N° 059 SETTEMBRE / NOVEMBRE 2018
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
MICHEL GAGNON
EDIZIONE PUBLIGOOD
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
L’ARTE NELL’ANIMA
CULTURA
SPECIALE BANCHE
DOSSIER FONDAZIONI
TAVOLA ROTONDA
WOPART 2018 Una fiera in rapida crescita
BLOCKCHAIN Avvenire prossimo venturo
BENNO SCHUBIGER Amore per il Ticino
DEVIANZE Cosa fare per i giovani?
TICINO WELCOME / EDITORIALE
EDITORE Ticino Welcome Sagl Via C. Cattori 3 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Eduardo Grottanelli de’Santi COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli IMPAGINAZIONE Mattia Bisi FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Max Veronesi
STAMPA FONTANA PRINT SA Via Maraini 23 CH - 6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG Laubisrütistrasse 44 CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Edoardo Beretta, Fausto Tenzi, Joel Camathias, Rudy Chiappini, Paola Chiericati, Rocco Lettieri, Alessandro De Bon, Franco Citterio, Elisa Bortoluzzi Dubach, Sara Biondi, Carlo Del Bo, Lorenza Bernasconi, Silvano Coletti, Ariella del Rocino, Giacomo Newlin, Maurizio Casarola, Fabiana Testori, Roberto Giannetti, Guglielmo Arrigoni, Keri Gonzato, Paolo Repetto, Manuela Lozza, Elisa Mantegazza, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Ronnie Kessel e Marta Lenzi-Repetto. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Ccia-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato del cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche BIT (Milano), Full Contact (Rapallo), Workshop invernale (Torino/ Milano), TTG (Rimini), Travel Trend (Milano), BTC (Firenze), Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici - Provincia di Como e Lombardia.
MA QUALE DISCOTECA! DI MARIO MANTEGAZZA
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ià, le chiamano ancora così, ma di fatto non lo sono più!
Prendo spunto dalla Tavola Rotonda promossa da Ticino Welcome pubblicata a pagina 132 per alcune mie riflessioni. La discoteca, purtroppo, i nostri giovani non la conosceranno mai! Intanto voglio che qualcuno spiegasse come mai oggi si va in discoteca all’ora in cui una volta se ne usciva! Ma cosa significa? Ma perché la legge permette questa idiozia? Per forza poi molti giovani sono alcolizzati. Dal lunedì al venerdì vanno a scuola, studiano, poi la musica, lo sport, i corsi di recupero e poi? Il venerdì e il sabato sera devi tirare la una o l’una e mezza per andare in discoteca fino alle 6 del mattino? Ma come fanno poveracci! Si sgolano litri di caffè e Red Bull per riuscire a far fronte a una nottata così lunga. Qualcuno deve spiegare a chi di dovere che noi andavamo in discoteca lo stesso numero di ore. Solo l’orario di accesso e chiusura erano differenti. Le sole differenze sono che noi in discoteca ci divertivamo molto di più, la musica era molto più bella e i sabati e le domeniche non li buttavamo via per recuperare le ore di sonno perse. Ma poi vi ricordate quanto ci si conosceva, quanto ci si parlava, quanti
progetti si facevano insieme per il giorno dopo? Vi ricordate i lenti e la lunga attesa e l’emozione per ballarne uno con quella che ti piaceva? La discoteca era un mondo di bellezza e socializzazione! Ora, fra un bum bum e l’altro vedi solo giovani col bicchiere in mano, i maschi da una parte e le femmine dall’altra. La discoteca era il nostro Facebook, solo che le chat avvenivano dal vivo e le emozioni tagliavano l’aria ogni volta che ci andavi. La colpa è mia e di quelli della mia generazione. Siamo stati noi a permettere che i nostri figli girassero coi documenti falsi per entrare nei locali a bere i primi shots, ancora prima di entrare nelle discoteche. Ma poi, quanti soldi hanno in tasca i giovani di oggi, per passare delle serate così? Chi glieli mette in tasca? Noi, ai nostri tempi, dovevamo far durare un drink tutta una sera! No, non sono più discoteche queste, sono solo locali studiati ad arte per estorcere denaro ai ragazzini facendoli bere il più possibile. Lo sappiamo tutti, ma non ne parla nessuno!
Mario Mantegazza TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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MICHEL GAGNON L’arte nell’anima
DIANA SEGANTINI Dialogare per comporre i conflitti
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MASI LUGANO MAGRITTE La linea della vita
UBS Quale futuro previdenziale?
Di Mario Mantegazza EDITORIALE 03 Ma quale discoteca Di Patrizia Peter Pedevilla PRIMO PIANO 06 Michel Gagnon: L’arte nell’anima 14 Diana Segantini: Dialogare per comporre i conflitti 18 Paolo Grandi: Comunicare è un’arte raffinata Di Paola Cerana 22 Fernando Brunner: La vocazione dell’accoglienza By Dimitri Loringett 26 USI: New Frontiers of research LAC 30 LuganoInScena: Orizzonti e prospettive 32 Fit Festival: Biografie d’artisti in scena 34 LuganoMusica: La magia del flauto 36 MASI Lugano: La linea della vita 38 Spazio -1: How evil is Pop Art? CULTURA 40 Wopart: Una fiera in rapida crescita 46 Wopart: Un soggiorno all’insegna dell’arte e della bellezza 48 Imago Art Gallery: Un autunno ricco di appuntamenti Di Paolo Repetto 50 De Primi Fine Art: Come una farfalla 52 Cortesi Gallery: all, all, all 54 Artrust: Tra Street Art e Op Art Di Rudy Chiappini 56 Balthus: Artista enigmatico e “crudele” 58 Fondazione Braglia: Dialogo fra due collezionisti 60 Pinacoteca Casa Rusca: La pittura come libertà FINANZA 62 Ticino For Finance: Taskforce Blockchain 64 Speciale Blockchain: L’avvenire prossimo venturo 70 UBS: Quale futuro previdenziale? 72 BancaStato: Una banca felice da ogni punti di vista ARCHITETTURA 74 Prospettive del mercato: Avanti con fiducia e cautela 82 Camponovo Architetti & Associati: Un riconoscimento alla qualità ticinese 84 Elena Busato: Ciò che è bello è anche funzionale 86 Wetag Consulting: Edifici di pregio in Ticino e nel mondo 88 MG immobiliare: Il lusso trova casa 90 Dimensione Immobiliare: proposte di prestigio ad un giusto prezzo 92 Artprojekt: Investire in un paradiso tropicale TURISMO 94 Arrivano i “Ticinomoments”, gli ambasciatori turistici ticinesi 96 Lugano Region: Il turismo cresce a tavola 100 The View: Dinig with the stars a Lugano 102 The View SPA: Ancora una volta ai vertici dell’Hotellerie Svizzera 104 Melide: Un autosilo interrato per valorizzare lago e territorio 109 Gastroticino: Il futuro dei giovani nell’albergheria, ristorazione e gastronomia 110 Andermatt: Una valle per tutte le stagioni Di Paola Chiericati 112 The Chedi Andermatt: Quando il design e l’architettura si uniscono 116 The Chedi Andermatt: Alta cucina tra le nevi Di Giacomo Newlin 118 La cucina del Guerino: Cosce di rana, lumache e…
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CAMPONOVO ARCHITETTI Un riconoscimento alla qualità ticinese
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ELIA FRAPOLLI Arrivano i “Ticinomoments”, gli ambasciatori turistici ticinesi
GASTRONOMIA 120 122 124 126 128 130 TAVOLA ROTONDA 132 138 140 LUSSO 142 146 148 150 152 AUTO 154 156 160 DOSSIER FONDAZIONI 162 166 168 172 AZIENDE 174 177 178 180 182 184 185 186 188 190 194 196 198 202 204 MEDICINA 206 BENESSERE 210 212 214 218 LAGO DI COMO 222
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LETIZIA TEDESCHI Dalla parte dell’architettura
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MANI INTERNATIONAL Cibo sano e naturale
L’evoluzione di una leggenda Di Giacomo Newlin Hotel Hassler: Il bello e il buono della vita Di Marta Lenzi-Repetto Metamorphosis: Profumo di mare Di Sara Biondi Daytona Diner: Un pranzo col rombo… Di Giacomo Newlin Ristorante Grand Cafè Al Porto: Regalare ai propri ospiti un’esperienza unica Locanda Vecchia Pavia Al Mulino: Lo “charme” agreste di una locanda signorile Di Giacomo Newlin Cosa fa il Ticino per i suoi giovani? Cesare Chiericati: Essere disponibili all’ascolto Maurizio Niceta: La collaborazione è la carta vincente Chopard: Orologi e gioielli senza tempo Gruppo Damiani: Valorizzare in Made in Italy nel mondo Boutique Farfalla: My private life Di Valentino Odorico Moda Sposa 2019: Fiori, tulle e cristalli Sarti Urbani: Poesia e bellezza sartoriale a casa tua Di Joël Camathias Mercedes-Benz Classe CD4-Matic: Una Mercedes sempre pronta a scattare Loris Kessel Auto: L’estate sta finendo… il lusso no Di Benjiamin Albertalli Le smart eq fortwo e fourfour avviano la rivoluzione elettrica Elisa Bortoluzzi Dubach: Quanta filantropia fa bene a una nazione? Laura Mattioli: Una grande passione di famiglia Benno Schubiger: Il nostro amore per il Ticino Letizia Tedeschi: Dalla parte dell’architettura Speciale Trading: Ticino al vertice del Commodity Trading Dallmayr: Il piacere e la perfezione del caffè Water Academy SRD: Per una nuova cultura dell’acqua Brülhart&Partners: Un incontro pieno di sorprese Garbo Management: Executive party di grande successo Fiera Artecasa 2018: Tutto su abitare e Lifestyle Longines CSI Ascona: I migliori cavalli e cavalieri al mondo Gruppo Sicurezza: Monitoraggio costante e proattivo EY: Crescita e innovazione delle aziende biotech svizzere Mani International: Cibo sano e naturale Miele: Eccellenza rivoluzionaria Myacademy: Ice Breaking summer, nuove strategie commerciali col digitale Arredamenti Bernasconi: Arrediamo le case dei ticinesi Swiss Global Estate: Siamo giovani ma stiamo crescendo Green Mobility Switzerland: Elettrico è meglio Cardiocentro Ticino: Formazione specialistica di livello mondiale Permamed: Un altro highlight nella regione di Basilea Patrizio Paoletti: 60 secondi per meditare Crossfit: Un allenamento completo ed efficace Clubmove: la palestra di casa tua Di Manuela Lozza Crotto del Sergente: Spazi antichi e cucina moderna
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PRIMO PIANO / MICHEL GAGNON
L’ARTE NELL’ANIMA DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA
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irettore generale del LAC, Michel Gagnon in questi quattro anni di lavoro ha saputo dare al centro culturale della Città di Lugano una visibilità internazionale. Una sfida che ha raccolto con grande entusiasmo e che lo ha visto lasciare la celebre Place des Arts canadese per trasferirsi, con la moglie, in Ticino. Eccellente pianista, grande conoscitore dell’opera e amante del balletto, il sessantaduenne canadese ha regalato al LAC anche un’impronta sociale - che caratterizza il suo
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ichel mi accoglie con un sorriso. È una persona solare, gli piace il contatto umano e benché abbia sempre molto da fare emana una rara tranquillità. Gli chiedo se preferisce fare l’intervista in francese, ma subito mi blocca «Assolutamente no, per me questo è un buon esercizio… facciamola in italiano». Allora partiamo dall’inizio… anche perché questa vuole essere un’intervista per conoscerti meglio, quindi dimentichiamo il tuo curriculum e raccontaci la tua storia «Ma veramente vuoi sentire la mia storia (sorpreso)? Provengo da una famiglia diciamo normale, nel senso che nessuno era un grande artista. Sono nato a Montreal, in Canada, una città dove si parla francese e inglese, la mia lingua è il francese come si può sentire dall’accento (ride) e so-
essere più intimo - facendolo diventare la casa dei cittadini, dove chiunque può approfittare di un’atmosfera artistica contagiosa, senza per forza dover pagare il biglietto. Incontro Michel Gagnon nel suo ufficio, in una delle ale del Convento degli Angioli, una struttura che risale al 1490. Salendo le scale mi soffermo a pensare alla storia di quelle sale dai soffitti alti e le pareti spesse, dove il passato si fonde con il futuro, il futuro culturale di una città che negli ultimi anni ha dimostrato concretamente di avere un grande potenziale artistico.
no cresciuto lì, con mia mamma che suonava il piano. Il piano (si sofferma) quello è stato il mio primo colpo al cuore, si dice così in italiano? Un coup de foudre che ha cambiato la mia vita. Ho iniziato la mia carriera come pianista, ho studiato musica all’università e già da giovane sapevo che quella sarebbe stata la mia strada». Però non sei diventato un musicista professionista… quindi qualcos’altro deve essere successo «Ho scoperto l’opera. Sai a Montreal, prima del 1980, non c’era l’opera. A me piaceva molto e l’ascoltavo alla radio. Poi, ad un certo punto, la Place des Arts, il centro culturale più importante del Canada, aveva in progetto di fondare una compagnia. Mi hanno contattato e, questo ti sorprenderà, mi hanno chiesto di unirmi al loro coro. A me era già capitato di suonare con grandi cantanti lirici, ma mai di cantare…». TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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Vuol dire che hai anche una bella voce! «Nel coro sì (ridiamo). Mi ricordo quella prima volta sul palco come se fosse oggi, l’opera era quella della Tosca diretta da Charles Dutoit, io ero tra i processanti e il teatro era incredibile: l’orchestra era sotto di noi, nella fossa, e l’emozione della prima opera si sentiva in tutta la sala. Era qualcosa di straordinario». Quindi hai avuto un secondo coup de foudre? «Era qualcosa di più. In quel periodo ho conosciuto tantissime professioni: il regista, il costumista e il direttore di scena, lavori che richiedono una grande conoscenza della musica e notevoli capacità organizzative. In poco tempo ho capito che volevo diventare direttore di scena». E così ti sei lanciato in una nuova avventura, hai lasciato tutto per seguire quel giovane team dell’opera… «Sì, ma ho dovuto fare anche la gavetta. Per tre anni sono stato con loro co-
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me corista, nel frattempo osservavo tutto, cercavo di imparare il più possibile guardando gli altri. Poi si è liberato un posto come assistente del direttore di scena e mi sono candidato, ottenendolo. In quel periodo ho lavorato tantissimo, dalla mattina alla sera tardi, facevamo otto opere all’anno, insomma un vero tour de force. È lì che ho capito che senza un manager capace, che si occupa della gestione dello spettacolo, il successo non è garantito. Mi sono così iscritto nuovamente all’università e ho frequentato un master in management della cultura». In poche parole ti sei costruito passo dopo passo la tua carriera attuale: musica, opera, gestione e balletto, sì perché dopo il master hai iniziato una nuova avventura legata alla danza… «Non poteva mancare (con un tono orgoglioso). Ho avuto la fortuna di essere contattato da un’importante compagnia, Les Grands Ballets Canadiens, che voleva passare dal balletto classico a quello contemporaneo, il loro desiderio era che io diventassi il loro direttore
Senator Cosmopolite
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di scena e responsabile musicale. Per me quella è stata una grande sfida perché significava assistere al cambiamento, alla creazione. Ho iniziato a viaggiare molto, a confrontarmi con il resto del mondo, ho imparato a gestire gli spettacoli anche al di fuori di un centro organizzato come quello di Montreal». Non avevi malinconia, insomma… eri da sempre legato al Canada e improvvisamente ti sei ritrovato a stare mesi in tournée… «No, assolutamente, era arrivato il momento giusto, quella era la mia vita e poi non avevo ancora una moglie, dei figli, potevo veramente concentrarmi unicamente sul lavoro». Scusa, ma in tutto questo trambusto come hai conosciuto tua moglie? «Mia moglie l’ho conosciuta trent’anni fa, probabilmente è mia moglie perché è l’unica che ho trovato al di fuori del mondo artistico (ride). Sai… era l’unica capace di darmi un po’ di tranquillità, io ero sempre via e lei non me l’ha mai rimproverato, perché Louise trova la felicità in tutto ed è ancora così. Poi con l’arrivo di mia figlia Lorraine che tra l’altro è appena passata a trovarmi a Lugano con la sua bambina – ho diminuito molto i viaggi». Allora sei nonno? «Si, bellissimo. Lorraine è la mia prima figlia, poi ho un figlio di 24 anni, Gabriel. Lo abbiamo adottato, è arrivato da noi quando aveva solo tre settimane. Devo dire che siamo una famiglia molto unita, a Montreal viviamo nella stessa casa e se non ci vediamo… ci sentiamo spesso». Torniamo al tuo lavoro: la tua presenza famigliare diventa importante e rientri a casa dove inizi - e lo farai per quattordici anni - ad occuparti della programmazione della Place des Arts, una posizione chiave all’interno di una realtà di rinomanza mondiale…
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«Sono stati anni importanti. Non voglio sembrare presuntuoso, ma i numeri della Place des Arts sono incredibili. Parliamo di sei teatri, mille spettacoli all’anno e un milione di spettatori, e in quel momento, grazie a tutto quello che avevo vissuto, ero maturo abbastanza per poter lavorare come direttore della programmazione in una vera e propria fabbrica dello spettacolo». Una curiosità, prima di accettare di diventare direttore generale del LAC eri già stato a Lugano? «Sì, con Julie, la moglie di Daniele Finzi Pasca. Loro si esibivano a Montreal e mi avevano invitato a Lugano per parlare di un progetto, era il 2012. Poi, un anno dopo - ricordo che ero in vacanza in Grecia - Lorenzo Sganzini (il direttore della Divisione cultura della città) mi ha chiesto una consulenza per il LAC. Sono stato a Lugano per una settimana, per parlare di cosa vuol dire gestire un nuovo centro culturale, ma devo dire la verità: in quel momento non avrei pensato di lasciare Montreal». E cosa ti ha fatto cambiare idea? «Mia moglie. Quando sono tornato a casa e le ho raccontato che mi avevano proposto di candidarmi come direttore generale del LAC, Louise mi ha detto: “Se reputi che sia un bel progetto... io sono disposta a lasciare il mio lavoro e accompagnarti”. Allora ho accettato di fare il colloquio e sono qui (sorride)». Ma non ti dispiaceva lasciare la programmazione di un centro come quello di Montreal… «Ho sempre cercato nuove sfide nella vita e in quel momento il LAC era
“In quel periodo ho lavorato tantissimo, dalla mattina alla sera tardi, facevamo otto opere all’anno, insomma un vero tour de force. È lì che ho capito che senza un manager capace, che si occupa della gestione dello spettacolo, il successo non è garantito.”
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diventato la mia priorità. Venire a Lugano e programmare? Non avrei potuto. La programmazione va fatta da qualcuno che conosce a fondo anche il territorio e questo non era il mio caso… per questo ho trovato giusto dedicarmi ad un ruolo di leadership del progetto, affiancato da un eccellente team di direttori artistici, come Carmelo Rifici, Etienne Reymond, Denise Fedeli, Marco Franciolli ed ora Tobia Bezzola». Ma cosa fai esattamente? «Da subito mi sono occupato degli aspetti strategici e quindi di mettere in moto il LAC, una realtà complessa, con una quotidianità molto intensa. Al mio arrivo si parlava delle ultime scadenze legate alla consegna dello stabile e all’importante inaugurazione che avrebbe aperto le porte ai cittadini. Tutto doveva funzionare alla perfezione e per farlo… la macchina del LAC doveva essere impostata. Quando parlo di macchina parlo di un museo e di una sala capace di ospitare spettacoli molti diversi tra di loro, che necessitano tecnologie e supporti specifici, penso ai montaggi notturni, alle dirette radio e tv e molto altro. Come puoi capire ho avuto moltissimo da fare sia a livello strategico sia a livello operativo, ho dovuto trovare persone capaci, efficienti e flessibili per comporre un team di quaranta persone che da subito hanno fatto il necessario per supportare la programmazione. Comunque non ho perso l’amore per la programmazione: accanto al lavoro con i direttori artistici, mi occupo anche di progetti speciali e di eventi negli spazi pubblici: dall’inaugurazione a Slow Dancing, Focus India, fino ai concerti in Piazza Luini o quelli delle domeniche mattina nella Hall». Non voglio farti domande scomode, ma è un dato di fatto che il LAC ha dovuto affrontare molte battaglie politiche. «Non ti nascondo che l’esposizione pubblica, anche di problematiche in-
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“Questo era il mio primo desiderio: far diventare il LAC parte della vita quotidiana dei cittadini. Abbiamo iniziato con i concerti nella Hall la domenica mattina e collaboriamo con l’Orchestra della Svizzera italiana per i concerti per le scuole e per le famiglie, senza dimenticare LAC edu e le altre attività gratuite negli spazi pubblici del LAC.” terne, con certi toni e clamori, mi ha colpito. È un tipo di comunicazione mediatica che ho difficoltà a capire e questo è stato frustrante, soprattutto perché non c’è stato modo di spiegare quanto stava accadendo, considerando che il LAC, benché aperto, era ancora in una fase di work in progress. Le critiche ricevute erano in contrasto con le attenzioni e i riscontri di chi veniva da fuori, penso ai finanziatori e ad altri operatori del settore, meravigliati dal progetto e di quanto fatto in poco tempo. È stato un momento molto
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casa e questo aiuta ad alleggerire le giornate, a pensare ad altro». Questa tua attenzione per il sociale, sia in famiglia, sia nella tua professione ha regalato il LAC ai cittadini, penso all’opera all’aperto o ai concerti nella hall, dove tutti, indistintamente, possono approfittare di un’atmosfera magica… «Questo era il mio primo desiderio: far diventare il LAC parte della vita quotidiana dei cittadini. Abbiamo iniziato con i concerti nella Hall la domenica mattina e collaboriamo con l’Orchestra della Svizzera italiana per i concerti per le scuole e per le famiglie, senza dimenticare LAC edu e le altre attività gratuite negli spazi pubblici del LAC. Personalmente sono molto soddisfatto e a oggi posso dire che il LAC è un successo: sia per quanto riguarda la qualità della programmazione sia per l’aspetto essenziale di apertura verso la collettività». stressante, ma per fortuna ho un carattere collaborativo, non cerco lo scontro e quindi, invece di concentrarmi sulla polemica, mi sono concentrato sul lavoro». Ma come gestisci lo stress, come fai a trovare un po’ di tempo per te? «Non è sempre facile, ma ci provo. Adoro nuotare e ogni anno mi preparo per la traversata del lago, mi piace anche camminare e stare a contatto con la natura. Devo anche dire che negli ultimi mesi sono un po’ più tranquillo, siamo sempre un piccolo team per una grande macchina, ma ora diversi meccanismi sono rodati e dunque riesco a ritagliarmi un po’ di tempo libero. Prima invece (pausa), ho passato veramente un periodo impegnativo, dove spesso ero nervoso e dormivo male». E tua moglie come faceva a sopportarti? (tono ironico) «Lei è capace di gestire tutto (ride). Spesso abbiamo anche degli amici a
Il prossimo grande passo è praticamente già realtà: Il Barbiere di Siviglia. Non porteremo a Lugano un’opera già fatta, ma creeremo un’opera, insieme ai nostri partner artistici, coinvolgendo realtà del territorio, invitando interpreti internazionali e dietro le quinte ci saranno i nostri tecnici in teatro». (Pausa) Questo è già un nuovo grande inizio (entusiasta). Accompagno Michel Gagnon in piazza Luini, davanti al LAC, per il set fotografico. È caldissimo. Il fotografo gli chiede di arrampicarsi sul blocco che sostiene il corrimano delle scale. Gagnon sorride e ci sale. Non tutti l’avrebbero fatto.
E ora? Quali sono i prossimi passi? «Tutti pensano che il LAC vada benissimo, ma non bisogna mai fermarsi! Da fuori non si vede, ma siamo sempre impegnati nel cercare la massima efficienza di gestione. Nel prossimo triennio dobbiamo consolidare quanto fatto, continuare a crescere e in progetto c’è anche lo sviluppo del LAC come centro di produzione. Oggi partecipiamo attivamente alle produzioni di LuganoInScena, c'è la Compagnia Finzi Pasca, l’attiva collaborazione con l’orchestra di casa, l’OSI, ma sul territorio abbiamo anche altri artisti molto validi». Significa stimolare la produzione di nuovi spettacoli sul territorio, da presentare al LAC? «Non voglio dire che tutte le compagnie devono esibirsi in questo teatro, ci sono altre realtà molto belle sul territorio, ma non mi stancherò mai di dirlo: il LAC è per tutti. E spesso dalle collaborazioni nascono i progetti più belli. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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PRIMO PIANO / DIANA SEGANTINI
DISCENDENTE DI UNA IMPORTANTE FAMIGLIA DI ARTISTI, PRESTIGIOSI STUDI IN GIRO PER IL MONDO, 10 LINGUE PARLATE, DIANA SEGANTINI VANTA SIGNIFICATIVE ESPERIENZE PER CONTO DI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI NEL CAMPO DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO E INTERETNICO.
DIALOGARE PER COMPORRE I CONFLITTI
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resciuta a Maloja, ha studiato relazioni internazionali all’Università di Ginevra, completando la sua formazione nel ramo dei media a Londra con una specializzazione in documentaristica. Nel 2005 consegue un dottorato in Cultura e storia del mondo islamico all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Ha operato quale delegata del CICR e, dal 2007, per la Fondazione Weltethos del teologo Hans Küng nell’ambito del dialogo interculturale e interreligioso. Pronipote dell’artista Giovanni Segantini, ha fondato Segantini Unlimited per promuovere e conservare l’eredità della sua famiglia. È responsabile del Di-
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partimento Cultura e membro del Comitato direttivo RSI dal 1 aprile 2013 e fa parte del Groupe d’experts Culture et Société SRG SSR che riunisce i responsabili culturali delle emittenti SSR. Poche persone possono vantare una cosi approfondita conoscenza di tante e diverse realtà culturali. Che cosa l’ha portata a partire e ad intraprendere progetti in Paesi cosi dilaniati da conflitti come per esempio la Siria? «Sono cresciuta in una famiglia permeata di forti valori etici e questo mi ha indotto, fin dall’epoca dei miei studi, a cercare di conoscere e compren-
dere le “ragioni dell’altro”. Ho mosso i miei primi passi professionali nel campo umanitario e in qualità di delegata internazionale della Croce Rossa (CICR) come inviata a Damasco. Al CICR ho maturato un’esperienza unica con grosse responsabilità, ho negoziato con dirigenti, visitato prigionieri e, assistendo delle vittime, ero a stretto contatto con la professione medica. Un periodo molto importante e che ricordo con particolare emozione soprattutto se confrontato all’attuale situazione siriana». Un’esperienza fondamentale è stata la Sua collaborazione con la Fondazione Weltethos… Oltre all’impegno nel processo di rinnovamento liturgico e di apertura della Chiesa cattolica al mondo moderno – con opere lette ben al di fuori della cerchia di esperti e ritenute autentiche
innovazioni della teologia del XX secolo – la principale attività di Hans Küng è stato il progetto di etica planetaria, volto a promuovere la pace tra le culture e le religioni del mondo. L’opera della sua vita è la Fondazione Weltethos (Etica planetaria), che ha diretto fino al 2013. Questa istituzione, che gode di ampio riconoscimento e diffusione (la sede svizzera nasce nel 1996), è uno dei frutti di un progetto tracciato nell’opera omonima pubblicata nel 1990. La Fondazione è impegnata a rafforzare la cooperazione tra le religioni mediante il riconoscimento dei loro valori comuni e a tracciare un codice di regole di comportamento universalmente condivise. Weltethos ha preparato la Dichiarazione per un’etica mondiale: un documento sottoscritto nel 1993 a Chicago dal Consiglio per un Parlamento delle religioni del mondo». TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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Questa vocazione al dialogo fa parte di una ben radica tradizione svizzera… «I buoni uffici della Svizzera hanno una lunga tradizione e svolgono un ruolo chiave nella sua politica di pace. La Svizzera può costruire ponti dove altri non riescono, poiché non fa parte dei centri di potere e non persegue un’agenda occulta. La Svizzera sostiene le parti in conflitto nella ricerca di una soluzione negoziata. È a disposizione come mediatrice o sostiene negoziati e mediazioni di Stati terzi, organizzazioni internazionali e regionali. Nell’ambito del diritto internazionale pubblico e delle relazioni internazionali, la nozione di «buoni uffici» ai sensi dello Statuto dell’ONU indica tutte le iniziative diplomatiche e umanitarie svolte da un Paese terzo o da un’istituzione neutrale, il cui scopo è la risoluzione o il superamento di un conflitto bilaterale o internazionale. Personalmente trovo che il nostro Paese potrebbe fare ancora di più in questo campo e che dovrebbe far conoscere meglio, a un pubblico più vasto, iniziative e progetti di cui si fa promotore in tutto il mondo». Una sua grande passione, che si è trasformata anche in un lavoro, è rappresentata dalla realizzazione di documentari… «Ho cominciato ad occuparmi di video, film e documentari durante i miei studi universitari londinesi e questo interesse non mi ha poi mai abbandonato. Più tardi, quale primo mandato nazionale alla SSR SRG, mi è stato assegnato il coordinamento di sei documentari per celebrare i 150 anni del CICR. Ciò mi ha consentito di mettere a profitto l’esperienza professionale di produttrice nel campo della documentaristica. I temi sociali, i diritti umani, le condizioni dei rifugiati sono quelli che tuttora cerco di raccontare e di portare all’attenzione del grande pubblico televisivo».
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“Sono poi vissuta a lungo a Maloja nella casa di famiglia dove mi è stato trasmesso un grande amore per l’arte, crescendo tra dipinti che fanno ormai parte dei miei primi ricordi e rispecchiano i paesaggi della mia infanzia.” Lei è discendente di una famiglia di grandi pittori, la cui memoria ha voluto mantenere e valorizzare… «Segantini è un nome coniato dal mio bisnonno Giovanni dopo aver volutamente inserito una «n» prima della «t». La nostra famiglia è oggi la quinta generazione incarnata dai miei figli e da quelli dei miei fratelli. Ho vissuto a lungo a Maloja nella casa di famiglia dove mi è stato trasmesso un grande amore per l’arte, crescendo tra dipinti che fanno ormai parte dei miei primi ricordi e che rispecchiano i paesaggi della mia infanzia. Mi è sembrato perciò quasi naturale fondare la Segantini Unlimited per promuovere il patrimonio culturale familiare e curare alcune importanti esposizioni tra cui quelle alla fondazione Beyeler e a Palazzo Reale a Milano». L’ultima domanda è di carattere più personale. Come si fa a conciliare così tanti impegni diversi e, soprattutto, come riesce ad evitare di essere totalmente sommersa dalle situazioni che è chiamata a conoscere e documentare? «Non è stato semplice, ma credo di aver raggiunto una buona armonia grazie alla presenza di una stupenda famiglia che mi aiuta e mi sorregge in ogni situazione. Quando non sono in trasferta, le mie giornate sono piene di interessi e attività varie. Inoltre faccio anche molto sport. Questa mia vita privata intensa ed appagante costituisce la condizione necessaria per affrontare poi nel modo più equilibrato anche le situazioni più complesse e drammatiche con le quali sono chiamata talvolta a confrontarmi».
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PRIMO PIANO / PAOLO GRANDI
COMUNICARE È UN’ARTE RAFFINATA ITALIANO DI ORIGINI, STUDI IN VARIE UNIVERSITÀ DI EUROPA E STATI UNITI, PAOLO GRANDI SI È DISTINTO FIN DAL SUO ARRIVO IN TICINO PER UNA STRAORDINARIA QUALITÀ: QUELLA DI SAPER TESSERE RELAZIONI E COSTRUIRE PROGETTI DI MARKETING E COMUNICAZIONE PER CONTO DI PRIMARI ISTITUTI BANCARI, AZIENDE, ENTI E ISTITUZIONI PUBBLICHE E PRIVATE.
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artiamo dagli inizi. Ci racconta quale è stata la formazione che l’ha portata fin da giovane ad occuparsi di pubbliche relazioni? «Sono nato a Trento e mi sono laureato alla Cattolica di Milano con una tesi fatta con Francesco Alberoni, quasi un segno premonitore del mio successivo interesse per la sociologia e i comportamenti dei consumatori. Ma il vero e proprio punto di svolta è stata nel 1959 una borsa di studio universitaria
“Sono stato probabilmente uno dei primi ad occuparsi in Ticino di marketing per il settore finanziario, con la costituzione di reti di distribuzione di fondi con il supporto di campagne pubblicitarie e relazioni con i media. In quegli anni costituiva una novità il fatto di partecipare, e in molti casi potrei dire dare vita, a vari gruppi nazionali di marketing bancario e di relazioni pubbliche.” 18
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del Fulbright Program presso la Lawrence University, Appleton, Wisconsin. Da Como dove allora vivevo mi sono trovato proiettato in una sperduta cittadina della provincia americana dove per un anno e mezzo ho avuto occasione di incontrare decine di persone importanti decise a conoscere qualcosa di quell’Europa che all’epoca era ancora un oggetto quasi sconosciuto. Anche il successivo servizio militare, in veste di ufficiale delle truppe NATO, è stata un’ulteriore occasione per imparare a comunicare, in quanto aggregato come ufficiale di collegamento alla missione Winter Express, a Bardufoss in Norvegia…». Saltiamo al suo ingresso nel mondo del lavoro… «Dopo una breve permanenza alla Rivarossi, ben nota fabbrica di modellismo, e altre brevi esperienze soprattutto commerciali in Italia e negli Stati Uniti, nel 1969 ecco un altro momento decisivo della mia carriera pro
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fessionale con la conoscenza di Orazio Bagnasco e l’inizio di una collaborazione poi durata per molti anni fino alla sua morte. Fu Bagnasco, che si appoggiava molto sulla Banca BSI (Banca della Svizzera Italiana), a introdurmi in quell’istituto, di cui all’epoca era Direttore Generale Giorgio Ghiringhelli, uomo di grande cultura e caratura professionale. In BSI, dal 1986, ho avuto modo di assumere vari incarichi, tra cui lo sviluppo e il coordinamento di tutta la politica di comunicazione. Basti dire, a conferma dello stato in cui a quei tempi versavano le relazioni pubbliche all’interno del sistema bancario, che abbiamo realizzato il primo supporto filmato per la valorizzazione dell’immagine della banca, cui seguì poi tutto il processo di focalizzazione sul Private Banking e tutte le iniziative di comunicazione e promozione indirizzate a questo specifico segmento di mercato. Voglio ricordare tra l’altro la formula “Banchetto”, ispirata al cuoco ticinese Martino de Rubeis e ai convivi del ‘500, il restauro a Cremona del sipario pittorico del Teatro Ponchielli, il progetto Martha Argerich nei suoi primi anni a Lugano. Per i 125 anni di Banca BSI abbiamo organizzato la prima grande festa per l’intero personale al centro Esposizioni di Lugano, coinvolgendo tutto lo staff del settore P.R e comunicazione. E, ancora, numerosi eventi di musica classica, leggera, jazz, in varie sedi (chiese, ville, castelli, ecc) e l’inaugurazione della sede BSI alle Bahamas». Ci racconta la sua esperienza alla guida della Fondazione Carlo Cattaneo? «Nata ufficialmente nel febbraio 1992, ma operativa già alcuni anni prima, l’Associazione ha raggiunto un alto grado di notorietà sia in Svizzera che in Italia, grazie anche all’appoggio offerto fin da subito al progetto della “Regio Insubrica”. La “Carlo Cattaneo” promuove in varie forme le rela-
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zioni culturali fra i due Paesi in ambito letterario, artistico, sociale, economico, commerciale e politico, offrendo ai soci e al pubblico conferenze, incontri, dibattiti, pubblicazioni, e contribuendo all’organizzazione di premi, borse di studio e iniziative diverse. Posso dire di aver contribuito fin dall’inizio alla sua fondazione, insieme a Salvatore Zotta, rivestendo per anni tutte le cariche fino alla Presidenza, essendo oggi Presidente onorario. Accanto a me tanti validissimi collaboratori, a cominciare da Achille Crivelli, da sempre Vice Presidente e Cancelliere del Governo ticinese. Tra le tante iniziative che ho contribuito a far crescere tengo particolarmente ai Viaggi culturali, una piacevole tradizione che chiude, ogni anno, la ricca stagione e costituisce una nota di colore conviviale fra le tante altre occasioni più impegnative». La passione per la gastronomia e il suo ruolo di delegato per la Svizzera Italiana dell’Accademia Italiana della cucina meriterebbe un intero capitolo del suo racconto cui dedicheremo una prossima puntata sulla rivista. Le chiedo invece un giudizio su come sono cambiate negli anni le pubbliche relazioni in Ticino… «Sono stato probabilmente uno dei primi ad occuparsi in Ticino di marketing per il settore finanziario, con la costituzione di reti di distribuzione di fondi con il supporto di campagne pubblicitarie e relazioni con i media. In quegli anni costituiva una novità il fatto di partecipare, e in molti casi potrei dire dare vita, a vari gruppi nazionali di marketing bancario e di relazioni pubbliche. Dal 1980 sono stato unico socio in Ticino della Società svizzera di relazioni pubbliche e nel 1981 promotore e fondatore della Società Ticinese di Relazioni Pubbliche (STRP) di cui sono tuttora Presidente onorario. E, ancora, già nel 1974 ho partecipato in qualità di socio attivo
alle attività dell’European Financial Marketing Association di Parigi. E l’elenco potrebbe continuare a lungo con seminari, congressi, conventions in Europa e nel mondo. Ma per tornare alla sua domanda devo dire che il Ticino viveva ancora alla fine degli anni ‘70 una sorta di paradosso. Da un lato proprio in quel periodo si avviava a diventare la terza piazza finanziaria svizzera, con una presenza di istituti importanti che facevano parte di una rete di contatti e relazioni internazionali, anche ad alti livelli. Dall’altro, la società ticinesi ha continuato a mantenersi saldamente ancorata alle tradizioni delle sue valli, a legami dettati in primo luogo dall’appartenenza al mondo delle professioni e delle relative associazioni, oppure a ben definiti nuclei familiari. Poi naturalmente come ogni società molto chiusa di è andata gradualmente apprendo, anche per l’influenza della vicina Italia e per il trasferimento in Ticino, per affari, fiscalità o residenza, di importanti personaggi dell’industria e della finanza provenienti dall’Italia. Così la proverbiale riservatezza svizzera si è un po’ sciolta ed è nata una nuova e più aperta abitudine a raccontare le tante cose buone che questo Paese sa fare e che spesso è ancora così restio a raccontare».
Non ci sono misteri in un Girard-Perregaux,
semplicemente due secoli di savoir-faire e un’infinita passione per la perfezione LAUREATO, CERAMICA, 42 MM
L’OROLOGIO PREFERITO DELL’HOCKEY CLUB LUGANO
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LA VOCAZIONE DELL’ACCOGLIENZA FERNANDO BRUNNER È LA SINTESI IN PERSONA DELL’ACCOGLIENZA IN CANTON TICINO, GIÀ MEMBRO DEL CDA DELL’ENTE TURISTICO LUGANO, VICE PRESIDENTE DI TICINO TURISMO, PRESIDENTE HOTELLERIESUISSE TICINO PER NOVE ANNI.
DI PAOLA CERANA
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, ancora, Presidente del Lions Club Lugano, dello Skal Club Lugano, nonché ex Cavaliere del tartufo e dei vini d’Alba. Proprietario degli Hotel Geranio au Lac e Hotel City di Locarno, dell’Hotel City di Lugano e del ristorante Perbacco di Locarno. Dunque, accoglienza con la A maiuscola. Non solo nel settore alberghiero e della ristorazione ma anche a un livello più profondo, umano, che trapela quasi con pudore quando, seduto alla sua scrivania all’Hotel Geranio au Lac, comincia a raccontarsi. La sensazione, ascoltandolo, è quella di sfogliare un libro. La semplicità con cui rievoca le proprie radici ripercorrendo ricordi ed emozioni trasmette un piacevole senso di famigliarità.
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ominciamo dal suo cognome, quali sono le origini della sua famiglia? «La famiglia di mio papà è originaria del Cantone Argovia, esattamente di un paesino che si chiama Schmiedrued. Un paese talmente piccolo da non avere neanche il cimitero, pensi! L’ho visitato solo una volta in vita mia perché i miei nonni si sono traferiti in Ticino e la storia della nostra famiglia praticamente è cominciata qui». I suoi genitori di cosa si occupavano in Canton Ticino? «Mio padre Riccardo ha frequentato le scuole qui e dopo un po’ di esperienza in Svizzera interna è tornato a Lugano dove ha conosciuto mia madre, Elisabetta. Era il 1948 e tutti e due a quell’epoca lavoravano all’Hotel Splendide come camerieri. L’anno successivo sono nato io e l’anno dopo ancora i miei genitori si sono messi in proprio rilevando la Pensione Minerva a Lugano Loreto. Poi nel ’56 hanno lasciato la Pensione e si sono trasferiti in quello che sarebbe diventato il nuovo Hotel Minerva, sempre a Loreto, e l’hanno gestito fino al 1983. Nel frattempo sono nati mia sorella Marisa nel ’51 e mio fratello Riccardo nel ’59 ». Quindi lei e i suoi fratelli siete cresciuti respirando l’atmosfera dell’hotellerie… «Sì, sono cresciuto in quell’ambiente: dopo la scuola i miei mi facevano anche lavorare perché allora bisognava darsi da fare tutti. Tanto che mio papà per finire si ammalò, forse proprio per l’eccessiva dedizione all’albergo. Anche per questo lui e mia madre hanno infine deciso di lasciare l’Hotel Minerva. Intanto io crescevo e assorbivo esperienza». Quale era il turista “tipo” allora? «Ricordo bene che c’era una prevalenza di Svizzeri tedeschi e Tedeschi ma anche moltissimi Inglesi. Parlo degli anni ’50, inizio ’60, quando il turismo
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in Canton Ticino era in forte espansione, c’erano molte agenzie viaggio e l’Hotel era quasi sempre al completo». Ha quindi ricordi felici di questo imprinting … «Mah … sì, però ricordo con piacere che venivo mandato spesso anche in campagna, perché la famiglia di mia mamma era ticinese – Albisetti di cognome – e viveva nella zona di Magliaso. A me piaceva molto vivere la campagna. Mi è sempre piaciuto il lavoro manuale, sono cresciuto senza la paura di usare le mani. Dopo le scuole, comunque, ho conseguito l’apprendistato di commercio e ho cominciato a lavorare nell’Hotel dei miei, fino ai 18 anni, quando mio papà mi ha mandato alla scuola alberghiera a Losanna. Il suo desiderio era che tornassi poi a casa, per gestire l’albergo di famiglia». Dal suo tono di voce immagino che andò diversamente … «Perché a Losanna ho conosciuto Lise, che sarebbe diventata mia moglie. Anche lei studiava alla scuola alberghiera e da lì siamo partiti per l’avventura della nostra vita lavorando per diversi prestigiosi alberghi. Dal Claridge’s e Savoy di Londra, al Kempisky e l’Hilton di Berlino, al Sas Scandinavia a Copenaghen. Fino a che nel ’74 mi è giunta una proposta di direzione a Lugano, allora avevo 25 anni e l’idea mi piaceva. Dopo il colloquio con il proprietario dell’Hotel Eden, Provera, proprietario anche dell’Hotel Arizona sempre a Lugano, siamo stati entrambi assunti – mia moglie ed io – come direttori dell’Hotel Arizona, appunto».
01 Fernando Brunner e famiglia 02 Hotel Minerva Lugano 03 Fernando e Marisa Brunner con i genitori 04 Hotel City Lugano 05 Hotel City Locarno 06 Hotel Garanio Au Lac Locarno-Muralto 07 Ristorante Perbacco Locarno
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Mi permetta un passo indietro: prima ha detto che suo papà l’ha mandato a Losanna…ma era anche un suo desiderio o ha assecondato il volere paterno? «Non credo proprio fosse un mio desiderio, la mia indole è quella del “fare”: a scuola riuscivo bene in matematica, geometria e disegno. Se non fossi andaTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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to a Losanna oggi sarei certamente un architetto o un ingegnere. Però la mia strada ha preso quella direzione e devo dire che ho intrapreso la professione di albergatore con grande passione e voglia di fare e oggi non me ne pento». Con sua moglie sempre al suo fianco anche nella professione? «Sempre. Nel ’78 siamo riusciti ad acquistare l’immobile diventando proprietari dell’Hotel Arizona che abbiamo tenuto per 11 anni. Lei si è sempre occupata della parte “front” dell’accoglienza, cioè della ricezione dei clienti, io più della contabilità e dei servizi dietro le quinte, come la cucina». Come mai avete scelto di vendere l’Hotel? «Negli anni ’80 c’è stato un forte surriscaldamento immobiliare e la tentazione di vendere è stata irresistibile, anche perché sentivo bisogno di cambiare, ero un po’ “stufo” di fare l’albergatore. Pensavo di fare un buon affare per dedicarmi insieme a mia moglie a qualcosa di completamente diverso. Devo aggiungere che in quel momento avevamo già i nostri tre figli: Stefan del ’74, Maria del ’77 e Giulia del ’80. In quegli anni non mostravano particolare interesse per l’Hotel, non venivano nemmeno spesso in albergo, quindi non pensavamo che
avrebbero preso questa strada. Così abbiamo venduto, non sono mai stato legato alle strutture in sé». E i suoi figli che interessi hanno mostrato crescendo? «Si sono imbarcati nel settore, con mio grande orgoglio devo ammettere. Stefan ha frequentato la scuola alberghiera di Losanna e ha già molte esperienze come direttore, così come Maria che oggi gestisce l’Hotel City a Lugano. Giulia avrebbe voluto diventare maestra, e così è stato per un po’, ma dopo qualche anno ha condiviso la nostra passione iniziando la sua attività presso i nostri hotel». E lei e sua moglie a cosa vi siete dedicati dopo la vendita dell’Arizona? «Dopo un paio d’anni sabbatici ci è stato offerto di dirigere il Parco Marai-
ni, a Lugano. Un’esperienza per me nuova perché il Parco includeva una residenza per anziani, una clinica, un centro diagnostico e in seguito anche un Park Hotel ****. Era il 1992 e come ex direttore d’albergo mi son trovato catapultato in una bellissima esperienza che mi ha insegnato molto». Avrà avuto contatto con i pazienti, una realtà ben diversa da quella dei clienti di un Hotel … «Certamente, essendo una clinica internistica c’erano anche casi di pazienti gravi. Avevo diretto contatto con la sofferenza, così come con gli anziani ospitati lì. Per questo avevo deciso di creare all’interno del Parco anche un settore di Aparthotel, visto che la zona ristorazione già c’era. Tuttavia la mia idea andava contro la mentalità diffusa ticinese riguardo la gestione della terza e quarta età, e rispondeva piuttosto a quella della Svizzera interna». Quale sarebbe questa differenza di mentalità? «Il ticinese anziano non è – o almeno non era a quell’epoca – abituato a lasciare casa propria per un ricovero fintanto che lo stato di salute lo imponga, al contrario degli Svizzeri tedeschi e francesi. Il principio della residenza per anziani, invece, era ed è proprio quello di accogliere l’anziano quando ancora è autonomo, in un ambiente protetto e sicuro. Oggi le cose sono cambiate e anche in Ticino si nota un proliferarsi di
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mo a rivelare a tutti di cosa si tratta… A lei però posso dirlo…».
queste strutture. Solo dopo qualche anno ho deciso, insieme a mia moglie, di accettare la direzione di un altro grande complesso per la terza età a Locarno Muralto, la Residenza al Parco. Era il 1998 e l’abbiamo gestita per 13 anni». È raro vedere moglie e marito così affiatati anche nel lavoro e dopo così tanto tempo… «Sì, addirittura nel 2007 abbiamo costituito la Hospitality & Gastro Services, una società di consulenza alberghiera, e sempre nello stesso anno abbiamo rilevato questo Hotel, il Geranio au Lac, e aperto il ristorante DiVino, sempre qui a Muralto. Mia moglie si è occupata principalmente del Geranio». Moglie e figli, una bella squadra di lavoro in costante espansione… «È vero! É stato sette anni fa che assieme un mio caro amico d’infanzia, Gilberto Bernasconi, abbiamo deciso di investire in un nuovo Hotel. Nel 2014 abbiamo aperto l’Hotel City a Molino Nuovo a Lugano, che gestisce mia figlia Maria, appunto. Abbiamo ottime referenze e quest’anno siamo arrivati fra i 3 finalisti del Prix Bienvenu nella categoria Hotel di città».
le esigenze sono differenti. Si nota anche da come sono vestiti i clienti, tipicamente vacanzieri gli ospiti locarnesi, più formali quelli luganesi. Di conseguenza l’Hotel City di Lugano è gestito in funzione del target e mia figlia Maria è molto brava in questo». Anche qui a Locarno avete un Hotel City, vero? «Dal 2016 e l’abbiamo chiamato così proprio per creare un trait d’union tra due alberghi di città, gestiti con la stessa logica. Questo City, a differenza di quello di Lugano, ha anche un ristorante, il Perbacco, nato quest’anno rivoluzionando completamente il locale preesistente, e già ha un buon successo. Siamo molto contenti». Il successo è una spinta verso il futuro… ha qualche progetto in cantiere? «Qualcosa all’orizzonte c’è, un orizzonte non molto lontano, ma aspettia-
Complimenti! Appuntamento alla prossima intervista allora, per soddisfare la curiosità dei nostri lettori! «Volentieri. Anche perché il prossimo anno arrivo ai 70, i miei figli mi hanno dato 8 nipoti e quindi vorrei avere ancora tanto da fare, da dare e da raccontare prima di ritirarmi. Ho accumulato davvero tanta esperienza che spero di poter lasciar loro, anche perché i miei tre figli sono tutti azionisti, la società è la famiglia Brunner. Nel nostro sangue scorre senz’altro la vocazione dell’accoglienza». Quattro passi insieme sul lungolago e terminiamo la gradevolissima chiacchierata davanti a un caffè, al Ristorante Perbacco, parlando un po’ di hockey e di ciclismo. E lì, off the record, Fernando Brunner mi confida quanto sia sempre stato timido e riservato, sin da bambino. Forse a corollario di una particolare sensibilità empatica, la stessa che anima il suo senso dell’accoglienza. La stessa, per cui cerca sempre di creare armonia tra il suo personale, premiando e motivando il lavoro. E lo si vede. Si vede dall’accoglienza calorosa e spontaneamente affettuosa che lui stesso puntualmente riceve da ognuno dei suoi dipendenti. È proprio vero, penso accomiatandomi, che nella vita si raccoglie ciò che si semina. 07
C’è differenza tra il cliente “tipo” di Locarno e quello di Lugano? «La differenza è molto sentita. Mentre qui a Locarno il cliente è innanzitutto il turista, a Lugano è anche molto legato al business, quindi i soggiorni e
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NEW FRONTIERS OF RESEARCH DI DIMITRI LORINGETT AN INTERNATIONAL RESEARCH TEAM AT THE INSTITUTE OF ONCOLOGY RESEARCH (IOR, AFFILIATED TO USI UNIVERSITÀ DELLA SVIZZERA ITALIANA) IN BELLINZONA, LED BY DR. ANDREA ALIMONTI, HAS DISCOVERED AN INNOVATIVE METHOD TO CONTAIN THE EVOLUTION OF PROSTATE CANCER. THE STUDY WAS PUBLISHED IN THE LEADING SCIENTIFIC JOURNAL NATURE, IN JUNE. WE SPOKE TO ARIANNA CALCINOTTO, YOUNG RESEARCHER AT THE IOR AND FIRST AUTHOR OF THE STUDY, WHO IS RESPONSIBLE FOR THIS DISCOVERY, AND TO DR. ALIMONTI, WHO IS ALSO PROFESSOR AT THE USI FACULTY OF BIOMEDICAL SCIENCES, FOR INSIGHTS ON BIOMEDICAL RESEARCH IN TICINO.
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r. Calcinotto, tell us more about your findings and what inspired you and your colleagues to devise this new immunotherapy concept… «It is a general understanding that to fight cancer we need to harness the immune system, as most of the immunotherapy drugs currently under evaluation work by stimulating the immune system to recognize and kill the cancer cells. Previous trials using immunotherapy in prostate cancer have been unsuccessful. This information brought us to investigate whether the immune response could play a different role in this type of tumour. Prostate cancer treatments usually fail after time as resistance to therapy develops, a condition known as castration-resistant prostate cancer (CRPC). Because this condition is one of the most common causes of cancer-related mortality in men, we decided to investigate the role of the immune cells in the development of this specific phase of resistance for this common disease. For decades, oncologists and research-
ers were unanimous in believing that the target to strike in order to stop this phenomenon were the male hormones (androgens and testosterone, which fuel the tumour’s growth); without these, in fact, the prostate cancer cells start to die off. Later, however, those cells fight back and manage to survive, even without their essential nutrient. How the tumour managed to withstand the lack of androgens and come back stronger than ever has been, up to now, a mystery. Working with partners in the United Kingdom and in Italy, we found elevated levels of the protein interleukin-23 (IL-23) in the blood and in the tumours of most patients resistant to antiandrogen therapy. We noticed moreover that the release of IL-23 in the tumour is caused by a particular type of immune cell (called myeloid cells), which make it treatment resistant – like a “dark force” – by allowing the survival and proliferation of the prostate cancer cells.
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The next step will now be to run clinical trials and identify the antibody that can selectively block IL-23. Our research will be the basis for a promising clinical study in prostate cancer patients, similar to research underway for the treatment of disorders such as psoriasis, which is very well tolerated by patients». You are the first author of the study; could you explain what your role was in the overall team effort? «The first author of the study is the leader of the project, having therefore the responsibility to conceive the project and design, and interpret the results obtained. The first author has also more practical duties, such as performing the experiments and orchestrating the results obtained by the work team and the external collaborators. All these important steps needed for the good trial of the project are shared with a work team and supervised by the head of the lab. I am really glad that the major contributors of the study were women. We built up a very productive and cohesive team, a key element for the success of the project. The ability to create and work within a network of researchers is fundamental for the development of a large project, such as this one, either because each group brings its own technological expertise, or because it has access to a larger number of patients. Collaborations are often developed thanks to the contacts made during scientific conferences, where research projects are presented. In those situations, it is quite common to end up talking about research interests with colleagues, typically during the coffee breaks or at the breakout sessions. But collaborations are created also with colleagues with whom you have worked in the past, who have since acquired new skills».
“We believe that our work will have important clinical implications and advances our understanding of the biological processes that underlie castration resistance” Do you believe that this discovery could actually change the course of diseases still thought to be incurable? «Prostate cancer causes more than 300,000 deaths annually worldwide. The current standard of care for advanced-stage prostate cancer is androgen depletion (an antihormone therapy) by chemical means. However, this almost invariably provides only a temporary halt to the disease. When cancer progression resumes despite low androgen levels developing CRPC condition, no efficient clinical options are available, so there is still a need for additional clinical strategies. We believe that our work will have important clinical implications and advances our understanding of the biological processes that underlie castration resistance. Antibodies that block IL-23 are approved for clinical use to treat autoimmune conditions, which clears the way for them to be tested as a possible treatment for CRPC patients. We aim to run a clinical trial to assess if anti-IL-23 antibodies can improve the standard of care treatment and revert therapy-resistance in patients affected by metastatic CRPC. Our findings also raise the question of whether immune cells might contribute to the progression of other sorts of cancer in which growth is driven by hormone-receptor signalling such as breast and ovarian cancers. In the long run, I would like to focus my efforts on understanding the spectrum of interactions in the tumour microenvironment also in different tumour context. I believe that these discoveries will pave the way to new therapeutic options and illuminate a novel concept of immunotherapy for cancer». TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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Your career path has brought you on both sides of the Atlantic. Why did you eventually land at the IOR, in the small city of Bellinzona? «After my PhD training at San Raffaele Scientific Institute (IT) and Mayo Clinic (USA), I felt the need to increase my professional experience by moving to another competitive and cutting-edge research institute. I strongly believe that a change of location during the training period of a scientist is a benefit for the career, providing opportunities to meet people and create several research networks. During my scouting to find a good lab to broaden my knowledge in basic and applied science, a professor in Milan advised me about the group headed by Andrea Alimonti in Bellinzona. When I came for my interview, I was impressed by the outstanding science carried out by the Alimonti lab and the impact of international collaborations that the lab had. Furthermore, even if IOR is a relatively small institute, it has nothing to spite to bigger research institutes all over the world. The state-of-the-art core facilities at the IOR, the collaborative culture and inter-disciplinary dialog fostered within the institute, coupled with the outstanding scientific environment offered in Switzerland, enable to conduct outstanding scientific research. Thus, I concluded that attending a Postdoctoral position at Alimonti’s group would have been an excellent opportunity for me to acquire the professional skills and experience needed to become distinctive and a leader in the field of cancer immunology. Last but not least, Ticino has from its side the beauty of its nature and weather. There are few places in the world in which we can work in the lab without feeling to be turned into a lab rat».
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Prof. Alimonti, how do you see the future of biomedical research in the Canton Ticino, in comparison to the ‘big players’, for instance in the U.S.? «This year has been an astonishing year for our research team and for the IOR. We have published in less than 4 months two papers in Nature Genetics and Nature, two of the most important scientific journals in the world and inspired novel clinical trials for the therapy of prostate cancer patients. As IOR, we have also published another paper on Nature Medicine, whereas the Institute for Research in Biomedicine in Bellinzona (IRB, also affiliated to USI) published two papers on Nature. Overall, I felt extremely positive about the research environment in Ticino. This is only the tip of the iceberg since many other papers are published every year from IOR and IRB. When I travel and I say that I come from Bellinzona, my colleagues tell me: “I know the place. It is a small city but you guys do great research over there”, and they conclude with a smile, saying, “you are almost more productive there than in Zurich”. I agree with these remarks and I feel extremely pleased. Between IOR and IRB, in Bellinzona we are a small community of nearly 200 scientists that is coping with relatively limited resources compared to other research centers in the North part of Switzerland, who can benefit from large amounts of public and private funding. I do not know if there is a secret behind this success or if this year we have been just lucky, but I am convinced nevertheless that biomedical research could be a driver of a future economic growth in Ticino. What others have done over the past two decades now needs to be brought to the next level. Only in this way will we succeed in competing and possibly beat the “big players”. The building of the new campus in Bellinzona, a structure that from early 2021 will
bring the IOR, the IRB and of the NSI (Neurocentro della Svizzera italiana) under the same roof, is a milestone that confirms the relevance of biomedical research in the Canton Ticino. The new centre will clearly provide opportunities for synergies and growth, and I trust that our public Institutions will continue to guarantee its support by investing in this important sector of economic and social development».
Fotografia: © Nenad Saljic
In un clima di incertezza la solidità rassicura. In questo tempo di incertezza geopolitica, economica e dei mercati, bisogna avere le idee chiare, dotarsi di modelli aziendali sostenibili, guardare all’essenziale e, soprattutto, contare su una base solida su cui appoggiarsi. Con un approccio serio e concreto, PKB costruisce rapporti personali con i clienti senza mai perdere di vista i valori che la contraddistinguono per tradizione.
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LAC / LUGANOINSCENA
È QUESTO IL TITOLO SCELTO DA LUGANOINSCENA PER LA STAGIONE TRA L’AUTUNNO DI QUEST’ANNO E LA PRIMAVERA DEL PROSSIMO. DEI PROGRAMMI E DELLE NOVITÀ IN CARTELLONE CE NE PARLA IN QUEST’INTERVISTA IL DIRETTORE CARMELO RIFICI.
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ORIZZONTI E PROSPETTIVE
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erché questo titolo? «Orizzonti e prospettive è ancora una volta un invito a guardare lontano, a scoprire alcune di quelle che ritengo essere tra le proposte più interessanti che il panorama teatrale europeo offre, in una stagione che ho disegnato cercando un giusto equilibrio tra tradizione e innovazione, tra impegno e divertimento. Analogamente agli anni scorsi, ho pensato di riassumere i titoli della stagione in alcuni focus, aree di attenzione che suggeriscono possibili linee tematiche delle nostre future visioni».
Carmelo Rifici © LAC Lugano
01 Belve © Duccio Burberi
Partiamo allora dall’impegno nei confronti della produzione... «Fin dall’inizio del mio mandato di direttore ho avviato la sfida di fare del LAC un luogo in cui si producono spettacoli, sfida importante che finora ha dato vita a 21 creazioni tra prosa e danza, che hanno affrontato e affronteranno lunghe tournée nazionali e internazionali. La prima sfida di quest'anno è stata l'opera lirica, con la quale abbiamo aperto la stagione teatrale e musicale. Il Barbiere di Siviglia è stato un debutto assoluto per Lugano, uno sforzo che ha visto unite, in una virtuosa sinergia produttiva, le forze sia umane sia economiche di RSI Radiotelevisione svizzera, LAC, LuganoInScena e LuganoMusica. Diretto dal Maestro Diego Fasolis, il capolavoro di Gioachino Rossini si è avvalso della mia regia teatrale».
02 Aminta © Andrea Pizzalis per Centrale Fies 03 The Great Tamer Dimitris Papaioannou © Julian Mommert
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Per quanto riguarda la drammaturgia cosa c’è da attendersi? «Emiliano Masala dirige Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, testo cardine del ‘900, in una versione rispettosa della drammaturgia ma anche coraggiosa, con l’interpretazione di Anahì Traversi e Igor Horvat, attori ticinesi, grandi protagonisti di questa stagione teatrale. Nell’anno in cui ricorrono i 50 anni dalle grandi rivoluzioni del ‘68, ho pensato fosse doveroso riallestire Avevo un bel pallone rosso che vedremo al FIT Festival, un testo che ha avuto un’enorme fortuna in tutta la Francia e ha portato Angela Demattè a vincere l’ambito Premio Riccione per la Drammaturgia. Sempre durante il FIT, e sempre prodotto da LuganoInScena, ci sarà l’atteso debutto di Quasi niente, progetto che Daria Deflorian e Antonio Tagliarini dedicano a Michelangelo Antonioni, ispirandosi liberamente ad uno dei suoi capolavori, Deserto rosso». Uno spazio particolare è stato riservato agli artisti protagonisti della scena svizzera… «Infatti. Alan Alpenfelt firma la regia di Jackie, lavoro che il Premio Nobel Elfriede Jelinek ha scritto ispirandosi alla figura della First Lady americana; Ariella Vidach/AiEP – Premio Svizzero della Danza nel 2017 – dirige otto danzatori del Balletto di Roma in HU robot, lavoro di cui condivi-
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de ideazione e regia con Claudio Prati; Oscar Bianchi compone e dirige Sinatra in Agony, spettacolo di teatro musicale scritto per un esecutore, un controtenore e un ensemble; Gardi Hutter, celebre clownessa, presenta il suo nuovo lavoro, Gaia Gaudi; il giovane Simon Waldvogel è autore, regista e interprete de L’amore ist nicht une chose for everybody (Loving Kills), lavoro che si interroga su come i trentenni vivono i loro sentimenti; Roberto Latini è il protagonista de I Cenci, pièce ispirata al capolavoro di Antonin Artaud di cui Giorgio Battistelli firma musica e libretto, che viene qui rappresentato per la prima volta in italiano in una produzione realizzata grazie alla collaborazione con il Conservatorio della Svizzera Italiana; e ancora, Valter Malosti è il regista e l’interprete di una inedita rilettura de Il Misantropo di Molière». Focus America. Di che cosa si tratta? «Una prospettiva in cui sono riassunte le creazioni di quattro grandi ensemble di danza che lì sono nati, e che raccontano le rivoluzionarie invenzioni d’oltreoceano: il canadese Les Ballets Jazz de Montréal presenta Dance Me, lavoro che trae ispirazione dalle musiche di Leonard Cohen; il più grande coreografo americano vivente, Paul Taylor, padre della modern dance americana, sarà a Lugano con la sua straordinaria compagnia, anticipando di pochi giorni un altro eccezionale ensemble come quello del newyorkese Stephen Petronio. Guidata da un artista italiano, Marcello Angelini, per la sua prima volta in Ticino, Tulsa Ballet propone Eclectic Stories, lavoro che rende omaggio a grandi coreografi come Kurt Joss e George Balanchine. Gli ensemble di alcuni dei più grandi coreografi al mondo come Maurice Béjart, Dimitris Papaioannou e Angelin Preljocaj arricchiscono le proposte di danza del LAC in un programma che, di anno in anno, si fa sempre più ricco».
degli dèi – Il calzolaio di Ulisse; Lella Costa è l’autrice, insieme a Gabriele Vacis, di una Traviata che rende omaggio a tutte le traviate del mondo; Mario Perrotta ci racconta la sua Odissea».
Attraverso il Focus I grandi Maestri europei sono proposti i lavori di tre giganti della regia europea… «ll britannico Declan Donnellan, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, dirige per la prima volta un cast di attori italiani in La tragedia del vendicatore, opera secentesca di Thomas Middleton prodotta dal Piccolo Teatro di Milano; di Romeo Castellucci, vedremo Democracy in America, la sua più recente creazione teatrale; Jan Fabre, geniale artista fiammingo, propone The Night Writer, lavoro/manifesto del suo pensiero, qui interpretato da Lino Musella». Nuovi orizzonti è il focus che dà il titolo alla stagione e raccoglie i lavori scritti da alcuni tra i migliori drammaturghi della nuova generazione… «Terror, esordio teatrale dello scrittore e avvocato tedesco Ferdinand von Schirach, è uno spettacolo in cui il pubblico diventa la giuria popolare del processo che giudica il protagonista della storia, ed è diretto da Kami Manns; Belve di Armando Pirozzi è una farsa su potere e denaro, diretta da Massimiliano Civica; Aminta di Torquato Tasso viene riscritta da Linda Dalisi e diretta da Antonio Latella. Lucia Calamaro affida Si nota all’imbrunire, lavoro di cui è autrice e regista, all’interpretazione di un grande attore: Silvio Orlando». Anche questa stagione sono previste occasioni di incontro con grandi artisti molto amati dal pubblico? «Per il ciclo I Grandi Narratori Marco Paolini è il protagonista di Nel tempo
E per quanto riguarda il teatro comico? «Nomi come quelli di Antonio Albanese, Paolo Rossi, Ale e Franz, I Legnanesi, Gigio Alberti e Antonio Catania, sono assoluta garanzia di spettacoli che non mancheranno di divertire il pubblico». Un discorso a parte merita infine Finzi Pasca… «La Compagnia Finzi Pasca incanterà con due creazioni delicate, poetiche e ricche di pathos: accanto a Icaro, assolutamente imperdibile è la bella occasione di vedere a Lugano, dove arriva per la prima volta, Donka – Una lettera a Cechov, uno dei titoli che hanno reso celebre nel mondo la compagnia ticinese». Anche il musical sarà presente in cartellone? «Sono convinto che Dirty Dancing e il celebre Grease, insieme allo spettacolare Hotel, nuovo lavoro del Cirque Éloize, proseguiranno il bel successo ottenuto dai musical la scorsa stagione». Possiamo chiudere citando alcuni degli artisti che saranno illustri ospiti di LuganoInScena? «Mi fa molto piacere citare tra gli altri Gioele Dix, Valter Malosti, Valerio Binasco, Geppy Gleijeses, Emilio Solfrizzi, Paola Minaccioni, Michele Riondino, Alessandro Preziosi, Arianna Scommegna, Gabriele Vacis. Infine, un ringraziamento speciale va a Piera Degli Esposti, Anna Maria Guarnieri, Lucia Poli e Milena Vukotic, quattro signore della scena, quattro grandi attrici che hanno scritto la storia del teatro».
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LAC / FIT FESTIVAL
GIUNTO ALLA SUA 27ESIMA EDIZIONE, DAL 26 SETTEMBRE AL 7 OTTOBRE 2018, IL FIT FESTIVAL OSPITA LE SUE PROPOSTE IN NOVE DIVERSI LUOGHI, TEATRALI E NON, DELLA CITTÀ DI LUGANO E MANNO. UN RICCO PROGRAMMA DISTRIBUITO SU 12 GIORNI, CON 12 SPETTACOLI, 17 REPLICHE, 4 EVENTI COLLATERALI, 4 INCONTRI CON GLI ARTISTI.
BIOGRAFIE D’ARTISTI IN SCENA 01 Clean City 02 Quasi niente © Mirco Lorenzi 03 Cappuccetto Rosso 04 Democracy in America © Guido Mencari
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i anno in anno, il festival consolida sempre più la sua vocazione tesa ad indagare la scena contemporanea, portando a Lugano le creazioni di alcuni tra i più interessanti artisti del panorama performativo europeo e non solo. L’edizione di quest’anno traccia il filo rosso della sua programmazione, sviluppandolo intorno al tema delle biografie: partendo dal privato, la riflessione artistica allargherà lo sguardo al nostro tempo. La rassegna si apre mercoledì 26 settembre (LAC Sala Teatro, ore 20:30 - replica giovedì 27) con lo spettacolo di Carmelo Rifici Avevo un bel pallone
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rosso lavoro, che arriva a Lugano preceduto da una grande fortuna che lo ha accompagnato in tutta Europa fin dal suo debutto. Tra gli altri riconoscimenti, lo spettacolo è valso alla sua autrice Angela Demattè il Premio Riccione (2009). Giovedì 27 e venerdì 28 settembre (LAC Teatrostudio, ore 19:00), la giovane artista ticinese Francesca Sproccati è coreografa e interprete di EXP je voudrais commencer par sauter, un lavoro sperimentale che si propone di offrire sia al pubblico sia ai performers la possibilità di una diversa percezione del tempo. Nel fine settimana le occasioni di visione sono numerose. Si comincia dallo Spazio 1929 dove sabato 29 e domenica 30 settembre (ore 17:00 e 19:30 e ore 11:00 e 14:30) va in scena Margarete del polacco Janek Turkowski. Il lavoro trae ispirazione da un set di pellicole che Turkowski ha trovato in un mercatino delle pulci tedesco: immagini registrate da Margarete Ruhb, una donna della Germania dell’Est, che testimoniano il suo privato in modo straordinario nella loro ordinarietà. Sabato 29 al LAC (Sala Teatro, ore
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20:30) si assiste a Montserrat, spettacolo della compagnia messicana Lagartijas Tirada al Sol, in cui il protagonista ci parla del suo rapporto con una madre che non ha mai conosciuto. Domenica 30 alla Sala Aragonite di Manno (ore 17:30) la compagnia Curious Industries è protagonista di Heidi Project: racconto autobiografico di Alessandra Celesia che cita il celebre cartone animato, suo “compagno” d’infanzia. La programmazione prosegue martedì 2 ottobre. Dopo il bel successo de Il cielo non è un fondale visto al FIT Festival 2017, Daria Deflorian e Antonio Tagliarini tornano a Lugano (LAC Sala Teatro, ore 20:30 – replica mercoledì 3 ottobre) con la prima di Quasi niente. In questo lavoro molto atteso da pubblico e critica, Deflorian e Tagliarini decostruiranno Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni. Venerdì 5 ottobre (LAC Sala Teatro, ore 20:30) va in scena C’est la vie, performance documentaria di Mohamed El Khatib/Collectif Zirlib. Scritto dallo stesso El Khatib, drammaturgo franco marocchino, C’est la vie riunisce sul palco due attori accomunati dalla tragica esperienza di aver perso un figlio. Prodotto tra gli altri dal Festival d’Automne di Parigi, lo spettacolo sa farsi esperienza intima, estetica e politica.
Sabato 6 ottobre al Teatro Foce (ore 18:00), Reggimento Carri/Roberto Corradino è autore, regista e interprete insieme a Teresa Ludovico di Parla con mia madre, commedia che l’artista dedica alla madre. Domenica 7 ottobre al Teatrostudio (LAC, ore 20:30) va in scena Clean City di Anestis Azas&Prodromos Tsinikoris. Clean City è una storia della Grecia di oggi raccontata dal punto di vista degli immigrati. Ne sono protagoniste cinque donne di età e paesi diversi giunte in territorio ellenico alla ricerca di un futuro migliore e oggi impiegate come donne delle pulizie. Uno spettacolo che si fa metafora di cosa significhi “pulire” un Paese in tempi in cui le politiche di non accoglienza sono sempre più diffuse. Una bella attenzione, il Festival la dedica alla danza. Domenica 30 settembre al LAC (Sala Teatro, ore 20:30), la coreografa e performer basilese Tabea Martin e la performer italiana Simona Bertozzi, già danzatrice di Virgilio Sieni, porteranno in scena This is my last dance, nato dal loro incontro. Sabato 6 ottobre al LAC (Teatrostudio ore 20:30), il coreografo greco Ioannis
Mandafounis è il creatore e protagonista di Sing the positions. Artista dalla solida formazione, già danzatore in compagnie di danza celebri come Forsythe Company, in questo lavoro offre accanto a Manon Parenti una fusione unica di musica e danza. Domenica 7 ottobre (LAC Teatrostudio, ore 19:00), Jeremy Nedd, coreografo di origine statunitense, naturalizzato svizzero, presenta Communal Solo: assolo che diviene esperienza collettiva; un’esplorazione a più livelli del tema e una critica dell’esperienza teatrale e del ruolo delle comunità nella società. Accompagnano e arricchiscono il Festival alcuni eventi collaterali: incontri con gli artisti, momenti di approfondimento con studiosi, proiezioni cinematografiche e molto altro. Le prenotazioni degli spettacoli del FIT Festival 2018 sono aperte dal 4 settembre presso la biglietteria del LAC; online sul sito www.luganoinscena.ch o presso i punti vendita Ticket Corner. Altre informazioni al sito www.fitfestival.ch
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LAC / LUGANOMUSICA
LA MAGIA DEL FLAUTO
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DOPO IL PIANISTA RUSSO DANIIL TRIFONOV E LA VIOLINISTA TEDESCA JULIA FISCHER, UN ALTRO SOLISTA D’ECCEZIONE SARÀ L’ARTISTA IN RESIDENZA DELLA STAGIONE 2018/19 DI LUGANOMUSICA: IL GRANDE FLAUTISTA GINEVRINO EMMANUEL PAHUD.
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uganoMusica ospita ogni anno un Artista in residenza: è questo uno dei fiori all’occhiello del progetto portato avanti dal Direttore artistico Etienne Reymond che ha così dichiarato: «Ho deciso di istituire questa figura per poter portare a Lugano artisti di grande valore con cui il pubblico può instaurare un rapporto più stretto, approfondendone la conoscenza attraverso più di un solo concerto. Il nostro Artista in residenza per questa stagione è Emmanuel Pahud». Diviso tra l’attività come primo flauto dei Berliner Philharmoniker e i concerti che tiene in tutto il mondo in qualità di solista o in gruppi cameristici, il grande flautista potrà mostrare nelle sue tre esibizioni a Lugano la sua straordinaria versatilità. Emmanuel Pahud nasce a Ginevra nel 1970, a sole sei settimane la sua famiglia si trasferisce a Baghdad per un anno, poi a Parigi, poi a Madrid e infine a Roma per quattro anni, dove Pahud scopre la musica grazie alla famiglia svizzero-francese Binet. Il padre, François Binet, è un flautista, il figlio più grande Philippe si esibisce nel concerto di Mozart K.313 per flauto, segnando la vita del giovane ginevrino: «Potevo ascoltare il flauto, il violino, il violoncello, il pianoforte. Non so come mai ho scelto il flauto spiega Pahud - in ogni caso ho detto ai miei genitori: voglio suonare il flauto, voglio suonare il concerto di Mozart che il ragazzo accanto sta studiando». A soli sei anni comincia gli studi e si diploma nel 1990 al Conservatoire National Supérieur de Musique di Parigi, proseguendo poi la formazione con il grande Aurèle Nicolet. A 22 anni, viene scelto come primo flauto solista dei Berliner Philharmoniker, divenendo così il più giovane membro del-
la leggendaria orchestra diretta in quel tempo da Claudio Abbado. Ancora oggi ricopre quel ruolo, al quale affianca un’intensa attività di solista che lo porta ad esibirsi nei Festival più importanti in Europa, Stati Uniti e Asia. Nelle scorse stagioni ha collaborato con la London Philharmonic Orchestra, la Tonhalle Orchester Zürich, l’Orchestra Mariinskij, l’Orchestra Sinfonica della NHK, e con direttori quali Sir Simon Rattle, David Zinman, Pierre Boulez, Valery Gergiev, Paavo Järvi, Yannick Nezet-Séguin. Lavora con partner quali Eric Le Sage, Yefim Bronfman, Hélène Grimaud e Jacky Terrasson. La sua carriera è costellata di grandi successi. È primo premio in diversi concorsi internazionali, come quello di Duino (1988), Kobe (1989) e Ginevra (1992), così come della Fondazione internazionale Yehudi Menuhin. Nel 1996 firma il contratto in esclusiva con EMI Classics, una collaborazione che si sta rivelando come il più significato contributo alla musica per flauto finora registrata. Le oltre venti registrazioni hanno ricevuto eccellenti recensioni e vinto numerosi premi discografici. Nel 2009 ha ricevuto il titolo di Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres come riconoscimento del suo contributo al mondo musicale, mentre dal 2011
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è membro onorario della Royal Academy of Music of London. Emmanuel Pahud esordirà al LAC il 10 dicembre assieme al clavicembalista Trevor Pinnock e il violoncellista Jonathan Mason. Protagonista del concerto sarà il flauto “barocco” attraverso tre sonate di J. S. Bach. L’ 8 gennaio si unirà a un eccellente gruppo di fiati Les Vents francais. Per questa apparizione l’artista ha scelto una serie di opere cameristiche che esaltano gli strumento a fiato, spaziando dalla Russia, alla Germania, alla Francia. Infine sarà solista in un’im-
portante novità per Lugano: il Concerto per flauto di Eric Montalbetti, accompagnato dall’Orchestre de la Suisse Romande sotto la direzione di Jonathan Nott, in programma il 10 maggio. Il giorno successivo, prodigherà consigli ad alcuni giovani flautisti nella prima masterclass organizzata da LuganoMusica.
01 Emmanuel Pahud © Warner Classics / Fabien Monthubert 02 Les Vents français
I TRE APPUNTAMENTI LUGANESI Lunedì 10.12.2018 | 20:30 Sala Teatro Récital Barocco Emmanuel Pahud, flauto Trevor Pinnock, clavicembalo Jonathan Mason, violoncello Musiche di Johann Sebastian Bach
Martedì 08.01.2019 | 20:30 Sala Teatro Récital Emmanuel Pahud, flauto Paul Meyer, clarinetto Radovan Vlatković, corno Gilbert Audin, fagotto Éric Le Sage, pianoforte Musiche di Michail Glinka, Ludwig van Beethoven, Ludwig Spohr, Camille Saint-Saëns, Nikolaj Rimskij-Korsakov
Venerdì 10.05.2019 | 20:30 Sala Teatro Orchestre Orchestre de la Suisse Romande Jonathan Nott, direttore Emmanuel Pahud, flauto Musiche di Igor’ Stravinskij, Eric Montalbetti, Maurice Ravel
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LAC / MASI LUGANO
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DAL 16 SETTEMBRE 2018 AL 6 GENNAIO 2019, IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA PRESENTA LA MOSTRA MAGRITTE. LA LIGNE DE VIE, RENDENDO OMAGGIO AL MAESTRO BELGA DEL SURREALISMO CON UN’ECCEZIONALE SELEZIONE DI OPERE CHE NE RIPERCORRONO TUTTA LA CARRIERA, DAGLI ESORDI FINO AI PIÙ CELEBRI DIPINTI DELLA MATURITÀ.
MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA Sede LAC Lugano Arte e Cultura Piazza Bernardino Luini 6 CH-6901 Lugano T. +41 91 815 7970 info@masilugano.ch Orari Ma – Do: 10.00 – 18.00 Giovedì aperto fino alle 20.00. Lunedì chiuso.
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opo il grande successo della mostra su Picasso che ha registrato circa 50.000 presenze, in autunno il MASI ospiterà la seconda retrospettiva dell’anno dedicata a un simbolo dell’arte del Novecento: René Magritte. La mostra ripercorrerà tutta la carriera, dagli esordi fino ai più celebri dipinti della maturità, del maestro belga del surrealismo, offrendo al visitatore gli spunti per comprendere
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l’origine e le fonti d’ispirazione dell’opera di un artista capace, come pochi altri, di suggestionare il pubblico. Realizzata con il sostegno della Fondazione Magritte, nel 2019 verrà esposta al Amos Rex di Helsinki. Il filo conduttore dell’esposizione parte dalla conferenza che René Magritte tenne il 20 novembre 1938 al Musée Royal des Beaux-Arts d’Anversa, intitolata La Ligne de vie (La linea della vita). Fu una delle rare occasioni in
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cui l’artista si espresse in pubblico sul proprio lavoro, riferendosi ad André Breton e ai surrealisti belgi, suoi compagni di strada. Attraverso una serie di immagini ed esempi, Magritte delineò la genesi della sua arte e illustrò i principi che gli avevano permesso di trasformare oggetti quotidiani in qualcosa di sconvolgente. Il percorso espositivo, composto da una novantina di opere, prende inizio dalle creazioni dei primi anni Venti. Si tratta di sperimentazioni, in alcuni casi lontane dai dipinti più conosciuti del maestro belga. Alcune opere in mostra, raramente presentate al pubblico, evidenziano l’infatuazione giovanile di Magritte per il futurismo italiano. Se lo stile pittorico di queste opere è distante da quello maturo, lo spirito che le sottende – cioè il desiderio di contraddire le prassi borghesi e le convenzioni artistiche – è lo stesso che presiede alle composizioni surrealiste. Ma è la metafisica, e in particolare l’opera di De Chirico, a offrire a Magritte lo spunto decisivo per la definizione dalla propria poetica. In mostra viene presentato un eccezionale confronto fra Les Plaisirs du poète (1912) di De Chirico e la Traversée difficile (1926) di Magritte. Segue un’ampia selezione di lavori realizzati fra gli anni Venti e Trenta in cui si evidenziano i temi prediletti dell’artista. Come spiegato da Magritte, alla base dei dipinti realizzati dal 1925 al 1936 c’è la ricerca sistematica di un effetto poetico sconvolgente, raggiunto in primo luogo attraverso lo spaesamento di oggetti molto comuni, scelti affinché la loro decontestualizzazione producesse il massimo risultato. Vi erano poi altri espedienti utilizzati per rendere insolite le cose più comuni, ognuno dei quali è illustrato attraverso una serie di opere: la rappresentazione in una materia diversa da quella consueta (Souvenir de voyage, per esempio, presenta una natura morta “pietrificata”); la combinazione di immagini e parole associate in modo arbitrario le une al-
le altre (Le Reflets du temps, 1928; Le Parfume de l’abîme, 1928); la rappresentazione delle visioni del dormiveglia (Le Noctambule, 1928). Questi dipinti, che oggi riconosciamo come capolavori, all’epoca della loro creazione destarono numerose critiche. Come ricorda lo stesso Magritte, gli veniva rimproverata l’assenza di qualità plastica, la rinuncia a uno stile “pittoresco” in favore di una rappresentazione scarna, la collocazione di oggetti in luoghi inconsueti. Benché la conferenza La Ligne de vie si tenne nel 1938, l’esposizione del MASI non si limita a presentare opere realizzate entro tale data. Anche negli anni successivi Magritte rimane fedele ai principi poetici illustrati in quell’occasione e realizza alcune fra le sue opere più celebri, come La Mémoire, 1948 e La Grande Guerre, 1964, entrambe in mostra. Il percorso espositivo documenta anche l’unica e breve divagazione di Magritte dal proprio inconfondibile stile, il periodo vache, letteralmente vacca: una serie di opere realizzate nel 1948 con colori sgargianti e pennellate molto libere che, come annuncia l’espressione “vache”, fanno ironicamente il verso al fauvismo. Completano il percorso documenti, fotografie e una serie di affiche del suo periodo giovanile, che illustrano il versante commerciale dell’opera dell’artista, oltre alla proiezione di film da lui realizzati nel corso degli anni Cinquanta.
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01 Le Grand Siècle 1954 Kunstmuseum Gelsenkirchen © 2018 Prolitteris, Zurich
03 Le Chateau des Pyrénées 1962 Collezione privata © 2018 Prolitteris, Zurich
02 La Grande Guerre 1964 Esther Grether Familiensammlung, Basel © 2018 Prolitteris, Zurich
04 La Chambre d'écoute 1958 Kunsthaus Zürich, Zürich Donazione Walter Haefner, 1995 © 2018 Prolitteris, Zurich
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LAC / SPAZIO -1
HOW EVIL IS POP ART? DAL 23 SETTEMBRE 2018 AL 6 GENNAIO 2019 È TEMPO DI POP ART EUROPEA CON L’ESPOSIZIONE HOW EVIL IS POP ART? NEW EUROPEAN REALISM 1959–1966 CHE COLLEGA LE OPERE DELLA COLLEZIONE OLGIATI A UNA SELEZIONE RAPPRESENTATIVA DI LAVORI PROVENIENTI DA UNA DELLE PRINCIPALI RACCOLTE PRIVATE DEDICATE A QUESTA CORRENTE ARTISTICA.
Giancarlo e Danna Olgiati © Claudio Bader
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robatio diabolica”, alla lettera prova del diavolo, è una espressione latina in uso nel linguaggio legale di molti paesi. L’espressione viene usata per indicare una prova impossibile. Quando un sistema giuridico si trova di fronte a questa situazione in genere ricorre all’inversione dell’onere della prova o concede diritti aggiuntivi per la parte che si trova di fronte alla probatio diabolica. In sostanza la mancanza della prova che contraddice l’affermazione data rende l’affermazione in un certo senso vera. Secondo la tradizione questo uso del termine si collega con l’idea che non vi sono prove per dimostrare che il diavolo esiste. Ma non si può provare che “il diavolo non esiste”: in questo modo, quindi non si può escludere che il diavolo esista. Nel 1964, la giornalista e scrittrice Tullia Zevi nella sua recensione alla Biennale di Venezia di quell’anno domandava “Quanto è diabolica la pop art?”, esplicitando la reazione avversa di un’ampia fetta di pubblico alla comparsa di questa nuova arte, che emergeva verso la fine degli anni Cinquanta in tutta Europa in risposta al dilagante entusiasmo nei confronti della cultura di consumo americana, del suo universo mediatico e pubblicitario. L’esposizione curata dal direttore del MASI Tobia Bezzola muove dalla volontà di rileggere il fenomeno Pop europeo attraverso una raffinata selezione di opere provenienti dall'incontro di due collezioni private: la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati e una delle principali raccolte private di questa corrente. Con quarantadue opere, tutte eseguite tra il 1959 e il 1966, la mostra offre un panorama sorprendente dei linguaggi
artistici che, tra differenze e assonanze, si sono formati simultaneamente in Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania: dipinti e sculture che rappresentano i massimi esiti del Pop europeo mostrano come in questi Paesi si sia articolata una nuova sensibilità artistica che, nella ricchezza del linguaggio formale e nell’ampiezza dei contenuti, è equiparabile alle caratterizzazioni della Pop Art statunitense. Il percorso espositivo pone a confronto trentuno artisti, tra cui troviamo pionieri del primo Pop britannico come Peter Blake, Pauline Boty, Allen Jones e David Hockney, accanto ad esponenti di punta del Nouveau Réalisme francese, quali Martial Raysse, Jean Tinguely, Niki de Saint Phalle e Daniel Spoerri, e ancora protagonisti come Peter Klasen e Konrad Lueg della radicale rottura con la pittura astratta in Germania. Una posizione di rilievo rivestono, infine, le diverse formazioni della Pop Art italiana, tra cui figurano celebri rappresentanti quali Mimmo Rotella, Franco Angeli, Gianfranco Baruchello, Tano Festa, Mario Schifano e Michelangelo Pistoletto, che si sono distinti per la
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03 01 Niki de Saint Phalle Bathing Beauty 1966 Collezione privata © The Niki Charitable Art Foundation / 2018, ProLitteris, Zurich per le opere di DE SAINT PHALLE NIKI 02 Peter Phillips Star card table 1962 Collezione privata © 2018, ProLitteris, Zurich 04 03 Tano Festa Viva l’estate 1965 Collezione privata © 2018, ProLitteris, Zurich
molteplicità di linguaggi, oltre che per l’imprescindibile legame con la tradizione culturale del loro paese. La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese (Mousse Publishing, Milano), che include un testo introduttivo del curatore Tobia Bezzola, unitamente a un saggio critico di Vincenzo de Bellis, curatore presso il Walker Art Center di Minneapolis, nonché la riproduzione a colori di tutte le opere esposte. In concomitanza con l’esposizione, come ogni anno, lo Spazio -1 ospita un nuovo allestimento della Collezione Olgiati. La scelta di lavori esposti, alcuni già noti al pubblico affiancati ad altri di più recente acquisizione, permette di cogliere i punti di tangenza con i contenuti della mostra temporanea, oltre a manifestare la continua volontà dei collezionisti di porre in dialogo fra loro opere dell’avanguardia storica e di quella contemporanea.
04 Pauline Boty It’s a Man’s World I 1964 Collezione privata 05 Konrad Lueg Cassius Clay 1964 Collezione privata © 2018, ProLitteris, Zurich 06 Michelangelo Pistoletto Autoritratto con pianta 1964 Collezione privata
SPAZIO -1 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati Lungolago Riva Caccia 1 CH-6900 Lugano T. +41 58 866 42 40 T. +41 91 921 46 32 info.menouno@lugano.ch www.collezioneolgiati.ch Orari Ve – Do: 11.00 – 18.00
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CULTURA / WOPART – WORK ON PAPER ART FAIR
UNA FIERA IN RAPIDA CRESCITA
P DAL 20 AL 23 SETTEMBRE 2018 IL CENTRO ESPOSIZIONI LUGANO OSPITA LA TERZA EDIZIONE DI WOPART, LA FIERA INTERNAZIONALE INTERAMENTE DEDICATA ALLE OPERE D’ARTE SU CARTA ORGANIZZATA DA LOBO SWISS E DIRETTA DA LUIGI BELLUZZI.
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iù di novanta espositori, di cui 74 gallerie provenienti da 11 paesi – ancora una volta selezionate da un comitato scientifico presieduto da Giandomenico Di Marzio, giornalista, critico e curatore d’arte contemporanea e da Paolo Manazza, pittore e giornalista specializzato in economia dell’arte – affiancate da editori d’arte e istituzioni internazionali presenteranno a WOPART 2018 un ampio panorama di opere realizzate esclusivamente su supporto cartaceo: dal disegno antico alla stampa moderna, dal libro d’artista alla fotografia d’autore, dall’acquerello, alle stampe orientali fino alle carte di artisti contemporanei, con uno sguardo trasversale su tecniche, linguaggi ed epoche. Molte le novità di questa terza edizione di WOPART: dal format della fiera, che si arricchisce di nuove sezioni, all’identità visiva rinnovata, progettata da Mousse Agency, all’esclusiva VIP Lounge, realizzata per la prima volta in partnership con la Maison Suisse d’Horlogerie Eberhard & Co. affiancata dalla prestigiosa Orologeria Mersmann. Dopo il successo delle prime due edizioni, WOPART 2018 cresce sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, arricchendo il suo format: accanto alla Main Section, che quest’anno raccoglie 62 gallerie internazionali, fa la sua comparsa per la prima volta la nuova sezione Emergent, con 12 gallerie che presentano stand dedicati a giovani artisti emergenti. Altro elemento di novità di WOPART 2018 è la seconda edizione di REAL, la Rassegna di Editoria d’Arte di Lugano,
a cura della casa editrice Artphilein Editions e della libreria Choisi, che quest’anno trova spazio all’interno del padiglione fieristico del Centro Esposizioni di Lugano. Accanto agli stand delle gallerie, REAL propone una panoramica sul mercato dell’editoria d’arte con la presenza di 11 stand dedicati a editori e artisti internazionali (selezionati per open call) che vanno dagli editori più tradizionali, che utilizzano la stampa a caratteri mobili, l’incisione e la rilegatura a mano, alle case editrici specializzate in libri fotografici e libri d’artista contemporanei. Nelle giornate della fiera sono previsti momenti di book-signing e incontri per presentare al pubblico le nuove uscite editoriali. Per dare strumenti e occasioni di approfondimento sulle opere su carta nelle sue varie sfaccettature e sui temi di maggiore attualità, WOPART offre anche quest’anno un ricco programma di eventi e iniziative collaterali, dentro e fuori dai padiglioni fieristici. All’interno del Centro Esposizioni Lugano due focus espositivi d’eccellenza integrano l’offerta della manifestazione per il pubblico: Giampiero Bodino. Il sogno delle idee presenta per la prima volta al pubblico 12 doppie tavole realizzate dall’architetto Giampiero Bodino – famoso in tutto il mondo per le sue creazioni di alta gioielleria – in cui il disegno unisce in sé tanto la dimensione artistica quanto quella più progettuale, mostrando, in un accostamento di immediata lettura, la nascita di un gioiello dal primo schizzo tratteggiato a matita fino al render definitivo dell’oggetto-opera d’arte.
CULTURA / WOPART – WORK ON PAPER ART FAIR
“Xilografia (1924-1926)- Un’utopia grafica” è invece una mostra – che si compone di un gruppo sceltissimo di cinquanta opere – e intende offrire al pubblico una selezione significativa della grande e “utopica” impresa grafica di Francesco Nonni nel campo della grafica d’arte. “Xilografia” è la pubblicazione mensile di xilografie originali fondata da Francesco Nonni e stampata a Faenza presso lo stabilimento tipografico dei fratelli Lega dal 1924 al 1926. Obiettivo della pubblicazione, come esplicitò Nonni nel frontespizio del primo fascicolo, era quello di “raccogliere attorno a sé tutti i migliori xilografi italiani”. Pubblicando 360 xilografie originali e di alta qualità, di 57 artisti, Nonni realizzò in soli tre anni il panorama più completo della xilografia italiana del primo Novecento.Sempre la fotografia sarà protagonista di un’altra mostra, allestita negli spazi esclusivi della Eberhard & Co. & Mersmann VIP Lounge. Viaggio nel tempo. Un racconto per immagini, a cura di Nicoletta Rusconi Art Project, riflette sull’esperienza di Fotografia italiana, galleria d’arte dedicata alla fotografia fondata da Nicoletta Rusconi all’inizio degli anni Duemila, e ne delimita il viaggio nel tempo attraverso una selezione di autori: Antonio Biasucci, Mario Cresci, Luigi Erba, Luigi Ghirri, Piero Giacomelli, Franco Guerzoni, Francesco Pignatelli, Alessandra Spranzi, Pio Tarantini, Davide Tranchina, Silvio Wolf. Un progetto che consente, all’interno di una fiera dedicata alle opere
d’arte su carta, un’analisi sull’importanza della materialità della foto quando la foto, prima dell’avvento del digitale e dei supporti plastici, veniva pensata dagli artisti come materia viva. In mostra, all’ingresso della Eberhard & Co. & Mersmann VIP Lounge, un’opera inedita di Mario Cresci commissionata da Eberhard & Co. ed esposta per la prima volta in occasione di WOPART. Nel calendario degli appuntamenti ospitati all’interno del Centro Esposizioni Lugano si segnala anche un programma di conversazioni, proiezioni, attività didattiche, interviste con artisti, critici e storici dell’arte, consulenti e specialisti di investimenti in arte, per avvicinare il pubblico ai temi e ai protagonisti di un settore – quello delle opere d’arte su carta, e più in generale dell’arte – di sempre maggiore interesse. Altra novità di rilievo per WOPART 2018 è la nascita dell’Art Week di Lugano, una settimana di inaugurazioni ed eventi organizzati in collaborazione con la città di Lugano e con le principali realtà cittadine che operano nella promozione e nella conoscenza dell’arte moderna e contemporanea in città. WOPART è quindi capofila di un ricco programma di inaugurazioni e aperture speciali che coinvolge per l’intera settimana della fiera istituzioni pubbliche, fondazioni e gallerie private, che culminerà con la Gallery Night venerdì 21 settembre. WOPART si conferma quindi come un appuntamento sempre più impor-
tante per approfondire la conoscenza e il mercato delle opere d’arte su carta, nicchia che ha ormai conquistato un interesse a livello globale non solo per la relativa accessibilità dei prezzi. Quello della carta è, infatti, un segmento specifico del mercato dell’arte che negli ultimi anni è diventato sempre più vivace e dinamico, capace di appassionare tanto gli addetti ai lavori che i neofiti, tanto i grandi collezionisti quanto gli absolute beginner. Parlando del disegno, è sempre più vasta infatti la comunità di cultori per cui questa tecnica non rappresenta soltanto le radici della creatività, ma anche una forma d’arte distinta e autonoma: negli ultimi 10 anni la domanda da parte del collezionismo è cresciuta a tal punto che il disegno ha registrato aumenti di prezzo costanti, con opere antiche che hanno raggiunto una crescita media del 60%, mentre quelle contemporanee si sono attestate intorno al 25%. Nel caso della fotografia, invece, questa tendenza ha le sue radici ben più in là nel tempo, e il processo di crescita si è consolidato al punto che il mercato globale di questo segmento nel 2017 si è chiuso con un +54% rispetto al 2016, tornando ai livelli record del 2014. Altro segmento è quello della stampa d’arte, da sempre amato da chi muove i primi passi nel mondo del collezionismo, per la possibilità di accedere a grandi nomi con prezzi contenuti e di sperimentare scelte anche ardite con un basso fattore di rischio. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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L’OPINIONE DI ALCUNE GALLERIE PRESENTI IN MOSTRA
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TORNABUONI ARTE Nasce nel 1981 a Firenze in via Tornabuoni, grazie alla passione per l’arte di Roberto Casamonti; passione ereditata dal padre collezionista di arte italiana del Novecento. Nel corso degli anni la galleria, oltre alla sede principale in Lungarno Cellini a Firenze, inaugura le sedi espositive di Milano (1995), Forte dei Marmi (2004), Tornabuoni Arte Antica (2006), oltre alle sedi estere di: Crans Montana in Svizzera (1993), Parigi (2009), Londra (2015). La galleria è presente annualmente nelle maggiori fiere d’arte contemporanea come la Fiac a Parigi, Tefaf a Maastricht e a New York, Art Basel a Basilea, a Miami Beach, a Hong Kong, Frieze Masters a Londra, Arte Fiera a Bologna, Miart a Milano. È costante la collaborazione con musei e fondazioni.
GALLERIA BUCHMANN È stata fondata a San Gallo nel 1975 e trasferita a Basilea nel 1983. Dal 2000 è presente ad Agra (Collina d’Oro); presenta arte contemporanea internazionale dedicandosi principalmente alla scultura. Gli spazi luminosi creati appositamente per proporre soprattutto sculture, ospitano esposizioni tematiche e mostre dedicate ad artisti contemporanei internazionali. Per esempio Daniel Buren, Lawrence Carroll, Tony Cragg, Wolfgang Laib, Mario Merz, Tatsuo Miyajima, Wilhelm Mundt, Bettina Pousttchi, Gerda Steiner e Jörg Lenzlinger, Felice Varini, Emilio Vedova, William Tucker, Alberto Garutti, Marco D’Anna e Véronique Arnold. La Galleria Buchmann partecipa regolarmente ad Art Basel dal 1981.
GALERIE CARZANIGA Dal 1 ottobre 2004 la Galleria è gestita dai tre partner Arnaldo Carzaniga, Philipp Hediger, e Markus Rück che hanno continuato le attività della ex Galerie Carzaniga + Ueker. Il focus della galleria spazia dall’arte classica svizzera (incuso Gruppe Rot-Blau e Gruppe 33) all’espressionismo astratto, informale e contemporaneo di Svizzera, Germania e Italia. L’interesse principale della Galleria è per la pittura, accanto alla quale sono rappresentati una varietà di altri media come il disegno, la scultura o la fotografia. La Galleria è ubicata in un edificio nel centro storico di Basilea, che offre un qualificato contesto riguardo all’arte del XX e XXI secolo.
CORTESI GALLERY Sono passati solo cinque anni da quando Stefano Cortesi ha deciso di dare spazio alla sua passione per l’arte coltivata come collezionista affiancando alla sua attività imprenditoriale e gestionale nell’ambito della finanza il lavoro di gallerista con la Cortesi Gallery, aperta nel 2013 insieme ai figli Andrea e Lorenzo Cortesi a Lugano. Neanche due anni dopo si è espanso a Londra, inaugurando una sede sulla Maddox Street. Da ultimo, i Cortesi hanno aperto una terza sede a Milano in Corso di Porta Nuova.
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CULTURA / WOPART – WORK ON PAPER ART FAIR
Cortesi – Maisto
Carzaniga – Paolucci
Buchmann – Cragg
Tornabuoni Arte – Boetti
Tonelli – Christo
Galleria D’Arte Maggiore – Warhol
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erché avete scelto di partecipare a Wopart 2018?
ROBERTO CASAMONTI, TORNABUONI CRANS MONTANA: «Siamo convinti del fatto che il mondo dell’arte abbia sempre più bisogno di eventi specifici e mirati, che rifuggano dal gigantismo delle grandi fiere, a tutto vantaggio di un approfondimento qualitativo degli artisti e delle opere presentate. In questa prospettiva crediamo che WOPART sia partita fin dall’inizio con il piede giusto ed abbia tutte le carte in regola per diventare un punto di incontro a livello internazionale per i collezioni di questo segmento dell’arte che conta ormai in tutto il mondo un numero crescente di estimatori» ELENA BUCHMANN, BUCHMANN GALERIE, LUGANO-AGRA: «WOPART si inserisce molto bene in un clima di rinascita culturale che da qualche anno coinvolge la città di Lugano, anche a seguito dell’apertura di un’istituzione culturale di primo piano qual è il LAC. Tutto questo fervore di iniziative fa bene alla città e alla crescita delle sue attività, soprattutto in campo turistico. Questa fiera, inoltre, ha individuato sin dall’inizio una sua specifica nicchia di mercato e ha tutte le potenzialità per svilupparsi ulteriormente nel corso dei prossimi anni». MARKUS RÜCK, GALERIE CARZANIGA, BASILEA: «Siamo stati presenti a WOPART sin dalla prima edizione e questo conferma la bontà di una sfida sicuramente ambiziosa ma che possiamo dire vinta: quella di portare a Lugano una fiera d’arte con una sua identità ben definita, un elevato livello qualitativo, spazi confortevoli ma raccolti e per gli espositori anche costi abbastanza accessibili. Possiamo solo augurarci che l’iniziativa possa confermare nel tempo i positivi valori sin qui espressi, attirando dal Ticino ma anche dalla Svizzera interna e dall’Italia un pubblico di collezionisti e di appassionati d’arte sempre più interessato ed attento». STEFANO CORTESI, CORTESI GALLERY, LUGANO, LONDRA, MILANO: «È la prima volta che partecipiamo a Wopart e siamo contenti di notare l’importante crescita che ha registrato nel corso delle due primi edizioni: in termini di gallerie, arti-
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sti, sponsor ed eventi collaterali. Credo che l’idea che è alla base di questa fiera sia molto valida, e vi siano buone possibilità per una sua ulteriore crescita, soprattutto se sarà in grado di mantenere una sua specificità, distinguendosi dalle numerose altre fiere del settore». Con quali opere sarete presenti a Wopart 2018? ROBERTO CASAMONTI, TORNABUONI CRANS MONTANA: «La scelta si è orientata verso autori che in un certo senso rappresentano il segno distintivo della nostra galleria: si tratta per lo più di grandi maestri ben noti e affermati, tra cui Capogrossi di cui presenteremo una grande opera già esposta al Guggenheim cui si affiancheranno opere di artisti come Boetti, Schifani, Rotella, Isgrò e Dubuffet». ELENA BUCHMANN, BUCHMANN GALERIE, LUGANO-AGRA: «Presenteremo opere appositamente realizzate per WOPART da parte di Marco D’Anna e Alex Dorici. Inoltre, esporremo alcuni disegni e altre opere su carta di Veronique Arnold e di Toni Cragg, due artisti di cui la galleria ha già organizzato in un recente passato interessanti e apprezzate esposizioni». MARKUS RÜCK, GALERIE CARZANIGA, BASILEA: «Saremo presenti a WOPART 2018 con una qualificata presenza di artisti che rappresentano generazioni, movimenti e percorsi di ricerca molto diversi: ci saranno opere di Marc Tobey, Julius Bissier, Samuel Bury, Andrea Gabutti, Flavio Paolucci, Marco Scorti, Gian Riccardo Piccoli, Lorenz Spring e altri ancora. Come si vede si tratta di artisti già affermati ma anche di giovani che stanno emergendo e sul cui valore la galleria crede molto». STEFANO CORTESI, CORTESI GALLERY, LUGANO, LONDRA, MILANO: «Abbiamo scelto di portare alcuni artisti storicamente rappresentati dalla galleria, come Grazia Varisco, Ivan Picely e Herman de Vries, di cui si tiene in contemporanea un’esposizione a Milano. Accanto a lavori di una fascia media di prezzo presenteremo inoltre qualche opera molto importante di grandi artisti italiani. Saremo inoltre presenti con alcuni lavori molto interessanti di giovani artisti che realizzano fotografie poi elaborate in base ad una loro personale ricerca».
THE 8
THE POWER OF LUXURY
Cencini SA 6963 Lugano www.cencini.ch
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UN SOGGIORNO ALL’INSEGNA DELL’ARTE E DELLA BELLEZZA 01
WOPART RAPPRESENTA L’APPUNTAMENTO PIÙ ATTESO PER IL COLLEZIONISMO CHE GRAVITA SULLA SVIZZERA ITALIANA.
01 Desk Hotel “Clorophelia” Matita su tavola + inchiostri + oro zecchino 150x250cm 02 Il sutra del diamante Matita nera su tavola + pig. rosso 60x60cm
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na manifestazione ricca di eventi, mostre e incontri a cui nel 2018 hanno aderito espositori che presenteranno opere che spaziano dal disegno all’olio su carta, dalle grafiche d’autore alla fotografia a affiancate da editori d’arte e istituzioni internazionali. In occasione di questo evento THE VIEW Lugano offre un pacchetto dedicato per offrire ai propri ospiti la possibilità di vivere in anteprima questa esperienza culturale, in una cornice di straordinaria bellezza grazie alla sua location d'eccezione. Per gli ospiti dell’hotel è infatti previsto un accesso VIP alla mostra con preview in anteprima. Inclusi nella tariffa colazione continentale servita in camera su richiesta; biglietti VIP per accesso alla preview di Wopart 2018; utilizzo gratuito delle biciclette e elettriche e di automobili Smart elettriche e del parcheggio dell’hotel. Solo prenotando sul sito, la tariffa include anche Champagne
Pommery servito in camera all’arrivo. WOPART sarà anche l’opportunità per inaugurare la mostra “Reflections on the lake” di Omar Galliani, visitabile in albergo dal 22 settembre al 30 Novembre 2018. Il percorso guiderà lo spettatore attraverso una serie di opere inedite realizzate per raccontare tramite la sensibilità dell’artista, la sua tecnica e le immagini suggestive, il rapporto con il lago e la poesia dell’acqua.
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Lugano - CH 20–23.09.2018 Centro Esposizioni 3a Edizione / 3rd Edition Fiera del disegno, delle opere su carta e di fotografia Drawing, works on paper and photography fair www.wopart.eu
Sponsor:
Supporter:
Media partner:
Technical sponsor:
Car display:
Official wine:
Main media partner:
CULTURA / IMAGO ART GALLERY
UN AUTUNNO RICCO DI APPUNTAMENTI 01
LA GALLERIA PRESENTA UN INTERESSANTE PROGRAMMA DI MOSTRE CHE COINVOLGE LA SEDE LUGANESE NELLA CENTRALE VIA NASSA MA ANCHE IMPORTANTI ESPOSIZIONI ESTERNE.
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rosegue fino al 6 ottobre a Lugano la prima personale in Svizzera di Alessandro Busci, dove sono esposte 30 opere su acciaio corten di diverso formato e 16 carte sul tema dell’architettura, degli aeroporti e per la prima volta della natura. La montagna e i boschi di betulle, pur confrontandosi con la grande tradizione figurativa naturalista e poi simbolista, sembrano voler dialogare con la materia al punto di toccare i confini che separano la pittura figurativa da quella astratta e informale. Accanto alla Natura ritorna il tema della città contemporanea e la veduta urbana, soprattutto di Milano, diventa oggetto di un’indagine che è mentale, visiva ed emotiva insieme ma è al contempo soggetto, matrice ed elemento generatore di sequenze di dipinti che, come fotogrammi di un film
sono colti nel loro crescere e divenire. Milano si sta trasformando ormai da molti anni. Ha cambiato il suo landscape e ha cambiato il volto dei suoi nuovi quartieri grazie alle architetture contemporanee che si stanno realizzando. Con il suo lavoro racconta la nuova città verticale e moderna. Anche gli aeroporti sono intesi come ambienti architettonici, erroneamente considerati ‘non-luoghi’. Gli aeroporti emergono come spazi reali che raccolgono le storie, le aspettative e i progetti di milioni di passanti. Ma per l’autunno si annuncia anche un’interessante esposizione di opere dell’Artista Gloc (Giorgio Lo Cascio) nato a Inverigo (Como) da madre pittrice e padre industriale tessile. Per lui fare l’architetto è una passione che dura tutt’ora e che gli ha permesso di girare il mondo, di progettare, disegnare, fotografare e dipingere. Negli anni ’60 e ’70 fa esperienze di pittura di vario tipo: olio su tela, acrilico su tela e tavola, inchiostri su tela lucida. Espone, a latere, in alcune personali della madre a Milano, ma il lavoro di architetto con un proprio studio lo impegna in Italia e all’estero a tempo pieno, e la pittura resta un sogno nel cassetto. La fotografia è sempre stata una grande passione, e l’abbandono della pellicola, del lavoro in camera oscura e di tutta l’attrezzatura accumulata negli anni a favore della fotografia digitale non è stato un passo semplice. Una volta entrato nel mondo fotografico digitale, però, una volta acquisite le conoscenze e le capacità operative dei
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mezzi a disposizione, si rende conto della infinita creatività resa possibile dalla nuova tecnologia. Così, nel 2008 ha inizio la sua ultima esperienza creativa, che utilizza come elemento base proprio la fotografia. La foto rappresenta l’immagine del reale e la foto digitale riproduce questa realtà attraverso l’aggregazione di particelle, i “pixel”. Si potrebbe quindi arrivare a dire che la foto digitale è un’immagine che segue i concetti del divisionismo, un nuovo “divisionismo digitale”. I singoli punti di colore sono connessi tra loro in modo tale da tradursi nell’immagine fotografata; intervenire sull’aggregazione, sul colore, sulla trasparenza e su ogni altra caratteristica di questi punti significa alterare la realtà e dare spazio a una nuova e illimitata possibilità espressiva. Il processo di elaborazione digitale dà luogo alla rappresentazione di una realtà virtuale nella quale l’immaginario e il reale giocano le loro parti con l’intento di creare nuove atmosfere e suggestioni in un linguaggio che si esprime attraverso una diversa percezione dell’azione creativa. Nel corso dell’estate gli spazi della Versiliana hanno ospitato le due mostre parallele dedicate ad Arnaldo Pomodoro ed Enrico Ghinato. Due prestigiose collezioni realizzate con l’obiettivo di instaurare un dialogo tra artisti e linguaggi diversi, in alcuni casi anche diametrali, tra uno scultore ed un pittore, tra un maestro storico ed un talento contemporaneo. Arnaldo Pomodoro è un artista che non ha
bisogno di presentazioni, apprezzato a livello internazionale per le sue opere e conosciuto dal grande pubblico per le sue sculture monumentali esposte nelle più importanti città del mondo. Sculture, che raccontano il legame ed il contrasto tra la perfezione a cui l’uomo aspira e i dubbi che ne affliggono l’anima, attraverso le armonie interrotte che si mostrano allo spettatore in tutta la loro complessità, cifra distintiva della creatività di Pomodoro. Ghinato potrebbe forse ad un primo distratto sguardo venir definito con il cliché di “pittore Iperrealista”, ma a fronte di una osservazione anche solo di poco più attenta, emerge di come il suo lavoro travalichi questa definizione. Infine, la quarantasettesima Mostra Antologica di Acqui Terme ha presentato una rassegna riservata al padre dello Spazialismo, movimento tutto italiano ma riconosciuto nel mondo intero, è fortemente motivata dalla ricorrenza dei cinquant’anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 7 settembre del 1968 e dall’opportunità di colmare la mancanza di una rassegna dedicata a Fontana nelle precedenti antologiche. L’obiettivo della mostra è stato quello di fornire una visione la più completa possibile del suo percorso artistico,
puntando a far conoscere al grande pubblico l’importanza di un movimento come lo Spazialismo e la straordinaria intuizione artistica di Fontana nell’inserire per primo il concetto della terza dimensione nella tela. 01 Gloc Venezia riflessa 75 x 140 cm Stampa fotografica su carta tra plexiglas e dibond 02 Mostra Arnaldo Pomodoro Fondazione Versiliana Estate 2018 03 Gloc Save the Planet 100 x 100 cm Stampa fotografica su carta tra plexiglas e dibond 04 Gloc Milano in progress 126 x 200 cm Stampa fotografica su carta tra plexiglas e dibond
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COME UNA farfalla
LA GALLERIA LUGANESE OSPITA DAL 14 SETTEMBRE AL 28 OTTOBRE UN’INTERESSANTE ESPOSIZIONE DI LAVORI DI PINO DEODATO, PICCOLE SCULTURE IN TERRACOTTA CHE RAFFIGURANO UOMINI APPARENTEMENTE AFFACCENDATI IN QUALCOSA, SENZA MAI FARE FATICA, BUSTI CON PERSONAGGI CHE NELLA LORO SEMPLICITÀ HANNO SEMPRE UN QUALCOSA DI POETICO. DI PAOLO REPETTO
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na volta Chuangtzu sognò che era una farfalla svolazzante e soddisfatta della sua sorte e ignara di essere Chuang-tzu. Bruscamente si risvegliò e si accorse con stupore di essere Chuang-tzu. Non seppe più allora se era Tzu che sognava di essere una farfalla, o una farfalla che sognava di essere Tzu». Questa bellissima storiella, contenuta in uno dei libri più belli mai scritti, il Chuang-tzu - dell’antica Cina, il testo fondamentale del pensiero taoista descrive in maniera splendida la visione artistica di Pino Deodato. Quando guardiamo le sue terracotte dipinte, quando osserviamo le sue forme ed i suoi colori, siamo sorpresi da un universo aereo, magico, lirico, sospeso. Al centro l’uomo, la sua figura, la sua presenza. Un piccolo uomo che gioca, pensa, medita, legge, osserva. Un piccolo grande uomo che è il simbolo di tutti noi. Come è grande il fascino dell’universo! Come è complicato e ingiusto il procedere della storia. Quanto è vasto e profondo il mistero del mondo! Di fronte all’enorme pressione che ci stringe e ci pervade, di fronte agli abissi della malinconia, grande è il desiderio di Deodato di riscoprire la purezza dell’infanzia, il candore della
semplicità, la pre-coscienza dei bambini - questi angeli in mezzo a noi. Come un saggio taoista, Deodato sa che la ragione, la scienza, la cultura possono aiutarci, ma non possono risolvere il mistero dell’universo. «Avete un grande albero e vi preoccupate della sua inutilità. Perché non lo piantate nel paese del nulla e dell’infinito? Tutti potranno passeggiare a piacere sotto la sua ombra e sdraiarvisi a proprio agio». Non è giusto esaltare l’uomo maturo: quando l’uomo nasce è morbido e debole; quando è forte e rigido muore. Quando gli alberi nascono sono flessibili e teneri: quando sono secchi e duri muoiono. «Una grande intelligenza, che ha abbracciato il lontano e il vicino, non si sente umiliata dalla piccolezza né si inorgoglisce della grandezza, perché sa che ogni misura è infinita». Di fronte ad un eccesso di razionalità e di progresso tecnologico, con le sue terracotte policrome, le sue figure, il suo piccolo-grande uomo, Deodato sa riscoprire la leggerezza, l’eleganza, la grazia, la visione di un mondo alternativo, un mondo in cui le ingiustizie, i paradossi, le angosce, i grandi dolori, si ricompongono in un universo aereo e magico. Come il suo amatissimo Henri Rousseau - il primo grande artista occidentale che verso
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la fine dell’Ottocento riscoprì una purezza arcaica, primordiale - Deodato ama le forme elementari, candide, essenziali. In un raffinato gusto per una totale, raffinata semplicità, in buona parte ispirata ad un suo grande amore: l’Antelami, l’Arturo Martini del XII secolo, il geniale modellatore di forme e storie, uomini e cose, fondate su di una monumentale umiltà: l’innocenza, il candore, il silenzio di gesti modellati dalla grazia. «Il popolo ha perso la sua semplicità e si è affidato ai ciarlatani. Ha trascurato il non-agire e perso la propria tranquillità per essersi troppo istruito. Gli eccessi dell’intelligenza hanno perturbato il mondo». «Fuggevole e incorporea, la realtà cambia incessantemente e non contiene nulla che sia stabile. Si è morti? Si è vivi?». Dentro un riquadro, un teatrino di terracotta, un uomo seduto legge in una biblioteca ricolma di libri, ritmico e fitto modulo di minuti rettangoli. Il segno diviene lettera, la lettera parola, la parola frase, la frase significato, narrazione, storia: la storia infinita di un mondo infinito. Sopra un cubo bianco un uomo è ai piedi di una donna: madre, sorella, amante, sposa, emblema del miracolo della vita. Curvo sullo strapiombo di un’alta parete l’omino ricurvo si affaccia a scrutare l’abisso del possibile nulla, del Vuoto. A lato o chiuso in un riquadro, a volte il piccolo uomo ricurvo sembra oppresso, sconfitto, umiliato. Poi, in giocose, aeree installazioni, la terracotta si colora: ecco apparire la freschezza dell’azzurro, la felicità del verde acqua, l’incanto del rosa, il candore del bianco. Il riquadro che contiene l’omino solitario, l’omino curvo
sulla sua lettura, sul suo pensiero, allarga la propria coscienza nell’ala del desiderio, della visione: ecco comparire il pallino, la sfera, moltiplicazione e deflagrazione di un mondo, più mondi, gli infiniti universi di un universo infinito. Come Folon, in una rara gioia di forme e di colori, Deodato mescola la realtà ed il sogno, il peso e la leggerezza, la profondità e la superficie, l’uomo e la farfalla. L’insostenibile peso della sfera - il simbolo, anche, del mistero dell’universo - in lui si trasforma in palla; una palla amica, complice, mobile, leggera: una sfera sulla quale si può saltare, giocare, si può sfidare a testa in giù il peso della gravità (la curvatura dello spazio); il pallone della nostra infanzia, simbolo di un ripristinato equilibrio, in una nuova, ritrovata armonia.
PROSSIMI APPUNTAMENTI Wop Art 20–23 Settembre ArtVerona 12–15 Ottobre Takesada Matsutani dal Novembre
Piazza Cioccaro 2 CH-6900 Lugano +41 91 923 48 33 info@deprimi.ch
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CORTESI GALLERY, DOPO LA PRIMA PERSONALE DELL’AUTORE INAUGURATA A LONDRA NEL 2017, PRESENTA NELLA PROPRIA SEDE MILANESE, DAL 12 SETTEMBRE AL 30 NOVEMBRE, L’ARTISTA OLANDESE herman de vries (ALKMAAR, OLANDA, 1931), FIGURA FONDAMENTALE NELL’ARTE EUROPEA DELLA SECONDA METÀ DEL XX SECOLO, LA CUI IMPORTANZA STA GRADUALMENTE RAGGIUNGENDO UNA CRESCENTE ATTENZIONE INTERNAZIONALE.
a mostra, curata da Francesca Pola e realizzata in collaborazione con l’artista e il suo studio, raccoglie una serie di esempi fondamentali del suo lavoro, al fine di presentare i momenti cruciali della sua attività creativa. Per completezza e varietà cronologica e tipologica, l’esposizione si configura come la prima autentica retrospettiva dell’artista in Italia: è un’occasione unica per poter vedere raccolte negli spazi della galleria opere monumentali insieme a lavori altamente significativi, che ne esemplificano l’intero iter creativo. Sin dai propri esordi nel movimento internazionale di ZERO, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, de vries ha costantemente lavorato su un’idea di essenzialità ed elementarità espressiva, compositiva e operativa, cercando di ricreare, attraverso l’operazione artistica, i meccanismi fondamentali della vita. Nel suo lavoro, caratterizzato attraverso i decenni da una straordinaria ricchezza inventiva di soluzioni e sperimentazioni materiche e linguistiche, l’arte, la scienza e la filosofia vengono costantemente messe in relazione tra di loro e con la realtà del mondo. Obiettivo di questa mostra è presentare tale complessità concettuale ma anche immediatezza sensoriale del lavoro di de vries, l’incontro con il quale costituisce
sempre un’esperienza unica, di eccezionale intensità fisica e mentale. La mostra prende le mosse da alcune opere del ciclo delle “random objectivation” (oggettivazioni casuali) dei primi anni Settanta, composizioni elementari geometriche e monocrome bianche, influenzate dalla cultura orientale del buddismo zen e del taoismo, e concepite quale antidoto alla soggettività ed espressività emotiva delle precedenti tendenze europee informali. A partire poi dalla metà degli anni Settanta, de vries si è concentrato su materiali, processi e fenomeni naturali, presentandoli come realtà primarie e fisiche dell’esistenza umana: da allora, raccoglie, ordina, isola e presenta frammenti di natura e cultura, dirigendo la nostra attenzione sia verso l’unicità che verso la diversità del mondo che ci circonda. Sono così presenti in mostra lavori realizzati con materiali organici come terre provenienti da diverse parti del mondo, foglie, fiori e piante di varia origine vegetale, pietre, ceneri, legno, carbone. Fulcro di germinazione dell’opera di de vries è il biotopo da lui sviluppato a Eschenau, in Germania, dove risiede, e durante i suoi viaggi in tutto il mondo. La terra in particolare, come espressione fisica di diversi luoghi, è per de vries anche un elemento simbolico, che diviene traccia di differenti culture, e viene uti-
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lizzata come pigmento naturale che intende presentare le dimensioni cromatiche essenziali e primarie del mondo. Presenza straordinaria in mostra è il grande lavoro ‘from earth: vergleichende landschaftstudien’ (1994 – 1996), articolato in 12 elementi che raccolgono ciascuno campionature di terre provenienti da luoghi diversi del mondo, dalla Germania alla Sicilia, dalla Scozia al Senegal. In dialogo con i lavori costituiti da elementi naturali, vi sono opere nelle quali è invece il linguaggio stesso, visivo e convenzionale, con l’isolamento ripetuto di un singolo segno o di una singola parola, a costituire l’elemento primario e fondamentale dell’opera. La scelta di tali parole non è puramente casuale ma determina una riflessione concettuale sul nostro essere nel mondo: termini come endless (senza fine), this (questo), happy (felice) e soprattutto change (cambiamento), presenti in queste opere, sono tutte parole chiave per comprendere l’essenza del lavoro di de vries, fondato su una dialettica fondamentale tra determinazione e indeterminazione, costruzione e distruzione, regolarità compositiva e libertà espressiva, sempre e comunque risolta nel momento fondamentale dell’esperienza irripetibile e unica del momento. Tra questi, la grande opera all all all (1994), in prestito dalla Kunsthalle Schweinfurt, da anche il titolo alla mostra: a significare la volontà dell’artista di includere nel proprio lavoro il complesso del mondo, nelle sue componenti naturali e artificiali come strettamente interconnesse e dialoganti tra loro. In questo senso, emblematica è anche the return of beauty (2003), opera costituita da una raccolta di artefatti di origine umana che, nella loro condizione di frammenti inutilizzati dopo che ne è cessata la funzione, ritornano parte del processo naturale: è un invito a ritrovare appunto il “ritorno della bellezza” di questa dimensione primaria che li connota, come tracce di vita tra natura e artificio. Biologo e scienziato egli stesso, de vries ritiene
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che i processi e i fenomeni naturali non possano essere tradotti e spiegati unicamente in termini razionali: tutto il suo lavoro tende a questa trasposizione poetica e sospesa del significato della vita, concentrandosi sulle relazioni complesse tra natura e cultura, e su come queste due componenti della nostra esistenza si influenzano a vicenda. Una delle parti più coinvolgenti della mostra è poi l’installazione rosa damascena, realizzata in loco e costituita da una fortissima esperienza poetica e sensoriale, indotta dal colore ma soprattutto dal profumo di decine di piccoli bulbi di rosa, collocati a costituire uno spazio circolare al centro dell’esposizione, attorno al quale ciascun visitatore vive una esperienza immediata differente e di grande energia psicofisica. La sostanza multisensoriale della mostra, dove l’incontro con l’opera di de vries avviene a diversi livelli di percezione (da quella visiva, a quella olfattiva, a quella concettuale), conferma così la straordinaria vitalità dell’opera di questo autore.
01 Journal essaouira Entre essauoria et ait amira – el khemis – avec excursions à immouzzer des ida outanane et tifnite et un séjour à agadir 2012 Mixed techniques 45 parts, 36.3 x 26.4 cm (each) 02 One is many many is one 2011 Crayon on paper 61 x 86cm 03 From earth: vergleichende landschaftsstudien 1994 – 1996 Earth rubbing on paper 12 parts, 75 x 104.6 cm (each)
CORTESI GALLERY Corso di Porta Nuova 46/B Milano-IT Tel. 0039 0236756539 www.cortesigallery.com info@cortesigallery.com NUOVA SEDE A LUGANO Via Nassa 62 CH-6900 Lugano
INFORMAZIONI Opere dell'artista verranno esposte dalla galleria Cortesi anche presso il loro stand di WOPART, Work on Paper Art Fair, che si terrà a Lugano dal 20 al 23 Settembre. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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CULTURA / ARTRUST
TRA STREET ART E OP ART SI CHIUDE NEL SEGNO DELLA STREET ART E DELLA OP ART IL 2018 DI ARTRUST DI MELANO.
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ue nuove mostre animeranno gli spazi espositivi della società d’arte, in via Pedemonte di Sopra 1 a Melano, a partire dal 16 settembre. La principale, dedicata allo street artist italo-svizzero Andrea Ravo Mattoni, si inserisce in un nuovo ciclo espositivo dal titolo “Street Art Ways” che avrà tra i suoi protagonisti, nei mesi successivi, anche l’italiano Ozmo. Il ciclo di mostre nasce con l’intento di approfondire l’opera di alcuni street artist contemporanei che, tracciando percorsi personali originali e innovativi, hanno aperto la strada a nuove direzioni di sviluppo per l’arte urbana. Ravo, con cui Artrust collabora già dalle precedenti edizioni delle mostre Street Art, è noto per i suoi grandi murales realizzati con lo spray che replicano capolavori dell’arte classica e per il suo progetto artistico di “recupero del classicismo nel contempora-
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TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
01 Raul33 Untitled 2018 Pennarello su cartolina 26,1 x 20 cm 02 Vasarely Untitled Serigrafia a colori 2/150 72 x 67 cm
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neo”. Dopo l’opera temporanea realizzata lo scorso luglio presso il Palazzo dei Congressi di Lugano in occasione del Long Lake Festival, questa mostra rappresenta in assoluto la sua prima esposizione in territorio svizzero. Dal 16 settembre torna anche l’appuntamento con “51 steps”, il format di capsule exhibition “in salita”, questa volta dedicato all’inventore della Op Art: Victor Vasarely. Sono sempre 51 i gradini da salire nel corso della visita alla mostra che condenserà, in un inedito percorso ascendente, una selezione di opere dell’artista ungherese, naturalizzato francese. Nato in Ungheria, Vasarely si trasferisce infatti a Parigi, dove sperimenta una pittura geometrica fondata sugli effetti ottici. È l’inizio del cammino verso la Op-Art, le cui fondamenta saranno teorizzate dallo stesso Vaserely nel “Manifesto
Giallo” che accompagna la mostra collettiva Le Mouvement del 1955. Parallelamente alle mostre allestite presso i propri spazi, Artrust sarà, per il terzo anno consecutivo, tra gli espositori di WopArt, la fiera del disegno, delle opere su carta e di fotografia, che si terrà al Centro Esposizioni di Lugano dal 20 al 23 settembre 2018. Presso il proprio stand Artrust presenterà una selezione di opere su carta di alcuni street artist che nelle loro creazioni hanno attinto, in modi diversi e originali, alla tradizione classica, rileggendola o instillandola nella loro produzione attuale. Tra questi: Banksy, Basquiat, Haring, Blu, Ericailcane, Ozmo, Raul, e lo stesso Ravo. Continua anche la collaborazione con l’artista italiana Letizia Cariello, che quest’anno realizzerà una installazione site-specific.
Ravo di fronte alla riproduzione de "La Predica di S.Giovanni Battista" di Pier Francesco Mola, realizzata al Palazzo dei Congressi di Lugano.
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CULTURA / BALTHUS
ARTISTA ENIGMATICO E “CRUDELE” 01
PER LA PRIMA VOLTA DA OLTRE DIECI ANNI UN MUSEO SVIZZERO APRE LE PORTE ALLA PROVOCATORIA PITTURA DI BALTHUS (1908-2001). LA FONDAZIONE BEYELER DI RIEHEN DEDICA INFATTI FINO AL 1 GENNAIO 2019 UNA RICCA RETROSPETTIVA ALL’ARTISTA DI ORIGINI POLACCHE LE CUI OPERE SONO SPESSO STATE AL CENTRO DI UN ACCESO DIBATTITO PER LA LORO SPREGIUDICATA AMBIGUITÀ. DI RUDY CHIAPPINI
«I 01 Partita di carte 1948-1950 Olio su tela 140 x 194cm Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid © Balthus 02 Passage du commerce-Saint-André 1952-1954 Olio su tela 294 x 330cm Collezione Privata © Balthus 03 Thérèse 1938 Olio su cartone su legno 100 x 81cm The Metropolitan Museum of Art, New York © Balthus
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l modo migliore per iniziare è dire: Balthus è un pittore del quale non si sa nulla. Piuttosto guardiamo i suoi quadri». Non è questo l’invito di un critico ma è la provocatoria affermazione di Balthasar Klossowski de Rola, in arte appunto Balthus. Atteggiamento certo non privo di snobismo che ben si addice ad uno tra più aristocratici artisti del Ventesimo secolo, fedele unicamente alla sua sensibilità e per questo estraneo a tutti i rivolgimenti e le innovazioni delle avanguardie storiche. Un personaggio che ha fatto molto discutere l’opinione pubblica e ancor oggi divide la critica. Da una parte chi ha individuato in lui una delle figure più coerenti della pittura moderna, caratterizzata da una straordinaria raffinatezza di ispirazione e da una sublime tecnica pittorica, dall’altra chi ha sottolineato l’ambiguità e il carattere provocatorio delle sue figure,
spesso giovani fanciulle, e una ripetitività nella scelta dei soggetti. La mostra, pur non eludendolo, non entra nel vivo di questo dibattito e si prefigge unicamente lo scopo di celebrare l’artista sottolineando il profondo rapporto di Balthus con la Svizzera che trova origini nell’infanzia del Maestro trascorsa tra Berna, Ginevra e, dalla metà degli anni Settanta, nella splendida dimora montana di Rossinière. Le oltre quaranta opere esposte consentono di approfondire la conoscenza sugli inizi di Balthus attratto ai suoi esordi, attorno alla metà degli anni Venti, dalla grande pittura italiana del Quattrocento: da Masaccio a Masolino e soprattutto a Piero della Francesca che l’artista di origini polacche eleva a suo mentore ideale. I loro affreschi vengono ripresi e studiati dal giovane pittore che poco a poco ne assimila l’eleganza, l’impaginazione, gli accostamenti tonali mai
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stridenti, resta affascinato dalla padronanza assoluta della tecnica, dal loro grande equilibrio. All’interesse per il Rinascimento si deve il ritorno di Balthus alla pittura di figura e alla tradizione. Una predilezione poco compresa dai contemporanei che quasi per sfregio lo definiscono “reazionario” e di conseguenza lo pongono in secondo piano rispetto ai più innovativi Matisse o Picasso. Ma tutto ciò rappresenta soltanto lo sfondo concettuale di una produzione pittorica spregiudicata, tra le più allettanti e originali del secolo scorso che introduce al mistero creativo di una personalità complessa e affascinante, accusata persino di pornografia. Nei suoi dipinti aleggia quella luce opaca, stagnante, che li immerge in una dimensione enigmatica, carica di sensualità e di perversione. Anzi di “crudeltà”, il termine che forse Balthus stesso avrebbe preferito e che spiega la sua collaborazione con il drammaturgo Antonin Artaud, la fascinazione per i film surrealisti e passionali di Luis Buñuel. Una visione per nulla indulgente del mondo. Un percorso segnato, che si annuncia fin dalle prime prove, nelle quali Balthus rivela in suo interesse per le torbide atmosfere di Cime Tempestose e appare ancora più evidente nei suoi disegni ispirati a Lewis Carroll: il sim-
bolismo onirico che circonda la ragazzina Alice, esposta con malizia senza freni. E proprio Alice è l’antesignana delle pruriginose lolite protagoniste del mondo pittorico di Balthus. La delicatezza della raffigurazione delle adolescenti è spesso stata interpretata da alcuni come pornografica. Sottile appare infatti il confine tra doppi sensi e racconto, attenzione all’aspetto psicologico e psicoanalitico trasposto in pura rappresentazione figurativa, proiettato in una dimensione atemporale dove regnano atmosfere cariche di una languida, provocatoria sensualità. Opere immerse, come Therèse del 1938, in un silenzio palpitante di pulsioni, giovani vestite o nude, sdraiate o in piedi in atteggiamenti e gesti rivelatori di turbamenti adolescenziali. Ma ridurre la poetica di Balthus ad una pittura perturbante e provocatoria risulta estremamente riduttivo, come testimonia il monumentale dipinto Passage du Commerce-Saint-André, realizzato tra il 1952 e 1954 che dà avvio
alla rassegna basilese. Un’opera enigmatica che unisce in maniera esemplare le intense preoccupazioni di Balthus di far coesistere spazio e tempo, di relazionare figure e oggetti, di far convergere gli opposti in un’unica dimensione sospesa tra sogno e realtà, tra obbiettività e mistero, tra il famigliare e l’insolito. Ciò ha reso Balthus un pittore apprezzato da una ristretta élite che lo ha identificato come l’estremo continuatore della grande tradizione figurativa nel solco della fedeltà al dato reale, poi interpretato poeticamente, e della perizia esecutiva di impronta artigianale. Un artista che, al di là dei pregiudizi, sa imporsi silenziosamente con il fascino discreto delle sue enigmatiche rappresentazioni di rara suggestione.
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CULTURA / FONDAZIONE GABRIELE E ANNA BRAGLIA
DIALOGO FRA DUE COLLEZIONISTI
Friedrich Johenning, Gabriele Braglia, Michael Beck, 2018, Courtesy Fond. Gabriele e Anna Braglia, Lugano.
LA FONDAZIONE GABRIELE E ANNA BRAGLIA OSPITA A LUGANO, IN RIVA CACCIA 6A, L’ESPOSIZIONE “DA KANDINSKY A NOLDE. LE COLLEZIONI BRAGLIA & JOHENNING” DAL 27 SETTEMBRE AL 15 DICEMBRE 2018 E MOSTRA PER LA PRIMA VOLTA AL GRANDE PUBBLICO UN GRUPPO DI OPERE D’ARTE ESPRESSIONISTE PROVENIENTI DALLA COLLEZIONE PRIVATA DI RENATE E FRIEDRICH JOHENNING ACCOSTATE A UNA SELEZIONE DI OPERE DELLA COLLEZIONE BRAGLIA.
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a Fondazione Gabriele e Anna Braglia celebra il suo terzo anno di attività con un appuntamento speciale: l’incontro fra due distinti signori di successo e vitali ultra ottuagenari che in comune hanno una passione, la passione per l’arte germanica di inizio Novecento, un periodo contraddistinto dallo sviluppo di nuove forme espressive, libere da regole accademiche e da barriere ideologiche, e da cui nacque l’Espressionismo, un’arte che vuole entrare in contatto
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con l’anima di ciascun individuo. Fra gli estimatori di quest’arte istintiva si trova Gabriele Braglia, che con la moglie Anna (1934-2015) ha riunito, a partire dall’inizio degli anni Novanta, una collezione di oltre sessanta opere espressioniste (fra dipinti e opere su carta) realizzate da artisti del gruppo Die Brücke, attivo fra Dresda e Berlino dal 1905 al 1913 (Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner, Otto Mueller e Hermann Max Pechstein) e guidati dal maestro espressionista Emil Nolde; seguiti dagli esponenti del gruppo Der Blaue Reiter, attivi fra Monaco e Murnau (Heinrich Campendonk, Alexej von Jawlensky, Wassily Kandinsky, August Macke, Franz Marc, Gabriele Münter e Marianne von Werefkin) e dai rappresentanti del Bauhaus (Lyonel Feininger e Paul Klee). Questa raccolta è oggi parte integrante della collezione della Fondazione Braglia. I coniugi Friedrich e Renate (19362018) Johenning acquistarono la prima opera d’arte nel 1979: un acquerello di Emil Nolde, Alpenveilchen und Chrysanthemen. Dopo quella prima acquisizione si sono interessati all’arte per
nove anni senza entrare in possesso di altri dipinti o avere l’intenzione di dare vita a una collezione come quella odierna. Con il trascorrere del tempo il desiderio di possedere altre opere è aumentato e sono diventati dei veri collezionisti, attenendosi, in fatto di acquisizioni, a una regola molto semplice: che entrambi fossero della stessa opinione. La loro attività di collezionisti spazia sull’arco di tre decenni, durante i quali Renate e Friedrich hanno acquistato uno o due quadri ogni anno. Oggi la collezione Johenning si compone di una raccolta di oltre cinquanta opere incentrate sull’arte tedesca di fine Ottocento e inizio Novecento, con alcuni rappresentanti della modernità classica (Lovis Corinth e Max Liebermann); tuttavia la loro raccolta si contraddistingue da un interesse speciale per la produzione di Jawlensky, Nolde, Macke e Paula ModersohnBecker ai quali si aggiungono Pechstein e Karl Schmidt-Rottluff. L’occasione di riunire - per la prima volta - queste due collezioni nella mostra “Da Kandinsky a Nolde” nasce in collaborazione con Michael Beck che, con Gabriele, Anna, Friedrich e Renate ha sviluppato un rapporto di amicizia dopo anni di consulenza artistica. Grazie all’unione temporanea di un nucleo di oltre settanta opere di eccezionale qualità, la Fondazione Braglia di Lugano offre la possibilità di acquisire una visione esauriente ed esclusiva sulla produzione di artisti che attraverso una forte accentuazione cromatica e un incisivo segno pittorico hanno interpretato la realtà attraverso un’esperienza emozionale e spirituale innovativa e oggi più che mai attuale. www.fondazionebraglia.ch
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CULTURA / PINACOTECA COMUNALE CASA RUSCA
LA PITTURA COME LIBERTÀ 01
LA PINACOTECA COMUNALE CASA RUSCA DI LOCARNO OSPITA DAL 9 SETTEMBRE 2018 AL 6 GENNAIO 2019 UN’AMPIA RETROSPETTIVA DEDICATA A SANDRO CHIA, UNO DEGLI INTERPRETI PIÙ SIGNIFICATIVI DELLA CULTURA ARTISTICA CONTEMPORANEA, LA CUI PRODUZIONE È CONOSCIUTA E APPREZZATA IN TUTTO IL MONDO.
01 Due Solitari 1981 Olio su tela 255 x 165,5 x 3 cm © Collezione Maramotti, Reggio Emilia 02 Dichiarazione poetica 1983 Tecnica mista su carta intelata 179 x 214 cm © Matteo Crosera
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TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
L’
esposizione rappresenta un’occasione unica per ammirare, per la prima volta in Svizzera, un’accurata selezione di oltre 50 dipinti di grande formato, realizzati dal 1978 fino alle opere più recenti, di uno dei protagonisti assoluti della Transavanguardia. È questa anche l’occasione per una riflessione sulla corrente artistica degli anni Ottanta, attraverso le opere di Chia e di altri suoi esponenti: Mimmo Paladino, Nicola De Maria, Francesco Clemente ed Enzo Cucchi. Un movimento, quello della Transavanguardia, apparentemente di riflusso rispetto al concettualismo dell’arte povera, che trovò nel critico Achille Bonito Oliva la propria autorevole guida nel recupero degli stimoli che avevano alimentato alcune delle avanguardie storiche come l’espressionismo, il fauvismo e la metafisica. Impulsi che nell’opera di Sandro Chia, tradotti in narrazioni spesso oniriche,
si concretizzano in un vigore barbarico, fondendo confessioni intime al gusto per la teatralità. Ne scaturisce una figurazione d’impronta mediterranea che ha saputo in breve tempo imporsi a livello internazionale, anticipando per certi aspetti il passaggio dalla modernità alla postmodernità, fatta di piccole narrazioni quotidiane, del ritorno al particolare, e soprattutto da una nuova attenzione al segno, alla forma e al colore. I punti di riferimento di Chia spaziano dai grandi maestri del passato quali Masaccio, Michelangelo agli artisti del Novecento De Chirico, Cézanne, Picasso a Chagall. Chia si appropria di questo enorme patrimonio della pittura figurativa per rielaborarlo nella sua idea dell’arte. Per Chia “la pittura è un mondo di libertà senza limiti, senza confini” e le opere sono lo strumento per lasciarsi andare a ogni sorta di avventura o di sfida. Elemento imprescindibile nell’approccio all’artista è il suo uso del colore: dirompente, variopinto, tendente a repentini mutamenti.
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CULTURA / PINACOTECA COMUNALE CASA RUSCA
L’opera pittorica di Chia scaturisce da una fervida fantasia in cui si incontrano mito, letteratura ed eventi della quotidianità. Sia che illustri temi umili o sublimi, l’artista umanizza i suoi “eroi” dall’aspetto monumentale e fa vivere loro le problematiche del presente: incomunicabilità, difficoltà dei rapporti umani, materialismo, assenza di ideali, atteggiamento passivo nei confronti della società. Davanti allo spettatore si schiude un mondo di immagini forti, provocatorie, poetiche e toccanti. Le composizioni, insieme agli spunti proposti dai titoli, rivelano un’infinità di possibilità interpretative dei soggetti e dei temi centrali attorno ai quali si articola la ricerca dell’artista: il viandante, il pittore, il padre e il figlio, l’angelo, il naufrago, la vicinanza della natura alla vita dell’uomo, la sensualità del corpo, l’ispirazione, la melanconia. La mostra è accompagnata da un catalogo con le riproduzioni a colori di tutte le opere esposte, corredate da una scheda esplicativa.
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03 Magnetism, Optimism, Rheumatism 2002 Olio su tela 220 x 200 cm © Matteo Crosera
CHI È SANDRO CHIA Nasce a Firenze il 20 aprile 1946. Frequenta l’Istituto d’Arte e si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1969. Visita l’India, la Turchia e gran parte dell’Europa prima di stabilirsi a Roma; nel 1971 ha luogo la sua prima personale alla Galleria La Salita. Durante gli anni Settanta il suo lavoro si distanzia gradualmente dalle sperimentazioni concettuali a favore di uno stile più figurativo, attirando l’attenzione della critica italiana e internazionale. Nel 1980 ottiene una borsa di studio dalla città di Mönchengladbach (Germania) e vi lavora per un anno, per poi trasferirsi a New York dove vive per i successivi due decenni, pur continuando a spostarsi frequentemente tra questa città e l’Italia. Negli anni Ottanta diventa uno dei protagonisti della Transavanguardia, movimento artistico che lo coinvolge, unitamente a Mimmo Paladino, Nicola De Maria, Francesco Clemente ed Enzo Cucchi,
alle Biennali di Parigi e San Paolo, e più volte alla Biennale di Venezia. I suoi lavori sono stati esposti in prestigiose mostre in alcuni dei maggiori musei del mondo. Tra i più noti spazi museali internazionali che gli hanno dedicato delle esposizioni citiamo lo Stedelijk Museum di Amsterdam (1983), il Metropolitan Museum di New York (1984), la National Galerie di Berlino (1984, 1992), il Musée d’Art Moderne di Parigi (1984), i musei di Düsseldorf (1984), Villa Medici a Roma (1995), il Palazzo Reale a Milano (1997), il Museo Archeologico Nazionale di Firenze (2002) e la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma (2009). Attualmente vive e lavora tra Miami, Roma e Montalcino dove, nel Castello Romitorio di sua proprietà, si occupa anche della produzione di pregiati vini tra cui il rinomato Brunello.
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FINANZA / TICINO FOR FINANCE
TASKFORCE BLOCKCHAIN RACCOMANDAZIONI A FAVORE DI UNA REGOLAMENTAZIONE RESPONSABILE NEL SETTORE.
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a Taskforce Blockchain ha consegnato recentemente le sue raccomandazioni a favore della regolamentazione e dello sviluppo del settore. Alla Taskforce Blockchain appartengono circa 50 personalità dell’economia, del mondo accademico e della politica. Rappresenta così una piattaforma di collaborazione unica nel suo genere, destinata a proseguire le sue attività nei prossimi due o tre anni. I Consiglieri federali Ueli Maurer e Johann N. Schneider-
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Amman, così come i Consiglieri di Stato Carmen Walker-Späh, Ernst Stocker, Heinz Tännler, Matthias Michel e Christian Vitta per il Canton Ticino ne hanno assunto il patronato. ICO e token Temi centrali del documento sono la relazione con gli Initial Coin Offerings (ICO) e i Token elaborati dalle aziende di blockchain. Un altro tema fondamentale è il difficile accesso al mercato finanziario svizzero da parte del settore blockchain: allo stato attuale, le imprese della Crypto Valley si vedono costrette ad affidarsi a banche estere per l’apertura di un conto aziendale. La Taskforce, che raggruppa ampie cerchie di interessati, è del parere che molti dei problemi riguardanti la regolamentazione dei nuovi modelli aziendali possano essere risolti senza sostanziali cambiamenti a livello legislativo. Il mantenimento dello status quo non risolve però le incertezze giuridiche, poiché non esiste una prassi giu-
diziaria. Dunque, se da un lato un cambiamento del Codice delle Obbligazioni non sarebbe imperativo, da un punto di vista politico viene consigliato. Rimane invece indiscussa la necessità di una precisazione su come gestire giuridicamente i Token. Il White Paper propone diverse varianti su come possono essere esentati dall’esigenza della forma scritta i crediti trasferiti in modo digitale. Requisito fondamentale sarebbe la conduzione di un registro decentralizzato delle transazioni. Il gruppo di lavoro ICO/Token, sotto la guida della Prof. Dr. Mirjam Eggen (Università di Berna), ha presentato le sue analisi e raccomandazioni in una presa di posizione pubblicata in occasione del Blockchain Summit. Riciclaggio di denaro Secondo la Taskforce Blockchain, non è necessario un adeguamento della legge sul riciclaggio di denaro, basta un’applicazione coerente delle regole
FINANZA / TICINO FOR FINANCE
attuali alle nuove tecnologie. Si sconsiglia invece l’applicazione dell’attuale legislazione in materia di sorveglianza al settore blockchain. La Taskforce appoggia l’introduzione di una cosiddetta Sandbox: uno spazio di sperimentazione con regole flessibili, sul modello di quanto l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA ha già disposto per le startup. Le disposizioni della legge sul riciclaggio di denaro e l’obbligo di un prospetto vigerebbero tuttavia anche nella Sandbox. Per la piazza del blockchain è di vitale importanza che le giovani imprese possano aprire il loro conto aziendale in Svizzera. Sotto l’egida dell’Associazione Svizzera dei Banchieri, un gruppo di lavoro si occuperà di elaborare un catalogo di esigenze per aziende di blockchain, che stabilisca come debbano essere ottenute le informazioni per l’identificazione di finanziatori e clienti, nel caso in cui sussistesseuna
relazione con dei servizi finanziari. Tali criteri e processi devono essere in accordo con la Convenzione relativa all’obbligo di diligenza delle banche. La Taskforce Blockchain intende proseguire le attività, in particolare per quanto riguarda contenuti ma anche attività di natura politica. Durante la sua ultima riunione ha inoltre stabilito di condurre un proprio Initial Coin Offering, così da poter svolgere su solide basi finanziarie le sue azioni future nell’ambito della promozione della Crypto Valley. La Taskforce cambierà il suo nome in Swiss Blockchain Institute,occupandosi di sviluppare ulteriori raccomandazioni, monitorare il panorama del settoreblockchain, condurre ricerche e rafforzare i lavori di lobbying a favore del settore. Il White Paper della Taskforce Blockchain e altri documenti possono essere scaricati qui: www.blockchaintaskforce.ch
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Josef Höger, «Veduta dal giardino sulla rocca e il castello Liechtenstein presso Mödling» (particolare), 1844 © LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna
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«La nostra famiglia investe a lungo termine – dal 1136.» S.A.S. Principe Philipp von und zu Liechtenstein, Chairman LGT dal 1990
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SPECIALE BANCHE / BLOCKCHAIN
L’AVVENIRE PROSSIMO VENTURO
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lockchain è un nuovo paradigma destinato a rivoluzionare profondamente il sistema economico, modificando alla base i concetti di transazione, proprietà e fiducia. Come è noto si tratta di un registro transnazionale sicuro, condiviso da tutte le parti che operano all’interno di una data rete distribuita di computer. Registra e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete, eliminando in definitiva la necessità di terze parti “fidate”. Il nome deriva dalla sua natura distribuita: ogni nodo del network svolge un ruolo nella verifica delle informazioni, inviandole al successivo in una catena composta da blocchi, blockchain appunto. Dopo essere rimasta sottotraccia per alcuni anni, nascosta nell’ombra dei bitcoin, moneta elettronica creata nel 2009 da Satoshi Nakamoto, la tecnologia blockchain ha iniziato a emergere prepotentemente sul finire del 2014. E nell’ultimo anno si è registrata una significativa accelerazione sul tema: gli investimenti nel Fintech si stanno sempre più concentrando su idee basate sulla blockchain technology, e le 42 più importanti banche internazionali si sono unite in un’iniziativa R3, che vuole definire standard per l’utilizzo della blockchain in ambito interbancario. In principio furono i bitcoin, moneta elettronica, ai più sconosciuta. Era il 2009. Se ne iniziò a parlare quasi tre anni più tardi, in riferimento al “dark web”, come moneta anonima utilizzata principalmente per acquisti illegali. Tra 2014 e 2015 gli esperti hanno capito che la cryptomoneta non era altro che un’applicazione sulla tecnologia blockchain. E a quel punto ci si è chiesti: perché non usare questa tecnologia anche per altro? Da quel momento c’è stata una vera esplosione: le pubblicazioni accademiche sulla blockchain sono passate dalle 71 del 2013 a 267 l’anno successivo. Inoltre, sempre nel 2014 player come Visa e MasterCard hanno iniziato a manifestare interesse all’argomento. Insomma, i tempi erano maturi. I temuti bitcoin passano decisamente in secondo piano, ma emergono le svariate potenzialità della tecnologia blockchain. Le banche, che in un primo momento vedevano i bitcoin come una potenziale minaccia, hanno iniziato a intravede-
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re le opportunità. Le applicazioni della blockchain in ambito finanziario sono enormi: le banche e la finanza si basano sullo scambio di valori attraverso sistemi complessi. Entra in gioco una catena di enti di regolamentazione per garantire le transazioni; questa tecnologia porta grandi benefici in termini di semplificazione, abbattimento dei costi, eliminazione delle terze parti e in più offre una sicurezza totale e un grado di semplicità stupefacente. Insomma, la tecnologia c’è, funziona dal 2009 ed è stata abbondantemente testata dai bitcoin. Ma non si tratta solo e tanto di questione tecnica, quanto piuttosto normativa. E a complicare la questione è la complessità e trasversalità del tema blockchain: non tocca un solo settore, ma molti e anche molto diversi tra loro. L’ambito finanziario è in generale quello più attivo sul tema blockchain, ma non l’unico. così come in ambito smart city e Internet of Things, dove la blockchain è molto preziosa per certificare l’attendibilità delle informazioni trasmesse da oggetti e sensori.
SPECIALE BANCHE / BLOCKCHAIN
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
JÜRGEN PETRY (J.P.) New Business Innovator di Gruppo Raiffeisen
ELENA GUGLIELMIN (E.G.) Senior Credit Analyst di UBS
ANDREA BERGAMINI (A.B.) Responsabile Succursale di Lugano di LGT Bank
LUCA TODESCO (L.T.) Membro di Direzione e Responsabile di BancaStato Private Banking Sottoceneri
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lockchain sembra essere la parola magica destinata a modificare i rapporti finanziari, e non solo, nel corso dei prossimi decenni. Quali potranno essere a suo giudizio i tempi e i modi di questa trasformazione?
che o se la blockchain possa (anche) affermarsi come nuovo mezzo per vagliare l’interazione con i clienti. Tuttavia, è certo che la tecnologia blockchain svolgerà un ruolo sempre più importante nel contesto della digitalizzazione e dell’innovazione».
J.P.: «Al momento, non vediamo in alcun settore una vera e propria svolta nella tecnologia blockchain. Tuttavia, vi sono ora una serie di approcci molto interessanti basati su blockchain. Prevediamo che il potenziale di questa tecnologia sarà sfruttato su un ampio fronte nei prossimi 5-10 anni. Non è ancora possibile valutare seriamente se questo sviluppo sarà limitato ai data center delle ban-
E. G.: «Ci attendiamo che la blockchain generi globalmente un valore economico annuale di circa USD 30-400 miliardi entro il 2027 nelle sei maggiori industrie: nel settore finanziario, manifatturiero, sanitario, nel servizio pubblico, nelle utilities e nell’economia condivisa. Questo include il valore economico addizionale creato dall’introduzione di nuovi prodotti e servizi e un vantaggio per i consuma-
ANGELO CRESTA (A.C.) Responsabile dell’Area Organizzazione & IT di Banca del Sempione
tori derivante da migliori prodotti, prezzi più bassi e un globale miglioramento in termini di efficienza. Secondo le nostre stime la blockchain diventerà un fattore tecnologico dominante nei prossimi 5-10 anni, offrendo sia risparmi in termini di costi sia nuove opportunità di sviluppo del business. Mentre nelle economie sviluppate la blockchain può aiutare le aziende nell’acquisizione di una maggiore efficienza, il suo impatto potrebbe essere particolarmente forte nei mercati emergenti, dove avrebbe la possibilità di aiutare diversi paesi a superare più velocemente i diversi stadi del processo di digitalizzazione. La burocrazia e i costi delle transazioni potrebbero essere snelliti e notevolmente ridotti grazie all’adozione della tecnologia blockchain». TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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SPECIALE BANCHE / BLOCKCHAIN
A.C.: «Gli studi iniziali sulle blockchain risalgono ai primi anni novanta, e, nonostante la forte accelerazione di questo ultimo periodo, siamo ancora all’inizio dell’uso della tecnologia in ambito diverso da quello di gestione del denaro digitale, dove, per ora, la connotazione saliente è quella di garanzia delle transazioni (trasparenti, immutabili, sicure e decentralizzate). Risulta pertanto difficile fare una previsione sull’introduzione della tecnologia: secondo una statistica di Gartner di maggio di quest’anno, solo l’1% dei CIO (Chief Information Officer) hanno indicato una qualsiasi implementazione della blockchain nelle loro organizzazioni e solo l’8% degli stessi stavano pianificando a breve termine una sperimentazione della tecnologia (https://www.artificiallawyer. com/2018/05/04/hype-killer-only1-of-companies-are-using-blockchaingartner-reports/). Credo che un istituto finanziario non debba oggi necessariamente implementare la tecnologia blockchain in autonomia: molto probabilmente verrà proposta ed integrata dai vendor (terze parti) nelle roadmap dei prodotti e sistemi che si basano prevalentemente su transazioni». A.B.: «In ambito tecnologico, centrare una valutazione temporale è sempre molto difficile. L’evoluzione delle tecnologie è talmente rapida e coinvolge così tanti settori diversi che ancora è impossibile azzardare previsioni sulla destinazione del viaggio. Quella della blockchain in particolare rappresenta una tecnologia avveniristica e altamente promettente con un potenziale molto elevato. Ciò nonostante, attualmente la maggior parte delle applicazioni sono ancora premature. Numerosi utenti dovranno dapprima ancora cercare di comprendere la tecnologia, trovare esempi di applicazione interni e riconoscerne i vantaggi concreti.
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L.T.: «È innegabile che la blockchain ha rappresentato una delle grandi novità degli ultimi anni. Le applicazioni legate a questa tecnologia sono potenzialmente innumerevoli e non sono tutte legate alla finanza o alle criptovalute. Certo, i “bitcoin” o gli “ethereum” hanno fatto versare i proverbiali fiumi di inchiostro, principalmente per l’attitudine speculativa di chi li acquista. In realtà la struttura e il funzionamento di una blockchain la rende particolarmente interessante in molti altri ambiti siccome i dati sono gestiti e archiviati in maniera decentralizzata, sincronizzata e accessibile a tutti gli attori coinvolti. La blockchain potrebbe ad esempio trovare applicazioni nella logistica o anche nel campo medico: ambiti dove potrebbe ottimizzare la gestione di grandi quantità di dati. Parlando del settore finanziario tradizionale, quello delle banche e degli intermediari tradizionali, vi è molto interesse per capire se e come il meccanismo della blockchain potrà essere utilizzato. È un mondo molto complesso ed è difficile tracciare previsioni. È comunque ipotizzabile che nei prossimi anni la tecnologia della blockchain possa entrare a far parte della nostra vita quotidiana, magari non per quanto riguarda le transazioni finanziarie, ma in altri ambiti quotidiani». Guardando a questo futuro, come segue l’evoluzione in atto e come si sta attrezzando il vostro istituto? J.P.: «Stiamo seguendo con molta attenzione gli sviluppi in questo settore. Ogni volta che abbiamo l’opportunità di ampliare il nostro know-how e progettare prototipi di soluzioni innovative, ad esempio attraverso la collaborazione con start-up, lo verifichiamo attentamente. Abbiamo già portato a termine diversi progetti pilota minori in questo settore. Altri sono in cantiere, e siamo fiduciosi che
saremo in grado di sorprendere i nostri clienti nel prossimo futuro con una soluzione produttiva iniziale in ambiente blockchain». E.G.: «In UBS attualmente stiamo studiando l’uso dei nodi di informazione (distributed ledgers) e dei contratti intelligenti (smart contracts) e come possono essere applicati a complessi strumenti finanziari. Allo stesso tempo, siamo impegnati in una serie di esperimenti per lo sviluppo di nuovi modelli di business. Il nostro approccio consiste nell’elaborazione di un concetto e della relativa dimostrazione, per poi cercare uno stakeholder che sviluppi il progetto. Se poi il progetto viene finanziato dall’UBS Group Innovation Board, creiamo il prodotto pilota. Ad oggi abbiamo cinque progetti blockchain». A.C.: «La banca è consapevole del potenziale impatto che questa tecnologia potrebbe portare in termini di costi ed efficienza, così come dei cambiamenti ai modelli attuali con cui vengono eseguite transazioni. Non possiamo pertanto non rivolgere il nostro interesse alla tecnologia delle blockchain, comprendere meglio quanto sia in corso di studio, per essere, non solo preparati al cambiamento eventuale, ma per poterne beneficiare in termini di costo ed efficienza. Per rispondere meglio a questa necessità, è allo studio la creazione di un centro di competenza che ne segua le evoluzioni e le implementazioni presso società affini alla nostra. Stiamo monitorando anche l’evoluzione normativa e la definizione del quadro giuridico e fiscale. Nonostante FINMA, sin dal 2014, sia stata attenta e sia entrata in materia, oggi non ci sono chiare regole che possono aiutare gli istituti bancari con i controlli di compliance previsti (AML, KYC): la tecnologia stessa non permette di risalire a tutti i dettagli e
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possessori precedenti, rendendo difficile appurare l’origine dei portafogli». A.B.: «Presso la LGT, un team di 20 elementi si occupa costantemente dei nuovi sviluppi, così da puntare precocemente sulle giuste tecnologie e i partner adatti, come pure per trovare o sviluppare in proprio le applicazioni adeguate. Questo digital transformation team si compone di esperti internazionali provenienti da diversi settori commerciali. Si incontra anche regolarmente con consulenti esterni, partecipa ad eventi dei singoli settori e visita costantemente aziende specializzate in tecnologie avanzate, nell’intento di accumulare know-how e generare idee. Siccome la digitalizzazione avrà ripercussioni sulla totalità dell’azienda, anche il nostro comitato esecutivo si occupa intensivamente della tematica al fine di mettere in atto strutture e processi efficienti per sostenere la trasformazione digitale». L.T.: «Gli istituti finanziari svizzeri sono molto attenti allo sviluppo e alle potenzialità offerte dalle fintech e in pochi anni l’offerta bancaria, anche quella di BancaStato, si è decisamente arricchita di soluzioni digitali. Parlando di blockchain, in questi anni, l’attenzione dei clienti e del mercato è stata molto assorbita dalle criptovalute. Occorre non scordare che Bitcoin, Ethereum, o altro, sono realtà che agiscono per l’appunto in maniera decentralizzata e quindi al di fuori dei circuiti tradizionali e certificati. Ciò espone i suoi detentori a diversi rischi non solo legati alla loro funzione di riserva di ricchezza, ma anche operativi. BancaStato ha dunque assunto un atteggiamento prudente nei loro riguardi, continuando però a monitorare e analizzare la situazione».
Secondo varie previsioni tutto ciò dovrebbe comportare una diminuzione dei costi relativi alle transazioni finanziarie. Condivide questa valutazione? J.P.: «Da un punto di vista tecnico, questo effetto è certamente evidente - e a maggior ragione - nel caso che l’ecosistema coinvolto sia più complesso. Da un punto di vista organizzativo, l’arte sarà quella di adattare i processi aziendali rilevanti in modo tale che gli incrementi di efficienza tecnica possano essere effettivamente richiamati». E.G.: «In un settore che agisce da intermediario in materia di transazioni la blockchain può sembrare una minaccia. In realtà offre la possibilità di ridurre considerevolmente i costi. Attualmente quattro banche su cinque stanno già utilizzando la tecnologia blockchain, almeno secondo i dati del World Economic Forum. Altri settori nei quali la blockchain può produrre notevoli risparmi sui costi sono i servizi post vendita, le operazioni in cambi e le richieste di risarcimento danni nel ramo assicurativo». A.C.: «L’utilizzo delle blockchain può potenzialmente ridurre il costo delle transazioni, eliminando intermediari e riducendo sensibilmente il tempo necessario alla transazione in sé, a patto che le banche siano parte del circuito e siano aperte a questo cambiamento. Per quanto riguarda i costi delle transazioni delle monete digitali, si possono osservare comportamenti diversi a dipendenza che le transazioni siano tutte effettuate su piattaforme dedicate allo scambio, oppure che abbiano contatti con i circuiti tradizionali».
A.B.: «Da breve a medio termine, la fitta e crescente moltiplicazione delle regolamentazioni contrasterà questa tendenza. Il nostro primo obiettivo è di riuscire a mantenere stabili i prezzi delle transazioni nonostante queste condizioni. All’innovazione sono inoltre connessi anche i costi per la ricerca, il personale e lo sviluppo. Certamente a lungo termine, l’utilizzo delle più recenti tecnologie farà sì che determinate operazioni potranno essere eseguite in modo più efficiente, rapido e vantaggioso sia per il cliente che per l’istituto». L.T.: «Dipende tutto dal genere di transazione effettuata. Affidare a una blockchain il compito di portare a termine le proprie transazioni in criptovalute dovrebbe in teoria generare meno costi rispetto a quelli tradizionali degli istituti finanziari, almeno per quanto riguarda importi di grande entità. Ciò, come abbiamo visto, avviene però con tutti i rischi connessi del caso. Le transazioni legate ai canali bancari, invece, sottostanno a commissioni necessarie a coprire gli oneri amministrativi e gestionali degli istituti bancari. Almeno attualmente questi due mondi restano però scollegati. Non si può però escludere che in futuro possano “collaborare” in specifici ambiti. Ciò potrebbe portare a nuovi paradigmi anche di costi e commissioni». Infine, uno degli aspetti su cui si appunta maggiormente l’attenzione riguarda la sicurezza offerta da questa tecnologia. Quali sono le sue considerazioni in merito? J.P.: «Questo aspetto è infatti uno dei punti di forza centrali ed essenziali della blockchain. Nessun’altra tecnologia consente una combinazione comparabile di sicurezza e disponibilità decentralizzata. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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Tuttavia, questo ha anche uno svantaggio non trascurabile: se un utente perde la sua chiave di accesso digitale, allora questo non può più essere risolto con i familiari meccanismi di “reset password”. In questo caso, all’utente viene permanentemente negato l’accesso ai dati crittografati nella blockchain. Ma anche qui stanno emergendo soluzioni che ci fanno sperare che un giorno anche questo problema possa essere risolto». E.G.: «Abbiamo evidenziato quattro importanti aspetti della tecnologia per quanto riguarda la sicurezza. La disintermediazione, che rendendo il server centrale meno rilevante fa sì che una transazione fra due contraenti sia meno esposta a terze parti. La sicurezza, in quanto la natura criptografica delle transazioni blockchain rende la rete maggiormente sicura rispetto a database più tradizionali. La resilienza, dovuta al fatto che i blocchi che costituiscono la catena sono criptati, per cui un possibile danno non influirà sui dati storici della transazione. Ed infine i minori costi, poiché viene eliminato l’uso di intermediari». A.C.: «Relativamente alla tecnologia della blockchain, una sua implementazione, se corretta, non ha problemi di sicurezza, visto che questo è proprio nel concetto stesso di ‘catena’ (di blocchi che contengono un insieme di transazioni validate e correlate da un marcatore temporale). Ci sono aspetti relativi alla sicurezza che hanno una doppia chiave di lettura, per esempio: una transazione di denaro digitale, una volta salvata nella blockchain, non solo non può più essere cancellata, ma potrebbe non essere possibile risalire al proprietario del portafoglio (destinatario) della stessa; se fosse una transazione errata per svista o per dolo?
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A.B.: «Proprio nel settore finanziario, la sicurezza dei dati rappresenta un bene estremamente prezioso, fondamentale per una banca per guadagnare e conservare a lungo termine la fiducia dei suoi clienti. Per questa ragione, in relazione all’introduzione di nuove applicazioni e software attribuiamo enorme valore agli standard di sicurezza più elevati, che mettiamo regolarmente alla prova non solo al nostro interno, ma anche attraverso sistematiche verifiche esterne. L.T.: «Anche in questo caso dipende dallo scopo della blockchain utilizzata. La tecnologia della blockchain è in se “sicura” dal punto di vista dello scambio di informazioni tra gli utenti e della sua certificazione “pubblica”. Parlando di investimenti e dunque di criptovalute occorre però prestare attenzione non solo perché la componente speculativa è molto alta, ma anche poiché come abbiamo visto vi è l’assenza dell’intermediazione degli istituti finanziari chiamati a fornire specifiche garanzie di qualità ai clienti. Concludendo, la blockchain è una tecnologia con moltissime potenzialità in svariati ambiti. È tuttavia ancora giovane e credo che occorra attendere ancora un po’ per scoprire tutte le sue potenzialità”.
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FINANZA / UBS
L’AUMENTO DELL’ASPETTATIVA DI VITA IMPONE UN RIPENSAMENTO DEL SISTEMA PREVIDENZIALE E DELLA PREVIDENZA PROFESSIONALE. LE RIFLESSIONI DI DIANA DE LUCA FERRARI, CONSULENTE PREVIDENZIALE UBS WEALTH MANAGEMENT SWISS CLIENTS.
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ossiamo fare il punto sullo stato della previdenza oggi in Svizzera? «Dopo la bocciatura della riforma per la previdenza 2020, rimane una forte consapevolezza: il sistema previdenziale svizzero necessita di un rinnovamento. Il Consiglio Federale sta lavorando per sviluppare nuove proposte che toccheranno il 1° e il 2° pilastro, fondamentali per dare il via ad un processo di stabilizzazione del nostro sistema pensionistico, molto ammirato da altri Paesi per la sua struttura ma non privo di difficoltà di finanziamento. La situazione non rosea dei conti AVS fa sì che il fondo di compensazione difficilmente potrà continuare a sostenere finanziariamente le sue casse. Senza una riforma le rendite non potranno più essere pagate integralmente e - secondo alcuni studi - entro il 2030 i fondi dell’AVS si esauriranno. L’aumento dell’aspettativa di vita comporta evidentemente un contestuale prolungamento del periodo di riscossione delle rendite. In effetti, quando l’AVS entrò in vigore, i beneficiari percepivano una rendita mediamente per 13 anni. Oggi, la durata media di percezione delle rendite è stimata in 22,9 anni per le donne e in 19,4 anni per gli uomini, e in futuro c’è da aspettarsi che questo periodo si allunghi ulteriormente». C’è dunque da prevedere un sostanzioso aumento dei costi della previdenza? «Un recente studio di UBS presenta il ‘Club dei centenari’ come uno scena-
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rio piuttosto verosimile: più della metà degli intervistati si aspetta di vivere fino a 100 anni. Lo studio mette inoltre in evidenza come le maggiori preoccupazioni riguardino in primis i crescenti costi della salute, in secondo luogo il timore di poter trasferire meno ricchezza alle generazioni successive e infine la consapevolezza di dover lavorare più a lungo per finanziare il proprio tenore di vita durante la lunga fase del pensionamento. Questi tre fattori rappresentano il fulcro dei piani finanziari che elaboriamo per la nostra clientela. Anche sul fronte della previdenza professionale saranno verosimilmente proposti dei cambiamenti, in quanto l’attuale tasso di conversione del 6,8% previsto dalla legge per la previdenza obbligatoria resta il grande ‘osservato speciale’. Esso rappresenta il fattore con cui un determinato capitale è convertito in rendita vitalizia e anche in quest’ambito l’invecchiamento della popolazione gioca un ruolo determinante». Tutto questo consiglia di intervenire per tempo a pianificare il proprio futuro pensionistico… «L’abbassamento delle rendite del 2° pilastro può essere contrastato dal singolo e per tutti vale lo stesso consiglio: prima si inizia a pensare alla propria previdenza, meglio è! Per questo motivo UBS si adopera ad assistere la propria clientela nella pianificazione tempestiva del pensionamento.Innanzitutto grazie all’analisi del certificato di previdenza e all’individuazione di eventuali lacune da colmare, in secondo
FINANZA / UBS
luogo attraverso il potenziamento della previdenza privata. Una prima mossa per correre ai ripari, che viene sfruttata solo dal 60% degli svizzeri, è quella di iniziare anzitempo un risparmio previdenziale attraverso il pilastro 3a. Questa formula, oltre ad offrire delle opportunità di rendimento interessanti sul lungo periodo, garantisce anche un risparmio fiscale interessante. Non esiste una soluzione unica per tutti i profili che incontriamo: ogni persona ha la sua realtà e le sue priorità. Per quanto riguarda la previdenza al femminile cerchiamo di sensibilizzare molto le donne, in quanto sono le figure che più a lungo adottano un modello di lavoro a tempo parziale e ne sottovalutano spesso le conseguenze finanziarie». Infatti, un caso particolare riguarda la situazione delle donne… «Attualmente in Svizzera il 60% delle donne lavora part-time (fonte: UFS 2016). Sebbene sia risaputo che il lavoro a tempo parziale aiuti a conciliare le esigenze famigliari, esso genera diversi
rischi quali ad esempio: rapporti di lavoro precari e prestazioni sociali e previdenziali insufficienti. Questa situazione può causare una forte dipendenza dal partner/coniuge al momento del pensionamento, poiché l’avere di vecchiaia accumulato potrebbe essere insufficiente per finanziare il proprio tenore di vita minimo. Se poi si considerano ulteriori fattori negativi quali la separazione, il divorzio oppure il decesso del partner, è comprensibile come il passaggio alla fase del pensionamento non sia sempre così semplice. Proprio per questo, consigliamo alle lettrici di interessarsi per tempo alla loro situazione previdenziale. “Il mio patrimonio basterà per mantenermi autonomamente fino ad un’età avanzata?”: è questa la domanda che spesso ci viene rivolta e se le rendite previdenziali non sono sufficienti a coprire il tenore di vita desiderato, si rischia di intaccare il proprio patrimonio erodendolo in breve tempo».
A questo proposito, come consigliate di intervenire? «Per evitare questo effetto, o perlomeno per ammortizzarlo, è opportuno identificare un profilo di rischio-rendimento che supporti la crescita degli investimenti nel tempo e che aiuti a sostenere le entrate attraverso rendimenti ottimizzati fiscalmente. Secondo la nostra esperienza è fondamentale strutturare il patrimonio globale sulla base di obiettivi personali ben definiti e su questa solida base verranno poi impostati gli investimenti con la soluzione più adatta alle proprie esigenze. Per questo motivo, in UBS affrontiamo la consulenza previdenziale considerandola come un importante tassello strategico facente parte di un universo ancor più ampio, rappresentato dalla sfera personale, famigliare e patrimoniale del nostro cliente».
COME PREPARARSI AL FUTURO Il pensionamento comporta un cambiamento radicale della propria situazione personale e finanziaria. Ecco le principali domande da porsi sul tema della previdenza: Quale soluzione scegliere per percepire il mio avere della cassa pensione? Avete tre opzioni: rendita mensile, prelievo del capitale oppure una combinazione di entrambi. La soluzione che sceglierete avrà un’enorme importanza per voi e i vostri famigliari. Vi aiutiamo volentieri a valutare accuratamente vantaggi e svantaggi. Come posso mantere il mio standard di vita attuale? Le prestazioni di AVS e cassa pensione sono spesso insufficienti per soddisfare le esigenze dopo il pensionamento. Soprattutto chi percepiva redditi elevati, potrebbe essere costretto ad abbassare il proprio standard di vita abituale. Una pianificazione accurata di reddito e patrimonio crea sicurezza e aiuta a evitare spiacevoli sorprese.
Posso permettermi un pensionamento anticipato? Se contemplate l’idea di ritirarvi anticipatamente dalla vita professionale o di ridurre il grado d’occupazione, il vostro reddito futuro diminuirà di conseguenza. Per poter approfittare in tutta serenità del pensionamento anticipato o parziale, si impone una pianificazione accurata. Quali sono gli aspetti fiscali da considerare? Affrontando per tempo e con precisione il tema della vostra previdenza personale, potete conseguire risparmi fiscali già durante la vostra vita lavorativa. A condizione di prendere le decisioni giuste e pianificare per tempo la propria previdenza, vi è un grande potenziale di risparmio sia prima che dopo il momento del pensionamento. Una pianificazione previdenziale a lungo termine vi aiuta a risparmiare denaro. Parlatene con noi.
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UNA BANCA FELICE DA OGNI PUNTO DI VISTA
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FABRIZIO CIESLAKIEWICZ MOLTO POSITIVO IL BILANCIO DEL PRIMO ANNO IN QUALITÀ DI PRESIDENTE DELLA DIREZIONE GENERALE.
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irettor Cieslakiewicz, da un anno lei dirige la banca dei ticinesi. Quale bilancio traccia? «Non vorrei sembrare scontato, ma il bilancio è ottimo secondo diversi punti di vista. Il primo: BancaStato continua a generare ottimi risultati finanziari. Di riflesso, il versamento dell’utile al Cantone è in aumento e si rivela cospicuo, e di ciò ne siamo particolarmente fieri! Poi sono molto contento anche dal punto di vista dell’ambiente di lavoro. Ho sempre amato il clima cordiale e familiare di BancaStato. Siamo una squadra molto compatta e motivata. Questo non lo dico soltanto io: a giugno abbiamo dato mandato a una società esterna specializzata di condurre un sondaggio sulla soddisfazione e sulla felicità di collaboratrici e collaboratori, nonché sulle condizioni di lavoro offerte loro. Il sondaggio aveva il pregio di essere completamente anonimo: in altre parole chi ha risposto ha avuto la reale opportunità di esprimere la sua opinione liberamente. Ebbene, i risultati sono molto positivi e confermano che il nostro personale è felice e soddisfatto. Specialmente di questi tempi, e proprio in un settore così sotto pressione come quello bancario, venire al lavoro con serenità è un fattore molto prezioso che intendiamo proteggere e mantenere anche in futuro. Credo che questa sia una base indispensabile anche per raggiungere gli ottimi risultati conseguiti. Nell’ambito del mio bilancio, un altro
importante aspetto è naturalmente rappresentato dalla clientela, che dimostra di essere soddisfatta della nostra offerta. Concludendo, per tutti questi motivi il mio primo anno alla guida di BancaStato non può dunque che essere estremamente positivo. Questo mi rassicura e mi sprona a impegnarmi ancora di più a favore della banca». Quali sono state le maggiori difficoltà e le maggiori soddisfazioni riscontrate sinora? «Le maggiori soddisfazioni sono state quelle appena delineate. È per contro difficile individuare quali siano state le maggiori difficoltà nell’ultimo anno. Mi spiego meglio. In qualità di Presidente della Direzione generale avverto una grande responsabilità nei confronti della Proprietà, della clientela e di chi lavora in BancaStato. È per questo motivo che i molteplici aspetti del mio lavoro che richiedono moltissimo impegno e grande tenacia non li classifico come “difficoltà” ma come sfide da superare. Naturalmente non potrei fare tutto ciò che faccio senza l’ausilio di chi, ogni giorno, profonde dedizione e passione per il bene per la banca. Insomma, nell’ultimo anno non sono certo mancati momenti caratterizzati da grande stress e da decisioni da prendere su temi molto importanti, ma d’altra parte ciò rientra nei compiti di un direttore generale e io tutto questo lo accolgo con grande motivazione».
FINANZA / BANCASTATO
stituto paga ancora un po’ l’immagine sbagliata di “banca vecchia” o comunque “lenta”, ma vi assicuro che non è così. Come diciamo spesso a chi non è ancora nostro cliente, provare per credere».
Torniamo ai risultati finanziari di cui parlava. Da anni BancaStato presenta cifre che puntualmente definisce “record”. Cosa occorre aspettarsi in futuro? «Gli ultimi anni sono stati in effetti molto positivi per BancaStato. Da una parte ciò dimostra che il modello di affari di una banca cantonale come la nostra, improntato alla vicinanza con il cliente e alla prudenzialità degli affari, è pagante. Dall’altra è la prova che chi ha governato BancaStato in passato è stato lungimirante nel mettere in cantiere e portare a termine progetti strategici che con il senno di poi si sono rivelati effettivamente cruciali. Per riassumere, l’istituto arriva da una grande “cura tonificante” che ha portato all’adozione di una nuova piattaforma informatica, di nuovi processi di lavoro, più snelli, e al raggiungimento di un dimensionamento ideale ottenuto tramite un piano di prepensionamenti. Tutto questo ha richiesto un grande impegno ma ha saputo dare i risultati sperati: gli indici di redditività ed efficienza sono molto migliorati, basti considerare che ora ci posizioniamo nella media delle banche cantonali. Disponiamo quindi degli strumenti giusti per guardare con un certo ottimismo al futuro. Di sicuro continueremo a capire dove e come migliorare e su quali aspetti concentrare la nostra attenzione. La digitalizzazione, ad esempio, rappresenta una sfida anche per BancaStato e riveste un carattere assolutamente strategico».
Ha parlato di digitalizzazione, che rappresenta una grande sfida per l’intera economia. Ma quali armi ha a disposizione una banca di piccola-media taglia come BancaStato di fronte a un mercato sempre più globale, regolamentato e digitale? «Gli strumenti con i quali ci adattiamo a un mondo in costante evoluzione sono naturalmente coerenti con il nostro mercato e la nostra clientela di riferimento. Se da una parte ci rivolgiamo a un preciso e delimitato territorio, ovvero il Ticino, dall’altra tale territorio non è immune a logiche globali come quelle della digitalizzazione e delle nuove normative. La nostra arma principale è quella di essere proattivi e far capo, oltre che alle nostre risorse interne, anche a una efficace rete di partner composta dai nostri fornitori (tra cui Avaloq Sourcing (Switzerland & Liechtenstein) SA e il Gruppo Aduno) nonché dalle altre Banche cantonali, le quali formano una comunità che unisce gli sforzi creando importanti risultati comuni».
Come cambierà la maniera di “fare banca” nei prossimi anni? «Assisteremo di certo a grandi cambiamenti di strumenti: la tecnologia e l’informatica la faranno sempre di più da padrona. In altre regioni del mondo esistono ad esempio istituti bancari che operano completamente online. Io però credo che almeno per il nostro istituto non sia un modello di affari verosimile neanche in futuro. Certo, svilupperemo la nostra offerta digitale, ma allo stesso tempo continueremo a basarci sulla vicinanza e sul contatto con la clientela: è un aspetto che ci caratterizza e che resisterà di fronte a tutti gli innumerevoli cambiamenti che attendono il settore bancario».
In una intervista precedente, definiva come un suo obiettivo far sì che i ticinesi si innamorassero ancora di più di BancaStato. Sta avvenendo? «Io credo di sì. BancaStato è un punto di riferimento da oltre cento anni e negli ultimi decenni l’adeguamento della sua legge di istituzione le ha consentito di colmare le differenze di offerta con la concorrenza. Forse l’iTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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AVANTI CON FIDUCIA E CAUTELA
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l mercato immobiliare si ritrova sotto pressione in seguito all’ampliamento record, all’aumento delle superfici sfitte e alla pressione sui canoni locativi. Ma la congiuntura giunge in soccorso proprio al momento opportuno. La ripresa economica stimolerà la domanda in tutti i segmenti. L’effetto della spinta congiunturale nei singoli mercati parziali dipenderà tuttavia dalla rispettiva situazione. In ogni caso, gli investitori in futuro non beneficeranno probabilmente più degli elevati rendimenti degli ultimi anni, in quanto ulteriori incrementi di valore per gli immobili saranno limitati. Tuttavia, nel confronto trasversale con gli investimenti alternativi, i rendimenti degli investimenti immobiliari diretti e indiretti continuano a essere attrattivi, nonostante il limitato potenziale dei redditi da locazione. Finché i tassi d’interesse rimangono su livelli contenuti, mancano alternative d’investimento con un rapporto rischio-rendimento paragonabile. Ciò vale in particolare per l’anno in corso, che non lascia ancora intravedere la fine dei tassi d’interesse negativi. Per quanto concerne i fondi immobiliari, i fondi orientati agli immobili commerciali risultano più attraenti di quelli focalizzati sugli immobili residenziali, in quanto offrono un premio relativamente elevato a fronte del rischio assunto.
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La ripresa economica regala nuovi stimoli alla domanda di proprietà abitativa, tanto più che i costi degli interessi ipotecari continuano ad attestarsi a livelli molto bassi, nonostante un trend in rialzo. La nuova crescita dei prezzi è favorita dal costante calo dell’attività edilizia che negli ultimi anni ha interessato il segmento della proprietà abitativa. A poco a poco i promotori tornano a mostrare un po’ di ottimismo e a progettare più spazio abitativo per i proprietari. A causa dei lunghi tempi di produzione, a breve termine l’offerta dovrebbe subire tuttavia un’ulteriore contrazione. Non vi sarà un ritorno a un esuberante mercato della proprietà, poiché il livello elevato dei prezzi e i provvedimenti normativi dovrebbero neutralizzare in larga parte gli effetti della ripresa della domanda. A lungo termine anche lo sviluppo demografico avrà un impatto negativo sulla domanda: con i babyboomer, le generazioni che hanno maggiormente stimolato la domanda si avvicinano a un’età in cui nel complesso la domanda di proprietà abitativa inizia a recedere. Appartamenti in affitto: la ripresa economica non bastaLe prospettive sul mercato locativo sono sempre più cupe. A dimostrarlo sono l’aumento delle superfici sfitte, l’incremento della pressione sui canoni di locazione e i locatari, che al di fuori dai grandi centri hanno sempre più il coltello dalla parte del manico. Tuttavia, grazie a premi di rendimento elevati, gli investitori non si lasciano intimorire dall’aumento dei rischi e continuano a investire nel mercato locativo. Di conseguenza, la produzione di appartamenti in affitto si mantiene su un livello molto elevato. Al contempo il mercato si trova ad affrontare una flessione della domanda, dovuta al continuo calo dell’immigrazione. Ma ecco che, al momento opportuno, il mercato locativo trova sostegno: la solida ripresa economica che si va delineando dovrebbe infatti portare stabilità sul fronte della domanda. L’aumento delle superfici sfitte potrà dunque senz’altro rallentare, ma non arrestarsi.
ARCHITETTURA / PROSPETTIVE DEL MERCATO
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
SABINA GATTO (S.G.) Titolare di SIT Immobiliare
STEFANO CLOCCHIATTI (S.C.) Responsabile Succursale di Lugano di Banca Popolare di Sondrio (Suisse) SA
SALVATORE E ANDREA BELLOMO (S.B./A.B.) Direttore e Vicedirettore di New Trends
PAOLO MOREL (P.M.) Managing Director di PM Consulenze
L’
acquisto di una casa rappresenta una scelta importante nella vita di una famiglia. Quali garanzie deve offrire chi si occupa di promozione immobiliare per assicurare che tutto si svolga nel migliore dei modi? S.G.: «L’acquisto di una casa per una famiglia è una delle scelte più importanti della vita, perché è lì che verranno trascorsi tutti i momenti che rimarranno impressi nella memoria di tutti i componenti della famiglia. Per questo motivo, noi professionisti del settore, richiediamo che siano state realizzate le necessarie perizie che attestino che il valore di vendita sia corretto.
Oltre a questo è molto importante verificare, se si tratta di nuove costruzioni, che gli artigiani, che hanno partecipato alla costruzione siano stati tutti tacitati. Altro aspetto importante da tenere in considerazione è che i materiali utilizzati per la costruzione siano di ottimo livello e all’avanguardia, in modo che il valore dell’immobile possa essere duraturo nel tempo». S.C.: «Da sempre l’acquisto di una casa rappresenta un sogno importante per tutte le famiglie. A differenza di quanto avviene nella vicina Europa, dove la media di proprietari si attesta al 70 %, con alcuni paesi sopra l’80%, in Svizzera abbiamo da poco raggiunto il 40 %; già solo la lettura
GIOVANNI MASTRODDI (G.M.) Titolare di MG Immobiliare
di questo dato rende evidente quanto sia più difficile acquistare un immobile, in particolare per una coppia di giovani, mantenendo fertile ed elevato il numero di inquilini. Negli ultimi anni abbiamo vissuto molti cambiamenti economici e politici, che hanno condizionato e guidato il numero e i volumi delle compravendite immobiliari in modo importante attraverso la fine e l’inizio del secondo millennio. Soprattutto oggi, chi si occupa della promozione immobiliare, dovrebbe disporre della necessaria esperienza accumulata nell’evoluzione di questi anni, in modo da saper calibrare le opportunità ed i rischi in modo efficiente, così da soddisfare le esigenze di tutte le diverse categorie di acquirenti, nel pieno rispetto delle leggi in costante adeguamento ed TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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ARCHITETTURA / PROSPETTIVE DEL MERCATO
evoluzione, nonché dei rigidi parametri di concessione dei prestiti ipotecari. Oltre alla maturata esperienza, è necessario mantenere costantemente aggiornati e formati tutti gli specialisti del settore, non è un caso che una buona parte degli istituti bancari in Ticino stia svolgendo un percorso di formazione e certificazione federale dei propri consulenti. Di conseguenza, la prima risposta alla domanda su quali garanzie deve offrire chi si occupa di promozione immobiliare è la qualità e l’affidabilità dei servizi offerti, a tutti i livelli. In sostanza, fondamentale è rivolgersi a specialisti del settore, attivi sulla piazza da molti anni». G.M.: «Come MG immobiliare, operiamo da quasi 25 anni nella compravendita nella regione di Lugano, ho partecipato a convegni di settore, incontri promossi dalla nostra Associazione di categoria, la Svit e risposto a tale domanda molte volte e ogni volta il cliente ha bisogno di risposte adeguate e soddisfacenti alle sue esigenze, diverse anche in base al momento di mercato ed anche all’interlocutore, venditore o compratore che sia. Tra tutte le garanzie mi piace sottolineare che noi selezioniamo le promozioni in base ad un criterio universale e sempre attuale: è un progetto sostenibile? risponde alle tre esigenze: ecologico, economico e sociale? In questo modo si scopre l’etica e la professionalità del promotore e dei suoi collaboratori, inoltre consigliamo tutti i clienti di rivolgersi ai Professionisti del Settore iscritti alla Svit». S.B./A.B.: «Deve dimostrare un’esperienza di successo di diversi anni con operazioni analoghe, dare referenze di clienti soddisfatti e di attori importanti (notai, consulenti bancari ecc.) che possano testimoniarne correttezza ed affidabilità. Dare una documentazione esaustiva dell’o-
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pera che realizzerà, sia dal profilo tecnico (relazione dettagliata) sia da quello giuridico (proprietà per piani con annessi). Dare certezze infine sul finanziamento dell’opera e sulle modalità di pagamento degli stati avanzamento lavori. Nell’atto notarile dovrebbe essere specificato come tutelarsi da eventuali ipoteche legali di artigiani e come gestire eventuali ritardi di consegna: modalità di proroga della scadenza contrattuale e rimborso di eventuali danni subiti dagli acquirenti (pagamento di pigione supplementare, doppio trasloco, costi per albergo ecc.)». P.M.: «Il core business di PM Consulenze SA è incentrato sulla consulenza fiscale, societaria e contabile. Non ci occupiamo in maniera diretta della promozione immobiliare anche se per i nostri clienti capita spesso di affrontare una prima consulenza legata all’acquisto di un immobile in Svizzera. Per offrire un servizio di qualità ci affidiamo ad esperti del settore con i quali collaboriamo a stretto contatto. La capacità di creare un network di professionisti è a mio avviso il modo migliore per assistere il cliente nelle sue scelte. Il rapporto personale consolidato da anni di esperienza, l’iscrizione a livello cantonale all’Albo dei Fiduciari Immobiliari e all’Associazione di categoria Svit sono lo “screening” per affidare i nostri clienti a professionisti abilitati». Come si è andato trasformando nel corso degli ultimi anni il mercato immobiliare ticinese e quali sono gli oggetti verso cui si orientano oggi gli acquirenti locali e quelli stranieri? S.G.: «Il mercato negli ultimi anni è cambiato molto, anche perché la richiesta del cliente è sempre più particolareggiata. Si tende a dare molta più importanza ai dettagli che magari
un tempo non erano così fondamentali, in quanto il cliente ora è disposto ad attendere la casa dei sogni, quella che ha tutti gli elementi richiesti. Sicuramente abbiamo notato l’aumento delle richieste da parte di acquirenti locali, che sentono sempre di più’ il bisogno di una casa propria. A questa tendenza si accosta il fatto che le norme restrittive per l’acquisto sul territorio da parte di clientela straniera, hanno portato a una riduzione del fenomeno dell’acquisto per la messa a reddito». S.C.: «Il mercato immobiliare ticinese negli ultimi anni è cresciuto in modo costante e deciso beneficiando, dal punto di vista della domanda di alloggi, dell’importante immigrazione dall’estero, soprattutto dall’Italia, che si è sovrapposta alla già forte presenza di lavoratori frontalieri. Lo sviluppo si è concentrato quasi esclusivamente nei centri e nelle immediate periferie, con un costante incremento dei prezzi, in particolare per oggetti di lusso. In questo periodo si è rafforzata la difficoltà dei giovani ad accedere alla proprietà immobiliare, in particolare nelle città, con l’obbligo di ricercare alternative nelle zone suburbane o periferiche a prezzi più accessibili, nonostante i tassi ipotecari siano ai minimi storici. L’offerta di alloggi è cresciuta in modo marcato sino al 2015, dove si può costatare per la
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perfici inferiori (rispetto a quelli più grandi) a prezzi abbordabili; verosimilmente anche l’offerta di appartamenti con superfici ridotte dovrebbe crescere sensibilmente».
prima volta una riduzione dei valori nelle transazioni di proprietà per piani (PPP) nel Cantone. Negli ultimi 3 anni sono apparsi numerosi articoli relativi allo spettro di una bolla immobiliare, con tutti i rischi che ne deriverebbero per l’insieme dell’economia, situazione che ad oggi sembra potenzialmente critica solo limitatamente a poche regioni, considerata addirittura l’intera Svizzera. Oggi gli acquirenti locali cercano il giusto equilibrio tra domanda e offerta nel sottoceneri, mentre nel Sopraceneri, forse complice l’apertura della nuova galleria AlpTransit e prezzi più abbordabili, si riconosce un importante sviluppo e crescita dell’offerta di alloggi e intermediazioni immobiliari in particolare nel bellinzonese. Per quanto riguarda acquirenti stranieri, questi ultimi sembrano in calo nel settore lusso e orientati a investimenti in oggetti commerciali di qualità. L’interesse rimane presente, alla ricerca dell’affare, tuttavia il numero di transazioni si è ridotto. Per quanto riguarda il futuro, segnalo una recente osservazione che potrebbe riscontrare crescente interesse e svilupparsi ulteriormente. Contestualmente allo sviluppo dell’Università e della SUPSI, nel luganese sta crescendo la domanda di appartamenti con superfici e locali ridotti, sia per affitto a studenti, sia per giovani famiglie che pur di accedere alla proprietà in città, sono disposte a vivere in su-
G.M.: «Operando da tanti anni nel settore abbiamo assistito e partecipato attivamente al cambiamento del mercato luganese. Se osserviamo gli ultimi anni dal 2010 al 2013, ci fu una grande domanda di appartamenti con superfici generose, da oltre 120 mq sino a 180 mq, e questo per restare sotto la soglia dei 200 mq SUL concessa per agli stranieri. Preferendo il centro città, la prima fascia collinare come Castagnola, Montagnola, Paradiso, tutte zone con vista lago. Dal 2012 al 2015 per soddisfare nuovi redidenti internazionali dovevamo offrire grandi superfici, con una vivace richiesta di immobili di lusso, ville o appartamenti nelle zone più esclusive, come Castagnola, Ruvigliana, Savosa ma soprattutto la Collina d’Oro. Tutto questo in un periodo storico molto travagliato e complicato fuori dalla Svizzera e tutti questi fattori esterni crearono una elevata domanda ed una euforia verso il Canton Ticino non solo per il mercato immobiliare. Oggi, nel 2018, dopo anni di immigrazione internazionale di qualità, notiamo un sensibile calo di nuovi residenti, di globalisti e dell’arrivo di ricche famiglie. Ciò determina un cambiamento della domanda e dell’offerta. Oggi la domanda immobiliare è dunque divisa in 2 aree: il centro città e le zone fortemente residenziali dove la domanda è elevata sia da parte di clienti locali che stranieri ed i prezzi sono inferiori agli anni del boom immobiliare ma si mantengono stabili. Oppure fuori dagli agglomerati urbani, dove gli immobili hanno subito un calo dei prezzi più accentuato, la domanda è inferiore ed interessa principalmente la clientela locale».
S.B./A.B.: «Quello che abbiamo notato è un rallentamento degli acquisti di abitazioni di target elevato e/o di lusso. Le ragioni? Un eccesso di produzione, eventi di carattere internazionale (per es. le restrizioni del mercato russo) e la diminuita attrattività fiscale del Canton Ticino che spinge una parte dei globalisti verso destinazioni più competitive. Gli acquirenti locali si orientano invece verso le buone opportunità che si stanno delineando grazie a costi di costruzione costanti, ad un’offerta abbondante anche sul nuovo, ed infine, ma non meno importante, grazie a tassi ipotecari molto favorevoli (e non sono previsti aumenti a breve termine). Il basso costo del denaro spinge inoltre gli investitori, anche piccoli, a puntare sul mattone, ritenendolo una valida alternativa ad altre forme di investimento meno sicure o alla detenzione di liquidità che viene addirittura spesso penalizzata con interessi negativi. Tutti questi fattori costituiscono un mix ideale per chi è determinato ad acquistare sia per uso proprio che per la creazione di un reddito». P.M.: «Il mercato immobiliare ticinese ha conosciuto una crescita sostenuta negli anni 2010-2015 anche grazie al crescente numero di stranieri rilocalizzati. Per il Ticino, la clientela italiana è stata (e forse continuerà ad essere) un bacino importante ma non sono mancate “ondate” di persone provenienti dai Paesi dell’est Europa (in primis Russia ed Ucraina) che hanno acquistato immobili e trasferito in Ticino il loro centro di interessi. Nell’ultimo triennio abbiamo assistito ad una contrazione del mercato immobiliare ticinese rispetto al quinquennio 2010-2015. Aumentano gli immobili sfitti ma, grazie ai bassi tassi ipotecari, rileviamo un’intensa edificazione di nuovi immobili. Oggi il mercato immobiliare ticinese sembra orientato verso immobili più TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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accessibili sia per gli acquirenti locali che per gli stranieri che decidono di vivere nel nostro paese. Il mercato del lusso rimane certamente interessante ma rappresenta una percentuale ridotta in rapporto al numero di compravendite immobiliari nel Cantone». A questo proposito, come giudica lo stato della normativa giuridica e fiscale che regola l’acquisto di una casa da parte di stranieri? S.G.: «Reputo che la limitazione della normativa giuridica e fiscale ha ristretto di parecchio le scelte degli stranieri nel trasferisci sul territorio elvetico. Sono quasi scomparsi i clienti stranieri che acquistavano case vacanze, con lo scopo di metterli a reddito, perché la LAFE ha limitato molto il raggio di azione del proprietario per la locazione dello stesso, intimorendoli e rendendoli meno disposti ad acquisti di questo tipo. Come ultima cosa, ma non per importanza, l’abbattimento dei contingenti di case secondarie ha ridotto gli introiti dei promotori immobiliari, avendo tagliato fuori quella percentuale di clienti che investiva acquistando case vacanze. Questo fenomeno ha avuto delle conseguenze anche nella locazione, in quanto gli appartamenti o case costruiti con il vincolo della residenza primaria, non permettono a clienti che vogliono mantenere la residenza in altri cantoni, di poterli affittare, generando così un maggior numero di sfitti». S.C.: «L’obiettivo della LAFE è espresso nell’art. 1: “La presente legge limita l’acquisto di fondi da parte di persone all’estero, per evitare l’eccessivo dominio straniero del suolo indigeno”. La legge risale al 1985, e nel corso degli anni è stata modificata con degli allentamenti nel 1997 e 2004. Nel 2017 il Consiglio Federale ha avviato la procedura di consulta-
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zione per l’inasprimento della LAFE o “Lex Koller” (nome informale della legge che prende origine dal Consigliere Federale Arnold Koller). Una analisi delle caratteristiche del mercato immobiliare residenziale del nostro Cantone e dell’evoluzione dei principali indicatori di qualche anno fa, rivelava, non del tutto inaspettatamente, la necessità di un miglior indirizzamento delle politiche pianificatorie in ordine alla gestione delle conseguenze dei fenomeni migratori interni ed esterni e all’uso efficiente del territorio, non solo per le edificazioni. L’abbandono dei centri da parte dei residenti, la loro sostituzione con arrivo di stranieri non sempre intenzionati a risiedere stabilmente a lungo, lo spostamento verso le periferie medie e lontane, i limiti edificatori del nostro territorio, le importanti riserve edificatorie non sfruttate all’interno delle zone edificate, sono alcune delle situazioni cui la politica e la nuova pianificazione dovrà far fronte nei prossimi decenni. Se aggiungiamo elementi quali l’invecchiamento della popolazione, lo sviluppo della forma abitativa in condominio, la difficoltà di valutare gli effetti strategici a medio e lungo termine della nuova trasversale ferroviaria alpina su nuovi posti di lavoro e sulle dinamiche di inse-
diamento abitativo sul territorio, nonché i mutamenti politico-economici dei paesi confinanti si può forse immaginare la complessità pianificatoria e decisionale. Traendo le conseguenze dai risultati della procedura di consultazione, da cui emerge che una vasta maggioranza dei Cantoni, dei partiti e delle organizzazioni interessate ha respinto la revisione della LAFE, il Consiglio Federale, nella sua seduta del 20 giugno del corrente anno, ha deciso di rinunciare alla revisione della Lex Koller. Si resta pertanto allo status quo». G.M.: «La Legge federale sull’acquisizione di terreni da parte di persone all’estero, stabilisce fino a che punto le persone domiciliate all’estero possono comprare terreni in Svizzera. Il principio è nobile, crediamo tuttavia che sia venuto il momento per un adeguamento e alleggerimento per essere al passo con i tempi e sempre competitivi verso gli altri paesi. Infatti il mondo è sempre più dinamico, le persone e le famiglie sono in continuo movimento, tale legge si ripercuote negativamente anche per gli svizzeri, infatti il concetto di reciprocità ad acquisto limitato viene applicato anche da molti paesi europei come l’Italia».
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S.B./A.B.: «I dati sull’acquisto di case di vacanza da parte di stranieri, aggiornati all’inizio di agosto 2018 ci dicono che questo tipo di mercato è cambiato radicalmente. Se fino a tre anni fa, nel primo trimestre veniva già utilizzato tutto il contingente annuo e quindi gli acquirenti dovevano aspettare l’anno successivo per perfezionare l’acquisto, a tutt’oggi, dei 185 permessi annuali a disposizione per il Canton Ticino non ne è stato utilizzato nemmeno uno in quanto c’è ancora da smaltire l’eccedenza del 2017. Il dato del distretto di Lugano è ancora più eclatante: nel 2018, su 87 permessi a disposizione ne sono stati utilizzati solo 32 relativi ancora al contingente del 2017! Come giudicare quindi la normativa? Sicuramente un frutto buono per il periodo in cui era stato concepito, mentre oggi è andato oltre il punto di commestibilità. Le normative andrebbero pertanto riviste nell’ambito di una maggior liberalizzazione e regolamentazione spontanea del mercato immobiliare. Le proprietà interessanti per questo genere di pubblico raramente sono accessibili anche per un mercato locale sia per dimensioni che per prezzo. E giusto tutelare il territorio e l’economia locale ma non ci si può isolare
da un mondo che diviene di giorno in giorno sempre più globalizzato». P.M.: «La Legge federale sull’acquisto di fondi da parte di persone all’estero (LAFE) è stata introdotta il 16 dicembre 1983 ed ha come estrema ratio quella di evitare l’eccessiva speculazione nel mercato immobiliare da parte di soggetti stranieri ed in particolare per il segmento dell’edilizia privata. Riteniamo che la norma sia “nobile” nel suo intento di salvaguardare il mercato immobiliare svizzero e che l’impianto normativo sia efficiente nel suo insieme. C’è da chiedersi se ad oggi non sia possibile pensare ad un leggero “allentamento” delle condizioni al fine di tornare a rendere vivace il mercato immobiliare. Dal punto di vista fiscale i proprietari di immobili sono tassati sia per il reddito generato dagli stessi (pigioni o valore locativo) che per la sostanza. Il Ticino si colloca tra i Cantoni con le più alte aliquote sulla sostanza subendo quindi una concorrenza intercantonale anche nella scelta dell’acquisto di immobili nel nostro Cantone. Al fine di rilanciare il mercato immobiliare sarebbe auspicabile una riduzione dell’imposta sulla sostanza in linea con la media nazionale». Rispetto alla concessione di mutui ipotecari qual è il sostegno che può venire al mercato immobiliare dal sistema bancario e, soprattutto, come valuta i criteri adottati per determinare la sostenibilità economica di una famiglia che vuole acquistare una casa? S.G.: «L’aspetto bancario, ad oggi giorno, è molto importante. E’ fondamentale per i clienti che acquistano casa, avere costruito un ottima relazione con il proprio istituto di credito, che sicuramente rappresenta un vantaggio in fase di acquisto. Ogni istituto bancario, chi più chi mendo, è
sempre molto cauto prima di deliberare il credito per l’acquisto, in quanto si tende sempre a preservare il cliente proiettando quella che potrebbe essere la situazione nel corso degli anni; pertanto viene applicato un calcolo teorico degli interessi con dei parametri per il calcolo della sostenibilità del debito, s sempre più restrittivi e che impongono serie riflessioni prima di ogni acquisto immobiliare. S.C.: «Con il recente raggiungimento dell’astronomica cifra di 1000 miliardi di franchi di mutui ipotecari, il sostegno da parte del sistema bancario è quantomai consolidato e importante. In considerazione del contesto economico e dei tassi d’interessi sulla nostra moneta ai minimi storici, mai come in questo periodo avere un mutuo ipotecario costa relativamente poco. Per chi ha acquistato casa negli anni ’80-’90, in una situazione congiunturale ben diversa, ricorderà i tassi d’interessi decisamente più alti, così come una pesante crisi del settore immobiliare. Ricordo bene la felicità nel condividere con le famiglie un prestito per l’acquisto di proprietà immobiliari; l’aiuto a realizzare un sogno! Circa 5-8 anni dopo, l’amarezza nel gestire le difficoltà delle stesse persone nel riuscire pagare interessi cresciuti anche oltre l’8 %, e la tristezza per alcuni casi nei quali le stesse famiglie erano costrette a vendere l’immobile acquistato pochi anni prima oppure, nei casi più estremi, l’amarezza della vendita all’incanto. Da queste esperienze il legislatore e le banche hanno fatto tesoro, modificando progressivamente i parametri di concessione nonché i controlli (gli stessi esistevano già allora, ma erano facoltativi, flessibili e non applicati da tutti in modo uniforme). Il sostegno odierno va ricercato nella qualità della consulenza e nella capacità di trovare la migliore soluzione “sostenibile”, evidentemente a costi concorrenziali. Inoltre, non diTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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mentichiamo che oltre alla concessione dei classici mutui ipotecari per finanziare acquisti immobiliari, il sistema bancario offre prodotti per finanziare costruzioni, ristrutturazioni e ammodernamenti. I criteri per determinare la sostenibilità economica di una famiglia che vuole acquistare una casa possono sembrare piuttosto rigidi, ma vengono calibrati in funzione delle possibilità e dei rischi, a tutela sia dei clienti sia delle banche, proprio per evitare le situazioni menzionate sopra. Personalmente li ritengo adeguati». G.M.: «In merito alla concessione di mutui ipotecari, le disposizioni più severe introdotte come l’utilizzo modesto del risparmio del 2 pilastro, il calcolo della sostenibilità al 7%, un finanziamento bancario non superiore al 60/70%, l’ammortamento annuo obbligatorio, la limitazione per classi di età, possono essere solo in parte condivise, in quanto hanno frenato ed equilibrato il mercato ed evitato problemi al sistema paese. Tutto questo rende impossibile l’acquisto alla classe media della popolazione. Vorrei evidenziare che il settore è soggetto a diversi fattori paralleli e condizionanti: oltre ai mutui si pensi alla burocrazia in materia di piano regolatore, ai ricorsi strumentali e ricettori alle domande di costruzioni, alla tutela dell’inquilino moroso e debitore verso il proprietario e la Confederazione, alle tasse dirette ed indirette sulla proprietà immobiliare, imposta sulla sostanza, al valore locativo, alle stime immobiliari, alla nuova norma di anticipo sulla Tui, all’imposta immobiliare comunale e all’ imposta sul trapasso di proprietà ecc.». S.B./A.B.: «I criteri di finanziabilità sono molto prudenziali perché si basano su un tasso tecnico di sostenibilità attorno al 7% del mutuo erogato mentre in realtà il costo effetti-
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vo annuo dello stesso si situa tra il 3 ed il 4%, ammortamento compreso. Questo gap da una parte evita situazioni di indebitamento eccessivo con conseguenti vendite forzate (le aste sono quasi del tutto assenti!) e in generale tende a mantenere bassi i prezzi degli immobili; dall’altra parte impedisce l’acquisto a tanti potenziali acquirenti desiderosi di avere una proprietà e che potrebbero permetterselo alle condizioni attuali. Tenuto conto dell’andamento dei tassi ipotecari negli ultimi anni e delle possibilità di ipoteca fissa molto bassa (anche a 10 anni possiamo spuntare un tasso dell’1.5%) la soluzione potrebbe essere quella di una rigorosa pianificazione finanziaria per il periodo del contratto di mutuo. Anche il confronto con i canoni locativi dovrebbe spingere all’acquisto, sia per il costo minore del mutuo rispetto alla locazione, sia per il fatto che un tetto sopra la testa in ogni caso bisogna averlo, anche in caso di cambiamenti nella situazione familiare (perdita del posto di lavoro, maternità ecc.). E non dimentichiamoci che una proprietà si può sempre rivendere e spesso ricavandoci anche un utile: il segreto è, come sempre, saper comprare bene (buon rapporto prezzoqualità, locations richieste ecc.)». P.M.: «La concessione del credito per la promozione della proprietà immobiliare si basa sul concetto di
sostenibilità del debito. Un’ipoteca è sostenibile quando l’acquirente è in grado di finanziare l’acquisto apportando almeno il 20% di fondi propri oltreché rimborsare almeno un terzo del debito ipotecario. Tali basi dovrebbero garantire un sistema solido di concessione del credito. Dobbiamo altresì rilevare che la percentuale di appartamenti sfitti, in particolare in Ticino, è in aumento ed inoltre l’offerta di immobili ad oggi supera la domanda degli stessi. Non sembrerebbe esserci, ad oggi, un concreto rischio di bolla immobiliare ma riteniamo che la situazione vada costantemente monitorata. Ciò in particolar modo con riferimento all’andamento dei tassi ipotecari. La BNS non sembra voler aumentare i tassi minimi di riferimento almeno nel breve-medio periodo. Un significativo innalzamento degli stessi potrebbe comportare la difficoltà per alcune famiglie di rientrare della posizione debitoria con conseguente rischio che la bolla immobiliare si concretizzi. Gli stessi proprietari potrebbero doversi confrontare con nuove richieste da parte della banca di dover aumentare il capitale per ristabilire la sostenibilità del debito».
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ARCHITETTURA / CAMPONOVO ARCHITETTI & ASSOCIATI
UN RICONOSCIMENTO ALLA QUALITÀ TICINESE L’ARCH. CAMPONOVO E IL SUO STUDIO HANNO VINTO IL PRIMO PREMIO ECCELLENZA DELL’ANNO INNOVAZIONE & LEADERSHIP, PER LA CAPACITÀ DIMOSTRATA FIN DAL 1963 DI REALIZZARE ARCHITETTURE AL SERVIZIO DELL’UOMO, CON UNO SGUARDO SEMPRE RIVOLTO AL FUTURO E ALLA SPERIMENTAZIONE DI NUOVE TECNICHE E MATERIALI.
A N
ella motivazione del premio si legge: “per essere un leader innovativo capace di puntare sull’architettura biodinamica ed in grado di armonizzare creativamente le forme delle strutture ai reali bisogni delle persone e dell’ambiente, con realizzazioni di pregio e alta qualità”.
rch. Camponovo, che cosa significa realizzare opere partendo dai “reali” bisogni dell’essere umano e in sintonia con ambiente che esso abita? «Vuol dire porre al centro della progettazione i bisogni delle persone. Si tratta di individuare le soluzioni più efficaci per ogni specifico contesto ambientale, sociale ed economico, accrescendo il senso della comunità e con esso il bene collettivo come valore. Per raggiungere questi obiettivi è necessario ridefinire il concetto di “ben-essere”, che riguarda la salute, la sicurezza e più in generale la “qualità” del nostro lavorare, studiare, divertirci, spostarci e, naturalmente, abitare. In questa prospettiva, l’architettura non può essere un gioco esclusivamente autoreferenziale. Penso invece che il progetto architettonico debba essere in grado, proprio in virtù del suo valore intrinseco, di conferire un valore aggiunto alle preesistenze storiche e ambientali all’interno delle quali si va a inserire e allo scopo finale che deve assolvere». Dunque si può dire che la sua architettura ricerca in primo luogo la qualità della vita delle persone che abitano, lavorano e vivono all’interno degli edifici progettati? «La qualità dell’abitare si raggiunge attraverso l’attenzione a più temi quali la luce, la trasparenza, l’utilizzo di determinati materiali. Quello della luce è
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un aspetto a cui sono sempre stato particolarmente attento perché convinto del benessere psicofisico che determina e che ogni costruzione debba essere uno spazio in grado di comunicare con l’esterno innanzitutto attraverso la luce e le trasparenze. Un altro tema che mi è particolarmente caro è l’organizzazione dei volumi attorno a spazi capaci di creare un sistema di relazioni, perché è fondamentale la dimensione sociale del vivere e dell’abitare. Le case non devono essere spazi chiusi all’interno dei quali isolarsi, e gli uffici non possono tradursi in luoghi nascosti e isolati ma determinare una positiva consapevolezza di appartenenza al team di lavoro». La sua architettura si è sempre distinta per un’attenta ricerca dei materiali da utilizzare… «Negli anni le innovazioni prodotte nel campo dei materiali hanno radicalmente modificato il modo di concepire e realizzare gli organismi edilizi. Nuovi prodotti e sistemi si affacciano ogni giorno sul mercato, ampliando le alternative a disposizione del progettista, ma anche il patrimonio di conoscenze necessarie per un corretto impiego di tecnologie sempre più innovative e l’utilizzo di materiali avanzati. In un’ottica del costruire sempre più orientata verso l’ottimizzazione e l’affidabilità delle prestazioni di prodotti e sistemi, nonché verso la sostenibilità economica e ambientale degli interventi architettonici, i ma-
ARCHITETTURA / CAMPONOVO ARCHITETTI & ASSOCIATI
Con questo premio si è voluto premiare un approccio all’architettura e un modo di lavorare che portate avanti fin dalla costituzione del vostro Studio… «Questo premio – conclude l’Arch. Camponovo è un riconoscimento al lavoro di tutto lo Studio che proprio in questi anni sta gradualmente operando un ricambio generazionale con il passaggio della responsabilità a mia figlia Guya, che già da anni si occupa di progettazione e segue personalmente anche l'attività di cantiere, coadiuvata in particolare dagli architetti Paolo Pianca ed Henrique Meili. Con lo specifico apporto di Françoise Camponovo-Gimmel lo Studio completa il team ampliando le competenze nell’ambito di una rispettosa concezione progettuale nel campo di realizzazioni biocompatibili». teriali utilizzati possono contribuire alla realizzazione di soluzioni più efficienti in termini di risparmio energetico e di durata nell’intero ciclo di vita. Oggi, in particolare, la scelta dei materiali e la tecnologia disponibile rappresentano una condizione imprescindibile per assicurare le migliori condizioni di benessere». «L'ambiente in cui viviamo e lavoriamo – aggiunge Françoise Camponovo-Gimmel – riveste un ruolo decisivo nel determinare il grado di salute, rendimento e performance del nostro "sistema corpo". È infatti scientificamente accertato che le emissioni dovute ad elettrodotti, antenne, ponti radio, radar, elettrodomestici, interagiscono e disturbano i processi biologici e, più in generale, le apparecchiature elettriche e elettroniche, gli impianti elettrici e tutti i conduttori di corrente generano nello spazio circostante campi elettrici ed elettromagnetici conosciuti come elettrosmog. Una progettazione architettonica attenta al benessere globale dell'uomo non può dunque fare a meno se non eliminare comunque ridurre drasticamente tutti i campi elettromagnetici
ad alta e bassa frequenza, le interferenze da elettrosmog, la Dirty Electricity, il body voltage. Importante sono anche tutti i disturbi geopatici del luogo non biocompatibili laddove si riscontrano. Ancora una volta si tratta di scegliere di ricercare un'architettura davvero al servizio dell'uomo».
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ARCHITETTURA / ELENA BUSATO
CIÒ CHE È BELLO È ANCHE FUNZIONALE 01
ARCHITETTO, STILISTA, CREATIVA PER VOCAZIONE, ELENA BUSATO SI DEDICA ALL’INTERIOR DESIGN REALIZZANDO CASE, NEGOZI, SPAZI COMMERCIALI E LOCALI PUBBLICI CHE BEN INTERPRETANO LE ESIGENZE DELLA COMMITTENZA MA CHE RIFLETTONO SEMPRE ANCHE LA SUA FORTE PERSONALITÀ E UN’INESAURIBILE VENA ARTISTICA.
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ome nasce questa sua vocazione per l’architettura d’interni? «Mi piace pensare di essere in un certo senso figlia d’arte in quanto discendente da un padre costruttore e da una madre artista. Nel tempo poi, oltre agli studi dedicati a questa specifica materia, ho maturato una rilevante esperienza dedicandomi alla creazione dell’immagine e all’arredo di punti vendita per clienti importanti (primo fra tutti Blumarine), spazi commerciali e pubblici (un ristorante a Bucarest è stato pubblicato su Vogue, Elle Decor, Harper Bazar), ville, case e giardini, in Ticino, in Italia e in altri Paesi europei. Tutte esperienze che mi hanno dato modo di mettere a punto un mio stile fatto di sobrietà, eleganza, luce e colore, senza dimenticare mai quel tocco di eccentricità che è un po’ la firma del mio lavoro e della mia personalità».
Quali sono gli aspetti del suo lavoro che i suoi clienti apprezzano particolarmente? «Bisogna distinguere tra l’architettura d’interni destinata a spazi privati e quella rivolta a struttura pubbliche o commerciali. Nel primo caso è importantissima la capacità di ascoltare e immedesimarsi nei desideri, nelle aspirazioni, nello stile di vita e nel modo di abitare del committente. È lui che poi dovrà muoversi all’interno di quegli spazi ed è dunque necessario che tutti gli elementi concorrano a creare un contesto equilibrato e armonico, dove anche un elemento dissonante può avere una ragion d’essere per accentuare il carattere e lo stile di un arredamento. Creare una casa è un lavoro molto delicato, che richiede pazienza e anche doti di psicologia, ma dove poi si crea spesso un rapporto di empatia o addirittura di autentica amicizia destinato a durare anche oltre la conclusione della mia consulenza». E per quanto riguarda invece le altre tipologie di spazi da arredare… «Oggi chi consuma, qualunque sia la merce che sta acquistando (un prodotto, un servizio, un cibo) chiede innanzitutto di vivere un’esperienza e dunque è necessario, fin dalla scelta dell’arredo creare qualcosa che sappia creare un’emozione. In questo modo si apre il campo alla fantasia e alla sperimentazione, nella scelta e nell’uso dei materiali, delle luci, dei colori, della musica e dei suoni e perché no anche degli effetti speciali. Spesso questi lavori devono poi essere portati a termine in tempi brevissimi, la velocità diventa una condizione imprescindibile e allora ogni giornata è tutta un susseguirsi di scariche di adrenalina».
ARCHITETTURA / ELENA BUSATO 03
Che evoluzione prevede per l’interior design? «Il futuro a cui stiamo già lavorando riguarda la realizzazione di render 3D e virtual tour 360. Partendo da semplici elementi forniti dal cliente come piantine catastali, foto, schizzi etc. siamo ormai in grado di sviluppare ogni tipo di rappresentazione digitale. Tutti questi strumenti risultano fondamentali per la comprensione e promozione di qualsiasi tipo di progetto. Già oggi esistono straordinarie potenzialità per leggere un progetto, valorizzarne le qualità artistiche e architettoniche e utilizzare al meglio materiali, luci, texture per raggiungere un risultato finale fotorealistico, che saprà emozionare e convincere anche il cliente più esigente».
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tegra con il verde circostante, il blocco cucina iper tecnologico si integra perfettamente con l’ambiente. Contemporaneamente ho ultimato lo studio di un concept per un locale pubblico in prossima apertura a Flims. Alla base dei miei lavori c’è sempre una continua ricerca del prodotto che viene di volta in volta usato per esprimere eleganza piuttosto che seguire le tendenze della moda e ritengo che il risultato finale debba catturare sempre la bellezza e l’emozione della contemporaneità che potrà accompagnare a lungo e senza mai stancare l’utilizzatore di questi progetti».
01 Giardino a Morcote 02 Appartamento a Montagnola 03 Abitazione a Montagnola 04 – 05 Locale commerciale a Flims
ARCH. ELENA BUSATO Via Al Forte n. 2 CH-6900 Lugano info@ebarchitettura.com www.ebarchitettura.com
Possiamo chiudere citando un recente lavoro cui si sente particolarmente legata? «Ho appena concluso il divertente progetto di un giardino di charme a Morcote per l’associazione SinFour. È uno spazio dove realizzare eventi ed occasioni speciali. Un’atmosfera leggera, elegante, rilassante ed accattivante dove trovarsi con amici per incontri conviviali, dove poter conversare ed organizzare aperitivi o una particolare cena a tema. Nel giardino si tengono corsi di Yoga, di cucina ed anche di ceramica. Una superficie ridotta ma con un equilibrio molto ricercato tra elementi d’arredo e materiali utilizzati. Gli stessi sono realizzati con una struttura molto leggera che ben si in05 TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING SA
EDIFICI DI PREGIO IN TICINO E NEL MONDO 01
UELI SCHNORF E PHILIPP PETER, TITOLARI DI WETAG CONSULTING RACCONTANO COME IL CONCETTO DI LUSSO NELL’ABITARE ABBIA UNA VALENZA CHE VARIA NELLE DIVERSE PARTI DEL MONDO E COME SIA INDISPENSABILE CONOSCERE TUTTE LE SPECIFICHE ESIGENZE DI UNA CLIENTELA INTERNAZIONALE.
Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
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etag Consulting è membro dei più prestigiosi network internazionali di immobili di lusso, operanti in tutto il mondo. Quali sono i vantaggi che ne derivano per i vostri clienti? «La partecipazione a network internazionali, che noi rappresentiamo in modo esclusivo in Ticino, come Christie ‹s International Real Estate, non può essere acquistata, ma avviene “solo su invito”. E questi network, naturalmente, cercano di trovare i migliori rappresentanti locali. Spero quindi che il cliente goda di una certa garanzia e che gli affiliati offrano una qualità del servizio in grado di soddisfare i più elevati standard internazionali. Tutto ciò riguarda la visibilità, la credibilità, oltre naturalmente alla possibilità di disporre di un panel di clienti internazionali altamente qualificati e selezionati. Così, per esempio, grazie alla nostra affiliazione a Christie’s, possiamo accedere ad una selezione di nomi di potenziali clienti presenti in tutto il mondo ed effettivamente in grado di effettuare l’acquisto di un immobile di lusso».
Cosa significa esattamente entrare in relazione con una clientela internazionale? «Una buona qualità del servizio offerto inizia con la comprensione. Non a caso nella nostra società tutti i collaboratori parlano almeno 4 lingue. Occorre infatti capire bene ciò che il cliente vuole, essendo consapevoli del fatto che se in Arabia Saudita un potenziale acquirente cerca una villa di lusso, ha un significato profondamente diverso da un cliente proveniente dalla Svezia. Dunque, dobbiamo essere in grado di spiegare se e come il suo desiderio è realizzabile (permessi di soggiorno, residenza, possibilità di costruzione, ecc.) e che cosa significherà da un punto di vista finanziario (tasse, costi accessori, possibilità di finanziamento, ecc.). Insomma, mostrare immagini e planimetrie di belle case non è assolutamente sufficiente». Come si fa a comprendere le differenze nei desideri e nelle aspirazioni di clienti provenienti da Paesi cosi diversi e lontani? «C’è solo un modo: si deve avere un‘assoluta familiarità con i luoghi in cui questi clienti vivono e dove hanno residenze secondarie, e sapere come le proprietà di lusso sono intese nei diversi Paesi. Ciò significa viaggiare in tutto il mondo e restare sempre aggiornati sulle ultime novità e tendenze di marketing nel mercato delle proprietà di alto livello; partecipiamo poi a congressi annuali, riunioni e workshop organizzati dalle organizzazioni e cui siamo affiliati. Grazie al nostro impegno, abbiamo ottenuto un flusso costante di clienti (tra il 60% e il 75%) proveniente da più di 70 nazioni diverse, che ci permette di vendere alcune delle abitazioni più importanti del Ticino».
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grandi attici all’interno di nuovi grattacieli di vetro e piscine overflow. Nel terzo mondo e nei paesi emergenti la grandiosità dei nuovi progetti di costruzione è impressionante: nei Caraibi immensi terreni sono stati liberati dalla foresta primordiale per le numerose ville da erigere. In Marocco abbiamo visto un intero quartiere della città vecchia di Marrakech trasformato in una villa con una piscina coperta e un giardino pensile di 1000 m2. Infine, ma le citazioni potrebbero continuare a lungo, sono sempre stupefacenti le ville in Estremo Oriente (Thailandia, Bali) con una manipolazione ingegnosa di spazi interni/ esterni e l’uso di materiali naturali come legno, bambù, pietra: non c’è da stupirsi come questi Paesi abbiano influenzato l’architettura e la decorazione di ville e alberghi in tutto il mondo».
Possiamo vedere che forme assume l’idea di immobili di lusso in Europa e nel mondo? «Faccio alcuni esempi di proprietà che ho visitato ultimamente, in località dove il lusso è un concetto importante: Barcellona, ma anche Lisbona, offrono un grande numero di edifici storici raffinati e ben ristrutturati. Lo stesso discorso vale per Parigi, dove le storie di famosi proprietari come politici, star del cinema, o altri personaggi pubblici accrescono il fascino di una proprietà, soprattutto se permangono tracce personali di questi precedenti abitanti. Nel panorama francese Bordeaux è poi la città che si segnala per la quantità e anche la dimensione dei castelli storici disponibili con le loro tenute agricole, spesso a prezzi incredibilmente bassi. In una Londra estremamente costosa, gli appartamenti più prestigiosi possono essere trovati in grandi edifici storici come ex-ambasciate, ex-ministeri, edifici dove le facciate sono state conservati, ma poi all’interno tutto è stato ricostruito ed è un trionfo di modernità e tecnologia».
Infine, quali sono le principali caratteristiche delle residenze di lusso in Ticino? «Innanzitutto una bella posizione e la privacy, cioè la possibilità di trascorrere una vita riservata e tranquilla senza intrusione da parte di occhi indiscreti. Quindi non va sottovalutata una buona accessibilità, in termini di facilità di collegamenti generali esterni (strade, autostrade, ferrovie, aeroporti), ma anche di raccordo tra la proprietà e la rete viaria locale. Da ultimo, riscuotono un interesse sempre maggio-
E per quanto riguarda l’America? «Negli Stati Uniti il concetto di lusso è declinato nei modi più diversi. Hollywood è la Mecca dei più ricchi: le grandi ville costruite tra il 1900 e il 1940 hanno magnifici giardini nello stile delle ville rinascimentali italiane o del modernismo spagnolo, ridicolizzati da noi europei come “kitsch” o come “imitazioni”. D’altra parte, il serbatoio di sontuosi edifici Art Nouveau e Art Deco è abbastanza stupefacente e troppo poco apprezzato, anche se a New York l‘appartamento più costoso che mi è capitato di visitare era all‘interno di un grattacielo Art Deco. con una grande sala da ballo storica al centro. In Florida, Miami è molto seducente, con 04
re le residenze che possono essere definite “moderne”, cioè fornite di impiantistica e di dotazioni tecnologiche in linea con quelle che sono ormai le esigenze del vivere contemporaneo. Last but not least: anche le proprietà più lussuose del Ticino sono più modeste rispetto a proprietà ultra-lussuose situate all’estero. Grandi terreni qui non ce ne sono, le leggi di costruzione sono restrittivi e la necessità di mostrare la ricchezza è minima».
Riva Antonio Caccia 3, CH-6900 Lugano Via della Pace 1 a, CH-6601 Locarno Via Beato Berno 10, CH-6612 Ascona www.wetag.ch www.journal.wetag.ch info@wetag.ch +41 (0) 91 601 04 40
01 Paradiso, Lago di Lugano – REF. 88538 Lussuoso attico-duplex a Paradiso con magnifica vista sul Lago di Lugano 02 Magliaso, Lago di Lugano – REF. 88560 Villa di prestigio direttamente sul Lago di Lugano 03 Aldesago, Lago di Lugano – REF. 88546 Lussuoso attico duplex con magnifica vista sul Lago di Lugano 04 Cureglia, Lago di Lugano – REF. 88567 Moderna villa in zona residenziale vicina a Lugano
ARCHITETTURA / MG IMMOBILIARE
IL LUSSO TROVA CASA GIOVANNI MASTRODDI E IL SUO TEAM METTONO AL SERVIZIO DEI CLIENTI UNA COMPETENZA LUNGA 25 ANNI, TROVANDO GLI IMMOBILI PIÙ ESCLUSIVI AL GIUSTO PREZZO E FORNENDO UN SERVIZIO COMPLETO CHE REGALA LA GARANZIA DI UN’IMPAGABILE SERENITÀ.
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primi nove mesi del 2018 sono stati per tutto il settore un periodo di cambiamento, eppure per l’immobiliare di via Pessina le soddisfazioni non sono mancate e la domanda è rimasta molto alta. È pure vero che è decisamente aumentata l’offerta, il che ha portato i clienti a operare una profonda selezione «e qui – spiega il titolare - mi permetto di dire che si è manifestata la nostra professionalità, perché con MG gli acquirenti possono stare tranquilli: le abitazioni che proponiamo arrivano da un’attenta e seria selezione. Questo nostro sforzo è stato compreso dai clienti che ci hanno ripagato regalandoci un anno ricco di trattative andate a buon fine».
In questi ultimi anni tutto il settore del lusso ha subito forti cambiamenti, che hanno obbligato gli operatori a fare i conti con una nuova clientela, più consapevole e attenta al valore oggettivo delle proposte. «Non è del tutto corretto asserire che il lusso ha subito una flessione, come spesso si sente dire, in realtà la domanda continua a esserci, ma oltre a tener conto di alcune caratteristiche fondamentali (la location, l’esclusività, l’emozione che suscita, il senso di “nuovo”, l’ecosostenibilità…), il mercato deve anche fare i conti con i nuovi acquirenti più consapevoli e non “paperoni” dalla spesa facile. Non essere caduti in questo diffuso errore, ci ha permesso di rimanere saldi sul mercato. Oltre a fornire un servizio a 360°, dalla consulenza iniziale sino all’atto notarile, noi offriamo il 100% delle garanzie sugli immobili che proponiamo. In questo modo,
01 Lugano paradiso - REF. 1308 Luminoso Appartamento 5,5 loc. zona centrale, grande occasione! CHF 1’000’000.Mq 200 Locali 5.5 02 Montagnola - REF. 1207 Favolosa Villa con incantevole vista, piscina, ampio giardino e molta privacy. CHF 3’850’000.Mq 370 Terreno mq 1’325 01
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non soltanto riusciamo a dare una serenità totale all’acquirente, ma anche ad avere tutti gli strumenti per valutare in modo realistico l’immobile, così da proporlo ad un prezzo giusto. In più, la credibilità che abbiamo acquisito presso i nostri venditori ci permette di dare loro forti suggerimenti riguardo al valore reale della proprietà. Anche le abitazioni che vi mostriamo in queste pagine, 5 fra le più belle che proponiamo in questo momento, sono in vendita a prezzi assolutamente appetibili». Partiamo allora da una villa d’autore di 600 mq, sulla prima collina di Lugano con vista mozzafiato sul lago, lift, Spa e piscina interna, giardino di 3.750 mq e 6 posti auto, a poco più di 5 milioni. Immersa nel verde di Montagnola MG Immobiliare propone poi una favolosa villa di 370 mq, con un’incantevole vista lago, piscina
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MG FIDUCIARIA IMMOBILIARE SAGL Via Pessina 9 CH-6900 Lugano +41 (0)91 921 42 58 info@mgimmobiliare.ch www.mgimmobiliare.ch esterna e giardino di 1.325 mq, «con un prezzo davvero onesto – sottolinea Mastroddi – che si assesta a CHF 3.850.000». «In questo momento, per chi preferisce stare in città, abbiamo un attico unico, nella centralissima via Nassa con vista lago emozionante, di 340 mq, diviso in 4,5 locali, con un magnifico ampio terrazzo e spa privata, che secondo me è ora la proprietà più bella e accattivante che ci sia sul mercato di Lugano». Sempre in centro, un appartamento luminosissimo di 153 mq divisi in 3,5 locali, con vista lago e golfo di Lugano, in edificio di alto profilo, venduto a CHF 2.600.000.E perché non chiudere con una favolosa occasione? Un appartamento molto luminoso e comodo a Paradiso, di 200 mq con 5,5 ampi locali, a soli CHF 1.000.000.
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03 Lugano centralissimo - REF. 1288 Esclusivo e prestigioso ATTICO strepitosa terrazza fronte lago di Lugano. Mq 340 CHF Prezzo su richiesta
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04 Lugano prima collina - REF. 1322 Splendida Villa d’autore, super vista lago di Lugano! SPA, zona relax e 6 posti auto. Mq 600 Terreno mq 3.500 05 Lugano centro - REF. 1324 Appartamento con favolosa vista lago e golfo di Lugano, In residenza di alto standing. Mq 153 Locali 3.5
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PROPOSTE DI PRESTIGIO AD UN GIUSTO PREZZO 01
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EZIO CATUCCI, DIRETTORE GENERALE DI DIMENSIONE IMMOBILIARE PRESENTA DUE SOLUZIONI ABITATIVE CHE SICURAMENTE SI DISTINGUONO NEL PANORAMA IMMOBILIARE LUGANESE PER POSIZIONE, QUALITÀ EDILIZIA E CONVENIENZA.
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bitare immersi nel verde costituisce una richiesta sempre più pressante da parte di chi sceglie di acquistare casa a Lugano… «Direi proprio di sì. In quest’ottica, nel Comune di Collina d’Oro, in via Nagra 14, sul versante ovest della collina che si affaccia sul golfo di Agno e che gode di una buona insolazione per tutto l’arco dell’anno, abbiamo scelto di realizzare la nuova residenza denominata “Residenza High Line” (02 ; 04). Il complesso è composto da 3 stabili collegati tra loro da comodi percorsi pedonali. Completamente immersi nel verde, in posizione molto tranquilla e appartata ma a poca distanza dal centro comunale di Montagnola, i tre edifici dialogano armoniosamente con il contesto, seguono l’andamento naturale del terreno e si inseriscono perfettamente nel paesaggio. Inoltre, la scelta di rendere fruibile parte del tetto dei tre edifici per i rispettivi appartamenti all’ultimo piano (attrezzandolo
con terrazza/solarium e predisposizione vasca idromassaggio) si riflette perfettamente nell’arricchimento con vegetazione di parte della copertura e trasforma il tetto in un giardino che valorizza e nobilita ulteriormente l’intera residenza. E, ancora, il rivestimento verticale in legno delle facciate e il suo abbinamento con il verde dei tetti richiama l’aspetto del bosco circostante, facendo in modo che gli stabili si inseriscano nel territorio in modo rispettoso ed elegante». Quali sono le principali caratteristiche di questi appartamenti? «I tre edifici ospitano un totale di 9 appartamenti di dimensioni e tagli variabili: i piccoli da 3 ½ locali, e i più grandi da 5 ½ locali. Esternamente sono collegati tra loro dalla piazza esterna a livello 0, al di sotto della quale si trova l’autorimessa, che funge anche da collegamento coperto sia per le residenze che per il centro Fitness-SPA. L’accesso veicolare ga-
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rantisce la discesa all’autorimessa interrata (livello -1) che dispone di 24 posti auto coperti e di posteggi per moto e biciclette. Lungo il confine est è prevista la formazione di 2 posti auto scoperti». Anche a Pregassona avete una proposta che riscuote un sicuro interesse... «La “Residenza Conca dei Castagni” (01 ; 03) sorge ad un km soltanto dal centro della città, in una zona residenziale tranquilla e di pregio, con una vista privilegiata sul lago e sull’intera città. Il carattere architettonico che connota la residenza è deciso e innovativo, pur restando perfettamente integrato con il territorio in cui si inserisce. Il complesso residenziale risulta infatti adagiato sulla pendenza del terreno in modo naturale e delicato, regalando una piacevole privacy. Il complesso è costituito da 6 ampi e lussuosi appartamenti, quattro collocati ai piani terra e primo, uno al secondo e uno al terzo. Le metrature sono diverse, ma tutti di-
spongono di ampi locali, grandi vetrate, cucine a vista, finiture di pregio». Questa residenza gode anche di tutta una serie di ulteriori servizi… «Al piano primo della residenza è collocata l’autorimessa interrata ad uso di tutti gli appartamenti collocati ai piani terra, primo secondo e terzo piano. L’autorimessa dispone di 9 posti auto totali che sono stati assegnati alle residenze. L’accesso all’autorimessa avviene tramite rampa carrabile dal piazzale esterno al piano secondo che affaccia direttamente su strada cantonale. Al piano terra della residenza è collocata un’area che raccoglie tutti gli spazi di servizio. Oltre ad essere presenti i locali tecnici, uno dei quali ospita la centrale termica centralizzata per tutti gli appartamenti, sono presenti un ampio locale ad uso comune e le cantine».
SEDE SOTTOCENERI Viale C. Maderno 9 CH-6900 Lugano +41 (0)91 922 74 00 SEDE SOPRACENERI Via Bellinzona 1 CH-6512 Giubiasco +41 (0)91 857 19 07 04
ARCHITETTURA / ARTPROJEKT
INVESTIRE IN UN PARADISO TROPICALE
MONICA LO RISO, FONDATRICE, E MARCELLO GATTO MONTICONE, RESPONSABILE COMMERCIALE DI ARTPROJEKT, SPIEGANO LE GRANDI OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTO A CAPO VERDE E PRESENTANO UN INTERESSANTE PROGETTO IMMOBILIARE DI CUI SONO PROMOTORI ESCLUSIVI IN SVIZZERA.
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rcipelago tropicale situato nell’oceano Atlantico, al largo della costa occidentale dell’Africa e a un’ora appena dalle Canarie, Capo Verde vanta alcune delle spiagge più belle del mondo. Con temperature comprese tra 25 °C e 30 °C per tutto l’anno e acque cristalline, non sorprende che le cifre del turismo siano aumentate del 115% dal 2000. Costituito da dieci isole e cinque isolotti, Capo Verde offre uno stile di vita rilassato e senza stress che lo rende la destinazione perfetta per le vacanze. Grazie all’impeccabile ospitalità e al clima favorevole tutto l’anno, il fiorente turismo di Capo Verde ha favorito alti livelli di domanda di sistemazioni di qualità – superiori all’offerta – creando le condizioni economiche e ambientali perfette per un proficuo investimento immobiliare a Capo Verde.
Quali elementi rendono Capo Verde una destinazione particolarmente interessante per i propri investimenti immobiliari? «Occorre subito dire che la recente e continua prosperità delle isole di Capo Verde è ampiamente legata alla costante crescita del turismo. Tuttavia, a questo si unisce un governo stabile ed eletto democraticamente e una chiara strategia volta a sviluppare le isole in linea con la crescente domanda turistica. In questa prospettiva sono stati fatti importanti interventi di miglioramento e modernizzazione dell’infrastruttura, tra cui il sostegno agli investimenti stranieri e lo sviluppo di strutture per il tempo libero, oltre a un aggiornamento dei servizi, delle telecomunicazioni e dei trasporti. Inoltre, gli sforzi si sono concentrati sull’aumento degli investimenti in progetti sociali e sul miglioramento della qualità della vita degli abitanti delle isole, di pari passo con la disponibilità di nuove opportunità». Possiamo raccontare più nel dettaglio quali sono le principali caratteristiche di questa proposta immobiliare? «Con il marchio Enjoy the Sun ci occupiamo della commercializzazione di
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unità immobiliari costruite sull’isola da parte del gruppo internazionale The Resort Group che già vanta la realizzazione di complessi immobiliarituristici di altissimo livello in varie parti del mondo. Ma chi acquista un’unità abitativa si garantisce anche tutti i servizi assicurati da grandi società turistico-alberghiere come Hilton o Meliá che per 25 anni gestiranno intero complesso. E questa è un’ulteriore importante garanzia per chi vuole compiere un investimento ma riservarsi anche la possibilità di periodi di vacanza godendo di servizi secondo i più elevati standard internazionali». Quali sono i punti di forza di questa nuova proposta immobiliare? «Il Meliá White Sands Hotel & Spa è la struttura turistico-alberghiera in fase di realizzazione da The Resort Group PLC ed è il primo di sei nuovi complessi a Capo Verde, sull’isola di Boa Vista. Il complesso è stato accuratamente suddiviso in aree riservate alle famiglie e aree esclusivamente per adulti, per fare in modo che tutti gli ospiti possano usufruire di servizi di qualità elevata adatti alle loro esigenze personali. Gestito da Meliá Hotels International, il resort offrirà una straordinaria scelta di ottimi ristoranti nonché bar con lounge informali, un sontuoso champagne bar e vivaci locali dal carattere. La zona della spiaggia ospita una serie di eleganti bar con posti a sedere riservati, letti a baldacchino, una lussuosa piscina e bar in vasca. Inoltre, il complesso ospita una YHI Spa® all’insegna del massimo
lusso. Le nostre proposte immobiliari prevedono varie soluzioni a partire da 200.000 CHF circa, con metrature da 35 mq. Complessivamente sono previste 835 unità immobiliari, incluse suites alberghiere su 2 piani e attici, oltre ad una gamma di splendide ville private». A quale tipologia di clienti vi rivolgete? «Sono tre le tipologie di potenziali acquirenti cui guardiamo. La prima comprende privati che intendono diversificare l’investimento del proprio patrimonio, avendo la garanzia di una buona rendita annua e un’ottima ricapitalizzazione. Una seconda fascia comprende società e piccoli fondi che non intendono acquisire gli immobili ma le obbligazioni del gruppo (BBB), dunque un prodotto finanziario puro, con un rendimento netto che può andare dal 6 al 7,5%. Infine, il grosso investitore istituzionale che vuole intervenire in modo massiccio proponendosi come partner del progetto». Quali sono le prossime iniziative con cui intendete promuovere questo progetto immobiliare? «Il prossimo 5 ottobre terremo presso il Teatro per Eventi Metamorphosis a Palazzo Mantegazza di Lugano-Paradiso, un incontro nel corso del quale forniremo varie informazioni relative al territorio, allo stile di vita e ovviamente alle proposte immobiliari in loco. Parleremo di rendimenti finanziari e di investimento a medio e lungo termine. Saranno presenti ospiti di rilievo dei maggiori gruppi alberghieri a
livello mondiale e professionisti del settore immobiliare capoverdiano e svizzero. Interverranno tra gli altri David Dumble e Marco Quaranta (The Resort Group) e Palmiro Noschese (General Manager Italia del Gruppo Meliá). A chi fosse poi interessato all’acquisto e volesse verificare lo stato di avanzamento dei lavori, proponiamo a soli 1200 CHF la possibilità di un soggiorno di una settimana presso il Melià Llana Beach Resort & Spa 5 stelle, con un solo giorno di visita al cantiere e il resto del tempo a completa disposizione per una vacanza di assoluto relax o alla scoperta delle attrattive offerte dalle isole di Capo Verde».
ARTPROJEKT SA Viale S. Salvatore 2 CH-6900 Lugano +41 (0)91 922 06 03 www.artprojekt.ch
PRESENTAZIONE DEL PROGETTO Per partecipare all’evento gratuito del 5 ottobre al Teatro per Eventi Metamorphosis gli interessati possono chiedere la registrazione scrivendo una mail a info@enjoythesun.ch oppure a info@artprojekt.ch
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QUAL È IL VERO VOLTO DEL TICINO DA MOSTRARE AI TURISTI? QUALI SONO LE ESPERIENZE PIÙ BELLE DA VIVERE AL SUD DELLE ALPI? QUESTE LE DOMANDE POSTE DA TICINO TURISMO NELL’AMBITO DEL CONCORSO “#TICINOMOMENTS” LANCIATO LO SCORSO MESE DI MARZO IN COLLABORAZIONE CON L’AZIENDA LATI SA.
ARRIVANO I “TICINOMOMENTS”, GLI AMBASCIATORI TURISTICI TICINESI
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l successo dell’iniziativa ha superato le aspettative: sono state circa 500 le fotografie spedite dai ticinesi tramite la piattaforma ticino.ch/win che in sette settimane ha avuto oltre 2’000 visualizzazioni. La particolare e inedita azione di marketing, ricordiamo, è coincisa con il lancio della nuova immagine visiva di Ticino Turismo. Il Cantone viene visto come un insieme di luoghi segreti e piccoli momenti autentici che sono gli stessi abitanti del luogo a rivelare ai turisti. Negli scorsi mesi su 200.000 prodotti LATI è stato applicato un
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adesivo che, oltre a dare la possibilità di sperimentare la realtà aumentata scaricando un’applicazione dal proprio smartphone, chiedeva ai ticinesi di suggerire ai potenziali turisti possibili esperienze da vivere nel nostro Cantone. Il concorso, con un montepremi di 5.000 CHF, si è concluso a fine maggio con la scelta di quattro attività o “consigli”, uno per ogni regione. Nel corso dell’estate verranno creati tutti i contenuti necessari – foto, video e testi - per poter promuovere queste attività in chiave turistica. «Lo scopo di questa prima fase del concor-
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so era proprio quello di coinvolgere i “locali” per mostrare ai visitatori il volto più autentico del nostro territorio - commenta Elia Frapolli, direttore di Ticino Turismo -. L’obiettivo è stato raggiunto: il 90% dei partecipanti è rappresentato da ticinesi che sono stati, in questo modo, promossi al ruolo di veri e propri ambasciatori turistici. Altre iniziative volte a coinvolgere maggiormente la popolazione locale nella promozione turistica seguiranno nel corso dell’estate».
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IL TURISMO CRESCE A TAVOLA
L’ENTE TURISTICO DEL LUGANESE (LUGANO REGION) HA DI RECENTE CENTRATO L’ATTENZIONE SUL TURISMO DI MATRICE ENOGASTRONOMICA, CONSAPEVOLE CHE L’ASPETTO CULINARIO RIVESTE UN’IMPORTANZA SEMPRE PIÙ DETERMINANTE NELLA SCELTA DELLA LOCATION DOVE SOGGIORNARE. PER TALE MOTIVO, LUGANO REGION STA LAVORANDO ALLA DIVERSIFICAZIONE DEL PANORAMA TURISTICO-GASTRONOMICO, MEDIANTE INIZIATIVE IN GRADO DI COPRIRE L’INTERO SPETTRO DEI DESIDERI DEI VISITATORI. NE PARLIAMO CON ALESSANDRO STELLA, DIRETTORE DELL’ENTE TURISTICO DEL LUGANESE.
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ià nel 1787, il grande scrittore tedesco Wolfgang Goethe, durante il suo celebre viaggio in Italia di cui tenne un diario, si soffermò nella descrizione di cibi e usanze culinarie, dimostrando un interesse particolare verso i maccheroni (all’epoca peraltro considerati disgustosi dagli stranieri): da che mondo è mondo, qualsiasi esperienza di viaggio risulta indissolubilmente legata alla cucina del luogo, tant’è vero che le prime guide turistiche orientate alla promozione del paesaggio attraverso i sapori del luogo nacquero attorno alla metà del Cinquecento.
TURISMO / LUGANO REGION
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erché questa scelta di puntare sul cibo? «Credo che valga la pena inquadrare la questione enogastronomia partendo da una prospettiva allargata, per poi avvicinarci progressivamente alla nostra realtà. La World Tourism Organization UNWTO nel 2017 ha asserito che a livello globale la gastronomia si situa al terzo posto nella classifica delle ragioni principali che portano il turista a visitare una regione, dopo la cultura e il paesaggio. Addentrandoci sul suolo nazionale, prendiamo nota dei dati raccolti dal Tourismus Monitor Schweiz 2017 di Svizzera Turismo, che testimoniano ancora una volta l’importanza della gastronomia specialmente nell’attirare in Ticino il turista svizzero-tedesco (che rappresenta il nostro cliente maggiore), mentre il rapporto “Il Ticino turistico”, stilato nel 2017 dall’Osservatorio del turismo dell’USI, riporta che il nostro Ente turistico, assieme a quello del Locarnese, presenta un’offerta “Benessere & gusto” leggermente superiore alla media cantonale, situandosi così davanti alle altre regioni ticinesi. L’enogastronomia è un punto forte della nostra destinazione; ciò nonostante, resta ancora parecchio da fare».
sendo limitata alla promozione di singoli eventi. Perciò nel 2017 Lugano Region ha deciso di passare all’azione, avviando un progetto in collaborazione con GastroLugano, volto a sviluppare dei percorsi enogastronomici. Sono quindi stati coinvolti ristoratori e produttori situati lungo i sentieri mantenuti dall’Ente Turistico del Luganese, che in totale si snodano lungo una rete di ben 700 chilometri. L’analisi è sfociata nella messa in rete di vari operatori del settore e nel disegno di 4 escursioni guidate a data fissa, ciascuna focalizzata su un tema gastronomico: lungo l’arco del 2018, anno in cui Lugano è inoltre stata nominata capitale svizzera dell’enogastronomia, sul piatto abbiamo quindi la “Malcantone & Wine” e la “The Charm of The Peninsula”, già svolte, e la “Chestnut Day” ad Arosio e la “Walking along the Olive Trail of Gandria”, in programma rispettivamente il 14 e il 20 ottobre. Un poker di gite che sinora ha dato buoni frutti e che verrà riproposto l’anno prossimo. Come corollario abbiamo pure le “Saturday wine cellar visits”, occasioni in cui, di sabato, si va alla scoperta delle cantine vitivinicole del Luganese. La finalità delle passeg-
giate enogastronomiche non è soltanto quella di assaggiare piatti squisiti, ma anche quella di mettere in risalto il territorio. I percorsi sono un vero e proprio mezzo di conoscenza, nel senso che l’escursionista ha modo di apprendere una moltitudine di nozioni relative all’ambiente che sta osservando, nonché alla storia di quei luoghi e dei monumenti o degli edifici importanti che incontra strada facendo». Tutto questo presuppone un’intensa attività di comunicazione e promozione… «Parallelamente al lato pragmatico, Lugano Region si pone quale veicolo promozionale di punta per tutto ciò che riguarda il turismo enogastronomico, pubblicizzando attività organizzate da terzi, iniziative cittadine e altri tipi di esperienze capaci di catturare le tipologie di turisti più disparate. E così, se per il viaggiatore proveniente dalla Svizzera tedesca ad attenderlo ci sarà un giro dei grotti con specialità ticinesi, il visitatore proveniente ad esempio dai Paesi arabi potrà anche trovare la cucina halal. L’offerta non è solamente mirata a sorprendere lo straniero in cerca di specialità nostra-
Come si sta muovendo dunque Lugano Region? «Sino ad un recente passato, la valorizzazione del tessuto enogastronomico luganese appariva a tratti carente, esTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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TURISMO / LUGANO REGION
ne ma si adatta anche alle esigenze e alle abitudini del turista. E non mancano gli spunti originali, come la crociera in battello Cruise & Cook, in cui è il turista stesso a vestire i panni del cuoco per preparare succulente pietanze sotto la guida di uno chef esperto: un’attività che piace molto all’utenza asiatica parimenti allo show cooking, in cui il turista-spettatore assiste in diretta alla preparazione di ricette di alta gamma». Nel programma c’è stato anche uno sbarco a New York… «Partito alla volta di New York City, il 5 e 6 marzo scorsi l’Ente Turistico del Luganese, in collaborazione con Ticino Turismo, Svizzera Turismo e 10 partner del Luganese, per la prima volta ha organizzato un’iniziativa esclusiva dedicata agli operatori del settore e ai media della Grande mela. Una due-giorni in cui sono state illustrate le eccellenze regionali e cantonali, con l’accento sul tema enogastronomico. L’evento ha riscosso grande partecipazione da parte degli operatori e dei media newyorchesi che hanno dato visibilità ai nostri prodotti e hanno promesso di visitare le nostre latitudini. Il progetto lanciato in primavera da Svizzera Turismo e a cui Lugano ha aderito, “Taste my Swiss city”, propone invece un itinerario gastronomico cittadino tracciato da una persona nata e cresciuta in loco, e quindi esperta nel consigliare i posti
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migliori o quelli “segreti”, fuori dalla vista del turista. Centrata su luoghi tutt’altro che nascosti è invece la proposta “Lugano à la carte” nata dalla sinergia di un gruppo di hotel 5 stelle, la quale permetterà alle coppie che soggiornano due notti in uno degli hotel a 5 stelle di Lugano, di poter cenare la prima sera presso l’albergo di accoglienza, e la seconda in uno degli altri 5 stelle luganesi a scelta». Per il prossimo autunno si annuncia un ricco calendario di eventi… «Lugano vanta un ricco palinsesto di eventi legati al cibo che l’Ente Turistico si preoccupa di promuovere e sostenere”. Alle porte ci sono due grosse rassegne cittadine, “Lugano Città del Gusto”, dal 13 al 23 settembre, e la “Festa d’Autunno”, dal 5 al 7 ottobre. Si tratta di appuntamenti di spessore, il primo a caratura nazionale e profilato su ben dieci giorni, il secondo appartenente alla nostra tradizione e praticamente immancabile.
Durante la stagione autunnale, inoltre, in città sono previste le escursioni gastronomiche guidate “Autumn Flavours in Lugano - City Tour”, mentre in dicembre ci saranno le “Christmas is in the air - City tour”, ovvero 4 date per assaporare l’atmosfera natalizia… e i banchetti di Lugano». Informazioni: www.luganoregion.com.
10.30 – 13 settembre Raccolta dell’uva
Emozioni e dolci profumi Settembre 2018 01 – 02.09.2018 Triathlon Locarno Locarno 30.08 – 02.09.2018 PerBacco! Festa della vendemmia Grape harvest festival Bellinzona 11.09 – 21.10.2018 Rassegna Autunno Gastronomico Culinary Autumn weeks Lago Maggiore e Valli 13 – 23.09.2018 Lugano – Città del gusto 2018 Lugano – City of taste 2018 Lugano 16.09.2018 – 06.01.2019 René Magritte. La ligne de vie. Mostra d’arte Art exhibition LAC Lugano 21 – 23.09.2018 Lugano Bike Emotions Gara di ciclismo Cycling race Lugano 28 – 30.09.2018 Sagra del Borgo Grape & harvest festival Mendrisio
29 – 30.09.2018 La Meseda Porte aperte negli agriturismi Agritourism Open Doors Tutto il Ticino
12 – 14.10.2018 Rassegna d’autunno e mercato dei formaggi Autumn festival and cheese market Bellinzona
30.09.2018 Ladies Run Ticino Lugano
13 – 14.10.2018 Ascona - Locarno Run Ascona-Locarno
Ottobre 2018
14.10.2018 Sagra della Castagna Chestnut festival Morbio Inferiore
05 – 07.10.2018 Festa d’autunno Autumn festival Lugano 01.10 – 04.11.2018 Rassegna gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio Culinary Autumn weeks Mendrisiotto 07.10.2018 Giornata dei Castelli Svizzeri Swiss Casltes Day Bellinzona 06.10 e 13.10.2018 Festa delle Castagne & Sagra dell’autunno Chestnut and autumn festival Ascona
19 – 21.10.2018 Sapori e saperi Rassegna agroalimentare Agri-food festival Giubiasco
Novembre 2018 01 – 30.11.2018 Rassegna gastronomica delle zucche Pumpkin festival Valle di Blenio 09 – 11.11.2018 Fiera di San Martino Fiera artigianale con musica, animazione e tipicità Folk festival Mendrisio 16.11 – 09.12.2018 Rassegna del piatto nostrano della Valle di Muggio Gastronomic weeks Valle di Muggio
Il Ticino non sta mai fermo. Cerchi nuove esperienze? Scopri l’autunno su ticino.ch/eventi
17 – 24.11.2018 Castellinaria Festival internazionale del film giovane International youth film festival Bellinzona 22.11.2018 – 06.01.2019 Locarno on Ice Pista di ghiaccio e animazione in Piazza Grande Ice rink and entertainment at Piazza Grande Locarno 22.11.2018 – 06.01.2019 Natale in Piazza Mercatino di Natale e animazioni Christmas markets and entertainment Lugano 23 – 25.11.2018 CHOC – Salone del cioccolato Chocolate fair Lugano
TURISMO / THE VIEW
THE VIEW www.theviewlugano.com events@theviewlugano.ch
DOPO IL SUCCESSO DELLA RASSEGNA PRIMAVERILE CHE HA AVUTO PER PROTAGONISTI ANTONIO GUIDA E ANDREA BERTON, DINING WITH THE STARS RITORNA A LUGANO CON TRE NUOVI APPUNTAMENTI PER UN AUTUNNO TUTTO GOURMAND.
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he View Lugano, con la regia di Martino Crespi Events, sarà la location d’eccezione per tre cene d’autore firmate da Chef 2 stelle Michelin. Ad aprire la rassegna l’11 settembre sarà Andrea Aprea, alla guida del “VUN Andrea Aprea” a Milano, mentre il 15 ottobre sarà la volta di Alberto Faccani del “Magnolia” di Cesenatico (FC) e infine il 26 novembre toccherà a Emanuele Scarello del ristorante “Agli Amici” di Godia (UD) essere ospite della cucina del boutique hotel.
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DINING WITH THE STARS A LUGANO
La cucina dello Chef Andrea Aprea si distingue per una decisa contemporaneità e uno slancio verso il futuro pur mantenendo un piacevole dialogo con la tradizione. I suoi piatti sono il connubio perfetto tra i sapori mutuati dalle sue origini napoletane e le tecniche apprese durante i suoi trascorsi cosmopoliti: sapori fedeli alla cultura gastronomica italiana che incontrano i nostri sensi in modo inatteso. Il fascino degli ambienti di design che si affacciano sul lago Ceresio si unisce ancora una volta ad una proposta gastronomica innovativa e fuori dall’ordinario, volta a consolidare il concept di questa iniziativa che vede la collaborazione di nomi dell’alta cucina con le strutture di Planhotel Hospitality Group, capace di offrire agli ospiti un’esperienza unica e indimenticabile. Dining with the Stars è infatti un’iniziativa che nasce da una filosofia volta a rendere l’esperienza dei propri ospiti
unica e memorabile. Oltre a coinvolgere Chef italiani, l’iniziativa ha interessato nelle scorse edizioni anche gli Star Chef europei di Jeunes Restaurateurs che hanno reso l’evento ancora più originale e stimolante. Come cornice dell’iniziativa il Diamonds Athuruga e Diamonds Thudufushi, che sorgono sulle acque cristalline delle Maldive e il Diamonds Star of the East a Zanzibar. Tre resorts esclusivi che si distinguono per la natura incontaminata che li circonda e la grande attenzione riservata all’ospite e dove la parola d’ordine è personalizzazione del soggiorno per ciascun ospite.
TURISMO / THE VIEW SPA LUGANO
ANCORA UNA VOLTA AI VERTICI DELL’HOTELLERIE SVIZZERA THE VIEW SPA LUGANO, DESTINAZIONE ESCLUSIVA DEDICATA AI CULTORI DEL “BELLO”, METTE A SEGNO UN RISULTATO STRAORDINARIO: PER IL QUARTO ANNO CONSECUTIVO TRIONFA AI WORLD TRAVEL AWARDS CON LO SWITZERLAND’S LEADING DESIGN HOTEL AWARD.
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i tratta, come è noto, di un importante riconoscimento: i World Travel Awards sono nati per premiare e celebrare l’eccellenza in tutti i settori della industry dei viaggi e del turismo a livello internazionale e sono considerati come il simbolo del successo per le realtà che operano nel settore. L’ennesima vittoria conferma l’unicità di questo boutique hotel con vista mozzafiato e dal design raffinato e contemporaneo, che evoca l’ambiente nautico, dando agli ospiti la sensazione di trovarsi all’interno di uno yacht sospeso sul lago. Inoltre THE VIEW SPA, esclusiva oasi di piacere e uno dei fiori all’occhiello della struttura, è stata nominata Luxury Boutique Spa – Country
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Winner – Switzerland ai prestigiosi World Luxury Spa Awards 2018. I World Luxury Awards SPA sono considerati come il simbolo del successo di una Luxury SPA che si è distinta nella propria categoria grazie all’eccellenza del servizio fornito ai propri ospiti, unico criterio di giudizio nell’assegnazione di premi. I parametri di riferimento si misurano in termini di qualità, innovazione e servizio, concetti che THE VIEW
SPA ha dimostrato di aver applicato e di non aver mai perso di vista nell’offrire ai propri clienti quanto di meglio si possa desiderare per rilassarsi e prendersi cura di sé in modo completamente personalizzato, in base alle proprie esigenze e richieste. La conferma ai World Travel Awards e il nuovo riconoscimento per THE VIEW SPA ribadiscono ancora una volta l’eccellenza del luxury design hotel di Planhotel Hospitality Group.
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TURISMO / MELIDE
UN AUTOSILO INTERRATO PER VALORIZZARE LAGO E TERRITORIO LA CURA E LA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO SI ESPRIME IN VARI MODI E IN VARIE FORME. LA VALORIZZAZIONE DELLE RIVE LAGO – NELL’OTTICA CANTONALE E IN PARTICOLARE DEL DIPARTIMENTO DEL TERRITORIO – PUÒ DUNQUE PASSARE ANCHE ATTRAVERSO LA SCELTA DI SOSTENERE PROGETTI VOLTI A MIGLIORARE LA FRUIZIONE PUBBLICA DELLE RIVE DEI LAGHI.
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n questa ottica il Comune di Melide – con il sostegno del DT – ha sviluppato un progetto (curato dallo studio di architettura del paesaggio LAND Suisse, Lugano) di autosilo sotterraneo che potrà ospitare un centinaio di stalli, il tutto a vantaggio del recupero territoriale e paesaggistico, nonché della qualità di vita dei cittadini. Si tratta di un’iniziativa che, come sottolinea il Sindaco Angelo Geninazzi, rientra in una concezione dello spazio pubblico che il Comune sta portando avanti da anni: «La creazione di un grande polmone verde costituito da un lato dalla piazza e dal nucleo di Melide e, dall’altro, dalla zona lago, è una visione che il Comune e i cittadini perseguono da decenni». Su proposta del DT – che ha condiviso i presupposti del progetto – il Consiglio di Stato ha dunque sottoposto al Gran Consiglio la richiesta per un credito di 3 milioni di franchi quale contributo per la sistemazione paesaggistica del comparto a lago attraverso l’interramento dell’attuale parcheggio. Il credito previsto dal Consiglio di Stato è stato in questo senso fondamentale affinché si potesse concretizzare questo “valore aggiun-
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to” – come lo definisce Geninazzi – per i cittadini e per una zona turistica al centro di molteplici manifestazioni ed eventi durante l’anno. Il progetto di sistemazione paesaggistica del comparto a lago prevede infatti il riordino complessivo della piazza comunale che si affaccia sul lago e un miglioramento tangibile di un’area di svago di interesse cantonale. L’intervento contribuirà ad attuare la strategia di valorizzazione delle rive dei laghi ticinesi sostenuta dal direttore del DT Claudio Zali, che ha definito il progetto in questione «un esempio importante e significativo di una tendenza che potrà essere portata avanti anche in futuro in altri contesti». All’interno del DT è attivo un gruppo di lavoro specifico per il tema delle rive laghi; coordinato da Andrea Felicioni, capoufficio del Piano direttore, il gruppo promuove il recupero degli spazi prossimi ai laghi. Felicioni sottolinea come l’area in questione sia particolarmente sensibile, essendo una cerniera tra il vecchio nucleo di Melide e la riva del lago, già valorizzata in questo comparto grazie alla presenza della passeggiata, funzionale e attrattiva, ma che attualmente – con i posteggi in superficie – è anche attraversata da una cesura. E, sebbene non si tratti di uno spazio direttamente connesso con la riva del lago, l’area può fungere da corollario con il centro di Melide. Come precisa il messaggio che è stato presentato dal Consiglio di Stato per la richiesta del credito a favore del progetto di Melide, è la conformazio-
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ne stessa del Cantone Ticino, e in particolare la natura del suo fondovalle caratterizzato da una crescente urbanizzazione, a rendere necessari degli interventi volti al riordino e alla riqualificazione territoriale, al mantenimento degli spazi liberi e in generale alla valorizzazione degli elementi che strutturano il paesaggio urbano ticinese. La Legge cantonale sullo sviluppo territoriale (LST), la Legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT), insieme agli indirizzi del Piano direttore cantonale (PD), sono gli strumenti atti a tutelare il paesaggio, soprattutto attraverso misure volte a integrare gli insediamenti, gli edifici e gli impianti, a tenere libere le rive dei laghi e dei fiumi, ad agevolarne l’accesso pubblico, come pure a conservare i siti naturali e gli spazi ricreativi. I laghi sono infatti una componente imprescindibile del nostro territorio, sia a livello naturalistico sia quale attrattiva paesaggistica; proprio per il loro valore e per il loro contributo vanno preservati e valorizzati al meglio, soprattutto in quelle aree che –
come nel caso di Melide-Pontediga – sono di interesse cantonale. In questo senso anche il Programma d’agglomerato del Luganese di terza generazione (PAL3) vede nel lungolago di Melide un nodo strutturante della cosiddetta “maglia verde” dell’agglomerato e la sua centralità è di tipo naturalistico, funzionale e sociale, in quanto area ricreativa e di svago. In questo senso l’eliminazione degli attuali parcheggi all’aperto avvantaggerà il contesto territoriale ed è dunque stata considerata meritevole di sostegno da parte del DT. L’obiettivo del progetto è quello di creare una grande zona a fruizione pedonale che dalla riva del lago – dove si trova il lido comunale – raggiunga il
campo sportivo e il nucleo storico, eliminando la cesura costituita dal parcheggio pubblico in superficie. Il riordino del comparto prevede la realizzazione di nuovi percorsi ciclabili e pedonali che colleghino il lago e il paese, come pure aree verdi diversificate per arricchire l’area di svago nel suo insieme. È in questo senso che il progetto dialoga in modo efficace con la strategia cantonale volta a migliorare la fruizione delle rive dei laghi, a promuovere il riordino delle infrastrutture e a tutelare e valorizzare il paesaggio lacustre. L’interramento del parcheggio favorisce infatti concretamente la sistemazione complessiva della piazza comunale affacciata sul lago. Ed è
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TURISMO / MELIDE
sempre in un’ottica di valorizzazione territoriale che il DT sta lavorando con il Municipio di Melide per ottimizzare anche la passeggiata tra il lido comunale e la zona “Cantine”. Considerando le “rive lago” da una prospettiva più ampia e complessa di quanto l’espressione potrebbe lasciar presagire, si coglie il valore e la rilevanza di un intervento come quello di Melide. Liberare un’area prossima al lago da un posteggio a cielo aperto significa infatti compiere un gesto verso 05
un miglioramento complessivo del territorio e della sua fruizione. L’importanza di questo gesto è stata sottolineata da Claudio Zali, che nel ringraziare il Comune per aver permesso che si passasse alla fase esecutiva in tempi brevi, ha affermato di accogliere con particolare piacere questo progetto dal momento che è il primo che verrà realizzato.
01 © DT 02–06 © LAND Suisse 07 © Ufficio federale di topografia
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luganocittadelgusto.ch
CITTÀ DEL GUSTO 13-23 SETTEMBRE 2018
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NEWS
Lugano, una destinazione quattro stagioni I Soci dell’Ente Turistico del Luganese si sono riuniti per l’Assembla Ordinaria, accolte dal benvenuto del Presidente Bruno Lepori e dal Direttore Alessandro Stella. Dalle parole di Bruno Lepori è emerso come non sia più solo l’offerta al centro del processo d’acquisto dei turisti in visita nel Luganese, ma la domanda, cioè il consumatore e i suoi bisogni. Questo cambio di prospettiva ha portato a diversi mutamenti e ad una nuova strategia adottata già negli ultimi anni, obbligando la destinazione a competere a livello globale proponendo offerte turistiche ad elevata differenziazione e in grado di destagionalizzare la proposta
turistica. AlpTransit, Ticino Ticket e l’Azione Raiffeisen, sono solo alcuni dei progetti di ampio respiro territoriale citati e in grado di promuovere l’intera regione a livello nazionale ed internazionale, permettendo inoltre di mettere in rete i partner istituzionali e privati del settore. Uno dei progetti più importanti dell’anno, ossia l’ideazione del nuovo brand turistico dell’Ente, vedrà quest’anno una serie di step d’applicazione per poter costruire un sistema articolato, coerente e integrato di comunicazione in grado di veicolare in maniera creativa questa nuova identità attraverso i canali tradizionali e digitali offerti dal web. Alessandro Stella
ha presentato alla platea i risultati a livello operativo della destinazione in termini di pernottamenti e incoming turistico, presentando le attività e i progetti che hanno aiutato a conseguire questi ottimi traguardi. A conclusione dei lavori ha fatto seguito un interessante intervento del prof. Rico Maggi dell’Università della Svizzera Italiana di Lugano, grazie al quale è emersa la natura intrinseca della regione del Luganese come luogo di forte attrazione internazionale non solo in estate ma durante tutto l’anno.
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e numerose offerte lavorative che il settore offre permettono ai giovani di fare esperienza all’estero, di conoscere nuove realtà e culture e di imparare una o più lingue. Rientrando in Svizzera, ci sono buone possibilità di formazione continua a livello federale e in Ticino, ogni 2 anni, vengono diplomati con l’ottenimento di un Attestato Professionale Federale una ventina di responsabili in cucina, nella ristorazione e nel settore alberghiero / economia domestica. Per loro e per tutti gli interessati ai temi di questo settore dalle mille sfaccettature, il Ticino offre numerosi corsi di formazione continua per ottimizzare la propria gestione aziendale, per migliorare alcune pratiche professionali giornaliere o semplicemente per imparare qualcosa di nuovo.
Per stimolare ed accompagnare i soci, GastroTicino quest’anno offre anche corsi gratuiti ed è anche a disposizione per creare percorsi formativi ad hoc per le aziende e i propri dipendenti. Nuovi corsi sono dedicati anche alla personalità degli individui, siano essi gerenti, collaboratori o clienti. Il conoscersi e conoscere l’altro permette un approccio positivo nella comunicazione con un ritorno d’investimento efficace in un mondo che tende ad una comunicazione digitale piuttosto che personale. In questo settore rimane il contatto con le persone perché l’accoglienza è una cultura. Per maggiori informazioni e iscrizioni, il nuovo sito www.gastroformazione.ch sarà online da fine estate. Per un’interazione maggiore con il pubblico, sarà possibile per la formazione ed gli eventi seguire la pagina Facebook di GastroFormazione.
FORMATI OGGI PER MIGLIORARE IL DOMANI Da oltre un secolo GastroTicino s’impegna nel settore della formazione. Perché? Perché la formazione è apprendimento, è cambiamento ma anche un momento di scambio, di nuove idee, di confronto tra colleghi e professionisti del settore, è conoscenza di nuove persone grazie al networking in una realtà territoriale che si presta. Sembra sempre che il tempo sia qualcosa che ci manca, impariamo a gestirlo e a stabilire come obiettivo che il momento per noi è oggi, adesso è il momento di costruire un pezzo di futuro, per progredire nel nostro sapere, per soddisfare una curiosità, un desiderio, per capire le nostre necessità per le quali vorremmo migliorare,
per cambiare una parte di noi stessi grazie anche alla nostra motivazione. La competenza è acquisizione continua e saper fare bene una cosa, non solo da soddisfazione ma ci fa anche risparmiare tempo prezioso. Il fare è il miglior modo per imparare, per cui tutti i nostri corsi di approfondimento si basano sull’apprendimento esperienziale con esercitazioni pratiche legate a nozioni teoriche del settore alberghiero e della ristorazione. I corsi sono accessibili sia ai professionisti che a tutti i potenziali interessati per l’apprendimento e il consolidamento delle conoscenze e competenze.
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TURISMO / ANDERMATT
«DI TUTTE LE REGIONI CHE CONOSCO, È LA PIÙ INTERESSANTE E QUELLA CHE PREFERISCO», DISSE UN TEMPO JOHANN WOLFGANG VON GOETHE, CHE NEL SECOLO XVIII VISITAVA LA REGIONE NEI PRESSI DEL GOTTARDO PER LA TERZA VOLTA.
UNA VALLE PER TUTTE LE STAGIONI
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a Valle di Ursern (Cantone Uri), ai piedi del Passo del Gottardo, fa parte delle alte valli più impressionanti della Svizzera. Andermatt (1444 m di altitudine), il più grande dei tre villaggi della valle, si trova nel cuore dei passi alpini svizzeri e all’incrocio delle strade Nord/Sud e Ovest/Est. La Svizzera è la riserva d’acqua d’Europa e la regione di vacanza di Andermatt si trova proprio al centro di tale riserva. Dal massiccio del Gottardo sgorgano le fonti di Reno, Rodano, Reuss e Ticino, che trasportano il 7% delle acque alpine verso tutti i punti cardinali.
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Le sorgenti sono collegate dal Sentiero delle quattro sorgenti (in tedesco: Vier-Quellen-Weg), che consta di cinque tappe percorribili a piedi. Nei dintorni di Andermatt ben otto passi alpini offrono esperienze entusiasmanti: Furka, Gottardo, Oberalp, Susten, Klausen, Lucomagno, Novena, Grimsel. Un viaggio all’insegna dell’avventura: corse sui passi con autopostale, automobile, motocicletta, bicicletta da corsa, mountain bike, auto d’epoca, Glacier Express, posta alpina, treno a vapore dalla Furka od Oberalp Openair Express. Una natura variegata con innumerevoli laghi alpini, piccoli ghiacciai, imponenti valli laterali e diversi passi attende solo di essere scoperta. La regione di Andermatt si distingue per la varietà culturale e per la sua storia ben documentata. Le tracce della sua movimentata storia sono visibili nell’architettura, nel museo della valle o nella leggendaria gola della Schöllenen con il famoso ponte del diavolo, che anticamente regolava il transito di persone da nord a sud attraverso il Gottardo. Per gli appassionati della ferrovia, Andermatt è il punto di partenza o di so-
sta ideale. Dalla stazione ferroviaria di Göschenen, sulla linea del Gottardo, il treno a cremagliera in forte pendenza della Gola di Schöllenen conduce fino ad Andermatt, dove s’incrocia la trasversale alpina est/ovest della Ferrovia Cervino Gottardo (con il Glacier-Express), direzione Vallese o Grigioni. I nostalgici del tempo passato possono anche scegliere il “Dampfbahn Furka Bergstrecke” della Furka da Realp. Se volete fare un salto all’indietro nel tempo, optate per la diligenza postale trainata da 5 cavalli che attraversa il Passo del Gottardo (è necessario prenotare con un abbondante anticipo). Il museo della valle è fa parte di una delle più belle costruzioni della valle. Ai tempi ebbe funzione di quartier generale del generale russo Suworow. Oggi è invece possibile visitare la casa che offre ai suoi visitatori un arredamento risalente al 1780/1800, esposizioni riguardanti la valle e la sua cultura, turismo, tradizioni militari, Bernhard Russi, economia alpestre, trasporto con animali da soma e la sala ambita a vari prodotti naturali della regione. Nella cantina invece vengono
TURISMO / ANDERMATT
presentate diverse esposizioni. Gole profonde, tonanti cascate e limpidi laghi alpini: d’estate Andermatt e i suoi dintorni sono un paradiso per gli escursionisti, i biker, i pescatori, gli amanti della natura e per chi semplicemente cerca il relax. Gli appassionati di golf trovano a pochi minuti da The Chedi Andermatt un campo da golf da campionato par 72 a 18 buche. Chi nel lancio della pallina cerca solo un po’ di svago lo trova negli altri tre campi da golf nelle immediate vicinanze. Sedrun, Realp e Source du Rhône possiedono infatti ciascuna un campo da golf a 9 buche che insieme al Green di Andermatt formano l’«Alpine Golf». The Chedi Andermatt – SPA and Gourmet hotel che soddisfa tutte le esigenze. Durante il fine settimana, si incontrano gli appassionati di auto d’epoca che nei loro veicoli scintillanti valicano le montagne intorno ad Andermatt. Il 2017-2018 è stato un anno cruciale per Andermatt: la seggiovia Schneehüenerstock-Flyer è stata solo l’ultima delle novità inaugurate quest’anno (un po’ in ritardo a causa delle forti nevicate che hanno rallentato i lavori). A dicembre era stata infatti inaugurata la nuova cabinovia GütschExpress, (porta dalla stazione ferroviaria di Andermatt al comprensorio sciistico Nätschen-Gütsch-Schneehüenerstock), la seggiovia Lutersee-Flyer e la nuova stazione intermedia sul Nätschen con il ristorante per famiglie
«MATTI Familienrestaurant» e il parco giochi per bambini «MATTI KidsArena». Altri 3 ristoranti sulle piste sono stati inaugurati nei mesi scorsi. Per ora il collegamento sci ai piedi Andermatt Sedrun sarà aperto solo in un senso (la pista di collegamento per ora non sarà battuta, quindi sarà solo per sciatori di un certo livello tecnico), ma si potrà, come sempre, tornare ad Andermatt in treno. Il prossimo anno il collegamento sarà effettivo nei due sensi con la realizzazione della cabinovia Schneehüenerstock-Express che avrà la stazione di monte integrata con quella della nuova seggiovia Schneehüenerstock-Flyer. La Schneehüenerstock-Flyer è, come detto, una seggiovia a sei posti dotata di cupole protettive, la portata oraria è di 1600 persone all’ora (che diventeranno 2000), la lunghezza dell’impianto è di oltre 1000 metri e sono impiegati 10 piloni di sostegno. Si potrà così concretizzare fino in fondo il maxi progetto sportivo/edilizio del magnate egiziano Sawiris che punta a far diventare Andermatt una meta del turismo più raffinato e internazionale. Le ski area di Andermatt saranno così collegate sci ai piedi (attual-
mente lo sono già tramite treno). Saranno realizzati 15 nuovi impianti di risalita (di cui 8 sono sostituzioni di seggiovie già esistenti) a creare un comprensorio ampio e vario, adatto a soddisfare realmente ogni tipo di sciatore, dai freerider alle famiglie. Il progetto di ampliamento ha ottenuto dopo 3 anni dalla presentazione ufficiale, l’autorizzazione dell’Ufficio Federale dei trasporti elvetico. Uno dei punti chiavi della valutazione del progetto era l’impatto ambientale di tale intervento, impatto che sarà compensato da vari interventi, quali la rinaturalizzazione di ampie zone e la creazione di aree protette. Nel frattempo ad Andermatt gli interventi edilizi (che sostanzialmente raddoppieranno il paese) sono già in uno stato avanzato e lo scorso dicembre era stato inaugurato un maxi albergo di lusso (il cinque stelle The Chedi) e le prime unità abitative super esclusive di un progetto globale che prevede 490 nuovi appartamenti, sei nuovi alberghi a 4 e 5 stelle e 25 grandi ville.
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TURISMO / THE CHEDI ANDERMATT
QUANDO IL DESIGN E L’ARCHITETTURA SI UNISCONO NEL RISPETTO DELLA TRADIZIONE E DELLA MODERNITÀ
DI PAOLA CHIERICATI SITUATO IN UNA POSIZIONE STRATEGICA FACILMENTE RAGGIUNGIBILE DA ZURIGO, MILANO E MONACO, THE CHEDI ANDERMATT, HOTEL 5 STELLE LUSSO CON ANNESSE DIVERSE TIPOLOGIE DI APPARTAMENTI E CHALET, RIVISITA GLI STANDARD DEL DESIGN E DELL’ACCOGLIENZA AD ALTA QUOTA ED È UN ESEMPIO ECCELLENTE DI COME IL CONCETTO “LUXURY TRAVEL” SIA CAMBIATO ED EVOLUTO NEL TEMPO.
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TURISMO / THE CHEDI ANDERMATT
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orto nel 2013 nello stesso luogo in cui per un secolo ha dominato il Grand Hotel Bellevue, è stato progettato dall’architetto Jean-Michel Gathy, titolare dello studio Denniston International Architects & Planners Ltd, specializzato nel settore dell’ospitalità. Il resort propone, in una piacevole sintesi di tradizione e natura, uno stile alpino chic integrato con elementi ispirati all’Oriente. L’albergo si inserisce con equilibrio nel paesaggio, in un continuo dialogo con la regione che lo ospita, richiamando sia nell’edificio sia nell’arredamento degli interni l’architettura del luogo. I materiali e i colori sono tipicamente locali e il tocco personale dell’architetto trasforma le forme e le linee simmetriche in un ambiente intimo di grande effetto. Come negli chalet di montagna la facciata è
rivestita in legno, mentre le camere e le suite declinano l’eleganza alpina con l’armonia asiatica. Se si osservano i dettagli, si notano i pavimenti di legno scuro, gli imponenti divani e le poltrone in pelle, mentre le sale da bagno hanno una grande vasca e doccia a pioggia. Tra le finestre panoramiche scorre lo splendido paesaggio di Andermatt e i numerosi caminetti in pietra ollare, condivisi tra gli interni delle camere e la terrazza esterna, creano un’atmosfera accogliente in tutta la struttura. La scelta delle riproduzioni a parete dei dipinti di Rubens e i pannelli di legno con le lampade in bronzo incastonate dietro al letto sono davvero singolari e molto scenografiche per gli ospiti del The Chedi Andermatt, che possono scegliere tra 123 camere e suite arredate (da 52 a 330 metri quadrati).
Fiore all’occhiello dell’hotel è "The Spa and Health Club" di 2.400 mq che offre una lounge tibetana per il relax. Sono invece una decina le suite deluxe per trattamenti orientali e alpini con prodotti naturali. Non mancano una piscina esterna a temperatura controllata e una piscina di 35 metri coperta da un tetto di vetro. "The Spa and Health Club" comprende anche saune finlandesi e bio, bagno turco salino e aromatico, vasca idromassaggio, fontane del ghiaccio e una tinozza con estratti di petali di fiore. Nell’Health Club si svolgono corsi di gruppo, tra cui Yoga e Pilates, o sessioni individuali con i personal trainer nell’attrezzata palestra o anche all’aperto, a diretto contatto con la natura. E, ancora, per chi ama gustare un buon sigaro dopo cena, "The Wine and Cigar Library“ dispone di un originale umidificatore, oltre che di un’ottima selezione di vini serviti anche in bicchiere. Il té del pomeriggio, nominato dall’hotel “The Chedi Afternoon Tea”, è servito nella "The Lobby" mentre il vin brûlé e i ponce sono da sorseggiare nella "The Courtyard", un luogo in cui è situato un laghetto, una terrazza e un piccoTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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TURISMO / THE CHEDI ANDERMATT
lo bar. Da qui la vista sul Gemsstock è meravigliosa. Le sue infrastrutture per seminari sono altrettanto interessanti per chi soggiorna ad Andermatt per lavoro: le sale dai soffitti alti in moderno stile alpino garantiscono aria e luce a volontà. Le quattro cucine a vista di “The Restaurant” celebrano rispettivamente la cucina occidentale, asiatica, gli antipasti e i dolci. Sorprende nel contesto alpino “The Japanese Restaurant”, progettato dal famoso Design Studio SPIN, dove autentici cuochi giapponesi preparano prelibatezze della loro cultura gastronomica, accompagnati da sakè o birra del Sol Levante. L’esclusiva torre di vetro "The Wine and Cheese Cellar" con i formaggi è alta cinque metri ed è uno spettacolo per vista e palato. Dalla sua apertura nel 2013 il prestigioso hotel di lusso a 5 stelle ha vinto diversi premi e nel libro del celebre
giornalista e autore Karl Wild “Die 150 besten Hotels der Schweiz” è stato eletto miglior hotel per le vacanze 2018/19. Il direttore dell’hotel Jean-Yves Blatt ha dichiarato con grande orgoglio: «Il nostro successo è insito nello “spirito del Chedi” e si basa sulle emozioni che ogni giorno siamo in grado di far provare ai nostri ospiti». Da una parte
questo spirito nasce dal suo design e stile architettonico unici, dall’altra però contribuiscono anche il servizio eccellente e l’eccezionale ristorazione. «Il merito di questo costante successo va esclusivamente al team del The Chedi Andermatt e quindi dedico i premi a tutti i dipendenti che lavorano qui».
ALTA CUCINA TRA LE NEVI NELLA STAZIONE TURISTICA DI ANDERMATT, L’HOTEL THE CHEDI ANDERMATT OFFRE LA POSSIBILITÀ DI VIVERE STRAORDINARIE ESPERIENZE GASTRONOMICHE. DI GIACOMO NEWLIN
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na volta messo da parte il luogo comune secondo cui Andermatt è il paese dei militari, possiamo scoprire la vera anima di Andermatt. Un’anima segnata da una natura possente e misteriosa in cui si intrecciano leggende e storie vere. Basti pensare che a sud si trova il massiccio del San Gottardo soprannominato il serbatoio d’Europa poiché vi sorgono i fiumi Reuss, Reno, Rodano e Ticino. Un simbolo poi dell’ospitalità della gente del luogo è rappresentato dalla carroz-
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za trainata dai cavalli che ancora oggi, per la gioia dei turisti, compie il tragitto da Andermatt ad Airolo, quando una volta era l’unico mezzo per il trasporto di merci,e uomini da sud a nord. Non per nulla la particolarità del paesaggio è stata decantata anche da Johann Wolfgang Goethe che in uno dei suoi viaggi nelle valli Urane ebbe a scrivere: “Di tutte le regioni che conosco, questa mi è la più cara e la più interessante”. C’è da crederci se più recentemente, parlo del 1964, alcune scene del film “Goldfinger” con
TURISMO / THE CHEDI ANDERMATT
James Bond furono girate in questi luoghi suggestivi. A proposito poi di leggende, dalla parte nord con l’aspra e impressionante gola di Schöllenen, si trova il ponte del diavolo che si dice fu costruito da Satana stesso. Andermatt oggi sta cambiando volto e filosofia turistica grazie alla lungimiranza dell’imprenditore Samih Sawiris che sta rendendo Andermatt una meta attrattiva, che potrà reggere il paragone con le più blasonate mete montane. A proposito di attrattiva, mi soffermo su quella gastronomica offerta dall’Hotel The Chedi Andermatt dove il cliente, nel ristorante principale “The Restaurant” con 15 punti Gault & Millau, viene sedotto da raffinati piatti, sia di cucina europea, sia di cucina asiatica provenienti dalle quattro postazioni di cucina a vista sotto la direzione dello chef Armin Egli, in un ambiente di grande stile. Mentre chi desidera l’esclusività può recarsi nel ristorante giapponese “The Japanese Restaurant”, che oltre ai 16 punti Gault & Millau può fregiarsi di una stella Michelin. Lo chef Dietmar Savyere coadiuvato dai suoi sushi master propone piatti di alta qualità della più autentica e tradizionale cucina giapponese e i più esigenti troveranno sublimi le diverse portate dei moderni menu Kaiseki che possono essere accostate ai migliori saké, scelti da quella che è considerata la lista dei saké
più completa e raffinata della Svizzera. All’hotel The Chedi Andermatt la carta dei vini spazia, non solo tra le migliori produzioni enologiche svizzere e internazionali, ma anche tra quelle più rare e ricercate. Al risveglio, dopo una notte ristoratrice, attende l’ospite una prima colazione, che volendo si può anche definire banchetto, dove tutto è possibile, persino scegliere una tavolozza di formaggi, direttamente dalla “The Wine and Cheese Cellar”, dove fanno bella mostra di sé decine tra le migliori produzioni casearie non solo svizzere.
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TURISMO / LA CUCINA DI GUERINO
COSCE DI RANA, LUMACHE E… DI GIACOMO NEWLIN
INCONTRARE AD ANDERMATT GUERINO COLDESINA E LA SUA CUCINA ONESTA, GUSTOSA E DI TRADIZIONE TICINESE, È STATA UNA RIMPATRIATA TRA AMICI.
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on vedevo Guerino da anni, da quando lasciò il ristorante La Palazzina di Mezzovico e dai tempi quando veniva ospite nelle mie trasmissioni di gastronomia alla RSI. Guerino si è trasferito in quel di Andermatt chiamato dal figlio Francesco che aveva rilevato l’Hotel e ristorante Bären. Oltre a ristoranti rinomati, in questa località urana che sta sviluppandosi e acquistando grande attrattiva
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turistica, c’è Guerino che, per fortuna, non ha cambiato il suo stile di cucina generoso e genuino quindi: cosce di rana, lumache, fegato alla veneziana e tante altre prelibatezze come la selvaggina in stagione, non mancano mai, il tutto ben condito dalla cordialità sua e di sua moglie Giovanna, in un ambiente dall’elegante rusticità montana.
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DI GIACOMO NEWLIN
ERANO I PRIMI ANNI DEL DOPOGUERRA, FINE ANNI ’40, QUANDO LA CASA AUTOMOBILISTICA INGLESE ROVER LANCIÒ SUL MERCATO IL SUO PRIMO VEICOLO A TRAZIONE INTEGRALE LAND ROVER, ADATTO SOPRATTUTTO COME FUORISTRADA PER AFFRONTARE TERRENI ACCIDENTATI.
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L’EVOLUZIONE DI UNA LEGGENDA
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n seguito Land Rover divenne un marchio che nel tempo passò di mano in mano, dalla BMW alla Ford, alla Tata Motors. La grande evoluzione si ebbe però negli anni ’70 quando la Land Rover, che fino ad allora aveva prodotto solo veicoli fuoristrada di utilità, uscì con il primo fuoristrada di lusso ovvero la Range Rover che ebbe un grande successo. Prova ne sono i vari modelli che nel tempo si sono susseguiti fino ad arrivare all’ultimo, la Range Rover Velar, un’auto capace di risvegliare anche lo stato d’animo degli automobilisti più sopiti, grazie alla sua eccezionale spinta e al suo brillante comportamento sia in autostrada, sia nel traffico urbano, sia fuoristrada. La conferma è stata la recente prova effettuata da Lugano ad Andermatt, dove la
piacevolezza della guida, lo spazio ed il comfort, hanno reso il viaggio una parentesi che ricorderò sempre con gioia. Stando alla guida della Range Rover Velar è come ripercorrere una leggenda seduti comodamente in un salotto; ripensi a quel lontano 1948 quando in Inghilterra uscì il primo veicolo che si ispirava alle Jeep utilizzate dagli americani nella Seconda Guerra Mondiale, oppure ai vari Camel Trophy, la competizione forse più dura del mondo affrontata con successo dai modelli Defender, Discovery, Freelander equipaggiati a dovere. Torniamo però alla nostra realtà odierna, ovvero alle nostre strade e allora vieni pervaso da una sensazione di sicurezza, affidabilità e anche potenza che la Range Rover Velar offre nei vari modelli: 4 motori diesel, D 180 cv, D 240 cv,
TURISMO / ANDERMATT
D 275 cv, D 300 cv e 2 motori benzina P 250 cv, P 300 cv, con un cambio automatico a otto marce e con sospensioni pneumatiche che adattano ininterrotamente l’assetto alla guida come pure alla strada. L’affidabilità di un’auto come la Range Rover Velar, con la sua linea piacevolmente aerodinamica, la si percepisce poi anche nei “piccoli” particolari, quando ad esempio il sistema ti indica se hai sufficiente carburante per raggiungere la tua
meta e ti dice anche quali sono i distributori di benzina più vicini, oppure quando ti consiglia i parcheggi nella zona prescelta. Inoltre, se proprio ci si vuole avventurare in terreni da off road, le sospensioni si sollevano, mentre i guadi possono essere affrontati fino a 65 cm. di profondità. Insomma un’auto con le gomme ben piantate su qualsiasi terreno, per una guida di grande soddisfazione e soprattutto di grande sicurezza.
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GASTRONOMIA / HOTEL HASSLER
IL BELLO E IL BUONO DELLA VITA TRACCE SVIZZERE IN ITALIA DI UNA IMPORTANTE TRADIZIONE TURISTICA-GASTRONOMICA CON UNA FORTE ATTENZIONE AL SOCIALE. DI MARTA LENZI REPETTO
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oma, 12 giugno 2018, ore 19. Ancora una volta il cibo è stato utilizzato come strumento importante di comunicazione e ha unito due Paesi testimoni da sempre di un continuo passaggio di uomini e culture: grazie all’Ambasciatore Kessler, che già in occasione di Expo 2015 aveva sottolineato il ruolo importante della Svizzera in un contesto socio-culturale gastronomico, Italia e Svizzera si sono rincontrate all’Hotel Hassler per una nuova iniziativa dell’Ambasciata di Svizzera a favore di una onlus fondata da un albergatore elvetico. Partendo dalle ricette tardomedievali di Maestro Martino, cuoco originario della valle di Blenio che ha trascorso gran parte della sua carriera a Roma presso la corte pontificia, la serata, i cui proventi sono stati devoluti in beneficienza, si è sviluppa tra spezie ed erbe aromatiche, torte salate e primizie, cacao e caffè, tanti sapori e profumi di ieri e di oggi.
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La storia dell’Hassler, che figura oggi tra gli hotel più prestigiosi di tutta Europa, risale alla fine del 1800, quando alcuni pionieri svizzeri parteciparono allo sviluppo del settore alberghiero in Italia. Tutte testimonianze che confermano l’importante tradizione turistica e gastronomica sviluppatasi nel nostro territorio ed esportata in tutto il mondo. Questa storia comincia in un villaggio del canton Grigioni verso la metà del 19esimo secolo, quando Alberto Hassler decide di abbandonare il suo povero lavoro di pastore per recarsi, ancora molto giovane, in cerca di fortuna a Napoli. Nella città partenopea lavora dapprima nel negozio dei Caflisch, famiglia grigionese che, assieme a quelle dei Caviezel e dei Kleinguti, ha lasciato un nome di prestigio nel settore della pasticceria e della gelateria artigianale in Italia. Insieme al genero Francesco Nistelweck, nel 1893 inaugura l’albergo Hassler a Roma che guiderà fino al 1921, quando la sua storia s’incrocerà con la grande dinastia svizzero-bavarese di albergatori Bucher-Wirth, eredi di uno dei pionieri dell’industria alberghiera europea: Franz-Josef Bucher. L’imprenditore, partito dal nulla, inizia la sua carriera nel 1868, aprendo una fabbrica di parquet e legname da costruzione nei pressi di Lucerna. Si cimenta poi come progettista e costruttore di alcuni dei primi impianti di risalita turistici del mondo. Agli inizi del 1870, Bucher acquista e sviluppa la Trittalp, un’area in Svizzera precedentemente remota e inaccessibile. In un
paio di anni, costruisce una serie di prestigiosi alberghi, lanciandosi anche nel settore dei trasporti, sviluppando strade, funicolari, la ferrovia del Bürgenstock, oltre allo spettacolare ascensore dell’Hammetschwand sulla collina del Bürgenstock, ancora oggi il più alto di tutta Europa. A questo incredibile personaggio si devono tra l’altro le funicolari dello Stanserhorn sul Lago dei Quattro Cantoni, quella del Monte San Salvatore a Lugano e la Zecca Righi di Genova. Tuttavia la vera passione di Franz-Josef Bucher erano da sempre gli alberghi e grazie alla sua lungimiranza ben presto aveva capito l’importanza degli hotel nelle grandi città: nel 1873 apre il Grand Hotel Bürgenstock, il primo di una lunga lista di hotel costruiti o rilevati dalla sua società; nel 1899 acquista una parte dell’Hotel “Du Parc” a Lugano che, divenuto totalmente di proprietà pochi anni dopo, nel 1903, a ristrutturazione avvenuta, viene riaperto con il nome di Grand Hotel Palace. E ancora, l’Euler di Basilea, il Palace Hotel di Lucerna, il Palace Hotel di Milano e il Semiramis al Cairo. Nel 1890 Franz-Josef Bucher incarica il genero Heinrich Wirth, nonno dell’attuale proprietario dell’Hassler, di recarsi a Roma per prendere in gestione l’Albergo Minerva e successivamente assumere la direzione dell’Hotel Quirinale, acquistato nel 1894, il primo hotel della capitale con riscaldamento centralizzato, bagni in tutte le camere e ascensori. Wirth, dopo varie esperienze in Europa, nel 1883
GASTRONOMIA / HOTEL HASSLER
aveva iniziato a lavorare presso l’Hotel Méditerranée di Pegli in Liguria intrecciando così il suo destino a quello dei Bucher: nel 1887 sposa Cristina Bucher, figlia di Franz-Josef, conosciuta all’Hotel Mediterranée, dove lavorava. È l’inizio della lunga esperienza alberghiera romana della famiglia Wirth. Per quasi due secoli, infatti, la famiglia Bucher –Wirth ha lasciato il suo segno nel settore dell’ospitalità, gestendo alberghi di prestigio in Italia, in Svizzera e in Egitto. Sotto la direzione di Wirth l’albergo prospera e diviene ben presto uno dei più prestigiosi della città di Roma. Dal matrimonio fra Heinrich Wirth e Cristina Bucher nascono tre figli: Roberto (1888), Elsa (1890) e Oscar (1893). Sarà Oscar, padre di Roberto Wirth, a gestire sin dagli anni venti gli hotel Eden e Hassler a Roma, in qualità di partner di Franz Nistelweck, genero di Alberto Hassler. Nel 1964, la famiglia Wirth rimane unica proprietaria del prestigioso albergo di Trinità dei Monti, lasciando l’Eden agli eredi di Nistelweck. Nel 1925, con il risveglio del turismo europeo e l’arrivo dei primi numeri consistenti di turisti americani, l’Hassler diventa ben presto il leader indiscusso nel settore alberghiero italiano. Nel 1939 Oscar Wirth decide di ricostruire l’albergo per adeguarlo alle nuove esigenze della clientela, ma il progetto di ricostruzione rischia di andare in frantumi durante la seconda guerra mondiale. Per salvarlo, l’albergo viene posto sotto la protezione della Legazione svizzera a Roma. Appena ricostruito, l’edificio viene requisito dalle forze aeree americane, che vi istallano il loro quartiere generale. Riaperto nel 1947, l’Hassler conosce un nuovo periodo di fortuna e acquisisce una fama internazionale rimasta fino ai nostri giorni. Diventa la meta prediletta di famiglie reali, capi di stato e di governo, industriali e personaggi dell’arte e dello spettacolo. Successi che rendono omaggio alla tradizione alberghiera svizzera, esportata con successo a Ro-
ma dalla fine del 19esimo secolo. Nel 1949 Oscar Wirth, durante un viaggio di lavoro a New York, conosce e si innamora di Carmen Bucher, figlia di Otto, bis-nipote di Franz-Josef. Nell’agosto dello stesso anno la coppia si sposa, unendo quindi per la seconda volta in meno di un secolo i destini di due grandi famiglie di albergatori. Dal 2001 le redini dell’hotel si trovano interamente nelle mani di Roberto Wirth, nato a Roma nel 1950. Egli rappresenta la seconda generazione di proprietari dell’Hotel Hassler e la quinta generazione di una famosa dinastia di albergatori svizzeri. Ed eccoci tornare alla serata dello scorso 12 giugno. Essendo nato sordo profondo Roberto Wirth è molto attivo in varie associazioni che migliorano la condizione di vita di chi, come lui, è sordo dalla nascita. Ha creato la Roberto Wirth Fund, poi divenuta CABSS (Centro Assistenza Bambini Sordi e Sordo Ciechi), onlus che offre programmi di intervento precoce ai bambini sordi e sordociechi da 0 a 6 anni, periodo cruciale ai fini di un adeguato sviluppo cognitivo, affettivoemotivo, sociale, comunicativo e linguistico. Il Centro accoglie anche i genitori offrendo supporto nel lavoro di crescita e cura dei propri figli, e insegnando loro metodi e tecniche che consentano di costruire con i piccoli relazioni efficaci. Roberto Wirth è il primo e unico manager sordo profondo dalla nascita che sia riuscito a dirigere un grande hotel di lusso. Una storia avvincente di tenacia, passione e coraggio che l’ha portato alla Cornell University e a laurearsi in Hotel Management, trovando la sua identità. Negli anni americani, la percezione della “differenza” lo ha spinto a un’altra scommessa: insegnare American Sign Language, la lingua dei segni usata negli Stati Uniti, ai gestori di diversi hotel. Poi la direzione di alberghi a Washington, Los Angeles e Honolulu. Infine il ritorno in Italia, la decisione di guidare l’hotel di famiglia, di ac-
quistare le quote del fratello e diventarne proprietario unico. E dal 2004 la nascita del Centro di assistenza per bambini sordi e sordociechi, diretto oggi dalla dottoressa Stefania Fadda (www.cabss.it). Quanto raccontato sembra un film che si è concluso con un lieto fine, ricco di personaggi, incontri e viaggi. E il meraviglioso luogo, in cima a Piazza di Spagna, è realmente un posto da sogno. Ma è una storia vera che continuerà ad avere ancora degli sviluppi importanti. Per festeggiare la serata il menu è stato curato da Francesco Apreda, chef del ristorante Imàgo all’Hotel Hassler di Roma, conosciuto come il “mago delle spezie”: usandole singolarmente o sotto forma di blend, ha saputo dosarle perfettamente dando grande personalità ad ogni interpretazione delle ricette antiche selezionate per la serata. Il percorso di saperi e sapori proposto a tutti gli ospiti dell’Ambasciata di Svizzera e dell’Hotel Hassler, ispirato al libro Menu per orchestra edito dalla CORSI per Expo 2015, si è concluso con una originalissima rivisitazione della famosa ricetta di Auguste Escoffier dedicata alla cantante lirica australiana Nellie Melba in occasione della prima del Lohengrin al Covent Garden di Londra: stessi sapori di una volta con un impatto scenografico unico! Un lavoro artistico che ha necessitato di diversi giorni di impegno per la realizzazione di “pesche d’autore” che hanno lasciato ogni singolo convitato letteralmente a bocca aperta. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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GASTRONOMIA / METAMORPHOSIS
PROFUMO DI MARE È UN CALDO POMERIGGIO ESTIVO…LO CHEF LUCA BELLANCA SIEDE IN RIVA AL LAGO, A LUGANO. È ASSORTO NEI SUOI PENSIERI. STA CREANDO… NUOVE IDEE PER I PIATTI DEL MENÙ ESTIVO. L’ODORE CONCENTRATO DELL’ACQUA DI LAGO GLI PORTA ALLA MENTE IL PROFUMO E IL COLORE DEL PLANCTON. INTUIZIONE. DI SARA BIONDI
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erché non creare un piatto in cui poter abbinare il Plancton a uno dei frutti più belli e pregiati del nostro Mar Mediterraneo, il Gambero Rosso di Mazara? È nato così il piatto “Linguina di Gragnano con Plancton, ROSSO DI MAZARA e profumo di limone”. Un piatto che racconta l’incontro tra lo chef Luca Bellanca e il marchio ROSSO DI MAZARA della Famiglia Giacalone. Una storia d’amore per il mare che attraverso il ROSSO DI MAZARA, segno distintivo di oltre 100 anni di pesca, tramanda un patrimonio unico fatto di passione, talento e di esperienza. “Linguina di Gragnano con Plancton, ROSSO DI MAZARA e profumo di limone” è estate, è profumo di mare…È la sensazione, al palato, di acqua salata. La dolcezza del ROSSO DI MAZARA conquista i sensi. Esplosione di sapori delicati, eleganti, inconfondibili.
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GASTRONOMIA / METAMORPHOSIS
Palazzo Mantegazza Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso +41 (0)91 994 68 68 ristorante@metaworld.ch
LA RICETTA Linguina di Gragnano con Plancton, ROSSO DI MAZARA e profumo di limone Ingredienti per 4 persone 320 gr di linguine di Gragnano 12 gamberi ROSSO DI MAZARA Plancton q.b. 30g di caviale 1 buccia di limone non trattato Fumetto di pesce Olio extravergine d’oliva Leccino Procedimento Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, nel frattempo sbucciare le code di gambero rosso e condirle con sale Maldon e olio extra vergine. In padella mettere il fumetto di pesce, il plancton e aggiustare di sale. Una volta cotta la pasta, scolarla bene e mantecarla in padella. Finire con olio extra vergine d’oliva e la grattugiata di limone. Disporre nei piatti e finire con un cucchiaino di caviale e ROSSO DI MAZARA.
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GASTRONOMIA / DAYTONA DINER
UN PRANZO COL ROMBO… IN QUESTO CASO IL ROMBO NON È IL GENERE DI PESCE CHE CERTAMENTE CI SARÀ CAPITATO DI MANGIARE ALMENO UNA VOLTA, BENSÌ È UN RUMORE, PARDON, UNA MUSICA PER LE ORECCHIE DEGLI ESTIMATORI DEI MOTORI, IN PARTICOLARE DI QUELLI POTENTI DELLE MOTOCICLETTE.
DI GIACOMO NEWLIN
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l ristorante Daytona Diner a Pambio Noranco, si pasteggia comunque in grande tranquillità, in un ambiente con uno stile che possiamo chiamare “Racing” ideato dall’architetto ticinese Linda Cincinelli-Gardel, progettista dell’intero stabile. L’arredamento minimalista ma ricercato, eseguito con la collaborazione dello studio InArchi ed altri artigiani della zona, ricorda il mondo rombante delle moto grazie all’inserimento di pezzi unici realizzati appositamente per il locale. Moto che fanno bella mostra al piano di sotto, dove ci si può lustrare la vista tra i più bei modelli di HarleyDavidson luccicanti e superaccessoriate. Il locale Daytona Diner fa parte di un grande complesso in cui sono ubicati il garage, l’officina e l’esposizione di auto e moto. Un edificio che bisognerebbe vedere dall’alto, per esempio da un elicottero o dalla splendida terrazza situata sul tetto, per rendersi conto che riproduce il famoso circuito Daytona International Speedway a Daytona Beach in Florida. L’ispirazione per la creazione di quello che si può definire un “Riders Pub” si è concretizzata dall’unione del titolare del complesso, Gabriele Gardel, pilota professionista, campione del mondo e vincitore della 24h di Le Mans nella classe GT e sua moglie Linda, architetto e grande “fan” delle gare del ma-
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rito. Il ristorante, che nella sua semplicità è piuttosto suggestivo, è il ritrovo privilegiato dei cosiddetti “Bikers” ma non solo, che possono scegliere tra diverse tipologie di Hamburgers, che rappresentano la specialità del locale, ma anche tra proposte allettanti come ad esempio piatti di pasta fatta in casa con sughi di stagione, carni e pesci, piatti freddi e dolci per terminare. Non mancano alcune etichette di vino, ma il “must” del locale sono le birre, con una scelta capace di soddisfare i bevitori più esigenti. Per completare l’offerta di questo particolare ristorante, e in armonia con l’ambiente, non poteva mancare l’organizzazione di serate musicali jazz, rock e blues.
RISTORANTE DAYTONA DINER Str. Da Igia 6 CH-6915 Pambio-Noranco Tel. +41 91 985 69 19 www.daytonadiner.ch
GASTRONOMIA / RISTORANTE GRAND CAFÉ AL PORTO
REGALARE AI PROPRI OSPITI UN’ESPERIENZA UNICA
SONO INNUMEREVOLI LE BELLE OCCASIONI PER FESTEGGIARE IN QUESTO AMBIENTE SUGGESTIVO E UNICO. APERITIVO, RICEVIMENTO, CENA AZIENDALE, FESTA DI FAMIGLIA, COMPLEANNO O ANNIVERSARIO, STANDING DINNER, NOZZE…
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mmaginate di accogliere i vostri ospiti fra gli affreschi del famoso Cenacolo Fiorentino, sotto l’elegante vetrata molata in stile Liberty oppure sotto la cupola del Patio con un cielo stellato e regalare loro un evento indimenticabile. Lo storico “Salotto di Lugano, dal 1803”, con i suoi suggestivi ambienti offre una cornice unica a ogni evento e convivio. Alla sera, previa prenotazione, il Ristorante Grand Café Al Porto si trasforma in uno splendido salone per ricevimenti e cene da 20 fino a 80 ospiti, dove festeggiare con
stile il vostro evento speciale. Lo chef propone una sfiziosa cucina d’impronta mediterranea, servita con competenza e cordialità da un team di professionisti. E per finire in dolcezza… le inconfondibili creazioni della Confiserie Al Porto. Consapevole dell’importanza di una buona organizzazione e perfetta riuscita di un evento, i responsabili sono a disposizione per consigliarvi al meglio. Attraenti soluzioni “tutto incluso” per ricevimenti e “standing dinner” con aperitivi e cocktail, già abbinati in modo ideale. Per la vostra ce-
IN BREVE • Apertura: Lu – Sa: dalle 8.00 alle 18.30 Apertura serale dalle 19.00, previa prenotazione, per aperitivi, ricevimenti, banchetti e feste private o aziendali da 20 a 80 persone • Premiata fra le più belle location della Svizzera; • Ambiente suggestivo e unico; • Cucina mediterranea di alto livello; • Competente consulenza e servizio curato; • Proposte abbinate in modo ideale “tutto incluso”; • Organizzazione facile e veloce; • Un omaggio Al Porto per ogni ospite.
na, invece, la soluzione ideale e semplice “Scegli & conferma” oppure “Scegli & abbina” per comporre a piacimento il vostro menu scegliendo fra le diverse proposte di primi, secondi, piatti principali e sfiziosi dessert. Non è mai stato così semplice e veloce organizzare un ricevimento, una cena o una festa. Il team del Ristorante Grand Café Al Porto è a disposizione per esaudire i desideri, sorprendere i vostri ospiti con un ambiente unico, deliziarli con competenza eno-gastronomica e per organizzare con voi un evento memorabile e di successo.
RISTORANTE GRAND CAFÉ AL PORTO Via Pessina 3 CH-6900 Lugano Tel. +41 (0)91 910 51 30 www.grand-cafe-lugano.ch www.festeggiare.ch TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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GASTRONOMIA / LOCANDA VECCHIA PAVIA "AL MULINO"
LO “CHARME” AGRESTE DI UNA LOCANDA SIGNORILE CENARE ALL’OMBRA DELLA CERTOSA DI PAVIA DI GIACOMO NEWLIN
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accolta nel verde dell’area dove nel XIV.mo secolo si macinava il grano, la Locanda Vecchia Pavia “Al Mulino”, si trova a due passi dalla maestosa Certosa, fulgido esempio dell’architettura rinascimentale lombarda. Per chi ama il bello, il mangiar bene e la cultura, cenare alla Locanda, è ripensare al periodo storico in cui visse Gian Galeazzo Visconti che nel 1396 fondò la Certosa di Pavia, universalmente conosciuta non solo come chiesa dalla superba facciata, ma soprattutto per il suo più profondo significato che si percepisce quando ci si inoltra nella quiete del chiostro grande, stupendamente decorato in cotto. Ma divagando col pensiero e ancora immersi in quel florido periodo di rinnovamento culturale, che ha interessato ogni settore della vita dell’uomo, anche quello della cucina, vengono in mente i sontuosi banchetti della nobiltà del tempo, uno su tutti quello forse più spettacolare, sia per il cibo sia per
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l’organizzazione scenica della festa opera di Leonardo da Vinci, il banchetto tenuto a Tortona per le nozze fra il duca di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d’Aragona nel 1489. Dopo le divagazioni storiche è bene tornare nella nostra epoca e con i piedi per terra, anzi, con i piedi sotto uno dei tavoli negli eleganti spazi della Locanda Vecchia Pavia, viziati da un anfitrione che dell’accoglienza amabile e signorile degli ospiti ha fatto il suo biglietto da visita, Oreste Corradi, titolare del locale e professionista di lungo corso della ristorazione, la cui filosofia si esprime nella seguente e significativa frase: “Amo pensare alla nostra cucina come un’officina del gusto, dove i profumi che escono dalle pentole e gli aromi utilizzati riempiano di emozioni così grandi da far trasportare i nostri clienti in un viaggio inebriante tra i sapori della nostra tradizione”. Ed è così, anche perché in cucina c’è la moglie Annamaria che tramanda da generazioni quel sapere
GASTRONOMIA / LOCANDA VECCHIA PAVIA "AL MULINO"
casalingo che nel tempo si è raffinato per seguire una certa evoluzione del gusto, oggi propenso ad una cucina più leggera, senza tuttavia perdere le peculiarità dei genuini sapori della sincera e schietta tradizione culinaria di questa ubertosa terra lombarda. Annamaria è una cuoca solare e a tutto tondo, la cui solarità si esprime non solo con un garbato rapporto con i clienti che le chiedono spiegazioni sulle prelibatezze che prepara, ma si esprime soprattutto attraverso la bontà dei suoi piatti che rispettano le caratteristiche gustative dei prodotti utilizzati. Prodotti di un territorio bucolico come quello certosino, basti pensare alle lumache vignaiole, trifolate con funghi e salsa leggera al prezzemolo e acciughe, un antipasto che vale una deviazione, come dice spesso la guida Michelin, che tra l’altro alla Locanda Vecchia Pavia assicura ormai da 30 anni la mitica stella. Dalla vicina Mortara, famosa per l’allevamento delle oche, proviene il fegato magistralmente cotto al torcione dalla nostra cuoca e accompagnato con mostarda di frutta fatta in casa. Annamaria non vuole essere definita “chef”, ma semplicemente cuoca, e noi diciamo cuoca sopraffina, come sopraffini sono i suoi risotti, ad esempio quello mantecato alla vogherese oppure quello al nero di seppia, crema di peperoni dolci e baccalà, risotto quest’ultimo che figura nella decima edizione della guida Gallo ai risotti dei migliori ristoranti del mondo. Per ragioni di spazio non posso dilungarmi, ma almeno un piatto di pesce e uno di carne, entrambi degustati con piena soddisfa-
zione, li devo citare: filetto di rombo chiodato, scottato in padella su fondente di finocchi e olive taggiasche; arrostino di faraona disossata e farcita alla scarola e ciauscolo. A questo punto chi pensa che per il dessert non c’è più posto si sbaglia, e allora ecco una sublime crema bruciata al gianduia e meringa gratinata con semifreddo allo zabaione. Sfogliando la ricca carta dei vini risaltano primariamente le migliori etichette della generosa terra pavese, per poi spaziare tra le più rinomate produzioni vinicole delle regioni italiane maggiormente vocate, senza scordare poi - noblesse oblige - quelle francesi più classiche, comprese le più rinomate di quella bella regione che solo a citarla si prova una gaiezza spumeggiante e leggera: la Champagne. La Locanda si riposa la domenica sera e il lunedì.
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COSA FA IL TICINO PER I SUOI GIOVANI?
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l Ticino è il luogo ideale dove vivere se si hanno almeno 40 anni. È questa l’amara verità di cui occorre prendere atto oppure si tratta soltanto dell’ennesimo luogo comune riguardante Lugano e il Ticino? Certo la situazione di benessere generalizzato di cui gode il Cantone fa sì che le nuove generazioni abbiano a disposizione importanti risorse per crescere, studiare, formarsi e prepararsi ad entrare poi nel mondo del lavoro. Basti pensare alle scuole, nazionali e internazionali, alle università e agli istituti di ricerca operanti nei campi più diversi e presenti sul territorio ticinese, oppure, su un fronte diverso ma complementare, alle molteplici occasioni che si offrono a chi voglia praticare uno sport oppure godere di momenti di relax e divertimento o di accrescimento culturale. Eppure i problemi ci sono eccome. Quasi un quinto dei giovani al sud delle Alpi è senza lavoro: un record nazionale sfiorato solo perché nella Regione Lemanica c’è chi sta peggio. Ma in Ticino non sono solo questi numeri a preoccupare, bensì il loro costante aumento: negli ultimi 5 anni i giovani in
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assistenza sono aumentati del 50 per cento. Questo sì è un primato svizzero. Le ragioni di questo preoccupante record sono naturalmente da ricercare nella particolare realtà lavorativa del Canton Ticino confrontata con una maggiore pressione della mano d’opera estera, ma non solo. Vi sono spesso motivi ancor più profondi che hanno a che fare con il contesto sociale e famigliare. Ad esempio, il 60 per cento dei giovani che fa domanda d’assistenza è fermo alla scuola dell’obbligo e non è riuscito a completare una formazione specifica. Famiglie in difficoltà, precarizzazione del lavoro, scarso rendimento scolastico, è questo il contesto in cui molti giovani rimangono invischiati. Il problema è complesso anche per lo Stato che cerca di dare risposte e sostegno grazie a un approccio multidipartimentale, tra DSS, DFE e DECS, e il coinvolgimento di datori di lavoro, scuola e società civile. Da un punto di vista poi dei comportamenti giovanili quando si parla di giovani problematici, l’atteggiamento della società, sembra essere schizofrenico: toni allarmistici per denunciare i fatti negativi, ma minore attenzione per risolvere i
TAVOLA ROTONDA / DISAGIO GIOVANILE
problemi. Mancanza di strumenti in primo luogo, ma anche un problema concettuale: si dovrebbe comprendere che l’età della giovinezza è problematica, e quindi si dovrebbero disinnescare quei comportamenti problematici che nella vita dei giovani sono ‘normali’, e non limitarsi a condannarli a cose fatte. Pur nella confusione tipica di questa fascia d’età, i giovani sono alla ricerca di certezze. Chiaramente troviamo quello che perde tutta la giornata non facendo nulla, e quello che studia, lavora e fa volontariato. Molti i fattori che stanno alla base del malessere giovanile. Tra le cause primarie vanno annoverate quelle legate al contesto familiare: la separazione dei genitori, il divorzio, la morte di un congiunto, più in generale una percezione negativa del proprio quadro familiare. Ma altre cause sono legate a fattori comportamentali: difficoltà scolastiche, consumo di alcool e droghe possono facilmente destabilizzare l’equilibrio psichico di un adolescente. Gli psichiatri sono unanimi nel ritenere che rispetto al passato la sofferenza adolescenziale è in aumento. Alla base di questo malessere c’è spesso una struttura familiare e
sociale che è molto diversa rispetto a quella di una volta. Una perdita di riferimenti caratterizza gli adolescenti di questi ultimi anni. Gli esperti di questioni giovanili che si confrontano quotidianamente con queste problematiche ritengono che i ragazzi sono vittime più esposte a una certa intolleranza che contraddistingue la nostra società. Gli adolescenti fanno più fatica a riconoscere il “limite delle cose”, il senso della misura, sono spinti a chiedere di più e a volere di più, e se ciò non avviene subentra frustrazione e depressione. Il Governo ticinese intende arginare il problema con una serie di interventi. Innanzitutto potenziare strutture e perfezionare le strategie già esistenti: aumentare l’informazione con maestri, docenti e adulti in contatto con adolescenti; approfondire il tema con gli adolescenti attraverso dibattiti, tavole rotonde, giornate di studio; definire dei criteri di raccolta statistica dei dati; promuovere la costituzione di una rete di intervento specialistico, nonché la creazione di gruppi di lavoro interdipartimentale allo scopo di informare sui concetti di prevenzione e di promozione della salute.
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
DIMITRI BOSSALINI Comandante Polizia Città di Locarno
SABRINA ANTORINI MASSA Responsabile Divisione prevenzione e Sostegno Città di Lugano
MARCO GALLI Responsabile Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani
ILARIO LODI Direttore Pro Juventute Svizzera Italiana
MAURIZIO NICETA Gestore di locali notturni
PIERRE KAHN Psicologo e Psicoterapeuta FSP
EDUARDO GROTTANELLI Moderatore e Responsabile Editoriale Ticino Welcome
L’incontro si è tenuto il 12 luglio 2018 presso il Teatro per eventi Metamorphosis Palazzo Mantegazza, Lugano Paradiso
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al vostro osservatorio privilegiato come giudica la condizione odierna dei giovani in Ticino e quali sono i principali problemi che un giovane deve affrontare? DIMITRI BOSSALINI: «Se faccio riferimento alla mia personale esperienza maturata nel corso di tanti anni di servizio, non credo che vi sia una sostanziale trasformazione della condizione di disagio giovanile oggi rispetto a qualche decennio fa, nel senso che situazioni problematiche ci sono sempre state e sempre abbiamo cercato di fronteggiarle nel miglior modo possibile. Quello che invece è senz’altro cambiato è il grado di virulenza con cui certi fenomeni si manifestano e questo fatto dà la misura di un accresciuto disagio da parte della famiglia in generale. Si può dunque parlare di una trasformazione più di tipo qualitativo che quantitativo rispetto al numero dei reati commessi e denunciati. Diverso è il discorso rispetto alla percezione che della situazione hanno le famiglie, ma ciò in buona parte dipende anche dalla diversa e molto maggiore attenzione che sugli episodi di devianza giovanile ha oggi l’opinione pubblica, anche per una presenza molto accresciuta da parte dei media». SABRINA ANTORINI MASSA: «Nel corso degli ultimi anni ciò che si è andato trasformano sono le modalità di rilevamento, ascolto e dunque anche conoscenza e intervento rispetto alle manifestazioni di disagio giovanile. Il Servizio di prossimità consiste in una modalità di lavoro diversa che avviene con la filosofia del “fuori orario, fuori ufficio” ed è sicuramente più vicina al mondo dei giovani e ai suoi bisogni. Garantendo una presenza sul territorio
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a piedi o con l’ausilio dello spazio di incontro mobile e in rete con i servizi presenti sul territorio, l’operatore di prossimità non si sostituisce agli altri professionisti già presenti sul territorio ma è complementare e risponde a dei bisogni nuovi dei giovani i quali si mostrano spesso reticenti al contatto con i servizi. Nel tempo gli operatori hanno così seguito e accompagnato numerosi giovani di Lugano ma anche ragazzi non domiciliati che frequentano la città per motivi di studio o durante il tempo libero. Il tipo di intervento è diversificato come l’entrata in contatto che può avvenire direttamente nei luoghi di incontro dei ragazzi (strade, piazze, pensilina, parchi, ecc.) o, se necessario l’uso di supporti e di una presa a carico più strutturata, La sfida odierna consiste nel trovare un’entrata in contatto diversificata, approfittando degli eventi cittadini ma anche dei nuovi mezzi di comunicazione e in particolare dei social network». MARCO GALLI: «Io credo che se vogliamo andare alla ricerca delle cause che sono spesso alla base delle diverse manifestazioni di una sofferenza giovanile vi sia al fondo un elemento ricorrente: l’indeterminatezza. A fronte di un accresciuto ventaglio di opportunità che si offrono al giovane per crescere, maturare espe-
rienze, programmare il suo futuro, si presentano infatti le difficoltà, spesso insormontabili, ad entrare nel mondo del lavoro, che ha di molto alzato l’asticella per consentire un accesso che in qualche modo possa consentire una stabile occupazione. Tutto ciò sembra di conseguenza determinare una spaccatura tra giovani ritenuti di “serie A” e di “serie B” che hanno opportunità e modalità ben diverse per entrare nel mondo adulto, alcuni addirittura non ne hanno affatto. A ciò si aggiunga un analogo disagio che coinvolge le famiglie d’origine che in non pochi casi rivelano una altrettanto grave carenza di capacità di comprensione della realtà in cui vivono loro e i propri figli. Sicuramente molto è stato fatto per garantire un sostegno in situazioni di grave difficoltà, ma molto resta ancora da fare, soprattutto per consentire una maggiore tempestività laddove si richiede un rapido intervento». ILARIO LODI: «Concordo pienamente con quanto emerso anche nel corso di questa discussione e cioè che ci troviamo tutti di fronte ad una oggettiva difficoltà nel descrivere dei fenomeni nuovi e con i quali non eravamo abituati a confrontarci. Questa difficoltà coinvolge naturalmente anche le famiglie che, al di là della loro disponibilità, si trovano spes-
so prive degli strumenti e spesso anche delle parole necessarie a comprendere la complessità dell’universo giovanile. Stesso problema per il mondo della scuola, da non confondere con l’istruzione, dove gli educatori subiscono una forte pressione e hanno il compito difficilissimo di confrontarsi con una generazione nata e cresciuta in un mondo completamente cambiato. In questo contesto, emergono con evidenza molte difficoltà e contraddizioni: i giovani si vedono ad esempio quasi impossibilitati a progettare se stessi e il proprio futuro, a breve come a lungo termine». In questo quadro dove certo non mancano zone d’ombra, l’area del divertimento e del modo di trascorrere il proprio tempo libero è certamente quella su cui si appuntano molte delle preoccupazioni espresse dai genitori… MAURIZIO NICETA: «La mia conoscenza del mondo giovanile, che nel corso di molti anni ho avuto modo di incontrare nel momento in cui frequentano locali pubblici e discoteche, mi porta a fare una considerazione che credo abbia non poche implicazioni anche sul piano dei comportamenti e delle possibili problematiche legate al disagio o anche alla devianza: l’età in cui i giovani cominciano ad uscire da soli, incontrare amici in un locale oppure andare in discoteca si è notevolmente abbassata e questo nonostante i limiti d’età imposti che vengono facilmente aggirati attraverso un giro di documenti più o meno in regola. Altro elemento di cui tener conto è il cosiddetto “effetto branco” che moltiplica in modo esponenziale la portata di comportamenti non corretti o addirittura delinquenziali. Infine, voglio sottolineare la mancanza di rispetto nei confronti di qualsiasi autorità che si manifesta in modo anche molto violento di fronte a controlli o contestazioni».
In Ticino ci sono anche vere e proprie aree di precarietà e disagio giovanile. Quali sono le principali cause di questo malessere e quando è necessario intervenire anche con un supporto terapeutico? PIERRE KAHN: «Sarebbero numerosi gli aspetti da prendere in considerazione come indicatori di disturbi del comportamento giovanile. Pensiamo solo alle distorsioni che si possono creare in ragione di una differenza nella valutazione tra reale e virtuale. La diffusione di internet e dei social media ha contribuito a modificare l’espressione delle forme di disagio e sofferenza caratteristiche di ogni società, sino ad arrivare alla definizione di veri e propri quadri clinici correlati al suo utilizzo improprio. Negli ultimi anni, il panorama delle dipendenze si è ampliato: le nuove forme di dipendenza non comprendono solo l’uso/abuso di sostanze stupefacenti illegali, ma un uso/abuso di nuove tecnologie. Come tutte le dipendenze, l’abuso di internet, attraverso tutti i siti cui dà spazio, ha conseguenze negative sull’essere umano: le relazioni sociali, lavorative, affettive, amorose possono esserne spesso compromesse». DIMITRI BOSSALINI: «Per diretta esperienza abbiamo verificato nel corso di nostri interventi che alla base di comportamenti delittuosi da parte di giovani, c’è non di rado l’assenza del ruolo educativo dei genitori di oggi, quelli cresciuti tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, che finiscono sempre più spesso per sottrarsi alla propria funzione educativa. Così i loro figli si stanno rassegnando a crescersi da soli attraverso il web e la tecnologia. I genitori sono venuti meno al loro ruolo a causa di un processo di regresso collettivo in atto che forse è collegato al nostro modello produtti-
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vo e sta portando a un appiattimento dell’intera società su un registro adolescenziale. Con la sua identità mutevole, il giovane rappresenta il consumatore perfetto per la società dei consumi nella quale viviamo e che ci vuole tutti adolescenti. Ed è per questo che, mentre i ragazzi bruciano le tappe, i genitori regrediscono comportandosi sempre di più come i propri figli». MARCO GALLI: «Il malessere che vivono i giovani è il prodotto della frattura generazionale che sta lasciando i ragazzi senza punti di riferimento. La Net generation, quella nata tra gli anni ottanta e i primi anni duemila, è la prima generazione alla quale viene chiesto di crescersi da sola, facendo a meno non solo degli adulti, ma anche della loro figura come esempio di riferimento. Tutto questo, però, ostacola il processo di soggettivazione e di costruzione del sé in quanto è proprio attraverso l’identificazione con le figure di accudimento, quali appunto i genitori, che il ragazzo struttura le basi della propria identità. Da qui l’illusione di poter vivere facendo a meno degli altri, ma anche di se stessi. Così al ruolo dei genitori subentra quello della rete, del web, perché è proprio in rete che molti di questi ragazzi prendono le loro identità. Ma si tratta di identità surrogate che sono in grado di produrre fenomeni molto gravi, come ad esempio il cyberbullismo. Senza contare che l’affrancarsi economico risulta non sempre evidente, ciò che può provocare ulteriori frustrazioni. A queste considerazioni di carattere generale si aggiunga poi il fatto che oggi viviamo in una società poliedrica, con numerose famiglie di diversa estrazione, portatrici di ulteriori questionamenti. In ogni caso, oltre alle istituzioni preposte e ai relativi servizi dedicati esiste in Ticino tutta una rete di enti e associazioni che possono svolgere a vario titolo un’azione di supporto alle famiglie (vedi www.genitorialità.ch)».
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PIERRE KAHN: «Vorrei aggiungere a quanto già detto dagli altri partecipanti che proprio nel momento in cui la società e la famiglia di oggi vengono meno nella loro capacità di produrre certezze, vengono comunque imposti ai giovani modelli estremamente competitivi. In altre parole, fin dalla scuola primaria, ma potrei dire fin dalla scuola materna, non viene lasciato ai bambini, ai ragazzi e poi agli adolescenti il tempo necessario per provare, sperimentare e quindi anche sbagliare: devono da subito essere bravi. Tutto questo non può generare sicurezza e autostima, che implicano un processo più lungo e a tappe. Anche perché poi, avere un buon livello di autostima riveste un’importanza centrale in adolescenza, in quanto permette al ragazzo, se pur tra difficoltà, dubbi o incertezze, di affrontare le sfide della crescita, di costruirsi un’immagine positiva di sé, di relazionarsi con i coetanei, di fare delle scelte, di sperimentarsi per poi muoversi nel mondo futuro con una certa sicurezza e disinvoltura». ILARIO LODI: «Molte volte sembra prevalere nei genitori un atteggiamento del tipo: il figlio è mio e lo gestisco come meglio credo; questa cosa ci sta tutta. Però mi chiedo se davvero il genitore si trova nelle condizioni più adatte per educare al meglio i propri figli. In altre parole, per fare bene il mestiere di genitore occorre che sussistano delle situazioni di base che vorrei quasi definire imprescindibili come ad esempio tempo, spazio educativi adeguati, sicurezza del mantenimento del proprio lavoro e di un reddito sufficiente al sostentamento della propria famiglia. E poi, ancora, qualità delle esperienze vissute e capacità di trasmetterle adeguatamente di generazione in generazione. Tutto questo mi porta a dire che le condizioni socio-economiche e
culturali di una famiglia hanno un peso determinante e se esistono educazioni di serie A e di serie B (ciò che non dovrebbe assolutamente verificarsi) spesso è perché a monte ci sono purtroppo famiglie che non si occupano a sufficienza dei propri ragazzi». MAURIZIO NICETA: «Queste ultime considerazione mi inducono ad una riflessione che nasce dalla mia diretta esperienza di tanti anni di attività nella gestione di locali notturni. Ebbene quando in un locale scoppiano litici o risse almeno 7 volte su 10 questo fatto è determinato da distanze sociali tra gruppi di ragazzi che suscitano forme di invidia, provocazioni, reazioni e tutto quanto ne consegue. E riguardo al ruolo dei genitori mi interrogo spesso sul tipo di educazione che saprò dare a mia figlia per prepararla adeguatamente alle gioie e alle difficoltà della vita». Da ultimo, mi piacerebbe chiudere con una nota positivo e vi chiedo se il Ticino com’è oggi risulta ancora attrattivo per un giovane e cosa si può fare per migliorarne le condizioni di vita riguardo al mondo giovanile? SABRINA ANTORINI MASSA: «Raccolgo volentieri questo invito e mi piace sottolineare - avendo anche grazie al mio lavoro una visione piuttosto ampia del mondo giovanile - che vi sono sicuramente situazioni di disagio e precarietà, purtroppo a volte molto complesse e pesanti, ma queste rappresentano fortunatamente solo una minoranza. La maggior parte dei giovani infatti studia, si prepara al lavoro, si diverte in modo sano, si impegna nel volontariato come pure nello sport e nel portare avanti passioni diverse. Una gioventù dunque che offre tutte le garanzie di essere preparata ad affrontare in modo adeguato il proprio domani».
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TAVOLA ROTONDA / CESARE CHIERICATI
ESSERE DISPONIBILI ALL’ASCOLTO L’OPINIONE DI CESARE CHIERICATI, GIORNALISTA E PRESIDENTE DI TELEFONO AMICO 143.
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uali sono le più preoccupanti manifestazioni di disagio giovanile che nel corso degli ultimi anni si sono manifestate in Ticino? «Le persone che si rivolgono a Telefono Amico 143 rientrano soprattutto nella fascia d’età adulta 40-65 anni. Abbiamo implementato a partire dal 2015 un servizio di aiuto via chat per cercare di raggiungere meglio anche quella fascia di popolazione che ha forse più confidenza con questa tecnologia e dovrebbe dunque essere verosimilmente più giovane rispetto al target storico del 143. I nostri servizi sono basati sull’anonimato e, se al telefono, si può riuscire a stimare l’età di una persona, via chat è molto più complicato. È difficile quindi per noi, rispondere con esattezza a questa domanda». Come giudica l’adeguatezza e la qualità degli interventi pubblici in risposta a queste situazioni di malessere?
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«Benedetto Croce, il grande filosofo italiano, a chi lo interrogava sul problema dei giovani – una costante nel cammino di tutte le società della storia –rispondeva che la soluzione consisteva nel “lasciarli invecchiare”. Questo era vero nelle società stazionarie dove il cammino verso l’età adulta era scandito da riti di passaggio accettati e condivisi, come gli esami scolastici, certi tipi di abbigliamento concessi solo al compimento di determinate età, il servizio militare, il fidanzamento propedeutico alle nozze e altro ancora Oggi tutto questo non esiste quasi più, nella nostra società gli adolescenti vivono e crescono dentro un cambiamento costante e veloce dove i punti di riferimento e gli approdi sono incerti. Questa società ha dato loro uno strumento potentissimo come il web che in realtà ha contenuti deboli, passivi. Di per se non fa crescere. Diventare adulti liberi e consapevoli è oggi una sfida difficile e complicata. E questa difficoltà può produrre disagi esistenziali e comportamentali di vario tipo di cui le dipendenze da sostanze sono la manifestazione più estrema. Non esistono soluzioni magiche al malessere esistenziale. Le strutture pubbliche, come per esempio le scuole, devono sempre più diventare un luogo dove non si acquisiscono soltanto gli strumenti per un lavoro, ma dove si cresce come persone umane e si impara a ragionare come cittadini». Che cos’è e come funziona Telefono Amico 143? «Telefono Amico è un servizio di ascolto (tramite telefono o chat) dove chi chiama può esprimere le proprie problematiche senza che chi ascolta
dia dei consigli o delle soluzioni. Telefono Amico, presente senza soluzione di continuità nella Svizzera italiana dal 1971, pratica un ascolto attivo cioè cerca di stimolare l’altro a trovare delle risorse in se stesso per poter affrontare determinati problemi/situazioni di vita che vengono discusse nel corso del colloquio. Oppure si cerca di fornire un aiuto a vedere il proprio problema e ad analizzarlo da un’angolazione diversa. Si cerca quindi di aiutare l’appellante ad avere un approccio diverso rispetto a quello inizialmente pensato. C’è in chi si rivolge al 143 l’urgenza di essere ascoltati. Dunque l’ascolto come “terapia” e non come semplice disposizione dell’animo, è il fondamento dell’Associazione che si è confermata nel tempo come un autentico servizio sociale di volontariato che integra e talvolta surroga i servizi sociali delle istituzioni pubbliche. Non bisogna infine dimenticare che Telefono Amico ha in corso da parecchi anni una collaborazione stretta con Il GATP –Gruppo azzardo Ticino prevenzione per il contrasto al gioco patologico attraverso la gestione del numero verde gratuito 0800 000 330». Da questo vostro osservatorio privilegiato quali sono le principali richieste che avete avuto modo di affrontare? «Riceviamo molteplici richieste con problematiche che spaziano a tutto campo: i disturbi psichici come pure la solitudine sono i temi più ricorrenti. È anche vero che, a dipendenza del momento storico contingente in cui ci si trova (per esempio, congiuntura economica sfavorevole con disoccupazione in crescita e conseguenti proble-
TAVOLA ROTONDA / CESARE CHIERICATI
mi di gestione finanziaria delle proprie risorse ecc), i colloqui andranno più verso certi temi rispetto ad altri. Le principali tematiche che vengono affrontate da Telefono Amico si possono riassumere principalmente in 3 gruppi: nel primo gruppo troviamo i disturbi psichici e la gestione del quotidiano, nel secondo il vasto e articolato campo delle difficoltà relazionali, i rapporti di coppia, la famiglia e l’educazione nonché la solitudine. Nel terzo gruppo ci sono altri temi in generale che però nella maggior parte dei casi sono una conseguenza di disagi psichici pregressi e di disturbi relazionali». Da ultimo, secondo lei, il Ticino risulta complessivamente essere abbastanza attrattivo per i giovani e quali iniziative andrebbero promosse per migliorare le condizioni di vita dell’universo giovanile?
«Prima delle strutture ai giovani servono attenzione, dialogo e regole. Occorre tornare al significato del verbo educare, dal latino “educere” che significa far crescere, promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo intellettuale e morale di una persona, specialmente di giovane età. Una responsabilità che interpella famiglia, scuola e associazioni giovanili, le tre agenzie educative naturalmente preposte alla crescita e alla maturazione dei ragazzi, un compito cruciale all’interno della società del cambiamento. Al di là di facili semplificazioni e di modernismi a senso unico, i giovani hanno più che mai bisogno di educatori liberi e intelligenti, di istruzione, di buone letture – non conta niente se sui libri o sugli e-book - di studio e di esempi positivi cui fare riferimento. Le strutture e gli strumenti per la crescita sono importanti ma vengono dopo. Nel Canton
Ticino non mancano una buona organizzazione scolastica a vari livelli, non mancano spazi di accoglienza e di cultura e neppure occasioni di divertimento individuale e di gruppo. Serve però che le strutture diventino luoghi generatori di senso per la propria vita futura».
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TAVOLA ROTONDA / MAURIZIO NICETA
LA COLLABORAZIONE È LA CARTA VINCENTE IMPRENDITORE DA OLTRE VENT’ANNI NEL CAMPO DELLA RISTORAZIONE E DELLA GESTIONE DI LOCALI NOTTURNI, MAURIZIO NICETA È SENZA DUBBIO UNO DEI PIÙ PROFONDI CONOSCITORI DEL MONDO DELL’INTRATTENIMENTO E DEL DIVERTIMENTO GIOVANILE A LUGANO E IN TICINO: A LUI ABBIAMO CHIESTO QUALI SONO STATI I CAMBIAMENTI DEGLI ULTIMI ANNI, QUALI I PROBLEMI APERTI E GLI INTERVENTI CHE POTREBBERO ESSERE PROMOSSI PER MIGLIORARE LA SITUAZIONE.
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ome giudica lo stato di salute del mondo del divertimento e dei locali notturni oggi a Lugano? «Negli ultimi anni la cosiddetta “città della notte” è molto cambiata, in meglio per taluni aspetti, in peggio per altri. Un elemento da tenere in considerazione è dato dal fatto che è cresciuto il numero dei locali e dunque l’offerta per i giovani è più ampia e differenziata. Sul piano qualitativo invece si è probabilmente perso qualcosa, se si considera che molto più raramente si organizzano serate con ospiti importanti e validi, almeno in confronto a quanto avveniva qualche anno fa».
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Quali le ragioni di questa crisi? «Sicuramente c’è da tener conto di un calo direi quasi fisiologico, delle lievitazione dei prezzi di ingaggio, delle più numerose opportunità offerte dai vari festival e rassegne che si succedono durante molti mesi dell’anno, ma anche della concorrenza, se non di una vera e propria guerra che si sono fatti per anni i vari gestori con il risultato di lasciare molti morti e feriti sul campo». Ma la concorrenza non è un po’ la linfa che tiene in vita il mercato? «Certamente, e infatti non invoco limitazioni all’iniziativa di ogni imprenditore. Certo suona un po’ strano e suscita qualche perplessità il fatto che il ritrovo che nelle sere d’estate riscuote il maggiore gradimento da parte dei giovani, quanto meno in termini di frequentazioni, sia gestito direttamente del Municipio di Lugano, non fosse per l’incoraggiamento seppur indiretto che esercita nei confronti dei giovani a bere e per le distorsioni che crea al mercato». Come giudica l’introduzione da qualche tempo adottata di nuovi orari per bar e discoteche? «Un autentico disastro. Per i bar un’ora in più rappresenta senza dubbio un ulteriore vantaggio, senza tuttavia modificare radicalmente un già lungo orario di apertura. Per le discoteche invece costituisce un danno, ritardando di un’ora l’orario di maggiore afflusso, affatto compensato da un prolungamento sino alle 6 del mattino quando oramai la serata si è esaurita. Forse prima di prendere certe decisioni una consultazione con chi ha una
reale esperienza del settore sarebbe stata quantomeno opportuna». Molte famiglie sono preoccupate per l’alcool e la droga di cui di cui i giovani farebbero uso dentro o in prossimità di locali aperti la notte. Cosa c’è di vero? «A Lugano succede né più né meno di quanto accade in altre città della Svizzera, dell’Italia o del resto dell’Europe e del mondo. Solo che qui si è spesso abituati a considerare il Cantone come un’isola felice, dove i disagi giovanili giungono lontani o attenuati. E questo è un grave errore perché certi fenomeni di abuso di alcool e droghe sono presenti anche da noi, nonostante gli interventi di prevenzione messi in atto e l’attività di controllo e repressione delle forze dell’ordine». Da ultimo, in estrema sintesi, che cosa bisognerebbe fare per meglio tutelare i giovani che la sera e la notte frequentano locali pubblici? «Non ho evidentemente la bacchetta magica ma sono convinto che di fronte ad un problema di interesse generale, la prima soluzione sta nell’avviare una effettiva collaborazione tra tutti coloro che hanno a cuore il problema: famiglie, autorità, gestori, polizia ecc. E invece ancora una volta prevale la tendenza ad andare ciascuno per conto proprio, magari animati dalle migliori intenzioni. Ma così facendo temo che i risultati positivi tarderanno ancora molto ad arrivare».
LUSSO / CHOPARD
OROLOGI E GIOIELLI SENZA TEMPO NEL CORSO DI UNA APPREZZATA SERATA ORGANIZZATA PRESSO LO SHOW-ROOM BUCHERER DI LUGANO PER I 25 ANNI HAPPY SPORT CHOPARD, SONO STATE PRESENTATE AD UN PUBBLICO ATTENTO E AMMIRATO LE ULTIME COLLEZIONI, UN MARCHIO CHE È GARANZIA DI OGGETTI ESCLUSIVI CHE CELEBRANO IL PRIMATO DELLA GIOIELLERIA E DELL’OROLOGERIA SVIZZERA.
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iglio di un agricoltore di Sonvilier, Louis-Ulysse Chopard aveva appena 24 anni quando riuscì a conquistare rapidamente la Svizzera e il mondo. Questo orologiaio artigiano creò opere d’arte dal design innovativo, che ben presto iniziò ad esportare in luoghi prestigiosi, come la corte dello zar Nicola II di Russia. Già nel XIX secolo le qualità come precisione e affidabilità erano caratteristiche molto ricercate negli orologi. Con cronometri e orologi da tasca esclusivi, Louis-Ulysse Chopard ambiva a soddisfare e persino a superare queste aspettative. Chopard è una delle ultime aziende di orologeria e gioielleria a conduzione familiare. Dagli anni ‘80 Caroline e Karl-Friedrich Scheufele, svolgono un ruolo attivo all’interno della società, di cui sono attualmente copresidenti. Dando entrambi prova di autonomia, Caroline è responsabile delle collezioni donna ed ha sviluppato il comparto gioielleria e successivamente l’alta gioielleria, mentre il fratello Karl-Friedrich, incaricato delle collezioni uomo, si è occupato negli anni ‹80 dello sviluppo degli orologi sportivi e negli anni ‹90 della Manifattura Chopard di Fleurier, che produce i movimenti L.U.C. Nel corso della serata luganese organizzata presso Bucherer è stato confermato come la Maison Chopard ha fatto del Grande Cuore il suo emblema. Il cuore è parte delle sue collezio-
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LUSSO / CHOPARD
ni, è il riflesso della sua creatività e il simbolo dei suoi valori. Con la collezione Happy Hearts, Chopard si rivolge a tutte le donne: queste creazioni s’indossano per ostentare la propria felicità. Gli Happy Hearts, proposti in tutti i colori, si arricchiscono ora di nuove versione in madreperla e opale. Ispirandosi invece alla dolcezza delle nuvole e ai sogni, la collezione Happy Dreams, presentata nel 2016 in occasione del 40° anniversario dei diamanti mobili, trasporta i diamanti più alle-
gri del mondo in un viaggio leggiadro e onirico. Chopard presenta le nuove declinazioni in una tavolozza di colori delicati che fanno eco alla dolcezza della madreperla. Sempre nel campo della dell’alta gioielleria Chopard prosegue il suo emozionante viaggio verso il lusso sostenibile arricchendo la Green Carpet Collection con due nuove parure in pizzo di diamanti, un motivo intramontabile che Caroline Scheufele predilige. Iscrivendo lo sviluppo sostenibile nel cuore dei suoi valori, la Maison rivendica un ruolo pionieristico nel settore della gioielleria. E, ancora, indossati da soli o più di uno insieme, i gioielli Ice Cube conquistano le donne che amano i motivi rettangolari perché ribaltano l’ordine prestabilito. Oggi, le creazioni multicolori abbinano l’oro 18 carati rosa e bianco. Il bracciale giunco sceglie la leggerezza e le linee grafiche. Gli orecchini preferiscono l’asimmetria e i collier esplorano l’effetto bicromatico sotto ogni profilo. Non meno seducenti le novità presentate per quando riguarda l’orologeria. Creando gli Happy Diamonds, Chopard ha inventato molto più di un concetto di gioielleria: Caroline Scheufele, uno spirito visionario in anticipo sui tempi, ha immaginato un orologio libero dai codici dell’orologeria tradizionale. Sofisticato ma sportivo. Allegro, indipendente, brioso e decisamente moderno, si fa gioco dei codici senza mai perdere l’essenza della sua femminilità. Per celebrare il suo 25° anniversario, la collezione arricchisce il repertorio della sua versatilità stilistica con la forza di un movimento meccanico a carica automatica, calibro 09.01-C, appositamente sviluppato dalla Manifattura Chopard per le casse degli orologi da donna di 30 mm. Le nuove interpretazioni dotate di questo movimento sono disponibili dal 2018: Happy Sport Manufacture, il cui quadrante abbina la tenerezza della madreperla perlata e la delicatezza dei colori pastello, e Happy Sport
Oval Automatic, che riporta in auge il design ovale dell’Happy Sport in una versione più giovane e “folle”, in assoluto stile contemporaneo. Non meno importanti le novità nel campo dell’orologeria maschile con il nuovo L.U.C All-in-One, raffinato ed esclusivo, che presenta ben quattordici complicazioni suddivise sui due quadranti, tra cui il calendario e le indicazioni astronomiche, oltre al tourbillon. La serie è limitata a dieci esemplari in platino e dieci esemplari in oro rosa 18 carati e vanta il Punzone di Ginevra. Vincitore dell’Aiguille d’Or al Grand Prix d’Horologerie di Ginevra 2017, il L.U.C Full Strike adotta un nuovo colore e si presenta in una versione che veste con i toni del grigio il primo orologio con ripetizione minuti della maison Chopard. Nel 2018, il L.U.C Heritage Grand Cru si fa ancor più prezioso con 3,05 carati di diamanti taglio baguette. La Maison Chopard propone una versione in oro bianco del suo cronometro di forma, dove le curve sensuali della cassa sono accentuate dalla luce delle pietre preziose. Chopard presenta anche una nuova interpretazione del L.U.C Quattro, la nave ammiraglia della collezione L.U.C, un segnatempo elegante e contemporaneo dotato del calibro L.U.C 98.01-L con 9 giorni di riserva di carica e certificato di cronometria del COSC. Infine, L’orologio L.U.C Esprit de Fleurier Peony s’inserisce nella tradizione degli orologi L.U.C Esprit de Fleurier presentati dal 2015. Ne riprende i codici e le linee leggere e dinamiche all’origine del loro carattere intramontabile.
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Orologio Mille Miglia 2018 Race Edition da 42 mm in acciaio con quadrante antracite bouchonné, dotato di movimento meccanico cronografo a carica automatica e proposto con cinturino in pelle di vitello nera con cuciture rosse e fodera in caucciù ispirata agli pneumatici Dunlop degli anni 1960. Edizione limitata a 1.000 esemplari. Rif.: 168589-3006
Orologio Mille Miglia Racing Colours Edition da 42 mm in acciaio con quadrante laccato verde “British Racing Green”, dotato di movimento meccanico cronografo a carica automatica e proposto con cinturino in pelle di vitello con cuciture verdi e fodera in caucciù ispirata agli pneumatici Dunlop degli anni 1960. Edizione limitata a 300 esemplari. Esclusiva boutique e corner Chopard. Rif.: 168589-3009
Orologio L.U.C All-in-One da 46 mm in oro rosa 18 carati con quadrante guilloché a mano color grigio-blu e dotato di movimento L.U.C meccanico a carica manuale – L.U.C 05.01-L. L’orologio è proposto con cinturino in pelle di alligatore blu foderata in pelle di alligatore marrone. Edizione limitata a 10 esemplari. Rif.: 161925-9003
Collana in oro bianco 18 ct con smeraldi taglio goccia e taglio cuore (37,5 carati) e diamanti taglio brillante (8,3 carati). Rif. 818099-1003
Gioielli Happy Hearts in oro bianco 18 carati composti da cuori con opale e bordo in diamante, cuori con diamanti incastonati e cuori con diamanti mobili. Rif: 829482-1920
Ice Cube in oro etico rosa e oro etico bianco 18 carati Rif: 819895-9001
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LUSSO / CHOPARD
Collana in oro bianco 18 carati e titanio, composta da piccole boule di tanzanite sfaccettate (459 carati), impreziosita da un’acquamarina di 12,4 carati, una perla dorata di 12,7ct, acquamarine, tanzanite e tsavorite taglio goccia, zaffiri rosa taglio marquise e taglio brillante, granati taglio brillante, diamanti taglio brillante e taglio marquise e zaffiri gialli taglio brillante. Rif. 818009-9001
Gioielli Happy Dreams in oro rosa 18ct con diamanti mobili, fondo in madreperla rosa. Rif: 829769-5006
Orecchini in oro bianco 18ct, etico certificate "Fairmined" con diamanti taglio goccia (2.8ct), taglio cuore (1.4ct) e taglio brillante. Tutti i diamanti provengono da un produttore membro certificato RJC. Rif. 848099-1001
Orologio L.U.C Quattro da 43 mm in oro rosa 18 carati con quadrante satinato verticale argenté, dotato di movimento L.U.C meccanico a carica manuale – L.U.C 98.01-L – e proposto con cinturino in pelle di vitello blu con fodera in pelle di alligatore marrone. Edizione limitata a 50 esemplari. Rif.: 161926-5004
Orologio L.U.C XP Esprit de Fleurier Peony di 35 mm in oro rosa 18 carati con quadrante in smalto grand feu raffigurante una peonia nera realizzata con la tecnica del ritaglio su carta (découpage). Orologio con movimento meccanico a carica automatica inciso a mano secondo la tecnica di Fleurier, presentato con cinturino in tela spazzolata nera. Edizione limitata a 8 esemplari. Esclusiva boutique Chopard. Rif.: 131944-5003
Orologio L.U.C Heritage Grand Cru da 38,5 x 38,8 mm in oro bianco 18 carati con diamanti taglio baguette e quadrante tipo porcellana, dotato di movimento L.U.C meccanico a carica automatica – L.U.C 97.01-L. L’orologio è proposto con cinturino in pelle di alligatore nera foderata in pelle di alligatore marrone. Rif.: 172296-1001
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LUSSO / GRUPPO DAMIANI
VALORIZZARE IL MADE IN ITALY NEL MONDO 01
RICONOSCENDO IL COSTANTE IMPEGNO A FAVORE DEL PROGRESSO DELL’ARTIGIANALITÀ DI QUALITÀ E L’INCESSANTE PROMOZIONE DELLA CULTURA DEL MADE IN ITALY NEL MONDO, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA HA CONFERITO A SILVIA DAMIANI L’ONORIFICENZA DELL’ORDINE DELLA STELLA D’ITALIA.
I 01 Silvia Damiani riceve l'onorificenza Stella d'Italia dal Console Generale d'Italia Marcello Fondi 04.06.18 02 Silvia Damiani riceve l'onorificenza Stella d'Italia dal Console Generale d'Italia Marcello Fondi (secondo piano) 04 06 18 03 Da sinistra - Guido Grassi Damiani, Gabriella Grassi Damiani, Silvia Grassi Damiani, Leonardo Grassi Damiani e l’onorevole Erica Mazzetti
l riconoscimento è stato consegnato a Lugano a Silvia Damiani, Vicepresidente del Gruppo Damiani, dalle mani del Console Generale d’Italia, Marcello Fondi. L’Ordine della Stella d’Italia, istituito nel 2011, ha le sue origini nell’Ordine della Stella della Solidarietà italiana, fondato nel 1947 con la finalità di conferire riconoscimenti riservati agli italiani all’estero o stranieri che meglio avessero contribuito nella ricostruzione dell’Italia. L’onorificenza è oggi concessa per ricompensare quanti abbiano acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi e nello sviluppo dei legami economici e dei valori della cultura italiana. Mi02
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nistero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Con questo riconoscimento, Silvia Damiani, Vicepresidente del gruppo Damiani, dimostra ancora una volta l’importanza di saper affiancare strategie di business e valori culturali, con l’obiettivo di continuare a promuovere il made in Italy nel mondo, una strategia che condivide con i fratelli Guido e Giorgio, rispettivamente Presidente e Vicepresidente del Gruppo. Da quasi cent’anni, infatti, Damiani è ambasciatore della creatività e dell’eccellenza artigianale italiana. Le boutique del gruppo sono posizionate nelle più esclusive vie dello shopping del mondo, così come le attività culturali e benefiche promosse da Damiani sono sempre accolte con entusiasmo.
I laboratori orafi di Valenza e le fornaci muranesi di Venini, il brand di vetreria artistica da poco entrato a far parte del gruppo, sono un patrimonio che il gruppo Damiani conserva con orgoglio. In questi luoghi nascono le straordinarie creazioni che sono entrate a far parte anche di collezioni private e museali.
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LUSSO / BOUTIQUE FARFALLA
MY PRIVATE LIFE GEO PINI È ALLA GUIDA DEL GRUPPO BOUTIQUE FARFALLA CHE CON I PUNTI VENDITA DI LUGANO, LOCARNO E ASCONA, COSTITUISCE UN’AZIENDA LEADER IN TICINO NEL SETTORE DELL’ABBIGLIAMENTO. LO STESSO SIGNOR PINI SI È FATTO PROMOTORE, LO SCORSO 1 SETTEMBRE, DI UN’APPREZZATA SFILATA DI MODA CON LA PARTECIPAZIONE ESCLUSIVA DEL BRAND FABIANA FILIPPI, CON LA PRESENZA DEL SUO FONDATORE E CEO MARIO FILIPPI COCCETTA.
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outique Farfalla nasce nel 1980 quando fu aperto il primo negozio a Locarno. Da allora l’azienda familiare si è andata ampliando negli anni, estendendo sempre più la sua attività. l’abnegazione, il sacrificio e la competenza sono alcune delle ragioni di questo successo. Nel tempo non sono mai venuti meno alcuni principi ispiratori, che sono innanzitutto costante presenza della famiglia in ogni fase della gestione dell’azienda, difesa rigorosa di scelte improntate alla più assoluta qualità, capacità e competenze nell’adeguare l’offerta a quelle che nel tempo sono state le trasformazioni e le richieste del mercato e della clientela. Attraverso un paziente e laborioso lavoro è stato possibile creare un assortimento che, attraverso numerose grandi marche internazionali in molti casi rappresentate in esclusiva, interpreta perfettamente l’evoluzione del gusto che si rinnova di stagione in stagione, ma al tempo stesso rispecchia con precisione quelle che sono le esigenze e le richieste di una clientela locale particolarmente attenta e fidelizzata. La splendida cornice dell’Hotel Castello del Sole di Ascona ha accolto all’inizio di settembre numerosi illustri ospiti che hanno potuto ammirare la nuova collezione autunno/inverno del famoso brand Made in Italy Fabiana Filippi, così come la nuova capsule collection “My Private Life”. Nell’occasione, abbiamo rivolto alcune domande al fondatore e Ceo Mario Filippi Coccetta.
Geo Pini
Mario Filippi Coccetta
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ome e quando è nata l’idea del Brand Fabiana Filippi? «Fin da ragazzo maturavo il desiderio di dare vita ad un’attività imprenditoriale personale; pertanto, nel 1985, insieme a mio fratello Giacomo, abbiamo dato avvio alla nostra azienda con l’aiuto della nostra famiglia. La storia del brand Fabiana Filippi è stata sempre contraddistinta da valori ben precisi, validi tutt’oggi e che rappresentano la forza motrice per tracciare il nostro cammino futuro. Fiducia, rispetto, etica, eccellenza, dono, onestà, miglioramento: valori che si concretizzano in una vision aziendale ben precisa delineando un obiettivo da raggiungere giorno per giorno. Oggi Fabiana Filippi è riconosciuta tra i marchi leader del vero Made in Italy. Un’impresa dai forti connotati umani e da una chiara etica professionale, nata in luoghi unici per uno stile di vita raffinato e intimo». Nel corso degli anni ha sviluppato due linee, la White Label e la Black Label. Due linee simili ma distinte. Quali le ragioni di questa scelta? «Il marchio Fabiana Filippi è declinato in due linee: la White Label e la Black Label. Realizzate con fibre
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LUSSO / BOUTIQUE FARFALLA
estremamente nobili e naturali quali il cashmere e la seta, sono riconosciute come collezioni Total Look posizionate nel segmento alto del mercato. La White Label è realizzata per occasioni d’uso giornaliero ed è armoniosamente sviluppata sia in termini di funzionalità che di estetica. La Black Label è principalmente pensata per occasioni speciali, ma allo stesso tempo adatta ad un uso giornaliero». Il successo, lo sviluppo del Brand a livello mondiale, la continua crescita. Motivo di orgoglio per lei, per la sua famiglia e per Boutique Farfalla che ha il piacere di avere le sue collezioni in boutique. Quali saranno le prossime sfide?
«Il nostro obiettivo principale è quello di continuare a lavorare sulla qualità, sulla creatività e sulla comunicazione per consolidare il posizionamento del nostro brand nel segmento luxury del mercato, nel quale siamo presenti come uno dei marchi leader del vero Made in Italy. Tutto questo lo faremo confermando e rafforzando i valori che caratterizzano il nostro brand, mettendo al centro del nostro impegno le nostre consumatrici finali, con scelte che incontrino i loro gusti, sia in termini di prodotto, che di distribuzione e di rapporti. Le nuove collezioni di Fabiana Filippi comprenderanno sempre più una proposta total look ancora più ampia che permetta di vestire tutte lo occasioni d’uso: dal daily wear, alla sera, ai momenti speciali. A livello commerciale stiamo lavorando su molti progetti che ci portino ad acquisire nuove fette di mercato; Fabiana Filippi, infatti, sta ideando le sue prime capsule collection».
ni-collection homewear, “My Private Life”. Composta di capi avvolgenti e dall’estrema confortevolezza, realizzati con le più pregiate materie, dal cashmere alla seta, in finissaggi naturali e nelle sofisticate nuance onice, mirtillo e carbone, “My Private Life” traduce l’eleganza naturalmente ricercata di Fabiana Filippi in una dimensione domestica, esclusiva ed intima».
Oggi avete presentato i capi della nuova stagione autunno/inverno della Black Label e della White Label, ma anche una novità che ha dato anche il titolo all’evento. Di cosa stiamo parlando? «Esprimendo la volontà di accompagnare la nostra consumatrice finale nei vari momenti della giornata, dal quotidiano, alle occasioni più speciali fino a quelle di grande libertà ed intimità, il primo tassello di questo nuovo universo è l’introduzione di una raffinata mi-
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FIORI, TULLE E CRISTALLI DI VALENTINO ODORICO ALLA MILANO BRIDAL FASHION WEEK HANNO SFILATO LE TENDENZE SPOSA PER IL 2019: ROMANTICISMO, TRASPARENZE E ANCHE UN TOCCO DI ECO-SOSTENIBILITÀ.
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uyer e stampa internazionali, provenienti da Giappone, Emirati Arabi, Cina e Stati Uniti, hanno animato l’ultima edizione milanese della Bridal Fashion Week. Sono andati in scena i nuovi trend sposi per il 2019: dalle silhouette allo strascico, vero must-have per il prossimo anno, dalle spalle in primo piano, passando alle proposte con maniche lunghe e voluminose o midi. Cappe e mantelle si confermano l’accessorio più scenografico, mentre i fiori applicati over-all sono in assoluto il segno distintivo della nuova stagione. Per quanto riguarda i colori vince il bianco in tutte le sue declinazioni: avorio, panna, fino ai leggeri tocchi di rosa
LUSSO / MODA SPOSA 2019 02
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pastello e azzurro. C’è anche chi osa in modo più deciso con punte di giallo acceso o fucsia. A chiudere la settimana “più bianca” dell’anno è stato l’evento esclusivo Beauty Bridal Trend, organizzato dal maestro hair designer internazionale Carmelo Spina, che ha visto la presenza esclusiva della stilista Alessandra Rinaudo e del giovane designer Alessandro Tosetti. Dalle silhouette scivolate e rese aeree da sovrapposizioni di veli, proposte dalla Rinaudo, si arriva agli abiti di ispirazione Haute Couture di Alessandro Tosetti, dove l’eleganza si esprime in volute di tulle, viole di seta, pizzi francesi, intrecci e delicate trasparenze, con un focus sulle schiene nude,
valorizzate da tagli sinuosi. I tessuti utilizzati sono sete ecocompatibili rigorosamente italiane, realizzate con un processo di lavorazione etica, abbinate a pizzi delicati e impalpabili che creano preziosi ricami sulla pelle. Per una moda eticamente bella. Per lo sposo l’eleganza è la grande protagonista: completi con gilet abbinati o a contrasto; per chi ama non passare inosservato via libera anche al colore: blu acceso e grigio sono le nuance più gettonate.
01 / 03 Ph: Estella Landi per Tosetti Sposa 02 / 04 Ph: Gianluca Chiarello Modello: Giuseppe Improta Abiti: Carlo Pignatelli Location: Seven Lugano 04 TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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LUSSO / SARTI URBANI
POESIA E BELLEZZA SARTORIALE A CASA TUA che opera in modo molto radicato nel nostro territorio, oggi è una realtà che ha unito la tradizione ad una visione attuale e contemporanea unica in questo settore. La poesia del mondo sartoriale è stata strutturata secondo le esigenze del tempo: questo permette di abbracciare ogni segmento di clientela, dalla più giovane alla più tradizionale, anche sulla fascia del prezzo, con un servizio a domicilio oggi più che mai richiesto e indispensabile…
SARTI URBANI, BRAND INTERNAZIONALE NATO E OPERANTE IN TICINO, PORTA IL MONDO SARTORIALE AL DOMICILIO DEL CLIENTE, CON UN ESCLUSIVO SERVIZIO SU MISURA.
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arti Urbani è la nuova realtà sartoriale che raggiunge direttamente il cliente nella tranquillità di casa, dell’ufficio o in qualunque luogo si desideri. La bellezza di vivere l’esperienza dell’abito su misura, la poesia dei dettagli, della scelta dei tessuti, dei tagli: raggiungendo direttamente il cliente “Sarti Urbani” viene incontro alle esigenze di tempo, impegni e necessità della singola persona. Ecco che il gusto di ognuno viene raccontato attraverso dei veri piccoli capolavori, dove stoffe pregiate, dettagli personalizzati, bottoni, sono la narrazione di uno stile proprio che passa attraverso dei capi veramente esclusivi e che oggi stanno decretando il successo di questo progetto. Sarti Urbani non
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si limita alla semplice realizzazione: una consulenza su misura permette di rispondere alle vere esigenze della clientela. Abiti, camicie e maglie sono pensati e cuciti sulle forme della persona, per adattarsi alla figura ed esprimere al meglio il suo modo d’essere. Ogni capo è creato con lavorazione sartoriale per essere un pezzo unico, originale e del tutto personalizzato. Le impunture della giacca, i dettagli del collo e dei pantaloni, l’applicazione delle fodere e dei bottoni, il ricamo delle iniziali e tanti altri piccoli particolari sono realizzati e applicati a mano secondo la tradizione artigianale, sinonimo di eleganza e prestigio. L’abito racconta un’immagine di stile, raffinatezza e professionalità. Sarti Urbani, un’azienda nata in Ticino e
Via Tinelle 18 CH-6832 Pedrinate +41 76 595 08 14 sumisura@sartiurbani.com www.sartiurbani.com
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LOCARNO
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LUGANO
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ASCONA Via Borgo
UNA MERCEDES SEMPRE PRONTA A SCATTARE SUL MODELLO DELLA CLASSE C, OLTRE AL RESTYLING PRETTAMENTE ESTETICO, SI È INTERVENUTI ANCHE SUL MOTORE. DI JOËL CAMATHIAS
AUTO / MERCEDES-BENZ CLASSE CD4-MATIC
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ercedes-Benz continua a garantire uno standard elevatissimo anche nello sviluppo; segno che la casa delle frecce d’argento vuole mantenere la leadership nella sua fascia di settore. Ogni volta che ho l’opportunità di provare un nuovo modello o più semplicemente un restyling, come in questo caso, rimango sempre sorpreso, ammirato, dall’alta qualità complessiva. In questo caso parlo della nuova Classe C sulla quale, oltre al restyling prettamente estetico, si è intervenuti anche sul motore, in particolare sul modello provato, ovvero il 220 Diesel. Aspettate! Devo prima ringraziare il caro amico e direttore di Mercedes-Benz Automobili SA (succursale di Lugano-Pazzallo) Andrea Gianotti per avermi nuovamente messo a disposizione la vettura. Riprendendo quanto detto nel nuovo
modello Classe C, Mercedes è intervenuta sull’ottimizzazione dei motori abbassando la cilindrata ma aumentando la potenza attraverso i propri motoristi che lavorano con le tecnologie più moderne permettendo di ottenere una migliore e più elevata prestazione e dinamicità ma garantendo nel contempo consumi ridotti ed emissioni meno inquinanti. Alla guida la potenza del motore viene immediatamente percepita dal guidatore dando una sensazione di maggiore elasticità e dinamismo. Oltre al motore, Mercedes ha rivisto anche l’aspetto estetico con fari led di ultimissima generazione che danno all’occhio una sensazione di maggior armonia nelle linee e una fluidità visiva davvero notevole. All’interno sono poi stati apportati aggiornamenti nella console e nella schermata, che ora è completamente digitale; il tutto con un effetto di tranquillità grazie all’immediata intuizio-
ne dei comandi e delle informazioni di sicurezza necessarie non solo al guidatore ma anche ai passeggeri. Insomma, il giudizio globale è realmente molto positivo: lo affermo con convinzione visto che in passato ho guidato la Classe C per molto tempo e vi assicuro che con il nuovo modello ha fatto un ulteriore e notevole passo avanti. A conferma di quanto vi ho raccontato estrapolo sempre uno slogan ufficiale, riferito all’auto provata, di MercedesBenz che ben rappresenta le mie sensazioni: “Pronta a scattare”.
QUALCHE DATO TECNICO DELLA MERCEDES-BENZ CLASSE CD4-MATIC Motore R4 Cilindrata cc. 1'950 Alimentazione diesel Potenza max. 194 cv (143 kW) a 3'800 giri Coppia max. 400 Nm a 1'600 giri
Velocità max. 240 km/h Accelerazione 0-100 km/h: 6.9 sec. Capacità serbatoio 41 litri Peso totale 1.844 kg Trazione integrale
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AUTO / LORIS KESSEL AUTO SA
L’ESTATE STA FINENDO… IL LUSSO NO RONNIE KESSEL PRESENTA TRE VETTURE DI GRANDE PRESTIGIO CHE, PUR CON CARATTERISTICHE TRA LORO DIVERSE, SI CARATTERIZZANO TUTTE PER LE DOTI DI POTENZA, ELEGANZA, ELEVATE PRESTAZIONI E PER L’ESSERE ADATTE AD UNA GUIDA ANCHE IN CITTÀ, IN TUTTI I MESI DELL’ANNO.
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artiamo da quello che a buon diritto può essere definito il SUV di lusso per eccellenza, la Bentley Bentayga… «Il modello pluripremiato della Bentley è disponibile ora nella versione finora più sportiva, il Bentayga V8, con un nuovissimo motore V8 da 4 litri e 32 valvole con turbocompressori twinscroll localizzati all’interno della “V” del motore. La raffinata efficienza di questa vettura è possibile grazie anche alla capacità del motore di disattivare quattro dei suoi otto cilindri in condizioni adatte, senza compromettere la guidabilità. Ciò consente un netto risparmio in termini di emissioni e consumi. Questa nuova versione otto cilindri va a posizionarsi al di sotto della W12 a benzina da 608 CV, proponendo oltre 100 CV in più rispetto alla Bentayga Diesel che, a livello di performance, rimarrà il modello d’ingresso gamma. La vettura dispone di un
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cambio automatico ZF a otto rapporti collegato con un sistema di trazione integrale permanente». Il prestigio di questa vettura si conferma anche attraverso la qualità delle dotazioni… «Insieme al nuovo motore la Bentley ha introdotto nella gamma della Bentayga nuove dotazioni come la finitura di fibra di carbonio per la plancia o l’intarsiatura in legno del volante. Anche la versione V8 risulta disponibile nelle tre diverse configurazioni interne a quattro, cinque o sette posti con le sellerie che possono ora essere ordinate anche nell’inedito colore rosso Cricket Ball. A richiesta è inoltre disponibile il Bentley Dynamic Ride, un assetto adattivo con controllo attivo del rollio che sfrutta un sistema elettrico 48V. Di serie vengono inoltre proposti dei freni con dischi in acciaio e pinze rosse che possono essere abbinati a cerchi con diametro da 20 a 22 pollici».
AUTO / LORIS KESSEL AUTO SA
Chi cerca una vettura dal carattere fortemente sportivo ha invece a disposizione la Ferrari GTC4Lusso… «Non a caso questa stupenda Ferrari viene proposta come vettura da vivere in ogni condizione. Sostituta della FF (lanciata nel 2011), ne conserva l’originale carrozzeria “shooting-brake” (coupé a due porte, ma con tetto allungato e coda da station wagon) che le permette di offrire un’abitabilità non comune fra le granturismo ad alte prestazioni: i due sedili posteriori, avvolgenti e incavati ma non scomodi, sono correttamente dimensionati anche per adulti, e i loro schienali abbassabili consentono di ampliare il bagagliaio dai normali 450 litri di capienza fino a 800. Materiali e finiture di lusso impreziosiscono interni di impronta corsaiola: rispetto al modello precedente, il volante (con palette in fibra di carbonio per azionare manualmente il cambio robotizzato a sette marce) è di diametro un poco inferiore; il cruscotto è sempre dominato dal contagiri a fondo giallo, ma la plancia mostra, al centro, un nuovo schermo tattile di 10,25” in grado di visualizzare contemporaneamente contenuti diversi per pilota e passeggero (funzione Split View). A questo si aggiunge poi un secondo display, sulla destra della plancia, che mostra al passeggero dati (velocità, marcia inserita, giri-motore, accelerazione laterale in curva) utili a vivere ancor più in prima persona l’emozione di essere a bordo di questa macchina. Il sistema di trazione integrale 4RM, che già equipaggiava la FF, si è evoluto nell’attuale 4RM-S,
che aggiunge le quattro ruote sterzanti gestite dall’elettronica: questa supercar (in grado di passare da 0 a 100 km/h in 3,4” e di raggiungere i 335 km/h) sa essere docile quando si va a spasso, ma si trasforma in una vera belva se si frustano i 689 CV del poderoso V12 di 6,3 litri (aspirato e a iniezione diretta di benzina), che proiettano in un batter d’occhio a velocità incompatibili con le strade aperte al traffico. Ma non è certo da meno la versione equipaggiata col V8 turbo della California T (con potenza portata a 609 CV) e la sola trazione posteriore: di una sessantina di kg più leggera della V12 e anch’essa dotata del sistema di sterzatura integrale, “paga” meno di 20 km/h di velocità massima e soltanto un decimo in più nello scatto da 0 a 100 km/h».
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AUTO / LORIS KESSEL AUTO SA
Per tornare al mondo dei SUV, una proposta di sicuro interesse è rappresentata dalla Maserati Levante… «Primo SUV della casa modenese, si distingue per l’aspetto elegante e snello, che dissimula le imponenti dimensioni; con un riuscito e grintoso frontale, L’abitacolo è comodo, lussuoso, con finiture in pelle di serie, e anche spazioso. Anche la capacità di carico non delude. Grazie alla trazione integrale e alle efficaci sospensioni pneumatiche a controllo elettronico (regolano sia la rigidità di risposta sia la distanza da terra), la Levante è agile nonostante le oltre due tonnellate di peso, e può anche affrontare il fuori strada impegnativo. I motori del Levante sono grintosamente reattivi e, allo stesso tempo, docili e piacevoli sulle lunghe distanze, in puro stile Maserati. A questo si aggiunge un’incredibile efficienza. Il V6 sovralimentato del Maserati Levante Diesel offre una
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combinazione unica di potenza, comfort sulle lunghe distanze e straordinaria efficienza. Per poter mostrare la sua doppia indole di SUV lussuoso e versatile fuoristrada, il Maserati Levante è dotato di sospensioni pneumatiche fra le più sofisticate al mondo. Per alzarsi o abbassarsi a seconda delle necessità o delle preferenze del guidatore, il Levante si affida a un siste-
ma di sospensioni pneumatiche attive all’avanguardia. Le sei impostazioni (compresa quella per parcheggiare) consentono di decidere l’altezza da terra del Levante: maggiore per le escursioni fuoristrada più impegnative, minore per guidare in autostrada in modo efficiente e confortevole».
PER TUTTE E TRE LE VARIANTI DI CARROZZERIA DEBUTTA LA MOTORIZZAZIONE ELETTRICA, CHE A PARTIRE DAL 2020 SARÀ L’UNICA DISPONIBILE. DI BENJIAMIN ALBERTALLI
LE SMART EQ FORTWO E FORFOUR AVVIANO LA RIVOLUZIONE ELETTRICA
AUTO / WINTELER
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Q è il marchio che il gruppo Daimler utilizzerà e in parte già utilizza per tutti quei prodotti, servizi, tecnologie o innovazioni orientate all’elettrificazione. In attesa di vedere la prima Mercedes-Benz puramente elettrica, attesa per il 2019, è proprio smart il primo brand del gruppo a proporre una vettura 100% elettrica. Una motorizzazione che è disponibile da subito per tutte e tre le varianti di carrozzeria, ovvero la classica fortwo, la sbarazzina fortwo cabrio e la spaziosa forfour a quattro posti. Allo stato attuale smart è l’unico marchio automobilistico del mondo a proporre parallelamente una motorizzazione elettrica e una a combustione interna per ognuno dei modelli presenti nella sua gamma. A partire dal 2020 tale orientamento futuristico diverrà ancora più radicale dato che in Europa tutte le smart saranno equipaggiate con il solo motore elettrico, come peraltro già avviene da due anni negli Stati Uniti d’America, in Canada e in Norvegia. Il ‘cuore’ elettrico delle smart è composto da un motore da 81 cavalli e 160 Newtonmetri di coppia, grazie a cui scatta con parecchio brio ai semafori: per toccare i 60 km/h bastano appena 4,5 secondi! La batteria agli ioni di litio, ubicata sotto il pianale, assicura un’autonomia di 148 km secondo i vigenti cicli d’omologazione. Per quanto concerne la ricarica, in Svizzera le smart a trazione elettrica sono equipaggiate di serie con la ricarica rapida
da 22 Kw grazie a cui è possibile caricare la batteria dal 10% al 80% in appena 40 minuti. Esteticamente la smart più ecosostenibile che vi sia è riconoscibile per gli accenti di colore blu visibili sia all’esterno che nell’accogliente abitacolo, il quale si distingue come d’abitudine per la sua originalità. Per sottolineare il suo spirito futuristico non poteva ovviamente mancare una ‘App’ dedicata con cui dal proprio smartphone è per esempio possibile verificare e gestire lo stato di carica, come pure pre-climatizzare la propria vettura da remoto, giusto per indicare due funzioni. I prezzi della smart EQ fortwo, imbattibile per praticità nel traffico cittadino, partono da 23’900 CHF. La stessa agilità e maneggevolezza la potete ritrovare nella spaziosa smart EQ forfour a quattro posti disponibile da 24’900 CHF, mentre chi ricercasse quel tocco esotico in più potrà orientarsi verso la smart EQ fortwo cabrio il cui prezzo di partenza è fissato a 27’600 CHF.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA SMART EQ FORTWO Motore Elettrico Potenza max. 81 cv (60 kW) Coppia max. 160 Nm Capacità batteria 17.6 kWh Velocità max. 130 km/h (autolimitata)
Accelerazione 0-100 km/h 11.5 secondi Peso totale 1'085 kg Trazione Posteriore Prezzo da 23'900 CHF
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
QUANTA FILANTROPIA FA BENE A UNA NAZIONE? INTERVISTA A ELISA BORTOLUZZI DUBACH, CONSULENTE DIPLOMATO FEDERALE DI RELAZIONI PUBBLICHE, DOCENTE UNIVERSITARIO IN VARI ISTITUTI IN SVIZZERA, ITALIA, GERMANIA, ESPERTA DI RELAZIONI PUBBLICHE E SPONSORIZZAZIONI IN AMBITO INTERNAZIONALE E DEL MONDO DELLE FONDAZIONI. IL SUO LIBRO PIÙ RECENTE, SCRITTO A QUATTRO MANI CON HANSRUDOLF FREY, È MÄZENINNEN. DENKEN, HANDELN, BEWEGEN, HAUPT VERLAG, BERNA 2016 (WWW.ELISABORTOLUZZI.COM).
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uale ruolo ricopre oggi la filantropia nelle nostre società? «In estrema sintesi, la so cietà contemporanea è articolata in tre settori principali: lo stato, cioè l’apparato politico-giuridico, l’economia con i suoi mercati, e l’etica, una sfera che include tutti quei soggetti che operano in contesti non profit. La filantropia costituisce una parte fondamentale della sfera etica, a fianco di stato e mercato, e può essere definita come la generosità istituzionalizzata e organizzata, la cui portata trascende l’aspetto psicologico e morale del soggetto che dona per estendersi all’intero tessuto sociale. È utile considerare che la generosità ha sempre rappresentato il motore di sviluppo delle nostre società: prima delle leggi, che disciplinano i rapporti tra cittadini, e più estesamente dei rapporti economici che influenzano le relazioni tra portatori d’interesse, la generosità è connaturata all’essere umano come animale sociale, è una forza imprescindibile che stimola sentimenti di riconoscimento e riconoscenza indispensabili all’uomo per vivere con i suoi simili. Con l’acuirsi delle disuguaglianze tra aree diverse del mondo e all’interno delle stesse nazioni, i rapporti tra stato, mercato ed etica sono in evoluzione e oggi la filantropia gioca un ruolo sempre più importante per combattere le iniquità, sostenere lo
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sviluppo e supportare l’innovazione delle nostre società». Qual è la differenza tra filantropia e mecenatismo? «Dal punto di vista etimologico, la filantropia è un sentimento di amore per gli uomini (dal greco ἄνϑρωπος, ànthropos, e φιλία, philìa), che si esprime quando alcuni dei cittadini più benestanti di una società cedono una parte delle loro ricchezze ai meno abbienti. Le radici della filantropia affondano nei secoli: il termine compare per la prima volta nell’antichità greca come sinonimo di affabilità e cortesia; si sviluppa poi in età ellenica, quando ricorre soprattutto negli scritti dei sovrani per definire un atteggiamento benevolo nei confronti dei sudditi. Nella cultura latina, il termine filantropia si incontra nel circolo degli Scipioni, in cui indica l’incoraggiamento della cultura filosofica e letteraria, mentre Cicerone ne utilizza un’accezione semantica più complessa. Si definiscono, invece, mecenati quelle persone o organizzazioni che impiegano le loro risorse volontariamente e senza compenso per promuovere cause culturali o sociali. In breve: filantropi e mecenati hanno in comune l’impiego volontario di risorse economiche private a fini di utilità pubblica. A distinguerli è l’origine linguistica e storica dei due termini, che oggi sono usati spesso come sinonimi».
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
Daniel Müller-Jentsch (Avenir Suisse) afferma: «Le fondazioni sono uno strumento per mobilizzare capitali privati a fini di utilità pubblica. Ciò permette maggiore concorrenza e innovazione nel rispondere alle sfide sociali rispetto a un apparato statale burocratico». Il grado di innovazione che abbiamo raggiunto è opera anche del grande numero di fondazioni svizzere? «Fin dal Medio Evo, il grado d’innovazione in Svizzera è dovuto anche in modo significativo alla dedizione di soggetti privati, che, in alcuni casi, hanno operato attraverso la forma giuridica delle fondazioni. Tuttavia tutto questo non deve essere ricondotto al numero elevato di fondazioni, quanto piuttosto alla secolare tradizione di un mecenatismo coraggioso e impegnato in favore della società civile. Molto spesso i filantropi, uomini e donne, sono stati in passato e sono tuttora motori d’innovazione su temi di cui lo stato si occupa solo in parte: lavorano per raggiungere obiettivi che rispondono in modo nuovo ed efficiente a nuove necessità, utilizzano processi e modelli che generano interazioni sociali nuove, non solo tra soggetti omogenei, ma coinvolgendo stato, soggetti economici e società civile». Se l’azione di queste fondazioni riduce le attività statali, vuol dire che l’obiettivo è raggiunto? «No, e questo rappresenterebbe un obiettivo pericoloso. L’operato di fondazioni e mecenati deve essere complementare a quello dello Stato: non potrà né vorrà mai sostituirsi allo Stato nelle sue funzioni». Quali sono i settori in cui le fondazioni intervengono con particolare frequenza, mentre lo Stato ha fatto dei passi indietro? Istruzione, società, cultura? «Lo Stato preferisce limitare la spesa nei settori in cui l’impegno privato è
superiore alla media. Per questo motivo, in linea generale, vale la regola d’oro di non intervenire in nulla che rientri nei compiti imprescindibili dello Stato. A quanto vedo, molto spesso purtroppo è la cultura la prima a soffrire per le politiche di taglio della spesa decise dagli Stati quando le risorse pubbliche sono più scarse – e questo accade non soltanto in Svizzera». Considerando le ristrettezze economiche del settore pubblico, è possibile che in futuro si arrivi al punto in cui le fondazioni private si accolleranno competenze fondamentali dello Stato? Con quali effetti sul nostro sistema politico? «Un progetto di ricerca internazionale guidato dal prof. Lester Salamon della Johns Hopkins University, il Philanthropication through Privatization Project (PtP), affronta tra le altre cose proprio questa domanda. L’obiettivo dello studio è favorire l’elaborazione di una strategia per l’impiego sostenibile dei proventi delle privatizzazioni a fini di utilità pubblica. Al riguardo sono state analizzate più di 500 fondazioni in tutto il mondo. Oggi la pratica di privatizzare imprese e beni statali per reperire fondi pubblici è molto diffusa: fintanto che non vengono toccate prerogative fondamentali dello Stato, non c’è nulla da obiettare, e nemmeno dal punto di vista della democrazia ci sono problemi. Tuttavia, ogni volta che un compito fondamentale dello Stato viene trasferito ai privati, è indispensabile che si instauri un intenso dibattito pubblico e vi sia una precisa valutazione politica. Come dimostrano diversi dibattiti in molti paesi, non esiste una regola condivisa e si può giungere a conclusioni molto diverse».
Quanta filantropia fa bene a una nazione? Può accadere che un mecenate o donatore persegua l’interesse di esercitare un’influenza in ambiti di pertinenza statale attraverso l’attività della propria fondazione? «Questa domanda presenta un risvolto economico e uno sociopolitico. Da un lato vi sono cittadini che si chiedono in modo critico se le agevolazioni fiscali di cui beneficiano le fondazioni in Svizzera non sottraggano allo Stato risorse importati. A mio parere, una tradizione secolare e una collaudata legislazione dimostrano che la situazione attuale porta alla società più vantaggi che svantaggi. Dall’altro lato, è certamente necessario discutere se una concentrazione di grandi patrimoni in fondazioni non possa rappresentare un pericolo per la democrazia, soprattutto se i donatori esercitano un’influenza sulla politica in modo durevole. La domanda è legittima e se ne dovrebbe discutere pubblicamente più di quanto già non si faccia. Ogni società deve trovare la sua risposta e fare i conti con le conseguenze che ne derivano». Perché in Svizzera il modello del Giving Pledge non si afferma con più forza? «La filantropia americana presenta una tradizione completamente diversa da quella svizzera, e si considera come integrazione fondamentale a uno Stato piuttosto contenuto nei suoi interventi. Noi attribuiamo allo Stato dei compiti precisi e, in cambio, siamo disposti a versare le tasse affinché i problemi di carattere pubblico possano essere gestiti e risolti. In secondo luogo, negli Stati Uniti le reti dei filantropi sono un fenomeno consolidato da decenni ed esercitano un’influenza determinante sulla società civile: in questo senso, per un soggetto facoltoso fare donazioni e impegnarsi nel mecenatismo e nella filantropia è una questione di buone maniere. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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Anche in Europa, tuttavia, esistono reti di filantropi, come ad esempio Filia – Die Frauenstiftung (www.filiafrauenstiftung.de), fondata in Germania da donne mecenati. Questa tradizione, così come il sistema delle fondazioni in generale, che negli ultimi anni ha registrato un enorme sviluppo, si affermerà con le sue nuove reti anche in Svizzera». Una mentalità molto diffusa nel nostro paese è “fare del bene senza parlarne”. Questo non dovrebbe cambiare? «Sì, sono convinta che un nuovo approccio alla comunicazione porterebbe vantaggi molto significativi. La comunicazione e la diffusione di conoscenza, infatti, creano un moltiplicatore che incoraggia ulteriori donazioni. In secondo luogo, bisogna considerare che i filantropi non si occupano meramente di elargire denaro, ma sono soprattutto
Echi dall’antichità
portatori di sistemi di valori, e come tali rivestono un’importanza significativa per la crescita della società civile. Le nuove generazioni di filantropi sono sempre più consapevoli di questo ruolo e dell’ispirazione che, attraverso i loro progetti straordinari, possono trasmettere ai futuri donatori. Un impulso che genera effetti positivi a catena, considerando poi, che non è necessario essere milionari per divenire mecenati a favore del benessere della nostra società».
Agostino Bonalumi, Grigio, 1969, shaped canvas and vinyl tempera, 125×154.4 cm (detail). Courtesy Cortesi Gallery London, Milan, Lugano
Cortesi Gallery Lugano From the 3rd of September 2018 Cortesi Gallery Lugano will change location. The new address will be Via Nassa 62, 6900 Lugano, Switzerland WOPART WORK ON PAPER ART FAIR LUGANO 21 – 23 September 2018 Pavillon C - Booth C6 Centro Esposizioni, Lugano
herman de vries all all all Curated by Francesca Pola 12 September – 30 November 2018 Corso di Porta Nuova 46/B, 20121 Milan Jan Henderikse MINT Curated by Francesca Pola 18 September – 20 November 2018 41&43 Maddox Street, W1S 2PD London
DOSSIER FONDAZIONI / LAURA MATTIOLI
UNA GRANDE PASSIONE DI FAMIGLIA STORICA DELL’ARTE E IMPORTANTE COLLEZIONISTA, LAURA MATTIOLI HA CREATO UN CENTRO D’ARTE MODERNA ITALIANA A NEW YORK. IN QUESTA INTERVISTA CI RACCONTA LA SUA STORIA E LA SUA VISIONE DELL’ARTE.
L
ei è una collezionista e curatrice molto nota a livello internazionale. Vuole raccontarci le tappe salienti della sua vita, quali esperienze hanno segnato la sua infanzia ed hanno avuto un ruolo nella sua decisione di diventare collezionista? «Sono figlia unica di un noto collezionista italiano, Gianni Mattioli. Durante la mia infanzia ho avuto modo di conoscere e di frequentare diversi artisti a cui mio padre era legato. Avrei preferito studiare fisica, ma la mia famiglia mi ha indotto a studiare storia dell’arte e dopo l’università ho fatto questo lavoro con passione. Molto giovane ho sposato un restauratore e anche questa esperienza è stata particolarmente formativa per me. Dalla metà degli anni Novanta ho incominciato a viaggiare regolarmente negli USA con mio marito, mio figlio minore e il collezionista Giuseppe Panza di Biumo per vedere arte contemporanea. Questa esperienza è stata fondamentale per le mie decisioni successive. A differenza di mio padre, che aveva una dote naturale nel riconoscere i bravi artisti, io ho piuttosto una buona esperienza e quindi un occhio esercitato a vedere. Non mi considero una collezionista: ho gestito al meglio delle mie possibilità la collezione di mio padre, costruita con criteri storici ben precisi. Da parte mia ho perlopiù acquistato opere di amici artisti che stimo, spesso per aiutarli economicamente».
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Ci sono stati momenti in cui il contatto con l’arte e la cultura l’hanno particolarmente toccata o ispirata? «Durante i miei viaggi in USA mi sono resa conto che la cultura internazionale è molto mal informata sull’arte italiana del XX secolo, ritenuta perlopiù una “derivazione” dell’arte francese o americana. Anche l’approccio metodologico delle università italiane (più filologico) e anglosassoni (più politico -sociale) sono opposti e ostacolano la comunicazione tra le due culture, generando profonde incomprensioni. Sono stata così toccata da questa situazione che ho deciso di cercare di rifondare gli studi e di conseguenza la percezione pubblica dell’arte italiana del XX secolo perché non fosse più considerata un fenomeno provinciale». Lei ha istituito una fondazione di diritto svizzero e una di diritto americano? Perché due fondazioni? «Le due fondazioni sono giuridicamente diverse e hanno finalità distinte. La fondazione americana di diritto pubblico, il Center for Italian Modern Art o CIMA, è nata nel 2013 con lo scopo di promuovere gli studi sull’arte italiana del XX secolo in ambito internazionale: conferisce delle borse di studio internazionali a dottorati, paga viaggi a studiosi stranieri che abbiano bisogno di venire in Italia per pubblicare libri su questo tema; organizza un’esposizione all’anno di artisti/argomenti poco noti fuori dall’Italia (la mostra annuale è l’argomento di studio dei borsisti, ma è anche aperta al pubblico due giorni alla settimana); promuove seminari, la pubblicazione on line gli studi realizzati grazie alla sua attività, incontri rivolti ad un
DOSSIER FONDAZIONI / LAURA MATTIOLI
pubblico molto diversificato (dalle serate di “copia” per gli studenti delle Accademie di Belle arti ai laboratori per ragazzi delle scuole medie e superiori, dalle viste guidate da artisti internazionali a dibattiti con varie personalità della cultura)».
per ora sono alla ricerca del luogo! La fondazione ha un comitato direttivo molto qualificato che sta attivandosi anche su nuove ulteriori proposte. Infatti questa fondazione non ha ancora un annodi vita e sta incominciando a muovere i primi passi»
Quali sono gli scopi della Fondation Mattioli Rossi? Quali i progetti correnti e futuri? «La Fondation Mattioli Rossi, di diritto svizzero, è invece nata solo in febbraio 2018 e ha lo scopo di promuovere la conoscenza dell’arte attraverso la collezione della mia famiglia, da cui trae il nome e che intende gestire nell’interesse pubblico. La più importante eredità che ho ricevuto da mio padre - e spero i miei figli da me- non consiste nel valore economico delle opere d’arte, ma nella consapevolezza che la capacità di fare arte - qualsiasi genere di arte - è caratteristica dell’uomo e lo distingue dagli animali: essa lo educa ad essere più “umano”. L’arte non è un investimento economico e neanche un divertimento, ma un potente mezzo educativo attraverso il quale le persone possono imparare non solo a guardare con i propri occhi, ma soprattutto a pensare con la propria testa, lontano dagli stereotipi e non influenzati, ad esempio, dalle “fake news”. I progetti correnti della Fondazione Svizzera sono di dare in deposito a lungo termine a musei svizzeri nuclei omogenei di opere importanti. Il primo deposito si è concluso recentemente con il MAMCO di Ginevra e altri sono in avanzata fase di trattativa. Oltre a questo, la nostra collezione ha sempre prestato molto generosamente ad esposizioni temporanee in tutto il mondo – e continuerà a farlo come una delle attività culturali più importanti. Per il futuro avrei il desiderio di organizzare un paio di piccole mostre all’anno, focalizzate su una sola opera della collezione da mettere in particolare rilievo in un luogo suggestivo. Ma
Il CIMA è una fondazione di diritto americano. Quali sono a suo parere i vantaggi e gli svantaggi di una fondazione di diritto americano, rispetto ad una fondazione di diritto svizzero? «Le legislazioni (svizzera e americana) che regolano le due fondazioni sono molto diverse in quanto sono create nell’ambito di culture e di paesi diversissimi, che non dialogano molto tra loro. La fondazione americana che ha sede in una grande città internazionale come New York e quindi può godere di una audience molto ampia – imparagonabile a livello di numero di persone e di risonanza con quella che può avere una fondazione svizzera. Ma per avere questa risonanza deve mantenere un livello qualitativo sempre altissimo perché la competizione è molto forte e la possibilità di collaborazione con altre istituzioni limitata proprio dal rischio di competizione. La dimensione svizzera è più contenuta a livello di numeri e quindi vedo come necessaria una collaborazione con altre realtà, sia private che pubbliche. Entrambi questi due paesi, malgrado le macroscopiche differenze, puntano molto sull’attività dei privati e questo rende possibile il fiorire di numerose iniziative nei campi più diversi e la collaborazione tra soggetti diversi. Questo mi sembra un aspetto molto importante e incoraggiante.
lavorato in questo modo. Per il momento mi propongo di sostenere l’attività espositiva e di ricerca del CIMA a New York per almeno ancora due anni e di avviare l’attività della fondazione svizzera sia con collaborazioni a lungo termine con altri enti, pubblici o privati, sia con una attività espositiva “agile”, ma capace di suggerire nuove idee e aprire nuove strade. Desidero continuare a spendere la mia vita, finché potrò, al servizio di un’idea di arte capace di comunicare con la gente, non chiusa nella torre d’avorio degli esperti o di ricchi in cerca di status simbol».
Lei è stata curatrice di mostre prestigiose in Italia e all’estero? Che progetti ha per il futuro? «Ho curato diverse mostre sia in Italia che all’estero. Non mi interessa il numero di mostre o di pubblicazioni che faccio, ma la loro qualità e ho sempre TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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DOSSIER FONDAZIONI / BENNO SCHUBIGER
IL NOSTRO AMORE PER IL TICINO TRA I MAGGIORI ESPERTI SVIZZERI IN CAMPO DI FONDAZIONI, BENNO SCHUBIGER SOTTOLINEA IL LORO INSOSTITUIBILE RUOLO NELL’ASSISTERE LO STATO NEL RISPETTO DEL PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ.
Ph: Béatrice Devènes
generale per il patrimonio culturale di tutta la Svizzera. Sulla base di questi obiettivi la Fondazione eroga contributi per progetti relativi alla salvaguardia e alla protezione dei monumenti e al loro restauro, e sostiene pubblicazioni e lavori di ricerca dedicati esclusivamente al patrimonio culturale storico del Canton Ticino».
L
ei è Presidente del Consiglio di fondazione della Fondazione Dr. Hans Dietler-Kottmann Lugano, alla cui guida è succeduto all’Avv. Stefano Bolla. Quali sono gli scopi statutari della fondazione? «Il giurista e banchiere Dott. Hans Dietler, nato nel 1870 a Lucerna, era particolarmente legato al Canton Ticino. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Castagnola, fino alla sua morte avvenuta nel 1962. Il Dott. Dietler aveva già predisposto la costituzione – post mortem – di una Fondazione donatrice che portasse il suo nome. Egli definì lo scopo di questa Fondazione come segue: “Conservare e promuovere il patrimonio artistico, culturale e spirituale del Canton Ticino”. Non conosco alcuna Fondazione in Svizzera che abbia focalizzato in maniera tanto precisa i suoi intenti. Questi rispecchiano in modo chiaro gli interessi del fondatore e la sua predilezione per il Ticino e in
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Quali sono i progetti che avete sostenuto in passato, quali quelli attuali? «La nostra Fondazione sostiene diversi progetti dedicati alla conservazione del ricchissimo patrimonio culturale su tutto il territorio del Canton Ticino, impegnandosi ad esempio nei restauri di un semplice oratorio, o di una chiesa barocca, o ancora per i lavori di ristrutturazione di un museo. Fin dalla prima erogazione di fondi, nel 1966, la Fondazione ebbe modo di illustrare in modo chiaro la sua prassi di promozione contribuendo al progetto di restauro degli affreschi medievali di Antonio da Tradate nell’antico coro della Chiesa di San Michele a Palagnedra. Numerosissime cappelle, oratori, santuari, chiese e edifici storici hanno poi potuto approfittare negli anni seguenti del sostegno della Fondazione DietlerKottmann, che in tal modo intende contribuire al mantenimento del ric-
DOSSIER FONDAZIONI / BENNO SCHUBIGER
chissimo patrimonio architettonico e culturale del Ticino nel tempo. Uno dei progetti attuali consiste nel restauro della Chiesa medievale di San Mamete a Mezzovico, un altro nel restauro della Chiesa barocca di Sant’Eusebio a Castel San Pietro. E ci impegnamo anche in progetti dedicati l’arte del XX secolo, come ad esempio la Fondazione Monte Verità a Ascona, o la Fondazione Elisa e Titta Ratti a Malvaglia che ha esposto le opere dello scultore bleniese nel vecchio asilo ristrutturato a questo scopo. Tramite il supporto di pubblicazioni dedicate all’arte intendiamo contribuire a una vasta divulgazione della storia dell’arte del Ticino anche fuori dai suoi confini». Qual è la sua visione per i prossimi cinque anni, che interventi contate di attivare sul territorio? Con che criterio operate le vostre scelte? «La nostra Fondazione non dispone di un patrimonio molto importante, siamo quindi limitati nell’erogare contributi. Certo, se potessimo disporre di donazioni o fondi supplementari, potremmo allargare la nostra attività e sostenere un maggior numero di progetti. Mi auguro che la popolazione del Canton Ticino possa approfondire ancor maggiormente il senso di responsabilità per il ricchissimo patrimonio architettonico presente sul territorio e aumentare la sensibilità per la sua salvaguardia: questo è un tema che mi sta particolarmente a cuore. Purtroppo, in Ticino sono andati perduti negli ultimi decenni alcuni edifici storici dell’Ottocento e del Novecento: ville, alberghi, e altri ancora, e quindi sono venute a mancare molte testimonianze architettoniche che erano elementi portatori dei valori del nostro patrimonio comune, e queste perdite rischiano di danneggiare anche il turismo. Potrei immaginare una collaborazione della nostra Fondazione con l’USI e l’Accademia di Architettura di
Mendrisio per promuovere l’informazione attraverso varie iniziative come presentazioni o conferenze. D’altro canto, penso che lo scopo principale della nostra Fondazione rimanga il sostegno a progetti di restauro. In tale ambito sono importanti l’alta competenza professionale nella realizzazione degli interventi e - per quanto riguarda il patrimonio architettonico - che gli oggetti siano classificati almeno come beni d’importanza comunale o ancor meglio cantonale». Lei ha ricoperto cariche prestigiose nel passato recente, è stato Presidente della Società di storia dell’arte svizzera e Presidente e Fondatore di SwissFoundations, l’Associazione delle fondazioni erogatrici svizzere. A questo proposito, com è nata l’idea di istituire l’associazione? «L’idea di SwissFoundations è nata vent’anni fa. Nel 1998 entrarono in carica nuovi direttori in alcune delle grandi fondazioni. Si trattava di una nuova generazione di responsabili operativi attorno ai 40-45 anni di età, che ravvisava nella cooperazione e comunicazione, nonché nella trasparenza, l’opportunità di riformare il settore delle fondazioni donatrici in Svizzera, allora considerato molto chiuso. Grazie all’avvento di internet, allora ancora molto nuovo, le varie fondazioni hanno iniziato a collaborare fra loro molto più apertamente e stabilire nuovi standard di comunicazione. Ciò ha fatto aumentare gli scambi fra i vari partner. Grazie a questa evoluzione nell’ambito della comunicazione abbiamo potuto creare le basi per fondare SwissFoundations nel 2001». Come avete lanciato l’Associazione? Quali sono state le difficoltà, le sfide? Chi sono stati i primi soci? Quali sono stati i primi successi? «L’atto di fondazione di SwissFoundations, l’associazione delle fondazioni donatrici in Svizzera, fu preceduto da TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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numerosi incontri informali, e anche convegni organizzati da differenti fondazioni. Proponevamo nuove riflessioni e cercavamo di rinnovare il settore delle fondazioni erogatrici, allora come oggi molto frammentario, cercando di dargli più credibilità e conferendogli un ruolo più contemporaneo. Molte fondazioni, e con loro in effetti tutto il settore, tendevano a mantenere gestioni basate sul modello tradizionale: vivevano, per così dire, in una sorta di “splendid isolation”. Questi parametri ci sembravano anacronistici. Noi volevamo interagire, dare energia al settore, creare fiducia fra i protagonisti, e scambiare anche dati finanziari. Non tutti aderirono a questa iniziativa. Undici fondazioni parteciparono comunque alla creazione di SwissFoundations. Fra le più importanti vi erano le fondazioni Ernst Göhner e Gebert Rüf di Zurigo, Christoph Merian e Sophie e Karl Binding
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di Basilea. Primo membro ticinese fu la Fondazione Helmut Horten. Poche settimane dopo la sua costituzione, SwissFoundations fu costretta ad affrontare un processo di apprendimento, che si manifestò in una sfida ambiziosa e assai problematica: la revisione del diritto delle fondazioni che da parte nostra richiedeva un grande impegno a livello lobbyistico. I risultati furono comunque molto positivi e riuscimmo a raggiungere i nostri obiettivi, questo fu per noi un grande successo!» Anche attualmente lei è attivissimo: di che cosa si sta occupando? «Come storico dell’arte ho la fortuna, anche dopo il pensionamento, di potermi dedicare ad attività molto interessanti. Anche mia moglie Letizia Serandrei di Lugano è storica dell’arte, e insieme abbiamo fondato un’attività di consulenza fondata sulle esperienze maturate nel corso delle rispettive vite
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professionali nei campi dell’arte, del patrimonio culturale, dei musei, delle fondazioni e del fundraising. Per hobby scrivo in Benno’s Blog testi relativi alle fondazioni e alla filantropia. Anche in Ticino abbiamo cariche gratificanti: per quanto mi riguarda la Fondazione Dietler-Kottmann, e mia moglie è membro del consiglio della Fondazione Ursula e Gunter Böhmer a Montagnola. Nell’ambito di questi nostri impegni entriamo in contatto con persone molto interessanti e abbiamo modo di scambiare esperienze arricchenti». Da ultimo: quale futuro vede per il Ticino delle fondazioni? «Il Canton Ticino è sede di molte fondazioni importanti. In proporzione al numero di abitanti, è il sesto cantone della Svizzera. Ciò è dovuto alla presenza dell’importante centro finanziario di Lugano, alla vicinanza con l’Italia, e sicuramente alla qualità di vita per persone benestanti. Sotto questi punti di vista il settore delle fondazioni gode certamente di grande potenziale. La cosa più importante è che le fondazioni presenti sul territorio del cantone lavorino insieme e collaborino anche con le altre fondazioni svizzere, ma anche con quelle italiane. In questo senso apprezzo molto che si sia costituita la Rete Ticinese di Fondazioni Erogatrici. Poiché cooperazione e trasparenza sono le garanti per un futuro promettente».
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DOSSIER FONDAZIONI / LETIZIA TEDESCHI
DALLA PARTE DELL’ARCHITETTURA
C DIRETTORE DELL’ARCHIVIO DEL MODERNO DELL’ACCADEMIA DI ARCHITETTURA DI MENDRISIO, LETIZIA TEDESCHI DELINEA GLI OBIETTIVI, LA FILOSOFIA E L’ATTIVITÀ SCIENTIFICA DI QUESTA ISTITUZIONE CHE SVOLGE UN RUOLO DI PRIMO PIANO NELLA DIFESA E NELLA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE DEL TICINO E NON SOLO.
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ome e quando nasce l’Archivio del Moderno? «Ricordo che dell’Archivio si era parlato prima ancora della sua costituzione in una riunione presso la Fondazione Collina d’oro per poter accogliere in deposito di lunga durata, rinnovabile, gli archivi delle famiglie Gilardi, Adamini e Camuzzi, promuovendone la valorizzazione. L’Archivio del Moderno è nato nel 1996 come istituto dell’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana ed è stato inaugurato nel 1998 con una mostra dedicata agli archivi di architettura presenti sul territorio ticinese, poi, nel 2004, è divenuto, per atto dell’USI, una Fondazione». Perché si è deciso di creare una Fondazione? «Istituita dall’USI, sostenuta dal Cantone e da privati, la Fondazione è nata per favorire l’attività di acquisizione e promozione degli archivi di architetti che ci vengono donati, dal momento che la nostra politica culturale è sempre stata quella di ricevere i fondi archivistici di eccellenza attraverso donazioni. Consideriamo questa scelta una scelta valoriale. Per rafforzare e coordinare le attività accademiche e di ricerca svolte e tuttora in essere, queste ultime sono state trapassate all’USI che nel 2018 ha costituito l’Archivio presso l’Accademia di architettura, ove sono attive le persone che già hanno operato in seno alla Fondazione, mentre la Fondazione è titolare e garante della custodia e della valorizzazione degli archivi con il compito di continuare questa sua attività e promuovere nuove acquisizioni.
E come avete operato? «Allo scopo di valorizzare i nostri archivi, abbiamo promosso studi specialistici attivando collaborazioni con enti di ricerca e università nazionali e internazionali. Ciò anche grazie al fatto che la Fondazione è parte della costellazione degli istituti dell’USI, come pure della rete europea dei centri di ricerca consacrati agli orizzonti di studio di nostra competenza. Cosa che ha consentito di restituire figure storiche, in parte o in tutto dimenticate, alla comunità scientifica internazionale; la promozione di ricerche inedite sovranazionali come la ricomposizione del dare e avere tra Ticino e Lombardia focalizzata sulla “spazialità” di una capitale come Milano, tra 1796 e 1848 oppure una più puntuale qualificazione dell’architettura moderna in Ticino tra 1945 e il 1968». Qual è lo scopo statutario della Fondazione? «La Fondazione Archivio del Moderno è una istituzione no profit che ha lo scopo di raccogliere, conservare e valorizzare archivi di architettura, ingegneria, urbanistica, arti visive e design; svolgere ricerche scientifiche in tali ambiti, nella storia e nel presente, promuovendo collaborazioni con altri istituti di ricerca, musei, archivi. Istituire nel proprio ambito centri di ricerca specifici, realizzare attività espositive e pubblicazioni scientifiche». Quali sono le aree di intervento e quali progetti avete realizzato negli ultimi anni? «Mi piacerebbe risponderle evitando noiosi elenchi. Una delle nostre peculiarità riguarda la sistematica ricomposizione e la valorizzazione storico-
DOSSIER FONDAZIONI / LETIZIA TEDESCHI
critica dell’apporto dato dalle maestranze ticinesi alla storia dell’architettura europea, in particolare in Russia e nell’Est Europeo, Francia, Italia, tra XVIII e XIX secolo, con un’apertura al XVI secolo; per la seconda metà del XX secolo la cultura architettonica italiana ed elvetica e le loro reciproche interazioni, con un’attenzione particolare all’affermazione, nel Cantone Ticino, di un’architettura di levatura europea. Quanto al realizzato. Per dirla in cifre: in vent’anni di attività, oltre ad acquisire 56 archivi, abbiamo promosso 38 progetti di ricerca, firmato 45 accordi e convenzioni di collaborazione scientifica con istituzioni accademiche, museali e centri di ricerca nazionali e internazionali, creando una fitta rete di relazioni transnazionali; organizzato 38 convegni e seminari; allestito 52 mostre presso musei prestigiosi ed enti accademici e pubblicato 53 volumi». Quest’anno la Fondazione celebra un giubileo importante. Guardando indietro ai vent’anni trascorsi dalla costituzione dell’Archivio, quali le sembrano essere i traguardi più significativi che avete raggiunto? «Abbiamo progressivamente implementato le borse di studio per giovani ricercatori nell’ambito della ricerca competitiva, implicante il finanziamento di progetti europei e federali. Una nostra scelta vincente è stata quella di favorire le ricerche post-doc, ma anche i ricercatori esordienti e i fellows promotori di studi vincolati a vario titolo ai progetti che abbiamo, di volta in volta, promosso. Ricerche che abbiamo condiviso con altre realtà di settore come l’Université Paris 1-Panthéon Sorbonne, il MARCHI Istituto di architettura di Mosca, il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, la Bibliotheca Hertziana-Max Planck Institut di Roma e i Musei Vaticani. Abbiamo preso le mosse, sempre, dagli archivi acquisiti. Si è arriva-
ti a ciò, mi permetto di aggiungere, perché in vent’anni siamo divenuti un luogo di incontro e collaborazione per studiosi provenienti da tutto il mondo. Lavorando, come abbiamo fatto, alla costituzione di una rete sovranazionale di istituzioni affini ci siamo fatti protagonisti di una efficace politica culturale, non senza positive ricadute». Per tornare alla scadenza ventennale della vostra costituzione, che cosa avete programmato per l’anno giubilare? «Presso il Centro di Villa Negroni di Vezia, il 21 settembre si terrà un simposio dedicato a L’energia del mecenatismo. Paradigmi ed esperienze in architettura e arte. Il nostro intendimento è quello di valorizzare il mecenatismo che sostiene e rilancia la società civile. La riflessione che si svolgerà vede testimoniare relatori prestigiosi e istituzioni protagoniste e ciò credo possa favorire una nuova consapevolezza in grado di sollecitare un’inattesa solidarietà per una crescita condivisa, tesa alla valorizzazione di un bene comune. Cercheremo risposte a domande del tipo: quale sarà nel prossimo decennio il ruolo e il peso del mecenatismo? Quali risorse e quali potenzialità potranno essere sollecitate, sostenute e sviluppate, nell’immediato futuro da un mecenatismo attivo? Che cosa suggerisce in particolare il fronte, sempre “aperto”, dell’architettura che nel dialogare con la storia prefigura il futuro, prossimo e remoto?».
zionale. Del resto corrispondente alla nostra storia, richiamando in particolare le migrazioni delle maestranze e degli architetti ticinesi in tutta Europa». Qual è il programma per i prossimi cinque-sei anni di sviluppo della Fondazione? «Potrei risponderle in estrema sintesi: da un lato abbiamo l’esigenza – per rispettare una Convenzione di collaborazione firmata nel 2002 con il Ministero per i Beni culturali di Roma – di una sede italiana dell’Archivio del Moderno. Stiamo esplorando proposte interessanti, ubicate in luoghi limitrofi al Ticino. Dall’altro lato, dobbiamo corrispondere efficacemente al ruolo assunto a livello internazionale dall’Archivio del Moderno. Un primo atto di ciò è dato dall’ormai imminente costituzione di un nuovo Centro studi sugli “stucchi”, condiviso con la Scuola Normale di Pisa, le Università di Roma 2 e di Roma 3, di Padova e di Siena. La posizione geostorica della Svizzera, le sue culture linguistiche e lo stesso ordinamento politico-legislativo sono le premesse per uno sviluppo dell’Archivio e un consolidamento della posizione acquisita che lo fa essere parte di una rete di luoghi attrattivi per gli studiosi del settore. In quest’ottica assume rilevanza la ricerca di nuove risorse per il futuro prossimo e remoto di questa nostra istituzione; una sfida non priva di incognite, ma avvincente e che, per più ragioni, vale davvero la pena di perseguire».
Infine, quando inaugurerete la nuova sede di Balerna dell’Archivio del Moderno? «Pensiamo nella primavera del 2019. Faremo della nostra nuova sede presso il Punto Franco di Balerna-Chiasso, un bell’edificio dell’ingegner Maillard, lo scenario di una grande festa che si tradurrà in un vero e proprio happening, dedicato al tema del “confine-limite” inteso come opportunità per rilanciare un fecondo dialogo sovranaTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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AZIENDE / SPECIALE TRADING
TICINO AL VERTICE DEL COMMODITY TRADING
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ssieme a Londra e Singapore, la Svizzera gioca oggigiorno un ruolo fondamentale nella negoziazione di materie prime a livello mondiale. Storicamente, ovvero sin dai primi decenni del ventesimo secolo, merci quali il cotone, il caffè ed il grano hanno avuto una lunga tradizione d’intermediazione attraverso la Svizzera. In seguito, le contingenze delle guerre mondiali, la neutralità elvetica, un tasso di cambio flessibile, nonché la stabilità politica ed economica del Paese hanno facilitato l’insediamento di tali attività di negoziazione. In questo contesto molto specifico anche la piazza di Lugano si è ritagliata una fetta di mercato importante – soprattutto nell’acciaio, nei metalli di base, nell’oro, nel gas, nel carbone ed in parte anche nelle soft commodities – posizionandosi oggi in una situazione di tutto rispetto. Il commodity trading a Lugano è composto da pressappoco 90 aziende che contribuiscono in maniera importante alle entrate fiscali nonché al PIL del cantone Ticino (quest’ultimo dato è in crescita costante ed ammonta a circa il 2% in linea con il dato a livello svizzero). In questo settore sono occupate direttamente ed indirettamente circa 1.500 persone altamente qualificate che ruotano attorno a I fattori che hanno contribuito allo sviluppo del commodity trading nel cantone Ticino sono parecchi. In sintesi:
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
ANDREA CAVALLO (A.C.) Presidente di Siderfer SA
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RICCARDO TALENTI (R.T.) Chartering & Operations Manager, FLAME SA
• Stabilità politica ed economia in un Paese neutrale fortemente dominato da una lunga tradizione di rapporti diplomatici universali. • Sistema legale basato sul principio della certezza del diritto e fondato su un’ideologia liberale che limita al massimo l’ingerenza statale. • Infrastrutture di trasporto e di comunicazione particolarmente efficienti. • Sistema bancario tradizionalmente solido composto da banche universali e da banche specializzate in grado di servire le esigenze specifiche del trading. • Condizioni fiscali vantaggiose sia per i nuovi insediamenti sia per le realtà già ben radicate. In generale queste società di trading possono essere trattate come società ausiliarie e beneficiare pertanto di una tassazione favorevole in considerazione della preponderanza dell’attività estero su estero. • Sistema formativo di alta qualità e flessibile grazie all’università della Svizzera italiana e alla scuola universitaria accompagnate da percorsi formativi specifici organizzati dalle varie associazioni di settore. • Posizione geografica favorevole sull’asse nord-sud che attraversa l’Europa. Pochi chilometri separano Lugano, da Milano, da Ginevra e da Zurigo. La vicinanza al settore industriale del Nord Italia e le affinità culturali e linguistiche hanno contribuito all’insediamento di società di trading specializzate nella fornitura di materia prime all’industria italiana. • L’italianità nella cultura e nella lingua nonché l’ottima padronanza dell’inglese, del tedesco e del francese hanno favorito l’insediamento di realtà con origini molto diverse (italiani, arabi, turchi, russi, tedeschi, americani, ecc.) • Posizione favorevole in termini di fuso orario per operare con tutto il mondo nell’arco della giornata lavorativa, assicurazioni dei rischi, problematiche giuridiche, conoscenze di lingue straniere e così via.
AZIENDE / SPECIALE TRADING
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n quale settore si svolgono le attività di commodity trading della vostra azienda?
A.C.: «Siderfer opera nel settore dei prodotti siderurgici di base, ossia materie prime per la siderurgia e prodotti di acciaio grezzo destinati a successive lavorazioni. Il nostro ruolo è quello di facilitare gli scambi internazionali tra industrie nel settore siderurgico fornendo servizi logistici, tecnici e finanziari a soggetti esportatori e importatori di acciaio». R.T.: «FLAME è una società che si occupa di commercio di carbone, acquistandolo ovunque nel mondo, e vendendolo poi ai clienti laddove vi sia richiesta. I principali clienti della nostra azienda sono le centrali di energia e gli impianti di cemento, situati principalmente in Asia. Oltre a quella commerciale FLAME ha sviluppato anche un’ulteriore attività come armatori di navi, il che ci permette di provvedere non solo a spedizioni per la nostra merce, ma anche per conto terzi». Quali sono i principali problemi e i rischi che deve affrontare un’azienda che opera nel commodity trading? A.C.: «Come tutti i settori, il commodity è in continua evoluzione. Attualmente, uno dei problemi più spinosi è quello di prevedere con un certo anticipo i flussi dei prodotti. Il trading siderurgico internazionale è stato sempre caratterizzato da aree geografiche di acquisto (importatori netti) e di vendita (esportatori netti). Gli attuali cambiamenti geopolitici e l’ondata di misure protezionistiche stanno stravolgendo le logiche dei flussi e limitando fortemente gli scambi tra i diversi
continenti. Per quanto l’attività del trading richieda, per definizione, una mentalità flessibile e una capacità di adattamento ai cambiamenti repentini, la riduzione dei volumi trattati e la brevità dei cicli (tra 2 anni l’amministrazione americana potrebbe già cambiare, ribaltando completamente le prospettive attuali…) stanno creando dei veri e propri “stress tests” sia per i traders che per gli operatori logistici. La mancanza di volumi e il rischio di trovarsi dal lato sbagliato potrebbero risultare fatali». R.T.: «Premetto che il commercio di carbone in Europa sta diminuendo a causa della forte opposizione che si ha verso il carbone come fonte primaria di energia, preferendo le energie alternative. Di conseguenza, molti analisti del settore si aspettano un calo lento, ma al tempo stesso continuo, del consumo di carbone nel mondo, soprattutto in Europa e nelle altre nazioni occidentali, dove l’economia è in via di ripresa. Per contro, almeno per il momento, la richiesta di carbone in Asia dovrebbe rimanere piuttosto stabile, grazie alla Cina e alla crescita dei Paesi e mercati minori, che stanno emergendo. Ciò detto, tutte le attività legate al mercato delle commodities risentono particolarmente dei conflitti e delle turbolenze politiche che possono coinvolgere singoli Paesi oppure modificare il quadro degli equilibri internazionali. A ciò si aggiunga nell’ultimo periodo lo sviluppo di “guerre commerciali” e l’introduzione di dazi che porteranno necessariamente ad una alterazione del mercato». Qual è il supporto assicurato dal settore bancario e quali sono gli strumenti finanziari cui la vostra azienda fa abitualmente ricorso? A.C.: «Il commodity trading non può prescindere dal supporto bancario, che è essenziale in un business
caratterizzato da un altissimo fabbisogno di capitali. Lo strumento principale utilizzato dagli operatori è il Trade Financing, che permette alle banche di concedere finanza ai traders utilizzando la merce finanziata come garanzia. Il Trade Financing è una pratica finanziaria “specialistica” che non è disponibile in tutto il mondo. In diversi paesi, tra i quali l’Italia, questo sistema di finanziamento è addirittura reso impraticabile dalla giurisprudenza locale che non tutela in modo pratico le banche in caso di default. Il Trade Financing inoltre richiede competenze tecniche specifiche da parte dei funzionari, profonda conoscenza del singolo settore, dei prodotti e degli operatori del mercato. La Svizzera, da sempre, è sicuramente il paese con il più alto grado di competenza bancaria in questo settore. In parte questo è il motivo della alta densità di commodity traders in Svizzera». R.T.: «Il sistema bancario svizzero, con la sua profonda conoscenza del commodity trading, è stata una delle ragioni principali che hanno spinto i partner fondatori di FLAME a stabilire l’ufficio centrale della nostra azienda a Lugano». Che cosa manca al Ticino per diventare un territorio dove le attività di Trading possano rappresentare un’importante risorsa economica? A.C.: «Direi che al Ticino non manca nulla. Se dovessi però trovare una criticità, solleverei il problema delle aliquote fiscali sul reddito dei manager di alto livello, che è di gran lunga superiore a quello di altri Cantoni e può rappresentare una limitazione allo sviluppo delle aziende ticinesi che devono sostenere costi superiori rispetto ai concorrenti di atri Cantoni per poter attrarre figure di rilievo». TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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AZIENDE / SPECIALE TRADING
R.T.: «Accanto alla qualità del sistema bancario e finanziario, le leggi sul lavoro, la prossimità con l’Italia, la stabilità della nazione, e la qualità della vita in Svizzera, sono tutti punti chiave. Ciò nonostante, negli ultimi anni la situazione ha subito dei cambiamenti. Per il momento consideriamo ancora Lugano come un buon posto in cui vivere e lavorare, ma, ad essere onesto, ritengo ci sia ancora molto spazio per migliorare l’avvenenza e la competitività di questa città (e della Svizzera in generale) come hub per il commodity trading. Questo anche da un punto di vista fiscale e a livello di tassazioni». Quali interventi a livello cantonale e federale sarebbero auspicabili per rendere il Ticino un territorio fortemente specializzato nel commodity trading? A.C.: «Per poter operare in campo internazionale è necessario adattarsi alle esigenze delle culture più disparate, operando in modo snello e versatile. Più che ogni altro settore, il commodity trading necessità di un habitat a bassa burocratizzazione. È sempre stata la forza della Svizzera. Si sta notando però un certo appesantimento della burocrazia, specialmente quella prodotta sulle attività bancarie. Auspico che la Svizzera riesca a mantenere le proprie prerogative di “Svizzera”, nonostante le pressioni e le imposizioni degli stati (pre) potenti, quasi sempre finalizzate esclusivamente ai propri interessi». R.T.: «ll Canton Ticino fa parte di una nazione politicamente e socialmente contraddistinta da grande stabilità. Questo garantisce una costante crescita economica, facilitata da un sistema amministrativo snello e in grado di rispondere tempestivamente
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alle richieste dei cittadini, oltre che da un sistema fiscale molto concorrenziale. L’amministrazione cantonale e i comuni sono consapevoli dell’importanza di attrarre sul territorio nuove realtà imprenditoriali in grado di apportare competenze e rinnovata dinamicità al tessuto economico. Queste favorevoli condizioni devono essere tuttavia mantenute nel tempo e in queste senso sarebbe opportuna una maggiore considerazione dell’intero settore, per la sua rilevanza economica ma anche per i possibili risvolti in termini occupazionali». Quale supporto alle vostre attività proviene da una associazione come Lugano Commodity Trading Association? A.C.: «LCTA sta facendo un ottimo lavoro nell’accompagnamento delle aziende attraverso gli inevitabili cambiamenti del mondo del commodity trading, promuovendo corsi di formazione aziendale, aggiornamenti sulla trasformazione in atto sui temi doganali, e attività di networking. In particolar modo è apprezzabile lo sforzo congiunto con la Camera di Commercio per promuovere il Ticino come piattaforma operativa per gli operatori del commodity trading di altri paesi. Siderfer continuerà, nel suo piccolo, a dare il proprio contributo al LCTA per accrescere quella che già oggi è forse la piazza principale per il trading siderurgico in Svizzera».
R.T.: «Credo che la LCTA abbia molto opportunamente inserito Lugano sulla mappa dei principali hub e promuovendo questa città come centro di commercio efficiente e conveniente. Prima della crisi nel settore privato bancario ticinese, poche persone comprendevano l’importanza del commercio di materie prime, ma grazie anche all’attività svolta dalla LCTA, tutto ciò sta cambiando. Vi sono tuttavia due aspetti che occorre ulteriormente sviluppare. Da un lato la conoscenza generale, a livello istituzionale, dei media e dell’opinione pubblica, dell’importanza che questo settore già oggi rappresenta e che a maggior ragione può rappresentare per l’economia ticinese. Dall’altro la formazione. Nei settori che ruotano attorno al commodity trading (aspetti di spedizioni, di finanziamento, di assicurazione, di fiscalità, ecc.) vi è una chiara carenza di personale con capacità specifiche e know-how con la conseguente difficoltà oggettiva ad individuare nuovi profili in Ticino, in Svizzera e, talvolta, addirittura nel resto del mondo. In questa prospettiva, la LCTA si prefigge lo scopo di formare il personale delle aziende associate, e non, in diversi ambiti specifici relativi al trading, al finanziamento delle operazioni che riguardano le materie prime, all’assicurazione, alle spedizioni ed agli aspetti legali. Tutto ciò, naturalmente, si svolge con professionalità grazie alla partecipazione di esperti autorevoli e riconosciuti. I corsi – che si svolgono in inglese – sono programmati secondo le esigenze del settore ed in base alle richieste dei commodity traders. In questo modo, chi vuole intraprendere una nuova carriera in questo ambito, potrà ricevere una formazione generale sui temi settoriali più importanti».
AZIENDE / DALLMAYR
IL PIACERE E LA PERFEZIONE DEL CAFFÈ SE VI PIACE GUSTARE UN BUON CAFFÈ DURANTE LE PAUSE DI LAVORO, DALLMAYR VI INVITA AD ASSAPORARE LE MISCELE ESPRESSO PIÙ RAFFINATE, PROPRIO COME AL BAR. E NON SOLO, BEVANDE FREDDE DI VARIO TIPO, SNACK E PRODOTTI FRESCHI: LE PROPOSTE NON MANCANO
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allmayr è un’impresa familiare di grande successo, un nome che ci ricorda il negozio di prelibatezze gastronomiche a Monaco, conosciuto in tutto il mondo. Da qui sono scaturiti il marchio leader del Caffè Dallmayr e il ramo aziendale della distribuzione automatica. Gli esordi in Ticino risalgono a cinquant’anni fa e in questo tempo l’assortimento si è arricchito e perfezionato. L’obiettivo prioritario è rimasto però sempre quello: garantire un servizio e una qualità ogni volta al top e al contempo viziare i nostri consumatori con prodotti classici e trendy. I distributori sono di facile uso grazie a un sistema di utilizzo intuitivo e garantiscono una qualità del prodotto sempre costante. Un latte macchiato con il caffè macinato al momento o un cappuccino con la sua bella schiuma come al bar? C'è più gusto ad andare in ufficio se la
pausa offre simili piaceri. Inoltre stuzzicanti varianti Coffee-to-Go, bibite fresche, snack dolci e salati, con varietà bio, per vegani e senza glutine senza dimenticare tutti i prodotti della linea Nespresso Professional: tutto questo e non solo, Dallmayr riesce a soddisfare tutte le esigenze. Dallmayr Svizzera, festeggia quest’anno il mezzo secolo di attività, ha la sua casa madre in Ticino, e come ci racconta il direttore generale Roberto De Carli “Ne vado fiero; come del fatto che siamo in grado, con le nostre 6 filiali in Svizzera, di essere presenti e tempestivi per chi ha bisogno di noi. Abbiamo diverse forme di collaborazioni: con il full operating siamo noi a occuparci di tutto senza perdite di tempo e senza costi aggiuntivi per il cliente, con il noleggio forniamo i prodotti e curiamo l’assistenza tecnica. L’amore per i particolari, la qualità e l’accuratezza del servizio restano comunque le nostre priorità”.
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AZIENDE / WATER ACADEMY SRD
PER UNA NUOVA CULTURA DELL’ACQUA IL TEMA DELL’ACQUA, COME NOTO, È DIVENUTO SEMPRE PIÙ CENTRALE NEL CORSO DEGLI ULTIMI ANNI ED HA FATTO IRRUZIONE NEL DIBATTITO INTERNAZIONALE A TUTTI I LIVELLI. IN SVIZZERA SI È CONSOLIDATA UN’INIZIATIVA SCIENTIFICA DI GRANDE RILIEVO ATTIVA ANCHE NEL SETTORE DELL’ALTA FORMAZIONE CHE HA SEDE A LUGANO. NATA DA UN PROGETTO DEL PROFESSOR ALESSANDRO LETO, WATER ACADEMY SRD (FOR A SUSTAINABLE AND RESPONSIBLE DEVELOPMENT) CONTA FRA I SUOI PROMOTORI L’AVV. GIANCARLO OLGIATI CHE NE È CO-FONDATORE E VICE PRESIDENTE E CARLO DONATI CHE NE È IL PRESIDENTE. LI ABBIAMO INCONTRATI PER CONOSCERE LO SVILUPPO DI QUESTA IMPORTANTE INIZIATIVA. 02
termini di accesso alle risorse idriche, ma anche di come riorganizzare l’agricoltura e l’industria per ridurne il più possibile l’impatto ambientale».
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a carenza d’acqua è fra i problemi più gravi che affliggono il pianeta… «Uno degli aspetti che richiamano con maggior urgenza una crescente attenzione alla questione delle risorse idriche, è quello demografico. La popolazione mondiale ha raggiunto un tasso di crescita annua superiore all’1%, per altro in maniera disomogenea su scala continentale e con una forte urbanizzazione. L’impatto demografico ad esempio, ha sulla sola questione della Sicurezza Alimentare immediate ripercussioni sulla disponibilità di acqua. Si rende necessario quindi il ripensamento del rapporto fra gli esseri umani ed il nostro pianeta, soprattutto alla luce del principio della Capacità di Carico della Terra che, ricordiamo, è un sistema chiuso. La sempre maggiore
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domanda di acqua potabile da parte della popolazione mondiale in crescita, è destinata a scontrarsi con la contestuale crescente carenza idrica legata in parte ai cambiamenti climatici, antropici e non, in parte agli sprechi generati da un sistema economico e sociale tributario di un approccio consumistico spesso irresponsabile. Ma non è tutto, perché l’acqua non è omogeneamente diffusa sul nostro pianeta e quindi in molte aree del mondo questo fenomeno è aggravato dalle crisi indotte dalla mancanza di accesso all’acqua tout court. E questo genera tensioni, contese e conflitti in numero crescente rispetto al passato, con un aggravio degli scenari geopolitici a livello internazionale. In questo contesto diviene quindi indispensabile porsi oggi il problema di cosa succederà domani: non solo in
Perché è opportuno parlare di un approccio olistico al problema dell’acqua? «Le risorse idriche sono oggetto di studi, ricerche, progetti e proposte da parte di ambiti scientifico-disciplinari differenti,e la soglia di conoscenza tecnica raggiunta è in molti casi straordinariamente avanzata, ma questi stessi settori non parlano il medesimo linguaggio e spesso fanno fatica a dialogare tra loro. Per questo pensiamo che sia necessario dar luogo ad una Nuova Cultura dell’Acqua, proprio per poter rendere più efficace il confronto fra le diverse discipline che si rende necessario se si vuole fare la differenza. Sulla base delle esperienze maturate, da tempo abbiamo raggiunto la convinzione che fosse necessario offrire a chi si occupa di questi temi, un modello culturale alternativo capace di integrare conoscenze e ricerche, basato su un approccio olistico, non certo generalista, in grado di affrontare compiutamente le diverse crisi idriche superando le consuete divisioni che impediscono di avere una visione d’insieme. Così è nata Water Academy SRD, integrata ed allineata all’impianto valoriale espresso dal Principio di Sviluppo Sostenibile e Responsabile ».
AZIENDE / WATER ACADEMY SRD
Quali sono gli obiettivi che intende perseguire Water Academy SDR? «Lo scopo di Water Academy SRD for Sustainable and Responsible Development è quello di radicare e diffondere una nuova Cultura dell’Acqua, basata sulla consapevolezza del suo valore fondamentale per tutte le forme di vita sul nostro pianeta. Si tratta di un obiettivo ambizioso, di un percorso lungo e complesso che passa anche per il superamento di limiti concettuali, resistenze ideologiche e pregiudizi radicatisi nel corso del Novecento e che ancora resistono ed impediscono la maturazione di una nuova Cultura dell’Acqua». Possiamo vedere più nello specifico quali sono gli ambiti in cui siete impegnati? «Water Academy SRD, d’intesa con le Università ed i Centri di Ricerca di cui è Partner, promuove diverse attività, a cominciare dall’organizzazione di Simposi internazionali (nella forma dell’High Level Round Table Symposium) fra esperti, ricercatori, scienziati, docenti e rappresentanti delle diverse istituzioni anche multilaterali, come quelli che abbiamo già tenuto lo scorso anno a Ginevra e Lugano e che riproporremo nel prossimo autunno sempre a Lugano; ma anche nella promozione di eventi pubblici funzionali alla divulgazione della conoscenza scientifica. Di grande rilievo è anche l’attività di pubblicazione di atti, ricerche e libri, nonché la realizzazione e diffusione di documentari e MMP (MultiMediaProject)».
Di grande importanza anche l’istituzione di un apposito Master… «Siamo fortemente convinti del ruolo insostituibile dell’Alta Formazione per offrire strumenti indispensabili alle persone che nei prossimi decenni, in tutto il mondo, saranno chiamate ad affrontare nei suoi diversi aspetti il problema dell’acqua. Per questo Water Academy SRD ha lanciato, insieme con l’Università Telematica Internazionale UniNettuno, il Master in “Water Awareness, Consciousness, Knowledge and Management”. Si tratta di una Master di 1° Livello da 60 CFU (Crediti Formativi Universitari), con Valore Legale e riconosciuto nei Paesi del Processo di Bologna. È on line ed in lingua inglese. Abbiamo selezionato un Corpo Docenti espressione delle migliori Università a livello Internazionale che sul tema dell’acqua ha sviluppato specifiche competenze ed ha al suo attivo ricerche di grande rilevanza. Il nostro intendimento è quello di formare nuove generazioni di Studenti (indipendentemente dalla loro provenienza disciplinare di origine), ma anche di Formare i Formatori, cioè docenti, funzionari pubblici, diplomatici, esponenti delle ONG e manager delle imprese private per aiutarli a comprendere come ci si deve rapportare oggi con l’acqua e come si devono trattare le risorse idriche in funzione delle diverse dinamiche sociali, politiche ed economiche, alla luce dei valori espressi nei Sustainable Development Goals».
Perché la scelta di Lugano quale sede delle vostre attività? «La Svizzera ha una lunga e credibile tradizione di Neutralità Attiva ed è sede di importanti Agenzie delle Nazioni Unite e di altre importanti realtà Multilaterali, come la Croce Rossa ad esempio, che da tempo presidiano la complessa frontiera del rapporto Uomo-Acqua, ed è quindi stata una scelta logica radicare proprio nella Confederazione questa iniziativa che ha una forte connotazione internazionale. Lugano in particolare, rappresenta anche idealmente quella porta di accesso dell’Europa continentale verso il Mediterraneo che negli ultimi anni ha riconquistato una centralità significativa nei processi politici e scientifici a livello globale. I nostri HLRT Symposium sono caratterizzati da un alto tasso di capacità propositiva e Lugano, Terra d’Acqua non dimentichiamolo, consente di poter chiamare a ragionare insieme personalità di diversa estrazione e provenienza nella tranquillità e nella libertà assolute, garantendo loro la possibilità di esprimere al meglio le loro potenzialità. Pensiamo inoltre, che questa nostra iniziativa risulti funzionale e compatibile con la nuova Vision della Città di Lugano impegnata a ridisegnare il proprio futuro anche in qualità di Città della Cultura e della Scienza.
01 Prof. Alessandro Leto 02 Avv. Giancarlo Olgiati
ALTA FORMAZIONE WATER MANAGEMENT Gestione delle Risorse Idriche e Filantropia Water Academy ha lanciato l’iniziativa Adopt a Student che consente ai Donors di sottoscrivere Borse di Studio a favore di Studenti molto dotati e determinati, ma che necessitano di un sostegno finanziario per proseguire i loro studi. Questa ini-
ziativa è indirizzata soprattutto a quelle aree del mondo dove, grazie al modello di formazione a distanza, si possono supportare i processi di strutturazione di una Classe Dirigente capace di fare la differenza sul posto, contribuendo così ad invertire il flusso di Brain Migration.
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AZIENDE / GARBO MANAGEMENT SA
EXECUTIVE PARTY DI GRANDE SUCCESSO
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ato dall’idea di fare networking e premiare i manager, con questo evento Garbo Management SA, che ancora una volta si afferma come società in grado di portare una ventata di innovazione e contenuti, ha posto un nuovo benchmark per gli eventi di business e già tante altre aziende hanno chiesto di aderire alle prossime edizioni. «Avete concretamente generato un nuovo network di persone e aziende provenienti da diversi settori», uno dei commenti che ha maggiormente soddisfatto l’organizzazione e i partner dell’evento. Nel corso della serata sono stati premiati con gli Executive Awards 12 manager di successo nel panorama socio-economico svizzero ed 1 premio speciale è stato consegnato al Presidente del CdA della Franklin University Switzerland, Kim Hildebrant, per incentivare i manager del futuro.
MANAGER DI DIVERSI SETTORI PRESENTI ALLA PRIMA EDIZIONE TENUTASI A LUGANO DI UN INCONTRO MIRATO CUI HANNO PRESO PARTE OLTRE 100 PARTECIPANTI.
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AZIENDE / GARBO MANAGEMENT SA 02 01 Rossella Gargamo, Garbo Management SA 02 Kim Hildebrant, Presidente del CdA della Franklin University Switzerland 03 Da sinistra: Sabina Gatto, Sit Immobiliare Ticino, Michela Pfyffer Von Altshofen, Clinica Sant’Anna, Guido De Carli, Aru Architettura Risorse Umane
I Blues Brothers, presentatori della serata, hanno aggiunto quel giusto equilibrio tra ufficialità e leggerezza e Papa Dj, da Monte Carlo, ha creato l’atmosfera perfetta per conoscersi e colloquiare. Un grazie particolare va al Main Partner, ARU, società leader di head-hunting, al Main Sponsor SIT Studio Immobiliare Ticino e a tutti gli altri sponsor dell’evento. Ticino Welcome è stata tra i media partner dell’evento. La Garbo Management ha intenzione di portare questo nuovo concept swiss-made non solo una volta all’anno a Lugano, proponendo un’idea che ha già raccolto favorevoli pareri anche in altre importanti città di business svizzere e estere. Un progetto “centrato” da seguire su www.theexecutiveparty.com con tutti i dettagli di questa prima edizione e attraverso il sito www.garbomanagement.com
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EXECUTIVE AWARDS 2019 Per l’edizione 2019 ci saranno regole specifiche per il processo di assegnazione: un manuale sulle “specifiche tecniche” con le caratteristiche dei candidati; i partner potranno essere coinvolti nella stesura delle regole del manuale; i candidati potranno essere segnalati da partner, sponsor principali, media o istituzioni ma non avranno alcuna possibilità di essere coinvolti nel processo decisionale dei vincitori; l’auto-candidatura sarà consentita purché rispetti le regole del manuale; il processo decisionale dei vincitori sarà interamente affidato a una giuria esterna; la giuria sarà composta da persone rilevanti dal nostro background socio-economico, tra cui istituzioni, università e personalità eminenti riconosciute provenienti da aziende importanti, in un numero di circa 5 persone; i partner e qualsiasi tipo di sponsor non postranno segnalare i propri dipendenti come candidati al premi ma potranno coinvolgerli premiando con specifici altri premi (in precedenza menzionato) per i loro risultati; i partner e i principali sponsor potranno aderire alla Public Grantig of Awards.
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AZIENDE / FIERE ARTECASA 2018
ARTECASA SI PRESENTA AL PUBBLICO CON TANTE NOVITÀ PER CELEBRARE L’EVENTO PIÙ IMPORTANTE DEL CANTON TICINO DEDICATO ALLA CASA E AL LIFESTYLE, COMPLETAMENTE RINNOVATO NEL FORMAT, NEI CONTENUTI E NEL LAYOUT ESPOSITIVO.
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ra tendenze e mode, tra necessità e innovazione, le mura domestiche si confermano come volano economico capace di coinvolgere una pluralità di attori, ma che hanno un solo protagonista, chi li abita. L’obiettivo della 56° edizione è ambizioso: innalzare ulteriormente il livello della manifestazione, attraverso una nuova presentazione degli spazi di ArteCasa per trasformare una visita, nella possibilità di costruirsi la propria personale esperienza di casa. A tale proposito il Comitato Organizzativo sta già svolgendo le selezioni delle aziende partecipanti. Un unico grande evento per presentare il meglio delle produzioni artigianali e locali, senza tralasciare uno sguardo internazionale per una panoramica a tutto tondo del mercato. La prima novità dell’edizione 2018 è il restyling della pianta espositiva per creare un percorso guidato, una passerella, pensato per raccontare la casa nelle sue più diverse declinazioni. Il nuovo concept dell’evento si traduce in progetti e iniziative legate al mondo dell’Arte con la presentazione di una “Collettiva” di artisti, oltre all’esposizione di pezzi di Design, grazie alla
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TUTTO SU ABITARE E LIFESTYLE preziosa collaborazione con l’architetto luganese Bruno Huber. Il ricco calendario di eventi completerà l’esperienza di ArteCasa: il padiglione Conza ospiterà un fitto programma di spettacoli che per 10 giorni offrirà ai visitatori intrattenimenti e divertimenti. ArteCasa si arricchisce di proposte e progetti, prime fra tutti, la proposta di un percorso di conoscenza, novità assoluta in termini di contenuti per l’edizione 2018. Un’esclusiva per ArteCasa che illustra un percorso dalla creatività applicata alla funzionalità, ma anche stile e forme che cambiano. Un progetto creato per accompagnare il pubblico in un percorso di conoscenza di ciò che è il concetto di Design, inteso come progettazione di oggetti, ma anche binomio tra forma e funzione. Coordinatore dell’iniziativa sarà l’architetto ticinese Bruno Huber con il supporto di un comitato scientifico. Una selezione di oggetti tra passato e futuro, selezionati per la forte rappresentatività nell’immaginario collettivo, che porteranno il pubblico a distogliere la propria attenzione dalla mera funzionalità, per essere invece rapiti dalla carica emozionale capace di sprigionare. ArteCasa proporrà un percorso tra originalità e efficienza, interpretazioni contemporanee applicate al quotidiano. L’arte è sempre stata fonte d’ispirazione dell’arredamento, del design e dei complementi d’arredo, quando non arredo stesso, l’idea che un oggetto faccia vivere gli spazi, trasmettendo carattere e sensazioni agli ambienti, pensati per essere vissuti, non solo abitati. La casa come “la nostra perso-
nale” collezione di ricordi e sensazioni. Con questa visione ArteCasa propone l’Arte presentando alcuni selezionati artisti che esporranno in una Collettiva le proprie opere. Proposte come scrigni di maestria, abilità e unicità per oggetti destinati a dare un carattere agli spazi dell’abitare. In ArteCasa l’Arredamento e l’Arte si fondono in un binomio inedito di soluzioni tutte da scoprire. Lo Spazio Arte, oltre ad essere un punto di ritrovo per artisti, sarà un’occasione per il pubblico di avvicinarsi a nuove forme d’espressione e interpretazione, e, in particolare, apprezzare oggetti creati per regalarci delle emozioni, attraverso l’equilibrio tra la personale visione dell’artista e la sensazioni sprigionate dall’opera. Per il pubblico, nello spazio della Collettiva, sarà possibile acquistare i pezzi unici esposti: un’occasione preziosa per arricchire la propria “galleria d’arte”. ArteCasa si sta dunque preparando per un’edizione ricca di appuntamenti, dedicati all’approfondimento, alla famiglia e all’intrattenimento. Un programma ricco per celebrare un evento imperdibile per il Canton Ticino, che storicamente è un appuntamento di riferimento dell’autunno ticinese. Gli eventi completeranno i giorni della Fiera, per far vivere quell’atmosfera di festa che storicamente ArteCasa rappresenta per Lugano. Il pubblico avrà a disposizione una pluralità di proposte per tornare a ArteCasa 2018.
AZIENDE / LONGINES CSI ASCONA
I MIGLIORI CAVALLI E CAVALIERI AL MONDO DAL 19 AL 22 LUGLIO SI È TENUTO AD ASCONA IL RINOMATO CONCORSO IPPICO INTERNAZIONALE. SULL’AREA DEL EX-AEROPORTO DI ASCONA SI SONO SVOLTE SPETTACOLARI GARE DI SALTO CON CAVALLERIZZI DA TUTTO IL MONDO CHE HANNO DATO VITA A UN CONFRONTO STRAORDINARIO, MENTRE IL PUBBLICO HA POTUTO SEGUIRE UN PROGRAMMA SPORTIVO DI ALTISSIMO LIVELLO.
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a un lato dobbiamo parlare di un concorso internazionale prestigioso, con un montepremi intorno ai 700.000 CHF , unico rappresentante ticinese fra i “5 stelle” svizzeri (gli altri sono Ginevra e Basilea); ma dall’altro è stata forte l’impronta locale, asconese, testimoniata sia dal numero e dalla qualità di sponsor che hanno sostenuto l’iniziativa del comitato capeggiato da Manuela e Peter Bacchi, sia dal folto pubblico che come sempre ha risposto con entusiasmo all’affascinante richiamo dell’evento. «Il programma del Longines CSI Ascona è stato come sempre variegato e tale da incuriosire anche chi non frequenta abitualmente l’ambiente dell’ippica - dice Manuela Bacchi -. Per favorire l’affluenza di pubblico l’entrata è stata gratuita dal giovedì al sabato e soltanto la domenica era necessario a pagare un ticket». Forte di un assetto stabile da 25 anni a questa
parte, il comitato – formato da volontari - ha allestito un “villaggio” dove si potevano trovare diverse offerte gastronomiche, una discoteca-piano bar aperta dal giovedì al sabato fino alle ore piccole, il percorso con i pony riservato ai bambini, la “passeggiata fra i negozi”. Da sottolineare anche, tornando all’ambito gastronomico, il nuovo Vip-catering affidato a “da Vittorio” (Brusaporto-San Moritz), chef “3 stelle Michelin”. Diversi eventi collaterali hanno dunque accompagnato questo entusiasmante concorso ippico internazionale. Oltre a Longines, da segnalare fra gli sponsor principali Kessel Auto presente con vetture Bentley Continental GT e con un percorso test-drive dove era possibile provare queste prestigiose auto presentandosi allo stand Bentley. Alle competizioni, sull’area dell’ex aerodromo di Ascona, hanno preso parte cavalieri e amazzoni provenienti da 17 Nazioni, fra cui l’attuale numero 1 al mondo, l’olandese Harrie Smolders. Altri nomi ormai conosciuti internazionalmente anche dai non esperti sono quelli dei britannici Robert Smith e Robert Whitaker, dei germanici Felix Habmann e Marco Kutscher, degli italiani Luca Maria Moneta e Alberto Zorzi, del giapponese Taizo Sugitani, della svedese Malin Maryard-Johnsson, dei francesi Penelope Leprevost e Philippe Rozier e naturalmente degli
svizzeri Fabio Crotta, Walter Gabathuler, Beat Mändli, Martina Meroni, Carlo Pfyffer, Jane Richard Philips, Valentina Rossini, Niklaus Rutschi, Pius Schwizer, Janika Sprunger, nonché Annina e Philipp Züger. Insomma, una serie di “big” che in sella a 104 cavalli hanno dato vita ad una competizione di assoluto spessore sportivo. Accanto alla gara “5 stelle” il Longines CSI Ascona ne ha proposta anche una “2 stelle”, cui hanno partecipato 50 atleti con 108 cavalli. Fra i nomi di spicco di questa competizione vanno segnalati quello di Martina Meroni, vincitrice l’anno scorso e altri personaggi di caratura internazionale. Una novità importante che porta in dote l’edizione 2018 è stata la finale di Coppa svizzera. Di particolare interesse anche le gare amatoriali per i “primi passi” sul percorso di gara riservate, su invito, ad una quarantina di cavalieri ed amazzoni provenienti anch’essi dai 5 continenti.
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AZIENDE / GRUPPO SICUREZZA
MONITORAGGIO COSTANTE E PROATTIVO GRUPPO SICUREZZA INVESTE DA SEMPRE NELLA TECNOLOGIA E NEI SERVIZI AD ALTO VALORE AGGIUNTO.
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Lorenza Bernasconi, CFO e Membro CDA di Gruppo Sicurezza
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irca una ventina di anni fa Gruppo Sicurezza ha realizzato la propria Centrale Operativa 24h/24h che, con il passare del tempo, si è evoluta fino a diventare un asset fondamentale per il Gruppo, evolvendosi ora in un Security Operation Center (SOC) in grado ricevere molteplici e sofisticate tipologie di allarmi. Oggi le infrastrutture dei clienti sono costituite da una pluralità di sistemi, di piattaforme e di applicazioni collegate tra loro, tramite la rete internet che connette innumerevoli e multipli segnali di emergenze o malfunzionamento. Quotidianamente sono generati quantità sempre maggiori di messaggi e segnalazioni che necessitano una gestione ed un monitoraggio in tempo reale per determinarne gli interventi o azioni da applicare ad ogni singola richiesta. Il nuovo “malintenzionato”, nell’era della digitalizzazione, genera azioni dolose utilizzando nuove tecniche più insidiose ma Gruppo Sicurezza ha sempre adottato una linea di difesa basata sul controllo costante finalizzato alla qualità e garanzia d’intervento. Un approccio serio e decisamente proattivo di mitigazione dei rischi include differenti sistemi di sicurezza da quelli perimetrali, fisici, video, fino ovviamente alle reti informatiche. Tutti devono essere gestiti e monitorati in forma costante. Gruppo Sicurezza, grazie alla sua volontà di modernità e di efficienza, può offrire a tutti i Clienti soluzioni e servizi costantemente connessi per garantire l’elevato livello di sicurezza. Questo approccio permette all’utente
Carlo Del Bo, Executive Advisor di Gruppo Sicurezza
di avere accesso ad una serie di servizi che garantiscono una protezione completa, proattiva e adatta alle varie tipologie di minacce sempre più rapide ed insidiose. Non si deve pensare che la sicurezza ed il monitoraggio siano temi che non riguardano il cittadino, sono parte della nostra vita quotidiana e permettono di aumentare la percezione di tranquillità di ogni singola persona. Solo alcune aziende con rilevanza strategica nazionale e multinazionali, possono permettersi un investimento importante per realizzare un Security Operation Center interno. L’obiettivo di Gruppo Sicurezza è colmare il gap tra le multinazionali e le migliaia di
AZIENDE / GRUPPO SICUREZZA
PMI e dei cittadini presenti sul territorio, fornendo loro dei servizi che permettono da remoto di rendere più snella la sicurezza e le operazioni quotidiane di controllo. Insieme alla tecnologia, Gruppo Sicurezza investe da sempre su un altro pilastro fondamentale rappresentato dalla formazione del personale. Tutto il personale impegnato nel Security Operation rappresenta la squadra vincente che contribuisce quotidianamente al successo delle attività e dei servizi erogati. Gli operatori hanno competenze tecniche per garantire diversi livelli di risposta e si suddividono per tipologie di allarmi. I cruscotti di controllo on-line rappresentano un altro elemento che contraddistingue Gruppo Sicurezza, unitamente alla
certificazione ISO 27001. Come funziona un Security Operation Center? La funzione primaria consiste nell’analisi del monitoraggio degli eventi tramite un pannello di controllo in tempo reale. Le azioni successive sono la rilevazione dell’incidente, la gestione dell’emergenza ed infine il piano di rimedio operativo per ovviare ai futuri problemi. Gruppo Sicurezza aggiunge un’altra componente fondamentale che riguarda la prevenzione: la ricerca proattiva di future minacce che in qualche modo possono divenire nel breve tempo dei rischi veri e propri per l’azienda e quindi per i suoi stakeholder.
Dal 1906, ospitalità e fascino storico fra città, arte e lago. E ora nuovo splendore per la cupola L’emblema storico dell’Hotel International au Lac di Lugano si presenta in una nuova veste, dopo la totale ristrutturazione della magnifica cupola, opera risalente al 1906 che domina l’Hotel situato sul Lungolago di Lugano tra il LAC - Lugano Arte e Cultura e la splendida Via Nassa. Interamente realizzata da artigiani ticinesi, sia nella progettazione sia nella realizzazione, il rivestimento della nuova cupola è stato eseguito impiegando materiali pregiati come il quarz-zink e lo zinco naturale, utilizzati nella ristrutturazione di palazzi e beni storici. I lavori sono iniziati nell'autunno del 2017 con il fissaggio del ponteggio, seguito dallo smontaggio della copertura ormai se-
gnata dal tempo, fino alla ristrutturazione vera e propria durata 4 mesi e conclusasi con la sua inaugurazione. Ora la nuova cupola è lì, in tutta la sua bellezza, con un maestoso sguardo rivolto verso il lago di Lugano, pronta ad accogliere gli ospiti dell’Hotel International au Lac. Inoltre, spicca anche dal logo dell’Hotel, che ha fatto del disegno al tratto la sua immagine principale. La famiglia Schmid, da quattro generazioni nel settore alberghiero e alla guida di questo storico albergo luganese, da sempre investe importanti risorse nella ristrutturazione e nel mantenimento di questa tradizionale struttura alberghiera. Particolare interesse
suscitò il progetto di Giulio Schmid che già nel 1988 riconobbe l’importanza di un garage sotterraneo, che fu fra i primi a dotare le camere di aria condizionata e il magnifico giardino con area giochi e piscina che si presenta, a due passi da Via Nassa, come un’oasi agli occhi stupiti degli ospiti, senza dimenticare il museo del centenario con numerosi oggetti e curiosità che hanno scritto la storia del noto International au Lac. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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AZIENDE / EY
CRESCITA E INNOVAZIONE DELLE AZIENDE BIOTECH SVIZZERE A GIUGNO 2018 A LUGANO, PRESSO LA SEDE DI FARMA INDUSTRIA TICINO, SI È TENUTO IL PRIMO EVENTO ESCLUSIVAMENTE DEDICATO AL SETTORE BIOTECH, LEGATO AL NOSTRO CONTESTO TERRITORIALE.
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l workshop sul tema ‘How to finance development’ è stato il risultato della collaborazione tra la Swiss Biotech Association, Ernst & Young e Farma Industria Ticino. Questo evento è stato fortemente voluto da Filippo Riva, Direttore Generale di Humabs BioMed e membro del consiglio di amministrazione della Swiss Biotech Association. Filippo Riva ha aperto l’evento illustrando il percorso aziendale di Humabs, la società biotech che è nata da uno spin-off dell’Istituto di ricerca biomedica (IRB) di Bellinzona. Humabs, sempre in stretta collaborazione con IRB, è focalizzata sulla scoperta e sullo sviluppo di anticorpi monoclonali completamente umani utilizzando le tecno-
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logie - CellClone - per il trattamento di una varietà di infezioni virali e batteriche, tra le quali anche Ebola, rabbia e altre principali minacce per la salute pubblica. L’acquisto di Humabs nell’agosto del 2017 da parte dell’americana Vir Biotechnology Inc. garantisce il finanziamento delle importanti attività di ricerca e sviluppo interne e la continuazione di collaborazioni con università e istituti di ricerca. La garanzia dei fondi nella fase start-up è stato l’elemento di forza di Humabs, il cui management non deve più preoccuparsi della raccolta fondi, ma può concentrarsi sullo sviluppo dei prodotti. La parte centrale dell’evento è stata la relazione sullo Swiss Biotech Report 2018 da parte dei membri della Swiss
Biotech Association, Michael Altorfer, CEO di Swiss Biotech Association, e Jürg Zürcher, EY Partner e GSA Biotech/Medtech Leader. Il mercato delle biotecnologie continua a mostrare un trend positivo da ben cinque anni. Molteplici sono i fattori trainanti: nuovi prodotti e una ricerca eccellente; approvazioni più rapide per nuove terapie; nessun cambiamento radicale nei prezzi dei farmaci nuove fonti di capitale. Il fatturato dell’industria biotecnologica Svizzera ammonta a 3.791 milioni di franchi nel 2017, rispetto ai 3.314 milioni di franchi del 2016. Ma ben più notevole è il record dei finanziamenti in Svizzera: il settore biotech svizzero è stato in grado di attrarre ol-
tre 1,6 miliardi di franchi di nuovi capitali nel 2017: 978 milioni di franchi sono andati a società pubbliche (Evolva, Indorsia e Santhera) e 666 milioni di franchi a società private, di cui circa 200 milioni di franchi sono stati raccolti da ADC Therapeutics di Losanna. Da menzionare anche il lancio del terzo fondo di BioMedPartners con un contributo finanziario iniziale di 75 milioni di franchi. È risaputo, quale regola di base della teoria finanziaria, che anche il finanziamento delle aziende operanti nel settore delle biotecnologie sia fondamentalmente guidato dalla relazione tra rischio e rendimento: maggiore è il rischio dell’entità aziendale, maggiore è il rendimento richiesto dagli investitori. Ci sono però dei fattori – come specificato da Elisa Alfieri, EY Associate Partner e Assurance Leader di EY Lugano - che hanno un peso più rilevante quando si tratta di finanziamenti delle biotecnologie. Lo sviluppo di qualsiasi nuovo farmaco, dispositivo biologico o dispositivo medico da utilizzare per l’uomo è un processo lungo e arduo della durata di circa dieci/quindici anni e con un investimento totale di diverse centinaia di milioni di dollari. Il successo di molti prodotti biotecnologici dipende dalla capacità da parte delle compagnie assicurative o da servizi socio-sanitari nazionali di garantire un rimborso adeguato al paziente. Assicurare il rimborso può essere un processo lunghissimo e arduo. I sistemi di incentivi fiscali e doganali possono essere un fattore decisivo nella scelta della sede adatta dove produrre e fare ricerca. Ovviamente vanno considerati anche gli aspetti etici quando si sviluppa un nuovo prodotto nel campo delle biotecnologie. Le forme di finanziamento differiscono a seconda della fase nel ciclo di vita di un’azienda: un’azienda start-up che ha appena iniziato un’attività, ha spese, ma non entrate. In questa fase, la più rischiosa del ciclo di vita di un’a-
zienda, le opzioni di finanziamento disponibili sono estremamente limitate al capitale proprio dell’imprenditore, dei suoi amici e familiari, e quello dei cosiddetti “angel investors”. Quest’ultime sono società di “venture capital” che intervengono poi nelle fasi del lancio dei prodotti e di crescita. Le aziende che si trovano in una fase matura possono accedere più facilmente al finanziamento bancario e/o al capitale pubblico. Tuttavia le IPO stanno diventando un’importante fonte di finanziamento anche per le start-ups. Da non sottovalutare sono le fonti di finanziamenti come patenti della proprietà intellettuale, forme di collaborazione per la ricerca e partnerships. A conclusione del workshop è intervenuto Alessandro Fazio, Manager di EY Milano, Life Sciences & Education, sul Technology Transfer e l’innovazione. Se da una parte l’incremento degli investimenti nella ricerca si traduce in un aumento significativo nella pipeline delle nuove sostanze farmaceutiche, dall’altra parte l’aumento dei requisiti normativi unito alla concorrenza dei generici riducono significativamente il lasso temporale durante il quale la so-
cietà farmaceutica ha l’offerta esclusiva del nuovo farmaco e, quindi, la fase in cui le società farmaceutiche hanno il rendimento più elevato sui loro investimenti in ricerca e sviluppo. Il trasferimento tecnologico è il fulcro per rendere più efficiente il processo di ricerca-produzione, per superare le principali sfide da affrontare quando si sposta il prodotto dal laboratorio alla produzione commerciale e per ottenere più rapidamente le terapie ai pazienti. Tutto questo contribuisce, inoltre, ad allungare la fase di esclusività della commercializzazione del prodotto.
01 Da sinistra: Filippo Riva – Direttore Generale Humabs, Michael Altorfer - CEO Swiss Biotech Association, Jürg Zürcher - EY Partner, GSA Biotech/Medtech Leader, Alessandro Fazio – EY Milano, Life Science Advisory e Elisa Alfieri – EY Associate Partner, Assurance Leader EY Lugano
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AZIENDE / MANI INTERNATIONAL SA
CIBO SANO E NATURALE
ABOUZAR RAHMANI, FONDATORE E CEO DEL GRUPPO, PRESENTA L’ATTIVITÀ DI MANI INTERNATIONAL, SOCIETÀ SPECIALIZZATA IN SPUNTINI SUPERFOOD GENUINI E CROCCANTI CHE FORNISCONO SOSTEGNO ED ENERGIA GRAZIE AI SALUTARI ASSORTIMENTI DI FRUTTA SECCA E NOCI NATURALI E BIOLOGICI. E RACCONTA LA SCELTA FATTA, INSIEME A SUA MOGLIE JULIA E PARTNER NELLA SOCIETÀ, DI TRASFERIRE IN TICINO LE PROPRIE ATTIVITÀ, PARTECIPANDO ATTIVAMENTE ALLA VITA DI QUESTO TERRITORIO, A COMINCIARE DA UN’IMPORTANTE SPONSORIZZAZIONE CON L’HOCKEY CLUB LUGANO.
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he cos’è Mani e qual è il suo settore d’attività? «La Mani International (società del Gruppo Zhar SA) è una healthy snacks company che con i suoi spuntini permette ai consumatori di sperimentare la succosa freschezza e gli intensi sapori ottenuti utilizzando solo ingredienti naturali. Il cibo sano è destinato a restare, non rappresenta più solo una tendenza. Le persone stanno cambiando i loro stili di vita, perché capiscono i vantaggi per il corpo e la mente che possono ottenere quando mangiano e vivono bene. Con oltre 100 anni di patrimonio nel settore alimentare, Mani dedica infatti la massima attenzione alle origini degli ingredienti, al rispetto della natura, alla sa-
AZIENDE / MANI INTERNATIONAL SA
lute e ai suoi benefici, al gusto, creando momenti golosi per tutti, ma senza sensi di colpa. Gli snack Mani sono ricchi in fibra, confezionati con micronutrienti essenziali, non contengono sale aggiunto e, in nessun modo, grassi transgenici. I consumatori nei paesi del Benelux e in Francia hanno potuto gustare gli snack Mani già nel corso degli anni passati, ma la società sta ora crescendo in Svizzera e sugli altri mercati europei, affermandosi come un marchio sano e alla moda, ma con alle spalle un’importante tradizione». Quali sono state le principali tappe del successo ottenuto da Mani International? «La storia di Mani inizia nel 2004 in Belgio dove ho svolto i miei studi e perfezionato la mia formazione di marketing. Al tempo stesso, ho sempre mantenuto salde radici nei confronti delle tradizioni familiari: rappresento infatti la terza generazione operante nel settore alimentare e nutro una grande ammirazione nei confronti di mio nonno, che da solo ha costruito la più grande impresa del Paese per la coltivazione di noci e la trasformazione di frutta secca. Durante la mia attività di ricerca universitaria, mi sono accorto di una lacuna nel mercato di frutta secca e noci, all’epoca principalmente vendute all’ingrosso e non ancora considerate come un comodo spuntino. Di conseguenza, mi sono applicato a sviluppare una gamma di 16 distinte confezioni di frutta secca e miscele di noci, presentate in un accattivante imballaggio monoporzione per il consumo giornaliero. La volontà di proseguire quanto creato da mio nonno e il fascino esercitato dai nuovi approcci di marketing mi hanno portato dunque a creare un marchio presto ampiamente riconosciuto nella categoria snacking. In altre parole, ho combinato le moderne tecniche di marketing e produzione europee con la tradizione imprenditoriale di famiglia, e
da questa felice unione è nata Mani. Un giorno, tuttavia, ho ricevuto una notizia preoccupante. Il mio medico mi esortava a cambiare stile di vita, in quanto ad alto rischio di sviluppare il diabete, una malattia presente nella mia famiglia, a causa di una dieta malsana e della mancanza di esercizio fisico. È stato questo il segnale che ha impresso una nuova svolta alla mia vita. Ho perso oltre 30 kg di peso in 3 anni ed applicato gli stessi principi alla mia attività rendendo la gamma di prodotti Mani naturali e salutistici. Mi sono quindi trasferito a Dubai nel 2008, dove con mia nipote Fonda Dilmaghanian ho consolidato con successo la diffusione del marchio Mani in Medio Oriente, costruendo una fabbrica all’avanguardia nonostante la crisi finanziaria in atto, grazie anche al sostegno delle istituzioni economiche locali. Successivamente, mi sono trasferito a Ginevra, dove mi sono concentrato sulla commercializzazione del marchio Mani in Europa, ottenendo un particolare successo in Belgio e nei Paesi Bassi, dove ha venduto milioni e milioni di confezioni
di snacks. Nello stesso tempo, ho fondato e investito in aziende come FoodYoung, un incubatore di alimenti salutistici, e Qibi, sempre legata ad un concetto di fast food sano». Quali le ragioni dello spostamento del vostro quartier generale da Ginevra a Lugano e quali attrattive offre secondo voi il Ticino? «Nel 2017, ci siamo trasferiti a Lugano, seguiti da mia nipote Fonda nel 2018, e abbiamo deciso di spostare la sede e la produzione della società Mani in Ticino (precedentemente era in Olanda), rendendo così non solo il marchio svizzero, ma la produzione stessa un Made in Switzerland. A Lugano, all’inizio del 2018, abbiamo stabilito anche la holding di famiglia Zhar SA, che comprende un portafoglio di varie aziende nel settore del cibo sano. Io stesso, Julia e Fonda crediamo fortemente nelle potenzialità del Ticino, che fa parte del sistema svizzero, ma con una cultura alimentare mediterranea equilibrata e sana (e considerata da molti nutrizionisti la migliore dieta alimentare al mondo). A ciò si aggiungano la vicinanza rispetto al
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AZIENDE / MANI INTERNATIONAL SA
Nord Italia (hub per snack e produttori di dolciumi nell’UE), il fatto di essere una regione logisticamente accessibile e di godere di disponibilità di spazio, risorse e talento. Per tutte queste ragioni, vedo il Ticino come un centro con un grande potenziale per diventare la “Silicon Valley” del settore healthy food. A suggellare questo nostro profondo interesse per il Ticino abbiamo scelto di ce-
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lebrare il nostro matrimonio con una suggestiva cerimonia lo scorso 23 giugno nella meravigliosa Villa Heleneum». La scelta di una villa tra le più belle tra quelle affacciate sulle rive del lago di Lugano, e uno spettacolare scenario di acque e di monti, sono stati l’impagabile palcoscenico che ha visto come protagonisti i coniugi Rahmani e i loro ospiti,
riuniti per celebrare il matrimonio secondo il tradizionale rito persiano: una festa di suoni e di colori che ha richiamato invitati giunti da tutto il mondo. Perché avete deciso di dare vita ad una sponsorizzazione d’argento nei confronti dell’HCL? «Abbiamo fin da subito verificato una corrispondenza tra i valori del marchio e quelli dell'hockey su ghiaccio sportivo in Svizzera: energia gli snack Mani forniscono energia naturale di lunga durata, resistente come il ghiaccio. Parimenti, l’hockey è uno sport di grande potenza, che richiede una grande quantità di energia che deve mantenersi inalterata per un lungo periodo; buona salute gli snack Mani sono naturali e sani, ricchi di nutrienti essenziali; l’hockey su ghiaccio richiede ai suoi giocatori di essere al top della loro salute e forma fisica; autenticità Mani rappresenta un approccio autentico al business, producendo prodotti e comunicazione in modo onesto; i giocatori di hockey su ghiaccio sono considerati sportivi professionali ma anche umili superstar. Mani è dunque lo snack ideale per prepararsi ad attività sportive e come parte di uno stile di vita attivo».
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AZIENDE / MIELE
ECCELLENZA RIVOLUZIONARIA le ha infatti aggiunto un tocco di magia alla presentazione del suo nuovo rivoluzionario prodotto, il Forno Dialogo. Il pesce all’interno del blocco di ghiaccio ha raggiunto esattamente la temperatura necessaria e la consistenza degna di un piatto da ristorante stellato, tutto questo senza fondere il ghiaccio nel forno. Gli chef hanno eseguito dal vivo questo numero di magia culinaria durante i numerosi eventi a Berlino, Basilea e Milano conquistando gli ospiti, fra cui esperti internazionali di gastronomia, rappresentanti della stampa e influencer della scena gastronomica».
JOHANN ZOLLER, RESPONSABILE COMMERCIALE DELL’AREA TICINO DI MIELE AG, PRESENTA LE CARATTERISTICHE DEL NUOVISSIMO FORNO DIALOGO CHE FUNZIONA GRAZIE ALLE ONDE ELETTROMAGNETICHE E GARANTISCE CONSUMI E TEMPI DI COTTURA RIDOTTI FINO AL 70%.
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erché questo nuovo forno è davvero un elettrodomestico che rivoluziona l’arte culinaria domestica? «Con il Forno Dialogo di Miele, preparare una cena sontuosa è un’opportunità alla portata anche del cuoco meno esperto. All’IFA 2017, Mie-
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Come funziona il Forno Dialogo di Miele? «L’esperimento con il blocco di ghiaccio può sembrare un trucco da prestigiatore, ma il segreto di questo elettrodomestico è la sua tecnologia di precisione combinata con caratteristiche innovanti. Il forno, grazie alla tecnologia M Chef, possiede due sofisticate antenne che emettono la quantità esatta di onde elettromagnetiche necessarie per cuocere gli alimenti alla perfezione. Misura simultaneamente quanta dell’energia emessa è stata assorbita dal cibo e ne regola di conseguenza l’intensità d’immissione. In altre parole, il forno controlla quanta energia il cibo assorbe e risponde regolando la frequenza, l’ampiezza e la fase delle onde. La perfetta cottura è resa inoltre possibile grazie al calore radiante e ad un ventilatore di convezione che determina una cottura più veloce ma più delicata rispetto a quella di un forno a microonde. Le onde elettromagnetiche emesse da Dialogo hanno la stessa potenza di quelle delle più diffuse compagnie di telefonia:
AZIENDE / MIELE
dunque nessun timore, anche perché la porta del nuovo elettrodomestico è progettata in modo più robusto per non lasciare passare le onde e interferire con gli altri dispositivi elettronici». Quali sono dunque i vantaggi rispetto ai precedenti tipi di forni? «I forni tradizionali possono essere statici, ventilati, o misti tra le due funzioni. Il forno statico cuoce il cibo irradiando il calore dalle pareti dell’elettrodomestico, in modo verticale o orizzontale. I forni ventilati trasmettono il calore al cibo tramite convenzione, cioè una distribuzione uniforme dell’aria calda. In questo modo il cibo cuoce lentamente. Le onde elettromagnetiche dei microonde agiscono velocemente e in modo costante sulle molecole degli alimenti; ciò determina una cottura rapida e identica, anche per cibi come un pollo che richiederebbero un differente trattamento dall’interno all’esterno. Il nuovo forno Dialogo di Miele con la sua “cottura volumetrica” si adatta invece alla diversa disposizione delle molecole nel cibo e regola la cottura di conseguenza».
Dialogo cuoce gli alimenti nella loro interezza. Così, ad esempio, un filetto avrà un colore rosa uniforme dalla superficie al centro». Che cosa significa questa tecnologia rivoluzionaria per un cuoco domestico? «Innovazione culinaria, semplicità, risparmio di tempo e ottimi risultati. Quindi, se vuoi cuocere un cosciotto d’agnello e servirlo con asparagi verdi e patate a fette, non hai più bisogno di destreggiarti fra un contorno cotto al dente e un arrosto cotto a puntino. Il Forno Dialogo consente di cuocere diversi ingredienti con diversi tempi di cottura in un’unica teglia. In questo caso, gli asparagi rimarranno croccanti, mentre la carne sarà tenera e succulenta, e tutto questo riducendo il tempo di cottura fino al 70% rispetto a un forno convenzionale».
Quindi si può dire che il rivoluzionario metodo di cottura M Chef è stato progettato specificamente per le esigenze di una raffinata cucina casalinga… «Il Forno Dialogo è ideale per gli esperimenti culinari di entusiasti chef dilettanti e per le persone che amano ricevere ma vogliono l’aiuto di un bravo assistente tecnico quando preparano piatti particolarmente impegnativi. Il nuovo forno di Miele funzionerà anche grazie ad una apposita applicazione che renderà possibile consultare le ricette e inviare le istruzioni al forno tramite Wi-Fi». Quando sarà disponibile e quanto costerà questa meraviglia in cucina? «I nuovi forni Dialogo saranno già in vendita da settembre presso i rivenditori ufficiali. La tecnologia adottata per questo elettrodomestico è talmente innovativa da rendere in un solo colpo obsolete tutte le soluzioni in precedenza adottate per i forni domestici».
In pratica, il Forno Dialogo entra direttamente in comunicazione con gli alimenti che stanno cuocendo… «L’aspetto rivoluzionario consiste proprio nel fatto che, mentre un forno convenzionale trasporta lentamente il calore dall’esterno all’interno, il Forno
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AZIENDE / MYACADEMY
ICE BREAKING SUMMER NUOVE STRATEGIE COMMERCIALI COL DIGITALE
IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO DEL PROGETTO ICEBREAKING, MYACADEMY HA VOLUTO APPROFONDIRE A MILANO, DAVANTI AD UN QUALIFICATO PUBBLICO DI IMPRENDITORI, IL TEMA DEL CAMBIAMENTO IN ATTO NELLE RELAZIONI DI BUSINESS. CE NE PARLA GIANNI SIMONATO, SENIOR MENTOR E SALES NAVIGATOR TRAINER DI MYACADEMY DI LUGANO.
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ual è stata negli ultimi anni l’evoluzione delle relazioni B2B? «Negli anni ‘70/’80 del secolo scorso si usava molto il telefono, fisso allora. Dagli anni 90 appaiono i cellulari e con essi la possibilità di raggiungere le persone in movimento. Con le tecnologie sono aumentate le possibilità di contatto tra le persone, e qui sta il problema. Con questi sistemi si amplificano infatti le relazioni e le richieste di contatto. Da questa overdose relazionale nasce l’esigenza di creare filtri e barriere verso tutto ciò che risulta sconosciuto. L’eccesso di telefonate, Mail, Sms, WhatsApp ha provocato come reazione una difesa da parte delle aziende introducendo sistemi fatti di “segretarie filtro” e di chiusura verso il mondo degli “sconosciuti”. Il 90% delle
e-mail provenienti da sconosciuti viene cestinato. Dagli anni 2000 nascono le piattaforme social, le persone si aggregano nella rete, comunicano, si scambiano esperienze. Le persone, con i loro contenuti, diventano una sorta di “giornale on line” dove le piattaforme tecnologiche social, in particolare Linkedin, forniscono le tecnologie abilitanti per queste attività di comunicazione. Il grande cambiamento nel B2B oggi sta nel voler sapere chi c’è dietro ogni richiesta di contatto, ed accettare o meno in base all’identità di quella persona. E il profilo Linkedin serve proprio a definire l’identità digitale della persona. Possiamo dire che è cambiata per sempre la prima parte delle relazioni, ossia come rompere il ghiaccio, che in MyAcademy definiamo IceBreaking».
AZIENDE / MYACADEMY
Perché il “costo contatto” assume un ruolo centrale nelle relazioni che un’azienda stabilisce con i propri clienti e fornitori? «Nelle relazioni consolidate, tra persone conosciute, una e-mail od una telefonata hanno costi praticamente pari a zero. Ma se devo trovare nuovi clienti, qual è il costo contatto oggi? Partiamo dalla fonte di generazione di contatti: fiere e contatti “a freddo”. Partecipare a fiere o promuovere prime visite “a freddo” hanno costi contatto che in uno studio condotto su un campione di aziende del B2B si aggirano sui 300 CHF a contatto. Usando i sistemi di IceBreaking questi costi scendono a 10 CHF, un rapporto quindi di 1 a 30! Le fiere hanno normalmente cadenza annuale. Possibile attendere un anno per cercare nuovi clienti? Per quanto riguarda poi rapporti con Paesi lontani come Stati Uniti o Cina i costi contatto aumentano in maniera esponenziale. Con i sistemi di social business oggi si può raggiungere più di un miliardo di persone nel mondo, a costi pari al prezzo di un caffè». Quali sono i vantaggi offerti dalla sales navigator intelligence? «Prima dell’avvento del social selling le informazioni sui propri clienti potenziali si trovavano attraverso lunghe e complicate analisi, ottenute facendo lavorare diverse persone. Oggi, con le nuove piattaforme che sfruttano gli algoritmi di intelligenza artificiale, le notizie appaiono in maniera automatica ed in tempo reale sul nostro smartphone. Il lavoro del commerciale non è più quello di trovare le informazioni, ma di capire come essere utile al proprio cliente potenziale, rispondendo a queste due domande: Quale problema risolvo al cliente? Come semplifico la vita al mio cliente? Il lavoro del commerciale si sposta nell’ingaggiare relazioni via social business con il potenziale cliente, per
poi arrivare al contatto fisico. Cambia in maniera radicale il lavoro del commerciale nelle aziende, alcuni ce la faranno, altri saranno destinati ad uscire dal mercato del lavoro. È la dura legge del cambiamento». Possiamo analizzare in dettaglio i punti di forza del progetto di IceBreaking? «Velocità, costi contenuti, precisione chirurgica nei contatti ed altissimi ritorni economici sono i punti di forza. Questo è ciò che emerge, dopo un anno di lavoro tra i partecipanti ai programmi di IceBreaking in MyAcademy. L’IceBreaking sta diventando come chiedersi perché usare lo smartphone o fare le ricerche con Google, talmente naturale che non servono domande. Ma non sottovalutiamo i punti deboli, che identifico nella resistenza al cambiamento, nell’ “abbiamo sempre fatto così”. Questo è il vero nemico del cambiamento, un vero e proprio pericolo per le aziende, che rischiano di essere spazzate via dallo tsunami dell’innovazione». Quali sono gli obiettivi di MyA in veste di acceleratore della cultura digitale? «Siamo acceleratori prima di tutto del cambiamento dei metodi di lavoro delle persone, attraverso l’uso del digitale, proprio per contrastare l’ “abbiamo sempre fatto così”. Le persone sono al primo posto delle nostre priorità. Ci occupiamo di Piccole e Medie Imprese, la Svizzera, e il Ticino in particolar modo, hanno un autentico patrimonio di aziende che operano nell’industria, nei servizi, nei beni di consumo. Aziende però troppo piccole per affrontare i mercati internazionali attraverso i metodi tradizionali. Non è possibile vendere macchinari di precisione in Cina aiutati solo dalla presenza in fiera, una volta all’anno. Con gli strumenti di accelerazione di MyA ogni giorno è un giorno di Fiera per le aziende nostre partner».
Come potrebbe essere riassunta la sua strategia di intervento a favore delle aziende che intendono migliorare le proprie strategie commerciali? «È una strategia di intervento chiara e diretta, basata su tre passaggi: Non lavoriamo con tutti e per tutti. Il primo passo è conoscere l’imprenditore e i suoi collaboratori. Ci interessano le storie delle persone che lavorano nelle aziende e i loro progetti. Vogliamo innamorarci dei loro progetti ed aiutarli a fare un pezzo di strada insieme. Ogni anno valutiamo centinaia di progetti, solo una parte di questi supera le nostre selezioni Cominciamo con un piccolo traguardo da raggiungere insieme, lavorando su aspetti concreti del business: mercati, clienti, prodotti. Lavoriamo soprattutto con le persone, formandole al nuovo modo di operare. Dopo i primi due passi “acceleriamo” facendo tesoro di quanto abbiamo condiviso con l’azienda Partner puntando a risultati superiori. Definiamo il progetto anno su anno, con l’indicazione delle risorse, dei tempi, delle persone coinvolte e dei risultati attesi. E ci crediamo talmente tanto che stabiliamo dei compensi a variabile con le aziende Partner, a risultati raggiunti. Siamo fautori della crescita del valore delle aziende, col gioco di squadra: insieme si va lontano».
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AZIENDE / ARREDAMENTI BERNASCONI
ARREDIAMO LE CASE DEI TICINESI
TUTTO EBBE INIZIO NEL 1953 QUANDO LUIGI BERNASCONI, TAPPEZZIERE E DECORATORE, APRÌ IL SUO PICCOLO LABORATORIO NEL CENTRO STORICO DI MENDRISIO. DA QUALCHE ANNO IL FIGLIO ROBERTO HA RILEVATO L’INTERA IMPRESA FAMILIARE CHE PORTA AVANTI INSIEME AD UN TEAM DI PROFESSIONISTI, MANTENENDO INALTERATI I VALORI DI UNA REALTÀ SOLIDA E AFFERMATA, NON SOLO IN TICINO, MA ANCHE A LIVELLO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE.
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AZIENDE / ARREDAMENTI BERNASCONI
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a vostra azienda costituisce in Ticino il sinonimo stesso di arredamenti di qualità… «Possiamo parlare di un successo basato su quei valori di serietà, professionalità, gusto e cortesia che erano le qualità originarie di mio padre e che poi abbiamo sempre cercato di mantenere ed anzi far crescere nel tempo. Qualità che dal primo laboratorio artigianale di tappezzeria lo portarono nel 1982 a consolidare la sua azienda, con la costruzione dell’edificio nel quale ancora siamo e che tuttora dispone di 3000 mq espositivi su 5 piani adibiti alla vendita e progettazione di arredamenti da interni ed esterni, collocati a ridosso dell’ingresso autostradale della città». Come sono cambiate negli anni le richieste della clientela? «Direi che il cambiamento è stato molto profondo e generalizzato. In passato il cliente arrivava nello show room incuriosito e alla ricerca di nuove idee, pronto ad ascoltare fiducioso i nostri consigli e suggerimenti d’arredo. Oggi arriva molto più preparato, ha già maturato su internet una visione degli arredi che intende acquistare, è più informato riguardo a mode, tendenze, colori e materiali. Ma tutta questa ricchezza di informazioni genera molto spesso anche una grande confusione, al punto che la nostra consulenza diventa ancor più necessaria per mettere ordine e trasformare un insieme di mobili in un arredamento armonico e coerente rispetto alle attese, al modo di abitare e allo stile di vita di ogni cliente».
ture, così come nella scelta di porte, pavimenti, illuminazione, bagni, ecc». Quali sono i principali marchi che rappresentate? «Fin dall’inizio della nostra storia ci siamo sempre preoccupati di ricercare le aziende più prestigiose che in Svizzera, in Italia, in Germania ma anche in altri Paesi europei potessero garantire il meglio in fatto di mobili e di complementi d’arredo. Di alcuni marchi soprattutto italiani siamo stati per lungo tempo esclusivisti in Ticino e in Svizzera. Questo lavoro di ricerca e soluzioni di arredi che garantiscano qualità e durata del tempo ma al tempo stesso incontrino i gusti e lo stile dell’abitare dei ticinesi costituisce uno degli aspetti più affascinanti del nostro lavoro e lo portiamo avanti visitando ogni anno decine e decine di
aziende e partecipando a tutte le più qualificate fiere ed esposizioni del settore». La vostra vicinanza rispetto al confine costituisce un problema in ragione dei prezzi concorrenziali applicati in Italia? «Assolutamente no. Le nostre quotazioni sono tutte formulate dai listini in euro, quindi concorrenziali con le realtà oltre confine, oltre che locali e nazionali. Noi però in più garantiamo la qualità e l’esperienza di un’azienda svizzera sul mercato da più di 65 anni. Invitiamo sempre i nostri clienti a diffidare delle finte promozioni e degli sconti esagerati, confrontando bene i preventivi, soprattutto le voci dell’iva, dello sdoganamento, del trasporto al piano, del montaggio e delle condizioni di pagamento».
La vostra consulenza comprende anche la progettazione di arredamenti completi? «Nel caso di una nuova costruzione o di una semplice ristrutturazione, siamo pronti a seguire il cliente nello sviluppo del layout degli spazi e nella coordinazione di colori, materiali e finiTICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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La differenza in ogni caso è data dalla qualità del servizio da voi offerto… «Un buon servizio inizia con una consulenza personalizzata, ma continua con il trasporto e montaggio eseguito da personale qualificato e perdura negli anni con l’assistenza per qualsiasi problema che può insorgere nel tempo. Tutto questo nasce dalla convinzione che un prodotto di alta qualità debba essere supportato da un servizio all’altezza. Quello dell’arredamento di casa è comunque un acquisto importante, destinato a durare per molti anni, ma richiede che i prodotti siano trattati in ogni fase del loro ciclo di vita in modo adeguato e competente».
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Il vostro settore, soprattutto per quanto riguarda i complementi d’arredo, subisce da qualche anno una forte pressione in seguito alla diffusione delle vendite on-line. Come vi siete attrezzati in proposito? «Anche noi abbiamo aperto un negozio virtuale dove è possibile acquistare le nostre collezioni di mobili e vari complementi d’arredo. Questo adeguamento alle nuove richieste imposte dl mercato costituisce la conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, della nostra capacità di stare al passo con i tempi che cambiano, seguendo progresso e innovazione ma senza rinnegare mai le nostre migliori tradizioni».
LUIGI BERNASCONI & CO SA Via Bernasconi 3 CH-6850 Mendrisio T. +41 91 646 18 78 F. +41 91 646 71 93 info@arredamentibernasconi.ch
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AZIENDE / SWISS GLOBAL ESTATE AG
SIAMO GIOVANI MA STIAMO CRESCENDO VALENTINO ALAIN RULLI, DIRETTORE DI SWISS GLOBAL ESTATE E MATTEO BARCA, PRESENTANO LA SOCIETÀ CHE NELL’AMBITO DI GLOBAL CONTROL GROUP HOLDING SELEZIONA E PROPONE AI PROPRI CLIENTI PRIVATI O AZIENDE, APPARTAMENTI, RESIDENZE, TERRENI, PROPRIETÀ SUL TERRITORIO SVIZZERO E ALL’ESTERO, CURANDO LA GESTIONE DEGLI ASSET IMMOBILIARI RESIDENZIALI, TURISTICI O COMMERCIALI.
N Valentino Alain Rulli
Matteo Barca
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ella galassia di società che fanno capo alla vostra holding, che ruolo riveste Swiss Global Estate? «È una società Fiduciaria Immobiliare di diritto svizzero, con sede a Lugano, affiliata all’Associazione svizzera dell’economia immobiliare (SVIT). Siamo nati da meno di tre anni grazie anche al desiderio dei clienti facenti parte delle società di Global Control Group Holding di poter contare su di un servizio immobiliare interno puntuale e mirato, capace di ascoltare e comprenderne le esigenze di posizionamento sul territorio locale o estero». Quali sono i principali servizi che erogate? «Swiss Global Estate segue il cliente in quelle che possono essere tutte le pratiche amministrative e burocratiche legate alle transazioni immobiliari; si avvale di partner esclusivi d’eccellenza nei settori della ristrutturazione d’interni, dell’interior design e dell’home staging o esigenze tecniche di stime, perizie, ricerche di mercato e studi di fattibilità. Un settore importante della nostra attività riguarda interventi di relocation per clienti che intendono trasferirsi in Ticino. Una particolare attenzione è rivolta anche alla valutazione e promozione di investimenti sul mercato italiano ed estero».
Una delle principali caratteristiche è quella di essere composta da uno staff giovane e dinamico… «È vero, siamo un gruppo giovane ma formato da professionisti provenienti dal settore immobiliare puro, dall’amministrazione fiduciaria, dalla comunicazione e marketing, e dalla gestione di family office a livello internazionale, al fine di garantire una visione di lavoro globale e strategica, capace di cogliere e valutare le opportunità offerte dal mercato. La società valuta su richiesta puntuale del cliente investimenti immobiliari per attività a reddito accompagnandolo nel percorso di analisi, finanziamento ed eventuale successiva gestione». L’amministrazione di stabili residenziali e commerciali completa i servizi offerti… «Assolutamente sì. Negli ultimi mesi abbiamo acquisito numerosi mandati per la gestione di interi immobili e personalmente mi sto occupando proprio di tutte le problematiche legate alle PPP. Amministriamo stabili sia di proprietà nostra che per conto terzi, con persone interne espressamente dedicate sia alla gestione contabile che tecnica». Che tipologia di immobili avete nel vostro portfolio?
AZIENDE / SWISS GLOBAL ESTATE AG
«Inizialmente abbiamo trattato prevalentemente immobili di lusso di proprietà di nostri clienti, poi la fascia di oggetti si è gradualmente ampliata e adesso comprende anche svariati appartamenti e altre soluzioni abitative, sempre comunque di livello medioalto. Ciò che è importante sottolineare, tuttavia, riguarda il fatto che tendiamo sempre a stabilire, al di là della tipologia dell’immobile da trattare, un rapporto di vicinanza nei confronti dell’esigenza del cliente, che vogliamo seguire e accompagnare in ogni fase di una trattativa. Anche per questo preferiamo ove possibile avere mandati in esclusiva, proprio perché per noi ogni cliente costituisce un caso a sé cui vogliamo dedicare tutto il tempo e le attenzioni necessarie al migliore raggiungimento degli obiettivi che insieme ci siamo prefissi».
In questo senso dunque anche Swiss Global Estate interpreta perfettamente la filosofia che muove il vostro Gruppo… «Infatti. La condivisione di valori è fondamentale per un team che vuole lavorare in modo integrato e con uno spirito di fattiva collaborazione. Inoltre, la gestione di Swiss Global Estate ha creato intorno a sé una rete nazionale ed internazionale di partner immobiliari altamente qualificati, che condividono una comune filosofia di lavoro avente come fondamento qualità, concretezza, professionalità ed entusiasmo».
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AZIENDE / GREEN MOBILITY SWITZERLAND
ELETTRICO È MEGLIO CLAUDIO MAINERI, GENERAL MANAGER, PRESENTA UNA GIOVANE SOCIETÀ SVIZZERA CHE DISTRIBUISCE PRODOTTI DI MOBILITÀ SOSTENIBILE E PER IL LAVORO IN AGRICOLTURA E IN EDILIZIA.
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ome nasce il vostro progetto per la diffusione di nuove tecnologie rispettose dell’ambiente? «Basta guardarsi intorno a noi per accorgerci che il mondo sta cambiando e anche noi dobbiamo di conseguenza cambiare. Una nuova mobilità è alle porte, si affermano sempre più modalità di spostamento non inquinanti, più economiche di qualsiasi motore a combustione interna. Ecco perché abbiamo scelto di lavorare in questo settore, proponendo nuove tecnologie di mobilità e per il lavoro che non danneggiano l’ambiente, che non impongono necessità di trasporto e stoccaggio di carburante e, non ultimo, fanno risparmiare sui costi energetici e di gestione».
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Quali prodotti avete scelto di distribuire? «Forniamo innovativi veicoli elettrici per l’edilizia e per l’agricoltura, moto, scooter e auto elettriche. I nostri prodotti sono garantiti, sicuri e di qualità perché sappiamo che è questo ciò che il mercato ci chiede. La nostra missione: far sì che un giorno ogni veicolo o dispositivo che oggi funziona con un motore a combustione interna venga sostituito da uno elettrico. Il continuo confronto con i clienti ha portato in questi anni al passaggio dai modelli a motore a scoppio a quelli a motore elettrico, nel pieno rispetto della natura e della salute, senza dimenticare il significativo risparmio economico per i bassi costi d’esercizio. I nostri macchinari trovano spazio nel settore vitivinicolo, ortofrutticolo (specialmente nelle serre), agricolo, edile, logistico, per lo sgombero neve, per i trattamenti irroranti fitosanitari, per l’apicoltura».
chi, con conseguenti benefici per l’operatore a livello ergonomico».
Con quali caratteristiche si presentano i vostri prodotti… «La prima richiesta che ci proviene dai nostri clienti è quella di disporre di prodotti di assoluta qualità, solidi, resistenti, in grado di funzionare in ogni condizione e di durare nel tempo. Per questo il primo impegno che ci siamo assunti è stato quello di selezionare con particolare cura le aziende produttrici, scartando soluzioni più economiche ma meno affidabili. La scelta è caduta su un’azienda italiana che da tempo ha maturato significative esperienze su prodotti nati per alleviare la fatica in determinati lavori ed agevolare lo spostamento dei cari-
La qualità e l’estensione del servizio da voi offerto costituisce un altro vantaggio per chi acquista i vostri prodotti… «Per molti modelli da noi proposti siamo esclusivi rappresentanti in Ticino e in Svizzera. Per ogni regione del Paese stiamo creando una rete di dealers qualificati in grado di assicurare poi assistenza e manutenzione con tecnici di cui stiamo curando direttamente la formazione presso le aziende produttrici. In ogni caso, la manutenzione di un motore elettrico risulta essere molto più semplice rispetto ad un equivalente motore a combustione».
I vostri modelli sono tutti alimentati da motori elettrici… «Il valore aggiunto dei nostri modelli elettrici è proprio nella gamma di macchine ad uso professionale le quali, rispetto a quelle dei competitors, sono alimentate da batterie con tensione a 36 e 48Volt. I vantaggi: flusso di energia più morbido, minor stress per la batteria e maggiore durata delle ore di lavoro con conseguente aumento delle prestazioni della macchina. I modelli a 24 Volt, invece, vengono prodotti principalmente per uso hobbistico. Inoltre alcuni nostri modelli dispongono di un pacco batteria a litio di serie aumentando così ulteriormente la potenza dei macchinari. Pertanto la gamma è in continua evoluzione e possiamo disporre anche di modelli su misura per rispondere al meglio alle esigenze dei clienti».
AZIENDE / GREEN MOBILITY SWITZERLAND
GREEN MOBILITY SWITZERLAND Via Lugano 16 CH-6982 Agno www.green-mobility-switzerland.ch
La diffusione dei motori elettrici costituisce un fatto assodato in tutti i campi del lavoro e del tempo libero. A chi sono indirizzati i vostri prodotti? «Mi piace rispondere a tutti coloro che hanno maturato una piena consapevolezza delle trasformazioni in atto, nell’agricoltura come nell’edilizia o nella pratica dei propri hobbies quotidiani. Esiste già una generazione di nuovi imprenditori, per esempio nelle campagne, che adotta un’agricoltura non violenta e rispettosa dell’ambiente
e che guarda con favore a nuove forme di mobilità dolce che possono trasformare in meglio il loro lavoro e al tempo stesso la loro qualità di vita. È soprattutto ad essi che guardiamo nella certezza che accoglieranno con favore una proposta destinata a modificare nei fatti e non solo a parole il loro modo di lavorare e di vivere».
Equipaggiamento speciale per la Ferrari 488 Pista
In occasione della 24 Ore di Le Mans, la Casa del Cavallino Rampante ha svela in anteprima la Ferrari 488 Pista dotata dell’allestimento “Piloti Ferrari”, ultima creazione dell’esclusivo programma Tailor Made; la speciale personalizzazione creata da Ferrari
per ringraziare i suoi piloti clienti farà il suo debutto alla vigilia della leggendaria gara di durata francese proprio al Circuit de la Sarthe. Ispirato alla vettura n°51 di AF Corse che ha conquistato con Alessandro Pier Guidi e James Calado i titoli Piloti e Costruttori 2017 del FIA World Endurance Championship (WEC), questo speciale allestimento per la nuova Ferrari 488 Pista è pensato in esclusiva per i clienti coinvolti nelle attività sportive della Casa. Gli esterni presentano una livrea inedita caratterizzata da una fascia tricolore che richiama direttamente quella della 488 GTE da gara, impreziosita dalla presenza dell’alloro celebrativo del titolo WEC, dal logo
del campionato e dall’identificazione “PRO” che indica la classe di appartenenza, proprio come sulla vettura da corsa. La bandiera italiana sottolinea le linee aerodinamiche della Ferrari iridata anche sulle fiancate dove è presente il numero che ogni cliente sarà libero personalizzare. A completare la personalizzazione estetica degli esterni contribuiscono il canale aerodinamico S-Duct in nero opaco e l’ala posteriore sospesa a “coda di rondine” in carbonio a vista. La Ferrari 488 Pista con allestimento “Piloti Ferrari” sarà disponibile in quattro diversi colori ispirati al mondo delle competizioni: Rosso Corsa, Blu Tour De France, Nero Daytona e Argento Nurburgring. TICINO WELCOME / SET - NOV 2018
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FORMAZIONE SPECIALISTICA DI LIVELLO MONDIALE IL CORSO DI ECOCARDIOGRAFIA TRIDIMENSIONALE TENUTO DAL DOTTOR FRANCESCO FALETRA VANTA ORMAI UN’ESPERIENZA MATURATA NEL CORSO DI SETTE ANNI E COSTITUISCE UNO DEI VANTI DEL CARDIOCENTRO TICINO.
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l corso va avanti dal 2011, e in questi 7 anni ha formato alla tecnica ecocardiografica tridimensionale oltre 200 cardiologi provenienti da tutto il mondo, in un crescendo di successo e di richieste alimentato insieme dal passaparola sulla qualità del corso e dalla indiscussa fama del Dr. Francesco Faletra. È lui, il caposervizio di imaging cardiaco del Cardiocentro, il dominus del corso: lo ha ideato e lo gestisce, trasmettendo un sapere prezioso che dà modo di “vedere” il cuore e le sue strutture, di vederle sempre meglio grazie alla sempre più performante evoluzione di macchine di straordinaria complessità tecnologica.
MEDICINA / CARDIOCENTRO TICINO
do. Sono molto orgoglioso nel dire che i giovani cardiologi che frequentano il servizio di imaging cardiaco escono dopo 2 anni con una competenza che li rende indipendenti nell’utilizzare tutte e tre le tecniche sopradette».
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r. Faletra, incominciamo dalle basi: cos’è l’ecografia tridimensionale? Qual è il suo ruolo nella diagnosi delle patologie cardiache? «L’ecocardiografia tridimensionale è la naturale evoluzione dell’ecocardiografia bidimensionale, ma sono stati necessari dieci anni prima che essa fossa accettata da parte della comunità cardiologica e divenisse a pieno titolo parte integrante dell’armamentario di tecniche di immagini diagnostiche non invasive. I motivi sono molteplici: alcuni di ordine tecnico (i primi ecocardiografi con sonde tridimensionali in realtà non fornivano immagini di elevata qualità), altri di ordine psicologico in quanto le immagini bidimensionali tradizionali sono molto differenti dalle immagini tridimensionali: le prime sono infatti comparabili a “sezioni” (appunto bidimensionali in quanto manca la profondità) molto sottili, le seconde mostrano le strutture cardiache così come sono in realtà. Era ed è quindi comprensibile che ecocardiografisti anche esperti e che avevano lavorato per decenni con l’ecocardiografia bidimensionale, avessero una certa “resistenza” nell’accettare una nuova e rivoluzionaria tecnologia che peraltro necessitava di una curva di apprendimento abbastanza lunga. È stato in quel preciso momento che ho pensato di poterli aiutare ideando un corso “ad hoc” per loro. Per completa-
re la sua domanda, il ruolo che l’ecocardiografia 3D adesso ha nella diagnostica cardiologica è talmente importante che è difficile pensare ad un reparto di cardiologia e cardiochirurgia sprovvisto dell’ecocardiografia tridimensionale». Ci parli un po’ della formazione: come ha acquisito le competenze che fanno di lei un’autorità mondiale in questo settore? «Mi sono laureato a Catania nel 1976 e grazie al fatto che avevo ottenuto il massimo punteggio di laurea “magna cum laude” sono stato subito accettato per il tirocinio post-laurea nel migliore reparto di cardiologia italiano di allora: il “De Gasperis” dell’ospedale Niguarda di Milano, dove ho lavorato per 18 anni approfondando le tecniche di imaging con ultrasuoni allora appena agli inizi. Ho quindi potuto seguire tutta l’evoluzione tecnica e clinica dell’ecocardiografia. Ma direi che il salto di qualità l’ho fatto venendo qui in Ticino al Cardiocentro 12 anni fa. Ho trovato nel Prof. Moccetti una persona assolutamente aperta alle novità che mi ha appoggiato nel progetto di riunificare nello “stesso tetto” tutte e tre le tecniche regine dell’imaging non invasivo, ovvero la tomografia assiale computerizzata, la risonanza magnetica e l’ecocardiografia. Questo servizio è gestito da cardiologi ed è probabilmente uno dei pochi al mondo ad essere strutturato in questo mo-
Come le è venuta l’idea del corso? Si aspettava questo successo? «Come ho detto prima ho percepito la necessità che avevano gli ecocardiografisti di imparare una tecnica che era completamente diversa da quella che avevano utilizzato fino allora. L’idea è stata quella di fare un corso personalizzato (massimo quattro cardiologi) che si confrontano con me per 8 ore al giorno per cinque giorni sulle problematiche dell’ecocardiografia tridimensionale. Oltre ai casi della normale attività clinica, abbiamo un ricco database da dove si possono trovare esempi per ogni tipo di patologia. Queste caratteristiche credo che siano state la chiave del successo». Chi sono gli “studenti”? Con quali competenze arrivano e come si svolgono le lezioni? «Si tratta sempre di cardiologi esperti in ecocardiografia bidimensionale che vogliono fare il salto di qualità. Arrivano un po’ da tutto il mondo e si iscrivono al corso scegliendo online la settimana che preferiscono, tra quelle che programmo all’inizio dell’anno. Quando il corso raggiunge il numero massimo di 4 partecipanti iscritti viene indicato come completo; non ci si può più iscrivere per quella data ma si può accedere a una lista d’attesa, che compensa eventuali e rare rinunce dell’ultima ora. Il corso incomincia di lunedì mattina e ogni giorno vi sono dalle sei alle otto lezioni su argomenti di eco 3D (alcune di queste lezioni le prendo da conferenze a cui sono invitato nei vari congressi internazionali) seguite da prove pratiche sul computer utilizzando il nostro database».
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Aiutare un bambino significa dare speranza ad una famiglia intera
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FONDAZIONE BAMBINI CARDIOPATICI NEL MONDO
tario che presto, ricordiamolo, avrà la sua facoltà di medicina e dovrà riuscire a trarre profitto e da ogni esperienza, da ogni storia di successo. Il corso di ecocardiografia 3D del Dr. Faletra al Cardiocentro è una di queste.
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Ci congediamo dal Dr. Faletra con una riflessione che va al di là del suo corso e dell’ecocardiografia 3D. Circa una volta al mese, quattro cardiologi professionisti arrivano al Cardiocentro e ne ripartono dopo una settimana di formazione intensa e iperspecialistica, lasciando sempre un feedback estremamente positivo. Significa che negli ospedali dove lavorano, ospedali europei, americani, asiatici, anche australiani, insieme con il prestigio del Dr. Faletra crescono e si diffondono anche l’immagine, il nome, la fama del Cardiocentro e di Lugano. Ormai tutto si tiene insieme: l’internazionalizzazione di un territorio passa anche da qui, da qui il valore e il futuro di un sistema sani-
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Qualche aneddoto? C’è stato qualche partecipante che ricorda particolarmente, che l’ha colpito per qualcosa? Chi è arrivato da più lontano? «Una volta sono stato colpito dalla presenza di un cardiologo indiano. Preso da un senso di empatia ho chiesto la Prof. Moccetti se fosse possibile non fargli pagare il corso, visto che aveva affrontato a proprie spese un lungo viaggio e che si pagava vitto ed alloggio a Lugano. Il professore fu d’accordo ed il cardiologo andò via contento per quello che aveva imparato ma anche, suppongo, per il fatto che aveva seguito il corso (almeno quello) senza pagarlo. Qualche tempo dopo sono venuto a sapere che lo stesso cardiologo lavorava in una grossa clinica privata in India di proprietà della sua famiglia…».
NEWS
La rivoluzione dello spazio di lavoro è iniziata IWG, il gestore globale dei principali fornitori di spazi di lavoro, si tiene al passo con la crescita della domanda da parte di aziende che si sono lanciate nella “rivoluzione dello spazio di lavoro” e si avvicina al traguardo di 5 milioni di metri quadri di uffici arredati, disseminati in tutto il globo. Nel 2017 IWG ha aggiunto 314 nuovi edifici ad uso ufficio alla propria rete, raggiungendo complessivamente quasi 511.000 metri quadri di spazio di lavoro, solo nell’anno scorso. A quanto corrispondono 5 milioni di metri quadri? Sono l’equivalente di 116 stadi di Wembley, 216 teatri dell’opera di
Sydney o 3.718 piscine olimpioniche. Anche in Svizzera IWG ha registrato una crescente domanda di spazi lavoro flessibili e attualmente gestisce 28 sedi. Entro la fine dell’anno con i marchi Regus e Spaces IWG disporrà di quasi 40 sedi e prevede di gestire in Svizzera una rete di ben 100 sedi entro i prossimi 4 anni. Oggi la richiesta di spazi di lavoro flessibili è davvero globale. IWG non si sta facendo cogliere impreparata e sta rafforzando la propria presenza in tutto il mondo: in America, in Europa, in Medio Oriente, in Africa e in Asia. Nel 2017 è stata la prima azienda ad aprire spazi di lavoro in Angola, in
Azerbaijan, in Georgia, in Islanda, in Iran, in Kazakistan e a Trinidad e Tobago, ed ha ampliato questo elenco con molti altri Paesi, permettendo a oltre 2,5 milioni di persone di lavorare con la massima produttività. IWG, tramite i suoi marchi Regus, Spaces, No18, Basepoint, Open Office e Signature, offre alle aziende una base sulla quale fare affidamento, con più di 3.300 sedi presenti in 1.000 città e in oltre 110 Paesi: è il gestore globale dei principali fornitori di spazi di lavoro, aziende che permettono a più di 2,5 milioni di persone di lavorare con la massima produttività.
Gianmaria Delmenico
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BENESSERE / PERMAMED
UN ALTRO HIGHLIGHT NELLA REGIONE DI BASILEA. L’ACIDO IALURONICO È PRESENTE IN MOLTI PRODOTTI ANTI-AGE PER LA CURA DEL VISO. SPESSO HA UN EFFETTO SOLO BREVE E SUPERFICIALE. INFATTI, L’ACIDO IALURONICO È UNA FORMULA COMPLESSA. BISOGNA CONOSCERE LE SUE PROPRIETÀ E COMBINARLE SAPIENTEMENTE SE SI VUOLE RAGGIUNGERE GLI STRATI PROFONDI DELLA PELLE. A QUESTO PROPOSITO, LA RICERCA LUBEX ANTI-AGE® DELLA DITTA SVIZZERA PERMAMED HA FATTO PROGRESSI RAGGUARDEVOLI.
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acido ialuronico ringiovanisce la pelle. L’acido ialuronico è capace di legare grandi quantità d’acqua. Ciò gli permette di idratare la pelle e colmarne i serbatoi idrici. Tramite ponti di idrogeno, si combina con la cheratina, che dà rigidità all’involucro corporeo. Questo legame tra acido ialuronico e cheratina ha un effetto molto diretto: fa sparire le rughette. La pelle è rassodata e rimpolpata. Ecco perché oggi la cura antiage senza acido ialuronico non sarebbe più concepibile. Però non tutti gli acidi ialuronici si equivalgono. Ciò spiega anche le grandi differenze tra i diversi prodotti. Le differenti sostanze ialuroniche L’acido ialuronico è un polimero che prende la forma di una catena formata 02
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BENESSERE / PERMAMED
dai suoi componenti. Questa può essere più o meno lunga. In caso di catene lunghe, si parla anche di acido ialuronico ad alto peso molecolare. Esso agisce solo in superficie, creandovi un breve film idratante. Ha inoltre un effetto antinfiammatorio. Le catene d’acido ialuronico corte invece – chiamate anche acido ialuronico a basso peso molecolare – hanno un effetto a lungo termine. Abbastanza piccole per penetrare in profondità, sono immagazzinate nel tessuto connettivo della pelle e svolgono un’azione antirughe duratura. Riassumendo, ci sono diversi tipi di acidi ialuronici che svolgono tutti degli effetti specifici sulla pelle. Qualora si sviluppino sostanze ialuroniche, è necessario tenere conto di questi meccanismi: è l’unico modo per far confluire tutte queste proprietà in una cura anti-age efficace. Ed è precisamente questo che la ricerca galenica Lubex anti-age® ha fatto. Il risultato è un trattamento speciale con 4 tipi distinti di sostanze ialuroniche, di cui ciascuna risponde a un bisogno ben specifico: Tipo 1: idrata la superficie della pelle in modo intenso e protegge dalla disidratazione Tipo 2: forma un film protettivo e idrata durevolmente Tipo 3: penetra nell’epidermide, migliora l’elasticità della pelle e la rende morbida Tipo 4: penetra in profondità e rimpolpa la pelle dall’interno La ricerca galenica di Permamed è riuscita per la prima volta a combinare 4 tipi di sostanze ialuroniche – a catena corta e a catena lunga – che agiscono dalla superficie in profondità. Diversi principi attivi anti-age complementari sostengono inoltre il processo antiossidante e svolgono un effetto globale contro l’invecchiamento cutaneo. Competenza dermatologica da 40 anni La ditta svizzera Permamed è tra le prime imprese farmaceutiche nell’am-
bito della dermatologia. In 40 anni, i suoi preparati rimborsati dalle casse per la terapia di base di diverse affezioni cutanee si sono affermati presso i medici, i farmacisti e i droghieri. Oggi, Permamed sfrutta questa grande competenza anche nello sviluppo della linea Lubex anti-age®, con la quale si è specializzata nella lotta contro l’invecchiamento della pelle. La ditta collabora con dermatologi svizzeri di spicco per sviluppare nuovi trattamenti speciali con sostanze attive anti-age altamente dosate e idealmente combinate. Al centro dell’attenzione ci sono, l’alta qualità, la buona tollerabilità e naturalmente l’efficacia garantita. L’effetto di tutti i prodotti venduti sul mercato è stato provato da studi clinici effettuati con dermatologi. L’ultimo arrivato della ditta di Therwil (BL) è Lubex anti-age® hyaluron 4 types intensive booster, che riunisce 4 sostanze ialuroniche differenti. Esso ridà volume alla pelle, rimpolpa visibilmente le rughe, idrata in modo 4 volte più intenso e migliora l’elasticità e la tonicità della pelle. Tutto ciò senza esperimenti sugli animali e senza conservanti. Quando si tratta della salute e della bellezza della pelle, è meglio affidarsi al proprio medico, farmacista o droghiere che vi consiglierà volentieri, soprattutto per proporre il prodotto Lubex anti-age® meglio indicato per ogni tipo di pelle.
CONCORSO Quanti tipi di sostanze ialuroniche sono contenuti nel nuovo Lubex anti-age hyaluron 4 types intensive booster? Risposta:
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I primi 3 vincitori riceveranno un cofanetto del valore di CHF 195.50. Per partecipare, basta mandare la risposta entro il 31 ottobre 2018 al seguente indirizzo e-mail: concorso@permamed.ch
01 Christian H. Lutz, Fondatore e proprietario della Permamed SA 02 Angela Vattioni, Delegato medico/OTX Ticino
COMPETENZA DERMATOLOGICA Tutti i prodotti Lubex anti-age® sono indicati anche per la pelle sensibile sono stati sviluppati con dermatologi, hanno una efficacia provata da studi clinici, e sono senza conservanti, senza sostanze profumanti allergeniche, senza coloranti e senza olio di paraffina. Per maggiori informazioni: www.lubexantiage.ch
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BENESSERE / PATRIZIO PAOLETTI
60 SECONDI PER MEDITARE
A INIZIO GIUGNO SI È SVOLTO A LUGANO L’EVENTO OMM THE ONE MINUTE MEDITATION LIVE, CHE HA OFFERTO UN’INTERESSANTE OPPORTUNITÀ PER APPROFONDIRE LE TEMATICHE DELLE EMOZIONI CON LE RIFLESSIONI DI PATRIZIO PAOLETTI: COME CONOSCERLE, GESTIRLE E UTILIZZARLE PER RAGGIUNGERE LA VITA CHE SI DESIDERA.
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evento ha rappresentato l’occasione per divulgare i contenuti di OMM – The one minute meditation (Medidea), nuovo libro del coach e ricercatore Patrizio Paoletti, creatore dell’omonima fondazione, che da 30 anni si occupa di sviluppo personale attraverso programmi di training esperienziale. OMM è una guida che con linguaggio semplice e un approccio pratico riprende idee, pratiche e metodi millenari, rendendoli tuttavia concreti e accessibili a tutti. Un percorso introspettivo che vuole fare da guida ad una società sempre più stressata dalla vita quotidiana, suggerendo come rimedio il prezioso dono del dedicare almeno un minuto del proprio tempo a sé stessi e alla meditazione, per vivere in modo più consapevole e finalmente in contatto con sé stessi. Sessanta secondi che possono essere vissuti o divorati senza rendersene conto, ma che, se veniamo lasciati da soli, con niente altro che il nostro re-
BENESSERE / PATRIZIO PAOLETTI
spiro, possono essere lunghissimi. Un periodo di tempo chiave per qualsiasi disciplina di meditazione, yoga o mindfulness: l’unità di misura su cui costruire la propria consapevolezza. In questo suo ultimo lavoro editoriale, Paoletti porta avanti la tesi della minimeditazione: viviamo tutti un momento piuttosto particolare, di transizione tra un’era ed un’altra, dove il tempo da dedicare a sé stessi scarseggia, occupati come siamo in mille faccende che si accavallano tra loro tra famiglia, lavoro, vita di coppia ed i soliti, imprevedibili imprevisti. Ecco perché il concetto del Dalai Lama dei 7 minuti di meditazione può concentrarsi ancora di più verso la ricerca di un unico minuto di relax, 60 secondi in cui calmare la respirazione, rallentare il battito cardiaco, fermarsi ad ascoltarsi e connettersi nuovamente con sé stessi. In fondo, 60 secondi sono quelli che dedichiamo ad un video su Instagram, a rispondere ad un amico in una brevissima pausa dal lavoro, a scattare una foto per ricordare un momento speciale, a bere un caffè in una pausa. Possiamo sempre ritagliarci questa fetta di tempo che, per quanto sembri minuscola, è perfetta se utilizzata al meglio, in completa solitudine ed ascoltando solo il proprio respiro. In OMM, Patrizio Paoletti illustra il cammino per trovare l’autoconsapevolezza, un sentiero formato da 3 grandi D: distacco dallo stress giornaliero; distanza dalle emozioni distruttive; determinazione a sviluppare un ascolto finalizzato alla realizzazione dei propri desideri più intimi e profondi. Combattere l’infelicità diventa così più semplice inserendo degli elementi nuovi nel quotidiano che smuovano da quell’intorpidimento rappresentato dall’abitudine a determinate situazioni e condizioni. Paoletti è per il fare meno e meglio, piuttosto che tanto e male, perché ha una visione qualitativa di ogni aspetto della vita, incluso quello lavorativo. La vita è fatta di compromessi, su questo non
c’è dubbio, ma se si finisce per vivere un’esistenza che non si sente propria o per ristagnare in situazioni che portano grande infelicità, qualcosa deve essere fatto per riportare il quotidiano ad essere degno di essere vissuto. Prendersi questo minuto può significare cominciare a “fare pace” con sé stessi, regalandosi un micro-spazio in cui riflettere e fare il punto della situazione in maniera assolutamente rilassata e, quindi, più obiettiva; chissà che non si riesca anche a perdonarsi e ad andare avanti più “leggeri”. Patrizio Paoletti, uomo di pace, mentore, influencer e disruptor-coach si occupa di sviluppo personale. Invita le persone che incontra ad andare oltre i luoghi comuni e i pregiudizi – personali, sociali, culturali – per indagare in profondità la possibile realizzazione del Sé. Da oltre trent’anni attraverso il programma Human Inner Design e la School of Self-Awareness propone originali e sapienziali metodiche di training esperienziale la cui validità è confermata dalle ricerche in ambito neuro-scientifico e dalle collaborazioni con scienziati, Istituti e Università internazionali quali la Bar Ilan University di Tel Aviv, l’Università La Sapienza di Roma e l’Istituto di Neuroscienza della Fondazione Patrizio Paoletti. Con più di venticinque anni di impegno in ambito formativo, Patrizio Paoletti è in Europa uno tra i massimi esperti di comunicazione relazionale.
Imprenditore di successo, ha posto al centro del suo lavoro i processi connessi a sostenibilità, innovazione ed eccellenza. Laureatosi nel 1983 presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, successivamente i suoi studi e il lavoro nell’ambito artistico e pubblicitario l’hanno indotto a coltivare un particolare interesse per il mondo della comunicazione, elemento che segnerà fortemente le scelte della sua vita. L’interesse per le domande fondamentali che riguardano l’uomo e la complessità del suo esistere lo portano a individuare nel 1984 una delle aree di maggiore criticità per lo sviluppo e la crescita sociale: la sostenibilità, elemento indispensabile per un corretto processo evolutivo della persona, del suo agire, del tessuto sociale con il quale l’individuo è indissolubilmente connesso. Ha sviluppato molti programmi didattici ed educativi finalizzati allo sviluppo delle capacità che supportano i processi di apprendimento continuo. È fondatore di alcune realtà che operano da anni nel campo dell’assistenza, dei minori in difficoltà, dell’educazione e della ricerca. La Fondazione Paoletti nasce ad Assisi all’alba del Terzo Millennio per volontà di Patrizio Paoletti che, sensibile alle tematiche dell’educazione e dello sviluppo, riunisce attorno a sé un gruppo di pedagogisti, psicologi, sociologi, ma anche manager ed imprenditori da tempo sensibili all’idea di educazione come atto comunicativo. Attiva nei campi della ricerca, dell’educazione e della didattica, la Fondazione promuove il benessere sociale e i diritti dell’infanzia. www.oneminutemeditation.com
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UN ALLENAMENTO COMPLETO ED EFFICACE IL CROSSFIT È UN METODO DI ALLENAMENTO SVILUPPATO NEGLI ANNI ’70 DALL’AMERICANO GREG GLASSMAN, IL PRIMO A CREARE UN PROGRAMMA DI RAFFORZAMENTO E CONDIZIONAMENTO FISICO CON L’OBIETTIVO DI MIGLIORARE IL LIVELLO DI FITNESS E DI SALUTE DELLE PERSONE. IL CROSSFIT È DIVENTATO UN VERO E PROPRIO SPORT OLTRE CHE IL PROGRAMMA PRINCIPALE ADOTTATO DA MOLTE ACCADEMIE DI POLIZIA, CORPI OPERATIVI SPECIALI, UNITÀ MILITARI SPECIALIZZATE E MIGLIAIA DI ATLETI DI ÉLITE IN TUTTO IL MONDO.
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l CrossFit si basa su tre grandi categorie sportive che sono la ginnastica, il sollevamento pesi, il condizionamento metabolico (es. corsa, canottaggio, bicicletta ecc.). Prevede movimenti funzionali (significa che questi hanno un transfer al di fuori della palestra, ossia servono per eseguire attività necessarie nella vita di tutti in giorni), sono costantemente variati e sono eseguiti ad alta intensità. Ecco perché quando si parla di CrossFit non si parla di uno sport specifico, ma di un vero e proprio programma che combina («cross») varie discipline con l’obiettivo di un fitness a 360 gradi. Fin dagli esordi Glassman comprende l’importanza di alle-
nare tutte le 10 abilità riconosciute dal fitness (resistenza cardiovascolare-respiratoria, stamina, flessibilità, forza, velocità, coordinazione, flessibilità, potenza, equilibrio e precisione). Come si può ben capire la caratteristica del CrossFit è la non specificità, poiché appunto mira ad allenare nessuna disciplina in modo specifico. Una tipica classe di CrossFit si divide generalmente in 3 parti: il warm-up (o riscaldamento), la fase centrale in cui si allena la forza (ad esempio con Deadlift, Backsquat, Press, Bench Press, etc.) o si apprendono movimenti nuovi di ginnastica (es. camminata sulle mani, pullups, muscle ups, etc.) o di sollevamento pesi (es. Snatch e
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Clean&Jerk) e infine il WOD. Con il termine WOD (Workout of the day) si intende la fase di allenamento vera e propria. Il WOD è sempre a tempo (in quanti minuti si riesce a fare un determinato set di esercizi oppure quanti giri di un prestabilito set di esercizi si riescono a fare in un determinato lasso di tempo). Lo sforzo deve essere eseguito alla massima intensità, sempre in rapporto alle capacità del singolo individuo. Questa significa che la seduta di allenamento, che si svolge in un Box (é così che si chiama una palestra di CrossFit) può essere eseguita da tutti allo stesso modo scalando soltanto la difficoltà di alcuni esercizi o il carico, cosicché l’atleta lo può adattare alle proprie possibilità. Alla fine del WOD ognuno può prendere nota del proprio risultato, per verificare se lo score migliora (e di conseguenza il proprio livello di fitness) quando lo stesso WOD viene riproposto dopo un certo periodo. Il CrossFit in Ticino Il CrossFit in Ticino nasce a Lugano. Il Box, che si trova nella zona industriale di via Fola 11 lungo il fiume Cassarate a ridosso della zona universitaria della città, è stato inaugurato cinque anni fa. È stata la prima struttura sul territorio cantonale a offrire questo tipo di allenamento e ad aprire la strada alla diffusione del CrossFit in Ticino. Dopo il successo dei primi anni, la struttura luganese si è ampliata con l’apertura nell’aprile 2017 a Stabio del Box gemello, il CrossFit Lugano Southern Dept. in via Cantonale 20. Obiettivo: servire principalmente il Mendrisiotto e le zone di confine con le province di Como e Varese. Con i suoi 1200 mq di superficie coperta e oltre 3.400 mq di outdoor, CrossFit Southern Dept. è il più grande Box del Ticino e anche uno dei più grandi della Svizzera. Pur con caratteristiche proprie, i due Box condividono lo staff dei trainer e la programmazione degli allenamenti.
Ma la vera grande sfida di Lugano e Stabio è quella di ogni giorno: allargare la «community» dei propri atleti, trasmettendo passione e divertimento che trascenda l’idea di andare in palestra per dimagrire o per avere un corpo perfetto. Da un punto di vista sociale il CrossFit è innovativo e ogni Box lo sperimenta: gli atleti sviluppano un senso di amicizia e di mutuo supporto, coalizzandosi in una sorta «community». I due Box, oltre alle classi quotidiane, propongono corsi complementari e propedeutici come il Weightlifting e lo Yoga, organizzano eventi e gare, invitano atleti di élite a livello mondiale che tengono «seminari» (come in passato Andrea Ager, Björk Odinsdottir, ecc). Le classi di CrossFit non prevedono distinzioni fra avanzati e principianti, e questo non deve spaventare perché la vera sfida è sempre e soltanto con se stessi. Ph: ©Minguez
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I CrossFit Games e il titolo «The Fittest on Earth» Il CrossFit non è soltanto un programma di fitness con lo scopo di far star bene i propri clienti. Il CrossFit è uno sport a tutti gli effetti, esistono infatti gare di questa disciplina a livello regionale, europeo e mondiale. La gara più importante e seguita dai CrossFitters di tutto il mondo sono i CrossFit Games, ovvero i campionati del mondo di CrossFit dove i migliori 40 uomini, le migliori 40 donne e i migliori 40 Team si sfidano ogni anno per ottenere il titolo di «Fittest on Earth». Sono infatti migliaia gli appassionati di CrossFit che ogni anno, da tutto il mondo si mettono in viaggio fino a Madison, Wisconsin (USA) per assistere ai Games. Gli atleti qualificati per i CrossFit Games non sono persone comuni, sono atleti professionisti che si dedicano ogni giorno all’allenamento con lo scopo ultimo di poter raggiungere l’apice del CrossFit: il titolo di «Fittest on Earth». Nel 2017 il titolo di «Fittest on Earth» è stato conquistato (per il secondo anno consecutivo) dall’americano Matthew Fraser e dall’australiana Tia
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Claire Toomey. Il personaggio simbolo del CrossFit mondiale rimane l’americano Rich Froning Jr., con 4 vittorie consecutive ai Games. Froning, imbattuto, si è successivamente ritirato come individual e continua a gareggiare nei CrossFit Games come membro del Team CrossFit Mayhem Freedom. Ma come ci si qualifica per i CrossFit Games? Il primo step sono gli Open, ossia una gara aperta a chiunque voglia partecipare. Durante gli Open gli organizzatori dei CrossFit Games annunciano ogni settimana per 5 settimane un workout (WOD). Tutti gli atleti iscritti agli Open hanno tempo 4
giorni per effettuare il workout nel proprio Box, postare il risultato e video nella classifica ufficiale sul sito http://games.crossfit.com. Dopo aver verificato i migliori 30 risultati per ogni regione (es. Europa Nord, Europa Sud, Canada, America Latina etc.), gli organizzatori dei CrossFit Games invitano i migliori 30 uomini, donne e Team a gareggiare nei CrossFit Regionals. Nei Regionals gli atleti qualificati si sfideranno contro i migliori atleti nella propria regione geografica. Ad esempio, per quanto riguarda l’Europa del Sud (chiamata Meridian Regional) i CrossFit Regionals vengono disputati a Madrid, in Spagna. Tra tutti gli atleti qualificati per i Regionals soltanto i primi 5 uomini, donne e Team di ogni regione verranno ammessi al test finale, i CrossFit Games. Quest anno due atleti svizzeri si sono qualificati per i CrossFit Games: Lukas Esslinger di Zurigo e Adrian Mundwyler di St. Moritz.
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LA PALESTRA DI CASA TUA GRAZIE ALLA SUA FORMULA, NON OCCORRE PROGRAMMARE ANTICIPATAMENTE LA SEDUTA DI ALLENAMENTO PREPARANDO VESTITI, BORSA, ASCIUGAMANO. CLUB MOVE, APERTO 365 GIORNI L’ANNO, DALLE 5:00 ALLE 24:00, È IL LUOGO PERFETTO PER RAGGIUNGERE I PROPRI OBIETTIVI E SENTIRSI BENE. UN CENTRO FITNESS CON A DISPOSIZIONE LA MIGLIORE ATTREZZATURA E I PIÙ VALIDI ISTRUTTORI.
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utto quello che occorre è il proprio indice grazie al quale entrare tramite lettura biometrica. All’interno dell’armadietto personale è possibile conservare tutto l’occorrente per allenarsi. Il servizio lavanderia laverà giornalmente la tenuta sportiva in modo da ritrovar tutto pulito, asciugato e disinfettato. L’attrezzatura Technogym di cui è dotata la palestra è la più all’avanguardia del momento grazie alle macchine della serie Artis Ecosystem©, delle quali è possibile apprezzare il design e la funzionalità, con inoltre il piacere di aiutare l’ambiente, visto che sono tutte autoalimentate dal movimento prodotto, e l’energia in esubero viene utilizzata per illuminare il club.
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Per gli amanti del relax è stato creato un ambiente di allenamento curato nei minimi dettagli per staccare dallo stress quotidiano, con materiali che riportano alla natura. Anche sauna, sala del thè ed area relax contribuiscono al benessere psicofisico.
BENESSERE / CLUBMOVE
ALESSANDRA MASERATI, PERSONAL TRAINER Del qualificato staff di Club Move fa parte Alessandra Maserati con, Personal Trainer e insegnante per piccoli gruppi. Dopo il conseguimento del diploma ISEF e la successiva laurea in Scienze motorie ha sviluppato un esperienza di vent’anni nel settore del fitness, tra Italia e Spagna, dopo ho vissuto per 9 anni. La sua passione per lo sport all’inizio l’ha portata ad approfondire il mondo della preparazione atletica, per sport di squadra e sport di endurance (corsa, bici, triathlon) per poi dedicarsi sempre più alla ginnastica posturale. La formazione con il metodo Raggi, un sistema di allungamento globale decompensato, il Pilates e per ultima la formazione in Yoga l’hanno sicuramente proiettata ad una visione più olistica della persona arricchendo il suo metodo di lavoro con il cliente. Perché è così importante individuare per ognuno una modalità di allenamento personalizzata? «Ognuno di noi è unico. Anche se spesso gli obiettivi di allenamento sono comuni, ogni persona ha caratteristiche fisiche diverse, un suo trascorso sportivo, può presentare traumi, problemi articolari e posturali, soffrire di malattie metaboliche (pressione alta, diabete, disfunzioni tiroidee, etc.), o più semplicemente avere una differente capacità di sopportazione e disposizione mentale allo sforzo. Per questo un allenamento personalizzato è importante, tenendo conto di tutti questi fattori è sicuramente più efficace, privo di rischi ed in grado di ottimizzare i tempi di allenamento per il raggiungimento degli obiettivi prefissati». Allenare il corpo ma anche la mente. Come si raggiunge il perfetto equilibrio tra questi due elementi? «Che corpo e mente siano strettamente collegati non è una novità, la stessa psicosomatica ci spiega molto a riguardo. Ascoltare il nostro corpo, prenderne coscienza è sicuramente una forma per avvicinarci a capire il nostro stato mentale ed emozionale, dandoci quindi la possibilità a sua volta di modificarlo. Lo yoga è sicuramente la disciplina maestra in questo, grazie alla sua attenzione nell’esecuzione dei movimenti, al controllo della respirazione e pratica della meditazione, ma sono dell’idea che qualsiasi attività fisica fatta con coscienza ci permetta di relazionarci meglio con noi stessi sia dal punto di vista fisico che mentale. Stress, stati d’ansia, impegni di lavoro e famigliari, imprevisti, non sempre ci permettono di mantenere un atteggiamento mentale positivo, ripercuotendo negativamente anche sul nostro stato fisico. Da qui l’esercizio fisico può venirci in aiuto.
È ormai provato scientificamente che la sua capacità di liberare endorfine ci permette di sopportare meglio il dolore, aiuta a regolare l’umore e l’appetito, ha un effetto analgesico, è in grado di ridurre l’ansia e lo stress, regalandoci una sensazione di euforia e benessere. Dedicarsi del tempo nella nostra routine quotidiana facendo dell’esercizio fisico, credo quindi sia la chiave per trovare un equilibrio interiore che porti armonia nel corpo e nella mente». Qual’è la preparazione fisica in palestra adatta per golfisti amatoriali allo scopo di migliorare la loro performance di gioco e lo stato di forma fisica? «Spesso il golf viene valutato più un passatempo che uno sport, soprattutto se svolto da amatori, ma in realtà sono proprio questi ultimi che con una minima ed adeguata preparazione fisica possono trarne un maggior beneficio. Nello specifico è mirata al miglioramento della mobilità delle spalle, del dorso e del bacino per poter migliorare l’ampiezza, la fluidità e la velocità del movimento, al rinforzo della muscolatura addominale, dorsale e degli arti inferiori per avere più stabilità, equilibrio, forza nello swing e resistenza nel gioco. Oltre a questo una buona mobilità articolare, coordinazione generale, un lavoro di re-equilibrio posturale, data l’asimmetria del movimento dello swing, una buona capacità aerobica permetteranno anche di migliorare lo stato di forma generale e soprattutto di evitare spiacevoli infortuni o fastidi muscolari di cui spesso è caratterizzato questo sport».
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LEONARDO BONO, CAMPIONE DI GOLF Gioca a golf da 10 anni. All’inizio era un semplice gioco divertente, ma verso i 13 anni ha capito che il golf gli piaceva proprio e ha cominciato seriamente a pensare ad una carriera golfistica. Per questo motivo è diventato socio al GC di Lugano e ha iniziato a partecipare alle gare juniores in Svizzera ottenendo subito la qualifica di giocatore della nazionale ASG U16 nel 2013. Nel 2014 è entrato nel WAGR e nel 2015 ha vinto il titolo di Campione Svizzero Amateur di Strokeplay assoluto. Altra grande soddisfazione è stata la partecipazione ai Campionati Europei Juniores a squadre nel luglio 2016 e 2017. Sempre nel 2016 e 2017, ha giocato il British Boys Amateur Championship, un’esperienza unica che gli ha dato la possibilità di confrontarsi con i migliori giocatori d’Europa. Quali sono gli allenamenti fisici che svolge al CST di Tenero? «Mi alleno 3 volte a settimana nel periodo estivo (di gare) e 5 volte durante l’inverno. Negli allenamenti combino 4 fattori principali per il golf: velocità/esplosività, forza e core. Ogni fase d’allenamento dura circa 1h e 15min. Inizialmente faccio esercizi d’attivazione muscolare e scioglimento dei muscoli, dopo alleno la resistenza del core (planks + addominali + salto corda) ed infine eseguo 6 blocchi di 2 esercizi che alternano (attivazione + velocità/forza)». Perché in uno sport come il golf è molto importante la componente muscolare sia per la potenza che per la precisione del tiro? «Trovo che l’aspetto fisico nel gioco del golf possa davvero fare la differenza; lo abbiamo visto dalle statistiche/risultati dei migliori giocatori del mondo negli ultimi 20 anni. Per quanto riguarda la velocità e la forza, oggi tirare la palle a 300m non è più un fattore unico che solo alcuni giocatori hanno, ma quasi una costante di moltissimi campioni. Anche allenare la resistenza fisica può risultare decisiva oggigiorno sul campo da golf, molte gare si svolgono con 36 buche in un giorno, durante le quali bisogna mantenere concentrazione e calma. Infine trovo che la flessibilità sia il 3° elemento fondamentale per eseguire lo swing al meglio, di modo da consentire alla muscolatura di abbinare il massimo della forza con il massimo dell’elasticità/estensione».
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i TIGLI in THEORIA si trova nell’edificio storico, costruito nella seconda metà del Quattrocento dal vescovo di Como Branda Castiglioni, in prossimità del lago e del Duomo. In questo contesto, gli ospiti hanno la possibilità di assaporare una varietà di piatti che la cucina creativa di Franco Caffara, basata su originalità e alta qualità, propone seguendo la stagionalità e la grande varietà dei prodotti italiani. Sapori fini e distinti accompagnati da una valida lista di vini accuratamente selezionati. A disposizione della clientela un Tavolo dello Chef, di fronte allo spettacolo incalzante della brigata dei cuochi e TheoriaStube, l’intimità di sale realizzate con materiali pregiati che riconsegnano l’atmosfera rustica, ma insieme ricercata, della cultura Walser. Un suggestivo e socievole Lounge Bar invita a trascorrere momenti in tutto relax e a sorseggiare miscele pregiate. Alle pareti delle sale storiche, espressioni artistiche policrome si integrano e convivono con le tracce del passato, tutto in un’atmosfera fortemente evocativa di ristoro e cultura, di sapori e di arte.
Ristorante • Stube • Lounge Bar Via Bianchi Giovini, 41 • Como • Tel. +39 031 305272 – +39 031 301334 • info@theoriagallery.it • www.intheoria.it
LAGO DI COMO / CROTTO DEL SERGENTE
SPAZI ANTICHI E CUCINA MODERNA DI MANUELA LOZZA
IL LOCALE DI MASSIMO CROCI E SOCI SBARAGLIA LA CONCORRENZA NELLA TRASMISSIONE “4 RISTORANTI” E CONQUISTA IL CONDUTTORE, ALESSANDRO BORGHESE, GRAZIE ED UNA TIPICA SPECIALITÀ, LA PORCHETTA IN SALSA DI ZENZERO.
A
tre mesi dalla messa in onda della puntata che li ha incoronati come miglior ristorante tipico lariano, i gestori del Crotto del Sergente fanno i conti con una clientela aumentata, proprio grazie alla grande cassa di risonanza della trasmissione di Sky. «Non che prima facessimo fatica a riempire i nostri circa 110 coperti, ma ora siamo sempre pieni, anche a pranzo, e le prenotazioni arrivano con molto anticipo. Fin dal giorno successivo alla puntata, il telefono ha cominciato a squillare incessantemente. Adesso sta a noi mantenere lo standard alto di sempre, così da conquistare i nuovi clienti e dimostrare la consueta attenzione verso chi ci conosce e ama da tanto».
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Ma che cosa ha conquistato a tal punto i ristoratori (la trasmissione prevede che ogni concorrente voti l’esercizio degli altri tre) e soprattutto il conduttore Alessandro Borghese? Partiamo con il dire che lo chef tv ha assegnato al Crotto del Sergente tutti 8, sintomo che il locale gli è piacito sotto ogni punto di vista. Iniziamo dal cibo: Borghese ha mangiato le tagliatelle integrali con ragù di pecora brianzola e borragine e la porchetta del Crotto, preparata con il maialino da latte, un piatto a cui ha fatto tantissimi complimenti e che infatti è molto amato dalla clientela di Massimo, tanto è vero che viene rinnovato di mese in mese. Eh sì, perché qui il menù cambia ogni 30 giorni. «Fare poche cose e cambiarle spesso, questa è la mia filosofia fin da quando ho rilevato il locale, in questo modo riesci a mantenere sempre le materie prime freschissime, perché non hai giacenza, e puoi accontentare il cliente che vuole tornare perché da noi si è trovato bene, ma ha desiderio di cambiare sapori». Prodotti freschissimi e per la maggior parte provenienti dal territorio: «Io voglio materie prime locali e soprattutto rapportarmi con piccoli produttori. Un modo di operare
che secondo me ripaga nell’immediato e ripagherà a lungo termine. Oggi, perché il cliente assapora qualcosa di unico, difficile da reperire altrove e freschissimo. E in futuro, aiutando i piccoli produttori, si darà linfa a un’economia locale, che oggi è per noi ristoratori veramente cara (l’olio del Lario costa anche 4 volte un buon olio pugliese) ma che rinvigorita potrebbe domani permettersi di abbassare i prezzi». Un modo di lavorare che sembra ovvio eppure non tutti lo recepiscono, non solo in questa zona. «La cucina tipica comasca ha conosciuto una grossa rivalutazione da una decina di anni a questa parte e quindi noi che abbiamo sempre lavorato così siamo stati premiati. Però è vero che questo sforzo rende l’aspetto organizzativo molto più complesso. Il piccolo produttore per esempio non consegna al ristorante, sei tu che devi andare in cerca, assaggiare, scegliere e poi ritirare. Nell’ambito di un lavoro già frenetico come quello del ristoratore, questo aspetto diventa molto impegnativo. Però premia davvero. E poi regala un appagamento personale: c’è della poesia, della bellezza nel girare tra fattorie, piccoli caseifici, allevamenti o nel
conoscere olivicoltori e frantoiani. Certo, non si può fare 100 coperti con solo merci del territorio, sarebbe proprio impossibile perché si tratta di produzioni davvero piccole. Quindi noi abbiamo scelto di lavorare con materie prime provenienti anche da altri territori, ma tutti esclusivamente italiani. Non dico che i vini francesi o californiani non siano ottimi, ma mi sembra una scelta più coerente quella di far provare ai miei ospiti tutta la nostra tipicità», anche nell’ottica di un menù più armonico, in cui i sapori hanno un continuum che va dal primo boccone nel piatto all’ultimo sorso nel bicchiere. Quest’attenzione alla materia prima si ritrova anche nei dolci, che Massimo prepara personalmente: la bavarese realizzata con formaggio di capra è un gioiello, semplice e genuino, di altissima pasticceria. Voto 8 anche per la location. Il Crotto del Sergente è nato nel 1880 (in sala l’atto notarile che mostra il passaggio da proprietà abitativa con cantina a esercizio di ristorazione), fu tra i primissimi in città, negli anni ’50, ad avere la televisione, così tutti coloro che abitavano intorno, si riunivano lì per le tipiche visioni corali di quegli anni. Oggi si conserva uno spazio meraviglioso e caratteristico, con un ampio patio e tre bellissime sale al piano terra: il crotto originale, freschissimo, intimo ed evocativo. E le due sale arredate proprio come una dimora di campagna (ma molto chic!), in cui si respira tutto il mondo
antico, rurale e contadino, di questa bellissima fetta d’Italia. Valutazione alta anche per il servizio, in effetti professionalissimo, fatto da persone cortesi e solari, discrete ma espansive, lontane dalla fredda gentilezza che gli esercizi lombardi a volte riservano. «Siamo una famiglia – ci tiene a specificare Croci con orgoglio – quasi tutti lavoriamo insieme da almeno 10 anni e ci capiamo al volo. Riesco a comunicare le mie intenzioni, la mia filosofia, senza alcuno sforzo». Sono questi stessi elementi che, oltre ad aver colpito il conduttore di Sky, hanno permesso al Crotto del Sergente di rimanere sulla cresta dell’onda per anni, in una piazza difficile come quella comasca. Massimo sorride con un cenno d’imbarazzo: “In effetti quella lariana non è una clientela facile da conquistare, però è capace di riconoscere un lavoro valido e alla fine premiarti con una fedeltà quasi commovente. Noi poi abbiamo anche tanti clienti che vengono da fuori, milanesi in primis tra i vicini di casa, stranieri in generale e tanti, tanti svizzeri, che ci fanno sempre felici regalandoci molti complimenti». Mi resta una domanda un po’ peperina, come sia cambiato dopo la messa in onda il rapporto con i tre ristoratori che non hanno vinto. «Durante le riprese c’è stato un ottimo feeling con i colleghi, anche se magari dalla punta può emergere poco, perché nel montaggio, per motivi di brevità, emergono molto le critiche che ci si è rivolti. Comunque fra noi ristoratori siamo
stati bene, io ho mangiato piacevolmente in ognuno dei 3 locali e credo che alla fine tutti e 4 abbiamo giovato di questa partecipazione, anche chi non ha vinto». Mentre parliamo, arriva un clienti che chiede a Massimo di fare un selfie, ma lui, lungi per carattere dal darsi delle arie, un po’ s’imbarazza. E mentre accetta più per cortesia che per vanità, gli compare sul viso una sorta di pudico piacere, poi con una battuta, cambia veloce argomento.
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