N° 073 MARZO / MAGGIO 2022
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
MARIO TIMBAL
EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
UN MANAGER AL SERVIZIO DELLA CULTURA
PRIMO PIANO
SPECIALE
CULTURA
DOSSIER FONDAZIONI
VIOLA AMHERD Al lavoro come nella vita
SERVIZI FINANZIARI Cosa cambia per i gestori patrimoniali
DONNE E ARTE Il mondo artistico al femminile
SILVIO TARCHINI Puntare tutto sui giovani
C O LLE C T I O N
Ladybird
TICINO WELCOME / EDITORIALE
Davvero CURIOSO EDITORE Ticino Welcome Sagl Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli e Lorenzo Terzaghi FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Davide Pucci
STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Dalmazio Ambrosioni, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Rocco Bianchi, Silvia Cerolini, Andrea Conconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Joel Camathias, Paola Cerana, Franco Citterio, Ariella Del Rocino, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli De’ Santi, Marta Lenzi, Dimitri Loringett, Arianna Livio, Manuela Lozza, Giorgia Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Amanda Prada, Valeria Rastrelli, Gerardo Segat, Gianni Simonato, Fabiana Testori, Alessandro Trivilini. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia.
DI MARIO MANTEGAZZA
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uando i miei figli erano piccoli, mi stupiva il numero di “perché” che riuscivano a inanellare partendo da una unica domanda. Ad ogni mia risposta seguiva un altro “perché” fino a quando, esausto, citavo un noto proverbio che metteva fine alla loro inesauribile insistenza. Oggi, penso a causa dell’avvento dei social media, i ragazzi si fermano sempre più alla superficie delle informazioni, accontendosi della lettura dei titoli e rinunciando di fatto all’approfondimento di qualsiasi tematica. La pandemia ha costituito l’occasione in cui forse è emersa più palesemente la mala informazione, grazie al fenomeno di emulazione superficiale e di ritrasmissione di qualsiasi informazione che, secondo molti, era corretta solo in quanto riportata dai social, senza preoccuparsi di soffermarsi a riflettere per capire più a fondo, figuriamoci mettere in dubbio l’argomento ri-postato. L’ignoranza che dilaga su questi nuovi mezzi è davvero imbarazzante ed è figlia della spasmodica ricerca dell’ugua-
glianza e della mancanza di curiosità dei giovani di oggi, che danno per scontato il fatto che tutto sia dovuto e che comunque loro hanno sempre ragione. Non si rendono nemmeno conto di quanto stia diventando facile ingannarli usando proprio la loro superficialità come arma per convincerli a compiere qualsiasi azione o scelta negli acquisti, nelle tendenze, nei messaggi politici e così via. Eppure oggi l’accesso alle informazioni è facilitato tantissimo e varrebbe davvero la pena di approfittarne! Non so dove questo appiattimento generzionale porterà, forse in futuro questi giovani saranno i migliori adulti mai visti prima! In fondo anche noi, quando eravamo ragazzini, eravamo incompresi e messi in dubbio dai nostri genitori e così fu anche per loro nei rapporti con i propri padri. Sono davvero curioso di vedere dove arriveremo… perché?
Mario Mantegazza
TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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SOMMARIO / N° 73
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MARCO TIMBAL Un manger al servizio della cultura
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VIOLA AMHERD Al lavoro come nella vita
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LAURA BARRIALES Una moglie, una mamma ed il mondo dello spettacolo
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MORENO BERNASCONI L’Europa si risveglia a una dura realtà
Di Mario Mantegazza EDITORIALE 03 Davvero curioso Di Patrizia Peter Pedevilla PRIMO PIANO 06 Marco Timbal: Un manager al servizio della cultura Di Rocco Bianchi 12 Viola Amherd: Al lavoro come nella vita 14 Luca Caduff: Un esercito vicino ai cittadini 18 Anika Nyfeler: Affrontare con coraggio tutte le sfide Di Andrea Grandi 22 Gabriele Meucci: Cambio al vertice del Consolato d’Italia a Lugano Di Romano Pezzani 25 Flavia Rigamonti: Una nuotatrice in America Di Andrea Grandi 28 Laura Barriales: Una moglie, una mamma ed il mondo dello spettacolo 32 Morena Ferrari Gamba: Fuga di cervelli: chi offre il meglio conquista le migliori risorse Di Dimitri Loringett 34 Armin Linke: Photo-narratives to design the future GRANDANGOLO 36 Moreno Bernasconi: L’Europa si risveglia a una dura realtà Di Gerardo Segat LEADER ALLO SPECCHIO 38 Mariateresa Vacalli: Caffè con Mary LAC 40 LuganoMusica: Primavera in musica 42 Lugano Dance Project: Danza d’autore 44 OSI: I bambini tornano al LAC con l’OSI 46 MASI: Grande varietà di proposte e di artisti CULTURA 50 Speciale donne e arte: Il mondo artistico parla al femminile 58 Kunsthaus Zürich: Take care: arte e medicina Di Dalmazio Ambrosioni 60 Davos si fa in quattro 62 MUSEC: Arte e vita giapponese 64 Stefano Gardel: Paesaggi rivisitati 68 Davide Jelmini: Il primato delle emozioni 70 Ticino Film Commission: Mendrisio punta anche sul cinema 74 Circolo Battaglini: Un laboratorio di cultura politica FINANZA 76 Servizi finanziari: Cosa cambia per i gestori patrimoniali? 84 Cristina Maderni: La competenza dei fiduciari commercialisti 86 Asset digitali: “Next step” per la gestione patrimoniale? 88 ABT: Minimun Tax, quale impatto sulla Svizzera? 90 BPS (Suisse): Un altro anno da record 92 Banca Migros: Servizi a misura d’azienda 96 Bance del Sempione: Un approccio flessibile negli investimenti come risposta al contesto attuale 98 Credit Suisse: 2022: quali prospettive per le valute? 100 Credit Suisse: I bravi collaboratori fanno il successo delle aziende TURISMO 102 Ticino Turismo: La Regione Insubrica verso la svolta digitale 104 OTR Mendrisiotto: Una regione tutta da gustare 106 Funicolare San Salvatore: Un inverno da record Di Paola Chiericati 108 Hotel Eden Roc Ascona: Un grande Hotel dal fascino mediterraneo Di Giacomo Newlin GASTRONOMIA 110 Ristorante Eden Roc Ascona: Rispetto assoluto per la materia prima 112 Ristorante META: Un grazie ai nostri clienti storici Di Marta Lenzi 114 Tendenze 2022: Sostenibilità ed esotismo a tavola Di Marta Lenzi 116 Ticino Land of Stars: Sapori per un turismo enogastronomico d’eccellenza
SOMMARIO / N° 73
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BPS (SUISSE) Un altro anno da record
ASSOCIAZIONE ELISA Il Galà dei sorrisi
WETAG CONSULTING Determinato sul lavoro come in pista
120 ENOLOGIA 126 130 EVENTI 132 136 138 LUSSO 140 FASHION 142 144 146 148 DESIGN 150 AUTO 154 156 158 ARCHITETTURA 160 162 164 166 168 DOSSIER FONDAZIONI 170 174 176 180 182 AZIENDE 184 186 190 194 196 200 202 204 208 210 212 214 216 MEDICINA 218 SOLIDARIETÀ 220 SPORT 222
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DOMENICO D’ORSOGNA Istituire fondazioni per promuovere la cultura
Ticino Land of Stars – VPL: Un menu stellato con capriccio finale Di Giacomo Newlin Ticinowine: Mendrisiotto di vino Consorzio Franciacorta: Sfumature ed interpretazioni di un vino e di un territorio Associazione Elisa: Il Galà dei sorrisi Shock The Blues: Nasce il nuovo brand di Simonetta Rota Di Silvia Cerolini Auto storiche: Finalmente si riaccendono i motori Blancpain: Know-how e tecnica raffinata al servizio della bellezza Belotti OtticaUdito: Le soluzioni d’avanguardia nel mondo dell’ottica Cartier: Una borsa iconica Di Valentino Odorico Moda primavera-estate: Una primavera in viola Sofia Provera: Armonia, bellezza e qualità Di Valentino Odorico Very Peri: Il colore che incanta il design Di Valeria Rastrelli Mercedes AMG SL: La leggenda immortale va di corsa Mercedes AMG EQS 450+: L’ammiraglia si elettrifica Mc Laren Artura: Arriva la supercar ibrica V6& Plug-In Wetag Consulting: Determinato sul lavoro come in pista Fontana Sotheby’s: Villa di lusso in locazione cercasi WMM: Soluzioni complete per l’amministrazione immobiliare Artprojekt: Versilia: Ottime opportunità d’investimento Paola Silvia Galimberti: Ogni luogo può essere bello Elisa Bortoluzzi Dubach: In difesa della filantropia U.Swierczynska e S.Castello: Tutto quello che c’è da sapere sulla filantropia Mariavittoria Rava: Il nostro impegno a favore dei minori disagiati Silvio Tarchini: Perché ho scelto di puntare sui giovani Domenico D’Orsogna: Istituire fondazioni per promuovere la cultura Di Paola Bernasconi Frontalieri: Possiamo fare a meno dei lavorattori italiani? Damiani Group: Un successo da Oscar Casinò Lugano: Un valore e un simbolo per tutta le città DHL Express: È la fiducia la chiave del nostro successo Di Arianna Livio SUPSI: Apprendere ad apprendere SUPSI: La microbiologia si sviluppa in Ticino Board Forum Svizzera Italiana: Membro di CDA, non (più) un club di soli uomini Di Dimitri Loringett Club femminili: I circoli virtuosi della sorellanza Di Keri Gonzato Domenico Carponi Schittar: L’uomo che fece assolvere il lupo Di Amanda Prada La comunicazione digitale? Un gioco di squadra Flavia Milani: La felicità in azienda: importante, ugente, fondamentale Gianni Simonato: Il Metaverso spiegato alla nonna e applicato in azienda 3Z Club: Insieme per cambiare il mondo Ars Medica: Un nuovo centro per la cura della colonna vertebrale Ilario lodi: L’equivoco delle opportunità Di Ariella Del Rocino Golf Gerre Losone: Bello e sostenibile
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PRIMO PIANO / MARIO TIMBAL
UN MANAGER AL SERVIZIO DELLA CULTURA
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ncontro il direttore Timbal nel suo ufficio, nessuna scrivania, ma un grande tavolo di lavoro al quale si possono sedere una decina di persone. Un’immagine dinamica che mi piace, soprattutto perché non vedo plichi di dossier, ma fogli sparsi un po’ ovunque che non hanno il tempo di impolverarsi.
uasi un anno alla direzione di RSI, un impegno non indifferente vista la difficoltà in cui oggi i media si trovano. Ti sei mai pentito? (Senza esitazioni). «Assolutamente mai, anzi… sono molto soddisfatto, soprattutto per i progetti che abbiamo già portato a termine. Quando sono arrivato i temi sul tavolo erano molti, ma ci siamo subito attivati garantendo la massima trasparenza alle nostre collaboratrici, ai nostri collaboratori e al nostro pubblico. Per questa ragione abbiamo dato priorità ai tagli, inevitabili, non volendo che il personale vivesse con il fiato sospeso. Parallelamente abbiamo riformato due dipartimenti e cambiato la nostra attitudine verso l’esterno. Il messaggio del cambiamento doveva essere chiaro. So che alcuni avevano scommesso che non sarei rimasto più di tre mesi ai vertici della RSI (sorride), invece sono ancora qui e come detto è una scelta che rifarei subito». Parli sempre al plurale… «Questo è inevitabile perché per dirigere un’azienda come la RSI bisogna essere un team, affiatato, parlo al plurale perché il mio lavoro è legato ad un gruppo di persone fidate e competenti». Quando parli di gruppo di lavoro è inevitabile pensare a Matteo Pelli, che hai richiamato in RSI…
«Vorrei essere chiaro su questa scelta, anche perché far tornare in RSI un personaggio popolare come Matteo, personalmente, lo vedo come un atto di coraggio. Ho scelto Matteo perché ero sicuro che l’azienda ne avrebbe giovato. Ci conosciamo da sempre, ma non avevo nessun legame particolare, negli ultimi quindici anni lo avrò visto due volte… il nostro è un rapporto che risale all’infanzia. Quindi, lo ripeto, ho chiesto a Matteo Pelli di rientrare in azienda perché lo reputo una persona estremamente valida a livello professionale e unica nel panorama ticinese».
ATTUALE DIRETTORE DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA DI LINGUA ITALIANA, MARIO TIMBAL HA UN PERCORSO PROFESSIONALE A LIVELLO INTERNAZIONALE E LA SUA SCELTA DI RIENTRARE IN TICINO, CON LA FAMIGLIA, È LEGATA ALLA SFIDA DI DIRIGERE LA RSI IN UN’EPOCA MEDIATICA SENSIBILE AI CAMBIAMENTI. LOCARNESE DI NASCITA, CLASSE 1977, FIGLIO DI CARLA DEL PONTE, L’OPERATO DI TIMBAL È DA SEMPRE CARATTERIZZATO DA SCELTE FUTURISTICHE, CORAGGIOSE, E DALLA MASSIMA TRASPARENZA. DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA
Ci sono state persone che hanno messo in dubbio la tua formazione prima che arrivassi, convinti che avresti dovuto imparare tutto da zero… «Assolutamente no, perché da anni mi sono occupato dello sviluppo di progetti e ho uno spirito imprenditoriale che ha caratterizzato il mio operato. Il mio mestiere è essere un manager nel mondo della cultura, ossia produrre contenuti e distribuirli. Il programma non è il direttore a farlo, quindi non ho dovuto imparare un nuovo lavoro, semmai ho dovuto imparare a conoscere una nuova azienda». Altra novità è il tuo non legame con la politica TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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PRIMO PIANO / MARIO TIMBAL
milioni di franchi di pubblicità a livello nazionale negli ultimi quattro anni e quindi la situazione ha imposto dei correttivi. Su tutti questi temi è importante assicurare la massima trasparenza interna, la RSI è un’azienda creativa e deve avere dei collaboratori che si sentano bene, questa è una mia priorità e solo così avremo un prodotto curato e di successo». Quindi le tue proprietà sono legate soprattutto al benessere del personale… «…e all’offerta del programma. Il prodotto – assieme a una gestione esemplare - deve sempre essere davanti a tutto, il resto è funzionale, questa è la mentalità che voglio portare all’interno della RSI. Tutte le sfide che ci aspettano le vinceremo con il programma e con la vicinanza del pubblico».
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«Con la politica c’è un dialogo aperto e schietto. Dialogo su tutto, perché di errori se ne fanno ogni giorno, ma quello che dobbiamo preservare è l’indipendenza. A livello personale, come è normale che sia, ci sono speculazioni sulla mia appartenenza politica, ma è un aspetto che trovo divertente, anche perché negli anni sono stati tre i partiti che mi hanno chiesto di candidarmi e ho sempre rifiutato».
e verso l’azienda, ma quando si parla male delle colleghe e dei colleghi, non rispettandone il lavoro… questo non mi va. In fondo torniamo al discorso di squadra: la RSI deve diventare una grande squadra se vuole affrontare e superare le sfide future, quindi se c’è qualcosa che non va meglio dirlo subito e continuare in serenità. D’altronde la mia porta è sempre aperta e non solo in senso figurativo».
Soffermiamoci un attimo sull’aspetto critiche, perché essere un bersaglio non penso piaccia a nessuno. Come le affronti? «Se non sopportassi le critiche non potrei mai fare questo lavoro (sorride). Le critiche le ascolti e cerchi di estrapolare gli elementi che possono portarti a un miglioramento, se invece sono strumentali… lo capisci e le ignori. Vorrei però aggiungere qualcosa che fa parte del mio carattere e che veramente non mi piace: gli attacchi verso l’operato delle mie colleghe e dei mei colleghi, soprattutto se vengono dall’interno. Come direttore so perfettamente che sono chiamato a rispondere alle critiche verso la mia persona
Abbiamo parlato di tagli al personale, di vicinanza ai dipendenti e anche di trasparenza, un aspetto che effettivamente in passato è mancato, non solo all’interno della RSI, ma anche nei confronti del pubblico… «Far finta di nulla non rientra nella mia mentalità, i progetti vanno affrontati così come i problemi, anche quelli scomodi, pensiamo alle inchieste interne all’azienda… ho voluto che fossero approfondite, che non ci fossero vincoli temporali per gli accertamenti degli avvocati, ma una volta concluse, le misure legate alla cultura aziendale devono essere di rapida introduzione. I tagli sono stati dolorosi e come detto prima inevitabili, abbiamo perso 150
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Immagino vi stiate preparando a grandi cambiamenti… «È inevitabile, anche perché pian piano stiamo uscendo dalla fruizione lineare, quindi non si parlerà più di televisione, ma di uno schermo grande o piccolo – che può essere quello del cellulare – e ognuno di noi si creerà una fruizione su misura. La sfida ora è come adattare il nostro operato a questo epocale cambiamento. La produzione propria diventerà sempre più importante, i live, le serate speciali, l’esserci dal vivo, insomma tutto quello che le altre piattaforme non possono offrire al nostro pubblico. Questo non significa cadere nel regionalismo, ma essere un valore aggiunto nell’offerta globale». L’intento è anche quello di conquistare nuovo pubblico… «Sì, ma non verso sud, perché la questione diritti è complicata. Quello che vogliamo fare è guardare oltre San Gottardo, siamo una televisione nazionale e per la Svizzera italiana è importante mantenere un’identità propria che deve essere condivisa con
PRIMO PIANO / MARIO TIMBAL
“Ho avuto una vita stimolante, ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere persone stimolanti”. il resto della Svizzera. Non dobbiamo esser timidi o avere complessi, siamo una minoranza, è vero, ma abbiamo tutte le potenzialità per contribuire attivamente all’identità nazionale nella sua diversità». Torniamo a te, sei nato e cresciuto a Locarno? «La mia infanzia l’ho trascorsa soprattutto dai miei nonni a Bignasco, in Valle Maggia, sono stati anni molto belli e sicuramente sono cresciuto come bambino non cittadino (sorride). Questo perché mia mamma iniziava ad avere un lavoro dove c’erano dei protocolli di sicurezza e quindi preferiva che io fossi tranquillo a casa dei suoi genitori. Cresciuto ho vissuto qualche anno con lei e poi ho studiato al Papio di Ascona, mentre l’Università l’ho fatta a Losanna. Cosa dire? Ero un ragazzo come tutti gli altri». E non hai mai pensato di studiare diritto? «Quello era l’unico paletto che mi ero messo, non avrei mai studiato diritto per non entrare nella logica del figlio di…ma alla fine queste dinamiche subentrano comunque, quindi ho seguito la mia passione e mi sono laureato in lettere». Non volevo parlare di tua mamma, ma dopo quello che mi hai detto, una domanda devo fartela: com’è essere il figlio di Carla del Ponte? «Ho avuto una vita stimolante, ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere persone stimolanti. Poi dall’altra parte sono cresciuto con i nonni, anche se non mi hanno mai fatto mancare nulla. Sai…quando parlavamo delle critiche e di come vivo gli attacchi…li vivo indirettamente da sempre quindi ci sono abituato. Co-
munque anche se mia mamma era in giro per il mondo ogni sera mi chiamava e questo mi faceva sentire un bambino normale, lei non mi ha mai facilitato le cose, in poche parole non ha mai alzato il telefono per aiutarmi e questo è un bene» (ride). E tuo papà… «Mio papà ogni tanto mi dice ridendo che a livello mediatico sembra che io non abbia un padre, comunque lui si è risposato e ha avuto un altro figlio, mio fratello». Sposato, due figli ancora piccoli, di otto e nove anni, un lavoro senza orari, riesci ancora a trovare del tempo libero… «In questo primo anno poco, ma era chiaro in questa fase del mandato, però cerco veramente di prendere quello spazio indispensabile per dedicarmi alla famiglia e a qualche giro in bici».
namento, quindi si rischia di avere tanti eventi e poco pubblico. Non dobbiamo creare nulla di nuovo, dobbiamo coccolare e valorizzare maggiormente quello che abbiamo, penso ad esempio al LAC… ha un potenziale grande ma necessita di ambizione, sostegno e voglia di mettersi in gioco, anche sul piano internazionale». Ma come fai ad essere sempre così propositivo… «Da una parte penso di essere così a livello caratteriale, dall’altra so che ogni giornata ha la sua storia, che bisogna sapersi adattare, mai darsi per vinti e lottare per quello in cui si crede. Oggi il mercato è in continua evoluzione e il fatto di aver dimostrato che sia possibile cambiare un palinsesto di una radio in un mese e mezzo mi da la forza di continuare in questa direzione. Dobbiamo smetterla di pensare che tutto sia definitivo, non è questo il mio messaggio, quello che voglio dire è: si cambia, si osserva e si modifica, adatta, nulla è mai per sempre. Ricordiamoci che tutti sbagliano, è la reattività di come ci si corregge l’aspetto importante».
Sei felice di essere rientrato in Ticino o ti mancano le grandi città… «Ora vivo a Comano e mi piace molto come comune, anche perché in pochi minuti sono al lavoro e la mia famiglia si trova bene. Penso che il Ticino abbia un grande potenziale e che sia un cantone interessante, dovrebbe solo imparare a sfruttare le sue forze al massimo. Ogni tanto la mia impressione, così come anche in altre parti del mondo, è che ci sia un’accettazione passiva. Dovremmo essere tutti un po’ più propostivi e orgogliosi, questo porterebbe anche a velocizzare progetti a favore della regione». Questo anche per l’offerta culturale? «L’aspetto cultura è complesso, perché l’offerta culturale della Svizzera italiana a volte è troppo ampia rispetto alla popolazione e non c’è un vero coordiTICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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PRIMO PIANO / VIOLA AMHERD
AL LAVORO COME NELLA VITA
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a prima donna a capo del Dipartimento militare. Lei considera questa sua nomina un successo per le donne in Svizzera oppure un avvenimento tutto sommato senza grandi conseguenze? «Sempre più donne ricoprono cariche di alta responsabilità ed è un’ottima cosa! Del resto da quando sono Consigliera federale ho incontrato numerosi miei omologhi esteri tra cui molte donne. Non è quindi più un’eccezione ed era ora che anche in Svizzera una donna occupasse questa posizione». Prima riunione con i vertici dell’esercito: lei apre la porta e vede i suoi interlocutori. Come è stata accolta? Che impressione ha avuto? «Posso dire che è stata un’esperienza nuova sia per loro che per me. In Consiglio nazionale non mi ero occupata di politica in materia di sicurezza e quindi non mi conoscevano. Sono comunque stata accolta molto bene. Ho incontrato persone appassionate, impegnate, che hanno delle idee e che amano il proprio lavoro. Ho inoltre scoperto un universo interessante che tocca ambiti molto vari, dallo sport, alla cybersicurezza, alle attività informative passando dai geodati». Come si è sentita lei, prima donna, a entrare in un luogo fino a quel momento esclusivamente maschile? «Ero curiosa di sapere cosa mi attendeva e ho constatato che nel DDPS vengono trattati temi molto vari e interessanti. Sono stata accolta con cordialità e benevolenza. È vero che nel DDPS lavorano più uomini che donne. Questo è sicuramente dovuto anche al fatto che spesso ci troviamo a occupare posizioni per professioni tecniche e che l’esercito
è un ambiente a forte impronta maschile. Sono quindi lieta di avere ora una donna nel ruolo di direttrice dell’Ufficio federale della protezione della popolazione, come pure di aver nominato la prima donna divisionario e la presidente del consiglio di amministrazione di BGRB Holding SA. Le giovani donne hanno bisogno di questi esempi».
A TRE ANNI DALL’ELEZIONE IN CONSIGLIO FEDERALE, AVVENUTA IL 5 DICEMBRE 2018, LA MINISTRA DELLA DIFESA TIRA LE SOMME DI QUANTO FATTO E SVELA ALCUNI ASPETTI DELLA SUA PERSONALITÀ. DI ROCCO BIANCHI
In questi tre anni, ammesso che fosse necessario, è cambiato qualcosa nella percezione che i suoi collaboratori, in particolare gli ufficiali, hanno di lei? «Penso di essere riuscita a conquistarmi la loro fiducia. Hanno capito il mio approccio. Infatti, per me, gli aspetti più importanti sono conoscere bene i dossier e comunicare in modo chiaro e trasparente. Voglio che si possa contare su di me. Quando non sono del mio stesso parere ne discutiamo e se prendo una decisione, la seguo». Molte donne in posizione di potere affermano che a loro è sempre richiesto un esame in più rispetto ai colleghi uomini per dimostrare il loro valore e la bontà delle loro idee. È successo anche a lei? «Siccome, ancora oggi, troppe poche donne occupano posti dirigenziali, il loro operato viene osservato con più attenzione. Ad esempio quando ero una giovane consigliera comunale, in un primo momento le mie proposte non venivano considerate. Se un uomo diceva la stessa
“Penso che le donne, in ragione del loro percorso, portino un’altra prospettiva e un’altra esperienza di vita. È un dato di fatto che i team misti sono più creativi e ottengono risultati migliori”. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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cosa, invece, gli si prestava attenzione. Le donne devono conoscere bene i loro dossier, essere tenaci e pazienti e non devono perdere il senso dell’umorismo!». Esiste a suo avviso uno stile tipicamente femminile nel dirigere? «Penso che le donne, in ragione del loro percorso, portino un’altra prospettiva e un’altra esperienza di vita. È un dato di fatto che i team misti sono più creativi e ottengono risultati migliori. Ho visto concretamente gli effetti benefici di team misti sul terreno, in particolare in Kosovo, dove i soldati donna riescono ad avere un accesso privilegiato con la popolazione locale, in particolare con le donne». Esiste uno «stile Amherd»? Nel caso, quale e come è? «Esiste veramente uno «stile Amherd»? Ciò che è sicuro è che mi comporto sul lavoro come nella vita di tutti i giorni. Mi piace far avanzare le cose, creare, trovare soluzioni, prendere decisioni rimanendo accessibile e disponibile agli altri». Di cosa è fiera in questi tre anni al DDPS? Dove, in quali ambiti e settori è riuscita a dare la sua impronta? «La riuscita della votazione sull’acquisto dei nuovi aerei da combattimento per me rappresenta una tappa importante che permette di proteggere, anche dopo il 2030, la nostra popolazione dagli attacchi aerei. Altresì importanti sono i temi cyber e digitalizzazione, che sto portando avanti nel DDPS. Un altro tema da ricordare è quello della promozione delle donne in seno al Dipartimento. A partire dal 1 gennaio 2022 il Servizio specializzato Donne nell’esercito e diversity ha iniziato la propria attività. Inoltre mi fa piacere che ogni anno sempre più donne frequentino la scuola reclute. Con la nuova Carta per lo sviluppo sostenibile e il Piano d’azione energia e clima vogliamo dare un segnale chiaro in questo ambito. Inoltre penso di essere riuscita a dare degli impulsi anche nel campo dell’etica e dello sport».
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Ha insistito molto su donne e ambiente: davvero può esistere un esercito «femminile» e «verde»? «Sono convinta che le donne traggano benefici dal servizio militare e che, viceversa, più donne nell’esercito rappresentino un grande valore aggiunto. Noi tutti, anche l’esercito, abbiamo la responsabilità di comportarci in modo rispettoso dell’ambiente. I compiti principali dell’esercito, tra cui la protezione della popolazione, l’appoggio alle autorità in caso di catastrofi o di una pandemia nonché gli impieghi di promovimento della pace all’estero non vengono trascurati». Dove invece non è ancora riuscita a far avanzare le cose nella direzione da lei auspicata? «Ci sono ancora alcune sfide per le quali abbiamo bisogno di soluzioni. Alcune richiedono più tempo. Il mio compito quale Consigliera federale è di affrontare i problemi, proporre idee, dare impulsi e decidere. Per me è importante coinvolgere i collaboratori affinché capiscano e sostengano le decisioni». Lei sovraintende alla sicurezza della Confederazione. Cosa significa per lei sicurezza? «Per me sicurezza significa che la nostra popolazione si senta al sicuro, significa avere i mezzi necessari per proteggere la popolazione e il nostro Paese e fornire appoggio in caso di crisi».
Una vita in politica, prima nel Comune di Briga, poi in Consiglio nazionale e infine in Consiglio federale. Per lei meglio un esecutivo o meglio un legislativo? «Mi piace il lavoro a livello esecutivo perché mi piace decidere, proporre idee e attuarle. Ciò che mi gratifica nell’esecutivo è la gestione dei collaboratori. Anche nel legislativo potevo proporre idee che sono state accolte, o collaborare a testi di legge. Mancano tuttavia gli aspetti di poter decidere direttamente, assumersi responsabilità e gestire i collaboratori». Da piccola cosa sognava di diventare? «Archeologa. Probabilmente mi affascinava la ricerca tra le rovine di siti inesplorati che ci hanno lasciato le civiltà antiche». Le danno una bacchetta magica e… «…la pandemia di Covid sparisce! Cosa augurare di meglio a tutti quanti in questo momento?». Lei compie gli anni in giugno. Quest’anno è una data importante, di quelle che costringono a fare un piccolo bilancio della propria vita. Immagini di potere incontrare lei da bambina: cosa le direbbe? «Vedi, tutto va bene». E cosa pensa che lei bambina potrebbe dire alla Viola Amherd adulta? «Divertiti!».
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PRIMO PIANO / LUCAS CADUFF
IL COMANDANTE LUCAS CADUFF ILLUSTRA COME TRA I SUOI COMPITI VI SIA IL SOSTEGNO ALLE AUTORITÀ CIVILI IN CASO DI EMERGENZE E DELINEA IL RUOLO DELLE FORZE ARMATE NELL’ORDINAMENTO SVIZZERO E NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA.
UN ESERCITO VICINO AI CITTADINI
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uali sono i principali compiti della Divisione territoriale 3, di cui lei è Comandante? La divisione territoriale 3 ha nove compiti da svolgere all’interno del proprio settore d’impiego che possono essere riassunti brevemente in: • stabilire la prontezza di base e d’impiego e garantire la mobilitazione delle formazioni subordinate; • pianificare e condurre impieghi d’appoggio; • realizzare i compiti territoriali e la collaborazione civile-militare; • condurre la mobilitazione; • essere pronto a pianificare e condurre impieghi; • mantenere il contatto con i comandi militari stranieri limitrofi; • appoggiare il coordinamento dell’istruzione civile e militare; • pianificare e condurre l’istruzione dei subordinati; • gestire l’infrastruttura d’istruzione. Per il 2022 abbiamo in previsione diverse sfide interessanti che ci permetteranno di confermare e migliorare le già ottime prestazioni della divisione
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territoriale 3 e dei suoi subordinati: lo Stato Maggiore (SM) della divisione, quattro battaglioni di fanteria, un battaglione di salvataggio, un battaglione del genio, un battaglione di SM, lo SM degli ingegneri e cinque SM di collegamento territoriale cantonale. Durante il mese di maggio saremo confrontati con l’impiego al WEF, un compito ben conosciuto ma che si svolgerà per la prima volta in un periodo estivo. A giungo si svolgerà in Ticino l’esercizio “ODESCALCHI 22”. Avremo l’opportunità di allenare lo SM di divisione e quattro battaglioni nello svolgimento di compiti di combattimento, protezione e aiuto. Inoltre, nel contesto dell’aiuto in caso di catastrofe, saremo impegnati anche in territorio italiano e le nostre truppe avranno la possibilità di conoscere e scambiare esperienze con i partner sia dell’esercito che delle forze civili italiane».
La Divisione territoriale svolge anche un ruolo di appoggio alle autorità civili in situazioni straordinarie. Ci può fare l’esempio di casi in cui siete intervenuti? «Da quando sono il comandante della divisione territoriale 3, tra i molti impieghi d’appoggio a favore delle autorità civili desidero citarne tre che possono essere considerati straordinari, ossia che non potevano o non possono essere pianificati in anticipo: l’impiego a Bondo, l’impiego COVID e gli impieghi di spegnimento fuoco. Il 23 agosto 2017, a seguito di un’impressionante frana staccatasi dal Pizzo Cengalo, il villaggio di Bondo fu investito da una enorme valanga di fango che ne determino la completa evacuazione. La divisione territoriale 3 inviò immediatamente sul posto degli ufficiali, che in collaborazione con le autorità civili, coordinarono le atti-
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vità necessarie alla messa in sicurezza del villaggio, alla sorveglianza permanente della frana e all’immediato ripristino delle comunicazioni. L’operazione COVID è iniziata nel 2020 ed è tuttora in corso. La divisione territoriale 3 è stata prevalentemente sollecitata durante la prima e la seconda ondata nel 2020, mentre per il periodo 2021-22, i nostri cinque Cantoni non hanno avuto la necessità di richiedere l’appoggio dell’esercito. Durante la seconda ondata del 2020 sono stati impiegati giornalmente all’incirca 30 militari durante un periodo di 101 giorni. Nel Canton Ticino i militari hanno appoggiato gli operatori sanitari presso l’ospedale
Moncucco di Lugano e l’ospedale La Carità di Locarno. Il loro lavoro comprendeva il disbrigo di semplici attività sanitarie fino ad aiutare gli infermieri specialisti nei reparti di cure intense. Quasi ogni anno in Ticino, soprattutto a seguito di un prolungato periodo di siccità, divampano improvvisi incendi di difficile gestione che interessano grandi superfici boschive. In questi casi, la divisione territoriale coordina la messa a disposizione degli elicotteri SUPER PUMA dell’esercito a favore delle autorità civili cantonali. Un esempio di stretta attualità è l’incendio divampato sui monti del Gambarogno».
Da più parti si discute sul ruolo che le forze armate sono chiamate ad assolvere nella società contemporanea. Qual è la sua opinione riguardo all’avvenire delle forze terrestri? «Sicuramente le forze armate in Svizzera esisteranno anche in futuro. Ciò è dovuto da un lato dalla nostra costituzione, che prevede all’articolo 58 l’esistenza di un esercito e dall’altro lato dalla situazione di sicurezza nazionale e internazionale. Quando i mezzi e le risorse civili non bastano più per far fronte alle minacce e ai pericoli interni, l’esercito rappresenta l’unica riserva strategica a disposizione delle Confederazione e dei Cantoni. Alcuni esempi sono il WEF (impiego delle forze aeree per controllare lo spazio aereo ed effettuare trasporti di persone), la conferenza tenutasi a Ginevra tra il presidente americano Biden e quello russo Putin (impiego di soldati in appoggio alle autorità civili ginevrine per garantire la sicurezza sul lago Lemano e nella città), il rinforzo delle guardie di confine durante la prima ondata di COVID (impiego di soldati in appoggio alle guardie di confine per garantire i controlli lungo la frontiera). Inoltre, non si deve dimenticare che l’esercito è uno dei pochi strumenti nelle mani della Confederazione per prevenire lo scoppio di una guerra e contribuire a preservare la pace, ed è l’unico strumento, in ultima ratio, per difendere il Paese e la popolazione in caso di un conflitto armato». In un’epoca in cui anche le forze armate sono sempre più massicciamente soggette allo sviluppo della tecnologia, la professionalità risulta essere l’unica strada da percorrere per il futuro? «Fortunatamente in un esercito di milizia come in nostro il fattore umano è ancora prevalente su quello tecnologico. È di fondamentale importanza che in ultima analisi le decisioni vengano prese da un essere umano e non da una TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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macchina o da un’intelligenza artificiale. Detto ciò è innegabile che lo sviluppo tecnologico si sta facendo sempre più strada anche nelle diverse formazioni del nostro esercito. Ad esempio le nostre forze aeree, per i piloti di aerei da combattimento e elicotteri, hanno già da tempo abbandonato il sistema di milizia. In questo specifico caso la tecnologia ha prevalso sul sistema di milizia. Vi sono poi formazioni, come ad esempio quelle del salvataggio, del genio, delle trasmissioni, della logistica, dei sanitari e come l’ultima arrivata quella cyber, dove lo sviluppo tecnologico civile va di pari passo con quello militare e dove il sistema di milizia ci permette di reclutare specialisti civili per ricoprire funzioni specialistiche militare. In questo caso abbiamo una soluzione win-win tra civile e militare che ci permette di mantenere, per il grosso dell’esercito, il sistema di milizia. Per il grosso delle formazioni terrestri, ossia la fanteria e le truppe meccanizzate, l’unica soluzione ragionevole è e rimane la milizia. Il nostro sistema d’istruzione di base e specialistico prevede una formazione e aggiornamento continuo dei militari, che ci permette di gestire al meglio l’evoluzione tecnologica di veicoli e sistemi d’arma. Inoltre, abbiamo più volte dimostrato che i nostri militari sono in grado, dopo aver eseguito un’istruzione orientata all’impiego di svolgere molteplici missioni di sicurezza come il WEF o un impiego al confine. Per concludere, il nostro sistema di milizia ci permette di restare al passo in modo efficiente con i continui sviluppi tecnologici, in un processo win-win sia per i civili che per i militari. In questo modo non è necessario, tranne che per poche eccezioni, dover professionalizzare il nostro esercito». In che misura il modello svizzero di coinvolgimento della popolazione civile nelle forze armate risulta essere ancora attuale o necessità di una nuova formulazione e di un aggiornamento?
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«L’apporto di personale militare è la conditio sine qua non per l’esistenza stessa dell’esercito. L’esercito ha un effettivo regolamentare di 100.000 persone soggette all’obbligo di prestare servizio militare. Questo effettivo è necessario per consentire all’esercito di svolgere i propri compiti secondo il profilo prestazionale. Poiché l’esperienza dimostra che non tutti i militari possono dar seguito a un’eventuale chiamata in servizio, l’effettivo reale deve essere circa 1,4 superiore all’effettivo regolamentare. Attualmente gli effettivi reali a disposizione nei corsi di ripetizione (CR) sono troppo bassi, poiché molti militari hanno già assolto il loro totale obbligatorio di giorni di servizio d’istruzione (245 giorni di servizio per i soldati) oppure hanno lasciato anticipatamente l’esercito oppure chiedono il differimento del servizio per motivi di lavoro o studio. Ciò rende più difficile l’allenamento nei corsi di ripetizione e il grado di prontezza delle formazioni diminuisce. Nel contempo però l’effettivo reale aumenterà nei prossimi anni. Questo perché i militari, dopo aver assolto il totale obbligatorio di giorni di servizio d’istruzione, rimangono incorporati nelle formazioni, finché non hanno adempiuto il loro obbligo di prestare servizio militare. Possono ancora essere chiamati in servizio per impieghi, ma non per i corsi di ripetizione. L’Ulteriore sviluppo dell’esercito (USEs) è ancora in fase di attuazione, per cui non è opportuno avviare adeguamenti strutturali. Inoltre, durante
la fase d’attuazione mancano dati empirici consolidati per giustificare tali adeguamenti. Per esempio, circa un quinto delle persone soggette all’obbligo di leva si è avvalso della nuova possibilità di posticipare la scuola reclute. Non si sa ancora quando e quanti di loro entreranno effettivamente in servizio. La situazione sarà più chiara nel 2023. Il Consiglio federale rinuncia per ora ad adottare misure che vadano oltre l’ottimizzazione dell’esercito, ma proporrà adeguamenti strutturali con il rapporto conclusivo sull’attuazione dell’USEs nel 2023. Tra le misure di ottimizzazione già in atto ci sono per esempio: • il riconoscimento della formazione militare da parte di diversi istituti di formazione svizzeri (accredito di punti ECTS); • il progetto AFC (acquisizione, fidelizzazione e consulenza). Questa unità organizzativa dello SM del comando istruzione si occupa dell’acquisizione, della fidelizzazione e della consulenza di persone in servizio attivo, di persone potenzialmente interessate nonché di ex militari. Gli obiettivi sono di migliorare l’opinione della popolazione verso l’esercito, di incentivare e approfondire il coordinamento e la collaborazione tra i vari stakeholder e l’esercito nonché di comunicare in modo positivo e ad ampio raggio il valore aggiunto del servizio militare; • aumentare il numero di personale femminile nell’esercito, coinvolgendo maggiormente le giovani svizzere a pestare servizio militare volontario».
“Quasi ogni anno in Ticino, soprattutto a seguito di un prolungato periodo di siccità, divampano improvvisi incendi di difficile gestione che interessano grandi superfici boschive. In questi casi, la divisione territoriale coordina la messa a disposizione degli elicotteri SUPER PUMA dell’esercito a favore delle autorità civili cantonali”.
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PRIMO PIANO / ANIKA NYFELER
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uella del volo è stata per lei una passione nutrita fin da piccola. Come è nato questo suo sogno e quanto ha dovuto combattere per riuscire a realizzarlo? «Posso dire di avere amato gli aerei fin da piccola. Ricordo quando mio padre mi portava regolarmente all’aeroporto di Meiringen e trascorrevo intere ore a vedere gli aerei da combattimento decollare e atterrare. Inoltre mi accompagnava agli air show e mi parlava continuamente di aeroplani. Diventare un pilota è stata quindi una cosa naturale e al tempo stesso una sfida con me stessa. Di conseguenza, ho affrontato ogni fase delle selezioni e ogni periodo d’allenamento con la convinzione che dovevo impegnarmi al massimo per raggiungere finalmente l’obiettivo di potere un giorno volare». Quali sono state le principali tappe della sua carriera all’interno dell’esercito svizzero? «Mi sono proposta alla scuola reclute con l’obiettivo di diventare pilota militare, ma un problema di carattere visivo mi ha impedito di raggiungere questo risultato. Seguendo i corsi di istruzione e superando le diverse selezioni sono tuttavia diventata soldato di aviazione e successivamente ho conseguito il grado di tenente. Sono stata quindi aggregata ad una compagnia di elicotteri dove, operando all’interno di un team molto affiatato e coeso, prestiamo assistenza ai piloti, ci occupia-
mo della manutenzione dei velivoli e offriamo un supporto alla gestione delle operazioni». Nel ruolo che attualmente ricopre come si svolge una giornata di lavoro? «Il bello di essere un capo sezione nell’esercito è che i giorni sono sempre incredibilmente vari. La giornata comincia sempre molto presto, intorno alle 5 e 30 del mattino. Dopo aver raccolto le informazioni di giornata, si susseguono momenti di formazione, incontri, briefing e debriefing con i piloti. Di concreto con il personale militare e civile dell’aerodromo, pianifico le operazioni per i giorni successivi (gestione del personale, logistica, addestramento, ecc). Nel tempo ho imparato ad analizzare me stessa e le mie azioni, a trarre le giuste conclusioni e di conseguenza adeguare i miei comportamenti. Nella gestione, ho potuto ampliare le mie conoscenze di pianificazione e condotta del lavoro di un team che deve essere necessariamente molto affiatato. Queste qualità mi aiutano molto non solo nell’esercito ma anche nella vita civile».
ANIKA NYFELER È UN OPERATORE MILITARE, CON IL GRADO DI TENENTE, IN UNA COMPAGNIA DI ELICOTTERI, ED È IN POSSESSO ANCHE DI LICENZA DI PILOTA PRIVATO. LA SUA CARRIERA ALL’INTERNO DELL’ESERCITO SVIZZERO RAPPRESENTA IL CORONAMENTO DI UN SOGNO COLTIVATO FIN DA BAMBINA.
Quali sono le principali doti e competenze che si richiedono per assicurare la sicurezza dei piloti? «I piloti devono avere un’ampia conoscenza di tutte le problematiche tecniche dell’aviazione, dispongono di un pensiero analitico e sono in grado di soddisfare molteplici requisiti. Inoltre, devono essere disciplinati durante il volo e seguire scrupolosamente proce02 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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Lei è molto giovane ma ha già una vita ricca di risultati raggiunti: quali sono le principali soddisfazioni che la riempiono d’orgoglio? «Sono orgogliosa di non aver mai mollato. Non ho raggiunto tutti i miei obiettivi, ma ho sempre guardato avanti e ho affrontato la successiva sfida. Non voglio mai fermarmi. Se riesco a svilupparmi e migliorarmi, sono pienamente soddisfatta. Mi sono guadagnata il grado di tenente grazie al duro lavoro e dimostrando le stesse prestazioni richieste a qualsiasi altra persona militare nell’esercito».
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dure e regolamenti specifici. Accanto a tutto ciò la gestione di una squadra comporta capacità di organizzazione, programmazione e anche una buona dose di empatia per stabilire corretti rapporti umani». Quali consigli si sente di dare ad una giovane ragazza desiderosa di intraprendere la carriera militare? «C’è una funzione adatta per ogni persona con i suoi punti di forza e di debolezza. Per questo è necessario avere la volontà e la costanza di definire quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Una volta inquadrato lo scopo che si vuole raggiungere diventa fondamentale la determinazione nel perseguirlo, impedendo che difficoltà o ostacoli possano distogliere o allontanare dalla meta. Un altro elemento da tenere poi sempre in considerazione è che nell’esercito non si è mai soli: i successi sono comuni, le sfide si affrontano e si superano insieme». 04
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PRIMO PIANO / GABRIELE MEUCCI
CAMBIO AL VERTICE DEL CONSOLATO D’ITALIA A LUGANO MINISTRO PLENIPOTENZIARIO E CONSOLE DI ITALIA A LUGANO: QUESTE LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DI GABRIELE MEUCCI, GIURISTA, ECONOMISTA, MA SOPRATTUTTO PROFONDO CONOSCITORE DEI MECCANISMI DIPLOMATICI INTERNAZIONALI E NUOVO RAPPRESENTANTE ITALIANO A LUGANO. IN QUESTA INTERVISTA RACCONTA LE SUE ESPERIENZE PROFESSIONALI MA COLLEGATE ALLA SVIZZERA ANCHE DA MOTIVI FAMILIARI. DI ANDREA GRANDI
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he importanza riveste la sede di Lugano? «Lugano appartiene alla ristrettissima categoria dei consolati di prima classe, come Shangai, New York, Hong Kong. La Confederazione è l’unico paese che ne ha due: Zurigo e Lugano. Sono sedi che, per motivi storici e culturali, la Farnesina, il Ministero degli Esteri italiano, riserva a funzionari con il grado di ambasciatore: io lo ero a Bratislava, in Slovacchia. La funzione di Ministro plenipotenziario equivale al grado di generale nella gerarchia militare».
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Come è iniziata la sua carriera diplomatica? «Sono nato a Milano ma, oltre che svizzere, ho origini anche toscane, da cui il mio cognome Meucci, che è molto popolare in quella regione. Dopo il dottorato in diritto, mi sono perfezionato prima all’Istituto per gli studi di politica internazionale-ISPI di Milano, e poi in materie economiche alla Università di Bologna. Arrivato a Roma, esordii, insieme a Silvio Mignano, oggi ambasciatore italiano a Berna, alla Direzione del personale presso il Ministero degli esteri. È sta-
ta una esperienza che, oltre a gestire le risorse umane di un ufficio, mi ha subito familiarizzato con la applicazione in ambito diplomatico internazionale dei provvedimenti legali decisi nella capitale italiana». Successivamente, come si è andata sviluppando? «Ho iniziato a Spalato, in Croazia, che a metà degli Anni Novanta dopo una guerra fratricida iniziava ad aprirsi al mondo. Quindi sono stato trasferito ad Ottawa, la capitale federale del Canada, ed in seguito, tra
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il 2001-2003, a Tirana, in Albania, che già allora era un paese in grande sviluppo. Tornato a Roma fui assegnato alla Direzione affari europei, occupandomi di un gruppo di paesi con cui l’Italia ha frequenti relazioni: Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta, ma anche San Marino e Città del Vaticano. La mia funzione era di spiegare ai corrispondenti presso le cancellerie estere la applicazione delle normative emanate dal governo della Repubblica, chiarendone la portata teorica e le conseguenze pratiche. La mia carriera poi è proseguita in ambito giuridico, sempre alla Farnesina, con la nomina all’Ufficio Rapporti con il Parlamento italiano. In particolare, grazie a questo nuovo incarico ho seguito i lavori della Commissione affari esteri dei due rami del Parlamento di Roma, occupandomi anche delle attività conseguenti, come ad esempio la ratifica dei trattati con paesi esteri. Comprendere il funzionamento della macchina politica italiana rimane alla base del mio lavoro. Anche perché, in Italia come altrove, la evoluzione delle decisioni politiche puo’ risultare imprevedibile». Quali altre esperienze ha avuto modo di maturare? «Arrivai in Montenegro nel giugno 2006, pochi giorni dopo la dichiarazione indipendenza del paese. Dal 2009 al 2014 invece fui assegnato a Berlino, nel periodo della crisi del debito pubblico greco e del debito italiano, di cui in particolare mi occupai come responsabile dell’ufficio politico presso la nostra rappresentanza diplomatica nella capitale tedesca. Proprio le esperienze che ho accumulato a Berlino oggi mi convincono che, dopo la pandemia, la prossima sfida che i paesi europei si troveranno a vincere sarà di impiegare nel modo migliore i prestiti che riceveranno dal governo di Bruxelles. Concluso il mio incarico in Ger-
“Lugano appartiene alla ristrettissima categoria dei consolati di prima classe, come Shangai, New York, Hong Kong. La Confederazione è l’unico paese che ne ha due: Zurigo e Lugano”. mania, tornai a Roma per iniziare a seguire il sindacato dei diplomatici. Rispetto ad altri, il nostro ministero non può vantare grandi numeri: abbiamo solo 900 unità, concentrate alla Farnesina, la nostra unica sede». Lei ha svolto anche incarichi per il governo di Bruxelles… «Dal 2014 al 2016 i rappresentanti degli stati membri della UE, ovvero il Consiglio Europeo, mi nominò a capo della missione europea Eulex a Pristina; era l’epoca della indipendenza del Kossovo dalla Serbia. Questo incarico concentrava le funzioni di responsabile delle attività giudiziarie e di polizia, ma anche il coordinamento di un contingente di 1500 militari inviati dalla comunità internazionale. La mia carriera poi è continuata ancora nell’Europa orientale, come ambasciatore a Bratislava, in Slovacchia». Le sue origini sono in parte svizzere… «Il padre di mia madre era zurighese. Dopo la laurea al Politecnico di Zurigo, negli anni Trenta si trasferì a Milano come responsabile degli stabilimenti aeronautici della Brown Boveri. Era un calvinista, orgoglioso alle sue origini confederate, tanto che a mia madre diede il nome di Elvezia e, nel dopoguerra, la mandò ad Olten presso uno zio attivo nella industria tessile. Ancora oggi i parenti ricordano che alcuni tratti del mio carattere sono ispirati dalla personalità di mio nonno, persona organizzata, rigorosa e precisa».
tegica. Nella città del Ceresio mi sento a casa, anche perché i miei familiari continuano ad abitare nella vicina Milano. In queste settimane ho in programma di visitare le autorità locali presenti nel territorio. Dopo il Governo Cantonale, incontrerò i sindaci delle città, per poi visitare il Conservatorio, le varie istituzioni culturali e la Università. Dal punto di vista artistico il Ticino è di una ricchezza strepitosa ed i rapporti culturali fra i due paesi sono intensissimi. Come in passato, il Consolato Generale d’Italia a Lugano conferma la sua disponibilità a sostenere le iniziative ticinesi che necessitano di un coordinamento istituzionale. Penso ad esempio alle aziende elvetiche interessate a partecipare alle rassegne commerciali in Lombardia e in Italia. Tra la Svizzera e l’Italia i rapporti sono già consolidati, ed i nostri uffici sono pronti ad amplificarne la portata. Rimaniamo sempre disponibili a risolvere anche altre problematiche, come accaduto nel 2020, nelle primissime fasi della emergenza sanitaria mondiale, in occasione della richiesta avanzata dalle autorità svizzere al governo italiano per non interrompere l’afflusso negli ospedali ticinesi di personale infermieristico italiano».
Come si trova a Lugano? «Quando ho accettato di trasferirmi già ne conoscevo la importanza straTICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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UNA NUOTATRICE IN AMERICA LA RAGAZZA DI BREGANZONA, PARTITA PER IL TEXAS NEL 2001 HA REALIZZATO IL SUO PROGETTO E OGGI - A QUARANT’ANNI - VIVE NELLA CITTÀ DELL’EX PRESIDENTE BARACK OBAMA, CHICAGO, CON LE ESALTANTI COMPETIZIONI SPORTIVE DA TEMPO LASCIATE ALLE SPALLE: IN CARRIERA HA NUOTATO QUASI 45.000 CHILOMETRI. DI ROMANO PEZZANI
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n’amicizia può nascere per una ragione, per una stagione o per tutta la vita». Flavia Rigamonti, la più grande nuotatrice rossocrociata di tutti i tempi, è stata senza dubbio conquistata dalla filosofia degli americani e non a caso si è stabilita da vent’anni negli States. «Mi apro a quanto mi offre ogni giorno questo Paese completamente diverso dalla Svizzera per mentalità e argomenti, pur restando radicata con orgoglio alle mie origini».
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lavia, ti sei inserita nella realtà statunitense a tutti gli effetti, come rivela anche il tuo accento. La tua America è adesso? «Due anni e mezzo fa mi sono trasferita a Chicago con il mio compagno Chris e il nostro cane Sweet Dee. È la terza città statunitense in cui vivo dopo Dallas e Washington. Mi sono spostata a Chicago per seguire il mio lavoro. Sono trasferimenti importanti, ma a noi non dispiacciono. Anzi, personalmente apprezzo la possibilità di esplorare città e realtà diverse. Inoltre, noi abbiamo un “nucleo familiare” molto mobile che si adatta bene agli spostamenti».
Chicago, la terza metropoli degli Stati Uniti dopo New York e Los Angeles, si distingue anche per i suoi grattacieli. Come ti sei integrata in questa “mega town”? «Non mi posso lamentare. Viviamo in un bellissimo appartamento nei pressi del centro, tanto che dal nostro balcone vediamo i palazzi più maestosi. Ma abbiamo traslocato solo qualche mese prima della pandemia e abbiamo convissuto con questo periodo che ha limitato gli spostamenti di tutti. Dunque non siamo ancora riusciti a vivere pienamente in questa città. Inoltre, le temperature a gennaio e febbraio sono polari e arrivano a toccare i -15 gradi».
Il Ticino e la Svizzera sono sempre nel tuo cuore… «Assolutamente sì. Torno due volte all’anno a trovare i miei parenti e i miei amici in una realtà completamente opposta. Sai, mi mancano i miei genitori, mia sorella, la casa dove sono cresciuta, ma riconosco che la mia vita ormai è qui. Grazie a FaceTime o WhatsApp è facile colloquiare, rimanere in contatto e restare comunque legata alle mie radici. In fondo, io credo nel rapporto vero fra le persone e preferisco concentrarmi su quelle che contano in modo da avere il tempo per coltivare le relazioni che mi stanno a cuore. E questo è possibile anche a distanza».
La ricostruzione della città in seguito al grande fuoco del 1800, che ha favorito appunto la crescita dei grattacieli, ha portato fascino, cultura e benessere nella città più famosa dello Stato dell’Illinois… «Questo spirito di rinascita di Chicago è palpabile, un’atmosfera che si riscontra chiaramente nei tratti architettonici, ma anche nella cultura e nel lifestyle. Poi c’è il blues, che piace anche a me e che si può ascoltare nei club storici». C’è anche l’immenso Lake Michigan, meta dei nuotatori più esperti come te. Sei già entrata a fare almeno due bracciate? TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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«Ho dato tutto quello che potevo alla mia attività sportiva. Ma adesso le mie priorità sono cambiate e vedo il nuoto come una bellissima avventura che si è chiusa da tempo. Vivo un’altra vita fuori dall’acqua. In estate, vado con Chris e Sweet Dee a prendere il sole in riva al Michigan, che presenta spiagge infinite per il relax, il barbecue e il divertimento». La tua carriera resta una parte importante di quanto sei riuscita a realizzare. Quali sono i ricordi più belli? «La medaglia d›argento nei 1500 ai Mondiali di Melbourne del 2007, quando ho battuto il record europeo della tedesca Hannah Stockbauer di quasi 5 secondi. Ha un valore speciale anche il quarto posto negli 800 delle Olimpiadi di Sydney, uno dei migliori risultati della mia vita. Anche l’oro di Eindhoven nel 2008, quando erano stati integrati per la prima volta i 1500 fra le donne a livello di campionato europeo».
La tua avventura americana è proprio partita dal nuoto, quando nel 2001 ti eri iscritta alla “Southern Methodist University” di Dallas… «La scelta è stata prettamente sportiva, essendo un’università privata improntata sull’atletica e sul nuoto con allenatori di fama internazionale come Steve Collins, con il quale ho compiuto un ulteriore salto di qualtà. Alla “Southern Methodist University” mi sono laureata in pubblicità, con un secondo bachelor in finanza e un master di contabile CPA ottenuto nell’agosto del 2008, che mi ha aiutato a trovare subito un impiego in contabilità forense quando ho terminato le competizioni». E poi nel Texas è arrivato anche l’amore, il compagno con il quale dividi ancora oggi la tua vita… «Ho conosciuto Chris fuori dal nuoto, proprio nel 2008, e non ci siamo più lasciati un attimo. In realtà siamo molto diversi e il nostro punto di forza è il sostegno reciproco. Ma ab-
biamo tanto in comune e facciamo molte cose assieme, come andare a esplorare gli angoli di Chicago che non conosciamo ancora, scoprire ristoranti nuovi e allargare la nostra cerchia di amicizie. Stiamo bene insieme, siamo riusciti a trovare un’intesa anche per il cane che desideravo tanto. Sweet Dee è con noi dal 2016, è stata trovata in un canale e nessuno la voleva. A noi è piaciuta al primo sguardo ed è dolcissima. Attualmente sono impegnata con la mia nuova professione, ma il nostro progetto comune esiste». Di cosa ti occupi a Chicago? «Lavoro per una compagnia di servizi e prodotti software/hardware, e io sono il braccio destro del CTO dell’azienda, che include anche strategie e operazioni. Dirigo una squadra composta da 27 collaboratori e sono responsabile dei progetti e consulenza interna, del supporto ai venditori, supporto anche ai capi progetto, e tutto quello che ha a che fare con le opera-
«GRAZIE AI MIEI GENITORI PER QUESTO PERCORSO» San Antonio, Texas. Flavia Rigamonti, all’inizio del 2003, sfiora l’impresa della sua vita e nuota le 1650 yards a un solo secondo e 27” dal record mondiale dal mito Janet Evans, che lo aveva stabilito nel 1990. Papà Giancarlo e mamma Franca sono presenti in tribuna. «Già dalla seconda vasca il pubblico americano l’ha spinta verso quella prestazione incredibile, tutto lo stadio tifava per nostra figlia. Un’emozione che ancora oggi ci commuove». I genitori di Flavia, che l’hanno seguita nel nuoto fin dal debutto all’età di 8 anni, hanno vissuto una carriera intensa a tutti i livelli, a partire dai tuffi in apnea nella piscina di cinque metri
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di profondità quando la piccola nuotatrice si divertiva con il papà. «Ha sempre vissuto con naturalezza il rapporto con l’acqua senza mai avere paura». Già a 10 anni gli specialisti la indicavamo come candidata a partecipare alle Olimpiadi (che ha poi raggiunto in tre edizioni con un quarto posto a Sydney nel 2000), ma il suo curriculum impressiona a partire dal 1996, quando è entrata nel circuito competitivo: 18 medaglie internazionali e 37 primati svizzeri e internazionali. La carriera di Flavia “Fly” Rigamonti è ancora più esaltante se si pensa che è stata capace di collezionare 229 vittorie, 94 medaglie d’argento e 54 di bronzo.
Nata a Sorengo il 1° luglio 1981 sotto il segno del Cancro, la più grande nuotatrice svizzera di tutti i tempi ha cessato l’attività nel 2008, dopo le Olimpiadi di Pechino, lei che non ancora quindicenne vinse i suoi primi titoli rossocrociati nei 400 misti e negli 800 stile libero. «Il suo percorso è sempre stato in progressione – sorridono Giancarlo e Franca – anche se i Giochi Olimpici di Sydney sono stati per noi un evento straordinario». E Flavia, imbattibile per la sua passione e per il suo carattere in vasca, ama ringraziare i miei genitori «per avermi permesso di praticare il nuoto grazie al loro amore e al loro sostegno».
PRIMO PIANO / FLAVIA RIGAMONTI
“Questo spirito di rinascita di Chicago è palpabile, un’atmosfera che si riscontra chiaramente nei tratti architettonici, ma anche nella cultura e nel lifestyle”. zioni sui servizi. Un campo molto vasto che mi appassiona e che riempie decisamente le mie giornate». Che rapporto hai con i soldi? «Con il nuoto non mi sono arricchita, ho apprezzato piuttosto cosa vuol dire essere spinta ogni giorno da una passione straordinaria per una disciplina che mi ha coinvolto dentro e fuori la piscina. Oggi penso di aver raggiunto un livello professionale appagante».
Hai vissuto anche a Washington, la capitale federale? «È stato un bel periodo, Chris e io arrivavamo da Dallas cercando un cam-
che i suoi elettori sono in attesa di una risposta sulla protezione sociale e la difesa del diritto di voto».
biamento dopo aver trascorso oltre dieci anni in Texas, e l’abbiamo trovato in questa città stupenda nonostante sia frenetica. Università, ospedali, ricercatori, professori. Washington non è soltanto il Palazzo del Governo o la Casa Bianca, c’è una ricchezza a tutti i livelli che si muove dietro la macchina federativa, che resta trainante per gli interi States». E il Presidente? Come lo vedi a poco più di un anno dal suo insediamento? «Penso che al momento molti in America siano scettici sull’operato di Joe Biden, ci si aspetta forse di più. La pandemia e l’inflazione lo hanno messo a dura prova, senza dimenticare
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UNA MOGLIE, UNA MAMMA ED IL MONDO DELLO SPETTACOLO Ph: © Piergiorgio Pirrone
AVVERTENZA AI LETTORI: L’ENTUSIASMO DI LAURA È CONTAGIOSO. SONO PASSATI OLTRE VENT’ANNI DA QUANDO LA GIOVANE BARRIALES PARTÌ DA LEON, QUELLA PARTE DI SPAGNA MONTUOSA, MA AFFASCINANTE E CONCRETA. TANTO SIMILE ALLA SVIZZERA, MA ANCHE TANTO SIMILE A LEI. DI ANDREA GRANDI
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sordiente supermodella sempre in giro per il mondo, ma con accanto la madre che chiuse il suo negozio di libri per pagarsi le trasferte e dedicarle tutto il tempo necessario. Pronta a seguirla ovunque andasse. Ma anche pronta ad accoglierla a casa se la carriera della figlia non fosse decollata. Pagina per pagina, Laura Barriales oggi ci invita a sfogliare il libro della sua vita. Molte le pagine scritte con esperienze nel mondo dello spettacolo. Ma altrettante, e forse ancor di più, le pagine bianche che è pronta a scrivere per la sua famiglia ed i suoi figli, nella nuova città che oggi la ospita.
L
aura, sei una persona impegnata nel mondo dello spettacolo, ma anche la madre di due bambini. Come riesci ad organizzare i tuoi impegni? «Dopo il matrimonio, ma soprattutto con l’arrivo dei figli, la mia vita è cambiata. Oltre che alla mia famiglia di origine, prima dedicavo tutte le mie energie alla professione. Sono entrata nel mondo dello spettacolo partendo
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da una piccola cittadina di provincia. Sin dall’inizio ho capito di essere entrata in un mondo che ti portava a fare delle scelte. C’era chi raggiungeva la notorietà annunciando la relazione con qualche personaggio famoso, o partecipando ai reality, i programmi televisivi che si ispirano alla vita della gente comune. Invece io ho preferito perfezionarmi, lavorare sulla mia personalità: tutto sommato ero solo una modella e provenivo dall’ambiente della moda. Quindi, prima di esordire nell’universo mediatico italiano, ho studiato la lingua, sono andata a scuola di dizione, e ho dovuto anche familiarizzarmi con la cultura italiana, che nel mio caso ha significato prepararmi a conoscere i personaggi più famosi dello spettacolo. Ad esempio, quando ho intervistato Rita Pavone io non la conoscevo; mi sono preparata sulla sua carriera, sulla sua vita ed i suoi successi. Un percorso formativo che, essendo io di cultura spagnola, mi sono poi trovata a seguire con tutte le altre celebrità italiane ed internazionali che ho intervistato».
Ci puoi spiegare come una modella riesce a diventare un personaggio dello spettacolo? «Provengo da una famiglia normalissima. Sono nata a Leon, città di montagna, simile ad Airolo, in Ticino. Mio padre era commercialista, mia madre aveva un negozio di libri. Una persona che conosceva i miei genitori e lavorava a Barcellona per una agenzia di modelle, propose ai miei di farmi entrare nel mondo della moda. Io ero entusiasta; ma dovetti attendere. Raggiunta la maggiore età, con mia madre mi presentai alla agenzia dove lavorava questo conoscente. Diventai subito una modella giramondo. Ma sempre accompagnata da mia madre che, pur di starmi accanto, ha fatto grandi sacrifici economici e mi ha dedicato tanto tempo. Ho sempre desiderato non deludere i miei genitori. Mi hanno concesso di seguire le mie aspirazioni professionali. Ma sono sempre rimasti pronti ad accogliermi, se avessi voluto tornare a casa. Cosa che, tutto sommato, silenziosamente hanno sperato. Ricordo che un giorno ero nel
backstage di una sfilata di Valentino. Arriva la troupe della RAI. Cercano una persona disponibile ad intervistare le colleghe. Mi sono fatta avanti. Quando a Roma hanno visionato il video mi proposero di trasferirmi nella capitale italiana, e un contratto come inviata per la trasmissione Oltremoda di RAI1. Tutto è iniziato così…». Cosa hai imparato dalla tua esperienza nei media? «Andiamo con ordine. In televisione l’immagine viene prima della parola, e quindi chi conduce ha tempo per organizzare un dialogo con gli ospiti. Ho seguito questa regola in tutte le trasmissioni cui ho partecipato, come ad esempio Mezzogiorno in famiglia per RAI2, Controcampo per Italia1, Notti mondiali su RAI1, per non parlare di Festival Show, che si è svolto alla Arena di Verona, dove ho presentato in diretta i big dello showbusiness, come Andrea Bocelli: per me è sempre una grandissima emozione ed una responsabilità gestire una platea di decine di migliaia di spettatori: a Verona erano in tredicimila! È una esperienza totalmente diversa da quella si prova a parlare davanti ad una telecamera, che in fondo è un oggetto. La stessa regola mi è servita anche quando ho recitato davanti alla macchina da presa, oppure per il cinema, quando ho partecipato a film come “Maschi contro femmine”, che ha vinto numerosi premi, ed a varie serie televisive, tra cui ricordo Capri, di RAI1, dove ho incontrato Lucia Bosé, che mi ha dato consigli preziosissimi per migliorarmi come attrice; e poi anche a tre stagioni della serie Squadra Mobile di Mediaset, dove interpretavo una malvivente sudamericana. La capacità di gestire la scena ed il rapporto con il pubblico mi sono inoltre servite anche a teatro, recitando con il duo comico Ale e Franz per il programma “Buona la prima”, che si ispirava al popolarissimo format della tedesca Sat.1 Schillerstrasse, senza un copione, improvvisando tutti i dialoghi. Come regola generale, nei programmi TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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di intrattenimento tutto si gioca sulla velocità ed i tempi delle battute: sono brevissimi, è vietato sbagliare. In radio, invece, la gente non ti vede: è la voce a catturare il pubblico. L’ho imparato nel mio biennio di conduzione con Max Giusti del programma SuperMax di RAI2, trasmissione che poi ha addirittura vinto l’Oscar italiano per le produzioni radiofoniche. Dopo queste esperienze, in anni più recenti mi sono concentrata sulle trasmissioni sportive che mi hanno fatta diventare popolarissima. Ma, devo riconoscerlo, anche in questo caso ho dovuto imparare regole e personaggi di un universo sportivo, quello calcistico, che assolutamente non conoscevo. Delle mie esperienze in ambito calcistico ricordo poi la conduzione, con Antonella Clerici, della Partita della Pace, in onore del Papa, allo Stadio Olimpico di Roma, e dove ho anche personalmente incontrato la superstar argentina Diego Armando Maradona». Cosa ne pensi dei social, che negli ultimi anni hanno invaso anche il mondo dello spettacolo? «Ho sempre evitato di aumentare la mia popolarità usando le reti sociali. Cerco di difendere la mia vita privata dall’invadenza dei social networks. Naturalmente, quando ero conduttrice televisiva i social erano utili a moltiplicare i contenuti delle mie trasmissioni. Ma oggi, avendo una famiglia, non ho più informazioni da pubblicare sul web. Cosa dovrei dire? Che passeggio sul lungolago di Lugano? Che porto i miei bambini al Parco Ciani? Oggi sono felice della famiglia che ho creato. Restando in argomento social, credo che siano necessari a tutti i giovani artisti che oggi vogliono esordire nel mondo dello spettacolo. Tuttavia non si deve dimenticare che i social distraggono il pubblico dalla vita reale, lo immergono nella bellezza artificiale di immagini sempre curate, più che perfette, magari ritoccate, che possono dare la illusione di una perfezione irrealistica e spesso portano anche a sentirsi
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insoddisfatti del proprio aspetto. Anche questo è un problema di cui si deve tenere conto, quando si parla di social. Oggi viviamo in una realtà diversa, aumentata, che non esisteva quando è iniziata la mia carriera artistica». Oggi sei moglie, ed anche madre della piccola Melania, di 3 anni, e di Romeo, che ha pochi mesi. Vivi a Lugano. Conoscevi già il Ticino? «Quando vivevo a Milano, insieme ad un gruppo di amici eravamo sempre pronti a giocare partite di tennis a scopo benefico. Da semplici dilettanti. Per divertire, divertirci e terminare la giornata magari andando a cena, tutti insieme, in un bel grotto. In Ticino ci siamo esibiti a Chiasso e Lugano. Ho visitato anche i Grigioni, la zona di Saint Moritz. Sono state proprio queste mie prime esperienze in Svizzera a farmi conoscere il resto del Paese». Come ti trovi a Lugano, quali sono le tue prime impressioni? «Come sempre, in ogni nuova esperienza di vita ci sono i pro e i contro. Iniziamo da quest’ultimo aspetto. Inizialmente ho trovato difficile crearmi una nuova cerchia di amici, al di fuori delle conoscenze di mio marito. Prima dell’arrivo dei miei figli ho fatto di tutto per ottenere ruoli in sintonia con le mie esperienze, di crearmi un nuovo spazio professionale, un mio gruppo di lavoro in una realtà mediatica, come quella ticinese, che é molto più piccola dei networks italiani. Ma quando decisi di vivere a Lugano mi sono fatta guidare dall’istinto; ero comunque pronta ad un cambiamento. Veniamo ai pro della mia nuova vita in Ticino: non cambierei Lugano per nessun’altra città al mondo. Ho tantissimi amici. Pur essendo l’area latina della Svizzera, anche in questo Cantone si seguono le regole d’oltre Gottardo. Sono entusiasta del particolare mix tutto ticinese di cultura, impostazione sociale confederata, e tradizione latina. I miei figli hanno preso la l’in-
dole svizzera di mio marito, Fabio Cattaneo; sono orgogliosi di sentirsi innanzitutto luganesi e, per parte di madre, anche di Leon». Che cosa c’è nel tuo futuro, soprattutto dopo le difficoltà della pandemia? «Ho rinunciato al mio lavoro perché credo che i genitori debbano contribuire alla educazione dei figli, e non lasciare tutte le responsabilità educative alla scuola. Questo è il compito che io ora, nella mia famiglia, mi sono assegnata per la mia Melania ed il mio Romeo, e per questo ho preferito rinunciare a sviluppare nuove opportunità. In ambito professionale, il lockdown ha fermato lo sviluppo di un mio format televisivo. Mi hanno anche proposto un film. Era da girare in Sudamerica: ho rifiutato. In questo momento della mia vita, ripeto, la priorità resta l’educazione dei miei figli ed occuparmi della mia famiglia. Infine, per quanto riguarda la pandemia, se riconosco che ci ha portato a subire gravi complicazioni sanitarie, allo stesso tempo noto che ha portato ad un ridimensionamento dei nostri stili di vita. Ci ha imposto di moderare le nostre aspirazioni. Apprezzare la semplicità delle piccole cose, quelle stesse che hanno fatto felici anche i nostri nonni. Riscoprire il nostro territorio. Ed oggi, essere pronti, tutti insieme, a costruire un mondo migliore».
“Ho sempre evitato di aumentare la mia popolarità usando le reti sociali. Cerco di difendere la mia vita privata dall’invadenza dei social networks”.
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FUGA DI CERVELLI: CHI OFFRE IL MEGLIO CONQUISTA LE MIGLIORI RISORSE
LO SCAMBIO DI RISORSE UMANE TRA I DIVERSI PAESI PUÒ ESSERE UNA GRANDE OPPORTUNITÀ, A CONDIZIONE TUTTAVIA CHE LA “FUGA” SIA COMPENSATA DA UN ALTRETTANTO CONSISTENTE NUMERO DI ARRIVI.
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n giovane che sceglie di fare un’esperienza di studio, lavoro o di stage in un altro Cantone o Paese, non è un problema, perché rappresenta un’opportunità ed è la cosa migliore. Se c’è un mondo che non dovrebbe conoscere confini nazionali, raziali o di genere è proprio il mondo della formazione, della ricerca e dell’innovazione. Perciò, attenzione alla retorica sui “cervelli in fuga” e giovani. Più che parlar di fuga dovrebbe essere uno scambio: così come ai nostri giovani si offre la possibilità di andare altrove, noi dovremmo essere in grado di accoglierne altri o dare la possibilità ai nostri di rientrare e di trattenerli sul territorio. Ovviamente, quando si tratta di una fuga obbligata allora è un fallimento! Se fossimo a questo punto saremmo davvero messi male. Consola il fatto che l’interrogativo delle ragioni di
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questa emigrazione, in realtà, se lo pongono da tempo quasi tutte le nazioni europee, americane e asiatiche, ancor di più i paesi del terzo e quarto mondo. Laddove vi sono i migliori atenei, le migliori aziende, le migliori condizioni di lavoro e migliore qualità di vita per sé e per la famiglia, vi è una maggiore migrazione di talenti. Un tempo la meta per eccellenza erano gli Stati Uniti, mentre oggi è in atto una vera e propria competizione ovunque nel mondo, sulla caccia di capitale umano, di cervelli, perché si è compreso che possono essere il vero motore di crescita sociale e culturale di un Paese. Insomma, chi offre il meglio, si accaparra le migliori risorse. Su cosa puntare quindi? Eccellenza nella formazione: la qualità degli atenei è fatta in primis dal “nome” dei professori, dai progetti di ricerca e dal grado di innovazione, dalla forza finanziaria, fattori che fanno la differenza per diventare un vero un polo attrattivo. Non dimentichiamo, inoltre, che la positiva sinergia tra politica, istituti di ricerca e formazione, mondo del lavoro e territorio rimane sempre la vera costante di sviluppo sociale e culturale, aumentando la reputazione e il ranking dei nostri atenei nelle classifiche internazionali. Accoglienza e apertura: leggi sull’immigrazione non restrittive e pratiche meno burocratiche. Riuscire a creare un ambiente culturale inclusivo (per le persone e le loro famiglie), dimostrando di essere una società più aperta e lungimirante. Studenti e ricercatori non sono strani soggetti da tenere nel-
le riserve, lontani dalla vita sociale. Flessibilità delle aziende: la flessibilità e l’adattabilità delle aziende ai cambiamenti del mercato, con valori aziendali inclusivi, favoriscono l’arrivo di talenti. Le aziende che investono su un ambiente di lavoro propenso alla formazione interna dei giovani diplomati, con una remunerazione secondo la loro competenza, cercando di investire ed innovare, hanno maggiori chance di crescere. Azione politica: il compito della politica è quello di facilitatore e non di controllore. Certo, il Cantone sta facendo molto, adoperandosi allo sviluppo di centri di eccellenza, parchi scientifici e distretti industriali. Andrebbero però tolti quei paletti burocratici che bloccano le imprese nel loro agire e supportare gli atenei perché possano progettare e partecipare ai programmi transfrontalieri ed internazionali (ricordiamo il programma Horizon Europe da cui la Svizzera rischia di essere esclusa). Però attenzione, non abbiamo bisogno di creare una sterile Silicon Valley con infinite start-up di cui si perdono le tracce. Sarebbe più importante saper premiare un vero progetto imprenditoriale che non sia solo un sogno. Come dice Umberto Galimberti: «Il sogno è una cosa bellissima se nel suo segreto racchiude un progetto che si può realizzare, altrimenti è un gioco di illusione». Solo così un circolo vizioso si trasforma in un circolo virtuoso capace di creare opportunità e massa critica di persone istruite e imprenditoriali che possano giungere da noi.
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PRIMO PIANO / ARMIN LINKE
PHOTO-NARRATIVES TO DESIGN THE FUTURE PHOTOGRAPHER AND FILMMAKER ARMIN LINKE, BORN IN MILAN IN 1966 AND NOW BASED IN BERLIN, IS A VISITING PROFESSOR AT THE ISTITUTO SUPERIORE PER LE INDUSTRIE ARTISTICHE DI URBINO (ISIA), ARTIST-IN-RESIDENCE AT THE KUNSTHISTORISCHES INSTITUT IN FLORENZ (KHI, RESEARCH INSTITUTE OF THE MAX PLANCK SOCIETY DEDICATED TO THE HISTORY OF ART AND ARCHITECTURE), AND LECTURER AT THE USI ACADEMY OF ARCHITECTUREI IN MENDRISIO. LINKE INVESTIGATES THE SO-CALLED GESTALTUNG OF THE NATURAL, TECHNOLOGICAL AND URBAN ENVIRONMENT IN WHICH WE LIVE. BY DIMITRI LORINGETT
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nalysing space, observing landscapes and learning their history, looking at the impact of economic, environmental and technological changes and planning for the future. At the centre of all this is man and their way of relating to the environment in which they live and operate.
«I’m interested in the anthropological and cultural traces of how human beings shape their environment» says Armin Linke, whose oeuvre – photographs and films – provide a means of raising awareness about different architectural and urban design strategies. For Linke, photography, in particular, is «a starting point for posing questions, it is an important way to initiate a dialogue between people and their natural or built environment». In order to initiate this dialogue through photography, it is important to reflect on the narrative that goes with it. «Today we all have digital devices capable of taking photographs, of course, but this makes me think about the role that the photographer and photography should play in fostering this dialogue. I believe that the role of the photographer is no longer just to take a picture, but to compose several images into a narrative, which can then be expressed in a book or an exhibition».
PRIMO PIANO / ARMIN LINKE
Photography as a space for negotiation We met with the German-Italian artist in Mendrisio, during his workshop held at the USI Academy of Architecture in February 2022. The goal of the one-week workshop was to produce the first part of a sort of visual guide to the architecture and urban development of the Mendrisiotto region, which features logistics hubs, major infrastructure, natural landscapes, cultural heritage sites, relevant architectures, and more – all of which can then be brought to the attention of a wider audience through a photographic narration. «The so-called ‘photographic sculpture-book’ is one of the tools we use with students to observe public, cultural or industrial spaces», Linke explains. «The ultimate goal of the course is to increase awareness in our future architects. Indeed, images can help us understand the decision-making mechanisms needed to transform the territory so that we can also have a basis for negotiating how to design the future. Southern Ticino lends itself well to this type of workshop with young architects in training because it is a region rich in history, places and artefacts that make it all but provincial or marginal within a
global context – which is where many of our future architects will be operating – probably because of its being a border region but, even more so, at the crossroads between northern and southern Europe». Art and vision Armin Linke’s oeuvre is a continuous flow of shots and films which, taken over decades in different parts of the world, have now become an important document of the effects of globalisation, the transformation of infrastruc-
tures and landscapes. Visual materials that not only capture the results of past actions, but perhaps also give us pointers for a future course of action. «To design the future you need a vision, and to have a vision you need images. The problem is how to create images that can raise questions rather than provide answers. Perhaps this is also the role of art».
Images taken from the publication produced for the workshop La fotografia come spazio di negoziazione. Linke A., Bruno G., SP 2022 at Università della Svizzera italiana, Accademia di architettura, Mendrisio. All rights reserved © 2022
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GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
NELL’ERA DEL RITORNO DELLA GEOPOLITICA, INTESA COME POLITICA DEI RAPPORTI DI FORZA, DOPO QUASI QUARANT’ANNI DI CRESCITA ININTERROTTA, L’UE SI RITROVA IN UNA SITUAZIONE DI EVIDENTE E DIFFICILE RIDIMENSIONAMENTO. DI MORENO BERNASCONI
L’EUROPA SI RISVEGLIA A UNA DURA REALTÀ
L’
accelerazione del processo d’integrazione che porta alla nascita dell’Unione europea nel 1992 coincide con un’era segnata da quello che Francis Fukuyama chiamò “La Fine della storia”. Un’era ottimistica che - dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, la riunificazione tedesca e la fine della Guerra fredda - considerava raggiunto il traguardo di un progresso irreversibile dell’umanità in un mondo rappacificato. I successi del processo di integrazione europea sono intimamente legati fin dall’inizio a un contesto politico ed economico mondiale particolarmente favorevole: quello della fine della guerra mondiale e dei cosiddetti
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Trent’anni gloriosi che hanno prodotto un benessere senza precedenti, ricchezza e il cosiddetto Welfare. Senza queste premesse favorevoli, senza questo sguardo ottimistico sul presente e sul futuro, difficilmente avrebbe potuto affermarsi il cosiddetto Metodo Monnet di integrazione europea, dal nome di uno dei padri più eminenti dell’Europa unita. Certo del fatto che il contesto e il tempo giocassero a favore della nuova costruzione, Jean Monnet aveva maturato la convinzione che l’obiettivo finale di una compiuta Unione fra tutti i Paesi che compongono geograficamente l’Europa era a portata di mano e raggiungibile un passo dopo l’altro in modo pragmatico facendo leva su interessi comuni, cominciando con l’Unione economica e la progressiva libera adesione di tutti gli Stati europei, compreso il Regno Unito. Monnet era consapevole che rispetto ai secoli precedenti il peso economico e politico dei Paesi europei si era ridotto considerevolmente nel confronto internazionale e che un’Unione fosse lo strumento che ne avrebbe rafforzato il peso. Grazie anche ad un’alleanza transatlantica con gli Stati Uniti. Era altresì convinto che all’Unione bisognasse arrivare gradualmente: «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Sulla base del Metodo Monnet l’U-
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nione europea è stata fatta ed è andata allargandosi progressivamente, per quasi quarant’anni dal momento della sua nascita nel 1992, integrando la grande maggioranza dei paesi geograficamente europei, creando la moneta unica europea e il mercato unico, attuando le quattro libertà (di circolazione delle persone, servizi, merci e capitali) e sopprimendo gli aiuti di Stato per favorire la libera concorrenza. L’impresa non è stata di poco conto. Ma in questi ultimi quarant’anni, mentre l’UE era tutta concentrata al proprio interno per consolidare la propria Unione, le circostanze geopolitiche esterne sono andate mutando in modo drastico, fino a configurare un quadro ed equilibri su scala mondiale radicalmente diversi rispetto a quelli ottimistici della “fine della storia” e di una globalizzazione che si annunciava felice. Oggi, in un travagliatissimo inizio del Ventunesimo secolo, l’Unione Europea (che Monnet sognava come “fermento di cambiamento del mondo”) si scopre invece incompiuta e in larga misura dipendente e al traino di un mondo in cui nuove potenze imperiali sono economicamente (ma anche militarmente) le une contro l’altre armate, un mondo entro il quale essa deve assolutamente riuscire a difendere non solo i propri valori ma i propri interessi, quelli dei cittadini europei. Nell’era del grande ritorno delle logiche contrapposte della geopolitica, l’UE si ritrova a constatare che le sue riserve di combustibile sono al limite; che lo spauracchio della penuria energetica è forte a causa di una dipendenza energetica dall’estero spaventosa e che non ha risorse proprie sufficienti per affrontare le conseguenze della svolta energetica sostenibile e della lotta contro i cambiamenti climatici di cui si è presentata con non poca enfasi come paladina e promotrice. Addirittura, per contenere l’esplosione del rincaro dell’elettricità
oggi si vede costretta a rilanciare il più inquinante dei vettori energetici: il carbone. La sua dipendenza dall’estero è enorme anche in altri settori strategici: a cominciare dalle materie prime necessarie alla svolta tecnologica, condizione sine qua non per rimanere ai vertici della competizione mondiale. Nell’ultimo Rapporto triennale sulle materie prime strategiche, la Commissione europea rileva una carenza impressionante di quelle vitali per i processi di elettrificazione, i microchip, la tecnologia per produrre energie alternative. Il Rapporto è allarmante e annota che la predominanza di Cina e Russia per la produzione e trasformazione di questi minerali rende l’UE ostaggio delle pressioni di queste due temibili potenze imperiali. La prima ha ormai preso il controllo della catena di approvvigionamento su scala mondiale. E la seconda, collocata alle frontiere dell’Unione europea stessa, rappresenta una pericolosa e crescente minaccia destabilizzante su scala europea ed internazionale ed è in grado di ricattare l’UE stessa per le forniture energetiche. Bruxelles sta correndo ai ripari, ma si è svegliata tardi: il ritardo accumulato - anche a causa di una visione autoreferenziale della politica internazionale - appare difficilmente recuperabile. Il mese scorso l’UE ha proclamato la necessità di inaugurare una fase di “autonomia strategica” e ha deciso di investire miliardi nella produzione autoctona di semiconduttori e altri elementi essenziali per l’economia digitale (in barba alla fin qui intoccabile dottrina della soppressione degli aiuti di Stato su scala interna e mondiale). Ma come far fronte, altrimenti, al predominio smaccato di potenze economiche e politiche come la Cina che aggirano le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio e sovvenzionano a suon di miliardi le proprie aziende? Vista l’insufficienza di energie alternative, recentemente
la Commissione europea ha infranto un altro tabù: ha proposto di classificare gas naturale e energia nucleare come energie sostenibili, necessarie per una transizione ecologica che sarebbe irrealizzabile senza il loro contributo. È un brutale risveglio alla realtà dopo anni di politiche magari nobili ma velleitarie rispetto alla reale capacità di un’Unione troppo dipendente dall’estero per poterle attuare. Un risveglio che promette profonde divisioni fra i Paesi membri dell’UE che verso il nucleare hanno adottato nei passati decenni politiche diverse ma perfino all’interno delle stesse coalizioni di Governo di alcuni Stati membri, a cominciare da quella della Germania (in cui siedono Socialisti, Verdi e Liberali). Aver perso il Paese atlantico per definizione in seno all’Unione, ovvero il Regno Unito, ne riduce la forza transatlantica confinandola nel ruolo di potenza continentale alle prese, ai suoi confini, con una Russia con rinnovate mire imperiali, una Turchia neoottomana con altrettante mire imperiali e un Mediterraneo che sono tutti forieri di minacce e/o di fortissima instabilità. L’UE è inoltre terra di conquista logistica ed economica da parte della Cina, che controlla le catene di approvvigionamento internazionali e ha preso possesso del porto ateniese del Pireo, vale a dire uno degli snodi principali dei trasporti marittimi… dell’Europa da e verso l’Asia. Tutto questo senza disporre di una solida difesa comune, di una vera e funzionante politica migratoria comune e senza un’autonomia strategica in settori economici ed energetici chiave. E con delle strutture istituzionali comunitarie incompiute, senza una Costituzione europea e quindi con una legittimazione politica unitaria ancora fragile. Jean Monnet affermava che le crisi possono essere uno straordinario motore di cambiamento. Ma stavolta, per l’UE il contesto esterno è molto più difficile. E il tempo stringe. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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LEADER ALLO SPECCHIO / MARIATERESA VACALLI
CAFFÈ CON MARY «SOLITAMENTE PARLO MENO DI COME VEDO IO LE COSE MA PIUTTOSTO DI COSA IL MIO RUOLO VUOLE RAGGIUNGERE». «CI SI ASPETTA CHE IO GIOCHI QUESTO RUOLO». DI GERARDO SEGAT
L’ “Alla leadership ticinese regalo il coraggio, grazie al quale il Ticino avrebbe un successo enorme”. 38
TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
eccellenza, nelle sue competenze, conoscenze e abilità. L’autenticità, rispetto ai suoi valori, opinioni, identità e anche desideri, emozioni, fragilità. Lo scopo altruistico, il fine ultimo di ciò che fa, che esula da sé stessa e i suoi cari. A quale di queste tre spinte evolutive del leader desidera rispondere maggiormente in futuro rispetto a quanto già fa oggi? «Tutte sono importanti ma punto e punterò molto sull’autenticità. Anche dal punto di vista lavorativo è come un motto di vita per me, nel bene e nel
male perché significa anche non avere molta separazione da chi si ha di fronte. Sono autenticamente autentica». Si parla molto di autenticità del leader e si fa molta fatica ad uscire dalla propria area di comfort. Fin dove la prima si spinge in lei come leader? «Ho vissuto tutta la vita fuori area di comfort anche nella mia ultima scelta: sono un ingegnere con 20 anni di esperienza in telecomunicazioni e media e 3 anni e mezzo fa ho deciso di entrare in banca. Questa è la vita che abbiamo, va sfruttata, rimanere in area di comfort è come perdere un’occasione».
LEADER ALLO SPECCHIO / MARIATERESA VACALLI
In tutti c’è genialità: che ne pensa? «Ognuno è un genio in qualcosa di diverso l’uno dall’altro». In lei c’è genialità: che ne pensa? «Assolutamente (sorriso), qualcosa di buono lo faccio anch’io!». Le porgo questo specchio. C’è lei e la sua immagine riflessa. Se io la guardassi come sta facendo lei, con i suoi occhi, cosa vedrei di diverso che da qui fuori non vedo? «Vedrebbe che mi prendo molto meno sul serio di quanto sembri». Guardandosi allo specchio, cosa non vede o non vuole vedere di sé? «Mia madre mi dice che ogni tanto ho un caratteraccio. Ho la risposta un po’ diretta, veloce, soprattutto nel privato».
«Non mi viene in mente…non sono “o bianco o nero”, forse bisognerebbe pensarci un po’ di più». In un ipotetico mondo guidato al femminile, cosa potrebbe funzionare meglio? «Difficile da dire perché non esiste questo mondo. Ci farebbe del bene sicuramente, ci sarebbero meno conflitti, più compromessi. Saremmo magari un po’ fermi nelle decisioni, ci gireremmo intorno faticando nel prenderle. Se la donna assumesse maggiori compiti ho paura che l’uomo non riuscirebbe a compensare, ci vorrebbe del tempo d’adattamento: molto probabilmente ne risentirebbe la famiglia, il crescere figli, non ci sarebbe più tempo per questo».
Cosa di lei la fa sorridere? «Essere di buona compagnia, la mia leggerezza nella vita privata».
Quali sarebbero i problemi dell’umanità? «Penso sarebbero altri, non saprei quali, è molto ipotetico».
Cosa di lei, invece, la intristisce? (sospiro) «La paura di non avere più tempo, qualcosa che arriva con gli anni».
Per cosa sarebbe disposta ad amputarsi un braccio? «Per salvare la vita di qualcuno».
Da cosa scappa? «Dalle persone cattive dentro».
La sua più grande bugia o il suo peggior fallimento: quale è meglio e perché? «Meglio il fallimento perché ho provato a fare qualcosa e mi ha aiutata a crescere. Sono poco propensa alla bugia, preferisco il confronto».
Cosa, invece, vuole raggiungere? «La serenità (risata), con l’età purtroppo si è più ansiosi». Cosa la tenta? «Difficile…l’idea a volte di vivere in un’altra nazione, in un altro posto completamente diverso, in un altro contesto, con un’altra esperienza di vita». A cosa, invece, rimane aggrappata? «Al territorio, alla famiglia, alle origini».
Immagini di avere tre mesi di vita. Che emozioni desidera provare? «Non mi piace questa domanda! Sapere di non avere buttato via tempo, sapere di aver voluto e ricevuto del bene. Avere il conforto delle persone a cui voglio bene accanto, sincere e grate».
Tornerei a vivere in Ticino se… «…non dovessi più lavorare!».
A chi dà l’ultima carezza? «Andando via non si lascia niente».
Lei è fortemente contraria all’arroganza. Quale opinione diversa dalla sua la infastidisce?
Sale in Paradiso…bussa… la accolgono e la portano con urgenza da Dio: cosa le dice?
(risata) «Hai fatto qualcosa di buono, brava! Era ora che arrivassi». Torni a quel momento in cui ha pianto col singhiozzo e lo visualizzi: quelle lacrime, potessero parlare, cosa le direbbero? «La vita è breve. Collego molto le mie lacrime a questa ingiustizia che la vita deve finire. È un concetto che faccio fatica ad accettare pur credendo in Dio». Ora mi faccio piccolo, così piccolo da entrare in lei e camminare fino al suo cuore. Apro la porta, accendo la luce, cosa vedo? «Tanta gente, una festa!». Le dono una bacchetta magica prepagata per uno specifico desiderio: quale nuova qualità regala alla leadership ticinese di tutti gli ambiti, non solo quello politico, che oggi non vede? «Alla leadership ticinese regalo il coraggio, grazie al quale il Ticino avrebbe un successo enorme. Bisognerebbe smettere di piangersi addosso e aspettarsi che qualcuno faccia qualcosa per noi». Mi suggerisce il titolo dell’intervista? «Mmm…Caffè con Mary. Chi mi conosce bene non mi chiama Mariateresa». Che valore ha avuto per lei questa chiacchierata? «È stata una simpatica chiacchierata, aperta e ispiratrice». Di che colore è? «Darei il colore blu intenso». Riprenda per favore lo specchio. In conclusione, cosa sussurra nell’orecchio della sua immagine riflessa? «Divertiti!». E in quello di chi la sta leggendo in questo istante? «Nella vita non prenderti troppo sul serio». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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LAC / LUGANOMUSICA
PRIMAVERA IN MUSICA 01
TORNANO I CONCERTI DI LUGANOMUSICA, LA RASSEGNA DI MUSICA CLASSICA DEL LAC, CHE OGNI ANNO PORTA A LUGANO I MIGLIORI INTERPRETI AL MONDO. QUANDO LE GIORNATE SI ALLUNGANO E LA LUCE SCALDA LA PASSEGGIATA IN RIVA AL LAGO, L’IMPONENTE PADIGLIONE DEL LAC DIVENTA UNA SOSTA OBBLIGATA. PER PRENDERE UN CAFFÈ ALL’APERTO, ENTRARE NELLO SPAZIOSO FOYER E FARSI ISPIRARE DALLE TANTE PROPOSTE, ASCOLTARE IL GRANDE REPERTORIO SINFONICO O LA VOCE UNICA DI UNO DEI SOLISTI OSPITI.
01 Maurice Steger Ph: © Molina Visuals 02 Simone Rubino Ph: © Marco Borggreve 03 Gautier Capucon Ph: © James Bort Warner
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oce unica come quella di Simone Rubino (mercoledì 16 marzo, ore 20:30), prodigio delle percussioni. Con la sua energia e un entusiasmo incontenibile, ha messo il suo talento a disposizione di compositori contem-
poranei come Avner Dorman, Carlo Boccadoro, Roberto Bocca, Adriano Gaglianello e Aziza Sadikova, che per lui hanno scritto nuovi brani presentati in prima esecuzione assoluta. Dal jazz al barocco, dalla classica all’improvvisazione, Rubino padroneggia tutti i linguaggi della musica e interpreta un programma di brani per ogni sorta di strumenti a percussione, dalla marimba fino al suo stesso corpo. Quello con Gautier Capuçon è un altro degli appuntamenti da non mancare (martedì 22 marzo, 20:30). Violoncellista di fama mondiale, è stato scelto da LuganoMusica come artista in residenza di LuganoMusica nel 2020. Capuçon ha un modo di suonare unico, che esprime dolcezza e virtuosismo nelle sonorità – ora corpose ora leggere – del suo violoncello Matteo Goffriller del 1701. Il suo récital solistico si apre con la famosa Suite per Violoncello n. 1 di Bach, che stupisce gli ascoltatori di tutte le epoche per la sua inesauribile ricchezza espressiva, e
LAC / LUGANOMUSICA
due brani di compositori del ‘900: Henri Dutilleux e Zoltán Kodály. Anche il pianista Paul Lewis (mercoledì 27 aprile, ore 20:30) ha segnato il mondo musicale con la sua forte personalità artistica. Dal 2005 studia ed esegue per il pubblico le 32 sonate di Beethoven, in una ricerca sempre più serrata e affascinante su quei brani dove l’arte del compositore di Bonn raggiunge gli esiti più estremi. A Lugano, Lewis esegue due sonate appartenenti a due periodi diversi, la Patetica e l’Appassionata, insieme a brani di Sibelius, Debussy e Chopin. Pasqua a Lugano propone il tradizionale concerto dell’Orchestra Mozart (domenica 17 aprile, ore 17:00), ospite in residenza per diversi anni fino al 2019, e assente per le ultime due edizioni per la sospensione dei concerti. L’Orchestra di Bologna, tra le migliori al mondo, è accompagnata dal suo nuovo direttore principale Daniele Gatti, che ha detto «quest’orchestra crea un rapporto privilegiato, direi unico, con il suo direttore. È un grande stimolo sapere che un gruppo di musicisti di questo livello, provenienti da tutta Europa, ha come denominatore comune il desiderio di dedicarsi con me a questo speciale progetto. Sono felice di farne parte». Il programma, interamente dedicato a Beethoven, è imperdibile, con la Settima Sinfonia, il Triplo concerto per pianoforte, violino e violoncello – solisti i musicisti della Mozart – e l’Ouverture da Le Creature di Prometeo. 03
Largo anche ai giovani talenti, per i quali LuganoMusica ha sempre un occhio di riguardo. La Gustav Mahler Jugendorchester (giovedì 5 maggio, ore 20:30), è una delle creature di Claudio Abbado, voluta per sostenere i giovani musicisti e il loro lavoro. La GMJO fu la prima orchestra giovanile internazionale a tenere audizioni aperte nei paesi dell’ex blocco orientale e, nel 1992, si è aperta a musicisti fino a 26 anni provenienti da tutta Europa. Oggi gode del patrocinio del Consiglio d’Europa ed è considerata la prima orchestra giovanile al mondo. Il direttore d’orchestra Jonathan Nott dirige tre capolavori in un crescendo da apollineo a dionisiaco, che parte dalle suggestioni naturalistiche e pittoriche della Sinfonia n. 6 Pastorale di Beethoven e include La Valse di Ravel e La Mer di Debussy. Tra gli appuntamenti dedicati alle Nuove Generazioni ci sono anche quelli con il violinista Sebastian Bohren (martedì 17 maggio, ore 20:30), il pianista svizzero Alex Cattaneo (mercoledì 1° giugno, ore 20:30) e il chitarrista Thibaut Garcia (martedì 7 giugno, ore 20:30). «Sarà Mirga Gražinyté-Tyla a rimuovere finalmente dal nostro vocabolario il concetto di “direttore donna”» scriveva BBC Music Magazine nel 2016. La direttrice d’orchestra lituana (lunedì 23 maggio, ore 20:30) è stata tra le prime donne a guidare la City of Birmingham Symphony Orchestra, con la quale approda a
Lugano per un concerto a fianco di un’altra grande interprete, la pianista Gabriela Montero. Mirga è amatissima a Birmingham, dove si è immersa nella vita musicale dell’orchestra e della città, costruendo un rapporto di fiducia che ha lasciato spazio all’esplorazione della nuova musica. Per LuganoMusica sceglie però due grandi capolavori del repertorio sinfonico, il ConŠ certo per pianoforte n. 1 di Cajkovskij e la Terza Sinfonia di Brahms. La stagione di LuganoMusica abbraccia tutti i generi musicali. Il Barocco ha uno spazio privilegiato, con alcuni degli interpreti più rilevanti a livello internazionale. Il flautista – e direttore – Maurice Steger (giovedì 12 maggio, ore 20:30) è un’eccellenza nazionale. Nato a Winterthur, si è innamorato della musica antica per la combinazione di rigore, sensibilità e intuito richiesta per interpretare i capolavori dei suoi compositori prediletti: Georg Philipp Telemann, Antonio Vivaldi, Giuseppe Sammartini. Steger arriva al Lugano insieme ad Amandine Beyer, Daniel Rosin e Sebastian Wienand, con i quali condivide il progetto Les Nations, dedicato all’interpretazione della musica strumentale del Barocco. E con la musica Barocca la Stagione si chiude, giovedì 16 giugno, con la grande Messa in si minore, tra i capolavori più leggendari di Johann Sebastian Bach, eseguita dai Barocchisti e dal Coro della Radiotelevisione svizzera, guidati da Diego Fasolis. Nella “Grande” Messa in si minore temi e motivi musicali tratti da opere risalenti a diversi periodi si fondono e trovano nuova coerenza, musica e testo si influenzano a vicenda guadagnando nuova forza espressiva, in un capolavoro che deriva la sua intensità dalla conciliazione degli opposti. Quella di LuganoMusica è una proposta musicale fatta per incuriosire ogni spettatore, per accompagnarlo nei più diversi mondi sonori, nell’emozione unica della musica dal vivo che così tanto in questi due anni ci è mancata. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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LAC / LUGANO DANCE PROJECT
DANZA D’AUTORE AL VIA A MAGGIO 2022 LA PRIMA EDIZIONE DI LUGANO DANCE PROJECT, FESTIVAL DEDICATO ALLA DANZA CON TRE NUOVE COREOGRAFIE, IDEATE DA TRE AFFERMATI TALENTI DELLA SCENA CONTEMPORANEA INTERNAZIONALE, PERFORMANCE SITE-SPECIFIC, TAVOLE ROTONDE, ATELIER D’ARTISTA E INCONTRI, AL LAC E IN ALTRI LUOGHI DELLA CITTÀ.
A space for all our tomorrows Annie Hanauer © 2022 LAC - Foto Studio Pagi
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ugano Dance Project nasce con l’importante obiettivo di produrre ogni anno tre nuovi spettacoli di danza, ideati da tre affermate coreografe della scena contemporanea internazionale, grazie al sostegno di una rete di relazioni con alcune tra le realtà culturali più importanti del panorama mondiale. La prima edizione di questo progetto, che culminerà alla fine di maggio 2022 in un ricco palinsesto di eventi e attività, vuole infatti porre le basi per costruire un ponte culturale tra Svizzera, Europa e Nord America, e mira a diventare un punto di riferimento per tutti gli operatori culturali e per i professionisti del settore svizzeri e stranieri con una particolare attenzione al territorio ticinese. Virginie Brunelle, Annie Hanauer e Lea Moro sono le tre coreografe selezionate per questa prima edizione e presenteranno a Lugano il loro lavoro dal 27 al 29 maggio. Riscoprire e valorizzare l’importanza del rapporto tra arte e corpo, e tra corpo e movimento, è la linea artistica che guida il progetto: un’intuizione che nacque in Ticino, durante l’esperienza storica del Monte Verità, che si è poi consolidata e diffusa nel mondo grazie alla sperimentazione di Rudolf Laban. La serata inaugurale del 25 maggio è dedicata a una delle tappe di Tanzfaktor, il progetto di RESO – Rete
Danza Svizzera, a sostegno del talento e della creatività dei più giovani, di cui il LAC è partner promotore per l’anno 2021-2022. Il Teatro Foce ospita quattro brevi pezzi coreografici, individuati da una giuria di operatori della danza svizzera come rappresentativi delle tendenze artistiche più vibranti e originali emerse nel Paese in questi ultimi anni. Gli artisti selezionati sono: Lisa Laurent & Mattéo Trutat, Alba Castillo/ Company Snorkel Rabbit, Luca Signoretti Dance Company, Lucas del Rio. Dal 26 al 28 maggio, il palinsesto si arricchisce di un programma di performance site-specific e installazioni coreografiche di artisti di fama internazionale e giovani talenti svizzeri, quali Simona Bertozzi (Italia), Lorena Dozio (Svizzera), Muhammed Kaltuk / Company MEK (Svizzera), Caroline Laurin-Beaucage / Lorganisme (Canada), Ana Pi (Brasile/ Francia), Cristina Kristal Rizzo & Megumi Eda (Italia – Giappone), Cindy Van Acker (Svizzera). Nelle stesse giornate, gli artisti ospiti saranno impegnati in atelier d’artista pensati per danzatori e danzatrici professionisti e aperti agli operatori durante la restituzione finale. Lugano Dance Project intende configurarsi anche come occasione preziosa di dialogo tra esperti e studiosi di ambiti diversi attorno ai temi drammaturgici dei lavori presentati nello showcase, facilitando il dialogo con le coreografe, durante caffè d’artista, le mattine del 27, 28 e 29 maggio. Il 26 e 27 maggio la discussione si allarga in due tavole rotonde con ospiti internazionali dai titoli Focus Pubblico e danza e Notes on choreography and women’s work. How we have changed, promosse in collaborazione con RESO – Rete Danza Svizzera. Il programma completo sarà disponibile a partire da marzo su: www.luganodanceproject.ch
LAC / LUGANO DANCE PROJECT
TRE PRODUZIONI PER TRE TALENTUOSE COEROGRAFE Fables Virginie Brunelle Venerdì 27 maggio LAC, ore 20:30
A space for all our tomorrows Annie Hanauer Sabato 28 maggio Teatro Foce, ore 20:30
Another Breath Lea Moro Domenica 29 maggio LAC, ore 15:00
La nuova creazione della Compagnia Virginie Brunelle esplora il vasto territorio scenico derivato dal rapporto tra la nozione di favola e l’arte della coreografia. Canadese, alla guida della compagnia che porta il suo nome dal 2009, Virginie Brunelle è una delle protagoniste della danza del suo Paese. Coreografa alchemica che ama unire simboli, teatro, narrazione, movimento e musica, Brunelle è artista capace di creare un’intima connessione con il pubblico, stimolandolo con pezzi singolari e potenti.
Traendo ispirazione dalla storica comunità di artisti del Monte Verità e mettendosi in relazione con l’attuale emergenza pandemica globale, la danzatrice e coreografa Annie Hanauer riflette sulle idee storiche e contemporanee di utopia, facendolo in qualità di donna e di artista disabile. Danzatrice e coreografa di origine americana, Hanauer vive e lavora tra Londra e la Francia. Artista indipendente, oltre all’insegnamento e a creare produzioni proprie, collabora regolarmente con artisti/e e compagnie di fama internazionale, tra queste dal 2008 è associata della Candoco Dance Company. Nel suo lavoro coreografico è impegnata nella ricerca su temi quali la disabilità, la cura e la maternità.
Il respiro è al centro del nuovo lavoro della coreografa Lea Moro: in Another Breath, il processo vitale del respirare è usato come mezzo corale e coreografico. Sdraiati, seduti e in piedi, diversi corpi si muovono nello spazio; la distanza l’uno dall’altro è misurata solo dalla portata dei loro respiri. Coreografa e performer svizzera, Lea Moro crea performance immaginifiche che esaminano gli strati fisici, sociali ed emotivi delle connessioni tra umani. Dal 2013, i suoi lavori sono stati presentati in numerosi festival e vetrine internazionali; oltre al suo lavoro coreografico, è attiva nel campo curatoriale e nei programmi di residenza.
Virginie Brunelle Ph: © Anne-Marie Baribeau
Annie Hanauer Ph: © Camilla Greenwell
Lea Moro Ph: © Tina Ruisinger
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LAC / ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA
RIPRENDONO A MAGGIO 2022 I CONCERTI DELL’OSI PER LE SCUOLE E LE FAMIGLIE: DOPO UNA PAUSA FORZATA DI DUE ANNI, IL LAC TORNERÀ PER UNA SETTIMANA A RIEMPIRSI DI BIMBI, INSEGNANTI, MAMMA E PAPÀ. CON GRAN FINALE DOMENICA 8 MAGGIO.
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entre proseguono i concerti sinfonici della stagione OSI al LAC, l’Orchestra della Svizzera italiana ripropone con gioia le sue iniziative per gli allievi delle scuole elementari. Concertispettacolo, quarantacinque minuti di puro divertimento, per stimolare la fantasia e coinvolgere bambini e adulti nel mondo dei suoni. Un’ormai consolidata tradizione e un momento sempre molto atteso, creato per coinvolgere attivamente i più piccoli e avvicinare gli spettatori meno
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I BAMBINI TORNANO AL LAC CON L’OSI preparati al mondo dell’orchestra e della musica classica. Una tradizione che ha dovuto purtroppo essere sospesa nella primavera 2020 causa pandemia, mentre nel 2021 si è svolta in modalità videostreaming, ospite la celebre clown Gardi Hutter. Quest’anno le condizioni fanno ben sperare perché si possa finalmente tornare in presenza al LAC, la prima settimana di maggio, con 8.000 bambini e i loro insegnanti a invadere le vie cittadine e la piazza Luini, così come le stazioni ferroviarie e le fermate dei bus, per recarsi al centro
culturale e assistere impazienti agli spettacoli a loro dedicati. Per molti si tratta di una prima assoluta, fuori dalle aule scolastiche, da condividere con i propri compagni e amici: la magia e l’emozione di una vera sala teatrale, il LAC, un’orchestra dal vivo, splendide musiche e le affascinanti movenze di un mimo. Anche quest’anno l’OSI si avvale della direzione di Philippe Béran e della collaborazione di Carla Norghauer nell’importante ruolo di presentatrice, mentre a strappare sorrisi e sguardi incantati ai bambini sarà il mimo-attore Roberto Gerbolès. Lo spettacolo verrà poi replicato domenica 8 maggio, Festa della Mamma, per i tradizionali Concerti per famiglie dell’OSI al LAC. Un lavoro organizzativo immenso per l’Orchestra della Svizzera italiana, una nuova produzione OSI nell’ambito di LAC edu, il programma di mediazione culturale del LAC, che attirerà circa 10.000 persone fra bambini, insegnanti e le loro famiglie da tutto il Ticino e dalle valli dei Grigioni. Una proposta resa possibile grazie al sostegno di UBS, partner principale di LAC edu, che ogni anno coinvolge più di 30.000 partecipanti nel programma di mediazione culturale, e della CORSI - Società Cooperativa per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana - che da diversi anni sostiene le iniziative OSI dedicate ai più piccoli in quanto espressione del servizio pubblico. Informazioni: www.osi.swiss
LAC / ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA
LA STAGIONE OSI AL LAC 24.02.2022 Krzysztof Urbański, direttore Kian Soltani, violoncello Musiche di Šostakovič e Stravinskij 17.03.2022 Krzysztof Urbański, direttore Dejan Lazić, pianoforte Musiche di Connesson, Rachmaninov e Williams (“Star Wars”) 31.03.2022 Markus Poschner, direttore Musiche di Wantenaar, Debussy e Čajkovski 28.04.2022 Markus Poschner, direttore Francesco Piemontesi, pianoforte Musiche di Brahms e Schumann
IL FESTIVAL PRESENZA CON OSI & SOL GABETTA
pubblico potrà dunque scoprire nuovi modi di fruire i concerti, ispirati alla cornice originaria in cui i brani (soprattutto della prima parte del XIX secolo) sono stati composti, concepiti ed eseguiti e tenendo nella massima considerazione anche la componente scenica e teatrale, negli spazi multifunzionali e creativi del LAC. Secondo Sol Gabetta, molto del repertorio storico richiede una maggiore attenzione proprio alla dimensione teatrale delle esecuzioni: bisogna pensare ad ogni dettaglio che possa influenzare sia il modo di suonare, sia il modo di ascoltare la musica, dall’illuminazione, alla disposizione del palco e del pubblico. Anche Markus Poschner sottolinea l’importanza di questo sperimentare: «Volevamo qualcosa che si distaccasse dalla regolare vita concertistica, che pure costituisce la maggior parte della nostra attività. Ci siamo voluti fare questo regalo, non solo io e Sol, ma l’intera Orchestra della Svizzera italiana, perché siamo assetati di nuovi orientamenti: siamo alla ricerca di senso, di altre prospettive». Del festival, realizzato in coproduzione col LAC, sono previste inizialmente tre edizioni, almeno fino al 2024, sotto la direzione artistica di Sol Gabetta insieme a Balthazar Soulier.
Il concert movie Il progetto Presenza, sin dalla sua prima anticipazione nel maggio 2021, è stato l’occasione anche per realizzare originali riprese video, in particolare uno speciale concert movie con la partecipazione della luganese REC e di tecnici del suono altamente specializzati. Tra loro i tecnici della The Mono Company, fondata e diretta da Damien Quintard, astro nascente fra gli ingegneri del suono, collaboratore fra gli altri di Teodor Currentzis. La realizzazione del concert movie, attraverso un’accuratissima fase di post-produzione, fino alla sua presentazione ufficiale al pubblico, è stata documentata da un’intera puntata della celebre trasmissione tedesca di musica classica KlickKlack, per la regia di Alexander Hellbrügge. La puntata con Sol Gabetta registrata a Lugano il 16 giugno 2021 si può vedere su www.osi.swiss/presenza.
Festival Presenza 03-06.06.2022, LAC Orchestra della Svizzera italiana Markus Poschner, direttore Solista e direzione artistica Sol Gabetta, violoncello
Dopo l’anticipazione di maggio 2021, entra nel vivo a inizio giugno 2022 il festival Presenza, in collaborazione con l’Orchestra della Svizzera italiana e la grande violoncellista Sol Gabetta. Nel week-end di Pentecoste al LAC verranno proposti concerti e iniziative artistiche con la celebre solista elvetico-argentina e l’OSI sotto la guida del suo direttore principale Markus Poschner. L’obiettivo è sperimentare alternative al quadro formale del concerto sinfonico classico con solisti, che è rimasto praticamente immutato dalla fine del XIX secolo a oggi. Il
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LAC / MASI
GRANDE VARIETÀ DI PROPOSTE E DI ARTISTI 01
IL MASI LUGANO ANNUNCIA PER IL 2022 UN PROGRAMMA AMPIO E ARTICOLATO CHE COINVOLGE LE DIVERSE SEDI ESPOSITIVE, CON PROPOSTE DI GRANDE INTERESSE: RETROSPETTIVE DEDICATE A GRANDI ARTISTI CONTEMPORANEI, MOSTRE TEMATICHE, RASSEGNE DI OPERE DI FOTOGRAFIA E MOLTO ALTRO ANCORA.
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l 13 marzo il MASI Lugano apre la stagione espositiva a Palazzo Reali con la più ampia ed esaustiva retrospettiva mai dedicata al fotografo ghanese James Barnor (Accra, 1929), visitabile fino al 31 luglio. Realizzata dalle Serpentine Galleries di Londra, la mostra documenta la lunga carriera nel corso della quale Barnor si è cimentato con ogni genere fotografico: dai ritratti in studio ai reportages giornalistici, dagli editoriali di moda alla fotografia di strada. Attraverso le sue immagini, contraddistinte da uno sguardo schietto e un approccio spontaneo, Barnor racconta i cambiamenti sociali e politici che hanno segnato la storia recente del suo paese così come quella della comunità africana londinese. Con un’attenzione particolare dedicata ai decenni 19501980, in mostra sono presentate opere provenienti dall’archivio personale dell’artista, tra cui numerose immagini inedite. Dopo la tappa luganese, la mostra sarà presentata al Detroit Institute of Arts. Sempre a Palazzo Reali, il MASI, grazie alla collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia, presenta dal 22 maggio al 29 gennaio, significativi capolavori d’arte italiana realizzati tra le due guerre da alcuni tra i
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più importanti artisti dell’epoca: Carlo Carrà, Massimo Campigli, Giacomo Manzù, Ottone Rosai, Scipione e Mario Sironi. Le opere, originariamente provenienti da importanti e storiche collezioni d’arte italiana e oggi in deposito a lungo termine presso Ca’ Pesaro a Venezia, sono accomunate dalla sintesi e dall’essenzialità formale che contraddistinsero la pittura non solo in Italia ma in tutta Europea nei decenni 1920-1950. Fa eccezione l’opera di Scipione, le cui accese cromie e le audaci prospettive anticipano il secondo Novecento. I suoi lavori trovano un dialogo, nel percorso espositivo, con il nucleo di dipinti, sculture e opere su carta di Giacomo Manzù, uno dei
maggiori rappresentanti della scultura figurativa del XX secolo. Infine, dal 23 ottobre al 29 gennaio, la sede di Palazzo Reali ospita una mostra delle opere del vincitore del Premio Manor Ticino 2022. Attribuito a partire dal 2005, il Premio si iscrive nell’ambito delle numerose iniziative messe in atto o sostenute dal Museo per incoraggiare e promuovere la scena artistica locale. Nel corso delle passate edizioni, il Premio è stato assegnato ai seguenti artisti: Andrea Crociani (2005), Davide Cascio (2007), Matteo Terzaghi e Marco Zürcher (2009), Pascal Schwaighofer (2012), Samoa Rémy (2014), Marco Scorti (2016), Vera Trachsel (2018) e Marta
LAC / MASI
Margnetti (2020). Grande varietà di proposta anche nella sede espostiva del MASI Lugano al LAC, con l’apertura incentrata sulla mostra fotografica significativamente intitolata Dal vero. La fotografia fu proclamata invenzione francese a Parigi nel 1839 e in breve tempo conquistò l’intera Europa. Se la corsa alle innovazioni tecniche ebbe inizio nei capoluoghi, i principali centri culturali, ben presto le prime pesanti macchine fotografiche raggiunsero anche villaggi, campagne, valli sperdute e montagne, dove i fotografi facevano scalpore con le loro immagini realizzate “dal vero”. Come è stato possibile per la fotografia diffondersi così rapidamente? Chi sono stati i pionieri svizzeri a scoprire ambiti di applicazione sempre nuovi, dai ritratti di rappresentanza alle foto segnaletiche, dagli studi sulla natura e sul paesaggio alla documentazione dello sviluppo industriale e tecnologico, dagli ingrandimenti scientifici alla cronaca di eventi? Dal vero è la prima panoramica esaustiva dedicata ai primi cinquant’anni di diffusione del medium fotografico in Svizzera. La mostra, aperta dal 3 aprile al 3 luglio 2022, presenta un’eccezionale selezione di opere provenienti da numerose collezioni pubbliche e private in grado di testimoniare il ruolo artistico, sociale ed economico di 02
questa rivoluzionaria invenzione. Successivamente, dal 1. maggio al 13 novembre, sarà di scena Marcel Broodthaers (Saint-Gilles, 1924 – Colonia, 1976), uno dei maggiori rappresentanti dell’arte concettuale, conosciuto in particolare per aver unito l’arte surrealista alle nuove tendenze degli anni Sessanta e Settanta. Ispirandosi ai cartelli stradali, alla fine degli anni Sessanta componeva enigmatiche poesie visive su insegne di plastica, con simboli, immagini, lettere, parole e segni di punteggiatura, ma senza voler esprimere un significato diretto o universale. Realizzate tramite un processo di produzione industriale, queste placche sono contraddistinte dai contorni morbidi dei caratteri e degli elementi grafici che conferiscono una qualità tangibile al linguaggio. Broodthaers dichiara che in queste opere “l’immagine diventa parola e la parola immagine”, esprimendo una sottile critica sull’uso utilitaristico dell’arte concettuale e prediligendo invece la sua dimensione poetica. La mostra elaborata dal museo WIELS di Bruxelles, in stretta collaborazione con gli eredi di Marcel Broodthaers presenta i principali 36 motivi della serie d’insegne realizzata da Broodthaers. Il percorso espositivo include inoltre alcune versioni e variazioni meno conosciute, che rivelano il parti-
colare approccio che l’artista aveva con il concetto di serialità e riproducibilità dell’immagine e dell’opera d’arte. Oggi queste opere continuano a testimoniare il contributo di Broodthaers all’estetica contemporanea: attraverso la manipolazione giocosa e poetica del linguaggio e della realtà e continue variazioni di percezione, lettura e significazione che vanno controcorrente rispetto ai segni universali, trasparenti e standardizzati della tecnologia e dell’informatica. Per concludere, in autunno, dal 4 settembre al 8 gennaio, il MASI presenta sempre negli ampi e moderni spazi del LAC una straordinaria raccolta di disegni originali e incisioni di Paul Klee (Münchenbuchsee 1879 – Muralto 1940) provenienti da una collezione privata, realizzati tra gli anni dieci e gli anni trenta del Novecento. Attraverso le opere esposte in mostra viene messo in luce un elemento significativo del suo lavoro, ossia l’importanza attribuita all’uso del disegno e della linea come fondamentale punto di partenza per la trasposizione visiva di un’idea. Particolarmente interessati alla valorizzazione di questo aspetto nella produzione artistica di Klee, i collezionisti hanno raccolto negli anni circa settanta opere tra disegni a matita, a penna e a pastello, acquerelli, acqueforti e litografie che oggi compongo un insieme di straordinaria coerenza. La collezione, creata a partire dagli anni settanta del secolo scorso, viene esposta in questa occasione per la prima volta nel suo insieme in un contesto museale. Il rosso e il suo universo simbolico sono al centro della mostra Vedo Rosso, il nuovo allestimento tematico della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, visitabile dal 26 marzo al 12 giugno 2022. L’esposizione mette in dialogo lavori di trentacinque artisti e artiste di generazioni, nazionalità e culture differenti in un percorso immersivo, che indaga il tema del rosso nella sua varietà di significati e qualità espressive. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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LAC / MASI 03
IL CALENDARIO DELLE MOSTRE James Barnor. Accra/London – A Retrospective MASI | Palazzo Reali 13 Marzo – 31 Luglio 2022 Vedo Rosso Collezione Giancarlo e Danna Olgiati 26 Marzo – 12 Giugno 2022 Dal vero. Fotografia svizzera del XIX secolo MASI | LAC 3 Aprile – 3 Luglio 2022 In mostra trentanove opere tra dipinti, fotografie, sculture e installazioni, molte mai esposte prima. Dopo l’estate, dal 18 settembre al 18 dicembre, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati presenta un’interessante mostra personale, la prima in un’istituzione svizzera, dell’artista italiano Pietro Roccasalva (1970, vive e lavora a Milano). Il progetto nasce con l’idea di presentare e ricostruire alcuni nuclei fondanti della produzione recente dell’artista attraverso un percorso espositivo in cui lavori appositamente concepiti in occasione della mostra si affiancano a una selezione che attinge a varie serie di opere esistenti. Il lavoro di Roccasalva ha a che fare con la pittura come campo di azione specifico, anche quando contempla l’utilizzo di altri media come scultura, istallazione, video e tableau vivant, che sono sempre parte integrante del processo che precede e segue la realizzazione di un’immagine pittorica. Attraverso una pluralità di riferimenti che spaziano dal quotidiano alla storia dell’arte, Roccasalva ha ideato un variegato repertorio iconografico popolato di personaggi, oggetti, architetture che convivono in un universo visionario e immaginifico.
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Nel ripercorrere diversi aspetti della produzione dell’artista, la mostra sottolinea i legami e i continui rimandi tra temi, tecniche e linguaggi, restituendo la complessità e la coerenza di una ricerca che rimette in discussione e sfida il linguaggio della pittura attraverso un vocabolario molto personale in cui la tecnica pittorica più tradizionale incontra le recenti pratiche digitali.
Marcel Broodthaers – Poesie industriali MASI | LAC 1 Maggio – 13 Novembre 2022 Una raccolta d’arte moderna italiana. Carrà, Sironi, Campigli, Rosai, Manzù, Scipione MASI | Palazzo Reali 22 Maggio 2022 – 29 Gennaio 2023 Paul Klee MASI | LAC 4 Settembre 2022 – 8 Gennaio 2023
01 James Barnor Sick- Hagemeyer Shop Assistant Accra c.1971 © James Barnor/Autograph ABP, London 02 Francis Frith La cascata di Staubbach nella valle di Lauterbrunnen 1863 c. Albumina © ETH-Bibliothek Zürich, Bildarchiv 03 Marcel Broodthaers Porte A, 196 © Succession Marcel Broodthaers / 2021 ProLitteris, Zurich
Pietro Roccasalva Collezione Giancarlo e Danna Olgiati 18 Settembre – 18 Dicembre 2022 Premio Manor Ticino 2022 MASI | Palazzo Reali 23 Ottobre 2022 – 29 Gennaio 2023 Premio Artista Bally dell’Anno 2022 MASI | Palazzo Reali 10 Settembre – 2 Ottobre 2022
OLTRE LA MATERIA da Lucio Fontana a Pablo Atchugarry
From February to April 2022 Cortesi Gallery Via Nassa 62 6900 Lugano
www.cortesigallery.com info@cortesigallery.com
Paolo Scheggi, Intersuperficie curva [Giallo] , 1970, yellow acrylic on three superimposed canvases, 100 x 100 x 6 cm
CULTURA / SPECIALE DONNE-ARTE
IL MONDO ARTISTICO PARLA AL FEMMINILE
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ifficilmente durante un colloquio di lavoro verrà chiesto ad un uomo se ha intenzione di avere figli o, generalmente, gli verranno rivolte domande sulla sua vita personale. Si tratta, invece, di un qualcosa che diventa molto possibile se protagonista di questo colloquio fosse una donna. Sono stati spesi fiumi di inchiostro sul tema delle pari opportunità e dell’indipendenza economica della donna, ma di fatto, nel 2021 questa tanto agognata parità è ancora un’utopia e sicuramente resterà così ancora per molto tempo. Diversità di guadagni, di trattamento, di numeri nei posti di lavoro importanti e meno importanti, e questo un po’ in tutti i settori. Senza dimenticarci che le donne sono spesso costrette a scendere a compressi, mentre gli uomini non sanno neanche cosa significa la parola “compromesso”, o se la conoscono faticosamente sono disposti ad accettarla. Il settore artistico e il sistema dell’arte contemporanea non sono da meno, anzi sono uno specchio crudo e nudo di questa consolidata realtà. E se già fare l’artista oggi non viene considerato un lavoro a tutti gli effetti, quando a ricoprire questo ruolo è la donna la parola “artista” viene completamente sostituita con quella di “hobbista” o “nullafacente”.
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Se nella storia dell’arte internazionale i nomi femminili che si ricordano sono pochissimi perché in passato alle donne non era concesso dedicarsi all’arte o erano per lo più le compagne meno famose di ben più conosciuti artisti (si ricordano Artemisia Gentileschi, Rosalba Carriera, Frida Kahlo… e qualche altro nome che è possibile contare sulle dita della mano), nell’arte contemporanea i numeri delle donne che si sono o si dedicano all’arte sono in aumento, ma non abbastanza, e le donne continuano ad essere valutate sul mercato sempre meno rispetto agli uomini. Per le donne che hanno intrapreso o intraprendono la strada di gallerista, curatrice, giornalista d’arte, critica, il discorso resta più o meno identico: pochi nomi e raramente si trovano ai vertici. La prima Biennale d’arte di Venezia curata da una donna è stata nel 2005 (a centodieci anni dalla fondazione), quando la direzione artistica venne affidata ad un duo di donne, Maria de Corral e Rosa Martinez. Da allora ci sono state altre due edizioni interamente curate da donne: quella del 2011, con Bice Curiger, e quella del 2017, con Christine Macel. L’inchiesta intende proprio indagare che cosa significa essere artiste donne nella società di oggi e qual è il loro ruolo all’interno del sistema e del mercato contemporaneo.
CULTURA / SPECIALE DONNE-ARTE
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
JO FABBRI (J.F.) IMAGO Art Gallery
GIANNA A. MINA (G.M.) Direttrice Museo Vincenzo Vela
CRISTINA SONDEREGGER (C.S.) Curatrice MASI Museo d’arte della Svizzera italiana
ELENA BUCHMANN (E.B.) Buchmann Galerie Lugano
SIRA V. WALDNER (S.W.) AION Private Art Service & Consulting SA
MISIA BERNASCONI (M.B.) Storica dell’arte
anche nell’ambito professionale, e l’unico modo di ottenerla è lavorare bene, lavorare bene, lavorare bene».
“conquistare la fiducia” dei colleghi di comitato o dei membri associati, essendo il rapporto con loro assolutamente paritetico. Sono convinta che la fiducia da parte degli interlocutori vada stimolata sia che si tratti di uomini che di donne. Per queste ultime però, è innegabile, sono talvolta richieste energie maggiori».
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uali sono state le difficoltà incontrate, proprio in quanto donna, per conquistare la fiducia dei suoi colleghi uomini? J.F.: «Non essendo un uomo non è scontato mettermi nei panni dell’altro sesso, è quindi molto difficile valutare se imputare alcune difficoltà al mio genere di appartenenza. Nelle mie esperienze posso accomunare una sorta di diffidenza dell’ultimo arrivato, che trovo quasi scontata, un rito obbligato di passaggio, perché la fiducia come nella vita privata va guadagnata
G.M.: «Al di là di una diffidenza iniziale, forse anche dovuta al fatto che, pur essendo ticinese, ero stata a lungo fuori Cantone, non ho riscontrato difficoltà, fatto salvo aver percepito un atteggiamento paternalistico, oggi fortunatamente quasi scomparso, da parte di alcuni esponenti di una generazione più grande. Oltre a me vi erano in Cantone altre donne alla testa di musei. Come presidente dell’Associazione dei musei svizzeri invece, non si è mai trattato di
C.S.: «Se qualche difficoltà c’è stata, a grandi linee sono sempre riuscita ad instaurare un rapporto più che buono con i colleghi. Momenti di tensione si sono senz’altro verificati quando sono venuti a mancare il rispetto dell’ambito di competenza e l’aTICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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pertura al dialogo. In maniera generale la fiducia va conquistata e soprattutto va mantenuta nel tempo». E.B.: «Ho iniziato la mia attività di gallerista nel 1975 a San Gallo. A quei tempi non c’erano tante gallerie, come oggi. C’erano cinque gallerie in città e tre erano gestite da donne. Non ho quindi dovuto conquistare la fiducia dei miei colleghi, forse anche perché la galleria era gestita con mio marito? Con i colleghi in Svizzera tedesca e in Germania ho sempre avuto ottimi rapporti e scambi durante le fiere». S.W.: «Non è conquistando la fiducia dei colleghi uomini o cercando l’approvazione degli altri che si raggiungono gli obbiettivi. “Le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle.” (Voltaire) Per inciso si è smesso nel 1782 con Anna Göldi giustiziata a Glarona e riabilitata solo nel 2008. Non sempre chi accende un fuoco pensa a un rogo. Affrontare i pregiudizi e come dover mangiare un elefante: a piccoli bocconi. Il tempo, la pazienza e i risultati raggiunti ci daranno ragione. Se così non fosse avremmo ancora oggi il problema delle streghe». M.B.: «Durante gli scorsi dieci anni di esperienze lavorative (dal privato al pubblico, dalla Svizzera italiana al nord delle Alpi) ho avuto la fortuna di incontrare colleghi uomini convinti – come me – che la qualità del lavoro non dipenda dal sesso. Pur essendo donna, non ho dunque, per ora, riscontrato difficoltà nel conquistare la fiducia dei miei colleghi». In che misura anche per le donne impegnate nella carriera artistica, vige ancora il retaggio secondo il quale alla donna spetterebbero i lavori rivolti alla cura della famiglia e della casa?
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J.F.: «Penso che oggi, sia nel mondo dell’arte sia in altri settori, la condizione della donna anche sul fronte professionale dipenda molto dalla società nella quale vive, dal contesto economico e culturale, e dal livello di educazione familiare. Più il contesto è sviluppato nei termini appena citati, e maggiore sarà la distanza dal retaggio legato alla donna obbligatoriamente “casalinga”». G.M.: «Fortunatamente, nell’ambito a cui ci stiamo riferendo, questo genere di pregiudizi sono superati o perlomeno non sono presenti in maniera maggiore che in altre realtà. Le artiste non sono più una rarità, ve ne sono di affermate e di meno affermate, numerose presenti in mostre e nei media e pertanto esse fanno parte di una comunità che le accetta, le riconosce unitamente alla loro professione. Resta il fatto che, alla stregua di lavoratrici e professioniste, anche loro devono esercitare quotidianamente uno sforzo per conciliare lavoro (sovente irregolare e mal retribuito) e famiglia». C.S.: «Il mondo dell’arte e in generale della cultura si vuole aperto, propenso a lasciarsi alle spalle retaggi come quello della donna addetta alla cura della casa e della famiglia. Però, come nel resto del mondo del lavoro, anche nel settore culturale sono in essere regole e ci sono esigenze e tempistiche che spesso complicano la conciliazione famiglia e lavoro. La scelta di intraprendere una carriera artistica chiede la possibilità di concentrarsi pienamente sul proprio lavoro, molta flessibilità e disponibilità di tempo, uno spazio fisico - Una stanza tutta per sé come rivendicava Virginia Woolf - nel quale anche potersi ritirare. Per tutto ciò ci vogliono risorse non indifferenti sia finanziarie che umane spesso non disponibili, impli-
cando inevitabili rinunce di cui spesso sono vittime proprio le donne a cui la società delega d’ufficio l’organizzazione e la gestione dei figli». E.B.: «Dal mio punto di osservazione, avendo avuto fino dall’inizio un’attività da indipendente, non ho riscontro questi problemi. Oggi i compiti sono suddivisi in famiglia e se ci fosse ancora questo retaggio credo sarebbe più che altro in Svizzera italiana, se ci riferiamo solo alla Confederazione. La mia esperienza professionale è sempre stata rivolta alla scena internazionale e notavo già alla fine degli anni Settanta, inizio Ottanta un gran numero di donne impiegate nel settore artistico in Paesi come gli Stati Uniti, la Germania e il nord Europa». S.W.: «Domandiamoci se è davvero necessario abbracciare gli eccessi dell’edonismo o la ricerca della concentrazione attraverso l’ascetismo per raggiungere il successo. Se la famiglia e la casa sono davvero un ostacolo. Oggi giorno vi sono tanti uomini casalinghi, padri affettuosi, mariti presenti, asili, scuole e attività extra scolastiche, che si affiancano ai sostegni finanziari, che la cura della famiglia non deve più essere considerata una scelta preclusiva alla carriera artistica. Personalmente non conosco una strada che non sia lastricata da sacrifici, specie se combinata alla famiglia, in eterno bilico fra le varie responsabilità». M.B.: «Credo che questo retaggio si ritrovi nell’ambito artistico quanto in altri settori. Chi crea arte oggi lavora spesso come indipendente – il/la freelance. Questo permette una sinergia più armoniosa tra la cura del lavoro, della casa e della famiglia rispetto a quella che si può vivere lavorando da dipendente, con diritti, doveri a orari prestabiliti. La professione di
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LUZERN: Mandarin Oriental Palace Luzern
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VEVEY:
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ZÜRICH: Baur au Lac, La Réserve Eden au Lac, The Dolder Grand, Widder Hotel
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“artista” diventa così conciliabile con la figura del/della “lavoratore/lavoratrice da casa” e “curatore/curatrice di famiglia”. Ma questi ruoli possono essere sia femminili sia maschili. E sempre di più sono questi ultimi ad assumerli». A suo giudizio quali interventi andrebbero promossi per promuovere a livello pubblico le artiste oggi ancora praticamente ‘invisibili’? J.F.: «Non sono convinta che interventi pubblici sporadici porterebbero ad una svolta immediata: come negli altri settori c’è una lenta ma sempre più percettibile presenza femminile che aumenta e si fa sentire. Anche nel mondo dell’arte piano piano si sente la trasformazione, ma penso sia più un processo naturale che fa parte del corso dei tempi, e che non sarebbe un’azione promozionale a fare la differenza». G.M.: «Premetto che la mia risposta fa riferimento al contesto in cui operiamo poiché, se rapportato ad altre realtà geografiche e culturali, il discorso sarebbe probabilmente assai diverso. Non direi che le donne artiste siano invisibili, ma è corretto affermare che siano meno visibili e meno sostenute dei loro colleghi. Inoltre il sistema dell’arte è decisamente complesso. Vi sono ambiti culturali e di mentalità in cui faticano maggiormente, altri – soprattutto i paesi nordici o anglosassoni – in cui la situazione è decisamente migliore e questo da più tempo. Ritengo che le istituzioni pubbliche (musei, comuni, giurie preposte a concorsi pubblici, spazi espositivi pubblici) debbano operare secondo criteri che non siano esclusivamente volti a una ricaduta mediatica e di successo di pubblico, indotti perlopiù dai grandi nomi, in maggioranza maschili. A queste istituzioni, che, in quanto pubbliche e
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rappresentative della società intera, dovrebbero annoverare al loro interno una solida rappresentanza femminile, andrebbe chiesta una particolare attenzione nei confronti della produzione femminile qualificata e della sua presenza costante nei luoghi deputati. Solo così, col tempo e passo dopo passo, vi sarà una presa di coscienza più ampia di questo contributo imprescindibile». C.S.: «Se molto negli ultimi anni sta cambiando, siamo ancora lontani dall’appianare il dislivello di presenze tra uomini e donne nelle mostre personali o collettive presso le istituzioni artistiche di prestigio. Personalmente penso che i calendari espositivi dovrebbero programmaticamente presentare allestimenti in cui le artiste sono protagoniste o co-protagoniste. Un mondo come quello dell’arte che si vuole progressista dovrebbe contribuire in maniera proattiva alla diminuzione della diseguaglianza di presenza e di opportunità di fatto ancora decisamente troppo grandi». E.B.: «In Occidente non credo esistano artiste oggi “invisibili” anche grazie alle tecnologie e ai social che sono fruibili praticamente da tutti. Diversa è la questione in tanti Paesi al mondo dove le donne artiste ancora sono da scoprire. Come ad esempio vedo ultimamente in Africa e in Medioriente». S.W.: «L’artista andrebbe promosso/a in quanto artista e non in quanto donna. Oggi giorno abbiamo tanti modi per ottenere visibilità e la Svizzera è all’avanguardia: esistono piattaforme dedicate o associazioni di categorie, che raggruppano le principali gallerie svizzere. Vi sono fondi dedicati, promossi dall’ufficio federale della cultura o dalle banche o premi,
quali la Swiss Art Awards. Vi è l’Istituto Svizzero e la Prohelvetia. Fondazioni private con borse di studio. La lista è lunga e variegata e sta all’iniziativa del singolo promuoversi. I social network permettono, con un investimento accessibile, la visibilità a un ampio pubblico selezionato. Investire nell’alfabetizzazione informatica e di marketing». M.B.: «La fortuna di un’artista o di un artista non dipende dal sesso, bensì dalla qualità del lavoro e dalla sua rete di contatti. Artiste e artisti ancora invisibili necessitano, oltre al genio, di una piattaforma pubblica dove potersi presentare al pubblico. Ecco perché sono fondamentali le mostre collettive, risultate da un concorso pubblico oppure da un invito diretto. Il cantone Ticino può ancora migliorare questo aspetto». Nel suo caso, quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta ad intraprendere la strada della ricerca artistica? J.F.: «Sono cresciuta in una famiglia dove la cultura ha sempre avuto un ruolo molto importante, i miei genitori hanno cercato di trasmettermi sin da bambina la passione per l’arte portandomi a visitare ogni possibile mostra - ed evidentemente ci sono riusciti. Ho sempre avuto anche un’innata necessità di sfogare la mia creatività, che fosse estetica o progettuale. Probabilmente queste influenze di infanzia unite al mio intero percorso didattico e professionale hanno avuto un naturale sbocco nel mondo dell’arte». G.M.: «Sono storica d’arte che si è specializzata in arte medievale, mi sono avvicinata allo studio per interesse e per passione nei confronti di quel periodo lontano nel tempo ma
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estremamente interessante nei contenuti. La vita mi ha in seguito portata a dirigere un museo con collezioni di tutt’altra natura, ma ad appassionarmi è stata, oltre alla qualità straordinaria delle opere dello scultore Vincenzo Vela e alla necessità di renderlo maggiormente conosciuto e studiato (si noti che sto parlando di un uomo!), l’interesse per l’”istituzione museo” come tale, e per il suo ruolo all’interno delle nostre società, che la sollecitano costantemente. Un compito appassionante». C.S.: «Sono soprattutto state diverse persone, docenti e professori incontrati nel mio percorso scolastico a orientare sempre più le mie scelte verso il mondo dell’arte. Personalmente non sono una creativa, sono attratta dalla creatività degli altri». E.B.: «In primis la curiosità e la passione per l’arte, dandomi ancora ancora oggi molte soddisfazioni». S.W.: «La ricerca artistica è una vocazione dettata dalla passione e la motivazione principale è seguire questa inclinazione di volere ciò che si fa alla ricerca dell’appagante Flow». M.B.: «Lo studio della storia dell’arte è stato per me la soluzione a un incidente di percorso. Desideravo diventare architetto, ma non riuscii a concludere lo studio al Politecnico di Zurigo (ETHZ). Decisa a rimanere nell’ambito architettonico e a promuoverne la storia, optai per lo studio teorico presso l’Istituto di Storia dell’arte all’Università di Zurigo; parallelamente coltivavo l’interesse pratico aiutando l’Istituto di Storia e Teoria dell’Architettura (gta) del dipartimento di architettura dell’ETHZ ad allestire mostre dedicate all’architettura. E così incontrai le arti».
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Quale ritiene che sia oggi la funzione dell’arte e, in particolare, quale può essere l’apporto delle donne artiste? J.F.: «L’arte oggi, ma anche in passato, ha avuto un ruolo estetico, commerciale, culturale, e non solo. Tutti aspetti che vanta ancor oggi. Probabilmente continueranno a esserci persone che acquistano arte per puro aspetto estetico, chi per sentimento, e chi invece per investimento. Parlando al femminile, l’associazione che mi viene naturale fare è quella della particolare sensibilità che possiedono molte donne, che sicuramente in alcune opere riesce a essere trasmessa allo spettatore. Grazie all’interconnessione globale ed ai canali social, a differenza del passato l’arte riesce a raggiungere un canale molto più vasto e variegato di persone, che prima dell’era digitale non avevano accesso all’arte. Nello specifico questo media sta avvicinando sempre di più al settore artistico un pubblico giovane, che prima quasi lo ignorava completamente». G.M.: «L’arte, o meglio le arti, rappresentano una forma di espressione individuale o collettiva che nasce da un’esigenza e da una riflessione interiori, da cui prendono forma grazie a uno specifico talento e a tanto impegno; non devono per questo essere considerate funzionali o subordinate a un scopo benché possano senz’altro riflettere un sentimento comune, un problema civico, un’urgenza politica in cui una o più comunità si riconoscono. Di getto mi sentirei di dire che le donne prestano particolare attenzione a questioni ecologiche, interpersonali, sociali, ma mi correggo subito perché in verità queste non sono tematiche scandagliate soltanto da loro. Anzi, anche artisti molto noti a livello mondiale fanno dell’ecologia e della minaccia all’ecosistema il loro cavallo di battaglia. Sta forse nella tipologia e nella
forma la componente più “femminile”; ad esempio nella dimensione delle opere, nella cura del dettaglio, nella sottigliezza (o leggerezza) del medium scelto. Le semplificazioni sono però sempre lacunose e pericolose…». C.S.: «L’espressione artistica da tempo occupa uno spazio imprescindibile nell’esistenza dell’essere umano e da tempo si è imposta, sicuramente in Occidente, come uno specchio della società, un mezzo attraverso il quale riflettere e far riflettere. In tutto questo le artiste sono sempre state presenti, meno sono invece state considerate e riconosciute dalla critica e dalle istituzioni. Ancora oggi le cifre in tal senso parlano chiaro. Il fatto stesso che debbano battersi di più e diversamente per affermarsi comporta sensibilità altre, ma anche libertà altre nell’affrontare certe tematiche, utilizzare linguaggi e materiali non da ultimo ibridandoli, uscendo con maggiore facilità da schemi preconcetti. Affermarsi assimilando gli schemi dominanti non dovrebbe essere la via da seguire, vanno piuttosto trovate vie diverse e nuove in grado di modificare le gerarchie socialmente consolidate. La coscienza della necessità di esondare schemi precostituiti e offrire prospettive altre sono senz’altro due aspetti importanti che le donne hanno promosso non solo nel mondo dell’arte». E.B.: «L’arte ritengo abbia una funzione di sensibilizzazione su tematiche che riguardano la vita e non solo a livello teorico. Attualmente molte artiste donne hanno rivolto il loro sguardo verso una nuova interpretazione della natura, indagando diversamente anche i rapporti sociali». S.W.: «È una domanda molto complessa e di difficile sintesi e risposta, già oggetto di disquisi-
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zioni filosofiche, ne sono prova gli innumerevoli studi, ricerche e dibattiti in eterna evoluzione. Innanzitutto sottintende che si sappia che cosa sia l’arte, un concetto tutt’altro che scontato. Visto lo spazio a disposizione potremmo così definirla: l’arte è espressione estetica e elemento distintivo dell’esistenza umana. Un mezzo di comunicazione emotiva immediata e indiretta. La stesso vale per la sua funzione: tant’è che il concetto del “l’art pour l’art” di natura autotelica o auto gratificante è stato il perno della filosofia dell’estetica di Kant e poi nel XX secolo. L’arte contraddistingue l’essere umano dall’animale e dal robot. Proprio in quest’ambito squisitamente umano che risiedono le sue funzioni, che spaziano dalla comunicazione emotiva, all’espressività estetica, filosofica e religiosa, di testimonianza storica, culturale, politica, morale, stilistica, ma anche d’innovazione e premonitrice, toccando cioè tutti gli ambiti cognitivi. La donna si distingue dall’uomo proprio in questo ambito cognitivo ed emotivo. Difficile indicare in che modo l’apporto delle donne artiste possa influire, poiché è una variabile incostante. Sarebbe solo un vero peccato privarci della possibilità di poterlo scoprire, come già accaduto. La disparità di genere ci ha privato di un colore essenziale nella tavolozza dell’arte, con tutte le sue infinite sfumature: un danno incommensurabile».
che commuova (dal latino commovere, mettere in movimento, agitare) i sentimenti più individuali. Le donne posso contribuire a ciò apportando la propria multiforme sensibilità».
M.B.: «Secondo il mio personale parere, tuttora in evoluzione, l’arte nasce dall’analisi della Vita ed è volta da un lato a illustrarla, dall’altro ad approfondirla. L’arte nasce, secondo me, dall’unione delle arti meccaniche (i mestieri manuali che fabbricano oggetti utili) e delle arti liberali (suddivise in arti del trivio – grammatica, dialettica, retorica – e del quadrivio – aritmetica, geometria, astronomia, musica). La funzione dell’arte è creare bellezza
C.S.: «La solidarietà è di per sé un principio che dovrebbe molto più ampiamente regolare l’organizzazione della società. Perché non creare dunque una struttura che abbia come scopo quello di appianare le diseguaglianze di genere».
Ritiene utile la possibilità di istituire una specie di associazione o comunità solidale che riesca a finanziare le esigenze di quelle artiste che non fanno parte di quella piccola riuscita ad aver successo sulla scena artistica contemporanea? J.F.: «Personalmente penso avrebbe più senso destinare più fondi all’arte in generale, e non ad una comunità solidale. Il mondo dell’arte è da sempre un settore nel quale è difficile emergere, sia da uomo sia da donna, non credo che il problema verrebbe arginato da un’associazione o simili». G.M.: «Segregare le problematiche non è, credo, la formula migliore per stimolare l’accettazione del lavoro delle artiste; tuttavia potrebbe essere utile concentrare per un certo periodo e grazie all’impegno di un determinato ente, il sostegno mirato ed esclusivo alla produzione femminile. Ancora meglio sarebbe se di questo ente facessero parte donne e uomini, perché questo intervento andrebbe pensato “con” e non “in contrapposizione a”. Diamoci dunque tutti da fare».
solo. Ritengo che supportare l’arte e gli artisti sia sempre una cosa positiva, ma per quanto mi riguarda essere accettata come donna deve in primis essere per la qualità del proprio lavoro, indipendentemente dal genere». S.W.: «Ritengo utile che chi senta l’esigenza di finanziare le artiste contemporanee ancora sconosciute lo faccia nei modi, termini e modalità che ritenga più opportuni». M.B.: «Nell’ambito delle Arti visive, esiste dal 1806 un’associazione (Visarte) che sul piano politico e sociale rappresenta e promuove gli interessi delle artiste e degli artisti professionali. Essa s’impegna a ottenere buone condizioni quadro per la creazione artistica e offre consulenza alle artiste e agli artisti. Tuttavia, il finanziamento di ciascun artista dipende dal singolo. Ma questo vale per qualsiasi lavoratore indipendente».
E.B.: «Ben sia! Esistono già musei e collezioni d’arte dedicate alle artiste donne in Germania e non TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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CULTURA / KUNSTHAUS ZÜRICH
DALL’8 APRILE AL 17 LUGLIO 2022 IL KUNSTHAUS ZÜRICH PRESENTA IN MOSTRA OLTRE 300 OPERE DEDICATE AD UNA RIFLESSIONE SUL CORPO E SULLA MENTE UMANA SVOLTA DA DUE DISCIPLINE APPARENTEMENTE ANTITETICHE, QUALI L’ARTE E LA MEDICINA.
TAKE CARE: ARTE E MEDICINA
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partire dalle opere della collezione del Kunsthaus, la feconda interazione fra malattia e dolore, medicina, cura e guarigione viene ripercorsa in sei capitoli attraverso 300 opere, di cui oltre 250 in provenienza da circa 40 prestatori nazionali e internazionali. Alcuni antichi esemplari risalgono al Quattrocento, mentre le opere più recenti sono state realizzate nel 2022 appositamente per la mostra. La rassegna, disposta in ordine non cronologico, comprende una vasta gamma di mezzi espressivi, tra cui il disegno, la pittura e la scultura, ma anche il video, l’installazione spaziale e la performance. Le opere sono incentrate sull’infermità fisica: le tematiche abbracciano «l’età dell’oro» della medicina, «le pandemie e la profilassi»,
«la medicina complementare e l’autocura», «lo sguardo diagnostico», il «sistema ospedaliero e infermieristico», «la medicazione e la ricerca» e infine «persone al bivio» tra corpo normale e corpo atipico. Nomi illustri vengono accostati a giovani artiste ventenni per dare atto dell’ampio spettro e dell’affascinante evoluzione del dibattito relativo al corpo infermo. Lo scopo della mostra, ideata e concepita da Cathérine Hug, non è quello di presentare l’arte come illustratrice della medicina, bensì di favorire tramite il dialogo la comprensione reciproca di due sistemi alla base della nostra società. Attraverso la propria interpretazione sensoriale e intuitiva, l’arte può offrire un contributo fondamentale alla comprensione di sistemi interconnessi quali il corpo e la mente, la 02
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CULTURA / KUNSTHAUS ZÜRICH
malattia e la guarigione, la fede e la scienza. L’arte e la medicina sono fisicamente tangibili e generano empatia, ma possono portare anche a notevoli divergenze tra i soggetti coinvolti. Per lungo tempo alla medicina non venne attribuito il peso che tale disciplina oggi riveste; analogamente, ancora oggi l’importanza dell’arte nella medicina non viene riconosciuta come forse meriterebbe. La Chiesa ha a lungo osteggiato le scienze in generale e la ricerca medica in particolare giacché quest’ultima, con il proprio approccio evoluzionistico, metteva in discussione il superiore ordine divino. Una meticolosa selezione di opere esemplari dell’Ottocento, «l’età dell’oro della medicina», con significative raccolte provenienti dalla collezione di medicina dell’Università di Zurigo, dalla collezione grafica del Politecnico di Zurigo e dal Musée de l’Assistance Publique des Hôpitaux di Parigi, mette in luce diverse pietre miliari esteticamente avvincenti, ma anche aberrazioni della storia della medicina. Oggetti reali, ovvero esemplari storici
non concepiti di per sé come arte, vengono accostati in un dialogo associativo alle opere d’arte. Indubbiamente, il connubio fra arte e medicina è particolarmente evidente quando convergono in un’unica persona lo scienziato o il guaritore e l’artista, come è il caso nei numerosi esempi da Andrea Vesalio a George Chicotot, da Lotte Luise Volger a Adolf Fleischmann, passando per Martin Kippenberger e Panteha Abareshi. Nell’Ottocento vi furono sostanziali progressi non solo nei settori dell’industria, della mobilità e della comunicazione; anche la medicina raggiunse traguardi fondamentali nell’antisepsi, nell’anestesia e di conseguenza nella chirurgia, nell’epidemiologia e nella diagnostica. Di pari passo con le evoluzioni tecnologiche, gli artisti iniziarono a interessarsi sempre di più alle tecniche per immagini della medicina. La mostra è stata realizzata In collaborazione con l’Institut für Evolutionäre Medizin (IEM) dell’Università di Zurigo e con il gruppo di ricerca «Rethinking Art History through Disability».
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01 Christoph Hänsli La fortezza 4, 2017 Tempera all’uovo, olio e colori acrilici su tela, 94 x 41 cm Collezione privata © 2022, ProLitteris, Zurich 02 Meret Oppenheim, Glove, 1985 Parkett-Ed. Nr. 4, Guanti di pelle scamosciata di capra, con bordino applicato a mano e serigrafia ca. 21,3 x 13,2 cm Kunsthaus Zürich, Donazione di Ursula Hauser, 2004 © 2022, ProLitteris, Zurich 03 Marc Quinn, Innoscience. Dalla serie ‘Chemical Life Support’, 2004 Cera polimerica e farmaci 25 x 68 x 32,5 cm Courtesy of the artist, © Marc Quinn 04 Sfera con spine, dono votivo intorno al 1800 Ferro, legno, diametro 43 cm Collezione Bischofberger, Männedorf-Zürich
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CULTURA / DAVOS
DAVOS SI FA IN QUATTRO STRAORDINARIA ESPOSIZIONE IN QUATTRO MUSEI E UN QUINTO IN GERMANIA: UN TOUR TRA ARTE, LETTERATURA E STORIA DOVE GIGANTEGGIANO I QUADRI DI KIRCHNER E I ROMANZI DI THOMAS MANN SULLO SFONDO DI UNA VITALISTICA DAVOS. DI DALMAZIO AMBROSIONI
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avos uguale a WEF, World Economic Forum, che dal 1971 riunisce i grandi della politica e dell’economia. Davos uguale a sport, sci e hockey ma non solo. Davos con la natura straordinaria tra laghi, montagne, valli profonde. Davos uguale a museo Kirchner, sorto sulla fantastica collezione di oltre 1500 dipinti, sculture, disegni, stampe e opere tessili e 160 quaderni di schizzi di Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938), oltre a più di 1500 fotografie, documenti storici e una vasta biblioteca sull’Espressionismo. Se aggiungiamo che Davos richiama Thomas Mann, premio Nobel per la letteratura 1929, che vi scrisse e ambientò uno dei suoi libri più celebri, La montagna incantata, si capisce come proprio nella cultura affondino le ampie e robuste radici di questa località famosa nel mondo. Proprio a queste radici è dedicato l’ampia esposizione, che fino al 30 ottobre vede protagonisti quattro musei, in collaborazione con il Germanisches Nationalmuseum
di Norimberga, il maggior museo di storia culturale del mondo di lingua tedesca che per anni si è occupato di Davos. Perché forse nessun luogo è più adatto della località grigionese per capire gli aneliti, le paure e le minacce dell’Europa scossa da contrapposizioni e crisi che porteranno a due guerre mondiali. In quei decenni a Davos la lotta per l’esistenza s’è tradotta in arte e letteratura, mentre si cercava di guarire l’allora inguaribile tubercolosi e, nel contempo, impostare un dialogo di pace tra le Nazioni. Nasceva un nuovo modello di vita nel quale le esigenze dell’anima e del corpo potessero trovare alimento tra cultura, paesaggio, sintonia con la natura e ricerca d’una nuova spiritualità. Nel dettaglio, il Museo Kirchner si concentra su arte e letteratura con una raffinata scelta di opere di Kirchner e Philipp Bauknecht da cui scaturisce un’idea della vita a Davos dal 1860 al 1940 romantica e realistica al tempo stesso. Un gran numero di cartoline, manifesti turistici e foto-
grafie incorporano le opere d’arte nel loro contesto storico: dai contadinimontanari alle attività sportive, dall’architettura all’immersione in modelli di vita tradizionali fino alle nuove scoperte tra medicina e turismo. Per meglio situarsi in quel tempo magico i visitatori possono rilassarsi su originali sdraio termali e
ascoltare testi di Thomas Mann, Else Lasker-Schüler e Beatrice Harraden. Il museo degli sport invernali racconta le gesta dei pionieri dello sport, dalla storia del bob e dello slittino a pattinaggio, sci e naturalmente hockey su ghiaccio. Il Museo della Medicina prende lo spunto dai racconti di Thomas Mann per documentare l’insieme
di iniziative e scoperte per affrontare non solo una delle malattie più insidiose ma anche quel mal di vivere che percorreva la società del tempo. Ecco documentata la stretta collaborazione tra il medico Alexander Spengler, che riconobbe l’importanza del clima d’alta montagna per il trattamento della tubercolosi polmonare e promosse Davos come luogo di cura, e Willem Jan Holsboer, imprenditore di origine olandese con il quale nel 1868 creò il primo sanatorio. Per sostenere il rapido sviluppo di quest’industria medicoturistica Holsboer avviò nel 1888 la ferrovia Landquart-Davos, oggi parte delle Ferrovie retiche. Il museo di storia locale espone oggetti quotidiani di questa efficacissima collaborazione tra medicina e imprenditorialità oltre ad un modello del sanatorio “Berghof” e una serie di progetti in buona parte realizzati che consolidarono la fama europea di Davos, centro nevralgico della scena scientifica, sportiva e culturale europea. Il tutto in un tour tra arte, letteratura e storia dove giganteggiano i quadri di Kirchner e i romanzi di Thomas Mann sullo sfondo di una vitalistica Davos. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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CULTURA / MUSEO DELLE CULTURE
FINO A GENNAIO 2023, IL MUSEC LUGANO PRESENTA UNA MOSTRA DEDICATA ALLA COLLEZIONE DI JEFFREY MONTGOMERY, UNA DELLE MAGGIORI E PIÙ CONOSCIUTE RACCOLTE DI ARTE GIAPPONESE AL DI FUORI DEL GIAPPONE. CE NE PARLA JEFFREY MONTGOMERY, STRAORDINARIA FIGURA DI APPASSIONATO COLLEZIONISTA DI OGGETTI D’ARTE.
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on questo progetto il MUSEC celebra una passione collezionistica e un patrimonio di grande valore artistico e culturale. Un patrimonio che dà prestigio a Lugano, consolidando così gli storici legami della città ticinese con il collezionismo d’arte privato svizzero e internazionale. L’esperienza e la sensibilità del collezionista sono al centro del progetto e ne segnano l’originalità, rispetto al modo con cui la sua collezione è stata fino ad oggi interpretata. Come scrive Francesco Paolo Campione, direttore del MUSEC, nel suo testo introduttivo al catalogo della mostra: «tutte le collezioni d’arte hanno un senso e un valore profondo soltanto se legate alla dimensione esistenziale e all’esperienza umana di chi le ha volute, progettate e concretizzate intorno a sé. Il collezionista è indispensabile alla collezione: non soltanto perché l’ha realizzata, ma perché ne assicura l’originalità, interpretando lo spirito del tempo». La mostra presenta al pubblico 170 opere risalenti al periodo fra il XII e il XX secolo - tra cui tessuti, arredi, dipinti, oggetti di culto e del quotidiano - accuratamente selezionate tra gli oltre mille oggetti raccolti nel corso della vita di Jeffrey Montgomery.
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ome nesce il suo rapporto con il MUSEC? «La collaborazione è iniziata nel 2008 e si è concretizzata una prima volta nel 2010 con l’esposizione Ineffabile perfezione a Villa Ciani (Lugano), dove una quarantina di opere impreziosivano il percorso incentrato sulle fotografie del Giappone dipinte a mano di fine Ottocento. Da quel primo incontro fortunato si è sviluppato uno speciale vincolo di solidarietà intellettuale e umana coltivato nel corso degli anni, senza fretta, in attesa che vi fossero le condizioni per realizzare un progetto più ambizioso. Un progetto davvero innovativo, in grado di restituire al pubblico non soltanto il valore che queste opere della mia collezione hanno rispetto alla cultura che le ha prodotte, com’è stato sino a oggi, ma anche e soprattutto il valore che esse possiedono nella visione del mondo di chi le ha collezionate per decenni, con intenso amore intellettuale. La cresci-
ta del MUSEC e il suo trasferimento nel 2017, dalla sede originaria dell’Heleneum alla più ampia e centrale Villa Malpensata consentono oggi di condividere pienamente con il pubblico i frutti del dialogo intessuto nel corso degli anni». Perché gli oggetti della sua collezione possono essere definiti un percorso nella “bellezza della semplicità”? «Non mi considero il padrone, bensì piuttosto un keeper, il fortunato custode di un patrimonio di oggetti legati fra loro da una segreta forma di solidarietà. Le opere raccolte sono altrettanti strumenti per avvicinare e scoprire gli innumerevoli lati della cultura giapponese, che ho sentito da sempre particolarmente vicina alla mia sensibilità. L’asse portante della mia visione del mondo riguarda la bellezza della semplicità, considerata alla stregua di una guida nascosta e profonda. La rarefatta raffinatezza che caratterizza determinati generi d’arte giappo-
CULTURA / MUSEO DELLE CULTURE
cia, al di là delle forme, in un valore antico e proprio della civiltà che le ha generate per cui la pace interiore passa attraverso l’accettazione del fatto che nulla è finito, che nulla è perfetto e che nulla dura. Le opere esposte nelle 13 sale lungo le quali si snoda l’esposizione compongono sia un percorso attraverso il mondo interiore del collezionista, sia un viaggio d’arte negli ideali estetici del Giappone.
nese, come le pitture, i tessuti e le lacche, si coniuga in modo quasi ineffabile all’austera e, per molti versi, ruvida semplicità degli oggetti del quotidiano. Si tratta di una combinazione quasi ossimorica che è capace di produrre capolavori che affascinano perché in grado di combinare la più profonda genuinità con il gusto dell’essenziale. Cose che, se non ti soffermi attentamente a guardarle, possono sfuggirti ma che, se sei capace di osservarle a lungo, quasi a carpirne l’essenza, generano dentro lo spettatore un’inesorabile sensazione di bellezza». Nelle opere in mostra si può leggere anche l’armonia con la natura e il rispetto della tradizione… «La bellezza è autentica quando è ispirata alle forme della natura, perfette nella loro assoluta imperfezione. La creatività personale e l’individualità artistica non sono in cima alla scala dei valori dell’arte giapponese. Non 03
perché si tratti di valori disprezzati, ma perché ogni genere di opere è innanzitutto il risultato della capacità dell’artista di esprimere le abilità tramandate dai suoi antenati. Abilità che affondano la loro origine nella notte dei tempi, facendo sentire l’artista parte di una storia di bellezza ininterrotta. Utilizzando un termine occidentale potremmo chiamare tale valore con il nome di “tradizione”, associandovi anche il senso di una ricerca che ha insegnato all’uomo l’importanza di lavorare in armonia con la natura e nel rispetto, profondamente religioso, dei “segreti” del mestiere, per continuare a rendere, in definitiva, migliore il mondo. L’opera d’arte in tal senso esprime una materialità che, lungi dall’essere tecnica, come accade in genere nel mondo occidentale, riporta piuttosto all’idea di un’incessante trasformazione del mondo e al sentimento di insanabile nostalgia che tale trasformazione comporta». Il punto di arrivo della passione collezionistica di Jeffrey Montgomery non può che essere di natura esistenziale. Le sue opere non generano un accumulo materiale ma restano isolate, ciascuna dotata di una propria specifica identità, come strumenti capaci di suscitare e accompagnare un vero e proprio percorso spirituale sul senso della vita. Se vi è comunanza la si rintrac-
01 Tavoletta votiva XIX secolo © 2022 Jeffrey Montgomery/FCM 02 Ritratto di Jeffrey Montgomery Ph: © 2022 Gabriele Putzu per HUB-Corriere del Ticino 03 Daikoku Maschera della divinità della ricchezza XIX secolo © 2022 Jeffrey Montgomery/FCM
CHI È JEFFREY MONTGOMERY Nato nel 1937 in California da madre norvegese e padre inglese, all’età di tre anni si trasferisce con il padre in Inghilterra, dove rimane fino all’età di quattordici anni, per poi tornare dalla madre che vive negli Stati Uniti. All’età di diciannove anni comincia una vita nomade, durante la quale inizia a collezionare arte giapponese e arte popolare. Nel 1969 si trasferisce definitivamente a Lugano dove si stabilisce con la sua compagna di vita e moglie Mariangela.
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CULTURA / STEFANO GARDEL
PAESAGGI RIVISITATI
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STEFANO GARDEL È UN APPREZZATO FOTOGRAFO CHE RITRAE REALTÀ DIVERSE REINTERPRETATE ESPRIMENDO SENSAZIONI E SENTIMENTI.
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ome è nata la sua passione per la fotografia e quali sono stati i passaggi che l’hanno portato a svolgere la professione di fotografo? La passione per la fotografia è nata circa cinque anni fa, quando ancora lavoravo come chiropratico. Stavo passando un brutto periodo di salute a causa della malattia di Lyme cronica, cosa che ho scoperto accidentalmente dopo anni che vedevo deteriorare la mia condizione fisica. Dato che non ci sono cure chiaramente delineate da seguire, stavo provando un po’ di tutto, tra cui una dieta estremamente ferrea e priva di alcool che mi costringeva a cucinare a casa ogni singolo pasto. Essendo single e abituato ad uscire al ristorante e a fare aperitivi alla sera, questo mi impediva di socializzare come facevo normalmente, portandomi ad isolarmi sempre di più. Quando tornavo a casa
dopo il lavoro mi sentivo da una parte stanco e dolorante per via della malattia e dall’altra depresso per la mancanza di stimoli. Così una sera, sdraiato sul divano e guardando il muro bianco del mio salotto, mi sono detto che sarebbe stato bello appenderci una bella foto su quello stupido muro e che quella foto l’avrei fatta io. Sarebbe stato anche un modo per tenere occupata la mente e trovare nuovi stimoli. Avendo una minima nozione di come scattare con una reflex, ho iniziato a viaggiare durante il fine settimana per fotografare, e più lo facevo più mi sentivo ispirato, avvertivo la fotografa come una cosa mia, personale, un mezzo creativo che mi permetteva di esprimermi con precisione e mi forniva un veicolo per conoscermi meglio. A ripensarci oggi la fotografia mi appare come una vera e propria terapia che mi ha aiutato a superare un periodo molto difficile. Poi un giorno, dopo qualche mese che scattavo, decisi di stampare alcuni lavori presso un laboratorio che faceva stampe fine art a Milano, con l’intenzione di ottenere il massimo della qualità. Al mio ritorno lo stampatore era molto stupito e, chiedendomi ss stessi organizzando una mostra, mi espresse la sua ammirazione e mi disse che se avessi voluto mi avrebbe messo in contatto con una galleria d’arte di Milano che si occupava di fotografia. Da li a breve entrai in contatto con loro e iniziai a vendere le mie prime foto. Questo primo contatto mi diede molta fiducia e mi fece comprendere come questa nuova passione poteva diventare una professione. Nei due anni successivi lavoravo sia come chiropratico che come fotografo, finché un giorno l’infiamma-
CULTURA / STEFANO GARDEL
al tempo stesso lasciano lo spettatore sospeso al suo interno». È stato scritto che i suoi paesaggi, di solito solitari, ricordano talvolta i set cinematografici. Che cosa significa? «Molto spesso nel cinema l’immagine è idealizzata, pulita da distrazioni e resa il più semplice possibile per conferire il messaggio in maniera chiara e d’impatto. Ed è un po’ quello che cerco di fare con le mie foto. Inoltre, molta della mia ispirazione proviene dai film che spesso guardo sul laptop, in modo da poter fare degli screenshot di inquadrature interessanti, così da studiarle successivamente e trovare ispirazione. Probabilmente questo poi traspare successivamente nel mio lavoro». zione creata dalla malattia di Lyme era diventata talmente insostenibile che mi era ormai difficile svolgere appieno il mio lavoro di chiropratico. Avevo dolori muscolo scheletrici dappertutto e mi resi conto che così non potevo continuare. Presi quindi la decisione che dovevo fermarmi e dedicarmi a me stesso, trovare un modo di gestire questa malattia, cosa che è avvenuta negli anni successivi, e dedicarmi a tempo pieno a questa nuova professione che è la fotografia».
soggetti cerco sempre di vedere quanto questi si prestino ad una successiva reinterpretazione, in modo tale da renderli coerenti con ciò che cerco di esprimere. Da tutto questo nasce la necessità di modificare le foto in postproduzione: lavorando sul colore e la luce è possibile creare realtà che evocano sensazioni e sentimenti astratti, sensazioni difficili da afferrare ma che
Quali sono i principali progetti ai quali sta attualmente lavorando? «Al momento sto lavorando su una serie di foto che ho scattato tra Francia, Spagna e Portogallo. La mia intenzione è di ricreare con geometrie molto precise scene di strada totalmente ricostruite in post produzione. Per fare un esempio, partendo da una
Che cosa si intende per fotografia creativa e come essa è entrata nella sua ricerca artistica? «La mia ricerca artistica è sempre stata volta a ricercare ed esprimere sensazioni e umori che molto spesso non trovano riscontro nella realtà così come la si percepisce. Non mi sono mai prefissato di usare la fotografia come mezzo per documentare la realtà in maniera oggettiva, riproponendo fedelmente città o paesaggi. Per quanto affascinanti essi possano essere, la mia ricerca è introspettiva, cerco quindi di adattare il soggetto fotografato ad una mia visione personale. Quindi, quando ricerco potenziali TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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CULTURA / STEFANO GARDEL
mentando la scultura e da allora è sempre impegnata in una continua ricerca di nuove ispirazioni e idee da concretizzare. Forse nel caso di mia mamma ed io, l’arte era qualcosa che scorreva in profondità nella famiglia e che aspettava il momento giusto per manifestarsi».
scena turistica scattata intorno ad una fontana in una corte interna del Louvre a Parigi, ho scattato dallo stesso punto di vista, usando il trepiede, circa 300 foto alla fontana cercando di catturare momenti in cui le persone facessero qualcosa di interessante. Successivamente scelgo e sovrappongo in un’unica foto alcune delle persone interessanti disponendole in modo preciso tra di loro, ed elimino tutto il resto. Il risultato è un momento inesistente costruito da singoli momenti colti nella realtà». Attività creative e artistiche occupano un posto importante all’interno della sua famiglia. In che misura ne è stato influenzato o condizionato? «Nonostante mio nonno materno sia stato un cantante di discreto successo fondando il Quartetto Cetra negli anni Cinquanta a Roma, e che dal lato romano della famiglia ci siano state e ci siano figure importanti nel mondo del doppiaggio italiano, in casa l’arte non è mai stata al centro del discorso se non fino a tempi recenti. Circa una quindicina di anni fa, analogamente a come sono arri-
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vato io alla fotografia, mia mamma ha scoperto la pittura durante un periodo di grande crisi. È stata una vera esplosione, dal nulla ha incominciato a dipingere con grande talento e capacità, lasciandoci tutti sbalorditi e ammirati. Si è poi evoluta speri-
CULTURA / DAVIDE JELMINI
IL PRIMATO DELLE EMOZIONI
DOPO UNA BRILLANTE CARRIERA SPORTIVA, DAVIDE JELMINI HA COMPLETAMENTE RINNOVATO LA SUA VITA, DIVISA TRA LE PRATICA DI TERAPISTA MANUALE MEDICALE E UN’ORIGINALE PERCORSO ARTISTICO NEL CAMPO DELLA FOTOGRAFIA, SEMPRE PROTESO VERSO LA PERSONALE RICERCA DI UN EQUILIBRIO PSICO-FISICO.
Instagram: @DavideJelmini @DeseoLugano
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ei è stato un campione dello sport capace di passare con successo dal mondo dell’hockey ad attività in vari altri campi. Come è avvenuto questo passaggio e quali sono le future prospettive di sviluppo? «Lo sport mi ha insegnato molto, tramite grandi sacrifici, dalla disciplina alla metodica per il raggiungimento di un obiettivo personale. L’hockey su ghiaccio agli occhi dello spettatore è un’attività particolarmente rude e violenta, ma se una persona è incline alla sensibilità posso assicurare che questo sport la sviluppa permettendo di esplorare altre discipline in modo diverso. Il passaggio dallo sport alle altre mie attività è stato favorito da qualità che ho acquisito appunto nell’hockey. Le prospettive di sviluppo sono sicuramente legate alla ricerca di nuove sfide, sia professionali che personali».
Qual è la sua idea dell’attività di terapista manuale medicale e come si è preparato e avvicinato alla pratica di questa professione? «Dopo sei commozioni celebrali ho definitivamente dovuto interrompere la carriera professionale portando la mia determinazione nello studio del corpo umano, nella terapia manuale e nel movimento. L’amore verso la terapia l’ho provato fin dalle prime volte che il fisioterapista della squadra mi trattava. Ho subito cominciato a viaggiare durante le pause estive del campionato per frequentare corsi all’estero ed ho avuto spesso la fortuna di trovare maestri speciali per apprendere l’arte naturale dell’uso delle mani. Le tecniche spaziano da massaggi manuali fino ad arrivare a tecniche di osteopatia funzionale, mentre per quanto riguarda la parte attiva utilizzo la tecnica pilates e antara (ginnastiche posturali)».
Il progetto Deseo è stato definito “un luogo dell’anima”. Come è nata l’idea e quali sono i suoi punti di forza? «Lo studio Deseo è stato amore a prima vista, una cantina di 350 mq in pieno centro città, lo sentivo come una corazza protettiva per la mia anima, un luogo magico dove potevo accogliere le persone ed aiutarle ad entrare in contatto con sé stessi, sentendosi protetti da tutte le pareti in pietra naturale. Deseo esiste da quasi 20 anni ma non ho mai amato pubblicizzarlo ritenendolo un luogo dove se una persona deve arrivare…arriva. I nostri punti di forza sono la serietà e l’esperienza diversificata di ognuno degli istruttori pilates e di ogni terapista». Accanto al lavoro lei trova lo spazio per percorrere interessanti progetti artistici. Come è nata questa passione? «L’intera vita di ognuno di noi è un’opera d’arte, la mia l’ho improntata allo sport, essendo comunque particolarmente dotato per il disegno e la fotografia ho portato avanti queste discipline solo in maniera amatoriale, frequentando corsi di fotografia, una materia che mi interessava molto. Mi sono appassionato soprattutto fotografare il mondo da prospettive un po’ inusuali come ad esempio scatti da terra verso l’alto. Poi un giorno ho scoperto i lavori aerei di Yann Arthus-Bertrand e mi sono appassionato anche alla fotografia aerea scattata dal cielo, visioni contrarie alle mie iniziali prospettive colte sdraiato a terra. Quindi 5 anni fa ho comprato il primo drone e ho cominciato ad esplorare dal cielo la terra. Mostrare alle persone dei luoghi conosciuti ma scattati da punti di vista inusuali può farci aprire la mente e provare nuove emozioni». In campo fotografico lei ha elaborato un originale processo di trattamento delle immagini. Di che cosa si tratta e come si è andato sviluppando? «Si, di recente ho avuto l’opportunità di esporre una selezione di lavori fotografici, dal titolo complessivo:
AEREA. È nato per soddisfare il bisogno di emozione delle persone, oramai dipendenti dai social network e ipnotizzate da notizie con un focus spesso monotematico. Gli scatti aerei permettono di viaggiare con la mente, con le emozioni e di esplorare la splendida e simbolica natura che ci circonda ritornando ad ampliare il panorama visivo ed emozionale. Ho dunque deciso di creare delle immagini completamente inusuali in grado di attirare l’attenzione delle persone attraverso la loro bellezza magica. Osservandole inizialmente si prova una sensazione di smarrimento. Le immagini sembrano infatti dipinti ma sono fotografie con motivi speculari che lo spettatore può interpretare a dipendenza del suo stato emotivo. Le fotografie aeree sono frutto di un iniziale lavoro di ricerca su foto satellitari, che grazie ad uno spirito di osservazione e di immaginazione vengono subito individuate ed interpretate ma talvolta risultano anche spontanee ed intuitive».
zione, pertanto continuerò a crescere nell’ambito dei miei progetti artistici e professionali, dove a livello personale è protagonista la ricerca di un equilibrio psico-fisico. La mia vita è una continua evoluzione e trasformazione, pertanto continuerò ad apprendere e crescere nell’ambito dei progetti artistici e professionali. Al momento sto preparando una mostra privata ad Ibiza per maggio, ed in seguito probabilmente a Zurigo, sicuramente entro la fine dell’anno anche a Lugano».
Davanti ad una così grande varietà di passioni e interessi, cosa vede nel futuro di Davide Jelmini? «Sicuramente come prima cosa l’amore verso le mie due figlie. La mia vita è una continua evoluzione e trasformaTICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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CULTURA / TICINO FILM COMMISSION
MENDRISIO PUNTA ANCHE SUL CINEMA NICOLA PINI, PRESIDENTE, E NICCOLÒ CASTELLI, DIRETTORE, PRESENTANO L’ATTIVITÀ E I PROGRAMMI DELLA TICINO FILM COMMISSION CHE SI PROPONE DI DARE IMPULSO AD UN SETTORE, QUELLO DELLA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA E AUDIOVISIVA, CHE PUÒ AVERE UN GRANDE SVILUPPO ECONOMICO E UN’IMPORTANTE VALENZA CULTURALE NEL FUTURO DEL TICINO.
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ei vostri ruoli di Presidente e Direttore della Ticino Film Commission, qual è il ruolo di questa istituzione e quali obiettivi si prefigge di raggiungere?
Nicola PIni
Niccolò Castelli
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N.P.: «L’obiettivo principale della Ticino Film Commission è quello di attirare produzione audiovisiva nazionale e internazionale nella nostra regione per portare lavoro, spese sul territorio e dare visibilità turistica alle nostre destinazioni. A fondare la Ticino Film Commission sono stati Ticino Turismo, l’associazione dei produttori ticinesi, quella dei registi e sceneggiatori e il Locarno Film Festival, con l’imprescindibile sostegno finanziario e politico del Cantone. Una sinergia che dimostra quando la cultura non sia “solo” progresso civile, ma anche progresso economico. La Film Commission, va infatti ricordato, è un progetto di politica economica e non di politica culturale. E gli impatti economici sono importanti per il nostro territorio». N.C.: «Attraverso questo lavoro possiamo poi consolidare il fare cinema locale, supportare una produzione locale che si rafforza sempre più e arriva a mostrarsi, anche con successo, fuori dalla propria regione. Contribuiamo a fare del Ticino – e dei suoi professionisti dell’audiovisivo – un attore importante del cinema nazionale ed europeo».
Si parla del Ticino come potenziale luogo di produzione cinematografica: in questa prospettiva, che importanza assume l’istituzione del Mendrisio Film Fund, primo fondo di incentivo economico regionale destinato alla produzione audiovisiva? N.C.: «Avere un primo comune che investe nella produzione cinematografica (serie tv e documentari compresi) a priori è fondamentale. Permette a me e a tutta la Ticino Film Commission di andare da produttori, sceneggiatori, registi e distributori oltre Gottardo e internazionali a dire “il Ticino e i suoi comuni credono nella produzione audiovisiva, sono ospitali, aperti e vogliono collaborare”. È un messaggio molto forte, molto diverso dal dover aspettare che un progetto bussi alla nostra porta prima di poter cercare sperando di attivare un sostegno in seno ai comuni e alle altre istituzioni presenti sul territorio». N.P.: «Direi che l’importanza è sia politica che finanziaria. Da un lato si dimostra che il Ticino è un luogo pronto e professionale nel fare cinema e che tutti possono giocare la loro parte, dall’altro tale contributo aggiuntivo permette alla Ticino Film Commission di migliorare la propria attrattiva, visto che rispetto ad altre realtà simili in Europa – ma anche in Svizzera, dove molte regio-
CULTURA / TICINO FILM COMMISSION 01
ni stanno replicando quanto il Ticino ha fatto per primo e con successo con la Film Commission – la dotazione finanziaria a disposizione è molto minore. Certo compensiamo con professionalità e qualità dei servizi e bellezza e varietà del paesaggio, ma anche gli incentivi finanziari a copertura delle spese sul territorio giocano la loro parte». Nel concreto, quali sono i vantaggi che questo strumento innovativo può apportare a sostegno di numerose attività economiche di diverso tipo e a favore della promozione territoriale e sociale e dell’immagine turistica di Mendrisio? N.P.: «Se si considera che nello scorso quadriennio vi è stato un rapporto di quasi 1 franco a 7 fra quanto investito dalla Ticino Film Commission e quanto ritornato sul territorio, è facile immaginare come un film che verrà a girare a Mendrisio porterà vari benefici economici a numerose realtà: le troupe dovranno dormire e mangiare, si dovranno affittare luoghi in cui girare o organizzare camerini e ospitare i mezzi di produzione, si dovranno ingaggiare imprese per costruzioni di scenografie, per la sicurezza, per gli oggetti di scena o i costumi. Sono davvero molte e le attività economiche che potenzialmente verranno coinvolte. Oltre che, naturalmente, il marketing territoriale e turistico». N.C.: «La popolazione poi potrà vedere come si fa un film, ospitare le produzioni e vedere la propria Città con nuovi occhi. Ne andrà fiera, si sentirà maggiormente coinvolta e l’immagine della regione girerà maggiormente. Non solo attraverso le pellicole ma anche attraverso i social di cast e crew, i backstage, i racconti di attori e registi ai festival. Io considero queste esperienze come positive e arricchenti per chi ospita e chi viene ospitato».
A chi sono specificatamente destinate le agevolazioni previste da questo fondo? N.C.: «A tutte le produzioni indipendenti che si apprestano a girare un film di finzione, un documentario o una serie e che vogliono portare tutta o parte della produzione a Mendrisio. Volendo, possono anche decidere di girare (ad esempio) una scena a Chiasso, se però la troupe dorme in un hotel di Mendrisio o si avvarranno di costumi acquistati presso una sartoria della città potranno accedere al fondo». Quali sono i criteri in base ai quali la Ticino Film Commission decide di erogare i suoi contributi? N.P.: «Il criterio principale è l’indotto economico. Quanto una produzione prevede di spendere in servizi e prestazioni in realtà economiche di Mendrisio, come anche la visibilità positiva data al territorio. Il progetto è di politica economica e anche con la Città di Mendrisio è stato sviluppato in collaborazione con l’Ufficio di sviluppo economico, proprio come a livello cantonale».
N.C.: «Noi come Ticino Film Commission ci occuperemo prima di tutto di valutare i progetti, la loro solidità e il loro impatto. Quindi, prima di erogare i contributi, come già facciamo per i sostegni che diamo a livello cantonale, ci accerteremo che le spese sul territorio siano state effettivamente fatte. Inoltre, daremo un preavviso per ciò che riguarda l’impatto a livello turistico e di impegno di professionisti del settore: più un film porta valore aggiunto più sarà per noi interessante sostenerlo». Dal suo osservatorio privilegiato quali sono le opportunità che il Ticino può sfruttare per affermarsi come luogo ideale dove fare cinema? N.C.: «Io vedo il Ticino con gli occhi del regista e so quante opportunità creative e professionali questa regione mi ha regalato e continua a regalarmi. Qui posso raccontare storie di montagna e storie urbane, posso rifarmi al passato incredibile di una regione crocevia culturale e commerciale europeo e posso inventare qualcosa di mai visto attraverso strutture architettoniche e naturali uniche al mondo. E poi in Ticino abbiamo una particolarità che TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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ci potrebbe aprire al mondo, non solo cinematografico: siamo mediterranei e continentali allo stesso tempo, abbiamo istituzioni, amministrazioni e cittadini precisi e affidabili ma non siamo troppo rigidi, in noi scorre sangue emozionale, appassionato. Sono elementi che combinati fanno della nostra regione qualcosa di affascinante per chi lavora con la creatività e l’arte ma allo stesso tempo ha a che fare con progetti di grande complessità economica, organizzativa e logistica». N.P.: «Credo che l’esperienza della Ticino Film Commission – prima del suo genere in Svizzera – unita a quella di altre importanti realtà – come il Locarno Film Festival, il Palacinema quale aggregatore di competenze, il Conservatorio Internazionale Scienze Audiovisive (più conosciuto come CISA) e la nuova cattedra sul futuro del cinema e delle arti visive dell’Università della Svizzera Italiana – confermino 02
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la bontà di un indirizzo strategico imboccato ormai da qualche anno, vale a dire il settore dell’audiovisivo quale filiera di sviluppo economico cantonale e regionale. Un settore che però non può mai considerarsi arrivato, anzi, e sul quale occorre puntare con decisione per lo sviluppo socio-economico del nostro Cantone. E senza paura di investirci, anche per cavalcare positivamente – e non subire passivamente – il processo di digitalizzazione in atto». Castelli, nella sua esperienza come regista ha già avuto modo o ha in programma di guardare al Ticino come scenario per la realizzazione di opere cinematografiche? N.C.: «Certo. I miei due film di finzione sono stati pensati fin dalla sceneggiatura per essere girati principalmente in Ticino. Volevo mostrare la regione in cui sono nato con gli occhi di chi la vive, non con quelli del turista. E così
ho cercato di fare assieme alla troupe artistica e i produttori dei miei film. Ho poi girato documentari, molti dei quali in Ticino, per raccontare alcune realtà interessanti da portare in superficie e che nel “piccolo” della nostra realtà sono interessanti anche per chi del Ticino non conosce nulla. Mostrare questi film nei cinque continenti è sempre stato appassionante; spesso a fine proiezioni qualcuno del pubblico si è avvicinato a me per dirmi come non conoscesse “questo lato della Svizzera”». 01 "On Running” Campagna pubblicitaria 2022 Produzione: Studio Voile Zurigo Service in Ticino: Central Productions Lugano Location: Monte Tamaro 02 “Calcinculo” Produzione: Tempesta film Roma Corpoduzione: tellfilm Zurigo Service in Svizzera: Central Regia: Chiara Bellosi
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CULTURA / CIRCOLO BATTAGLINI
UN LABORATORIO DI CULTURA POLITICA LA PRESIDENTE MORENA FERRARI GAMBA CI PARLA DI UNA ISTITUZIONE DOVE IL DIBATTITO E IL CONFRONTO POLITICO TORNANO A TROVARE INTERESSE E VITALITÀ.
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uale funzione è chiamato a svolgere un Circolo culturale come quello dedicato a Carlo Battaglini nel contesto del dibattito e del confronto politico in Ticino? «La politica è la via con la quale il cittadino decide di affrontare i problemi e di costruire il futuro. E con il futuro non si gioca. La cultura è quella che offre gli strumenti per interpretarla al meglio. Ecco perché è importante che vi siano associazioni come il Circolo Battaglini, che fanno della cultura politica una fucina di idee e progetti, un luogo in cui riflettere sul metodo che la politica deve (o dovrebbe) darsi. Il Circolo, fondato nel 1964 ispirandosi a Carlo Battaglini, da cui il nome, vuole essere un luogo di incontro per favorire la costruzione di una cultura civile e politica aperta e consapevole, con un occhio di riguardo rivolto ai giovani. Del resto, patrimonio ideale e culturale è il contenuto della politica, almeno
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quanto i programmi di governo. Perché non basta, in politica, essere «concreti», bisogna anche essere «visionari ed astratti». Chi era Carlo Battaglini e quali sono i punti di forza del pensiero liberale cui faceva riferimento? «Carlo Battaglini è stata la personalità di maggiore spicco dell’Ottocento e ha dedicato la sua vita alla causa del popolo ticinese. Nato nel 1812, giurista di formazione, politico, studioso, giornalista, scrittore (molte furono le opere da lui promosse) fu uno dei padri del liberalismo ticinese insieme a Stefano Franscini, Giacomo Luvini-Perseghini e Giovanni Battista Pioda. Ha combattuto le sue battaglie in modo appassionato, creando e diffondendo il pensiero liberale in Svizzera e in Europa. Fu convinto assertore della libertà dei popoli, delle idee di progresso e di giustizia sociale. Difese strenuamente una visione europeista e lottò per i valori del Risorgimento. Fu sindaco di Lugano, sette volte presi-
dente del Gran Consiglio ticinese, consigliere nazionale e consigliere agli Stati, Battaglini si occupò di redigere il progetto di Codice penale ticinese considerato – nella sua stesura – uno dei migliori d’Europa. Fu tra i promotori della Ferrovia del Gottardo, battendosi per realizzare il passaggio attraverso il Monte Ceneri così che sarebbe transitata da Lugano e da Chiasso. Lugano gli deve molto e lo ricorda con una piazza, al centro della quale sorge un grande monumento di bronzo dedicato allo statista». Lei è da cinque anni alla guida del Circolo Battaglini. Quali obiettivi si era prefissata di raggiungere? «Ho accettato con entusiasmo questo impegno, perché credo che questo Circolo possa essere un valido strumento per affrontare argomenti concreti, con una visione d’insieme, non tecnica, ma con metodo e pensiero liberale. In un’epoca in cui le democrazie liberali sono sotto attacco, mentre cresce indifferenza, se non addirittura sostegno, verso politiche illiberali nel mondo, interrogarsi ed essere vigili è d’obbligo. Abbiamo assolutamente bisogno di riflessioni pacate e approfondite sul liberalismo, sulla cultura politica in genere e rimettere in circolo il pensiero critico. Posso dire con orgoglio che con il Circolo siamo riusciti a piantare qualche seme in tal senso».
Con quali strumenti e iniziative il Circolo Battaglini si propone di stimolare la partecipazione della popolazione? «Abbiamo cercato di promuovere iniziative che fossero di alto livello e di grande qualità. Ciò non vuol dire che non siano «popolari» e «democratiche». Vuol dire invece che non vogliono essere elitarie, ma piuttosto inclusive e non esclusive, attraverso convegni, seminari, tavole rotonde. Incontri su temi puntuali odierni, in grado di vedere tutto il contorno, che è culturale. Il progetto è ambizioso, è vero, ma si è costatato che in questa forma si riesce a stimolare le persone e porta alla riflessione. Si può fare cultura in modo positivo, produttivo e, credo, persino divertente. Questo era infatti l’approccio dello stesso Battaglini, figura per certi versi “ribelle” per il suo spirito desideroso di confronto, o scontro se necessario, rispetto ad idee e pensieri». In un’epoca in cui le istituzioni sono sempre più lontane dai cittadini e in cui il dibattito politico si esaurisce spesso in sterili confronti personali e corporativi, ritiene che i Circoli culturali possano essere un mezzo importante per fare riscoprire il valore degli ideali e della passione per la politica? «Certo, viviamo in un momento di disaffezione nei confronti della politica e dei partiti, sempre più concen-
trati su sé stessi e incapaci di interrogarsi sul presente. Ecco che mettere al centro il tema della cultura politica diventa fondamentale. Con il Circolo Battaglini cerchiamo di ridare bellezza intrinseca alla discussione politica: idee, visioni, storia e passione. Questo raccontiamo, cercando di portare il dibattito politico culturale o ad un livello più alto di quanto si stia facendo in questo momento, nel mondo e non solo alle nostre latitudini. C’è realmente una domanda, che non trova luoghi dove indirizzarsi e canali per esprimersi, di ricerca e di discussione che fuoriescano dalla logica della banalità a cui sempre di più assistiamo nel dibattito politico. Vi è sempre più il bisogno di riflessioni pacate e approfondite sul passato e il presente, sulla cultura politica in genere. Se rimettiamo in circolo il pensiero critico possiamo riaccendere la passione e la voglia di essere davvero protagonisti del nostro tempo».
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FINANZA / SERVIZI FINANZIARI
COSA CAMBIA PER I GESTORI PATRIMONIALI?
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a piazza finanziaria svizzera negli ultimi anni ha dovuto adattarsi a importanti cambiamenti normativi che hanno toccato anche il settore dei gestori patrimoniali, introdotti soprattutto per difendere la qualità dei servizi e gli interessi della clientela. In particolare, nel giugno del 2018 il Consiglio federale ha licenziato la Legge sui servizi finanziari (LSerFi) e la Legge sugli istituti finanziari (LIsFi)
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La LSerFi ha lo scopo di proteggere i clienti dei fornitori di servizi finanziari e di creare condizioni comparabili fra i vari attori del settore. La normativa contribuisce in questo modo a rafforzare la reputazione e la competitività della piazza svizzera. Fra l’altro definisce i requisiti per una fornitura di servizi fedele, diligente e trasparente e disciplina l’offerta di strumenti finanziari. Dal canto suo la LIsFi regola i requisiti per l’esercizio dell’attività
degli istituti finanziari, con lo scopo di proteggere gli investitori e i clienti degli istituti e di garantire la funzionalità del mercato. In seguito la FINMA, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, ha riconosciuto come standard minimo l’autodisciplina adottata dalla Asset Management Association Switzerland (AMAS), con la quale vengono recepite le nuove disposizioni della LIsFi e della LSerFi, entrate in vigore il primo gennaio 2022.
FINANZA / SERVIZI FINANZIARI
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
GIACOMO GIANELLA (G.G.) Responsabile legal & compliance di Banca del Ceresio
MASSIMO VECCHIO (M.V.) Presidente Amgest SA
SASCHA WULLSCHLEGER (S.W.) Head of Wealth Management BIL Lugano
STEFANO FIALA (S.F.) Partner – CEO Veco Invest
GIOVANNI PAGANI (G.P.) Titolare Open Partners Asset Management SA e Gruppo Pagani
CLAUDIO SCARFONE (C.S.) Head Financial Intermediaries Switzerland UBS Svizzera
re la loro attività finanziaria. Per ottenere l’autorizzazione i gestori patrimoniali indipendenti devono dimostrare di avere solidità finanziaria, un business plan sostenibile e un’organizzazione adeguata, in particolare rispetto alle funzioni di Compliance e Risk Management. In particolare per le piccole strutture, ad esempio le società unipersonali, oppure le società che negli ultimi anni si sono limitate unicamente a gestire il patrimonio di qualche loro cliente storico, oppure i gestori patrimoniali ove si pone la questione del passaggio generazionale,
questi requisiti necessari per ottenere l’autorizzazione da parte della FINMA possono rivelarsi molto onerosi sia da un punto di vista organizzativo che delle risorse finanziarie. Con l’entrata in vigore della LSerFi, tutti gli intermediari finanziari assoggettati alla FINMA, e dunque anche i gestori patrimoniali indipendenti, devono adottare tutta una serie di nuove regole di organizzazione e di condotta a tutela dell’investitore. Tra queste nuove esigenze da implementare emergono sicuramente: • L’obbligo di classificare la propria
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he cosa cambia con l’entrata in vigore della Legge sui servizi finanziari (LSerFi) e della Legge sugli istituti finanziari (LIsFi)?
G.G.: «Con l’entrata in vigore della LIsFi, i gestori patrimoniali indipendenti e altri intermediari finanziari, che precedentemente non erano sottoposti a una sorveglianza prudenziale da parte della FINMA, devono richiedere a quest’ultima un’autorizzazione per poter continuare a svolge-
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clientela come cliente Privato, Professionale o Istituzionale; Gli obblighi informativi verso il cliente, come ad esempio la consegna di un documento con le informazioni sulla LSerFi (e la relativa implementazione in seno all’intermediario finanziario) o la consegna di un foglio informativo di base sugli strumenti finanziari contenente informazioni semplificate sulle caratteristiche, sui rischi e sui costi del prodotto e che consente di fare un paragone tra i vari strumenti finanziari. Il controllo di appropriatezza, con cui l’intermediario finanziario verifica che una raccomandazione d’investimento è appropriata rispetto alle conoscenze ed esperienze del cliente in ambito di strumenti finanziari. Il controllo di adeguatezza, con cui l’intermediario finanziario verifica che la consulenza d’investimento o le operazioni eseguite nell’ambito della gestione patrimoniale siano adeguate alle circostanze personali e finanziarie del cliente, ai suoi obiettivi d’investimento e alla sua tolleranza e propensione al rischio. La formalizzazione della Best Execution Policy in un documento che fornisce al cliente informazioni in merito alla strategia adottata dall’intermediario finanziario per ottenere il miglior risultato possibile nell’ambito dei servizi di esecuzione e trasmissione ordini su strumenti finanziari».
M.V.: «Queste nuove norme comporteranno un significativo cambiamento degli standard di servizio ed a nostro giudizio interesseranno l’intera industria finanziaria elvetica. Entro la fine del 2022 infatti, tutti coloro che, tra i 2500 gestori patrimoniali indipendenti di portafogli individuali attivi in Svizzera alla data odierna (fonte ASG), e dei 250 circa attivi in Ticino, vorranno continuare ad operare, dovranno ottenere una speci-
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fica autorizzazione rilasciata direttamente dalla FINMA. L’ottenimento dell’autorizzazione da parte dell’autorità di vigilanza è un processo da non sottovalutare e necessita tempi di approvazione di diversi mesi. A tal proposito segnaliamo che, nonostante le nuove leggi in materia siano entrate in vigore nel gennaio 2020, al momento della stesura di questo articolo, il numero di gestori patrimoniali che hanno ottenuto l’autorizzazione in tutta la Confederazione è di appena 50 operatori (fonte FINMA)». S.W.: «Con l’entrata in vigore della LSerFi e della LisFi è stato introdotto un nuovo regime per gestori patrimoniali e trustee. Entro il 2022 più di 2500 gestori patrimoniali e trustee dovranno richiedere un’autorizzazzione della FINMA, e tra loro troviamo sia imprese individuali com’anche aziende di dimensioni maggiori con strutture della clientela e modelli commerciali diversificati. L’autorizzazione rilasciata dall’Autorità di vigilanza per gestori patrimoniali e trustee è un marchio di qualità. Gli istituti che hanno consegnato i documenti per l’autorizzazzione dalla FINMA quale opportunità per migliorare il proprio assetto organizzativo e che soddisfano le condizioni della LSerFi e della LIsFi ottengono la prova che l’esercizio della loro attività avviene nel rispetto degli elevati requisiti di qualità fissati dal legislatore. In questo senso, la FINMA ha informato tempestivamente in maniera proattiva e nell’ambito di un dialogo con il settore in merito alla nuova struttura della vigilanza, al processo di autorizzazione, ai principi alla base delle condizioni di autorizzazione e alla verifica dell’autorizzazione orientata al rischio». S.F.: «Da un certo punto di vista sono delle novità che ci aspettavamo e che sinceramente sono benve-
nute. Con questa nuova legge la Svizzera si è messa al passo con altre piazze finanziarie globali, quali Hong Kong e Singapore, proprio a tutela del sistema e dei clienti svizzeri e internazionali. Una legge svizzera che introduce alcuni cambiamenti sostanziali pur senza stravolgere gli equilibri della piazza, con stile pragmatico elvetico, evitando di creare troppe ed inutili complicazioni alle aziende del settore. Ciò detto, le novità sono molte ed importanti. In sintesi tre i punti principali su cui la FINMA vuole fare leva: • l’organizzazione aziendale • la professionalità dei singoli • la gestione del rischio». G.P.: «La LSerFi e LIsFi aggiornano il quadro legale svizzero di chi opera nel settore finanziario, incluso chi è attivo nel parabancario, come gestori patrimoniali indipendenti (fiduciari) e trustees, per i quali l’impatto delle nuove normative sarà maggiore rispetto alle banche. La legge sui servizi finanziari, finalizzata ad una maggiore protezione dei clienti e più trasparenza nel settore, comporta maggiori responsabilità del gestore rispetto ai servizi forniti ai clienti, più controlli interni e informative più complete sui servizi prestati e i costi. La legge sugli istituti finanziari, impone che tutte le società del settore finanziario, e quindi anche le società di gestione (e trustee), devono essere approvate dalla FINMA per poter operare, cosa che finora era necessario per le banche, ma non per il parabancario. Ottenuta la licenza, vi sarà una supervisione federale continua sulla struttura e l’operato della società». C.S.: «L’introduzione della LSerFi e della LIsFi si basa sui seguenti obiettivi: rafforzare la protezione degli investitori, fortificare la piazza finanziaria svizzera e creare condizioni comparabili per i fornitori di servizi
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finanziari. Dal 1° gennaio 2022 tutte le regole di organizzazione e di condotta della LSerFi devono essere rispettate da tutti gli istituti finanziari, compresi i gestori patrimoniali indipendenti i quali, se non dispongono ancora di un’autorizzazione FINMA, devono richiederne una entro la fine del 2022. In totale in Svizzera sono circa 2,100 i gestori patrimoniali che si sono preannunciati presso la FINMA e che, entro il 31.12.2022, dovranno fare richiesta formale per l’ottenimento della licenza». Quali saranno le ripercussioni di queste nuove misure sull’attività dei gestori patrimoniali? G.G.: «Queste misure richiedono da parte dei gestori patrimoniali degli investimenti in personale, conoscenze e applicativi informatici. Questo comporta inevitabilmente dei costi supplementari, oltre alla difficoltà oggettiva di trovare personale qualificato in certi ambiti quali la Compliance o il Risk Management. In particolare, a fronte delle nuove regole di condotta, appare evidente la necessità per i gestori patrimoniali di disporre di applicativi informatici adeguati che permettono di automatizzare i diversi processi lavorativi, siano essi di raccolta e trattamento dei dati del cliente, di consegna di documentazione, di esecuzione delle operazioni finanziarie, di analisi del portafoglio e reportistica o di controllo delle attività svolte. In questo contesto ogni gestore patrimoniale deve verificare se già opera conformemente ai nuovi standard di mercato e regolamentari. Se tale non è il caso, deve valutare se è in grado di adeguarsi ai nuovi standard autonomamente, oppure se è più conveniente appoggiarsi a degli specialisti esterni, che possono fornirgli sia dei tool informatici che un supporto puntuale su determinate tematiche. Se
entrambe queste soluzioni appaiono sproporzionate al gestore patrimoniale rispetto alla sua realtà imprenditoriale, non rimane altro da fare che valutare la possibilità di aggregarsi ad altri gestori patrimoniali, a delle piattaforme di gestori patrimoniali o eventualmente anche a delle banche specializzate nella gestione patrimoniale. O in ultima analisi cedere le proprie attività. Questo dovrebbe portare inevitabilmente a un consolidamento dei gestori patrimoniali attivi sul mercato svizzero: meno operatori ma strutture più solide e professionali. Anche se bisogna constatare come a oggi questo consolidamento stia avvenendo più lentamente di quanto pronosticato». M.V.: «L’autorizzazione FINMA ed il relativo ottenimento della stessa saranno le condizioni minime indispensabili per continuare a svolgere in maniera professionale e seria l’attività di gestione patrimoniale. Le ripercussioni a carico di ogni struttura di gestione saranno notevoli e tutti si vedranno costretti da un lato a rivedere i propri processi interni per adeguare la struttura organizzativa ai nuovi standard e dall’altro a dotarsi di personale altamente qualificato. Ad esempio, se consideriamo il quadro economico finanziario piuttosto turbolento delle prime settimane del 2022, si intuisce molto facilmente come è diventata di fondamentale attualità in ogni struttura di gestione patrimoniale di una certa grandezza la figura del risk manager, che contribuisce a contrastare le repentine correzioni dei mercati e che è in grado di applicare le opportune strategie per tutelare in modo adeguato i portafogli dei propri clienti. In quest’ambito solo coloro che saranno dotati di figure idonee al controllo del rischio, grazie al know-how elevato e all’ausilio di strumenti tecnologici evoluti, potranno affrontare con maggiori competenze la
volatilità e i rischi dei mercati finanziari. Per questo la scelta di un gestore patrimoniale qualificato diventa fondamentale». S.W.: «In sostanza, le ripercussioni possono essere riassunte come segue: per l’esercizio della loro attività a titolo professionale, i gestori patrimoniali e i trustee necessitano dell’autorizzazione della FINMA. Una volta ottenuta l’autorizzazione, sottostanno alla vigilanza continua di un organismo di vigilanza». S.F.: «Ce ne saranno molte. La più sensibile, per tutti, sarà un aumento dei costi, causato da tutta una serie di nuovi obblighi che devono essere implementati. L’attività di compliance va potenziata, perché i controlli dovranno essere superiori al passato, e curati (e riportati) con maggior dettaglio. Tanto per fare un esempio, tutti i clienti vanno “classificati”, distinguendo tra privati, professionali ed istituzionali; e il loro trattamento va gestito separatamente. È auspicabile che si introduca in azienda la figura del Risk Manager che fino ad ora non esisteva. Dovranno dunque essere controllati con maggior attenzione per esempio quali prodotti si acquistano per quali clienti; se le fasce di oscillazioni dei mandati (asset allocation strategica) vengono rispettate, ed una serie di altre verifiche legate alla gestione del rischio e non solo. Ci sarà inoltre un coefficiente minimo di solidità finanziaria che andrà ovviamente rispettato». G.P.: «Ogni gestore dovrà adattare le proprie attività e la struttura della società per ottemperare alle nuove leggi. Quindi dovrà implementare processi di lavoro più strutturati e maggiori controlli interni, come pure adottare sistemi informatici più perTICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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formanti e completi, disporre di più personale qualificato, organizzare una formazione continua e formalizzare maggiormente tutti i processi. Alle attività di investimento e consulenza ai clienti, si affiancheranno quindi numerose attività di controllo e reportistica: un processo che le banche hanno iniziato molti anni fa e che diverrà una parte importante anche per il settore parabancario. L’implementazione delle nuove disposizioni infonderà maggiore sicurezza e certezza ai clienti e, nel contempo, la piazza finanziaria avrà un ulteriore elemento a sostegno della sua reputazione riconosciuta a livello internazionale. Tutto ciò, inevitabilmente, comporterà più burocrazia e costi». C.S.: «Il mercato dei gestori patrimoniali in Svizzera, con i suoi circa 600 miliardi di averi in gestione, pari a circa il 15% del mercato svizzero di Wealth Management, è un settore estremamente importante nel panorama finanziario del nostro Paese. È quindi normale che il regolatore si sia chinato su questo settore equiparando leggi e norme per tutti gli attori della piazza finanziaria svizzera, inclusi i gestori patrimoniali. Infatti, le nuove leggi forniscono alla Svizzera una base normativa consolidata per disciplinare il rapporto tra i clienti e i loro fornitori di servizi finanziari. Ciò regolamenta anche le attività dei gestori patrimoniali e li pone sotto una vigilanza globale, mettendoli su un piano di parità con gli altri istituti finanziari». Il nuovo quadro normativo avrà delle conseguenze per la clientela e se sì quali? G.G.: «Il nuovo quadro normativo avrà sicuramente delle conseguenze per la clientela, nondimeno queste variano in modo anche significativo a seconda della tipologia di
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servizio finanziario sottoscritto dal cliente (consulenza d’investimento o gestione patrimoniale). Per i clienti che già oggi hanno sottoscritto un mandato di gestione patrimoniale, i cambiamenti dovrebbero in pratica essere minimi. Con il mandato di gestione patrimoniale il cliente delega infatti all’intermediario finanziario la gestione e le decisioni d’investimento riguardo al proprio patrimonio. Per quanto riguarda invece la consulenza d’investimento, le conseguenze sono più rilevanti. Basti pensare che il cliente dovrà qualificarsi come cliente professionale per potere accedere a dei servizi finanziari e a dei prodotti finanziari sofisticati tipici dell’attività di Wealth Management. In caso contrario l’intermediario finanziario potrebbe essere impossibilitato a offrire delle soluzioni compatibili con le aspettative di una clientela sempre più esigente. Per tutti i clienti il nuovo quadro normativo apporterà più trasparenza, visto come l’intermediario finanziario sarà chiamato a fornire tutta una serie di informazioni al suo cliente, innanzitutto sui suoi servizi e prodotti finanziari. Infine vale la pena sottolineare come la LSerFi obblighi tutti gli intermediari finanziari ad affiliarsi a un organo di mediazione. Questo dovrebbe facilitare al cliente la risoluzione di eventuali controversie con l’intermediario finanziario. Infatti l’organo di mediazione è un organo di informazione e mediazione neutrale e gratuito. La procedura di mediazione è una procedura volontaria e stragiudiziale che promuove la discussione tra le parti. Concretamente, l’organo di mediazione propone una soluzione transattiva non vincolante, che le parti possono decidere se accettare o rifiutare». M.V.: «Certamente il fatto di rivolgersi alla potenziale clientela disponendo di una organizzazione di
alto livello e usufruendo di servizi vigilati ed autorizzati dalla FINMA, accrescerà considerevolmente la qualità dell’offerta. Se consideriamo ad esempio il segmento di clientela maggiormente evoluta, con patrimoni ingenti ed esigenze complesse da soddisfare, riteniamo che la figura del gestore patrimoniale autorizzato FINMA si collochi in una nuova dimensione, assimilabile al ruolo di un Istituto finanziario vero e proprio. Basti pensare che dovranno essere applicati criteri di profilatura della clientela, fondati sull’esperienza in ambito finanziario e che la consulenza - a dipendenza della classificazione attuata - dovrà avvenire secondo i principi di adeguatezza e appropriatezza degli investimenti espressamente codificati nella LSerFI. Il tutto ad esclusivo beneficio dei clienti stessi e della salvaguardia dei loro patrimoni. In termini di nuovo business riteniamo che si potranno creare ulteriori opportunità nella misura in cui l’autorizzazione e le nuove norme sono paragonabili alla MIFID II valida nei Paesi europei» S.W.: «I clienti saranno classificati in tre segmenti: cliente privato, professionale e istituzionale. Ogni segmento comporta un livello di protezione dell’investitore diverso (per esempio un servizio di informazione e di documentazione prima di ricevere dei servizi finanziari dedicati)». S.F.: «Lo scopo della normativa, il particolare la LSerFi, è la maggior tutela del cliente. In particolare, il cliente privato avrà il massimo grado di protezione in quanto “consumatore”. Non nego che il prospettato aumento dei costi, e quindi la compressione dei margini, potrebbe indurre la piazza ad un aumento generalizzato delle commissioni di gestione».
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G.P.: «I clienti saranno resi più edotti e più tutelati sulla gestione del loro patrimonio e i rischi connessi. Inoltre, saranno informati maggiormente sia sull’andamento del loro patrimonio sia su aspetti remunerativi del gestore e della banca, inclusi eventuali conflitti di interessi e commissioni di terzi ricevute in relazione alla gestione del loro patrimonio. Infine, anche per il settore parabancario è stata istituita la figura dell’ombudsman, già esistente per le banche e le assicurazioni, con il compito di mediare soluzioni consensuali tra il cliente e il gestore in caso di contestazioni, prima che vengano intraprese le vie legali a cui il cliente ha comunque il diritto di adire». C.S.: «I clienti beneficiano di uno standard minimo di protezione degli investitori creato in Svizzera (ad es. l›obbligo di informazione dei prestatori di servizi), che deve essere rispettato da tutti gli istituti finanziari, compresi i gestori patrimoniali».
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ottimista e uno pessimista; Disporre di un budget e di una solidità finanziaria atta a coprire adeguatamente i costi fissi; Avere degli azionisti che garantiscono un’attività irreprensibile; Disporre di una direzione generale con almeno due direttori qualificati, ossia che hanno la formazione, le conoscenze e l’esperienza per svolgere le loro mansioni; Disporre di una separazione tra le funzioni di Gestione (Front), Compliance e Risk Management (a livello di organigramma); Disporre di un responsabile Compliance e Antiriciclaggio; Disporre di tutte le normative interne necessarie a regolamentare le attività svolte e la gestione dei relativi rischi (ad esempio direttiva sulle regole di condotta verso il cliente e il mercato, direttiva antiriciclaggio); Disporre dei contratti necessari (ad esempio mandato di gestione patrimoniale, mandato di consulenza, profilo di rischio); Disporre di contratti di delega in caso di outsourcing delle funzioni».
clientela estera o non residente in Svizzera e si utilizzino strumenti finanziari propri». S.W.: «I gestori patrimoniali e i trustee devono adempiere vari requisiti finanziari, organizzativi e in materia di personale. In particolare, devono fornire la prova che la loro organizzazione è adeguata e dispongono di sufficienti garanzie finanziarie. Inoltre, le persone preposte all’alta direzione e incaricate della gestione devono offrire la garanzia di un’attività irreprensibile, godere di buona reputazione e disporre delle qualifiche necessarie alla funzione. Per maggiori informazioni, si può consultare il sito internet: https://www.finma.ch/it/ autorizzazione/l-autorizzazione -a-tuttotondo».
• Quali sono i requisiti richiesti ai gestori patrimoniali indipendenti per ottenere l’autorizzazione rilasciata dalla FINMA? G.G.: «Semplificando il tutto, per potere ottenere un’autorizzazione da parte della FINMA il gestore patrimoniale indipendente deve garantire un’organizzazione adeguata e un’attività irreprensibile. Concretamente, questo comporta per il gestore patrimoniale di: • Affiliarsi a un organo di vigilanza riconosciuto dalla FINMA, che sarà poi incaricato della sorveglianza del gestore patrimoniale; • Disporre di uno statuto e di un regolamento d’organizzazione; • Disporre di un business plan su 3 anni con uno scenario realista, uno
M.V.: «I requisiti richiesti dalla FINMA per ottemperare alle nuove norme decise dal legislatore, sono principalmente organizzativi e patrimoniali. Ogni singolo gestore dovrà avvalersi della collaborazione di personale adeguatamente qualificato e preparato atto a svolgere ruoli specifici. Inoltre, a partire da una certa taglia del gestore e a dipendenza di determinati fattori di rischio, l’organizzazione interna dovrà prevedere la separazione delle funzioni in materia di risk management, di compliance e governance in grado di presidiare la complessità del business operato. In questo ambito, per esemplificare il concetto, e spiegare come la FINMA consideri il concetto di rischio, saranno applicati criteri “accresciuti”, qualora la fornitura di servizi si rivolga ad esempio a
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S.F.: «I requisiti richiesti sono: • Procedure di compliance • Procedure di risk management Formazione professionale adeguata di chi ha contatti con la clientela Formazione continua in ambito AML/PB/ecc…. Formazione professionale adeguata per i gestori patrimoniali Cross border activity regolamentata Solidità finanziaria».
G.P.: «La società di gestione deve innanzitutto essere affiliata ad un ombudsman e ad un organo di vigilanza autorizzato svizzero che supervisionerà la società. Inoltre, la società deve avere un’adeguata organizzazione, processi e competenze per gestire l’attività e i rischi, e mezzi finanziari (capitale) adeguati a operare in modo conforme alle leggi. Questa formulazione mostra bene che ogni società, a dipendenza della dimensione, del tipo di clienti e di attività, avrà TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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requisiti differenti che la FINMA, prima di autorizzarla, valuterà se sufficienti per garantire gli standard di legge. Le grandi società dovranno avere capitali superiori e un’organizzazione più ampia dei piccoli gestori. I gestori con clienti provenienti da paesi ad alto rischio o persone esposte politicamente, quindi con rischi superiori di capitali di provenienza illecita, dovranno avere processi più strutturati e personale dedicato alla gestione di questo tipo di rischi». C.S.: «Per l’ottenimento della licenza, la FINMA ha giustamente preferito un approccio orientato al rischio piuttosto che applicare il concetto di “one size fits all”. Dossiers di gestori patrimoniali che hanno modelli di business relativamente complessi verranno verificati in maniera più approfondita rispetto a gestori patrimoniali che hanno modelli di business più semplici. In generale si può dire che i gestori patrimoniali devono adattare la loro organizzazione e le loro procedure operative (corporate governance) ai nuovi standard e documentarli. Inoltre, devono aderire a un organismo di vigilanza ed essere controllati da quest’ultimo in modo che possano presentare la domanda di autorizzazione all’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA entro la fine dell’anno». In che misura i nuovi standard rafforzeranno la reputazione e la competitività della piazza finanziaria svizzera? G.G.: «È indiscutibile che i nuovi standard rafforzeranno la reputazione della piazza finanziaria svizzera e la tutela degli investitori. In effetti, sia le nuove regole di organizzazione che di condotta permetteranno di evitare che ci siano sulla piazza degli intermediari finanziari poco seri che la-
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vorano a scapito dei clienti, a volte compiendo anche truffe clamorose. D’altra parte, la Svizzera era un’anomalia nel panorama finanziario internazionale nella misura in cui non sottoponeva a vigilanza prudenziale i propri gestori patrimoniali indipendenti. Rafforzando la reputazione della piazza finanziaria svizzera si rafforza automaticamente la sua competitività. Non bisogna tuttavia dimenticare che alla base del successo della nostra piazza finanziaria non c’è solo la stabilità politica e economica della Svizzera, bensì pure una regolamentazione pragmatica, liberale e sussidiaria che ha permesso negli anni a tutti gli operatori di sviluppare uno spirito imprenditoriale secondo a nessuno nell’industria finanziaria. Bisogna dunque stare attenti a non stravolgere questo quadro normativo e perdere la nostra imprenditorialità, in particolare copiando ordinamenti e normative estere di paesi che non sono mai stati capaci di sviluppare una piazza finanziaria degna di nota. Per il momento il legislatore svizzero sembra esserci riuscito. Tuttavia non mancano le pressioni, in particolare internazionali, per cambiare rotta. A questo trend bisogna assolutamente resistere». M.V.: «Il legislatore ha certamente voluto introdurre nuovi standard per proteggere i risparmiatori ad aumentare il livello dei servizi offerti, non di meno auspicando un rafforzamento della reputazione e della competitività dell’intera piazza finanziaria elvetica. È sufficiente pensare che fino ad ora, nel panorama degli operatori del settore, si poteva condurre la gestione patrimoniale e la relativa consulenza finanziaria rivolgendosi a clientela con patrimoni consistenti, anche mediante una struttura composta da una sola persona, che non disponeva di sostituti e non forniva la garanzia di continuità. Si intui-
sce facilmente come fosse estremamente elevato il rischio potenziale di minore attenzione ai sistemi di backup e di controllo. La qualità dei servizi e la sicurezza per i clienti saranno pertanto notevolmente migliorate». S.W.: «L’obiettivo della LSFi è proteggere maggiormente gli investitori e creare standard comparabili per i fornitori di servizi finanziari (comparato agli standard presenti attualmente nell’unione europea). Richiede che i fornitori di servizi finanziari introducano regole di condotta estese e forniscano ai propri clienti informazioni e documenti completi». S.F.: «Per essere competitiva, una piazza finanziaria deve essere affidabile, ben dimensionata, aver grandi competenze, ed avere una regolamentazione simile alle altre importanti piazze finanziarie mondiali come Singapore, Londra, Hong Kong o New York. I nuovi standard vanno letti in questo senso, per garantire un elevato livello di sicurezza e competenza, a tutto vantaggio e a tutela soprattutto della clientela. Un altro tassello importante che rafforza ancora di più la solidità e affidabilità svizzera che da un lato potrà attrarre nuovi capitali (trend che non si è mai fermato), dall’altro lato si spera potrà permettere (finalmente) di avere accesso ai mercati esteri (non da ultimo l’Italia)». G.P.: «Non solo le banche ma tutto il settore finanziario, anche parabancario, sarà regolato e sorvegliato a livello nazionale, uno standard necessario per la credibilità internazionale. Con il processo di consolidamento delle società di gestione (con vari anni ritardo sulle banche), tali società, più grandi, strutturate e con personale più qualificato, diverranno un pilastro importante della piazza finanziaria svizze-
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ra, affiancando il settore bancario. La nostra piazza finanziaria, con la sua lunghissima tradizione e di riconosciuta competenza, gode di una ottima reputazione internazionale, non sempre percepita allo stesso modo all’interno dei nostri confini nazionali. La nuova regolamentazione, in linea con gli standard internazionali di protezione dei clienti e di trasparenza, e il rafforzamento del settore finanziario nel suo insieme, non possono che rafforzare la sua reputazione e competitività in Svizzera e all’estero. Nel contesto internazionale, con queste modifiche, le carte in regola per accedere ai mercati dell’Unione Europea, Italia in primis, ora le abbiamo, sta dunque alla politica affinché questo avvenga». C.S.: «È innegabile che questi nuovi standard aumenteranno la professionalizzazione della piazza
finanziaria. La licenza FINMA è un chiaro “marchio di qualità” che sicuramente verrà apprezzato e ricercato dai clienti e, si spera, verrà accettato e riconosciuto anche a livello internazionale in quanto le nuove norme creano
uno standard minimo uniforme di protezione degli investitori per tutti gli istituti finanziari, compresi i gestori patrimoniali indipendenti e gli istituti finanziari esteri che forniscono servizi transfrontalieri in Svizzera».
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FINANZA / CRISTINA MADERNI
LA COMPETENZA DEI FIDUCIARI COMMERCIALISTI moniali devono rispettare regole di governo aziendale più stringenti oltre che prepararsi, entro il 2022, a confrontarsi con nuovi modelli di autorizzazione e vigilanza».
INTERVISTA A CRISTINA MADERNI, PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE TICINESE DELLE ASSOCIAZIONI DI FIDUCIARI FTAF
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he cosa cambia con l’entrata in vigore della Legge sui servizi finanziari (LSerFi) e della Legge sugli istituti finanziari (LIsFi)? «Queste due importanti leggi, corredate dalle rispettive ordinanze di esecuzione, sono ormai in vigore da oltre un anno. Si tratta di provvedimenti complementari: la prima disciplina l’offerta di servizi finanziari, la seconda introduce nuovi principi di vigilanza per le diverse categorie di istituti finanziari, fra cui i gestori patrimoniali. All’interno del settore fiduciario ticinese, le novità di legge toccano i soli fiduciari finanziari, sottoposti fino a fine 2020 alla legge sull’esercizio delle professioni di fiduciario (LFid), che oggi ancora si applica ai fiduciari commercialisti e immobiliari. I cambiamenti che conseguono per i gestori patrimoniali sono rilevanti. Sotto il profilo comportamentale, il settore si deve adeguare a rigorose regole di trasparenza, volte a rafforzare la protezione degli investitori. Sotto il profilo organizzativo, i gestori patri-
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Quali saranno le ripercussioni di queste nuove misure sull’attività dei fiduciari? «La legislazione mira a rafforzare la piazza finanziaria svizzera. Ne conseguono vantaggi di lungo periodo non solo per il settore della gestione patrimoniale, ma per l’intero sistema finanziario nazionale. A livello di singola azienda, i nuovi standard organizzativi ed i relativi maggiori costi di amministrazione, compliance e adeguamento alle regole di vigilanza non possono però che aumentare la pressione sui conti economici, da tempo soggetti a crescenti oneri relativi ad adempimenti burocratici, che non sono ribaltabili sulla clientela. Ne deriverà un’accelerazione nella ricerca di efficienza tramite digitalizzazione, sinergie, alleanze ed eventualmente accorpamenti aziendali». Il nuovo quadro normativo avrà delle conseguenze per la sua clientela e se sì quali? «Sono un fiduciario commercialista, la mia attività e la mia clientela non sono direttamente toccate dal nuovo quadro normativo. È peraltro vero che ogni miglioramento della percezione della sicurezza della piazza finanziaria da parte della clientela è destinato a valorizzare le professioni basate su rapporti di fiducia».
Quali sono i requisiti richiesti ai fiduciari per svolgere la propria attività? «Dato un differente regime autorizzativo, i requisiti richiesti ai gestori patrimoniali, sottoposti a FINMA, e ai fiduciari commercialisti e immobiliari, sottoposti all’Autorità cantonale di vigilanza, non possono coincidere se non nei principi generali di trasparenza e tutela del cliente, di professionalità, onorabilità e formazione di base e continua. Ai gestori patrimoniali, FINMA richiede di adempiere vari requisiti finanziari, organizzativi e in materia di personale. In particolare, devono fornire la prova che la loro sede è in Svizzera, che la loro organizzazione è adeguata, dotata con una gestione dei rischi, della compliance e del controllo interno. Devono inoltre disporre di sufficiente capitale ed aderire ad un organismo di vigilanza». Quali vantaggi offre la Svizzera in materia di protezione dei beni e perché utilizzare un fiduciario ticinese? «Dal punto di vista del cliente, la maggiore garanzia di protezione viene dalla qualità della giurisdizione svizzera, universalmente riconosciuta. In Ticino, in particolare, la professione fiduciaria può vantare una lunga tradizione di successo e di vicinanza al territorio, basata sulla professionalità nell’accompagnare clienti individuali ed aziendali nel proprio percorso di crescita. La motivazione per utilizzare un fiduciario ticinese va appunto ricercata nella competenza e nella dedizione della nostra categoria».
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FINANZE / CRYPTO ASSETS
ASSET DIGITALI “NEXT STEP” PER LA GESTIONE PATRIMONIALE? MICHELE FICARA MANGANELLI, DIRETTORE DI THE SWISS BLOCKCHAIN CONSORTIUM, ILLUSTRA COME GLI ASSET DIGITALI RAPPRESENTINO L’IMPERDIBILE “NEXT STEP” DI UNA GESTIONE PATRIMONIALE PIÙ EVOLUTA.
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l futuro non è più quello di una volta” recita un famosissima frase molto diffusa tra i maggiori esperti di innovazione digitale. È ormai sotto gli occhi di tutti come i cosiddetti “Crypto Assets” nella loro definizione più generale ed inclusiva, insieme al mondo Fintech e “Defi - Decentralized Finance” siano divenuti i nuovi protagonisti indiscussi della scena finanziaria mondiale. Non passa giorno infatti che le prime pagine dei principali media finanziari mondiali non riportino notizie di grandi banche ed aziende del calibro di JP Morgan o di aziende delle dimensioni planetarie di Tesla, oppure Microstrategy che insieme ai loro fondi di investimento dedicati non effettuino acquisti milionari di Crypto Assets nelle loro forme più diffuse quali possono essere le semplici Cryptovalute ed i loro derivati, o più recenti NFT – Non Fungible Token ultima frontiera della tokenizzazione digitale di assets fisici. Va inoltre ricordato, che per volontà del governo federale, ed anche di molte istituzioni locali, oggi la Svizzera abbia conquistato il primato mondiale di “Crypto-Nazione” costruendo la legislazione Crypto più evoluta a livello mondiale, fiore all’occhiello di un sistema paese
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che attira molte imprese crypto di calibro globale in territorio elvetico. Ricordiamo inoltre a livello locale come proprio la Municipalità di Lugano, con grandissimo coraggio, ha lanciato il primo esempio mondiale di economia circolare municipale basata su una Crypto, il MyLuga, unica ad essere certificata a livello Finma. È chiaro che dopo queste premesse il “Crypto Assets” sia un fenomeno che non si può più ignorare e anzi che deve essere preso velocemente in considerazione a livello di gestione patrimoniale. Proprio per questo che negli ultimi mesi molte entità finanziare tradizionale, leader di mercato, hanno iniziato a stabilire al loro interno delle “task force” dedicate allo studio del mercato Crypto. Come Swiss Blockchain Consortium veniamo oggi coinvolti su vari tavoli, in qualità di esperti accreditati, al fine di fornire approfondite analisi tecniche sulle varie tipologie di Crypto assets affinchè chi si occupa di definire prodotti di investimento possa proporre alla propria clientela solo il meglio del mercato.
Oggi infatti sul mercato sono presenti oltre 10.000 diverse cryptovalute che spesso hanno avuto performance incredibili con incrementi a doppia e spesso tripla cifra oltre al mondo degli NFT, Non Fungible Token che dopo avere rivoluzionato il mondo dell’arte, oggi permettono di tokenizzare qualsiasi asset fisico non liquido, come ad esempio oggetti rari di alto valore, come vini ed orologi, diritti di accesso, land virtuali, fino ai purosangue di corsa: tutte opportunità assolutamente imperdibili per diversificare gli assets di una gestione patrimoniale troppo spesso obsoleta e legata a schemi ormai superati. Naturalmente in un settore così effervescente come quello dei crypto assets si possono nascondere, come sempre, rischiose insidie, ed ecco perché avere al proprio fianco un partner qualificato ed affidabile e da sempre specializzato nel settore, permette di cogliere solo il meglio di questo mondo. Per ulteriori informazioni: info@ticinowelcome.ch
FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
IL NUOVO REGIME FISCALE PROPOSTO DALL’OCSE AVRÀ DELLE CONSEGUENZE ANCHE PER LA NOSTRA ECONOMIA: PER RIMANERE CONCORRENZIALI SARÀ NECESSARIO INTRODURRE MISURE ACCOMPAGNATORIE ADEGUATE.
MINIMUM TAX, QUALE IMPATTO SULLA SVIZZERA?
A destra Franco Citterio, Direttore ABT
N ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE Villa Negroni CH-6943 Vezia +41 (0)91 966 21 09 www.abti.ch
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egli scorsi mesi si è discusso ampiamente della “minimum tax”, una tassa che prevede un’aliquota fiscale minima del 15% per le multinazionali. L’idea di modificare l’attuale regime fiscale, nell’aria da diversi anni, si è concretizzata in autunno con un accordo internazionale adottato da 137 paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). In realtà, sebbene il focus dei media sia spesso sull’aliquota del 15%, l’accordo è basato su due pilastri: da un lato i Paesi dell’OCSE vogliono che le cento aziende più grandi del mondo siano tassate non solo nel paese in cui la società ha sede, ma anche dove vengono effettivamente ottenuti i ricavi, ossia dove si consumano i rispettivi servizi. Per la Svizzera il meccanismo funzionerà nei due sensi: le aziende svizzere
esportatrici dovranno pagare le tasse sugli utili realizzati in altri paesi, mentre le aziende estere che importano in Svizzera pagheranno una parte di tasse nel nostro paese. Secondo le prime stime ad essere interessate dal nuovo regime fiscale saranno diverse multinazionali elvetiche, come i giganti della farmaceutica Novartis e Roche e dell’alimentare Nestlé. Con il secondo pilastro dell’accordo, la sopracitata minimum tax, si vuole introdurre un tasso d’imposizione minimo del 15% per le aziende che raggiungono un fatturato annuo mondiale di oltre 750 milioni di euro. Nel caso della Svizzera, si prevede che a rientrare in questo regime saranno tra le 200 e 300 aziende. Inoltre, ad esse si aggiungerebbero circa 2-3 mila filiali di aziende estere operanti nella Confederazione. L’obiettivo dei firmatari è chiaro: imponendo uno standard fiscale minimo
FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
uniforme a livello globale si vuole contrastare quella “corsa al ribasso” che porta le multinazionali a delocalizzare le proprie attività in paesi con una fiscalità più conveniente, con le conseguenze del caso. Pensiamo alle BigTech, molto criticate perché con il regime fiscale attuale beneficiano di una tassazione molto basse e riversano ai Paesi dove operano solo una piccola parte degli enormi profitti realizzati. In Svizzera il nuovo regime fiscale entrerà in vigore nel 2024 La Svizzera è stata coinvolta nelle discussioni a livello internazionale e il Consiglio federale già in estate aveva dichiarato di essere favorevole all’accordo OCSE. La road map svizzera si è concretizzata il 13 febbraio, quando il Consiglio federale ha deciso di attuare, con una modifica costituzionale, l’imposta minima del 15% concordata dall’Ocse e dagli Stati del G20 per le grandi multinazionali. L’entrata in vigore è stata stabilita il primo gennaio 2024 e sarà garantita da un’ordinanza temporanea alla quale, in una seconda fase, seguirà una legge per modificare la costituzione. Berna ha inoltre specificato che questo cambia-
mento necessiterà di tempo e di adeguate misure accompagnatorie onde evitare una perdita di attrattività dell’economia svizzera. Le conseguenze per le banche svizzere Come sottolineato dall’Associazione svizzera dei banchieri (ASB), gli istituti bancari non sono toccati direttamente dal primo pilastro in quanto fornitori di servizi finanziari già regolamentati. Non va tuttavia dimenticato che le banche riflettono l’intera economia e sarebbero quindi indirettamente colpite qualora la competitività della Svizzera dovesse diminuire. Nel secondo pilastro, le grandi banche svizzere e straniere sarebbero in linea di principio colpite al pari di qualsiasi altra grande impresa. Jan Weissbrodt, Head of Tax dell’ASB, a questo proposito ha spiegato che «alcuni aspetti particolari dell’attività bancaria sarebbero particolarmente colpiti dal secondo pilastro, come ad esempio le differenze significative tra il modo in cui vengono calcolati gli utili in Svizzera e a livello internazionale. Con il sistema proposto dall’OCSE, verrebbe sempre tassato il più alto dei due valo-
ri di profitto annuali, quindi le normali fluttuazioni di valore da un anno all’altro potrebbero comportare che lo stesso importo venga tassato due volte. Sarà essenziale trovare soluzioni nella metodologia di calcolo che possano contrastare questi effetti». Servono misure accompagnatorie L’impatto della global minimum tax non sarà marginale: la nostra economia è orientata verso le esportazioni e non ha un mercato domestico particolarmente sviluppato. Inoltre, uno dei fattori di competitività consiste proprio nella tassazione moderata. Gli ambienti economici hanno infatti manifestato il timore che la Svizzera possa perdere entrate fiscali da grandi gruppi che registrano la maggior parte delle loro vendite e profitti all’estero. Rispondendo ai timori espressi dal mondo economico, il Governo sottolinea che la Svizzera dispone di un margine di manovra in materia di politica fiscale per contrastare un’eventuale perdita di attrattiva della piazza economica aggiungendo che la Confederazione, i cantoni, le città e i comuni collaboreranno strettamente all’attuazione della proposta. Un concetto ribadito anche dalla Segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali Daniela Stoffel la quale, in occasione dell’Assemblea generale dell’Associazione Bancaria Ticinese tenutasi lo scorso settembre, in un’intervista per il nostro sito web aveva dichiarato: «se è vero che ci conformeremo agli standard accertandoci che le nostre aziende siano tassate adeguatamente a livello internazionale, ci assicureremo anche che vengano introdotte delle compensazioni di tipo fiscale o finanziario e, più in generale, delle condizioni quadro migliori atte mantenere la competitività del mercato». Queste misure sono richieste da tutti i settori dell’economia compreso il settore finanziario, che non può permettersi di perdere attrattività in un contesto già fortemente competitivo. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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FINANZA / BPS (SUISSE) 01
UN ALTRO ANNO DA RECORD 02
LA FLESSIBILITÀ OPERATIVA DI BPS (SUISSE) E IL SOSTEGNO DEL PERSONALE HANNO PERMESSO DI PORTARE AVANTI PROGETTI E INIZIATIVE PIANIFICATE, MALGRADO GLI SCOMPENSI DELLA PANDEMIA, E DI REALIZZARE IN BUONA MISURA GLI OBIETTIVI PREFISSI, COME È CONFERMATO NEL RAPPORTO D’ESERCIZIO 2021 DAL MIGLIORAMENTO DEI RISULTATI IN TUTTI I PRINCIPALI AGGREGATI E A CONTO ECONOMICO.
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a connotazione di banca universale di BPS (SUISSE) rappresenta una caratteristica importante per la sua affermazione commerciale e al tempo stesso un banco di prova, dovendo fronteggiare una concorrenza variegata e aggressiva. In chiave strategica, l’obiettivo centrale è di soddisfare le aspettative di una clientela in palese evoluzione per effetto dei cambiamenti sociali e culturali indotti dalle nuove tecnologie e dagli avvicendamenti generazionali. La migrazione alla nuova versione del sistema informatico di base Olympic è stata attuata con successo e gli sviluppi post-migrazione prevedono numerose funzionalità migliorative e l’avvio di ulteriori importanti progetti informatici, a beneficio dell’operatività ordinaria e dell’efficienza interna. La rete territoriale è composta da 20 sportelli fisici ubicati in 8 Cantoni e, con una presenza, nel Principato di Monaco, ai quali si aggiungono l’Uffi-
cio di rappresentanza di Verbier (VS) e l’unità virtuale Direct Banking. Essenziale il mantenimento di un riferimento fisico a livello locale, a testimonianza della stabilità della presenza e della volontà di rispondere in modo diretto ai bisogni della clientela. L’aspetto della salute e della sicurezza di dipendenti (347, 7 in più rispetto al 2020), clienti e fornitori, ha avuto massima attenzione in ogni circostanza. L’attività commerciale è stata condotta ad ampio raggio con alterna intensità, a causa del perdurare di restrizioni alla mobilità delle persone, le quali hanno costretto a intercalare il canale virtuale alle modalità in presenza e a diradare lo spazio dedicato agli eventi. La raccolta dalla clientela ha raggiunto CHF 5.613.400.000 (+9%), di cui CHF 3.535.500.000 (+9%) come raccolta diretta e CHF 2.077.900.000 (+10%) quale raccolta indiretta. Favorita dal rialzo dei listini e dalla ripresa dell’interesse degli investitori, l’attività
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01 Mauro De Stefani Presidente della Direzione Generale 02 Sede della Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) a Lugano
di gestione patrimoniale e di consulenza in investimenti ha registrato un marcato incremento. In tale ambito sono state sviluppate soluzioni e proposte sempre più green, unendo obiettivi di rendimento a valori etici, sociali e ambientali. Altrettanto positiva è stata l’evoluzione di Popso (Suisse) Investment Fund SICAV, di diritto lussemburghese, per la quale prosegue il progetto di riorientamento dei comparti verso la finanza sostenibile. L’attività con la clientela retail è proseguita su solide basi e la gamma di prodotti e servizi risulta essere disponibile anche con modalità di apertura online della relazione bancaria e dei pacchetti di prodotti. Gli impieghi alla clientela sono cresciuti a CHF 5.083.400.000 (+6%), di cui CHF 4.527.100.000 (+6%) nella forma di crediti ipotecari e CHF 556200.000 (+7%) come altri crediti nei confronti della clientela. La politica creditizia è declinata con grande attenzione alle realtà locali, sia per finalità commerciali che di corretta valutazione del rischio. Il Risultato netto da operazioni su interessi è cresciuto a CHF 60.730000 (+3%), grazie all’aumento del portafoglio crediti e alla riduzione dei costi di
raccolta, mentre il Risultato da operazioni su commissione e da prestazioni di servizio si è incrementato a CHF 28.780.000 (+22%), in seguito all’evoluzione delle masse in consulenza e in gestione in un contesto favorevole, mentre il Risultato da attività di negoziazione e dall’opzione fair value si è ridotto a CHF 14.350.000 (-30%) a causa di fattori esterni, quale il restringimento ai minimi storici del differenziale di tasso del franco svizzero nelle operazioni di swap su divise. I dati confermano l’attenta gestione nonostante il perdurare del periodo emergenziale. Il Risultato d’esercizio al netto di ammortamenti e accantonamenti si è fissato a CHF 28.200.000 (+3%), mentre l’Utile (risultato del periodo) conseguito è stato di CHF 22.400.000 (+11%), a coronamento di un’attività resa complicata dal difficile contesto. Il Capitale proprio al 31 dicembre 2021 si incrementa a CHF 430.683.000 (+ 5%). Come da tradizione, la Relazione d’Esercizio 2021 è arricchita quest’anno dall’inserto culturale dedicato a Dimitri Jakob Müller, noto con il nome d’arte di “Dimitri” (Ascona1935–Centovalli, 2016), circense, mimo e attore teatrale svizzero, divenuto famoso come clown.
03 Da sinistra a destra: Paolo Camponovo, Mauro De Stefani, Roberto Mastromarchi e Mauro Pedrazzetti 04 Inserto culturale della Relazione d’Esercizio 2021 dedicato al clown Dimitri (1935-2016)
DIMITRI
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Uomo, padre e artista. Una vita per il palcoscenico
Testi di Maurizio Canetta, Nicoletta Ossanna Cavadini, Raffaele De Ritis, Masha Dimitri, Michele Fazioli, Patrick Ferla, Daniele Finzi Pasca, Raffaele Morelli, Florian Reichert
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FINANZA / BANCA MIGROS
SERVIZI A MISURA D’AZIENDA PAOLO ZELLA, RESPONSABILE DELLA CLIENTELA AZIENDALE BANCA MIGROS, FA IL PUNTO SULLE STRATEGIE, I SERVIZI E I PRODOTTI OFFERTI ALLA CLIENTELA, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE AZIENDE: LA PAROLA D’ORDINE È “PERSONALIZZAZIONE”.
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uali sono i punti di forza dell’offerta di Banca Migros nei confronti della clientela aziendale? «Negli ultimi anni il numero di aziende che ci hanno scelto come partner è cresciuto notevolmente. Questo fattore ha inciso in modo importante sulle analisi delle esigenze del target e sulla conseguente gamma di pro-
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dotti e servizi offerti da Banca Migros. Cercare un valore aggiunto in termini di prodotti specifici per il target aziendale, è oggigiorno molto difficile; Banca Migros è allineata all’offerta proposta dagli altri istituti finanziari e si può infatti considerare una banca universale. I punti di forza su cui oggi investiamo e vogliamo fare la differenza riguardano tutti quei “vantaggi trasversali” che offriamo ai nostri clienti. I più importanti fattori che ci spingono ogni giorno a fare meglio sono: qualità, proattività e flessibilità. Per questo motivo investiamo molto sulle competenze dei collaboratori, ci preoccupiamo che queste siano sempre aggiornate e allineate con le esigenze dei clienti. Ci assicuriamo inoltre che gli strumenti offerti ai nostri consulenti permettano di svolgere al meglio il lavoro. Monitoriamo con dedizione e costanza ogni nostro cliente ed è nostra premura assicurarci il buon funzionamento della partnership e di colmare assieme eventuali lacune. Abbiamo a tal proposito implementato un nuovo strumento: SPUNO che sostiene i nostri collaboratori nella gestione dei colloqui di consulenza, permettendoci con il cliente tematiche a 360°. Questo strumento è estremamente efficace anche in termini di flessibilità, in quanto permette una visione completa della situazione aziendale, evidenzia eventuali problematiche riscontrate dai conti annuali e dalle informazioni inserite nell’applicativo, permette all’azienda di vedere il posizionamento sul mercato rispetto alle aziende affini. Con questo strumento, utilizzabile sia in Banca che al domicilio del cliente, i nostri consulenti hanno la possibilità di costruire assieme degli obiet-
tivi / proposte di miglioramento ed elaborare una strategia vincente. Dalla nostra esperienza abbiamo infatti appreso, che le aziende desiderano essere accompagnate durante lo svolgimento della loro attività ed essere sostenute in caso di problematiche, per questo possiamo dire oggi, che ci sentiamo parte integrante dei nostri clienti, definendo la nostra, una vera collaborazione di squadra». A quale specifica tipologia di clienti si rivolge il dipartimento di Banca Migros di cui lei è responsabile? «La tipologia di clienti al quale ci rivolgiamo è molto vasta, la nostra area di riferimento è focalizzata in PMI attive soprattutto nel settore immobiliare e commerciale. Oggi possiamo dire che grazie all’evoluzione del dipartimento aziendale in Banca Migros, il target si è ampliato, e siamo in grado di soddisfare la maggior parte delle esigenze delle società presenti sul territorio svizzero. Non dimentichiamo che apparteniamo ad un gruppo attivo nella grande distribuzione e non solo: le aziende sono parte del nostro DNA. Quando si parla di target della clientela aziendale, è necessario considerare il trend del mercato e la situazione economica complessiva. Il mercato immobiliare ha registrato un importante crescita negli ultimi anni pertanto possiamo affermare che le aziende attive nel settore immobiliare rappresentano una parte importante del nostro portafoglio complessivo. Tuttavia, grazie all’ampliamento dei prodotti offerti e allo sviluppo e innovazione del servizio offerto, possiamo definirci oggi un partner attrattivo non solo per le PMI ma anche per le grandi imprese».
FINANZA / BANCA MIGROS
Che cosa significa nel concreto la vostra proposta di una consulenza personalizzata finalizzata alle esigenze di ogni singola azienda? «Come annunciato in analisi della prima domanda, Banca Migros ha implementato un nuovo applicativo: SPUNO con l’obiettivo di sostenere il consulente in sede di colloquio con il cliente, permettendogli di eseguire una consulenza a 360°, individuare criticità / opportunità e concentrarsi maggiormente su di esse. Il settore aziendale ha la particolarità di essere composto da clienti diversi tra loro, ognuno con una realtà a sé stante, per questo motivo è importante avere i mezzi per poter individuare e offrire loro ciò che effettivamente necessitano, mettendo in atto quella che oggi chiamiamo “consulenza personalizzata”».
• Finanziamenti strutturati: questa tipologia di credito concerne operazioni aziendali più complesse come le acquisizioni, il finanziamento di progetti infrastrutturali, l’espansione/ crescita in settori nuovi o esistenti nell’azienda o in nuove tecnologie. Abbiamo in Banca Migros un team di esperti che ci sostiene nella concessione e gestione di questa tipologia di finanziamenti e ci supporta anche in ambito successorio, tema che con il numero di successioni alle porte ricopre un ruolo fondamentale. Il denominatore comune di questi prodotti creditizi è la personalizzazione. Abbiamo la possibilità di adattare il credito all’esigenza specifica grazie anche a soluzioni combinate, flessibili e in linea con quanto richiesto».
Un’esigenza particolarmente sentita dalle aziende riguarda la possibilità di ricevere finanziamenti. Quali soluzioni avete appositamente messo a punto per il segmento delle PMI? «La possibilità di ricevere dei finanziamenti è un tema molto importante che affrontiamo oggigiorno con i nostri clienti. Le forme di finanziamento offerte variano di principio a seconda della tipologia dell’azienda e dallo scopo del credito. Possiamo suddividere come segue le diverse soluzioni di credito: • Finanziamenti ipotecari / credito di costruzione: trattasi finanziamenti messi a punto quando lo scopo del credito è un oggetto immobiliare. • Finanziamenti commerciali: all’interno di questo “ramo” esistono ulteriori suddivisioni che variano a seconda del tipo di cliente e delle sue esigenze, tra i più conosciuti ed utilizzati troviamo ad esempio il credito in conto corrente, anticipi / prestiti a tasso fisso. • Leasing: soluzione di finanziamento vantaggiosa per l’acquisto di attrezzature, veicoli, macchinari… in quanto permette alle aziende di aggiornare regolarmente i propri attivi di bilancio senza influenzare in modo diretto le liquidità aziendali.
Su quali elementi basate la vostra valutazione qualitativa per l’erogazione di finanziamenti? «In fase di analisi per la valutazione della sostenibilità creditizia, entrano in gioco due fattori: valutazione quantitativa, basata su dati oggettivi, concreti e misurabili e una valutazione qualitativa, la quale è meno razionale e si basa su un giudizio che può essere interpretabile. È importante specificare che quando concediamo un finanziamento significa che siamo disposti ad assumerci un rischio finanziario, per questo è per noi fondamentale diventare un partner con cui condividere conoscenze e strategia. Desideriamo conoscere i nostri clienti / potenziali sotto ogni punto di vista per questo motivo prestiamo particolare attenzione al settore in cui l’azienda opera, all’esperienza che ha sul mercato, al know how dei manager, alla struttura nel complesso, al posizionamento sul mercato… Sono tutti elementi valutati sia durante un primo colloquio che monitorati / aggiornati nel corso della relazione. Questo ci permette di mantenere un alto valore sul mercato in termini di serietà, responsabilità e affidabilità».
Banca Migros vanta una significativa presenza nel settore dei mutui immobiliari. Oltre ai crediti, quali altri servizi immobiliari erogate alla clientela? «Il tema dei finanziamenti non riguarda esclusivamente la valutazione della sostenibilità e la rispettiva concessione di un credito. Di seguito desidero illustrare le diverse fasi per la realizzazione di un progetto immobiliare nel quale abbiamo maturato molta esperienza e rappresenta oggi, uno dei nostri vantaggi competitivi: • Fase di presentazione/analisi del progetto: lavoriamo in modo attento e peculiare su elementi parzialmente tangibili preoccupandoci della sua fattibilità, dei suoi punti di forza/debolezza e costruiamo assieme al cliente un piano di azione al fine di poter dare vita al progetto. • Fase di valutazione: una volta raccolti e analizzati i dati dell’azienda e del progetto sottopostoci, entriamo nel vivo dell’analisi finanziaria dove possiamo concretamente definire la sostenibilità del cliente e la fattibilità del progetto da un punto di vista monetario. In questa fase sottoponiamo al cliente le nostre migliori offerte e soluzioni che corrispondono alle sue esigenze. • Fase di concessione: fase puramente amministrativa che considera la messa a punto di tutte le condizioni accordate con il cliente, la firma dei contratti e l’erogazione del finanziamento. • Fase di realizzazione: una volta che il credito è stato erogato, accompagniamo i nostri clienti in tutta la fase di realizzazione del progetto. Possiamo considerarla una delle parti più avvincenti del nostro lavoro in quanto “tocchiamo con mano” la gratitudine dei nostri clienti che vedono realizzare concretamente il proprio progetto e ci sentiamo parte integrante del loro operato. • Fase di consolidamento: con il cliente consolidiamo il finanziamento valutando le sue esigenze oppure lo TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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sosteniamo nella vendita delle singole PPP offrendo finanziamenti interessanti agli acquirenti finali». In che misura e in che modo procede il processo di digitalizzazione dei servizi bancari anche al fine di soddisfare una clientela giovane (E-Banking)? «Siamo oggi interfacciati con un profondo processo di cambiamento che ha coinvolto in modo importante il settore dei servizi in generale ma soprattutto il settore finanziario. Si parla dell’ormai nota “era digitale”. Come Banca ci siamo tempestivamente adeguati alle esigenze e ai processi del mercato, effettuando al nostro interno numerosi investimenti che hanno, da un lato dato il via al lancio di nuovi servizi in formato digitale e dall’altro allineato le competenze digitali dei nostri dipendenti. Oggi i nostri clienti hanno la possibilità di utilizzare non solo molte funzionalità messe a disposizione dall’Online Banking ma anche di effettuare l’apertura di una relazione bancaria direttamente online come anche la possibilità di richiedere finanziamenti leasing. Tra gli effetti pandemici si registra anche la spinta che questo fenomeno ha dato in termini di Smart Working che ci ha messo di fronte ad evidenti lacune alle quali siamo riusciti a rispondere tempestivamente. Infatti oggi ci è fornita la possibilità di effettuare consulenza da remoto, direttamente al domicilio del cliente o mantenere la tradizionale “visita in banca”. Il processo di sviluppo e di adattamento ad un’era digitalizzata è un tema consolidato in Banca Migros la quale lavora costantemente sia per migliorare i propri servizi digitali offerti ai clienti sia per rendere più efficace e più “smart” il sistema ed il processo lavorativo al suo interno. A tal proposito. vengono regolarmente effettuate indagini sul mercato che ci permettono di individuare anche
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dal punto di vista digitale e tecnologico, cosa i nostri clienti desiderano, cosa dobbiamo migliorare, cosa apprezzano di Noi. Questo ci permette di guidare la strategia della Banca nella giusta direzione e di attuare interventi correttivi se necessario». Quali strategie avete adottate per l’acquisizione di nuova clientela attraverso la collaborazione con fiduciarie, il passaparola e tramite la clientela privata che può avere esigenze di servizi anche per la propria azienda? «La collaborazione con le fiduciarie è molto importante per noi in quanto si tratta di un ambiente che ha modi di interazione e azione sul mercato diversi da quelli attuati dagli istituti bancari. Questa partnership ci permette dunque di ampliare le nostre vedute potendo di conseguenze valutare i clienti e la situazione nel complesso sotto altri punti di vista, senza dimen-
ticare ovviamente l’importanza in termini di acquisizione e aumento della notorietà sul territorio. L’ottima collaborazione che abbiamo consolidato con il settore della clientela privata ci permette di unire le diverse competenze permettendoci di ampliare il nostro raggio d’azione in termini di acquisizione. Ci consideriamo “uno il braccio destro dell’altro”: l’obiettivo è quello di soddisfare l’esigenza del cliente e realizzare i suoi interessi, pertanto poniamo particolare attenzione alla cooperazione tra collaboratori operanti nei due settori e ad un fluido e trasparente flusso di informazioni. Infine, desidero evidenziare l’importanza del passaparola, il quale viene spesso sottovalutato o considerato un aspetto di poco conto. Tuttavia è proprio quando un nuovo cliente ci contatta e racconta dell’ottimo “sentito dire” su di Noi, che capiamo di aver centrato l’obiettivo e ci sprona a un continuo miglioramento».
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FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE
UN APPROCCIO FLESSIBILE NEGLI INVESTIMENTI COME RISPOSTA AL CONTESTO ATTUALE Aggregate Index Eur hedged), ha offerto ritorni annualizzati inferiori all’1.5%, nonostante un rischio duration elevato. Ciò sta a dimostrare come in presenza di tassi strutturalmente bassi, un portafoglio obbligazionario diversificato non sia in grado di offrire ritorni apprezzabili neppure in un contesto macroeconomico molto favorevole. I continui stimoli da parte delle banche centrali, culminati con i massicci programmi di quantitative easing durante il periodo pandemico, hanno permesso agli investitori di realizzare ottimi guadagni sul mercato azionario e sugli asset reali, permettendo di trascurare i mancati introiti della componente reddito fisso, da sempre parte fondante di un’asset allocation conservativa. Il 2022 si
GLI SPECIALISTI DI BANCA DEL SEMPIONE DELINEANO LA STRATEGIA UTILE AD AMBIRE A RENDIMENTI POSITIVI NELLE ATTUALI CONDIZIONI DI MERCATO.
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partire dal 2014, anno di introduzione dei tassi negativi da parte della Banca Nazionale Svizzera e della Banca Centrale Europea, si è aperta una lunga stagione di difficoltà per gli investitori obbligazionari europei. Per quanto dall’altra parte dell’Atlantico la situazione apparisse più rosea, anche i rendimenti in dollari non hanno più offerto agli investitori una remunerazione paragonabile al quella del passato. Nel periodo 2015-2021, in quello che da molti è stato definito un bull market obbligazionario, con bassi tassi di default aziendali e curve dei rendimenti sempre sotto controllo, il rendimento dell’indice obbligazionario globale denominato in euro (Bloomberg Global
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apre con una grossa sfida alle tendenze in atto da qualche anno: l’inflazione sembra essere tornata con prepotenza, mettendo in dubbio la continuazione della politica a tassi zero (o negativi). I mercati azionari dopo un decennio entusiasmante mostrano valutazioni elevate, e lasciano presagire un futuro quantomeno più incerto in termini di ritorni attesi e di volatilità, in un contesto di politica monetaria meno espansiva. In tale fase la mancanza di un contributo positivo da parte del reddito fisso rischia di pesare ancora di più. Come fare a generare valore sul segmento obbligazionario quindi? Bisogna rassegnarsi a rendimenti negativi e all’erosione del patrimonio a causa dell’inflazione in attesa che i rialzi dei tassi, se mai ne arriveranno di significativi, permettano nuovamente di beneficiare di un flusso cedolare? Base Investments Sicav ha elaborato una strategia che permette di ambire a rendimenti positivi anche in un mercato che apparentemente non offre opportunità. I principi che guidano le scelte di investimento sono i seguenti: • Ricerca di opportunità a livello globale: non tutti i segmenti del mercato obbligazionario sono sincronizzati e non tutte le occasioni emergono contemporaneamente. Avere un mandato ampio, che permetta di investire a livello globale, multi-valu-
Inflazione US
ta, e su varie tipologie di bond, consente di posizionarsi su quei settori che in un determinato momento offrono un rapporto rischio-rendimento più interessante. • Duration flessibile: i benchmark obbligazionari detengono un rischio duration molto elevato, rendendoli estremamente vulnerabili in caso di rialzo dei rendimenti. La possibilità di avere duration coperta, o addirittura negativa tramite vendita short dei future obbligazionari, può permettere di difendere la performance o perfino guadagnare in scenari di mercato obbligazionario in ribasso. • Relative value: anche in presenza di mercati privi di forti trend direzionali, nascono spesso delle opportunità in termini relativi tra Paesi o parti di curva. Sfruttando strumenti liquidi ed efficienti quali futures e opzioni sui bond governativi, è possibile costruire strategie in grado di beneficiare dei movimenti relativi. Il mercato europeo, in particolare, offre molti spunti a causa della frammentazione del debito governativo tra diversi Paesi con diverso merito di credito percepito. • Ricerca di inefficienze di mercato: nel corso degli anni la liquidità dei corporate bond è andata via via deteriorandosi, a causa della minore attività di market making da parte
delle grandi banche d’investimento. Minore liquidità significa più rischi e più volatilità, ma allo stesso tempo maggiori occasioni per gli investitori flessibili e veloci. Le inefficienze di prezzo emergono soprattutto nelle fasi di maggiore stress e avversione al rischio, ma anche in periodi tranquilli non mancano gli spunti. I bond che non fanno parte dei principali benchmark in alcuni casi possono essere “dimenticati” e offrire rendimenti superiori rispetto ad altri titoli dal rischio paragonabile. I flussi di acquisto e vendita da parte dei grossi fondi, legati ad esempio ad un cambiamento di rating, portano spesso a una reazione di prezzo spropositata, che nel tempo si corregge. La combinazione di queste strategie permette all’investitore di incrementare i ritorni attesi rispetto a un approccio buy and hold di tipo tradizionale, più aderente al benchmark. Al tempo stesso si hanno maggiori armi di difesa contro eventuali rialzi dei tassi, grazie alla strategia a duration flessibile. Si tratta quindi di un approccio obbligazionario con un maggiore orientamento al total return, cercando di evitare tutti quei rischi impliciti del mercato che non godono di una sufficiente remunerazione. Tale filosofia di investimento obbligazionaria è integrata nel prodotto Flexible Low Risk Exposure di Base Investments Sicav, comparto della categoria bilanciato prudente, con una esposizione massima al mercato azionario del 15%. L’approccio total return applicato alla componente bond è esteso a tutto il processo di asset allocation, con particolare attenzione alle caratteristiche di flessibilità e rapidità di adattamento alle condizioni di mercato. Tale metodologia ha permesso al comparto di registrare una performance annualizzata del 4.19% nel corso degli ultimi 10 anni, rendendolo un prodotto adatto a quegli investitori che cercano rendimenti positivi e stabili nel tempo senza esporsi troppo alla direzionalità del mercato obbligazionario o di quello azionario. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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FINANZA / CREDIT SUISSE
2022: QUALI PROSPETTIVE PER LE VALUTE?
Mario Grassi
Stefano Putelli
Burkhard Varnholt
MARZIO GRASSI, RESPONSABILE CLIENTELA COMMERCIALE REGIONE TICINO, STEFANO PUTELLI, RESPONSABILE FOREX TICINO E BURKHARD VARNHOLT, CHIEF INVESTMENT OFFICER, HANNO PRESENTATO NEL CORSO DI UNA VIDEOCONFERENZA I RISULTATI DI UNA RICERCA PROMOSSA DA CREDIT SUISSE RIGUARDO ALLE PROSPETTIVE DELLE DIVISE NEL CORSO DEL 2022.
versi settori hanno potuto beneficiare del connubio tra allentamenti delle restrizioni e progressiva ripresa dei consumi di molte famiglie svizzere. A oscurare l’orizzonte sono invece stati i problemi logistici globali che hanno reso difficile il traffico delle merci per quasi tutto il 2021, con conseguenti limitazioni nelle forniture. In particolare le aziende produttrici e il settore industriale si sono trovati ad affrontare enormi sfide. A preoccupare è anche l’incremento dei tassi d’inflazione e, con esso, l’incertezza sulle possibili reazioni delle grandi banche centrali. Questo aspetto emerge in modo evidente dal sondaggio sulle aspettative relative all’andamento dell’economia e dei cambi valutari nel 2022. In molte delle imprese intervistate si respira un clima di incertezza circa gli sviluppi negli Stati Uniti e nell’area UE. Se le banche centrali di questi Paesi dovessero effettivamente aumentare i tassi durante il quest’anno, i corsi delle divise potrebbero reagire di conseguenza.
Alla luce del fatto che l’euro e il dollaro USA continuano a essere le valute estere di gran lunga più importanti per le imprese svizzere, la copertura dei rischi valutari rimarrà un tema importante anche nel 2022. La volatilità del contesto economico degli ultimi due anni ha dimostrato che l’agilità e una rapida capacità di reazione sono pilastri fondamentali di un’attività d’impresa efficace, in particolare nell’ambito della copertura valutaria. Gli specialisti del FX Trading Strategy Team globale di Credit Suisse forniscono sostegno alle aziende a questo riguardo, con analisi affidabili e previsioni sugli sviluppi di mercato a breve termine. Inoltre, nella nuova FX Academy che sarà proposta per la prima volta nel 2022, gli esperti condivideranno le proprie conoscenze specialistiche direttamente con i collaboratori della clientela. Per quanto riguarda le previsioni per l’anno in corso occorre rilevare che, nonostante le battute d’arresto, la ripresa economica nell’eurozona conti-
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nche nell’anno appena trascorso il Coronavirus ha dettato le regole della vita sociale e dell’economia a livello globale. Le imprese svizzere hanno inevitabilmente dovuto adattarsi alla nuova realtà. In molte aziende, la pandemia è diventata il catalizzatore di una trasformazione sostenibile. I processi interni, ma anche i modelli di business e di lavoro, sono stati radicalmente riorganizzati e, dove possibile, digitalizzati. Al tempo stesso, nel corso dell’anno di-
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nuerà anche nel 2022. La crescita rimane tuttavia inferiore rispetto a quella che si registra negli Stati Uniti. La produzione industriale risente attualmente dei problemi nelle catene di fornitura, ma una volta risolti, dovrebbe aumentare nettamente. Per il momento, i ritardi nelle consegne causano un incremento insolitamente forte dell’inflazione complessiva e di fondo. La Banca centrale europea (BCE) dovrebbe ridurre ulteriormente il suo programma di acquisto di titoli nei prossimi mesi. Negli Stati Uniti, grazie all’elevato reddito delle economie domestiche dovuto ai pagamenti statali, la crescita economica dovrebbe rimanere superiore alla media ancora per un certo periodo, anche se lo stentato recupero del settore dei servizi e i persistenti problemi della catena di fornitura causano alcune difficoltà nell’attuale fase di ripresa dalla pandemia. ai164546012011_215x138, TW (2022_02).pdf
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Dopo il brusco incremento all’inizio del 2021, quest’anno l’inflazione dovrebbe tornare a scendere leggermente, anche se il rischio di ulteriori forti aumenti dei prezzi non è ancora scongiurato. La banca centrale statunitense (Fed) sta gradualmente limitando la sua politica monetaria espansiva e nel 2022 potrebbe dovrebbe aumentare a più riprese il tasso guida. Recentemente la crescita economica in Cina ha subito un ulteriore rallentamento. Ciò è dovuto alle difficoltà nel settore immobiliare, alle modifiche normative e alle riforme politiche. Le autorità puntano alla sorveglianza e al controllo delle società più preziose nei principali settori di crescita. Tra i settori interessati rientra anche il mercato immobiliare, dove non ci aspettiamo una crisi generale, ma un periodo prolungato di pressione al ribasso. Contemporaneamente, la ripresa dei consumi dovrebbe rimanere 21.02.2022
contenuta, e quindi per il momento mancano forti impulsi di crescita. Nel 3° trimestre 2021 l’economia svizzera ha già superato nettamente i livelli pre-crisi. In questo senso, la Svizzera si trova in una posizione economicamente migliore rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Le prospettive per l’anno in corso, tuttavia, sono offuscate dall’aumento dei casi di Covid e delle misure per fronteggiare la pandemia, come pure dai problemi delle catene di fornitura globali. Comunque, la pandemia dovrebbe frenare la ripresa solo a breve termine e la situazione delle forniture dovrebbe migliorare nel corso dell’anno. Si prevede che la ripresa nel complesso continuerà anche nel 2022.
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I BRAVI COLLABORATORI FANNO IL SUCCESSO DELLE AZIENDE LA SITUAZIONE IN TERMINI DI DISPONIBILITÀ DI PERSONALE QUALIFICATO NON È MOLTO POSITIVA. COME MOSTRA IL SONDAGGIO CONDOTTO DA CREDIT SUISSE TRA 800 PMI SVIZZERE, LA CARENZA DI COLLABORATORI SPECIALIZZATI RAPPRESENTA UNA DURA REALTÀ PER DUE TERZI DELLE PMI CHE ASSUMONO, E PIÙ DELLA METÀ PREVEDE CHE LA RICERCA DI COLLABORATORI SARÀ PIÙ DIFFICILE IN FUTURO.
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a prosperità di un’impresa e la sua capacità di reagire rapidamente alle sfide ed essere innovativa dipendono in larga misura dalla qualità dei collaboratori. Quale importanza venisse attribuita a questo fattore dalle PMI svizzere, lo mostrava già un sondaggio di Credit Suisse del 2017: in quell’anno le PMI svizzere indicavano “collaboratori e qualifiche” come il fattore più determinante per il successo imprenditoriale. Nello studio sulle PMI di quest’anno viene analizzato in modo più approfondito questo fattore, vista la grande importanza del personale qualificato. In primo piano è stato messo lo sviluppo del personale tramite la formazione continua e la promozione dei collaboratori, che può anche fornire una risposta ad un’eventuale carenza di personale specializzato. Le turbolenze dovute alla pandemia di Coronavirus hanno fatto passare in secondo piano la carenza di personale specializzato per molte imprese. Con
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la ripresa iniziata nel 2021, questa carenza sta però tornando a farsi sentire. Come mostra il sondaggio condotto presso 800 PMI, la carenza di personale specializzato rappresenta una dura realtà per la maggior parte delle PMI: due terzi delle PMI che assumono indicano che negli ultimi tre anni hanno riscontrato difficoltà molto o alquanto grandi ad occupare le posizioni vacanti con candidati idonei. Particolarmente difficili da trovare erano le competenze dirigenziali e di gestione di progetto nonché le competenze specialistiche. Questa carenza si manifesta in misura più o meno forte a seconda del settore, delle dimensioni aziendali e della regione. Uno sguardo al futuro rivela che le difficoltà di reclutamento continueranno tendenzialmente ad aumentare: oltre la metà delle PMI prevede che la ricerca di collaboratori già di per sé impegnativa, si farà in prospettiva ancor più difficile. Oltre alla ripresa economica, che ha reso ancor più evidente la carenza di personale specializzato, tre tendenze dovrebbero influenzare l’offerta e la domanda di personale specializzato nei prossimi anni: l’invecchiamento demografico, la digitalizzazione e la flessibilizzazione del lavoro. In base al sondaggio, ad esempio, circa il 36% delle PMI prevede che il pensionamento dei baby boomer causi sempre più posti vacanti che si potranno rioccupare solo con difficoltà. Sebbene molte PMI manifestino in parte grandi difficoltà nel reclutamento di collaboratori, al sistema educativo svizzero assegnano complessivamente ottimi voti. Una netta maggioranza delle PMI intervistate ritiene che il sistema educativo svizzero sia ben allineato con le esigenze delle aziende e anche la formazione professionale classica (senza approfondimento a livello terziario) viene valutata positivamente dalle PMI. Si tratta di un indizio del fatto che la formazione professionale duale con-
tribuisce al giudizio complessivamente positivo del sistema educativo svizzero. Tuttavia, i requisiti posti al personale aumentano costantemente con il progredire della digitalizzazione e della terziarizzazione: da qualche tempo si nota un netto spostamento verso le formazioni terziarie. Ad un’analisi più attenta, si nota come in particolare la formazione professionale di base rappresenti spesso un trampolino di lancio per un successivo diploma terziario. In questo modo, la conclusione della formazione professionale sta segnando sempre meno la fine del percorso formativo, quanto piuttosto l’inizio di una formazione avanzata. Dato che lo sviluppo delle proprie competenze in un mondo del lavoro in rapida evoluzione assume sempre più importanza, anche nel sistema educativo svizzero dovrebbero esserci determinati fattori di adeguamento. In base al sondaggio, circa metà delle PMI spera che il sistema educativo svizzero diventi da un lato più dinamico e dall’altro ponga un accento più forte sull’apprendimento delle «soft skills». Anche se la carenza di personale specializzato rappresenta una grande sfida per la maggior parte delle PMI, queste non devono arrendersi semplicemente al loro destino. Un possibile strumento per contrastare la carenza di personale specializzato è la formazione continua in azienda. Dal nostro sondaggio è risultato che il 77% delle PMI offre il perfezionamento professionale, perché non trova competenze specifiche sul mercato. Il sondaggio segnala anche l’urgenza di investire nel proprio personale: circa l’83% delle PMI che offrono il perfezionamento professionale, indica che senza il perfezionamento continuo non riuscirebbe a tenere il passo con lo sviluppo tecnologico. Oltre a colmare lacune conoscitive dirette nelle aziende, il perfezionamento professionale soddisfa anche molti punti di più lungo termine in relazio-
ne a questioni di personale e reclutamento. Una netta maggioranza di PMI è del parere che il perfezionamento professionale aumenti le prestazioni e la produttività dei collaboratori (92%), incrementi l’attrattiva dell’azienda nei confronti dei futuri collaboratori (90%) e non da ultimo contribuisca anche a fidelizzare i collaboratori (89%). A fronte di questi molteplici vantaggi non sorprende che il 93% delle PMI metta a disposizione delle sue maestranze almeno una possibilità di formazione continua. Sebbene le PMI siano in generale soddisfatte dei risultati degli sforzi profusi nella formazione continua, poche sono quelle che definiscono molto positive le loro attività di perfezionamento. Ciò testimonia determinati limiti nell’offrire attività di perfezionamento professionale in azienda. Ad esempio, per una maggioranza di PMI la mancanza di tempo per il perfezionamento professionale e di capacità di organizzazione e pianificazione di queste attività rappresentano perlomeno qualche limitazione. Non sorprende dunque che le microimprese offrano molto più raramente formazione continua rispetto alle medie e grandi imprese. Anche la mancanza di interesse da parte dei collaboratori rappresenta non raramente un ostacolo. Strettamente collegate con la formazione continua in azienda sono l’identificazione e lo sviluppo mirato dei talenti interni. Circa il 13% delle PMI afferma di dare sempre la priorità alle proprie giovani leve nell’occupazione di posizioni dirigenziali, mentre il 43% lo fa spesso. I vantaggi del reclutamento di personale interno sono molteplici e includono, oltre a risparmi in termini di costi etempo, anche l’aumento della motivazione dei collaboratori perché si offrono loro opportunità di carriera. Solleva tuttavia degli interrogativi il fatto che il 21% delle PMI non prende in considerazione le sue giovani leve per occupare posti dirigenziali. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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LA REGIONE INSUBRICA VERSO LA SVOLTA DIGITALE
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M IL PROGETTO INTERREG DESY, INTRODUCE INTERESSANTI STRUMENTI PER MIGLIORARE L’ESPERIENZA DEGLI OSPITI: WELCOME KIT DIGITALI, ITINERARI SENSORIALI AUDITIVI E ASSISTENTI VIRTUALI.
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ettere a disposizione del turista il servizio giusto al momento giusto e, al contempo, permettere alle destinazioni di avere più informazioni sulle abitudini degli ospiti per pianificare investimenti di marketing mirati. Sono questi i principali obiettivi dell’importante progetto denominato “DESy” (acronimo di Digital Destination Evolution System) lanciato nel 2019 da Ticino Turismo, dal Distretto dei Laghi, dall’Agenzia di Promozione Turistica del Novarese e dalla provincia del Verbano-CusioOssola. L’iniziativa si avvale dell’importante collaborazione scientifica dell’Istituto di tecnologie digitali per la comunicazione dell’USI e dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (USI-SUPSI) di Manno e rientra nell’ambito della finestra Interreg Italia-Svizzera che mira a valorizzare le risorse di cui dispongono le aree di frontiera in una logica di rete.
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quasi due anni e mezzo dal lancio del progetto, che si concluderà nel febbraio del 2023, è possibile tracciare un primo bilancio dei risultati ottenuti? «In questo primo biennio - spiega Angelo Trotta, Direttore di Ticino Turismo (03) - sono state costruite le fon-
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damenta strutturali che permetteranno un marketing più personalizzato in futuro, fatto su misura per gli ospiti. Già oggi le destinazioni coinvolte e le strutture d’alloggio che hanno aderito a DESy hanno accesso a informazioni in tempo reale sul grado di occupazione delle camere. In questo modo possono mettere in atto azioni di promozione basate sulla fluttuazione delle prenotazioni. La destinazione Ticino può oggi disporre di una piattaforma di marketing leader di mercato capace di fornire contenuti migliori agli utenti sulla base dei propri comportamenti grazie anche alla presenza di un motore di raccomandazione». Al progetto “DESy” ha aderito anche il Distretto Turistico dei Laghi. Quali le ragioni di questa scelta? «Siamo orgogliosi di partecipare come capofila italiano al progetto triennale Interreg “DESy” - dichiara il Presidente del Distretto Turistico dei Laghi Francesco Gaiardelli -. Siamo decisamente motivati dai dati e dalle ricerche di settore che confermano sempre più il numero, in aumento costante, di turisti che utilizzano canali digitali durante la fase di preparazione e durante i loro soggiorni. Partecipiamo a questo progetto perché crediamo nell’importanza della trasformazione digitale della nostra destinazione e ne vogliamo essere promotori».
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Il progetto vede coinvolta anche la Divisione dell’economia del DFE. Perché risulta essere così importante non solo per il settore turistico, ma per tutto il territorio? «Il DFE - spiega il direttore Stefano Rizzi (01) - punta con decisione su questo progetto che non sarà finalizzato unicamente alla promozione, ma rappresenterà una base oggettiva di dati che permetterà una maggiore ottimizzazione degli investimenti e una migliorata capacità di misurare le performance prodotte. Potranno beneficiarne direttamente e indirettamente tutti gli addetti ai lavori e istituzioni impegnati nello sviluppo della regione turistica. Il nostro auspicio è anche che la disponibilità di informazioni così dettagliate favorisca la nascita di nuove iniziative imprenditoriali».
Nel corso del progetto è stata instaurata una collaborazione con HBenchmark, piattaforma innovativa di hospitality data intelligence. «Questo strumento attivo dal 2018 a Lugano è stato fornito a ulteriori strutture d’alloggio nel Cantone, selezionate in base a criteri geografici e sulla disponibilità di camere - evidenzia Federico Haas (02), presidente Hotelleriesuisse Sottoceneri -. Gli hotel che hanno aderito sono quindi ora in grado di comparare il proprio andamento (qualitativo e quantitativo) con gli altri alberghi della destinazione e di adattare le proprie strategie sfruttando i molteplici indicatori forniti dallo strumento. Ci si muove sempre più verso un approccio orientato ai dati, per uno sviluppo strategico della destinazione e delle strutture ricettive che possa trarre beneficio dalla digitalizzazione».
Il tempo rimanente alla conclusione del progetto sarà dedicato all’introduzione di nuovi servizi digitali per migliorare l’esperienza dell’ospite. «Stiamo pensando a dei welcome kit personalizzati digitali o da ritirare allo sportello, ad itinerari sensoriali auditivi per iniziare a immaginare la propria esperienza e a sistemi di raccomandazione sulle attrazioni da visitare in base al tipo di vacanza che attende l’ospite» spiega Angelo Trotta. «Non si esclude che la realizzazione di questi servizi possa passare da assistenti virtuali capaci essi stessi di dialogare con il turista».
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TURISMO / OTR DEL MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO
UNA REGIONE TUTTA DA GUSTARE
V LA DIRETTRICE DELL’OTR MENDRISIOTTO, NADIA FONTANA LUPI, PRESENTA UN TERRITORIO CHE HA FATTO DEL VINO E DEI VIGNETI, DEI PRODOTTI TIPICI, DELLA RISTORAZIONE E DELLE ECCELLENZE GASTRONOMICHE UN ULTERIORE MOTIVO DI ATTRAZIONE TURISTICA.
iaggiando attraverso il Mendrisiotto, il turista coglie subito una peculiarità del paesaggio e cioè la rilevante estensione dei vigneti… «In effetti sono oltre 360 gli ettari di superficie vitata, con una presenza del 40% circa dei vitigni ticinesi. Queste cifre ci dicono che, grazie alla sua posizione privilegiata, il Mendrisiotto gode di condizioni climatiche e di un rapporto ideale tra pioggia e sole, che favoriscono la produzione di uva da vino. E proprio i vigneti offrono la possibilità di percorrere tre diversi itinerari a tema, mentre è possibile organizzare delle degustazioni nelle cantine che si trovano un po’ ovunque all’interno della regione. Lungo i tre percorsi, appositi pannelli illustrano come la viticoltura abbia gradualmente occupato un posto sempre più importante nell’economia della regione.
Un aspetto che si evidenzia tra l’altro nelle antiche cantine di Mendrisio e Salorino, a Castel San Pietro, o nella presenza dell’Azienda Agraria di Mezzana, sede anche dell’Istituto Agrario cantonale. Il primo itinerario è sul Monte San Giorgio, il secondo da Mendrisio a Castel San Pietro-Mezzana-Mendrisio, il terzo sulla collina del Penz. Sona stati tutti realizzati nel 2006 per il centenario del Merlot». Per accogliere gli appassionati turisti enogastronomici è aperta una vera e propria Corte del Vino Ticino. Di che cosa si tratta? «A Morbio Inferiore, la Corte del Vino Ticino è un piccolo gioiello all’interno del vecchio mulino del Ghitello, ai piedi di un parco naturale di straordinaria bellezza, dove vivere l’emozione di scoprire un territorio attraverso i suoi vini. La Corte del Vino rende omaggio alle tante persone che del vino ne hanno fatto passione e ragione di vita. L’esperienza della Corte del Vino è da consigliare a chi è appassionato di vini, ma anche a chi abbia un po’ di curiosità e ami la convivialità che si accompagna all’enogastronomia. L’offerta de La Corte del Vino è una “fotografia” della versatilità del mondo vinicolo ticinese: oltre al Merlot, vitigno principe del territorio, troviamo le sue versioni vinificate il bianco, gli assemblaggi e qualche etichetta biologica». Per promuovere il turismo enogastronomico è stata istituita anche la Mangialonga Ticino. Come funziona? «La “Mangialonga”, la prima a livello ticinese del suo genere, è una manifestazione enogastronomica molto attesa, ma anche quella maggiormente
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TURISMO / OTR DEL MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO
legata al territorio, ai suoi prodotti ed ai suoi protagonisti. Lungo un percorso che varia ogni anno, della lunghezza circa 10 km, è possibile scoprire produttori già affermati e giovani promesse che portano molto entusiasmo. In corrispondenza delle diverse soste sono presenti musicisti, brevi spettacoli e animazioni per adulti e bambini. Un aspetto sempre molto curato è quello ecologico: è stato abolito infatti il monouso, e lungo il percorso vengono installate fontane per il rifornimento d’acqua evitando la distribuzione di bottigliette in contenitori di plastica». La scoperta del Mendrisiotto passa anche per i sapori tipici locali…. «L’uva in Ticino è regina: è paesaggio umano e naturale, lavoro, vita comunitaria, folclore, turismo, identità, simbologia. E i vigneti, i grotti, i vini sono parte integrante e viva della realtà del Mendrisiotto. La Sagra del Borgo è il tradizionale appuntamento che
contraddistingue l’autunno. Purtroppo, nel corso degli ultimi due anni la manifestazione è stata sospesa a causa della pandemia ma il Comitato sta già lavorando alla prossima edizione che dovrà segnare il ritorno alla normalità. La manifestazione presenta il meglio della produzione enologica e numerose occasioni d’intrattenimento ed è apprezzata anche da gente che arriva da ogni parte del Ticino e da altri Cantoni. Altro tema apprezzabile nella regione è quello dei prodotti caseari con particolare attenzione allo Zincarlin e ai formaggini della Valle di Muggio. E poi ancora la castagna, una volta alimento principale, oggi presente in una Sagra della Castagna che si svolge ogni anno a rotazione in un paese della valle di Muggio».
«Sono numerosi e conosciuti i locali dove ristoratori appassionati propongono le eccellenze del territorio, prodotti a km zero, ma anche ricerca culinaria. Luoghi e ristoranti di qualità si trovano ovunque nella regione, che vanta anche il primo “winehotel” del Ticino e numerose cantine che organizzano eventi intriganti nel corso di tutto l’anno. E poi non dimentichiamo i grotti che offrono una cucina genuina che affonda le proprie radici nel passato agricolo della regione mantenendo ancora vivo il senso delle antiche consuetudini. In estate vi si ricerca la frescura, in inverno il calore del camino. Ogni stagione ha le sue specialità gastronomiche che vanno gustate insieme ad un buon bicchiere di merlot».
A sostenere e valorizzare l’enogastronomia del Mendrisiotto è poi tutta una rete di locali che accanto alla buona tavola promuovono l’accoglienza… TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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TURISMO / FUNICOLARE SAN SALVATORE
DOPO QUASI 25 ANNI ALLA DIREZIONE DELLA SOCIETÀ, A FINE DICEMBRE FELICE PELLEGRINI HA TERMINATO LA SUA ATTIVITÀ OPERATIVA IN SENO ALL’AZIENDA. IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ FUNICOLARE SAN SALVATORE HA NOMINATO FRANCESCO MARKESCH NUOVO DIRETTORE A PARTIRE DA GENNAIO 2022: IN QUESTA INTERVISTA ANNUNCIA ALCUNE INTERESSANTI NOVITÀ GIÀ IN PROGRAMMA PER I PROSSIMI MESI.
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UN INVERNO DA RECORD
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esperienza di oltre un ventennio in azienda le consente di conoscere molto bene la realtà societaria. Con quali prospettive si accinge a dare continuità ad una conduzione che ha permesso di assicurare una gestione vincente della Funicolare San Salvatore? «Direi che sono gli straordinari risultati ottenuti a testimoniare l’ottimo stato di salute di cui gode la Funicolare San Salvatore. Le lunghe e frequenti code che si sono viste durante la stagione alla stazione di partenza a Paradiso, han-
no permesso di raggiungere, malgrado la forzata pausa tecnica da metà ottobre a fine novembre, un record storico di oltre 250.000 passaggi in funicolare (con un incremento del 19% di frequenze rispetto alla già eccezionale stagione di riferimento 2019 (210.000 passaggi). Una ulteriore conferma di come il “Pan di Zucchero” luganese con la sua diversificata offerta di corse e servizi, sappia costantemente suscitare l’appassionato favore degli ospiti». Anche gli ultimi mesi sono stati ricchi di soddisfazioni…
TURISMO / FUNICOLARE SAN SALVATORE
«Fino al 20 febbraio la struttura è stata aperta durante i weekend con corse ogni mezz’ora dalle 10.00 alle 17.00 (corsa delle 13.00 esclusa) e nella settimana di Carnevale, dal 26 febbraio al 6 marzo, si è potuto salire tutti i giorni. Dal 12 marzo poi le corse sono
riprese giornalmente. Durante le festività sono stati numerosi gli ospiti, con una media di 400 persone, che hanno deciso di trascorrere una giornata all’aria pura in vetta a prendere il sole, passeggiare nella natura e assaporare la buona cucina dei coniugi
Mogliazzi al ristorante. Questa offerta, in un periodo tranquillo, ha consentito al San Salvatore di costituire una meta non solo per gli ospiti d’oltre Gottardo, che grazie ai nuovi collegamenti possono raggiungere il Ticino in breve tempo, ma anche per i ticinesi sempre pronti a riscoprire le bellezze del proprio territorio». La stagione invernale ha rappresentato anche l’occasione per importanti lavori di ristrutturazione… «Dalla metà di ottobre a fine novembre sono stati eseguiti degli importanti lavori di risanamento al viadotto che sovrasta la linea FFS a Paradiso. Il vecchio ponte in acciaio, risalente al 1887, ha dovuto essere risanato con uno spettacolare intervento del valore di circa 1 milione di CHF per rendere più efficace il percorso della funicolare. Al termine dei significativi lavori di risanamento, l’esercizio ha ripreso subito con successo sabato 4 dicembre dando inizio all’apprezzata apertura invernale». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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TURISMO / HOTEL EDEN ROC ASCONA
UN GRANDE HOTEL DAL FASCINO MEDITERRANEO MEMBRO DEL TSCHUGGEN HOTEL GROUP, L’HOTEL EDEN ROC ASCONA È UN VERO PARADISO SULLE SPONDE DEL LAGO MAGGIORE. AFFILIATO A THE LEADING HOTELS OF THE WORLD E AGLI SWISS DELUXE HOTEL, RAPPRESENTA UNA NUOVA TAPPA NEL PERCORSO DI CONOSCENZA DEGLI HOTEL DI LUSSO ED ESCLUSIVI IN SVIZZERA. DI PAOLA CHIERICATI
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proprio il caso di dire che in qualsiasi stagione dell’anno si può frequentare ad Ascona questo gioiello dell’hotellerie svizzera, che si contraddistingue per la sua bellezza e per la stretta prossimità al lago Maggiore. Dotato di una spiaggia privata, è attrezzato per la pratica di
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tutti gli sport acquatici e per gli appassionati di nautica non manca anche un ampio imbarcadero. L’Hotel Eden Roc di Ascona risale all’inizio degli anni Settanta ed è stato concepito in maniera maestosa con un’ampia hall e una zona lobby arredata con comodi e originali divani e scenografici lampadari di design. Un piano a coda orientato in prossimità di un caminetto rende il salone molto familiare, mentre l’accoglienza e il servizio sono di altissimo livello e costituiscono le chiavi del successo di questo resort. Dal 2019, per essere al passo con i tempi, ha abbracciato gli standard climatici di sostenibilità, compensando con varie misure le inevitabili emissioni di CO2. E sempre nel 2019 Simon Spiller ne ha assunto il ruolo di General Manager: originario di Lucerna, ha lavorato in strutture alberghiere internazionali come i Four Seasons Hotels di New York, Berlino, Cina e Arabia Saudita e il Brenners Park Hotel & Spa di Baden-Baden,
TURISMO / HOTEL EDEN ROC ASCONA
fiume Maggia. I prodotti utilizzati per il massaggio (quello nominato Eden Roc dura 75 minuti ed è un vero toccasana) sono di ottima qualità e soddisfano i più elevati standard. E qualora si desideri utilizzare l’hotel per il business, sono a disposizione diverse sale conferenze dotate di tecnologia all’avanguardia e tutte esposte alla luce del sole. Insomma non a caso questo hotel a 5 stelle si chiama Eden, sostantivo ebraico che significa “piacere e delizie”. E per chi volesse conoscere anche le altre perle del gruppo alberghiero, Arosa ospita il Tschuggen Grand Hotel e il Valsana Hotel, mentre a St. Moritz primeggia il lussuoso Carlton Hotel.
portando all’Eden Roc una nuova ventata di energia. Più volte votato come miglior hotel per vacanze in Svizzera, è composto da tre edifici con 95 camere e suites con arredamenti particolari, luminosi e colorati, curati nei minimi dettagli dall’architetto d’interni Carlo Rampazzi, dove il tema floreale è dominante, per donare una sensazione di freschezza in ogni periodo dell’anno. Per chi ama la buona cucina, l’Hotel offre ben quattro ristoranti per tutti i gusti, mentre per chi apprezza il relax si possono prenotare massaggi e coccole come delle vere star, offrendosi una giornata o un fine settimana all’insegna della bellezza e usufruendo della spa di oltre 2000 mq. Fa sempre bene sognare ad occhi aperti ed è bello ogni tanto farsi un regalo speciale, da vivere da soli o in piacevole compagnia. Lo spazio benessere è avveniristico ma anche dal design sofisticato, arredato anch’esso con gusto ed eleganza, dove non manca nulla per rigenerarsi e trascorrere momenti distensivi per il corpo e la mente. Tra bagni in piscine termali, percorsi benessere, rituali taylor made, trattamenti con prodotti esclusivi, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si possono ri-
caricare le batterie e dedicare a sé stessi tutto il tempo che si desidera, ci si può sdraiare su uno dei tanti lettini nella spa, ammirando la vista sul giardino ben curato, il lago e le montagne circostanti o nuotare nella piscina riscaldata a cielo aperto. Il percorso Kneipp è stato progettato per stimolare la circolazione ed è realizzato con le pietre del
HOTEL EDEN ROC Via Albarelle 16 CH-6612 Ascona T. +41 91 785 71 71 www.edenroc.ch
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GASTRONOMIA / RISTORANTE EDEN ROC ASCONA
RISPETTO ASSOLUTO PER LA MATERIA PRIMA
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CATERINA VOSTI È LA GIOVANE CUOCA ALLA GUIDA DELLA CUCINA DI UN GRANDE ALBERGO. DI GIACOMO NEWLIN
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na cucina di qualità necessita di molti attori per mettere in scena quella piccola o grande commedia della vita che è un pasto al ristorante. L’eccellenza dei prodotti e i loro produttori, la coreografia, le parti studiate ed eseguite alla perfezione dai componenti delle due brigate, quella di cucina e quella di sala, che giocano in perfetta simbiosi la bella “pièce” del momento ludico di un pasto che risulterà indimenticabile. Tuttavia l’attore principale resta lo chef, dietro il quale si schiude un intero mondo, fatto di esperienze, di creatività e di professionalità. L’Hotel Eden Roc ad Ascona può vantare alcune tipologie di cucina che riescono a soddisfare anche i gusti dei clienti più esigenti. Al ristorante “La Brezza” opera da un paio d’anni il giovane chef Marco Campanella, titolare di una stella Michelin e di 17 punti Gault&Millau, che offre una sofisticata cucina gourmet e tra l’altro è responsabile anche dell’altro punto di ristoro chiamato “La Casetta”, a pochi metri dal lago e molto amato, in particolare in estate, dai clienti dell’albergo che vi trovano, oltre ad un’atmosfera accogliente e informale, un ricco buffet di antipasti, specialità lo-
cali e carni e pesci alla griglia. “La Casetta” poi, per chi ancora non lo sapesse, racchiude un aspetto storico di grande importanza. Verso la fine del secondo conflitto mondiale, cioè nel 1945, con l’operazione chiamata “Sunrise”, gli alleati costrinsero i tedeschi a siglare il cessate il fuoco. C’è poi il ristorante “Marina” con i suoi 15 punti Gault&Millau, dove in un’atmosfera da “beach club” l’ospite viene deliziato dalle proposte dello chef Marco Vastarella, proposte che vanno dal “meze” arabo al “dim sum” cinese, senza ovviamente dimenticare il sempre apprezzato stile italiano della pasta fatta in casa. Per la clientela soprattutto residente, l’albergo Eden Roc ha il suo ristorante principale che porta semplicemente il nome dell’hotel, “Eden Roc” e sul quale desidero soffermarmi. Per oltre vent’anni in questo ristorante ha operato lo chef Cyrille Kamerzin, con una cucina classica e contemporanea declinata in maniera innovativa. Dal primo agosto 2021 le redini di questo ristorante sono tenute saldamente in mano da una giovane cuoca trentenne, Caterina Vosti, simpatica, gioviale e direi molto determinata. Caterina ha già sulle sue giovani spalle esperienze
GASTRONOMIA / RISTORANTE EDEN ROC ASCONA
professionali eccellenti e invidiabili, pensate che ha cucinato anche per la regina Elisabetta II (saranno state, conoscendo le abitudini regali, pietanze semplici e frugali, ma certamente preparate alla perfezione), poi, solo per citare una delle sue numerose e importanti esperienze, ha perfezionato le sue conoscenze dal tristellato Andreas Caminada. Caterina Vosti è di origini ticinesi e racconta che: «alla scuola materna, invece di fare la pausa con gli altri bambini, restavo in cucina con la cuoca della mensa perché già da piccola ero attratta dalle preparazioni e dai profumi della cucina, quindi pe-
lavo carote, patate e osservavo con attenzione ciò che faceva la cuoca». Oggi sono grato a Caterina che abbia scelto la lodevole, per l’umanità, professione di cuoca, poiché recentemente mi ha deliziato, dapprima con una delicata carne cruda di Fassona battuta al coltello, con burrata, pesto di pinoli e focaccia fritta, quindi con un risotto mantecato allo Sbrinz con stracotto di ossobuco di vitello e olio alla cremolata e di seguito con una magistrale cottura dello steak di vitello svizzero con jus al tartufo e terrina di patate e verdure. Per dessert ho affidato la scelta ad un bel ricordo: un delizioso Paris
Brest al pistacchio. La cena è stata generosamente e con grande soddisfazione accompagnata da uno Château Pape Clément 2015 Cru Classé Pessac-Léognan, un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc. Meritati i complimenti alle due brigate, quella di cucina e quella di sala, che hanno lavorato in perfetta e fluida simbiosi. HOTEL EDEN ROC Via Albarelle 16 CH-6612 Ascona T. +41 (0) 91 785 71 71 www.edenroc.ch
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GASTRONOMIA / RISTORANTE META
UN GRAZIE AI NOSTRI CLIENTI STORICI
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l concept del ristorante META nasce da una precisa idea della famiglia Mantegazza, ossia di realizzare uno spazio capace di ricreare perfettamente tutta l’atmosfera propria del “salotto di casa”, con un arredamento comodo, caldo e accogliente, ma al tempo stesso assolutamente razionale rispetto alla funzione di ristorazione cui gli ambienti sono dedicati. Proprio da questa volontà, nasce il successo del Ristorante. a pandemia ha sicuramente portato una rivoluzione nel modo di fare ristorazione. Come avete vissuto questo periodo? «Inizio con il dire che l’anno appena trascorso – risponde lo Chef Luca Bellanca – è stato un turbinio di emozioni altalenanti e mai mi sarei aspettato di
AD UN ANNO DALLA PRIMA STELLA MICHELIN, IL RISTORANTE META SI RACCONTA ATTRAVERSO LE PAROLE DEL SUO CHEF LUCA BELLANCA TRA PANDEMIA, CLIENTI STORICI E UN RITROVATO SPIRITO DI ACCOGLIENZA.
Palazzo Mantegazza Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso +41 (0)91 994 68 68 marketing@metaworld.ch META @ristorantemeta Ristorante Meta www.metaworld.ch @Meta_Ristorante
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vivere nella mia carriera una situazione del genere. Da un lato l’immensa emozione di essere entrati a far parte di un’istituzione delle guide gastronomiche, la Michelin, con l’arrivo della prima stella; dall’altra l’incertezza legata all’andamento sanitario e le chiusure. Insomma delle belle montagne russe! Questa situazione però ha fatto
si che il mondo della ristorazione cambiasse i propri parametri di riferimento e ora sta alla bravura di chi ci lavora riuscire a stare al passo con i tempi, innovando ma mantenendo sempre saldo il rapporto con tutti quei clienti che ci hanno fatto arrivare dove siamo ora». Com’è cambiato il rapporto con i vostri clienti storici e più in generale con la clientela? «Sono molto contento del lavoro che è stato fatto nel corso degli anni e che ci ha permesso di fidelizzare una grande fascia di clientela. Nonostante le vicissitudini, sono felice di rivedere clienti che non ci hanno mai abbandonato anche durante il periodo più buio delle chiusure. Il META è si un ristorante ma significa anche casa e famiglia; con i nostri clienti storici abbiamo un rapporto che dura da diversi anni e il vederli felici seduti ad uno dei nostri tavoli, è un’immagine che riempie il cuore perché significa essere riusciti a
stabilire una relazione con loro. Di molti clienti so esattamente gusti, abitudini, tavolo preferito, giorno della settimana in cui saranno presenti ed è proprio cosi’ che il ristorante era stato concepito: voleva essere un salotto, accogliente, dove creare rapporti con i clienti ma allo stesso tempo farli sentire a casa guidandoli attraverso l’enogastronomia ad un viaggio sensoriale fra mente e palato, rimanendo sempre ben fissi a Lugano. Ed è proprio a loro che va il mio sentito ringraziamento: da chi si concede puntualmente il pranzo del sabato in nostra compagnia a chi ci è passato a trovare per curiosità ed è rimasto impressionato dalla nostra offerta tornando su base regolare: loro sono l’anima del Meta e ci hanno dato la forza per non piegarci mai e rimanere performanti». Il ristorante META è stato uno dei primi locali a lanciare lo stile Med-Fusion in Canton Ticino.
«La proposta gastronomica del nuovo ristorante META è il risultato di un percorso che offre sia un menu gourmet stagionale che una selezione di piatti veloci e adatti ad ogni esigenza. Forse è per questo che chi viene a trovarci, spesso, torna. Con la mia brigata di cucina cerco di creare piatti che siano un incontro tra la cucina mediterranea che tutti consideriamo “casa”, a cui aggiungiamo note esotiche inconsuete per esaltare la sensazione di “viaggio” che vogliamo creare con i nostri percorsi gastronomici. Il tutto senza dimenticarci che siamo in un Cantone splendido, ricco di tradizioni enogastronomiche che possono essere rielaborate. In generale, la cura per il dettaglio è sempre rigorosa e di questo devo ringraziare i ragazzi di sala che ogni giorno si prodigano per soddisfare a pieno le esigenze dei clienti. Insomma, siamo diventati una famiglia in cui ognuno ha il proprio ruolo e insieme lavoriamo per la soddisfazione del cliente». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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GASTRONOMIA / TENDENZE 2022
YUZU, IBISCO, MORINGA E FUNGHI AL POSTO DELLA CARNE. ECCO LE PREVISIONI SUGLI INGREDIENTI CHE TROVEREMO IN TAVOLA NEI PROSSIMI MESI. DI MARTA LENZI
L’
alimentazione dei prossimi anni non potrà prescindere dai cibi coltivati o comunque ottenuti in laboratorio per l’esigenza di avere fonti di proteine e altri nutrienti alternative agli animali. Ma a breve termine cosa succederà? Cosa troveremo sulle nostre tavole? Mentre da una parte emergono delle novità sicuramente particolari e interessanti, dall’altra alcuni trend già conosciuti riaffermano la loro importanza. Osservando le previsioni per l’anno appena cominciato, due sono i filoni che con maggiore evidenza dominano i trend: quello della sostenibilità, già evidente da alcuni anni, e quello della scoperta di nuovi sapori e aromi, soprattutto provenienti dall’Oriente. Viviamo in un periodo in cui si deve affrontare il rincaro delle materie prime di base, dal grano al caffè, e che
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SOSTENIBILITÀ ED ESOTISMO A TAVOLA perciò spinge a cercare valide alternative. E poi c’è l’allarme ambientale che pesa sulle scelte dei consumatori, soprattutto giovani. Negli ultimi due anni, anche a causa della pandemia, i consumatori sono diventati progressivamente più attenti alla tematica della sostenibilità, oltre che alla salute. Una sensibilità che ha portato a una maggiore ricerca e attenzione a cosa si consuma. Questo è l’anno in cui i semi e i loro derivati si consolideranno come fonte proteica e di grassi buoni e ad essere protagonista sarà soprattutto una varietà di soluzioni plant-based. Questo mercato è in crescita esponenziale. Aziende come Impossible
Foods e Beyond Meat servono già da tempo i loro fake burgers nelle catene di fast food. La prossima frontiera saranno i frutti di mare fatti con i vegetali e anche i sughi, come il ragù di bufalo proposto da Good Foods. L’obiettivo è ridurre il consumo della carne e rendere i regimi vegetariani e vegani il più attrattivi possibile per un maggior numero di persone. Anche i semi di girasole saranno sempre più utilizzati, perfetti per diventare una farina da cui creare snack e cracker, mentre lavorati ed emulsionati possono trasformarsi in formaggi vegani e addirittura in un burro. Il burro di semi di girasole è già comparso nei gelati senza lattosio di alcune grandi marche americane, così come nei vasetti di Fix & Fogg, B-corporation neozelandese che produce burri tratti dalla frutta secca con una spiccata attenzione per la sostenibilità. Grande novità è il latte di patate, la nuova bevanda vegetale in voga in Svezia e in Inghilterra. Per ottenerla basta bollire la patata, frullarla ed emulsionarla con olio di colza. Ma la ricetta precisa è un segreto industriale ideato dalla svedese Eva Tornberg, docente dell’università di Lund e fonda-
GASTRONOMIA / TENDENZE 2022
trice del brand vegano Dug. A scarso impatto ambientale, senza lattosio e quindi adatto agli intolleranti, nutriente e dal gusto neutro, promette di diventare il latte vegetale del 2022. Oltre a continuare a crescere il numero di persone che intraprendono uno stile di vita vegetariano o vegano, anche in chi non segue questo tipo di dieta è cresciuta la consapevolezza dell’impronta ecologica della carne e, di conseguenza, l’interesse per la riduzione del consumo di essa. Si sta dunque diffondendo una cultura alimentare “reducetariana” in cui la carne viene limitata e, quando si può, sostituita da alternative non animali. E in cui i vegetali diventano un vero e proprio super-food. Secondo gli esperti, tra i trend dell’anno nuovo ci saranno i funghi, anche se veri vegetali non sono, ma organismi appartenenti a un regno a sé stante. Da tempo sono considerati un’alternativa alla carne non tanto per il loro apporto nutrizionale (contengono proteine di buona qualità, oltre a carboidrati, fibre e sali minerali, ma in quantità molto ridotte rispetto ai cibi di origine animale), quanto per la loro consistenza e la loro varietà. La loro texture e la masticabilità li rendono adatti a infinite “imitazioni” e il loro vantaggio è che crescono praticamente ovunque. Per questo stanno aumentando le “fattorie di funghi”, anche in città, in cui proliferano specie commestibili: dalla Smallhold a New York alla Funga Farm di Copenaghen. Cambiamenti anche per il caffè: dopo
anni in cui la varietà più ricercata dai cultori è stata l’Arabica, sembra che il 2022 segnerà un ritorno al consumo di Robusta. A causa dei cambiamenti climatici, la varietà di caffè più diffusa fino ad oggi, l’Arabica, sta subendo un rialzo dei prezzi. Coltivata prevalentemente in territori come Sudamerica ed Etiopia, che stanno soffrendo gli effetti di una forte siccità, la produzione di questa varietà di caffè più delicata si vede minacciata. La più resistente, e ricca di caffeina, Robusta, che cresce soprattutto in Vietnam, soffre meno le variazioni del clima e ha un costo decisamente più contenuto. Popolare in Vietnam, e recentemente negli USA, è molto probabile che questo caffè si diffonda velocemente anche in Europa. Negli Stati Uniti stanno già aprendo diverse insegne di “caffè vietnamita”, una bevanda a base di Robusta, molto intensa, addolcita con albume o latte condensato. Ci sono tutte le premesse per la nascita di una nuova moda. Molto ricercati saranno quest’anno anche i sapori e gli aromi provenienti da Oriente. Tra i trend di spicco figurano tre ingredienti: Moringa, Yuzu e Ibisco. Molto impiegata nella cucina vegana, la pianta della moringa ha un gusto leggermente piccante ed è ricca di proteine; originaria dell’India, diffusa nell’area tropicale, coltivata anche nel Sud Italia, è capace di crescere in condizioni sfavorevoli come la siccità. Ricca di proteine, quasi come i legumi, e di antiossidanti, si usa da millen-
ni nella medicina ayurvedica. Dai frullati alle zuppe fino alle tisane, è molto versatile in cucina. Detta anche “pianta della vita”, si usa in tutte le sue parti: le foglie e i frutti sono commestibili, dai fiori si ricava il miele e con i semi si produce l’olio, usato nella cosmetica e per i prodotti erboristici. Esteticamente un mix tra mandarino e limone, lo yuzu è un agrume originario dell’Asia, coltivato in Giappone, Corea e Cina, impiegato in numerose preparazioni della cucina orientale, viene utilizzato già moltissimo nei ristoranti come tocco acidulo nei piatti di pesce e nelle zuppe, ma ora anche come ingrediente di preparazioni industriali, dalle vinaigrette alla maionese. La vera scoperta dell’anno sarà l’ibisco, con il suo sapore simile a quello dei frutti rossi: già usato nelle tisane, negli infusi e nei tè, secondo gli esperti di Whole Foods Market nel 2022 l’ibisco darà colore, sapore e gusto anche a insalate, carpacci, yogurt, dolci. Arbusto di origini antiche, è sia ornamentale che commestibile, usandone i fiori essiccati. Il 2022 è anche l’anno del ritorno dei coloratissimi drink anni Ottanta. Long Island Iced Tea, Tequila Sunrise, Blue Lagoon e così via. Un ritorno causato da un estremo bisogno di leggerezza, giocosità e piacevolezza estetica. Senza dimenticare gli ecospirits, distillati prodotti dagli scarti alimentari o da ingredienti vegetali, che inquinano meno dei cereali: gin ottenuto dai piselli, rum fatto con le bucce di banana scartate, whisky proveniente da piante e frutta, vermouth che deriva dalle bacche del caffè. Crescerà anche il consumo delle bevande analcoliche funzionali, cioè addizionate con micronutrienti: la ricetta è meno zucchero, più vitamine. Sembra che siano soprattutto le nuove generazioni, e in particolare i maggiorenni della Generazione Z, a consumare questo tipo di cocktail. Un dato che rileva l’importanza di scelte consapevoli da parte dei più giovani. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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UNA COSTELLAZIONE DI SAPORI PER UN TURISMO ENOGASTRONOMICO D’ECCELLENZA 01
SIMBOLI DI TRADIZIONE, CULTURA ED ELEGANZA, IL VINO E IL CIBO RAPPRESENTANO DUE STRADE CHE VANNO DI PARI PASSO E CHE, CON IL PASSARE DEL TEMPO, SI SONO COMBINATE IN UN’ARTE UNICA. DI MARTA LENZI
01 Andrea Conconi, Direttore di Ticinowine 02 / 03 La Corte del vino Ticino, Morbio inferiore
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hi viaggia lo fa sempre più per vivere esperienze, entrare in contatto con la gente del luogo e immergersi nella loro cultura. E quelle enogastronomiche sono tra le più richieste proprio perché niente come il cibo avvicina alle altre culture. Accompagnare un viaggiatore in un percorso enogastronomico, però, non è semplice come sembra. Attraverso l’esperienza dell’assaggio il turista può accostarsi a un mondo di fascino, cultura, storia, territorio che ogni prodotto enogastronomico ha nel suo DNA e che deve riuscire a raccontare. Un piatto ricercato o un calice di buon vino non valgono solo per quello che portano in termini di qualità e tracciatura della filiera, ma anche per il loro contributo al desiderio di visitare il nostro cantone e scoprire i territori nei quali vengono prodotti. Il Ticino ha tante eccellenze enogastronomiche da comunicare, ma non è ancora pienamente percepito come regione gastronomica e viticola. Diventato lo scorso anno una delle regioni con più stelle Michelin al mondo in rapporto al numero di abitanti (a Lugano Cristian Moreschi di Villa Principe Leopoldo, Domenico Ruberto de I Due Sud presso l’Hotel Splendide Royal, Luca Bellanca del Ristorante Meta, Frank Oerthle del Galleria Arté al Lago del Grand Hotel Villa Castagnola; a Bellinzona Lorenzo Albrici della Locanda Orico; ad Ascona Marco Campanella del Ristorante Brezza dell’Hotel Eden Roc, Mattias Roock della Locanda Barbarossa del Castello
del Sole, Rolf Fliegauf del Ristorante Ecco dell’Hotel Giardino, e Bernard Fournier e Giovanni Croce da Candida a Campione d’Italia), l’aspetto enogastronomico del nostro territorio necessita di essere valorizzato sempre di più perché permette di attirare turisti altospendenti tutto l’anno. In questo contesto prosegue il progetto di Dany Stauffacher, Ticino Land of Stars, per supportare ed esplorare il mondo enogastronomico stellato: un veicolo di sviluppo regionale e di crescita economica, traino dell’intera filiera turistica. Il vino è il partner ideale della cucina d’autore: dà equilibrio, spessore e profondità a un piatto, è la giusta chiave di lettura nella ricerca del gusto, enfatizzando la condivisione. Il nostro Ticino è uno scrigno di prodotti agro-alimentari di qualità, che rappresentano un patrimonio frutto del lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità e le tradizioni alimentari, e allo stesso tempo è un territorio aperto a infinite influenze di sapori. Il Ticino enogastronomico è un bene comune economico e anche culturale per l’intero paese e i vini sono una fedele restituzione del territorio in quella accezione complessa che è il terroir. Per tutti questi motivi anche Ticinowine, l’organizzazione che si occupa della promozione della produzione enologica ticinese e della sua immagine, partecipa al progetto Ticino Land of Stars. Ne abbiamo parlato con il Direttore Andrea Conconi.
GASTRONOMIA / TICINO LAND OF STARS 02
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osa ne pensi del progetto? «Ticinowine ha aderito con piacere perché ritiene necessario comunicare sempre di più le eccellenze del nostro territorio. Abbinare i nostri vini sulle tavole di ristoranti stellati è il modo migliore per raggiungere nuovi consumatori. Inoltre, da quando sono Direttore (2015) ho sempre sostenuto che tutte le filiere devono lavorare e promuoversi insieme. Qundi un progetto del genere aumenta la visibilità e permette di far conoscere sempre di più i vini ticinesi. Conoscenze che devono riguardare anche altre filiere, pensiamo solo a quella dei formaggi d’alpeggio: abbiamo dei prodotti di grande qualità che a fine pasto ben si collocano sulle tavole dell’alta cucina e si abbinano perfettamente con i nostri vini di grande qualità. Il lavorare assieme, il comunicare unitamente fa vedere che c’è affiatamento tra le varie filiere, ma soprattutto che abbiamo dei
prodotti di qualità. Fondamentali ovviamente sono coloro che poi li lavorano: lo chef che riesce ad ottenere il meglio dal prodotto scelto, come l’enologo ottiene il meglio dalle uve». Come Direttore di Ticinowine puoi dire che il settore enogastronomico è un volano per la nostra economia? «Possiamo sicuramente dire che tra le decisioni che spingono un turista a visitare il Ticino c’è l’enogastronomia, con gli sforzi fatti anche da Ticino Turismo siamo riusciti a riconquistare quegli Svizzeri che partivano per destinazioni più esotiche, soprattutto per i periodi più corti. In questo contesto, Ticino Land of Stars ha una valenza molto importante». Che ruolo ha e ha avuto quindi il vino nel nostro territorio? «La viticoltura in Ticino ha un legame forte con il passato e con la gastronomia, consideriamo che si coltivava il vi-
no già nel ‘600, e anche prima abbiamo qualche traccia con i monaci. La svolta si ha dagli anni ’70 del secolo scorso quando è iniziato il turismo di massa con l’arrivo di svizzeri tedeschi e tedeschi. Il vino locale ha così cominciato a prendere importanza divenendo un bene culturale; si è passati poi da una ristorazione locale a un concetto allargato, nel nostro caso con tanta influenza mediterranea. Sono anche gli anni in cui sono nate le riviste enogastronomiche che hanno permesso una maggiore conoscenza del settore vitivinicolo. Un progetto come Ticino Land of Stars permette di mostrare le nostre capacità e competenze, sensibilizzando sempre di più il consumatore. A questi livelli c’è un grande lavoro e una grande cultura. Nello specifico, per la conoscenza del vino chi fa la differenza è il sommelier con i suoi consigli. Tra la cantina e il consumatore c’è sempre un bravo sommelier». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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Possiamo parlare di stelle anche per il settore enologico? «Certamente sì. Il vino ticinese negli ultimi decenni ha raggiunto una qualità direi invidiabile, prova ne sono i tanti riconoscimenti che ottiene ai vari concorsi, non solo nazionali, ma anche internazionali. Basta guardare la guida Gault Millau dei 150 migliori produttori dove il nostro territorio è ben rappresentato. Negli anni siamo riusciti a convincere che in Ticino abbiamo una ampia paletta di prodotti. Non è solo il Merlot, abbiamo altri vitigni, penso alla Syrah, al Marseillan nei rossi, piuttosto che al Chardonnay, al Sauvignon, al Semillon nei bianchi, solo per citarne alcuni. Il nostro territorio ha fatto un buon lavoro che deve essere fatto conoscere». L’abbinamento del vino contribuisce a migliorare la percezione della qualità di un piatto? «Sicuramente il piacere aumenta, quando andiamo al ristorante vogliamo godere di un momento speciale e l’aggiunta di un buon vino amplia la soddisfazione ed esalta i sapori».
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Non la pensi quindi come Gualtiero Marchesi secondo cui bisognava bere solo acqua per comprendere bene tutti i sapori e per non contaminare o sovraccaricare il palato e percepire ogni sfumatura e sottigliezza del gusto della pietanza… «Un buon vino, scelto con criterio, può creare una sinergia unica e impareggiabile, donando armonia al pasto. Sicuramente per fare una degustazione bisogna seguire determinati parametri, in un ambiente neutro, senza profumi, in questo senso Marchesi poteva avere ragione. Ma quando scegliamo un ristorante, vogliamo vivere una piacevole esperienza, appagando tutti i nostri sensi, non è un concorso. È fondamentale il consiglio che ricevo per abbinare il giusto vino ai sapori del piatto. Andare in un ristorante stellato è una esperienza unica e dobbiamo affidarci a chi ci consiglia». La quota di mercato dei vini svizzeri, e ticinesi, nel 2020 si è alzata, nonostante un abbassamento globale del consumo dovuto alla pandemia. È un segnale positivo?
«Non ci si può basare sugli ultmi due anni, bisogna analizzare le statistiche almeno su un lustro. Oggi è difficile valutare, abbiamo visto che in un periodo di crisi anche il consumatore che ha mangiato soprattutto a casa ha consumato dei prodotti indigeni, anche per sostenere la nostra agricoltura. Sono stati dati tanti contributi anche dalla Confederazione proprio per recuperare quello che il settore aveva perso con la ristorazione. L’aumento quindi è dato da più fattori. Dovremo aspettare il ritorno alla normalità, nel 2022 o nel 2023, e speriamo di essere stati in grado di far capire al consumatore che i prodotti vitivinicoli ticinesi e svizzeri sono di ottima qualità e di un buon rapporto qualità-prezzo. Dobbiamo considerare anche i cambiamenti e l’evoluzione del gusto. In questi anni vediamo che la gente sta consumando più vini bianchi rispetto ai vini rossi e la crescita in Ticino del consumo di vini bianchi, tra cui il bianco di Merlot, è cresciuta del 7%, mentre ha avuto una leggera flessione il consumo di rosso che ha perso l’1%».
GASTRONOMIA / TICINO LAND OF STARS
Lorenzo Albrici
Bernard Fournier
Frank Oerthle
Marco Campanella
Rolf Fliegauf
Mattias Roock
Luca Bellanca
Cristian Moreschi
Domenico Ruberto
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UN MENÙ STELLATO CON CAPRICCIO FINALE
LA CUCINA DELL’HOTEL VILLA PRINCIPE LEOPOLDO COSTITUISCE PER IL BUONGUSTAIO UN’OCCASIONE DAVVERO UNICA PER APPAGARE TUTTI I SENSI. DI GIACOMO NEWLIN
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embra che l’uomo nel corso della sua esistenza trascorra a tavola circa sei anni, senza contare il tempo della digestione. Il buongustaio quindi, persona razionale, ha un valido motivo per desiderare che il tempo dei pasti rappresenti uno dei momenti più gradevoli della vita. La grande professionalità delle due brigate del ristorante dell’Hotel Villa Principe Leopoldo, da sempre tengono nella massima considerazione il sacrosanto desiderio del buongustaio e allora al termine del pasto ci si alza dal tavolo soddisfatti e colmi di gratitudine. In sala senza un attimo di sosta si alternano i camerieri sotto l’attento coordinamento del primo maître e sommelier Claudio Recchia e del sommelier Gabriele Speziale, mentre in cucina, la cosiddetta brigata bianca è diretta dall’Executive chef Cristian More-
schi, insignito l’anno scorso della stella Michelin e di 16 punti della guida Gault&Millau, il quale ha un’innata sensibilità nell’esaltazione delle caratteristiche gustative dei prodotti di alta gamma, anche perché afferma: «La materia prima è la base della mia cucina, che scelgo insieme ai miei fornitori con i quali ho instaurato un ottimo rapporto di fiducia e con i quali scopro ingredienti nuovi». Con questa premessa siamo sulla buona strada per rendere indimenticabile la serata, che inizia con un calice di “Dom Perignon” 2012 per accompagnare un paio di piccole sfiziosità dello chef: sorpresina di crostacei curry thai e latte di cocco; macaron salato con spuma al blu ticinese. Con un preludio così promettente è stato logico, per la godenda, affidarsi alle idee dello chef che ha proposto un menù di sei portate, risultate tutte ricche di
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pre facile ma comunque agevolata dalla relativa vasta e pregiata carta. Dopo cena, per concludere la serata, bastano pochi passi per raggiungere il bar, che negli ultimi due anni è stato premiato dalla guida Falstaff con 90 punti. Siamo stati accolti dalla giovane squadra composta da Daniele Corrini, Marcello Dell’Oca, Andrea Pesce per sorseggiare un “after dinner”. La scelta questa volta è caduta sul classico “Alexander”, un cocktail preparato a regola d’arte, con una base alcolica di cognac, rilassante e gradevolmente digestivo. estro e soprattutto di bontà, equilibrio, gusto, leggerezza e presentazione, legate da cotture perfette tra carne, pesce e pasta. Dunque: confit di fegato d’oca Porto pera e cacao; salmone marinato, crudo di gambero e mandarino; cappellacci al tuorlo morbido, spuma al taleggio e tartufo nero; dorso di merluzzo australe, barbabietola, caviale di aringa e salsa alle ostriche; filetto di vitello arrosto con cime di rapa, polvere di funghi e topinambur. Il buongustaio, si sa, è un “pastifero” e allora ci tiene a mettere in evidenza il piatto che non baratterebbe con nessun altro, la pasta, in questo caso i cappellacci all’uovo che Cristian ha plasmato da una sfoglia fine come quelle tirate dalle “azdore” romagnole che rendono felici quotidianamente a pranzo e a cena una moltitudine di persone; poi il ripieno, un vero abbraccio armonioso che avrei protratto oltre i cinque gioielli presenti sul piatto. Unica variante al menù ha riguardato il dessert, per un piccolo capriccio che mi affascina sempre: le Crêpes Suzette. Oltre alla delicatezza della preparazione, magistralmente eseguita alla lampada dall’instancabile Gabriele, l’attesa infantile ed emozionante della fatua fiammata, nonché il pensiero della storia o leggenda che sta dietro a questo gioioso dessert, nato sembra per uno sbaglio poi diventato orgoglio na-
zionale, rappresentano validi motivi per una digressione. Sempre Gabriele con competenza ha saputo orientare le scelte dei vini da abbinare alle singole portate, una mansione non sem-
HOTEL VILLA PRINCIPE LEOPOLDO Via Montalbano 5 CH-6900 Lugano T. +41 (0) 91 985 88 55 www.leopoldohotel.com
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GASTRONOMIA / CONFISERIE AL PORTO
CREATIVITÀ E SPIRITO IMPRENDITORIALE 02
RADICATA NEL TERRITORIO DA OLTRE MEZZO SECOLO, LA NOTA CONFISERIE AL PORTO HA APERTO E INAUGURATO IN QUESTI ULTIMI 20 MESI DUE NUOVI NEGOZI DI PANETTERIA, PASTICCERIA E CONFETTERIA: L’AL PORTO BELLINZONA CON UN ATTRAENTE CAFÉ E UNA SOLEGGIATA TERRAZZA DI FRONTE ALLA STAZIONE DI BELLINZONA E L’AL PORTO PORTICI, SITUATO IN UNA POSIZIONE STRATEGICA SOTTO I PORTICI DI LOCARNO. SONO COSÌ AUMENTATE A 7 LE ATTRAENTI BOUTIQUE DI VENDITA, CAFÉS E RISTORANTI AL PORTO A LOCARNO, ASCONA, BELLINZONA E LUGANO.
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e Boutique Al Porto Entrare in questo mondo di infinite prelibatezze significa immergersi in un’atmosfera densa di profumi, di colori tenui e di forme sinuose, con al centro un attraente e ampio bancone di presentazione. Qui sono accuratamente esposte le deliziose e inconfondibili creazioni, da asporto o da gustare sul posto, quali i classici della pasticceria Al Porto come la Tartelette ai lamponi, il Desiderio al cioccolato, la Torta Truffes e le numerose proposte stagionali dolci e salate. Inoltre, una vasta scelta di Panettoni, fra i quali diversi premiati, come La Castagna, L’Albicocca, Al Pistacchio, Al Cioccolato, Tradizionale e Nostrano, come pure Amaretti Bianchi o Selezionati, profumati al Kirsch, all’Amaretto di Saronno, alla vaniglia, all’arancia e infine idee regalo confezionate con cura e fantasia.
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GASTRONOMIA / CONFISERIE AL PORTO
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La collezione “Senza Senza” Un’attenzione e una cura particolare viene dedicata alla Collezione “Senza Senza” con lo studio e la produzione di specialità prive di farina di frumento e/o senza lattosio. A queste si sono aggiunte anche creazioni come La Millefoglie vegana, composta da una croccante sfoglia renversée e una vellutata crema Namelaka, oppure il morbido Tortino Carote e Mandorle, prodotti esclusivamente con ingredienti vegani accuratamente selezionati. Oltre a soddisfare le richieste delle persone con particolari esigenze alimentari o intolleranze, Al Porto si prefigge di deliziare con queste specialità anche gli altri clienti, creando specialità che si riconoscono dall’inconfondibile stile Al Porto, da composizioni sorprendenti e sapori irresistibili.
in altezza e in bontà in una spirale di squisiti ingredienti. Particolarmente “en vogue” la speciale composizione con una torta per gli sposi e numerose mini creazioni, dai fantasiosi design a scelta, per gli ospiti. Il tutto presentato su una leggera struttura, crea un’immagine unica di una meravigliosa torta nuziale. Questa esclusività ha inoltre il vantaggio di facilitare il servizio e di presentare ad ogni invitato il suo tortino nuziale perfetto.
Online Shop, Click & Collect Il sito web www.alporto.ch presenta una parte delle creazioni che si trovano nei negozi e le specialità Al Porto che si prestano per l’invio postale. I costi di spedizione sono offerti per ogni ordine superiore ai Sfr. 66.-. Un’ulteriore novità è data dalla possibilità di prenotare con Click&Collect le creazioni per le occasioni speciali come Pasqua, Festa della Mamma, Natale, S. Valentino, … e passare in volata a ritirarle presso la Boutique Al Porto preferita, con la certezza di trovare tutto quanto desiderato già confezionato e pronto. 06
Torte nuziali e speciali Per il grande giorno nulla va lasciato al caso! Le torte nuziali della Confiserie Al Porto sono una “alzata” di festa! A uno, a due, a tre piani…“salgono”
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I Cafés e il Ristorante Nei tre accoglienti Cafés, in un ambiente luminoso e sobrio, dalle tonalità invitanti, sono disposti divanetti e comode poltroncine come pure posti a sedere su ampie e belle terrazze. Qui si gustano tutte le creazioni Al Porto dolci e salate, come pure una sfiziosa scelta di spuntini. De08
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gno di nota è lo storico Ristorante Grand Café Al Porto nel cuore della città vecchia di Lugano. Nato nel 1803 quale luogo d’incontro di politici, letterati, artisti e notabili, è diventato con l’andar del tempo il Salotto di Lugano. I suoi suggestivi ambienti, con soffitti a cassettoni originali del Cinquecento, la vetrata molata in stile Liberty, la cupola di vetro del Patio e il famoso “Cenacolo Fiorentino” con gli affreschi di Carlo Bonafedi, offrono una cornice unica a ogni incontro, sia per un caffè o l’aperitivo con gli amici, sia per pranzi di lavoro o eventi speciali e convivi. La sera, previa prenotazione, il Ristorante Grand Café Al Porto si trasforma in uno splendido salone per ricevimenti e cene da 20 fino a 80 ospiti, dove festeggiare con stile un’occasione particolare. Il Cenacolo Fiorentino invece, ospita fino a 40 commensali. La cucina d’impronta mediterranea, propone giornalmente dalle 11.30 alle 14.30 un lunch time “all inclusive”, come pure pasta fresca e gustosi piat-
ti à la carte. Inoltre, fino alle 17.00 si gustano sfiziose proposte pomeridiane e naturalmente tutto il giorno le creazioni dolci e salate Al Porto. Onori e riconoscimenti Quale Official Pâtisserie del Locarno Film Festival, i pasticcieri della Confiserie Al Porto sono orgogliosi di poter deliziare con le loro particolari specialità, create esclusivamente per il Festival, cineasti, attori, registi, cinefili e tutti gli ospiti di Locarno. Il Swiss Bakery Trophy è un concorso nazionale che premia le migliori specialità dei panettieri, pasticceri e confettieri svizzeri, la loro creatività, l’originalità e il know-how. Negli ultimi 2 anni Al Porto ha vinto 4 medaglie d’oro per L’Albicocca, La Castagna, il Panettone Tradizionale e gli Amaretti Bianchi, una medaglia d’argento per il Panettone Nostrano e due medaglie di bronzo per il Tortino “Senza Senza” (senza glutine e senza lattosio) e gli Amaretti al Kirsch. Recentemente è stato conferito alla Confiserie Al Porto il più importante
GASTRONOMIA / CONFISERIE AL PORTO
01 Marktkieker – Premiazione del team Al Porto 02 Terrazza Al Porto Bellinzona con vista sui Castelli 03 Presentazione all’Al Porto Portici, Locarno 04 Panettone L’Albicocca con medaglia d’oro 05 Novità Millefoglie vegana 06 Torta nuziale a porzioni 07 Ristorante Grand Café Al Porto, Lugano 09
premio imprenditoriale nel settore della panetteria, pasticceria e confetteria, il Marktkieker, considerato come l’Oscar del settore. Dal 1987, questo riconoscimento viene assegnato ad aziende tedesche, austriache e svizzere che si distinguono per il loro particolare spirito imprenditoriale e innovativo, senza perdere di vista il mercato e la loro clientela. I vincitori del premio sono pionieri del settore, professionisti creativi, consapevoli della loro tradizione artigianale.
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08 Desiderio al cioccolato 09 Il Cenacolo Fiorentino al Grand Café Al Porto, Lugano 10 Amaretti al Kirsch premiati
AL PORTO IN BREVE Fondazione Nata nel 1963 ad Ascona, Management buyout nel 1996 e da allora sotto la direzione di A. Froschauer.
ordini superiori ai Sfr. 66.-) e le creazioni che si trovano nei negozi. Possibilità di riservare con Click&Collect per le occasioni speciali.
Produzione Produzione artigianale a Tenero. Al Porto in Ticino 7 negozi, Cafés e Ristoranti a Locarno, Ascona, Lugano e Bellinzona, di cui 6 aperti 7/7 giorni.
Collaboratori Sul totale di 140, 12 sono apprendisti, 30 collaboratori lavorano in produzione, 46 in cucina e nel servizio dei Ristoranti e Cafés, 32 nel servizio e nella vendita e 20 nei servizi interni e nell’amministrazione.
Sito internet e Online shop www.alporto.ch con specialità che si prestano per l’invio postale (offerto per
Premi e riconosciment • Marktkieker – Premio imprenditoriale, l’Oscar del settore panetteria, pa-
sticceria, confetteria • Swiss Bakery Trophy - 4 medaglie d’oro, 1 medaglia d’argento e 2 medaglie di bronzo • Swiss Location Award – conferito alle più belle location per eventi, per il Grand Café Al Porto, Lugano. • Best of Swiss Gastro - per l’Al Porto Café Lago, Muralto-Locarno. • Locali Storici d’Italia – Conferito a Ristoranti e Hotels di prestigio e rinomanza storica, per il Grand Café Al Porto • I più bei Caffè e Tea Room della Svizzera, Pubblicazione del Schweizer Heimatschutz (Protezione Patrimonio Svizzero). TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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ENOLOGIA / TICINOWINE
MENDRISIOTTO DI VINO
SI POTREBBE DEFINIRE IL MENDRISIOTTO COME LA REGIONE RURALE DEL CANTONE DOVE LE TRADIZIONI CONTADINE SONO ANCORA LE PIÙ VIVE E SENTITE. NUMEROSE SONO ANCHE LE SAGRE PAESANE CHE SI SVOLGONO SULL’ARCO DELL’ANNO E CHE ATTRAGGONO UN ELEVATO NUMERO DI PERSONE. Andrea Conconi, Direttore di Ticinowine
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ui ad inizio secolo i bergamaschi vennero a lavorare la terra. In quegli anni il vino sia cultural mente che commercialmente non aveva l’importanza che oggi riveste. Il vino era un ingrediente dell’alimentazione quotidiana e nelle numerose masserie dislocate sul territorio vivevano generazioni di famiglie dedite alla terra. In quel periodo la vite era una coltivazione promiscua e tra i filari si coltivavano granoturco, patate, tabacco e ortaggi necessari al sostentamento famigliare. Bisogna attendere gli anni ‘60 per vedere i primi vigneti coltivati in maniera intensiva. Forse anche per questo motivo che l’azienda Agricola Cantonale di Mezzana ha avuto il suo sviluppo proprio in questi luoghi. Culla del Merlot all’inizio del Novecento, l’ingegner Fantuzzi mise a dimora poco più di una decina di vitigni provenienti da Francia e Italia per trovare l’uvaggio più idoneo al “terroir”. Dopo alcuni
anni di osservazioni, ecco che il Merlot con la sua costanza ed eleganza è stato riconosciuto il vitigno più idoneo per il Ticino. Oggi sulle dolci colline del Mendrisiotto si coltivano 412 ettari di uva che rappresentano circa il 40% dell’intera superficie vitata del Cantone. A fianco dei vigneti delle grandi e medie cantine, si scoprono numerosi piccoli appezzamenti coltivati curati ancora oggi da appassionati e semiprofessionisti la cui passione è stata tramandata da generazione in generazione, a dimostrazione del fatto che nel Mendrisiotto la vita rurale non è mai andata persa. Microclima del Mendrisiotto I terreni del Mendrisiotto sono molto particolari in quanto i vigneti si sviluppano a breve distanza su suoli parzialmente acidi (rocce metamorfiche antiche) ma anche su roccia carbonatica (rocce calcaree del Monte San Giorgio e del Monte Generoso). A tratti i suoli sono ricchi
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ENOLOGIA / TICINOWINE
CHE COS’È IL TERROIR Termine francese, (pron. teruàr) può essere definito come un’area ben delimitata dove le condizioni naturali, fisiche e chimiche, la zona geografica ed il clima permettono la realizzazione di un vino specifico e identificabile mediante le caratteristiche uniche della propria territorialità.
in argilla, quindi di struttura più pesante con buoni livelli di fertilità. Il clima è di tipo mediterraneo, inf luenzato dalle Alpi con un elevato numero di ore di sole e precipitazioni abbondanti ma di corta durata. A periodi di siccità possono seguire lunghi periodi di pioggia soprattutto nel periodo primaverile. All’inverno mite si contrappone un’estate afosa con le temperature più elevate al mese di luglio. Il rischio di precipitazione favorisce un tasso elevato di umidità con estremi che variano dai 45% di umidità relativa per i mesi più secchi (tra gennaio e giugno) agli 85% per i mesi più umidi (da settembre a febbraio).
Accoglienza genuina I numerosi imprenditori vitivinicoli che operano sul territorio, sono sempre pronti ad aprirvi le porte e ad accogliervi nelle loro cantine. Col loro modo di raccontarvi la passione del proprio lavoro, della loro filosofia aziendale e di farvi scoprire il prodotto che sta dentro alla bottiglia, si sente subito il calore e il carattere gioviale dei Momo. Condividere con loro un bicchier di vino è come sentirsi a casa propria. Alla scoperta dei vini del Mendrisiotto Diverse sono le proposte per scoprire questo territorio vitivinicolo con la mobilità lenta. “Mendrisiotto terroir”
propone giri in bicicletta con visite guidate in cantina e alla scoperta dei sapori locali (informazioni su www.mendrisiottoterroir.ch). Per chi invece preferisce muoversi a piedi, tre percorsi tematici: L’uomo e la vite (12 Km) percorrendo strade secondarie e sentieri partendo da Mendrisio e salendo a Castel San Pietro. Le tecniche viticole (10 Km) un percorso che si snoda tra vigne e boschi di Seseglio e Pedrinate, raggiugendo il vigneto più a sud della Svizzera. Terzo ma non per questo meno interessante il percorso dedicato a Viticoltura e Territorio (16 km) che partendo da Rancate sale verso i comuni della regione del Monte San Giorgio, Arzo e Meride (maggiori informazioni su www.mendrisiottoturismo.ch). La Corte del vino Ticino. Creata nel 2017 la Corte del vino Ticino è il luogo di promozione dei vini non solo del Mendrisiotto ma di tutto il Ticino. Una quarantina i produttori che hanno aderito al progetto promosso dall’Interprofessione della Vite e del vino Ticinese e con i loro 250 vini rappresentano circa il 90 % della produzione vitivinicola. Vini da degustare accompagnati da piatti della cucina mediterranea cucinati con i prodotti del territorio. www.cortedelvinoticno.ch www.sites-du-gout.ch
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CANTINE Aperte
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il gioco del merlot
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Sottoceneri
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Svizzera. Naturalmente.
ENOLOGIA / CONSORZIO FRANCIACORTA
SFUMATURE ED INTERPRETAZIONI DI UN VINO E DI UN TERRITORIO
L’ASSOCIAZIONE SVIZZERA DEI SOMMELIERS PROFESSIONALI ASSP CON LA PARTECIPAZIONE DEL CONSORZIO FRANCIACORTA, HA ORGANIZZATO UN EVENTO CON DEGUSTAZIONE E MASTERCLASS CONDOTTA DALLA PRESIDENTE DELLA SVIZZERA ITALIANA ANNA VALLI, SOMMELIÈRE BREVET FÉDÉRAL, E LA PRESENZA DI PIERO TENCA, PRESIDENTE NAZIONALE DI ASSP, DEL RESPONSABILE UFFICIO TECNICO & RICERCA E SVILUPPO DEL CONSORZIO FLAVIO SERINA.
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incontro si è svolto nella Sala Montalbano della Villa con l’accoglienza della General Manager Barbara Gibellini, dall’Events Manager Giacomo D’Alò e da Gabriele Speziale Chef Sommelier ed è terminato in un momento conviviale con le prelibatezze preparate dallo Chef «stellato» Cristian Moreschi. Il nuovo anno è iniziato al meglio per Franciacorta, che ha concluso il 2021 in assoluta crescita e con un record di vendite che supera i 20 milioni di bottiglie. L’export, assestato al 10,3%, a livello di singole nazioni vede la Svizzera confermare il proprio primato, rappresentando il 22,2% dell’export totale. Durante l’anno passato le attività di tutela e promozione in Italia e nei principali mercati target esteri non si sono mai interrotte compatibilmente con la situazione contingente, ed è grande la speranza in questo 2022 di poter riprendere con costanza anche le attività in presenza. I progetti e le novità messe in cantiere sono davvero molti, insieme
al consolidamento di collaborazioni importanti. Non mancheranno anche progetti, dedicati alla formazione e al coinvolgimento di chef e sommelier professionisti, veri ambasciatori delle peculiarità enogastronomiche italiane. Un ruolo molto rilevante sarà ricoperto dalla ricerca e sperimentazione, temi da sempre molto cari a Franciacorta insieme alla sostenibilità. Il Consorzio Franciacorta ritiene estremamente importante continuare ad investire le proprie risorse per sviluppare una strategia orientata alla traduzione degli esiti della ricerca accademica in azioni concrete e prassi utili ai viticoltori nell’attività quotidiana di salvaguardia e cura delle proprie vigne e della biodiversità. È su questa consapevolezza che il Consorzio Franciacorta si impegna a dare vita a una viticoltura capace di tendere all’equilibrio con l’ambiente. Principio guida della sua strategia è la sostenibilità ambientale, valutando gli effetti immediati e futuri di ogni intervento sul territorio sia dal punto di vista ambientale sia economico, migliorando la cono-
ENOLOGIA / CONSORZIO FRANCIACORTA
scenza del suolo e del territorio riguardo a potenzialità, limitazioni e impedimenti al fine di ottimizzare la produzione nel rispetto delle risorse e privilegiando la scelta di materiali ecocompatibili e, quando possibile, le fonti di energia rinnovabili. Il metodo Franciacorta è regolamentato da norme rigide e scrupolose che hanno l’obiettivo di ottenere vini di alta qualità attraverso l’utilizzo di vitigni nobili, raccolta a mano, rifermentazione naturale in bottiglia e successiva
lenta maturazione e affinamento sui lieviti. Il Franciacorta è prodotto con uve Chardonnay, Pinot nero e Pinot Bianco, quest’ultimo consentito fino a un massimo del 50%. Con la sesta modifica al disciplinare di produzione, si è giunti all’inserimento dell’Erbamat, un vecchio vitigno a bacca bianca originario della provincia di Brescia, che l’agronomo Agostino Gallo citò già nel XVI secolo all’interno del suo libro “Le venti giornate dell’agricoltura e dei’ piaceri della villa”. L’Erbamat è
caratterizzata da una maturazione tardiva, da una spiccata acidità e da una neutralità aromatica che contribuisce a dare freschezza alle basi senza però stravolgerne il profilo. Il suo utilizzo è attualmente ammesso nella misura massima del 10% per tutte le tipologie ad eccezione del Satèn. La vendemmia, effettuata obbligatoriamente a mano, si svolge, a seconda delle annate, tra la prima decade di agosto e la prima di settembre. I grappoli meticolosamente selezionati vengono adagiati in cassette e trasportati in cantina dove il raccolto di ogni vigneto è vinificato separatamente. Le uve vengono sottoposte a pressature molto delicate per garantire il frazionamento dei mosti, indispensabile garanzia di qualità dei vini base, e disposte in vasche d’acciaio o in legno per la prima fermentazione. La primavera successiva alla vendemmia avviene l’assemblaggio dei mosti che, sapientemente combinati fra loro dagli enologi, vanno a creare la cosiddetta “cuvèe”, ovvero il vino base pronto per essere imbottigliato. Con il trasferimento in bottiglia avviene il tiraggio, ossia l’aggiunta di lieviti e zuccheri, agenti fondamentali per l’attivazione della seconda fermentazione. Le bottiglie vengono quindi sigillate con tappo metallico a corona vengono accatastate in posizione orizzontale nelle cantine, dove rimangono per molto tempo. Il disciplinare Franciacorta impone una lenta maturazione sui lieviti, non inferiore ai 18 mesi per il Franciacorta, 24 per Franciacorta Rosé e Franciacorta Satèn, 30 per tutti i millesimati e ben 60 per le Riserve. Durante questo periodo i lieviti e gli zuccheri all’interno della bottiglia si combinano creando anidride carbonica ed aumentando la pressione interna fino al raggiungimento di 6 – 7 atmosfere, nella fase che viene comunemente chiamata “presa di spuma”. In seguito a questa reazione ed al lento processo di lisi dei lieviti il Franciacorta sviluppa il suo speciale profilo sensoriale ed arricchisce la propria complessità aromatica. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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IL GALÀ DEI SORRISI
EVENTI / ASSOCIAZIONE ELISA 01
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IL GALÀ DI BENEFICIENZA REALIZZATO DELL’ASSOCIAZIONE ELISA È TORNATO A SPLENDERE PER LA 23ESIMA VOLTA. GRAZIE A TUTTI I SOSTENITORI E AGLI SPONSOR DELLA SERATA, È STATO POSSIBILE RACCOGLIERE 150.000 FRANCHI.
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er volontà di Elena Mantegazza, la presidentessa, e delle altre signore del Comitato, il sostegno per far fronte ai problemi che comporta una malattia grave per un bambino e la sua famiglia è assicurato, ma non solo. Al momento, i progetti sostenuti riguardano Fondazione Elisa, Locarno (aiuto finanziario, sostegno psicologico, reinserimento scolastico, cura dei bambini a domicilio); Croce Verde
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(per bambini e anziani); e Casa Santa Elisabetta (da 70 anni un tetto per le madri in difficoltà). La serata, dopo un anno di stop causato dall’arrivo della pandemia, si è potuta svolgere in questa edizione con la presenza della metà delle persone. Il sostegno e la generosità non sono però mancati. L’evento, accompagnato dal catering del ristorante stellato Meta e presentato da Julie Arlin, ha visto l’alternarsi di spettacoli coinvolgenti, con i giovani artisti della Pop Music School di Paolo Meneguzzi, a momenti di umanità in cui si percepiva il motto dell’Associazione “regala un sorriso”. Per i partecipanti, ma anche per i donatori non presenti alla serata, è stata una splendida occasione per dare una mano a chi, sul territorio ticinese, ha bisogno di essere aiutato.
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01 Petra Peter Event (Sponsor) 02 Maurizio Romano, Luca Fraccaroli (Sponsor Dahra) 03 Iris e Jo Fabbri (sponsor IMAGO Art Gallery) 04 Luca Pedrotti e Irena Dragova Pedrotti, (sponsor UBS), Ana Mantegazza, Ariella Del Rocino e Mario Mantegazza 05 Alessandra e Guido Damiani 06 Gianmaria e Sabrina Giuliani, Ilaria D’Urso, Cristina Max Mandelli, Jessica Masera, Gregorio Dal Pozzo, Irache Kim Mikeesen, Chiara Luciani, Margherita Stabiumi e Pilar Coin
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EVENTI / ASSOCIAZIONE ELISA 08
07 Mattia e Silvia Malacalza (Sponsor 2019)
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08 Ana Mantegazza, Lalla Cartossi, Leonardo Xavier, Dora Inverinizzi, Paola Neri, Ariella Del Rocino e Riccardo Signoretti 09 Dangira Cortesi, Vanessa Arpino e Monica Lo Riso 10 Alberto Veronesi, Lalla Cartossi, Simona Albonico e Paola Neri 11 Julie Arlin e Giorgia Mantegazza 12 Tavi Baggi, Anna Mantegazza e Jorge Lorenzo 13 Valeria Stepanox, Mirko Bianchi e Paola Garzoni
SPONSOR
14 Rocca Damiani (Sponsor) 15 Panoramica sala (Sposor Dahra) 16 Filippo Tami e Ilario Bernasconi (Croceverde) 17 Wolfango e Susanna Gardel De Angelis 18 Michela e Carlo Rampazzi e Barbara Bruser 19 Alessandra Damiani, Laura Barrales e Ariella Del Rocino 20 Ivana Gabrilo e Vicky Mantegazza 21 Jexa Emilia, Sofia Provera e Julie Arlin
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PARTNER
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EVENTI / SHOCK THE RULES
NASCE IL NUOVO BRAND DI SIMONETTA ROTA 01
SIMONETTA ROTA, FOUNDER & CEO DI SIMONETTA ROTA - MORE THAN EVENTS CI PARLA DEL NUOVO BRAND SHOCK THE RULES, COMPLEMENTARE ALL’ATTUALE, CHE EROGA CONSULENZE STRATEGICHE DI COMUNICAZIONE E BUSINESS.
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uella dell’imprenditrice Simonetta Rota è un’energia contagiosa, una positività potente, che non si lascia intimidire nemmeno da una pandemia mondiale. Simonetta, già nota per la sua carriera
come organizzatrice di eventi aziendali e privati ad altissimo grado di personalizzazione, ha saputo magistralmente interpretare i bisogni dei suoi clienti, spingendosi molto oltre l’Event Management. «Sono partita da quello che i miei clienti maggiormente apprezzano del nostro lavoro: interpretazione, creatività e concretezza» ci rivela durante l’intervista, «mi sono resa immediatamente conto che le persone che avevo di fronte stavano cercando non solo un “salvagente” in un momento che ha preso alla sprovvista gli imprenditori a livello mondiale, ma anche e soprattutto di un supporto strutturale nella nuova strategia di business, lato comunicazione e marketing. Ci siamo quindi dedicati a loro sotto una nuova veste, pensando fosse un “abito del momento” ma così non è stato: a distanza di un anno, nascono continuamente progetti nuovi e di valore e nasce il nostro nuovo brand!» “Shock the Rules” è dedicato alla consulenza strategica in ambito comunicazione e business: dall’analisi dei trend di mercato specifici, allo studio di nuovi concept di business, allo sviluppo dei business model e della strategia di comunicazione idonea, firmata da una delle imprenditrici più creative e al contempo concrete di Lugano. È bene sapere, infatti, che quello nell’organizzazione di eventi è un approdo professionale, spinto dalla passione e dalla personalità di Simonetta, che ha alle spalle una ventennale esperienza in ruoli manageriali in ambito Sales & Marketing, per importanti multinazionali del calibro di Microsoft. Una curiosità: perché “Shock the Rules”? Da dove ha origine? «Fin da bambina ho sempre avuto la mia interpreta-
EVENTI / SHOCK THE RULES
zione creativa delle regole e crescendo, anche del business. È giunto il tempo di abbandonare gli schemi tradizionali, di uscire dalla comfort zone, lanciarsi in nuovi progetti senza indugi, con nuove modalità. È tempo di aggiungere estro al rigore della progettualità» Unendo dunque la propria indole creativa e fantasiosa alle conoscenze tecniche e all’esperienza ventennale in campo business e marketing, oggi si divide, assieme al suo team, tra l’organizzazione di eventi con il brand “Simonetta Rota-more than events” e la consulenza strategica in ambito comunicazione e business con il nuovo brand “SHOCK THE RULES”, entrambi gestiti con un approccio coerente basato su competenza, dedizione, metodo. A testimoniarlo, le parole di chi si è già affidata alle strategie di comunicazione e business del nuovo brand: Laura Poggioli Maraniello, Founder & CEO di La Relocation, l’azienda ticinese che offre soluzioni su misura per chiunque desideri delocalizzare il proprio nucleo familiare e/o quello lavorativo in Svizzera, Spagna, Malta e Insubria. La Relocation 02
rende più semplice la vita agli Expat nella nuova città con un supporto totale nella fase di trasferimento e servizi Lifestyle su misura, nella nuova località. «Quando ti ritrovi a seguire un piano di crescita aziendale, oltre alla gestione del cambiamento e di tutto quello che questo comporta, sia da un punto di vista prettamente personale che organizzativo, amministrativo e finanziario, ecco che la pianificazione a supporto della parte commerciale del Business richiede un’analisi e una pianificazione strategica a sostegno delle diverse fasi necessarie al raggiungimento degli obiettivi preposti. Un’impresa titanica per chi, come me, oltre a dover portare avanti un’azienda, deve anche gettare le basi per un avanzamento di crescita bilanciato. Oggi, posso dire di aver trovato l’equilibrio necessario grazie all’ottima e preziosa collaborazione con Simonetta Rota che, con la sua incredibile energia contagiosa nonché abilità nella gestione di tutto ciò che comporta la corretta interpretazione di un Business in crescita e quindi la comunicazione verso gli stakeholders, partners e colla-
boratori, ha saputo interpretare e cogliere le sfumature necessarie a valorizzare il lavoro di una vita. Simonetta è entrata nel mondo della La Relocation in punta di piedi. Mi ha affiancata in un primo approccio al Marketing digitale con grande valore aggiunto per me e l’immagine della mia azienda. Si è presa il tempo di comprendere la natura del mio approccio empatico e rispettoso nei confronti di una clientela eterogenea e prettamente straniera che richiede un’attenzione quasi maniacale del dettaglio per garantire il rispetto delle culture di ognuno. Mi ha accompagnata verso un percorso di crescita personale in quello che si è rivelato per me un universo parallelo di grande fascino, come l’approccio al business tramite strategie di vendita studiate ad hoc e personalizzate. La mia visione della La Relocation verso il futuro prevede ancora diversi anni di lavoro e di appassionata dedizione che sento di poter affrontare con maggiore consapevolezza e serenità grazie anche e soprattutto alla confortevole certezza della presenza di Simonetta al mio fianco». 01 Simonetta Rota, Founder & CEO di “Shock the Rules” e “Simonetta Rota-More Than Events” Ph: ©Denisa Babics 02 Laura Poggioli Maraniello, Founder & CEO di La Relocation,
Via P. Lucchini 10 CH-6900 Lugano info@simonettarota.com TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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EVENTI / AUTO STORICHE
L’EDIZIONE 2022 (IN PROGRAMMA DAL 29 APRILE AL 1° MAGGIO) DI LUGANO ELEGANCE E DEL RALLY DI REGOLARITÀ PER AUTO STORICHE SI PREANNUNCIA RICCA DI NOVITÀ CHE RIPAGHERANNO LA LUNGA ATTESA. NE PARLIAMO CON MASSIMO ALBERTINI, PORTAVOCE DI LUGANO ELEGANCE. DI SILVIA CEROLINI
Massimo Albertini Lions Club Monteceneri Coordinatore Comitato Organizzativo Lugano Elegance 2022 e Rally di Regolarità
FINALMENTE SI RIACCENDONO I MOTORI
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i sembra di capire che il Covid abbia forzatamente messo in pausa la manifestazione, ma non la vostra macchina organizzativa che nel corso di questi due anni non solo non si è fermata, ma ha anzi elaborato novità al di là di ogni aspettativa. Ci puoi svelare qualche anteprima? «In effetti non saprei da dove cominciare…partiamo dai premi? Il vincitore del Concorso di Eleganza Città di Lugano riceverà un premio speciale e molto esclusivo: il cronografo Rallymaster Hamilton Black n. 5 di 88, prodotto in serie limitata da The Lonville Watch Company, azienda di orologeria d’alta gamma con sede a Lugano. Anche per il Best of Show abbiamo un premio d’eccezione: il trofeo appositamente creato da Marco Pagot - la mano che ha disegnato i famosi personaggi dei cartoni animati Calimero pulcino nero e draghetto Grisù, e prodotto in collaborazione con la Palo Alto grazie alle loro sofisticate stampanti LAB3D. Inoltre “The best documented car in show” riceverà il premio offerto da The Motor Chain». Possiamo avere qualche altra anteprima relativa al programma? «Posso solo anticiparvi che l’edizione 2022 metterà a segno qualche novità importante. Innanzitutto, l’apertura della manifestazione avrà luogo già venerdì sera, 29 aprile, con il vernissage su invito dell’artista Enrico Ghinato presso la Imago Art Gallery di Via Nassa. Inoltre, questa edizione vedrà l’introduzione di un nuovo momento
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particolarmente rilevante, vista la natura benefica della manifestazione: sabato 30 aprile si terrà la prima cena di beneficenza. Protagonisti saranno, oltre alla presenza della Best of Show, la premiazione delle vetture vincitrici di categoria, una primaria casa d’aste di fama internazionale con una mini asta di automobilia, oggetti preziosi e d’arte». Quando e perché è nato questo raduno? «Lions in Classic nasce nel 2013 come Rally di Regolarità di auto d’epoca, su iniziativa del Lions Club Monteceneri e sotto il motto lanciato da Claudio Mosconi: “Facciamo del bene divertendoci”. Driver principale: coniugare la passione per le belle vetture con la volontà di aiutare concretamente il prossimo. La quota di iscrizione al rally va infatti tutta in beneficenza. Per questo motivo ogni partecipante riceve un attestato di donazione pari alla totalità del versamento effettuato». Dunque il Concorso di Eleganza Citta’ di Lugano è stato introdotto successivamente? «Sì, nel 2019, anno in cui il raduno ha raggiunto un punto di svolta, con una presenza tanto locale quanto fortemente internazionale: ciò che prima era un giudizio in un posteggio a cornice della gara di regolarità, nel 2019 diventa una manifestazione a sè stante promossa per valorizzare i veicoli dei partecipanti e allo stesso tempo dare supporto al business di via Nassa e dunque alla città di Lugano: da qui anche la scelta di organizzare il Concorso di Eleganza Città di Lugano nella giornata del sabato».
EVENTI / AUTO STORICHE
Cosa vi rende unici rispetto agli altri rally di auto classiche e storiche? «In primis, il genuino focus sul nostro territorio: con un percorso diverso ogni anno, ci teniamo a porre al centro del raduno la riscoperta e valorizzazione del territorio ticinese. Inoltre, mentre spesso le auto d’epoca vengono abbinate a un concetto di lusso come sinonimo di esclusività, per noi il lusso deve esser un qualcosa di inclusivo, che coinvolga appassionati e non solo: da qui per esempio l’ideazione di una gara di regolarità soft, con giochi di abilità per coinvolgere non solo appassionati piloti, ma anche le loro famiglie. In collaborazione con Telethon si offre inoltre la possibilità a dei ragazzi di vivere l’emozione del percorso su un’auto d’epoca, affiancati da un accompagnatore. O ancora, anche chi non concorre può esporre il proprio gioiello: coloro che desiderano assistere al Concorso d’Eleganza Città di Lugano arrivando a bordo della propria vettura d’epoca hanno infatti l’occasione, in base alla disponibilità, di esporre la propria auto in Piazza Luini, a pochi passi dalla location del concorso».
D’altra parte mi sembra che i numeri parlino da sé… «A questo proposito ci tengo innanzitutto a sottolineare che non ci sarebbe-
ro numeri senza la genuina passione e motivazione di tutti gli amici, gli enti e gli sponsor che si adoperano in prima persona per il successo sempre maggiore della manifestazione. Un sentito ringraziamento a tutti! Negli anni la manifestazione ha così potuto raccogliere e distribuire oltre 120mila franchi svizzeri ad enti benefici e di ricerca che operano sul territorio e all’estero. Per il rally di regolarità, da 30 auto nel 2013 siamo arrivati a più di 90 auto nel 2019, oltre a 33 auto già per la prima edizione del Concorso d’Eleganza Città di Lugano: e quest’anno con la seconda edizione arriveremo a 50 vetture. E ancora, 10 classi per 10 giudici di prim’ordine, personalità d’eccezione attive nei maggiori concorsi d’eleganza al mondo. Un’ulteriore chicca? Da quest’anno il sabato avremmo anche una splendida selezione di barche d’epoca a cornice del Concorso d’Eleganza Città di Lugano». www.lionsinclassic.ch
L’ORGANIZZAZIONE E GLI EVENTI Venerdì 29 aprile 2022 • 19:00-22:00 Opening: Vernissage su invito dell’artista Enrico Ghinato, presso La Imago Art Gallery Sabato 30 aprile 2022 – 2a edizione Concorso d’Eleganza Città di Lugano • 10:00-11:00 Presentazione vetture in concorso in Piazza Riforma • 11:00-16:00 Intrattenimento, esposizione motoscafi d’epoca, mostra a tema presso la Imago Art Gallery • 15:00 Annuncio Best of Show e vincitori di categoria; termine dell’evento
• 19:00 Cena di Beneficienza con premiazione vetture vincitrici e mini asta automobilia e preziosi a cura di prestigiosa casa d’aste. Accompagnamento musicale e sorprese. Domenica 1 maggio 2022 8a edizione Rally di Regolarità • 09:00 Partenza del primo equipaggio - centro Wellness Splash & Spa a Rivera • 12:00 Arrivo - Hotel Coronado a Mendrisio (esposizione delle auto nel parcheggio dell’hotel) • 15:00 Premiazione
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LUSSO / BLANCPAIN
KNOW-HOW E TECNICA RAFFINATA AL SERVIZIO DELLA BELLEZZA IL NUOVO LADYBIRD COLORS, DECLINATO IN SETTE VARIANTI, RENDE OMAGGIO A UN CAPOLAVORO DELLA STORIA DI BLANCPAIN, CHE COSTITUISCE DA QUASI SETTANT’ANNI UN SIMBOLO DI STILE, ELEGANZA E SUCCESSO NEL CAMPO DELL’OROLOGERIA FEMMINILE. GLI OROLOGI BLANCPAIN SONO VENDUTI A LUGANO DALLA BOUTIQUE TOURBILLON DI VIA NASSA 3.
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orologio Ladybird ha rivoluzionato l’orologeria nel 1956, offrendo al mondo il più piccolo movimento rotondo dell’epoca. Questa realizzazione è frutto dell’iniziativa di Betty Fiechter e suo nipote Jean-Jacques Fiechter. Dirigendo insieme la manifattura, la loro visione e il loro talento portarono a numerosi trionfi, tra cui diversi modelli femminili e il primo orologio da immersione moderno, il Fifty Fathoms, lanciato nel 1953. Il gusto per la meccanica orologiera di Betty Fiechter era pari solo alla sua convinzione che una donna avesse bisogno di ornamenti per essere vestita come si conviene. Sotto tutti questi aspetti il nuovo Ladybird Colors le assomiglia: la ricerca dell’equi-
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librio ideale fra audacia e raffinatezza è la linea maestra che ha seguito la Manifattura Blancpain per la creazione di questo segnatempo. Realizzato in madreperla bianca, il quadrante dell’orologio è ornato da numeri arabi applicati in oro leggermente arrotondati, dimensionati in modo da formare un giro delle ore asimmetrico coronato dal numero 12. La cassa dell’orologio, declinata in oro rosso e in oro bianco, è stata oggetto di grandi cure per garantire delle proporzioni armoniose. Con un diametro di 34,9 mm, svela tutte le particolarità dell’orologio, pur adattandosi flessibile al polso di qualsiasi donna. Si distingue inoltre per la lunetta, le corna e una corona incastonati di 59 diamanti per oltre 2 carati. Vero orologio-gioiello, il Ladybird
LUSSO / BLANCPAIN
Colors è decorato con un’incastonatura di alta gamma, dove ogni parametro è minuziosamente ripreso a mano. Prima di posare le pietre negli spazi previsti a questo scopo, gli incastonatori scavano il materiale al bulino fino a creare una rete di metallo prezioso ai due lati dei diamanti. Questa lavorazione, chiamata la «recoupe», è importante perché influenza in modo considerevole la lucentezza dell’orologio producendo un effetto specchio. I diamanti sono posizionati uno ad uno secondo un allineamento preciso, di modo che le loro sfaccettature riflettano la luce all’unisono. Sulle gemme, gli artigiani ribattono poi le granette preventivamente modellate nel metallo prezioso per mantenere le pietre al loro posto. In seguito lavorano manualmente la separazione delle granette per perfezionare la loro creazione. Solo gli incastonatori più esperti so-
no in grado di ottenere separazioni, granette e reti regolari, garanzia di splendore e qualità. Il livello di finitura esigente, applicato al quadrante e alla cassa del Ladybird Colors, si ritrova anche nel suo movimento, il calibro Manifattura 1153, notoriamente famoso per la sua finezza, la sua lunga riserva di marcia di 4 giorni e la sua spirale in silicio. Ricco di strutture e contrasti, associa una platina perlata a ponti angolati, satinati e decorati con motivo côtes de Genève. Per offrire la vista più ampia possibile su questi dettagli estetici, Blancpain ha sviluppato una massa oscillante in oro traforato, il cui motivo a cerchi ben s’intona con l’aspetto dell’orologio. Sia sul fronte che sul retro, l’orologio scintilla grazie a un diamante taglio rosa montato sulla corona. Il Ladybird Colors segna l’inizio di una nuova era per la collezione di
orologi femminili di Blancpain, portando una ventata di freschezza elegante con le sue sette combinazioni di casse e cinturini colorati. Il modello in oro rosso è proposto, a scelta, con un cinturino in pelle di alligatore verde pavone, blu notte o bianco satinato. L’orologio in oro bianco può essere associato, a seconda delle preferenze, a un cinturino in pelle di alligatore giallo limone, arancio mandarino, lillà o bianco satinato. Questo ventaglio di colori, che ha dato origine al nome di questo segnatempo, simboleggia la diversità, l’entusiasmo e la gioia. Ogni cinturino ha una fibbia ad ardiglione o deployante in oro incastonata di 9 diamanti.
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FASHION / BELOTTI OTTICAUDITO
LE SOLUZIONI D’AVANGUARDIA NEL MONDO DELL’OTTICA CHE AIUTANO A MIGLIORARE LA VITA DI TUTTI I GIORNI LE PROPOSTE DI BELOTTI OTTICAUDITO: LENTI BELOTTI DRIVE E TRATTAMENTO BLUEGUARD
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l miglioramento della vita di tutti i giorni passa anche attraverso un maggior comfort per i nostri occhi. Ad esempio guidare in condizioni difficili mette a dura prova i nostri occhi sia nell’esperienza quotidiana sia nella guida sportiva. Ma quali possono essere in particolare le minacce al comfort e alla sicurezza visiva? L’abbiamo chiesto agli esperti di BELOTTI OTTICAUDITO.
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Sicuramente condizioni meteorologiche avverse, condizioni di luce non favorevole oppure gli abbaglianti fastidiosi delle auto che procedono nel senso opposto, l’illuminazione stradale, i riflessi dell’acqua sull’asfalto o infine i cambiamenti repentini e frequenti della messa a fuoco, sono tutti fattori che mettono a dura prova il nostro comfort di guida. Proprio per questo BELOTTI propone BELOTTI Drive, una soluzione dav-
vero su misura. Ha infatti assemblato degli occhiali specifici per la guida dotati di lenti ZEISS, caratterizzati da una tecnologia innovativa che riduce lo stress per gli occhi e facilita la visione alla guida, permettendo così di arrivare a destinazione in sicurezza e tranquillità. Inoltre gli occhiali BELOTTI Drive hanno un frontale a blocco unico, privi di componenti e minuterie pericolose in caso di impatto.
FASHION / BELOTTI OTTICAUDITO
E qual è il cuore tecnologico di queste lenti? I tecnici BELOTTI ci hanno spiegato che queste lenti sono progettate per rispondere alle esigenze visive specifiche della guida: • aiutano a calcolare le distanze e a valutare le soluzioni più rapidamente • migliorano la visione di sera e nelle giornate con scarsa luminosità • riducono il fastidio del riflesso delle luci • agevolano il rapido frequente cambiamento di messa a fuoco dei diversi elementi sulla strada. Grazie alla sinergia tra un design ottimizzato ed un trattamento speciale, le lenti BELOTTI Drive consentono dunque una guida più rilassata. Inoltre gli occhiali BELOTTI Drive possono essere personalizzati con lenti monofocali e lenti progressive per rispondere così a tutte le esigenze visive.
Ma il comfort visivo passa anche attraverso la protezione degli occhi ed anche in questo caso BELOTTI ha la soluzione più appropriata: la sua nuovissima proposta in questo caso è quella di un particolare trattamento per le lenti chiamato BlueGuard, frutto dell’esperienza e della ricerca ZEISS. Cerchiamo di capire di cosa si tratta. Tutti noi utilizziamo quotidianamente dispositivi digitali, dallo smartphone, al PC al tablet e la pandemia da COVID-19 ha accelerato in modo ancora più evidente la frequenza e la durata dell’uso di tali dispositivi, sollevando la questione della luce blu digitale e delle possibili relative conseguenze per gli occhi. Dalle ricerche emerge che dall’inizio della pandemia, nel gruppo di età 16-44, l’uso dello smartphone è aumentato del 70%, mentre quello del computer portatile del 40%. Inoltre le persone passano più tempo in ambienti chiusi sempre più spesso dotati di sorgenti luminose a LED. Pertanto, l’interesse per la protezione dalla luce blu non è mai stato così grande. BlueGuard è un trattamento che non affatica gli occhi garantendo più protezione e meno riflessi. Una soluzione che protegge dalla luce blu e dai raggi UV, dallo stress visivo digitale, garantendo una buona visione con minor riflessi blu-viola. In combinazione con la tecnologia ZEISS UVProtect le lenti BlueGuard non solo offrono una protezione UV completa ma bloccano anche fino al 40% della luce blu potenzialmente dannosa.
LE NUOVE FRAGRANZE ARTISTICHE PER LA PRIMAVERA BELOTTI L’interpretazione della primavera per BELOTTI si traduce in tre nuove esclusive linee di profumi che vanno ad accrescere la proposta di fragranze artistiche presenti nei suoi Centri. La linea BERDOUES prende il nome dalla famiglia che ha creato il marchio nel 1902, un universo generoso e autentico di profumi e trattamenti, la cui missione è quella di sviluppare prodotti sempre più naturali per una bellezza sana e responsabile.
Le fragranze J.U.S nascono invece dalla passione per le materie prime naturali, le molecole sintetiche e le associazioni che creano profumi unici, con la mission di reinventare il lusso per renderlo più sostenibile, più responsabile e sempre più desiderabile, il tutto in flaconi coloratissimi dal design unico. Per concludere Clive Christian Perfume, una delle principali case di profumeria britannica con la mission di creare i migliori profumi del mondo ovvero la ricerca della passione e della perfezione. Bellezza, indulgenza ed eleganza senza tempo. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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FASHION / CARTIER
UNA BORSA ICONICA NÉ TROPPO PICCOLA, NÉ TROPPO GRANDE, ADATTA ALLA CITTÀ SOTTO TUTTI I PUNTI DI VISTA, LA BORSA “DOPPIA C” DI CARTIER È UN CLASSICO INTRAMONTABILE.
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a forma minimalista già collaudata nel tempo e una struttura rigida che si mantiene impeccabile: la nuova borsa “Doppia C” è pensata per durare a lungo. Decisamente ispirata al più puro spirito della “grande Maison”, la borsa è impreziosita da una chiusura con le iniziali del brand che ne stabilisce il carattere: un logo in metallo messo in risalto da un delicato tocco di lacca. Un’iniziale duplicata che ha varcato le frontiere francesi fin dagli inizi del Novecento, grazie allo spirito d’iniziativa di tre fratelli gioiellieri e del loro padre. Una C nella C, due lettere stilizzate che si consolidano come garanzia di una tradizione eccezionale sulla cera rossa che il gioielliere utilizza per sigillare le sue confezioni regalo. Oggi questo logo è diventato il fulcro della borsa Doppia C. Questo logo per le borse Cartier è stato modernizzato rimuovendo l’ovale che lo conteneva, trattandolo come un gioiello, prestando un’attenzione particolare all’insospettabile possibilità di apertura
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e chiusura. Per la prima volta infatti la sua presenza non è soltanto estetica ma anche funzionale, senza parlare del suono piacevole che emette alla chiusura e che lo rende ancora più prezioso. Inoltre, la forma strutturata della borsa è stata resa ancora più essenziale proprio per mettere in risalto il fermaglio. La borsa si mette al servizio della sua chiusura. Infine, è stata pensata per poter essere indossata in due modi: a spalla o cross body, grazie alla tracolla regolabile. Giuste dimensioni, giuste proporzioni definiscono il look rimanendo sempre raffinata. Una questione di stile ed eleganza con alcuni elementi essenziali: linee semplici, tracolla e pelle liscia. Nero profondo, rosso intenso, rosa cipria e fucsia: dai colori più tenui a quelli più pop, la pelle della borsa Doppia C ha la giusta luminosità per sottolineare la silhouette. La collezione comprende due versioni, una grande e una piccola, disponibili in quattro colori, a cui si abbinano i relativi accessori di piccola pelletteria.
APPARECCHI CON REGOLAZIONE A DISTANZA “REMOTE CARE”
*All’acquisto di due apparecchi acustici, se riconosciuti dalla legislazione federale AVS.
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FASHION / MODA PRIMAVERA-ESTATE
UNA PRIMAVERA IN VIOLA UNA TONALITÀ DI BLU PERVINCA CON UN SOTTOTONO ROSSO-VIOLA. UNA TINTA DALLO SPIRITO VIVACE E GIOIOSO, DINAMICA, PER UN CONCETTO DI ENERGICA RINASCITA: QUESTO È IL COLORE CREATO PER IL 2022 E LA MODA, SOPRATTUTTO PER IL MONDO FEMMINILE, PREVEDENDO LE TENDENZE HA GIOCATO MOLTO SU QUESTA NUANCE. DI VALENTINO ODORICO
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orte il senso di libertà e sensualità che i brand hanno voluto trasmettere. La visione della moda firmata Laura Biagiotti è che moda è qui ma nello stesso tempo è già nel futuro: anticipa cambiamenti, stati d’animo, innovazioni. È manifestazione dell’umano comportamento che si evolve nei ritmi della contemporaneità, comunicando un atteggiamento o un messaggio, generando bellezza e creatività. L’abito veste il movimento della vita. Alessandro Michele per Gucci ha creato una collezione intima che rimanda al ricordo della madre. Ecco le parole del designer che raccontano in modo perfetto la sua poesia: «Quando ho cominciato a riflettere su come avrei voluto celebrare questo nuovo capitolo della mia avventura lavorativa, ho pensato a mamma e al suo lascito prezioso. Ho pensato al culto della bellezza di cui mi ha nutrito. Al dono irrinunciabile del sogno. All’aura mitopoietica del cinema. E ho scelto Hollywood Boulevard». Fendi invece esplora la gioiosa irriverenza che ha storicamente definito la casa di moda, unendola ad una semplicità che è la direzione verso il futuro: la femminilità torna ad essere glamour, seducente e potente. Per la stagione primavera-estate 2022, Ermanno Scervino fa rivivere il DNA più autentico del brand, stabilendo una connessione profonda ed emozionale tra passato, presente e futuro. Plasmando un’alchimia tra hèritage e desiderio di continuare a sedurre, il brand ritorna sulla passerella con una collezione che riassume l’eleganza glamour, femminile e sensuale, che da sempre lo contraddistingue. Un gioco
di contrasti ruba la scena amplificando un messaggio di bellezza e assoluta qualità, che si riflette in un guardaroba di pezzi speciali, realizzati con le più sofisticate tecniche del patrimonio del Made In Italy. Sartoriale e iperfemminile. Giorno e sera. Sport e couture. I confini rigidi tra mondi diversi si annullano, in una celebrazione di un lifestyle contemporaneo, dinamico, pensato per donne che si muovono con grazia e leggerezza nel mondo, mantenendo inalterato in ogni situazione il proprio desiderio di eleganza. Si chiama NÜ SHU, il linguaggio che si cela dietro la collezione primavera-estate 2022 di Hui, ed è una particolare scrittura sillabica derivata dai caratteri cinesi, originaria delle donne del popolo Yao, residente nella zona di Hunan. Proprio attraverso questo codice, Hui Zhou Zhao realizza capi che rappresentino una confluenza fra Italia e Cina; la collezione è ricca di ricami 3D, blazer oversize e kimono iper ricamati; viola, rosso, giallo rosa e bianco sono i colori predominanti; tagli e forme che reinterpretano la tradizione ci-
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nese, mixandola con la qualità sartoriale del made in Italy. Per Salvatore Piccione la proposta estiva ruota intorno ad un’idea di donna giovane ed estremamente femminile. Una sensualità sicuramente manifestata ma fatta di leggerezza dove armonia e disarmonia delle forme vanno in scena, di pari passo, sulla stessa tela, quasi come se venissero rappresentate dalla mano di un pittore. La moda maschile disegna invece una “nuova normalità” nel concetto di quotidianità. Ecco che per Luca Larenza l’uomo è pronto a ritornare a viaggiare e nel farlo si porta con sé il ricordo e l’esperienza. È così che la linea si arricchisce di tratti provenienti da paesi lontani. Un viaggio tra i colori e le luci di ciò che per noi è chiamato oriente, celebrando un continente ricco di contrasti, dallo sfarzo estremo degli Emirati Arabi, sino alla profonda spiritualità dell’India e dei suoi sconfinati panorami naturali, alternati alle gremite città dove perdersi tra i mercati ricchi di coloratissime spezie. La maglieria, in cotone, lino e seta, diventa da indossare sulla pelle, grazie a cardigan e smanicati over a trama larga che si colorano di avorio e verde salvia; tes-
suti semplici, che celebrano e raccontano i cromatismi della natura. Canali si immerge invece nelle atmosfere della Los Angeles anni ’90. I rimandi alle luci dell’alba e del tramonto, ai colori dell’oceano e delle colline, alle atmosfere multiformi dei tanti quartieri sono gli spunti da cui trae energia l’ispirazione che anima questa stagione. Da mattino a sera la luce muta intensità, i colori rincorrono le ombre che filtrano fra la vegetazione e attraversano le grandi vetrate delle abitazioni. Le cromie fresche e chiare del mattino si affiancano ai toni caldi del mezzogiorno che già prefigurano i toni rosati dei tramonti. I segmenti della collezione Canali si fondono con la città creando nuovi e inattesi abbinamenti. David Catalán propone per la prossima stagione abiti ispirati alla cultura moderna, con silhouette sportive e sovrapposizioni. Tutto ciò è combinato insieme con un approccio innovativo, volto alla ricerca di nuove tecniche e alla creazione di nuovi materiali. Miguel Vieira scandisce il ritmo della giornata attraverso le sue creazioni: la giornata rivela svariate cartoline fotografiche uniche nei differenti scenari delle nostre attività. L’agenda è abbastanza piena: comprende una corsa mattutina lungo il fiume dove ci godiamo l’aria fresca di alberi e piante, indossando pantaloni ampi e una t-shirt rilassata. I colori degli uccelli che volano sopra di noi conferiscono allo scenario una colorazione armoniosa. Sul luogo di lavoro, ciò che spicca del nostro look sono i pattern che uniscono colori come il verde mare, il color melanzana e l’orchidea; tonalità che solo apparentemente non si abbinano ma che, invece, creano un perfetto equilibrio tra di loro. Alla fine della giornata, facendo due chiacchiere con gli amici, per rinfrescare il nostro outfit aggiungiamo semplicemente una sciarpa nei toni lampone e blu notte.
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01 Salvatore Piccione 02 / 04 Canali 03 Luca Larenza 04 HUI
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FASHION / SOFIA PROVERA
ARMONIA, BELLEZZA E QUALITÀ
D SOFIA PROVERA È UNA GIOVANE STILISTA DI 25 ANNI CHE, GRAZIE ALLA SUA DETERMINAZIONE, HA GIÀ UN SUO ATELIER MOLTO CONOSCIUTO. HANNO PARLATO DI LEI TESTATE E TELEVISIONI NAZIONALI, ANNOVERA TRA LE SUE CLIENTI IMPORTANTI VIP E SONO NUMEROSI I PROGETTI FUTURI. L’ABBIAMO INCONTRATA NEL SUO LABORATORIO A MILANO PER FARCI RACCONTARE TUTTO IL SUO MONDO. DI VALENTINO ODORICO
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a dove nasce la tua passione per la moda? «La mia passione nasce fin da piccola. Mia madre aveva una sua linea di abiti da sera, mia nonna dipingeva e la mia bisnonna ricamava. Sono sempre stata influenzata dal mondo creativo e dal bello grazie anche a mio nonno, grande collezionista d’arte classica. A sei anni ho chiesto come regalo alla classe delle elementari la macchina da cucire che ancora conservo». Un mondo fatto di dettaglio, tessuti e materiali unici e pregiati. Quanta ricerca c’è dietro alla creazione di un abito? «Tantissima, la mia vita è una continua ricerca verso la bellezza e l’armonia; mi lascio attraversare dal bello, che sia una poesia, un quadro classico, la venatura di una foglia in trasparenza, un tramonto. Credo fortemente nei valori del made in Italy e delle capacità creative del mio territorio e amo scoprire materiali meravigliosi come fili d’oro 24 carati o pietre preziose e semi-preziose per ricamare, o pizzi che possono essere considerati veri pezzi unici ricchi di storia e sensibilità artistica. La creazione di un abito come nuovo modello nasce
molto di getto: appena vedo un pizzo o un ricamo che mi colpisce e va dritto al mio cuore lo scelgo e vedo già quello che sarà, istintivamente direi. Se la creazione è per una cliente specifica invece c’è una ricerca “più razionale” da tutti i punti di vista: essendo creata totalmente sui desideri della singola donna, sui suoi gusti, esigenze e misure, andiamo a capire come scomporre l’abito che poi deve diventare come una seconda pelle, valorizzando i punti migliori e nascondendo alcune imperfezioni (che comunque ci rendono sempre bellissime e uniche). Il denominatore comune? Armonia, bellezza e qualità!». Cosa non vedremo mai in una tua creazione? «Non si vedrà mai la “non-armonia” e una donna “indossata da un abito”, come si vedono in molti brand di lusso che, pur di far parlare di sé, trattano la femminilità come un appendino. Piuttosto si vedrà sempre che l’abito viene indossato da una donna valorizzandola al massimo, in ogni suo desiderio ed esigenza». Quanto è importante per te l’idea dell’unicità di ogni donna?
FASHION / SOFIA PROVERA
«È fondamentale. Sono onorata d’essere stata per quasi due anni in un noto negozio a Lugano d’altissimo livello, ma non avevo il rapporto diretto con la cliente, in prima battuta almeno. Ho quindi deciso di intraprendere una relazione personale con le mie clienti, in modo da conoscerle personalmente e comprendere i loro desideri; in questo modo posso modulare me stessa e il mio team di Première, sarte, modelliste, ricamatrici e pittrici per dare vita a una creazione unica che le rispecchi. Poi ogni volta mi affeziono e creo dei legami meravigliosi e duraturi nel corso del tempo. Alcune clienti molto spesso, conoscendo ogni loro desiderio in fatto di moda, mi dicono di creare qualcosa di nuovo perché “già so cosa vogliono”. Per me non è un lavoro ma una passione dove l’empatia e la fiducia sono fondamentali». Un percorso di prime volte: il primo abito, la prima macchina da cucire. Come vedi la tua evoluzione in futuro? «Sicuramente in questo settore. È una passione nata fin da piccola che, con perseveranza e determinazione, ho portato avanti. In Italia mi sto concentrando quasi totalmente sul mondo degli abiti sartoriali d’alto livello da sposa; prevalentemente in Svizzera e a Montecarlo, invece, sia sul segmento sposa, sia sull’Alta Moda, andando con il mio team a casa delle clienti per le prove e mantenendo ovviamente un altissimo
livello di riservatezza. In futuro vorrei viaggiare di più in modo da poter realizzare pezzi unici per clienti su Londra, Mosca e Dubai… magari organizzando dei privati Trunk Show di nicchia tra gruppi di amiche. Ovviamente è un sogno e tengo i piedi ben per terra, però passo dopo passo sono sicura che lo raggiungerò. Ci tengo molto a garantire a ogni mia cliente tutta l’attenzione per accompagnarla in questo bellissimo mondo e ogni anno le mie creazioni sono a numero chiuso: per questo sto lavorando a un progetto molto ambizioso legato al mondo degli avatar».
«L’ultimo è stato pubblicato proprio pochissimo tempo fa su Sposi Magazine, una rinomata rivista di settore di fama internazionale. Non mi aspettavo questa risonanza! Le mie creazioni sono un’estensione di me, in cui metto tutto il mio cuore e anche la mia anima: per questo ho deciso di non avere un ufficio stampa ma di credere nelle persone e raccontare il mio mondo. Il Giornale, Tg2 storie, Arabia Wedding, Fashion Tv e molti altri hanno deciso di far entrare nel mio Atelier i loro lettori e spettatori. Ne sono estremamente onorata e fra poco si aggiungerà anche Elle Spose! Ancora non riesco a crederci. Ho anche diverse clienti famose ma per un discorso di riservatezza non posso divulgare i nomi. Quando ho voluto seguire questo mio sogno i miei genitori mi hanno detto “ti mettiamo a disposizione commercialista e avvocato e se ci credi vai per la tua strada”. Li ringrazio di cuore per questa grande libertà e responsabilità che mi hanno dato, grazie a loro ho avuto la possibilità di aver fatto della mia vita il mio sogno. Vedremo cosa mi riserva il futuro».
Non solo abiti da sposa, ma anche cerimonia ed alta moda. Giusto? «Esatto, nasco come mondo dall’Alta Moda. Il mio primo abito infatti l’ho sognato e realizzato ormai 10 anni fa, quando ne avevo 15. Da allora mi si è aperto un mondo meraviglioso che mi ha spinto a registrare il marchio negli Emirati, in Europa e Russia. Dal primo abito molte amiche e conoscenti richiedevano le mie creazioni perché desideravano avere un abito unico e che non avesse nessun’altra. Poi a 19 anni è arrivata la prima sposa e me ne sono innamorata». Hanno parlato di te importanti quotidiani, tv nazionali, hai come clienti nomi famosi: cosa provi? Traguardi importanti per la tua giovane età! TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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DESIGN / VERY PERI
IL COLORE CHE INCANTA IL DESIGN 02
IL PANTONE COLOR OF THE YEAR 2022 INCORONA IL VERY PERI COME COLORE IDEALE PER RIVOLUZIONARE, O DECORARE CON STILE E MODERNITÀ GLI SPAZI DI CASA. DI VALERIA RASTRELLI
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l colore dell’anno 2022 è il Very Peri, eletto dal Pantone Color Institute e destinato a definire le collezioni di molteplici settori, dalla moda fino all’arredamento e al design, settori che per tradizione declinano meglio le tendenze che inevitabilmente ci influenzeranno per un anno intero. Un colore poetico, romantico, positivamente frivolo, irresistibile e non eccessivamente esplorato da moda e design e dunque perfetto per dare spazio assoluto alla nostra creatività e per mixare le nuove proposte con gli arredi di casa, ufficio e qualunque altro spazio necessiti di un nuovo moderno twist. Per donare un nuovo volto agli interni di casa, possiamo affidarci agli esperti di habitissimo - portale che mette in diretto contatto privati e professionisti qualificati per interventi di interior design, ristrutturazione
e riqualificazione edilizia - che suggerisce alcune idee a cui ispirarsi per rinnovare il salotto utilizzando il nuovo colore. Possiamo inserire il Very Peri con un elemento di grande impatto visivo - come un divano - che si faccia notare per la sua tonalità straordinaria e originale, divenendo il protagonista assoluto di un ambiente, oppure, per non stravolgere eccessivamente la casa, puntare su piccoli tocchi di Very Peri per creare giochi cromatici e dare vita a una vera e propria metamorfosi degli spazi: con un vaso, complementi tessili, stampe o accessori dalle nuances Pantone, possiamo rapidamente inserire il colore dell’anno per rinnovare in maniera semplice gli spazi puntando sull’home decor, come con Lap, specchio design Bolzan LAB, la specchiera freestanding girevole, perfetta per dare risalto e importanza agli spazi
DESIGN / VERY PERI 03
è perfettamente inserita nei due profili laterali, rivestiti ton sur ton o a contrasto. I tessuti sono poi impreziositi da cuciture a vista che definiscono una piacevole texture superficiale. Morbida e al tempo stesso scultorea, Colina - Design by Lievore Altherr Molina, 2014 - di Arper è una collezione di poltrone dal profilo elegante e dal design accogliente. Concepita per completare le forme fluide del sistema modulare e componibile di divani Loop - design by Lievore Altherr Molina, 2009, stilizzato nella forma e architettonico nell’effetto, Colina si inserisce perfettamente negli ambienti più diversi: dall’ufficio agli spazi pubblici, fino all’intimità domestica, da sola o in gruppo. Grazie alla versatilità della forma e alle diverse opzioni disponibili, Colina si armonizza con gli elementi architettonici dello spazio e favorisce le conversazioni tra amici e colleghi. La proposta di MP, azienda storica toscana attiva da oltre 60 anni nel settore delle lavorazioni tessili e specializzata nella produzione di tessuti spalmati e floccati particolarmente apprezzati in ambito di Interior Design, Contract, Nautica, Outdoor e Moda, è la collezione GRIMM, un tessuto spalmato estremamente performante e dall’aspetto inconfondibile che gioca sul contrasto tra effetto lucido e opaco con una leggera “nuvolatura” che gli conferisce un’estetica assolutamente naturale. Ma il Very Peri contagia con la sua più intimi della casa, o il pouf della collezione Vine di Turri, designer Frank Jiang, 2019, in tessuto e pelle. Anche la panca WAM di Bross, parte della collezione ideata da Marco Zito, è perfetta nella sua combinazione tra l’ampia parte imbottita e l’esile struttura metallica, proposta in finitura bronzo spazzolato o laccato nero opaco. L’immagine che ne risulta è un gioco di antitesi e volumi, dove la seduta sembra quasi sospesa e la scocca
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DESIGN / VERY PERI 06
originalità anche le sale da bagno e la cucina. Le ceramiche ARTWORK ITALIAN HERITAGE BY KERASAN, ci propongono 4740 MOLOCO - design Fabrizio Batoni - misterioso totem MOAI di ceramica che nasce come lavabo freestanding, ma che può essere reinterpretato come cache-pot, camino, lampada o complemento d’arredo secondo la logica della multifunzionalità. E ancora GUM di Glass Design, il lavabo da appoggio in Siliconio® dalla forma rigorosa e di piccole dimensioni, per rendere unico un piccolo ambiente bagno. Anche le ceramiche da bagno di Sbordoni di tingono del poetico lilla, come la vasca EVA, in ghisa con interno bianco ed esterno grezzo in primer o personalizzabile nei diversi colori: ispirata alle pure forme classiche, armonica e proporzionata, ha i piedini a forma di zampa di leone con dettagli floreali in finitura argento semilucido; o la collezione Neoclassica, disegnata negli anni ‘30 da Alessandro Sbordoni e ancora oggi prodotta con le stesse caratteristiche, con il lavabo a colonna in stile Decò. Infine, Scarabeo presenta CROSS, la nuova soluzione d’arredo che trasforma la sala da bagno in un luogo affascinante, originale e delicato al tempo stesso. Una base in legno, con elementi che si incrociano raccordati da inserti in ceramica, supportano un top tondo in ceramica su cui possono essere posizionati 14 tipologie di lavabo delle collezioni Scarabeo. Con Atelier Abimis, concept e laboratorio, a chiunque è possibile disegnare la cucina dei propri sogni personalizzandola anche con materiali differenti dall’acciaio. Internazionali per tipologia di prodotto e di mercato di riferimento, ma assolutamente italiane per qualità del processo produttivo, con finiture artigianali che impreziosiscono ogni singolo passaggio, Atelier Abimis propone cucine con ante squadrate che forniscono nel complesso un’immagine pulita e ordinata dei blocchi cucina.
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01 Lavabo freestanding in ceramica di Artwork Italian Heritage 02 Cucina outdoor di Aterlier Abimis 03 Divani Loop di Arper 04 Panca WAM di Bross 05 Specchio Lap di Bolzan Lab 06 Lavabo GUM di Glass Design
THE FULL FORCE OF McLAREN.
ENQUIRE NOW McLaren Lugano Via San Gottardo 27, 6593 Cadenazzo +41 91 851 90 30 info@lugano.mclaren.com Estimated fuel consumption combined: 4.6l/100km | Estimated CO2 emissions combined: 104g/km. These figures will be updated once final testing figures have been confirmed. For our emissions statement please go to cars.mclaren.com
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ifficile immaginare un’icona di maggior fascino quando si parla della Mercedes SL. Capace di attraversare epoche intere adottando gusti e tecnologie del momento, rinnovandosi di volta in volta un po’ come un’Araba Fenice: proprio come accade con questa nuova generazione. Si tratta infatti di un’autentica riedizione di un classico senza tempo, che ritrova le proprie origini più dinamiche - era nata quasi settant’anni fa come sportiva da corsa adattata all’impiego stradale - attraverso le attenzioni premurose di AMG: è infatti la divisione ad alte prestazioni ad aver preso in carico l’intero sviluppo di quest’ultima SL. La vettura prende forma da una scocca del tutto inedita, realizzata ex-novo in alluminio composito per garantire la più elevata rigidità torsionale unitamente al peso più contenuto; in questo modo la Casa assicura valori che nulla hanno da invidiare alla stessa AMG GT Roadster, pure simile nella tipologia costruttiva. Altrettanto curata l’aerodinamica, articolata attorno alle linee contemporanee e sportive che distinguono la nuova convertibile, dalla linea
di cintura sinuosa e leggermente a cuneo. Vi prendono parte anche diversi elementi attivi: al sistema di parzializzazione delle prese d’aria frontali si aggiungono il profilo attivo in carbonio nella zona inferiore del motore - genera maggior effetto Venturi sotto l’auto - e lo spoiler posteriore estraibile. Quest’ultimo, a riposo, è completamente integrato nel cofano del bagagliaio ed è in grado di assumere cinque angolazioni progressive a partire dall’andatura di 80 km/h. Un elemento necessario per la stabilità, tenuto anche conto che nella versione più performante la SL può vantare una velocità di punta largamente superiore ai 300 km/h. La capote torna al tessuto e sostituisce il tetto rigido ripiegabile precedentemente in uso; più leggera e compatta, è realizzata in tre strati con inserto in materiale fonoassorbente e può essere aperta o chiusa elettricamente in appena 15 secondi, anche in movimento fino a 60 km/h. L’ambiente di bordo è contemporaneo nel look, al tempo stesso “classico” nella soluzione delle bocchette circolari disposte sulla plancia. La digitalizzazione di ultima generazione MBUX include il vasto
schermo centrale multifunzione a sviluppo verticale con inclinazione regolabile, mentre sul piano degli ausili alla guida sono presenti tutti i sistemi più evoluti in uso sugli altri modelli alto di gamma. Lo spazio privilegia naturalmente la sistemazione sulle poltrone anteriori, ampie e avvolgenti con generoso tunnel centrale che funge anche da elemento di separazione. Di serie, inoltre, l’aerazione Airscarf negli appoggiatesta, per avvolgere collo e nuca con opportuni flussi di aria temperata permettendo di godersi al meglio la guida a cielo aperto anche nelle stagioni meno miti. Dietro ai sedili anteriori trova spazio un compatto divanetto a due posti. Sul piano dinamico, la tecnologia più raffinata è sovrana. La SL “by AMG” spicca per l’inedita adozione della trazione integrale, sulle due versioni di lancio 55 (476 cv) e 63, nella sua variante più sofisticata 4MATIC+ a ripartizione completamente variabile. In aggiunta, l’asse posteriore impiega la soluzione sterzante attiva, assicurando più agilità tra le curve e superiore stabilità sul veloce. L’assetto è regolabile per adattarsi al meglio alla marcia più confortevole come alla pista, sfruttando sulla 63 elementi idraulici adattivi unitamente al controllo attivo del rollio. Ciliegina sulla torta: l’impianto frenante si avvale di dischi in materiale composito.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG SL 63 4MATIC+ Motore Cilindrata cm3 Carburante Potenza max. Coppia max.
Otto cilindri a V, biturbo 3.982 Benzina 585 cv (430 kW) 800 Nm a 2.500-5.000 giri/min.
Velocità max. Accelerazione 0-100 km/h Capacità serbatoio Peso totale Trazione
315 km/h 3,6 secondi 70 litri 1.970 kg Integrale
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L’AMMIRAGLIA SI ELETTRIFICA STRETTAMENTE IMPARENTATA CON LA CLASSE S, LA EQS SI BASA SU UN’ARCHITETTURA PURAMENTE ELETTRICA CAPACE DI UNIRE A QUESTA TIPOLOGIA DI PROPULSIONE TUTTO IL BENESSERE DELLA STORICA AMMIRAGLIA DELLA CASA E CONTENUTI ALTAMENTE INNOVATIVI.
AUTO / MERCEDES-BENZ EQS 450+
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n casa Mercedes-Benz le lettere sono molto importanti, poiché permettono di identificare in un istante le caratteristiche salienti di un modello. Da qualche anno la sigla “EQ” distingue i modelli a trazione elettrica, ma se quale suffisso compare improvvisamente una “S” è facile intuire che ci si trova di fronte a una vettura particolarmente speciale. Questo perché da generazioni la diciassettesima lettera dell’alfabeto identifica la punta di diamante della gamma, quell’ammiraglia capofila dell’innovazione tecnologica capace di consolidare costantemente il suo prestigio. Ecco che allora, più che di lettere, si potrebbe iniziare a parlare di numeri, e al proposito potremmo citarne davvero tanti, dai 770 chilometri di autonomia dichiarati secondo il ciclo WLTP ai 350 sensori che controllano costantemente le funzioni della vettura, senza dimenticare le 40 invenzioni introdotte con questo modello o il suo coefficiente aerodinamico (Cx) di 0,20 che la rende l’automobile di serie più aerodinamica del mondo. Tuttavia le lettere i numeri a volte non bastano per raccontare una vettura
che, come in questo caso, accompagna chi la guida in una coinvolgente esperienza sensoriale. Basta infatti prendere posto sui comodi sedili rivestiti in morbida pelle, accarezzare gli elementi decorativi in legno autentico a poro aperto e fare un respiro profondo per sentirsi in una vera oasi di pace. Merito dell’aria purificata dal grande filtro HEPA, della profumazione attiva, dell’elevata qualità dei materiali, ma anche del silenzio a bordo una volta chiusa la portiera. Silenzio che, grazie alla propulsione elettrica, è assicurato anche una volta in marcia. Spinta da un motore elettrico capace di farle raggiungere la ragguardevole velocità di 210 km/h, la EQS mostra da subito una vocazione da vera ammiraglia, come suggerisce il suo nome. Diverse sono infatti le innovazioni tecnologiche che le permettono – come si può costatare in prima persona alla guida – di muoversi con grande autorevolezza sia in autostrada che lungo i percorsi guidati, senza che eventuali imperfezioni dell’asfalto influenzino il comfort di bordo. Ne sono un esempio le sospensioni pneumatiche, le quali si regolano in maniera indipendente su ogni singo-
la ruota: se la vettura passa sopra un ostacolo con una sola ruota l’urto non viene trasmesso al resto dell’asse e quindi al vano passeggeri Oltre alla tecnica ingegneristica oggigiorno l’innovazione di una vettura si determina anche in base alle dotazioni tecnologiche di bordo, altro capitolo nella quale la EQS non teme confronti. A cominciare dall’MBUX Hyperscreen, un insieme di tre schermi (strumentazione, infotainment, schermo per passeggero anteriore) percepiti visivamente come uno schermo unico che, al di là dell’effetto scenografico, racchiude tecnologie all’avanguardia. Tra queste l’intelligenza artificiale del sistema stesso capace di apprendere le vostre abitudini adattandosi all’utente e alla situazione in cui ci si trova, come pure la possibilità di aggiornare “over the air” (cioè senza doversi recare in officina) determinate funzioni con la possibilità di aggiungerne persino di nuove. Un esempio? L’asse posteriore sterzante di serie ha un angolo di sterzata massima di 4,5°, che salgono a 10° con la variante disponibile in opzione. Qualora vi doveste pentire di non aver scelto questo optional potrete sempre e comunque acquistarlo in un secondo momento e renderlo operativo tramite un aggiornamento e del tutto simile a quello che siamo abituati a fare con gli smartphone. Una vera ammiraglia, oggi, è in grado di fare anche questo.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-BENZ EQS 450+ Motore Carburante Potenza max. Coppia max. Velocità max.
Motori elettrici sincroni a magneti permanenti Elettricità 333 cv (245 kW) 568 Nm 210 km/h
Accelerazione 0-100 km/h Capacità batteria Peso totale Trazione
6,2 secondi 107.8 kWh 2.480 kg Posteriore
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AUTO / MCLAREN ARTURA
ARRIVA LA SUPERCAR IBRIDA V6 PLUG-IN LA POTENTE VETTURA TARGATA MCLAREN RINUNCIA PER LA PRIMA VOLTA AL V8 IN FAVORE DI UN PIÙ COMPATTO V6. CE NE PARLA L’ING. IGOR PASTA, TITOLARE DI IP MOTORS SA - CONCESSIONARIO UFFICIALE MCLAREN LUGANO.
C
on quali caratteristiche si presenta questa nuova supercar? «Si tratta del secondo modello McLaren che sposa la propulsione ibrida dopo la hypercar P1, prodotta tra il 2013 e il 2015. A differenza di quest’ultima, però, che fu prodotta in serie limitata (solo 375 esemplari), la Artura va ad affiancare modelli prodotti in serie come la 600LT, la 765LT, la 720S e la 720S Spider. La Artura si presenta come un modello totalmente inedito che adotta numerose nuove tecnologie, su tutte la propulsione ibrida».
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Come potrebbe essere definita l’Artura da un punto di vista estetico? «Lo stile è quello delle altre supercar di Woking. Si tratta di una vettura tutto sommato compatta, con una lunghezza di 4.538 mm, una larghezza di 2.080 mm (specchietti inclusi), un’altezza di 1.193 mm e un passo di 2.640 mm. Le linee sono molto fluide e pulite, frutto anche dell’accurato studio aerodinamico. Cosi, per esempio, il flusso viene canalizzato all’interno dei passaruota anteriori tramite le due prese d’aria anteriori nelle quali sono integrati i fari e, uscendo dalle bran-
AUTO / MCLAREN ARTURA
200 km/h vengono invece raggiunti in soli 8,3 secondi. Infine, la velocità massima è di 330 km/h, autolimitata».
chie laterali, aderisce alla carrozzeria arrivando alle prese di raffreddamento per i componenti del powertrain. Il carico viene generato senza ricorrere ad appendici mobili, bastano infatti il generoso diffusore e lo spoiler posteriore integrato nel corpo vettura che da soli garantiscono 50 kg di carico». Che cosa ci può dire riguardo al motore termico e a quello elettrico? «La Artura è la prima McLaren dell’era moderna sulla quale è installato un motore con un frazionamento diverso dall’otto cilindri a V. Il nuovo inedito propulsore è un sei cilindri a V biturbo da 2.993 cc (nome in codice M630) in grado di erogare 585 CV (quasi 200 CV per litro) a 7500 rpm e 585 Nm di coppia. Montato in posizione centrale longitudinale, è significativamente più compatto del V8 che equipaggia le altre McLaren e soprattutto è più leggero, facendo segnare sulla bilancia un
peso di 160 kg, con un risparmio di peso di 50 kg rispetto al V8. È inoltre dotato di filtro antiparticolato, indispensabile per rientrare nei limiti imposti dalle norme Euro 6. L’unità elettrica a flusso assiale è situata all’interno della campana della trasmissione. Più piccolo e più efficiente nell’erogazione di potenza rispetto a un motore elettrico a flusso radiale convenzionale, è in grado di generare 95 CV e 225 Nm e può vantare una densità di potenza per chilo superiore del 33% rispetto al sistema utilizzato nella McLaren P1. Il sistema combinato termico più elettrico sviluppa una potenza di 680 CV e 720 Nm di coppia, tutto trasmesso alle sole ruote posteriori. Il motore elettrico, che come ben sappiamo ha la caratteristica di erogare immediatamente la coppia massima, consente uno scatto 0-100 km/h in 3 secondi netti e può spingere la McLaren Artura fino a 130 km/h. I
L’Artura prevede la scelta tra quattro modalità Powertrain… «Il guidatore può selezionare quattro modalità di gestione del powertrain ibrido di cui una, denominata E, consente per un massimo di 30 km di utilizzare la sola propulsione elettrica. Le altre tre modalità sono le classiche Comfort, Sport e Track. La prima ottimizza l’utilizzo della parte elettrica del powertrain e fino ai 40 km/h consente lo spostamento in modalità zero emissioni; le altre due sono invece chiaramente orientate alla prestazione pura, in particolare la modalità Track». Possiamo accennare infine agli interni e alla dotazione tecnologica? «L’abitacolo della McLaren Artura è omologato per due passeggeri, che possono beneficiare dei nuovi sedili Clubsport con guscio in fibra di carbonio. L’intero sedile ruota come un unico arco ellittico quando viene regolato, combinando supporto sotto la coscia, altezza del sedile e schienale in un unico movimento. È tutto nuovo il sistema infotelematico (MIS II), che si basa su un software completamente rinnovato e su un hardware personalizzato per offrire un livello di reattività pari a quello di uno smartphone. Il sistema MIS II include le versioni aggiornate delle app McLaren come Track Telemetry e Variable Drift Control. Questo nuovo sistema ha anche permesso l’implementazione di una serie di Adas quali Intelligent Adaptive Cruise Control con Stop / Go, avviso di cambio di corsia, assistenza abbaglianti e riconoscimento della segnaletica stradale». MCLAREN LUGANO Via San Gottardo 27, CH-6593 Cadenazzo T. +41 (0) 91 851.90.30 www.lugano.mclaren.com TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
DETERMINATO SUL LAVORO COME IN PISTA
INCONTRO CON PHILIPP PETER, COMPROPRIETARIO DI WETAG CONSULTING E DIRETTORE DEGLI UFFICI LUGANESI.
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on è facile trovare spazio nell’agenda di Philipp Peter, costantemente al telefono e impegnato dal primo mattino con il suo lavoro, ma casualmente un cliente estero disdice un pranzo e nel giro di pochi minuti riesco a raggiungerlo nel suo ufficio di Riva Caccia a Lugano.
o recentemente visto che è il suo anniversario lavorativo… «Mi dicono che sono all’ottavo anno in Wetag e sinceramente il tempo è volato, me ne sono reso conto unicamente dai messaggi che mi sono arrivati da amici e colleghi via LinkedIn». Ex pilota automobilistico, austriaco di nascita, dopo il suo addio alle corse non ha mai pensato di tornare in pista, anche a livello amatoriale… «Non ne ho avuto il tempo. Quando Ueli Schnorf (comproprietario di Wetag) e il suo precedente socio mi hanno dato l’opportunità di dirigere gli uffici di Lugano ho provato un grande senso di responsabilità e non vole-
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vo deludere la loro fiducia. Ho investito tutto il mio tempo libero per imparare e studiare un settore che richiede una formazione continua e specifica, penso alle stime, alle limitazioni di acquisto per gli stranieri, ai diversi permessi… quindi - anche volendo – non avrei avuto tempo per correre. Inoltre, l’ho sempre detto, quando si termina qualcosa bisogna farlo di netto, staccarsi completamente e la mia scelta è stata quella di non frequentare più i luoghi legati all’automobilismo; sono invece rimasto in contatto con le persone, alcune di loro ancora oggi miei cari amici». È un caso che ci siano due ex piloti come dirigenti presso la Wetag, Philipp Peter a Lugano e Iradj Alexander David a Locarno? «Può esser un caso, ma se valutiamo i nostri due profili possiamo vedere che entrambi abbiamo lavorato nel settore del lusso quando correvamo, avevamo sponsor importanti ed eravamo istruttori leader, ad esempio per la Ferrari, questo significa che da sempre siamo abituati a interagire con persone esigenti e molto facoltose. Come pilota, ma soprattutto come istruttore a livello internazionale, era indispensabile parlare almeno tre/quattro lingue ed essere il manager di sé stesso, quindi avere la capacità di vendersi come persona, senza dimenticare l’aspetto sponsor, indispensabili per ogni pilota.
Questo aspetto, al quale si aggiunge una buona capacità di negoziazione e socializzazione, gioca indubbiamente un ruolo importante anche nel settore immobiliare. Quindi non so se effettivamente possiamo parlare di caso riguardo al fatto di trovare un altro ex pilota in Wetag». Perché qualcuno dovrebbe scegliervi come società per acquistare una proprietà nel Luganese… «Non penso dobbiamo convincere la gente, le persone prima devono conoscerci, e questo lo fanno guardando il nostro sito, contattandoci, recandosi nei nostri uffici. Dal riscontro dei nostri clienti emerge che si trovano subito bene, questo anche perché tutti i collaboratori Wetag sono professionalmente abituati a trovarsi con clienti esigenti. Abbiamo persone che si fidelizzano in modo immediato perché apprezzano il nostro operato e quindi ci danno anche un mandato di ricerca quando non trovano proprietà di loro interesse all’interno della nostra offerta».
Negli ultimi anni gli uffici di Lugano sono cresciuti in modo esponenziale e avete tenuto il mercato anche durante le fasi più acute della pandemia. Merito del suo lavoro? «Quando sono arrivato a Lugano, come dicevo prima, non è stato tutto subito facile, perché la gente mi conosceva come sportivo d’élite, commentatore televisivo, ma nessuno mi legava direttamente al mondo immobiliare, benché da anni svolgessi questa attività ad Andermatt. Per farla breve ad alcuni “faceva strano” vedermi con il completo, quindi non è subito stato evidente conquistare la fiducia delle persone, ho dovuto farlo con calma, affrontando tutte le sfide in modo professionale, poi a poco a poco banche, fiduciari, amici hanno iniziato a rivolgersi a noi e devo essere sincero: molto ha fatto il passaparola! La ricetta? Non la conosco, io ho continuato ad affrontare il mio lavoro come quando ero pilota: con grande determinazione, cercando di essere il migliore e, in caso di fallimento, analizzando la situazione per poter miglio-
rare, esattamente come in circuito. Al mio arrivo a Lugano eravamo due persone, ora siamo in sei, tutti impiegati fissi con uno stipendio base importante e non su commissione di vendita. Qualcosa di giusto immagino abbiamo fatto e lo dico come team, includendo i colleghi che si trovano fisicamente a Locarno, dove è presente anche il nostro ufficio marketing». Parla spesso del suo team… «Sì, perché sono molto orgoglioso della mia squadra e senza i miei collaboratori non saremmo arrivati a fare il miglior anno in assoluto di Wetag nel 2021. È un gruppo che ho creato negli anni, ci sono state persone che non hanno resistito allo stress e alla massa di lavoro e se ne sono andate, ma chi ha creduto nel progetto dimostrando passione e flessibilità penso oggi si possa dire un collaboratore soddisfatto». Un’ultima domanda, una curiosità, è difficile lavorare con lei? «Basta sapermi prendere» (ride). TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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ARCHITETTURA / FONTANA SOTHEBY’S
VILLA DI LUSSO IN LOCAZIONE CERCASI
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l boom del mercato immobiliare d’alta fascia non ha risentito della pandemia? «La crisi economica e l’emergenza sanitaria non hanno fermato questo tipo di mercato, che anzi sta facendo registrare numeri importanti di richieste che spesso non possono essere soddisfatte».
AVETE UNA VILLA ESCLUSIVA DA AFFITTARE A LUGANO? NE PARLIAMO CON VALENTINA MINGRINO, RESPONSABILE DELLE LOCAZIONI DELLA SOCIETÀ FONTANA SOTHEBY’S DI LUGANO.
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Come mai? «Il mercato delle locazioni su ville di grandi dimensioni e di alto standing offre veramente ben poco a Lugano. Siamo di fronte a una richiesta più alta dell’offerta. Riceviamo richieste non solo da parte di clienti svizzeri, ma provenienti anche da Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Olanda e Germania. I nostri clienti che vogliono stabilirsi a Lugano, vanno a caccia di abitazioni di pregio e guardano con particolare interesse al mercato, cercano ville esclusive, dimore storiche in locazione con l’idea in futuro di acquistare».
Quali sono le zone più ricercate? «Più che la posizione dell’oggetto, negli ultimi anni abbiamo visto confermata la tendenza a cercare ampie abitazioni con spazio esterno, giardino, terrazzo abitabile e una vista panoramica. Per questo motivo sono sensibilmente aumentate le richieste in affitto di ville importanti, case di pregio, di alto standing con piscine private». Come mai c’è poca disponibilità sul mercato di ville di lusso in locazione? «Io credo che vista la tipologia, i proprietari vorrebbero gestire in prima persona l’oggetto in affitto. Questo richiede pazienza e tempo, quel tempo che spesso non si ha o semplicemente si preferisce dedicare ad altro. Inoltre il pericolo di incombere in adempienze da parte dei conduttori è elevato e le lunghe procedure amministrative del caso sono spesso complicate e inconcludenti».
ARCHITETTURA / FONTANA SOTHEBY’S
ci permette di offrire un servizio che va oltre la classica intermediazione. Affidabilità e professionalità significano anche, dover rinunciare ad una proprietà, piuttosto che seguire male il cliente. Negli anni, abbiamo consolidato rapporti di fiducia con i nostri clienti, che ci contattano per chiedere il nostro supporto. Tutti coloro che finora ci hanno scelto e che ringrazio, hanno potuto scoprire la trasparenza, la responsabilità, la correttezza e soprattutto l’imparzialità, rispetto ad ogni trattativa nel concludere con successo un mandato».
Cosa consiglia ai nostri lettori? «Affidarsi alla nostra agenzia, Fontana Sotheby’s vuol dire scegliere la professionalità e l’esperienza di un gruppo leader nel campo dell’intermediazione immobiliare. È scegliere un professionista che conosce il mercato immobiliare ma anche le leggi che lo riguardano. Conosciamo a fondo il territorio e il mercato delle locazioni ad esso legato. La nostra esperienza ci permette di assistere il cliente nella valutazione dell’immobile e del canone di locazione più
adeguato. Verifichiamo che il conduttore prescelto abbia l’effettiva capacità economica e la solvibilità, affinché le chiavi della casa in affitto, siano consegnate soltanto a mani affidabili. Il cliente sarà affiancato nella scelta del contratto ideale per la sua specifica situazione». Fontana Sotheby’s in cosa si differenzia? «Il nostro primo obiettivo è quello di porre la massima attenzione al cliente. L’ascolto e l’analisi delle esigenze,
Come dicevamo all’inizio dell’articolo, allora la pandemia non vi ha fermato? «No, anzi, la pandemia ci ha permesso di restituire ai clienti ottimismo, e anche quando non se lo aspettavano, risultati concreti. Abbiamo offerto come valore aggiunto una bella serenità e un’esperienza appagante. La nostra esperienza sommata alla fiducia dei nostri clienti, ci ha permesso di chiudere il 2021 raggiungendo ottimi risultati, anche superiori alle attese. Per il 2022 abbiamo tanti obiettivi da raggiungere e auspico di acquisire tante ville di lusso!». Come possiamo aiutarla nella sua ricerca? «Ai proprietari di ville e appartamenti esclusivi, possiamo offrire una consulenza esclusiva, garantire assoluta riservatezza e un supporto personalizzato per percorrere insieme la strada migliore per un successo commerciale. Oggi, i clienti possono scegliere e proteggere nel tempo la loro proprietà immobiliare, affidandosi a un marchio di qualità e di eccellenza». FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY Via Luvini 4 CH-6900 Lugano T. +41 (0) 91 911 97 20 www.fsir.ch TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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ARCHITETTURA / WMM REAL ESTATE MANAGEMENT
SOLUZIONI COMPLETE PER L’AMMINISTRAZIONE IMMOBILIARE 01
L’AMMINISTRAZIONE IMMOBILIARE È UN’ATTIVITÀ CHE RICHIEDE COMPETENZE SPECIFICHE, E AL TEMPO STESSO DECISAMENTE TRASVERSALI: LA GESTIONE FINANZIARIA RAPPRESENTA UNA COMPONENTE CRUCIALE, MA QUESTA DEVE ESSERE AFFIANCATA DA COMPETENZE RELAZIONALI E CONSULENZIALI, CHE TRASCENDONO LA PURA GESTIONE.
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empre più i proprietari di stabili e oggetti immobiliari ricercano, nei partner a cui si affidano, conoscenze trasversali, così come ricercano consulenza esperta in campo di ammodernamento e valorizzazione degli immobili. WMM Real Estate Management, con sede a Lugano, ha da tempo identificato questa richiesta proveniente dal mercato, e per questo ha assunto una struttura che la rende un interlocutore unico, in grado di soddisfare le necessità e i desideri di singoli proprietari di immobili, comunioni condominiali e investitori istituzionali. La forza del Gruppo, la cura del singolo. L’azienda, associata a CATEF / SVIT, è parte del Gruppo WMM
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ARCHITETTURA / WMM REAL ESTATE MANAGEMENT
(Wullschleger Martinenghi Manzini), che riunisce nella sede unica luganese oltre settanta professionisti in ambito di consulenza patrimoniale, societaria, fiscale e immobiliare. La collaborazione costante ed efficiente tra le differenti aree del Gruppo consente al cliente di accedere ad un’ampia offerta di servizi puntuali e personalizzati. In ambito di amministrazione di stabili a reddito, WMM Real Estate rappresenta numerosi proprietari, che nel Gruppo trovano soluzioni e risposte esperte per quanto concerne ogni aspetto dell’immobile, dalla contabilità e l’allestimento della documentazione all’incasso di pigioni e spese, dalla gestione dei rapporti con inquilini e fornitori fino alla cura di aspetti promozionali, legali e fiscali. Per quanto concerne l’amministrazione di stabili a reddito, WMM Real Estate fornisce servizi mirati a ridurre il tasso di oggetti sfitti. Spesso, infatti, le aziende che operano nel settore immobiliare tendono a porre principalmente l’accento su compravendita e intermediazione, a scapito di un mercato, quello degli affitti, che viene a volte visto come secondario e complementare. Forte di una lunga esperienza nella ricerca di inquilini – oltre che di mandati di prima locazione – WMM Real Estate garantisce ai proprietari di stabili a reddito servizi professionali in ambito di promozione degli oggetti in affitto, avvicendamento degli inquilini e gestione dei rapporti con essi, dalla prima visita alla stesura del contratto. Nell’ottica di mantenere un’elevata attrattività degli oggetti sul mercato, WMM Real Estate fornisce inoltre consulenze in ambito di ammodernamenti e ristrutturazioni, facendo da tramite tra proprietario e artigiani, coordinando gli interventi e seguendo ogni fase del progetto. In quest’ambito, ogni oggetto rappresenta una sfida differente che richiede la gestione di aspetti di differente natura: l’attenzione ad ogni singolo
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caso e la proattività nella valorizzazione di ciascun oggetto è dunque parte del lavoro quotidiano. Amministrazione condominiale: questione di fiducia. Nella Proprietà per piani, che dà vita a una comunità composta di numerosi comproprietari, l’amministratore assume una rilevanza molto elevata dal punto vista finanziario e gestionale, ma anche interpersonale e relazionale. In quest’ottica, gli amministratori di WMM Real Estate forniscono ai comproprietari servizi fondamentali – gestione delle assemblee, contabilità e bilanci, valutazioni e interventi tecnici – essendo al contempo tempestivi nella gestione delle urgenze. WMM Real Estate gestisce quindi i principali aspetti della gestione dell’immobile, dal contatto con gli artigiani alla valutazione di proposte assicurative, dalla manutenzione delle parti comuni a consulenze puntuali, al fine di garantire una quotidianità serena nel rispetto delle decisioni della comunità condominiale. Il valore aggiunto dell’attività degli amministratori di WMM Real Estate, tuttavia, è rappresentato da una costante consulenza mirata alla valoriz-
zazione dell’immobile a lungo termine: un monitoraggio costante dello stato dell’immobile, a livello di impianti e aspetti estetici, fa sì che comproprietari e amministrazione possano prevenire danni dovuti all’invecchiamento degli stabili, garantendo così il mantenimento del valore dell’immobile nel tempo. Per quanto, dunque, l’amministratore sia innanzitutto colui che mette in pratica le decisioni prese dai condomini, con essi stabilisce un rapporto di fiducia, che genera una collaborazione costruttiva duratura negli anni e che sta alla base dell’evoluzione futura dello stabile.
01 Team Gestori condominii e stabili a reddito WMM Real Estate 02 Edificio di interesse storico nel cuore di Lugano 03 Prestigiosa Residenza in quartiere esclusivo
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ARCHITETTURA / ARTPROJEKT
VERSILIA: OTTIME OPPORTUNITÀ D’INVESTIMENTO MONICA LO RISO, DIRETTRICE DI ARTPROJEKT, ILLUSTRA I VANTAGGI DI INVESTIMENTO IN VERSILIA DOVE IL MERCATO IMMOBILIARE SI CONFERMA ESSERE PARTICOLARMENTE DINAMICO, IN UNA REGIONE TURISTICA TRA LE PIÙ APPREZZATE DA UNA CLIENTELA ANCHE INTERNAZIONALE.
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a Versilia oggi è avanguardia di un turismo di élite, di una mondanità che conserva i suoi splendori originali. Il mercato immobiliare della Versilia ha iniziato il 2022 con un buon passo e, almeno stando a quanto emerge dai primi rilievi sembra ulteriormente accelerare per approdare a un’estate votata al rialzo. Che si tratti di un effetto Covid o meno, una cosa è certa: le compravendite continuano a crescere e, in esse, le seconde case dimostrano di poter conseguire un trend sempre più dinamico. E così, da Viareggio a Forte dei Marmi e a Pietrasanta, il momento non sembra essere mai stato così propizio per realizzare un buon investimento immobiliare nelle seconde case della zona. Dal 2017 in poi il mercato della Versilia (sia per quanto concerne la nicchia delle ville più prestigiose, che quello della generalità delle seconde case) ha ripreso a correre. E, si intende, lo ha fatto anche con una buona diversificazione degli investitori, nazionali e internazionali, a ribadire l’elevata attrattività di questo territorio.
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uali sono le ragioni che spingono clienti internazionali, e in particolare svizzeri, ad acquistare una villa o una residenza di lusso in Versilia? «Le ragioni che spingono i clienti internazionali, e in particolare Svizzeri, ad acquistare una villa o una residenza di lusso in Versilia, sono dovute al fatto che è una delle mete balneari e turistiche più richieste in Italia, grazie anche al fatto di trovarsi in una delle regioni, se non la regione, più apprezzate d’Italia, come la Toscana. La Versilia infatti ha un’ottima posizione geografica, in quanto è facilmente raggiungibile sia in aereo, visto la presenza dell’Aeroporto Internazionale Galileo Galilei di Pisa, distante solo 30 minuti di auto, sia in treno; inoltre dalla Versilia si possono raggiungere comodamente altre località di interesse storico culturale come Pisa, Lucca e Firenze. La Versilia è molto richiesta anche per la sua conformazione geografica e climatica unica nel suo genere, in quanto si trova raccolta tra la costa e la catena delle meravigliose Alpi Apuane da cui viene ricavato il marmo più prestigioso e famoso al mondo; e proprio per la sua conformazione è adatta sia agli amanti del mare, dove possono trovare 20 km di costa con stabilimenti balneari attrezzati che offrono numerosi servizi ai propri clienti, facendogli vi-
vere una vacanza da sogno in totale relax; sia per gli amanti della montagna, dove si possono trovare numerosi percorsi di trekking immersi nella natura; e, ancora, è facile organizzare gite presso la cave di marmo, come quella da cui provenivano i blocchi dai quali Michelangelo ha ricavato alcune delle sue più famose sculture. Numerose sono anche le pinete, dove si concentrano molte attività ricreative come maneggi, campi da tennis, campi da golf, piste ciclabili, spazi per picnic, ecc. La Versilia inoltre è cultura e ogni anno ospita durante il periodo estivo il Festival Puccini dedicato al famoso compositore Giacomo Puccini o La Versiliana Festival, che si svolge nel Parco della Versiliana, dove soggiornò anche Gabriele Dannunzio, e dove si può assistere a dibattitti di cultura, politica e attualità con ospiti nazionali e internazionali. Per non parlare del Carnevale di Viareggio, amato e conosciuto in tutto il mondo. La Versilia è famosa anche per la sua vita notturna, con numerose discoteche come la Capannina, il Twiga e molte altre ancora, per le feste in spiaggia ed i pub lungo la costa, dove potersi divertire fino a tarda notte. In Versilia è quindi possibile abbinare serate di divertimento con altre all’insegna del pieno relax. Anche gli amanti dello shopping, non rimarranno delusi, perché potranno fare acquisti in totale tranquillità tra le più famose boutique
di alta moda presenti. La Versilia per queste caratteristiche e per molte altre ancora è frequentata da molti personaggi famosi, come industriali, imprenditori, politici, calciatori, ecc. Insomma, chi viene in Versilia se ne innamora così tanto da non poter fare a meno che comprarci casa». Con quali principali caratteristiche si presentano gli immobili che proponete in Versilia? «Le principali caratteristiche degli immobili che proponiamo in Versilia, sono molteplici, in quanto disponiamo sia di ville storiche che di nuova costruzione, quindi moderne, dotate dei maggiori confort e tecnologie all’avanguardia, con un occhio di riguardo all’ambiente, facendo attenzione al risparmio energetico, in modo così da soddisfare anche il cliente più esigente. Disponiamo oltre che di ville con giardino e piscina, di attici con splendide terrazze panoramiche da cui poter ammirare il panorama e godere in totale relax, tramonti meravigliosi che la natura ci offre, magari sorseggiando un cocktail immersi nella Jacuzzi. Per ultimo, ma non per questo di minor
pregio, anzi, disponiamo anche di appartamenti, anch’essi molto confortevoli che sicuramente sono in grado di soddisfare le richieste pervenuteci. Caratteristica che accomuna queste varie tipologie di case, è sicuramente la privacy ed il confort». In base alla vostra specifica esperienza quali suggerimenti vi sentite di dare a chi intende acquistare una villa in Versilia? «Non è semplice dare una risposta. Infatti mi verrebbe da dire che dipende da almeno un paio di fattori principali come: • la tipologia di immobile a cui si è interessati: ciò è molto importante perché in Versilia si possono trovare ville d’epoca, ville in stile Liberty e ville moderne, con ampi giardini e piscine, ma non mancano anche attici con terrazze panoramiche ed appartamenti. • lo stile di vita che si vuol condurre: infatti la fascia costiera ha molteplici vantaggi, è la più “caotica” ma è anche il cuore della Versilia; mentre per gli amanti della natura e della tranquillità, è opportuno
valutare investimenti nell’entroterra versiliese o sulla prima collina, zone molto apprezzate perché immerse nella natura. Un ultimo aspetto molto importante è anche il budget che si intende destinare all’acquisto della casa, perché ci permette di poter individuare la tipologia di immobile e la zona di riferimento: più ci avviciniamo al mare i prezzi tendono a salire, in particolare sulla zona di Marina di Pietrasanta e soprattutto a Forte dei Marmi, mentre rimangono più contenuti nella zona di Lido di Camaiore e Viareggio dove si possono acquistare ugualmente case di alto prestigio. Il consiglio che ci permettiamo di dare è comunque quello che ci perviene da chi ha già acquistato una casa in Versilia: e cioè che non pentirete della scelta fatta».
ARTPROJEKT SA Via San Salvatore 2 CH-6900 Paradiso-Lugano T. +41 (0) 919220603 www.artprojekt.ch TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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ARCHITETTURA / PAOLA SILVIA GALIMBERTI
OGNI LUOGO PUÒ ESSERE BELLO
UN NUOVO STUDIO DI ARCHITETTURA HA APPENA APERTO A MORCOTE. AD ANIMARLO UNA GIOVANE E DINAMICA PROFESSIONISTA, PAOLA SILVIA GALIMBERTI, CHE DOPO UNA SIGNIFICATIVA ESPERIENZA ALL’ESTERO HA SCELTO DI APPLICARE IN TICINO LA SUA CHIARA FILOSOFIA PROGETTUALE.
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ome nasce il suo interesse per l’architettura e quale sono state le principali tappe del suo percorso
formativo? «Mi piace pensare che la mia vocazione per l’architettura scaturisca in una certa misura dal mio DNA familiare e dalla zona dalla quale provengo, culla del design e dell’artigianalità. Sono infatti cresciuta in una realtà di artigiani creativi e innovatori e da sempre sono profondamente affascinata dalla lavorazione dei materiali, soprattutto quelli naturali,
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a cominciare dal legno. A ciò si aggiungono i viaggi in Italia e all’estero per conoscere e studiare la storia dell’arte e i diversi aspetti del paesaggio. Da molti anni risiedo a Lugano e mi sono diplomata in architettura (Master of science in architecture) nel 2011 presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio. Il mio progetto di laurea venne seguito dagli architetti Grafton Architects (vincitrici del Premio Pritzker 2020): il progetto ha ottenuto il riconoscimento del Premio SIA (Società Svizzera Ingegneri e Architetti)».
ARCHITETTURA / PAOLA SILVIA GALIMBERTI
giani. Tutti concorrono alla buona riuscita dell’opera e in questo senso si può ben parlare di “progetto aperto” che si modifica e prende gradualmente forma grazie al contributo di tutti i soggetti coinvolti».
Lei vanta un’importante esperienza a New York. Quali sono state le caratteristiche dei progetti cui ha avuto modo di partecipare? «Nel 2009 mi sono trasferita a New York per lavorare un anno presso lo studio di architettura, Allied Works Architecture, con sede nel cuore di Manhattan; in questo periodo newyorkese ho avuto la possibilità di partecipare a incredibili progetti residenziali nel cuore della Grande Mela. Si è trattato di un’esperienza di grande crescita professionale, per la scala e la qualità dei progetti e dei cantieri con i quali ho avuto modo di confrontarmi, ma anche umana, per i ritmi frenetici di lavoro e la presenza nello studio di persone provenienti davvero da tutto il mondo». Quali motivazioni l’hanno indotta a costituire un proprio studio di architettura a Morcote? «Dal 2011 al 2020 ho lavorato presso uno studio di architettura di Lugano dove ho potuto imparare moltissimo e maturare esperienza progettuale e di cantiere. Poi lo scorso anno ho intrapreso la via della libera professione: l’occasione di interessanti progetti residenziali mi ha dato lo slancio per
iniziare a muovermi come professionista indipendente. Da qui l’idea di fondare PSG Architetti Sagl. Ci tengo a sottolineare che quella parola Architetti, al plurale, sta proprio ad indicare il mio modo di concepire i rapporti all’interno di uno studio, perché sono fermamente convinta che sia il lavoro del gruppo e la condivisione di idee e buone pratiche a determinare, tutti insieme, il successo di un progetto». Quale è la filosofia progettuale che ispira lo studio PSG Architetti? «Ritengo che ogni progetto abbia origine da una precisa domanda posta da un committente, sia esso pubblico o privato, azienda, ente o istituzione. L’architetto è quindi chiamato a formulare una risposta progettuale che deve essere personalizzata e deve tenere pienamente conto delle diverse esigenze. Ciò comporta la necessita di una attenzione assoluta per il dettaglio e al tempo stesso la capacità di prendersi cura del cliente, che deve essere ascoltato e seguito in ogni fase della realizzazione del progetto. Un altro aspetto che mi preme sottolineare riguarda il dovuto rispetto per tutti gli attori che, ai vari livelli, partecipano al progetto: collaboratori, imprese, arti-
Che cosà significa rilanciare gli spazi abitativi ticinesi riqualificandoli e rinnovandoli nel rispetto dell’ecologia e della sostenibilità? «Negli ultimi tempi si è fatto un gran parlare di sostenibilità, intesa soprattutto in chiave di risparmio in termini energetici, questione molto importante che va senza dubbio affrontata. Ma io credo che altrettanto determinante sia cercare di minimizzare l’impatto che ogni nostra azione, e dunque anche ogni intervento edilizio e architettonico, ha sull’ambiente che ci circonda. In altre parole, esiste una sostenibilità estetica di cui occorre tenere sempre conto, perché ogni luogo può essere bello e ogni intervento deve prefiggersi l’obiettivo di accrescere la bellezza, creando una perfetta armonia tra l’ambiente e le realizzazioni da parte dell’uomo. Ciò è tanto più vero in un ambiente unico, particolare e delicato come quello che ci offre il Ticino, dove le costruzioni nuove sono relativamente poche, e dove invece vi è molto da fare nel campo delle ricostruzioni e riqualificazioni. Ed è proprio in quest’ottica che ci stiamo muovendo con i progetti di riqualificazione e ampliamento di edifici residenziali che lo studio PSG sta attualmente portando avanti, nel pieno rispetto della valorizzazione dello spazio ticinese così straordinario e prezioso».
PSG ARCHITETTI Strada Prof. Teucro Isella 9 CH-6922 Morcote info@psgarchitetti.ch www.psgarchitetti.ch @psg_architetti (instragram) TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
IN DIFESA DELLA FILANTROPIA RISORSE ENORMI, RETI GLOBALI, IL POTERE DI ALCUNI FILANTROPI SEMBRA ESSERE INFINITO. QUANTA DISCREZIONALITÀ È ACCETTABILE? LA PUBBLICAZIONE DEL LIBRO DELLA NOTA AUTRICE BETH BREEZE, IN DEFENCE OF PHILANTHROPY, È L’OCCASIONE PER UN CONFRONTO A TUTTO CAMPO CON ELISA BORTOLUZZI DUBACH*, SPECIALISTA DEL SETTORE E DOCENTE UNIVERSITARIO.
*Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, autrice, è docente presso varie università e istituti superiori in Svizzera e Italia (www.elisabortoluzzi.com)
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anto potere, mancanza di controlli, defiscalizzazione: che cosa ne pensa delle critiche alla filantropia? «Nell’ultimo anno siamo stati sottoposti a un vero bombardamento di informazioni spesso lacunose, quasi sempre unilaterali. Sono stati pubblicati libri, articoli, tenute conferenze e discorsi che hanno creato molta confusione. Da mesi il “J’accuse” contro la filantropia sembra non avere termine, mentre sempre più di rado si menziona quanto di buono e insostituibile quest’ultima abbia fatto da secoli. La critica ai filantropi americani per esempio ignora i risultati conseguiti da alcune fondazioni filantropiche che hanno finanziato la cura di malattie importanti come la malaria, in molti Paesi emergenti. Il mio parere: la critica serve sempre, ma deve essere costruttiva, ben documentata e puntuale, la filantropia americana a titolo di esempio ha ben poche analogie con quella svizzera o italiana». Come reagisce il settore non profit? «In Svizzera, apparentemente, c’è calma piatta, ma solo in superficie. In realtà il settore non profit si preoccupa non poco, così come le istituzioni culturali, che hanno ricevuto e ricevono elargizioni importanti, quando non insostituibili, durante un periodo difficile come quello della pandemia. Temono a ragion veduta, che l’attacco mediatico ad alcuni mecenati interferisca con le donazioni. All’estero, invece, il libro di Beth Breeze In Defence of Philanthropy (Columbia University Press, New York 2021), ha fatto molto discutere. L’autrice affronta le principali critiche mosse alla filantro-
pia, e mette in discussione le ragioni per cui vengono screditati i gesti e gli investimenti filantropici». Che cosa sostiene in particolare l’autrice? «In una intervista con Phil Buchanan, Presidente del Center for Effective Philanthropy, pubblicata nel Philanthropy New York News (https:// philanthropynewyork.org/news/conversation-phil-buchanan-interviewsdr-beth-breeze-author-defence-philanthropy), l’autrice sostiene che “In primo luogo c’è una critica accademica incentrata sull’indebito potere e influenza della filantropia, e l’insinuazione che le grandi donazioni minino la democrazia. C’è stato uno slittamento dalla constatazione da che, in alcuni casi, la filantropia possa essere un modo di esercitare il potere, che è ovviamente vero, fino all’affermazione che ‘tutta la filantropia è potere’, una grossolana esagerazione. Vale anche la pena ricordare che gli organi eletti creano il quadro entro il quale la filantropia opera, compresa la definizione di ciò che si qualifica e non si qualifica per gli sgravi fiscali, la dimensione di questi sgravi e chi può richiederli. L’incapacità di regolare adeguatamente il settore della filantropia e, per questo, l’incapacità di finanziare adeguatamente i servizi pubblici, che poi hanno bisogno di cercare il sostegno privato, sono ovviamente esempi di fallimento dei governi, non del settore filantropico. In secondo luogo, c’è quella che io chiamo la ‘critica degli addetti ai lavori’, che viene dall’interno del settore non profit e si concentra sulla distribuzione (o sulla cattiva distribuzione,
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
come la vedono loro) dei finanziamenti filantropici. La proposta che donare dovrebbe conseguire i migliori risultati possibili è del tutto incontestabile, perché ogni donatore vuole che il suo contributo sia usato bene. Ma tradurre questo sentimento incontestabile in linee guida specifiche su come condurre la filantropia è meno semplice. La filantropia è profondamente personale, e spesso radicata in esperienze e problematiche autobiografiche, quindi sentirsi dire di eliminare le preoccupazioni soggettive e usare solo l’aritmetica altruistica per allocare le donazioni può eliminare la passione e la gioia del donare, e farlo sembrare più come pagare una tassa obbligatoria che come una generosità volontaria. Diciamo che, se il prezzo di una minor gioia del donatore vale il miglioramento dell’impatto sociale della sua generosità, c’è anche una questione fondamentale sull’inadeguatezza delle misure disponibili per guidare le scelte delle donazioni. L’attenzione delle critiche degli addetti ai lavori per gli approcci rigorosi, basati sui dati e sul business, spesso si incaglia quando si confronta con la realtà dei complessi obiettivi filantropici e con il modo in cui il cambiamento sociale avviene nella pratica. In terzo luogo, c’è una critica populista che incoraggia una comprensione semplicistica del ruolo complesso e della pratica variegata della filantropia. I populisti – che spesso si trovano sui social media – connotano tutte le donazioni private come una “farsa dell’élite” che maschera un’agenda di interessi personali. I grandi filantropi sono abitualmente rappresentati come ipocriti antipatici che usano le “buone azioni” per assicurarsi un buon affare per se stessi, mentre le spiegazioni autoriferite per le donazioni – come la gratitudine, la preoccupazione per gli altri, o il piacere di fare un lavoro significativo – sono liquidate come falsità o falsa coscienza.
Decenni di ricerche accademiche mostrano che le ‘motivazioni miste’ sono la norma sia per i donatori facoltosi sia per quelli che non lo sono, eppure i populisti avanzano l’idea che coloro che hanno grandi conti in banca siano del tutto incapaci di altruismo. I grandi donatori si trovano a dover affrontare scenari negativi come l’essere considerati loschi e poco trasparenti se donano segretamente, o come ego-driven, manipolatori dell’immagine se donano pubblicamente”. Concordo profondamente con Beth Breeze e le sue tesi». Chi è critico nei confronti della filantropia parla spesso di filantrocapitalismo. Che cosa significa questo termine? «Di filantrocapitalismo negli ultimi anni si è parlato parecchio, tanto da accendere un dibattito sul suo significato, quello di applicare modelli di business al mondo della filantropia, favorendo nel comparto non profit, un orientamento al ritorno degli investimenti. L’obiettivo è quello di riuscire ad amministrare i grandi patrimoni filantropici con lo stesso know-how e le stesse competenze con cui si gestiscono quelli finanziari. In questo modo, si garantirebbe un flusso continuo di risorse da destinare a quei progetti ritenuti di utilità sociale o culturale». Quali sono gli interrogativi più frequenti negli ambienti critici verso la filantropia? «Sono sulla natura stessa della filantropia. In questi ambienti, infatti, ci si domanda se questa sia un diritto individuale che deve essere esercitato nella piena libertà di azione, oppure un motore di trasformazione sociale, bisognoso di regole condivise, di un intervento di tipo pubblico a favore di una circolazione del denaro più equa e solidale. Sono quesiti legittimi, ma che non debbono minare l’importanza della filantropia e del
partenariato virtuoso tra pubblico e privato, uniti nel realizzare il bene comune. La potenzialità benefica della filantropia è dimostrata da secoli di collaborazione tra filantropi, mecenati e artisti, dei cui risultati la società civile gode fino ad oggi». Qual è la sua posizione al riguardo? «È compito dell’Accademia riflettere sulle questioni politiche e di principio, degli Stati di assicurare le condizioni quadro adeguate, il mio è di riflettere sulla pratica. Ecco alcuni argomenti dal mio punto di vista. Analizzando i grandi numeri sappiamo che il 36% delle donazioni a livello mondiale sono di filantropi (Wealth-X UHNW Philanthropy 2022). Sappiamo anche che oggi la filantropia è al primo posto delle attività non professionali cui si dedicano persone molto facoltose (Ultra-HighNet-Worth Individual), oltre 295.000 delle quali stimate al livello globale da Wealth-X, una delle fonti di riferimento più accreditate del settore (World Ultra Wealth Report, Wealth-X, 2021). I dati parlano chiaro: la filantropia non è un fenomeno di pochi ma di moltissime personalità impegnate a vario titolo in tutto il mondo. Pensiamo per esempio all’opera di John Sainsbury, delle famiglie Hoffmann, Oeri, Rotschild, a Marino Golinelli, a Jorge M. Pérez, a Eli Broad, ai Bodmer, ai Keller, ai Syz, per citare anche famiglie zurighesi; all’opera preziosa di donne come MacKenzie Scott, Elsa Peretti, Delfina Entrecaneles, Graziella Lonardi Buontempo, Christine Cerletti-Sarasin, Denise Benedick, Carolina Müller-Möhl; a Mirjam Staub-Bisang che aiuta decine di donne meritevoli a studiare… l’elenco dei mecenati e filantropi è quasi infinito. Gran parte delle organizzazioni non profit attive a livello internazionale, come Unicef, Medici Senza Frontiere, WWF, lavorano con mecenati e filantropi che le aiutano in modo siTICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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gnificativo a realizzare progetti in tutto il mondo. Uno sguardo ai siti delle varie istituzioni basta per sincerarsene personalmente. La filantropia può mettere a disposizione risorse in tempi veloci anche quando i progetti sono di nicchia o a rischio di fallimento. Per la cultura ad esempio, questo significa poter perseguire strade sperimentali senza essere costretta continuamente a porsi l’interrogativo del risultato immediato. Mi viene in mente l’esempio di Michael Pieper con il suo fondo per l’innovazione destinato a favore dell’orchestra sinfonica di Lucerna. Durante il periodo piu difficile della pandemia, per fare un altro esempio, le fondazioni filantropiche nel Nord Italia e non solo hanno fatto un lavoro eccellente di accompagnamento e sostegno a migliaia di persone in stato di grave difficoltà. E numerose sono state le donazioni di filantropi individuali: Diego Della Valle (5 milioni di euro per i familiari del personale sanitario che ha perso la vita a causa della pandemia), la famiglia Zegna (3 milioni di euro alla Protezione Civile Italiana), Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti (1 milione di euro all’ospedale Columbus Covid 2/ Policlinico Agostino Gemelli di Roma), la famiglia Benetton attraverso la holding Edizione (3 milioni agli ospedali Ca’ Foncello di Treviso, Sacco di Milano, Spallanzani e Policlinico Agostino Gemelli di Roma), Giuseppe Caprotti (10 milioni a sostegno di iniziative terapeutiche in Lombardia contro il coronavirus)… e potrei continuare. Inoltre le associazioni di settore hanno promosso studi sugli effetti benefici della filantropia, studi disponibili sui siti di Assifero, SwissFoundations, Philea - Philanthropy Europe Association per citarne solo alcuni. Allo stato attuale molte iniziative non potrebbero sussistere senza l’aiuto dei filantropi. Quello che mi sta a cuore dire è che non è possibile e non è corretto, a mio
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giudizio, neanche nell’ottica di un’analisi scientifica di questo fenomeno, ignorare l’impatto sociale generato da queste iniziative. È semplicistico generalizzare la critica ad alcuni dei filantropi più esposti mediaticamente e perdere di vista l’intero fenomeno. Occorre invece includere nell’analisi le centinaia di organizzazioni non profit beneficate, che dovrebbero essere messe in condizioni di esprimersi puntualmente al riguardo. È bene quindi che una discussione abbia luogo ma quest’ultima va contestualizzata in un discorso più ampio di relazione fra le istituzioni pubbliche e l’impegno dei privati». Cosa occorre fare perché i settori della cultura e del sociale e quello filantropico lavorino bene insieme? «Sono fermamente convinta che alla base di una buona relazione reciproca – vale anche per la partnership con le aziende e le istituzioni non profit – ci sia una chiara strategia, oltre che passione per il proprio lavoro e grande rispetto reciproco. Inoltre va valutata la compatibilità di storie, valori ed esperienze non solo reciprocamente, ma anche in relazione agli effetti sulla società civile.
Quest’assessment deve essere bilaterale, perché l’esperienza insegna che anche un soggetto richiedente può avere un passato difficile e non solo il contrario. Se le situazioni presentano un elevato grado di complessità, occorre scegliere specialisti esterni con una consolidata esperienza, che accompagnino i processi con intelligenza, capacità, attenzione al dettaglio ed empatia. Fatte le debite valutazioni, se si decide di procedere con un accordo filantropico, è indispensabile avviare una comunicazione adeguata con gli stakeholder rilevanti, prima di prendere decisioni definitive, una comunicazione che sia tempestiva e veritiera, a maggior ragione se insorgono problemi. Nel passato recente, i nostri predecessori sono stati capaci di governare questi processi senza problemi e con pieno successo: ricordo l’opera preziosa delle sorelle Vischer, che a Basilea idearono e finanziarono la prima clinica pediatrica svizzera, rimasta per molti anni anche un riferimento architettonico. E Ottavia Hill, inventrice dell’edilizia sociale, Abby Aldrich Rockefeller, Lillie Plummer Bliss e Mary Quinn Sullivan, tre donne me-
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
ranee e a una maggior collaborazione tra filantropi, e tra filantropi e stakeholder della società civile, per ottimizzare gli investimenti ed evitare lo spreco di denaro filantropico. In un mondo sempre più parcellizzato, dove accanto a enormi ricchezze esistono enormi povertà, questo deve essere l’obiettivo di chi oggi si occupa professionalmente di filantropia. Un obiettivo da perseguire con passione, con coraggio e con infinita fiducia nella nostra capacità di crescere insieme».
cenati e collezioniste che diedero vita a uno dei musei più importanti del mondo, il MoMA di New York. E ancora Phyllis Lambert, per gli amici Joan of Architecture, figura centrale per la promozione dell’architettura contemporanea. E potrei proseguire. Allora cominciamo da qui: far tesoro delle esperienze del passato e guardare al futuro, chiarendo le condizioniquadro del fenomeno. È davvero ora che ci sia una riflessione da parte degli Stati sulle condizioni quadro legali e fiscali della filantropia, che non facciano esplodere la burocrazia, ma rispondano alle sfide sociali contempo-
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DOSSIER FONDAZIONI / URSZULA SWIERCZYNSKA E SIMONE CASTELLO
TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SULLA FILANTROPIA Quale ispirazione ha tratto questo libro da La relazione generosa - Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati? «La relazione generosa è un libro pionieristico che cerca di aiutare i professionisti del Terzo Settore a capire meglio e ad affinare le abilità per interfacciarsi con i grandi donatori. Filantropia 2.0 fa l’opposto: si rivolge ai filantropi e professionisti che li affiancano. In questo senso i due libri sono complementari: pur con un target diverso, entrambi parlano dell’importanza di “realizzazione solidale” del donatore, ossia del coinvolgimento cognitivo ed emotivo necessario per accrescere la qualità dell’azione filantropica». URSZULA SWIERCZYNSKA E SIMONE CASTELLO, PHILANTHROPY ADVISORS, SONO AUTORI DI UN UTILE VOLUME “FILANTROPIA 2.0, ISTRUZIONI PER L’USO” CHE COSTITUISCE UNA PREZIOSA GUIDA PER CONOSCERE ASPETTI DIVERSI DEL MONDO DELLA FILANTROPIA.
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ome nasce Filantropia 2.0, istruzioni per l’uso? «Il manuale nasce in risposta al bisogno delle persone con cui lavoriamo, in particolare individui e famiglie high net worth, interessati ad avviare o rafforzare le proprie attività filantropiche e ai professionisti che affiancano queste persone (wealth manager, family officer, avvocati e commercialisti). Il libro accompagna il lettore nel percorso di sviluppo della strategia che, dalla definizione della vocazione filantropica (il “Perché”), muove attraverso le tipologie di erogazione di capitale (dal dono all’investimento, il “Cosa”), per poi esplorare aspetti come l’analisi delle cause da sostenere, la scelta di un veicolo, la due diligence di organizzazioni non profit e la valutazione dei risultati (il “Come”)».
Che cosa si intende per “filantropia strategica” e che differenza c’è fra filantropia strategica, filantropia efficace e altruismo efficace? «La filantropia strategica è un approccio che vede la spinta emotiva come importante ma non sufficiente per generare cambiamento sociale. Un filantropo strategico è colui che riconosce l’importanza di un ragionamento rigoroso sull’uso delle tipologie di capitale, dell’adozione di modelli decisionali consapevoli e di un focus sui risultati. In questo senso, ricerca un equilibrio tra aspirazioni personali e obiettivi di cambiamento. Un filantropo efficace invece è focalizzato sui risultati: mira alla massimizzazione del cambiamento sociale, mettendo in secondo piano le preferenze personali. Ad esempio, i filantropi efficaci si concentrano su cause dove è possibile generare il maggior impatto possibile,
DOSSIER FONDAZIONI / URSZULA SWIERCZYNSKA E SIMONE CASTELLO
anche se significa operare in aree distanti dai propri interessi. Un esempio del primo può essere Alan Parker, fondatore di Oak Foundation (https://oakfnd.org/) mentre per il secondo la famiglia inglese Sainsburry con la Fondazione Indigo Trust (https://www.indigotrust.org.uk/). L’altruismo efficace, infine, è una corrente della filantropia efficace che ne porta all’estremo i principi e che identifica il successo nel riuscire a salvare il maggior numero possibile di vite. Individua possibilità di sostegno filantropico attraverso evidenza scientifica e analisi rigorose. Un esempio è Open Philanthropy fondata da Cari Tuna e Dustin Moskovitz (https://www.openphilanthropy.org/)». La pandemia favorisce i filantropi che agiscono d’istinto. È sbagliato secondo voi che un filantropo agisca d’impulso animato solo dal bisogno di donare? «È opportuno distinguere tra la spinta caritatevole mossa da buone intenzioni e l’essere realmente “filantropo”, ossia impegnarsi per generare un cambiamento positivo in qualche modo misurabile. Donare d’impulso non è sbagliato: compassione e voglia di contribuire sono fondamentali e spesso fanno da scintilla iniziale per un percorso filantropico. Ma per raggiungere i migliori risultati mente e cuore devono lavorare in maniera complementare. I gesti puramente emotivi rischiano di fornire soluzioni inefficaci, a volte dannose. Facciamo un esempio. All’inizio della pandemia molti si sono attivati con donazioni a favore di ospedali e strutture sanitarie. È stato un impeto emotivo ammirevole che ha convogliato risorse fondamentali in una fase di emergenza. Una modalità identica sarebbe oggi poco utile se non controproducente, dato che la situazione di questi due anni ha fatto emergere come le difficoltà a livello di sistema siano riconducibili a un’infrastruttura sanitaria svuotata di forze, centralizzata
e poco incline all’innovazione. È qui che, adottando un’ottica più strategica, la filantropia potrebbe intervenire per, ad esempio, sperimentare nuovi strumenti di telemedicina, ricercare terapie innovative o rafforzare modelli di welfare locale al fine di creare benefici duraturi per la comunità». Nel vostro libro postulate la necessità che i filantropi rinuncino alle proprie aspirazioni personali a favore di un disegno più articolato. Perché? Ha senso ed è realistico? «In realtà il nostro intento è promuovere una pratica di filantropia strategica che bilanci gli obiettivi di cambiamento con le aspirazioni del filantropo. Crediamo che questo sia un passaggio imprescindibile in grado di superare i limiti della filantropia puramente emotiva in cui spesso le risorse sono allocate in maniera sub-ottimale. Al contempo, questa modalità offre un elevato grado di coinvolgimento e soddisfazione per il donatore, fondamentale in molti casi per mantenere vivo l’impegno nel tempo. Per alcuni filantropi (per esempio fondazione Make-A-Wish-https://makeawish.ch/ it/) potrebbe configurarsi come il punto di arrivo, per altri (es. Pears Foundation- https://pearsfoundation. org.uk/) come passaggio intermedio, stuzzicando il loro interesse verso modelli ancora più orientati alla generazione di impatto – come gli approcci della filantropia efficace». Come si dovrebbe comportare secondo voi un filantropo illuminato che voglia davvero incidere sul tessuto sociale? «La strategia filantropica è un abito su misura. In linea di massima, un filantropo illuminato conosce la propria vocazione filantropica (valori personali, scopo e focus tematico). Ha un approfondita conoscenza del problema che sta cercando di risolvere. Contribuisce con risorse finanziarie ma anche con il proprio tempo,
competenze, relazioni - capitale umano, intellettuale e sociale (un bellissimo esempio di questo tipo è la Jazi Foundation di Robert Boogaardhttps://www.jazifoundation.org/). Analizza i risultati, concentrandosi sulla propria performance e sugli esiti dei progetti sostenuti e utilizzando tali valutazioni per potenziare e migliorare la propria pratica filantropica. E cerca soluzioni sistemiche che vanno alle radici del problema». Qual è la vostra visione per la filantropia del futuro? «La grande sfida per la filantropia del futuro è assumere una dimensione più strutturata e professionalizzata – senza perdere la spinta propulsiva emotiva – in particolare rafforzando la propria attitudine alla sperimentazione, alla produzione di conoscenza, alla valutazione rigorosa e onesta dei risultati e alla collaborazione, tra filantropi (evitando il lavoro a silos) e con le organizzazioni non profit (superando rapporti gerarchici che non hanno ragione di esistere)».
Per maggiori informazioni www.filantropiaduepuntozero.it TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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DOSSIER FONDAZIONI / MARIAVITTORIA RAVA
IL NOSTRO IMPEGNO A FAVORE DEI MINORI DISAGIATI
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INTERVISTA CON MARIAVITTORIA RAVA, FONDATRICE E PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE FRANCESCA RAVA N.P.H. ITALIA ONLUS.
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hi è Mariavittoria Rava? Vuole raccontarmi dove è cresciuta e quali sono state le tappe salienti della sua vita? «Sono nata e cresciuta Milano. Dopo la maturità classica ho conseguito la Laurea in legge e sono diventata avvocato. Ma un drammatico evento ha completamente stravolto la mia esistenza e quella della mia famiglia: l’improvvisa perdita di mia sorella Francesca. Dopo questo grave lutto ho dedicato parte del mio tempo ad offrire consulenze gratuite nel modo del non profit. Ho conosciuto così l’organizzazione internazionale N.P.H. – Nuestros Pequeños Hermanos (i nostri piccoli fratelli), fondata nel 1954 per aiutare i bambini orfani abbandonati in America Latina, con uffici di raccolta fondi in tutto il mondo e con l’obiettivo di aprire un ufficio anche Italia. Nel dare questa consulenza, ho avuto l’occasione di leggere i libri scritti dal fondatore Padre William Wasson e di appassionarmi alla sua straordinaria opera. Dopo la conoscenza diretta di N.P.H. attraverso la visita dei progetti in America Latina e dei principali uffici di raccolta fondi in Europa, nel 2000 ho fondato la Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus, dedicata a mia sorella Francesca e della quale sono Presidente. Sono mamma di due ragazzi, abituati fin da piccoli ad essere i primi volontari della Fondazione. Abbiamo trascorso i nostri Natali e i periodi di vacanza ad aiutare i bambini delle Case N.P.H. ed è stato un grande privilegio che negli anni ho voluto offri-
re anche a centinaia di altri giovani e ai nostri donatori con le loro famiglie. Partecipare in prima persona e vedere con i propri occhi i progetti, rimboccarsi le maniche per partecipare alle attività, abbracciare i bambini, sono le esperienze che cambiano la vita di tutti, anche dei filantropi». Che scopi ha la Fondazione Rava e quali pensa siano le ragioni per cui è riuscita in tempi così brevi a profilarsi a livello internazionale? «La Fondazione Francesca Rava ha come mission l’aiuto all’infanzia e all’adolescenza in condizioni di disagio, le mamme e le donne fragili in Italia, in Haiti e nel mondo. Certamente una delle motivazioni che hanno spinto la Fondazione a profilarsi a livello internazionale è l’intervento in prima linea in modo tempestivo e concreto nelle emergenze che colpiscono i bambini e le loro famiglie. Con la sua costante opera, la Fondazione contribuisce, inoltre, al raggiungimento dei Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (UNSDG), lavorando anche al fianco delle aziende e della società civile. Aiutiamo i bambini tramite adozioni a distanza, progetti, la sensibilizzazione sui diritti dei minori, la diffusione della cultura del volontariato con programmi specifici in Italia e all’estero. I principali settori in cui opera sono l’assistenza sanitaria, l’istruzione, l’accoglienza ai bambini orfani, abbandonati o in disperato bisogno, con risposte immediate e programmi di empowerment a medio-lungo termine».
DOSSIER FONDAZIONI / MARIAVITTORIA RAVA
Di quali progetti si occupa concretamente la Fondazione? «Il nostro cuore è nella poverissima Haiti, dove abbiamo realizzato l’ospedale Saint Damien, unico pediatrico, che assiste 80.000 bambini l’anno, struttura d’eccellenza realizzata e sostenuta dalla Fondazione Francesca Rava. La Fondazione rappresenta in Italia N.P.H. – Nuestros Pequeños Hermanos, organizzazione umanitaria internazionale che dal 1954 salva i bambini orfani e abbandonati nelle sue Case, scuole ed ospedali in 9 paesi dell’America Latina con il motto “un bambino per volta, dalla strada alla laurea”. Rappresenta, inoltre, la Fondazione St Luc di Haiti che riunisce i ragazzi cresciuti nella Casa N.P.H. sull’isola. Interviene con numerosi progetti di assistenza sanitaria, educativa e di empowerment. La formazione del personale sanitario, avviene grazie a gemellaggi con ospedali italiani d’eccellenza. Anche per questo, l’ospedale Saint Damien e l’ospedale Saint Luc sono Centri di riferimento sia per la lotta al Covid-19 che dei soccorsi per l’emergenza terremoto. Ma non solo. La Fondazione è costantemente attiva anche in Italia, su tutto il territorio nazionale. Con l’iniziativa “In Farmacia per i bambini” aiuta 40.000 bambini in povertà sanitaria; contrasta l’abbandono neonatale con il progetto nazionale “ninna ho”, realizzato insieme al Network KPMG; sostiene con progetti medici ed educativi i bambini di oltre 800 case famiglia, comunità per minori, enti che aiutano le famiglie in difficoltà. Nel Centro Italia colpito dal terremoto del 2016, ha realizzato 8 scuole. Nell’emergenza Covid-19 la Fondazione ha supportato 30 ospedali in 11 Regioni con invio di volontari sanitari specializzati e attrezzature altamente sofisticate. Con il progetto “SOS Spesa – La Spesa per chi ha bisogno” - ha aiutato 50.000 persone tra case famiglia e comunità per minori, famiglie e anziani soli e in povertà. Con il progetto “SOS Scuo-
la” garantisce il diritto allo studio ai ragazzi accolti nelle Case famiglia e comunità per minori». Al contrario di quanto avviene in America non esiste in Europa ancora un “The Giving Pledge”? Che cosa pensa di questo tipo di esperienza? «Sarebbe molto bello se nascesse un The Given Pledge anche in Europa. Sicuramente la condivisione delle esperienze, in generale, e quindi anche nella filantropia, produce crescita, apprendimento e aiuta a indirizzare le forze verso best practices, proprio per guidare le risorse e la generosità in un modo sempre più efficiente ed efficace. La condivisione permette di unire le forze dove c’è più bisogno, oppure di separare gli sforzi laddove è necessario rispondere a diverse aree di bisogno non coperte. Ma un elemento importantissimo di Gibbi in Pledge e l’emulazione e quindi lo sforzo dei filantropi di creare una cultura della generosità e di stimolare, attraverso il loro esempio, lo stesso comportamento positivo da parte di persone con analoghe risorse. Questo tipo di iniziative e di movimenti non attecchiscono facilmente in Europa per i principi della religione cattolica che insegna che la carità deve rimanere nascosta. Ma sempre di più anche sull’onda dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, che impone obiettivi condivisi e dichiarati per tutti a partire dai cittadini, alle Aziende e ai filantropi; il momento è fertile per questo tipo di iniziative. Nella mia esperienza personale della Fondazione Francesca Rava è l’effetto straordinario, dato dall’esempio di donatori che nell’ambito dei nostri progetti e dei nostri eventi sono stati invitati a raccontare e a testimoniare la loro scelta filantropica a favore della Fondazione e i risultati concreti realizzati, producendo immediati effetti emulativi di altri filantropi».
Ritiene che possa essere proficuo che mecenati e filantropi si incontrino a ritmi regolari fra di loro? Quali pensano che possano essere i vantaggi? «Penso che sia estremamente importante ed utile per gli scopi di arricchimento, di scambio e condivisione di cui ho appena parlato, purché non diventi un circolo chiuso ma, al contrario, un motore di energia positiva, di azione, di responsabilizzazione e di unione di forze per raggiungere obiettivi concreti e meccanismi virtuosi di bene attraverso il leading example. Può sembrare paradossale, ma è estremamente comune che una delle criticità più grandi che incontrano i filantropi è avere soddisfazione dalla allocazione delle proprie risorse pari allo slancio filantropico e allo spirito altruistico che li anima. Normalmente si dice che si riceve più di quello che si dona. Il filantropo per sua vocazione ha la promozione e creazione di felicità e benessere degli altri ed è molto sensibile nel percepire se questo si realizza proprio perché tale propensione viene dalla predisposizione d’animo molto sensibile e speciale. Perciò il filantropo non deve rischiare di distaccarsi dalla dimensione umana e concreta, quella più nobile dell’aiuto, che deve rimanere il focus dei dialoghi e degli scambi di questi incontri». Quali caratteristiche dovrebbe avere un gruppo di lavoro di questo tipo sia dal punto di vista strategico che organizzativo? «Riterrei utile una composizione nazionale ma anche internazionale. Per mantenere uno sguardo globale, dovrebbe porsi obiettivi chiari e strettamente pertinenti ai valori di cui i filantropi sono portatori, con attenzione a non uniformarsi ai numerosi convegni legati al terzo settore, alla solidarietà, alle politiche internazionali. Scegliere una guida carismatica, che si distingua per umanità e umiltà, con capacità motivazionali e organizzative. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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E tra gli obiettivi quello, il più nobile di tutti, che distingue i filantropi, la promozione del valore del dono e dello spirito altruistico come scopo ultimo». Oggi la filantropia è esposta anche a critiche. Personalmente che cosa ne pensa? «Si sente parlare di filantrocapitalismo, la versione più sofisticata della filantropia, che stanzierebbe in una strategia di una ristretta classe di filantropi che influiscono a livello politico sulla scena della globalizzazione economica e finanziaria. A mio avviso se uno dei nobili scopi del filantropo che può perseguire più facilmente aggregandosi con altri filantropi è l’influenza, tecnicamente l’advocacy, di buone pratiche e di attenzione alle tematiche o aree geografiche del pianeta dimenticate e in sofferenza. Non si può parlare di influenza negativa, anzi è esattamente uno degli esercizi che il filantropo responsabile deve compiere. Poi come in tutte le famiglie, il rischio è che qualcuno indossi il vestito del filantropo, svolgendo ruoli ingombranti in conflitto con l’animo puro del filantropo». Che tipo di comportamenti si sente di suggerire ai beneficiari delle erogazioni filantropiche? «Posso raccontare i principi e le linee guida che segue la Fondazione Francesca Rava e nei quali io credo moltissimo fin dal primo giorno della sua costituzione, ormai più di vent’anni fa. La serietà, la trasparenza sia nei conti che nei progetti, la persona al centro, a partire dal filantropo che si avvicina innanzitutto con l’anima e il cuore al nobile obiettivo della tua mission e desidera sentire quella connessione umana che è alla base della creazione del benessere, anche per gli altri. E poi l’apertura e il coinvolgimento del filantropo in alcune fasi attuative del progetto, creando occasioni di incontro con i beneficiari finali che sono la parte più importante della filiera del
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bene. Guardare con i propri occhi, toccare con mano le realizzazioni delle proprie erogazioni filantropiche è un tassello importantissimo. La gratitudine con la G maiuscola, deve essere in ogni parola e in ogni azione di chi riceve erogazioni filantropiche nei confronti del filantropo». Perchè in tutto questo la comunicazione è la chiave di volta? «Magari uso un modo di dire non proprio attinente, ma ciò che ripeto ogni giorno del mio lavoro in Fondazione è che prima è importante cucinare un buon arrosto, perché il suo profumo da solo non basta. Quindi dico sempre in Fondazione che prima si fa e poi si comunica, perché comunicare fumo, quindi le cose prima che siano realizzate, non ha efficacia, non ha valore e non è trasparente. Però è comunque indispensabile comunicare sia sottoforma di racconto e rendicontazione al filantropo, non solo con freddi report economici, ma soprattutto è molto importante attraverso testimonianze, immagini e video che riescono a documentare anche la verità delle emozioni e del cambiamento che insieme si è realizzato. E poi c’è la scelta di comunicare anche all’esterno, agli altri portatori di interesse, al fine di sensibilizzazione e stimolare un effetto emulativo. È fondamentale, in ogni caso, ogni volta concordare con il filantropo in base al suo stile, al suo sentimento e alla sua personalità che va sempre rispettata prima di ogni altra cosa». Qual è da ultimo la sua visione per la filantropia del futuro? «La filantropia è una condizione dell’essere umano, una disposizione dell’animo all’amore e al bene che si realizza attraverso il dono che non ha epoca. Non voglio dimenticare le parole che ne compongono il significato del greco antico: Filia (amore) e Antropos (uomo). Detto questo, credo tantissimo nella purezza dei giovani e se devo immaginare la filantropia del
futuro, ma anche del presente, vedo i filantropi avvicinarsi di più al mondo dei giovani, anche solo dei loro nipoti e dei giovani che vivono tanti tipi di povertà: sociale, economica, educativa, per cogliere ispirazione e alimentare la purezza del loro animo filantropico e ascoltare ciò che i giovani desiderano per la creazione del benessere e di un mondo migliore». Per informazioni www.fondazionefrancescarava.org
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DOSSIER FONDAZIONI / SILVIO TARCHINI
PERCHÉ HO SCELTO DI PUNTARE SUI GIOVANI materiale e morale tra le persone di un gruppo, di una collettività, mentre la generosità è la nobiltà d’animo che si manifesta soprattutto come altruismo, disinteresse, prontezza al sacrificio e al perdono. Per me e per mia moglie Marianne queste parole, oggi come in passato, significano aiutare e sostenere chi lo merita e soprattutto chi ne ha bisogno».
SILVIO TARCHINI È UNO DEGLI IMPRENDITORI TICINESI DI MAGGIOR SUCCESSO. IL GRUPPO TARCHINI È ATTIVO IN VARI SETTORI, DALLA REALIZZAZIONE DI SUPERFICI PROPOSTE IN AFFITTO CON LA FORMULA “LO SPAZIO SU MISURA”, ALLA GESTIONE DI FOXTOWN FACTORY STORES E DELLA STRUTTURA ALBERGHIERA RESORT COLLINA D’ORO, FINO ALLA COSTRUZIONE DI RESIDENZE DEDICATE ALLE PERSONE DELLA TERZA E QUARTA ETÀ.
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ei è un imprenditore di successo: quali esperienze hanno avuto un ruolo decisivo nella sua scelta di impegnarsi nella filantropia? «Da tanti anni con mia moglie Marianne sosteniamo diverse fondazioni, abbracciamo progetti di solidarietà sia nazionali che internazionali e finanziamo alcuni studenti nel loro percorso di studi. Lo abbiamo sempre fatto con riservatezza e senza grande pubblicità. La creazione della Fondazione Silvio e Marianne Tarchini è quindi un nuovo punto di partenza del nostro percorso, per impegnarci in modo serio e continuativo alla filantropia, soprattutto verso giovani ticinesi meritevoli».
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Da ragazzo, ci sono stati momenti in cui il contatto con la generosità di altri l’hanno particolarmente toccato o ispirato? «Ho sempre creduto che la generosità e la solidarietà vanno a braccetto e sicuramente la figura di mia zia Virginia, sopranominata zia Lilla, è stata per me una grande fonte di ispirazione. Era una donna veramente speciale, che ha dedicato tutta la sua vita agli altri». Che significato hanno per lei oggi le parole solidarietà e generosità? «Se cerchiamo le parole solidarietà e generosità in un dizionario, queste sono le spiegazioni. La solidarietà è un sentimento di fratellanza, di aiuto
Lei è stato nel tempo membro di diverse istituzioni a carattere benefico: di cosa si occupa la Fondazione Silvio e Marianne Tarchini di cui oggi è fondatore e presidente? «Lo scopo ufficiale della Fondazione è di permettere a giovani studenti e studentesse, con preferenza agli studenti ed alle studentesse ticinesi, di seguire e concludere la propria formazione scolastica, preferibilmente in favore di coloro che perseguono una formazione universitaria, parauniversitaria o postuniversitaria. La preferenza su ogni altro istituto universitario è riservata ai giovani che intendono frequentare l’Accademia di Architettura di Mendrisio. Obiettivo prioritario è sostenere le università e le scuole universitarie professionali in progetti riguardanti la loro espansione, il mantenimento o l’incremento del loro valore nello scenario accademico svizzero ed internazionale. E, ancora, favorire, promuovere e sostenere scopi di pubblica utilità prevalentemente in Ticino, con opere, sussidi e attività nei settori della cultura, della ricerca scientifica, della formazione professionale di giovani capaci, delle attività sportive giovanili, della beneficenza. È pure riservata alla fondazione la facol-
DOSSIER FONDAZIONI / SILVIO TARCHINI
tà di assegnare il Premio Silvio e Marianne Tarchini, consistente in una borsa di studio a favore di giovani che si sono distinti per meriti particolari. La fondazione, al fine di perseguire i suoi scopi, può anche acquistare, detenere e vendere immobili». Da quando diventerà operativa la Fondazione? «La Fondazione è stata costituita alla fine dell’anno 2018 e ha già elargito aiuti e sostegni finanziari in diversi ambiti (sociale, culturale, musicale ed architettonico), ma sarà operativa a pieno regime con l’anno accademico 2022/2023. Lei ha scelto di coinvolgere da subito i suoi nipoti nell’attività della fondazione. Perché questa scelta? «I motivi per cui abbiamo voluto coinvolgere i nipoti sono due e sono molto semplici. Il primo è che desideriamo che abbraccino e comprendano il significato della solidarietà, della generosità e i valori della vita in cui crediamo. Il secondo motivo è che desideriamo che la Fondazione resti operativa per tanti anni e purtroppo sappiamo che tante fondazioni nascono per volontà di una o più persone e quando i fondatori vengono a mancare, la fondazione non prosegue più nel suo scopo. Speriamo che i nostri nipoti, affiancati dalle loro madri (Alessandra, Nadia e Giorgia), possano tenerla viva e continuare negli anni a perseguire gli scopri prefissati».
comprendere tutti i meccanismi che permettono il funzionamento di una Fondazione, prendendo spunto da altre fondazioni. Nell’ultimo periodo hanno iniziato anche un percorso di consulenza affiancati da un professionista del settore della filantropia. In base alle proprie capacità ognuno cerca di dare il suo contributo, cercando di coprire tutti gli aspetti da quelli legali, a quelli amministrativi e soprattutto quelli di comunicazione (sito internet, PR, ecc)». Ci vuole raccontare perché la scelta di conferire borse di studio per studenti e potenziali studenti delle facoltà di economia e architettura? In che cosa differiscono le borse di studio che conferirete da quelle di altre fondazioni? «L’intento della Fondazione è di sostenere in generale studenti meritevoli, con particolare interesse verso gli studenti che intendono frequentare l’Accademia di Architettura di Mendrisio. Economia ed architettura sono le facoltà più vicine al mio ambito professionale. Le borse di studio che andremo a conferire non saranno diverse da quelle che altre
fondazioni assegnano, anche perché lo scopo è di permettere a giovani studenti e studentesse, con preferenza ad allievi ticinesi, di seguire e concludere la propria formazione scolastica, preferibilmente in favore di coloro che perseguono una formazione universitaria, parauniversitaria o postuniversitaria. Crediamo nelle nuove generazioni, perché sono loro il nostro futuro». Qual è il suo messaggio e quello dei suoi nipoti ai vostri giovani borsisti del futuro? «Albert Einstein diceva “Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”. Siate sempre curiosi, abbiate fame di imparare e cercate di farlo da chi ha più esperienza di voi. Nella vita lavorativa la cultura generale e le conoscenze in diversi ambiti premiano e quindi oltre ad essere curiosi, approfondite anche argomenti e temi che non vi interessano».
Da sinistra: Amedeo Prospero, Giacomo Gygax, Sebastiano Prospero, Nicolò, Virginia e Arianna Marra.
Di che cosa si stanno occupando concretamente i suoi nipoti? «I nipoti coinvolti nella Fondazione sono Arianna (classe 1994), Virginia (classe 1996), Nicolò (classe 2001), Amedeo (classe 2003), Sebastiano (classe 2005) e Giacomo (classe 2006). Ludovica (classe 2013) ed Elisabetta (classe 2015) sono ancora troppo piccole per essere coinvolte. Da quasi un anno i nipoti si incontrano virtualmente e regolarmente per TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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DOSSIER FONDAZIONI / DOMENICO D’ORSOGNA
ISTITUIRE FONDAZIONI PER PROMUOVERE LA CULTURA INTERVISTA CON DOMENICO D’ORSOGNA, PROFESSORE ORDINARIO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO PRESSO IL DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI, CONSULENTE DI ORGANIZZAZIONI PUBBLICHE E PRIVATE, PIONIERE E ARTISTA.
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ome nasce il suo interesse per l’arte? «Il maestro Jannis Kounellis amava definirsi “pittore”, anche se nella sua vita c’era molto di più della semplice tela, fin da quando (1969) aveva esposto in una galleria romana “12 cavalli” vivi. La pittura, ribadiva spesso, “deve uscire dal quadro” ed entrare nella vita e nella società. Condivido pienamente questa idea e sono un pittore. Lo sono anche in senso tradizionale: tela e pennelli. Il primo mio “vero” quadro è del 1991. Da alcuni mesi ero laureato in giurisprudenza alla Luiss di Roma, e sotto la guida del mio maestro, il giurista Franco Gaetano Scoca, avevo appena intrapreso l’attività di ricercatore. Avevo iniziato a dipingere all’età di 18 anni, parallelamente agli studi giuridici; frequentavo l’ambiente artistico, ero interessato all’arte in tutte le sue forme. Fu del tutto naturale per me proseguire lungo un percorso di ricerche e d’azione sul confine tra arte e diritto. Un periodo di formazione in California nel 1992, le prime mostre
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nel 1993, insieme alle prime pubblicazioni di teoria del diritto. Mostre che organizzai peraltro insieme con l’artista ticinese Gerardo Wuthier, amico fraterno dal 1986, al quale devo anche l’amore per Locarno e il suo festival, la conoscenza di Monte Verità con la teosofia, e l’incontro con le opere di Jean Dubuffet, Niele Toroni, Felice Varini. Intorno al 2010 avvertiti con maggiore chiarezza l’urgenza di rendere più evidente ed esplicita la confluenza tra l’attività artistica ed espositiva e l’attività accademica nel settore del diritto e delle scienze sociali. Nel 2009 mi feci quindi promotore da un lato dell’attivazione di un nuovo insegnamento universitario su “Diritto e arte contemporanea”, dall’altro di un progetto di ricerca su “Politiche pubbliche ed economia dalla cultura”. L’anno successivo diedi vita al Master interuniversitario in Diritto ed Economia per la Cultura e l’Arte/Deca master, al quale contribuiscono artisti, storici e curatori d’arte, galleristi, direttori di musei e di istituzioni culturali, direttori di riviste, giuristi, economisti, filosofi, amministratori pubblici e privati e del terzo settore. È stata inoltre costruita nel tempo da un lato una rete internazionale di partner pubblici e privati; dall’altro un sistema che collega ricerca, formazione e progettazione per lo sviluppo territoriale». Da quando ha cominciato ad interessarsi di filantropia? «Proprio grazie all’attività di direzione del Deca sono entrato in contatto con molti soggetti ed organismi che svol-
gono attività filantropica, scoprendo una realtà tanto estesa quanto variegata ed eterogenea al suo interno. La filantropia è sempre fatta e vissuta da persone, ma un conto è essere (o entrare in relazione con) una persona che agisce e rende conto solo a se stessa; altra è essere una “persona-organo”, che “fa agire” un altro soggetto giuridico. Le valutazioni da farsi, su entrambi i poli della “relazione generosa”, sono ulteriori e diverse: una cosa è una fondazione bancaria, altra è una fondazione d’impresa, altra ancora una fondazione di famiglia o una fondazione in mano pubblica, una fondazione universitaria o lirica ovvero una delle diverse tipologie di “ente del terzo settore”. E si deve anche rammentare che l’autonomia statutaria può plasmare e ibridare, in una certa misura, i caratteri di queste tipologie astratte. Anche nello specifico campo dell’arte e della cultura è rappresentato tutto il panorama dei soggetti filantropici. Bisogna quindi fare molta attenzione, perché anche il generico termine “fondazione” rinvia a un insieme estremamente diversificato di organismi: la gran parte è di natura privata, come è normale che sia; ma alcune, invece, addirittura assimilabili, in tutto e per tutto, ad enti pubblici». A quali progetti artistici e filantropici ha dato vita personalmente? «Vorrei parlarle di Sentieri contemporanei, un progetto attivato nel 2017 per l’Università di Sassari insieme con tre partner storici del master: una fonda-
DOSSIER FONDAZIONI / DOMENICO D’ORSOGNA
zione di origine bancaria (la Fondazione di Sardegna); una Organizzazione di Volontariato (Zerynthia odv); una Fondazione di Partecipazione (la Fondazione No Man’s Land). Sentieri contemporanei è un palinsesto itinerante di dialogo tra arte, scienza e formazione per favorire l’emersione di potenzialità di sviluppo inespresse dei territori coinvolti. La Fondazione di Sardegna è una fondazione di origine bancaria che persegue finalità di interesse pubblico e di utilità sociale e di promozione dello sviluppo socio-economico della Sardegna, ma in questo progetto svolge anche un ruolo operativo, stimolando la collaborazione di altri partner con iniziative collaterali ulteriori. Zerynthia odv e la Fondazione No Man’s Land sono partner operativi, curano la “regia” artistica del progetto e mettono a disposizione la rete internazionale di partner (artisti, operatori ed istituzioni dell’arte contemporanea) e i canali di comunicazione». Lei è anche un noto specialista di “fondazioni di partecipazione”. Di che cosa si tratta? «Il Codice civile italiano disciplina gli enti senza scopo di lucro nel Libro primo, senza fornire per essi specifiche definizioni. Tuttavia, stando al contenuto delle disposizioni, è evidente che mentre l’elemento che caratterizza l’associazione consiste nell’aggregazione di più persone per la soddisfazione di uno scopo comune interno ai loro interessi, ciò che caratterizza la fondazione è la destinazione di un patrimonio alla soddisfazione della volontà esterna del fondatore. Si tratta di un insieme di beni vincolati ad uno scopo, le cui rendite sono utilizzate dall’ente medesimo per perseguire detto fine. La “fondazione di partecipazione” è un’istituzione di diritto privato senza scopo di lucro riconducibile al genus delle fondazioni quale sua variante atipica. Sua caratteristica essenziale è la rilevanza attribuita, mediante opportune previsioni statutarie sull’or-
ganizzazione dell’ente, non solo all’elemento patrimoniale, ma anche - in senso differenziale rispetto allo schema fondazionale classico - all’elemento personale. Con l’espressione indicata si fa quindi riferimento all’assunzione, da parte di una fondazione, di una struttura “associativa”». Quali vantaggi porta una fondazione di partecipazione per una istituzione culturale o sociale? «Oltre alle agevolazioni e sgravi di carattere fiscale, tributario ed economico (possibilità di accesso a finanziamenti e sovvenzioni dedicati, possibilità di partenariati misti e patti di collaborazione orizzontali con soggetti pubblici etc.) va sottolineata soprattutto la grande elasticità organizzativa del modello, che consente di delineare organismi perfettamente congruenti agli scopi assegnati e varie forme di legittima “ingerenza” dei fondatori e di coinvolgimento e di apporto dei partecipanti alla vita e agli organi della fondazione: fondatori promotori, fondatori successivi, partecipanti ordinari, partecipanti sostenitori, partecipanti istituzionali, partner finanziari, partner d’opera». Quali esempi di fondazione di partecipazione attive nel mondo dell’arte e della cultura hanno fatto secondo lei un lavoro particolarmente interessante? «La fondazione di partecipazione ha avuto, a partire dagli anni ‘990, un larghissimo impiego in ambito culturale. Essa è lo schema giuridico più utilizzato per progetti di sviluppo su base culturale e per iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale. Tra le fondazioni di partecipazione “private” cito di nuovo la Fondazione No Man’s Land, con sedi in Abruzzo e nel Lazio, ma operativa in tutto il mondo con collaborazioni e progetti artistici internazionali di raffinata qualità. Tra quelle costituite da enti locali penso da un lato alla Fondazione Artea, in Piemonte, a lungo diretta
da Alessandro Isaia, di recente passato alla direzione della Fondazione per la Cultura Torino, che è un altro esempio virtuoso di fondazione partecipata dalla Città di Torino. Realizza le manifestazioni culturali deliberate dalla Giunta comunale. Oltre a essere strumento operativo della Città, la Fondazione svolge anche attività di ricerca di sponsorizzazioni per altre istituzioni culturali cittadine e per progetti di associazioni operanti sul territorio. Sempre a Torino va ricordata la Fondazione Museo delle Antichità Egizie, che fu il primo esperimento di costituzione in Italia, da parte dello Stato, di uno strumento di gestione museale a partecipazione privata. Ma vorrei menzionare anche la Fondazione Barumini Sistema Cultura, istituita dal piccolo Comune di Barumini (1.339 abitanti) nell’entroterra sardo, che ospita nel proprio territorio il monumento “Su Nuraxi di Barumini”, inserito nel 1997 dall’Unesco nella Lista del Patrimonio dell’Umanità. Con la creazione della Fondazione, nuovo soggetto giuridico interamente partecipato dal Comune, si sono poste le basi per una completa rivisitazione dell’impianto gestionale dello straordinario sito nuragico, affermando un più esplicito orientamento alla fruizione e favorendo una nuova qualità della crescita economica del territorio centrata sulla valorizzazione in chiave turistica del patrimonio culturale. Grazie al nuovo impulso impresso dalla Fondazione Barumini, il sito Unesco viene visitato ogni anno da circa 100.000 persone e con l’apertura della Scuola di Scavo e Restauro Archeologico il sito é divenuto anche un polo di ricerca e studio specialistico aperto agli studenti e laureati europei e del bacino del Mediterraneo». Qual è la sua visione per la filantropia del futuro? «Una utopia realizzabile: la diffusione del modello della “relazione generosa”, un rapporto paritario tra persone e libertà creative». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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POSSIAMO FARE A MENO DEI LAVORATORI ITALIANI? QUELLO DEL FRONTALIERATO È UN TEMA DIFFICILE DA AFFRONTARE, PERCHÉ COMPLESSO E CON MILLE SFACCETTATURE, SEMPRE AL CONFINE TRA OPPORTUNITÀ E PROBLEMA. DI PAOLA BERNASCONI
Alex Aleman e Aaron Di Gallo
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Norman Gobbi
Pancrazio Raimondo
Andrea Puglia
Andrea Gehri
Virginio Cattaneo
AZIENDE / FRONTALIERI
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l Consigliere di Stato Norman Gobbi elenca qualche numero: «Storicamente - e qui mi riferisco agli anni ‘80 e ‘90 - il frontaliere era una risorsa per il settore secondario e le nostre industrie traevano benefici, non trovando manodopera sufficiente sul territorio cantonale. Anche altri settori, nel caso in cui mancasse un profilo necessario all’azienda, avevano la possibilità di accedere a un mercato del lavoro molto più ampio e spesso anche molto qualificato. Gli Accordi bilaterali con la libera circolazione delle persone a partire dal 2005 hanno modificato tutto il quadro di riferimento: sono saltati tutti i controlli preventivi su chi poteva venire a lavorare in Svizzera. Così oggi in Ticino abbiamo 74mila lavoratori frontalieri. Non più solo nel secondario, ma soprattutto nel settore terziario vi è stata un’esplosione di addetti che quasi raggiunto la soglia delle 50mila unità. Da settembre 2020 a settembre 2021, dunque in piena crisi COVID, i frontalieri nel terziario sono aumentati del 5,4%. Sono cifre che devono fare riflettere”. Che cosa è cambiato dunque in seguito alla pandemia? Per Andrea Puglia del sindacato OCST «la pandemia ha mostrato la fondamentale importanza dei frontalieri nel nostro tessuto economico». Per il suo collega di UNIA Giangiorgio Gargantini, più a lungo in Italia ci sarà crisi, più aumenterà la pressione sul mercato del lavoro ticinese. Ora si parla di ripresa, al di là del confine, e qualcuno, come per esempio Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio Cantone Ticino, ipotizza che si potrebbe perdere parte della manodopera locale. Peraltro anche il nuovo accordo fiscale tra Svizzera e Italia potrebbe rendere lo status di frontaliere meno attrattivo, quanto meno per chi approda da noi per la prima volta. Che cosa spinge, attualmente, un datore di lavoro a scegliere un dipen-
dente frontaliere? Per Puglia, un mix tra formazione e, purtroppo, questioni salariali. «I frontalieri accettano o tendono a accettare salari al ribasso. Ma al tempo sono qualificati con formazioni di eccellenza, soprattutto quelli operanti nel settore terziario. L’informatica del Mendrisiotto per esempio non ha profili residenti in linea con le skills e i requisiti richiesti dall’azienda». Raimondo Pancrazio dell’Unione Italiana del Lavoro (UIL), aggiunge come «ci siano competenze, per esempio quelle richieste dall’industria, non tutte reperibili sul mercato interno ticinese. Dei circa 8.000 frontalieri provenienti dall’area metropolitana milanese che lavorano in Canton Ticino gran parte sono figure con media e alta professionalità: si tratta di ingegneri, chimici, informatici. Certamente i frontalieri vengono spesso assunti per i salari più bassi, ma anche perché sono portatori di competenze non disponibili nel mercato del lavoro locale». Cosa ne pensano i datori di lavoro? Con molta trasparenza, chi è stato interpellato ci ha detto quanti frontalieri impiega. Per Andrea Gehri, presidente della Camera di commercio dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino e titolare della omonima ditta di lavorazione, fornitura e posa di ceramiche, mosaici, pietre naturali e artificiali, consulenza di vendita e tecnica, sono «circa 50, un numero che corrisponde a circa il 67% del totale della manodopera impiegata. Sono occupati essenzialmente nel ruolo di posatori, profili da cantiere e gestione della logistica, la maggior parte di loro lavorano da noi da moltissimi anni». Alla casa di riposo Rivabella di Magliaso il direttore Alexandre Alerman parla di «62 frontalieri su un totale di 124 dipendenti. Invece l’azienda farmaceutica IBSA ha il 67% del personale che viene da oltre confine, la metà occupati nella manifattura. E diversi di loro lamentano di non
trovare manodopera ticinese qualificata. «In Ticino il settore farmaceutico occupa circa 3.000 addetti, in Lombardia lo stesso settore ne può contare circa 29.000; va tenuto infatti presente che l’industria farmaceutica italiana e in particolare quella Lombarda è tra le prime al mondo», sottolinea Virginio Cattaneo, Head of Humas Resorces del Gruppo IBSA, secondo cui «il settore farmaceutico in Ticino, per quanto in crescita da diverso tempo, non ha una massa critica tale da generare un mercato del lavoro interno sufficiente a garantire la manodopera che serve alla crescita dell’azienda. Gehri sottolinea come «registriamo in particolare nelle professioni dell’edilizia e dell’artigianato una certa diffidenza da parte dei giovani ticinesi e/o dei residenti ad affrontare professioni di carattere manuale. Riteniamo ciò un vero peccato. Vi fosse manodopera locale, domiciliata, residente che intendesse lavorare nel settore dell’edilizia e dell’artigianato in particolare, ne saremmo molto felici». Per Aleman «il mercato non abbonda di personale sanitario e per le case anziani effettivamente non ci sono risorse a sufficienza». Secondo Pancrazio, «ci sono interi settori in Ticino, a partire dalla sanità che senza i frontalieri non starebbero in piedi. Lo stesso simbolo della Svizzera, i suoi orologi, sono per il sessanta per cento prodotti da lavoratori senza il passaporto svizzero». Certo, il mercato del lavoro ticinese non è sempre semplice per i giovani, se è vero, come si evince da una ricerca della RSI, che i 9/10 degli studenti oltre Gottardo ritiene che per aspirare a una soglia di benessere sia necessario lasciare il Ticino. «Non diciamo però che i ticinesi emigrano a causa dei frontalieri», ammonisce Gargantini. «Piuttosto, lo fanno a causa delle pessime condizioni salariali offerte dal mercato del lavoro ticinese. La differenza è fondamentale». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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AZIENDE / FRONTALIERI
Cosa spinge un frontaliere a venire da noi? A.C., una dipendente del settore sociosanitario, centrale appunto in epoca pandemica (Gobbi sottolinea quanto la crisi abbia mostrato la fragilità del comparto, troppo dipendente dal frontalierato), confessa di aver voluto principalmente aiutare economicamente la sua famiglia, ma parla anche di qualità del lavoro. «Sono grata alla Svizzera per l’opportunità. La vita del frontaliere è fatta anche di levatacce e traffico, ma prevalgono i lati positivi. Il nostro lavoro qui in Ticino viene riconosciuto, a differenza di quanto avviene purtroppo in Italia». Sulle condizioni lavorative, Cattaneo specifica: «C’è per i lavoratori di oltre frontiera una oggettiva convenienza a lavorare in aziende ticinesi come la nostra, che offrono condizioni che, a parità di posizione, non troverebbero altrove».
Dunque, tornando alla domanda base, il frontalierato costituisce una opportunità per tutti? Gobbi resta critico. «Non c’è dubbio che il frontaliere sia anche una risorsa, che sia un “buon lavoratore”. Non sta qui il problema. Come ho detto sono le dinamiche che nascono all’interno del mercato del lavoro ticinese in particolare - e pure nella società ticinese - legate al frontalierato a creare problemi. Così come non vi siano dubbi che il frontaliere venga assunto anche per un discorso salariale, altrimenti non saremmo dovuti intervenire come Stato in una ventina di settori economici applicando “d’imperio” dei contratti normali di lavoro». E Marco Chiesa, presidente dell’UDC, invita i datori di lavoro a dare possibilità ai residenti, “che sono padri madri, figlie e figli della nostra società, di avere l’opportunità di lavorare in Ticino ad un salario congruo».
Lugano ospita gli Stati generali europei dell’hotellerie di lusso dal 18 al 20 marzo L’Assemblea generale EHMA – European Hotel Managers Association che per la prima volta si svolge a Lugano, è uno degli appuntamenti più attesi del settore turistico, durante il quale si riu-
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niscono i direttori degli alberghi di lusso di tutta Europa e al quale parteciperanno alcuni CEO di prestigiose catene alberghiere a livello mondiale. È l’occasione per riflettere sullo stato
Gli imprenditori però non concordano: «Nei settori dell’edilizia e dell’artigianato non esistono stipendi diversificati tra frontalieri e residenti, ma CCL con classi di stipendio che regolano il grado di formazione e di formazione continua», precisa Andrea Gehri. Senza dubbio il personale italiano è indispensabile per il Ticino, in un’ottica anche di crescita economica e qualitativa. Che qualche criticità ci sia è innegabile come è altresì vero che anche in futuro non si potrà prescindere dalle sinergie con l’Italia in ambito di personale.
di fatto del settore turistico e sulla sua ripartenza dopo la pandemia. Dall’anno della sua fondazione, il 1974, l’EHMA conta circa 400 soci di 29 Paesi europei. Ad ospitare l’evento di due giorni è il LAC Lugano Arte Cultura con momenti formativi, ispirazionali e orientativi.
Da sinistra: Ivan Zorloni, General Manager Grand Hotel Villa Castagnola; Lorenzo Pianezzi, General Manager, Horizon Collection; Giuseppe Rossi, General Manager, Hotel Splendide Royal; Carlo Fontana, General Manager, Hotel Lugano Dante Center Barbara Gibellini, General Manager, Villa Principe Leopoldo Andrea Modesti, General Manager, Swiss Diamond Hotel Antonella Archidiacono, Sales & Marketing Manager Grand Hotel Villa Castagnola Massimiliano Ferrara, Resident Manager Grand Hotel Villa Castagnola Emanuele Di Pasquale, Sales & Marketing Manager Hotel Splendide Royal
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AZIENDE / DAMIANI GROUP
GUIDO GRASSI DAMIANI È STATO PREMIATO ALLA CINQUANTESIMA EDIZIONE DEGLI OSCAR DEL SUCCESSO CHE SI È TENUTA PRESSO IL PALAZZO MONFERRATO DI ALESSANDRIA.
UN SUCCESSO DA OSCAR
«È
per me un onore ricevere questo premio dal grande significato simbolico per la nostra famiglia e la nostra azienda. Nel corso di questi cent’anni di storia, Damiani ha fatto tesoro di un patrimonio artistico e culturale tutelandolo, tramandandolo e accrescendolo. Grazie alla nostra passione familiare e al supporto dei nostri collaboratori abbiamo portato l’eccellenza orafa italiana nel mondo e siamo lieti di essere riconosciuti tra i promotori e sostenitori del Made In Italy a livello internazionale». Con queste parole Guido Grassi Damiani, Presidente
del Gruppo Damiani, ha accolto il prestigioso riconoscimento. Nel corso delle passate edizioni anche il padre Damiano e la sorella Silvia avevano ricevuto questo premio volto a valorizzare da un lato le aziende il cui successo a livello internazionale ha dato beneficio al territorio della provincia di Alessandria, ma dall’altro anche i loro vertici che hanno saputo implementare piani strategici di sviluppo contribuendo al raggiungimento di importanti risultati. Damiani è una Maison di gioielleria italiana divenuta nota in tutto il mondo per l’eccellenza delle proprie creazioni che grazie ai suoi successi, premi e rico-
CHI È GUIDO GRASSI DAMIANI Nato nel 1968 ad Alessandria, ha conseguito una Laurea in Sociologia con lode, una Laurea in Organizzazione e Relazioni Sociali con lode ed un diploma IGI in Gemmologia. A 27 anni ha assunto la direzione dell’azienda di famiglia, della quale oggi è azionista di maggioranza, puntando sull’internalizzazione del Gruppo ed il rafforzamento dei brand. Sotto la sua guida il Gruppo ha aperto i primi negozi creando una rete di boutique situate oggi nelle principali vie dello shopping di lusso del mondo, ha consolidato il marchio Salvini, lanciato il marchio Bliss e portato a termine diverse acquisizioni tra le quali Rocca 1794, Calderoni, Alfieri St. John, la vetreria Venini ed una serie di partecipazioni
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in differenti realtà. Il marchio è presente con boutique monomarca nelle migliori capitali del Lusso e della Cultura tra le quali Milano, Roma, Parigi, Dubai, Tokyo, Pechino, Shanghai, Seul e Mosca ed è inoltre distribuito nei più importanti department stores e negozi multimarca del mondo.
AZIENDE / DAMIANI GROUP
noscimenti ha contribuito a creare il mito del “Made In Italy”. Fin dagli albori, il laboratorio orafo, oggi manifattura all’avanguardia, idea, produce e distribuisce gioielli raffinati dallo stile inconfondibile: un Damiani è un’opera unica creata a mano dagli esperti maestri orafi valenzani che si caratterizza per il design esclusivo, la grande attenzione ai dettagli e l’eccellente qualità delle gemme. Proprio in virtù di questo patrimonio artistico, culturale ed artigianale che custodisce ed esprime, una creazione Damiani mantiene il suo valore nel tempo e trascende le mode: lo si può donare per celebrare una ricorrenza speciale, custodire come un prezioso ricordo e tramandare “per sempre”. Proprio come un gioiello, i segreti di questo affascinante mestiere si sono tramandati, di generazione in generazione, dal fondatore Enrico a suo figlio Damiano, e successivamente ai nipoti Guido, Silvia e Giorgio che ora guida-
no l’azienda interpretando i valori di questa storica eredità con uno sguardo sempre volto al futuro: grazie a questa ardente passione di Famiglia, Damiani è l’ultima azienda orafa, nota a livello internazionale, gestita ancor oggi dagli eredi del fondatore. Stile e Bellezza ma anche impegno sociale ed etica. Damiani seleziona attentamente i propri fornitori: essi appartengono a un ristretto nucleo di aziende che rispettano il Kimberley Process, un’iniziativa internazionale volta a garantire che i profitti ricavati dal commercio di diamanti non contribuiscano a finanziare guerre civili (Conflict free diamonds) ed inoltre prevede un sistema di garanzie per assicurarsi che gli operatori di settore continuino a certificare l’origine dei diamanti durante tutta la filiera, attraverso una dichiarazione di conformità cosi da contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile (Child labour free).
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AZIENDE / CASINÒ DI LUGANO
UN VALORE E UN SIMBOLO PER TUTTA LA CITTÀ PAOLO SANVIDO, NUOVO AD DEL CASINÒ DI LUGANO PRESENTA LA STRATEGIA CON LA QUALE INTENDE REALIZZARE IL RILANCIO DELLA CASA DA GIOCO, NELLA PROSPETTIVA DI UN PROGETTO DI EVENTI E INIZIATIVE DI GRANDE SPESSORE PER INTEGRARE SEMPRE PIÙ LA STRUTTURA NELLA VITA DELLA CITTÀ.
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a ottobre lei è alla guida del Casinò di Lugano. Quali motivazioni l’hanno spinta ad accettare questa sfida impegnativa? «Come sosteneva Socrate “tutto scorre, nulla rimane immobile”. Mettersi in discussione, mescolare le proprie esperienze con nuove professionalità permette di generare energie positive e, soprattutto, di sviluppare idee innovative, contribuendo in modo importante alla realizzazione di un nuovo processo lavorativo. Il Casino di Lugano è una solida realtà aziendale, con tante risorse professionali in cui è possibile sviluppare differenti progetti nello stesso momento: è, di fatto, un’attività in continuo movimento che mette in relazione ambiti diversi e molteplici obiettivi. Gli anni di Consiglio di Amministrazione e le responsabilità ricoperte mi aiutano nella ricerca continua del miglioramento, sia nelle singole attività giornaliere sia a livello di gestione strategica nel suo complesso, per essere sempre più competitivi e per regalare agli utenti un’esperienza unica. Obiettivo che si raggiunge grazie al lavoro di una squadra forte e diversificata e con la guida della nuova direzione del Casinò Lugano, che è solida, strutturata, coesa e ben predisposta per le sfide che il mercato costantemente propone».
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La Direzione di Casinò di Lugano Da sinistra: Paolo Sanvido (AD), Yuliya Castelli Goncharuk (CFO), Alessandra Farina (Online Director) e Andrea Camponovo (COO)
Quali sono i problemi più urgenti da affrontare, anche in relazione al prossimo rinnovo della concessione governativa? «Non parlerei di problemi ma di opportunità. Grandi opportunità di crescita, innovazione e potenziamento. La sicurezza continua a giocare un ruolo fondamentale ed indispensabile per completare l’offerta di gioco, come la massima attenzione al servizio e all’innovazione. Obiettivo primario è proporre un progetto strutturato che ci permetta di presentare al Consiglio Federale a fine settembre la domanda di rinnovo della nostra licenza e poter confermare lo statuto di casa da gioco con licenza A, portando novità strategiche che continuino a soddisfare la richiesta, sempre più crescente, di intrattenimento di qualità per la nostra bella città. Riconfermare la licenza avrà un grande valore per Lugano. Si-
curamente tra gli obiettivi che si vogliono raggiungere c’è anche la volontà di continuare a garantire la reputazione irreprensibile della casa da gioco luganese, oltre che di portare la nostra neonata piattaforma da gioco online, swiss4win.ch, a redditività». Quali novità nella gestione della Casa da gioco e nella sua offerta di prodotti e servizi dobbiamo attendere nei prossimi mesi? «Al Casinò Lugano è sempre tempo di novità. Il nostro portfolio giochi, tra i più vasti e diversificati in Ticino, è costantemente in evoluzione: sia il parco slot, in continua ricerca di molteplicità di offerta per soddisfare tutte le preferenze, sia la proposta tavoli, predisposta a consolidare l’anima eclettica della nostra casa da gioco, che da marzo 2021 si è sviluppata anche online, grazie, appunto, a swiss4win.ch.
AZIENDE / CASINÒ DI LUGANO
Quello che vogliamo principalmente fare è coinvolgere ed entusiasmare, attraverso un servizio sempre più completo e la pianificazione di iniziative, eventi esclusivi e nuove formule promozionali che settimanalmente animano le nostre sale. Ma non solo. Continuiamo a perfezionare il nostro spirito dedito all’ospitalità grazie al servizio di accoglienza che si declina in ogni settore: dai ragazzi del Valet parking, alle host assistant sempre a disposizione in reception e in sala, dal servizio attento del personale del ristorante Elementi - dalle eccellenti recensioni - alla meticolosa professionalità dei nostri croupier. Abbiamo un customer point dedicato all’assistenza del cliente per ogni necessità, un servizio guardaroba sempre attivo e presidiato e un bar service continuo e puntuale per accontentare tutti i visitatori, anche quelli più esigenti. La calda familiarità che contraddistingue la nostra casa da gioco è, a tutti gli effetti, incentrata sul cliente e finalizzata a rendere la sua permanenza all’interno della nostra struttura piacevole, confortevole, sicura e di valore». Quali sono i progetti allo studio insieme al Municipio di Lugano al fine di promuovere congiuntamente la città di Lugano? «Il Casinò è un’istituzione della Città di Lugano, è un valore che va tutelato, un simbolo con un passato glorioso in cui “ha servito” la sua città in diversi modi, con differenti profili. Da luogo di incontro e confronto a punto di ri-
ferimento dell’offerta d’intrattenimento, la nostra casa da gioco vive una relazione molto forte con la sua Città per di più suo azionista di riferimento - mettendone in luce identità, carattere e unicità e potenziandone, di fatto, l’attrattività. Da tempo sosteniamo e collaboriamo con diverse organizzazioni locali per rafforzare l’offerta d’intrattenimento e lo sviluppo turistico del territorio. Il nostro impatto economico è tangibile sia in posti di lavoro diretti ed indiretti. Lavoriamo costantemente per creare una proposta che sostenga ed implementi l’eccellente spirito di accoglienza del nostro territorio, in modo da generare un forte richiamo non solo locale ma anche estero e trarne beneficio non solo nel breve termine, ma specialmente per una crescita futura. Nei nostri piani di potenziamento e sviluppo, inoltre, dedichiamo sempre più attenzione agli obiettivi di responsabilità sociale, per la tutela dell’ambiente circostante e della collettività, adottando, per esempio, misure finalizzate alla riduzione dei consumi, dell’inquinamento e allo sviluppo dell’economia territoriale». È stato riaperto il Casinò Campione, ci sarà concorrenza o collaborazione tra i diversi casinò attivi in Ticino? «Torniamo alla normalità: la riapertura della casa da gioco di Campione per noi è un ritorno ai bei tempi passati, perché le nostre società sono sempre state operative in parallelo sulle rive del Ceresio, per ben oltre cent’anni.
Gli interessi di Campione sono divergenti da quelli della Città Ticino. Con l’Admiral di Mendrisio e il Casinò di Locarno non ci sono delle vere e proprie collaborazioni attive se non in sede di associazione, facendo parte della federazione svizzera dei Casinò. Nonostante le differenti strategie aziendali e l’appartenenza ad un mercato fortemente concorrenziale, ci si rispetta, e, talvolta, ci si confronta, in situazioni particolarmente complicate o difficili come il periodo che stiamo affrontando. La possibilità di trovare punti di incontro e sinergia ha sicuramente una prospettiva positiva che, grazie all’offerta importante che porterebbe nel settore gioco, potrebbe richiamare flussi turistici consistenti. In quest’ottica siamo aperti e disponibili al dialogo. Ma comunque non temiamo la sana concorrenza, soprattutto nel territorio ticinese, la rispettiamo, perché è uno stimolo a lavorare sempre in modo migliore». Quanto è importante il gioco responsabile per il Casinò di Lugano e quali iniziative concrete intende promuovere per sostenerlo? «È molto importante. Chi ama passare il tempo tra slot machine, roulette e tavoli da poker o black jack deve svagarsi e vivere un’esperienza positiva. Ed è su questo concetto che il Casinò di Lugano investe e crede molto: fare in modo che l’attività proposta sia sicura, di qualità e soddisfacente per tutti. Come tante altre attività in cui le persone impiegano il proprio tempo libero, anche il gioco d’azzardo ha come obiettivo primario il divertimento e deve, quindi, generare piacere a chi lo pratica. Ma il rischio dell’insorgenza di ludopatia o dipendenza da gioco d’azzardo è reale e non va sottovalutato. Per questo motivo è di primaria importanza per noi prevenire, o affrontare in maniera precoce, gli scenari negativi e promuovere il gioco responsabile a tutela dei nostri clienti, creando con loro un legame solido, di TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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fiducia e soprattutto una fidelizzazione a lungo termine. Infatti, al contrario di quanto si possa pensare, è nell’interesse del Casinò stesso invitare i giocatori a mantenere un rapporto virtuoso con il gioco, in modo che rimanga un’esperienza positiva e non si trasformi in una situazione di disagio. Per questo motivo mettiamo a disposizione della clientela un piano di informazione ben specifico sui rischi del gioco oltre a strumenti di sensibilizzazione, di auto-riconoscimento e di autocontrollo della propria attività di gioco, nonché un servizio di assistenza continua ed adeguata, grazie alla profonda e attenta formazione del personale e alla collaborazione con istituti importanti come l’Irga».
«Al Casinò Lugano si gioca a tutto, ma non con la salute. Per noi, infatti, la salute e il rispetto delle persone e delle regole sono di primaria importanza. Questo permette di continuare a sostenere una sicurezza sanitaria anti-contagio e di mantenere un ambiente protetto e sereno. Il piano di protezione che abbiamo utilizzato - e che tuttora continuiamo a utilizzare – è quello imposto dall’autorità federale per le attività di intrattenimento. Inoltre, implementiamo misure di sanificazione di tutti gli ambienti a intervalli regolari con prodotti professionali, nella somministrazione di bevande e di alimenti in ottemperanza alla normativa vigente e nella predisposizione di colonnine con dispenser muniti di soluzione idroalcolica per igienizzare le mani, costantemente a disposizione. All’interno continuano ad esserci i divisori in plexiglas tra le postazioni delle
Quali misure sono state adottate per garantire il funzionamento del Casinò di Lugano in questi mesi di uscita dalla pandemia?
slot machine, in ogni sala sono stati installati i purificatori Airsteril e in ogni piano sono proiettati video dedicati alle norme da seguire nella struttura ed è presente cartellonistica esplicativa. Il personale, adeguatamente formato, è incaricato di monitorare e promuovere il rispetto delle misure di prevenzione ed è strettamente controllato a sua volta: per tutti i dipendenti della casa da gioco, infatti, vige l’obbligo dell’utilizzo della mascherina in tutte le aree della struttura, uffici compresi, e il controllo della temperatura all’entrata in servizio. Questa lista di precauzioni viene aggiornata costantemente, allineandosi alle indicazioni sanitarie vigenti e alle istruzioni della Confederazione. Sono ulteriori piccoli passi decisivi che permettono di prevenire e preservare quelle certezze che, con cura ed impegno, ci siamo conquistati fino ad oggi».
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L’INAUGURAZIONE, AL TERMINE DI IMPORTANTI LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE, DEL CENTRO LOGISTICO DHL EXPRESS DI RIVERA HA RAPPRESENTANO L’OCCASIONE PER INCONTRARE ALBERTO NOBIS, CEO DHL EXPRESS EUROPA E LUKAS BÜGLER, DIRETTORE VENDITE DHL SVIZZERA, CHE HANNO FATTO IL PUNTO SULLE STRATEGIE DEL GRUPPO E LE SUE PROSPETTIVE DI SVILUPPO NEL MONDO.
È LA FIDUCIA LA CHIAVE DEL NOSTRO SUCCESSO
N Alberto Nobis
Lukas Bügler
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el definire la vostra strategia, parlate della realizzazione di una “rete redditizia”. Che cosa significa? ALBERTO NOBIS: «DHL Express è impegnata a perseguire la Strategia 2025, che comprende i seguenti temi chiave: globalizzazione, digitalizzazione, sostenibilità e il e-Commerce. Abbiamo già aumentato la nostra quota di mercato dal 28% nel 2010 al 39% nel 2018 e questo ci rende il leader del mercato mondiale di Time Definite International. Per continuare la nostra crescita dobbiamo intensificare gli sforzi per la realizzazione di una “Network profittevole” che significa costruire un’organizzazione basata su “dipendenti motivati” in grado di garantire una “grande qualità di servizio”, il che ci porta ad avere “clienti fedeli”, che costituiscono poi il nostro insostituibile
patrimonio. Una rete capace di fornire un servizio allineato alle aspettative del cliente, sostenibile e autofinanziata per consentire gli investimenti necessari al suo costante miglioramento». In che misura e in qual modo la digitalizzazione ha completamente trasformato il settore della logistica in generale e nello specifico il modo di operare del vostro Gruppo? ALBERTO NOBIS: «La diffusione di tecnologie innovative favorisce senza dubbio l’adozione di soluzioni sempre più efficienti che possono migliorare l’esperienza dei clienti e dei collaboratori creando valore aggiunto. In quest’ottica ci stiamo già muovendo, attraverso i nostri centri di ricerca e in collaborazione con varie università, per applicare l’intelligenza artificiale nella gestione dei punti di contatto con i clienti, nel back office o nel customer office».
AZIENDE / DHL EXPRESS
Quale importanza logistica riveste il Ticino nel processo di sviluppo di DHL Svizzera? LUKAS BÜGLER: «Negli ultimi sei anni il gruppo ha investito 12 milioni di franchi al fine di rafforzare la forza vendite, i servizi, e per automatizzare i processi nel rinnovato centro logistico di Rivera. Per DHL il Ticino è la chiave per aprire la porta tra Svizzera e Italia, unendo anche Germania e Francia. Il potenziale di crescita in questi Paesi è enorme, basti pensare ai settori moda per l’Italia e quello farmaceutico per la Svizzera, mentre la Germania si distingue con l’industria automobilistica. In Ticino sono numerose le aziende (oltre 1.100) che possono usufruire dei nostri servizi e proprio in funzione di ciò, DHL ha deciso di investire aumentando il potenziale di movimentazione fino a 3500 pacchi l’ora, mentre già ora sono 75 dipendenti operativi a Rivera». DHL è leader del mercato mondiale di Time Definite International. Dal vostro osservatorio privilegiato, in che misura i processi di globalizzazione condizioneranno lo sviluppo futuro del settore, con particolare riguardo alla crescita del commercio elettronico?
ALBERTO NOBIS: «La globalizzazione costituisce un processo irreversibile che condizionerà sempre più il futuro del commercio e della distribuzione a livello internazionale. La pandemia ha accentuato, se possibile, processi già in atto. Prima il blocco delle produzioni, poi una ripresa della domanda globale accompagnata dagli intasamenti nelle catene della logistica, hanno confermato che ormai ci troviamo ad operare in un mondo sempre più interconnesso. L’e-commerce è cresciuto in modo esponenziale a livello di consumer ma sono ancora in parte inesplorate le grandi opportunità di crescita per quanto riguarda il settore B2B, verso il quale anche DHL guarda con grande interesse. Un altro aspetto da non sottovalutare sono poi i processi di integrazioni che già si stanno manifestando tra commercio online e offline. Per fare un esempio, sempre più clienti scelgono un prodotto online e poi lo ritirano in un punto vendita fisico, oppure provano un articolo in un negozio e poi lo acquistano online. Tutte queste trasformazioni impongono un costante aggiornamento dei servizi offerti e un adeguamento della nostra organizzazione che deve essere sempre più flessibile e ricettiva rispetto ai cambiamenti».
In questa prospettiva, in che modo il Ticino, per la sua posizione geografica, può rivestire un ruolo nelle spedizioni transfrontaliere di alto valore e sensibili al fattore tempo? LUKAS BÜGLER: «In Ticino, tradizionale crocevia per le spedizioni e la logistica, le spedizioni transfrontaliere rivestono un’importanza sempre maggiore ed aumentano gli sforzi per non perdere di competitività e acquisire nuove quote di mercato. In questo senso, le azioni intraprese per intensificare l’integrazione tra il centro logistico di Rivera e l’aeroporto di Malpensa hanno già oggi prodotto il risparmio di un’ora di tempo nella catena delle spedizioni e ulteriori vantaggi sono stati raggiunti nei processi di sdoganamento delle merci tra la Svizzera da una parte e i confinanti Paesi dell’UE dall’altra». Siete stati nominati miglior datore di lavoro in Europa e persino nel mondo. Che valore riveste, nella vostra organizzazione, il fattore umano? ALBERTO NOBIS: «DHL Express è stato nominato il miglior posto di lavoro al mondo nell›elenco annuale pubblicato da Great Place to Work™ (GPTW) in collaborazione con Fortune Magazine. Il traguardo premia oltre dieci anni di continuo miglioramento e investimento nelle persone, passando dall›8° posto nel 2017 al 1° posto nel 2021. In un’azienda dove lavorano 111.000 colleghi operanti in 220 Paesi con modalità diverse, questo risultato è il frutto della nostra fiducia nelle persone e nella loro capacità di offrire l’eccellenza per i clienti. I nostri collaboratori che mettono in contatto le persone e migliorano la vita in tutto il mondo sono la più grande risorsa e il loro impegno e motivazione sono il prerequisito per un successo sostenibile. In questi ultimi difficili mesi, DHL Express si è concentrato sulla sicurezza del lavoro e sul benessere del personale, garantendo che i dipendenti rimanessero al sicuro, connessi e supportati». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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AZIENDE / SUPSI
APPRENDERE AD APPRENDERE, UNA COMPETENZA PER LA VITA
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A COLLOQUIO CON NADIA BREGOLI, DIRETTRICE DELLA FORMAZIONE CONTINUA SUPSI. DI ARIANNA LIVIO
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nalizzando le riflessioni sul domani professionale del Forum Economico Mondiale (WEF), si delinea che grazie alla pandemia tutto ciò che veniva ipotizzato come “il futuro del lavoro” è arrivato e che il 50% di coloro che rimarranno nel loro ruolo attuale avranno bisogno, entro il 2025, di specializzarsi e riqualificarsi. Viviamo nella società della conoscenza e l’apprendimento permanente – il cosiddetto lifelong learning – ne è la colonna portante. Le costanti evoluzioni degli scenari sociali, economici, politici e culturali, allenano ad apprendere in modo costante e duraturo. Per questo non si smette mai di imparare, sia in modalità formali, come in un percorso scolastico, sia informali, basti pensare a tutte le esperienze e alle occasioni dove c’è la possibilità di accrescere il proprio bagaglio di conoscenze. Questa ricettività agli altri e all’esterno, questa capacità di proiettarsi verso il futuro anziché ancorarsi al passato, aiuta a realizzare al meglio le proprie potenzialità e aspirazioni personali. Leader sul territorio nel settore della formazione continua, la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) è confrontata da 25 anni con le sfide nell’aggiornamento e nel miglioramento delle competenze professionali. Orientata alla pratica, con un costante adattamento dei percorsi formativi e attività di ricerca, in base alle necessità del mercato del lavoro e della società, la SUPSI accompagna annualmente 10’000 persone nella formazione continua in 15 aree di competenze.
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ual è secondo lei il ritratto della formazione continua universitaria? «La formazione continua è il nuovo welfare, il capitale sociale delle persone, una risorsa per adattarsi al cambiamento e vivere bene le sfide professionali e personali. La formazione continua è f lessibile e trasversale, abbraccia tutti gli ambiti professionali, può essere accessibile in momenti e modalità differenti. È il risultato di uno scambio osmotico tra i diversi attori del suo ecosistema: oltre a noi, i datori di lavoro, le scuole superiori specializzate, altri enti formativi, associazioni di categoria e professionali, e sindacati. È sviluppata da docenti esperti che hanno una consolidata esperienza e conoscono lo stato dell’arte della ricerca nel loro campo. Due parole chiave per descrivere la formazione continua sono permeabilità e ubiquità. Permeabilità per ampliarne l’accesso riconoscendo in ingresso le competenze ed esperienze acquisite. Ubiquità in quanto si muove tra online e off line e deve saper integrare oltre a quelle nei Campus e nel virtuale, nuove forme di presenza che permettano una formazione continua e diffusa laddove è richiesta». Quali sono le sfide per il 2022? «La sostenibilità, alla base della nostra visione di formazione continua trasformativa. Vogliamo dare un contributo importante allo sviluppo durevole della società, dell’economia e della cultura e dei loro impatti am-
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bientali orientando i comportamenti dei professionisti. Abbiamo avviato un progetto pilota per rif lettere sul grado di applicazione dei principi e degli obiettivi dello sviluppo sostenibile nei contenuti dei nostri percorsi di formazione continua universitaria. Alcuni, presentano già oggi un forte orientamento alla sostenibilità, fra di essi in particolare il CAS Responsabilità sociale d’impresa, l’EMBA Executive Master of Business Administration, il CAS Cooperazione e sviluppo, il MAS Fashion Innovation Management, il MAS Future Mobility and Railways, il CAS sostenibilità integrata degli edifici, il CAS Il Ciclo Virtuoso della Sostenibilità per costruire Organizzazioni più Resilienti, Sistemiche, Proattive e Rigenerative, il CAS Sustainable Facility Management, e infine in lingua tedesca il
CAS Sustainable Finance, il MAS Arbeit 4.0 della nostra scuola affiliata Fernfachhochschule Schweiz (FFHS) e il CAS Nachhaltige Nachwuchs-leistungsentwicklung della Physiotherapie Graubünden di Landquart integrata nel nostro Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale (DEASS)». Come è evoluta la visione della formazione continua per i datori di lavoro? «Sono tornati a focalizzare l’attenzione sulla formazione interna dei collaboratori, che avevano in parte esternalizzato negli anni scorsi, per rilanciarla dialogando con i partner dell’ecosistema della formazione continua, per co-progettare percorsi personalizzati. Le aziende valutano e misurano ora anche la propensione all’apprendimento dei loro collaboratori».
Aziende, istituzioni, enti ed associazioni no profit possono co-creare insieme a SUPSI anche percorsi di formazione su misura. Ce ne parli… «La responsabilità individuale nell’autoapprendimento è determinante, ma non basta, anche il datore di lavoro deve fare la sua parte. Per le aziende la formazione continua è una motivazione premiante, i collaboratori sono soddisfatti e consapevoli delle responsabilità e competenze, si genera un circolo formativo virtuoso. Le proposte di formazione continua personalizzata di SUPSI sono possibili in tre forme: corsi personalizzati per le aziende in funzione dei loro specifici obiettivi, coaching aziendale nella gestione del cambiamento e consulenza sull’applicazione di metodi e strumenti innovativi. Fra i nuovi temi vi sono la trasformazione digitale e il lavoro agile, le
SUPSI: LA FORMAZIONE CONTINUA UNIVERSITARIA IN CIFRE (RAPPORTO ANNUALE 2020) Corsi: • 1001 corsi lunghi (MAS, DAS, CAS) e brevi, articolati in diverse modalità (in presenza, online, ibrida) proposti dai 4 Dipartimenti - Dipartimento ambiente costruzioni e design (DACD), Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale (DEASS), Dipartimento formazione e apprendimento (DFA), Dipartimento tecnologie innovative (DTI) - e dalle tre scuole affiliate - Scuola universitaria di Musica del Conservatorio della Svizzera italiana (SUM-CSI), Accademia Teatro Dimitri (ATD), Fernfachhochschule Schweiz (FFHS). • I corsi vengono offerti in 15 aree di competenza: Cooperazione e sviluppo;
Costruzioni; Design; Diritto; Elettronica; Energia-ambiente-territorio; Formazione-apprendimento; Informatica; Ingegneria industriale; Management; Microbiologia; Musica; Sanità; Scienze sociali; Teatro. Titoli rilasciati: • MAS/EMBA – 161 Master of Advanced Studies ed Executive Master of Business Administration (EMBA) • DAS – 191 Diploma of Advanced Studies • CAS – 894 Certificate of Advanced Studies
Partecipanti: • 8270 iscritti a corsi brevi e lunghi di cui 2200 iscritti a corsi CAS, DAS, MAS • Partecipanti ai corsi, percentuale donne/uomini: 64% donne - 36 % uomini • Età Media: 40 anni per gli uomini, 37 anni per le donne.
Dal 2012 al 2020 sono stati consegnati 1344 diplomi MAS.
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sue implicazioni giuridiche, la diversità nell’organizzazione, il riuso degli spazi, la cyber sicurezza, la responsabilità sociale d’impresa». La discontinuità storica che abbiamo vissuto che influenza avrà secondo lei nel mondo della formazione? «La pandemia con l’accelerazione della digitalizzazione ha provocato un impatto importante sulle competenze per il lavoro, che ha generato una forte domanda di personale altamente qualificato. Il futuro del lavoro dipenderà dalla capacità di accogliere il nuovo e di apprendere; le aziende dovranno creare ambienti di lavoro che stimolino e facilitino questo apprendimento continuo. Il futuro sarà inoltre sempre più ibrido, nella formazione come nel lavoro. Occorrerà riorientare i paradigmi per uno scambio tra formazione e lavoro.
Il phygital, con l’integrazione tra il mondo fisico e digitale diventerà lo standard, amplificando il nostro stato di presenza nelle attività di lavoro e apprendimento. Diminuirà la presenza ma sarà più di valore, e con più capacità di equilibrare la sfera lavorativa e quella privata». A proposito di equilibrio fra vita lavorativa e privata, cosa le piace fare nel suo tempo libero? «La formazione continua non la vivo solo nella professione che svolgo ma la pratico quotidianamente in modo informale nel privato. Per me è un elisir di lunga vita, il mio brain fitness giornaliero. Attraverso la mia curiosità per il nuovo e il mondo che grazie al web posso percorrere in lungo e in largo anche virtualmente in viaggi avventurosi, proprio come faceva Emilio Salgari».
Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana
I Master of Advanced Studies SUPSI (MAS)
Costruzioni ed Energia-Ambiente-Territorio ◆ MAS Real Estate Management Management e diritto ◆ Executive Master of Business Administration (EMBA) ◆ MAS Business Law ◆ MAS Diritto Economico e Business Crime ◆ MAS Fiduciary& Consulting ◆ MAS Human Capital Management ◆ MAS Tax Law
Informatica ◆ MAS Blockchain, Cryptocurrency and Decentralized Technologies ◆ MAS ICT Systems, Security and Cybercrime ◆ MAS IT Management and Governance Ingegneria industriale ◆ MAS Fashion Innovation ◆ MAS Future Mobility and Railway ◆ MAS Industrial Engineering and Operations ◆ MAS Project, Program and Portfolio Management
Sanità ◆ MAS Clinica generale ◆ MAS Counselling cognitivo-sistemico ◆ MAS Fisioterapia neuromuscoloscheletrica ◆ MAS Gestione sanitaria ◆ MAS Exercise and Sports Physiotherapy (Landquart) ◆ MAS Umanesimo ed etica clinica
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Musica (SUM-CSI) ◆ MAS Canto gregoriano, paleografia e semiologia ◆ MAS Contemporary Music Performance and Interpretation ◆ MAS Cultural Management ◆ MAS Music Composition ◆ MAS Music Performance and Interpretation ◆ MAS Renaissance Polyphony Performance and Conductiong
Formazione-apprendimento ◆ MAS Educazione alle arti plastiche nelle scuole comunali ◆ MAS Pedagogia e didattica speciale
Management (FFHS) ◆ Executive Master of Business Administration ◆ MAS Arbeit 4.0 ◆ MAS Business- und IT-Consulting ◆ MAS Business Law ◆ MAS Wirtschaftspsychologie
Informatica (FFHS) ◆ MAS Web4Business ◆ MAS Data Science
Formazione (FFHS) ◆ MAS Digital Education Sanità (FFHS) ◆ MAS Gesundheitsförderung
Ingegneria industriale (FFHS) ◆ MAS Industrie 4.0
www.supsi.ch/fc
AZIENDE / SUPSI
LA MICROBIOLOGIA SI SVILUPPA IN TICINO PRESENTATO IL NUOVO ISTITUTO DI MICROBIOLOGIA SUPSI CHE SARÀ ATTIVO IN SENO AL DIPARTIMENTO AMBIENTE COSTRUZIONI E DESIGN, PROPONENDOSI COME CENTRO DI RIFERIMENTO NEL SETTORE DELLA MICROBIOLOGIA APPLICATA A SUD DELLE ALPI.
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L’
Istituto svolgerà attività di ricerca e formazione focalizzate in particolare sulla microbiologia negli ambiti della biosicurezza, dell’igiene ambientale, della lotta ai vettori di agenti patogeni, dell’ecologia microbica e della biotecnologia ambientale. «L’attribuzione dello statuto di Istituto è il coronamento di un percorso di integrazione e di sviluppo all’interno della SUPSI, iniziato nel 2014. Una decisione importante, che valorizza il lavoro degli ultimi 35 anni in Ticino in questi importanti ambiti, e ne garantisce una prospettiva di sviluppo a medio-lungo termine»: così ha dichiarato il Prof. Franco Gervasoni, Direttore generale della SUPSI. L’Istituto microbiologia della SUPSI
nasce in seno all’Istituto cantonale di microbiologia, costituito nel 1964 per colmare una lacuna nell’assistenza sanitaria alla popolazione ticinese. Nel corso degli anni, accanto ai reparti di analisi cliniche microbiologiche - che dal 2013 sono stati integrati nell’Ente ospedaliero cantonale - le attività legate a mandati pubblici, all’insegnamento e alla ricerca hanno progressivamente guadagnato importanza. Per mantenere in Ticino le competenze di microbiologia e biologia necessarie a sostenere e sviluppare la ricerca applicata in questo settore, da gennaio 2014 l’Istituto cantonale di microbiologia è entrato a far parte del Dipartimento ambiente costruzioni e design come Laboratorio microbiologia applicata. Il Consiglio della SUPSI ha approvato
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lo scorso 17 giugno il suo passaggio a rango di istituto. Esso fungerà da centro di riferimento e di competenza per la microbiologia nel Canton Ticino, integrando la microbiologia umana, veterinaria e ambientale, e può essere considerato una risposta della SUPSI anche all’attuale crisi ambientale e sanitaria, un contributo concreto a favore della società per le criticità legate ai microbi con carattere di trasversalità tra ambiente e uomo. «L’istituto possiede capacità scientifica e laboratori in grado di fornire un grande contributo alla soluzione di problemi e rispondere a domande che sono dell’intera società: specie invasive, adattamento ai cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, microbi e salute umana, per citarne solo alcuni» ha specificato il Prof. Silvio Seno, Direttore del Dipartimento ambiente costruzioni e design. L’Istituto opera in due sedi: nello stabile a Bellinzona in Via Mirasole 22a, condiviso con EOC e Laboratorio cantonale, e presso il nuovo Campus SUPSI di Mendrisio, in Via Flora Ruchat-Roncati 15, dove dispone di 400 mq di nuovi laboratori perfettamente attrezzati e conformi per le analisi microbiologiche con autorizzazione
Swissmedic per la ricerca di patogeni in campioni ambientali. «La particolarità dell’Istituto microbiologia è quella di essere attivo sia in ambito sanitario che in ambito ambientale, in una visione globale della microbiologia che considera la sfera umana, animale e l’ambiente come interdipendenti, in totale accordo con il concetto moderno di ’one health’ (una sanità)», ha affermato il Direttore dell’IM, Prof. Mauro Tonolla. Le attività dell’Istituto sono oggi suddivise in 5 settori: Biosicurezza, Igiene e ambiente, Ecologia dei vettori, Biotecnologia ambientale e Ecologia microbica. I dettagli relativi ai cinque settori sono disponibili nella scheda allegata. La ricerca di base, con finanziamenti del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica, riguarda principalmente le attività di Ecologia microbica, con da una parte lo studio dei microorganismi ancestrali, e dall’altra il ruolo dei funghi acquatici per l’ecologia dei corsi d’acqua. Su queste due tematiche, estremamente specifiche e innovative, l’Istituto microbiologia ha competenze uniche a livello nazionale e internazionale. La ricerca applicata riguarda prevalentemente le attività di Biosicurezza,
Ecologia dei vettori, Igiene e Ambiente e Biotecnologia ambientale, e utilizza le più moderne metodiche della biologia molecolare e bioinformatica, di rilievo ambientale e di analitica. Le competenze tecniche e scientifiche sono continuamente aggiornate a favore di progetti in microbiologia applicata che possono così avvalersi delle metodologie più attuali. L’Istituto microbiologia organizza attività per numerose università svizzere ed estere al Centro di Biologia Alpina di Piora: tiene corsi, ospita regolarmente studenti e studentesse offrendo supporto scientifico e logistico per la realizzazione di progetti e tesi di bachelor, master e dottorato. Contribuisce inoltre all’insegnamento nella formazione di base SUPSI all’interno del Master of Science in Engineering, del Bachelor in Conservazione e Restauro erogati dallo stesso DACD, e nella formazione professionale con l’apprendistato; è anche di supporto al livello medio superiore, sia per il liceo sia per la scuola di commercio. La mediazione scientifica, in collaborazione con l’Istituto design, rappresenta poi un tema di grande importanza che riguarda la totalità dei temi scientifici dell’Istituto.
ALCUNI ESEMPI DI PROGETTI DI RICERCA Analisi del virus SARS-CoV-2 nelle acque reflue all’entrata degli impianti di depurazione, finanziato dall’Ufficio del medico cantonale del Cantone Ticino e dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Gestione e coordinamento di una rete nazionale per la sorveglianza e il controllo delle zanzare invasive in Svizzera, finanziato dall’Ufficio federale dell’ambiente. Studio delle conseguenze del degrado
della vegetazione sulla rete alimentare dei corsi d’acqua, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca scientifica, in collaborazione con l’Università Vila Velha Brasile e EAWAG-ETH/Università di Zurigo. Studio di un sistema medico oftalmologico per il trattamento della sindrome dell’occhio secco, in collaborazione con il Dipartimento tecnologie innovative SUPSI, finanziamento EUROSTARS.
Studio degli effetti degli spostamenti di masse d’acqua indotti da batteri anaerobici fotosintetici sul microbioma di sistemi acquatici stratificati, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca scientifica, in collaborazione con EAWAG-ETH e Università del Lussemburgo. Studio della digestione anaerobica con materiale conduttivo e microrganismi elettrogeni, finanziato dall’Ufficio federale dell’energia.
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L’ESSERE MEMBRO DI UN CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE (CDA) È INDUBBIAMENTE UN INCARICO DI PRESTIGIO, MA COMPORTA ANCHE RESPONSABILITÀ, SEBBENE CONDIVISA SOLIDALMENTE CON GLI ALTRI MEMBRI, VERSO I PROPRIETARI, OVVERO GLI AZIONISTI, MA ANCHE - E SEMPRE PIÙ - VERSO LA SOCIETÀ CIVILE. DI DIMITRI LORINGETT
01 Scena del film “The Post” (2017) che vede come protagonista l’attrice Meryl Streep
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MEMBRO DI CDA, NON (PIÙ) UN CLUB PER GENTILUOMINI
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ensavo di essere l’unico che facesse i compiti a casa». La battuta è tratta da una scena del film The Post (2017) che vede come protagonista l’attrice Meryl Streep nei panni di Katharine “Kay” Graham, la prima donna a dirigere una grande casa editrice di un importante quotidiano americano, il Washington Post. La battuta, fatta da un membro del consiglio di amministrazione durante una delle prime sedute a cui partecipò la Graham, allude al fatto che solo loro due si fossero preparati per la riunione (avevano infatti dei raccoglitori pieni di documenti). Tutti gli altri membri, invece, portano con sé giusto una matita e qualche foglio per gli appunti. Un tempo – nel film siamo negli anni sessanta del secolo scorso – il massimo organo di un’azienda spesso assomigliava più a una sorta di “club di amici” – per di più quasi sempre solo maschi – che si vedevano ogni tanto per sentire come vanno gli affari, approvare qualche proposta del presidente del CdA (specie quelle legate ai dividendi da distribuire agli azionisti), e poi godersi il tempo assieme per bere qualche drink e fumare sigari. E, naturalmente, incassare il gettone di presenza. Oggi, invece, con la complessità del mondo globalizzato e sempre più digitalizzato, non c’è più spazio per membri di CdA che “non hanno fatto i compiti”. Anzi, sempre di più le organizzazioni, grosse o piccole che siano, sono dotati di un CdA composto non solo da esperte ed esperti nei vari rami di competenza ma an-
che da ‘consiglieri professionisti’. Si tratta di persone la cui principale attività è quello di sedere in uno o più consigli di amministrazione e portare al tavolo la loro esperienza e prospettiva da ‘esperti esterni’. Questo fenomeno, in realtà non proprio nuovo, è in crescita perché le imprese, specie quelle medio-piccole o a guida famigliare, spesso non possono permettersi di avere un consigliere per ogni specializzazione. Per il consulente esperto di corporate goverance e già CEO di Allianz Italia e Axa Assicurazioni Massimo Michaud, «l’attività di Consigliere d’amministrazione è diventata una professione complessa, e non più un’occupazione part-time, non solo presso le imprese quotate, ma presso tutte le tipologie di imprese. Una professione che come le altre richiede un’adeguata preparazione e formazione». Oltre alle tradizionali responsabilità di buon governo d’impresa (vedasi le direttive vigenti in materia di corporate governance) e della gestione finanziaria e dei rischi, oggi il membro di un CdA è tenuto anche a saper relazionare con i vari portatori d’interesse, a gestire la comunicazione pubblica e a considerare in modo strategico la sostenibilità complessiva dell’azienda - non solo finanziaria ed economica, ma anche ambientale e sociale. In questo contesto si intuisce come le molteplici conoscenze che sono richieste per poter tracciare la strategia operativa di un’azienda implica l’adozione di un CdA che abbia sì dei membri di milizia con esperienza, ma anche dei membri professioni-
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sti che sappiano consigliare su temi puntuali e di respiro globale Ancora Michaud: «Confrontate con la crescente complessità dei mercati dovuta alla concorrenza intra-settoriale ed extra-settoriale, all’evoluzione tecnologica e regolamentare, alle esigenze di contribuire al benessere della comunità in cui si opera e di tutti i cosiddetti stakeholders, le imprese debbono poter attingere a un insieme di competenze e di esperienze che il vertice aziendale, per quanto versatile non può avere accumulato da solo. Una delle aree di maggior interesse e di riflessione è l’acquisizione di una più ampia cultura del rischio. Quando si pensa all’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto sull’organizzazione del lavoro, sulle catene di approvvigionamento e di distribuzione, solo per citare alcuni esempi, si avverte come la Direzione d’impresa possa
avere bisogno della collaborazione fattiva del Consiglio di Amministrazione che contribuisca ad analizzare e a indirizzare il contesto di mercato e sociale in tutti i suoi aspetti, rispettando nel contempo le prerogative decisionali degli organi delegati». La nuova categoria professionale, se la possiamo definire tale, dei cosiddetti Board Member è oggi una realtà conosciuta in Svizzera e ora anche in Ticino, con la recente costituzione, a fine novembre 2021 a Lugano, del Board Forum Svizzera italiana, la prima associazione a sud delle Alpi dedicata alle persone attive nei Consigli di amministrazione di società, aziende e organizzazioni. Lo scopo, come recita lo statuto, è di «valorizzare la competenza e le conoscenze di individui che svolgono l’attività di membro di CdA, propiziando l’interazione fra membri e la promozione di attività formative e
informative di interesse per l’esercizio di tale funzione». L’associazione nasce nel contesto del corso di formazione continua ‘Certified Board Member’ promosso da Alma Impact AG (con la collaborazione scientifica delle Avv. Sharon Guggiari e Karin Valenzano Rossi) e organizzato in collaborazione con il Centro competenza tributaria (CCT) della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). A costituire l’associazione vi sono tre professionisti che credono fortemente nell’importanze delle competenze e dell’aggiornamento continuo dei membri di CdA e che sono anche i tre attuali membri del Comitato direttivo: Massimo Michaud; Karin Valenzano Rossi, avvocato e notaio e membro del CdA di Banca Raiffeisen Svizzera; e Alberto Stival, co-fondatore di Alma Impact AG e presidente di pr suisse. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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I CIRCOLI VIRTUOSI DELLA SORELLANZA ELENA BITTANTE, PRESIDENTE DI SOROPTIMIST INTERNATIONAL LUGANO, E ANCA CEFAN REBBIANI, PRESIDENTE DI ZONTA CLUB LUGANO, HANNO APERTO LE PORTE DI DUE IMPORTANTI ASSOCIAZIONI CHE PROMUOVONO LE QUALITÀ FEMMINILI IN UN MONDO ANCORA DOMINATO DALLA PRESENZA MASCHILE. DI KERI GONZATO
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n’altra generazione di donne dovrà aspettare per la parità di genere», secondo il Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum. «Mentre l’impatto della pandemia Covid-19 continua a farsi sentire, la chiusura del gender gap globale è aumentata di una generazione, da 99,5 anni a 135,6 anni». Se nella classifica del Gender Gap Report 2021 la Svizzera, al decimo posto, occupa una buona posizione, per quanto riguarda le donne con ruoli di leadership siamo ancora indietro, con un ventiseiesimo posto sul totale di 29 nazioni analizzate da The Economist per stilare il Glass Ceiling Index 2021. Questi risultati non demoralizzano le donne delle associazioni presenti in Ticino, fungono piuttosto da incentivo per evolvere verso una società paritaria attivando circoli virtuosi di sorellanza. Una parola, coniata 50 anni fa da Kate Millet, scrittrice ed attivista femminista, che porta con sé un’idea chiara e forte. Parlando per la prima volta di sisterhhood, quando la parola brotherhood ovvero fratellanza veniva usata già dal 1250, la scrittrice ed atti-
CLUB DI SERVIZIO IN TICINO DEDICATI AL MONDO FEMMINILE Soroptimist International www.soroptimist-lugano.ch Zonta International lugano.zonta.ch; locarno.zonta.ch Kiwanis kiwanis-lugano.ch; kiwanis-locarno.ch
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Rosa delle donne rosadelledonne.ch Loggia Massonica Femminile lamisticafenice.com Women4digital ated.ch/women_4_digital
vista femminista desiderava seminare l’intenzione di ottenere un’unione sociale tra donne senza differenze di classe, religione o gruppi etnici. Sin dal principio, il seme della sorellanza, porta con sé una spinta alla coesione sociale inclusiva, declinata al femminile, vista come un vero e proprio patto sociale, etico ed emotivo costruito tra donne. Un patto che spinge a prediligere l’alleanza rispetto alla competizione, la fiducia alla diffidenza, la condivisione all’individualismo. Un aspetto che accomuna le organizzazioni che abbiamo incontrato è il valore del gruppo, della messa in comune di risorse e saperi, con la consapevolezza che è l’unione a rinforzare il cambiamento sociale. Le direttrici delle associazioni che abbiamo incontrato ci insegnano una sorellanza attiva, positiva ed evolutiva. Una solidarietà femminile che porta a confrontarsi, unire le forze e sostenersi lungo il cammino. «La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è che siamo potenti oltre ogni misura. È la nostra luce, non la nostra oscurità che ci spaventa di più. Ci chiediamo: chi sono io per essere brillante, splendido, talentuoso, favoloso? In realtà, chi sei tu per non esserlo?»: sono queste le celebri parole di Marianne Williamson, autrice di bestseller, attivista e candidata alla presidenza negli Stati Uniti nel 2020, che invitano ad essere uomini e donne liberi dalle oppressioni. Non si parla più oggi di lotta ed opposizione tra polo maschile e polo femminile quanto piuttosto di dirigersi verso l’equilibrio, un punto d’incontro paritario, dove sorellanza e fratellanza si possano manifestare e sostenere vicendevolmente nel pieno rispetto reciproco.
AZIENDE / CLUB FEMMINILI
«Ogni due anni il Club cambia la Presidente e il Comitato, e così rinnova i punti di vista e i progetti d’intervento. È proprio lo spirito di tenere vivo il Club e contribuire con capacità uniche e diverse agli interventi sociali che mi ha portato ad accettare la Presidenza; l’idea è quella di coltivare un patrimonio di amicizia e di capacità d’intervento, farlo crescere e consegnarlo dopo due anni per una ulteriore fase di crescita».
Elena Bittante, Presidente di Soroptimist International Lugano Soroptimist International, la più grande organizzazione femminile al mondo, è nata ad Oakland nel 1921, ben 100 anni fa, e già nel 1930 è stata fondata la prima sede di Ginevra. In Ticino il primo Club è stato fondato a Lugano nel 1977, con il contributo fondamentale di Marie Jeanne Bosia; successivamente sono nati Locarno (1980), Mendrisiotto (1989) e Bellinzona e Valli (1994). Politicamente neutrale e aconfessionale, svolge la sua attività in 125 Paesi con 3000 club (61 in Svizzera) e 80.000 socie (circa 1900 in Svizzera). Tra i suoi obiettivi, il riconoscimento universale dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la promozione del ruolo della donna nella società. Soroptimist International promuove il volontariato e vara progetti affinché le donne di tutto il mondo possano realizzare le loro aspirazioni. Chi fa parte attualmente di Ticino Soroptimist? «Sono socie di Soroptimist donne attive nella società, perlopiù professioniste ed imprenditrici, ma anche donne che stanno iniziando le loro professione o che continuano a contribuire allo sviluppo sociale dopo la fine carriera». Cosa l’ha portata al ruolo presidenziale?
Qual è stato il suo percorso professionale? «Dopo una carriera in McKinsey e in ambito finanziario, oggi sono advisor su temi legati alla sostenibilità, aiutando le aziende a trovare soluzioni di miglioramento dell’impatto climatico e di inclusione sociale, dopo avere individuato le specifiche priorità strategiche. In Ticino ho anche co-fondato una start-up innovativa – TicInsectche produce farina per animali attraverso l’insetto mosca soldato, in un processo di economia circolare che parte dagli scarti alimentari». Quale importanza hanno solidarietà e sorellanza nell’affrancare i diritti raggiunti e nel muoversi verso nuovi traguardi? «La solidarietà tra donne rimane importante, sia per reciproco incoraggiamento, sia per conoscere altre realtà: si riesce ad entrare veramente nel mondo del lavoro e nella società se non si rimane isolate nella propria unica esperienza di vita. È anche molto importante il dialogo intergenerazionale: si possono dare per scontati i diritti raggiunti, che invece si affievoliscono ad ogni crisi economica-sociale, come in questa fase di pandemia. Ciclicamente bisogna rincominciare a combattere per il diritto al lavoro e alla carriera, alla tutela della maternità, a richiedere che la fatica di sostenere gli anziani non ricada solo sulle spalle delle donne. In questo le giovani portano energia e coraggio, le donne mature portano chiarezza di visione e di obiettivi».
In quali ambiti bisogna ancora battersi per la parità? «In Europa abbiamo fatto grandi passi avanti nel riconoscimento dei diritti, penso ad esempio al il diritto di avere voce in capitolo nella crescita dei minori, con il superamento della patria podestà. Purtroppo, la fatica dei lavori di cura grava ancora molto sulle donne. In Ticino permane un modello sociale tradizionale e la difficoltà per le famiglie monoparentali è molta. Soroptimist finanzierà il progetto Monogenitorialità a Scuola, uno strumento pratico per gli insegnanti che si rapportano con i ragazzi che vivono la separazione e la monogenitorialità. In Ticino sono rare le start-up al femminile così come la presenza di donne nei ruoli guida delle aziende. I convegni aperti di Soroptimist danno spazio ai molti contributi innovativi delle donne, soprattutto del mondo scientifico-universitario, dallo studio della medicina di sesso e genere all’utilizzo dei big-data. Soroptomist è anche attivo nella sensibilizzazione rispetto alle minacce che arrivano dai nuovi media come le truffe romantiche, il cyberbullismo e il sexting. Assieme a degli specialisti abbiamo realizzato materiale a disposizione dei docenti per sensibilizzare i giovani su temi come bullismo, disagio interiore, rapporti con l’altro sesso». Il futuro è nelle mani delle giovani… cosa fate per sostenerle? «Per raccogliere fondi destinati per le borse di studio di studentesse del Conservatorio della Svizzera italiana è attiva l’iniziativa «Il Vino della Solidarietà»: la vendita di vini pregiati selezionati da due amiche Soroptimist professioniste del settore, Lisetta Lucchini di Fattoria Moncucchetto e Nerida Deganis, da gustare direttamente o regalare, per essere solidali con gusto. Chi è interessato a questi vini di qualità può contattare VinoSoropLugano@gmail.com. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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zioni della fondazione sono possibili grazie a contributi volontari dei club Zonta, soci e amici di Zonta».
1150 Club Zonta in 64 paesi e aree geografiche, suddivisi in 32 distretti e aree geografiche.
Anca Cefan Robbiani Presidente di Zonta International Zonta International è un’organizzazione mondiale di servizio costituita da persone inizialmente solo donne, che dal 1919, opera per favorire la comprensione tra i popoli, promuovere la pace nel mondo e migliorare la condizione femminile attraverso quattro valori cardine: l’amicizia, la libertà, il rispetto e l’educazione. Apartitica e aconfessionale, vanta lo stato consultivo presso l’ONU dal 1946, in particolare presso ECOSOC, UNICEF, UN WOMEN, ILO. Ha inoltre lo stato partecipatorio presso il Council of Europe, mantiene rapporti attivi con l’UNESCO e ha rappresentanti presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra, New York, Parigi e Vienna. Le socie sono circa 30.000, iscritte a più di
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In quale mondo sogna di vivere la donna Zonta International? «In un mondo in cui i diritti delle donne sono riconosciuti come diritti umani e ogni donna sia in grado di raggiungere il suo pieno potenziale. In tale mondo, le donne hanno accesso a tutte le risorse e sono rappresentate nei processi decisionali in condizioni di parità con gli uomini. In un mondo del genere, nessuna donna vive nella paura della violenza». Cosa motiva l’organizzazione sin dalla sua fondazione? «Fondato nel 1919 a Buffalo, negli Stati Uniti, Zonta significa nel linguaggio Sioux “onesto e degno di fiducia”. Nella storia di Zonta International, il miglioramento della condizione femminile, in ambito politico, legale, professionale e in tutti gli altri aspetti della vita, è stato una spinta motivante. Zonta International sta concretizzando questo ideale, in modo che le donne possano raggiungere non solamente i propri obiettivi personali, ma migliorare le condizioni di altre donne in tutto il mondo. Dal 1985, tramite la Zonta International Foundation, ha elargito milioni di dollari in sovvenzioni per programmi internazionali e progetti in tutto il mondo. Le sovven-
La storia ticinese di Zonta International… «Il Club di Lugano è nato nel 1964, poco prima dell’acquisizione del diritto di voto alle donne su iniziativa di diciannove donne luganesi allo scopo di migliorare la condizione della donna a livello professionale, ma non solo. Prima presidente fu Ersilia Fossati, maestra, che operò in favore del suffragio femminile e fu tra le prime donne a entrare nel Gran Consiglio (per il PPD). Oggi il club conta venticinque socie attive provenienti da diverse aree professionali: università, scuola, sanitario, e giurisprudenza». Come giudica la condizione della donna oggi in Ticino? «Un quadro statistico delle pari opportunità fra i sessi in Ticino ci dice che, per quanto concerne la formazione, sebbene le donne siano spesso più formate, vi sono ancora evidenti problemi come la disparità salariale e la difficoltà ad accedere a ruoli di responsabilità o di direzione. Inoltre, le donne sono maggiormente colpite dalla violenza domestica». Zonta riconosce l’importanza dell’educazione come forma di emancipazione… «Attraverso la Fondazione dello Zonta Club Lugano, in 20 anni sono state elargite 114 borse, da 4000 CHF, per un totale di 456 000 CHF. La presidente della Fondazione attualmente è la dott.ssa Vitoria Espelli. Questo dato è molto significativo poiché mi ha fatto capire quanto possiamo fare affinché le donne possano raggiungere i propri obiettivi personali ed è uno dei motivi che mi ha spinta a voler entrare nel club nel 2019, ma non solo. Ci sta a cuore anche la promozione tra le ragazze delle professioni in campo matematico, informatico e tecnico. A tale
AZIENDE / CLUB FEMMINILI
proposito con il nostro patrocinio si è tenuto a Lugano “coding club for girls” con laboratori di programmazione per ragazze tra 11 e 15 anni, in collaborazione con il Politecnico federale di Losanna (EPFL). Infine, contribuiamo sostanziosamente ai progetti internazionali della Fondazione Zonta per le donne ed in modo particolare Ending Child Marriage, Let us learn Madagascar ed Empowering girl through education. Le nostre attività principali riguardano soprattutto la raccolta fondi. Da diversi anni collaboriamo con la compagnia di teatro dialettale Il Grappolo di Tenero e la regista Daria Contesi».
da pochi mesi e nel giorno della mia elezione mi sono commossa poiché le socie del club avevano deciso di darmi questo importante incarico. Il loro è stato un voto di grande fiducia e
spero vivamente di non deludere le loro aspettative. Per fortuna il mio ruolo è sostenuto da un comitato di donne molto valide con cui sono entusiasta di collaborare».
Come ha scelto di diventarne la Presidente? «Sono una docente di scuola media e ho accettato quest’incarico perché desidero impegnarmi attivamente all’interno del club. Sono presidente
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AZIENDE / DOMENICO CARPONI SCHITTAR
L’UOMO CHE FECE ASSOLVERE IL LUPO INTERVISTA CON DOMENICO CARPONI SCHITTAR, AFFERMATO AVVOCATO VENEZIANO CHE AMA LA POLEMICA E LA PROVOCAZIONE NEI CONFRONTI DELLE RIGIDITÀ DEL SISTEMA GIUDIZIARIO ITALIANO.
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a Loggia massonica femminile di Lugano, «Il Cammino di Vita», in occasione del suo trentesimo anno di fondazione ha deciso di impostare tutti i lavori in su un tema particolarmente sentito e universalmente condiviso dai membri dell’alleanza massonica: il tema della verità, parola-concetto altisonante, indissolubilmente radicata nelle coscienze, a volte inflazionata e talora bistrattata. La ricerca della verità presupponendo un lavoro di analisi approfondita, coinvolge in ogni caso spirito e mente. Gli incontri si sono aperti con una conferenza tesa ad analizzare la vicenda di Caino e Abele con il fine di stabilire l’attendibilità dell’episodio biblico e se, tra le righe dello stesso, fosse nascosta una verità stravolta dalla narrazione. Successivamente è andata a processo la fiaba di Cappuccetto rosso. Un tema che, anche questa volta sorprendentemente, ha consentito di viaggiare nel passato attraverso il tempo scoprendo quanto distante dal racconto si collochi la realtà obiettiva del suo substrato. Di entrambe le conferenze è stato incaricato l’avvocato veneziano Domenico Carponi Schittar appassionato studioso di antropologia culturale che nel 1984 e nel 1988, aveva organizzato due processi simulati (a Caino e al lupo) promuovendo una ricerca interdisciplinare alla cui conclusione i due personaggi furono assolti.
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ei ha sostenuto nel corso della sua lunga attività professionale numerose battaglie e polemiche nei confronti del sistema giudiziario italiano. Quali vittorie (e, se ci sono state, quali sconfitte) ricorda maggiormente? «Sono stato occupato per più di quindici anni, facendomi numerosi nemici nel mondo giudiziario, nella difesa di un alto ufficiale dei carabinieri nel processo per un attentato terrorista che costò la vita ad alcuni di loro. L’ufficiale era accusato di avere falsificato prove per far condannare degli innocenti. La mia più amara sconfitta fu la condanna del mio difeso a dodici di reclusione. La mia più bella vittoria fu di sentirlo poi completamente assolvere nel giudizio di appello». Nei suoi scritti si è spesso soffermato sui problemi dell’ascolto del bambino in sede civile e penale. Quale ruolo giocano in quest’ambito gli aspetti psicologici? «La psicologia in questo caso è tutto. Chi la ignora danneggia quell’ascolto. Ma lo danneggia anche, in buona fede, lo psicologo esperto ma non competente specificamente in fatto di percorsi del pensiero del bambino e di approccio allo stesso per giungere alla sua conoscenza senza influenzarla. Oggi, in Italia, le più attendibili linee guida per l’ascolto del bambino (adottate anche in sede giudiziaria), vanno
AZIENDE / DOMENICO CARPONI SCHITTAR
sotto il nome di «Carta di Noto», documento che ebbi l’onore di contribuire a redigere. Si tratta di una serie di regole (scaturite dalla collaborazione di giuristi, psicologi e psichiatri) suggerenti quello che si ritiene oggi il metodo più appropriato per interrogare il bambino senza forzarlo, influenzarlo, suggerirgli quello che l’esaminatore si attende da lui». Lei è da lungo tempo impegnato nella lotta alla pedofilia. In base alla sua esperienza quali consigli darebbe in materia al legislatore? «Posso trarre un suggerimento da una recente esperienza di un mio difeso tenuto sotto processo, in vari gradi, per ben dodici anni e poi assolto sulla base di prove disponibili fin dal primo giorno. Per evitare situazioni simili gioverebbe rendere cogenti le norme già esistenti che condizionano l›inizio e la protrazione della azione penale».
Quali aspetti apprezza in particolar modo del sistema giudizio svizzero? «Non ho sufficiente esperienza per rispondere. Posso dire di apprezzarne la attendibilità, quanto a terzietà e fairness dei giudici svizzeri». La sua iniziativa dedicata ad una rilettura della fiaba di Cappuccetto Rosso ebbe un grande successo anche mediatico. È ancora convinto dell’innocenza del lupo? «I miei interessi in materia di antropologia culturale mi hanno portato a cercare di stabilire cosa stia sovente alle spalle delle apparenze. E in tale ambito che negli anni ‘8o avviai, a mezzo di simulazioni processuali, ricerche interdisciplinari sulle vicende di Caino e del Lupo delle fiabe. Ricerche che portarono a concludere che Caino non uccise con intento omicida e che il lupo era in origine un essere positivo agente proficuamente per la sua società. Le radici della
fiaba di Cappuccetto rosso sono antiche. Gli elementi che la caratterizzano (la Grande Madre, la capanna nel bosco, il bosco di querce, il cappuccio, il suo colore rosso, la paura, l’ingoiamento, l’utilizzazione della pelle del lupo) consentono tutti di risalire a riti primitivi di iniziazione giovanile e addirittura a riti di passaggio attraverso l’Aldilà favoriti da un animale-guida. Il lupo è stato dunque una delle innumerevoli vittime dei mutamenti sociali. Da essere propiziatorio del mondo dei cacciatori (lo provano ancora oggi detti millenari quali “in bocca al lupo “) fu trasformato in simbolo del male dal mondo degli agricoltori (che elessero ad essere propiziatorio quel serpente che è invece negativo per il mondo dei pastori). Quella trasformazione lo collocò nella sfera dei cattivi, ma tuttavia non riuscì a cancellare i suoi veri meriti… quelli che ebbi la soddisfazione di far emergere nel processo facendolo assolvere».
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AZIENDE / STRP
LA COMUNICAZIONE DIGITALE? UN GIOCO DI SQUADRA INTERVISTA A SANDRA ANZISI, FONDATRICE DELL’AGENZIA CREATIVA CLUBLAB PLUS, ATTIVA DA QUASI DIECI ANNI NEI SETTORI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA GRAFICA, DEL MARKETING DIGITALE E DEGLI EVENTI. DI AMANDA PRADA
È
sempre stata una cosmopolita con l’idea di fare la creativa. Ha lavorato nel mondo della grafica, della comunicazione, del marketing, dei media e delle risorse umane. Ogni esperienza nel suo percorso l’ha comunque messa a confronto con la vendita.
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osa rappresenta oggi la comunicazione digitale nel mondo delle aziende? «Permette senz’altro di avere molti strumenti a disposizione per fornire risposte e informazioni alla clientela in tempo reale: sito web, blog, newsletter, Google Ads, social network, tutti canali che devono essere sempre aggiornati. Anche whatsapp, nella sua versione business, offre la possibilità di presentare i servizi dell’azienda, di creare un back up e di mantenere registrato tutto ciò che viene scritto ai clienti. Ad ogni modo molte aziende del nostro territorio non hanno un sito internet con delle funzio-
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nalità che possano servire per crescere, per aumentare il business oppure non sono presenti sui social network. Difatti lavoriamo anche con la comunicazione classica e la carta che, appunto, sono ancora importanti alle nostre latitudini; ormai, però, non è più possibile prescindere dalla comunicazione digitale». Come si traghetta un cliente verso il digitale? «Constatiamo un po’ di reticenza e di diffidenza: “Sono social, ma poi se mi fanno una recensione negativa?”; “Metto whatsapp all’interno del sito web e poi se arrivano moltissime chiamate tutte insieme?”. Innanzitutto ci sono alcuni miti da sfatare, perché spesso le azioni digitali richiedono investimenti sul lungo periodo. Bisogna anche fare i conti con la realtà: non tutte le aziende hanno la possibilità di assumere una persona esperta di marketing o di assoldare un’agenzia di comunicazione e allora un consulente deve avere la disponibilità di affiancare l’azienda e formarla perché possa essere autonoma in breve tempo». Quali tipi di cliente incontrate? «C’è chi si affida completamente, ma c’è anche il cliente un po’ più pignolo dal punto di vista dei contenuti. Affidare la comunicazione della propria azienda ad altre persone è sempre difficile; il coinvolgimento delle persone chiave all’interno dell’azienda resta fondamentale.
Dal punto di vista di un’agenzia capire a fondo la filosofia dell’azienda è fondamentale per comunicare in maniera puntuale e precisa. I cosiddetti copywriter studiano l’azienda, il settore cui fa capo, il target di riferimento, il tone of voice da adottare per comunicare e conquistare i clienti. Il tema contenuti è complesso, difficile da trasmettere e far comprendere, ma necessario per creare una collaborazione di valore». Come riuscite a far emergere l’identità di un’azienda senza farne parte, comunicando al suo posto? «Poniamo molte domande. Anche se dipende dalla complessità del piano editoriale, occorre conoscere bene l’azienda, le persone che ci lavorano, capire quali sono i loro obiettivi, il clima aziendale e cosa va comunicato. Come diciamo sempre, la gestione dei social non può essere unidirezionale perché è un’emanazione diretta anche del lato umano di un’azienda. Un’agenzia di comunicazione deve partecipare alla vita dell’azienda, entrare in empatia con essa per poter comunicare con lo stesso linguaggio e trasformarlo in digitale. Per questo spesso in agenzia si trovano giovanissimi che possono davvero insegnare molto sulla comunicazione nel mondo digitale».
AZIENDE / FLAVIA MILANI
LA FELICITÀ IN AZIENDA: IMPORTANTE, URGENTE, FONDAMENTALE L’ASSUNTO DI PARTENZA È CHE NON SONO I RISULTATI CHE PORTANO ALLA FELICITÀ, BENSÌ IL CONTRARIO: PROFITTO E PRODUTTIVITÀ SONO CONSEGUENZE DELLA FELICITÀ DEI LAVORATORI. CE LO SPIEGA MEGLIO FLAVIA MILANI, LIFE&BUSINESS COACH, FORMATRICE IN SCIENZA DEL SÉ E CHIEF HAPPINESS OFFICER.
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l compito principale di Flavia Milani risiede nell’educare (dal latino “ex-ducere”, che significa tirare fuori, far venire alla luce qualcosa che è nascosto) e accompagnare le persone nel superare gli ostacoli e nel raggiungere i propri obiettivi, mentre nelle aziende il suo ruolo è quello di sostenerle nel migliorare le performances, la produttività e nel promuovere la trasformazione culturale, facendo della felicità, nella sua dimensione eudaimonica, una strategia organizzativa coerente e ciò a favore del benessere aziendale, a partire dal capitale umano. Un argomento, quello della felicità in azienda, sempre più attuale, in un periodo in cui il benessere delle persone diviene prioritario specialmente in un contesto VUCA, l’acronimo delle definizioni Volatility, Uncertainty Complexity e Ambiguity, che ben rappresenta i tratti fondamentali del mondo e sintetizza le sfide che le organizzazioni devono affrontare in un periodo storico di cambiamento come quello che stiamo vivendo. Un lavoratore felice produce di più: affermazione banale, quanto potente. Non è solo una questione di buon senso, bensì un vero e proprio postulato scientificamente solido e incontrovertibile. Le più importanti ricerche condotte negli ultimi anni, supportate da scoperte scientifiche in ambito neuropsicologico, biologico e fisico, testimoniano che la positività e il benessere “pagano” e migliorano i risultati di performance e business, a livello individuale, collettivo, economico e sociale.
AZIENDE / FLAVIA MILANI
Ci sono a disposizione numeri e ricerche condotte da istituti e ricercatori autorevoli che dimostrano che una cultura “positiva” è in grado di determinare +300% di innovazione (HBR),+44% di retention (Gallup),+37% di vendite (Martin Seligmann); +31%,di produttività (Greenberg & Arawaka), -125% di burnout (HBR),-66% di assenteismo per malattia (Forbes); -55% di turnover (Gallup). Ciò che provano a dirci questi numeri è che esiste una correlazione molto stretta tra pratiche di lavoro all’insegna del benessere ed effetti sui lavoratori in termini di soddisfazione personale e felicità e che, a loro volta, innescano comportamenti individuali positivi, come il coinvolgimento e la motivazione. Questo circuito virtuoso genera risultati positivi per l’azienda come la redditività e la produttività. Dentro ogni azienda c’è abbondanza di risorse, spesso intrappolate in pro-
cedure e sistemi che, se liberate, rendono le persone piene di energia, capaci di offrire il loro massimo contributo e far prosperare l’ambiente di lavoro. A ciò si aggiunge l’importanza di sviluppare leader positivi, perché dal loro esempio dipenderà il successo del cambiamento culturale, con la consapevolezza che la trasformazione avviene solo coltivando una leadership positiva. «Se vuoi rendere felici gli altri, se vuoi diffondere una leadership positiva nella tua azienda, inizia da te stesso». È quindi fondamentale creare le condizioni di sistema per rendere sostenibile il cambiamento, riconoscendo quali processi di gestione delle persone e dell’organizzazione potrebbero essere modificati per consolidare la cultura del benessere. Una trasformazione culturale richiede tempo, impegno, pazienza e soprattutto coerenza da parte di chi la
promuove. I luoghi di lavoro hanno bisogno di nuovi modelli e le persone hanno bisogno di potersi esprimere, sentirsi realizzate e vivere felici anche al lavoro, dove trascorre almeno il 30% della propria vita. Da dove partire quindi per creare la felicità al lavoro? Due fattori determinanti la felicità delle persone al lavoro sono le relazioni positive, ossia un buon clima e comportamenti come rispetto, collaborazione, gratitudine, trasparenza, ascolto e la valorizzazione del capitale umano, riconoscendo la capacità di ognuno di contribuire alla generazione di un impatto che dia significato alla propria funzione in azienda. Tutte le iniziative di welfare e wellbeing, incentivi e bonus, sono certamente apprezzati, ma ciò che favorisce un engagement duraturo e sostenibile, sono la qualità delle relazioni e il dare valore al lavoro di ognuno.
Un museo etnografico all’avanguardia
L’Organizzazione turistica del Mendrisiotto ha attivato presso il suo nuovo Infopoint alla Stazione FFS di Mendrisio il “tavolo tattile” del Museo Etnografico della Valle di Muggio (MEVM). L’obiettivo è quello di presentare un progetto realizzato dal MEVM nel corso del 2020 che permette di scoprire virtualmente la Valle di Muggio e di approfondire i vari aspetti di questo bellissimo territorio.
Il “tavolo digitale” permette infatti d’interagire con le informazioni raccolte e ordinate in maniera intrigante, proponendo una vera “escursione” virtuale e di interagire seguendo dei processi che permettono di ottenere risposte a ogni genere di curiosità. I visitatori potranno consultare più di 200 schede relative al patrimonio culturale, storico ed etnografico della Valle di Muggio, corredate da oltre 1’000 fotografie provenienti dalle proprie collezioni. Il MEVM si è da sempre dimostrato sensibile al tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie per presentare i luoghi e gli oggetti presenti nel territorio del Monte Genero-
so, alcuni dei quali in zone discoste e non facilmente raggiungibili da tutti. Da molti anni, all’entrata di Casa Cantoni, il visitatore trova un grande plastico tridimensionale che presenta la morfologia del territorio e permette di ottenere un primo sguardo concreto su tutto il territorio della Valle e del Monte Generoso. Casa Cantoni a Cabbio è il centro informativo del Museo nel territorio e, grazie alla presentazione degli elementi più significativi del paesaggio culturale della regione, invoglia il visitatore ad andare alla scoperta di nevère, mulini, ponti, graa, fontane e lavatoi, alberi monumentali, bolle, nuclei alpestri. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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AZIENDE / GIANNI SIMONATO
QUANTO COSTANO GLI IMMOBILI AL METRO QUADRO A LUGANO? E NEL MENDRISIOTTO, QUAL È LA SITUAZIONE? E NEL METAVERSO QUANTO COSTANO? UNA LOCALITÀ COME METAVERSO CI GIUNGE FORSE NUOVA. PROVIAMO A CERCARLA SU GOOGLE MAPS MA NON LA TROVIAMO. IN EFFETTI NON FA PARTE DEI LUOGHI DELLA TERRA MA APPARTIENE AL MONDO VIRTUALE, CHE STA CRESCENDO RAPIDAMENTE.
IL METAVERSO SPIEGATO ALLA NONNA E APPLICATO IN AZIENDA Anche in questo caso sarà un “notaio digitale”: il passaggio di proprietà di quel terreno verrà certificato attraverso la tecnologia blockchain. Questa tecnologia consente il salto di paradigma che sta cambiando il mondo economico, finanziario e dell’informazione. È il passaggio da “enti centralizzati” che certificano e controllano le attività, come le banche, o big company come Amazon, Google, Facebook, a “strutture decentralizzate” che utilizzano le reti di computer sparsi nel mondo.
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hissà, forse fra qualche anno avremo un Google Maps che ci porterà tra le vie e gli edifici di Decentraland o di Sandbox, che popolano l’Universo del Metaverso. Questi mondi virtuali sono divisi in porzioni di terra, disponibili in numero limitato. Chiunque può acquistare questi terreni, e non sono neanche tanto a buon mercato! La moneta con cui pagarli non sarà il franco svizzero, il dollaro o l’euro, bensì il MANA. Ma cosa ce ne facciamo di questi terreni virtuali? Sono terreni digitali, non puoi toccarne l’erba e non servono cantieri fisici per dar luogo ai lavori. La proprietà in questi terreni è certificata in maniera seria. A quale notaio dobbiamo rivolgerci?
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Il segreto è nella decentralizzazione In pratica questa “catena di blocchi” sfrutta le caratteristiche di una rete informatica composta da “nodi”, permettendo di aggiornare e gestire un registro contenente dati e informazioni in modo sicuro, aperto a tutti e senza che vi sia la necessità di un’entità centrale di controllo. Questo è il vero cambio di paradigma: passare da una centralità di controllo ad un decentramento controllato. Un esempio concreto è Filecoin, una sorta di Dropbox della blockchain, che permette a tutti di salvare contenuti nel cloud. Il cloud di Filecoin non ha però sede nei data center di proprietà di qualche gigante del settore, ma negli hard disk di tutti i computer collegati a questa blockchain. Possiamo salvare quindi i nostri con-
tenuti sfruttando la memoria libera delle migliaia di computer collegati alla blockchain di Filecoin, tramite la quale è sempre possibile controllare su quali hard disk sono salvati i nostri dati, monitorare gli spostamenti e verificare cosa sta succedendo. Chi affitta lo spazio presente sull’hard disk del proprio computer tramite Filecoin ottiene in cambio una ricompensa in “moneta” collegata, chiamata Fil, che può poi essere venduta sulle tradizionali piattaforme di compravendita di criptovalute. Meccanismo non proprio semplice da capire, specie se giriamo ancora per la strada con il denaro contante in tasca ed entriamo al bar a prendere il caffè pagando con le nostre monete. Ma questo è il mondo da affrontare, che sta entrando nella nuova era del Web3, evoluzione del mondo Web2, quello che conosciamo ora. Dalla centralizzazione che si era creata con il Web2 si passa ad una completa decentralizzazione. Il Web2, nato attorno agli anni 2000 è quello che ha dato luogo a colossi come Facebook, Linkedin, Twitter. Veri e propri giganti che hanno monopolizzato, in 20 anni, le fonti di informazione, creando un potere centralizzato. I contenuti finora li abbiamo messi noi utenti e ci siamo connessi a livello digitale, una vera e propria rivoluzione rispetto al primo Web.
AZIENDE / GIANNI SIMONATO
Mi riferisco a quello degli anni 90, della creazione dei primi siti aziendali, blog personali, giornali on line. Tutte attività che andavano a creare impronte digitali ma scarsamente connesse tra loro. Oggi, passati i modelli del Web1 e cominciando ad essere stretto il modello Web2, si passa a decentralizzare la rete e a creare un’economia digitale diffusa, basata non più sulla pubblicità o sugli abbonamenti, bensì sulla partecipazione. Sta cominciando una rivoluzione per le imprese e le persone. Le grandi aziende si stanno già organizzando, a cominciare da Nike, Adidas, Microsoft e da Facebook, che ora si chiama Meta. Il Metaverso è uno spazio di ibridazione tra realtà digitale e fisica dove un numero illimitato di individui vi accedono per business, gioco, lavoro. Per le aziende che vendono con canali tradizionali si apre la possibilità
di accelerare con il commercio elettronico utilizzando il metaverso che potrà garantire una migliore esperienza prima dell’acquisto. La pandemia ha accelerato questo processo, i brand hanno iniziato ad investire nel cosiddetto “fashion tech” creando eventi 3D per sfilate o spazi 3D per presentare nuovi prodotti. Il Metaverso consentirà un nuovo sistema di connessione e gestione del cliente grazie al quale saranno creati negozi online che permettono di testare i prodotti prima di averli acquistati. E dove verranno creati questi nuovi negozi online? Ovviamente sui terreni del Metaverso, in Decentraland o Sandbox. Ecco perché il mercato immobiliare digitale comincia a farsi strada. Stiamo lavorando con aziende del Business to Business che operano nel mondo dell’arredamento, dell’illuminazione, della componentistica per
portarle a bordo di questo nuovo mondo. Ma si procede passo passo, per gradi. Ci vorranno alcuni anni per vedere una svolta importante. È necessario prima di tutto fare un lavoro di formazione e sensibilizzazione alle persone coinvolte nel business. È da qui che si parte. Per accelerare e agevolare il cambiamento bisogna lavorare sulla consapevolezza. Se non si portano a bordo le persone non si può sperare che lo faccia la tecnologia al loro posto. E cominciamo dall’alto, facendo formazione ad amministratori delegati e direttori generali che devono abituarsi ai nuovi termini della blockchain, degli NFT, delle criptovalute e del Metaverso. È una bella sfida, ma cosa c’è di meglio che “creare il futuro” per “predirlo”? E tu che stai leggendo queste righe sei pronto a metterti in gioco? Scrivimi la tua opinione a gianni.simonato@myacademypmi.com
I finalisti del Prix SVC Svizzera italiana 2022 Dal 2006 lo Swiss Venture Club (SVC) assegna ogni due anni l’ambito Prix SVC Svizzera italiana, giunto alla nona edizione. Le sei aziende finaliste, selezionate dalla giuria, sono dinamiche e ancorate sul territorio, contraddistinte da una forte capacità imprenditoriale: Agriloro SA di Genestrerio, Campofelice di Tenero-Contra, Fontana Print SA di Lugano, Jetpharma SA di Balerna, R. Audemars SA di Lamone-Cadempino e Tecnomec SA di Stabio. Il vincitore sarà annunciato in occasione di un evento che si terrà il 18 maggio 2022. Marzio Grassi, presidente della giuria e responsabile
regionale dello Swiss Venture Club, commenta: «Siamo felici di aver selezionato sei aziende eccellenti che ben rappresentano la ricchezza del nostro tessuto imprenditoriale. Grazie alla loro capacità innovativa queste imprese stanno superando bene l’impegnativa situazione dovuta alla pandemia. Continuano a offrire ottimi prodotti e servizi, mantenendo posti di lavoro nel nostro Cantone». L’azienda vincitrice del Prix SVC Svizzera italiana 2022 si aggiudicherà la partecipazione a un viaggio per imprenditori e un buono formazione della Supsi, offerti da Credit Suisse e Supsi. Al secondo classifi-
cato EY offrirà la partecipazione a un viaggio-studio o all’Entrepreneur of the Year Congress a Palm Springs, USA. Il terzo premio consiste in un buono per un evento di team offerto da Swisscom. Le altre tre aziende riceveranno il premio speciale di La Mobiliare consistente in un workshop creativo nel castello di Thun. Presieduta da Marzio Grassi, la giuria comprende Luca Albertoni, Lorenza Bernasconi, Erico Bertoli, Carlo Hildebrand, Beatrice Fasana, Daniele Lotti, Michele Masdonati, Roberto Pesare, Giambattista Ravano, Stefano Rizzi e Lino Terlizzi. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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AZIENDE / 3Z CLUB
INSIEME PER CAMBIARE IL MONDO
MARILÙ GERMSCHEID È AUTRICE DI UN INTERESSANTE VOLUME CHE RIASSUME L’INSEGNAMENTO DAL PREMIO NOBEL PER LA PACE, PROFESSOR MUHAMMAD YUNUS, A FAVORE DELLA COSTRUZIONE DI UN MONDO SENZA EMISSIONI, POVERTÀ E DISOCCUPAZIONE.
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ossiamo riassumere quali sono i punti qualificanti del progetto The 3ZERO Club? «Il 3ZERO Club (3Z Club) offre ai giovani la possibilità di entrare in azione e unirsi a una rete globale per creare un mondo in cui desiderino vivere. La missione del 3Z Club è ispirare e consentire ai giovani di ideare, creare e guidare con spirito imprenditoriale per risolvere i problemi sociali e ambientali più urgenti del nostro tempo. Il 3Z Club ha il potenziale per diventare la più grande iniziativa attraverso il coinvolgimento dei giovani. Un 3Z Club deve essere una costante fonte di gioia, entusiasmo e nessuna azione è insignificante se è diretta a cambiare il mondo. Trasformare l’immaginazione in piccole azioni è la strategia centrale dei 3Z Club». Qual è il ruolo e il contributo apportato al progetto dal Premio Nobel per la Pace, Professor Muhammad Yunus?
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«Il Premio Nobel per la Pace, il Professor Muhammad Yunus, ha recentemente lanciato il 3Z Club, un’iniziativa per realizzare la sua visione di creare un mondo a tre zeri: zero emissioni nette di carbonio, zero concentrazione di ricchezza per porre fine alla povertà e zero disoccupazione scatenando l’imprenditorialità in tutti. Tre traguardi sui 17 Sustainable Development Goals (SDG) stabiliti dalle Nazioni Unite, di cui è ambasciatore. Tutti i club sono registrati e guidati dal 3 ZERO Global Centro in cui il Premio Nobel Professor Muhammad Yunus è il capo consigliere. Il 3Z Global Centro è responsabile della risoluzione di tutti i problemi relativi ai club, ai circoli e organizzazioni di supporto 3Z, le YSBC e funge da centro di assistenza unico per tutti i club. Svolge un ruolo chiave nella coorganizzazione e nel coordinamento di eventi come Social Fiction Design Competition, Social Business Design Competition, workshops e partecipazioni ogni anno ad eventi globali come Social Business Day e Global Social Business Summit». Lei ha recentemente pubblicato il volume Nobel Peace Prize Laureate delivers a Lecture to Young People: “Making Dreams into Your Realities – The Power of Dreams”. A chi si rivolge e quale messaggio intende trasmettere questo volume? «Il libro è basato su gli scritti e i discorsi originali del Prof. Yunus. Il libro è rivolto ai giovani ma non solo, poiché il libro dà in breve una comprensione completa dei temi di fondo: credo quindi che possa essere usato per
chiunque di qualsiasi età. Come spiega il Prof. Yunus nel mio libro l’umanità ha bisogno di avere una direzione dove condurre il mondo e gli SDG forniscono la direzione mondiale: essi sono il “global to do list”. Mostrano ai giovani come aprire la mente e come creare. L’ immaginazione è la cosa più importante. Fornisce in breve una comprensione completa di cosa tratti il microcredito e il social business. Onora il Professor Yunus, padre di Micro-Credit e Social Business, mostrando le sue principali creazioni: l’inizio della Grameen Bank, e la sua espansione in Grameen America e Grameen China. Inoltre parla di alcune delle oltre 50 società di Social Business e Joint Venture create. Il programma Nobin (Nuovo) Equity, che il Professore ha implementato 6 anni fa, dove attraverso l’imprenditorialità sono state create 65.000 imprese. La sua dedizione per creare un mondo di 3 zeri. Spiega che c’è un limite al consumo ma c’è un piacere quasi sconosciuto da esplorare: il piacere illimitato di fare del bene che ha un effetto multiplo di gioia. Il mio scopo scrivendo questo libro e promuovendo il 3Z Club è incoraggiare i giovani ma anche gli adulti che è ancora possibile risolvere gli enormi problemi che dobbiamo affrontare e che è ancora possibile cambiare il mondo in cui siano orgogliosi di vivere. Con la tecnologia in mano sono oggi la generazione più potente. Per renderli consapevoli del loro potenziale interiore e che ognuno ha un potenziale illimitato e la possibilità di creare ciò che desidera, a parità di genere, razza o status quo. Penso che il 3Z Club e il libro potrebbero dare un enorme contri-
AZIENDE / 3Z CLUB
buto per risolvere gli SDG non solo per renderli consapevoli, ma per fornire loro una soluzione su come entrare in azione. Per onorare il Professor Yunus che ha ricevuto inoltre più di 50 Lauree Honoris Causa e 112 Premi da 26 Paesi, le sue straordinarie creazioni di vita, e che ci ha insegnato come sia possibile rompere i confini. Attraverso la sua fama, e il suo allineamento con i Giochi Olimpici in particolare con Parigi 2024 e la “Nuova Economia” del Papa, ha potuto raggiungere un vasto pubblico, non solo i giovani».
Che cosa sono i Club 3ZERO e come funzionano? «Chiunque, da qualsiasi parte del mondo, da qualsiasi area povera, ricca, rurale, suburbana e cittadina, può essere un membro o creare un 3Z Club. Ogni Club è formato con un numero fisso di cinque giovani di età compresa tra i 12 e 35 anni. La differenza di età tra i soci più anziani e quelli più giovani all’interno di un Club non può essere superiore a sette anni. I 3Z Club sono registrati al 3Z Global Centro online su www.3zero.club. Il focus deciso dal
Club diventa parte del nome del Club. Un Club è libero di scegliere qualsiasi area di interesse e può contattare un altro Club che hanno la stessa area di interesse o qualche denominatore comune. Se richiesto, 3Z Global Centro può dare il collegamento. Cinque o più Club con alcune caratteristiche comuni possono formare un gruppo noto come Circolo. I Club partecipanti decidono le caratteristiche comuni di un determinato Circolo. Oltre ai Circoli, i Club possono formare una Rete. A differenza del Circolo, la Rete non ha bisogno di alcun denominatore comune. L’obiettivo comune a tutti i Club sarebbe quello di connettersi tra loro per avere più potere per creare un maggiore impatto». Qual è il rapporto che lega i Club 3ZERO con il mondo accademico attraverso la rete globale Yunus Social Business Center? «Tutti i 3Z Club saranno affiliati al mondo accademico attraverso la rete globale di Yunus Social Business Center (YSBC) situati in quasi 100 università in tutto il mondo. Un Yunus Social Business Center è un centro accademico situato in un’università per intraprendere ricerche, ricerche d’azione e offrire corsi sul business sociale. Gli YSBC possono offrire un’affiliazione informale ai 3Z Club per aiutarli a organizzare i loro programmi, fornire indicazioni per attuare programmi, collegare docenti e studenti universitari, monitorare le attività del Club, offrire strutture di formazione, intraprendere ricerche, condurre concorsi di progettazione, collegarli con risorse umane e fornire loro assistenza tecnica. Qualsiasi altra organizzazione o persona disposta a fornire qualsiasi tipo di assistenza ai club può essere registrata presso 3Z Global Office come 3ZERO Support Organisation or Persona. Per ulteriori informazioni www.marilugermscheid.com». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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MEDICINA / ARS MEDICA
UN NUOVO CENTRO PER LA CURA DELLA COLONNA VERTEBRALE
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DOPO LA SEDE DI MANNO HA APERTO A GENNAIO ANCHE IL CENTRO POSTO NELLO STABILE DELLA RESIDENZA TERTIANUM AL PARCO A MURALTO: COSÌ ARS MEDICA OFFRE UN SERVIZIO COMPLETO E INTEGRATO PER AFFRONTARE LE PATOLOGIE LEGATE AL MAL DI SCHIENA. CE NE PARLA IL DR. MED. GIANMARCO COLOMBO, SPECIALISTA IN CHIRURGIA ORTOPEDICA E TRAUMATOLOGIA DELL’APPARATO LOCOMOTORE.
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uali sono le ragioni che hanno portato alla costituzione di questo Centro specialistico per la presa a carico di pazienti con dolori correlati a disturbi della colonna vertebrale e quali obiettivi si prefigge di raggiungere? «Finora in Ticino il paziente colpito da patologie relative alla colonna vertebrale era costretto ad affrontare più spostamenti per accertamenti, esami diagnostici e trattamenti, con conseguenti difficoltà di coordinamento e perdite di tempo. Da qui l’esigenza di concentrare in un unico Centro tutte le competenze necessarie per offrire accoglienza e presa in carico capaci di assicurare un trattamento rapido, all’avanguardia e multidisciplinare, quindi completo, senza che la persona debba affrontare molteplici spostamenti. In questo caso l’anamnesi clinica è accompagnata da un complemento diagnostico individualizzato e immediato, mentre la discussione di ciascun caso è collegiale e individualizzata alla ricerca del migliore percorso terapeutico e riabilitativo». Di quali attività specialistiche potrà avvalersi il Centro? «L’approccio multidisciplinare è assicurato dalla presenza di chirurghi ortopedici e neurochirurghi (figure non sempre associate a trattamenti invasivi), reumatologi, fisioterapisti, anestesisti responsabili per la terapia del dolore, specialisti della mano. In futuro dovrebbero aggiungersi anche la figura del neurologo e psichiatra.
La loro collaborazione consente di intervenire tempestivamente sia nei casi di mal di schiena acuto (che di solito si risolvono nel giro di 4 settimane), così come nei casi cronici (oltre le 12 settimane)». Quale rilievo hanno le patologie legate al mal di schiena e in che misura incidono sulle spese sanitarie tra esami, trattamenti, riabilitazione e cure a lungo termine? «Alcuni dati ci aiutano a comprendere quanto siano rilevanti i disturbi correlati al mal di schiena. In Svizzera quattro adulti su cinque soffrono di male alla schiena almeno una volta nella vita o con frequenza ricorrente, e questo problema non risparmia le fasce più giovani della popolazione. E ancora, il mal di schiena acuto va incontro a recidive e in circa il 10% dei casi diventa cronico. Per questi casi è importante il riconoscimento di “yellow flags” come situazioni di stress, depressione, inattività. Queste percentuali sono in progressione soprattutto in paesi con reddito pro capite elevato. I dolori alla schiena provocano limitazioni e si ripercuotono sulla qualità di vita delle persone, generando costi sanitari pari al 6,1% del totale della spesa sanitaria nazionale. La perdita di guadagno o produttività è calcolata pari a una cifra poco inferiore a 5000.- per persona all’anno ». In che modo la prevenzione può concorrere a eliminare i fattori di rischio? «Il mal di schiena è un problema molto diffuso, conoscerne le cause di ori-
MEDICINA / ARS MEDICA
gine e le strategie per combatterlo è di fondamentale importanza sia in ambito preventivo che riabilitativo-terapeutico. Ogni persona dovrebbe quindi imparare a riconoscere questa patologia, ad apprendere i fattori predisponenti e le regole per un’adeguata prevenzione. Il mal di schiena è una malattia multifattoriale. La lombalgia può quindi insorgere per cause estremamente diverse tra loro. Raggruppando tali fattori per caratteristiche comuni vanno considerate decine possibili cause di origine. Ciò presuppone un intervento terapeutico diverso per ogni circostanza, ma deve considerare un trattamento efficace del dolore, il mal di schiena cronico di norma non richiede una terapia a base di oppiacei. La prevenzione del mal di schiena si basa su un livello di prevenzione primaria, comune per tutti i tipi di lombalgia ed è basato sull’acquisizione delle corrette abitudini di vita, sull’incoraggiamento a svolgere attività e soprattutto a non interrompere le attività abituali. La prevenzione secondaria si fonda invece su un intervento rieducativo che coinvolge appunto molte fi-
gure professionali come medici, terapisti della riabilitazione e laureati in scienze motorie. I metodi principali per il trattamento del dolore alla schiena cronico prevedono: informazioni ripetute, rivalutazione del trattamento periodico con eventuale modulazione del dolore, rafforzamento della muscolatura di schiena e tronco (MTT), fisioterapia attiva, non passiva, miglioramento forma fisica generale, terapie rilassanti». Quali progressi la ricerca e la pratica medica hanno determinato nella cura dei disturbi della colonna vertebrale? «Prospettive decisamente molto interessanti provengono dalla cura del mal di schiena cronico attraverso la medicina rigenerativa. Questa terapia avanzata utilizza cellule staminali presenti all’interno del midollo osseo, prelevate dallo stesso individuo e che possono essere applicate all’interno del disco intervertebrale dopo essere state isolate e moltiplicate. Un trattamento meno invasivo è l’utilizzo di PRP (plasma ricco di piastrine) che promuove il processo di guarigione endogeno.
Le piastrine contengono diversi fattori che influenzano la proliferazione dei tessuti e migrano nei siti con ferite o degenerazione in corso. Le tecniche chirurgiche diventano inoltre sempre meno invasive, come l’endoscopia, che facilita la riduzione dei tempi di recupero. La prima idea del Centro era quella di promuovere questo tipo di chirurgia ambulatoriale come modello di guarigione rapido, con meno rischi perioperatori e una drastica riduzione dei costi come avviene in diversi Centri di cura della colonna vertebrale soprattutto negli Stati Uniti. Le nuove tecniche di intervento alla colonna vertebrale non necessitano obbligatoriamente di degenza in clinica o riabilitazione in centri specializzati, con la stessa percentuale di complicanze come confermato da sempre più studi scientifici.
www.centro-colonna-vertebrale-arsmedica.ch
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SOLIDARIETÀ / ILARIO LODI
L’EQUIVOCO DELLE OPPORTUNITÀ UN INTERESSANTE CONTRIBUTO AL DIBATTITO INTORNO AL TEMA “OBIETTIVO 95%”, PROGETTO LANCIATO DALLA DIVISIONE DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEL DIPARTIMENTO EDUCAZIONE, CULTURA E SPORT.
«L’opera d’arte si rispecchia sulla superficie della coscienza. Essa sta al di là e si dilegua dalla superficie, senza lasciar traccia, appena scomparso lo stimolo». Wassily Kandinsky
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ttraverso questa iniziativa lo Stato si pone l’obiettivo di investire (non solo nel settore della formazione professionale) con questo preciso scopo: i giovani che raggiungono il 18-mo anno di età devono poter essere già inseriti in un progetto di formazione; a medio-lungo termine la quota di 25-enni in possesso di un titolo Secondario II (diploma post-obbligatorio) dovrà passare dall’attuale 88% al 95%. Nelle intenzioni dei promotori credo di ravvisare un importante aspetto: il cuore dell’intero ragionamento mi pare sia, infatti, quello legato ad un “progetto di vita” che il giovane dovrebbe abbracciare; prima ancora che ad una certificazione scolastica o professionale propriamente detti il giovane sarebbe quindi chiamato ad assumersi la non leggera responsabilità di “diventare persona”. Rimane ora da capire il come tutto questo sia concretamente realizzabile. Vorrei quindi provare a riflettere assieme al lettore su alcune delle necessità che una scelta - impegnativa ai massimi livelli, come quella formulata dalla Divisione della Formazione Professionale - comporta: per il giovane e, soprattutto forse, per le aziende o il sistema formativo in genere che lo accoglie. Formazione e ruolo Fino a ieri, nascere in una certa famiglia e crescere in un determinato luogo significava solitamente essere destinati
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a divenire qualcuno di cui già si potevano grossomodo intravedere o addirittura prevedere i destini. Sviluppare una serie di pratiche professionali significava - oltre che ad acquisire con la dovuta cura e attenzione le capacità di base necessarie e legate all’esercizio del mestiere appreso - assumere un ruolo da cui sarebbe molto probabilmente dipeso lo sviluppo ed il consolidamento della propria identità. Questo status, una volta maturato, poteva essere ritenuto relativamente stabile: il mantenimento di una funzione (professionale) solitamente si traduceva nella salvaguardia della propria identità. I ragazzi di oggi – e questa non è più una novità – non si trovano a vivere in un contesto stabile e in un certo senso equilibrato come quello a cui hanno potuto fare riferimento coloro che, anche fino ad una trentina di anni fa, si sono formati all’adultità (non solo sul piano professionale); un contesto socioeconomico, quello del Fordismo e Taylorismo, che implicava una sorta di sapere fisso, dove la creatività e lo spirito di iniziativa potevano giocare le loro carte su uno scenario grossomodo definito e in un certo senso prevedibile. Ne consegue che alcune delle difficoltà che i nostri giovani oggi incontrano stanno proprio qui: non tutti sono in grado (o, semplicemente, non vogliono poiché questo non fa parte della loro storia futura) di riconoscere o di rintracciare, in un contesto quello odierno - dove l’incertezza è all’ordine del giorno, l’ordinamento ontologico da cui far scaturire la propria esistenza. “Non tutti ci stanno dentro…”, verrebbe da dire… e le prime avvisaglie dello sfilacciarsi se non addirittura dello smembrarsi del lega-
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me sociale (un contratto sociale, messo sempre più sotto pressione) che dovrebbe invece accogliere questi giovani, sono sotto gli occhi di tutti. Da questi segnali – tra le altre cose – suppongo scaturiscano le misure messe in essere dalla DFP. Formazione ed esistenza Tutto ciò (ma, in verità, ci sarebbe molto altro ancora da scrivere) ci suggerisce che se la formazione di cui i giovani hanno bisogno deve essere pensata, per dirla con una metafora, per i mercati globali, essa deve giocoforza essere votata oltre che alla flessibilità, anche alla duttilità, alla elasticità estrema e a molto altro ancora. E qui potrebbe nascere un problema, poiché l’odierno imporsi di un nuovo concetto di lavoro deve fare oggi i conti con un tipo di giovane che non è portatore di un Sé che si dà come oggetto, vale a dire di qualcosa che si forma in virtù di un processo lineare e che si vota ad un’esistenza, come quella sopra descritta, da cui scaturiscono un ruolo professionale e un’identità personale definiti una volta per tutte. Se le cose stanno così, tutto questo ci porta a concludere che le opzioni che verranno offerte ai giovani facenti capo alle iniziative intraprese all’interno dei progetti che si riferiscono a “Obiettivo 95%”, opzioni necessarie per costruire insieme ai giovani stessi un progetto di vita, dovranno tener conto del fatto che l’educazione e la formazione oggi non possono più essere intese (se mai lo fossero state) come qualcosa che va ad aggiungersi o a consolidare i tratti di un’esistenza (quella di un giovane) che si sta piano piano facendo in mezzo a mille difficoltà (tanto per capirci: non sarà certamente sufficiente offrire occasioni di formazione facendo capo unicamente al famoso sviluppo di competenze); più precisamente: queste opzioni non possono non tener conto del fatto che l’educazione e la formazione, così come oggi è necessario pensarle e pro-
porle, devono fare riferimento, prima ancora che a necessità di tipo tecnicoprofessionale, alla più autentica possibilità, per il giovane, di poter fare esperienza di sé. Fare educazione e formazione, oggi, significa quindi ricondurre la persona a sé stessa, aprendola al proprio essere e al proprio orizzonte di possibilità. Bisogna quindi trovare la quadratura del cerchio; mettere insieme, cioè, le esigenze di formazione di un giovane che sta crescendo e che sta diventando persona, con le esigenze del mondo del lavoro. Non bisogna però commettere l’errore – val la pena di ripeterlo, poiché facile, in questi casi – di pensare che ad una maggiore offerta formativa corrispondano necessariamente migliori occasioni di crescita. Non è quindi una questione di posti di lavoro (sappiamo infatti tutti, e molto bene, che in Ticino non è difficile trovare un posto di apprendistato…; difficile è invece riuscire a mantenerlo…). Bisogna invece tener ben conto delle esigenze formative del giovane e intenderle come diffrazioni di un’unica necessità, profonda, originaria, che abbisogna di potersi confrontare con pratiche educative e formative da intendersi come fenomeni di apertura a nuove prospettive di senso. La questione non è quindi di ordine tecnico, bensì di natura esistenziale. Metodi e mezzi Come procedere, in concreto? Le proposte sono molte, e già in parte messe in essere. Affinché queste, però, non si trasformino in fenomeni di colonizzazione della vita dei giovani che stanno attraversando un momento di difficoltà (ad esempio: che senso ha offrire cento occasioni di formazione ad un ragazzo che non riesce a comprendere l’importanza del concetto di lavoro, inteso per sé così come per chi gli sta attorno e per la collettività intera?), tutti – chi si occupa di educazione e formazione, ma soprattutto gli imprenditori e gli adulti in generale – abbiamo la re-
sponsabilità di mostrare, di indicare al giovane quanto il suo sguardo sul mondo possa essere modificato, ampliato, complessivizzato e come è possibile, detto altrimenti, accedere a nuove condizioni di crescita, a nuove prospettive di senso per la propria vita. Tutto ciò non ha a che fare unicamente – soprattutto, direi – con le tecniche del lavoro; formarsi non significa solo acquisire abitudini corrette e funzionali, fatte di gesti quotidiani mutuati da un contesto professionale preciso nel quale ci si sta esercitando -; formarsi significa inserirsi in una trama di senso pronta ad accogliere il gesto tecnico e le abitudini che si stanno praticando come qualcosa di necessario e di carico di significato per sé, per la propria esistenza. Per ragazzi come quelli a cui potrebbero essere offerte le opportunità scaturenti dal programma “Obiettivo 95%” è quindi estremamente importante poter contare su un contesto fatto di persone adulte dove vengano offerti e frequentati soprattutto contesti di senso e non unicamente contenuti tecnici da elaborare, per quanto questi possano essere importanti. Prima di ritornare a saper fare di conto o ritornare ad essere capaci ad impaginare una lettera o a stringere un bullone, il giovane deve prima di tutto imparare a capire che questo potrebbe essere importante per lui, per crescere e divenire persona, in un continuo processo – mai concluso – di svolgimenti e ricapitolazioni, di formazione e ri-formazione, di costruzione e decostruzione. Le nostre responsabilità di adulti sono quindi molte e si pongono a differenti livelli. Per concludere, ne richiamerò solo una: l’esercizio, costante e continuo, di un occhio attento ai pericoli della specializzazione esasperata e della formazione fine a sé stessa composta di pratiche e gesti professionali perfettamente eseguiti ma privi di senso è ciò che ci consentirà di prenderci cura di questi giovani secondo quelli che sono i loro bisogni di crescita, e non i nostri. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
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SPORT / GOLF GERRE LOSONE
BELLO E SOSTENIBILE
I PROSEGUENDO NELLA SUA RUBRICA DEDICATA AL GOLF TICINESE, ARIELLA DEL ROCINO PRESENTA IL GOLF GERRE LOSONE, IL PIÙ GIOVANE DEI CAMPI DA GOLF TICINESI.
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TICINO WELCOME / MAR - MAG 2022
l Golf Gerre è stato voluto dal Patriziato di Losone e disegnato dall’architetto Peter Harradine. La costruzione è iniziata nel 1999 e le 18 buche sono state inaugurate l’8 settembre 2001. Il campo, piacevolmente ondulato, è attraversato in tutta la sua lunghezza da un torrente che, formando tre laghetti, rende il gioco intrigante e appaga l’occhio di chi, oltre al golf, vuole anche passare ore piacevoli nella natura. Il percorso di gioco misura complessivamente 6250 metri, con par 71, e presenta dei green velocissimi considerati tra i migliori della Svizzera. Le prime 4 buche sono corte ma delicate, l’importante è non rischiare troppo. Poi il campo si fa man mano più tecnico, rendendo la sfida avvin-
cente sia ai migliori giocatori che ai principianti. Il giocatore deve riuscire a mantenere la concentrazione anche nelle buche corte, proprio per non “sprecare” colpi. La 18 è una
SPORT / GOLF GERRE LOSONE
buca che resta impressa nella memoria di tutti i giocatori; un par 4 lungo che finisce proprio davanti alla terrazza della Club-House. Il Golf Gerre Losone, nonostante la “tenera età”, è stato teatro di numerosi campionati nazionali, diverse finali di circuiti privati, ed è stato la sede del Ladies’ Swiss Open dal 2006 al 2012, sponsorizzato da Deutsche Bank, il terzo torneo per importanza del circuito professionistico femminile europeo. Un aspetto che merita sicuramente di essere sottolineato riguarda l’impegno del Golf Gerre Losone nei confronti della sostenibilità per il quale ha ricevuto nel corso del 2020-21 due importanti riconoscimenti, Geo Certified e Swisstainable. Questo risultato non rappresenta un traguardo ma uno stimolo per proseguire con sempre maggiore convinzione nelle azioni intraprese a favore dell’ambiente. Un percorso di golf gestito secondo criteri di sostenibilità ambientale svolge infatti numerose funzioni: rappresenta un’oasi per l’incremento e la tutela della biodiversità, ha un ruolo di protezione nei confronti delle acque superficiali e sotterranee, consente la conservazione del patrimonio paesaggistico, fornisce preziosi spazi verdi ricreativi in contesti urbanizzati, consente il corretto utilizzo di risorse naturali ed economiche, utilizza energia da fonti rinnovabili, crea occupazione nelle comunità locali. E proprio per gestire il club con criteri ispirati alla sostenibilità, è stato indirizzato ai soci e ai giocatori un
decalogo di regole d’oro da applicare in ogni momento della frequentazione del Golf Gerre Losone. Guardando al futuro abbiamo chiesto al Direttore Ennio Losa quali sono le principali novità per i prossimi mesi. «Abbiamo intrapreso un ampio pro-
gramma di lavori per migliorare e rammodernare la struttura del nostro Golf Club. Per l’inizio della stagione 2022 sarà terminata la costruzione della buvette. Inoltre abbiamo ristrutturato l’ingresso della Clubhouse, mentre agli attuali 72 parcheggi (P1) verranno aggiunti altri 72 (P2) posti auto. Inoltre abbiamo progettato la realizzazione al secondo piano della Clubhouse di una sala completamente ristrutturata per scopi aziendali, assemblee, fitness, yoga, ecc. La possibilità di partecipare a vari tipi di corsi e pratiche olistiche consentirà di offrire una gamma ampia e articolata di opportunità per il raggiungimento di un completo raggiungimento del benessere fisico e mentale».
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TICINO WELCOME / ABBONAMENTI
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