N° 072 DICEMBRE 2021 / FEBBRAIO 2022
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
AJLA DEL PONTE
EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
PIÙ FORTE DI PRIMA
PRIMO PIANO
CULTURA
COMUNICAZIONE
TURISMO
SIMONETTA SOMMARUGA Le donne nelle stanze dei bottoni
DANNA OLGIATI L’arte, bellezza della vita
DONNE MARKETING E PR Passione, determinazione, preparazione
MONACO-SVIZZERA Il Ticino si affaccia sul Mediterraneo
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TICINO WELCOME / EDITORIALE
Speriamo CHE SIA FEMMINA EDITORE Ticino Welcome Sagl Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli e Lorenzo Terzaghi FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Ti-Press
STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Dalmazio Ambrosioni, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Joel Camathias, Rudy Chiappini, Franco Citterio, Ariella Del Rocino, Beatrice Garavaglia, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli De’ Santi, Marta Lenzi-Repetto, Dimitri Loringett, Manuela Lozza, Giorgia Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Marco Passalia, Patrizia Peter Pedevilla, Romani Pezzani, Amanda Prada, Gerardo Segat, Gianni Simonato, Fausto Tenzi. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia.
DI MARIO MANTEGAZZA
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uesta edizione di Ticino Welcome è dedicata alle Donne e viene pubblicata 50 anni dopo che il popolo maschile svizzero ha concesso loro il diritto di voto. Certo, la Svizzera arrivò molto, anzi troppo tardi, a quel suffragio ma all’epoca si era, come è noto, più contadini che cittadini e molti votavano ancora per alzata pubblica della mano, temendo lo sguardo degli altri.
Ma come è possibile sostenere ancora argomentazioni discriminanti fra i due sessi quando perfino la Chiesa, che con le donne non c’è proprio mai andata giù leggera sin dai tempi di Eva, ricorda che Dio ha creato la donna estraendo una costola da Adamo, proprio perché fossero figli della stessa carne e avessero quindi la stessa origine e la stessa dignità!? Come è possibile che ci siano ancora vigliacchi che denigrano, umiliano e picchiano le donne come se queste fossero una loro proprietà? Purtroppo convincere gli ignoranti è sempre la cosa più difficile.
Oggi invece, secondo il “World Economic Forum”, la nostra piccola Svizzera si è evoluta e si trova nella “Top Ten” fra le 156 nazioni esaminate, per la parità dei sessi. Certo in alcune materie eccelliamo e in altre possiamo ancora migliorare, ma sicuramente figurare fra le 10 migliori fa piacere.
Noi, nel nostro piccolo, ci proviamo dedicando questo numero del nostro trimestrale a tutte le donne, abbracciandole nel segno della gratitudine, del rispetto e dell’uguaglianza!
Il tema della parità di genere continua tuttavia a far discutere, mentre ciò non dovrebbe neppure essere un argomento di confronto in nessun angolo del mondo.
Mario Mantegazza
TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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SOMMARIO / N° 72
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AJLA DEL PONTE Più forte di prima
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SIMONETTA SOMMARUGA Le donne nelle stanze dei bottoni
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MARINA MASONI Essere sempre se stessi
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VICKY MANTEGAZZA Tutte le vittorie della Vicky
Di Mario Mantegazza EDITORIALE 03 Speriamo che sia femmina Di Patrizia Peter Pedevilla PRIMO PIANO 06 Ajla del Ponte: più forte di prima 10 Simonetta Sommaruga: le donne nelle stanze dei bottoni Di Rocco Bianchi 14 Marina Masoni: essere sempre se stessi 18 Carla Speziali: il mio amore per Locarno Di Romano Pezzani 22 Vicky Mantegazza: tutte le vittorie della Vicky Di Marta Lenzi Repetto 26 Prisca Dindo: affrontare tutto con coraggio Di Andrea Grandi 30 Benedetta Mazzini: in viaggio per ritrovarsi 34 Michela Pfyffer von Altishofen: ascolto, empatia, autorevolezza 36 Nadia Fontana Lupi: offrire pari opportunità alle donne 40 Morena Ferrari Gamba: assalto al potere, non è questo il punto By Dimitri Loringett 42 S.Greco and A.Astrologo: restoring justice LAC 46 LuganoMusica: eccellenze musicali femminili 48 L’OSI lascia tracce a Vienna e Monaco 50 Danza: Revolutionary body 54 MASI - Palazzo Reali: arte al femminile Di Dalmazio Ambrosioni CULTURA 56 Danna Olgiati: l’arte, bellezza della vita Di Beatrice Garavaglia 58 IMAGO Art Gallery: illusioni percettive acrilico su tela 62 Cortesi Gallery: arte /àr·te: sostantivo femminile Di Eduardo Grottanelli De’ Santi 64 Lucrezia Roda: fotografia e industria: vedere il bello nel caos 66 Roomtheatre: un viaggio nello spazio e nel tempo FINANZA 68 ABT: sostenibilità e accesso ai mercati 70 ABT: family office, un business resiliente 72 Credit Suisse: anche la finanza parla al femminile 74 UBS: Cantoni svizzeri sotto la lente 76 UBS Wealth Planning: come mantenere la pace in famiglia 80 BPS (Suisse): contro la criminalità finanziaria serve anche la digitalizzazione 84 Banca del Sempione: donne di responsabilità 86 Banca del Ceresio: protagonista del cambiamento 88 BNP Paribas: servizi globali personalizzati 90 Banca Migros: simpatia e vicinanza per marcare la propria identità 92 BIL: tra Svizzera, Europa e Cina 96 Amgest: autorizzazione Finma: qualità dei servizi e opportunità per i clienti Di Roberto Giannetti 98 EY: obblighi in materia di protezione dei dati COMUNICAZIONE 100 Donne marketing e pr: passione, determinazione, preparazione TURISMO 108 Monaco-Svizzera: il Ticino si affaccia sul Mediterraneo 112 Nadia Fontana Lupi: un turismo sempre più sicuro e sostenibile 114 Samantha Martinelli e Monica Besomi: la sostenibilità è una parola declinata al femminile Di Marta Lenzi Repetto 116 Ticino Land of Stars: si alza il sipario sull’eccellenza gastronomica 120 Funicolare San Salvatore: aperti anche d’inverno Di Paola Chiericati 122 Widder Hotel: l’eleganza incontra il fascino Di Giacomo Newlin GASTRONOMIA 124 Widder Restaurant: diliscatura per triglie straordinarie!
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DANNA OLGIATI L’arte, bellezza della vita
LUSSO
EVENTI AUTO
ARCHITETTURA
DOSSIER FONDAZIONI
AZIENDE
BENESSERE SPORT SOLIDARIETÀ
BPS (SUISSE) Contro la criminalità finanziaria serve anche la digitalizzazione
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CASTELLO DI MORCOTE La sostenibilità entra nella Tenuta
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OUTILS RUBIS Il meglio del meglio
Grandi chef: donne in cucina che hanno fatto la storia Di Giorgia Mantegazza Ristorante Meta: vivere il vino al femminile Ristorante da Candida: costanza ed eccellenza vincono sempre Di Giacomo Newlin Tenuta Castello di Morcote: la sostenibilità entra nella Tenuta Tamborini Vini: una cuvée strepitosa St. Moritz Gourmet Festival 2022: il meglio dell’alta cucina svizzera The Swatch Group Les Boutiques: il lusso deve educare alla bellezza Gübelin: gli stupendi riflessi dello smeraldo Kurz: la “regina” del solitario Lonville: luxury made in Ticino Daniela Rondina Crocco: la mia passione per i gioielli The Executive Award 2020/21: un riconoscimento alla leadership virtuosa Ferrari 296 GTB: fruibilità, emozioni e divertimento alla guida Winteler: cuore elettrico dal dna sportivo d’eccezione Winteler: il cuore pulsante di AMG Aston Martin DBX: una supercar per ogni occasione Wetag Consulting: Dubai, la città del futuro St. Moritz Sotheby’s International Realty: le ville di lusso non conoscono crisi WMM Real Estate Management: creare valore integrando competenze Monica Lo Riso: appassionata del mio lavoro Sandro Sormani: innovare con la resina Elisa Bortoluzzi Dubach: parliamo di filantropia femminile Pamela Agazzi Viviana Kasam: le emozioni delle donne filantrope Patrizia Misciattelli Delle Ripe: conferire alla filantropia un ruolo strategico Angela Greco: professione responsabile di filantropia Fondazione Ursula e Gunter Böhmer: memorie d’artista Pascale Vonmont: le fondazioni si devono aprire alla società Belotti Otticaudito: il Natale va in scena nelle vetrine-teatro di Belotti Lugano Commodity Trading Association (Lcta): materie prime un veliero con il vento in poppa Gruppo Spinelli: 80 anni di successi Delcò Mobili: una casa ha la forma dell’anima Outils Rubis: il meglio del meglio Monica Pugnaloni: il valore della diversità di genere in azienda Aurofin: l’oro non conosce mai crisi Gehri Rivestimenti: più spaziosi, più belli, più sostenibili Assurswiss: assicuratori per passione Chiodoni 1957: uffici moderni sempre più digitali Gianni Simonato: lunga vita alle imprese, ma come fare? Di Giorgia Mantegazza Mantapool: un nuovo spazio di benessere acquatico Omega European Master: campioni nel cuore delle alpi Di Ariella Del Rocino Amici di Anna dai Capelli Corti: un sostegno dopo la cura Lega Cancro Ticino: cambia il nome, non l’impegno Make-a-Wish: i sogni dei bambini
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Ph: © Ti-Press / Samuel Golay
PRIMO PIANO / AJLA DEL PONTE
PIÙ FORTE DI PRIMA
F
isso un’intervista via zoom durante uno dei primi lunedì autunnali e quando Ajla si collega è elegantissima, sorridente, esattamente come siamo abituati a vederla sui giornali. Peccato che la qualità della connessione sia pessima, quindi decidiamo di posticipare il nostro incontro virtuale all’indomani. Quando mi ricollego la ritrovo davanti a me sorridente, struccata e in tuta, ma sempre con quel suo sorriso contagioso, capace di creare un’empatia immediata.
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ggi riesco a sentirti bene, dove ti sei sistemata? (Sorride) «Sono a casa dei miei, ad Ascona, qui la connessione dovrebbe essere buona». Sono curiosa di sapere dove stavi andando ieri sera, eri a Losanna? «No, no, in questo momento sono in Ticino e ieri sera avevo un evento allo Splash and Spa di Rivera, durante il quale è stata presentata un’associazione che vuole aiutare gli sportivi a pianificare meglio il loro futuro, in poche parole vuole evitare i problemi e le depressioni legate al dopo carriera agonistica». Un tema molto interessante, soprattutto perché la vita di uno sportivo può cambiare da un momento all’altro. Se non sbaglio tu sei comunque anche una studentessa… «Sì, e mi piace molto quello che sto facendo. Ormai sono a Losanna dal 2015, studio storia e italiano. Mi manca la tesi di Master, ma ora la voglio assolutamente terminare». Possiamo sapere di che cosa parlerà questa tua tesi?
«Non sono sicura sia un tema che interessi il grande pubblico (ride). Sto analizzando dei manoscritti del sedicesimo secolo, testi poetici scritti in ambiente farnesiano (i Farnese erano una nobile dinastia del Rinascimento italiano). Il mio compito, se possiamo definirlo così, è quello di capire in che contesto queste poesie siano nate e parallelamente in quale tipo di ambiente i poeti abbiano lavorato». Sono rare le persone che si dedicano alla filologia romanza, come mai questa scelta? «Non è stata proprio una scelta (tono simpatico). L’anno scorso, durante la pandemia, non si sapeva bene cosa sarebbe successo e quando hanno annullato le Olimpiadi io mi sono ritrovata – visto che mi ero presa una pausa dagli studi - senza un corso da seguire. Puoi immaginare la mia disperazione… tutti i professori avevano già chiuso le iscrizioni ai seminari! Poi però, fortuna o caso vuole, mi sono imbattuta nel professore di filologia che mi ha accolto a braccia aperte e, possiamo dirlo, la materia mi ha conquistato».
AJLA DEL PONTE È STATA UNA DELLE PROTAGONISTE INDISCUSSE DELLE OLIMPIADI DI TOKYO 2021. VELOCISTA TICINESE, ORIGINARIA DI BIGNASCO, IN VAL MAGGIA, AJLA È RIUSCITA MALGRADO LA SUA GIOVANE ETÀ A TROVARE UNA FORMA PSICOFISICA OTTIMALE, CHE L’HA PORTATA A CONQUISTARE UN QUINTO POSTO NEI 100 METRI FEMMINILI E A POSIZIONARSI ACCANTO AL PODIO NELLA STAFFETTA, UN RISULTATO RECORD PER LA SVIZZERA. MA AJLA È ANCHE UNA LAUREANDA IN FILOLOGIA ROMANZA, UNA DONNA CARISMATICA ED ENERGICA, COSCIENTE CHE LA SUA GENERAZIONE DOVRÀ PORTARE ANCORA GRANDI CAMBIAMENTI NELLA SOCIETÀ, PENSIAMO SOPRATTUTTO ALLE DONNE, LE STESSE DONNE CHE SOLO CINQUANT’ANNI FA ACQUISIVANO IL DIRITTO AL VOTO. DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA
Come filologa potresti fare un dottorato o insegnare, è qualcosa che ti interessa? «Non posso fare previsioni a lungo termine, anche perché con una carriera sportiva la vedo dura portare a termine un dottorato. Per quanto riguarda l’insegnamento… magari un domani. Oggi come oggi mi vedrei di più lavorare in una casa editrice». Immagino che ti piaccia molto leggere… «Sì, mi piace molto. Mi piace anche scrivere, ma niente di impegnativo, piuttosto un flusso di coscienza». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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“Nel mio entourage le donne sanno quello che vogliono e non hanno bisogno di qualcun altro per farlo.” Com’è la giornata tipo di una studentessa universitaria che ha anche una professione sportiva? «Diciamo che non sono giornate leggere (ridiamo). Prendiamo il lunedì: dopo colazione vado ad allenarmi, naturalmente sono flessibile e dipende anche dai corsi che ho. Sul mezzogiorno mangio e studio poi riprendo con la palestra fino alle sei di sera. A questo punto, come puoi immaginare, sono cotta, ma mi tocca ancora cucinare e studiare perché devo recuperare quello che gli altri hanno fatto durante la loro giornata… e non dormire non funziona, l’ho imparato a mie spese durante il primo anno (tono simpatico)». Come sei arrivata all’atletica leggera, è un dono? Ti piaceva già da bambina? «Io sono cresciuta a Bignasco e in Val Maggia non c’era molto altro da fare se non l’hockey su ghiaccio e il pattinaggio artistico. Così, come la maggior parte dei bambini, ho iniziato a pattinare e per tutte le elementari ho fatto pattinaggio artistico. Allo stesso tempo, essendo sempre all’aria aperta con gli altri bambini del paese, correvo nei campi e questo indubbiamente mi ha aiutata. Quando la mia famiglia si è trasferita ad Ascona, anche perché mio fratello giocava ad hockey nell’Ambri e le trasferte da Bignasco erano troppo lunghe, mi sono ritrovata in una nuova realtà e non facevo nessuno sport. Poi, come spesso succede nella vita, ho fatto una UBS Kids cup in seconda media e ho ottenuto degli ottimi risultati. A quel punto mia mamma mi ha proposto di provare l’atletica… è stato un colpo di fortuna». Immagino tu sia soddisfatta della tua carriera sportiva
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«Si, si assolutamente, sono veramente fortunata anche perché non ci sono solo due o tre persone che corrono e alcune avversarie sono fortissime».
do ho vinto il mio titolo europeo sui 60 metri. Quindi a livello mentale ero molto concentrata e felice, a livello fisico non ero mai stata stata così pronta e quindi c’erano tutte le prerogative per fare l’exploit». Come gestisci le critiche mediatiche? «Quest’anno ho provato di tutto. Sono stata campionessa europea indoor in marzo e quindi tutti i media mi hanno dato visibilità, poi ho preso il covid e ad aprile, sono sincera, ho fatto molto fatica a rientrare. Subito i giornali mi hanno criticata, hanno iniziato a dire che non ero più in forma come prima, altri hanno detto che non mi ero allenata… invece facevo semplicemente fatica a recuperare. Ci sono sempre questi due lati della medaglia, ma io sono cosciente del fatto che bisogna riporre gli affetti nelle persone care, nella famiglia, negli amici. Se loro mi sostengono e mi stanno vicina tutto il resto passa in secondo piano. Ci sarà sempre qualcuno che vorrà criticarmi, un discorso che vale per tutti noi, e questo non solo nello sport».
Non posso non farti parlare un po’ di queste Olimpiadi, anche perché i tuoi risultati sono stati impressionanti… «È stata l’esperienza più bella e più intensa della mia vita sportiva, anche se sono state le mie seconde Olimpiadi. È stato tutto speciale: era il Giappone, le abbiamo sognate per cinque anni e dunque anche l’attesa è stata molto intensa. Devo dire che io stessa sono rimasta sorpresa dai miei risultati, soprattutto a livello individuale. Il fatto di entrare in finale era già un’impresa gigantesca, ma poi il riuscire ad essere quinta (un sorriso illuminante), di aver corso 10”91 nelle batterie… è qualcosa che faccio ancora fatica a realizzare mesi dopo e questo mi rende felicissima e orgogliosa. Il quarto posto nella staffetta mi ha fatto un po’ male, sapevo che potevamo fare una medaglia e io ci credevo tantissimo, ma ormai lo sport è così… non tutto va come ci si aspetta. In ogni caso dobbiamo essere fieri che la Svizzera possa battersi con altre grandi nazioni, stiamo parlando degli Stati Uniti, della Giamaica e dell’Inghilterra, insomma siamo messi bene (ride felice)».
L’Ajla di oggi è molto diversa da quella che correva nei campi in Val Maggia? «Per me non è mai stata un’opzione cambiare, anche perché vengo da un paese con poco più di 300 abitanti e se mi capita di vedere qualcuno che mi conosceva da giovane voglio dare l’impressione di essere sempre la stessa persona. È chiaro che come donna sono evoluta, posso essere più sicura di me, però a livello caratteriale non mi vedo cambiata».
Hai detto che eri sorpresa di te stessa. Quel giorno, quando hai corso a livello individuale, cosa è successo? Tutto era perfetto? «Quei due giorni dei 100 metri c’era veramente tutto, mi sentivo al top del top da una settimana e mezza, gli allenamenti andavano bene, avevo ritrovato la fiducia dell’inverno, quan-
Indipendenza della donna. Cinquant’anni fa le donne ottenevano il diritto di voto. Tu sei una generazione fresca, magari per voi è la normalità votare, ma come vedi la donna oggi, vorresti che qualcosa cambiasse? «Nel mio entourage le donne sanno quello che vogliono e non hanno bi-
PRIMO PIANO / AJLA DEL PONTE
sogno di qualcun altro per farlo. È vero che sono in un ambiente di sportivi e questa è una caratteristica indispensabile per far carriera, ma lo vedo anche con le mie amiche, loro sono partite per la loro strada e niente e nessuno può fermarle. Siamo sicuramente una generazione con tanta energia, una generazione che vuol poter dire la sua. Personalmente, se ci sono discorsi un po’ sessisti, intervengo e lo faccio notare (sorride), anche perché è una questione di sensibilità». Com’è la situazione a livello sportivo? «Tra di noi ne parliamo spesso. Nell’atletica, soprattutto in Svizzera dove è l’atletica femminile a portare grandi risultati, questa discriminazione non esiste. Dall’altra parte è inevitabile che un uomo corra più veloce di una donna... dovremmo usare questo approccio sportivo anche nella vita di tutti i giorni, bisogna sapersi adattare alle capacità individuali, valorizzando le persone per quello che sono e possono dare, indipendentemente dal genere». Per quanto riguarda i compensi, ci sono disparità salariali importanti? «È difficile dirtelo perché non ho mai visto il contratto di un atleta uomo al mio stesso livello. Però posso immaginarmi che queste cose si stiano leggermente laminando, lo spero. Le disparità sono probabilmente più
presenti in tutto quello che ruota attorno allo sport, ad esempio i contratti pubblicitar»i. Ma c’è la volontà, penso a te ora come atleta, di migliorare le condizioni delle donne sportive? La vostra generazione ha voglia di farsi sentire? «Sì, assolutamente. C’è tanta voglia di farsi sentire, anche sulle tematiche ecologiche. Sappiamo che deve esserci un cambiamento e questo cambiamento deve venire da noi perché noi siamo il futuro della società». E per quanto riguarda la carriera sportiva di una donna? La gravidanza è ancora vista come un ostacolo? «Prima quando superavi i trent’anni tutti ti davano per finita, soprattutto se decidevi di diventare mamma. Ora però le cose stanno cambiando, ci sono atlete che hanno avuto figli e sono rientrate più forti di prima, hanno vinto medaglie e dimostrato che si può fare e per noi sono una grandissima ispirazione». Stiamo facendo abbastanza per i talenti sportivi ticinesi? «Penso che si possa fare molto di più, spesso però non ci le strutture adeguate, ma fondamentalmente mancano due cose: gli allenatori professionisti, non parlo di hockey o calcio, e la volontà di riconoscere la professione di sportivo. Dobbiamo smetterla di dire che lo sport non è un lavoro! Quante volte mi sono sentita domandare:
“Cosa fai à coté?” e io ho risposto che l’atletica, correre, era il mio lavoro. Dobbiamo riuscire a togliere questo pregiudizio, sostenere i giovani sportivi che devono poter provare a diventare dei professionisti senza sacrificare parte degli studi e il loro futuro». Sei molto legata al Ticino. Tornerai? «Quando sono partita per Losanna non avevo il desiderio di rientrare in Ticino, ma ora sì, sono sempre felice di essere a casa, soprattutto perché la mia vita mi ha già portato in così tanti posti… ma sinceramente non so dove sarò tra cinque anni. Posso però dire che se non vedo le mie montagne per un po’ mi mancano tantissimo (commossa)». Per terminare cosa dici alle giovanissime «Createvi i vostri spazi. Nella mia carriera mi sono trovata a confrontarmi con altre atlete, ma alla fine è importante sapere che ognuno ha la propria strada e paragonarsi ad altri non serve a nulla. Abbiate fiducia nel vostro percorso, cercando di controllare ciò che è controllabile. Tutto quello che non possiamo controllare è meglio lasciarlo andare, ci ruba unicamente energia». Ho scelto il titolo “Più forte di prima” mentre trascrivevo l’intervista. Una donna sportiva che dopo una gravidanza rientra in pista e vince, dimostrando che fisico e mentale hanno un potenziale incredibile, spesso sottovalutato. Questo vale per tutti noi, ci sono momenti in cui siamo obbligati a fermarci, ma questo non significa che non possiamo ripartire e soprattutto nulla ci impedisce di diventare più forti di prima.
Ph: © Axel Kohring (Beautiful Sports – athletix.ch)
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Ph: © Beat Mumenthaler
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LE DONNE NELLE STANZE DEI BOTTONI
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rovate a immaginare: domani in Ticino si vota per un tema che vi sta a cuore e voi non avete il diritto di esprimervi, mentre l’altra metà della popolazione è chiamata alle urne... Sembra quasi impossibile, ma era la realtà per le donne svizzere fino al 1971. Siamo così fieri del nostro sistema democratico, ma solo 50 anni fa non eravamo ancora una democrazia. Mi ricordo bene il giorno in cui mia madre è entrata nei locali di voto con mio padre per la prima volta. Era il 7 giugno 1971. Era commossa e io, poco più che bambina, molto orgogliosa di lei e felice per lei. Quel giorno le Svizzere e gli Svizzeri, con una schiacciante maggioranza, hanno inserito nella Costituzione federale un articolo per la protezione dell’uomo e del suo ambiente. Questo evento mi ha segnato. Così come mi è rimasto ben impresso nella mente il mio lavoro nella casa per le donne vittime di violenza a Friburgo. Queste donne erano obbligate a nascondersi e non potevano esprimersi in pubblico. Il mio impegno politico è nato in quel momento, quando ho deciso di prendere la parola per dare voce a tutte le donne. Un anniversario memorabile Quest’anno, in occasione del 50esimo anniversario del suffragio femminile, la voce delle donne si è fatta sentire più del solito. Questa ricorrenza che sta per concludersi ci ha permesso di ritornare indietro nel tempo, di scrivere e riscrivere la storia e di misurare i
progressi compiuti. L’anno è stato caratterizzato da eventi memorabili, anche se hanno dovuto essere ridimensionati a causa della pandemia. Nel corso del 2021, alcuni musei hanno presentato la storia delle donne e le immagini di centinaia di pioniere hanno ricoperto le facciate della Banca nazionale e di Palazzo federale in occasione della proiezione panoramica di suoni e luci. Centinaia di donne hanno preso possesso del praticello del Grütli, per un’inedita festa nazionale del 1° agosto. Conquistare una delle roccaforti più maschili della storia svizzera è stato un segnale simbolico forte, in un ambiente di festa, caratterizzato da uno spirito di gratitudine nei confronti di tutti coloro che hanno portato avanti la causa e da una forte voglia di ripartire. 246 donne in Parlamento L’apogeo dell’anniversario è stata la sessione di fine ottobre che ha permesso a 246 donne provenienti da tutto il Paese ed elette democraticamente di occupare tutti i 246 posti della sala del Consiglio nazionale. Le elette hanno discusso di misure a favore dell’uguaglianza, del sistema pensionistico, della presa a carico dei familiari nonché di numerosi altri argomenti, depositati nel frattempo in un catalogo di rivendicazioni all’attenzione dell’Assemblea federale. Quest’anno abbiamo vissuto momenti solenni. Ma tutti questi eventi hanno lasciato un segno sul nostro Paese? Sì, ne sono persuasa! Alcuni giovani hanno scoperto che le loro nonne non avevano il diritto di voto e che, ancor me-
IL RACCONTO DI SIMONETTA SOMMARUGA, MEMBRO DEL CONSIGLIO FEDERALE SVIZZERO, ILLUSTRA IL CAMMINO COMPIUTO DALLE DONNE NEL CORSO DEGLI ULTIMI CINQUANT’ANNI E IL RUOLO CHE GIÀ OGGI SVOLGONO PER COSTRUIRE LA SVIZZERA DI DOMANI.
no, potevano essere elette. Le donne sanno che non c’è niente di scontato, che devono stare bene all’erta per i propri diritti e che occorre continuare a smuovere mari e monti per conquistare una maggiore uguaglianza. Parità salariale Per quanto riguarda i diritti, rimane aperta la questione della parità salariale, ben lungi dall’essere raggiunta in Svizzera. Per ridurre il divario salariale inspiegabile tra uomini e donne, quando ero a capo del Dipartimento di giustizia e polizia sono riuscita a far approvare una legge che obbliga le grandi imprese ad analizzare la parità salariale. Quale azienda si può oggi permettere, per la propria reputazione, di figurare pubblicamente tra quelle in cui è stata rilevata una disuguaglianza salariale? Questa analisi mira dunque a eliminare le disparità salariali senza nemmeno imporre sanzioni. Nel mondo del lavoro, da ormai tanto tempo in un altro settore si attendono miglioramenti: alla testa delle aziende occorre una presenza femminile più significativa. Anche in questo ambito, le Camere federali hanno approvato un mio progetto che mira a fissare valori di riferimento secondo cui la presenza femminile (o maschile) deve essere almeno del 30 per cento nei consigli di amministrazione e del 20 per cento nelle direzioni. E gli uomini? Un management più femminile genera numerosi vantaggi, a volte inattesi, permettendo, ad esempio, di evitare in TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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PRIMO PIANO / SIMONETTA SOMMARUGA
gran parte le molestie sessuali, come quelle che recentemente hanno riempito le pagine delle cronache. Una maggiore uguaglianza per le donne comporta anche più diritti per gli uomini, poiché pure loro non ottengono sempre il tempo parziale che vorrebbero per potersi occupare maggiormente dei figli e della famiglia. In Svizzera, il congedo paternità è quindi ancora in fasce. Voler cambiare il ruolo della donna nella società significa anche promuovere la partecipazione degli uomini alle faccende domestiche e alla cura dei bambini o degli anziani. Più donne nelle professioni tecniche La strada che porta all’uguaglianza è ancora disseminata da grandi cantieri. Questo argomento non può che riportarmi al mio Dipartimento, i cui Uffici si occupano principalmente di settori tecnici, dall’energia e dai trasporti fino alla costruzione di gallerie o allo svi-
La Galleria Baumgartner compie vent’anni
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luppo del 5G. In tutti questi ambiti occorre aumentare la presenza femminile: sono professioni appassionanti, in cui si costruisce la Svizzera di domani. 50 anni fa le donne hanno votato per la protezione dell’ambiente, da allora sancita nella Costituzione. Provate a immaginare: domani il Canton Ticino può decidere in merito al futuro della Svizzera e metà della popolazione rinuncia a partecipare attivamente. Sembra impossibile, vero? Sono sicura che le giovani generazioni vogliono continuare ad avere voce in capitolo e che, in futuro, ci saranno sempre più elettriciste e tecniche pronte a creare un avvenire più sostenibile.
La Galleria Baumgartner di Mendrisio festeggia i vent’anni d’apertura e sino a fine anno gli spazi della Galleria Baumgartner ospiteranno la mostra di dipinti di Orlando Rezzonico “Bella gente” con circa un centinaio di opere esposte e ha anche sottoscritto una partnership con il m.a.x. museo di Chiasso. La Galleria nasce dalla grande passione di Bruno Baumgartner (1930 – 2015), il quale ha lasciato in eredità la sua collezione di modellini. La GB si sviluppa su una superficie complessiva di 2.320 m2, distribuita su tre piani. Nelle sue sale scorrono 2.540 metri di binari e sono ospitati oltre 4.000 pezzi della collezione Baumgartner e di numerose altre collezioni private. Si tratta prevalentemente di esemplari, molti dei quali rarissimi, di modellismo ferroviario, repliche in scala identiche agli originali. Sono presenti anche modelli di navi, aerei e mezzi militari.
Some watches tell time. Some tell a story
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PRIMO PIANO / MARINA MASONI
ESSERE SEMPRE SE STESSI MARINA MASONI IN TICINO NON HA BISOGNO DI PRESENTAZIONI: LA SUA AZIONE POLITICA, AL NETTO DEI GIUDIZI CHE SE NE POSSONO TRARRE, HA INFLUENZATO E IN PARTE INFLUENZA ANCORA LA NOSTRA VITA. INSOMMA È LA PERSONA GIUSTA, A CINQUANT’ANNI DALLA VOTAZIONE FEDERALE CHE FINALMENTE SANCÌ IN DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE, PER TRARRE UN BILANCIO DI MEZZO SECOLO DI EVOLUZIONE. DI ROCCO BIANCHI
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ochi sanno, o si ricordano, che è stata la prima donna ad essere eletta in Consiglio di Stato; quasi nessuno sa, o si ricorda, che la tradizione di “prima donna a...” in famiglia non l’ha inaugurata lei, bensì sua mamma Valeria, prima notaia in Ticino. E anche la nonna paterna pare non scherzasse quanto a parità e diritti.
el 1971 Lei era una giovane adolescente. Si ricorda ancora come visse questo avvenimento? «Certo, ricordo bene anche il voto, due anni prima, del Canton Ticino. Un avvenimento davanti al quale, come in moltissime famiglie e scuole ticinesi, abbiamo reagito con entusiasmo. I cantoni avevano iniziato a riconoscere il diritto di voto delle donne da alcuni anni. Il Ticino era stato tra i primi a prendere questa decisione: sembrava naturale che su questa onda in crescendo la Confederazione seguisse in tempi abbastanza brevi. Il voto del Ticino fu un tassello importante e due anni dopo arrivò anche quello della Svizzera. Il suffragio universale della nostra profonda democrazia, fin lì dimezzato, diventava finalmente intero». La sua è una famiglia di politici: fino al 1971 l’unico “in carriera” poteva essere solo papà Franco. Unico uomo in una famiglia di sole donne, di che opinione era? «Il nostro papà si era impegnato molto per il voto delle donne fin da adolescente. È stato un papà estremamente
promozionale, che ci ha sempre incoraggiate e sostenute nelle nostre aspirazioni. Indubbiamente ha avuto un ruolo determinante la figura di sua mamma: una donna forte e intelligente, maestra e poi ispettrice scolastica, che aveva a sua volta lottato per la parità sin da quando frequentava la magistrale, nei primi anni del ’900, e aveva saputo conciliare famiglia e lavoro in tempi difficilissimi. Poi papà ha incontrato Valeria, la nostra mamma, una donna straordinaria e completa sia dal punto di vista intellettuale e culturale sia da quello affettivo. Era avvocato, e appena la legge le riconobbe il diritto di fare il notaio (molto tardi!) diventò la prima notaia del Cantone. Mamma ebbe un influsso importantissimo sul nostro crescere libere e convinte della nostra parità e sul nostro crescere convinte di poter essere ognuna donna a modo suo; ma di certo un uomo che non fosse stato già molto ingaggiato per la parità e intrinsecamente paritario non avrebbe potuto accettare – settant’anni fa - una donna come Valeria».
«Parlavamo spesso di diritti democratici e di parità, sempre dando per scontato che ci si doveva impegnare in vari ambiti ma che l’obiettivo sarebbe stato raggiunto: noi figlie avremmo potuto scegliere liberamente il nostro percorso di vita, e al momento in cui saremmo diventate maggiorenni avremmo avuto diritto di votare in una democrazia finalmente non più a metà. E così è stato. Davamo pure per scontato che vi sarebbe stata piena parità tra donne e uomini, concreta e pari libertà di scelta del modo di essere di ognuna e ognuno nella nostra società. Eravamo troppo ottimiste: vi sono certo stati grandi progressi, ma l’obiettivo non è ancora pienamente raggiunto. Rimane parecchio lavoro da fare, soprattutto a livello sociale e di costume». Papà si è mai sentito un “quinto incomodo”? «Non penso proprio, perché è una personalità estremamente forte, anche se ogni tanto in famiglia ci ridevamo su. Avevamo uwn cane che si chiamava Morgan e quando papà lo portava fuori diceva: “Vieni Morgan, noi uomini andiamo a fare una passeggiata”».
Discussioni con sua mamma e con voi sorelle in questo senso ce ne sono mai state? TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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PRIMO PIANO / MARINA MASONI
In generale nella sua vita ha mai sentito il suo essere donna come un limite? «No, mai. E in questo devo ringraziare l’educazione che ho avuto in famiglia. A ragion veduta oggi ci diciamo che forse ha anche aiutato il fatto che non ci fosse un fratello, perché nonostante tutti gli sforzi avremmo sentito di più l’influsso del costume del tempo, delle differenze di valori e ruoli che venivano attribuiti a maschi e femmine. Difficilmente sarebbero entrati nella famiglia in senso stretto, ma forse attraverso gli amici e le frequentazioni sarebbero filtrati e li avremmo recepiti di più». E come un valore aggiunto? «Nemmeno. Siamo state cresciute nell’idea che ogni persona debba essere valutata per quello che è e per quello che fa, per le sue qualità, capacità e specificità». E gli altri hanno mai visto il suo essere donna come un limite (o per lo meno ne ha avuto l’impressione)? O un valore aggiunto? «È sempre difficile immaginare cosa pensano gli altri. Dalle impressioni raccolte in tutti questi anni posso solo dire che in molti ambiti, ancora oggi, le donne devono superare un esame in più». Oltre vent’anni affinché in Ticino fosse eletta una consigliera di Stato donna non sono troppi? «Il costume cambia più lentamente delle leggi. Più preoccupante ancora è che da allora non si siano fatti solo passi avanti ma anche passi indietro: oggi in Consiglio di Stato non c’è nemmeno una donna». Unica donna tra quattro uomini, entra per la prima volta nella sala riunioni del Governo ticinese e…? «…e mi metto subito a lavorare con loro. Mi ha molto aiutata Giuseppe Buffi, sempre saggio, sensibile ai temi di parità, pronto a ironizzare e sdrammatizzare con intelligenza e esperienza».
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“Siamo state cresciute nell’idea che ogni persona debba essere valutata per quello che è e per quello che fa, per le sue qualità, capacità e specificità.” Essere donna allora in politica era un ostacolo? «Non potrei dire: l’esame in più c’è stato, e certamente qualche pregiudizio veniva rivelato dagli aggettivi usati e dai commenti fatti. Ma non venivo criticata perché donna, bensì per i miei progetti e per le mie idee profilate. In ogni caso, se pensiamo alla percentuale di donne in politica ai giorni nostri (e non parliamo nemmeno di quella di allora), qualche ostacolo deve pur esserci. Certo, in politica ci vogliono tante diverse qualità, ma ci sono indubbiamente molte donne che le hanno». La maternità per molte donne è ancora un problema, sia per fare carriera che a volte addirittura per rimanere occupate. Ritiene che la società – Stato ed economia privata – dovrebbe impegnarsi di più per conciliare famiglia e lavoro? «Sì. L’universo femminile è un patrimonio umano enorme e dal mondo della formazione escono notevoli talenti che poi, dopo la maternità, rischiano di perdere il contatto con il mondo del lavoro. Il dilemma per ogni mamma è occuparsi appieno dei bimbi o continuare a lavorare almeno a tempo parziale. E questo influenza la scelta se diventare mamma. Reinserirsi dopo una pausa non è facile, abbinare famiglia e vita professionale nemmeno. Va detto che molte donne ci riescono e molto bene. Ma ognuno dovrebbe fare la sua parte: compagni di vita, mondo del lavoro, mondo della scuola e mondo politico». In questo senso fosse ancora attiva in politica quali sarebbero le priorità della sua agenda? «Occorre agire su più fronti: una delle priorità è la formazione professionale,
con l’offerta di corsi di riqualifica e aggiornamento per agevolare il rientro nel mondo del lavoro. Ma si dovrebbe lavorare anche sugli orari scolastici e l’offerta di mense, e malgrado gli importanti miglioramenti di questi anni, incentivare le aziende a maggior flessibilità». Si immagini di rivedersi giovane donna, laureata e politica alle prime armi: che consiglio si darebbe? «Essere sé stessa, non aver timore di portare la propria individualità e il proprio profilo nel percorso che sceglie e, in politica, avere buoni progetti e lavorare per costruire il consenso per realizzarli». È lo stesso che darebbe a una giovane del 2021? «Sì, senza dubbio». Dopo mezzo secolo e un paio di generazioni siamo ancora qui a parlare di parità fra i sessi: non ritiene che dovrebbe essere un fatto ormai culturalmente acquisito? «Certo, ma per ora non lo è. Proprio questo sarà l’indicatore della raggiunta parità: che non sarà più necessario parlarne. Non ci chiederemo più quante donne (in politica, nelle aziende, in qualsiasi ambito) ma quali donne, non quale genere ma quale persona». Quando, se mai, pensa che diverrà realtà? «Nessuno ha la sfera di cristallo. In questo processo abbiamo visto progressi, ma anche battute d’arresto e passi indietro. La parità deve diventare realtà, ma non possiamo dire né quando né se avverrà. Quello che possiamo dire è che dipenderà da ognuno di noi».
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PRIMO PIANO / CARLA SPEZIALI
INTERVISTA ALL’EX-SINDACO DI LOCARNO, CHE TORNATA ALLA SUA PROFESSIONE DI AVVOCATO, CONTINUA IN OGNI CASO A MANTENERE UN FORTE LEGAME AFFETTIVO CON LA SUA CITTÀ E A PARTECIPARE ATTIVAMENTE ALLA SUA VITA SOCIALE E CULTURALE.
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IL MIO AMORE PER LOCARNO
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opo la parentesi politica lei è tornata alla sua professione di avvocato. Che cosa ricorda con maggiore piacere dell’esperienza di Sindaco di Locarno e qual è invece il suo maggiore rimpianto? «È una domanda che mi è stata rivolta spesso negli ultimi anni, e su cui ho avuto modo di riflettere con attenzione. Ho individuato tre obiettivi o campi d‘azione che hanno dato particolarmente valore alla mia esperienza di Sindaco. Il primo: l’assiduo, certosino lavoro, in particolare con la compagine municipa-
le a maggioranza femminile eletta nel 2004, che permise di risanare le finanze della città. Ecco, questo aspetto del risanamento finanziario: ci ha permesso di riportare la città in cifre nere, anche con importanti avanzi d’esercizio, e ha quindi consentito di riacquisire i necessari margini d’azione politica, e portare avanti la progettualità che ha poi avuto il suo culmine con l’edificazione del Palacinema. Quando i conti in casa sono a posto, ci si muove con più agio! Il secondo momento è senz’altro riconducibile alla pedonalizzazione di Piazza Grande nel 2007, per fare in modo
PRIMO PIANO / CARLA SPEZIALI
che il centro cittadino tornasse il salotto bello della città, un luogo d’incontri e manifestazioni (non un posteggio). Il terzo momento è legato alle grandi lotte per la realizzazione del Palacinema, riuscendo a coinvolgere numerosi partner pubblici e privati, ciò che ha garantito la necessaria sostenibilità finanziaria del progetto. Oltre che ad offrire “una casa al Pardo”, come spesso è stato detto, si trattava di dare una prospettiva di sviluppo alla manifestazione culturale che per noi ticinesi e per tutta la Svizzera costituisce il gioiello più prezioso, e creare le fondamenta per un Centro cantonale di competenze cinematografiche e audiovisive. Non ho rimpianti se non una nota nostalgica, di quel saluto d’inizio anno alla popolazione, che rappresentava sempre un momento di sincera vicinanza: era un abbraccio più che simbolico con la popolazione». Lei resta in ogni caso molto legata alla sua città occupandosi con ruoli diversi del Palacinema e del Festival. In che modo le attività cittadine legate al mondo del cinema hanno superato la pandemia e quali prospettive si intravedono per il futuro? «Come le dicevo, con la creazione del Palacinema si è voluto avviare un laboratorio creativo con la presenza degli attori nel campo dell’audiovisivo, con attività sull’arco di tutto l’anno, non solo durante gli undici straordinari giorni di Locarno Film Festival. Quello del Palacinema era ed è un cantiere ben radicato nel contesto locarnese e al contempo rivolto oltre i confini locali, e con un impatto per le prossime generazioni, come ho avuto tante volte modo di sottolineare, e questa struttura rappresenta per definizione un progetto di sviluppo rivolto appunto al futuro. In questo senso relativizzo senz’altro l’impatto della pandemia. Significativa è la recente prestigiosa creazione ad opera di USI e Locarno Film Festival della Catte-
dra “Locarno Film Festival Professor for the Future of Cinema and Audiovisual Arts”, con la nomina del professore statunitense Kevin B. Lee, che inizierà la sua attività il prossimo 1 gennaio 2022. Sono convinta che questa attività accademica, che va a completare in modo importante i contenuti formativi dati sin dagli inizi del progetto con la presenza del Conservatorio internazionale di scienze audiovisive (CISA), contribuirà ad innovare l’ambito culturale e accademico locale ed internazionale». Quest’anno ricorrono 50 anni dal riconoscimento del diritto di voto alle donne svizzere. A che punto siamo sul piano dell’emancipazione femminile e cosa resta ancora da fare? «Certo, un’importante ricorrenza, questo 50mo, e non solo per le donne. E siamo solo ad una tappa intermedia, posto che si tratta di riverificare e praticare nel quotidiano una parità di genere che richiede l’assunzione di responsabilità sia da parte delle donne che degli uomini. Del resto chiediamoci: c’è qualche aspetto della vita personale o sociale che non necessiti di un miglioramento, che non richieda un perfezionamento o un approfondimento? Pensiamo alle tematiche ecologiche, che diverranno sempre più pressanti, alle questioni emergenti in tema di salute, come abbiamo ben potuto constatare, alla distribuzione della ricchezza, ai toni del dibattito politico e sociale, tanto per citare solo alcune grandi questioni. Insomma, la parità di genere è solo uno degli innumerevoli temi con cui ci troviamo confrontati. Del resto più che chiedersi cosa resta ancora da fare, è importante interrogarsi su cosa vogliamo lasciare alle prossime generazioni. L’impegno ad offrire un modello ideale è indubbiamente importante. Non a caso, mi piace ricordarlo, nel 2006 è stato insignito di un award per la politica il modello che aveva caratterizzato i miei anni in Municipio con la presenza di quattro donne, di quattro
partiti diversi, accomunate dalla volontà di migliorare la qualità di vita della propria cittadinanza». In particolare, il mondo dell’avvocatura in Ticino resta ancora una roccaforte del potere maschile o si è aperto ad una autentica parità di genere? «Come dicevo prima, non c’è un aspetto della vita e non c’è una professione che non richieda un perfezionamento. Vale per gli uomini, e vale per le donne. Se vogliamo che le nuove generazioni acquisiscano maggiore equilibrio in questo ambito, é necessario che nelle classi scolastiche si sostenga il pieno sviluppo di tutti gli alunni, sia maschile che femminile. Puntare a sviluppare l’eccellenza, ossia le doti presenti nei singoli allievi, e curando lo spirito collaborativo sin dai primi anni non potrà che rendere migliore la società in cui viviamo. D‘altro canto, nel mio studio applico i medesimi criteri di collaborazione attiva e di valorizzazione delle singole competenze». Lei è specializzata in diritto sanitario e responsabilità medica: ritiene che nel corso della recente pandemia i diritti dei cittadini siano stati adeguatamente tutelati o ha rilevato importanti lacune? «Di fatto, in studio non sono ancora pervenuti dei casi di malasanità legati alla pandemia, e a dire il vero anche i classici casi di violazione dell’arte medica nel periodo di crisi acuta avevano subito un rallentamento poiché l’onda pandemica ha avuto un impatto talmente pervasivo e totalizzante da mettere in secondo piano le altre fattispecie. Del resto siamo ancora talmente “dentro la storia” che un’analisi sufficientemente ragionevole non è ancora possibile. L’eccezionalità della situazione è data anche dal fatto che vengono coinvolti ambiti basilari dell’esistenza, infatti oltre al tema della salute, individuale e pubblica, questo virus ha messo in crisi la già delicata situazione economica, oltre che la TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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sfera delle libertà individuali. É questo intreccio che rende la situazione confusa, esplosiva e di non facile comprensione, oltre che soluzione. I dati ci mostrano che il vaccino ha a tutti gli effetti la funzione di mitigare le reazioni devastanti del virus su coloro che si sono dimostrati particolarmente sensibili, oltre che evitare il collasso delle strutture ospedaliere. Stiamo a vedere come si sviluppa la ricerca in questa direzione. Personalmente ritengo che la ormai lapalissiana indicazione di neutralizzare la propagazione del virus, e quindi di non infettarsi (o infettare), resti l‘unica certezza a cui affidarsi e che a ben vedere risolverebbe a monte tutta la complessità che stiamo respirando e che ci sta letteralmente intossicando». Per il futuro, cosa vorrebbe vedere realizzato a Locarno e in Ticino, ed esclude la possibilità di un suo ritorno alla politica attiva?
«Locarno ha avuto un passato glorioso avendo tra l’altro accolto negli anni ’20 del secolo scorso -siamo oramai a ridosso del centenario-, un evento di portata non solo locale o nazionale ma addirittura continentale e mondiale: il Patto della Pace, la cui funzione fu quella di applicare concretamente lo spirito della negoziazione, a cui gli storici diedero il nome di “esprit de Locarno”. È stata dunque la sede di un evento significativo per la costituzione di un Europa unita. Che Locarno abbia nel suo DNA questo spirito internazionale è ben evidenziato dal Festival del film. Prevedo che in futuro ci saranno sempre più manifestazioni a carattere internazionale e mi auspico che Locarno sempre più venga riconosciuta come terra ideale per portare cultura e pace. Far politica significa anche lanciare qualche idea…».
Nominata la nuova direttrice del Kunsthaus Zürich Ann Demeester, attuale direttrice del Frans Hals Museum di Haarlem nei Paesi Bassi, dal 1° gennaio 2023 subentrerà a Christoph Becker alla guida del Kunsthaus Zürich. Nata nel 1976 a Bruges in Belgio, è dal 2014 alla guida del Frans Hals Museum di Haarlem, nei Paesi Bassi. Precedentemente era stata per otto anni al vertice del Appel arts centre, un centro espositivo di arte contemporanea di Amsterdam, noto per la formazione internazionale dei curatori. Nel corso della sua brillante carriera, la studiosa di letteratura ha diretto importanti istituzioni e programmi culturali.
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PRIMO PIANO / VICKY MANTEGAZZA
CRESCIUTA CON TRE FRATELLI MASCHI: «NON SONO UNA FEMMINISTA, PER ME CONTA IL VALORE DELLA PERSONA, NON IMPORTA SE MASCHIO O FEMMINA. MI SENTO BENE QUANDO SONO IMPEGNATA PER L’HC LUGANO E LA MIA CITTÀ, STARE SUL DIVANO A GODERMI LA VITA NON FA AL CASO MIO». DI ROMANO PEZZANI
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a neve e pure il ghiaccio. Per Vicky Mantegazza lo sport si pratica al freddo, lei che è stata una brava sciatrice con diploma di maestra di sci. Ha rinunciato a gareggiare perché papà Geo l’aveva posta di fronte a una scelta: «O fai competizione, o vai in Curva Nord». E Vicky non ha avuto dubbi, la sua fede era già profondamente bianconera.
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a tifosa a presidente. Il tuo percorso all’interno dell’HC Lugano si è fatto sempre più importante. Quali sono le tue sensazioni? «Sicuramente sono consapevole del mio ruolo. Stare sul divano di casa sarebbe più facile, tranquilla e beata a godermi la vita. Però io ho la passione dell’hockey, mi sento bene quando posso fare qualcosa per la mia squadra e per la mia città. Mi metto in gioco con i miei pregi, i miei difetti, con le mie conquiste e le mie sconfitte. Mi assumo le mie responsabilità, non ho problemi ad ammettere i miei errori. Purtroppo quando sbagli lo vedono tutti, mentre quando fai qualcosa di bello sono in pochi a percepirlo. Sinceramente non
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TUTTE LE VITTORIE DELLA VICKY pensavo di essere così forte. Quando mi fermo a pensare, sono orgogliosa di aver affrontato anche le situazioni più difficili da superare. L’amore per il Lugano mi ha sempre aiutata». La tua forza e la tua sensibilità di donna hanno facilitato l’approccio a un mondo dell’hockey quasi esclusivamente composto da uomini duri?
«Non ho mai sentito una differenza tra uomo e donna. Sono sempre stata trattata bene e rispettata, anzi mi hanno spesso chiesto dei consigli, perché prendono in considerazione il mio modo di agire e le mie conoscenze. Ho una sensibilità sportiva che tanti uomini non hanno, quindi ne approfittano anche di questo buon mix. Io non sono una femminista, alla fine quello che conta è la persona, non il sesso. È
PRIMO PIANO / VICKY MANTEGAZZA
giusto che ci sia la parità dei diritti fra uomo e donna, non solo quando conviene ma sempre, nel bene e nel male». La donna che stravinceva con le Ladies ha incontrato qualche difficoltà di inserimento? «Ammetto che ho dovuto fare la gavetta nonostante un percorso vincente di 15 anni alla testa del Ladies Team dell’HC Lugano, in cui abbiamo conquistato 7 titoli nazionali e una medaglia europea. In questa fase iniziale ho avvertito un certo scetticismo…». Come hai reagito? «La mia esperienza, che mi ha permesso di conoscere persone a tutti i livelli nell’hockey, mi ha consentito di entrare nel mondo maschile di questo sport meraviglioso con un bagaglio solido, senza subire confronti, anche perché diversi uomini che mi hanno preceduta non avevano a mio avviso le basi per assumere una carica di tale responsabilità, affidata loro per il fatto di essere maschi. E ancora oggi risulta essere un privilegio gratuito non solo nello sport». Dieci anni di presidenza alla testa di uno dei club più importanti della Svizzera è un cammino significativo. «Ho costruito una società con tante persone di fiducia, alle quali posso fare affidamento sempre. Principalmente in Consiglio d’Amministrazione io mi occupo di sport. Rispetto ogni carica, soprattutto sul piano tecnico. Il mio ruolo è anche quello di sostenere i giocatori. Quando entro negli spogliatoi a fine partita, di solito lo faccio per congratularmi o rincuorare la squadra, non intervengo in quelle circostanze. Credo che un presidente debba farsi sentire al massimo due volte a stagione nei momenti delicati, altrimenti rischia di bruciarsi». Sei a favore del Polo Sportivo e degli Eventi? «Tifo per lo sport. Penso che per restare al passo con i tempi la città di Lu-
“Ho avuto tante persone che mi hanno aiutata. Chiaramente sono molto legata allo sport, quindi chi più mi colpisce mi racconta di sport. Sono tifosissima juventina, ho conosciuto il presidente Andrea Agnelli, i giocatori David Trezeguet e Stephan Lichtsteiner, che ho avuto l’onore di ospitare tutti alla Cornèr Arena per assistere con me a una partita del Lugano.” gano debba rimboccarsi le maniche, ha già aspettato troppo per la costruzione delle infrastrutture sportive a favore di tutte le società. E qui ci metto anche la Cornèr Arena, dove gioca l’Hockey Club Lugano. Pur essendo una pista datata 1995, è la più vecchia della Svizzera. È stata costruita bene, ma credo che sia arrivata con cinque anni di anticipo, dopo è cambiato il modo di accogliere il pubblico a livello mondiale con le lounges, la ristorazione e altre comodità che permettono di aumentare gli introiti. Stiamo prendendo in considerazione una ristrutturazione anche per lo spogliatoio della prima squadra, troppo piccolo». La città è ancora scossa per la perdita del suo sindaco. Che rapporto avevi con Marco Borradori? «Ottimo. È stato eccezionale, aveva una buona parola per tutti e ti faceva sentire a tuo agio. Il grande carisma che aveva conquistava i politici e la gente. Lugano resterà per sempre casa sua. Penso che ogni luganese farà in modo che la sua città possa continuare a seguire quello che lui ha seminato nel periodo in cui Marco è stato sindaco». Con quali altre personalità hai avuto un legame particolare? «Ho avuto tante persone che mi hanno aiutata. Chiaramente sono molto legata allo sport, quindi chi più mi colpisce mi racconta di sport. Sono tifosissima juventina, ho conosciuto il presidente Andrea Agnelli, i giocatori David Trezeguet e Stephan
Lichtsteiner, che ho avuto l’onore di ospitare tutti alla Cornèr Arena per assistere con me a una partita del Lugano. Oggi, con grande piacere, Stephan è mio collega nel Consiglio d’Amministrazione». Come personaggio pubblico hai tanti “follower” sui social. Che rapporto hai con Facebook e Instagram? «Tengo in considerazione il loro ruolo, come quello dello smartphone, anche se ritengo che in certi momenti di relax ci debba essere un distacco totale a favore di una bella serata con amici. Non sono una schiava dei social e non entro praticamente più in Facebook perché è troppo negativo, percepisco rabbia e invidia in tanti post. Sono invece più attiva su Instagram, dove posso esprimere un messaggio attraverso una foto per una presenza positiva. Sono nata umile e l’arroganza non mi appartiene, mi dà fastidio». Cosa ti fa provare emozione? «Con il Covid sono diventata più sensibile. Ovviamente mi emozionano le persone che fanno parte della mia vita in modo importante. Mi emoziono anche vedendo due anziani che camminano tenendosi per mano». Una squadra di calcio in Ticino, “Tutti in gioco”, schiera giocatori del vivaio al fianco di bambini con disabilità in un progetto di integrazione totale. Tu hai partecipato a un evento in cui è stata apprezzata la tua tenerezza… TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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«Ho risposto con piacere all’invito perché penso che questo sia veramente il fulcro del gioco. Quando un bambino nasce disabile e poi può praticare uno sport in cui si sente integrato in una squadra vera, è un messaggio molto bello. Considero dei piccoli eroi quei bambini che non fanno
sentire diversi i loro compagni, ma al contrario ne evidenziano le loro qualità e soprattutto il loro diritto di sentirsi bene. Questo messaggio è una lezione di vita e lo sostengo pienamente in un mondo di oggi in cui i valori vengono sempre più spesso persi di vista».
La tua sensibilità e il tuo amore li apprezzano anche gli animali. «Li adoro e appoggio qualsiasi associazione che li difenda. Sono nata in una famiglia in cui ho sempre vissuto con gli animali e ringrazio i miei genitori di avermi dato questa opportunità per me importante. Ritengo che l’animale non sia un dovere averlo, ma è un valore aggiunto. Crescere con un animale è qualcosa di veramente bello, perché ti è fedele, ti è devoto e ti dà tantissimo, più di quanto tu dai a lui, a differenza dell’essere umano. A casa mia ci sono tanti animali, tutti trovati per strada perché cerco di aiutare chi è in difficoltà, non miro ai pedigrée. Ho un cane, tre gatti, tartarughe, lumache africane, l’acquario e uno stagno. Da piccola avevo anche una scimmietta di nome Joe. Le considero esperienze bellissime e non capisco come l’uomo possa arrivare a essere così cattivo e violento con gli animali, così come con gli anziani o con i bambini, pure indifesi. È la cosa che mi fa andare più in bestia!».
I FRATELLI MASCHI, LO SCI E GLI ANIMALI Nata a Sorengo il 26 settembre 1965, sotto il segno della Bilancia, Vicky Mantegazza si distingue per cuore e umiltà che mette nel suo intenso quotidiano, a partire dalla sua famiglia. Birichina: «Sono cresciuta con tre fratelli maggiori, era difficile essere la piccola di casa, anche se la loro presenza maschile, talvolta impegnativa, mi ha aiutato a farmi le ossa, perché ho imparato a cavarmela. Sono arrivata pronta a scuola, anzi ero sempre una delle trascinatrici di tutte le classi. Non ero proprio una scolara modello, piuttosto una birichina».
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Tifoso speciale: «Parlo naturalmente con mio padre anche di hockey, dei risultati correnti. All’inizio gli chiedevo dei consigli sul mio ruolo, ora sono confrontata con un’altra dimensione rispetto alla sua era. Oggi le società sono autentiche aziende e il cambiamento è stato radicale». Energia: «Sfortunatamente ho due ginocchia “andate”, quindi non mi è possibile fare troppo movimento. La soluzione è la protesi, ma continuo a rimandare l’operazione. L’energia mi arriva da una famiglia che mi fa sentire bene, ho la fortuna di avere i miei
animali che per me sono ragione di vita e questo mi aiuta quando ho bisogno, nella mia “comfort zone” che è casa mia. E lì dove mi rilasso e mi ricarico». Vacanze: «Mi sento meglio al freddo, dove ho imparato lo sci, il mio sport preferito insieme all’hockey. Col tempo mi sono avvicinata anche al mare. Per me le vacanze di Natale restano in montagna». Piatto di famiglia: «Mi piace mangiare. Adoro il riso. Un bel risotto con il salame è il piatto di famiglia».
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AFFRONTARE TUTTO CON CORAGGIO
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ei occupa un posto di responsabilità all’interno del Corriere del Ticino. Con quali motivazioni e quali idee ha scelto di accettare questa nuova sfida? «Per rispondere a questa domanda, faccio un passo indietro. Torno ai miei vent’anni, a metà degli anni ’80. Avevo appena terminato il liceo economico a Bellinzona. Non ero in chiaro su cosa avrei fatto da grande, però di una cosa ero consapevole: sapevo rimboccarmi le maniche. Per mio padre, che era cavista, il lavoro era sacro e probabilmente ho ereditato da lui la tenacia che ha contraddistinto la mia vita professionale. L’idea di farmi mantenere da qualcuno, fossero genitori o futuri compagni, era inconcepibile. Io volevo essere economicamente indipendente. Perciò quando decisi di volare a Londra per imparare l’inglese, feci dapprima la cameriera a Gorduno, e quando mi iscrissi a storia dell’arte a Firenze, mi finanziai lavorando come modella in giro per il mondo. Ma è nel giornalismo, professione che scoprii per caso quando rientrai in Ticino, che investii tutta la mia energia. La gavetta iniziò nel 1995, con il praticantato. Poi giornalista, capo redattrice e, a partire dal 2007, vicedirettrice dell’informazione di Teleticino e di Ticinonews.ch. Cronaca giudiziaria, politica, nera e di colore. Ogni sera raccontavamo il Ticino in tutte le sue sfaccettature. Il mestiere l’ho imparato sul terreno, con fatica e dedizione. Sono sempre stata una “pasionaria” del lavoro: sia quando nel 2010 lasciai Melide per ricoprire la ca-
IL SUCCESSO E L’ASSUNZIONE DI RUOLI DI RESPONSABILITÀ SI RAGGIUNGONO SOLTANTO ATTRAVERSO TANTO E FATICOSO LAVORO. È QUESTO L’AMMONIMENTO CHE PROVIENE DAL RACCONTO DI PRISCA DINDO, CHE LA PROFESSIONE E LA VITA LE HA SEMPRE AFFRONTATE CON SPIRITO COMBATTIVO E SENZA ARRENDERSI MAI.
rica di responsabile web-tv del settimanale il Caffè, sia quando, dopo una breve parentesi nel settore web del Corriere del Ticino, nel 2012 tornai a Teleticino in qualità di direttrice dell’informazione. Quando nel 2017 mi resi conto di aver bisogno di aria nuova, consegnai le chiavi dell’emittente nelle mani di Matteo Pelli. Quindi venni nominata direttrice della sezione viaggi del Corriere del Ticino che iniziai a organizzare. Parallelamente con i colleghi della redazione mi occupo di arricchire i contenuti del giornale e di sviluppare le pagina web, con articoli e pillole tematiche. Ecco perché ho accettato con entusiasmo il mio ruolo attuale: è quasi una chiusura del cerchio con le mie origini». Quali difficoltà e pregiudizi ha dovuto affrontare per affermarsi in un mondo complesso come quello dell’informazione? «Essere una donna lavoratrice a sud delle Alpi non è facile. Purtroppo la mentalità maschilista ha profonde radici, anche in Ticino. Per tutta la mia vita professionale ho intervistato e ospitato negli studi soprattutto uomini. In politica le donne erano mosche bianche, come pure ai vertici delle aziende e delle associazioni di categoria. Come giornalista di sesso femminile, mi sono sentita spesso sotto esa-
“Essere una donna lavoratrice a sud delle Alpi non è facile. Purtroppo la mentalità maschilista ha profonde radici, anche in Ticino.” TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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me. Ricordo che per la moderazione dei dibattiti televisivi mi preparavo con grande minuziosità, molto più dei miei colleghi uomini. Non lasciavo nulla al caso. Avevo la sensazione che un mio errore avrebbe pesato di più di quelli dei colleghi maschi. Un’ansia da prestazione che non facilitò il mio lavoro. Per anni le gonne sparirono dal mio armadio: non volevo che il mio aspetto fisico avesse il sopravvento sulla mia autorevolezza, guadagnata sul terreno con fatica. Ancora oggi mi dà fastidio quando si pone l’accento sul mio aspetto: la mia carriera professionale l’ho costruita con il sudore, non con le scorciatoie. Quando venni nominata direttrice di Teleticino diedi subito ampio spazio alle colleghe. Non perché erano di sesso femminile, bensì perché se lo meritavano. La redazione era composta dallo stesso numero di donne e di uomini: un genere uguale all’altro, non superiore all’altro. Credo che noi donne potremmo far molto se un giorno decidessimo di essere più solidali tra di noi. Purtroppo preferiamo spesso combatterci invece di unirci». Prima di dedicarsi al giornalismo ha svolto una attività come modella. Che cosa le è rimasto del mondo della moda nei cui confronti ha avuto in passato anche giudizi critici? «La mia carriera di modella iniziò a Firenze negli anni 80, quando vinsi un importante contratto con l’agenzia Elite. Per cinque anni lavorai tra Milano, Firenze, Parigi, Zurigo e Hong Kong. Tra un viaggio e l’altro, girai pure un film da protagonista. Il titolo era “Voglia di rock”: portava la firma del regista italiano Massimo Costa ed era prodotto da Enzo Porcelli. Quello della modella è un mestiere che non dura nel tempo, salvo se hai il “phisique du role” di Naomi Campbell o Kate Moss. Negli anni ’80 le modelle erano magre ma non anoressiche: nessuno mi chiese dunque di mettermi a dieta. Per cinque anni ho lavora-
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to in un mondo estremamente professionale, dove nulla era lasciato al caso. Ho viaggiato tantissimo e ho conosciuto una marea di gente. Poi quando a 25 anni mi sentii “vecchia”, chiamai l’agenzia e annunciai il mio ritiro. Lasciai Milano e tornai in Ticino. È un mestiere che va preso così, senza particolari aspettative». Lei firma interessanti servizi dedicati a personaggi e aspetti diversi della vita del Cantone ed è inoltre molto presente sui social con interventi su vari argomenti. Qual è il Ticino che racconta dopo la pandemia e con tanta voglia di risorgere? «Difficile prevedere cosa succederà quando daremo scacco alla pandemia. Sicuramente c’è tanta voglia di libertà, di tornare a vivere senza la Covid. Quel che però è certo è che il coronavirus ha dato un’accelerata alla digitalizzazione delle nostre vite. I codici QR regolano i nostri acquisti. Molte aziende puntano ora sull’ home working, più o meno in alternanza con la presenza in ufficio. Ma sono i dati che giungono dal mondo del lavoro che mi preoccupano. In Ticino il 55% dei disoccupati è compreso nella fascia d’età dai 50 ai 64 anni. E la pandemia, come scrive La Domenica, ha dato la «mazzata» finale ai figli del «baby boom». Sono le persone nate tra gli anni ‘60 e ‘70 che si sono ritrovate con la lettera di licenziamento in mano. Non hanno grandi conoscenze delle nuove tecnologie: sono figli dello scorso millennio. Perciò il loro ricollocamento sarà davvero difficile. Se non impossibile». Negli ultimi mesi lei ha dovuto affrontare e superare seri problemi di salute. A quali risorse personali, umane e spirituali, ha fatto ricorso per affrontare quel difficile momento? «È successo lo scorso anno. È stato un fulmine a ciel sereno, perché mi sentivo davvero in forma. Invece, in occasione di un controllo casuale, mi
hanno scoperto un carcinoma al colon. Grazie alla grande professionalità dei medici dell’ospedale San Giovanni a Bellinzona ho superato senza troppe ansie l’operazione, come pure il ciclo di radioterapia e di chemioterapia. Ora mi sento bene. Penso di aver avuto molta fortuna: il carcinoma era ad uno stadio precocissimo. Se non me lo avessero scoperto subito, avrebbe potuto fare danni maggiori. Per questo non mi stancherò mai di consigliare a tutti la colonscopia. A me ha salvato la vita». Come riesce a conciliare l’attività lavorativa con la sua vita privata e quali sono gli interessi che coltiva nel tempo libero? «Dando prova di grande equilibrismo tra le esigenze professionali (che non erano poche) e quelle famigliari. Io sono una mamma tardiva. Quando ho dato alla luce la nostra prima (ed unica) figlia avevo già 35 anni. L’unico mio desiderio era quello di darle il meglio di me stessa. Non è stato facile visto che ho sempre lavorato sodo. Però è stata una scelta vincente: esser mamma è la cosa più bella che mi sia capitata».
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PRIMO PIANO / BENEDETTA MAZZINI
IN VIAGGIO PER RITROVARSI
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roprietaria di Wild Places Safaris e Ultimate Places, due società attive nel mondo dei viaggi e dell’experiential travel, la prima specializzata in Africa e safari e la seconda in esperienze e travel in tutto il resto del mondo. Ha scritto dei suoi viaggi su Vanity Fair e e altre testate ed ha anche realizzato un programma televisivo per la Rai, Africa Benedetta, dove portava personaggi dello spettacolo a fare dei safari con lei. L’attività professionale porta Benedetta ad esaminare, scomporre e ricomporre la trama del tessuto sociale che solo in apparenza identifica, avvolge e differenzia le culture sotto ogni latitudine ma che invece, seguendo un personalissimo procedimento per sottrazione dovuto ai suoi trascorsi personali, l’intervistata ci propone in una forma, rinnovata, genuina, semplice, universale, ricordandocene il significato unificante oltre ogni limite geografico. «Ho iniziato a lavorare tra Milano e Roma, impegnata nel mondo del cinema e del teatro: ma non ero serena, mi mancava sempre qualcosa. Sono cresciuta ammirando il padre di mio fratello Massimiliano, un grandissimo attore, Corrado Pani. Vederlo lavorare con Strehler, Ronconi e molti altri mostri sacri del teatro italiano ed europeo, mi ha fatto da subito capire cosa significasse l’essenza del messaggio artistico, non il contorno di questo mestiere. Pur affascinata ed ispirata dal suo esempio e dall’aver lavorato per molti anni nel mondo del cinema, del teatro e della televisione come attrice e come autrice, non sono mai ri-
uscita ad identificarmi completamente con questo mondo. In seguito, per molto tempo ho cercato qualcosa di diverso che desse come un “secondo” senso alla mia vita. Oggi, sono riuscita a far diventare la mia più grande passione, viaggiare, un vero lavoro. Ho cominciato a sognare di posti lontani, giungle, savane e deserti fin da giovanissima. Viaggiare, conoscere posti diversi, incontrare persone differenti, immergersi in culture ed ambienti sociali unici e remoti, sono sempre stati desideri fortissimi. Ero affascinata dalla magia dei luoghi lontani, dagli spazi infiniti, dai tramonti, dalle stelle, dal mistero del mare e dei luoghi esotici. La mia vita è cambiata quando ho accettato di essere pronta a misurarmi con il mondo che avevo sempre idealizzato. Questo mi ha stimolato a definire nuove priorità di vita. Un giorno, di punto in bianco, ho deciso di unirmi ad alcuni amici che stavano
QUANDO RACCONTA LE SUE ESPERIENZE LO SGUARDO SI PERDE NELL’ORIZZONTE, SPESSO È ILLUMINATO DA UN SORRISO. IL SUO UNIVERSO NON HA CONFINI, COSÌ COME LA VOGLIA DI VIAGGIARE E DI CONOSCERE NUOVE CULTURE. BENEDETTA MAZZINI, CON TRASCORSI PERSONALI E FAMILIARI NEL MONDO DELLO SPETTACOLO, OGGI È IMPRENDITRICE MA SOPRATTUTTO È CITTADINA DEL MONDO. DI ANDREA GRANDI
organizzando un viaggio “on the road” da Lugano a Nairobi. Tre mesi in jeep e tenda attraverso Libia, Sudan ed Etiopia fino a raggiungere il Kenya. Questa avventura credo sia stata il punto di svolta, mi ha insegnato a pianificare, reagire ed organizzare con quanto riuscivo a trovare strada facendo, a risolvere gli imprevisti e, inevitabilmente, a individuare le necessità più autentiche della mia esistenza. Ma è stato quando ho messo piede per la prima volta in Botswana, più di vent’anni fa, precisamente nel Delta dell’Okavango, che ho capito che quella doveva essere la mia strada, ho avuto come un’epifania».
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PRIMO PIANO / BENEDETTA MAZZINI
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uale delle sue precedenti esperienze la aiuta nella professione? «Certamente i miei tra scorsi nel mondo dello spettacolo e più precisamente il periodo in cui presentavo programmi musicali in televisione: le interviste che ho fatto alle superstar mi hanno insegnato che un professionista deve saper diventare lo strumento, il mezzo, che permette ad un interlocutore di esprimere, diffondere un messaggio. Anche oggi, con i viaggi che organizzo, cerco di offrire ai miei clienti la possibilità di conoscere una nuova dimensione e una nuova idea del viaggio, delle vacanze o del tempo libero. Viaggiare in luoghi remoti, uscendo dalla propria comfort zone, porta a riscoprire valori, forse ultimamente un po’ bistrattati come la cortesia, la disponibilità verso gli altri e a scoprire o riscoprire noi stessi. Nella cultura occidentale, negli incontri sociali, molta gente ha ormai perso l’abitudine alla gentilezza, ad aprirsi. Confrontarmi con culture, tradizioni e genti di tutto il mondo mi ha portato ancora di più ad ascoltare e ad essere attenta. Attenta alle persone che ho davanti a me. Prendo atto, convivo con queste involuzioni, pur sapendo quanto invece sia appagante trovare persone, magari agli antipodi del mondo, disposte ad offrire ad un estraneo quel poco che hanno, in tutta semplicità». Perché si desidera riscoprire questi valori? Per sperimentare qualcosa di nuovo oppure realizzare una voglia di cambiare il proprio carattere? «Difficile generalizzare una risposta. Personalmente, sono affascinata da tutto quello che ci può migliorare, dallo studio, dalla lettura e imparare anche da società lontane, sconosciute. Ad esempio, durante il periodo del lockdown mi sono interessata in maniera approfondita alla Corea, alla sua cultura, al cinema,
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alla letteratura e alla musica, ne ho studiato la storia, la lingua, la politica e le tradizioni. Tutto quello che posso studiare, imparare e conoscere mi aiuta ad entrare in sintonia con le popolazioni e culture che visito per lavoro. Le faccio un esempio. Sono estremamente affascinata dalle tribù dei Maasai e dei Samburu cerco di passare più tempo possibile con loro tutte le volte che sono in Kenya e in Tanzania. Sono convinti che la loro divinità, Lengai, che abita nel vulcano Ol Donyo Lengai nella Rift Valley ai piedi del lago Natron in Tanzania, abbia loro donato tutte le mucche del mondo. Sono pastori nomadi e semi nomadi. Trovare un punto d’incontro, un linguaggio anche con persone dall’altro capo del mondo mi aiuta a capire dove sono, a capire la loro vita e le loro tradizioni, ecco perché ormai da molti anni tengo nel mio telefono
moltissime foto di mucche di diverse razze: con gli uomini parlo di mucche, che per la nostra cultura occidentale equivale a parlare di auto sportive o di campioni dello sport. Invece con le donne maasai e samburu, che secondo le loro usanze sono rasate, faccio vedere loro i miei capelli lunghi: e mi trovo subito circondata da madri, figlie, nonne, incredule, sorprese, curiose. Riassumendo, imparare e rispettare le usanze locali e le tradizioni per stabilire una sorta di comunicazione, un rapporto; condividere le esperienze delle persone che incontro, anche come forma di riguardo, per aiutare il dialogo e favorire la reciproca comprensione: queste sono le regole più semplici del mondo, ovunque, dal Polo Nord all’Amazzonia, dal deserto della Namibia a casa nostra. Avviato un dialogo, immediatamente dopo la gente inizia ad aprirsi, a raccontarsi, a qualsiasi latitudine».
PRIMO PIANO / BENEDETTA MAZZINI
poniamo ai nostri clienti, lo abbiamo visto e vissuto in prima persona. Il mio team ed io viaggiamo costantemente. Sarebbe impossibile raccontare, tantomeno vendere dei viaggi e delle esperienze come queste. Sicuramente si rivolgono a noi persone che vogliono la certezza di mettersi nelle mani di professionisti seri con una conoscenza diretta e un’immensa passione. E non parlo solo di posti lontani, quando ci si occupa di viaggi in tutto il mondo bisogna essere pronti anche a sorprendere i clienti con qualcosa di nuovo o di diverso anche nella loro stessa città».
A che tipo di clienti si rivolgono i vostri viaggi e le vostre esperienze? «È importante specificare che noi proviamo prima tutto quello che pro-
Lei ormai trascorre viaggiando la metà del suo tempo. Come ha vissuto le difficoltà create dalla recente pandemia? «È stato surreale, da sei, sette mesi in viaggio all’anno a non muoversi più. Credo sia stata la prima volta nella vi-
ta dove mi sono sentita privata della libertà, come tutti noi per altro. Sono comunque stata fortunata a passare il lockdown a casa, a Lugano, che rimane comunque il posto più bello del mondo. Mi sono dedicata a fare trekking su tutte le nostre meravigliose montagne e passato ore ed ore sulla mia adorata bicicletta. Ancora più del solito avevo la necessità di stare a contatto con la natura. Adesso finalmente si riparte. È importante che le persone sappiano che con le dovute precauzioni si può tornare a viaggiare. Anzi si deve tornare a viaggiare. Credo che dopo questi due anni, qualsiasi viaggio si intraprenda avrà un significato molto più importante più profondo. La nostra vita è un viaggio e ogni piccolo spostamento che sia un fine settimana in montagna oppure un safari in Africa è un’avventura, e sono sicura che nessuno di noi li darà mai più per scontati».
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PRIMO PIANO / MICHELA PFYFFER VON ALTISHOFEN
ASCOLTO, EMPATIA, AUTOREVOLEZZA INTERVISTA CON LA DIRETTRICE DELLA CLINICA SANT’ANNA CHE CI RACCONTA CON QUALI COMPETENZE E SENSIBILITÀ È RIUSCITA AD INTRODURRE UN PERSONALE STILE DI GESTIONE NELLA GUIDA DI UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI STRUTTURE SANITARIE DEL TICINO.
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a avvocato a direttrice di un importante gruppo ospedaliero, quali sono stati i principali passaggi che hanno segnato il suo successo professionale? «La mia vocazione di avvocato è nata da un forte senso di giustizia, nel periodo dei grandi giudici Falcone e Borsellino. Ho studiato legge e sono
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diventata avvocato penalista presso il foro di Milano. Esercitando questo mestiere ho imparato tantissimo sulla natura umana, sul modo in cui la storia di un individuo e il contesto nel quale vive possano influenzare lo sviluppo della sua personalità. Ho imparato ad ascoltare, a capire e anche a difendere chi a prima vista poteva sembrare indifendibile, e così ho acquisito un forte senso critico e una grande empatia. Di seguito, i miei affetti mi hanno portato in Svizzera, dove mi sono sposata e dove sono diventata mamma, mettendo per qualche tempo la mia vita professionale tra parentesi. La ripresa è stata difficile, avendo studiato in Italia, a Milano, trovare un la-
voro in ambito legale qui in Ticino mi ha fatto imbattere in tante porte chiuse. Ma non mi sono rassegnata, mi sono rimessa in gioco e mi sono reinventata professionalmente. Ed è stata proprio l’empatia, quella sviluppata durante la mia vita di avvocato penalista, ad indicarmi la strada e ad aprirmi le porte del mondo della sanità. Sono rientrata nel mondo del lavoro come assistente di direzione presso il Gruppo Ospedaliero Ars Medica dove ho poi saputo cogliere le opportunità di crescita che mi si sono presentate. Ho svolto il ruolo di responsabile del servizio pazienti, poi quello di direttrice aggiunta e di seguito quello di direttrice, che ricopro ormai da quasi 9 anni. Saper cogliere le opportunità non vuol
PRIMO PIANO / MICHELA PFYFFER VON ALTISHOFEN
dire sperare nella fortuna che le cose accadano da sole ma vuol dire saperle riconoscere, saperle apprezzare, accettare di uscire della propria zona di comfort e rimettersi in questione. Vuol dire non smettere mai di dare il meglio di sé sapendo, con umiltà, che ogni cosa, bella o brutta che sia, è sempre un’occasione per imparare. Credo molto nell’importanza della formazione e non ho mai smesso di farlo, anche in ambiti diversi da quello di mia competenza. A tal proposito, ultimamente, ho frequentato presso la Supsi il corso di “certified board member” alla prima edizione in Ticino, ma già affermato a livello Svizzero. Ho così ottenuto un nuovo certificato che oltre ad essere il frutto di un’interessante esperienza di studio spero si riveli uno strumento per aprirmi nuovi e stimolanti scenari». Quali sono le specifiche competenze necessarie per assolvere al ruolo che attualmente occupa? «Direi che ci sono tre tipi di competenze: quelle tecniche, quelle manageriali e quelle personali, non necessariamente in questo ordine. Come detto, quando ho iniziato la mia carriera in ambito sanitario, avevo solo le mie competenze personali: le “soft skills” come le chiamano gli anglo-sassoni. Le qualità umane, oggi più che mai, dove siamo o forse ci sentiamo tutti iper competenti, sono l’atout che fa la differenza. In Clinica siamo confrontati continuamente con forti emozioni, nel bene, e penso alla nascita o alla guarigione e anche nel male, con la sofferenza e anche la morte, talvolta ingiusta e sempre dolorosa. La nostra serietà, la nostra disponibilità e la nostra empatia sono fondamentali per il paziente – spesso in situazione di dipendenza – e per i suoi famigliari. E tutti noi, non solo il personale di cura ma ogni singolo collaboratore, dobbiamo essere irreprensibili, tecnicamente ma anche umanamente. Vigilare su questo è una delle mie grandi responsabilità
e richiede spiccate capacità manageriali: siamo circa 150 collaboratori e 80 medici accreditati. Amo avere sempre una visione a 360 gradi dell’azienda che dirigo, ma sono altrettanto attenta ad ogni piccolo dettaglio convinta che siano questi a fare la differenza nei risultati. Ho sviluppato le mie capacità manageriali negli anni, imparando anche e soprattutto dai miei errori. Ho appreso l’autorevolezza, l’ascolto e ho delineato un’empatia di cui vado fiera. Poi ci sono le competenze tecniche: la conoscenza del sistema sanitario, delle sue regolamentazioni, dei suoi meccanismi e del suo modo di finanziamento». Nel suo ambito di lavoro, ritiene di essere riuscita ad apportare capacità e sensibilità tipicamente femminili? «Non vorrei nascondermi dietro gli stereotipi del “maschile” e del “femminile” in quanto sono convinta che sia l’individuo con la sua storia a fare la differenza. È però vero che le donne portano nel management una visione diversa, perché vivono una vita diversa e guardano alle cose da una prospettiva diversa. Il potere per una donna è “possibilità”, il management è “responsabilità” verso l’azienda e verso le persone che ne fanno parte. Nel loro modo di affrontare al futuro, le donne collocano il lavoro come parte integrante della loro vita, non come un mondo separato e questo fa sì che i loro orizzonti si allarghino. La diversità è un valore aggiunto, il confronto è un valore aggiunto, per questo un management fatto di donne e uomini è a mio avviso quello vincente: guardare allo stesso obiettivo ma da prospettive diverse fa sì che si sviluppi una visione completa, più obiettiva e più forte». Come riesce a coniugare gli impegni di un lavoro di grande responsabilità con la sua vita privata? «Al di là dell’organizzazione che ho creato per conciliare famiglia e lavoro e che mi è servita soprattutto quando i
miei figli erano più piccoli, posso dire che ho sempre cercato, e credo di esserci riuscita, a mantenere un sano equilibrio tra la mia vita privata e quella professionale. Amo il mio lavoro e adoro la mia vita di mamma, la vivo con passione, con la volontà di condividere i miei valori con i miei figli. Una condivisione di valori che fa sì che io sia un esempio per loro e loro per me, e grazie al senso di rispetto che è radicato in noi, capiamo sempre i tempi e i modi dell’altro. Il senso di responsabilità e di dovere ben presente nella mia famiglia, fa sì che riusciamo a comprendere e ad apprezzare l’impegno di ognuno di noi, lavoro o scuola che sia, godendo però al massimo di tutti i momenti che viviamo insieme, come linfa di energia positiva che ci ricarica per affrontare tutto il resto». Qual è il progetto professionale che vorrebbe realizzare nei prossimi anni e quale invece a livello professionale? «Non parlerei di un grande progetto professionale, ma piuttosto di un desiderio di evoluzione. Il nostro mondo cambia in modo molto veloce e questi cambiamenti portano sfide e opportunità. Dobbiamo essere pronti ad affrontarle, capaci di adattarci. Il mio desiderio è di continuare a sviluppare le mie qualità umane e le mie conoscenze in un processo di costante miglioramento del quale, essendo una persona molto severa con sé stessa, non potrei fare a meno. Da gennaio inizierò un CAS (Certificate of Advanced Studies) in Diritto Sanitario e sono davvero entusiasta e motivata. Per quanto riguarda la mia vita privata, il progetto che mi occupa e mi appassiona di più è l’educazione dei miei figli. Sono orgogliosa di vederli crescere all’insegna del rispetto, onestà ed impegno, con il sorriso e con tanto, ma davvero tanto amore. Guardo al domani con curiosità e positività, pronta ad accogliere le nuove sfide e spero le nuove opportunità che il futuro ha in serbo per me». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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PRIMO PIANO / NADIA FONTANA LUPI
NADIA FONTANA LUPI RACCONTA CON FRANCHEZZA LE VICENDE INCONTRATE NELLA SUA CARRIERA PROFESSIONALE E RIVENDICA LA COMPETENZA COME UNICO CRITERIO PER L’ASSUNZIONE DI RUOLI DI RESPONSABILITÀ.
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uali sono stati i passaggi attraverso i quali ha raggiunto un ruolo di responsabilità in un mondo, come quello della promozione turistica, che fino a pochi anni or sono è stato appannaggio degli uomini? «Ho iniziato la mia attività lavorativa all’aeroporto di Zurigo dove ho lavorato fino al 1986. Poi sono tornata in Ticino per seguire il progetto di Crossair ad Agno, dove ho lavorato fino al 2001 e a soli 27 anni sono diventata mem-
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bro di direzione. Il direttore di Crossair a Lugano aveva scelto prevalentemente donne per dirigere i diversi settori e tutte abbiamo potuto crescere professionalmente. Malgrado le competenze, l’esperienza e l’interessamento, quando lui ha dato le dimissioni, la preferenza per la sua sostituzione è andata a un altro uomo. Lavorando per Crossair ho avuto modo di collaborare intensamente con il mondo turistico ticinese. Dopo il grounding di Swissair ho lavorato ancora qualche anno per SWISS e poi ho deciso di
PRIMO PIANO / NADIA FONTANA LUPI
cercare una nuova sfida professionale. Il direttore che mi ha preceduto alla testa di Mendrisiotto Turismo ha annunciato il suo pensionamento ed è stato aperto un concorso. Sapevo di avere le giuste competenze, ma ho esitato a candidarmi perché conoscendo il “sistema” ritenevo che non avrei avuto nessuna possibilità di essere scelta. Poi mio marito mi ha convinta a tentare, ho chiesto conferma che anche la candidatura di una donna poteva essere tenuta in considerazione e mi è stato confermato che si sarebbe tenuto conto unicamente delle competenze. Oggi so che ero l’unica donna su 22 candidati». All’interno della società ticinese ritiene che le donne siano adeguatamente rappresentate e le loro competenze debitamente riconosciute?
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«Il fatto di dovere dimostrare attenzione per il genere femminile credo spinga le aziende a valutare quali compiti è possibile affidare loro e di conseguenza troviamo, anche nel settore turistico, donne molto capaci che coprono
cariche intermedie (marketing, comunicazione, HR, ecc), ma vi sono ancora molti ruoli ritenuti essere destinati agli uomini, indipendentemente dalle concrete competenze dei candidati. Questo perché il potere decisionale in materia di opportunità per le donne è ancora prevalentemente in mano agli uomini, che non sono sempre capaci di valutare oggettivamente le competenze e non il genere. Il tema delle pari opportunità dovrebbe prevalere, ma vi sono altre questioni che condizionano le scelte». In particolare, quale patrimonio di competenze e sensibilità femminili è riuscita a portare nel suo ambiente di lavoro? «Credo che ogni donna debba impegnarsi molto di più di qualsiasi uomo, capace o incapace, per ottenere attenzione e rispetto sul posto di lavoro. Io so che ho dovuto e che devo impegnarmi molto. Difficile è stato invece capire come farlo senza cadere nella trappola della considerazione maschilista (e non solo) che valuta una professionista sulla base dell’aspetto e dell’umore, per non dire altro. Tutto sommato credo di essere rimasta una persona vera, impegnata e appassionata. Spero di essere riuscita a trasmettere un’immagine che mi corrisponda, considerando che ritengo elementi fondamentali della mia persona sul laTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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voro, come nella vita privata: l’impegno, la sensibilità, l’attenzione per gli altri, l’assunzione di responsabilità e la determinazione». Come riesce a conciliare gli impegni professionali con la famiglia e con i suoi interessi personali? «Il mio lavoro mi ha sempre assorbita molto. Mi sono lasciata coinvolgere molto e ho anche sempre cercato di trovare nuovi stimoli per sviluppare ulteriormente la mia attività lavorativa: felice di farlo. Ciò nonostante ho una vita privata molto soddisfacente e piacevole. Sono felicemente sposata da 34 anni, ho un figlio di 24 anni con il quale ho un ottimo rapporto, una famiglia della quale mi occupo molto ed una rete di amicizie che mi è davvero molto cara. Con loro condivido la maggior parte dei miei interessi personali e molti momenti sereni. Credo che conciliare vita professionale e privata non sia facile per nessuna donna e che è importante avere accanto la persona giusta». Nello specifico, come trascorre il suo tempo libero e quali sono le cose che più l’appassionano? «Amo molto viaggiare per scoprire altre culture e tradizioni, mi piace leggere, guardare documentari e anche andare a teatro. Per anni ho seguito mio figlio che trascorreva molte ore del suo tempo libero in scuderia e ho apprezzato molto quei momenti, molto distensivi per me, a contatto con la natura e con i cavalli, che adoro da sempre. Mi piace anche molto trascorrere del tempo con mio marito nel suo atelier di pittura e seguirlo nelle visite a musei e gallerie d’arte». Che cosa significa occuparsi di promozione turistica dopo la pandemia e quale visione ha per il futuro del turismo ticinese? «A mio modo di vedere la promozione turistica passa attraverso l’impegno per la realizzazione di prodotti e di offerte di qualità che tengono conto
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delle richieste del pubblico ed eventualmente anche delle nuove tendenze. I temi della collaborazione e dell’esperienza di qualità da proporre al cliente non sono delle novità. Se vogliamo distinguerci ed avere successo come destinazione Ticino dovremo sempre più condividere obiettivi e strategie tra le 4 OTR e Ticino Turismo, ma anche con i principali partner di settore perché sarà utile e necessario utilizzare al meglio le risorse per rendere più efficaci tutte le nostre attività di sviluppo dell’offerta e della comunicazione. Nell’era post Covid risulterà inoltre ancora più importante sviluppare l’utilizzo delle nuove tecnologie per raggiungere i nostri futuri clienti con le giuste proposte. Per farlo saranno quindi necessarie competenze specifiche e una formazione continua di supporto». Quale progetto in ambito professionale vorrebbe vedere realizzato nei prossimi mesi? «Ritengo strategici per la mia regione: l’Albergo diffuso del Monte Generoso, il Glamping Momò Bellavista, l’Itinerario
bike del Monte San Giorgio, … Tengo inoltre molto ad altri progetti di diverso genere che sono il Programma di formazione per le guide turistiche, il progetto di trasmissione dei valori della tradizione delle Processioni della Settimana Santa di Mendrisio, i progetti del Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT) e i progetti da realizzare nell’ambito della messa in rete dei Patrimoni mondiali dell’umanità UNESCO per tramite dell’Associazione svizzera World Heritage Experience Switzerland (WHES), che attualmente presiedo». E, a livello personale, qual è il suo più grande desiderio? «Non ho un desiderio particolare, se non che quello di poter riprendere a viaggiare presto, insieme alla mia famiglia. Sto terminando uno sfidante percorso di formazione EMBA che è durato poco più di due anni, mi ha permesso di apprendere molto e che terminerà con la consegna della tesi che sto preparando. Mi sento pronta per nuove sfide in ambito professionale e aspiro ad avere ulteriori occasioni per sviluppare molti interessanti progetti».
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ASSALTO AL POTERE, NON È QUESTO IL PUNTO
TROPPO SPESSO NEL DIBATTITO SULLA QUESTIONE FEMMINILE, SI CONCENTRA IL DISCORSO SUL PERCHÉ LE DONNE FATICHINO AD ARRIVARE AI POSTI DI POTERE, GIUNGENDO ADDIRITTURA A DIRE CHE LE DONNE FAREBBERO ANCHE MEGLIO DEGLI UOMINI.
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anto per essere chiari, la famosa visione che le donne al comando avrebbero mostrato una nuova via, migliore, più pragmatica e meno di interessi, non si è mai vista e gli studi fatti, seppur statisticamente difficili da verificare, non hanno portato a nulla di sostanziale e probante. Anzi, molto spesso quelle che ce l’hanno fatta, rimuovono le difficoltà vissute e della questione femminile ne fanno solo un tema opportunistico e personale. Il punto non è e non deve essere questo. Le rivendicazioni femminili non devono e non sono in contrapposizione al “maschio dominante” e una conquista del potere. Così facendo ci si dimentica che la maggioranza del mondo femminile, se non la totalità, si confronta giornalmente con discriminazioni in tutti gli ambiti
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del vivere, da quello lavorativo a quello formativo a quello relazionale e familiare, da quello politico a quello sociale in cui il retaggio culturale rimane resistente a tutti gli interventi di persuasione morale proveniente dalla cultura e dalle istituzioni. Le leggi esistono ma troppo spesso è la società che non protegge le donne. Per questa ragione varrebbe la pena di chiarire cosa si intende per discriminazione, uguaglianza e parità. Quando si parla di discriminazione, di uguaglianza e di parità si deve prima di tutto sottolineare che si tratta sempre di ingiustizie, di squilibri sociali, di retaggi culturali, di costumi e accettazioni tacite di comportamenti che portano inevitabilmente ad un atto di sopruso finanche di violenza. Mentre, per uguaglianza non si intende essere tutti uguali ma, giudicamene ed eticamente, significa poter avere pari dignità e pari opportunità pur nella diversità. Questa visione, che affonda le sue radici nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese, la troviamo già nella prima Dichiarazione dell’Uomo e del Cittadino, il cui importante contributo propone un’uguaglianza sostanziale, ossia il principio della dignità e della solidarietà: uguaglianza co-
me un diritto alla parità pur nelle differenze naturali o spirituali che siano, divenendo un valore universale, un diritto fondamentale nel rispetto delle identità di ogni individuo, nel senso liberale del termine. Lo dicono tutte le Carte fondanti del mondo occidentale, iniziando dalla nostra Costituzione che fra i principi fondamentali cita “Tutti sono uguali davanti alla legge”, “Nessuno può essere discriminato”, “Uomo e donna hanno uguali diritti”. In poche righe, in modo conciso ed essenziale rendono il valore e la prospettiva che la Costituzione, e quindi lo Stato, intende perseguire. Una disposizione valoriale di principi fondamentali e quindi inviolabili, che mettono al centro l’individuo, il cittadino e il compito di difesa dello Stato. Allora perché il cammino per una vera parità è ancora così lontano dalla sua realizzazione? Molto è stato fatto, ma nella realtà rimangono sottesi gli stereotipi di genere ereditati dal passato, che si mutano in consuetudini culturalmente legittimate e che, nei fatti, li ritroviamo nelle strategie aziendali, programmi politici e nei modelli comportamentali che vedono perpetuata una serie di atti discriminatori, in particolare verso le donne. Insomma, norme e leggi lasciano ancora spiragli in cui filtrano, ancora oggi, azioni e narrazioni impregnate di differenza e discriminazioni. Si pensi semplicemente al linguaggio, ai piani di carriera sovente correlati a fattori condizionanti, quali matrimonio e figli, ai troppi crimini consumati ai danni delle donne da uomini indirettamente legittimati a farlo. Quindi, le donne prima ancora di mirare al “tetto di cristallo” devono guardare in direzione della libertà e della dignità, da cui mai dovranno togliere lo sguardo: sul lavoro, in famiglia e nella società.
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RESTORING JUSTICE THROUGH NARRATIVE IDENTITY AND DIALOGUE BY DIMITRI LORINGETT
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n the 18th century Cesare Beccaria, the great Italian thinker of the Age of Enlightenment, established that the purpose of punishment for a criminal act is to create a better society, not revenge. Today, when confronted with certain crimes, we sometimes feel a sense of powerlessness, and so we try to react, perhaps emotionally, by invoking justice and asking the perpetrator to be punished, even if we are not always sure of their guiltiness. However, this request for punishment fails to consider the real needs of the victim who, behind an apparent request for revenge, could be seeking much more or even something else. So, when talking about criminal justice and respect for human dignity, we can – and probably should – reread the enlightened words of Beccaria. Or, we could also explore the more modern theory of restorative justice (RJ) which, in a nutshell, is an approach to justice that looks towards the future, not the past, focusing on what needs to be healed, what needs to
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SARA GRECO IS ASSOCIATE PROFESSOR OF ARGUMENTATION AND VICE-DEAN OF THE FACULTY OF COMMUNICATION, CULTURE AND SOCIETY AT USI, WHERE SHE TEACHES VERBAL COMMUNICATION AND ARGUMENTATION. HER RESEARCH FOCUSES MAINLY ON THE ROLE OF ARGUMENTATIVE DIALOGUE AS AN ALTERNATIVE TO CONFLICT ESCALATION, CONSIDERING INTERPERSONAL CONFLICT AS WELL AS BROADER PUBLIC CONTROVERSIES. be repaid, what needs to be learned in the wake of a crime. The discussion around RJ in Switzerland is currently underway through the Swiss RJ Forum, which has recently reached the Italian-speaking part of the country with the creation of a Ticino chapter, coordinated by USI professor Annamaria Astrologo.
ANNAMARIA ASTROLOGO IS ADJUNCT PROFESSOR AT THE INSTITUTE OF LAW AND HEAD LEGAL COUNSEL AT USI, WHERE SHE ALSO COORDINATES THE TICINO OBSERVATORY ON ORGANISED CRIME. SHE PERFORMS RESEARCH ON ECONOMIC CRIMINAL LAW (FOCUSING ON CRIMES RELATED TO MONEY LAUNDERING AND CORRUPTION, AND ON CRIMINAL AND CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY) AND ON RESTORATIVE JUSTICE.
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ould you explain what RJ is, more in detail? «The objective of restorative justice is in fact to recognise all parties involved in the crime: the offender, the victim, possibly, their families and communities in order to recompose the conflict between them. The very idea of recomposition is opposed to the crime
PRIMO PIANO / SARA GRECO AND ANNAMARIA ASTROLOGO
committed. Talking about restorative justice requires courage because it is an ambitious idea of justice that places the person at the centre and has among its founding values the key concepts of consideration, listening and respect for the other person. In this sense, we can perhaps understand this vision of justice as one that converts from a mere conception of justice into a (generic) approach of disagreement management or a true inter-relational method. Restorative culture can, in fact, cast light on different areas: work, education, and social issues, which are all areas in which the essential elements described above become operational tools for implementing prevention and/or intervention strategies in cases of dispute». From your perspective as an academic researcher in criminal law, why do you feel it is important to foster the discussion on RJ? «From my perspective it is very important to explain the proper role of restorative justice. It is wrong to talk about the opposition between traditional criminal justice and RJ, which is an idea of justice that is complementary to criminal law. Restorative justice cannot be considered as a system that is autonomous and alternative to traditional criminal justice, primarily because it implies the voluntary choice of this kind of approach. Secondly, both forms of justice need to coexist because criminal law performs the fundamental function of defining the area of what is criminally relevant by providing rules. However, complementing criminal law with RJ (for example, through victim offender mediation or family group conferencing) effectively smooths out the more violent and brutal component of the former by using instruments that focus on the dignity of all parties involved». How can the discussion on RJ be improved in Ticino? «Restorative justice is also becoming the subject of an important discussion in Switzerland, in view of the fact that on
18 March 2021, at the request of its committee, the National Council proposed the inclusion of the principle of “restorative justice” in the Code of Criminal Procedure, intending with this to include the possibility of mediation in criminal proceedings. This proposal will soon be examined by the Council of States. This is clearly a highly topical political issue. In Ticino the discussion on restorative justice and, in general, of the restorative culture is brought forward by the regional group of the SwissRJForum, which is hosted by the Institute of Law at USI. The Ticino chapter of the Forum was created a few years ago and aims at raising awareness among the public, the political, and the judicial authorities, through the organisation of events and round table discussions on the subject. Additionally, in terms of scientific research at USI we have established an intense collaboration between the Institute of Law and the Institute of Argumentation, Linguistics and Semiotics, and in particular between Prof. Sara Greco and myself, allowing to approach the subject of restorative justice in a multidisciplinary way. In fact, academic investigation on RJ is not limited to the legal components and the applicability of RJ instruments in criminal proceedings, but also to the concrete functioning of the same, which to be truly effective requires great attention to the aspects of communication and language. We believe that the forma mentis of the legal expert should consider that in order to enable communication between the parties and to make restorative justice tools effective, the language changes: for instance, the focus is no longer on the guiltiness of the perpetrator but on their responsibility». Restorative justice offers the possibility to go beyond a merely retributive conception, by enhancing the understanding of the perspective of the other, putting the victim at the centre, and enabling improved social relations between the victim and the offender.
To introduce the subject of RJ in a way that is not only theoretical but also experiential, Università della Svizzera italiana, together with the Probation Assistance Unit of the Canton Ticino, has devised an innovative course, as part of its continuing education programmes, addressed to former convicts focusing on the concepts of narrative identity and dialogue. Narrative identity entails that individuals form an identity by integrating their life experiences into an internalised, evolving story of the self that provides the individual with a sense of unity and purpose in life. In order to be heard and understood, the respective narratives need to be included in a process of critical and open (argumentative) dialogue. The three-day course, which took place at the USI campus in Lugano during the past month of August, saw a small group of former convicts attending classes to learn and work in groups on subjects such as mediation, reconciliation, dialogue and, of course, RJ. Prof. Astrologo and Prof. Greco were responsible for the course and other colleagues collaborated by organizing part of the lectures. Prof. Sara Greco shares with us the pedagogic approaches and experiences collected during and after the event. What was this course about, what were its objectives? «The course was structured in two parts, theory and practice – just like an ordinary university course. It began with an introduction on the theory of argumentative dialogue and the construction of dialogue spaces, leading to workshops during which the participants applied what they learned. The course was intensive – three full days of classroom activity – but also intense, with emotions and personal situations exposed and discussed. The main objective of the course was to instil a culture of restoration, which can only be done through dialogue, by explaining what is not explicit in conflict: reasons and emotions. TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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In a way, words are essentially all we have to overcome a conflict. At the end of the three days, the students learned a few basic principles of dialogue, like how to ask questions that are neither offensive nor rhetoric (enabling thus an open conversation) and how to listen to the other person’s perspective. The course, though designed specifically for this audience, is one that anyone can attend. The idea of this course in fact was not to discuss the crime-related and justicerelated issues but conflicts that may occur in anyone’s experience. This is important in the accompanying our students re-enter society. Indeed, conflict management through the construction of dialogue spaces is especially useful when you are faced with everyday life». What were the outcomes of the course, and what did you learn as a professor faced with this uncommon cohort of students?
«Let me start with a recurring comment from the students. They very much appreciated being considered as students attending an ordinary university class. Also, they acknowledged how we, as teachers, were open to applying the principles of argumentative dialogue with them. Overall, it was probably the most intense teaching experience ever, essentially because my colleagues and I were confronted with individuals that had experienced acute conflict situations and asked profound questions about the limits and opportunities of dialogue». What do you think about this collaborative experience? «The key to the successful outcome of the course was indeed the collaboration between the University – and between my colleague Prof. Astrologo and I – and the cantonal authority. In fact, Probation Assistance Unit regularly gives similar courses in prison, but had never
done so outside of the penitentiaries, nor in collaboration with USI. Although I am known relatively well in the field for my work on conflict mediation and, likewise, my colleague Prof. Astrologo is actively engaged in the discussion on restorative justice, it was when were approached by the former director of the Probation Assistance Unit, Ms Luisella Demartini, that we initiated the preparation of this course, which ultimately underlines also the importance of collaborative teaching and research among academics who, though active in different contexts, turn out to be very complementary and perhaps essential to address issues in society».
Operativa la nuova sala operatoria ibrida del Cardiocentro Un aggiornamento necessario per continuare a offrire i più moderni trattamenti chirurgici, un investimento importante, programmato dall’Istituto del cuore e avallato dall’Ente Ospedaliero Cantonale, consapevole della nuova responsabilità verso il Cardiocentro e verso la popolazione ticinese. Questo investimento di circa 2.5 milioni consegna al Cardiocentro un’infrastruttura modernissima e gli consente di mantenersi allineato sui più alti standard internazionali nella cura della patologia cardiaca. Le sale operatorie ibride rappresentano l’evoluzione delle sale operatorie tradizionali, imposta sotto la duplice
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spinta dell’innovazione tecnologica e, in ambito cardiologico, della conseguente trasformazione delle tre discipline mediche che riguardano specificamente il cuore - la cardiologia, la cardiochirurgia e la cardioanestesia - , sempre più integrate e interconnesse tra loro. Solo in un contesto fortemente multidisciplinare, infatti, si possono offrire le terapie più moderne: interventi chirurgici sempre meno invasivi, procedure cardiologiche sempre più efficaci. «La sala ibrida – spiega il Prof. Stefanos Demertzis, primario di Cardiochirurgia al Cardiocentro – è una sala operatoria evoluta, un ambiente di la-
voro chirurgico che combina attrezzature per la diagnostica per immagini con un tavolo chirurgico multifunzionale. Una soluzione che ci permette di effettuare diagnosi accurate e trattamenti in un’unica postazione, diminuendo rischi e ritardi, e soprattutto migliorando la sicurezza del paziente. È infatti molto importante considerare che, non solo ma in modo particolare nell’ambito cardiochirurgico, l’imaging intraoperatorio è sempre più fondamentale per offrire al paziente i trattamenti più moderni, con la minore invasività possibile e con il rischio chirurgico più contenuto».
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LAC / LUGANOMUSICA
NELLA STAGIONE MUSICALE DI LUGANOMUSICA L’ECCELLENZA È FEMMINILE: FINO A MAGGIO 2022 ALCUNE TRA LE ARTISTE PIÙ AMATE IN TUTTO IL MONDO CALCHERANNO IL PALCOSCENICO DELLA SALA TEATRO, IN UN RICCO PALINSESTO DI APPUNTAMENTI SINFONICI E DA CAMERA.
ECCELLENZE MUSICALI FEMMINILI
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ivacità, energia, carisma ed eleganza sono i tratti che distinguono tutte le talentuose ospiti: dall’imperdibile pianista argentina Martha Argerich alla direttrice d’orchestra lituana Mirga Gražinyté-Tyla, salita alla ribalta internazionale a soli ventinove anni come nuova guida della City of Birmingham Symphony Orchestra. Martha Argerich è il mito di tante giovani pianiste ed è stata instancabile nel cercare per loro occasioni di affermazione e crescita. A Lugano l’argentina è di casa. Nel passato ha scelto la città per un progetto legato proprio alle nuove generazioni, e vi torna lunedì 6 dicembre in compagnia del direttore Charles Dutoit e dei giovani musicisti della European Philharmonic of Switzerland, per eseguire un programma che include musiche di Igor Stravinskij, Maurice š Ravel e Antonín Dvorák.
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Argerich ha compiuto 80 anni lo scorso giugno. Alla domanda «Cosa determina la scelta del repertorio? Il carattere? Il temperamento?» ha risposto «Penso sia il temperamento. Penso di avere un temperamento giovane. Non nella vita, ma quando suono. Penso». Dopo averla sentita nel concerto in sol maggiore di Maurice Ravel non avrete più alcun dubbio. È argentina anche Sol Gabetta: determinata, appassionata, capace di coniugare virtuosismo e sensibilità a ogni nuova interpretazione, a 40 anni è forse la violoncellista più richiesta in tutto il mondo. Domenica 6 febbraio sarà a Lugano per eseguire uno dei più emozionanti capolavori del repertorio per violoncello e orchestra, il concerto in si minore op. 104 di Anš tonín Dvorák, affiancata nientemeno che dall’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia guidata da Andris Nelsons. La tappa luganese è un appuntamento da
non perdere, perché Gabetta sceglie con cura ogni anno i luoghi delle sue esibizioni. «Nella vita di un musicista è fondamentale la programmazione. Personalmente sono molto precisa e cerco sempre di occuparmi in prima persona della mia agenda. […] Sto cercando di organizzare i miei impegni concertistici non solo in modo da sfruttare al meglio questi spostamenti e ridurre al minimo i lunghi viaggi in aereo, preferendo ad esempio il treno e concentrandomi di anno in anno su zone diverse. Cerco, per quanto mi è possibile, di valorizzare al meglio il territorio e l’offerta culturale» ha detto in una recente intervista. Quattro fuoriclasse dell’archetto saranno a Lugano in occasione del weekend dedicato al quartetto d’archi, dal 28 al 30 gennaio 2022. Vera Martinez è il formidabile secondo violino dello spagnolo Cuarteto Casals, al LAC sabato 29 gennaio. Nata a Madrid, dove ha iniziato lo studio del violino a 5 anni, partecipa all’attività del quartetto sin dalla sua fondazione, quando era appena diciottenne. Con il suo suono dal piglio fiero e magnetico, contribuisce a quella “inconfondibile firma sonora” che, secondo il New York Times, rende questo quartetto tra i migliori al mondo. Anche l’eccellenza svizzera del quartetto è femminile: Agata Lazarczyk, Wendy Champney e Chiara Enderle Samatanga sono violino, viola e violoncello del Quartetto Carmina, il più richiesto quartetto nazionale. Fondato nel 1984 e impostosi da subito all’attenzione internazionale con la vittoria di numerosi premi, conta tra i
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suoi mentori Sandor Végh e Nikolaus Harnoncourt. Due generazioni di musicisti lavorano insieme in un’intesa artistica e personale unica, unendo l’esperienza dei suoi due membri fondatori, il primo violino Matthias Enderle e la viola Wendy Champney, all’entusiasmo di Agata Lazarczyk e Chiara Enderle Samatanga, entrambe nate nel 1992. Samatanga è figlia di Enderle e Champney, e conosce il quartetto Carmina sin da quando accompagnava i genitori in tournée. «Sarà Gražinyté-Tyla a rimuovere finalmente dal nostro vocabolario il concetto di “direttore donna”» scriveva BBC Music Magazine nel 2016, in seguito alla conferma dell’allora ventinovenne Mirga Gražinyté-Tyla a direttore musicale della City of Birmingham Symphony Orchestra. L’artista lituana, in attività dal 2004, si è guadagnata molto rapidamente l’attenzione internazionale in un ruolo “decisionale” come quello della direzione d’orchestra, storicamente riservato agli uomini. A Birmingham, Gražinyté-Tyla si è immersa nella vita musicale dell’orchestra e della città, costruendo un rapporto di fiducia che ha lasciato spazio all’esplorazione di un nuovo repertorio. Nel frattempo ha anche avuto il suo primo figlio e
ritiene che l’avanzata delle direttrici donne sia inevitabile, «le porte si sono aperte» ha detto in un’intervista per il Guardian. Lunedì 23 maggio porta a Lugano la sua CBSO, e sarà affiancata da un’altra stupefacente musicista, la pianista venezuelana Gabriela Montero, che esegue il primo concerto di Cajkovskij. La sua naturalità rende vive le interpretazioni del repertorio classico di un’espressività mai sentimentale. Montero è nota al pubblico anche perché sa creare nella sala da concerto un clima di particolare complicità e, come bis, ama improvvisare su una melodia proposta dal pubblico o dall’orchestra. Non mancano i talenti femminili an-
che nel repertorio Barocco. Nel concerto di Natale di domenica 12 dicembre il soprano belga Ilse Eerens è nel formidabile cast vocale diretto da Ton Koopman in musiche di Händel, Corelli e Bach, con l’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir. Giovedì 12 maggio Maurice Steger, tra i principali artisti del flauto dolce, arriva a Lugano con il suo progetto Les Nations: la violinista è Amandine Beyer, tra gli interpreti di riferimento per il violino barocco. Da sempre le donne hanno saputo imprimere la loro spinta innovatrice al panorama culturale: compositrici, cantanti, strumentiste e direttrici in grado di rivoluzionare il modo di concepire la musica, lo stile, il gusto dell’espressione artistica. La stagione di Lugano Musica accompagna il pubblico in questo viaggio alla scoperta della bellezza tutta al femminile.
01 Martha Argerich Ph: © Adriano Heitmann 02 Sol Gabetta Ph: © Julia Wessely 03 Mirga Gražinyté-Tyla Ph: © Ben Ealovega 03
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LAC / ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA
L’OSI al Musikverein di Vienna nel giugno 2018 con Markus Poschner
IL 2022 SI APRE CON DUE APPUNTAMENTI DI GRANDE RILIEVO PER L’ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA: IN TOURNÉE A FEBBRAIO FRA SVIZZERA, GERMANIA E AUSTRIA, IL 16 FEBBRAIO L’OSI SARÀ A MONACO E IL 18 AL MUSIKVEREIN DI VIENNA.
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a vediamo tutti gli anni a Capodanno, nel celebre concerto trasmesso in mondovisione: la Sala Dorata del Musikverein è uno dei palcoscenici più noti e prestigiosi al mondo. E per la seconda volta l’Orchestra della Svizzera italiana avrà l’onore di tornare a esibirvisi, col suo direttore principale Markus Poschner. Il concerto più atteso di questo inizio 2022 è previsto la sera del 18 febbraio a Vienna, con un programma che allinea il celebre Concerto n. 5 Imperatore per pianoforte e orchestra (solista Rodolfo Leone) e
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L’OSI LASCIA TRACCE A VIENNA E MONACO la Sesta Sinfonia di Cajkovskij, Š detta Patetica, riletta dall’OSI in un modo che ne esalta gli aspetti cameristici, più che la monumentalità tipica della tradizione esecutiva sovietica. Le dimensioni dell’OSI (una quarantina di musicisti in organico) sono ideali per questo processo di ricostruzione del Š suono originale voluto da Cajkovskij, che l’Orchestra porta avanti al LAC in una serie di concerti riuniti sotto l’egida del Progetto Tracce. L’appuntamento viennese è il gran finale della tournée prevista dal 14 al 18 febbraio fra Svizzera, Germania e Au-
stria, sempre con la Sesta di Cajkovskij Š nella seconda parte del programma: si inizia il 14 febbraio con una prima tappa allo Stadtcasino di Basilea, con il pianista Lisiecki impegnato nel secondo Concerto di Prokof’ev, si prosegue il 16 al Prinzregententheater di Monaco di Baviera con il violoncellista Daniel Müller-Schott, per chiudere in bellezza a Vienna. Ma ci sarà anche la possibilità di ascoltare il concerto con Lisiecki prima della partenza per la tournée, il 10 febbraio al LAC, appunto nell’ambito dei concerti OSI al LAC dedicati al Progetto Tracce.
LAC / ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA
CONCERTO DI SAN SILVESTRO AL LAC OMAGGIO A BERNSTEIN
OSI IN TOURNÉE 14.02.2022 Basilea, Stadtcasino Markus Poschner, direttore Jan Lisiecki, pianoforte Musiche di Prokof’ev e Čajkovskij
OSI IN AUDITORIO CON GRANDI SOLISTI In gennaio e febbraio tornano i Concerti OSI in Auditorio all’Auditorio Stelio Molo RSI a Lugano, con replica in due occasioni nella Chiesa San Biagio a Bellinzona.
Quest’anno l’OSI saluta il 2021 e raccoglie le speranze per l’arrivo del 2022 con una spettacolare serata “americana” che vuol essere anche un omaggio a Leonard Bernstein. Venerdì 31 dicembre 2021 alle ore 18.00 al LAC, sotto la guida del direttore d’orchestra Rune Bergmann, verranno proposti diversi capolavori che ci arrivano di là dall’oceano: oltre alla Nona Sinfonia di Antonín Dvořák, la celebre Sinfonia Dal Nuovo Mondo, le melodie più conosciute e amate dal grande pubblico di Bernstein, tratte dai musical On the Town (Tre danze) e West Side Story (Danze sinfoniche).
16.02.2022 Monaco di Baviera, Prinzregententheater Markus Poschner, direttore Daniel Müller-Schott, violoncello Musiche di Schumann e Čajkovskij 18.02.2022 Vienna, Musikverein Markus Poschner, direttore Rodolfo Leone, pianoforte Musiche di Beethoven e Čajkovskij
OSI AL LAC LAC SALA TEATRO ORE 20:30
GIOVEDÌ 13 GENNAIO 2022 ORE 20.30 Orchestra della Svizzera italiana Robert Kowalski, Konzertmeister, violino Musiche di F. Schubert, D. Šostakovič, M. Weinberg, G. Bacewicz GIOVEDÌ 20 GENNAIO 2022 ORE 20.30 Orchestra della Svizzera italiana Riccardo Minasi, direttore Musiche di C. M. von Weber, F. Schubert, E. T. A. Hoffmann, L. van Beethoven VENERDÌ 21 GENNAIO 2022 ORE 20.30 Replica, Chiesa San Biagio Bellinzona
VENERDÌ 31.12.2021 ORE 18.00 Orchestra della Svizzera italiana Rune Bergmann, direttore Antonín Dvořák Sinfonia n.9 Dal Nuovo Mondo Leonard Bernstein On the Town, Tre danze Leonard Bernstein West Side Story, Danze sinfoniche
10.02.2022 Jan Lisiecki, pianoforte Progetto Tracce Musiche di Prokof’ev e Čajkovskij 24.02.2022 Krzysztof Urbański, direttore Kian Soltani, violoncello Musiche di Šostakovič e Stravinskij
GIOVEDÌ 27 GENNAIO 2022 ORE 20.30 Orchestra della Svizzera italiana Bejun Mehta Play&Conduct, controtenore Musiche di G. F. Händel, J. Haydn, W. A. Mozart VENERDÌ 28 GENNAIO 2022 ORE 20.30 Replica, Chiesa San Biagio Bellinzona
A fine concerto brindisi offerto al 2022 17.03.2022 Krzysztof Urbański, direttore Dejan Lazic, pianoforte Musiche di Rachmaninov e Williams (“Star Wars”)
GIOVEDÌ 3 FEBBRAIO 2022 ORE 20.30 Orchestra della Svizzera italiana Ilya Gringolts Play&Conduct, violino Musiche di J.-M. Leclair, L. Nono, F. Schubert
01 Leonard Bernstein Ph: © Paul de Hueck Courtesy of The Leonard Bernstein Office, Inc.
31.03.2022 Markus Poschner, direttore Progetto Tracce Musiche di Čajkovskij e O. Bianchi
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28.04.2022 Markus Poschner, direttore Francesco Piemontesi, pianoforte Musiche di Brahms e Schumann 01
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REVOLUTIONARY BODY
LORENZO CONTI, CONSULENTE PER LA DANZA AL LAC, PRESENTA LE PROTAGONISTE DELLA COREOGRAFIA SVIZZERA, CHE SI ESIBIRANNO A LUGANO NEL CORSO DELLA PROSSIMA STAGIONE.
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n secolo fa i palcoscenici della “danza libera” del vecchio continente e oltreoceano erano animati dai gesti vitali di danzatrici e coreografe che avrebbero rivoluzionato nel tempo non solo il corso della danza ma di tutti i campi dell’arte e della cultura. Erano le antesignane di una nuova visione del mondo e del corpo femminile, le pioniere coraggiose di una nuova concezione del movimento fatta manifesto di un’epoca intera. E se è vero che la storia si ripete come un processo a spirale non è forse un caso, che a distanza di un secolo, la scena della danza, e specialmente quella svizzera, sia animata da artiste e coreografe, che in forma solistica o di gruppo, sono anche tra le protagoniste indiscusse di questa nuova e vibrante stagione teatrale del LAC. Le ragioni geografiche di questo fermento possono essere rintracciate proprio in quel passato mitico che aveva eletto tra i centri propulsori del rinnovamento della danza anche la Svizzera 02
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Alexandra Bachzetsis
Tabea Martin
con il suo Monte Verità. «Il rifugio di tutti coloro che avevano nella mente un nuovo progetto» nella definizione del dadaista Hugo Ball, «una farm della danza», in quella dello studioso Stefan Bollmann, in cui numerosi nomi, da Isadora Duncan a Mary Wigman, da Rudol Von Laban a Émile JacqueDalcroze, si diedero appuntamento alla ricerca di un nuovo paradigma di vita improntato su una cultura del corpo e delle sue esperienze, lontano dai tradizionali modelli di ruolo, dalle minacce della guerra, in un più stretto contatto tra uomo e natura. Le coreografe ospiti della nuova sta-
gione del LAC appaiono oggi come le eredi dirette o indirette di un lungo e ininterrotto discorso sul corpo iniziato proprio in questa terra un secolo prima, in cui il gesto si fa scrittura per raccontare le trasformazioni del contemporaneo e sondare ogni desinenza delle parole “danza” e “femminile”, spinte oltre i confini semantici e ogni pretesa di classificazione. Nei mesi scorsi abbiamo raggiunto Alexandra Bachzetsis (A.B.) e Tabea Martin (T.M.) per conoscere più da vicino il loro pensiero, ciò che le muove nella pratica coreografica e nella vita di ogni giorno come artiste e come donne.
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he cosa significa essere “coreografe donne” nella società di oggi?
A.B.: «Oggi è considerato di moda e queer essere donna, dieci anni fa venivi ancora etichettata come femminista, trent’anni prima era rischioso esprimere i propri pensieri come donna. Il fatto che nel 2021 si parli ancora di “coreografia femminile” come categoria mi lascia profondamente perplessa. Sento che dobbiamo andare oltre l’idea e la nozione di categoria di genere e io come artista e coreografa vorrei essere considerata prima di tutto una coreografa e un’artista e non una donna. Essere donne è complesso e purtroppo ancora non sempre lusinghiero nella società odierna. Esporsi in prima persona e lavorare in scena sul proprio materiale personale solleva molte questioni ma è un viaggio che offre anche riflessioni interessanti, come per esempio quella attorno alla trasformazione del corpo che invecchia, un problema che riguarda tutti gli esseri umani». T.M.: «Si tratta prima di tutto di un’opportunità per comunicare, problematizzare e criticare valori, abitudini e comportamenti umani attraverso la danza, il movimento e nel mio caso anche la parola. Idealmente
lavoriamo per un mondo di diritti uguali per tutti in cui non ci sia più bisogno di etichette per definire se una coreografia è al “maschile” o al femminile”. Cerco di impegnare tutta me stessa in questo processo di trasformazione».
ottiene una posizione si trovi quindi in una situazione privilegiata rispetto alla percentuale molto più alta di artiste donne esistenti. Tuttavia penso che dovremmo porre la domanda in modo diverso: che cos’è rilevante oggi, quali pensieri esprimere, quali gesti compiere? Mi piacerebbe credere che le opportunità siano plasmate attorno alle idee e ai contenuti e non per un semplice gioco di equilibri di genere. Fare arte è un atto tanto personale quanto politico: lavorare con i corpi espone infatti i rapporti di potere esistenti nelle nostre società».
Pensi che nel mondo della danza ci siano più opportunità per artisti uomini? A.B.: «Nel mondo della danza c’è un 90% in più di donne rispetto agli uomini. È naturale che ogni uomo che
T.M.: «Assolutamente sì e questo è un grande sprone per trasformarlo!». Quale figura ti ha ispirata all’inizio della tua carriera come coreografa? A.B.: «Ti rispondo con una citazione di colei che più di altre ha influenzato il mio percorso, Yvonne Rainer: “La mia preoccupazione generale è rivelare le persone mentre sono impegnate in vari tipi di attività - da sole, tra loro, con gli oggetti - e pesare la qualità del corpo umano su quella degli oggetti e lontano dalla super-stilizzazio04 TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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le costellazioni di genere. La possibilità di scambiare i gesti attraverso la ripetizione e l’estrema permeabilità dei corpi mi permette di formulare uno studio fisico del comportamento fuori dall’ordinario. Il corpo, considerato nella sua piena fisicità, è la mia materia tanto quanto la memoria del corpo e delle sue rappresentazioni di culture e storie. È un luogo vibrante di trasformazione e sperimentazione con i suoi molteplici passaggi attraverso ruoli di genere e differenze di età, in cui si manifesta la natura liquida dell’identità».
ne del ballerina” – a proposito di The Mind is a Muscle (1968). Quando ho iniziato a lavorare alla mia pratica coreografica ero interessata a un ampio spettro di espressioni e, per me, il lavoro di Rainer si trova all’estremità opposta di quello che considero puro intrattenimento. In qualità di “collega” coreografa, mi sono relazionata da subito con il suo lavoro ammirandone le giocose scenografie e le proposte coreografiche. Nel mio lavoro cerco poi di analizzare forme estreme di gesto e movimento in generi che seguono codici specifici, come la pole dance, il tecktonik, il clubbing, il vogueing, l’R & B, il tip tap e i linguaggi del movimento quotidiano nelle diverse culture. Uso questi tipi di espressione fisica per quello che sono: mi approprio direttamente di loro - e delle abilità tecniche dei loro performer - e li colloco in un contesto neutro dove appaiono come pratiche affini a modalità espressive consolidate». T.M.: «All’inizio dei miei studi come danzatrice, la mia prima insegnante di balletto era solita chiamarmi “Trabi”, come le vecchie automobili tedesche della DDR perché avevo un gioco di gambe e piedi molto lento. Da subito mi resi conto che per diventare una danzatrice o una coreografa era neces-
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sario lasciare andare la forma e cercare di “trasportare” qualcosa al di là del movimento stesso. Crescendo ho avuto l’occasione di vedere i balletti di Heinz Spoerli e di assistere agli spettacoli di Christoph Marthaler. Quando poi mi sono trasferita ad Amsterdam sono entrata in contatto con l’opera di autori e compagnie come Societas Raffaello Sanzio, Forced Entertainment, Needcompany, Anne Teresa de Keersmaeker, Xavier le Roy, Wim Vandekeybus, Goat Island, Sasha Waltz e anche tutto il teatro e la danza olandese. Ma in quegli anni e ancora oggi la principale fonte d’ispirazione è sempre stata la letteratura assieme ai pensieri delle persone e ai loro conflitti che mi circondano ogni giorno». Come affronti le tematiche di genere all’interno dei tuoi lavori? A.B.: «Non credo in una distinzione rigida tra maschile e femminile. In tutta la mia opera coreografica lavoro con le convenzioni e le percezioni di questi termini e li alieno rispetto alla loro connotazione originaria attraverso precisi gesti di scambio e sostituzione dell’idea di corpo maschile e femminile. In Chasing a Ghost, ad esempio, mi concentro sulla struttura e sul tema del doppio e del duetto tra tutte
T.M.: «Nel 2016 ho realizzato il mio primo lavoro sulle questioni di genere per un pubblico sia giovane che adulto chiamato Pink for girls and blue for boys. Volevo mettere a confronto il giovane pubblico con l’argomento per renderlo consapevole e creare un terreno comune di discussione. Quello del genere è un soggetto presente anche in altri miei lavori ma in maniera più sottile, un “rumore di fondo” che attraversa tutta la mia opera senza essere al centro del dibattito ogni volta.
01 Ph: © Peggy June 02 / 04 /06 Chasing a Ghost Alexandra Bachzetsis Ph: © Mathilde Agius 03 Ph: © Kostas Maros 05 / 07 Nothing Left Cie Tabea Martin Ph: © Caroline Minjolle - Steps2020
CHASING A GHOST Domenica 16 gennaio 2022 ore 16:00 Alexandra Bachzetsis NOTHING LEFT Sabato 02 aprile 2021 ore 20:30 STEPS: Compagnia Tabea Martin
Nicolas Party Rovine Fino al 09.01.2022
Antonio Ciseri Fino al 13.02.2022
MASI | Palazzo Reali Via Canova 10 6900 Lugano
MASI | LAC Piazza Bernardino Luini 6 6900 Lugano
Albert Oehlen “grandi quadri miei con piccoli quadri di altri” Fino al 20.02.2022 Sentimento e Osservazione Arte in Ticino 1850-1950
www.masilugano.ch
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IL SECONDO PIANO DI PALAZZO REALI PRESENTA NELL’AUTUNNO-INVERNO 2021-2022 UNA SELEZIONE DI OPERE DI ARTISTE DELLA COLLEZIONE DEL MUSEO, A CURA DI CRISTINA SONDEREGGER.
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elle cinque sale espositive dialogano dipinti, sculture, fotografie, opere su carta e tecniche miste, di artiste di generazioni e provenienza diverse con percorsi, scelte linguistiche ed esiti formali che, se per alcuni aspetti sono accomunabili, per altri sono assolutamente originali. Le circa 50 opere in mostra offrono uno spaccato dell’arte del secondo Novecento: dalla fotografia degli anni venti di Florence Henri, le cui speri-
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mentazioni tecniche e formali la annoverano tra i maggiori protagonisti della fotografia moderna, e Tina Modotti, con la sua produzione fotografica celebre per i primi piani simbolici e le immagini dei lavoratori messicani, a quella contemporanea di Fiorenza Bassetti, attiva nell’ambito della pittura, dell’incisione, della fotografia e della computer art, e Stefania Beretta, con alle spalle oltre venti personali in spazi privati e istituzionali, principalmente in Svizzera. Non meno signifi-
LAC / MASI - PALAZZO REALI
01 Silvia Gertsch (*1963) Via Nassa. November I, 2014 Retro pittura su vetro MASI Lugano Deposito Fondazione Antonio Caccia 02 Miriam Cahn (*1949) älter - spöttisch 26. 01. 2001 Olio su tela MASI Lugano Fondo Carlo Cotti della Città di Lugano 03 Adriana Beretta (*1950) Lettera a... 1993 Olio su tela MASI Lugano Donazione Giancarlo e Danna Olgiati, 2018 03
cativa la figurazione diafana di Silvia Gertsch, dove il colore dà vita a opere dall’atmosfera sospesa, irreale e ricca di mistero, e quella più surreale di Meret Oppenheim, di cui diverse retrospettive sono state allestite nei principali musei di tutto il mondo. Nell’esposizione hanno ampio spazio le ricerche sul volto e sul corpo di Ivana Falconi, le cui opere hanno spesso un risvolto kitsch, ironico, assurdo o eclettico, e Miriam Cahn, fra i cui temi centrali vi è il confronto con la figura femminile; oppure quelle sui materiali di Ingeborg Lüscher, Luisa Figini, Teres Wydler o Isabelle Krieg. Infine, meritano una segnalazione il
minimalismo di Gloria Graham, con la sua produzione ispirata alla scienza, ai motivi presenti in natura, al tempo e a problematiche legate alla giustizia sociale, Adriana Beretta e Roni Horn, dalle cui creazioni emerge con prepotenza il costante interesse per la natura sfaccettata dell’identità, del significato e della percezione; fino alle infiorescenze di Silvia Bächli e Margherita Turewicz-Lafranchi, la cui ricerca è incentrata sull’incorruttibilità della materia contrapposta alle strutture e forme diafane create dall’artista, ponendo l’accento sull’ambiguità, la mutevolezza fenomenologica e sul rapporto tra forma e sostanza.
04 Tina Modotti (1896-1942) Due sorelle 1926 ca. Stampa alla gelatina ai sali d'argento MASI Lugano Collezione Cantone Ticino Acquisto, 2021 04
ELENCO DELLE ARTISTE IN MOSTRA Silvia Bächli (*1956) Fiorenza Bassetti (*1948) Adriana Beretta (*1950) Stefania Beretta (*1957) Aenne Biermann (1898-1933) Mariapia Borgnini (*1952) Miriam Cahn (*1949) Ivana Falconi (*1970)
Luisa Figini (*1954) Ruth Ann Fredenthal (*1938) Silvia Gertsch (*1963) Gloria Graham (*1940) Florence Henri (1893-1982) Roni Horn (*1955) Isabelle Krieg (*1971) Ingeborg Lüscher (*1936)
Piritta Martikainen (*1978) Tina Modotti (1896-1942) Ruth Moro (*1944) Meret Oppenheim (1913-1985) Carole Seborovski (*1960) Margherita Turewicz-Lafranchi (*1961) Teres Wydler (*1945)
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CULTURA / DANNA OLGIATI
L’ARTE, BELLEZZA DELLA VITA
È
decisamente “A Collection in Progress”, non si ferma mai. Sia nella sua entità, visto che puntualmente s’arricchisce di nuove opere, sia nel presentarsi al pubblico, un riferimento costante nonostante la pandemia di questi ultimi tempi. La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati vive e pulsa con la città come conferma l’attuale, ampia attenzione all’opera di Pietro Consagra, che entra in dialogo con il pubblico ma anche con un nuovo, specifico allestimento della Collezione.
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ollezione-pubblico-città di Lugano: un rapporto voluto? «Certamente. Con regolarità esponiamo la nostra Collezione al pubblico in base a un progetto ambizioso nei confronti anche della Città. La Collezione esiste anche perché ci siamo impegnati ad esporla ed abbiamo promesso di donarla alla Città di Lugano attraverso il MASI, di cui già è parte integrante nel circuito espositivo».
DALLA PRIMA MOSTRA SU PIERO MANZONI, 1978, AD UN’INTENSA ATTIVITÀ CURATORIALE E DI RICERCA, ALLO SVILUPPO CON IL MARITO GIANCARLO DELLA COLLEZIONE CHE PORTA IL LORO NOME. UN INCONTRO, UNA SCELTA DI VITA, UN PROGETTO CHE CONTINUA. A COLLOQUIO CON DANNA OLGIATI GALLERISTA, STUDIOSA E COLLEZIONISTA. DI DALMAZIO AMBROSIONI
Un progetto ambizioso che nasce… «Nasce dal casuale incontro con Giancarlo. Era il 1985 al SIMA di Venezia, il salone d’arte internazionale dove le migliori gallerie europee ed americane erano invitate a presentare le tendenze dell’arte. Giancarlo partecipava come collezionista, io da gallerista. Quell’incontro ha prodotto una scelta di vita sul piano affettivo e un progetto collezionistico. Su queste basi, la Collezione è partita da un progetto chiaro: rappresentare l’arte del ‘900 in particolare italiana con un costante rimando alle avanguardie storiche». Lei godeva già di ottime credenziali nel settore dell’arte… «Ero una professionista, avevo con altri due soci la Galleria Fonte d’Abisso di Modena, la prima a documentare con esposizioni e cataloghi il legame tra Futurismo e altre avanguardie europee. È poi nata una seconda Galleria a Mila-
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no, dedita sempre alle avanguardie storiche con al centro l’approfondimento del Futurismo italiano. Non bisogna dimenticare che un gallerista serio non solo espone e vende, ma fa ricerca, per cui è fondamentale l’aspetto curatoriale. Rientro in questa categoria di galleristi, mi considero una ricercatrice». Lo dicono i libri e cataloghi con suoi saggi, lo confermano i contenuti e la vitalità dell’Archivio futurista… «Riunisce 1250 titoli di libri futuristi, tutte edizioni originali e rare, oltre a manifesti, giornali, riviste, documenti e scritti autografi raccolti nel corso della mia attività professionale. L’Archivio futurista è stato creato per motivi di studio e ricerca, è considerato uno dei tre più importanti al mondo, è diventato una vera e propria Collezione nella Collezione ed è presente nel nostro spazio espositivo». Torniamo a quell’incontro veneziano e alle sue premesse… «Avevo iniziato l’attività nel 1978 a Modena inaugurando la Galleria Fonte d’Abisso con una mostra di Piero Manzoni, a conferma dell’interesse per le avanguardie dell’arte partendo da quelle italiane, che vedono al centro lo studio della materia. Tutto parte da quella prima mostra e dall’interesse per il Futurismo, dove la materia è la luce. La luce torna sempre nelle avanguardie concorrendo a definire il con-
CULTURA / DANNA OLGIATI
cetto di spazio, basti pensare a Lucio Fontana. Quella mostra su Piero Manzoni era stata curata da Vanni Scheiwiller, autore del primo importante catalogo di Manzoni. L’interesse per l’arte degli anni ’50 e ’60, di cui mi sono occupata molto, si innesta nel Futurismo italiano e nelle avanguardie europee, autentiche rivoluzioni dell’arte, della cultura e del pensiero». La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati riflette tutto questo? «Certo, riflette il nostro percorso culturale. Sul mio versante nasce dall’attività di gallerista e studiosa partendo dal primo ‘900 tra Futurismo ed avanguardie europee. Centrale è la figura di Marinetti, autentico propulsore del messaggio rivoluzionario futurista. Ha viaggiato per tutta l’Europa ed in particolare in Russia, ha influenzato i grandi artisti dell’avanguardia di quel paese prima della rivoluzione bolscevica. I miei primi passi dell’attività espositiva dei futuristi iniziano con Fortunato Depero, che insieme ad Enrico Prampolini ha rappresentato nel modo più innovativo la seconda generazione del movimento futurista». Depero, appunto, di cui lei s’è molto occupata… «Anzitutto per ragioni biografiche. Emiliana di famiglia, sono nata a Rovereto, come Depero. Avevo quindi la possibilità di contattare collezionisti, di approfondire documenti ed opere. L’opera di Depero porta direttamente dentro il Fu-
turismo, che a quel tempo in Italia non godeva di grande considerazione anche per alcuni veri o presunti contatti con il fascismo. Ma sul piano storico il Futurismo precede nettamente il fascismo, il Manifesto è del 1909. I futuristi erano movimentisti, contro le regole, la guerra era velocità… Il primo Depero del 191617, le Velocità del 1913 e il ciclo delle Stagioni del ‘16 di Giacomo Balla non hanno nulla di politico o ideologico che possa fare presagire esiti di tipo fascista. Erano opere dell’astrattismo più innovativo. Il fatto che nel dopoguerra il Futurismo fosse accostato all’epoca fascista e quindi non preso in seria considerazione mi ha permesso di fare mostre e recuperare opere importanti, che mi hanno consentito di partecipare con prestiti alla grande mostra Futurismo & Futurismi nel 1986 a Venezia, Palazzo Grassi, allora di proprietà della FIAT. Gianni Agnelli aveva una predilezione per l’opera di Giacomo Balla». Anche qui un punto di partenza… «O, meglio, di conferma, visto che oltre alle mostre in Galleria, per le quali ero ben conosciuta, avevo molto lavorato al catalogo ragionato di Balla, importante per me come ricerca personale, edito dalla Galleria ed ancora oggi pubblicazione di riferimento su questa figura centrale del Futurismo e in generale delle avanguardie. È stata avvincente la schedatura e l’archiviazione di tutte le opere, mesi e mesi a casa delle sorelle Balla, una storia di studio e di grande passione». Poi gli artisti italoamericani con cui la Galleria chiude nel 2010; le loro opere fungono da cucitura nell’attuale mostra luganese tra Consagra e le specifiche scelte della Collezione… «La mostra s’intitolava “Italo Americani, arte tra USA e Italia dalla ricostruzione al boom”. Il collegamento RomaNew York è stato fecondo anche per dimostrare quanto il mondo dell’arte fosse internazionale sin dalla metà del ‘900.
Ho sempre considerato importante il rapporto tra l’arte italiana e le avanguardie di matrice culturale occidentale. È uno dei fondamenti anche della nostra Collezione. Continuiamo a sviluppare questo confronto attraverso uno sguardo che dalle prime avanguardie ai allarga sull’Arte povera ed arriva all’arte del nostro tempo. A conferma dell’apertura della Collezione alla contemporaneità». Qual è il rapporto tra dimensione privata e Collezione? «La mia storia, prima di gallerista e poi di collezionista con Giancarlo, si basa su collegamenti storici, sulle nostre personali esperienze, sul rapporto stretto con artisti, uomini e donne, mostre ed opere. Le esposizioni sono sempre state accompagnate da cataloghi. Il libro rimane uno strumento indispensabile e nasce anche dai rapporti con i curatori, dal confronto delle mie, nostre idee su un autore o una mostra con gli specialisti in materia, per insieme formulare un progetto. Non ho mai affidato una mostra senza entrare nel suo sviluppo, così come nella Collezione non abbiamo mai inserito un’opera che non fosse necessaria anche sul piano personale». Un progetto di vita che continua… «Non è pensabile per me vivere senza arte. Fin dall’inizio è stata una scelta di passione e di apertura. Le pur ovvie difficoltà non le senti perché la passione è più forte dei problemi. Credo sia un fatto quasi cromosomico, il rapporto fisico con l’opera fa parte per così dire del mio DNA. La Collezione è un progetto di vita che aiuta a vivere meglio. Giancarlo ed io ci siamo molto divertiti, e tuttora è così, nel frequentare artisti, gallerie, mostre, personaggi interessanti con passioni simili alle nostre. Il collezionismo introduce in un mondo di qualità. Occuparsi della Collezione significa impegnarsi e assumersi delle responsabilità, ma posso dire che la bellezza aiuta a rafforzare anche i rapporti privati». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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CRISTIANO PINTALDI RGB
CULTURA / IMAGO ART GALLERY
ILLUSIONI PERCETTIVE ACRILICO SU TELA
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a vicino, una griglia geometrica di pixel; tasselli rossi, verdi e blu su fondo nero. Da lontano, immagini che prendono forma negli occhi di chi guarda: l’attentato alle Torri Gemelle, icone intramontabili come Brigitte Bardot, fulmini, occhi, scene iconiche del cinema, da Truman Show a La donna che visse due volte. Tutto questo perché Cristiano Pintaldi, artista romano classe 1970, è con la sua pittura quello che di più vicino c’è a un illusionista. Illusionista anzitutto nei confronti dello spettatore, poiché gioca con le percezioni di chi guarda creando con i soli tre colori primari un’intera palette di colori; e in ultima istanza illusionista anche nei confronti di se stesso, dal momento che non gli è possibile conoscere il risultato finale di una sua opera fino a quando quest’ultima non è terminata. Un processo che Pintaldi stesso definisce in un suo testo non erroneamente “magia della percezione”, poiché “permette di vedere e concepire
due cose diametralmente opposte nello stesso momento”. E se nella storia dell’arte punto cardine e fil rouge è sempre stata la modalità con la quale rappresentare la luce, Pintaldi aggiunge un tassello a questa ricerca, assegnando alle varie sfumature di rosso, verde e blu il compito di creare una – luminosa – visione d’insieme. Tutto questo si rende ancor più evidente quando i tre colori sopra citati si materializzano agli occhi dello spettatore come immagini in bianco e nero fatte di luci e ombre. Una decostruzione, insomma, che risponde a quel processo mentale per cui una vera comprensione di qualcosa è possibile solo se la si guarda da una certa distanza e nell’insieme. La pittura di Cristiano Pintaldi è più che mai contemporanea, sia dal punto di vista del processo creativo, perché figlia dell’era digitale che utilizza il sistema RGB (red, green, blue) adoperato da monitor e fotocamere digitali; sia dal punto di vista dei soggetti scelti, appartenenti all’attualità e all’immaginario cinematografico dei nostri giorni.
LE OPERE DI CRISTIANO PINTALDI SARANNO ESPOSTE FINO AL 15 GENNAIO 2022 PRESSO IMAGO ART GALLERY IN OCCASIONE DELLA MOSTRA “INSIDE RGB”. DI BEATRICE GARAVAGLIA
01 Untitled 2001 Acrilico su tela 140x210 cm 02 Untitled 2017 Acrilico su tela 50x70 cm 03 Untitled 2020 Acrilico su tela 121x134 cm 01 TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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CULTURA / IMAGO ART GALLERY
tà oggettiva questa parte è celata, nella realtà mediatica è più rappresentata in un mondo legato al cinema o alla fantasia».
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a dove è venuta l’idea dei pixel? «Inizialmente l’idea dei pixel è derivata sicuramente da un’analisi di quella che era la storia dell’arte fino a quel momento: la mia generazione per certi versi era legata alla pop art e a una pittura che rappresentasse la società. Ho visualizzato come elemento concettuale il pixel perché è la particella che compone lo schermo di quella che era la televisione all’epoca, elemento simbolo di quello che poi si è trasformato nel fenomeno degli schermi, che rappresentano ormai una realtà che affianca la realtà fisica che viviamo».
Come mai la scelta di soggetti così attuali? «La scelta dei soggetti è legata principalmente all’idea di rappresentare il momento storico che stiamo vivendo, che secondo me è un periodo di passaggio, perché credo che stia cambiando la percezione della realtà per il genere umano. L’idea che possa esistere un universo intorno a noi è una delle chiavi di lettura del mio lavoro e delle immagini che utilizzo. Ho infatti utilizzato alieni, ufo, o immagini legate alla massoneria e quindi alla politica e alla parte nascosta della realtà. Mentre nella real-
In Svizzera quest’anno si festeggia il cinquantesimo anniversario del suffragio universale. Anche nelle sue opere sono spesso presenti donne: che rapporto ha con la rappresentazione delle donne? «La rappresentazione delle donne – come degli uomini – per me è legata alla bellezza che la donna incarna nell’immaginario sia mio che collettivo: è tutto legato quindi ad un motivo estetico in un certo senso. Essendo io un uomo non lotto per l’affermazione di certi diritti femminili, anche se devo dire che la mia generazione italiana e anche la mia famiglia ha sempre visto il ruolo della donna uguale in tutto e per tutto a quello dell’uomo. Non ho mai avuto, quindi, l’esigenza di dover affermare questi diritti perché li ho sempre considerati parte della mia realtà e del mio modo di pensare. Ovviamente guardando il mondo, penso all’Afghanistan o a metà del pianeta, ci si rende conto che questo problema va combattuto nel modo più totale, equiparando totalmente i diritti dei sessi: mi pare una cosa più che giusta e praticabile».
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IMAGO ART GALLERY Via Nassa 46 CH-6900 Lugano T. +41 (0)91 921 43 54 info@imago-artgallery.com www.imago-artgallery.com
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© Foto Ian Kaenel
CULTURA / CORTESI GALLERY
ARTE /ÀR·TE: SOSTANTIVO FEMMINILE 02
SEMBRA SUPERATO DOVER PARLARE DI ARTE DI GENERE, INTESA COME ARTE AL FEMMINILE O AL MASCHILE, IN UNA SOCIETÀ CONTEMPORANEA; SOLO DI RECENTE IL SISTEMA DELLE ARTI HA SVILUPPATO UNA FORTE ACCELERAZIONE NEL MONDO DELLE DONNE CHE FINALMENTE STANNO RICEVENDO IL GIUSTO RICONOSCIMENTO.
01 Tiziana Lorenzelli L’Artista con Moon in Silver Mirrored Aluflexia Ph: © Edo Bertoglio
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02 Louise Nevelson Ritratto dell’Artista Ph: © Pedro E. Guerrero
el 1989, le Guerrilla Girls si chiedevano “Do women have to be naked to get into the Met. Museum?” soffermandosi sul ruolo della donna come oggetto piuttosto che come vera protagonista. Ed è proprio da questo punto che è necessario ripartire, capire chi, ma soprattutto come, le donne hanno deciso di rivendicare il proprio spazio in un sistema in cui predominano gli uomini come quello dell’arte contemporanea. Vogliamo raccontare sei storie di artiste con cui la galleria Cortesi ha avuto il piacere di collaborare. Ognuna ha saputo affermarsi nel mondo dell’arte, rendendo esplicito il messaggio del femminismo, altre lasciandolo da parte considerando superfluo il dover mostrare il loro sesso. Louise Nevelson conosciuta per le sue sculture monumentali, monocrome, in legno spesso costituite da scomparti che contengono forme astratte e oggetti domestici; non si è mai identifi-
03 Vanessa Beecroft VBSS.002.MP White Madonna with twins 2006 Digital c-print 230 x 180 cm Ed. di 6 Ph: © Lucrezia Roda
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cata come femminista, sebbene la sua arte abbia rivestito un ruolo vitale nella definizione del movimento di genere e la sua forza nel definire il sistema artistico, ha fatto sì che diventasse il punto di riferimento per un’intera generazione di artiste donne. Carla Accardi, una delle prime artiste italiane donne ad avere ottenuto riconoscimenti sulla scena mondiale, é stata la fondatrice del gruppo Forma 1 di ispirazione formalista e marxista. Accardi si fa portavoce di un femminismo sperimentale, i suoi segni primordiali furono intesi come una messa in discussione e reinvenzione del linguaggio pittorico. A lei si riconosce l’impegno di abbattere molti pregiudizi, primo fra tutti l’associazione donna e delicatezza, pittura e bellezza compositiva e quell’idea del realismo che lega sempre la forma e la composizione a contenuti ben riconoscibili. Grazia Varisco, cofondatrice del Gruppo T negli anni ’60 e unica donna a far parte dei gruppi di Arte Cinetica e Programmata, ha sempre rifiutato di essere
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catalogata come artista donna; femminista fino in fondo, sostiene il lavoro della donna e per questo rifiuta le definizioni di genere. Alla pari dei suoi colleghi uomini si è sempre posta l’obiettivo di vivere liberamente e confrontarsi con il maschio e con l’artista, al maschile e femminile, senza riserve. Vanessa Beecroft focalizza la sua attenzione sul corpo della donna, inteso come terreno di conquista e campo di battaglia. La fotografa denuncia i ruoli minoritari e stereotipati, a cui la donna viene costretta da leggi del mercato. I suoi scatti colpiscono l’osservatore per il radicale rifiuto della figura tradizionale della donna e per l’elevato tasso di provocazione. Chiara Dynys attinge ai codici visivi della nostra contemporaneità sovrapponendoli con libertà e rigore fino ad ottenere esiti estetici fortemente iconici, riconoscibili e ad un tempo dai significati profondi e non scontati. Chiara si è resa protagonista di questo anno, grazie anche ad una maggiore attenzione delle isituzioni pubbliche nei confronti del lavoro delle artiste donne, raggiungendo grandi e meritati traguardi che proseguiranno anche nell’anno venturo, infatti le sue opere sono entrare a far parte di importanti enti privati e pubblici. Tiziana Lorenzelli nasce con un
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background di architettura e design e si trasforma in artista per l‘esigenza di esprimere i sentimenti e per nutrirsi di bellezza. La ricerca di questa artista parte ancora prima della scultura stessa in quanto ha plasmato il materiale di cui sono composte. ALUFLEXIA®, è un metallo molto malleabile brevettato da Lorenzelli. Questo materiale, 100% riciclabile, ha vinto la Bronze Medal in Sustainable Design al IDA di Los Angeles nel 2011. Il discorso della sostenibilità è inoltre fondamentale per il concetto delle sue opere che si legano alla natura della Terra, ai minerali, ai metalli e soprattutto al ciclo della vita.
04 Chiara Dynys con Giuseppe’s Door, 2020-21 Tubi in acciaio inossidabile, struttura in acciaio Corten che supporta lastre di vetro di Murano fotosensibile 310 x 260 x 70 cm FAI - Villa e Collezione Panza 05 Carla Accardi Labirinto con settori (Bianconerorosso) 1958 Caseina su tela 70 x 90 cm 06 Grazia Varisco Reticolo frangibile R+N ortogonale + inclinato, 1970 Vetro industriale rifrangente quadrionda su tavola con trama di elementi lineari di carta rossi e neri 47 x 90 cm
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CULTURA / LUCREZIA RODA
FOTOGRAFIA E INDUSTRIA: VEDERE IL BELLO NEL CAOS 01
NON ANCORA TRENTENNE, LUCREZIA RODA È GIÀ UN’AFFERMATA ARTISTA CHE UTILIZZA LA FOTOGRAFIA COME PRINCIPALE MEZZO ESPRESSIVO E CHE, NEGLI ULTIMI ANNI, HA CONCENTRATO I SUOI PROGETTI NELL’AMBITO DELLA FOTOGRAFIA INDUSTRIALE. DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI
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olto spesso figli e nipoti nati e cresciuti in una realtà industriale scelgono di seguire le orme di padri e nonni finendo per occuparsi dell’impresa familiare. Lucrezia Roda decide di avvicinarsi alla “materia prima” lavorata in famiglia in un modo assolutamente originale e rivela una forte personalità, unita ad una buona dose di creatività e voglia di prendere saldamente in mano il proprio futuro. L’artista deve infatti alla propria famiglia il fatto di aver conosciuto ed avvicinato fin da piccola il mondo della lavorazione dei metalli. Amante dell’arte in tutte le sue forme e con un debole per l’arte concettuale, dopo gli studi classici sceglie di immergersi totalmente nel mondo dell’arte visiva, studiando presso l’Istituto Italiano di Fotografia e specializzandosi come fotografa di teatro e di scena all’Accademia del Teatro alla
Scala. La forza di ogni giovane fotografa intenzionata ad intraprendere una carriera artistica è riposta, oltre che in una indubbia preparazione tecnica, nella capacità di individuare subito un ambito, possibilmente originale, in cui esprimere appieno la propria personalità dando libero spazio a creatività e fantasia. E qui scattano probabilmente alcune reminiscenze e frequentazioni familiari perché Lucrezia Roda pone al centro delle proprie riflessioni i temi dell’introspezione e della trasformazione, dedicando le prime ricerche di fotografia fine-art alla rappresentazione di dinamiche produttive industriali. Significativamente, il suo primo progetto artistico "STEEL-LIFE" iniziato nel 2014 ed ancora in corso, si basa su immagini di ricerca eseguite inizialmente presso le Trafilerie san Paolo, una delle aziende di famiglia, per poi proseguire indagando all'interno di moltre altre
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industrie fra cui il Laminatoio del Caleotto di Lecco, le acciaierie dei gruppi Duferco e Feralpi di Brescia, diversi plant di Agrati Group, la Novametal S.A. di Rancate (Mendrisio), la Holding della Diotti Spa... Le fotografie che ne conseguono sono immagini sul mondo dell’industria metalmeccanica e del metallo interpretato come materia in continuo e ciclico mutamento. «Fotografare all’interno dei reparti produttivi - spiega la fotografa e artista - mi ricorda in qualche modo l’atmosfera dei backstage teatrali: è come sbirciare dietro le quinte ed entrare in un mondo a cui l’immaginario collettivo non è esattamente abituato. Vivere il teatro mi ha insegnato tantissimo, sia fotograficamente che umanamente: ha allenato la mia mente ad essere attenta, le mie mani ad essere veloci ed i miei occhi a trovare sempre il bello, anche nel caos». Negli anni, creandosi un consapevole percorso di studio ed elaborando una propria espressività personale incentrata sulla ricerca di un linguaggio contemporaneo, ha ampliato gli ambiti della sua ricerca artistica, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti, fino ad affermarsi come una delle più interessanti e promettenti fotografe della sua generazione. Le sue opere, esposte all’interno di numerose mostre personali e collettive, in luoghi prestigiosi come la Galleria Fumagalli di Milano, l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi e The Arts House at The Old Parliament di Singapore, si trovano in diverse collezioni fra cui quelle della Fondazione Dino Zoli e della Fondazione 3M e, nell’arco del 2022, verranno presentate per la prima volta in territorio Svizzero, all’interno della Cortesi Gallery di Lugano. Per comprendere appieno la qualità, la ricchezza e anche la complessità del suo percorso artistico, è opportuno affidarsi alle parole con cui la stessa Lucrezia Roda presenta il suo lavoro: «Rincorro fotograficamente una realtà esistente solo nel mio immaginario.
Ho sempre scritto per parlare a me stessa e fotografato per mettermi in connessione con gli altri, assecondando una pulsione che varia fra il terapeutico e la sentimentale dipendenza. Fin dai tempi degli studi decido di cercare i miei soggetti spostandomi silenziosamente, fra il buio delle sale di posa e quello delle sale teatrali, immergendomi completamente e quasi perdendo il legame con la realtà. Negli anni ho concentrato le mie ricerche fotografiche incanalandole nella sfera industriale, poiché, per storia personale, rappresenta per me un ambito confortevole e familiare. Facendomi guidare dall’intuizione di considerare la fabbrica come il luogo dove si realizza il fascino un po’ misterioso della trasformazione, osservo gli spazi, ritraendo il materiale industriale come materia viva in continuo mutamento. Il mio stile si basa sull’intensità: di colore, d’atmosfera, di racconto e sentimento. Ne conseguono immagini singole che non hanno necessità di essere affiancate ad altre per raccontare la propria storia. Attratta dalle luci taglienti e dalle ombre ingombranti, contrappongo un estremo rigore tecnico ad una forte dose istintiva, sce-
gliendo i miei soggetti secondo un richiamo viscerale verso situazioni misteriose, surreali, talvolta oscure o inquietanti. Lo scopo è di trasformare la realtà, come quella di un paesaggio industriale, narrandola in una situazione parallela, di ritrarre soggetti che con la propria assenza o presenza possano fare domandare al mio interlocutore: “cosa sto guardando?”. Un segreto sottolineato dal fatto che spesso ad attrarci maggiormente è ciò che non possiamo capire totalmente».
01 Lucrezia Roda 02 Dalla serie “STEEL-LIFE” “STEEL-LIFE #28 – Sottomarino”, 2019 03 Dalla serie “SEEN CITY”, “La nave verde”, Ravenna 2019, realizzata su commissione di DZ ENGINEERING - courtesy Fondazione Dino Zoli
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CULTURA / ROOMTHEATRE
UN VIAGGIO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO
LUGANO HA ACCOLTO UNO SPETTACOLO ITINERANTE FRA LE STANZE DELLA FONDAZIONE CLAUDIA LOMBARDI PER IL TEATRO. UNA SERATA IN CUI ESSERE SPETTATORI E PROTAGONISTI DELLA CREAZIONE, ALLA SCOPERTA DI LUOGHI INSOLITI E IN CUI LASCIARSI CONDURRE SIA FISICAMENTE CHE ARTISTICAMENTE DA PERFORMER, ATTORI, PITTORI, POETI E SCULTORI.
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oomTheatre è uno spettacolo itinerante messo in scena fra le stanze della sede della Fondazione, costruita nel 1700. Un viaggiare nel luogo e nel contempo nel mondo, in quanto svoltato l’angolo o aperta una porta si può approdare in Spagna, in Sudamerica, a Milano o a Parigi per ritrovarsi infine tutti assieme, spettatori ed artisti, a dar vita a un momento composto da relazioni. Lo spettacolo RoomTheatre è stato concepito come esperienza immersiva,
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un evento partecipato in cui lo spettatore si sente costantemente parte attiva, un modo per sostenere la missione della Fondazione in favore del territorio e per conoscere i suoi locali adibiti a molteplici usi. Nel corso della serata si attraversano atelier e angoli remoti o nascosti, affinché la sorpresa della scoperta si possa manifestare assieme all’avvenimento artistico eseguito in luoghi privi di palco e platea. E in questa combinazione di arti non poteva mancare il design. L’allestimento di RoomTheatre è infatti stato curato da studenti e docenti dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, i quali hanno sviluppato un progetto in cui fosse costante l’idea del cammino, uno spostarsi che durante l’evento è arricchito da un numeroso cast di professionisti capaci di avvolgere lo spettatore con svariati linguaggi fra cui il lavoro d’attore, la poesia, pittura, fotografia e scultura. La destrutturazione del luogo teatrale, ovvero la rottura di quella linea che
separa la platea dal palco, ha radici lontane. Sono gli anni ’50 del ‘900 quando Judith Malina e Julian Beck rappresentano il loro primo spettacolo nel proprio appartamento. Negli anni ’60 Jerzy Grotowski sviluppa il concetto di un teatro capace di fare a meno di tutto, fuorché dell’attore e dello spettatore, focalizzando la sua ricerca su una comunione tra i due. Il suo lavoro ispirerà moltissime avanguardie teatrali europee che porteranno il teatro fuori dal teatro e lontano dai luoghi solitamente dediti alla rappresentazione, per riversarlo nelle strade, nelle piazze, negli ospedali, al fine di rendere il pubblico, insieme all’attore, protagonista dell’opera. RoomTheatre, raccogliendo questo insegnamento, vuole essere un’esperienza, un evento partecipato. Il pubblico si confronta con diverse forme d’arte. In questo viaggio sono coinvolti personaggi diversi ognuno dei quali proviene da un percorso artistico e umano differente e questo rappresenta una grande ricchezza. La commistione va infatti intesa come un valore, per guardare il mondo, e per guardarci dentro, ogni volta da punti di vista nuovi e sempre in movimento, per non accontentarci mai di ciò che già conosciamo, nella convinzione che ogni esperienza, artistica e non, per crescere ed evolvere abbia bisogno di un approccio aperto, curioso e libero da ogni preconcetto. E l’arte, con la sua forza trasformatrice, ce lo insegna da sempre. Attraverso un’esperienza capace di stimolare domande, riflessioni, sensazioni, ogni partecipante vive un’esperienza rara, che, per l’alto coinvolgimento psicofisico, lascia un segno nella memoria. Il pubblico è protagonista, come a voler suggellare con l’arte un patto, come a voler dire che ogni rituale di partecipazione e condivisione ha bisogno non solo di committenti ma anche di destinatari, non solo di attori ma anche di spettatori e tutti, insieme, contribuiscono a costruirne il valore.
FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
L’ASSEMBLEA ANNUALE ORDINARIA DELL’ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE (ABT), PRESENTI I DELEGATI DEI 28 ISTITUTI BANCARI ASSOCIATI, HA RAPPRESENTATO UN’OCCASIONE IMPORTANTE PERSI FARE IL PUNTO SULLO STATO DELLA PIAZZA FINANZIARIA TICINESE.
Da sinistra Jörg Gasser, CEO di Swiss Banking, Franco Citterio, Direttore ABT, Jenny Assi, Docente e ricercatrice senior SUPSI, Alberto Petruzzella, Presidente ABT, Daniela Stoffel, Segreteria di Stato per le questione finanziarie internazionali, Rocco Cattaneo, Presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali, Pietro Bernaschina, Moderatore.
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SOSTENIBILITÀ E ACCESSO AI MERCATI
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l 2020 è stato il centesimo anniversario della fondazione dell’ABT, festeggiato con numerosi eventi ed iniziative durante tutto il corso dell’anno, nonostante le difficoltà dovute alla crisi pandemica. Le tappe di questo lungo percorso sono state richiamate nel corso della conferenza pubblica, aperta dal Presidente ABT Alberto Petruzzella con ospiti di rilievo nazionale: la Segretaria di Stato Daniela Stoffel, il CEO di Swissbanking Jörg Gasser e il Presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali Rocco Cattaneo. All’evento hanno partecipato oltre 120 persone in presenza e circa 200 hanno seguito la conferenza in live streaming. La crisi economica legata alla pande-
mia è stata evitata grazie alle misure prese dalla Confederazione e dai Cantoni, con un importante supporto del settore bancario. Solo in Ticino sono stati concessi oltre 12.000 crediti alle imprese. Anche dal punto di vista della gestione del personale gli istituti bancari hanno saputo adattarsi alle nuove circostanze, ricorrendo al telelavoro e mettendo sempre al primo posto la salute dei dipendenti. Entrando nel merito dei lavori, due temi, la sostenibilità e l’accesso ai mercati si sono imposti come prioritari per lo sviluppo di una piazza finanziaria pronta a ripartire con slancio dopo un anno complicato. Proprio sul tema della sostenibilità, durante la conferenza è stato presentato lo studio La sostenibilità nel settore bancario ticinese” realizzato dalla SUPSI su mandato di ABT e con il supporto di Swiss Sustainable Finance. Le ricercatrici Jenny Assi e Caterina Carletti hanno mappato le buone pratiche già attuate dalle banche presenti in Ticino, comprendendo i punti forti e le fragilità delle strategie di; e non da ultimo, fornendo agli associati ABT stimoli utili per migliorare il loro posizionamento in materia di sostenibilità. Dai dati raccolti è emerso come, seppur vi siano rami di attività (ad esempio il settore crediti) dove permangono diverse lacune in ambito CSR, il settore bancario adotta già numerose buone pratiche per quanto riguarda la gestione aziendale, gli investimenti, i rapporti con i collaboratori e la tutela dell’ambiente. Importante, infine, sottolineare che le banche attive in Ticino offrono un grande apporto
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al territorio tramite donazioni, sponsorizzazioni e collaborazioni con il settore non profit. Presentando lo studio, Franco Citterio, Direttore ABT ha sottolineato come «lo sviluppo sostenibile, inteso come capacità di equilibrare la sostenibilità sociale, quella economica e quella ambientale, è diventato centrale in ogni ambito, assumendo le dimensioni di un mega trend che ci accompagnerà per molto tempo. La responsabilità è globale e non esclude nessuno: imprese, finanza, consumatori e governi. La responsabilità sociale d’impresa, a sua volta, riguarda l’impatto sociale e ambientale delle attività imprenditoriali ed è un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile.Il settore finanziario, sotto diversi punti di vista, gioca un ruolo centrale in questo processo. Le aree toccate sono numerose e si possono catalogare nel modo seguente: • Responsabilità negli affari (prodotti bancari e finanziari, investimenti, risk management, clientela ecc.); • Responsabilità nei confronti della società (finanziamenti, progetti sociali, beneficienza ecc.); • Responsabilità quale datore di lavoro (formazione e aggiornamento professionale, sviluppo di carriere, soddisfazione, fringe benefits ecc.);
• Responsabilità ambientale (gestione delle risorse, smaltimento rifiuti, emissioni, risparmio energetico ecc.).. Le banche svizzere godono in generale di un’ottima reputazione internazionale e la piazza finanziaria elvetica intende rimanere un punto di riferimento per quel che riguarda non solo la finanza sostenibile ma anche la sostenibilità aziendale a tutto tondo» Per l’Associazione Bancaria, conclude Franco Citterio «è fondamentale giocare un ruolo di primo piano favorendo la condivisione di buone pratiche, promuovendo la formazione, organizzando incontri sul tema, ma anche proponendo un sistema di monitoraggio del valore economico, sociale ed ambientale creato dal settore bancario nel Cantone Ticino». La tematica dell’accesso ai mercati ha una rilevanza non solo ticinese ma nazionale: la Segretaria di Stato Daniela Stoffel e il CEO di Swissbanking Joerg Gasser hanno ribadito con forza la necessità di una piazza finanziaria dove sia garantito il libero accesso al mercato dei servizi finanziari transfrontalieri. Come i rappresentanti del settore bancario ripetono da tempo, per tornare a crescere è necessario risolvere la questione dell’accesso al mercato. In particolare per il Ticino rimane fon-
damentale poter operare in Italia ma purtroppo su questo fronte non vi sono novità rilevanti: anche il recente accordo sottoscritto da Svizzera e Italia sulla tassazione dei lavoratori frontalieri non ha portato allo sblocco del dossier sull’accesso al mercato.
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FAMILY OFFICE, UN BUSINESS RESILIENTE
NEL 2020 LA POPOLAZIONE MONDIALE DI INDIVIDUI CON UN PATRIMONIO SUPERIORE A 30 MILIONI DI DOLLARI È CRESCIUTA DELL’1.7% E ANCHE LE AZIENDE FAMILIARI NON HANNO RISENTITO PARTICOLARMENTE DELLA PANDEMIA. L’INFLUSSO DELLE NUOVE GENERAZIONI STA INOLTRE CAUSANDO UNO SPOSTAMENTO DI CAPITALI VERSO ASSET CLASS ALTERNATIVE COME GLI INVESTIMENTI SOSTENIBILI, AMBITO IN CUI I FAMILY OFFICE POSSONO GIOCARE UN RUOLO CHIAVE NELLA CONSULENZA AI LORO CLIENTI. DI KARIN MEINERS, RESPONSABILE PROGRAMMAZIONE E RESPONSABILE AREA FISCALITÀ, CENTRO STUDIO VILLA NEGRONI
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el 1989, venne fondata una federazione internazionale di 32 Associazioni in 65 Paesi, con sede a Losanna: il Family Business Network è una rete globale che raccoglie 4.000 famiglie imprenditoriali, la cui finalità è rispondere alle esigenze e agli interessi di tutti i membri della famiglia. Tale intento è perseguito, per di più, tramite l’articolazione in sei comunità, una delle quali è dedicata al Family Office, di cui non viene fornita una definizione, bensì l’immagine di una progettualità in itinere: “family businesses transforming into families in business”. Lo spirito imprenditoriale della famiglia (ossia la proattività, l’attitudine all’innovatività e una certa propensione al rischio) può attraversare e oltrepassare l’attività dell’azienda di famiglia per mezzo di cambiamenti strategici e operazioni di diversificazione. La vicenda di un’azienda di famiglia che diviene una “famiglia in attività”, ossia una famiglia imprenditoriale,
può trovare una sintesi nel Family Office, struttura poco tipizzata, la cui attività e relativi servizi sono oggetto di regolamentazione dedicata solo in alcuni Paesi. Sono organizzazioni particolarmente adattabili alle esigenze proprie di ciascuna famiglia, comprensive degli obiettivi finanziari e patrimoniali; i Family Office, infatti, hanno modelli di business diversi con scopi differenti, la cui essenzialità è garantire alla famiglia imprenditoriale il proprio sistema di vita nel tempo. Negli ultimi vent’anni c’è stato un incremento significativo di Family Office, parallelamente all’aumento della popolazione Ultra High Net Worth: la II edizione di “Very High Net Worth Handbook” della società di informazioni finanziarie Wealth-X riferisce che la popolazione mondiale di individui UHNW, corrispondenti a persone con un patrimonio netto superiore a $ 30 milioni, nel 2020 è cresciuta dell’1,7%, rivelandosi particolarmente resiliente alla pandemia. Le modalità con cui le aziende di famiglia hanno fronteggiato la crisi dal punto di vista finanziario corrispondono a tale dato, secondo un’analisi condotta da PwC nella relativa Family Business Survey 2021. Due spunti di riflessione su tutti: solo un terzo delle aziende intervistate ha dovuto tagliare i dividendi e solo un’azienda su cinque è dovuta ricorrere a capitale extra. Risulta, inoltre, che le prospettive di crescita per il 2022 siano invariate rispetto ai dati del 2018, puntando su diversificazione ed espansione in nuovi mercati e/o nuovi prodotti, tramite un aumento, secondo il Global Family Office Report 2021 di UBS, del ricorso al private equity e concentrandosi, nel prossimo decennio, su asset class alternative
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e su settori in crescita come il tecnologico. La conferma sul fronte italiano, è rinvenibile nel report 2021 “La trasformazione del Family Office. Le famiglie imprenditoriali italiane tra capitale finanziario, socioemotivo e umano” curato da A. De Massis, Prof. Ordinario alla Libera Università di Bolzano e da Josip Kotlar, Prof. Associato al Politecnico di Milano. Le aziende di famiglia dimostrano, pertanto, di essere un business affidabile, in grado di guidare i processi di cambiamento non solo in una prospettiva economico - finanziaria, bensì anche sociale con la capacità di adottare visioni a lungo termine per esempio, investendo in iniziative sostenibili. Il Report di PwC prova che i Family Office, come proprietari di assets più dinamici e flessibili, assumono un ruolo – guida negli investimenti sostenibili: più della metà delle fami-
glie (anche se con variazioni regionali) investe, infatti, nel sostenibile. Alla domanda sulle motivazioni che spingono tali scelte, il 62% riscopre il senso di responsabilità nei confronti della società e il 49% guarda al futuro; la preoccupazione principale, acuita dalla pandemia, è la protezione del proprio business nel presente e, in particolare, nel futuro creando e/o preservando un patrimonio da lasciare in eredità (il 30% degli intervistati ha provveduto a una pianificazione successoria contro il solo 15% del 2018) a una generazione per la quale i fattori ESG assumono un ruolo primario. Le aziende a controllo familiare sono complesse, a causa della natura personale dei rapporti su cui si reggono: quella stessa struttura relazionale che munisce la realtà imprenditoriale di dinamicità e flessibilità, può costituire il fattore che limita la
capacità decisionale. Il rapporto PwC evidenzia che il 68% degli intervistati afferma che i membri della famiglia non sono parte del CdA, ma solo il 58% dichiara la propria condivisione rispetto alle scelte gestionali effettuate. In questa ottica si colloca anche la visione delle generazioni più giovani, per le quali le prospettive di carriera rappresentano valore aggiunto. Non sempre le aziende di famiglia esprimono realtà soddisfacenti per tali ambizioni e la condivisone di valori, su cui la continuità generazionale può convergere, è per lo più affidata ad una partecipazione morale, senza che vi sia un’adesione scritta. Si pone, pertanto, una problematica di governance familiare, la cui professionalizzazione può costituire una delle chiavi di successo del family business dei prossimi anni.
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ANCHE LA FINANZA PARLA AL FEMMINILE scenette famigliari annesse, sono diventati il pane quotidiano. Grazie alla tecnologia siamo riusciti a restare vicini, almeno virtualmente, ai nostri clienti anche in questo periodo ricco di sfide. Soprattutto durante il lock-down, abbiamo nuovamente avuto la conferma del fatto che il nostro mestiere continua a basarsi sul contatto personale che ci dà quella marcia in più. La tecnologia continua a evolversi e la digitalizzazione dà un importante contributo, rendendo le procedure più snelle e l’esecuzione immediata. Ma alla fine, il nostro lavoro resterà basato sulle relazioni personali perché solo parlando con il cliente riusciamo a individuare le sue effettive esigenze».
INTERVISTA CON STEFANIA OLDRATI CHE DA MAGGIO 2019 RICOPRE PRESSO CREDIT SUISSE L’INCARICO DI RESPONSABILE DEL TEAM EXTERNAL ASSET MANAGEMENT IN TICINO ED È MEMBRO DEL REGIONAL MANAGEMENT TEAM.
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al suo osservatorio privilegiato può aiutarci a fare il punto sulle trasformazioni determinatesi nella gestione patrimoniale in seguito alla pandemia? «A seguito della pandemia tutti, gestori patrimoniali esterni compresi, hanno dovuto adattarsi a un nuovo modo di lavorare: le conferenze telefoniche o via Zoom e l’home office, con simpatiche
L’interesse per la finanza l’ha sempre accompagnata nel corso della vita. Quali sono stati i principali passaggi che hanno determinato la sua formazione? «In realtà non sono sempre stata appassionata di finanza: ho studiato giurisprudenza ed economia politica con l’obiettivo di lavorare per la Croce Rossa Internazionale. In banca sono finita quasi per caso. Durante una giornata per le carriere organizzata dall’università ho avuto modo di apprezzare i molteplici percorsi di formazione e carriera che una grande banca può offrire. Sono ormai trascorsi 14 anni da quella scelta, di cui – ieri come oggi – sono assolutamente convinta». In Svizzera e in Ticino, ma forse ovunque nel pianeta, il mondo della finanza è sempre stato appannaggio degli uomini. Che difficoltà ha dovuto affrontare per raggiungere i ruoli di responsabilità occupati nel corso della sua carriera professionale?
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«Credo che oggi abbiamo superato questo tipo di approccio. In Credit Suisse vi sono chiare politiche di pari opportunità, vissute e rispecchiate anche nei valori della banca, e di conseguenza scegliamo la persona più qualificata per un determinato ruolo, indipendentemente da genere, provenienza, nazionalità o altro. E devo dire che anche in passato ho sempre potuto contare su superiori che sostenevano e aiutavano i propri collaboratori a emergere. Certi luoghi comuni, del tipo che una donna una volta diventata mamma riduce automaticamente il suo impegno lavorativo, non sono più attuali. Se in passato queste esternazioni a volte mi hanno disturbata, alla fine mi hanno semplicemente spronata a fare meglio e a dare ancora di più».
Si può parlare di un approccio tipicamente femminile alla finanza e quali specifiche competenze ritiene di essere riuscita ad apportare nel suo ambito di lavoro? «Non credo ci sia un approccio tipicamente femminile o maschile: credo piuttosto che l’approccio odierno alla finanza debba essere pragmatico e teso a diminuire per quanto possibile la complessità che ci circonda. La competenza tecnica è la base indispensabile per chiunque operi in quest’ambito. Poi vi sono le cosiddette soft skills che diventano sempre più importanti; per esempio, sapersi relazionare con i clienti e i collaboratori, capacità comunicative, flessibilità, problem solving e leader-
ship. È finita l’era dei lupi solitari e oggi è più che mai importante sapere collaborare anche oltre il proprio settore di competenza». Al di là dei numeri che solitamente contraddistinguono l’immagine di chi si occupa di finanza, quali sono i suoi interessi e le sue passioni fuori del lavoro? «I miei figli innanzitutto, con cui passo tutto il tempo a mia disposizione. Inoltre, apprezzo molto le passeggiate in montagna, lo sci e la lettura, tutte passioni che, ovviamente, condivido con i miei bambini».
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CANTONI SVIZZERI SOTTO LA LENTE contrario, da un Cantone con un valore piuttosto basso ci si attende una crescita al di sotto della media. Tale indicatore incorona Zugo quale Cantone maggiormente competitivo, seguito al secondo e al terzo posto da Basilea città e Zurigo». Che posto occupa in questa particolare classifica il Ticino e quali sono i suoi specifici punti di forza? «Il Canton Ticino si posiziona nuovamente al 21esimo posto, posizione che nel lungo periodo lascia quindi prevedere una crescita moderata rispetto agli altri Cantoni. I principali punti di forza del Ticino sono il buon posizionamento dei suoi settori e un’economia diversificata. A favore del Cantone, gioca anche un punteggio superiore alla media in fatto di accessibilità ad importanti infrastrutture nonché le dimensioni del suo bacino di utenza».
KATHARINA HOFER, RESPONSABILE SWISS REGIONAL RESEARCH, UBS CHIEF INVESTMENT OFFICE GLOBAL WEALTH MANAGEMENT COMMENTA ALCUNI ELEMENTI EMERSI DALLO STUDIO UBS INDICATORE DI COMPETITIVITÀ DEI CANTONI 2021.
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lla luce del vostro studio, che cosa si deve intendere per competitività cantonale e quali Cantoni risultano essere, a lungo termine, più competitivi? «L’indicatore di competitività cantonale fornisce informazioni sulle prospettive di crescita a lungo termine dei singoli Cantoni, mettendoli a confronto. Secondo il nostro studio, un Cantone con un valore elevato dovrebbe presentare, a lungo termine, una crescita superiore alla media. Al
Che ruolo ha il centro regionale, in questo caso Lugano, nel potenziale di crescita del Ticino? «Lugano è il motore trainante del Cantone. La principale città del Cantone offre un accesso veloce ad importanti infrastrutture urbane, tra cui l’aeroporto e l’università. Ciò attira aziende dinamiche che impiegano personale con un elevato grado di istruzione. Tuttavia, più ci si allontana da Lugano, più la sua attrattività diminuisce». Per quali ragioni gli effetti della pandemia sono stati più pesanti in Ticino rispetto ad altri Cantoni? «Già agli inizi della crisi da Coronavirus, in Ticino sono state adottate misure politiche particolarmente impattanti, questo a causa della sua partico-
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lare situazione quale Cantone di confine. Allo stesso tempo altri settori importanti per l’economia cantonale, ad esempio il turismo, sono stati colpiti piuttosto duramente, con conseguenze quali un sensibile calo della creazione di nuove aziende e un aumento del tasso di disoccupazione. Nel frattempo, però, la ripresa economica è iniziata». Dal vostro osservatorio privilegiato come valutate il potenziale futuro di crescita di competitività del Ticino e quali interventi andrebbero promossi per favorirne lo sviluppo?
«In alcuni comparti, che possono però essere influenzati dalla politica, il Ticino si colloca al di sotto della media rispetto ad altri Cantoni. Ne sono un esempio le finanze pubbliche, che presentano un livello di indebitamento relativamente alto. Per quanto concerne le spese, che dipendono tra l’altro anche dalla tassazione delle imprese, il Cantone si colloca a metà classifica. Qui la politica ha a disposizione una leva per recuperare terreno rispetto agli altri Cantoni».
SPIDER
CLASSIFICA CANTONI
L’indicatore di competitività cantonale si basa sull’analisi comparativa di otto pilastri tematici con un totale di oltre 56 variabili, le quali vengono ponderate e aggregate in modo tale che ciascun Cantone riceva per ogni pilastro un punteggio compreso tra 0 e 100. Per determinare il valore ICC si calcola per ogni Cantone il valore medio dei punti degli otto pilastri e si stabilisce che il valore cantonale più alto raggiunto sia 100. Un valore ICC più elevato implica una maggiore competitività rispetto agli altri Cantoni.
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COME MANTENERE LA PACE IN FAMIGLIA 01
SANDRA: «Per quanto riguarda la nostra pensione sono, come dici, fatti nostri. Ecco perché abbiamo analizzato a fondo la questione delle nostre entrate e del nostro fabbisogno finanziario dopo il pensionamento e, come parte della soluzione, abbiamo investito il patrimonio seguendo tre “strategie”: la prima, per coprire le spese correnti, la seconda, per finanziare la nostra pensione e la terza, per capire quanto potremo destinarvi attraverso il passaggio ereditario». ANGELO: «Pianificare ci ha permesso di farci un’idea più precisa di quanto vi spetterà. Il prossimo passo sarà regolare tutto anche dal punto di vista legale». IL TIMORE DI CREARE TENSIONI O CONFLITTI IN FAMIGLIA – E DI DOVERCI POI CONVIVERE – È SPESSO UNA DELLE RAGIONI PER CUI SI TENDE A PROCRASTINARE LA REGOLAMENTAZIONE DELL’EREDITÀ. UN TIMORE CHE UNA PIANIFICAZIONE PREVIDENZIALE E PATRIMONIALE FATTA IN TEMPO UTILE, CON GLI ESPERTI GIUSTI E UNA DISCUSSIONE APERTA NELLA CERCHIA FAMILIARE, PUÒ AIUTARE AD ATTENUARE, COME DIMOSTRA L’ESEMPIO DELLA FAMIGLIA ROSSI*.
01 Immagine: UBS *Nomi modificati
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ANDRA, LA MADRE (69 ANNI): «È bello vedervi tutti qui. Vostro padre ed io tenevamo molto a questo incontro poiché vorremmo parlarvi di un tema importante, che solleva alcune questioni delicate: la nostra eredità». ANGELO, IL PADRE (71): «Abbiamo rimandato la cosa per un po’. Del resto, quando ci si sente in forma e si è attivi non ci si sofferma molto a pensare alla propria dipartita. Oggi però è arrivato il momento e vogliamo discutere con voi delle nostre idee sulla nostra successione e sentire la vostra opinione. Ci siamo convinti a fare questo passo grazie ad un colloquio che abbiamo avuto di recente in banca con la nostra consulente». LAURA, LA FIGLIA (38): «Ma non sono semplicemente fatti vostri? Dani e io siamo pronti ad accettare qualsiasi decisione».
DANIELE, IL FIGLIO (41): «“Dal punto di vista legale”? Ma io e Laura andiamo d’accordo e ci intendiamo bene...». Sandra (madre): «Hai ragione, ed è una gran fortuna! Non di rado, però, nella nostra cerchia di amici e conoscenti abbiamo visto nascere tensioni o litigi, se uno dei figli si sente trattato ingiustamente o se la massa ereditaria comprende degli immobili. E noi non vogliamo che ciò succeda alla nostra famiglia». ANGELO: «Di per sé, la ripartizione dell’eredità è regolamentata dal diritto successorio. Tuttavia, noi preferiremmo pianificarla con voi e utilizzare il margine di manovra offerto dalla legge per realizzare in modo ottimale i vostri e i nostri desideri». SANDRA: «Nel nostro caso la cosa è un po’ più complicata dal fatto che, oltre a questa casa, possediamo anche l’appartamento in montagna. Inoltre, abbiamo già dato a Laura un grosso
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importo come anticipo ereditario quando lei e suo marito Roger hanno avuto i bambini e hanno costruito la loro casa. Infine, ci terremmo molto a prevedere una donazione a due organizzazioni di beneficenza». DANIELE: «Sono contento che si parli della casa. Finora non ho mai trovato il momento o le parole giuste, per cui oggi sarò diretto: quando arriverà il momento, a me e a Corinna piacerebbe riprenderla. Sono affezionato a queste vecchie mura, è il luogo in cui sono cresciuto, anche se una bella ristrutturazione non farebbe male» (ride). LAURA: «Ma poi cosa faranno mamma e papà? Se uno di loro morisse, tu manderesti via l’altro?». DANIELE: «No, ovviamente no. Ma tu hai già una casa e a me fa piacere iniziare a discutere di questo argomento… SANDRA: «Piano, ragazzi! Angelo e io siamo d’accordo che ci resteremo quanto vogliamo, anche da vedovi. Ci sono diverse possibilità per garantirlo». ANGELO: «A proposito, non sapremmo tutto questo se non ci fossimo informati in banca con la nostra consulente e l’aiuto di un wealth planner. Ci hanno anche raccomandato di redigere un mandato precauzionale, nel caso in cui un giorno dovessimo perdere la capacità di discernimento. Ragazzi, non è mai troppo presto per un buon consiglio!». SANDRA: «Quello che per noi conta di più e che vi sentiate trattati in modo equo e giusto. Quando non ci saremo più riceverete la metà del patrimonio complessivo, meno i due lasciti. Naturalmente, non sappiamo ancora esattamente a quanto ammonterà».
PRESERVARE I VALORI DELLA FAMIGLIA Vale la pena occuparsi per tempo della pianificazione successoria. Le basi sono una pianificazione finanziaria e patrimoniale a lungo termine nonché la messa in sicurezza di un certo capitale per la vecchiaia. Questi elementi sono le fondamenta per un trasferimento ottimale dei beni patrimoniali e dei valori familiari alla generazione successiva. Il concetto d’investimento e l’approccio di consulenza Wealth Way nell’ambito del family banking di UBS combinano la vostra situazione attuale con i vostri obiettivi di vita a breve e a lungo termine e vi aiutano a trasmettere non solo il vostro patrimonio, ma anche i vostri valori personali. Tenendo conto della vostra situazione personale, il colloquio con la/il consulente UBS vi aiuterà a fare chiarezza su: • quanto vi occorre per coprire le spese correnti, • quanto vi serve per finanziare desideri e bisogni a lungo termine, come viaggi, hobby ma anche spese sanitarie impreviste, • come proteggere i beni che vorreste lasciare in eredità ai vostri cari o a terzi, ad esempio a organizzazioni di beneficenza. Per saperne di più: ubs.com/pianificazione-successoria
ANGELO: «Se siete entrambi d’accordo, Dani riceverà la casa, che andrà valutata. Metà del suo valore spetterà a te, Laura, a cui però va sottratto l’importo dell’anticipo ereditario». SANDRA: «Dani ti compenserà la differenza. La sua quota del nostro patrimonio liquido e in titoli dovrebbe bastare per farlo senza problemi».
LAURA: «Mi sembra una decisione equa. E con l’appartamento di vacanza come ci regoliamo?». ANGELO: «Potete scegliere di ereditarlo e usarlo insieme, oppure può andare a uno solo di voi, e in tal caso l’altro riceverà una quota maggiore di patrimonio liquido». DANIELE: «Beh, una casa di vacanza in comune mi sembra un’ottima idea. Se poi un giorno io o Laura volessimo rinunciarvi, potremmo venderci a vicenda la nostra quota di proprietà». SANDRA: «Esatto. Un altro punto che ci sta molto a cuore è che nel lungo termine questa casa resti in famiglia. Visto che Dani non ha figli, vorremmo che dopo di lui la casa passi a Laura o ai suoi figli». DANIELE: «Sì, ha senso. Però vorrei trovare una soluzione equa anche per Corinna. Dopotutto è la mia compagna da molti anni e si sa che le donne vivono più a lungo…». SANDRA: «Giusto. Dato che non siete sposati, l’intera eredità passerebbe automaticamente a tua sorella, o a noi». LAURA: «Aspetta, i genitori che ereditano dai propri figli? È possibile?». SANDRA: «Sì, il wealth planner ci ha spiegato che fino alla fine del 2022 abbiamo persino diritto a una porzione legittima. Anche con un testamento, noi genitori non potremmo venire esclusi da una quota obbligatoria dell’eredità. A partire dal 2023, tuttavia, il diritto dei genitori a una quota obbligatoria sarà abolito, come già avviene oggi per i fratelli. Chi non è sposato e non ha figli potrà quindi disporre liberamente di una parte più ampia del suo patrimonio». DANIELE (FIGLIO): «Ah, non lo sapevo!». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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SANDRA: «Per questo devi assolutamente redigere un testamento, in cui garantisci la posizione di Corinna, indicando che avrà diritto a restare nella casa anche se decidessi di lasciarla in eredità a Laura o ai nostri nipoti, in linea con i nostri desideri. La cosa migliore da farsi è che tu ne discuta con Corinna e il vostro wealth planner in banca. Così Corinna saprebbe anche a quali tasse di successione andrebbe incontro in quanto partner convivente. Comunque, Dani, visti gli aspetti un po’ più complessi del rapporto di concubinato, ti raccomandiamo di pianificare bene e per tempo sia la previdenza che le finanze». DANIELE: «Grazie mille! Sì, prossimamente lo faremo di sicuro». ANGELO: «Ottimo! Allora la mamma e io potremmo redigere un testamento
ciascuno in cui mettiamo su carta quanto deciso oggi insieme. Ma potremmo anche fissare il tutto in un contratto successorio, da firmare tutti insieme e che verrà autenticato pubblicamente. Si tratterebbe di una soluzione assolutamente vincolante, perché eventuali modifiche successive sono possibili solo all’unanimità». LAURA: «Penso che una regolamentazione vincolante vada bene. E se in futuro volessimo cambiare qualcosa, torneremo a parlarne tutti insieme. Grazie per averne discusso con noi!». DANIELE: «Anche io preferisco il contratto successorio, così tutto è regolato in maniera chiara». SANDRA: «La nostra consulente ci ha consigliato di tornare a parlarne tutti e quattro con lei per esaminare nel dettaglio le diverse possibilità».
Il caviale al servizio della bellezza I ricercatori di La Prairie hanno scoperto un’inaspettata componente del caviale, nota per la sua ineguagliabile efficacia levigante, che vive solo nell’oscurità. Sfuggente e preziosa, oggi è il cuore del nuovo Skin Caviar Nighttime Oil, un lussuoso gioiello di bellezza notturno per la pelle. Durante il sonno si accendono i sensi, si attiva la creatività e si rigenera la pelle. Esclusiva del marchio svizzero, questa preziosa miscela sfrutta il potenziale levigante del caviale che viene rilasciato completamente solo durante la notte. Ovvero, il momento in cui la pelle abbandona le sue difese, perde di idratazione, lasciando che le
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cellule si rinnovino. È qui che il nuovo Skin Caviar Nighttime Oil, intriso di Caviar Retinol, sprigiona il suo potere. Concepito per agire in combinazione con i naturali ritmi circadiani della pelle, aiuta a contrastare gli effetti dell’età, mentre la sua texture in olio crea un’immediata e temporanea barriera esterna per minimizzare la perdita d’idratazione. Pensato come ultimo gesto del rituale Skin Caviar per la notte, la sua formula permette di trattenere gli ingredienti attivi dei trattamenti precedenti, intensificando i risultati del rituale. La pelle appare rassodata, dall’aspetto ringiovanito e levigato.
LAURA: «Mi sembra ragionevole. E già che ci siamo, io regolo anche la mia situazione previdenziale e successoria come donna coniugata con due figli. Domani prendo un appuntamento!». DANIELE: «Una consulenza farebbe comodo anche a me, specie in relazione al concubinato. Chissà, alla fine potremmo anche considerare l’idea di sposarci...».
AVV. GIORGIO FALCONI Responsabile Team Wealth Planning UBS Regione Ticino T. +41-91 801 68 84 giorgio.falconi@ubs.com ubs.com/pianificazione-successoria
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FINANZA / BPS (SUISSE)
CONTRO LA CRIMINALITÀ FINANZIARIA SERVE ANCHE LA DIGITALIZZAZIONE A COLLOQUIO CON L’AVV. ALESSIA PRATI GIULIERI, RESPONSABILE SERVIZIO LEGALE & COMPLIANCE PRESSO BPS (SUISSE)
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uali sono state le principali tappe della sua formazione e le esperienze professionali precedenti il ruolo che oggi occupa in BPS (SUISSE)? «Dopo le scuole dell’obbligo, ho frequentato il liceo di Lugano 1. Conseguita la Maturità mi sono iscritta alla facoltà di Diritto presso l’Università di Berna. Invero la scelta della facoltà è stata abbastanza casuale; non sapevo bene a cosa andavo incontro, avendo frequentato il liceo con indirizzo linguistico e non potendo annoverare tra i membri della mia famiglia qualcuno che già avesse affrontato quel percorso di studio. Ciononostante, la passione per lo studio del Diritto, nelle sue più svariate forme, è stata un crescendo sin dal primo semestre. Devo sicuramente riconoscere che la mia forma mentis, razionale e schematica, mi è stata senz’altro di grande ausilio per leggere tomi di dottrina che all’inizio sembravano interminabili. Terminata l’Università e dopo una breve parentesi lavorativa presso l’Amministrazione federale a Berna, sono tornata in Ticino ed ho conseguito il brevetto d’avvocato. Successivamente, ho avuto l’opportunità di far parte del servizio giuridico di una grande banca dove ho potuto acquisire esperienza e padronanza della normativa applicabile all’attività bancaria e finanziaria. Infine, dopo tre anni, sono entrata a far parte della famiglia BPS (SUISSE) dove ho ‘creato’ il servizio Legale & Compliance che dirigo sin dai suoi albori».
Uomini e donne in avvocatura. Che difficoltà ha incontrato nell’inserirsi in un ambiente ancora in buona parte maschile? «A dire il vero, in tutte le mie esperienze lavorative, non mi è mai capitato di dovermi confrontare con difficoltà di inserimento, di accettazione, di pianificazione di carriera o restributive legate al genere. Facendo riferimento all’azienda in cui opero, realtà che ben conosco anche sotto questo profilo, posso affermare che vi è una spiccata sensibilità e attenzione per tutte quelle situazioni che possono generare potenziali discriminazioni di sorta; sensibilità che si concretizza mediante la formalizzazione di policy interne che codificano sostanzialmente una politica di uguaglianza di genere. L’esempio più significativo di parità è rappresentato dal fatto che, al nostro interno, svariate posizioni chiave sono occupate da donne. Anche con riferimento agli aspetti salariali, la nostra Banca è sicuramente all’avanguardia nella causa volta alla parità di genere: nel 2021, dopo un’analisi effettuata da esperti e specialisti esterni ha ottenuto una certificazione del rispetto dell’equità retributiva tra donne e uomini (certificato “Fair-ON-Pay”), che è stata confermata dall’ufficio del partenariato sociale per la parità salariale nel settore bancario. Ritengo che ai giorni nostri le donne abbiano già raggiunto una buona parità nel mondo lavorativo. Sono altresì convinta che una parità in senso assoluto e senza differenza alcuna è pres-
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soché impossibile da realizzare per la natura stessa della donna che, per indole caratteriale, per convenzione o per retaggi della storia, la vuole maggiormente orientata e predisposta rispetto all’uomo alla cura della prole, della famiglia e della casa, sacrificando solitamente parte della sua realizzazione a livello lavorativo. Se le donne di oggi possono godere di una buona uguaglianza nel mondo lavorativo (sicuramente ancora perfettibile), devono ricordare con grande riconoscenza le pioniere che nel passato si sono votate a questa causa, iniziando da Marie Goegg-Pouchoulin che nel 1868 ha fondato a Ginevra l’Associazione internazionale delle donne, che non fu solo la prima organizzazione femminile in Svizzera, ma anche la prima a livello internazionale. Il processo di emancipazione femminile che era stato ormai inarrestabilmente lanciato, ha finalmente segnato una tappa saliente nel 1971 con l’introduzione anche in Svizzera del suffragio femminile di cui festeggiamo quest’anno il 50esimo. Il conferimento di questo diritto, tanto atteso, ha senz’altro contribuito ad arricchire la dialettica sul piano politico e a rendere più completo il concetto di democrazia».
Come è andata cambiando la funzione dell’ufficio legale e compliance all’interno di un istituto bancario? «La funzione del Servizio Legale & Compliance in seno ad un istituto bancario è considerevolmente mutata negli anni. Se per quanto attiene agli aspetti legali i cambiamenti sono stati marginali in quanto le normative di riferimento e le relative applicazioni sono rimaste pressoché immutate negli anni recenti, non si può dire altrettanto degli aspetti legati alla Compliance. In ambito bancario svizzero, la figura del Compliance Officer è presente nella grande maggioranza degli istituti bancari almeno dalla fine degli anni Novanta. La sua istituzionalizzazione risale tuttavia solo al 2006 con l’entrata in vigore della Circolare dell’allora Commissione federale delle banche relativa alla sorveglianza e al controllo interno. Quanto ai compiti attribuiti al Compliance Officer, si è assistito ad un costante ampliamento nel tempo: da mero servizio attivo prevalentemente nella lotta al riciclaggio di denaro è diventato un elemento centrale ed essenziale nella gestione dei rischi operativi, legali e reputazionali. Ai giorni nostri il Servizio Legale &
Compliance è divenuto un interlocutore indispensabile sia per il Consiglio di Amministrazione che per la Direzione operativa per delineare ed attuare una gestione imprenditoriale coscienziosa ed una gestione efficace dei rischi. Personalmente intrattengo rapporti stretti con il CdA della Banca e ancor più intensi con la Direzione generale dell’Istituto soprattutto per la pianificazione dell’attività di gestione dei rischi e per l’attività di reportistica a cadenza predefinita. Con la Direzione inoltre i contatti sono pressoché giornalieri per la consulenza ad hoc di casistiche contingenti, per la valutazione di nuovi servizi o prodotti; tutto questo al fine di prevenire l’insorgenza di rischi». Quali sono i progetti professionali che vorrebbe portare a termine nel corso dei prossimi anni? «Credo di non essere smentita dicendo che l’agenda di un Responsabile del Servizio Legale & Compliance di una banca è sempre molto affollata di progetti più o meno urgenti da realizzare. Le mie priorità per i prossimi anni si concentreranno su quattro tematiche specifiche. Il primo challenge è rappresentato dalla nuova Legge sulla protezione dei dati che è stata adottata dal Parlamento nell’autunno 2020 e che potrebbe entrare in vigore nel secondo semestre 2022, essendo scaduto infruttuoso il termine per il referendum. A causa della rapida evoluzione tecnologica, la legge attuale non è più al passo con i tempi e necessita di un adeguamento all’evoluzione tecnologica e sociale, aumentando in particolare la trasparenza dei trattamenti di dati e migliorando il controllo da parte delle persone interessate sui propri dati. Da tempo la nuova legge è in fase di analisi in seno al mio servizio con la finalità del successivo recepimento della stessa all’interno dell’azienda. Un altro tema che è mia intenzione affrontare l’anno prossimo è il perfezioTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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namento dei processi e dei flussi derivanti dall’attuazione della Legge sui servizi finanziari che è entrata in vigore il 1° gennaio 2020 (con un periodo transitorio di due anni) e che ha quale obiettivo quello di migliorare la protezione della clientela, prescrivendo ai fornitori di servizi finanziari una serie di adempimenti per l’offerta di servizi e strumenti finanziari. Anche la formazione negli ambiti particolarmente sensibili quali la prevenzione del riciclaggio non potrà mancare. Last but not least mi sono prefissata di dedicare del tempo nel breve-medio termine all’approfondimento delle nuove tecnologie quali la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, finalizzato alla valutazione di un’eventuale ulteriore integrazione nei processi di gestione dei rischi di Compliance. Sono viepiù convinta che in un mondo in cui l’attività si fa ogni giorno più frenetica e in cui la crimi-
nalità finanziaria è sempre un passo più avanti rispetto al regolatore, l’adozione nei processi interni di verifica delle nuove tecnologie che garantiscono benefici ad elevato valore aggiunto in termini di riduzione dei costi, di incremento del controllo e di riduzione del rischio, sia una valida strada da seguire». E per quanto riguarda la sua vita privata, cosa vorrebbe realizzare e cosa le piace fare quando non è impegnata sul lavoro? «Sul piano privato, il mio sogno ancora da realizzare è quello di riuscire a ritagliarmi ancora più spazio e tempo da dedicare a ciò che mi fa stare bene: sostanzialmente la famiglia e lo sport. Temo tuttavia che questo desiderio non si possa concretizzare nel breve termine. Nel mio tempo libero mi piace praticare sport preferibilmente all’aria aperta: durante la bella stagio-
ne mi diletto a praticare il golf insieme a mio marito ed in inverno lo sci di fondo. Sono invero due sport molto dissimili ma hanno un comune denominatore: i paesaggi che di volta in volta si incontrano sono spettacolari e rappresentano una fonte di energia e di benessere per il corpo e la mente. Il tempo libero è anche l’occasione per leggere tutti quegli articoli e pubblicazioni di settore che mi consentono di tenermi aggiornata sull’evoluzione normativa, non avendo purtroppo il tempo per dedicarmici durante l’orario d’ufficio. Ed infine non posso tralasciare di parlare della mia passione per la cucina, soprattutto per i dolci. Nel fine settimana a casa nostra non manca mai sulla tavola una buona torta o qualche biscotto sfizioso».
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La nostra rete internazionale
FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE
BANCA DEL SEMPIONE PROMUOVE IL CONCETTO DI MERITOCRAZIA SENZA DISTINZIONE DI GENERE. QUI DI SEGUITO RACCONTIAMO LA STORIA DI TRE DONNE DELLA BANCA.
DONNE DI RESPONSABILITÀ
Sede Banca Del Sempione
Arianna Baccalà, Condirettrice e Responsabile Risorse Umane «Nasco a Brissago da mamma bergamasca e papà ticinese nato e cresciuto nel Canton Berna…e già questo non è male direi! Mi sono rivelata da subito una bimba indipendente e amante della libertà. Riuscire a trovare una via di fuga dai “recinti” costruiti da mio papà, per non farmi scappare, era il mio passatempo preferito. Mia mamma mi ha trasmesso la capacità di ascolto, l’empatia e la comunicatività mentre da mio papà ho appreso l’organizzazione, il problem-solving e la tenacia. Mi definiscono solare, allegra, semplice ma nel contempo decisa ed energica. Amo accompagnare le persone a guardare la vita e le situazioni da una diversa inclinazione e mi piace farlo attraverso l’ascolto, la relazione e la mediazione. Amo la musica, il viaggio
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e la lettura ma più di tutto amo lo sport e le lunghe passeggiate nei boschi con la mia lupa Kjra. L’ambito delle Risorse Umane è delicato e impegnativo ma anche stimolante e affascinante. Le persone sono tutte importanti ed ognuno ha il suo vissuto personale e professionale ed è essenziale tenerne conto in ogni situazione. Il team Risorse Umane è composto da tre persone io, Marinella e Sara e il nostro impegno quotidiano, oltre alla crescita professionale dei collaboratori, è quello di porre attenzione al lato umano per creare e mantenere un ambiente di lavoro sereno, creativo e coinvolgente. Punto di riferimento nei processi di cambiamento e innovazione messi in atto dalla Banca, collaboriamo a stretto contatto con la neonata Green Division non solo nella realizzazione di progetti che coinvolgono trasversalmente tutta la struttura ma soprattutto nel sensibilizzare e stimolare tutti in questo percorso innovativo. E poi ci sono le iniziative rivolte in particolare a tutto il personale che spaziano dall’offrire lezioni di yoga in azienda, al progetto di un orto aziendale sulla nostra terrazza, alle attività del Gruppo Sportivo e culturale, la possibilità di fare Smart Working senza dimenticare la mobilità sostenibile con incentivi sull’acquisto di auto e biciclette elettriche o l’adesione all’offerta Arcobaleno. E per il futuro…ci lasceremo sorprendere!». Veronica Broggi, Vice-Direttrice, Responsabile dell’Ufficio Fondi e dell’Ufficio Relazioni Banche
FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE
«Sono di origini comasche, sebbene sia da circa 15 anni in Canton Ticino, ma non ho mai avuto radici forti, mi sono sempre considerata cittadina di un grande mondo variegato e inclusivo nel quale poter essere me stessa. L’esperienza che inizialmente mi ha formato di più, dal punto di vista lavorativo, è indubbiamente il tempo trascorso in Lussemburgo presso una società di gestione, della quale mi sono occupata in fase di start-up. Ho infatti scoperto e approfondito il campo dei fondi di investimento e l’ambito nel quale avrei potuto specializzarmi. Tornata in Svizzera, inizio il mio percorso in Banca del Sempione, dove mi sono sempre occupata di ogni aspetto amministrativo dei nostri fondi di investimento: contrattualistica, documenti legali, risoluzione di problemi, conteggi di svariato tipo, organizzazione di riunioni, materiale di marketing, ecc. Queste diverse attività, che spaziano nell’amministrazione, nel controllo, nell’organizzazione, nelle relazioni con le controparti, mi permettono di mantenere vivo il mio interesse e la mia naturale curiosità. Nel corso degli anni, ho poi alternato ai fondi la tenuta delle relazioni con le nostre controparti bancarie; ambito che considero molto importante e che mi permette di spaziare nei contatti e nelle problematiche da risolvere. Da anni ormai, sono affiancata nel mio lavoro da una collega molto valida, Valeria, con la quale vanto un’amicizia trentennale, iniziata alle scuole medie.
Una parte fondamentale della mia vita ruota intorno all’essere mamma. Ho un figlio, che attualmente ha 11 anni. La maternità e il desiderio di rimanere nel mondo del lavoro, perdipiù assumendo responsabilità crescenti, sono due aspetti importanti, che riesco a coniugare e che sono simbolo di quella varietà che mi caratterizza. Non sono mai stata sportiva, ma conduco uno stile di vita molto attivo, soprattutto grazie a mio figlio, che è impegnato nel calcio con l’AC Bellinzona, e al pilates, che pratico da anni. La mia passione principale è nei viaggi, messi attualmente in pausa a causa della situazione corrente. Sono molto interessata alla cultura asiatica e la mia attenzione si focalizza sempre sugli usi e i costumi dei vari luoghi, dunque sulle persone più che sui panorami. Amo inoltre leggere, con particolare attenzione ai classici, interesse che mi porto dalla mia formazione scolastica in quanto sono laureata in Lingue e Letterature Straniere».
Silvia Jehring, Direttrice, Membro della Direzione Generale, Responsabile dell’Ufficio Legal & Complianc «Sono nata a Milano da mamma italiana e papà tedesco e ho frequentato la scuola tedesca di Milano fin dall’asilo. Sono pertanto cresciuta in un
contesto internazionale e interculturale che mi ha insegnato a vedere le cose in modo aperto e senza preclusioni e mi ha permesso di sviluppare buone capacità di analisi, empatia e comunicazione a contatto con culture diverse. Questo vissuto di cui serbo dei bellissimi ricordi, unitamente a diverse esperienze all’estero fra cui il progetto Erasmus a Tubinga, mi ha permesso di coltivare quella cultura e tradizione tedesca che mi è stata tramandata dal papà e che oggi posso dire essere profondamente radicata nella mia personalità. Mi sono laureata in diritto all’Università Cattolica e, dopo gli usuali anni di praticantato presso uno studio legale di Milano, ho conseguito il brevetto di Avvocato. Tuttavia, il desiderio di fare nuove esperienze, magari all’estero, mi ha portato a cogliere l’occasione offertami, ormai oltre 15 anni fa, di lavorare presso Banca del Sempione a Lugano. Dopo la doverosa gavetta e anni impegnativi ma utili, oggi sono la responsabile dell’area Legal & Compliance di Banca del Sempione, affiancata da un team di persone fantastiche. Del mio lavoro mi piace dire che in una banca delle dimensioni della nostra, nel legal e compliance non si hanno aree di elezione o settori di specializzazione, ma conoscenze e competenze su tutte le normative che investono il settore finanziario e quindi non c’è davvero tempo per annoiarsi. Oltre ad occuparmi dell’implementazione e attuazione della normativa in Banca e in parte nel nostro Gruppo, seguo tutte le questioni legate all’antiriciclaggio. A questo punto si potrebbe anche pensare che passo tutto il mio tempo in Banca. Invece mi sono costruita una bella famiglia composta da mio marito Marco, e dai miei due bimbi Riccardo, di 5 anni, e Giulia di 3 e dalla mia gatta, Zoe, che mi tiene compagnia da 12 anni! Non so bene invece come fare a coltivare le mie passioni che sono la palestra, la fotografia, i viaggi e le passeggiate in montagna ma su questo ci sto lavorando!». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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FINANZA / BANCA DEL CERESIO
PROTAGONISTA DEL CAMBIAMENTO
IL RACCONTO DI GIULIA AUS DER BEEK-REYNARD, RIENTRATA IN TICINO DOPO UN’ESPERIENZA ALL’ESTERO, PER VIVERE IN PRIMA PERSONA LE TRASFORMAZIONI CHE STANNO RINNOVANDO BANCA DEL CERESIO E, IN GENERALE, IL SISTEMA FINANZIARIO TICINESE.
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osa spinge una ragazza di 27 anni a tornare in Ticino dopo tanti anni vissuti a Londra e una carriera ormai avviata? Nell’ultimo anno, questa domanda mi è stata posta diverse volte, soprattutto durante colloqui professionali, da interlocutori convinti di già sapere la risposta. Eppure il mio riscontro sembrava sorprendere ogni volta: credere e affermare che il Ticino abbia tanto da offrire, non solo dal punto di vista personale, ma soprattutto nell’ambito lavorativo sembrava, per i miei interlocutori, quasi un’uto-
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pia. Nonostante i volti perplessi, proseguivo con la mia risposta, spiegando che io vedevo Lugano come un punto strategico tra Milano e Zurigo, una città che conta già una piazza finanziaria riconosciuta internazionalmente, e che negli ultimi anni si sta sviluppando anche come centro culturale, accademico e logistico. Tutto questo in una realtà ‘a misura d’uomo’, fattore, a mio parere, sottostimato da tanti e che si è fatto sempre più importante dall’inizio della pandemia. Il Ticino, purtroppo, è visto ancora con gli occhi del passato, come una regione che esiste soltanto per accomodare banche private poco innovative e fin troppo tradizionali. Se da una parte è vero che Lugano non è Londra e banche private poco innovative ci sono ancora, è ormai innegabile che, volente o nolente, l’onda del cambiamento e dell’innovazione sia arrivata anche qua. Gli eventi degli ultimi decenni hanno
portato il settore bancario svizzero a fare un rendiconto delle sue attività e operazioni, portando spesso a riconoscere che l’inerzia non fosse più una scelta possibile e che il cambiamento era l’unica strada per sopravvivere e crescere in un contesto globale e trasparente. Le banche svizzere si sono trovate a doversi confrontare con concorrenti situati non solo a Milano o Londra, ma anche in realtà più distanti come Singapore o Hong Kong. L’occasione era unica per potersi modernizzare e rafforzare la loro presenza a livello globale. Parte fondamentale di questa transizione, come qualsiasi altra, sarebbe stato riuscire ad attrarre e trattenere personale disposto ad affrontare il cambiamento come un’opportunità e non una minaccia per essere loro stessi artefici di miglioramento e sviluppo. Per me, quindi, intraprendere una carriera bancaria ora in Ticino e poter partecipare a questa trasformazione era un’occasione unica. Certo, non bisogna illudersi, le sfide sono molteplici non solo per il settore e per la regione, ma anche per una ragazza in carriera in generale. Negli ultimi 50 anni, da quando il suffragio femminile a livello federale è stato approvato, le opportunità per le donne si sono fatte sempre più numerose, soprattutto in seguito all’introduzione della legge sulla parità dei sessi nel 1996. In termini giuridici, quindi, si potrebbe dire di aver raggiunto tanti obiettivi. Restano ora le sfide più sfumate, quelle legate soprattutto a stereotipi e a barriere invisibili. Una piazza che ha bisogno di modernizzarsi e sviluppare un ambiente di eccellenza dovrebbe creare le opportunità e gli spazi per attrarre professionisti che eccellono nei loro campi e che pro-
FINANZA / BANCA DEL CERESIO
vengono da background multiformi, non solo per genere ma anche per lingue, culture e molto altro. In questo senso il Ticino è già in parte avvantaggiato: il cantone della svizzera italiana conta una popolazione straniera che rappresenta circa il 28% del totale, più del cosmopolita cantone Zurigo e della media nazionale. Eppure l’esperienza che ho vissuto in tanti dei miei colloqui dimostra che tante aziende esitano ancora ad uscire anche solo un po’ dagli schemi. Fortunatamente non tutti si sono fatti sorprendere dalle mie motivazioni e ci è stato anche qualcuno che condivide-
va la mia “utopia ticinese”. Un’istituzione, in particolare, mi aveva colpito particolarmente: una banca privata con una direzione e degli azionisti che non hanno sminuito la piazza che li accoglie. Anzi, apprezzano anche loro tutte le potenzialità della regione dove si trovano e non hanno paura di essere innovativi. Già dalla sua fondazione, nel 1958, la Banca del Ceresio ha creato una piattaforma di gestione patrimoniale che si distingue dall’offerta delle banche private più tradizionali: non solo la gestione si basa sul principio del co-investimento insieme alla famiglia azionista, essa è anche foca-
lizzata alla ricerca di talenti indipendenti soprattutto nel mondo dei fondi alternativi. Oltre alla sua offerta commerciale, la Banca ha saputo anche provare a rompere certi stereotipi; uno degli esempi più rappresentativi per me è una collega che nel 1979 ha iniziato la sua carriera in Banca come trader e oggi è al vertice dell’ufficio borsa. D’allora gli esempi si sono fatti sempre più comuni; ad oggi la Banca conta rappresentanze femminili in tutti i suoi dipartimenti, incluse nell’ufficio di ricerca macroeconomica e nel Consiglio di Amministrazione del Gruppo. Poter partecipare alla trasformazione della nostra regione dall’interno di un’istituzione che riconosce e incentiva tutti i suoi talenti validava ancora di più la mia decisione di rientrare in Ticino. Ricordando i traguardi raggiunti negli ultimi 50 anni, una cosa è chiara: dobbiamo essere noi stessi i catalizzatori del cambiamento che vogliamo. Spesso le trasformazioni più durature accadono nelle attività di tutti i giorni, nei luoghi dove scegliamo di vivere e lavorare, e nelle sfide che decidiamo di affrontare. Io ho scelto di tornare in Ticino perché credo alle sue potenzialità e perché vorrei essere anch’io, tramite le mie scelte e attività, artefice del cambiamento che vogliamo per la nostra regione.
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FINANZA / BNP PARIBAS
SERVIZI GLOBALI PERSONALIZZATI
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BNP PARIBAS IN SVIZZERA È LA PORTA D’ACCESSO PRIVILEGIATA PER I PROPRI CLIENTI A LUGANO ANCHE IN AMBITO DI GESTORI PROFESSIONALI. RODOLFO LIA, TEAM LEADER EXTERAL WEALTH MANAGEMENT DELLA SEDE DI LUGANO PARLA DEI SERVIZI A DISPOSIZIONE DEI GESTORI PROFESSIONALI.
ome si configura la presenza di BNP Paribas Exteral Wealth Management in Svizzera e a Lugano? «BNP Paribas a Lugano è da oltre 20 anni al fianco degli External Wealth Managers (EWM) con un team dedicato anche a Ginevra e Zurigo. Il Gruppo BNP Paribas considera prioritario il mercato dei gestori professionali ed intende continuare ad investire ed a promuovere servizi personalizzati con specialisti dedicati. Per BNP Paribas in Svizzera, il team EWM Lugano ha una rilevanza strategica per la crescita futura in Ticino. Il team ha sviluppato negli anni una rete consolidata di relazioni che hanno portato di recente ad una accelerazione della crescita degli attivi e dei rapporti con nuovi attori della piazza ed esteri». Qual è la vostra strategia e offerta? «Alla luce degli importanti cambiamenti normativi, tecnologici ed ai rapidi sviluppi dei mercati, il Gruppo BNP Paribas ha definito nel corso del 2021 una nuova strategia 2022-2025 per la propria clientela istituzionale e privata, migliorando ulteriormente
l’offerta per i gestori professionali. Oltre ai servizi base di banca depositaria (sistema IT per lo scambio dei dati, raccolta ed esecuzioni ordini, accesso diretto alla sala mercati, ricerca e consulenza d’investimento del Gruppo BNP Paribas) sono state implementate nuove sinergie e servizi internazionali intra-gruppo per permettere ai gestori professionali di sviluppare ulteriormente la propria clientela. Questi nuovi servizi complementari ci differenziano e rappresentano il nostro carattere distintivo per il quale vogliamo essere riconosciuti dai nostri partners. La strategia 2022-2025 di BNP Paribas in Svizzera è quella di proporsi come banca di riferimento per clientela svizzera ed internazionale che desidera tramite un’unica relazione con BNP Paribas Lugano - avere un accesso diretto e privilegiato ad una serie di servizi globali del Gruppo BNP Paribas tramite un approccio «One Bank», ossia un’offerta integrata di servizi intra-gruppo coordinati dalla Svizzera. Abbiamo pertanto analizzato quali potessero essere i servizi supplementari (da integrare all’offerta di base) funzionali alla crescita della clientela dei gestori professionali per i prossimi anni considerando i loro bisogni e desideri. In particolare, si sono rilevate cruciali le nuove collaborazioni con entità del Gruppo quali BNP Paribas Real Estate Group e BNP Paribas Corporate & Institutional Banking, oltre che sinergie con le banche Retail del Gruppo presenti nella maggioranza dei paesi europei, in particolare quelli limitrofi alla Svizzera». In che cosa vi differenziate? «A fare la differenza è la possibilità di poter offrire i nostri servizi internazionali coordinandoli dalla Svizzera. Le siner-
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FINANZA / BNP PARIBAS
gie con le banche internazionali del Gruppo BNP Paribas permettono ai gestori professionali di offrire servizi esclusivi ai propri clienti quali ad esempio: • Finanziamenti diretti o indiretti intra-gruppo Grazie agli accordi con diverse banche locali del Gruppo BNP Paribas, i clienti dei gestori professionali possono finanziare tramite ipoteche dal loro conto in Svizzera (con soluzioni di finanziamento dirette od indirette) le proprie operazioni immobiliari (per acquisto o cash extraction) nella maggior parte dei paesi europei (incluso UK) in cui il Gruppo BNP Paribas è presente. • BNP Paribas Real Estate Offriamo la possibilità di accedere a servizi ad hoc, globali ed esclusivi per la ricerca, la gestione ed il finanziamento di patrimoni immobiliari complessi (commerciali e residenziali) di privati, family office e società, analizzando i casi direttamente dalla Svizzera. • BNP Paribas Corporate & Institutional Banking Offriamo la possibilità di accedere al nostro industry group per valutare operazioni aziendali di vendita/espansione o internazionalizzazione, in totale riservatezza dalla Svizzera tramite accordi intra-gruppo regolati da appositi contratti di non divulgazione. • BNP Paribas Wealth Planning Solutions A supporto dei servizi internazionali offriamo ai nostri clienti uno screening sulle normative e caratteristiche fiscali di ogni paese nel quale operiamo. In ambito Real Estate inoltre forniamo consulenza iniziale per pianificare al meglio l’acquisizione/vendite di immobili esteri. Questi servizi hanno lo scopo primario di internazionalizzare l’offerta e di portare i centri di eccellenza del Gruppo BNP Paribas al servizio degli EWM a Lugano. In questo modo siamo convinti di poter creare valore nel territorio
tramite le sinergie con professionisti indipendenti, interessati a sviluppare con noi un vero e proprio centro di competenze locale che permetta di sviluppare la clientela e preservare i capitali storici degli EWM, in particolare nel delicato passaggio generazionale». Qual è la vostra offerta ESG? «Attraverso l’offerta di una vasta gamma di prodotti e servizi, BNP Paribas in Svizzera sostiene l’attività dell’EWM che desidera integrare i criteri ESG nella costruzione dei portafogli dei propri clienti. Da più di dieci anni, nel Gruppo BNP Paribas un team dedicato al «Positive Impact» analizza il mercato della finanza sostenibile. L’esperienza maturata nel campo delle soluzioni SRI ha permesso inoltre al Gruppo BNP Paribas di definire una metodologia di rating in-house volta a stabilire il livello di sostenibilità dei prodotti di investimento. L’applicazione dei criteri ESG nell’attività di selezione degli investimenti permette di identificare meglio i rischi degli strumenti presenti nei portafogli, migliorando il rapporto rischio-rendimento ed allineando la strategia alle convinzioni dei clienti degli EWM. Poiché ogni investitore è unico, l’approccio del cliente ai principi di sostenibilità sarà unico. Il nostro obiettivo è fornire agli EWM gli strumenti per definire una strategia d’investimento che soddisfi le personali convinzioni del cliente allineando le esigenze di performance finanziarie con i propri valori. Alla luce delle competenze acquisite nel corso degli anni, BNP Paribas in Svizzera ha implementato pertanto un nuovo servizio a disposizione dell’EWM. BNP Paribas Wealth Management condivide fin dall’inizio con l’EWM il questionario «MyImpact» volto ad identificare il profilo dell’investitore responsabile in linea con gli UN’s Sustainable Development Goals. Partendo dalle proprie aspettative, il cliente potrà quindi escludere, nella costruzione del proprio portafoglio, gli attori
che hanno un impatto negativo sull’ambiente e sulla società. In secondo luogo, l’EWM avrà la possibilità di accedere alle competenze e conoscenze del nostro team di esperti ESG, rimanendo sempre aggiornato sul tema della sostenibilità e partecipando a conferenze, eventi e sessioni di formazione dedicate. BNP Paribas Wealth Management, su richiesta del gestore professionale, è infine a disposizione per analizzare il portafoglio del cliente. Il nostro Istituto fornisce all’EWM l’analisi ad hoc del portafoglio del cliente sotto la lente «Socially Responsible Investment», verificando il livello di sostenibilità di ogni strumento e condividendo con l’EWM possibili idee di investimento alternative finalizzate ad alzare il rating del portafoglio stesso».
BNP PARIBAS (SUISSE) SA Riva Caccia 1a CH-6907 Lugano T. +41 58 212 41 11 www.bnpparibas.ch
Fabio Spinelli Site Manager, BNP Paribas a Lugano Il continuo miglioramento e l’integrazione dei servizi dedicati ai gestori indipendenti, ai Family Offices ed alle controparti Istituzionali è fondamentale per la crescita organica di BNP Paribas anche in Ticino. Direttamente da Lugano, le nostre controparti hanno la possibilità di sviluppare ed acquisire nuova clientela tramite una piattaforma internazionale di servizi complementari integrati quali ad esempio la ricerca, la vendita o il finanziamento immobiliare commerciale e residenziale, la consulenza per operazioni societarie straordinarie, l’implementazione di portafogli ESG ad hoc oltre che una pianificazione successoria internazionale grazie alla presenza globale del nostro Gruppo BNP Paribas. TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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FINANZA / BANCA MIGROS
SIMPATIA E VICINANZA PER MARCARE LA PROPRIA IDENTITÀ
GRANDI CAMBIAMENTI HANNO SEGNATO IL 2021 DI BANCA MIGROS CHE CON UNA NUOVA IMMAGINE CONFERMA IL SUO RUOLO NELLA CONSULENZA PERSONALE IN INVESTIMENTI E IL SUO IMPEGNO A FAVORE DELLA SOSTENIBILITÀ. NE PARLIAMO CON TEMIS EMMA, RESPONSABILE AREA MERCATO LUGANO DI BANCA MIGROS
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anca Migros si rinnova nel brand. Come si è arrivati a questo cambiamento, quali sono state le riflessioni che vi hanno portato a questa scelta e quale ritorno vi aspettate dalla clientela? «Analisi approfondite hanno dimostrato che finora è stato principalmente il marchio madre della Migros a trasmettere al marchio della Banca Migros le sue connotazioni. Un’immagine a sé stante, che ci contraddistingueva come banca, praticamente non esisteva. Chi siamo, cosa siamo e cosa ci si può aspettare da noi non era sufficientemente chiaro alle persone. Con l’obiettivo di cambiare tutto questo, nel 2021 il nostro marchio è stato ulteriormente sviluppato. Il nostro nuovo posizionamento e la
nuova identità visiva si basano sulle caratteristiche positive esistenti, come la simpatia e la vicinanza, e li completano con ulteriori connotazioni differenziate. Il nostro obiettivo generale è diventare un marchio caratteristico, rilevante e differenziato, che sfrutta la vicinanza al marchio madre della Migros quale punto di forza, ma che ha anche un’identità autonoma e ben definita. Già nel 1958, Gottlieb Duttweiler basò la Banca Migros su un sistema di valori unico e forte che pone gli esseri umani al centro delle proprie attività piuttosto che il capitale. Da allora, il nostro obiettivo e la nostra missione sono quelli di offrire soluzioni convincenti alle persone che vogliono gestire il proprio denaro in modo ideale. Siamo la banca che mette al centro del pensiero
FINANZA / BANCA MIGROS
e dell’azione gli esseri umani e non solo il capitale. O, più semplicemente: da noi l’essere umano è al centro. Il nostro marchio è lo strumento con cui proiettiamo questo sistema di valori verso l’esterno. Esprime come vogliamo posizionarci nella vita delle persone, conquistare i loro cuori e la loro fiducia e in base a quali criteri ci lasciamo giudicare». Consulenza personale in investimenti. Quali sono le caratteristiche e perché questo servizio rende ancora più forte il rapporto con la clientela? «Grazie alla consulenza personale i nostri clienti beneficiano di opportunità d’investimento sempre al passo coi tempi. I nostri specialisti in investimenti seguono e valutano per i nostri clienti gli sviluppi in atto sui mercati e li mettono al corrente dei risultati con pubblicazioni periodiche. Gli
investimenti sono costantemente monitorati e verificati in base a criteri di rischio attentamente definiti. Ne fanno parte, tra l’altro, l’osservanza del profilo di rischio, il rispetto della strategia nonché eventuali superamenti dei limiti massimi per gli investimenti collettivi, ad esempio i fondi d’investimento. Grazie alle notifiche inviate per SMS o e-mail, informiamo automaticamente i nostri clienti quando costatiamo rischi indesiderati nel loro portafoglio. Così i nostri clienti hanno il loro portafoglio sotto controllo in qualunque momento. La Banca Migros è al fianco dei suoi clienti come partner competente in tutte le operazioni d’investimento, che si tratti della tenuta del deposito per attuare le vostre idee d’investimento, la consulenza in materia o l’attuazione della strategia e l’amministrazione del loro patrimonio».
Quale filosofia d’investimento caratterizza Banca Migros. Come si pone nell’universo dei Fondi sostenibili? «Che cosa significa «sostenibilità» per la Banca Migros? Sin dalla sua fondazione nel 1958 ad opera di Gottlieb Duttweiler, la Banca Migros vive solidi valori. Questa tradizione la ritroviamo nella nostra filosofia d’investimenti che significa anche un impegno consapevole a favore della sostenibilità, in un comportamento rispettoso nei confronti dell’ambiente, della società e dell’economia. Su che basi poggia l’investimento responsabile della Banca Migros? Negli investimenti convenzionali, la priorità è data principalmente agli aspetti finanziari delle imprese, pur sussistendo il rischio di non includere adeguatamente i rischi sociali o ambientali e quelli legati alla conduzione d’impresa. La Banca Migros basa invece le proprie decisioni d’investimento su svariati pilastri. Consideriamo ad esempio, oltre agli aspetti finanziari, dei criteri di sostenibilità ESG, una scelta che permette non solo di ridurre al minimo i rischi, ma anche di individuare nuove opportunità commerciali. Negli investimenti sostenibili l’analisi classica delle imprese viene ampliata includendo le dimensioni ESG ed effettuata in base a svariati criteri. Il risultato viene sintetizzato nel punteggio ESG o nel rating ESG, di cui si avvalgono i gestori di portafogli nell’adottare decisioni d’investimento. È una procedura ormai consolidata come standard negli investimenti sostenibili. Nella valutazione ESG la Banca Migros si affida alla competenza di MSCI, il maggiore operatore al mondo di analisi della sostenibilità e rating nel settore dell’ambiente, degli aspetti sociali e della conduzione d’impresa».
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FINANZA / BIL
BANQUE INTERNATIONALE À LUXEMBOURG TRA SVIZZERA, EUROPA E CINA 01
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SASCHA WULLSCHLEGER, HEAD OF WEALTH MANAGEMENT BIL LUGANO, GEO PINI, BUSINESS DEVELOPMENT MANAGER BIL LUGANO E FLORENT SAINT-QUENTIN, HEAD OF ALTERNATIVE/INNOVATIVE SOLUTIONS BIL LUXEMBOURG, PRESENTANO LE ATTIVITÀ DELLA SEDE LUGANESE E LE STRATEGIE DI INVESTIMENTO DEL GRUPPO BIL. DI ROBERTO GIANNETTI
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oi offrite un fondo di investimento dedicato alla Cina. Quali sono le caratteristiche che rendono questo paese interessante? SASCHA WULLSCHLEGER: «L’azionista di maggioranza del Gruppo BIL è la cinese Legend Holding, con una quota del 90%, mentre il 10% è in mano al Gran Ducato del Lussemburgo. La Legend, fondata nel 1984, è una holding di investimento con interessi in svariati ambiti economici, come la tecnologia dell’informazione, la finanza e il settore immobiliare. La sua partecipata più conosciuta a livello mondiale è rappresentata dalla Lenovo, nella quale è il maggior azioni-
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sta con una quota del 30,6%. Grazie a Legend Capital, società di Venture Capital fondata nel 2001, e in collaborazione con Legend Star, BIL Group è in grado di offrire agli investitori qualificati un prodotto Private Equity che investe direttamente e unicamente in società cinesi. Visto il potenziale di questo tipo di aziende, si tratta di una opportunità da non sottovalutare per chi vuole affacciarsi e investire in un paese come la Cina. Il fondo ha come obiettivo le società cinesi attive nei settori a forte crescita e ad elevato potenziale, come IT, beni di consumo, tecnologia green, assistenza sanitaria e alla produzione di attrezzature e servizi digitali».
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Ci può parlare di questa alleanza e di quali sono i risvolti operativi? GEO PINI: «Per noi di BIL è importante poter valorizzare la visione del nostro azionista di maggioranza e questa alleanza, strategica dal punto di vista sia finanziario che commerciale, cogliendo tutte le opportunità che ci vengono concesse. In particolare, come in questo specifico caso, quella di offrire ai nostri clienti qualificati, così come a Family Office, fiduciari e fondi d’investimento, un prodotto dedicato che investe unicamente in Cina, un mercato non facile da approcciare per chi non dispone delle necessarie conoscenze».
Questa collaborazione vi permette di beneficiare dell’enorme conoscenza del mercato cinese di Legend. Quali sono i vantaggi che vi offre questa posizione particolare? SASCHA WULLSCHLEGER: «Per noi di BIL Suisse significa coniugare la tradizione svizzera (beneficiando del modello di banca privata, situata nei tre principali centri finanziari svizzeri), la radice europea (Banque Internationale à Luxembourg è stata fondata nel 1856 ed è la più antica banca privata del Granducato) e la competenza orientale (forte presenza in Cina e competenza nel servizio ai clienti asiatici grazie alla nostra relazione con Legend Holding)».
Avete presentato il fondo in una conferenza tenutasi a fine settembre a Lugano. Come è strutturato? Su quali settori punta e perché? FLORENT SAINT-QUENTIN: «BIL PE II Cina è un fondo di investimento che offre l’accesso al settore private equity nel paese attraverso varie fasi di investimento e tematiche. Il fondo fa leva sull’accesso esclusivo di BIL a Legend Capital e Legend Star per impiegare i capitali in settori toccati dalla perequazione finanziaria quinquennale cinese. La ripartizione è la seguente: 40% in Legend Capital Fund IX, che darà enfasi agli investimenti di Venture in tecnologia, media e telecomunicazioni; 40% in Legend TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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Capital HC III, che si concentrerà sulla crescita iniziale e sugli investimenti di Venture capital nella sanità e 20% in Legend Star Fund III, focalizzato sugli investimenti early stage in Intelligenza Artificiale, Tecnologia, Media & Telecom e Sanità». Quali sono stati i rendimenti finora e avete degli obiettivi di performance per il futuro? FLORENT SAINT-QUENTIN: «BIL PE II cerca di generare il 15% di IRR netto all’anno e farà leva su diversi fattori. Innanzitutto Legend Capital è stata in grado di raggiungere un track record costante e forte di circa il 20% IRR netto all’anno dal 2001, nonostante tutti i cicli economici. Inoltre Legend Star ha costruito un track record di IRR netto di oltre il 30% dall’inizio del 2008. Infine, BIL PE I, un programma simile emesso nel 2019, ha già ottenuto un IRR netto del 14% nonostante il COVID 19 e pur continuando a impiegare il capitale». Pensate di ampliare il fondo in futuro o di crearne altri simili? FLORENT SAINT-QUENTIN: «BIL sta attualmente esplorando alcune opzioni per stabilire potenziali partnership ed estendere la sua offerta di investimenti nei mercati privati». Quali sono i vantaggi e i rischi di questo tipo di investimento? FLORENT SAINT-QUENTIN: «Gli investimenti alternativi presentano generalmente rischi elevati ed è responsabilità dell’investitore assicurarsi che questi siano in linea con la sua situazione personale e finanziaria. Vi è una mancanza di trasparenza, dato che gli investitori hanno poche informazioni a loro disposizione e le strategie dei fondi possono essere molto complesse e strutturate. Inoltre, vi è una mancanza di liquidità: l’investimento ha un periodo di lock-up fino a 10 anni o più e una possibile perdita di capitale:
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la performance passata non è garanzia di risultati futuri. I vantaggi sono quelli di offrire ai clienti l’esposizione a varie fasi di investimenti PE e a tematiche ad alto rendimento in Cina e fornire l’accesso esclusivo a Legend Capital e Legend Star. In questo senso BIL è l’unica banca al mondo ad offrire prodotti solitamente riservati agli istituzionali e accesso alle aziende PE di alto livello con un importo minimo attraente di 150.000 dollari contro i 15 milioni di dollari per gli investimenti diretti. Infine, punta a rendimenti netti a due cifre (15%+ p.a.) facendo leva sui solidi e comprovati track record di Legend Capital, Legend Star e BIL PE I. Il fondo non è approvato dalla FINMA, quindi aperto solo a investitori qualificati». Quali sono i motivi della vostra presenza in Ticino e quali servizi e prodotti offrite alla clientela locale? GEO PINI: «La Svizzera si colloca al primo posto nel mondo per la gestione patrimoniale ed è il leader del private banking transfrontaliero, approfittando di fattori come la stabilità politica di lunga data, un’economia forte e una valuta sicura. Lugano in questo senso è la terza piazza finanziaria Svizzera, dopo Zurigo e Ginevra. Doveroso quindi essere presenti anche in Ticino. Oltre ai classici servizi bancari di Private Banking, di gestione patrimoniale e di gestori esterni, offriamo una gamma completa di prodotti professionali di tesoreria e del mercato finanziario indirizzato a privati, imprenditori e Family Office, cosi come Leverage Loans, Private Debt, shareholder financing e CrossBorder Mortgage financing in 14 Stati Europei». Quali sono gli obiettivi che vi siete posti per il futuro, sia a livello di crescita sia a livello di prodotti di investimento? SASCHA WULLSCHLEGER: «BIL è attiva sulla piazza finanziaria ticinese da 30 anni, tra varie acquisizioni
e fusioni. Attualmente il nostro team conta 10 persone. La nostra volontà è quella di essere sempre più presenti sul territorio ticinese e diventare il partner di riferimento cercando di offrire sempre più prodotti e servizi di nicchia quale banca Boutique di Private Banking».
01 Sascha Wullschleger 02 Geo Pini 03 Da Sinistra Nadia Lizzola, assistente Direzione BIL Lugano; Florent Saint-Question, Head of Alternative/Innovative solutions BIL Lux; Nicola Rezzonico, Senior Investment Advisor BIL Lugano; Marco Schaller, Head of Wealth Management Core Markets BIL Suisse; PV Wang, Managing Director Legend Capital; Sascha Wullschleger, Head of Wealth Management BIL Lugano; Geo Pini, Business Development Manager BIL Lugano; Francesco Cremona, Team Head EAM BIL Lugano
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FINANZA / AMGEST
AUTORIZZAZIONE FINMA: QUALITÀ DEI SERVIZI E OPPORTUNITÀ PER I CLIENTI
Massimo Vecchio, Presidente di Amgest SA
DI ROBERTO GIANNETTI
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el giugno del 2018 il Consiglio Federale ha licenziato la LSerFi e la LIsFi, che sono entrate in vigore il 01.01.2020 e prevedono un periodo transitorio di adeguamento per tutti gli intermediari fi-
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nanziari scadente in parte a fine 2021 e in parte a fine 2022. Quali sono gli obiettivi di queste due regolamentazioni? La LSerFi ha lo scopo di proteggere i clienti dei fornitori di servizi finanziari e di creare condizioni comparabili fra i vari attori del settore. La normativa contribuisce in questo modo a rafforzare la reputazione e la competitività della piazza svizzera. Fra l’altro definisce i requisiti per una fornitura di servizi fedele, diligente e trasparente e disciplina l’offerta di strumenti finanziari. Dal canto suo la LIsFi regola i requisiti per l’esercizio dell’attività degli istituti finanziari, con lo scopo di proteggere gli investitori e i clienti degli istituti e di garantire la funzionalità del mercato. In seguito la Finma, l’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari, ha riconosciuto come standard minimo l’autodisciplina adottata dalla Asset Management Association Switzerland (AMAS) - che entrerà in vigore per i suoi membri il primo gennaio 2022 - con la quale vengono recepite le nuove disposizioni della LIsFi e della LSerFi. Qual è la portata di queste nuove misure sull’attività dei gestori patrimoniali, e quali sono le conseguenze per la clientela? Lo abbiamo chiesto a Massimo Vecchio, Presidente di Amgest di Lugano, che ha recentemente ricevuto l’autorizzazione da parte della Finma. Fondata nel 2006, Amgest è una società di asset management indipendente, che offre servizi di gestione per portafogli rivolti a high net worth individuals, clienti istituzionali e Family Offices.
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olto presto i gestori patrimoniali indipendenti di portafogli individuali di clienti (Gpi) per operare dovranno avere un’autorizzazione rilasciata dalla Finma. Quali requisiti bisogna soddisfare per ottenerla? «Si tratta principalmente di requisiti organizzativi e patrimoniali, che prevedono anche un numero minimo di persone impiegate e adeguate misure di risk management e compliance, ottenute anche attraverso una severa separazione delle funzioni. La struttura del gestore dovrà essere adeguata alla complessità del business operato e al relativo livello di rischio. In questo ambito proprio per comprendere meglio come venga considerato dalla Finma il concetto di rischio, l’autorità di vigilanza applica criteri accresciuti, qualora la fornitura di servizi si rivolga ad esempio alla clientela non svizzera residente e utilizzi strumenti finanziari propri». Le nuove norme sono state concepite principalmente per proteggere i risparmiatori. I miglioramenti sotto questo profilo sono sostanziali? «Assolutamente sì. Basti pensare che fino ad ora si poteva condurre la gestione patrimoniale e la relativa consulenza finanziaria a clientela con patrimoni ingenti anche con una “struttura” composta da una sola persona! È facile intuire come fosse estremamente elevato il rischio potenziale di minore attenzione ai sistemi di backup e di controllo. La qualità dei servizi e la sicurezza per i clienti sarà notevolmente migliorata».
FINANZA / AMGEST
Quali sono a livello operativo le possibilità che l’autorizzazione Finma offrirà? «Molto dipende da cosa si intende per possibilità operative: l’autorizzazione e l’ottenimento della stessa sarà la condizione minima indispensabile per svolgere in modo professionale e serio questo mestiere. Certamente, il fatto di rivolgersi alla potenziale clientela disponendo di un’organizzazione di alto livello e tramite servizi vigilati e autorizzati dalla Finma, aumenterà considerevolmente le possibilità di business, soprattutto per quanto riguarda gli UHNWI (ultrahigh-net-worth individuals), che hanno esigenze estremamente complesse da soddisfare. Inoltre si creeranno ulteriori opportunità nel caso in cui questo tipo di autorizzazione verrà riconosciuta anche al di fuori dalla Svizzera ed equiparata alle normative vigenti in altri Paesi europei. Sono certo che per la nostra piazza i vantaggi nel medio periodo saranno molto importanti, perché queste novità normative contribuiranno a migliorare sostanzialmente la qualità dei servizi offerti. Le nuove leggi porteranno ad un sano processo di aggregazione e concentrazione fra gestori che produrrà strutture più solide, e soprattutto in grado di investire in competenze, ricerca e innovazione».
Amgest per ottenere l’autorizzazione Finma ha dovuto rivedere molti processi interni? Questo ha permesso di migliorare l’efficienza operativa? «Certamente. Abbiamo dovuto inserire molti nuovi processi e rivedere a fondo la struttura organizzativa poiché ci siamo dati un piano di crescita importante, e proprio in base alle nostre caratteristiche siamo stati giudicati dalla Finma una struttura adeguata e completa. Tutti questi sostanziali miglioramenti ci consentiranno di gestire al meglio il percorso di crescita che stiamo già da tempo cavalcando. Per esempio, con l’espansione del business e del numero di risorse coinvolte è stato molto utile, come suggerito dalla Finma, creare una direzione che risponde direttamente al Consiglio di amministrazione. Questo ci ha consentito di organizzare al meglio le nostre attività responsabilizzando maggiormente importanti figure professionali al nostro interno». Quali sono le conseguenze per i clienti? Quali vantaggi offrirà il fatto di rivolgersi ad un operatore in possesso dell’autorizzazione Finma? «Entro la fine del 2022 se un gestore patrimoniale indipendente non avrà completato l’iter di richiesta per l’autorizzazione, non potrà continuare ad esercitare l’attività in futuro. Per questo assistere-
mo certamente a migrazioni di clientela verso le strutture autorizzate. I vantaggi sono quelli di avere una struttura organizzata e vigilata in grado di garantire un servizio continuo e professionale». Ora gli investitori sono confrontati con un ambiente finanziario delicato, con le Borse che hanno corso molto e i rendimenti ai minimi sul mercato dei capitali. Come si coniuga questa situazione con la necessità di consulenza qualificata e l’attenzione al rischio dei mercati? «Tutti gli operatori finanziari sono consapevoli che il rischio di repentine correzioni di mercato è sempre presente. In questo ambito la qualità della ricerca dei prodotti finanziari e il confronto con il risk manager faranno sempre più la differenza. In ogni situazione di mercato una struttura di gestione patrimoniale seria ed affidabile deve saper applicare le opportune strategie per tutelare in modo adeguato i portafogli dei clienti. In questo contesto solo coloro che sono dotati di figure idonee al controllo del rischio, grazie a know-how elevato e all’ausilio di strumenti tecnologici evoluti, potranno affrontare con maggiori competenze la volatilità e i rischi dei mercati. Per questo la scelta di un gestore patrimoniale qualificato diventa fondamentale».
Autorizzati FINMA amgest.ch
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FINANZA / EY
OBBLIGHI IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI NEGLI SCORSI ANNI, IN PARTICOLARE IN SEGUITO ALL’ENTRATA IN VIGORE DEL REGOLAMENTO GENERALE SULLA PROTEZIONE DEI DATI EUROPEO (RGPD, IN INGLESE GDPR), È STATA PROMOSSA UNA PROCEDURA DI REVISIONE DELLA LEGGE FEDERALE SULLA PROTEZIONE DEI DATI (LPD).
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l testo finale della nuova legge è stato adottato dal Parlamento svizzero nel settembre 2020 e ci si attende l’entrata in vigore della nuova LPD nella seconda metà del 2022 o nei primi mesi del 2023, essendo scaduto il termine per inoltrare un referendum nel gennaio 2021. Malgrado la data di entrata in vigore non sia ancora stata definita, è fondamentale per le aziende svizzere iniziare a prepararsi fin da subito, in quanto il nuovo testo prevede delle novità rilevanti rispetto alla versione attuale della legge, che necessitano dell’adozione di provvedimenti e processi la cui implementazione richiede tempo. Alcune tra le principali novità previste dal nuovo testo di legge sono l’applicazione extraterritoriale della stessa, l’introduzione dell’obbligo di tenere un registro delle attività di trattamento di dati personali, un ampliamento degli obblighi di fornire informazioni alle persone interessate dal trattamento e dei loro diritti, nuove sanzioni in caso di una violazione delle disposizioni di legge, così come l’introduzione di alcuni concetti e processi concretizzati anche dal RGPD quali la “privacy by design” e “by default” o la necessità di una “valutazione d’impatto sulla protezione dei dati”. Malgrado la nuova LPD riprenda in gran parte concetti contenuti nel RGPD, essa non corrisponde completamente alla legge europea e prevede alcune disposizioni che vanno oltre la stessa, mentre impone obblighi meno rigidi per altri aspetti, quali ad esem-
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pio i requisiti posti al consenso della persona interessata. Non tutte le aziende svizzere si sono ad oggi dovute confrontare con il RGPD europeo, in quanto questo non è direttamente applicabile alle stesse e lo diventa solamente se queste eseguono attività di trattamento dei dati personali che ricadono nel suo campo d’applicazione. Pertanto, quelle aziende che non hanno ancora dovuto adattare i loro standard relativi alla protezione dei dati personali al RGPD dovranno adottare un approccio globale nel valutare e pianificare la necessità di intervento rispetto alla nuova LPD, prevedendo un’analisi approfondita delle lacune che presenta l’azienda in termini di conformità alla nuova legge ed elaborando un piano d’azione per attuare le nuove disposizioni legali.
FINANZA / EY
TAX UPDATE EY LUGANO Introdotto da Sandro Jaeger, Senior Corporate Tax Manager, Ernst & Young SA, Lugano, l’incontro ha messo a fuoco la questione di come la recente entrata in vigore della riforma fiscale svizzera ha ampiamente attirato l’attenzione dei media e del dibattito pubblico, in particolare, per quanto riguarda l’abolizione dei regimi fiscali privilegiati e al contempo sugli incentivi fiscali all’innovazione.
Nel corso dell’evento svoltosi lo scorso 23 settembre sono intervenuti esperti nazionali e internazionali che hanno condiviso le loro conoscenze sulle nuove normative fiscali insieme alle nuove sfide che devono essere affrontate in Svizzera e in particolare nel Canton Ticino. Gli interlocutori hanno anzitutto convenuto che l’innovazione tecnologica rappresenta il principale motore dello sviluppo economico nonché la base per la valorizzazione delle potenzialità produttive del nostro territorio. Nelle attuali circostanze, gli attori economici hanno dovuto rivedere la propria visione di business e marketing mentre il mondo del lavoro è stato stravolto dalle regole di distanziamento sociale imposte a livello globale. La digitalizzazione è pertanto diventata un bisogno primario e il progresso tecnologico che ne deriva costituisce un requisito imprescindibile di una ripresa solida e duratura. Il mondo della fiscalità non è rimasto escluso da questo principio di rivoluzione. Nell’ambito della recente approvazione della Riforma Fiscale
il Canton Ticino ha infatti fortemente puntato su specifiche misure di incentivazione fiscale a favore dell'innovazione e delle attività di ricerca e sviluppo che si traducono in potenziali vantaggi per le aziende operanti sul nostro territorio. Sharon Cina, Avvocato, Perito fiscale presso i Servizi centrali della Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino, affrontando il tema delle misure a sostegno dell’innovazione, ha peraltro sottolineato che su richiesta del contribuente è permessa una deduzione supplementare in ragione di un importo pari al 50% delle spese di ricerca e sviluppo sostenute in Svizzera direttamente dal contribuente o indirettamente da terzi. In linea di principio, la deduzione è ammessa per le spese per il personale direttamente imputabili alla ricerca e allo sviluppo, a cui si aggiunge un supplemento pari al 35 per cento, fino a concorrenza delle spese complessive del contribuente. Accanto alla deduzione supplementare delle spese di ricerca e sviluppo è stato altresì introdotto il c.d. Patent-box, un regime agevolativo che consente di detassare i ricavi generati dall’utilizzo di proprietà intellettuale e diritti analoghi nella misura massima del 90 per cento. Nic Weber, Senior VAT Manager, Ernst & Young SA, si è invece soffermato sui contributi pubblici relativi al COVID-19, i quali, in basi alla normativa e prassi vigente, sono considerati f lussi di mezzi finanziari. Ne deriva quindi che tali contributi non riducono la deduzione dell’imposta precedente. A titolo esemplificativo, sono considerati contributi COVID-19, i pagamenti, i vantaggi in termini di interessi sui prestiti, le rinunce al rimborso dei prestiti o i condoni dei debiti.
01 Sandro Jaeger, Senior Corporate Tax Manager, Ernst & Young SA, Lugano 02 Martina Viviani, Avvocato, Senior Consultant Digital Law Svizzera, Ernst & Young SA, Lugano 03 Andreas Jaeggi, Avvocato, Director, Head Digital Law Svizzera, Ernst & Young SA, Lugano
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COMUNICAZIONE / DONNE MARKETING E PR
PASSIONE, DETERMINAZIONE, PREPARAZIONE
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empre più spesso le donne si distinguono per il loro ruolo decisionale, la capacità organizzativa, lo sguardo d’insieme e lungimirante, ricoprendo ruoli dirigenziali nelle piccole-medie imprese così come in grandi realtà internazionali. Donne, lavoratrici e mamme, che non hanno rinunciato alla carriera e al riconoscimento del proprio talento. Se non c’è dubbio che attitudine e orientamento all’obiettivo contraddistinguono il ruolo femminile in azienda, per tutte è vivo il desiderio di essere autonome, il fatto di fare quello che sognavano e la voglia di affermazione, personale e professionale. Da sempre considerate – per eredità biologica, culturale e sociale - detentrici della capacità di costruire, curare e difendere le relazioni, le donne sanno comunicare. E se fare Marketing signi-
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fica individuare e sviluppare una specifica identità, portandola ad essere conosciuta e apprezzata dagli altri, il canale che esso utilizza per trasmettere i propri messaggi è quello della Comunicazione. Intrinsecamente legati, marketing e comunicazione si sostengono a vicenda: senza la comunicazione, il marketing non avrebbe la forza di trasmettere al mercato i propri messaggi e senza il marketing, la comunicazione trasmetterebbe al mercato dei messaggi che non hanno una propria strategia. La presenza delle donne nei vari ambiti di questi settori, e soprattutto ai vertici della piramide dei media, è andata negli ultimi anni sempre aumentando, fino quasi a raggiungere quella maschile. Questo chiaramente ha avuto interessanti ripercussioni non solo sulla qualità dei prodotti offerti, ma
anche e soprattutto sulle strategie adottate e sulla qualità dell’organizzazione del lavoro. Le donne che ricoprono ruoli di Marketing Manager o Communication Director sono uno zoccolo duro in continua crescita. Dal punto di vista professionale le donne in genere sono più organizzate, per l’abitudine che hanno di adeguarsi alle varie situazioni. Sicuramente impegnativo risulta il fatto di conciliare vita privata e vita lavorativa, trovando un equilibrio che consenta di dedicarsi al lavoro, ma anche di occuparsi di sé stessa, delle sue altre passioni o della famiglia. Proprio nel fatto di essere una donna non negando la propria natura, risiede la chiave del successo raggiunto con passione, determinazione e perseveranza, oltre naturalmente all’esperienza e ad una buona formazione.
COMUNICAZIONE / DONNE MARKETING E PR
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
GABRIELA COTTI MUSIO (G.C.M.) Responsabile Comunicazione Regione Ticino, Credit Suisse SA
ANGELA PIRONDINI (A.P.) Ticino Region Marketing Lead, Deloitte SA
CECILIA BRENNI (C.B.) Responsabile comunicazione istituzionale & PR, Ticino Turismo
SILVIA MISITI (S.M.) Head of Corporate Communication & CSR, IBSA Institut Biochimique SA
MONICA BRANCATO GLIOZZI (M.B.G.) Capo Servizio Marketing Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi SA
DANIELA GUGLIOTTA BAGAIAN Marketing Director di Lugano Region
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acendo riferimento alla sua specifica esperienza quali sono state le tappe che l’hanno portata ad occupare un posto di responsabilità all’interno della sua azienda?
cumulato esperienza in diversi altri ambiti come, per esempio, in quello alberghiero, filantropico e sportivo. Tutte esperienze molto positive che mi hanno permesso di crescere personalmente e professionalmente».
G.C.M.: «Ho iniziato il mio percorso con una formazione bancaria. In seguito, avendo uno spiccato interesse per le attività di marketing e comunicazione, mi sono specializzata in quest’ambito con formazioni mirate in Svizzera e un Executive Master in Science of Communications Management presso l’Università della Svizzera italiana. Dal lato operativo ho ac-
A.P.: «Sono molto orgogliosa di essere parte della mia azienda, mi sento rappresentata nei valori etici e professionali. Deloitte è un’impresa dinamica, che riconosce i propri talenti, e offre numerose opportunità di crescita, con un’attenzione particolare alla salute dei collaboratori e alla vita privata. Siamo la principale società di revisione e
FRANCESCA SGROI (F.S.) Responsabile vendita e marketing Amag First SA, Porsche Ticino - Centro Porsche Lugano
consulenza al mondo e in Svizzera, negli ultimi 10 anni, abbiamo “scritto” una storia di crescita eccezionale. Ho avuto la fortuna di avere vissuto questa storia unica e questo mi ha permesso di cogliere al volo, senza esitazione, le varie opportunità che man mano si sono presentate. Ho acquisito conoscenze e competenze in parecchi ambiti, incontrato sulla mia strada professionisti di alto livello a cui ho cercato di “rubare l’arte”. Amo le sfide, mi sono impegnata con tanta passione ed entusiasmo, e sono stata riconosciuta. Deloitte mi ha sostenuto in questo percorso, con formazione specifica e continua, coaching e condivisione di TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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COMUNICAZIONE / DONNE MARKETING E PR
preziose esperienze. Oggi sono responsabile marketing della regione Ticino e responsabile marketing Svizzera del nostro dipartimento dedicato al settore pubblico. E sono moglie e mamma felice, questo grazie anche alla mia azienda, che mi permette di conciliare l’impegno professionale con la vita privata in un connubio praticamente perfetto». C.B.: «Nel mio caso è stata fondamentale l’esperienza giornalistica. Subito dopo l’università ho iniziato a lavorare al Giornale del Popolo dove per sette anni mi sono occupata soprattutto di cronaca cantonale. Il lavoro di redazione in un quotidiano è una delle migliori “palestre” per un neolaureato. Si impara a conoscere diversi dossier, a relazionarsi con politici e vari interlocutori e a essere rapidi nell’esecuzione in un contesto dove il tempo scorre molto veloce. Inoltre, occorre essere sempre pronti ai cambiamenti dell’ultimo minuto, con un’unica certezza: la pagina deve essere ultimata entro sera. Per il ruolo che ricopro oggi si cercava proprio qualcuno che conoscesse i media locali e svizzeri e le dinamiche della cronaca istituzionale. In seguito, per perfezionare le competenze in ambito di strategie PR, ho conseguito un post-diploma in Management della comunicazione». F.S.: «Fin da piccola il mio desiderio era quello di lavorare in ufficio: non chiedetemi perché, ma ricordo che giocavano spesso dietro una scrivania. Lavorando in fiduciaria mi sono appassionata alla contabilità e ho intrapreso il percorso di Specialista in Finanza e Contabilità, un lavoro lineare e preciso. Come accade spesso, però, crescendo e vivendo nuove esperienze – sia lavorative che di vita - il mio carattere è cambiato e sono diventata sem-
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pre più creativa ed espansiva. Una volta “scoperto” questo lato del mio carattere ho riflettuto su ciò che sarei voluta diventare ed ho capito che quello che facevo non si sposava più con il mio modo di essere. Decisi così di cambiare lavoro, ma per farlo nel migliore dei modi ho voluto investire sulla mia crescita professionale. Mi sono quindi iscritta ad un master, l’EMBA presso la SUPSI…e non avrei potuto fare scelta migliore! Intraprendendo questo percorso mi sono infatti avvicinata al mondo del marketing, della comunicazione e delle relazioni pubbliche, che mi hanno da subito coinvolta ed appassionata. Concluso questo percorso sono quindi entrata a far parte del team del Centro Porsche Lugano come responsabile vendita e marketing: il Direttore dei Centri Porsche Ticino, Ivan Jacoma, credeva che una donna potesse coprire al meglio questa posizione in un ambiente prettamente maschile. Per me questo ha rappresentato sicuramente una grande sfida, ma anche l’inizio di un percorso lavorativo che mi sta portando enormi soddisfazioni! Amo imparare ogni giorno cose nuove e sono convinta di avere ancora molta strada da percorrere, ma la passione, l’ambizione, la perseveranza, la resilienza e l’umiltà mi spingono ogni giorno a migliorarmi». S.M.: «La mia esperienza in IBSA è piuttosto recente. Come formazione sono un medico ricercatore universitario e fino a 10 anni fa ho lavorato all’università sia come professore che come scienziato in laboratorio con crescenti responsabilità. Ad un certo punto della mia vita ho voluto vedere cosa ci fosse dall’altra parte, nel mondo privato e la IBSA mi ha permesso di sviluppare al suo interno diversi progetti con la Fondazione IBSA per la ricerca scientifica che ho molto a cuore e poi di
occuparmi anche della comunicazione aziendale e della responsabilità sociale dell’azienda. Quindi sono stati tutti passaggi molto graduali a responsabilità crescenti». M.B.G.: «La prima tappa è indubbiamente rappresentata dalla scelta di un percorso accademico in ambito economico che mi ha permesso di acquisire conoscenze e competenze approfondite nell’area del management aziendale. Il mio percorso lavorativo è iniziato nell’ambito della consulenza aziendale, consentendomi di operare in svariati ambiti e di conoscere molteplici realtà aziendali ed istituzionali. L’esperienza maturata e la passione per il marketing e la comunicazione, emersa già durante gli studi universitari, mi hanno permesso di acquisire nel 2011 il ruolo di Responsabile Marketing della Comunità tariffale Arcobaleno e di giungere, nel 2018, a ricoprire la funzione di Capo Servizio Marketing per le Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi. Un percorso di crescita nel quale, come donna, ho dovuto conciliare il ruolo di moglie e mamma. Un percorso che non ritengo ancora concluso e che auspico possa progredire ulteriormente permettendomi di avere un ruolo di ancora maggiore responsabilità all’interno della mia azienda». Si ritiene – a torto o a ragione – che il Marketing e le PR siano settori aziendali in cui le donne hanno modo di esprimere al meglio le proprie competenze. Condivide questa affermazione e perché? G.C.M.: «Diversi studi hanno confermato che le donne preferiscono attività nelle quali sono coinvolte persone, mentre gli uomini preferiscono invece attività in relazione ad oggetti. Al di là di questo, secondo
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me, una donna o un uomo può esprimersi al meglio in qualsiasi ruolo per il quale ha le necessarie competenze e soprattutto grande passione, interesse, curiosità e motivazione». A.P.: «Credo che questa affermazione sia il frutto di un retaggio culturale. Vero che in questo ambito sono professionalmente attive molte donne, ma altrettanto vero che si ritrovano diversi professionisti uomini, ugualmente validi. Mi piace inoltre ricordare tutte le donne che con grande successo hanno intrapreso la carriera in svariati ambiti professionali, anche quelli in passato di dominio prettamente maschile. Le competenze prescindono da distinzioni di genere e la diversity è una ricchezza in ogni ambito, per questo va riconosciuta e valorizzata. Sono convinta che, oltre alle competenze che si acquisiscono sui libri e con l’esperienza, siano anche passione, criticità, dedizione ed etica per la propria professione a fare la differenza e che questo sia apprezzato da chi collabora con noi, siano essi clienti, collaboratori o datori di lavoro. Questo è il mio vissuto quotidiano». C.B.: «La condivido in parte. Sicuramente si tratta di un settore in cui le competenze comunicative, relazionali e redazionali giocano un ruolo importante. Molte donne dispongono di queste caratteristiche e dunque trovano, nell’ambito del marketing e della comunicazione, una dimensione giusta per loro. Ma, come sappiamo, le donne si sono affermate in tutti gli ambiti – dalla scienza alla tecnologia, dalla medicina alla finanza – e quindi pare riduttivo associare un sesso a specifiche competenze. Allo stesso modo, nei lavori che ruotano attorno alla comunicazione, vediamo spesso anche gli uomini eccellere».
F.S.: «Credo che tutti abbiamo un lato “femminile” più o meno sviluppato. Ognuno di noi, a modo suo, è caratterizzato da empatia, sensibilità e creatività. Per lavorare in questo settore sono tutte caratteristiche fondamentali e non bisogna necessariamente essere donne per possederle – come del resto non è necessario essere uomini per essere carismatici, decisi e avere la capacità di osare. Sicuramente, possiamo ammettere che i ruoli culturalmente attribuiti alla donna nella storia – come ad esempio, il prendersi cura della famiglia e della casa – abbiano avuto un ruolo nel favorire lo sviluppo di doti comunicative, relazionali e di attenzione al dettaglio nel genere femminile. Questo potrebbe in qualche modo rendere le donne più portate a professioni legate alla comunicazione. Certamente, con l’emancipazione della donna la situazione è sostanzialmente cambiata. Il fatto però di essere cresciute con famiglie con questo tipo di cultura ci ha trasmesso valori importanti che cercheremo sempre di rispettare e trasmettere al nostro prossimo. Tengo comunque a rimarcare che oggi, essere donna o uomo non è più un fattore preponderante come un tempo: oggi le cose davvero importanti per aver successo nel mondo del lavoro sono la voglia di fare, la predisposizione ad imparare, il desiderio di mettersi continuamente alla prova e la passione che riusciamo a trasmettere ogni giorno nella nostra attività, indipendentemente dal genere». S.M.: «Le donne, senza voler essere troppo generici, hanno una grande capacità a lavorare per obiettivi, ad essere multitasking e ad essere resistenti. Hanno durante la loro vita l’organizzazione nella testa. Il Marketing e le PR sono settori dove si possono sviluppare nuove e coraggiose
idee, ma direi che in ogni settore aziendale, commerciale, ricerca, human resources, legale, le donne possono e devono essere portate ad avere posizioni di maggiore responsabilità». M.B.G.: «Non condivido questa affermazione. Il luogo comune delle professioni tipicamente femminili e maschili deve essere, a mio avviso, superato. Nella mia azienda, ne ho la prova evidente ogni qualvolta incontro le colleghe alla guida dei nostri mastodontici bus. Le doti per avere successo nell’ambito del marketing vanno ricercate altrove e, in particolare, nel “saper essere” oltre che nel “saper fare”: creatività, diplomazia, intraprendenza, innovatività, apertura mentale, propositività, doti organizzative e capacità analitiche… intuizione. Solo per citare alcune doti a mio avviso indispensabili». Il Marketing costituisce un settore dove la digitalizzazione sta rivoluzionando radicalmente tecniche e conoscenze. Un’opportunità o un ostacolo in più da superare? G.C.M.: «Una grande opportunità! Basti pensare all’importanza degli eventi virtuali in un periodo ricco di sfide come quello pandemico. Grazie alle varie piattaforme online è stato possibile continuare a organizzare eventi in pieno lockdown, consentendoci di restare in contatto con clienti e collaboratori. Tutto ciò sarebbe stato impensabile 20 anni fa. Inoltre, nel marketing la gestione di banche dati tramite intelligenza artificiale sta portando benefici, permettendo di individuare in tempo reale i prodotti più o meno venduti, le tendenze future e in modo sempre più preciso le preferenze e le esigenze dei consumatori. La maggiore sfida della digitalizzazione è rappresentata dai crimini informatici. In TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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COMUNICAZIONE / DONNE MARKETING E PR
quest’ambito l’anello più debole della catena resta la persona: un attimo di distrazione, una password troppo semplice o scritta da qualche parte e l’intrusione nel sistema diventa purtroppo possibile con tutte le conseguenze del caso». A.P.: «La digitalizzazione rappresenta senza dubbio un’opportunità di progresso anche nel marketing. Offre delle risorse inestimabili per comprendere ancora meglio i nostri mercati di riferimento e raggiungerli in maniera sempre più efficace. Ma questo non significa mettere da parte il marketing tradizionale, che va invece integrato con il marketing digitale, in un mix bilanciato. La vera sfida della digitalizzazione, insita in qualsiasi cambiamento, come ci insegna la storia, consiste piuttosto nella conoscenza, in questo caso nell’acquisizione di nuove competenze, ma questo è un aspetto per me stimolante. Importante essere aperti al nuovo, cosa peraltro fondamentale nella nostra professione». C.B.: «Senz’altro un’opportunità. Siamo passati da un’epoca in cui si lavorava “anche” sui canali digitali, a un’altra dove queste piattaforme sono diventate le colonne portanti di tutte le attività. In ambito turistico, ad esempio, la digitalizzazione sta permettendo al marketing di essere molto più incisivo ed efficace. Disponiamo di molte più informazioni rispetto al passato sui nostri visitatori e questo ci permette di selezionare meglio target e canali, risparmiando risorse. Questo vale anche per le PR che in origine avevano come mezzo di comunicazione principalmente i media tradizionali mentre oggi si sono adeguate ai nuovi contesti digitali, alle nuove dinamiche ed ai nuovi interlocutori utili al successo dell’impresa».
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F.S.: «Ciò che è nuovo spesso spaventa, ma porta anche grandi opportunità. La digitalizzazione ha trasformato il marketing territoriale in una realtà mondiale: internet e i social network, ci aiutano a farci conoscere in tutto il mondo in modo sempre più rapido e pervasivo. È però necessario prestare attenzione a questa visibilità amplificata, perché quest’ultima moltiplica anche la possibilità di commettere errori e di farsi trarre in inganno da informazioni false o non verificate. La digitalizzazione è sicuramente un’opportunità, ma va contestualizzata e applicata rispettando i tempi di assimilazione della propria clientela. Questo è possibile solo confrontandosi e mantenendo un contatto costante con le persone che si affidano alla qualità del nostro servizio. È proprio per questo che noi dei Centri Porsche teniamo molto ad organizzare eventi: ci permette di mantenere questo filo diretto con i nostri clienti, di prenderci cura di loro e di trasmettere loro emozioni. Direi quindi che non bisogna temere il cambiamento, anzi! Secondo me il segreto è non lasciarsi impressionare (in positivo o in negativo), ma saper valutare con lucidità e realismo come accogliere le novità e utilizzarle per cambiare la propria attività in meglio. È un po’ come quando ci si appresta a correre una gara automobilistica: scaldare il motore e preparare la vettura è certamente importantissimo, ma sono il sangue freddo e la lucidità durante la corsa che permettono ai grandi piloti di vincere… e ogni riferimento a Porsche è ovviamente casuale!». S.M.: La digitalizzazione non divide per generi, ma al limite per età. Ritengo che le donne anche in questo possano svolgere un ruolo determinante. Se vediamo le percentuali di ingegneri informatici donne che attualmente sfornano le università principali europei si resta basiti dalla straordina-
ria crescita della percentuale di donne che si laureano e vengono assunte nelle aziende con ruoli di crescente responsabilità, sia nel marketing digitale sia nei reparti informatici delle corporation. Non dobbiamo farci spaventare dalla digitalizzazione, ogni passaggio è impegnativo, richiede studio, un cambio di abitudini e flessibilità mentale, ma al contempo da delle possibilità sempre nuove di fare cose straordinarie e flessibili. Se le aziende non si fossero digitalizzate (predisposte alla digitalizzazione) durante questi mesi di lockdown e telelavoro sarebbero andate in crisi mentre l’hanno tutto sommato ben sopportato e ora possono applicare al loro interno anche nuovi format». M.B.G.: «La digitalizzazione rappresenta una grandissima opportunità a patto che si sia disposti a restare costantemente al passo con i tempi. Tecniche e conoscenze sono mutate radicalmente così come sono cambiate le dinamiche di interazione con il mercato. L’informazione e la comunicazione sono più immediate e globali. La conoscenza del mercato è più approfondita e la possibilità di dialogare in modo mirato con i diversi segmenti di mercato offre opportunità sempre maggiori. La digitalizzazione permette inoltre di sviluppare sinergie ancor più strette con i partner strategici. Per la promozione turistica della Ferrovia delle Centovalli, l’interazione continua con i partner del mondo turistico ticinese e svizzero, soprattutto nei canali digitali e tramite i social media, sono ad esempio un fattore critico di successo determinante per le nostre campagne di comunicazione». Sono passati soltanto 50 anni da quando le donne svizzere hanno iniziato ad avere riconosciuto un ruolo politico e sociale. A che punto siamo dal punto di vista dei risultati ottenuti e quanta strada resta da percorrere?
COMUNICAZIONE / DONNE MARKETING E PR
G.C.M.: «Da un lato i risultati concreti ci sono, per esempio la presenza femminile media nei consigli d’amministrazione aziendali in Svizzera è oggi pari al 25,5% rispetto al 14,9% del 2015 e la quota femminile in parlamento è del 40%, ossia nettamente superiore a quella degli Stati Uniti e di molti paesi europei. C’è ancora margine di miglioramento. Di fatto oggi le donne assumono ancora la maggior parte dei compiti domestici e di cura dei figli, spingendole spesso a scegliere attività a tempo parziale. Per cambiare i tradizionali modelli di ruolo e ridurre i pregiudizi cognitivi ci vuole tempo. Un esempio positivo che vorrei citare riguarda proprio l’eliminazione di pregiudizi: molte orchestre hanno deciso di condurre le audizioni di nuovi musicisti dietro a un telone. In questo modo, chi decide non vede il musicista, ma sente unicamente la musica. Grazie a questo processo le decisioni sono prese unicamente in base alla bravura del musicista e ciò ha portato a un aumento significativo delle donne nelle orchestre». A.P.: «A guardarsi indietro, impressiona vedere quanta strada sia stata percorsa in così poco tempo. Ed è bello vedere come oggi ci si impegni per proseguire in questa direzione dove sono certa matureranno altri frutti. Sento che c’è l’impegno da parte di tutte le istanze affinché questo sia reso possibile e c’è sempre più riconoscimento del ruolo della donna in tutti gli ambiti, professionali e non. L’unico rischio che vedo è quello delle forzature, perché pregiudicherebbe la genuinità dello slancio e degli intenti che finora hanno trovato riscontri positivi». C.B.: «Quando si parla del lungo cammino verso il suffragio femminile in Svizzera, sembra di par-
lare di un’altra epoca. Mi sorprende sempre pensare che mia mamma, e le donne della sua generazione, sono state tra le prime a poter esercitare un diritto fondamentale come quello di voto. Dal 1971 a oggi molta strada è stata fatta, ma molta resta ancora da compiere. Penso in particolare al divario retributivo che, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), continua a rappresentare una delle ingiustizie sociali più diffuse a livello globale. Secondo uno studio realizzato proprio dall’OIL in 70 nazioni, le donne in media guadagnano il 20 per cento in meno degli uomini. È un tema delicato e insidioso, di cui non si discute ancora abbastanza». F.S.: «Come dicevo, il cambiamento è un’opportunità, ma a volte serve del tempo perché i frutti siano evidenti. Inoltre, la mentalità delle persone cambia con le nuove generazioni e con l’insegnamento che la società trasmette loro. Personalmente, penso che in 50 anni abbiamo fatto passi da gigante: non solo abbiamo quasi raggiunto una quota paritaria in politica tra donne e uomini, ma anche le aziende non sono più così restie nell’affidare a noi donne posizioni importanti e strategiche. Questo non significa che siamo arrivati, anzi: la strada da percorrere è ancora lunga e in molti casi tortuosa, ma in fondo va bene così… se fosse tutto facile la vita ci donerebbe probabilmente qualche soddisfazione in meno e non apprezzeremmo la fatica fatta per raggiungere il traguardo. Oggi sono fiera di aver raggiunto obbiettivi diversi da quelli che pensavo all’inizio e di aver avuto il coraggio di cambiare percorso quando ho sentito che era arrivato il momento di farlo: per me questi traguardi sono davvero importanti e avere l’opportunità di poter raccontare la mia esperienza su questa rivi-
sta mi gratifica molto, sia come donna che come professionista. Voglio quindi ringraziare di cuore chi ha creduto e crede in me, avendomi affidato e continuando a darmi la possibilità di ricoprire un ruolo importante in un settore - quello automobilistico – tradizionalmente maschile. E voglio anche rivolgermi a tutte le donne con un’esortazione: non abbiate paura di mettervi in gioco e puntare in alto. Con la passione, la determinazione e la voglia di fare si può arrivare ovunque!». S.M.: «Parlando della Svizzera italiana, dove la IBSA è parte integrante del territorio mi sembra che dal punto di vista politico siamo ancora indietro. Nel governo del cantone non ci sono donne, non ci sono donne Sindaco nelle principali città del cantone e non mi sembra ci siano particolarmente sviluppi in questo senso. Mi sembra che in questo ci sia ancora tanto, ma tanto da fare. Penso che anche nella politica un’impronta femminile vera, non cioè donne che vogliono fare i maschi, potrebbe produrre un senso di multiculturalità e una diversa dimensione che forse alla politica manca per intraprendere scelte coraggiose». M.B.G.: «Sono caduti alcuni tabù e sono stati raggiunti dei traguardi importanti nell’uguaglianza tra uomini e donne ma la strada da percorre è ancora lunga. Per una donna che decide di avere una famiglia conciliare lavoro e carriera non è ancora scontato ed è spesso un fattore penalizzante per la crescita professionale. La mia sensazione è che si tratti di un percorso a due velocità che, nel caso della donna, subisce una battuta d’arresto quando arrivano i figli, soprattutto se si decide di ridurre la percentuale lavorativa. Non penso tuttavia che si possa generalizzare, molto TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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dipende dal vissuto e dagli obiettivi personali e anche dal contesto extralavorativo. Per quanto mi concerne, nelle realtà aziendali in cui ho operato i ruoli dirigenziali sono sempre stati ad appannaggio degli uomini. Riuscire ad affermarsi in questo contesto non è facile ma amo le sfide e continuerò a seguire la via tracciata in questi anni per poter contribuire al successo della mia azienda e della mia carriera professionale».
IL CONTRIBUTO DI DANIELA GUGLIOTTA BAGAIAN, MARKETING DIRECTOR DI LUGANO REGION. «La passione per la scoperta di nuove culture e nuove nazioni hanno sempre riempito i miei occhi fin da bambina: ricordo in particolare l’emozione che provai quando all’aeroporto vidi per la prima volta decollare un aereo verso il cielo infinito…in quel momento compresi che la mia vita personale e professionale sarebbe stata legata al mondo del turismo. Dopo gli studi, diverse esperienze professionali nel settore dell’hotellerie e una lunga esperienza nel settore turistico e dei viaggi all’estero, ho assunto il ruolo di direttrice Marketing presso Lugano Region. Grazie al mio percorso professionale ed accademico ho potuto maturare diverse esperienze in ambito nazionale ed internazionale, che mi consentono di avere una visione a 360 gradi sul turismo, sia dal punto di vista degli stakeholders che dei visitatori, al fine di contribuire a promuovere e far scoprire la splendida regione del Luganese a chi non ha ancora avuto la fortuna di conoscerne le sue bellezze e le sue peculiarità. Il Marketing richiede creatività, un’attenzione al dettaglio, una sensibilità verso i messaggi, spiccate capacità di relazioni pubbliche oltre a competenze manageriali e flessi-
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bilità cognitive al fine di poter rispondere all’evoluzione della domanda di mercato. Il settore non è quindi differente da altri rami dell’economia, dove il ruolo assunto può dipendere anche dall’affinità e dagli interessi personali. Un aspetto comune a chi lavora nel settore Marketing, in particolare nel settore turistico, è la passione necessaria a trasmettere le emozioni al futuro ospite della destinazione. Soprattutto oggi dove la concorrenza con altre destinazioni nazionali ed internazionali è molto forte, è necessario essere lungimiranti e, pur avendo obiettivi chiari, essere pronti a adattarsi per rimanere competitivi. Fin dagli inizi, il Marketing moderno è stato soggetto agli effetti dell’evoluzione tecnologica che ha modificato il modo di comunicare e di interagire con l’utente finale. Oggi la digitalizzazione dei processi aziendali, la fruibilità delle informazioni, la possibilità di accedere a prodotti e servizi tramite le piattaforme digitali rappresentano un’opportunità per il settore turistico in quanto consentono di avere un approccio più diretto con il consumatore e con l’ospite della destinazione. Similmente la progressiva introduzione di nuove tecno-
logie per interagire con gli utenti offre utili strumenti per poter accompagnare il consumatore durante il suo customer journey, dalla fase di awareness alla decisione di acquisto del servizio o del prodotto. Negli ultimi due anni, a causa della situazione pandemica globale, il processo di digitalizzazione è stato fortemente accelerato e chi ha saputo adattarsi alle nuove esigenze del momento ha potuto beneficiarne. Nello stesso tempo però la digitalizzazione nel Marketing richiede maggiori investimenti e più risorse al fine di rimanere sempre aggiornati, come Lugano Region, che grazie ai canali digitali, i social media e la piattaforma di monitoraggio del sentiment della destinazione Travel Appeal, rimane al passo con i tempi e con le nuove tendenze di mercato. La situazione è chiaramente migliorata e sempre più donne assumono ruoli di responsabilità sia nel settore pubblico che nel settore privato. Sebbene vi siano ancora numerosi stereotipi, c’è una maggiore presa di coscienza delle opportunità professionali offerte alle nuove generazioni e alle giovani donne che scelgono di perseguire con impegno e con determinazione la loro carriera».
«Anch’io mi batto. Per più coraggio». Nina Dimitri Cantante
Il cancro richiede coraggio. Per questo ci battiamo. Motivando le persone colpite e i loro cari a parlarne apertamente e accompagnandole in ogni fase della malattia.
Krebs braucht Mut. Und genau dafür machen wir uns stark. Indem wir Betroffene und Nahestehende motivieren, offen
TURISMO / MONACO-SVIZZERA
IL TICINO SI AFFACCIA SUL MEDITERRANEO
MONTECARLO HA OSPITATO LA PRIMA EDIZIONE DEL MONACO ET SUISSE INVESTMENT FORUM, ORGANIZZATA DA PAOLO CASPANI CON IL SUO TEAM DI BORSA IMMOBILIARE TICINO CHE NASCE DALL’IDEA DI ESPANDERSI SUI MERCATI ESTERI. NELLE INTERVISTE CHE SEGUONO ESPONENTI DI RILIEVO DELL’ECONOMIA E DEL TURISMO SOTTOLINEANO LE OPPORTUNITÀ E LE INIZIATIVE PER INTENSIFICARE LE OCCASIONI DI SCAMBIO TRA I DUE PAESI
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l prestigioso Yacht Club de Monaco, affacciato in una splendida posizione sul porto della città, è stato lo scorso ottobre la sede di un incontro che, nella volontà degli organizzatori ha rappresentato una straordinaria opportunità per il rilancio delle attività di aziende, imprenditori e investitori che da sempre vedono nello Swissmade un sinonimo di altissima qualità. Oltre a questo, il valore aggiunto che
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può offrire il Ticino è quello del turismo e delle numerose occasioni di business legate alla valorizzazione di un territorio che ha molto da offrire sotto tutti i punti di vista. L’ambiente raffinato dello Yacht Club, location esclusiva e inserita in un contesto di grande eleganza, ha avvicinato gli espositori ad un pubblico di standing elevato e sicuramente interessato alle proposte del Cantone. Il Monaco et Suisse Investment Forum, che si è tenuto con il patrocinio del MEB (acronimo di Monaco Economic Board – Direzione Sviluppo Economico del Principato) e del Cantone Ticino con le sue principali città, ha visto la partecipazione di 12 aziende ticinesi e 12 monegasche. La manifestazione è stata l’occasione per mostrare tendenze immobiliari, stili, turismo, sostenibilità e altri temi legati al “futuro verde”. Durante la giornata si sono tenuti incontri mirati e la presentazioni di vari servizi e progetti. È già prevista la seconda edizione nel corso dell’autunno 2022.
Just Highman, Vice direttore generale del Monaco Economic Board (www.meb.mc) Il Principato di Monaco e la Svizzera hanno sempre mantenuto buone relazioni economiche e culturali. In quale contesto come si colloca, dopo la pandemia, questo Forum? «Le relazioni sono effettivamente molto buone da molto tempo, soprattutto perché i due Paesi condividono un certo numero di valori come il rigore, l’eccellenza, o ancora, la stabilità. Inoltre, la comunità di residenti svizzeri è una delle più importanti nel Principato, il che favorisce numerosi scambi bilaterali. Con la riapertura delle frontiere dopo la pandemia, gli svizzeri sono stati tra i primi a tornare a Monaco, e altrettanto si è verificato in senso opposto. La ripresa delle relazioni è stata quindi rapida e lo dimostra lo svolgimento di questo Forum».
TURISMO / MONACO-SVIZZERA
Quali sono i principali obiettivi raggiunti attraverso questo evento che ha riunito personalità della finanza e dell’economia operante nei due Paesi? «Monaco e la Svizzera godono di giurisdizioni sicure per le imprese e beneficiano di argomenti solidi per attirare i talenti e rafforzare così il loro dinamismo economico, pur conservando un’identità propria. Si possono quindi prevedere numerose sinergie. In quanto entità incaricata dello sviluppo delle imprese monegasche e della promozione della località a livello internazionale, abbiamo la vocazione a partecipare a questo tipo di eventi per creare nuove opportunità e partecipare alla diffusione del Principato». Quali iniziative occorre promuovere per incentivare maggiormente gli investimenti in progetti di interesse comune per la Svizzera e Monaco? «Come il resto del mondo, Monaco affronta due sfide immense: il cambiamento climatico e l’importanza sempre crescente del digitale in tutti i settori. Sotto l’impulso di S.A.S. il Principe Alberto II, queste due sfide costituiscono priorità nazionali, in particolare con il programma Extended Monaco che ambisce a fare del Principato una smart city all’avanguardia o con il Patto Nazionale, strumento che consente a tutti gli attori del Principato di contribuire, attraverso le proprie azioni, alla transizione energetica del Paese. Partendo da ciò, molte collaborazioni sono da immaginare, e questo Forum è andato in questa direzione, mentre altre iniziative in diversi settori potrebbero vedere la luce». Quali settori economici presentano le opportunità di investimento più interessanti nel Principato di Monaco? «Oltre ai due settori prioritari che beneficiano di fondi dedicati nel quadro del rilancio post-Covid, il settore finanziario, già molto sviluppato, ha ancora un grande potenziale, come ha di-
mostrato KeeSystem, una startup monegasca della wealthTech accelerata nell’incubatore-acceleratore Monacotech, che propone un innovativo strumento digitale di gestione del patrimonio e che ha avuto successo in Svizzera. Potrei anche menzionare la salute o ancora il mercato dell’arte, ma in generale, i settori di nicchia e di eccellenza hanno tutti la vocazione a ispirare nuovi ponti economici tra i due Paesi».
Stefano Rizzi, Direttore della Divisione dell’economia del Cantone Ticino Il Principato di Monaco e la Svizzera mantengono da sempre buoni rapporti sul piano economico e culturale. In quale contesto si colloca, dopo la pandemia, il recente Monaco et Suisse Investment Forum 2021? «Il periodo che abbiamo appena vissuto è stato indubbiamente molto complesso. Ha messo a dura prova le nostre aziende e l’economia intera che però hanno dimostrato una grande capacità di reagire. In questa fase è indispensabile che le nostre aziende sappiano cogliere le opportunità che si presentano e che possono contribuire alla loro ripresa. Una di queste, a mio avviso, risiede proprio nello sviluppo di collaborazioni anche sul piano internazionale.
Costruire dei ponti e sviluppare sinergie al di fuori dei confini nazionali è oggi particolarmente importante. In quest’ottica, quindi, il Monaco et Suisse Investement Forum - i cui promotori da parte ticinese sono gli organizzatori della Borsa Immobiliare Ticino, evento rinomato che si tiene ogni anno a Lugano e che promuove l’incontro tra professionisti del settore immobiliare – è stata un’occasione interessante per favorire l’interazione tra aziende ticinesi e aziende monegasche. Ritengo, infatti, che questi scambi acquisiscono oggi ancor più importanza perché permettono di favorire la messa in rete e di stimolare la nascita di collaborazioni utili al rilancio delle nostre aziende e, di riflesso, della nostra economia». Quali sono i principali obiettivi che vi siete proposti di raggiungere facendo incontrare importanti personaggi della finanza e dell’economia? «Innanzitutto, il Monaco et Suisse Investment Forum è stata un’ottima opportunità per promuovere il settore immobiliare - che gioca un ruolo molto importante per l’economia ticinese - favorendo l’incontro e lo sviluppo di sinergie tra le nostre aziende e le aziende monegasche attive in questo ambito. Gli scambi sono stati molto proficui e possiamo ritenere l’operazione riuscita. Inoltre, la nostra partecipazione ha permesso di favorire la conoscenza reciproca delle nostre due regioni. La nostra presenza all’evento è stata l’occasione per promuovere il Cantone al di fuori dei confini nazionali. In particolare, abbiamo avuto modo di evidenziare i punti di forza della nostra economia e di presentare il Ticino come regione estremamente votata all’innovazione e luogo ideale per lo sviluppo di attività imprenditoriali innovative, grazie anche alle tante aziende all’avanguardia e ai molti istituti di ricerca rinomati presenti sul territorio. Anche il settore turistico è stato messo TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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in luce, con la partecipazione dell’Agenzia Turistica Ticinese. Abbiamo così potuto farci conoscere e valorizzare il Ticino come destinazione economica e turistica». Quali iniziative a livello economico andrebbero promosse per incentivare ulteriormente gli investimenti in progetti di comune interesse? «Durante l’evento abbiamo avuto modo di discutere con i vertici del Monaco Economic Board (MEB) - l’ente preposto alla promozione e allo sviluppo dell’attività economica del Principato – e le riflessioni emerse ci hanno permesso di individuare dei potenziali assi di collaborazione. In particolare, il MEB ci ha fatto parte del loro interesse nello sviluppare collaborazioni in ambito tecnologico. In questo campo il Ticino potrebbe essere molto interessante per Monaco, basti pensare alle numerose eccellenze presenti sul nostro territorio sia nel mondo aziendale, sia in quello accademico. Più specificamente, si potrebbe valutare di sviluppare collaborazioni nelle tecnologie legate al settore del lifestyle tech. Si tratta di un ambito che è cresciuto molto negli ultimi anni in Ticino, grazie anche alla creazione del Lifestyle tech competence centre, che promuove lo sviluppo di sinergie tra aziende e istituti di ricerca nelle tecnologie innovative legate al design, alla salute, ai viaggi, alla moda, all’alimentare e ai media. Proprio in questo senso, stiamo concordando una visita in Ticino da parte del Monaco Economic Board (MEB) volta ad avviare scambi più concreti».
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Guy Antognelli, Direttore del Turismo e dei Congressi nel Principato di Monaco Quali sono i principali punti di forza del turismo monegasco? «Al di là della posizione geografica, idealmente situato tra il mare e la montagna, ad attrarre i nostri visitatori sono la qualità delle infrastrutture e la competenza nell’industria turistica. L’eccellenza del servizio e la diversità di esperienze offerte sono le chiavi di un turismo di lusso del futuro. I recenti cambiamenti apportati al Principato di Monaco come la trasformazione dell’Hotel de Paris e della Place du Casino, la creazione del quartiere Mareterra ne fanno più che mai un luogo dinamico che si reinventa preservando il suo DNA».
Perchè la Svizzera è un interlocutore privilegiato anche nel settore del turismo? «Credo che la clientela svizzera condivida con noi il piacere per le cose belle, avendo a cuore il piacere di condividere delle esperienze ricche in un ambiente sereno. Inoltre, la Svizzera è facilmente raggiungibile sia in macchina che in treno o per via area dall’aeroporto di Nizza Costa Azzura. Monaco è la destinazione ideale per un breve soggiorno di relax, un fine settimana culturale o per celebrare un’occasione speciale. In aggiunta, Svizzera e Monaco hanno molti punti in comune nel modo di affrontare ciò che è il turismo, ponendo l’accento sulla qualità dell’accoglienza, insistendo sul servizio e mettendo un punto d’onore a essere riconosciuti per quello che siamo: destinazioni di lusso internazionali». Quali obiettivi si è inteso raggiungere, in materia di sviluppo delle attività turistiche, con l’organizzazione di questo Forum? «Il turismo d’affari è stato particolarmente colpito dalla crisi sanitaria. Pochi lo sanno ma questo settore rappresenta quasi il 30% dei pernottamenti per gli hotel di Monaco. Durante le estati 2020 e 2021, la clientela (tempo libero) svizzera è aumentata notevolmente nel Principato, dimostrando l’attrattiva della nostra destinazione. Questo Forum è uno dei primi nuovi eventi professionali
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a tenersi a Monaco. Mi sembrava essenziale essere presente per presentare un aspetto diverso del turismo monegasco, luogo ideale di scambio per incontri d’affari. Sappiamo tutti che un ambiente ideale contribuisce al successo degli eventi, ottimizzando i benefici di questi incontri per tutti i partecipanti». Quali opportunità di investimento offre il Principato di Monaco nel settore turistico? «Come sapete, il territorio del Principato è estremamente vincolato e competitivo, soprattutto in questo settore. Si tratta tuttavia di una delle migliori sedi europee per sviluppare nuovi concetti destinati a una clientela mondiale di altissimo livello».
Angelo Trotta, Direttore di Ticino Turismo Qual è, dal punto di vista turistico, l’interesse della Svizzera e, in particolare, del Ticino nei confronti del Principato di Monaco? «Il Principato di Monaco rappresenta una regione interessante per la Svizzera e per il Ticino anche se, beninteso, stiamo parlando di un territorio ristretto e circoscritto: è il secondo Stato più piccolo del mondo dopo la Città del Vaticano. Una delle sue peculiarità
è senz’altro quella di essere un territorio internazionale. Sui circa 40’000 abitanti odierni, infatti, meno di 7’000 sono monegaschi, mentre la parte restante sono residenti stranieri. Attorno al Principato gravitano anche molti svizzeri e ticinesi che hanno aperto delle attività in questa regione o che addirittura vi risiedono. È uno Stato conosciuto in tutto il mondo per il lusso, la moda, la cultura, lo sport e per l’alto potere d’acquisto dei suoi residenti. Per noi si tratta dunque di un bacino molto interessante, di una clientela d’élite. Sia la Svizzera che il Ticino possono vantare un tipo di offerta in linea con questo target, con strutture ricettive e ristoranti d’eccellenza, eventi di livello mondiale ed esperienze uniche ed esclusive». Quali sono le iniziative che avete promosso o che intendete portare avanti nei prossimi mesi per favorire ulteriormente l’interscambio turistico tra i due Paesi? «Abbiamo avuto la possibilità di incontrare, a margine del “Monaco et Suisse Investment Forum”, il direttore di “Turismo e Congressi” di Monaco Guy Antognelli. Ci siamo confrontati, in particolare, sulle sinergie tra i nostri Paesi, sulle affinità e su quanto è stato portato avanti negli ultimi anni dal Principato proprio per attrarre visitatori d’élite. Questo scambio di opinioni per noi è stato importante visto che, proprio di recente, abbiamo iniziato a lavorare in modo mirato sul segmento lusso, che fa parte della Strategia 2030 condivisa anche con le quattro Organizzazioni turistiche regionali. Nel corso del nostro incontro con Guy Antognelli abbiamo già ipotizzato alcune attività di promozione reciproca. Il nostro obiettivo a medio termine è comunque quello di conoscere al meglio il segmento del turismo del lusso: chi sono i clienti del lusso? Cosa cercano in Ticino? Cosa possiamo offrire loro per continuare a essere una destinazione di qualità? In
seguito, potremmo immaginare di dedicare più risorse al settore non solo per promuovere quelle destinazioni che già oggi hanno una vocazione turistica legata al lusso, come Ascona e Lugano, ma anche per lanciare prodotti e servizi turistici innovativi». Quali sono, secondo lei gli elementi più interessanti emersi nel corso del Monaco et Suisse Investment Forum 2021? «L’evento è stato molto importante soprattutto per i numerosi contatti che abbiamo potuto allacciare. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere una parte importante del settore imprenditoriale ticinese che lavora a stretto contatto con il Principato, soprattutto nell’ambito immobiliare. In secondo luogo, il “Monaco et Suisse Investment Forum” ha rappresentato per noi una bella occasione per mettere in vetrina il nostro territorio, e questo anche nell’ottica dell’acquisto di case di vacanza da parte dei monegaschi. Non bisogna dimenticarsi che, quando parliamo di turismo, una fetta importante dei pernottamenti e dell’indotto è generato proprio dalle residenze secondarie. In terzo luogo, la nostra presenza all’evento ha permesso anche di iniziare a pensare a una serie di promozioni incrociate che potrebbero portare in futuro i ticinesi a riscoprire il principato ma anche, e soprattutto, attirare monegaschi da noi».
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TURISMO / NADIA FONTANA LUPI
Ph: © Yuri Catania
UN TURISMO SEMPRE PIÙ SICURO E SOSTENIBILE
L DIRETTRICE DELL’OTR MENDRISIOTTO, NADIA FONTANA LUPI ILLUSTRA GLI SFORZI COMPIUTI DA QUESTO TERRITORIO PER RILANCIARE CON SUCCESSO LE NUMEROSE ATTIVITÀ TURISTICHE.
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e attività economiche e la vita sociale sono pienamente ripartite dopo la pandemia. Come ne esce il settore turistico per quanto riguarda il Ticino e nello specifico il Mendrisiotto? «È chiaro a tutti che il settore turistico ticinese ha riscontrato un grande successo di pubblico nel corso degli ultimi due anni e che questo risultato è fortemente influenzato dalle restrizioni sanitarie e dall’incertezza legate alla pandemia, che hanno trattenuto gli svizzeri in patria e che hanno permesso una rivalutazione delle vacanze in Svizzera. Il Mendrisiotto ha vissuto, come il resto del Cantone, due bellissime stagioni ed ha potuto approfittare della richiesta di vacanze per presentarsi ad un pubblico che ancora non lo conosceva, ma anche per mettere in valore le caratterizzanti di un territorio che ha davvero oggettivamente molto da offrire. Siamo molto felici del fatto che la regione abbia potuto ottenere un buon successo e che quindi l’impegno dei nostri partner e nostro sia stato ripagato».
Come sono cambiate le richieste e le aspettative dei potenziali turisti e come vi siete attrezzati per soddisfarle? «Credo che i cambiamenti principali e davvero sfidanti siano stati quelli relativi alle nuove norme di comportamento, che stanno caratterizzando la quotidianità di ognuno. Sicuramente anche nella nostra regione le strutture che hanno saputo presentarsi come degli ambienti “sicuri” hanno potuto attirare anche nuovi clienti, ma in particolare ritengo che siano state le piccole e medie strutture (molto presenti nella nostra offerta) che hanno goduto di una particolare attenzione rispondendo a una nuova sensibilità, una nuova tendenza. Nella regione sono comunque molti i partner che hanno sviluppato nuove offerte e dedicato particolare attenzione ai dettagli nell’accoglienza, consapevoli del fatto che la situazione specifica rappresenta in sé anche un’ottima occasione di promozione e di fidelizzazione». Quali sono le novità che sono state messe a punto negli ultimi mesi riguardo alla promozione del vostro territorio di riferimento?
Ph: © Triennale di Maroggia
TURISMO / NADIA FONTANA LUPI
«La forte incertezza finanziaria della nostra organizzazione non è certamente una novità e, considerata la particolare situazione del momento, in funzione di un futuro che non sappiamo come evolverà, abbiamo dovuto comunque agire con molto prudenza, perché i margini per noi non sono alti… Nello scorso decennio abbiamo lavorato molto per sviluppare l’offerta, tessere una rete di collaborazione con i partner e sostenerli nello sviluppo delle loro progettazioni. Tra il 2019 e il 2021 si è parlato a livello cantonale e nazionale della nostra regione grazie a progetti come: il riconoscimento UNESCO per le Processioni di Mendrisio (il secondo per la regione con il Monte San Giorgio), l’apertura di strutture particolari come la Locanda San Silvestro e il B&B Chiarina, la ristrutturazione di alcuni alberghi e del Campeggio del San Giorgio, il riposizionamento dell’Hotel Conca Bella e dell’Hotel Coronado, ma anche la realizzazione dell’esposizione I Gatti di Rovio e della triennale d’arte di Maroggia dedicata alla Street Art, e ancora, la co-
stituzione della Società di Gestione dell’albergo del Monte Generoso con la riapertura della Manciana e dell’Ostello di Scudellate e, per finire la realizzazione di un’unità abitativa ecologica alla Bellavista del Monte Generoso chiamata Momò Bellavista che abbiamo inserito nel progetto nazionale di Svizzera Turismo “Million Stars Hotel”. Insomma nulla realizzato sul corto termine, ma molto concretizzato nel giro di qualche mese, frutto del lavoro di molte persone e di anni di lavoro che ora possono essere messi a frutto». Quali iniziative di rilievo si sente di annunciare per la prossima stagione invernale e poi per la primavera 2022? «Tra le iniziative nel 2021 ci sarà ancora il ritorno a Bissone della Crystal Loft quale importante struttura per eventi nei mesi precedenti le festività. Per il 2022 vorremmo poter portare a realizzazione l’itinerario bike denominato “Il Grande Giro del Monte San Giorgio” e vorremmo poter collaborare
all’edizione di molte manifestazioni, tra le quali anche le Processioni della Settimana Santa di Mendrisio. I progetti legati al territorio sono molti, come lo sono anche quelli legati allo sviluppo dell’offerta in generale. Tra questi citerei ancora lo sviluppo delle strutture inserite nel progetto dell’Albergo Diffuso del Monte Generoso che dovrebbe integrare un B&B a Scudellate e la seconda stagione della Momò Bellavista». Quali ulteriori passi sono stati fatti nella prospettiva di un turismo sostenibile e di iniziative per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente? «Un’organizzazione turistica da sola può fare ben poco, ma ci stiamo comunque organizzando per allinearci a Ticino Turismo e alle altre OTR nell’ambito del progetto nazionale SWISSTAINABLE. Quello su cui ci siamo sempre impegnati e vorremmo continuare ad impegnarci è la collaborazione e la ricerca di sinergie con i partner della regione per aumentare l’efficienza e diminuire impegno, costi ed anche impatto». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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TURISMO / SAMANTHA MARTINELLI E MONICA BESOMI
SAMANTHA MARTINELLI, VICEDIRETTRICE DAL 2018 E MONICA BESOMI, HEAD OF SALES & MARKETING E CO-VICEDIRETTRICE DA GENNAIO 2022 PRESSO LA FERROVIA MONTE GENEROSO, RACCONTANO LA LORO ESPERIENZA ALL’INTERNO DI UN AMBIENTE PROFESSIONALE, DOVE LE DONNE HANNO UN RUOLO PREDOMINANTE, E ILLUSTRANO I PRINCIPALI ELEMENTI DI UNA STRATEGIA CHE HA FATTO DELLA SOSTENIBILITÀ IL SUO PUNTO DI FORZA.
LA SOSTENIBILITÀ È UNA PAROLA DECLINATA AL FEMMINILE
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hiediamo a Samantha Martinelli, Vicedirettrice della Ferrovia Monte Generoso dal 2018:
Nell’organigramma della FMG si registra una quota rosa molto significativa. Che cosa implica essere donne in un ambito che è, o comunque è percepito, come prettamente maschile? «Credo si possa davvero dire che “quote rosa” o “parità di genere” sono concetti che all’interno della Ferrovia Monte Generoso hanno trovato già da tempo piena attuazione. Grazie al Percento culturale Migros, la FMG offre lavoro a circa 70 collaboratori (a tem-
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po pieno e part-time), con una media del 45% d’occupazione di donne presenti in tutti i reparti, gli uffici, il Fiore di pietra e il Camping Monte Generoso. Abbiamo collaboratori che sono con noi da ben 25 anni, tra cui una collega che è vicina alla soglia dei 30 anni di servizio. La Ferrovia Monte Generoso offre un ambiente di lavoro professionale, stimolante e sempre pronto ad accogliere nuove sfide e orientato al raggiungimento degli obiettivi. La parola d’ordine è, dunque, riuscire ad utilizzare al meglio tutte le sinergie, dando vita a un lavoro di squadra, così da mettere in pratica l’esperienza, la creatività e il coinvolgimento di tutti i collaboratori.
Qual è lo specifico patrimonio di competenze e sensibilità che le donne possono apportare in un ambiente di lavoro e come si esprime il ‘tocco femminile’ del management della FMG? «Un cambio di cultura richiede tempo e pazienza per compiersi e concretizzarsi a lungo termine. Essere donna implica sicuramente uno sforzo maggiore, per la necessità di conciliare l’attività professionale con la vita privata e familiare. Dopo 40 anni dall’approvazione di una normativa che sancisce l’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini in Svizzera, possiamo dire che sono stati fatti molti progressi. Durante gli ultimi 20 anni, la FMG ha dato molta importanza e dimostrato sensibilità nei confronti della crescita professionale delle donne, sostenendo la loro integrazione in quelle professioni e funzioni che in generale si riteneva essere prettamente riservate ai soli uomini: si pensi per esempio al ruolo di macchinista, ma poi soprattutto di responsabili e dirigenti alla guida dei vari settori dell’azienda. La valorizzazione del lavoro femminile si concentra nella cultura organizzativa, individuando soluzioni a favore di una migliore compatibilità tra lavoro e famiglia e non solo. La tecnologia, inoltre, consente di creare molte opportunità di crescita professionale, senza ostacolare la carriera femminile».
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Quale ritiene essere il suo personale contributo nel determinare uno stile e un metodo di direzione nella gestione della Ferrovia Monte Generoso? «Sono convinta che le competenze e le esperienze vadano condivise, insieme ai colleghi e naturalmente agli altri dirigenti. La gerarchia è fondamentale ed è sicuramente importante per l’organizzazione di un’azienda, ma altrettanto importante è il lavoro di squadra. La visione e la filosofia manageriale della FMG è allineata a quella del Gruppo Migros e ci stiamo impegnando molto per determinare e migliorare l’assetto aziendale, riorganizzando e definendo meglio i ruoli e le mansioni di tutti i collaboratori. Le priorità della FMG sono molte, tra cui la sicurezza e la tutela della salute dei collaboratori e dei clienti, la formazione, lo sviluppo professionale, la cultura e la leadership aziendale». È a Monica Besomi, Head of Sales & Marketing e Co-vicedirettrice della FMG da gennaio 2022, che rivolgiamo le seguenti domande: Oggi si parla molto di sostenibilità, cui tuttavia non sempre seguono scelte e pratiche coerenti. Come si sta muovendo invece la FMG riguardo a scelte e iniziative a favore dello sviluppo sostenibile e della difesa dell’ambiente?
«Le iniziative che abbiamo intrapreso in materia di sostenibilità sono numerose e non sono solo una strategia di comunicazione rappresentano bensì una vera e propria scelta strategica per il futuro. Per fare solo un esempio, durante la stagione 2021 abbiamo scelto di convertire i cestini dei rifiuti in vere e proprie stazioni di riciclaggio con PET-Recycling Schweiz. Un’azione che ha richiesto poco sforzo ma ha creato un grande valore aggiunto. È importante sapere, inoltre, che le stazioni di riciclaggio presso la Ferrovia e il Camping Monte Generoso sono state pagate con i fondi raccolti grazie all’adesione all’iniziativa Cause We Care della fondazione svizzera myclimate. Tra le tante novità di questa stagione ‘green’ vi è anche l’invito ai nostri ospiti a pianificare un Digital Detox Day alla riscoperta della vita e delle relazioni reali, esplorando i suoni e gli spazi autentici e non filtrati dallo schermo dei propri smartphone. Ci tengo a citare, inoltre, la mostra installata in vetta per tutta la stagione, intitolata “EveCarcan – Art for the Global Goals”, dedicata appunto ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per la sostenibilità e interpretata da due artiste ticinesi». La responsabilità sociale rappresenta storicamente uno dei valori su cui si fonda e agisce Gruppo Migros. Come si traduce questo assunto nella strategia attuale e futura di FMG?
«Il nostro impegno si applica davvero a 360 gradi, dalla sostenibilità ambientale a quella alimentare, da quella economica a quella sociale, in una cornice straordinaria come la vetta del Monte Generoso. Il tema dello sviluppo sostenibile rappresenta una delle sfide più importanti ed imprescindibili perché richiede il giusto equilibrio tra il progresso sociale, le esigenze di tutti, la tutela dell’ambiente e il fattore finanziario. Il Percento culturale Migros nell’arco di 10 anni, tra il Fiore di pietra firmato dall’architetto Mario Botta e inaugurato nel 2017 e la sostituzione della sovrastruttura ferroviaria (i lavori, previsti in 4 fasi sono iniziati nel 2019), avrà investito oltre 50milioni di franchi nel settore turistico del Mendrisiotto e del Ticino, di cui ben il 90% sono rimasti a beneficio della Regione. D’ora in avanti, una Road Map definita ed articolata guiderà le strategie, le scelte e gli obiettivi dell'azienda. La FMG mira a diventare una destinazione sostenibile a tutti gli effetti, consolidando i progetti a basso impatto, alcuni dei quali già punti di forza del Monte Generoso, come l’escursionismo a piedi o in mountainbike e la raggiungibilità in treno dalla Svizzera e dall’Europa, grazie anche ad AlpTransit. Diventare ‘green e sostenibili’ per noi è molto più che un obiettivo, perché la Migros ha impresso nel suo DNA il concetto di sostenibilità e di sviluppo, riducendo da sempre l’impatto ambientale in ogni settore della sua attività».
01 Da sinistra Monica Besomi (Vicedirettrice) e Samantha Martinelli (Vicedirettrice) 02 Da sinistra Cornelia Limacher (Responsabile della Sicurezza), Valentina Richner (Gerente Camping Monte Generoso), Ivana Trimboli (Macchinista del treno a cremagliera), Simona Nocera (Sous Chef), Samantha Martinelli (Vicedirettrice), Monica Besomi (Vicedirettrice)
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TURISMO / TICINO LAND OF STARS
SI ALZA IL SIPARIO SULL’ECCELLENZA GASTRONOMICA 01
IL 2021 HA VISTO DEI SEGNALI IMPORTANTI DI RIPRESA ANCHE PER QUANTO RIGUARDA IL TURISMO IN TICINO: ECCO LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO CON UNA PARTICOLARE ATTENZIONE AL SETTORE DELL’ENOGASTRONOMIA. DI MARTA LENZI
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estate appena passata sarà certamente ricordata come una delle stagioni più performanti nella storia del turismo ticinese. Per un bilancio definitivo è ancora presto, ma dai risultati positivi occorre ripartire per calibrare l’offerta futura e capitalizzare gli ottimi risultati. Per farlo servono prodotti giusti per turisti giusti. Un anno, il 2021, in cui il Ticino, grazie ai nuovi ristoranti premiati dalla guida Michelin nel Luganese, è diventato anche una delle regioni con più stelle al mondo in rapporto al numero di abitanti. Nove stellati, per un totale di 10 stelle Michelin, sono oggi un patrimonio da valorizzare quindi sempre di più perché permette di attirare turisti altospendenti tutto l’anno e per il quale il progetto di Dany Stauffacher, Ticino Land of Stars, sta
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proseguendo proprio per supportare ed esplorare il mondo enogastronomico stellato: un veicolo di sviluppo regionale e di crescita economica, traino dell’intera filiera turistica. Riflettori puntati sulla ricchezza gastronomica del nostro Ticino grazie anche al premio attribuito lo scorso ottobre alla kermesse S. Pellegrino Sapori Ticino, come miglior evento enogastronomico dell’anno dalla prestigiosa rivista Food&Travel, edizione italiana del magazine internazionale diffuso in 18 Paesi, che si occupa di enogastronomia, viaggi gourmet e turismo di alto profilo. Un premio speciale assegnato durante la serata degli Awards 2021 che si è svolta al San Barbato Resort di Lavello in provincia di Potenza, alla presenza di molte autorità e ed esperti del settore. «Tutto ciò che avreste voluto sapere (e vivere) sul
cibo e non avete osato chiedere: location prestigiose, i più grandi nomi della cucina, una storia lunga 15 anni e costellata di successi e di eventi dedicati al gusto capaci di accontentare ogni palato», questa la motivazione che ha inorgoglito il patron di SPST Dany Stauffacher che ha voluto condividere la gioia con tutti gli attori del territorio ticinese per rendere omaggio al grande lavoro fatto insieme in tutti questi anni e ringraziare tutti gli importanti partners che hanno creduto nel progetto e sostengono la manifestazione da oltre 10 anni come Acqua Panna e San Pellegrino, UBS e Diners Club. Tante stelle, tante eccellenze, tanta qualità, come potrà essere valorizzata tutta questa ricchezza, in un’ottica di promozione turistica? Ne parliamo con Angelo Trotta, Direttore di Ticino Turismo.
TURISMO / TICINO LAND OF STARS
L’
elemento gastronomico è fondamentale nella scelta della destinazione. Avere un numero così importante di ristoranti stellati cambia quindi qualcosa a livello turistico? Le nuove stelle possono avere una ripercussione sul turismo nel nostro cantone? «Assolutamente sì. Un numero importante di ristoranti stellati può determinare dei cambiamenti a livello turistico e le nuove stelle avranno senz’altro una ripercussione su tutto il settore, attirando nuovi target di visitatori che scelgono una destinazione proprio in base alle eccellenze culinarie. Il legame stretto fra enogastronomia e turismo è stato sottolineato di recente anche dall’Organizzazione mondiale del Turismo secondo la quale, cito “il viaggiatore di oggi ha la possibilità di entrare in contatto con la cultura del luogo che sta visitando in un modo più attivo e coinvolgente grazie al medium del cibo”. Inoltre, secondo il Monitor del Turismo svizzero, l’enogastronomia è tra i principali motivi che spingono il turista a scegliere il Ticino come meta per le proprie vacanze. Senza contare che circa il 30% del budget dei visitatori è speso in questo settore. La cultura enogastronomica ticinese, parente stretta di quella lombarda, non ha nulla da invidiare a quelle più rinomate e il fatto che il nostro territorio ha un numero così elevato di ristoranti stellati lo dimostra». Che ruolo ha il turismo di lusso nella strategia di Ticino Turismo? «Proprio di recente abbiamo iniziato a lavorare in modo mirato sul segmento lusso che fa parte della Strategia 2030 (ticino.ch/strategia2030) condivisa anche con le quattro Organizzazioni turistiche regionali. Il nostro obiettivo a medio termine è di mappare nella maniera più dettagliata possibile il segmento. Chi sono i clienti del lusso?
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Cosa cercano in Ticino? Cosa possiamo offrire loro per continuare a essere una destinazione di qualità? In seguito, potremmo immaginare di dedicare più risorse al settore non solo per promuovere quelle destinazioni che già oggi hanno una vocazione turistica legata al lusso, come Ascona e Lugano, ma anche per lanciare prodotti turistici innovativi». Gli studi del Politecnico di Zurigo stimano che soltanto nel 2023 il numero di turisti stranieri tornerà ai livelli pre-pandemici. In tutto questo che ruolo può avere l’enogastronomia? «Continuerà a giocare un ruolo di rilievo, ma occorrerà essere in grado di mantenere se non aumentare la qualità dell’offerta, trovare nuove formule e “sorprendere” di continuo i nostri visitatori. Le organizzazioni turistiche lavorano in stretta collaborazione con il settore enogastronomico. Tra le varie attività per il 2022, abbiamo ad esempio deciso di avviare una collaborazione con Travelize, una start-up romanda che organizza viaggi a sorpresa. La piattaforma funziona così: il turista decide di acquistare il proprio viag-
gio a “scatola chiusa”. Scoprirà la meta del viaggio e le attività connesse solo una volta giunto a destinazione. Questa collaborazione ci darà l’opportunità di creare pacchetti interessanti anche per quanto riguarda l’enogastronomia. Anche Svizzera Turismo si sta muovendo in questa direzione. Ne sono la prova diverse iniziative inedite lanciate di recente come ad esempio il progetto “Tavole imbandite” (tutti i dettagli sul sito di ST). E lo stesso sta facendo la Confederazione che, nell’ambito del programma Innotour, nel 2022 lancerà nuovi progetti per sostenere il settore enogastronomico. Un esempio è lo Swiss Wine Tour che ha l’obiettivo di offrire a tutti i partner svizzeri una migliore visibilità sul mercato enoturistico nazionale e internazionale». Quali sono le nuove strategie, quali sono le attività su cui avete scelto di concentrarvi? «La sfida per la nostra destinazione è quella di presentare e valorizzare in modo efficace l’ampia offerta presente, come pure sviluppare alcuni segmenti con particolare potenziale. In quest’otTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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tica, è stata avviata una collaborazione con l’associazione Guide turistiche della svizzera italiana, con l’obiettivo di rafforzare l’offerta e la promozione dei tour guidati. L’idea è quella di mettere in rete non soltanto i ristoranti, le enoteche e i negozi, ma anche le cantine, i luoghi tipici e “segreti”, per dare vita a un’esperienza davvero unica per il visitatore. Molte proposte sono nate negli ultimi anni, grazie all’encomiabile lavoro svolto da enti e associazioni come Amis da la forcheta, Mendrisiotto Terroir, Amici del Ticino e molti altri. In futuro il dialogo tra organizzazioni turistiche e tutti gli attori del settore verrà intensificato per stimolare e aumentare l’offerta presente sul territorio. Un altro progetto in quest’ambito sarà il “Ticino Gourmet Tour”, iniziativa di Dany Stauffacher che ci vedrà coinvolti. Lo scopo è di dare visibilità alle eccellenze gastronomiche del nostro territorio che si distinguono per ticinesità, autenticità e qualità».
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Di recente avete lanciato anche un progetto per valorizzare le ricette tipiche. Ce ne può parlare? «L’iniziativa riguarda la valorizzazione delle ricette tipiche ticinesi attraverso brevi video e un nuovo ricettario online. Il progetto è condotto da Ticino Turismo in collaborazione con la Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo di Bellinzona. A cadenza mensile vengono diffuse, attraverso vari canali, le ricette dei piatti tradizionali della nostra gastronomia leggermente rivisitati. ll format delle video-ricette si ispira a quello lanciato dal popolare canale “Tasty”: i filmati durano qualche decina di secondi, mostrano le fasi salienti della realizzazione di un piatto assieme a brevi istruzioni testuali. La musica in sottofondo, le inquadrature, il colore degli ingredienti e il montaggio fluido contribuiscono a rendere questi contenuti interessanti e piacevoli.
Oltre alla condivisione mensile dei video sui Social Media e sul sito, abbiamo iniziato una collaborazione con alcuni chef stellati che ci hanno “svelato” alcune loro ricette. In totale, nella sezione ticino.ch/ricette, ne saranno pubblicate oltre 40 in quattro lingue».
01 Angelo Trotta, Direttore di Ticino Turismo 02 Dany Stauffacher, con Giuseppe di Tommaso e Pamela Raeli, sul palco degli Awards 2021 al San Barbato Resort di Lavello per ritirare il premio attribuito a S.Pellegrino Sapori Ticino come miglior evento enogatronomico dell’anno dalla prestigiosa rivista Food&Travel Italia. 03 Dany Stauffacher con il premio Food&Travel che ha condiviso con tutti gli attori del territorio ticinese per rendere omaggio all’importante lavoro svolto nei 15 anni della manifestazione.
TURISMO / TICINO LAND OF STARS
Lorenzo Albrici
Bernard Fournier
Frank Oerthle
Marco Campanella
Rolf Fliegauf
Mattias Roock
Luca Bellanca
Cristian Moreschi
Domenico Ruberto
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TURISMO / FUNICOLARE SAN SALVATORE
APERTI ANCHE D’INVERNO L’ATTIVITÀ REGISTRATA NEGLI SCORSI MESI HA VISTO UN NUMERO STRAORDINARIO DI VISITATORI RECARSI SULLA VETTA DEL MONTE SAN SALVATORE, REGISTRANDO FREQUENZE DA CAPOGIRO PER LA STORICA E OMONIMA FUNICOLARE. E PER LA PROSSIMA STAGIONE INVERNALE SI ANNUNCIA UN INTENSO CALENDARIO DI APERTURE.
Da sinistra Promotori e ospiti: Francesco Markesch (San Salvatore), Casimiro Piazza (Scuola di pittura per disabili), Dany Stauffacher (Anna dai Capelli Corti), Don Emanuele Di Marco (Un cuore a tre ruote), Ivana Sambo (Swisscom) e Felice Pellegrini (San Salvatore).
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a giornata di festa e di porte aperte dello scorso 11 settembre, programmata per sottolineare l’anniversario “130+1anni”, aveva già generato un incredibile successo con gli ospiti che hanno preso d’assalto la vetta e fatto registrare oltre 1500 passaggi in funicolare (con il ricavato da trasporto devoluto in beneficienza). La stagione estiva si è poi chiusa in bellezza domenica 17 ottobre al Ristorante Vetta con la gettonata “raclette a volontà”, riuscita proposta gastronomica baciata da una soleggiata giornata che ha fatto da contorno all’evento, contraddistinto da una significativa presenza di ospiti ticinesi. Subito dopo sono iniziati i pianificati interventi di smontaggio del ponte che sovrasta la linea FFS a Paradiso, spettacolare rimozione cui ha fatto seguito il totale risana-
mento del manufatto che è stato riposizionato sulla linea verso fine novembre. Questo oneroso cantiere ha permesso alla funicolare di soddisfare i requisiti di legge previsti dall’Ufficio Federale dei Trasporti (UFT) ed essere nuovamente in esercizio pronta ad affrontare la sfida invernale che decollerà sabato 4 dicembre. La prima esperienza di destagionalizzazione della destinazione nel 2019 aveva riscosso tanto successo presso gli operatori di settore e molto gradimento da parte della clientela, dimostrando di essere un reale valore aggiunto per l’offerta turistica della regione del Lago di Lugano. «In ottica futura, la destagionalizzazione della destinazione apre nuovi scenari e siamo fiduciosi - dice il direttore Felice Pellegrini – di poter continuare ad essere un’esclusiva offerta in un periodo più tranquillo dal profilo delle opportunità turistiche presenti sul territorio». Dopo la forzata pausa COVID dello scorso anno, ecco dunque che la scelta societaria di estendere ai mesi invernali la possibilità di raggiungere la vetta della montagna, viene riproposta. Oltre alla funicolare, che farà su e giù dal crinale del “Pan di zucchero luganese”, anche i fornelli del Ristorante Vetta funzioneranno a pieno regime sotto la cura dei coniugi Mogliazzi, pronti ad accogliere l’ospite in un luogo di rara bellezza che è diventato un ritrovo fisso per gli amanti della buona tavola. Durante le festività natalizie e di fine anno si potranno organizzare dei banchetti aziendali con delle aperture speciali della struttura, oppure gustare gli allettanti suggerimenti gastronomici il giorno di Natale, Santo Stefano, per il cenone di San Silvestro, il pranzo di Capodanno e per l’Epifania, con menu forfettari compresi di trasporto in funicolare.
RESORT COLLINA D'ORO Hotel, Apartments & SPA
A pochi minuti dal centro di Lugano, circondato da una suggestiva cornice con un panorama d'incanto che spazia dalle Alpi al lago, il Resort Collina d'Oro comprende un Hotel esclusivo con 16 camere doppie e 30 suites, un Centro SPA & Fitness con piscina interna ed esterna, un elegante ristorante e due moderne sale meeting. Completano la struttura numerosi appartamenti con servizi alberghieri, disponibili in vendita e in affitto per brevi o lunghi periodi.
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TURISMO / WIDDER HOTEL
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CONTINUA LA PRESENTAZIONE DEGLI HOTEL AFFILIATI A SWISS DELUXE HOTELS, CHE SONO SINONIMO DI ESCLUSIVITÀ ED ECCELLENZA E CHE DELIZIANO GLI OSPITI DI TUTTO IL MONDO CON LE LORO PROPOSTE LEGATE AL BENESSERE E ALLA GASTRONOMIA DI QUALITÀ. SIA CHE SI TRATTI DI UN WEEK-END ROMANTICO O DI UN SOGGIORNO CON LA FAMIGLIA, È NELLA TRADIZIONE DEGLI SWISS DELUXE HOTELS RIUNIRE LE DIVERSE GENERAZIONI, DANDO AGLI OSPITI UNA SENSAZIONE DI MASSIMA ESCLUSIVITÀ E ACCOGLIENZA. DI PAOLA CHIERICATI
01 Jorg Arnold, General Manager di Widder Hotel
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L’ELEGANZA ARCHITETTONICA INCONTRA IL FASCINO DELLA TRADIZIONE
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i troviamo questa volta nel centro storico di Zurigo, a soli 200 metri dalla Bahnhofstrasse, per una visita con pernottamento al Widder Hotel, grazie all’ospitalità del General manager Jörg Arnold. Costruito su rovine romane e celtiche, l’hotel 5 stelle è costituito da nove case medievali decorate con affreschi risalenti al Quattrocento. Data la rilevanza storica dell’hotel, non c’è da stupirsi che la sua minuziosa trasformazione, diretta dall’architetto svizzero Tilla Theus, sia durata più di dieci anni. Sin dall’inizio la demolizione era fuori discussione essendo le mura e il progetto
all’interno dei monumenti nazionali svizzeri. Originariamente questi edifici erano di proprietà della Gilda dei Macellai, e qui i nobili, i mercanti e gli artigiani esercitavano i loro mestieri nel Medioevo. Ci vollero un decennio e quasi mille professionisti, dagli archeologi agli architetti, per dare vita al Widder Hotel nel 1995. Tilla Theus ha introdotto cromo, acciaio e vetro nelle strutture secolari, integrando con grande maestria le vecchie pareti in pietra e le travi in legno. Lo stile di ogni camera collega il passato, rappresentato dalle originali camere circolari e dai corridoi, che rievocano il pozzo romano ritrovato durante la co-
TURISMO / WIDDER HOTEL
struzione, con la modernità, visibile negli arredi creati da grandi designer come Charles e Ray Eames, Frank Lloyd Wright, Mies van der Rohe, Le Corbusier e Adolf Loos. I dipinti e le sculture posizionati nella hall, nelle camere e nei ristoranti, sono invece di artisti del calibro di Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Alberto Giacometti e fanno parte della collezione privata dell’Hotel. Le 34 spaziose camere e le 15 suite sono lussuosamente arredate e tutte decorate. Il tetto della suite Penthouse offre una vista ampia su tutta la città di Zurigo, sul Lago e sulle Alpi e durante l’estate e l’autunno dell’anno appena trascorso ha ospitato la bubble-suite, una camera da letto aperta sul cielo e immersa nel chiarore delle stelle, grazie al progetto di Svizzera Turismo nominato Millions Stars Hotel. In ciascuna camera è possibile troveare ogni comfort e strumentazioni video e audio di B&O; i bagni sono eleganti e realizzati con materiali preziosi, mentre per chi vuole abbandonarsi tra le braccia di Morfeo, sono disponibili cuscini in piuma e ipoallergenici. Il Widder Hotel offre un centro fitness con attrezzature Technogym e corsi mirati per la clien-
tela, otto ampie sale per banchetti, un museo sulla storia della corporazione dei macellai, una biblioteca e un bar con un vasto assortimento di distillati provenienti da ogni parte del mondo, rinomato nell’ambito del jazz perché ha visto esibirsi star internazionali come Diana Krall e Benny Green. Se si arriva in auto, è disponibile un parcheggio privato a pagamento. Soggiornare al Widder Hotel significa
immergersi in una parte autentica della storia del centro storico di Zurigo, in un’atmosfera calda e accogliente che giustappone il design contemporaneo a un quadro medievale. Questo piccolo e raffinato albergo è ricco di personalità e adatto a persone che amano circondarsi di cose belle. Non a caso appartiene anche al The Living Circle, un gruppo selezionato di hotel e ristoranti situati in luoghi incomparabilmente belli, immersi nella natura e alimentati dai prodotti della natura. Ne fanno parte anche Il Castello del Sole di Ascona con i suoi Terreni alla Maggia. The Living Circle ha stretto una partnership anche con il più grande gruppo di cliniche private in Svizzera, il Hirslanden Private Hospital, per la prevenzione, la medicina altamente specializzata e la riabilitazione.
WIDDER HOTEL Rennweg 7 CH-8001 Zürich T +41 44 224 25 26 www.widderhotel.ch TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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GASTRONOMIA / WIDDER RESTAURANT A ZURIGO
DILISCATURA CERTOSINA PER TRIGLIE STRAORDINARIE
DUE STELLE MICHELIN, CUOCO DELL’ANNO 2021 E 18 PUNTI GAULT&MILLAU: LE PROPOSTE DI STEFAN HEILEMANN SONO UN MIX ECCITANTE TRA LA CUCINA FRANCESE CLASSICA E QUEL TOCCO DI ESOTISMO CHE GLI DERIVA DALLA SUA ESPERIENZA IN THAILANDIA. DI GIACOMO NEWLIN
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autunno e l’inverno sono le stagioni che meglio aprono alla riflessione e ad esperienze più consapevoli, più intense. A Zurigo quel giorno di inizio novembre l’aria non era più fresca ma fredda, pungente. Tuttavia era ugualmente piacevole passeggiare sulla ricca Bahnhofstrasse e ad un certo punto girare sulla Augustinergasse e trovarsi dopo poche deci-
Stefan Heilemann
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ne di metri sulla Widdergasse, di cui l’Hotel e il suo ristorante portano il nome, “Widder” appunto, mentre l’entrata principale si trova accanto, sulla Rennweg, la meta di quel giorno. Erano circa le tre del pomeriggio e l’immaginazione mi portava già verso la cucina di questo prestigioso locale, in cui la brigata, con lo chef in testa, era intenta ai preparativi per la cena: taglio delle verdure, preparazione delle salse, frittura delle chips di patate dolci, diliscatura delle triglie (operazione certosina) ecc. In questa cucina opera Stefan Heilemann, chef tedesco del Baden-Württemberg, persona solare, decisa e nello stesso tempo affabile, che afferma: «La cucina ha molto a che fare con le emozioni e i sentimenti». La cosa mi piace già a prescindere…La sua professionalità scaturisce dalle importanti esperienze fatte, sia in Germania, dal suo insegnante di fama mondiale Harald Wohlfahrt (“Traube Tonbach”, Baiersbronn), sia in Ticino, dove ad esempio è stato a lungo sous-chef al ristorante “Ecco”
al servizio impeccabile del giovanissimo, simpatico e già ben impostato Christian Wunderer, originario dell’Alto Adige. Al bar dell’Hotel Widder la scelta non è facile, dopo che lo sguardo è stato attratto dalla grande parete stracolma di bottiglie, tra whisky, Rum, Gin, Liquori, Amari ecc. ecc., dove anche le rarità sono presenti, e comunque la scelta è caduta sulla “Chartreuse” verde, liquore tradizionale dei monaci cistercensi di Voiron nella Francia meridionale, un rosolio da centellinare senza esagerare. Il ristorante Widder è aperto da mercoledì a sabato alla sera e la domenica a pranzo. dell’Hotel Giardino di Ascona, sotto la guida del bistellato Rolf Fliegauf. Dal giugno 2020 delizia gli ospiti del ristorante Widder con piatti che non si dimenticano, grazie alla ricchezza della ricerca profusa nell’abbinamento degli ingredienti e nella valorizzazione delle loro singole proprietà gustative. Stefan propone piatti alla carta, ma chi desidera un’esperienza gourmet a tutto tondo, ricca e suggestiva, può optare per un menù di quattro, cinque o sei portate, preferibilmente accompagnate da una scelta appropriata di vini, operata con grande competenza dal maître e sommelier Stefano Petta che può avvalersi di una fornitissima cantina. Per l’occasione la scelta ovviamente è caduta sul menù di sei portate, così da avere una panoramica esaustiva delle stupende capacità del nostro cuoco Stefan. Come sempre in questi casi non faccio l’elenco delle portate, anche perché per farsi un’idea della bravura di questo chef e della particolare impronta che ha dato alla sua cucina, possono essere sufficienti i tre piatti seguenti: Tonno Balfego e riccio di mare delle isole Faroe, con frutto della passione, menta, pomelo e caviale Oscietra; Triglia dell’Algarve con finocchio, chorizo e olive taggiasche (diliscatura e cottura magistrale e sapore straordinario); Stefan si esprime così: “I pesci mi danno un sacco di
spazio per una cucina leggera in cui posso impostare accenti eccitanti”; il terzo piatto che vale la pena di citare è la Pernice, con broccoli selvatici, yuzu e salsa “offal” (leggi frattaglie)… piatto portentoso. Certamente il menù si conclude con un paio di dessert del
giovane chef pasticciere André Siedl, già “patissier” dell’anno, dolci che come dice lui stesso devono essere dolci “benessere” e innovativi e fanno onore in chiusura del menù. Prima di lasciare il tavolo per un “after dinner” al bar, un cenno di gratitudine è andato
WIDDER RESTAURANT Rennweg 7 CH-8001 Zürich Tel. +41 (0) 44 224 25 26 www.widderhotel.com TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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GASTRONOMIA / GRANDI CHEF
DONNE IN CUCINA CHE HANNO FATTO LA STORIA IL LAVORO QUOTIDIANO DELLE DONNE IN CUCINA HA DA SEMPRE SOSTENUTO LE TRADIZIONI, MA SONO STATI GLI UOMINI A CONQUISTARE UN RUOLO DI PRIM’ORDINE NEL PALCOSCENICO INTERNAZIONALE. ORA QUALCOSA LENTAMENTE STA CAMBIANDO. DI MARTA LENZI
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Annie Feolde (SPST 2016)
Chiara Pavan (SPST 2021)
Ana Matcher (SPST 2010)
Il quartetto: Ana Ros, Viviana Varese, Cristina Bowerman, Adeline Grattard (SPST 2015)
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Tanja Grandits (SPST 2009)
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utta colpa dei sovrani rinascimentali che vivevano nel terrore di finire avvelenati: i cibi destinati al principe dovevano essere confezionati da mani degne di fiducia, e all’epoca non potevano che essere maschili. Non che nel Medioevo e nel Rinascimento le donne non stessero in cucina: ci stavano, ma non ai fornelli aristocratici. È il 1557 quando viene pubblicato il Libro Novo di Cristoforo Messisbugo dove si legge: «Io non spenderò tempo a descrivere diverse minestre d’hortami o legumi o insegnare di frigere una thenca (…) o simili altre cose, che da qualunque vile femminuccia ottimamente si potriano fare». La cucina vera era roba da uomini. Le donne dovevano limitarsi a bollire gli ortaggi, friggere le tinche e fare la calza. Un paio di secoli dopo la donna debutterà come professionista iniziando a cucinare fuori casa nelle osterie e nelle locande. A fine ‘800, si affermerà nella gastronomia solo con il passaggio dall’aristocrazia alla borghesia. Se le cucine rimangono un regno ancora presidiato dai maschi, i best seller di ricette all’inizio del secolo scorso sono invece per la maggior parte di mani femminile: in Italia, Ada Boni con il suo Talismano della Felicità dal 1929 ha formato intere generazioni di donne di casa. Nello stesso periodo pubblica i suoi ricettari Petronilla, altra presenza immancabile nelle biblioteche culinarie italiane. Nel frattempo era nata la Guida Michelin e la prima donna della storia a ricevere le 3 stelle è stata la francese Eugénie Brazier, definita dal suo allievo Paul Bocuse la più grande cuoca di tutti i tempi, “pilastro della gastronomia mondiale”. Nata poverissima nel 1895, ha scalato il mondo della cucina. Orfana di madre, a 19 anni quando resta incinta e viene cacciata dal padre perché non sposata, si trasferisce a Lione e comincia a lavorare come tata. A 26 anni decide di aprire un
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suo ristorante che conquisterà la critica francese. Dal ’33 al ’39 riceve 6 stelle per i suoi due ristoranti, uno in città e uno in campagna, un traguardo raggiunto da pochi colleghi uomini. Poco dopo la Brazier, a ricevere le 3 stelle è stata Marie Bourgeois a 63 anni, che manterrà l’onorificenza per soli 4 anni, fino alla sua morte nel 1937. A seguire, Marguerite Bise nel 1951, Anne-Sophie Pic nel 2007 e Hélène Darroze nel 2021. A fare loro compagnia sono in Italia la Feolde e la Santini, in Spagna Elena Arzak e in Gran Bretagna Clare Smyth e Dominique Crenn, chef nata in Francia ma cresciuta in America. La Crenn è stata la prima donna americana a ricevere le 2 stelle Michelin, e oggi è la prima donna americana ad averne 3. Ed è stata proprio la doppia promozione della Darroze per The Connaught e di Clare Smyth nell’ultima edizione inglese della guida a portare le cuoche alla ribalta. La donna è sempre stata vista come la madre che sta in casa e che deve accudire i figli. Ancora oggi sono pochissime le donne chef premiate nelle guide, pochissime le donne a capo di brigate. Su oltre 3.300 chef stellati di 28 Paesi del mondo, ci sono solamente 169 donne e appena il 5% del totale tristellate. Un paese come la Francia, dove la ristorazione è tema nazionale, su 616 stellati le donne sono solamente
16, mentre in Italia sono 41. Fortunatamente l’universo femminile dei fornelli è comunque in grande ascesa. Oggi l’Italia è la nazione ad avere più donne stellate al mondo. Tanti nomi, tante differenti personalità. Annie Feolde è stata la prima cuoca italiana, e la quarta al mondo, a ricevere le 3 stelle: nata a Nizza nel 1945, arriva in Italia nel ‘69 a Firenze. Dopo il matrimonio con Giorgio Pinchiorri aprono un’enoteca che nel 1974 trasformano in un vero e proprio ristorante. Nel 1982 la Guida Michelin assegna la prima stella a Enoteca Pinchiorri, l’anno dopo arriva la seconda. Nel 1994 la consacrazione definitiva. 3 stelle anche Nadia Santini con il ristorante Dal Pescatore, a Canneto sull’Oglio, in provincia di Mantova, anche se si fa sempre riferimento piuttosto alla famiglia Santini che a lei in particolare. Altra chef con il massimo riconoscimento è stata Luisa Marelli Valazza. Oggi il suo Ristorante Hotel “Al Sorriso” ha una sola stella, ma resta un luogo storico per la gastronomia italiana, è stata una delle prime autodidatte a conquistare un posto nella Guida Rossa. Apripista della nuova generazione può essere considerata Viviana Varese: la chef di Viva, 1 stella Michelin a Milano, è riuscita a divulgare il messaggio di una cucina elegante e contemporanea, senza scenTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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GASTRONOMIA / GRANDI CHEF
dere a compromessi con nessuno. E ancora Cristina Bowerman, 1 stella al Glass Hostaria di Roma, solo per citarne alcune. Tutte grandi cuoche che hanno partecipato anche a diverse edizioni di S.Pellegrino Sapori Ticino, manifestazione sempre attenta alle novità in cucina e che ha avuto sempre un occhio di riguardo verso le donne, insieme ad altre che stanno facendo la storia a livello europeo, come Ana Roš in Slovenia, 2 stelle nel suo Hiša Franko a Kobarid e Adeline Grattard del Yam’Tcha di Parigi. Chiara Pavan, classe 1985, una stella Michelin del ristorante Venissa di Mazzorbo in provincia di Venezia, lo stesso che ha lanciato anche Antonia Klugmann e Paola Budel, altre cuoche che hanno fatto la storia della gastronomia italiana contemporanea, ha portato e raccontato la sua visione del rapporto tra le donne e la cucina il mese scorso alla serata delle donne di S.Pellegrino Sapori Ticino 2021. In coppia con Francesco Brutto, nella vita e in cucina, ha sviluppato una cucina inclusiva e golosa, d’avanguardia, raffinata e 02
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contemporanea. I piatti della cuoca filosofa, come è stata soprannominata per i suoi studi in filosofia, sono radicati nel territorio ed attenti all’ambiente che la circonda, rielaborati anche con la tecnica della fermentazione. «Stiamo uscendo ora da una società in cui la donna è sempre stata vista come la madre che sta in casa. In questo momento c’è molta attenzione mediatica sulle chef donne, ed è un bene. Molte ragazze, sempre di più, si avventurano con coraggio nella professione, cosa che prima non avveniva. Di donne nella ristorazione ce ne sono parecchie, ma molto poche fanno carriera e diventano chef. Secondo me sono stati fatti passi da gigante all’interno delle cucine: il rispetto che oggi si ha per una donna a capo di un ambiente di lavoro è molto migliorato. Il problema serio che spinge molte donne a rinunciare alla carriera in cucina sono i ritmi del lavoro, spesso ancora estenuanti. La cucina della ristorazione è completamente costruita sul mondo del lavoro e del business, che storicamente sono appannaggio dell’uomo. È proprio questo mo-
dello che dobbiamo superare per trovare la nostra creatività. Poche donne fanno carriera, ma sono più attente al mondo, più sostenibili». Anche in Svizzera la situazione non è molto diversa. Su 122 ristoranti stellati, 2 donne soltanto: Tanja Grandits del ristorante Stucki di Basilea, una dei migliori chef al mondo, nominata “chef dell’anno” della Svizzera nel 2020, premio che aveva già vinto nel 2014, prima donna nella storia e Bernadette Lisibach, 2 stelle Michelin a Lömmenschwil (SG). A fare un grande chef è la sensibilità, a prescindere dal genere. È giusto comunque che la presenza femminile cresca, anche nel campo della ricerca e perfino dell’avanguardia. Perché le donne non portano soltanto la creatività, devono diventare leader attraverso nuove forme di espressione.
01 Piatto by Chiara Pavan 02 Piatto by Luisa Valazza
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GASTRONOMIA / RISTORANTE META
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VIVERE IL VINO AL FEMMINILE
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DI GIORGIA MANTEGAZZA VALENTINA GOBBATO, SOMMELIER 32ENNE DEL RISTORANTE META A PARADISO, È CRESCIUTA CON L’AMORE PER IL VINO FINO A FARLO DIVENTARE LA SUA PROFESSIONE: «È UN MONDO CHE NON FINIRÀ MAI DI SORPRENDERMI».
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ome nasce il tuo amore per il vino? «Sono cresciuta in una famiglia che ha la cultura e la passione per il vino; entrambe le famiglie dei miei nonni, infatti, lo producevano, e da quando sono piccola non ho un ricordo di un pranzo o di una cena senza quest’ultimo sulla no-
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stra tavola. A segnarmi però è stata una delle prime degustazioni a cui ho partecipato, mi chiedevo perché qualcosa poteva piacermi, e qualcosa no. In quel momento ho deciso di iscrivermi al corso per diventare sommelier, che ho terminato nel 2017. Da una semplice curiosità e passione, è diventato alla fine il mio lavoro».
GASTRONOMIA / RISTORANTE META
Come si consiglia un buon vino? «La prima cosa è capire le preferenze di chi hai davanti, ovvero individuare la loro tipologia. Io attualmente lavoro al ristorante META a Paradiso, per me è fondamentale trovare l’abbinamento perfetto tra i piatti che andiamo a servire e le esigenze del cliente. Grazie alla professionalità e partecipazione dello chef Luca Bellanca e di tutto il team, è davvero stimolante studiare il menù e i diversi accostamenti. Mi piace ad esempio proporre vini del luogo, che incuriosiscono i turisti ma anche il cliente abituale, ci sono molte piccole cantine che magari non si conoscono. È stimolante trovare “l’accoppiata perfetta”, perché può trasformare una semplice cena, in una vera e propria esperienza». Come si trova una donna in un mondo prevalentemente maschile? «Sì è vero, spesso si associa la figura del sommelier a quella di un uomo, ma bisogna dire che ora sono sempre di più le donne che intraprendono questa strada. Capita raramente, ma per alcuni clienti, la figura di una gio-
vane sommelier è ancora difficile da capire e accettare, ma sta a noi far comprendere a chi abbiamo davanti le nostre capacità e competenze, riuscendo a stupire le persone in positivo». Che esperienza è stata partecipare ai campionati per la scelta del miglior sommelier svizzero? «È stata un’avventura molto interessante. La cosa bella, al di là del concorso per il quale comunque serve una preparazione di anni che tocca svariati ambiti, è stata poter conoscere tante persone che fanno il tuo stesso lavoro e in diverse zone della Svizzera. La parte più interessante è quindi il confronto che puoi avere con i tuoi colleghi, in un vero e proprio scambio di passioni ed informazioni. È sicuramente un percorso che mi ha fatta crescere e che ripercorrerei». Quali sono le caratteristiche che deve avere un buon sommelier? «Non fermarsi mai, è un mondo talmente vasto che non si finisce mai di imparare. Bisogna essere curiosi, cercare stimoli, partecipare a degu-
stazioni ed eventi per poter continuare ad assaggiare. Leggere è anche un’attività fondamentale, concentrandosi su riviste e libri dedicati. Ci vuole concentrazione e passione, specialmente per quanto riguarda l’abbinamento con i piatti e l’interazione con i clienti». Qual è il tuo vino ideale? «Io dico sempre che non ho un vino preferito, ma di ogni categoria ne ho una tipologia che preferisco. Se si parla di bollicine ad esempio, io sono innamoratissima dello champagne, ma anche qui è un mondo vastissimo, magari scopri anche dei piccoli produttori che propongono diverse etichette molto interessanti. Per quanto riguarda i bianchi, ho una zona di preferenza, ovvero la Loira della Francia e il Piemonte per quanto riguarda i rossi, ma è un mondo che non finisce mai di sorprendermi, chissà che domani le mie preferenze non ricadano su qualcosa di diverso». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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GASTRONOMIA / RISTORANTE DA CANDIDA
COSTANZA ED ECCELLENZA VINCONO SEMPRE
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o chef patron Bernard Fournier apre la porta e accoglie l’ospite con un sorriso premuroso e quando ci accomodiamo nella graziosa e riservata saletta accanto a quella principale, ha voluto esprimersi su Campione: «La chiusura del Casinò per il ristorante non ha costituito un problema in quanto la gran parte dei miei clienti viene soprattutto per la mia cucina, nel medesimo tempo la pandemia l’abbiamo vissuta meglio l’anno scorso, mentre quest’anno è un po’ più difficile, anche se finora siamo riusciti a gestire la situazione con i clienti affezionati». Da Candida ha una lunga storia che risale al 1886, dove in quella che allora si chiamava Trattoria del Salone operava già con successo, una certa signora Candida. Il nome evoca candore e pulizia, quindi è rimasto, e Bernard, francese della Lorena, ha portato questo suo locale ad un livello
Chef Barnard Fournier
A CAMPIONE D’ITALIA, NONOSTANTE LE VICISSITUDINI TUTT’ALTRO CHE TERMINATE, UN RAGGIO DI LUCE E DI SPERANZA EMANA DA QUELL’ELEGANTE “BOUDOIR” CHE È IL RISTORANTE DA CANDIDA. DI GIACOMO NEWLIN
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di eccellenza gastronomica premiato da oltre vent’anni dalla stella Michelin. Con la sua ormai imperdibile cadenza d’oltralpe Bernard illustra agli ospiti un menù che rende omaggio alla sua Francia e tende anche una generosa mano alla mediterraneità italiana, mentre in cucina da parecchi anni è stata riposta piena fiducia allo chef di origini siciliane Giovanni Croce che possiede un invidiabile curriculum professionale. A tavola, per iniziare, abbiamo trovato il mitico “foie gras” declinato in diverse ispirazioni, dal classico col Vino Santo del Trentino a quello al pepe di Sichuan, da quello al tartufo nero a quello in “torchon” al Sauternes ecc., tutti serviti con diverse e deliziose confetture: mela cotogna, mirabelle, percocca, amarena, fichi, mele-peperoni. In seguito non è mancata la dozzina di lumache alla Bourguignonne, mentre le cosce di rana alla provenzale
GASTRONOMIA / RISTORANTE DA CANDIDA
o la cervella di vitello impanata, saranno per un’altra volta. Una piacevole sorpresa è stato poi il risotto al brodo di porcini, servito ricoperto da un mantello di porcini freschi ridotti in lamelle con la mandolina affettatartufi. In seguito è stato servito un “must” del locale, il magret “Mulard” arrosto con terrina di foie gras d’anatra e Marsala. La scelta delle materie prime e la mano felice del talentuoso chef Giovanni Croce hanno reso da manuale questo piatto. Le proposte della carta delle vivande includono ovviamente delle specialità con il pescato, come la bouillabaisse o il “plateau impériale des coquillages”, il rombo con topinambur e aglio nero ecc. Per il dessert la scelta è caduta sulla tradizione francese con la suadente “Tarte Tatin” di mele golden e gelato ai chiodi di garofano. Siccome Bernard Fournier è un maestro del “foie gras”, non per niente ha
alle spalle la scuola alberghiera di Strasburgo, diversi anni fa ha brevettato il marchio “Le Royal Fournier”, sotto il quale produce: cosce d’anatra confit, il magret d’anatra affumicato e naturalmente le varie tipologie di “foie gras”, che per non esagerare, sono le migliori di tutta l’area insubrica. Con le leccornìe fin qui citate è d’uopo scegliere i vini adeguati e Bernard, che sa interpretare bene i gusti dei suoi ospiti, attinge di volta in volta le bottiglie più appropriate con etichette ticinesi, italiane e francesi, per terminare poi in bellezza con un distillato alsaziano di frutta o con un Armagnac d’annata proveniente da quella regione evocativa che si chiama Guascogna. E per chi non lo sapesse l’Armagnac è la più antica acquavite di Francia. Il ristorante “Da Candida” è chiuso il lunedì e martedì a pranzo, mentre è aperto da mercoledì a domenica sia a pranzo che a cena.
RISTORANTE “DA CANDIDA” Viale Marco da Campione 4 IT-22061 Campione d’Italia T. +41 (0) 91 649 75 41 www.dacandida.ch Chef Giovanni Croce
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GASTRONOMIA / TENUTA CASTELLO DI MORCOTE
LA SOSTENIBILITÀ ENTRA NELLA TENUTA CASTELLO DI MORCOTE con orgoglio l’eredità del passato e proiettarla con passione nel futuro. Pioniere in Ticino già da quasi dieci anni nell’abbandono della chimica in vigna, l’obiettivo della Tenuta Castello di Morcote è quello di diventare un riferimento nel panorama vitivinicolo svizzero, abbracciando la scelta della sostenibilità ed il rispetto della terra. Il progetto della nuova cantina è stato concepito per diventare un luogo di accoglienza aperto all’enoturismo di alta qualità, che sia in grado di competere anche con realtà internazionali. Ma anche uno spazio dove poter vivere un’esperienza diretta ed autentica del fare vino, a contatto con la natura e la terra. Due giovani enologhe, Emilie Gerbex e Benedetta Molteni, affiancano Gaby
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ALIMENTATA INTERAMENTE AD ENERGIA SOLARE LA NUOVA CANTINA SPOSA UNA VISIONE DI AGRICOLTURA E VITICOLTURA PROIETTATE VERSO IL FUTURO, GRAZIE ALLA GESTIONE BIOLOGICA CERTIFICATA ED ORA ANCHE BIODINAMICA.
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a storia inizia negli anni ’30 quando Giorgio Paleari, discendente dell’ultimo capitano della fortezza morcotese e nello stesso tempo agronomo e direttore dell’Istituto agrario di Mezzana, piantò le prime barbatelle di Merlot importate dalla Francia sulle terrazze a strapiombo sul lago che circondano il Castello di Morcote. Da allora sono passati quasi cent’anni e oggi Gaby Gianini, alla terza generazione della famiglia, ha saputo raccogliere
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GASTRONOMIA / TENUTA CASTELLO DI MORCOTE
Gianini e la sua squadra in questa nuova avventura della Tenuta Castello di Morcote, dove il vino lo fanno le donne. La Tenuta Castello di Morcote è costituita da 150 ettari incastonati nel paesaggio spettacolare del promontorio dell’Arbostora. Ne fanno parte 12 ha di vigna, di cui 7 a Morcote e gli altri nel mendrisiotto, in gestione biologica e biodinamica, 13 ha di prati secchi dell’alpe Vicania - zona di protezione d’importanza nazionale - un centinaio di ettari di bosco, la cantina di vinificazione ed il Castello di Morcote, costruito nel XV secolo, che svetta a strapiombo sul lago. L’azienda agricola è a conduzione famigliare, la vite è coltivata sulle strette terrazze seguendo i ritmi ed i cicli della natura. La terra è lavorata con estrema attenzione, quasi esclusivamente manualmente in gestione biologica e biodinamica, per rispettare questo peculiare ecosistema. Lo stile dei vini si contraddistingue per la ricerca di armonia ed equilibrio. L’obiettivo è quello di creare vini eleganti, longevi, che sappiano soprattutto esprimere il terroir da cui provengono.
Nel cuore della Tenuta, al centro di un anfiteatro naturale sul quale poggiano le terrazze vitate affacciate sul lago, sorge la cantina, costruita per integrare la nuova zona di vinificazione agli antichi edifici in pietra. È stata scelta un’architettura sostenibile, utilizzando materiali naturali e scegliendo di impiegare energie rinnovabili. Eliminare i combustibili fossili puntando sull’energia solare, è un’altra
scelta fatta per ridurre il più possibile l’impatto dell’azienda sull’ambiente. Utilizzando tecnologie all’avanguardia, le uve vengono vinificate nel modo più naturale possibile, riuscendo così a fondere insieme innovazione e riti ancestrali.
01 Gaby Gianini Ph: © Giorgia Panzera
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GASTRONOMIA / TAMBORINI VINI
UNA CUVÉE STREPITOSA L’AZIENDA VITIVINICOLA A CONDUZIONE FAMIGLIARE TAMBORINI CARLO SA E L’ASSOCIAZIONE SVIZZERA SOMMELIERS PROFESSIONISTI REGIONE SVIZZERA ITALIANA HANNO APERTO LA PRIMA BOTTIGLIA DELLA NUOVA CUVÉE DES SOMMELIERS ANNATA 2017.
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idea della Cuvée, nata da una vendemmia del 1990, rappresenta il connubio tra i produttori di vino ticinesi e i Sommeliers, che sono gli ambasciatori del vino e di riflesso anche dei produttori stessi. Nel tempo sono state prodotte undici Cuvée, di cui la prima nel 1990 prodotta da Luigi Zanini, ed ora è stata presentata la dodicesima. Questa Cuvée, vinificata dalla Tamborini Carlo SA, è il frutto della vendemmia che la famiglia della Sommellerie e la Tamborini hanno fatto il 17 settembre 2017 alla storica tenuta Tamborini a Castelrotto, alla quale hanno partecipato ben 90 persone. Nella Tenuta Tamborini Castelrotto
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si coltiva la vite da oltre 100 anni, su una superficie di ca. 10 ettari, considerati la culla del Merlot in Ticino. Per questa edizione della Cuveée des Sommeliers è stata ideata un’etichetta speciale, con la rappresentazione del simbolo storico dei Sommeliers: il tastevin. Si tratta di una piccola ciotola in argento (o in metallo argentato) che veniva utilizzata per la degustazione del vino e portata al collo come emblema dai Sommeliers. E non solo, il tastevin era uno strumento di lavoro di moltissimi addetti del settore vinicolo; facilmente trasportabile e infrangibile, consentiva un rapido apprezzamento del colore del vino e una rapida ossigenazione. A causa della forma aper-
GASTRONOMIA / TAMBORINI VINI
ta però, non era adatto a sentire il profumo del vino e di conseguenza fu sostituito nel tempo con diverse tipologie di bicchieri. La Cuvée des Sommeliers 2017, prodotta in una serie limitata di 400 Magnum, è un vino rosso rubino, elegante e di potenziale invecchiamento, che con il suo bouquet fruttato con note di spezie dolci possiede anche la tipica freschezza e finezza dei vini del Malcantone. Affinato in barrique per 20 mesi, è un vino molto ricco, caldo, con buona carica tannica e un finale persistente. La Cuvée è destinata ai soci Sommelier ASSP di tutta la Svizzera, agli Amis des Sommeliers, ai ristoratori e agli albergatori che sostengono la cultura del bere bene. La Cuvée des Sommeliers valica anche i confini nazionali. In occasione di Concorsi internazionali della Sommellerie o di viaggi ufficiali dell’ASSP, la Cuvée
viene portata in dono alle rappresentanze del paese ospitante (è per esempio arrivata a Tokyo nel 2013). Tamborini Vini è la seconda volta che ha l’onore di produrre la Cuvée des
Sommeliers; la prima è stata con la vendemmia 1991. La prossima Cuvée des Sommeliers verrà prodotta con la vendemmia dei Sommeliers 2022 dalle Cantine Ghidossi di Croglio.
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GASTRONOMIA / ST. MORITZ GOURMET FESTIVAL 2022
IL MEGLIO DELL’ALTA CUCINA SVIZZERA LA 28ESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL GASTRONOMICO CHE SI TERRÀ DAL 28 GENNAIO AL 5 FEBBRAIO È STATA INTITOLATA “SWISS MADE”, CON DIECI CHEF STELLATI PROVENIENTI DA TUTTA LA SVIZZERA CHE COLLABORERANNO CON GLI CHEF DEGLI HOTEL PARTNER NELLA SPLENDIDA CORNICE DELL’ENGADINA. DI PAOLA CHIERICATI
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nche la prossima edizione del Gourmet Festival sarà ricca di sorprese, così come siamo stati abituati alle sorprese degli anni trascorsi, e andrà ampiamente a compensare la mancata edizione del 2021 che a causa della pandemia era stata, a malincuore, annullata. Ci saranno oltre 40 eventi durante i nove giorni della kermesse con chef stellati svizzeri di primissimo ordine, tra cui Tanja Grandits, Markus Arnold, Mitja Birlo, Stéphane Décotterd, Tobias Funke, Dominik Hartmann, Stefan Heilemann, Patrick Mahler,
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Heiko Nieder e Mattias Roock. Tutto avrà inizio venerdì sera, 28 gennaio, con la Porsche Grand Opening al Grand Hotel des Bains Kempinski: dopo un aperitivo a base di champagne e prelibatezze preparate dagli chef ospiti Markus Arnold, Tobias Funke, Stefan Heilemann, Dominik Hartmann, Heiko Nieder e da tutti i pluripremiati Chef de Cuisine degli hotel partner, la cena gourmet sarà servita in diverse postazioni nel magnifico ristorante Les Saisons e accompagnata da vini selezionati. Per sei sere consecutive le cene gourmet saranno ambientate negli eleganti ristoranti degli hotel partner e attraverso la formula ormai nota del Gourmet Safari, gli ospiti saranno accompagnati con comode Porsche in un percorso di scoperta delle prelibatezze culinarie nei cinque hotel partner Badrutt’s Palace, Nira Alpina, Suvretta House all’Hotel Saratz e Carlton Hotel St. Moritz. Martedì 1 febbraio, al Badrutt’s Palace si svolgerà invece il tradizionale Kitchen Party, con tutti e dieci gli chef stellati insieme a gli chef degli hotel partner: saranno quindi 20 gli chef impegnati ai fornelli nella grande cucina del Palace e non mancherà un after dinner presso il King’s Club per celebrare l’inizio della seconda parte del festival che prevede diverse occasioni speciali e degustazioni anche di Champagne e vino pregiato.
A Pontresina il Grand Hotel Kronenhof e l’Hotel Saratz, situati uno accanto all’altro, collaboreranno per offrire un’esperienza culinaria indimenticabile con degustazioni in sei diversi corner all’interno dei due hotel. Al Carlton Hotel si potrà sperimentare invece il The Tasting: grazie agli sponsor saranno infatti offerti pregiati prodotti culinari. Al Suvretta House sarà servito Champagne Laurent-Perrier, in accompagnamento ad una cena di cinque portate creata da Heiko Nieder. Al Waldhaus di Sils Maria, l’esperto di vini Jan Martel della omonima azienda di San Gallo, offrirà una degustazione esclusiva di vini nobili dei vitigni di Viognier e Syrah, prima del Gourmet Dîner dello chef ospite Mattias Roock. Alla serata gourmet del Suvretta House i piatti dello chef ospite Heiko Nieder, saranno abbinati ai vini dei viticoltori Ornella e Serena Venica della cantina Venica & Venica in Friuli. E dulcis in fundo, sabato 5 febbraio ci sarà la serata conclusiva, condotta da Annina Campell, al Suvretta House con l’esclusivo menu di gala creato dai cinque chef ospiti Tanja Grandits e i suoi colleghi Mitja Birlo, Stéphane Décotterd, Patrick Mahler e Mattias Roock. I biglietti per l’evento sono disponibili online ed è consigliata la prenotazione anticipata (www.stmoritz-gourmetfestival.ch). Ricordiamo che gli hotel partner offrono tutta una serie di pacchetti comprensivi di biglietti, pernottamenti e ulteriori vantaggi prenotabili direttamente in hotel.
SWISS MADE THE ORIGINAL SINCE 1994
ST. MORITZ GOURMET F E S T I VA L 28.01 – 05.02
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LUSSO / THE SWATCH GROUP LES BOUTIQUES
IL LUSSO DEVE EDUCARE ALLA BELLEZZA
Q ANTONIETTA CASTELNUOVO, BOUTIQUE MANAGER THE SWATCH GROUP LES BOUTIQUES CI RACCONTA COSA È PER LEI IL CONCETTO DI LUSSO E LA SUA VITA NEL MONDO DELL’OROLOGERIA DI GRAN CLASSE.
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uali sono le prospettive di rilancio della gioielleria e dell’orologeria dopo la crisi pandemica che ha investito tutto il commercio cittadino? «In realtà nel 2020 abbiamo avuto una leggerissima flessione rispetto al 2019, che era stato un ottimo anno, confermando che l’eventualità di una crisi va considerata in anticipo perché è decisamente più complicato porre rimedio dopo se la stessa si rivela catastrofica. Per noi la strategia è quella di sempre, nuovi e straordinari orologi con un valore tecnico, manifatturiero ed estetico sempre più alto. È la strategia che tutto il mondo del lusso dovrà adottare in futuro, investire per migliorare sempre più la qualità dei prodotti riportando il più possibile la produzione in Europa, brand Svizzera manifattura Svizzera, brand Italiana manifattura italiana e via di seguito. Dovremo dare sempre più attenzione alla cura del cliente nuovo o fedele che sia, ren-
dendo l’acquisto di un oggetto di lusso un evento indimenticabile. Dovremo offrire eventi sempre più a misura della nostra clientela e condividere con i nostri clienti una parte della vita culturale e sociale». Per la sua esperienza nel settore, che cos’è il lusso e che valenza assume nella società contemporanea? «Il lusso, e forse mi ripeto, deve essere soprattutto l’occasione per un’esperienza che ci lasci uno splendido ricordo, un servizio ineccepibile che ci eviti eventuali problemi legati agli oggetti di valore che ci siamo concessi e, non ultimo, oggetti con un vero valore intrinseco che possano essere riconosciuti per la loro evidente qualità non necessariamente espressa con un’etichetta. Noto negli ultimi anni una ricerca di tutto ciò da parte dei giovanissimi che non hanno vissuto un passato legato a questi valori e questo mi fa molto piacere e ben sperare dopo un ventennio che ha offerto, in generale, ai nostri giovani decisamente poca educazione alla qualità. Il lusso ha il dovere di sensibilizzare alla bellezza, alla qualità, alla storia, alla tradizione pur inseguendo l’innovazione e i cambiamenti culturali. I musei sono i templi del lusso e racchiudono oggetti preziosi che testimoniano la storia dell’umanità. Per mia fortuna i nostri brand sono ben presenti in moltissimi musei e fanno parte del patrimonio culturale svizzero pur avendo caratteristiche tecniche straordinarie proiettate nel futuro. Per esempio Jaquet Droz è
presente in modo molto evidente al Museo dell’orologeria e delle belle arti di La Chaux-de-Fonds e propone orologi con caratteristiche futuristiche». Qual è stato il percorso professionale che l’ha portata ad avvicinarsi al mondo della gioielleria e dell’orologeria e quali competenze e sensibilità tipicamente femminili è riuscita ad apportare nel suo ambito di lavoro? «Il mio passato è legato allo sviluppo internazionale del retail e la mia passione per gli orologi, nata all’età di 16 anni, mi ha portata 30 anni fa ad entrare nel meraviglioso mondo dell’orologeria. Ho la fortuna di far parte del Gruppo Swatch da 26 anni, il più grande gruppo orologiero al mondo, un gruppo sempre in evoluzione con grandi progetti. Ho contribuito in piccolissima parte ad una crescita esponenziale e di grande successo, un’azienda enorme condotta dalla famiglia Hayek e da persone straordinarie che da sempre hanno riconosciuto la professionalità e le doti di moltissime donne. Ho partecipato all’apertura di Boutiques in tutto il modo, in luoghi di grande bellezza ed ho avuto la responsabilità diretta di svariati punti vendita oltre alla Boutique Tourbillon di via Nassa. Credo che la donna, in generale, ap-
porti per natura una certa sensibilità estetica, un approccio al cliente più empatico e non ultimo una certa leggerezza che non guasta quando si parla di oggetti di lusso che in fondo dovrebbero darci un grande piacere e rappresentare un premio». Quali sono le principali caratteristiche e i valori che meglio interpreta il marchio Jaquet Droz? «Nel 2000 Montres Jaquet Droz viene acquisito da Swatch Group, andandosi a inserire nel segmento del prestigio e del lusso del gruppo orologiero. Con la sua acquisizione, il gruppo ha permesso al marchio di ritrovare il successo conosciuto nel secolo dei Lumi e di perpetuare l’eccezionale patrimonio ereditato dal suo fondatore. Swatch Group mette a disposizione di Jaquet Droz tutto il suo savoir-faire, le sue risorse tecnologiche e il suo rinomato sistema produttivo, oltre alla sua rete di distribuzione globale. Nel 2009 Nicolas G. Hayek ha preso le redini di Montres Jaquet Droz, affiancato da un comitato di pilotaggio e l’anno successivo Marc A. Hayek ne ha assunto la direzione ponendosi come obiettivo quello di coltivare lo spirito di eccellenza e innovazione continuando a trasmettere quei valori emotivi e poetici propri della Maison fin dal XVIII secolo».
Quali novità si annunciano per quanto riguarda le prossime collezioni di orologi Jaquet Droz? «Con il Grande Seconde Skelet-One Tourbillon, la Maison rivisita uno dei suoi modelli iconici con un’estetica radicalmente nuova, in cui il tourbillon si impone all’interno di una geometria rigorosa. Questo modello apre un nuovo orizzonte artistico, più vicino a un’inequivocabile rottura che a una riproduzione conforme all’originale. Scultorea, moderna e potente, questa edizione dotata di movimento tourbillon scheletrato è pensata per i collezionisti e porta all’estremo il principio alla base del movimento scheletrato: il minimo della materia per il massimo della solidità e della luce. La struttura scheletrata è totalmente inedita e presenta linee dritte, angoli e una simmetria perfetta decisamente moderna. La scheletratura ultra contemporanea è un dettaglio tecnico tanto quanto il movimento tourbillon di grande precisione, per mantenere coerenza nell’intero modello. Il movimento, interamente visibile, è ospitato all’interno di una cassa in oro rosso da 41 mm concepita con la maggiore apertura possibile».
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LUSSO / GÜBELIN
GLI STUPENDI RIFLESSI DELLO SMERALDO LA COLLANA DANCING DUNES DELLA GIOIELLERIA GÜBELIN SI ISPIRA AL MONDO INTERIORE DI UNO SMERALDO BRASILIANO COMBINANDO TRASPARENZA, ETICA ED ESTETICA.
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el corso di milioni di anni, all’interno dello smeraldo sono state create strutture uniche come le impronte digitali. Queste strutture e questi colori, una volta rivelati, evocano ai designer di Gübelin Jewellery gli spettacolari paesaggi dunali di Lençóis Maranhenses. Questo parco nazionale situato nel nord del Brasile ospita l’unico deserto del paese. Le superfici d’acqua scintillanti si snodano tra le dune e le rendono verdi. In mezzo al deserto, in queste formazioni sabbiose
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si sono create lagune dai riflessi verdeazzurri, ondeggianti sotto forma di dolci onde. Questo impressionante paesaggio ricorda le strutture presenti all’interno dello smeraldo e riflette il simbolismo di questa gemma di colore verde, incarnando la forza della natura, la rigenerazione e la fertilità.
I designer hanno cercato ispirazione per elementi curvi incastonati con brillanti per illustrare le strutture interne dello smeraldo e le dune del Brasile, il paese da cui provengono gli smeraldi di questa collana. Al centro della collana scintilla uno smeraldo tagliato a forma di goccia circondato da brillanti e che sembra sospeso sotto l’iconico rubino di Gübelin Jewellery. Per oltre 500 ore, esperti orafi, incastonatori di gemme e lucidatori hanno realizzato questo elegante gioiello nell’atelier della Gübelin Jewellery a Lucerna. «Dancing Dunes» è incastonato con 75 smeraldi brasiliani con un peso totale di 21,18 ct e brillanti con un peso totale di 6,98 ct. Smeraldi scintillanti, combinati in un flusso di diverse e raffinate dimensioni, collegano le due file di diamanti della collana, la cui dimensione svanisce. Ognuna delle 460 gemme è stata incastonata a mano con la massima cura e precisione. Gli smeraldi selezionati e lucidati a cabochon, tagliati a gradino o tondi e sfaccettati mostrano una sorprendente diversità e tuttavia hanno una cosa in comune: provengono tutti dalla stessa miniera in Brasile.
LUSSO / GÜBELIN
L’azienda innova e pone trasparenza all’interno della sua linea di business. Attraverso gli «Emerald Paternity Test», si può vedere che lo smeraldo di 4,11 ct proviene dalla miniera di Belmont a Itabira, Minas Gerais. Per aumentare la trasparenza sull’origine dello smeraldo, sul cristallo di smeraldo vengono applicate delle nanoparticelle,
invisibili anche al microscopio ottico. Queste nanoetichette contengono, ad esempio, informazioni precise sulla miniera originale della pietra preziosa. Tutti i diamanti e i metalli preziosi provengono da fonti certificate RJC (Responsible Jewellery Council). Il rubino che adorna ogni Gübelin Jewellery e incarna la filosofia Deeply Inspi-
red è stato estratto per questa collana in Groenlandia e può essere fatto risalire alla sua miniera originale certificata RJC. Inoltre, la collana «Dancing Dunes» è descritta nella «Provenance Proof Blockchain» e dimostra l’impegno della Maison Gübelin per il commercio trasparente ed etico delle pietre preziose nella loro forma più bella.
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LUSSO / KURZ
CON LA SUA ULTIMA COLLEZIONE DI ANELLI SOLITARI “THE QUEEN OF HEARTS & ARROWS” LA GIOIELLERIA ZURIGHESE, PRESENTA ANCHE A LUGANO, CONFERMA IL SUO RUOLO DI ECCELLENZA NELL’ALTA GIOIELLERIA.
LA “REGINA” DEL SOLITARIO
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n diamante tagliato con proporzioni ideali Hearts and Arrows (H&A) è considerato un capolavoro nell’ arte del taglio del diamante. Grazie al taglio preciso e perfettamente simmetrico, sotto una speciale lente d’ingrandimento, si possono vedere otto frecce sul lato superiore del diamante (corona) e otto cuori nelle sfaccettature sul lato inferiore (padiglione).
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Il raggio di luce, che viene perfettamente riflessa nella pietra da 57 sfaccettature, crea una brillantezza e un fuoco (bagliori di colore) straordinariamente elevati che si dispiegano anche alla luce di una candela o con una luce artificiale bianca. La pietra appare visivamente più bianca, più grande e più scintillante di altri diamanti a taglio brillante. Questo taglio speciale e raro è nato grazie a una felice scoperta avvenuta in
LUSSO / KURZ
perdendo una maggiore quantità di diamante grezzo originale. Ogni fase della produzione deve essere attentamente seguita /controllata nel processo, utilizzando strumenti speciali e dischi da taglio di alta qualità e, in alcuni casi, un ingrandimento 100x. Il nuovo solitario Queen of Hearts & Arrows di KURZ in platino è ora disponibile in tutte le boutique KURZ in varie misure di diamanti a partire da 0.50 ct G SI1 / da CHF 5450 (PVC) con un certificato GIA e un certificato Hearts & Arrows Excellent Cut proprio della gioielleria KURZ.
Ph: © Brigitte Aeschbach Photography
Giappone negli anni ‘80. Durante la lavorazione di una pietra preziosa, il tagliatore di diamanti Takanori Tamuri ha riscontrato che un motivo a cuore e freccia viene creato dalla luce riflessa durante alcuni processi di taglio. Nel 1988 è stato finalmente creato per questo taglio il nome Hearts & Arrows, che oggi è considerato uno dei tagli di diamanti più amati e più rari al mondo. Pochissimi diamanti al mondo con ta-
glio brillante sono tagliati con la simmetria ottica di Hearts & Arrows. Questo è in gran parte dovuto alla maggiore esperienza dei tagliatori di diamanti e all’ elevata quantità di diamanti grezzi che necessitano di un ulteriore lucidatura per raggiungere questa precisa simmetria ottica. I tagliatori di diamanti impiegano fino a tre volte più del tempo per tagliare diamanti di qualità Hearts & Arrows, TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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LUSSO / LONVILLE
LUXURY MADE IN TICINO DIECI ANNI DI TENACIA HANNO PERMESSO A LONVILLE DI REALIZZARE IL SOGNO: FONDARE UN MARCHIO DI OROLOGI DI LUSSO IN TICINO.
“B
reaking 50 years of silence”. Così recitava il nostro mantra quando nel 2016 abbiamo lanciato le prime due collezioni. Cosa volevamo dire? Tutto ha inizio nel 1873, quando Johann Kottman - originario di Solothurn – fondò nel villaggio di Langendorf un’azienda per la produzione di soli movimenti, impiegando circa 80 dipendenti.
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Nel 1880, spinto da esigenze di rilancio aziendale, estese la produzione all’orologio completo di tutte le sue componenti reclutando un gran numero di specialisti e maestranze dalla parte più occidentale della Svizzera e dalla Francia (quasi 900 persone). Creò un programma che forniva alloggi, istruzione e altri servizi sociali ai suoi dipendenti e alla città. L’azienda fiorì e la città vide un progressivo sviluppo sociale ed economico. Nacquero così gli orologi a marchio Langerdorf (Lanco) e Lonville. Il nome Lonville fu scelto di proposito, suonava bene visto che la maggior parte dell’industria orologiera del tempo si trovava già prevalentemente nella parte francofona della Svizzera. Tuttavia, anche per Lonville arriva il declino. A partire dagli anni ’50 inizia un graduale abbandono del brand da parte della proprietà. A Joost Vreeswijk va il merito nel 2008 di rilanciare il marchio spinto dal desiderio di reinterpretare il Timepiece Lonville in chiave moderna e aderente alla sua visione. Si spezza così un si-
LUSSO / LONVILLE
lenzio durato mezzo secolo e il brand rinasce a nuova vita e in una nuova città, Lugano. Nascono le prime due collezioni: Virage in oro bianco e G24 in Titanio. Entrambe in serie super limitata (rispettivamente 18 e 24 pezzi), con movimenti meccanici a carica manuale e automatici. Il layout del movimento, un 6 ponti con micro-rotore o doppio barilotto, creato da Schwartz Etienne alla Chaux de Font, si ispira agli orologi da taschino Lonville di fine Ottocento e questo nell’intento di creare
continuità tra il ‘passato’ - le origini e il presente – la nostra interpretazione. Virage e G24 si distinguono per essere prodotti interamente in Svizzera e l’incisione All Swiss sul quadrante, anziché Swiss Made, lo attesta. Successivamente alle collezioni super limitate, Lonville decide di rivolgersi ad un mercato più ampio e lo fa avviando un progetto per la costruzione di un orologio dall’elevato standard qualitativo e realizzato con la collaborazione di alcune tra le più rappresentative imprese orologiere del Ticino.
Questa sinergia produce il cronografo Rallymaster, in 4 versioni ognuna delle quali conta 88 unità, tutte numerate, il cui prezzo è chf 3.750. Lonville attraverso la sua storia di collaborazione con i suoi partner di progetto, vuole dare visibilità alle PMI del territorio che sanno fare sistema e ottengono prodotti d’eccellenza con processi industriali all’avanguardia. Vuole evidenziare l’eccellenza manifatturiera e l’industria di precisione del Ticino che permette, ad esempio alle piccole imprese locali del settore orologiero, di competere ai più alti livelli dell’orologeria. Se guardiamo alle regioni del Jura ad esempio, da oltre un secolo, il 90% della produzione orologiera si concentra lungo l’arco Jurassiano. Un patrimonio tecnico ed artistico che i responsabili della promozione turistica delle regioni interessate hanno saputo sfruttare presentandolo sotto un’unica identità la «Watch Valley – Paese della precisione». Il paese della precisione, però, ha dei confini ben più ampi delle regioni del Jura. Si estende - di fatto - fino al Ticino compresa Lugano, dove aziende medio piccole lavorano e producono con passione, competenza e professionalità tali da superare, talvolta, il modello Jurassiano.
“Se l’alta orologeria Svizzera non è una prerogativa esclusiva delle regioni del Jura, aiutiamo l’industria orologiera Ticinese a disegnare insieme al territorio che la ospita, la comunicazione dei suoi punti di forza.” Matt Faoro, GM The Lonville Watch Co., Lugano TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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LUSSO / DANIELA RONDINA CROCCO
LA MIA PASSIONE PER I GIOIELLI
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TITOLARE DI UNA DELLE PIÙ NOTE BOUTIQUE DI GIOIELLI DELLA VIA NASSA, DANIELA RONDINA CROCCO RACCONTA LA VOCAZIONE DELLA SUA FAMIGLIA PER IL BELLO E LA CREATIVITÀ E FA IL PUNTO SULLE PROSPETTIVE DEL COMMERCIO DI LUSSO A LUGANO
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rologeria e gioielleria sono un elemento imprescindibile della sua famiglia. In particolare, sua figlia Melania rappresenta in modo primario l’immagine del negozio, creando la maggior parte dei vostri gioielli. Come si è andata sviluppando questa collaborazione? «La gioielleria e l’orologeria sono indubbiamente elementi imprescindibili dalla mia famiglia e quindi credo che il percorso scelto dai miei figli Melania e Beniamino sia avvenuto naturalmente. Melania rappresenta l’anima della Boutique: grazie alla sua passione, alla sua dedizione ed alla formazione data dai suoi studi di settore, riesce a dare alle sue collezioni un’impronta personale ed originale uscendo dagli schemi classici della gioielleria. Beniamino, dal canto suo, avendo fatto esperienza all’interno di Hublot, azienda creata
da mio marito, ha assorbito una conoscenza più tecnica e nel 2018 ha creato, ispirandosi all’orologeria e fondendo tecnologia, arte ed innovazione, il suo marchio Dreamboule. L’idea da cui si ispira questa geniale collezione nasce dalla famosa Boule de neige che tutti noi conosciamo. È difficile oggi risultare innovativi ed i miei due figli sono la mia forza perché dalla loro unicità scaturisce l’originalità delle loro creazioni». Quali sono le doti personali necessarie per affermarsi, come nel caso suo, in un campo come quello della creazione di gioielli? «L’amore e la passione per il mio lavoro, il fascino di altre culture, la ricerca delle diversità e l’intuizione nel saper anticipare i gusti, oltre che la particolare cura delle vetrine della mia gioielleria, sono sempre stati i motori del mio percorso lavorativo».
LUSSO / DANIELA RONDINA CROCCO
Con la sua esperienza, quali sono gli elementi che concorrono a definire classe, lusso ed eleganza? «La classe è un dono innato ed è la capacità di sentirsi adeguato in ogni occasione da cui ne consegue un’eleganza naturale. Inoltre, avere personalità aiuta sicuramente a creare il proprio stile e i nostri clienti ne sono coscienti. Il lusso, diceva Coco Chanel, è una necessità che inizia quando la necessità cessa».
Il suo punto vendita di Lugano è situato in un luogo strategico del centro cittadino. Come è cambiato il commercio domestico e internazionale a Lugano dopo la pandemia? La pandemia ha certamente cambiato il nostro modo di pensare ed agire, dopo un anno di insicurezze e sconforto. In seguito all’interruzione della nostra quotidianità, si percepisce nelle perso-
ne il forte desiderio di normalità ed il piacere nel fare le cose anche più semplici. Dopo il lock-down possiamo comunque ritenerci soddisfatti, l’anno è stato positivo grazie alla presenza dei tanti clienti locali e turisti svizzeri». Quali iniziative, a suo giudizio, dovrebbero essere intraprese per rilanciare il ruolo di Lugano e del Ticino? «Lugano è una bellissima città che gode di una posizione magnifica. Per il suo rilancio, secondo me, sarà necessario pianificare un piano strategico mirato alla promozione della città e del territorio investendo sulla cultura e sull’arte che vadano di pari passo con la crescita dell’economia locale creando ricchezza sul territorio. Ispirarsi osservando le città di tendenza potrebbe, per esempio, aiutarci a trovare nuove idee applicabili alla nostra realtà. Credo anche che sia indispensabile aprirsi al mondo accogliendo le richieste che il mondo vuole». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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EVENTI / THE EXECUTIVE AWARD 2020/21
UN RICONOSCIMENTO ALLA LEADERSHIP VIRTUOSA SERGIO ERMOTTI, GUIDO DAMIANI, NICOLAS GIROTTO, ADAM STANFORD TRA I VINCITORI DELL’EXECUTIVE AWARD 2020/21 DEDICATO ALLE 7 VIRTÙ UMANE.
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Sergio Ermotti
Guido Damiani
Nicolas Girotto
Adam Stanford
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n Executive Award virtuoso quello che si è tenuto ad ottobre presso l’Hotel Villa Principe Leopoldo di Lugano, alla presenza di istituzioni, media e tanti illustri ospiti. Manager e imprenditori si sono incontrati per condividere esperienze, raccontare storie di successo e ispirare alla crescita continua. Quest’anno l’iniziativa è stata arricchita da un «concetto di leadership, che, dopo le vicissitudini inerenti la pandemia, non può prescindere dai comportamenti virtuosi nel premiare le persone», spiega Rossella Gargano, CEO della Garbo Management SA e organizzatrice dell’evento. «Dopo l’avvento del Covid-19», continua Rossella, «siamo stati tutti in balia di una specie di giudizio universale ed ognuno di noi ha dovuto riposizionarsi mettendo in campo forti doti umane, oltre che quelle manageriali». Virtuosità e prodezza sono stati dunque i criteri chiave di valutazione dei leader del Ticino. La giuria ufficiale dell’Executive Award 2020/21, condotta in primis da Carlo Giardinetti e Guido De Carli, con Sara Rosso Cipolini, Mario Mantegazza e Paola Chiericati, ha premiato persone che si sono dunque distinte per le loro virtù, assegnandone in particolare una ad ognuno tra Fortezza, Prudenza, Temperanza, Giustizia, Fede, Speranza e Carità. La selezione è iniziata già l’anno scorso e le centinaia di nomination sono state proposte non solo dalla giuria ma anche dagli Alumni (ovvero i premiati delle edizioni precedenti dell’evento). Citiamo gli altri vincitori Gracemarie Bricalli, Elisa Filippi e Tamara Erez. La virtù della fortezza è stata attribuita ad uno degli “eroi della
EVENTI / THE EXECUTIVE AWARD 2020/21
A sinistra Rossella Gargano and Sara Bellini Sopra Tamara Erez
pandemia”, il medico cantonale, dottor Giorgio Merlani. Sul palco, con la conduzione di Sara Bellini di Teleticino, sono intervenuti anche i Consiglieri di Stato Cristian Vitta e Norman Gobbi e l’onorevole Badaracco. Durante la serata è stata ufficialmente lanciata l’edizione dell’Executive
Award a Dubai, che si terrà il 15 febbraio 2022, in collaborazione con il Consolato Svizzero di Dubai e lo Swiss Business Council. L’evento si terrà nello Swiss Pavillon di Expo Dubai 2020+1 per promuovere il ponte economico tra la Svizzera e gli Emirati. Ad invitare presso il Padiglione Sviz-
Gracemarie Bricalli
Giorgio Merlani
zero l’Ambasciatore Svizzero negli Emirati e Bahrain, Massimo Baggi, che ha fatto arrivare un video-messaggio. Nato a Lugano, l’Executive Award viaggerà in molteplici città di business con lo scopo di attrarvi persone e aziende internazionali. Swiss Editions: www.theexecutiveaward.ch International Editions: www.theexecutiveaward.com Elisa Filippi
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FRUIBILITÀ, EMOZIONI E DIVERTIMENTO ALLA GUIDA
PRESENTATA DA KESSEL AUTO LA NUOVA BERLINETTA SPORT FERRARI A MOTORE CENTRALE-POSTERIORE. LA 296 GTB È DOTATA DI UNA NUOVA ARCHITETTURA V6 IBRIDA FERRARI IN GRADO DI EROGARE FINO A 830 CV. LA VETTURA È DISPONIBILE ANCHE IN ALLESTIMENTO ASSETTO FIORANO, VOLTO A ESTREMIZZARNE LE PRESTAZIONI.
AUTO / FERRARI 296 GTB
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a 296 GTB è la più recente evoluzione del concetto di berlinetta sportiva a 2 posti a motore centrale-posteriore della Casa di Maranello. Questa vettura ridefinisce l’idea di divertimento al volante per garantire emozioni pure non solo quando si è alla ricerca delle massime prestazioni, ma anche nella guida di tutti i giorni. La 296 GTB rappresenta una vera rivoluzione per Ferrari in quanto introduce una nuova motorizzazione che si affianca ai pluripremiati propulsori a 8 e 12 cilindri, vale a dire un V6 turbo a 120° da 663 cv accoppiato a un motore elettrico in grado di erogare ulteriori 122 kW (167 cv). Si tratta del primo 6 cilindri della storia per una vettura stradale con il logo del Cavallino Rampante: i suoi 830 cv complessivi regalano performance ineguagliabili sfoggiando un sound innovativo, esaltante e unico nel suo genere. Sin dal nome della vettura che combina cilindrata totale (2,992 l) e numero dei cilindri, seguiti dalla sigla GTB (Gran Turismo Berlinetta) propria della migliore tradizione sportiva Ferrari, si è voluto sottolineare l’importanza epocale che assume per la Casa di Maranello il nuovo motore V6, vero cuore pulsante della 296 GTB e capostipite di una nuova era che purtuttavia affonda le radici nell’esperienza di Ferrari nel mondo delle corse.
Del resto, la prima Ferrari dotata di V6 (allora in configurazione a 65° e cilindrata totale pari a 1500 cm3) risale al 1957 ed è la monoposto Dino 156 F2. Nell’anno successivo furono presentati altri due V6 con cilindrata maggiorata su alcuni Sport Prototipi a motore anteriore, la 196 S e la 296 S, nonché sulla monoposto di Formula 1 che nel 1958 portò Mike Hawthorn alla vittoria del titolo Piloti del Campionato del Mondo di Formula 1, vale a dire la 246 F1. La prima Ferrari a utilizzare un V6 in posizione centrale-posteriore fu invece la 246 SP nel 1961, che vinse tra l’altro la Targa Florio quell’anno e il successivo. Sempre nel 1961, Ferrari vinse il suo primo titolo Costruttori nel Campionato del Mondo di Formula 1 con la
156 F1, che montava un motore V6 a 120°. I turbo in posizione centrale furono installati per la prima volta da Ferrari sulla 126 CK nel 1981 e poi sulla 126 C2 del 1982, prima vettura turbo ad aggiudicarsi il Campionato del Mondo Costruttori di Formula 1 cui fece seguito il successo del 1983 con la 126 C3. Infine, l’architettura ibrida V6 turbo è montata su tutte le monoposto di Formula 1 sin dal 2014. Il sistema elettrico plug-in (PHEV) della 296 GTB le garantisce un’elevatissima fruibilità, l’azzeramento della risposta al pedale e 25 km di autonomia full-electric. La compattezza della vettura e l’introduzione di innovativi sistemi di controllo dinamico, nonché di un’aerodinamica affinata in tutte le sue parti, le consentono di far percepire immediatamente al pilota l’agilità e la risposta ai comandi. Il design sportivo e sinuoso e le dimensioni compatte sottolineano visivamente la grande modernità della 296 GTB, che trova validi riferimenti in vetture come la 250 LM del 1963, perfetto connubio tra semplicità e funzionalità. Anche la 296 GTB, come già la SF90 Stradale, è disponibile in allestimento Assetto Fiorano per chi desidera incrementarne ulteriormente le prestazioni, specialmente in pista, grazie a contenuti di riduzione di peso e modifiche aerodinamiche.
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CUORE ELETTRICO DAL DNA SPORTIVO D’ECCEZIONE LA NUOVA AMMIRAGLIA A BATTERIA ARRICCHISCE LA GAMMA AMG COMBINANDO PRESTAZIONI DI LIVELLO SUPERIORE CON L’ESTESA DOTAZIONE TECNOLOGICA, CHE PROMETTE AGILITÀ E DINAMISMO DI GUIDA AL VERTICE.
AUTO / MERCEDES-AMG EQS 53 4MATIC+
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i inizia a ragionare in termini di ricarica e capacità di batteria anche in Casa AMG, con l’innovativa, grande berlina elettrica EQS al debutto nella gamma ad alte prestazioni nella variante di punta 53 4Matic+: la sua missione è quella di coniugare la mobilità a corrente di ultima generazione con le irrinunciabili doti di agilità e sportività, vanto della speciale divisione Mercedes. La cura dinamica di questa quattro porte suggestiva poggia su basi tecnologiche avanzate, di ultima generazione: anche per questo, viene garantita un’autonomia di ampio respiro - fino a 580 km secondo la normativa WLTP -, con il potente accumulatore da oltre 100 kWh in grado di accettare la ricarica ultrarapida su reti pubbliche (fino a 200 kW) in modo da limitare al minimo i tempi di attesa. Al punto da farsi bastare diciannove minuti per immagazzinare corrente sufficiente a percorrere 300 km. Lo stile affascinante e molto personale che distingue il modello spicca in special modo nel design con abitacolo avanzato, quasi un tutt’uno con lo sviluppo della zona compatta frontale, combinato alla coda dal profilo rastremato: soluzione resa possibile dall’ar-
chitettura costruttiva specifica per modelli a propulsione elettrica, che permette la massima ottimizzazione di spazi e risorse. La versione AMG porta inoltre ad un limite ulteriore diversi elementi tecnici a partire proprio dai due motori a corrente di costruzione specifica, uno per ciascun assale. Con due livelli di potenza, riservando allo speciale pacchetto Dynamic Plus l’accesso alle massime prestazioni: in questo caso la coppia massima stessa supera i mille Nm, contribuendo ad una capacità di accelerazione da fermo degna delle migliori Gran Turismo. Per sottolineare adeguatamente un quadro prestazionale di tale portata, la divisione sportiva ha messo a punto tra l’altro uno speciale programma di sonorità coinvolgenti, con la regolazione per le alte prestazioni che prevede la diffusione della speciale tonalità Performance sia internamente sia all’esterno della vettura stessa, incluse modulazione e intensità variabili in funzione delle condizioni di marcia. Non solo scatto esaltante: l’agilità dinamica promessa dalla EQS 53 è assicurata dalla sterzata integrale, che a bassa andatura prevede le ruote posteriori in controfase rispetto alle anteriori in modo da assicurare un diame-
tro di volta da vettura compatta. La trazione integrale a ripartizione totalmente variabile beneficia a sua volta dell’estrema reattività dei due motori elettrici ed è capace di variare fino a diecimila volte al minuto la coppia esercitata su ciascuna ruota. Le sospensioni sono naturalmente pneumatiche: la vettura può viaggiare sul “velluto” come rispondere con la più elevata prontezza agli impulsi del volante. Per esaltare il proprio grado di sportività sono naturalmente a disposizione svariati programmi di marcia, insieme allo stesso software di telemetria per la guida in circuito. La suggestione AMG si estende esaustivamente nel design dell’abitacolo, che si affida ad un ambiente di chiara impostazione sportiva valorizzati da rivestimenti speciali in materiale Artico con microfibra e cuciture a contrasto, o in alternativa alla classica pelle nappa. In plancia è protagonista l’innovativo sistema multimediale MBUX Hyperscreen, con schermo dal profilo arcuato esteso a tutta larghezza: si tratta in realtà di tre grandi display distinti, ma coperti da un unico cristallo. Il passeggero anteriore può così godere, tra l’altro, dei contenuti multimediali anche durante la marcia, mentre le varie informazioni contestuali vengono suddivise automaticamente dall’alto verso il basso a seconda della loro importanza.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG EQS 53 4MATIC+ Motore Due motori elettrici sincroni a magneti permanenti Potenza max. 658 cv (484 kW) 761 cv (560 kW) con Pack Dynamic Plus Coppia max. 950 Nm / 1020 Nm a - giri/min. Velocità max. 220 km/h / 250 km/h
Accelerazione 0-100 km/h 3,4 secondi Capacità batteria 107,8 kWh Peso totale 2.655 kg Trazione Integrale
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AUTO / WINTELER
IL CUORE PULSANTE DI AMG
GLI AMG PERFORMANCE CENTER COSTITUISCONO DEI VERI E PROPRI CENTRI DI COMPETENZA CHE CONSENTONO AI CLIENTI E A TUTTI GLI APPASSIONATI DEL MARCHIO DI SPERIMENTARE IN PRIMA PERSONA EMOZIONI E SUGGESTIONI DEL MONDO AMG. CE NE PARLA STEFANO WINTELER CHE PRESENTA L’UNICO AMG PERFORMANCE CENTER APERTO DA SETTEMBRE IN TICINO.
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uali sono le principali caratteristiche di un AMG Performance Center? «AMG persegue sotto tutti i punti di vista l’eccellenza, nei modelli di auto come nei servizi offerti. In quest’ottica, i Performance Center consentono di scoprire davvero il mondo della Driving Performance. La continua formazione mirata, completa e all’avanguardia degli esperti AMG assicura un’assistenza sempre ai massimi livelli. Le caratteristiche dei nuovi modelli vengono spiegate con informazioni precise su motorizzazioni, vetture e possibilità di personalizzazione. Le auto della gamma AMG sono sempre disponibili per prove su strada, pronte a dimostrare tutta la competenza e la passione AMG nella progettazione e nel design di sportive di razza».
Quello da voi appena aperto è l’unico AMG Performance Center del suo genere in Svizzera. Perché la scelta è caduta proprio sul Ticino? «Alcune cifre sono sufficienti a spiegare il ruolo di AMG in Ticino. Le vendite raggiungono il 25% circa di tutte le Mercedes vendute nella Svizzera italiana, una media più elevata che in Svizzera (dove sono il 20% circa) e in Europa (circa il 12%). Al nostro nuovo Performance Center abbiamo dedicato uno spazio autonomo, con una propria officina meccanica e un ingresso separato rispetto a quello della sede Mercedes. Tutto questo concorre a creare uno spazio esclusivo che ben interpreta la filosofia del marchio AMG, dove ogni modello è sviluppato e progettato con l’obbiettivo di una perfetta messa a punto e sinergia di tutti i componenti al fine di dare vita a una vettura capace di assicurare piacere di guida su strada, ma anche di affermarsi in pista». Quali sono i principali servizi offerti da un AMG Performance Center? «La formazione mirata e completa degli esperti AMG assicura un’assistenza sempre ai massimi livelli in tutte le fasi del rapporto con il cliente. Tutti i tecnici e i collaboratori che operano nel Center seguono appositi corsi per un aggiornamento continuo online e in presenza, garantendo sempre un servizio personalizzato in base alle esigenze di ogni cliente. Gli AMG Performance Center sono anche la principale porta d’accesso all’AMG Driving Academy, l’accademia di corsi di guida sportiva e sicura AMG nata per offrire agli automobilisti più inclini alla guida sportiva l’opportunità di migliorare le proprie performance e di partecipare a indi-
AUTO / WINTELER
menticabili eventi con persone che condividono la stessa passione per i motori. Per quanto ci riguarda anche noi ci stiamo attrezzando per organizzare nei prossimi mesi corsi di guida sportiva riservati ai clienti AMG». Più in generale quali sono i trend in atto nel mercato delle auto sportive di lusso dopo la pandemia?
«Questo segmento ha risentito solo parzialmente della pandemia e il mercato ha continuato a mostrare in questi ultimi mesi un buon dinamismo. Quello che può essere un motivo di preoccupazione è invece la crisi dei componenti che, per ragioni di approvvigionamento delle materie prime a livello mondiale, sta investendo tutta l’industria dell’automobile e non solo. Il ri-
schio è quello di un ritardo nella consegna delle autovetture e un rinvio nella presentazione di alcuni nuovi modelli». Con quali eventi avete in programma di celebrare l’apertura del nuovo Center? «Le conseguenze della crisi sanitaria ci hanno per il momento consigliato di rinviare alla prossima primavera l’organizzazione di un evento per l’inaugurazione del nuovo Center, dove già ora è tuttavia possibile toccare con mano tutto il fascino e la competenza del marchio, all’interno dello showroom, con gli esperti AMG altamente qualificati e con prossimi eventi dal vivo. Il nostro obiettivo è sempre quello di andare al di là delle elevate aspettative dei clienti».
Ph: © Ian Kaenel
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AUTO / ASTON MARTIN DBX
UNA SUPERCAR PER OGNI OCCASIONE
A IL PRIMO SUV TARGATO ASTON MARTIN GARANTISCE ELEVATE PRESTAZIONI, GRANDE COMFORT, FINITURE DI PREGIO, ESTREMA MANEGGEVOLEZZA. CE NE PARLA L’ING. IGOR PASTA, DIRETTORE DEL GARAGE TARCISIO PASTA SA.
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rriva finalmente l’Aston Martin DBX, prima “tuttoterreno” (e anche prima 4x4) della blasonata casa inglese. Da autentica ammiraglia supera i cinque metri di lunghezza e arriva a due di larghezza. Ma è alta appena 168 cm per cui - complici i cerchi di 22” che riempiono i torniti passaruota - non manca di slancio e di eleganza. Costruita rincorrendo il miglior compromesso fra rigidezza della struttura e contenimento della massa (che comunque raggiunge i 2245 kg), l’Aston Martin DBX ha la scocca in alluminio e le pannellature esterne in lega leggera e fibra di carbonio. I richiami stilistici ad altri modelli del marchio (come la mascherina) ben si amalgamano a soluzioni distintive quali i passaruota anteriori con estrattori d’aria. Nella vista posteriore spiccano la fascia di led che collega i fanali, lo spoiler “a coda d’anatra”, l’estrattore aerodinamico e i due terminali di scarico inglobati da un inserto nero nello scudo. Il lunotto molto inclinato (e sovrastato da un piccolo alettone) dà ulteriore slancio all’insieme. Fra gli optio-
nal, anche le pinze dei freni colorate, la vernice speciale e i vetri posteriori scuri. Sotto il basso e profilato cofano della DBX batte il poderoso 4.0 V8 biturbo di origine Mercedes-AMG già impiegato nella DB11 e nella Vantage e per l’occasione adattato al nuovo impiego. La potenza è cresciuta da 510 a 551 CV (erogati a 6500 giri) intervenendo sul rapporto di compressione, sul complesso di sovralimentazione e sul relativo sistema di raffreddamento; considerevole pure la coppia massima, che vale ben 700 Nm, disponibili fra i 2200 e i 5000 giri. Costruito tutto in lega di alluminio, il V8 è abbinato a un cambio automatico a 9 marce e alla trazione integrale, che impiega un albero di trasmissione in fibra di carbonio e differenziali centrale e posteriore a controllo elettronico (il secondo, a slittamento limitato); il sistema può distribuire la coppia in misura variabile, se necessario arrivando a inviarne quasi il 100% a un singolo asse. Quanto alle prestazioni, le cifre sono da vera granturismo: bastano 4,5 secondi per accelerare da 0 a 100 km/h, e la velocità di punta è di 291 km/h. Soluzioni raffinate anche per l’assetto, che conta su sospensioni adattative con molle pneumatiche che consentono di aumentare la distanza minima da terra da 190 a 235 mm, cosa utile quando si abbandona l’asfalto: per quest’evenienza, l’Aston Martin DBX dispone pure di due modalità di guida specifiche (Terrain e Terrain+, con limitatore di velocità in discesa regolabile) e una capacità di guado di 50 cm. Quattro, invece, le modalità per l’uso su asfalto, fra i quali i prestazionali
AUTO / ASTON MARTIN DBX
Sport e Sport+, oltre al “confortevole” GT e all’Individual, che ingentilisce pure la voce del V8 agendo su una valvola nell’impianto di scarico. Per aumentare la maneggevolezza ci sono il sistema anti-rollio (gestito da un impianto elettrico supplementare a 48 volt), che limita il coricamento laterale in curva, e la possibilità di abbassare l’assetto di ben 5 cm. Il tetto panoramico in vetro (di serie) “illumina” un abitacolo a dir poco opulento, ed è schermabile con un tendalino elettrico in Alcantara, lo stesso materiale impiegato nei rivestimenti di serie. Alle impeccabili finiture si aggiungono le quasi infinite pos-
sibilità di personalizzazione, partendo da una base di 35 tipi di materiali e colori. Fra le opzioni per la selleria c’è la pelle pieno fiore estesa alla plancia e ai pannelli delle porte. Anche se improntata al lusso, l’Aston Martin DBX non rinuncia a sportive e fascianti poltrone con poggiatesta integrato: derivano da quelle della DB11, ma qui sono provviste di braccioli separati per guidatore e passeggero. Totalmente digitale la strumentazione. Nella parte alta della consolle è invece incorniciato lo schermo di 10,25” del sistema multimediale (con protocollo Apple CarPlay), all’occorrenza visualizza le immagini delle telecamere perimetra-
li. L’Aston Martin DBX è una “sportiva da famiglia” anche per ciò che concerne il bagagliaio, dotato di portellone a sollevamento elettrico e capace di contenere 632 litri.
TARCISIO PASTA SA Via San Gottardo 27 CH-6593 Cadenazzo T. +41 (0) 91 8502024 info@astonmartincadenazzo.ch
ALCUNI DATI TECNICI DELLA ASTON MARTIN DBX Cilindrata cm3 3982 N° cilindri e disposizione 8 a V di 90° Potenza massima kW (CV)/giri 405(551) / 6500 giri Coppia max Nm/giri 700/2200-5000 269 Emissione di CO2 grammi/km N° rapporti del cambio 9 (automatico) + retro Trazione Integrale Freni anteriori Dischi autoventilanti
Freni posteriori Dischi autoventilanti Velocità massima (km/h) 291 Accelerazione 0-100 km/h (s) 4,5 Consumo medio (km/l, ciclio WLTP) 7,0 Lunghezza/larghezza/altezza cm 504/200/168 Passo cm 306 Peso in ordine di marcia kg 2245 Pneumatici (di serie) 285/40 R22 ant. 325/35 R22 post.
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
DUBAI, LA CITTÀ DEL FUTURO
Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
ANCHE QUEST’ANNO LA LEADING REAL ESTATE COMPANIES OF THE WORLD HA ORGANIZZATO UN INCONTRO TRA GLI AFFILIATI A LIVELLO MONDIALE PER CONDIVIDERE ESPERIENZE E LE ULTIME NOVITÀ NEL SETTORE IMMOBILIARE. LA META SCELTA È STATA DUBAI, UNA CITTÀ IN CONTINUA EVOLUZIONE, CON UN’ENERGIA CONTAGIOSA, CAPACE DI TRASFORMARE IN REALTÀ ANCHE I PROGETTI ARCHITETTONICI PIÙ FUTURISTICI. IL RACCONTO DI UELI SCHNORF E PHILIPP PETER, TITOLARI DI WETAG CONSULTING.
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etag a Dubai, immagino sia stato un viaggio appagante… «È sempre un grande piacere poter partecipare a questi seminari, principalmente perché non si finisce mai di imparare, ma soprattutto perché sono l’occasione per confrontarsi tra esperti del settore a livello mondiale. La scelta di Dubai, quest’anno, è stata molto azzeccata: dopo i problemi posti dalla pandemia è importante credere nel futuro e focalizzarci ulteriormente sulla nostra clientela, locale e internazionale». Come Wetag collaborate con diversi network, non solo Christie’s, ma anche Luxury Porfolio, Leading RE, European Real Estate… immagino sia un impegno… «Certamente, ma è inevitabile se vogliamo lavorare con i migliori al mondo e garantire un servizio d’eccellenza. I nostri collaboratori, come noi proprietari, sono sempre sotto pressione perché il nostro nome è legato a fir-
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me importanti, questo significa che chi si rivolge a Wetag si aspetta la massima serietà, qualità e professionalità. D’altra parte possiamo vantare un ampio ventaglio di contatti e di proprietà, quindi chi sceglie la nostra società immobiliare sa che grazie alle nostre sinergie può arrivare anche a clienti internazionali o proprietà ricercate e magari poco pubblicizzate, chiamate anche “off market”». In un ambito così internazionale, con società grandissime che contano migliaia di collaboratori, la piccola Wetag della Svizzera ha un peso oppure è un granello di sabbia nel deserto? «Onestamente anche noi ci siamo posti questa domanda quando quindici anni fa siamo stati eletti da questa organizzazione. Però il focus è sulla qualità dei partecipanti, non la grandezza, ed è per questo che siamo stati in grado di guadagnare una posizione importante all’interno della struttura. Nel 2020 a Palm Beach siamo stati
ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
eletti “Affilate of the year” della Christie’s e quest’anno a Dubai Ueli Schnorf era uno degli speaker della conferenza, come lo è già stato più volte in passato. Insomma tutti ci conoscono come la Wetag del bel Ticino in Svizzera (ridono)». Come erano organizzate le vostre giornate a Dubai? «Durante il giorno avevamo numerosi meeting dedicati al real estate. Quest’anno, in generale, si è parlato molto del coronavirus e delle strategie messe in atto per superare mesi difficili e di incertezza. In ogni caso, malgrado alcune agenzie abbiano dovuto chiudere e altre ridurre i dipendenti, le proprietà di lusso non hanno perso valore. Un esempio concreto portato sul tavolo, oltre il nostro, è stato quello di Miami, dove i prezzi stanno lievitando, ma la stessa Dubai - dove si costruisce 24 ore su 24 e nel giro di settimane la morfologia della città cambia a vista d’occhio - desta un grande interesse, soprattutto a livello europeo». Erano presenti anche le società che hanno dovuto effettuare tagli importanti? «Dobbiamo immaginare che nel mondo ci sono agenzie con anche due o tremila collaboratori, quindi altri numeri rispetto a quanto siamo abituati dalle nostre parti. Queste società hanno dovuto agire in modo da non perdere i venditori più preziosi e quelli più leali legati alla società. Ne è emerso che la
necessità di rimanere un gruppo unito e la lotta contro il tempo sono stati fattori comuni a livello mondiale». Siete riusciti ad entrare in qualche proprietà da sogno? «Sì, ma quest’anno nessuna villa... abbiamo visitato una proprietà poco adatta a chi soffre di vertigini! Siamo saliti al 108esimo piano del Burj Khalifa, un vero polo turistico, la struttura conta 160 piani - una torre in cristallo con un’altezza record, costata un miliardo e mezzo di dollari – qui siamo entrati nella penthouse più alta al mondo. È stato veramente impressionante, peccato che la costruzione era al grezzo, perché il proprietario è stato arrestato prima di abitare questo appartamento extra lussuoso». Ma cosa attira così tanta gente a Dubai? «Indubbiamente il fattore tasse: non se ne pagano, ma anche le opportunità lavorative. Stiamo parlando di giovani imprenditrici e imprenditori, ma anche intere famiglie che scelgono Dubai per viverci, anche perché è una città che attualmente offre tutto, come New York. Siamo stati in un quartiere dove ci sono club esclusivi, dove l’alcool è servito senza restrizioni». Ma se un vostro cliente desidera acquistare a Dubai può rivolgersi a voi? «Certamente, questa è la forza del nostro network, ma non solo per Dubai, questo vale per il mondo intero».
Concludiamo con un’immagine di quello che avete fatto nei ritagli di tempo libero? «È importante approfittare del tempo libero messo a disposizione per conoscere anche il posto, le tradizioni, la cultura. A Dubai abbiamo fatto un’escursione nel deserto incredibile, eravamo in mezzo al niente con uno sbalzo termico tra giorno e notte impressionante, siamo passati dai quaranta gradi ai venti. Ci hanno raccontato storie da brividi... in passato, quando i primi europei avevano scelto gli Emirati per i loro affari, c’erano casi di rapimento o di scomparsa di persone in mezzo alla sabbia, era un modo per custodire la propria terra e seminare terrore. Inoltre abbiamo visitato Expo 2020, posticipata a quest’anno a causa del coronavirus, i capannoni erano moltissimi, ma noi ci siamo focalizzati su quello svizzero che era un misto di alta tecnologia e tradizioni. Ne è valsa veramente la pena». La cultura, le tradizioni, la storia fanno parte della ricchezza di una regione e noi, come Ticino, possiamo vantare racconti e leggende incredibili. Ma questo può essere lo spunto per il prossimo articolo Wetag.
WETAG CONSULTING Riva Antonio Caccia 3 CH-6900 Lugano Via Antonio Ciseri 13A CH-6600 Locarno Via Beato Berno 10 CH-6612 Ascona www.wetag.ch www.journal.wetag.ch info@wetag.ch +41 (0)91 601 04 40 TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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ARCHITETTURA / ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
LE VILLE DI LUSSO NON CONOSCONO CRISI
ENRICO F. SBRIZZAI, GENERAL MANAGER DI ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY, FA IL PUNTO SULL’ANDAMENTO DEL MERCATO IMMOBILIARE NELL’ALTA ENGADINA, SOTTOLINEANDO COME LA DOMANDA SUPERI ABBONDANTEMENTE L’OFFERTA.
S
t. Moritz Sotheby’s International Realty è un player qualificato nella realtà immobiliare engadinese. Con quali caratteristiche si presenta attualmente questo mercato? «Il settore immobiliare in Alta Engadina e a St.Moritz in particolare mantiene l’andamento sostenuto e dinamico che ha caratterizzato gli ultimi anni, al di là di taluni rallentamenti congiunturali che si sono tuttavia sempre risolti nel giro di pochi mesi. Questa tendenza espansionista si conferma a maggior ragione per quanto riguarda l’andamento dei prezzi, che si può dire essere letteralmente esplosi, con numeri che in taluni casi, a mio modo di vedere, non rispecchiano nel modo più assoluto i valori di mercato». In che misura la pandemia ha condizionato l’andamento del mercato degli oggetti immobiliari? «Direi che la pandemia ha accentuato fenomeni già in atto. Lo scorso anno, nei mesi più difficili del
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lockdown si è registrato un numero di presenze molto più alto rispetto alla media degli anni precedenti. Il che significa che molta gente, avendone la possibilità economica e professionale, ha scelto di scappare dai maggiori centri abitati per rifugiarsi in un luogo aperto, tra boschi circondati da alte montagne, nella convinzione di potere più facilmente sopravvivere al virus. Ciò ha naturalmente determinato un aumento delle richieste di appartamenti e credo che questo fenomeno continuerà anche nei prossimi anni, perché le persone desiderano avere uno spazio di sicurezza anche nei confronti di eventuali future crisi sanitarie». Quali sono le più frequenti richieste che ricevete dal segmento più facoltoso di una clientela internazionale? «La forte domanda si orienta verso tutti i segmenti del marcato, con una richiesta di oggetti di tutte le
ARCHITETTURA / ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
tipologie. Naturalmente sono le ville di lusso quelle che soffrono di una maggiore carenza di oggetti disponibili. Inoltre, si verifica il fenomeno per cui le ville super lusso, per esempio quelle nella regione più esclusiva dell’Alta Engadina conosciuta come “Suvretta”, qualora vengano messe in vendita non passano neppure dal mercato, ma sono gestite talvolta attraverso il passaparola e con trattative private, direttamente dal proprietario». Secondo le vostre valutazioni, quali sono le previsioni a breve-medio termine per il settore immobiliare a St.Moritz e più in generale per l’Engadina?
«Questo territorio deve fare i conti, come ho già detto, con una carenza di oggetti sul mercato, accentuata dalle limitazioni alla costruzione di nuove residenze. Questa situazione porta necessariamente in primo piano le ristrutturazioni di immobili costruiti negli anni ’60 e ‘70, che scontano tuttavia una vera e propria mancanza di spazi fisici (garage e parti ad uso comune), oggi assolutamente indispensabili per fare fronte alle mutate esigenze e ai modi del vivere la montagna imposti dalla civiltà contemporanea». Qual è il quadro normativo relativo alle residenze secondarie in Engadina e quali correttivi a suo giudizio andrebbero apportati?
«Dobbiamo riconoscere che le limitazioni imposte alla costruzione di residenze secondarie, soprattutto per stranieri, rappresentano una misura dolorosa per il mercato, ma sono probabilmente indispensabile per mantenere, soprattutto a St. Moritz, al riparo da quei fenomeni di boom edilizio che potrebbero portare in breve tempo alla distruzione di questo straordinario patrimonio ambientale». Quali vostri oggetti immobiliari di particolare interesse volete segnalare? «La nostra agenzia è presente su tutti i segmenti del mercato, fermo restando la nostra specializzazione in esclusivi oggetti di lusso confermata anche dall’appartenenza ad un network di assoluto prestigio internazionale». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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ARCHITETTURA / WMM REAL ESTATE MANAGEMENT
CREARE VALORE INTEGRANDO COMPETENZE 01
L’INTEGRAZIONE DI COMPETENZE È LA CHIAVE DEL SUCCESSO DI WMM REAL ESTATE MANAGEMENT, REALTÀ LUGANESE CHE OFFRE AL CLIENTE UNA GAMMA DI SERVIZI TRA LE PIÙ AMPIE IN TICINO. CONSULENZA PERSONALIZZATA E COORDINAMENTO CON LE ALTRE SOCIETÀ DEL GRUPPO WMM SONO I FATTORI CARATTERIZZANTI. 02
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alorizzare le proprietà immobiliari dei propri clienti è l’obiettivo dell’attività di WMM Real Estate Management, azienda luganese attiva nella gestione e nell’intermediazione immobiliare. Nel dinamico e competitivo mercato immobiliare ticinese, la società vive una costante crescita in termini di mandati e fatturato grazie a una strategia che punta sull’integrazione di competenze provenienti da differenti settori, a cui può accedere rapidamente senza ricorrere a terze parti. La società è parte del Gruppo WMM - Wullschleger Martinenghi Manzini,
che si avvicina a tagliare il traguardo dei cinquant’anni dalla sua fondazione e riunisce nella sede unica di Lugano oltre settanta professionisti attivi nella consulenza patrimoniale, societaria, fiscale e immobiliare. Grazie alla stretta e costante collaborazione tra le differenti anime del Gruppo, ai clienti che si affidano a WMM Real Estate è garantito un supporto costante che va oltre il processo di compravendita e amministrazione, e risponde a necessità di ricerca e promozione immobiliare ma anche legate ad analisi di mercato, ristrutturazione e direzione lavori, consulenza legale e gestione finanziaria. Il cliente di WMM Real Estate accede così in modo pratico ai servizi di un gruppo solido e strutturato, relazionandosi al contempo con un unico consulente personale, che tutela i suoi interessi e
ARCHITETTURA / WMM REAL ESTATE MANAGEMENT
risponde alle sue domande. WMM Real Estate è associata a CATEF e SVIT e si indirizza a singoli proprietari, comunioni condominiali, società immobiliari e investitori istituzionali, con l’obiettivo di contribuire a valorizzare in modo attivo le loro proprietà. Vanta inoltre una lunga esperienza in materia di prima locazione e, grazie anche alla partecipazione ai regolari corsi di formazione e aggiornamento, dispone di esperti nella gestione finanziaria e tecnica degli immobili. L’attività di intermediazione e consulenza immobiliare fa affidamento su un’ampia base dati che unisce in modo dinamico centinaia di oggetti e migliaia di contatti di proprietari e potenziali acquirenti, sempre nel rispetto dei re-
quisiti di protezione dei dati personali. Il team di intermediazione è composto da professionisti che svolgono un ruolo di punto di riferimento per il cliente nel corso di ogni fase del processo, sia per la vendita che per la prima locazione, dall’analisi preliminare e la valutazione immobiliare fino alla firma del contratto. WMM Real Estate vanta una varietà di tipologie diverse di mandati: da singoli appartamenti a stabili a reddito, immobili commerciali, ville di lusso o intere promozioni immobiliari in esclusiva. Al contempo, al cliente alla ricerca di un immobile è offerto un servizio di property finding finalizzato a identificare l’oggetto maggiormente rispondente alle sue esigenze.
01 Elegante proprietà a Montagnola 02 Mara Ragusa Wullschleger Responsabile settore intermediazione immobiliare
RESIDENZA 99 UN PROGETTO ICONICO 03
All’interno dell’offerta immobiliare di WMM Real Estate è presente Residenza99: un moderno progetto di riqualificazione urbana, che sorge a Massagno e presenta una delle prime facciate con giardino verticale realizzate in Ticino. La residenza si integra perfettamente in un’area che annualmente accresce il suo valore, contribuendo inoltre al miglioramento della qualità di vita grazie alla scelta di materiali e soluzioni orientate al benessere e all’efficienza energetica. Situata in una posizione strategica, a poca distanza dalla stazione di Lugano e dall’accesso autostradale di Lugano Nord, la residenza è composta di appartamenti acquistabili anche come residenza secondaria. Sono disponibili differenti dimensioni – da 2.5 locali ad attici di 6.5 locali – e ciascun appartamento è dotato di giardino privato e/o terrazza coperta e giardino d’inverno esposti a sud. Maggiori informazioni
sono disponibili sul sito residenza99.ch. WMM Real Estate ha sposato il progetto sin dalla sua nascita, mettendo a disposizione la sua esperienza in ambito di promozione e gestione immobiliare, con la convinzione che Residenza99 sia non soltanto un progetto iconico grazie all’estetica inconfondibile, ma anche ottimamente integrato nel contesto urbano locale. www.residenza99.ch 04
03 Residenza99, per la quale WMM Real Estate ha un mandato in esclusiva 04 Gli appartamenti della Residenza99 integrano terrazze panoramiche esposte a sud
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ARCHITETTURA / MONICA LO RISO
MONICA LO RISO È UNA DELLE PROTAGONISTE DEL PANORAMA IMMOBILIARE TICINESE, CHE HA PROMOSSO ALCUNI DEI PIÙ INTERESSANTI PROGETTI REALIZZATI IN SVIZZERA E ALL’ESTERO.
APPASSIONATA DEL MIO LAVORO
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suo giudizio si può parlare di differenze di genere nell’approccio al settore immobiliare e quale è stata la sua personale esperienza in questo ambito professionale? «Personalmente credo non sia corretto parlare di differenza di genere, l’esperienza maturata in questi anni mi porta a pensarla in un altro modo. Le uniche cose che contano realmente in questo ambito sono: la professionalità, la competenza e soprattutto una buona dose di sensibilità per comprendere e capire a pieno le reali esigenze dei clienti».
Da sinistra Jurisčic Tatjana Belonogova Ekaterin Monica Lo Riso
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TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
Il vostro studio si avvale di un team prevalentemente femminile. Quali sono le ragioni di questa scelta e quali vantaggi ha apportato al vostro lavoro? «Si corretto, il nostro team è prevalentemente al femminile. Il mio modello di riferimento sono sicuramente le mamme, che riescono sempre a trovare il giusto equilibrio tra carriera e famiglia. La mia fonte di ispirazione sono proprio queste donne forti, attente e organizzate, tutte caratteristiche che ammiro e trovo fondamentali per svolgere questo lavoro in maniera opportuna».
ARCHITETTURA / MONICA LO RISO
Quali aspetti della promozione immobiliare la appassionano maggiormente e perché? «Gli aspetti che mi appassionano maggiormente nel lavoro, sono molteplici. Uno su tutti che mi gratifica in particolar modo è percepire la soddisfazione e la felicità dei clienti a seguito di una chiusura di un’operazione. Un altro aspetto che amo particolarmente è creare operazioni immobiliari su misura in base alle esigenze dei nostri clienti, con il supporto fondamentale del nostro studio di architettura Claudio Lo Riso».
ARTPROJEKT SA Via San Salvatore 2 CH-6900 Paradiso-Lugano T. +41 (0)91 922 06 03 www.artprojekt.ch
Quali sono i progetti immobiliari a cui si sente particolarmente legata e che vorrebbe promuovere? «I progetti a cui mi sento legata, sono molti in vent’anni di attività. Attualmente se dovessi scegliere dei progetti da promuovere sono sicuramente Palazzo Maurice a Massagno ultimata in giugno 2021 e Residenza Ceresio a Pregassona che verrà ultimata in primavera 2022». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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ARCHITETTURA / SANDRO SORMANI SA
UN MATERIALE SEMPRE AFFASCINATE IDEALE PER OGNI AMBIENTE, SOPRATTUTTO NEL BAGNO. LA DITTA SANDRO SORMANI SA, DA MOLTI ANNI PRESENTE SUL MERCATO CON UNA VASTISSIMA ESPERIENZA E MOLTISSIME OPERE REALIZZATE, È IN GRADO DI ACCOMPAGNARE IL PERCORSO REALIZZATIVO DI OGNI INTERVENTO.
INNOVARE CON LA RESINA
DI ELENA BUSATO BARBUIO
Da sinistra Mattia, Sandro e Reto Sormani
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tate pensando che il bagno di casa vostra avrebbe proprio bisogno di una bella rinfrescata? Quelle piastrelle…. decisamente non vi piacciono più e le fughe poi… ci vorrebbe più stile, un tocco di classe e magari quel particolare unico che appartiene solo a voi! La stanza da bagno ha assunto un ruolo di fondamentale importanza e sempre più spesso costituisce uno spazio per rituali di benessere e relax. Sto anche registrando diverse richieste per
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la creazione di un’oasi di pace all’interno della casa, un luogo in cui rilassarsi, dove ritrovare sé stessi. Nei casi di ristrutturazione così come nelle nuove costruzioni la resina è la scelta perfetta. Ed allora via libera alla fantasia ed ecco alcuni suggerimenti che prevedono l’utilizzo di uno dei materiali innovativi più versatili al mondo, adatto sia per rivestire pavimenti che superfici verticali, ideale sia per le persone più eclettiche, sia per quelle più raffinate ed eleganti ma anche per i classici conservatori e tradizionalisti. Immaginiamo ad esempio una villa, magari in stile, con un bagno in piastrelle colorate ormai evidentemente fané con le fughe scurite dal tempo… quei rivestimenti decisamente troppo “vintage” che sminuiscono le belle e generose proporzioni della stanza magari dalle altezze importanti. Pensiamo ad un grande lampadario, decorativo e scenografico, una parete in resina semi-lucida, cornici e stucchi che definiscono eleganti boiserie; sul pavimento una resina spatolata anche ros-
ARCHITETTURA / SANDRO SORMANI SA
so bordeaux che ricorda il classico antico pastellone Veneziano che circonda un rosone in mosaico di marmo. Non siete in una villa ma in un comodo e centrale appartamento in città? Nessun problema. Si può ricreare una scenografia rilassante, una virtuale connessione con la natura utilizzando le carte da parati con temi naturali, floreali o faunistici per trovare l’emozione di “bucoliche evasioni”. Per i più romantici: una elegante e decorativa carta da parati (perfetta anche in doccia) e nel resto delle superfici, anche le tinte unite delle resine sono perfette, nei colori del verde nelle tonalità della salvia, dell’acqua, del bosco, appropriati anche i dettagli dorati o ramati. Avete invece una personalità raffinata ma definita ed essenziale, vi suggerisco resine lisce effetto seta, dai colori talco e burro; i pavimenti possono essere in pietra naturale o marmo, ma anche in legno, le resine si sposano e si abbinano elegantemente, definendo spazi e particolari degli ambienti, anche nelle nicchie della doccia tra i tagli di luci a muro creando effetti plastici e scenografici. Ed ancora, qualora abbiate un’anima ed una personalità eccentrica, moderna ed innovativa, si può osare, creare, sperimentare accostamenti più pop. Le resine possono rappresentare il vostro ideale terreno di azione, abbinamenti bi-color con effetti ottici incredibili per allargare od allungare gli ambienti. Colori, effetti, applicazioni
che riflettono il vostro temperamento esuberante, sanitari ed accessori colorati, il tutto molto glamorous per un effetto che stupirà voi stessi! Quindi, come avrete capito, resine e carte da parati soddisfano proprio qualsiasi esigenza ed incontrano tutti i gusti! Io le adoro proprio perché ogni pensiero “out of the box” è possibile, potendo proprio valutare molteplici aspetti spaziando da forme, colori, accostamenti unici che i miei clienti non avevano magari considerato ma perfetti per le loro personalità. Creo così una storia personalizzata, render 3d e poi un sogno inespresso si traduce in realtà, ottenendo un risultato coordinato e personalizzato che si traduce in benessere.
Suggerisco decisamente di affidarvi ad un’azienda esperta; la resina, viene usata nel mondo da oltre due decenni, declinata in innumerevoli varianti, sia tecniche che di finiture e colori, realizzate anche con prodotti ecologici e sostenibili: il campo è vastissimo e non è certo una lavorazione da “fai da te”. Sormani, azienda che tra le prime ha impiegato le resine ed esperta anche nella posa di carte da parati e trattamenti murali, effettuerà prima un sopralluogo valutando attentamente quale prodotto e tecnica applicativa suggerirvi. Programmerà poi l’intervento pianificando attentamente budget e modalità operative, per ottenere il miglior risultato possibile. La vostra casa acquisterà più valore con un intervento bene eseguito. Valorizzate quindi la vostra casa, ma soprattutto la vostra personalità; appagate con pochi e semplici interventi il desiderio di cambiamento e di rinnovamento che sta dentro di voi, Lasciatevi accompagnare da veri professionisti in questo fantastico viaggio tra colori, materiali e cromie, otterrete risultati sorprendenti e durevoli nel tempo.
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
PARLIAMO DI FILANTROPIA FEMMINILE c’è pochissima letteratura sull’argomento. Ho voluto colmare una lacuna, e raccontare le storie illuminanti delle tante donne filantrope che hanno fornito contributi importanti per la società civile. E l’ho fatto, scrivendo non per un pubblico ristretto di specialisti di settore, ma per tutti».
UNA CONVERSAZIONE CON ELISA BORTOLUZZI DUBACH, CONSULENTE DI RELAZIONI PUBBLICHE, SPONSORIZZAZIONI E FONDAZIONI, DOCENTE PRESSO VARIE UNIVERSITÀ E ISTITUTI DI STUDI SUPERIORI IN SVIZZERA E IN ITALIA (WWW.ELISABORTOLUZZI.COM).
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TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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ei ha pubblicato negli anni libri e articoli dedicati a donne filantrope. Perché ha ritenuto necessario introdurre questa distinzione di genere? «La filantropia mi ha accompagnato tutta la vita, sia in famiglia, sia nel lavoro e nella vita privata, nelle conoscenze e nelle amicizie. Quella femminile ha origini antichissime, se ne trovano tracce già nelle culture asiatiche del periodo avanti Cristo, nell’antica Grecia, nella civiltà romana. In Svizzera, nel 1345, una donna, con la sua attività filantropica, ha posto le basi di quello che è oggi il policlinico universitario Berner Inselspital. Eppure in Europa
Qualche esempio del passato? «L’opera preziosa delle sorelle Vischer, che a Basilea idearono e finanziarono la prima clinica pediatrica svizzera, rimasta per molti anni anche un riferimento architettonico. Octavia Hill, inventrice dell’edilizia sociale, Abby Aldrich Rockefeller, Lillie Plummer Bliss e Mary Quinn Sullivan, tre donne mecenati e collezioniste che diedero vita a uno dei musei più importanti del mondo, il MoMa di New York. Phyllis Lambert, per gli amici Joan of Architecture, centrale per la promozione dell’architettura contemporanea». Quando nasce la filantropia femminile contemporanea? «Nel 1972, l’istituzione della fondazione Ms. Foundation for Women, negli Stati Uniti, segna l’inizio di un “rinascimento contemporaneo del mecenatismo femminile”. Da allora, infatti, sono state istituite centinaia di fondazioni che si dedicano al sostegno delle attività mecenatistiche delle donne in arte, cultura e architettura. Negli Stati Uniti, per esempio, il mecenatismo femminile gode di ampio riconoscimento. L’emergere di nuove fondazioni di donne per le donne ha dimostrato che l’investimento filantropico nei progetti femminili accelera il cambiamento per il
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meglio, non solo a livello locale, ma anche nazionale e internazionale (S. Shaw-Hardy e M.A. Taylor, Women and Philanthropy: Boldly Shaping a Better World, John Wiley and Sons, United Kingdom, 2010, p. 47)». Che cosa si intende per associazionismo filantropico e qual è il ruolo, in questo contesto, delle donne filantrope? «L’America è anche la culla di una nuova forma di associazionismo filantropico, quella delle donne mecenati. L’International Network of Women’s Funds (INWF), fondato nel 2000, mette in rete le fondazioni femminili per promuovere la filantropia con una prospettiva femminista. La sua missione è di rafforzare la capacità politica e finanziaria delle fondazioni dedicate a temi femminili, per permettere a ragazze e giovani donne di cambiare vita. INWF diffonde una versione alternativa del “dare”, basata sulla fiducia e sul sostegno. Il suo approccio alla sostenibilità passa attraverso politica e finanza, trasformando il lavoro delle fondazioni femminili in uno strumento per il cambiamento in diversi Paesi del mondo». Può fornire esempi di filantrope impegnate a lavorare in rete per un cambiamento sistemico che valorizzi le peculiarità e il talento femminili? «Penso alla filantropa Ursula ZindelHilti, donna coraggiosa e visionaria che ha concentrato il suo lavoro sulla sostenibilità. Ha collaborato con istituzioni come Ashoka, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che sostiene gli imprenditori sociali e insiste sull’innovazione sociale e sull’azione sistemica (https://www.ashoka.org/de/country/ switzerland). Zindel-Hilti era interessata a collaborazioni che permettessero ai partner di avvicinarsi agli obiettivi passo dopo passo. Insieme e
in stretta collaborazione con personalità femminili altrettanto impegnate, ha lavorato per garantire il sostegno alle donne in situazioni di vita difficili: si batteva perché le donne potessero imparare ad aiutarsi attraverso iniziative educative e di sensibilizzazione. Insieme ad Ashoka, ha avviato progetti sostenibili in Egitto e in Brasile, che hanno aiutato le donne a prendersi cura di sé, qualificandole per condurre una vita autodeterminata. La signora Zindel-Hilti ha sostenuto bambini e giovani, collaborando fra gli altri con le imprenditrici sociali e borsiste di Ashoka Vera Cordeiro e Marcia Ventura». E in tempi più recenti? «La filantropa americana Laurene Powell Jobs, che ha donato finora 21 miliardi di dollari. Lavora con l’istituto XQ (https://xqsuperschool.org/ about/) e agisce fra l’altro con la sua fondazione, l’Emerson Collective (https://www.emersoncollective.com/ about-us/). È un esempio di fautrice del cambiamento sistemico. Un altro esempio interessante è quello di Mc Kenzie Scott, che ha elargito dal 2020 a oggi 8 miliardi di dollari. La Scott ha donato a banchi alimentari e organizzazioni che si occupano di giustizia razziale, cambiamento climatico e diritti della comunità LGTBQ, e alla già citata Ashoka per affrontare le disuguaglianze, promuovendo il cambiamento sistemico in tutto il mondo e assecondando il motto di questa organizzazione che è “Everyone a changemaker world”». Nelle donne filantrope, quanto contano le condizioni e il ruolo nella famiglia d’origine o acquisita (figlie o mogli) e quanto invece l’autonoma volontà di impegnarsi nel campo del mecenatismo? «Nell’Ottocento, il mecenatismo era per le donne un mezzo di affermazione, non di emancipazione. Il bon ton imponeva alle ragazze di buona
famiglia di impegnarsi in filantropia, spesso parte dei doveri delle donne sposate, le quali erano attive soprattutto vicino al loro domicilio, nel territorio di riferimento. Spesso queste signore altolocate agivano stimolate dai propri coniugi, che consideravano l’attività filantropica delle mogli una forma di perfezionamento del proprio status sociale. Dal 1968 a oggi, il contesto sociale nel quale le donne si muovono è completamente mutato. Il numero di donne istruite è esploso, e sono stati acquisiti diritti prima negati, come il voto e il lavoro. Tutto ciò ha permesso l’accesso a ruoli di leadership, a guadagni allineati a quelli maschili. Oggi le donne influenzano le decisioni dei coniugi in materia di filantropia, e agiscono autonomamente come filantrope, distinguendosi per la lungimiranza e il carattere innovativo dei loro progetti. Penso fra le altre all’attività di Ariane de Rothschild, di Ise Bosch, di Verena Pausder (della quale ricordo il bestseller Das Neue Land: Wie es jetzt weitergeht! edito nel 2020)». L’impegno nel campo della filantropia non può prescindere oggi da una specifica competenza nella gestione economica e finanziaria. Come se la cavano le donne in questo caso? «Se la cavano benissimo. Una ricerca dell’aprile 2020 di Boston Consulting Group (https://www.bcg.com/ publications/2020/managing-nextdecade-women-wealth) dimostra che le donne negli ultimi anni hanno accumulato una maggiore ricchezza rispetto al passato e, a oggi, circa il 32 per cento delle risorse economiche del mondo appartiene al genere femminile. Un dato significativo, destinato ad aumentare in futuro. Con la crescita costante delle donne in posizioni di leadership e l’imprenditorialità femminile in espansione, la ricchezza sotto il controllo femminile continua a salire (UBS, 2021). Si prevede che, entro il 2023, i patriTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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moni in mano alle donne raggiungano a livello globale i 93 trilioni di dollari. Lo studio “The changing faces of billionaires” di UBS, in collaborazione con PWC, dimostra inoltre come il numero delle miliardarie nel mondo sia cresciuto più rapidamente rispetto a quello dei coetanei maschi. Il dato è stato definito come “Fattore Atena”». Dove si studia oggi la filantropia femminile? Esistono istituti universitari dedicati? «Il Women’s Philanthropy Institute dell’Indiana University gioca un ruolo di primo piano a livello internazionale, con studi, pubblicazioni e programmi innovativi. Anche in Europa cresce il numero di università e istituzioni che nelle loro ricerche dedicano particolare attenzione al tema della filantropia femminile. L’Olanda, con l’Università Erasmus di Rotter-
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dam e la VU University di Amsterdam, è leader in questo tipo di studi. Un dato non sorprendente, considerando che l’Olanda è anche il Paese in cui nel 1983 è stata creata Mama Cash, la più antica fondazione internazionale dedicata ai problemi delle donne (www.mamacash.org)». Quale pensa possa essere l’evoluzione futura della filantropia al femminile in Svizzera e in Ticino? «Considero l’esperienza mecenatistica delle donne come uno degli elementi più vitali e interessanti della scena contemporanea. Mi aspetto, per esempio, che l’alleanza fra donne filantrope e imprenditrici sociali porti a risultati significativi anche in Svizzera, che temi come la filantropia strategica e sistemica dominino la discussione dei prossimi anni, e le donne, come in passato, sappiano dare un contributo significativo, quando non determinante».
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DOSSIER FONDAZIONI / PAMELA AGAZZI VIVIANA KASAM
LE EMOZIONI DELLE DONNE FILANTROPE
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LE EMOZIONI, ELEMENTO CRUCIALE PER IL BENESSERE PSICOFISICO DELL’INDIVIDUO, MA ANCHE PER LO SVILUPPO DI RAPPORTI SOCIALI E RELAZIONI. NE PARLIAMO CON LA NEUROLOGA PAMELA AGAZZI* E CON VIVIANA KASAM**, GIORNALISTA SCIENTIFICA CHE HA FONDATO BRAINCIRCLEITAIA E BRAINCIRCLELUGANO PER DIVULGARE LA RICERCA SUL CERVELLO.
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amela Agazzi, lei è una neurologa di chiara fama che si occupa di malattie o disturbi cerebrali. Quando parliamo di emozioni di che cosa si tratta esattamente? «Una definizione scientifica è che si tratta di stati psicofisiologici indotti da stimoli (come eventi, scene, ma anche oggetti), la cui funzione principale è quella di consentire una reazione immediata a determinate situazioni, ai fini dell’adattamento e della sopravvivenza. Hanno anche un ruolo nelle relazioni, perché comunicano rapidamente agli altri i nostri stati d’animo attraverso un linguaggio corporeo non verbale, ad esempio una variazione dell’espressione del volto o del tono della voce. Gli atti di generosità e di aiuto sono in grado di generare emozioni che ci mettono in connessione con gli altri e producono importanti o profondi cambiamenti nel nostro cervello».
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Come nascono le emozioni? «Lo stimolo generato dall’emozione, per esempio nel caso della filantropia ascoltando la musica di un artista che la donna mecenate ha sostenuto, viene elaborato a livello cerebrale in due fasi e da strutture diverse: la prima viene elaborata da alcune strutture sottocorticali che si esprime attraverso cambiamenti corporei, come variazione dei battiti del cuore; la seconda è quando lo stimolo viene inviato anche agli emisferi cerebrali, in particolare alla corteccia associativa, divenendo consapevole. L’emozione, quindi, si esprime inizialmente mediante una modifica del corpo e solo in un secondo tempo noi la avvertiamo e riusciamo a darle un nome (gioia, passione, meraviglia, ma anche rabbia o disgusto)». In che modo le emozioni influenzano concretamente i comportamenti delle filantrope? «A livello cerebrale i processi cognitivi ed emozionali sono profondamente integrati e collegati tra loro mediante complessi circuiti nervosi che coinvolgono diverse regioni. Ecco perché le emozioni sono in grado di produrre processi cognitivi, determinando importanti cambiamenti, e motivano il comportamento, influenzando il continuo interscambio tra noi ed il mondo esterno. Le donne, che tradizional-
mente sono più attente alle loro emozioni, possono avere maggiore motivazione verso la riuscita di progetti di filantropia che coinvolgono rapporti umani e che possano produrre del bene per i singoli individui oltre che per la società. Inoltre gli stimoli che generano emozioni attivano i “circuiti emozionali” che sono strettamente connessi con le aree della memoria. Ovvero, il nostro cervello grazie alle emozioni ricorda più intensamente perché riconoscere, accogliere le emozioni ed elaborarle crea nuove connessioni cerebrali. I ricordi che rivivono grazie alle emozioni si colorano di sfumature più intense e permangono nel tempo. Possiamo “gustarli” di più». Viviana Kasam, un ambito in cui le donne si distinguono per la loro qualificata presenza è, al contrario di quanto si è spesso portati a credere, quello delle scienze in generale e delle neuroscienze in particolare. Che cosa ci può raccontare in proposito? «Al giorno d’oggi nelle università il numero di donne che si iscrivono a facoltà scientifiche e si laureano brillantemente è in molti Paesi quasi pari a quello degli uomini. Quello che ancora manca alle donne scienziate è la notorietà. Nei convegni scientifici i relatori sono per la maggior parte, se non tutti, uomini. Per questo ho ideato e organizzato il
DOSSIER FONDAZIONI / PAMELA AGAZZI VIVIANA KASAM
EMOTIONS Lugano è tappa di un Forum internazionale itinerante incentrato proprio sulle emozioni e dedicato alle donne scienziate, da sempre scarsamente rappresentate nei convegni internazionali. Emotions (www.emotionsbrainforum.org), organizzato da BrainCircle Italia in collaborazione con Braincircle Lugano in partnership con prestigiose Università e Istituti di ricerca in tutta Europa si svolgerà tra ottobre 2021 e maggio 2022, in 8 città (Gerusalemme, Roma, Genova, Lugano, Milano, Ginevra, Londra, Lisbona)- e ospiterà brillanti scienziate internazionali, che analizzeranno le emozioni declinandole in tutti i loro aspetti biochimici, genetici, epigenetici, psicologici e neurologici. Il progetto mira a ribaltare due stereotipi: il primo che contrappone l’emotività femminile alla razionalità maschile. Il secondo che interpreta le emozioni come un intralcio alla razionalità o un sottoprodotto della visceralità. In realtà, si è scoperto che l’emotività è un elemento fondamentale nei processi cognitivi, nelle decisioni e nei giudizi morali. L’intelligenza emotiva è ormai riconosciuta come un fattore fondamentale in ogni settore, dall’economia alla politica. Per questo è importante valorizzare l’expertise femminile.
BrainForum itinerante Emotions (www.emotionsbrainforum.org), dove le relatrici sono esclusivamente donne. Credo che sia importante per le donne, e per le donne mecenati in particolare, impegnarsi per superare quello che viene chiamato il “soffitto di cristallo”, ovvero la barriera invisibile che impedisce alle donne di accedere ai ponti di comando. In molti settori questa bar-
riera è superata, nella scienza e soprattutto nelle neuroscienze, purtroppo no. Proprio per questo, sto cercando di far rete con donne mecenati in tutto il mondo per sostenere le scienziate». Lei è anche fondatrice e filantropa. È vero che la generosità, la gentilezza, la gratitudine possono creare benessere sia per quello che riguarda la psiche e il cervello, sia, di riflesso, nel corpo? «Esistono parecchie ricerche scientifiche che testimoniano come i comportamenti positivi, per esempio la pratica sistematica della generosità e quindi della filantropia, abbiano un effetto benefico non solo per chi riceve ma anche per chi dà. Essere gentili aumenta la produzione di serotonina, l’ormone della felicità. Mentre il rancore, l’invidia, la tirchieria non fanno male solo a chi ne è oggetto, ma prima di tutto a chi nutre queste emozioni negative. Nel 2003 la psicologa Barbara Fredrickson dell’Università del Nord Carolina ha pubblicato uno studio in cui dimostra che le emozioni positive controbilanciano il danno delle emozioni negative, e ha teorizzato quella che chiama la “positive ratio” (rapporto positivo): 3 a 1. Ovvero, sarebbero necessarie tre azioni buone per controbilanciare lo stress causato da una emozione negativa. Sugli effetti positivi della generosità esistono una infinità di studi. I primi di cui sono consapevole -ma non escludo che ve ne sia stati anche dei precedenti- risalgono agli anni ’90 del secolo scorso. Deborah Danner, insieme ad altri collaboratori dell’Università del Kentucky, rileggendo nel 2001 i diari scritti negli anni ’30 da 180 suore cattoliche, si accorse che quelle che avevano espresso più emozioni positive, erano vissute in media 10 anni in più delle altre e non avevano sviluppato sintoni di demenza. Lo studio più citato è però quello di Doug Oman, dell’Università di Berkeley in California, che si occupa di spiritualità e mindfulness, la disciplina oggi tanto di moda tra i giovani che si ispira alla
meditazione e allo yoga. Già nel 1990 Oman cominciò a studiare 2015 residenti de una regione californiana, Marin County, attivi nel volontariato. I parametri di Oman sono piuttosto complessi e non posso elencarli in una breve intervista. Il risultato finale è che le persone molto attive nel volontariato risultarono mantenersi più sani e longevi del gruppo di controllo. E uno studio analogo condotto quasi contemporaneamente da scienziati dell’Università del Michigan su 2.153 persone anziane in Giappone, volto a studiare il rapporto tra religione, aiuto agli altri e salute, confermò il rapporto tra buona salute e generosità. L’altruismo crea maggiore integrazione sociale, distrazione dai problemi personali e dall’ansia, dà significato alla vita, combatte l’isolamento e la passività spesso collegate all’invecchiamento. Ed è un forte antidoto allo stress, uno dei fattori principali di malattia. Questi risultati sono stati confermati dagli studi di Stephen Post dell’Università di Chicago, autore di parecchi best sellers su questi temi, che dimostra come la beneficenza migliori la salute e la felicità di chi dà, e come l’empatia e la compassione non solo abbiano un effetto positivo sui malati e i bisognosi, ma anche su chi si occupa di loro. Gli attuali studi dei neuroscienziati affondano in queste ricerche. Ora è possibile misurare, attraverso le apparecchiature di brain imaging, l’attività del cervello mentre si compiono atti di generosità. Uno studio condotto da un team di ricercatori guidati da Philippe Tobler e Ernst Fehr dell’Università di Zurigo, in collaborazione con la Northwestern University di Chicago e pubblicato e nel 2018 su Nature Communications ha evidenziato gli effetti della generosità su alcune specifiche aree cerebrali, chiarendo finalmente l’interazione che esiste tra altruismo e felicità. Servendosi della risonanza magnetica funzionale, il team di ricercatori ha monitorato i cambiamenti cerebrali in 50 volontari reclutati per lo studio. A metà era stato chiesto era stato chiesto di pensare a come TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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avrebbero speso 100 CHF per comprarsi qualcosa, all’altra metà per aiutare qualcuno. Alla fine dell’esperimento, i ricercatori sottoposero tutti i volontari a un test per verificare se era riscontrabile un cambiamento nell’umore. E sì, i generosi erano più felici e soddisfatti. Come ci spiegano bene gli evoluzionisti, noi esseri umani ci siamo evoluti anche e soprattutto perché ad un certo punto abbiamo cominciato a cooperare, e a collaborare. Ora ne abbiamo una conferma anche a livello biologico: la sopravvivenza non è più solo un fatto di forza e competitività, ma anche di empatia e vicinanza al prossimo. E se poi pensiamo alla sopravvivenza non individuale, ma del genere umano e del pianeta, allora non ci sono dubbi». La gentilezza è un tratto importante che può essere caratterizzante di una concezione di filantropia positiva. Che cosa ne pensa? «Ci sono tanti modi di fare del bene, non solo economici. Dare il proprio tempo, il proprio lavoro è una importante forma di filantropia. Lo stesso vale per la gentilezza, per il modo di relazionarci agli altri. Lo sostengono un sociobiologo, Daniel Lumera, e un’epidemiologa, Immacutata De Vivo, (un’autorità ad Harvard, che ha sintetizzato sei anni di studi al microscopio su che cosa favorisce o meno la longevità e l’assenza di malattie) nel recente libro Biologia della gentilezza, che dimostra sulla base di studi scientifici come esista un vantaggio biologico alla gentilezza e all’empatia, contraddicendo alcune errate ma popolari interpretazioni del pensiero di Darwin. Si evolverebbe il più adatto, ma non nei termini di forza fisica. Questo è confermato dai teleomeri, strutture di Dna alle estremità dei cromosomi che si accorciano man mano che diminuisce la salute e l’aspettativa di vita: nei generosi i teleomeri sono più lunghi». Il mecenatismo femminile è diverso dal quello maschile?
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«I modi in cui si esplica la filantropia sono spesso anche una questione di genere. Le donne tendono più spesso a essere toccate nell’empatia, aiutare chi ha bisogno, chi conoscono o cause alle quali si sentono partecipi. E sono inclini a fare rete. Recenti studi hanno evidenziato come stiano aumentando esponenzialmente le reti di donne mecenati in tutto il mondo e soprattutto nei Paesi emergenti. Gli uomini prediligono più spesso i grandi progetti ai quali amano dare il loro nome, una paternità surrogata di cui le donne forse hanno meno bisogno, in quanto i figli li mettono al mondo fisicamente. Nella filantropia le emozioni giochino un ruolo fondamentale, ed è indubbio che nella nostra cultura le emozioni hanno un “genere”, tema proprio del nostro incontro di Emotions a Lugano (vedi box). Lei è nota per essere una persona generosa, ha mai avuto esperienze negative? Che cosa è la sindrome rancorosa del beneficato/della beneficata? «Anche ricevere può scatenare reazioni opposte. C’è chi è grato per tutta la vita a una persona che gli ha dato aiuto, e chi invece cova rancore, forse perché si vergogna, forse perché si sente inferiore, forse perché non accetta l’idea di aver avuto bisogno degli altri. I cervelli sono tutti simili nella loro struttura, e tutti diversi nelle connessioni che determinano le nostre emozioni e i nostri sentimenti. Personalmente ho imparato a non aspettarmi nulla dalle persone che aiuto, e credo che questo sia importante per non andare incontro a delusioni. Se aiuto qualcuno lo faccio perché lo ritengo giusto e importante, non per essere ringraziata. Se poi arrivano manifestazioni di gratitudine, sono un piacere in più, ma il vero piacere per me è quello di fare del bene e di sentirmi utile». Che cosa suggerisce alle giovani donne alla loro prima esperienza con il mecenatismo?
«Per chi dà, vorrei dire che il mecenatismo non è riservato alle persone ricche. Esistono in tutto il mondo reti di mecenati donne che devolvono piccole cifre per una causa in cui credono. Cento donne che danno mille franchi equivale a una donazione di 100.000. E questo consente anche di diversificare i propri “investimenti” benefici: non uso a caso la parola investimenti, lo sono dal punto di vista morale e sociale. Per chi chiede, vorrei sottolineare l’importanza di attenersi a un galateo, nel chiedere, nel ricevere e nel ringraziare, come avviene nella maggior parte dei comportamenti e delle interazioni sociali. Un galateo vero e proprio non è ancora stato scritto, ma il libro La relazione generosa: guida alla collaborazione con mecenati e filantropi di Elisa Bortoluzzi Dubach e Chiara Tinonin, pubblicato da Franco Angeli, illustra con chiarezza le regole di comportamento che consentono di evitare delusioni da entrambe le parti. Purtroppo oggi l’etichetta è considerata obsoleta e ridicola: e invece è la base della convivenza, anche se a volte può sembrare obsoleta».
01 *Pamela Agazzi, laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano, specialista in Neurologia. Attualmente capo servizio in Neurologia presso l’Ospedale Regionale di Lugano EOC, responsabile dell’ambulatorio di epilessia. Fa parte di Medicinadigenere.ch un gruppo di medici specialisti che ha sentito l’esigenza di dare spazio e voce alla medicina di genere. 02 **Viviana Kasam, giornalista scientifica e mecenate, dopo una trentennale esperienza di lavoro per le più importanti testate giornalistiche e televisive italiane, ha lasciato l’attività retribuita per dedicarsi a tempo pieno all filantropia. Ha fondato e presiede BrainCircleItaia e BrainCircleLugano, è Board Member dell’Università Ebraica di Gerusalemme, vicepresidente della Fondazione Spitzer di Lugano e ha istituito la Fondazione Lilah, il cui significato è “per me e per te”, a ribadire il benefico effetto della generosità su chi dona. Organizza a titolo di volontariato importanti eventi culturali, nel campo della musica e delle neuroscienze, le sue due passioni.
DOSSIER FONDAZIONI / PATRIZIA MISCIATTELLI DELLE RIPE
CONFERIRE ALLA FILANTROPIA UN RUOLO STRATEGICO
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ei è un’imprenditrice e consulente affermata. Dov’è cresciuta? «I luoghi di riferimento geografici della mia vita sono sostanzialmente due. Il primo è il luogo di nascita, Faenza, città delle ceramiche, a cui mi legano i ricordi dell’adolescenza e di tutta la fase della vita universitaria che si è poi spostata a Bologna. Il secondo riferimento importante è Milano, la città in cui vivo da oltre quarant’anni anni, nella quale sono cresciute le mie figlie e si è realizzata tutta la mia vita professionale».
NEL 2005 HA FONDATO ED È PRESIDENTE DI AIFO ASSOCIAZIONE ITALIANA FAMILY OFFICER, AVENDO FATTO PROPRIA LA MISSIONE DI PROMUOVERE UNA COMUNITÀ AD ALTO LIVELLO DI PROFESSIONALITÀ. È STATA FOP MANAGER IN IMPORTANTI REALTÀ NEL SEGMENTO DEL PRIVATE BANKING: BOARD DIRECTOR IN FINANZA E FUTURO HOLDING, GENERAL MANAGER IN BNL INVESTIMENTI SIM, COUNTRY MANAGER IN J. ROTHSCHILD ASSURANCE, CEO IN NASCENT SIM E VICE PRESIDENT IN NASCENT LIFE. È AUTRICE DI VOLUMI PUBBLICATI CON “IL SOLE 24 ORE” E FRANCO ANGELI.
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Che studi ha fatto? «Considerando che mi occupo di patrimoni direi che è un po’ particolare raccontare il mio iter di studi. Sono laureata in filosofia e mi sono specializzata poi in psicosociologia. Il mio learning by doing è stato invece nel mondo della finanza fin dai primi anni ‘80 essendo stata annoverata tra le persone di riferimento nella crescita del segmento del private banking, che ho lasciato all’inizio degli anni 2000». Che peso ha avuto la sua famiglia nella sua scelta di interessarsi alla filantropia? «Credo che sia stato un riferimento abbastanza naturale, nel senso che mio padre si è occupato per tutta la vita della parte amministrativa e finanziaria di un ente filantropico e quindi diciamo che si respirava il tema della filantropia in maniera abbastanza naturale, direttamente e indirettamente».
C’è una persona particolare che l’ha ispirata? Qual è il momento in cui ha compreso che la filantropia sarebbe stata parte della sua vita professionale? «Parlando di incontri nel mondo della filantropia devo citare uno degli esempi che mi ha sicuramente colpito di più. Circa sei anni fa ho incontrato Sid Myer. Sid vive in Australia, a Melbourne, ed è il discendente di quinta generazione di una famiglia che possiede un grandissimo patrimonio e un importante Family Office per il controllo e la gestione del patrimonio stesso. Questa ovviamente è stata la reason why dell’incontro con Sid. Lui mi ha in realtà introdotta a una modalità di considerazione della filantropia estremamente connessa alla strategia del patrimonio, ovverosia con lui ho iniziato ad affrontare il tema della filantropia strategica da cui il principio di considerare l’importo destinato all’attività filantropica all’interno e non all’esterno dell’asset allocation patrimoniale. Il secondo punto di ispirazione nelle conversazioni con Sid è stato la scoperta che il primo atto donativo che un grande filantropo deve mettere in campo è quello di donare la propria visibilità e quindi diventare esempio per altri oltre che promuovere educazione sul tema. Quello è stato il momento in cui ho compreso che la filantropia avrebbe fatto parte della mia vita professionale e in cui ho deciso di portare in Italia le metodologie in grado di dare su ciò consapevolezza ai grandi patrimoni. Ovviamente un grande patrimonio può e deve soddi-
DOSSIER FONDAZIONI / PATRIZIA MISCIATTELLI DELLE RIPE
sfare le esigenze di sicurezza, di benessere e di longevità per tutti gli “aventi diritto”, ma dall’altra parte ha insito un mandato che è quello di occuparsi di ciò che sta al di fuori dell’ambito più ristretto dell’interesse della famiglia, perché le dimensioni lo rendono inevitabile, così come lo spirito del giving back e il senso di responsabilità sociale». Lei ha fondato AIFO - Associazione Italiana Family Office, di cui è presidente. Di che cosa si occupa? «Questa organizzazione è nata sedici anni fa con lo scopo di aiutare la consapevolezza e l’approccio metodologico per la protezione della longevità dei grandi patrimoni. È nata in un momento in cui si cominciava a intravedere quello che oggi è estremamente chiaro, ovverosia un cambiamento profondo del contesto imprenditoriale con le relative difficoltà in termini di innovazione e di passaggio di testimone tra le generazioni. Tutti questi fattori mi hanno condotta alla decisione di portare in Italia il modello del Family Office. Il Family Office quindi è un centro di controllo in grado di garantire prima di tutto protezione, longevità e consapevolezza di scopo ai grandi patrimoni familiari. Per questo abbiamo fondato una Accademia che tuttora porta avanti l’unico master europeo in Family Office che oggi è alla sua tredicesima edizione. Parallelamente organizziamo attività di tipo informativo e di networking affinché venga favorita la circolazione di i contenuti innovativi di interesse per i grandi patrimoni che hanno possibilità di diversificazione più ampie nonché una maggiore apertura agli asset che comportino orizzonti temporali molto lunghi». Che cosa vuol dire concretamente fare consulenza a famiglie che desiderano impegnarsi in filantropia? Come avviene il processo decisionale?
«Vuol dire dare alla filantropia non un ruolo laterale quando si studiano le strategie del patrimonio bensì un ruolo strategico e quindi inserirla nella pianificazione dell’utilizzo delle risorse di cui il patrimonio dispone. Quindi significa aiutare la famiglia prima di tutto a cogliere lo scopo centrale della propria attività filantropica: bisogna partire dai valori e non dalle azioni singole. Lo stesso purpose filantropico deve poi riverberarsi anche nelle scelte più tradizionali che toccano le attività economiche o finanziarie. Dopodiché, ovviamente, si procede alle quantificazioni dell’investimento in attività filantropica e si collega la quantità con una ricerca di progetti ad alta sostenibilità connessi con i valori che la famiglia ha identificato come propria guida. Quindi, prima i valori, poi una pianificazione quantitativa, poi una selezione con criteri di sostenibilità dei progetti legati ai valori medesimi e alla quantità messa in campo. Ovviamente si sceglie il referente della famiglia che diventa poi il punto di coordinamento su questa attività all’interno delle dinamiche di comunicazione interna. Fondamentale poi la sistematica dell’attività di reporting sulla coerenza tra obiettivi e risultati». Lei è una fautrice della finanza strategica, come vive personalmente questa sfida? «Vivo anch’io questa sfida di imparare ad associare la parola filantropia non solo allo slancio del cuore - e quindi ad un’azione connotata da immediatezza e dalla sensazione del “fare bene” - quanto alla necessità di coniugare il cuore con criteri oggettivi di misurazione delle capacità dei progetti di vivere nel tempo e di non creare dispersione di impegno e risultato. Quindi, in sintesi, prendo familiarità con la possibilità di dire no ad alcuni progetti anche se il cuore mai vorrebbe dire no».
Parliamo di filantropia e di donne: che cosa si è già fatto, che cosa resta da fare? «Se guardiamo statisticamente quanto avviene attorno a noi vediamo che nei progetti filantropici la presenza femminile è molto elevata, questo perché il concetto di cura e anche le logiche di longevità appartengono naturalmente alle donne. Questo è un bene che le donne non devono mai perdere. Ora resta da fare quello che dicevo prima, cioè il passaggio dalla filantropia di impulso alla filantropia di strategia». Qual è la sua visione per il futuro: che ruolo avranno le donne filantrope? «Assolutamente sempre più importante perché i grandi patrimoni avranno sempre più la consapevolezza che parte del loro patrimonio sarà inevitabilmente da destinare a progetti capaci di dare risposta ad aree sempre più ampie di bisogno perché la concentrazione della ricchezza si associa a crescenti dimensioni di popolazione al limite della capacità di sopravvivenza e comunque prive di risposta ai bisogni primari. Quindi il ruolo sarà fondamentale. Poi, devo confessare, uomini o donne dal mio punto di vista non ha molta importanza, credo che la cosa importante sia che in ogni famiglia si identifichi chi, con dedizione e visione strategica, decide di passare il proprio tempo, che è un vero tempo professionale, al servizio di tutto ciò che il patrimonio di una famiglia potrà fare per la protezione del contesto più largo del mondo nel quale viviamo».
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DOSSIER FONDAZIONI / ANGELA GRECO
PROFESSIONE: RESPONSABILE DI FILANTROPIA
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hi è Angela Greco: due righe per descriversi? «Determinata nel contribuire a rendere il mondo un posto migliore di come lo ha trovato. Appassionata, leale, generosa, precisa e con un grande intuito nell’identificare forme innovative di collaborazione».
UNA OPPORTUNITÀ APPASSIONANTE E TANTE SFIDE. NE PARLIAMO CON ANGELA GRECO, RESPONSABILE FILANTROPIA DEL CONSERVATORIO DELLA SVIZZERA ITALIANA.
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Come e quando ha deciso che la filantropia poteva essere la professione della sua vita? «Frequento il terzo settore dall’età di 11 anni: un percorso di crescita umana, intellettuale e sociale, che mi ha insegnato l’importanza del fare con e per gli altri. Il mio coinvolgimento nella filantropia è avvenuto in maniera spontanea: ho basi “classiche” con una solida formazione economica, sono curiosa e mi piace mantenermi aggiornata, ho una maniera di fare trasparente e diretta, doti comunicative, idealità e determinazione nel raggiungimento degli obiettivi. È un ambito professionale ottimale per la mia soggettività: la filantropia è mossa dal desiderio di creare sinergie capaci di agire in maniera positiva e duratura all’interno della società, promuovendo nel presente i valori universali e proiettandoli verso il futuro. Durante il mio dottorato di ricerca ho iniziato a lavorare come consulente per organizzazioni in Italia e all’estero, avendo quindi la possibilità di sperimentare e implementare i risultati più recenti del dibattito filantropico internazionale e della ricerca accademica».
Che studi ha fatto? «Dopo il liceo classico, mi sono laureata in Economia presso l’Università Bocconi di Milano, con un semestre presso la UC Berkeley (USA), un Diploma in Economia Latinoamericana presso la United Nations Economic Commission for Latin America and Caribbean a Santiago (Cile), un Master in Sociologia e Scienza Politica presso la Facultad LatinoAmericana de Ciencias Sociales dell’UNESCO a Buenos Aires (Argentina). Ho conseguito un Dottorato di Ricerca in Sociologia Economica presso l’Università degli Studi di Brescia e la York University (Canada) e un MBA presso la Scuola di Direzione Aziendale in Bocconi». Che difficoltà ci sono per le donne che decidano di intraprendere questo mestiere? «È una professione che richiede grande coinvolgimento: è necessario mettersi in gioco in maniera leale e generosa. Sono caratteristiche che non mancano alle donne. Non riesco a identificare difficoltà specifiche, piuttosto una grande opportunità per fare la differenza attraverso la propria sensibilità, immaginazione ed empatia». Lei ha vissuto a lungo in America Latina: chi sono i grandi filantropi dell’America Latina? «Donne e uomini che hanno maturato un considerevole livello di consapevolezza. Provengono da diversi cammini di vita, ma guardano tutti a una società globale più inclusiva e sostenibile».
DOSSIER FONDAZIONI / ANGELA GRECO
Che spazio c’è per le donne filantrope? «Da sempre le donne hanno guidato e ispirato la filantropia, e in questi ultimi decenni i riflettori sono puntati anche su di loro. La società contemporanea, infatti, sta assistendo a un profondo cambiamento valoriale e di consapevolezza. E le donne filantrope stanno certamente guidando questa trasformazione». Che spazio c’è per le professioniste di filantropia? «Lo spazio a disposizione delle professioniste è sempre più vasto e le opportunità sono in costante crescita. Da una parte assistiamo a una professionalizzazione del terzo settore che per il proprio sviluppo trova nella filantropia un sostegno imprescindibile. D’altra parte anche il settore pubblico negli ultimi decenni ha iniziato ad affrontare le sfide socio-economiche in partnership con il settore privato (PPP). A fare la differenza sarà saper coniugare la consapevolezza e la visione filantropica con il project management». Dopo l’America Latina, il Vaticano. Filantropia femminile in Vaticano una sfida? «Il ruolo della donna non rappresenta più solo un punto importante nel dibattito, ma piuttosto un elemento portante della realtà, della prassi. Grazie a una consapevolezza diffusa ormai si assiste a una grande alleanza trasformatrice che sta aprendo percorsi importantissimi all’interno della società». Di che cosa si occupava concretamente e per chi? Quali lezioni si porta a casa? «Ho avuto la possibilità di dar vita all’ufficio di fundraising all’interno di un ateneo. È stata una occasione importante perché per la prima volta ho potuto occuparmi con un approccio non più consulenziale, bensì “hands-on”, delle pianificazioni strategiche e anche dell’operatività in un contesto in cui ho trovato un altissimo livello di fiducia e di col-
laborazione. Un ambiente molto stimolante, internazionale e da sempre impegnato nel dialogo interreligioso e nella contemporaneità: ho lavorato nel mercato filantropico europeo, americano (Stati Uniti e America Latina) e asiatico (in particolare Hong Kong). Quando si lavora per il Bene Comune, per un obiettivo che incarna valori universali, le sfide sono numerose ma è possibile raggiungere grandi risultati. Ho partecipato a progetti innovativi, per i quali ho dedicato una quantità enorme di energie perché implicavano importanti sfide, e le abbiamo affrontate con responsabilità, cura e gioia. È stata una esperienza intensa e che mi ha arricchita umanamente. Sono numerose le lezioni professionali che fanno ormai parte del mio bagaglio, soprattutto, grazie a chi ha guidato i significativi cambiamenti che lo sviluppo istituzionale implica per una organizzazione. I risultati sono sempre prodotto di un impegno individuale, all’interno di un gioco di squadra in cui la visione è condivisa e la vera leadership si basa sull’esempio personale e la capacità di motivare ciascuno a dare sempre il meglio di sé». È più facile il fundraising per le cause religiose? «La società odierna è secolarizzata ma sempre più persone sono alla ricerca di un senso meta-individuale. Le “cause religiose” parlano quindi al cuore degli individui e consentono di entrare in relazione con il loro intorno, realizzando ciò in cui si identificano. Indubbiamente le cause religiose legate alla Chiesa Cattolica fanno riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa che è un documento di grande ispirazione e a una figura carismatica, semplice e foriera di un genuino amore verso il prossimo: Papa Francesco». Oggi è Responsabile filantropia del Conservatorio: qual è la sua visione, che cosa deve fare oggi una istituzione musicale oggi per lavorare con le donne mecenati?
«Sono orgogliosa di far parte di una realtà fortemente radicata nel contesto ticinese e svizzero e con un impatto planetario, vocata all’eccellenza musicale e capace di cogliere immediatamente le trasformazioni sociali e culturali. Una istituzione solida, posizionata tra i principali Conservatori internazionali, con una impressionante capacità filantropica. Il mio impegno è di contribuire al suo sviluppo istituzionale, creando opportunità per nuove partnership e per collaborazioni gratificanti, che consentano, a quanti lo desiderano, di fare la differenza nel panorama mondiale della musica e della cultura. Non da ultimo, il Conservatorio è inserito in un contesto estremamente stimolante: la storia e il presente della filantropia mondiale devono molto al modello svizzero! Sono privilegiata a muovermi per conto della mia istituzione così prestigiosa, all’interno di un contesto altamente professionalizzato e innovativo! La collaborazione filantropica tra il Conservatorio della Svizzera italiana e le donne mecenati ha sicuramente una dimensione materiale (rendere possibili progetti che beneficiano i giovani musicisti e la collettività), ma non voglio trascurare la dimensione semantica e simbolica: le donne mecenati apportano anche una soggettività e una prospettiva che rispecchia il potenziale di trasformazione della musica e della cultura, che hanno la capacità di ispirare e di accelerare i processi di inclusione e di sostenibilità». Da ultimo: che cosa si sente di consigliare alle giovani donne che vogliono intraprendere una carriera come la sua? «Esiste un bisogno reale, direi loro di non esitare! Di formarsi seriamente, di mantenersi costantemente aggiornate e di impegnarsi per fare la differenza, con serietà e trasparenza».
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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE URSULA E GUNTER BÖHMER
MEMORIE D’ARTISTA 01
LA FONDAZIONE URSULA E GUNTER BÖHMER FU ISTITUITA NEL 1996 PER VOLERE DELLA VEDOVA DELL’ARTISTA, URSULA BÖHMER-BÄCHLER. QUEST'ANNO LA FONDAZIONE FESTEGGIA IL SUO VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO. INTERVISTA CON LETIZIA SCHUBIGER-SERANDREI, MEMBRO DEL CONSIGLIO DI FONDAZIONE.
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hi era Ursula Böhmer? «Era nata a San Gallo nel 1920. Già molto giovane manifestò interesse per l’arte della tessitura di arazzi, così si iscrisse alla scuola d’arte applicata. Ursula era per così dire predestinata a quest’arte. Infatti era la nipote della famosa tessitrice sangallese Maria Geroe-Tobler (1895-1963) che ebbe in seguito un ruolo centrale nella biografia di Ursula. È importante ricordare qui, insieme ad Ursula, anche la figura di Maria Geroe-Tobler, che è stata una delle
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più importanti artiste della tessitura in Svizzera e contribuì negli anni venti del secolo scorso, alla rinascita dell’arte dell’arazzo, soprattutto a soggetto figurativo, trovando consensi anche all’estero. Si formò al Bauhaus con maestri quali Kandinski, Klee, Schlemmer, frequentò la scuola della Manifattura dei Gobelins a Parigi, fu chiamata a esporre le sue opere ad importanti esposizioni internazionali e nazionali. Maria Geroe-Tobler e suo marito Marcel, drammaturgo e direttore di teatro, si stabilirono nel 1925 a Montagnola, in un edificio dietro a Casa Camuzzi, dove Maria visse fino al 1961.
Ursula raggiunse dunque la zia a Montagnola per approfondire le sue conoscenze nell’arte della tessitura. Divenne la pupilla di Maria, che apprezzava molto la sua creatività e la incoraggiò a realizzare le sue idee. A Montagnola Ursula Bächler conobbe nel 1940 Gunter Böhmer, che abitava già dal 1933 in Casa Camuzzi ed era amico di Maria, con la quale veniva spesso invitato a casa Hesse. Nel 1945 Ursula e Gunter si sposarono. Ursula continuò anche dopo il matrimonio a tessere i suoi arazzi, ma poi abbandonò questa attività per sostenere il marito. Le opere tessili di Ursula, conservate nell’archi-
DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE URSULA E GUNTER BÖHMER 02
vio della fondazione, si distinguono per un loro tipico stile, e meriterebbero di divenire oggetto di uno studio più approfondito». Come nacque la Fondazione Ursula e Gunter Böhmer e quale è il suo scopo statutario? «Ursula e Gunter Böhmer abitarono in Casa Camuzzi fino alla morte dell’artista, avvenuta nel 1986. Al momento della vendita del palazzo, la signora Böhmer fu costretta ad abbandonare questa dimora, ma desiderava trovare una sede adatta per sistemare il copioso lascito artistico del marito, che intendeva conservare nella sua integrità. Si trattava infatti di un fondo vastissimo che comprendeva quasi 10.000 documenti fra oli, aquerelli, disegni, stampe, fotografie e manoscritti. La signora Böhmer, che aveva sempre conservato l’atelier del marito come era stato lasciato, aveva espresso la volontà di costituire una Fondazione che ne onorasse la memoria e si impegnasse a divulgarne l’opera. Nel 1995 la signora Böhmer morì improvvisamente, ma grazie alla disponibilità e generosità dei suoi eredi che ne raccolsero le volontà e all’intermediazione dell’allora comune di Gentilino, la “Fondazione Ursula e Gunter Böhmer” nacque il 23 ottobre 1996. Proprio per la sua volontà di istituire una Fondazione che gestisse il lascito artistico del marito la fondazione è dedicata anche a lei. Gli scopi statutari della nostra Fondazione sono conservare, far conoscere e valorizzare l’opera dell’artista Gunter Böhmer, pittore e illustratore, che hanno riferimento particolare a Montagnola e alla Collina d’Oro, dove l’artista ha vissuto e operato dal 1933 alla sua morte, catalogare il patrimonio artistico donato alla fondazione, provvedere alla conservazione, alla cura e all’esposizione delle opere in una sede idonea nel territorio della Collina d’Oro. Inoltre la fondazione si impegna a far conosce-
re l’opera di Böhmer favorendo scambi culturali con altri enti o istituzioni in Svizzera e all’estero aprendo la collezione a studi scientifici e organizzando esposizioni e manifestazioni, e ha facoltà di concedere prestiti a mostre temporanee. Voglio ancora a precisare che esistono altri fondi con opere di Gunter Böhmer in diverse istituzioni della Germania: a Dresda, Offenbach, e soprattutto a Calw (Hesse-Museum e Böhmer Stiftung). Parte del lascito di Böhmer venne infatti donato dalla vedova alla Böhmer-Stiftung di Calw, soprattutto opere riguardanti l’illustrazione di libri. Gli archivi delle due fondazioni si integrano. A Montagnola si trova però il lascito quasi completo dell’opera pittorica di Böhmer». Quali sono le attività della Fondazione? «La Fondazione ha già fatto molto per dar vita al fondo Böhmer e per tramandare l’operato dell’artista alle generazioni future. L’inventario completo del suo lascito artistico, i cataloghi delle mostre organizzate negli anni scorsi in Collina d’Oro e dell’ultima che ha avuto luogo in autunno 2019 a Parma, nonchè la creazione di un nuovo sito internet e la nuova banca dati comprendente più di 3000 oggetti, che stiamo sempre più perfezionando, sono strumenti preziosi che permettono di approfondire la ricerca al fine di collocare l’opera di Gunter Böhmer in un contesto più ampio nel campo dell’illustrazione libraria. Ursula era una donna molto generosa, ma soprattutto era anche un’artista che meriterebbe di essere più conosciuta pur non essendo stata una protagonista. Penso che non avesse nemmeno avuto la possibilità di affermarsi, e di sviluppare appieno la sua arte all’interno del gruppo di artisti giunti a Montagnola in quegli anni, e di poter far emergere pienamente le sue vere possibilità. Come tante altre compagne di artisti che si erano affermati
nel mondo dell’arte, anche Ursula aveva preferito abbandonare la sua attività. Sosteneva il marito che divenne uno dei più apprezzati e virtuosi artisti illustratori del secolo scorso. Gunter, che di carattere era piuttosto introverso, si dedicava al suo lavoro con un’acribia quasi ossessiva. Nella sua carriera ha illustrato quasi 200 libri dei maggiori autori della letteratura mondiale, fra cui Hermann Hesse che dall’inizio era stato il suo mentore. Böhmer ha creato circa 500 copertine e lasciato scritti autobiografici. Purtroppo non ho conosciuto la signora Ursula, ma chi le è stato vicino l’ha descritta come una donna affabile, di stile, dotata di un carattere generoso, che ha dedicato la vita al marito. Ursula gli dava la sicurezza e il senso di una famiglia che lui cercava lontanissimo da Dresda, la sua città natale». Lei è membro del Consiglio di Fondazione: quali compiti comporta questo ruolo? «Faccio parte del Consiglio della Fondazione dal 2017. Conoscere l’opera di Gunter Böhmer attraverso l’archivio di Montagnola è tutt’ora un’esperienza più che affascinante. Ho seguito da vicino la digitalizzazione dell’inventario. Nel 2018 ho organizzato a Montagnola, in collaborazione con il Centro svizzero di consulenza sui lasciti artiTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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stici dell’Istituto Svizzero di Studi d’arte a Zurigo, un work shop sul lascito di Gunter Böhmer, nel quale abbiamo presentato la nostra Fondazione e le esperienze raccolte nell’attività di gestione dell’archivio Böhmer. In ottobre 2019 abbiamo organizzato la prima mostra di Böhmer in Italia, curata da Sandro Parmiggiani, Alessandro Soldini e Anna Rimoldi, membri del nostro consiglio, alla Biblioteca Palatina di Parma dal titolo “Nell’officina di Gunter Böhmer, l’illustrazione del libro come avventura interiore”. Seguo anche con interesse gli intenti del Comune per la creazione di un nuovo archivio, al momento con un progetto in fase embrionale, in cui troveranno sede non solo le opere che fanno parte della nostra Fondazione, ma anche tutti i fondi artistici della Collina d’Oro. Fra i manoscritti di Böhmer ho trovato in archivio la sua agenda del 1933 (Notizbuch), un documento particolarmente interessante, direi anche toccante dal lato umano. Infatti si tratta proprio del diario dell’anno in cui il giovanissimo Gunter giunse a Montagnola per incontrare Hermann Hesse, e che sto trascrivendo. Confrontarsi con il lavoro di un artista è anche questo: partecipare al suo percorso, conoscere la sua visione della vita, il microcosmo del suo atelier, la sua rete sociale». Perché ci sono ancora così poche donne nei Consigli di amministrazione delle Fondazioni e che cosa si potrebbe fare per cambiare questa situazione? «Penso che laddove è necessaria esperienza professionale siano richieste donne che abbiano esperienza in un campo specifico. Nei gremi in cui sono richiesti il potere o un alto grado di influenza dominano ancora gli uomini con le loro molteplici reti di relazioni. I nuovi membri di un Consiglio vengono a volte eletti per cooptazione, un principio che svantaggia (per ora) le donne».
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Che cosa suggerisce alle giovani donne che vogliono partecipare attivamente alla vita delle fondazioni in un ruolo simile al suo? «Nel mio caso ho sempre fatto parte di commissioni a sfondo professionale nel campo dell’arte rivestendo il ruolo di comunicatrice fra le diverse regioni linguistiche, sia perché ho una vasta rete di conoscenze nel ramo, sia per l’esperienza. Sono fiduciosa che fra pochi anni molte cose cambieranno. Si assisterà a un cambiamento generazionale all’interno di numerosi comitati delle Fondazioni nei quali in parte siedono membri in età ormai avanzata. Questi dovranno lasciar posto a donne competenti e con una solida formazione professionale, forti a comunicare su diversi piani e proiettate verso il cambiamento e il progresso».
www.fondazioneboehmer.ch
01 Fidanzamento di Ursula Bächler e Gunter Böhmer Dicembre 1944 02 Gunter Böhmer Ritratto di Ursula Böhmer 1950 Acquarello su carta 63,5 x 48,7 cm 03 Gunter Böhmer Ritratto di Ursula Böhmer con cappello 1950 ca. Olio su tela 80 x 65 cm Ph: © Fondazione Ursula e Gunter Böhmer Collina d’Oro
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DOSSIER FONDAZIONI / PASCALE VONMONT
LE FONDAZIONI SI DEVONO APRIRE ALLA SOCIETÀ
COME MEMBRO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI SWISSFOUNDATIONS, ASSOCIAZIONE DELLE FONDAZIONI EROGATIVE SVIZZERE, PASCALE VONMONT SI IMPEGNA PERCHÈ LA SVIZZERA MANTENGA LA SUA ATTITUDINE LIBERALE VERSO IL SETTORE DELLE FONDAZIONI.
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ei fa parte da 22 anni, cinque dei quali in veste di direttrice, del Consiglio di amministrazione di una delle fondazioni più prestigiose della Svizzera, la Gebert Rüf Stiftung. Quali sono gli scopi principali della fondazione? «Lo scopo della Fondazione istituita da Heinrich Gebert è quello di promuovere l’innovazione a beneficio dell’economia e della società svizzera, secondo la convinzione che dobbiamo la nostra prosperità economica e sociale all’innovazione».
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Lei ha alle spalle una brillante carriera professionale. Chi è Pascale Vonmont? Dove ha studiato e che cosa l’ha spinta a scegliere il settore non profit? «Non c’è stata una vera rottura o cambiamento nella mia storia professionale, ritengo il settore non profit imprenditoriale e stimolante, offre molta libertà creativa. Come attori in un ambito di nicchia, dobbiamo lavorare in modo molto mirato per avere un impatto sul nostro gruppo target e sulla società. Il mio filo conduttore sono i temi della tecnologia e dell’educazione. Ho studiato chimica all’ETH di Zurigo e ho fatto il mio dottorato nel campo dei biopolimeri, allo stesso tempo ho anche completato la mia istruzione universitaria e ho insegnato in una scuola elementare». Lei è anche membro del Consiglio di direzione di SwissFoundations: quali compiti comporta questa attività? «SwissFoundations è un’associazione attiva che viene plasmata e sostenuta dai suoi membri. Di conseguenza, il Consiglio è anche un organo attivo che sviluppa la strategia dell’associazione in scambio con i membri e ne accompagna l’ attuazione. Il tutto è possibile solo grazie a un ufficio professionale e dedicato. Un compito eccitante e sfaccettato». Parliamo delle donne nella filantropia: Pensa che sia più difficile per le donne raggiungere posizioni come la sua? «No, questo ha poco a che fare con la posizione, è più una questione sociale e strutturale. Lo sviluppo positivo si riflette anche riguardo alle fondazioni nel
numero annualmente crescente di donne nel management. Secondo il Rapporto sulle Fondazioni 2021, la percentuale di donne che si occupa di gestione delle fondazioni si attesta al 37,5%». Perché ci sono ancora così poche donne nei Consigli di amministrazione delle fondazioni e cosa si potrebbe fare per cambiare questa situazione? «Questa situazione è dovuta anche al cambiamento generale della società. Spesso per i Consigli di fondazione si cercano persone con esperienza, un ampio background e una grande rete professionale. Questo profilo corrisponde agli attuali standard dei manager svizzeri. Purtroppo, ci sono ancora poche donne con funzioni di leadership nella maggior parte dei settori industriali. Sta alle singole fondazioni prendere una decisione consapevole per una composizione equilibrata dei loro organi direzionali e scegliere personalitä di sesso femminile in modo mirato. Il settore dà il suo contributo con una formazione adeguata sia per le donne che per gli uomini interessati. Così, SwissFoundations è diventata con convinzione un partner di rete della Foundation Board Academy, una piattaforma per la messa in rete e la formazione dei consiglieri di fondazione delle fondazioni non profit. Il primo corso partirà a Basilea all’inizio di novembre. Un’iniziativa importante!». La pandemia ha segnato gli ultimi mesi. Come ha reagito il settore delle fondazioni? «Dalla prospettiva di SwissFoundations, possiamo osservare che la pandemia di ha portato a pratiche di fi-
DOSSIER FONDAZIONI / PASCALE VONMONT
nanziamento più flessibili: numerose fondazioni hanno rapidamente creato fondi di emergenza e, insieme ad altre istituzioni di supporto, fra gli altri del Governo federale e dei Cantoni, hanno identificato le lacune che non erano coperte dal sostegno statale. Allo stesso tempo, le fondazioni sono diventate più consapevoli del loro ruolo come erogatori di capitale di rischio, come attori che possono reagire rapidamente, e come finanziatori di nuovi approcci. Centrale in tutto questo è la comunicazione diretta con i partner e con la società civile. Per questo motivo, SwissFoundations ha creato rapidamente una piattaforma digitale informativa e ha pubblicato una raccomandazione sull’impegno delle fondazioni che i membri possono utilizzare come guida nella loro comunicazione. La pandemia ha avuto anche un impatto sulle erogazioni delle fondazioni, come già dimostrato dal Benchmark Report dell’anno scorso: solo il 3% delle fondazioni erogative ha ridotto il proprio budget per il 2020 a seguito della pandemia, mentre il 39% ha approvato fondi aggiuntivi per aiutare la società a far fronte alla crisi prodotta dal Coronavirus». Abbiamo bisogno di più mecenatismo per risolvere le grandi sfide sociali contemporanee? «Le fondazioni non profit sono una forza indipendente che, con le loro competenze e risorse, contribuiscono a risolvere le sfide sociali insieme allo stato e all’economia e rafforzano la pluralità nel nostro Paese. Le fondazioni possono avviare iniziative e progetti che non sono (ancora) in grado di ottenere il sostegno della maggioranza dei cittadini. Possono evidenziare lacune e opportunità e aiutare a sfruttarle al meglio. Possono facilitare l’innovazione e riunire le persone per cercare soluzioni comuni. Le fondazioni di solito non possono risolvere grandi problemi, sono troppo piccole per questo genere di sfide. Non sono decisive in questo sen-
so, ma possono fare la differenza e sono un attore importante per il mondo di oggi e di domani». In che misura i mecenati e le fondazioni possono sostenere lo sviluppo del capacity building? Non dovrebbe essere uno dei loro compiti principali? «Non trovo che sia utile né il finanziamento di progetti isolati né il finanziamento focalizzato esclusivamente al capacity building. Il nostro ruolo dovrebbe essere quello di sostenere finanziariamente all’interno delle singole tematiche le aree che non ricevono sufficiente attenzione. Per affrontare questo genere di situazioni, spesso hanno senso programmi più ampi e completi per un periodo di tempo più lungo». Cosa manca perché questo non avvenga? Nuove visioni o la volontà di persone molto facoltose di prendere pubbliche posizioni riguardo ai loro patrimoni? «Oltre alla suddetta mancanza di volontà di cooperare, c’è anche una carenza di opportunità di cooperazione, il che ha molto a che fare con la trasparenza del settore. È difficile sapere chi fa cosa e dove. Il settore delle fondazioni svizzere da questo punto di vista è cambiato in positivo negli ultimi 15 anni. Le fondazioni hanno capito che non basta più fare un buon lavoro dietro le cortine chiuse. Le fondazioni non profit che vogliono essere socialmente rilevanti devono essere visibili, accessibili e comprensibili. Devono comunicare con gli attori sociali per essere compresi da questi ultimi. Allo stesso tempo, è importante mantenere e rafforzare le ottime condizioni quadro che le fondazioni filantropiche hanno in Svizzera. Solo in questo modo anche in futuro le fondazioni potranno continuare a lavorare in partnership con il mondo non profit a beneficio di tutti».
In che direzione si sta sviluppando l’impegno filantropico dei privati in Europa? La direzione è quella giusta? «Noi di SwissFoundations osserviamo diverse tendenze. In Svizzera e in Europa, quasi la metà delle fondazioni sono state istituite negli ultimi trent’anni. Qui è in corso un cambio generazionale, che andrà anche di pari passo con una maggiore partecipazione e inclusione. La parola chiave diversità è arrivata nel settore delle fondazioni. Vedremo più donne, più rappresentanti della prossima generazione e un maggiore coinvolgimento dei beneficiari e dei partner del progetto. Ci sarà più misurabilità e sostenibilità nei finanziamenti privati, come ci fa desumere la richiesta sempre crescente di “effective and impact-driven giving”. La tendenza verso fondazioni che possano estinguersi raggiunti gli scopi previsti dal fondatore continuerà. Questo va di pari passo con l’obiettivo di non combattere i sintomi, ma di lottare per un cambiamento sistemico nelle aree tematiche scelte. Allo stesso tempo, il settore delle fondazioni europee e svizzere dovrà continuare ad affrontare le questioni di come legittimarsi. Questo è l’altro lato della medaglia, per così dire». Di quali strategie ha bisogno il mondo della filantropia per avere più peso non solo nel campo sociale, ma anche in quello economico e politico, in Svizzera e in Europa? «Il sistema delle fondazioni deve aprirsi! Deve avvicinarsi molto più attivamente al mondo degli affari e della politica. Finché rimaniamo nella nostra bolla e svalutiamo tutto ciò che è commerciale come non etico, un dialogo onesto e mirato sarà difficile. Questo atteggiamento difensivo nei confronti del business è ancora più sorprendente se si considera che la stragrande maggioranza delle fondazioni filantropiche sono nate come risultato del successo economico. Dobbiamo assolutamente dare un’occhiata più da vicino a questi temi e uscire da questo vicolo cieco». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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AZIENDE / BELOTTI OTTICAUDITO
IL NATALE VA IN SCENA NELLE VETRINE-TEATRO DI BELOTTI MILLE PROPOSTE REGALO IN UN PALCOSCENICO RICCO DI CREATIVITÀ
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econdo la filosofia BELOTTI scegliere il regalo perfetto per le persone a cui vogliamo bene, o a cui comunque desideriamo dedicare un’attenzione particolare, rappresenta un’esperienza unica in grado di esprimere la nostra sensibilità, ma anche la parte più creativa di noi stessi. Quest’anno il Natale avrà un valore ed un significato ancora più intenso e profondo, lo stiamo aspettando tutti come
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un momento che ci riporti alla serenità di sempre. Proprio per questo BELOTTI per presentare ai suoi clienti le sue proposte regalo, ha deciso di vestire le vetrine dei propri Centri come un palcoscenico, vetrine-teatro ricche di colore per stimolare la positività, la gioia di vivere e soprattutto la creatività presente in ognuno di noi. E del resto la Passione per i 5 Sensi di BELOTTI si sposa perfettamente con questo nuovissimo mood natalizio.
Nei Centri BELOTTI è possibile trovare l’occhiale da regalare ai nostri cari o da regalare a se stessi, nel modello più di tendenza o in quello più ricercato, come ad esempio l’esclusivo Pasha di Cartier, oppure il glamour dell’eyewear di Gucci, o ancora lo stile Dita, la raffinata eleganza senza tempo di Dior o il gusto accattivante dei modelli Pomellato. Il regalo perfetto può tradursi anche in uno dei modelli in preziosa pelle
della linea Accessori, disegnati in esclusiva per BELOTTI: dal portachiavi, al portacard, al borsellino multifunzionale, fino all’elegantissima pochette multiuso per i documenti o per il tablet, nei colori più di tendenza. A rendere magica l’atmosfera natalizia sono inoltre le proposte regalo della Profumeria Artistica, in una selezione di brand di nicchia che in Ticino soltanto da BELOTTI è possibile trovare: profumi unici in grado di renderci inconfondibili, frutto della ricerca di maestri profumieri che hanno dedicato la loro vita a creare essenze uniche partendo dalla loro personale esperienza di vita, fatta di viaggi, esplorazione di mondi esotici e intime sensazioni. Blend Oud, Histoires de Parfums, Liquides Imaginaires si identificano ormai come “i profumi” per BELOTTI. A questi, proprio a partire da Novembre, si aggiunge la nuovissima linea THOO The House of Oud presentata in flaconi che sono delle vere e proprie opere d’arte artigianali, realizzate con pietre uniche e dalla forma assolutamente inconfondibile.
E perché non regalare uno strumento che da sempre è presente nell’immaginario di grandi e piccoli come un insostituibile compagno d’avventure? Non parliamo di un binocolo qualsiasi, bensì dell’ampia gamma di binocoli Zeiss, sinonimo dell’eccellenza tecnologica in questo settore. Un oggetto oggi più che mai in grado di affascinare grandi e piccoli, consentendo di esplorare la natura in tutte le sue forme.
Si alza il sipario sul Natale BELOTTI!
A completare l’ampia proposta regalo per questo Natale, BELOTTI ha ancora una volta voluto realizzare qualcosa che avesse un particolare significato legato all’inverno in generale e al Natale in particolare, una candela elegantissima i cui colori giocano tra il nero opaco del bicchiere e il glamour del coperchio, il tutto personalizzato BELOTTI e proposto nell’inconfondibile packaging regalo.
Il concetto di lifestyle BELOTTI si estende anche alla personalizzazione profumata degli ambienti. Da BELOTTI è possibile trovare, infatti, una elegante e al contempo utilissima proposta regalo: un’esclusiva profumazione d’ambiente contenuta in un flacone dotato di bastoncini diffusori e presentata in un packaging esclusivo. TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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AZIENDE / LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION (LCTA)
MATERIE PRIME UN VELIERO CON IL VENTO IN POPPA, MA CON L’ANCORA INCAGLIATA SUL FONDO PIÙ DI 140 AZIENDE COMPONGONO IL COMMODITY TRADING HUB TICINESE: UN SETTORE CHE OCCUPA DIRETTAMENTE E INDIRETTAMENTE 2’000 IMPIEGATI E CHE NEGLI ANNI PIÙ RECENTI HA GENERATO UN GETTITO FISCALE ANNUO DI CIRCA 70 MILIONI DI FRANCHI. QUESTE AZIENDE COMPONGONO LA LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION (LCTA), «UN’ENTITÀ CHE – DICHIARA IL SECRETARY GENERAL MARCO PASSALIA – FIN DALLA SUA CREAZIONE HA VOLUTO SOTTOLINEARE IL RUOLO STRATEGICO DEI COMMODITY TRADERS NEL FUNZIONAMENTO DELL’ECONOMIA MONDIALE». IN QUESTO PERIODO DI PREZZI ALTI DELLE MATERIE PRIME, DI PENURIA DI COMMODITIES SUL MERCATO E DI DIFFICOLTÀ LOGISTICHE E DI TRASPORTO, IL RUOLO CHIAVE DI QUESTO SETTORE NELLO SCACCHIERE ECONOMICO GLOBALE APPARE ANCORA PIÙ IMPORTANTE.
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el brusco risveglio post-covid il settore delle materie prime rif lette più di tutti una situazione economica paradossale: la domanda globale di commodities in forte crescita confrontata con una penuria di materie prime e di semilavorati in un contesto in cui logistica e trasporti sono azzoppati ed in difficoltà. Stiamo parlando di metalli ferrosi e non ferrosi, di carbone, di legname, di prodotti agricoli, ecc. conditi da prezzi dell’energia in forte crescita. Per capire meglio l’andamento delle singole commodities abbiamo raccolto le opinioni di vari esperti associati alla Lugano Commodity Trading associatio (LCTA), attivi in ambiti diversi del commercio di materie prime.
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TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
Superciclo delle materie prime? Vincent Lemaitre, Head of Research, Ifchor sa Lausanne, Broker leader nei trasporti di materie prime «Di fronte alla domanda se ci troviamo in un nuovo superciclo delle materie prime, è facile constatate che ci so-
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no tutti gli elementi per affermarlo. L’espansione di liquidità dovuta all’incredibile bilancio FED del 2020 ha fatto sì ch gli eccessi di denaro creatisi sul mercato interno americano fossero semplicemente prestati all’estero. La ripartenza possente dell’industria manifatturiera dopo la sosta forzata del 2020, la necessità di ricostituire gli inventari ai livelli pre-crisi, la debolezza delle catene logistiche ed i timori d’inflazione hanno intensificato l’aumento della domanda. Purtroppo l’offerta non è stata in grado di reggere il passo: gli investimenti nell’industria mineraria ed energetica sono rimasti al palo per un anno, sia perchè le compagnie petrolifere non avevano dimenticato lo shock dei prezzi negativi del 2020, sia perchè l’industria mineraria è stata colta di sorpresa da questa corsa agli approvigionamenti. Il mix tra maggior liquidità, maggior domanda e minore offerta ha portato ad un natu-
rale aumento dei prezzi. In aggiunta, il difficile trattamento della prevenzione dalle pandemie ha avuto un prezzo inaspettatamente alto. La logistica ha evidenziato tutta la sua vulnerabilità, con gravi ritardi, colli di bottiglia e picchi di aumenti incontrollati dei prezzi. Il tempo è denaro ed il tempo perso è perso per sempre».
Prodotti siderurgici Matteo Somaini, Presidente, LCTA «Come la maggior parte delle attività produttive, il settore siderurgico sta affrontando un periodo di forte domanda, manifestatasi a fine 2020, quando gli inventari erano molto bassi, combinata con incremento dei costi di materie prime e trasporti. Elementi che, già da soli, hanno spinto vicino ai massimi storici i prezzi del prodotto finito. Nello specifico, il mondo siderurgico ha anche dovuto affrontare le conseguenze di diverse mosse politiche, alcune delle quali già in atto da tempo – protezionismo di molti stati contro l’importazione di prodotti finiti o semifiniti – e la riduzione di produzione con quasi azzeramento di export da parte della Cina. La decisione del colosso asiatico ha avuto un forte impatto sui flussi di consumo delle materie prime ed esacerbato lo squilibrio tra
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AZIENDE / LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION (LCTA)
domanda ed offerta globale di prodotti siderurgici. Nel medio termine di conseguenza possiamo immaginare che la situazione globale resterà piuttosto stabile sui livelli attuali e le società nel nostro settore continueranno a destreggiarsi in un ambiente sostanzialmente favorevole, ma non facile a livello operativo».
Carbone Paola Bazzana, Head of OperationsSenior Trader e Board Member, LCTA «La crisi generata dalla diffusione del Covid-19 non ha risparmiato il mercato del carbone, la cui domanda ha registrato lo scorso anno un forte calo sia per la produzione energetica che quella industriale. Allo stesso modo, con il rilancio economico post-pandemia, questo settore ha avuto una notevole ripresa. I livelli attuali dei prezzi corrispondono a circa il 300% di quelli dello stesso periodo del 2020. Dopo un forte aumento durante tutto il mese di settembre, la maggior parte degli indici del carbone e del coke metallurgico si sono stabilizzati a ottobre. Questa situazione è giustificata da una richiesta di materiale che supera notevolmente la disponibilità. In particolare per quanto riguarda la Russia ciò è anche dovuto alla mancanza di vagoni ferroviari, impiegati per il trasporto di altre merci».
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Carbone e rinnovabile Riccardo Talenti, Chartering & Operations Manager, Flame SA and Board Member, LCTA «È indubbio che la fine della pandemia abbia portato ad una ripresa sia dell’economia globale ma anche di quelle locali. La forte domanda di energia richiesta dalle attività industriali è in crescita un po’ ovunque e ha messo in evidenza tutti i limiti della green economy che, sebbene sia oramai una strada senza ritorno, è senz’altro in anticipo sui tempi. Di fatto la produzione di energia green non è assolutamente in grado di colmare la semplice domanda di energia, figurarsi il picco a cui stiamo assistendo. Conseguenza di quanto sopra è stato un aumento considerevole dei prezzi di tutti i combustibili fossili che, insieme al nucleare, sono le uniche fonti di energia esistenti in grado di ribilanciare lo squilibrio tra domanda ed offerta. Addirittura si sentono rumours di mercato che alcune centrali a carbone messe in disuso in Europa possano essere riattivate. In aggiunta a quanto sopra, il severo ostracismo - basato forse più su motivazioni dettate da una volontà di essere politically correct - attuato dal sistema bancario nel finanziare la produzione e la commercializzazione di progetti legati ai combustibili fossili, ha fatto sì che la
loro disponibilità sul mercato si sia ulteriormente ridotta, acuendo il gap tra domanda ed offerta. In questo scenario, il nostro Gruppo, pur avendo già dato vita da tempo a diversi progetti green nel settore energetico, seguendo un trend ormai avviato, si è trovato comunque in una posizione privilegiata e con la disponibilità di notevoli quantitativi di materiale. In tale posizione abbiamo potuto cavalcare questo trend positivo ed in crescita delle commodities che riteniamo durerà ancora per un certo periodo, consentendoci nel frattempo, sia di sfruttare al meglio il nostro know-how nel settore dei combustibili fossili, sia di continuare a seguire, sviluppare e rendere operativi tutti quei progetti green già partiti ma che richiederanno investimenti e tempo per la loro attuazione ed ottimizzazione».
Gas e energia Marco Passalia, Partner, ENET Energy SA e General Secretary, LCTA «L’aumento dei prezzi degli ultimi mesi nel settore dell’energia ha molteplici concause. Sul fronte della domanda c’è stato un inizio d’anno più freddo del solito ed una ripresa economica più repentina di quanto ci si poteva aspettare. Sull’altro fronte, invece, abbiamo assistito a
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bassi livelli degli stoccaggi di gas in Europa, ad una forte concorrenza internazionale sul fronte LNG, a nessuna fornitura aggiuntiva di gas dalla Russia (cfr. North Stream 2), al graduale abbandono delle centrali a carbone, ecc. Mentre le misure nei mercati dell’energia possono aiutare a rendere il mercato meno teso, è probabile che i prezzi dell’energia rimangano a livelli elevati per qualche tempo. Il contesto che si è venuto a creare è stato accompagnato da prezzi in salita e, oggi, l’impressione è che il livello dei prezzi sarà in gran parte determinato dalle condizioni meteorologiche e dalla percezione del mercato. I prezzi potrebbero rimanere ai livelli attuali o continuare ad aumentare nel caso di un inverno freddo. Sta di fatto che stiamo assaggiando i primi bocconi della decarbonizzazione del nostro sistema economico».
Biocarburante Bruno Mazzarelli, Commercial and logistic manager e Member, LCTA «Oil & Bio Trade SA è focalizzata sul settore dei biocarburanti con prevalenza al biodiesel e alla connessa ricerca delle materie prime di origine biologica per la loro produzione. Il mer-
cato del Biodiesel è in forte crescita non solo per il cosiddetto advanced ma anche per il Sustainable Aviation Fuel (SAF) con margini di espansione enormi in termini di produzione e di volumi consumati. L’aumento della domanda, sia attuale che prospettica, si è immediatamente riflessa sull’aumento dei prezzi delle principali materie prime, due in particolare: il Tallow (grasso animale) e l’UCO (Used cooking Oil). In prospettiva in qualità di operatori del mercato dei biocarburanti, sitamo cercando di capire se e quando ci sarà una stabilizzazione dei prezzi relativi al trasporto e alla logistica, via mare e via terra».
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80 ANNI DI SUCCESSI INTERVISTA CON DARIO SPINELLI, PRESIDENTE DEL CDA DI UNA HOLDING CHE ATTRAVERSO LE SUE DIVERSE ARTICOLAZIONI CONFERMA LA SUA SPECIALIZZAZIONE NELLA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI ALTAMENTE TECNOLOGICI NEL SETTORE DELL’ELETTRICITÀ E DELLE TELECOMUNICAZIONI.
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ignor Spinelli, quali sono state le tappe di questa avventura imprenditoriale che vi ha portato ad essere una delle più interessanti realtà economiche del Cantone? «Tutto ebbe inizio nel gennaio 1941, quando mio nonno Franco ottenne dalla Municipalità di Massagno l’autorizzazione a lavorare in proprio ed eseguire impianti elettrici nella zona servita dall’Azienda Elettrica Comunale che non aveva potuto assumerlo nel proprio organico. A guerra finita, con un’economia da ricostruire e in-
tuendo lo sviluppo edilizio e territoriale di Lugano, il fondatore decise di specializzarsi e puntare sui diversi settori dell’elettricità e delle telecomunicazioni. Nei successivi vent’anni l’azienda rispose prontamente a tutte le necessità del mercato, assumendo pertanto una posizione di rilievo nel tessuto economico ticinese. Al 1966 risale l’inaugurazione della filiale di Chiasso, mentre nel 1977 nasce la “Spinelli SA” guidata dai figli Lorenzo, mio padre, e Carlo. Più tardi, nel 1994, in seguito alla liberalizzazione delle telecomunicazio-
AZIENDE / GRUPPO SPINELLI
ni, viene fondata Ticicom SA e nel 2001 nasce il Gruppo Spinelli che ingloba Spinelli SA e Ticicom SA, cui si sono poi aggiunte le acquisizioni della Pierluigi Ortelli Sagl e nel 2015 della Impianti Industriali GP SA. Attualmente siamo alla terza generazione di un’impresa, che nel 2016 ho trasformato in Spinelli Holding. Nonostante i vari cambi di ragione sociale, l’azienda ha comunque sempre orgogliosamente conservato il suo carattere familiare e quest’anno ha festeggiato i suoi primi ottant’anni di vita». Con quali caratteristiche, dunque, si presenta oggi il vostro Gruppo sul mercato? «Parlerei di un Gruppo integrato, che attraverso le sue varie articolazioni e società è perfettamente in grado di rispondere ai bisogni di privati e imprese. Bisogni che nel corso degli anni si sono andati ampliando, diversificando e soprattutto trasformando tenendo conto dei grandi cambiamenti intercorsi nell’economia e nella società
contemporanea. Per fare solo qualche esempio, pensiamo allo sviluppo che ha avuto la domotica per edifici, un comparto in cui la Spinelli è partita già 25 anni fa con sistemi rudimentali, e che nel tempo ci ha portato ad essere specialisti anche nell’automazione industriale. Inoltre, abbiamo ampliato e diversificato il nostro campo d’azione ad altri ambiti economici. Tanto per citare l’ultima nata nella Holding Spinelli, nel 2018 abbiamo costituito la D&O Insurance Sagl, un broker assicurativo non vincolato a nessuna compagnia d’assicurazione e altamente specializzato. La società opera in tutti i rami assicurativi per clienti aziendali al fine di individuare, attraverso una specifica consulenza personalizzata, adeguate soluzioni per la gestione e il contenimento dei rischi». Questa evoluzione ha coinvolto tutte le vostre società, a cominciare da quelle che rappresentano il nucleo storico della vostra impresa…
«Senza dubbio. Basta guardare come si è trasformata Ticicom, che da sempre ha fatto dell’innovazione il suo punto di forza, offrendo un’assistenza supportata da professionisti qualificati che lavorano per le diverse unità d’intervento: sistemi informatici, telefonia, videosorveglianza, sicurezza cibernetica e “Internet delle cose”. Progettare, installare e garantire la manutenzione di ogni genere di impianti richiede un’elevata competenza tecnologica, unita ad un’esperienza specifica maturata direttamente sul campo, dove il continuo contatto con gli operatori, i loro problemi e le loro esperienze personali, portano alla ricerca e alla realizzazione di soluzioni più efficaci e funzionali. Oggi Ticicom si propone come una società davvero in grado di accompagnare l’imprenditore nell’adozione di tutte le soluzioni necessarie alla digitalizzazione della sua azienda. Non ultimo, grande rilievo hanno i nostri interventi in materia di protezione dei dati, inclusa la formazione specifica dei collaboratori». Nel corso di questi ottant’anni il Ticino è profondamente cambiato. Quali sono i valori che hanno consentito alla Spinelli, attraverso le varie generazioni, di mantenere un rapporto così forte con la vostra clientela? «Penso che la clientela ci abbia sempre riconosciuto una grande capacità di mantenere la cultura di un’azienda storica e familiare, orientata alla crescita e alla formazione dei collaboratori, ritenuti un bene inestimabile. Elemento fondamentale si è poi sempre confermato, nel corso degli anni, la ricerca dell’eccellenza. Dalla sua fondazione, la Spinelli ha sempre costruito un rapporto di fiducia con i propri clienti fornendo un servizio qualificato, professionale e flessibile. Per eccellere in ogni settore, l’azienda ha pianificato accuratamente la propria strategia ponendosi costantemente nuovi obiettivi: investire in
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nuovi mercati, accrescere la formazione dei collaboratori, incrementare la qualità dei prodotti e soddisfare al meglio le esigenze del cliente, offrendo infrastrutture e sistemi sempre più affidabili». Dal suo osservatorio privilegiato, qual è il suo giudizio riguardo al processo di digitalizzazione del Ticino? «Non è facile dare una risposta univoca, perché siamo di fronte ad un fenomeno sicuramente irreversibile ma che non sempre si sviluppa in modo lineare, con aree e settori che conoscono grandi accelerazioni ed altri che stentano maggiormente nel mettersi al passo con il cambiamento. Anche noi siamo fortemente impegnati a raggiungere un livello di digitalizzazione che coinvolga tutte le aree delle nostre aziende, abolendo totalmente ogni supporto cartaceo. Ma, in generale, penso che la tecnologia avanzi molto più rapidamente delle capacità umane di adeguarsi ad essa e ciò comporta di conseguenza ritardi e resistenze che dovranno essere in ogni caso superate». Oggi si fa un gran parlare sostenibilità e responsabilità sociale dell’impresa. Come si sta muovendo a questo riguardo il vostro gruppo? Responsabilità sociale d’impresa, anche nota con la sigla CSR, è un termine utilizzato per identificare l’etica aziendale in relazione ai collaboratori, all’economia, al territorio. Posso dire che da sempre è nel DNA della famiglia Spinelli prestare attenzione a questi tre elementi, mediante molteplici azioni concrete. Già a partire dagli anni ’50 e ’60, siamo stati tra i primi in assoluto nel nostro cantone ad introdurre un fondo di previdenza per i collaboratori, la tredicesima mensilità, varie attività di svago e di crescita personale. Per quanto riguarda l’attenzione per il territorio, abbiamo sempre fornito un sostegno concreto alle attività sociali, sportive e culturali del no-
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stro Comune. Tutte attività fondamentali che – ne sono convinto – hanno contribuito alla crescita del Gruppo Spinelli in questi 80 anni. Pensandoci bene, tutto questo lo abbiamo sempre fatto in modo naturale e spontaneo per il bene nostro, dei collaboratori e del territorio in cui siamo insediati. A proposito di sostenibilità intesa in senso ambientale, di cosa si occupa la vostra società Bioevolution? «Con la Bioevolution abbiamo lanciato un concetto di Innovation Lifestyle, che vuole dire armonia perfetta tra uomo, ambiente, benessere e tecnologia. Siamo fermamente convinti che il nostro percorso professionale debba essere coerente con quello che vogliamo: benessere, serenità, voglia di vivere in armonia con gli altri individui nell’ambiente che ci ospita, progettando e realizzando oggi soluzioni innovative e sostenibili per un futuro in costante evoluzione. Una tecnologia al servizio del benessere è intrinsecamente legata alla sostenibilità. Ogni progetto di Bioevolution parte da questo principio: dalla residenza Bioland, progettata utilizzando materiali e soluzioni edili a basso impatto ambientale, ai prodotti per il benessere, scegliamo ogni giorno di operare nella logica della sostenibilità». Da ultimo, cosa avete previsto per celebrare i vostri 80 anni di attività? «La situazione post pandemica attuale non consente ancora di organizzare grandi eventi aggregativi. Le nostre scelte si sono quindi indirizzate soprattutto verso iniziative di comunicazione nei confronti dei media e tese a rafforzare il rapporto con i nostri clienti, collaboratori e fornitori. Ad esempio, tra le iniziative per l’80° anniversario, c’è l’uscita a breve di un libro che ripercorre tutta la storia dell’impresa Spinelli. La storia di una famiglia che si intreccia indissolubilmente con la storia del Ticino dal dopoguerra ad oggi». www.spinelliholding.ch
01 I fratelli Carlo e Lorenzo, rispettivamente zio e padre di Dario, in occasione del 50° anniversario della ditta Spinelli nel 1991. 02 Dario Spinelli presidendi della Holding Spinelli che ingloba le aziende di famiglia.
AZIENDE / DELCÒ MOBILI
UNA CASA HA LA FORMA DELL’ANIMA
L’IMPORTANZA DEL VESTIRE LE PROPRIE STANZE CON I GIUSTI ABITI GRAZIE A DELCÒ MOBILI. DI KERI GONZATO
«N
oi diamo forma alle nostre case e le nostre case danno forma a noi».
Winston Churchill
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La creatività si manifesta negli abiti che indossi, nella macchina che guidi, nel cibo che metti nel piatto e negli spazi che vivi. Varcare le porte ed accedere ad un luogo abitato è un’esperienza immersiva e il sistema sensoriale viene stimolato da colori, forme, luci e composizioni. A seconda di come è stata arredata una casa, l’esperienza può essere più o meno piacevole. Per addentrarci nella tematica abbiamo incontrato Lalo Delcò e il figlio Simone. Oggi sono loro a guidare Delcò Mobili, azienda storica ticinese dedicata al piacere del mobile e dell’arredo, avvalendosi della preziosa collaborazione di cinquanta persone. In fondo, vestire l’interno di uno spazio è raccontare una storia molto personale… A questo punto entra in gioco il designer di interni, una figura sempre più importante. È lui ad accompagnarci nell’arduo compito di dare il tono giusto alla narrazione del nostro nido. «Un luogo che rappresenta un rifugio sicuro in un mondo incerto, uno spazio dove l’uomo contemporaneo passa sempre più tempo», afferma Lalo, che ha ereditato la passione per il design, tramandata di generazione in generazione. L’avventura della famiglia Delcò con i mobili inizia nel 1890, quando il bisnonno falegname crea i primi oggetti d’arredo nel suo laboratorio. «Tempo dopo, la guerra porta mio nonno in Svizzera tedesca dove conosce le prime fabbriche che producono mobilio su larga scala; al rientro in Ticino, applica questo concetto ingrandendo il laboratorio e la produzione». Da allora, nel mondo del design, ci sono state molte evoluzioni ma la passione per il mobile continua a scorrere immutata nel sangue Delcò. Non si tratta
solo di un business famigliare ma di una vera e propria passione per il dettaglio, il materiale, la qualità e soprattutto il desiderio di vedere un cliente felice nello spazio di casa sua. «Trent’anni fa abbiamo realizzato questo showroom, uno spazio creativo ed una vetrina da vivere. Un luogo concepito per ispirare il cliente a livello visivo, tattile, offrendo un’idea concreta delle composizioni possibili e delle atmosfere che si possono creare in base ai gusti individuali», spiega il padre. «Chi ci visita è invitato a passare di spazio in spazio, facendosi ispirare da varie interpretazioni per l’arredo della sua cucina, di un nuovo bagno e, con l’affermarsi dello smart working, della stanza che diventa ufficio», aggiunge Simone. Dalle scelte più piccole a quelle più grandi, oggi l’attenzione va all’individuo. L’indole, i desideri personali e lo stile di vita devono guidare la selezione dell’arredo. Il punto di partenza è la materia prima. Delcò Mobili da sempre predilige l’alta qualità, selezionando tra i migliori brand, sia tradizionali ed iconici che innovativi, ed al contempo si impegna a proporre soluzioni adatte alle diverse disponibilità economiche. «Crediamo in un mobile capace di soddisfare il cliente per lungo tempo, sia a livello estetico che pratico e, più di una volta, ci siamo fatti garanti della volontà di offrire un servizio di alta qualità, occupandoci a nostre spese di ricambi o riparazioni», dice Lalo. Il desiderio è quello di creare un ambiente armonico che faccia stare bene le persone che lo abitano. Raggiungere questo risultato è più semplice e piacevole quando si è seguiti da esperti che sanno indirizzare le scelte creando, insieme, una mappa dei gusti.
Riempire una stanza con dei mobili è una cosa, arredarla con cura raccontando una storia personale è un’altra. Si tratta infatti di prendere in considerazione un insieme di dettagli che va dal colore delle pareti alla luce che filtra dalle finestre, dalle passioni della persona che abiterà quello spazio ai suoi ritmi vitali. «Ogni singolo individuo ha le sue consuetudini specifiche, abitudini per le quali bisogna trovare soluzioni di arredamento tanto belle quanto funzionali», continua Simone, «basti pensare ad una coppia che ha rituali diversi prima di addormentarsi, lei legge il suo romanzo, lui spegne la luce: bisognerà allora pensare a una soluzione specifica per l’illuminazione sul comodino o magari aggiungere una poltrona cocooning in un angolo della camera da letto».
Il team di Delcò Mobili è stato creato per rispondere a queste esigenze mettendo il cliente a proprio agio. Si tratta di professionisti che sanno guidare il cliente che sceglie un singolo oggetto d’arredo per completare un angolo, come chi desidera arredare l’intera casa partendo da zero. «Qui è il benvenuto sia chi deve fare interventi minimi che chi necessita di un vero e proprio progetto di architettura di interni; infatti, nel cuore dello show-room, oltre ad un bar per gli incontri, ci sono gli uffici dove i designer stanno “creando mondi” con planimetrie e simulazioni», spiega Simone. Grazie all’accompagnamento del designer di interni, che l’azienda ha scelto di offrire senza costi aggiuntivi, si è consigliati nella scelta della sedia giusta, della stoffa per il cuscino fatto su misura
affinché sia in tinta con il divano, di tutti quei dettagli che assieme creano la propria storia. «Oggi, il singolo vive la casa a 360°», conclude Lalo, «persino la cucina ed il bagno, in altre epoche più marginali, sono diventati spazi importanti dove l’uomo moderno esprime il suo lato edonista, dedicandosi tanto alla cura del corpo quanto ai piaceri della tavola e della condivisione. Accompagnare la persona nella creazione del suo angolo spa privato o di una cucina dove vivere tanto l’intimità della vita famigliare che le cene conviviali con amici è il nostro piacere». La tua casa sei tu. È il luogo dove vivi, ami, dove spesso lavori per poi dedicarti ai piaceri della vita. Nido e rifugio, è un luogo chiave nella vita dell’uomo moderno e come scegli di arredarla cambia il tuo modo di vivere.
L’ABC DEL DESIGN
te, che nasce per guidare le persone nell’avventura dell’arredare uno spazio tanto nelle scelte micro, come può essere l’acquisto dello sgabello giusto, quanto nelle macro, progettando gli interni dell’intera casa.
Slow design: Oggi il desiderio è di rallentare e scegliere con cura un arredamento che rappresenti il proprio stile di vita e che possa accompagnarci a lungo. Significa fare scelte sostenibili verso elementi d’arredo con un’anima, rispetto alla spinta al consumo rapido ed al ricambio frequente che caratterizza fast design.
Showroom: Uno spazio vivo in costante evoluzione. In base alle tendenze del momento. Un’esperienza a 360° dove potersi immergere negli spazi abitabili, camera da letto, salotto, cucina, bagno e terrazzo, trovando ispirazioni e soluzioni personalizzate. Designer di interni: Una figura professionale, oggi sempre più importan-
Marchi di design: Un marchio forte deve saper combinare bellezza e stile ad alta qualità, durata nel tempo, funzionalità e comodità. Come accade nel comporre un outfit con abiti ed accessori, la scelta degli oggetti che vanno a vestire lo spazio in cui vivi fa la differenza.
delcomobili.ch
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AZIENDE / OUTILS RUBIS
IL MEGLIO DEL MEGLIO
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Fides Baldesberger
IL MONDO NON SAREBBE LO STESSO SENZA UNO STRUMENTO COSÌ PREZIOSO. NE È TESTIMONIANZA LA STORIA DI UN’AZIENDA NATA 60 ANNI FA E CHE PRODUCE QUELLE CHE PROBABILMENTE SONO LE MIGLIORI PINZETTE DISPONIBILI SUL MERCATO.
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e pinzette servono nella meccanica di precisione, basti pensare all’orologeria; nell’industria dei semiconduttori, senza la quale non ci sarebbero né computer né telefoni cellulari; nell’elettronica; nelle biotecnologie; nella medicina e, non da ultime, nella cosmetica e nella cura della persona, per citare solo alcuni esempi. Le pinzette sono strumenti semplici ma è decisiva, per la loro qualità e utilità, la precisione. E raggiungerla è tutt’altro che una cosa ovvia. Le più piccole modifiche fanno una grande differenza. Tutto questo si riflette nella storia di Outils Rubis che offre una panoramica sullo sviluppo degli strumenti di precisione, perché da oltre tre decenni è associata a una notevole personalità im-
prenditoriale; perché mostra in modo esemplare come si crea un marchio svizzero di successo mantenendo la produzione industriale in Svizzera; e non da ultimo, perché una delle grandi questioni centrali del design può essere affrontata prendendo spunto dalle pinzette che implicano un rapporto tra requisiti tecnici e design, tra esigenza e forma, tra funzione ed estetica. I fondatori della Outils Rubis SA provenivano dalla Svizzera romanda. Successivamente, trasferitisi a Stabio, in Ticino, nel 1961 fondarono un’azienda per la produzione di pinzette di precisione. Tra i clienti c’erano soprattutto le case orologiere svizzere che utilizzavano questi strumenti per fabbricare i movimenti meccanici. Questo spiega anche il nome Rubis: si riferisce ai ru-
AZIENDE / OUTILS RUBIS
bini che vengono incastonati nei movimenti degli orologi di alta qualità con l’aiuto delle migliori pinzette. Già a metà degli anni ‘60, si registrò un cambio di proprietà e Paul Baldesberger, un uomo d’affari svizzero-tedesco, rilevò la maggioranza delle azioni della società. Quando negli anni ‘70 l’industria orologiera svizzera entrò in crisi, Rubis riuscì ad aprire un nuovo mercato nell’industria emergente dei semiconduttori negli Stati Uniti, che inizialmente assicurò la sopravvivenza dell’azienda. Alla morte di Baldesberger, nel 1981, la figlia divenne titolare di Rubis e con straordinaria determinazione scalò nel corso di un decennio tutti i vertici aziendali fino a diventare nel 1987 Presidente del consiglio di amministrazione e ricevere, un anno dopo, il Veuve Clicquot Award come imprenditrice dell’anno. Fides Baldesberger ha riorganizzato la produzione e l’amministrazione, si è recata in Asia per stabilire contatti commerciali con l’industria dei semiconduttori in rapida crescita e per porre fine alla dipendenza unilaterale dalle esportazioni statunitensi. La diversificazione dei mercati di vendita è stato un passo corretto e importante. Un’altra decisione si è rivelata ancora più epocale: l’idea di entrare nel mercato della cosmetica. Occorreva sviluppare e progettare prodotti nuovi e attraenti, costruire, conoscere e affermare un nuovo marchio. Tutto questo praticamente da
sola e senza un potente reparto marketing alle spalle. Intorno al volgere del millennio era fatta: la rivista di moda Vogue ha definito le pinzette Rubis “il meglio del meglio” e la famosa truccatrice e imprenditrice nella cosmetica, l‘americana Bobbi Brown, ha dichiarato che il Rubis era “la Ferrari delle pinzette”. Nel 2001 Fides Baldesberger è stata insignita in Svizzera del prestigioso premio Ernst&Young. Poco tempo dopo è stata nominata membro del consiglio di amministrazione di Swisscom. Chiunque guardi i prodotti Rubis, soprattutto quelli disegnati da Fides Baldesberger, si rende subito conto che lei è un’esteta. Questo spiega il suo interesse per l’arte, il suo fascino per le pietre preziose, il suo entusiasmo per forme semplici e intrinsecamente impeccabili, come quelle incarnate nelle pinzette Rubis. Con dei valori ben definiti alla base, le porte sono spalancate alle innovazioni tecniche. La specializzazione è l'attributo del nostro tempo. Per pinzette e attrezzature per l'elettronica, le telecomunicazioni, i laboratori, la ricerca, ecc., è facile creare un prodotto perfetto avendo a disposizione un'ampia varietà di specialisti; con la creatività di Rubis, ovviamente. L’estetica nasce essenzialmente dalla funzione. Dalla perfezione con cui le pinzette adempiono al proprio scopo, dalla precisione con cui sono state create. Piccole, semplici meraviglie di
artigianato. A proposito di forma e funzione, il designer e artista svizzero Max Bill ha coniato una frase che si legge come una caratterizzazione dei prodotti Rubis: “Bellezza dalla funzione e come funzione”. In altre parole, l’estetica delle pinzette Rubis è una parte cruciale della loro funzionalità. Aumenta la gioia nell’oggetto e l’empatia con questi piccoli strumenti. Per il suo sessantesimo anniversario, Rubis lancia in edizione speciale una pinzetta cosmetica con rubino incastonato, un omaggio alla sua storia e al suo nome. Se si vuole, può anche essere letto come un omaggio alla gemmologa Fides Baldesberger. Outils Rubis nasce come azienda dal forte carattere artigianale. Non è cambiato molto al riguardo in sei decenni. Il cuore della produzione sono ancora i dipendenti, il loro knowhow, la loro gioia nella perfezione, la loro esperienza e sensibilità. Ogni prodotto passa attraverso molte mani attente prima di lasciare l’officina. Fides Baldesberger concepisce questa ricerca della perfezione come svizzera nel senso migliore del termine. Per lei Swissness è molto più di una mera dichiarazione formale e di marketing. In Rubis fa parte del DNA dell’azienda. Tutti i prodotti sono al 100% realizzati in Svizzera, dalla materia prima al prodotto finito. Tutti i valori associati al “made in Switzerland” - innovazione, design, qualità e precisione - sono incarnati nei prodotti Rubis. Ciò corrisponde alle aspettative nel marchio e crea fiducia nella marca.
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AZIENDE / MONICA PUGNALONI
IL VALORE DELLA DIVERSITÀ DI GENERE IN AZIENDA FRA I PRIMI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’ONU (SDG-AGENDA 2030) TROVIAMO L’UGUAGLIANZA DI GENERE E L’AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE – ELEMENTI FONDAMENTALI PER UN PAESE CHE ASPIRA A UNO SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO DINAMICO E DURATURO. NE ABBIAMO PARLATO CON MONICA PUGNALONI*, CO-PRESIDENTE DI BPW CLUB TICINO, A MARGINE DELLA CERIMONIA DI CONSEGNA DEI PRIMI DIPLOMI CERTIFIED BOARD MEMBER CONFERITI A FINE SETTEMBRE SCORSO DA ALMA-IMPACT E SUPSI. DI DIMITRI LORINGETT
*Monica Pugnaloni è socia BPW Ticino dal 2017, membro del Comitato Direttivo nel settembre 2018, e Co-Presidente del Club dal 2021. Laureata in Lingue e Letterature Orientali, ha frequentato un Global Executive Master in Business Administration presso la SDA Bocconi a Milano. Svolge il ruolo di Retail Director in un’azienda del settore Fashion & Luxury. Nel 2018 e nel 2020 è stata docente di Corporate Communication presso la SUPSI nell’ambito dell’Executive Master in Business Administration. Sposata con Francesco, ha due figli e risiede a Lugano dal 2002.
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l raggiungimento del quinto SDG è ancora lontano. In Svizzera, per esempio, nonostante la rappresentanza femminile negli organi politici a livello federale non sia distante dalla parità con quella maschile (nel Parlamento è al 42%, mentre nel Consiglio federale siedono 3 donne), la percentuale di donne nei Consigli di amministrazione si attesta attorno al 25% soltanto. Vi sono inoltre società, quotate in Borsa e non, senza alcuna donna nel proprio Cda, come ad esempio PwC Schweiz e Von Roll Holding. Gli studiosi che si occupano di gender economics (economia di genere) osservano che avere una rappresentanza di genere mista, sia uomini sia donne, in posizioni decisionali allarga le prospettive, aumenta la creatività e l’innovazione, diversifica l’insieme dei talenti e delle competenze, riduce i conflitti, migliora il processo decisionale, e rappresenta meglio i diversi punti di vista. La presenza delle donne ‘nei piani alti’ delle aziende, tuttavia, va oltre la questione di genere: essa crea valore. Stando a una recente analisi effettuata da un gruppo di ricercatrici presso l’Università Bocconi di Milano, in pochi anni la riforma di legge GolfoMosca del 2011 che ha introdotto in Italia le quote di rappresentanza di genere nei Cda e collegi sindacali delle società quotate, ha avuto effetti significativi e soprattutto misurabili, fra cui un minor rischio dei titoli azionari e un aumento dei prezzi delle azioni al momento delle elezioni con le quote di genere.
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’economia di genere è un tema di grande attualità. Cosa comporta e quali vantaggi ne ricaverebbe la nostra società? «L’economia di genere è un’economia in cui i generi sono equamente rappresentati a livello professionale. Un miglioramento dell’uguaglianza di genere porterebbe, nel 2050, a creare in EU 10,5 milioni di posti di lavoro, con un aumento del PIL pro-capite del 6,1%- 9,6% da cui trarrebbero vantaggio sia uomini che donne. Secondo uno studio dell’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (EIGE), una maggiore occupazione femminile, oltre al miglioramento del PIL, contribuirebbe a migliorare il divario salariale e a ridurre la povertà, che colpisce maggiormente le donne».
Lei ha conseguito da poco il diploma Certified Board Member con certificazione SAQ promosso da Alma-Impact e Supsi. Quanto è importante per una professionista, dipendente o indipendente, investire nella formazione continua? «La formazione è uno strumento molto importante perché permette di acquisire consapevolezza e conoscenza, ma da sola non è sufficiente a fare in modo che i Cda e le Direzioni aziendali siano più equilibrati nella rappresentanza di genere: come BPW ne siamo convinte e per noi la formazione è solo il primo passo. Nei Cda e nelle Direzioni aziendali in cui c’è una presenza femminile qualificata, anche la componente maschile è più stimolata a formarsi con conseguenze positive per l’azienda. È necessario quindi cambiare la cultura aziendale
AZIENDE / MONICA PUGNALONI
questo progetto istituzionale del BPW è realizzato da un gruppo di socie BPW in collaborazione con l’Università della Svizzera italiana».
predominante: alle aziende chiediamo di non aver paura di offrire l’opportunità di ricoprire ruoli apicali alle donne con le giuste competenze perché questa scelta porterà benefici per tutta l’azienda». Sempre in tema di formazione ci parli un po’ del programma di ‘mentoring’ promosso da BPW…
«Il mentoring è uno strumento di trasmissione di esperienze e di vissuto da parte di un soggetto senior (mentor) verso un soggetto junior (mentee) e viceversa: questo scambio aiuta le giovani ad acquisire consapevolezza ed entrare nel mondo del lavoro più preparate ed è fonte di arricchimento anche per le mentor. Attualmente
Nei colloqui di lavoro, anche per posizioni apicali, cosa cambia se sei donna? «È stato dimostrato da numerosi studi di scienze cognitive e psicologia sociale che in fase di selezione e di colloquio le donne subiscono delle discriminazioni a causa dei cosiddetti bias cognitivi, una sorta di pregiudizio inconscio, per cui certe posizioni apicali non risultano “idonee” per una donna: di conseguenza le candidature femminili vengono scartate a priori. È il motivo per il quale in molte realtà aziendali attente a queste dinamiche si sceglie sempre di più di utilizzare i CV senza i dati personali».
CHE COS'È BUSINESS & PROFESSIONAL WOMEN BPW è un’associazione internazionale di donne attive professionalmente. È presente in Svizzera dal 1947 con 40 Club distribuiti in tutti i Cantoni; in Ticino, la sede è a Lugano e conta circa 100 socie. Esiste una sezione Young, composta da giovani professioniste sotto i 35 anni. BPW Ticino è impegnata a realizzare progetti ed
eventi: il Mentoring è un programma svolto in collaborazione con l’Università della Svizzera Italiana; l’Equal Pay Day è una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica verso una concreta parità di salario tra uomo e donna; e Women on Boards ha come obiettivo quello di sollevare il problema della mancanza di pari opportu-
nità nei Cda delle aziende svizzere. BPW Ticino, inoltre, offre alle socie numerose occasioni di networking ed è un’importante rete che sostiene le donne nella loro carriera, nella loro professione e nel loro sviluppo personale. Attualmente le co-Presidenti sono Laura Incandela e Monica Pugnaloni. www.bpw-ticino.ch
LA FORMAZIONE CERTIFIED BOARD MEMBER A fine settembre si è conclusa, con la consegna dei diplomi, la prima edizione del Certified Board Member, il percorso formativo specialistico per i membri dei Consigli d’amministrazione frutto della collaborazione tra
Supsi e la società di formazione e consulenza Alma Impact. Il corso, una prima a sud delle Alpi, ha consentito alla quarantina di professionisti provenienti da diversi ambiti aziendali ed economici di ampliare le
proprie conoscenze in relazione alle molteplici attività svolte da un Cda: dalla corporate governance alla gestione finanziaria, passando per la comunicazione e il risk management. www.alma-impact.ch
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AZIENDE / AUROFIN SA
L’ORO NON CONOSCE MAI CRISI AUROFIN VANTA UNA POSIZIONE DI ASSOLUTO RILIEVO NELLA COMPRAVENDITA DI ORO E DI ALTRI METALLI PREZIOSI.
Da sinistra Thoma Ralph, Direttore (CEO) Pongelli Gianmaria, Vicedirettore (CFO)
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uali sono state le principali tappe che hanno accompagnato l’affermazione di Aurofin nel commercio fisico di metalli preziosi? «Sul finire degli anni ’60 nel pieno sviluppo della produzione industriale, Emilio Camponovo fonda sia l’Aurofin SA che la Valcambi SA. Aurofin acquisisce negli anni una specializzazione mirata nel commercio fisico di metalli preziosi (oro, argento, platino, palladio e rodio), destinati principalmente all’industria della trasformazione orafa italiana. Sollecitata dalle evoluzioni del mercato, a partire dal 1980 la società amplia il proprio core-business dando alle aziende la possibilità di ricevere il metallo in prestito. Nasce così l’operatività del “prestito d’uso”, (oro, argento, platino e palladio) ad aziende operanti nel settore.
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Oggi Aurofin SA collabora con le tre raffinerie più grandi della Svizzera e leader mondiali, (Valcambi, Argor-Heraeus e Pamp) e può offrire tutti i loro prodotti (Good Delivery). Compriamo e valutiamo oro e argento derivante da scarti industriali e gioielli riciclati. Offriamo quindi un servizio di fusione, analisi e affinazione. Dal 2015 inoltre la società acquista e vende monete, sia da investimento che da numismatica». Come è organizzato in Svizzera il mercato dei metalli preziosi e quali sono i principali players operanti nel settore? «Il mercato aurifero in Svizzera si può identificare come il fulcro mondiale della fusione, affinazione e produzione di oro a livello Mondiale. Le principali raffinerie presenti nel Canton Ticino sono la Argor-Heraeus SA, Valcambi SA e Pamp SA. Tramite il loro supporto e le loro conoscenze Aurofin SA può
AZIENDE / AUROFIN SA
essere riconosciuto come l’unica società presente sul mercato ticinese ad offrire una serie di servizi finanziari legati al mondo aurifero, nonché la possibilità di poter vendere al pubblico privato i lingotti delle tre suddette raffinerie. Oltre alle fabbriche in Svizzera operano i cosiddetti “ComproOro” i quali raccolgono e valutano oro e argento vecchio che a loro volta possono consegnare ad Aurofin. L’intero ciclo di recupero, affinazione e pagamento è integralmente gestito da Aurofin SA, la quale si avvale sempre delle raffinerie a cui viene affidato il metallo da fondere». Dal 2015 Aurofin acquista e vende anche monete, sia da investimento che da numismatica. Che caratteristiche ha questo mercato?
«Il contributo portato dal Direttore Thoma (che ha lavorato 6 anni presso la Pro-Aurum società leader nel commercio di monete in Germania) nella compravendita di monete da investimento e numismatiche ha permesso ad Aurofin SA di presidiare un’ulteriore quota di mercato. Il mercato delle monete è improntato prevalentemente alla clientela che cerca di diversificare il proprio patrimonio o il portafoglio di investimenti. Le monete hanno la peculiarità che la Zecca di ogni Paese crea una sua moneta univoca e quindi molti clienti desiderano investire e collezionare diverse monete proveniente dal tutto il mondo per interesse strettamente monetario o anche affettivo».
Si è sempre detto che, soprattutto nei periodi di crisi, l’oro rappresenta il bene rifugio per eccellenza. È ancora vera questa affermazione e che prospettive prevede per questo metallo? «Il fatto che l’oro sia un bene rifugio è sempre stato e lo sarà anche in futuro. Lo possiamo notare anche in questo periodo particolare e difficile che stiamo vivendo in seguito alla pandemia. I mercati azionari subiscono l’incertezza e il pericolo di inflazione e le economie dei Paesi europei, e non solo, arrancano; tutto questo porta gli investitori a indirizzarsi verso investimenti auriferi per paura di un forte deprezzamento della divisa del Paese in cui vivono e per una convinzione di scarsa affidabilità politica nella gestione della crisi economico-sanitaria. In questo contesto l’oro conquista la leadership degli investimenti avendo un valore reale immediato. Inoltre, l’oro offre anche la prova tangibile (ritiro fisico dell’oro) che i propri investimenti siano adeguati. La fluttuazione dell’oro è abbastanza ciclica negli anni e si può notare come il valore dell’oro negli ultimi 30 anni sia sempre cresciuto, pur avendo avuto delle correzioni di prezzo. A nostro avviso questo andamento continuerà ancora per altre svariate decine di anni». Accanto all’oro, quali altri metalli preziosi avranno in futuro un’importanza sempre maggiore? «Oltre all’oro al giorno d’oggi si può notare come il palladio sia un metallo prezioso trainante. Esso viene soprattutto utilizzato nel mondo farmaceutico e automobilistico per la composizione di vari catalizzatori. A seguire è aumentata anche la richiesta di platino e rodio sotto forma di polvere denominata “spugna” che trova utilizzo sempre nell’industria che la destina al settore galvanico e farmaceutico». www.aurofin.ch TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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AZIENDE / GEHRI RIVESTIMENTI
PIÙ SPAZIOSI, PIÙ BELLI, PIÙ SOSTENIBILI GEHRI RIVESTIMENTI, LEADER IN TICINO NEL SETTORE DELLA LAVORAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DI CERAMICHE, MOSAICI, PIETRE NATURALI E ARTIFICIALI, STA REALIZZANDO UN MARCATO INTERVENTO DI MODERNIZZAZIONE E RINNOVAMENTO DI TUTTI I PROPRI SPESSI ALL’INSEGNA DI UNA CHIARE INDICAZIONE STRATEGICA: SOSTENIBILITÀ
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l 2021 è stato un anno caratterizzato, malgrado la pandemia, da importanti trasformazioni nell’organizzazione delle vostre attività. Quali nuovi spazi avete ristrutturato e allestito? «In effetti quest’anno abbiamo realizzato un importante piano di riorganizzazione degli spazi con molteplici obiettivi. Primo fra tutti quello di muoverci sempre più verso una gestione aziendale più sostenibile, sia per quanto riguarda l’ambiente che le risorse umane.
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Ci siamo ampliati e con lo spostamento di diversi settori puntiamo a ottimizzare i processi di lavoro, consentire una migliore logistica e una più efficace comunicazione in linea con quella che è la nostra visione aziendale per i prossimi anni. I tecnici dispongono ora di un grande openspace luminoso, confortevole e tecnologico, per riunirsi e confrontarsi tra loro. Il ricollocamento del magazzino, che funge anche da punto vendita diretto, ha permesso oltre alla creazione di un maggior volume di stoccaggio, anche di fornire ai magazzinieri un ufficio più ampio e funzionale».
AZIENDE / GEHRI RIVESTIMENTI
Anche il capannone che accoglie il laboratorio di lavorazione dei materiali ha conosciuto profonde trasformazioni con una particolare attenzione alla sostenibilità e all’ambiente? «La ristrutturazione totale del capannone che accoglie il laboratorio di lavorazione dei materiali, così come gran parte del parco lastre di pietra naturale, artificiale e ceramiche di grande formato, ha previsto la sostituzione dei sostegni e l’isolamento delle pareti per accogliere l’installazione di un impianto fotovoltaico di oltre 1100 mq. Considerando anche la messa in funzione di una termopompa presso il laboratorio abbiamo dunque compiuto un ulteriore grande passo nella direzione della sostenibilità che è da tempo parte integrante della nostra filosofia aziendale. Con l’ampliamento del laboratorio e l’acquisto di un nuovo macchinario a controllo numerico di ultima generazione per la trasformazione delle lastre miriamo a migliorare ulteriormente il servizio alla clientela in termini di possibilità, velocità ed efficienza».
Che cosa possiamo dire riguardo il restyling dello showroom principale, dedicato perlopiù al gres porcellanato (ceramiche) e ai mosaici? «Dal rinnovo totale della nostra sala mostra principale avvenuto nel 2017, pur mantenendoci aggiornati ogni anno, l’intervento che stiamo compiendo proprio in queste settimane è molto importante. Le caratteristiche strutturali dello showroom verranno mantenute, ma il concetto espositivo evolve seguendo le tendenze proposte dal mercato con il fine di poter mostrare al cliente le lastre in gres porcellanato in modo del tutto nuovo. La nostra idea è stata quella di ispirarci alle gallerie d’arte, le lastre in gres si fanno dunque opere, talvolta posate e incorniciate, oppure appese, sostenute e inquadrate da strutture metalliche. Continua la tendenza relativa all’utilizzo di lastre di grande formato, e per poterle valorizzare al meglio cambiano le necessità espositive. Per far nascere nel cliente le giuste emozioni mostriamo le lastre nella loro integrità. Si può ben immaginare che mostrare un campione di piccolo formato, tagliato da una lastra la cui area può essere di 4.5 mq, è ben poco indicativo, specialmente se tale prodot-
to porta sulla sua superficie delle venature, variazioni di colore o tono». Guardando al prossimo anno quali sono le principali novità che si possono già annunciare riguardo al rinnovamento degli spazi espositivi dedicati alla pietra naturale? «Se negli ultimi mesi del 2021 ci siamo concentrati sulla ristrutturazione dello showroom principale, il 2022 sarà l’anno dedicato al nostro spazio espositivo interamente dedicato alla pietra naturale. In questo caso andremo ad apportare modifiche strutturali importanti, sempre nell’ottica di sfruttare al meglio i nostri spazi e valorizzare quanto più possibile i materiali utilizzati. Necessitiamo attualmente di una nuova, moderna e innovativa sala conferenze da poter attrezzare con tutto ciò che occorre per poter svolgere ipoteticamente riunioni anche da remoto, corsi di formazione piuttosto che trattative con i clienti. Il progetto prevede dunque di modificare una parte dello showroom esistente per creare questo nuovo locale che avrà doppia funzione: pratica in quanto sala conferenze, espositiva ed estetica in quanto completamente realizzata in pietra naturale per esaltarne la bellezza e la versatilità».
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AZIENDE / ASSURSWISS
ASSICURATORI PER PASSIONE
ANGELO RABAGLIO E IL FIGLIO MATTIA SONO ALLA TESTA DI ASSURSWISS, UNA SOCIETÀ PARTNER PER PRIVATI E AZIENDE CHE RICERCANO QUALIFICATE COPERTURE ASSICURATIVE E CHE NEL 2022 FESTEGGERÀ 20 ANNI DI ATTIVITÀ. ACCANTO AI TITOLARI, ABBIAMO INCONTRATO TINA CENCI E MARCO MORANDI, DUE NUOVI CONSULENTI ENTRATI A FAR PARTE DELLA SQUADRA ASSURSWISS.
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ssurSwiss si accinge a festeggiare i suoi primi 20 anni di attività. Con quale bilancio? «Direi senz’altro molto positivo» esordisce Angelo Rabaglio. In questi anni siamo cresciuti come clienti e fatturato, abbiamo acquistato la sede dove oggi ci troviamo, e aumentato il numero dei dipendenti e dei collaboratori, che attualmente hanno raggiunto le 15 unità circa. Sono convinto che entusiasmo e competenza ci aiuteranno anche in futuro ad accrescere ancora la reputazione che con gli sforzi di tutti siamo riusciti a costruire in questo ventennio. E questo è forse il patrimonio più importante perché oggi ci troviamo ad operare in un mercato sempre più competitivo che purtroppo lascia spazio anche all’improvvisazione. I nostri clienti, che ci conoscono da tanto tempo, sanno riconoscere e apprezzare le nostre qualità professionali, la capacità che abbiamo di risolvere ogni loro esigenza e, soprattutto la forza e il coraggio con cui ogni giorno affrontiamo il nostro lavoro».
Cosa è cambiato in questo periodo nel mondo delle assicurazioni? «Il nostro mestiere è restato sostanzialmente il medesimo e con la nostra esperienza, competenza e forza contrattuale continuiamo ad assumerci appieno la responsabilità di assicurare gli interessi della clientela negoziando al meglio le condizioni con le compagnie di assicurazioni più adatte a garantire la copertura di ogni singola tematica secondo il concetto di libero mercato. Inoltre, ci assumiamo l’onere di difendere gli interessi dei clienti nel di caso di qualsivoglia necessità di risarcimento o di qualsiasi tipologia di intervento presso l’assicuratore. Quello che è certamente cambiato è il contesto in cui operiamo, mentre la legislazione in materia assicurativa è in continua evoluzione e le modifiche alle condizioni contrattuali sono all’ordine del giorno. Gestire al meglio il proprio portafoglio assicurativo diventa quindi sempre più difficile in un mondo in cui la stessa concorrenza fra le compagnie di assicurazione, porta all’offerta di opportunità o, per contrario, alla decadenza delle tutele». Le nuove tecnologie hanno avuto un forte impatto sul vostro settore? «Negli ultimi anni - aggiunge Mattia Rabaglio - i processi di lavoro sono stati ottimizzati per garantire l’immediata disponibilità alla clientela e i supporti elettronici ci consentono rapide valutazioni di intervento. Ci aggiorniamo costantemente sugli sviluppi del mercato delle assicurazioni e studiamo quotidianamente le strategie che possono portare vantaggi alla nostra clientela. I nostri uffici sono strutturati in maniera da poter gestire con la maggiore flessibilità ed efficacia i
AZIENDE / ASSURSWISS
AssurSwiss è costituito soprattutto da una clientela privata distribuita in tutto il Ticino ma con una forte presenza nel Malcantone. Oggi, dopo la pandemia e un periodo in cui i contatti erano soprattutto gestiti per telefono o via mail, i rapporti personali sono tornati ad essere predominanti e le mie relazioni, forti in molti casi di una conoscenza che dura da molti anni, costituiscono un ottimo punto di partenza per continuare ad offrire soluzioni assicurative personalizzate in base alle esigenze di ogni cliente, alle migliori condizioni di mercato».
portafogli affidatici e l’intera struttura gode della lunga esperienza delle persone che compongono il team e delle buone relazioni che esse hanno stabilito con le compagnie di assicurazioni svizzere ed estere». Tina Cenci, quali sono il suo percorso professionale e lo specifico bagaglio di competenze che ha apportato in AssurSwiss? «Da ragazza sono entrata nel mondo delle assicurazioni lavorando per la Concordia e occupandomi all’inizio delle vendite a domicilio. Vi sono rimasta per quasi vent’anni arrivando ad essere responsabile della agenzia di Lugano e poi di tre agenzie nel Sottoceneri. Successivamente, nel 2009, ho scelto di mettermi in proprio, aprendo una mia società di brokeraggio e nel corso degli anni ho avuto varie occasioni per conoscere e collaborare con AssurSwiss, condividendone lo spirito e il modo di lavorare. Confluire in essa è stato quindi un processo quasi naturale. Oggi la mia competenza si esplica
soprattutto nel campo aziendale e devo dire che lavorare con il supporto di un team dinamico ed efficiente, risulta essere davvero stimolante e necessario per ottenere buoni risultati, nel mio caso riguardo ad uno specifico target di aziende locale e multinazionali». Marco Morandi, anche lei vanta una precedente lunga esperienza nel settore assicurativo? «Direi proprio di sì, se si considera che ho lavorato per 43 anni presso la compagnia Allianz Suisse, dapprima presso il back office, poi come servizio esterno e infine in veste di capo vendite alla guida di uno staff di collaboratori. È stata un’esperienza professionalmente molto importante ma negli ultimi anni, a fronte di un mondo delle assicurazioni profondamente cambiato, mi sono reso conto che non era più possibile, lavorando per una sola società, offrire sempre il meglio alla propria clientela, sia in termini di coperture che di prezzo delle polizze. Il patrimonio che ho portato in dote in
ASSURSWISS SA Via Pestariso 11, CP 155 CH-6982 Agno T. +41 (0)91 605 70 66 www.assurswiss.ch TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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AZIENDE / CHIODONI 1957
UFFICI MODERNI SEMPRE PIÙ DIGITALI
MAURA BENTOGLIO-CHIODONI PRESENTA UN’AZIENDA CHE NELLA SUA LUNGA STORIA HA ATTRAVERSATO TUTTI I CAMBIAMENTI INTERCORSI NEL MODO DI ARREDARE E ABITARE L’UFFICIO, TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONI.
L
’azienda Chiodoni 1957 è attiva da oltre 60 anni nel settore dell’arredo e della tecnologia per gli uffici. Quali sono state le più importanti tappe che hanno scandito la storia di questa impresa familiare? «L’azienda è stata fondata nel 1957 come ditta individuale. Mio papà Luigi dopo aver fatto l’apprendistato come meccanico di macchine per scrivere, decise di mettersi in proprio e cominciò a percorrere il Ticino seguendo le richieste del mercato e l’evoluzione della tecnologia e proponendo dapprima macchine per scrivere, affiancate poi subito dalle fotocopiatrici e dall’arredo per gli uffici. Per 7/8 anni ha lavorato da solo, poi man mano
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che l’attività cresceva ha cominciato ad attorniarsi di collaboratori. Tappe importanti: 1984 trasferimento degli uffici, officina e showroom nello stabile di proprietà in Via Moncucco 1 a Besso, sede attuale dell’azienda. Anni ’80: l’azienda amplia la sua offerta con l’offerta di software e hardware informatici proponendo, con un grande riscontro da parte del mercato ticinese, i primi PC. Dopo aver conseguito una laurea in economia a Losanna e aver lavorato alcuni anni nel settore bancario, nel 1999 entra in azienda mio marito Paolo Bentoglio e la ditta individuale viene trasformata in SA. Paolo affianca in un primo momento mio papà e poi nel 2007, assume la direzione dell’azienda. Tenendo fede allo spirito del fondatore che con amore e passione per il proprio lavoro per 50 anni si è messo quotidianamente all’ascolto delle esigenze e dei desideri di molti imprendi-
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tori attivi sul nostro territorio per creare ambienti di lavoro efficienti e funzionali, l’azienda negli ultimi 20 anni propone una consulenza nell’ambito della digitalizzazione dei documenti e dei processi aziendali per accompagnare con competenza gli imprenditori ticinesi verso il futuro digitale». Quali sono state nel tempo le principali tendenze che hanno contraddistinto l’evoluzione dell’arredamento per l’ufficio? «Negli anni si è passati da un ufficio tradizionale con stanze separate e postazioni fisse per ogni collaboratore con scrivanie ad angolo per poter ospitare i monitor profondi a Open Space con postazioni ancora tradizionali ma più lineari. Recentemente e soprattutto dopo la pandemia gli spazi di lavoro sono ibridi e più flessibili con ambienti privati per videoconferenze e call e spazi più ampi per incontri di gruppo. Gli arredi sono flessibili con postazioni di lavoro non assegnate e scrivanie elevabili elettricamente per poter alternare il lavoro in
piedi e da seduti. L’attenzione all’ergonomia e alla vivibilità del posto di lavoro si è sempre più affermata. La differenziazione fra arredo per la casa e arredo per gli spazi lavorativi tende a smussarsi: elementi del design residenziale vengono inseriti negli uffici come zone relax, lounge, etc. Per quel che concerne i colori abbiamo registrato un’evoluzione verso scelte più personali e meno standardizzate: dagli uffici monocromatici con prevalenza per colori neutri come grigio, bianco e nero si è passati ad una gamma di colori molto più ampia (rosso, blu, giallo, verde, etc); spesso inserendo solo alcuni tocchi di colore che esprimono la personalità dell’imprenditore e l’attenzione per gli effetti fisiologici e sulla sensibilità di chi lavora delle scelte cromatiche. Per i materiali: metallo e legno sono sempre presenti accostati al vetro o ad inserti in cuoio, marmo, o altri materiali pregiati per gli arredi direzionali. Una tendenza attuale è anche la scelta di arredi modulari, estremamente personalizzabili che sono adattabili alle va-
rie esigenze e a tutti i cambiamenti e all’evolversi dei bisogni dell’azienda. Si è molto accentuata l’attenzione alla sostenibilità degli arredi nel momento della produzione e alla loro durata di vita». Che impatto ha avuto e quali conseguenze ha determinato l’avvento in ufficio delle tecnologie informatiche? «Il processo di digitalizzazione, che si è accelerato con la pandemia e il conseguente lockdown, sarà inevitabile nei prossimi anni per tutte quelle aziende che vogliono rimanere competitive. La tecnologia informatica e soprattutto la digitalizzazione hanno sicuramente un impatto positivo nel mondo dell’ufficio. Sostenuta da una consulenza adeguata e personalizzata essa permette di passare da una gestione analogica dei documenti e dei processi di lavoro ad una gestione digitale più efficiente e efficace, riducendo i costi di gestione e liberando risorse di tempo che può essere impiegato in attività più creative. Il giuTICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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sto livello di digitalizzazione massimizza la produttività e deve perciò essere affrontato come un investimento in efficienza e competitività e non come un costo per l’azienda. Si tratta quindi di un’opportunità sia per le aziende sia per i collaboratori, che non vanno travolti dal processo ma coinvolti nel cambiamento. Siamo convinti che la tecnologia digitale possa sostenere ed aiutare, ma mai rimpiazzare l’intelligenza e le capacità umane. Purtroppo in questo momento molte PMI in Ticino fanno ancora fatica a vedere i benefici e l’utilità di una tale trasformazione che, d’altra parte, fa paura ed è un fattore di stress per molti collaboratori. È chiaro che le aziende vanno accompagnate in questo processo di cambiamento. Chiodoni Luigi SA propone perciò il concetto di connessione tra gli spazi reali e quelli virtuali dell’azienda. Si tratta di riprodurre nello spazio virtuale tramite software ad hoc l’organizzazione analogica e “cartacea” di tutti i processi lavorativi. In questa maniera, i collaboratori non devono affrontare un salto nel buio ma, grazie al supporto del nostro team, possono continuare a lavorare seguendo le stesse procedure a cui sono abituati. È indispensabile che si crei un rapporto di fiducia fra il nostro team che si occupa dell’implementazione e della formazione e il cliente». Parità di genere. Qual è ruolo della donna all’interno della vostra azienda e quali le posizioni di responsabilità da loro assunte? «All’interno di un team di 12 persone, siamo in tre donne. Oltre a me, che con mio marito mi occupo delle scelte strategiche dell’azienda e della comunicazione aziendale, c’è Irma, che da oltre 20 è responsabile di tutta l’amministrazione e supporto insostituibile al team di vendita, oltre che “memoria storica” dell’azienda. Cristina è entrata invece nel nostro team all’inizio dell’anno. Si tratta di una signora che, dopo la maternità e gli anni dedicati alla famiglia
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e ai figli, ha intrapreso una seconda formazione alla Scuola Specializzata Superiore di Economia di Bellinzona conseguendo un diploma di Informatica di gestione. È stata assunta come programmatrice per seguire lo sviluppo di alcuni software che è nostra intenzione inserire nel nostro portfolio di prodotti e come supporto al nostro team, finora solo maschile, dell’area informatica. Fra l’altro attualmente segue due ragazzi che stanno finendo il loro stage con lavoro finale per l’ottenimento dello stesso diploma». Di recente avete acquisito il brand Bosse. Quali soluzioni propone per l’ufficio e quali sono i suoi punti di forza che hanno determinato la sua affermazione sul mercato? «Il marchio Bosse fa parte del gruppo Dauphin assieme a Züco, con cui ugualmente da quest’anno collaboriamo ampliando la nostra offerta di sedute di qualità. In Svizzera, Bosse è conosciuto soprattutto in ambito germanofo. Da oltre 50 anni propone soluzioni di arredo ispirate al principio “il meno è più”: quindi arredi molto lineari, dalle linee pulite per un design elegante e senza tempo, adatti sia per l’ufficio che per la casa. Caratteristica principale è la flessibilità e la modularità: un sistema che permette infinite possibilità di configurazione e di personalizzazione per dei
mobili che si adattano a tutti i cambiamenti e all’evolversi delle esigenze del cliente nel segno della sostenibilità e della longevità. Sono universali e perciò adeguati ad ogni tipo di ufficio, ma anche fortemente personalizzabili. Si tratta di un sistema di tubolari, giunti e pannelli di alta qualità che formano la base per infinite possibilità di arredo. Abbiamo scelto di puntare su Bosse perché, contrariamente ad altri sistemi di arredo analoghi e più conosciuti sul nostro territorio, questo marchio permette anche la scelta fra un’ampia gamma di materiali: dal melaminico con finiture legno, al colore laccato o opaco ad una vasta gamma di legni pregiati, agli inserti in vetro. Mobili dunque che, pur conservando il concetto del design essenziale di stampo tedesco, hanno un’anima più calda rispetto al più ricorrente metallo e perciò perfetti per il mercato ticinese. Bosse propone in più una ricca selezione di colori, fra cui, per i fans di Le Corbusier, 12 tonalità originali del suo sistema cromatico Architectural Polycromie e, novità rispetto ad altri brand, i tubolari sono fornibili anche in nero oltre che in cromato lucido, per delle soluzioni Total Black, molto eleganti. Il marchio ha referenze importanti in tutto il mondo, fra cui la Cassa di risparmio di Berlino, le industrie Implenia a Wallisellen e il municipio di Friedrichshafen (De).
AZIENDE / GIANNI SIMONATO
LUNGA VITA ALLE IMPRESE, MA COME FARE?
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AGENDA ONU 2030, SOSTENIBILITÀ, ECONOMIA CIRCOLARE, INDUSTRIA 4.0 SONO TEMI CHE STANNO GIÀ IMPATTANDO SUL MONDO DELLE IMPRESE. I CEO, DONNE E UOMINI, COME AFFRONTANO QUESTI CAMBIAMENTI?
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on si può guardare al futuro come una continuazione del passato…perché il futuro sarà diverso. È necessario disimparare il modo con cui abbiamo a che fare con il passato, in modo da imparare ad avere a che fare con il futuro. Il grande entusiasmo del futuro è che possiamo dargli forma». (Charles Handy) Prima considerazione: bisogna imparare a disimparare! Da dove cominciare, se non dai vecchi metodi di gestione aziendale basati sui principi fordisti e tayloristi, all’epoca in mano agli uomini? Diventa fondamentale oggi incrementare la presenza femminile a bordo delleaziende, per accelerare l’introduzione di nuovi metodi e sistemi di gestione. Secondo una ricerca di Grant Thornton nel 2020 solo il 20% dei CEO a livello mondo è Donna. Quali nuovi metodi allora per governare le aziende del terzo millennio? Ho provato a lavorarci su, affiancando Amministratori Delegati e Direttori Generali, uomini e donne. La scoperta è farsi in tre! È come avere tre diversi cappelli in testa, ai quali corrispondono tre diversi metodi di gestione. Pensiamoci bene: è necessario essere efficienti sul breve, ma bisogna bilanciare anche il medio-lungo periodo. I prodotti che fatturano oggi saranno rimpiazzati domani. Sembra quindi che il segreto per dare lunga vita alle imprese stia nel creare in azienda tre diverse organizzazioni: Day by Day – Sviluppo sul Cliente – Innovazione. Il bene più prezioso per un manager è il suo tempo, ed in base a come lo destina indirizza i suoi risultati. Il cap-
pello rosso, quello del day by day, vale il 70% del suo tempo; il cappello giallo, sviluppo sul Cliente, 20%; cappello bianco, innovazione, 10%. Il cappello rosso, è un colore stimolante. Rappresenta la forza, l’operatività, l’energia vitale. Evoca il bisogno di agire. Nel Day by Day, la leadership del CEO punta a valori quali la massima qualità, la politica dell’eccellenza, la gestione a “zero difetti”, EBITDA crescenti, creando quindi una cultura dell’impresa tendente alla massima efficienza. Ma se continui così fai la fine di Nokia o di Kodak. Non si può essere superiori sempre, non cambiando mai. Senza cambiamento non c’è futuro. Ma come farlo? Se avessimo continuato a migliorare la candela, non saremmo mai arrivati alla lampadina elettrica! Ecco quindi il cappello giallo. È il colore del giorno, della luce. Rappresenta la spontaneità, l’espansione, l’investigazione, l’ambizione, la curiosità, il nuovo. Evoca il bisogno di aspirare a qualcosa, il desiderio di liberarsi dai limiti, da tutto ciò che è un ostacolo. In pratica si tratta di lavorare con i clienti chiave, di sviluppare con loro progetti non ancora diventati prodotti/servizi definiti, ragionando per i prossimi due/tre anni, facendo insieme un percorso di business. Tempo da dedicare 20%. Ma anche questo non basta, da solo, per dare lunga vita all’impresa. Mi piace riprendere il pensiero di Akio Morita, fondatore di Sony: «Dobbiamo cercare di rendere obsoleti noi i nostri prodotti, prima che siano gli altri a farlo». Quindi: Cappello bianco, Innovazione. È il colore della trasparenza, dell’illuminazione, della purezza, della nuova vita. Esprime l’archetipo dell’assoluto e della luce, della voglia
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di libertà, di scioltezza, di leggerezza e di tensioni verso dimensioni che vanno “oltre”. Tempo da dedicare: 10% La sfida organizzativa oggi del CEO, Uomo o Donna, è creare dei Team che avranno compiti completamente diversi tra loro e saperli gestire con cappelli diversi. Il CEO dovrà gestire questi tre team con il cappello di riferimento in testa. Cosa non facile, e solo per fare un esempio: quale sarà lo stile di leadership del CEO di fronte agli errori, cosa fa se l’errore succede nel day by day piuttosto che nell’innovazione? Nel Day by Day la tendenza è nella perfezione assoluta, col cappello dell’innovazione se tutto fosse perfetto già dalla prima idea potremmo parlare ancora di innovazione? Occorre sognare per guardare il mercato con occhi curiosi, occorre pensare con una mente disponibile a meravigliarsi, occorre andare oltre gli schemi, oltre le regole. E qui le
Donne potrebbero veramente creare del valore. L’atteggiamento «visionario» del leader che sogna consiste nel fare piccole cose all’inizio, con in testa un sogno finale molto più grande. Piccolo o grande il cambiamento che verrà introdotto, all’origine dell’attività imprenditoriale c’è la voglia di cambiare qualcosa nel mondo. L’entusiasmo e la gioia che animano l’impresa contribuiscono a trasformare il sogno in un’idea pratica; la passione consente di superare problemi apparentemente insolubili, di trovare soluzioni a problemi apparentemente insolubili. Questo perché il leader deve saper scorgere nel mercato cose che altri non vedono, ossia deve saper riconoscere bisogni o desideri che la sua creatura può soddisfare. Chi si ferma allo stadio della visione non sarà mai leader, resterà sempre e solo un sognatore. Dopo il sogno e la visione, l’azione è dunque
la parte concreta del fare impresa: equivale a progettare, costruire, fare in prima persona, assumere collaboratori, gestire team. Sognare, formulare una visione sulla base del sogno, concretizzarla attraverso l’azione, ma soprattutto lottare per sopravvivere: questo il viaggio da compiere per i CEO, Uomini e Donne, che affrontano il cambiamento oggi. Come mentore, a fianco degli AD e startup fatti di Donne e Uomini, vivo con loro i tanti momenti di difficoltà e discontinuità. E allora ci aiuta l’effetto Papillon, il sentirsi come Papillon nell’omonimo film degli anni ’70. La scena finale del film vede il protagonista nelle acque dell’oceano, all’ennesimo tentativo di evasione per un reato di cui era innocente. Finalmente ce la fa e, guardando il cielo, esclama: “Maledetti bastardi, sono ancora vivo!” Dimmi la tua, al mio sito www.simonatopartners.com
BENESSERE / MANTAPOOL
MANTAPOOL, UN NUOVO SPAZIO DI BENESSERE ACQUATICO
I DOPO UNA LUNGA CARRIERA COME NUOTATRICE AGONISTICA, IVANA GABRILO TORNA IN ACQUA IN UNA NUOVA VESTE: LA PISCINA MANTAPOOL, NELLA SPLENDIDA CORNICE DEL PALAZZO MANTEGAZZA A PARADISO, DOVE PROPONE CORSI DI ACQUAFITNESS, LEZIONI PRIVATE, COACHING E MOLTO ALTRO, IN UN AMBIENTE PROFESSIONALE, TRANQUILLO E DI ALTA QUALITÀ. DI GIORGIA MANTEGAZZA
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vana, come ti sei avvicinata al mondo del nuoto? «Io rispondo sempre “nascendo in acqua”, infatti la mia famiglia è di origini dalmate, quindi siamo cresciuti a contatto con il mare. Mia madre è stata campionessa olimpica e mio padre campione europeo di pallanuoto; di conseguenza noi figli siamo stati cresciuti a bordo vasca e tutti abbiamo praticato nuoto a livello agonistico». Nello specifico che traguardi hai raggiunto? «Fino a una decina di anni fa gareggiavo per la nazionale elvetica, con la quale ho potuto siglare svariati record svizzeri (sia individuali, sia facendo parte della staffetta) e ho partecipato a grandi competizioni quali campionati europei, mondiali e coppe del mondo. Un percorso che mi ha portata come apice a vincere sia l'europeo che il campionato del mondo masters».
Praticare uno sport e insegnarlo però sono due cose diverse... «Con Swiss Olympic ho seguito tutto il percorso formativo per diventare allenatrice, facendo anche uno stage in nazionale come assistente allenatore agli europei junior. Negli anni precedenti aiutavo già mia madre durante i corsi di nuoto estivi. Una volta finita la carriera agonistica non ho abbandonato la mia passione per lo sport, ho lavorato per la Confederazione al Centro Sportivo di Tenero, dove aiutavo i giovani atleti d’élite a coniugare gli studi con i loro impegni sportivi». Come è nata l’idea di aprire Mantapool? «Ho fatto una formazione triennale come mental coach e mi sono resa di conto ancora di più di quanto fosse importante trovare un equilibrio tra il proprio corpo e la propria mente. Da
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qui nasce un po’ la filosofia della nuova piscina: un luogo elegante e sereno dove diffondere tranquillità, come una manta (il nostro logo) che nuota nell’oceano. Quindi l’idea principale è che le persone che vengano stiano bene nel fare l’attività che hanno scelto; le parole chiavi sono benessere, tranquillità, attenzione e qualità». In cosa si differenzia questo nuovo progetto? «Quello che noi ci sentiamo di poter offrire alla clientela, essendo un luogo così particolare, in un contesto come quello del Palazzo Mantegazza, al 2° piano, in via Riva Paradiso 2, è puntare molto sulla qualità invece che sulla quantità. I corsi infatti si svolgono in piccoli gruppi seguiti da monitori qualificati e certificati che possono veramente dare il meglio. Le persone sono seguite in modo che ognuno possa raggiungere i suoi obbiettivi, un po’ come se ognuno avesse il proprio trainer. Il
tutto rimanendo comunque in un range di prezzo molto competitivo». Quali sono i servizi che proponete? «Il ventaglio dei servizi parte di base dai corsi di acquafitness, ovvero discipline quali la base dell’acquafit, idrobike, cirquit e iron mix. Queste discipline, con intensità diverse, sono mirate ad esempio al rassodamento del corpo e al drenaggio dei liquidi tramite un lavoro aerobico. Poi abbiamo le lezioni private, che possono essere il classico nuoto, ma anche uno dei nostri corsi, sia per bambini che per adulti. Un altro servizio è l’accesso pool, acquistando un ingresso libero. Un’altra particolarità è il coaching: reputiamo infatti molto importante il fatto che quando si insegna, si possa lasciare qualcosa anche a livello umano. Infine ci sono gli eventi speciali, ad esempio se un’azienda è interessata a fare un’attività di team building, può prenotare un corso che viene preparto
ad hoc per l’occasione. A breve potremo anche avvalerci della tecnologia del nuoto contro corrente: un'offerta unica sul territorio in grado di accontentare la clientela più esigente. Per informazioni più specifiche e aggiornamenti abbiamo aperto anche una pagina Instagram “manta_pool” e Facebook “MantaPool”». Infine, quali sono i benefici che si traggono dallo sport in acqua? «L’acqua è un ambiente particolare; infatti è idonea praticamente a tutti, partendo dal bambino che vuole imparare a nuotare, da giovani ragazzi che vogliono fare una preparazione fisica, arrivando a toccare persone infortunate o persone anziane che non possono più avere un’intensità elevata nell’attività e in acqua si può abbassare questa tensione. Vorrei sfatare il mito che “in acqua ci si annoia”, per tutte le fasce di età può essere invece divertente e molto stimolante». TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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SPORT / OMEGA EUROPEAN MASTER
CAMPIONI NEL CUORE DELLE ALPI
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opo un anno di assenza dovuta alla pandemia, l’Omega Masters è tornato sul green. Un gradito ritorno per un popolarissimo evento che ha richiamato alcuni tra i migliori giocatori di tutto il mondo. Omega Masters è infatti una delle più prestigiose gare di golf svolte sul territorio europeo. Chiamato originariamente Swiss Open, il torneo ha assunto la denominazione di European Masters nel 1983 e dopo un periodo come co-sponsor, nel 2001 Omega è diventato sponsor ufficiale. Nonostante i numerosi cambi di nome, l’evento è rimasto lo stesso dal 1939, divenendo il più antico torneo di golf d’Europa disputato ogni anno sullo stesso campo. Per la 74a volta, nell’edi-
ARIELLA DEL ROCINO PRESENTA, NELLA SUA RUBRICA DEDICATA AL GOLF, L’OMEGA MASTERS, EVENTO UNICO NEL CALENDARIO SPORTIVO INTERNAZIONALE, CHE SI È TENUTO ALLA FINE DI AGOSTO SUI CAMPI DEL GOLF CLUB CRANS-SUR-SIERRE, A CRANS MONTANA.
01 Il Presidente e CEO di OMEGA Raynald Aeschlimann all’OMEGA Masters 2021 di Crans-Montana 01
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zione 2021 i partecipanti si sono sfidati sul green del Golf Club di Crans-surSierre, nel cuore delle Alpi svizzere. Una tradizione lunga più di un secolo ha plasmato la fama mondiale di questo Golf-Club, ma più di tutto è la cornice straordinaria a rimanere impressa nei ricordi di chi gioca sui famosi percorsi Severiano Ballesteros (18 buche) e Jack Nicklaus (9 buche). Difficile concentrarsi sulla pallina bianca, quando a ogni tee-off si presenta una delle più belle vette delle Alpi: circondati dalla natura, la montagna infonde calma e ispira i golfisti, per una assoluta precisione dei colpi e un piacere infinito. I percorsi da affrontare sono molteplici a seconda del grado di esperienza. Il percorso sul quale si sono sfidati i professionisti partecipanti al torneo è sta-
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to disegnato da Severiano Ballesteros, uno dei giocatori più forti del XX secolo. Chiamato appunto Severiano Ballesteros è un 18 buche creato nel lontano 1906, contorniato da uno scenario mozzafiato che mostra le Alpi nella loro maestosa bellezza dal Cervino al Monte Bianco. Per il giocatore di media esperienza ecco il 9 buche Jack Niklaus, dedicato al campione che lo ha ideato, che si può provare nella sua completezza dal 1988. È breve ma interessante con fairways caratterizzati da dog-legs, bunker artistici e ostici allo stesso tempo e collinette e depressioni naturali. Per i meno esperti e per chi vuole affinare la tecnica il club propone i percorsi Super Crans (9 buche) e NOAS – Chermignon, anche 9 buche.
02 Golf clinic per gli Ambasciatori OMEGA, tenuta dal professionista Sean Crocker sul green di Jack Niklaus 03 Raynald Aechlimann (OMEGA) circondato da olimpionici: da sinistra a destra, Lea Sprunger, Dalilah Muhammad, Nina Christen, Nikita Ducarroz e Christian Taylor
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SOLIDARIETÀ / AMICI DI ANNA DAI CAPELLI CORTI
UN’ASSOCIAZIONE NATA NEL 2019 ALL’INTERNO DEL GRUPPO ANNA DAI CAPELLI CORTI CON LO SCOPO DI ORGANIZZARE ATTIVITÀ FINALIZZATE ALLA RACCOLTA FONDI IN FAVORE DEL GRUPPO STESSO.
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ue realtà che, con modalità diverse, vanno incontro alle donne a cui è stato diagnosticato un cancro al seno prima dei 50 anni, nella fase post-cure: da una parte il gruppo di Anna pensa al corpo e allo spirito e dall’altra gli Amici sono attivi per il reperimento di finanziamenti necessari a sviluppare progetti. Presidente degli Amici è Dany Stauffacher che con grande impegno, insieme ai suoi compagni di comitato Lorinda Fasani Pecoraro, Cristina Seregni, Diego Scheggia, Gianluca Colpo e Andrea Bergamaschi, da subito si è attivato per una causa così importante, mettendo insieme disponibilità e attenzione al sociale e alla salute. «Quando mi sono confrontato per la prima volta con le Anne, ho subito capito che avrei imparato molto soprattutto io e che mi avrebbero aiutato ad affrontare la vita in modo migliore, ancora prima di essere io d’aiuto alla loro causa» sostiene Stauffacher che con gli Amici, dopo il sostegno finanziario per la
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UN SOSTEGNO DOPO LA CURA
pubblicazione del libro “Doppio laccio” e la Cena diffusa che ha coinvolto diversi ristoranti del territorio, è pronto con nuove iniziative per il 2022. Perché è fondamentale il periodo cura, ma lo è altrettanto affrontare il dopo. Ce lo spiega bene Lorinda Fasani Pecoraro, psicoterapeuta-psiconcologa: «Si tende a pensare che terminate le cure oncologiche, la donna dichiarata guarita possa finalmente tirare un sospiro di sollievo e riprendere la propria vita da dove l’aveva lasciata prima che la diagnosi di tumore la sconvolgesse completamente. Diagnosi che giunge sempre all’improvviso e in una fase di vita, quella della giovane donna, caratterizzata dalla crescita sociale ed emotiva, dall’attività, da progetti di vita formativi, lavorativi, familiari o da figli già presenti. Il post-cure nasconde però altre sfide e non sempre si riesce subito a ripartire. Sul piano fisico ci si confronta con un corpo che necessita del tempo per riprendersi dalle terapie. Sul piano psicologico bisogna elaborare quanto successo e
confrontarsi con nuovi vissuti emotivi, come le paure, le insicurezze, i sensi di colpa. La donna si sente fragile e non sempre capita. Ed è proprio in questa fase, in cui cominciano a ricrescere i capelli persi durante la chemioterapia, che prende senso il gruppo Anna dai Capelli Corti (ad oggi una settantina di Anne) permettendo la condivisione di un’esperienza di vita comune e di sentirsi “veramente capite”, poiché si “parla la stessa lingua”. La condivisione avviene attraverso passeggiate, corsi di scherma, pilates, cucina, ma anche con l’organizzazione di seminari e corsi su varie tematiche, che partono sempre dai bisogni delle Anne e ne favoriscono la riabilitazione. L’Associazione è anche attiva in ambito scientifico e di ricerca per quel che concerne il tumore al seno. Ogni anno viene scelto e sostenuto un progetto che va a beneficio di tutte le donne che sono assistite presso il Centro di Senologia della Svizzera Italiana. Per il 2022 è previsto un progetto di ricerca in collaborazione con la Lega contro il Cancro e l’USI per valutare quali sono in Ticino le implicazioni di una diagnosi di tumore e delle relative cure rispetto al mondo del lavoro e come quest’ultimo possa divenire una risorsa e non un ostacolo nella fase delle post-cure». Ecco quindi che il lavoro degli Amici di Anna dai Capelli Corti è fondamentale.
SOLIDARIETÀ / LEGA CANCRO TICINO
CAMBIA IL NOME, NON L’IMPEGNO
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85 anni dalla sua fondazione, la Lega cancro Ticino continua a innovare ed estendere capillarmente i propri servizi di consulenza e sostegno a pazienti e familiari che dopo una diagnosi di cancro si ritrovano nel disorientamento, con la percezione di una vita completamente stravolta. Nascono dubbi, paure e preoccupazioni, ma anche impedimenti pratici e problemi finanziari che minano la serenità di una normale vita quotidiana. Il cancro è una delle malattie più frequenti in Svizzera: colpisce ogni anno circa 42.500 persone, di cui 2200 in Ticino. È una malattia seria che costringe il malato e chi gli sta vicino a confrontarsi con cambiamenti e nuove realtà. Improvvisamente si pongono domande, problemi, sfide, si rompono equilibri, si modificano rapporti e ruoli. Sono situa-
zioni che non si risolvono sempre facilmente e che a volte richiedono l’aiuto e la consulenza di altre persone, di professionisti formati per rispondere a domande e timori, e per accompagnare, durante tutto il percorso della cura, sia il paziente che i familiari (coniugi, figli, genitori ma anche amici stretti), nella vita privata e nel contesto lavorativo. Il team della Lega cancro Ticino, con una ventina di professionisti nelle tre sedi di Lugano, Bellinzona e Locarno - nel 2022 anche a Mendrisio - e più di 100 volontari attivi nelle cinque regioni del nostro Cantone, assicura ai pazienti oncologici e ai loro congiunti una presa a carico globale durante tutto il percorso di malattia, incluso in tutto questo il sostegno ai familiari curanti che portano anch’essi sulle spalle preoccupazioni e la necessità di riorganizzare la quotidianità.
DA LEGA TICINESE PER LA LOTTA CONTRO IL CANCRO A LEGA CANCRO TICINO, UN CAMBIAMENTO SENTITO E VOLUTO PER STARE AL PASSO CON I TEMPI E CON I SEMPRE NUOVI E PIÙ ARTICOLATI BISOGNI DELLE PERSONE MALATE DI CANCRO. Il servizio sociale offre ascolto e informazione, ma anche aiuto pratico e concreto a livello economico e di accompagnamento amministrativo. L’approccio psico-oncologico e gli interventi di couseling sostengono il peso delle emozioni provate dai pazienti e dai loro cari durante tutto il periodo delle cure e oltre. Le infermiere consulenti nella riabilitazione oncologica, fin dalle prime settimane della diagnosi di malattia, attivano risorse specifiche per gli aspetti fisici ed estetici, psicologici, sociali, nutrizionali e sessuali di cui il paziente ha bisogno durante e dopo le cure, spesso molto debilitanti. Si organizzano consulenze individuali specialistiche e corsi di riabilitazione con attività sportive e ricreative in piccoli gruppi. Numerosi anche gli incontri di sostegno ed auto-aiuto con gruppi parola per persone malate, in remissione o in lutto, famiglie di bambini con malattia tumorale, familiari curanti e persone con una specifica forma di cancro. E per la popolazione tutta, molta informazione con campagne di sensibilizzazione sulla prevenzione di diverse forme tumorali, sui programmi di screening nazionali e cantonali; sui risultati della ricerca scientifica contro il cancro; il servizio InfoCancro offre ascolto e risposte ad ogni tipo di domanda. La Lega cancro Ticino s’impegna quotidianamente, attraverso i suoi collaboratori e i suoi numerosi volontari, a stare con le difficoltà e restare al fianco di chi lo chiede, senza voltare la testa. Ciò è possibile per tutta la popolazione residente grazie al sostegno finanziario dei suoi soci, alle eredità, alle donazioni della popolazione e ai contributi di organizzazioni private e pubbliche. TICINO WELCOME / DIC 2021 - FEB 2022
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SOLIDARIETÀ / MAKE-A-WISH
MAKE-A-WISH ESAUDISCE I DESIDERI DI BAMBINI AFFETTI DA GRAVI MALATTIE PER DAR LORO SPERANZA, FORZA E GIOIA.
I SOGNI DEI BAMBINI 01
01 “Sogno delle belle vacanze in Ticino per poter trascorrere dei momenti indimenticabili con le persone che amo” 02 “Ho sempre desiderato un’esperienza speciale e indimenticabile con i miei adorati cavalli” Questi sono solo alcuni dei desideri realizzati in territorio ticinese.
«L
a gioia che vediamo negli occhi dei bambini e delle loro famiglie, la forza e la speranza che ritrovano, ci fanno capire quanto ogni secondo, ogni minuto del nostro lavoro sia stato appagante!». Désirée Della Volta, volontaria senior in Ticino da oltre 10 anni Quando un bambino combatte contro una grave malattia, il suo futuro è incerto. Il mondo di tutta la famiglia ne rimane completamente sconvolto. Il programma giornaliero è dettato da appuntamenti per le cure, che spesso implicano degenze di settimane, mesi o addirittura anni in ospedale. Le vacanze e il tempo da trascorrere con gli amici diventano solo un ricordo.
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Ecco perché i desideri sono così importanti. Quando viene esaudito il suo desiderio più grande, il bambino realizza che tutto è possibile perché questo gli dà la forza emotiva di cui ha disperatamente bisogno per combattere la malattia e allo stesso tempo porta con sé la speranza necessaria a tutta la famiglia per affrontare il futuro – qualsiasi cosa possa riservare. I desideri dei bambini sono veramente straordinari: toccare la neve o vedere il mare per la prima volta, allenarsi con il giocatore di calcio preferito, volare in elicottero o vedere l’aurora boreale. I nostri bambini desiderano anche diventare pompieri, ufficiali di polizia, principesse, incontrare un supereroe o una celebrità. Ogni desiderio è unico tanto quanto l’im-
SOLIDARIETÀ / MAKE-A-WISH
maginazione di ogni bambino che lo sogna. Realizzando questi desideri, trasformiamo l’impossibile in qualcosa di reale per i nostri bambini gravemente ammalati. I desideri portano speranza, forza e gioia ai bambini di Make-A-Wish e alle loro famiglie. Fondata nel 2003, Make-A-Wish Switzerland è una fondazione svizzera, riconosciuta per la sua utilità pubblica, con sede a Nyon (canton Vaud). Essa esaudisce i desideri di bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni che vivono in condizioni mediche critiche. Oltre l’85% dei bambini vengono indirizzati a Make-A-Wish da medici e dallo staff medico di ospedali pediatrici di tutta la Svizzera. Il rimanente 15% si iscrive tramite la pagina internet della fondazione e altre strutture di supporto. I bambini hanno una sola infanzia. Sostenendo Make-A-Wish Switzer-
land si permette alla fondazione di dare a bambini molto ammalati la possibilità di vivere dei momenti indimenticabili con le loro famiglie. Una parentesi di sorrisi e di gioia che porteranno con sé per molto tempo, anche dopo aver realizzato il proprio desiderio. I bambini hanno bisogno di questa forza per continuare a lottare contro la malattia. Un desiderio aiuta il bambino a sentirsi più forte, più determinato e capace di combattere. Un desiderio ha un impatto emotivo positivo sul bambino e può avere un effetto anche di lunga durata. Make-A-Wish Switzerland non potrebbe esistere senza la generosità dei donatori. La fondazione finanzia il suo operato attraverso donazioni di singole persone e di aziende, grazie a diversi eventi e al supporto di associazioni, club filantropici e scuole. Grazie a
tanti devoti volontari sparsi in tutta la Svizzera, compreso un forte team in Ticino, Make-A-Wish ha potuto realizzare dei desideri magnifici, e allo stesso tempo magici, di bambini in tutto il paese da circa 20 anni. È possibile sostenere Make-A-Wish Switzerland in tanti modi: diventare un donatore regolare oppure un volontario. Un’azienda può diventare partner o sponsor. È molto utile spargere la voce raccontando ad altre persone di come un magnifico e magico desiderio realizzato da Make-A-Wish possa rendere felice un bambino. Per donazioni: MAKE-A-WISH FOUNDATION OF SWITZERLAND & LIECHTENSTEIN UBS SA - Nyon IBAN CH26 0027 9279 2794 5940Y www.makeawish.ch
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