N° 057 MARZO / MAGGIO 2018
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
LUCA PEDROTTI
EDIZIONE PUBLIGOOD
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
PASSIONE ATTACCANTE
DOSSIER FONDAZIONI
TAVOLA ROTONDA
FINANZA
GASTRONOMIA
VIVIANA KASAM La felicità del bene
SICUREZZA C’è un allarme in Ticino?
FINTECH Lavoro e tecnologia
ASSP Il mestiere di sommelier
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TICINO WELCOME / EDITORIALE
EDITORE Ticino Welcome Sagl Via C. Cattori 3 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Eduardo Grottanelli de’Santi COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli IMPAGINAZIONE Mattia Bisi FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Max Veronesi
STAMPA FONTANA PRINT SA Via Maraini 23 CH - 6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG Laubisrütistrasse 44 CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Edoardo Beretta, Fausto Tenzi, Joel Camathias, Rudy Chiappini, Paola Chiericati, Franco Citterio, Federico Parli, Silvano Coletti, Ariella del Rocino, Michele Fazioli, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Marta Lenzi-Repetto, Roberto Lipari, Manuela Lozza, Elisa Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Ronnie Kessel e Paolo Repetto. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Ccia-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato del cantone Ticino), Club Rotary Lugano, Club Lions Lugano, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche BIT (Milano), Full Contact (Rapallo), Workshop invernale (Torino/ Milano), TTG (Rimini), Travel Trend (Milano), BTC (Firenze), Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici - Provincia di Como e Lombardia.
TROPPI ANNI in FUMO DI MARIO MANTEGAZZA
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uando ero ragazzino ho iniziato a fumare perché a quell’epoca, esattamente come per il motorino truccato, ci si sentiva più “maschi” o, come si dice oggi, più “fighi”. La sigaretta è diventata poi un vizio, un’abitudine e per finire, un autentico piacere. Ero un fumatore accanito, appassionato e regolare. Consumavo un pacchetto di Marlboro rosse al giorno e ho amato profondamente e sinceramente ogni singola sigaretta che ho fumato. Era difficile decidere quale fosse la migliore; la prima del giorno dopo il caffè? Quella dopo il pranzo? Dopo la cena? Erano tutte buone e mi sembrava impossibile rinunciare a un piacere così intenso. La sigaretta era parte della mia vita a tal punto che, nonostante il corpo iniziasse a suggerirmi di smettere immediatamente quell’abitudine, la mente e la volontà non erano sufficienti a porre fine a quel vizio che non ha mai fatto bene a nessuno. Volendo smettere, ma non riuscendoci, mi sono lasciato attirare dalla figura di una specie di “santone” specializzato
in “magnetopatia”. Ha funzionato! Sono stato da lui, nei pressi di Berna e in pochi secondi mi ha premuto con le dita le meningi, poi dietro le orecchie e per finire la gola e come per incanto non ho mai più fumato e non ho mai più avuto voglia di farlo. Oggi sono 2 anni che ho smesso un cattivo vizio che ho frequentato per ben 43 anni. Non voglio ne vantarmi ne compiacermi per questo, ma tengo a raccontare questa mia esperienza nella speranza che possa essere di aiuto ad altri perché so che smettere è davvero difficile. Chi volesse smettere di fumare e provare la mia via di uscita, potrà contattarmi attraverso la redazione e sarò ben lieto di fornire i contatti di chi mi ha aiutato. Smettere è difficilissimo. Ma se ci sono riuscito io, può farlo chiunque! Chi invece volesse continuare a farlo, avrà tutta la mia simpatia perché, anche ora che sono un ex fumatore, non riesco a capire lo spropositato accanimento che si ha contro chi fuma. L’eccessiva attenzione contro una cosa, fa perdere di vista altri aspetti che meriterebbero ben più attenzione della sigaretta!
Mario Mantegazza TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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LUCA PEDROTTI Passione attaccante
ALAIN SCHERRER Un sindaco tutto rock
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MASI LUGANO Giancarlo e Danna Olgiati: Noi e il MASI
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FINTECH Nuove opportunità di lavoro e sviluppo tecnologico
EDITORIALE 03 Troppi anni in fumo PRIMO PIANO 06 Luca Pedrotti: Passione attaccante 14 Alain Scherrer: Un sindaco tutto rock 18 Aleardo Cattaneo: Da ferriere a polo dell’innovazione 22 Lorenzo Cantoni: The impact of digital media on fashion 26 Letizia Calandra: Dal palcoscenico alla ricerca musicale 32 Biagio Antonacci: Sono un artista sognatore 34 Claudio Scorretti: Le nuove frontiere dell’arte LAC 38 LuganoMusica: Una Pasqua di grande musica 42 LuganoInScena: Avanti a passo di danza 44 MASI Lugano: Alla scoperta di un Picasso sconosciuto 47 MASI Lugano: Un’opera importante nell’agorà del LAC 48 MASI Lugano: Giancarlo e Danna Olgiati: Noi e il MASI CULTURA 50 Kunsthaus Zürich: Un programma di eventi totalmente rinnovato 52 Pinacoteca Comunale Casa Rusca: Mario Botta spazio sacro 54 Georg Baselitz: Un artista mai convenzionale 57 Fondazione Braglia: Un Pot-Pourri di grande qualità 58 Imago Art Gallery: Nuova grandiosa apertura 60 De Primi Fine Art: I prodigi del collage 62 Cortesi Gallery: Chiara Dynys, Broken Views (Sguardi Spezzati) 64 Artrust: Street Art 2 e Yaacov Agam – 51 steps 66 Lorenzo Cambin: Il mio omaggio alla natura FINANZA 68 Associazione Bancaria Ticinese: Il futuro è qui 70 Fintech: Nuove opportunità di lavoro e sviluppo tecnologico 76 BancaStato: Gabriele Zanzi: Orgoglioso di lavorare per il Ticino 78 Banca del Sempione: Cresce la richiesta di prodotti innovativi 80 Banca Cler: Crescita e ricavi in aumento 82 BPS (Suisse) Accrescere competenze e funzionalità 86 Gruppo Raiffeisen: Parliamo da imprenditore a imprenditore 88 Prospettive 2018: Cosa cambia nel sistema bancario GASTRONOMIA 94 Lugano Città del Gusto: Tutto sul cibo e dintorni 98 Formazione: Nasce Food & Wine, business management 100 CCAT: Sibilla Quadri: Prodotti ticinesi in tavola e so cosa mangio 102 ASSP: Il mestiere del sommelier tra professionalità e passione 108 La Locanda del Notaio: Accenti parigini a Pellio d’Intelvi 110 S.Pellegrino Sapori Ticino: Le cucine del mondo sbarcano in Ticino TURISMO 114 Clipboard: Travel Sketchbook 118 Ticino Turismo: Come cambia il Ticino dopo Alptransit 120 Lugano Turismo: La nuova immagine del turismo luganese
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di Mario Mantegazza di Patrizia Peter Pedevilla
di Dimitri Loringett di Fausto Tenzi di Paola Chiericati
di Rudy Chiappini
di Paolo Repetto
di Marta Lenzi-Repetto
di Giacomo Newlin
di Marie-Solange Ladenius
SOMMARIO / N° 57
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BANCASTATO Gabriele Zanzi: Orgoglioso di lavorare per il Ticino
SPECIALE ST. MORITZ
TAVOLA ROTONDA LUSSO CHARME AUTO
ARCHITETTURA DOSSIER FONDAZIONI
SOCIETÀ AZIENDE
MEDICINA BENESSERE
SPORT LAGO DI COMO
TURISMO TICINESE Che anno sarà il 2018?
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MERCEDES-AMG S63 4MATIC+CABRIOLET Un paradiso per piloti
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VIVIANA KASAM La felicità del bene
Turismo Ticinese: che anno sarà il 2018? Dubai: Una crescita che non si ferma Planhotel Hospitality Group: Prestigiose iniziative culturali al The View di Lugano Una fitta stagione di eventi di Paola Chiericati Ana Ros: Cosa significa essere la migliore Chef al Mondo Vini della Bordogna: Una degustazione celestiale di Giacomo Newlin Jaguar E-Pace: Un mito di gioventù di Giacomo Newlin Sicurezza: C’è un allarme in Ticino? di Valentino Odorico Moda Primavera: Colore ed energia Filardo Milano: Un debutto molto apprezzato di Arianna Livio Ariella Del Rocino: Eccentrica con stile Mercedes-AMG S63 4Matic+Cabriolet: Un paradiso per piloti di Joël Camathias Bentley Bentayga V8: Potenza, lusso, esperienza di guida e carattere sportivo di Benjiamin Albertalli Mercedes-AMG GLC 63: Un “otto”che fa sognare Wetag Consulting: Residenze di lusso, ma riservate e discrete MG Laris Immobiliare: Appartamenti e arredi di classe ad un prezzo speciale Elisa Bortoluzzi Dubach: la generosità al femminile. Origini e linee evolutive di Elisa Bortoluzzi Dubach Renata Babini Cattaneo Premoli: Filantropa per vocazione Viviana Kasam: La felicità del bene 8 marzo: Una festa che profuma di lotta OASI: Un osservatorio ambientale in continua evoluzione Myacademy: Vogliamo essere acceleratori d’impresa, partendo da Lugano EY: Come cambia il ruolo del Chief Financial Officer nell’era digitale Global Control Group Holding SA: Siamo un team coeso e motivato Deloitte: Risolvere le sfide complesse, per un futuro migliore STRP: Industria 4.0: quale ruolo delle PR? di Arianna Livio Elitrasporto: un alleato, un’emozione, una professione Stefano Moccetti: Faccio vibrare l’anima del legno Cardiocentro Ticino: Tiziano Cassina: L’importanza di remare insieme Permamed: Il segreto di una pelle luminosa Angelo Bigontina: Un aiuto per stare meglio di Keri Gonzato Igor Sibaldi: Indagini sull’uomo Serena Bergomi: Il grande tennis torna a Lugano di Gabriele Botti Arredare casa regalando emozioni di Manuela Lozza
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PRIMO PIANO / LUCA PEDROTTI
PASSIONE ATTACCANTE DIRETTORE REGIONALE DI UBS TICINO E - DA POCO PIÙ DI UN ANNO - GROUP MANAGING DIRECTOR, LUCA PEDROTTI È UN MANAGER DI SUCCESSO: HA ALLE SPALLE UNA “CARRIERA ALL’AMERICANA”, CHE DA GIOCATORE DI CALCIO PROFESSIONISTA LO HA PORTATO AI VERTICI DI UNA DELLE BANCHE PIÙ IMPORTANTI A LIVELLO MONDIALE. UNA SCALATA RESA POSSIBILE DALL’INNATA PASSIONE LAVORATIVA DEL 53ENNE TICINESE, MA ANCHE DAL DESIDERIO DI VOLERSI CONTINUAMENTE METTERE IN GIOCO E NON DARSI MAI PER VINTO, ANCHE NEI MOMENTI DOVE TUTTO SEMBRA ESSERE PERDUTO. DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA
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apita a tutti noi di pensare di conoscere qualcuno, ma nella maggior parte dei casi non è così… le persone nascondono vite molto più complesse di quello che all’apparenza può sembrare. Una premessa d’obbligo per questa intervista molto speciale a Luca Pedrotti, anche perché, oltre ad essere un personaggio conosciuto a livello svizzero, è un amico. La sua storia personale è profonda, fatta di sacrifici e anche di sconfitte.
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o letto il lavoro di diploma di tua nipote Lisa. È incentrato su di te perché per lei sei un esempio da seguire e, leggendolo, devo dire che sono rimasta colpita dalla tua sincerità. Penso a quando racconti la tua vita d’attaccante alla ricerca di quel goal che più lo desideri più ti sfugge… «È la vita degli sportivi, ma non è sempre facile accettare le critiche e non è per nulla semplice affrontare le pressioni di un allenatore e di un’intera squadra. Però voglio sottolineare che, quando fai qualcosa con tanta determinazione, impari a gestire anche i momenti difficili. Per me il calcio è stato un grande amore… ricordo ancora quando da bambino passavo ore davanti al muro di casa a prendere a calci il pallone oppure quando mia madre mi rimproverava per avere rovinato l’ennesimo paio di scarpe perché
non la smettevo di colpire ogni sasso che incrociavo per strada». Capisco che la passione sia un elemento indispensabile, ma come si sopravvive ai giornalisti che ti prendono di mira… al dover a tutti i costi segnare? «È il destino dell’attaccante nel mondo del calcio quando sei a certi livelli. Ovunque abbia giocato (a Chiasso, Lugano, Grasshoppers e a Locarno) le aspettative su di me erano elevate. Tutto bene se facevo goal, ma quando - malgrado la mia volontà e gli allenamenti - non mettevo in rete un pallone, frustrazione e critiche diventavano sempre più grandi. Ma è proprio in questi casi che devi sapere rimetterti in gioco, fare affidamento solo sulle tue forze e non farti sopraffare dalle pressioni. Rialzarti dalla sconfitta più forte di prima, e continuare con fiducia a credere in te stesso». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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Hai smesso di giocare perché le pressioni erano diventate troppe? In fondo avevi ancora del potenziale quando hai deciso di lasciare il calcio… «Sono sincero: a un certo punto della mia carriera ho capito che il calcio non mi bastava più, sentivo di avere realizzato un sogno e avevo voglia di preparare il mio futuro lontano dai campi da gioco». Scusa la curiosità, ma questa domanda devo fartela, guadagnavi bene? (Ride di gusto) «Erano altri tempi, ma si trattava di cifre importanti. Ricordo la prima volta che ho portato a casa una busta da professionista: quando mio papà ne ha visto il contenuto me ne ha dette quattro, era incredulo. Comunque è anche grazie ai miei genitori che ho potuto lasciare il professionismo. La mia famiglia ha sempre rispettato il mio sogno di voler diventare un calciatore, ma parallelamente mi ha sempre motivato a continuare gli studi. Quando ho deciso di diventare semiprofessionista e sono rientrato a giocare in Ticino, grazie al diploma della Scuola Superiore di Commercio di Bellinzona ho trovato un posto di lavoro presso UBS Locarno. All’inizio lavoravo due ore al giorno (oggi sarebbe impensabile) poi qualcuno notò le mie qualità. Sì, la mia carriera è iniziata proprio così: lavorando due ore al giorno presso quella che era la cassa titoli, dove allora i clienti si recavano per incassare le cedole delle obbligazioni». E ora sono 28 anni che sei in UBS, sei diventato Direttore regionale per il Ticino, sei stato scelto dalla Direzione generale come uno dei 100 Group Managing Director di tutto il Gruppo UBS, una carriera che sembra più cinematografica che reale… «Dall’esterno potrebbe sembrare così, in effetti. Ma ho anche fatto molti sacrifici e avuto la fortuna di trovare su-
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periori che hanno saputo credere in me e ai quali mi sono ispirato. Ho un lavoro stimolante, cui mi sono veramente appassionato ricoprendo negli anni diversi ruoli manageriali. Ho iniziato dal basso, non me ne vergogno, ma poi mi é stata data l’occasione di seguire una formazione interna e da quel momento la mia carriera professionale ha preso una direzione più definita. La volontà di continuare a sviluppare le mie competenze è stata una costante e a 37 anni ero tra i più giovani Managing Director di tutta la Svizzera (soddisfatto). In questi anni ho viaggiato molto, lavorato su vari mercati e vissuto tante esperienze, utili poi quando sono stato richiamato in Ticino per la posizione che occupo attualmente».
“Sì, la mia carriera è iniziata proprio così: lavorando due ore al giorno presso quella che era la cassa titoli, dove allora i clienti si recavano per incassare le cedole delle obbligazioni.” Eppure la brillante carriera di Luca Pedrotti è nata anche da una importante ‘sconfitta’ quando il suo ruolo venne meno a seguito dell’integrazione di due settori della Divisione dove operava. Luca Pedrotti ricorda bene quel giorno, una doccia gelata che non si aspettava. Poi l’affetto di sua moglie, la vicinanza di amici sinceri e una telefonata che lo richiamava a mettersi in gioco, in Medio Oriente e Africa, lontano dalla sua famiglia. Tu sai cosa vuol dire perdere il posto di lavoro e forse per questo affronti il tema dei tagli, dei ridimensionamenti, inevitabili nelle grandi strutture, con grande premura… «Dal punto di vista emotivo è forse una delle attività più difficili da svolgere, ma a volte è necessaria per poter salvare altri posti di lavoro o per permettere all’organizzazione di strutturarsi al meglio sul lungo termine.
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Sono dei processi dolorosi, che cerco di affrontare in modo razionale, ma nel rispetto delle persone toccate, offrendo loro supporto psicologico e anche pratico, magari cercando delle alternative all’interno o fuori dall’azienda». Ti è già capitato che qualcuno si arrabbiasse con te o ti affrontasse personalmente? «No, non mi è mai successo. Per carità qualcuno si sarà anche arrabbiato, ma nessun caso grave. Forse anche perché se le persone si sentono rispettate... la comunicazione diventa meno sofferente». Colpa, si fa per dire, della digitalizzazione, delle nuove tecnologie, tutti fattori che continueranno e sono inarrestabili… «L’avvento della “tech-info” (Information Technology) durante gli ultimi anni ha permesso di combinare avanzate competenze tecnologiche con i settori di tipo tradizionale. Più recentemente vi è stata un’ulteriore accelerazione di questa tendenza e il fenomeno si è esteso a nuovi campi dal forte carattere informativo: istruzione, sanità e non da ultimo anche il settore finanziario e bancario. La digitalizzazione di prodotti e servizi finanziari, la “FinTech”, è una realtà complessa e in forte espansione, che sfrutta la convergenza delle più avanzate tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Siamo di fronte all’alba di una nuova era, un cambiamento di tipo epocale che mette a dura prova la nostra capacità di adattamento e che avrà un impatto decisivo sulle nostre più profonde abitudini. Stare al passo è tuttavia indispensabile per sopravvivere nel mondo del lavoro: siamo chiamati ad essere sempre più flessibili e a gestire nuovi ritmi, serrati e stressanti. Una banca come la nostra, con 150 anni di storia alle spalle, deve essere in grado di cavalcare l’onda dell’innovazione, per migliorare velocità e qualità dei servizi e soddisfare una clientela sempre più esigente e parteci-
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pativa. Ma il processo di digitalizzazione non coinvolge solo carte e documenti: si tratta anche e soprattutto della cultura dei nostri dipendenti. Bisogna prepararli al meglio a questo processo rivoluzionario, tenendo conto del fatto che ogni generazione affronta i cambiamenti con tempi diversi… questa, a livello manageriale, è la vera grande sfida». Tu hai un team molto affiatato e cerchi di essere sempre presente, di farti vedere per capirci «Investo molto del mio tempo nelle persone, cerco di farlo con grande serietà, nel pieno rispetto dei miei valori e spronando tutti - giovani e meno - a crescere continuamente. In Ticino siamo quasi 800 collaboratori: chiaramente interagisco in maniera costante con il mio management team, però nel limite dei tanti impegni cerco di sfruttare ogni occasione per mostrare la mia vicinanza a tutti. Mi dicono spesso che parlo con il cuore (sorride), é vero, nel comunicare cerco sempre di essere realista e trasparente, parlo apertamente di sfide e difficoltà, dei momenti difficili da superare insieme, cercando però sempre di condividere le prospettive e la visione d’insieme». Questo tuo modo di essere e di parlare lo utilizzi anche in pubblico. Non temi che questa tua emotività venga considerata una fragilità? «Il rischio esiste: ogni tanto mi sento dire - in maniera spiritosa - che sono l’ultimo dei moicani (ride). Naturalmente le mie responsabilità mi impongono di essere anche deciso e razionale, ma nessuno mi può rimproverare di non comunicare apertamente. In fondo i traguardi professionali che ho ottenuto sono stati raggiunti con e attraverso le persone, lavorando insieme. Sono esigente con me stesso, e mi attendo sempre il massimo impegno da tutti i miei colleghi».
Qualche settimana fa è stata annunciata l’apertura di un nuovo centro sull’intelligenza artificiale UBS in Ticino, nella vostra sede di Suglio a Manno. Una bella sfida, anche perché c’erano altri Cantoni in lizza… (Silenzio e soddisfazione) «Sono contento che mi chiedi del nuovo centro, anche perché si parla spesso di licenziamenti, ma in questo caso creeremo dei nuovi posti di lavoro. Chi avrebbe mai pensato, cinque anni fa, che UBS annunciasse l’assunzione di 80-100 ingegneri e ricercatori? Penso che questa sia la dimostrazione di quanto le cose stiano cambiando. Le nuove tecnologie ci permetteranno di liberare capacità e risorse che potranno essere investite in altri ambiti. Comprendo perfettamente il timore di alcuni collaboratori di perdere il lavoro, tuttavia questa evoluzione è inevitabile e va affrontata con serietà e coraggio: se la paura prevale non è possibile uscirne vincenti. Per taluni sarà difficile riciclarsi, ma sarà fondamentale la volon-
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naging Director e responsabile di UBS Ticino. Non ho mai lavorato unicamente in funzione della carriera. Ricordo ancora la prima volta che mi diedero un incarico importante e lo comunicai ai miei genitori. Mio padre mi ascoltò, inizialmente non disse niente e poco dopo mi mise la mano sulla spalla, dandomi un prezioso consiglio: “Cerca solo di fare bene il tuo lavoro”. Tutte le volte che mi trovo davanti ad una nuova sfida l’affronto con tanto entusiasmo, con determinazione, cercando, come mi disse mio padre, di svolgere al meglio il mio lavoro». So che hai un legame particolare con tuo fratello e con le tue due nipoti: sei molto attaccato alla famiglia? «Sì, perché ho avuto la fortuna di avere una famiglia straordinaria, che mi ha insegnato i veri valori. Quando studia-
“Investo molto del mio tempo nelle persone, cerco di farlo con grande serietà, nel pieno rispetto dei miei valori e spronando tutti - giovani e meno - a crescere continuamente.” tà di adattamento, il considerare che nell’arco della carriera professionale è possibile, e in alcuni casi necessario, cambiare posto di lavoro. È finita l’epoca in cui si entrava in banca e la carriera proseguiva in maniera lineare fino al pensionamento. I giovani dovranno saper mostrare maggiore mobilità, anche all’interno della stessa azienda, e quindi avere un’adattabilità e una flessibilità superiori rispetto alle generazioni precedenti». Immaginavi che saresti arrivato dove sei oggi? «Oltre al sogno del calciatore, nel cassetto c’era anche il mio desiderio di lavorare in banca. Ma quando ho iniziato la mia carriera non avrei mai immaginato di diventare Group Ma-
vo a Bellinzona i miei genitori mi davano venti franchi alla settimana, che dovevano bastarmi per i pasti (pausa). È in questo modo che ho imparato il valore dei soldi e che nella vita bisogna sempre ricordarsi da dove si viene». Quello che dici è molto importante, anche perché oggi puoi permetterti una vita agiata… «Non lo nascondo, ma i miei amici sono ancora quelli di una volta. Sono consapevole di essere fortunato, ma non esagero mai, non ne approfitto, chi mi conosce sa che sono rimasto quello di sempre. Capita purtroppo di scontrarsi con l’invidia, ma con l’età ho imparato che le persone importanti sono quelle capaci di starti vicino anche quando perdi tutto».
Hai 53 anni, un lavoro che ti piace, ti senti in un certo modo arrivato o hai altri progetti, sogni? «Non mi pongo obiettivi a lungo termine, la mia carriera ha avuto parecchie svolte importanti. Stiamo vivendo cambiamenti epocali e forse è proprio per questo motivo che non penso al prossimo obiettivo carrieristico. Ho ancora così tanto da fare e da dare, vorrei poter aiutare la struttura a prepararsi per le sfide future e trasmettere a chi verrà dopo di me tutto quello che ho imparato, che a mia volta ho appreso da altri. Sono entrato in una fase della mia vita in cui sento molto questa responsabilità sociale, soprattutto perché sono legato al mio territorio, a dove sono nato e a dove passerò la mia vecchiaia: sento di dovere restituire in qualche modo quello che ho ricevuto». Sei sposato, sportivo, amante degli animali, parliamo un po’ della tua vita privata «Sono sposato da quasi undici anni, con una donna straordinaria che mi ha dato tanta serenità ed equilibrio soprattutto durante questi ultimi anni perché, non lo nascondo, le tensioni che si vivono nel mondo del lavoro sono elevate. Avere a fianco una compagna di vita, che ti aiuta a gestire la tua quotidianità è veramente molto importante. Purtroppo non abbiamo avuto figli insieme, ma siamo stati ricambiati da tante altre gioie. Inoltre, cinque anni fa, nella nostra vita è arrivata Cocò, una cagnolina fantastica, che riempie moltissimi spazi nella nostra vita di coppia». Se penso a quanto tu sia affezionato a Cocò e quello che invece pensavi prima dei cani… «Ammetto che ho dovuto ricredermi, ho avuto un cane quando ero piccolo, ma non ero abbastanza grande per capire quanto un animale ti possa dare. Quando è arrivata Cocò... avevo ancora dei pregiudizi, che però ora sono stati tutti abbondantemente affossati. Avere un cane è certamente un impeTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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gno, ma anche una gioia incredibile che ti ripaga ampiamente». Da ex sportivo professionista continui a fare sport? «Faccio molto sport durante il fine settimana, per me è una valvola di sfogo, mi riequilibra. Negli anni sportivi ho imparato a conoscere il mio corpo, capisco i segnali che mi manda e cerco di compensare. Poi, non lo posso nascondere, sono una persona a cui piace competere, ho bisogno di sfide costanti, anche con me stesso. C’è infatti una salita che faccio ogni anno in bicicletta, la cui cima devo riuscire a raggiungere stando sotto un certo lasso di tempo. È più forte di me, è un punto di riferimento». E quando non ce la farai più? «Cambierò salita e ne cercherò una più corta (ridiamo). Quello che cerco di dire è che nella vita ho sempre bisogno di una sfida, questo spirito di sana competizione è parte di me. Ero così già da piccolo: quando giocavamo a boccette davanti alla chiesa non volevo mai perdere». Hai paura di invecchiare? «È vero che se potessi fermare il tempo lo fermerei ad oggi, ma questo lo pensavo già 10 anni fa. Affronterò i prossimi vent’anni sfruttando al massimo la mia vita, viaggiando molto, incontrando mondi diversi. Ho sete di esperienza, non ho paura del tempo che passa». Del tuo viaggiare molto, il desiderio è quello di continuare a farlo, un conoscere e avvicinare altre culture, cosa pensi delle paure che suscitano questi grandi flussi di immigrazione? «Ci spaventano perché non siamo abituati, in realtà il confronto tra le diverse culture è un’occasione di crescita, ma va correttamente canalizzato dalle autorità altrimenti rischia di generare inutili tensioni sociali. Quando mi occupavo del Medio Oriente e dell’Africa avevo un management te-
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“È importante avere dei sogni e cercare di realizzarli con passione.” am composto da otto persone provenienti da nazioni diverse. Ci sedevamo al tavolo e nascevano discussioni e dibattiti straordinari, che non sono mai riuscito ad avere con membri di un gruppo della medesima cultura. Il confronto è un’esperienza di crescita ed è un processo inevitabile con cui la società è confrontata». Interculturalità, nuove tecnologie, intelligenza artificiale, come vedi la piazza finanziaria ticinese tra dieci anni? «Ci saranno sicuramente meno banche perché la fase di consolidamento non è ancora completamente terminata. Avremo un mondo bancario diverso. In futuro le banche dovranno concentrarsi su attività molto specifiche e dunque la massa critica diventerà un elemento fondamentale per gestire i costi e la qualità della prestazione. Sono convinto che dobbiamo lavorare molto sui giovani, sulle generazioni future, alzando l’asticella della formazione. Dobbiamo essere in grado di offrire una qualità all’avanguardia, non solo per quanto concerne le competenze, ma anche i prodotti e i servizi, perché il mondo attorno a noi sta cambiando molto velocemente». Ma cosa cambierà concretamente? Perché continueremo ad andare in banca? «Quello che cambierà sarà il modo di interagire con la banca, ma ricordiamoci che sarà sempre un business fatto di persone. Al di là dei processi tecnologici e di digitalizzazione, al centro ci sarà sempre il rapporto con gli esseri umani, le decisioni verranno sempre prese guardandosi negli occhi, seduti ad un tavolo, e di questo sono seriamente convinto. Il Ticino ha molto da offrire da questo punto di vista perché
ha una tradizione importante che spesso sottovalutiamo, ma per nulla scontata all’estero. Viviamo in un paese economicamente, politicamente e socialmente molto valido, forte, sano e questi sono elementi che dobbiamo imparare a valorizzare molto bene». Visto che stiamo parlando del lavoro di domani, dei giovani, terminiamo con la generazione futura, cosa dovrà fare per essere competitiva? «Innanzitutto consiglio di studiare: è fondamentale essere preparati. Personalmente non ho mai smesso di imparare e ho completato la mia formazione con due master nell’ambito della finanza e del management, di cui uno negli Stati Uniti. È inoltre necessario seguire le proprie passioni: se vuoi avere successo nel mondo del lavoro devi amare quello che fai. Lo dico sempre ai miei ragazzi, se non siete felici di quello che fate cambiate lavoro, la vita è troppo breve per fare qualcosa che non vi piace. È importante avere dei sogni e cercare di realizzarli con passione. Parallelamente i bambini e i ragazzi d’oggi dovranno sviluppare capacità quali flessibilità e adattabilità e dovranno essere pronti a cambiare il proprio percorso professionale a 360 gradi. Queste caratteristiche saranno fondamentali per sopravvivere nel mondo del lavoro del futuro». Non capita spesso di conoscere qualcuno che può dimostrare di aver realizzato i suoi sogni ed è per questo che vorrei che ogni ragazzo leggesse questa intervista, per capire quanto sia importante la volontà personale e il non arrendersi mai.
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UN SINDACO A TUTTO ROCK
PRIMO PIANO / ALAIN SCHERRER
IL PRIMO CITTADINO DI LOCARNO RACCONTA I SUOI PROGETTI PER RIPORTARE LA CITTADINA AGLI SPLENDORI DEL PASSATO, GARANTENDONE IL RUOLO DI CENTRO (NON SOLO TURISTICO) VIVACE E ATTRATTIVO.
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ei non è un politico di professione ma vanta un’attività di ingegnere in importanti aziende private e pubbliche. Come ha maturato la sua scelta di scendere in politica e cosa si aspetta da questa esperienza? «Mi sono interessato alla politica tardi, già trentenne. Dopo 6 anni a Zurigo, per frequentare il Politecnico, sono rientrato a Locarno per lavorare nell’industria privata. Vivendo di nuovo la mia città e potendola vedere con occhi diversi dopo l’esperienza zurighese, mi sono trovato a desiderare un suo miglioramento e mi sono chiesto come avrei potuto contribuire a questo miglioramento. Non dimenticherò mai, tornato da poco a Locarno, lo sguardo di un cinquantatreenne che aveva appena perso il lavoro e che si vergognava di incrociare i tuoi occhi, come si vergognava di incrociare quelli di suo figlio, Queste cose non si possono scordare. E, come questa, mille altre storie di dolore quotidiano. Non avevo alibi: dovevo assolutamente portare il mio contributo alla comunità, fare la mia parte, passo dopo passo per migliorare la qualità di vita della mia amata Città. Difficile, certo, come far seguire i fatti alle parole. Come far sì che il futuro diventi presente. Difficile come l’impegno che ogni politico dovrebbe prendere: quello di provare a rendere la vita di ogni cittadino un po’ più facile. Un po’ più felice».
Quali sono i principali problemi economici e sociali con cui la città di Locarno è chiamata a confrontarsi? «Fortunatamente la città di Locarno da oltre dieci anni gode di una buona situazione finanziaria e ciò da un lato grazie all’oculata politica del Municipio, dall’altro per la presenza di consistenti sopravvenienze a cui si è potuto far capo. Queste sopravvenienze non sono comunque inesauribili e non necessariamente si presenteranno ancora in futuro, motivo per cui l’Esecutivo
All’interno dell’assetto territoriale del Ticino quale ruolo intravede per Locarno e quali sono gli strumenti utili a raggiungere questo obiettivo? «Purtroppo per il momento non siamo ancora aggregati, motivo per cui potrebbe risultare più difficile individuare un ruolo specifico da giocare nella “Città Ticino”in rapporto al peso che i poli già costituiti esercitano. Tuttavia, credo che Locarno potrà ritagliarsi un’importante funzione nell’assetto territoriale del Ticino giocando bene
“Vivendo di nuovo la mia città e potendola vedere con occhi diversi dopo l’esperienza zurighese, mi sono trovato a desiderare un suo miglioramento e mi sono chiesto come avrei potuto contribuire a questo miglioramento.” tiene sempre bene sott’occhio entrate e uscite, in modo da non fare mai il passo più lungo della gamba. Per quanto attiene invece ai problemi sociali, come tutte le realtà che hanno conosciuto uno sviluppo del tessuto urbano caratterizzato dalla presenza di più etnie e culture, anche Locarno ha visto crescere il suo impegno per favorire l’integrazione e la serena convivenza fra tutte le molteplici e diversificate sensibilità. La nostra città ha comunque ancora la fortuna di essere piuttosto tranquilla e ben gestibile, anche grazie al buon apparato messo a punto per ciò che riguarda i servizi che si occupano della socialità e della sicurezza».
le proprie carte, soprattutto nell’ambito culturale e, più precisamente, in quello legato alla settima arte. Abbiamo a disposizione non solo una, bensì due “locomotive”. Penso in primo luogo al Locarno Festival, evento trainante di portata mondiale, ma parallelamente anche al nuovissimo PalaCinema, che ambisce a diventare un Centro di competenza internazionale delle attività audiovisive. Entrambe queste realtà sono pure dei vettori ottimali per incrementare il settore turistico e l’indotto economico, oltre che, per l’appunto, conferire un specifica identità al Locarnese. Identità da rafforzare e consolidare attraverso delle TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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PRIMO PIANO / ALAIN SCHERRER
sinergie, come ad esempio quella con il Monte Verità di Ascona». Locarno è una destinazione importante per la musica e per il cinema con due eventi di grande richiamo: il Moon & Stars e il Festival del film. Che cosa rappresentano per la vita culturale della città? «Due fondamentali “macchine” per sognare ed emozionare. Mi fa particolarmente piacere questa domanda perché, riprendendo quanto ho risposto in precedenza, conferma come la percezione che si ha della nostra città sia proprio quella di un polo che focalizza cinema e musica. Inutile quindi ribadire che queste componenti, questi eventi, sono di vitale importanza per Locarno e la sua vita socio-culturale, nonché economica e turistica. Per noi è molto importante che queste relazioni si intensifichino». Che cosa si attende la città di Locarno dai grandi investimenti compiuti per dare sostegno alle attività legate al mondo del cinema? «Posso solo ribadire che ci attendiamo molto, anche perché stiamo sempre di più “accendendo” la nostra immagine – e non solo a livello cantonale, ma nazionale e internazionale –proprio puntando su questa nostra peculiarità. Per restare nel mondo del cinema direi che il copione è pronto, si tratta ora di conferire al tutto la coreografia ideale in funzione del ciak si gira». Sia il Moon & Stars che il Film festival hanno come protagonista Piazza Grande. È difficile mantenere un equilibrio tra grandi eventi e conservazione dei luoghi storici cittadini? «Per fortuna non è per nulla difficile. Anche perché l’educazione e la sensibilità del pubblico sono tali da far sì che gli episodi di disturbo, o peggio di degrado, risultino rarissimi, per non dire quasi nulli. Ciò ovviamente
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anche grazie alla sempre ottimale organizzazione che caratterizza questi grandi eventi che fanno della nostra Piazza una delle arene e sale a cielo aperto fra le più suggestive al mondo. Un patrimonio collettivo che, verosimilmente, è entrato a far parte del DNA di tutta la popolazione». Lei ha raggiunto una grande notorietà nel ruolo di cantante dei Vasco Jam, band tributo ticinese dedicata a Vasco Rossi. Come è nata questa passione per il rock e come pensa di conciliare questo suo amore con l’impegno politico? «La passione per la musica nasce fin da piccolo ma purtroppo non ho mai avuto la pazienza di studiarla, perciò non so suonare nessuno strumento e sono autodidatta anche nel canto. Il rock è il genere musicale che mi da trasmette maggiore energia ed è per questo che lo amo. Ho iniziato con i Kiss e gli Status Quo, per poi passare agli AC/DC, Bon Jovi, Bryan Adams, Billy Idol e così via. Ma prediligo il rock italiano. Oltre a Vasco, adoro Negrita, Litfiba, Ligabue, Bennato. Non ho mai avuto difficoltà a conciliare i due aspetti, musicale e politico, perché entrambi mi permettono di stare in mezzo alla gente. La musica è anche… politica: non vedo le due cose in contrasto, si può fare impegno sociale tenendolo legato alla musica».
Come trascorre il suo tempo libero Alain Scherrer quando non è impegnato nel suo ruolo pubblico? «Il mio imprescindibile antistress è il calore, l’accoglienza e la comprensione della mia famiglia, alla quale dedico con gioia tutto il tempo in cui non sono impegnato da politica o musica. Sono inoltre un appassionato di cinema, libri e fumetti, che consumo in gran quantità a casa quando tutti stanno già dormendo». Per finire, quale progetto vorrebbe assolutamente vedere portato a termine entro la fine del suo mandato? «Locarno non può, nel nome della sua identità, perdere la sua vocazione all’apertura, cioè la capacità di integrare il nuovo e il diverso e non solo di contenerli entro le sue mura. La ricerca del bene per la città di tutti ha regole proprie di crescita attraverso le quali non si può non passare, pena la perdita dell’evidenza di tale bene. Esse passano per il convincimento e la pazienza. Un comune aggregato ha la responsabilità di rappresentare l’unità, l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri cittadini. Il senso più profondo delle istituzioni sta proprio nella coscienza dell’interesse generale, che mai va smarrita nel confronto, a volte aspro, sui cambiamenti da realizzare. Credo che dobbiamo affrontare queste sfide alla luce dei valori per i quali dichiariamo di “combattere”».
«Vorrei restasse così anche quando avrò 70 anni. Per questo comincio a pianificare fin da ora.» Pianificazione finanziaria Credit Suisse Per tutto ciò che verrà. credit-suisse.com/pianificazionefinanziaria
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ALEARDO CATTANEO È IL CEO DELLE FERRIERE CATTANEO DI GIUBIASCO, AZIENDA FONDATA NEL 1870 E SPECIALIZZATA NELLA PRODUZIONE DI VAGONI FERROVIARI, TURBINE E CARPENTERIA METALLICA. DOPO QUATTRO GENERAZIONI DI IMPRENDITORI SI AFFACCIA ORA UN GRANDE SOGNO: QUELLO DI TRASFORMARE LE ANTICHE FERRIERE IN UN AVVENIRISTICO COMPLESSO DI ATTIVITÀ DEDICATE ALLA RICERCA E ALL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA.
PRIMO PIANO / ALEARDO CATTANEO
Da ferriere a polo DELL’INNOVAZIONE
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a vostra azienda è giunta alla quarta generazione di imprenditori alla guida di un’impresa familiare. Quali sono state le principali tappe di questa costante crescita? «Il primo stabilimento risale al 1870 quando il fondatore Luigi Cattaneo installò a Faido la sua impresa per produrre gli attrezzi necessari al cantiere per la realizzazione del primo tunnel ferroviario Gottardo. Nei decenni la ricerca di qualcosa che potesse rinnovare la produzione e rafforzare la nostra presenza sui mercati è stata una costante preoccupazione delle generazioni che mi hanno preceduto. Il mio bisnonno Luigi, sfruttando l’energia della Piumogna, installò il primo maglio. Mio nonno ampliò oltre il Gottardo il mercato dei nostri prodotti facendo conoscere il nome di un’azienda che all’epoca aveva ancora caratteristiche artigianali. Mio padre Fausto ebbe il merito di dare alle ferriere il carattere di una vera e propria industria specializzata nella produzione di vagoni e carpenteria metallica. Infine, per quanto riguarda la mia gestione, ho cercato di diversificare la nostra produzione, iniziando già nel 1991 a produrre turbine, settore che oggi costituisce il 50% circa del nostro fatturato».
Quali sono i più importanti settori produttivi nei quali nel tempo si è andata specializzando Ferriere Cattaneo? «In via Ferriere sono stati prodotti oltre 15.000 vagoni ferroviari. Grazie al nostro successo con il vagone porta container T3000 alla Fiera di Monaco del 2014, abbiamo potuto estendere la produzione anche alla Slovacchia. Siamo arrivati a oltre 2.000 pezzi, 580 sono previsti per il 2017 e fino al 2019 la copertura è garantita. Abbiamo in cantiere 22 vagoni speciali per manutenzione e pulizia e contiamo di programmarne altri 36 per il periodo 2018-2020. Stiamo guardando all’apertura di unità produttive in altri Paesi (Turchia), ma la mente ingegneristica è tutta ticinese e siamo gli unici rimasti in Svizzera a produrre carri merci. Esportiamo vagoni in Germania e in Austria, componenti per turbine a gas in 5 continenti, elementi per l’industria automobilistica in tutta Europa». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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PRIMO PIANO / ALEARDO CATTANEO
Quale sarà a suo parere l’evoluzione del trasporto su rotaia? «Il nostro fiore all’occhiello, l’ultimo vagone merci ideato e realizzato, il Multitaschendwagen, è un carro sviluppato partendo proprio dalla convinzione che la crescita futura del trasporto merci su rotaia in Europa e il recupero di quote di mercato rispetto alla strada richiederanno sempre più vagoni moderni con prestazioni elevate in termini di carico, velocità di marcia, affidabilità, alta flessibilità d’impiego, costi di gestione contenuti, impatto ambientale efficiente ecc. Tutto questo, nello specifico della Svizzera e del Ticino in particolare, avviene in un contesto di rilancio del settore ferroviario destinato a prendere ulteriore vigore in seguito ad AlpTransit: un’infrastruttura che, a mio giudizio, è in grado determinare importanti ripercussioni economiche e sociali sull’assetto territoriale delle regioni che attraversa». A proposito di AlpTransit, quale vantaggio potrà portare l’accorciamento delle distanze tra il Bellinzonese e i maggiori centri economici della Svizzera interna? «Per gli abitanti di questo territorio si apre un nuovo mercato del lavoro, in particolare nei confronti di Zugo e di Zurigo, mentre le aziende a nord delle Alpi potranno usufruire di un’offerta interessante in termini di servizi e di disponibilità di capitale umano. Questa situazione potrà poi generare, e in parte lo sta già facendo, una maggiore richiesta di struttura abitative sul nostro terri-
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“Tutta la storia delle Ferriere Cattaneo è stata caratterizzata da scelte a prima vista controcorrente, rivelatesi nel tempo vincenti.” torio, da parte di ticinesi ma anche di persone provenienti dalla Svizzera interna e desiderose di stabilirsi nel Cantone». La famiglia Cattaneo può davvero vantare un’autentica vocazione imprenditoriale. Quali sono le doti che è indispensabile avere per avere successo nella propria attività? «Direi innanzitutto avere coraggio, tanto coraggio. Tutta la storia delle Ferriere Cattaneo è stata caratterizzata da scelte a prima vista controcorrente, rivelatesi nel tempo vincenti. Quando sono entrato in aziende per sostituire mio padre ero davvero molto giovane, ed inoltre provenivo dall’estero, dove avevo completato i miei studi. Grazie ad un entusiasmo che non mi ha mai abbandonato sono riuscito ad imprimere nuova forza all’azienda, rilanciandola a livello nazionale e internazionale con nuovi investimenti, nuove visioni e strategie imprenditoriali. Non ultimo, impostando anche nuove metodologie di lavoro, imperniate sul cost controlling (controllo dei costi) e attraverso il worst case, ossia sull’essere preparati a lavorare partendo dai peggiori scenari possibili». Dal suo osservatorio privilegiato come giudica lo stato di salute e le prospettive dell’economia ticinese? «Credo che siano tre le parole guida per progettare il futuro del nostro territorio: ricerca, innovazione e sviluppo. Ricerca significa trovare soluzioni competitive, fidabili, percorribili affinché possano essere inserite nei vari processi di engineering, collaborando nei vari campi con le università, i centri di eccellenza e gli enti preposti alla formazione. Essere innovativi vuol dire poi esserlo non solo nei prodotti, ma anche nell’innovazione dei mezzi di produzione e dei processi cui l’a-
zienda si affida. Infine, lo sviluppo, in tutti i settori, deve essere improntato e impostato in modo continuo e duraturo, e poi implementato con obiettivi sostenibili, realistici e controllabili». Qual è la sua valutazione riguardo ai progetti aggregativi di cui si parla ormai da tempo nel Cantone? «Un territorio di una certe dimensione, amministrato da un unico comune, avrà il vantaggio di avere un unico ente di riferimento in grado di pianificare gli spazi e le strutture da adibire all’industria e all’artigianato, alla residenza, al commercio e ai servizi, oltre che promuovere il territorio in modo più mirato e ambizioso, e soprattutto meno burocratico». «Le Ferriere Cattaneo saranno protagoniste anche della Giubiasco del domani. Qual è il suo progetto? Come è noto su una grande area antistante le Ferriere, tra la ferrovia e il fiume, è prevista la costruzione del nuovo Ospedale Cantonale. La nostra iniziativa, che gode già del sostegno dei Comuni della regione e dei preposti uffici cantonali, è quella di mettere a disposizione buona parte del sedime occupato dall’azienda (poco meno di 50 mila metri quadrati) per creare un polo industriale con tanto di centro congressuale nonché appartamenti ed uffici. Meno acciaio e più idee. Là dove c’erano forgia e maglio vorrei vedere sorgere un centro congressuale, o meglio, una «Kongresshaus». Nel Bellinzonese strutture atte ad accogliere conferenze o eventi di grandi dimensioni non ce ne sono. E dunque in una moderna ed ampia sala conferenze si potrebbero, ad esempio, organizzare dei convegni di medicina a livello internazionale».
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PRIMO PIANO / LORENZO CANTONI
THE IMPACT OF DIGITAL MEDIA ON FASHION LORENZO CANTONI IS PROFESSOR AT THE USI FACULTY OF COMMUNICATION SCIENCES, WHERE HE SERVED AS DEAN FROM 2010 TO 2014 AND IS NOW DIRECTOR OF THE INSTITUTE OF COMMUNICATION TECHNOLOGIES. HIS TEACHING AND RESEARCH FOCUS ON THE IMPACT OF DIGITAL MEDIA ON SPECIFIC COMMUNICATION CONTEXTS, INCLUDING EDUCATION, TOURISM, FASHION, AND GOVERNMENT. HE IS CHAIR-HOLDER OF A UNESCO CHAIR IN ICT TO DEVELOP AND PROMOTE SUSTAINABLE TOURISM IN WORLD HERITAGE SITES, AND FORMER PRESIDENT OF IFITT – INTERNATIONAL FEDERATION FOR IT IN TRAVEL AND TOURISM. BY DIMITRI LORINGETT
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hat is digital fashion, precisely? «In general, it is the overlapping area, or the inter-relation between on the one hand Fashion and on the other hand Information and Communication Technologies (ICTs). ICTs are nowadays playing a fundamental role both within the fashion industry as well as when it comes to our personal experience of feeling at ease with a specific outfit or of judging something as “fashionable” or not. We can distinguish three major levels of interaction. First, ICTs have deeply permeated the production life cycle of fashion and apparel: from its design using computer assisted tools, to the automation of production processes, up to emerging trends of 3D printing or wearable technologies. Also, distribution processes are extensively being supported by ICT-enhanced logistics. Second, ICTs are extensively used to market fashion products: fashion companies provide more and more information and services through
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websites, mobile apps, social media, virtual and augmented reality. Items are sold via eCommerce, and ICTs are implemented as well in physical shops (e.g.: magic mirrors, possibility of configuring/personalizing items, and so on). In general, being “always on” through mobile devices offers endless opportunities to blend offand online experiences, hence the necessity for fashion brands to operate in an “omnichannel” way. Third, digital communication is also playing a major role when it comes to co-create the very idea of what it means being “fashionable” or not, “in” or “out”. Not only do fashion companies and dedicated media outlets publish online, but so do influencers, passionate people and practically everybody, thus contributing in this active dialogue, by publishing images and reviews, liking/disliking, co-creating trends and socializing individual tastes. In this context, artificial intelligence and digital analytics will become particularly important to interpret and anticipate trends. At the USI Faculty of Communication
PRIMO PIANO / LORENZO CANTONI
Sciences, we are researching the second and third dimensions, and have just launched – in collaboration with Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne (Paris) – a dedicated Master in “Digital Fashion Communication”. In addition, colleagues in the Faculty of Informatics are covering aspects of the first dimension (e.g. 3D recognition and wearable technologies)».
«I strongly believe so. If we consider, for instance, the eCommerce sector in Switzerland, the three most important industries in terms of transactions, ac-
What are the major challenges the fashion industry will be faced with in the near future? «As suggested by the very authoritative report “The State of Fashion 2018” published by Business of Fashion and McKinsey are: (i) Dealing with volatility, uncertainty and shifts in the global economy; (ii) Competition from online and omnichannel; (iii) Value chain improvement and digitization; (iv) Decreasing foot traffic and offline retailing pressure. While the first one relates to major global changes – in fashion, for instance, as they report, in 2018 “more than half of apparel and footwear sales will originate outside of Europe and North America” – all the others are closely linked to ICTs. In general, I would say that ICTs are disrupting the fashion industry through making it even more global, through accelerating its processes, and through challenging the status quo of current business models and/ or of powerful players. More and more creative and hybrid solutions will be needed, which will combine the very analogical experience of touching a fabric and dressing a suit, with the many involved digital processes – from marketing to selling, from evaluating to launching new trends, styles, players».
cording to the Netcom Suisse Report 2017, are fashion, transportation, and holidays/travel. Very similar trends can be found in Europe and elsewhere. Both are experience-based sectors: ICTs are particularly apt to help anticipating the experience – through images, videos, and virtual reality. ICTs can help to start dreaming, sharing experiences and reviews, setting trends, launching new styles, etc. This is true for tourism destinations and attractions, as well as for fashion items and trends. ICTs have enabled the emergence of new business models as well: for instance, the possibility of extensive customization can be found in the travel industry, with endless opportunities to design your own travel experience, or in fashion, where you can configure online your shoes choosing shapes, colors, materials, ad-hoc elements. Bloggers and other social media influencers are particularly relevant in both sectors: think for instance of the case of Chiara Ferragni, who has moved from being just a popular fashion blogger up to launching her own brand. Furthermore, in both domains we observe the emergence of major digital platforms, either dedicated or generalist, which are becoming more and more important. Let us not forget also the rise of Chinese and Asia-Pacific markets, which are re-shaping the overall context. Let me here mention just a few more cases to further stress the similarities between the two sectors. First, tourism and fashion are closely linked when it comes to events: fashionweeks are highly relevant also from a
Digital communications have deeply impacted other industries as well, namely the tourism sector. With fashion, are we looking at a similar evolution?
“In my opinion, whoever wants to understand (and manage) digital fashion communication needs to root it into long-term cultural processes”
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touristic point of view, because they enable the branding of a destination and attract new audiences. Likewise, major music festivals (e.g. Coachella or the Burning Man) are branded and perceived as both touristic and fashion events and, if anything else, they represent contexts where new styles and trends do emerge. Second, think of specific activities, such as sports or winter tourism with their respective equipment, or consider the close link between seaside tourism and swimwear, where low-cost airlines and globalization of travel destinations have meant that more and more western travelers are visiting seaside destinations in winter, and what used to be a very seasonal fashion market has become deeply de-seasonalized». How rooted is the cultural element in the digital age of fashion communication? «All of us were born unclad, but spend most of our life somehow dressed. What we wear is not only functional in order to protect and cover our body, but also to express who we are. In a way, we dress (also) to unveil our interiority – values, lifestyles, desires, etc. Fashion is definitely a very important part of culture. The pay-off of a major project of the Google Cultural Institute says: “We Wear Culture”. In fact, the possibility to extensively digitize archives is offering new opportunities to document fashion history and trends. A similar project, freely available online, is curated by the Europeana Fashion International Association. In my opinion, whoever wants to understand (and manage) digital fashion communication needs to root it into long-term cultural processes». What could be a plausible future scenario for the fashion sector in the year 2030? «All above-mentioned trends connected with smart mobile technologies are likely to remain in the following years
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“As it is now in the field of music with services like Shazam, which recognizes a piece of music after a few seconds of “listening”, in the fashion domain we will be able to use services that recognize in a picture most items a person is wearing.” and to become even more important. Moreover, we might predict an increase of eCommerce in this field, through global platforms as well as operated directly by fashion brands. In addition to selling, renting and sharing are likely to find their place within the fashion sector. In the future, many people might prefer to subscribe to services that offer the possibility to rotate and renovate their wardrobe on a monthly or weekly basis – through a renting model – rather than buying (fewer) new items. An increased attention to sustainability issues might be an additional driver for this. With smaller families, what used to be quite common in the past, especially for children’s fashion – exchanging, borrowing, rotating second-hand items – will be more and more intermediated online through dedicated platforms. Most of us will have a 3D scan of their body, so to ensure a perfect fitting of items bought/rented online. As it is now in the field of music with services like Shazam, which recognizes a piece of music after a few seconds of “listening”, in the fashion domain we will be able to use services that recognize in a picture most items a person is wearing. Such services will provide additional information: reviews, best offers for new or secondhand buying, whom is using them among our friends... In addition, the so-called “recommending systems” are likely to emerge in the fashion domain, as it has been the case for tourism. For instance, Amazon has recently released in the American market a camera called Echo Lo-
ok, which can be put in your wardrobe, and can be operated vocally to take selfies and videos so you can share your outfit with friends on social media. But this is just one functionality. Echo Look also offers a “Style Check”: you take two pictures of two different outfits, and the system will recommend the most suitable one based on artificial intelligence and expert recommendation. Last, but not least, Amazon will be able to get a first-hand access to your wardrobe, hence being able to recommend further items to be combined (and bought). As it emerges from this last case, future scenarios will require not only experts in ICTs and digital fashion communication, but also a clear attention to privacy and other ethical and sustainability issues».
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PRIMO PIANO / LETIZIA CALANDRA
Dal palcoscenico ALLA RICERCA MUSICALE LETIZIA CALANDRA È UNA SINTESI DELLA BELLEZZA VOCALE, DELLO STILE E DELLA SUBLIMAZIONE DELLA PAROLA CHE ATTRAVERSO UN CANTO CHE SCORRE COME FRESCHE ACQUE TRA SOLIDE RIVE, TRACCIA IL DIAGRAMMA DELLA GRANDE INTERPRETAZIONE MUSICALE. DI FAUSTO TENZI
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na immagine e una metafora per definire l’abbraccio ideale con l’aureo mosaico della musica, da quella antica, al barocco, ai grandi classici, all’800 operistico, fino ai contemporanei. Dall’ascolto della sua numerosa discografia, emerge una delle più belle pagine vocali della letteratura musicale antica “Amarilli, mia bella” di Giulio Caccini. Di questo capolavoro, Letizia Calandra ci restituisce una interpretazione intensa e passionale, mantenendosi nell’alveo di una grande raffinatezza espressa con un rigoroso “suono vocale” privo di inopportune vibrazioni. Un processo fisiologico della fonazione vocale che così elaborato dalle “aree del piacere” della mente, così la caratterizza.
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apoli, crocevia culturale europeo già a partire dal XVI secolo, dove nasce una forma di canzone profana, dal contenuto rustico, comico e sovente satirico “La Villanella”. Nel tuo ultimo cd “Erotica Antiqua” Neapolitan Villanellas, edito da Brillant Classics, appaiono autori come Orlando di Lasso e Andrea Falconieri. Nel cd dedicato a Domenico Scarlatti e alle canzoni napoletane antiche, proponi un originale contaminazione tra colto e popolare. Ti senti erede dell’affascinante mondo culturale di una Napoli immutabile nel corso dei secoli? «La Scuola Napoletana fu una vera sorgente musicale per tutta l’Europa, a
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partire dalle sue origini nel secolo XVI dove nasce la prima forma di canzone napoletana, chiamata “Villanella”. Nel mio ultimo abbiamo scelto 20 villanelle a contenuto erotico neanche lavoro, troppo sottointeso. “Matona mia cara” scritta da un autore colto e dedito alla musica sacra come Orlando di Lasso ne è uno straordinario esempio. Questa villanella, narra le gesta di un soldato Lanzichenecco che arrivato a Napoli esprime tutti i suoi ardori ad una pulzella “…ficcar tutta la notte, urtar come monton…”, piuttosto che la disperazione di una giovane fanciulla per la perdita della sua verginità “…me s’è rotta la cicinnatella “ nella “Sia maleditta l’acqua stamattina”, oppure l’Eros al gusto di frutta che ci rimanda a “Boccuccia de nu pierzeco apreturo”,
con l’allegoria della bocca di una fanciulla ad immagine poetica ed erotica di una pesca ancora non del tutto matura, da cui sgorga il latte, che desidera essere dischiusa da mani sapienti. Nel mio altro cd dedicato alla Napoli antica “Scarlatti and the neapolitan songs” (Brilliant Classics 94488 ) anche questo realizzato grazie alla preziosa collaborazione dello straordinario cembalista bolognese innamorato di Napoli, Francesco Cera, abbiamo voluto mettere in risalto quanto l’influenza della canzone popolare napoletana (e non solo quella della musica popolare spagnola di cui si parla sempre) sia stata determinante nella produzione di sonate per cembalo di Domenico Scarlatti. A riprova di ciò, abbiamo scelto e abbinato per ogni sonata una canzone,
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e il risultato è sorprendente». La canzone popolare partenopea è alle origini della grande scuola napoletana settecentesca. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di interpretare moltissimi ruoli in opere di autori come Jommelli, Pergolesi, Cimarosa, Paisiello, Traetta, Leo, Porpora, Mercadante, autori senza i quali il Genio di Mozart non sarebbe stato lo stesso. Purtroppo anche il patrimonio musicale del Settecento napoletano è stato dimenticato a favore dal melodramma ottocentesco. L’Italia non ha mai fatto nulla per rivalutare tutto questo, ma negli ultimi anni questi autori sono riemersi grazie all’impegno del Maestro Riccardo Muti che con la sua autorevolezza ha potuto riproporli in contesti adeguati». Le più celebrate romanze napoletane, vengono proposte sostanzialmente da possenti voci tenorili, che pure affascinanti, quando a interpretarle è un indimenticato e inarrivabile Giuseppe di Stefano (basti pensare a “Core n’grato”, “Na sera e maggio”, “Torna a Surriento” o l’icona massima “O Sole mio”) dove tuttavia è facile lo sconfinamento nella platealità e nel cattivo gusto, costantemente in agguato. Dove sta la giusta misura per queste meraviglie vocali. Forse le intime, sommesse interpretazioni di Roberto Murolo, Fausto Cigliano o Carlo Buti? «Tutti cantanti straordinari per mille motivi diversi, ma ce n’è uno tra tutti che reputo sia stato il più grande per bellezza vocale e raffinatezza interpretativa: sto parlando di Sergio Bruni. Questo incredibile artista di origine contadina, a oltre sessanta anni di età ci ha lasciato forse la più bella raccolta di canzoni napoletane, mi riferisco all’antologia napoletana curata dal Maestro Roberto De Simone. L’Italia si è dimostrata troppo spesso irriconoscente nei confronti dei suoi grandi artisti, Sergio Bruni non è stato adeguatamente riconosciuto in vita ed è stato ingiustamente dimenticato da
morto e la lista è lunga! Napoli ha le sue gravi responsabilità in tutto questo. La canzone napoletana, attraverso 500 anni di storia, rappresenta la nostra identità culturale e dovrebbe essere considerata la nostra musica da camera, come fanno i tedeschi con la liederistica e andrebbe finalmente eseguita in contesti riservati alla musica classica. Per troppo tempo, la canzone napoletana ci è arrivata attraverso brutte interpretazioni sconfinanti nel cattivo gusto e nel solito cliché di una Napoli esageratamente folkloristica. Della Napoli colta e del suo immenso patrimonio musicale si sa poco o niente e nessuno in Italia è disposto ad investire in questo. Da anni mi dedico alla riscoperta dei grandi classici della letteratura napoletana, spiegando i testi e raccontando le storie durante i miei concerti. Tecnicamente ho lavorato per sottrazione, convinta che in questo repertorio l’eleganza e la semplicità di una bella voce non impostata, accompagnata anche solo da una chitarra, bastino a trasmettere tutta l’emozione che queste canzoni richiedono. Nei miei cd dedicati a Napoli ho avuto la fortuna di avvalermi della collaborazione di splendidi musicisti, tutti provenienti dalla musica classica come Francesco Cera e il suo ensamble barocco ArteMusica, il pianista Cubano Marcos Madrigal e il grande Fausto Cigliano. Purtroppo la canzone napoletana, che tutto il mondo ci invidia, muore sotto l’indifferenza e l’ignoranza di un Italia e dei napoletani, che alla loro storia musicale antepongono il pop e altre forme di esterofili mode che non hanno niente a che vedere con la nostra identità culturale».
Nelle partiture dei grandi capolavori operistici, sono definiti la drammaturgia, il contesto storico, i luoghi e l’azione scenica, chiaramente tracciati dalla composizione musicale. I valori musicali puntati nel testo e nell’accompagnamento orchestrale nell’aria di Alfredo nel secondo atto della Traviata, palesano un cuore giovane che batte per amore. Il grandioso tema conduttore nel Don Carlos verdiano, evoca la cupa grandezza di un mondo dominato dal potere dalla chiesa e l’impotenza di Don Carlos combattuto tra la ragione di Stato e un amore impossibile. I guizzi del “Fuoco di Gioia” del primo atto dell’ Otello di Verdi, evocano chiaramente scontri di calici di peltro, vino e odore di cuoio, ritmo ossessivo e scontro di sciabole fra Saraceni o la turchesca rabbia ivi trasfusa! Tutto ciò è insito nella composizione musicale. Quale vuole essere il messaggio di una Boheme o di una Traviata svolti in una stazione ferroviaria? «Lo stravolgimento temporale, scenografico e costumistico, ma prima ancora “drammaturgico” di un’opera lirica non mi convincono completamente. Tuttavia se all’origine di uno stravolgimento ci fosse un’idea valida la cosa potrebbe diventare interessante, ma purtroppo spesso si vedono solo provocazioni fine a se stesse, fatte per far parlare e mettere in risalto l’ego smisurato di certi registi a discapito di tutti. Prima di imporre scenari “scioccanti” e spesso “squallidi” oramai divenuti anche “scontati” sarebbe meglio dimostrare di saper fare bene una ricostruzione d’epoca e di avere più rispetto per la tradizione. In alcuni casi un ritorno all’antico e alla tradizione rappresenterebbe il vero progresso». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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“O bellissimi capelli”, “Vezzosette care pupillette”, “Occhietti amati” di Andrea Falconieri: tre stupende miniature vocali presenti su un tuo cd, richiamano l’immagine di un paradiso lontano con giardini e petali di rose che si chinano sotto il peso di una goccia di rugiada, in un umile e silenzioso omaggio all’equilibrio e alla bellezza. Che cosa ha in comune l’immagine di questa spiritualità musicale di un mondo così lontano, con un tempo che propugna a tamburo battente, una sequela di rozzezze? «Quando ascolto Monteverdi, Gesualdo, Frescobaldi, Sigismondo d’India… mi viene una profonda malinconia, perché in quelle armonie di perfetta bellezza ritrovo un po’ di quel paradiso perduto. Oggi la musica non ha più l’importanza che aveva un tempo, il mondo è cambiato. I geni del passato si chiamavano Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Mozart, nel tempo della tecnologia si chiamano Steve Job, Larry Page, Sergey Brin, Mark Zuckerberg, Bill Gates. A fronte di una condivisione molto più veloce e democratica di informazioni e possibilità, si sono persi i riferimenti che per secoli indicavano bellezza e armonia. Le persone oggi non distinguono più il bene dal male, il bello dal brutto, non si hanno più punti di riferimento e si inseguono i falsi modelli dell’apparire e dell’avere. Un tempo, la gente semplice era consapevole della propria ignoranza, ma allo stesso tempo era custode di una “cultura popolare” importantissima per la nostra identità, oggi in alcuni casi si è persa anche quella. In un periodo come questo è fondamentale offrire al pubblico bellezza e cultura ma in Italia questo è diventato difficilissimo. La classe politica italiana, la scuola, i media, coloro che detengono il potere hanno una grossa responsabilità in tutto questo…il discorso sarebbe lungo».
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“Viviamo in un tempo dove modestissimi “musicisti” che in altri tempi non sarebbero stati presi neanche in considerazione, diventano delle star. Gli italiani, sempre più pigri, spesso ignorano, snobbano e dimenticano i loro “grandi artisti” per genuflettersi al cospetto di artisti minori.” I cantanti lirici, diversamente dagli strumentisti, sono relegati in categorie o caratterizzazioni vocali vagamente muscolari, definiti soprani, tenori, baritoni o bassi, ora drammatici, eroici, lirici, leggeri con “voce verdiana” “voce in maschera” “voce di petto” e così via, che se pure cercano di spiegare la tecnica della fonazione, pare escludano l’origine fondamentale della voce, ossia il processo fisiologico da cui nasce la parola, la spiritualizzazione della stessa che diviene canto, colore e interpretazione. In sostanza il cantante professionista non può che essere intelligente, perché è la musica a richiederlo. In quale posizione di tecnica vocale ti riconosci? «Nel mondo della lirica, si lavora per rendere le voci, grandi, scure, potenti, con il risultato di costruire voci tutte uguali e artefatte. Spesso si chiede ai cantanti di interpretare repertori non adatti alle loro possibilità vocali, rovinando per sempre belle voci e questo spiega la brevità di certe carriere. Ho sempre ricercato la naturalezza e la purezza della vocalità, nella convinzione che nella voce cantata si dovesse riconoscere il timbro naturale della voce parlata. Una volta acquisita una buona “tecnica” bisogna essere interpreti e soprattutto “artisti intelligenti”. Ciò significa anche saper scegliere, a seconda del repertorio, il giusto colore, il vibrato, il tipo di emissione che stilisticamente il brano richiede, cercando di rispettare sempre, la musica
e il testo. Ma più che un processo solo di muscolatura, mi piace pensare che sia il cervello a dare un comando e a realizzare il suono o la frase giusta. Poi c’è l’aspetto più interessante, che nessuno può insegnare, trasmettere un’emozione. Ci sono artisti che “passano” e artisti che “non passano”». Come si pone oggi un giovane musicista serio, intelligente, preparato, a fronte di un sistema di mercato che promuove attraverso i media, disarmanti mediocrità sdraiate sul nulla, se poi queste vengono correlate agli inarrivabili miti di un glorioso passato? Basti un nome su tutti quale simbolo di un intero periodo. Maria Callas. «Viviamo in un tempo dove modestissimi “musicisti” che in altri tempi non sarebbero stati presi neanche in considerazione, diventano delle star. Gli italiani, sempre più pigri, spesso ignorano, snobbano e dimenticano i loro “grandi artisti” per genuflettersi al cospetto di artisti minori. Il mondo dello spettacolo e dello show business è riuscito a far passare dei modelli incredibili a danno anche dei grandi miti del passato, oggi ingiustamente dimenticati. Provate a domandare a un giovane chi è stato Giuseppe Di Stefano! La cosa che mi addolora molto è vedere quanto in tutto ciò siano compartecipi i media, e le istituzioni. La gente riconosce solo quello che passa in televisione, se non ti vedono in tv semplicemente non esisti».
Fotografia: © Nenad Saljic
In un clima di incertezza la solidità rassicura. In questo tempo di incertezza geopolitica, economica e dei mercati, bisogna avere le idee chiare, dotarsi di modelli aziendali sostenibili, guardare all’essenziale e, soprattutto, contare su una base solida su cui appoggiarsi. Con un approccio serio e concreto, PKB costruisce rapporti personali con i clienti senza mai perdere di vista i valori che la contraddistinguono per tradizione.
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Per i giovani e non solo, l’accesso alla carriera è assai arduo e sovente determinato da “pedaggi” che poco hanno a che vedere con i meriti (I Mercanti della Lirica di Norman Lebrecht. La Repubblica 22.09.97 pag. 23 sezione cultura – Leonetta Bentivoglio). Anche se oggi emergono talenti con dei meriti che tuttavia possono essere assoggettati a qualche regola non scritta. Dopo una intensa attività di palcoscenico operistico e nel pieno possesso vocale, ti sei dedicata alla attività concertistica nel repertorio barocco, alla ricerca di rarità delle canzoni napoletane classiche e alla pubblicazione discografica. Quali sono le ragioni di questo tuo abbandono spontaneo dell’attività teatrale? Ci puoi parlare delle tue esperienze positive o negative? «La carriera di un giovane cantante lirico oggi dipende esclusivamente dagli agenti e dai direttori artistici dei teatri, sono loro che decidono chi “deve” e chi “non deve” fare carriera. Anni fa, feci un’audizione con un noto agente italiano, eravamo nel suo ufficio dove mi accompagnò personal-
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mente al piano e dopo aver cantato varie arie di diverso repertorio mi fece accomodare in un’altra stanza e mi disse con molta franchezza: “Lei ha una bella voce, canta bene ed è anche una bella donna, sarò sincero con lei, se vuole fare carriera ha tre possibilità: la prima è che lei abbia un padre, un marito o un amante politico; la seconda possibilità è quella di foraggiare i direttori artistici dei teatri facendo trovare nelle scatole dei cioccolatini biglietti da cinquecento euro; e la terza possibilità è che lei si renda disponibile ad incontri sessuali”. Negli ultimi anni, ho scelto di dedicare il mio tempo alla riscoperta di musiche e musicisti desueti, auto producendo tutti i miei cd. Tutto questo è stato finora possibile grazie al sostegno di musicisti e persone che condividono con me gli stessi ideali di bellezza musicale e credono che certa musica non debba essere dimenticata ma vada custodita e condivisa con più persone possibili. In questo senso una casa discografica olandese, la Brilliant Classics, ha accolto le mie proposte, stampando e distribuendo in tutto il mondo i miei cd, contribuendo ad una importante operazione culturale. Lo avrebbero dovuto fare in Italia, ma non lo hanno fatto, anzi considerano la musi-
ca da camera e la canzone napoletana un genere che non è più di moda». Vivi a Roma, ma hai un lungo rapporto professionale con Lugano, dove realizzi buona parte delle tue registrazioni discografiche, oltre alla tua collaborazione con la Radiotelevisione svizzera e con i Barrochisti diretti da Diego Fasolis. Diversamente da Roma, dove molto può accadere, Lugano offre certamente un ambiente più rilassato, ottime condizioni professionali e logistiche e non da meno anche costi competitivi. Dunque una sede ideale per fare musica… «Lugano per me, rappresenta da oltre dieci anni, una sponda felice dove realizzare i miei progetti musicali. I prezzi sono competitivi rispetto all’Italia, la professionalità garantita e i rapporti umani molto più rilassati. Peraltro ricordo con molto piacere la mia esperienza presso la Radio Televisione Svizzera dove sono stata ospite di trasmissioni radiofoniche e dove ho inciso l’ “Ercole Amante” un opera del 1662 di Francesco Cavalli diretta dal Maestro Diego Fasolis».
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Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi desideri? Tra il 2018/2019 ho tre cd in uscita. Un tributo a Gaetano Donizetti e al suo periodo napoletano, con due cicli completi per voce e piano, le “Nuits d’été à Pausilippe” e le “Soirées d’automne à l’Infrascata”. A proposito il mio partner in questo cd si chiama Fausto Tenzi, lo conosci? L’altro cd “Ninna Nanna” è una raccolta di 17 ninna nanne classiche, un viaggio dal Seicento ad oggi, attraverso grandi autori come Merula, Mozart, Schubert, Brahms, Puccini, De Falla, Tosti, Davico, Del Bono, ecc, che si sono cimentati in questa “dolcissima” forma musicale. A marzo, insieme al pianista Marcos Madrigal, incideremo a Lugano due cd monografici dedicati a “Carlos Guastavino” musicista argentino del XX secolo. Il primo cd dedicato alla produzione pianistica e il secondo dedicato due ci-
cli di romanze per voce e piano straordinari sia per la bellezza musicale che per i testi poetici. “Floras Argentinas”, una raccolta di dodici brani ognuno dedicato a un fiore e le “Siete canciones sobre poesias de Rafael Alberti”. Il mio desiderio più grande è quello di far conoscere a quante più persone possibili queste musiche meravigliose. In fondo l’esigenza di ogni artista è proprio questa, poter condividere con gli altri i propri ideali di bellezza».
“La carriera di un giovane cantante lirico oggi dipende esclusivamente dagli agenti e dai direttori artistici dei teatri, sono loro che decidono chi “deve” e chi “non deve” fare carriera.”
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“Se non avessi più sogni sarebbe un brutto segno. Gli artisti sono dei sognatori, l’arte e l’ispirazione sono figlie dei sogni.”
PRIMO PIANO / BIAGIO ANTONACCI
Sono un artista SOGNATORE A QUASI QUATTRO ANNI DI DISTANZA DAL PRECEDENTE ALBUM DI INEDITI, BIAGIO ANTONACCI TORNA SULLE SCENE CON UN NUOVO DISCO, “DEDICHE E MANIE”: PERCHÉ – COME HA SPIEGATO A PROPOSITO DEL TITOLO – “LA CANZONE È UNA SOMMA DI MANIE TRASFORMATE IN DEDICHE”. DI PAOLA CHIERICATI
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ei a Lugano anche per presentare il tuo ultimo album “Dediche e manie”? Ce lo puoi raccontare brevemente? «Raccontare un album è impossibile, soprattutto quando è qualcosa che non solo hai interpretato, ma che hai anche creato, composto ed arrangiato, dal momento che di questo album sono anche il produttore artistico insieme ad altri bravissimi musicisti: Fabrizio Ferraguzzo, Davide Tagliapietra, Placido Salamone e Stefano De Maio. Le canzoni nascono per essere pubblicate, per permettere al mio pubblico di conoscerle, per poi poterle cantare insieme a me in tour». Come ci si prepara ad un tour, tu tra l’altro ti tieni molto in forma e sul palco non ti risparmi… «Mi preparo con tanta attività fisica, perché sono molto fisico sul palco. Il rapporto empatico che si crea tra me ed il mio pubblico è il motore di tutto. Un artista deve essere in grado di arrivare alla gente sicuramente attraverso i propri lavori discografici, ma anche attraverso il live; il disco ed il concerto sono due dimensioni differenti ma entrambe importantissime e legate l’una all’altra». Come nascono le tue canzoni, ci sono contesti o luoghi particolari che favoriscono la tua creatività? «Non c’è una regola; potrei essere ovunque. L’importante è avere una chitarra
oppure una tastiera o un pianoforte. A volte sono in viaggio, mi viene in mente una melodia ed inizio a cantarla; la registro ed appena ho a disposizione uno strumento provo a svilupparla. Così nascono le canzoni, quando non le cerchi ed arrivano da sole, come una vera e propria folgorazione». Qual’è stato sinora il momento più difficile affrontato sul palco nel corso di un concerto? «Cantare in uno stadio a pochi giorni dalla morte di mio padre; l’ho fatto per lui, perché era quello che voleva». Ci sono ancora sogni che non hai realizzato a livello artistico e nell’ambito personale? «Sono un uomo fortunato e nella vita ho avuto ed ottenuto molto, più di ciò che sperassi, sempre con molta tenacia e caparbietà. Se non avessi più sogni sarebbe un brutto segno. Gli artisti sono dei sognatori, l’arte e l’ispirazione sono figlie dei sogni». Quale consiglio puoi dare a un giovane che vorrebbe intraprendere la tua carriera? «Prima di tutto devi avere talento, qualcosa da dire ed essere differente dagli altri. Devi resistere a tutto, anche a chi ti dirà che non vali, perché se vali veramente prima o poi riuscirai a dimostrarlo. Ma devi crederci e devi saper aspettare».
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PRIMO PIANO / CLAUDIO SCORRETTI
Le nuove frontiere DELL’ARTE ALLA GUIDA DI UN NETWORK DI COLLABORATORI SPARSI IN MOLTI PAESI, CLAUDIO SCORRETTI È UNO DEI MAGGIORI CONOSCITORI D’ARTE EUROPEI E LE SUE VALUTAZIONI INFLUENZANO LE SCELTE DI COLLEZIONISTI, MUSEI, GALLERISTI E INVESTITORI INTERNAZIONALI.
01 Dora Maurer Senza titolo Tela 2014 Parte della collezione Overture Hungary. Contemporary Artists from Hungary, 2015
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ove bisogna rivolgere lo sguardo per trovare gli artisti più interessanti nel panorama contemporaneo? «Nel corso dell’ultimo decennio ho concentrato molte delle mie attenzioni verso i Paesi dell’Europa dell’Est dove il tema della transizione economica e sociale fuori dal blocco ex-comunista rimane di grande attualità in un’opinione pubblica desiderosa di cambi rapidi e radicali. La rincorsa ai modelli occidentali accompagna l’emersione dell’arte contemporanea, nello stesso tortuoso e contrastato percorso verso la modernizzazione e la valorizzazione delle realtà artistiche nazionali. Tutti quei Paesi hanno infatti condiviso un’ideologia simile, ma accanto a realtà come la Romania, l’Ungheria e la Polonia, che hanno forse compiuto gli sforzi maggiori nel proporre i loro artisti in ambito nazionale e internazionale, ne restano altri che stentano a decollare, anche se sulla carta apparivano i più attrezzati alla ripartenza». E per quanto riguarda i Paesi che sono stati al centro di drammatici conflitti etnici? «La costituzione in sette stati nazionali (Serbia, Slovenia, Kosovo, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Macedonia) e soprattutto l’ulteriore decennale ritardo imposto dalle varie guerre jugoslave, le più violente che l’Europa abbia visto dopo la seconda guerra mondiale, hanno di fatto svuotato di sostanza il baricentro creativo dell’arte jugoslava che risiedeva a Belgrado generando in alcuni casi un sentimento di perdita, se non di nostalgia,
negli artisti e curatori dell’ex Jugoslavia. L’attuale scena artistica serba, e quasi tutti i suoi attori, sembra essere stata intrappolata nell’eredità di emancipazione della società socialista». E per il prossimo futuro cosa dobbiamo aspettarci dagli artisti dell’Europa dell’Est? «In generale, le istituzioni coinvolte nell’arte cercano come possono di ripristinare i contatti persi e il vuoto generato dalle politiche culturali sbagliate e di superare l’enorme influenza della politica nell’ambito culturale e artistico. Abbandonati a farcela da soli gli artisti cercano di individuare una propria metodologia di lavoro per conseguire il successo fuori dal paese. Un mondo da scoprire a fondo che ci riserverà ancora molte sorprese e che rappresenta sicuramente al momento uno dei mercati più interessanti e vivaci per un collezionista internazionale attento e lungimirante». Lei è oggi anche uno dei Project Manager di Imago Mundi, di cui è anche il curatore su taluni Paesi. In cosa consiste questo progetto?
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“Imago Mundi è una grandiosa idea di Luciano Benetton, arte e mondo senza confini, una mappa in divenire, democratica, collettiva e globale, delle culture umane.”
«Imago Mundi è una grandiosa idea di Luciano Benetton, arte e mondo senza confini, una mappa in divenire, democratica, collettiva e globale, delle culture umane. Un unico formato, 10x12 centimetri, per artisti di ogni continente: ad oggi più di 26.000 provenienti da oltre 150 Paesi e comunità native. Affermati e nuovi talenti, tutti affiancati sulla stessa linea di partenza. E tutti coinvolti in modo volontario e senza fini di lucro. Sotto l’egida della Fondazione Benetton Studi Ricerche, Imago Mundi unisce Paesi dove il benessere è più consolidato ad altri che vivono in uno stato di guerra; Paesi storicamente contrapposti e divisi; comunità e minoranze; invitando tutti a dialogare in nome dell’arte. Ne nasce un caleidoscopio – ardente, creativo, immaginifico – di tecniche, colori, correnti, ispirazioni. Un mosaico di storie, passioni, sogni, azioni e contraddizioni, dove ciascuna opera vive di luce propria ma al contempo diventa il tassello di un immaginario globale».
una mostra a Venezia dedicata al Canada e ai suoi popoli, che presentava anche i nativi del grande Nord degli Stati Uniti, mentre per la prossima primavera è prevista a Trieste una importante esposizione che coinvolgerà più di 4.000 artisti. Gli artisti di Imago Mundi, inoltre, sono promossi internazionalmente attraverso i cataloghi, la piattaforma imagomundiart. com, Google Arts & Culture, e una intensa attività di pubbliche relazioni».
02 Luciano Benetton 03 Save the Dreams. Contemporary Artists from Bulgaria 2015 (sulla copertina compare l'opera di Daniela Sergieva, Inside, 2014) 04 Istanbul Codex. Contemporary Artists from Turkey 2016 (sulla copertina compare l'opera di Candaş Şişman, Pattern of Possibilities, 2015) 03
Una delle ultime collezioni da lei curate riguarda gli artisti curdi… «Questa collezione racconta l’arte curda, nello spirito globale di Imago Mundi e nella convinzione che strappando una cultura dal mondo annientiamo un colore, un profumo, una parte della sua ricchezza. È la più ampia ricerca finora completata sulla creatività del più grande popolo al mondo senza uno Stato: 115 artisti appartenenti alle varie 04
Questa collezione non resta chiusa tra le mura di un museo o nel caveau di una banca… «Al contrario. Proprio per il suo carattere di collezione universale, Imago Mundi propone e organizza esposizioni in tutto il mondo: 21 collezioni sono ora impegnate in un lungo tour che sta facendo tappa nelle più importanti città della Cina. Si è appena conclusa TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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un’eccellente selezione di 120 artisti libanesi, presentata in versione ridotta a Palermo nel quadro della Biennale del Mediterraneo, gran parte dei quali sono presenti anche nell’attuale mostra su Beirut al MAXXI di Roma».
05/06 Marian Zidaru Minaccia Retro/fronte 2013 (parte della collezione Snapshot Romania. Contemporary Artists from Romania, 2014)
comunità curde della Turchia, dell’Iraq, dell’Iran, della Siria e della diaspora. Un lavoro di catalogazione durato più di due anni che ha coinvolto giovani emergenti e maestri premiati nelle più importanti rassegne internazionali (Biennale di Venezia, Documenta). Un mosaico di identità accolte insieme sulla piccola tela di Imago Mundi, tasselli di un dialogo transfrontaliero che si svolge sul territorio senza confini dell’arte contemporanea». Infine, di cosa si occuperà nei prossimi mesi e anni Imago Mundi? «Stiamo attualmente completando la collezione della Repubblica Moldova. Dal momento che Imago Mundi ha quasi completato la mappatura dei Paesi, territori ed identità su base nazionale, fra qualche mese presenteremo la prima tappa d’un progetto triennale di collezioni transnazionali realizzate per Imago Mundi, che raccoglie 200 artisti top ed emergenti di tutto il mondo, selezionati da un board internazionale di curatori per rappresentare i “nuovi highlights” della scena internazionale dell’arte. Nell'immediato stiamo promovendo il catalogo del progetto Imago Mundi Libano fresco di stampa, una collezione che presenta
CHI È CLAUDIO SCORRETTI Nato a Rignano Flaminio (Roma) vive e lavora a Lugano. Durante gli studi universitari ha esordito a Roma come critico letterario e teatrale sulla stampa quotidiana e specializzata (più di 1.000 articoli, saggi ed interviste pubblicati). Dal 1978 al 1993 ha lavorato come addetto culturale e stampa presso il Consolato Generale d'Italia di New York, organizzando mostre, festival, rassegne e concerti, presentando il meglio della cultura italiana nei teatri di Broadway e nei più prestigiosi spazi museali e concertistici newyorchesi (MOMA, Metropolitan Museum, Lincoln Center, Carnegie Hall, Guggenheim, Madison Square Garden etc). Ha fondato e diretto per cinque anni una galleria d’arte nel cuore di Chelsea: Axxle Gallery. Nel 1993 è rientrato in Europa,
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per stabilirsi con la famiglia in Svizzera (Ginevra - Lugano) e concentrarsi sull’arte contemporanea, con particolare attenzione agli artisti dei Paesi emergenti in qualità di consulente per istituzioni finanziarie, fiere d’arte, case d’asta, attraverso due uffici: Bucarest (Romania) e Istanbul (Turchia). Relatore in seminari di formazione specialistica e d’approfondimento su arte-investimento nei mercati emergenti. Curatore (oltre sessanta le mostre ed i rispettivi cataloghi realizzati per gallerie private e spazi museali in Italia e, soprattutto, nei Paesi dell’Europa dell’Est e del Medio Oriente). Dal 2013 è Project Manager per le collezioni ‘Imago Mundi’, Fondazione Luciano Benetton, Fabrica per alcuni paesi dell’Europa dell’Est, la Turchia ed il Libano.
LAC / LUGANOMUSICA
UNA PASQUA di grande musica
L’ORCHESTRA MOZART, COMPAGINE CHE AFFIANCA GRANDI SOLISTI E PRIME PARTI DI ORCHESTRE A GIOVANI TALENTI PROVENIENTI DA OGNI PARTE DEL MONDO, TORNA A LUGANOMUSICA PER UNA RESIDENZA ARTISTICA DURANTE IL PERIODO PASQUALE CHE IN CINQUE GIORNI PRESENTERÀ DUE CONCERTI SINFONICI E DUE CAMERISTICI.
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otto la direzione prestigiosa del maestro Bernard Haitink si terranno i concerti sinfonici di domenica 1 aprile e mercoledì 4 aprile. I programmi alternano alle due ultime sinfonie di Franz Schubert (“La Grande” e l’“Incompiuta”) due concerti di Mozart: il venticinquesimo per pianoforte in do maggiore (solista Paul Lewis) e il quinto per violino (solita Vilde Frang). Accanto al grande repertorio sinfonico l’Orchestra Mozart 02
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ha coltivato la musica da camera. È nella natura di questa compagine esercitare anche in formazione completa quell’arte dell’ascolto, dello studio e della condivisione indispensabili nella musica da camera. Lunedì 2 e giovedì 5 i Solisti dell’Orchestra Mozart presenteranno accanto a capolavori cameristici di Schubert (Trio in si bemolle maggiore e Ottetto) opere di due maestri del secondo Novecento, Luciano Berio (“Opus Number Zoo”) e György Ligeti (“Bagatelles”). Orchestra Mozart Realtà unica nel panorama italiano e conosciuta in Europa per l’eccellenza delle sue produzioni e dei suoi musicisti, Orchestra Mozart ha preso vita a Bologna nel 2004 grazie a un’idea di Carlo Maria Badini e di Fabio RoversiMonaco. Nei suoi dieci anni di attività la Mozart si è plasmata intorno al pensiero musicale di Claudio Abbado, suo
direttore artistico, coinvolgendo grandi solisti e prime parti di prestigiose orchestre accanto a giovani talenti da ogni parte del mondo. Alle sue produzioni hanno partecipato solisti internazionali come Martha Argerich, Radu Lupu, Alfred Brendel, Maria Joao Pires, Helene Grimaud, Alexander Lonquich, Yuja Wang, Vadim Repin, Mario Brunello, Natalia Gutman ed Enrico Dindo. Per Deutsche Grammophon l’Orchestra Mozart ha inciso diversi album di prestigio e l’alto profilo derivato l’ha portata a tenere concerti nelle più importanti sale da concerto d’Europa: il Musikverein di Vienna, l’Accademia di Santa Cecilia a Roma, La Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, il Lucerne Festival, il Concertgebouw di Amsterdam, il Festival di Salisburgo, la Salle Pleyel di Parigi, il Palais de Beaux Arts di Bruxelles e l’Alte Oper di Francoforte. Nel 2014, in seguito alla morte di Claudio Abbado, l’Orchestra Mozart ha sospeso le sue attività: a gennaio 2017 due concerti – a Bologna e Lugano – vedono quindi rifiorire una delle più significative realtà sinfoniche europee del nuovo millennio. Bernard Haitink Nato ad Amsterdam nel 1929, è stato per ventisette anni direttore principale dell’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, ruolo ricoperto anche presso le orchestre London Philharmonic e Chicago Symphony cosi come al
festival di Glyndebourne e alla Royal Opera House Covent Garden. Ha diretto la maggior parte delle più importanti orchestre al mondo, dai Berliner Philharmoniker alla Boston Symphony, dalla Staatskapelle Dresden all’Orchestre National de France e ai Wiener Philharmoniker. Si è attivamente impegnato per lo sviluppo di giovani talenti musicali, tenendo masterclass al Festival di Lucerna cosi come corsi presso la Juilliard School di New York e la Hochschule der Kunste di Zurigo. Ha pubblicato su disco l’integrale della produzione sinfonica di Ludwig van Beethoven, Johannes Brahms, Robert SchuŠ mann, Petr Il’icš Cajkovskij, Anton Bruckner, Gustav Mahler e Dmitrij Šostakovicš per le maggiori etichette classiche – Philips, Decca ed EMI – nonché per le numerose etichette fondate negli ultimi anni da orchestre come la London Symphony, la Chicago Symphony e la Bayerischer Rundfunk. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per i suoi meriti musicali, tra cui diverse lauree ad honorem, un honorary Knighthood e un Companion of Honour nel Regno Unito e la House Order of Orange-Nassau nei Paesi Bassi. Caffè degli artisti In occasione di tutti e quattro i concerti, alle ore 19.00 presso il “Caffè degli Artisti”, creato per l’occasione nella Hall del LAC, si terranno incontri e dialoghi di approfondimento con artisti ed esperti. LuganoMusica desidera approfondire i legami tra la musica e i classici della letteratura italiana. Quale migliore inizio di Dante e Petrarca? Durante i suoi viaggi in Italia (che hanno compreso anche un lungo soggiorno a Lugano), Franz Liszt ha composto brani di grande importanza. Ne ascolteremo alcuni, accompagnati dalla lettura di pagine dei due grandi poeti. www.luganomusica.ch
01–03 Orchestra Mozart, 2017 © LAC Lugano
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LAC / LUGANOMUSICA
UNA PROPOSTA MUSICALE DI GRANDE QUALITÀ
Etienne Reymond, direttore di LuganoMusica, esprime grande soddisfazione per il ciclo di concerti che allieterà il periodo pascquale dei ticinesi e dei numerosi turisti. «Credo che l’arrivo della primavera e le vacanze pasquali siano un momento importante nel ciclo delle stagioni perchè segnano un rinnovamento nella natura ma anche dello spirito umano. E quale modo migliore per celebrare questa occasione se non con la musica, soprattutto se si tratta delle musica di Mozart (ma anche di Schubert) e di una formazione musicale tra le più accreditate sulla scena artistica contemporanea. Il primo concerto sinfonico si apre con un’opera del Genio di Salisburgo: il concerto in do maggiore K. 503. Bernard Haitink accompagnerà il pianista inglese Paul Lewis, allievo di Alfred Brendel e apprezzato interprete del classicismo viennese. Nella seconda parte del programma Haitink dirigerà l’ultima sinfonia di Franz Schubert (la Grande in do maggiore). Anche il secondo concerto sinfonico dell’Orchestra Mozart, sempre
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sotto la direzione di Bernard Haitink, nasce nel segno dei sommi vertici della musica viennese, Mozart e Schubert. L’apertura e la chiusura del concerto sono affidate a due fra le più celebri sinfonie del repertorio: l’inquieta e fantastica “Incompiuta” di Schubert e la “Jupiter”, diamante della corona sinfonica di Mozart. Nel primo concerto di musica da camera i Solisti della Mozart propongono, oltre all’accostamento fra le due vette della musica viennese, una gustosa opera di Luciano Berio. E ancora, sempre I Solisti dell’Orchestra, abituati fin dalla fondazione a formare organici variabili, dal trio all’ottetto, presentano nel secondo concerto le sei Bagatelle per quintetto di fiati dell’ungherese György Ligeti, cui seguità l’Ottetto per archi e fiati in fa maggiore di Schubert. Come è facile comprendere si tratta di opere che fanno parte della migliore tradizione viennese, sono molto amate dal pubblico e sottolineano quel filo rosso tematico che unisce due grandi maestri assoluti della musica come Mozart e Schubert».
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LAC / LUGANOINSCENA
AVANTI A PASSO DI DANZA
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IL CARTELLONE DI LUGANOINSCENA DEDICA UNA PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA DANZA E AL BALLETTO, E LO FA SIA OSPITANDO I GRANDI PROTAGONISTI DELLA SCENA CLASSICA E CONTEMPORANEA INTERNAZIONALE, SIA FAVORENDO E ACCOMPAGNANDO LE CREAZIONI DEGLI ARTISTI SVIZZERI.
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ella prima parte della stagione gli spettatori hanno avuto il privilegio di vedere una creazione che ha scritto la storia della nuova danza europea come Rosas danst Rosas di Anne Teresa De Keersmaeker, e di assistere a due incontri virtuosi con l’ensemble dell’Orchestra della Svizzera italiana: il primo in cui l’orchestra, diretta da Nicholas Milton, ha accompagnato il debutto assoluto di VN Serenade su musiche di Schönberg e Š Cajkovskij, creazione della coreografa Cristina Kristal Rizzo, prodotta da LuganoInScena in coproduzione con LAC, OSI e CAB 008; il secondo che ha fatto incontrare l’OSI e uno dei più celebri corpi di ballo del mondo come il Balletto del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, portando a Lugano la magia e la meraviglia di uno dei più celebri e commoventi balletti del secolo scorso come Il lago dei cigni. La stagione di LuganoInScena ha inoltre accompagnato il percorso coreografico di Lorenza Dozio, performer ticinese ideatrice e coreografa di Dazzle, un lavoro che interroga l’invisibilità come azione performativa. Coprodotto da LuganoInScena e dal Festival Territori di Bellinzona, Dazzle è giunto a compimento grazie ad un periodo di residenza al LAC. Nel segno dell’at-
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tenzione alle compagnie del territorio, LuganoInScena ha accompagnato il debutto di Dopo la fine, per il quale Progetto Brockenhaus si è affidato alla mano sapiente di Paola Lattanzi, che del lavoro è stata ideatrice e interprete accanto a Elisabetta Di Terlizzi, Piera Gianotti e Emanuel Rosenberg. La seconda parte della stagione si presenta ricca di altrettante proposte capaci di soddisfare gli spettatori più esigenti. Martedì 27 marzo, Alessio Maria Romano porta sul palco del LAC Choròs, progetto coreografico frutto del lavoro corale dell’italiano e di sedici ex allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Lo spettacolo deriva la sua genesi dall’idea di lavorare sul senso dei cori della tragedia greca, indagandone il valore attraverso un linguaggio di solo “movimento”. Steps, Festival della danza del Percento culturale Migros, porta a Lugano martedì 1. maggio Speechless Voices, nuova creazione di Cindy Van Acker, performer di origine belga naturalizzata svizzera. In questo lavoro, la coreografa si inoltra nei meandri di corpo, anima, spazio e suono, approfondendo tali tematiche con grande sicurezza e un’acribia quasi scientifica, optando per movimenti spesso minimalisti o addirittura per l’assenza totale di movimento. Giovedì 17 maggio, la ticinese Tiziana
Arnaboldi presenta il suo nuovo lavoro, Motivo di una danza, di cui firma la coreografia e la regia. Lo spettacolo è declinato in due movimenti: Primo Viaggio, nuova produzione, e Secondo Viaggio, che deriva la sua ispirazione alla danzatrice belga Charlotte Bara. La ricca e poliedrica stagione di Danza di LuganoInScena si chiude domenica 20 maggio grazie ad una serata eccezionale di cui sarà protagonista assoluta Eleonora Abbagnato, già Étoile dell’Opera di Parigi, direttrice del corpo di ballo dell’Opera di Roma. www.luganoinscena.ch
LAC / LUGANOINSCENA
MARTEDÌ 1 MAGGIO ORE 20.30 Sala Teatro LAC Speechles Voices Coreografia Cindy Van Acker Danzatori Stépahenie, Bayle, Matthieu Charignes, Laure Lescoffy, Raphaelle Teicher, Rudi van der Marwe, Daniela Zaghini Scenografia Victor Roy Musica Mika Vainio Nell’ambito di Steps, Festival della danza del Percento culturale Migros Speechless Voices è una creazione pensata per quattro danzatrici e due danzatori in cui la celebre coreografa Cindy Van Acker, tra le protagoniste della scena della danza contemporanea europea, sonda, con stile sicuro e meticolosità quasi scientifica, la relazione tra il corpo, lo spirito, lo spazio e il suono. Speechles Voices è dedicato a Mika Vainio, musicista e compositore finlandese, autore delle musiche dello spettacolo e storico collaboratore di Van Acker, prematuramente scomparso.
01 STEPS Cie Greffe/Cindy Van Acker Speechless Voices 3 Ph: Louise Roy
“In Speechles Voices – ha dichiarato Cindy Van Acker - ho cercato di raggiungere un momento di danza in cui si crea una voce comune tra la musica e i ballerini, una voce comune che risuona nello spazio che sappia ‘entrare’ nel corpo degli spettatori.”
02 Eleonora Abbagnato Annunciation Ph: ®Yasuko-Kageyama
DOMENICA 20 MAGGIO ORE 20.30 Sala Teatro LAC Soirée Contemporaine Coreografie William Forsythe, Benjamin Millepied, Angelin Preljocaj Con Eleonora Abbagnato e i solisti e primi ballerini dell’Opéra di Parigi e dell’Opera di Roma Un serata eccezionale, una serata di grande danza che chiude la stagione di LuganoInScena. A Lugano la prima e finora unica danzatrice italiana étoile dell’Opéra di Parigi, nonché direttrice del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma accompagnata da ballerini solisti dell’Opera di Roma e di Parigi. Una serata in cui verranno eseguite alcune delle più celebri coreografie dei maestri della coreografie contemporanea tra cui Le Parc coreografia del 1994 creata da Angelin Preljocaj su musiche di Mozart e Closer coreografia che Benjamin Millepied ha creato nel 2006 derivando suggestioni da Mad Rush di Philip Glass, o un pas de deux da Herman Schmermam che William Forsythe ha costruito derivando suggestioni dal lavoro del compositore olandese Thom Willems.
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LAC / MASI LUGANO
DAL 18 MARZO AL 17 GIUGNO 2018, IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA DI LUGANO RENDE OMAGGIO AL GRANDE MAESTRO SPAGNOLO CON LA MOSTRA PICASSO. UNO SGUARDO DIFFERENTE, REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON IL MUSÉE NATIONAL PICASSO DI PARIGI E A CURA DI CARMEN GIMÉNEZ, UNA DELLE MASSIME ESPERTE DELL’ARTISTA.
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ALLA SCOPERTA DI UN PICASSO SCONOSCIUTO
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ttraverso il rapporto tra disegno e scultura, l’esposizione mostra in maniera inedita l’evoluzione del linguaggio di Pablo Picasso. Con 120 opere, 105 disegni e 15 sculture, tutti eseguiti tra il 1905 e il 1967, la mostra si dispiega attraverso un vasto arco cronologico e comprende ogni fase dell’evoluzione artistica del maestro spagnolo. La selezione offre una prospettiva inedita della sua creatività, gettando luce sul ruolo dell’artista nello sviluppo dell’arte del Ventesimo secolo con particolare attenzione ai lavori sconosciuti al grande pubblico, non solo per la loro rarità, ma anche per la capacità di ampliare le convenzionali interpretazioni della sua opera. Nella mostra prevalgono i lavori su carta,
strettamente legati al Picasso più intimo, accanto alle sculture: due delle tecniche privilegiate dall’artista, raramente messe in dialogo tra loro. Sebbene Picasso sia senza dubbio l’artista più rappresentato della storia, paradossalmente è anche il più enigmatico. Lo storico dell’arte Maurice Rheims, incaricato dalla Francia di catalogare i beni personali dell’artista alla sua morte, scoprì oltre 45,000 opere inedite. Fu come trovare un “Picasso in Picasso”, altrettanto straordinario. Da allora, questa fortuita scoperta ha costretto numerosi studiosi a tracciare percorsi inesplorati e a fare chiarezza sulla sua parabola artistica. “Picasso. Uno sguardo differente” – costruita su un’imponente eredità lasciata dall’artista – vuole presentare un Picasso sconosciuto. La selezione delle opere non include infatti il Picasso più noto ma, al contrario, le opere più personali e meno esibite, mettendo così in luce alcune delle aree della sua produzione rimaste per lo più nascoste. Le opere sono tutte concesse in prestito dal Musée national Picasso di Parigi che raccoglie la più completa collezione di lavori dell’artista. Esse docu-
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mentano diverse fasi del suo percorso creativo in ordine cronologico, dal 1905 fino al 1967. Tra queste Tête de femme: Fernande (Testa femminile: Fernande; 1909), il collage/papier collé con natura morta Verre, bouteille de vin, paquet de tabac, journal (Bicchiere, bottiglia di vino, pacchetto di tabacco, giornale; 1914), Minotaure blessé, cheval et personages (Minotauro ferito, cavallo e figure; 1936) e Tête de femme (Testa femminile; 1962). Sebbene le opere in mostra non possano essere ricondotte a precisi elementi iconografici o stilistici, esse offrono spunti per comprendere meglio l’evoluzione del percorso artistico e personale del maestro spagnolo. L’obiettivo è di rileggere la traiettoria di Picasso attraverso uno sguardo “trasversale” per meglio interpretare, in particolare, l’opera su carta, supporto attraverso il quale l’artista sperimenta e suggerisce ciò che concepisce inconsciamente nel suo atelier mentale: quel suo battito nascosto e intimo occultato poi nel trasferimento su tela. Nel cimentarsi con la carta Picasso si confronta liberamente con tecniche quali il disegno, l’acquerello, il collage, il pastello, il gessetto, come pure il carboncino e l’inchiostro. Attraverso le serie da lui create in queste tecniche, si manifesta uno straordinario campionario di sottili variazioni, dal quale affiora chiaramente il fervore creativo che contraddistingue l’artista. La mostra si apre con la serie dedicata al cubismo analitico. Nei disegni a inchio-
stro del 1910 come Nu debout (Nudo in piedi), Femme au chapeau (Femmina col cappello) o Nature morte (Natura morta) è possibile apprezzare la rinnovata strutturazione della composizione declinata in una complessa sovrapposizione e giustapposizione dei piani. Il passaggio alla fase sintetica del cubismo è compiutamente rappresentato nel sofisticato ed elegante collage con tecnica mista, la natura morta del marzo del 1914 Verre, bouteille de vin, paquet de tabac, journal (Bicchiere, bottiglia di vino, pacchetto di tabacco, giornale). Dello stesso periodo altri notevoli esempi quali l’opera Verre, journal et poire (Bicchiere, giornale e pera) del 1914-15 e la corposa serie di gouache Compotier et mandoline sur un guéridon (Coppa di frutta e mandolino su tavolino) e Compotier et mandoline sur un buffet (Coppa di frutta e mandolino su credenza). Mentre è a partire dal 1919 che Picasso passa a praticare senza remore il suo caratteristico “pluristilismo simultaneo”, creando una serie di nature morte. Del 1919 è pure presente Portrait d’André Derain (Ritratto di André Derain), ritratto del noto pittore francese amico, che testimonia lo studio della figura umana intrapreso dall’artista. L’anno seguente Picasso insiste particolarmente sul tema delle mani, affrontandolo con il disegno, il gouache e il pastello. Al 1936, anno dello scoppio della Guerra Civile spagnola, risalgono un paio di folgoranti disegni, uno dei quali ha un’evidentissima relazione con la po-
01 Minotauro ferito, cavallo e figure Juan-les-Pins, 10.05.1936 Guazzo, china e matita su carta 50.2 x 65.2 cm Dation Pablo Picasso, 1979. MP1165 Musée national Picasso, Paris © Succession Picasso / 2018, ProLitteris, Zurich Photo RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Thierry Le Mage 02 Testa femminile (Fernande) Paris, 1909 Bronzo 40.5 x 23 x 26 cm Dation Pablo Picasso, 1979. MP243 Musée national Picasso, Paris © Succession Picasso / 2018, ProLitteris, Zurich Photo RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Adrien Didierjean 03 Testa femminile Mougins, fine 1962 Lamiera tagliata, piegata e filo di ferro dipinti 32 x 24 x 16 cm Dation Pablo Picasso, 1979. MP366 Musée national Picasso, Paris © Succession Picasso / 2018, ProLitteris, Zurich Photo RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Béatrice Hatala 04 Donna con le braccia tese Cannes, 1961 Lamiera tagliata, piegata e rete metallica dipinte 183 x 177.5 x 72.5 cm Dation Pablo Picasso, 1979. MP360 Musée national Picasso, Paris © Succession Picasso / 2018, ProLitteris, Zurich Photo RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Mathieu Rabeau
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steriore gestazione del celeberrimo Guernica. La tendenza di Picasso a inventare una soluzione geniale, per poi abbandonarla subito dopo, ha comportato una minore adesione da parte della critica a certi aspetti della sua ricerca. Uno di questi è certamente legato alla scultura, mezzo espressivo con cui l’artista ha peraltro realizzato il rivoluzionario superamento della tradizionale separazione tra bidimensionalità e tridimensionalità. Ne è un esempio la costruzione di oggetti in rilievo, a partire dalla tecnica del collage, come pure l’utilizzo di asticelle di ferro saldato, figurazione materiale del “disegno nello spazio” che diede inizio a una ricca corrente della scultura contemporanea (Giacometti, Calder, Julio González, David Smith, ecc.). Tra Tête de femme: Fernande (Testa femminile; 1909) e Tête de femme (Testa femminile; 1962) – quest’ultima evocante Jaqueline Roque, divenuta l’ultima moglie dell’artista – intercorre più di mezzo secolo. Mettendo a paragone le due sculture, la mostra permette così di assistere all’intero percorso produttivo di Picas06
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05 Mandolino e clarinetto Paris, autunno 1913 Pittura e tratti a matita su elementi in legno di pino 58 x 36 x 23 cm Dation Pablo Picasso, 1979. MP247 Musée national Picasso, Paris © Succession Picasso / 2018, ProLitteris, Zurich Photo RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Béatrice Hatala
so nella scultura, volta alla distruzione della tradizione statuaria classica, passando attraverso la genesi del cubismo, il collage-pliage, la creazione dell’oggetto volatile, il tuttotondo, le strutture filamentose, fino al gusto Pop. www.masilugano.ch
06 La capra Vallauris, 1950 Bronzo 120 x 71 x 144 cm Dation Pablo Picasso, 1979. MP340 Musée national Picasso, Paris © Succession Picasso / 2018, ProLitteris, Zurich Photo RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Béatrice Hatala
LAC / MASI LUGANO
Un’ opera importante NELL’AGORÀ DEL LAC LA SCULTURA SOGLIA: A EDUARDO CHILLIDA DELL’ARTISTA ARNALDO POMODORO, APPARTENENTE AL MASI, POTRÀ ESSERE AMMIRATA DAI VISITATORI DEL CENTRO CULTURALE
Da sinistra: Sébastien Pesenti, Marco Franciolli, Gabriela Cotti-Musio
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opera di Arnaldo Pomodoro, tra i più importanti e noti scultori contemporanei, è stata donata al MASI da Credit Suisse, suo partner principale da oltre un ventennio. Sébastien Pesenti, responsabile Regione Ticino di Credit Suisse rimarca: «La donazione avvenne nel 2006 in occasione della celebrazione dei 150 anni di Credit Suisse. È un riconoscimento per l’ottima collaborazione con il MASI e la Città di Lugano, in cui siamo presenti da più di cento anni». La prestigiosa donazione trova oggi la sua collocazione ideale nell’Agorà del centro culturale LAC, dove ha sede il museo. L’anfiteatro all’aperto è stato scelto in quanto spazio pubblico liberamente accessibile e luogo che non pone filtri fra le persone e l’opera d’arte. Marco Franciolli, di-
rettore del MASI sino allo scorso dicembre, afferma: «Questa pregevole donazione offre un apporto di grande valore alla collezione della Città di Lugano, in particolare per la scultura contemporanea». Le sculture di Arnaldo Pomodoro sono presenti in grandi piazze, dal capoluogo lombardo a Brisbane, in prestigiosi spazi pubblici come il Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, il quartiere dell’UNESCO a Parigi (la scultura Freccia è stata esposta anche a Lugano dall’allora Museo d’arte Moderna nel 2004) o di fronte al Palazzo delle Nazioni Unite a New York, e sono custodite nei principali musei del mondo. Pomodoro ha saputo dare alle proprie realizzazioni plastiche un’impronta inconfondibile e al tempo stesso rinnovare il linguaggio espressivo della scultura con grande originalità, coerenza ed efficacia.
Le sue opere si contraddistinguono per una straordinaria ricchezza tecnica che trasforma forme classiche e primordiali – il disco, la colonna, la sfera – in oggetti dal fascino arcano che custodiscono al proprio interno una struttura multiforme e articolata: opere che “aprendosi” in squarci profondi rivelano un mondo interiore diverso e più complesso di quanto non appaia in superficie. Soglia: a Eduardo Chillida è un omaggio allo scultore basco, che Arnaldo Pomodoro ha realizzato in tre esemplari nel 2003, a un anno dalla scomparsa di Chillida. Pomodoro modella due parallelepipedi drammaticamente squadrati, fra cui si apre – sotto una sorta di architrave - un varco. L’artista chiarisce che questo vuoto è «una soglia verso l’ignoto; un riferimento ideale all’estremo passaggio dalla vita alla morte». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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LAC / MASI LUGANO
NOI e il MASI IL CONSIGLIO DI FONDAZIONE DEL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA ANNUNCIA LA DONAZIONE DI 76 OPERE D’ARTE DA PARTE DI GIANCARLO E DANNA OLGIATI. UN ALLESTIMENTO DEDICATO VERRÀ PRESENTATO DAL 22 APRILE AL 9 LUGLIO 2018 NEGLI SPAZI ESPOSITIVI DEL MUSEO AL LAC.
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a donazione è frutto del rapporto di lungo termine instauratosi tra i coniugi Olgiati e la direzione del Museo Cantonale d’Arte, oggi Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI). Questa stretta collaborazione, sviluppatasi nel corso di quasi 20 anni e basata su un costante dialogo e scambio di idee, è all’origine del progetto di selezione delle 76 opere cedute al Museo. La donazione testimonia e conferma lo stretto rapporto di vicinanza della coppia al Museo, nonché le affinità elettive che hanno sempre accompagnato questa relazione. Questo significativo gesto viene compiuto in corrispondenza del termine di un importante ciclo per l’Istituto con l’avvicendamento tra Marco Franciolli e Tobia Bezzola alla guida del MASI a partire dal primo gennaio 2018. L’insieme delle opere selezionate riflette una comunione di gusto e di orientamento artistico tra la direzione del Museo e i collezionisti. Alcune opere sono divenute oggetto di interesse della coppia in occasione di eventi espositivi proposti dal Museo, mentre altre, scelte dai collezionisti, scaturiscono dal dialogo con la direzione del Museo. Tutte le opere che compongono la donazione, senza ec-
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cezione, sono state pensate per essere in sintonia con i diversi nuclei di opere appartenenti alla collezione permanente del MASI e con esse integrabili in possibili allestimenti futuri. A palese conferma, dichiarano a riguardo Giancarlo e Danna Olgiati “Ricordiamo oggi, non senza emozione, gli incontri e le lunghe conversazioni avute per tanti anni fra noi e Marco Franciolli su singole o gruppi di opere perché mossi dalla condivisione di una comune linea di contenuti e di gusto.” La donazione è articolata in quattro nuclei distinti, per un totale di 76 opere. Il nucleo degli artisti internazionali è composto da 8 opere di: Christian Boltanski, Liu Ding, Shannon Ebner, Karl Haendel. L’insieme degli artisti svizzeri è composto da 28 opere di: Adriana Beretta, Martin Disler, Ed-
mondo Dobrzansky, Urs Lüthi, Flavio Paolucci, Luciano Rigolini, Loredana Sperini. Gli artisti italiani per un totale di 28 opere sono: Stefano Arienti, Francesco Barocco, Riccardo Beretta, Vincenzo Cabiati, Pierpaolo Campanini, Gianni Caravaggio, Roberto Ciaccio, Chiara Dynys, Daniela De Lorenzo, Francesco Gennari, Amedeo Martegani, Perino & Vele. Mentre per la fotografia “Bauhaus” sono 12 opere di: Lux Feininger, Franco Grignani, Xanti Schawinsky, Luigi Veronesi. Dal 22 aprile al 29 luglio è prevista una mostra di presentazione della Donazione Giancarlo e Danna Olgiati negli spazi del secondo piano del MASI a cura di Marco Franciolli, direttore del Museo fino allo scorso dicembre. La mostra sarà accessibile gratuitamente.
CULTURA / KUNSTHAUS ZÜRICH
UN PROGRAMMA DI EVENTI TOTALMENTE RINNOVATO A SEGUITO DI UNA DIMINUZIONE DEL NUMERO DI VISITATORI DI 90.000 UNITÀ NEL 2017, IL KUNSTHAUS LANCIA LA CONTROFFENSIVA: IL PROGRAMMA DEL 2018 SPAZIA DA GIOVANI OPERE, ALLA CUI CREAZIONE POSSONO PARTECIPARE ASSOCIAZIONI E GRUPPI LOCALI, A MANIFESTAZIONI DI MODE ESTREME NELL’ARTE, ALLA VALORIZZAZIONE DELLA PITTURA NAÏF, FINO A MOSTRE MONOGRAFICHE DI ARTISTI RINOMATI QUALI ROBERT DELAUNAY E OSKAR KOKOSCHKA.
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ra le ragioni di questa perdita di visitatori, oltre ad un programma sperimentale, vi sono i lavori in corso per il collegamento dell’edificio esistente all’ampliamento di David Chipperfield. Tali attività assorbono risorse che sarebbero urgentemente necessarie per attuare una strategia di digitalizzazione utile a rendere più efficienti i processi operativi e a migliorare l’interazione con il pubblico. Nonostante il contesto difficile, l’istituzione ha migliorato la propria organizzazione in alcuni settori fondamentali, in cui ha raggiunto gli obiettivi presta-
biliti. In tal modo, viene frattanto garantita la quota privata di partecipazione agli investimenti complessivi dell’ampliamento. Per il passaggio di collegamento fra l’edificio esistente e la nuova struttura, grazie a finanziamenti privati è stato possibile commissionare a Lawrence Weiner la realizzazione di un’opera d’arte. Inoltre, è stato appena chiuso un accordo che porterà al Kunsthaus un’importante collezione privata: troveranno una nuova sistemazione a Zurigo 17 opere del norvegese Johan Christian Dahl, il più celebre esponente del romanticismo dopo Caspar David Friedrich. Una donazione dell’uomo d’affari e mecenate Christen Sveaas di Oslo, che ha studiato a San Gallo presso la HSG. L’offerta di mostre per il 2018 è di grande attualità, con l’esplorazione di correnti meno note e con l’esposizione assai popolare di pezzi classici. Fino al 25 marzo si terrà la prima esposizione in Svizzera dell’artista messicano Abraham Cruzvillegas. Nelle sue opere ed installazioni nello spazio indaga le forme scultoree come espressione di rapporti sociali. Le sue opere sono contrassegnate dall’idea di un costante divenire: risultano di fondamentale importanza l’improvvisazione, il lavoro con materiali presenti «in situ» e lo scambio con le persone del luogo. Cruzvillegas trasforma la sala espositiva in un’officina in cui, nel corso della mostra, nascono nuove
CULTURA / KUNSTHAUS ZÜRICH
opere e si svolgono differenti manifestazioni. Sul finire della mostra, le nuove opere formeranno un’installazione globale; in tal modo, l’idea di processo dinamico, centrale nell’opera di Cruzvillegas, si applica alla dimensione stessa della mostra. Magritte, Dietrich, Rousseau. Obiettivismo visionario (dal 9 marzo all’8 luglio). Lo sviluppo dell’astrattismo è stato un processo essenziale dell’arte moderna. Tuttavia, un contributo fondamentale alla modernità è giunto anche dagli artisti fedeli ai mezzi stilistici dell’arte figurativa, come rivelano diverse opere magistrali delle collezioni del Kunsthaus, alcune delle quali raramente esibite. A fine Ottocento, Félix Vallotton raffigurava il mondo visibile con una precisione simile a quella degli antichi maestri, rivelandone tuttavia la fragilità con un grande acume psicologico. Nello stesso periodo, l’autodidatta «naïf» Henri Rousseau dipingeva raffinati mondi visionari, frutto della sua immaginazione; nella mostra sono compresi anche artisti «naïf» successivi, quali André Bauchant, Camille Bombois, Élie Lascaux e Grandma Moses. Dopo la prima guerra mondiale, la rappresentazione figurativa del mondo trovò sbocco nel cosiddetto nuovo obiettivismo di Niklaus Stoecklin e Adolf Dietrich. D’altro canto, persino il surrealismo di René Magritte e di Salvador Dalí ha fatto ricorso all’arte figurativa per illustrare l’inconscio.
La mostra Fashion Drive (dal 20 aprile al 15 luglio) analizza 500 anni di storia della moda, come rispecchiata nell’arte: al centro dell’interesse vi sono i momenti di svolta, in cui la moda è estrema, stravagante, appariscente, cDriveamuffata e oggetto di sdegno. All’epoca della globalizzazione e dell’omologazione verso il «fast fashion», la mostra, realizzata in esclusiva presso il Kunsthaus in collaborazione con i Festspiele Zürich, offre uno sguardo critico e sensuale sull’abbigliamento nell’arte, ovvero su momenti cruciali nella storia della moda dal basso medioevo fino ai nostri giorni, attraverso i generi della pittura, del disegno, della scultura, dell’installazione, della fotografia e del film. Con 60 artisti, tra cui Joseph Beuys, Giovanni Boldini, Leigh Bowery, Daniele Buetti, Salvador Dalí, Honoré Daumier, Albrecht Dürer, Esther Eppstein, Sylvie Fleury, Emilie Flöge e Gustav Klimt, Natalja Gontscharowa, K8 Hardy, Herlinde Koelbl, Peter Lindbergh, Manon, Malcolm McLaren e Vivienne Westwood, Mai-Thu Perret, Tula Roy e Christoph Wirsing, Wolfgang Tillmans, Félix Vallotton ed Andy Warhol. Con la più ampia mostra (dal 31 agosto all’11 novembre) realizzata ad oggi in Svizzera, il Kunsthaus rende omaggio a Robert Delaunay (1885–1941), uno dei grandi pionieri dell’arte d’inizio Novecento. L’esibizione, assai accattivante sul piano visivo, permette al pubblico di cogliere l’ampia portata dell’opera di Delaunay e il suo carattere innovativo, mettendo a fuoco gli aspetti centrali della sua produzione, quali la luce, il colore e l’espressione pittorica di un processo osservativo inteso come attività consapevole. Attraverso la mostra si apprende come il fervente fautore e rappresentante dell’arte astratta sia divenuto uno dei principali esponenti dell’avanguardia parigina. Gli ottanta dipinti e lavori su carta evidenziano lo stimolo e l’influsso decisivo esercitato da Parigi sul vocabolario visuale di Delaunay e sui
suoi esperimenti pittorici. Completano l’esposizione fotografie e film di artisti a lui contemporanei, ugualmente ispirati dalla metropoli francese. Da segnalare da ultimo, per la fine del 2018 la retrospettiva di Oskar Kokoschka (1886–1980) è oggi annoverato fra i più importanti artisti del Novecento. In un’Europa sconvolta da due guerre mondiali, dove il realismo era caduto in disgrazia, Kokoschka si schierò risolutamente in favore del riconoscimento dell’arte figurativa: per tutta la sua vita rimase fedele alla forza di un’arte immune dalla propaganda di Stato, come appare evidente dal complesso della sua opera. La retrospettiva comprende l’insieme delle tecniche utilizzate da Kokoschka, quali la pittura a olio, il pastello, il disegno, l’acquerello, la stampa, nonché le sue opere teatrali e i suoi disegni di costumi. L’ultima retrospettiva dedicata a Kokoschka in Svizzera si ebbe nel 1986 presso il Kunsthaus Zürich. È dunque tempo di riproporre, sia ad una nuova generazione che agli ammiratori di lunga data, gli spettacolari originali di tale pittore espressivo dalla pennellata inconfondibile.
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CULTURA / PINACOTECA COMUNALE CASA RUSCA
Mario Botta SPAZIO SACRO DAL 25 MARZO AL 12 AGOSTO 2018 LA PINACOTECA COMUNALE CASA RUSCA A LOCARNO OSPITERÀ UNA RASSEGNA DELLE ARCHITETTURE DEL SACRO DI MARIO BOTTA, UN PROGETTO ESPOSITIVO CURATO DALLO STUDIO MARIO BOTTA ARCHITETTI, CON LA DIREZIONE SCIENTIFICA DI RUDY CHIAPPINI.
01 Cattedrale della Resurrezione Évry (Francia) 1988-95 Ph: Pino Musi 02 Moschea Yinchuan (Repubblica Popolare Cinese) 2016- in fase di progettazione Render Marco Mornata (Mario Botta Architetti) 03 Cattedrale di Nostra Signora del Rosario Namyang (Corea del Sud) 2011- in fase di realizzazione Render Marco Mornata (Mario Botta Architetti)
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opo aver presentato artisti di fama internazionale (Valerio Adami, Fernando Botero, Hans Erni, Mimmo Rotella, Javier Marín e Robert Indiana), il Museo inaugura la programmazione espositiva del 2018 con una mostra dedicata a Mario Botta, estendendo il proprio orizzonte di ricerca e interesse anche all’architettura. La mostra si svolgerà nelle sale della Pinacoteca e nel suggestivo padiglione costruito per l’occasione nel cortile esterno. Per la prima volta in assoluto saranno presentate 22 architetture realizzate in differenti Paesi: Svizzera, Italia, Francia, Israele, Ucraina, Sud Corea e Cina. Si tratta di 18 edifici, 3 opere in corso di realizzazione e una proposta per una cappella all’aeroporto della Malpensa. Tutti i progetti saranno documentati con modelli originali, disegni e gigantografie. L’esposizione documenta una tipologia cara all’architetto Mario Botta che, in tanti anni di attività, ha avuto diverse opportunità di confrontarsi con la dimensione del sacro, tanto da giungere ad affermare che «attraverso
gli edifici di culto ho l’impressione di aver individuato le radici profonde dell’architettura stessa. I concetti di gravità, di soglia e di luce come generatrice dello spazio, il gioco delle proporzioni e l’andamento ritmico degli elementi costruttivi, fanno riscoprire all’architetto le ragioni primarie, di matrice in qualche modo sacra, dell’architettura stessa». La capacità dell’architetto svizzero è infatti quella di sviluppare un linguaggio architettonico basato sullo studio delle forme primarie, dei volumi puri, della geometria elementare e dei materiali naturali. Una sfida importante da vincere per Botta è misurarsi con l’infinito attraverso elementi finiti, figure semplici che sono più facilmente distinguibili e in cui tutti si possono riconoscere. L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo illustrato, accompagnato da una introduzione di saggi critici
04 Cappella di Santa Maria degli Angeli Monte Tamaro (Svizzera) 1990-96 Ph: Enrico Cano 05 Chiesa di San Giovanni Battista Mogno (Svizzera) 1986-96 Ph: Enrico Cano 02
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(Salvatore Veca, Gianfranco Ravasi, Corrado Bologna, Pierluigi Panza, Giorgio Ciucci) e da una selezionata raccolta antologica a complemento di ogni capitolo. 05
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CULTURA / GEORG BASELITZ
UN ARTISTA mai convenzionale PER CELEBRARE GLI 80 ANNI DI GEORG BASELITZ, UNO DEI PITTORI PIÙ RICONOSCIBILI E INFLUENTI DEL DOPOGUERRA, LA FONDAZIONE BEYELER DI RIEHEN GLI DEDICA FINO AL 29 APRILE UNA MOSTRA IMPORTANTE E DIFFICILE. ATTRAVERSO UNA NOVANTINA DI DIPINTI E UNA DOZZINA DI SCULTURE IN LEGNO VIENE RIPERCORSA LA PARABOLA CREATIVA DI UN ARTISTA CHE HA SFIDATO LE CONVENZIONI MORALI ED ESTETICHE DEL SUO TEMPO, DI UN UOMO FORTEMENTE ATTRATTO MA ANCHE CRITICO NEI CONFRONTI DELLE AVANGUARDIE.
L DI RUDY CHIAPPINI
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a vicenda umana di Georg Baselitz è indissolubilmente legata con quella artistica per farne il personaggio simbolo di una molteplicità di contraddizioni comuni ad altri che, come lui, hanno vissuto lo stesso periodo storico. Nato in Sassonia, nella Germania est, alla fine degli anni Cinquanta giunge a Berlino ovest per studiare all’Accademia di Belle Arti. Il passaggio da uno stato comunista che insegnava e pretendeva dai suoi artisti l’adesione incondizionata al Realismo Socialista, ad una società orientata verso un liberismo di matrice americana sull’onda di un modello consumistico sempre più diffuso, non è certo stato indolore. Baselitz è tra i pochi artisti contemporanei le cui radici affondano nella storia della pittura europea e, a giusta ragione, viene considerato l’inventore di un linguaggio figurativo che attinge a un ricco repertorio di elementi iconografici e stilistici del passato i quali, trasposti nelle sue creazioni, acquisiscono tuttavia valenze nuove, contraddittorie e ambivalenti. Con grande libertà mentale e profonda conoscenza delle radici storiche della cultura tedesca, le sue immagini denunciano fin dagli esordi in termini provocatori e violenti il malessere di una società incapace di ri-
sollevarsi dai disastri anche psicologici della guerra. In questa mostra emozionante, ecco dunque svelata l’arte senza compromessi di Baselitz, dilaniata dalla solitudine, eppure vigorosa e caparbia, che si concretizza nelle figure granitiche e dolenti che popolano un mondo inconsapevole. L’artista nella serie degli Eroi, quasi colto da un vero e proprio furore creativo, forse per esprimere una profonda oscurità interiore e collettiva, dà vita ad una serie di dipinti straordinari: uomini colti nella loro fragilità, nella flagranza di un naufragio esistenziale: combattenti, partigiani, vittime di guerra, stretti nelle loro uniformi lacere e stagliati contro scorci desolati, fra arbusti spogli, orizzonti soffocati, cumuli di macerie. Eroi che hanno perduto ogni aura mitologica, affidati a una pittura non più celebrativa ma commossa, contorta, disperata. In loro vive l’angoscia della colpa, il senso della caduta, il ritrarsi lento del futuro e l’ombra di un passato di rovine. Sono modelli per un nuovo tipo umano: senzatetto e sradicati, il loro aspetto lacero cancella gli ideali illusori e gonfiati del Terzo Reich. Seguono poi i protagonisti delle Fratture, dipinti che rappresentano figure solitarie e anonime, smembrate,
CULTURA / GEORG BASELITZ 02 01 Segni diversi 1965 Olio su tela 162,5 x 130,0 cm Fondation Beyeler, Riehen/Bâle Collection Beyeler © Georg Baselitz, 2017 Ph: Robert Bayer, Basel
03 Camera da letto 1975 Olio e carboncino su tela 250 x 200 cm Collection particulière © Georg Baselitz, 2018 Ph: Jochen Littkemann, Berlin
02 B per Larry 1967 Olio su tela 250 x 190 cm Collection Friedrich Christian Flick © Georg Baselitz, 2018 Ph: St. Rötheli, Zürich
accompagnate da un bestiario di vacche e cani aggressivi. Le parti del corpo e della testa appaiono inghiottite in un turbinio grottesco nell’aria. Ancora una volta è il ritratto di un mondo caotico, privo di orientamento spaziale e di prospettiva, dove il motivo dipinto è destrutturato. A livello espressivo il problema di fondo della pittura di Baselitz è rappresentato dalla ricerca del superamento dell’irriducibile frattura tra la pittura di figura e quella astratta. L’artista, alla fine degli anni Sessanta, risolve la questione attraverso una provocazione che ne è diventata la cifra stilistica più riconoscibile. In Wald auf dem Kopf introduce il capovolgimento dell’immagine, un espediente formale provocatorio, che gli permette di spiazzare l’osservatore distogliendo la sua attenzione dal soggetto ritratto, filtrando la percezione attraverso la sorpresa e l’ironia. Baselitz ribalta lo spazio, lo presenta in una dimensione dissimile dall’usuale, per liberare il soggetto dal suo contenuto. La sua arte, aggressiva e spesso inquietante, si concentra talvolta su figure semi-astratte, ma anche su animali e paesaggi che sprigionano un senso di ostilità e isolamento, attraverso uno stile assolutamente unico. In queste opere egli ha scoperto un nuovo linguaggio che gli 03 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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CULTURA / GEORG BASELITZ 04
ha consentito di combinare i principi dell’astrazione con quelli del realismo, ma anche filosoficamente di “mettere il mondo a testa in giù”, leitmotiv che ricorrerà poi spesso nella sua opera. Personaggi anonimi, amici e molto spesso la moglie Elke, sua compagna da una vita, assurgono a soggetto delle opere che hanno reso celebre l’artista a livello internazionale. Col trascorrere degli anni la carica rivoluzionaria della sua pittura poi sembra affievolirsi spingendolo nelle opere più recenti a rinunciare quasi del tutto all’immagine per lasciare spazio ad una pittura più concettuale e astratta, liberata da ogni esigenza di racconto. La figure delle opere realizzate lo scorso anno, ed esposte per la prima volta, con le quali la mostra si chiude, risultano appannate, sfuocate, piatte. O per meglio dire, come ha scritto l’artista stesso consapevole di questa deriva: “C’è in me una nuova tecnica pittorica; lasciare le cose svanire nella nebbia”. Ma ad un grande come Baselitz è stato, questo lo si può perdonare. 04 Via dalla finestra 1982 Olio su tela 250 x 250 cm Fondation Beyeler, Riehen/Basel Collection Beyeler © Georg Baselitz, 2018 05 La signora Ultramarine 2004 Legno di cedro e olio 295.5 x 94 x 107 cm DASMAXIMUM KunstGegenwart, Traunreut © Georg Baselitz, 2018 Ph: Jochen Littkemann, Berlin 06 Avignone 2017 Olio su tela 480 x 300 cm Collection privée © Georg Baselitz, 2018 Ph: Jochen Littkemann, Berlin
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CULTURA / FONDAZIONE BRAGLIA
Un Pot-Pourri DI GRANDE QUALITÀ LA COLLEZIONE PRIVATA DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI ANNA E GABRIELE BRAGLIA È NUOVAMENTE VISIBILE AL PUBBLICO NEGLI SPAZI DELLA FONDAZIONE BRAGLIA DI LUGANO DAL 29 MARZO AL 30 GIUGNO 2018.
Fernando Botero La Pique 1985 Tempera su carta 42,7 x 32,5 cm Courtesy Fondazione Gabriele e Anna Braglia Lugano
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a raccolta è presentata con il titolo POT-POURRI. Da Picasso a Valdés ed è l’espressione di una ricca mescolanza di stili eterogenei raccontata attraverso lo sguardo intimo e personale di due collezionisti appassionati che, con generosità, aprono le porte del loro universo offrendo un viaggio esclusivo alla scoperta degli esponenti più significativi del Novecento. «Nomi importanti ma mai soltanto firme», sottolinea Rudy Chiappini nell’introduzione del libro che accompagna la mostra, «opere entrate in Collezione soprattutto attraverso scelte istintive, per aver suscitato in Gabriele
e Anna emozioni profonde. Dipinti, disegni e sculture acquisiti per il piacere di contemplarli e di farne parte integrante e quotidiana della loro vita. […] La Collezione Braglia è il risultato di un lungo percorso fatto di passione, intuito grandi capacità e intelligenza. La soggettività delle loro scelte è di per se un atto creativo, vulnerabile e forte allo stesso tempo nel quale si leggono le vicende del comune percorso esistenziale e dello stretto legame che li ha uniti per oltre mezzo secolo». In mostra un centinaio di opere realizzate da una cinquantina di artisti che svelano il panorama artistico italiano ed internazionale attraverso dieci sezioni tematiche suddivise in due piani espositivi. Attraverso la produzione di artisti quali Picasso, Modigliani, Chagall, Magritte, Miró, Max Ernst, de Chirico, Warhol, Haring, Basquiat, Rotella, Tinguely, Sironi, Burri, Fontana e altri ancora, l’esposizione POTPOURRI rappresenta un’occasione unica di avvicinarsi e confrontarsi con i differenti linguaggi che hanno caratterizzato lo sviluppo artistico-culturale del ventesimo secolo. In parallelo all’offerta luganese, l’attività della Fondazione Gabriele e Anna Braglia, in questo nuovo anno, si contraddistingue anche per varie collaborazioni extra-muros con istituzioni museali di rinomanza internazionale. Nel corso della primavera è dunque possibile vedere selezioni di opere di proprietà della Fondazione incorporate in tre progetti di significativo scambio culturale. In ordine di data, il primo è al Franz Marc Museum di Ko-
chel am See in Germania a partire dal 24 febbraio nell’ambito di un omaggio ai paesaggi di Paul Klee; il secondo, dal 24 marzo, allo Stadtmuseum di Lindau per la monografica su August Macke e, dal 13 aprile, al Leopold Museum di Vienna per la retrospettiva dedicata al pittore italo-sloveno Zoran Music. Tutto questo nell’attesa di poter festeggiare, in autunno, il terzo anno di apertura della Fondazione con una nuova e stimolante proposta (www.fondazionebraglia.ch).
Pablo Picasso Nu et deux personnages 1969 Disegno a matita nera su carta 21 x 26,5 cm © Succession Picasso / 2017, ProLitteris Zurich
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CULTURA / IMAGO ART GALLERY
NUOVA GRANDIOSA APERTURA IMAGO ART GALLERY INAUGURA IL 19 APRILE UNA NUOVA SEDE NELLA CENTRALE VIA NASSA 46. E LO FA PRESENTANDO OPERE DI UN GRUPPO DI ARTISTI CHE HANNO FATTO LA STORIA DELLA PITTURA ITALIANA DEL SECOLO SCORSO: GLI SPAZIALISTI.
W 01 Piero Manzoni Achrome 1962 Fibre sintetiche su tela 21,3 x 28,5 cm 02 Lucio Fontana Concetto Spaziale – Attese 1964 Idropittura su tela, bianco 73 x 92 cm
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hite, come una pagina bianca o un capitolo tutto ancora da scrivere. White come la prima mostra che Imago Gallery tenne esattamente 20 anni or sono in Gran Bretagna. Sono queste le premesse che hanno portato a scegliere questo titolo per la mostra inaugurale della nuova sede, più ampia e spaziosa, disposta su due piani, di prossima apertura in centro a Lugano. Un evento importante, destinato a segnare il panorama artistico della città ticinese, così come di primo piano sono gli artisti esposti: Fontana, Bonalumi, Castellani, Manzoni e Burri, tutti prota-
gonisti assoluti del movimento Spazialista fondato a Milano nel 1947 da Lucio Fontana, artista che aveva alle spalle una lunga carriera come scultore e pittore, legato alle esperienze astratte ed espressioniste. Il primo Manifesto dello Spazialismo era stato redatto un anno prima a Buenos Aires, come Manifiesto Blanco (ecco ancora questo colore che ritorna), dove si affermava l’importanza di un nuovo modo di concepire lo spazio e si proclamava l’abbandono della pittura da cavalletto. L’arte non deve più sottostare alle limitazioni della tela o della materia («vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro»), ma può allargare il suo campo, espandendosi attraverso nuove forme e tecniche espressive. I pittori spazialisti non hanno come priorità il colorare o dipingere la tela, ma creano su di essa delle costruzioni che mostrano agli occhi dello spattatore come, anche in campo puramente pittorico, esista la tridimensionalità. Il loro intento è dar forma alle energie nuove che vibravano nel mondo del dopoguerra, dove la presa di coscienza dell’esistenza di forze naturali nascoste come particelle, raggi, elettroni premeva con forza incontrollabile sulla “vecchia” superficie della tela. Tali forze troveranno lo sfogo definitivo nel rivoluzionario gesto di Fontana, che bucando e tagliando la superficie del quadro, fece il passo finale di distacco dalla vecchia arte verso la nuova arte spaziale. I tagli e i buchi dei suoi quadri monocromatici, oltre a rendere concreto lo spazio vuoto, consentono alla materia di esprimersi attraverso le sue stesse sporgenze e depressioni. Ultimo compito degli Spazialisti è la
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conquista nell’essenza e nella forma dell’arte della dimensione del tempo: per gli artisti spaziali quindi non esisterà più né pittura né scultura, ma solo “forme, colore, suono” in un discorso globale, al di là di classificazioni riduttive o artificiose. La primavera dell’IMAGO Art Gallery prevede altri importanti momenti espositivi e partecipazioni a manifestazioni fieristiche, a cominciare dalla ottava edizione di MIA Photo Fair, che si terrà da venerdì 9 a lunedì 12 marzo 2018 a Milano a The Mall, nel quartiere di Porta Nuova Varesine. Il board di curatori di MIA Photo Fair ha lavorato a pieno regime per confermare l’elevata qualità delle proposte espositive che il pubblico ha, sempre
di più, dimostrato di apprezzare. Lo scorso anno infatti, sono stati 25.000 i visitatori che hanno affollato gli stand allestiti a The Mall. A questa manifestazione IMAGO Art Gallery sarà presente con lavori di Bob Krieger, Nan Goldin e GLOC. Alla importante partecipazione quella a Essen Thecno Classica, trentesima edizione della tradizionale fiera tedesca dedicata al motorismo d’epoca che si svolgerà dal 21 al 25 marzo, dove è prevista l’esposizione di alcuni lavori di Enrico Ghinato.
IMAGO ART GALLERY Via Nassa 62 CH-6900 Lugano +41 (0)91 921 43 54 info@imago-artgallery.com www.imago-artgallery.com
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CULTURA / DE PRIMI FINE ART
I prodigi DEL COLLAGE 01
DI PAOLO REPETTO LA GALLERIA LUGANESE OSPITA DALL’11 APRILE AL 15 MAGGIO UNA MOSTRA DI CONRAD MARCA-RELLI, ARTISTA DI ORIGINE STATUNITENSE CHE HA TRASFORMATO I SUOI LAVORI IN PREZIOSI INTARSI MATERICI.
N 01 Untitled 1970 Paper and canvas collage on panel 50 x 65 cm 02 J-S-12-73 1973 Mixed media on canvas 41,5 x 59,3 cm 03 S1-62 1962 Mixed media on canvas 38 x 60 cm
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el 1948 Conrad MarcaRelli (Boston 1913 Parma 2000) – in uno dei suoi primi e più felici soggiorni nella sua Italia, nel Bel Paese, nella patria della grande arte, quel caro luogo che i suoi genitori avevano dovuto abbandonare molti anni prima, emigrando da Benevento a Boston – arrivò nella città eterna, dove incontrò Alberto Burri e Afro Basaldella. Con loro, da subito, strinse una intensa comunione, in un libero travaso di idee comunicanti, che oggi ci appaiono come il calmo e lirico e vasto vortice di una pittura che si fa materia, di una materia che si trasforma in puro bianco, in catrame, iuta, lino, carta, metallo, magica toppa; in una superficie bidimensionale che rifonda dal suo interno le proprie ragioni di apparire ed
il senso di un nuovo essere. Tra il lirico, aereo cromatismo di Afro, e le grezze, bellissime campiture di Burri, Marca-Relli trovò quegli spunti e quelle conferme che il suo fare arte aveva già delineato. In un percorso simile e parallelo, dove tutte le tensioni ed i fiumi di un possibile primato cronologico - che a rigore, per pochi anni e pochi mesi, si potrebbe anche verificare - si sciolgono nel vasto mare di una felice comunità d’intenti. Ma, mentre Afro per tutta la sua attività rimarrà fedele alla sua lirica pittura: solide ali di farfalle, dove tutti i colori dell’arcobaleno si fondono e si scompongono come nel rifrangersi di un poliedrico cristallo, al contrario, com’è noto, Burri e Marca-Relli andranno oltre alla pittura, in un gioco di nuovi intarsi materici, in arazzi di variegate
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campiture e splendide cicatrici, dove il colore si fa iuta, la stoffa diviene modulo, un pezzo di carta felice oasi, ed un calibrato riquadro di metallo, sapientemente ripetuto e modulato, sarà insieme ritmo e struttura, forma e colore. Ritornato a New York, nei primi anni Cinquanta, Marca-Relli strinse una intensa amicizia con William de Kooning e Jackson Pollock, collaborando ai grandi ideali di una nuova arte americana, insieme a Philip Guston, Mark Rothko, Robert Motherwell e molti altri. Nel 1951, insieme a Leo Castelli, fu lui ad organizzare la prima mostra collettiva del cosiddetto espressionismo astratto americano, “Ninth Street Show”. E, due anni dopo, nel 1953, ad esporre i suoi primi inediti collages alla Stable Gallery, nella loro seconda rassegna collettiva, individuando così la celebre Scuola di New York. Poco dopo, con l’assegnazione della Logan Medal dell’Art Institute di Chicago (1954) l’anno precedente vinta da de Kooning - e più tardi, con l’ampia retrospettiva dedicatagli al Whitney Museum di New York nel 1967, il suo nome si impose tra i più importanti della nuova arte americana. Ma, diversamente da de Kooning e Pollock, così aperti alla
profonda gestualità dell’inconscio ed ai liberi furori dell’improvvisazione, Marca-Relli, componendo le sue vaste tele, ha sempre preferito una meditazione, una calma, un ordine, ogni volta filtrato dalle luci della coscienza. Se il suo amico De Kooning sperimentò anche una pittura realizzata ad occhi chiusi - dove i prodigi del caso possono strutturarsi in una visione del tutto inconscia - Marca-Relli ha sempre tenuto gli occhi bene aperti. Se il suo amico Pollock approfondì tutte le possibilità del dripping, attraverso il mirabile e disperato gesto del suo braccio - una nuova bacchetta magica e colorata, rabdomante ricerca delle segrete forme del cosmo - Marca-Relli, nobilissimo sarto della forma, ha sempre vestito le sue tele con i più meditati e sapienti intarsi. Secondo una parziale schematizzazione: alla velocità ed al furore americano, Marca-Relli ha sempre preferito una riflessione europea, una calma mediterranea, una lentezza meridionale, ben presto concretizzatasi nel suo profondo amore per le sue origini: per la grande pittura del Rinascimento italiano. Nell’invenzione di una inedita realtà del collage - ricco, denso, monumentale - dove gli eleganti precedenti di Picasso e Matis-
se, ampliandosi ben oltre la carta, e utilizzando altri materiali come la stoffa, la iuta, la plastica ed il metallo, ha saputo trasfigurare le sacre memorie ed i nobili ritmi di Paolo Uccello e Piero della Francesca, in un’altra mirabile “sintesi prospettica di forma e colore” (Roberto Longhi).
APPUNTAMENTI IN GALLERIA Fino al 30 Marzo: Nobuyoshi Araki Il demone dell’Eros
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CULTURA / CORTESI GALLERY
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CHIARA DYNYS, Broken Views (Sguardi Spezzati) FINO AL 30 APRILE 2018 CORTESI GALLERY PRESENTA A LUGANO UNA MOSTRA IN CUI L’ARTISTA CHIARA DYNYS RIBADISCE L’IDEA DELLA DIFFICOLTÀ DI “GUARDARE” E AL CONTEMPO DELLA NECESSITÀ DI FARLO, COME METAFORA DELL’INTERPRETAZIONE DEL MONDO.
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ttraverso tre cicli di opere, visivamente molto diversi, si ricompone il senso unitario del percepire il mondo come esercizio difficile, rivestito però di una forma ora geometricamente elegantissima, ora bizzarra nelle immagini, ora concettuale. Sono infatti esposti per la prima volta i lavori del ciclo “Liseberg” dal nome di un parco divertimenti scandinavo, ripreso nel triste tempo invernale di chiusura: sotto cieli di piombo, giostre, autoscontri e ottovolanti si animano saltuariamente, offrendo immagini di una spensieratezza dai tratti in-
congruamente spettrali, in un’atmosfera di sospensione carica di mistero. Sono inoltre in mostra numerosi “libri” (della serie “Tutto”) in metacrilato colorato con antinomie decise scolpite sulle pagine aperte, e lucenti box in vetro e specchio con tarsie cromatiche geometriche (“Look at you”): ogni opera a suo modo riconduce all’assunto di base – la difficoltà di guardare – secondo processi visivi e mentali completamente differenti, ma il cui risultato è lo stesso, come una complessa argomentazione matematica che si può verificare attraverso percorsi dimostrativi differenti.
CULTURA / CORTESI GALLERY 02
CORTESI GALLEY – LONDON 41 & 43 Maddox St., UK-W1S 2PD CORTESI GALLEY – MILANO Corso di Porta Nuova 46/B, IT-20121
Ovunque, nelle opere di Dynys, qualcosa impedisce di vedere, e al contempo spinge a farlo: l’immagine scompare e ricompare in un elemento lenticolare, oppure le parole si contraddicono o, ancora lo specchio è parzialmente offuscato o cancellato. Nel trovarsi di fronte a possibilità espressive tanto differenti come in questi tre cicli di lavori, lo spettatore è così posto di fronte alla possibilità di scegliere il suo modo di guardare al mondo – chi ama l’immagine, chi l’armonia, chi il pensiero… -, fermo restando che “deve” scegliere e deve poi “superare la difficoltà” di guardare, come si supera una prova esperienziale, di formazione, di compiutezza etica ed estetica. Chiara Dynys è nata a Mantova e lavora a Milano. Sin dall’inizio della sua attività, nei primi anni novanta, ha agito su due filoni principali, entrambi riconducibili a un unico atteggiamento nei confronti del reale: identificare nel mondo e nelle forme la presenza e il senso dell’anomalia, della variante, del-
la «soglia» che consente alla mente di passare dalla realtà umana a uno scenario quasi metafisico. Per fare questo utilizza materiali apparentemente eclettici, che vanno dalla luce al vetro, agli specchi, alla ceramica, alle fusioni, al tessuto, al video e alla fotografia. Chiara Dynys ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in importanti musei e istituzioni culturali pubbliche e private italiane ed estere. Il prossimo impegno della Cortesi Gallery sarà la partecipazione alla prestigiosa e selettiva fiera Tefaf nella sezione Showcase dove verrà presentato uno stand con opere di artisti appartenenti al Gruppo Zero ed in contemporanea sarà presente alla fiera newyorkese The Armory Show.
CORTESI GALLEY – LUGANO Via Frasca 5 CH-6900
01 Chiara Dynys Mind Heart 2017 Fusione di metacrilato 40 x 65 x 9 cm 02 Installation view Cortesi Gallery Lugano, ciclo “Liseberg”, Chiara Dynys 03 Chiara Dynys - Liseberg 2017 Fusione di metacrliato, foto, vetro e argento 53 x 69 x 4,5 cm 04 Installation view Cortesi Gallery Lugano, ciclo “Tutto”, Chiara Dynys
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CULTURA / ARTRUST
Street Art 2 e Yaacov Agam - 51 steps ARTRUST INAUGURA IL SUO 2018 CON DUE MOSTRE ALLESTITE IN CONTEMPORANEA A MELANO: LA PRINCIPALE “STREET ART 2. DA BASQUIAT A BANKSY, I RE DELLA STRADA”, PROSEGUE SUL FILONE DELLA STREET ART APERTO LO SCORSO ANNO, CON TANTE NUOVE OPERE E NUOVI ARTISTI, IN RAPPRESENTANZA DEL PANORAMA DELLO STATO ATTUALE DELL’ARTE URBANA. A MARGINE PROPONE “YAACOV AGAM - 51 STEPS”, LA PRIMA DI UNA NUOVA SERIE DI “CAPSULE EXHIBITION” CHE SARANNO ALLESTITE SFRUTTANDO GLI SPAZI DELLA SCALINATA INTERNA DELLO STABILE.
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al 4 marzo e fino al 30 maggio i visitatori avranno la possibilità di respirare ancora una volta lo spirito della strada nelle oltre 50 opere esposte, la maggior parte delle quali inedite. La mostra, pur configurandosi come una prosecuzione della precedente, presenta tante novità nell’allestimento, con la presenza di nuovi pezzi e artisti in rappresentanza del panorama attuale della Street Art, in particolare della scena europea: molti i francesi presenti, ma anche inglesi e italiani. Di questi ultimi citiamo ALO, italiano ma operativo a Londra, RAVO, italo-svizzero famoso per il suo stile unico e le sue riproduzioni di opere rinascimentali con lo spray, e RAUL33, già protagonista della mostra “Atlantis” organizzata da Artrust a Lugano nello scorso autunno. Ampio spazio sarà ovviamente riservato ad alcuni dei nomi che hanno fatto, e continuano a fare la storia di questo movimento, tra cui Basquiat, Keith Haring, Banksy e Obey. Questa seconda edizione della mostra è un’occasione, per chi non è riuscito a visitare la prima, di conoscere la Street Art nelle sue molteplici espressioni contemporanee e, per chi ci è già stato, di scoprire nuove opere e nuovi artisti. A margine della mostra principale, Artrust inaugura anche “Yaacov Agam - 51 steps”, la prima di una nuova serie
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di “capsule exhibition” che saranno allestite negli spazi della scalinata interna dello stabile di Melano. “51 steps” sono i 51 gradini che il visitatore deve salire nel corso della visita alla nuova mostra. Aperta al pubblico dal 4 marzo, la mostra condensa, in un inedito percorso ascendente, alcune opere dell’artista Yaacov Agam. Israeliano, in seguito trasferitosi a Parigi, Agam è considerato uno dei massimi esponenti della Op Art e dell’arte cinetica. Le opere esposte, sempre a cavallo tra scultura e pittura, rappresentano una significativa sintesi del suo lavoro, in grado di restituirci a pieno quel gioco di colori contrapposti, cambi di prospettiva, illusioni ottiche, che sono al centro del suo progetto artistico. La mostra stessa è strettamente legata all’idea di movimento, la medesima che caratterizza le opere dell’artista. Il visitatore, uno scalino dopo l’altro, vede le opere trasformarsi, cambiare forma e colori, evolvere. Un gioco in salita che lo mette a stretto contatto le molteplici sfaccettature dei quadri e delle sculture di Agam. «“51 steps” è una formula che auspichiamo possa diventare un appuntamento fisso, collaterale alle nostre mostre principali – afferma Patrizia Cattaneo Moresi, Direttrice di Artrust – Potenzialmente ogni spazio fisico può diventare uno spazio in grado di ospitare l’arte. L’idea di allargarci anche
alle scale viene da questa consapevolezza e dall’idea che un percorso insolito, che parta dal basso per concludersi al termine della scalinata, possa essere la forma di visita ideale per far conoscere un artista o una particolare forma d’arte. Sintetizzandola nello spazio di 51 gradini e nel tempo necessario a percorrerli».
Sopra: Yaacov Agam Andromedar IV Serigrafia a colori su PVC Sotto: Ravo (Andrea Mattoni) Echo of Caravaggio 2017 Pastello e spray su carta
CULTURA / ARTRUST
ARTRUST SA Via Pedemonte di Sopra 1 CH-6818 Melano www.artrust.ch Orari galleria: Lunedì – venerdì: 10.00 – 18.00
PROSSIMI APPUNTAMENTI 4 marzo – 30 maggio 2018 Aperture straordinarie: domenica 4 marzo, sabato 7 aprile, sabato 5 maggio. STREET ART 2 Da Basquiat a Banksy, i Re della Strada. Per maggiori informazioni: www.artrust.ch/streetart2
215x138, Ticino Welcome (2018_02).pdf
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YAACOV AGAM 51 steps. An upward exhibition Per maggiori informazioni: www.artrust.ch/agam51
CULTURA / LORENZO CAMBIN
IL MIO OMAGGIO alla natura PER CAMBIN L’OPERA D’ARTE FIORISCE, SI DIPANA NELLA NATURA CHE L’HA GENERATA E SI NUTRE DELLE FORZE DINAMICHE CHE ESSA METTE IN ATTO. IL SUO È UN RITORNO ALLA NATURALITÀ COME MATRICE ESISTENZIALE, UN VIAGGIO ALLE ORIGINI, DALLE QUALI L’ESSERE URBANO SI È ALLONTANATO. 01
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ome nasce il suo interesse per il mondo della natura? «Fin dagli anni di miei studi, prima presso l’Istituto statale di Urbino, poi tra il 1980 e il 1984 all’Accademia di Brera a Milano, ho cercato di trasfondere nelle mie opere, all’epoca essenzialmente pittoriche, l’amore che ho sempre provato per la natura, i bo-
schi, i prati, le pietre, i corsi d’acqua, tutti quegli elementi che ci circondano e che costituiscono un elemento fondamentale della vita umana». Il suo successivo passaggio alla scultura non ha comportato l’abbandono di queste tematiche… «Quando ho cominciato a realizzare le mie sculture, anche se sarebbe più corretto parlare di opere tridimensionali ottenute assemblando elementi diversi, ho scelto di utilizzare materiali non “sofisticati” quali il legno e la pietra, che abbinano nella loro stessa essenza elementi naturali e atmosferici come vento, acqua e terra. In questo senso si può parlare di opere che fioriscono, si dipanano nella natura che le hanno generate e si nutrono delle forze dinamiche che essa mette in atto».
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Nel suo linguaggio espressivo riveste una grande importanza anche l’elemento casuale, sia ad opera della natura che dell’uomo… «Attraverso le mie sculture mi propongo di trasformare la percezione della realtà senza modificarla, stabilendo così un rapporto dialettico fra l’interno e l’esterno dai confini mossi, rapporto a volte di opposizione, a volte di fusione armoniosa. Inoltre, l’uso di materiali comuni come il legno, l’acqua e la pietra in opere esposte all’aperto creano un contatto sfumato con la natura, diventandone parte integrante». Dunque la natura entra nel suo processo creativo già quando passeggiando in un bosco, raccoglie rami o pietre come pezzi “già fatti” che potrebbero servire per qualche composizione… «Le mie sculture si chiamano quasi tutte SPAZI, perché esiste una relazione fra la parte e il tutto, in un dialogo che crea movimento e presenza. In altre parole, sono il risultato di un lavoro estremamente minuzioso il cui
obiettivo è porre in equilibrio ciò che è aereo con ciò che è terrestre: schegge di legno, fili metallici e canne di bambù si ergono nell’aria in posizione possibili solo grazie alla contrapposizione di piombo e pietra. Simulando la crescita del vegetale dal minerale, propongono un’imitazione essenziale e profonda della natura. In sintesi, si potrebbe parlare di una “ingegneria forestale”, o di una architettura di alta precisione». 02
01/02 Ph: Cesare De Vita 03 Ph: Studio Pagi 04/05 Ph: Lorenzo Cambin
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FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
Il futuro È QUI
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i tratta di un’evoluzione od una vera e propria rivoluzione quella con cui si confronta il mondo della finanza, alle prese con le nuove tecnologie digitali? Difficile rispondere, visto che il fenomeno avanza con ritmi diversi a seconda dei Paesi e degli ambiti, ma soprattutto considerata l’ampia gamma dei contesti operativi interessati. Una realtà multiforme che sarà oggetto del Lugano Banking Day, in programma al Palazzo dei Congressi il prossimo 20 marzo. Organizzato dall’Associazione Bancaria Ticinese (ABT) e dal Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), in collaborazione con la Città di Lugano e con l’Università della Svizzera Italiana (USI), il simposio internazionale mira ad analizzare i contesti in cui l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione operano, le opportunità e le sfide che esse pongono, le possibilità di sviluppo imprenditoriale che offrono, profilando il Ticino quale centro particolarmente favorevole per il connubio fra tecnologia e finanza. Il tutto grazie ad un’ampia schiera di operatori locali ed internazionali, del settore privato così come del mondo accademico. Vi sarà durante la giornata un’alternanza di workshop su temi caldi, quali i sistemi di pagamento di domani, le nuove vie della compliance, la collaborazione tecnologica quale “disruption” o miglioramento dei servizi, l’impatto delle piattaforme Blockchain, l’outsourcing dei servizi bancari, con
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sessioni plenarie e tavole rotonde. L’evento ospiterà specialisti accanto a personalità di spicco quali Sergio Ermotti, CEO del Gruppo UBS, Philipp Hildebrand, Vice Presidente di BlackRock, Bob Contri, leader del settore Global Financial Services di Deloitte e Alexander Lipton, docente presso il mitico Massachussets Institute of Technology (MIT) ed altre prestigiose istituzioni. Un grande evento di respiro internazionale, all’altezza della rilevanza che i temi in agenda richiedono. Il fenomeno FinTech coinvolge tanti soggetti, anzi non sarebbe azzardato affermare che ci coinvolge tutti, dalle società tecnologiche alle start-up che si cimentano nel comparto, alle banche ed agli altri intermediari finanziari, dai clienti che operano attraverso l’home banking od il trading online, fino a tutti noi utilizzatori di smartphone, tavolette e PC nell’interagire con banche e loro consulenti. Per la verità il futuro del FinTech non è dietro il fatidico angolo, ma è già ben presente nella realtà dei mercati: basti pensare al ruolo del trading computerizzato, piu o meno High Frequency, degli algoritmi nella gestione patrimoniale e nell’asset allocation e del ruolo sempre più ampio delle piattaforme Blockchain. Se “il denaro non dorme mai” come afferma Gordon Gekko nel celebre film “Wall Street”, algoritmi e piattaforme digitali lo tengono ancora più sveglio, lo eccitano, nel bene e nel male, e magari lo fanno sognare. Blockchain trasparente, anonima, sicura, inalterabile, sviluppatasi sulle ceneri della crisi finanziaria del 2008 che ha tolto un po’ di fiducia nella finanza tra-
IN PROGRAMMA IL 20 MARZO IL LUGANO BANKING DAY QUALE ARENA DI ANALISI E CONFRONTO SU DI UNA REALTÀ COMPLESSA E SFACCETTATA
dizionale, regina del nuovo traffico dei pagamenti, del microcredito, del crowdfunding e della nuova shared economy, in poche parole del nuovo “criptocapitalismo”, che ha al suo centro le cripvalute, con Bitcoin in testa. Robot-advisor che sostituiscono i consulenti, almeno per certi segmenti di clientela, e chat-robot impiegati nei call-center, che intelligenza artificiale e machine learning faranno diventare sempre più “smart” ed in linea con il linguaggio e le caratteristiche del cliente, significano più efficienza, velocità nel soddisfare le esigenze di clienti frettolosi, minori costi e meno errori, con un impatto tuttavia sul mercato del lavoro che è difficile quantificare. Ma le sfide sono tante e toccano temi sensibili, anche senza spingersi fino alla spinosa questione delle criptovalute, croce e delizia a seconda delle opinioni, certo volatili e dalla dubbia reputazione. Si impongono norme globali in grado di regolamentare, se possibile, la digitalizzazione. Vanno rese compatibili le procedure di compliance e di sicurezza, soprattutto quando certi servizi siano dati in outsourcing e, alla luce delle norme sempre più ampie sulla privacy, come la recente normativa europea GDPR, e va tutelata la difesa dell’identità digitale, vincendo i timori e le incertezze di molti potenziali utenti.
TICINO FOR FINANCE Villa Negroni CH – 6943 Vezina www.ticinoforfinance.ch
LUGANO BANKING DAY
Fintech, un’opportunità per il settore finanziario
Fintech è un tema trasversale, innovatore e positivo, che dà la possibilità di approfondire le prospettive della tecnologia finanziaria (fornitura di servizi e prodotti attraverso le più avanzate tecnologie dell’informazione) e di sostenere le azioni per favorire l’innovazione e la digitalizzazione dei processi e dei servizi quali nuove opportunità di sviluppo imprenditoriale.
20 marzo 2018 Palazzo dei Congressi Lugano (Svizzera)
Inoltre, organizzare un evento importante in Ticino sui trend del settore, significa profilare la piazza ticinese, affrontando un tema che coinvolge un largo spettro di operatori locali e internazionali, il settore privato e il mondo accademico, e assicurarsi un ritorno d’immagine positivo.
PROGRAMMA Dopo le considerazioni introduttive di Marco Borradori (Sindaco di Lugano), Boas Erez (Rettore dell’Università della Svizzera italiana), Alberto Petruzzella (Presidente dell’Associazione Bancaria Ticinese) e Christian Vitta (Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia), verrà presentato lo studio del Centro di Studi Bancari “Fintech: evoluzione e opportunità per il Cantone Ticino”.
A seguire saranno organizzati diversi workshop e dibattiti sui numerosi e differenziati aspetti che toccano il mondo finanziario. Tra i vari ospiti e relatori si segnala anche la partecipazione del CEO di UBS Sergio Ermotti e il Vicepresidente di BlackRock Philipp Hildebrand. L’evento si svolgerà sull’arco di tutta la giornata. Il programma dettagliato è disponibile su www.abti.ch/luganobankingday
INFORMAZIONI E ISCRIZIONI Programma giornaliero (08:30 - 18:00): CHF 100.00 / persona (incl. pause e lunch) Conferenza finale (16:30 - 18:00): gratuita Iscrizioni entro il 10 marzo 2018 su www.abti.ch/luganobankingday
Evento organizzato da
ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
In collaborazione con
Dipartimento delle finanze e dell’economia Divisione dell’economia
Nuove opportunità di lavoro E SVILUPPO TECNOLOGICO HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
CHRISTIAN VITTA (C.V.) Consigliere di Stato e Direttore Dipartimento delle Finanze e dell’economia
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VERONICA LANGE (V.L.) Global Head of Innovation at UBS Chief Technology Office
ADAM STANFORD (A.S.) Partner e Leader Strategy & Operations di Deloitte
ALESSANDRO CASTAGNOLA (A.C.) Product Manager SaaS Avaloq Group
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erché a suo giudizio le tendenze internazionali che influenzano lo scenario futuro, con una particolare attenzione rivolta alle nuove tecnologie finanziarie, il cosiddetto ambito Fintech, avranno un’importanza sempre maggiore anche per la piazza finanziaria ticinese?
C.V.: «Il fenomeno della digitalizzazione porta con sé molte opportunità, ma anche la necessità di attuare rapide trasformazioni nei diversi settori economici. Anche la piazza finanziaria è toccata da questo fenomeno che, soprattutto nel nostro Cantone, va a sommarsi alla delicata fase di riorientamento in corso. In questo contesto, l’emergente ambito del Fintech potrà quindi portare alla creazione di nuove opportunità di lavoro e di sviluppo tecnologico. È però necessario uno sguardo prospettico e strategico, che ha costituito la tela di fondo del “Tavolo di lavoro sull’economia ticinese”, il cui approccio di condivisione ha permesso di identificare chiaramente proprio nel Fintech un tassello chiave per un “Ticino competitivo”. Il recente insediamento annunciato da UBS, legato allo sviluppo di un centro di competenza nell’ambito dell’intelligenza artificiale con la possibilità di creare un centinaio di nuovi posti di lavoro, testimonia come il Ticino si stia profilando come una regione attrattiva e dal concreto potenziale per lo sviluppo di attività Fintech. Nel caso specifico, è stata determinante la presenza dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (IDSIA) di USI e SUPSI, uno dei dieci migliori istituti al mondo in questo settore. Questo conferma come oggi la competitività di una regione sia determinata anche dalle competenze e dalla possibilità di una proficua messa in rete tra aziende e centri di ricerca».
V.L.: «Sin dalla sua creazione qualche anno fa, l’attività Fintech a livello internazionale ha subito una significativa evoluzione. In questo senso, stiamo assistendo a una serie di nuovi trends che stanno cambiando il paradigma di come vengono erogati i servizi finanziari ai clienti. In un mondo globalizzato trends come questi hanno un impatto sui paesi sviluppati e non solo. Questo significa opportunità promettenti anche per il Ticino: la Svizzera è più volte rientrata nelle prime posizioni quale miglior paese in fatto innovazione, e questo grazie a tutte le sue regioni che danno un prezioso contributo nel miglioramento dei servizi finanziari». A.S.: «Come in ogni altro settore economico, il progresso tecnologico in ambito finanziario è irrefrenabile e rapidissimo. È paragonabile a un treno in corsa sul quale salire velocemente per non perderlo, in modo irreparabile. Questo vale anche per il nostro Cantone. Se la parola d’ordine sarà “azione”, e non “attesa”, questa è una grandissima occasione per un settore finanziario cantonale in via di ridefinizione e un’opportunità per l’insediamento e lo sviluppo di nuove realtà sul territorio. Sulla piazza finanziaria potrà essere ampliata l’offerta di prodotti e servizi, anche da parte di realtà medio-piccole, impensabile prima dell’avvento del Fintech. Le nostre banche potranno rimanere competitive in un mercato che sempre meno è da vedersi legato al territorio locale, bensì integrato a pieno titolo nell’ecosistema internazionale. Saranno creati nuovi posti di lavoro in ambito di ricerca, sviluppo, implementazione e commercializzazione delle nuove tecnologie. In questo nuovo mondo interconnesso, abbiamo l’opportunità di fare del nostro Cantone un polo tecnologico a pieno titolo, pienamente inserito nel
sistema presente nel resto del territorio Svizzero e nel nord Italia. Proprio sull’onda del Fintech, negli ultimi mesi abbiamo visto le prime realtà muoversi in questo senso, fra cui realtà bancarie locali che hanno colto al volo l’occasione, proponendo nuovi servizi alla clientela e offrendo nuove opportunità ai dipendenti. Opportunità o minaccia? È tutto nelle nostre mani e l’attesa non è un’opzione». A.C.: «La piazza ticinese vanta decenni di esperienza nella gestione patrimoniale e rappresenta un mercato finanziario importante in termini di risorse specializzate e clientela. Al contempo, la caduta del segreto bancario sta portando le istituzioni finanziarie svizzere a rivedere il proprio modello di business. Il settore Fintech e l’innovazione tecnologica in generale, sono risorse chiave per poter fornire nuovi servizi finanziari alla clientela, al contempo, rappresentano ambiti di business ad alto valore aggiunto, destinati a crescere nel prossimo futuro in termini di occupazione e profitti. Al riguardo, ritengo che il Ticino sia un perfetto candidato a diventare un polo Fintech importante: essendo geograficamente vicino a due piazze fortemente innovative in ambito Fintech, quali Zurigo e Milano, garantendo la ben nota efficienza Svizzera in termini di stabilità politica, burocrazia e fiscalità ed essendo un territorio meraviglioso che garantisce un’alta qualità della vita. Sono personalmente un residente ticinese e sono entusiasta di vivere in Ticino. Mi sento responsabile di contribuire alla crescita del Ticino e, in particolare, del settore Fintech nella regione. Avaloq continua ad investire nella nostra sede di Bioggio ed un nuovo edificio è in fase di costruzione. Per Avaloq, quindi, il Ticino è già visto come un promettente polo Fintech».
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Quali sono a suo giudizio le aree del Fintech che nei prossimi anni potrebbero essere più suscettibili di sviluppo? C.V.: «Affinché le opportunità offerte dalla digitalizzazione possano essere sfruttate a beneficio della nostra economia, occorrono innanzitutto analisi e conoscenza del fenomeno. Con questo spirito è stato commissionato uno studio al Centro di Studi Bancari, con l’intento di investigare opportunità ed evoluzione del Fintech per il Ticino. Lo studio sarà presentato e discusso il prossimo 20 marzo in occasione del Lugano Banking Day, evento internazionale co-organizzato da DFE e ABT, che permetterà di dialogare con senso critico sui temi legati al Fintech, grazie alla partecipazione di esperti internazionali del settore. L’evento permetterà di evidenziare i settori più promettenti, con le relative opportunità, i rischi e le necessità d’intervento. Accanto all’intelligenza artificiale, citata poc’anzi, è molto importante coltivare conoscenza e competenze per favorire lo sviluppo di applicazioni legate alla tecnologia della “blockchain”. Proprio con questo obiettivo ho il piacere di rappresentare il Ticino all’interno della “Taskforce Blockchain”, che è stata recentemente costituita a livello svizzero e che raggruppa diversi attori a livello politico, economico e accademico». V.L.: «Ci sono diversi elementi, tra i quali molti generati dal Fintech, che influenzano l’ambiente: l’intelligenza artificiale sta diventando uno spazio di competizione dove la “Machine Learning” è fondamentale per i servizi finanziari cognitivi. La tecnologia Blockchain potrebbe diventare la soluzione naturale a sostegno delle piattaforme di servizi, in grado di gestire pagamenti e assets. I mercati orientati alla grande massa
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(cosiddetti Crowd-based marketplace) e le società API (Application Programming Interface) stanno disgregando la tradizionale value proposition del sistema bancario. Automazione, modularizzazione e ottimizzazione degli algoritmi danno vita ad una competizione in termini di costi ad ampio raggio nell’industria, mentre allo stesso tempo la tecnologia porta ad una maggiore efficienza di tutti i processi legati alla clientela. Sicurezza dell’identità digitale e privacy diventeranno dei prodotti veri e propri e faranno parte della value proposition. La consulenza finanziaria sta diventando sempre più sofisticata e la competizione è spinta dalle sempre maggiori esigenze della clientela. Infine, non meno importante, le nuove asset classes e l’intelligenza artificiale danno spazio ha nuove opportunità di business. Tutte queste nuove aree, insieme, cambieranno il mondo della finanza come lo conosciamo oggi». A.S.: «Premetto che quando parliamo di Fintech, o progresso tecnologico in generale, oggi non è più possibile pensare in termini di “prossimi anni”: gli sviluppi si misurano in termini di mesi. Proprio per questo,
oggi ci è dato ragionare solo rispetto alle aree conosciute, rimanendo aperti a novità inaspettate che sicuramente si affacceranno nei mesi a venire. Per quanto concerne le aree già note, vi sono alcuni macro temi che sicuramente devono essere d’interesse per chi opera in ambito finanziario: automazione, intelligenza artificiale, Big Data e analytics, Regtech e Blockchain: • L’automazione offre la possibilità di migliorare l’efficienza e la qualità nell’erogazione di alcuni servizi e di spostare il personale da attività ripetitive su attività stimolanti, interessanti e ad alto valore aggiunto. • L’intelligenza artificiale, machine learning in primis, permette di estendere l’automazione a settori più sofisticati e di proporre nuovi canali e nuovi prodotti alla clientela. • Integrando le informazioni esistenti in banca con quelle accessibili esternamente, è possibile utilizzare tecniche di analisi più o meno complesse, per avanzare nuove proposte alla clientela (advisory), identificare e attrarre clientela nuova e rendere più sofisticati i sistemi a supporto dei processi decisionali del management. • Il mondo del Regtech permette agli istituti finanziari di far fronte alla sempre crescente pressione dei Re-
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gulators in modo più efficiente ed efficace. • Non dimentichiamo altri temi molto discussi, la cui implementazione, tuttavia, è meno diffusa. Primo tra questi, la Blockchain che però meriterebbe una tavola rotonda dedicata…». A.C.: «Siamo nell’era del consumatore, il consumatore è il re, vincono le aziende in grado di fornire un’eccezionale esperienza al cliente. In questo contesto ritengo che le nuove regolamentazioni volte a fornire accesso ai dati finanziari dei clienti, come PSD2, porteranno alla nascita di nuovi servizi finanziari che consentiranno di offrire al cliente, attraverso l’analisi delle sue spese, proposte di alternative più convenienti ed efficienti, per esempio, rispetto alla scelta delle assicurazioni o all’ottimizzazione di spese immobiliari quali mutui o affitti. Questi servizi trasformeranno drasticamente il settore bancario retail ma anche i servizi al contorno. Tradizionali servizi finanziari, quali pagamenti, mutui, investimenti in borsa diventeranno sempre più efficienti e convenienti per i clienti grazie a tecnologie, come la blockchain, che renderanno non necessarie attività di riconciliazione di terze parti. I servizi di gestione patrimoniale si fonderanno sempre su un rapporto di fiducia tra gestore e cliente, ma la comunicazione diverrà sempre più virtuale e supportata da soluzioni digitali, consentendo, per esempio, di mostrare una proposta di investimento in video conference attraverso uno schermo condiviso, abilitando il cliente a modificarla da solo, fornendo la sua accettazione tramite un semplice click sullo schermo, valido come firma digitale. Inoltre i gestori si baseranno sempre maggiormente su suggerimenti forniti da soluzioni di robo advisory e, al contempo, clienti, che preferiscono investire autonomamente, potranno scegliere di sottoscrivere servizi di robo advisory loro stessi, includendo piattaforme che
metteranno in competizione portafogli proposti da differenti robo advisors. Tutte queste soluzioni tecnologiche verranno sempre più fornite in modalità SaaS (software-as-a-service), la quale garantisce maggior velocità e minor costi di gestione nella realizzazione e nella manutenzione delle stesse. Avaloq è all’avanguardia al riguardo e fonda la sua strategia nel fornire prodotti SaaS alle istituzioni finanziarie e alle stesse Fintech». Una previsione che accompagna il Fintech è quella legata alla crescita dell’occupazione. Quali riflessi ritiene che si potranno registrare sul mercato del lavoro in Ticino? C.V.: «Il dibattito sulle conseguenze occupazionali della digitalizzazione è di grande attualità. Si tratta di un tema delicato. Oggi vi sono solo delle ipotesi su quelli che possono essere gli effetti sul mercato del lavoro. È necessario affrontare questo tema in maniera razionale, sviluppando un dialogo tra i vari attori con l’obiettivo di massimizzare i benefici e minimizzare i rischi. La recente decisione di UBS rappresenta un primo incoraggiante passo in questa direzione, dato che simili insediamenti generano per il nostro Cantone interessanti ricadute in termini di occupazione di qualità, sviluppo tecnologico e crescita economica». V.L.: «Il Ticino ha una lunga tradizione quale centro finanziario. Con l’arrivo della Fintech la regione ha fatto grandi progressi posizionandosi come un’importante parte di questo ecosistema. Lo sviluppo è ancor più stimolato dai recenti sforzi che la FINMA sta facendo alfine di ridurre gli ostacoli regolatori per le aziende che operano nel settore, in particolare esentando alcune piccole aziende dai carichi operativi che imporrebbe una
licenza bancaria completa. UBS è molto attiva nella collaborazione con aziende Fintech fornendo servizi ancora più veloci e migliori per la clientela retail e aziendale. Inoltre, sta anche investendo nella regione Ticino grazie al terzo UBS Business Solution Center che aprirà a Manno-Suglio a fine anno e grazie al quale espanderà ulteriormente le proprie competenze nell’ambito dell’intelligenza artificiale, analisi e innovazione. Questo dimostra l’impegno di UBS nel creare nuovi posti di lavoro altamente qualificati nella regione, promuovendo nuove opportunità di collaborazione locali. A tale proposito, la sede di Manno-Suglio è ideale grazie alla vicinanza con l’Università della Svizzera Italiana e all’istituto per l’intelligenza artificiale Dalle Molle». A.S.: «Il Fintech, come, del resto, tutto ciò che ruota attorno al concetto di Industrializzazione 4.0, avrà indubbiamente un impatto sul mercato del lavoro, come lo ha sempre avuto qualsiasi sviluppo tecnologico. Si fanno molte previsioni, spesso nefaste, raramente però affrontando il tema a 360 gradi. Nel corto termine, l’automazione potrà sostituire alcuni “mestieri” negli istituti finanziari, come è avvenuto in passato nelle fabbriche. Questo comporta che management, mondo accademico e formatori convergano gli sforzi sul tema della riqualifica professionale. Nel medio termine, se l’attenzione del mondo economico, imprenditoriale e politico del nostro Cantone sarà focalizzata sul “fare”, stando al passo con i tempi, il Fintech sarà una grande opportunità per la creazione di posti di lavoro. Ci sono già forti segnali in questo senso. Ne è un esempio il centro di competenza nazionale che UBS ha voluto proprio in Ticino. Non dimentichiamo, poi, che, oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro in ambito strettamente finanziario e/o tecnologico, vi sarà un impatto sull’economia allargaTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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ta. Per ogni posto di lavoro creato nell’high tech, ne vengono creati mediamente fino a 5 nei settori limitrofi. Perché se è vero che tutta questa tecnologia va sviluppata, essa va pure implementata, gestita, trasportata, alimentata, e via dicendo. A mio avviso è un’opportunità da cogliere al volo, in modo imprenditoriale, con energia e determinazione». A.C.: «Come accennavo precedentemente, sono convinto che il Ticino abbia una grande opportunità di fronte a sé. Istituzioni politiche, accademiche, aziende e imprenditori locali dovranno aumentare le sinergie per favorire la crescita del fintech nella regione, poiché’ questo settore sposa perfettamente la storia finanziaria e le qualità del Ticino e potrebbe portare una ricaduta estremamente positiva nella crescita dell’occupazione di personale altamente qualificato. Avaloq è anche qui avanti, avendo più di 800 dipendenti in Ticino e l’intenzione di far crescere questo polo ancor maggiormente, attirando talenti e risorse qualificate sia localmente che all’estero. Ma Avaloq da sola non basta, la creazione di un polo fintech richiede la fioritura di un ecosistema di aziende che operino nel settore e che creino competizione e opportunità locali nell’attirare investitori, talenti e esperti, su cui, in ultima istanza, si fonda il successo di una Fintech. Uno dei problemi aperti riguarda la formazione di personale. Quali iniziative in merito intendete promuovere? C.V.: «In questo periodo di trasformazione digitale la formazione è un tema centrale, al quale occorre prestare molta attenzione. Non a caso, ricordo ad esempio che, nell’ambito della politica economica regionale, una delle priorità per il quadriennio
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2016-2019 prevede proprio la possibilità di sostenere specifiche iniziative volte alla formazione della manodopera, in collaborazione con associazioni e attori sul territorio. Inoltre, alcune misure concrete emerse dal “Tavolo di lavoro sull’economia ticinese” sono proprio incentrate sulla formazione orientata alle nuove tecnologie». V.L.: «Per quanto riguarda la formazione del personale UBS sta preparando i nuovi leaders grazie ad un approccio maggiormente inclusivo con particolare focus all’abilitazione delle persone, creando una cultura di rischio calcolato grazie alla quale potrà innovarsi. Oltre a ciò, sta focalizzando i propri sforzi anche sui comportamenti e sullo sviluppo delle capacità individuali». A.S.: «Abbiamo già toccato in precedenza il tema della riqualifica professionale che ritengo fondamentale in questo come in qualunque momento di transizione. Come Deloitte, siamo impegnati a produrre studi di settore sul tema Fintech e tutto quanto collegato a questo ambito. Diverse e svariate, inoltre, le attività di formazione rivolte a management e dipendenti delle maggiori banche. Tra queste ricordiamo gli osservatori tecnologici, le tavole rotonde, la mo-
nitorizzazione del mercato delle Fintech e le startup. In senso lato, penso che le aziende del nostro Cantone abbiano bisogno del sostegno degli istituti accademici presenti sul territorio e, ancora una volta, abbiamo l’opportunità di far leva su istituti accademici e di ricerca altamente qualificati, che già operano in Ticino da anni. Anche in questo caso, è fondamentale l’interconnessione tra i programmi proposti internamente alle aziende e i programmi proposti dalle scuole e, perché no, la collaborazione tra aziende, finalizzata alla riqualifica della forza lavoro esistente. Guardando un pochino più in là, la sintonia fra mondo accademico, economico e politico dovrà assicurare la formazione adeguata delle prossime generazioni di professionisti. Bisogna avere una visione chiara di quali saranno, e quali non lo saranno, gli sbocchi professionali interessanti negli anni a venire, in modo da accompagnare i nostri giovani verso un futuro professionale appagante sul nostro territorio. Pensiamo, ad esempio, a quali sono e rimarranno le caratteristiche tipicamente umane, difficilmente rimpiazzabili dalla tecnologia: la creatività e la capacità di relazionarsi». A.C.: «Il successo di un’azienda è strettamente legato alla capacità, alle motivazioni e alla cultura
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dei suoi dipendenti. È fondamentale che ogni area aziendale possa essere sempre aggiornata rispetto a nuove tecnologie e metodologie rilevanti per la sua area di competenza. Relativamente alle nuove tecnologie, l’ideale è iniziare l’apprendimento attraverso corsi specifici che forniscano le basi per poter poi migliorarsi con la pratica. Avaloq, per esempio ha la sua Training Accademy che fornisce corsi specialistici ai suoi dipendenti ma anche a studenti e/o lavoratori esterni che abbiano interesse o necessità di utilizzare i nostri prodotti. Oltre alle tecnologie, è importante essere aggiornati rispetto a metodologie di lavoro, al riguardo, un’area oggi molto cambiata, è la gestione dello sviluppo di un prodotto che, spesso, segue metodologie denominate “agile”, le quali prevedono brevi cicli evolutivi che favoriscono la sperimentazione e l’interazione con l’utente finale del
prodotto rispetto alla pianificazione, anche in questo ambito ci sono corsi specifici e certificazioni che possono aiutare ad iniziare col piede giusto. Corsi possono aiutare anche a migliorare i cosiddetti “soft skills”, quali spirito di squadra, empatia, problem solving e leadership, abilità che spesso sono ritenute anche più importanti rispetto alle competenze accademiche, essendo alla base della costruzione di un ambiente di lavoro stimolante ed efficiente. Tuttavia la migliore esperienza è la pratica, il cosiddetto “training on the job” rimane lo strumento chiave per accrescere la propria esperienza in ogni ambito. In questo contesto, le aziende devono promuovere la mobilità interna dei propri dipendenti, consentendo di poter diversificare le loro esperienze professionali attraverso l’osservazione, da differenti punti di vista, della catena del valore di un prodotto. Avaloq in Ticino, da più di due anni,
offre un programma specifico a neo-laureati che prevede un loro coinvolgimento per 18 mesi in differenti team aziendali, l’obiettivo è dare l’opportunità di partecipare alle sfide che le varie divisioni aziendali affrontano, di acquisire una ricca varietà di conoscenze di base e di consolidare un network di relazioni professionali che possa accelerare la loro crescita nel ruolo che ricopriranno alla fine del programma. Infine, voglio menzionare ancora una volta l’importanza di avere un ricco ecosistema di aziende e imprenditori, poiché l’esperienza lavorativa si accresce in maniera direttamente proporzionale alle opportunità che un territorio mette a disposizione ai suoi lavoratori, beneficiando da un ambiente che fornisca opportunità di diversificare le proprie esperienze sia all’interno della stessa azienda sia attraverso cambi di azienda».
Peter Paul Rubens, «Ritratto di Clara Serena Rubens», circa 1616. © LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna
VALUES WORTH SHARING
«Noi lavoriamo volentieri con i migliori. È per questo che già nel 1643 abbiamo acquistato il nostro primo Rubens.» S.A.S. Principe Philipp von und zu Liechtenstein, Chairman LGT dal 1990
lgt.ch/values
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Orgoglioso di lavorare PER IL TICINO UNA CARRIERA PIÙ CHE VENTENNALE NEL SETTORE BANCARIO, CONTRADDISTINTA DA INCARICHI DI RESPONSABILITÀ SEMPRE MAGGIORI E DA UNA PROFONDA CONOSCENZA DEL NOSTRO CANTONE. È QUELLA DI GABRIELE ZANZI, LUGANESE DI ORIGINE (E DI APPARTENENZA HOCKEYSTICA) CHE DALLO SCORSO DICEMBRE HA RACCOLTO UNA SFIDA PROFESSIONALE ORIENTATA AL TICINO: LA GUIDA DELL’AREA RETAIL E AZIENDALE DI BANCASTATO. LO ABBIAMO INCONTRATO PER VOI. Ci descrive la sua giornata tipo? «Forse è proprio questo il bello del mio lavoro: non esiste una giornata tipo! Le mie attività quotidiane sono molto variate e oltre alla conduzione della mia Area continuo a mantenere un contatto regolare con la clientela».
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irettor Zanzi, lei dallo scorso dicembre è entrato nella Direzione generale di BancaStato con la responsabilità dell’Area Retail e Aziendale. Può già tracciare un primo bilancio? «È certamente possibile tracciare un primo bilancio qualitativo: ho trovato la conferma della bontà della scelta fatta. I primi mesi in BancaStato sono sicuramente molto positivi. Lavoro in un istituto non solo ben organizzato e professionale, ma pure contraddistinto da un grande attaccamento alla maglia. Il bel clima di lavoro è anche merito dell’importante lavoro riorganizzativo effettuato negli ultimi anni, che ben traspare anche dai vari risultati finanziari ottenuti. A livello più personale sono anche contento di svolgere la mia attività all’interno di una Direzione generale in cui regna coesione e collegialità».
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Lei però è un alto dirigente: come mai non delega a qualcun altro il contatto con la clientela? «Perché è molto importante non perderlo mai. Io credo che abitare in una torre d’avorio sia controproducente. Incontrare la clientela, invece, si rivela cruciale per avere il polso della situazione, per capire come variano le esigenze di chi si rivolge a noi, per individuare come migliorare i prodotti e i servizi che offriamo. Ritengo dunque essenziale, anche e soprattutto per il responsabile dell’Area Retail e Aziendale, trovare sempre spazio per parlare con i clienti trovando il giusto equilibrio con i doveri di conduzione e dirigenziali». A che ora si sveglia? «Sono una persona mattiniera. Mi piace arrivare in ufficio verso le 7 e la sveglia suona dunque tra le 5.30 e le 6». Cosa significa per un manager ticinese lavorare per la “banca del Cantone”? «Amo fortemente il Ticino e per me è veramente una fonte di orgoglio poter lavorare per BancaStato. Devo ammettere che è stato uno degli aspetti che mi ha molto motivato nella deci-
sione di raccogliere questa sfida professionale. È un sentimento che condivido con tutte le collaboratrici e i collaboratori della banca: contribuire alla crescita di un’azienda con un mandato pubblico così chiaro e importante, che ha la “ticinesità” nel suo DNA, è decisamente gratificante perché la portata del proprio lavoro è molto visibile. Tra l’altro da quest’anno BancaStato ha un nuovo “slogan” che riassume bene proprio questo concetto: “noi per voi”. Mostra in maniera molto chiara il ruolo di istituto al servizio del Ticino e di chi lo abita». Cosa l’ha sorpresa maggiormente del suo nuovo incarico? «Oltre al senso di appartenenza di chi lavora per BancaStato, che ho già citato, mi ha molto colpito l’orgoglio che la clientela ha nello scegliere proprio questo istituto. È un aspetto ben radicato e che fa piacere riscontrare». È vero, BancaStato è la banca dei ticinesi, ma in passato è stata spesso rimproverata per una certa mancanza di efficienza… «Questo era in parte vero anche per ragioni storiche, dovute a una Legge che limitava il suo campo di attività e che ha frenato il suo sviluppo. La legge, però, è stata modificata e l’istituto ha saputo recuperare il terreno perso. BancaStato è molto cambiata negli ultimi anni. I dirigenti e tutto il personale hanno lavorato moltissimo in tal senso e posso assicurare che ora l’istituto è scattante e dinamico».
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BILANCIO POSITIVO - Gabriele Zanzi, membro di Direzione generale di BancaStato, traccia un bilancio positivo dei suoi primi mesi di attività alla guida dell'Area Retail e Aziendale.
Ma ha ancora senso parlare di “banca cantonale” a oltre cento anni dalla sua istituzione? «Certamente, forse anche più di prima! La forza di BancaStato è sempre stata il suo legame con il territorio e i suoi abitanti. Questo aspetto non perderà mai d’attualità. Prendiamo ad esempio quella che attualmente costituisce la più grande sfida non solo per il settore bancario, ma per l’intera economia, ovvero la digitalizzazione. Le abitudini di tutti noi, anche nei gesti più semplici, sono profondamente cambiate e lo saranno ancora maggiormente in futuro; ma un contatto così profondo e trasparente con i ticinesi, così come lo ha BancaStato, è e rimarrà un fattore determinante che tra l’altro assume un ruolo ancora più distintivo in un contesto in cui i vari prodotti e servizi delle banche non si differenziano più di quel tanto. La nostra volontà per i prossimi anni è di consolidare ancora di più questa vicinanza con i ticinesi, ponendo sempre di più il cliente al centro delle nostre attenzioni, e ciò vale naturalmente anche per le aziende che ogni giorno producono ricchezza sul territorio. Non dobbiamo dimenticare che BancaStato ha un mandato pubblico molto chiaro: favorire lo sviluppo economico dell’economia e offrire la possibilità di investire i propri risparmi in maniera sicura e redditizia».
Ha parlato della digitalizzazione, ma quali altre sfide attendono la piazza finanziaria? «In questi anni non sono certo mancate le difficoltà per il settore bancario, confrontato a una situazione economica difficile e a regolamentazioni sempre più stringenti. La piazza ha saputo però reagire con tenacia e prontezza. In futuro, tra le sfide maggiori, credo che oltre la digitalizzazione vi sarà la necessità di prestare grande attenzione all’efficienza». Direttore, lei ha alle spalle oltre vent’anni di esperienza nel settore bancario che le ha consentito di conoscere molto bene la realtà economica ticinese. Come ha visto cambiare la nostra regione? «Quando ho iniziato a lavorare si diceva spesso che in Ticino vigeva un’economia “a rimorchio”. Ora, io non so se fosse vero già all’epoca, ma di sicuro oggi non lo è. La forza della nostra realtà economica è cresciuta ed è estremamente solida. Lo si è potuto constatare nelle recenti crisi, ad esempio durante il forte rafforzamento del franco nei confronti dell’euro, quando la reazione ticinese è stata anche migliore di altre regioni elvetiche. Ciò è dovuto a una grande capacità imprenditoriale presente sul territorio e a una diversificazione dell’economia che consente di adattarsi velocemente ai
cambiamenti. In questi venti anni ho dunque visto un’evoluzione molto positiva in termini di solidità e innovazione, tanto che nel nostro Cantone si sono anche sviluppate concentrazioni di settore che rappresentano eccellenze mondiali: penso ad esempio al comparto farmaceutico e delle life science, al settore della moda, della meccatronica, della tecnologia dell’informazione o ancora del trading di materie prime. Non va poi scordato che il nostro territorio ha visto la nascita e la crescita di diversi centri di ricerca di grande qualità che hanno indubbiamente rinforzato le condizioni quadro nel quale operano le aziende ticinesi, favorendo la crescita innovativa e qualitativa dell’economia. L’Università della Svizzera italiana, la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana, l’Istituto di Ricerca in Biomedicina, il Centro Svizzero di Calcolo Scientifico o l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale sono esempi di poli di ricerca di eccellenza, tutti in Ticino». Ora la domanda forse più delicata. Lei è un fervente tifoso dell’Hockey Club Lugano, tanto da esserne anche un membro del Consiglio di amministrazione. Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale di BancaStato, è invece un grandissimo tifoso dell’Hockey Club Ambrì-Piotta. Come vivete questa rivalità sportiva? «È senza dubbio una sana rivalità sportiva. Fabrizio ha molto a cuore l’HCAP e diciamo che ci divertiamo a punzecchiarci, specialmente nei momenti caldi della stagione, ad esempio durante i derby. In Ticino abbiamo la fortuna di poter vivere simili partite, che devono assolutamente essere vissute come momenti di aggregazione e mai di divisione: i veri valori sportivi sono proprio questi!».
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FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE
Cresce la richiesta DI PRODOTTI INNOVATIVI
MICHELE DONELLI, VICE-DIRETTORE GENERALE BANCA DEL SEMPIONE, SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DELLE ATTIVITÀ DI PRIVATE BANKING E QUALI SIANO LE PRINCIPALI RICHIESTE DA PARTE DELLA CLIENTELA DELLA BANCA.
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uali sono le principali conseguenze che la crisi finanziaria internazionale degli scorsi anni ha determinato sull’attività di Private Banking in Svizzera e in Ticino? «Innanzitutto la crisi finanziaria ha portato a una forte contrazione dei margini. In particolare hanno inciso la forza del franco svizzero e i tassi negativi come conseguenza diretta della crisi. Spesso si dimentica che le banche svizzere sono tanto quanto alcune realtà industriali fortemente influenzate dal fattore cambio, in quanto esportano servizi e dunque incassano commissioni per la maggior parte in divisa estera a fronte di costi in franchi svizzeri. In politica si è parlato molto (e forse troppo) del problema legato al settore industriale dimenticando talvolta che il problema toccava anche il settore bancario. I tassi negativi comportano non solo pressioni sul
margine d’interesse delle banche ma rende molto difficile la gestione patrimoniale obbligando banche e investitori ad assumersi maggiori rischi per remunerare i portafogli. Un altro aspetto della crisi internazionale è stato quello dell’esplosione dei debiti pubblici che hanno indotto i vari paesi ad accelerare quel processo di lotta all’evasione fiscale che ha portato come prima conseguenza ai vari programmi di regolarizzazione e alla sostanziale fine del segreto bancario. Quest’ultimo aspetto è sicuramente stato un cambiamento epocale per il mondo del private banking svizzero, che però, come dimostrano i dati, le banche sono state brave a gestire, grazie alla stabilità del nostro paese ma anche e soprattutto grazie al nostro know-how in tema di finanza e gestioni». Da tempo si parla della necessità di un cambiamento strutturale della piazza finanziaria ticinese. Quali sono a suo giudizio i principali elementi di cui tener conto e che andrebbero rapidamente modificati? «Le banche in Ticino per anni si sono concentrate quasi esclusivamente sulla gestione patrimoniale. Questo oggi non è più sufficiente. Il cliente sempre più richiede servizi globali. Noi per esempio manteniamo il focus sulla gestione patrimoniale ma offriamo ai nostri clienti tutti i servizi tipici di banca universale ed abbiamo di recente aggiunto competenze professionali a supporto degli imprenditori. Oggi, nel mondo trasparente, il cliente è libero di muoversi e dunque la concorrenza aumenta. Per riuscire in questo nuovo contesto il cliente oggi va seguito in tutta una serie di situazioni che vanno dalle
FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE
problematiche famigliari a quelle aziendali. Tornando invece alla gestione patrimoniale oggi più di prima conteranno i risultati e dunque le performance». Come si sono andate trasformando le esigenze e le richieste della clientela Private Banking? «Il cliente private spesso non è più giovanissimo e dunque oggi è confrontato con problemi legati al passaggio generazionale che toccano più aspetti della sua vita privata e aziendale. Per la banca è dunque importante saper accompagnare il cliente in questo delicato momento e deve saper rapportarsi con una nuova generazione spesso più formata in ambito finanziario e con esigenze e abitudini diverse. Oggi per esempio bisogna anche poter offrire servizi online e prodotti innovativi fintech senza però trascurare il contatto personale che a nostro modo di vedere avrà sempre una grande importanza.
Un altro aspetto rilevante nel nuovo modo di fare banca è la necessità di offrire ai propri clienti la documentazione necessaria per far fronte ai propri obblighi fiscali. Su questo aspetto la nostra banca ha investito in risorse e tecnologia per poter offrire a tutta la nostra clientela le necessarie certificazioni fiscali». Uno dei problemi più importanti riguarda la formazione del personale e l’acquisizione di nuove specifiche competenze. In questa prospettiva, quali sono i principali interventi che avete promosso? «Oggi il mondo bancario richiede competenze e un grado di formazione nettamente superiore al recente passato. Questo cambiamento aveva toccato da tempo il mondo industriale ed oggi lo stesso vale per il settore bancario. Oltre alla necessità di soddisfare le sempre più complesse esigenze della clientela, è la continua evoluzione normativa
che obbliga banche e collaboratori ad essere costantemente aggiornati. Per poter essere all’avanguardia la nostra banca investe costantemente nell’aggiornamento e nel reclutamento di personale di qualità in grado di generare valore aggiunto nei diversi settori di attività e li sostiene attivamente nella loro volontà di migliorarsi. Sui temi tradizionali ovviamente ci avvaliamo di professionisti e in Ticino della struttura del Centro di Studi Bancari che sta affinando ulteriormente le proprie capacità d’intervento in ambito formativo».
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FINANZA / BANCA CLER
NEL 2017 LA BANCA CLER HA CONSEGUITO RICAVI NETTAMENTE SUPERIORI NELLE PROPRIE ATTIVITÀ CORE, OSSIA LE OPERAZIONI SU INTERESSI E D’INVESTIMENTO. NEL COMPLESSO, I PROVENTI D’ESERCIZIO HANNO REGISTRATO UN INCREMENTO DEL 4,5%, ATTESTANDOSI A 256,4 MIO. DI CHF.
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crediti ipotecari sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente (+555,9 mio. di CHF), benché la rigorosa politica di rischio adottata in passato sia rimasta invariata. I depositi della clientela hanno raggiunto un volume pari a 12,0 mia. di CHF. Due eventi eccezionali, il cambio di nome con il relativo riposizionamento a maggio e il rafforzamento della cassa pensioni a settembre, hanno fatto lievitare del 22,9% i costi d’esercizio, che hanno così toccato i 198,0 mio. di CHF. L’utile dell’esercizio della Banca Cler è pari a 38,3 mio. di CHF (2016: 45,7 mio. di CHF). I fondi propri sono stati rimpinguati con ulteriori 13,6 mio. di CHF. Ad aprile 2018 il Consiglio di amministrazione proporrà all’Assemblea generale un dividendo lordo invariato pari a CHF 1.80 per azione.
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Crescita e ricavi IN AUMENTO Un esempio emblematico della forte espansione nelle attività core della Banca Cler è dato dall’incremento di 555,9 mio. di CHF (+3,9%) dei crediti ipotecari. Una crescita al di sopra della media del settore, con cui il nostro istituto ha ampliato ulteriormente la propria posizione sul mercato pur mantenendo invariate le severe direttive in materia di concessione dei crediti, e questo nonostante nel comparto la concorrenza sia sempre più agguerrita. In seguito al nuovo orientamento sul fronte della clientela aziendale, i crediti commerciali, come parte dei crediti nei confronti della clientela, sono scesi di 154,2 mio. di CHF. Nel complesso, i prestiti concessi dalla Banca Cler alla clientela sono aumentati, attestandosi al 31.12.2017 a 14,9 mia. di CHF. Nel corso del 2017 la Banca Cler ha raccolto ingenti somme di denaro, sotto forma di depositi a vista e a termine, da PMI e clienti istituzionali. Anche la clientela privata, spinta dal basso livello dei tassi a cercare alternative che rendessero più redditizi i propri risparmi, ha dato fiducia al nostro istituto. I depositi della clientela hanno così raggiunto a fine anno un volume pari a 12,0 mia. di CHF. Per rifinanziarsi a condizioni vantaggiose, l’istituto ha scelto due strumenti: la partecipazione alle emissioni della Pfandbriefbank schweizerischer Hypothekarinstitute AG, ambito nel quale ha ampliato di 387,0 mio. di CHF le proprie consistenze nette, e il collocamento sul mercato, a novembre 2017, della prima obbligazione targata Banca Cler (+190,0 mio. di CHF) che ha ottenuto un grande successo. La somma di bilancio della Banca Cler è aumentata di 629,3 mio. di
CHF, attestandosi al 31.12.2017 a 17,5 mia. di CHF. A questo risultato ha contribuito in misura significativa l’incremento dei prestiti alla clientela. Anche la buona dotazione di capitale, e di conseguenza la capacità di rischio dell’istituto, sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto all’anno precedente: a fine 2017 il coefficiente di capitale complessivo ammontava a un soddisfacente 16,3% (2016: 16,5%). Nel 2017 la Banca Cler è stata in grado di rafforzare la sua principale fonte di introiti, rappresentata dalle operazioni su interessi, mettendo a segno una significativa crescita nel comparto ipotecario nonostante la pressione sui margini e il contesto di tassi negativi. Ottimizzando la propria strategia di rifinanziamento, l’istituto è riuscito a ridurre considerevolmente gli oneri per interessi, pur mantenendo invariate le condizioni offerte ai clienti sui prodotti di risparmio. In questo modo è stato possibile compensare abbondantemente il calo dei proventi da interessi e sconti e dei proventi da interessi da immobilizzazioni finanziarie; il risultato lordo da operazioni su interessi, infatti, è salito dell’1,4% a 174,2 mio. di CHF (2016: 171,8 mio. di CHF). La qualità del portafoglio crediti della banca è migliorata ulteriormente: lo scioglimento di rettifiche di valore per rischi di perdita all’interno delle operazioni su interessi, per un volume di 12,7 mio. di CHF (2016: 1,9 mio. di CHF) ha consentito di raggiungere un risultato netto da operazioni su interessi pari a 186,9 mio. di CHF (2016: 173,8 mio. di CHF).
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FINANZA / BPS (SUISSE)
ACCRESCERE competenze e funzionalità 01
BPS (SUISSE) HA ORIENTATO LA SUA GESTIONE SU CHIARE LINEE DI SVILUPPO NELL’AMBITO DEL PROPRIO CORE BUSINESS MIRANDO AL REALIZZO DEGLI OBIETTIVI PRIORITARI DI MEDIO E LUNGO PERIODO. IN COERENZA CON QUANTO PIANIFICATO SONO STATI PRIVILEGIATI PROGETTI E INIZIATIVE VOLTI A GARANTIRE ELEVATI STANDARD DI QUALITÀ NEL SERVIZIO ALLA CLIENTELA, ALLA LUCE DI NUOVE ABITUDINI E ASPETTATIVE.
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ell’accompagnare questi cambiamenti, la Banca ha perseguito una politica di presenza commerciale periferica più leggera rispetto al passato, ma meglio dotata di competenze e funzionalità, dove specialisti della sede possano interagire in sovrapposizione e sinergia con gli operatori locali. In tale direzione, nel mese di febbraio 2017 la rete si è arricchita di una nuova succursale ubicata a Martigny. L’evento è importante perché rappresenta la prima apertura nel Canton Vallese. L’articolazione territoriale comprende attualmente 20 spor-
telli fisici ubicati in 7 cantoni e nel Principato di Monaco, ai quali si aggiunge l’unità virtuale Direct Banking. Il canale informatico rappresenta, anche per la sua trasversalità, una delle principali priorità (procedura crediti, upgrade GoBanking, altri interventi). Investimenti non meno significativi sono indirizzati nel campo della formazione del personale. Il processo legato alla certificazione dei consulenti alla clientela è in corso di realizzazione seguendo un programma pluriennale, in assonanza con le direttive delle associazioni di categoria. Lo sviluppo della Banca ha comportato l’incre-
FINANZA / BPS (SUISSE)
mento del numero degli effettivi, pari a 316 dipendenti (+9 unità rispetto all’anno precedente). Il Consiglio d’Amministrazione ha approvato in data 5 febbraio 2018 il rapporto annuale dell’Esercizio 2017. La raccolta della clientela ha raggiunto CHF 4.881.900.000 (+2%). Tale aumento è ascrivibile alla raccolta indiretta e al patrimonio gestito. Il comparto crediti ha registrato una crescita confortante mantenendo un grado di rischio relativamente contenuto. Il totale di fine esercizio si è incrementato a CHF 3.908.000.000 (+5%), di cui CHF 3.473.000.000 (+6%) quali crediti ipotecari, quasi interamente costituiti da edilizia abitativa. I risultati del lavoro messi in luce nel Conto Economico evidenziano una crescita significativa rispetto all’esercizio precedente. Il risultato netto da operazioni di interessi ha beneficiato dei maggiori volumi gestiti e dei termini più favorevoli nel rifinanziamento delle operazioni pregresse fissandosi a CHF 43.200.000 (+11%).
altri costi d’esercizio a CHF 21.920.000 (+2%). Il Risultato d’esercizio si eleva a CHF 18.530.000 (+18%). L’Utile d’esercizio si afferma a CHF 14.209.000 (+18%). Frutto dell’attività quotidiana, rappresenta il miglior risultato netto sinora realizzato dalla BPS (SUISSE). Il Consiglio d’Amministrazione proporrà all’Assemblea il versamento integrale alla Riserva legale da utili, in considerazione delle ulteriori ambizioni di sviluppo della Banca, portando il totale dei mezzi propri a oltre CHF 360.000.000, di cui il 50% costituito da riserve libere accumulate grazie agli utili realizzati e non distribuiti.
01 Direzione Generale BPS (SUISSE) Da sinistra: Mauro De Stefani, Presidente della Direzione Generale; Mauro Pedrazzetti, Responsabile Divisione Crediti e Finanza; Roberto Mastromarchi, Responsabile Divisione Fronte; Paolo Camponovo, Responsabile Divisione Logistica 02 Inserto culturale della Relazione d’Esercizio 2017 dedicato a Clay Regazzoni (1939-2006)
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Il risultato da operazioni in commissione e da prestazioni di servizio si presenta in flessione a CHF 24.183.000 (-4%). Le commissioni da negoziazione titoli, grazie all’efficace lavoro realizzato nel campo del Private Banking, hanno mostrato una buona tenuta. Il risultato da attività di negoziazione e dall’opzione fair “value” si incrementa a CHF 23.349.000 (+ 7%), un livello particolarmente soddisfacente anche nei valori assoluti. L’attività ordinaria relativa all’operatività con la clientela ha offerto un contributo crescente, in linea con l’evoluzione delle masse amministrate. I costi d’esercizio cifrano CHF 67.763.000 (+3%). I costi per il personale, per effetto dell’incremento del numero degli effettivi e della creazione di task-force dedicate a progetti specifici, aumentano a CHF 45.842.000 (+3%); analogamente, gli
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CLAY REGAZZONI: IL CORAGGIO DEL PILOTA, LA GENEROSITÀ DELL’UOMO L’inserto culturale della relazione d’esercizio di BPS (SUISSE) è dedicato quest’anno a Clay Regazzoni, pilota ticinese di fama mondiale. Nato il 5 settembre 1939 a Lugano, si avvicinò piuttosto tardi al mondo delle macchine da corsa, all’età di 24 anni. Regazzoni fu un pilota istintivo, dalla guida aggressiva e sicura. Le approfondite conoscenze meccaniche, acquisite nell’officina di famiglia, lo agevolavano nella preparazione delle auto da corsa con cui gareggiava. Il Memorial Room è il luogo dove sono stati collocati e conservati gli oggetti che testimoniano la storia della carriera sportiva di Clay Regazzoni, macchine da strada, da pista come monoposto di F2 e di F1, caschi, tute, trofei. Le corse in pista esprimono la massima velocità attraverso suoni, colori ed odori che all’interno dell’esposizione stessa riportano subito nell’atmosfera di un circuito con le sue macchine da corsa. Vivere l’emozione di avvicinare e toccare con mano gli oggetti appartenuti alla vita del pilota per apprendere ciò che normalmente non emerge dalle cronache sportive. L’esperienza di vita di Clay lungo il suo percorso evolutivo, per comprendere a fondo il valore prezioso della vita stessa. In questo caso, il senso di anni spesi nella sfida in pista per prepararsi alla più grande delle sfide con la propria vita. Attraverso l’analisi del periodo seguente all’incidente di Long Beach (USA) in cui Clay fu costretto alla sedia a rotelle, viene proposto inoltre un lavoro di sensibilizzazione alla paraplegia e di prevenzione degli incidenti stradali.
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Obiettivi del Memorial Room sono quelli di avvicinare i visitatori alla dimensione umana del sport motoristico e generare interesse e curiosità verso l’esperienza di vita del pilota Clay Regazzoni; trasmettere i concetti ed i valori emersi nel corso della vita sportiva; rendere consapevoli dell’importanza dell’attenzione alla sicurezza stradale; illustrare e documentare dati ed informazioni relativi alla paraplegia in generale. La visita guidata, rivolta a studenti delle scuole medie e dei liceali, illustra dettagliatamente la collocazione storica dei vari oggetti e testimonianze relative alle specifiche fasi della carriera di Clay Regazzoni, dalle origini fino al termine attraversando passo per passo la sua lunga ed intensa vita sportiva. Il materiale audiovisivo, disponibile su un monitor in sala, permette di sintetizzare ed armonizzare la comunicazione dei concetti e dei valori determinanti nella vita sportiva di Clay.
2018 30 years in Lugano
1845 London
1988 Lugano
1961 Zurich
In Lugano, making an impact that matters Supporting Ticinoâ&#x20AC;&#x2122;s business ecosystem since 1988
FINANZA / GRUPPO RAIFFEISEN
PARLIAMO DA IMPRENDITORE A IMPRENDITORE BONAVENTURA BASSI, RESPONSABILE CENTRO CLIENTELA AZIENDALE TICINO, DELINEA LE STRATEGIE CON CUI IL TERZO GRUPPO BANCARIO SVIZZERO HA DECISO DI MARCARE LA PROPRIA PRESENZA AL SERVIZIO DELLE AZIENDE.
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egli ultimi mesi Banca Raiffeisen ha modificato radicalmente la propria politica nei confronti del mondo dell’impresa. Quali sono gli elementi fondamentali di questa scelta? «Partiamo da una necessaria premessa. In Svizzera ci sono circa 140.000 aziende, di cui quasi 12.000 in Ticino, con cui le banche Raiffeisen intrattengono ad oggi una relazione. Ebbene, nei confronti di questo segmento di mercato, importantissimo per l’economia del nostro Paese, abbiamo deciso di porci come interlocutore privilegiato, nella consapevolezza di avere tutte le competenze necessarie per comprendere e risolvere le loro esigenze, rivolgendoci ad essi come un imprenditore che parla a degli imprenditori ed è pronto con i propri prodotti e servizi ad aiutarli a crescere e a sviluppare il proprio business. Dunque si tratta di un potenziale molto rilevante». A quale tipologia di aziende vi rivolgete? «Il tessuto produttivo ticinese può essere suddiviso in tre distinti segmenti:
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le micro imprese e i lavoratori indipendenti con un fatturato inferiore ai 3 milioni di CHF, le piccole-medie imprese con fatturato fino a 10 milioni e le grande imprese con fatturati superiori. La fascia numericamente più consistente è evidentemente quella intermedia, ma il nostro interesse si rivolge indistintamente a tutto comparto aziendale, offrendo prodotti e servizi che sono stati appositamente studiati in funzione di ogni tipologia di azienda e sono accessibili anche da parte di aziende che hanno fatturati e giri di affari non particolarmente elevati. In questo senso confermiamo, anche nei confronti del settore aziendale, quella vocazione alla vicinanza rispetto alle realtà economiche presenti sul territorio che costituisce una delle caratteristiche peculiari del Gruppo Raiffeisen». Quali sono i principali prodotti e servizi che offrite alla clientela aziendale? «Siamo un Gruppo che oggi si muove con un approccio proattivo nei confronti del segmento aziendale, offrendo prodotti e servizi che vanno dal trade finance, al factoring, all’emissione di garanzie, al leasing, senza naturalmente trascurare tutte le tradizionali forme di credito e di finanziamento. Il nostro principale sforzo è attualmente quello di cercare di personalizzare questi strumenti ad hoc in base alle specifiche richieste di ogni singola azienda. Un buon esempio di questa modalità di intervento è il factoring dove avremo la possibilità di appron-
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tare soluzioni per aziende con un fatturato già a partire da 500.000 CHF». Con quale organizzazione vi siete attrezzati per fare fronte alle specifiche esigenze aziendali? «Operiamo a due distinti livelli. Le 21 Banche Raiffeisen della federazione Ticino e Moesano (sono 255 in tutta la Svizzera) si sono dotate di competenze dedicate per offrire un primo livello di contatto agli imprenditori che necessitano di qualsiasi forma di supporto alla loro attività. In secondo luogo, per le aziende maggiori, o addirittura per quelle di grandissime dimensioni, abbiamo creato per tutta la Svizzera 7 Centri Clientela aziendale (1 nella Svizzera romanda, 5 nelle principali città della Svizzera interna, e 1 appunto in Ticino) in grado di offrire un ulteriore supporto alla rete di banche diffuse sul territorio e al tempo stesso di seguire direttamente le aziende più grandi. In Ticino il Centro Clientela aziendale regionale è ubicato qui nella sede di Raiffeisen Svizzera a Bellinzona e vi operano 4 persone appositamente dedicate». Le aziende che intendono avviare processi di internazionalizzazione necessitano di una rete di corrispondenti nei Paesi esteri dove vogliono operare. Come avete affrontato e risolto questo problema? «Raiffeisen è una banca diffusa esclusivamente sul territorio svizzero, ma per far fronte a queste specifiche esigenze stiamo creando tutta una rete di corrispondenti esteri, avendo come partner alcuni dei più qualificati istituti bancari con una presenza in tutti i Paesi del mondo. In questo modo siamo n grado di concludere operazioni in qualsiasi località del globo, venendo pienamente incontro ad ogni necessità della clientela aziendale».
È possibile segnalare qualche altra problematica aziendale nei confronti della quale è particolarmente richiesta la vostra consulenza? «Una tematica che interessa molto gli imprenditori e rispetto alla quale abbiamo elaborato specifici strumenti di intervento è quella della successione aziendale. È infatti più che mai importante pensare per tempo alla questione della successione. Raiffeisen è pronta a mettersi al fianco dell’imprenditore alla ricerca di una soluzione ottimale per tutelare il frutto del lavoro di una vita. A questo proposito è stato messo a punto un apposito «Check della successione Raiffeisen», dove la compilazione di un questionario on line è il primo passo del nostro modello di successione. Si passa quindi al «Dialogo di successione» nel corso del quale i verificano e valutano i dati acquisiti e si definisce la priorità per diverse forme di trasferimento. Dopodiché si stabilisce insieme come procedere e per attuare la soluzione preferita vengono elaborate una serie di misure. Da ultimo Raiffeisen si occupa di tutto ciò che riguarda le operazioni ban-
carie, mentre tramite la rete di esperti (per gli altri aspetti specifici) supporterà l’imprenditore rispetto ad ogni altra possibile esigenza». È già possibile tracciare un bilancio di questa vostra penetrazione nel segmento aziendale? «Siamo attivi da pochi mesi ma possiamo marcare un risultato molto positivo sia per quanto riguarda il Centro Clientela aziendale di Bellinzona che ha stabilito nuove importanti relazioni anche con aziende di grandi dimensioni, sia rispetto alle Banche Raiffeisen che si stanno attivando con particolare dinamismo nei confronti di quella clientela locale che ben conoscono e che da sempre costituisce il principale punto di riferimento della vicinanza di Raiffeisen rispetto al proprio territorio di appartenenza».
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FINANZA / PROSPETTIVE 2018
Cosa cambia NEL SISTEMA BANCARIO HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
CLAUDIO BORDOGNA (C.B) Responsabile Clientela Privata UBS Regione Ticino
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risi finanziaria, lotta internazionale all’evasione fiscale, scandali, procedure giudiziarie, multe miliardarie, fuga di dati, soppressione di impieghi: quali sono le sfide che attendono le banche svizzere nel 2018? C.B.: «La Svizzera gode di una buona situazione iniziale, tuttavia non può adagiarsi sugli allori. La piazza finanziaria svizzera negli ultimi 10 anni è retrocessa dal 5° all’11° rango del “Global Financial Centres Index”: dalla creazione di questa classifica per la prima volta non è rientrata nei Top10. Allo stesso tempo Ginevra è passata dalla decima alla ventesima posizione». S.J.: «Sono ormai diversi anni che il sistema bancario e finanziario elvetico viene scosso da eventi che sono spesso il frutto di importanti cambiamenti a livello di politiche este-
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SILVIA JEHRING (S.J.) Responsabile Legal & Compliance Banca del Sempione SA
AVV. MARCO TINI (M.T.) Presidente della Direzione generale di Axion SWISS Bank SA.
re che tengono sempre più conto delle esigenze economiche interne a scapito dei rapporti internazionali. In questo processo la Svizzera, a torto o a ragione, è stata negli anni passati elevata a capro espiatorio in relazione a pratiche bancarie e finanziarie certamente non in uso unicamente nel nostro Paese, dando spunto ad organizzazioni internazionali come l’OCSE di far valere un nuovo paradigma. Per tale ragione nel corso di questi ultimi anni il contesto bancario e finanziario è profondamente cambiato, e la Svizzera con i suoi istituti finanziari lo ha saputo recepire con rigore e pragmatismo, dimostrando ancora una volta capacità di adattamento, inventiva, e la sua forza basata su stabilità e qualità che nessuna delle sfide passate ha saputo scalfire. Di sfide nel 2018 e più in generale negli anni a venire ve ne saranno diverse, sicuramente molte determinate da una sovraregolamentazione non solo interna alla Svizzera, ma anche e soprattutto dettata dalle autorità europee o di altri Paesi che tuttavia non po-
tranno non avere riflessi extraterritoriali coinvolgendo dunque anche il mondo bancario svizzero in quanto tale. Anche l’evoluzione tecnologica, la complessità del mondo digitale e la crescente dipendenza da tali fenomeni, da un lato fornisce un importante supporto all’operatività delle banche, ma dall’altro rischia di renderla più macchinosa e sicuramente impatta sugli impieghi e sui costi in modo importante. Ma tutto ciò in fondo non è solo una prerogativa bancaria e certamente non solo una prerogativa svizzera». M.T.: «Ritengo che la principale sfida sia interiorizzare che è giunta l’ora di essere frugali nell’appetito al rischio. La storia recente dimostra che le “grandi abbuffate” possono dar vita a problematiche gravi. La frugalità, invece, induce chi opera nel settore a sentirsi libero e sereno di valutare le opportunità commerciali; consente di avere sempre uno spiccato riguardo alle norme e al
FINANZA / PROSPETTIVE 2018
rischio reputazionale. Per contro, è di fronte a obiettivi aziendali troppo ambiziosi che si tende ad assumere rischi maggiori. Intendiamoci: è ovvio che occorre inseguire un utile, un miglioramento costante, una crescita sana; ma indulgere troppo in certi appetiti è un’attitudine che ormai appartiene al passato, da lasciarsi alle spalle per affrontare con la dovuta saggezza il futuro. La sfida è proprio questa». Con nuove norme, accordi fiscali e adeguamenti agli standard internazionali, il governo vuole assicurare il futuro della piazza finanziaria. Quali sono le norme che occorre adottare per favorire questo processo di ristrutturazione del mondo finanziario? C.B.: «Quale risposta all’aumento dei requisiti regolatori, UBS ha adattato in maniera significativa la sua strategia, la sua struttura organizzativa e il suo modello operativo. Molti cambiamenti richiedono sforzi a livello finanziario e strategico e implicano costi elevati. Una sfida particolare è costituita dai nuovi regimi regolamentari, che conducono ad una parziale frammentazione, rispettivamente a regimi regolatori contrastanti. Questa situazione si rivela estremamente onerosa per quanto riguarda l’implementazione delle strategie e delle misure organizzative adottate (vedi ad es. l’adempimento di requisiti di indipendenza finanziaria o di resilienza/operatività, nonché di misure regolatorie). Per l’implementazione di regole internazionali è importante che la Svizzera si orienti agli sviluppi in altri Paesi importanti (ad es. i requisiti di capitale di Basilea III). In materia fiscale, il Progetto fiscale 17 deve essere portato a compimento, in modo che la Svizzera possa rispettare gli standard internazionali nell’ambito delle imposte sulle società
e che le imprese riescano nuovamente a pianificare in sicurezza. La pressione che le agevolazioni fiscali vengano portate a termine con successo, con la riforma fiscale degli Stati Uniti è ulteriormente aumentata. Per rafforzare la competitività inoltre, sarebbero necessarie una riforma delle ritenute alla fonte e l’abolizione delle tasse di bollo. Per i fornitori di servizi finanziari svizzeri è altresì imperativo che possano fornire servizi transfrontalieri, dalla Svizzera in Europa». S.J.: «La Svizzera ha dimostrato di voler collaborare con tutti gli Stati per garantire standard di trasparenza e reciprocità anche se per la verità da un punto di vista negoziale non siamo sempre riusciti ad ottenere quanto prefissatoci, soprattutto con riferimento all’accesso al mercato. Certo è che l’interdipendenza del sistema bancario e finanziario su base globale nonché la libera circolazione della clientela e dei capitali, fa si che sia auspicabile l’emanazione in Svizzera di normative che si equiparino il più possibile a quelle in vigore nei Paesi limitrofi, e che non impongano agli istituti finanziari, già gravati da una maggiore attività di compliance, l’implementazione di norme tra loro a volte contrastanti (una sorta di doppio binario) per gestire correttamente la clientela non residente in Svizzera. Esempi fra tutti saranno la legge sui servizi finanziari (LSF) e la legge sugli istituti finanziari (LIFin) che riprenderanno molti dei principi MIFID in vigore nell’UE a tutela degli investitori, così come la legge federale sulla protezione dei dati (LPD) che recepirà i principi cardine del nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), normativa che avrà un impatto diretto anche sugli attori svizzeri che tratteranno dati di soggetti residenti nell’UE».
M.T.: «Il processo di ristrutturazione non passa solo dalle nuove norme introdotte e da quelle future: attualmente la piazza finanziaria svizzera necessita che le nuove disposizioni siano sorrette da un migliore coordinamento da parte delle molteplici autorità legiferanti in materia. Gli istituti finanziari sono infatti chiamati a gestire in solitudine la corretta interpretazione delle nuove disposizioni, l’analisi degli impatti che ne derivano, l’elaborazione delle regole e della formularistica da adottare. Insomma, attualmente alle singole banche spetta il difficile compito di imparare strada facendo: ciò crea inevitabilmente soluzioni individuali e dunque non standardizzate, inefficienze, confusioni, costi aggiuntivi e, magari, errori. Il risultato è che non vi è la garanzia di un livello qualitativo uniforme. Sono dunque convinto della necessità di un ruolo centrale più marcato, impreziosito da una maggiore cooperazione tra le banche, tale da permettere alla piazza finanziaria di far fronte comune e gestire al meglio gli enormi e cruciali cambiamenti che sta vivendo. Ne gioverebbe inoltre l’immagine di solidità e organizzazione che ci si aspetta da una piazza così importante come quella elvetica». Quali conseguenze ritiene che potrà avere l’obbligo imposto da Roma alle banche svizzere (e dei paesi extra-Ue) di avere una succursale soggetta alle disposizioni fiscali e legislative italiane per poter operare nel Paese? C.B.: «La restrizione dell’accesso al mercato italiano quale conseguenza del branch requirement può avere un serio impatto su uno dei mercati più importanti. Questo limita gli obiettivi di acquisizione della clientela e di futura crescita». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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FINANZA / PROSPETTIVE 2018
S.J.: «La decisione di Roma di imporre la costituzione di una branch in Italia per la prestazione di servizi finanziari da parte di istituti finanziari con sede fuori dall’UE non va certamente nella direzione prospettata con la road map siglata il 23 febbraio 2015 tra Svizzera e Italia, nella quale l’Italia si era impegnata espressamente a ricercare possibili soluzioni per agevolare la prestazione di servizi finanziari su base cross border. Impegno decisamente disatteso, soprattutto se si considera che altri Paesi dell’UE non hanno adottato analoga soluzione. Riteniamo che la Svizzera debba e possa negoziare condizioni migliori su questo fronte. La costituzione di una branch è un’iniziativa senz’altro onerosa sia in termini di investimento che in termini amministrativi, ma è senz’altro un tema che occorre analizzare a fondo soprattutto ora che la normativa europea ha fornito una definizione chiara e ben delimitata del concetto di reverse solicitation. Nel concreto stiamo valutando la possibilità di costituire una branch di Banca del Sempione in Italia, avendo peraltro già una realtà a Milano e a Lecco, Sempione Sim SpA, che potrebbe essere convertita in branch o della quale possiamo comunque avvalerci per il know how e la realizzazione del progetto». M.T.: «Non sono preoccupato. Da alcuni anni infatti, le norme che regolano i rapporti lavorativi con l’Italia sono molto rigide e, di fatto, rendono proibitive le attività dirette nella Penisola. Ciononostante, la nostra piazza non ha mai smesso di rimanere attrattiva per i clienti italiani, che amano l’alto livello di competenze che viene loro messo a disposizione e la stabilità politica e istituzionale del nostro Paese; sono dunque già abituati alle inevitabili difficoltà logistiche dovute a una relazione con una banca che si trova in Svizzera, e lo accettano con una sereni-
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tà divenuta ancora maggiore con la regolarizzazione dei loro averi». Quali iniziative ritiene che sia necessario intraprendere a livello politico e diplomatico al fine di favorire il libero accesso al mercato italiano per banche e istituti finanziari elvetici? C.B.: «Siamo ancora interessati all’accesso al mercato italiano. La Svizzera dovrebbe far bene presente all’Italia che tra Paesi vicini bisognerebbe cercare delle soluzioni comuni. La Svizzera ha adempito ai suoi impegni della Road Map, inclusi l’introduzione del SAI (Scambio Automatico di Informazioni) e il supporto delle banche svizzere al successo del programma di disclosure italiano. Il nostro Paese aumenta inoltre il livello di protezione e di supervisione dei consumatori nei confronti dei gestori patrimoniali con l’introduzione di FIDLEG e FINIG e onora i suoi impegni contenuti nella Road Map del febbraio 2015. Per questi motivi è giusto e una questione di fiducia aspettarsi che anche l’Italia onori i suoi impegni di cercare le possibili soluzioni per migliorare la reciproca fornitura di servizi finanziari transfrontalieri. Dal punto di vista della piazza finanziaria svizzera, l’ottenimento di una licenza ad operare nel mercato transfrontaliero sarebbe da preferire rispetto all’obbligo di stabilire una succursale estera. Rimane perlomeno auspicabile che si riesca ad ottenere un concetto flessibile dell’obbligo di succursale». S.J.: «Come rimarcato precedentemente, credo che la Svizzera abbia ancora ampi margini di negoziazione per favorire l’accesso al mercato nel rispetto di quelle che sono le attuali disposizioni europee. Inoltre i rapporti commerciali e storici, in particolare con la Lombardia, dovrebbero essere maggiormente evidenziati. Mi
pare di poter dire che quanto doveva fare la Svizzera e il suo sistema finanziario per adempiere agli standard richiesti dalla comunità internazionale sia stato fatto come sempre con rigore e serietà. A livello politico e diplomatico occorrerebbe forse sottolineare di più gli sforzi fatti e forse anche le numerose lacune e zone grigie ancora esistenti all’interno della stessa UE, soprattutto in materia fiscale, pretendendo una parità di trattamento». M.T.: «Mostrare i muscoli non porterebbe di sicuro a nulla, specialmente con una controparte istituzionale, quella italiana, che non brilla per stabilità di governo. Ad ogni modo, per natura, io sposo l’ottimismo. Parlando di libero accesso al mercato italiano occorre inoltre ricordare che l’introduzione della nuova legge europea sugli strumenti finanziari e sui servizi di investimento, “Mifid II”, introduce per la prima volta a livello comunitario un elemento molto importante: la“reverse enquiry”. Di cosa si tratta? In pratica sancisce che nel caso un cliente richieda di sua iniziativa a un istituto finanziario una consulenza per un investimento, tale volontà risulti predominante sul fatto che tale istituto abbia o meno ottenuto l’autorizzazione a operare nel Paese del cliente. È, insomma, un elemento che stempera almeno in parte l’attuale impasse con l’Italia».
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GASTRONOMIA / LUGANO CITTÀ DEL GUSTO
TUTTO sul cibo e dintorni DI MARTA LENZI REPETTO LE TENDENZE, I PRODOTTI E LE INVENZIONI CHE SEMBRAVANO IMPOSSIBILI: LUGANO CITTÀ DEL GUSTO ESPLORERÀ ANCHE IL FUTURO DEL CIBO, METTENDONE IN LUCE I DIVERSI ASPETTI BIOLOGICI, ANTROPOLOGICI ED ECOLOGICI.
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arà in un certo senso una manifestazione onnivora, occupandosi di cibo nelle sue più svariate declinazioni e relazioni, analizzando ad esempio i possibili scenari nel futuro dell’alimentazione, con il racconto di nuovi trend alimentari resi possibili dalla tecnologia: dal cibo modellato attraverso una stampante 3D fino all’hamburger sintetico, prodotto in laboratorio, o ancora inda-
gando sul DNA e sulle cellule staminali per migliorare il nostro benessere. Fantascienza? Assolutamente no e se la prospettiva stupisce, bisogna ricordarsi che anche altre invenzioni e situazioni che oggi sembrano banali erano considerate un tempo inimmaginabili. La storia del rapporto dell’uomo con il cibo è stata una straordinaria epopea sociale, culturale e di ricerca di significati. Quello che era forse l’aspetto
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più problematico, e cioè la ricerca del cibo per alimentarsi e sopravvivere, è stata una grande opportunità che ha spinto sempre l’uomo alla ricerca di strumenti per migliorarsi. La capacità umana di manipolazione della natura ha segnato una tappa cruciale con la scoperta del fuoco e con la successiva intuizione che il cibo poteva migliorare, sviluppando effetti importantissimi sull’evoluzione umana. L’uomo cuoco è stato molto più fondamentale dell’uomo cacciatore. Dal fuoco alle prime pentole, dalle pietre da taglio a quelle da macina per la molitura di semi e grani e così via; dal ferro al rame, dall’alluminio all’acciaio inossidabile. Tanti strumenti e materiali hanno rivoluzionato la quotidianità nei secoli, come tanti cibi hanno cambiato il mondo sin dalla loro introduzione in Europa dopo la scoperta dell’America. Il cioccolato, ad esempio, come altri generi alimentari, è stato uno strumento che ha permesso di misurare l’evoluzione sociale e culturale, ha influenzato mode e abitudini, riti relazionali, sia per quanto riguarda la produzione, che il consumo. Molti nuovi prodotti, alla base della nostra odierna alimentazione, inizialmente incontrarono molta resistenza: dal mais ai fagioli, dalla patata, accettata solo durante le tremende carestie del XVIII secolo, al pomodoro, impiegato come condimento della pasta solo dalla fine
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del ‘700, unitamente a numerosi altri ortaggi e frutta. O ancora, già a metà del XVIII secolo il Conte Rumford a Londra inventò un forno per cuocere carne a bassa temperatura. L’intento era anche di inquinare meno la sua città risparmiando energia, ma nessuno lo considerò. Il 1800 è stato un secolo di grandissime e importanti invenzioni con forte sviluppo della rete ferroviaria, costruzione di grandi navi a vapore, mezzi di comunicazione molto più moderni e veloci e nuovi macchinari ancora oggi utilizzati. Tutto ciò permise una diffusione maggiore anche degli alimenti, del loro commercio e conseguentemente un cambio di gusti. Si svilupparono sistemi di conservazione alimentare, come la sterilizzazione e la pastorizzazione. Iniziarono a comparire i fornelli a gas, la lavorazione dei formaggi divenne industriale e si scoprì il valore energetico degli alimenti, cioè le calorie. Ricordiamo che l’impulso decisivo alla produzione industriale del cioccolato venne dato nel 1819 a Torino dal bleniese Giovanni Martino Bianchini che realizzò una macchina per tritare il cacao, lo zucchero e altre droghe necessarie alla produzione con l’impiego di un solo operaio, alimentata da una ruota idraulica. Ancora oggi la ruota si trova all’entrata dello stabilimento Caffarel di Luserna San Giovanni. Arrivarono poi frigoriferi, lavastoviglie, macchina da cucire, mentre la pentola a pressione era già presente da tanto! E ancora il microonde: negli anni ’70 del secolo scorso in America veniva pubblicizzato come “la più grande rivoluzione culinaria dopo la scoperta del fuoco”. E non erano stati messi in vendita i primi robot da cucina. A che punto siamo oggi? Le statistiche ci dicono che siamo sempre più attenti nello scegliere alimenti salutistici e prodotti etici, ed è in crescita il numero di vegetariani e vegani. Gli scienziati cercano una soluzione all’impatto ambientale degli alleva-
menti intensivi e alla malnutrizione. Nonostante la repulsione che suscitano, la FAO promuove da anni gli insetti come “proteina del domani” e ci sono diverse start up che stanno lavorando alla carne sintetica o “carne pulita” come preferiscono chiamarla i ricercatori. Ma siamo pronti a dire addio alla tradizionale bistecca in favore di una versione da laboratorio? La “carne etica” potrebbe garantire un approccio più ecologico e sostenibile, consumando dal 7 al 45% in meno di energia, riducendo le emissioni di CO2 fino al 96%, del 99% l’uso di terreni e del 90% l’utilizzo di acqua. Il primo esperimento è stato condotto 5 anni fa in un laboratorio dell’Università di Maastricht in Olanda ma, in realtà, è un progetto che stenta a decollare per via degli alti costi, dei tempi e per le caratteristiche organolettiche. Si parla di 250 mila $ per hamburger e di 6 settimane e mezzo per il risultato finale. Proprio su questo aspetto, i ricercatori stanno lavorando per aumentare la quantità di grassi presenti nella carne al fine di ottenere un prodotto il più possibile simile a quella “originale”. La carne di manzo cucinata era stata fatta crescere a partire da un campione di tessuto muscolare prelevato da una mucca; le cellule staminali poi coltivate e tagliate in modo da ottenere filamenti stratificati per formare un tessuto che avesse la
consistenza della carne bovina. L’americana Memphis Meats ha annunciato un anno fa di aver costruito il primo laboratorio al mondo per la produzione di carne sintetica di pollo e di anatra e ha presentato le prime ricette al pubblico, con una degustazione. I risultati sembrano essere stati sorprendenti: il gusto era simile alla carne “normale” anche se mancava il sapore del grasso animale e del sangue. Ricreare una tagliata o una fiorentina significherebbe ricreare un muscolo, ma per farlo servono vasi sanguigni che pompino ossigeno e sostanze nutritive nelle cellule! Un passaggio ancora troppo sofisticato ed estremamente costoso. Il miglioramento del gusto e l’abbattimento dei costi di produzione sono quindi le due sfide da vincere! Mentre si può già assaggiare con maggiore successo il cibo stampato in 3D, un’altra strada che, secondo gli esperti, potrebbe rendere la produzione alimentare più sostenibile. Esistono infatti stampanti che caricano gli ingredienti in appositi contenitori, scelgono la forma del cibo desiderato in base ad un software e provvedono a stampare l’alimento. Anche in questo caso per ora il prezzo ancora alto non permette una produzione su larga scala! In futuro, comunque, negozi e supermercati potrebbero tenere in magazzino le cartucce necessarie a stampare il cibo per anni, limitando allo stesso tempo TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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lo spreco di cibo fresco, l’impiego di spazi e i trasporti. Essendo studiati in laboratorio, inoltre, i piatti 3D potrebbero offrire molte più scelte a chi soffre di allergie alimentari. Chiediamo lumi su tutto ciò a Pietro Veragouth, cofondatore di Swiss Institute for Disruptive Innovation, che incontreremo a Lugano Città del Gusto. L’obiettivo di SIDI è quello di individuare e analizzare precocemente le innovazioni emergenti che hanno le caratteristiche e il potenziale per essere, appunto, dirompenti. Siamo davvero di fronte a un cambiamento epocale? Mangeremo sicuramente carne sintetica e produrremo a casa piatti con le stampanti? «Parliamo di carne vera, solo che a produrla non è l’animale ma sono “solo” le sue cellule staminali, che l’uomo ha imparato a isolare e coltivare, e sta imparando a farlo sempre meglio. Secondo diversi studi, la “pulizia” della carne rappresenta un enorme cambiamento tecnologico e culturale per l’umanità. È la quadratura del cerchio, l’incontro di carnivori e vegani, la soluzione definitiva per fame nel mondo, ma anche di dilemmi etici - secondo le statistiche della FAO, in tutto il mondo ogni anno vengono macellati circa
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56 miliardi di animali, esclusi pesci e altri animali marini - e gravi problemi ambientali - gli allevamenti comportano un consumo smodato di risorse idriche, inquinano enormemente e sono responsabili di circa il 9% del totale delle emissioni di anidride carbonica. Fantascienza? Niente affatto. Questa carne esiste già, solo che al momento ha dei costi da far impallidire il caviale di beluga e, sempre solo al momento, non ci siamo quanto a sapore e consistenza. La strada però è tracciata, le soluzioni dei problemi si troveranno e presto. Ne sono convinti gestori di capital venture come DFJ, società leader che ha accompagnato sul mercato Tesla e SpaceX, investitori come Bill Gates e Richard Branson, che sono entrati in modo deciso in questo business. Questo il quadro generale di riferimento, e si capisce come il tema sia estremamente stimolante anche per gli organizzatori di una manifestazione come Lugano Città del Gusto, aperti e curiosi a tutte le novità nei sapori e nel cibo. Per quanto riguarda le stampanti alimentari 3D, alcune già riescono a produrre alimenti con consistenza e sapori vicini a quelli reali, con i corretti valori nutrizionali e con la possibilità di inserire medicamenti al loro interno.
Esistono infinite applicazioni, il limite è dato solo dalla nostra capacità di immaginare e concepire nuove soluzioni». Un altro aspetto che verrà approfondito durante gli incontri a settembre è la cosiddetta dieta del DNA in collaborazione con AMIA, Associazione medici italiani anti-aging, in particolare con il Presidente Dott. Galimberti autore del libro “La dieta del DNA” appena pubblicato e il project manager Luca Bottoni. Sia che si tratti di una dieta finalizzata al calo di peso, sia che miri al benessere e alla lunga vita, l’alimentazione è importante, ma deve essere calibrata su ogni singolo individuo, perché ognuno ha un proprio metabolismo e un proprio e unico DNA. Una dieta personalizzata quindi che risponde a tutte le esigenze del nostro corpo. Già nella medicina antica ai cibi era attribuito un alto valore terapeutico, nella convinzione che l’equazione cibo-salute avesse un’effettiva validità. Per Ippocrate la salute era l’equilibrio tra alimentazione ed altri aspetti della vita, in un’interazione tra uomo e ambiente, attraverso un regime annuale secondo le stagioni, basato sul principio dei contrari. In seguito Galeno nel II secolo d.C. ritenne che il comportamento umano dipendesse dall’equilibrio dei quattro umori, san-
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LUGANO CITTÀ DEL GUSTO 13-23 SETTEMBRE 2018
gue, flemma, bile gialla e bile nera, teoria che si rifletteva anche nel modo di utilizzare il cibo. Il segreto della buona salute risiedeva nel perfetto bilanciamento dei quattro umori. Oggi le conoscenze sono maggiori, si conoscono i mattoni costitutivi del DNA che per-
mettono di capire cosa fa davvero bene al nostro corpo: i cibi più utili, le vitamine necessarie, l’attività fisica migliore da praticare, gli stili comportamentali e alimentari appropriati. Tutto questo ed altro a Lugano Città del Gusto dal 13 al 23 settembre. E visto che conoscenza, innovazione e pensiero creativo sono anche alla base dell’arte degli chef, non mancheranno sicuramente gusti sorprendenti!
01 Nella foto Pietro Veragouth, cofondatore di SIDI – Swiss Institute for Disruptive Innovation
Un vino davvero eccellente La Vinattieri Ticinesi, in collaborazione con l’Association Suisse des Sommeliers Professionnels, ha presentato a fine 2017 la nuova Cuvée ASSP 2015 ricordando che la prima Magnum della lunga serie fu prodotta da Luigi Zanini nel 1990. Questa Cuvée proviene dal vigneto denominato Collina Ideale di Rancate, la cui superficie è di 1 ettaro, ed è posto sotto il dominante vigneto dove viene prodotto il Vinattieri.
Produttore: Vinattieri Ticinesi Denominazione: Cuvée des Sommeliers Annata: 2015 Vitigno: Merlot Zona di produzione: Vigneto Collina Ideale - Rancate Data della vendemmia: 27.09.2015 Vinificazione: in tini di legno con macerazione per 21 giorni Affinamento: in barrique per 18 mesi Gradazione alcolica: 13,5% vol Bottiglie prodotte: 800 da 150 cl
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GASTRONOMIA / FORMAZIONE
Nasce Food & Wine BUSINESS MANAGEMENT IL DIPARTIMENTO ECONOMIA AZIENDALE, SANITÀ E SOCIALE (DEASS) DELLA SUPSI, GAMBERO ROSSO ACADEMY E GASTROTICINO HANNO PRESENTATO IL NUOVO CERTIFICATE OF ADVANCED STUDIES “FOOD & WINE BUSINESS MANAGEMENT”, UN PERCORSO DI STUDIO CHE FORNISCE UNA RISPOSTA INTEGRATA ALLE NECESSITÀ SEMPRE PIÙ ARTICOLATE LEGATE AL SETTORE ENOGASTRONOMICO.
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e è vero che tutti gli uomini mangiano, tuttavia ogni cultura mangia a modo suo e fa della cucina la sua carta d’identità: passioni, ossessioni, emozioni, tradizioni, repulsioni e contraddizioni, tutto si dice attraverso il cibo. Nella società moderna, caratterizzata da social network, e-commerce e bitcoin, il cibo biologico, la cucina del territorio e i prodotti a km “0” stanno conquistando sempre più spazio. Sembra un paradosso, invece è una naturale conseguenza del progresso e della globalizzazione, esprime il crescente bisogno di “genuinità” in un mondo sempre più virtuale. Il rapporto con il cibo è in forte evoluzione: i modelli di consumo si modificano, i programmi di cucina spopolano sui mass-media e i cuochi sono diventati delle star. A dispetto di questo scenario, i dati
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economici della ristorazione in Ticino non sono altrettanto confortanti e mostrano andamenti contraddittori. I clienti, sempre più esigenti, quando si recano in un bar o in un ristorante non si accontentano del cibo e delle bevande: vogliono vivere un’esperienza unica di sapori, colori e odori, ma anche di servizio, di accoglienza, di design. Il successo nel mondo del Food & Beverage non è frutto di casualità, o di un’intuizione estemporanea, esso è il risultato di un’attenta progettazione, che tiene insieme innovazione, qualità, design, servizio e organizzazione economica. Le competenze per avere successo in questo settore sono molteplici: capacità tecnica, innovazione, gestione del personale, marketing e imprenditorialità. Per questo motivo tre istituzioni formative, quali SUPSI, Gambero Rosso Academy e GastroTicino hanno
unito le forze per proporre un percorso formativo che metta a disposizione del partecipante tutte le competenze necessarie. La partecipazione del Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT) completa il gruppo di lavoro, coinvolgendo realtà produttive locali e garantendo la coerenza del progetto formativo con le strategie istituzionali di sviluppo della filiera agroalimentare del Ticino. Il settore del food & beverage sta diventando sempre più importante nella società moderna e l’offerta è evoluta in tempi molto rapidi. La risposta dei ristoratori di successo non può quindi che nascere dall’integrazione tra la qualità del cibo e delle bevande, le caratteristiche estetiche e di design del locale e il territorio circostante, la sua cultura e le sue attrattività. Per questo motivo il Certificate of Advanced Studies SUPSI in Food & Wine Business Management mira a colmare un vuoto dell’offerta formativa ticinese per aiutare gli operatori del settore a riqualificare la propria offerta e a definire una strategia competitiva vincente. Il CAS si rivolge agli imprenditori del settore che vogliono essere più competitivi ed ai lavoratori che vogliono assumere ruoli imprenditoriali e dirigenziali nel settore del food & beverage; fornisce una risposta integrata alle necessità sempre più articolate legate a questo settore, offrendo una formazione manageriale e gestionale generale, combinata allo sviluppo di competenze specifiche della filiera, per prepara-
GASTRONOMIA / FORMAZIONE
re manager specializzati in grado di affrontare le sfide del settore enogastronomico in un contesto internazionale e multiculturale. È pensato per persone che lavorano e quindi consente di conciliare lo studio con un’occu-
pazione stabile grazie a lezioni che si svolgono secondo la formula dei 2 giorni al mese. La durante del corso è di un anno a partire dal 3 maggio 2018; il termine per le iscrizioni è il 16 aprile 2018.
Giornate europee dei mestieri d’arte Da Lunedi 20 a domenica 22 aprile, Lugano ospiterà le Giornate europee dei mestieri d’arte, organizzate da Aticrea, Associazione Ticinese Artigiani Artisti, che si propongono l’obiettivo di censire e valorizzare gli artigiani d’arte presenti nella città e nelle zone limitrofe, 137 nominativi censiti; creare ulteriori motivazioni per la visita ed il soggiorno a Lugano e nel Ticino; offrire alla popolazione ed ai turisti un’occasione per visitare e sperimentare le capacità artigianali; inserire Lugano nel circuito delle città delle giornate internazionali dei mestieri
d’arte (Parigi, Milano, Ginevra, Losanna, Neuchâtel) Il progetto intende usufruire dell’esperienza dell’associazione nazionale dei mestieri d’arte che organizza gli stessi eventi in diverse città della Svizzera. Tre sono le modalità di animazione: l’organizzazione di visite ai laboratori degli artigiani organizzate con la prenotazione obbligatoria sulla piattaforma nazionale; l’organizzazione di un centro di riferimento presso l’ex macello di Lugano nel quale troveranno posto iservizi di informazione su tutti gli artigiani partecipanti all’evento, la piat-
taforma di prenotazione delle visite e uno spazio espositivo pensato in particolare per gli artigiani che non possono organizzare delle visite nei loro laboratori. Inoltre, incontri e presso il centro industrie artistiche e presso l’ex macello sui temi di interesse del settore artigianale: artigianato e nuove tecnologie; artigianato e benessere; artigianato ed innovazione, turismo e artigianato. Per informazioni: Associazione ticinese artigiani artisti, C.P. 4053 6904 Lugano; mail: info@aticrea.ch; tel +41 76 38 99 100 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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GASTRONOMIA / CENTRO DI COMPETENZE AGROALIMENTARI TICINO
Prodotti ticinesi in tavola E SO COSA MANGIO SIBILLA QUADRI PRESENTA UN IMPORTANTE PROGETTO CHE SI PREFIGGE DI PROMUOVERE E COORDINARE INIZIATIVE NEI SETTORI DELL’AGROALIMENTARE SULL’INTERO TERRITORIO CANTONALE.
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uali sono le finalità per le quali è stato costituito CCAT? «Il progetto CCAT nasce sulla base dell’esperienza maturata nel corso degli scorsi anni grazie ad una prima iniziativa promossa da GastroTicino in collaborazione con l’Unione Contadini Ticinesi e ha la finalità di valorizzare la produzione agricola locale, la cui qualità e varietà rappresentano un importante risorsa anche per il settore turistico». Nello specifico quali sono i suoi obiettivi prioritari? Il Centro di Competenze ha per sua natura il carattere di confronto e coordinamento al fine di rendere l’offerta di prodotti e servizi agroalimentari ticinesi accessibile ai diversi consumatori in Ticino e fuori. In questo senso, si propone di fungere da interfaccia tra i settori, in particolare la produzione primaria, la trasformazione, la distribuzione e il consumatore finale (mense, ristoranti, alberghi, grande distribuzione, ecc.), sviluppando la rete agroalimentare del territorio (RdT) e promuovendo i marchi già esistenti nella filiera agroalimentare, in particolare il marchio Ticino. Un aspetto di
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particolare rilievo riguarda poi la collaborazione con il settore turistico per integrare l’offerta agroalimentare nei programmi di sviluppo del Cantone».
mozione condivisa. Oltre a ciò stiamo lavorando affinché i prodotti agroalimentari ticinesi siano maggiormente presenti nella ristorazione collettiva».
Il vostro modo di operare si ispira alla logica della “messa in rete”. Che cosa significa in concreto? «Contiamo sull’ampio coinvolgimento delle associazioni di categoria legate, direttamente o indirettamente, al settore agroalimentare. Queste ultime, condividendone ovviamente lo spirito e gli scopi, sono quindi invitate a diventare membri dell’Associazione CCAT. Tra i fondatori possiamo già annoverare UCT (produzione primaria), DFE, Sezione agricoltura (enti pubblici), LATI (trasformazione e logistica), DISTI (distribuzione), GastroTicino (ristorazione e albergheria), OTR Mendrisiotto e Basso Ceresio (turismo)».
Siete anche impegnati sul fronte della tutela dei prodotti ticinesi… «Infatti, stiamo lavorando a una strategia integrativa dei marchi e sigilli di qualità e per la valorizzazione e promozione del marchio Ticino a cui, da gennaio, è stata aggiunta la dicitura regio. garantie, la quale controlla e certifica la provenienza ticinese dei prodotti agroalimentari secondo norme e criteri ben definiti. Il marchio Ticino è una garanzia di origine e genuinità verso il consumatore e apporta un valore aggiunto allo sviluppo della nostra regione considerato che l’origine, la produzione, la trasformazione e l’affinamento dei prodotti devono avvenire, per quanto possibile, sul suolo ticinese».
Quali obiettivi vi proponete di raggiungere nei prossimi mesi? «Come dicevo, il nostro scopo principale è sviluppare la collaborazione intersettoriale. In questo senso funzioneremo da interfaccia tra i settori agricoli, i settori collegati e i consumatori e sosterremo i partner nella valorizzazione del loro operato e dei loro prodotti. Il CCAT è inoltre a disposizione per consulenze e funge da coordinatore per progetti in ambito agroalimentare. Un primo concreto progetto riguarda per esempio lo viluppo di una banca dati che raggruppi tutta la produzione agroalimentare ticinese. Stiamo lavorando inoltre per lo sviluppo della Rete del Territorio che consentirà la messa in rete di strutture esistenti, lo sviluppo di una rete logistica e l’applicazione di un concetto di pro-
Cibo e turismo, un binomio inscindibile… «Vogliamo rafforzare la collaborazione con questo settore e favorire in ogni modo l’integrazione del prodotto agroalimentare nell’offerta. Parimenti, un grande lavoro ci aspetta per quanto riguarda la valorizzazione dei prodotti tipici ticinesi e della tradizione. Un momento di particolare rilievo sarà poi l’evento Lugano Città del Gusto nei confronti del quale siamo coinvolti in numerose attività, a cominciare da un incontro che abbiamo organizzato per il prossimo 18 aprile, ore 17.30, con Carlo Petrini, fondatore di Slow Food in collaborazione con l’USI. Per maggiori informazioni: sibilla.quadri@ccat.ch.
Il mestiere del sommelier TRA PROFESSIONALITÀ E PASSIONE
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a sommellerie, l’arte praticata dal sommelier, è l’anello di congiunzione tra chi produce il vino e chi lo beve. Il sommelier deve conoscere, saper consigliare e servire nel modo giusto. Il termine “sommelier”, dal francese provenzale saumalier (il significato era inizialmente “conducente di bestie da soma”, successivamente “addetto ai viveri”, poi “cantiniere”) identifica una figura professionale specifica, di vari livelli, portavoce dell’espressione più alta della cultura del vino. Il sommelier non è un semplice appassionato di buon vino, ma un professionista in costante aggiornamento, che giudica il sapore, la consistenza, il retrogusto, al fine di individuare i giusti abbinamenti con le pietanze. Si concentra principalmente sulle caratteristiche organolettiche e sensoriali del vino, sia nella gestione della cantina, sia nella cura del cliente, al quale propone suggerimenti degustativi esclusivi.
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Da quando il vino si è evoluto da bevanda ordinaria in “prodotto-gourmet” da degustare, questa figura professionale sta diventando sempre più richiesta: è diventato fondamentale per qualsiasi enotecario o ristoratore che voglia spiccare in un mercato sempre più concorrenziale, mettere a disposizione del cliente una vasta scelta di vini pregiati e un bravo sommelier che sappia consigliare a seconda dei gusti. Ma qual è in Svizzera il percorso per accedere alla professione di sommelier? Esistono vari corsi di qualificazione professionale di diverso livello per esercitare la professione di sommelier della durata di mesi o anni, che forniscono una formazione specifica rispetto alle competenze teoriche e tecniche per la degustazione. Il sommelier è un professionista che deve essere particolarmente acuto nel sorprendere il suo interlocutore ed essere così in grado di suggerire abbinamenti che sappiano far uscire bene tutte le caratteristiche del vino.
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HANNO PARTECIPATO ALL’INCONTRO: Foto a fianco Fila dietro, da sinistra: Patrizio Baglioni, Commissione Formazione Professionale e Gruppo di Lavoro Operativo; Savino Angioletti, Presidente Regione Svizzera Italiana; Paolo Basso, Miglior Sommelier del mondo 2013; Piero Tenca, Presidente Nazionale; Ezio De Bernardi, Commissione Concorsi; Ercole Levi, Tesoriere Nazionale; Davide Comoli, Presidente Commissione per la Formazione Professionale Svizzera;
Fila davanti, da sinistra: Simone Ragusa, Commissione Concorsi; Emilio Del Fante, Direttore ASSP-CH; Luigi Scaminaci, Gruppo di Lavoro Operativo; Anna Valli, Gruppo Donne&Vino; Marna Soli, Gruppo Donne&Vino; Lisa Tenca, Gruppo Donne&Vino; Corrado Cavalli, Commissione giuridica nazionale. Ha coordinato l’incontro, tenutosi mercoledì 6 febbraio presso il Teatro per eventi Metamorphosis al Palazzo Mantegazza di Lugano Paradiso: Giacomo Newlin, giornalista ed enogastrosofo.
GIACOMO NEWLIN: Vorrei aprire questo incontro, che si svolge in quel clima rilassato che accompagna una riunione tra amici, per lo più accomunati dalla passione per una bevanda che se degustata con moderazione induce naturalmente alla pace, chiedendo a Piero Tenca di accennare alle vicende che hanno portato alla nascita della vostra associazione…
ghiero nella prestigiosa Scuola di Bellagio e un apprendistato internazionale in grandi alberghi in Italia, Germania, Francia, Inghilterra e Svizzera negli anni 80 con mia moglie Lisa inizia una lunga carriera di ristoratori dove il vino è il "principe" della tavola e da lì nacque l'esigenza di soddisfare la curiosità dei nostri clienti, ma mancava la preparazione nostra e devo aggiungere anche di tanti colleghi. Allora non vi erano corsi specifici in Svizzera, mi resi conto dell'esistenza di ben 4 associazioni legate alla Sommellerie in Svizzera che di fatto impedivano la nascita di una unica Associazione Nazionale con obiettivi ben mirati e riconosciuta dall'Asi l'Associazione mondiale oggi forte di ben 55 nazioni con un’unica didattica e linguaggio.... Dopo la mia partecipazione al 1 Trofeo RUINART in Svizzera mi resi conto che dovevo fare una scelta: continuare nella intensa preparazione ai concorsi oppure concorrere a colmare il vuoto associativo e creare una forte ed unica Associazione Svizzera ma la sfida era grande...tre regioni, tre lingue...distanze di pensiero....ma saggezza, lungimiranza, molta diplomazia, tanti sacrifici e con "un colpo alla botte e uno al cerchio" e sopratutto con il "vino" comune denominatore che legava i giovani segretari di allora si arrivò ad un'unica Associazione Svizzera riconosciuta a livello mondiale dall'Asi e dalle Istituzioni Confederali.
PIERO TENCA: «La Assp è una associazione corporativa senza scopo di lucro. Il suo obiettivo è di trasmettere la conoscenza del mestiere di sommelier nelle tre regioni linguistiche Svizzere attraverso i corsi di formazione e aggiornamento professionale organizzando manifestazioni inerenti il mondo del vino, incontri con i produttori, degustazioni mirate, viaggi nelle zone vitivinicole rivolte agli "Amateurs" e ai professionisti dell'Hôtellerie, della ristorazione e che ci ha portato a collaborare con professionalità a manifestazioni di grande caratura con le Grandes Tables de Suisse, la Swiss Wine Promotion il grande mondo dei Produttori, la GastroSuisse, Vinea, la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, ai molti ricevimenti di Stato in Svizzera e all'estero dove la presenza del Sommelier era ed è richiesta. Personalmente dopo l'Istituto Alber-
Frequentai i vari corsi di formazione, i contatti si svilupparono, fui chiamato nelle giurie dei concorsi internazionali e si aprirono molti confini sopratutto con l'associazione mondiale ASI dove fui nominato Vice segretario generale Asi e in seguito Tesoriere mondiale, per la Svizzera allora conosciuta unicamente per le sue banche...e per il mondo orologiero fu un grande riconoscimento suggellato dal Congresso Mondiale da noi organizzato a Montreux nel 2000 con oltre 500 delegati che visitarono i luoghi più belli della viticultura Svizzera rendendosi conto che la Svizzera produceva grandi vini ! I successi associativi sono numerosi il più eclatante l'affermazione di Paolo Basso Miglior Sommelier del Mondo a Tokjo nel 2013 grazie alla sua forte preparazione e tantissimi sacrifici. La costituzione della nostra associazione è il frutto di un lungo processo aggregativo che non può e non deve dirsi concluso, oggi possiamo affermare di rappresentare un punto di riferimento riconosciuto e apprezzato da parte di tutti gli operatori del settore sia a livello federale come in ambito internazionale e da tutti i giovani che si affacciano con grande interesse alla grande famiglia della Sommellerie Svizzera». GIACOMO NEWLIN: Il mestiere di sommelier implica necessariamente molto studio e grande esperienza. In che modo ASSP prepara i giovani che saranno i professionisti del vino di domani? DAVIDE COMOLI: «Come Presidente della Commissione della Formazione nazionale dobbiamo certamente partire dal fatto che alla metà degli anni ’80 non c’era ancora in Svizzera la possibilità di frequentare corsi di livello che preparassero alla professione di sommeliers. Negli anni abbiamo gradualmente messo in piedi un programma di corsi e un piano di studi sempre più qualifiTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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cati, fino ad arrivare al rilascio di un Brevet Fédéral, un grande traguardo associativo al quale ho dedicato una parte importante della mia vita. Attualmente sono previsti tre distinti moduli di durata annuale: il primo riguarda viticoltura in generale, il secondo la geografia vitivinicola nazionale e mondiale, il terzo gli abbinamenti tra il cibo e il vino. In generale mi piace dire che quello del sommelier è uno stile di vita e per ottenere dei risultati occorre avere una grande curiosità e passione. I nostri corsi sono aperti a tutti e spesso i risultati migliori vengono dagli “amateurs” che svolgono che svolgono altri mestieri e non necessariamente legati al mondo della ristorazione, ma sono talmente appassionati da dedicarsi con il giusto spirito alla conoscenza e alla pratica di tutto ciò che c’è da sapere sul mondo del vino».
un bravo sommelier comporta ore e ore di studio e questo non sempre è compatibile con un lavoro di per sé già molto faticoso come quello del ristoratore. Un aiuto in questo senso può venire tuttavia dalla partecipazione ai concorsi, che ti costringono a prepararti adeguatamente, ampliando le tue conoscenze in materia. Inoltre non tutti i ristoranti dispongono delle risorse economiche necessarie per introdurre nel proprio staff anche un sommelier professionista. In questo caso però dovrebbe essere il proprietario stesso ad assumersi questo ruolo, consapevole del prestigio che la presenza di un sommelier può conferire al suo locale».
ERCOLE LEVI: «Sono tesoriere dell’Associazione Nazionale e Cantonale da oramai 10 anni. Sono diplomato Sommelier e mi occupo molto volentieri della gestione finanziaria, che devo dire godere nel complesso di buona salute. Metto quindi le mie conoscenze e competenze professionali a disposizione, affinché tutte le incombenze amministrative, contabili e fiscali possano essere svolte con la dovuta professionalità». GIACOMO NEWLIN: Perché un certo numero di ristoratori e hôteliers ticinesi e svizzeri non sembra essere ancora adeguatamente consapevole della necessità di avere all’interno del proprio locale un sommelier?
PAOLO BASSO: «Oggi il sommelier si trova confrontato con le aziende del settore alberghiero e della ristorazione che devono ottimizzare al massimo le risorse umane e comprimere i costi. C’è l’avvento massiccio della tecnologia con applicazioni che informano (e a volte disinformano) il consumatore. La stampa di settore che a sua volta deve trovare soluzioni per far fronte all’era digitale, alla mancanza di introiti pubblicitari ed alla perdita di autorevolezza a causa del proliferarsi dei blog. Il mondo vitivinicolo che cerca invano di seguire mode e tendenze che cambiano rapidamente e che non tengono conto dei tempi imposti della natura. In mezzo a tutti questi veloci cambiamenti, il sommelier del futuro deve trovar spazio per inserire la sua figura professionale profilata sotto un nuovo aspetto. Per farle un esempio, il mio successore, che ha vinto il titolo mondiale nel 2016, lavora in un locale di tendenza a New York in abbigliamento informale. Dunque la sua preparazione deve essere articolata, in ogni caso deve supera-
SAVINO ANGIOLETTI: «Direi che ci sono una serie di cause che concorrono a determinare questa situazione che indubbiamente impedisce al locale di rispondere pienamente alle richieste della clientela. Acquisire le conocenze necessarie per diventare
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GIACOMO NEWLIN: A proposito di concorsi vorrei chiedere un parere a Paolo Basso che di concorsi ne ha fatti, e vinti, tanti…
re il nozionismo per abbracciare campi diversi del sapere: basterebbe leggere le domande delle prove teoriche del concorso di miglior sommelier della Svizzera 2016 e della selezione del candidato che ha rappresentato la Svizzera al concorso europeo nel 2017 per avere un’idea del livello di conoscenze che oggi un sommelier deve avere». GIACOMO NEWLIN: Spesso si dice che rispetto al vino e agli abbinamenti le donne sono in grado di esprimere una sensibilità particolare… ANNA VALLI: «Nel 2015 ho ottenuto con successo il Brevet Fédéral, per me una tappa molto ambita. Successivamente ho sviluppato la professione di sommelier con la consulenza, lavorando presso enoteche; le mie competenze ora si dirigono nell'ambito della formazione per adulti, sono attenta e seguo spesso degustazioni e aggiornamenti sulla materia vino. La donna ha certamente un approccio diverso, grazie alla sua particolare sensibilità rispetto a quella dell'uomo; a suo vantaggio giocano una sottile percezione e attenzione alle diverse sfumature. Nelle degustazioni dell'associazione ASSP, le donne sono ben presenti ed in grado di esprimersi con competenza e giudizio. Con il gruppo Donne&Vino, dove condivido direzione e responsabilità organizzative con Marna Soli e Lisa Tenca sommelières diplomate, abbiamo degli esempi di donne con ruoli importanti, posizionate ai vertici di aziende, che lavorano sodo, con la serietà che le distingue: sono dirigenti, imprenditrici, donne che testimoniano le loro capacità e il loro successo, partecipando attivamente ai nostri incontri». LISA TENCA: «Le donne sembrano talvolta meno interessate al mondo del vino solo per-
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ché magari hanno poche opportunità per coltivare una vera e propria passione e sviluppare le necessarie conoscenze. In questo senso credo che il gruppo Donne&Vino abbia avuto un ruolo importante, perché grazie al suo approccio informale e amichevole ha avvicinato un centinaio di donne al piacere del bere bene, accrescendone la competenza attraverso degustazioni, incontri conviviali, visite a cantine e aziende produttrici e partecipando naturalmente ai corsi di formazione ASSP». MARNA SOLI: «Ho frequentato i corsi ASSP perche avvertivo l’esigenza di ampliare le mie conoscenze e volevo farlo in modo sistematico seguendo un ben preciso disegno formativo. Devo dire che mi si è aperto un vero e proprio mondo fino ad allora quasi sconosciuto, con importanti implicazioni con l’universo della cucina che da sempre riscuote il mio interesse. Concordo poi anch’io sul fatto che il clima che si respira all’interno del gruppo Donne&Vino sia quello giusto per apprendere molte nozioni in un contesto molto semplice dove i rapporti sono diretti, immediati e molto amichevoli». GIACOMO NEWLIN: Vorrei che affrontassimo ora la questione del ruolo che può svolgere ASSP nella promozione e nella valorizzazione del sommelier all’interno delle strutture ticinesi… EMILIO DEL FANTE: «Il mio percorso formativo personale parte da lontano, con la classica scuola alberghiera italiana che mi ha dato le conoscenze di base della professione. Premetto che il sommelier è una figura della brigata di servizio e come tale dovrebbe conoscere le regole del servizio. Ero a Lucerna al Palace negli anni 80 e feci la Maestria Federale che richiede anche parecchie conoscenze specifiche
nel campo delle bevande. Nel 1986 sono venuto in Ticino al Ristorante Santabbondio con Martin Dalsass. Oltre ad occuparmi del servizio era mio compito anche gestire la cantina, la carta del vino e i rispettivi acquisti. Più tardi sono passato al Grand Hôtel Villa Castagnola a Lugano, dove per 23 anni mi sono occupato di tutti i servizi, della gestione della cantina e degli acquisti bevande. Durante gli ultimi anni ho fatto parte del primo gruppo che si è preparato per ottenere il Brevet Fédéral di sommelier. Il Ticino ha sviluppato un'ottima rete di strutture ricettive e una vasta offerta di ristorazione di ogni tipologia. La figura del sommelier dovrebbe essere molto più presente. C'è la tendenza a pensare che sia un costo troppo eccessivo, ma sono convinto che sarebbe un valore aggiunto, che porterebbe a migliorare la cifra d'affari e in ogni caso a migliorare la qualità offerta. Inoltre, nei corsi di formazione degli aspiranti sommelier, sicuramente gioverebbe una più approfondita conoscenza del territorio e dei suoi prodotti, sia alimentari che viticoli. Oggi, potrebbe essere di aiuto e motivante per le scelte dei giovani parlare del sommelier, già a livello di orientamento scolastico, mettendo in risalto le prospettive (e non solo i sacrifici) che questa professione può aprire». SIMONE RAGUSA: «Credo che sia molto importante offrire ai giovani che frequentano corsi per la preparazione a questa professione delle forti motivazioni, rendendoli pienamente consapevoli del ruolo di rilievo che possono assumere all’interno delle strutture dell’accoglienza e della ristorazione. Le esigenze che il cliente esprime e i suoi livelli di preparazione sono oggi molto più elevati rispetto al passato e un bravo sommelier, oltre che preparato e competente, deve essere in grado di mettere il cliente nella condizione di vivere appieno un’esperienza gustativa basata sul perfetto abbinamento tra cibo e vino».
GIACOMO NEWLIN: Quella del sommelier è una figura in rapida evoluzione: che prospettive si aprono per il futuro? EZIO DE BERNARDI: «La professione del sommelier è in piena evoluzione. Basti pensare al fatto che esso è anche, in molti casi, un manager che deve gestire un capitale importante quale può essere la cantina importante. E in quest’ottica i ristoratori dovrebbero comprendere che investire in un sommelier non costituisce soltanto un fatto di prestigio ma può tradursi anche in un ottimo affare». DAVIDE COMOLI: «Mi piace dire che la sommellerie è come un diamante dalle mille sfaccettature proprio per le diverse opportunità che può offrire ad un giovane che voglia intraprendere questa strada e che potrà un giorno lavorare in un ristorante, in una cantina, o occuparsi dello studio o degli aspetti culturali legati al mondo del vino». ERCOLE LEVI: «Dobbiamo sottolineare il contributo fondamentale che l’Associazione, attraverso Davide Comoli e Piero Tenca, ha dato nella creazione del Brevet Fédéral. Unico nel suo genere nel panorama della Sommellerie, questo Brevet dà una grande possibilità di formarsi ulteriormente e caratterizzare decisamente la figura del Sommelier quale specialista nell’ambito della ristorazione». PATRIZIO BAGLIONI: «Vengo da una famiglia che ha sempre operato nel mondo del vino e la frequentazione dei corsi ASSP mi ha consentito di affinare le mie conoscenze dando anche un preciso indirizzo ai miei interessi professionali. Per l’Associazione partecipo attualmente ad un gruppo di TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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coordinamento che sovraintende alle molteplici attività che i nostri sommeliers sono continuamente chiamati a svolgere presso produttori o cantine». LUIGI SCAMINACCI: «Coordino il Gruppo di lavoro e non posso che essere molto contento e soddisfatto dell’attività che svolge l’Associazione che frequento ormai da più di trent’anni e alla quale mi legano rapporti che sono di collaborazione e grande stima professionale ma anche di profonda amicizia nei confronti di molti soci». CORRADO CAVALLI: «La mia posizione in seno alla ASSP è un po' diversa da quella degli altri membri di Comitato, già per il fatto che non sono un sommelier professionista. È bene sapere infatti che l'ASSP è aperta anche agli "amis des sommeliers", ovvero a tutte quelle persone che hanno un interesse e passione per il vino e per la buona tavola, come è il mio caso. Da sapere anche che l'Associazione svizzera dei sommeliers professionisti in realtà è una federazione, posto come esiste l'associazione mantello a livello nazionale (ASSP) e tre sezioni, una per ogni regione linguistica, pure organizzate nella forma di associazioni ai sensi dell'art.
60ss. CC, quindi con statuti propri. Nella regione della Svizzera italiana esiste l'ASSP-SI. Uno dei recenti traguardi ottenuti dall'ASSP è sicuramente il riconoscimento a livello federale dello statuto di "Sommelière/sommelier". ASSP, assieme a Hotel & Gastro formation, Weggis, è infatti l'organo responsabile per l'esame professionale di categoria. L'associazione organizza inoltre diverse manifestazioni e concorsi, atti a propagandare e a mettere in valore le conoscenze e la cultura del vino». GIACOMO NEWLIN: Cibo e vino: come sono cambiate le aspettative dei clienti in fatto di abbinamenti? SAVINO ANGIOLETTI: «I clienti si rivolgono al sommelier sperando sempre di gustare l’abbinamento perfetto, che chi è del mestiere sa invece essere cosa difficilissima da raggiungere. Indubbiamente, il sommelier deve avere l’intuito di proporre il vino giusto al momento giusto, e per fare questo deve poter contare sulla complicità delleo chef». EZIO DE BERNARDI: «L’esperienza ci insegna che il rapporto chef-sommelier costituisce una
condizione indispensabile per ottenere certi risultati. Nel corso di un menù importante mi è capitato di arrivare a chiedere allo chef un’inversione nella sequenza di uscita dei piatti per riuscire a svolgere con coerenza il percorso che avevo delineato attraverso i vini che andavo proponendo». PAOLO BASSO: «Vorrei lanciare una provocazione che tuttavia credo contenga un fondo di verità: dopo anni di predominio degli chefs è arrivato il momento che anche il cibo cominci ad adattarsi al vino e non solo viceversa». PIERO TENCA: «Mi piace concludere questo interessante incontro con un invito: quello di partecipare ed emozionarsi assistendo alla finale del “Concours du Meilleur Sommelier Suisse 2018 – Trophé e Suisse Wine Production” che si terrà a Berna il 21 ottobre 2018 al Kongress-Kursaal Bern: un'occasione unica e straordinaria per comprendere fino in fondo la natura, lo spirito, la preparazione e la passione del mestiere di sommelier». Per maggiori informazioni sull’ASSP: www.sommeliers-suisses.ch
LA STORIA DELL’ASSOCIAZIONE DEI SOMMELIERS IN SVIZZERA 12 settembre 1980 - Costituzione del Club de la Sommellerie de la Confédération Helvetique (CSCH), Ginevra. 13 settembre 1982 - Costituzione della Gilde Suisse des Sommeliers (GSS), Ginevra. 14 aprile 1985 – Costituzionedella GSS (Regione Svizzera Italiana). 7 giugno 1989 – Costituzione della ASMD (Ass.ne Svizzera Maîtres d’Hotels Diplomati e Sommeliers, Lucerna. 11 ottobre 1993 – Le associazion regionali si federalizzano nell’ Association Suisse des Sommeliers Professionnels (ASSP), mantenendo ognuna la propria indipendenza e integrità.
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14 novembre 1997 – L’ASSP, federazione raggruppante le 3 federazioni regionali è ufficialmente riconosciuta dall’ASI quale membro attivo. Novembre 1998 – Fusione delle associazioni regionali svizzerenell’ASSP con un logo unico e riconosciuta internazionalmente. Dal 2000 – Istituzione dei corsi di formazione per la professione di sommelier/ère con didattica riconosciuta dall’ASI. 2013 - Brevet Fédéral riconosciuto dalla Confederazione svizzera e dall’ASI, con iscrizione dei Diplomati nell’Albo Professionale. Confederale.
Race Utility Vehicle. La nuova Mercedes-AMG GLC 63 S 4MATIC+.
Giubiasco | Riazzino | winteler.ch Mercedes-AMG GLC 63 S 4MATIC+, 3982 cm3, 510 CV (375 kW), 10,7 l/100 km, 244 g CO2/km (media di tutte le vetture nuove proposte: 134 g CO2/km), emissioni di CO2 derivanti dalla messa a disposizione del carburante e/o dell’energia elettrica: 54 g/km, categoria di efficienza energetica: G.
GASTRONOMIA / LA LOCANDA DEL NOTAIO
Accenti parigini A PELLIO D’INTELVI NELL’AMENA E VERDEGGIANTE VAL D’INTELVI SI TROVA LA FRAZIONE DI PELLIO, DEL NEONATO COMUNE DI ALTA VALLE INTELVI IN PROVINCIA DI COMO. IN UN ANGOLO SILENZIOSO, RIDENTE E IMMERSO NELLA NATURA CIRCOSTANTE DI QUESTA PICCOLA FRAZIONE AFFACCIATA SULLE ALPI LEPONTINE, TRA IL LAGO DI COMO E QUELLO DI LUGANO, È COLLOCATA LA LOCANDA DEL NOTAIO, CONOSCIUTA DA CHI, OLTRE ALLA CUCINA GOURMET, AMA ANCHE IL RELAX, GARANTITO DALLE BELLE E COMODE CAMERE DI QUESTA ANTICA DIMORA. DI GIACOMO NEWLIN
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er gli sportivi poi c’è solo l’imbarazzo della scelta tra il golf, l’equitazione, il bike, il nordic walking ecc. Torniamo alla Locanda che, grazie alla mano elegante della titolare Simonetta Manara è diventata un luogo felice dell’ospitalità e della buona tavola. Qualcuno si chiederà: perché si chiama Locanda del Notaio? La risposta potrebbe essere semplice e cioè: perché il marito della titolare è un notaio. Voglio credere che dietro al nome vi sia una storia interessante, magari intessuta di leggenda, la storia secondo la quale nella bella dimora soggiornava un notaio con la sua famiglia, che offriva ospitalità ai viandanti. Tempi ormai passati! Veniamo alla buona tavola di cui è fautore il giovane chef Edoardo Fumagalli classe 1989 che quindi, non ancora trentenne ha già fatto importanti esperienze professionali a New York, Parigi e Regno Unito, esperienze che ha potuto mettere a profitto nella Locanda e guadagnarsi l’ambìto riconoscimento della Stella Michelin. L’aperitivo lo prendiamo nella sala con piccolo bar e camino
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GASTRONOMIA / LA LOCANDA DEL NOTAIO
LA LOCANDA DEL NOTAIO Via Pian delle Noci 22 22020 Pellio Intelvi (CO) T. +39 031 842 7016 www.lalocandadelnotaio.com
scoppiettante in stagione, camino che poi ritroviamo anche nella bella sala ristorante. Il miglior aperitivo in un luogo dall’eleganza famigliare è una coppa di Champagne o di Franciacorta abbinata ad alcuni deliziosi stuzzichini dello chef. Ci spostiamo per gustare la seguente godenda che dovrebbe farci capire la filosofia di Edoardo Fumagalli: Spuma di patate, uovo di quaglia poché al tartufo, crumble al cacao e quinoa soffiata; Tartare di scampi, composizione di verdure e salsa tiepida al cedro; Foie gras d’anatra, mango e rabarbaro; Gnocchi di patate arrosto, morchelle al Vin Jaune e ricotta di pecora stagionata; Ravioli di prezzemolo, alette di cappone e salsa alle ostriche; Gambero carabiniere, animelle di vitello, croccante alle alghe e insalatina aromatica; Mousse di cioccolato al cardamomo e arancia. Un tripudio di sapori ben distinguibili con accostamenti equilibrati per una cucina personalissima, in cui comunque la tradizione rimane alla base e dove gli accenti provengono in parte dalle esperienze fatte, specialmente in Francia ed in particolare presso il ristorante pluristellato Le Taillevent di Parigi sotto la guida del rinomato chef Alain Solivérès. Dall’esperienza francese Edoardo ha portato alla Locanda una preparazione straordinaria che è difficile trovare dale nostre parti “Le Canard à la presse”, una preparazione che nell’alta gastronomia è regina di eleganza e
che proviene da un’antica ricetta della tradizione parigina. L’occasione per gustare questa spettacolare preparazione eseguita davanti al cliente la si può certo trovare e ne vale la pena. Le etichette presenti in cantina possono soddisfare qualunque palato e qualunque “wine lover”. D’altronde il perfetto accostamento del cibo con il vino è prerogativa indispensabile per la riuscita di un incontro conviviale a tavola. Un plauso va anche a Damiano Bonomi, 28 anni, chef patissier che con pani e grissini fatti in casa e soprattutto con le sue dolcezze conquista tutti gli ospiti, non solo le signore!
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GASTRONOMIA / S.PELLEGRINO SAPORI TICINO
Le cucine del mondo SBARCANO IN TICINO DOPO IL SUCCESSO DELLE PRECEDENTI EDIZIONI, GRAZIE AL COINVOLGIMENTO DI ALCUNI DEI PIÙ IMPORTANTI CHEF E RISTORANTI DEL MONDO, È IN PARTENZA LA 12ESIMA EDIZIONE DI S.PELLEGRINO SAPORI TICINO CHE, DAL 29 APRILE AL 17 GIUGNO, PROPONE UN PROGRAMMA DI INCONTRI GOURMET DAVVERO STRAORDINARI, ANTICIPANDO IL GRANDE EVENTO DI SETTEMBRE, QUANDO LUGANO, DIVENTERÀ CITTÀ DEL GUSTO 2018, LA CAPITALE SVIZZERA DELL’ENOGASTRONOMIA. NE PARLIAMO CON DANY STAUFFACHER ORGANIZZATORE DELLA MANIFESTAZIONE
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aranno decine le stelle Michelin e centinaia i punti Gault&Millau presenti in questa affermata manifestazione che, complice la costante tendenza dei migliori alberghi ad ospitare nei propri ristoranti il top degli chef del momento, desidera far conoscere ai propri ospiti tutte le sfaccettature dell’alta ristorazione europea e mondiale.
GASTRONOMIA / S.PELLEGRINO SAPORI TICINO
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ossiamo anticipare alcuni nomi presenti nell’edizione di quest’anno? «Iniziamo dicendo che il tema del 2018 sono le cucine del mondo, quindi saranno tutti nomi di grandissimo prestigio che rappresentano tanti stili diversi di cucina provenienti da luoghi anche molto lontani. A cominciare da Anand Gaggan, “fenomeno” della cucina indiana, da tre anni riconosciuto come miglior Chef dell’Asia, e poi Norbert Niederkofler, che sarà festeggiato per l’ottenimento della sua terza stella Michelin in rappresentanza della cucina italiana; Michael Kempf, bistellato dalla Germania; e ancora Rico Zandonella, decretato Cuoco dell’anno 2017 dalla guida gastronomica Gault&Millau. E poi ancora Giacomo Gaspari porterà
sulle tavole ticinesi la cucina maldiviana; Wicky Pryan con i sapori dell’estremo Oriente rappresenterà la cucina giapponese; arriverà anche Tomaž Kavcic, lo Chef sloveno che “gioca” con i sali, e poi Emmanuel Renault dalla Francia con le sue tre stelle Michelin, e Paolo Casagrande che dal tristellato Ristorante Lasarte di Barcellona porterà i gusti spagnoli del suo maestro Martin Berasategui. Accanto alle cene serali, il programma prevede tutta una serie di eventi collaterali, con dinner, aperitivi e momenti di incontro che saranno solo l’antipasto della lunga e ricca stagione dell’enogastronomia ticinese, destinata poi a culminare nel mese di settembre a Lugano che diventerà il centro di decine e decine di eventi che stiamo già programmando e organizzando».
Un anno davvero straordinario per Lugano e il Ticino, un filo rosso che lega Sapori Ticino con Lugano Città del Gusto… «L’enogastronomia come segmento ben definito del turismo locale è andato progressivamente crescendo nel corso degli ultimi anni nel nostro Cantone. Da componente trasversale di ogni tipologia di turismo, l’enogastronomia ha sempre più assunto un ruolo basilare, diventando anche una delle motivazioni principali della scelta della meta di vacanza per consistenti fasce di utenti, collocandosi quindi a tutti gli effetti fra i cosiddetti turismi emergenti. In particolare, si è visto che tale forma di turismo è sempre meno vissuta come un’esperienza mordi e fuggi, e anzi si ritaglia spazi e TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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tempi ben definiti aumentando significativamente come voce tra le spese del turista. La motivazione enogastronomica si affianca dunque alla scoperta più generale del territorio e delle sue risorse culturali, artistiche e naturalistiche. Il turismo enogastronomico si candida a rappresentare a tutti gli effetti una forma di attrazione culturale, grazie alla quale non solo si ha l’opportunità di conoscere, ma più correttamente di entrare in convivio con il luogo, le sue genti, il suo carattere».
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In questo senso Lugano Città del Gusto sarà un evento che coinvolgerà l’intero Ticino a 360°… «È proprio questo il nostro obiettivo: festeggiare a Lugano tutto il nostro cantone portando in città le eccellenze provenienti da tutta l’area, dalle valli, dai piccoli paesi, da ogni luogo del Ticino! Insomma una vera e propria esperienza per tutti: chi già ci abita potrà conoscere
qualche chicca enogastronomica o qualche realtà associativa che non conosceva, al turista invece permetterà di entrare pienamente in comunione con la realtà del Ticino, con i suoi produttori, i prodotti tipici, le eccellenze enogastronomiche, le persone che si dedicano alla ristorazione a diversi livelli, per instaurare un legame dialettico con il suo passato e il suo futuro, avvicinandosi alle sue tradizioni e al suo patrimonio storico e culturale. Quel che più dà piacere nel fare cucina è riuscire a emozionare la gente: un piatto deve essere presentato bene, ma soprattutto deve aprire il cuore, deve trasmettere vitalità. E per questo è fondamentale cucinare con passione e amore. La cucina non è un campo dove dimostrare soltanto una propria superiore abilità o un potere, ma è un magnifico gioco di aggregazione fra le persone in uno scambio reciproco. Il cibo, se cucinato con amore e passione, è un grande mezzo di comunicazio-
Anand Gaggan
Emmanuel Renaut
Giacomo Gaspari
Michael Kempf
Norbert Niederkofler
Paolo Casagrande
Rico Zandonella
Tomaz Kavcic
Wicky Pryan
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ne per le persone e un’opportunità per rendere felici i turisti che ospitiamo». S.Pellegrino e gli altri sponsor della manifestazione confermano anche quest’anno di apprezzare una formula che favorisce lo scambio e la condivisione di esperienze tra chef provenienti da culture gastronomiche diverse... «Non potremmo proporre ogni anno una manifestazione di questo livello se con ci fosse il convinto sostegno di aziende che ci seguono ormai da tanti anni. Vorrei in particolare sottolineare l’impegno di S.Pellegrino e UBS nell’enogastronomia di qualità con iniziative, a livello mondiale, che testimoniano il rilievo assunto da questo settore e il crescente interesse verso un pubblico sempre più ampio e qualificato. Senza dimenticare che sostenendo il nostro festival, sostengono in primis anche il Canton Ticino».
CITTÃ&#x20AC; DEL GUSTO 13-23 SETTEMBRE 2018 luganocittadelgusto.ch
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Marie-Solange's MY HUSBAND AND I LIKE TO VISIT ASCONA. WE GO THERE AT LEAST FOUR OR FIVE TIMES A YEAR, OFTEN TAKING OUR THREE PUPPIES. WITH ITS ROOTS FIRMLY IN THE MIDDLE AGES, ASCONA IS A BEAUTIFUL LITTLE JEWEL AT THE END OF LAGO MAGGIORE WITH A MEDITERRANEAN FEEL. TODAY, IT IS AN ATTRACTIVE TOURIST DESTINATION, AS WELL AS A PLACE WHERE MANY SWISS AND OTHER EUROPEANS HAVE HOLIDAY FLATS AND HOUSES. BY MARIE-SOLANGE LADENIUS
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n 1900, a Belgian and his Austrian girlfriend acquired the hill above Ascona and formed the ‘Co-operative vegetarian colony Monte Verità.’ Monte Verità was a Utopian colony of socialists, anarchists, vegetarians and nudists that lasted for the next 20 years, attracting a fascinating mix of artists, writers, philosophers and aristocrats, including Paul Klee, Erich Maria Remarque, Herman Hesse, Carl Jung, Isadora Duncan, Max Weber and Rudolf Steiner. In 1923, a hotel was established at Monte Verità, which was subsequently acquired by Baron Eduard von der Heydt, the German banker and art collector. In 1964, Baron von der Heydt left Monte Verità to the Swiss Republic and Canton of Ticino with the request that «Monte Verità be used for international artistic and cultural activities at the highest level». In 1989, the Canton of Ticino and the Swiss Federal Institute of Technology in Zurich established the seminar, hotel and museum complex that exists today at Monte Verità. Ascona’s coat of arms - two silver keys crossed and held together by a ribbon under a papal crown – refers to Ascona’s feudal relationship with the Bishop of Como and the historic Church of Saints Peter & Paul in the center of Ascona, which dates from 1530. Another important church in Ascona is the beautiful Santa Maria della Misericordia, which is part of the Collegio Papio. The Collegio was established in 1580
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when Ascona native Bartolomeo Papio left funds in his will for the building of a seminary. I love the stunning cloister and courtyard of the Collegio, which has inspired the architecture of other buildings in Ticino. Santa Maria della Misericordia was completed in 1442. Its late Gothic period frescoes are the most comprehensive set of medieval wall frescoes in Switzerland. For art lovers, Ascona has the Museo Comunale dâ&#x20AC;&#x2122;Arte Moderna di Ascona
and the Museo Castello San Materno, which include paintings by artists who lived in Ascona, such as the Russian expressionist painter Marianne von Werefkin. A part of the Museo Comunale is currently housed in Casa Serodine, a th-
ree story palazzo in the center of Ascona, which dates from 1620. Casa Serodine has a detailed and well-preserved baroque façade that depicts figures from the Bible, as well as the four seasons. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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The Hotel Castello Seeschloss, which is located in what remains of the 14th century Castello dei Ghiriglioni on the lakefront is a four-star hotel, sympathetically furnished, with a pool and two restaurants, one immediately on the lake, the Ristorante “al lago”, and the more formal Locanda de’ Ghiriglioni within the hotel itself. The Castello’s buildings and interiors have been remarkably well-preserved, and together with the friendly staff, contribute to a romantic atmosphere. It would make a good setting for an Agatha Christie novel.
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TURISMO / CLIPBOARD
Another hotel of note in Ascona is the glamourous five-star Hotel Eden Roc, which sits on the lake just to the left of the main lakefront area. The Eden Roc has its own beach, a spa and four restaurants. Its ristorante Marina on the lake is a popular destination year round for locals and visitors to Ascona celebrating special occasions such as birthdays, engagements and anniversaries. Other popular restaurants in Ascona include the Michelin two star-ranked Ecco in the Hotel Giardino, the Locanda Barbarossa in the Castello del Sole hotel and spa, and the Ristorante della Carrà in the center of Ascona. Ascona offers many activities on the water, including swimming and boating. In addition, since 2007, Ascona Venezia, a company led by Ascona entrepreneur Claudio Rossetti, has offered travellers the opportunity to make the 600 km, 8-day journey from Ascona to Venice in inflatable open boats. This sounds like a great adventure. I like to visit antique shops, and Ascona has two that are worth visiting – Antichità La Corona on the Via Contrada Maggiore, and Fiori Willy at Via Lido 2, run by the delightful Mrs. Willy. Although not a traditional antique shop, Fiori Willy has all manner of objet and pictures purchased at local estate sales, as well as vintage swords and other Swiss militaria. Not surprisingly, Ascona is often thronged with tourists in the late spring and summer. However, in the autumn, winter and early spring, it is a pleasure to visit because it is less crowded and blissfully tranquil. I adore the palm trees and other Mediterranean plants in its gardens and streets. I will be returning soon. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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TURISMO / TICINO TURISMO
COME CAMBIA IL TICINO DOPO ALPTRANSIT È UN BILANCIO PIÙ CHE POSITIVO QUELLO TRACCIATO DA TICINO TURISMO AL TERMINE DELLA CAMPAGNA STRAORDINARIA PER L’APERTURA DI ALPTRANSIT. LE VARIE AZIONI INTRAPRESE DAL 2015 A OGGI HANNO CONTRIBUITO AL RILANCIO DEL SETTORE TURISTICO.
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li “Oculus-Rift”, occhiali di nuova generazione che permettono a chi li indossa di godersi alcuni panorami ticinesi in 3D. Il progetto “On Board Concierce Service”, la consulenza turistica itinerante al termine della quale agli ospiti in viaggio sui treni vengono trasmessi su smartphone o stampati dei veri e propri programmi personalizzati. Ticino Ticket, il biglietto che permette a chi pernotta in un albergo, campeggio o ostello di muoversi liberamente su tutto il territorio cantonale beneficiando al contempo di importanti sconti sulle principali attrattive turistiche. Sono solo tre esempi delle numerose attività promosse da Ticino Turismo nell’ambito della campagna di marketing straordinaria per l’apertura della galleria di base del San Gottardo. La messa in esercizio della trasversale alpina più lunga al mondo l’11 dicembre 2016 ha fatto parlare del Ticino nel mondo intero. Consapevole del fatto che si sarebbe trattato di un av-
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venimento storico, già nel 2013 il Gran Consiglio ticinese ha votato un credito straordinario di due milioni di franchi per lanciare una campagna marketing triennale. Lo slogan scelto - “Entdecke die andere Seite” - fa leva, più che sulla rapidità del nuovo collegamento ferroviario, sulla curiosi-
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tà del turista. Dall’altra parte del tunnel c’è un lato ancora in parte sconosciuto da scoprire. Un Ticino diverso, all’avanguardia, con un’offerta turistica che si è molto ampliata rispetto ai tradizionali “clichés”. Ed è proprio
Lucerna (700’000 visitatori in due anni) hanno garantito un costante contatto con il grande pubblico e una visibilità enorme. «Oggi raccogliamo il frutto di quanto seminato negli scorsi anni – afferma Elia Frapolli, direttore di Ticino Turismo –. Oltre al lavoro svolto dal marketing, non si può non fare un plauso ai singoli imprenditori ticinesi che hanno saputo sfruttare questo particolare momento storico rinnovando le strutture alberghiere ma anche dando la luce a nuove e importanti attrattive turistiche». Il rilancio del settore è confermato dai dati relativi ai pernottamenti alberghieri sia nel 2016 (con un +4,6% il Ticino è stato il Cantone a registrare il miglior andamento in Svizzera) che nel 2017. Da gennaio a ottobre dell’anno passato, secondo l’Ufficio federale di statistica l’aumento dei pernottamenti è infatti stato del 7,7% ed ha interessato tutte le regioni del Cantone.
sull’innovazione e la tecnologia che hanno voluto puntare le innumerevoli azioni di marketing intraprese. La partecipazione a molti grandi eventi come i festeggiamenti di apertura della galleria di base (80mila visitatori), la “Züri Fäscht” (2,2 milioni di visitatori) o la presenza al Museo dei Trasporti di TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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TURISMO / LUGANO TURISMO
ALESSANDRO STELLA, DIRETTORE ENTE TURISTICO LUGANESE, TRACCIA UN BILANCIO DELL’ANNO APPENA TRASCORSO E PRESENTA ALCUNI PROGETTI MESSI IN CANTIERE PER IL 2018.
LA NUOVA IMMAGINE del turismo luganese
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l 2017 è stato un anno positivo per quanto riguarda gli arrivi e i pernottamenti nel Luganese. Quali solo le linee lungo le quali intendete muovervi per incrementare questo positivo andamento? «Oltre ai pernottamenti originati nelle strutture alberghiere, il Luganese accoglie ospiti anche in altre tipologie di accoglienza che completano la vasta gamma di offerte di soggiorno presenti nel nostro territorio. Nei campeggi contiamo 67mila pernottamenti annuali, nelle capanne, ostelli e alloggi collettivi 60mila, nelle residenze di vacanza 130mila e i proprietari di case o appartamenti di vacanze producono 4,3mio di pernottamenti». Un particolare impegno è stato riposto nella creazione di un nuovo brand territoriale… «La nostra Brand Essence, che definisce Lugano “Oltre i luoghi comuni”, richiede per la sua implementazione la creazione di un linguaggio visivo che esprima questo senso di inatteso ad esempio attraverso elementi che tocca-
PERNOTTAMENTI A LUGANO 2012 – 2017 (GEN. – OTT.)
902’210 856’817
858’642 838’018 820’600
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no la scelta dello stile fotografico, illustrativo, iconografico, ma anche la realizzazione di materiali di comunicazione diversi e originali. Allo stesso modo “Oltre i luoghi comuni” si dovrà manifestare anche nel modo in cui ci comportiamo come promotori del Brand Lugano. I nostri comportamenti dovranno essere la manifestazione e l’espressione dei valori, ossia la personalità di marca. Questo significa che l’espressione del Brand dovrà includere il coinvolgimento degli operatori che fanno parte dell’universo turistico del Luganese, per assicurare che tutti i soggetti coinvolti siano allineati e collaborino verso lo stesso obiettivo. L’obiettivo per l’anno 2018 è quello di lanciare la nuova immagine dell’Ente attraverso la pubblicazione del nuovo sito Web e una serie di stampati prioritari per inizio anno in conformità alle linee guida del Brand». Favorire l’accoglienza significa anche l’adozione di nuove soluzioni tecnologiche… «Grazie ad una collaborazione con HotellerieSuisse Sottoceneri si dà avvio ad una nuova piattaforma elettronica rivoluzionaria che assembla importanti dati sull’occupazione alberghiera in proiezione futura. Per la destinazione darà vita a dei report sulle performances dei pernottamenti generati in relazione alla stagionalità o in occasione di importanti eventi. Si tratta di uno strumento innovativo che comporta un’evoluzione nell’analisi alberghiera, grazie al quale si potrà esaminare le
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prestazioni del proprio Hotel nell’insieme, del proprio territorio, di una categoria di strutture oppure di una selezione di competitor. Attraverso questi dati si acquisiranno tutte le informazioni necessarie per poter applicare la giusta tariffa per ogni periodo specifico ed ottimizzare i ricavi grazie a strategie di Revenue Management». Avete presentato il progetto Lugano Bottom Up. Di che cosa si tratta? «Lugano Bottom Up è un progetto che ha lo scopo di stabilire un contatto permanente tra l’OTR del Luganese e gli operatori turistici della regione. Questo contatto è importante in quanto permette all’OTR di confrontare l’efficacia delle strategie con quanto accade nelle varie strutture e con l’opinione degli addetti ai lavori. LBU vuole essere il canale preferenziale con il quale interagire direttamente con chi voglia promuovere o sostenere iniziative utili per la promozione del turismo della destinazione. LBU permette a tutti i partner di conoscere meglio l’organizzazione turistica e le sue potenzialità operative. Entrato nella sua fase operativa nel 2017 ha potuto dare avvio a due importanti iniziative condivise, l’una che ha l’obiettivo di valorizzare le potenzialità del territorio attraverso l’iniziativa della messa in scena delle montagne, coordinata dall’ente Regionale di Sviluppo del Luganese, l’altra quella di sviluppare un canale promozionale dell’eccellenza in collaborazione con gli albergatori 5 stelle. Nel 2018 saranno coinvolte le altre categorie alberghiere come anche i maggiori attrattori turistici regionali, i commercianti ed i ristoratori operanti del nostro territorio». Un altro vostro progetto si chiama Artinbosco… «Nel 2018 si darà avvio ad un interessante progetto artistico immerso nei boschi della Capriasca. La proposta consiste nella creazione di un percorso espositivo in costante evoluzione che rappre-
senti una proposta turistica pulita, naturale ed in linea con le attuali tendenze. Questa tipologia di attività incontra un crescente interesse grazie ad una sempre maggiore sensibilità nei confronti della natura. Può inoltre essere facilmente inserita ed associata ad altre offerte regionali. Il potenziale di visitatori per una struttura di questo genere dipende in particolar modo dalla facilità di accesso all’area espositiva; come pure dal potenziale logistico presente in loco. La creazione di un percorso artistico didattico rappresenta un interessante complemento all’offerta regionale». Nel 2018 aprirà poi anche la Miniera d’Oro di Sessa… «Il progetto di recupero intende valorizzare la miniera in funzione turistica, didattica e culturale. Si tratta di tutelare e preservare un autentico tassello di storia e cultura che riguarda il Malcantone, il Luganese e tutto il Ticino. La sua realizzazione ha previsto una parte di lavoro relativo alla sistemazione e recupero della miniera stessa e l’altra la riqualificazione dell’area esterna con il recupero di un rustico destinato all’accoglienza dei futuri visitatori. La nostra OTR si impegnerà particolarmente nella promozione di questa interessante offerta con l’impiego di tutti nostri canali comunicativi a disposizione».
sumendo un’importanza sempre maggiore favorendo una nuova utenza numericamente e turisticamente molto importante. Inoltre la squadra del territorio collabora per la manutenzione del Parco Scherrer, e con molti importanti eventi che si svolgono nel Luganese come per esempio Lugano Bike Emotion, Tamaro Trophy, Scenic Trail o il carnevale di Tesserete». La crescita del turismo luganese passa per un significativo sviluppo delle attività di marketing e comunicazione… «Nel 2018 le attività si focalizzeranno in particolare sulla valorizzazione e la promozione dei prodotti Mountain Bike, Enogastronomia e MICE a supporto del messaggio che Lugano e i suoi dintorni offrono mille opportunità per scoprire un territorio unico, una Svizzera diversa e del nuovo claim “My Own Lugano Region” In linea con uno dei principali trends del turismo - la “digitalizzazione”, l’ETL sarà impegnato nell’adeguamento del sito al nuovo Brand, nell’aggiornamento dei contenuti nonché nel monitoraggio e nell’analisi del Sentiment e del Benchmark di destinazione tramite gli strumenti di Travel Appeal e HBenchmark».
La bicicletta continuerà a riscuotere una particolare attenzione? «Lo sviluppo del prodotto MTB prevede, oltre alla cura dei tracciati, l’organizzazione di strutture di accoglienza dedicate, la collaborazione con guide specializzate, la possibilità di noleggio ecc. In collaborazione con i settori del Marketing e della Comunicazione curiamo anche lo sviluppo dei contenuti del nostro sito Internet e degli stampati relativi e queste tematiche. Abbiamo aderito a progetti per lo sviluppo di tracciati per e-Bike e prodotti correlati. L’introduzione delle biciclette con pedalata assistita sta infatti asTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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TURISMO TICINESE: che anno sarà il 2018? HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
ELIA FRAPOLLI (E.F.) Direttore di Ticino Turismo
FABIO BONETTI (F.B.) Direttore Organizzazione Turistica Regionale Lago Maggiore e Valli
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on quali prospettive si apre il 2018 per quanto riguarda il turismo nella vostra regione, anche alla luce dei positivi risultati conseguiti l’anno passato? E.F.: «I buoni risultati conseguiti nel 2017 hanno contribuito a creare entusiasmo tra gli operatori e a risvegliare il loro spirito imprenditoriale. Siamo tuttavia consapevoli che è proprio nei momenti positivi e di crescita che non bisogna sedersi sugli allori. Il settore turistico è estremamente variabile ed è quindi fondamentale che lo spirito di progettualità che ha caratterizzato gli ultimi anni continui anche in futuro. Un bello sprone in questa direzione arriverà dalla nostra nuova identità visiva che presenteremo alla fine di marzo 2018. Con questo termine non mi ri-
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NADIA FONTANA LUPI (N.F.L.) Direttrice Organizzazione Turistica Regionale Mendrisiotto e Basso Ceresio
JURI CLERICETTI (J.C.) Direttore Organizzazione Turistica Bellinzonese e Alto Ticino Turismo
ferisco solo al marchio o logo ma all’intero ecosistema di canali di comunicazione propri, in questo caso, della destinazione turistica Ticino».
ve, alle numerose azioni incrociate che coinvolgono le strutture di svago, i datori d’alloggio e altri fornitori di servizi orientati al turista».
F.B.: «Il nuovo anno ha preso avvio con slancio positivo. Le note ottimistiche su cui si è concluso il 2017 sono certamente una buona base da cui ripartire, non certo un traguardo per cui crogiolarsi nell’inoperosità. Dati positivi che in generale confermano non solo un contesto economico globale rinvigorito, ma che vanno anche a sostenere le scelte strategiche adottate negli anni passati, quando i tempi non lasciavano spazio a sguardi ottimistici e rosee previsioni per il settore turistico. I risultati positivi sono segno tangibile che tutto il settore turistico si sta muovendo nella giusta direzione. Dagli investimenti nelle strutture ricetti-
N.F.L.: «Sono convinta che il risultato del 2017 abbia portato una certa ondata di positività perché ha dimostrato che i turisti, anche svizzeri, continuano ad apprezzare il Ticino ed anche il Mendrisiotto. Ma sono anche convinta che bisogna sapere leggere questo risultato e valutarlo contestualizzandolo con la dovuta attenzione, perché il miglioramento riscontrato è stato condizionato da molti fattori che sappiamo non si ripresenteranno. Quindi penso che nella regione, come nel Cantone, dobbiamo continuare ad impegnarci sullo sviluppo dell’offerta, che deve essere migliorata, attualizzata ed anche rinforzata là dove necessario, con la consapevolezza
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che di base ciò che offriamo è eccezionalmente ricco e variato. Il punto di vista del turista sui nostri prodotti ed il loro giudizio devono quindi restare al centro dei nostri pensieri e delle nostre preoccupazioni per arrivare ad avere un’offerta di qualità e concorrenziale. Chiaramente servono idee, sostegno, coraggio e fondi. L’esempio del Monte Generoso è li da vedere e può stimolare altri ad investire per cercare pari successo!».
tàdel nostro territorio, la sua eccletticità, sarà ancora più accentuata e valorizzata. Per quanto riguarda il marketing, in futuro cercheremo di mettere sempre più l’accento sulle attività da svolgere durante la stagione autunnale, con l’obiettivo di destagionalizzare i flussi turistici. Le attività che stiamo conducendo quest’anno in collaborazione con Svizzera Turismo sono in particolare orientate alla promozione dell’offerta legata alle mountain bike».
J.C.: «Dopo un 2016 in ripresa e soprattutto un 2017 che ha visto segnare nella nostra OTR un aumento dei pernottamenti pari al 6.5% e un aumento di visite ai Castelli del 28% le prospettive e la fiducia nel settore turistico sono molto positive. Lo dimostrano anche alcune strutture ricettive che hanno investito per migliorare la qualità dei servizi offerti a dimostrazione che credono nel nostro settore. Dobbiamo però andare cauti poiché dopo 2 anni di crescita, questa potrebbe fermarsi o rimanere stabile, quindi direi che il solo confermare i risultati del 2017 sarebbe già un buon obbiettivo».
F.B.: «I quattro pilastri che costituiscono il cavallo di battaglia della regione del Lago Maggiore e Valli sono “Territorio e Natura”, “Sport e Benessere”, “Famiglie” ed “Eventi”. Quest’anno un accento particolare è posto proprio sul Territorio, risorsa principale su cui si basa la ricchezza della nostra offerta turistica, a sostegno della campagna estiva di Svizzera Turismo, incentrata sul “Ritorno alla natura” con focus particolare su tutto quanto ruota attorno alle attività legate al cicloturismo. Bike e Mountain bike costituiscono un segmento rilevante anche per la nostra Organizzazione turistica, che in quest’ottica sta lavorando da vari anni per creare nuovi percorsi sul territorio, collaborando con agenzie specializzate, privati e istituzioni».
Quali sono le principali attrattive su cui puntate per incrementare le attività turistiche sul vostro territorio? E.F.: «La forza del Ticino è quella di essere una meta dalle mille personalità. Quando promuoviamo il nostro territorio all’estero cerchiamo di insistere proprio su questo aspetto, sulla forza dei contrasti. Contrasti naturali anzitutto, in pochi chilometri si passa dal massiccio del Gottardo allecolline del Mendrisiotto, ma non solo. L’offerta turistica è caratterizzata da un ampio ventaglio di possibilità anche in ambito culturale, architettonico, sportivo o paesaggistico. Con la nuova identità visiva questa peculiari-
N.F.L.: «Di principio sono le sette proposte che sono promosse con il tema della Regione da Scoprire, ma andando nei dettagli dobbiamo indicare che la nuova struttura in vetta al Monte Generoso, che rappresenta una grande opportunità per la regione ed una grande attrattiva per il pubblico che ha da subito dimostrato grande interesse ed apprezzamento, è la principale attrattiva regionale, insieme a FoxTown ed all’offerta enogastronomica. Il Monte Generoso è una grande montagna che offre molteplici opportunità di svago ed è nostra inten-
zione lavorare al rafforzamento della visibilità del prodotto in senso allargato, proponendo anche in collaborazione con la Ferrovia Monte Generoso, di scoprire questo grande territorio, fino a scendere in ValMara e in Valle di Muggio. Resta aperto il tema dell’offerta per bike nella regione, un progetto al quale lavoriamo da anni che per motivi diversi non ha ancora potuto essere sviluppato, purtroppo perché il tema a livello cantonale è sostenuto da tutte le OTR…Ma abbiamo anche un grande interesse a sviluppare la visibilità dell’offerta eno-gastronomica e della moltitudine di eventi legati al settore che sono in calendario nel corso di tutto l’anno e che sappiamo piacciano molto, perché l’enogastronomia è davvero importante nel nostro territorio. Da non dimenticare la Casa del Vino che è stata inaugurata nel 2017 e che intende promuovere in maniera continuativa il prodotto vitivinicolo cantonale presso la sede a Morbio Inferiore. Nella nostra regione abbiamo anche la fortuna di avere il Monte San Giorgio (UNESCO WHL) e l’unico candidato ticinese ufficialmente inserito dalla Confederazione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali: Le Processioni storiche di Mendrisio. Se il dossier di candidatura porterà all’auspicato riconoscimento, chiaramente avremo la possibilitàmettere ulteriormente in rilievo questa peculiarità. Infine nel 2018 ci saranno due novità rappresentate dalle attività che saranno svolte presso le Cave di Arzo, dove sono previsti una serie di spettacoli all’interno dell’anfiteatro e dal Teatro dell’architettura che inaugurerà una nuova serie di proposte culturali che riteniamo potenzialmente utili ad attirare nuovo pubblico nella regione». J.C.: «Il nostro “Core business” sono i Castelli ma non bisogna dimenticare tutta il resto dell’offerta della nostra Regione. Penso in particolare al Ponte Tibetano e ai Fortini TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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festazioni che prendono vita sul territorio e che contribuiscono ad incrementarne l’attrattiva».
della Fame per rimanere nel bellinzonese ma anche a tutto quello che offrono la Riviera (ad esempio le sue cascate o la via della Pietra) e le valli di Blenio e Leventina, con una natura incontaminata, i sentieri escursionistici e di MTB, le capanne e gli impianti di risalita (vedi Filovia Dagro in Valle di Blenio e Ritom e Pescium ad esempio in Leventina). In particolare stiamo puntando sul segmento del MTB (incluso l’e-bike) con una rete di sentieri sempre più ampliata e completata con delle strutture d’accoglienza ad esso dedicate. La possibilità di spaziare in pochi chilometri dall’asse cultura a quello della natura può essere, se ben coordinata, il punto forte della nostra regione». Quali saranno nel corso del 2018 i principali eventi grazie ai quali date appuntamento ai visitatori provenienti dalla Svizzera e dall’estero? E.F.: «Continueremo a promuovere, attraverso i nostri canali, tutti i principali eventi che si svolgono nel Cantone. Sappiamo che un determinato segmento di turisti sceglie la nostra destinazione proprio perché attratto dagli appuntamenti ricorrenti
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quali il Locarno Festival, Estival Jazz, il Rabadano le processioni storiche di Mendrisio solo per citarne alcuni. Sono manifestazioni molto importanti per il settore e abbiamo constatato con piacere che, negli ultimi anni, le proposte sono aumentate soprattutto nel periodo invernale. Da qualche tempo stiamo lavorando per valorizzare maggiormente anche i piccoli eventi o attività minori. La piattaforma “My Swiss Experience”, lanciata nel 2017 a livello nazionale, mette in vetrina le proposte realizzate con passione spesso da piccoli operatori turistici attivi anche in contesti periferici. Anche questo è un lato del Ticino che piace molto ai turisti». F.B.: «Appuntamenti di grande richiamo nazionale ed internazionale, Moon & Stars e il Locarno Festival sono ormai ricorrenze tradizionali ma che sanno rinnovarsi continuamente per evolvere assieme ai gusti del pubblico, così come JazzAscona, il Vallemaggia Magic Blues e Locarno on Ice e altri sono diventati negli anni un attrattore effettivo e costante per la nostra regione. Oltre ai grandi eventi, ricordiamo che la nostra Organizzazione turistica fornisce sostegno finanziario e logistico a oltre 500 mani-
N.F.L.: «Per la nostra regione gli eventi a carattere enogastronomico, siano di rinomanza internazionale o legati alla tradizione popolare locale, sono importanti e generalmente molto seguiti, anche dai turisti. Nel calendario delle manifestazioni da non perdere ci sono La Rassegna Gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio, la Rassegna del Piattro nostrano, la Sagra del Borgo, la Mangialonga, il Tappo alle cantine, La Sagra della Castagna, LA Sagra del pesciolino, Cantine Aperte e la Festa dei Mulini, che sono probabilmente anche tra gli eventi maggiormente conosciuti. Come detto sopra, il calendario delle manifestazioni in cava ad Arzo e al Teatro dell’architettura saranno una novità, devono crescere e farsi conoscere ed apprezzare, ma il potenziale è innegabile. E parlando di cultura, senza dimenticare i calendari dei diversi musei e del Teatro di Chiasso, non devono essere dimenticati gli eventi musicali come la Festa della Musica, Festate, Estival Jazz o La Via Lattea. Chiaramente tra le manifestazioni più importanti anche le Processioni Storiche di Mendrisio, di cui abbiamo parlato prima e che, forse grazie all’attenzione che si sta sviluppando attorno al tema generale dei “patrimoni culturali e delle tradizioni”, ma anche grazie alla candidatura al prestigioso riconoscimento, ha visto aumentare il numero dei presenti a Mendrisio nelle giornate precedenti la Pasqua.In generale si può dire che la scelta è vasta e la qualità sicuramente non manca nel calendario degli eventi del Mendrisiotto e Basso Ceresio». J.C.: «Gli eventi proposti passeranno da quelli gastronomici a quelli sportivi, senza dimenticare le
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attività legati ai Castelli. Il tradizionale mercato cittadino sarà il nostro “focus” sulle tradizioni, al quale faranno da contorno diversi eventi gastronomici e rassegne; dal tradizionale “Maggio Gastronomico”, al mercato della Zucca fino alla Rassegna d’autunno, manifestazioni queste che con il passare degli anni stanno raggiungendo un pubblico sempre più vasto e soprattutto proveniente anche dalla Svizzera interna. Tra gli eventi sportivi in primis il Tour de Suisse che si svolgerà a Bellinzona il 16 e 17 giugno 2018, la Coppa del Mondo di Freestyle del 10 marzo ad Airolo-Pescium e i Campionati Europei d’orientamento che si svolgeranno in Città passando per il Castelli il 6 maggio 2018. Questi eventi sono di primaria importanza per promuovere tutte le possibilità di sport e outdoor nella nostra regione. Non da ultimo le attività ai Castelli, con le proposte di mostre ed esposizioni ed in particolare la “Spada nella Rocca”, ormai alla sua ventesima edizione». Infine, con quali iniziative di marketing e comunicazione intendete sostenere la promozione e la valorizzazione del settore turistico? E.F.: «Sono circa 200 le iniziative e i progetti che stiamo portando avantiin collaborazione con Svizzera Turismo, le Organizzazioni turistiche regionali e vari partner. Le azioni di marketing sono indirizzate a 11 mercati internazionali, con la presenza a oltre 60 tra fiere, eventi e workshop. Per chi fosse interessato ad approfondire più nel dettaglio il nostro operato, invito a dare un’occhiata al Piano attività 2018 che si trova sul nostro sito web. Per quanto riguarda la comunicazione anche quest’anno, soprattutto tra la primavera e l’estate, ospiteremo in Ticino e accompagneremo nel loro soggiorno centinaia di
giornalisti provenienti da tutto il mondo. Senza dimenticare il lavoro crescente che stiamo svolgendo sul web e in ambito digitale. Questi settori saranno potenziati anche grazie alla nuova identità visiva». F.B.: «Premetto che ci concentriamo sempre principalmente sul mercato svizzero, con un accento particolare sulla Svizzera romanda, mercato che la nostra Organizzazione turistica ha fortemente voluto potenziare con azioni di marketing mirate verso gli 1.75 milioni di confederati francofoni. Quest’anno proporremo la seconda parte della campagna incentrata sull’immagine, che vede come testimonial d’eccezione per la nostra regione Christa Rigozzi e Gilbert Gress; campagna nata dal legame con Alptransit – per sottolineare la possibilità per l’ospite di raggiungerci più velocemente – e che coinvolge tv, web e social media. Inoltre, l’informazione all’ospite ha subìto un forte quanto naturale spostamento dalla carta al web. Supporti cartacei che restano soprattutto come importante materiale fieristico, ma che nel dialogo con il turista vengono vieppiù sostituiti dalla comunicazione online: siti internet, campagne promozionali online, piattaforme social media risultano più flessibili, immediati e permettono di esserci. Sempre. In qualsiasi luogo. In un preciso momento e con precise modalità, che possono essere totalmente modificate nel giro di pochi secondi. Come conseguenza, le nostre attività offline hanno quindi sempre un corrispettivo sul web, per dare continuità ai singoli progetti e amplificarne la portata promozionale. Seguiamo quindi il megatrend della digitalizzazione e svolgiamo sempre più attività nell’ambito del digital marketing. Non si dimentichino poi le collaborazioni strategiche, fondamentali per l’immagine e la visibilità della nostra destinazione turistica sui nostri mercati di riferimento».
N.F.L.: «Le nostre possibilità d’investimento nel marketing sono direttamente legate all’importo che incassiamo con la Tassa di promovimento turistico e tra le OTR siamo quindi quella che ha meno mezzi, non avendo un gran numero di alberghi nel nostro territorio, almeno per il momento. Inoltre, come indicato più volte ritengo che sia assolutamente necessario lavorare al prodotto ed alla messa in rete a livello regionale, prima ancora di pensare di presentarsi nei mercati. Nel discorrere delle attività legate al marketing non deve essere dimenticata l’importanza del prodotto e su questo intendiamo investire molto in mezzi, risorse e collaborazioni. Intendiamo inoltre importante continuare a sviluppare un sistema di mini-siti che possano avvalersi di una banca dati comune legata al nostro sito e a ticino.ch. Attualmente sono 4 i partner che stanno partecipando al progetto, ma contiamo di aumentare il loro numero. Una novità per il 2018 nella nostra regione sarà rappresentata dalla promozione dell’offerta enogastronomica che organizzeremo tramite il progetto svizzero FOOD TRAIL, che ci permetterà di presentarci quale unica proposta ticinese e dalla nostra presenza a Roma, in collaborazione con Ticino e SvizerraTusimo, alla Borsa del Turismo religioso, un segmento che ci interessa avvicinare. In pratica dedicheremo attenzione e mezzi finanziari solo nei tre mercati ritenuti prioritari che sono Germania, Italia e Cina. Per quanto concerne la Svizzera non continueremo anche a portare avanti la nostra partecipazione attiva ai lavori dell’associazione WHES, che gestisce la promozione dei Patrimioni UNESCO svizzeri e con l’associazione che gestisce il progetto nazionale GrandTourofswitzerland. Per quanto concerne il mercato cinese intendiamo sfruttare un momento particolarmente propizio per promuovere il tema dell’architettura e del Monte Generoso». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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J.C.: «Attraverso delle azione mirate in base ai nostri mercati di riferimento e ai nostri target, sfruttando i canali online e offline e focalizzandoci sui nostri temi prioritari. Fondamentaleé sfruttare bene soprattutto tutti i canali “social” che permettono di veicolare messaggi brevi ma mirati in modo straordinariamente veloce. Come detto precedentementeuno dei focus principali sarà per noi quest’anno il prodotto mountain bike, un’offerta in costante aggiornamento e che stiamo ampliando sempre di più anche grazie alla sensibilità delle strutture sul territorio a diventare sempre più bike friendly. Questo si aggiunge alla
nostra già consolidata e affermata rete di sentieri escursionistici importante “veicolo” che ci permette di valorizzare la natura e il paesaggio mozzafiato che ci circonda. Il prodotto “Inverno” ci sta regalando per quest’ anno grandi soddisfazioni e resta un prodotto di rilevante importanza per la nostra OTR, contraddistinguendoci dal resto del territorio cantonale. Altro rilevante veicolo di comunicazione sono gli eventi e le manifestazioni sparse su tutto il nostro territorio, pensiamo per esempio al Rabadan appena concluso, per poi passare dagli eventi e le mostre ai Castelli, alle caratteristiche rassegne o passeggiate ga-
stronomiche nelle Valli che permettono di entrare in contatto con il territorio e i produttori locali. Fondamentali rimangono le collaborazioni con i nostri partner principali come Ticino Turismo e Svizzera Turismo, per esempio per la promozione del prodotto Grand Tour of Switzerland o la campagna SwissCities che promuove le principali città svizzere, tra le quali figura anche Bellinzona, o la partecipazione a fiere di importanza nazionale e internazionale, senza dimenticare diversi “publiredazionali” mirati e numerosi viaggi stampa che portano in seguito ad altrettanti redazionali su diverse riviste tematiche e specializzate».
Cesare Lucchini
Paolo Bellini
Giampiero Camponovo
Dialogo a tre voci su arte e architettura L’Accademia di Brera ha ospitato, su iniziativa del prof. Andrea Del Guercio, titolare della Cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea, un interessante incontro cui hanno partecipato circa 150 studenti, sul tema dei rapporti che legano architettura, pittura e scultura, a partire dall’esperienza dell’Arch. Giampiero Camponovo, che vanta una lunga carriera professionale tutta punteggiata di significativi incontri con importanti artisti internazionali, le cui opere dialogano in modo significative con gli edifici costruiti dall’architetto. Discutendo con il pittore Cesare Lucchini e lo scultore Paolo Bellini, l’architetto Camponovo ha sottolineato come «da lungo tempo ho avuto modo di misurarmi con
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la questione del rapporto tra architettura, pittura e scultura, e il piacere di coinvolgere nel proprio lavoro vari artisti non rappresenta affatto una recente “illuminazione”. Già agli inizi degli anni ’90 infatti, con la mia attività professionale e con la promozione, per esempio, di un evento organizzato a Milano che significativamente portava il titolo Sinergie, mi preoccupavo di contestare l’atteggiamento di autonomia, secondo cui architettura, scultura e pittura, storicamente unite, tendono ad ignorarsi. Il punto di partenza è che, pur mancando di ideologie artistiche comuni, ed anzi proprio in virtù di questa assenza, è possibile dimostrare a livello disciplinare e concettuale la presenza di rela-
zioni e di corrispondenze tra le diverse forme artistiche, e la possibilità e il bisogno di ispirazioni e collaborazioni reciproche. È ben vero infatti che le singole pratiche, con i rispettivi mezzi espressivi, hanno tipiche peculiarità interne (il cosiddetto “mestiere”), ma questa diversità non può in alcun modo essere letta ed interpretata in termini di sfida e di contrapposizione. In altre parole, occorre sottolineare un’universalità dei fondamenti artistici, con la presenza, quasi, di una “genetica” della creatività. In questa prospettiva, che è l’unica che possa dare proficui frutti e realizzare una effettiva integrazione, le diverse tecniche diventano allora i percorsi utilizzati per raggiungere un fine comune, che è appunto quello della trasformazione di materia in cultura. È altresì del tutto evidente, infatti, come le problematiche compositive di proporzione, spazio, dimensioni, luce, rapporto, colore e materia si basino su principii affini».
Ticino. Terra di tradizioni e di eventi. events.ticino.ch I nostri suggerimenti per una primavera speciale.
Marzo 2018 08 – 10.03.2018 Festival di cultura e musica jazz Jazz music festival Chiasso 10.03.2018 World Cup Freestyle FIS Competizione internazionale di freestyle International freestyle skiing competition Airolo 18 – 19.03.2018 Picasso. Uno sguardo differente Esposizione d’arte art exhibition LAC Lugano 21 – 25.03.2018 Camelie Locarno Esposizione di Camelie Camellia exhibition Locarno 22 – 26.03.2018 Eventi letterari Evento letterario primaverile del Locarno Festival Literary spin-off of the Locarno Festival Ascona
29 – 30.03.2018 Processioni storiche pasquali Historical easter processions Mendrisio 30.03 – 02.04.2018 Pasqua in Città Animazioni in città Entertainment in the city centre Lugano
Aprile 2018
14 – 15.04.2018 Japan Matsuri Festival giapponese Japanese festival Bellinzona 22.04.2018 SlowUp Ticino Route without cars Bellinzona e Locarno 22.04 – 10.06.2018 San Pellegrino Sapori Ticino Gastronomic event Ticino
01.04.2018 Concerto di Pasqua Easter concert Ascona
Maggio 2018
02.04.2018 Giro Media Blenio Corsa podistica Footrace Dongio
03 – 05.05.2018 Chiassoletteraria Festival Internazionale di letteratura International literary festival Chiasso
06.04 – 06.05 2018 Saporinlibertà Festival gastronomico tradizionale Festival of traditional gastronomy Regione di Lugano
05 – 06.05.2018 Caseifici aperti Open dairies days Ticino
08.04.2018 Raiffeisen Walking Lugano Corsa podistica Footrace Lugano
05 – 18.05.2018 Campionati europei di Corsa d’orientamento European Orienteering Championships Bellinzona
10.05.2018 Fragole in piazza Strawberry festival Locarno 10 – 13.05.2018 La Bacchica Festa del vino Wine festival Lugano 18 – 21.05.2018 Festival internazionale degli artisti di strada International festival of street arts Ascona 19 – 20.05.2018 Cantine aperte Open Wine Cellar Days Ticino 26 – 27.05.2018 La spada nella Rocca Rievocazione medievale Medieval reenactment Bellinzona
TURISMO / DUBAI
UNA CRESCITA che non si ferma LA CITTÀ DEI RECORD METTE A SEGNO UN ALTRO TRAGUARDO. SECONDO I DATI RESI NOTI DA DUBAI TOURISM, NEL 2017 DUBAI RAGGIUNGE QUOTA 15,8 MILIONI DI PERNOTTAMENTI INTERNAZIONALI, PARI AD UN AUMENTO DEL 6,2% RISPETTO AL 2016. QUESTO NON SOLO SEGNA UN NUOVO RECORD PER LA CITTÀ EMIRATINA MA NE RIVELA ANCHE TUTTO IL POTENZIALE TURISTICO E LA AVVICINA ALL’OBIETTIVO DI RAGGIUNGERE 20 MILIONI DI VISITATORI ANNUI ENTRO IL 2020.
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ubai attrae un numero sempre maggiore di visitatori stranieri facendo del settore turistico un comparto economico che contribuisce in maniera sensibile al PIL dell’Emirato. La crescita di 6,2 punti percentuali registrati nel 2017 sta imprimendo il ritmo giusto per raggiungere il target prefissato per il 2020. Le ragioni del successo vanno ricercate nelle molteplici esperienze di viaggio oltre ogni aspettativa offerte dalla città e nella capacità di cogliere i trend e le esigenze dei viaggiatori in continua evoluzione. L’analisi delle performance per singolo Paese rivela che l’India è il primo mercato con 2,1 milioni di arrivi a destinazione, diventando così il primo Paese a superare la soglia dei 2 milioni di
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visitatori all’anno. L’Arabia Saudita mantiene la seconda posizione con un totale di 1,53 milioni di arrivi; il terzo posto va invece al Regno Unito che chiude il 2017 con 1,27 milioni di viaggiatori annuali. Anche Cina e Russia registrano risultati impressionanti, grazie anche alla semplificazione delle procedure doganali; la Cina infatti si aggiudica il quinto posto (764 mila arrivi), mentre la Russia con i suoi 530 mila arrivi registra un aumento stellare del 121% rispetto al 2016. Sono migliorate anche le performance di Stati Uniti, Germania e Iran che rispettivamente registrano 633.000, 506.000 e 503.000 viaggiatori. L’Europa Occidentale con i suoi 3,2 milioni di visitatori (pari al 21% del totale annuo) diventa il maggior generatore di arrivi a livello regionale sottraendo il primato ai Paesi del Golfo, che comunque rappresentano una Regione chiave per Dubai con 3,02 milioni di viaggiatori (pari al 19% del totale); seguono l’area dell’Asia del Sud, Medio Oriente e Nord Africa. Dubai si conferma una destinazione con un forte appeal sui viaggiatori e temibile per i competitor. Il nuovo record segnato nel 2017 può essere attribuito al mix strategico messo in atto da Dubai Tourism e basato sulle peculiarità dei singoli mercati, su di un ampio rag-
gio di azione e sulla capacità di adattamento in tempo reale ai cambiamenti ed alle evoluzioni in corso nel comparto turistico mondiale. A tutto questo si aggiunge senza dubbio la stretta e proficua collaborazione tra settore pubblico e privato, elemento cruciale per raggiungere gli obiettivi comuni. Le grandi novità del nuovo anno includono La Mer, il nuovo quartiere lungomare dove godersi la spiaggia e scegliere tra ottimi ristoranti in cui provare specialità di pesce e cibo proveniente da tutto il mondo; l’inaugurazione de La Perle ha proiettato Dubai tra le metropoli che ospitano i più grandi e innovativi spettacoli al mondo; la Dubai Opera e il suo ricco calendario teatrale riflettono l’evoluzione culturale e artistica della città. Tra le nuove aperture di fine 2017 ci sono il grattacielo Dubai Frame e il Dubai Safari. I nuovi quartieri da visitare a Dubai includono il Dubai Historic District per immergersi nella ricca e poca conosciuta storia dell’Emirato, mentre
TURISMO / DUBAI
Hatta è il luogo perfetto per chi ama natura, avventura e il deserto più autentico. Da aggiungere alla lista delle aperture del 2018 c’è Al Marmour, il primo Parco Nazionale degli Emirati Arabi Uniti che offrirà la possibilità di interagire, conoscere e apprezzare la fauna e la flora degli Emirati nel loro habitat naturale. Il 2017 ha visto inoltre l’apertura di nuovi hotel delle grandi catene internazionali come The St. Regis Dubai, Al Habtoor Polo Resort & Club, Bulgari Resort Dubai e Renaissance Downtown Hotel; a queste si affiancano hotel di catene locali come Rove Trade Centre, The Address Boulevard e Five Palm Jumeirah Dubai che continuano a giocare un ruolo importante, diventando le prime scelte tra i viaggiatori internazionali.
Garage Italia apre a Gstaad Sono passati solo pochi mesi e Garage Italia è pronta a oltrepassare i confini italiani per arrivare in Svizzera, a Gstaad, con un Pop Up Store unico nel suo genere aperto a partire dal 17 febbraio all’interno dello Chalet Lulu. All’interno del Pop Up Store di Garage Italia, sito in una delle vie più prestigiose e centrali della cittadina svizzera (Promenade 62), sarà possibile ammirare da vicino la Pagani Huayra Lampo, sviluppata insieme a Horacio Pagani, la Ferrari GTC4 Lusso “Azzurra”, emblema dello stile unico e disruptive che caratterizza tutte le personalizzazioni dell’atelier milanese e la celebre Maserati Ghibli Gessata, tra le prime
realizzazioni di Garage Italia. Le tre vetture esposte sono in vendita e, dal 17 al 28 febbraio, sarà inoltre possibile incontrare lo staff di Garage Italia per dare vita a un progetto di personalizzazione della propria auto, barca, aereo ed elicottero. Gli arredi presenti nell’allestimento interno sono firmati Cassina Contract: le sedie 298, l’apice della sedia da regista, un connubio di alta tecnologia e artigianalità disegnate da De Lucchi e personalizzate sulla base delle indicazioni di Lapo Elkann e del Centro Stile di Garage Italia con Grafiche Racing, sono state tutte realizzate all’interno della falegnameria di Cassina, elaborate, rifinite e assemblate a mano. Inoltre i sedili Ferrari Daytona sono diventati poltrone con rivestimento bicolore e un design custom-made. I complementi d’arredo a tema Ferrari sono opera degli artigiani di Kessel
Art, come il porta champagne che ricrea il muso della Ferrari 156 F1 “Sharknose”, lo svuota tasche ricostruito fedelmente da esperti artigiani ispirandosi al frontale di una 275 GTS e la sezione di una Formula 1 degli anni settanta, trasformata in un quadro tridimensionale. Per una pausa di classe sarà inoltre possibile degustare una selezione di Spumante Ferrari, assaporare l’espresso italiano di Lavazza e lo champagne prodotto dalla Maison francese J.H. Quenardel. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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TURISMO / PLANHOTEL HOSPITALITY GROUP
PRESTIGIOSE INIZIATIVE CULTURALI AL THE VIEW DI LUGANO DOPO IL SUCCESSO OTTENUTO LA SCORSA STAGIONE, L’HOTEL CONTINUERÀ NEI PROSSIMI MESI A DARE SPAZIO A IMPORTANTI EVENTI OSPITANDO ALCUNI TRA I PERSONAGGI DI MAGGIOR SPICCO NEL MONDO DEL CINEMA, DELL’ARTE E DELLA LETTERATURA. CE NE PARLANO NICOLETTA GIANNI, EVENTS E MARKETING MANAGER DI THE VIEW LUGANO E ALESSIA TOMMASI, DIGITAL MARKETING AND E-COMMERCE MANAGER DI PLANHOTEL.
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li appuntamenti del The View si apprestano a diventare un must della vita sociale e culturale di Lugano… «È questa la nostra intenzione. Anche per il 2018 THE VIEW, destinazione esclusiva dedicata ai cultori del “bello”, sarà la cornice di inedite iniziative culturali nell’ambito del format “Due chiacchiere con…”. Lo scenario si è aperto in occasione della novantesima notte degli Academy Awards di Los Angeles, proponendo un’esclusiva serata dedicata alla celebrazione del mondo del cinema e della statuetta dorata più ambita di sempre. A condurre la serata Enrico Vanzina sceneggiatore, produttore cinematografico, scrittore; accanto a lui la bellezza e l’e-
leganza di Isabella Ferrari attrice cinematografica e teatrale tra le più affermate e impegnate. Una serata all’insegna della celebrazione del Cinema e dei suoi più grandi protagonisti raccontata con passione seguendo il fil rouge di episodi inediti, e secondo la prospettiva di “un dietro le quinte” imperdibile e coinvolgente, perfetta occasione per commentare le assegnazioni delle tanto prestigiose statuette». Si può già annunciare cosa promettono i successivi appuntamenti? «Questo format sarà poi replicato con cadenza mensile. Per la serata dell’11 aprile, tutta dedicata all’arte, possiamo annunciare la presenza di Lorenzo Quinn che alla 57esima Biennale d’arte di Venezia ha omaggiato la laguna della sua opera “Support”: due mani che escono dalle acque e sembrano abbracciare la città. Nei mesi successivi sono previsti poi incontri con famosi personaggi della letteratura, dello sport, dello spettacolo» Quale obiettivo vi proponete di raggiungere con questi incontri? «La filosofia del THE VIEW è quella di coccolare i propri ospiti ma anche stabilire un saldo e duraturo rapporto con la città che ci ospita. Vorremmo che i nostri clienti e gli abitanti di Lugano si ritrovassero periodicamente in questo luogo straordinario per godere della presenza di personaggi interessanti e prestigiosi, trascorrendo una serata piacevole, mondana ma capace anche di arricchire sul piano della cul-
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tura e portare nuove iniziative in città. Il tutto accompagnato anche da golose proposte gastronomiche studiate dall’Executive Chef Mauro Grandi» Al THE VIEW tutto vuole essere dunque all’insegna dell’eccellenza… «Affiliato alla prestigiosa catena Small Luxury Hotel of the World, THE VIEW si trova in una posizione straordinaria sulle alture che dominano il centro di Lugano ed è un gioiello dal design e dalla vista unica, un boutique hotel di lusso. Fin dal proprio nome celebra la caratteristica che lo rende inimitabile: il panorama mozzafiato. Un design di altissimo livello contribuisce a sottolineare ed esaltare questo elemento distintivo grazie agli interni che danno agli ospiti la sensazione di trovarsi su un esclusivo yacht sospeso sul lago. Un fascino particolare ha poi la grande terrazza TreCinqueZero, divisa in parte Lounge e parte ristorante, che è il luogo ideale sia per rilassarsi e godere del panorama immersi nel silenzio, sia per ospitare eventi esclusivi. L’apertura ufficiale della stagione estiva è prevista per maggio con una serata che consentirà ai nostri ospiti di godere appieno di questa eccezionale terrazza aperta sul lago di Lugano». La filosofia del vostro Gruppo e l’elevatissimo livello dei servizi offerti sono stati ripetutamente premiati in tutto il mondo… «Stiamo raccogliendo i frutti di una strategia ormai applicata in tutte le no-
stre strutture di lusso e cioé la possibilità di offrire ai nostri ospiti l’opportunità di personalizzare l’esperienza di soggiorno e la vacanza in base alle proprie preferenze, un servizio che ci contraddistingue e che i nostri clienti apprezzano moltissimo. In questo senso anche il THE VIEW interpreta perfettamente questo nuovo concetto di lusso, più moderno, capace di emozionare l’ospite e lasciare un ricordo indelebile nella sua memoria. Grazie anche alla cura per i dettagli, il Gruppo è oggi riconosciuto in tutto il mondo, e giustamente premiato, per la sua combinazione unica tra tradizione locale e stile italiano nel design e nel servizio al cliente. Non a caso, per il suo design e concept unici nel loro genere, THE VIEW Lugano è stato premiato per il terzo anno consecutivo ai “World Travel Awards” con lo “Switzerland’s Leading Design Hotel Award».
Il THE VIEW guarda dunque con particolare attenzione alla propria clientela internazionale, ma si apre anche alla città e al territorio… «Si tratta di una scelta molto precisa che intendiamo portare avanti attraverso un fitto calendario di iniziative e di eventi focalizzati non soltanto sulla cultura ma che, per esempio, spaziano anche sulla gastronomia ed il benessere. Cosi, organizziamo spesso serate culinarie a tema, come per esempio quella organizzata in partnership con Antinori, dedicata al vino ed al tartufo lo scorso novembre, e saremo anche presenti ad eventi come San Pellegrino Sapori Ticino o Lugano Città del Gusto. Il 9 Aprile avremo ospite invece il famoso Chef stellato Andrea Berton, per una serata speciale dedicata alla sua cucina. Analogamente, per la parte benessere, offriamo ai nostri ospiti servizi esclusivi, come quella della Private Spa by Night, per concedersi un momento di relax e benessere o festeggiare ricorrenze speciali in modo davvero unico».
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Una fitta stagione DI EVENTI CONCLUSASI CON GRANDE SUCCESSO LA STAGIONE INVERNALE, SUBITO SI ANNUNCIA UN INTENSO PROGRAMMA DI MANIFESTAZIONI CHE ARRICCHIRANNO E RENDERANNO ANCORA PIÙ PIACEVOLE LA PRIMAVERA E L’ESTATE ENGADINESE.
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l massiccio montuoso che circonda la valle dell’Engadina non è avaro di luoghi spettacolari: ghiacciai perenni, viste mozzafiato dalla “balconata delle Alpi” con vette oltre i 3-4 metri e numerosi laghi che illuminano d’argento la valle. L’area del Bernina compresa tra Morteratsch e Cavaglia attira ogni anno migliaia di visitatori per le sue incredibili bellezze naturali. Le aree di maggior interesse sono ben collegate fra loro grazie alla linea ferroviaria del Bernina, patrimonio mondiale dell’Unesco,
e risultano quindi facilmente raggiungibili. Con il Glacier Express è possibile concedersi una spettacolare traversata delle Alpi svizzere da St. Moritz a Zermatt, magari gustando, durante il viaggio, un pranzo preparato al momento e servito al posto, mentre le montagne sfilano davanti alle vetrate panoramiche. L’altopiano dell’Engadina, con 580 chilometri di rete escursionistica, è un vero paradiso per il trekking. È così possibile vivere la natura con un’escursione su una delle numerose vie pano-
SPECIALE ST. MORITZ / EVENTI
ramiche, durante un’interessante camminata a tema, con una passeggiata lungo i laghi scintillanti o in un trekking di più giorni. L’ampia rete escursionistica comprende anche tragitti accessibili alle carrozzine, particolarmente adatti alle famiglie. Il Maloja, in particolare, offre eccellenti opportunità alle famiglie, con attività speciali per i bambini e divertimento per tutti - all’insegna del relax per i genitori. I sentieri mountain bike in Engadina garantiscono 400 km di puro divertimento. Chi va cercando la salita più bella, la discesa più spettacolare o il panorama più favoloso approfitterà dei consigli degli esperti: in Engadina si propongono escursioni organizzate con accompagnamento, a tutti i livelli. E per chi non vuole fare fatica la Ebike porta in cima davvero tutti, sia in gite guidate di gruppo che individuali. Una batteria fornisce energia aggiuntiva, e pedalare diventa un gioco da ragazzi. L’Engadine Golf Club, coi suoi oltre 1200 membri, è uno dei più grandi della Svizzera, quelli dell’Engadina
sono i campi da golf più speciali del mondo. Già oltre 100 anni fa i golfisti avevano scoperto il parco del Kulm: un paesaggio golfistico ben al di sopra della quotidianità. Oggi l’impianto è fra i più alti d’Europa, caratterizzato da un ritmico alternarsi di paesaggio autentico e architettura hightech. Grazie alle sue brevi distanze su un percorso collinare, esso è una sfida per tutti i golfisti. In sella a un cavallo, percorrere i sentieri delle carovane da soma e attraversare valli laterali pittoresche, respirando il profumo intenso dei larici o quello dei prati alpini fioriti. St. Moritz propone una vasta offerta di sentieri da scoprire in sella al cavallo oltre a scuderie competenti, sia per gli appassionati che per chi deve mettere il proprio cavallo a pensione: sia gli ospiti che gli amanti degli sport equestri saranno sempre soddisfatti dell’offerta della regione. Non mancano in tutta l’Engadina bellissimi stabilimenti termali, a partire dalle le terme di Samedan, dove si celebra un vero rituale balneare in acqua
minerale ricca di zolfo, proprio alla fonte; oppure bagno alpino, idromassaggio, vasca calda, bagni di vapore alle erbe o caldi e la vasca sul tetto con vista sulle montagne o la bellissima piscina, sauna e idromassaggi all’Hotel Kronenhof. Se l’inverno costituisce la stagione turistica principale, anche in primavera ed estate manifestazioni culturali e sportive di prim’ordine costellano di attrazioni il calendario degli eventi della regione Engadina St. Moritz.
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SPECIALE ST. MORITZ / EVENTI
50a Maratona engadinese di sci e 10a Mezza maratona 11 marzo 2018 Splendidi paesaggi, una gara unica nel suo genere e la soddisfazione di avere fatto qualcosa di grande: la tradizionale Maratona engadinese di sci è giunta oramai alla 50 edizione e continua a godere di grande popolarità. E non c´è da stupirsi che sia così, poiché la tratta di 42km o la Mezza maratona da Maloja a Pontresina offrono un´esperienza impareggiabile attraverso le meravigliose montagne innevate della regione.
25° British Classic Car Meeting 6 – 8 luglio 2018 Un evento di spicco per i fan delle auto d’epoca inglesi. Un raduno di vetture che hanno fatto la storia dell’automobilismo in un contesto di eleganza e classe, con numerosi eventi collaterali.
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19e Giornate di Hesse a Sils 14 – 17 giugno 2018 Le Giornate di Hesse, a Sils, si occupano di quegli autori che il grande scrittore ha considerato con particolare attenzione nelle proprie recensioni, come pure di quanti a loro volta hanno celebrato Hesse nei propri lavori.
13a maratona ciclistica dell´Engadina 9 luglio 2018 La 13a edizione dell´Engadin Radmarathon assicura ancora una volta il puro feeling di una gran fondo in bicicletta. Particolarmente affascinanti i passi meravigliosi, in territorio svizzero e italiano. Non meno di 5 i passi oltre i 2.300 m che i concorrenti devono superare, tra cui: Passo del Forno - Forcola di Livigno - Passo del Bernina - Passo dell´Albula o Passo del Flüela. La cornice è l´unico Parco Nazionale Svizzero.
SPECIALE ST. MORITZ / EVENTI
78° Engadin Festival 28 luglio – 11 agosto 2018
23° Concorso Ippico St. Moritz 3 – 5 agosto 2018
Con la partecipazione di numerosi star del mondo della musica classica, grandi orchestre e giovani talenti l’Engadin Festival offrirà 10 concerti di altissima qualità musicale in ricercati e incantevoli luoghi del Oberengadin.
Nella cornice delle «Settimane ippiche Engiadina 2018», la manifestazione vedrà la partecipazione dei migliori cavalli e dei più qualificati cavalieri provenienti da tutto il mondo, impegnati in un fitto programma di impegnative gare.
7° Passione Engadina 25 – 26 agosto 2018
St. Moritz Art Masters 24 agosto – 2 settembre
Raduno riservato esclusivamente alle auto d’epoca di produzione italiana al 1984.
Per 10 giorni St.Moritz e l´Engadina vivranno di nuovo nel segno dell’arte e della cultura. Il cosiddetto “Walk of Art” collega tra loro i diversi luoghi di esposizioni dell´Engadina, dal Maloja a S-Chanf, e invita a perlustrare le installazioni degli artisti regionali, nazionali e internazionali. Artisti e fotografi non disdegnano di trovarsi in loco, per far conoscere più di vicino le loro opere esposte al pubblico interessato magari durante una conversazione tra artisti, in un vernissage o nel corso di numerose altre manifestazioni. Accanto alle visite individuali presso le varie mostre, sono previsti tour guidati giornalieri a St.Moritz e a Zuoz.
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SPECIALE ST. MORITZ / ANA ROŠ
COSA SIGNIFICA ESSERE la migliore Chef al Mondo
DI PAOLA CHIERICATI DOPO MELANIA TRUMP, È LA DONNA PIÙ FAMOSA DELLA SLOVENIA. PARLIAMO DI ANA ROŠ, ELETTA WORLD BEST FEMALE CHEF PER IL 2017 DALL’AUTOREVOLE CLASSIFICA THE WORLD’S 50 BEST RESTAURANTS. HA PARTECIPATO AL 25ESIMO ST. MORITZ GOURMET FESTIVAL CHE SI È TENUTO DAL 12 AL 20 GENNAIO SCORSO, NELLA SPLENDIDA E SUGGESTIVA CORNICE DEL RINOMATO KULM HOTEL, LO STORICO 5 STELLE SUPERIOR CHE È STATO ELETTO HOTEL DELL’ANNO 2018 DELL’EDIZIONE SVIZZERA DELLA GUIDA GAULT MILLAU.
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SPECIALE ST. MORITZ / ANA ROŠ
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na Roš ha affiancato per tre serate lo chef Mauro Taufer, del Kulm Country Club, riaperto a inizio 2017 per i mondiali di sci dopo un restyling prezioso curato dall’archistar Norman Foster. Lei è l’esempio perfetto della cuoca del Ventunesimo secolo. Nel 2002, ha rinunciato ad una laurea in Scienze internazionali diplomatiche all’Università di Trieste per amore, mettendosi ai fornelli al servizio del marito Valter, un riconosciuto sommelier. Autodidatta, caparbia e ambiziosa, è diventata nel tempo non solo la migliore cuoca del suo paese, ma un vero e proprio orgoglio di una regione mai considerata prima per la gastronomia. La sua cucina è originale e molto personale e asseconda i ritmi delle stagioni con l’utilizzo di prodotti strettamente locali, a chilometro zero. Molte delle erbe usate nelle sue ricette provengono infatti dal suo orto. Il suo ristorante Hiša Franko è situato a Caporetto, in Slovenia, (proprio la Caporetto della prima guerra mondiale e dei tredicimila morti italiani), a 3 chilometri soltanto dal confine italiano e a 30 chilometri da quello austriaco, in una casa di campagna di metà ottocento. La cucina che propone è innovativa ma con un’esaltazione dei prodotti tradizionali. Tra i suoi piatti preferiti c’è la trota presentata anche in occasione delle serate al Gourmet Festival, con siero di latte, ribes nero e grano saraceno. Altri piatti presentati
in occasione della kermesse sono stati il cuore di cervo con ostrica, riesling e bergamotto; la lingua di manzo umami; la carne di cervo con anguilla affumicata, funghi neri cinesi e umeboshi e per concludere una combinazione di fusione di gianduia con fava tonka macinata e crema ganache scura ricoperta di cioccolato cubano al latte. Ana Roš combina gli ingredienti in maniera molto originale, creativa e sempre innovativa. Anche se non ci sono stelle Michelin in Slovenia e il Paese è in qualche modo oscurato dai successi culinari dei suoi vicini - l’Italia e l’Austria, in particolare – Ana Roš ha portato Hiša Franko sulla scena gastronomica mondiale. I suoi maggiori successi cha hanno contribuito alla sua crescita e alla sua notorietà risalgono al 2012, con la partecipazione a Cook it Raw, workshop annuale che raduna chef illuminati e studiosi per esplorare un approccio ecologico al cibo. Nel 2016 è la prima donna protagonista di Chef’s Table, serie a episodi voluta da Netflix che scava nella vita e soprattutto dentro le cucine di cuochi famosi. Recentemente ha rinunciato al nuovo Masterchef Italia e incalza: «Se ho due minuti liberi preferisco stare con i miei bambini. E poi non me lo potevo permettere, tutto quello che facciamo al di fuori della nostra cucina è giustificato solo se in funzione della qualità del ristorante. Uno chef star non può durare a lungo e la grande commercializzazione fa
male al mestiere: tanti ragazzi non si rendono conto che questo lavoro non è romantico ma fatto di ore di stanchezza, momenti senza creatività e per le donne anche di grandi conflitti tra cucina e famiglia». Nel 2017 Ana Roš ha partecipato per la seconda volta a Sapori Ticino ospite di Luca Bellanca, chef del ristorante Metamorphosis a Lugano Paradiso. «La prima volta che Dany Stauffacher mi ha invitata a partecipare al festival enogastronomico ticinese ero una cuoca sconosciuta al grande pubblico. Ha creduto in me, per questo mi fa tanto piacere essere poi tornata a partecipare a questa splendida manifestazione». Ma quale direzione prenderà la cucina dell’ecclettica chef? «È molto difficile prevederlo poiché negli ultimi cinque anni il mio stile è cambiato tantissimo, così come cambiò molto in fretta nei primissimi anni in cui cucinavo, quando le influenze asiatiche erano molto forti, dettate dai frequenti viaggi che facevo in Birmania, Vietnam, Thailandia. Ora viaggio meno e quel gusto orientale è un po’ svanito, per contro sto lavorando molto sulla crescita del mio ristorante. Sono sicuramente contraria alla cucina a base di insetti poiché in antitesi con le nostre tradizioni. Ma per il momento non so proprio dire dove mi condurrà il destino. Anzi, preferisco non dirlo. Voglio farmi sorprendere da me stessa».
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SPECIALE ST. MORITZ / VINI DELLA BORGOGNA
DURANTE IL ST. MORITZ GOURMET FESTIVAL 2018, UN’APPASSIONATO DEI BUONI VINI COME JAN MARTEL, TITOLARE DELLE ENOTECHE MARTEL AG A SAN GALLO, HA PROPOSTO ALL’HOTEL WALDHAUS DI SILS UNA DEGUSTAZIONE, CHIAMATA IN MODO MOLTO APPROPRIATO “CELESTIAL WINES”. DI GIACOMO NEWLIN
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Una degustazione CELESTIALE
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on capita spesso di avere la fortuna di poter degustare vini che per gli intenditori rappresentano la massima espressione dell’enologia: 12 vini della Borgogna, selezionati tra i più prestigiosi, e soprattutto di qualità eccezionale, della bella e ricca regione francese, di cui due delle principali caratteristiche sono: l’incredibile diversità di “terroir” anche all’interno di piccoli appezzamenti vitati e l’estensione generalmente ridotta delle tenute, la cui produzione è anch’essa necessariamente ridotta. Premetto che i miei vitigni d’elezione sono: per i bianchi lo Chardonnay e per i rossi il Pinot Noir, quindi alla degustazione mi sono trovato nella migliore situazione, dato che l’eccellenza dei vini prodotti in Borgogna con questi due vitigni non teme, a mio avviso, anzi supera, ogni confronto. Condotto per mano,
anzi per bicchiere, dal titolare Jan Martel e dal Master sommelier Benjamin Wolf, ho iniziato la degustazione con un bianco superbo prodotto unicamente da uve Aligoté: Morey St. Denis 2011, Clos des Monts Luisants, un “cru” raro della Côte de Nuits di grande complessità e finezza proveniente da una delle più belle vigne della Francia, quelle del Domaine Laurent Ponsot. Non posso dilungarmi, tuttavia una descrizione anche minima è doveroso farla su vini che mi hanno letteralmente elettrizzato. Il secondo della lista è stato il bianco Bienvenues-Bâtard-Montrachet Grand Cru 2011, da uve Chardonnay provenienti da vigne che hanno un’età media di oltre 40 anni e si trovano ad un’altitudine tra i 230 e i 250 metri, nel Domaine Leflaive, questo vino di grande finezza e purezza è da provare assolutamente con l’astice o con un’aragosta alla griglia. Con il terzo e quarto vino in degustazione sono passato ai rossi, rispettivamente Pommard Les Poutures 1er Cru 2014 e 2015 del Domaine Lejeune, ed eccoci così nel meraviglioso mondo del Pinot Noir della Côte de Beaune, due vini questi, ancora giovanissimi, anche se già di grande piacevolezza e potenza, prerogative che si manifesteranno appieno col tempo, poiché sono vini da invecchiamento. Il quinto vino è stato il Volnay 2012 1er Cru, Clos des 60 Ouvrées del Domaine La Pousse d’Or, un Pinot Noir da viticoltura ecologica, setoso e fruttato, un “vin de garde” come dicono i francesi, ossia un vino che non va bevuto troppo giovane ma che necessita di una maturazione dai 3 ai 5 anni: straordinariamente suadente. Il sesto vino, il Volnay 2014 1er
Cru, le cui uve provengono dai circa 14 ettari della vigna Les Caillerets, in uno dei migliori “terroir” della Côte de Beaune, è prodotto dalla Maison Lucien Le Moine. Vino che giustamente viene definito da “haute couture”, molto esclusivo, grazie alla sua qualità e precisione nell’affinamento, con un’infima dose di solfiti. La settima etichetta di pregio è stata quella dell’Echézeaux 2013, del Domaine Confuron-Cotétidot: stupendi frutti rossi e carattere speziato ben presente. Con l’ottavo vino, sempre Echézeaux 2013 ma della Maison Lucien Le Moine nella Côte de Nuits, abbiamo avuto un Grand Cru dai colori sobri tra il magenta e il violetto porpora e dai tannini potenti e virili che richiedono piatti come ad esempio un agnello arrosto o della selvaggina sia di pelo che di piuma, insomma un vino molto equilibrato che dopo 5 – 10 anni offre una rotondità saporosa, mentre se si ha un po’ più di pazienza diventa superbo. Il nono vino è stato lo Chambertin Grand Cru 2011 della tenuta Trapet Père et Fils, l’armonica complessità di questo Pinot Noir, i suoi eleganti tannini, i suoi deliziosi profumi, nonché il lunghissimo finale, fanno di questo nettare un vino assolutamente regale. Il decimo vino non è da meno, il BonnesMares Grand Cru 2011 della tenuta Comte Georges de Vogüé a Chambolle-Musigny, un vino giovanissimo per il quale si deve pazientare poiché darà il massimo dal 2019 in avanti, anche se già esprime la sua “grandeur” attraverso le note ben distinte di liquirizia, di frutti di bosco, mentolo, nonché note
di mineralità, un vino che oserei chiamare “monumentale”. Il penultimo vino degustato, un Clos de la Roche 2013, si può definire “primus inter pares” della casa vinicola Ponsot e ciò che emerge è la purezza di un attacco sensuale e nello stesso tempo una corposità elegante che giustifica l’appellativo di vino mitico e grandioso. L’ultimo vino della serie, il più celebre e celebrato del mondo, che pochi fortunati hanno avuto e hanno la possibilità di degustare, se non centellinare, anche perché il suo costo è proibitivo per la maggior parte dei comuni mortali, è stato il Romanée-St-Vivant 2005, del Domaine de la Romanée-Conti, un vino che merita tutta la fama che ha e che ha sempre avuto, oltre che per la qualità estrema, anche per la cura certosina nella produzione, che rasenta la perfezione. La finezza, il calore vellutato, l’opulenza quasi orientale e un sottobosco di una complessità misteriosa, oltre a tante altre caratteristiche organolettiche che lo arricchiscono, fanno di questo incredibile ed eccitante vino, uno dei nettari per il quale vale la pena, almeno una volta nella vita, fare una pazzia ed acquistarlo per goderlo, sorso dopo sorso, in reverente concentrazione e ossequioso silenzio.
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SPECIALE ST. MORITZ / JAGUAR E-PACE
UN MITO di gioventù QUANDO UN SOGNO DIVENTA REALTÀ: LA JAGUAR E-PACE SI IMPONE PER LE SUE STRAORDINARIE DOTI DI ELEGANZA, POTENZA E FACILITÀ DI GUIDA. DI GIACOMO NEWLIN
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SPECIALE ST. MORITZ / JAGUAR E-PACE
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rano gli anni ’60, però l’età non era ancora quella della patente, anche se i sogni, per contro, erano tanti e uno di questi, che aleggiava con insistenza era la Jaguar E-Type, un’auto che per la casa inglese ha rappresentato un progetto rivoluzionario, ovvero un’auto sportiva con caratteristiche tecniche ed estetiche che facevano girare la testa, proprio come quando vedi passare una diva con un incedere ed un abbigliamento da sballo e di conseguenza in modo furtivo ti giri per coglierne in un battito di ciglia le splendide fattezze. La E-Type hanno smesso di produrla nel 1975, così il sogno è diventato un’icona da incorniciare. Tuttavia l’amore per una casa come la Jaguar, che ha prodotto sempre auto di grande signorilità, basti pensare che nel 1960 dopo aver acquisito il marchio Daimler è diventata uno dei principali fornitori della Casa Reale inglese, l’amore dicevo, è rimasto intatto. Un amore che, una volta diciottenne e con la patente di guida in tasca, mi ha portato a fare una piccola pazzia con l’acquisto di una berlina d’occasione, la Jaguar Mk II 3.8. Era bellissima, di colore grigio, con all’interno le sedute in pelle azzurra e soprattutto con i cerchioni a raggi! I tempi sono cambiati, ma la nostalgia per quell’auto dall’aspetto così aristocratico è rimasta intatta. Oggi eccomi a provare, grazie all’amico Gabriele Gardel, che per raggiun-
gere St. Moritz in occasione del Gourmet Festival ha messo a disposizione di Ticino Welcome per alcuni giorni il più recente modello Jaguar, la E-Pace, un’auto con caratteristiche tecniche ed estetiche che interpretano le esigenze e i desideri di una clientela moderna. La vettura è un SUV com-
vernali, merito della trasmissione integrale di questo modello con cambio automatico e con carburante diesel, che tuttavia non rinuncia, con i suoi 1999 cc, a quel grande mito che ha sempre affascinato l’uomo che è la velocità, non sempre possibile da testare a causa dei limiti imposti sulle nostre strade, ma che comunque sono riuscito a percepire con chiarezza e con la massima affidabilità, in un paio di sorpassi di cui uno in salita. L’equipaggiamento interno, esterno, tecnologico e di sicurezza è di alta gamma, ciò che ti fa apprezzare e amare questa vettura, il cui vezzeggiativo durante la fase di sviluppo era “cucciolo” e che io potrei definire come la nipotina frizzante di quella MK II 3.8 che oggi, come una bella signora, dà sfoggio della sua avvenenza durante le sfilate “Oldtimer”.
patto che comunque ruggisce come tutte le Jaguar e allora il piacere di guida è notevole. Per un non tecnico come me che dà importanza soprattutto alle sensazioni e alle emozioni che riesce a sprigionare un’auto, la EPace mi ha colpito per la sua eleganza e comodità all’interno e per le sue eccellenti prestazioni anche su strade inTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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NEWS
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C’È UN ALLARME in Ticino?
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lcuni recenti gravi episodi, ampiamente ripresi dalla stampa e commentati con toni allarmati da esponenti politici, hanno evidenziato l’attualità di un problema da sempre particolarmente avvertito da parte della popolazione ticinese: quello della sicurezza, reale e percepita. Il Ticino non sta vivendo un’emergenza criminalità come talune regioni italiane di confine o come alcuni altri Cantoni di frontiera, anzi, le statistiche della polizia indicano tendenzialmente negli ultimi anni una diminuzione dei reati. E ciò grazie anche ad un’efficace presenza sul territorio delle forze dell’ordine, ad un più efficace controllo sociale e a nuovi dispostivi tecnologici che aumentano la capacità di prevenire i reati o individuarne gli autori, con un evidente effetto deterrente. Ciò non toglie però che esiste un legittimo allarme e a volte un clima di vera e propria paura della popolazione, in alcune zone, per i furti negli appartamenti. Un reato tanto più allarmante e preoccupante perché viola l’intimità familiare con un effetto moltiplicatore nella percezione di una generale in-
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sicurezza. Quindi, questo allarme e questa paura non vanno sottovalutati, tanto più che oggi in tutta Europa esiste, un’emergenza criminale a più livelli. Molti Paesi sono infatti confrontati con le infiltrazioni delle grandi organizzazioni criminali, dalla mafia alla ‘ndrangheta che allungano i loro tentacoli nelle attività economiche, grazie all’enorme disponibilità di capitali liquidi di illecita provenienza. Questo è un primo ed elevato livello criminale di cui già in Ticino e in Svizzera si sono avuti chiari ed inequivocabili segnali. C’è poi un secondo livello, che è quello che più preoccupa i cittadini. Un livello questo che si articola su due fronti: bande internazionali di rapinatori assai mobili che si muovono agevolmente tra un Paese e l’altro, ed anche in Svizzera come hanno dimostrato alcune rapine in Ticino; bande di ladruncoli e piccoli rapinatori, che si muovono a cavallo delle frontiere, a cui va ricondotta gran parte dei furti negli appartamenti. La combinazione di due attività, oltre a rappresentare un rischio reale nel Cantone, manda in corto circuito la percezione della sicurezza nella popolazione.
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HANNO PARTECIPATO ALL’INCONTRO:
NORMAN GOBBI (N.G.) Consigliere di Stato Direttore del Dipartimento delle istituzioni
DOUNIA REZZONICO (D.R.) Procuratore pubblico federale
MICHELE BERTINI (M.B.) Vicesindaco Città di Lugano
L’incontro si è tenuto il 18 gennaio 2018 presso il Teatro per eventi Metamorphosis, Palazzo Mentegazza, Lugano Paradiso.
STEFANO PIAZZA (S.P.) Presidente Associazione Amici forze di polizia, società civile
MARCO BAZZI (M.B.) Moderatore e Direttore di liberatv.ch
MARCO BAZZI: Vorrei iniziare approfittando della presenza del Consigliere di Stato Norman Gobbi per chiedergli, se possibile, di fornirci un quadro dell’andamento dei reati e dello stato della sicurezza oggi in Ticino.
ultimi anni. Se prendiamo in considerazione per esempio i furti vediamo che la media degli ultimi dieci anni era di 446 crimini ogni anno, ma che questo valore è sceso a 285 episodi nel corso degli ultimi 12 mesi. Se prendiamo in considerazione gli ultimi cinque anni vediamo ugualmente che la media scende tra il settembre 2012 e l’agosto 2017 sempre da 397 a 285 casi. Anche gli arresti scendono da 1203 nel 2014 a 913 nel 2017 e se scomponiamo questo dato per reparto vediamo che il Mendrisiotto è la regione dove avviene il maggior numero di arresti che poi scendono man mano che si procede verso l’interno del Ticino, a conferma dell’azione di controllo e repressione che viene esercitata in prossimità delle
frontiere. E analoghe considerazioni valgono per le rapine, dove i dati riguardanti il Luganese sono in discesa. Questa situazione à dunque l’esito delle misure intraprese negli ultimi anni: l’adeguamento degli effettivi, soprattutto per la Polizia cantonale e le comunali; la regionalizzazione delle gendarmerie, con una maggiore presenza delle forze sul territorio; la collaborazione tra i diversi partner preposti alla sicurezza (Polizia cantonale, Polizie comunali, Corpo delle Guardie di Confine; la chiusura notturna dei valichi, che ha determinato un maggior senso di sicurezza per gli abitanti delle zone di confine e la possibilità per la Polizia di dedicarsi maggiormente al controllo delle zone più sensibili».
NORMAN GOBBI: «Partirei subito dalla considerazione che sicurezza reale e sicurezza percepita da parte dei cittadini sono due cose ben distinte che talvolta possono anche apparire in contrasto. I dati statistici confermano che la situazione è nettamente migliorata nel corso degli
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MARCO BAZZI: Qual è lo stato del Ticino per quanto riguarda le infiltrazioni della grande criminalità e cosa si sta facendo per combatterla? DOUNIA REZZONICO: «Bisogna restare sempre vigili. Le organizzazioni criminali in Svizzera non sono ancora presenti in modo sistematico o sistemico, ma le condizioni di benessere economico che contraddistinguono il nostro Paese esercitano una notevole forza attrattiva nei confronti della criminalità organizzata nazionale e soprattutto internazionale. La Svizzera ha sotto sequestro circa 6 miliardi di franchi frutto di operazioni contro attività di riciclaggio di denaro e corruzione internazionale. Una parte di questi beni appartengono alle organizzazioni criminali italiane, soprattutto alla 'ndrangheta. I numerosi casi aperti riguardano soprattutto il riciclaggio di denaro sporco. Soldi ripuliti in Svizzera anche grazie agli innumerevoli appalti pubblici vinti da ditte controllate dalle organizzazioni criminali italiane. E, se il fenomeno delle organizzazioni malavitose in Italia si spinge sempre più a Nord, dobbiamo ricordarci che a Nord dell'Italia c'è la Svizzera, e particolarmente il Ticino. Proprio per questo bisogno sempre restare vigili». MARCO BAZZI: Anche il terrorismo internazionale costituisce una minaccia di cui occorre tenere conto… DOUNIA REZZONICO: «Per combattere la minaccia terroristica fondamentalista islamica occorre dialogare e collaborare maggiormente tra tutte le forze di polizia (cantonali e federali), anche perché l’evoluzione di questa minaccia potrebbe arrecare
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problemi anche al Ticino. Una conferma viene anche dall’inchiesta della Polizia federale, partita proprio da un’indagine degli inquirenti ticinesi, che ha portato all’arresto di un presunto reclutatore dell’ISIS nell’ambito della vicenda Argo 1». STEFANO PIAZZA: «A proposito di terrorismo internazionale, ho già avuto modo di scrivere che se prima o poi un governo di coalizione potrebbe nascere in Germania, nel paese si fanno conti con gli errori del passato in materia di sicurezza nazionale: islam radicale, criminalità organizzata e le pesanti interferenze da parte della Turchia. Il numero di coloro sospettati di terrorismo nel 2017 ha visto una crescita di ben cinque volte rispetto al 2016. A tal proposito sono stati aperti 1.200 nuovi dossier, 1.000 a carico di soggetti gravitanti nella galassia islamica. Mentre la Germania negli ultimi decenni si è voltata dall’altra parte pensando solo a rendere più forte la propria economia, una mafia dalle origini agro-pastorali si è fatta largo nel Paese fino a comandare. L’organizzazione criminale che per prima ha saputo cogliere le mille opportunità che offre la Germania è la ’ndrangheta calabrese che si sta comprando tutto: ristoranti, alberghi, hotel, pizzerie da Eifurt a Essen, da Monaco, Stoccarda, Bochum a Duisburg (dove avvenne la strage del 2007) e
ogni attività florida o in crisi che possa servire a riciclare i proventi del traffico di cocaina, di cui l’organizzazione è leader. Ci sono inoltre le pesanti intromissioni dei servizi segreti turchi MIT, alla continua ricerca di dissidenti/oppositori presunti o veri del Sultano di Ankara. Gli uomini di Erdogan si sentono talmente sicuri in Germania che hanno alzato pesantemente il livello dello scontro». MARCO BAZZI: Mettendosi tuttavia dal punto di vista del cittadino, quelle che fanno più paura e generano una condizione di insicurezza sono le attività di una microcriminalità locale… MICHELE BERTINI: «Indubbiamente recenti episodi come l’accoltellamento fuori dal Quartiere Maghetti di Lugano hanno creato non poco sconcerto nella popolazione e imposto la necessità di una risposta trasversale che sappia affrontare e risolvere il problema in modo sistemico. In altre parole, occorre riuscire a contrastare in modo efficace un fenomeno contro cui finora gli strumenti a disposizione si sono rivelati poco incisivi. Bisogna intervenire non solo sotto un profilo repressivo (aumentando controlli di Polizia e i pattugliamenti in Città, come deciso di recente dal Mu-
nicipio) ma anche sotto un profilo giudiziario costituendo un tavolo di lavoro trasversale fra Polizia, autorità e Magistratura che sappia elaborare proposte concrete a livello comunale e cantonale. L’obiettivo, è duplice: da un lato agire a livello “regionale” affrontando il tema delle pene giudiziarie e della sicurezza, avanzando anche proposte concrete; dall'altro, invece, fare pressione a livello federale affinché anche a Berna venga posto il problema. Un altro aspetto solo apparentemente meno importante ma che invece mi preme sottolineare riguarda la qualità ambientale delle nostre città. Interventi relativi all’illuminazione, all’arredo, alla pulizia delle piazze e delle strade diventano fondamentali per contrastare quella percezione di insicurezza e di abbandono da parte delle istituzioni che tanto influiscono sullo stato d’animo degli abitanti di Lugano». MARCO BAZZI: Tornando ancora sul problema della criminalità di matrice economica, la Svizzera è a rischio di infiltrazioni da parte di organizzazioni che possono finanziare il terrorismo internazionale? DOUNIA REZZONICO: «La Svizzera, con il suo stato di diritto che funziona bene, con la sua importante piazza finanziaria, con le sue buone infrastrutture e un tessuto economico sano, rappresenta un obiettivo interessante per la criminalità organizzata. Se questi fattori sono da un lato un punto di forza della Confederazione, essi rappresentano anche il ventre debole dove appunto le organizzazioni criminali possono fare breccia». STEFANO PIAZZA: «Abbiamo visto i rischi che corre un Paese come la vicina Germania che
pure ha sempre fatto della sicurezza uno dei suoi motivi di vanto. Per quanto riguarda specificatamente la Svizzera, la difesa della Porta Sud del Paese è indispensabile se vogliamo continuare a garantire la sicurezza dei ticinesi. Oggi l’Europa è confrontata con l’emergenza migranti per la quale dobbiamo essere sempre pronti a intervenire, data anche la passività di alcuni Stati europei nella gestione di questa emergenza, per evitare che alcune persone approfittino della situazione per entrare a delinquere nel Paese. Teniamo presente il fatto che la Svizzera costituisce una sorta di hub ideale per tessere una rete di contatti, costruire alleanze, scambiarsi materiale di indottrinamento. In questa prospettiva il Piano Nazionale Antiradicalizzazione può essere un primo passo, ma occorre fare molto di più come alcuni Cantoni hanno già dimostrato, e tra questi anche il Ticino».
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DOUNIA REZZONICO: «Uno dei problemi è quello di riuscire a sviluppare, in Svizzera come in Ticino, una “intelligence” investigativa, capace di scongiurare sempre più l’infiltrazione delle grandi organizzazioni criminali che hanno ormai in molti Paesi del mondo terminali e referenti sicuri. La natura del fenomeno criminale con cui si è confrontati implica la necessità di una maggiore collaborazione delle forze di polizia su scala internazionale. Uso di banche dati, maggiore collaborazione investigativa, scambio costante d’informazioni, e un sistema più tempestivo nella segnalazione di possibili pericoli. Non dimentichiamo poi il fatto che il nostro sistema giuridico, liberale e garantista, se da un lato ha favorito la crescita del benessere e lo sviluppo della piazza economica e finanziaria, dall’altro ha attirato le attenzioni della criminalità organizzata che dispone di una grande liquidità da reinvestire in attività legali. Il diritto federale in materia di obbligazioni e costituzione
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di società, oppure le procedure in ambito di esecuzioni di fallimenti sono strumenti utilissimi in una economia e in una società “sane”, ma spesso consentono anche spazi di manovra per attività illegali che non sempre è facile scoprire e reprimere». MICHELE BERTINI: «Il modello operativo congiunto tra polizia comunale, cantonale e guardie di confine per prevenire e combattere soprattutto i furti negli appartamenti, ha dato buoni risultati. Si tratta di un modello che potrebbe essere applicato con altrettanta efficacia anche in altri ambiti della sicurezza. E, ancora, gli sviluppi della tecnologia permettono oggi una più efficace difesa della sicurezza sia a livello di privati cittadini che di sicurezza pubblica. Per la sicurezza pubblica, in particolare, bisogna orientarsi passando dai sistemi di prevenzione-dissuasione passivi a quelli attivi. Importante non dimenticare che queste nuove risorse tecnologiche, dalla videosorveglianza ad altri sofisticati strumenti elettronici devono essere integrati in una ragionata rete di sicurezza di cui vengano preliminarmente definiti scopi generali, obiettivi specifici e le modalità di gestione da parte di personale appositamente formato.
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Vorrei soffermarmi ancora un momento sull’importanza dell’utilizzo delle banche dati, cosa che a livello comunale abbiamo fatto per esempio per quanto riguarda gli abitanti e l’utilizzo degli alloggi. Questi strumenti, se costantemente aggiornati, possono dare un’importante fotografia della popolazione di una città, dei suoi movimenti, e del generarsi di situazioni potenzialmente a rischio. Infine, è necessaria la consapevolezza dei politici e della società civile che la sicurezza è anche una fondamentale risorsa dell’attrattività del Ticino. Nonostante gli allarmi degli ultimi tempi, il livello generale di sicurezza e tranquillità di cui oggi beneficia il Cantone non ha eguali nei Paesi a vicini. Quindi va incentivato uno sforzo comune, mediante campagne mirate ma non allarmistiche e ciò per salvaguardare questa sicurezza e per un sostegno ancora maggiore alla polizia». NORMAN GOBBI: «Nell’ambito della sicurezza non ci si può mai dire completamente soddisfatti. Come ripeto di frequente, la sicurezza è un “bene primario” che occorre garantire ogni giorno a tutti i cittadini. Per questo motivo non bisogna mai abbassare la guardia e continuare a impegnarsi per accrescere sia
la sicurezza oggettiva che quella percepita dalla popolazione. Certamente sono stati compiuti dei passi in avanti, ma la strada è lunga e ci sono ancora molti obiettivi importanti da raggiungere. Con il mio Dipartimento ho innanzitutto voluto rafforzare la Polizia cantonale, sia dal profilo del numero degli agenti che da quello degli strumenti a disposizione. Nel contempo, è stata attuata la regionalizzazione della Gendarmeria, che ha riportato gli agenti maggiormente sul terreno, cosa che ritengo fondamentale per accrescere la sicurezza nel nostro Cantone. Non da ultimo, è stata migliorata la collaborazione e il coordinamento con le Polizie comunali, così come con le Guardie di confine, necessari per intervenire in maniera efficace sul nostro territorio. Dopo che certi problemi inerenti la sicurezza hanno cominciato a colpire anche altri Cantoni, la Confederazione ha dovuto aprire gli occhi su un fenomeno che è reale e che può avere delle ripercussioni negative sulla Svizzera. Spero che a Berna si siano finalmente resi conto della portata del problema, specialmente per i Cantoni di frontiera come il Ticino che spesso sperimenta – e porta anche soluzioni - prima del resto del Paese fenomeni come quelli criminali».
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LUSSO / MODA PRIMAVERA 01
Colore ED ENERGIA
T LEGGEREZZA, FIORI E NUANCE FORTI: LA MODA SI PREPARA ALLA NUOVA STAGIONE. DI VALENTINO ODORICO
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rascorso il periodo invernale e il grigiore di questi mesi, ci abbraccia la voglia di calore e la moda, come noi, si prepara a questo risveglio. Tante sono le proposte per la nova stagione, tutte create con l’intento di regalare qualcosa di unico. Le tendenze raccontano una donna libera, leggera, che si veste di fiori, righe e colori accesi. Una femminilità che vuole godersi la sua energia, il suo lato romantico, frizzante: colori caldi, trasparenze e tagli comodi sono l’emblema di questo bisogno di allegria. Via libera al nude look che sottolinea una sensualità senza mai cadere nell’eccesso. Argento e oro sono protagonisti indiscussi delle passerelle: questa tendenza la ritroveremo anche nel prossimo inverno; ottimo quindi inve-
stire su qualche pezzo di questo colore. Anche gli accessori devono essere appariscenti: le borse maxi hanno tonalità allegre, gli zaini sono perfetti compagni d’avventura e le clutch sono arricchite da cristalli e punti luce. Per quel tocco casual, su un look elegante, le sneakers sono ideali: ottime se abbinate con una gonna ampia, con i pantaloni dal taglio sartoriale e su lunghi abiti. L’universo maschile è molto attento alla moda e si sofferma sulle novità del momento. Per l’ufficio l’abbigliamento diventa meno ingessato: tagli comodi, destrutturati e materiali innovativi, permettono di indossare completi dal sapore sporty, ideali anche nel tempo libero. Righe e geometrie sono un must presente su golfini, abiti e camicie: verticali allungano la figura, orizzontali la allargano.
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Interessante anche l’attenzione di molti brand per il fattore eco-sostenibile della produzione: molte maison puntano all’utilizzo di materiali rispettosi dell’ambiente, evitando coloranti tossici e sostanze nocive; l’idea quindi si sposta anche su collezioni che possono essere indossate per più stagioni: la classe non è data solo dal valore del capo, ma anche dal rispetto verso l’ambiente che è stato utilizzato nella sua creazione.
01 Sandro
06 Emporio Armani
02 Canali
07 NVK Daydoll
03 Zegna
08 Palm Angels
04 Giorgio Armani
09 Ermanno Scervino
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05 Daizy Shely
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LUSSO / FILARDO MILANO
UN DEBUTTO MOLTO APPREZZATO SUCCESSO DI PUBBLICO E CRITICA PER LA PRIMA CAPSULE COLLECTION FILARDO MILANO
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ilardo Milano ha debuttato nel settore moda con la capsule collection Autunno/Inverno 2018/2019 uomo e donna. C’è anche un tocco ticinese in questo progetto: la direzione creativa e lo sviluppo della maison avvengono proprio a Lugano. Grazie alle due linee di sviluppoil brand si posiziona in due segmenti specifici: luxury con la linea “Sartorial” e prêt-à-porter con la linea “Collection”, quest’ultima presentata in concomitanza alla settimana della moda di Milano presso lo showroom “Filippo Gabriele” in Montenapoleone 21. Filardo Milano si rivolge ad un pubblico giovane, amante dell’eleganza, dello stile casual ma rielaborato in chiave contemporanea e metropolitana. Una moda portabile, adattabile e perfetta in ogni situazione, proiettata in una dimensione glamour assolutamente irrinunciabile. Linee e tagli diventano come una seconda pelle, capi a volte aderenti, altre volte volutamente destrutturati, per una concezione di moda che non passa mai inosservata e metafora di un vero e proprio stile di vita. Colori, tessuti e modelli sono pensati per essere tutti abbinabili tra loro e ideali con ogni capo del guardaroba esistente del cliente finale. Il brand Filardo Milano nasce nel 2017 e la maison porta il cognome della nonna di uno dei fondatori. Il nome vuole anche giocare con un ipotetico nuovo termine che racchiude l’idea del filo e dell’azione del tessere; un gesto semplice, fotogrammi
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di ricordi dei vicoli di un paese del meridione, dove le donne e le sarte di un tempo cucivano con amore e tanta passione i vestiti della festa, delle cerimonie e anche quelli dei momenti tradizionali del piccolo borgo calabrese di Arena. Le texture e le geometrie ricordano i disegni della pavimentazione della piazza ed i vicoli del paese; le stampe riprendonoi tipici colori dei fiori dei giardini; il pizzo la femminilitĂ mediterranea; il velluto lâ&#x20AC;&#x2122;eleganza maschile. www.filardo-milano.com
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CHARME / ARIELLA DEL ROCINO 01
«LA FEMMINILITÀ PER ME È INNANZITUTTO AVERE UNA BUONA CULTURA DI SÉ, ESPORRE LA PROPRIA PERSONA CON SEMPLICITÀ, MA SOPRATTUTTO SAPERSI ASCOLTARE» (ARIELLA DEL ROCINO)
DI ARIANNA LIVIO
Eccentrica CON STILE Chi è Ariella Del Rocino non ha bisogno né di presentazioni né di consigli su come vestirsi. Osare, accostare colori decisi e brillanti le piace. Viola è stata la sua prima auto, viola e gialla è la sua sacca da golf, quando si allena sui campi tre volte alla settimana. In questa giornata di charme insieme abbiamo però deciso di lasciare da parte questi due colori, i suoi preferiti, per andare alla ricerca di altre tinte che le donassero, in armonia con i suoi colori naturali. Nello scegliere gli abiti Ariella va a colpo sicuro, sa cosa le sta bene, conosce il suo corpo e i suoi cambiamenti. “Sono sempre stata eccentrica e mi sono sempre molto divertita nell’accostare colori diversi molto decisi, sempre però monocolore, non amo troppo le fantasie. Lavorare nel mondo della moda, dei gioielli e delle pubbliche relazioni, a stretto contatto con stilisti e designer, mi ha ispirato e facilitato nella ricerca del mio stile personale e del mio modo di pormi. Amo ancora vestire con una certa originalità, anche se con il tempo mi sono un po’ moderata su alcuni capi, troppo fascianti o troppo audaci, che non trovo più opportuni per la donna che sono diventata oggi.” Ariella è una grande sportiva; sin da adolescente ha avuto il privilegio di venire a contatto con molti sport e ha imparato l’importanza della disciplina, ad avere cura del proprio corpo, saperlo ascoltare, nutrirlo con un’alimentazione sana e adatta al suo stile di vita. Lo sport per Ariella è vita, una sorgente inesauribile di energia dalla quale abbeverarsi per riequilibrarsi con sé stessa. Ha praticato molte discipline sportive, tra le quali 02
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CHARME / ARIELLA DEL ROCINO
il tennis e lo sci, fino al golf, iniziato per gioco all’età di 40 anni e che a tutt’oggi la impegna e la diverte, dopo un periodo agonistico, per tre volte alla settimana. «Rispetto ad altri sport che ho praticato, il golf è diverso, per questo mi affascina. Richiede riflessione prima dell’azione. Una partita dura minimo tre ore, è necessario estraniarsi completamente per tutta la durata della partita, riflettere, pensare, studiare la strategia. In un certo senso è come una sorta di meditazione, che mi ha aiutato moltissimo nel gestire le emozioni, ad acquisire più fiducia in me stessa, ad avere più fermezza, più controllo sulla mia emotività, più forza». Un benessere psicofisico che Ariella Del Rocino si sente di consigliare a tutte le donne, «lo sport permette di acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità e del proprio corpo, un’opportunità dalla quale attingere nuova vitalità, in un percorso che è anche crescita personale».
Lo staff di Filippo Mistretta ha curato il make-up di Ariella con un trucco leggero dall’effetto naturale. Effetto naturale anche per l’acconciatura, dove si è lavorato sui volumi per conferire un carattere deciso al look, sollevando le ciocche ai lati in modo leggero per la versione da sera. 01/03 Versione casual Pantalone Faberge & Roches, blusa Polo Ralph Lauren, giacca Giada Benincasa, collana Marina Danko, borsa in coccodrillo Parmeggiani, ciabatte a punta in pelle e velluto Alberta Ferretti. Maglioncino Alberta Ferretti 02 Abbigliamento prima dell'intervento “Charme” 04 Versione elegante Abito e scarpe Alberta Ferretti, orecchini Marina Danko, bracciali in cuoio Krack, borsa in neoprene Alila
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CHARME / ARIELLA DEL ROCINO
LA SUA DIETA DI CHIARA JASSON
Una vita piena, scandita dall’orologio e dalla necessità di riconciliare i suoi numerosi impegni, ha spinto Ariella a curare da sempre la sua alimentazione. Sin da giovanissima, ha capito l’importanza del prendersi cura di se e della propria salute, anche a tavola. Ariella ha sempre praticato attività fisica, avvicinandosi all’atletica in età scolastica, per poi passare al tennis ed approdare infine alla sua grande passione: il golf. Ariella non mangia carne, farine bianche e raffinate, sughi e salse di preparazione industriale né cibi fritti o molto conditi. Non beve latte, e consuma ogni giorno frutta e verdura fresca in abbondanza. Un’altra ottima abitudine che Ariella ha adottato da diverso tempo è quella di bere, nel corso della giornata, quasi due litri di acqua e tisane a base di frutta e zenzero, noto per le sue proprietà antinfiammatorie e digestive. Non beve caffè. Negli anni Ariella si è avvicinata, istintivamente, a quella che può essere considerata una dieta ottimale, basata sui seguenti principi: • prevalentemente vegetale (le verdure non mancano mai sulla sua tavola) • integrale (non mangia cibi raffinati) • ricca di fibre prebiotiche, fondamentali per l’equilibrio del microbioma intestinale
• povera di grassi saturi animali ma ricca in acidi grassi essenziali (presenti nella frutta secca oleaginosa, nel pesce selvatico e nelle uova di allevamento all’aperto) • equilibrata dal punto di vista glicemico e quindi a basso contenuto di dolci e zuccheri aggiunti • moderata dal punto di vista proteico (Ariella ha rinunciato alla carne ma consuma proteine di origine vegetale, pesce selvatico e uova biologiche) • stagionale e locale Ariella ama mangiare frutta fresca e di stagione a merenda. Per favorire l’equilibrio glicemico, e darle più energia, le consiglierei di abbinarla a 30g di frutta secca (come ad esempio noci, mandorle, semi misti). In alternativa, soprattutto dopo lo sport, potrebbe preparare un frullato fresco a base di frutta a basso impatto glicemico (frutti di bosco), proteine vegetali (del latte di mandorla, soia o altro latte vegetale non dolcificato, oppure 30g di proteine in polvere), grassi “buoni” (1/4 avocado o 1 cucchiaio di semi misti come lino, chia, zucca e girasole), due manciate di verdura a foglia verde (spinacini novelli, cavolo riccio, cavolo Toscano, buone fonti di calcio). Volendo, potrebbe anche aggiungervi un cucchiaino di alga spirulina (ricca di ferro, calcio e proteine) o polvere di maca (nota per le sue proprietà tonico-adattogene).
RICETTA Ariella ama in particolar modo il cavolfiore crudo. Ecco un modo diverso e sfizioso per prepararlo: “Couscous” di cavolfiore alle erbe aromatiche (4 persone) Ingredienti • 1 testa di cavolfiore • 1 mazzetto di menta • 1 mazzetto di prezzemolo • 1 cipollina rossa da insalata (tagliata a cubetti piccolissimi) • 1 pomodoro maturo tagliato a cubetti • 1 manciata di olive nere • 1 limone biologico • 4 cucchiai d’olio d’oliva • pepe macinato • 50g di formaggio Feta (facoltativo)
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Procedimento Lavare bene tutte le verdure. Tritare il cavolfiore in un robot da cucina fino ad ottenere dei granelli fini (consistenza tipo couscous). Tritare finemente la menta e il prezzemolo con l’aiuto di una mezzaluna, e poi tagliare anche il pomodoro e il cetriolo. Aggiungere le olive e la Feta sbriciolata e mischiare tutti gli ingredienti in un’insalatiera capiente, condire con il succo di un limone e 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. Aggiungere un pizzico di sale rosa e pepe a piacere. L’insalata sarà buonissima anche il giorno dopo!
Ringraziamo lo staff di Nassadonna, Mistretta Coiffure e Chiara Jasson del Centro Nutriterapia di Lugano per aver contribuito alla realizzazione di questa rubrica.
Un paradiso PER PILOTI
ALLA GUIDA DI UNA VETTURA POTENTE, ELEGANTE CAPACE DI DARE GRANDI SODDISFAZIONI ALLA GUIDA DI JOÃ&#x2039;L CAMATHIAS
AUTO / MERCEDES-AMG S 63 4MATIC+ CABRIOLET
È
proprio vero che ogni volta che provo un nuovo modello di casa Mercedes-Benz rimango sempre meravigliato della qualità e delle performance che la casa della stella riesce a garantire e a mantenere. Vi confesso anche che forse è la prima volta che mi è capitato di chiedere di avere a disposizione l’auto più del previsto, nel senso che normalmente l’auto mi viene concessa, in questo caso per gentile concessione dell’amico e direttore di Mercedes-Benz Automobili SA (succursale di Lugano-Pazzallo) Andrea Gianotti, che ringrazio, per una sola giornata; ma in questo caso l’ho riconsegnata il giorno successivo talmente mi sentivo a mio agio alla guida. Sto parlando della nuovissima, potentissima ed elegantissima Mercedes-AMG S 63 4MATIC+ Cabriolet. Il performante motore V8 biturbo
AMG da 4,0 litri è una vera libidine: ha una coppia ed una spinta impressionanti che sono supportarti egregiamente da un ottimo telaio e da sospensioni pneumatiche AIRMATIC che offrono un comfort straordinario. Pensate che il motore è strettamente imparentato con quello della supersportiva Mercedes-AMG GT R. Tra l’altro in questo modello noterete un + davanti a 4MATIC, significa che per questo modello AMG è presente un sistema che adatta più rapidamente la ripartizione della coppia in base alla “modalità” della guida. Il comfort percepito all’interno dell’abitacolo è un aspetto da non sottovalutare se si vuole viaggiare super comodi, infatti a differenza di una supercar la comodità di quest’auto è unica. Per esempio, il sedile del guidatore ha una funzione che personalmente trovo molto interessante, infatti in occasione di una sterzata il sedile
gonfiandosi è di supporto sul costato, quindi offre una maggiore sicurezza al guidatore. Inoltre anche la console e lo schermo all’interno del veicolo sono di immediato utilizzo e garantiscono una totale sicurezza al guidatore. Grazie anche alla musica del V8 biturbo di AMG, quando si viaggia con la cappotte abbassata si può godere di questo sound per veri intenditori. Spesso utilizzo una frase che è riportata sulle presentazioni ufficiali di Mercedes-Benz riferite ai modelli che provo, e mai, come in questo caso, è stata più azzeccata: “Il paradiso dei piloti”.
QUALCHE DATO TECNICO DELLA MERCEDES-AMG S 63 4MATIC+ CABRIOLET Motore V8 Cilindrata cc. 3982 Alimentazione benzina Potenza max. 612 cv (450 kW) a 6.000 giri Coppia max. 900 Nm a 2.750 giri
Velocità max. 250 km/h (autolimitata) Accelerazione 0-100 km/h: 3.5 sec. Capacità serbatoio 80 litri Peso totale 2.080 kg Trazione integrale
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POTENZA, LUSSO, ESPERIENZA DI GUIDA E CARATTERE SPORTIVO SIN DALLA SUA INTRODUZIONE, IL BENTLEY BENTAYGA HA DEFINITO UN NUOVO SETTORE E STABILITO LO STANDARD DI RIFERIMENTO PER I SUV DI LUSSO, OFFRENDO AL CLIENTE LA PIÙ RECENTE ESPERIENZA NEL GRANTURISMO SENZA LIMITAZIONI DI PAESAGGIO O CONDIZIONI. IL MODELLO PLURIPREMIATO DELLA BENTLEY È DISPONIBILE ORA NELLA VERSIONE FINORA PIÙ SPORTIVA, IL BENTAYGA V8.
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AUTO / BENTLEY BENTAYGA V8
Prestazioni estreme, efficienza straordinaria Al cuore del nuovo Bentayga V8 si trova un nuovissimo motore V8 da 4 litri e 32 valvole con turbocompressori twin-scroll localizzati all’interno della “V” del motore. L’unità dinamica sviluppa 550 CV 770 Nm di coppia, risultante in una velocità massima di 290 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 4,5 secondi. Le prestazioni uniche nel suo genere del Bentayga V8 sono accompagnate da un’autonomia di 746 km, con emissioni di CO2 pari a 260 g/Km. La raffinata efficienza (11,4 l/100 km) è possibile in parte grazie alla capacità del motore di disattivare quattro dei suoi otto cilindri in condizioni adatte, senza compromettere la guidabilità. Il cambio ottimale avviene in solo 20 millisecondi e ciò lo rende impercettibile. Inoltre, l’aggiunta della tecnologia Stop-Start, che si può attivare a velocità vicine all’arresto, contribuisce a scalare la quantità di emissioni. Design esterno incredibile e individuale La foggia è definita dalle linee robuste e scolpite del Bentayga, che ne bilanciano lo spirito atletico con un’inconfondibile look su strada. Il Bentayga V8 trasuda il DNA Bentley, dai quattro fa-
ri tondi corredati da luci a LED, per arrivare all’ampia griglia a nido d’ape, mentre l’esplicita linea di cintura, le ampie fiancate posteriori e l’assetto rialzato riflettono le robuste prestazioni da fuoristrada del SUV di lusso. Per la prima volta, i freni opzionali in carboceramica sono offerti nel Bentayga. L’impianto frenante è il più rande e potente sistema a disco mai montato su una Bentley e il più grande impianto frenante anteriore disponibile su qualsiasi auto di serie. Inoltre, nel
Bentayga V8 sono state introdotte le pinze dei freni sportive rosse per gli impianti frenanti in metallo standard anteriore e posteriore. Le pinze sono verniciate con una tintura Tornado speciale rossa resistente alle alte temperature, che denotano in maniera decisiva l’idea di dinamicità di questo Bentayga V8 orientato alle prestazioni. Un’inconfondibile griglia nera e cromata nella parte anteriore è completata dai terminali di scarico “twinquad” di Bentley nella parte posterio-
QUALCHE DATO TECNICO DELLA BENTLEY BENTAYGA V8 Motore V8 biturbo 32 valvole da 4.0 litri Potenza max. 550 cv (404 kW) a 6.000 giri Coppia max. 770 Nm a 1.960 / 4.500 giri Trazione Integrale, cambio automatico ZF a 8 rapporti Freni anteriori Dischi ventilati in metallo da 400 mm Freni posteriori Dischi ventilati in metallo da 380 mm Cerchi Standard 21", opzionali 20" e 22" Interasse 2995 mm 5140 mm Lunghezza totale Larghezza (carrozzeria) 1.998 mm
Larghezza (specchietti inclusi) 2224 mm Altezza totale 1.742 mm Capacità serbatoio 85 litri Volume bagagliaio 484 l (sedili rialzati), 1.774 l (sedili ripiegati) Velocità max. 290 km/h Consumo carburante (urbano) 15,6 l/100 km Consumo carburante (extraurbano) 9,0 l/100 km Consumo carburante (misto) 11,4 l/100 km 260 gr/km Emissioni CO2 Normative emissioni EU 6
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AUTO / BENTLEY BENTAYGA V8
re, ed entrambi richiamano con eleganza la nuova specifica del motore. Interni di lusso realizzati a mano Con il Bentayga V8 continua la tradizione Bentley nella meticolosa attenzione ai dettagli e nella precisione perfetta della realizzazione a mano mediante l’utilizzo di materiali autentici. I clienti possono specificare la richiesta di cuciture a mano incrociate, che mettono in risalto le linee stilistiche dei sedili e dei pannelli delle portiere e, come estrema adattabilità è possibile scegliere la configurazione del Bentayga a quattro, cinque o sette posti. Nel Bentayga V8 vengono offerte tre nuove innovative opzioni per gli interni: una finitura lucida in fibra di carbonio che sostituisce e superfici in radica tradizionali; un volante in radica pelle; e una nuova e ricca pelle in colore rosso, Cricket Ball. Per la prima volta, in una Bentley viene offerta ai clienti che ricercano un tocco di modernità e tecnicità una finitura lucida in fibra di carbonio. Il volante a tre razze rivestito in radica e pelle (disponibile in sette diverse finiture di radica) utilizza in maniera unica una solida base in legno e allo stesso tempo, mantiene l’integrità e autenticità delle caratteristiche degli interni offerte da Bentley. Prestazioni fluide e dinamiche su ogni terreno Il Bentayga V8 è disponibile con la tecnologia Bentley Dynamic Ride, il primo sistema elettronico al mondo di controllo attivo del rollio da 48V. Questo sistema controbilancia le forze laterali che generano il rollio in curva e garantisce la massima aderenza degli pneumatici, offrendo un abitacolo con stabilità ai vertici della categoria, comfort di guida ed eccezionale maneggevolezza. Il sistema adattativo e reattivo di Bentley produce una resistenza torsionale variabile che rende il Bentayga dinamicamente performante, senza pregiudicare il comfort degli occupanti. Il rivoluzionario utilizzo di un sistema a 48V garantisce una risposta
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immediata e silenziosa per affrontare qualsiasi tipo di superficie stradale. Il Bentayga garantisce comfort di guida, sensibilità dello sterzo e maneggevolezza ai vertici della categoria, grazie a un telaio estremamente sofisticato e al controllo elettronico della stabilità (ESC). Oltre all’evoluto sistema di controllo trazione a più modalità (TCS), il Bentayga è inoltre dotato di controllo della velocità in discesa (HDC). Inoltre, il Bentayga offre la più ampia gamma di impostazioni di guida su strada e in fuoristrada al mondo, grazie al Drive Dynamics Mode di Bentley e alle specifiche opzionali All-Terrain. Sono disponibili fino a otto modalità (quattro in strada e quattro fuoristrada), che consentono ai conducenti di selezionare la configurazione dinamica più adatta alla superficie o condizione stradale, semplicemente ruotando un selettore. Funzioni innovative e tecnologie all’avanguardia Una serie di innovativi sistemi di assistenza alla guida e funzionalità infotainment, progettati appositamente per migliorare sicurezza, comfort e comodità rendono il Bentayga un SUV di lusso innovativo, all’avanguardia e connesso. Il regolatore di velocità adattivo, che consente al conducente di mantenere una distanza predefinita dalla vettura che lo precede, include funzionalità Stop & Go, regolatore di velocità predittivo e sistema di assistenza al traffi-
co. Il sistema ACC predittivo utilizza i dati forniti dal navigatore, i sensori e le telecamere al fine di prevedere curve, perimetri urbani e limiti di velocità, variando di conseguenza la velocità della vettura per un comfort superiore e minori consumi di carburante. Numerosi sono gli ausili alla guida che il Bentayga V8 offre per la percorrenza su ciclo urbano. Tra questi figurano il sistema di rilevamento della segnaletica stradale, che rileva i segnali stradali e mostra al conducente le relative informazioni. L’avviso di attraversamento posteriore si avvale di tecnologia radar per rilevare attraversamenti all’uscita in retromarcia da un parcheggio. Infine il sistema Top View consente di visualizzare, grazie a quattro telecamere, un’immagine complessiva dei dintorni della vettura. L’utilizzo integrato di questi sistemi contribuisce ad ottimizzare l’esperienza di guida al volante del Bentayga. Inoltre, è disponibile il sistema Park Assist, che individua spazi paralleli o perpendicolari adeguati e muove automaticamente lo sterzo per facilitare le manovre di parcheggio. Altri sistemi innovativi comprendono il Night Vision, che si avvale della tecnologia a infrarossi per identificare potenziali ostacoli davanti alla vettura, e il display HUD, che riduce al minimo le distrazioni per il conducente aumentando la sicurezza di guida.
www.heshootshescoores.com 7
LA MERCEDES-AMG GLC 63 HA NEL SANGUE LA VOCAZIONE ALL’UNICITÀ: NESSUN ALTRO SUV DI FASCIA MEDIA PUÒ ARRIVARE AD OFFRIRE UN MOTORE A OTTO CILINDRI. OLTREMODO FIRMATO DALLA PRESTIGIOSA DIVISIONE SPORTIVA DELLA CASA. DI BENJIAMIN ALBERTALLI
UN “OTTO” che fa sognare
AUTO / MERCEDES-AMG GLC 63
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n casa Mercedes è custodito un gioiello prezioso e versatile: il più recente motore V8 di 4 litri. Pregiato per le prestazioni e per la prestigiosa firma AMG, divisione sportiva della casa di Stoccarda che assembla a mano ogni esemplare dei suoi propulsori. Eclettico poiché, per essere un otto cilindri, presenta una costruzione particolarmente compatta che apre numerose possibilità di applicazione, potendo essere adattato a gran parte dei modelli prodotti da Mercedes-Benz. Dopo il debutto sulla sportiva AMG GT, il V8 “dei sogni” ha così trovato posto nei vani motori di Classe C, Classe E e Classe S, oltre che sulla intramontabile fuoristrada “G”. Ora è giunto il momento di vederlo all’opera, per la prima volta, su un SUV compatto: il tocco che fa della GLC 63 l’unica rappresentante della sua categoria dotata di un’unità a otto cilindri. Entrambe le varianti di carrozzeria (c’è anche la GLC Coupé) impiegano questo prestigioso V8, che
nella versione S arriva a garantire “numeri” tecnici di assoluto prestigio: 510 cv e ben 700 Nm di coppia. La sua sonorità coinvolge profondamente: rauca e possente, capace di amplificare la suggestione del SUV “cattivo” dalla carrozzeria compatta e relativamente poco appariscente. Sotto l’acceleratore si respira poi pura sostanza; da fermo ai 100 chilometri all’ora servono appena 3,8 secondi (versione S), la velocità massima autolimitata a 250 km orari è raggiunta quasi in un battere di ciglia. Stupiscono omogeneità, progressione e rapidità di risposta tanto del motore che della trasmissione automatica a nove rapporti, con un comfort di pari intensità anche grazie alla presenza delle sospensioni pneumatiche. La GLC 63, naturalmente, garantisce poi l’eccellenza sotto forma di auto sportiva, con grande aderenza e cambi di direzione rapidi e precisi per sfruttare a dovere il possente “cuore” V8. Nelle stesse curve strette, tecnicamente più impegnative per via del baricentro alto, l’assetto limita pressoché interamente i movimenti di rollio, mentre la trazione integrale 4Matic+ privilegia la spinta sulle ruote
posteriori in modo da conferire sensazioni di pilotaggio vicine a quelle sperimentabili, ad esempio, al voltante di una Classe C in allestimento sportivo e trazione solo posteriore. Un altro aspetto che contribuisce al valore dinamico della GLC AMG. L’abitacolo sottolinea il giusto tono di sportività attraverso sedili anteriori sportivi, rivestimenti misti in pelle ecologica e microfibra e la consueta meticolosità di allestimento, con materiali e cura per il dettaglio di primo livello. SUV incredibilmente… “atletica”, dalla guida unica e graffiante, la GLC firmata AMG accompagna con pari autorevolezza l’impiego quotidiano; con la comodità della trazione integrale e dell’altezza da terra sufficiente per affrontare anche gli inverni più innevati.
Loris Faraon – AMG Sales Expert e Stefano Winteler
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG GLC 63 4MATIC Motore V8 Biturbo 3’982 Cilindrata cm3 Carburante Benzina Potenza max. 476 cv (350 kW) a 5’500 giri/min. Potenza max. (versione S) 510 cv (375 kW) a 5’500 giri/min. Coppia max. 650 Nm a 1’750-4’500 giri/min.
Coppia max. (versione S) 700 Nm a 1’750-4’500 giri/min. Velocità max. 250 km/h (autolimitata) Accelerazione 0-100 km/h 4,0 secondi (3,8 sec. – versione S) Capacità serbatoio 66 litri Peso totale 1'925 kg Trazione Integrale
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
RESIDENZE DI LUSSO, ma riservate e discrete UELI SCHNORF E PHILIPP PETER, TITOLARI DI WETAG CONSULTING DELINEANO LE PRINCIPALI TENDENZE DEL MERCATO MONDIALE DEGLI IMMOBILI DI LUSSO E SI SOFFERMANO CON PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA SITUAZIONE DEL TICINO. 01
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enendo conto della vostra esperienza internazionale e dell’appartenenza ai più prestigiosi network Real Estate, quali sono a vostro giudizio i principali elementi che caratterizzeranno il mercato degli immobili di lusso nei prossimi anni? «Partiamo da una necessaria premessa. Il mercato è determinato da due elementi: gli attori, cioè i venditori e gli acquiranti, e quella che potrebbe essere detta la merce, cioè gli immobili di lusso. Ebbene, il numero degli acquirenti è destinato a crescere non fosse per il fatto che in nuovi e immensi Paesi sta crescendo il numero dei possessori di ricchezza. Le
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statistiche attuali dicono che a livello mondiale nel 2018 il 14% dei ricchi (HNWI) ha intenzione di comprare proprietà, mentre il 12% ha intenzione di vendere. Entro il 2021 questa relazione dovrebbe accentuarsi, ovvero il 25% avrà desiderio di comprare mentre il 17% di vendere: il mercato del lusso nei prossimi anni registrerà quindi una scarsità di oggetti. I venditori decideranno sui prezzi, si parla di un "seller's market". Ciò significa pure che nel mercato degli immobili di lusso le compravendite si faranno sempre più difficili e richiederanno sempre maggiore professionalità e competenza da parte di chi intende operare con successo nel settore».
ta, manterrà questo trend positivo, anche grazie all'influenza asiatica. Per la Gran Bretagna e per Londra in particolare si prevede un andamento più altalenante, a causa della Brexit e della legislazione inglese. L’Italia (Sardegna per il mare, Toscana per le tenute agricole) continuerà ad essere una destinazione privilegiata, così come la Spagna per quanto riguarda Marbella. Per l'Italia in particolare si prevede un miglioramente del mercato. In calo invece il gradimento dei Paesi caraibici, anche a causa delle frequenti calamità naturali, con l’eccezione tuttavia di St. Barth che continua ad essere una località da sogno molto attrattiva».
In particolare, quale prevedete possa essere lo sviluppo dei principali mercati-chiave? «Per il mercato del lusso bisognerebbe fare un’analisi differenziata Paese per Paese. In termini molto generali si può dire che Stati Uniti e Canada continueranno a crescere dimostrando un costante dinamismo, non solo grazie ai capitali provenienti dall’Estremo Oriente. L’Australia, che negli ultimi anni ha registrato una notevole cresci-
E per quando riguarda il mercato specifico ticinese, quali previsioni si possono fare? «Il mercato degli immobili di lusso mantiene in Ticino inalterate tutte le sue potenzialità di crescita, anche perchè resta comunque un mercato caratterizzato da numeri necessariamente modesti. La grande variabile è data tuttavia dalle scelte della politica e dalla capacità di riconoscere che il mercato del lusso ha per tutta la Svizzera e dunque anche per il Ticino una grande importanza. E a questa consapevolezza dovrebbero di conseguenza seguire quelle azioni di supporto che ancora mancano. Per esempio, in Ticino andrebbe favorita l’apertura di scuole multilingue che sono un’esigenza molto sentita dalla clientela internazionale. Oppure la presenza di un aeroporto la cui operatività deve essere senz’altro mantenuta. Un fattore positivo è invece
ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
01 Cureggia, Lago di Lugano Ref. 88324 Villa di lusso con molta privacy e piscina 02 Ranzo, Lago Maggiore Ref. 88395 Proprietà storica - "Castelletto al Lago"
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il miglioramento dei trasporti, sia per quanto riguarda il sistema ferroviario che i collegamenti stradali, i cui benefici si vedranno già nei prossimi anni». Quali sono le principali richieste che provengono dagli acquirenti internazionali di alta fascia che guardano al Ticino? «Un tempo erano molto ricercate le ville e le residenze d’epoca, di cui restano magnifiche testimonianze lungo le sponde dei laghi insubrici. Oggi invece il gradimento si orienta soprattutto verso unità immobiliari di recente costruzione, moderne, funzionali e dotate di tutti i necessari comfort anche tecnologici. Di conseguenza, le residenze costruite negli anni ‘50-'90 fanno più fatica ad essere collocate sul mercato. In questo senso, si è assistito ad una profonda trasformazione delle richieste avanzate da una clientela proveniente per 2/3 circa dall’estero e per il resto soprattutto dalla Svizzera interna. Altri elementi che orientano in modo importante la scelta di una residenza riguardano poi la posizione, l’accessibilità, la dotazione di servizi». Il concetto di status muta a seconda della regione di riferimento: quali sono le caratteristiche degli acquirenti che guardano al Ticino? «Questa è una situazione molto interessante da analizzare. Se noi guardiamo a potenziali acquirenti provenienti dall’Asia o del Medio Oriente, notiamo che le richieste sono per l’80% circa ancora indirizzate a residenze che possano trasmettere monumentalità e
opulenza, a testimonianza di una ricchezza di recente acquisita. La percentuale scende al 50% circa per quanto riguarda gli acquirenti nordamericani. Se andiamo a vedere la situazione in Europa, solo il 36% dei acquirenti considerano status-symbol una proprietà opulenta; in Svizzera e in Ticino la percentuale è ancora più bassa: l’80% degli acquirenti ricerca soprattutto la discrezione, la riservatezza, la qualità assoluta non ostentata ma protetta e al riparo da occhi indiscreti». Un elemento a cui viene attribuita una particolare importanza è dunque quello della sicurezza e della privacy. Come rispondono a questa esigenza la Svizzera e il Ticino? «Chi viene in Ticino sceglie di usufruire di quelli che sono i tradizionali vantaggi offerti da questa regione, a cominciare dalla stabilità politica ed economico-finanziaria svizzera. Il gradevole clima mediterraneo, la natura verde e rigogliosa, i laghi di Lugano e Maggiore insieme alle montagne circostanti, hanno reso quest’area, da decenni, una destinazione particolarmente attrattiva. Inoltre, rivestono una grandissima importanza il basso livello di criminalità, un diffuso senso di sicurezza, l’eccellente sistema sanitario, le strutture e i servizi pubblici di alto livello. Vale a dire che in Svizzera intera la quota dei furti con scasso si è dimezzata dal 2009 al 2017 e il Ticino è tra i Cantoni con la quota più bassa. In altre parole, il Ticino continua ad essere un posto ideale in cui vivere».
03 Muzzano, Lago di Lugano Ref. 88498 Icona architettonica con grande eleganza 04 Morcote, Lago di Lugano Ref. 88519 Classico gioiello mediterraneo con imperdibile vista lago
Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
Riva Antonio Caccia 3, CH-6900 Lugano Via della Pace 1 a, CH-6601 Locarno Via Beato Berno 10, CH-6612 Ascona www.wetag.ch www.journal.wetag.ch info@wetag.ch +41 (0) 91 751 31 06 04
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ARCHITETTURA / MG LARIS IMMOBILIARE
APPARTAMENTI E ARREDI DI CLASSE AD UN PREZZO SPECIALE
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on oltre un terzo degli appartamenti venduti, la Residenza Parco Casarico a Sorengo, in fase di costruzione, dopo aver risposto e soddisfatto alcune esigenze particolari degli acquirenti in materia di arredo, offre a tutti i clienti un servizio ulteriore.
uali sono i punti di forza di questa nuovo modo di acquistare un appartamento? «La caratteristica principale è essenzialmente l’inserimento degli Interior Pack, che rappresentano soluzioni studiate ad Hoc per le singole tipologie abitative, coordinate con tutte le maestranze coinvolte, in più varianti per i vari possibili acquirenti, a prezzi di acquisto dedicati davvero vantaggiosi. Il sogno di acquistare una propria casa accresce oggi con la possibilità di averla, totalmente o parzialmente già arredata, in base alle proprie preferenze e gusti». Si può dunque parlare di una sorta di soluzione contract rivolta al cliente finale? «Assolutamente si. Con questa soluzione mettiamo il cliente di Parco Casarico nella condizione di scegliere il proprio arredamento, all’interno di una vasta paletta di opzioni e al tempo stesso lo solleviamo dalla preoccupazione di dover fare delle scelte affidandosi ad un architetto esterno o decidendo di rendere abitabile l’appartamento solo in base alle sue forze. Anche dal punto di vista impiantistico, per esempio, garantiamo la soluzione di tutte le possibili problematiche affinchè il cliente
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debba soltanto entrare in casa ed accendere l’interruttore della luce». Altro elemento da considerare è dato dalla qualità degli arredamenti proposti… «ArredoPiù International, attraverso il suo brand Smart House Concept, si fa garante della qualità tecnologica ed estetica di tutte le aziende fornitrici utilizzate, che sono tra i primari marchi nel campo di arredi per cucine, bagni, living ecc. Gli appartamenti proposti si segnalano subito per l’attenta scelta dei materiali, il gusto nei colori, il design moderno perfettamente in linea con le tendenze dell’abitare contemporaneo». Se volessi acquistare un arredamento dove è possibile vederlo realizzato? «Abbiamo allestito due arredamenti campione, uno nel centro di Lugano e l’altro direttamente presso la Residenza Parco Casarico. Quello in centro città, denominato Store, sarà inaugurato il 19 aprile, con un apposito evento di presentazione. In ambedue i luoghi sarà possibile toccare con mano e percepire direttamente la funzionalità dei materiali degli appartamenti e degli arredi, frutto di una meditata selezione attenta alla qualità e al design».
GIOVANNI MASTRODDI DI MG IMMOBILIARE E ANTONIO RADIN, DI SMART HOUSE CONCEPT, PRESENTANO UN NUOVO SERVIZIO OFFERTO NELLA RESIDENZA CASARICO A SORENGO, PROMOSSA IN VENDITA DA MG LARIS JOINT VENTURE IMMOBILIARE: LA GRANDE OPPORTUNITÀ DI ACQUISTARE, INSIEME CON LA CASA, UN ARREDAMENTO COMPLETO, STUDIATO DA ARCHITETTI E PRODOTTO DA PRIMARIE AZIENDE ITALIANE DEL SETTORE, AD UN PREZZO SICURAMENTE COMPETITIVO. La promozione immobiliare Parco Casarico si conferma dunque con le caratteristiche idonee a soddisfare tutte le esigenze di un cliente… «Ricordiamo innanzitutto il sito sul quale questo progetto si colloca. Si tratta di una superficie complessiva di circa 20.000 mq a Cortivallo, in un contesto paesaggistico di grande pregio che è stato minuziosamente preso in esame e rispettato al fine di realizzare un progetto che non ha finalità puramente speculative, scegliendo volutamente di non usufruire nella totalità degli indici di sfruttamento previsti. A ciò si aggiunga il fatto che la grande area verde che circonda gli immobili è destinata
esclusivamente a parco condominiale, mentre gli appartamenti posti al piano terreno possono disporre di giardino privato». E per quanto riguarda le diverse tipologie di appartamenti? «La tipologia risulterà essere estremamente variabile in funzione delle diverse esigenze abitative. Si va da 2,5 sino a 4,5 locali ma sono previste anche personalizzazioni più ampie, 5, 6 o 7 locali». Una cura particolare è stata posta nella scelta dei materiali… «È questo senz’altro un altro punto di forza dell’intera proposta immobiliare, in rapporto soprattutto ai prezzi in base ai quali gli appartamenti sono posti in vendita. I materiali impiegati sono tutti di ottima qualità, affinché colori e strutture risultino perfettamente compatibili tra di loro, conferendo all’intero complesso un’unitarietà di linguaggio architettonico». Anche l’aspetto del risparmio energico è stato preso nella dovuta considerazione… «Infatti. Tutti il progetto è stato studiato e approfondito nel rispetto dei costi di gestione e della natura. Il rivestimento esterno è ben isolato e presenta delle facciate e vetrate ben esposte all’irra-
diamento solare. I serramenti prevedono vetri tripli ad elevate prestazioni con schermature esterne mobili che garantiscono riservatezza e comfort agli ambienti. Per ciascun condominio sono previsti impianti indipendenti, con ricorso al fotovoltaico per la produzione parziale dell’energia e centrale termica al piano interrato oltre al raffrescamento per tutti gli appartamenti, alimentato con impianto geotermico».
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La generosità al femminile. ORIGINI E LINEE EVOLUTIVE menti. Un altro esempio è Argentaria Polla, vedova del poeta Lucano, che aiutò numerosi scrittori e poeti, come Stazio e Marziale. Quest’ultimo la menziona nei suoi Epigrammi (Libro X, 64), con l’appellativo di “regina” in segno di stima e rispetto verso la sua mecenate. In passato innumerevoli donne hanno avuto un ruolo attivo nella promozione di artisti e professionisti, nonostante le loro possibilità e la percezione che l’opinione pubblica aveva dei loro progetti fossero inferiori a quanto lo siano oggi».
Da sinistra: la mecenate Dr. Mirjam Staub-Bisang e la Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach Ph: André Springer
CONSULENTE IN SPONSORIZZAZIONI E FONDAZIONI E DOCENTE UNIVERSITARIA, DA ANNI ELISA BORTOLUZZI DUBACH SI INTERESSA DI FILANTROPIA FEMMINILE, TEMA DI CRESCENTE INTERESSE, CONDUCENDO PER PRIMA UNA RICERCA INNOVATIVA SUL TERRITORIO MITTLEEUROPEO CHE INCLUDE GERMANIA, SVIZZERA, AUSTRIA E ITALIA. AUTRICE, CON HANSRUDOLF FREY, DEL VOLUME MÄZENINNEN. DENKEN-HANDELN-BEWEGEN (HAUPT VERLAG, 2016), CI DESCRIVE LE ORIGINI, LA FOTOGRAFIA DI OGGI E GLI IMMAGINARI FUTURI DI UN FENOMENO IN GRANDE ESPANSIONE.
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l concetto di mecenatismo risale a un personaggio maschile, Gaio Cilnio Mecenate, ricco promotore delle arti e consigliere dell’imperatore Augusto. Anche il mecenatismo femminile può essere riconducibile alle stesse origini? «Certamente. Durante l’Impero romano le donne godettero per la prima volta di un certo margine di azione e di diritti che erano stati loro negati per secoli. Sorprendentemente, questo è un dato poco noto. All’epoca di Mecenate, ad esempio, fu Ottavia, sorella dell’imperatore Augusto, a sostenere l’architetto Vitruvio tanto da permettergli di scrivere il celebre De architectura. La stessa Ottavia fondò una biblioteca con importanti testi greci e romani che ottenne grandi riconosci-
A partire da questa eredità, come possiamo definire oggi la filantropia femminile? «Oggi la filantropia femminile comporta la costruzione di relazioni di fiducia e scambio con persone e organizzazioni della società civile, mediante il sostegno economico, la messa a disposizione di know-how e di reti di contatti, per la cura, la generatività e il supporto a una crescita equa e sostenibile. Alcune parole-chiave come la costruzione di relazioni durature, la cura e la generatività, infatti, contraddistinguono da sempre l’universo femminile». In passato quali sono stati i fattori che hanno influenzato il coinvolgimento delle donne nelle attività filantropiche? Quali motivi le hanno spinte al mecenatismo? «A lungo il comportamento altruista femminile è stato dettato da un mix di convinzioni religiose e spinte etiche: dalla pratica dell’amore per il prossimo come via per la redenzione individuale, fino al coinvolgimento personale nei confronti di poveri e bisognosi. In passato l’attività filantropica fem-
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minile era dominio di donne che appartenevano al ceto nobiliare o molto facoltoso e sentivano il desiderio di impegnarsi in favore dei più deboli e di promuovere la cultura costruendo la propria immagine su due pilastri: quanto possedevano e quanto donavano. La filantropia, quindi, costituiva un mezzo di auto-affermazione, non di emancipazione. Seguendo l’etichetta, le ragazze di buona famiglia dovevano impegnarsi in progetti filantropici, e una volta sposate, queste donne avevano il dovere sociale di mantenersi attive occupandosi principalmente dei dintorni della loro abitazione. Le attività filantropiche divenivano così un argomento di vanto nei salotti. Durante Rinascimento le arti rifiorirono e con esse si diffuse anche una filantropia tutta al femminile colta e illuminata. L’educazione e i doveri propri della classe sociale di appartenenza, come pure l’aspirazione al prestigio e all’apprezzamento individuale motivarono fortemente il mecenatismo, insieme alla possibilità di agire in modo creativo al di fuori delle mura domestiche. Nell’alta borghesia dell’Ottocento vi furono importanti donne mecenate e filantrope che dai loro salotti diedero impulso al pensiero moderno. Dopo la grande guerra queste donne, attraverso la loro attività filantropica, favorirono i grandi cambiamenti sociali e i graduali processi di emancipazione che ne conseguirono». Quali origini ha la filantropia in Svizzera? «Anche in Svizzera la filantropia femminile ha origini antichissime: “Anna Seiler, nel 1354, per via testamentaria lasciò interamente la sua eredità a una fondazione finalizzata alla nascita del policlinico universitario Berner Inselspital. Il dato particolarmente interessante è che la benefattrice descrisse nei minimi dettagli che cosa i politici potessero fare o meno con il suo patrimonio, e lo fece servendosi di un linguaggio assertivo e molto diretto, così
che il suo testamento rappresenta ancora oggi un valido modello da seguire, benché l’istituzione della fondazione risalga ormai a oltre 650 anni fa” (cfr. Corriere del Ticino 8.6.2018). Questo non è un caso isolato. In Svizzera sono numerosi gli esempi interessanti e degni di dota che ereditiamo dal passato. A Basilea, le tre sorelle Anna Elisabeth Burckhardt Vischer, Charlotte His-Vischer e Juliana Birmann-Vischer (https://alumni.medizin.unibas.ch/index.php/geschichte/ jahrhundert-der-ordinariate/ kinderchirurgie?id=121) istituirono la Fondazione Kinderspital, l’ospedale per l’infanzia, e dopo la loro morte, lasciarono alla fondazione tutti i loro beni. Inaugurata nel 1862, è stata la prima clinica pediatrica della Svizzera e per molti decenni è rimasta il punto di riferimento, anche architettonico, per gli ospedali pediatrici. Se pensiamo alla filantropia femminile dei primi anni dell’Ottocento non possiamo dimenticare le sorelle Jeanne Françoise e Henriette Rath a Ginevra e il loro Museo Rath, un edificio in stile neoclassico inaugurato nel 1826 su Place Neuve: si tratta di uno dei primi edifici in Europa ad essere stato concepito per accogliere un museo nel quale esporre le ricche collezioni di dipinti di proprietà della città di Ginevra o alla donazione fatta nel 1890 da Lydia Welti-Escher, che lasciò alla Confederazione Svizzera il suo intero patrimonio, poi trasformato nella Fondazione Gottfried Keller». Il nuovo ruolo della donna, la cui posizione è stata rafforzata da una migliore istruzione, dall’accesso agli studi universitari e a lavori qualificati, uniti a una crescente indipendenza economica, ha avuto effetti concreti sulle attività filantropiche? «Oggi la maggior parte delle donne filantrope opera con spirito imprenditoriale, utilizzando le esperienze e il know-how acquisito nella propria vita
professionale. Per la prima volta nella storia della filantropia femminile, abbiamo a che fare anche con donne che hanno creato da sole le basi del proprio benessere economico o hanno incrementato considerevolmente le loro finanze. Carolina Müller-Möhl e Mirjam Staub-Bisang, ad esempio, sono due dinamiche imprenditrici e benefattrici di Zurigo che hanno messo a punto metodi di successo, mentre Kathryn List intende sfruttare la sua esperienza americana di direttrice teatrale all’interno della AVL Cultural Foundation. Ci sono poi alcune donne mecenate che guidano l’innovazione su temi e problemi che la società affronta solo marginalmente. Un esempio in tal senso è la collezionista d’arte Ingvild Goetz, con il suo instancabile lavoro a favore dei richiedenti asilo. Lo stesso vale per Hilde Schwab che con il premio Social Entrepreneur of the Year, per l’imprenditore sociale dell’anno, ha creato una tendenza ricca di promesse. Sempre più spesso osserviamo anche un nuovo approccio alla comunicazione. Penso ad esempio a Denise Benedick con il suo Leopard Club (creato con il marito Rolando) che sostiene il Festival del Film di Locarno, o a Marlies Kornfeld e alla sua ambiziosa iniziativa a favore dei bambini tibetani in Nepal: entrambe riescono a coinvolgere sempre nuovi sostenitori nei loro progetti. In tal senso le nuove filantrope hanno compreso quale sia la reale missione della comunicazione: non solo informare la società civile, ma essere portatrici di valori e fonte di ispirazione per le future generazioni di donne mecenate». Che cosa spinge oggi le donne a impegnarsi in attività filantropiche? «La tradizione familiare resta una fonte motivazionale molto importante. Alcune filantrope provengono da famiglie impegnate nel mecenatismo da decenni, come Ise Bosch e Janine Aebi-Müller. Anche l’esperienza personale gioca un ruolo importante: gli eventi traumaTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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tici, come ad esempio la perdita di una persona cara, possono divenire dei potenti fattori detonanti. Elena Mantegazza, a partire da una propria situazione individuale, ha dato vita a un progetto unico, l’Associazione Elisa, a favore dell’oncologia infantile. Spesso l’ispirazione viene dalla biografia di un’altra donna, come la figura della nonna per la scrittrice Susanna Tamaro o al modello di Peggy Guggenheim per Inge Rodenstock. La forza della fede e l’impegno etico restano sempre trainanti nella filantropia più efficace, come per Marie del Liechtenstein o Renata Babini Cattaneo Premoli, il cui ospedale in Congo è un brillante esempio di cooperazione per lo sviluppo sostenibile».
Nel suo libro Mäzeninnen. Denken-Handeln-Bewegen ci presenta venti ritratti di benefattrici contemporanee, che si impegnano all’interno della società nei modi più differenti. Queste donne mecenate possono essere ritenute rappresentative? Inoltre: esiste un comune “denominatore femminile”? «Le venti donne ritratte nel libro sono rappresentative della molteplicità di motivazioni e interessi che spingono all’attività mecenatistica. “La mecenate” in senso assoluto non esiste; esistono, piuttosto, molteplici declinazioni di questo concetto e delle sue applicazioni pratiche. Queste donne hanno dimo-
LGT vince tre Swiss Sponsorship Awards Per la sesta volta sono stati premiati nuovi e innovativi concetti di sponsorizzazione agli Swiss Sponsorship Awards di Zurigo. Con LGT Young Soloists, un’orchestra di giovani solisti d’archi fondata dalla LGT nel 2013, la Banca ha ottenuto il primo posto in due categorie su quattro: una vittoria nella categoria Sponsorizzazione Internazionale, e un secondo posto nel campo della Sponsorizzazione Culturale. Inoltre, è stata insignita del premio conferito dal pubblico. «I premi sono molto speciali per noi e siamo lieti di aver ricevuto tre prestigiosi riconoscimenti», ha dichiarato Monika Schreiner, responsabile dei servizi di marketing di gruppo LGT. «Con il progetto, continuiamo la lunga tradizione di promozione della cultura, che il nostro proprietario, la fa-
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miglia principesca del Liechtenstein, ha sempre coltivato». L’ensemble di archi è composto attualmente da circa 30 solisti di grande talento tra i 12 e i 23 anni, e offre un’opportunità unica per esibirsi regolarmente sul palco tra coetanei e acquisire esperienza come solisti, musicisti da camera e orchestrali. I giovani solisti hanno conquistato importanti sale da concerto in tutto il mondo e incantato il loro pubblico con spettacoli musicali di altissimo livello. Ai Swiss Sponsorship Awards, la sponsorizzazione LGT ha convinto sia una giuria composta da 12 membri di esperti di marketing che un pubblico esperto.
strato qualcosa di molto speciale: hanno avuto il coraggio di manifestare le proprie convinzioni e hanno saputo mettersi in discussione. In questo modo sono diventate degli esempi che hanno incoraggiato e motivato altre donne. Le ammiro proprio per questo coraggio. E sì, esiste un “comune denominatore femminile”: si manifesta nell’attenzione, nella cura, e nell’esigenza tutta femminile di una “generatività culturale”. Tre qualità che definiscono l’universo femminile, tre caratteristiche che anche dopo 660 anni dalla creazione della fondazione di Anna Seiler a Berna, non hanno perso significato né efficacia» (Courtesy Stiftung& Sponsoring).
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DOSSIER FONDAZIONI / RENATA BABINI CATTANEO PREMOLI
FILANTROPA PER VOCAZIONE E PER EREDITÀ CULTURALE DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH RENATA BABINI CATTANEO PREMOLI HA ISTITUITO LA FONDAZIONE URIELE NEL 2010, E DA ALLORA È LEI A DARE IMPULSO VISIONARIO E CONCRETEZZA A TUTTI I PROGETTI, IMPEGNANDOSI IN PRIMA PERSONA PER DIFFONDERE UN NUOVO MODO DI DONARE: AVERE CORAGGIO, PENSIERO STRATEGICO E UNA FORTE ATTITUDINE ALL’EFFICACIA DELLE AZIONI. ALL’IMPEGNO NELLA GIUNGLA DI BULA, IN CONGO, HA VIA VIA AFFIANCATO UN’INTENSA ATTIVITÀ MECENATISTICA ANCHE IN TICINO, DOVE PROMUOVE STUDI SCIENTIFICI E PRODUZIONI ARTISTICHE PERSEGUENDO LA FINALITÀ DI “ALLENARE LA MENTE”.
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Ph: Marc Waymel
ual è stato il fattore scatenante che l’ha spinta a impegnarsi nella filantropia? «Il mio desiderio di donare ha radici profonde, che toccano alcuni aspetti del mio carattere e ciò in cui credo, ma anche gli episodi e le relazioni che hanno caratterizzato la mia vita. In questo senso, uno degli incontri più significativi è stata mia suocera, Ferdinanda Babini Cattaneo, che la città di Varese ricorda ancora come la “dama della carità silenziosa”. Ferdinanda sapeva avere cura degli altri muovendosi con eleganza e intelligenza, aiutando chi ne aveva bisogno con con la massima discrezione. Per tutti noi è stata un grande esempio. Seguendo le sue orme, la casa di famiglia Villa Torelli Mylius, dove lungo il Novecento si sono incontrati i grandi protagonisti internazionali dello spettacolo, dell’arte e della cultura, è stata donata a Varese e costituisce oggi uno dei luoghi più amati della città».
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Quando ha iniziato a interessarsi all’Africa subsahariana? «Ancora una volta si tratta di un incontro con una persona speciale, Don Darius Solo, originario di Bula in Congo e oggi parroco a Intragna. Don Darius fondò l’Associazione Norsuco con sede in Congo, per avviare i primi progetti di aiuto allo sviluppo del territorio. Mi spiegò, infatti, come in quei luoghi difficilmente accessibili mancasse completamente l’assistenza sanitaria: medici, personale infermieristico e medicinali scarseggiavano, addirittura la fornitura di acqua potabile era discontinua. Non solo. Mancava una scuola che formasse sui principi base di gestione e cura della terra e i mestieri più semplici venivano svolti con competenze primordiali. Decisi immediatamente di salire a bordo e la creazione di Fondazione Uriele fu consequenziale». Quali sono stati i primi progetti di Fondazione Uriele? «Il primo progetto è stato la costruzione di un ospedale di mille metri quadrati e una capacità di 50 posti letto, articolato
DOSSIER FONDAZIONI / RENATA BABINI CATTANEO PREMOLI
in reparti di pediatria, ginecologia e medicina generale, che oggi è condotto da un medico professionista, nove infermieri e tre suore. Il bacino di utenza dell’ospedale copre una superficie di quaranta chilometri e vengono accolti tutti coloro che necessitano di aiuto medico, senza considerare le condizioni finanziarie, la religione o la provenienza. Successivamente ci siamo interessati al diritto allo studio e al microcredito. Abbiamo ristrutturato e sviluppato della scuola elementare esistente, trasformandola in un istituto che oggi ospita 170 bambini e che ha l’obiettivo di dare ai giovani una solida base di conoscenze teoriche ma anche di perfezionare abilità manuali. Alla scuola è annesso un laboratorio sartoriale che ogni anno conferisce il diploma a trenta donne. Durante la festa di consegna del certificato, a ognuna di loro viene anche donata una macchina da cucire, così che possa avviare la propria attività lavorativa immediatamente». Come prosegue oggi l’attività della Fondazione nella giungla di Bula? «Stiamo concentrando i nostri sforzi sulla creazione di competenze tecniche e gestionali per lo sviluppo del settore agricolo. All’interno della giungla abbiamo costruito una falegnameria in cui giovani professionisti imparano a lavorare il legno, una materia prima abbondante, e costruire i prodotti di cui la popolazione necessita - attrezzature agricole e strumenti per la vita quotidiana - destinate sia all’uso personale che alla vendita. Stiamo poi avviando un articolato programma di formazione sulle tematiche di risanamento del terreno e nuove metodologie di produzione agricola per il miglioramento della qualità e conservazione dei generi alimentari contando sulla collaborazione di esperti europei».
ottenere la massima gioia dai propri investimenti. Almeno due volte all’anno mi reco nei luoghi dove i progetti della Fondazione sono attivi, abito con le persone delle nostre comunità, vivo le loro vite. Questi viaggi divengono per me una continua fonte di motivazione e per gli altri una prova tangibile dell’impegno che la Fondazione intende portare avanti. Simbolicamente, una di queste visite cade sempre intorno a Capodanno». Più recentemente ha avviato progetti di natura artistica e culturale anche a Lugano. Quali sono i suoi obiettivi? «Le iniziative nella sede della Fondazione a Lugano comprendono un ampio spettro di attività: incontri, corsi, conferenze e rappresentazioni ma anche supporto alle pubblicazioni scientifiche e alla produzione artistica. Il sociologo francese Pierre Bordieu ha spiegato che un individuo che non è mai stato in un museo da bambino, difficilmente ci entrerà da adulto. Devo ringraziare dunque mia madre, che fu un’instancabile amante dell’arte e delle cose belle tanto da portarmi sempre in giro per mostre e gallerie, per avermi trasmesso la convinzione che i linguaggi dell’arte siano una palestra fondamentale per la mente, per capire il presente e immaginare il nostro futuro. Il mio obiettivo è di creare quindi delle opportunità affinché gli artisti e i pensatori possano produrre e diffondere le loro idee e le loro opere a vantaggio di tutti noi». www.fondazioneuriele.ch
Come definirebbe la sua formula per una filantropia positiva? «Decidere con il cuore. Perché solo in questo modo si può avere continuità e TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
LA FELICITÀ del bene GIORNALISTA, FONDATRICE E PRESIDENTE DI BRAINCIRCLEITALIA, VICEPRESIDENTE FONDAZIONE FEDERICA SPITZER DI LUGANO, VIVIANA KASAM SPIEGA IL RUOLO DELLA FILANTROPIA NELLA TRADIZIONE EBRAICA E CI RACCONTA LE SUE GRANDI PASSIONI PER LE NEUROSCIENZE E PER LA MUSICA. LANCIANDO UN APPELLO A FAVORE DI UNO STRAORDINARIO PROGETTO CHE SARÀ PRESENTATO AD APRILE AL LAC.
vita ho ritenuto che l’impegno personale sia in forma di impegno filantropico che di volontariato fossero valore irrinunciabili della mia esistenza».
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uole raccontarci le tappe salienti della sua vita? «Sono giornalista professionista, per trent’anni ho lavorato al Corriere della Sera, collaborando alle principali testate del gruppo RCS, e alla Rai. Sono molto attiva nei settori delle neuroscienze e della musica e da sempre impegnata nella filantropia». Come nasce questa sua passione? «Sono nata in una famiglia ebrea, molto attiva in questo settore. Per tutta la
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Quali particolari caratteristiche presenta la filantropia d’ispirazione ebraica? «La filantropia ha un ruolo fondamentale nella cultura nell’etica e nella tradizione ebraica. Da noi si chiama tzedaqà, e ha la stessa radice della parola tzedek, la giustizia divina, e di zaddiq, il giusto. Questo è un concetto fondamentale, che distingue la filantropia ebraica da quella cattolica: rientra nell’ordine della giustizia, dell’etica, e non in quello della carità, ovvero della bontà. Aiutare i poveri non è un gesto discrezionale, è un preciso dovere sociale e religioso, codificato. E come chi dispone di mezzi ha il dovere di dare, l’indigente ha il diritto di esigere, e di protestare se questo diritto non viene rispettato: l’umorismo ebraico è ricco di storielle che raccontano di medicanti che protestano perché ritengono che l’elemosina elargita sia inferiore al dovuto. Nel Talmud, che è la summa delle interpretazioni della Torah, la tzedaqà viene meticolasamente regolamentata. La prima regola è che non deve mai ledere la dignità di chi riceve. E poi non riguarda solo i ricchi: ognuno deve contribuire nei limiti delle sue possibilità, anche il povero, e l’ammontare “equo” è fissato tra un minimo del
10% e un massimo del 20% (forse i saggi ritenevano che di più fosse equivalente a scialacquare e privare i propri eredi di ciò che loro spetta). Ed è considerata tzedaqà anche la cessione di beni immateriali, come per esempio il proprio tempo o il proprio lavoro. Inoltre, i rabbini ammoniscono che si deve stare molto attenti a come offrire denaro per tzedaqà. Non è sufficiente donarlo a chiunque o ad una qualsiasi organizzazione, piuttosto si devono controllare le relative credenziali e finanze per essere certi che il denaro venga usato saggiamente, efficientemente ed efficacemente: “Non derubare il povero, perché è povero” (Proverbi 22:22). Il Talmud insegna che il denaro “non era tuo per cominciare, mentre invece appartiene sempre a Dio, che solo te lo affida cosicché tu possa usarlo appropriatamente. Pertanto è tuo obbligo assicurarti che venga distribuito saggiamente”. Maimonide, il sommo studioso e saggio elenca otto gradi di tzedaqà: 1. Il livello più basso è quello di chi dà, ma con rammarico 2. Un pochino superiore è il livello chi dà meno del dovuto, ma lo fa con buon viso 3. Poi c’è il dare quando si è richiesti 4. Più meritorio il dare prima che arrivi la richiesta 5. Poi c’è il dare senza sapere a chi si dà: il povero però sa da chi riceve 6. Il dare anonimamente, sapendo però a chi si dà è il sesto livello
DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
7. Il settimo è il dare anonimamente senza sapere chi riceverà la beneficenza: bisogna però che la donazione passi attraverso una persona onesta e di comprovata fiducia: guai a scialacquare la tzedaqà. 8. Infine il livello più alto è quello di chi non si limita a dare, ma prende per mano un povero e lo mette in grado di guadagnarsi la vita in modo che non debba più chiedere». Che peso ha avuto la sua famiglia nella sua scelta di impegnarsi nella filantropia? «Nella mia famiglia i precetti della tzedaqà erano strettamente osservati. Mio padre ci raccontava che sua madre ogni venerdì acquistava due polli, uno per sé e uno da dare ai poveri (e allora il pollo era un cibo di lusso); che a Pasqua e a Purim si invitava a cena un indigente. E, pur essendo un uomo molto parsimonioso con se stesso, era generosissimo quando si trattava di aiutare gli altri. Secondo le regole talmudiche». Com’è nata la Cukier-Goldstein-Goren Foundation? «La Cukier-Goldstein-Goren Foundation è stata istituita nel 1972 sotto diritto israeliano. Lo scopo statutario prevede il sostegno di progetti negli ambiti della formazione, cultura, salute e social welfare. Fino ad ora la fondazione è stata attiva a Lugano, Tel Aviv, Be’er Sheva, Dimona, Ra’anana, Milano, Bucarest e New-York. Del Consiglio di Fondazione facciamo parte io e i miei fratelli. L’idea di mio padre, che lo spinse a creare una Fondazione, era quella di non aiutare singoli individui, ma di creare istituzioni che avrebbero messo in grado molte persone di migliorare la qualità della propria vita, attraverso l’istruzione, il contesto sociale , il superamento di handicap fisici e psicologici. Istituzioni che dovevano nascere in collaborazione con enti pubblici, per garantirne e il mantenimento nel tempo.
Papà ha creato università, centri di formazione per handicappati, istituti per insegnare la lingua agli immigrati, centri sportivi in periferie degradate per dare ai giovani luoghi di aggregazione e svago, e centri universitari per lo studio dell’ebraismo, perché era convinto che la cultura, l’etica, la filosofia, la religione ebraica contengono insegnamenti che è necessario far conoscere anche ai non ebrei. In questa direzione, la Fondazione di famiglia, di cui uno di noi fratelli a turno ha la presidenza per quattro anni, sta cercando di creare a Lugano, in collaborazione con l’USI, un centro di Judaica, grazie all’impegno della presidente di turno, mia sorella Micaela Goren Monti». Nel 2010 lei ha fondato l’Associazione BrainCircleItalia. Come nasce la sua passione per le neuroscienze? «Il mio lavoro di volontariato si esplica in due settori molto diversi tra loro, ma che rispecchiano interessi che mi hanno accompagnato tutta la vita. Il primo è la ricerca sul cervello. Una decina di anni fa sono stata letteralmente fulminata dall’incontro con un gruppo di neuroscienziati dell’Università ebraica di Gerusalemme, che raccontavano con linguaggio divulgativo le loro ricerche più avanzate a un gruppo internazionale di filantropi che sostenevano il loro centro. Mi dissi che tutti dovrebbero essere messi a conoscenza di questi temi, perché riguardano la nostra vita quotidiana, il nostro modo di essere, il nostro futuro. Allora di neuroscienze in Italia si parlava pochissimo, e più che altro fra addetti ai lavori. Un amico ricercatore, Piero Calissano, mi mise in contatto con Rita Levi Montalcini, di cui è stato il più stretto collaboratore per quarant’anni. Insieme nacqua BrainCircleItalia, una piccola associazione creata con l’obiettivo di divulgare le neuroscienze, di mettere in contatti studiosi italiani e stranieri, di portare in Italia le eccellenze del settore. Gra-
zie al prestigio della scienziata, il nostro primo Brainforum “Le nuove frontiere della ricerca sul cervello” riuscì a mettere insieme alcuni fra i massimi neuroscienziati al mondo e a ricevere una straordinaria attenzione dai media. Da allora ho realizzati moltissimi convegni, seminari, conferenze, tutti gratuiti grazie a sponsor che ci sostengono: la gratuità è la cifra di tutto ciò che faccio, perché la scienza deve essere accessibile a tutti: al Festival Cervello&Cinema, che ho organizzato l’anno scorso a Milano, e replicherà dal 9 al 13 aprile 2018, frequentatori abituali erano anche due clochard! Chi vuole saperne di più, può visitare il nostro sito, www.brainforum.it, dove sono descritti tutti gli eventi, e ci sono anche gli streaming delle conferenze». Lei è anche governatore di un’università? «Sì nel 2009 sono stata nominata Governatore dell’Università Ebraica di Gerusalemme, sul Monte Scopus, la più antica università israeliana, fondato da Albert Einstein, Sigmund Freud, Martin Buber e Chaim Weizmann». Parliamo della sua passione per la musica? «L’altro campo in cui sono attiva è la musica, perché è portatrice di un linguaggio universale e di emozioni immediatamente condivisibili. E poi perché mi piace… Il primo grande evento musicale che ho realizzato risale al 1998. Si chiamava Festa della Musica, e lo feci per il Comune di Milano (lavoro quasi sempre con istituzioni pubbliche). Ero partita, insieme a un amico, Paolo Pasini, che allora lavorava in Assolombarda, con l’idea di fare un progetto di integrazione delle comunità etniche presenti sul territorio. Gli immigrati poveri sono considerati (ma loro stessi spesso si considerano) cittadini di serie B. Come farli sentire orgogliosi della loro tradizione e ammirati? TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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Quasi sempre le comunità hanno grandi tradizioni musicali. Pensammo che mettere su un palco musicisti provenienti dai loro Paesi d’origine, molti dei quali star riconosciute internazionalmente, avrebbe creato un senso di appartenenza e di orgoglio, e aiutato il dialogo con i milanesi. Per cinque anni abbiamo organizzato in una settimana nel mese di giugno fra i 100 e i 200 concerti in tutta la città, in collaborazione con tutte le istituzioni presenti sul territorio: dalla Scala, al Piccolo Teatro, all’Auditorium, al Conservatorio. La festa della Musica durò cinque anni ma l’idea di utilizzare la musica per portare avanti un progetto etico mi è rimasta dentro. E così, quando conobbi Amnon Weinstein, un liutaio israeliano che restaura violini sopravvissuti alla Shoah, per restituire loro la voce che i nazisti vollero annientare, capii che il suo poteva essere un messaggio potente, che andava fatto conoscere. Mi colpì l’idea che nell’orrore estremo dei campi di concentramento i prigionieri avessero ancora il desiderio, e la forza di creare bellezza, di credere nell’arte come consolazione, come evasione ma anche come mezzo di sopravvivenza spirituale. L’esperienza mi ha insegnato che quando un progetto ha valore etico trova la sua strada per realizzarsi. In questo caso fu Renzo Gattegna, allora presidente del’UCEI, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, a farsene paladino e proporla alla Presidenza del Consiglio come l’evento istituzionale per il Giorno della Memoria. I Vioini della Speranza, ripreso in diretta dalla Rai, alla presenza della massime autorità italiane, fu un successo strepitoso. Ma per me il vero successo fu la possibilità di venire a conoscenza di questa pagina poco nota della Shoah, e di coinvolgere musicisti di tutte le religioni in un messaggio di pace e di speranza».
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Insomma, la musica come linguaggio unificante per creare fratellanza… lo stesso concetto della Festa della Musica, questa volta però applicato a un tema ancora più tragico. «L’organizzazione di quel concerto (ma definirlo concerto è limitativo, perché raccontammo anche le vicende dei violini e dei musicisti che li avevano posseduti e suonati,) fu talmente complessa che giurai che non l’avrei mai più replicata. E invece, pochi giorni dopo, un produttore cinematografico, Marco Visalberghi, mi contattò per chiedermi di aiutarlo a divulgare la storia di Francesco Lotoro, un musicista che da trent’anni si dedica alla ricerca delle musiche scritte nei campi di concentramento (da raccolto 20.000 tra spartiti, documenti, diari, registrazioni). Una ricchezza musicale straordinaria, che senza di lui sarebbe andata perduta. Impossibile dire di no. Nacque così il secondo concerto per la memoria, “Tutto ciò che mi resta”, forse ancora più commovente del primo. Da allora il viaggio nella memoria musicale della Shoah è continuato (www.memoriainscena.it) e prossimamente porteremo a Lugano un bellissimo spettacolo “Serata Colorata”, che andrà in scena il 26 aprile al LAC (I biglietti sono già in vendita in teatro o sul sito www.luganolac.ch». Può anticiparci di cosa si tratterà? «È la storia del campo di concentramento di Ferramonti (la narra Peppe Servillo), uno dei 48 campi istituiti da Mussolini in Italia, dove c’era una vita musicale brillante e scoppiettante di allegria, forse per dimenticare l’orrore dell’internamento, che ricreiamo sul palcoscenico grazie una band di solisti jazz straordinaria, (c’è anche Fabrizio Bosso, il più noto solista di tromba in Italia) e alla voce di Cristina Zavalloni, giovane star della musica contemporanea.
Serata Colorata fa parte di un progetto di tre mesi sviluppato con Moreno Bernasconi, presidente della Fondazione Spitzer (www.fondazionespitzer.ch), e con la Città di Lugano, per ricordare il ruolo storico del Ticino nell’accoglienza dei perseguitati (con le leggi razziali promulgate in Italia 80 anni fa ci fu un momento apicale di richieste) e per onorare quattro Giusti ticinesi che avranno un Giardino a loro dedicato nel Parco Ciani. Il Giardino dei Giusti è realizzato in collaborazione con Gabriele Nissim, presidente dell’Associazione Gariwo, che promuove in tutto il mondo il ricordo di chi si prodiga per aiutare i perseguitati. Sono progetti che richiedono impegno e anche un rischio economico. Non sempre troviamo gli sponsor per coprire i costi e spesso oltre al lavoro devo anche sovvenzionare personalmente l’associazione, perché non abbiamo un sostegno economico assicurato». Qual è la molla che la spinge ad intraprendere tante importanti iniziative? «La risposta che mi viene naturale è il senso di necessità etica. Sento che lo devo fare. E poi c’è la soddisfazione di realizzare progetti in cui credo, che hanno per me un significato importante. Se posso trasmettere un messaggio è che bisogna liberarsi dal metro di giudizio economico, che purtroppo oggi è l’unico ritenuto significativo, e, quando si può, misurare ciò che facciamo su altri parametri. Hannah Arendt, una delle intellettuali che più amo, ha coniato l’espressione: la banalità del male. Io aggiungo: la felicità del bene. Provare per credere. E se qualcuno volesse sostenere la nostra attività, può associarsi o fare una donazione direttamente sul sito: www.braincircleitalia. it Ogni contributo, anche piccolo, sarà di aiuto e incentivo per noi».
SOCIETÀ / 8 MARZO
LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA, CHE SI FESTEGGIA OGNI ANNO L’8 MARZO, È STATA ISTITUITA PER RICORDARE DA UN LATO LE CONQUISTE POLITICHE, SOCIALI ED ECONOMICHE DELLE DONNE, DALL’ALTRO LE DISCRIMINAZIONI E LE VIOLENZE DA LORO SUBITO NELLA STORIA.
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Una festa CHE PROFUMA di lotta
opo la seconda guerra mondiale si è fatto per molto tempo risalire la scelta dell’8 marzo ad una tragedia accaduta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie dell’industria tessile Cotton di New York, rimaste uccise da un incendio. In realtà questo fatto non è mai accaduto, e probabilmente è stato confuso con l’incendio di un’altra fabbrica tessile della città, avvenuto nel 1911, dove morirono 146 persone fra cui molte donne. I fatti che hanno realmente portato all’istituzione di questa
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festa sono di diverso tipo, più legati alla rivendicazione dei diritti delle donne, tra i quali il diritto di voto. Sono molti infatti gli avvenimenti che, dall’inizio del Novecento, hanno portato alla lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne e all’istituzione della Giornata internazionale delle donne. Il primo evento importante fu il VII Congresso della II Internazionale socialista svoltosi a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907. Durante questo congresso si discusse della questione femminile e del voto alle donne. I partiti socialisti si impegnarono a lot-
tare per riuscire ad introdurre il suffragio universale. Pochi giorni dopo, il 26 e 27 agosto 1907, si svolse invece la Conferenza internazionale delle donne socialiste, durante la quale fu istituito l’Ufficio di informazione delle donne socialiste e Clara Zetkin ne fu eletta segretaria. Tuttavia i socialisti erano contrari all’alleanza con le femministe borghesi, ma tra le donne non tutte erano della stessa idea. Nel febbraio 1908 la socialista Corinne Brown dichiarò sulla rivista The Socialist Woman che il Congresso non aveva “alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione”. Il 3 maggio 1908 la Brown presiedette la conferenza del Partito socialista a Chicago, che venne ribattezzata “Woman’s Day”, durante la quale si parlò dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle
SOCIETÀ / 8 MARZO
operaie, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto. Alla fine del 1908 il Partito socialista americano decise di dedicare l’ultima domenica del febbraio del 1909 all’organizzazione di una manifestazione per il voto alle donne. La prima “giornata della donna” negli Stati uniti si svolse quindi il 23 febbraio 1909. Un paio di anni dopo, durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste che si svolse a Copenaghen il 26 e 27 agosto 1910, si decise di seguire l’iniziativa americana istituendo una giornata internazionale
state poi organizzate molte altre giornate dedicate ai diritti delle donne. A San Pietroburgo, l’8 marzo 1917, le donne manifestarono per chiedere la fine della guerra. In seguito, per ricordare questo evento, durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste che si svolse a Mosca nel 1921 fu stabilito che l’8 marzo fosse la Giornata internazionale dell’operaia. In Italia la prima giornata della donna si è svolta nel 1922, ma il 12 marzo e non l’8. Nei decenni successivi il movimento per la rivendicazione dei diritti delle
dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne. In realtà per alcuni anni negli Stati Uniti e in vari Paesi europei la giornata delle donne si è svolta in giorni diversi. In Germania, Svizzera, Austria e Danimarca, la Giornata della Donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911, data scelta in memoria del 19 marzo 1848, quando, durante la Rivoluzione, il re di Prussia dovette riconoscere la potenza del popolo armato e promettere il riconoscimento del diritto di voto alle donne. Negli anni successivi, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, sono
donne ha continuato ad ingrandirsi in tutto il mondo. Nel settembre 1944 a Roma è stato istituito l’UDI, Unione Donne Italiane, e si è deciso di celebrare il successivo 8 marzo la giornata della donna nelle zone liberate dell’Italia. Dal 1946 è stata introdotta la mimosa come simbolo di questa giornata. Questo fiore fu scelto perché di stagione e poco costoso. Tuttavia in Italia si deve arrivare agli anni Settanta per vedere la nascita di un vero e proprio movimento femminista. L’8 marzo 1972 in Piazza Campo de Fiori a Roma si è svolta la mani-
festazione della festa della donna, durante la quale le donne hanno chiesto, tra le varie cose, anche la legalizzazione dell’aborto. Il 1975 è stato definito dalle Nazioni Unite come l’Anno Internazionale delle Donne e l’8 marzo di quell’anno i movimenti femministi di tutto il mondo hanno manifestato per ricordare l’importanza dell’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne. Riassumendo, si può dire che la Festa della donna ha origine dei movimenti femminili politici di rivendicazione dei diritti delle donne di inizio Novecento. Per alcuni anni la giornata delle donne è stata celebrata in giorni diversi nei vari Paesi del mondo, mentre l’8 marzo divenne la data più diffusa in seguito alla Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste del 1921 e alla decisione, presa in quella sede, di istituire la Giornata internazionale dell’operaia. Oggi la festa della donna ha un po’ perso il suo valore iniziale. Mentre ci sono organizzazioni femminili che continuano a cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi di varia natura che riguardano il sesso femminile - come la violenza contro le donne e il divario salariale rispetto agli uomini - molte donne considerano questa giornata come l’occasione per uscire da sole con le amiche, lasciando mariti, compagni e figli a casa.
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AZIENDE / OASI
Un osservatorio ambientale IN CONTINUA EVOLUZIONE L’OASI, OSSERVATORIO AMBIENTALE DELLA SVIZZERA ITALIANA - È STATO ISTITUITO NEL 2002 DAL CONSIGLIO DI STATO, SU IMPULSO DEL DIPARTIMENTO DEL TERRITORIO, PER GESTIRE IN MANIERA MODERNA E FLESSIBILE, UN SISTEMA INFORMATIVO TRASPARENTE E DI RAPIDO ACCESSO CHE OSSERVA GLI EFFETTI DIRETTI SULL’AMBIENTE DOVUTI ALLE PRINCIPALI FONTI D’EMISSIONE, A SUPPORTO DELL’INFORMAZIONE, DELLA PRESA DI DECISIONI ED AL SERVIZIO DELLA RICERCA. ABBIAMO APPROFONDITO IL TEMA CON MARCO ANDRETTA, CAPO DELL’UFFICIO CANTONALE DEL MONITORAGGIO AMBIENTALE E RESPONSABILE DEL PROGETTO OASI.
2002: nasce OASI, l’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana. Vogliamo ricordare come ci si è arrivati e chi lo gestisce? «L’OASI nasce da un’interrogazione del 1999 che ne chiedeva la creazione partendo dalla constatazione del rischio di un degrado ambientale, causato dall’aumento del traffico stradale o dalla costruzione di nuovi impianti per il traffico, che ha accentuato la necessità di seguire nel tempo e nello spazio l’evoluzione dei carichi ambientali. Il concetto dell’OASI è stato elaborato dalla Sezione della protezione dell’aria dell’acqua e del suolo del DT assieme alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). La creazione dell’OASI è poi divenuta effettiva il 3 giugno 2002 con l’approvazione da parte del Gran Consiglio del Messaggio del Consiglio di Stato e del relativo Decreto legislativo. L’OASI attualmente viene gestito da alcuni collaboratori tecnici/scientifici e fa parte dell’Ufficio del monitoraggio ambientale. Lo stesso include anche un laboratorio che svolge analisi chimiche per acque, aria e suoli, sia nell’ambito di regolari campagne d’osservazione che in caso di inquinamenti. Si completa così l’offerta dei servizi necessari a chi si occupa di osservazione ambientale».
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Quali sono i compiti dell’Osservatorio ambientale e come vengono svolti? «Offriamo supporto ai vari uffici che si occupano di monitoraggio ambientale in ogni sua fase: dal concetto di monitoraggio, alla gestione delle reti di misura, alla raccolta e validazione dei dati fino alla loro pubblicazione online. Lo facciamo mettendo a disposizione strumenti semplici e comuni a tutti per la gestione, condivisione e pubblicazione dei dati. In questi 15 anni abbiamo acquisito esperienza, sia grazie alle tante collaborazioni, ma anche di prima mano, occupandoci direttamente di alcuni monitoraggi come quello del rumore autostradale, della meteorologia e dell’inquinamento luminoso». Quali sono gli strumenti che avete a disposizione? «Siamo una squadra con formazione tecnica e scientifica. Abbiamo costituito reti di misura e un sistema informativo basato su diversi server, perlopiù virtuali, che offre strumenti per gestire le banche dati, lo scambio dati e la pubblicazione online. Per dare un’idea della complessità del sistema possiamo fornire alcune cifre: nel sistema entrano più di 330’000 valori al giorno da circa 40 fonti diverse (la metà esterne all’Amministrazione) e quasi altrettanti ne esco-
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no verso una dozzina di enti diversi. Spesso, come utilizzatori, ci sorprendiamo se mancano dei dati aggiornati o se un servizio momentaneamente non funziona, ma ci dimentichiamo che dal momento della misurazione, un dato deve passare da almeno 6-7 server e subire altrettante elaborazioni prima di essere pubblicato». Quali sono le principali informazioni alle quali il cittadino ha accesso tramite www.ti.ch/oasi? «Vi sono, per esempio, i dati – continuamente aggiornati - sulla qualità dell’aria, sul traffico, sul suolo e quelli relativi alle acque. Inoltre è possibile accedere al catasto dei siti inquinati e delle antenne di telefonia mobile, alle misure itineranti delle radiazioni non ionizzanti, ai catasti sul rumore stradale nei Comuni, alla misura in continuo del rumore autostradale dovuto al traffico pesante, alla mappatura solare, che indica il potenziale di produzione di energia solare per ogni tetto del Cantone, nonché alle statistiche annuali sulla produzione e consumo di energia in Ticino. Ci rendiamo conto che le informazioni sono molte, tuttavia l’obiettivo è quello di dare accesso agli indicatori principali che compongono il quadro dello stato del nostro ambiente. Il tutto in un modo che resti facile e intuitivo, ma nel contempo preciso e rigoroso. Ricordo che gran parte dei dati sono anche scaricabili e liberamente utilizzabili».
OASI ha creato una app, airCHeck: che cosa offre? «L’app airCHeck mostra la qualità dell’aria in tutta la Svizzera attraverso mappe e dati rilevati direttamente dalle stazioni di misura. Inoltre indica i valori soglia legali, gli eventuali rischi per la salute, nonché i consigli di comportamento in caso di picchi di inquinamento. È presente dal 2012 e conta circa diecimila utenti. Il Canton Ticino è stato precursore in questo ambito, come anche in alcuni altri, quali la pubblicazione online del catasto dei siti inquinati, di quello delle antenne di telefonia mobile e delle emissioni in atmosfera dell’impianto cantonale di termovalorizzazione dei rifiuti. Nel 2011, insieme al Laboratorio di cultura visiva e al Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI, abbiamo sviluppato e pubblicato la prima app cantonale che forniva informazioni sulla qualità dell’aria, denominata “Qualità dell’aria in Ticino”. A seguito del successo riscontrato e del grande interesse mostrato oltralpe per la stessa, la Società svizzera dei responsabili della qualità dell’aria (Cercl’Air) ci ha conferito il mandato di estenderla a livello nazionale». Tra i dati ai quali si può accedere, da dicembre 2017 c’è anche una novità… «Sì, oltre ai classici parametri sulla qualità dell›aria, ozono, disossido d’azoto e PM10, da dicembre 2017 è possibile visualizzare anche le attuali con-
centrazioni di polveri fini PM2,5, che rappresentano la parte più “fine” delle PM10. Queste misurazioni non sono obbligatorie e infatti non tutti i Cantoni le eseguono. Le PM2,5 non hanno ancora un valore soglia legale, ma la modifica dell’Ordinanza federale contro l’inquinamento atmosferico che entrerà in vigore nel corso della prossima estate ne stabilirà uno da rispettare per la concentrazione media annua». … e la collaborazione con MeteoSvizzera… «Dallo scorso dicembre l’Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera ha ampliato l’offerta della sua app MeteoSwiss integrando le mappe sulla qualità dell’aria e offrendo un collegamento ad airCHeck, per chi volesse approfondire la tematica. Riusciamo così a raggiungere una quantità maggiore di persone potenzialmente interessate al tema; gli utenti dell’app di MeteoSwiss sono alcuni milioni ed ora possono accedere direttamente alle informazioni sulla qualità dell’aria». Che cosa vi attendete per il futuro? «Siamo sempre al lavoro per completare il quadro delle informazioni ambientali disponibili e migliorare il servizio che offriamo. Nuove soluzioni tecnologiche aprono diversi scenari, e l’idea non è solo quella di tenerci sempre aggiornati, ma anche di valutare tutte le possibilità che queste innovaTICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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AZIENDE / OASI
Per informazioni più dettagliate sullo stato dell’aria in Ticino è possibile fare riferimento ai siti internet: www.ti.ch/aria www.ti.ch/oasi www.ti.ch/airCHeck www.ti.ch/smog-pm10 Ulteriori informazioni sulla qualità dell’aria in Svizzera: Qualità dell’aria in Svizzera (UFAM): www.bafu.admin.ch/aria zioni ci offrono per ottimizzare il lavoro che svolgiamo o per migliorare l’accessibilità all’informazione ambientale. Per esempio, stiamo valutando il possibile utilizzo di sensori a basso costo da impiegare a complemento della rete di misura della qualità dell’aria o l’uso di modelli e dati satellitari per migliorare la conoscenza della distribuzione di alcuni dati ambientali su tutto il territorio».
Cercl’Air – Società svizzera dei responsabili della protezione dell’aria: www.cerclair.ch/it Informazioni sulle polveri sottili: www.polveri-sottili.ch
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NEWS
Lugano Città Aperta
Marco Borradori
Boas Erez
Roberto Badaracco
Viviana Kasam
Adrian Weiss
Giancarlo Kessler
Alla vigilia della Giornata della Memoria la Fondazione Federica Spitzer e la Città di Lugano hanno presentato a Villa Ciani il programma dettagliato del progetto Lugano Città Aperta che proporrà, sull’arco di tre mesi, spettacoli, convegni e conferenze e culminerà con l’inaugurazione di un Giardino dei Giusti al Parco Ciani il prossimo 26 aprile. Nell’ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia, questo progetto intende valorizzare la tradizione umanitaria di Lugano e della Svizzera italiana verso chi ha subito l’oppressione politica, la persecuzione razziale e religiosa e la negazione della libertà. Il nuovo Giardino dei Giusti al Parco Ciani, una prima in Svizzera, renderà omaggio a quattro figure di ticinesi che con il loro impegno tangibile hanno contrastato l’oppressione e/o salvato la vita di chi era perseguitato. Per illustrare con ampiezza d’orizzonte la
lunga tradizione umanitaria di Lugano e della Svizzera italiana, il progetto prevede convegni sulle figure dei Giusti ma anche sul contesto storico e culturale in cui essa ha preso forma. I convegni illustreranno l’opera di Guido Rivoir (impegnato per i profughi della dittatura cilena negli anni Settanta del Novecento e nella loro accoglienza nel Cantone Ticino), di Carlo Sommaruga e Anna Maria Valagussa (che offrirono protezione a numerosi ebrei perseguitati durante il secondo conflitto mondiale) e di Francesco Alberti (giornalista impegnato strenuamente nella denuncia del nazifascismo). Il progetto si chiuderà con un evento speciale al LAC, la sera del 26 aprile, con uno spettacolo di Viviana Kasam aperto a tutti e ispirato alle musiche composte nel campo di concentramento di Ferramonti.
Moreno Bernasconi
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AZIENDE / MYACADEMY
VOGLIAMO ESSERE ACCELERATORI D’IMPRESA, partendo da Lugano
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artiamo da una necessaria premessa. Cos’è MyAcademy e qual’è il suo ambito di intervento? «MyAcademy potrebbe essere definito come un club di imprenditori e professionisti che condividono il valore della Digital & People Transformation. Fondata da Federico Foscale che vanta un’esperienza soprattutto finanziaria e da me, proveniente invece dal mondo manageriale, mette in campo competenze, scambio di esperienze, entusiasmo, voglia di farcela guardando il futuro ma ben solidi sul presente. Il nostro obiettivo è quello di agire da acceleratore al servizio della comunità imprenditoriale e professionale, di lingua italiana, nel mondo. Siamo presenti con una sede principale a Lugano e sedi operative a Londra, Francoforte, Madrid, Istanbul, Varsavia, Mosca e Shangai».
GIANNI SIMONATO, MANAGER E UOMO LINKEDIN, SPIEGA COME UN USO PROFESSIONALE DI QUESTO SOCIAL MEDIA POSSA RIVOLUZIONARE PER UN’AZIENDA IL MODO DI FAR CRESCERE IL PROPRIO BUSINESS.
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Quali sono le aree in cui avete individuato essere particolarmente necessario introdurre soluzioni innovative? «Lavorando fianco a fianco con centinaia di aziende del B2B - Business 2 Business (aziende che vendono ad altre aziende) abbiamo dei dati di prima mano. La trasformazione dei processi in digitale e il cambio del modo di lavoro delle persone sono le chiavi per accelerare sui risultati aziendali. Vediamo il contesto: il 90% dei Buyers non risponde alle e-mail provenienti
da mittenti che non si conoscono. Conseguenza? E’ la fine delle telefonate a freddo. Se il 92% dei Buyers inizia il proprio processo di acquisto online, bisogna farsi trovare in rete, prima di qualsiasi visita fisica. Se il 74% dei Buyers usa Linkedin, vuol dire che questa è la piattaforma business da utilizzare. A tal fine proponiamo in esclusiva specifiche applicazioni e pacchetti di sviluppo di Linkedin indirizzati alle aziende per creare e gestire una efficace attività di social business. Queste soluzioni le abbiamo chiamate IceBreaking, rottura del ghiaccio». In sintesi quali sono i plus di un progetto come IceBreaking? «Velocità, costi contenuti, ampiezza geografica. Si chiama così perché utilizza uno strumento digitale ma risolve un problema antico quanto l’uomo: creare e sviluppare relazioni tra le persone. Ampliare la propria rete di contatti costituisce un enorme vantaggio, a condizione che l’azienda abbia la volontà di dialogare offrendo contenuti di valore in grado di comunicare le effettive capacità e competenze maturate dalla sua organizzazione. Dunque un processo che coinvolge tutte le persone e che offre la possibilità di operare un autentico salto di qualita nelle relazioni, che, voglio ancora ricordarlo, sono prima di tutto relazioni umane».
AZIENDE / MYACADEMY
SONO INTERVENUTI IN TELECONFERENZA E PARTECIPANO AL PROGETTO ICE BREAKING I SEGUENTI “AMBASSADOR”:
ELEONORA BOTTA
ALBERTINO CALANCA
ELEONORA BOTTA: «Lo Studio Botta non aveva necessità di vendita nel senso di un prodotto specifico da proporre, valido comunque per più committenti. Infatti la ricchezza di uno studio di architettura, così come per molte altre professioni, risiede nella sua creatività e nella capacità di elaborare progetti ad hoc e di portarli poi a compimento grazie alle specifiche esperienze e competenze delle persone che ne fanno parte. Linkedin diventa uno strumento utile non solo per la conoscenza e la valutazione della qualità dei collaboratori e delle aziende con cui lavorare, ma anche per l’individuazione di professionisti, imprenditori, collezionisti d’arte con cui poter discutere di nuove idee, possibilità, soluzioni che danno vita a nuovi progetti prima che sia un ipotetico cliente a chiedere la prestazione dell’architetto. Le collaborazioni generano infatti nuove necessità e nuove scenari indispensabili per alimentare la futura attività dello studio.” ALBERTINO CALANCA: «Produciamo cuscinetti per i mercati Industriale, Agricoltura, Trasmissioni. FLT è parte di uno dei più grandi gruppi industriali che opera a livello globale nella lavorazione di materiali non ferrosi con dozzine di centri di produzione e centri di ricerca e sviluppo situati in Europa, Asia e America. La nostra esigenza era quella di farci conoscere
RICCARDO BORDOLI
TIZIANO CHRISTEN
al di fuori della pur ampia rete di contatti già consolidati, presentando la nostra attività e le nostre capacità produttive presso primarie aziende operanti in tutto il mondo. Linkedin ci ha consentito di allargare la rete di relazioni ma soprattutto di inserire contenuti di qualità sulla base dei quali sono stati poi generati ulteriori contatti. La sfida maggiore è rappresentata proprio dall’essere costantemente in grado di rinnovare ed accrescere la nostra presenza mediante contenuti che siano interessanti, originali e attrattivi per i nuovi contatti così costruiti. Il progetto è partito dall’Italia ma l’obiettivo è quello di arrivare a coinvolgere la capofila polacca (Boryszew Group) che conta 8.000 dipendenti». RICCARDO BORDOLI: «Fino a qualche tempo fa per uno studio professionale di comercialisti com’è appunto il nostro era assolutamente vietato, anche per ragioni di riservatezza, accedere a qualsivoglia forma di pubblicità e i clienti si rivolgevano a noi solo attraverso il passa parola. Ora la situazione è cambiata e possiamo più facilmente comunicare. Linkedin, essendo un ambiente professionale mirato, permette di mantenere i necessari vincoli di riservatezza ma al tempo stesso consente di farci conoscere intervenendo con contributi e condividendo articoli. Abbiamo proceduto anche alla costruzione di una pagina aziendale Linkedin, nella quale sono presenti i profili
FELIX DALL’ANTONIA
GIORGIO ZANCHETTA
dei nostri collaboratori, con l’obiettivo di rendere trasparenti le nostre competenze verso potenziali clienti” TIZIANO CHRISTEN: «Il problema che ci siamo trovati ad affrontare era un po’ diverso rispetto a quelli già elencati, in quanto Premel è andata nel tempo diversificando e ampliando la gamma dei suoi prodotti, sempre nel campo della progettazione e fornitura di impianti idroelettrici, di gruppi elettrogeni d’emergenza, di impianti di ventilazione per gallerie autostradali e nelle opere elettromeccaniche di ogni genere. L’esigenza che andavamo avvertendo era dunque quella di portare a conoscenza dei nostri abituali referenti, che magari ci conoscevano per una specifica tipologia d’impianto, tutta la gamma delle soluzioni che eravamo in grado di offrire. I programmi di IceBreaking MyAcademy ci hanno consentito non già di proporre in modo aggressivo i nostri prodotti ma di poter studiare in modo più analitico quelle che sono le esigenze dei nostri interlocutori, avviando un confronto sulla base di elementi di giudizio e valutazioni di merito altamente professionali». FELIX DALL’ANTONIA: «Metalarredo realizza principalmente lampade a LED per l’arredamento, in ambito civile e industriale, per shop e contract. In questo settore siamo passati nel giro di pochi anni da una produzione di TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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AZIENDE / MYACADEMY
elementi sostanzialmente customizzati ad una ricerca e sviluppo di prodotti sempre più diversificati e orientati all’estetica e al design. Ciò ha comportato una radicale revisione della nostra strategia di contatto nei confronti della clientela. Tutti i nostri commerciali lavorano con il nuovo metodo di MyAcademy, che fa la formazione sull’uso di Linkedin. Si tratta di un processo lungo e abbastanza complesso di cui tuttavia si iniziano a vedere i risultati legati ad una maggiore e più approfondita conoscenza delle trasformazioni in atto e delle precise esigenze avanzate dalla nostra clientela». GIORGIO ZANCHETTA: «Posso dire che anche il campo di intervento di Anodica Trevigiana si è trasformato nel tempo passando dalla produzione di componenti estetici per Elettrodomestici e Automotive, alla fornitura di soluzioni progettuali, fino a diventare
veri e propri partner dei clienti nell’individuazione, progettazione e realizzazione di soluzioni personalizzate. Oggi non è dunque più possibile pensare di vendere il proprio prodotto con un catalogo o attraverso soluzioni preconfezionate. Tutto questo ci ha imposto la necessità di dialogare con clienti che, pur se operanti all’interno di grosse organizzazioni, esprimono sempre ben precisi bisogni individuali di cui stiamo imparando a tener conto. Il problema è come entrare in contatto con questi clienti, da qui lo sviluppo di IceBreaking. Le fiere, pur utili, sono costose e non si tengono tutti i giorni. La logica con cui dobbiamo muoverci non può più essere esclusivamente commerciale ma occorre entrare molto piu profondamente nelle dinamiche relazionali, con la costante preoccupazione di comprendere in che modo possiamo effettivamente creare valore per le persone con le quali dialoghiamo».
Gianni Melotti: lavori in corso Lo Studio Dabbeni presenta fino al 28 aprile 2018 una mostra di opere di Gianni Melotti (1953), che dal 1974 lavora come fotografo professionista presso art/tapes/22, casa di produzione video d’artista di Maria Gloria Bicocchi, a Firenze. Il materiale fotografico originale backstage e still frame di art/tapes/22 è conservato nel suo archivio e si compone di oltre 2000 scatti. Nel 1985 inizia a realizzare la serie di sculture di silicone dalle sembianze di quadri quadrati con cornice, denominate Pelli/Pellicole in polimero trasparente e in seguito la serie monocroma Pigmenti con inclusione di naturale pigmento puro. Dei primi anni Novanta sono i lavori in differenti tipi di argilla o in pietra, in
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cui il soggetto è la fedele rappresentazione tridimensionale, nella medesima scala, dei nuovi strumenti tecnologici digitali che hanno invaso il nostro panorama quotidiano. La rappresentazione dell’immagine è sempre il soggetto della sua ricerca. Con la fotografia o altri strumenti di riproduzione registra costantemente per poi restituire il soggetto sotto forma di significati differenti. Il suo lavoro è una riflessione sulle immagini come si manifestano, vengono percepite, discusse e ricordate. Negli ultimi anni, con la produzione di numerose serie di lavori fotografici, continua il suo dialogo approfondendo il rapporto tra l’attenzione dello sguardo e dell’espansione dell’istante.
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AZIENDE / EY
Come cambia il ruolo DEL CHIEF FINANCIAL OFFICER nell’era digitale
D ELISA ALFIERI, ASSURANCE LEADER LUGANO E MARCO MAZZUCCHELLI, TRANSACTION ADVISORY SERVICES E MEDITERRANEAN AREA PROPONGONO ALCUNE CONSIDERAZIONI DAL PUNTO DI VISTA DEL MERCATO TICINESE DELLE PICCOLE-MEDIO IMPRESE.
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el digitale si parla spesso in termini di quarta rivoluzione industriale. Ma in cosa si differenzia questa rivoluzione? «Nella complessità – spiega Elisa Alfieri. L’invenzione del motore a scoppio, che ha sostituito l’uso della forza animale, si è limitata a sostituire un fattore di produzione con un altro, migliorandone la performance. Il digitale, invece, non si limita alla trasformazione di una sola componente o di un solo processo, bensì implica la riconfigurazione con logiche nuove di tutto il sistema operativo, ossia di tutti i processi aziendali. Il digitale è pertanto un elemento dirompente. Anche il tessuto imprenditoriale delle piccole-medie imprese tipico del Canton Ticino si deve confrontare con le innovazioni digitali (robotica, intelligenza artificiale, stampante in 3D, ecc.), che impattano sui modelli operativi, perseguendo un incremento della produttività. La digitalizzazione è partita già da qualche anno dal lato ‘customer’, dal front-end di un’azienda, ma questo non è sufficiente, se non cambiano anche tutti i processi aziendali. Il digitale comporta quindi una rivoluzione su larga scala per il più alto livello del management, che deve definire la strategia per integrare i processi nelle piccole-medie realtà imprenditoriali. Al management è richiesto di trasformare i processi migliorandone la performance e di definire la nuova strategia concentrandosi sul budget: oggi non si parla più di
pianificazione del medio-lungo periodo, ma l’orizzonte temporale è di brevissimo termine». Dunque la quarta rivoluzione industriale ha drasticamente cambiato anche il modo di fare innovazione... «Non significa solo cambio del modello operativo – specifica Marco Mazzucchelli – per innovare e del modello finanziario per valutare l’innovazione: i manager amministrano le risorse degli stakeholder e vengono valutati sul rendimento degli investimenti su un orizzonte temporale che tende ad accorciarsi sempre di più. La digitalizzazione è anche cambio dello stile del manager - imprenditore: si inizia a coltivare la cultura dell’errore proprio in quelle realtà imprenditoriali che non ammettono che il manager - imprenditore possa fare errori. La trasformazione digitale diventa patrimonio comune di una più vasta base imprenditoriale. Anche il mindset con cui si lavora nel mondo digitale deve cambiare. Catalizzatori sono la ‘contaminazione’ attraverso un network (ecosistemi aperti che portano velocità, network come università e incubatori per le start-up) e ’l’inclusione‘ attraverso soggetti esterni forti, che portano novità. Ma l’impresa media fatica a collaborare con altre realtà esterne, perché si considera ancora la difesa del know-how come l’elemento critico per il successo della strategia aziendale. E così molte aziende vivono con ansia la cultura digitale e la trasformazione dei modelli operativi e
AZIENDE / EY
plesso, traducendola in dati misurabili che alla fine sono sempre il cardine fondamentale per ogni decisione e per l’allocazione delle risorse alle varie funzioni dell’organizzazione, dal commerciale all’IT. I risultati della survey di EY evidenziano che il nuovo DNA del CFO sarà un mix sempre più evidente di finanza e digitale.
il management spesso non sa come affrontare questi rapidi cambiamenti». Il digitale sta trasformando tutte le aziende, in particolare la strategia di business e i percorsi di trasformazione aziendali. Ma come influenza il ruolo e le competenze del CFO? «Il digitale – prosegue Elisa Alfieri – comporta una rivoluzione epocale nel modo di lavorare di un CFO. Il CFO sta imparando adesso cosa significa ‘digitalizzazione’. Due sono i temi da considerare: a) la velocità con cui si prendono le decisioni – e questo rappresenta l’elemento dirompente - e b) la profondità con cui si fanno le analisi, considerata la disponibilità dei big data. Se è vero che il CFO deve prendere sempre più velocemente decisioni, è anche vero che ha sempre più tempo che gli permette di acquisire competenze nuove per supportare il management nel costruire assieme quello che sarà il business del futuro. Questo è quanto emerge dallo studio EY The DNA of the CFO, che riporta le interviste ai CFO della nuova generazione: digital, data analytics, ma anche il risk management e la re-
lazione con gli stakeholder sono le 4 forze che rivoluzionano il ruolo del CFO nell’era digitale. • Digital richiede all’attuale generazione dei manager - che non è ‘native digital’ - un notevole sforzo di comprensione di quanto tecnologie come i Big Data, l’intelligenza artificiale, la Blockchain, l’Internet delle cose fino al machine learning siano importanti e tutte decisive per le decisioni di strategia aziendale; • Data analytics: quest’area è strategica per trarre vantaggio dalla mole crescente di informazioni in modo sinergico con le altre funzioni di business, dalla supply chain all’automazione fino alla logistica, ma anche attingendo a dati di network esterni all’azienda. La digitalizzazione consente infatti di integrare, collegare dati operativi e finanziari in maniera molto più integrata anche con dati che provengono dall’esterno dell’azienda; • Risk management: diventa sempre di più un’area critica, non solo nel senso di proteggere il perimetro aziendale, ma soprattutto come catali–centrale anche nell’indirizzare la strategia aziendale nel suo com-
Quale dovrà dunque essere la risposta delle società di consulenza alle nuove esigenze? «Anche le società di revisione e consulenza come EY – conclude Marco Mazzucchelli – hanno dovuto reinventarsi negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda le esigenze di clienti che operano nella fascia del ‘middle market’, dove l’era digitale porta trasformazioni epocali ma con un certo ritardo e dove le risorse per l’innovazione e il cambiamento sono più limitate. La società di revisione e consulenza è lo ‘sparring partner’ per il management nell’affrontare le diverse problematiche della gestione aziendale sia operativa che strategica, offrendo una piattaforma per costruire e trasformare modelli imprenditoriali sulla base della forza dei dati, per ripensare prodotti e servizi al di là dei confini aziendali. In ogni impresa c’è almeno un asset non utilizzato appieno, ma il valore può essere creato se l’impresa si apre, inizia a collaborare. E questo trasforma anche il ruolo del revisore e consulente appartenente ad un network internazionale». Marco Mazzucchelli della EY Milano ed Elisa Alfieri della EY Lugano possono offrire una consulenza a 360 gradi, attingendo anche al supporto di professionisti stranieri e offrendo accesso a nuovi network quali gli incubatori e network di settore.
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AZIENDE / GLOBAL CONTROL GROUP HOLDING SA
SIAMO UN TEAM coeso e motivato MATTEO BARCA, DIRETTORE GLOBAL CONTROL SERVIZI FIDUCIARI SA E MASSIMO ANTOGNINI, DIRETTORE SOFIPO GLOBAL PLUS SA PRESENTANO L’ATTIVITÀ DELLE DUE SOCIETÀ, APPARTENENTI AL GRUPPO CHE FA CAPO A MAURIZIO SCUOTTO, SPECIALIZZATE IN SERVIZI FIDUCIARI IN SVIZZERA E A LIVELLO INTERNAZIONALE
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lobal Control Servizi Fiduciari SA indica chiaramente, già nel suo nome, il proprio settore di attività…
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MATTEO BARCA: «Possiamo senz’altro definirci una società di consulenza, che offre tutta la gamma dei servizi di una società fiduciaria commerciale. Ogni realtà che si presenta, viene analizzata nel suo contesto specifico e viene proposto un progetto di consulenza su misura per il raggiungimento degli obiettivi concordati. Per noi non esistono soluzioni preconfezionate ed ogni azienda e situazione viene analizzata nel suo contesto unico in modo tale da poter offrire ad ogni cliente la consulenza di cui ha bisogno per raggiungere i propri risultati».
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Si può dire che Sofipo Global Plus svolga anch’essa una attività di consulenza aziendale ma con una focalizzazione del mercato estero? MASSIMO ANTOGNINI: «Siamo un’importante realtà fiduciaria svizzera, specializzata nella consulenza societaria, fiscale, e contabile per aziende e privati, entrata nel gennaio 2015 a far parte di Global Control Group Holding SA in seguito ad una operazione di management buy out che ha consentito di rafforzare la propria posizione sul mercato e di ampliare la sua naturale vocazione internazionale. Il nostro principale obiettivo è quello di fornire un contributo strategico a società, aziende e clienti al fine di costruire un percorso chiaro per il loro sviluppo, traducendo la visione in azione, le potenzialità in crescita, le risorse in valore, per fare la differenza».
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AZIENDE / GLOBAL CONTROL GROUP HOLDING SA
Qual è la tipologia di clienti che si avvale dei vostri servizi? MATTEO BARCA: «Mi piace rispondere che si può rivolgere a noi qualsiasi azienda che abbia un sogno o un progetto da realizzare, con la consapevolezza di trovare nel nostro team un partner affidabile capace innanzi tutto di ascoltare e analizzare i suoi bisogni, per poi condividere le migliori soluzioni da portare avanti con professionalità e costanza. In ogni caso, nel corso degli anni abbiamo acquisito una specifica competenza in ambito medico-sanitario e nel panorama dei nostri clienti possiamo annoverare molti professionisti della salute, studi e ambulatori medici, dentisti, veterinari, ecc. Questo settore necessita di una particolare professionalità nel trattare tutte le questioni inerenti il riconoscimento di titoli accademici e l’accredito presso le istituzioni cantonali preposte, senza naturalmente trascurare tutte le problematiche connesse a business plan, fiscalità, successione, ecc.». MASSIMO ANTOGNINI: «Per spiegare la nostra metodologia d’intervento vorrei portare il caso, tuttora in corso, di una società extra-europea quotata in borsa che intende acquistare una società privata svizzera. Come è facile comprendere ci siamo trovati ad affrontare complessi problemi inerenti il diritto societario, legali, fiscali, tenendo conto di regimi giuridici diversi. In altre parole, il nostro lavoro ci porta quotidianamente allo studio, alla valutazione e alla realizzazione di progetti finalizzati alla detenzione di beni patrimoniali, allo svolgimento di attività imprenditoriali e commerciali, all’internazionalizzazione delle imprese. Assicuriamo altresì consulenza per operazioni societarie straordinarie nazionali e transfrontaliere con una attenzione speciale all’ottimizzazione del carico fiscale relativo ai flussi reddituali transnazionali».
“La chiave del successo del nostro Gruppo risiede in un concetto tanto semplice da auspicare, quanto difficile da realizzare concretamente: condivisione dei valori e della metodologia di lavoro.”».
01 Maurizio Scuotto 02 Massimo Antognini 03 Matteo Barca
Questo articolato lavoro consulenziale implica necessariamente la collaborazione con professionisti operanti in ambiti diversi… MATTEO BARCA: «È questo senz’altro uno dei punti di forza assoluti delle società che fanno parte di Global Control Group Holding. Proveniamo da percorsi professionali ed esperienze differenti, questo ci consente di abbinare un pensiero non convenzionale all’azione concreta. All’interno del nostro Gruppo abbiamo a disposizione tutte le competenze necessarie per affrontare situazioni atipiche, nell’esclusivo interesse del cliente. Abbiamo costruito negli anni una rete di collaboratori e consulenti nazionali e internazionali capaci di garantire un qualificato apporto nella soluzione dei casi anche più difficili e complessi». Maurizio Scuotto, Presidente di Global Control Group Holding SA evidenzia sempre come: “ogni società mantiene una sua precisa identità, ma al tempo stesso riesce a raggiungere la perfetta armonia grazie ad una sensibile direzione, al medesimo spirito etico e a un modo comune di operare. I membri di una coalizione sono qualcosa di più di un partner e non è sufficiente avere una visione: bisogna saperla trasmettere, contagiando gli altri con le giuste idee. Nel costruire una coalizione, trasformiamo l’autorità individuale in autorità collettiva”. GLOBAL CONTROL GROUP HOLDING SA Via Balestra 12 CH-6900 Lugano www.globalcontrolgroupholding.com TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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AZIENDE / DELOITTE
Risolvere le sfide complesse, PER UN FUTURO MIGLIORE DI MANUELA LOZZA APPARTIENE ALLE BIG FOUR, QUELL’ESCLUSIVO E PRESTIGIOSO GOTHA DI MULTINAZIONALI DEI SERVIZI PROFESSIONALI ALLE IMPRESE. IN SVIZZERA, NEL 2017 HA REGISTRATO NUOVAMENTE UNA CRESCITA A DOPPIA CIFRA, PARI AL 13%. 170 ANNI DI STORIA A LIVELLO INTERNAZIONALE, PRESENTE IN OLTRE 150 PAESI AL MONDO, CON CIRCA 264.000 PROFESSIONISTI, È ATTIVA ANCHE A LUGANO. IL TRENTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UFFICIO TICINESE È PERÒ SOLO L’OCCASIONE PER PARLARE NON DEL RIGOGLIOSO PASSATO, MA DELLE ENTUSIASMANTI SFIDE DEL FUTURO.
Luciano Monga, Partner di Deloitte a Lugano
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arliamo di Deloitte, un colosso che rende servizi alle imprese pubbliche e private a tutto tondo: «Dalla revisione dei conti, al comparto legale, fiscale, alla consulenza aziendale». Ci racconta Luciano Monga, Partner responsabile della sede di Lugano. In Svizzera, Deloitte ha vissuto negli anni una crescita straordinaria. E forse le radici di questo successo già portano i segni dell’impegno futuro: «La nostra mission è quella di lasciare un segno importante su clienti, collabora-
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tori e società in questo panorama ricco di sfide. Ci caratterizza uno straordinario entusiasmo, in particolare nell’accompagnare le imprese nella trasformazione di fronte a problematiche complesse, nuove e in continua evoluzione, offrendo competenze uniche, soluzioni pragmatiche e innovative.» Il pensiero va subito allora, per esempio, alla sfida del digitale, che non è limitata all’applicazione di strumenti – robot, intelligenza artificiale e simili – bensì alla necessità di affrontare il business in un modo nuovo, che tenga comunque presente i valori di etica, indipendenza, rispetto. A tale proposito, nei confronti dei collaboratori «vogliamo offrire un’esperienza unica, in un contesto eccezionale in cui collaborare e crescere. La sfida è quella del lavoro agile, aperto verso le esigenze personali, mantenendo intatta la qualità del servizio al cliente e senza pregiudicare la possibilità di carriera. Parliamo di home working, di part time, di politica parentale all’avanguardia, di attenzione al reinserimento dopo la maternità, di garanzia di parità salariale fra i generi, di formazione continua, di programmi well-being. L’obiettivo è permettere ai
nostri professionisti di trovare un bilanciamento fra vita professionale e vita privata e fare della diversità un punto di forza». Perché in Deloitte hanno una certezza: il benessere diffuso porta benessere anche all’azienda. E questo importante compleanno cade proprio in un contesto davvero avvincente e stimolante, che Deloitte ha intenzione di cogliere: «Il 30mo anniversario di Deloitte a Lugano è una splendida occasione per rinnovare il nostro impegno anche rispetto al nostro Cantone» conclude Monga.
AZIENDE / STRP
INDUSTRIA 4.0: quale il ruolo delle PR? ARGOMENTO DI TENDENZA E AFFRONTATO SOTTO DIVERSI ASPETTI, QUELLO DELL’INDUSTRIA 4.0 RIMANE SEMPRE UN TEMA SU CUI VALE LA PENA RIFLETTERE.
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vari approfondimenti che si susseguono permettono di comprendere al meglio questo fenomeno, che sta avendo impatti in maniera invasiva non solo in ambito industriale, ma anche in quello domestico e privato. Quando si pensa alla quarta rivoluzione industriale – Industria 4.0, appunto – si è portati a immaginare stampanti 3D, robot, intelligenza artificiale, blockchain, digitalizzazione e quant’altro. Tuttavia, questi sono solo alcuni degli elementi che, in verità, si trovano in coda a un sistema trasversale molto più strutturato. Il tema Industria 4.0 richiede un serio ripensamento di paradigmi tradizionalmente acquisiti, per generare un forte cambiamento culturale. E noi abbiamo la fortuna di trovarci proprio nel mezzo, in una fase di transizione ricca di opportunità. Da professionisti del settore comunicazione, riteniamo doveroso chiederci quale possa essere il ruolo delle Pubbliche Relazioni in questo momento e in futuro. E partiamo proprio provando a formulare un’ipotesi sul futuro delle PR e dei professionisti della comunicazione. In generale, si pensa che l’avvento dell’intelligenza artificiale e della robotica porti alla dissoluzione di svariati posti di lavoro. Sempre più, tuttavia, si sta diffondendo la convinzione che, in realtà, cambierà il modo di operare, proprio come è già accaduto in passato, nelle precedenti rivoluzioni, per cui scompariranno determinate professioni ma ne verranno create delle nuove. Semmai, la questione riguarda le com-
petenze, ossia quali saranno le skills richieste per affermarsi in un nuovo ecosistema. Diversi studi sostengono che per lo più saranno robotizzate le attività ripetitive a basso valore aggiunto, mentre continueranno a essere sempre più richieste e considerate, anche da un punto di vista di remunerazione economica, tutte quelle professioni legate alle capacità umane. Fra queste, per citare esempi, l’assistenza infermieristica e infantile, la cura della persona. Stiamo dunque parlando di quelle professioni in cui occorre interpretare situazioni, costruire relazioni e saperle mantenere nel tempo, trovare soluzioni in maniera creativa. In occasione dell’ultimo World Economic Forum di Davos, sono state indicate le competenze di cui dotarsi per affrontare la quarta rivoluzione industriale. Fra queste, ne compaiono diverse che un professionista PR implementa quotidianamente nella propria attività: complex problem solving, critical thinking, creativity, people management, coordinating with others, emotional intelligence, negotiation. Da questo punto di vista, si potrebbe dunque affermare che le PR, laddove condotte professionalmente nel loro significato più stretto, potrebbero davvero rientrare nelle professioni che ritroveremo nel futuro? E, vista la natura delle PR, potrebbero i professionisti assumere un ruolo guida in questa fase di transizione, per supportare il viaggio verso il nuovo mondo che si sta affacciando a una velocità rapidissima? Difficile predirlo, ma forse è ragione-
volmente ipotizzabile che, all’interno di questo sistema che è l’Industria 4.0, le PR potranno assumere sia una funzione di raccordo per creare sinergie e mettere in rete i vari attori, sia un ruolo primario nel divulgare, a tutti i livelli, il significato dell’Industria 4.0 e le potenzialità di cui sarà possibile avvantaggiarsi in futuro, per favorire il progresso. E forse è proprio questa la vocazione delle PR, da sempre nella storia.
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ELITRASPORTO: un alleato, un’emozione, una professione
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DI ARIANNA LIVIO DAL LUGLIO 2012 ELITICINO, INSIEME AD AIR GRISCHA, BOHAG, HELI GOTTHARD, HELISWISS E RHEIN HELI, SONO STATE ACCORPATE NELLA NUOVA SOCIETÀ SWISS HELICOPTER SA, CHE È DIVENTATA UFFICIALMENTE LA PIÙ GRANDE SOCIETÀ COMMERCIALE DI ELITRASPORTO IN SVIZZERA.
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a storia dell’elitrasporto in Ticino iniziò oltre 50 anni fa. Senza gli elicotteri non si sarebbero potuti effettuare trasporti aerei importanti, come quelli per far fronte alle richieste da parte di società nel settore edilizio per la costruzione di nuovi acquedotti, dighe, linee elettriche e telefoniche, capanne e cascine. Correva l’anno 1963 quando l’azienda bernese Heliswiss AG, attiva nel servizio di elitrasporto, aprì una filiale ticinese all’aeroporto di LocarnoMagadino, poi trasferita all’aeroporto di Ascona. Due anni dopo, nel 1965, l’imprenditore di Giubiasco Claudio Valsesia, attivo all’epoca nell’estrazione e nel trasporto di inerti, fondò la propria società di elitrasporto. Ottenuta l’autorizzazione d’esercizio dall’ufficio federale dell’aviazione civile, Valsesia riuscì a farsi finanziare dall’allora banca Vallugano per l’acquisto del primo elicottero, un Agusta-Bell 47G-3B-1 HBXBY, fra i migliori apparecchi a quel tempo disponibili in rapporto al suo prezzo. Non avendo conoscenza del settore aeronautico, si fece aiutare dal bellinzonese Olinto Carmine, noto ex pilota militare e civile di aereo con parecchi anni di esperienza alle spalle. Dopo aver trovato pilota e meccanico, Siegfried (Sigi) Stangier (ex-pilota militare d’elicottero, istruttore presso la Heli-West) e Arthur Müller (prima alle dipendenze della Deutscher Helicopter Dienst), iniziò ufficialmente l’attività basata
AZIENDE / SWISS HELICOPTER
dapprima all’aeroporto di Lugano-Agno e in seguito a Bellinzona. Il primo elicottero di Valsesia venne battezzato “Eli Ticino” in ottobre, durante una cerimonia ufficiale in Piazza Grande a Giubiasco, nome che diede poi ufficialmente alla sua società nel 1966. Nel 1971 Valsesia introdusse nella sua flotta il primo elicottero a turbina, un grande passo per far fronte al crescente bisogno di trasporti aerei. Nel frattempo la tensione fra la Heliswiss AG e la Eliticino si allentò e si iniziò a collaborare per trovare una formula utile per entrambe le compagnie. Quattro anni dopo, nel 1975, scaturirono nuove tensioni dalla nascita di Air Grischa, basata a San Vittore ma con frequenti interventi anche sul territorio ticinese. Nel 1990 si costruì la base attuale presso l’aeroporto cantonale di Locarno-Magadino, dove si trovano gli uffici e gli hangar e si divise l’attività classica del trasporto aereo di persone e merci, che si staccò creando così una società separata attiva nella manutenzione e hangaraggio di elicotteri. Nel 2006 si decise di
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gor Canepa, cosa significa oggi essere a capo di una base di elitrasporto in Ticino? «Come insegna la storia, è grazie alle sinergie e alle collaborazioni che si può evolvere. E da runner appassionato (corro dai 6 ai 10 km al giorno) so che se vuoi andare veloce corri da solo ma se vuoi andare lontano… Swiss Helicopter racchiude il valore e la storia di più compagnie, più piloti e più collaboratori che hanno unito competenze, esperienze, intenti e capacità per poter offrire un servizio di trasporto di merci e persone in elicottero professionale, sicuro e all’avanguardia. Fare il capo base in Ticino è un lavoro molto dinamico, ma per essere competitivi occorre tracciare costantemente nuove rotte. In Ticino l’elicottero non è di certo una novità, occorre quindi essere sempre pronti ad offrire qualcosa di nuovo ed essere aperti a nuove sfide. I voli panoramici, i voli taxi e i trasporti in elicottero sono già relativamente conosciuti. Avendo 14 basi in tutta la Svizzera proponiamo voli panoramici per vedere dall’alto tutte le attrazioni turistiche più spettacolari del nostro Paese. Effettuiamo voli per praticare sport estremi, dal paracadutismo all’heliski, fino allo skydiving. Offriamo voli che uniscono il piacere
riorganizzare il trasporto di merci con la Tarmac-Aviation SA, nacque quindi una nuova società dal nome Eliticino-Tarmac. Eliticino continuò in modo indipendente la sua attività commerciale: voli panoramici, servizi taxi, viaggi VIP, scuola di volo e servizi di manutenzione e gestione di elicotteri. Dal luglio 2012 Eliticino, insieme ad Air Grischa, Bohag, Heli Gotthard, Heliswiss e Rhein Heli, sono state accorpate nella nuova società di elitrasporto Swiss Helicopter SA, con base principale a Coira, 40 elicotteri e 14 basi in tutta la Svizzera. È quindi storia relativamente recente quella del gruppo Swiss Helicopter, non a caso qualcuno la chiama ancora “Eliticino” e non a caso qualcuno la confonde con “Eliticino-Tarmac”, con la quale collabora per i trasporti di materiale e condivide parzialmente gli uffici all’aeroporto di Locarno-Magadino. È a capo della base Ticino di Swiss Helicopter Igor Canepa, pilota, istruttore di volo e laureato in ingegneria gestionale presso la SUPSI.
di un volo panoramico con un'esperienza gastronomica, una partita a golf o un soggiorno di relax. In Ticino abbiamo altre attrazioni turistiche rispetto, per esempio, ai nostri colleghi dell’Oberland Bernese, presi d’assalto da turisti provenienti da ogni parte del mondo, venuti ad ammirare dall'alto le cime e i ghiacciai più noti della Svizzera. I nostri voli panoramici più richiesti riguardano principalmente le valli del locarnese e il Lago Maggiore, ma proponiamo anche voli panoramici nel Luganese o nel Mendrisiotto, magari con pranzo o cena al grotto. Oppure voli sulla Valle Leventina o sui ghiacciai di casa nostra, ad esempio il Basodino. È tutto personalizzabile, possiamo stabilire insieme al cliente la rotta desiderata in base a ciò che si vuole vedere in volo». Chi si rivolge a voi? «Oltre ai turisti che visitano il nostro Cantone, ticinesi che vogliono scoprire le bellezze del Ticino dall'alto o regalare un volo panoramico in occasioni particolari, aziende e privati per voli taxi vip e privati che vogliono provare a pilotare un elicottero. Proponiamo dei voli di prova ai doppi comandi su elicottero biposto, il Guimbal Cabri G2, o sul nostro EC-
120B Colibrì. Dopo un breve briefing un nostro istruttore di volo esperto vi assisterà ai doppi comandi per diventare pilota per un giorno. E per chi non si accontenta e vuole davvero diventare un pilota di elicotteri? «In questo caso c’è la nostra scuola di volo, per ottenere la licenza di pilota privato e commerciale. La scuola di volo di Swiss Helicopter è una ATO (Approved Training Organisation) riconosciuta dall’ufficio federale dell’aviazione civile. Presso le nostre sedi potete ottenere una licenza di pilota d’elicottero in base alle più recenti regolamentazioni europee o frequentare vari corsi di perfezionamento. A Gordola offriamo diversi corsi, modulari e integrati, TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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AZIENDE / SWISS HELICOPTER
corsi d’aggiornamento e di recente anche corsi per piloti di droni (SAPR)». Di che cosa si tratta? «Nell’ottica di proporre sempre qualcosa di innovativo, da novembre dello scorso anno abbiamo ampliato i nostri servizi offrendo la possibilità di impiegare un drone professionale. Aeromobili a pilotaggio remoto offrono opportunità complementari alle applicazioni di volo con equipaggio. Con il nostro nuovo drone SDO 50 V2 (costruito in Svizzera da Swissdrones Operating SA), siamo in grado di fornire un dispositivo che, grazie alle sue caratteristiche tecniche, può offrire capacità di carico superiore, un’autonomia di volo maggiore, schemi di volo precisi e un elevato numero di sistemi di sicurezza. Oltre quindi a rivolgerci alle aziende che desiderano impiegare un drone professionale con piloti professionisti per le loro missioni nei vari ambiti, ci
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rivolgiamo anche a dei principianti che vogliono acquisire conoscenze teoriche di base nei settori dell’aerodinamica, del diritto aereo, dell’ingegneria e della meteorologia. Il nostro corso per piloti di droni (SAPR) è pensato proprio per chi desidera operare con i droni imparando in modo sicuro e professionale dai nostri istruttori». Per iscriversi o per altre informazioni sull’attività e i servizi di Swiss Helicopter? «Si può scrivere a ticino@swisshelicopter.ch, visitare il nostro nuovo sito www.swisshelicopter.ch oppure la nostra pagina fb. Io e il mio staff di piloti, istruttori e collaboratori siamo volentieri a disposizione per un appuntamento presso la nostra base di Gordola. Vi aspettiamo con piacere, anche senza dover per forza volare!».
SWISS HELICOPTER SA – TICINO Via Aeroporto 17 CH-6596 Gordola T +41 91 745 44 88 F +41 91 745 10 25 www.swisshelicopter.ch
AZIENDE / STEFANO MOCCETTI
Faccio vibrare L’ANIMA DEL LEGNO ESISTONO ANCORA DEGLI UOMINI CAPACI DI DEDICARE TUTTA LA PROPRIA VITA AD UN’UNICA GRANDE PASSIONE. È IL CASO DI STEFANO MOCCETTI, UNO DEGLI ULTIMI LIUTAI ATTIVI IN TICINO, DALLE CUI SAPIENTI MANI SONO USCITI DECINE DI STRUMENTI SUONATI DAI PIÙ FAMOSI MUSICISTI AL MONDO.
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ome si scegli di diventare liutaio? «Non sono nato liutaio perché all’inizio mi sono dedicato agli studi di medicina. La mia passione per la liuteria è iniziata più tardi quando mi sono avvicinato alla chitarra classica che suonavo con grande passione. In quegli anni ho avuto l’opportunità di frequentare e usufruire degli insegnamenti di José Romanillos. Questa mia esperienza presso uno dei più grandi e capaci costruttori di chitarre mi ha indubbiamente trasmesso inestimabili insegnamenti e suggerito preziose soluzioni nella costruzione della chitarra di pregio».
per essere utilizzate dopo un lungo e delicato periodo di stagionatura e invecchiamento». Da chi sono utilizzate le sue straordinarie chitarre? «Le pochissime chitarre che riesco a produrre annualmente sono indirizzate a esigenti e sensibili amanti della musica e dello strumento quale protagonista».
Quali doti è indispensabile possedere per costruire uno strumento musicale come una chitarra classica? «Credo che sia indispensabile imparare a “sentire” il legno, un materiale sempre vivo e pulsante, e ad apprezzare la semplicità del progetto e l’essenzialità nella costruzione come premessa per l’ottenimento di uno strumento con forti caratteristiche espressive. Le mie chitarre, secondo la più autentica tradizione spagnola, sono costruite completamente a mano in ogni loro dettaglio sia tecnico che decorativo, come le sobrie decorazioni e gli intarsi che risultano da accostamenti di legni naturali. Nel mio laboratorio conservo varie tavole di abeti svizzeri, pronte TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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Ogni liutaio è solito apporre una sorta di “firma” su ogni chitarre prodotta… «L’influsso della lunga dominanza araba in Spagna si manifesta nella decorazione che il liutaio realizza ancor oggi con intarsi collocati specialmente attorno alla “buca”. Si tratta di motivi generalmente geometrici che costituiscono “la firma” del costruttore. Io li eseguo in proprio, su disegni originali, usando impiallacciature di diversi spessori con colorazioni esclusivamente naturali».
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Entrare nella bottega di un liutaio significa scoprire una sorta di antro magico dove il profumo del legno si mischia all’odore delle essenze utilizzate per la verniciatura dello strumento… «Su strumenti costruiti con la massima cura si richiede una finitura d’alto livello e tecnica: la tradizionale verniciatura a gomma lacca. Solo questo lungo e oneroso procedimento riesce a dare la giusta lucentezza e profondità al legno. La resa sonora è nettamente superiore a quella ottenuta da strumenti verniciati con le moderne vernici, più durature ma troppo rigide».
Accanto alla realizzazione di strumenti nuovi lei si dedica anche a lavori di restauro? «Da molti anni, oltre alla costruzione di chitarre, svolgo attività un’attività restauro che mi ha permesso di esaminare molti pregiati strumenti di grandi liutai del passato, ricavandone ogni volta preziosi insegnamenti. Accanto alle chitarre ho avuto così modo di costruire strumenti come violini, viole e violoncelli». www.moccettiguitars.com
MEDICINA / CARDIOCENTRO TICINO
TIZIANO CASSINA, PRIMARIO DI CARDIOANESTESIA E CURE INTENSIVE DEL CARDIOCENTRO TICINO SI OCCUPA ANCHE DELLA GESTIONE AMMINISTRATIVA DELLA STRUTTURA LUGANESE. CON UNA BEN PRECISA FILOSOFIA: METTERE AL CENTRO DI OGNI AZIONE TANTO IL BENESSERE DEL MALATO CHE QUELLA DEL PERSONALE SANITARIO.
L’importanza DI REMARE INSIEME
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iziano Cassina, primario di Cardioanestesia e Cure intensive del Cardiocentro Ticino, è anche professore titolare presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Ginevra. In Ticino e al Cardiocentro è giunto con un doppio titolo formativo in anestesia e medicina intensiva conseguito all’Ospedale Universitario di Losanna, con la quale ha peraltro portato avanti una costante collaborazione, cui è poi subentrata nel 2009 quella con l’ospedale universitario di Ginevra. Già presidente della Società Svizzera di Anestesiologia e Rianimazione per 4 anni fino al 2012, Tiziano Cassina ama ripetere di avere appreso dal canottaggio – sport al quale è legato da una grande passione – la lezione di quanto sia importante remare insieme, sia in campo medico che per ciò che riguarda l’organizzazione sanitaria. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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MEDICINA / CARDIOCENTRO TICINO
insufficienza cardiovascolare, il reparto dispone delle apparecchiature e delle competenze necessarie per sostituire temporaneamente la fuzione miocardica con una circolazione esterna». Lei ha elaborato un preciso concetto di medicina perioperatoria cardiovascolare. Di che cosa si tratta? «La medicina perioperatoria cardiovascolare esprime una visione di presa a carico globale del paziente nelle fasi che precedono, accompagnano e seguono l’intervento cardiochirurgico. In questo modo, la presa a carico del paziente è trasversale e permette una continuità delle cure con un percorso terapeutico uniforme ed individualizzato».
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uali sono le principali caratteristiche dell’unita di terapia intensiva del Cardiocentro? «L’unità di terapia intensiva si trova al piano –1 ed è adiacente alle sale operatorie per garantire la massima sicurezza e rapidità d’intervento anche nella fase post-operatoria. Offre cure altamente specializzate ai pazienti cardiopatici durante le differenti fasi della malattia, prima e dopo una procedura di cateterismo cardiaco o un intervento cardiochirurgico. È inoltre il centro di riferimento per la presa a carico dopo un arresto cardiaco extraospedaliero ed è in grado di assistere persone con grave insufficienza respiratoria che necessitano di ossigenazione extracorporea. Infine è all’avanguardia per la gestione dei pazienti sottoposti alle moderne procedure di cardiologia interventistica, come le valvole percutanee o le procedure complesse di elettrofisiologia. Per i pazienti con grave
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La medicina acuta si è profondamente trasformata e abbreviata nel corso degli ultimi anni… «Assolutamente sì. “Fast-track” è il termine inglese entrato nell’uso comune per esprimere un “percorso accelerato” della degenza dei pazienti in ospedale. Si tratta di una concezione
più moderna dell’approccio al malato secondo la quale tutti gli operatori sanitari coinvolti collaborano a ridurre al minimo l’impatto invalidante dell’intervento chirurgico con un conseguente recupero più rapido dello stato di benessere ed una dimissione precoce dall’ospedale. Sono quattro le fasi del ricovero ospedaliero di un paziente cardiochirurgico: la diagnostica, la fase operatoria, il decorso postoperatorio in terapia intensiva e la degenza. Molto è cambiato anche in conseguenza dell’evoluzione delle tecniche di intervento cardiochirurgico. Probabilmente gli approcci mininvasivi sono il primo passo verso la chirurgia del terzo millennio che sicuramente vedrà sempre più l’uomo e la macchina lavorare insieme per ottenere risultati migliori. È infatti ovvio che l’estensione dell’impiego di tecniche chirurgiche mininvasive a pazienti con cardiopatie complesse è possibile solo se la tecnologia mette a disposizione del chirurgo macchine “intelligenti” che aiutano a vedere meglio ed eseguire perfettamente le tecniche chirurgiche applicate».
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Aiutare un bambino significa dare speranza ad una famiglia intera
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FONDAZIONE BAMBINI CARDIOPATICI NEL MONDO
valorizzando l’acquisita esperienza nel contesto organizzativo dell’EOC. Stiamo lavorando per l’auspicata quadratura del cerchio alfine di precisare la posizione del nostro istituto all’interno dell’organigramma sanitario cantonale definendo il grado di autonomia che garantirà la continuità dei valori e del “nome” Cardiocentro».
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A questo proposito, non posso fare a meno di domandarle quale potrà essere il futuro del Cardiocentro…. «Al momento sono in corso le trattative tra Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) e Fondazione Cardiocentro Ti-
cino con l’obiettivo di arrivare ad un accordo innovativo che permetta di salvaguardare l’autonomia del nostro nosocomio privato, al momento della sua integrazione nel settore pubblico prevista dopo il 2020, come pattuito negli anni ’90 quando il prof. Tiziano Moccetti fondò la struttura. Sono convinto che esistono i presupposti per arrivare a una nuova intesa che consenta ai pazienti ticinesi di continuare a fruire delle migliori cure possibili, offerte dall’attività clinica del Cardiocentro
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All’interno del Cardiocentro, lei occupa anche un ruolo di grande responsabilità, quella di vicedirettore sanitario: con quale spirito ha affrontato questa sfida e quali sono stati i principali successi conseguiti? «Questa funzione che ricopro accanto a quella clinica mi affascina molto perché implica uno sforzo per coordinare e armonizzare fattori di natura sanitaria, economica, e quelli attinenti alle risorse umane o alla gestione aziendale, talvolta in contrasto tra loro. Un principio a cui ho sempre cercato di ispirarmi è quello di assicurare non soltanto il benessere del paziente, che rimane la preoccupazione principale, ma anche il benessere di tutta l’organizzazione sanitaria di medici, infermieri e personale ausiliario. Solo in questo modo è possibile raggiungere quei risultati che fanno del Cardiocentro un luogo dove è possibile curarsi bene ma anche lavorare all’interno di un ambiente accogliente e attento alle esigenze di tutti».
BENESSERE / PERMAMED
IL SEGRETO per una pelle luminosa SEMPRE PIÙ PERSONE HANNO ESIGENZE MOLTO ELEVATE QUANTO ALLA QUALITÀ DEI TRATTAMENTI CHE USANO QUOTIDIANAMENTE E NON ESITANO A SEGUIRE I CONSIGLI ANTI-AGE COMPETENTI DEL LORO MEDICO SPECIALISTA O FARMACISTA DI FIDUCIA.
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01 Angela Vattioni, Delegato medico/OTX Ticino 02 Christian H. Lutz, Fondatore e proprietario della Permamed SA
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avviamento del processo d’invecchiamento della pelle si manifesta non solo con le prime rughette e rughe, ma anche attraverso cambiamenti dell’aspetto della pelle, che tende a diventare secca e a presentare irregolarità. Mentre in generale la pelle può assumere una tinta pallida e perdere luminosità, la zona “T” del viso (cioè la fronte, il naso e il mento) tende a diventare eccessivamente lucida. Con la linea Lubex anti-age la ricerca dermatologica di Permamed è riuscita a rispondere in modo molto specifico a queste esigenze. Già a partire dai 20 anni, la pelle comincia a presentare i primi segni d’invecchiamento, causati da una parte da fattori biologici e dall’altra da fattori ambientali. Con ambiente si intende soprattutto il cosiddetto stress ossidativo, come p. es. i raggi UV, il fumo e le sostanze inquinanti quali gas di scarico, ozono e polveri fini. Le conseguenze di entrambi i fattori d’invecchiamento però sono simili: provocano una diminuzione della produzione di collagene, di elastina e di lipidi. La pelle perde così la propria tonicità, e cominciano a manifestarsi delle prime linee e rughette nella zona degli occhi. I trattamenti e la profilassi attivi di Lubex anti-age contengono sostanze trattanti particolari che proteggono la pelle, la idratano e la lisciano. Da 40 anni, competenza dermatologica Swiss made Permamed è una piccola e media impresa (PMI) farmaceutica svizzera, con sviluppo e produzione di galenici propri, e ciò da ormai quattro decenni. Oggi conta circa 75 dipendenti a
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Therwil, nei pressi di Basilea. È tra le 10 prime ditte del paese per i prodotti OTC e fabbrica soltanto prodotti originali, e non generici. Per Permamed, che produce prodotti di alta qualità in sede fin dall’inizio, la swissness è un concetto di grande concretezza. In effetti, tutti i preparati topici vengono sviluppati, prodotti e confezionati, in conformità con le norme NBP, nei propri laboratori di Therwil. Da Basilea al Ticino Il fondatore e proprietario della Permamed SA Christian H. Lutz ha un modo attivo, tutto suo, di vivere la swissness, in questo caso il legame tra la Svizzera interna e il Ticino: ogni tanto lascia infatti la realtà aziendale di Therwil per concedersi un po’ di relax con la famiglia e gli amici nella sua casa di Ascona, borgo del quale apprezza particolarmente l’atmosfera. Anche Angela Vattioni, una vivace ap-
BENESSERE / PERMAMED
ci tiene a impegnarsi anche nel campo sociale. Lo fa tra l’altro sostenendo la Lega svizzera contro il cancro e in particolare donando un franco per ogni confezione «Lubex anti-age» venduta al programma per la prevenzione del cancro del seno. In questo modo, la ditta vorrebbe esprimere la propria gratitudine in particolar modo nei confronti delle donne. Ogni franco può contribuire a salvare delle vite...
penzellese, è ormai pratica della cultura e della mentalità ticinese: da 8 anni è infatti lei la prima persona di contatto di Permamed per i medici e i farmacisti a sud delle Alpi. Prospettive future Permamed è riuscita negli ultimi decenni a estendere il marchio di successo Lubex a molti altri prodotti. Infatti, Lubex è lungi oggi dall’essere “soltanto” un’emlusione detergente per la pelle: shampoo attivi, lozioni, preparati per peeling, trattamenti diurni e notturni per la pelle e trattamenti speciali completano e arricchiscono ormai un assortimento che vuole essere all’altezza delle esigenze igieniche più moderne. Ciò che invece rimane costante è il concetto di “competenza dermatologica”, per cui tutti i prodotti Lubex sono sviluppati in collaborazione con dermatologi attivi sia in studi medici sia in cliniche e non contengono né conservanti, né sostanze profumanti allergeniche, né coloranti. Per i prossimi anni è previsto lo sviluppo, sempre secondo le conoscenze medico-scientifiche più aggiornate, di alcune novità dermatologiche selezionate e di prodotti della linea Lubex antiage, in modo da poter rispondere anche in futuro alle esigenze sempre più specifiche di pazienti e consumatori.
Le esigenze specifiche della pelle continuano a essere al centro A influire sulla pelle non sono soltanto i fattori d’invecchiamento biologici e ambientali e lo stress ossidativo, ma anche la mancanza di sonno e i cambiamenti di stagione. E, spesso, un trattamento diurno o notturno non basta più a coprire i bisogni individuali della pelle. In questi casi, si può ricorrere ai trattamenti speciali di Lubex anti-age, che forniscono alla pelle le sostanze attive necessarie in forma molto concentrata, nonché diversi fattori idratanti e lipidi. Lubex anti-age intelligence refining & correcting biostimulator, in particolare, permette di affinare l’aspetto della pelle e di renderla subito opaca se usato in combinazione con un trattamento dermatologico diurno e/o notturno Lubex anti-age. Inoltre esso riduce e corregge le rughette grazie a un sistema attivo con 6 Biostimolatori, la cui azione si svolge dalla superficie della pelle in profondità. Lubex anti-age intelligence refing & correcting biostimulator rinfresca e abbellisce l’aspetto della pelle e rende quest’ultima più luminosa. La salute ci sta a cuore: l’impegno contro il cancro Quale protagonista del mondo sanitario svizzero, Permamed
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«40 ans de compétence dermatologique»
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«40 anni di competenza dermatologica»
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BENESSERE / ANGELO BIGONTINA
NATO E CRESCIUTO A CORTINA D’AMPEZZO, DOVE HA PASSATO I PRIMI VENT’ANNI IMMERSO NELLA NATURA, GIOCANDO NEI BOSCHI E PRATICANDO TUTTI GLI SPORT CHE LA MONTAGNA OFFRE, ANGELO BIGONTINA È OPERATORE ROLFING, UN METODO CHE NON SI OCCUPA DEL SINTOMO, MA DEL SISTEMA-CORPO NELLA SUA INTEREZZA.
TI ROLFING Corso Pestalozzi 21B CH-6900 Lugano +41 (0) 76 650 51 15 bigontina@gmail.com www.ticinorolfing.com
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UN AIUTO per stare MEGLIO
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he cos’è innanzitutto il Rolfing? «Il Rolfing è un metodo utilizzato per riconoscere e provare a superare problematiche esistenti, che si possono ad esempio manifestare con mal di schiena, dolori cervicali, instabilità delle caviglie, periartriti scapolo-omerali ecc, ma la sua potenzialità immensa la manifesta in quanto approccio preventivo per aiutare a mantenere e migliorare il proprio stato di benessere, grazie alla consapevolezza corporea che si acquisisce durante il processo». Come si diventa Rolfer? «Ho studiato Scienze Naturali all’Università di Padova, dove ho conseguito la laurea nel 2001. Successivamente ho lavorato per diversi anni come biologo marino negli incantevoli mari delle isole Maldive, facendo anche da guida marina ai turisti. Ho trascorso gran parte della mia vita a stretto contatto con la natura, sia montana che marina. La mia passione anche per le scienze umane, mi ha portato a frequentare diversi corsi alla ricerca del miglior connubio tra uomo e natura. Ho così preso coscienza che il modo migliore per stare in armonia con sé stessi e con il mondo che ci circonda è attraverso la consapevolezza corporea. Sono quindi venuto a conoscenza del metodo Rolfing. Sembrava come disegnato su misura per armonizzare e combinare il frutto delle mie ricerche. Ho scelto di ricevere le 10 sedute di Rolfing, sperimentando su di me l’efficacia di questa tecnica di lavoro corporeo. Non ho più avuto esitazioni e ho intrapreso tutto l’iter necessario per
diventare io stesso un operatore Rolfing. Così a inizio 2010 mi sono diplomato negli Stati Uniti, presso il Rolf Institue di Boulder in Colorado. Oggi posso condividere queste conoscenze con le persone con le quali entro in contatto. Questo mi gratifica e mi permette di aiutare sempre più persone a conoscere meglio se stesse e raggiungere uno stato di benessere psicofisico maggiore». Come avvengono le sedute di Rolfing? «Dopo un colloquio preliminare e una lettura del corpo, il percorso del Rolfing si svolge generalmente nell’arco di 10 sedute della durata di un’ora abbondante ciascuna. Il Rolfer osserva il corpo della persona in posizione eretta ed in movimento nello spazio e ne “legge” le principali caratteristiche. Poi in base al bisogno specifico del momento, viene valutata la modalità di lavoro. Ogni seduta, personalizzata a seconda delle esigenze dell’individuo, si focalizza nel liberare tensioni o blocchi legati a traumi. Il Rolfer, nella specificità caratteristica di ogni seduta, non perde di vista il principio olistico di base, assicurandosi che il lavoro svolto possa integrarsi nella struttura del cliente in modo confortevole ed armonioso». Chi potrebbe trarre un giovamento dal Rolfing? «Direi che va bene per tutte le persone che si sentono intrappolate nel proprio corpo a causa di traumi del passato; è adatto a chi soffre di mal di schiena e dolori cervicali, dolori alla colonna vertebrale, mal di testa, tensioni, problemi di portamento, limitazioni nei movi-
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menti ad esempio in seguito a incidenti o altro. Molti traumi del passato restano intrappolati nelle cellule del nostro corpo; con una tecnica mirata del Rolfing possiamo scioglierli e riprenderci il nostro pieno potenziale, finalmente liberi da schemi emozionali limitanti.». Il Rolfing può essere utilizzato per prevenire possibili malanni futuri? «Le sedute di Rolfing effettuate a titolo preventivo aiutano a migliorare la percezione del proprio corpo e il proprio benessere emozionale. Il metodo Rolfing è adatto per qualsiasi persona di qualsiasi fascia d’età, e si rivolge generalmente a chi si sente inadeguato o registra tensioni croniche, a chi è esposto a grande stress in ambito professionale o che desidera migliorare i propri movimenti e la percezione del proprio corpo, ad esempio praticando sport, yoga, ballo, teatro o suonando uno strumento musicale»
E tu come stai? La nuova Facoltà di scienze biomediche e L’ideatorio dell’USI propongono un ciclo di incontri “E tu come stai?” sul futuro della medicina organizzato anche in collaborazione con la rete europea del progetto SPARKS. Le conferenze offriranno interessanti risposte ad alcune diffuse domande sullo stato della nostra salute. Quale rapporto abbiamo noi cittadini con la medicina? Quanto incidono le nostre abitudini, l’ambiente e lo sviluppo tecnologico
sulla salute? Come garantire cure di qualità accessibili a tutti? Un’occcasione per riflettere e discutere sulle sfide future della medicina, in un dialogo diretto tra esperti, cittadini e associazioni attive sul territorio.
Prossimi incontri: • Martedì 20.03.2018, Aula magna scuole medie, Stabio, ore 20.30: Ci ammaliamo respirando? • Lunedì 09.04.2018, Aula magna Istituto cantonale di economia e commercio, Bellinzona, ore 20.30: Cara salute, quanto mi costi? • Lunedì 23.04.2018, Auditorium Università della Svizzera italiana, Lugano, ore 20.30: Caro dottore, mi ascolti?
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BENESSERE / IGOR SIBALDI
Indagini sull’uomo INCONTRO CON UNO SCRITTORE, CONFERENZIERE E REGISTA TEATRALE FUORI CANONE. DI KERI GONZATO
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olo quest’anno Igor Sibaldi ha pubblicato sei nuovi libri con le più importanti case editrici italiane. Oltre a scrivere, condivide le sue riflessioni illuminanti tramite conferenze e pièce teatrali. Dal 1997 si muove attraverso l’Italia e all’estero andando incontro al pubblico con conferenze e workshop. Eventi vibranti che spiazzano, trasformano, spingono fuori dal selciato della logica comune. Chi incontra Igor Sibaldi, in un modo o nell’altro ne uscirà trasformato. A suo agio con tematiche che toccano filosofia e storia delle religioni, psicologia, mitologia e filologia, storia della letteratura e teatro si può definire un uomo dalla curiosità vorace e traversale. Tra le pubblicazioni che sono state più apprezzate dal pubblico ci sono titoli come I maestri invisibili, sulle facoltà extratemporali della psiche, Il codice segreto del Vangelo, in cui offre una traduzione nuova con commento del Vangelo di Giovanni e poi ancora Il mondo dei desideri, sulla dinamica del desiderio; Eros, sulla possibilità di riattualizzare l’antica filosofia dell’amore. Nato a Milano nel 1957, Igor Sibaldi ha però origini russe ed è esperto di letterature slave. Per Mondadori infatti ha tradotto Guerra e pace di Tolstòj. Come già detto, scrivere non basta a soddisfare il suo moto espressivo e nel teatro trova un mezzo intrigante. È autore e regista di Francesco e i burattini e Dioniso, una pièce intima che sa sondare le profondità della vita in modo delicato… Uomo vitale, allegro e disponibile, ha acconsentito ad aprirsi ai nostri lettori parlando di se e del suo approccio al vivere. Lasciati ribaltare dalle sue risposte. Forse il talento principale di Igor Sibaldi è proprio quello di farci cambiare prospettiva, invitandoci a guardare il mondo da un punto di vista fresco, onesto e mai scontato.
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hi è Igor Sibaldi oggi, come ti presenteresti a qualcuno che non ti conosce? «In alcuni miei libri ho descritto la mia antipatia per il verbo essere: penso che la maggioranza dei guai in cui una persona si possa trovare dipenda proprio dalla sua certezza di sapere chi sia. Non appena uno sa chi è, si ritiene in dovere di esserlo, e ciò limita le sue prospettive: si sente spinto a giustificarsi per com’è (se no, cambierebbe!), a proibirsi nuove opportunità, a fissarsi su certe sue idee (perché gli sembra che siano giuste per
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ciò che lui è). Così, uno che sa chi è si deprime, litiga facilmente, e annoia se stesso e gli altri, con la sua prevedibilità. Al contrario, è molto piacevole accorgersi di non sapere ancora abbastanza di se stessi. Tanto più che ognuno di noi può sempre diventare molto di più di quello che si è rassegnato a essere, e quel «molto di più» è il mio argomento prediletto. Perciò quando mi capita di intrattenermi con qualcuno che non mi conosce, preferisco di gran lunga fare domande, per vedere se per caso non mi suggerisce qualche nuova possibilità di pensiero, di scoperta, di azione».
Quale anelito ti ha spinto e tutt’oggi ti spinge alla tua scelta di vita professionale? «Di sicuro c’è un’ingenua voglia di far nascere un tipo di pubblico nuovo. I libri che scrivo, le conferenze che faccio trattano di numerosi argomenti in un modo completamente diverso da come li si è trattati di solito: chi si mette a leggermi o ad ascoltarmi capisce subito che, per intendermi, deve cominciare a cambiare. E immaginare quei cambiamenti mi dà molto piacere e molta energia. Poco male se è un’ingenuità, dato che da una ventina d’anni sta fun-
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zionando. Poi c’è una mia necessità, che mi accomuna a un buon numero di scrittori e artisti: desidero scoprire, e riesco a compiere scoperte solo mentre mi rivolgo a qualcuno altro. Si vede che sono meno intelligente quando sto per conto mio. Credo sia una tendenza di carattere amoroso: gli innamorati migliorano molto quando sono in compagnia di chi amano. In loro, il «perché» diventa tanto importante quanto il «per chi». Così è per me». Se si va al nocciolo di ciò che condividi attraverso libri, teatro e conferenze… cosa si trova? «Spiacente, è una domanda che non fa al caso mio. I miei libri e le mie conferenze sono, in ogni frase, al nocciolo e al centro di ciò che ho da dire. Se avessi potuto esprimere più concisamente le mie idee, lo avrei fatto senza dubbio. Per esempio: quando parlo a un pubblico, mi piace fare battute e
sentire che la gente ride. Ma in ciascuna battuta, anche nella più buffa, c’è un nocciolo, un centro, senza il quale la conferenza sarebbe incompleta. C’era una volta un imperatore cinese che comandò ai suoi geografi di disegnargli una buona carta della Cina. E dopo molto lavoro, i geografi e l’imperatore scoprirono che una buona carta della Cina sarebbe dovuta essere grande come tutta la Cina. Penso che lo stesso valga per qualsiasi libro che meriti di essere letto, o per qualsiasi discorso che meriti di essere ascoltato. In questo momento storico quale urgenza interiore ed esteriore ti ispira? «C’è, da qualche tempo, un’urgenza sia interiore ed esteriore che ispirerebbe chiunque se ne accorgesse: la nostra civiltà occidentale ha cominciato a scindersi in due correnti, una delle quali ha deciso di accontentarsi
del mondo così com’è, mentre l’altra desidera intensamente un mondo nuovo. Da circa un secolo non succedeva in maniera tanto eclatante: dai tempi della grande emigrazione oltreoceanica. Purtroppo, queste scissioni durano sempre poco: tutt’a un tratto, chi si è avviato verso un mondo nuovo perde i contatti con chi è rimasto nel mondo vecchio, e chi è rimasto nel mondo vecchio non ha più né la forza né le occasioni per cambiare qualcosa della propria vita. In momenti simili è normale sentirsi spinti a mostrare al maggior numero possibile di persone i modi per desiderare di più, e per fare il balzo. E da questo punto di vista, dunque, mi sento molto normale, dato che la tematica su cui mi sto concentrando, in tutti i miei lavori, è proprio il mondo nuovo – che stavolta non è nelle Americhe, ma a portata di mano di chiunque, in ogni località».
Gianmaria Delmenico
Emiliano Delmenico
P R E M UR OS I - PRO F ESSIO NA LI - A C C U RAT I
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SPORT / SERENA BERGOMI
Il grande tennis TORNA A LUGANO DOPO I FASTI DEGLI ANNI ’80, QUANDO SULLE RIVE DEL CERESIO APPRODARONO CHRIS EVERT E GABRIELA SABATINI, A LUGANO SI TORNERÀ PRESTO A RESPIRARE ARIA DI “TENNIS VERO”: DAL 9 AL 15 APRILE I CAMPI DEL TENNIS CLUB LIDO OSPITERANNO INFATTI UN TORNEO FEMMINILE WTA. SERENA BERGOMI, OTTIMA TENNISTA E BRAVA GIORNALISTA A TELETICINO, FA PARTE DELL’ORGANIZZAZIONE: L’ABBIAMO INCONTRATA PER SAPERNE DI PIÙ DEL TORNEO, CERTO, MA ANCHE DI LEI E DEL SEMPRE VIVACE MONDO DEL TENNIS TICINESE. DI GABRIELE BOTTI
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i racconta il suo percorso sportivo? «Ho cominciato a giocare a tennis all’età di 4 anni. A dire il vero possiamo dire che giocavo già nella pancia di mia madre e dal passeggino ero già tifosa a bordo campo. Da allora la racchetta è diventata il prolungamento del mio braccio, una compagna di viaggio e di tante avventure. Durante tutto il periodo delle scuole obbligatorie facevo avanti e indietro da Camorino, dove all’epoca si riuniva la “cellula” di Swiss Tennis, un gruppetto di giocatori ticinesi scelti per allenamenti mirati e diciamo privilegiati, tre volte alla settimana dopo la scuola. Poi, a 15 anni, arrivò la proposta da Bienne, per trasferirmi nel Canton Berna, a condizione di accantonare lo studio. Giocavo a tennis 4 ore al giorno e per due ore mi dedicavo alla condizione fisica». Una vita bella, ma anche piena di sacrificio… «Lo sport è anche questo. Questa è stata la mia routine per quasi tre anni: giravo il mondo da un torneo all’altro, sognando di diventare tennista professionista. Per dare spazio ai più giovani
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sono rientrata in Ticino e ho ricominciato la scuola. Ho scelto il Liceo linguistico in Italia, ciò che mi permetteva di avere i pomeriggi liberi per dedicarmi agli allenamenti, a Saronno questa volta. Poi portare avanti due cose è diventato sempre più difficile, e le cose mi piace farle bene, quindi il tennis è passato in secondo piano rispetto allo studio: mi sono laureata in Scienze della Comunicazione all’USI di Lugano». Perché ha scelto, se di scelta si è trattato, proprio il tennis? «Ho respirato tennis fin da subito, mamma e papà giocavano entrambi ed è sempre stato un piacere stare in campo per me. All’inizio facevo parallelamente anche ginnastica ritmica, poi verso gli 11 anni ho dovuto compiere una scelta. Probabilmente, fu dettata anche dal fatto che ero portata per il tennis, così almeno dicevano gli allenatori che allora mi vedevano tirare palline. Ho sempre praticato anche
SPORT / SERENA BERGOMI
Del Potro. Non solo per lo stile, ma anche, e soprattutto, per l’attitudine, la dedizione e il cuore che ci mette quando entra in campo. E a livello femminile la mia solidarietà va a una guerriera come Simona Halep». Quanto contano nel tennis e nello sport in generale gli esempi dei campioni? «Tantissimo. Ma non solo tennis o nello sport in generale, anche nella vita. Lo sport deve insegnare l’umiltà, il sacrificio, deve temprare il carattere e forgiare la forza di volontà. E chi meglio di un campione ti dimostra che se davvero vuoi, puoi? Avere un modello da seguire, qualcuno che quella strada, a modo suo, l’ha già percorsa, è uno stimolo importante. E poi, tolte alcune eccezioni, lo sport è salute, porta con sé dei valori che ogni tanto vengono dimenticati, come il rispetto».
altri sport, come il nuoto o lo sci, ma solo con il tennis era vero amore». Cos’è oggi il tennis per Serena Bergomi? «È tuttora una grande passione, a cui però dedico meno tempo, ahimè. Diciamo che in inverno vado un po’ in letargo, esco dalla tana in primavera e riprendo. Insegno, nei ritagli di tempo, gioco qualche torneo e non manco mai all’appuntamento Interclub: mi piace lo spirito di squadra, e sono fiera capitana di un gruppo di pazze. Il tennis – guardato e giocato - farà sempre parte della mia vita». Quando ha iniziato a giocare, a quali modelli si ispirava e perché? «Sarà scontato, ma Martina Hingis all’epoca se ne stava, con i poster delle boy band, sui muri della mia cameretta. È difficile non rimanere abbagliati da un talento simile. La facilità e la lettura del gioco che le permetteva sempre di essere una frazione di se-
condo in vantaggio sugli altri era ipnotizzante. A Camorino abbiamo cominciato ad allenarci seguendo il suo metodo, o meglio, il metodo di mamma Molitor. Penso mi sia «servito molto, anche se il mio gioco poi si è sviluppato in maniera diversa. Lo schiaffo al volo arrivava proprio da lì». E oggi quali sono i tennisti che più la fanno entusiasmare? «Anche qui rischio di cadere nella banalità più assoluta, ma come mi fa battere il cuore Roger Federer, non ci riesce nessuno. Notti sveglia per seguirlo, balzi sul divano, urla disumane. Insomma, lui per me incarna l’essenza del tennis, è un dono dal cielo. Tifo ovviamente tutti i rossocrociati, in campo maschile e in quello femminile. Sono legata da una bellissima amicizia a Timea Bacsinszky. Ma di amore vero ce n’è uno solo: King Roger. Se dovessi scegliere un altro giocatore del circuito che apprezzo, tolti gli elvetici, punterei senza dubbio su Juan Martin
Com’è cambiato questo sport negli ultimi 20 anni? «È cambiato molto, non tanto nella sostanza quanto nella forma. Dall’equipaggiamento – ovviamente oggi più all’avanguardia - alle tecnologie introdotte (come l’occhio di falco). Il tennis però è sempre lo stesso, vinci se fai un punto in più del tuo avversario o, a dipendenza di quale sia la tua tattica, se fai un errore in meno. Di recente sono stata a Milano per seguire le Next Gen ATP Finals, con i migliori emergenti che provavano un nuovo sistema di gioco: insomma, un tennis 2.0. Molto spettacolare e affascinante, ma non sono ancora pronta per sostituire il vecchio modello con quello nuovo». Venendo al torneo di Lugano, di cosa si occuperà? «Sarà di certo una bella avventura! Conosco l’ambiente e quindi posso fare da ponte tra l’organizzazione, le giocatrici e il nostro bel Ticino. Sarò la speaker ufficiale, quindi sentirete spesso la mia voce in giro per i campi». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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Che importanza dare al ritorno in Ticino di un torneo di livello mondale? «Lasciatemelo dire: era ora! Mancava proprio una competizione di alto livello qui da noi. Senza nulla togliere al Challenger di Chiasso (prima maschile e poi femminile), a quello di Caslano e ai tornei internazionali organizzati a Taverne. Ma dopo il torneo di Lugano dei bei tempi, il tennis che conta da noi non si era più visto. Ed è un peccato. Anche perché è uno sport praticato e molto seguito alle nostre latitudini, quindi perché non cavalcare l’onda e offrire un bello
spettacolo a tutti gli appassionati di racchetta e pallina?».
permettono, a iniziare dai più piccini, di cominciare ad amare questo sport».
Ci dà una sua valutazione anche sul tennis ticinese? «Fare tennis in Ticino non è semplice. Un po’ come per il calcio, c’è tanto campanilismo. E diventare bravi, ma bravi davvero, nel nostro Cantone è dura. Ecco perché sempre più atleti varcano i confini: Bandecchi e Tsygourova in direzione Italia, Margaroli in Austria, tanto per citare un paio di esempi. Però tanti bambini si avvicinano al tennis e questo è un bene. Ci sono parecchie strutture in Ticino che
Ultima curiosità: un talento su cui scommetterebbe? «Con le scommesse sono una frana, non ci azzecco mai. Però provo a sbilanciarmi e faccio un nome: Carolina Pölzgutter. Ha una buona base da fondo campo e tanta pazienza. Non appena troverà il coraggio di spingere di più e prendere anche la rete potrebbero arrivare risultati sempre più incoraggianti».
UN TORNEO CON GRANDI ASPETTATIVE Geraldine Dondit è la direttrice del Torneo WTA di Lugano e anche per lei si tratta di un avvenimento senza dubbio emozionante. Da affrontare in che modo e con quali obiettivi? Che genere di torneo sarà il vostro? Quale montepremi avrà e come di colloca nel panorama internazionale? «Il Samsung Open sarà uno dei primi tornei sulla terra battuta della stagione 2018. È un evento che appartiene alla terza miglior categoria di tornei a livello internazionale, con un montepremi di 250.000 dollari». Come è nata e come si è poi sviluppata l’idea di questo torneo? «L’agenzia InfrontRingier opera in Svizzera con la commercializzazione dei due maggiori campionati di calcio, organizza il Tour de Suisse e l’Hockey Cup. Come quarto pilastro, l’agenzia voleva essere coinvolta nel promettente tennis femminile. E il progetto è andato in porto». Cosa comporta organizzare un torneo di questo livello? «Prima di tutto serve una licenza e un grande contributo da parte degli sponsor. Poi circa 150 collaboratori e naturalmente tante autorizzazioni e concessioni. Si tratta di un evento piuttosto complesso». Come si fa a convincere un tennista a partecipare a un torneo?
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«Alle giocatrici piace giocare in Svizzera. A dire il vero bisogna convincere davvero poche giocatrici, più che altro quelle tra le prime 20 della classifica WTA: per loro vige oltretutto un regolamento specifico e solo alcune possono partecipare a un torneo come quello di Lugano». Come intendete profilarvi nel prossimo futuro? Quali ambizioni avete? «Sarebbe bello organizzare il torneo per i prossimi 2-5 anni in Ticino. Un ruolo importante è svolto dallo sviluppo finanziario: per poter proseguire su questa strada e permettere al torneo di sopravvivere a lungo dovremo pareggiare i conti al termine del terzo anno, altrimenti sarà difficile». Crede che un evento simile possa dare altro lustro alla città? «Penso di sì. Il torneo sarà trasmesso da 105 stazioni televisive in tutto il mondo, raggiungendo un pubblico cumulativo di oltre 500 milioni di spettatori. Ovunque si vedranno le bellissime foto del TC Lido Lugano e dei suoi dintorni. Speriamo anche che il torneo motivi e ispiri gli spettatori a fare sport e soprattutto a giocare a tennis». Il giorno dopo la finale, sarete felici se...? «Se non ci saranno stati incidenti importanti, se le giocatrici svizzere avranno giocato bene, se la tribuna si sarà riempita e se gli sponsor saranno soddisfatti, con la promessa di esserci anche per l’anno successivo!».
i TIGLI in THEORIA si trova nell’edificio storico, costruito nella seconda metà del Quattrocento dal vescovo di Como Branda Castiglioni, in prossimità del lago e del Duomo. In questo contesto, gli ospiti hanno la possibilità di assaporare una varietà di piatti che la cucina creativa di Franco Caffara, basata su originalità e alta qualità, propone seguendo la stagionalità e la grande varietà dei prodotti italiani. Sapori fini e distinti accompagnati da una valida lista di vini accuratamente selezionati. A disposizione della clientela un Tavolo dello Chef, di fronte allo spettacolo incalzante della brigata dei cuochi e TheoriaStube, l’intimità di sale realizzate con materiali pregiati che riconsegnano l’atmosfera rustica, ma insieme ricercata, della cultura Walser. Un suggestivo e socievole Lounge Bar invita a trascorrere momenti in tutto relax e a sorseggiare miscele pregiate. Alle pareti delle sale storiche, espressioni artistiche policrome si integrano e convivono con le tracce del passato, tutto in un’atmosfera fortemente evocativa di ristoro e cultura, di sapori e di arte.
Ristorante • Stube • Lounge Bar Via Bianchi Giovini, 41 • Como • Tel. +39 031 305272 – +39 031 301334 • info@theoriagallery.it • www.intheoria.it
LAGO DI COMO / SALONE DEL MOBILE
Arredare casa REGALANDO EMOZIONI EMOZIONARE È INFATTI LA PAROLA CHIAVE CHE ACCOMPAGNERÀ TUTTA LA FIERA, NEL POLO ESPOSITIVO DI RHO, DAL 17 AL 22 APRILE, CHE QUEST’ANNO PREVEDE ANCHE LE BIENNALI EUROCUCINA E SALONE INTERNAZIONALE DEL BAGNO DI MANUELA LOZZA
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n un contesto già straordinario, uno dei più prestigiosi al mondo, con oltre 2.000 aziende (di cui il 30% straniere) che presentano le proprie proposte di arredo e visitatori da 160 paesi del mondo, Eurocucina e Salone del Bagno 2018 promettono di essere assolutamente all’avanguardia e di aprire una grande e lussuosa finestra sul panorama di due realtà che, forse più di ogni altra all’interno delle nostre case, rappresentano il bisogno di confort, prodotti all’avanguardia, etica e sostenibilità. Un modo di lavorare che deve coinvolgere tutte le fasi, dalla progettazione all’istallazione, e che è diventato un motto per il Salone stesso. Perché in
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TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
questi 6 giorni milanesi (i primi 4 riservati agli operatori) piccole, piccolissime imprese artigiane lavorano accanto a società di grandi dimensioni. Sempre con il medesimo anelito di qualità sostenibile, grazie al controllo di tutti i fattori del processo. Non il green fine a se stesso, non quindi il prodotto che nella sua immediatezza ci richiami ad un pensiero di ecosostenibilità - la sedia di cartone, il bicchiere in foglie di bambù - cioè l’ecologico come risultato della produzione, ma al contrario (e in armonia con) un nuovo modo di fare impresa, che tiene conto del fine vita dei prodotti, riguardo ai quali oggi non si può prescindere dalla necessità di una possibilità di riuso, nel buon nome dell’economia circolare. In tutti i padiglioni, così come in tutte le stanze delle nostre future case, la missione del Salone è quest’anno ben chiara: emozionarci. Perché se da
sempre questa fiera del mobile ha puntato all’ottimismo, al trasmettere positività ed entusiasmo, anche negli anni della crisi, oggi che sembra aprirsi uno spiraglio alla fine del tunnel, entusiasmo, intraprendenza e buonumore devono essere lo sprone di qualunque designer, artigiano, imprenditore. Tanto più nella ventiduesima edizione di EuroCucina, che si conferma secondo gli organizzatori l’appuntamento più importante e autorevole del settore, con 111 espositori, su un’area di 21.800 metri quadrati, nei padiglioni 9-11 e 13-15. L’affianca FTK (Technology For the Kitchen), suo completamento naturale e straordinaria rassegna della tecnologia, quella di oggi e quella dell’immediato futuro, nel settore degli elettrodomestici da incasso. Oggi infatti progettare una cucina non potrebbe essere un’esperienza più diversa rispetto al passato. Si tratta dell’ambiente che più è cambiato negli anni e non solo per il grande dispendio di tecnologia impensabile anche solo un decennio fa, ma anche per il nostro nuovo modo di vivere quello spazio. L’esempio più lampante è l’apertura verso il living, che impone oggi metodiche diverse di progettare lo spazio. In altre parole: non possiamo più chiudere la porta della nostra cucina, lasciandola un po’ in disordine, nascosta alla vista degli ospiti seduti in sala da pranzo. Al contrario, viviamo questo ambiente con loro, in un continuo passaggio dal tavolo alla penisola, rendendo conviviale anche la preparazione dei piatti e il riordino. Allora ec-
LAGO DI COMO / SALONE DEL MOBILE
co che questa nuova realtà deve essere super organizzata, facilissima e rapidissima da pulire e riordinare, bella da vedere sempre. Uno spazio fluido, ricco di elementi modulari, capace di trasformarsi senza perdere la sua vocazione. Un luogo efficiente. E bellissimo: grande attenzione quindi alle tendenze, al guasto del momento, con materiali, texture e nuance che vengono selezionati e armonizzati per creare un ambiente rilassante, dove tutto vive in perfetto equilibrio. Risultato, ritorno alle pietre naturali e ai rivestimenti che ne imitano l’aspetto, ma anche abbondante uso di legno e metallo. Torna il colore, un po’ denigrato negli ultimissimi anni, ora a tratti anche molto vivace, dove per esempio viola o verde si mettono in bella mostra. Uno spazio diversissimo dal passato anche, forse soprattutto, per l’impatto imprescindibile delle nuove tecnologie. Ecco perché al Salone arriva la settima edizione di Technology For the Kitchen, dove Grazie all’Internet of Things e agli assistenti virtuali, andranno in scena molteplici visioni della cucina intelligente del futuro: elettrodomestici sempre connessi e integrati, iper-efficienti e votati al risparmio energetico. E il prestigio di questo appuntamento internazionale è confermato dai tanti brand illustri presenti in quei giorni a Milano, come Electrolux: «Certo che ci saremo anche quest’anno - conferma Linda Schmidt, responsabile comunicazioni del brand - e siamo particolarmente lieti di poter presentare ai
clienti e a tutti i visitatori del Salone le tante innovazioni che stanno caratterizzando questo momento della nostra azienda, dalla progettazione fino alla realizzazione. Saremo in uno stand nuovissimo, all’avanguardia già nel suo design. Fra tante, tantissime novità, presentiamo un nuovo forno con connectivity, piani cottura supportati da sensori e molto altro». Negli stand della fiera, non solo prodotti innovativi già in commercio, ma anche prototipi, concept e visioni del conservare e del cucinare. Perché la smart kitchen è sempre più vicina e oltre che efficienza, assicura sostenibilità, grazie al controllo dei consumi, con concetti assolutamente innovativi come i pannelli solari in-home. E professionalità, perché oggi gli chef di casa desiderano conservare e cucinare con le stesse tecnologie a disposizione dei cuochi stellati e con gli stessi alti standard salutistici. Allora ecco che i nuovi apparecchi sono capaci di mantenere proprietà nutritive, consistenze, sapori, colori e profumi dei cibi, di bilanciare le temperature e l’umidità. È c’è un altro aspetto che oggi un produttore non può trascurare, il desiderio social: mentre si cucina si potranno condividere le ricette, ricevere suggerimenti e commentare sui social network, tutto partendo dalla stessa piattaforma. E se la cucina è lo spazio conviviale per eccellenza, il bagno, protagonista dell’altra biennale del Salone del Mobile, è invece l’ambiente intimo per antonomasia, pensato oggi come una
confort zone. Ciò che non cambia è il bisogno di rendere questo spazio digitale, responsabile e sostenibile. Nei padiglioni 22-24, con tante novità che coniugano etica, tecnologia e relax, il Salone Internazionale del Bagno si conferma una fiera in crescita che, alla sua settima edizione, vanta 228 espositori, distribuiti su 20.600 metri quadrati, una superfice decisamente maggiore che nel passato. Ma cosa potremo vedere esattamente? Ovvero, come questo spazio si sta evolvendo? Mobili, accessori, cabine doccia, impianti sauna: dalla porcellana ai radiatori, dai rivestimenti alla rubinetteria, dalle vasche da bagno a quelle idromassaggio, questa stanza continua a evolversi, trasformandosi sempre più da luogo puramente funzionale, e quindi razionale, ad ambiente del benessere e del relax. Ciò che davvero è peculiare delle ultimissime tendenze è certo la digitalizzazione e la green oriented, senza dimenticare la componente emozionale. Etica e responsabilità insomma, senza offuscare centralità dell’individuo. Risparmio idrico, efficienza energetica, uso di materiali riciclabili e finiture antibatteriche che limitano l’uso di detergenti sono solo alcuni degli aspetti. Poi ci sono l’estetica, la bellezza insomma. I colori sofisticati, le luci intelligenti che aiutano il relax o il risveglio, le temperature e l’umidità che si regolano in base ai nostri desideri, la musica che si diffonde quasi spontanea nell’aria, per regalarci un’esperienza da SPA di lusso, a pochi passi dalla camera da letto. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2018
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