EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80 MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE N° 082 GIUGNO / AGOSTO 2024 AUTO FERRARI 12CILINDRI Mito intramontabile PRIMO PIANO SERGIO MANTEGAZZA Un uomo con tante marce in più SPECIALE DESIGN SALONE DEL MOBILE Novità dalle aziende MASI CALDER Sculpting Time MAURIZIO
IL MONDO DI DAHRA
ROMANO
TRIBUTO A PARIGI 2024
Lo Speedmaster Chronoscope Paris 2024 celebra la precisione unica che da sempre OMEGA porta con sé ai Giochi Olimpici e Paralimpici. Realizzato nei colori dell’iconico evento che si terrà quest’estate, questo segnatempo in acciaio inossidabile si distingue per la medaglia commemorativa sul fondello. Sul quadrante spicca una pista di cronometraggio con tre scale con motivo spiraliforme in stile anni ’40: tachimetrica, pulsometrica e telemetrica. Un preciso strumento di misurazione che celebra il nostro leale ruolo di Cronometrista Ufficiale.
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Tourbillon Boutique: Via Nassa 3 • Lugano
EDITORE
Ticino Welcome Sagl
Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2
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RESPONSABILE EDITORIALE
Mario Mantegazza
COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI
Paola Chiericati
COORDINAMENTO EDITORIALE, SETTORE ARREDO/DESIGN
Francesco Galimberti
REALIZZAZIONE EDITORIALE
Mindonthemove srls
LAYOUT E GRAFICA
Kyrhian Balmelli e Lorenzo Terzaghi
FOTOGRAFIE
Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: studio kilo
STAMPA
FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona
SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch
PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch
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COLLABORATORI
Dalmazio Ambrosioni, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Rocco Bianchi, Andrea Conconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Franco Citterio, Ariella Del Rocino, Fabio Dotti, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli De’ Santi, Marta Lenzi, Arianna Livio, Dimitri Loringett, Manuela Lozza, Giorgia Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Pedevilla, Sarah Peregalli, Romano Pezzani, Amanda Prada, Valeria Rastrelli, Donatella Révay, Mattia Sacchi, Gerardo Segat, Gianni Simonato, Fabiana Testori.
DISTRIBUZIONE
IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino.
IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubbliciProvincia di Como e Lombardia.
Facciamo felici GLI “UMARELL”
Si dice sempre: “La città è tutta un cantiere!”. Fin qui tutto bene, vuol dire che la regione evolve e che c’è lavoro.
Gli “umarell” dovrebbero essere felici osservatori di tutto ciò, ma invece la maggior parte dei cantieri da noi si presenta davvero malissimo.
Quelli stradali durano anni, sono addirittura degni del Terzo Mondo. Il record di bruttezza spetta di diritto a quello all’incrocio di Massagno che è davvero una orrenda montagna russa a cielo aperto, seguito a ruota da via Mazzini a Lugano, anche se non è che gli altri stiano molto meglio.
na di rendere più accettabili le proprie “cesate” intorno alle costruzioni.
Fra i Dipartimenti più o meno utili che esistono in questo minuscolo Cantone, non potrebbe essercene uno che si preoccupi della regolazione, dell’estetica e della funzionalità dei cantieri che, per loro natura, si impongono a lungo ai nostri occhi e restano impressi nel tempo nelle fotografie, come nel caso del semaforo penzolante fra il Municipio di Lugano e il lago.
Dai, facciamo felici gli “umarell” e diamoci una mossa. Un cantiere dovrebbe presagire un miglioramento, creare un’attesa di qualcosa di nuovo, esprimere progresso e non regresso.
Oltre a quelli stradali ci sono poi quelli eterni autostradali, che mostrano il peggio in un territorio che registra uno dei maggiori volumi di transito d’Europa.
Infine quelli edilizi, dove troppo pochi sono i cantieri che si danno la pe-
Mario Mantegazza
7 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 TICINO WELCOME / EDITORIALE
DI MARIO MANTEGAZZA
MAURIZIO ROMANO
Il mondo di Dahra
SERGIO MANTEGAZZA
Un uomo con tante marce in più
EDITORIALE
GRANDANGOLO
CULTURA SPORT
FINANZA
SPECIALE DESIGN
BANCA DEL SEMPIONE
Come orientarsi sul mercato per creare valore
CARLO COLOMBO
Le aziende del settore scelgono la qualità
Faccimo Felici gli “Umarell” Di Mario Mantegazza
Maurizio Romano: Il mondo di Dahra Di Patrizia Pedevilla
Sergio Mantegazza: Un uomo con tante marce in più Di Eduardo Grottanelli De’Santi
Michel Gagnon: Un successo oltre le aspettative Di Donatella Révey
Audrey Hepburn: Un grande impegno a favore dei bambini
Sir. Pissarides: Perché esiste la disoccupazione quando esistono posti disponibili?
Francesco Facchinetti: Vivo lavorando e ne sono entusiasta Di Michelle Uffer
Aldo Sofia: Il lavoro d’inchiesta è sempre più importante
Consigli comunali: Cinque sindaci a confronto Di Andrea Grandi
Morena Ferrari Gamba: Riflessioni sulla politica che cambia
Dall’11 settembre al 7 ottobre Di Moreno Bernasconi
Lugano Dance Project: Spazi reali e luoghi immaginati
Sculpting time
Indagini sul corso umano
Kunsthaus Basilea: Made in Japan
Mattia Bottani: Voto 10 e lode
ABT: Borse di studio per giovani talenti
UBS Ticino: Maggiori competenze e know-how al servizio dei clienti
BancaStato: Oltre 65 milioni di franchi per il Cantone Ticino
BancaStato: Un premio per la sostenibilitä aziendale
BPS (Suisse): Il migliore risultato di sempre
BNP Paribas Wealth Management: Un focus importante sul Ticino
Banca del Sempione: Come orientarsi sul mercato per creare valore
BG (Suisse) Privatebank: Servizi esclusivi nel walth management
Banca Credinvest / Stelva Group: Mens sana negotia prospera
Sobrio Festival: Artisti affermati e giovani talenti
Salone del Mobile: Milano capitale mondiale dell’arredo e del design
Carlo Colombo: Le aziende del settore scelgono la qualità
Poliform: Storia di un’impresa di successo
Rugiano: Stile internazionale, sapienza artigianale
Minotti: Un rinnovamento fedele alla tradizione
Amorim Cork Italia/Riva 1920: Il sughero incontra il legno
Galimberti Nino: Creatività e stile senza tempo
ARCHITETTURA
SVIT: Il fiduciario immobiliare e il suo ruolo passato, presente e futuro
Corporate Brand: Pioniere nel settore degli immobili di lusso
MG Immobiliare: Una boutique immobiliare per soddisfare la clientela
WMM Real Estate: A qualcuno piace “green”
A TAVOLA CON… GASTRONOMIA
Vittorio Cornaro: Una banca ispirata ai valori familiari
SPST 2024: Deutschland: Gastronomie, Wein und Kultur
EHL: Dove l’ospitalità è un’arte
8 SOMMARIO / N° 82
92 76 16 10
Di Romano Pezzani
07 10 16 22 26 32 36 40 44 46 48 50 54 56 58 60 64 66 68 70 72 74 76 78 80 82 90 92 96 98 100 102 103 104 106 112 114 116 118 122
PRIMO
PIANO
LAC
MASI LUGANO
VITTORIO CORNARO
Una banca ispirata ai valori familiari
HOTELLERIESUISSE
TICINO
Un settore in crescita
LISA SARASIN
Accrescere la trasparenza delle fondazioni
TEEPORTEN GROUP
Protagonista nelle spedizioni internazionali
Ticino Gourmet Tour: Il pesce di lago, una risorsa da ri-scoprire
Giacomo Puccini: Gola e melodia: Puccini e l’arte di gustare la vita Di Marta Lenzi
Ristorante La Sorgente: La rinascita di un locale storico
ENOLOGIA
TURISMO
HOTELLERIE
Davide Comoli: Il vino che sa di antico
ARVI: Nel nome dell’arte e del vino
Ticino Convention Bureau: Un centro di competenze per il turismo d’affari
ADMG: Accoglienza in mezzo alla natura
Funicolare San Salvatore: Le novità della funicolare
Hotelleriesuisse Ticino: Un settore con tanta voglia di crescere
The Cambrian Adelboden: Design e autenticità nell’Oberland bernese Di Paola Chiericati
The Cambrian Adelboden: Dove si parlano tutte le lingue del mondo Di Giacomo Newlin
Un campo “scozzese” nel cuore del Vallese Di Ariella del Rocino
Villa Eden Merano: Benesse e longevità Di Paola Chiericati
LUSSO FASHION
AUTO
OMEGA: Aspettamdo Parigi
Girard Perregaux: 49 anni e non li dimostra
Damiani: Il lusso sposa il fascino e la bellezza
Jacob & CO: Ispirato all’impossibile
IBC: Quando i capolavori sposano i brand
DOSSIER FONDAZIONI
AZIENDE
MEDICINA
BENESSERE
Di Valentino Odorico
Mercedes-AMG CLE 53: Suggestiva, muscolare ed altamente tecnologica
Ferrari 12Cilindri: Mito intramontabile
Maserati GranCabrio: Design iconico e stile all’aria aperta
Genesis G90: Elegante e superconfortevole
Elisa Bortoluzzi Dubach: Il futuro della filantropoa individuale
Ina Piattini Pelloni: L’importanza di remare tutti insieme
Lisa Meyerhans Sarasin: Accrescere la trasparenza delle fondazioni
Rupert Graf Strachwitz: Philanthropy, a family vocation
Markus Reinhard: Our 360° philanthropy Di Elisa Bortoluzzi
Markus Fernàndez Femoselle: La compassione come percorso di vita
Fondazione Academy HC Lugano: Un impegno condiviso a favore dello sport
Teeporten Group: Protagonista nelle spedizioni internazionali
SUPSI: La promessa di una lunga vita in salute
Fondazione Agire / Rap: Facilitare le transazioni in modo semplice e trasparente
Foxtown: Sogno, innovazione e cratività
Sanitas Troesch: Bagno e cucina sempre più spazi di benessere
STRP: Comunicare nel nuovo “mercato dell’informazione”
My Academy: Stiamo creando manager o imprenditori?
Ars Medica: Un centro di eccellenza per la cura dei dolori alla schiena
Matteo Malacco: Medicina rigenerativa per lo sport
Francesca Ferrario: Ergoterapia per la riabilitazione della mano
9 SOMMARIO / N° 82
202 184 142 116
Dubach
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Il mondo di DAHRA
BELLEZZA, GLORIA, LUMINOSITÀ IL NOME DAHRA RACCHIUDE TUTTI
QUESTI SIGNIFICATI E LI ESPRIME NELLE CREAZIONI DEL SUO FONDATORE, MAURIZIO ROMANO, CHE DA TRENT’ANNI È ALLA CONTINUA RICERCA
DELL’ECCELLENZA. A CARATTERIZZARE L’ARTISTA DEL FIORE LA SUA DETERMINAZIONE, DALLA CAPACITÀ DI IMPROVVISARE AL SAPERSI ADATTARE A OGNI MOMENTO, A OGNI CLIENTE. QUESTO È IL MONDO DI DAHRA.
DI PATRIZIA PEDEVILLA
Quella che in passato era una strada trafficata e grigia si è trasformata in un’oasi verde. Ad accogliermi il profumo di essenze aromatiche. Piove, ma Via della Posta è decorata come ogni giorno, un salotto all’aria aperta, ho l’impressione di essere in uno spazio atemporale… entro nel primo negozio, pensando di annunciarmi a un venditore e con sorpresa vedo Maurizio Romano impegnato a creare un bouquet. La musica, rilassante, completa l’atmosfera. Iniziamo a chiacchierare…
Devo dire che non mi aspettavo di trovarti al lavoro anche durante la pausa pranzo… (Sorride) «Il mio occhio deve esserci sempre, sono convinto che un proprietario debba assumersi tutti i ruoli all’interno di un’azienda, così come faccio io… ora mi trovi dietro il bancone, domani potrei essere al telefono a finalizzare un matrimonio. Sai, per me è normale controllare le finiture, i dettagli di tutto quello che esce dai miei negozi, anche perché molti clienti vogliono esclusivamente me, li ho abituati così. Preferisco dunque stare qui, mangiare un panino in piedi, e gestire il negozio in presenza».
“Non potrei vivere senza essere circondato dalla natura. Per me il momento più piacevole della giornata è il mattino presto, quando arrivo in negozio. Mi rendo conto che a poco a poco la fauna si sta riprendendo il suo spazio in città e ne sono molto felice”.
Oggi hai un vero e proprio quartiere DAHRA a Lugano. Quattro negozi, nove dipendenti, questa via è irriconoscibile… «Sì, sono molto soddisfatto. Se penso che ho iniziato nel 1995 in Via Peri con un negozio di arredamento… e solo dopo ho aggiunto accessori fino a proporre fiori e piante, il percorso è stato intenso. Mai avrei immaginato che sarebbero diventati il mio business principale e la ragione per cui ogni mattina mi sveglio entusiasta (sorride rilassato). Qui (apre le braccia) ho riunito trent’anni di sapere, di studio, di sacrifici e di tante soddisfazioni».
Con la tua attività hai regalato del verde a una città come Lugano, forse un contributo che a molti passa inosservato… «Ho voluto fare un regalo a me e alla città in cui abito. Non potrei vivere senza essere circondato dalla natura. Per me il momento più piacevole del-
11 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 PRIMO PIANO / MAURIZIO ROMANO
la giornata è il mattino presto, quando arrivo in negozio. Mi rendo conto che a poco a poco la fauna si sta riprendendo il suo spazio in città e ne sono molto felice. Gli uccellini arrivano, prendono i rametti, cinguettano e le persone passano di qua anche solo per rilassarsi. Secondo me il verde nella città è indispensabile, tutti noi dovremmo favorirlo per un benessere psicofisico generale».
Prima mi dicevi che non hai mai smesso di studiare… «La mia vita è una continua ricerca, un continuo studio, non mi sento mai arrivato, non mi sento mai bravissimo, sono sempre un gradino indietro… non è una visione pessimistica, ma fa parte della mia personalità: sono una persona desiderosa di fare sempre meglio quindi sì, mi sento bravo, ma mai bravo abbastanza. Anche quando termino un lavoro mi dico: “Sì, carino, ma avrei potuto osare di più, fare di più”. Poi lo riguardo a distanza di anni e realizzo che in effetti era molto bello».
Cosa riesce a ispirarti ogni giorno, anche perché la tua è una creazione continua, attimo dopo attimo… «La natura, l’arte, i viaggi, mi lascio ispirare da tutto quello che mi circonda, anche dai miei errori, da un rametto caduto per caso tra le foglie o da un vaso che si rompe e lascia della corteccia per terra. Devo dire che la maggior parte degli eventi e dei matrimoni li organizzo con i miei clienti, ascolto le loro parole, i loro gusti, mi faccio ispirare direttamente da loro. Seguo sempre delle tendenze, anche perché la moda è presente in tutti i settori, ma allo stesso tempo le mie creazioni sono su misura e uniche per quel preciso istante».
Il tuo rapporto con i clienti… come ti poni con loro? Anche perché mi sembra di capire che sei determinato nelle tue scelte... (Ride) «Devo ammettere che ho una vendita aggressiva, quando ho capito il concetto che può funzionare combatto per portarlo avanti, perché ci credo, non per cocciutaggine. A volte,
con i clienti che hanno già delle loro idee senza però conoscere il mestiere, le cose si fanno più difficili, anche perché, se non esiste un rapporto di fiducia, è difficile dare il massimo. Quando dico il massimo intendo quell’aggiunta dell’ultimo minuto che rende tutto magico, irripetibile. Questo non toglie che le linee guida possano essere decise assieme in partenza, ma poi l’effetto sorpresa non può mancare. Sai… la mia testa cambia di giorno in giorno, nulla è mai statico lavorando con la natura, è questo il bello del mio lavoro e bloccare questo fluire di idee è un vero peccato».
Scusami ma chi ti ha trasmesso questa passione, questo tatto con cui tocchi i fiori?
PRIMO PIANO / MAURIZIO ROMANO
12 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
«Sai che non lo so, nel senso che da bambino ho sempre detestato i fiori. Ricordo mia mamma che mi chiedeva di metterli nei vasi e a me non piaceva… anche perché soffrivo di forti allergie primaverili e quindi detestavo la natura. Nell’arco degli anni però, non so come, mi è nata questa passione. Immagino me l’abbia trasmessa mia mamma, senza rendersene conto inizialmente, anche perché siamo legati da molti interessi comuni… l’arredamento, la moda e naturalmente i fiori».
Cosa dice lei oggi?
«È molto fiera, sicuramente è molto fiera» (silenzio).
Il bianco, se penso a te vedo il bianco…
«Il bianco sono io. Infatti, ho aperto il secondo negozio per mettere i fiori colorati, ma io nella zona dei fiori colorati non ci sto. Mi piacciono, però non sono miei, non mi appartengono. È così».
Bianco, verde, essenze ricercate e musica rilassante. Com’è casa tua?
«Casa mia è tutta grigia, se ci sono dei fiori sono naturalmente bianchi. Per il resto ho optato per tonalità grigie, bianche e color cammello. Il parquet è quindi grigio, ma ho inserito nella tinta una punta di verde particolare, così come le pareti perlate. L’arredamento… l’ho curato nel minimo dettaglio, anche perché era il mio lavoro, la mia prima passione».
Non ti manca arredare?
«A dire la verità in parte minima lo faccio ancora, solo per i clienti con cui ho un ottimo feeling, perché tutto quello che è bello mi piace quindi il poter completare una casa con gusto e classe è qualcosa che continua a darmi grande soddisfazione».
Sai negli ultimi anni il commercio a Lugano è cambiato molto, alcuni negozi hanno chiuso, altri si sono trasferiti, mentre tu sei riuscito a espanderti…
«Grazie al cielo (ride), ma sai perché?
DAHRA è in continua evoluzione, non sono come trent’anni fa, sono cambiato, sono cresciuto, io dopo un mese sono stufo, quindi stravolgo tutto, smuovo i negozi, la gente entra in ambienti sempre differenti e secondo me questa scelta è vincente.
Tu mi chiedi perché io sto qui nove, dieci ore… perché in questo tempo riesco a smontare un negozio, a cambiarlo… il tempo mi vola. Sai questo disordine-ordine piace alla gente, le mie boutiques non sono mai perfette, sono vissute, sono in continuo movimento… si respira aria di creazione, di energia vitale».
Ti descriveresti come una persona irrequieta?
«No. Sono molto sereno sai, molto zen, irrequieto no. Tranquillo que“Seguo sempre delle tendenze, anche perché la moda è presente in tutti i settori, ma allo stesso tempo le mie creazioni sono su misura e uniche per quel preciso istante”.
13 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 PRIMO PIANO / MAURIZIO ROMANO
sto sì, socievole e se vedo una problematica la sistemo con calma.
Ero così anche da bambino, combinavo grandi casini, ero allegro, ma già a quei tempi zen».
Mi racconti un po’ del tuo passato, della tua famiglia?
«Sono nato a Como da una famiglia che si occupava di moda, mio padre era fotoincisore, quindi, preparava quadri per la stampa di foulard e accessori, aveva come clienti grandi marchi - Etro, Hermès, Gucci, Chanel - anche perché a quei tempi Como era la città della seta. Io passavo le estati da papà per guadagnare qualche soldo, avevo già le mie idee per quanto riguardava la moda e volevo essere indipendente negli acquisti, quindi – per necessità e piacere - ho sempre avuto a che fare con tessuti e colori. Ma devo dire che la mia scuola più grande è stata Etro a Milano. Lì sono passato dall’arredamento alla moda, mi sono avvicinato al mondo della profumeria e tutto il mio sapere di oggi lo
devo alla famiglia Etro, che mi ha supportato e mi ha fatto crescere all’interno della sua azienda».
Poi però hai scelto di venire a Lugano… «Perché ero di Como e i viaggi su Milano erano estenuanti, passavo ore in auto e a un certo punto non ce la facevo più. Anche perché la qualità di vita, in un lavoro comunque stancante fisicamente, è importante negli anni».
Ma perché non Como?
«Troppo provinciale. Si dice tanto di Lugano, ma trent’anni fa lo era molto di più Como. Tutti gli industriali non volevano frequentare negozi di un certo livello, non volevano far vedere che spendevano perché erano comunque legati ad aziende della moda e quindi preferivano andare a Milano o venire a Lugano. Infatti, molti habitué di Milano vivevano a Lugano, quindi quando sono arrivato qui avevo già delle grandi famiglie luganesi come clienti».
Posso chiederti anche della tua vita privata?
«Certamente. Sono sposato da due anni con Luca. Da tre anni lui si occupa della parte profumeria, sono molto felice. Mi sono sposato tardi, ho aspettato, e ora mi sento completo».
Il fatto di avere un marito ti ha mai creato problemi?
«Guarda ti parlo apertamente: a tredici anni ho scoperto di essere gay e l’ho detto ai miei genitori e alle mie due sorelle. Vivevo comunque in un paesino e non ti dico cosa mi dicevano per strada… ma ho sempre camminato a testa alta, convinto delle mie decisioni. In ogni caso tutte quelle persone che mi hanno deriso in passato sono diventate amiche mie… penso che essere prevenuti sia sinonimo di non conoscere, perché quando tu spieghi che hai dei sentimenti, che sei una persona normale, la gente intelligente ti capisce e ti apprezza per la tua essenza».
Vedo che molti tuoi clienti sono anche amici, non è in un certo senso pericoloso dare troppa confidenza sul lavoro?
«Per me è normale, anche perché quando entro in casa di qualcuno, nel tempo, è inevitabile che si instauri un rapporto di amicizia. Diventi parte della famiglia, condividi i momenti più importanti come gli anniversari e i matrimoni. Figurati che ora sto seguendo la quarta generazione… non mi sembra vero».
I tuoi fiori sono sempre bellissimi, così come le tue piante, immagino ci sia una ricerca continua dei migliori fornitori…
«I miei fornitori attualmente sono in Olanda. Un paio di volte all’anno li visito, guardo i loro prodotti, mi assicuro che siano di ottima qualità e se non sono soddisfatto… li sostituisco. Le consegne avvengono più volte la settimana, anche perché tutto deve essere freschissimo. Anche in questo caso le cose sono cambiate, in passato tutto arrivava da San Remo, ma ora l’Olanda è imbattibile, ottimo livello e ben organizzata, precisa».
14 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
Che tipo di moda influenza la scelta dei fiori?
«La moda tocca soprattutto le piante. Per esempio, i ficus lyrata erano delle piante che non venivano guardate da tantissimi anni e ora sono tornati di moda. Il tutto viene deciso dagli architetti di interni, quindi devi andare ai saloni del mobile e dell’architettura per capire quali saranno le tendenze, se ad esempio gli architetti decidono che sarà l’anno delle calle… noi venderemo prevalentemente calle».
Immagino che comunque tu non ti faccia unicamente influenzare dalla moda… «Assolutamente no, le mie creazioni, i miei acquisti rispecchiano quello che sono io in quel momento, ci sono anni dove prediligo gli amaryllis, altri i tulipani oppure le peonie… e di conseguenza tutto quello che mi circonda ne viene influenzato (sorride). Inoltre, prediligo i fiori stagionali, anche perché amo la natura e ne rispetto il suo ritmo naturale. Dall’altra parte però ho i clienti che, chi più chi meno, si ispirano alla moda e quindi il mio compito è quello di trovare un giusto equilibrio e soprattutto personalizzare il prodotto con la mia firma».
Spesso si pensa che il fiore sia un lusso e si decide di poterne fare a meno…
«Il fiore è un lusso nel momento in cui ti compri dei fiori tutte le settimane per la casa. Nel momento in cui scegli e offri un mazzo di fiori… regali un sorriso e dai un momento di gioia a qualsiasi persona».
Sempre in movimento, sempre alla ricerca del miglioramento, immagino tu abbia delle idee anche per Lugano…
“Il fiore è un lusso nel momento in cui ti compri dei fiori tutte le settimane per la casa. Nel momento in cui scegli e offri un mazzo di fiori… regali un sorriso e dai un momento di gioia a qualsiasi persona”.
«Credo che bisognerebbe dare un po’ più di spazio ai commercianti sulla strada, nel senso che se Lugano diventasse più aperta ne trarremmo vantaggio tutti. Vedo che l’esposizione in strada ti permette di lavorare molto di più, perché la gente si ferma, ti fa domande, si crea un rapporto con il passante. Guarda gli spazi terrazza che hanno concesso ai bar, è stato un passo avanti, dettato dalla pandemia, ma pur sempre qualcosa di bello, peccato che ora vogliano toglierli… non capisco».
Il tuo lavoro si avvicina all’arte: l’ispirazione, la creazione e le emozioni che ti circondano…
«Presumo di si, infondo penso di essere un’artista. Io vivo di emozione, per me tutto è emozione. Dalla mattina quando apro il negozio… i colori, la luci, la natura».
Come gestisci lo stress quando ci sono grandi eventi da organizzare?
«Non dormo, scendo all’alba in negozio, ho sempre paura di non arrivare in tempo, di non finire in tempo, che non sia abbastanza bello, di non avere abbastanza merce. Sembro molto sicuro, ma in realtà ho sempre un po’ di ansia da prestazione. Però alla fine ci arrivo sempre e se manca qualcosa… me la invento. Poi quando finisce il tutto, cade l’adrenalina, mi ci vuole qualche giorno per riprendermi» (divertito).
Se qualcuno ti fa una critica?
«Ci sono critiche costruttive e altre fatte per gelosia, quelle costruttive le accetto con piacere (comunque non subito, ho bisogno prima di stabilizzarmi), alle altre non do peso».
Un sogno?
«La ristorazione mi intriga da tempo. Vorrei creare un ambiente dove puoi entrare, leggerti un libro in mezzo alla natura, in mezzo al verde… è un’idea che mi balena nella testa da molto. Devo però trovare il posto giusto e anche i collaboratori adatti, anche perché non è il mio lavoro, questo lo devo dire. Io so come far uscire un piatto, il tipo di menu che vorrei, ho le idee chiare su come apparecchiare una tavola, che tipo di arredamento scegliere, ma per quanto riguarda il cibo avrei bisogno di qualcuno che mi gestisse la parte del food. Nessuno è tuttologo e di conseguenza apprezzo molto i professionisti che si concentrano a fare il loro lavoro senza voler intromettersi in quello degli altri».
Saluto Maurizio, anche perché i clienti sono molti e la porta continua ad aprirsi. La sensazione è quella di lasciare un’oasi di pace e ritornare alla realtà caotica cittadina, con tutti attaccati al telefonino, alla quale purtroppo ci siamo così abituati da viverla come normalità.
15 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
PRIMO PIANO / MAURIZIO ROMANO
Un uomo con TANTE MARCE IN PIÙ
Ph: © Leonardo Brogioni
A POCHI MESI DALLA SUA SCOMPARSA, DOPO CHE I MEDIA HANNO MESSO IN LUCE SOPRATTUTTO IL RUOLO DI SERGIO MANTEGAZZA IMPRENDITORE, TICINO WELCOME VUOLE RENDERGLI OMAGGIO COME UOMO E COME
PADRE, ATTRAVERSO LE PAROLE DEL FIGLIO FABIO
DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI
Vorrei iniziare questa conversazione domandandole di provare a definire, con un solo aggettivo, quale aspetto della personalità di suo patre meglio lo rappresenta? «Direi senz’altro che era un uomo dinamico. Era una persona dotata di una straordinaria energia, assolutamente indispensabile per riuscire a realizzare tutto ciò che ha fatto in ambito imprenditoriale. Ma ho detto dinamico anche per sottolineare la sua non comune velocità di reazione di fronte ai problemi che in casa, in famiglia o sul lavoro si trovava ad affrontare. Gli bastava pochissimo tempo per raccogliere tutti gli elementi di giudizio necessari, elaborarli e prospettare subito una soluzione che quasi sempre si dimostrava poi essere quella più opportuna».
Come si conciliava questa sua propensione al “fare” con un contesto economico e sociale non certo troppo “dinamico” qual era quello ticinese dell’immediato dopoguerra, epoca in cui iniziò a dare vita ai suoi progetti? «È questo uno dei paradossi della sua storia personale. Mio padre ha dato vita a quasi tutte le sue imprese e raggiunto il successo soprattutto all’estero, eppure è sempre restato profondamente legato al Ticino. O forse bisognerebbe dire che era legato ad una sua certa idea tradizionale e “romantica” del Ticino. An -
cora ai tempi della mia gioventù Lugano era una piccola comunità, per strada ci si conosceva tutti, i Mantegazza erano una famiglia molto numerosa, nelle sue varie ramificazioni, e quando ci si riuniva al completo, in occasione di festività o ricorrenze, si era soliti ritrovarsi a tavola davanti ad un tradizionale risotto. Mio padre ha frequentato i più raffinati ristoranti internazionali, ma non disdegnava mai i formaggini della Velle di Muggio. Allo stesso tempo, però, ha compreso bene presto che per realizzare qualcosa di concreto e duraturo bisognava allar -
“Direi senz’altro che era un uomo dinamico. Era una persona dotata di una straordinaria energia, assolutamente indispensabile per riuscire a realizzare tutto ciò che ha fatto in ambito imprenditoriale”.
17 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 PRIMO PIANO / SERGIO MANTEGAZZA
gare gli orizzonti e non aver paura di confrontarsi con altre realtà economiche più evolute e competitive.
Quando tornava in Ticino, magari dopo un lungo periodo di tempo trascorso all’estero per lavoro, avvertiva tutti i limiti di un campanilismo e di rivalità spesso esasperate e ne era profondamente amareggiato».
Proviamo a riavvolgere il nastro della storia e torniamo agli anni dei suoi esordi nel mondo del lavoro. Con alle spalle quale formazione ha iniziato a realizzare i suoi progetti?
«A questo riguardo non c’è dubbio che la sua esperienza sia maturata tutta “sul campo”, a contatto con persone che hanno avuto una forte
influenza su di lui e dalle quali ha appreso molto riguardo al modo di organizzare un’impresa e alla capacità di sviluppare relazioni per far crescere i propri affari. Tutto ebbe inizio nel 1928 quando mio nonno Antonio diede vita ad una attività di trasporti commerciali sul lago di Lugano con barche e motoscafi, e più tardi di noleggio di pullman ad uso turistico, che crebbe in modo importante fino allo scoppio della guerra, quando si affacciò l’ombra di una
crisi che poteva travolgere ogni futura prospettiva. Ma proprio in quegli stessi anni, per un intreccio di vicende famigliari, ebbe inizio uno stretto rapporto di collaborazione con Werner Albek, di origini zurighesi, che già vantava una solida esperienza nell’organizzazione di viaggi internazionali. Fu così che il nonno, uomo di grande intuito ma che fino ad allora si era mosso all’interno di un orizzonte solo ticinese, riuscì ad accedere a una ben più vasta platea di turisti della Svizzera interna che potevano riversarsi sulle assolate rive del lago di Lugano, salvando in tal modo le sorti della sua impresa. E mio padre, che tra il 1933 e il 1943 aveva studiato presso l’Istituto Elvetico (conseguendo poi il diploma di commercio alla Gademann Handelsschule di Zurigo), nel 1944, quando aveva poco più di 16 anni, iniziò ad andare ogni giorno nell’ufficio di famiglia, mentre
ancora si preparava per ottenere il diploma, nel 1946, in Business Management. La sua vera scuola fu dunque a fianco del “signor Albek” da cui apprese il modo di approcciare e gestire una clientela internazionale, creando le basi di quel sodalizio tra le famiglie Mantegazza e Albek sviluppatosi poi nel corso dei decenni successivi».
A quali specifiche capacità imprenditoriali di suo padre attribuisce il successo delle imprese cui nel corso degli anni ha dato vita?
«Per chi non ha vissuto in prima persona, come è stato invece nel caso mio, tutto il percorso imprenditoriale di mio padre potrebbe sembrare semplicistico, e forse anche banale, rispondere che un primo indubitabile punto di forza è stata la capacità di fondere l’etica, la disciplina e il senso dell’organizzazione tipicamente svizzero-tedesche apprese da Werner Albek, con alcune sue naturali doti come intuizione e immaginazione, unite a una straordinaria energia nell’elaborare i propri progetti e poi, soprattutto portarli a compimento. Un altro aspetto non meno determinante è stato poi l’aver accettato
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“La sua vera scuola fu dunque a fianco del “signor Albek” da cui apprese il modo di approcciare e gestire una clientela internazionale, creando le basi di quel sodalizio tra le famiglie Mantegazza e Albek sviluppatosi poi nel corso dei decenni successivi”.
da subito la prospettiva di trascorrere lunghi periodi all’estero, in Inghilterra e negli Stati Uniti soprattutto, dimostrando una grande volontà e capacita di organizzare la propria vita adeguandola se necessario a mentalità e modalità di lavoro diverse dalle nostre. A ciò si aggiunga la circostanza di avere di fatto creato una famiglia internazionale, per l’abitudine a spostarsi senza problemi laddove esigenze professionali lo richiedevano, ma anche in virtù del fatto che mia madre Aristela era originaria delle Canarie e tutti parlavamo correntemente lo spagnolo, elemento questo che ci ha agevolato non poco nella penetrazione in quel mercato».
Il successo negli affari è molto spesso determinato da grandi intuizioni che consentono di bruciare i tempi e anticipare la concorrenza. Quali sono stati i momenti di svolta in cui le convinzioni di suo padre sono risultate decisive per il successo delle vostre imprese?
«Potrei citare parecchi episodi, ma ci sono alcuni cambiamenti di strategia che sono stati senza dubbio determinanti. Penso per esempio, agli inizi degli anni Sessanta quando avvenne il passaggio da pacchetti di viaggio da noi creati, ma poi inseriti nei prospetti di altri tour operator, ad una gestione diretta attraverso una nostra rete autonoma di di -
stributori. Oppure la scelta, fortemente sostenuta da mio padre, di abbandonare l’utilizzo di una flotta di pullman di nostra proprietà a vantaggio di un noleggio di vettori di altre aziende, con conseguente notevole risparmio dei relativi costi di esercizio. Un’altra decisione di grande rilievo, pienamente condivisa dopo una attenta valutazione anche da parte del socio Albek, fu poi quella di separare le attività svolte sul mercato americano da quelle portate avanti su quello inglese, prendendo atto e ottimizzando le caratteristiche, le richieste e le esigenze delle diverse clientele. Questa suddivisione, e l’autonomia attribuita alle due distinte gestioni, unite al reciproco rispetto nonostante le differenze di temperamento e di carattere, consentirono poi alle due famiglie di stabilire e mantenere una comunanza di intenti conservatasi integra per interi decenni.
E, ancora, una sua grande intuizione fu quella di sfruttare tempestivamente talune opportunità creatasi nel trasporto aereo, con la scelta di entrare in prima persona in quel mercato utilizzando una flotta proprietaria, per convogliare da tutta Europa decine di migliaia di turisti che in precedenza dovevano sottoporsi a lunghi, e per noi onerosi, viaggi in pullman prima di iniziare il proprio tour verso le destinazioni previste. Questi cambi di strategia, e molti altri succedutesi nel tempo, sono la testimonianza della sua costante attenzione all’evoluzione dei mercati, ma anche della capacità di trasformare occasioni, magari non direttamente cercate ma presentatesi spontaneamente, in nuovi progetti di business, messi in atto con quella rapidità di decisione e concretezza di esecuzione che rappresentavano tratti salienti del suo ca-
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rattere. E poi, vorrei aggiungere, un aspetto da non sottovalutare, riguarda il suo istinto nel valutare con precisione i meriti delle persone, dalle quali esigeva indubbiamente molto, ma alle quali era disposto a delegare, nonostante la sua mentalità fortemente accentratrice, incarichi e responsabilità».
A proposito di capacità di cogliere nuove opportunità di investimento, una operazione di straordinario successo fu il rinnovamento tecnologico della compagnia Monarch… «Quello è stato senza dubbio uno dei suoi maggiori successi. La modifica della nostra politica nel settore coincise con un cambio generazionale alla testa della Monarch. A guidarla per portare a compimento le strategie future fu chiamato Alan Snudden, proveniente dalla Dan Air e persona conosciuta e rispettata negli ambienti della City londinese e del «Trade». Mio padre, dimostrando una buona dose di coraggio, si convinse della bontà di un investimento che doveva portare nel volgere di pochi anni la compagnia a disporre di una flotta di aerei di nuovissima generazione (Boeing 757), tecnologicamente all’avanguardia e altamente performanti
che ci ha consentito, per molto tempo e fino alla trasformazione dell’industria delle costruzioni aeronautiche e all’avvento dei voli low cost, di godere di una posizione molto vantaggiosa e competitiva nel panorama dei voli a corto raggio tra alcuni Paesi europei e varie destinazioni turistiche del Mediterraneo».
Come affrontò suo padre le trasformazioni tecnologiche, prima fra tutte la rivoluzione informatica, che dagli anni Ottanta cambiarono anche il mondo del turismo?
«L’informatizzazione dei sistemi di organizzazione e di gestione aziendale ha rappresentato una fase evolutiva delle attività assolutamente fondamentale. È stato un processo che, all’interno delle nostre aziende, ha visto un mio personale coinvolgimento e anche un momento di confronto tra due visioni che erano espressione di diverse generazioni. Mio padre riconosceva tutte le potenzialità di uno strumento, il computer, che tuttavia lui si rifiutava di usare. Allo stesso tempo era restio, almeno all’inizio, nei confronti di un investimento che, oltre ad essere molto consistente, implicava la trasformazione di tutti quei sistemi di gestione e di organizzazione del la-
voro che avevano funzionato benissimo in passato e che, aggiungo io, gli consentivano di controllare e dirigere ogni situazione. Sono stati mesi e anni di discussioni e in un certo senso anche una sorta di sfida da parte mia, ma alla fine lui ha dovuto riconoscere essere stata un’evoluzione indispensabile per la continuità delle nostre attività».
Nel 2003 Sergio Mantegazza diede vita alla Fondazione Metis. Come arrivò a maturare questa scelta?
«Nella sua formazione e nella conduzione degli affari, mio padre ha sempre cercato di essere coerente rispetto a quei valori etici che fanno parte della tradizione della nostra famiglia. Ciò ha significato anche dare vita nel 2003, al momento del suo definitivo rientro in Ticino, ad una fondazione attraverso la quale esprimere la sua responsabilità sociale con l’obbiettivo di restituire alla comunità ticinese parte del benessere che questo territorio gli aveva consentito di creare. Da quando è stata costituita la Fondazione Metis ha sostenuto numerose iniziative che operano nell’aiuto sociale, nello sviluppo del territorio e nella cultura, individuando campi
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d’azione particolarmente strategici per lo sviluppo economico-sociale e la qualità della vita in Ticino: in particolare, quello dell’eccellenza delle cure sanitarie e della ricerca scientifica. Una grande sfida che ha contribuito a portare avanti è stata quella di realizzare e sviluppare l’Università della Svizzera italiana. E poi ancora, il prezioso sostegno nei confronti di un campo della ricerca come il calcolo computazionale e l’insegnamento dell’informatica, di grande attualità e potenzialità per il futuro».
Abbiamo molto parlato della sua vocazione imprenditoriale. Come era invece nel ruolo di padre di famiglia?
«La sua concezione della famiglia era senz’altro molto tradizionale ed era profondamente convinto che il suo compito principale fosse quello di creare il nostro benessere economico, anche se questo voleva dire essere per lungo tempo assente da casa. Ciò ha significato anche desiderare che noi figli, una volta terminati gli studi, entrassimo direttamente nella conduzione delle nostre aziende, nei ruoli che a lui sembravano essere più adatti e convenienti. Ciò ha comportato, almeno per quanto mi riguarda,
anche talune incomprensioni che tuttavia penso mi abbiano poi portato ad essere il suo più valido collaboratore. L’intesa, durata per molti decenni, è stata trovata sulla base di un preciso accordo, non scritto ma cementato nell’affetto e nel reciproco rispetto: lui indicava le scelte che andavano fatte e gli obbiettivi da raggiungere, ma poi doveva lasciare che fossi io a fare in modo che le cose accadessero e funzionassero, senza nessuna pretesa da parte sua di imporre il suo modo di gestire fatti, persone e aziende».
In Ticino, i fratelli Mantegazza sono stati molto spesso indicati come un duo inscindibile. Ma quali erano i rapporti che lo legavano a Geo?
«I due fratelli sono sempre stati legati tra loro da un fortissimo sentimento di stima e di affetto, nonostante le differenze di personalità e carattere, e la loro complementarietà ha fatto sì che la loro immagine pubblica venisse spesso associata. All’inizio poi hanno anche unito le loro attività, tanto che Geo, prima di dedicarsi totalmente al settore immobiliare, ha partecipato alla gestione diretta della flotta di pullman di nostra proprietà. Entrambi poi hanno sempre manifestato il loro attaccamento alla propria terra d’origine, seppur in maniera diversa. Se Sergio era un po’ il “ministro degli esteri”, Geo ha rappresentato da sempre la famiglia in Ticino, tenendo anche conto della popolarità acquisita attraverso il suo coinvolgimento nelle vicende dell’Hockey Club Lugano».
Al termine di questo incontro così ricco di spunti e memorie, come vorrebbe che fosse ricordato suo padre?
«Come un uomo sicuramente dotato di molte marce in più. Energia, equilibrio e fantasia, anzi direi creatività disciplinata, gli hanno sempre consentito di essere fortemente focalizzato sul suo lavoro, ma al tempo stesso non gli hanno impedito di godere di tutti i piaceri che una condizione di benessere poteva garantirgli. Ha affrontato la vita senza mai risparmiarsi, nel dare come nel ricevere, a cominciare dall’amicizia che per lui rappresentava un valore insostituibile. E poi, mi piacerebbe fosse ricordata la sua dimensione autenticamente internazionale, con i piedi saldamente ancorati nel suo Ticino, ma la testa libera di spaziare nel mondo».
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UN SUCCESSO oltre le aspettative
Michel Gagnon era direttore della programmazione della prestigiosa Place des Arts di Montréal ed è arrivato a Lugano con una grande esperienza, frutto di quanto accaduto nel teatro canadese che è riuscito a far crescere ed apprezzare da un pubblico eterogeneo.
Come?
«Sin dall’apertura del centro culturale ho portato avanti il mio leit motiv: un LAC per tutti. Un progetto culturale come il LAC ha anche una forte valenza sociale e per avere successo per me era chiaro che dovesse prima di tutto dare valore alla Città e al territorio, con proposte di grande qualità sia nella Sala Teatro ma anche negli spazi aperti, come la hall, o negli spazi pubblici, come Piazza Luini».
Sbaglio, o nelle intenzioni iniziali della città di Lugano il LAC era stato pensato come spazio da affittare e dare servizi agli altri che fanno spettacoli, dove ognuno avrebbe gestito il proprio autonomamente?
«Per me è stato chiaro sin dall’inizio che non era il modello giusto. L’esperienza mi ha permesso di avere idee precise in merito a ciò che sarebbe stato ideale per il LAC e per creare un progetto culturale di valore. Sapere quali errori evitare è stato un buon punto di partenza. Un centro culturale non solo per il pubblico, ma anche per gli artisti. Il LAC
non doveva essere solo un centro di ospitalità ma anche di programmazione e produzione, con il proprio direttore artistico, capace di dare una visione, supportata da una struttura solida con competenze in ambiti fondamentali quali il marketing, la comunicazione e la mediazione culturale».
Un percorso accolto senza riserve?
«Ci siamo tutti impegnati per raggiungere un obiettivo chiaro, anche se all’inizio non è stato tutto facile. Poi, quando è scoppiata la pandemia, dopo un primo momento di scoramento, abbiamo approfittato della pausa forzata per migliorare alcuni processi di lavoro, tra cui, ad esempio, l’elaborazione di un nuovo sistema di biglietteria che ci fornisse dati fondamentali per elaborare delle strategie mirate e raggiungere così diverse fasce di pubblico a seconda delle tipologie di spettacolo. Quando ero in Canada abbiamo fatto uno studio sulla base dei dieci centri culturali più importanti, da cui era emerso che durante la stagione regolare gli spettatori provengono da vicino o da zone limitrofe, mentre quando si organizzano progetti speciali o festival arrivano anche da fuori. La cosa si riconferma anche per il LAC con un’eccezione, rappresentata dalla nostra stagione di danza: ospitiamo infatti i maggiori ensemble mondiali in prima assoluta o in rare date dei loro tour europei, che già attirano numerosi spettatori dall’estero».
APPLAUSI AL LAC E AL MUNICIPIO DI LUGANO E A GIOVANNA MASONI BRENNI, ALLORA VICESINDACA, CHE AI TEMPI DELLA SUA REALIZZAZIONE SONO STATI ASSAI LUNGIMIRANTI NEL CHIEDERE UN PROGETTO CULTURALE PER IL NASCENTE TEATRO A MICHEL GAGNON, CHE QUEST’ANNO FESTEGGIA I DIECI ANNI DI INCARICO QUALE DIRETTORE GENERALE.
DI DONATELLA RÉVAY
“Sin dall’apertura del centro culturale ho portato avanti il mio leit motiv: un LAC per tutti”.
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Per arrivare al compimento del suo progetto iniziale ci sono quindi voluti diversi anni.
Oggi lei è soddisfatto dei risultati e della squadra?
«Assolutamente sì. Sono orgoglioso dei nostri traguardi. Rifarei mille volte la scelta che ho fatto più di dieci anni fa e sono orgoglioso del team che si è formato in questi anni. Il LAC è arrivato in un momento della mia vita che mi ha permesso di mettere insieme tutte le esperienze fatte in passato per dare un valore aggiunto al centro culturale e alla città di Lugano. A queste ho aggiunto la rete delle mie conoscenze, non poche in ambito internazionale. Sinceramente, mi rispecchio in questo progetto».
Quali sono i progetti e le prossime strategie?
«Lo scorso autunno abbiamo presentato al Municipio e successivamente al Consiglio comunale il Messaggio per il rinnovo del mandato di prestazione tra LAC e Città di Lugano per il prossimo quadriennio, approvato all’unanimità, che aveva al centro la creazione di un nuovo settore dedicato alla musica. Dopo l’integrazione di LuganoInScena nel LAC realizzata nel 2020, è stato creato il settore delle arti performative affidato al direttore artistico Carmelo Rifici, con grandi risultati; nel prossimo mandato intendiamo compiere un’operazione analoga con l’integrazione di LuganoMusica. Il nuovo settore musicale, con la direzione artistica di Andrea Amarante, porterà a Lugano non solo produzioni liriche, orchestre internazionali e grandi artisti con programmi sinfonici e da camera, ma volgerà anche uno sguardo verso nuovi formati ed espressioni della musica. Una pro -
grammazione che comprende anche i concerti dell’Orchestra della Svizzera italiana, nostra orchestra residente. Da ultimo, ma non ultimo...I have a dream…».
Un sogno?
«Considerato che la Sala Teatro nelle ultime stagioni ha raggiunto la sua massima capacità di utilizzo e di più non si può fare, sogno che al LAC ci sia una seconda sala teatrale, complementare per capienza e funzionalità, che possa permettere di continuare a far crescere il progetto. L’ideale sarebbe una ‘Black Box’ da almeno 300 posti, soluzione di cui diversi teatri internazionali si stanno dotando, e che qui potrebbe usufruire delle strutture comuni già esistenti, come la
CHI È MICHEL GAGNON
Hall, il ristorante e l’accesso tecnico… Realizzare questo sogno porterebbe diversi benefici, permettendo di sviluppare il settore artistico con produzioni più piccole, dare maggiore spazio agli artisti del territorio, avere una scena appropriata per la musica da camera, le rappresentazioni sperimentali, le performance contemporanee, e permettere prove di vario tipo. Non tutte le produzioni sono adatte a grandi spazi e ad un gran numero di spettatori. Permettere agli allestimenti più piccoli di essere ospitati in un’altra sala, magari per più repliche, darebbe anche modo di liberare la Sala Teatro, permettendo per esempio all’OSI una seconda serata per i suoi concerti, disponibilità che attualmente non è possibile».
Nato in Canada nel 1956, Michel Gagnon è stato chiamato nell’aprile 2014 per curare la fase di apertura e assumere la direzione del LAC, il centro culturale della città di Lugano, inaugurato il 12 settembre 2015. Dopo gli studi in Arts Management presso l’HEC Montréal, la più importante business school universitaria del Paese, e il diploma universitario in campo musicale presso l’École de Musique Vincent d’Indy, Michel Gagnon è stato assistente direzione di scena all’Opéra de Montréal (1980–1990), direttore di scena per Les Grands Ballets Canadiens (1990–1996) e direttore di produzione per l’Opéra de Montréal (1996–2000) fino a quando la Place des Arts di Montréal lo ha voluto come direttore della programmazione (2000–2014) per gestire un delicato momento di passaggio del grande complesso culturale: sette teatri, una sala concerti, oltre settemila posti per più di mille eventi rappresentati ogni anno, che dovevano trovare il modo di riavvicinare il pubblico, estraniato da proposte lontane ed esclusive. Una sfida che ha affrontato realizzando una stagione artistica orientata ad esplorare le tematiche del contemporaneo, coproduzioni e residenze artistiche, e sviluppando un importante progetto di mediazione culturale che si affiancasse alla qualità e al respiro internazionale della programmazione, riuscendo a coinvolgere e a riconquistare la componente sociale e artistica del territorio. Una grande esperienza umana e professionale che ha portato in eredità al LAC e ha contribuito al suo successo.
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Un grande impegno A FAVORE dei bambini
Nella trentesima ricorrenza dalla sua scomparsa BPS (SUISSE) ha voluto dedicare l’allegato culturale al bilancio relativo all’esercizio 2023 ad Audrey Hepburn, famosa attrice cinematografica che continua a incantare il pubblico con la sua grazia, il suo stile e il suo impegno umanitario. La monografia è stata realizzata grazie al coordinamento di Andrea Romano, Condirettore e Responsabile Marketing & Relazioni Pubbliche Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) e di Luca Dotti che negli anni si è sempre occupato, insieme al fratello Sean Ferrer della gestione delle iniziative umanitarie messe in piedi dalla madre. Vincitrice di un Oscar nel 1954 per l’interpretazione della principessa Anna nel film Vacanze romane (1953), è stata una delle attrici più amate dell’epoca d’oro di Hollywood. La sua carriera spaziò dal teatro, al cinema classico, alle produzioni contemporanee, guadagnandosi elogi unanimi per la sua straordinaria versatilità e per l’eccezionale talento.
AUDREY HEPBURN È STATA UNA GRANDE ATTRICE E ICONA DI STILE, MA È ANCHE NOTA PER IL SUO IMPEGNO FILANTROPICO COME
AMBASCIATRICE DELL’UNICEF. DOPO AVER VISSUTO PERSONALMENTE GLI ORRORI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE, HEPBURN HA SVILUPPATO
UN PROFONDO DESIDERIO DI FARE LA DIFFERENZA NELLA VITA DEI BAMBINI MENO FORTUNATI. IN QUESTA INTERVISTA, IL RACCONTO DI QUESTO ASPETTO DELLA MADRE NELLE PAROLE DEL FIGLIO LUCA DOTTI
La sua iconica interpretazione in Colazione da Tiffany (1961) ha definito uno standard di eleganza che ancora oggi influenza generazioni di artisti e stilisti. La sua collaborazione con il regista Blake Edwards e il compositore Henry Mancini in questa pellicola ha prodotto una delle colonne sonore più indimenticabili della storia del cinema.
Di Audrey Hepburn celebre attrice, icona di stile, personaggio pubblico famoso e amato, molto si è detto e scritto. Un aspetto invece assai meno noto riguarda il suo interesse per la Svizzera e la scelta di vivere in questo Paese, diventato quasi una seconda patria d’adozione. Come nasce questo amore?
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«Bisogna fare un passo indietro. All’epoca della Seconda guerra mondiale lei aveva dieci anni e non sapeva se sarebbe arrivata all’età adulta. Era nata nel 1929 a Bruxelles da padre inglese e madre olandese e a soli 14 anni contribuì con la sua famiglia a nascondere nella loro casa un paracadutista britannico, rimasto disperso dopo la battaglia di Arnhem. In quel periodo conobbe molto da vicino il dramma della guerra, le bombe, la fame, le violenze, la morte di amici e conoscenti. Di questo passato lei non amava troppo parlare, ma ciò che ho potuto ricostruire mi ha aiutato a comprendere perché parole come ‘Bene’, ‘Male’, ‘Amore’ e ‘Misericordia’ siano state così importanti nella sua vita successiva. Oltre a far nascere in lei il desiderio di aiutare in qualche modo i bambini più fragili e bisognosi quei lontani ricordi generarono un forte desiderio di creare per sé e per la sua famiglia uno spazio
in parte le distanze da quel mondo e di installarsi con la famiglia a Tolochenaz, un villaggio nei pressi di Losanna. All’epoca mio fratello Sean aveva sei anni e doveva iniziare a frequentare la scuola. Due anni dopo conobbe mio padre, lo psichiatra italiano Andrea Dotti, e insieme vissero un periodo felice in un Paese che offriva le sicurezze che lei andava cercando, offrendole la possibilità di vivere una vita normale: andava a fare la spesa al mercato senza essere inseguita dai fotografi, passeggiava con i suoi amati cani e frequentava gli abitanti del villaggio. Apprezzava il fatto che la Svizzera fosse un Paese neutrale, dove la mancanza di cibo si era sentita meno durante la guerra rispetto all’Olanda invasa, un Paese che le assicurava “riservatezza” e privacy».
“All’epoca della Seconda guerra mondiale
lei aveva dieci anni e non sapeva se sarebbe arrivata all’età adulta. Era nata nel 1929 a Bruxelles da padre inglese e madre olandese e a soli 14 anni contribuì con la sua famiglia a nascondere nella loro casa un paracadutista britannico, rimasto disperso dopo la battaglia di Arnhem”.
di serenità, un’oasi di pace lontano dal mondo del cinema e vicino a quella natura che ha avuto sempre un effetto benefico e tranquillizzante sul suo carattere e il suo spirito. Da qui la scelta della Svizzera come il Paese che meglio poteva assicurare questa serenità tanto desiderata».
A che epoca risale il vostro trasferimento in Svizzera?
«Nel corso degli anni ’50 e ’60 mia madre era al culmine della carriera, girava un film dopo l’altro e proprio nel 1966 decise di prendere almeno
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Come ebbe inizio il suo interessamento per la causa dei bambini?
«Ricordo un episodio che colpì molto la sua immaginazione, influenzandone le scelte compiute negli anni successivi. Insieme a mia madre assistemmo in televisione a Live Aid, il grande concerto musicale organizzato da Bob Geldof e svoltosi il 13 luglio 1985 al Wembley Stadium di Londra e al John Fitzgerald Kennedy Stadium di Philadelphia, allo scopo di ricavare fondi per alleviare la carestia che aveva colpito l’Etiopia in quegli anni. Fu il più grande collegamento satellitare e la più grande trasmissione su televisione di tutti i tempi: si stima infatti che quasi due miliardi di telespettatori in centocinquanta nazioni diverse abbiano assistito al concerto. Ma ciò che la impressionò soprattutto fu il fatto che gente dello spettacolo potesse smuovere in modo così massiccio la solidarietà di tante persone, donando in diretta, con un calcolatore che registrava in tempo reale l’ammontare delle offerte. Quell’esperienza la fortificò nella convinzione che il suo ruolo di attrice e la sua popolarità potevano essere un valido sostegno per aiutare i bambini delle aree
maggiormente depresse del pianeta a causa di guerre o sottosviluppo e sensibilizzare l’opinione pubblica della parte del mondo più ricca».
Il suo impegno si è manifestato soprattutto attraverso l’UNICEF… «Nel 1988 era stata nominata Goodwill Ambassador dell’UNICEF e per alcuni anni si è poi dedicata, praticamente a tempo pieno, a par -
tecipare ad ogni iniziativa che ritenesse utile per portare aiuti alle popolazioni, e soprattutto ai bambini e ai minori, facendo arrivare razioni alimentari, vestiario, incentivando la nascita di piccole imprese e iniziando anche massicce campagne di vaccinazioni. Nel suo costante impegno non si è risparmiata nel cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi privati, mobilitando quel mondo del cinema che già negli anni passati si era mostrato sensibile nel sostenere progetti di solidarietà, a cominciare dal
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suo amico, il celebre attore Danny Kaye, che era stato il primo Goodwill Ambassador. Per il suo ruolo di ambasciatrice dell’UNICEF, Audrey Hepburn ricevette nel 1992 la più alta onorificenza americana, la Presidential Medal of Freedom».
Inquadrate il codice QR per scoprire la versione completa dell’inserto culturale di BPS (SUISSE) dedicato a Audrey Hepburn
La sua determinazione l’ha portata anche a svolgere, in prima persona, numerosi viaggi in Paesi che presentavano sono molti aspetti gravi situazioni di rischio… «Assolutamente sì. Sceglieva lei direttamente le missioni a cui partecipare, andando anche in luoghi dove UNICEF non aveva intenzione di essere presente, per esempio in Bangladesh, o in Paesi su cui aveva espressamente posto un veto, come per esempio la Somalia o il Sudan per a causa delle guerre che
all’epoca erano in corso. Così, per esempio, è stata in missione in Etiopia, dove anni di siccità e conflitti civili avevano causato una terribile carestia. Successivamente, ha seguito un progetto per il vaccino antipolio in Turchia, programmi di formazione per le donne in Venezuela, iniziative per i bambini che vivevano e lavoravano per strada in Ecuador, progetti per la fornitura di acqua potabile in Guatemala e Honduras e programmi di alfabetizzazione radiofonica in El Salvador. Ha visitato scuole in Bangladesh, seguito interventi per i bambini più poveri in Thailandia, promosso iniziative per la nutrizione in Vietnam e visitato campi per bambini sfollati in Sudan».
In sintesi, qual era il tratto peculiare del suo carattere che le consentiva di entrare così facilmente in empatia con gli altri?
«Credo che fosse fermamente convinta del fatto che tutto può migliorare con il sorriso, con la volontà di capire l’altro, con il desiderio di comprendere la fonte delle sofferenze umane. La sua gentilezza non è mai stata un atteggiamento, ma esprimeva gratitudine per aver avuto più degli altri. Era una donna decisamente motivata a rendere il mondo un posto migliore per i bambini più vulnerabili. La sua motivazione ha fatto da amplificatore in tutto il mondo e le sue parole e i suoi gesti sono sempre stati espressione della profonda umiltà e umanità che la caratterizzavano. Ancor oggi più che mai resta l’immagine di una donna di straordinaria sensibilità e la sua vita è un esempio concreto di solidarietà e rispetto, poiché ha saputo restituire nel modo più efficace e concreto possibile il sostegno e la generosità ricevuti».
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PRIMO PIANO / AUDREY HEPBURN
IO PUNT AL DIVERTIMENTO
Perché esiste la disoccupazione quando ci sono posti di lavoro disponibili?
INTERVISTA CON SIR CHRISTOPHER PISSARIDES, PREMIO DELLA BANCA
DI SVEZIA PER LE SCIENZE ECONOMICHE IN MEMORIA
DI ALFRED NOBEL, 2010. PER GENTILE CONCESSIONE
DI UBS NOBEL PRESPECTIVES (UBS.COM/NOBRL).
Chiunque abbia mai cercato un lavoro sa che è un processo molto lungo. Bisogna leggere le inserzioni, preparare le domande e inviarle. E poi comincia l’attesa. A volte si ottiene un colloquio, poi bisogna aspettare ancora e probabilmente fare ulteriori colloqui. Nel frattempo, sull’altro fronte, i datori di lavoro affrontano un ana -
logo processo di ricerca per trovare il candidato perfetto per le loro esigenze. Disoccupazione e posti di lavoro vacanti coesistono in quasi tutte le economie.
Se oggi questo può sembrarci ovvio, è solo grazie a un economista cipriota di nome Christopher Pissarides, che arrivò a Londra negli anni Settanta e capovolse la visione del mercato del lavoro. Affa -
scinato già da bambino dal lavoro delle persone che lo circondavano, e spinto dalla profonda consapevolezza sociale che caratterizzò la fine degli anni Sessanta, Pissarides intraprese uno studio indipendente della disoccupazione e propose, con la sua opera, un modello di strutture radicalmente nuove per comprendere il mercato del lavoro classico.
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PRIMO PIANO / SIR CHRISTOPHER PISSARIDES
SIR CHRISTOPHER PISSARIDES A PRIMA VISTA
Data e luogo di nascita:
1948, Nicosia, Cipro
Campo di studi:
Economia del lavoro
Vincitore premio Nobel per: Analisi delle frizioni di mercato
Libri preferiti:
Biografie, soprattutto di persone di successo
Superpotere:
Sa distinguere una pietra di fiume da un sasso di mare
Ha fatto la storia: È l’unica persona a cui l’LSE abbia negato due volte una promozione
Contributo architettonico all’LSE:
Ha insistito per far costruire un ponte che collegasse la facoltà di economia con il centro di ricerca
Mantra:
“Non mi arrendo mai!”
L’incontro tra domanda e offerta è solo questione di connessioni umane
«La mia fascinazione per l’economia è sempre stata rivolta al mercato del lavoro, perché è lì che le persone interagiscono», afferma Pissarides.
«Questa interazione, infatti, non riguarda solo la pura interazione economica in cui si entra per produrre, ottenere un reddito e poi uscirne, bensì soprattutto l’effettiva connessione tra le persone nel mercato del lavoro, l’importanza di essere bene assortiti. Ho cercato di allontanarmi il più possibile dall’approccio molto freddo degli economisti nei confronti del lavoro, mantenendo però al tempo stesso i principi di modellazione economica esistenti. Fin dove pos -
sono portarci questi principi che hanno visto la luce con Adam Smith circa 250 anni fa e si sono evoluti nei secoli? Possono spiegare alcune cose e sbagliarne altre».
La sua opera, per la quale il Comitato per il Nobel gli ha assegnato il premio nel 2010, riesce a colmare questo divario attraverso l’integrazione del modello di mercato classico con la funzione di ricerca, portando gli aspetti di domanda e offerta dell’economia classica fino al punto in cui possono contribuire a spiegare come funzionano i mercati del lavoro. Lo studio integra opportunamente le caratteristiche della teoria della ricerca di Pissarides, dove i potenziali partner si cercano –proprio come avviene sui siti di incontri o di ricerca immobiliare –prima di avviare un’interazione. In sostanza, Pissarides ha aggiunto una terza equazione, l’equazione dell’incontro tra le parti (matching), a quelle esistenti nel modello del mercato del lavoro. Questa si è rivelata una grande intuizione, determinante per buona parte della futura ricerca e delle politiche sul lavoro, l’edilizia abitativa, l’assegnazione dei prestiti e altre attività economiche del mercato che richiedono di trovare un matching.
Il bello della matematica
Mentre ci accompagna in un viaggio che lo riporta alla sua infanzia a Cipro, Pissarides ci svela il suo modo di relazionarsi con il mondo che lo circonda ricordando quanto lo affascinassero i motivi semplici ed eleganti ricamati sui fazzoletti dalle donne di Cipro. Il giovane futuro premio Nobel era rimasto affascinato dal processo di trasformazione attraverso il lavoro, da queste donne che prendendo un semplice filo di seta tornavano al negozio di abbi -
gliamento del padre con il prodotto finito. Partendo dalle materie prime, il lavoratore non solo crea un nuovo oggetto, ma gli conferisce anche valore attraverso l’atto di produzione. Non sorprende che Pissarides parli in modo analogo della matematica, dove emerge qualcosa di concreto da un iniziale distanziamento dal soggetto. «È più che altro l’astrazione, la bellezza, e il suo modo di produrre velocemente i risultati», sostiene Pissarides. «Hai un’equazione, la risolvi, ed ecco fatto. In un certo senso è come una lingua, ma molto più tangibile». Pissarides considera l’eleganza e la semplicità della modellazione matematica un percorso utile a risolvere problemi sociali essenziali.
Determinato a comprendere la disoccupazione
Nei pochi anni trascorsi inizialmente nel Regno Unito, molto prima che fosse nominato cavaliere dalla regina o vincesse il premio Nobel, Pissarides vide cos’era la disoccupazione e si sentì determinato a comprenderla meglio. La sua ricerca ha introdotto il valore del lavoratore disoccupato. «Quando mi sono reso conto che c’erano persone che volevano un lavoro ma non riuscivano a ottenerlo nonostante le aziende stessero assumendo, ho visto chiaramente la grande mancanza di comprensione del problema e di ciò che si poteva fare per risolverlo».
Il valore del lavoratore disoccupato
Il concetto di valore del lavoratore disoccupato come potenziale percettore di reddito sul mercato del lavoro in cambio delle sue competenze – e pertanto fonte stagnante di attività economica – suscitò compassione nell’economista, ma accese
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anche la sua curiosità. Quest’idea ha migliorato radicalmente la nostra capacità di comprendere un (mal) funzionamento nel mercato del lavoro e ha contribuito al riesame delle raccomandazioni sulle relative politiche. Progredendo con gli studi, Pissarides sentì risvegliarsi una consapevolezza che stimolò la sua curiosità e lo portò a trovare una soluzione. Durante gli anni di governo di Margaret Thatcher nel Regno Unito la disoccupazione subì un’impennata. «Alcune riforme del mercato furono di grande aiuto per la Gran Bretagna, ma io avrei agito diversamente». Anzitutto, le riforme sarebbero state attuate in modo molto più graduale, e in secondo luogo Pissarides avrebbe definito le politiche di concerto con i rappresentanti sindacali. Infine, i lavoratori colpiti dalle riforme non ne sarebbero usciti così provati.
Poco dopo l’annuncio del suo premio Nobel, Pissarides ebbe diverse possibilità di influenzare la definizione delle politiche. Fu consulente del governo cipriota e del Consiglio Europeo. «Quando dai consigli a un politico, non devi mai aspettarti che faccia quello che gli dici. Sarebbe estremamente frustrante. Il massimo che puoi sperare, quando lavori come consulente dei politici, è che ti diano ascolto». «Fino all’assegnazione del Nobel, ha sempre avuto la sensazione di non essere preso seriamente», afferma Rachel Ngai, partner di Pissarides nella vita e nel lavoro, che ricorda come sia sempre stato un vero accademico, concentrato sui suoi studi indipendentemente dai riconoscimenti. La speranza che alcune delle cose che dice possano attecchire e influenzare le decisioni e le politiche è ciò spinge Pissarides ad andare avanti. Oltre alla sua incapacità di
rimanere inerme a guardare, quando sa che cosa bisogna fare. «Non arriverei mai ad arrendermi per il solo fatto che non mi stanno ascoltando», afferma. «Vado avanti e poi chissà, forse un giorno potrebbero decidere di ascoltare». Fu proprio il principio di non arrendersi mai che portò Pissarides a intervenire nella crisi dell’Eurozona. Visto il suo profondo interesse sia per il progetto europeo che per la disoccupazione, iniziò a tenere conferenze, divulgare le sue idee e organizzare campagne per informare la Grecia e Cipro. Questo fu dopo il 2008, quando il tasso di disoccupazione medio si stava avvicinando al 30 per cento e metà dei giovani laureati non riusciva neanche a mettere piede nel mercato del lavoro.
Come risolvere la crisi in Grecia?
«Se ripensiamo alle politiche che hanno causato questo fallimento del mercato e l’aumento della disoccupazione, non sono poi molto diverse da quelle che avevamo durante la Grande depressione», spiega Pissarides, facendo riferimento a John Maynard Keynes in merito alla politica di investimento dei governi. «L’altro motivo riguarda l’elevato livello di indebitamento. Le istituzioni che potevano fornire finanziamenti alla Grecia per portare avanti le sue politiche economiche insistevano affinché il governo tagliasse i salari, le pensioni e la spesa, misure che ridussero il livello di domanda nell’economia». Gli economisti neoclassici sostenevano che il taglio dei salari avrebbe ridotto il costo del lavoro e reso più interessante il Paese come produttore di esportazioni a basso costo. «Abbiamo visto che non funzionava», ricorda Pissarides. «Uno dei motivi è che l’export in Grecia non è
tanto sviluppato. Il settore del turismo è molto vasto ed è l’esempio che viene sempre citato. Se il prodotto turistico greco diventa molto più conveniente perché adesso non devi pagare un sacco di soldi per andare in una trattoria o in un hotel locali, molti più turisti visiteranno la Grecia. Ma in realtà questa idea non ha funzionato. Anche se i numeri aumentano, non sono sufficienti a risollevare l’intera economia».
«Sono convinto che se all’interno dell’Eurozona siamo dei veri partner e creiamo una partnership reale, allora gli altri Paesi dell’Eurozona, guidati dalla Germania, dovrebbero decidere di investire oggi in Grecia, per sfruttare le ottime prospettive degli investimenti».
L’incrollabile ottimismo di Pissarides l’ha accompagnato per gran parte della sua vita. Quando a 17 anni venne a studiare a Londra, si rese conto fin da subito che in un Paese nuovo il contesto tende a cambiare, e con il tempo quello che sembrava difficile diventa gestibile e alla fine addirittura gradevole. «Non mi arrendo mai! Se ho iniziato a fare qualcosa non potrei mai rinunciarvi, indipendentemente dalle difficoltà. Ma lo farò a modo mio». Pissarides riassume in questo consiglio la sua intera esperienza.
Qual è l’insegnamento del lavoro di Pissarides?
«L’approccio ortodosso trattava il lavoro come qualsiasi altra commodity che può essere comprata e venduta a prezzo di mercato. Chiunque lavori nel settore finanziario sa che questo è assurdo».
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VIVO LAVORANDO, E NE SONO ENTUSIASTA
«Lavoro 18 ore al giorno». Inizia più o meno così la mia chiacchierata con Francesco Facchinetti. Come prosegue? Con un mio velocissimo calcolo ed una domanda di getto: dunque quante ore dormi? La risposta non è stata scontata, per nulla. Penserete che mi abbia risposto: «circa sei ore». Eh no, Francesco non è uno da botta e risposta, e infatti ha iniziato a parlare della sua fase di sonno REM, del recupero documentato tramite “Oura” (un anello che monitora il sonno e l’attività fisica), per arrivare a dirmi che con 4-6 ore di riposo lui è carico per, appunto, le seguenti 18 ore di fuoco.
Figlio del mitico Roby Facchinetti, cantate dei Pooh, Francesco ha un curriculum incredibile: DJ, presentatore, cantante, procuratore sportivo, imprenditore. Abbiamo imparato a conoscerlo con il suo tormentone estivo La canzone del capitano, e da lì in avanti è stato un crescendo. X Factor, Isola dei Famosi, Miss Italia, Striscia la Notizia, e poi il cinema, la radio, il doppiaggio, senza dimenticare una lunghissima serie di singoli di successo. Sono questi, in breve, i campi in cui Francesco si cimenta da anni, passando da un impegno all’altro con la disinvoltura che può avere unicamente chi ama fortemente ciò che fa. «È esattamente così, il mio lavoro è una passione e l’ho sempre vissuta così. A 16 anni ho capito che se volevo qualcosa dovevo guadagnarmelo perché i miei genitori non mi hanno
DA UNA CENA CON CHER E DEMI MOORE, PASSANDO
PER LA VENDITA DI UN GIOCATORE ALL’ATLETICO MADRID,
PER POI RIPARTIRE VERSO L’ENNESIMO VIAGGIO A NEW YORK.
UNA VITA “FOLLE”, VISSUTA CON GRANDE POSITIVITÀ
ED UN’ATTITUDINE SEMPRE POSITIVA, ESATTAMENTE QUELLA
CHE SERVE PER VINCERE.
DI MICHELLE UFFER
mai regalato nulla, ed è stata una fortuna. Così a 20 anni già vivevo da solo e mantenevo pure tutti i miei amici che ho invitato a stare da me». È proprio vero che il fatto di avere dei genitori famosi può aprirti determinate porte, ma il palcoscenico poi te lo devi guadagnare. Un percorso che a Francesco non è mai pesato, anzi, delle parole in dialetto bergamasco che sua nonna gli ripeteva sempre («Alùra, ricordét: bergamasc lavora dür, forza de bestia pura de négot») Francesco ne ha fatto uno stile di vita. «Noi bergamaschi/brianzoli ci sentiamo in colpa se non lavoriamo, e ti dirò di più: il sabato e la domenica per me sono i giorni più duri, mi viene il mal di testa, non riesco a stare fermo e non fare nulla. C’è chi vive per il fine settimana, e lo rispetto. Io vi -
“Devi sapere che nella stragrande maggioranza dei casi chi diventa famoso la vive come una privazione. Essere famoso amplifica ciò che tu sei, e un artista solitamente ha delle caratteristiche più introverse che estroverse, fa della sua sofferenza la propria arte. Io non essendo mai stato un artista ho avuto la fortuna di viverla sempre benissimo, per me è sempre stato tutto geniale!”.
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“Francesco da più di un anno ha deciso di far diventare Lugano il suo quartier generale, una città che già conosceva e frequentava”.
vo per le mie giornate lavorative, quelle in cui ho un impegno dopo l’altro, incontri che si incastrano e l’agenda che scoppia». Mi parla di una cena con la cantate Cher e l’attrice Demi Moore, pochi giorni dopo vola a Madrid per la vendita di un giocatore all’Atletico, e poi sale su un volo intercontinentale con destinazione New York, il tutto a pochissimi giorni di distanza. Ma è anche vero che nei pochi momenti di riposo Francesco ne approfitta per stare con la sua grande famiglia e frequentando gli amici di sempre, quelli con cui è cresciuto. Persone con cui parlare di tutto e niente, divertirsi senza pretese, e mantenere i piedi per terra. Un modo per radicarsi, per tornare ad una sana normalità contrapposta al suo
mondo lavorativo che lui stesso definisce folle, fatto di personaggi famosi, glamour, ed una lunga serie di corse in aeroporto.
«La mia fortuna? È che non sono veramente un artista. Ed è davvero un fattore vincente perché questo mondo per gli artisti è difficile da vivere».
In che senso?
«Devi sapere che nella stragrande maggioranza dei casi chi diventa famoso la vive come una privazione. Essere famoso amplifica ciò che tu sei, e un artista solitamente ha delle caratteristiche più introverse che estroverse, fa della sua sofferenza la propria arte. Io non essendo mai stato un artista ho avuto la fortuna di viverla sempre benissimo, per me è sempre stato tutto geniale!».
Francesco è una persona estremamente entusiasta, caratteristica che in tenera età nessuno riusciva a domare, né i genitori né gli insegnanti. Il suo soprannome era “Attila flagello di Dio”, e probabilmente viste le fughe ed espulsioni da scuola, come nomignolo era abbastanza azzeccato. Un vero ribelle che però si è sempre voluto bene, non spingendosi mai oltre il limite».
Come si è tramutato, in età adulta, questo tuo modo di essere?
«Beh, la fortuna è che comunque ho sempre avuto la testa sulle spalle, mi sono divertito, ma senza finire in situazioni pericolose o viziose. Non fumo, non bevo. Ora grazie alla tecnologia posso anche tenere sotto controllo il mio benessere, e quando vedo che sono al limite corro ai ripari e riposo un po’ di più, cerco di non stressarmi troppo lavorando in modo positivo e col sorriso, anche se so bene che la vita ti porta a perdere, e non ad arrivare al risultato. Ci sono tante scon -
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fitte. La differenza tra chi vince e chi perde la fa chi sa trasformare queste sconfitte in vittorie». L’attitudine positiva fa la differenza, e lo fa pure una sana nutrizione».
Sei attento a ciò che metti nel piatto?
«Molto: cerco di prendermi cura di me stesso mangiando bene, sono anche stato vegano per due anni. Ora mangio un po’ di carne ma per il semplice fatto che viaggiando molto non è sempre facile trovare dei ristoranti vegani, ma fosse per me vivrei di verdure, le amo. E poi cammino moltissimo: quando sono via per lavoro arrivo tranquillamente a 10, addirittura 20 km al giorno».
Io aggiungo: «immagino in call?». Lui, ovviamente, conferma. Tra l’altro, il telefono di Francesco è bloccato. In che senso? Nel senso che solo poche persone possono raggiungerlo telefonicamente, tutti gli altri se vogliono comunicare con lui devono farlo via whatsupp o e-mail: «È normale, come ogni altro capo di azienda non posso permettermi di
stare al telefono con tutti. Ciao come stai? Hai visto che bel tempo? Via e-mail o messaggio tutti questi fronzoli vengono automaticamente eliminati, la comunicazione è più spiccia e si arriva subito al dunque. Io devo gestirmi così, altrimenti non se ne esce. Mi piacerebbe poter passare più tempo dialogando con le persone, ma è un lusso che non mi posso permettere. Sono a capo di 3 aziende, ed ho più di 100 dipendenti, devo ottimizzare il mio tempo il più possibile».
Francesco da più di un anno ha deciso di far diventare Lugano il suo quartier generale, una città che già conosceva e frequentava: «Amo Lugano, e tutta la Svizzera in generale. Io la giro molto per lavoro perché ho delle attività commerciali sia in Svizzera francese sia in Svizzera tedesca, ed oltre alla sicurezza ne apprezzo tantissimo la natura, ci sono delle montagne e dei laghi pazzeschi. Pensa che sto così bene qui che non vorrei vivere in nessun altro posto, anche se ti confesso di
avere un debole anche per Lucerna, credo che potrei addirittura viverci. Ma, tornando a Lugano, oltre ad essere magnifica, per me è anche veramente strategica: è vicina a Milano dove spesso lavoro, è vicina alla Brianza dove sono cresciuto e dove tutt’ora vive mia madre. Insomma, non avrei potuto scegliere un luogo migliore».
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PRIMO
Il lavoro d’inchiesta è sempre più importante
UNA LUNGA VITA PROFESSIONE ATTRAVERSO TUTTI I MEDIA, TICINESI E NON SOLO, FA DI ALDO SOFIA UN INDUBBIO PROTAGONISTA DEL MONDO DELL’INFORMAZIONE E UN ATTENTO OSSERVATORE DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA.
Lei vanta una lunga carriera nel mondo della carta stampata prima e poi dei media. Quali sono state le tappe più importanti di questo percorso professionale?
«Fondamentali e formativi per la mia attività sono stati i primi anni di esperienza al Giornale del Popolo. Del resto, il giornalismo scritto mi è sempre rimasto caro, e ho costantemente cercato e avuto la pos -
sibilità negli anni successivi di collaborare a diverse testate, sia ticinesi che italiane. Quel battesimo professionale, nel giornale che allora, parlo di oltre mezzo fa, era il più diffuso del Ticino, e molto presente nelle valli e nelle aree più periferiche, si è rivelato prezioso per il resto del mio percorso giornalistico. Per conoscere le regole fondamentali del mestiere, per il contatto diretto con i lettori, per l’incontro con autentici “maestri”, in particolare Silvano Toppi e
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Giampiero Pedrazzi, che mi riportò al giornale dopo una parentesi di studi in Gran Bretagna. Venni poi assunto come collaboratore esterno dalla Radio della RTSI, diventando responsabile degli “esteri”: altro periodo di formazione intensa, che mi ha aiutato anche nel ruolo di presentatore. Passato in TV agli inizi degli anni Ottanta, incoraggiato da un collega per me fondamentale come Willy Baggi, mi è stato chiesto anche di inventare nuovi formati di approfondimento, da TTT a Fax e infine Falò, tuttora programmato, trent’anni dopo, dalla RSI. Ex responsabile del Telegiornale, e inviato all’estero: grande impegno ma anche una possibilità di lavoro eccezionale, per la conoscenza di situazioni che mi hanno profondamente segnato, durante il quale ho incontrato un’umanità indimenticabile.
In TV ci sono rimasto quattro decenni, prima di un pensionamento attivo, durante il quale ho diretto la scuola cantonale di giornalismo (un incontro fecondissimo coi giovani) e co-fondato il portale di commenti “Naufraghi.ch”, un nuovo stimolante impegno. Ho dunque attraversato il giornalismo dall’epoca “del piombo” (materia prima del giornale scritto in tipografia) all’attuale rete del web e dei social, partecipando alle varie trasformazioni tecniche e informative del giornalismo. Un “capitale” che spero di aver assimilato per una platea sempre più esigente: quella dei lettori e dei fruitori del nostro mondo dei mass-media».
Negli anni ha ricoperto vari incarichi all’interno della RSI. Quali sono stati le principali trasformazioni di questa azienda che lei ha accompagnato o spesso anticipato?
«I cambiamenti in RSI, come in tutte le radio-tv del mondo, siano di servizio pubblico o private, sono stati formidabili. Ci hanno costretto (e a volte abbiamo reagito con un po’ di ritardo) a scalare cambiamenti radicali e inizialmente spesso disorientanti. La tecnologia ha cambiato noi ma anche la nostra platea, è mutato il rapporto col pubblico, più attivo nel manifestare le proprie opinioni attraverso le nuove possibilità tecnologiche. Spesso in positivo, anche se occorre ammettere che non di rado assistiamo a interventi sui social che sono francamente più caratterizzati da uno spirito polemico, e anche insultante assolutamente inaccettabile. Essere giornalista è
della Confederazione. Si riflette abbastanza su questa peculiarità? Non credo, spesso viene vista come situazione scontata e viene sottovalutata».
Giornalismo d’inchiesta: che significato ha oggi questo concetto in un’epoca dominata dai nuovi media, da internet, dalla digitalizzazione e presto anche dall’AI?
«Proprio l’irruzione dei nuovi media dovrebbe far riflettere sull’importanza e la necessità del lavoro d’inchiesta, degli approfondimenti, che, in un’informazione caratterizzata da un continuo flusso di notizie poco spiegate e contestualizzate, rivestono un’importanze particolare, che
“In TV ci sono rimasto quattro decenni, prima di un pensionamento attivo, durante il quale ho diretto la scuola cantonale di giornalismo (un incontro fecondissimo coi giovani) e co-fondato il portale di commenti “Naufraghi.ch”, un nuovo stimolante impegno”.
diventato decisamente più complicato, è cominciata la crisi dei giornali per motivi economici (sempre meno pubblicità e abbonati), lo sforzo cade spesso sulle spalle di piccole redazioni, la massa di notizie in arrivo minuto dopo minuto è impressionante, la necessità di reagire tempestivamente eccessiva. Vale anche per la nostra radio-tv, che produce molto e in generale produce buoni programmi, si distingue da altre emittenti con un’offerta di approfondimenti veri che non trovereste ad altre latitudini, in una SSR che, per il rispetto della solidarietà e della coesione nazionale, deve produrre in realtà tre programmi televisivi e tre radiofonici diversi, come diverse sono gli impianti cultuali e linguistici
probabilmente potrà contribuire a salvare in futuro anche la carta stampata. Il racconto e l’interpretazione dei fatti, da realizzarsi con correttezza e qualità, rappresentano e rimangono un aspetto decisivo per il nostro confronto democratico, per sapere in che paese viviamo, per capire come cambia per volontà e necessità. Riguarda le situazioni nazionali, ma non solo: ormai “il mondo ci è entrato in casa”, portandoci vantaggi ma anche problematicità che si possono affrontare solo con l’aggiornamento e la conoscenza da parte del pubblico. Naturalmente non vale solo per la RSI, ma per tutte le esperienze giornalistiche: ma è un fatto che approfondimenti e inchieste richiedono più tempo e più
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investimenti, che il servizio pubblico ha i mezzi per concretizzarli. In tal senso penso proprio che, facendo il paragone con altre radio-tv che possiamo seguire, la RSI, ma non solo, sia stata esemplarmente attenta e puntuale. Certo, gli errori ci possono essere ed è normale, anzi giusto che vengano rilevati, ma non possono nascondere la realtà di un’offerta molto ricca e qualitativamente di buona qualità. In certi settori, la RSI è stata anticipatrice anche nei programmi d’inchiesta. L’intelligenza artificiale può diventare un problema? Certo, soprattutto se il potere politico non si sforzerà concretamente (e non come è avvenuto per il web) di fissare regole a tutela delle persone e della società, anche quella economico-produttiva e del mondo del lavoro. Ma può essere, come già vediamo, anche un formidabile strumento positivo di crescita. È la solita storia del coltello: indispensabile, ma dipende sempre dall’uso che si intende farne.
Ecco perché la formazione, come in tutte le professioni, anzi la formazione continua, è una necessità imprescindibile anche nel nostro lavoro, che non può permettersi di essere sommario, poco aggiornato, poco professionale e quindi meno credibile».
Lei è stato inviato di guerra in aree particolarmente “calde” come il Vicino Oriente: che cosa prova di fronte alle drammatiche situazioni che vivono oggi quei territori?
«Devo confessare che anche per un giornalista che ha sovente lavorato in quella zona del mondo oggi in fiamme a causa di un conflitto particolarmente cruento, i tragici fatti in corso e la loro modalità possono suscitare sorpresa, orrore e smarrimento. Laggiù ho conoscenti e con-
tatti in entrambi i campi in conflitto. Ascolto da laggiù vecchie conoscenze che mi raccontano una situazione che non si era mai registrata nell’ultimo mezzo secolo di crisi anche guerreggiate. Naturalmente, conoscere la storia della regione, averla raccontata per alcuni decenni, aiuta a capire le radici del problema, elaborare il presente, fornire dei giudizi. Conoscere la Storia - ed è un approccio che fortunatamente nei nostri Corsi cantonali di giornalismo - è dunque indispensabile per raccontare, far capire, e spiegare. È stato un difetto della politica internazionale l’aver “dimenticato” la crisi medio-orientale e la sua esplosività. E in parte anche di un giornalismo sempre più preso da fatti spiccioli, spesso senza vera sostanza, dimenticando quanto siano numerose, gravi, ingiuste le piaghe del mondo».
Corrispondente prima a Parigi e Bruxelles, poi a Roma. Che cosa ricorda con piacere di quelle esperienze?
«Poter fare l’inviato e il corrispondente, è sempre stata la mia principale ambizione, anche se poi mi sono occupato molto anche delle situazioni del nostro paese. Un mio superiore mi convinse a diversificare dicendomi «guarda che il tuo Vietnam è qui». Aver lavorato in zone di guerra e come corrispondente a Parigi, Bruxelles, Roma è stata un’altra pedagogica opportunità. Anche per capire la nostra situazione, e non è affatto un paradosso. Ci dobbiamo riflettere nei problemi altrui, tutti dovremmo averlo compreso, visto che ciò che accade fuori dai nostri confini, in realtà vicine o anche più lontane, è fondamentale perché gli effetti delle onde delle crisi internazionale inevitabilmente ci interesse, che si tratti di effetti
economici, sociali, o ambientali. Oggi più nessuno mi direbbe ciò che mi sentivo dire ancora una ventina di anni fa, «ma perché va in giro a raccontare situazioni che possono essere anche pericolose per i giornalisti». Ormai avvertiamo, sentiamo, percepiamo che la conoscenza di quelle realtà fa parte della nostra quotidianità, e che essa ne è condizionata. E chi altri la dovrebbe comunicare se non un giornalismo attento e soprattutto preparato?».
Quali sono i progetti che attualmente la impegnano maggiormente nel campo della documentaristica televisiva? «Ancora pochi anni fa ho potuto realizzare o fare da consulente per i documentari giornalistici della RSI. Sono state altrettante scuole di giornalismo. Dirò di più: in quegli ultimi anni ho imparato, imparato molto, grazie alla collaborazione con una nuova generazione di professionisti, più attenti anche a forme narrative che devono evolvere col tempo ed essere più coinvolgenti: devo parecchio ai giovani realizzatori. Ora collaboro con alcuni giornali, e soprattutto per la realizzazione quotidiana (sette giorni su sette, 365 giorni all’anno) della piattaforma di commenti “Naufraghi.ch”, che registra un interesse e numeri che non avevamo lontanamente immaginato al momento del debutto. Lo dico soprattutto per evidenziare come in definitiva il bisogno di un buon giornalismo (che speriamo di offrire) non è merce trascurabile, interessa ancora, ha spazio e opportunità».
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CONCILIABILITÀ FRA ESIGENZE
DEL TERRITORIO E LE NUOVE SFIDE
GEOPOLITICHE: QUESTO L’IMPEGNO
DEI SINDACI DELLE PRINCIPALI
CITTÀ TICINESI DOPO IL RINNOVO
DEI CONSIGLI MUNICIPALI.
DI ANDREA GRANDI
«Direi una chiara indicazione di voler continuare lungo la strada che è stata tracciata alcuni anni fa con l’aggregazione» commenta Mario Branda, sindaco di Bellinzona. «Un processo che, ricordo, non è mai stato inteso come fine a sé stesso ma per rispondere alle nuove sfide legate all’accorciamento delle distanze sull’asse Berna/Zurigo-Milano con l’apertura della linea ferroviaria di base del Gottardo, all’evoluzione tecnologica e delle conoscenze scientifiche e, quindi, del mercato del lavoro, ma anche del cambiamento climatico. Stiamo quindi attuando ingenti investimenti sia per favorire il processo di sviluppo del polo di ricerca biomedico a Bel-
CINQUE SINDACI A CONFRONTO
Le votazioni comunali dello scorso aprile hanno concluso la stagione delle consultazioni elettorali, iniziata nel 2023 con le elezioni cantonali e federali. Al termine di questo esercizio amministrativo il patto di fiducia tra elettori ed eletti ora si prepara ad affrontare un periodo di aggiornamenti economico-sociali che, se da un lato archiviano le emergenze iniziate con la pandemia, ora sembrano dover considerare anche elementi di origine geopolitica. Lo abbiamo chiesto ai sindaci delle cinque principali città del nostro cantone, Bellinzona, Chiasso, Locarno, Lugano e Mendrisio, chiedendo a ciascuno di commentare l’orientamento espresso dagli elettori sugli indirizzi di governo attesi nelle rispettivamente municipalità.
linzona, per il nuovo impianto industriale di Castione con la conseguente “liberazione” dell’area, in posizione strategica, attuale sede delle Officine FFS, dove è previsto sorgere un nuovo quartiere e la valorizzazione, in chiave culturale e turistica, del complesso della Fortezza di Bellinzona. Al contempo, come abbiamo più volte avuto modo di ribadire, si vuole sviluppare pure in servizi sul territorio: il trasporto pubblico, la mobilità ciclo-pedonale, mense e servizi extra-scolastici per favorire la conciliabilità tra lavoro e famiglia. Si tratta in questo caso di uno dei punti nodali per le famiglie confrontate con nuovi modelli organizzativi della loro vita».
«Per il Basso Mendrisiotto», osserva il sindaco di Chiasso Bruno Arrigoni, «il prossimo sarà un quadriennio cruciale. Infatti nel 2026 per i Comuni di Balerna, Breggia, Chiasso, Morbio Inferiore e Vacallo ci sarà una consultazione popolare per aderire o meno ad un nuovo Comune di circa 20’000 abitanti. Usciamo da un periodo pandemico assai complicato, siamo confrontati con guerre in più parti del Mondo, che indirettamente hanno influsso anche sulla nostra piccola realtà. Una maggiore unità di intenti diventa sempre più importante per poter mantenere il nostro tenore di vita, le nostre strutture pubbliche al passo coi tempi e portare avanti insieme le rivendicazioni del nostro territorio. Solo uniti saremo in grado di dare risposte alle questioni che preoccupano la nostra popolazione, come il lavoro per i giovani, la salvaguardia del territorio, la rete dei trasporti pubblici, la gestione degli anziani. Oggigiorno sono temi che ai quali un Comune di 3000 / 8000 abitanti, da solo, fatica a dare risposte concrete, in quanto le risorse finanziarie disponibili sono sempre meno e vengono assorbite dalla gestione corrente».
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A Locarno, ricorda il sindaco
Nicola Pini, «da un lato le recenti elezioni segnano un grande cambiamento, con la nomina di un nuovo Sindaco, di ben quattro nuovi Municipali e perfino di una modifica della ripartizione partitica dell’Esecutivo con l’uscita dei Verdi a vantaggio di un secondo seggio per il Centro; dall’altro però anche una certa continuità con la conferma della maggioranza PLR e l’elezione di persone navigate e con una certa esperienza professionale e politica. Personalmente ne deduco che c’è tanta voglia di portare avanti i grandi progetti in rampa di lancio – la riqualifica di piazza Grande, il rilancio del comparto ex-gas-macello con contenuti sociali, culturali e formativi, la revisione della pianificazione del territorio, il consolidamento del polo dell’audiovisivo – ma tenendo sempre i piedi per terra e sempre considerando, oltre al futuro, anche il quotidiano. Percepisco anche un rinnovato entusiasmo, come mostrato da un leggero aumento della partecipazione al voto: ma qui resta ancora tanto da fare per riavvicinare i cittadini alle Istituzioni e alla politica in generale».
«Desidero ringraziare le cittadine e i cittadini che hanno dimostrato fiducia e apprezzamento verso l’operato del Municipio di Lugano in quest’ultima breve ma intensa legislatura», esordisce il sindaco Michele Foletti . «La riconferma alla carica di Sindaco mi riempie di orgoglio e al contempo rinnova il patto di affetto e responsabilità nei confronti della mia città. In questi anni abbiamo gettato solide fondamenta per una città che continuerà a progredire e a realizzare i progetti che ci stanno a cuore. L’impegno, la trasparenza e i sacrifici pagano sempre, e la politica non fa eccezione. Continueremo a lavorare per rendere Lugano sempre più innovativa, accogliente ed equilibrata nell’utilizzo delle sue risorse, attenta all’evoluzione del contesto regionale, nazionale e internazionale; l’obiettivo è promuovere iniziative che creano un circolo virtuoso e siano una fonte di rigenerazione sociale, economica e culturale, sempre in stretta sinergia con le università, le aziende e le associazioni attive sul territorio. Vogliamo attivare contatti e scambi con realtà vicine e lontane, cercando di far beneficiare di queste relazioni la società, l’economia e la ricerca. Accanto alle grandi opere in fase di realizzazione come il polo sportivo e degli eventi e ai progetti innovativi che hanno reso Lugano un polo di riferimento internazionale nell’ambito della tecnologia blockchain, mi piace ricordare che siamo una città attenta alla gestione del quotidiano; anche i progetti puntuali, come ad esempio la riqualifica e la creazione di nuove aree verdi o parchi gioco o gli investimenti nell’edilizia scolastica, hanno una grande rilevanza sulla qualità di vita della popolazione».
«Le conseguenze legate alla pandemia ed alla crisi internazionale hanno un effetto anche localmente è tuttavia necessario guardare avanti e lavorare su progetti concreti e su visioni per il futuro», osserva Samuele Cavadini, sindaco di Mendrisio. «In questa legislatura continueremo a lavorare sul territorio con la realizzazione di nuove opere di edilizia pubblica e con la ridefinizione pianificatoria di comparti strategici considerando le sfide legate alla lotta contro i cambiamenti climatici e le implicazioni dell’adozione della scheda R6 del Piano direttore cantonale. Si continuerà nella riforma dell’amministrazione in particolare con il progetto di smart city che vuole migliorare l’erogazione dei servizi e l’efficienza dei processi di lavoro grazie alla digitalizzazione. Saremo impegnati anche sul fronte della socialità in ambito di politiche per gli anziani e per la famiglia. Intendiamo inoltre sviluppare una strategia per attirare nuovi cittadini ed aziende, valorizzando il nostro territorio e la qualità di vita che Mendrisio può offrire. Infine non mancherà la sfida finanziaria, in un contesto dove le risorse comunali sono sempre più scarse, dovremo prestare attenzione all’equilibrio dei conti in rapporto agli investimenti ed i servizi erogati».
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FINALMENTE È FINITA E I PARLAMENTI COMUNALI, CANTONALI E FEDERALI, SONO DI NUOVO TUTTI AL LAVORO
DOPO QUASI QUATTRO ANNI DI CAMPAGNA ELETTORALE. DI MORENA FERRARI GAMBA*
In verità, nell’ultimo decennio sembra di essere in campagna elettorale perenne, molto mediatizzata e dove appaiono sempre più le idee personali, più che quelle di questa o quella forza politica. È questo uno dei fattori, non l’unico, che spinge l’aumento marcato della personalizzazione del voto. A differenza degli anni passati, fatti soprattutto di comizi e incontri sul territorio, o attraverso gli organi di partito, oggi si preferisce pubblicare sui quotidiani le proprie opinioni, fare la passerella nei talk show televisivi (quasi sempre le stesse persone), pubblicarsi sui social in modo martellante, comunicando in remoto con le persone. Gli incontri veri e propri con la popolazione si sono praticamente azzerati. Certo tanti aperitivi ed eventi ad hoc, ma rari i confronti diretti e sempre più rari i confronti di idee, il pepe della politica. Ci si sofferma su “andiamo tutti d’accordo” (noia), “umiltà” (quando?), “coraggio” (dove?), “lavoro per il bene comune” (forse), “i cittadini lo chiedono” (troppo abusato), mentre sembrano essere in pochi ad esprimere idee e progetti a medio lungo termine. La politica moderna, e non solo alle
RIFLESSIONI SULLA POLITICA
CHE CAMBIA
nostre latitudini, si incentra sempre di più intorno alle persone o ai partiti-persona, invece che su una base ideologica e programmatica di uno o di un altro partito. L’aumento delle schede senza intestazione dimostra quanto si preferisca promuovere le persone e non i partiti. Il voto diventa sempre più un sostegno indefinito a un nome sganciato da qualsiasi programma e funzione di rappresentanza. Questo porta inevitabilmente alla fluidità con cui si può cambiare casacca, andando da destra a sinistra e viceversa. Una bella confusione! Il cambiamento del mondo politico è evidente. A questo si aggiunga la crescente perdita di consensi dei partiti storici accompagnata da un aumento dei movimenti sovranisti e populisti che catalizzano la rabbia e l’indignazione di larghe fette della popolazione, grazie a promesse di cambiamento radicale ma che puntualmente vengono disattese, perché una volta al governo, gli stessi governano processi e non progetti. Nascono partiti o movimenti, che dir si voglia, come funghi, per lo più monotematici per questa o quella rivendicazione e quasi mai con un progetto globale di società. Ecco quindi che i parlamenti, comunali, cantonali e perfino federali, si riempiono di una popolazione estremamente variegata e frastagliata. Solo a Lugano, con sessanta consiglieri comunali, sono rappresentati ben otto partiti/movimenti. A livello cantonale e federale è anche peggio. In
questa situazione è sempre più difficile raggiungere delle maggioranze, si allungano in modo esasperato i dibattiti e i tempi di decisione su questo o quel progetto si dilatano, al punto che lo stesso diventa vecchio ancora prima di metterlo in atto. Nel frattempo, i partiti storici, quelli che hanno costruito il Ticino moderno, che fanno? Si sono abituati alle sconfitte, come fosse un ineluttabile destino, senza alcuna autocritica, seppur sempre richiesta dalla base. Siamo ormai giunti al superamento delle ideologie facendo cadere soprattutto l’idealismo, che dovrebbe essere proprio l’ispirazione massima del servizio alla società. Un partito che sottrae all’azione politica il fondamento ideale-culturale che ne cementa le basi, cancella ogni possibilità di confronto critico e costruttivo, motore formidabile di crescita e progresso e salvaguardia della democrazia. È proprio in un periodo di crisi politica e polarizzazione crescente che i partiti storici debbono mantengano fede ai principi cardine che ne hanno guidato l’azione politica nel corso degli anni. Ricercare i valori fondanti, non è nostalgia del passato, bensì ritrovare quella bussola morale e ideologica per orientare le decisioni politiche future e quale punto di riferimento per valutare la coerenza e l’adeguatezza delle proposte ed essere così riconoscibili e credibili agli occhi del cittadino!
*Già Presidente del CC Lugano
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PRIMO PIANO / MORENA FERRARI GAMBA
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DALL’11 SETTEMBRE AL 7 OTTOBRE
SONO PASSATI 23 ANNI DALL’ATTACCO TERRORISTICO DI AL QAEDA DELL’11 SETTEMBRE 2001 CONTRO LE TORRI
GEMELLE DI NEW YORK, ATTACCO CHE HA UCCISO 3000 PERSONE INNOCENTI. QUEL MASSACRO SUSCITÒ UNA
REAZIONE DI SOLIDARIETÀ NON SOLO IN TUTTI I PAESI OCCIDENTALI MA IN GRAN PARTE DEI PAESI DEL MONDO, CHE BOLLARONO COME TERRORISTICO IL MOVIMENTO DI AL QAEDA (COMPRESI RUSSIA E INDIA). DI MORENO BERNASCONI
Quella data resta impressa nella memoria diffusa e nei libri di storia per quello che fu: un inammissibile atto di barbarie. Solo i regimi e i movimenti che fanno dell’odio all’Occidente nel suo insieme il collante per rafforzare il proprio potere negando valori e diritti fondamentali delle persone umane non lo denunciarono o furono addirittura compiacenti nei confronti di quell’attacco senza precedenti, che purtroppo diede la stura ad una lunga lista di altri barbari attentati e uccisioni di ostaggi inermi da parte della cosiddetta Jihad islamica contro la popolazione occidentale in Europa e altrove. Il pogrom del 7 ottobre 2023 contro 1200 civili ebrei e la presa d’ostaggi
perpetrati con una barbarie inaudita dal braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam si collocano in continuità con l’attentato dell’11 settembre nella guerra che il terrorismo islamico conduce contro le democrazie occidentali, democrazie che Israele rappresenta in un Medio Oriente dominato da regimi teocratici e/o non democratici. Il proditorio attacco è nel contempo l’ennesimo tentativo di impedire una soluzione di pace del conflitto mediorientale che riconosca ad Israele il diritto di esistere. Non bisogna dimenticare infatti che Hamas, e in particolare le brigate Ezzedin Al-Qassam, sono nate come lo strumento militare chiamato a sabotare (con ripetuti attacchi terroristici mirati) la realizzazione degli Accordi
di Oslo del 1993, che avevano gettato le basi di una soluzione pacifica al conflitto israelo-palestinese in Medioriente. Una regione mediorientale che negli ultimi decenni è lacerata da una guerra per l’egemonia che vede l’Islam di fede sciita e quello sunnita l’un contro l’altro armati, ma che poco tempo fa aveva visto nascere anche nuovi segnali di una possibile distensione, in particolare una diversa strategia da parte dei Paesi del Golfo nelle relazioni con l’Occidente e Israele. Non è casuale che l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 sia intervenuto non in un momento di particolare recrudescenza del conflitto arabo-israeliano bensì dopo la conclusione dei cosiddetti “Accordi di Abramo” del 2020, che sono stati sottoscritti - sotto l’egida di Donald Trump - da Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein e rappresentano il primo accordo di normalizzazione delle relazioni tra Paesi arabi e Israele dopo quelli sottoscritti con l’Egitto nel 1979 e con la Giordania nel 1994. Una prospettiva di normalizzazione fra Israele e gli Emirati arabi, a grande maggioranza sunnita, che osteggia risolutamente l’Iran teocratico e sciita. Teheran usa, finanzia massicciamente e arma i movimenti terroristici di Hezbollah (sciita) ed Hamas (movimento antisionista, che quindi fa gioco benché
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sia di orientamento sunnita) per rafforzare l’asse politico-militare deciso ad annientare Israele e a bloccare ogni nuova possibile intesa. Per la sua efferatezza, il pogrom del 7 ottobre - che in molti israeliani ha risvegliato il trauma della Shoa - sembra fatto apposta per impedire che a seguito degli “Accordi di Abramo” venisse inaugurata un’ “era delle partnership” (così l’avevano definita gli Emirati arabi) dopo una lunga era di conflitti insanabili in Medio Oriente. Proprio questo è infatti accaduto. L’esercito di Israele ha reagito con un’offensiva militare che va oltre il diritto alla legittima difesa, anteponendo il fine di estirpare Hamas dai gangli vitali della Striscia di Gaza al rispetto del diritto internazionale, in particolare quello che impone di risparmiare i civili durante le guerre. È innegabile che l’uso della popolazione civile come scudo e dei sotterranei di istituzioni mediche e scolastiche come sedi operative dello Stato maggiore e delle milizie da parte di Hamas al fine di proteggersi dagli attacchi del nemico sia una strategia riprovevole. Se la popolazione di Gaza paga oggi un tributo di sangue e umanitario tremendo, ciò è il risultato di un attacco brutale e una presa di ostaggi che non poteva che scatenare una terribile reazione, nonché di questa strategia premeditata degli scudi civili da parte di Hamas. Il movimento terroristico pagherà probabilmente il conto, indipendentemente dall’esito del conflitto in corso. Ciononostante, anche Israele è caduto nella trappola di Hamas: inimicandosi buona parte dell’opinione pubblica occidentale e parte del sostegno istituzionale degli Stati Uniti. Qui sta una significativa differenza fra le conseguenze dell’attacco dell’11 settembre e quelle del 7 ottobre. Nel 2001, il motto “Siamo tutti
americani” si era levato immediatamente e aveva spinto larghe fasce della popolazione occidentale a manifestare la propria solidarietà con gli Stati Uniti colpiti da un’aggressione senza precedenti. Oggi, invece, la barbara uccisione del 7 ottobre di 1200 civili israeliani inermi è stata rapidamente cancellata dalla labile memoria della maggioranza dell’opinione pubblica e dai mezzi di comunicazione. La voce dei movimenti femministi non si è levata per denunciare le violenze sessuali - stupri e mutilazioni nei confronti di bimbi e donne aggredite, uccise o prese in ostaggio – crimini accertati da una Commissione delle Nazioni Unite. Molti hanno ceduto alla tentazione di pesare il male: di fare un macabro calcolo comparativo del numero dei morti da una parte e dall’altra, per stabilire chi avesse la colpa più grave. E qualcuno ha addirittura brindato. Non solo nei ranghi dei movimenti che covano un odio profondo verso Israele visto come forza d’occupazione (anche militare) del loro territorio. Hanno brindato anche professori universitari in America e in Europa, un paio anche in Svizzera (commentando i video dell’attacco con le parole “È il più bel giorno della mia vita”). E a catena, in prestigiose università statunitensi, europee e anche svizzere, manifestanti pro-palestinesi hanno chiesto a gran voce non la pace fra i contendenti di una guerra tremenda che dura da 75 anni e l’arresto dei mandanti che hanno compiuto premeditatamente il pogrom del 7 ottobre bloccando con ciò un processo di possibile normalizzazione in corso. Hanno chiesto, invece, una “Palestina libera, dal fiume al mare”. Che significa negare ad Israele il diritto all’esistenza. È vero che non poche voci e importanti movimenti di opinione avevano
condannato anche la risposta armata indiscriminata degli Stati Uniti all’attacco dell’11 settembre, ovvero la dichiarazione di guerra globale al terrorismo che (oltre ad imporre leggi liberticide in patria) finì per giustificare l’invasione statunitense dell’Iraq senza riuscire a sconfiggere i Talibani (oggi al potere più che mai in Afghanistan, dove impongono a donne e uomini la legge della sharìa).
Ma, dopo il 7 ottobre, non può non colpire il fatto che a levarsi è stato un vasto movimento di opinione solidale non con chi ha subito il pogrom del 7 ottobre bensì con la popolazione palestinese che ha dato il proprio sostegno ad Hamas. Con slogan che ricalcano la volontà di Hamas stesso, di Hezbollah e dell’Iran, di epurare Israele dal territorio dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo). Colpisce la mobilitazione studentesca unilateralmente anti-israeliana (in taluni casi anche antisemita, seppur mascherata dietro a slogan anti-sionisti) ma anche e soprattutto l’atteggiamento compiacente di alcuni accademici checonfondendo il principio della sacrosanta libertà accademica con l’ideologia – hanno giudicato le brutali milizie di Hamas dei resistenti all’occupazione israeliana. Negli ultimi mesi, in diverse università occidentali, accademici che non condividevano l’impostazione pro-palestinese degli studi detti “post-coloniali” sono stati allontanati o i loro corsi sono stati derubricati. Un fenomeno che si colloca nella tendenza diffusa in non poche università occidentali sulle due rive dell’Atlantico ad andare oltre un sano spirito critico nella ricerca e rilettura del passato coloniale dell’Occidente, finendo per soccombere a ciò che qualcuno definisce ormai un “odio nei confronti di se stesso”.
49 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
SPAZI REALI E LUOGHI IMMAGINATI
Lugano Dance Project, nato da un’idea di Michel Gagnon e Carmelo Rifici che si avvalgono della curatela di Lorenzo Conti, compie un ulteriore passo in avanti producendo cinque lavori e segnando l’epilogo di una eccezionale stagione che ha ospitato grandi maestri ed ensemble di fama mondiale, a conferma della vocazione del LAC per la danza e i linguaggi del contemporaneo.
DA MARTEDÌ 11 A DOMENICA 16
GIUGNO, LUGANO E IL CANTON
TICINO OSPITERANNO LA SECONDA
EDIZIONE DI UN FESTIVAL BIENNALE
DI DANZA CONTEMPORANEA
INCENTRATO QUEST’ANNO SUL
BINOMIO CORPO E ARCHITETTURA.
Il ricco programma di eventi che comprende nuove produzioni, performance site-specific, workshop, incontri, proiezioni e Tanzfaktor, una serata che omaggia la danza svizzera emergente, si svolgerà negli spazi del LAC ed in alcuni tra i luoghi più significativi dell’architettura ticinese come Villa Heleneum e l’Asilo Ciani di Lugano, il Teatro San Materno di Ascona e la Chiesa Santa Maria degli Angeli sul Monte Tamaro, progettata dall’architetto Mario Botta. Lugano Dance Project presenterà il lavoro di produzione di cinque affermati coreografi che hanno accettato la sfida di indagare la relazione tra corpo umano e corpo architettonico: Cindy Van Acker, belga di nascita e svizzera di adozione, la canadese Rhodnie Désir, il greco Christos Papadopoulos, l’italiano Nicola Galli e il greco Ioannis Mandafounis, cresciuto artisticamente in Svizzera e neo direttore artistico della Dresden Frankfurt Dance Company (vedi box pag. 88) Martedì 11 giugno alle 21:00, Lugano Dance Project si apre a Palazzo dei Congressi con l’anteprima di Tanzfaktor, progetto biennale di Reso-Rete Danza Svizzera pensato per incoraggiare il talento dei giovani danzatori svizzeri e sostenuto
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dal LAC. Nel corso della serata saranno ospitati cinque brevi pezzi coreografici selezionati da una giuria di esperti: un’occasione preziosa di presentare le produzioni al grande pubblico facendo rete con gli operatori del settore delle diverse regioni svizzere. Lugano Dance Project propone performance site-specific di cui sono protagonisti Michele Di Stefano, Tiziana Arnaboldi, Maria Hassabi.
Mercoledì 12 giugno alle 14:30 e giovedì 13 giugno alle 14:30 e 16:00, l’ex orologeria Diantus Watch di Castel San Pietro ospita MOBILE HOMES–Album degli abitanti del Nuovo Mondo, un progetto nato nell’ambito della collaborazione tra mk e LAC, e tappa iniziale di PANORAMIC BANANA, articolata insieme a USI Accademia di Architettura di Mendrisio. Il lavoro di Michele di Stefano mette in connessione competenze specialistiche complementari sul tema della corporeità e dell’abitare e si arricchisce di una mostra curata dall’Atelier Blumer che ne racconta, da un punto di vista non solo architettonico, la storia e il conseguente sviluppo urbano e produttivo.
Giovedì 13 giugno alle 17:30 all’Asilo Ciani, la danzatrice e coreografa ticinese Tiziana Arnaboldi presenta Autour du corps-Omaggio al Bauhaus, lavoro che ricerca una forza di rinnovamento attraverso l’esplorazione di nuove visioni sul corpo e lo spazio di cui sono protagoniste Marta Ciappina ed Eleonora Chiocchini. L’idea le è stata suggerita dall’osservazione di una fotografia pubblicata su una rivista Bauhaus raffigurante un oggetto a forma di cono, che nello spettacolo diventa un costume.
Sabato 15 giugno con Atmosferologia–Veduta>Lugano (ore 18:15 e 19:45 in inglese, ore 19:00 e 20:15 in italiano), il pubblico segue la performance in cuffia affacciandosi alla vetrata della Sala 1 del LAC. Un progetto di mk dedicato alle città e alla visione prospettica del paesaggio urbano; la veduta sulla città viene trasformata dall’ascolto in un luogo che galleggia tra presente e possibile. Sabato 15 giugno alle 16:00 nella Hall del LAC, l’artista e coreografa Maria Hassabi è la protagonista di White Out , assolo da lei creato in occasione di I’ll Be Your Mirror, personale che la galleria Tai Kwun
Contemporary di Hong Kong le ha dedicato nel 2023. Il festival offre momenti privilegiati di incontro e condivisione con i partecipanti, nell’intento di favorire il dialogo tra artisti, esperti e studiosi di diversi ambiti sul ruolo della danza, dell’arte e della cultura nel nostro tempo. Ad arricchire il festival la proiezione al Cinema Iride di due cortometraggi dell’acclamato coreografo canadese Edouard Lock.
01
Rhodnie Désir
Symphonie de coeurs
Ph: © Kevin Calixte
02
Glory
Not Where, but Who
03
Maria Hassabi
White Out
Ph: © Thomas Poravas
04
Cindy Van Acker
Quiet Light
Ph: © Sandra Piretti
05
Tiziana Arnaboldi
Autour du corps
Ph: © Edoardo Oppliger
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CINQUE NUOVE PRODUZIONI
Giovedì 13 giugno alle 21:00
Sala Teatro del LAC
Debutto di Quiet Light, lavoro in cui
Cindy Van Acker dirige due performer in uno spazio vuoto che rivela il teatro nella sua essenzialità. Una pièce ispirata dall’idea dell’incompiuto e dalla serena consapevolezza che tutto è vano.
Venerdì 14 giugno alle 21:00
Teatro Foce
Landless è la nuova creazione di Christos Papadopoulos e Georgios Kotstifakis che ne è anche interprete. Un assolo in cui il coreografo torna allo studio del corpo inteso come ter-
ritorio sconosciuto, facendosi ispirare dall’architettura moderna e postmoderna per costruire una nuova prospettiva sulle sue funzioni di base.
Sabato 15 giugno alle 11:00
Chiesa Santa Maria
degli Angeli al Monte Tamaro
Cosmorama, di cui il coreografo Nicola Galli è autore e interprete insieme a Giulio Petrucci, è una performance creata appositamente per la suggestiva Cappella che l’architetto Mario Botta ha progettato proprio sul limitare di un pendio da cui si gode di uno straordinario panorama.
Sabato 15 giugno alle 21:00
Sala Teatro del LAC
Prima europea di Symphonie de coeurs, creazione della coreogra -
PAGANI & MANTEGAZZA IL VOSTRO PARTNER
DI FIDUCIA
fa-documentalista canadese Rhodnie Désir che trasformerà il palco del LAC in un grande cuore pulsante ricco di umanità, avvalendosi delle musiche originali della cantante e violoncellista Jorane, eseguite dall’Orchestra della Svizzera italiana diretta da Naomi Woo.
Domenica 16 giugno alle 11:00 e alle 18.00
Teatro San Materno di Ascona
Released di Ioannis Mandafounis, è la performance che l’artista ha creato ispirandosi alla straordinaria architettura del teatro. Il pubblico è invitato a muoversi nei luoghi del San Materno seguendo un percorso che si sviluppa tra spazi interni, raccolti e silenziosi, ed esterni, che riflettono i suoni della città.
LAC / LUGANO DANCE PROJECT
I OBILIARE
MY OWN LUGANO REGION 3 Ristoranti Michelin 450 km Trails MTB 35 Musei
SCULPTING TIME
IL MASI LUGANO PRESENTA FINO AL 6 OTTOBRE NELLA SUA SEDE
LAC LA PIÙ COMPLETA MOSTRA MONOGRAFICA DEDICATA
AD ALEXANDER CALDER DA UN’ISTITUZIONE PUBBLICA SVIZZERA
NEGLI ULTIMI CINQUANT’ANNI.
Calder. Sculpting Time presenta oltre 30 capolavori dell’artista creati tra il 1931 e il 1960, attingendo da importanti collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui la Calder Foundation di New York dalla quale proviene un ampio corpus di opere.
La mostra esplora l’impatto profondo e trasformativo di questo artista rivoluzionario, delineando il suo sviluppo di un linguaggio formale e scultoreo caratterizzato da un’innovazione senza precedenti durante gli anni trenta e quaranta del Novecento. L’esposizione, concepita come spazio aperto, libero da pareti, offre al pubblico l’opportunità di ammirare opere che vanno dalle prime astrazioni o sphériques di Calder fino ad una magnifica selezione di mobiles più recenti, stabiles e standing mobiles di varie dimensioni. ln mostra sarà inoltre presentata una selezione di constellations, un termine proposto da Marcel
Duchamp e James Johnson Sweeney per le sculture dell’artista realizzate in legno e filo metallico nel 1943. Calder si inserisce nell’avanguardia parigina poco dopo essersi trasferito nella capitale francese nel 1 926. ln questo periodo inizia a creare il suo rivoluzionario Cirque Caldere amplia la sua invenzione di ritratti in filo metallico, totalmente privi di massa. Nel 1930, il lavoro dell’artista si spostò in maniera netta verso l’astratto. La mostra segna questo importante snodo nella produzione dell’artista con le prime sculture non oggettive di Calder, che egli descrisse come densités, sphériques, arcs e mouvements arrêtés. Nel catalogo della mostra dell’artista del 1931 alla Galerie Percier di Parigi, Fernand Léger scrisse: «è qualcosa di serio nonostante non dia l’impressione di esserlo». Tra queste opere spicca lo stabile Croisière, in cui fili sottili delineano un volume curvilineo a cui sono connesse due piccole sfere dipinte in
bianco e nero. Le linee di fili metallici di Calder scolpiscono volumi dai vuoti e presentano il movimento di un’azione priva di peso e di massa. Una delle innovazioni più importanti di Calder è stata quella di aver incorporato il movimento nelle sue composizioni, introducendo così la dimensione temporale. I suoi mobiles - termine coniato da Duchamp per descrivere queste opere - sono sculture cinetiche le cui composizioni in continua mutazione sono attivate dalle condizioni dell’ambiente in cui si trovano. La mostra a Lugano presenta uno dei più importanti mobiles, Eucalyptus (1940). La scultura fece il suo debutto nella mostra di Calder del 1 940 alla Pierre Matisse Gallery di New York e in seguito fu inclusa in quasi tutte le mostre più importanti allestite durante la vita dell’artista. La mostra include anche altri mobiles come Arc of Petals (1941) e l’imponente Red Lily Pads (1956), esposta nell’ultima sala, di fronte a una grande vetrata che offre una suggestiva vista sul lago e sul panorama circostante. Queste opere rispondono ad ogni minimo cambiamento dell’aria e della luce, vibrando nell’imprevedibilità del tempo e dei suoi diversi momenti. «Calder ha creato organismi metallici che possiedono le qualità della leggerezza e
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MASI LUGANO 01 02 03
della varietà in forme biomorfiche sottili, che sono allo stesso tempo resistenti e fragili, dinamici ed estetici, solidi e ipersensibili», spiegano le curatrici della mostra. Esposti anche gli stabiles di Calder - termine coniato da Jean Arp per le opere statiche dell’artista in risposta a Duchamp - che esplorano invece il movimento implicito. Untitled (circa 1940) e Funghi Neri (1957) rendono evidenti le spettacolari variazioni di scala di queste opere, dalle dimensioni più ridotte a quelle maggiori. A causa della scarsità di lastre di metallo durante la Seconda guerra mondiale, nel 1943 Calder iniziò una nuova serie di sculture astratte realizzate con fili metallici e legno, appese alla parete ad altezze inaspettate. Sweeney e Duchamp, che curarono la retrospettiva di Calder del 1943 al Museum of Modern Art di New York, proposero il termine ‘I constellation” per queste sculture. «L’eredità di Calder perdura non solo nella presenza fisica delle sue opere, ma anche nel profondo impatto del suo lavoro, che ha cambiato il modo in cui percepiamo e interagiamo con la scultura. II suo contributo alla storia dell’arte si estende ben oltre l’uso innovativo di materiali e l’impiego di nuove tecniche, catturando la sottile essenza di momenti fugaci. Confrontarsi con questa dimensione temporale è l’obiettivo di questa mostra», concludono le curatrici.
01
Croisière
1931
Filo metallico, legno e pittura
94 x 58.4 x 58.4 cm
Calder Foundation, New York
Photograph by Tom Powel Imaging
© Calder Foundation, New York.
Photo courtesy of Calder Foundation, New York / Art Resource, New York
© 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
02
Big Bird 1937
Lastra di metallo, bulloni e pittura
223.5 x 127 x 149.9 cm
Calder Foundation, New York
Photo courtesy Calder Foundation, New York / Art Resource, New York
© 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
03
Triple Gong c. 1948
Ottone, lastra di metallo, filo metallico e pittura
99.1 x 190.5 x 7 cm
Calder Foundation, New York
Photo courtesy Calder Foundation, New York / Art Resource, New York
© 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
04
Aluminum Leaves, Red Post 1941
Lastra di metallo dipinta
154.3 x 103.5 x 108 cm
The Lipman Family Foundation © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
05
Constellation 1943
Legno, filo metallico e pittura
83.8 × 91.4 × 35.6 cm
Calder Foundation, New York
Photograph by Tom Powel Imaging
© Calder Foundation, New York.
Photo courtesy of Calder Foundation, New York / Art Resource, New York
© 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
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LUGANO
MASI
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IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA PRESENTA AL LAC, FINO
AL 18 AGOSTO 2024, LA MOSTRA “STREAMS OF SPLEEN”, LA PIÙ
GRANDE PERSONALE IN SVIZZERA
DI SHAHRYAR NASHAT
INDAGINI SUL CORPO UMANO
In occasione di questa mostra, l’artista è intervenuto con un progetto site specific sullo spazio della sala ipogea del MASI stravolgendone completamente l’atmosfera. Le opere esposte – quasi tutte nuove produzioni – sono messe in relazione con l’architettura modificata e danno vita a un ambiente multisensoriale coeso, un’unica grande installazione che il pubblico è invitato ad esplorare. Nel lavoro di Shahryar Nashat il corpo umano, le sue percezioni e rappresentazioni svolgono un ruolo centrale. Attraverso video, sculture e installazioni, l’artista crea esperienze sinestetiche che evocano emozioni e stati d’animo difficili da esprimere razionalmente. Evitando interpretazioni definitive, Nashat esplora tematiche come il desiderio, la mortalità, l’istinto animale e l’arte stessa, sfere che sfuggono a una comprensione completa. Artista attento a come l’arte viene presentata e fruita nei contesti istituzionali, Nashat spesso interviene più o meno esplicitamente sullo spazio espositivo mettendo in luce i
meccanismi, le contraddizioni e la retorica che spesso accompagnano la presentazione dell’arte. È una sensazione di disagio e al contempo di fascinazione quella che si prova entrando nella sala sotterranea del MASI. L’intero pavimento è rivestito con delle piastrelle viniliche, e il tono delle luci è alterato. Al centro della sala una costruzione dal soffitto basso si impone nello spazio come un volume scultoreo, in cui il pubblico è obbligato ad entrare, mentre un suono indecifrabile si diffonde e scandisce il ritmo del percorso. Il cuore pulsante della mostra è il nuovo video Warnings (2024). Integrato nell’architettura del volume al centro della sala, il video è trasmesso in loop su una grande parete di schermi luminosi. Anche se gli animali -filmati nel loro habitat naturale, disegnati digitalmente o ricreati con l’intelligenza artificiale- trasmettono un senso di vigore e vitalità, rimane una sensazione di inquietudine, rafforzata dalla composizione musicale: un ansimare affannoso che si trasforma in sinfonia di ululati e lamenti per poi diventare musica elettronica dai battiti accelerati. Il corpo umano – esplorato nei suoi limiti fisici e possibilità di estensione e nelle sue percezioni concrete e mentali - è al centro delle altre opere in mostra. Ad esempio, le nuove sculture della serie Bone Out , a cui l’artista lavora già dal 2019, sembrano veri pezzi di carne di origine sco -
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nosciuta e richiamano i processi dell’industria alimentare.
Anche nelle sculture in fibra di vetro Boyfriend_14.JPEG, Boyfriend_15. JPEG e Boyfriend_16.JPEG l’artista pare fondere la carnalità a strutture geometriche intervenendo con imperfezioni che sembrano rivelare un tessuto muscolare o scheletrico. Queste mutilazioni trasmettono vulnerabilità, ma allo stesso tempo infondono la sensazione di trovarsi di fronte a un oggetto vivo a cui potersi relazionare. L’associazione al corpo si ritrova anche in due stampe a getto d’inchiostro, Brother_03.JPEG e Brother_08.JPEG, che rappresentano una cassa toracica, mentre il rivestimento in gelatina acrilica fa pensare a secrezioni organiche. «Il corpo - la carne - diventa oggetto, presentato secondo le forme tradizionali di esposizione e rappresenta la dimensione concreta – mate-
riale - dell’essere, in un’epoca digitalizzata in cui sia il corpo che l’oggetto artistico sono spesso mediati da schermi» spiega Francesca Benini, curatrice della mostra.
Nonostante il suo approccio sperimentale, Nashat è un attento osservatore della storia dell’arte e talvolta include nel suo lavoro tecniche e materiali dalla tradizione secolare, come nel caso delle sculture in marmo Hustler_23.JPEG e Hustler_24.JPEG Nell’immaginario collettivo, il marmo evoca infatti opere che vanno dall’antichità al periodo moderno e come nessun altro materiale è da sempre stato utilizzato per rappresentare il corpo umano. Considerando questa memoria, in Hustler_23.JPEG e Hustler_24.JPEG
il riferimento al corpo è rafforzato dalle venature e dai toni arancio-rosati del Rosa Portogallo.
Il catalogo che accompagna la mostra può essere considerato anch’esso un’operazione artistica: concepito da Shahryar Nashat in collaborazione con il graphic designer Sabo Day e lo scrittore Kristian Vistrup Madsen, si presenta a prima vista come un manuale d’istruzioni, ma si rivela un poetico percorso che riflette sull’esistenza umana e su ciò che significa essere un artista. Con la sottile ironia e l’irriverenza che lo caratterizzano, l’artista presenta 17 capitoli intesi come 17 possibilità, 17 modi per realizzare opere, per essere, per stare al mondo.
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Tutte le circa 110 opere provengono dalle collezioni del Kupferstichkabinett (Gabinetto delle Arti Grafiche) e la maggior parte di esse non sono mai state esposte al pubblico.
La mostra rivela l’ampia gamma dei soggetti delle stampe giapponesi, dai paesaggi iconici alle bellezze femminili fino alla celebrazione di storie eroiche. Queste xilografie a colori erano spesso oggetto di numerose stampe. Tuttavia, di alcuni di esse sono rimaste solo poche copie al mondo, o addirittura una sola. La mostra Made in Japan permette così di vedere i ritratti di
Made IN JAPAN
IL KUNSTMUSEUM BASILEA PRESEENTA AL NEUBAU, FINO AL 7 LUGLIO 2024, UNA RASSEGNA DI OPERE DI HIROSHIGE, KUNISADA E HOKUSAI, OFFRENDO UNA PANORAMICA RAPPRESENTATIVA DELL’ETÀ D’ORO DELLE STAMPE GIAPPONESI NEI SECOLI XVIII E XIX.
Toshosai Sharaku (attivo nel 1794-95) oggi considerati estremamente rari. Sin dalla loro scoperta da parte del mondo occidentale nella seconda metà del XIX secolo, le opere di Utagawa Hiroshige (1797–1858) e Katsushika Hokusai (1760–1849) hanno goduto di profonda stima e ammirazione non solo da parte dei circoli artistici. I loro paesaggi, in particolare, influenzano ancora la nostra rappresentazione del Giappone simboleggiando la natura, l’estetica e l’identità di un Paese, che si tratti di immagini della montagna sacra del Monte Fuji, di vedute poetiche di templi famosi o
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di pittoreschi paesaggi costieri. Accanto ai paesaggi di Hiroshige e Hokusai, la mostra, organizzata tematicamente, presenta le opere di una serie di artisti mettendo in risalto le persone e la vita culturale di Edo (l’attuale Tokyo), metropoli da un milione di abitanti. Utagawa Kunisada (1786–1865) fu l’artista di xilografie più produttivo e di successo commerciale; è considerato il maestro assoluto delle stampe raffiguranti attori. L’immensa popolarità del teatro Kabuki e lo status di idolo dell’attore nella cultura d’intrattenimento giapponese hanno dato origine a un genere particolare: la stampa con il ritratto di un attore, quasi una sorta di merchandising ante litteram. Sebbene Utagawa Kuniyoshi (1798–1861) provenisse dalla stessa scuola di Kunisada, il suo linguaggio visivo contrasta nettamente con i disegni calmi, armoniosi e finemente abbinati nei colori di Kunisada. Oltre alle rappresentazioni di attori in azione sul palco, Kuniyoshi si specializzò in storie eroiche. Attraverso le sue stampe, di volta in volta fantasiose, espressive e spettacolari, ha influenzato un’estetica che ritro -
viamo oggi nei manga e nei film d’animazione giapponesi. Le opere di questi due artisti offrono uno spaccato della cultura dell’intrattenimento a Edo, capitale nota per i suoi piaceri. Il loro lavoro ha mantenuto vivo il culto dell’attore dentro e fuori dalla scena, anche oltre la morte. Un’altra sezione della mostra è dedicata a un gruppo di figure idolatrate: cortigiane e geishe. Attivi a Yoshiwara, il famoso quartiere del piacere e quartiere a luci rosse di Edo, si presentano come l’incarnazione ideale di bellezza, eleganza e raffinatezza. Il genere delle “bellezze” comprendeva anche coppie di innamorati il cui fascino era accompagnato da osservazione psicologica e da elementi narrativi come nelle immagini di Kitagawa Utamaro (1753–1806 circa). Accanto a opere di artisti famosi, la mostra presenta anche stampe di artisti conosciuti solo dagli iniziati, come Toshosai Sharaku. La sua carriera rimane un enigma: l’artista lavorò solo per un breve periodo, tra il 1794 e il 1795, ma sviluppò una serie di ritratti di attori finemente osservati, considerati l’apice dell’arte del ritratto. La collezione del Kunstmuseum Basel proviene in gran parte dall’eredità del chimico e collezionista d’arte basilese Carl Mettler (1877–1942) acquisita nel 1942 dal Kupferstichkabinett (Gabinetto delle Arti Grafiche). Oltre ad un’importante collezione di disegni e opere d’arte grafica di artisti svizzeri, tedeschi e francesi, Mettler ha messo insieme una raccolta di xilografie giapponesi originali e di alta qualità. Questa importante raccolta è stata rielaborata secondo le più recenti conoscenze scientifiche, in collaborazione con Hans Bjarne Thomsen, professore di storia dell’arte dell’Asia orientale all’Università di Zurigo.
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VOTO: 10 e lode
MARTIN BRUNNER, ANDY EGLI, MARTIN ANDERMATT E
YANN SOMMER: AUTENTICHE LEGGENDE DEL CALCIO ROSSOCROCIATO. NEL DOPOGUERRA, QUESTI GIOCATORI SONO RIUSCITI A DISPUTARE TRE FINALI CONSECUTIVE DI COPPA SVIZZERA. A LORO, IN QUESTA SPECIALE “HALL OF FAME”, SI AGGIUNGE MATTIA BOTTANI, L’UNICO TICINESE A FESTEGGIARE QUESTO STRAORDINARIO TRAGUARDO. UN PREMIO ALLA SUA FEDELTÀ ALLA MAGLIA BIANCONERA DEL LUGANO, CHE HA VESTITO PER LA PRIMA VOLTA NEL 1999.
DI ROMANO PEZZANI
Già nell’ultimo atto del 2016, lo storico numero 10 era presente. Mattia, un vero e proprio record…
«Direi che è un sogno “irrealizzabile” che si è avverato. Sono cresciuto a Pregassona, a 500 metri dallo stadio di Cornaredo, e già fantasticavo con un futuro ricco di emozioni nel calcio. Ho iniziato a 5 anni nei pulcini del Rapid, poi il passaggio al Football Club Lugano è stato naturale, anche perché sono strettamente legato alla mia città, che amo da sempre oltre il pallone».
La tua carriera è costellata da oltre 300 partite in maglia bianconera, con un’unica parentesi a Wil nel corso della stagione 2016/2017. Qual è stato il motivo della tua partenza?
«La finale persa nel 2016 contro lo Zurigo, condizionata dal rigore che mi aveva parato Faivre sullo 0-0, è stata sicuramente il momento più doloroso della mia carriera, unitamente
alle tre operazioni alla caviglia che avevano compromesso il mio 2018. Quando sbagli un gol così “pesante”, vedi e rivedi la scena all’infinito, ti fai mille domande senza risposte, sei distrutto. Partire dalla mia città per Wil mi ha aiutato a reagire».
La conquista della Coppa
Svizzera 2022 contro il San Gallo, con quell’urlo liberatorio alla Tardelli sulla tua rete della sicurezza, è stata la svolta… «Il 3-1 è stato un gol molto bello anche per l’azione che si è sviluppata dalla difesa in soli tre passaggi. Il trofeo, a quel punto, era nostro! Il 4-1 di Haile-Selassie è poi stato la classica ciliegina. Un successo che ha spazzato via il senso di colpa che mi aveva afflitto per anni e che sognavo di riscattare proprio in quel modo. Sono emozioni che non hanno prezzo».
E pensare che a gennaio di quel 2022 trionfale potevi passare al Sion…
«L’offerta del presidente vallesano Christian Constantin era pratica-
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mente irrinunciabile, i soldi che avrei guadagnato erano davvero tanti. Il conto aperto con la coppa ha avuto un peso importante nella mia scelta, anche perché avrebbe comportato un cambiamento impegnativo per i miei figli. Nel frattempo, è arrivata anche Clea (che oggi ha 1 anno) a completare la “squadra” insieme a Soleil (4), Lionel (5) e Christian (10)».
I nomi dei maschietti, che crescono entrambi nel FC Lugano, collegano gli appassionati alle divinità del calcio contemporaneo, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Un caso? «Solo per il fuoriclasse argentino, da sempre il mio idolo. Al di là dei trionfi e dei riconoscimenti che ha conquistato nella sua straordinaria carriera, impressiona la sua capacità di pensare e fare cose molto complicate in maniera semplice e spontanea. Chi tratta la palla ogni giorno sul campo, capisce chi è Messi. Geniale. Il mio legame con il numero 10, che porto da sempre nel Lugano, è rafforzato da questa ammirazione per Lionel».
Un’altra figura straniera, un tecnico ammirato a livello internazionale, ha stimolato la tua crescita: Zdenek Zeman…
«È stata sicuramente una fortuna per me e i miei compagni poter affrontare il ritorno in Super League, nel 2015, con un condottiero così quotato e sicuro. La qualità dei suoi allenamenti ci ha favorito un salto di qualità generale e la sua filosofia offensiva mi ha arricchito. Semplicemente speciale. Un merito va all’allora presidente Angelo Renzetti, che era riuscito a portarlo a Cornaredo».
Speciale anche l’attuale allenatore, Mattia Croci-Torti, ormai conosciuto in tutta la Svizzera come il “terribile Crus”. La crescita del suo Lugano è stata impressionante… «Sono contento per lui e per il Ticino, fa sempre piacere lavorare in un contesto familiare, anche se ritengo che la rosa a disposizione è completa e di valore. Oltre a trasmetterti una motivazione straordinaria, Croci-Torti ha una gestione strategica del gruppo, facilitata dai cinque cambi introdotti dopo il COVID. Ogni giocatore è consapevole che deve farsi trovare pronto, perché in ogni momento ha la sua “chance”, da titolare o da subentrante, di essere schierato e aiutare la squadra. Apprezzo pure il sistema offensivo del “Crus”, con il quale ho un dialogo aperto riguardo alle mie condi -
zioni fisiche, che hanno frenato il mio stato di forma in più occasioni. Trova sempre la carica per motivare me e tutta la squadra».
La nuova proprietà americana, che fa capo a Joe Mansueto, ha facilitato l’evoluzione di un club che oggi si attesta fra i migliori in Svizzera con una presenza nelle competizioni europee ormai costante… «Non solo la rosa si è allargata con giocatori di classe del curriculum di Renato Steffen o di uomini di esperienza come Jonathan Sabbatini, gestiti sul campo e fuori con grande professionalità. I progressi sono spesso costituiti dai dettagli, l’intera impostazione societaria ha avuto un ruolo importante non solo nell’ampliamento qualitativo della rosa, ma pure per le persone che lavorano attorno al club. Come calciatori del Lugano siamo entrati in una dimensione globale grazie a un’alimentazione curata, una comunicazione più ampia e una struttura allargata che facilitano il nostro ruolo sul campo».
Il noto imprenditore dell’Illinois ha voltato pagina grazie a una notevole forza economica… «La presenza di Joe Mansueto la percepiamo soprattutto attraverso l’or -
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ganizzazione che ha istituito a Lugano dal 2021. La sua visione è delineata anche nei reparti che il pubblico non può percepire attraverso l’atmosfera puramente sportiva che vive allo stadio. Ho avuto la fortuna di incontrarlo casualmente proprio allo stadio, mentre stava pranzando. L’impressione che mi ero fatto dai suoi contatti in videoconferenza con la squadra e la stampa è stata confermata. Joe Mansueto è una persona cordiale e propositiva, che mi ha
messo subito a mio agio. Del resto, sono onorato che i suoi Chicago Fire avevano chiesto il mio trasferimento in Major League Soccer. Anche (e soprattutto) in questo caso aveva prevalso la priorità per la famiglia».
La realtà all’estero rimane soprattutto la tua prima partecipazione all’Europa League 2017/2018…
«Un altro momento indelebile. L’impatto con la cornice della com -
EURO 2024, LA NUOVA SFIDA DI MURAT YAKIN
Murat Yakin è entrato in carica il 9 agosto 2021, conquistando l’accesso a un Mondiale e a un Europeo alla sua prima esperienza alla guida della Nazionale. «Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati», sottolinea il CT della Svizzera. «Questo mi rende felice e orgoglioso. C’è stata una flessione durante le qualificazioni a Euro 2024, anche se sappiamo cosa dobbiamo migliorare. Negli ultimi mesi abbiamo lavorato duramente e siamo pronti per affrontare l’Ungheria al debutto». Scozia e Germania sono gli altri due avversari del nostro gruppo di Colonia e Francoforte. Serve una grande prestazione di squadra: «È un girone molto forte, i tedeschi sono favoriti in quanto padroni casa. Oltretutto è un gruppo molto equilibrato, in cui ognuno è in grado di battere qualsiasi avversario. Il nostro primo obiettivo è quello di qualificarci alla seconda fase di questo Europeo vicino a casa nostra, poi valuteremo di partita in partita». Fra la settantina di giocatori convocati in tre anni di mandato, il selezionatore rossocrociato si affidato anche a Renato Steffen, Uran Bislimi e Mattia Bottani del Lugano: «Hanno avuto un ruolo importante nella crescita dei bianconeri. Non solo per la loro presenza in campo, ma perché sanno assumersi la responsabilità del gioco». Giorgio Contini (suo vice), Patrick Foletti (allenatore dei portieri) e Pierluigi Tami (direttore delle squadre nazionali). Il nuovo team di Murat Yakin parla italiano. «Capisco sempre meglio la vostra lingua, anche se per me parlarla è un po’ più difficile. Posso comunque ordinare
petizione, gli stadi, i funzionari dell’UEFA, l’organizzazione e l’ambiente, è stato altrettanto emozionante quanto la presenza in campo per sei sfide di alto livello. Mi spiace che abbiamo mancato per un soffio il passaggio del turno, conquistando comunque tre vittorie prestigiose. Spero di poter giocare nuovamente in una coppa europea nel nuovo stadio di Lugano, che tutti aspettiamo con trepidazione di inaugurare nel 2026».
senza problemi una bottiglia di buon vino in italiano senza problemi». Mattia Bottani spera di stapparla lo champagne da tifoso: «Seguirò Euro 2024 con i miei figli e auguro il meglio a quei compagni che ho avuto modo di conoscere personalmente in un ritiro per me carico di emozione. Yakin è un allenatore che ha già valorizzato diversi giovani anche a livello internazionale e la sua Svizzera ha i mezzi per sorprendere ancora».
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SPORT / MATTIA BOTTANI
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Borse di studio ABT per giovani talenti
SOSTENERE LA FORMAZIONE
RAPPRESENTA UN VALORE
IMPORTANTE PER L’ASSOCIAZIONE
BANCARIA TICINESE CHE
PROMUOVE L’AGGIORNAMENTO
PROFESSIONALE ATTRAVERSO
LA PROPRIA FONDAZIONE
CENTRO STUDI VILLA NEGRONI.
DURANTE LA RECENTE
ASSEMBLEA GENERALE ABT SONO
STATE ANNUNCIATE LE NUOVE
BORSE DI STUDIO PER CONSENTIRE
LA PARTECIPAZIONE DI GIOVANI
TALENTI E PROFESSIONISTI DEL
SETTORE BANCARIO A PERCORSI FORMATIVI.
L’obiettivo del conferimento di Borse di studio è promuovere la formazione continua dei giovani talenti e collaboratori attivi nel settore bancario e finanziario sul nostro territorio, dando altresì continuità nel tempo agli obiettivi del nostro Centro Studi. Questa iniziativa si traduce in un investimento sul futuro, che permette di perfezionare e qualificare la conoscenza e fornire risposte concrete alle sfide del settore. Attraverso il conferimento di finanziamenti dedicati, si intendono unire visione e concretezza a disposizione della propria comunità professionale. In particolare, l’Associazione desidera sostenere il bisogno, promuovere il merito e incoraggiare percorsi specifici e innovativi con uno sguardo rivolto ad ambiti come sostenibilità, trasformazione digitale, benessere finanziario e sociale.
Il Centro Studi Villa Negroni Nel 1989 l’Assemblea dell’Associazione Bancaria Ticinese decise all’unanimità la creazione del “Centro di Studi Bancari”, al fine di rispondere alle esigenze formative del management bancario, il quale richiedeva proposte di formazione e aggiornamento continuo specifiche. La sua sede è ubicata presso Villa Negroni a Vezia, annoverata tra gli edifici storici più prestigiosi del Canton Ticino. Più recentemente la scuola è stata trasformata in fondazione e rinominata “Centro Studi Villa Negroni”, un rinnovamento che rispecchia
l’ampliamento dell’offerta formativa della fondazione, non più rivolta unicamente al settore bancario. Infatti, il CSVN è attualmente attivo come centro di formazione e aggiornamento continuo delle professioni bancarie, fiduciarie, assicurative e giuridico-finanziarie della piazza finanziaria ticinese. Le offerte formative tengono conto delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e delle nuove esigenze richieste dal mercato del lavoro.
L’impegno di ABT a sostegno della formazione
La presente iniziativa si aggiunge ad altre attività di sostegno alla formazione perseguite dall’ABT. L’associazione promuove infatti l’aggiornamento professionale anche premiando i migliori corsisti dei principali percorsi formativi in ambito bancario e finanziario del CSVN. Analogamente, l’ABT premia anche gli studenti con la miglior media di Bachelor e Master della Facoltà di scienze economiche dell’Università della Svizzera Italiana. Oltre a ciò, l’ABT cura i rapporti con le principali università svizzere, per esempio presentando le attività dell’Associazione e la piazza finanziaria ticinese agli studenti. Nello specifico, nel mese di ottobre vi è stato un incontro con gli studenti dell’università di Lucerna sull’impatto della regolamentazione nella prospettiva del business. Il 30 novembre e l’11 dicembre 2023 il Direttore ABT ha poi incontrato gli studenti rispettiva-
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mente di San Gallo e dell’USI per uno scambio su svariati temi riguardanti la piazza ticinese.
Percorsi formativi e condizioni di accesso
Le Borse di Studio sono erogate ai candidati selezionati dall’apposita Commissione, per consentire loro l’acquisizione dei fondamenti delle competenze tecniche e attitudinali richieste nel settore bancario e finanziario e/o la riqualifica professionale. A tale scopo sono stati scelti i seguenti programmi formativi organizzati dal CSVN:
- CAS Wealth Management
- CAS Risk Manager in Financial Services
- CAS Compliance in Financial Services
- CAS Paralegal
- Basics in Banking and Finance
- Diploma di Consulente Finanziario IAF
I/Le potenziali beneficiari/e devono adempiere alle seguenti condizioni minime:
- devono essere residenti e/o attivi professionalmente in Svizzera
- sono coloro che necessitano di un sostegno finanziario esterno per poter frequentare i percorsi formativi
- devono adempiere ai criteri (formazione minima, anni di esperienza, ecc.) per iscriversi e svolgere con successo le formazioni oggetto del regolamento
- dimostrano un fondato e concreto interesse a intraprendere o continuare una carriera nell’ambito bancario e/o finanziario.
ASSOCIAZIONE
BANCARIA TICINESE
Villa Negroni
CH-6943 Vezia
T. +41 (0)91 966 21 09 www.abti.ch
Il regolamento e il formulario per richiedere la Borsa di studio possono essere scaricati dal sito del Centro Studi Villa Negroni: https://csvn.ch/.
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IN SEGUITO ALL’INTEGRAZIONE DI CREDIT SUISSE, UBS POTRÀ CONTARE SU UN TOTALE DI PIÙ DI MILLE COLLABORATORI IN TICINO E SU UN’AMPIA RETE DI FILIALI. LA CLIENTELA BENEFICERÀ DI UN’AMPLIATA OFFERTA DI COMPETENZE, PRODOTTI E SOLUZIONI IN GRADO DI SODDISFARE ANCHE LE ESIGENZE PIÙ SOFISTICATE, INSIEME A UNA PRESENZA
CAPILLARE SUL TERRITORIO. NE PARLIAMO CON LUCA PEDROTTI, DIRETTORE REGIONALE UBS TICINO, REMO CRAMERI, RESPONSABILE PERSONAL BANKING TICINO E MARZIO GRASSI, RESPONSABILE CORPORATE & REAL ESTATE TICINO.
Maggiori competenze e know-how al servizio dei clienti
Che cosa cambierà in futuro per la clientela?
LUCA PEDROTTI:
«L’unione fa la forza! Per noi è di fondamentale importanza continuare a offrire servizi e prodotti eccellenti per soddisfare le esigenze di base e quelle più sofisticate di tutti i nostri clienti privati, commerciali e istituzionali. Ci presentiamo sul mercato con un numero ancora maggiore di collaboratori formati e competenti, attivi su tutto il territorio ticinese grazie anche alla nostra con-
solidata presenza da Biasca ad Ascona e da Lugano a Chiasso. Senza dimenticare la nostra vasta offerta digitale in continua evoluzione che permette di svolgere un grande numero di transazioni online, in qualsiasi luogo e momento della giornata».
In nessun altro settore la fiducia è così importante come in quello bancario, e forse ancora di più nel Wealth Management, settore di cui lei è responsabile in Ticino. Concorda?
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LUCA PEDROTTI: «La fiducia è e rimane fondamentale nel rapporto con il cliente perché il nostro è un business fatto di persone. Con il cliente vogliamo creare e sviluppare un legame solido e duraturo che ci permette di offrire la giusta consulenza in ogni fase della vita: dall’apertura del primo conto, all’ingresso nel mondo lavorativo, dall’acquisto della prima casa fino alla pensione e anche oltre. Quando c’è la fiducia è più semplice affrontare temi delicati come la trasmissione del patrimonio alla prossima generazione, un aspetto che ci sta molto a cuore e nell’interesse del cliente. Grazie alla nostra esperienza possiamo esplorare diverse varianti e scoprire tematiche di cui si fa più fatica a parlare. La migliore testimonianza di fiducia la riceviamo quando il cliente al termine della consulenza ci dice che ora può dormire sonni tranquilli. È davvero una bella soddisfazione».
Passiamo al settore Personal Banking. Raggruppa sotto di sé tutte le filiali, quindi il primo punto di contatto del cliente con la banca. Proprio nelle operazioni da sportello la digitalizzazione sta facendo passi da gigante. Come stanno cambiando le abitudini dei clienti da un lato e l’offerta bancaria dall’altro?
REMO CRAMERI: «Fino a qualche anno fa era normale che il cliente si recasse allo sportello per le sue esigenze bancarie. Nel frattempo, complice la pandemia, abbiamo assistito a una diffusione sempre maggiore delle nostre soluzioni digitali, motivo per cui abbiamo spinto sull’acceleratore incrementando l’offerta che oggi è tra le più vaste disponibili sul mercato. Con UBS key4 offriamo tutta la banca in un’app, dai pagamenti alle possibilità di investimen-
to, dalla previdenza alla richiesta di offerte ipotecarie e molto altro ancora. Detto ciò, l’interazione diretta con il cliente rimane un punto forte della nostra consulenza e i nostri collaboratori restano al servizio dei clienti nelle nostre filiali».
In quale ambito di consulenza stanno aumentando le richieste da parte dei clienti?
REMO CRAMERI: «Da qualche tempo la pianificazione della previdenza riveste un ruolo di spicco. Molti baby boomer si stanno preparando al pensionamento e ci contattano per avere un quadro generale delle loro finanze dopo il pensionamento. A ciò si aggiungono domande pratiche sulla scelta tra rendita o prelievo di capitale e su un eventuale prepensionamento. In questo ambito offriamo un valore aggiunto con una prima consulenza gratuita, valutando le opzioni, i desideri e le esigenze del cliente».
Un altro settore importante è quello a contatto con l’economia. Il Ticino è ricco di piccole-medie imprese con molteplici esigenze bancarie. Come si sta sviluppando l’offerta di UBS in quest’ambito?
MARZIO GRASSI: «Per noi la nostra consulenza personale rimane il fiore all’occhiello. Il know-how e le competenze che abbiamo acquisito negli anni ci posizionano come banca per imprenditrici e imprenditori. Uno dei temi particolarmente rilevanti è la successione aziendale che va gestita non solo nell’ottica del trapasso dell’azienda, ma anche dal punto di vista dell’imprenditore e delle sue esigenze patrimoniali, previdenziali e di investimento. Anche nel settore che dirigo la digitalizzazione avanza. UBS key4 business permette di semplificare le procedure ammini-
strative. L’apertura di un conto è immediata, in pochi click, come pure la richiesta di un credito».
L’immobiliare riveste grande importanza per il Ticino. Attualmente si nota un certo rallentamento nell’ambito delle nuove costruzioni. Quali sono le prospettive?
MARZIO GRASSI: «Nel recente “Focus immobiliare” evidenziamo le cause del rallentamento ossia l’elevato sfitto in alcune ragioni, disposizioni normative sempre più stringenti, ricorsi eccessivi e burocrazia in continua crescita unitamente all’aumento dei costi di costruzione e di finanziamento. Recentemente UBS ha siglato un accordo di collaborazione con Wincasa, offrendo una soluzione di consulenza completa per la ristrutturazione efficiente dal punto di vista energetico di immobili a reddito in Svizzera. Questa offerta è particolarmente allettante per quegli immobili esistenti datati che necessitano di un risanamento completo, offrendo nuove opportunità alle imprese di costruzione. Si tratta di un contributo importante e a lungo termine sia per i proprietari di immobili a reddito, sia per i locatari e per l’ambiente nel suo complesso». 01
Da sinistra
Remo Crameri, responsabile
Personal Banking Ticino, Luca Pedrotti, Direttore Regionale UBS Ticino e Marzio Grassi, responsabile Corporate & Real Estate Ticino
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OLTRE 65 milioni
DI FRANCHI PER IL CANTONE TICINO
LA CRESCITA DEI VOLUMI
CREDITIZI E LA STRATEGIA
DI RIFINANZIAMENTO ATTUATA
NEGLI SCORSI ANNI SONO
STATE VALORIZZATE DALLA
NORMALIZZAZIONE DEI TASSI
DI RIFERIMENTO E HANNO
CONSENTITO AL GRUPPO
BANCASTATO DI REALIZZARE RISULTATI DI PORTATA STORICA.
Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale di BancaStato
«Irisultati 2023 sono eccezionali da tutti i punti di vista e consentono non solo di realizzare un utile e un versamento alle casse statali da record, ma anche di rafforzare i fondi propri di BancaStato e dunque consentire una crescita solida e sana degli affari» ha dichiarato Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale. E ha rilevato come «il 2023 simboleggi anche molto bene la bontà dell’assetto strategico dell’Istituto. Se da una parte è vero che l’aumento dei tassi di interesse non è influenzabile direttamente da noi, è altrettanto vero che la crescita dei volumi dovuta al sempre migliore posizionamento dell’Istituto e la strategia di rifi -
nanziamento adottata negli scorsi anni hanno potuto combinarsi con tale variabile di mercato, facendo compiere un vero e proprio balzo ai ricavi. Essere Banca Cantonale significa per noi realizzare ogni giorno un modello di affari particolarmente vicino alle persone e alle aziende del territorio».
Per l’Avv. Marco Tini, Presidente della Direzione generale di Axion SWISS Bank SA, «il 2023 è stato un anno nuovamente da incorniciare. Axion ha conseguito risultati eccellenti, quasi triplicandoli dal punto di vista reddituale a beneficio del Gruppo. Al netto del rafforzamento del franco la raccolta di capitali prosegue in maniera rallegrante, rincuorandoci sulla bontà del nostro mo -
Avv. Marco Tini, Presidente della Direzione generale di Axion SWISS Bank SA (Gruppo BancaStato)
dello di affari e del nostro assetto strategico. Siamo veramente fieri di lavorare per il Ticino e per i ticinesi”. L’importante versamento destinato alla collettività è pari a 65,1 milioni ed è in aumento di 19,7 milioni (+43,5%); è frutto della sensibile crescita del risultato di esercizio, che raggiunge i 172,0 milioni (+70,3%). Tale risultato consente all’Istituto di rafforzare la propria solidità grazie a un’attribuzione di 64 milioni alle riserve per rischi bancari generali e di conseguire un utile di Gruppo in forte crescita a 101,0 milioni (+56,8%).
Il risultato netto da operazioni su interessi – ossia la principale voce di ricavo del Gruppo – segna una crescita di 87,6 milioni a 273,6 milioni
FINANZA / BANCASTATO
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“Il modello di affari di BancaStato mira certamente al raggiungimento di specifici obiettivi finanziari, ma nel farlo tiene infatti anche conto delle modalità con cui tali traguardi vengono raggiunti”.
(+47,1%). Ciò è principalmente attribuibile al continuo aumento dei volumi creditizi e alla strategia di rifinanziamento adottata negli anni scorsi: due fattori che hanno rivelato tutta la loro efficacia combinandosi con la normalizzazione dei tassi di riferimento operata dalla Banca Nazionale Svizzera e dalle altre banche centrali. Anche la clientela ha beneficiato dell’aumento dei tassi di riferimento: durante il 2023 BancaStato ha infatti proceduto a tre riprese ad aumenti della remunerazione dei depositi della clientela. Il risultato da operazioni su commissione e da prestazioni di servizio raggiunge i 60,5 milioni (+0,4%). Anche il risultato da attività di negoziazione denota una sostanziale stabilità, attestandosi a 23,8 milioni (+0,3%). Dal canto loro, gli altri risultati ordinari passano da -6,5 milioni a 3,1 milioni grazie a plusvalenze registrate nel portafoglio titoli detenuti nel Gruppo. A livello complessivo i ricavi netti crescono dunque in maniera cospicua da 263,5 milioni a 360,9 milioni (+37,0%). I costi d’esercizio segnano un aumento di 29,1 milioni e si attestano a 173,8 milioni. In un quadro di forte e costante crescita degli affari, nonché di passaggio alla categoria 3 di vigilanza FINMA, l’aumento dei costi riflette la necessità di adeguare la struttura organizzativa e gestionale della Banca. Nonostante la sua natura di banca universale, il tradizionale nocciolo delle attività di BancaStato si ri -
conferma essere quello legato alla concessione di crediti ipotecari. A fine 2023 tale voce di bilancio si attesta a 11,8 miliardi, segnando una crescita di 422,8 milioni (+3,7%). Anche i crediti nei confronti di privati e aziende e i crediti nei confronti degli Enti pubblici denotano una crescita, raggiungendo rispettivamente 1,7 miliardi (+3,5%) e 871,9 milioni (+11,3%). Gli impegni nei confronti della clientela calano a 11,8 miliardi (-8,1%), principalmente a causa di una maggiore predisposizione della clientela a investire i propri averi finora giacenti sotto forma di liquidità e, dunque, a significativi trasferimenti verso il fuori bilancio.
Nel 2023 il volume dei patrimoni in gestione presso il Gruppo BancaStato (Assets under Management) è cresciuto di CHF 401,3 milioni (+1,9%) a CHF 21,7 miliardi. L’afflusso di nuovi patrimoni della clientela (Net New Money) è stato invece pari a 693,3 milioni e conferma la crescente attrattività del Gruppo BancaStato. La redditività – in termini di Return on Equity (ROE) –progredisce favorevolmente dal 7,5% nel 2022 al 12,1% nel 2023. Gli indicatori di efficienza continuano a evolvere positivamente. Il Cost / Income I (costi di esercizio rapportati ai ricavi netti) passa dal 54,9% nel 2022 al 48,1% del 2023. Analogamente, il Cost / Income II (che include anche gli ammortamenti e gli accantonamenti) si attesta al 52,3% nel 2023, mentre nel 2022 era al 61,7%.
La solidità del Gruppo (capital adequacy), determinata in base al rapporto tra i fondi propri necessari e i fondi propri disponibili, calcolati secondo i canoni di Basilea III, si attesta al 31.12.2023 al 234,2% (235,5% a fine 2022), a fronte di un requisito regolamentare del 150% (valido per le banche di categoria di vigilanza 3). Tutti gli indicatori di solidità previsti dalla Banca dei Regolamenti Internazionali si riconfermano abbondantemente al di sopra delle soglie regolamentari: il Core Tier 1 (CET1) passa dal 15,5% di fine 2022 al 15,6% a fine 2023, il Tier 1 ratio resta invariato al 16,1%; la capital adequacy passa dal 18,8% a fine 2022 al 18,7% a fine 2023. La natura di Banca cantonale che agisce per la collettività non si quantifica unicamente con il versamento alle casse cantonali, per quanto esso si riveli importante. Il modello di affari di BancaStato mira certamente al raggiungimento di specifici obiettivi finanziari, ma nel farlo tiene infatti anche conto delle modalità con cui tali traguardi vengono raggiunti. La politica di sponsorizzazione adottata tradizionalmente dall’Istituto è emblematica in tal senso. La Banca sostiene centinaia di eventi e di realtà associative attive in ambito sportivo, culturale, sociale o benefico. Nel 2023 ha destinato loro 4,7 milioni di franchi (+1,2 milioni rispetto al 2022); complessivamente, negli ultimi cinque anni BancaStato ha devoluto un importo che supera i 16 milioni. In analogia con altre Banche cantonali, BancaStato sta approntando una novità a partire da aprile nellapropria offerta di conti e servizi bancari, con l’estensione a tutte le persone fisiche della possibilità, a determinate condizioni, di accedere gratuitamente a pacchetti bancari.
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Un premio per la sostenibilità aziendale
SI CHIAMA “PREMIO BANCASTATO PER LA SOSTENIBILITÀ AZIENDALE” E IL SUO SCOPO È QUELLO DI GRATIFICARE SINGOLI PROGETTI VIRTUOSI DAL PUNTO DI VISTA DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE
DI IMPRESA: È QUESTA LA NOVITÀ VARATA DI RECENTE DALL’ISTITUTO CANTONALE, CHE INVITA LE PMI TICINESI A CANDIDARE LE PROPRIE INIZIATIVE ENTRO IL 15 LUGLIO 2024.
“La natura del “Premio BancaStato per la sostenibilità aziendale” è chiara: una giuria composta da rappresentanti degli enti promotori destinerà a tre singoli progetti aziendali a carattere sostenibile un montepremi complessivo di 80 mila franchi: 50 mila franchi al primo classificato, 20 mila al secondo e 10 mila al terzo”.
Un premio di 80 mila franchi, proposto ogni due anni, per progetti che forniscono un contributo concreto allo sviluppo sostenibile del territorio. È questa in sintesi la natura del “Premio BancaStato per la sostenibilità aziendale” varato di recente dall’Istituto cantonale nel solco della sua strategia di sostenibilità e promosso in collaborazione con la Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia, la Camera di Commercio Cantone Ticino e l’Associazione Industrie Ticinesi, con il supporto scientifico della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI) e di SQS Svizzera. La natura del “Premio BancaStato
per la sostenibilità aziendale” è chiara: una giuria composta da rappresentanti degli enti promotori destinerà a tre singoli progetti aziendali a carattere sostenibile un montepremi complessivo di 80 mila franchi: 50 mila franchi al primo classificato, 20 mila al secondo e 10 mila al terzo.
Ogni PMI con una sede in Ticino potrà candidare un proprio progetto a patto che sia già in fase di realizzazione; occorre in altri termini che il progetto abbia già dimostrato la sua concretezza e che sia dunque già in grado di sprigionare impatti positivi a livello economico, sociale o ambientale. Le PMI ticinesi possono già da ora inoltrare le proprie candidature per il “Premio BancaStato per la sostenibilità aziendale”: la speciale pagi -
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Luca Bordonzotti, manager della sostenibilità di BancaStato
Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale di BancaStato
na www.bancastato.ch/premiosostenibilita presenta tutti i passaggi necessari per sottoporre i propri progetti in maniera completamente online, semplice e chiara. La pagina, altresì, ospita le condizioni di partecipazione e tutti gli ulteriori dettagli relativi al premio.
La giura sarà chiamata a valutare i progetti candidati secondo sei precisi criteri:
- Ampiezza dell’impatto generato
- Entità dell’impatto
- Durabilità dell’impatto
- Innovatività
- Coerenza tra progetto e approccio alla sostenibilità da parte dell’azienda che lo ha presentato
- Scalabilità, ovvero la capacità del progetto di essere virtuosamente replicato da altre PMI
I vincitori saranno pubblicamente annunciati lunedì 11 novembre 2024, nel quadro della speciale cerimonia che si terrà al LAC di Lugano. Il premio è nato dalla volontà di BancaStato di supportare ulteriormente le PMI nelle molteplici dimensioni riguardanti la sostenibilità. Per l’Istituto cantonale ciò si inserisce in un quadro più ampio di impegno per l’economia, l’ambiente e la socialità: impegno che proprio di recente ha subito un ulteriore impulso grazie all’adozione di una specifica strategia di sostenibilità. Tale strategia costituisce per BancaStato una naturale evoluzione di quanto storicamente svolto. Da oltre cento anni l’Istituto lavora specificatamente a favore del territorio: per BancaStato, il mandato pubblico coincide con lo scopo definito nell’articolo 3 della Legge di istituzione, ovvero «favorire lo sviluppo economico del Cantone e offrire al pubblico la possibilità di investire in modo sicuro e redditizio i risparmi». A inizio millennio, il Consiglio di
amministrazione di BancaStato aveva ulteriormente specificato che tale scopo dovesse essere raggiunto assumendo un comportamento responsabile anche dal punto di vista sociale e ambientale. Tale orientamento di base nel 2023 è stato ulteriormente sviluppato e arricchito grazie alla nuova strategia di sostenibilità. Essa integra in maniera sistematica e strutturata obiettivi di sostenibilità all’interno della strategia aziendale, e dota dunque l’Istituto di adeguati strumenti per concretizzare un approccio di medio e lungo periodo che consideri aspetti quali il cambiamento climatico e l‘ambiente, i rapporti con la comunità locale, la trasparenza nella governance aziendale e l’accresciuta consapevolezza e sensibilità di clienti e investitori nei confronti dei prodotti finanziari sostenibili. Ciò consente a BancaStato di rispondere al meglio al quadro normativo in evoluzione del settore bancario svizzero e di offrire ai ticinesi una Banca ancora più moderna e ancora più vicina alle loro esigenze in qualità di clienti e cittadini. La creazione di un’apposita figura – ovvero il “manager della sostenibilità” – è
stata inoltre voluta per catalizzare il cambiamento auspicato della nuova strategia di sostenibilità della Banca. «Il Premio BancaStato per la sostenibilità aziendale è per noi importante. Da una parte costituisce un incoraggiamento e uno strumento aggiuntivo per le PMI del territorio che realizzano un approccio di sostenibilità nel loro modello aziendale, a beneficio della collettività.
Dall’altra rappresenta per noi di BancaStato un’ulteriore maniera con cui adempiere al nostro mandato pubblico» commenta Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale, che conclude: «Gli istituti finanziari sono una leva importante per attuare il cambiamento verso una società e un’economia più sostenibile e anche a BancaStato ne siamo consapevoli. Il nostro impegno accresciuto nei confronti della sostenibilità si realizza con un’evoluzione ragionata dei propri prodotti e servizi, ma non solo: anche, per l’appunto, tramite strumenti come il premio da noi fortemente voluto. Per noi tutto questo è un impegno fondamentale verso tutti i nostri portatori di interessi».
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IL MIGLIORE RISULTATO
DI SEMPRE
Direzione Generale (da sinistra): Roberto Mastromarchi, Vice Presidente della Direzione Generale – Responsabile Divisione Fronte; Paolo Camponovo, Membro della Direzione Generale – Responsabile Divisione Logistica; Mauro De Stefani, Presidente della Direzione Generale; Alberto Donada, Membro della Direzione Generale – Responsabile Divisione Crediti e Finanza
IL BILANCIO D’ESERCIZIO
2023 CERTIFICA COME LO SVILUPPO DELL’ATTIVITÀ
DI BPS (SUISSE) SIA STATA DIFFUSAMENTE POSITIVA, MALGRADO LE INCERTEZZE
E LE CRITICITÀ DISPIEGATE
DURANTE L’INTERO ESERCIZIO.
In parallelo al reiterato aumento dei tassi d’interesse per l’azione delle banche centrali, la tesoreria dell’Istituto è stata chiamata ad una gestione attenta ed efficace della liquidità, in sintonia con una politica commerciale opportunamente declinata negli ambiti della raccolta e dell’impiego dei fondi clientela. Tali sensibilità, arricchite dalle aspettative sulla possibile evoluzione dei tassi, sono state pure tradotte nel settore della gestione patrimoniale e della consulenza in investimenti ricercando nuove posizioni di equilibrio dopo il settennale periodo dei tassi negativi.
Su entrambi i fronti è stato necessario intervenire per rielaborare le proposte di prodotti e servizi abbinando proposte innovative a soluzioni tradizionali, tenuto conto del mutato contesto ambientale e delle attuali condizioni quadro.
La raccolta dalla clientela ha beneficiato del buon andamento degli afflussi netti (c.d. net new money). Per contro, il recupero delle quotazioni, sia azionarie che obbligazionarie, è stato compensato dalla svalutazione degli asset in euro in sede di conversione contabile nella valuta nazionale. Il dato numerico evidenzia un valore di CHF 5.633.000.000 (+4% rispetto all’anno precedente), di cui
CHF 3.411.000.000 (-3%) quale raccolta diretta e CHF 2.222.000.000 (+16%) quale indiretta. Gli impieghi alla clientela sono aumentati a
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Inserto culturale della Relazione d’Esercizio 2023 dedicato a Audrey Hepburn (1929 – 1993)
CHF 5.529.000.000 (+3%), di cui
CHF 4.97.000.000 (+4%) quali crediti ipotecari, a valere quasi esclusivamente su immobili residenziali, e CHF 552.000.000 (-6%) quali altri crediti. La progressione è stata realizzata con prudenza, in considerazione dei possibili effetti a medio termine dell’aumento dei tassi d’interesse, con l’obiettivo di mantenere la rischiosità sugli attuali confortanti livelli. Il Risultato d’esercizio, al netto di ammortamenti e accantonamenti, si è incrementato a CHF 35.906.000 (+70%) mentre l’Utile (risultato del periodo) ha cifrato CHF 28.165.000 (+72%). Entrambi i valori costituiscono il miglior risultato storicamente realizzato dalla Banca e sono motivo di evidente soddisfazione. L’organico è costituito da 369 dipendenti, con un incremento di 10 unità rispetto alla fine dell’esercizio
precedente. La gestione del cambiamento generazionale si profila, anche per BPS (SUISSE), come uno dei progetti più importanti da realizzare. A tale scopo, l’organizzazione volta alla preparazione della successione è stata adeguata con l’intento di individuare e accrescere le competenze interne atte a favorire il ricambio. Rinnovare i ranghi rappresenta contestualmente sia un presupposto che un’esigenza per affrontare con successo un mercato in evoluzione a ritmi accelerati. La rete degli sportelli, invariata nella sua composizione, è composta da 21 presenze operative, di cui una nel Principato di Monaco, oltre all’unità virtuale Direct Banking e all’ufficio di rappresentanza di Verbier (VS). Il parco immobiliare è stato oggetto di interventi straordinari, in particolare l’ampliamento e la ristrutturazione dell’immobile a St. Moritz (GR), i cui lavori saranno ultimati durante il primo semestre 2024, al quale dovrebbe essere riconosciuta la massima valutazione energetica, in linea con gli obiettivi ESG della Banca. Di particolare valenza l’implementazione del nuovo sistema di Trading online fruibile attraverso la piattaforma GoBanking (l’e-banking della Banca), sia desktop che mobile, il quale consente l’operatività in autonomia della clientela su una vasta gamma di strumenti finanziari quo -
tati sui principali mercati mondiali. I progetti per l’introduzione di nuovi comparti in Popso (Suisse) Investment Fund SICAV – SICAV di diritto lussemburghese di cui la Banca è gestore – sono in fase avanzata. L’andamento dei Piani di Accumulo in Fondi è proceduto a ritmi sostenuti incontrando la preferenza della clientela grazie alle possibilità di declinazione su contenuti e orizzonti temporali modulabili a scelta del risparmiatore.
Durante l’esercizio sono stati introdotti nuovi prodotti indirizzati alla clientela Retail, quale la Debit Mastercard in euro, e ampliato i servizi attivabili online per le varie tipologie di carte.
In ambito previdenziale, è proseguita su buoni binari la collaborazione con Privor Vorsorgestiftung – fondazione specializzata nei fondi d’investimento – a complemento dei depositi Life Benefit, fondazione a suo tempo promossa dalla Banca, con attivi interamente costituiti da liquidità e trattamento di particolare favore per i titolari di altri servizi o prodotti di BPS (SUISSE).
“Il parco immobiliare è stato oggetto di interventi straordinari, in particolare l’ampliamento e la ristrutturazione dell’immobile a St. Moritz (GR), i cui lavori saranno ultimati durante il primo semestre 2024, al quale dovrebbe essere riconosciuta la massima valutazione energetica, in linea con gli obiettivi ESG della Banca”.
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UNA SOLIDA PRESENZA ed un focus importante sul Ticino
Qual è la vostra strategia “domestica” per il Wealth Management?
«Siamo consapevoli dell’importanza della Svizzera come centro globale di gestione di grandi patrimoni. La nostra strategia per il mercato domestico si concentra sugli (ultra) high-net-worth individual ed imprenditori con residenza nel Paese. La banca mette a disposizione dei clienti svizzeri anche la propria esperienza e competenza nei settori Corporate e Institutional Banking grazie alla presenza in oltre 60 Paesi nel mondo. Questo forte legame tra le nostre diverse “anime” interne al Gruppo consente a BNP Paribas Wealth Management di offrire un’ampia gamma di servizi personalizzati sulle esigenze dei singoli clienti facendo leva sulla propria presenza globale. Al fine di offrire un servizio di eccellenza
per i nostri clienti, investiamo costantemente nell’ampliamento della nostra offerta -in costante sinergia con i differenti métiers del Gruppoe nella formazione di talenti, risorse imprescindibili per la piena comprensione e soddisfazione delle esigenze, anche future, della nostra clientela e delle nuove generazioni di famiglie ed imprenditori svizzeri».
Quali sono i servizi che rendono l’offerta di BNP Paribas vincente?
«In primis, BNP Paribas è in grado di offrire ai clienti una consulenza ed un servizio di gestione patrimoniale ad hoc altamente personalizzati: la nostra struttura si avvale della propria rete globale di analisti per fornire ai clienti ricerche di mercato specifiche, approfondite analisi economiche e dettagliate strategie d’investimento. Ciò consente a ciascun cliente (ed ai nostri gestori) di prendere decisioni di investimento informate e
IL GRUPPO BANCARIO LEADER IN EUROPA BNP PARIBAS VANTA UN’ESPERIENZA DI OLTRE 150 ANNI IN SVIZZERA CON UFFICI
A GINEVRA, ZURIGO E LUGANO; LA BANCA OFFRE SERVIZI DI CONSULENZA E GESTIONE PATRIMONIALE PERSONALIZZATI
GRAZIE A UNO STAFF ALTAMENTE SPECIALIZZATO COME SPIEGA
YUSUF SAVMAZ, HEAD
SWITZERLAND DOMESTIC MARKET
DI BNP PARIBAS WEALTH MANAGEMENT.
consapevoli, allineate alla propria specifica tolleranza al rischio ed ai propri obiettivi finanziari. Siamo inoltre consapevoli della crescente domanda di investimenti sostenibili e, proprio per questo motivo, proponiamo ai nostri clienti anche soluzioni di investimento diversificate e tailor-made: selezioniamo con criteri (ranking) interni ed offriamo accesso a prodotti di investimento caratterizzati da precisi criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) che si allineano ai valori di ciascun cliente. Inoltre, per investitori sofisticati e professionali, la banca selezione e permette l’accesso ad investimenti alternativi come private equity (diretti o indiretti), real estate (oggetti specifici residenziali o commerciali oppure veicoli) e singoli hedge fund, offrendo un’ampia diversificazione e rendimenti pontenzialmente più elevati nel medio-lungo termine. Per la clientela Ultra High Net Wor -
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th Individuals (UHNWI) offriamo anche servizi completi di family office che comprendono la pianificazione del trasferimento patrimoniale e la consulenza filantropica. Inoltre, BNP Paribas assiste ed accompagna gli imprenditori nella pianificazione successoria per garantire un trasferimento sicuro e fluido della propria ricchezza aziendale e finanziaria alle generazioni future. Infine, grazie al nostro solido bilancio, offriamo soluzioni ipotecarie (per immobili residenziali e commerciali) in Svizzera ed in Europa, nonché una vasta gamma di capacità di prestito su portafogli e singole azioni».
Il Ticino rappresenta per voi un mercato importante, in che modo?
«Il Ticino è un’area chiave della strategia onshore di BNP Paribas grazie alle caratteristiche uniche del Cantone. Tra queste in particolare una solida economia con un crescente focus sull’innovazione e sull’imprenditorialità, che rende il Ticino una location attraente per la consulenza e la gestione di tesorerie aziendali e ricchezze private, elementi che si allineano alla perfezione con il nostro core business. Inoltre, il cantone è caratterizzato da un importante patrimonio culturale che deriva dalla storica vicinanza tra la cultura svizzera e quella italiana, elemento che ci fa apprezzare ancora di più l’essere presenti in questo territorio».
A inizio anno avete inaugurato la vostra nuova sede a Lugano, ci racconti cosa ha significato per voi questo traguardo?
«La nostra nuova sede di Lugano, città dove siamo presenti da mezzo secolo, ci consente di testimoniare non solo il nostro nuovo posizionamento, ma anche la vicinanza al territorio, oltre ai nostri valori, le nostre competenze e
soprattutto il focus pluri-disciplinare del nostro business model. ll nostro obiettivo è quello di promuovere la nostra piattaforma integrata affinché anche da Lugano i nostri clienti accedano alle soluzioni globali del gruppo BNP Paribas; vogliamo proporre servizi ad alto valore aggiunto per i nostri clienti privati, le imprese, gli istituzionali ed i gestori indipendenti avendo bene in mente il territorio all’interno del quale operiamo».
Come tutti i segmenti di clientela anche quella ticinese presenta esigenze specifiche: come siete in grado di soddisfarle?
«Per soddisfare al meglio le esigenze specifiche del Ticino, BNP Paribas ha modellato i propri servizi venendo incontro alle caratteristiche della base clienti ticinese. In particolare i nostri consulenti possiedono una conoscenza approfondita del panorama economico e normativo del Ticino, elemento imprescindibile per garantire servizi di qualità ai nostri clienti. Inoltre offriamo un servizio clienti multi-lingue e orientato alle relazioni: vista la varietà linguistica tipica del Canton Ticino, mettiamo a disposizione dei nostri clienti gestori dedicati, fluenti in italiano, tedesco, francese ed inglese, i quali garantiscono una comunicazione efficiente.
Questi consulenti, certificati SAQ, sono in grado di essere il punto di riferimeno della piattaforma di serviti integrati del Gruppo e forniscono una consulenza personalizzata ed un supporto continuo, comprendendo le esigenze finanziarie e gli obiettivi unici di ciascun cliente nei diversi ambiti di interesse personale ed aziendale. Infine le nostre soluzioni di wealth management sono specificatamente studiate per clienti con attività transfrontaliere tra Svizzera e Italia, dunque la nostra offerta tiene conto anche delle specificità socio-culturali del territorio dove operiamo».
Per concludere, come descriverebbe in poche parole la vostra offerta per il Ticino?
«Combinando gli elementi di cui ho parlato poco fa, ci impegniamo a offrire ai nostri clienti in Svizzera un’esperienza di wealth management onshore completa e di alta qualità, posizionandoci come un partner affidabile per i nostri clienti e per le future generazioni. L’attenzione della banca sul Ticino riflette la crescente importanza del cantone come centro di wealth management».
BNP PARIBAS (SUISSE) SA Via Nassa 11 CH-6900 Lugano
“Grazie alla rete internazionale ed alle soluzioni integrate del Gruppo BNP Paribas, siamo ora più che mai in grado di promuovere anche da Lugano la nostra piattaforma di servizi ad alto valore aggiunto per supportare gli obiettivi dei nostri clienti privati, aziendali ed istituzionali in tutta la Svizzera, con un particolare focus sul Ticino”.
Fabio Spinelli, BNP Paribas Site Manager Lugano
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Come orientarsi sul mercato PER CREARE VALORE
GIORGIO BERTOLI, CONDIRETTORE DI BANCA DEL SEMPIONE E GESTORE DEL COMPARTO FLEXIBLE LOW RISK EXPOSURE DI BASE INVESTMENTS SICAV, SPIEGA COME ABBINARE TUTELA DEL CAPITALE E CREAZIONE DI VALORE NEL MEDIO/LUNGO PERIODO, A PRESCINDERE DAI CICLI ECONOMICI E DI MERCATO.
Gli ultimi anni hanno messo a dura prova la pazienza degli investitori
obbligazionari, che in molti casi hanno ottenuto ritorni negativi sul loro capitale su intervalli di tempo pluriennali. Il ritorno di tassi di interesse positivi sarà sufficiente per ricreare fiducia nella asset class?
«Non c’è dubbio che siamo reduci da un decennio particolarmente negativo per l’investimento obbligazionario; performance così scadenti non sono facilmente riscontrabili nemmeno nel remoto passato. La causa di tale risultato viene spesso attribuita, a nostro avviso erroneamente, al repentino aumento dell’inflazione a livello globale negli anni seguenti alla pandemia. In realtà il principale motivo dei mancati ritorni è da attribuire alla politica dei tassi a zero o negativi mantenuta per tanti anni dalle banche centrali. Gli investitori sono stati indotti a impiegare i propri capitali sul mercato obbligazionario a rendimenti nulli, esponendosi a numerosi rischi senza alcuna remunerazione. L’arrivo dell’inflazione ha semplicemente reso palese l’inadeguatezza di tali investimenti, provocando rapide e dolorose perdite. La fine della politica a tassi negativi apre prospettive di un contesto finalmente normalizzato per il mercato obbligazionario, anche se il livello dei tassi, soprattutto in franchi svizzeri, non garantisce tuttora rendite troppo soddisfacenti».
Come cambia il ruolo della gestione obbligazionaria attivo in questo nuovo contesto? «Riteniamo che la filosofia di fondo dei nostri prodotti non debba cambiare; ciò che viene modificato sono le strategie e gli investimenti sottostanti, non gli obiettivi e l’approccio metodologico. La mentalità deve essere orientata alla creazione di valore di lungo termine per il cliente, che deve avere dei vantaggi tangibili dall’investimento nel prodotto confrontato con un semplice approccio “buy&hold” su singole obbligazioni. L’esempio dei tassi negativi da questo punto di vista è emblematico: nel breve periodo molti investitori hanno trovato conveniente prendere molti rischi pur di avere un piccolo ritorno positivo annuale, ma così facendo si sono esposti ad elevate perdite nel corso del 2022. Pensare al lungo periodo può significare anche saper rinunciare a qualcosa nell’immediato per pianificare una struttura di portafoglio che possa generare valore nel tempo».
A livello pratico come si è tradotta tale metodologia?
«Il fondo Flexible Low Risk Exposure di BASE Investments SICAV è riuscito a offrire ritorni positivi all’investitore, abbinando a un portafoglio obbligazionario un’attività macro total return. Questi ritorni positivi sul medio e lungo periodo, abbinati a una volatilità sotto controllo, hanno portato il comparto a vincere negli anni premi importanti tra i quali il Lipper Fund Award Svizzera e Europa e il Premio Alto
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Rendimento, l’ultima volta per i risultati del 2023 ma i riconoscimenti sono iniziati sin dal 2015.
Tornando alla metodologia utilizzata in termini di selezione dei titoli, pur in un contesto di rendimenti molto bassi, diverse opportunità si sono venute a creare nel corso degli anni; non sono infatti mancati episodi che hanno generato volatilità sui mercati, e permesso di acquistare obbligazionari societarie a prezzi appetibili. Riteniamo che il mercato del reddito fisso abbia delle inefficienze strutturali, dovute a illiquidità o periodica irrazionalità da parte degli operatori, che permettono ad investitori con processi decisionali rapidi di sfruttare alcune finestre di opportunità per acquistare titoli a prezzi convenienti. A fronte di questa attività di selezione dei titoli, eravamo consapevoli che i rendimenti nel complesso fossero troppo bassi e insostenibili nel tempo: abbiamo quindi abbinato al portafoglio una ingente quantità di protezioni dal rischio duration che, pur provocando alcuni periodi momentanei di non semplice gestione, ha permesso di proteggere il capitale degli investitori dalla grande correzione del 2022».
Quali sono le prospettive future del mercato obbligazionario?
«Stiamo attraversando un periodo di incertezza totale dal punto di vista macroeconomico, al punto che perfino le principali banche centrali hanno ammesso di poter fare poco affidamento ai loro modelli econometrici tradizionali. I cambiamenti nelle politiche governative, le dinamiche demografiche e l’innovazione tecnologica stanno modificando in modo sostanziale la natura dell’economia e del mercato del lavoro. Una delle poche cose che sembra certa è che la lunga parentesi dei tassi nega-
tivi sia giunta al termine, è ciò è indubbiamente positivo per l’investitore obbligazionario. Ci attendiamo che inflazione e tassi, aldilà di volatilità di breve periodo, restino mediamente più elevati rispetto al decennio 2010-2020, ma i processi di generazione di valore illustrati in precedenza restano validi anche in questo contesto. Un fattore che monitoriamo con attenzione è il ricorso ad elevati deficit fiscali da parte dei principali governi mondiali; una eventuale moderazione di tali deficit potrebbe essere un segnale importante di acquisto in chiave tattica.
L’asset class obbligazionaria ci piace anche perché, pur non riuscendo a competere con i ritorni del mercato azionario in anni buoni come il 2023, può essere in grado di offrire ritorni positivi sia in scenari di crescita economica, sia in contesti recessivi (che sarebbero invece penalizzanti per molti asset di rischio), rendendola quindi molto adatta ad investitori con tolleranza del rischio medio-bassa».
Il fattore geopolitico sta monopolizzando l’attenzione mediatica. Come si inserisce tale componente nelle vostre scelte di gestione?
«Il peso degli eventi geopolitici sta indubbiamente crescendo, motivo per il quale dedichiamo maggiore tempo e risorse all’analisi di tali fenomeni. Viviamo in un mondo in cui il flusso informativo è sovrabbondante, soprattutto su temi geopolitici e di interesse collettivo, con il rischio di creare confusione. La selezione di fonti di informazione credibili è il punto di partenza, a cui va fatta seguito un’analisi che deve essere il più obiettiva e distaccata possibile. La nostra opinione è che si tenda a sopravvalutare l’impatto di molti eventi, come ad esem -
pio alcune dichiarazioni politiche, e sottovalutare i trend di fondo che caratterizzano l’azione dei principali Paesi, e che si riverberano nel medio-lungo periodo. Individuare tali trend, senza farsi condizionare eccessivamente dal newsflow quotidiano, è il compito principale. Alcune delle tendenze di fondo attuali (recesso della globalizzazione, aumento dei conflitti armati, preferenza delle opinioni pubbliche nei confronti di politiche ad elevata spesa) ci fanno pensare che l’inflazione rimarrà strutturalmente più alta del decennio scorso, ma al tempo stesso dovrà essere accompagnata da tassi reali non troppo elevati per finanziare i grandi debiti pubblici. Nella gestione dei prodotti resta comunque vitale la flessibilità e la capacità di adattamento, data l’imprevedibilità di alcuni eventi che non sono facilmente anticipabili nemmeno dall’analista più preparato».
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SERVIZI ESCLUSIVI E PERSONALIZZATI nell’ambito del wealth management
RENATO SANTI, CEO DI BG (SUISSE) PRIVATE BANK, PRESENTA LA STRATEGIA E LE ATTIVITÀ DI UNA BANCA CHE OFFRE ELEVATI STANDARD
DI QUALITÀ CON PROFESSIONISTI TRA I MIGLIORI DEL SETTORE E
UN’AMPIA GAMMA D’OFFERTA SUPPORTATA DA INNOVATIVI SISTEMI
TECNOLOGICI A DISPOSIZIONE DEL BANKER, PER RISPONDERE IN MODO ECCELLENTE ALLE DIVERSIFICATE ESIGENZE DELLA CLIENTELA.
Lei vanta una lunga esperienza nell’ambito del sistema bancario svizzero. Quali sono state le principali tappe di questa importante carriera?
«Dopo essermi laureato all’Università di San Gallo, ho maturato varie esperienze professionali nel settore bancario ricoprendo diverse funzioni manageriali nell’ambito di un’attività pluridecennale nel gruppo BSI/EFG dove ho svolto da ultimo la funzione di CEO per l’attività svizzera ed europea, con esperienze presso le sedi di New York, Parigi e Lugano. Dopo una parentesi nel mondo della consulenza strategica presso MBS a Milano, ho ricoperto per tre anni, dal 2019 al 2021, il ruolo di CEO di Saxo Bank in Svizzera, dividendomi tra Copenaghen e Zurigo. Dal 2022, infine, ho partecipato e portato il mio contributo a tutto il processo di apertura di BG (Suisse) a Lugano».
Dal 2022 è alla guida di BG (Suisse) Private Bank. A quale strategia risponde la creazione di questa struttura affiliata del gruppo Banca Generali, in Svizzera?
«Banca Generali è, come noto, una banca privata leader in Italia nella pianificazione finanziaria e nella tutela patrimoniale dei clienti, forte di una rete di consulenti-private bankers ai vertici del settore per competenze e professionalità. Quotata alla Borsa di Milano, è controllata dal Gruppo Assicurazioni Generali, sinonimo da oltre 180 anni di solidità e sicurezza a livello internazionale. BG Valeur è la società di gestione indipendente di diritto svizzero operante sul mercato elvetico e offre soluzioni uniche per valorizzare i patrimoni e gestire la componente di rischio. La solidità di Banca Generali e l’esperienza di Valeur Fiduciaria sono alla base di una sinergia finalizzata a sviluppare soluzioni patrimoniali innovative in grado di vincere le complesse sfide in un contesto di incertezza e volatilità. La scelta di avviare l’internazionalizzazione di BG dalla Svizzera nasce proprio dalla considerazione che questa piazza finanziaria si caratterizza per stabilità, elevata competenza e per l’offerta diversificata, rappresentando una concreta opportunità per lo sviluppo del segmento del private banking oltre confine. Si tratta dunque di un primo passo nella prospettiva di un’ulteriore espansione verso altre piazze estere».
Quali sono i principali ambiti in cui BG (Suisse) Private Bank opera? «La strategia di Banca Generali si caratterizza per un’offerta di servi -
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zi che abbraccia prodotti bancari, soluzioni d’investimento, advisory e servizi esclusivi e personalizzati nell’ambito del wealth management. Il nostro obiettivo è quello di offrire un punto di riferimento qualificato per i privati, le aziende e le famiglie che vogliono interagire con una realtà che vanta un’esperienza di primo piano nella consulenza previdenziale, con un forte orientamento all’innovazione e radici nella sostenibilità».
In particolare, quali sono i punti di forza del vostro approccio nei confronti della clientela?
«Il nostro intento è quello di essere riconosciuti per la proposta di un modello innovativo finalizzato alla creazione di valore e di benessere per le persone, nel rispetto della società e dell’ambiente. Ciò significa essere al fianco dei clienti attraverso persone di fiducia che li accompagnino nella protezione del loro patrimonio e nella realizzazio -
ne dei loro progetti di vita. Voglio sottolineare con forza questo aspetto perché è proprio il ruolo centrale attribuito ai nostri banker e il supporto che garantiamo ai nostri consulenti finanziari che ci consentono di costruire con i clienti una relazione di fiducia duratura nel tempo. A ciò si aggiungono da un lato la collaborazione di banker fortemente radicati sul territorio elvetico e dall’altro le nostre partnership di respiro internazionale».
In che modo e in che misura il vostro istituto si è adeguato alle nuove tecnologie e ai processi di digitalizzazione in atto anche all’interno del sistema bancario? «L’intero mondo finanziario, non soltanto svizzero, guarda con estrema attenzione alle nuove tecnologie che, ne siamo certi, non mancheranno di trasformare profondamente anche il nostro settore. Blockchain, criptovalute, Intelligenza Artificiale rappresentano senza dubbio il futuro, ma al tempo stesso costituiscono oggi qualcosa che richiede ancora di essere studiato, approfondito e soprattutto normato. In quest’epoca di transizione anche la nostra Banca ha intrapreso la strada della digitalizzazione, offrendo ai propri clienti ampie possibilità di gestione online
della propria operatività e di monitoraggio dei propri investimenti. Ma, al tempo stesso, non intendiamo affatto rinnegare le nostre radici e riteniamo che il contatto umano, diretto e personalizzato, costituisca tuttora un elemento fondamentale e insostituibile della relazione che vogliamo costruire con la nostra clientela: un rapporto che, come ho già detto, utilizza la tecnologia ma cresce e si rafforza attraverso la fiducia tra le persone, al fine di offrire sempre un servizio professionale di alta qualità che mira a soddisfare le esigenze e le aspettative dei clienti».
Allargando lo sguardo, quale ritiene possa essere l’impatto sui mercati finanziari derivanti dal perdurare di conflitti e crisi internazionali?
«I periodi come quello attuale, particolarmente gravidi di tensioni e incertezze riguardo alle prospettive future, consigliano sempre di mantenere la barra ben dritta e di non farsi prendere da facili emozioni che potrebbero magari spingere a ridurre o addirittura cancellare i propri investimenti. Al contrario, essendo il nostro principale obiettivo quello di preservare il patrimonio, risulta essere quanto mai opportuno affidarsi a una visione di lungo termine, diversificando comunque i propri investimenti. In ogni caso, incertezza e volatilità dovrebbero a maggior ragione consigliare di avvalersi di consulenti qualificati con i quali pianificare la gestione del proprio portafoglio con la necessaria prudenza e oculatezza».
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MENS SANA NEGOTIA PROSPERA
QUESTA MASSIMA LATINA
È ANCHE IL TITOLO DI UN EVENTO
COMPRENDENTE UNA MOSTRA
D’ARTE CONTEMPORANEA
E UN WORKSHOP DEDICATO
ALLA CELEBRAZIONE DELL’ARTE
E DELL’ATTENZIONE VERSO IL BENESSERE MENTALE ALL’INTERNO
DEL CONTESTO AZIENDALE.
L’ESPOSIZIONE È STATA RESA
POSSIBILE PER VOLONTÀ DI ALEX
OBERHOLZER, CEO BANCA
CREDINVEST E DI GIANVIRGILIO
CUGINI, MANAGING PARTNER
STELVA GROUP.
La sinergia che intercorre tra benessere mentale e successo aziendale, passando attraverso l’affascinante mondo dell’arte, ha rappresentato il filo conduttore dell’evento tenutosi a maggio presso il Consolato Generale d’Italia a Lugano. La mostra ha presentato opere evocative che affrontano temi legati alla salute mentale, quali ad esempio l’importanza dell’equilibrio interio -
re e della mindfulness come fondamenta per affrontare lo stress e le sfide quotidiane; la cultura aziendale e la leadership empatica; la collaborazione e la comunicazione efficace per creare un ambiente lavorativo sano e inclusivo. Durante l’evento si è tenuto un workshop guidato da esperti, che hanno affrontato temi cruciali nella società contemporanea, come alcune guide per la gestione dello stress, la promozione del benessere psicologico e lo sviluppo della resilienza emotiva. Allo stesso modo è stata posta l’attenzione
sull’importanza della creazione di ambienti lavorativi che valorizzino la salute dei collaboratori, riconoscendo il ruolo fondamentale del benessere psicofisico nell’ambiente aziendale. Nella sua presentazione Luca Quaratino, Docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università IULM di Milano, ha messo in luce come «in un’epoca di grandi trasformazioni e definitivo superamento del modello organizzativo fordista, risulti evidente per le organizzazioni costruire un nuovo patto con le persone. Solo così possono risultare attrattive sul mer -
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Arianna Bonaldo
Erik Pettinicchi
Gianvirgilio Cugini
Alex Oberholzer
Luca Quaratino
cato del lavoro e capaci di generare engagement, motivazione al lavoro e partecipazione attiva da parte degli individui. Al centro di questo patto si trova la promessa da parte delle imprese di garantire alle persone un’esperienza lavorativa costruita attorno al concetto di benessere, grazie allo stile di leadership, alla qualità delle relazioni interpersonali, alla possibilità di esprimere il proprio potenziale e al fatto di lavorare in spazi esteticamente apprezzabili». Una conferma delle nuove strategie che guidano la gestione aziendale è venuta dal contributo di Erik Pettinicchi, Hertz Operations Director, che ha sottolineato come in Hertz sia maturata la convinzione che «un ambiente di lavoro bello e armonioso abbia un impatto positivo sulle performance del punto retail perché influenza positivamente lo stato d’animo e il benessere mentale dei collaboratori, aumentando la motivazione e la concentrazione. Quando i collaboratori si sentono a proprio agio, e messi nelle condizioni di operare con gli strumenti e le competenze necessarie, sono inclini ad offrire un servizio migliore. Inoltre un’atmosfera accogliente e piacevole aumenta l’at-
trattività del punto retail, incoraggiando i clienti a visitarlo più spesso e a trascorrere più tempo all’interno». L’esposizione, attraverso un’eclettica selezione di opere di artisti contemporanei, si è configurata come un catalizzatore per una profonda esplorazione di queste tematiche complesse. Numerosi gli artisti in mostra, tra cui spiccano i nomi di Alvin Golrokh, Besta Bestrizal, Chen Chaoxiong, Cheri Cherin, Cristiano Mangovo, J.P. Mika, Li Wei, Maludi Houston, Ouattare Watts, Hako Hankson, Peter Zimmermann, Refijon, Salifou Lindou, Tegene Kunbi, Turiya Magadlela. Avv. Arianna Bonaldo, TEP (Helvetia Trust Company) ha sottolineato come «la crescente sinergia tra arte e impresa imponga una riflessione su questo connubio, che promuove la creatività e l’innovazione generando combinazioni inaspettate. L’investimento in ambito culturale oltre che essere un potente strumento promozionale rappresenta anche un’opportunità per costruire legami con gli stakeholder. Siamo testimoni dei successi di imprenditori che hanno gestito le proprie collezioni d’arte attraverso trust dedicati, che tutelassero il valore delle opere, permettendone al contempo la fruizione in ambito lavorativo, a vantaggio del benessere dei dipendenti e della reputazione aziendale. Il vecchio adagio “l’arte non si mangia” suona quindi come un retaggio di altri tempi». Gianvirgilio Cugini, commentando il pieno successo dell’evento, ha rilevato come «numerose ricerche e studi di istituti di prestigio, tra cui l’Università di Harvard, abbaino evidenziato come l’integrazione di iniziative artistiche in ambienti lavorativi, possa non solo migliorare la salute mentale ma anche potenziare la creatività, la resilienza e la collabo -
razione all’interno delle organizzazioni stesse. Considerando l’arte come fucina di resilienza, vi invitiamo a contemplarne la potenza nell’arricchire le nostre vite, promuovendo il benessere e alimentando il successo, convinti che la sinergia tra una mente sana e il prosperare negli affari si manifesti attraverso la bellezza, la creatività e la straordinaria forza trasformativa dell’arte».
A conclusione dei lavori, Alex Oberholzer, CEO Banca Credinvest, ha sottolineato come «in Banca Credinvest la nostra ricetta per la sopravvivenza e la crescita è legata soprattutto al personale. Cerchiamo di creare un ambiente positivo all’interno dell’azienda. Il benessere aziendale è legato anche alla produttività: se il personale è felice, rende di più, si ammala meno e di conseguenza tutto il flusso societario ne beneficia. In un settore come il nostro, di servizio e di relazione umana, l’essere umano va valorizzato ed è per questo che noi abbiamo deciso di metterlo al centro con programmi ed iniziative che favoriscono una cultura aziendale sana».
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Artisti affermati e giovani talenti
PATRICK COGGI, DIRETTORE GENERALE DI BANCA DEL CERESIO - GRUPPO
CERESIO INVESTORS, E MAURO HARSCH, PIANISTA, DOCENTE PRESSO LA SCUOLA UNIVERSITARIA DI MUSICA DEL CONSERVATORIO DELLA SVIZZERA
ITALIANA E IDEATORE DEL VILLAGGIO DELLA MUSICA, PRESENTANO
L’EVENTO MUSICALE CHE QUEST’ANNO SI TIENE DAL 29 GIUGNO AL 13
OTTOBRE NELLA CHIESA DI SAN LORENZO E NELLA SALA DI CASA MAHLER.
Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a sponsorizzare un evento dedicato alla musica classica come Sobrio Festival?
Come si inserisce questa scelta nel quadro della strategia di Ceresio Investors di attenzione al territorio ticinese?
PATRICK COGGI: «Si tratta di un evento che ci corrisponde sotto vari punti di vista, sia come Gruppo che anche personalmente, essendo io stesso musicista. Ceresio Investors sostiene eventi culturali e musicali da anni, si pensi per esempio alla musica classica al LAC (siamo infatti sponsor e membri della Fondazione Lugano Musica), come parte di un impegno nei confronti del territorio che ci ospita. Inoltre, da oltre 50 anni ci contraddistingue la selezione di talenti, anche giovani, nell’ambito della gestione patrimoniale attiva, e ci sembrava particolarmente calzante sostenere giovani talenti anche nel contesto musicale. Per finire, l’opportunità ci è stata presentata all’interno della cerchia dei nostri co-investitori: anche questo aspetto è proprio della nostra tradizione, ovvero la condivisione e l’allineamento di interesse tra il Gruppo e le persone a cui si rivolge. Anche il nostro brand name, Ceresio Investors, testimonia questo».
PATRICK COGGI: «Si inserisce molto bene e in modo molto naturale. L’attenzione del Gruppo per il territorio ticinese si è già manifestata culturalmente in vari modi negli ultimi anni (pubblicazioni, mostre, oltre che con la ristrutturazione della nostra nuova sede in un immobile storico di Lugano) e sarà crescente in futuro. Il Gruppo vuole rafforzare la sua presenza e riconoscibilità locale, soprattutto per estendere e rafforzare la “rete” di interessi comuni che lo contraddistinguono. Si tratta quindi di attività mirate, selezionate perché ci corrispondono e che sono, nel senso espresso appunto sopra, sinergiche. Ci sono poi, invece, tutta una serie di attività puramente filantropiche e gestite separatamente nel contesto della Fondazione del Ceresio, spesso anch’esse rivolte al territorio ticinese. La Fondazione, realtà storica del panorama filantropico ticinese, sostiene iniziative benefiche in Ticino, Svizzera e all’estero, soprattutto nei campi educativo, culturale, scientifico, medico, della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario».
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Patrick Coggi
Mauro Harsch
Vuole raccontarci la storia di una manifestazione così particolare come Sobrio Festival?
MAURO HARSCH: «Era un mio sogno. Inizialmente pensai ad un progetto per i miei allievi, che permettesse loro di trascorrere periodi di studio in un ambiente lontano dalle grandi città, a contatto con la natura, dove fosse possibile ritrovare sé stessi e soprattutto creare proposte innovative. In seguito, nacque in me il desiderio di creare un vero e proprio “Villaggio della Musica” che potesse coinvolgere studenti, giovani musicisti, docenti, artisti e melomani. Un villaggio pieno di musica, di colori, di profumi, di poesia e di bellezza. Per diversi mesi cercai un luogo adatto allo scopo e dopo aver visitato molte zone della Svizzera mi decisi per un piccolo villaggio della Leventina. Situato a 1.100 metri d’altitudine, nel cuore delle Alpi, Sobrio gode d’una natura incontaminata, di stupendi panorami ed è privo di transito automobilistico: un ambiente davvero unico, un paradiso per musicisti, e non solo. Per dar vita al progetto creai un’associazione che nel 2013 acquistò a Sobrio un’antica abitazione di grande valore storico-culturale, denominata in seguito Casa “Gustav Mahler”. Per l’accoglienza di studenti e musicisti, due anni più tardi venne acquistata una seconda casa che fu dedicata a Francis Poulenc. Molti proprietari di altre case primarie e secondarie (entusiasti dell’idea) chiesero di intitolare anche le loro abitazioni a celebri compositori. Ad oggi le case sono più di cinquanta e i proprietari, in modi diversi, collaborano alle varie iniziative. Contemporaneamente nacque il Sobrio Festival, i cui concerti hanno tutt’oggi luogo nella Chiesa di San Lorenzo e nella sala di Casa Mahler».
Dal punto di vista artistico quali sono i tratti distintivi di questo evento rispetto ad altre manifestazioni di musica colta che si tengono sul territorio ticinese?
MAURO HARSCH: «Ciò che contraddistingue il Sobrio Festival è il suo inserimento nella realtà del Villaggio della Musica che dispone di case per musicisti, per studenti e docenti, per appassionati d’arte… In autunno aprirà i battenti il tanto atteso Hotel Symphony che darà la possibilità al nostro pubblico di soggiornare a Sobrio per week-end e giornate di vacanza unendo musica, natura e gastronomia. Sono inoltre in fase di progettazione case per musicisti della Terza età e una sala concerti, disegnata da Mario Botta. Tutto questo è molto apprezzato sia da giovani musicisti sia da artisti affermati – tra cui membri dei Berliner Philharmoniker e dell’orchestra del Teatro alla Scala – concordi nell’affermare che Sobrio costituisce un piccolo ma esclusivo
polo culturale a metà strada tra Milano e Zurigo. Tutti sono affascinati dalla particolare atmosfera che si vive, dalla bellezza del luogo e dal calore che il pubblico manifesta. Dopo una prima esperienza, musicisti, studenti e visitatori desiderano ritornare: sta nascendo una grande famiglia che crede in una manifestazione unica, innovativa e fuori dagli schemi».
Sobrio Festival presenta un ricco programma di concerti nella chiesa di San Lorenzo e nella Sala di Casa Mahler. Quali sono gli appuntamenti più attesi in cartellone.?
MAURO HARSCH: «In occasione della serata inaugurale, sabato 29 giugno debutterà a Sobrio il Duo Kirsch, reduce da grandi successi internazionali. Il 6 luglio proseguirà il Premio “E. Tschaikowsky” che anche quest’anno offrirà la possibilità di ascoltare giovani pianisti provenienti da ogni parte del mondo. A grande
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richiesta, il 13 luglio tornerà il violinista Simone Bernardini, primo violino dei Berliner Philharmoniker, mentre sabato 20 luglio avrà luogo un recital del soprano Francesca Pia Vitale, stella nascente della scena lirica mondiale, un’autentica rivelazione. Il 27 luglio un altro importante appuntamento vedrà protagonista il Trio Chagall. Questi primi concerti avranno luogo nella chiesa di San Lorenzo con inizio alle ore 18:00. Seguiranno, in Casa Mahler, i recital dei vincitori del Sobrio International Competition for Young Pianists 2024 e concerti a sorpresa. Domenica 13 ottobre, nell’ambito delle Cari-
“Gli Amici del Sobrio Festival sono i nostri principali sostenitori che speriamo possano moltiplicarsi. Contiamo sui loro
aiuti che ci permetteranno di continuare ad organizzare al meglio il Festival e di provvedere alle numerose necessità
del Villaggio della Musica, tra cui la realizzazione della nuova sala concerti”.
nerie musicali in Casa Mahler, ospiteremo il chitarrista Davide Dipilato. Ricordo che da quest’anno saranno organizzati bus navetta da Lugano e da Locarno. Per informazioni dettagliate, video e prenotazioni (l’entrata è a offerta libera per tutti i concerti) è possibile consultare il nostro sito (www.sobriofestival.com)».
Uno dei punti di forza di Sobrio Festival è rappresentato dalla presenza di affermati artisti accanto a giovani musicisti: quanto è importante per loro la partecipazione alle masterclass previste dal programma?
MAURO HARSCH: «Il Villaggio della Musica offre la possibilità a studenti e giovani musicisti di vivere importanti esperienze a fianco di grandi artisti non solo nell’ambito delle masterclass e dei concerti ma anche in preziosi momenti di dialogo, di svago, durante splendide passeggiate, nei momenti conviviali… Tutto ciò è impreziosito dal fatto che a Sobrio si vive in condizioni del tutto particolari, senza doversi spostare in auto, immersi in aria pura e in una natura intatta. Il Villaggio della Musica ospita inoltre il progetto Artists in Residence che offre a giovani musicisti l’opportunità di trascorrere soggiorni di studio, soprattutto nell’intento di scoprire giovani di talento seguendoli per diversi anni, mostrando i loro percorsi al pubblico del Sobrio Festival, come pure ad organizzazioni, agenzie, società e privati, favorendo così il loro inserimento nel mondo del lavoro. È pure possibile “adottare” giovani musicisti mediante una borsa di studio».
Nel format della manifestazione sono previsti importanti premi e concorsi. Di cosa si tratta e a chi si rivolgono?
MAURO HARSCH: «Grazie ad un incontro con Elizabeth Tschaikowsky (lontana cugina del grande Piotr, attualmente residente in Svizzera) nel 2019 è stato istituito il Premio “E. Tschaikowsky” che ogni anno porta a Sobrio decine di giovani
pianisti provenienti da ogni parte del mondo. Quest’anno il Premio è giunto alla sua quinta edizione ed è sponsorizzato da Ceresio Investors. Sono veramente molti i giovani che meritano il nostro supporto. Gli Amici del Sobrio Festival sono i nostri principali sostenitori che speriamo possano moltiplicarsi. Contiamo sui loro aiuti che ci permetteranno di continuare ad organizzare al meglio il Festival e di provvedere alle numerose necessità del Villaggio della Musica, tra cui la realizzazione della nuova sala concerti».
Quali altre iniziative avete in programma di sponsorizzare nei prossimi mesi e verso quali specifici settori indirizzerete i vostri futuri interventi?
PATRICK COGGI: «Cerchiamo di sostenere iniziative coerentemente con la nostra strategia di sviluppo e posizionamento del Gruppo. Cerchiamo di essere precisi e consistenti in questo. Siamo quindi attivi in regioni, settori e modalità che corrispondono alle caratteristiche illustrate sopra. Tra queste prossimamente sosterremo per esempio Estival Jazz e la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati per quanto riguarda il mercato locale, mentre abbiamo sostenuto Orticola a Milano. Particolarmente caratteristico è anche il nostro sostegno alla Fondazione Svizzera Pro Venezia, proprio quale ponte culturale tra i nostri due principali mercati di riferimento».
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FINANZA / SOBRIO FESTIVAL
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LA 62ª EDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE HA CONFERMATO IL SUO RUOLO
DI PREMINENZA NEL PANORAMA INTERNAZIONALE, TRA RICERCA, SPERIMENTAZIONE E INNOVAZIONE, REGISTRANDO UN +17,1% DI VISITATORI RISPETTO ALL’EDIZIONE 2023. MARIA PORRO, PRESIDENTE DI SALONE
DEL MOBILE MILANO, TRACCIA UN PRIMO BILANCIO DELL’EVENTO.
Il Salone del Mobile Milano 2024 ha visto la partecipazione di oltre 1.950 espositori provenienti da 35 Paesi. In termini di affluenza, la manifestazione ha registrato cifre da record: 361.417 presenze complessive,
54,3% dall’estero (+100.000 presenze rispetto al 2022), segnando un +17,1% rispetto al 2023. Ottimo risultato per le presenze degli operatori che registrano un +26,8%, con un 65,8% che arrivano dall’estero. Nella top 15 delle geografie di mercato si registra il grande ritorno della Cina, seguita da Germania, Spagna, Brasile, Francia, Stati Uniti, Polonia, Russia, Svizzera, Turchia, India, Regno Unito, Corea del Sud, Giappone, Austria. Un atlante che ha aperto nuove opportunità di business grazie anche alle numerose delegazioni provenienti da Stati Uniti, India, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Francia, Arabia Saudita. La manifestazione ha visto protagoniste quest’anno le Biennali EuroCucina / FTK, Technology For the Kitchen e Salone Internazionale del Bagno. Un appuntamento culturale, oltre che di business e relazione, in grado di richiamare operatori qualificati tra buyer, architetti, interior designer e media da tutto il mondo. Nel corso della settimana sono nate non solo
interazioni professionali ma anche momenti che mettono al centro la cultura del progetto, come ha testimoniato il ricco programma di appuntamenti tra divulgazione, formazione, dibattito e confronto. A questi si aggiungono le installazioni “Interiors by David Lynch. A Thinking Room” del celebre regista americano, “Under the Surface” di Accurat, Design Group Italia ed Emiliano Ponzi, e “All You Have Ever Wanted to Know About Food Design in Six Performances”, insieme a Design Kiosk: lo spazio temporaneo del Salone in città. Grande entusiasmo da parte della design community internazionale. Si conferma il successo su scala globale con un racconto live multicanale delle principali novità del 62ª edizione della Manifestazione. I numeri raggiunti dagli strumenti digital superano le aspettative: oltre 1 milione di interazioni (+50% vs 2023) con un engagement rate del 60%, e 90 milioni di impression (+15% vs 2023). Ottimi i risultati dell’app in termini di fruizione servizi, dal matchmaking che ha registrato una crescita di oltre il 40% e la navigazione della mappa interattiva, con oltre 450.000 ricerche. Salitoe anche il numero di studenti italiani e stranieri accolti: 13.556 presenze di cui 8.368 italiani (+25,5%), per una media di crescita complessiva del 18,8%. Un dato importante se messo in relazione ai 25 anni del SaloneSatellite, che quest’anno ha portato alla luce la creatività di oltre 600 giovani progettisti e una grande mostra allestita in Triennale Milano».
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SPECIALE DESIGN / SALONE DEL MOBILE 2024
Ph: © Guido Stazzoni
Con quale bilancio si chiude l’edizione 2024 del Salone del Mobile Milano?
«È stata senza dubbio un’edizione da record che ha superato ogni previsione. Abbiamo registrato risultati eccezionali, grazie alla fiducia di un ecosistema che, ancora una volta, ha riconosciuto alla manifestazione la sua leadership internazionale. Il salone si è riconfermato un evento unico al mondo, un ponte di dialogo imprescindibile con le nuove geografie dei mercati: una città intercontinentale aperta all’innovazione, dove la competizione accelera la competitività di un settore chiave per l’economia del Paese e non solo. Una grande “fabbrica” di senso e valore durevole, prodotto e occupazione, cultura materiale e immateriale».
Il tema della sostenibilità è stato affrontato sotto tutti i suoi molteplici aspetti… «Gli appuntamenti culturali hanno posto al centro la responsabilità ambientale, economica e sociale (il Salone è certificato ISO 20121 dalla scorsa edizione). La collaborazione con il Dipartimento e la Scuola del Design del Politecnico di Milano per l’istituzione di un osservatorio permanente di analisi dell’ecosistema Salone del Mobile/Milano Design Week e del suo impatto sulla collettività in termini di sostenibilità, inclusione, circolarità, crescita e passaggio di competenze ha rappresentato il progetto principale che la manifestazione abbia mai
affrontato in quest’ambito. Abbiamo inoltre rinnovato la nostra politica di sostenibilità alzando l’asticella degli obiettivi, avviando collaborazioni con fornitori certificati o in grado di fornire materiali riciclati, riciclabili o riutilizzabili per la realizzazione delle parti comuni. E, ancora, ci siamo adoperati per rigenerare le risorse consumate e assorbire i rifiuti prodotti, scegliendo partner istituzionali che abbiano al centro della loro strategia una reale attenzione alle persone e al pianeta e abbiamo già ampliato le linee guida per allestimenti sostenibili proposte l’anno scorso alle aziende espositrici».
Si è fatto un gran parlare anche di AI e Big Data. A che punto siamo? «Si tratta di straordinarie una risorse che intendiamo sfruttare per ottimizzare il processo di sviluppo corale e condiviso della fiera. Big Data, Intelligenza Artificiale e la creazione di dataset a partire da input provenienti dal mondo delle neuroscienze sono stati protagonisti assoluti del Salone del Mobile 2024. Una scelta che nasce dal desiderio di sfruttare le enormi possibilità che il machine learning offre per aiutare i decision maker nella creazione di strategie concrete e condivise. La prima novità in relazione a Big Data ed AI ha riguardato il processo di analisi corale della manifestazione, che già da due anni prevede 1200 interviste a stakeholder in relazione all’evento e l’allargamento dell’analisi a tutto il FuoriSalone».
A questo proposito, quali sono stati i numeri del FuoriSalone?
«Con 1.125 eventi nella guida ufficiale, il 30% in più rispetto al 2023, l’edizione 2024 del FuoriSalone si è confermata l’appuntamento più importante dell’anno per il calendario internazionale del design con un indotto stimato al + 20% rispetto alla scorsa edizione. I numeri dell’edizione 2024 parlano di una partecipazione senza precedenti con una design week che, secondo le stime di Confcommercio, ha generato un indotto da 260 milioni e 800mila euro (+13.7% rispetto allo scorso anno).
Il tema Materia Natura si è sviluppato con tantissimi allestimenti e installazioni, in città ma anche fuori dai classici confini. È il caso di Alcova, progetto espositivo ideato da Joseph Grima e Valentina Ciuffi, che quest’anno si è spostata a Varedo, in provincia di Monza e Brianza, dando nuovo lustro a Villa Borsani e Villa Bagatti Valsecchi. Il Fuorisalone ha rianimato anche alcuni angoli meno conosciuti della città: il grande garage che si affaccia sulla Darsena con Mosca Partners, gli spazi industriali in via Fantoli con Baranzate Ateliers, gli ex scali ferroviari, da via Farini con Isola Design Festival a Stazione Centrale con il progetto di Dropcity, la mostra Artesanos all’ex cinema Casoretto, la Casa dell’Acqua del Parco Trotter trasformata in Bagno Diurno, l’iconico Spazio Maiocchi che ha fatto coppia con 10Corsocomo, gli spazi degli ex laboratori farmaceutici di Labò. Come sempre grande attenzione per i palazzi storici straordinariamente aperti al pubblico: Palazzo Bovara, Palazzo Citterio, Palazzo Litta, Palazzo Reale, Palazzo Isimbardi, Palazzo Turati, Palazzo Senato, Palazzo Bagatti Valsecchi, Palazzo Clerici, Palazzo San Fedele, Palazzo Cusani e il Circolo Filologico Milanese».
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SPECIALE DESIGN / SALONE DEL MOBILE 2024
LE AZIENDE DEL SETTORE SCELGONO LA QUALITÀ
L’ARCH. CARLO COLOMBO, INDISCUSSO PROTAGONISTA DEL PIÙ
INNOVATIVO DESIGN INTERNAZIONALE, COMMENTA LE TENDENZE EMERSE NEL CORSO DELL’EDIZIONE 2024 DEL SALONE DEL MOBILE DI MILANO
DOVE, TRA L’ALTRO, HA PRESENTATO MXTP, UNA CONSOLLE ESCLUSIVA E CUSTOMIZZABILE CAPACE DI UNIRE MUSICA E DESIGN D’ALTA QUALITÀ.
Dal suo osservatorio privilegiato, che cosa è emerso con evidenza dal Salone del Mobile 2024?
«Innanzitutto c’è stata la conferma che Milano svolge un ruolo di assoluta preminenza mondiale nei settori dell’arredamento e del design, testimoniato dalle cifre relative a espositori e visitatori presenti, tra Salone e Fuorisalone, che hanno superato tutti i record precedenti. Un elemento che merita di essere sottolineato con particolare evidenza è che le aziende italiane, sia i brand più conosciuti a livello internazionale così come le realtà più piccole, da sole o in partnership tra loro, hanno ormai imboccato in modo deciso la strada della qualità, divenuta il segno distintivo di una italianità apprezzata e riconosciuta da tutti i mercati mondiali».
È possibile indicare quali tendenze marcheranno il mondo del design e dell’arredamento nei prossimi anni?
«Un’evoluzione significativa nel panorama del design riguarda l’attenzione all’ambiente: le aziende stanno destinando sempre più risorse alla produzione sostenibile e all’impiego di materiali ecologici in risposta alla crescente sensibilità ambientale dei
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consumatori. Tutto questo si traduce anche in una maggiore attenzione alle fonti d’illuminazione, alla qualità dell’aria interna e all’uso di materiali non tossici. Al tempo stesso si pone l’attenzione anche alla soddisfazione dell’esperienza individuale dell’acquirente. Offrire soluzioni su misura dimostra come il settore del design stia rispondendo alle richieste di una clientela sempre più esigente e consapevole delle proprie preferenze. La personalizzazione rappresenta una risposta concreta a queste aspettative, garantendo una connessione più profonda tra il consumatore e il prodotto, contribuendo così a definire il futuro del design d’interni».
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Un altro tema di grande attualità riguarda l’integrazione della tecnologia negli oggetti d’arredamento.
«La tecnologia svolgerà un ruolo sempre più significativo in tutti i campi dell’abitare: mobili dotati di funzionalità smart saranno sempre più diffusi e accessibili per un pubblico più ampio. Queste innovazioni non solo aggiungono un elemento di convenienza alla vita quotidiana, ma possono anche migliorare l’efficienza energetica e contribuire a creare ambienti più confortevoli. Le soluzioni intelligenti per la gestione energetica e la domotica saranno infatti integrate negli arredamenti, migliorando l’esperienza degli utenti».
Quest’anno si è registrata una marcata presenza anche di brand provenienti da altri settori. Come spiega questo fenomeno? «Quelle della trasversalità e del trasferimento di esperienze, soluzioni e tecnologie tra ambiti diversi sono ormai una realtà consolidata. Da anni Automotive e fashion rappresentano settori ampiamente attenti al design dei loro prodotti e componenti, favorendo a loro volta l’utilizzo di nuovi materiali o colori anche nell’arredamento. Basti pensare alla recente diffusione del colore bronzo, un tempo riservato solo al mondo fashion e ora introdotto in tutte le sue sfumature in un gran numero di mobili e rivestimenti. In tanti anni ho avuto il piacere di lavorare, oltre che con tutte le aziende leader
del settore come Flexform, Poliform, Giorgetti, Cappellini, Antoniolupi, Flou, Artemide - solo per citarne alcuni - anche con marchi come Bentley home, Bugatti home, Elie Saab maison o Trussardi casa».
Al Salone del Mobile di quest’anno Lei ha presentato un prodotto che esula dai tradizionali elementi d’arredo.
Come è nata questa idea?
«È stata un’esperienza molto particolare e divertente. Albertino, noto dj e direttore artistico di Radio m2o, mi ha fatto osservare che le consolle,
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SPECIALE DESIGN / CARLO COLOMBO 04 05 06
con cui lui e i suoi colleghi producono abitualmente musica, sono strumenti di lavoro funzionali, ma generalmente privi di ogni attenzione per il design. Con la sua consulenza e la disponibilità di Andrea Lupi, con il quale collaboro da 25 anni, abbiamo creato MXTP, un innovativo dj desk dal design futuristico. Ideata da Albertino, progettata dal sottoscritto e realizzata da Andrea Lupi: tre menti visionarie, tre grandi passioni e tre storie di differenti professionalità in sinergia per questo progetto».
Con quali caratteristiche si presenta questo nuovo prodotto? «MXTP si integra armoniosamente non solo negli spazi dedicati
prettamente all’ascolto della musica, ma può inserirsi in qualsiasi ambiente domestico. La flessibilità del top consente al dj desk di ospitare diversi modelli di device sul mercato e i grandi dischi in vinile. Progettata in alluminio, la consolle MXTP può essere customizzabile. La sua forma esalta l’idea di purezza anche grazie al fatto che tutti i cavi sono nascosti all’interno della struttura della gamba per mantenere una linea estetica fluida ed elegante. Il suo spiccato appeal e la forte carica emotiva la rendono uno strumento comunicativo e divulgativo che va a inserirsi in un segmento non ancora coperto da nessun marchio di design».
/ 03 Bugatti Home - Libreria
Bentley Home - Armchair
Lupi - Mxtp
Giorgetti - Moorea
Yuna
Home - Sofa Collection
Saab Maison - Lobster
Giorgetti - Clori
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Antonio
Flou
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STORIA DI UN’IMPRESA DI SUCCESSO
NINO ANZANI, AMMINISTRATORE DELEGATO DI POLIFORM, RACCONTA
LA STORIA DI UN’IMPRESA CHE, PUR RAGGIUNGENDO UNA DIMENSIONE INTERNAZIONALE, HA SAPUTO MANTENERE UNA REALTÀ FAMILIARE.
Possiamo partire dalla sua famiglia e dai suoi primi passi all’interno di Poliform, l’azienda che negli anni Settanta lei ha preso in mano insieme ai cugini Aldo ed Alberto Spinelli? «Fondata nel 1970, evoluzione di un’impresa artigiana nata nel 1942 facente parte del tessuto di piccole imprese a conduzione familiare caratterizzante la struttura produttiva del distretto della Brianza, è stata in grado di investire nelle nuove tecnologie produttive evolvendo la proposta verso i sistemi modulari componibili. Poliform diventa così un’industria. I fautori del cambiamento siamo stati io e i miei soci Alberto ed Aldo Spinelli tutt’ora alla guida dell’azienda. Siamo riusciti a coniugare una conoscenza tecnica specifica e una cultura del “saper fare” con una visione imprenditoriale in piena sintonia con i cambiamenti sociali ed economici di quel periodo. Noi tre rivestiamo differenti e complementari aree di responsabilità all’interno dell’azienda. La struttura decisionale di Poliform si basa, infatti, su decisioni prese all’unanimità con il management a fare da supporto tecnico. La governance interna prevede che l’azienda continui ad essere guidata da tre persone, una in rappresentanza di ciascuna famiglia fondatrice».
Quali opportunità, ma anche che difficoltà presentavano in quel periodo il settore dell’arredamento e la realtà imprenditoriale della Brianza?
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SPECIALE DESIGN / POLIFORM
Da sinistra: Alberto Spinelli, Aldo Spinelli e Giovanni Anzani di Poliform Spa
«Quando iniziammo negli anni 70 l’Italia intorno cresceva, entusiasticamente lanciata nel passaggio da paese agricolo a nazione industriale. Sembrava un altro mondo rispetto a quello di oggi: le case si costruivano, si compravano e ovviamente andavano arredate. Insieme alla vita delle famiglie cambia anche il gusto, così la transizione dal mobile classico a quello moderno è avviata, soprattutto in quella versione made in Brianza che è il mobile di design».
Che cosa rappresenta oggi Poliform nel panorama del design e dell’industria dell’arredo in Italia?
«Poliform è oggi una realtà industriale tra le più significative del settore dell’arredamento internazionale. La nostra collezione è organizzata come una scelta ampia e diversificata e comprende sistemi e complementi d’arredo per ogni zona della casa: librerie, contenitori, armadi, letti, cucine, imbottiti e, da quest’anno anche l’outdoor. Una produzione tipologicamente completa che porta con sé la concezione progettuale di una “casa Poliform” stilisticamente coerente in ogni sua componente. Un “global project” che si declina in ogni situazione architettonica grazie all’eccezionale versatilità dei sistemi componibili».
Che significato hanno oggi concetti come internazionalizzazione e conquista di nuovi mercati nel mondo?
«L’attenzione per il mercato internazionale ci ha portato a sviluppare un vero e proprio network mondiale con l’obiettivo di arrivare ad essere presente con punti vendita, flagshipstores e consociate estere in un numero sempre maggiore di Paesi. Il nostro network attuale ci vede pre -
“La responsabilità sociale è un concetto fondamentale nella nostra filosofia imprenditoriale: una scelta che rispecchia la nostra volontà di rispettare il territorio in cui siamo
nati e soprattutto di fornire valori intervenendo in prima persona al tessuto sociale in cui operiamo”.
senti in 95 Paesi nel mondo con 400 punti vendita e 110 monobrand».
Anche il vostro settore è chiamato a confrontarsi con un tema come quello della sostenibilità, nei processi produttivi come nella scelta dei materiali utilizzati.
Qual è la strategia di Poliform riguardo all’ambiente?
«La responsabilità sociale è un concetto fondamentale nella nostra filosofia imprenditoriale: una scelta che rispecchia la nostra volontà di rispettare il territorio in cui siamo nati e soprattutto di fornire valori intervenendo in prima persona al tessuto sociale in cui operiamo. Un’assunzione di responsabilità che va oltre gli aspetti economici e legali e si fonda sul dialogo che abbiamo instaurato con i diversi interlocutori all’interno della nostra comunità di riferimento impegnandoci a capirne le esigenze e crean -
do programmi sociali. Riconosciamo l’importanza del design sostenibile ed abbiamo adottato, nel corso degli anni, un approccio progettuale che fonde innovazione tecnologica e attenzione alle risorse».
Da sempre il Salone del Mobile rappresenta un appuntamento a cui Poliform non è mai mancata. Che cosa ricorda delle partecipazioni passate e cosa c’è da aspettarsi per il 2024?
«Siamo profondi sostenitori del Salone del Mobile da sempre. Nel 1970 al primo Salone del mobile abbiamo presentato un prodotto moderno. Non ne abbiamo venduto neanche uno. Ricordo ancora che c’erano due mobiletti di noce in un angolo e un agente del Piemonte ce ne ha comprati due. Abbiamo insistito, siamo riusciti a trovare il pubblico giusto a cui rivolgerci e abbiamo venduto quel prodotto per dieci anni».
97 SPECIALE DESIGN / POLIFORM
STILE INTERNAZIONALE, SAPIENZA ARTIGIANA
RUGIANO È PARLARE DI UNA FILOSOFIA: QUELLA CHE SI ESPRIME NEI DETTAGLI, NELL’ATTENZIONE AL PARTICOLARE, NEL MOBILE FINEMENTE LAVORATO E NEI RICAMI DELLA PELLE.
Ogni prodotto Rugiano è espressione di un sapiente mix di competenze, tecniche e artistiche, in grado di vestire ogni abitazione di un’atmosfera unica. Arredi senza tempo, creati da chi sa trasformare i sogni in materia. Dedicati a chi sa distinguersi con stile ed eleganza. Per il Salone del Mobile di quest’anno una nuova sede ha ospitato lo stand elegantemente ridisegnato di Rugiano, pronto a rivelare ai visitatori la collezione 2024. Un viaggio at-
traverso allestimenti indoor e outdoor, guidando i visitatori alla scoperta di design innovativi e materiali raffinati, presentando una serie di prodotti tipicamente Rugiano. Ricercatezza nelle forme, abbinamenti armoniosi, utilizzo e ricerca di materiali pregiati creano uno stile inconfondibile. Raffinatezza ed eleganza unite alla sapienza artigianale sono il connubio vincente che ha fatto di Rugiano un brand di fama mondiale. Le nuove collezioni per la zona notte e la zona giorno sono prodotti
98 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 SPECIALE DESIGN / RUGIANO
Via Trevano, 15 LUGANO
“Raffinatezza ed eleganza unite alla sapienza artigianale sono il connubio vincente che ha fatto di Rugiano un brand di fama mondiale”.
che esaltano la manualità artigianale accanto alla tecnologia più recente per donare ai dettagli stile ed esclusività tipici del “Made in Italy”. Originale utilizzo di materiali nobili, e particolari, ricami che rivestono superfici dalle linee pulite, arricchendole e donando un fascino inaspettato. Anche per l’outdoor, continuità estetica e stilistica tra in e out, disegnando veri e propri living all’aperto senza confini apparenti, interpretandoli con personalità, eleganza e stile internazionale
Ma non solo: immerso nel cuore della città, il flagship store di Rugiano si è trasformato in un rifugio esclusivo per uno speciale party del Fuorisalone, offrendo agli ospiti l’opportunità di provare in anticipo la nuova collezione.
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UN RINNOVAMENTO
FEDELE ALLA TRADIZIONE
HANNES PEER E GIAMPIERO TAGLIAFERRI SONO LE DUE NUOVE FIRME
ENTRATE NEL TEAM CREATIVO DI MINOTTI E CHE HANNO FATTO
IL LORO DEBUTTO IN OCCASIONE DEL SALONE DEL MOBILE MILANO 2024.
Paesaggi sorprendenti e un’architettura avveniristica hanno fatto da sfondo alla Collezione
2024: un progetto nuovo, arricchito da diverse influenze stilistiche e culture del design, attraverso un’eleganza moderna, radicata nel nostro stile di vita unico.
Sotto la guida del design management della famiglia Minotti, in sinergia con il dipartimento creativo interno Minotti Studio, la 2024 Collection segna l’inizio della collaborazione con le due figure di spicco della realt à milanese, riconosciute a livello internazionale. Hannes Peer, architetto e designer
altoatesino, coltiva una ricerca costante dell’eclettismo e dell’alta qualit à nella progettazione su tutte le scale, attraverso lo studio della stretta relazione tra architettura, contesto storico e nuove tecnologie, mediando tra artigianato e produzione industriale. Il suo linguaggio stratificato e poliedrico unisce visione poetica e design rigoroso. Giampiero Tagliaferri, interior designer e founder dell’omonimo studio di Architettura e Design, con sede a Milano e Los Angeles, propone un approccio progettuale radicato nella tensione dinamica derivante dall’influenza delle sue due citt à : l’equilibrio delicato di
100 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 SPECIALE DESIGN / MINOTTI
Milano tra ornamento ed essenza, splendore e discrezione si fonde armoniosamente con la semplicit à californiana, la sobria eleganza e l’interazione sensuale di luce, colori e paesaggio.
I due nuovi talenti italiani contribuiscono – accanto alle altre firme
che vanno da Marcio Kogan / studio mk27 a Nendo, da GamFratesi a Inoda+Sveje – a dare forma alla visione del brand, custode nel tempo della preziosa eredit à progettuale di Rodolfo Dordoni. L’ingresso di questi nomi rappre -
senta un nuovo capitolo strategico per Minotti che, restando fedele al proprio DNA, favorisce un’accelerazione ulteriore al flusso di energia creativa che l’azienda da sempre promuove, in una costante ottica di espansione internazionale.
101 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 SPECIALE DESIGN / MINOTTI
IL SUGHERO INCONTRA IL LEGNO
AMORIM CORK ITALIA SI È PRESENTATO ALLA 62A EDIZIONE DEL SALONE DEL MOBILE DI MILANO CON RIVA1920, AZIENDA CHE RIAFFERMA IL SUO PROFONDO LEGAME CON LA NATURA E ARMONIZZA CON MAESTRIA
CONCETTI DI SOSTENIBILITÀ, TRAMITE L’IMPIEGO DI LEGNI DI RIFORESTAZIONI E DI RIUSO PER I PROPRI PRODOTTI, E TRADIZIONE, ARTIGIANATO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA, STORIA ED ESPERIENZA.
Quest’anno l’esperienza espositiva si arricchisce ulteriormente con una sezione dedicata alla vineria, evidenziando l’ampia visione di Riva1920 che si estende fino al mondo delle cantine.
Al primo piano dello spazio espositivo, è stata allestita una vera e propria cantina, dove trova posto una novità esclusiva: lo sgabello TORREWOOD, design Jari Franceschetto for SUBER, realizzato in legno massello e sughero, frutto proprio della collaborazione innovativa in nome della sostenibilità con Amorim Cork Italia. Da oltre un secolo, Amorim Cork Italia è leader nella produzione di tappi in sughero naturale al 100%, unendo tecnologia all’avanguardia e un impegno duraturo per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Questa filosofia si intreccia perfettamente con quella di Riva1920, consolidando una partnership che mira a creare prodotti unici che coniugano legno e sughero con maestria e stile. TORREWOOD è uno sgabello nato del saper fare Italiano e dell’incontro di due materiali, una seduta in legno massello a liste incollate con bordi smussati e un fusto conico in CORE, sughero di tappi riciclati miscelato con colle naturali. Lo sgabello riporta alla natura e ricorda il tronco degli alberi nelle foreste, sviluppato in due varianti cromatiche, percorre i principi della sostenibilità con l’intento di trasmettere l’importanza dell’etica e dell’estetica. Il nostro agire è il futuro.
102 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 SPECIALE DESIGN / AMORIM CORK ITALIA / RIVA1920
La famiglia Galimberti vanta più di un secolo di tradizione nel settore dell’arredamento, infatti la prima bottega venne aperta in Brianza verso la fine dell’800. L’attuale azienda nasce negli anni Sessanta, da un’intuizione di Galimberti Nino. La dimensione artigianale delle origini si è andata modificando ben presto e a partire dagli anni Ottanta l’azienda assunse carattere e dimensioni industriali. Il passaggio successivo si deve ai figli, Carlo, Luciano e Roberta Galimberti, che dagli anni Novanta iniziarono un processo di espansione e affermarono il marchio in Italia e all’estero. Responsabili delle strategie dell’azienda, i fratelli Galimberti condividono la linea creativa ed i principi estetici dei prodotti con diversi architetti e designer di prestigio. Lo showroom Galimberti Nino è lo spazio espositivo che trasmette in modo completo e preciso il linguaggio del brand, presentando la varietà e la ricchezza delle collezio -
CREATIVITÀ E STILE SENZA TEMPO
FORMULA CHIAVE DELL’IDENTITÀ GALIMBERTI NINO È LA PIENA
ESPRESSIONE DEL CONCETTO DI MADE IN ITALY, CHE OGGI FONDE
IN MODO INDISSOLUBILE TRADIZIONE E TECNOLOGIA.
ni in ambienti ricercati, nei quali tutto concorre a creare una vera e propria brand experience. I materiali utilizzati per l’allestimento –marmo pregiato e calde boiserie in legno per le pareti – insieme ad un’accurata selezione di oggetti e di elementi di illuminazione, contribuiscono a realizzare spazi espositivi di grande qualità espressiva. Lo spazio Galimberti Nino sorge all’interno del complesso industriale di Cabiate, nel cuore della Brianza: uno spazio ampio e luminoso, destinato ad ospitare le collezioni più recenti come i prodotti icona delle collezioni precedenti. Entrando, si ha l’impressione di trovarsi all’interno di una grande casa, lussuosa, nella quale i materiali impiegati, definiscono l’ambientazione ideale per valorizzare i prodotti e le linee estetiche che compongono il catalogo dell’azienda. Facendo tesoro dell’esperienza maturata nel corso degli anni, Galimberti Nino esercita la sua creatività in nuove direzioni, in un’affascinante stratificazione di suggestioni e stili, in perfetto equilibrio tra classico e contemporaneo. Un posizionamento e una visione aziendale ben chiara: innovare, mantenendosi fedeli al proprio stile e alla propria storia. Ponte progettuale tra passato e contemporaneo, la produzione è ispirata agli stili del passato, tuttavia presentati secondo linee e materiali contemporanei Si tratta di un’area di
gusto ispirata a periodi come il Vittoriano, il Biedermeier, l’Empire; di recente sviluppo, anche un progetto che rivisita alcuni riferimenti Art déco e il Modernismo italiano degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. La filosofia dell’azienda, l’idea che muove tutti i progetti e le collezioni è quella di rivisitare i migliori elementi legati alla lavorazione del legno Made in Italy. Le collezioni Galimberti Nino creano sempre luoghi eleganti da vivere, impeccabilmente sobri ed eleganti ma anche in grado di dare un forte impatto e personalità. La capacità di rendere speciale ogni atmosfera deriva dalla meticolosa attenzione dei dettagli e dall’artigianalità delle finiture, ma soprattutto dalla sensibilità che unisce in armonia e proporzione queste diverse ispirazioni. Nel centro di Milano, vicino a Piazza San Babila e Via Durini, nel cuore del distretto del design, CASA GALIMBERTININO, è un luogo magico dedicato all’amore per la bellezza. Qui Milano sa mostrare il suo lato storico e romantico e un esempio di questo particolare sentimento è fornito dalla strica Casa Berchet. Lungo la centralissima Via Cino del Duca sorge quella che fu la residenza di Giovanni Berchet, letterato e poeta vissuto a cavallo tra il 17esimo e 18esimo secolo, ricordato come l’autore di quello che fu considerato il manifesto del movimento romantico.
SPECIALE DESIGN / GALIMBERTI NINO
103 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
E IL SUO RUOLO PASSATO, PRESENTE E FUTURO
IN TICINO IL FIDUCIARIO
IMMOBILIARE È UNA FIGURA
FONDAMENTALE CHE SVOLGE
DIVERSI RUOLI CHIAVE NELLA GESTIONE, MANUTENZIONE, SVILUPPO E COMMERCIALIZZAZIONE DI PROPRIETÀ IMMOBILIARI.
Un professionista con un know-how multidisciplinare, che rappresenta il proprietario dell’immobile nei confronti di terzi, garantendo che gli asset immobiliari vengano valorizzati, gestiti e trattati in conformità con le leggi e nel rispetto degli accordi contrattuali tra le parti.
Perché è necessario e quali sono le basi giuridiche Il patrimonio immobiliare in Canton Ticino ricopre un ruolo importante sia a livello economico che sociale: errori in questo ambito possono avere conseguenze gravi, proprio come avviene per i patrimoni di tipo monetario. Per questo motivo, in
Ticino chi effettua attività di mediazione o gestione di immobili per conto terzi sottostà obbligatoriamente alla Legge sull’esercizio delle professioni di fiduciario (LFid - per informazioni www4.ti.ch/di/dg/fiduciari) e deve essere in possesso della relativa autorizzazione cantonale (una sorta di “patente”) che viene concessa solo a chi ha i giusti requisiti dopo attenta analisi da parte di una commissione di esperti. Chi non è in possesso di suddetta autorizzazione non può sottoscrivere mandati ed effettuare attività di compravendita o gestione immobiliare per conto terzi. Le autorizzazioni sono rilasciate a persone fisiche e hanno carattere personale. Le persone autorizzate vengono iscritte in un albo pubblico che anche il ciente finale può liberamente consultare (www4.ti.ch/di/ dg/fiduciari/albo-online/albo), in modo da verificare se la persona (e la società) alla quale affida mandato per gestire o vendere il proprio immobile sia in regola con la legge.
All’Autorità di vigilanza compete la vigilanza prudenziale sull’esercizio delle professioni di fiduciario, ovvero il rilascio delle autorizzazioni ed il controllo delle attività, così come pure il perseguimento dell’esercizio abusivo della professione di fiduciario. Esistono infatti ancora casi di persone o società che effettuano questo lavoro abusivamente: chiunque può segnalarle suddetti casi alla SVIT o direttamente all’autorità di vigilanza.
104 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 ARCHITETTURA / SVIT Il fiduciario immobiliare
Il fiduciario immobiliare: passato, presente e futuro
Il ruolo del fiduciario immobiliare è in continua evoluzione, che segue di pari passo gli importanti cambiamenti che avvengono sia a livello di società (aspetti legislativi, economici, sociali e politici) sia a livello del “prodotto” immobile, anch’esso in continua evoluzione. Gli immobili di oggi sono infatti profondamente diversi dagli immobili di 50 anni fa, basta vedere solamente, ad esempio la crescente importanza dell’aspetto energetico (Minergie, RUen, ecc.), di salute (bonifica amianto, verifica radon, smaltimento detriti, ecc.) o anche semplicemente i nuovi modi di fruire gli spazi (home-office, smart-working, ecc.).
Il fiduciario immobiliare di oggi deve dunque, rispetto al passato, sapere di più, semplicemente perché vi è una crescente complessità intrinseca della società (nelle leggi, nella burocrazia, nella tecnica costruttiva) che richiede una conoscenza multidisciplinare sempre più approfondita. È quindi fondamentale per questa figura professionale rimanere sempre aggiornati con una formazione professionale continua, al fine di potere sempre consigliare al meglio il cliente. Le sfide per il futuro sono molteplici: l’esperienza Covid, ha accelerato un processo già in atto; la tecnologia sta cambiando il modo di concepire e fruire gli spazi (lavoro remoto, realtà aumentata, VR, domotizzazione) e di lavorare. La digitalizzazione porta infatti a una crescente disintermediazione, dove il cliente può avere tutte le informazioni comodamente seduto al computer, senza dovere visitare fisicamente gli spazi o incontrare un consulente. Questo fenomeno sta cambiando il modo di commercializzare gli immobili e di gestire il rap -
porto con la clientela, basta vedere l’evoluzione del mercato “prop-tech” (tecnologia + immobiliare). Il Fiduciario immobiliare del futuro, per non essere “tagliato fuori”, dovrà quindi essere una figura ancora più poliedrica, ed aggiungere al suo bagaglio di know-how una buona conoscenza tecnologica e digitale.
SVIT TICINO IN BREVE
SVIT Ticino - Associazione svizzera dell’economia immobiliare sezione Ticino - nasce nel 1941 e conta più di 170 soci. Tutti i membri SVIT Ticino sono fiduciari immobiliari autorizzati dal Cantone ed iscritti all’albo. Svit Ticino promuove gli interessi del patrimonio immobiliare e organizza corsi di preparazione agli esami federali per l’ottenimento degli attestati di Gestione e Commercializzazione immobiliare e di formazione continua per i soci.
Per maggiori informazioni riguardo a SVIT ed ai percorsi formativi: https://svit-ticino.ch/
105 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 ARCHITETTURA / SVIT
RARITÀ PREZIOSE
IL TICINO NASCONDE ANCORA
DELLE PERLE ARCHITETTONICHE
RICCHE DI STORIA, PROPRIETÀ
MERAVIGLIOSE IMMERSE NEL VERDE. UN PATRIMONIO
PURTROPPO IN VIA DI ESTINZIONE, COME CI RACCONTANO I
COMPROPRIETARI DI WETAG
CONSULTING PHILIPP PETER
E IRADJ ALEXANDER DAVID
In passato la villa al lago, circondata da un ampio parco, era un must per le ricche famiglie. Il Ticino, con i suoi laghi e il suo clima mediterraneo, era dunque il posto ideale per rilassarsi e passare lunghi periodi vacanzieri. Queste proprietà erano veri e propri gioielli viventi, ogni dettaglio - dal colore dei fiori alla scelta delle piante - era curato costantemente e nulla era lasciato al caso.
PHILIPP PETER: «Oggi proprietà del genere sono una rarità, viviamo in un’epoca frenetica, non abbiamo più tempo da dedicare alla manutenzione. Questo perché le famiglie facoltose viaggiano molto e preferiscono acquistare grandi proprietà pratiche, moderne, con finiture di lusso e il massimo confort. Per capirci case intelligenti, con tecnologie avanzate, capaci di intuire i desideri di chi ci vive».
IRADJ ALEXANDER DAVID: «Questo non significa che il verde abbia perso il suo fascino, penso agli attici di lusso con terrazzi e piante, ai giardini su misura con piscina, cascate d’acqua e alberi ricercati, ma quando si parla di parco, ossia migliaia di metri quadrati di verde… la situazione cambia, tendenzialmente non rientra nei criteri di ricerca, soprattutto per le nuove generazioni. Va anche detto che queste proprietà storiche raramente si trovano sul mercato, noi ne abbiamo alcune, ma solitamente chi acquista una villa storica al lago la custodisce preziosamente, tramandandola di generazione in generazione».
PHILIPP PETER: «La situazione è simile in tutto il Ticino. Nel Luganese avevamo delle ville storiche con parco e le abbiamo vendute praticamente tutte. Penso sia doveroso ricordare
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che molti di questi parchi permettevano ai proprietari di effettuare ulteriori costruzioni e così è stato. Potremmo parlare di speculazione immobiliare, ma a volte le decisioni sono legate a questioni ereditarie: non tutti sono disposti a spendere centinaia di migliaia di franchi per la manutenzione annuale di un giardino. Anche gli edifici storici non sono da meno, richiedono una cura particolare e costosa, pensiamo a tutte le ville
abbattute negli ultimi decenni… per fortuna alcune di queste case sono oggi protette, rimanendo l’ultimo ricordo di un patrimonio architettonico riconosciuto troppo tardi».
IRADJ
ALEXANDER DAVID: «Tornando al Lago Maggiore troviamo alcuni oggetti unici, ma non direttamente sul lago. L’unica proprietà a bordo lago l’abbiamo a Gerra-Gambarogno, si tratta di una villa storica del 1880, con un parco di quasi 9000 metri quadrati e una spiaggia privata. Per il resto la riva che da Ascona porta a Brissago, sul Lago Maggiore, è una lingua stretta e le ville sono costruite a picco sul lago, con zone verdi limitate. La situazione cambia quando arriviamo in Italia, dove troviamo numerose ville storiche con parchi di camelie centenarie, ma non hanno un vero interesse per la nostra clientela, la quale sceglie la Svizzera per ragioni precise, pensiamo alla sicurezza, alla stabilità economica, alle scuole e al sistema sanitario».
PHILIPP PETER: «Anche nel Luganese queste proprietà sono rare, abbiamo attualmente a Caslano una villa con parco completamente da
ristrutturare, un oggetto unico, ma indirizzato a un mercato di nicchia molto facoltoso. Altro oggetto esclusivo è Villalta, a Croglio, villa appartenuta a Helmut Horten. Una proprietà con piscina interna, esterna, una residenza per gli ospiti con 12 suite e una sala pranzo capace di ospitare fino a quaranta persone. Il tutto circondato da un parco naturale meraviglioso, con piante secolari. Interessante anche la tenuta di Vacallo, immersa nel verde, una casa coloniale tra i vigneti, un misto tra stile provenzale e toscano».
IRADJ ALEXANDER DAVID:
«Quello che spaventa effettivamente sono i costi di gestione, ma non solo. Acquistare una villa storica e trasformarla in un’abitazione moderna, con tutti i confort, effettivamente richiede un grande impegno anche a livello di tempo e di attesa. La maggior parte dei clienti oggi preferisce una casa pronta, che richieda unicamente una personalizzazione e non anni di lavori».
PHILIPP PETER: «Va comunque detto che questi oggetti sono indescrivibili, tesori del nostro territorio e sinceramente speriamo che trovino persone capaci di ridar loro splendore».
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CORPORATE BRAND
L’avanguardia del Branded Real Estate
NEL MONDO DEL BRANDED REAL ESTATE, POCHI NOMI POSSONO VANTARSI DI TANTO RISPETTO E AMMIRAZIONE QUANTO CORPORATE BRAND, MEMBRO DISTINTO DEL GRUPPO A++. RINOMATA PER LA SUA ECCEZIONALE CAPACITÀ DI INTEGRARE MARCHI DI LUSSO IN PROGETTI ARCHITETTONICI E DI DESIGN, CORPORATE BRAND È ALL’AVANGUARDIA NEL SETTORE, STABILENDO CONTINUAMENTE NUOVI STANDARD DI ELEGANZA E RAFFINATEZZA NEL SETTORE IMMOBILIARE.
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Carlo Colombo Massimiliano Ferrari Paolo Colombo
A++
Il Gruppo A++ è un conglomerato riconosciuto a livello internazionale che eccelle nei settori del Master Planning, dell’Architettura, dell’Interior Design, del Product Design, degli Appalti e del Luxury Branding. Fondato da Paolo Colombo e Carlo Colombo, il percorso del gruppo riflette una miscela di passione architettonica e spirito imprenditoriale, che ha portato A++ a raggiungere livelli ineguagliabili nel settore immobiliare.
Corporate brand
Evoluzione del settore residenziale di altissima gamma, il branded real estate unisce servizi di progettazione sartoriali con un’idea dell’abitare che deve molto alla moda.
All’interno del Gruppo A++, Corporate Brand emerge come forza trainante nel settore del Branded Real Estate sotto la guida visionaria del
Presidente Massimiliano Ferrari. Rinomata per le sue collaborazioni con prestigiosi brand di lusso e developer, Corporate Brand è un pioniere del settore. Negli ultimi quattro anni, ha guidato lo sviluppo di più di 40 progetti in 20 Paesi, accumulando un valore di progetto che ha superato i 2 miliardi di dollari. Il principale partner di Corporate Brand è ELIE SAAB, di cui è anche licenziatario per la collezione di mobili ELIE SAAB Maison. La posizione di ELIE SAAB come secondo marchio più influente nell’arena del Branded Real Estate sottolinea l’impegno di Corporate Brand per l’eccellenza e l’innovazione nel mercato globale degli immobili di lusso.
Global network e milestones
L’influenza di Corporate Brand si estende in tutto il mondo, con progetti che attraversano continenti e
109 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 ARCHITETTURA / CORPORATE BRAND
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culture. Solo negli ultimi quattro anni, la società ha supervisionato lo sviluppo di oltre 40 progetti in 20 Paesi, progettate da A++, per un valore complessivo di oltre 2 miliardi di dollari. Questo impressionante portafoglio evidenzia la capacità dell’azienda di realizzare progetti immobiliari di lusso in grado di soddisfare i diversi mercati e la clientela più esigente.
Servizi principali
Corporate Brand offre una gamma completa di servizi progettati per soddisfare i più alti standard di lusso e raffinatezza. I servizi di Corporate Brand supportano i clienti durante le trattative per la stipula dei contratti con i marchi, assicurando partnership solide. I servizi di architettura e design si concentrano sulla creazione di progetti di lusso a 360° che incarnano l’essenza di ogni marchio. La gestione meticolosa dei progetti assicura il rispetto delle tempistiche e degli standard del marchio, mentre la loro esperienza nel campo degli approvvigionamenti reperisce o progetta Branded Furniture su misura per ogni progetto. Inoltre, le loro strategie di marketing e comunicazione promuovono efficacemente i
Oltre a ELIE SAAB, Corporate Brand ha lavorato con una serie impressionante di marchi di lusso del settore automobilistico e della moda, tra cui Missoni, Fendi Casa, Versace, Armani Casa, Lamborghini e Aston Martin. Queste collaborazioni sottolineano l’esperienza di Corporate Brand nel creare progetti immobiliari completi a 360° che sono l’epitome del lusso e della raffinatezza.
Innovazione e prospettive future
L’impegno di Corporate Brand per l’innovazione è evidente nel suo approccio al Branded Real Estate. Inte-
progetti Branded Real Estate, attirando una clientela esigente e massimizzando la visibilità.
Collaborazioni prestigiose
La reputazione di Corporate Brand è rafforzata dalle collaborazioni con alcuni dei marchi di lusso più prestigiosi al mondo. Uno dei loro principali partner è ELIE SAAB, per il quale Corporate Brand Maison funge anche da licenziatario per l’ambita collezione di mobili ELIE SAAB Maison. Questa partnership esemplifica la capacità di Corporate Brand di allinearsi con l’élite del settore del lusso.
110
TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 ARCHITETTURA / CORPORATE BRAND 05 06 07
grando perfettamente i marchi di lusso nei progetti architettonici e di design, crea spazi che non sono solo esteticamente piacevoli, ma che risuonano anche con l’etica del marchio.
Questo approccio innovativo ha posizionato Corporate Brand come leader
del settore, spingendo continuamente i confini di ciò che è possibile fare nel settore Branded Real Estate.
Guardando al futuro, Corporate Brand è pronta a espandere ulteriormente la propria influenza. Con una solida base costruita su competenze,
nuando a innovare e a espandere la propria influenza, Corporate Brand è destinato a mantenere il proprio status di forza trainante nel settore Branded Real Estate, dove il lusso incontra l’innovazione e la raffinatezza supera i confini.
una gestione meticolosa dei progetti e collaborazioni prestigiose, l’azienda è ben equipaggiata per affrontare nuove sfide ed esplorare nuovi mercati. La loro dedizione all’eccellenza e all’innovazione garantisce che rimarranno in prima linea Branded Real Estate per gli anni a venire.
Conclusione
Corporate Brand, sotto l’egida del Gruppo A++, ha ridefinito il lusso nel Branded Real Estate. I loro servizi completi, la rete globale e le collaborazioni prestigiose li posizionano come pionieri del settore. Conti -
Lamborghini Tierra Viva, Marbella 02
Fendi Panama Tower
03 / 08
ELIE SAAB Saffire, Sao Paolo 04
ELIE SAAB Grand Bleu Tower, Dubai 05
Armani Casa Residences 06
ELIE SAAB Villas, Marbella
07 / 10
Pagani Residence, Miami 09
Missoni Urban Oasis, Miami
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Una boutique immobiliare per soddisfare ogni richiesta della clientela
GIOVANNI MASTRODDI
GUARDA CON FIDUCIA ALLE
PROSPETTIVE DEL MERCATO
IMMOBILIARE TICINESE E
SOTTOLINEA IL FATTO CHE
IL CONCETTO DI RESIDENZA
DI LUSSO SI È ANDATO
MODIFICANDO ED È SEMPRE PIÙ
DIFFICILE DISPORRE DI OGGETTI
CHE CORRISPONDANO
PIENAMENTE ALLE RICHIESTE
E ALLE ASPETTATIVE
DEGLI ACQUIRENTI.
Sotto quali auspici si è caratterizzato in questi primi mesi del 2024 il mercato immobiliare ticinese?
«Dopo un 2023 molto positivo, anche i primi mesi del 2024 confermano un andamento del mercato favorevole, grazie soprattutto ad una discesa dei tassi e ad una contemporanea riduzione dell’inflazione. Tutti gli indicatori prevedono che questi trend proseguiranno, anzi si intensificheranno, nel corso dei prossimi mesi. Perdurano gravi incertezze economiche e finanziarie connesse ai conflitti e alle crisi internazionali in atto, ma paradossalmente questa situazione spinge gli investimenti verso “beni rifugio”, tra cui in primo luogo il mattone. La ricerca di sicurezza avvantaggia la Svizzera, che da questo punto di vista offre le più solide garanzie in Europa e non solo».
Possiamo in particolare soffermarci sull’andamento del segmento degli immobili di lusso e sulle specifiche esigenze da parte di una clientela benestante?
«Se fino a qualche tempo fa l’idea di lusso si legava in buona parte alle dimensioni di un immobile e alla sua dotazione di servizi, oggi il concetto è molto più articolato e coinvolge ogni tipologia di residenza, dai 2 locali fino alla grande villa di prestigio. Il lusso si riferisce a tutti i diversi aspetti che determinano la qualità di una costruzione, che deve rispondere a precisi criteri di sostenibilità, efficienza e risparmio energetico, e interpretare le aspettative e i gusti di una clientela sempre più attenta alla qualità del vivere contemporaneo e al rispetto di valori immateriali come bellezza, tranquillità, e rispetto per la natura e l’ambiente».
Esistono apprezzabili differenze di comportamento tra le richieste dei clienti domestici e quelli internazionali?
«Non ci sono apprezzabili differenze. Entrambe le categorie sono, sensibili alle sostenibilità, all’ecologia, all’utilizzo di materiali il più possibile naturali. E poi, l’ampiezza e la funzionalità degli spazi a disposizione.
ARCHITETTURA / MG IMMOBILIARE
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Effetto diretto di questa predisposizione è il fatto che le richieste si orientano sempre più verso le nuove costruzioni, mentre gli edifici privi di queste caratteristiche sono inevitabilmente destinati all’obsolescenza».
Quali sono le sue valutazioni riguardo alle prospettive circa l’andamento del tasso d’interesse che impatta così fortemente sulla concessione delle ipoteche? «I tassi ipotecari sono scesi negli ultimi mesi in modo sensibile ed è prevedibile un ulteriore ritocco a settembre. Attualmente si avvicinano a quell’1-1,5% che rappresenta l’indice storico che per molti anni ha contraddistinto la Svizzera, a dimostrazione della stabilità economica e dell’affidabilità finanziaria di questo Paese».
Allargando lo sguardo che ipotesi si sente di formulare riguardo ai progetti di sviluppo futuro della città di Lugano e sulle possibili conseguenze rispetto al settore immobiliare?
«Il Municipio di Lugano ha in corso una serie di progetti, come il polo sportivo e gli interventi in ambito congressuale, che contribuiranno all’ammodernamento della città, rendendola più attrattiva e competitiva a livello internazionale, anche se restano insoluti alcuni problemi come quelli legati alla viabilità e al traffico. Ciò che ho avuto modo più volte di rilevare è la mancanza di una politica dell’accoglienza, finalizzata ad attrarre e mantenere nel tempo residenti benestanti, svizzeri o provenienti da altri Paesi, desiderosi di stabilirsi in Ticino di cui apprezzano la bellezza, la sicurezza, ecc., e che andrebbero maggiormente incentivati sul piano economico e finanziario, tenuto conto del significativo apporto che potrebbero dare in termini di imposte versate. Dovrebbe essere prestata maggiore attenzione per promuovere ed incentivare l’arrivo di nuove aziende con agevolazioni fiscali, favorendo la crescita demografica qualificata, nuovi posti di lavoro e nuovi contribuenti».
Infine, quali sono le più importanti promozioni su cui è attualmente focalizzata l’attività di MG Immobiliare?
«La nostra strategia resta focalizzata sulla promozione di oggetti accuratamente selezionati che rispondano a criteri di qualità costruttiva, dotazione di servizi, sostenibilità, risparmio energetico, rispetto dell’ambiente e naturalmente giusto prezzo. Questa filosofia ci ha consentito, in oltre 30 anni di presenza sul mercato luganese, di essere
riconosciuti per la nostra professionalità e competenza, al punto di essere individuati come una sorta di “boutique”, un unicum nel mercato immobiliare ticinese. Un esempio è una nuova promozione in Collina d’Oro, di cui stiamo definendo gli ultimi dettagli architettonici, che andrà in vendita a breve e rappresenta un’ottima espressione di qualità, lusso, sostenibilità e piacevolezza dell’abitare».
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Rif. 2048: Montagnola, Collina d’Oro: Esclusivo app.to 3.5 loc. in residenza di lusso con piscina e zona fitness-SPA
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Rif. 2055: Lugano Centro: Elegante 2.5 loc. vista lago, vicino via Nassa
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Rif. 2057: Montagnola, Collina d’Oro: Prestigiosa VILLA direttamente a lago con darsena, giardino e piscina
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Rif. 2056: Lugano: Casa di 8 locali con giardino e grottino, sita a poca distanza dal centro di Lugano
MG FIDUCIARIA
IMMOBILIARE SAGL Via Pessina 9
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T. +41 (0) 91 921 42 58 info@mgimmobiliare.ch www.mgimmobiliare.ch
113 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 ARCHITETTURA / MG IMMOBILIARE
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LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE È UN TEMA CHE OGGI CARATTERIZZA
LA NOSTRA SOCIETÀ IN QUASI
TUTTI GLI AMBITI. SEMPRE DI PIÙ
ANCHE NEL SETTORE IMMOBILIARE SI STA INTERVENENDO
SULL’EFFICIENZA ENERGETICA E NELL’UTILIZZO DI MATERIALI
SOSTENIBILI PER LA COSTRUZIONE DI NUOVI IMMOBILI E LA RISTRUTTURAZIONE DI QUELLI ESISTENTI. NON SOLO, LA POPOLAZIONE SI È TROVATA A VIVERE GLI SPAZI DELLA PROPRIA ABITAZIONE A CAUSA DELLA PANDEMIA CON UN CONFINE
SEMPRE PIÙ LABILE TRA VITA PRIVATA E PROFESSIONALE. IL LAVORO DA REMOTO È DIVENTATO UNA COSTANTE PER MOLTE PERSONE E HA GENERATO NUOVE ESIGENZE ABITATIVE.
A QUALCUNO PIACE “GREEN” la ricerca di sostenibilità e spazi esterni: nuova moda o esigenza reale?
Come WMM Real Estate abbiamo notato una crescente domanda per appartamenti e case più grandi, con terrazze e giardini, ma è una tendenza passeggera o le necessità private e professionali stanno cambiando? E questa voglia di costruire e ristrutturare in modo sostenibile e di avere spazi esterni è un reale impegno o solo una moda? Lo abbiamo chiesto ai nostri collaboratori, Mara Ragusa, Head of sales, Marcello Campanati, Property Manager e Arko Naroyan, architetto.
MARA RAGUSA: «Da qualche tempo abbiamo notato, tra le diverse aspettative di chi compra casa, la maggiore importanza data agli spazi esterni come balconi, terrazze e giardini. Per gli interni sono richiesti locali spaziosi, confortevoli e luminosi in quanto la casa è sempre più vissuta durante il giorno grazie al lavoro da remoto, che ha creato una nuova esigenza di avere uno locale dedicato a ufficio. Abbiamo capito che il concetto di abitare e vivere la propria dimora è cambiato dopo la pandemia, definendo una nuo -
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va normalità. Il valore della parola “casa” non sta più solo nell’oggetto, per molti ora è diventata qualcosa di più, un luogo in cui passare e dedicare tempo di qualità, chiudendo il mondo esterno fuori dalla porta. Anche la continua crescita della sensibilità “green” delle persone è un aspetto che influenza i desideri di chi cerca casa. La domanda abitativa si orienta verso opzioni sostenibili ed efficienza energetica, dalle scelte di materiali all’individuazione di impianti con maggiore efficienza energetica e minore impatto ambientale».
Oltre alla compravendita di immobili, WMM Real Estate ha un ampio settore dedicato alla gestione di immobili a reddito e condominii. Chiediamo a Marcello Campanati, uno dei nostri amministratori di condominii, se questa tendenza si evidenzia anche nella sua attività.
MARCELLO CAMPANATI: «Noto spesso come i proprietari/condomini siano disposti a cambiare il proprio stile di vita, contribuendo alla transizione energetica. La richiesta di soluzioni quali gli impianti fotovoltaici e le pompe di calore è in aumento. L’utilizzo di materiali sostenibili garantisce vantaggi nel lungo periodo anche per il mantenimento dello stabile e in alcuni condominii che amministriamo si eseguono lavori di isolamento, rinnovo di impianti di riscaldamento con dotazioni di ultima generazione e vi è grande richiesta di installare colonnine di ricarica elettrica delle auto».
Abbiamo verificato anche con il nostro architetto ARKO NAROYAN , il quale, vivendo quotidianamente la realtà dei cantieri edili, ci conferma questo nuovo paradigma e cambio di visione. “La costruzione di nuovi immobili e l’utilizzo di materiali sostenibili è una novità delle ultime progettazioni e molti proprietari si stanno adoperando in questo senso in modo da soddisfare i bisogni della società e dell’ambiente, oltre ovviamente ai propri».
Il settore immobiliare si trova in una nuova fase che punta sempre di più al green e alla sostenibilità. Sebbene ci sia ancora molta strada da fare affinché questi modelli innovativi siano generalmente riconosciuti e adottati, le imprese e il mercato sono sempre più attenti all’ambiente che ci circonda. Contemporaneamente, nella ricerca di spazi verdi e locali adibiti a studi il settore delle vendite immobiliari si vede confrontato con nuovi modi di vivere la propria casa. Il piacere di abitare significa oggi vivere in spazi che rispecchiano la nostra personalità e sensibilità, i nostri gusti e le nostre esigenze.
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Prestigiosa villa immersa nel verde con vista lago, Pura.
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Lussuoso appartamento con favolosa vista lago e città, Lugano.
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Una colonnina di ricarica per auto elettriche installata in autorimessa condominiale.
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Elegante appartamento con giardino e vista lago, Castagnola.
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Una banca ispirata da valori familiari
Dal suo osservatorio privilegiato, come giudica l’attuale stato di salute del sistema bancario svizzero e in particolare della pizza ticinese?
«Nonostante le sfide globali come la crescente regolamentazione, la pressione internazionale per la trasparenza fiscale, e la volatilità dei mercati finanziari, il sistema bancario svizzero gode di grande solidità e continua ad essere uno dei più forti e affidabili al mondo. Certo, negli ultimi 18 mesi vi è stata molta attenzione su quanto successo in Credit Suisse, ma si è trattato di un caso molto particolare che nulla ha a che vedere con le oltre 200 banche che operano in Svizzera. Anche per quanto riguarda il Ticino mi rallegra vedere che le banche che sono basate qui continuano a operare con successo, anche se il loro numero si è notevolmente ridotto».
Quale evoluzione futura è auspicabile perché Lugano possa restare competitiva rispetto ad altre
piazze nazionali e internazionali e per rispondere al meglio alle esigenze della clientela?
«Per operare con successo un’azienda in generale ha bisogno di condizioni quadro favorevoli e personale di qualità. Non posso dire che le condizioni quadro in Ticino siano tra le migliori – pesano ad esempio la fiscalità e l’oggettiva difficoltà nell’assumere profili specialistici. A livello internazionale è importante avere buoni rapporti con l’Unione Europea, nostro principale partner commerciale. Purtroppo, scontiamo ancora le mancanze dell’accesso al mercato italiano. Detto questo, nel breve possiamo anche convivere con questa situazione, ma non certamente in un’ottica di medio periodo».
In che modo e in che misura le guerre in corso e la crisi dei rapporti politici tra i Paesi del mondo impattano sulle dinamiche del sistema finanziario?
«Le tensioni geo-politiche e le guerre hanno impatti diretti anche sul siste -
MARIO MANTEGAZZA INCONTRA L’ING. VITTORIO CORNARO, CHIEF EXECUTIVE OFFICER DI CORNÈR BANCA, LAUREATO IN INGEGNERIA MECCANICA AL POLITECNICO FEDERALE DI ZURIGO (ETH) E IN ECONOMIA ALL’UNIVERSITÀ DI SAN GALLO.
ma finanziario, basti pensare a tutte le sanzioni verso la Russia che le banche sono giustamente tenute a osservare. D’altra parte è anche vero che in periodi d’incertezza geo-politica e finanziaria la clientela cerca sicurezza e la Svizzera ha ancora molto da offrire in quest’ambito».
Lei ha assunto responsabilità sempre maggiori all’interno di Cornèr Banca fino a rivestire dal 2016 la carica di Direttore Generale. Quali ritiene siano gli elementi distintivi di questo istituto e come si colloca nel panorama bancario svizzero? «Cornèr Banca è un unicum nel panorama bancario svizzero per vari motivi. Abbiamo un campo d’attività molto più ampio della maggior parte delle banche svizzere, essendo attivi nella gestione patrimoniale, nel trading online, nell’ambito ipotecario e altre forme di credito e nelle carte di pagamento come pure da alcuni anni nel credito al consumo. Inoltre, siamo e rimaniamo un’azienda a conduzione familiare completamente privata, il che ci permette di mantenere entrambe le mani ben salde sul nostro timone, navigando il mercato finanziario in modo prudente ma allo stesso tempo lungimirante, secondo una rotta di lungo termine che non si orienta nell’ottica di stagioni o di trimestri ma di generazioni. Questo approccio ispirato da valori familiari, ci consente di guardare all’orizzonte
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dell’innovazione, sempre carichi di entusiasmo, curiosità e voglia di migliorarci ogni giorno, senza mai accontentarci del risultato raggiunto. Io stesso posso risultare un po’ maniacale su certi dettagli, ma sappiamo tutti che spesso fanno la differenza. Non a caso, questa filosofia ci ha permesso negli anni di rimanere sempre al passo con i tempi e spesso addirittura di anticiparli».
Quali sono le principali strategie adottate dal Gruppo Cornèr e quali le sue articolazioni al fine di rispondere alle esigenze dei clienti privati e istituzionali?
«La strategia è riassumibile con la volontà di offrire un servizio che sia pienamente comprensibile e trasparente per il cliente con il quale cerchiamo un colloquio costante e duraturo, accompagnandolo e guidandolo costantemente in tutte le sue scelte finanziarie».
Su quali punti di forza si fonda il vostro impegno a costruire legami duraturi con la clientela?
«Sin dalla sua fondazione, seguendo l’imprinting di mio nonno, la nostra banca si è sempre preoccupata di agire secondo principi etici ed alti valori morali, rifiutando le facili scorciatoie e avendo ben chiaro il nostro ruolo sociale. Ciò ci ha portato a curare in primo luogo la solidità e la stabilità patrimoniale, anche a costo di dire no a potenziali “guadagni facili”, pur di tener fede alla promessa di integrità, trasparenza e sicurezza trasmessa ai nostri clienti».
Perché Cornèrcard è ritenuta all’avanguardia per innovazione e capacità di adattamento ai trend tecnologici?
«I fattori di successo di Cornèrcard sono molteplici, e se parliamo della
nostra capacità d’innovazione, la dobbiamo al fatto che, strategicamente come Gruppo Cornèr, sviluppiamo interamente e internamente le nostre piattaforme informatiche, permettendoci di reagire velocemente a cambiamenti sul mercato. A questo si aggiunge un innato interesse a sperimentare quanto si presenta di volta in volta sul mercato. Pensi che negli anni abbiamo sperimentato moltissime innovazioni che poi non sono mai giunte sul mercato. Ma ogni esperimento ci ha aiutato a migliorarci e progredire. Noi internamente la definiamo ricerca e sviluppo alla stessa stregua di quanto fa l’industria».
Quali sono i vantaggi offerti da Cornèrtrader agli operatori attivi nel settore dell’investimento online? «Cornèrtrader nasce nel 2012 con il convincimento che sempre più la clientela (e non parlo solo delle nuove generazioni) desidera poter operare in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, non dovendo aspettare gli orari di apertura canonici della propria banca. D’altro canto, dall’inizio non abbiamo voluto essere un semplice broker-online ma piuttosto continuare a interagire con il cliente anche quando quest’ultimo opera in autonomia. Per questo, ogni cliente di Cornèrtrader ha un private banker dedicato con il quale confrontarsi, senza dover ricorrere a un call-center in caso di necessità».
In base alla sua esperienza quale ritiene possa essere l’evoluzione del sistema bancario svizzero in conseguenza della digitalizzazione e dell’adozione di nuove tecnologie (Blockchain, AI, ecc.)?
«Qui si apre un capitolo lunghissimo. Personalmente non credo che le
cripto-valute come le conosciamo oggi abbiano un futuro. Sono passati oltre 15 anni dalla creazione del Bitcoin e ancora non intravedo un’applicazione che possa cambiare la mia vita. Se pensa che il protocollo web ci ha messo meno di 12 anni a conquistare il mondo (era stato creato nel 1989 al CERN di Ginevra e nel 2000 l’e-commerce era una realtà), capisce le mie perplessità. D’altro canto la block-chain come tale è in realtà già usata oggi da moltissimi cittadini senza che se ne rendano conto. In effetti i pagamenti fatti con Apple Pay o Google Pay sono tutti basati su protocolli di blockchain e quindi sicurissimi. Questa tecnologia ha moltissimi pregi ma al momento rimane confinata a applicazioni specifiche. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, noi la utilizziamo con massima soddisfazione da oltre 10 anni, ad esempio, nell’ambito della prevenzione delle frodi sulle carte. Ad oggi le possibili applicazioni si stanno moltiplicando. Bisogna però ricordare che l’intelligenza artificiale ha bisogno di essere istruita e per farlo in modo efficace e fruttuoso (soprattutto nell’ottica dell’implementazione finanziaria), sono necessarie figure professionali caratterizzate da competenze trasversali di altissimo livello, il cui reperimento diventa sempre più difficile all’interno del nostro cantone, a fronte di una richiesta sempre più elevata. In ogni caso, sebbene sia convinto che l’intelligenza artificiale continuerà ad essere una materia sempre più esplorata in futuro e sempre più in grado di ottimizzare determinati processi migliorando l’esperienza utente, resta evidente come l’intervento umano continui ad essere una risorsa chiave necessaria per apportare valore aggiunto».
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DEUTSCHLAND Gastronomie, Wein und Kultur
ECCO SVELATO IL TEMA DELLA
18MA EDIZIONE DI UN FESTIVAL
CHE È ORMAI PUNTO DI INCONTRO IRRINUNCIABILE A LIVELLO MONDIALE PER LA GASTRONOMIA PRESENTE E FUTURA. UN NUOVO CAPITOLO CHE È UNA SCELTA NATURALE
DOPO LE EDIZIONI DEDICATE
A ITALIA E FRANCIA, TUTTI PAESI
CONFINANTI CON LA SVIZZERA E CON UNO SCAMBIO A LIVELLO TURISTICO E CULTURALE PARTICOLARMENTE IMPORTANTE.
Territori stupendi dove si mescolano città meravigliose, grandi tradizioni e natura magnifica. Oggi la Germania è un Paese con una offerta enogastronomica sempre più ricca e in netta crescita, come dimostrato dall’ultima presentazione della Guida Michelin che ha aggiunto 36 stellati in più rispetto all’anno precedente. Una scena gastronomica di primissimo ordine dove è in corso una vera e propria rivoluzione con un vento nuovo in cucina e una creatività spumeggiante e in fermento. «Ho sempre amato la gastronomia e i vini tedeschi – afferma Dany Stauffacher, CEO & Founder di S. Pellegrino Sapori Ticino – e sono molto felice che nella nuova edizione del Festival potrò offrire delle novità. Già nel 2013 avevamo proposto un gemellaggio con Berlino
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presentando una ricca e inaspettata realtà. Questa volta il nostro pubblico rimarrà piacevolmente sorpreso da un’offerta gastronomica singolare. Abbiamo creato una grande squadra capitanata da Thomas Bühner, una colonna portante della cultura gastronomica germanica con 30 anni di esperienza ad alto livello e una filosofia sensoriale particolare che qualche anno fa ha deciso di abbandonare le sue 3 stelle Michelin per iniziare nuove avventure che lo hanno portato a girare il mondo alla ricerca di nuovi sapori e ad aprire un suo nuovo ristorante a Taipei, senza mai dimenticare il suo territorio dove sta già sviluppando nuovi progetti. Un percorso partito con l’apprendimento della tradizione classica francese per trasformarsi durante gli anni in una cucina personale definibile come “avanguardia tedesca”, con un grande rispetto della purezza del gusto di ogni prodotto. Nella gastronomia tedesca si sente chiaramente l’influenza dell’Alsazia, della cucina francese in generale e della Svizzera per
classici reinterpretati e uniti a innovazioni culinarie dove creatività ed eccellenza si incontrano». La Germania è conosciuta in tutto il mondo anche per gli innumerevoli tipi di pane, patrimonio Unesco, alimento amatissimo e caratteristico, e la birra, la regina dell’Oktoberfest. Una festa che torna puntualmente ogni anno fin dal 1810, quando è stata organizzata per la prima volta in onore del matrimonio tra il principe ereditario bavarese Ludovico I di Baviera e la principessa Teresa. «Quest’anno S.Pellegrino Sapori Ticino sarà a Monaco proprio poco prima dell’inizio dell’Oktoberfest, insieme ancora una volta a Svizzera Turismo, Ticino Turismo, Lugano Region e Ascona-Locarno Turismo per presentare la nuova edizione e le eccellenze del nostro territorio a giornalisti, touring operator e opinion leaders», continua Dany Stauffacher. «I tedeschi rappresentano per il nostro turismo la clientela estera di gran lunga più importante. E come sempre il Festival vuole essere lo strumento per un ricco e piacevole scambio culturale».
La Germania rimane al primo posto come partner commerciale della Svizzera ed è inoltre principale partner per quanto riguarda educazione, innovazione e ricerca; i rapporti culturali tra i due Paesi hanno invece origini più antiche e legate alla comune lingua parlata e, non da ultimo, il nostro cantone è sempre stato nel cuore dei tedeschi. Circa tremila tedeschi vivono oggi in Ticino e i primi hanno scelto il sud delle Alpi come patria già più di cento anni fa. Tante personalità diverse, ma irresistibilmente attratte da un comune denominatore: l’incantevole paesaggio. Una combinazione di laghi e montagne che, insieme al clima temperato e l’atmosfera, ha sempre esercitato un grande fascino. Come testimonia l’esperienza del Monte Verità di Ascona, dove nel 1902 un gruppo di giovani provenienti proprio da Monaco di Baviera, tra i quali la pianista Ida Hofmann, Henri Oedenkofen e i due fratelli Karl e Arthur Gräser, ha dato vita a un modello alternativo di società, con vita all’aria aperta, salutismo, nudismo, amore libero, emancipazione della donna, medicina naturale, il tutto integrato da un tocco di spiritismo ed esoterismo. Una colonia che divenne un polo per chiunque fosse alla ricerca di una vita “alternativa”. Oppure, ancora, si pensi allo scrittore Hermann Hesse che si trasferì a Montagnola dal 1919 per rimanerci fino alla morte avvenuta nel 1962: «Qui il sole è più intenso e caldo e le montagne sono più rosse, qui crescono castagni, la vite, mandorli e fichi e la gente è buona, educata e gentile…». Per non parlare dei tanti altri musicisti, compositori e direttori d’orchestra e scrittori. «Grande novità di quest’anno che mi inorgoglisce molto» – sottolinea Dany Stauffacher – «è l’inizio di una
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nuova collaborazione con l’EHL di Losanna, la migliore scuola alberghiera del mondo, che forgia i futuri leader del settore alberghiero e della ristorazione. Una eccellenza che inizieremo a conoscere meglio anche alle nostre latitudini e che ci vedrà come antenna di riferimento nella nostra regione e in Italia. Una occasione per il nostro territorio di uno scambio importante per sviluppare sempre di più la cultura dell’ospitalità, fondamentale per il turismo e tutta l’economia. E tanti studenti stranieri potranno così capire che il nostro territorio ha tanto da offrire ed è una realtà enogastronomica formidabile. Con queste premesse, proseguiremo il nostro lavoro con l’intento di mettere in rete diverse realtà per promuovere le eccellenze del settore. L’ospitalità è uno stile di vita e la gastronomia è il suo cuore pulsante, per questo cerco sempre di creare sinergie tra enogastronomia, hotellerie, cultura e paesaggio. Che l’enogastronomia sia un vettore fondamentale per il turismo in Ticino è chiaro. E l’enogastronomia di qualità può essere promossa anche in modo sostenibile, valorizzando pro -
dotti locali e una connessione autentica con il territorio. La sostenibilità è un aspetto sempre più rilevante anche per i viaggiatori altospendenti, che sono attenti all’impatto ambientale e sociale dei loro viaggi. In questo modo, questo tipo di turismo può essere un driver positivo per lo sviluppo economico e la promozione del territorio, senza compromettere la sua integrità e autenticità». Per sancire l’importante collaborazione con EHL, la cheffe stellata Lucrèce Lacchio, del ristorante Le Berceau des Sens all’interno del campus di Losanna, sarà la protagonista della serata delle donne del Festival, insieme a un gruppo di studenti che potranno così sperimentare cosa significa l’organizzazione di un evento con l’aspetto pratico del servizio, la preparazione dei cibi e l’arte di intrattenere.
Altra novità della 18ma edizione di SPST sono alcune serate a 4 mani con l’incontro di nuovi talenti del concorso S.Pellegrino Young Chef, che seleziona i migliori giovani chef sotto i 30 anni da tutto il mondo, e altrettanti chef ticinesi. Un approccio più giovane per avvicinare le nuove generazioni alla gastronomia del futuro.
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Dany Stauffacher, CEO & Founder S.Pellegrino Sapori Ticino, all’Ambasciata di Svizzera in Francia durante la presentazione dell’edizione 2023
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Come sempre S.Pellegrino Sapori Ticino ha tante novità nel piatto e anche questa volta ha selezionato tanti nuovi ambasciatori per raccontare delle nostre bellezze e delle nostre eccellenze al mondo.
SPST 2023 al Beau Rivage Palace di Losanna: Dany Stauffacher con Massimo Boni, Direttore Lugano Region, Sezai Özkan – Direttore DA-CH Laurent-Perrier, Markus Venzin, CEO EHL Group, Patrick Ogheard – Dean of Practical Arts-EHL, Frédéric Panza – Direttore generale Laurent-Perrier Suisse
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Lucrèce Lacchio, cheffe stellata del ristorante Berceau des Sens con alcuni suoi collaboratori, studenti all’EHL
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Merluzzo, wagyu e zafferano by T. Bühner
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Thomas Bühner, capitano del Team tedesco SPST 2024
GASTRONOMIA / S.PELLEGRINO SAPORI TICINO 2024 04 120 05
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EHL , dove l’ospitalità è un’arte
SE LA SVIZZERA È RINOMATA NEL MONDO PER LA GESTIONE ALBERGHIERA E PER L’INSEGNAMENTO DEL MANAGEMENT DELL’OSPITALITÀ, È IN PARTICOLARE GRAZIE A EHL HOSPITALITY BUSINESS SCHOOL, INSIGNITA ALL’INIZIO DI APRILE DEL TITOLO DI MIGLIORE SCUOLA ALBERGHIERA DEL
Dalla parola latina “hospes”, che significa visitatore, il concetto di ospitalità implica l’accoglienza di invitati, ospiti o clienti, offrendo loro un’esperienza eccezionale e personalizzata. E per EHL l’ospitalità va oltre il settore specifico degli hotel e ristoranti, si può trovarla in molti settori, dall’accoglienza in una boutique di lusso alla consulenza finanziaria, a un cliente in una banca privata. Fondata nel 1893 a Losanna come la prima scuola alberghiera al mondo con il nome di Ecole hôtelière de Lausanne, oggi EHL, divenuta EHL Hospitality Business School, è cresciuta da una piccola classe di circa 30 studenti a un gruppo educativo internazionale con circa 4.000 studenti di 125 nazionalità, 3 campus (Losanna, Passugg nei Grigioni con la Swiss School of Tourism and Hospitality e Singapore), una rete di 30.000 ex alunni e programmi educativi che vanno dall’apprendistato ai master, oltre a corsi professionali brevi e formazione per dirigenti.
È più di un’istituzione, è una comunità in cui l’ospitalità è uno stile di vita dove convivono tradizione e innovazione. «Siamo orgogliosi di sostenere la continua crescita e trasformazione dei settori dell’ospitalità e dei servizi sviluppando la futura generazione di leader in grado di promuovere la crescita e la realizzazione coltivando l’eccellenza nelle esperienze umane. La posizione di EHL nelle classifiche internazionali riflette il valore del suo insegnamento non solo nel settore dell’ospitalità, ma anche in settori correlati come i beni di lusso, la finanza e l’immobiliare» sostiene Markus Venzin, CEO di EHL. Giovani dinamici, veloci e disposti a cambiare per crescere.
Questo il profilo dei nuovi manager dell’hospitality. Ecco perché l’obiettivo non è più quello di formare per una professione soltanto, ma per un ampio spettro di opportunità e di posizioni che vanno dal marketing, al brand management, alle guest relation. E così EHL offre una formazione a 360° in un nuovissimo campus di 80.000 m2 sulle alture di Losanna, un villaggio universitario aperto alla comunità locale, con 12 punti di ristorazione, tra cui un ristorante stellato Michelin e quasi 1.000 posti letto, per una forte interazione umana tra studenti, professori e professionisti, offrendo al contempo un ambiente di vita accattivante in cui studiare. Fedele all’adagio “una mente sana in un corpo sano”, il campus offre anche strutture sportive, tra cui una piscina di 25 metri, un’area benessere con sauna e bagno freddo, una sala polisportiva, campi da bocce, tennis e beach volley e una pista da corsa di 2 km intorno al campus, oltre a un giardino pedagogico, con frutteto, orto e vigna.
122 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 GASTRONOMIA / EHL HOSPITALITY BUSINESS SCHOOL
MONDO PER IL SESTO ANNO CONSECUTIVO.
EHL si è evoluta per adattarsi alle mutevoli tendenze del settore dell’ospitalità, alle nuove tecnologie e alle aspettative delle nuove generazioni ma sempre con una visione dell’istruzione costante e unica: esperienze umane e un apprendimento esperienziale coinvolgente in una atmosfera ricca di storia.
Un ambiente educativo unico, innovativo e attento, che faccia da ponte tra il mondo accademico e la pratica industriale dove la gastronomia è il cuore pulsante dell’ospitalità. Perché le arti pratiche sono il modo più efficace per sviluppare competenze e conoscenze, per imparare il rigore, l’attenzione ai dettagli, la gestione del tempo, l’agilità e lo spirito di squadra. Un’occasione unica per toccare con mano la quotidianità del settore e sviluppare competenze trasversali a cui aggiungere corsi di gestione che avranno come filo conduttore l’industria dell’ospitalità, tra cui corsi di marketing, leadership incentrata sulle persone, finanza e contabilità. EHL ha ovviamente un forte legame con il suo Paese d’origine, la Svizzera, ma anche con l’Italia, che vanta una lunga tradizione di ospitalità: tra le 125 nazionalità presenti, gli studenti svizzeri sono la prima nazionalità rappresentata e quelli italiani la quarta. «Ciò che apprezzo
particolarmente della EHL Hospitality Business School è il fatto che si possono incontrare persone provenienti da tutto il mondo, sia tra gli studenti e gli insegnanti, naturalmente, ma anche tra le aziende internazionali che molto spesso vengono al campus. All’ultimo forum sulle carriere, per esempio, ho avuto l’opportunità di parlare con i reclutatori di alcuni prestigiosi gruppi alberghieri come Bürgenstock Hotels e Mandarin Oriental, il che significa che ora posso sperare in una carriera manageriale internazionale. Il mio sogno sarebbe quello di diventare direttore generale di un hotel», ha dichiarato Giulia Paloni, 22 anni, studentessa italiana che frequenta un master all’EHL.
La forte rete di 30.000 ex allievi in tutto il mondo è uno dei principali punti di forza dell’istituzione, che si impegna a mantenere i legami tra i suoi alumni e la loro alma mater. Ogni anno vengono organizzati numerosi eventi per la comunità EHL, per aiutarsi a vicenda e cercare di contribuire allo sviluppo del settore. Più di 100 alunni ticinesi e del nord Italia hanno recentemente partecipato a un camp a Milano, insieme a numerose personalità pubbliche e imprenditoriali. «Unite da una lunga tradizione di ospitalità, l’Italia ed EHL
condividono molti punti in comune e non vediamo l’ora di rafforzare ulteriormente la nostra presenza in questo paese dinamico», continua Markus Venzin, CEO di EHL Group. Quasi la metà dei laureati dell’EHL assume posizioni manageriali o dirigenziali nel settore alberghiero e della ristorazione. L’altra metà intraprende carriere nei settori dei beni di lusso, della finanza, delle assicurazioni, dell’immobiliare e della consulenza in generale. In quest’ottica l’Università ha stretti legami con istituzioni, settori professionali e commerciali in patria e all’estero. Oggi più di 40 aziende fanno parte della EHL Alliance, tra cui Four Seasons, MSC Crociere, Accor, LVMH, Cartier e Rothschild & Co, solo per citarne alcune, una esclusiva rete globale che collega il mondo accademico e quello professionale, contribuendo attivamente alla vita del campus con conferenze, partecipando al forum sulle carriere o organizzando visite ai loro uffici o laboratori e reclutando attivamente gli studenti. Una grande opportunità di crescita per intercettare e formare persone con capacità tecniche ma anche con grandi abilità relazionali ed intelligenza emotiva: i leaders di domani!
Ph: © Courtesy of EHL
IL PESCE DI LAGO, una risorsa da ri-scoprire
Sin dall’epoca dei Romani, il pesce delle nostre acque era considerato una ricchezza e una peculiarità di questo territorio tanto da essere una delle principali fonti di sostentamento della popolazione. Negli ultimi anni è stato rivalutato e c’è una grande riscoperta delle tradizioni culinarie lacustri tanto che il pesce d’acqua dolce ormai occupa un posto fisso nei menu dei ristoranti in Ticino, dove le varie specie vengono trasformate sia in piatti tradizionali che
Ingredienti
- 1 filetto di lucioperca
- 5 arance
- 5 lime
- 1 mazzetto di coriandolo
- 1 cipolla rossa
- Olio evo q.b.
- Sale q.b.
- Melograno
- 1 gambo di sedano
- Fiori alpini secchi
I NUMEROSI SPAZI D’ACQUA CHE SI TROVANO IN TICINO E I DIVERSI RISTORANTI SULLE RIVE DEI SUOI LAGHI, FAVORISCONO L’APPREZZAMENTO DEI PRODOTTI ITTICI D’ACQUA DOLCE.
Procedimento
Ph: © Parisiva
rielaborati in chiave moderna per permettere di poter assaporare cibi che hanno creato l’identità di questo territorio. Gli chef di Ticino Gourmet Tour valorizzano al massimo la qualità e i valori nutrizionali di questo prodotto ittico e propongono ricette con una visione contemporanea. Lo chef Andrea Bertoni del ristorante Sass Cafè propone Chevice di lucioperca con coriandolo, melograno e fiori alpini.
Sfilettate il lucioperca, spinatelo e congelatelo per almeno 48 ore. Per scongelarlo l’ideale è a temperatura ambiente o meglio in frigorifero. Spremere gli agrumi, aggiungere olio, sale, coriandolo. Affettare stile carpaccio, ma non troppo fine, il filetto di lucioperca e metterlo a marinare nel succo di agrumi per pochi minuti in frigorifero coperto. (Il tempo di
marinatura può essere aumentato a piacere). Pulire e affettare fine la cipolla, sciacquarla sotto acqua corrente e conservarla in acqua e sale. Lavare il sedano, pelare il primo strato più fibroso e tenerlo da parte per un brodo, con un pelapatate creare dei nastri e conservarli in acqua e ghiaccio. Sgranare il melograno. Servire il ceviche tolto dalla marinatura su un piatto di portata, rifinire con chicchi di melograno e i fiori alpini.
124 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
GASTRONOMIA / TICINO GOURMET TOUR
GOLA E MELODIA: Puccini e l’Arte di Gustare la Vita
GENIO MUSICALE E GRANDE
APPASSIONATO DELLA BUONA
TAVOLA, IL COMPOSITORE AMAVA
I PIATTI DEL PROPRIO TERRITORIO
A TESTIMONIANZA DI UN PROFONDO LEGAME CON LE RADICI E CON LA PROPRIA IDENTITÀ CULTURALE.
DI MARTA LENZI
Il 2024 è l’anno in cui si celebra il centenario della morte di Giacomo Puccini, avvenuta a Bruxelles nel 1924, e il riconoscimento del canto lirico italiano da parte dell’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, avvenuto lo scorso dicembre. Proprio La Bohème di Puccini è la seconda opera lirica più rappresentata al mondo, dopo
la Traviata di Giuseppe Verdi. Il legame musica e cibo è fortissimo da sempre, dai triclini dei romani che allietavano i loro banchetti con il canto dei musici, ai ridotti dei teatri d’opera in cui ci si intratteneva a tavola non solo durante gli intervalli. Le partiture sono un tripudio di brindisi come quello in apertura della Traviata di Giuseppe Verdi, e poi locande dove celebrare la vigilia di Natale inebriati dal profumo di frittelle, dalla dolcezza dei datteri e dalla ricchezza di un’aragosta senza crosta insieme a tutti i protagonisti de La Bohéme di Giacomo Puccini, cene private in cui si decidono le sorti (infauste) dei protagonisti di Tosca e feste all’aperto dove un buon bicchiere di vino rallegra gli animi dei compaesani di compare Turiddu della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni: l’opera lirica è legata al cibo da un filo sottile che accompa-
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gna le azioni sceniche. Considerato il più grande operista vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, Puccini seppe portare sulle scene del teatro musicale i drammi della vita di tutti i giorni, fondendo una notevole efficacia drammatica con un lirismo carico di poesia. Come molti compositori e musicisti amava cibi e bevande, il cui piacere è stato motivo di ispirazione nelle composizioni musicali come nelle gioie della vita quotidiana. All’interno de La Bohème, il cibo e il vino sono sinonimo di allegria per i protagonisti: le inattese provviste come vino, arrosto e dolci che compaiono nel primo atto creano gioia e diventano strumento di difesa e adulazione nei confronti del padrone di casa. Si canta di arrosto, pasticcio dolce, salsicce, frittelle, datteri, caramelle, panna montata, crostata, torroni, trota, salmone, lingua di pappagallo ed altro ancora. E ancora nella Tosca si celebra il vino come momento di condivisione e convivialità: «Viva il vino spumeggiante, Nel bicchiere scintillante, Come il riso dell’amante, Mite infonde il giubilo! Viva il vino ch’è sincero, Che ci allieta ogni pensiero, E che annega l’umor nero, Nell’ebbrezza tenera». Nato a Lucca nel 1858 da una famiglia di musicisti, sempre alla ricerca di luoghi tranquilli dove poter comporre le sue opere e, se possibile, andare a caccia, la sua secoda grande passione, Puccini ha girovagato soprattutto nell’Italia del nord e in Canton Ticino, che conosceva molto bene: dal 1886 al 1892 trascorse diversi mesi a Vacallo, dove possedeva una casa nel nucleo storico. Qui compose parte della Manon Lescaut, sua terza opera e grande successo di pubblico e di critica. Amava la quiete del posto, giocava a bocce e faceva lunghe passeggiate sul monte Bisbino o a San Martino di Sagno.
“Il 2024 è l’anno in cui si celebra il centenario della morte di Giacomo Puccini, avvenuta a Bruxelles nel 1924, e il riconoscimento del canto lirico italiano da parte dell’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, avvenuto lo scorso dicembre”.
Torner à ancora in Ticino, a Cagiallo, per far visita al pittore Luigi Rossi che avrebbe potuto curare la scenografia per un’opera, ma non se ne fece nulla, e nel 1917 a incontrare la baronessa Josephine von St ä ngel, una bavarese bellissima, di 18 anni più giovane e per la quale scrive La Rondine.
Durante i primi anni della sua carriera, ebbe grandi difficoltà economiche, ma era già comunque molto attento ai piaceri della tavola e al tempo del Conservatorio a Milano terminate le lezioni, quando riusciva a permetterselo, amava cenare con Mascagni nelle trattorie a buon prezzo. Se i soldi mancavano, da buona forchetta si divertiva a creare personalmente ricette quali la “pasta con le anguille” o le “aringhe coi ravanelli”, che cucinava nella soffitta divisa con l’amico.
A quel tempo, così scriveva a casa: «La sera, quando ho quattrini, vado al caffé, ma passano moltissime sere che non ci vado, perchè un ponce costa 40 centesimi... Mangio maletto, ma mi riempio di minestroni... e la pancia è soddisfatta».
Nel 1893, grazie al successo di Manon Lescaut , potè rientrare da vincitore nelle sue terre della Lucchesia dove praticò molto la caccia. In particolare la caccia alle folaghe, volatili poco più piccoli di un pollo. Le sapeva anche cucinare alla perfezione, dopo averle spiumate, svuotate e pulite, servendole ben calde con
crostoni di pane coperti dalla salsa di cottura, utilizzando il sugo anche come condimento per la pasta. La zona dove si fece costruire la villa, Torre di Lago, una frazione di Viareggio, era ricca di macchia mediterranea, che si stendeva fino al mar Tirreno; vi abbondavano daini, cinghiali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Il lago di Massaciuccoli era popolato da mestoloni, folaghe, fischioni e tuffetti e qui Puccini riceveva amici e collaboratori per incontri anche culinari. Pescatori e cacciatori erano i compagni abituali. Amava girare col barcone tra le paludi per poi tornare a casa e cucinare il risotto alle folaghe con il particolarissimo “Riso rosso di Massarosa”, coltivazione ormai desueta. Quando il Maestro riusciva a prendere un cinghiale, amava gustarlo stufato al vino rosso. Con gli amici condivise l’amore per la caccia e le allegre tavolate che ne seguivano. Assieme ad un ristretto gruppo si riuniva presso una bettola “La capanna di Giovanni dalle bande nere” di Torre de Lago, da subito ribattezzata Club La Bohème, ancora prima di comporre la celebre opera, un sodalizio di buongustai che nel dopo caccia giocavano a carte e bevevano in allegria e dove esibivano uno scherzoso statuto:
- Art 1 I soci del Club “La Bohème”, fedeli interpreti dello spirito onde il club è stato fondato, giurano di bere e mangiar meglio.
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- Art. 2 Ammusoniti, pedanti, stomachi deboli, poveri di spirito, schizzinosi e altri disgraziati del genere non sono ammessi o vengono cacciati a furore di soci.
- Art. 3 Il Presidente funge da conciliatore, ma s’incarica d’ostacolare il cassiere nella riscossione delle quote sociali.
- Art. 4 Il cassiere ha la facoltà di fuggire con la cassa. Art. 5 L’illuminazione del locale è fatta con lampada a petrolio. Mancando il combustibile, servono i “moccoli” dei soci.
- Art. 6 Sono severamente proibiti tutti i giochi leciti.
- Art. 7 È vietato il silenzio.
- Art. 8 La saggezza non è ammessa neppure in via eccezionale.
Da buon toscano amava molto l’olio di oliva, in particolare i salamini lucchesi e i fagioli, che spediva regolarmente al suo editore Giulio Ricordi insieme alla corretta ricetta per cuocerli, con indicazioni ben precise sui tempi di cottura, l’uso di
foglie di salvia, di teste d’aglio e dell’immancabile pepe e sale. Amava ingentilire il pasto con mandarini e vino frizzante. Al pane preferiva i grissini croccanti, una contraddizione per la tavola toscana, ma si rifaceva con la zuppa di cavolo che gli cucinava la sua cuoca Isola Nencetti Vallini, originaria di Casciana, insieme ad altre ricette tipiche della città termale in
provincia di Pisa: gli sformati di verdura di stagione, gli adoratissimi salmì di cacciagione (fagiani, folaghe e i beccaccini). Ma soprattutto il latte alla portoghese che un nobile di Lisbona importò a Casciana, preparato con latte e uova fresche di giornata, insieme a mandorle locali tritate finemente a formare il fondo insieme allo zucchero caramellato.
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GASTONOMIA / GIACOMO PUCCINI
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La rinascita di un LOCALE STORICO
La primavera 2024 segna la rinascita dello storico ristorante La Sorgente a Vico Morcote, luogo intimo ed accogliente che dà il benvenuto ai visitatori più curiosi
ed amanti della buona tavola legata al territorio. Ecco il nuovo tassello della Tenuta Castello di Morcote, rinomata azienda vitivinicola famigliare che punta da anni sull’accoglienza autentica e di qua -
lità, tanto da essere ormai una vera e propria destinazione nel panorama enogastronomico svizzero. Una ventina di coperti soltanto, suddivisi nelle due storiche sale o sul terrazzo con vista lago del Relais Castel-
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lo di Morcote, edifico del XVII secolo, dove poter anche pernottare nelle 12 camere una diversa dall’altra.
La cucina è immediata, senza troppi trucchi o effetti speciali: lo chef Francesco Sangalli pone al primo posto la ricerca di prodotti di qualità del nostro territorio, scovati tra piccoli produttori locali, e impreziositi da tecniche di cottura molto accurate e non troppo banali come la fiamma viva, il carbone e le affumicature. Il risultato è alta cucina con un occhio al futuro, al sostenibile e verso le scelte più corrette per l’ambiente. Le proposte della carta sono vivaci e all’inseguimento della stagionalità, percorrendo i cambiamenti naturali e la disponibilità delle materie locali, dando valore alle realtà contadine ed al lavoro di persone autentiche. L’anima del ristorante La Sorgente, che prende il nome dalla fonte ubicata sulla sua incantevole terrazza panoramica, sono due ragazzi dal pedigree culinario di tutto rispetto: in primis lo chef Francesco Sangalli, nato a Brescia e cresciuto con la vocazione di cuoco nell’anima. Inizia giovanissimo in cucina a muoversi tra pentole ed aromi poi si diploma a 22 anni presso la prestigiosa Accademia di Cucina Italiana ALMA, come primo della classe. Dopo un’esperienza ai fornelli dello chef Gennaro Esposito, torna in Lombardia e cucina in diversi ristoranti stellati: al Piccolo Lago e da Cracco a Milano, poi in Ticino come sous chef al Concabella e infine come secondo chef al The View di Lugano, dove ha contribuito a ricevere la prima stella Michelin nel 2023. Lo affianca Mattia Bacchiavini, nel ruolo di sous chef e pastry chef. Classe 1997, anche lui inizia presto animato dalla sua grande passione per la cucina, si diploma
all’Accademia ALMA e nel 2017 inizia il suo percorso approdando alla corte di chef Cracco, dove incontra Francesco Sangalli. Da quel momento la sua figura è per Mattia la principale fonte d’ispirazione. Lavora in diversi ristoranti stellati, finché arriva il grande salto quando viene chiamato dai fra -
telli Cerea, diventando chef pasticcere al Da Vittorio di Brusaporto (BG), 3 stelle Michelin. Oggi, il legame personale e professionale tra Mattia e Francesco si rinnova dando vita ad una cucina che si distingue per i suoi gusti straordinari, immediati e sinceri. In sala accoglie i clienti il sorriso di Norman Summa, artefice insieme alla cucina di questa nuova apertura. La sua professionalità e cortesia innata, trasmessagli dal padre, unita ad una grande passione, incarnano il senso dell’accoglienza di questo piccolo gioiello enogastronomico sospeso tra lago e cielo.
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IL VINO che sa di antico
Il puntale di un’antica anfora vinaria posta su una mensola che regge alcuni libri di storia, accende la nostra mente.
La raccogliemmo anni fa tra le sterpaglie che ricoprivano i resti del piccolo tempio dedicato a Dioniso sull’isola di Kos.
Inutile negare che il luogo del ritrovamento e il sapere che nell’antichità i vini di Kos erano considerati tra i migliori dell’antica Grecia arcaica, suscita in noi un fascino innegabile. Che tipo di vino aveva contenuto quell’anfora? Di che colore? Quale era il suo sapore?
Molti studiosi ritengono che i vini rossi greci fossero molto alcolici, si
«ALLOR
CHE BACCO DENTRO ME SCENDE LE CURE TACCIONO, SOPITE IN COR» ( ANACREONTE).
pensa addirittura tra i 16/18 gradi, molto importante era poi l’aspetto del vino, difficile tradurre correttamente i termini con cui vengono descritti. “Mèlas” era il vino rosso/nero paragonato al porpora o al sangue; poi c’era il vino bianco “Leukòs” di colore giallo. I vini venivano divisi anche in aspri “Austeròi’, secchi “Xeroi’, amabili “Malakòi’, dolci Glykèis”, quelli che ricordavano un bouquet “Ozontes”, quelli leggeri “Leptoi” e quelli di corpo “Pachèis”, un vino poco vigoroso era chiamato “Asthenèsteros” e un vino caldo “Thermòs”. Gli scritti apografi mostrano come gli antichi distinguevano in modo chiaro le caratteristiche dei vini e ne apprezzavano le virtù: poeti, filosofi e storici, tutti celebrano le doti del vino. Archestrato esalta il vino di Lesbo per il suo profumo delizioso, Ermippo loda il vino Saprico per il profumo di violetta, di giacinto e di rose. Ateneo pur facendone un elenco incompleto (ci sono pervenuti solo alcuni frammenti delle sue opere) afferma nel suo: “Sapienti a banchetto” che i vini prodotti nel bacino dell’Egeo erano circa 60. Ippocrate nella sua scuola di medicina a Kos distingueva tra vini “dolci e leggeri”, “dolci-piccanti” e “vini secchi” come il Prammiano e il Corinzio che come diceva il “Saggio” erano ruvidi e astringenti, e dovevano essere bevuti dopo lunga maturazione. Il vino di Kos, secondo vari scritti era denso e dolcissimo e a parere di Strabone era il migliore di tutti i vini greci. Gli antichi greci per la verità solo raramente bevevano il vino puro,
d’abitudine lo mescolavano con l’acqua, ma è difficile stabilire con esattezza quali fossero le proporzioni. Tre parti su cinque dicono di più, ma tre parti di vino e due di acqua o viceversa? Filetero è favorevole alla prima misura, ma viene contraddetto da Ferecrate, e Platone nel secondo libro delle “Leggi” così ammonisce: «Bere quindi, con misura, e vino annacquato». Una tavoletta rinvenuta nel palazzo di Nestore a Pilo registra ca. 12.000 litri di vino (misurati secondo la capacità dell’anfora tipo, cioè 28.8 litri) consegnate a nove lontane comunità. Nel cosiddetto “magazzino del vino” del sito archeologico, erano disposte sul pavimento tre file di 25 “pithoi” corrispondenti ad una riserva di carca 9.000 litri. L’accennare a Nestore ci porta a ricordare una fase tarda della guerra di Troia, quando l’esercito greco stava avendo la peggio (Iliade XI, 632641). L’anziano Nestore, conduce Macaone, figlio del famoso medico Ascelpio, ferito in battaglia, nella sua tenda dove la schiava Ecamede, miscela in una coppa d’oro con figure di colombe (simile ad un’esemplare trovata a Micene datata VI sec. a.C.) il Kykeon. Questa parola tradotta letteralmente significa “Ciceone” che vuol dire “miscuglio”. Questo antico “grog” descritto da Omero era composto da vino di Pramno, farina d’orzo, forse del miele e infine formaggio di capra grattugiato (le prime grattugie di ceramica risalgono al Tardo e Medio bronzo). Diversi testi greci, da Platone ai
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Misteri Eleusini in onore della Dea Demetra, suggeriscono che nella bevanda entrassero molti ingredienti, erbe, spezie, vino, latte, miele, olio e acqua. Le proprietà farmacologiche di questa bevanda (analgesiche o psicoattive) erano sicuramente superiori a quelle attribuite a qualsiasi altra bevanda. Omero cantore di gesta di guerrieri è anche il poeta di un’arcaica convivialità. Sia nell’Iliade che nell’Odissea possiamo individuare molti riferimenti ai vini e al mondo di bere di quei lontani tempi.
Più che fondato è quindi l’appellativo che il poeta latino Orazio volle attribuire al cantore greco “Vinosus Homerus”, e in effetti nelle sue opere il vino scorre a fiumi.
Già la parola “oinos” (vino) compare quasi subito nell’Iliade in composizionen come aggettivo, “oinobarés” che possiamo tradurre come “ubriacone”. Con questo termine Achille apostrofa Agamennone reo di aver sottratto all’eroe la schiava Briseide scatenando: “l’ira funesta del Pelide Achille”. Nestore era di certo il più forte bevitore tra gli eroi omerici, tanto che non rinuncia a bere neanche quando la battaglia infuria presso le navi achee (Iliade XIV, 1), per lui la cop -
pa di vino è così importante da indurre Omero a descriverla nei minimi particolari, come fa nel descrivere la vendemmia sullo scudo di Achille. Il vino di Lemno viene dato in premio agli Achei per aver costruito in beve tempo un muro come riparo agli attacchi dei Troiani. «Erano là a riva molte navi, venivano da Lemno con un carico di vino. Le invia Euneo...». A parte poi per gli Atridi, Agamennone e Menelao, aveva mandato mille misure di vino (Iliade VII,467-471). Il vino di Ismaro “dolce e puro”, una bevanda divina, viene regalato ad Ulisse (che sarà usato per ubriacare Polifemo) da Marone sacerdote d’Apollo a cui l’eroe aveva risparmiato la vita.
Abbiamo fin qui considerato i bevitori descritti da Omero, ma non dimentichiamo che tra i grandi condottieri del passato non son pochi i rappresentanti di questa categoria. Ciro il Grande (550 a.C.) nel disputare lo scontro con il fratello Artaserse si vantava di sopportare il vino meglio di qualunque altro: ne abbiamo trovato tracce alla base dell’Apadana (sala delle 100 colonne) a Persepoli. Così come l’epitaffio sulla tomba di Dario (486 a.C.) a Naqsh-i Rustam sta scritto: «Fui capace di
“Gli
scritti apografi mostrano come gli antichi distinguevano in modo chiaro le caratteristiche dei vini e ne apprezzavano le virtù: poeti, filosofi e storici, tutti celebrano le doti del vino”.
bere molto vino e di reggerlo bene». È fuor di dubbio che un’ipotetica competizione che avesse come tema l’uso del dono di Dioniso tra gli illustri personaggi che hanno fatto la storia di quell’antico mondo, la palma della vittoria andrebbe senza dubbio ad Alessandro il Grande, condottiero macedone. Per alcuni anni educato da Aristotele, quando si ubriacava andava in giro su un carro trainato da asini cantando a squarciagola. Ubriaco uccise Clito, il più caro e fedele dei suoi compagni. Invitava spesso i compagni d’arme a gareggiare a chi bevesse di più, e durante una di queste competizioni 35 di essi perirono sul campo ubriachi e altri 6 il giorno dopo, vittime dell’eccesso. Il vino di Corinto e Creta era chiamato “Kai enodès”, cioè il benefico: il rapporto tra vino e salute è materia complessa (anche ai giorni nostri), a tratti ambigua e contraddittoria. La storia insegna il continuo alternarsi dell’immagine del vino come panacea di molti mali o come elemento da demonizzare.
ln una lettera di Paolo a Timoteo su cui sussistono dubbi sull’attribuzione, si consiglia: «non continuare a bere solo acqua, ma bevi un po’ di vino per il tuo stomaco e per le tue frequenti malattië». Un ottimo consiglio.
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ENOLOGIA / DAVIDE COMOLI
PAOLO CATTANEO, PRESIDENTE DI ARVI, RACCONTA I PRIMI VENT’ANNI DI ATTIVITÀ DELL’AZIENDA E PRESENTA IL RICCO PROGRAMMA DI EVENTI E DEGUSTAZIONE ORGANIZZATE PER CELEBRARE L’ANNIVERSARIO.
DELL’ARTE e DEL VINO
Ricorre quest’anno il 20° di fondazione di Arvi. Possiamo ripercorrere le principali tappe di questo importante percorso imprenditoriale?
«Nel 2004, insieme alla mia famiglia, abbiamo dato vita ad Arvi azienda che rappresentava il culmine di vent’anni di esperienze, conoscenze, incontri nel mondo del vino. Già nel suo stesso nome, Arvi portava con sé il legame tra due mondi che sono sempre state anche due grandi passioni familiari: l’arte e il vino, appunto. Arvi è nata come azienda specializzata nel trading vinicolo, ma nel tempo abbiamo deciso di coinvolgere anche la clientela privata, con l’obiettivo di condividere direttamente con gli amanti del vino la bellezza di questo mondo. Negli anni poi abbiamo aperto tre punti vendita in Svizzera, a Melano, Lugano e Zurigo, e sviluppato un canale HO.RE.CA per offrire i nostri servizi anche a ristoranti e hotel del territorio».
Qual’è la filosofia che ha guidato fin dall’inizio le scelte di Arvi e quale strategia prevedete di adottare per il futuro?
«I valori fondamentali di Arvi risiedono nella fiducia, nella passione, nella competenza e nel rispetto per il prodotto e per i nostri clienti. L’obiettivo principale è fungere da ponte tra i produttori e i consumatori finali. Ci impegniamo nel comprendere attentamente le esigenze dei nostri clienti - siano essi privati, collezionisti o ristoratori - e nel proporre loro il meglio che il mercato possa offrire in termini di novità e qualità. La nostra ambizione è quella di soddisfare un pubblico ampio e diversificato, motivo per cui la nostra offerta è caratterizzata da qualità e varietà. Questo risultato deriva da un continuo lavoro di ricerca di produttori emergenti in tutte le parti del mondo, andando oltre i grandi nomi consolidati nel mondo del vino».
Quali sono i principali eventi che avete in programma di organizzare nel corso del 2024 per celebrare questo anniversario?
«Il grande evento con cui abbiamo celebrato questo ventennale si è svolto lo scorso 23 marzo 2024, al Kunsthaus Museum di Zurigo. In quell’occasione, infatti, è stata svelata un’opera monumentale di oltre dodici metri, frutto della collaborazione tra l’artista Andrea Ravo Mattoni e sei prestigiosi Châteaux di Bordeaux:
134 ENOLOGIA / ARVI
Nel nome
Ph: © Linda Pollari
ognuno di loro ha fornito 300 bottiglie, datate 2004, anno di nascita di Arvi, utilizzate per comporre delle casse speciali, il cui coperchio è divenuto parte dell’opera di Ravo. L’immagine raffigurata nell’opera è stata creata con l’Intelligenza Artificiale, utilizzando, per la sua generazione, alcune parole chiave legate all’identità di ciascun Château e di Arvi». Il dettaglio interessante è che i nostri clienti hanno avuto la possibilità di acquistare un singolo pezzo dell’opera d’arte, unico e numerato, trasformando sia il vino che la sua custodia in un’esperienza senza tempo legata al nostro anniversario».
Un posto di rilievo spetta ad alcune degustazioni verticali di grandi vini. Di che cosa si tratta? «Le degustazioni verticali rivestono un ruolo importante negli eventi che organizziamo: in sostanza si tratta di un’esperienza enologica in cui vengono assaggiati diverse annate di una particolare etichetta di vino, consen-
tendo ai partecipanti di esplorare l’evoluzione e la variazione delle caratteristiche del vino nel corso del tempo. Quest’anno ne abbiamo già organizzate due, la prima si è concentrata su Screaming Eagle, l’iconico vino della Napa Valley rinomato per la sua rarità e intensità, la seconda dedicata a Masseto, gioiello enologico della Toscana. Vorrei poi citare, per concludere, Explore Italy, evento che organizzeremo presso la nostra sede centrale il prossimo 30 novembre. Giunto alla sua quinta edizione, radunerà oltre 30 produttori di vino italiani dando la possibilità agli appassionati di vivere un’esclusiva esperienza di degustazione alla scoperta di oltre 100 etichette delle migliori regioni vinicole della penisola».
In questi ultimi due decenni il mondo del vino è profondamente cambiato. Che prospettive ci sono da attendere per i prossimi anni? «Nel prossimo futuro, il mondo del vino si troverà ad affrontare sfide senza precedenti soprattutto a causa del cambiamento climatico. Le cre -
scenti temperature, le variazioni nei regimi delle piogge e gli eventi meteorologici estremi, infatti, minacciano le tradizionali regioni vinicole. Tuttavia, i produttori stanno dimostrando una notevole resilienza e adattabilità. Ad esempio, alcuni vigneti di Bordeaux stanno investendo in nuove tecniche di coltivazione e nell’introduzione di varietà di uva più resistenti al calore.
Poi, visto che l’abbiamo citata, credo che anche il mondo del vino farà i conti con l’impatto dell’Intelligenza Artificiale: gli algoritmi potranno essere utilizzati per ottimizzare la gestione dei vigneti, predire le condizioni meteorologiche e migliorare la qualità del vino attraverso l’analisi dei dati.
Ciò consentirà ai produttori di adattarsi rapidamente ai cambiamenti climatici e di mantenere elevati standard di produzione, preservando al contempo la ricchezza e la diversità delle regioni vinicole di tutto il mondo».
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UN CENTRO DI COMPETENZE PER IL TURISMO D’AFFARI
NEL SUO PRIMO ANNO DI ATTIVITÀ IL TICINO CONVENTION BUREAU
(TICB) HA GESTITO OLTRE 230 RICHIESTE, CHE HANNO PERMESSO DI FINALIZZARE LO SVOLGIMENTO DI UNA SETTANTINA DI EVENTI IN QUESTO AMBITO. PER IL FUTURO L’INTENTO È MIGLIORARE ULTERIORMENTE
IL POSIZIONAMENTO DEL TICINO COME DESTINAZIONE MICE ATTRAVERSO
ATTIVITÀ DI PROMOZIONE AL NORD DELLE ALPI. CE NE PARLANO
ANGELO TROTTA, DIRETTORE DI AGENZIA TURISTICA TICINESE, E SAMUEL RIGHETTI, COORDINATORE DEL TICINO CONVENTION BUREAU.
Nato nella primavera del 2023 dopo due anni di lavori preparatori, il TiCB è stato lanciato grazie al coinvolgimento di diversi attori: l’Agenzia turistica ticinese (ATT), le quattro Organizzazioni turistiche regionali, i rappresentanti delle Città di Lugano, Bellinzona, Locarno e Chiasso e, in rappresentanza del Cantone, l’Ufficio per lo sviluppo economico del Dipartimento delle finanze e dell’economia. In questo anno si è concentrato da una parte sulle attività di marketing e di acquisizione dei clienti, dall’altra sulla gestione delle richieste da parte di interessati del settore MICE (acronimo di Meeting, Incentive, Conference, Exhibition) con l’obiettivo di rendere il Ticino sempre
più attrattivo per questo genere di eventi, e al contempo ridurre la velocità di risposta e migliorare la collaborazione tra gli attori coinvolti. Durante il suo primo anno di attività le richieste da parte di interessati sono state oltre 230, con un tasso di conversione (che misura il grado di successo) del 47%: una settantina di eventi è già stata concretizzata, mentre altri sono ancora in fase decisionale. Oltre alla gestione delle richieste, uno degli obiettivi del TiCB è anche la ricerca attiva di potenziali clienti MICE attraverso attività di vendita, così come il coordinamento organizzativo in caso di eventi importanti, un esempio fra tutti il Travel Leaders Network Summit di recente ospitato a Lugano.
Nel quadro delle strategie di ATT quale ruolo rivestono il turismo d’affari e quello congressuale e quali interventi avete previsti per i prossimi anni al fine di rafforzarne il posizionamento di questo importante segmento?
ANGELO TROTTA: «Il turismo congressuale rappresenta ca. un quinto dei pernottamenti alberghieri e, considerato il fatto che di solito i viaggiatori business sono altospendenti, l’indotto totale risulta anche più elevato del 20%. È quindi un segmento importante che giustifica la creazione del TiCB. Tra le strategie per il futuro vi è l’intento di profilarsi sempre più in Svizzera tedesca e in seguito allargarsi ai mercati vicini, ma anche focalizzarsi su segmenti e settori specifici (come ad esempio i
136 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 TURISMO / TICINO CONVENTION BUREAU
Angelo Trotta
Samuel Righetti
viaggi incentives e i matrimoni, ma anche i congressi legati all’ambito medico). In generale l’intento futuro è di essere sempre più efficienti nella gestione delle richieste e per farlo è necessario collaborare con partner locali per sensibilizzarli sul turismo d’affari e per fornire loro le competenze e le risorse adeguate per aiutarci a essere più competitivi».
«La nascita del TiCB rappresenta un tassello fondamentale nella nostra strategia turistica a medio e lungo termine» sottolinea ancora Angelo Trotta. «Il turismo d’affari è sicuramente un segmento in cui investire nell’ottica della destagionalizzazione, in modo da distribuire i flussi turistici anche in periodi dell’anno meno
gettonati. Si tratta inoltre di un ottimo modo per diversificare il mercato, in particolare quello interno». Per rendere la gestione delle richieste più efficace, sono state affrontate alcune sfide, come l’omogenizzazione del processo di gestione su tutto il territorio cantonale, ma anche la digitalizzazione delle informazioni a disposizione del TiCB per un’ottimizzazione del lavoro e un’accurata raccolta di dati per analizzare questo mercato e il suo sviluppo. Anche la messa in rete dei partner è un tassello fondamentale del TiCB. Principalmente, i partner coinvolti nell’ambito MICE sono strutture con spazi adatti a ospitare eventi oppure attrattori turistici che offrono delle attività per gruppi, ad esempio attività di team building o esperienze locali. Vi sono anche agenzie che assistono i clienti nella fase operativa dell’organizzazione di eventi o gite aziendali. Ai partner sono state anche proposte opportunità di formazione e di aggiornamento e ne seguiranno altre prossimamente.
Quali sono le principali azioni che avete programmato per sostenere il settore MICE e quali importanti eventi avete già messo in calendario per il 2024?
SAMUEL RIGHETTI: «Partendo proprio dai partner locali, quest’anno sono previsti corsi di formazione su digital marketing, email marketing e neuromarketing. Inoltre, prossimamente verranno prodotti video di partner locali per una campagna di content marketing allo scopo di promuovere in maniera congiunta la loro offerta MICE alla potenziale clientela. Ai clienti infatti sono dedicate invece le attività di promozione e vendita, come per esempio “Tessin trifft Zürich”, un evento sales con una dozzina di potenziali clienti dove il TiCB così come alcuni partner locali hanno avuto la possibilità di presentarsi e di scambiare i propri contatti. Parlando di eventi a calendario possiamo invece citare il supporto che il TiCB ha fornito agli organizzatori del Tour de Suisse nella ricerca delle strutture ricettive che potessero ospitare sia il comitato organizzativo sia le squadre con i ciclisti a metà giugno. Ora il TiCB guarda avanti e tra gli obiettivi futuri vi è quello di diventare il punto di riferimento per i clienti MICE e i partner locali in modo da valorizzare ancora maggiormente la nostra destinazione in un contesto svizzero particolarmente concorrenziale.
137 TURISMO / TICINO CONVENTION BUREAU
ACCOGLIENZA IN MEZZO ALLA NATURA
L’APERTURA DELL’ALPE DI
CAVIANO COMPLETA IL PROGETTO
DELL’ALBERGO DIFFUSO DEL MONTE
GENEROSO LANCIATO NEL 2017.
WWW.STAYGENEROUS.CH
L’Organizzazione Turistica Regionale Mendrisiotto e Basso Ceresio, insieme ad alcuni partner e ai rappresentanti dei municipi di Castel San Pietro, Breggia e Mendrisio, ha promosso fin dal 2017 un progetto finalizzato a mettere in rete le piccole strutture presenti per permettere lo sviluppo della ricettività sulla montagna. Da quel momento si è lavorato molto, su più livelli, per rendere concreto il progetto dell’Albergo Diffuso del Monte Generoso. «L’apertura dell’Alpe di Caviano conferma il completamento della prima tappa del progetto Albergo Diffuso Monte Generoso che prevedeva la ristrutturazione e la messa in rete di quattro strutture, appartenenti a quattro diversi proprietari: Osteria con alloggio La Manciana, Ostello di Scu -
dellate, La Casa dei Gelsi e l’Alpe di Caviano (aperte nell’ordine a partire dal 2021)», afferma Nadia Lupi, direttrice di Mendrisiotto Turismo. I lavori per la ristrutturazione dell’immobile sono durati quattro anni e sono stati particolarmente impegnativi. Al piano terra è stata realizzata una camera adatta a soddisfare le esigenze dei disabili ed è stato realizzato un piccolo ristorante, che risulta particolarmente accogliente grazie all’importante lavoro di recupero dei materiali. Una spaziosa e moderna cucina permette di servire pasti alla clientela che vorrà trovare spazio nel grande locale interno o sulla spaziosa terrazza che affaccia sul panorama del Mendrisiotto e della Pianura Padana. Al primo piano dell’edificio sono state realizzate 5 camere doppie con ser -
138 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 TURISMO / ALBERGO DIFFUSO MONTE GENEROSO (ADMG)
vizi al piano e una piccola terrazza che può essere utilizzata per organizzare degli aperitivi contemplando il panorama. Il grande locale-mansarda al secondo piano accoglie 10 letti singoli, con servizi sul piano ed è adatto per coloro che amano condividere momenti di amicizia (www.staygenerous.ch).
Nel corso dell’inaugurazione il presidente del patriziato Dario Frigerio, ha orgogliosamente ricordato come l’ufficio patriziale abbia saputo condividere e supportare sin dall’inizio l’idea di studiare e realizzare una struttura ricettiva che potesse essere gestita professionalmente nell’ambito del progetto ADMG e che potesse valorizzare il luogo, come anche gli obiettivi che in tutti questi anni sono stati perseguiti da un patriziato molto legato al suo territorio.
Il Consigliere di Stato Norman Gobbi, in qualità di Direttore del Dipartimento delle istituzioni, ha sottolineato come «il lavoro svolto dal Patriziato di Castel San Pietro è da ritenersi un esempio particolarmente virtuoso, a livello regionale e cantonale. Un progetto che il Di -
partimento delle istituzioni ha deciso di sostenere e premiare con l’erogazione di un contributo straordinario di CHF 200’000, uno dei più alti mai erogati tramite il Fondo per la gestione del territorio, istituito con l’ultima revisione della LOP entrata in vigore l’1.1.2013, con l’obiettivo di finanziare e promuovere i progetti di gestione e valorizzazione del territorio promossi dai Patriziati in collaborazione con i Comuni». Il Direttore della Divisione dell’economia, Stefano Rizzi, ha ritenuto importante evidenziare come la ristrutturazione dell’Alpe di Caviano «sia stata sostenuta dal Consiglio di Stato su impulso del DFE nell’ambito della politica economica regionale, e costituisca un importante tassello della messa in rete dell’offerta turistica e dell’ospitalità nella Valle di Muggio/Monte Generoso. L’offerta turistica e di svago nella regione è quindi ampliata, migliorata e potenziata. E lo sarà ancora di più perché il progetto è in continua evoluzione: in varie località del Monte Generoso sono infatti in corso i lavori per ampliare l’offerta dell’Albergo Diffuso che, nella sua totalità, sta permettendo a una regione periferica di esprimere tutto il suo potenziale turistico».
“Il Consigliere di Stato Norman Gobbi, in qualità di Direttore del Dipartimento delle istituzioni, ha sottolineato come «il lavoro svolto dal Patriziato di Castel San Pietro è da ritenersi un esempio particolarmente virtuoso, a livello regionale e cantonale”.
139 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
LE NOVITÀ DELLA FUNICOLARE MONTE SAN SALVATORE
LA DESTINAZIONE CHIAMATA ANCHE IL “PAN DI ZUCCHERO LUGANESE” SI CONFERMA ESSERE SEMPRE PIÙ ATTRATTIVA SIA PER TURISTI CHE PER RESIDENTI: IL 2023 HA FATTO REGISTRARE INFATTI UN RECORD PER LA FUNICOLARE DEL MONTE SAN SALVATORE, IL MIGLIOR RISULTATO DI SEMPRE, CON 274.000 PASSAGGI.
Il Monte San Salvatore (912 metri) è una montagna unica, dalla cui vetta si gode uno spettacolo emozionante grazie alla visione di un paesaggio naturale particolarmente grandioso esteso a 360 gradi. In aggiunta ai diversi punti panoramici già esistenti, l’ospite ha ora la possibilità di accedere ad un esclusivo terrazzino situato nell’area circostante il Ristorante Vetta, che come una “punta di diamante” volge verso sud. Si tratta di un rinnovato spazio panoramico, spettacolare, curato, sicuro e sempre accessibile, che grazie anche alla posa di istruttivi pannelli con cartine geografiche satellitari, funge da punto d’incontro e “comunicazione turisti-
ca” per chi visita la destinazione.
Il San Salvatore è una delle montagne più conosciute internazionalmente. A diffonderne la fama contribuirono, a partire dal 1200, i pellegrinaggi dei credenti che raggiungevano a piedi la cima del monte. La funicolare che raggiunge la vetta parte dalla stazione situata a cinquecento metri dall’uscita autostradale Lugano-Sud, e a 5 minuti dalla stazione FFS di Paradiso, offre un comodo parcheggio, e raggiunge la vetta con le vetture panoramiche in 12 minuti. La linea di 1660 metri di lunghezza è divisa in due tratte separate di 830 m, ciascuna con un’inclinazione diversa, la prima tratta raggiunge il 37% e la seconda tratta il 61%.
140 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
La linea non è elettrificata e le due carrozze sono collegate tramite un’unica fune traente di acciaio, che permette il funzionamento dell’impianto di risalita.
Grazie alle aperture serali ed invernali non solo i turisti ma anche i ticinesi hanno riscoperto il Monte San Salvatore e approfittano delle numerose occasioni proposte durante la stagione. Parimenti, l’offerta gastronomica riscuote grande successo; il servizio al tavolo veloce, curato e accogliente è molto apprezzato dalla clientela. Da segnalare infine anche l’ottima occupazione delle sale riunioni.
Passando alle cifre, il 2023 ha chiuso dopo ammortamenti, costi finanziari e un accantonamento di Fr. 300.000.- con un utile netto d’esercizio di Fr. 380.710.-
La nuova stagione è iniziata all’insegna del cambiamento. Due nuove vetture assicurano confort e sicurezza a chi sceglie di trascorrere in vetta qualche ora di sano relax.
L’intera operazione di ammodernamento, avviata a inizio gennaio e
terminata a metà marzo con il collaudo e la riapertura della destinazione, rappresenta solo l’ultima tappa di una storia iniziata nel 1890, con la prima messa in esercizio del più antico impianto di risalita turistico del Ticino. Una storia che oggi strizza l’occhio al futuro presentando la quinta generazione di vetture. Con un investimento superiore ai 5 milioni di franchi, la Funicolare San Salvatore non ha sostituito solo le carrozze, ma anche telai, elettronica, meccanica e, non da ultimo, la fune traente. Realizzate dalla ditta specializzata Garaventa, che ha coordinato la produzione con CWA per la carrozzeria e SISAG per la parte elettronica, le nuove «rosse» possono trasportare 240 persone all’ora. Presentano un design più moderno, un tetto completamente panoramico e diverse novità tecnologiche e tecniche: le manutenzioni ordinarie saranno per esempio gestite dal sistema SAMBESI, controllato online tramite tablet, che garantisce da remoto i controlli giornalieri, mensili e trimestrali ordinati dall’Ufficio Federale dei trasporti. Della lunghezza di 1810 metri e con un diametro di 33 millimetri, la nuova fune traente è invece avvolta su uno speciale «tamburo», che favorisce gli spostamenti e la regolazione della stessa, mentre il vecchio cavo è stato donato all’engadinese Toni Rüttimann, detto anche «El Suizo», che da anni impiega questi materiali «di scarto» per costruire ponti per l’attraversamento di corsi d’acqua in Sudamerica e sudest asiatico. «Un gesto che ci rende orgogliosi – afferma Francesco Markesch, direttore della Funicolare San Salvatore – che speriamo possa aiutare queste popolazioni».
Linea funicolare più sicura
Dopo aver rinnovato i due viadotti con una spesa non indifferente di
oltre 2 milioni di franchi, opere necessarie per il rinnovo della concessione Federale, la Funicolare San Salvatore ha realizzato un’opera di protezione “eccezionale” con reti paramassi alte fino a 4 metri. Con i lavori iniziati a marzo 2022 e terminati da pochi giorni con il collaudo eseguito in aprile 2024, si può affermare che la sicurezza dai pericoli naturali della linea della funicolare ora è più che aumentata. Per la ditta esecutrice si è trattato di un progetto importante in un’area difficile da raggiungere con interventi a volte spettacolari dove gli operai specializzati spesso aggrappati ai pali o alle reti hanno svolto il loro lavoro in piena fiducia e sicurezza. Ci sono voluti diversi voli di elicottero per il trasporto di materiale. Il progetto in breve: in totale sono state posate circa 300 metri di nuove reti paramassi con altezze variabili da 3 a 4 metri e classi di energia da 500 a 2000 kj.
141 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 TURISMO / FUNICOLARE SAN SALVATORE
Un settore con tanta voglia di crescere
“Questo ambiente, seppur dinamico, offre spazi per uno sviluppo nell’industria alberghiera locale, posizionando HotellerieSuisse Ticino come un punto di riferimento affidabile e una fonte di supporto essenziale per chi opera nel settore”.
HOTELLERIESUISSE TICINO
Piazza Indipendenza 3
CH-6830 Chiasso
T. +41 (0)91 6836272 segretariato@hotelleriesuisse-ticino.ch
Qual è lo stato di salute di HotellerieSuisse?
«L’associazione, che rappresenta una vasta gamma di stakeholder del settore, tra cui hotel, ristoranti e aziende partner, ha registrato una leggera ma costante crescita nel numero di affiliati nel corso degli ultimi anni. Guardando a cinque anni fa (2018), il numero di hotel affiliati era di 138, mentre nel 2023 tale cifra è salita a 147. È degno di nota, inoltre, il fatto
SONJA FREY, PRESIDENTE
HOTELLERIESUISSE TICINO
DELINEA IL PROCESSO
PER UNA STRATEGIA DI SETTORE CON AMPIO COINVOLGIMENTO DEI PROPRI ASSOCIATI.
che il 61% delle camere presenti in Ticino appartiene a una struttura affiliata a HotellerieSuisse Ticino. Inoltre, è significativa la crescita nel numero di ristoranti associati; passando da solamente 5 ristoranti affiliati nel 2019 e arrivando a 40 nel 2023».
Questi dati confermano una situazione di sostanziale stabilità e rappresentano una garanzia rispetto alle sfide future che attendono la vostra associazione…
142 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 HOTELLERIE / HOTELLERIESUISSE TICINO
«Gli aumenti significativi costituiscono un segnale tangibile della fiducia che gli operatori del settore del Canton Ticino ripongono nell’associazione. Allo stesso tempo, la stabilità nel numero di aziende partner, sia come soci sostenitori (livello cantonale) che come premium partner (livello federale), conferma il valore e l’importanza della rete commerciale di HotellerieSuisse Ticino. In aggiunta alla stabilità dell’associazione, l’impegno e la resilienza degli albergatori hanno contribuito a mantenere un contesto solido nonostante le sfide recenti».
Possiamo esaminare più nel dettaglio le prospettive del settore alberghiero ticinese? «Questo ambiente, seppur dinamico, offre spazi per uno sviluppo nell’industria alberghiera locale, posizionando HotellerieSuisse Ticino come un punto di riferimento affi -
dabile e una fonte di supporto essenziale per chi opera nel settore. HotellerieSuisse Ticino lancia ora un processo di sviluppo strategico. Questo processo vedrà, tra i punti di discussione, vari temi chiave, come la destagionalizzazione, la flessibilità degli orari d’apertura dei negozi, la formazione e la sostenibilità. L’obiettivo è chiaro: definire una strategia entro il 2025 che possa guidare l’associazione e i suoi membri verso nuovi traguardi e successi».
In che modo HotellerieSuisse Tucino intende portare avanti questa strategia?
«Prevediamo nel corso di questo anno un coinvolgimento attivo di tutti i membri di comitato, delle varie sezioni e degli associati stessi. È fondamentale garantire una rappresentanza ampia e inclusiva per assicurare che la strategia rifletta le esigenze e le prospettive di tutti i membri dell’associazione. Il nostro desiderio è quello di plasmare un futuro promettente per l’industria alberghiera ticinese e sviluppare una strategia futura che sia solida».
Avete in cantiere anche alcuni progetti speciali… «HotellerieSuisse Ticino gestisce un fondo dedicato che viene alimentato annualmente. Questo fondo è stato istituito per sostenere lo sviluppo di progetti speciali nell’ambito dell’industria alberghiera. Questi progetti speciali potrebbero rappresentare un’opportunità per innovare, migliorare i servizi offerti e promuovere la crescita sostenibile dell’industria alberghiera nel Canton Ticino. Grazie a questo fondo, HotellerieSuisse Ticino dimostra il suo impegno costante nel sostenere il progresso e lo sviluppo sostenibile dell’industria alberghiera nel Canton Ticino, offrendo risorse e supporto per iniziative che possano contribuire al suo continuo miglioramento».
143 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
DESIGN E AUTENTICITÀ nell’Oberland bernese
SITUATA NEL CUORE DELLE ALPI
BERNESI AI PIEDI DEL WILDSTRUBEL, ADELBODEN HA IL FASCINO DI UN PICCOLO E TRANQUILLO
VILLAGGIO RICCO DI CHALET.
PARADISO DELLE ESCURSIONI IN ESTATE, IN INVERNO SI TRASFORMA NELL’ELDORADO DEGLI SPORT
INVERNALI, GRAZIE AI SUOI
NUMEROSI IMPIANTI DI RISALITA.
LE PROPOSTE BENESSERE, TRA CUI QUELLE DEL THE CAMBRIAN, SONO IN CONTINUA CRESCITA ED È LA PRIMA DESTINAZIONE
SVIZZERA AD AVERE OTTENUTO IL CERTIFICATO «ALPINE WELLNESS».
DI PAOLA CHIERICATI
Definito trendy e di ispirazione urbana, l’hotel
The Cambrian si distingue dalle altre proposte alberghiere di Adelboden per il design moderno e il suo centro benessere. L’hotel è stato ristrutturato alla fine degli anni ‘80 in stile Belle Époque (ai tempi il suo nome era Grand Hotel Regina), ma è stato poi completamente rinnovato nel 2007 e dal 2010 ha il suo nuovo nome.
Le 72 camere e suite sono eleganti e contemporanee, il servizio del personale premuroso e disponibile, la Spa è stata pluripremiata e la vista sull’altopiano Engstligental è un vero spettacolo. Questo gioiello
alberghiero è stato realizzato dai fratelli vallesani Craig e Grant Maunder, strettamente legati ad Adelboden fin dall’infanzia, provenienti dal settore finanziario e che, spinti dal grande amore per un villaggio svizzero, hanno realizzato il loro sogno. Oggi i tre nuovi manager residenti al The Cambrian Adelboden sono Chiara Laillard, Mathias Wunsch e Sylvain Vodermaier che gestiscono insieme il design hotel con diversi e distinti ruoli. Si tratta di un trio dirigente con tante nuove idee per sorprendere ed entusiasmare la clientela.
Chiara Laillard si occupa del marketing e della comunicazione, nonché delle vendite e e dell’esperienza
144 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 HOTELLERIE / THE CAMBRIAN ADELBODEN
degli ospiti all’interno dell’albergo. «Con questa nuova struttura gestionale perseguiamo l’obiettivo di offrire un’esperienza di vacanza completamente rilassata e personalizzata con momenti indimenticabili. Offriamo giorni ricchi di tante attività, ma offriamo anche l’opportunità di ritirarsi, come a casa propria».
Mathias Wunsch è responsabile delle risorse umane e del F&B: «La mia visione è creare un luogo dove gli ospiti possano vivere esperienze indimenticabili per ricordarle a lungo. A mio avviso è della massima importanza che i nostri dipendenti svolgano il loro lavoro con grande impegno e passione».
Sylvain Vodermaier porta con sé molta esperienza alberghiera internazionale ed è responsabile principalmente della finanza, della gestione della qualità e della tecnologia: «Sono anche un coach qualificato e mi offro come mentore per giovani talenti che si affacciano al mondo alberghiero. Tra i miei compiti, che il The Cambrian rimanga sul mercato come hotel sempre di maggiore successo grazie anche ad una cultura del lavoro moderna».
Il risultato di questi tre manager è la creazione di un team di lavoro cordiale, professionale, aperto al mondo ed è da queste premesse che il The Cambrian pretende di coccolare e sorprendere i clienti che arrivano anche dalle grandi città come Berna. La piscina all’aperto, la sauna finlandese, il bagno turco, la doccia a pioggia, l’area fitness sono i servizi offerti per rilassarsi. Anche i trattamenti olistici sono specificatamente mirati al rilassamento del corpo, della mente e dell’anima, attraverso la gamma di prodotti di Susanne Kaufmann, che contengono ingredienti vegetali alpini, valorizzandone l’autenticità e la sostenibilità. È da segnalare che in inverno il The Cambrian offre, con il suo pacchetto ciaspole, un’immersione nell’indimenticabile atmosfera luminosa della cosiddetta “ora blu”. La salita in vetta si effettua con le racchette da neve, muniti di lampade frontali e condotti da
una guida locale. Gli ospiti che prenotano il pacchetto ciaspole di The Cambrian hanno anche la possibilità di noleggiare la Mini dell’hotel, comoda sulle strade innevate e ideale per esplorare il territorio circostante con facilità e comodità. Il The Cambrian è stato nominato il quarto miglior hotel di design della Svizzera dalla guida Falstaff 2022. Nello stesso anno, la NZZ lo ha premiato come «terzo miglior hotel spa a 4 stelle della Svizzera».
THE CAMBRIAN ADELBODEN
Dorfstrasse 7
CH-3715 Adelboden
T. +41 33 673 83 83, www.thecambrianadelboden.com
145 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
DI GIACOMO NEWLIN
L’OCCHIO ATTENTO DELL’OSPITE
CHE VARCA L’INGRESSO
DELL’HOTEL THE CAMBRIAN AD ADELBODEN (DOVE CAMBRIA
È IL NOME IN LATINO DEL GALLES), SI ACCORGE DI UNA CERTA
CONCORDANZA DELLE DUE BANDIERE, QUELLA SVIZZERA E QUELLA GALLESE, CHE ONDEGGIANO FUORI DALLA
RECEPTION. MA POI ALTRI
ELEMENTI RICORDANO IL GALLES, COME LE MORBIDE COPERTE IN STILE GALLESE CHE ADORNANO LE CAMERE.
Dove si parlano TUTTE LE LINGUE DEL MONDO
Questo connubio si deve all’attuale proprietario gallese del The Cambrian, che da giovane si è innamorato delle montagne di Adelboden. Ora la parte gastronomica dell’Hotel The Cambrian non poteva non essere concepita senza questo legame. Infatti, lo chef consulente Bryn Williams che dà il nome al ristorante, per l’elaborazione dei menu che vengono aggiornati stagionalmente si ispira al patrimonio tradizionale gallese. Bryan Williams è uno chef di grande esperienza che ha lavorato in alcune tra le più prestigiose cucine di Londra: al The Criterion con Marco Pierre White; al Le Gavroche con Michel Roux, e al The Or -
rery. Dal 2008 è chef patron del ristorante Odette’s a Londra, poi ha aperto il Porth Eirias sulla costa del nord del Galles, il Touring Club nel sud del Galles e il ristorante che porta il suo nome all’interno del The Cambrian Hotel ad Adelboden. In un’atmosfera “easy” o non impegnativa, dove regna una grande cordialità, è facile mettersi a proprio agio e consultare la carta delle vivande e quella dei vini, soprattutto se si è seguiti dalla cortesia e simpatia di un personale giovane e premuroso, ricordo i nomi di Anderson, Neil, Vincenzo (ticinese della Valle Maggia) che è Restaurant Manager e del sommelier Ciaran Cummings irlandese di Cork. Lo chef Bryn Williams viene regolarmente al The
146 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 HOTELLERIE / THE CAMBRIAN HOTEL
Cambrian Hotel per supervisionare il processo creativo, messo poi in pratica dallo chef residente Vedran Petranovic, e impostare la carta stagionale, dove una combinazione di influenze gallesi e londinesi con cibi e prodotti locali e più in generale svizzeri, riescono a sorprendere e deliziare i commensali che si lasciano ispirare da nuovi concetti culinari accanto a piatti classici rivisitati. Un esempio citato dallo chef è l’utilizzo del caviale Oona, primo caviale svizzero da storioni allevati nei pressi di Frutigen non lontano da Adelboden, in acque di montagna naturalmente calde. Per un’ulteriore idea di pietanze cito: Melanzane fritte, miso bianco e cetriolo; Entrecôte Swiss Beef LUMA, salsa di soia invecchiata e cipolle affumicate (una scoperta la giovane azienda Luma nel Canton Sciaffusa che propone carni di primissima qualità); Coscia d’anatra confit, orzotto, spugnole e ravanelli sott’aceto; Salmone alpino affumicato caldo, patate, finocchio e wasabi. Per i vegetariani il menu offre diverse interessanti pie -
tanze tra le quali da provare il Cavolfiore glassato al miso, lenticchie e spezie thailandesi. Per chi ama un’esperienza autentica di distensione informale deve recarsi all’ Axe Bar, che prende il nome da quell’attrezzo indispensabile per chi pratica l’arrampicata alpina che è la piccozza (ve ne sono alcune in bella mostra). Il bar, che si può definire anche Bistrot, offre diversi piatti genuini sia a mezzogiorno, sia la sera, insieme ad una scelta veramente ampia di bevande: Aperitivi classici; Cocktail pre e after dinner, Sours; Gin; Whisky, Vodka; Rum Grappe, Liquori; Cognac; Porto, Sherry, Amari ecc., oltre a centinaia
di etichette di vini con particolare attenzione alle migliori produzioni svizzere. Ma l’aspetto forse più affascinante è l’atmosfera che si respira, poiché si sente parlare ogni lingua del mondo e il tutto coordinato dalla professionalità e soprattutto dal sorriso coinvolgente del giovane Manager e Bartender Ciaran.
THE CAMBRIAN HOTEL
Dorfstrasse 7
CH-3715 Adelboden
T +41 (0) 33 673 83 83 www.thecambrianadelboden.com
147 HOTELLERIE / THE CAMBRIAN HOTEL
Un campo “SCOZZESE” nel cuore del Vallese
ARIELLA DEL ROCINO, CAMPIONESSA SVIZZERA ED ESPERTA CONOSCITRICE DEI PIÙ PRESTIGIOSI CAMPI EUROPEI, PRESENTA IL GOLF CLUB LEUK, IMMERSO IN UNA NATURA INCONTAMINATA, VERO E PROPRIO PARADISO PER AMANTI DEL GOLF.
La cittadina medievale di Leuk è situata su un pendio che sovrasta la valle del Rodano nel canton Vallese. Gode di una bella vista sul bosco di Finges ed è nota per la varietà delle sue torri. Trovandosi su un pendio e lungo l’unico snodo che attraversava la valle del Rodano, in passato controllava le vie di comunicazione tra Briga e Sion. Quando nella prima metà del secolo XIX fu inaugurata la strada attraverso il bosco di Finges, Leuk si trasformò in una tranquilla località; con le terme di Leukerbad, poste in posizione rialzata rispetto alla cittadina, è oggi un luogo ideale per rilassarsi. Da lontano la sua silhouette è segnata da numerose torri, tra le quali la cappella Ringacker, il vec -
“Da lontano la sua silhouette è segnata da numerose torri, tra le quali la cappella Ringacker, il vecchio castello dei Vicedomini, oggi sede del municipio, e la torre parrocchiale non intonacata, uno degli esemplari più belli di campanili romanici del Vallese”.
chio castello dei Vicedomini, oggi sede del municipio, e la torre parrocchiale non intonacata, uno degli esemplari più belli di campanili romanici del Vallese.
In questo idilliaco scenario il campo a 18 buche del Golf Club Leuk è stato progettato dallo scozzese John Chilver-Stainer. L’intero percorso, in particolare i green, è stato modellato nello stile dei classici “link golf course” scozzesi. Il campo da golf Links Leuk è infatti unico nel suo genere in Svizzera e la pratica sui campi link è complicata soprattutto da venti forti e inaspettatamente mutevoli, ma anche dai fairway molto veloci e spesso ondulati a causa del terre -
148 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
HOTELLERIE / GOLF CLUB LEUK
no duro e sabbioso che fanno rimbalzare la pallina in modo incontrollabile. Inoltre, un percorso links si caratterizza per i suoi bunker di sabbia profonda, il rough denso e i suoi green duri e veloci. Il campo da golf è stato inaugurato nel 2002 con il nome di Golf Club Leuk e alla fine del 2019, accanto alla nuova club house, è stato costruito un hotel a quattro stelle. Le 18 camere spaziose offrono una vista sui green e sulle montagne del Vallese. L’infrastruttura è ideale per eventi, brevi soggiorni ed escursioni sportive. L’offerta di specialità à la carte e le proposte stagionali settimanali del nuovo ristorante costituiscono
una delizia gastronomica aperta a tutti gli ospiti. La lista dei vini non lascia nulla a desiderare. Nella cantina sono a disposizione dei clienti i migliori vini del Vallese affiancati a pregiati vini italiani. Con il suo arredamento moderno, le ampie finestre e la soleggiata terrazza panoramica con vista sul campo da golf, il ristorante propone non solo un’esperienza per il palato ma anche un ambiente particolarmente piacevole. Il pro shop del club fa battere forte il cuore dei golfisti. Le proposte di noti produttori come Chervò, Foot Joy, Oakley, PeakPerformance, Titleist, UVEX, Wilson soddisfano ogni tipo di richiesta. Il Pro Shop comprende inoltre un’ampia selezione di prodotti legati al golf. Palline, mazze, borse, scarpe, abbigliamento, golf cart e altri articoli fanno parte dell’assortimento immediatamente disponibile. È inoltre possibile ordinare riparazioni delle mazze, cambi di impugnatura o altri specifici servizi presso il Pro Shop.
149 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 HOTELLERIE / GOLF CLUB LEUK
BENESSERE e LONGEVITÀ
LA CITTÀ DI MERANO È UNA
META AMBITA IN OGNI PERIODO DELL’ANNO, CON I FAMOSI
MERCATINI DI NATALE, LA CORSA
DEI CAVALLI DEL GRAND PRIX,
IL MERAN WINEFESTIVAL, OLTRE
AD ATTRAZIONI COME LE PISTE
DA SCI DELLA VICINA MERANO
2000 E I RIGOGLIOSI GIARDINI
DI CASTEL TRAUTTMANSDORFF. NON MANCANO POI LE OASI
LEGATE AL BENESSERE E ALLA LONGEVITÀ.
DI PAOLA CHIERICATI
All’interno di questo contesto dal sapore molto sportivo e salutista (sono numerosi i runner e i biker che al mattino e alla sera corrono per la città alla ricerca del benessere), si situa Villa Eden, che da oltre 40 anni coniuga perfettamente il desiderio di trascorrere una vacanza con la necessità di stabilire un equilibrio virtuoso tra corpo e mente. Specializzata in medicina preventiva e longevità, il percorso che si intraprende entrando in questo luogo magico e accogliente, è un viaggio personale verso la rigenera-
zione e una bellezza che parte anche dalla nostra interiorità. Qualunque sia la tematica da affrontare, qui troviamo tutte le competenze per garantire l’ottenimento dei risultati. La storia di Villa Eden inizia nel 1982, quando il padre della titolare Angelika Schmid, Karl Schmid, ebbe la visione di trasformare un’elegante villa privata nella prima “Beauty Farm” italiana. La successiva partecipazione di Henri Chenot (a sua volta pioniere del nutrizionismo e guru delle diete detox) al progetto, confermò il successo di questo centro innovativo. Dal 1993 Angelika porta avanti lo sviluppo di Villa Eden, trasformandola in uno dei Retreat Hotel 5 stelle Superior più esclusivi al mondo, basti pensare che a maggio di quest’anno gli sono state assegnate 2 Chiavi dalla nuova Guida Michelin per gli hotel: «I nostri ospiti - afferma Angelika Schmid - sono tendenzialmente fidelizzati e il tempo medio della loro permanenza è di una settimana. Siamo
150 HOTELLERIE / VILLA EDEN
fequentati da una cliente italiana, tedesca, svizzera e internazionale per beneficiare dei trattamenti nutrizionali ed estetici ma anche per godersi il meritato riposo e per il piacere della cucina salutare». Con sole 25 suite riservate agli adulti per un massimo di 45 ospiti e con 80 collaboratori, Villa Eden offre un’innovativa ristorazione, eccellenti trattamenti di benessere e bellezza e un’equipe medica competente. Fin dalle sue origini, ha posto l’ospite e le sue esigenze al centro della sua filosofia, offrendo servizi all’avanguardia e trattamenti di ultima generazione. I percorsi elaborati dagli esperti della salute del Leading Hotel of the World sono creati per un futuro basato sulla serenità e su un vibrante senso di benessere. Si parte dalla ristorazione dell’Eden’s Park Restaurant che la sera nella Tasting Room by Marcello Corrado serve una cucina gourmet sana che utilizza prodotti freschi e di alta qualità, cucinati in modo leggero, grazie al giovane chef Marcello Corrado, napoletano di origini, che spera a buona ragione di riconquistare la Stella Michelin come fu all’Osteria Perillà di Siena. Il premiato Longevity Medical & SPA Centre dell’hotel è invece riconosciuto come uno dei principali
centri medicali in Europa. Tra i trattamenti più caratteristici: il check up epigenetico, lo scrub iodato, il trattamento corpo calco, il detossicante nutriente, il trattamento per allenare e rinnovare le cellule del corpo “cellgym”, la stimolazione dei punti chakra, il touch for health, fino alle iniezioni intravenose di un complesso multivitaminico personalizzato. Incontrare poi il Dott. Emanuele De Nobili, che ricopre da più di dieci anni il ruolo di direttore sanitario del Longevity Medical Center, esperto in medicina anti-aging così come in dietetica e nutrizione, significa risvegliare in sé il desiderio di mettere a punto, o riprendere in mano, la propria salute. Sono tantissime le personalità del mondo dello spettacolo, della politica e dell’imprenditoria internazionale che hanno cercato in questo luogo una soluzione per migliorare il loro benessere, come gli sportivi Diego Armando Maradona, Francesco Moser e Adriano Panatta.
Sono oltre cento i ritratti ap -
pesi nella wall of fame di Villa Eden e tra i volti dello star system internazionale spiccano invece quelli di Barbra Streisand e Josh Brolin, ma non mancano Eros Ramazzotti, Lucio Dalla e Luciano Pavarotti, solo per citarne alcuni. Ho avuto modo di soggiornare proprio nella Pavarotti Junior Suite, di ben 60 mq, in stile Belle Époque ma con moderni e sofisticati arredi del design italiano, affacciata sul parco e sulla Val D’Adige. Qui il famoso tenore ha cercato a sua volta il raggiungimento di un suo equilibrio psico fisico. Per completare le diverse proposte salutiste non mancano comuque i prodotti della tenuta vinicola Castello Rametz, da generazioni di proprietà della famiglia Schmid, situata nelle vicinanze del noto giardino botanico di Merano. Nel Museo del Vino sono esposti attrezzi utilizzati un tempo per la viticultura, raccolti e restaurati con cura. Perché non dobbiamo dimenticare, come cita la tenuta nella sua presentazione che “una bottiglia di vino contiene più filosofia di tutti i libri del mondo”.
VILLA EDEN
Via Winkel 68-70 39012 Merano +39 0473 236583 www.villa-eden.com
151 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
Aspettando PARIGI
IL MONDO INTERO ATTENDE LA CERIMONIA
DI APERTURA DEI GIOCHI OLIMPICI DI PARIGI 2024. PER INIZIARE IL CONTO ALLA ROVESCIA VERSO QUESTO STORICO EVENTO, OMEGA, CRONOMETRISTA
UFFICIALE, HA LANCIATO UN NUOVISSIMO
SEGNATEMPO CON UN TOCCO D’ORO. IL SEAMASTER DIVER 300M “PARIS 2024” SPECIAL EDITION È STATO REALIZZATO COME OMAGGIO ESCLUSIVO
AI GIOCHI DELLA XXXIII OLIMPIADE ED È
DISPONIBILE A LUGANO PRESSO LA BOUTIQUE TOURBILLON IN VIA NASSA 3.
IGiochi Olimpici segneranno la 31a edizione nella storia di OMEGA come Cronometrista Ufficiale, ruolo che l’azienda ricopre dal 1932. L’orologio è realizzato in acciaio inossidabile e oro Moonshine™ 18K,
una lega di oro giallo di proprietà di OMEGA che offre una tonalità più tenue e un’elevata resistenza alla perdita di intensità cromatica e brillantezza. Come segnatempo dei Giochi Olimpici, l’uso dell’oro è un elemento essenziale, che ricorda le ambite
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medaglie a cui ogni atleta aspira. L’oro è stato utilizzato per la lunetta dell’orologio, che presenta una scala subacquea al laser in rilievo positivo e un singolo punto di Super-LumiNova a ore 12. Il quadrante inciso al laser offre un look accattivante. Realizzato in ceramica bianca, presenta una finitura opaca con onde lucide in rilievo. Sul datario a ore 6, OMEGA ha sapientemente utilizzato la tipografia di Parigi 2024 per incidere i numeri in nero, mentre la lancetta centrale dei secondi reca un piccolo, ma visibile, emblema di Parigi 2024. Il fondello commemorativo rivela un medaglione in oro Moonshine™ 18 carati intarsiato, con l’emblema di Parigi 2024, lucidato su uno sfondo ablato al laser. Il tutto è completato dalla scritta “Paris 2024” e dagli iconici Anelli Olimpici in acciaio inossidabile lucidati su una struttura smerigliata.
L’orologio è disponibile con un bracciale in acciaio inossidabile con il nuovo sistema Quick Change brevettato da OMEGA, che consente di sostituirlo facilmente con un cin-
“I Giochi Olimpici segneranno la 31a edizione nella storia di OMEGA come Cronometrista Ufficiale, ruolo che l’azienda ricopre dal 1932”.
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turino in gomma (Quick Change) nei colori blu, bianco o rosso, o addirittura con uno dei cinturini NATO dedicati a Parigi 2024. Naturalmente, nello spirito dell’eccellenza sportiva, il Seamaster Diver 300M rispetta i più alti standard di precisione e prestazioni. All’intero dell’orologio, il calibro Master Chronometer 8800 è stato testato e certifi -
Federale Svizzero di Metrologia (METAS) per soddisfare un rigoroso livello di qualità. I Giochi Olimpici di Parigi 2024 inizieranno il 26 luglio 2024. In qualità di Cronometrista Ufficiale, OMEGA ha trascorso oltre 90 anni a sviluppare e migliorare le più importanti tecnologie di misurazione sportiva, registrando i sogni dei mi -
gliori atleti del mondo. Il marchio attende con impazienza la prossima emozionante edizione, in cui verranno indubbiamente immortalati altri grandi momenti nel tempo.
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cato dall’Istituto
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Tisettanta Showroom, via Fatebenefratelli 3 - Milano www.tisettanta.com TAILOR-MADE ATTITUDE.
49 anni e non li dimostra
GIRARD-PERREGAUX
HA PRESENTATO UNA NUOVA DECLINAZIONE DELL’ICONICO
OROLOGIO LAUREATO
CHRONOGRAPH TI49 CHE HA
FATTO LA SUA COMPARSA
SULLA SCENA OROLOGIERA NEL 1975. L’EVENTO SI È SVOLTO
PRESSO BUCHERER LUGANO IN COLLABORAZIONE CON LA BOUTIQUE ZEGNA, CHE NELL’OCCASIONE HA PRESENTATO
LA NUOVA COLLEZIONE DI ABITI PER UOMO.
Il Laureato Chronograph Ti49 coniuga l’intricato design della cassa con l’ambitissimo titanio grado 5. È la prima volta che questa lega viene utilizzata per un modello della collezione Laureato: è costituita da quasi il 90% di titanio, il 6% di alluminio e il 4% vanadio otre a piccole tracce di ferro e ossigeno. È leggera, forte, rigida, resistente alla corrosione, non magnetica e ipoallergenica, tutte caratteristiche molto utili in orologeria. Un ulteriore vantaggio dell’uso di
questa particolare forma di lega di titanio è che può essere lucidata fino a ottenere una straordinaria lucentezza, una dote che Girard-Perregaux ha splendidamente sfruttato nel suo ultimo modello, il Laureato Chronograph Ti49.
Il titanio grado 5, da non confondere con tipi di titanio più economici, è difficile e costoso da lavorare; tuttavia, in linea con l’orologeria di pregio, i vantaggi per l’utente giustificano questi sforzi. Per questo motivo, un numero crescente di brand orologieri si riferiscono oggi a questa lega con lo stesso tono reverenziale adottato per i metalli nobili come l’oro e il platino. Paradossalmente, la cassa e il bracciale che ne risultano hanno
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un aspetto caldo e al contempo straordinariamente fresco.
Presentato per la prima volta nel 1975, il ‘Laureato’ si chiamava inizialmente ‘Quartz Chronometer’. Tuttavia, in Italia, il mercato più importante all’epoca per Girard-Perregaux, il modello è diventato subito celebre tra i collezionisti con il nome di “Laureato della scuola di Girard-Perregaux”. Questo appellativo affettuoso è stato un riconoscimento per il successo del modello e della sua straordinaria precisione. Il nome è stato poi adottato dalla Maison. E, casualmente, la lunetta ottagonale poggia sopra la cassa come una corona di alloro sopra la testa di un laureato.
Il Laureato Chronograph Ti49 è alloggiato in una cassa da 42 mm e adotta lo stesso iconico linguaggio progettuale del modello inaugurale del 1975. La lunetta ottagonale poggia su un anello circolare a sua volta
posta su una cassa di forma tonneau. L’elaborato profilo della cassa interagisce liberamente con la luce grazie ai molti angoli e sfaccettature, creando zone di luminosità e ombra. Naturalmente, la storica complessità insita nella realizzazione della cassa, della lunetta e del bracciale del Laureato è ulteriormente accresciuta dal titanio grado 5 utilizzato per questo cronografo di ultima generazione. La tonalità di questa ambita lega conferisce un aspetto caldo. Inoltre, utilizzando il titanio grado 5, Girard-Perregaux è anche riuscita a dotare il Laureato Chronograph Ti49 di raffinate finiture a contrasto: superfici satinate si contrappongono ad altre lucide. L’anello circolare, i bordi della cassa splendidamente definiti, i pulsanti del cronografo e le maglie centrali del bracciale hanno una finitura luccicante. La Manifattura ha cercato di accentuare la tonalità grigia del titanio adottando una paletta di sfumature monocromatiche. Il quadrante è grigio, impreziosito da un motivo Clous de Paris, una caratteristica che non man -
cherà di affascinare gli amanti del brand. Le lancette di ore e minuti a bastone PVD grigio sono abbinate a indici a bastone coordinati. Lancette e indici sono rivestiti di materiale luminescente bianco ed emettono un bagliore bianco in condizioni di luce scarsa.
Sul quadrante testurizzato sono disposti tre contatori con motivo a chiocciola: un contatore 30 minuti e un contatore 12 ore del cronografo e l’indicazione dei piccoli secondi. Il datario tra le ore 4 e 5 completa l’elenco delle funzioni. Logo GP, nome, minuteria e gli indici intorno ai contatori, tutti bianchi, contrastano splendidamente con il quadrante grigio e migliorano la leggibilità. All’interno del leggero involucro del Laureato Chronograph Ti49, è alloggiato il Calibro di Manifattura GP03300. Questo movimento a carica automatica con 419 componenti presenta splendide finiture. È ornato da diverse forme di decorazione, tra cui ‘Côtes de Genève’, sia in forma circolare che diritta, perlage, finitura satinata, smussatura, lucidatura a specchio, decorazione a chiocciola, incisioni e finitura soleil ed è dotato di viti azzurrate. Tutte le decorazioni sono eseguita con maestria dai talentuosi artigiani e orologiai della Maison.
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Il lusso sposa il fascino e la bellezza
DAMIANI, IL MARCHIO DI ALTA GIOIELLERIA CHE QUEST’ANNO
CELEBRA IL PROPRIO CENTENARIO, HA ANNUNCIATO CHE SARÀ
JESSICA CHASTAIN LA SUA NUOVA GLOBAL BRAND AMBASSADOR E LA PROTAGONISTA DELLA NUOVA CAMPAGNA ADV GLOBALE, PROGRAMMATA A PARTIRE DALL’ESTATE 2024.
Questa scelta rafforza ulteriormente la volontà di testimoniare l’iconicità e l’unicità del brand nel segmento del lusso e rappresenta un’ulteriore conferma dell’ottimo momento che sta attraversando a livello globale, come dimostrano i numerosi investimenti strategici in diversi ambiti aziendali.
Jessica Chastain e Silvia Damiani si sono conosciute durante una visita dell’attrice a Murano, alla fornace di Venini, brand di proprietà del Gruppo Damiani. Il rapporto fra la famiglia a capo della Maison del lusso e l’attrice si è poi naturalmente evoluto e approfondito, tanto da eleggere Jessica a madrina della serata per la celebrazione del centesimo anniversario di Damiani, tenutasi a Milano lo scorso 14 marzo.
Jessica Chastain è il volto perfetto per incarnare i valori di brand: è un’artista versatile e una donna consapevole, con una personalità sofisticata ed elegante, che condivide alcuni tratti caratteristici dell’identità di Damiani, come passione, creatività e famiglia. L’attrice manifesta costantemente il suo amore per l’Italia, a cui è particolarmente vicina per motivi personali e affettivi, e da sempre dimostra un interesse genuino e vero per la nostra cultura, a cui anche Damiani è particolarmente legato,
facendosi ambasciatore del Bel Paese nel mondo. Non stupisce, quindi, la scelta del brand di averla come volto del proprio stile a livello globale.
Jessica Chastain è attrice e produttrice statunitense acclamata dalla critica, molto apprezzata per le sue performance in film di grande successo.
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Nel 2022 ha vinto l’Oscar come migliore attrice protagonista per il suo ruolo ne “Gli occhi di Tammy Faye”. Ha ricevuto moltissimi altri premi, tra cui il Golden Globe come migliore attrice per la sua partecipazione in “Zero Dark Thirty”. La straordinaria abilità di interpretare una vasta gamma di personaggi, unita al fascino magneti co e alla grande presenza scenica sullo schermo, l’ha resa una delle attri ci più rispettate, ricercate e premiate di Hollywood. Guido Damiani, Presidente del Gruppo Damiani, ha dichiarato: «È per noi un onore accogliere Jessica nella nostra famiglia. Le sue grandi doti come at trice e come persona so no note a tutti, ma la no stra è anche una scelta di
cuore. Jessica è una donna so fisticata, impegnata e acclama ta e, prima di tutto, è autentica e fedele ai propri valori – pro prio come noi. Insieme sono sicuro faremo grandi cose e raggiungeremo nuovi importanti obiettivi». Fondata nel 1924 a Valenza, Damiani è una Maison di gioielleria italiana divenuta nota in tutto il mondo per l’eccellenza delle proprie creazioni: un gioiello Damia ni è un’opera unica, realizzata a mano da sapienti maestri orafi, che si caratterizza per il design esclusivo, la grande attenzione ai dettagli, l’eccellente qualità delle gemme. I segreti di questo affascinante mestie -
re si tramandano, di generazione in generazione, dal fondatore Enrico Damiani a suo figlio Damiano, e successivamente ai nipoti Guido, Silvia e Giorgio che ora guidano l’azienda interpretando i profondi valori di questa storica e preziosa eredità con uno sguardo sempre volto al futuro. Il marchio è presente con boutique monomarca nelle migliori capitali del lusso e della cultura, tra le quali Milano, Roma, Londra, Parigi, Dubai, Tokyo, Pechino, Shanghai e Seul ed è inoltre distribuito nei più importanti department stores e negozi multimarca del mondo.
PERFETTO EQUILIBRIO TRA ELEGANZA E RAFFINATEZZA
Nell’anno in cui ricorre il centesimo anno di attività, Damiani ha dato vita a una linea di splendidi orologi Mimosa, resi ancora più accattivanti e contemporanei grazie all’utilizzo del colore nel quadrante e nel cinturino in satin. Uniche e irripetibili, queste creazioni esaltano con la loro bellezza l’iconica lavorazione che contraddistingue la collezione, denominata “caos apparente”. Per creare questo effetto, gli abili maestri orafi valenzani posizionano manualmente i castoni in oro che abbracciano gemme di dimensioni e tagli diversi, donando al design dinamismo e personalità. Dal punto di vista tecnico, questi orologi si distinguono per la suprema precisione del loro movimento al quarzo,
garantita da esperti orologiai svizzeri che rispettano gli standard elevatissimi di qualità richiesti dalla Maison. I nuovi orologi Mimosa sono disponibili in due versioni e in un’ampia gamma di colori, che spazia dai toni classici del nero, del cioccolato e del blu fino alle nuance più inconsuete del rosso fuoco e verde bottiglia: con quadrante soleillé da 32 mm, impreziosito da due file di diamanti per un totale di 3,44 carati e con quadrante pavé da 32 mm, impreziosito da due file di diamanti per un totale di 4,03 carati. Queste nuove proposte si aggiungono ai magnifici orologi-bracciale che incantano con la ricchezza e la complessità della loro preziosa manifattura.
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Ispirato ALL’IMPOSSIBILE
LA COLLEZIONE ASTRONOMIA HA SPINTO JACOB & CO AL CENTRO
DELL’ALTA OROLOGERIA INDIPENDENTE E TOTALMENTE CREATIVA. ANDANDO OLTRE I LIMITI DELLA TECNICA, QUESTO SEGNATEMPO PRESENTA LE ORE E I MINUTI SU UN QUADRANTE ZODIACALE, COMPLETATO DA UN TOURBILLON, IL TUTTO AZIONATO DA UN MOVIMENTO DOPPIAMENTE BREVETTATO CHE FA RUOTARE UN PLANETARIO COMPOSTO DA PIANETI DI GEMME FINEMENTE CESELLATE. UNICO, ONIRICO ED ESCLUSIVO.
Nel corso del tempo, i regolatori furono adattati agli orologi da tasca e da polso.
Con il regolatore Astronomia, Jacob & Co. ha scelto di far rivivere l’abilità meccanica rappresentata da un
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regolatore, apportando allo stesso tempo un tocco unico all’indicazione separata di ore, minuti e secondi.
Astronomia è il risultato dell’esperienza di Jacob & Co. nel campo dei movimenti dei tourbillon verticali e
rotanti. Nel 2016, l’Astronomia Tourbillon ha svelato la sua architettura rivoluzionaria: un movimento costruito come una giostra, con diversi satelliti che ruotano attorno a un unico asse centrale e su sé stes -
si. Questi satelliti portano ciascuno una complicazione, incluso un tourbillon multiasse sospeso e volante. La sua velocità di rotazione era inizialmente fissata a 20 minuti, ma l’idea era sempre quella di accelerarla per aumentare la spettacolarità e la precisione del movimento. Nel 2023, Jacob & Co. ha lanciato l’Astronomia Revolution, la cui velocità di rotazione era di un giro al minuto, e il cui sviluppo ha richiesto anni di lavoro. Astronomia è dotato del calibro JCAM56, di concezione completamente nuova, È composto da un totale di 552 componenti, molto più della media dei movimenti di alta orologeria. Integrato nella piattaforma verticale dispone di un secondo asse di rotazione, anch’essa compiuta in un minuto. Si tratta quindi di un tourbillon volante a due assi. Gli altri due bracci sono dedicati alla visualizzazione dell’ora. Uno dei quadranti mostra i minuti, l’altro le ore. Entrambi sono realizzati in un materiale blu, traslucido e leggero. Attaccati alla piattaforma, anche questi quadranti ruotano in un minuto. Se lasciati a sé stessi, la rotazione li renderebbe illeggibili per la maggior parte del tempo, ma per evitare cioè l’orologio utilizza un dispositivo differenziale: questo sistema meccanico fa girare i quadranti nella direzione opposta al movimento, esattamente alla stessa velocità, mantenendoli sempre dritti. Astronomia ha dunque due sistemi differenziali, uno per ciascun quadrante secondario. Con un diametro di 43 mm e uno spessore di 18 mm, la cassa in oro rosa è della dimensione ideale per il polso. Il tutto costituisce solo una semplice cornice che sostiene due grandi sezioni di zaffiro trasparente. Il primo è il vetro curvo. L’altro è un anello che occupa tutta la carrure.
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Quando i capolavori sposano i brand
IN TICINO ELISABETTA TREGGIARI DI IBC È UNA FIGURA CHE
RAPPRESENTA UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI REALTÀ INTERNAZIONALI
DEL LICENSING, CON PARTNER A MILANO, NEW YORK, LOS ANGELES, DETROIT, HONG KONG, CINA E DUBAI.
DI VALENTINO ODORICO
Nella moda, nel design e in molti altri ambiti spesso vengono utilizzate opere d’arte presenti in vari musei: tele, disegni, loghi e nomi sono riprodotti per le stampe e la progettazione di capsule collection. In svariati progetti di partnership tra diverse realtà, c’è un
“Siamo stati tra i primi a intraprendere questa strada, felici di vedere il successo di queste partnership che portano la cultura e la bellezza dell’arte nella vita delle persone e sono distribuite in tutto il mondo”.
mondo fatto di diritti d’uso, licenze e di un lavoro che cura e gestisce proprio questo aspetto; ecco che dietro ad abiti, ombrelli, orologi, profumi o altro, l’uso di immagini celebri deve essere coordinato nel rispetto di alcune norme.
Il suo è un lavoro poco conosciuto: in cosa consiste?
«Il licensing è una strategia di impresa per la proprietà di un brand che vuole aumentarne la notorietà e la diffusione. Dall’altro lato è un’ottima strategia per un’azienda che vuole farsi conoscere e accelerare il successo delle sue collezioni. Il licensing si può usare anche tatticamente per dare una connotazione immediatamente riconoscibile a una capsule o per raggiungere e testare target nuovi. Queste licenze vengono chiamate anche partnership o collab».
In quali segmenti opera? «Si può applicare a qualunque brand o elemento di notorietà che sia connotante e registrato dal suo proprietario o inventore. Penso a CocaCola, ai Brand delle squadre di calcio, a tutte le maison che lo utilizzano per i loro profumi, per le loro calzature e per tutti quei prodotti che non fanno parte del loro know-how. Con questo tipo di partnership la proprietà affida il proprio brand ad un’azienda specializzata in quel settore per portare avanti il progetto di una nuova linea. L’azienda, grazie alla notorietà del brand, avrà la possibilità di aumentare il suo successo e la sua notorietà e riconoscerà alla proprietà delle royalties.
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Come nascono le partnership?
«Può essere l’azienda che ci chiede la ricerca di un progetto strategico per una loro nuova collezione, oppure il dentatore dei diritti che ci chiede di sviluppare un progetto di brand extension. Qui subentra l’importanza del nostro lavoro, che deve portare a identificare fino a quali prodotti ci si può ampliare senza perdere l’identità del proprio brand e quali siano le aziende giuste per la partnership».
Qualche progetto realizzato o in corso d’opera?
«Il nostro progetto che sta attualmente riscuotendo il maggior successo e di più ampio respiro in tut-
to il mondo è quello per il Getty Museum. Abbiamo realizzando una serie di licenze e collab per collezioni ispirate ai suoi capolavori. Siamo stati tra i primi a intraprendere questa strada, felici di vedere il successo di queste partnership che portano la cultura e la bellezza dell’arte nella vita delle persone e sono distribuite in tutto il mondo: le borse in ecopelle stampata, la home fragrances dedicata agli Iris di van Gogh e quella ai profumi del giardino della villa romana di Malibù, le sciarpe in lane pregiate, i foulard in seta, gli ombrelli a doppio telo con l’impugnatura in argento, le stilografi -
che in oro rosa, orologi e tanti altri prodotti esclusivi. Abbiamo iniziato anche un nuovo progetto dedicato al Codice Atlantico e ai disegni di Leonardo da Vinci per la Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Un patrimonio culturale di valore inestimabile che comprende i disegni delle sue macchine, i disegni di tutte le figure geometriche immaginabili, i famosi nodi vinciani e soprattutto la sua firma autentica che oggi è un marchio registrato: è appena stata lanciata in esclusiva nel mercato cinese una collezione molto raffinata realizzata da Jack&Jones che sta avendo grandissimo successo».
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Suggestiva, muscolare ed altamente tecnologica
LA CARROZZERIA PIÙ SPORTIVA SPOSA L’EVOLUTA MECCANICA CON SEI CILINDRI IN LINEA IBRIDO LEGGERO E RAFFINATO TELAIO A QUATTRO RUOTE STERZANTI: AGILE E MORDENTE IN PISTA, VELLUTATA IN AUTOSTRADA.
Coupé raffinata nella sua ultima evoluzione, chiamata a sostituire contemporaneamente le varianti a due porte di Classe C e Classe E, la nuova CLE nella speciale versione 53 AMG racchiude tutto il potenziale per accedere ad un’esperienza dinamica di notevole carattere. Incentrata su rendimento, prestazioni e temperamento del suo sei cilindri in linea a doppia sovralimentazione, ulteriormente potenziato e raffinato. Le attenzioni della divisione sportiva Mercedes si sono concentrate principalmente nell’estensione delle qualità di erogazione di questo già evoluto “straight-six”, modificandolo in numerosi particolari meccanici in aggiunta alla revisione del comparto di sovralimentazione. Quest’ultima, importante caratteristica viene affidata a due compressori, uno di tipo convenzionale a gas di scarico cui si aggiunge un secondo elemento ad azionamento elettrico per potenziare ulteriormente la portata d’aria ed eliminare ogni forma di ritardo di risposta. In aggiunta, il sistema ibrido leggero - costituito dal generatore/starter di seconda generazione a 48V - contribuisce anch’esso attivamente alla spinta aggiuntiva con una solida iniezione di cv e coppia, seppur per un tempo molto breve.
Così equipaggiata, la 53 AMG mette a disposizione straordinarie capacità di scatto e di ripresa, che trovano piena applicazione su strada attraverso trasmissione e sospensioni altrettanto affinati secondo la tradizione di eccellenza AMG. Il cambio è il doppia frizione Speedshift TCT, programmabile nella rapidità di funzionamento e capace di accettare non solo scalate multiple di marcia ma pure innesti manuali pressoché istantanei attraverso le palette in metallo al volante. La trazione AMG 4Matic+ aggiunge la regolazione continua permanente della ripartizione di coppia tra i due assali, in funzione di stile di guida e programma di marcia selezionato, mentre le sospensioni adattano in continuo lo smorzamento permettendo di selezionare tre tarature differenti di partenza. A questo si aggiungono le svariate personalizzazioni di risposta delle componenti meccaniche, a seconda che ci si trovi assorbiti dal comfort di viaggio piuttosto che impegnati in pista. Meritano poi attenzione anche lo sterzo dotato di ben tre profili di risposta, nonché le quattro ruote sterzanti per aggiungere maneggevolezza nello stretto e stabilità sul veloce. A sottolineare come si conviene tutte queste tecnologie provvede il design altamente ricercato, espressivo
ed aggressivo per distinguere come merita la 53 AMG. Spicca il cofano motore corredato delle caratteristiche nervature longitudinali in combinazione alla mascherina con inclinazione rovesciata (“shark nose”), mentre di profilo si fanno notare gli sfoghi d’aria laterali prima delle portiere che sottolineano ed arricchiscono il profilo più accentuato dei passaruota: le carreggiate sono infatti nettamente maggiorate rispetto al modello standard, fino a ben 75 mm al posteriore.
Altamente personalizzato l’abitacolo, nello stile dinamico e funzionale AMG che combina materiali esclusivi con il sistema di infotainment MBUX di ultima generazione. Caratterizzato dal cruscotto digitale da 12,3 pollici e dallo schermo centrale da 11,9 pollici in un formato verticale e rivolto verso il conducente. I sedili anteriori a guscio adottano la conformazione a guscio e sono rivestiti in pelle Artico/Microcut con impunture rosse a contrasto, in armonia con le cinture di sicurezza rosse e le finiture in carbonio lucido; a personalizzare l’atmosfera di bordo provvede l’illuminazione ambientale dinamica a 64 colori.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG CLE 53 4MATIC+ COUPÉ
Motore 6 cilindri in linea*
Cilindrata 2’999 cm3
Carburante Benzina
Potenza max. 449 cv (330 kW) + 23 cv (17 kW)
Coppia max. 560 Nm** + 205 Nm
Velocità max. 250/270 km/h
Accelerazione 0-100 km/h 4,2 secondi
Capacità serbatoio
76 litri
Peso totale 1.905 kg Trazione Integrale
*con turbo, compressore elettrico e sistema ibrido leggero a 48V
**600 Nm modalità overboost
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Mito intramontabile
LA NUOVA BERLINETTA DUE POSTI FERRARI SI CHIAMA COME IL MOTORE CHE LA MUOVE, UN 12 CILINDRI DA 830 CAVALLI CHE FA 0-100 IN 2,9 SECONDI FINO A UNA VELOCITÀ MASSIMA DI OLTRE 340 KM ORARI. SENZA NESSUNA FORMA DI ELETTRIFICAZIONE.
Un motore iconico
Da 75 anni Ferrari produce propulsori V12 che hanno vinto campionati del mondo, incantato i proprietari, alimentato le auto più veloci del mondo e sono diventati la massima espressione del motore a combustione interna. V12 è la configurazione del motore più famosa della Casa di Maranello,
segno distintivo di tante delle sue più grandi vetture. Dopo la seconda guerra mondiale, Enzo Ferrari iniziò a lavorare sapendo che la motorizzazione V12 sarebbe stata adatta per le monoposto e le auto sportive da corsa, e perfetta per le gran turismo, vista la grande versatilità che offriva. Il suo V12 di concezione completamente nuova debuttò nel 1947 sulla sportiva da corsa 125 S, la prima vettura Ferrari, vincendo sei gare su tredici. Sovralimentato da un compressore, è stato il propulsore della prima Ferrari di Formula 1, la 125 F1 del 1948. L’anno successivo furono introdotti i doppi alberi a camme in testa, la prima di numerose modifiche. Alcune delle più rinomate vetture
Ferrari hanno utilizzato il V12, tra cui la 250 GT Berlinetta a passo corto del 1959, la Ferrari 250 GTO del 1962 e la 365 GTB4 Daytona del 1968. È sicuramente il motore V12 più noto e più longevo della storia.
166 AUTO / FERRARI 12CILINDRI
Potenza straordinaria
Il propulsore eroga una potenza di 830 CV a 9.500 giri/minuto, migliorando ulteriormente i dati precedenti per questo tipo di unità. Partendo dalla 812 Competizione, Ferrari ha ridotto peso e inerzia dei componenti, con l’utilizzo di bielle in titanio ma anche una lega di alluminio per i pistoni e del DLC (diamond-like carbon) per abbassare anche il coefficiente di attrito al fine di massimizzare il rendimento del motore. Questa versione dell’aspirato del Cavallino vanta anche un nuovo software per la gestione della coppia, che viene modificata a seconda della marcia inserita, per una spinta lineare e progressiva. Il nuovo ATS, Aspirated Torque Shaping, consente di controllare elettronicamente il passaggio di coppia tra terza e quarta marcia, senza perdere l’accelerazione e enfatizzando il piacere di guida. Riguardo ai dati tecnici e prestazioni, accanto agli 830 CV di potenza massima c’è una coppia di 678 Nm a 7250 giri/min per uno scatto da 0 a 100 km/h che si consuma in 2,9 secondi (0-200 in 7,9 secondi) e una velocità massima superiore ai 340 km/h. Il tutto abbinato al cambio a doppia frizione (DCT) e otto rapporti, con tempi di cambiata ridotti del 30% rispetto alle altre applicazioni analoghe nella gamma del Cavallino.
Design esterno
La Ferrari 12Cilindri tuttavia non nasce per celebrare il passato e non incarna in alcun modo un ap -
proccio nostalgico ma anzi ha un animo che guarda al futuro, specialmente nello stile. La nuova vettura porta dunque in dote un linguaggio stilistico frutto di una trasformazione radicale, con forme che portano la silhouette della vettura ad essere il risultato di un’intersezione di volumi, dove funzionalità e pulizia sono importantissime. I parafanghi sono più prominenti e muscolosi, con la parte anteriore che è caratterizzata da una fascia avvolgente che integra i DLR, sottili come lame e su cui si appoggia il cofano, con una superficie levigata che trasmette grande pulizia delle linee, abbracciando tutto il frontale e trasmettendo un’immagine monolitica dell’avantreno che custodisce anche il V12.
“V12 è la configurazione del motore più famosa
della Casa di Maranello, segno distintivo di tante delle sue più grandi vetture”.
Gli interni
Entrando all’interno dell’abitacolo della Ferrari 12Cilindri, si nota subito come la plancia sia stata progettata seguendo un andamento su tre livelli, il primo nella parte superiore si va poi ad integrare nei pannelli delle portiere; poi c’è la zona centrale e infine quello che include i sedili. Aiutandosi con gli abbinamenti cromatici e materici, la nuova berlinetta ripropone lo schema con doppio cockpit, proposta dal Cavallino sulla Ferrari Roma e sulla Purosangue: lo spazio ha quindi un’impostazione simmetrica, con due moduli che ospitano pilota e passeggero. Al centro, il tunnel ricavato con un elemento sospeso è finemente decorato, con la presenza di un elemento in metallo ad Y in cui trova spazio il tipico cancelletto per la selezione delle modalità di marcia. Dietro al volante, la Ferrari 12Cilindri porta in dote un display da 15,6’’ con un’interfaccia HMI (Human Machine Interface) completamente nuova che
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aggiunge uno schermo touch centrale da 10,25’’ e uno ulteriore da 8,8’’ per il passeggero, coinvolto a pieno nell’esperienza di guida.
Aerodinamica con due ali Le due appendici aerodinamiche mobili della Ferrari 12Cilindri hanno due configurazioni, Low Drag (LD) e High Down Force (HD). Nel primo caso l’elemento è integrato nella scocca mentre sopra ai 60 km/h e fino ai 300 km/h le due alette si aprono generando il massimo carico verticale, lavorando insieme al nolder da 25 mm. Un ruolo centrale svolgono anche i pneumatici, sviluppati appositamente per questa vettura: si tratta di Michelin Pilot Sport S5 e Goodyear Eagle F1 Supersport con le misure specifiche 275/35ZR21 per l’anteriore e 315/35ZR21 al posteriore.
La nuova Ferrari 12Cilindri è lunga 4,73 metri e un passo di 2,70 metri, 20 mm in meno rispetto alla 812 Superfast, con un telaio completamente nuovo anche nei materiali per una rigidità torsionale maggiore con una riduzione al contempo del peso grazie all’utilizzo di un minor numero di componenti estrusi da assemblare.
Arriva anche la Spider
Per la prima volta poi la nuova Ferrari 12Cilindri debutta contemporaneamente sia nella versione tradizionale che in declinazione Spider, con l’RHT, Retractable Hard Top, che si apre e si chiude in circa 14 secondi a velocità fino a 50 km/h, con un aumento di peso di soli 60 km rispetto alla variante base.
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Al lancio, Maserati GranCabrio è disponibile nell’allestimento Trofeo, con il motore termico 6 cilindri Nettuno, un 3.0 litri twin turbo da 550 CV, inconfondibile cuore rombante delle vetture più performanti della gamma del Tridente. Le sue caratteristiche si uniscono ancora una volta a un comfort reale e ottimale per le lunghe percorrenze, oggi esaltati da una esperienza di guida en plein air, per godere appieno di tutta la bellezza del viaggio e delle prestazioni di una vettura eccezionale sotto tutti i punti di vista. La nuova convertibile del Tridente è 100% made in Italy e ripercorre le
orme di GranTurismo offrendo una nuova accattivante versione della “grand tourer” per antonomasia, senza rinunciare a lusso, prestazioni, comodità di guida e sportività. Il tetto è in tessuto, perfetto per occupare un ingombro minimo quando è riposto automaticamente nel bagagliaio - dove si nasconde in 14 secondi anche in movimento fino a 50 km/h - e lo spazio è garantito per quattro passeggeri: l’ideale per partire in compagnia o per viaggiare in solitaria con il vento tra i capelli, assaporando tutte le emozioni di una guida d’eccellenza e respirando lo stile italiano più autentico.
L’eleganza di Maserati GranCabrio è
percepibile e apprezzabile ancora di più dall’esterno, quando la capote è aperta e il rombo del motore è totalizzante. L’unione con la strada e il paesaggio è un’esperienza impareggiabile che solo la versione spyder di questa vettura protagonista di una storia di successo che prosegue da oltre sessant’anni può regalare: la variante cabrio della prima sportiva da strada firmata Maserati, la 3500 GT, fu presentata al Salone di Ginevra del 1959. L’ultima nata di Casa Maserati è un’auto di lusso che nella sua nuova veste decappottabile esalta i dettagli di stile e i materiali pregiati che contraddistinguono la produzione del Tridente, migliorando ulterior -
“L’attenzione al design e la passione per i particolari esclusivi nulla tolgono alla performance e al divertimento”.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MASERATI GRANCABRIO TROFEO
Lunghezza
4’966 mm
Larghezza, con specchi retrovisori laterali 2’113 mm
Larghezza, senza specchi retrovisori laterali 1’957 mm
Altezza 1’365 mm
Passo 2’929 mm
Capacità bagagliaio aperto/chiuso 172/131 litri
Capacità serbatoio 70 litri
Peso omologato 1’895 kg
Motore
Cilindrata
Coppia massima
Velocità massima
6 cilindri, V6 90°
2’992 cm3
650 Nm
316 km/h
0-100 km/h 3,6 secondi
0-200 km/h 12,2 secondi
Consumi (ciclo combinato) 10.601 litri per 100 km
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mente un viaggio all’insegna del piacere di guida più avvolgente, in totale armonia e fusione con il panorama e lo spirito da viaggiatore tipico del cliente GranCabrio. L’attenzione al design e la passione per i particolari esclusivi nulla tolgono alla performance e al divertimento; allo stesso modo la tecnologia è un elemento caratterizzante e dirompente, che si traduce nei migliori servizi di infotainment e di assistenza alla guida, garantendo sicurezza e intrattenimento al volante di una vettura che non accetta compromessi, complice ideale per infiniti viaggi scanditi dal miglior equilibrio tra approccio estetico e funzionalità senza eccessi. La “open air experience” è arricchita da un comfort termico e acustico notevole, con la capote disponibile in cinque colori azionabile attraverso il pulsante touch dal display centrale per un completo controllo in totale autonomia.
Per gli amanti della guida
all’aria aperta Maserati ha pensato a tutto; GranCabrio dispone dell’innovativo neck warmer, il sistema di serie dedicato al riscaldamento del collo per guidatore e passeggero con tre differenti livelli di intensità del soffio. Opzionale invece il wind stopper, utilizzabile con due passeggeri e ripiegabile manualmente: in caso di capote aperta impedisce il formarsi di turbolenze all’interno dell’abitacolo e permette inoltre di godere della migliore aerodinamica del veicolo. Nata in parallelo alla GranTurismo, la nuova GranCabrio è il risultato dell’incontro tra una efficienza impeccabile e la naturale bellezza di un’auto che nel tempo è rimasta fedele alla propria identità, regina di stile dalle proporzioni classiche tipiche delle vetture del marchio modenese ma al contempo all’avanguardia, custode di una meccanica best in class e di una tecnologia di ultima generazione. Gli interni nobili non tradiscono l’artigianalità distintiva dei prodotti della Casa italiana, enfatizzando il tipico “equilibrio dei contrasti” così come un lusso coraggioso e sempre contemporaneo, nella migliore tradizione delle vetture più iconiche del Tridente.
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AUTO / MASERATI GRANCABRIO
LA HALL DEL PALAZZO MANTEGAZZA Il tuo angolo di Paradiso
WELLNESS
The Longevity Suite
Piscina Mantapool di Ivana Gabrilo
Palestra Horizon Health Club
Estetica Ninfea di Manuela Walker
Fisioterapia Alexi Pagoulatos
LIFESTYLE
Ticino Welcome
Mistretta Coiffure
Disponibilità di un ampio parcheggio sotterraneo
RESTAURANTS
Ristorante Meta
Bistrot del Meta
Sala Eventi: Meta Events
BOUTIQUE
ASSOS Boutique Lugano
Roberto’s News and Cigars
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Tel. +41 (0)91 986 60 09 Hall.PM@mantegazza.ch seguici sui nostri social Riva Paradiso 2, CH-6900 Paradiso
Elegante e Superconfortevole
PRESENTATA LA G90 DI GENESIS, L’INTERPRETAZIONE PIÙ ICONICA
DEL LINGUAGGIO ESTETICO DELL’ATHLETIC ELEGANCE,
IL MARCHIO DI FABBRICA DEL BRAND AUTOMOBILISTICO COREANO.
NUOVI STANDARD DEFINITI DAGLI INTERNI GRAZIE ALL’ECCELLENZA
DEL DESIGN, AI TOCCHI ARTIGIANALI E ALLA TECNOLOGIA.
Caratterizzata da un comfort eccezionale e da una tecnologia modernissima, G90 è un modello progettato per migliorare l’esperienza premium di conducenti e passeggeri. La versione europea è disponibile in due lunghezze: a passo corto e a passo lungo. La versione di G90 a passo corto permetterà ai clienti di selezionare l’opzione a quattro o cinque posti. Dal punto di vista del lusso, la versione a passo lungo mette a disposizione 190 mm di spazio aggiuntivo per le
gambe passeggeri dei posti posteriori. Gli equipaggiamenti d’altissimo livello e all’avanguardia nei campi della tecnologia, del lusso e della sicurezza saranno di serie su tutti i modelli europei di G90. All’esterno, G90 presenta un ampio cofano a conchiglia in alluminio e i caratteristici fari con design a due linee, i più sottili mai visti su un modello Genesis, resi possibili dalla tecnologia Quad MLA (Micro-Lens-Array) per le unità anabbaglianti. L’audace calandra Crest, composta da due motivi G-Matrix sovrapposti per creare un effetto tridimensionale, unisce i fari per formare il caratteristico emblema alato di Genesis. Genesis ha progettato la sua ammiraglia G90 con una dotazione di livello eccezionale e caratteristiche di
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serie per presentare una vera e propria esperienza “tutto compreso”. Ai clienti non rimane che personalizzare i modelli selezionati con una manciata di semplici opzioni: varianti di G90 a quattro o cinque posti o G90 a quattro posti con passo lungo, dieci colori per gli esterni, cinque colori per gli interni e sei decorazioni degli interni.
La dotazione di entrambe le varianti comprende un modernissimo V6 turbo a benzina da 3,5 litri e una sovralimentazione elettrica da 48 V in grado di erogare una maggiore potenza e una reattività superiore. Con una potenza totale di 305 kW e
europea assicurando a G90 una guida straordinariamente fluida grazie alle sospensioni pneumatiche con camere multiple a tre modalità e alle sospensioni a controllo elettronico con Road Preview che sfruttano delle videocamere disposte nel senso di marcia per eseguire la scansione
“Ai clienti non rimane che personalizzare i modelli selezionati con una manciata di semplici opzioni: varianti di G90 a quattro posti o di G90 a quattro posti con passo lungo, dieci colori per gli esterni, cinque colori per gli interni e sei decorazioni degli interni”.
una coppia di 549 Nm, il motore di G90 è abbinato a un cambio automatico a otto rapporti di ottima concezione e ad una ricercata trazione integrale, che lavorano in armonia per garantire una fluidità di guida ineguagliabili. Grazie al selettore “shift-by-wire”, posizionato in modo che il guidatore possa prendere facilmente il controllo, G90 offre una transizione di marcia fluida. Gli ingegneri di Genesis hanno infatti svolto un accurato lavoro di messa a punto su strade europee per soddisfare le esigenze della clientela
del manto stradale. Inoltre, le ruote posteriori sterzanti migliorano la manovrabilità alle basse velocità aumentando anche la stabilità alle velocità più sostenute.
La G90 presta particolare attenzione al comfort e al benessere dei passeggeri del divanetto posteriore. Entrambe le versioni vantano un’affascinante gamma di funzionalità tecnologiche e per il comfort dedicate alla seconda fila, fra cui sedute e i poggiapiedi Ergo Motion con funzioni di riscaldamento, raffreddamento e massaggio, una coppia di
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touch screen da 10,2 pollici con Bluetooth indipendente e un touch screen da 8 pollici al bracciolo per gestire le modalità di climatizzazione, la posizione dei sedili, le impostazioni del massaggio, la posizione del parasole e l’illuminazione ambiente. Tra le novità di G90, Genesis ha presentato una serie di funzionalità uniche, come ad esempio il sistema di profumazione di bordo “Mood Curator” e il vano per la disinfezione con luce UV-C. È possibile notare l’utilizzo di materiali premium ovunque, fra cui la nuovissima e sostenibile essenza di legno Newspa-
per Crown e la finitura di legno Newspaper Stripe ottenuta dal riciclaggio della carta da macero.
digitale per accedere alle impostazioni personalizzate della posizione del sedile, dei contatti del telefono, dei punti di navigazione e anche del volume degli altoparlanti.
Infine, la G90 comprende una serie di funzioni di sicurezza all’avanguardia, fra cui Forward Collision-Avoidance Assist (sistema di assistenza per evitare la collisione frontale), airbag laterale centrale nel lato anteriore, Blind Spot View Monitor (monitoraggio dell’angolo cieco), Smart Cruise Control (controllo intelligente della velocità di crociera) con machine learning, Rear Blind-Spot Collision Avoidance Assist (assistenza anticollisioni nell’angolo cieco posteriore), Surround View Monitor (monitoraggio della vista a 360°) e Lane-Change Oncoming (avvicinamento del cambio corsia).
La dotazione di G90 comprende un impianto Bang & Olufsen a 23 altoparlanti progettato per integrarsi alla perfezione negli interni oltre ad offrire una qualità audio eccezionale. Per i passeggeri anteriori, il cosiddetto “Connected Car Integrated Cockpit” di Genesis combina un quadro strumenti da 12,3 pollici e un accattivante display panoramico da 12,3 pollici per l’infotainment. Come per altri modelli di Genesis, la dotazione di G90 è caratterizzata dall’autenticazione tramite impronta
Questa vettura, è proposta nel rispetto della consolidata filosofia Genesis che offre in ogni situazione un servizio al cliente a cinque stelle. Il marchio è infatti sinonimo di un’alternativa nuova ed emozionante nel settore della mobilità premium. Un Personal Assistant accompagna i clienti lungo ogni momento della relazione con Genesis, garantendo tra gli altri servizi un’assistenza H24, veicoli di cortesia sempre messi a disposizione, oppure continui e regolari aggiornamenti della mappa di navigazione, senza dimenticare la garanzia dell’assistenza completa di 5 anni o i modelli trasparenti di guida e finanziamento. E ancora, oltre a proporre test drive, accompagna la consegna di un nuovo veicolo con la manutenzione periodica o gli interventi in garanzia; inoltre, gestisce le operazioni di ritiro e restituzione del veicolo, ma anche di tutti gli altri aspetti per consentire ai clienti di viaggiare senza preoccuparsi della gestione della vettura.
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IL FUTURO DELLA FILANTROPIA INDIVIDUALE prospettive e scenari con l’intelligenza artificiale
INTERVISTA AD ELISA BORTOLUZZI DUBACH SULLE PROSPETTIVE
E GLI SCENARI CHE SI APRONO CON L’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE.
Perché ci sono cosi tante voci critiche sull’uso dell’intelligenza artificiale in filantropia? «Penso che l’uso dell’intelligenza artificiale per scopi filantropici, se utilizzata in modo proprio, possa portare a vantaggi significativi. Però l’impiego dell’IA richiede una conoscenza approfondita della tecnologia e il rispetto delle implicazioni etiche a essa connessa.
Alcuni critici sostengono che il suo uso in filantropia possa mancare di trasparenza, e rendere difficile per i potenziali beneficiari la comprensione di decisioni e distribuzione dei fondi.
Altri temono che i sistemi di intelligenza artificiale possano assimilare pregiudizi o discriminazioni inconsci presenti nei dati utilizzati per addestrare i modelli, portando così a decisioni ingiuste o discriminatorie. C’è anche chi ritiene che l’intelligenza artificiale possa arrivare a sostituire le interazioni umane e portare alla perdita di empatia e compassione nella filantropia, mentre gli specialisti temono che l’uso diffuso di questa tecnologia nelle attività filantropiche possa concentrare il potere de -
cisionale nelle mani di consulenti esperti, che fanno da filtro ai mecenati, riducendo la diversità di prospettive e impedendo la partecipazione di una varietà di stakeholders nella filantropia. Certo è che un suo uso indiscriminato comporta rischi di sicurezza e privacy, specialmente se i dati sensibili vengono utilizzati per addestrare i modelli di IA».
Trova che queste critiche siano ingiustificate?
«Sono convinta che non ci si possa opporre all’evoluzione tecnologica che l’intelligenza artificiale possa essere utile nella fase di ricerca e per il reperimento delle informazioni di dominio pubblico ma disperse in internet e nelle banche dati.
Non si tratta di controllare la sfera personale del potenziale mecenate, ma di reperire le informazioni già pubblicamente disponibili che altrimenti non saremmo in grado di raccogliere così velocemente. L’intelligenza artificiale può essere anche utile nella fase della prima compilazione della richiesta di contributo a un mecenate».
Per ciò che riguarda la sicurezza i timori sono infondati?
«Ritengo che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale richieda una formazione
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
preventiva atta a creare le basi per usare lo strumento con cognizione di causa. I rischi sono reali, e comprendono fra gli altri la vulnerabilità alla manipolazione. C’è il rischio, infatti, che i risultati ottenuti si possano utilizzare per compiere azioni dannose o fraudolente, come per esempio il furto di dati sensibili o la diffusione di informazioni false. Inoltre l’IA è in grado di elaborare una grandissima mole di dati personali, e ciò potrebbe ledere la privacy degli individui in oggetto, e diventerebbe anche difficile individuare eventuali responsabilità in caso di danni acquisiti. Concordo con Gray Scott, futurologo, che sostiene: “La vera domanda è: quando redigeremo una carta dei diritti sull’intelligenza artificiale? In cosa consisterà? E chi potrà deciderlo?”».
Qual benefici porta quindi a un filantropo l’uso dell’intelligenza virtuale?
«Può aiutare i filantropi e i loro consulenti a reperire velocemente informazioni dettagliate sulle organizzazioni non profit, ma anche su musei e teatri, e ad analizzare i dati per identificare non solo progetti in cerca di fondi, ma tematiche urgenti, aree scoperte che fanno fatica a essere supportate.
L’intelligenza artificiale può, in fase di analisi, velocizzare la raccolta dati per interventi di filantropia sistemica, tesi quindi non a sostenere un determinato progetto, ma a risolvere un problema in modo sostenibile.
L’IA può essere d’aiuto anche nel misurare l’efficacia delle attività filantropiche, per monitorare e valutare continuamente la bontà dei loro contributi e valutare l’impatto finale delle proprie elargizioni. Una delle sfide più importanti del momento è proprio il contenimento dello sperpero di investimenti filantropici».
In quale modo l’intelligenza artificiale può essere d’aiuto, invece, a un’organizzazione culturale o sociale per individuare un potenziale filantropo?
«Si sta lavorando per collegare i chatbot ad alcune banche dati già esistenti e non solo legate al mecenatismo, per riuscire a identificare, con l’uso di parole chiave, potenziali filantropi che si interessano di determinati temi, anche se questo potrebbe comportare una serie di problematiche legali, inerenti al possesso delle informazioni oltre che alla loro distribuzione. Inoltre, l’intelligenza artificiale collegata a informazioni di pubblico dominio su internet, può essere utilizzata per monitorare e analizzare il comportamento online e offline di potenziali mecenati, permettendo alle organizzazioni non profit di personalizzare in modo più efficace i loro approcci di raccolta fondi e coinvolgere in modo più mirato i filantropi che hanno una maggiore propensione a sostenerli. Tutto ciò può essere gestito creando interfacce all’uso dell’intelligenza artificiale che offrano una sorta di barriera fra chi usa questa tecnologia e il chatbot stesso, così da permettere di accedervi minimizzando i rischi per la sicurezza».
Ma tutto questo basta?
«Direi di no. Le informazioni identificate sono solo una base, ma quelle più importanti, che veramente permettono di far incontrare chi dona e chi chiede, richiedono la conoscenza personale, l’ascolto profondo. I software velocizzano la prima fase, ma non sostituiscono l’uomo».
In che modo l’intelligenza artificiale può essere d’aiuto nell’elaborare un documento per un filantropo in caso di richiesta di contributo?
“L’intelligenza artificiale può, in fase di analisi, velocizzare la raccolta dati per interventi di filantropia sistemica, tesi quindi non a sostenere un determinato progetto, ma a risolvere un problema in modo sostenibile”.
«Esistono già oggi banche dati filantropiche che pre-impostano l’uso del chatbot con una struttura per la lettera di accompagnamento e una struttura per la richiesta di contributo. Lo possiamo immaginare così: si inserisce la struttura di un progetto e in pochi secondi la macchina elabora una richiesta di contributo così come gli standard professionali la richiedono. Questa funzione può essere molto utile per soggetti richiedenti inesperti o che hanno difficoltà a riassumere contenuti complessi. Il risultato ottenuto va rivisto, e il rischio a cui siamo esposti è quello di avere una serie di documenti tutti uguali, ma questo tipo di funzione può facilitare molto il lavoro di chi cerca sostegno economico. Un’altra funzione significativa è quella di riscrittura, di verifica formale e di controllo della punteggiatura dei testi. Per chi, per esempio, padroneggia male le lingue, può essere una soluzione per rivedere le bozze di un testo».
Quali sono le sue riflessioni sull’uso dell’intelligenza artificiale per scopi umanitari e sociali da parte dei filantropi?
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
«Sono convinta che l’uso dell’intelligenza artificiale possa avere vantaggi se utilizzata equamente. Per esempio per migliorare l’accesso all’istruzione e alla sanità nei Paesi in via di sviluppo, e facilitare la distribuzione equa delle risorse. Tuttavia questo funziona solo a certe condizioni: che si promuovano programmi educativi per consentire un accesso responsabile ai chatbot. Occorre poi che i benefici dell’intelligenza artificiale siano accessibili a tutti».
Possiamo fare esempi di progetti di intelligenza artificiale finanziati da filantropi?
«Si può citare l’esempio di alcuni grandi mecenati, come per esempio Jim Breyer, un importante venture capitalist americano, tra l’altro investitore in molte aziende di successo, tra cui Facebook. Breyer, grazie ad
alcuni modelli di IA, si sta attivando per aggiornare l’assistenza sanitaria personalizzata grazie all’impiego di biotecnologie (https://www.ilriformista.it/jim-breyer-sanita-investimenti-etica-lintelligenza-artificiale-apre-una-nuova-era-402185/).
Oltre a lui anche Pierre Omidyar, il fondatore di eBay, è un filantropo assai impegnato con la sua Omidyar Network, che punta a creare nuove opportunità di impiego attraverso importanti investimenti in organizzazioni innovative tese a garantire uno sviluppo economico e sociale (https://www.ilriformista. it/jim-breyer-sanita-investimenti-etica-lintelligenza-artificiale-apre-una-nuova-era-402185/).
Infine citerei Patrick Soon-Shiong, celebre chirurgo e uomo d’affari, fondatore di NantWorks, una rete di startup sanitarie, biotecnologi -
215x138, TW (2023_04).pdf 1 28.04.2023 17:53:41
che e di intelligenza artificiale, che ha deciso di donare alla filantropia la metà delle sue ricchezze, garantendo così un significativo apporto alla ricerca tecnologica (http:// www.impresaoggi.com/it2/2439gli_uomini_che_hanno_fatto_ grande_lamerica/stampa)».
Ci regala una considerazione finale? «Occorre non cedere a facili entusiasmi, ma nemmeno farsi prendere da eccessivo timore, da visioni catastrofiche, dalla paura di perdere la propria identità in un mondo solo digitale. Una stupenda citazione di Anaïs Nin ricorda che “La vita si restringe o si espande in proporzione al nostro coraggio, o viceversa alla nostra paura”. Spesso, infatti, abbiamo timore di ciò che non conosciamo, ma proprio nell’inesplorato potrebbero celarsi opportunità straordinarie».
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
INTERVISTA A INA PIATTINI
PELLONI, PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DI FONDAZIONE
DEL CONSERVATORIO
DELLA SVIZZERA ITALIANA
CHI È INA
PIATTINI PELLONI
Co-fondatrice nel 1985, insieme ad Armin Brenner, dell’Associazione (poi Fondazione) del Conservatorio della Svizzera italiana, e da allora ne presiede il CdF. Di formazione commerciale, dal 1991 al 2001 è stata DG e dal 2001 al 2015 membro del CdA di Fidinam Group Holding SA. Parallelamente è stata membro del Comitato della SSR Svizzera italiana CORSI; dell’Ufficio presidenziale della Cc-Ti e della Commissione di sorveglianza dell’OSEC. Dal 1994 al 1995 quale membro del GC del Canton Ticino, ha presieduto la prima Commissione per la “Legge cantonale sull’Università” entrata in vigore il 3 ottobre 1995. Dal 1995 al 2004 è stata membro del Consiglio della SUPSI.
L’IMPORTANZA DI REMARE TUTTI INSIEME
Ina Piattini Pelloni, durante la sua significativa carriera manageriale con ruoli di leadership a vari livelli, quali esperienze di vita l’hanno spinta a considerare la generosità come un valore fondamentale nella sua vita?
«Non parlerei di esperienze, ma piuttosto di esempi che ti accompagnano nel definire una sorta di visione della vita. In primis metterei quindi l’esempio di mia madre: non negava l’aiuto a nessuno. Sono cresciuta in città, ma con l’innato “spirito della contadina”: quello che s’ha da dare lo si fa senza se e senza ma; se il tuo vicino ha bisogno di aiuto glielo dai perché domani potresti essere tu ad avere bisogno del suo. È uno spirito che diventa parte di te stessa, in qualunque ruolo tu sia chiamata a viverlo».
In passato come ha integrato la generosità nel suo approccio al lavoro e alla gestione delle risorse umane?
«Generosità e risorse umane. Due parole importanti che fissano due ambiti precisi, nei quali però non mi ci trovo. L’approccio è qualcosa che dovrebbe nascere spontaneamente, “di pelle”, e non di pensiero e tanto meno di ragionamento».
Quali persone che ha incontrato nel corso della sua vita considera come punti di riferimento spirituali e intellettuali per le sue attività filantropiche?
«La “zia Irma” di mio marito, una persona speciale. Quando l’ho conosciuta passava i novant’anni, erano gli ultimi mesi della sua vita, ed emanava una gran dolcezza e generosità d’animo. Mi ricordava mia mamma, che purtroppo ho perso quand’ero giovane».
Nel 1995 con suo marito ha istituito una propria fondazione, la Fondazione Ina e Sandro Pelloni-Piattini, che cosa l’ha spinta a questa scelta? «È nata per iniziativa di mio marito. Ha potuto studiare medicina grazie alle borse di studio che hanno accompagnato il suo impegno negli studi. E ha potuto studiare musica (sax) grazie a 5 franchi ricevuti da bambino dalla “zia Irma”, appunto, per entrare a far parte della banda del paese».
Di che cosa si occupa la fondazione? «Promuove la formazione professionale e culturale a beneficio di giovani ticinesi meritevoli e bisognosi di sostegno, rispettivamente sostiene l’attività di istituzioni culturali e formative attive nell’ambito di un progetto concreto (ad esempio le scuole del CSI e la FOSI)».
Dal 1999 lei è Presidente della Fondazione Conservatorio della Svizzera Italiana: quale è stato il momento più significativo o gratificante che hai vissuto finora in questa posizione di leadership?
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«Non mi sono mai considerata uno “skipper”, il comandante di una barca. Bensì un marinaio che si mette ai remi (lo spirito della contadina) per concorrere, nei limiti delle sue capacità, al successo di una meravigliosa équipe. Direi quindi che ogni momento è stato significativo e gratificante, dal giorno in cui, grazie ad Armin Brenner (deus ex machina), ho avuto il privilegio di partecipare alla nascita (1985) dell’Associazione, poi divenuta (1999) Fondazione del Conservatorio della Svizzera italiana, al prossimo anno, quando festeggeremo i primi 40 anni».
Come nasce la sua passione per la musica?
«A 17 anni avrei voluto frequentare un conservatorio per diventare una pianista (senza molto talento, purtroppo). Le alternative di allora non erano proprio “sotto casa” (Zurigo o Milano), un’opzione che non rispondeva alle aspettative di mia madre, docente di matematica. Per cui mi sono dedicata all’economia; i numeri sono comunque la mia seconda passione, ora come allora».
Parliamo del progetto «Città della musica»: di che cosa si tratta e quali saranno le principali strutture presenti nella Città della Musica?
«Nella Città della musica (cittadellamusica.ch) – progetto di cui la Fondazione CSI (conservatorio.ch) è leader - troveranno spazio: le tre scuole del CSI (complessivamente circa 1500 allievi), la Fonoteca Nazionale (di proprietà della Confederazione, unica sede in Svizzera), gli uffici-studi dell’OSI, dei Barocchisti e di Sonart, nonché gli studi di produzione e registrazione musicale della RSI. Non si tratterà di semplici “coinquilini” ma di strutture
complementari che punteranno ad ottimizzare collaborazioni e sinergie, a sviluppare prospettive e nuovi profili professionali».
Quali generi musicali avranno uno spazio dedicato all’interno del progetto?
«Tutta la buona musica. È la qualità che fa la differenza».
Quale è la sua visione relativamente al finanziamento della «Città della musica»?
«Il dipartimento Scuola universitaria di Musica (SUM) potrà beneficiare dei contributi sia federali sia cantonali previsti nell’ambito della legge sulle università. Sono contributi importanti. Non risolvono il finanziamento del progetto, ma ne pongono una base concreta e soprattutto, danno garanzia di fattibilità. Gli enti erogatori che ne hanno verificato e quantificato i contenuti seguiranno l’evoluzione del progetto, garantendo serietà ed efficienza nella realizzazione. Una premessa che, confido, non verrà sottovalutata dai mecenati il cui apporto sarà fondamentale».
Quali strategie adotta per coinvolgere altre personalità e per sensibilizzarle a partecipare al progetto?
«Puntiamo sulla massima trasparenza e sul coinvolgimento nel progetto da parte di chi vorrà lasciare un segno concreto della sua partecipazione a questo importante passo nell’evoluzione culturale non solo della Città di Lugano, ma dell’intero Cantone e anche al di là di questo».
«Penso possa concorrere e dare evidenza materiale alle strutture di straordinaria qualità già menzionate, che già oggi contribuiscono alla ricchezza immateriale del nostro territorio. Ne è un esempio il LAC: i numerosi eventi - e i “sold out” che si susseguono - dimostrano come questa presenza abbia dato uno scossone alla vita culturale della città».
Quali sono i suoi obiettivi personali e cosa spera di poter realizzare, se pensa a questo progetto?
«Parlerei di obiettivi collettivi, perché collettivi sono gli sforzi che stanno propugnando la Città di Lugano, il Cantone, la Confederazione - e ovviamente la Fondazione CSI - e tutti coloro che vorranno lasciare un duraturo e concreto segno della loro partecipazione a questo magnifico progetto».
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere a chi desidera intraprendere un cammino nel mondo della filantropia e come vorrebbe essere ricordata per il suo impegno in questo settore?
«Non so se sarò ricordata o meno. Mi auguro che a essere ricordato sia quanto è stato possibile creare, grazie all’impegno di tanti e grazie alle spinte filantropiche di chi con noi ha condiviso un ideale, che permette di lasciare in eredità all’intero nostro territorio la Città della Musica».
Perché pensa che la «Città della musica» sia importante per il Canton Ticino?
183 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 DOSSIER FONDAZIONI / INA PIATTINI PELLONI
ACCRESCERE LA TRASPARENZA DELLE FONDAZIONI
INTERVISTA CON LISA MEYERHANS SARASIN, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA FONDAZIONE ALEXANDER SCHMIDHEINY, MEMBRO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI SWISSFOUNDATIONSASSOCIAZIONE DELLE FONDAZIONI EROGATIVE SVIZZERE.
Una laurea in economia all’Università di San Gallo, una carriera nella finanza, un’inclinazione per la politica e una grande passione per la filantropia. Chi è Lisa Meyerhans Sarasin?
«Sono una persona fortunata. La vita mi ha consentito di incontrare uomini e donne fuori dal comune, di stringere amicizie con persone stimolanti e di affrontare molte sfide emozionanti. Ho un’ampia gamma di interessi, sono fiduciosa di carattere, mi piace assumermi responsabilità e mi piace essere coinvolta. La pienezza della vita non smette mai di affascinarmi».
Che percorso formativo ha seguito?
«Vengo da una famiglia in cui la formazione è un valore importante. Quando parlo di formazione la intendo in senso umanistico, un percorso quindi che include anche l’apprendimento di abilità pratiche. Fino al ginnasio, la scuola mi è sembrata facile e potevo persino permettermi di evitare la matematica. Dopo gli esami di maturità, ho fatto una conoscenza casuale che mi ha portato a fare uno stage in una banca operante in borsa. È così che è iniziata la mia passione per i mercati finanziari e l’economia. Volevo comprenderli. All’Università di San Gallo, poi, ho dovuto recuperare le
omissioni della mia giovinezza e riconciliarmi con il mondo dei numeri. Stavo per essere espulsa a causa della statistica e questo ha alimentato la mia ambizione».
E come si è sviluppata la sua carriera professionale?
«Dopo aver conseguito la licenza, volevo effettivamente fare un dottorato. Avevo già l’argomento e il professore. Ma poi ho saputo da un collega che c’era un posto vacante nella redazione economica della Neue Zürcher Zeitung. Così mi sono candidata e, con mia grande sorpresa, l’ho ottenuto. Dopo qualche anno sono andata a lavorare in una banca. Poco dopo il mio trasferimento, la banca fu colpita da uno scandalo, così imparai davvero il mestiere della comunicazione aziendale. Qualche anno dopo, uno dei miei contatti mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto dirigere il dipartimento di comunicazione del Dipartimento federale delle finanze. Il passaggio alla politica mi è sembrato enorme e ho avuto bisogno di un pò di coraggio per farlo, ma ne è valsa la pena. Il periodo tra il 2004 e il 2010 è stato molto intenso per la Svizzera. Solo alcuni riferimenti: i programmi di austerità per ridurre il debito, la vendita di Swiss a Lufthansa, le pressioni internazionali sul segreto bancario, il salvataggio di UBS e il conflitto con la famiglia Gheddafi, che ha trasformato due cittadini svizzeri non coinvolti in ostaggi di un regime
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terroristico. Mi sono trovata nel bel mezzo di tutto questo e dal 2006 al 2010, in qualità di Segretario generale del Dipartimento federale delle finanze ho partecipato in prima linea alla ricerca di possibili soluzioni».
Perchè poi ha deciso di voltare pagina?
«Nell’ottobre 2010, il Consigliere federale Hans-Rudolf Merz ha rassegnato le dimissioni e la Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf ha assunto la guida del Dipartimento delle finanze. È consuetudine che i Consiglieri federali nominino i propri Segretari generali. Per questo motivo ho lasciato il DFF insieme a Hans-Rudolf Merz. Ho deciso di tentare la fortuna nel lavoro indipendente. Dal 2011 ho una mia società che offre consulenza strategica e di comunicazione. Tuttavia, ora sono principalmente attiva in vari consigli di amministrazione e consigli di fondazione».
Quando ha deciso di impegnarsi nella filantropia e perché?
«Poco dopo aver fondato la mia azienda, il family office della famiglia Stephan Schmidheiny mi ha affidato compiti di comunicazione. Nel corso degli anni è nata una collaborazione molto stretta e improntata alla fiducia in diversi ambiti. Nel 2013 mi è stato chiesto se volessi entrare a far parte del Consiglio di fondazione della Fondazione Avina. Non ho dovuto pensarci due volte. Per me è un privilegio essere coinvolta in una fondazione erogativa. Tanto più che il visionario fondatore di Avina, Stephan Schmidheiny, è ancora molto presente ed è fonte di ispirazione per i collaboratori. Ci ha sempre incoraggiato a mantenere vivo lo scopo della fondazione e ad allineare le linee guida dei finanzia-
“Vengo da una famiglia in cui
la formazione
è un
valore importante. Quando parlo di formazione la intendo in senso umanistico, un percorso quindi che include anche l’apprendimento di abilità pratiche”.
menti alle esigenze attuali. Mi sono dimessa dalla Fondazione Avina alla fine del 2023, dopo 10 anni di attività. Ora sono ancora impegnata con la Fondazione Alexander Schmidheiny e la Fondazione Asuera, entrambe provenienti dal nucleo familiare di Stephan Schmidheiny».
C’è una persona che l’ha ispirata? «Non c’è una sola persona. Sono molte le persone che mi hanno incoraggiata e dato fiducia nella mia vita. Ma naturalmente sono cresciuta anche grazie a persone che mi hanno ostacolata e sfidata. Si può imparare da tutto e tutti e in questo senso la maggior parte degli incontri sono per me fonte di ispirazione».
Lei ha lavorato come giornalista presso la Neue Zürcher Zeitung. Numerosi giornalisti sono molto critici nei confronti della filantropia. Che cosa ne pensa? «Lo spirito filantropico è profondamente radicato nella mentalità svizzera. Sappiamo bene che le organizzazioni di pubblica utilità sono state fondate prima della nascita del nostro Stato federale, nel 1848, e che ancora oggi svolgono un lavoro importante per il nostro Paese. Negli ultimi anni il settore filantropico si è consapevolmente professionalizzato. Le fondazioni erogative in particolare, non vogliono più semplicemente elargire denaro, ma ottenere un impatto e avviare un cambiamento con il loro sostegno. I cambiamenti provocano sempre opposi -
zione e, nel migliore dei casi, stimolano il dibattito pubblico. In questo senso, il fatto che ci siano giornalisti critici non è un problema per me. Grazie alla mia esperienza politica, sono abituata al fatto che i giornalisti non applaudono quasi mai».
In cosa deve cambiare il mondo della filantropia contemporanea, quali critiche sono giustificate?
«Un tempo il motto in Svizzera era: “Fai del bene, ma non parlarne”. Questo atteggiamento è ancora percepibile nel nostro settore. Tuttavia, la società odierna ha aspettative giustificate per quanto riguarda la trasparenza e la tracciabilità del lavoro filantropico. Di conseguenza, la filantropia è chiamata ad incrementare ulteriormente la propria visibilità, incoraggiare la trasparenza e a spiegare in modo più efficace le proprie attività».
Qual è il contributo della filantropia alla società, soprattutto in tempi di crisi?
«Una società non è mai statica. Le condizioni politiche, economiche e sociali sono in continua evoluzione e pertanto determinano il modo in cui conviviamo. I cambiamenti non sono mai solo positivi. Lo sviluppo è sempre associato a crisi e perdite. Le istituzioni non profit sono più libere di organizzare le proprie attività rispetto allo Stato, ad esempio. Per questo possono identificare più rapidamente le lacune emergenti e fornire sostegno in modo rapido e non burocratico».
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Quale progetto filantropico della sua giovinezza la rappresenta di più?
Può raccontarci come è nato?
«Come la maggior parte dei bambini svizzeri della mia generazione, sono stato coinvolta nella vendita di francobolli o barrette di cioccolato per Pro Juventute o Winterhilfe. Da bambini di tre anni, andavamo di porta in porta a chiedere una donazione per le persone meno fortunate. A volte ci voleva molto impegno, ma alla fine era sempre una grande soddisfazione. Ho imparato presto quanto sia solidale la Svizzera. Ancora oggi compro molti dolci per ogni evento organizzato dagli scout locali. La cosa che preferisco fare alla fine è sorprendere i bambini dando loro la torta che ho comprato perchè la possano mangiare».
Parliamo di SwissFoundations. Nel giro di poco tempo l’associazione ha cambiato tre volte direzione. Quali sono le sfide che comporta la gestione di un’associazione di settore così significativa?
«Tre anni fa SwissFoundations ha compiuto 20 anni. Proprio come le persone, le organizzazioni si sviluppano e crescono. SwissFoundations si è trasformata da una piccola organizzazione “di soci per i soci” in una grande associazione con oltre 200 iscritti molto motivati e diversificati. Nel corso degli anni, l’associazione ha assunto ulteriori compiti e ora è anche il punto di riferimento per i politici e le autorità del settore non profit. A seconda dello stadio di sviluppo dell’organizzazione, sono necessarie competenze diverse ai vertici. Una start-up viene gestita in modo diverso da
un’organizzazione consolidata con un fatturato considerevole».
In qualità di membro del Consiglio di amministrazione di SwissFoundations, ha una visione per il futuro dell’associazione?
«SwissFoundations ha un posizionamento eccellente. Come squadra, vogliamo costruire su questa base. Dobbiamo rafforzare ulteriormente il ruolo delle fondazioni di erogazione come forza indipendente e mantenere condizioni quadro liberali. Attualmente stiamo lavorando intensamente alla digitalizzazione del settore. Insieme alla banca dati privata StiftungSchweiz, stiamo avviando progetti per rafforzare la filantropia attraverso strumenti digitali. In questo specifico ambito prediligiamo la filosofia “fare esperienza è meglio che studiare”».
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DOSSIER FONDAZIONI / LISA MEYERHANS SARASIN
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PHILANTHROPY: a family vocation
INTERVIEW WITH DR. PHIL. RUPERT GRAF STRACHWITZ, NON-EXECUTIVE DIRECTOR AND SENIOR STRATEGY
ADVISOR
AND FOUNDER OF THE MAECENATA FOUNDATION, DIRECTOR OF THE MAECENATA INSTITUTE.
Rupert Graf Strachwitz, you are one of the most inspirational people in the world of philanthropy. You come from a noble family with a long history. Can you tell us something about your family?
Your father Rudolf Graf Strachwitz was a diplomat and your mother Barbara Greene a famous writer. What events in your youth have had the most impact on you?
«My parents married late in life; my father (born in 1896) could have been my grandfather. I suppose that was quite influential. Also, I grew up in Argentina and Rome and only came to Germany to live when I was 9. Most definitely, all this has made me be a European first and foremost».
Can you tell us about your education and career path?
«My parents strongly believed that I should not grow up in a diplomatic atmosphere and sent me to boarding school when I was 9. Years later, when moving out of one’s parents’ home was the thing to do for my age group, I had already been living on my own for 10 years.
«My father’s family is from Silesia, now part of Poland, and for many centuries part of Bohemia, then of Prussia and Germany. My ancestors on that side were catholic landowners, an occasional general or bishop, and through my great-grandmother, some rulers and saints. On my mother’s side, they include English gentry, French Huguenot and Jewish intellectuals, and protestant clergymen. At the time of my birth, my parents were living in Liechtenstein, but I was born in Lucerne».
After school, I spent six months at college in the US, then 2 years in the German Army, followed by 5 years at Munich University, reading political science, history, and history of art. When I graduated, I just wanted to get out, and never dreamt I would find my back to academia 15 years later. My PhD thesis (on philanthropy) was written when I was in my 50s. My ambition was to work for an international organisation. When offered a job in an international charity, the Sovereign Order of Malta, I took it, had 2 years in Rome, fol -
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“I have always been quite suspicious of governments bearing down on the citizens and have tried to see what citizens can do for society on their own and by their own free will”.
lowed by 5 as regional director of the Order’s German Relief Organisation. From there, I went to work for the head of the former ruling family of Bavaria. And then, finally, in 1989, I founded Maecenata, first as a consultancy that specialized in foundations and other nonprofits, and eventually, in several steps, as a charitable foundation».
What were your reasons for dedicating yourself to philanthropy?
Was there a defining event?
«I have always been quite suspicious of governments bearing down on the citizens and have tried to see what citizens can do for society on their own and by their own free will. My master thesis was on the Levellers, a 17th century protest movement in England. So my interest was and still is with what today is called civil society, and with philanthropy as one part of it. In the 1990s, Maecenata was one of the first organisations to develop a professional attitude towards philanthropic institutions. I became a “midwife” to approx. 300 foundations. Also, we were commissioned to draw up a register of German foundations, which had not been done since before World War I. So all this made me a philanthropy specialist. But I still believe very strongly that philanthropy is embedded in civil society».
How would you describe your vision of philanthropy and its impact on society, and what are possibly the biggest challenges?
«Philanthropy is an anthropological constant and has existed in every society since antiquity. But it has not necessarily had much to do with foundations. The notion that philanthropy equals foundations is 20th century American. The societé philanthropique in Paris, founded in 1780, is a membership organisation. John Howard, an 18th century Englishman, was described as a philanthropist because he advocated prison reform. Today, there is considerable criticism of philanthropy, most particularly in the US, on the grounds that every societal action should be controlled by the state, that foundations are too powerful, or that nobody should make decisions that future generations are compelled to abide by. There is some truth in these arguments, but not enough to make me change my mind. I still believe that private action for the public good is an indispensable prerequisite for social change and development – and, for that matter, a civil right. What I would like to see is to return to a much wider definition of philanthropy as a concept of citizens engaging with the public good».
You are the founder and non-executive director and senior strategy advisor of the Maecenata Foundation. What led you to create this foundation and what is its purpose?
«The Maecenata Foundation is a very unusual foundation. Its endowment is minimal. I created it in 2010 as a legal
roof for two existing programmes: the Maecenata Institute, an academic research centre, which had existed since 1997, and the Transnational Giving Programme, where we had been the German partner in the Transnational Giving Europe Network since 2001.
(The Swiss Philanthropy Foundation in Geneva is our Swiss partner.) Two more programmes have been added since the foundation was established: the Tocqueville Forum, a policy and support centre in 2014, and the MENA Study Centre for Middle East Studies in 2019.
Our mission is to enhance the role and knowledge of civil society and philanthropy through research and research grounded policy studies, publications, assistance, teaching, and support (e.g. by way of a large specialized library)».
What are the main projects that you have realized with the Maecenata Foundation?
«Installing a system that enables citizens to donate to beneficiaries outside their country of residence has been a major achievement.
On the research side, many of our projects have had to do with civil society and … (civil society and religious communities, civil society and urban development &c.) The history of philanthropy has been another important field of study for many years. And recently, a large Europe-wide project was devoted to what is described as the shrinking or contested civic space.
On the policy side, I have been on a
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parliamentary commission, and in many hearings and committees to try and promote the knowledge about philanthropy and civil society, as well as serving on boards, including that of the Fondazione Cariplo in Milan from 1999-2006».
What strategies do you pursue to evaluate the impact of the projects of the Maecenata Foundation and are there future initiatives that you can share with us?
«We have unfortunately never been able to have a formal academic assessment of our projects. But the fact that an important European private grant maker has supported 5 multi-year projects over the past 12 years is an indication that our work is appreciated. Also, we find we are generally accepted as experts in our particular field, although we always speak our mind and never suck up to donors, governments or indeed anybody else.
In the near future, our no. 1 priority is to look what civil society and the wider civic space can contribute to making democracy more resilient. We believe democracy to be in crisis world-wide, and citizen action will be essential to overcome this situation».
You are an expert on Christian philanthropy and Islamic philanthropy: Where do you see the main differences between the two approaches?
«The answer is there is no big difference! They have the same historical roots (Roman law), and are similar in the way they operate. Two differences remain: In Islamic tradition, more foundations than they do in Europe, serve a family rather than the public good. And Islamic finance principles (that used to be Christian principles too, until the late Middle Ages) make for a different investment policy».
Do you believe that philanthropists have the opportunity to mitigate the catastrophic effects of ongoing conflicts? And if so, how?
«Yes, they can, and not just by giving funds. They can move issues by convening and presenting arguments (like we do), commission independent expertise, and do a lot behind the scenes. But they should not overplay their hand!».
What perspectives do you see for the future of philanthropy in Germany and in Europe?
«If philanthropy manages to overcome its obsession with impact, its lack of self-criticism, and its urge to hobnob with the high and mighty, I believe it can make a real and meaningful contribution – in very close alignment with other players in civil society».
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DOSSIER FONDAZIONI / RUPERT GRAF STRACHWITZ
Our 360° philanthropy
INTERVIEW WITH MARKUS REINHARD, MANAGING DIRECTOR NOMIS FOUNDATION
BY ELISA BORTOLUZZI DUBACH
Mr Reinhard, you studied psychology. How important is psychology in your work as Managing Director of the NOMIS Foundation?
«At the NOMIS Foundation, we always put the people first and in the center of our doing. The researchers we support and work with not only conduct excellent research but also have great personalities which is especially important to us: They are pioneers in their fields, they are outof-box thinkers, they have curious minds, and they are willing to take on high-risk projects. We try to see the personal potential in every grantee and in that respect a background in psychology is certainly an asset».
You have had a long management career, how is it that after years in business you became interested in philanthropy?
«Having spent most of my career in the research-based healthcare industry, I have noticed that the proportion of basic research has continued to decline in favor of applied research aimed at new compounds and products.
The work at the NOMIS Foundation offered an opportunity to concentrate on basic “blue sky” research: We have the opportunity to put the emphasis on the intellectual value instead of the material one. That is a great privilege and what we do has the potential to change the course of things at any given moment. Just think of the power of
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“The work at the NOMIS Foundation offered an opportunity to concentrate on basic “blue sky” research: We have the opportunity to put the emphasis on the intellectual value instead of the material one”.
discoveries such as the photovoltaic effect by Becquerel, radioactivity by the Curies and quantum mechanics by Heisenberg. What could possibly be more rewarding than supporting this kind or related?».
Let’s talk about the founder of the NOMIS Foundation.
Who was Heinrich ThyssenBornemisza and what was his professional activity?
«“Heini” Thyssen took over the management of a private industrial group from his father at a very young age and devoted himself very intensively and successfully to this management task».
What values were important to him and how did he come to decide to set up a foundation?
«He has always had a great interest in science and research in general, was very well read and was always concerned with the contents of research quests.
His father was an art collector and patron who enabled the Thyssen-Bornemisza Museum in Madrid, so he had also been very active in philanthropic endeavors. Heini wanted to do this in the area of basic research by enabling outstanding talent to take on highrisk research. Although he was very unobtrusive and always in the background, never in the spotlight, he was generally very interested in people and tried to support them and give them the necessary space and means to develop. An approach that is also continued at NOMIS.
He himself always put the goals of the foundation in the foreground, never himself. He was deeply fascinated by the curiosity of people undertaking research.
The establishment of the foundation arose from his wish to establish a close partnership with the SALK Institute for Biological Studies in La Jolla, United States. NOMIS promotes basic and foundational research across all academic disciplines, but our entry points are always the people, the researchers themselves».
What goals did he personally have and how did you meet?
«He was a very modest man and wanted to give back to humanity and support something meaningful. You could say: Do good and don’t talk much about it.
That is a general approach that I personally share and can always relate to. Against that background it was no surprise that we connected well right away when we were introduced by a common friend. That was 25 years ago».
How did you manage the establishment of the foundation?
«Switzerland is a foundation country and setting up a foundation is quite straight forward. The most important thing is that you are confident in your vision and primary goals. And since a foundation is not meant to be a bank: You have to take risk and try to create added value by trusting in people, their
values, goals, and capabilities. Learn, improve, and seek to understand while you go!».
How did your relationship work on a day-to-day basis?
«Of course, the founder and I had regular exchanges, but at the same time we had a lot of trust in each other and shared goals. In the beginning we had a lot of fruitful discussions about our approaches and measures – when you dig into something new, it always helps to have a sparring partner».
What does the Foundation engage in? What area does it work in?
«The NOMIS Foundation supports basic research in all scientific areas. We focus on overlap areas to foster interdisciplinarity and aim to generate new insights and use new methods. Our claim is “creating the spark” and we try to live up to that by funding collaborative high-risk research that would otherwise not take place at all. We don’t fund neither incremental, “well-behaved” research and nor are we engaged in applied research. We don’t follow an ideological or political agenda».
What differentiates the NOMIS Foundation from other grantmaking foundations that support research?
«Our clear focus on “blue sky” research is certainly something quite unique. Moreover, it is our strong
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“Among the ranks of our current and former grantees we have plenty of awards and other recognitions that are proof of their excellence…”.
emphasis on outstanding personalities in science in combination with a truly unpretentious and familiar, personal atmosphere in our entire network that makes a difference in how we are perceived».
How are the researchers you support chosen?
«The researchers are recommended to us by a number of prestigious, excellent scientists and scholars from our trusted network. Next, we meet them personally in their institutes and laboratories. They are asked to hand in a concrete project proposal for funding only if both sides are comfortable with each other and are convinced that a partnership will be beneficial, fruitful, and valuable».
Would you like to mention any of your researchers who have received special international recognition’?
«Among the ranks of our current and former grantees we have plenty of awards and other recognitions that are proof of their excellence: Svante Pääbo won the Nobel Prize in 2022, Juliane Vogel was awarded the Leibniz-Prize in 2020, Ronald Evans was just honored with the Japan Prize, last year Didier Fassin was appointed Chair of Moral Questions and Political Issues in Contemporary Society at the Collège de France, to mention just a few».
Among other things, the foundation supports Nicholas Christakis, Professor of Social and Natural Sciences at Yale University: how far along are his studies on the influence of generosity on health?
«Prof. Christakis’ laboratory investigates the social, mathematical, and biological rules governing how social networks form and the social and biological implications of how they operate to affect human lives. He is a highly creative scientist who exploits techniques from biosocial science, sociology, computer science, demography, statistics, behavior genetics, evolutionary biology, epidemiology, and other fields. The project you are referring to seeks to answer fundamental questions about the effect of philanthropic activity on physical health. Professor Christakis for example has already proven that face-to-face social interactions have an impact on the individual microbiome: The human microbiome plays a role in many aspects of human physical and mental health, and the microbiome is in turn shaped by diverse factors. Diet, medications, lifestyle, and environmental exposures (such as animals) are known to affect a person’s microbiome composition. Based on these insights he described that an individual’s generosity can cause a “chain reaction” of generosity which can have positive repercussions on strangers. By scientifically capturing the pay-it-forward phenomenon in his lab, he concluded that how people treat each other in one part of the city may relate to how other people treat each other in another part of the city. Summarizing his findings he has been quoted with saying “altruism is contagious”.
As a next step he now seeks to better understand the impact on the individual physical health status of the person being generous. These findings could potentially shape the way how we look at philanthropic activity and engagement in the future».
You are known to be a visionary: what are the next challenges for the NOMIS Foundation?
«We are continuously trying to figure out how to best illuminate the overlap and grey areas of different scientific fields. We are convinced that friction creates sparks, and we do our best to enable and catalyze research projects with the right focus. The main challenge will be to connect the different fields and research quests while maintaining an entrepreneurial approach to research funding».
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DOSSIER FONDAZIONI / MARKUS REINHARD
La compassione come percorso di vita
INTERVISTA A MARCOS FERNÁNDEZ FEMOSELLE, PRESIDENTE ESECUTIVO DI NAROPA CAPITAL, MEMBRO DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA WISEDĀNA FOUNDATION.
Chi è Marcos Fernández Femoselle, può aiutarci a conoscerla meglio?
«Sono nato a Cuba e quando avevo 3 anni, i miei genitori hanno dovuto lasciare l’isola a causa della rivoluzione cubana. Mio padre era spagnolo, mia madre cubana, e siamo arrivati in Spagna, stabilendoci a Madrid. Qui ho studiato e sono cresciuto. Ho sempre lavorato nel mondo degli affari, cercando però un equilibrio con la mia dimensione spirituale, che ho trovato grazie alla fortuna di incontrare i miei maestri. Nel campo degli affari sono stato piuttosto poliedrico, sviluppando molti e diversi progetti, ma forse il più rilevante è stata una compagnia immobiliare che abbiamo quotato in borsa nel 2006, Parquesol. Sono stato Presidente della squadra di calcio Real Valladolid, consigliere in Iberdrola Renovables
e socio fondatore di A Contracorriente Films, una delle prime compagnie cinematografiche del Paese».
Dove è cresciuto e quali studi ha fatto?
«Sono cresciuto a Madrid, dove ho vissuto fino ai 18 anni, poi ho studiato negli USA, alla Florida International University e alla Saint Louis. Successivamente ho conseguito un Master in Direzione Immobiliare presso l’Università Politecnica di Madrid e dove ho poi insegnato per 11 anni».
Ci sono stati incontri nella sua vita che sono stati particolarmente significativi?
«In particolare Lama Zopa Rinpoche, il mio principale Maestro e una delle persone che ho rispettato di più nella mia vita, insieme a mio padre».
Perché si è interessato alla filantropia?
«Un incidente durante una spedizione in alta montagna nell’Himalaya mi ha portato a soccorrere la figlia dello Sherpa che mi aiutava; dopo, c’era un fratello, poi un amico, ed è così che è iniziato tutto a Kathmandu, Nepal».
Quali sono le principali cause che l’appassionano?
«Non posso evitare di dire che sono buddhista in risposta a questa domanda. Credo che tutti gli esseri viventi abbiano bisogno di aiuto e comprensione, l’importante è osservare il nostro ambiente e comportar -
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ci nel miglior modo possibile. A livello filantropico, ci siamo concentrati sull’aiuto alle ragazze povere che avevano interesse a progredire, che sorprendentemente non sono tutte».
Quali sono state le sue principali motivazioni per iniziare a donare e come hai deciso a quali organizzazioni o progetti supportare?
«Abbiamo canalizzato il nostro aiuto a livello familiare attraverso la Fondazione Vistare, che esiste da quasi 20 anni oggi. Le mie principali motivazioni sono sempre state restituire ciò che avevo ricevuto, mostrare gratitudine e cercare di equilibrare la bilancia».
Quali valori l’hanno motivato nella scelta dei progetti da supportare e cosa significa per te la parola generosità?
«La generosità è l’inizio di tutto, nel buddismo è la prima delle perfezioni. La generosità ci porta a essere più etici, ci aiuta nel cammino, ci porta a un salutare distacco consentendoci una comprensione più equilibrata della realtà. Questa saggezza è la chiave di tutto».
Quali sono stati i risultati più significativi o soddisfacenti che ha ottenuto attraverso le sue attività filantropiche fino ad ora?
«Abbiamo aiutato più di 600 ragazze in Nepal a costruirsi un futuro; molte di loro vivono oggi in altri paesi, hanno un futuro, una vita, si sono sposate, hanno un lavoro. Sono molto felice quando vedo il risultato, non è stata solo una donazione, è stato un grande lavoro fatto lì e grazie alla generosità di un grande amico che ha vissuto più di sette anni lì, prendendosi cura di loro e supervisionando tutto, Carlos Durán, e alla direttrice Rohini Dhungel, tutto ciò è accaduto».
“La generosità è l’inizio di tutto, nel buddismo è la prima delle perfezioni. La generosità ci porta a essere più etici, ci aiuta nel cammino, ci porta a un salutare distacco consentendoci una comprensione più equilibrata della realtà”.
Quali sfide ha incontrato nel suo percorso filantropico e come le ha affrontate?
«A volte ho visto molto ego, l’ho affrontato con una certa frustrazione e tristezza, determinazione e comprensione, almeno ho cercato di farlo così».
Fa parte del Consiglio della Wisedāna Foundation?
«Sì, ne faccio parte dalla sua costituzione nell’aprile del 2023. Partecipare al Consiglio di questa Fondazione, nata in Italia ma con vocazione internazionale, mi dà l’opportunità di contribuire attivamente alla realizzazione della sua missione e di lavorare per il bene della comunità».
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Filippo Scianna e M. Enrica Lobina, Presidente e Direttrice di Wisedāna Foundation in visita agli Insediamenti Tibetani nel Distretto di Dickey Larsoe, nello stato del Karnataka, India Meridionale
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Il Presidente Filippo Scianna in visita al Monastero di Zongkar Choede, nello stato del Karnataka, India Meridionale
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M. Enrica Lobina, Direttrice di Wisedāna Foundation in visita ad un cantiere del Monastero di Sera Jhe, nello stato del Karnataka, India Meridionale
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Chi altro fa parte del Consiglio della Fondazione?
«Oltre a me, ci sono altri due membri nel Consiglio della Fondazione: Filippo Scianna e Jetsun Pema. Filippo Scianna è attualmente Presidente dell’Unione Buddhista Italiana e porta una vasta esperienza nel campo del buddismo. Jetsun Pema, conosciuta come Amala (Madre del Tibet), ha dedicato la sua vita a sostenere i bambini rifugiati in Tibet dopo essere stata costretta a fuggire in India con suo fratello, il 14° Dalai Lama».
Perché questa scelta?
«Credo sia possibile essere nel mondo in un altro modo, promuovendo e sostenendo un approccio alla vita caratterizzato da compassione, consapevolezza e un profondo senso di interconnessione di ogni individuo con il suo ambiente. Questo contribuirebbe positivamente al benessere del mondo, generando un impatto positivo sulla vita delle persone.
Inoltre, la presenza di persone come Filippo Scianna e Jetsun Pema nel Consiglio della Fondazione aggiunge una ricchezza di conoscenze, esperienze e prospettive che sicuramente faranno la differenza».
Qual è la missione principale della Wisedāna Foundation? «L’idea è promuovere un nuovo modello filantropico basato sulla creazione di ecosistemi di attori, risorse, sinergie e strategie che lavorino insieme per identificare e sostenere iniziative ad alto impatto sistemico. La Fondazione si rivolge ai principali attori filantropici per proporre collaborazioni a lungo termine, orientate a una visione sistemica e guidate da una solida filosofia ispirata ai valori e ai principi buddisti. A tal fine, seleziona e promuove iniziative all’interno di una struttura che razionalizza, amplifica e rende sostenibile il lavoro svolto in collaborazione con i nostri partner strategici, in primo luogo l’Unione Buddhista Italiana (UBI). Inoltre, garantisce un monitoraggio costante dei progetti e dell’impatto generato, offrendo formazione quando necessario alle entità che diventano partner del progetto per garantire l’efficacia strategica e la sostenibilità delle iniziative dei loro progetti. Infine, la no -
stra intenzione è anche promuovere una «pratica di generosità consapevole» non solo come mezzo per migliorare il mondo, ma anche per coltivare la dimensione spirituale e le virtù interiori di ogni individuo. Speriamo che questa pratica e i suoi benefici diventino parte integrante della cultura occidentale, contribuendo a un mondo più compassionevole e solidale».
Quali sono i principali programmi e iniziative offerti dalla Fondazione?
«Attraverso progetti specifici e partnership strategiche, la Fondazione agisce su temi legati all’ecologia, alla cura della fragilità umana, allo studio della dimensione interiore dell’uomo e al sostegno delle culture basate sulla compassione (in primo luogo, quella tibetana)».
Quali sono i futuri progetti che intende realizzare per continuare a crescere e espandersi?
«Su queste questioni, la Fondazione è determinata ad ampliare il suo sistema di alleanze e associazioni, iniziando dalla collaborazione già avviata con successo con l’Unione Buddhista Europea (EBU) e con Ashoka, la rete per il cambiamento sistemico. Pertanto, è disposta ad ascoltare, dialogare e confrontarsi con tutti coloro che desiderano promuovere una filantropia innovativa, condividendo i suoi solidi valori e sostenendo la sua strategia sistemica verso la costruzione di un mondo migliore per tutti gli esseri senzienti».
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DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI
Vorrei partire da una panoramica generale riguardo alle opportunità che Lugano è in grado di offrire a chi vuole praticare un’attività sportiva…
ROBERTO BADARACCO: «Bisogna fare una necessaria premessa riguardo al fatto che la città di Lugano conta circa 140 associazioni che a vario titolo e con modalità diverse si occupano di sport a livello agonistico, dilettantistico o amatoriale e che gli iscritti praticanti sono quasi il 10% della popolazione complessiva, una percentuale molto alta se poi si aggiungono tutti coloro che più saltuariamente si dedicano a un’attività all’aria aperta o usufruendo delle apposite strutture. Di queste associazioni circa un’ottantina dispongono di apposite sezioni che si occupano dello sviluppo dei settori giovanili. Questi dati sono indicatori importanti del benessere e della qualità
della vita che il Ticino è riuscito a raggiungere nel corso degli ultimi decenni. Al tempo stesso, rappresentano una valida motivazione e uno stimolo per dare alla città, dopo anni di relativo immobilismo, una strategia globale di intervento nel campo delle strutture necessarie alla pratica di tutte le discipline sportive».
Quali sono i punti cardine di questo programma d’intervento?
ROBERTO BADARACCO: «Il cantiere per la realizzazione del nuovo stadio è entrato nella sua fase operativa. Contiamo di inaugurare la struttura entro la prima metà del 2026. Poco più tardi toccherà al palazzetto dello sport. Ci siamo impegnati a fondo su questo dossier e ora, con gli investitori privati, lo stiamo portando a termine nei tempi previsti».
MASSIMO PEDRAZZINI: «Non posso tuttavia fare a meno di notare che nel progetto del nuovo polo sportivo non sono state in alcun modo prese in considerazione le esigenze dell’hockey. E questo mi pare ancor più sorprendente se si considera la diffusione di questo sport a livello di pratica agonistica, partecipazione popolare, movimento giovanile, cultura cittadina».
In che modo è possibile ora rimediare a questa grave carenza?
ROBERTO BADARACCO: «È stato indubbiamente un errore compiu -
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Avv. Massimo Pedrazzini
Avv. Roberto Badaracco
to fin dall’epoca dell’elaborazione del progetto originario a cui non è stato possibile rimediare in corso d’opera. Tuttavia, la consapevolezza da parte del Municipio di Lugano della necessità di dare un’adeguata risposta alle richieste dei tanti ticinesi appassionati di questo sport, e soprattutto la volontà di sostenere in modo concreto la crescita del movimento giovanile, ci ha indotto a prendere una definitiva decisione in merito ad una soluzione alternativa».
Di che cosa si tratta, possiamo vedere in concreto in che modo intendete procedere?
ROBERTO BADARACCO: «La Città di Lugano tramite una convenzione di durata pluriennale finanzierà in parte la gestione della struttura in corso di realizzazione a Sigirino. In cambio di questo contributo avrà a disposizione un monte ore di circa 2000 ore all’anno di utilizzo delle piste di ghiaccio che si intendono edificare nel nuovo centro, a favore principalmente delle giovanili
dell’Hockey Club Lugano. Si tratta di uno stanziamento importante di circa 600.000 franchi all’anno per i dieci anni di durata dell’accordo e i nuovi impianti dovrebbero essere a disposizione dei ragazzi già a partire dai primi mesi del 2026».
Si può dunque parlare di una positiva collaborazione tra pubblico e privato…
MASSIMO PEDRAZZINI: «Prima della chiusura di questo accordo ero molto perplesso riguardo alle scelte compiute dalla Citta a sostegno della Sezione Giovanile dell’Hockey Club Lugano. Ora la soluzione individuata mi sembra che faccia intravedere prospettive molto positive, anche se dovremo affrontare alcuni problemi di logistica e trasporti riguardo alla ripartizione dei ragazzi tra le strutture della Cornèr Arena e quelle di Sigirino. Il Comune di Lugano ha fatto uno sforzo davvero importante di cui sono molto riconoscente; ora sarebbe auspicabile coinvolgere anche altri Comuni della cintura luganese in un sostegno
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ad attività sportive che vedono la partecipazione, come nel caso della Sezione Giovanile dell’Hockey Club Lugano, di centinaia di ragazzi provenienti da tutta la regione».
ROBERTO BADARACCO: «Vorrei avanzare ancora due considerazioni. La prima riguarda il fatto che gli sforzi compiuti confermano la strategia da sempre adottata dalla Città di Lugano di dare alle associazioni sportive in concessione gratuita l’utilizzo delle strutture disponibili, a conferma di una volontà di favorire in modo concreto la diffusione di ogni pratica sportiva tra la popolazione. La seconda guarda invece il domani, tenendo conto che la realizzazione di nuovi impianti sportivi richiede all’incirca una decina d’anni. Ebbene, credo che già oggi il Comune di Lugano debba iniziare ad impegnarsi per dotare la città di una terza pista di ghiaccio, al fine di assicurare una duratura prospettiva futura ai ragazzi, ai giovani, e a tutti gli appassionati dello sport dell’hockey».
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PROTAGONISTA NELLE SPEDIZIONI INTERNAZIONALI
La vostra storia inizia con la fondazione della società Luciano Franzosini. Quali sono state le successive tappe di un percorso imprenditoriale che ha portato alla costituzione di Tepoorten Group?
«La prima data di fondazione della SA Luciano Franzosini risale al lontano 28 marzo 1929: da quel giorno ad oggi abbiamo attraversato un percorso di quasi un secolo, varie epoche storiche caratterizzate dal susseguirsi di altrettante fasi economiche, fatte di benessere, stabilità e crisi, che solo grazie alle capacità imprenditoriali dei vari manager che si sono avvicendati alla guida della nostra azienda, hanno portato oggi al raggiungimento di
MARCO TEPOORTEN, PROPRIETARIO E PRESIDENTE DI TEPOORTEN GROUP SA, PRESENTA LA STORIA DI UN GRUPPO LEADER NEL PANORAMA DELLA LOGISTICA E DELLE SPEDIZIONI INTERNAZIONALI CHE FESTEGGIA 95 ANNI DI ATTIVITÀ IN TICINO E NEL MONDO.
questo traguardo. In 95 anni il settore delle spedizioni internazionali ha subito enormi cambiamenti, partendo dagli albori con i primi trasporti effettuati da un carro trainato da cavalli, fino ad ora, epoca in cui la tecnologia offre un grande supporto al lavoro dell’uomo. Dal 1929 ad oggi abbiamo assistito intorno a noi alla nascita di tante aziende, a fusioni tra varie società, alle acquisizioni effettuate da “colossi” stranieri e poi alla successiva cessazione di tante, tante aziende del nostro ramo; ma oggi la Franzosini esiste ancora, con la stessa denominazione sociale che aveva in origine, con gli stessi e rinnovati valori e principi che ne fanno oggi una delle poche aziende di spedizioni storiche ticinesi».
Quali le ragioni della vostra presenza in Svizzera e cosa rappresenta questo Paese nel contesto del sistema logistico internazionale?
«L’idea, già allora lungimirante, di creare una sede in Svizzera venne ben presto premiata dai grandi volumi d’affari che l’azienda riusciva a gestire. Nell’immediato dopoguerra, la Franzosini si rese poi autonoma dalla casa madre italiana per poter sviluppare in maniera indipendente i propri servizi di trasporti internazionali in Svizzera e all’estero. Il legame con il territorio divenne con il tempo più forte, intraprendendo una decisa politica di
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orientamento allo “Swiss Made” già dai primi anni ’40, anche tramite l’acquisizione di clientela prettamente ticinese e con la gestione di traffici internazionali che erano concentrati tra il nord Italia, il Canton Ticino e l’intero territorio della Confederazione. Vennero poi gli anni nei quali l’azienda decise di perseguire altri obiettivi, oltre a quello della stabilità finanziaria ed economica: la Franzosini si rese ben presto conto che era necessario dotarsi di procedure interne tali da razionalizzare i processi produttivi e di sposare il principio di “rispetto dell’ambiente”, anche se a quei tempi sembrava quasi inconciliabile con l’attività propria di un’azienda di spedizioni. Franzosini può anche vantare di essere stata la prima azienda ticinese nel campo dei trasporti internazionali ad aver ottenuto la certificazione ISO 14001 per le politiche ambientali, oltre alla certificazione ISO 9001 per la gestione aziendale e dei servizi».
Qual è attualmente la struttura del vostro Gruppo e quali sono le principali società che ne fanno parte?
«In anni recenti, vale la pena di ricordare nel 2007 l’apertura della Franzosini Italia S.r.l., il nostro corrispondente doganale italiano. L’impegno di risorse dalla Svizzera all’Italia ci
consente di seguire le spedizioni ed i clienti dal mittente al destinatario, attraverso le dogane italiane ed elvetiche, senza interrompere la catena delle informazioni e mantenendo sempre quella giusta riservatezza che è indispensabile avere quando si trattano spedizioni internazionali. Successivamente, abbiamo intrapreso ulteriori passi verso l’espansione internazionale con l’istituzione di filiali strategiche in luoghi chiave. La posizione privilegiata di Monaco, unita alla nostra expertise, ci consente di offrire soluzioni su misura che rispondono alle specifiche esigenze di un’ampia clientela internazionale. Nello stesso spirito di crescita e di servizio ai nostri clienti, abbiamo fondato Franzosini & Butti Ltd con sede a Dover, nel Regno Unito. La posizione di Dover, porta d’accesso principale per i
traffici merci tra il Regno Unito e il continente europeo, ci permette di monitorare e gestire le operazioni di trasporto con efficienza e precisione, garantendo la continuità del servizio anche in un contesto politico ed economico in evoluzione, offrendo consulenza e supporto operativo indispensabili per mantenere fluide le catene di fornitura tra l’UE e il Regno Unito».
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La ricerca dell’eccellenza ha sempre rappresentano un valore a cui vi siete ispirati nello svolgimento della vostra attività. Che cosa significa concretamente questo concetto quando viene applicato nel campo dei trasporti e della logistica?
«Franzosini ha sempre rivolto una particolare attenzione verso il mondo dell’information technology ed è all’avanguardia con mezzi di ultima generazione e con un parco macchine rinnovato in maniera costante. Franzosini è stata tra le prime aziende a dotarsi di particolari software specifici per la gestione delle spedizioni, della razionalizzazione dei carichi, delle performances di guida dei propri autisti - in coerenza con la certificazione per le politiche ambientali - oltre che per la gestione del proprio personale dipendente.
Il risultato di questo costante impegno è che l’azienda è risultata sempre aggiornata in tempo reale e subito reattiva su tutti gli aspetti riguardanti la propria attività, così che essa ha potuto, di conseguenza, adattarsi rapidamente, con facilità e senza traumi a tutte le varie fasi economiche che abbiamo attraversato. L’attenzione verso le nuove tecnologie è stata poi di recente ribadita con decisione dalla Franzosini avviando una nuova fase della nostra storia all’insegna
della continua innovazione tecnologica, grazie ad un’intuizione destinata a rivoluzionare il mondo dell’archiviazione digitale della documentazione doganale con l’esclusivo prodotto di EZdatacenter SA.
Negli ultimi tempi si parla molto in Ticino a proposito di una svolta normativa che potrebbe ridefinire l’industria logistica e delle spedizioni. Quali sono le sue valutazioni riguardo a questa proposta?
«La proposta legislativa che ha eliminato l’obbligo di dichiarazione doganale per le merci non soggette a dazio, solleva questioni fondamentali sulla sicurezza, l’efficienza e la conformità nel trattamento delle merci attraverso i confini. Le
imprese logistiche e di spedizione ticinesi gestiscono annualmente un volume di merci che si misura in milioni di tonnellate, con un valore commerciale che contribuisce in modo significativo all’economia locale e nazionale. La modifica legislativa solleva interrogativi critici su come questa potrebbe impattare non solo l’efficienza operativa, ma anche la sicurezza e la conformità nel trattamento delle merci attraverso i confini; ha il potenziale di semplificare alcuni processi, ma solleva anche questioni riguardo la tutela dei lavoratori, la sicurezza delle merci e la protezione contro l’ingresso di prodotti non conformi. In questo momento particolare, è essenziale considerare tutti gli aspetti e le possibili conseguenze. Si tenga presente che in Svizzera, nel 2023, sono state effettuate ben 60 milioni di dichiarazioni doganali».
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LA PROMESSA DI UNA LUNGA VITA IN SALUTE
Che contributo può dare l’IA alla medicina?
«Il mondo della medicina genera un’enorme quantità di informazioni. Secondo una stima, nel 2025 i dati sanitari supereranno i diecimila exabyte (più di diecimila miliardi di gigabyte). La ricerca in ambito sanitario, a sua volta, continua a crescere: PubMed, il principale servizio di ricerca di letteratura scientifica biomedica, si arricchisce di un milione di pubblicazioni ogni anno. Sono ordini di grandezza difficili da comprendere e inimmaginabili da analizzare manualmente. Anzitutto, l’intelligenza artificiale può e darà un contributo essenziale nel gestire, interpretare e fare nuove scoperte a
partire da questi dati.
In generale, l’IA può rendere più efficienti i processi sanitari, portando a diagnosi precoci e a una maggiore personalizzazione dei trattamenti. Un medico che ha maturato un’esperienza visitando migliaia di pazienti ha una capacità diagnostica maggiore rispetto a un collega alle prime armi. Allo stesso modo, elaborando milioni di dati (testi, radiografie, ECG, elettroencefalogrammi, ecc.) potremmo identificare caratteristiche o interpretare segnali che oggi non cogliamo. L’analisi di questa mole di informazioni consente di riconoscere dei pattern, delle caratteristiche uniche o dei segnali che possono sfuggire al singolo.
L’IA può favorire la medicina di
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE HA IL POTENZIALE DI RIVOLUZIONARE LA RICERCA IN CAMPO MEDICO, ACCELERANDO LO SVILUPPO DELLA MEDICINA DI PRECISIONE, CON CURE SU MISURA DEL PAZIENTE. PRIMA CHE QUESTO SCENARIO SI AVVERI, BISOGNERÀ SUPERARE ALCUNI LIMITI DELLE ATTUALI TECNOLOGIE. A COLLOQUIO CON IL DIRETTORE DELL’ISTITUTO DI TECNOLOGIE DIGITALI PER CURE SANITARIE PERSONALIZZATE DELLA SUPSI (MEDITECH), STÉPHANE MEYSTRE
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precisione e supportare i medici nella presa di decisioni. Un’altra grande applicazione, ovviamente, riguarda lo sviluppo di nuovi farmaci. Insomma, l’intelligenza artificiale si rivelerà preziosa a tutti i livelli. All’Istituto di tecnologie digitali per cure sanitarie personalizzate della SUPSI (MeDiTech) lavoriamo soprattutto a livello di essere umano».
In futuro ci faremo visitare dalla “Dottoressa IA”? Ci si potrà fidare delle sue diagnosi? «L’impiego dell’IA in ambito diagnostico ha un grande potenziale, ma sarà essenziale indirizzarne correttamente lo sviluppo. In tanti hanno chiesto un parere medico a ChatGPT, ma il risultato può essere un’informazione pericolosamente falsa. Non è auspicabile seguire questa direzione.
Un problema noto, o il limite attua-
“L’impiego dell’IA in ambito diagnostico ha un grande potenziale, ma sarà essenziale indirizzarne correttamente
lo sviluppo. In tanti hanno chiesto un parere medico a ChatGPT, ma il risultato può essere un’informazione pericolosamente falsa.
Non è auspicabile seguire questa direzione”.
le, degli strumenti più popolari è che non ci indicano la fonte da cui hanno attinto le informazioni, possono essere vittime di allucinazioni e di pregiudizi (bias). Un caso ben documentato riguarda un gruppo ospedaliero negli Stati Uniti che si è affidato a un’intelligenza artificiale per scegliere i pazienti meno in salute a cui somministrare una terapia più forte. Il problema è che l’algoritmo aveva imparato che le necessità di cura derivavano dai costi generati dai pa-
zienti: più spendi, più sei malato. Negli USA gli afroamericani non hanno molta fiducia nel sistema sanitario o rinunciano alle cure per ragioni finanziarie; è una parte della popolazione statisticamente meno in salute ma che genera minori costi. Apprendendo da questa base errata, l’algoritmo considerava meno malati gli afroamericani, e non gli proponeva il trattamento adeguato. Quando si ha a che fare con l’IA deve valere il principio “fidati ma verifica”, potendo sempre risalire alla fonte dei dati».
L’IA ci permetterà di arrivare in salute a cent’anni?
«Potenzialmente sì. È uno strumento necessario e dal grande potenziale, ma va usato correttamente».
Prima di tutto questo bisogna superare la scarsa qualità e omogeneità dei dati, che rende più difficile il loro utilizzo. Oggi sono tanti, ma molto diversi fra loro. Cosa si sta facendo in questo ambito?
«In effetti è una grande sfida. Siamo confrontati come una mole di dati molto eterogenei. Quando un medico compila una cartella lo fa in base alle sue esigenze. Non ha il tempo di creare dei codici per l’elaborazione dei dati. Stiamo cercando di superare questo problema grazie all’IA. Dal testo libero della cartella medica si estraggono informazioni che vengo -
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no standardizzate per poter essere condivise e confrontate. In questo modo il personale medico e sanitario non cambia il modo di compilare le cartelle e non ha un aggravio amministrativo. L’IA raccoglie le informazioni per creare dei dati strutturati che contribuiscono alla diagnosi, alla ricerca e all’efficacia delle cure. Spingendosi oltre, l’IA potrebbe aiutare a compilare le cartelle, con una verifica finale, una validazione, da parte del medico. Questo è un punto essenziale che va sempre ribadito: l’IA ha delle capacità superiori rispetto a un singolo individuo, ma non deve sostituirlo, piuttosto aiutarlo a rendere più facile ed efficiente il lavoro».
“Un filone di ricerca importante riguarda l’analisi di dati non strutturati: segnali biomedici come l’elettrocardiogramma, l’elettroencefalogramma, le caratteristiche del sonno; dati misurabili sull’essere umano. Ci occupiamo anche di analisi di immagini e di estrazione di informazioni da contenuti testuali presenti nella cartella clinica elettronica o in altri testi biomedici, come i protocolli di ricerca clinica”.
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Di quali progetti vi state occupando all’Istituto MeDiTech della SUPSI?
«Un filone di ricerca importante riguarda l’analisi di dati non strutturati: segnali biomedici come l’elettrocardiogramma, l’elettroencefalogramma, le caratteristiche del sonno; dati misurabili sull’essere umano. Ci occupiamo anche di analisi di immagini e di estrazione di informazioni da contenuti testuali presenti nella cartella clinica elettronica o in altri testi biomedici, come i protocolli di ricerca clinica. Con questi dati sviluppiamo degli algoritmi in grado di prevedere degli eventi. Abbiamo numerosi progetti in corso. L’analisi degli ECG con l’IA ci ha permesso di identificare delle aritmie impercettibili all’occhio umano, da ricondurre a malattie cardiache rare come la sindrome di
Brugada. Un altro impiego prevede di analizzare le immagini termiche del seno per aumentare l’identificazione del carcinoma mammario. Sviluppiamo sensori e dispositivi capaci di scovare dei virus nell’aria anche a bassissima concentrazione. Infine, vogliamo utilizzare i dati raccolti da dispositivi indossabili per monitorare i livelli di stress; oppure creare sistemi per identificare pazienti eleggibili per studi clinici attraverso la loro cartella medica».
Sono alcuni mesi che dirige il MeDiTech dopo una lunga esperienza all’estero, tanti anni negli Stati Uniti seguiti da una permanenza nei Paesi Bassi. Che indirizzo strategico vuole dare all’istituto?
«Sicuramente ci tengo a sviluppare ulteriormente le connessioni con il
settore sanitario cantonale, nazionale ed europeo per trovare la giusta sintesi fra le necessità mediche e le nostre capacità ingegneristiche e informatiche. Un secondo aspetto riguarda l’IA responsabile: vogliamo creare algoritmi affidabili, liberi da pregiudizi e trasparenti. Infine, dare un contributo alla salute di precisione con app, dispositivi indossabili e sistemi integrati che raccolgano segnali biomedici anche al di fuori degli ospedali per permettere di offrire un approccio su misura a ogni individuo sulla base delle sue specificità».
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FACILITARE LE TRANSAZIONI IN MODO SEMPLICE E TRASPARENTE
STEFANIA E LORENZO
DELL’OVO ALLORI SONO UNA
COPPIA UNITA NELLA VITA
E NEL PERCORSO PROFESSIONALE
CHE ORA SI È LANCIATA IN UNA
NUOVA E STIMOLANTE AVVENTURA
IMPRENDITORIALE.
Il nome RAP potrebbe di primo acchito far pensare ad un genere musicale molto diffuso all’interno dell’universo giovanile. Nulla di più lontano perché invece qui si parla di un Database condiviso di Real Asset per generare affari. Eppure a ben vedere la distanza tra questi due mondi è meno siderale di quanto si potrebbe pensare, soprattutto dopo aver conosciuto i due protagonisti di questa impresa e colto lo spirito che li anima, dove una solida esperienza professionale alle spalle si unisce ad una gran voglia di innovare e portare una ventata di creatività e dinamismo in un contesto economico e finanziario molto spesso, e a torto, visto come regno della tradizione e dell’immobilismo.
«RAP - esordisce subito Lorenzo Dell’Ovo Allori - è l’acronimo di Real Asset Platform e la nostra idea, in estrema sintesi, è stata quella di realizzare una piattaforma progettata per connettere la community di professionisti finanziari, creando la più grande rete per la gestione e l’incontro dei beni reali degli High Net Worth Individuals (HNWI)».
Entrambi provengono dal settore finanziario dove l’una è stata Assistente Private Banking prima in Credit Suisse e poi in UBS e l’altro vanta una carriera in veste di Relationship Manager in Credit Suisse, UBS, Banca BSI e in seguito come Senior Relationship Manager presso un primario gestore patrimoniale. Negli ultimi anni hanno attraversato e condiviso l’evoluzione del settore finanziario svizzero, in particolare per quanto riguarda le esigenze di una clientela facoltosa che per varie circostanze si trova nella condizione di mettere sul mercato i propri Asset Reali. «La maggior parte del patrimonio - spiega ancora Lorenzo - delle persone facoltose è composto da Asset Reali come case, partecipazioni societarie, automobili, opere d’arte e altri collezionabili e non esisteva un tool appositamente dise -
gnato per gestire questo genere di asset. I professionisti del settore finanziario svizzero sono infatti per lo più concentrati nell’ambito degli investimenti bancari e su questo la Svizzera è tra le piazze mondiali più riconosciute e che godono di maggiore reputazione. Dalla nostra esperienza di oltre 20 anni nella consulenza finanziaria è emerso invece che i clienti spesso hanno anche bisogno di aiuto per gestire, acquistare o vendere Asset Reali. Di qui, la nostra scelta di creare uno strumento che potesse permettere ai professionisti del settore finanziario, come family offices, gestori patrimoniali, banche e consulenti fiscali, legali e assicurativi, di consolidare e monitorare il patrimonio globale del cliente prendendo in considerazione tutti i suoi asset (finanziari e reali). In caso di bisogno i professionisti
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possono inserire nella piattaforma le esigenze di vendita o di acquisto dei loro clienti condividendoli all’interno della propria struttura, con il modello fornito in White label, o con tutta la community di professionisti iscritti nell’area apposita del portale RAP. Oggi siamo più concentrati alla creazione di deals per poi passare alle funzionalità gestionali come: valutazioni e previsioni di prezzo automatiche, consolidamento del patrimonio, analisi di rischio, reportistiche per dichiarazioni fiscali e assicurative. L’idea è quella di un’unica piattaforma con regole chiare e assoluta trasparenza per aiutare questi professionisti a fornire ai propri clienti un servizio ancora più ampio e globale, davvero a 360 gradi». L’obbiettivo è stato dunque quello di “levereggiare” la vicinanza al cliente del professionista, premiandone la competenza e la capacità di consolidare un rapporto di fiducia costruito in anni di lavoro grazie ad uno strumento, quale appunto questa piattaforma, che ne agevoli e faciliti il lavoro. «Abbiamo voluto creare - interviene Stefania Dell’Ovo Allori - un ecosistema B2b, dedicato solo a professionisti selezionati e qualificati iscritti alla piattaforma, con
regole trasparenti per gestire e condividere in modo efficiente Asset Reali esclusivi, il tutto garantendo la massima sicurezza e privacy. Inoltre abbiamo strutturato un modello di business basato sulla condivisione dei guadagni generati dalle transazioni tra la piattaforma e i professionisti (della buyside e della sellside) che hanno permesso di portarla a termine. Si tratta di un modello di business sicuramente interessante e innovativo e al professionista finanziario, al quale è garantito un accesso esclusivo, forniamo oltre alla parte puramente tecnica un supporto amministrativo, di back office e di contatto con specialisti. Senza invadere i campi di competenza ma anzi valorizzando appieno la qualità della loro consulenza e permettendogli di creare in maniera virtuosa una nuova linea di profitto».
L’evoluzione del progetto e la realizzazione della startup possono essere riassunte attraverso alcune date particolarmente significative. Dopo che nel 2019 era stata concepita l’idea, la partecipazione all’edizione 2022 di Boldbrain Startup Challenge ha rappresentato una preziosa opportunità per validare il modello di business.
www.realassetplatform.ch
«Nel giro di pochi mesi - conclude Lorenzo - durante il programma di accelerazione Boldbrain, comprendente formazioni e ore di coaching, siamo riusciti a perfezionare il modello e rendere operativa la piattaforma. L’ecosistema ticinese in ambito startup ha vissuto una interessante crescita negli ultimi anni e da parte nostra, la partecipazione ad eventi organizzati in Ticino dalla Fondazione Agire e da altri Enti, ci ha permesso di confrontarci con altre realtà, sentire altre esperienze e ha facilitato l’interazione anche con centri di ricerca universitari (SUPSI e USI) che si sono resi estremamente disponibili e utili nell’analisi di possibilità di sviluppo tecnologico del prodotto. Ora, insieme anche a Alberto Terzi, socio azionista, stiamo entrando in una fase in cui siamo impegnati a far conoscere la nostra piattaforma dalla comunità di professionisti finanziari a cui essa è rivolta, con l’obiettivo di concludere le prime transazioni che rappresentano la più importante validazione della bontà del nostro progetto e ci avvicina all’ambizioso obbiettivo di far diventare il Ticino, e poi la Svizzera, l’HUB degli Asset Reali».
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SOGNO, INNOVAZIONE e CREATIVITÀ
SILVIO TARCHINI RACCONTA
IL SUO SOGNO DI REALIZZARE
THE SENSE GALLERY, UNO SPAZIO
CHE NON È SOLO UNA GALLERIA
MA UN’ESPERIENZA MULTISENSORIALE DOVE ARTE, SCIENZA E TECNOLOGIA SI INTRECCIANO IN UN CONTESTO UNICO.
FoxTown Factory Stores nacque da un’intuizione di Silvio Tarchini negli anni ‘90. L’idea di costruire nella zona di Mendrisio, in Ticino, il primo Factory Outlet Center del Sud Europa si fondava su un’attenta analisi di esperienze simili a livello internazionale, in particolare Londra e Atlanta, e su una profonda conoscenza del mercato di riferimento da parte dell’imprenditore immobiliare ticinese. Silvio Tarchini decise così di diventare il pioniere del nuovo modello distributivo già affermato nel Regno Unito e negli Stati Uniti e, consapevole della valenza strategica della posizione geografica di Mendrisio, destinò un suo immobile in fase di costruzione a Factory Outlet Center. Il 4 novembre 1995 venne inaugurata la prima fase dell’attuale polo commerciale e 28 anni dopo FoxTown Factory Stores Mendrisio conta oltre 160 stores, 250 marchi di prestigio, più di 1.200 posti di lavoro e 37.000 metri quadrati di superficie di vendita. Bar, ristoranti, un’area giochi e persino un Casinò; Tarchini ha declinato il concetto di outlet e
lo ha trasformato da sinonimo di risparmio in un’esperienza di shopping e intrattenimento unica nel suo genere. Nell’estate del 2022 ha aperto una nuova fase con nuovi negozi arricchendo così l’offerta del Centro. Ma non basta, il 15 maggio 2024, The Sense Gallery ha aperto le sue porte al pubblico nella nuova Ala di FoxTown, offrendo un’esperienza indimenticabile adatta a grandi e piccini, dove arte e tecnologia si fondono, ogni dettaglio ha un significato e ogni viaggio lascia un’impronta indelebile nei sensi.
Come è nata l’idea di dare vita a questo nuovo progetto? «Da tempo nutrivo un interesse, oltre che per il mondo dell’arte in generale, per tutto ciò che ruota intorno a quella rivoluzione digitale che ha completamente trasformato il nostro modo di vivere, lavorare, consumare, divertirsi e godere di tutte le forme che la bellezza assume. Ne ho parlato con Luca Gambardella, figura di spicco con una vocazione poliedrica, un profondo interesse per la scienza, l’industria e l’arte, e nel gennaio 2023, sotto la sua guida illuminata, questo sogno un po’ visionario ha cominciato a svilupparsi, con l’obiettivo di creare uno spazio immersivo, digitale e moderno presso il FoxTown Factory Stores di Mendrisio. Gambardella ha intuito che questo spazio doveva essere molto più di una mera esposizione tecnologica,
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AZIENDE / FOXTOWN
un luogo diverso e sorprendente, capace di unire scienza e arte in un connubio armonioso, capace di stimolare la riflessione ed i sensi».
Nel corso della realizzazione sono state coinvolte anche altre importanti personalità artistiche… «Assolutamente sì, a cominciare dalla Compagnia Finzi Pasca, tra le maggiori compagnie teatrali indipendenti al mondo, nelle persone di Hugo Gargiulo e Maria Bonzanigo, maestri nell’arte di saper interpretare e combinare ambienti onirici con soluzioni digitali. Lo sviluppo del progetto è emozionante: spazi, sale, attrezzature e contenuti hanno preso forma, mentre la visione si è fatta sempre più chiara fino a diventare un vero e proprio “museo” 3.0! Dall’estate 2023, la squadra si è arricchita di nuovi talenti: artigiani, professionisti e artisti si sono uniti
per dare vita a questa straordinaria visione di uno spazio dove “nulla è come sembra”. Un luogo dove la tecnologia serve non solo come mezzo espositivo ma come catalizzatore di interazioni profonde tra lo spettatore e l’opera».
Possiamo immergerci nella visita di questo straordinario spazio multisensoriale?
«Il viaggio attraverso The Sense Gallery inizia con il “Tunnel di Luce”, un percorso avvolgente dove archi luminosi si intrecciano creando un’atmosfera di sogno e illusione. Gli specchi amplificano questa esperienza, moltiplicando forme e colori in un gioco di riflessi che trasporta i visitatori in un viaggio emozionante attraverso tempo e spazio. Segue il “Mondo Rovesciato”, un ambiente teatrale dove l’ordinario si trasforma in straordinario. In questo spazio interattivo, i visitatori possono sperimentare pose acrobatiche che sfidano la gravità, fondendo il proprio riflesso con l’arte in un unico spettacolo visivo di pura bellezza e potenza.
Questo regno di meraviglia invita a lasciarsi trasportare dalla magia del teatro. L’ “Infinity Room” offre un’immersione in un mondo di pura magia. Con pavimenti pulsanti di Led e pareti specchiate che creano un infinito caleidoscopio di riflessi, questa stanza trasforma ogni passo in una danza attraverso un sogno infinito, riflettendo innumerevoli versioni di te stesso in un’esplorazione continua dell’io. Nella “Casa della Volpe”, i visitatori sono invitati a scoprire un ambiente sotterraneo segreto e sorprendente. Qui, gli effetti sonori e le luci danzanti creano un’atmosfera che avvolge completamente, offrendo un’esperienza intima e immersiva.
La sala “Oltre” è stata pensata per ospitare performance, mostre ed esibizioni che sfidano le tradizionali convenzioni espositive: si presenta come uno spazio dove l’arte diventa dinamica, reagendo al movimento e alla presenza dei visitatori con un balletto di suoni e immagini. Questo ambiente offre un’occasione di pausa e riflessione, trasformandosi in un palcoscenico per proposte artistiche uniche e sempre nuove. Il percorso si conclude con la “Foresta Incantata”, un’immersione nella natura e nella sua bellezza surreale. Elementi vegetali, specchi, video e suoni si fondono per creare un ambiente magico e avvolgente, dove il visitatore può sentirsi parte di un bosco incantato, cullato dalla melodia degli effetti sonori e visivi che trasportano in un altro mondo». The Sense Gallery, definendosi come il primo spazio multisensoriale in Svizzera, promette di essere un punto di riferimento culturale e tecnologico, ed è accessibile a un pubblico di tutte le età, offrendo una nuova dimensione dell’esperienza artistica e scientifica.
213 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024
AZIENDE / FOXTOWN
APERTO A MENDRISIO UN NUOVO SHOP SANITARI CHE OLTRE AD UN’ESPOSIZIONE DEI MIGLIORI
PRODOTTI DEL SETTORE SANITARI, OFFRE UNA QUALIFICATA CONSULENZA AD ARTIGIANI, INSTALLATORI E PRIVATI. CE LO PRESENTA DAVIDE BUY, DIRETTORE SANITAS TROESCH TICINO PRESSO LA SEDE DI LAMONE.
Bagno e cucina SEMPRE PIÙ SPAZI DI BENESSERE
Quali motivazioni
hanno indotto Sanitas Troesch ad aprire questo nuovo spazio a Mendrisio?
«Con questa apertura Sanitas Troesch ha voluto rispondere ad un’esigenza più volte espressa dai numerosi professionisti del settore e dei privati abitanti del Mendrisiotto che adesso possono disporre di un punto vendita più vicino alla loro zona di residenza. Il nuovo Shop sanitari si trova in Via Francesco Borromini 4, zona di grande viabilità e in un quartiere commerciale particolarmente favorevole, proprio in prossimità di Arredamenti Bernasconi e del Fox Town. Con oltre 2000 articoli a stock, siamo ben attrezzati per far fronte a tutte le esigenze di riparazione e sostituzione, sia per professionisti che privati».
Lo Shop Sanitari di Mendrisio integra una rete di punti vendita distribuiti in tutto il Ticino… «Sanitas Troesch è presente a Lamone con la sua sede principale del Sottoceneri, la direzione e l’ufficio commerciale oltre ad una vasta esposizione di prodotti e arredi bagno, nonché un grazioso spazio appena rinnovato dedicato al mondo cucine. Sempre in questa zona disponiamo poi di due storici punti vendita, gli Shop sanitari di Lugano e Bioggio e ora anche a Mendrisio. Nel Sopraceneri siamo invece presenti con esposizione bagni e cucine e Shop sanitari a Contone. Complessivamente sono 24 esposizioni e 36 Shop in tutta la Svizzera».
Quali sono i punti di forza della vostra azienda ed ora anche dello Shop Sanitari di Mendrisio?
214 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 AZIENDE / SANITAS TROESCH
«Senza alcun dubbio merita una sottolineatura la qualificata preparazione professionale di tutti i collaboratori dei nostri centri, in grado di offrire una consulenza davvero a 360° che spazia dalla scelta dei prodotti che meglio si adattano ad ogni situazione abitativa alla soluzione di ogni genere di problema tecnico connesso all’impiantistica di bagni e cucine. Teniamo presente che il nostro è un settore molto particolare dove esigenze di carattere estetico si sposano sempre a soluzioni tecniche più o meno complesse. E questa considerazione vale per prodotti nuovi come per sostituzioni, ricambi, o riparazioni. Sanitas Troesch ha soluzioni per ogni stile e ogni budget».
A proposito di gusto estetico, quali tendenze si vanno affermando nell’allestimento di bagni e cucine?
«Una tendenza sorprendente, visibile al recente Salone del Mobile di Milano da diversi produttori, è stata la simbiosi creativa di elementi contrastanti. Le curve incontrano le forme angolari, il legno si fonde con la pietra e il vetro, mentre i frontali scanalati si alternano a linee chiare. Questa armoniosa fusione di contrasti conferisce ai mobili e agli accessori per la casa un’estetica unica e versatile, moderna e senza tempo. Un’altra tendenza è l’uso di tonalità calde, come il sabbia, l’ocra e il beige, abbinate a colori di tendenza come il terracotta. Materiali naturali come il legno e la pietra sono sapientemente combinati con le piante per creare un’atmosfera rilassante e naturale.
Particolarmente suggestiva è la trasformazione del bagno in un’oasi termale e in un rifugio privato. L’uso di materiali naturali e di una paletta di colori armoniosa crea un’oasi di benessere nella propria casa.
Un altro elemento è rappresentato da una sempre più diffusa presenza del colore per rubinetteria e finiture: accanto al cromato, si sono affermati il nero opaco e l’inox, ma anche il dorato e il bronzo».
Quali prodotti sarà dunque possibile ammirare nell’esposizione di Mendrisio?
«Accanto alle proposte di tutte le migliori case produttrici del settore svizzere, tedesche e italiane, prime fra tutte aziende leader come Gessi, Dornbracht, AXOR/Hansgrohe, KWC, Laufen e il nostro marchio Alterna, siamo riusciti a presentare a Mendrisio nove diverse ambientazioni che propongono varie possibilità di allestimento di bagni, dalle soluzioni “basic” fino a quelle di fascia alta, in modo da mostrare anche in questa nuova sede ai clienti le ultime idee e tendenze del bagno».
In che modo intendete far conoscere a professionisti del settore e clienti questo nuovo Shop?
«Il nuovo spazio è pienamente operativo dai primi giorni di maggio. Per gli artigiani e i professionisti del settore abbiamo organizzato una serata d’inaugurazione appositamente dedicata che si terrà nel corso del mese di luglio. Mentre ai clienti privati abbiamo riservato un evento “porte aperte” programmato per il prossimo sabato 7 settembre, che sarà una simpatica occasione per scoprire tutte le novità del mondo Sanitas Troesch».
SANITAS TROESCH SA
Via Francesco Borromini 4
CH-6850 Mendrisio
SANITAS TROESCH SA
Via Vedeggio 3
CH-6814 Lamone
SANITAS TROESCH SA
Via Cantonale 36
CH-6594 Contone
215 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 AZIENDE / SANITAS TROESCH
COMUNICARE NEL NUOVO
“mercato dell’informazione”
INTERVISTA A MATTEO CREMASCHI, SPECIALISTA IN COMUNICAZIONE E PORTAVOCE PRESSO IL MINISTERO PUBBLICO DELLA CONFEDERAZIONE. CON LUI PARLIAMO DI CHE COSA SIGNIFICA ESSERE UN PROFESSIONISTA DELLA COMUNICAZIONE IN AMBITI ANCHE MOLTO DIVERSI FRA LORO E DELL’IMPORTANZA DELLE PR.
DI DIMITRI LORINGETT
Dopo un anno quale specialista in comunicazione presso il MPC (e ora anche portavoce), qual è il bilancio che può trarre? «Il primo bilancio è molto positivo. Un’esperienza sin qui eccezionale ed estremamente sfidante. All’improvviso mi sono dovuto confrontare con temi nuovi e complessi, ma al tempo stesso affascinanti. L’attività con i media è stimolante e richiede molta attenzione. Non è semplice comunicare e informare i diversi pubblici trovando il giusto equilibrio tra molteplici interessi, talvolta contrapposti. Protezione della personalità, tutela delle parti coinvolte e degli imputati, tattica delle indagini, interesse pubblico, necessità dei media e principio della proporzionalità. Un mix di fattori che ci guida nella gestione delle oltre mille domande e richieste annuali sulle attività del MPC che provengono da giornalisti attivi in tutto il mondo. Nulla è lasciato al caso, sappiamo quando e come possiamo esprimerci, consapevoli del fatto che ogni dettaglio può fare la differenza, cercando sempre di comunicare in modo trasparente e tempestivo».
Lei è un giovane ticinese che, come molti altri è “emigrato” Oltrealpe. Quali le motivazioni: la rimunerazione, le prospettive di carriera, o altro?
«Ho intrapreso una nuova sfida per crescere, a livello personale e professionale. L’ho fatto uscendo completamente dalla mia comfort zone. Mi sono catapultato all’improvviso in un contesto nuovo in cui lavoro e comunico quotidianamente nelle tre lingue nazionali e in inglese su temi complessi che conoscevo solo in parte. Non è stato facile, ma l’impegno e la passione, uniti a una buona dose di curiosità, stanno dando buoni frutti. Non nego che le prospettive di carriera e le condizioni di lavoro hanno avuto un impatto sulla scelta di intraprendere questa prima esperienza professionale fuori Cantone. Sono comunque molto legato al Ticino, dove peraltro sono ancora parzialmente attivo. Il MPC ha infatti un’antenna a Lugano, mentre la sede del Tribunale penale federale, dove spesso seguiamo i Procuratori per gli aspetti mediatici legati ai processi, ha sede a Bellinzona».
Lei si è occupato di comunicazione pubblica in ambiti piuttosto diversi, tra finanziario, accademico e ora giudiziario. C’è, secondo lei, un elemento comune?
216 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 AZIENDE / STRP
«Il fattore tempo è determinante, indipendentemente dal settore di riferimento. L’informazione oggi viaggia a ritmi incredibili, senza confini. Gli attori, i mezzi e le fonti si sono moltiplicati e questo ha delle conseguenze evidenti per chi deve interagire con un numero sempre maggiore di stakeholder. L’aggiornamento continuo e la preparazione sono elementi essenziali per chi si occupa di comunicazione e pubbliche relazioni in questo nuovo «mercato dell’informazione». Non deve mai mancare una buona capacità di reazione, perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e va affrontato tempestivamente».
Quanto contano i contatti personali, intesi anche come PR, nel suo lavoro attuale come in quelli passati?
Impiantistica e gestione razionale dell’energia
Impianti di climatizzazione, ventilazione, riscaldamento
Installazioni idrosanitarie
“Non è semplice comunicare e informare i diversi pubblici trovando il giusto equilibrio tra molteplici interessi, talvolta contrapposti. Protezione della personalità, tutela delle parti coinvolte e degli imputati, tattica delle indagini, interesse pubblico, necessità dei media e principio della proporzionalità.”.
«Si tratta indubbiamente di una componente fondamentale. Curo moltissimo i contatti personali, perché ritengo che la nostra professione sia fortemente basata sulla relazione e in particolare sull’ascolto. Viviamo ogni giorno nella frenesia di un mondo sempre più complesso e imprevedibile. Grazie all’esperienza maturata nell’ambito dei diversi progetti realizzati in questi anni, ho scoperto quanto sia
importante poter contare sugli altri, confrontarsi, imparare e crescere attraverso lo scambio e la condivisione di idee».
Centrali termiche a vapore, acqua surriscaldata, olio diatermico e centrali di refrigerazione
Reti per fluidi liquidi e gassosi
Impianti fotovoltaici e solari termici
Servizio riparazioni e manutenzione
AZIENDE / STRP
Pronto intervento 24H
TECH-INSTA SA Via Industria 10 - CH-6807 Taverne - T. 091 610 60 60 info@tech-insta.ch - www.tech-insta.ch
Passaggio generazionale: stiamo creando manager o imprenditori?
FACILE AFFERMARE CHE LA PRIMA GENERAZIONE COSTRUISCE, LA SECONDA MANTIENE, LA TERZA DISTRUGGE CIÒ CHE HANNO
FATTO LE PRIME DUE. È UN RITORNELLO CHE SENTO DA TANTI
ANNI E OGNI VOLTA RIBATTO CON UNA DOMANDA: «LA GENERAZIONE
CHE VIENE PRIMA COME PREPARA QUELLA CHE VIENE DOPO?».
DI GIANNI SIMONATO
Date un’occhiata in giro ai vari programmi formativi e vedrete l’abbondanza di proposte sui temi del management e la scarsità di quelli imprenditoriali. Ma crediamo davvero che si possa garantire la continuità d’impresa “facendo bene le cose” ed “orga -
nizzando bene le persone”? Temi quindi tipicamente manageriali. Già un secolo fa l’economista Joseph Schumpeter affermava il concetto di “Distruzione Creativa”, al quale abbiamo sostituito nel tempo quello di “Mantenimento dello Standard”
Schumpeter aveva individuato cinque tipologie di innovazione, relativamente a:
- Prodotto
- Metodo
- Creazione di nuovi mercati
- Acquisizione di nuove fonti di approvvigionamento
- Nascita di nuove strutture industriali
E il motore di questa innovazione è per lui l’imprenditore. Per Schumpeter l’impresa è un organismo in continua evoluzione che si perpetua proprio in virtù della sua capacità di cambiare.
Ma se è vero questo perché i padri (o le madri) mandano i loro figli a studiare da manager? Il risultato sarà quello di creare dei manager capaci di gestire la finanza, il marketing, la produzione. Gestire funzioni aziendali, appunto, ma non in grado di generare quelle innovazioni di cui parla Schumpeter, che risiedono nelle caratteristiche del leader: avere una visione di dove vuole andare e una straordinaria capacità di coinvolgere in questo viaggio le persone. Mi sono laureato su questi temi, con una tesi su Schumpeter e sull’innovazione, e ne sono rimasto
folgorato tanti anni fa, e devo ringraziare per questa ispirazione Arnaldo Canziani, allora professore a Venezia e alla Bocconi. E pensando ad oggi quegli insegnamenti sono straordinariamente attuali. Di questi tempi è più che mai necessario accelerare sulla via dell’innovazione, facendolo con metodo, ed insegnandolo a chi deve fare impresa. Ispirato da questi argomenti e da quelle frequentazioni ho creato MyAcademy, che accoglie tante famiglie imprenditoriali alle quali faccio da mentore per aiutare i loro figli a diventare gli imprenditori di domani. Il mio metodo è quello del 90/10. 90% si studia da leader e imprenditori e 10% da manager. Il 10% ha a che fare sul come funziona un’azienda, i giovani devono comprenderne il linguaggio, ma detto questo devono diventare dei leader. E molto spesso per diventare imprenditori non basta leggere dei libri. Sono fondamentali gli incontri con altri imprenditori, lo scambio di esperienze, lo studio delle competenze trasversali e trasformative. Serve anche creare delle startup generate da un’idea. In definitiva occorre generare per-corsi non convenzionali per diventare imprenditori del terzo millenio, partendo dai fondamentali di Schumpeter del secolo scorso, oggi più vivi che mai. Non è ancora chiara la differenza tra manager ed imprenditore? Ecco una tabella che riassume in sintesi
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AZIENDE / MY ACADEMY
alcune differenze di notevole portata, basate su tre riferimenti: - Ruolo - Rischio - Visione
La confusione tra i ruoli di imprenditori e manager, specialmente nelle aziende di seconda generazione, è abbastanza comune. Questo fenomeno può derivare da diversi fattori:
1. Eredità aziendale: gli imprenditori di seconda generazione ereditano un’impresa già in esercizio piuttosto che crearne una nuova. Questo può naturalmente spostare il loro focus dalla creazione e innovazione (tipici dell’imprenditorialità) alla gestione e ottimizzazione (caratteristiche manageriali). Naturale che succeda, ma proprio per questo non bisogna rinunciare ad innovare.
2. Formazione professionale: gli imprenditori di seconda generazione possono avere una formazione più formale in business management rispetto ai fondatori. Questo background può influenzare il loro approccio alla gestione dell’azienda, rendendoli più simili a manager
che a pionieri imprenditoriali. Se lo sai lo modifichi: una parte della formazione sarà sui temi imprenditoriali più che manageriali
3. Pressioni del mercato: nei mercati maturi o altamente competitivi, la gestione efficace delle operazioni esistenti e la riduzione dei costi possono diventare più critiche rispetto all’innovazione. Questo può portare gli imprenditori a concentrarsi di più sulle competenze manageriali. Ma questo vale per il breve. Da sole queste prassi porteranno lunga vita all’azienda?
4. Aspettative e responsabilità: ci può essere una pressione per preservare il patrimonio familiare e garantire la stabilità e la crescita dell’azienda per le future generazioni. Questo può rendere gli imprenditori di seconda generazione più cauti e orientati alla gestione rispetto all’assunzione di rischi. Ma quando il focus è sul “mantenimento” anziché sullo “sviluppo” l’azienda pian piano muore.
5. Cambiamento del ruolo dell’imprenditore: con il tempo, un imprenditore può evolvere naturalmente in un ruolo più manageria-
APPROCCIO IMPRENDITORE VS MANAGER
Caratteristica Imprenditore
Ruolo e responsabilità
Approccio al rischio
Avvia e gestisce nuove imprese. Identifica opportunità, raccoglie risorse, assume rischi e innova.
Propenso al rischio, essenziale per avviare e crescere un’impresa.
le man mano che l’azienda cresce e matura, passando da attività di startup a compiti più legati alla gestione quotidiana. Ma è questo il suo vero mestiere?
È importante che gli imprenditori che pensano alla seconda generazione riconoscano queste dinamiche e valutino attentamente il bilancio tra innovazione e gestione. Potrebbe essere utile incoraggiare una cultura che valorizzi sia l’innovazione che l’efficienza operativa, permettendo così sia agli imprenditori che ai manager di creare un mix di successo all’interno dell’organizzazione. Un’impresa che voglia navigare le acque agitate del cambiamento che attraversano il tempo ha sempre bisogno di un adeguato bilanciamento tra innovazione e gestione.
Oggi il panorama è assolutamente sbilanciato sulla gestione. Mancano collaboratori nel sistema, non si trovano persone? Forse. Di sicuro mancano imprenditori. E mancano strutture in grado di formarli. E di questo ne ho fatto la mia missione personale. Hai esperienze da scambiare al riguardo? Scrivimi a: info@myacademypmi.com
Gestisce e coordina le risorse all’interno di un’organizzazione esistente. Assicura operazioni efficaci.
Meno propenso al rischio, si concentra sulla riduzione dell’incertezza e sulla gestione efficiente delle risorse.
Innovazione e visione
Al centro dell’attività; trasforma visioni innovative in realtà, influenzando i mercati.
Ottimizza e migliora operazioni esistenti, può introdurre efficienze ma raramente cambia il mercato radicalmente.
219 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 AZIENDE / MY ACADEMY
Manager
Un centro di eccellenza PER LA CURA DEI DOLORI ALLA SCHIENA
PRESSO LA CLINICA ARS MEDICA È ATTIVO UN CENTRO SPECIALIZZATO CON
L’OBIETTIVO DI MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DEI PAZIENTI CON
DOLORI CORRELATI A DISTURBI DELLA COLONNA VERTEBRALE. CE NE PARLA
IL DR. MED. MAURIZIO PINTUCCI, NEUROCHIRURGO-CHIRURGO SPINALE..
Che cos’è il Centro Colonna Vertebrale di Ars Medica?
«Si tratta di una struttura altamente qualificata operante attraverso una sede principale all’interno del prestigioso complesso Ambrosart a Manno e una sede secondaria a Muralto-Locarno, all’interno di Tertianum Residenza Al Parco. Il Centro riunisce diversi specialisti che afferiscono alla colonna vertebrale, lavorando in sinergia per una presa in carico all’avanguardia e
multidisciplinare, quindi completa, di pazienti con dolori correlati a disturbi della colonna vertebrale, offrendo loro l’opportunità di disporre di tutte le visite mediche, gli accertamenti, gli esami diagnostici e i trattamenti necessari. In sintesi, il Centro dispone di tutte le competenze grazie alle quali l’anamnesi clinica è accompagnata da un complemento diagnostico rapido ed una proposta terapeutica individualizzata alla ricerca del migliore percorso terapeutico e riabilitativo».
Possiamo indicare quali sono le principali patologie correlate a sintomi genericamente indicati come “mal di schiena”?
«Innanzitutto, è giusto ricordare che il mal di schiena è una condizione molto frequente. Circa quattro adulti su cinque soffrono di male alla schiena almeno una volta nella vita o con frequenza ricorrente. Nonostante riguardi più facilmente le fasce di età dopo i 30-40 anni, questo problema non risparmia le fasce più giovani della popolazione. Tra le cause più frequenti possiamo citare la degenerazione del disco intervertebrale, ma sussistono ulteriori cause, più o meno concomitanti, rappresentate da dege -
nerazione delle articolazioni (faccette vertebrali), patologie in ambito reumatico o muscolare, fratture vertebrali (non sempre traumatiche), mentre più raramente patologie infettive o tumorali. Le differenti cause presuppongo quindi intervento terapeutico diverso per ogni circostanza».
Cosa si intende per ernia discale e quali sono le cause che posso generarla?
«Come è noto, la colonna vertebrale è costituita da ossa (vertebre), ognuna delle quali separata da un cuscinetto ammortizzante chiamato disco intervertebrale. Quest’ultimo è composto dal nucleo polposo al centro, circondato da un anello fibroso più resistente all’esterno. Il nucleo, quando in buone condizioni, è elastico, ma con l’invecchiamento, inizia a disidratarsi diventando, contrariamente a quanto si può credere, più molle. Vi sono fattori congeniti e/o ereditari predisponenti la degenerazione, coadiuvate da attività “logoranti”, caratterizzate da frequenti sollevamenti frequenti di pesi, vibrazioni, attività con le braccia tese in avanti, movimenti in flesso-estensione o torsione del tronco, che favoriscono la “lacerazione” dell’anello fibroso esterno, con conseguente fuoriuscita del nucleo polposo degenerato. In determinate condizioni, questa componente fuoriuscita di disco viene chiamata ernia discale, che non è sinonimo di protrusione discale o
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MEDICINA / ARS MEDICA
degenerazione discale. Non dobbiamo infine trascurare l’impatto di uno stile di vita caratterizzato da sedentarietà, magari associato ad obesità e fumo, ma nemmeno, all’opposto, attività sportive che possano con frequenza sottoporre la colonna vertebrale ai movimenti sopra discussi, in quanto incrementano ulteriormente il rischio di ernia discale».
Quali sono i sintomi di un’ernia del disco?
«Innanzitutto, il paziente potrebbe presentare una storia di dolori lombari più o meno cronici, caratterizzati dalla progressiva degenerazione discale. Quando invece si verifica la fuoriuscita di un frammento discale, questo può produrre una compressione della radice nervosa, che si trova in sua prossimità, generando di conseguenza un dolore nell’arto superiore (brachialgia) o nell’arto inferiore (cruralgia o, a seconda, sciatalgia) a dipendenza che il disco si trovi rispettivamente nella colonna cervicale o in quella lombare. A questo punto i disturbi dalla colonna vertebrale “irradiano” all’arto sotto forma di disturbi della sensibilità, rappresentati da dolore, formicolii, scosse, diminuzione della sensibilità, ma anche sotto forma di disturbi della forza, con una diminuzione della forza/del movimento dell’arto».
Quali sono le prospettive di cura per chi soffre di queste patologie? «Il nostro approccio multidisciplinare è assicurato dalla presenza di chirurghi spinali (neurochirurghi o ortopedici), neurologi, reumatologi, fisioterapisti, anestesisti responsabili per la terapia del dolore, specialisti di mano/gomito. La loro collaborazione consente di intervenire non solo tempestivamente, ma nella maniera più appropriata a secondo del-
la “gravità” della situazione. Innanzitutto, bisogna premettere che il trattamento per un’ernia discale è più frequentemente di tipo conservativo, poiché il frammento discale ha una probabilità molto elevata (80-90%) di andare incontro ad un “riassorbimento” (non “rientranza”) spontaneo e quindi liberare la radice nervosa. Nella maggioranza dei casi si tratta quindi di gestire i dolori durante le 6-8 settimane solitamente necessarie per questo evento, usufruendo di trattamenti antinfiammatori/antidolorifici per bocca, ma anche infiltrazioni mirate sul tratto di colonna interessato, beneficiando quindi della collaborazione del Centro di Terapia del Dolore. Bisogna però ricordare che questi provvedimenti non hanno un effetto diretto sull’ernia discale e sulla sua capacità di venire riassorbita. Per questo motivo, qualora dopo 2-3 mesi persistessero disturbi ritenuti dal paziente come limitanti la qualità di vita (“fallimento dei trattamenti conservativi”), può entrare in linea di conto un intervento con tecnica microchirurgica, volto alla rimozione del frammento discale. Un’altra situazione che può portare ad una presa in carico chirurgica è rappresentata da un dolore insostenibile e di estrema difficile gestione farmacologica, che rende impossibile l’attesa per 6-8 settimane del riassorbimento dell’ernia. Non bisogna trascurare che sovente questa situazione è accompagnata dalla presenza di un disturbo di forza (deficit motorio) nell’arto, che deve portare ad una rapida valutazione con il chirurgo spinale. Una presa in carico chirurgica tempestiva offre, infatti, maggiori possibilità di un recupero del deficit di forza, che, al contrario, diminuiscono con il perdurare di una situazione di sofferenza del nervo».
Quanto è importante la prevenzione riguardo all’insorgere e poi alla cura delle sopracitate patologie?
«Il mal di schiena è un problema molto diffuso e dunque conoscerne le cause di origine e le strategie per combatterlo è di fondamentale importanza sia in ambito preventivo che riabilitativo-terapeutico. Ogni persona dovrebbe quindi innanzitutto conoscere i fattori aggravanti/ scatenanti i sintomi, rappresentati, ancora una volta dal sollevamento ripetuto di pesi, attività prolungate a braccia tese, movimenti frequenti in flesso-estensione o torsione del tronco. Spesso il dolore viene visto come un nemico, senza dimenticare che è un mezzo di comunicazione del corpo verso una situazione di “pericolo” o non “gradita”. È infatti tipico riscontrare dolori nella colonna vertebrale che peggiorano a seguito dei movimenti sopracitati. In determinate situazioni di lavoro si rendono necessari provvedimenti di riqualifica/ricollocamento professionale, proprio per “sfuggire” a questi fattori di rischio quotidiani. Altrettanto importante è un’attività costante e duratura di rinforzo della muscolatura che sostiene la nostra colonna vertebrale, all’opposto, quindi, di una vita sedentaria. Partendo eventualmente da un percorso fisioterapico si può arrivare verso un’attività sportiva costante e duratura, purché per entrambi si tenga conto, ancora una volta, dei movimenti non adeguati di cui abbiamo ampiamente discusso
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MEDICINA / ARS MEDICA
Medicina rigenerativa PER LO SPORT
IL DOTT. MATTEO MALACCO, MEDICO CHIRURGO, SPECIALISTA IN CHIRURGIA PLASTICA, RICOSTRUTTIVA ED ESTETICA, È ALLA GUIDA DI THE LONGEVITY
SUITE DI LUGANO-PARADISO
DOVE, INSIEME AL TRATTAMENTO DELLE NOTE TEMATICHE DI MEDICINA DELLA LONGEVITÀ
LEGATA AL BENESSERE E ALL’ESTETICA, HA DATO VITA ANCHE AD UNA INNOVATIVA
STRUTTURA PER ACCOMPAGNARE
TUTTI GLI SPORTIVI, PROFESSIONISTI E AMATORI, IN PERCORSI PERSONALIZZATI FINALIZZATI
A MIGLIORARE LE PRESTAZIONI, A PREVENIRE GLI INFORTUNI E VELOCIZZARE IL RECUPERO FISICO O POST-TRAUMATICO.
Lei vanta una lunga esperienza nel campo della medicina sportiva.
Di che cosa si tratta?
«Parliamo di varie tecniche e metodiche di assistenza medica che riguardano la preparazione fisica e mentale, l’integrazione nutrizionale, la prevenzione e il trattamento di traumi correlati alla pratica di uno sport. Oggi un numero sempre maggiore di persone si rivolge a noi perché, oltre a curare il proprio aspetto fisico, desidera migliorare le proprie prestazioni in ambito sportivo. L’atleta “ricreazionale” si fa seguire nel suo obbiettivo di miglioramento della sua salute e di raggiungimento di performance sempre più ambiziose: accettando i nostri consigli è possibile utilizzare le proce -
dure più idonee e, in caso di infortunio, programmare i tempi corretti di guarigione. All’agonista interessa invece tornare il prima possibile alla competizione in piena efficienza fisica. In questi casi, oltre ad applicare le soluzioni terapeutiche migliori, si punta anche ad abbreviare al massimo i tempi di recupero per consentire il rapido raggiungimento della forma fisica indispensabile per affrontare nuovamente le prove della disciplina in cui è impegnato».
Che cos’è invece la medicina rigenerativa sportiva?
«La medicina rigenerativa è una innovativa branca della medicina che cerca soluzioni biologiche riparative dei tessuti danneggiati nelle cellule del paziente. Ha dunque come
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obiettivo la rigenerazione delle cellule del tessuto stesso che non viene sostituito, come avviene con le tecniche chirurgiche tradizionali, e si basa sull’utilizzo delle cellule staminali. La medicina rigenerativa sportiva trova applicazione soprattutto nel trattamento delle patologie articolari, sia post-traumatiche, quali appunto gli infortuni sportivi, sia degenerative come l’artrosi».
Di quali specifici trattamenti si può giovare la persona che si rivolge al suo studio presso la clinica The Longevity Suite di Lugano?
«Partire senz’altro della Cryosuite Total Body che viene spesso usata nello sport da molti atleti di fama mondiale ma le cui molteplici appli-
cazioni si adattano benissimo alle esigenze di chi, anche da dilettante, voglia migliorare il suo stato di forma e alzare il livello delle sue prestazioni. I benefici della terapia del freddo sul corpo sono molti, perché restituisce energia al fisico, mantenendo la tonicità muscolare; riduce notevolmente i tempi di recupero dall’infortunio; ha effetti defaticanti per il post allenamento. Anche con poche sedute permette di lenire il dolore muscolare e contenere l’eventuale gonfiore, svolge un’azione rilassante sciogliendo i muscoli ed evitando che rimangano contratti, blocca la produzione di acido lattico e rallenta il metabolismo dei tessuti muscolari e il loro deterioramento in seguito allo sforzo atletico. Tutte queste azioni si traducono in un recupe -
ro più veloce e, in linea generale, in un’attività di prevenzione dagli infortuni muscolari e tendinei da stress. Ma non sono solo gli sportivi a provarne giovamento: considerando le sue caratteristiche, infatti, la Cryosuite è una cura di longevità ideale perché preserva la tonicità della pelle, stimola il ringiovanimento cellulare e favorisce anche il dimagrimento. La crioterapia localizzata, o locale, agisce invece in modo mirato e più in profondità rispetto alla crioterapia sistemica, trovando applicazione in una specifica parte del corpo tramite un getto di azoto vaporizzato. Con la crioterapia locale è possibile risolvere problematiche di tipo medico-fisioterapico e inestetismi estetici di diversa natura».
Quali sono invece gli strumenti della medicina rigenerativa?
«Alla base di tutto ci sono infiltrazioni di concentrati piastrinici e derivati del tessuto adiposo che stimolano la rigenerazione e il ripristino delle condizioni fisiologiche dei tessuti interessati da patologie, traumi e invecchiamento. Queste tecniche trovano un’applicazione importante in ambito sportivo, sia professionistico che amatoriale, grazie alle potenzialità antinfiammatorie nei disturbi articolari e, appunto, rigenerative dei tessuti. Gli ultimi anni hanno registrato dei cambiamenti sostanziali nella preparazione dei prodotti permettendo di ottenere dei risultati terapeutici sempre migliori. Nello specifico, il PRP (Platelet Rich Plasma) è un concentrato di fattori di crescita piastrinici in grado di diminuire l’infiammazione e riparare i tessuti. L’efficacia del PRP è stata ampiamente dimostrata in prevenzione trattamento di patologie tendinee o osteoarticolari. Il CGF (Concentrated Growh Factors) rappresen-
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ta invece una nuova generazione di PRP in grado di trattenere al suo interno una maggiore concentrazione di fattori di crescita piastrinici. Il CGF viene isolato da campioni di sangue tramite un semplice e standardizzato protocollo di separazione, senza l’aggiunta di sostanze esogene. Si tratta dunque di una tecnica più evoluta, a cui noi facciamo abitualmente ricorso, che aumenta la concentrazione di fattori di crescita piastrinici iniettabili, dimostrandosi ampiamente più performante della precedente metodica».
Si sente anche molto parlare del trattamento Ultra Tone e di contrazioni sovramassimali per tonificazione muscolare. Come funziona?
«UltraTone & Muscle è un trattamento che sfrutta l’elettromagnetismo ultrafocalizzato per stimolare profondamente i muscoli di addome, glutei, gambe e braccia. Utilizzando questa tecnologia, si mira a attivare e rafforzare la muscolatura in queste aree specifiche del corpo. Le contrazioni sovramassimali favoriscono il rimodellamento profondo della muscolatura, contribuendo a migliorarne la forma e la tonicità. Le intense contrazioni muscolari possono migliorare il flusso sanguigno e linfatico nell’area trattata, potenzialmente migliorando la circolazione».
Nella vostra clinica praticate anche l’ozonoterapia?
«Certamente. Questo trattamento consente, grazie alle proprietà dell’ozono in associazione con quelle dell’ossigeno, di migliorare in maniera significativa i sistemi di difesa dell’organismo. La miscela di ozono medicale, infatti, favorisce la circolazione del plasma in tutti i tessuti e il conseguente rila -
scio dell’ossigeno; questa circostanza consente di ottenere tutta una serie di benefici: dall’effetto analgesico a quello antinfiammatorio, dall’effetto battericida a quello immunomodulante, ovvero la capacità di rafforzare la risposta immunitaria dell’organismo».
Infine, qual è la sua valutazione riguardo gli effetti dell’integrazione vitaminica negli sportivi?
«Negli ultimi dieci anni l’interesse scientifico sul ruolo delle vitamine nei riguardi dell’attività sportiva si è notevolmente accentuato, giacché esse possiedono importanti effetti a
livello muscolo-scheletrico, polmonare, cardiaco, nervoso e del sistema immunitario. Un supplemento vitaminico o aminoacidico per via endovenosa può quindi agire nel migliorare le performance dell’atleta. Studi condotti su atleti di varie discipline hanno mostrato che la supplementazione aumenta la forza muscolare e potrebbe ridurre gli infortuni. Ovviamente è fondamentale il controllo medico su il corretto dosaggio. Ritengo pertanto che shot vitaminici e infusioni di vitamine negli atleti possano migliorarne le prestazioni, ma a dosi contenute e controllate».
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ERGOTERAPIA PER LA RIABILITAZIONE DELLA MANO
IL TEAM DI TERAPISTI PROPONE
UNA VASTA GAMMA DI TRATTAMENTI UTILI ALLA CURA
DI VARIE PATOLOGIE RELATIVE
AGLI ARTI SUPERIORI. CE NE
PARLA FRANCESCA FERRARIO, SPECIALISTA IN ERGOTERAPIA.
Partiamo da una necessaria premessa. Che cos’è l’ergoterapia della mano?
«L’ergoterapia, derivata dalle parole greche «ergein», che significa agire, e «therapeia», che significa cura, è una professione che fornisce trattamenti terapeutici mirati al recupero e al mantenimento delle abilità necessarie per l’autonomia nelle attività quotidiane. Gli ergoterapisti valutano e trattano pazienti di tutte le età con limitazioni motorie o cognitive, causate da disabilità, infortuni o difficoltà di sviluppo, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita e facilitare il reintegro sociale. Una specializzazione dell’ergoterapia è la riabilitazione della mano, che si occupa specificamente delle lesioni e delle condizioni dell’estremità superiore e per gli ergoterapisti che decidono di lavorare nella riabilitazione della mano è importante seguire un percorso per la certificazione come terapisti della mano».
Quali sono i principali obiettivi che si prefigge di raggiungere e quali sono i suoi vantaggi rispetto ad altre terapie?
«I terapisti della mano sono esperti nel trattamento di condizioni patologiche derivanti da traumi, malattie e deformità dell’arto superiore. Il terapista della mano certificato svizzero è un ergoterapista che ha completato un corso di specializzazione
o un master in riabilitazione della mano e ha presentato i suoi studi e le sue esperienze al congresso nazionale svizzero. Questi professionisti lavorano in stretta collaborazione con chirurghi specialisti della mano e altri medici, fornendo interventi conservativi, preventivi e post-chirurgici per una vasta gamma di patologie, dalla semplice lesione delle dita a quelle più complesse».
Qual è stato il suo percorso formativo e come è arrivata ad acquisire questa specializzazione?
226 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2024 BENESSERE / FRANCESCA FERRARIO
«Dopo la laurea in Ergoterapia a Milano, ho proseguito la mia formazione specializzandomi nel campo della Riabilitazione della Mano attraverso un master sempre a Milano. Mi tengo costantemente aggiornata frequentando regolarmente corsi e congressi specializzati, al fine di approfondire le mie competenze».
più mirato. Continuiamo inoltre a mantenere una stretta collaborazione con i chirurghi specializzati nella mano, garantendo un approccio integrato e multidisciplinare. Abbiamo inoltre focalizzato la nostra specializzazione sui pazienti sportivi, quelli affetti da patologie reumatologiche, sui musicisti e non da ulti -
Come siete arrivati a costituire il vostro centro luganese e come è organizzato il team che ne fa parte?
«Insieme ai miei colleghi di lunga data, Susanna Pagella e Mario Fioretti, tutti terapisti della mano certificati, condividiamo la stessa passione per la ricerca scientifica e il desiderio di offrire trattamenti di alta qualità. Questa affinità ci ha spinti a unire le nostre competenze e aprire uno studio dedicato, permettendoci così di approfondire specifiche patologie e trattare pazienti in modo
mo alle donne in gravidanza e alle neo mamme. Per rimanere all’avanguardia, integriamo le tecniche tradizionali con l’utilizzo della stampa 3D per la produzione di tutori e mezzi ausiliari, garantendo così soluzioni personalizzate e innovative per i nostri pazienti».
Avete dato vita ad un “progetto mamma”. Di che cosa si tratta?
«Inizio modulo
La gravidanza e il periodo post-partum possono essere esperienze meravigliose, ma anche fisicamente im -
pegnative. Le mamme spesso trascurano il proprio benessere fisico durante le attività quotidiane di assistenza al bambino, poiché le esigenze del bambino sono prioritarie. Durante questa fase, il corpo femminile è sottoposto a stress particolari, dovuti ai cambiamenti fisiologici e alle nuove esigenze di cura del bambino, che possono predisporre a dolori alle mani. Una corretta ergonomia e postura possono ridurre il rischio di sviluppare disturbi come tendiniti al pollice e tunnel carpale. Vengono quindi suggerite posture corrette per evitare problemi muscoloscheletrici durante attività come il sollevamento del neonato, il cambio del pannolino, l’allattamento e altro ancora».
Presso Sports Rehab Via Serafino Balestra 11 CH-6900 Lugano
Presso Centro San Carlo - Moncucco Via Soldino 9 CH-6900 Lugano
T. +41 76 295 30 95 www.ergomano.ch
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