviluppo, ci permettono di trovare soluzioni in tempi molto più rapidi. L’intelligenza artificiale ha sicuramente portato un’accelerazione nelle nostre capacità realizzative: è un’assistente sempre a disposizione che aiuta a identificare delle scorciatoie. Mi aspetto che questi strumenti diventino sempre più efficaci anche nello scovare errori nel codice. Il bug fixing può essere un’attività molto onerosa se il bug è nascosto. Avere strumenti che li identifichino automaticamente potrebbe avvantaggiare molto gli sviluppatori. Non ci si deve però dimenticare che oggi l’IA non è esente da imperfezioni; dunque, lo sviluppatore non può ancora esimersi dall’avere una conoscenza, anche profonda, del linguaggio di programmazione. Non siamo ancora ad un livello in cui qualsiasi programma può essere realizzato con il linguaggio naturale».

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STARTUP TICINESE.

Quella di LighthouseTech è la tipica storia di un sogno imprenditoriale che, in estrema sintesi, passa da un’intuizione iniziale alla messa a punto di un progetto, dalla realizzazione di un prototipo sperimentale alla produzione di una prima serie di pezzi. Ma con una variante che aiuta a meglio comprendere come il percorso di una startup non sia sempre lineare e abbia talvolta bisogno per crescere di pause e ripensamenti e, soprattutto, di un favorevole ecosistema che faccia da incubatore al suo sviluppo. Così, Andrea Moroni Stampa esordisce raccontando di co -

me Lighthouse Tech «abbia partecipato all’edizione 2020 di Boldbrain Startup Challenge senza tuttavia arrivare alla fase finale. In effetti il nostro progetto non era allora ancora perfettamente strutturato e i mesi successivi si sono rivelati preziosi grazie all’attività di coaching, svolta in collaborazione con i consulenti di Fondazione Agire, e più in generale al supporto ricevuto attraverso il processo di accelerazione riservato alle startup innovative. All’epoca avevamo ottenuto un primo supporto da parte dell’ente federale Innosuisse e, con la collaborazione di SUPSI, l’idea avuta dagli iniziatori del progetto Franco Burlando e Riccardo Baldini è risultata essere interessante e tecnicamente fattibile. Mancava ancora però una visione globale della struttura organizzativa e soprattutto delle strategie di marketing da adottare». Da allora le successive tappe sono sta-

Ph: © Chiara Micci / Garbani per Ticino Scienza

te bruciate con un ritmo incalzante. Dopo mesi di ricerche e sviluppo, è stata completata l’incubazione presso l’USI Startup Centre nel 2023 e recentemente Lighthouse Tech ha ricevuto il riconoscimento di startup innovativa da parte del Cantone. A questo punto vale la pena approfondire i contenuti del loro progetto, e soprattutto perché risulta essere originale e innovativo rispetto alle soluzioni adottate da altre aziende del settore. «Il nostro obbiettivoprosegue l’ingegner Moroni Stampa - è sempre stato quello di progettare e immettere sul mercato occhiali intelligenti come ausilio alla mobilità per persone cieche e ipovedenti. Questi occhiali sono in grado di riconoscere elementi diversi e potenzialmente pericolosi dell’ambiente circostante, fornendo informazioni tattili in tempo reale all’utente, grazie a un sistema di feedback a vibrazione ossea. Le soluzioni tecniche adottate hanno reso gli occhiali non solo un ausilio per la vista, ma un vero e proprio dispositivo smart, aumentando l’autonomia e l’integrazione sociale degli utenti. Oltre ad essere tecnologicamente all’avanguardia, presentano la grande novità di essere anche eleganti e alla moda: in questo senso è risultato decisivo il contributo di Baldini e Burlando, i quali vantano entrambi decenni di esperienza nel settore del fashion eyewear design, e hanno voluto creare degli occhiali anche esteticamente belli e leggeri, rompendo il paradigma tradizionale degli ausili per portatori di handicap, spesso consi-

derati ingombranti e poco attraenti». Un altro punto cruciale nella storia di Lighthouse Tech è stata la collaborazione con organizzazioni non profit e associazioni per i ciechi. Questi partenariati hanno fin da subito fornito non solo visibilità, ma anche preziose informazioni su come progettare occhiali che fossero funzionali, ma anche e soprattutto comodi e accessibili. La startup ha lavorato a stretto contatto con esperti del settore e con gli stessi utenti per garantire che il prodotto finale fosse intuitivo e facile da usare. La montatura per occhiali intelligenti TAMI, che verrà prodotta in una prima serie in autunno, combina dunque sensori avanzati e feedback in tempo reale per migliorare la mobilità e la sicurezza personale. I materiali utilizzati privilegiano la sostenibilità, l’estetica e la comodità d’uso, proponendo un device di design utilizzabile ogni giorno in modo continuativo. Nel proprio percorso imprenditoriale Lighthouse Tech ha attirato l’attenzione di investitori e istituzioni e ottenuto finanziamenti che hanno permesso di ampliare il team di ingegneri e sviluppatori e di avviare un programma di test con utenti reali. Questo processo è stato fondamentale per raccogliere feed-back e migliorare il prodotto finale, assicurandosi che rispondesse alle esigenze reali degli utenti.

Di recente, ha annunciato la chiusura del primo round di finanziamento seed con il quale si è assicurata un flusso finanziario pari a 500.000 CHF. In precedenza, aveva ricevuto sovvenzioni e riconoscimenti attraverso premi prestigiosi. «È stato davvero molto gratificante, anche economicamente, partecipare a premi e contest in tutta Europa e nel mondo. Con grande impegno, tra le altre cose, siamo arrivati in fi -

nale al >>>Venture>>> 2023 Startup Challenge nel settore Health&Nutrition, abbiamo partecipato al Grand Prix Möbius Suisse 2023 e abbiamo completato il programma MassChallenge US per Early stage. Non da ultimo abbiamo vinto la prima edizione dell’ATED Project Innovation 2023 e ricevuto l’AISOM Innovation Award 2024. È poi importante ricordare che la Toyota Mobility Foundation ci sostiene e ci ha dato un grosso finanziamento equity-free tramite la selezione come finalista del loro “mobility4all idea contest 2023”. Questo ci ha permesso di sviluppare il nostro design e la nostra tecnologia sotto forma di un proof of concept (PoC), testandola poi con oltre 100 persone cieche e ipovedenti. Le prospettive per i prossimi mesi sono molto incoraggianti e Lighthouse conta di essere definitamente presente sul mercato già il prossimo anno. «Grazie all’ecosistema dell’innovazione ticinese e Svizzero abbiamo potuto partecipare per due anni consecutivi al Consumer Electronic Show (CES) di Las Vegas, un’esperienza estremamente formativa. Per affrontare l’espansione nei mercati internazionali - conclude Andrea Moroni Stampa - ci siamo poi affidati anche a Switzerland Global Enterprise (S-GE), l’organizzazione ufficiale svizzera che agisce su mandato della SECO per supportare le aziende svizzere esportatrici. Lighthouse Tech ha inoltre avviato iniziative per garantire che i suoi prodotti siano accessibili a tutti, collaborando con enti pubblici e privati per fornire occhiali a prezzi accessibili a chi ne ha bisogno».

LA VERSATILITÀ DEL LASER SULLA PELLE

Per prima cosa, vale la pena capire cos’è il laser e qual è la tecnologia soggiacente al servizio della dermatologia…

«Il laser è un dispositivo medicale che utilizza specifiche lunghezze d’onda per colpire diversi bersagli nella pelle. In parole semplici, si utilizza l’energia prodotta dal fascio di luce che viene assorbita (ad esempio nel caso delle lesioni pigmentate) dal pigmento presente nella cute. È

LA DOTTORESSA NICOLETTA

JABERG-BENTELE, SPECIALISTA IN DERMATOLOGIA E VENEREOLOGIA AL MEDICENTRO DELLA CLINICA SANT’ANNA DI SORENGO, SPIEGA LA VERSATILITÀ DEL LASER CLARITY II PER I TRATTAMENTI DELLA PELLE, DALL’ESTETICA ALLA PRESA A CARICO MEDICALE.

dunque un trattamento non pericoloso, che non penetra in profondità e, in genere, non produce dolore al di là di un leggero pizzicore che si può avvertire durante la seduta. Grazie a una tecnologia consolidata e a funzioni avanzate, il laser consente al medico di applicare svariati metodi di trattamento concepiti specificamente per le esigenze individuali di ciascuno. Possiamo inoltre affermare che il sistema Clarity da noi utilizzato produce risultati visibili già dopo i primi trattamenti: parliamo infatti di un sistema laser versatile a doppia lunghezza d’onda che permette di offrire il trattamento più adeguato alle esigenze della persona, partendo dal suo attento ascolto che permette al medico di postulare una diagnosi e alla traccia di un percorso appropriato».

“Dei

buoni risultati si ottengono per la rosacea, piuttosto comune per la pelle, caratterizzata da una sua considerevole tendenza al rossore che interessa soprattutto la zona del viso, nello specifico le guance e il naso, fino ad estendersi alla fronte e agli zigomi”.

Quali sono, in sintesi, le possibilità di trattamento di questa tecnologia laser sulla pelle?

«Nell’ambito delle patologie cutanee, il laser consente di trattare in modo mirato gli angiomi cutanei (dei tumori benigni causati da uno sviluppo anomalo delle cellule dei vasi sangui-

gni endoteliali), spider nervi (il nevo araneo è una lesione vascolare di color rosso vivo, debolmente pulsante, costituita da un’arteriola centrale con sottili proiezioni simili alle zampe di ragno) e altre alterazioni cutanee angiomatose (riguardano i vasi sanguigni e i capillari) come le teleangectasie. Questo, con il vantaggio di non intaccare le restanti sezioni della pelle non interessate.

Fra gli angiomi possiamo distinguerne una certa varietà per la quale, comunque, la prognosi è ottima proprio con la terapia laser. Ad esempio, il laser è indicato per il Venous Lake (Lago Venoso), una papula generalmente morbida che va da 0.2 a 1 centimetro di dimensione, di un colore blu scuro, che si trova comunemente sulle superfici del bordo vermiglio del labbro. Queste, sono lesioni assolutamente benigne che si verificano generalmente tra le persone anziane».

Per quanto attiene al citato ventaglio di trattamenti, il laser può venire in aiuto anche a problematiche di tipo più “estetico”?

«Dei buoni risultati si ottengono per la rosacea, piuttosto comune per la pelle, caratterizzata da una sua considerevole tendenza al rossore che interessa soprattutto la zona del viso, nello specifico le guance e il naso, fino ad estendersi alla fronte e agli zigomi. In questo caso, le lunghezze d’onda del laser Clarity penetrano in profondità nei vasi sanguigni responsabili dell’arrossamento della pelle, e la sua energia viene assorbita permettendo di rimuovere o ridurre al massimo quelli anomali. Si possono pure trattare con successo le macchie della pelle, le cosiddette macchie dell’età, che si formano prevalentemente dopo un’esposi -

zione solare, a causa di un accumulo di raggi UV nel corso della vita. Ad ogni modo, consigliamo però di eseguire in primis una visita dermatologica con dermatoscopio per escludere lesioni melanocitarie di origine maligna. In questo caso, con l’ausilio di una speciale tecnica, il medico eliminerà con precisione le macchie pigmentate e la pelle sarà rinnovata. Si tratta di un trattamento gradevole che garantisce una ripresa molto veloce della cute».

Quando si parla di laser e di pelle si pensa spesso all’eliminazione definitiva dei peli superflui e alla cute che si rigenera...

«Infatti, il trattamento con questo sistema permetterà di dire addio al rasoio, assicurando la rimozione dei peli più rapida ed efficace in assoluto. Le sedute per la rimozione dei peli non risultano assolutamente fastidiose: l’energia del laser viene semplicemente assorbita dalla melatonina del follicolo pilifero e distrugge così il pelo alla radice. Il laser può essere d’aiuto, in modo delicato e mininvasivo, anche per ridurre le rughe della pelle e rassodarla: parliamo sempre di metodi gradevoli che possono essere praticamente applicati su tutti i tipi di pelle e non richiedono un’ulteriore anestesia locale».

Vi sono persone che non si possono sottoporre ai trattamenti laser, e per quali ragioni? «Le controindicazioni per le quali non ci si può sottoporre a sedute laser sono poche: non è indicato per chi soffre di epilessia; per una questione precauzionale non è adatto neppure se è in corso una gravidanza, e bisogna informare il medico sui farmaci che si assumono perché alcuni potrebbero interferire sul risul-

tato. Bisogna sempre riservare molta attenzione all’esposizione solare: i trattamenti laser non vanno eseguiti d’estate ma preferibilmente sempre durante i mesi invernali. E, in ogni caso, bisogna evitare di esporsi al sole prima della seduta, così come per quattro settimane successive al trattamento stesso. Soprattutto in estate, per la zona cutanea trattata con il laser bisogna utilizzare una crema protettiva (con fattore di protezione + 50) per le successive 4 – 6 settimane. Inoltre, nelle prime settimane dopo la terapia con il laser bisogna evitare assolutamente l’uso di creme autoabbronzanti e solarium. Infine, bisogna assolutamente evitare di strofinare e graffiare la pelle trattata con il laser».

Possiamo affermare che il laser sia una tecnologia che non presenta particolari effetti collaterali?

«Il sistema di raffreddamento esterno del nostro laser rende il trattamento più gradevole e non abbisogna, come dicevamo, di un’ulteriore anestesia locale perché, grazie alla delicatezza dei metodi impiegati, è ben tollerabile. Infine, bisogna dire che è raro si verifichino degli arrossamenti della pelle, anche in caso di terapie combinate. Dopo il trattamento è quindi generalmente possibile curare la pelle e truccarsi come di consueto».

Rigenerare la pelle danneggiata dal sole: CONSIGLI e SOLUZIONI

CON L’ESTATE CHE SI CONCLUDE, IL DOTT. MATTEO MALACCO, MEDICO CHIRURGO, SPECIALISTA IN CHIRURGIA PLASTICA, RICOSTRUTTIVA ED ESTETICA, ALLA GUIDA DI THE LONGEVITY SUITE DI LUGANO-PARADISO, OFFRE SOLUZIONI INNOVATIVE PER RIPARARE E RIGENERARE LA PELLE DI COLORO CHE HANNO SUBITO DANNI DA UNA PROLUNGATA ESPOSIZIONE AI RAGGI SOLARI, RESTITUENDO ALLA PELLE UN ASPETTO GIOVANE E SANO.

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LUGANO

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i sente spesso ripetere che il sole fa bene. Ma è vero e quali sono, in generale, gli effetti di una esposizione prolungata ai suoi raggi?

«Contrariamente a ciò che siamo soliti credere in Occidente, l’abbronzatura, spesso considerata un segno di bellezza, è in realtà un meccanismo di difesa della pelle contro i danni causati dall’esposizione ai raggi ultravioletti (UV). Questi raggi penetrano nella pelle,

provocando un aumento della produzione di melanina, il pigmento responsabile della colorazione di pelle, peli e capelli. Dopo alcuni giorni di esposizione al sole, le zone più esposte iniziano a scurirsi: è un tentativo della pelle di proteggere le cellule dai danni delle radiazioni UV. Tuttavia, quando l’esposizione è intensa e prolungata, l’abbronzatura non è sufficiente a proteggerci. Queste radiazioni possono essere molto pericolose per la pelle, causando danni al collagene e ai tessuti cutanei. Ciò può portare a scottature, invecchiamento precoce e comparsa di rughe. Per questo motivo, è fondamentale proteggersi durante lunghe esposizioni al sole estivo, utilizzando prodotti che schermano i raggi

UV. Va notato, però, che i filtri solari riducono anche la sintesi di vitamina D. L’esposizione prolungata al sole, al vento e al sale durante l’estate può quindi avere effetti significativi non solo sulla salute della pelle, ma anche sui capelli e sull’organismo in generale».

Un’esposizione prolungata può causare seri danni alla pelle. Quali sono i principali rischi a cui essa va incontro?

«Mentre gli UVB si fermano sulla superficie della pelle causando rossori, eritemi solari e scottature, gli UVA penetrano fino al derma e, nel tempo, possono contribuire all’invecchiamento precoce della pelle. Questi raggi danneggiano le fibre di collagene ed elastina, che sono responsabili della tonicità, elasticità e compattezza della pelle, e aumentano la produzione di radicali liberi, a discapito delle so -

stanze antiossidanti. L’aumento dei radicali liberi, e soprattutto il loro accumulo a livello endocellulare, può ostacolare le normali funzioni cellulari e, con il tempo, causare la comparsa delle prime rughe, macchie ipercromiche e disidratazione della pelle».

Il rientro in città significa per molti la necessità di intervenire per riparare i danni estivi procurati alla propria pelle. Quali sono le soluzioni più efficaci proposte dalla medicina estetica rigenerativa?

«La medicina estetica rigenerativa si è affermata come una disciplina innovativa e promettente nel trattamento della pelle invecchiata o danneggiata, proponendo tecniche che stimolano i processi naturali di riparazione e rigenerazione cutanea. In particolare, una tecnica molto utilizzata è la Terapia con

Fattori di Crescita utilizza fattori di crescita derivati da piastrine (PRP) o da cellule staminali per stimolare la produzione di collagene ed elastina. Il PRP viene ottenuto tramite un prelievo di sangue del paziente, da cui si estraggono le piastrine che vengono successivamente iniettate nella pelle per promuovere la rigenerazione cellulare.

Altra tecnica efficace è il Microneedling, che utilizza un dispositivo dotato di aghi sottili per creare micro-perforazioni nella pelle, stimolando così la produzione di collagene e favorendo l’assorbimento di sostanze attive applicate sulla superficie cutanea, migliorando la texture e l’elasticità della pelle.

Esistono poi peeling chimici che consistono nell’applicazione di sostanze chimiche sulla pelle per rimuoverne gli strati superiori.

Questo processo promuove la rigenerazione cellulare e migliora la luminosità, riducendo le macchie e le rughe. Questi peeling possono variare in intensità (leggeri, medi o profondi) a seconda delle esigenze del paziente.

E, ancora, la laserterapia che utilizza diverse lunghezze d’onda per trattare la pelle invecchiata. I laser ablativi rimuovono gli strati superficiali della pelle, mentre i laser non ablativi stimolano la produzione di collagene senza danneggiare la superficie cutanea, migliorando texture, rughe e macchie solari».

Quali altri trattamenti per la cura della pelle sono proposti presso The Longevity Suite? «I filler dermici a base di acido ialuronico o altre sostanze biocompatibili sono utilizzati per ripristinare il volume e la pienezza della pelle, riempiendo rughe e linee sottili per migliorare l’aspetto generale del viso. La luce pulsata intensa è un’altra tecnologia efficace, che utilizza impulsi di luce per trattare vari inestetismi cutanei, come macchie, couperose e rughe, stimolando la produzione di collagene e migliorando la texture della pelle. Infine, la Biostimolazione, che prevede l’iniezio -

“I risultati migliori si ottengono adottando

un approccio combinato

di

diverse

tecniche,

così da affrontare vari aspetti dell’invecchiamento cutaneo, massimizzando i risultati.

È in ogni caso fondamentale considerare l’importanza di uno stile di vita sano e di una corretta routine di cura della pelle”.

ne di sostanze biocompatibili come l’acido ialuronico o aminoacidi, aiuta a rigenerare la pelle, ripristinando l’idratazione e il tono cutaneo».

In conclusione, quali consigli darebbe a donne e uomini per mantenere una pelle liscia, morbida e ben idratata durante tutto l’anno?

«I risultati migliori si ottengono adottando un approccio combinato di diverse tecniche, così da affrontare vari aspetti dell’invecchiamento cutaneo, massimizzando i risultati. È in ogni caso fondamentale considerare l’importanza di uno stile di vita sano e di una corretta routine di cura della pelle. Alimentazione equilibrata, idratazione adeguata e protezione solare sono essenziali per mantenere la pelle sana e ridurre i segni dell’invecchiamento. Le tecniche di medicina estetica rigenerativa offrono soluzioni personalizzate per il trattamento della pelle invecchiata e si rivelano essere sempre più indispensabili per ottenere una pelle più giovane, sana e luminosa».

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