N° 061 MARZO / MAGGIO 2019
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
VALERIA BRUNI
EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
IDENTITÀ TICINESE
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LAC
TAVOLA ROTONDA
INCHIESTA
INTELLIGENZA ARTIFICIALE Il futuro è già qui
MASI Surrealismo svizzero
TICINO Commodities Trading
IMMOBILIARI Prospettive di mercato
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Pagani Lugano - Loris Kessel Auto SA Via Pian Scairolo 26, 6915 Pambio Noranco, Lugano ph. + 41 (0) 91 980 41 91
TICINO WELCOME / EDITORIALE
Gli ANNI che ti MERITI EDITORE Ticino Welcome Sagl Via C. Cattori 3 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli IMPAGINAZIONE Stephanya Gallo-Lopez FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Loreta Daulte
STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Edoardo Beretta, Moreno Bernasconi, Sara Biondi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Gabriele Botti, Joel Camathias, Maurizio Casarola, Paola Cerana, Silvia Cerolini, Rudy Chiappini, Paola Chiericati, Franco Citterio, Silvano Coletti, Alessandro De Bon, Ariella Del Rocino, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Ronnie Kessel, Marta Lenzi-Repetto, Rocco Lettieri, Manuela Lozza, Elisa Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Paolo Repetto, Fausto Tenzi, Fabiana Testori e Luca M. Visconti. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Ccia-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato del cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia.
DI MARIO MANTEGAZZA
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el 1959, Fulgencio Batista abbandonò Cuba e Castro entrò all’Havana alla testa dell’esercito. Quell’anno nacque la primissima Barbie e la Volvo inventò la cintura di sicurezza. Sempre nel 1959 si svolse la prima edizione dello Zecchino d’Oro, mentre le Hawaii entrarono a far parte degli Stati Uniti. Frank Lloyd Wright, inaugurò lo splendido Guggenheim Museum a New York e Luna 2, fu il primo oggetto costruito dall’uomo a toccare la superficie lunare, schiantandosi dopo il decollo dalla Russia, nel mare della serenità. Questo e tanto altro accadde quell’anno cui oggi ci riferisce dicendo: “fu verso la metà del secolo scorso!”. Fu tanto tempo fa che per parlarne devo ricorrere al passato remoto, una coniugazione verbale che non uso dai tempi dei banchi di scuola. Ebbene si, io naqui il 29 maggio di quell’anno e, pertanto, festeggerò presto il compimento dei miei primi 60 anni di vita. Normalmente gli anni “rotondi” chiamano a riflessioni e vengono paragonati alle boe sul campo di regata della nostra vita o confrontati con altri metodi fra i quali quello del metro che è un teorema davvero tristissimo e funziona più o meno così. Prendi il metro (quello pieghevole di legno che tieni nella cassetta degli attrezzi) e tieni presente che ogni centimetro segnato su di esso, corrisponde a un anno della tua vita. Ora chiudi la prima sezione di 10 centimetri, perché tanto dei tuoi primi 10 anni di vita non ti ricordi quasi nulla. OK? Adesso chiudi pure l’ultima perché il privilegio di vivere oltre i 90 è concesso a pochi. Ti restano quindi in mano 80 centimetri, che dovrebbero visualizzare gli anni che vengono mediamente vissuti da un uomo. Bene ora chiudi le sezioni corrispondenti agli anni già vissuti, così da visualizzare gli anni che ti restano da vivere. Nel mio caso, tolgo i primi 60 centimetri e me ne ritrovo in mano solo 30. Mamma mia, che brutta impressione vederla così! A tutto ciò si aggiunge il fatto che quando arrivi a “certe età” tutti quelli che ti conoscono bene ti chiedono che effetto ti faccia doverli compiere. Ebbene, tanto per cominciare l’alternativa a non compierli è ben peggio della prospettiva di doverli festeggiare e poi ti consoli anche con il fatto che il compimento è di fatto la conclusione di un anno e di riflesso è già dal maggio scorso che sto vivendo il mio sessantesimo anno di età e non mi pare che molto sia poi cambiato da allora. Quindi ben vengano tutti gli anni che si compiono, perché la vita, ogni singolo giorno o attimo della nostra vita, è un dono e un privilegio che ci viene concesso e che dobbiamo sfruttare al meglio per onorare noi stessi e ancor più quelli che gli anni purtroppo, non possono li possono compiere più. Io ci arrivo con i miei capelli bianchi, gli occhi celati dalle rughe, con i miei dolori cervicali, qualche acciacco e qualche chilo di troppo, cosciente di essermi guadagnato e meritato ognuna di queste cose grazie alle esperienze vissute, ai miei pochi meriti e i molti sbagli, a tutte le gioie vissute e i dolori provati. Ci arrivo felice, per avere intorno a me una famiglia straordinaria, una moglie meravigliosa, quattro figli di cui essere orgoglioso, un nipotino che è tutta una luce e pochi ma fantastici amici. Ci arrivo con il solo rammarico di non poterli condividere con alcune persone che non ci sono più e mi mancano ogni giorno, ma sicuro del fatto che gli anni che si portano non sono importanti quanto quello che riesci a fare ogni giorno di te stesso affinché si possa provare l’immensa gioia di amare e rispettare e, di riflesso, essere amati e rispettati. Affronterò dunque senza alcun timore i prossimi anni, sperando nel dono della salute, grazie alla maturità acquisita che mi consente di guardare da ora in poi alla vita con maggiore esperienza, competenza, un pizzico di saggezza e senza alcun rancore, perché la vita è sempre davanti, quella dietro è già andata, inutile litigarci e perderci tempo.
Mario Mantegazza TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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VALERIA BRUNI Indentità ticinese
FILIPPO CARLO WEZEL Really Dead?
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MASSIMO CERUTTI “Il massimo del caffè”, una storia da oltre 90 anni
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LUGANOINSCENA Il racconto della vita
Di Mario Mantegazza EDITORIALE 03 Gli anni che ti meriti Di Eduardo Grottanelli de’Santi PRIMO PIANO 06 Valeria Bruni: Indentità ticinese 10 Massimo Pedrazzini: Dobbiamo tornare a correre Di Manuela Lozza 14 Sara Bellini Botti: Il buon giornalismo? Ascolto e rispetto per gli altri By Dimitri Loringett 16 Filippo Carlo Wezel: Really Dead? Di Paola Cerana 20 Massimo Cerutti: “Il massimo del caffè”, una storia da oltre 90 anni 26 Paride Pelli: Il Corriere del Ticino sceglie il digitale Di Moreno Bernasconi GRANDANGOLO 28 Politica e Società: Ripensare il contratto sociale PROGETTI 30 Lugano, Ultima spiaggia LAC 34 LuganoInScena: Il racconto della vita 38 LuganoMusica: Appuntamenti di primavera 40 MASI: Uno sguardo sull’arte svizzera CULTURA 44 Kunshaus Zürich: Da Kokoscka a Matisse Di Rudy Chiappini 48 Picasso: L’esordio di un artista. straordinario 50 Imago Art Gallery: Pittura, fotografia, scultura Di Paolo Repetto 52 De Primi Fine Art: Textile Di Dalmazio Ambrosioni. 54 The Gallery: Viaggio dell’arte degli aborigeni 56 Klaus Prior: la forza espressiva del legno Di Eduardo Grottanelli de’ Santi 58 Serena Maisto: Voglio vivere di emozioni 62 Pit Art: L’essenza della bellezza Di Fausto Tenzi 64 Hans Liviabella: Il suono perfetto 68 Fondazione Federica Spitzer: Muri di coraggio FINANZA 70 Centro Studi Bancari: Il nostro supporto alla piazza finanziaria 72 Ticino For Finance: Blockchain, le banche si preparano 74 Banca del Sempione: Il futuro sarà blockchain 76 BPS (Suisse): Risultati da record nel 2018 78 UBS: Innanzitutto, proteggere il patrimonio 80 BancaStato: Le risorse umane in questi anni turbolenti 82 Raiffeisen: Un 2019 facile per l’economia svizzera Di Edoardo Beretta 84 Inflazione e prezzi: Un binomio in evoluzione TAVOLA ROTONDA 86 Lugano capitale del Commodity Trading Di Marta Lenzi-Repetto GASTRONOMIA 94 Patrimonio rurale: Patate in alta quota 98 S.Pellegrino Sapori Ticino 2019: Svizzera superstar dell’enogastronomia Di Giacomo Newlin 102 Ristorante Tano Passami l’Olio: 7 dicembre 1991: Amore al primo incontro 104 Confiserie Al Porto: Creazioni per la festa più bella TURISMO 106 Ticino Turismo: Escursioni ticinesi? Sempre più “click” 108 Lugano Region: Ticino in bicicletta 110 OTR Mendrisio e Basso Ceresio: Realtà aumentata sul Monte San Giorgio 112 Monte Generoso: Una montagna piena di vita
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CENTRO STUDI BANCARI Il nostro supporto alla piazza finanziaria
LUSSO AUTO
ARCHITETTURA
DOSSIER FONDAZIONI
AZIENDE
SOLIDARIETÀ SPORT BENESSERE LAGO DI COMO
BPS (SUISSE) Risultati da record nel 2018
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LUGANO Capitale del Commodity Trading
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INTELLIGENZA ARTIFICIALE Uomini e macchine il futuro è già qui
Hotel International Au Lac: La belle epoque del futuro Di Paola Cerana Resort Collina d’Oro: Una raffinata casa dell’ospitalità Di Giacomo Newlin San Gallo: Una città tutta da scoprire Di Paola Chiericati Reto Stöckenius: Eccellenza alberghiera nel mondo Di Paola Chiericati Isola d’Elba: Il fascino discreto di Capoliveri Bucherer: Gioielli di oggi e di domani Di Valentino Odorico Moda primavera: Una donna rilassata Mercedes Classe X: Invidiabile compagna di avventura Di Benjiamin Albertalli Ferrari Portofino: Prestazioni da autentica sportiva Di Benjiamin Albertalli Mercedes A 35 4Matic: Una compatta di alto profilo Bentley Continental GT: Un’auto da sogno Di Giacomo Newlin DS3 Crossback: Una city car di gran lusso Mercato Immobiliare: Quali prospettive per l mercato immobiliare in Ticino? Aquili Alberg Architects; Creatività e tecnologia nella progettazione Wetag Consulting: Connessi con il lusso Contract G Swiss: Sogni realizzabili Promeng: Parola d’Ordine, differenziare Habitrust: Costruire in prospettiva MG Laris Immobiliare: Abitare con stile, nel verde Xilema: La costruzione in legno, una scelta intelligente e competitiva da tutti i punti di vista Elisa Bortoluzzi Dubach: Le Fondazioni in Ticino: dati, tendenze e prospettive di crescita Maria Alessandra Solaro del Borgo: La collaborazione è la carta vincente Alberto Fossati: Non basta raccogliere e distribuire Giorgio Panzera: Guardare con speranza ai giovani Di Luca M.Visconti Marketing e benessere: Possibile paradosso o paradosso possibile? Intelligenza artificiale: Uomini e macchine il futuro è già qui Centro di competenze 3D Building: Le costruzioni del futuro sono già qui AIL: La sostenibilità al primo posto Arredamenti Bernasconi: Abitare all’aria aperta Premel: Un’azienda in accelerazione Brülhart & Partners: Valutazioni, e non solo Di Silvia Cerolini Gruppo Belotti: Belotti rilancia Via Nassa STRP: Comunicazione scientifica di qualità IHC-V Helmets: Dalle moto al lifestyle: La rivoluzione V Helmets FIPPD: Museo aperto Di Gabriele Botti Hockey, campioni a confronto Paolo Quirici: Una vita per il golf Di Keri Gonzato Shakti Caterina Maggi: A tu per tu con l’infinito Francesca Polti: Guidare un impero ascoltando gli altri Di Manuela Lozza
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PRIMO PIANO / VALERIA BRUNI
IDENTITÀ TICINESE GIORNALISTA E CONDUTTRICE TELEVISIVA È DA ANNI UNO DEI VOLTI PIÙ NOTI E AMATI DELLA RSI. SI DEFINISCE UNA DONNA FORTUNATA PERCHÉ HA AVUTO LA POSSIBILITÀ – E SOPRATTUTTO IL MERITO – DI RIUSCIRE A FARE DA PROFESSIONISTA CIÒ CHE L’APPASSIONAVA FIN DA BAMBINA: RICERCARE STORIE CHE RACCONTANO LA VITA DELLE PERSONE. DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI
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ei è un personaggio molto noto e apprezzato dal pubblico non solo televisivo. Quali sono state le principali tappe di questa brillante carriera? «Ho fatto un’esperienza molto importante, dal 1979 al 1984, in veste di animatrice, giornalista e conduttrice presso Radio 24 a Zurigo insieme a Roger Schawinski, il pioniere della radio privata svizzera. Un’emittente che all’epoca rappresentava un elemento di rottura nel panorama dei media e dove ho avuto modo di imparare a padroneggiare il mezzo e conoscere tutti gli aspetti del lavoro in una redazione giornalistica. Il passo successivo è stato l’ingresso in RSI/SRG SSR dove negli anni mi sono occupata di programmi radiofonici e televisivi di animazione, divulgativi, di approfondimento dell’attualità, in ambito news e di inchiesta, dibattiti e confronti, serate tematiche, e tanto altro ancora…». All’interno della RSI ha ricoperto numerosi incarichi di grande responsabilità… «Posso ben dire di conoscere un po’ tutto di questa azienda, di cui ho avuto modo di apprezzare la grande professionalità e di seguire le sue trasformazioni che sono andate di pari passo con l’evoluzione della società svizzera e ticinese. Ho avuto la fortuna di poter condurre diverse trasmissioni, prime serate, domeniche pomeriggio… ma non ho mai voluto lasciare l’attività “sul campo”, parlo de Il Quotidiano,
la trasmissione che propone la cronaca regionale in un’ottica nazionale, cercando di scavare a fondo nella realtà del Paese con inviati, interviste, e collegamenti in diretta. Va in onda tra le 19.00 e le 19.40 dal 7 gennaio 1985, quando il vecchio Regionale, che aveva accompagnato i telespettatori della Svizzera italiana sin dal 1961, cedette il passo a una nuova trasmissione, più lunga e a cadenza quotidiana, ideata da Michele Fazioli e da un’équipe di cui facevano parte, tra gli altri, Eugenio Jelmini ed Enrico Moresi». Senza naturalmente dimenticare le trasmissioni di approfondimento… «Questo è sempre stato uno dei punti di forza delle RSI. Mi piace citare Superalbum, il programma che conduco il sabato sera su La2 dall’aprire del 2017, quando ho raccolto il testimone da Gianni delli Ponti, e che continua a proporre il meglio della documentaristica negli archivi RSI. Grazie ad una nuova formula, abbiamo deciso di introdurre un ospite in ogni puntata, che possa contestualizzare i documentari proposti, ma al contempo offrire una lettura attuale di tematiche e argomenti che l’azienda ha proposto negli scorsi decenni: i più bei documentari legati al nostro territorio, ma anche inchieste e ritratti che hanno fatto la storia della nostra televisione. Ma vorrei ricordare anche le Passeggiate urbane, tra l’altro riproposte in una video-mostra presso la Limonaia di Villa Saroli. Si trattava di una striscia andata in onda tra il 2014 e il 2015 all’interno de Il
Fotografie: Loreta Daulte
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legiornale, Il Quotidiano, Info Notte, la Meteo. Un’evoluzione necessaria per mantenerci al passo con le tecnologie più attuali, adeguarci ai nuovi linguaggi televisivi e concentrare la produzione di tutti gli appuntamenti informativi quotidiani, ottimizzando la pianificazione delle risorse e i costi di produzione».
Quotidiano che proponeva un viaggio attraverso la Svizzera italiana, per scoprirne l’evoluzione e leggerne le trasformazioni, individuando nei progetti e nelle opere realizzate visioni per il futuro destinate a cambiare il modo in cui si vive il territorio». Ma com’è cambiata nel corso degli anni la RSI? «Direi che se penso alla fase pionieristica vissuta a partire dalla metà degli anni ’80 è cambiato praticamente tutto. Allora, e per un lungo periodo, eravamo soprattutto degli sperimentatori che avevano delle intuizioni e delle idee, alcune molto valide e interessanti, e che si applicavano per metterle in pratica, utilizzando tutte le proprie capacità e le risorse tecnologiche che il mezzo televisivo metteva a disposizione. Oggi lavoriamo in un contesto produttivo molto più strutturato e ci avvaliamo delle più avanzate soluzioni offerte dalla digitalizzazione. L’ultimo esempio di questo processo di rinnovamento è dato dalla recente inaugurazione del nuovo Studio -la Casa dell’Informazione RSI- dal quale, ogni giorno, vengono trasmessi il Te-
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In molte delle sue trasmissioni, al di là della struttura e dei contenuti, è possibile riconoscere una sorta di fil rouge, rappresentato da una costante ricerca degli elementi che concorrono a determinare un’identità ticinese… «Questo territorio ha conosciuto nel corso degli ultimi settant’anni profondi cambiamenti: dai tempi in cui era ancora prevalentemente costituito dalle sue valli, con un’economia ancora agricolo-pastorale, fino all’attuale modernità con tutti suoi vantaggi ma anche con tanti problemi aperti. Si pensi, per far solo un esempio, alle evoluzioni nell’assetto del territorio e alla lacerazione del tessuto sociale, culturale ed ecologico-ambientale. L’architettura rappresenta allora un tratto saliente della tradizione artistica e culturale ticinese, ma anche un fatto sociale e riflette le trasformazioni socio-economiche avvenute in Ticino dopo la costruzione del tunnel del Gottardo e in seguito allo sviluppo del terziario. E analoghe considerazioni potrebbero essere fatte riguardo a numerose altre situazioni e problemi riguardanti la nostra quotidianità. Ecco, mi piace indagare le storie, le tradizioni, le motivazioni che stanno dietro i fatti che ogni giorno ci accadono. Forse non ho mai perso la passione che avevo fin da bambina nel ricercare e raccontare storie di persone, cose e luoghi a noi vicini e appartenenti alla nostra vita. Forse è proprio per questo che raggiungo il cuore della gente».
PRIMO PIANO / VALERIA BRUNI
Continuerà a presentare Il Quotidiano? «Il Quotidiano è e sarà sempre la trasmissione a cui sono maggiormente legata. Ho contribuito a farla crescere ed affermarsi, tanto che oggi è il vero punto di riferimento per tutto quanto succede nella nostra regione. Il mio cuore sarà sempre qui, anche se -chissà- magari, la vita professionale offrirà altri stimoli». Non ha mai pensato di fare politica? «Negli anni ho ricevuto proposte da questo e quello schieramento, ma la politica non si concilia con il mio lavoro. La mia forza è quella di essere sempre stata indipendente e proprio grazie a questo non devo dire grazie a nessuno, se non al mio costante impegno e al mio datore di lavoro». Quali aspirazioni e obiettivi si è data invece nella sua vita privata? «Il mio polo affettivo è rappresentato dal mio compagno di vita, Mauro, e da mia figlia Nicoletta, che ho cresciuto sempre con un po’ di senso di colpa, in quanto, essendo mamma-lavoratrice, non riuscivo a dedicarmi a lei al 100%, come avrei voluto. Il rapporto madre-figlia può essere estremamente stimolante e devo dire che da lei ho appreso molto, imparando a conoscere tutta la ricchezza e la complessità dell’universo giovanile. Mi piacerebbe poter trascorrere più tempo con lei». Come impiega il suo tempo libero quando non lavora? «L’impegno lavorativo occupa molte ore della mia giornata, ma sono riuscita, non senza fatica, a mantenere adeguati spazi da dedicare al tempo libero e ad altre attività che mi appassionano. In primo luogo lo sport, le camminate, la corsa e la bicicletta soprattutto. Poi la lettura e la fotografia, che ho coltivato negli anni e che mi hanno molto aiutata nel mio desiderio di raccontare storie. E, ancora, il giardinaggio che mi
dà una grande pace e mi consente di rilassarmi completamente…e mi dicono che ho il pollice verde!». Che cose le piace del Ticino e cosa invece vorrebbe assolutamente cambiare? «Sicuramente ciò che non mi piace è un certo provincialismo che si manifesta tra l’altro nell’elevata litigiosità dei suoi abitanti e talvolta nell’incapacità di fare sistema per risolvere i problemi. Per contro, ritengo che il Ticino abbia raggiunto un livello di benessere e di qualità della vita, non soltanto materiale, tra i più elevati in Europa e questo lo rende per molti aspetti un luogo ideale in cui vivere».
“Il mio polo affettivo è rappresentato dal mio compagno di vita, Mauro, e da mia figlia Nicoletta, che ho cresciuto sempre con un po’ di senso di colpa, in quanto, essendo mamma-lavoratrice, non riuscivo a dedicarmi a lei al 100%, come avrei voluto.” TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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PRIMO PIANO / MASSIMO PEDRAZZINI
DOBBIAMO TORNARE A CORRERE GIÀ TITOLARE DI UNO DEI PIÙ AFFERMATI STUDI LEGALI DI LUGANO, L’AVV. MASSIMO PEDRAZZINI SI OCCUPA DI INVESTIMENTI IMMOBILIARI E IN SOCIETÀ QUOTATE E VANTA UNA PLURIENNALE ESPERIENZA ALL’INTERNO DEL GRUPPO FIDINAM, DI CUI È ATTUALMENTE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: IN QUESTA INTERVISTA DELINEA LE STRATEGIE DEL GRUPPO, SOPRATTUTTO VERSO L’ORIENTE, E PROPONE ALCUNE INTERESSANTI CONSIDERAZIONI SULLO STATO E LE PROSPETTIVE DELL’ECONOMIA TICINESE.
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idinam costituisce una realtà ben nota in Ticino e non solo. Tuttavia vogliamo richiamare brevemente i passaggi più significativi della sua lunga storia? «Fidinam è una società di consulenza privata che ha iniziato a operare a Lugano (Svizzera) nel 1960 offrendo consulenza fiscale, aziendale e immobiliare ad aziende, imprenditori e privati. In quasi 60 anni d’attività abbiamo acquisito un significativo bagaglio di competenze e contatti capaci di rispondere alle esigenze di ogni tipologia di cliente e alle sfide dei mercati. Tutto ciò ci ha portato nel tempo ad ampliare costantemente il nostro raggio di azione internazionale operando attraverso Fidinam Group Holding SA nel mercato svizzero ed europeo, mentre i mercati extraeuropei sono serviti da Fidinam Group Worldwide
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Ltd con sede a Hong Kong. In aggiunta una rete capillare di corrispondenti rafforza la nostra presenza in tutto il mondo permettendoci di offrire i nostri servizi in novanta Paesi». Quali sono i punti di forza che hanno reso possibile un così duraturo successo? «Fidinam segue l’impostazione datale dal suo fondatore, avv. Tito Tettamanti, che fin dall’inizio riuscì a concepire un modello operativo per la società in grado di agire e radicarsi all’interno del territorio ticinese, ma con importanti ambizioni di sviluppo in Svizzera ed all’estero. Questo è stato possibile grazie a quattro valori cardine: ricerca dell’eccellenza, competenze specializzate , capacità di adattamento alle circostanze e flessibilità di struttura. Essendo chiamati a confrontarci con società multinazionali di grosse dimensioni e grande reputazione, potevamo competere solo offrendo servizi eccellenti in nicchie dove la creatività e la duttilità risultano premianti rispetto a dimensione e struttura. La flessibilità ed il dinamismo ci hanno consentito di sfruttare con agilità e tempismo le opportunità del momento, adattandoci al mutamento dei mercati e delle esigenze della clientela». In questa prospettiva, quali sono stati gli ambiti che negli ultimi anni avete maggiormente cercato di sviluppare? «Uno degli sforzi più importanti compiuti, e che da qualche tempo comincia a riscuotere lusinghieri risultati, è stato quello di penetrare il mercato asiatico: abbiamo iniziato con la sede di Hong Kong, e in seguito abbiamo
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Insieme possiamo trovare una risposta. Leader nel Family Banking ubs.com/familybanking
Š UBS 2019. Tutti i diritti riservati.
PRIMO PIANO / MASSIMO PEDRAZZINI
aperto sedi anche a Dubai, Singapore, in Australia, e in Vietnam, con l’obiettivo di offrire a privati e aziende tutte le competenze e i servizi necessari per portarli ad investire in Svizzera e in Europa. Ancora una volta, abbiamo scelto di andare controcorrente: non solo aiutiamo gli imprenditori europei nell’accesso al mercato locale o alla delocalizzazione verso l’Asia, ma soprattutto vogliamo scommettere sull’opportunità di intercettare le grandi risorse esistenti in Paesi emergenti e convogliarle verso il nostro continente». Qual è stata la caratteristica che vi ha consentito di vincere questa sfida? «Direi soprattutto la pazienza e la credibilità. Abbiamo preferito conoscere bene ogni realtà, radicarci sul territorio con una rete di nostri qualificati collaboratori, offrire tutte le garanzie necessarie per riscuotere la totale fiducia da parte dei nostri interlocutori, senza aver fretta di chiudere subito accordi. Dapprima abbiamo lavorato con privati che desideravano diversificare i propri investimenti, poi gradualmente siamo stati coinvolti in più impegnativi progetti industriali e commerciali. Ovviamente in questo lungo processo siamo stati notevolmente avvantaggiati dalla nostra pregressa esperienza riguardo a tutte le problematiche inerenti la gestione delle piccole medie imprese». Al di là del Gruppo Fidinam, in quali campi avete individuato interessanti opportunità di sviluppo? «Una sfida che all’inizio ha avuto un carattere certamente pionieristico ma che adesso possiamo dire vinta è stata quella degli investimenti immobiliari in Australia. Un’attività che si affianca ad una presenza ormai consolidata nel settore immobiliare negli Stati Uniti. Un’altra iniziativa che ci sta dando grandi soddisfazioni è legata a Sterling Strategic Value Fund, un fondo basato in Lussemburgo che si occupa di soste-
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“Fidinam segue l’impostazione datale dal suo fondatore, avv. Tito Tettamanti, che fin dall’inizio riuscì a concepire un modello operativo per la società in grado di agire e radicarsi all’interno del territorio ticinese, ma con importanti ambizioni di sviluppo in Svizzera ed all’estero.” nere imprese e aziende quotate nei principali mercati europei che presentano interessanti prospettive di crescita e che necessitano dell’intervento di un azionista attivo». Capacità di adattamento ad ogni cambiamento. Ma a suo giudizio, il Ticino è preparato a gestire le trasformazioni in atto? «In generale devo dire che ormai sono finiti i tempi in cui era possibile gestire un’attività stando chiusi nei propri uffici di Lugano. Oggi occorre avere la capacità di cogliere tempestivamente ogni evoluzione del mercato, l’emergere di nuove esigenze o anticipare possibili tendenze future. Per questo è importante disporre di una rete di consulenti e collaboratori in grado di fornire un tangibile plusvalore al cliente e un’elevata capacità d’adattamento a ogni realtà. Questo impone un costante aggiornamento all’evoluzione normativa e alle nuove tecnologie gestionali. Il Ticino ha goduto per lungo tempo di condizioni di privilegio che sono via via venute meno, anche a causa di un’accentuata concorrenza di altri Cantoni ed altre nazioni, che si sono dimostrati più attrattivi, per esempio da un punto di vista fiscale. Ora occorre ricominciare a darsi da fare, a correre guardando al mondo intero, altrimenti rischiamo di finire in una posizione sempre più marginale. Occorre riqualificarci e riposizionarci, ringiovanire le nostre migliori risorse, far emergere i talenti che sicuramente ci sono, ma che rischiano di restare troppo a lungo soffocati o che, ancora peggio, scelgono di migrare altrove».
Some watches tell time. Some tell a story
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Architectural interpretation of an icon, letting light filter through the heart of its mechanics. Grande Seconde Skelet-One Red Gold
PRIMO PIANO / SARA BELLINI BOTTI
IL BUON GIORNALISMO? ASCOLTO E RISPETTO PER GLI ALTRI È UNO DEI PERSONAGGI PIÙ PREPARATI E AFFASCINANTI DELLA TV TICINESE, POLIEDRICA E CURIOSA, A 46 ANNI HA GIÀ RAGGIUNTO MOLTI OBBIETTIVI EPPURE NON SMETTE DI SOGNARE. SARA BELLINI, DAL 2000 UNO DEI VOLTI DEI PROGRAMMI DI APPROFONDIMENTO DI TELETICINO, HA UNA SPONTANEITÀ NEL RACCONTARSI SENZA ORPELLI E FINZIONI CHE LA RENDE DA SUBITO AMABILE E UNA CURIOSITÀ PER TUTTO CIÒ CHE LE ACCADE INTORNO CHE L’HA PORTATA AD OCCUPARSI IN TV DEI PIÙ SVARIATI ARGOMENTI, VIAGGI, SALUTE, ANIMALI (EPPURE SI DEFINISCE PIGRA…). LA SUA GAVETTA PERÒ È PARTITA DALLA CARTA STAMPATA CHE, CI RACCONTA, LE HA LASCIATO UN’ESPERIENZA INSOSTITUIBILE… DI MANUELA LOZZA
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o iniziato prestissimo, fin dal liceo, al Corriere del Ticino, dove ebbi la fortuna di poter seguire Marisa Marzelli in alcune delle sue tante interviste a personaggi dello spettacolo. Proprio la conoscenza di queste persone mi ha arricchito molto non solo professionalmente e ancora oggi conservo alcuni di quegli incontri tra i momenti più cari della mia professione». Poi, dopo la laurea approdò al Giornale del Popolo, che da qualche mese ha affrontato la chiusura… «Fui chiamata perché erano incuriosito dalla mia tesi, che affrontava temi legati al diritto penale. Era il ’97 e lavorai lì due anni. fu un’esperienza importantissima, indimenticabile, soprattutto perché feci una vera gavetta, girando tutte le redazioni e cimentandomi negli argomenti più vari. E poi fu importantissimo dal punto di vista umano: lì ho conosciuto quelli che poi sono diventati gli amici veri e mi sono sempre sentita, anche quando ormai lavoravo da anni altrove, membro della famiglia, partecipando alle cene, alle feste. E poi non dimentichiamo che proprio in quella redazione ho conosciuto mio marito, galeotto fu un lavoro da portare a termine insieme, costringendoci a passare alcune ore da soli». Gabriele Botti è uno di quei giornalisti che recentemente ha dovuto fare i conti con la chiusura del GDP... «Esatto. È stato doloroso, per lui e per tutti gli altri. Non solo il fatto concre-
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TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
to e tragico di trovarsi senza stipendio, ma anche l’aspetto umano, il senso di smarrimento nel veder fallire un’esperienza a cui si erano dedicati tanti anni della propria vita. Per alcune famiglie è stata una vera e propria tragedia, ma penso che un po’ di rammarico lo provi qualunque ticinese: veder chiudere così una testata storica della propria regione deve far riflettere». Lei è una persona solare ma anche piuttosto timida, come è finita in TV? «Ho iniziato quasi per gioco alla TSR, la tv romanda, durante gli studi. Poi sono stata chiamata dall’allora TSI oggi RSI per un programma sportivo che ho seguito per due anni e infine, nel 2000, sono approdata a Teleticino, la mia “seconda famiglia”: qui curo i miei programmi dalla A alla Z, ma svolgo anche svariati compiti dietro le quinte. È una televisione che mi ha dato tanto e che continua a darmi fiducia e a caricarmi di stimoli! Pensi che fino ai vent’anni sono stata una ragazza molto riservata, timida appunto, ero tutta stadio e scuola (Sara ha praticato atletica leggera, NdR). Poi sono andata a studiare nella Svizzera Francese, in un appartamento condiviso con altri studenti fino ad allora sconosciuti, lontana da casa, dal mio gruppo di amici che portavo avanti praticamente dall’infanzia, e sono stata costretta a uscire dalla mia comfort zone. Avevo passato la ventina quando ho partecipato alla prima vera festa, sono entrata per la prima volta in una discoteca».
PRIMO PIANO / SARA BELLINI BOTTI
programmi richiede mesi di preparazione e di studio, mi piacerebbe trovare il modo di adattare questo modello a qualcosa di mio».
Una giornalista davvero versatile, a Teleticino si è occupata dei più svariati argomenti... «Sì, perché sono estremamente curiosa ma anche perché ciò che mi interessa davvero è il contatto con le persone. Conoscerle, ascoltarle, fare mia una parte della loro esperienza di vita. E poi sapere magari di essere stata in qualche modo utile, di aver portato a casa loro informazioni che hanno migliorato la loro vita o magari aver dato voce a chi fa qualcosa di bello per gli altri. Per me il massimo è quando mi fermano al supermercato (accade soprattutto da quando conduco programmi di divulgazione medica) e mi raccontano i loro problemi, spiegandomi come la trasmissione li ha aiutati a sentirsi meglio, a trovare magari una soluzione».
E i buoni propositi? «Voglio finalmente iscrivermi ad un corso universitario di letteratura italiana contemporanea e imparare il russo. Tornare a Cuba, fare finalmente un week end in capanna arrivandoci ovviamente con un bel trekking, continuare a fare sport, la mia nuova passione è l’acqua jump… Le ricordo che all’inizio dell’intervista, si è presentata come una persona pigra... (Ride.) Tutta colpa di mia madre. È una donna talmente attiva che fa sembrare pigro chiunque: ha sempre lavorato, si è occupata di me, tenuto la casa in modo impeccabile e coltivato le sue passioni. Allora facciamo che il proposito per il 2019 è essere brava come lei!».
Un lavoro appagante, una bellissima famiglia, lei ha già raggiunto moltissimi obbiettivi, eppure sento che le restano ancora tanti sogni da realizzare... «Tantissimi sogni e tanti buoni propositi. Professionalmente in questo momento ho un modello, Franca Leosini. Quella pacatezza, quella precisione nel descrivere le situazioni di cronaca senza tralasciare i particolari che possono sembrare noiosi e invece sono a volte il cuore di una vicenda nera. Il rispetto per i protagonisti, lo studio dei documenti, la rinuncia al sensazionalismo e al pruriginoso che fanno tanto audience. Insomma, questo mix di umanità ed estrema professionalità me la fanno ammirare molto. Certo, ogni puntata dei suoi
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PRIMO PIANO / FILIPPO CARLO WEZEL
IS HIERARCHY REALLY DEAD? RETENTION, CAREERS, MONETARY INCENTIVES, EMPLOYEE AUTONOMY … CAN MODERN DAY ORGANISATIONS STILL BE MANAGED THROUGH HIERARCHY? FILIPPO CARLO WEZEL, PROFESSOR OF ORGANISATION AND MANAGEMENT AT THE USI FACULTY OF ECONOMICS, SEEKS THE ANSWER TO THIS QUESTION IN HIS STUDY OF THE DUTCH EAST INDIA COMPANY IN THE 17TH CENTURY. THE STUDY PROVIDES SEVERAL USEFUL INSIGHTS FOR TODAY’S GLOBAL AND HYPER-COMPETITIVE FIRMS. BY DIMITRI LORINGETT
P
rofessor Wezel, how did you come about the idea of studying the case of the Dutch East India Company? How is it relevant in today’s context? «The case of the Vereenigde Oostindische Compagnie (VOC, the Dutch trading company that dominated the trade of spices and other goods in the 17th and 18th centuries) attracted my attention for a number of reasons, ranging from intellectual to personal. Historically, the period in which the VOC operated represents one of the fundamental eras of economic development worldwide, the dawn of capitalism, marked– among other things – by the creation of the first stock exchange and by the emergence of global trading. Incidentally, it has been calculated that at the height of the Tulip mania in 1637, the VOC was worth $7.9 trillion, more than the combined
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value of 20 of the world’s most important companies today. I saw the opportunity of studying issues of retention and growth of human capital in a context that was rather unique. The VOC represents one of the most successful transnational organisations that, back then, faced a challenge that is common among current-day global organisations: the management of a nationally diverse and physically remote workforce. This opened up a series of managerial and agency problems. Managing a nationally diverse team is not easy, because different values and languages contribute to hinder the efficient functioning of groups and task-related performance. Thus, the VOC case is very telling about the dynamics that many modern organisations currently experience. A sea vessel is also hierarchically organized and also a sort of “laboratory” because its workforce is physical-
PRIMO PIANO / FILIPPO CARLO WEZEL
ly confined. At the same time, a vessel was exposed to the uncertainty of an entrepreneurial journey and to various unpredictable threats. The encountering with the VOC data happened during my previous faculty role at Tilburg University in The Netherlands. When I visited the National Archives in The Hague, I immediately realised the rich historical materials available about the VOC. That was indeed what triggered my attention and my curiosity, together with my yearning for novelty, eventually leading me to discover and use the data set on which my research is based». What are the main learnings from the VOC case and their relevance in today’s context? «My work underlines three eras of the VOC in terms of managing employees. The first one is marked by coercion and perhaps the least relevant for organisations nowadays, especially when you consider that coercion was synonymous of physical violence, leading seafarers to desert out of desperation. In the second period, the VOC was characterised by professionalism (some sort of “intrapreneurship” was sustained and the trading for one’s own account under the umbrella of the VOC was legitimized) albeit in a system that remained hierarchical, nevertheless. Professionalism of the
crew was boosted via the opening of schools for training officers and the change in job titles to reflect a closer relationship to the navy from where they hoped to attract reliable captains. The last period of the VOC was the one in which hierarchical control was toned down and autonomy via private trading further endorsed. The analysis of these mechanisms of management of the employees provides a number of useful insights for modern-day organisations. The second period, for instance, employee retention rates was improved via means of hierarchical control as employees were more likely to stay ‘put’ in their jobs because they saw the opportunity to grow professionally and also extend their professional development to different domains (in this case private trading). This sounds like good news for today’s firms, because it says that hierarchy and professionalism when combined to autonomy contribute to increase the loyalty of the employees. From the last period, which is indeed the most entrepreneurial of the three, I have learned that when hierarchy becomes flatter, the main mechanism of retention of employees is social in nature as it is a rich relationship among employees and their homogeneity in values that ultimately improves retention. The lesson that can be transposed to firms that adopt flatter struc-
tures and look for ways of retaining staff beyond promotion. These firms should look at cultural homogeneity, meaning employees or groups of employees that originate from similar locations or share similar education. Alternatively they should develop thick relationships among employees by means of social activities or though rich onboarding activities». Is hierarchy still required in organisations today? «Modern organisations are inspired by companies like Google, a firm in which autonomy and entrepreneurship are coupled with thick relationships among employees. Those relationships are sustained by the “gamification of employment”. If we draw a parallel, Google makes use of some of lessons learned from my study of the VOC. Many organisations have tried to imitate Google. In most of the cases, though hierarchy is still there. In general, I can say that some form of hierarchy is fundamental and even required to the effective functioning of organisations. Organisations today can effectively function with lower levels and intensity of hierarchical control than before but hierarchy remains there, nonetheless. “The Conversational Firm”, a book authored by a colleague at MIT, witnesses these claims. That book presents a real-life case study of a company that attempts to design a completely flat organisation with no hierarchy. It starts with a great excitement of employees, but it ends with them begging for hierarchical direction. The downside of no hierarchy and minimal job specialization is in fact the difficulty of managing undefined and ever changing tasks, under flows of information that are clearly beyond the control and the capacity of human beings. Hierarchy, specialization, and some degree of routinized work procedures remain relevant to grant clarity and attentional focus to the employees». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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PRIMO PIANO / FILIPPO CARLO WEZEL
How can companies do better in terms of incentives to improve their overall performance, in the wake of the financial and economic crises of the current century? «All the effects that I have observed in my data and described so far have been obtained by holding constant the pay of each seafarer. The research in management and organisation tells us that what drives the commitment and the identification, two strong drivers of retention, is the sense of progress, learning and development of an employee, both as professionals and as human beings. The problem though is where the locus of this progress lies. We can put it external to the employees and rely, for instance, on financial bonuses or any other type of extrinsic reward. Or we can put it intrinsically, by focusing on needs and the skills of each individual employee. Intrinsic motivation is more effective for retention than extrinsic: while the latter produces behaviours that climb around the target but vanish after the objective is reached. Intrinsic motivation instead grants a more reliable engagement from the employees. The challenge for modern organisations is to know their employees at best, together with their needs and with what elicits a sense of meaningful progress in them. This would be a stronger driving force of retention than mere financial rewards». Bureaucracy is on the rise in many sectors of economic and social activity. How can we avoid being overwhelmed by the relentless rolling of red tape? «Bureaucracy is seen today as hindering organisational and personal development, as creating complexities, but it might be a virtuous characteristic of organisations. In fact rules and formal processes grant transparency, enable the actions of employees and the accomplishment of tasks and goals. Net of various aberrations observed in
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many firms today, transparent processes and regulation might be very useful to firms. That is what is recognized as “Enabling Bureaucracy”. Consider for instance promotion decisions. In that case, the existence of transparent criteria and procedures of evaluation, and of a fair distribution of rewards sustain the loyalty of the employees. The accomplishment of procedural and distributive justice incentivize valuable employees to move forward, allow firms to signal to other employees the qualities that are needed to progress in their careers, and also what is appreciated and strategically valuable for the firm. When looked from this perspective, bureaucracy is just a matter of professionalism, hierarchical guidance, and transparent rules and career prospects. Are we sure that these characteristics are useless for today’s global firms?». Will your academic curiosity and yearning for novelty bring you to explore these topics even further, perhaps in a new study? «Several other interesting questions can be addressed with the VOC data. For instance, it can be explored how the performance of a vessel (i.e., the timing to reach destination) is affected by the variety of nationalities of the crew and the extent to which promotion rates are influenced by processes of homophilous reproduction on board. I am currently pursuing these questions with the aim of moving forward our understanding of the dos and don’ts of national diversity in working groups, a topic clearly central to the modern multinational firm».
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ITO
DA
PRIMO PIANO / MASSIMO CERUTTI
CERUTTI, “IL MASSIMO DEL CAFFÈ” UNA STORIA DA OLTRE 90 ANNI
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INSIGNITO DELLA “PATENTE DI ASSAGGIATORE DI CAFFÈ DALL’ISTITUTO INTERNAZIONALE DI CAFFÈ DI BRESCIA, MASSIMO CERUTTI RAPPRESENTA LA TERZA GENERAZIONE DI UNA FAMIGLIA LEADER NELLA DISTRIBUZIONE DEL CAFFÈ SUL MERCATO SVIZZERO E ESTERO.
DI PAOLA CERANA
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«I
l banco del bar come luogo d’incontro. Una tazzina di caffè come spunto di dialogo. Massimo Cerutti si racconta con entusiasmo in maniera del tutto inusuale. Non seduto dietro la scrivania del suo ufficio o accomodato su una poltrona, bensì in piedi, circondato completamente dal suo mondo. Quello in cui è cresciuto, quello che ha respirato sin da bambino, quello che tutt’ora è la sua passione e, forse, la sua missione. É il mondo del caffè, il caffè che porta il nome della sua famiglia, come lasciano intuire le fotografie e i documenti incorniciati alle pareti di una stanza carica di aromi. Aromi inconfondibili, sprigionati dai sacchi di juta colmi di chicchi preziosi provenienti dai più generosi sud del Mondo. Proprio erogando il suo caffè con minuziosa ritualità, comincia il suo racconto».
uali sono i segreti per preparare un buon espresso? «Un eccellente espresso dipende dalla mano, dalla miscela, dalla macchina e dalla macinatura. Perché è da piccoli gesti e da grandi attenzioni che si produce la qualità. Prima di agganciare il portafiltro con il caffè occorre sempre lasciare scendere un po’ d’acqua dalla macchina, per pulirla dai residui che inevitabilmente si accumulano precedentemente. Non solo. Il macinino ogni mattina va svuotato dell’eventuale caffè rimasto la sera prima, perché quella miscela ha perso tutte le sue fragranze e va rinnovata mescolandola con caffè appena macinato. Anche il macinino va pulito con cura, così come le macine devono essere cambiate regolarmente almeno una volta all’anno o a dipendenza dei consumi. Sono accortezze che non tutti gli esercizi pubblici osservano, ma che fanno la differenza nell’offerta di un espresso perfetto. E soprattutto fanno la gioia dei clienti ogni mattina. Per questo il barista deve dedicarsi, deve dare “il massimo” della dedizione alla preparazione di un caffè». Con o senza zucchero? «La gente in genere preferisce bere il caffè zuccherato. In ogni caso, con o senza zucchero, un espresso va sempre mescolato con il cucchiaino prima di essere sorseggiato. Perché? Guardi in questa tazzina di vetro trasparente
Dresscode: più cilindri. Con più potenza in partenza così come all’arrivo. Il motore V6 pullula di potenza e la trazione integrale permanente 4MATIC è formidabile sia su strada che off-road. La nuova Classe X con motore V6 coniuga funzionalità e prestazioni allo stato puro. La sua potenza e robustezza permettono di viaggiare con tranquillità anche su terreni impervi e il suo stile elegante non passa di certo inosservato neppure in città.
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PRIMO PIANO / MASSIMO CERUTTI
cosa succede all’espresso: il caffè non si distribuisce in maniera uniforme ma a strati. Sotto è più scuro e liquido, sopra è più denso e cremoso. Solo mescolandolo si amalgama tutto, ottenendo la pienezza del profumo all’olfatto e del gusto al palato. Questo bisogna dirlo ai clienti, perché possano meglio apprezzare un prodotto tanto prezioso preparato con passione». Ha detto che per fare un buon caffè ci vuole dedizione. Come lo ha imparato? «Sì per fare un buon caffè ci vuole una grande passione. E io ho avuto chi mi ha trasmesso questo valore, sono stato fortunato. Guardi questa vecchia foto: è la Trattoria Albergo Tripoli, sul Lago Maggiore, condotta da Alessandro Cerutti, mio nonno, che non ho mai conosciuto purtroppo. Era scorta reale dei Savoia, pensi, e conduceva, insieme a mia nonna Angioletta, questa trattoria vicino a Laveno, precisamente a Leggiuno, in frazione Cellina. Era il 1926. E nel 1932 mio nonno riceveva la licenza per esercitare il commercio e la vendita che qui, in quest’altro documento, può vedere: “... Frutta, verdura, e … caffè …” ecco che compare la parola magica nella licenza firmata dal Podestà». Suo papà quando prese le redini di famiglia? «Mio papà Angelo Enrico, nato nel 1921, nell’anno 1937 andò a lavorare come cuoco niente di meno che all’Hotel Des Iles Borromées di Stresa. E sono così fiero di questo e di poterlo raccontare, perché nessuno sa che grande storia alberghiera, e non solo, ci sia nella nostra famiglia. Qui in questa cornice c’è anche il suo libretto di stipendio conservato intatto. Purtroppo, poco più avanti arrivò il richiamo a militare e poi scoppiò il finimondo con la Seconda Guerra Mondiale. Così mio papà dovette partire. Fece tutti gli anni di guerra, donando al Paese “gran parte della
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mia giovinezza, forse gli anni migliori …”, come sta scritto in queste frasi con foto ricordo in Piazza San Marco, a Venezia, o sul fronte con i suoi amici commilitoni che mi ha lasciato e che io ho incorniciato, come può vedere». Quindi suo papà ha dovuto interrompere la carriera? «In verità papà ha continuato a lavorare come cuoco anche da prigioniero. Guardi in questa foto di gruppo: questo è papà in vestito scuro, l’abito dei prigionieri, accanto a colleghi cuochi tedeschi, invece in casacca bianca. Qui era in Germania».
«Sì per fare un buon caffè ci vuole una grande passione. E io ho avuto chi mi ha trasmesso questo valore, sono stato fortunato.» E quando finalmente la guerra finì? «Rientrato dalla Germania papà scese verso il nostro lago, il Lago Maggiore, e decise di venire in Svizzera. Esattamente entrò in Canton Ticino nel ’48, guardi qui: c’era già il Libretto A per gli stranieri negli anni Quaranta, e papà fu collocato, per ottenere il permesso, come cuoco del personale al Bellevue. Papà dimostrò subito d’essere davvero un prodigio, perché lo chiamarono nei più prestigiosi Hotel della Svizzera – da St. Moritz ad Arosa a Lugano - e la sua carriera è stata davvero strabiliante. Ha lavorato con Paul Spuhler, grandissimo chef svizzero, all’epoca al Waldhaus di Sils-Maria come Chef Saucier e mio padre come Chef Rôtisseur». Papà Enrico ha continuato a lavorare sempre nell’hotellerie in Svizzera? «No, dopo una breve parentesi a Luino, sul Lago Maggiore, dove aveva le sue sorelle, gli offrirono un esercizio pubblico importante a Saronno,
il Caffè Principe, in Corso Italia. Papà ritirò questo esercizio pubblico, e lo gestì dal 1950, quando si sposò con mia mamma Elivia, al 1960, chiamandolo da Rico, Ristorante Caffè Principe di Cerutti. Qui venivano anche venduti i famosi Amaretti e il liquore Amaretto di Saronno. Dieci anni di attività in cui papà si fece conoscere molto bene a Saronno, tutti lo stimavano perché veniva dall’esperienza svizzera e prima ancora dal Des Iles Borromées di Stresa, cinque stelle. Per dieci anni, perciò portò avanti l’esercizio con grande successo, poi decise di smettere». Come mai smettere nel pieno del successo? «Perché in 10 anni non aveva mai chiuso un giorno. Nel frattempo, era riuscito ad acquistare l’immobile e, guardi in questa foto: questo signore accanto a mio papà, nostro caro amico medico, gli disse “caro amico adesso basta, smetti di lavorare, affitta tutto perché se continui con questi ritmi rischi davvero di giocarti la salute…”. Papà seguì il suo consiglio. Ma attratto dal commercio del caffè si lasciò presto convincere dall’invito ad aprire in Svizzera un suo bar: era il 1961 e papà aprì in Piazza Boffalora a Chiasso il suo primo bar, che tenne fino al ’91, cioè trent’anni. Contemporaneamente con il bar, dal 1961, iniziò a commercializzare per poi produrre una marca di Caffè Italiano su tutto il territorio svizzero del suo fornitore ai tempi Bar in Saronno». Massimo Cerutti quando subentra accanto a papà Enrico? «Io sono nato a Saronno ma, nonostante le resistenze di mamma che inizialmente non voleva lasciare quella piccola grande città allora in ascesa, siamo venuti qui, in Svizzera. Dopo le scuole a Mendrisio volevo fare la scuola alberghiera di Losanna. Scelsi poi di fare l’apprendistato di cuoco iniziando al Palace di Losanna. Volevo seguire le impronte trionfali di papà, che era
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PRIMO PIANO / MASSIMO CERUTTI
il Massimo del Caffè Massimo Cerutti
Puoi acquistarlo in oltre 100 bar in Ticino
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partito da un cinque stelle. Era il ’79 e io ero il primo apprendista del Ticino che usciva dal Cantone e arrivava lì: un ragazzo di 16 anni con una grande responsabilità, dunque, e per tre anni ho dimostrato di essere all’altezza, conseguendo il mio attestato di capacità federale con la seconda miglior media del Canton Vaud». Finiti gli studi come ha proseguito la carriera? «Ci sono state due parentesi in cucina: una allo Schweizerhof a Berna e l’altra al Dolder di Zurigo, dove ho conosciuto delle persone davvero straordinarie, bellissime esperienze. Dopo di che son partito per la Germania e poi straight on to England perché non sapevo l’inglese, mi mancava per completare la mia preparazione professionale, così ho frequentato un corso d’inglese e “Business Administration” a Cambridge, arricchendomi anche di questa lingua». Nel frattempo suo papà proseguiva l’attività qui in Svizzera, giusto? «Sì e nel frattempo la Lazzaroni – Amaretti/Biscotti - che cercava un im-
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portatore in Svizzera francese e tedesca per gli Amaretti di Saronno, lo contattò sapendo del successo della sua attività con il caffè. Papà accettò coinvolgendomi nella responsabilità di questa nuova sfida nel commercio. Nasce così l’Azienda Massimo Cerutti, ufficialmente nel 1985, anche se era avviata già l’anno prima. Nel ’95 sarà trasformata poi in Società Anonima. Nel ’90, quando papà aveva già settant’anni, nasce ufficialmente CERUTTI “il Caffè”, così come lo si conosce oggi in tutta la Svizzera. Ho detto: “papà vedrai che tutto quello che hai seminato sarà portato avanti e sarà da tutti riconosciuto!” Nel ’96 a Chiasso (Palazzo Credit Suisse) apre lo Snack Bar CERUTTI “il Caffè, anche se nel ’91 già esisteva un primissimo Bar Cerutti, in altra sede a Mendrisio». E qui a Novazzano quando siete arrivati? «Questa sede c’è dal ’90 e oggi l’azienda conta circa 50 dipendenti. In Ticino ci sono diversi Bar Cerutti, uno anche a Boffalora, località affettivamente cara, perché è proprio dove eravamo arrivati in origine partendo dall’Italia. Ci sono tutti i documenti che testimoniano queste tappe e mi rammarico di non aver potuto conoscere nonno Alessandro (e addirittura il mio bisnonno Paolo), perché rileggendo delle lettere conservate dal mio papà dev’essere stato davvero un grande personaggio. Anche i certificati di lavoro del nonno confermano le sue grandi capacità, di cui ovviamente sono fiero, e che credo di aver ereditato». Evidentemente sì. Qui vedo non solo caffè, ma tanti prodotti golosi... «Sì, nel nostro shop abbiamo diversi prodotti dolciari esclusivi, di qualità eccellente, per il mercato di tutta la Svizzera. Non solo caffè in grani, cialde e capsule, e non solo le macchine Cerutti. Ma anche gli Amaretti e il liquore di Saronno – Paolo Lazza-
roni come pure altre specialità dolciarie, Tre Marie, Mangini, Ghiott e Condorelli». Tornando al caffè Cerutti, come nasce tecnicamente, dai grani alla tazzina? «Il nostro caffè nasce da sei tipi di caffè verde naturale, proveniente dai Paesi d’origine, caffè verde non trattato, in modo da raggiungere un perfetto equilibrio in tazza, in sintonia con lo stile italiano. Viene tostato nella zona di Como, sempre d’accordo con la migliore tradizione italiana. Perché, si sa, un eccellente caffè racchiude in sé lo stile italiano. Amo dire che un eccellente caffè è come una sinfonia in quattro tempi: primo tempo, l’aspetto visivo; secondo tempo, l’aroma; terzo tempo, il gusto; quarto tempo, il piacere di condividere questo esclusivo piacere con gli amici». Come una danza si torna, dunque, al banco del bar, sorseggiando un caffè e chiacchierando con gli amici... «Certo. Il piacere va condiviso, anche quello in tazzina. E si ricordi, d’ora in poi, quando va al bar, di osservare i gesti e le operazioni che la mano del barista compie prima e durante la preparazione dell’espresso. Perché, ripeto, un eccellente espresso dipende dalla mano, dalla miscela e dalla macchina e macinatura». Questo è il Massimo del caffè. Ma il Massimo oltre il caffè? «Oltre il caffè coltivo alcune passioni. Amo la musica, tanto che una nostra miscela si chiama proprio “Sinfonia”. Anche mio nonno e mio padre suonavano e, forse, anche in questo ho preso un po’ da loro. Dal 1976 sono membro della Civica Filarmonica di Mendrisio, e faccio parte del Comitato. Ho anche suonato nella banda militare, il clarinetto è il mio strumento. Musica a parte, sono socio Lions nel mendrisiotto – Presidente 2012-2013».
PRIMO PIANO / MASSIMO CERUTTI
La sua attività è quindi stimata in Svizzera e si sente legato, oltre che alle sue origini del Lago Maggiore, al Canton Ticino? «Molto, mi sento legato al territorio e alla gente. Tanto che sono Consigliere Comunale a Mendrisio PLR, dal 2016 e nella Commissione della Gestione. E adesso vediamo cosa succede in quel del Gran Consiglio, perché credo di essere uno dei pochi audaci, forse l’unico imprenditore nel ramo alimentare e coloniale, a presentarsi a queste elezioni. Lo faccio perché mi sento particolarmente vicino alla gente e, ascoltandola, mi è nato il desiderio nel tutelare gli imprenditori/artigiani in Ticino per una facilitazione più veloce e trasparente nello svolgere la loro attività. Il promovimento economico e turistico del Canton Ticino per tutti gli esercizi pubblici e strutture alberghiere. Il sostegno e la promozione di eventi culturali e sociali anche per i
musei presenti nel nostro cantone. Solo ascoltando le persone quotidianamente si può capire cosa c’è davvero bisogno nel Cantone. Mi piace restare con i piedi per terra in vista di questo mio impegno politico, così come lo sono nel mondo del caffè. Anche al banco del bar, gomito a gomito con gli altri, si crea l’occasione per socializzare, per ascoltare, per capire. Si ricordi: il caffè va bevuto al banco, non seduti da soli al tavolino, così si crea contatto tra le persone. Lo stesso dev’essere nell’impegno politico». Persone … accanto a lei c’è chi prenderà le redini dell’azienda? «Ho tre figlie ma è ancora presto per disegnare il futuro dei Cerutti, saranno loro a scegliere. Se qualcuna vorrà proseguire il lavoro di famiglia ben venga. Speriamo solo che il nome del nonno Alessandro e del papà Enrico siano sempre ricordati, e che quello
del CERUTTI “il Caffè” continui a restare impresso sulle confezioni e apprezzato dai consumatori». Mendrisio? «Vivo e amo Mendrisio e sono sposato dal 1997 con Cristina e, come ho detto, ho tre figlie, Alessandra, Eleonora e Federica, ben inserite nelle associazioni della città di Mendrisio». Il Caffè, un’ultima battuta... «Confido di continuare a portare avanti sempre con successo la mia missione. Con lo stesso carisma di nonno e di papà. Affinchè Cerutti possa continuare ad essere il Massimo del Caffè».
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PRIMO PIANO / PARIDE PELLI
IL CORRIERE DEL TICINO SCEGLIE IL DIGITALE LA SVOLTA DIGITALE CHE STA SCONVOLGENDO IL MONDO DEI MEDIA TOCCA ANCHE IL CORRIERE DEL TICINO CHE INAUGURA UNA NUOVA AVVENIRISTICA NEWSROOM E SI PRESENTA CON UN SITO COMPLETAMENTE RINNOVATO NELLA GRAFICA E NEI CONTENUTI. CE NE PARLA PARIDE PELLI, DIRETTORE DELLA NEWSROOM E RESPONSABILE DI CDT.CH
C
he cosa cambia nella vita del Corriere del Ticino? «Per comprendere appieno la trasformazione che stiamo vivendo credo sia necessario porsi una domanda: siamo certi che la cosiddetta “rivoluzione digitale” sia un accadimento così rivoluzionario e di rottura? O forse tutto ciò che oggi facciamo quotidianamente come utenti “smart” e tutto ciò che osserviamo, in fatto di digitale, affonda invece le sue radici nei vecchi media analogici dell’Otto-Novecento e ne è la diretta continuazione? Partiamo dunque dal fatto che il Corriere del Ticino vuole restare fedele ai tratti distintivi che caratterizzano il giornale e la sua straordinaria avventura iniziata nel lontano 1891: serietà, autorevolezza e indipendenza. Ma al tempo stesso, abbiamo maturato la consapevolezza che i tempi sono cambiati e che dunque era necessario operare un rinnovamento profondo nel nostro modo di fare gior-
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nalismo. Abbiamo scelto un motto «Digital first, smart print!» per esprimere la volontà di migliorare ulteriormente il Corriere del Ticino, nelle due versioni online e cartacea, attraverso un modello di giornalismo che risponda alle abitudini dei lettori e a un mercato dei media in costante evoluzione».
scrivania. Oggi la forza di una redazione consiste nella sua capacità di fare circolare le informazioni, nel mettere in rete capacità e risorse. È un cambiamento importante quello che si richiede al giornalista, ce ne rendiamo conto, ma andava assolutamente fatto per rimanere al passo con i tempi».
Per portare a termine questa rivoluzione avete inaugurato una nuovissima Newsroom. Di che cosa si tratta? «Abbiamo da poco aperto questo vasto spazio moderno e tecnologico all’interno della nostra sede centrale di Muzzano, che funge da centro di raccolta ed elaborazione delle informazioni e all’interno della quale viene favorito il confronto tra colleghi per promuovere la nascita di idee e iniziative e lavorare in maniera osmotica, non più a compartimenti stagni. Sono finiti i tempi in cui il giornalista si chiudeva nel suo ufficio ed elaborava i suoi testi seduto alla
In che modo sarà possibile integrare contenuti cartacei e digitali? «Un primo grande cambiamento lo si può osservare nell’immediato sul nostro portale cdt.ch, completamente rinnovato nella grafica, più accattivante e leggera, e soprattutto negli articoli e nel modo di proporli. Pubblicare di più e meglio sul web, significa anche sfruttare gli arricchimenti multimediali, in particolare i video che saranno presenti in gran numero – e ripensare il giornale in chiave più brillante e articolata, per garantire quel giornalismo di qualità sempre più difficile da realizzare nell’epoca della fruizione
PRIMO PIANO / PARIDE PELLI
mordi e fuggi delle notizie, del proliferare di social media e anche, purtroppo, delle «fake news». In questa prima fase la sfida ce la giochiamo sul digitale: prima si pubblica sul web, poi si pensa alla carta. Il nostro modello di business ha sempre messo al centro la carta, giustamente, ma dal 3 dicembre scorso abbiamo cambiato il paradigma, che d’ora in poi dovrà essere “web to print” e non più il contrario”. La qualità tuttavia ha un prezzo. Avete deciso che parte dei contenuti siano a pagamento… «Molte testate storiche, in vari paesi del mondo sono scomparse e la pubblicità registra un calo che ormai non si può più definire transitorio, gli abbonati resistono, specialmente in Svizzera, ma è un numero destinato lentamente a erodersi. Queste valide ragioni hanno convinto anche il Corriere del Ticino a intraprendere la via digi-
tale e valorizzare ulteriormente la carta, ma per far questo abbiamo introdotto un «paywall» sul sito del Corriere del Ticino. In sostanza, i contenuti esclusivi (identificabili con una stella) saranno accessibili a pagamento, mentre le cosiddette «notizie di flusso» (gli aggiornamenti importanti dal territorio e dal mondo, i fatti di cronaca nella loro sostanza immediata, le segnalazioni di legge) resteranno in lettura gratuita. In ogni caso, coloro che già possiedono un abbonamento di qualsiasi tipo al Corriere del Ticino potranno navigare senza restrizioni all’interno del rinnovato cdt.ch e dell’app CdT Live, inserendo semplicemente i propri dati d’accesso». Come sono state accolte dai vostri lettori queste novità? «Dai primi dati in nostro possesso, positivamente, e la qualità è certificata dalla permanenza sul nostro sito, che
è aumentata notevolmente. È normale che a livello di pubblico abbiamo perso qualcosa inserendo un “paywall”, e ora la sfida per noi è quella di rendere anche numericamente efficace cdt.ch. Ci vuole un po’ di pazienza, anche perché abbiamo verificato che solo in un 10% dei casi c’è una sovrapposizione tra lettori online e lettori del cartaceo, quindi dobbiamo puntare anche ad un’audience diversa sul digitale. Fondamentale è inoltre mantenere le proporzioni (circa 80-20%) tra contenuti gratuiti e contenuti a pagamento. Comunque chi si imbatte nel nostro «muro», ha subito la possibilità di scavalcarlo con un investimento simbolico settimanale o mensile, garantendosi così sia l’edizione del giorno (e-paper) sia tutti i contenuti del sito».
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MENDRISIO
GRANDANGOLO / POLITICA E SOCIETÀ
RIPENSARE IL CONTRATTO SOCIALE DA ANNI ORMAI, GRANDI E VIOLENTE PROTESTE DI PIAZZA SONO DIVENTATE UN SEGNO DISTINTIVO DELLE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI. UNA SOMMOSSA CONTINUA CHE PIÙ AVANZA E PIÙ SEMBRA FORIERA DI UNA PERICOLOSA ANARCHIA. COM’ È POSSIBILE QUESTA DERIVA DELLA DEMOCRAZIA VERSO L’ANARCHIA?
DI MORENO BERNASCONI
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a nascita delle Nazioni Unite e di un’Europa unita, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e il “Trentennio glorioso” di boom economico che hanno contraddistinto la ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale non dovevano forse decretare - come profetizzava ingenuamente Francis Fukujama – “La fine della storia”, ovvero l’avvento di una nuova e ormai definitiva Età dell’Oro? Il risveglio dalle illusioni (quelle del Sessantotto ma anche quelle suscitate dalla fine della Guerra fredda e dalla caduta del muro di Berlino) è brutale. E a causa di un abbaglio ci ritroviamo in larga parte sprovvisti di strumenti validi per rispondere ad una situazione socio-politica che sembra riportarci indietro di cent’anni. Quale abbaglio? Semplicemente quello di aver creduto, sulla base dell’euforia provocata da una crescita economica e da una rivoluzione tecnologica senza precedenti, che quei trent’anni fossero l’inizio di
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un’era nuova e non semplicemente un caso forse unico nella storia, prodotto da una serie felice di cause concomitanti e da circostanze straordinarie e irripetibili. Dopo la brutalità del risveglio, con meno illusioni e più pragmatismo i tempi chiedono di por mano rapidamente a soluzioni sociopolitiche che non si limitino ad intervenire sui sintomi ma affrontino le cause. Semplificando all’osso (visto che stiamo parlando di cose complesse) il nocciolo della questione è la rottura del contratto sociale su cui poggiano le moderne democrazie e come ricucirlo o ripensarlo. Per intenderci, non intervenire sui sintomi significa ad esempio che per ripristinare la legittimazione perduta dei governanti e degli apparati che li sorreggono non basta fare una coalizione contro. Contro lo spauracchio dei populismi di destra e di sinistra. Faccio un esempio. Se all’inizio degli Anni Novanta gli antiglobalisti erano di sinistra e oggi di destra; se i lavoratori precari e meno abbienti di ieri votavano socialista o comunista e oggi votano e scendono in piazza con i movimenti populisti e sovranisti, il problema non è la destra ma gli effetti perversi di un certo tipo di globalizzazione che accrescono incertezza e timori. O prendiamo la questione dei Gilet gialli francesi. Se il problema della Francia fosse Marine Le Pen, la coalizione antifrontista di Macron per impedirle di andare al potere sarebbe bastata a ripristinare un clima di fiducia presso la maggioranza dei francesi.
I Gilet gialli indicano invece semplicemente - ed è emblematico che ciò accada nella patria della Rivoluzione francese che ha dato la stura alla democrazia moderna - che il problema è a monte. Un problema che riguarda le basi stesse su cui poggia il Contratto sociale moderno ormai boccheggiante rispetto ai problemi posti dalla globalizzazione socio-economica e dalla rivoluzione tecnologica in corso. Sintetizzando al massimo si potrebbe dire che il contratto sociale moderno poggia su uno scambio conveniente fra il Cittadino e lo Stato: il primo rinuncia ad una porzione della propria libertà e il secondo gli garantisce in cambio condizioni quadro di giustizia individuale e socio-economica. Questo contratto si sviluppa in un contesto di cittadinanza nazionale. In un contesto di globalizzazione a tutti i livelli, lo Stato nazionale non appare manifestamente più in grado di garantire in proprio al cittadino l’insieme delle prestazioni in termini di diritti individuali e socioeconomici su cui poggiava il contratto. Un problema esacerbato dalle nuove migrazioni su scala globale che - in assenza di adeguate regolamentazioni mettono de facto in concorrenza diritti civili (universali) e diritti garantiti al cittadino in forza dell’appartenenza ad una determinata nazione e degli obblighi che egli si assume. Paradossalmente, l’epoca tumultuosa presente rappresenta un’opportunità per ripensare la cittadinanza e il contratto sociale adeguandoli alle nuove condizioni
GRANDANGOLO / POLITICA E SOCIETÀ
quadro. Per farlo occorre ovviamente collocarsi in un’ottica realistica e non idealistica (che tanti danni ha fatto durante gli ultimi cent’anni). Fatico a dar credito a chi – sulla base di proclami ideologici passatisti e semplicistici di destra o di sinistra - propone di risolvere il problema eliminando la globalizzazione e il capitalismo mondiale oppure tornando all’età delle Nazioni. Più pragmaticamente sono convinto che è tempo di dotarsi di strumenti politico-istituzionali che non temano la complessità ma siano in grado di gestirla. Poiché come la natura è complessa così è la scienza che la studia seriamente e così non può che essere la convivenza umana. La miriade di lingue, culture e popolazioni diverse che la globalizzazione pone in contatto quotidiano secondo tempi e modalità che non hanno precedenti nella storia rende necessario adottare strutture di governo e di partecipazione politica 215x138, Ticino Welcome (2019_03).pdf
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all’altezza delle nuove condizioni. Non è pensabile in un simile mondo plurimorfe e frammentato restare legati a modelli come quello - denunciato da Tocqueville già duecento anni fa - della “dittatura della maggioranza”. Quali maggioranze, d’altronde? Visto che a governare oggi sono spesso formazioni politiche che non superano il 25% e/o alleanze di facciata raccogliticce ed effimere che prendono in prestito il nome da cespugli, piante e astri del cielo o da slogan come “En marche”. È pur vero che negli Stati Uniti o in Gran Bretagna è ancora in auge un’alternanza fra due partiti storici. Ma i segni di crisi profonda sono sotto gli occhi di tutti: lo scontro fra democratici e repubblicani negli USA di Trump è violento e l’instabilità è fortissima e il Regno Unito era totalmente impreparato ad affrontare Brexit. Forse qualche spunto utile per il superamento dell’attuale crisi della legittimazione
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politica e per una riforma del contratto sociale nell’era della globalizzazione, potrebbe venire dal modo con cui la Svizzera moderna ha progressivamente integrato e federato le diverse componenti del Paese nelle strutture di Governo ed ha esteso la partecipazione popolare alla presa di decisioni. Benché il solo accenno alla democrazia diretta faccia rizzare i capelli in testa a chi maledice Brexit come la madre di tutti i disordini, sta di fatto che la democrazia partecipativa è un potente strumento di formazione politica e di responsabilizzazione dei cittadini. Tutto sommato, per rimettere in discussione una decisione popolare… basta rivotare. Sono convinto che in una società complessa e globale, solo scommettendo sulla responsabilizzazione tramite una partecipazione attiva dei cittadini alla gestione della cosa pubblica si possa ritrovare la legittimazione politica perduta.
PROGETTI / MARIO MANTEGAZZA
LUGANO, ULTIMA SPIAGGIA LE RIFLESSIONI DI MARIO MANTEGAZZA CHE NEL CORSO DEGLI ANNI HA SEMPRE PARTECIPATO, ANCHE CON PERSONALI PROPOSTE, AL DIBATTITO SULLE PROSPETTIVE DI SVILUPPO FUTURO DI LUGANO E DEL SUO TERRITORIO.
Ultimamente ha fatto molto discutere il progetto di creare una spiaggia lungo il golfo di Lugano. Tra l’altro questa idea era già stata da lei proposta molti anni fa e già allora aveva generato curiosità, anche se poi tutto si arenò. La sua idea è ancora attuale? «È folle pensare che quell’idea possa risolvere oggi i problemi della città. Neppure allora quell’idea, da sola, avrebbe funzionato. A quei tempi, la spiaggia era una piccola parte di un grande progetto che voleva destare Lugano dal pericoloso torpore dal quale ancora oggi non si è ripresa. Eravamo un gruppo di persone che avevano Lugano nel cuore e che non avevano alcun secondo fine. Ci chiamavamo LuganoSi! Già allora avevamo intuito che, senza una reazione immediata, Lugano avrebbe perso l’opportunità di rendersi speciale e unica, riposizionandosi e rendendosi di nuovo attrattiva, dopo la fine dell’epoca bancaria grazie alla quale Lugano aveva costruito la sua fortuna dal dopoguerra in poi».
Cosa prevedeva quel progetto? «Il progetto prevedeva lo sviluppo e il riordino di diverse zone della città, conferendo ad ognuna una destinazione chiara, efficiente e funzionale alle attività preposte. Per le aree circostanti le sponde del Cassarate, dal ponte di Viganello in giù, erano previste molte soluzioni interessanti. A lago trovavano posto il reparto espositivo e quello congressuale, che vantavano sul fronte lacustre il Lido, i campi da tennis e il Circolo Velico. L’Ex Macello, che congiunge il Centro degli studi Cantonali di viale Cattaneo, la Biblioteca, l’Istituto Elvetico e l’Università, veniva trasformato in un centro di interessi e attività utili alla buona crescita e all’intrattenimento degli studenti di
dell’Hotel Villa Castagnola. Lungo la riva a partire da piazza Luini e giù fino all’ Imbarcatoio di Paradiso, si proponeva di togliere tutti quegli alberi dai sapori nordici che impediscono completamente la vista sul lago, per sostituirli con alberi, fiori e piante dal gusto mediterraneo e, sul fronte, la discussa distesa di sabbia fine. Una spiaggia con almeno 3 punti di ristorazione per soddisfare le esigenze dei turisti e della popolazione locale».
Ma come era possibile far fronte a tanta progettualità? «Innanzitutto è utile ricordare che noi avevamo lanciato quelle idee per ridestare l’opinione pubblica e rendere attenta la politica. Non c’era arroganza, ma solo la voglia di dare un nuovo sviluppo a Lugano che poi è il traino di una regione molto più ampia. Ricordo che allora anche la Polizia di Lugano aveva proposto di rendere operativa un’unità di Poliziotti a
tutta la macro area cittadina. Al Parco Ciani venivano tolte le recinzioni per regalare i suoi splendidi giardini alla popolazione e guarire il parco dai suoi ormai antichi mali. Alla via Nassa e alla via Pessina veniva messo invece un tetto, trasformando il centro di Lugano in una grande Mall coperta dove poter fare shopping e mangiare in mini ristoranti per una ristorazione moderna e accattivante. Naturalmente era prevista anche la riapertura della funicolare degli Angioli così come quella delle fontane che erano previste fronte all’odierno LAC. A lago la passeggiata del golfo si allacciava a quella prevista a Paradiso (andate a vedere la bellezza delle rive di quel Comune) e terminava all’altezza TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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PROGETTI / MARIO MANTEGAZZA
cavallo. A quell’epoca tutte queste iniziative suscitarono curiosità, interesse, ma anche ilarità, ma noi avevamo anche valutato i costi e gli investimenti elaborando una strategia per garantirne la copertura, attraverso l’emissione di obbligazioni, aperte per sottoscrizione al pubblico, aziende, istituti e privati cittadini». Ma perché non se è fatto niente di tutto ciò? «Il ticinese, lo sono anch’io e perciò lo posso dire, è per sua natura una persona troppo astiosa e invidiosa per facilitare e quindi consentire lo sviluppo di progetti che hanno una visione a lungo termine. Qui la gente gioisce di
più per uno a cui è andata male, piuttosto che per uno a cui è andata bene. Noi vogliamo tutto e subito ed è indispensabile che ne abbiamo un beneficio personale diretto, sennò non ci interessa. Questi, o altri progetti e idee che possono portare a un cambiamento nel posizionamento di una regione, necessitano pianificazioni, studi, investimenti e costruzioni, per cui i risultati si vedono nel ventennio, non nel corso dei 4 anni di mandato politico di un legislativo comunale. Se a questo si aggiunge che il clima politico è di quelli ultra populisti, per cui nessuno osa proporre o promuovere niente e che oggi siamo nel 2019 e dunque un’idea che venisse proposta oggi por-
terebbe a dei risultati, ammesso che funzioni, nel 2040, ci si rende conto che è davvero tardi, troppo tardi per evitare che la splendida Lugano, quel meraviglioso e sincero bacio che Dio ha dato alla terra, si trasformi in un prezioso dormitorio. La verità è che era già tardi 12 anni fa quando ci abbiamo provato noi, ed eravamo in tanti a far parte di Lugano Sì. Che consiglio si sentirebbe di avanzare nella situazione attuale? «Uno bello grosso! Oggi si spende quasi meno andando in viaggio che restando a casa propria... Bisogna viaggiare e vedere cosa fanno e dove sono arrivati gli altri. Sono molto più
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avanti di noi pressoché ovunque! Non bisogna nemmeno andare lontano, lo si vede anche spostandosi in giornata poco più a nord e poco più a sud. Non fanno più uso delle capanne, dei capannoni, dei tavoli di legnaccio, delle panchine campestri e delle luci a ghirlanda da un bel po’. Non serve a niente vantare il benessere se a questo non si affianca anche l’ambizione di voler essere sempre migliore e più forte, integrando nel frattempo programmi che servano a raggiungere l’eccellenza dell’offerta, del prodotto e dell’accoglienza. Pensare che gli altri stanno peggio di noi è un errore. Le cose stanno cambiando e anche qui vive gente che è in grave difficoltà. Anche
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qui i giovani, i nostri giovani, fanno fatica a trovare i lavoro che gli consentirà di vivere In Ticino. Anche a loro, oltre che a noi stessi, dobbiamo tutti il nostro massimo impegno. Basta con l’astio e l’invidia e avanti con nuove energie, grinta, solidarietà e tanto ma tanto lavoro».
LAC / LUGANOINSCENA
IL RACCONTO DELLA VITA ANCHE NEL CORSO DELLA STAGIONE 2019 SI RINNOVANO LE OCCASIONI DI INCONTRO CON “I GRANDI NARRATORI”, ATTORI CHE SULL’ARTE DEL NARRARE HANNO CREATO LA LORO CIFRA STILISTICA: MARCO PAOLINI, LELLA COSTA, MARIO PERROTTA.
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erché il pubblico ama in modo particolare e continua a tributare un grande successo agli spettacoli che nell’ambito di LuganoInScena sono dedicati alla rassegna “I grandi narratori”? La risposta è molto semplice. La rilettura che questi tre famosi attori ripropongono di alcuni classici della letteratura mondiale, tocca immediatamente alcuni valori universali e come tali vanno diritti al cuore dello spettatore che, mentre gusta il sapore di mai sopite reminiscenze, ha modo di riflettere sulle condizioni che da sempre agitano nel profondo la natura umana. Ex guerriero ed eroe, l’Ulisse di Paolini e Niccolini si è ridotto infatti a calzolaio viandante che cammina verso non si sa dove con un remo in spalla, secondo la profezia che il fantasma di Tiresia gli fa nel suo viaggio nell’aldilà, narrato del X canto dell’Odissea. Un Ulisse pellegrino e invecchiato non ama svelare la propria identità, si nasconde, inventa storie alle quali non solo finisce col credere, ma che diventano realtà e addirittura mito.
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Lella Costa si confronta invece con l’opera teatrale-musicale che rende omaggio a tutte le “traviate” del mondo. Sul palco, denudato da orpelli scenografici, un pianoforte accompagna le arie de “La traviata” cantate da un tenore e un soprano, consentendo all’attrice di intessere un dialogo impossibile con Violetta e Alfredo, mescolando con abilità e umorismo il celebre romanzo di Alexandre Dumas, il libretto di Piave e le musiche di Verdi, recitando tutte le parti della storia e non solo. Infine, nell’«Odissea» di Mario Perrotta si mescolano il mito e il quotidiano, Itaca e il Salento, i versi di Omero e il dialetto leccese, legati insieme da una partitura musicale rigorosa, pensata ed eseguita dai musicisti che accompagnano l’attore, regista e autore pugliese in questo lavoro, diventando anch’essi, con i loro molteplici strumenti, voci musicali del racconto.
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MARTEDI 16 APRILE 2019 Sala Teatro LAC Traviata. L’intelligenza del cuore Di Lella Costa e Gabriele Vacis Regia Gabriele Vacis Musica Giuseppe Verdi, Franco Battiato, Tom Waits, Marianne Faithfull Pianoforte Davide Carmarino Soprano Scilla Cristiano, Francesca Martini Tenore Giuseppe Di Giacinto, Lee Chung Man (in alternanza)
LELLA COSTA E L’INTELLIGENZA DEL CUORE
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he significato ha questa rilettura di Traviata? «Si tratta di una riedizione dello spettacolo già presentato nel 2003. Scritto ancora insieme a Gabriele Vacis, che ne ha curato anche in questo caso la regia, il lavoro si arricchisce di una parte musicale. Accanto a me, impegnata a interpretare i diversi personaggi, ma anche a raccontare, commentare e suggerire riflessioni pungolando il pubblico, ci sono infatti anche un soprano e un tenore, accompagnati al pianoforte da Davide Carmarino. Partendo da «La traviata» di Giuseppe Verdi e facendo anche riferimento al romanzo di Alexandre Dumas «La signora delle camelie», ripercorro la storia di Violetta, ma anche quella di due dive come Maria Callas e Marilyn Monroe, cucendo nel racconto il passato e il pre-
sente, la letteratura e la vita reale. Nello spettacolo sono quindi presenti anche le musiche di Franco Battiato, Tom Waits e Marianne Faithfull e citazioni più o meno velate tratte da Fabrizio De André, Mia Martini e Nanni Moretti». Perché il personaggio di Violetta risulta essere ancor oggi assolutamente attuale? «La sua storia ha attraversato i secoli, ha conosciuto innumerevoli trasposizioni, eppure continua ad essere raccontata, perché niente è mai finito nel mondo che riguarda l’amore e la morte. Questa dicotomia per eccellenza, raccoglie e sintetizza ogni sentimento estremo. La passione di un ragazzo per una donna onorata alle feste e disprezzata in privato, la disperazione di una donna sempre circondata di pre-
sunti amici ma irrimediabilmente sola. Dietro Violetta si affacciano tutte le traviate di oggi, le disprezzate: le migliaia di donne che incontriamo ogni giorno sulle strade e a cui questo spettacolo dedica un gesto di dolcezza e insieme di difesa quasi rabbiosa mai abbastanza ascoltata. Nello spettacolo, in estrema sintesi, faccio appunto appello all’intelligenza del cuore per parlare di moralità dubbia, prostituzione, rapporti tra uomini e donne, amore e passione. Quell’intelligenza del cuore che viene messa in campo quando si ama: la capacità di cambiare la propria vita quando sfugge, restituirle un appiglio quando sembra scivolare via. In ogni caso, il ruolo delle donne, la loro lotta e la difesa contro ogni genere di sopruso, fisico, psicologico o spirituale, sono sempre stati al centro del mio impegno civile». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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LUNEDÌ 29 APRILE 2019 Teatro FOCE Odissea Testo, regia e interpretazione Mario Perrotta Musiche eseguite dal vivo da Mario Arcari (oboe, clarinetto, batteria), Maurizio Pellizzari (chitarra, tromba)
MARIO PERROTTA E L’ASSENZA DEL PADRE
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erché ha scelto di rileggere l’Odissea non dalla parte del padre, Ulisse, ma da quella di suo figlio? «Telemaco è un personaggio dell’«Odissea» che, da sempre, cattura la mia attenzione, anche se molti non lo ricordano neppure. Molte persone ricordano il cane di Ulisse – Argo – ma non il figlio. Io, invece, ne ho sempre subito il fascino, perché la sua attesa è carica di suggestioni. Telemaco non ha ricordi di Ulisse, non l’ha mai visto, non sa come è fatto, non conosce il suono della sua voce: per Telemaco, Ulisse è solo un racconto della gente. Ed è proprio questa assenza ad aprire infinite possibilità nei pensieri di Telemaco. Lui è l’unico personaggio dell’«Odissea» che può costruire un’immagine di Ulisse calibrata a suo piacimento. I pensieri di Telemaco, forse, sono l’unico luogo dove Ulisse può essere ancora un eroe».
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La sua riscrittura abbandona l’epoca classica per arrivare sino a noi… «Ho disancorato Telemaco dal tempo degli eroi e l’ho trascinato qui, nel ventunesimo secolo, avvilito da una madre reclusa in casa; assediato dalla gente del paese che, non sapendo che fare tutto il giorno al bar della piazza, mormora della sua “follia” e della sua famiglia mancata; circondato dal mare del Salento, invalicabile e affamato di vite umane. Solo così potevo immaginare un’odissea mia, contemporanea, solo portando la leggenda a noi, in questo nostro tempo così disarticolato e privo di certezze». La sua trascrizione dell’Odissea è stata fatta in dialetto salentino. Non crede che questa scelta possa risultare non facilmente comprensibile per il pubblico ticinese? «Assolutamente no. A parte il fatto che ho già avuto modo più volte di
presentare i miei spettacoli in Ticino e al LAC, stabilendo ogni volta con gli spettatori un magnifico rapporto, credo che la lingua dell’«Odissea», la drammaturgia, la gestualità e l’azione scenica siano comunque portatori di valori universali, al punto di risultare immediatamente comprensivi da ogni persona».
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APPUNTAMENTI DI PRIMAVERA
IL PROGRAMMA DEI CONCERTI DOMENICA 21 APRILE 2019
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L’ORCHESTRA MOZART, COMPAGINE CHE AFFIANCA GRANDI SOLISTI E PRIME PARTI DI ORCHESTRE A GIOVANI TALENTI PROVENIENTI DA OGNI PARTE DEL MONDO, TORNA A LUGANO CON BERNARD HAITINIK PER UNA RESIDENZA PASQUALE CHE IN CINQUE GIORNI PRESENTERÀ DUE CONCERTI SINFONICI E DUE CAMERISTICI.
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l legame che unisce l’Orchestra Mozart, voluta da Claudio Abbado nel 2004 e rinata dopo la morte del maestro, con la città di Lugano vanta una consolidata esperienza e costituisce uno dei punti di forza della rassegna LuganoMusica, diretta da Etienne Reymond, che fin dall’apertura del centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura”ha attribuito grande importanza alla realizzazione di un progetto artistico di residenza durante la settimana di Pasqua. «Anche nel 2019 – spiega Etienne Reymond – lo schema del programma sarà confermato e ancora una volta potremo contare sulla presenza del grande direttore Bernard Haitink. La compagine bolognese si esibirà in quattro concerti, due sinfonici e due cameristici, con un repertorio che spazia da Haydn a Mozart, Beethoven, Mendelssohn e Schubert. Protagonisti il giovane pianista Martin Helmchen impegnato nel Concerto n. 22 di Mozart (21 aprile) e i Solisti dell’Orchestra Mozart con la stupenda Sinfonia Concertante di Haydn (24 aprile)». A fianco dei concerti verrà riproposto il Caffè degli Artisti, con l’obiettivo di accompagnare la musica, con riflessioni sulla letteratura (e sulle arti in generale) insieme agli artisti in un ambiente rilassante e accogliente. Un modo particolarmente interessante per rendere ancor più vivo e partecipato il progetto di LuganoMusica in occasione delle festività pasquali ed accogliere festosamente la primavera e gli ospiti che affolleranno le sponde del lago di Lugano.
Ore 17.00 LAC Sala Teatro Orchestra Mozart Direttore Bernard Haitink Pianoforte Martin Helmchen Musiche Mendelssohn / Mozart / Schubert
LUNEDÌ 22 APRILE 2019 Ore 17:00 LAC Sala Teatro Solisti dell’Orchestra Mozart Musiche Carter / Beethoven
MERCOLEDÌ 24 APRILE 2019 Ore 20:30 LAC Sala Teatro Orchestra Mozart Direttore Bernard Haitink Solisti dell’Orchestra Mozart Musiche Haydn / Beethoven
LUNEDÌ 25 APRILE 2019 Ore 20:30 LAC Sala Teatro Solisti dell’Orchestra Mozart Musiche Britten / Beethoven / Mozart
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GLI ARTISTI PROTAGONISTI
Orchestra Mozart È una compagine d’eccellenza giovane e internazionale ed è una realtà unica nel panorama italiano: creata dall’Accademia Filarmonica di Bologna e plasmata intorno al pensiero musicale di Claudio Abbado, suo direttore artistico per dieci anni, ha costruito la sua identità affiancando grandi solisti e prime parti di prestigiose orchestre a giovani talenti provenienti da ogni parte del mondo, promuovendo così occasioni di incontro e passaggio di esperienza e conoscenza tra artisti di generazioni diverse. Le produzioni dell’Orchestra Mozart hanno visto la partecipazione di solisti di fama internazionale come Martha Argerich, Alfred Brendel, Enrico Bronzi, Mario Brunello, Giuliano Carmignola, Enrico Dindo, Isabelle Faust, Vilde Frang, Hélène Grimaud, Natalia Gutman, Rachel Harnisch, Jonas Kaufmann, Julia Kleiter, Paul Lewis, Alexander Lonquich, Radu Lupu, Sara Mingardo, René Pape, Maria João Pires, Maurizio Pollini, Vadim Repin, Yuja Wang. L’orchestra è inoltre da sempre caratterizzata da un animo cameristico; in virtù di ciò, può presentarsi in formazioni variabili e affrontare un repertorio vasto e diversificato: dall’orchestra sinfonica, all’orchestra da camera, ad ensemble cameristici più ridotti.
Bernard Haitink Nato ad Amsterdam nel 1929, è stato per ventisette anni direttore principale dell’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, ruolo ricoperto anche presso le orchestre London Philharmonic e Chicago Symphony così come al festival di Glyndebourne e alla Royal Opera House Covent Garden. Ha diretto la maggior parte delle più importanti orchestre al mondo, dai Berliner Philharmoniker alla Boston Symphony, dalla Staatskapelle Dresden all’Orchestre National de France e ai Wiener Philharmoniker. Si è attivamente impegnato per lo sviluppo di giovani talenti musicali, tenendo masterclass al Festival di Lucerna così come corsi presso la Juilliard School di New York e la Hochschule der Künste di Zurigo. Ha pubblicato su disco l’integrale della produzione sinfonica di Ludwig van Beethoven, Johannes Brahms, Robert Schumann, Š Pëtr Il’ieš Cajkovskij, Anton Bruckner, Gustav Mahler e Dmitrij Šostakovicš per le maggiori etichette classiche – Philips, Decca ed EMI – nonché per le numerose etichette fondate negli ultimi anni da orchestre come la London Symphony, la Chicago Symphony e la Bayerischer Rundfunk. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per i suoi meriti musicali, tra cui diverse lauree ad honorem, un honorary Knighthood e un Companion of Honour nel Regno Unito e la House Order of Orange-Nassau nei Paesi Bassi.
Martin Helmchen Con stile virtuosistico ma essenziale, Martin Helmchen ha conquistato un posto di primo piano sulla scena internazionale, suonando con i Berliner Philharmoniker e Staatskapelle Dresden e Herbert Blomstedt, Wiener Philharmoniker e Valery Gergiev, London Philharmonic e Vladimir Jurowski, City of Birmingham Symphony Orchestra e Andris Nelsons e i Wiener Symphoniker. Negli Stati Uniti, con la New York Philharmonic e al Tanglewood Festival con la Boston Symphony Orchestra, in entrambe le occasioni sotto la direzione di Christoph von Dohnányi, Martin Helmchen suona con sua moglie, la violoncellista MarieElisabeth Hecker, con Augustin Hadelich, Carolin Widmann, Christian Tetzlaff, Antje Weithaas, Sabine Meyer e Frank Peter Zimmermann. Tiene recital a Chicago, Montreal, Londra e Amsterdam. Il suo amore per il recital di canto lo porta a collaborare con Juliane Banse e Julian Prégardien.
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UNO SGUARDO SULL’ARTE SVIZZERA NEL CORSO DI TUTTO IL 2019, IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA GETTA LUCE SUGLI ULTIMI DUE SECOLI DI ARTE SVIZZERA, CON UN OCCHIO DI RIGUARDO ANCHE ALLA SCENA ARTISTICA EMERGENTE.
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et coquille di Arp - divennero figure di riferimento. Le sale successive ospitano poi tutti i principali artisti elvetici che hanno influenzato il surrealismo, sia come membri effettivi del movimento parigino, tra cui Alberto Giacometti, Serge Brignoni, Gérard Vulliamy, Kurt Seligmann e Meret Oppenheim, sia come portavoce della nuova arte in Svizzera, come ad esempio Otto Abt, Max von Moos, Walter Johannes Moeschlin, Werner Schaad, Otto Tschumi, Walter Kurt Wiemken. Proprio il legame tra gli artisti svizzeri a Parigi e quelli attivi in patria favorì la diffusione e lo sviluppo delle idee surrealiste anche in Svizzera e promosse la creazione di gruppi progressisti: in mostra sono rappresentate le associazioni Gruppe 33 e Allianz. Vereinigung moderner Schweizer Künstler, alle quale aderirono, tra gli altri, Walter Bodmer, Ernst Maass, Leo Leuppi e Hans Erni. I soggetti e le forme che distinguono la ricerca surrealista, cioè sogni e fantasie, il corpo umano, l’angoscia, la natura, la trasformazione, accompagnano il visitatore lungo tutto il percorso espositivo fino all’ultima sala che ospita un’installazione realizzata ad hoc, con la quale i curatori, Tobia Bezzola e Francesca Benini, hanno voluto valorizzare la scultura surrealista. Da un capitolo importante della storia dell’arte svizzera del XX secolo, dal 24 marzo al 28 luglio lo sguardo del museo luganese si allargherà di oltre duecento anni attraverso i capolavori pittorici della Fondazione Gottfried
i può parlare di un surrealismo svizzero e quali sono stati i suoi rapporti con il movimento internazionale surrealista? A questa domanda offre un’interessante risposta l’esposizione in corso al MASI presso la sede del LAC. Fino al 16 giugno il Museo presenta infatti una grande retrospettiva sul surrealismo in Svizzera, organizzata in collaborazione con l’Aargauer Kunsthaus. Il percorso espositivo si compone di un centinaio di opere e si apre con uno sguardo generale al contesto e allo sviluppo del movimento attraverso una significativa scelta di documenti e disegni. Segue una sezione dedicata ai precursori del surrealismo, Hans Arp e Paul Klee. Intimamente legati alla Svizzera (entrambi richiesero, seppure invano, la cittadinanza svizzera), i due artisti diedero impulsi fondamentali al movimento che si raccolse attorno alla figura di André Breton: con le loro opere – qui troviamo Unterwasser-Garten e Marionetten (bunt auf Schwarz) di Klee, Tête
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Keller. Da oltre un secolo, la Fondazione, lasciata in eredità alla Confederazione, colleziona opere d'arte con lo scopo di rafforzare la produzione artistica svizzera e l'identità culturale. Oggi conta 6.400 opere, la maggior parte delle quali è depositata in prestito permanente presso più di 70 istituzioni pubbliche e musei svizzeri. A quasi 60 anni dall’ultima presentazione pubblica, il MASI e il Museo nazionale svizzero di Zurigo presenteranno due mostre concomitanti sulla raccolta federale d’arte: a Lugano l’accento sarà posto sulla pittura. Il percorso espositivo comprenderà principalmente opere del XIX e XX secolo, con significative incursioni nei secoli precedenti, che documentano il lavoro di alcuni tra i maggiori artisti svizzeri. Da Johann Heinrich Füssli si giungerà
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all’Ottocento di Calame, Zünd, Koller e Anker; come pure di Böcklin, che sarà rappresentato da opere fondamentali tra cui il celebre dipinto L’Isola dei morti (1880); di Ferdinand Hodler, di cui verrà esposto un’importante veduta del lago di Ginevra; e di Giovanni Segantini. Di quest’ultimo arriverà eccezionalmente il maestoso trittico ispirato alle Alpi - La Natura, La Vita, La Morte (1896-1899) - in deposito al Museo Segantini di St. Moritz ed esposto solo una volta al sud delle Alpi più di cent’anni fa. Il trittico rimarrà al MASI oltre la chiusura dell’esposizione, al centro dell’allestimento Sublime. Luce e paesaggio intorno a Giovanni Segantini, affiancato a importanti paesaggi delle raccolte del museo. Nel percorso i visitatori si imbatteranno anche in una scultura, quella di Alberto Giacometti: Buste di Annette (1964, Musée d’art et Histoire Genève). Saranno infine presenti alcune opere di Filippo Franzoni, Giovanni Serodine e Cuno Amiet, custodite dal MASI e da altri musei della regione. Le successive due mostre dedicate all’arte svizzera si focalizzeranno invece su due dei protagonisti della scena artistica attuale. A maggio, dal 12 fino al 22 settembre, il Museo celebrerà uno degli artisti contemporanei svizzeri più significativi, Franz Gertsch. Ideata dall’artista stesso e co-curata da Tobia Bezzola, direttore del MASI, la mostra presenterà quindici sue magistrali xilografie, eseguite tra il 1988 e il 2017, poste in relazione con una selezione di incisioni di due grandi
01 Paul Klee Marionetten (bunt auf Schwarz) 1930 Olio su cartone 32 x 30.5 cm Kunsthaus, Zürich. Donazione Erna e Curt Burgauer © 2019, ProLitteris, Zurich 02 Franz Gertsch Dominique 1988 Xilografia Collezione privata © Franz Gertsch 03 Giovanni Segantini La vita 1896-1899 Olio su tela Giovanni Segantini Museum, St. Moritz © Museo Segantini, St. Moritz Ph: FotoFlury 04 Alberto Giacometti Buste d’Annette 1964 Bronzo 45 x 19 x 15 cm Musée d’art et d’histoire, Genève © 2019 Prolitteris, Zurich / Giacometti Stiftung Ph: Bettina Jacot-Descombes 05 Kurt Seligmann Hommage à Urs Graf 1934 Olio su legno 160.2 x 129.4 cm Kunstmuseum Bern, Donazione Arlette Seligmann, Sugar Loaf © Orange County Citizens Foundation / 2019, ProLitteris, Zürich 06 Gérard Vulliamy Hommage à de La Tour ou la mort de Saint Sébastien 1935 Olio su tavola 88.5 x 115 cm Collezione privata © 2019, ProLitteris, Zurich
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maestri: Paul Gauguin e Edvard Munch. “A primo impatto – dichiara il direttore - l’accurata scelta di Gertsch potrà sorprendere. Nonostante la distanza storica e le differenze stilistiche, i tre artisti rivelano profonde affinità, che oltrepassano ampiamente la sola condivisione della tecnica.” Il secondo è uno dei più innovativi artisti svizzeri della sua generazione: Julian Charrière (classe 1988). Già invitato alla Biennale di Venezia 2017, Charrière presenterà negli spazi ampi del museo il progetto interdisciplinare Towards No Earthly Pole. Attraverso una serie di video, fotografie ed installazioni e toccando la storia della scienza, lo sviluppo della cultura dei media, il romanticismo dell'esplorazione e la crisi ecologica contemporanea, la mostra indurrà ad una meditazione visiva e concettuale sull’immaginario geografico contemporaneo.
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11 Otto Tschumi Physiognomische Landschaft 1938 Olio su cartone 39 x 46 cm Bern, Donazione Otto Tschumi ART Nachlassstiftung / Courtesy Galerie Bernhard Bischoff & Partner Ph: Dominique Uldry
07 Erich (Ricco) Wassmer Ricco sui ipisius 1942 Olio su tela 89 x 109 cm Collezione privata Ph: Bildkultur (Markus Mülheim) © 2019, ProLitteris, Zürich 08 Jean Viollier L’épouvantail charmeur III 1928 Olio su tela 71 x 51 cm Association des Amis du Petit Palais, Genève Ph: Patrick Goetelen, Genève © 2019, ProLitteris, Zurich
12 Max von Moos Totenklage 1936 Tempera e olio su mosonite 59 x 84 cm Collezione privata © 2019, ProLitteris, Zürich Ph: SIK-ISEA, Zürich
09 Werner Schaad Metamorphose im Raum 1930 Olio su tela 116 x 147 cm Museuum zu Allerheiligen Deposito Kunstverein, Schaffhausen Ph: Museum zu Allerheiligen Depositum Kunstverein, Schaffhausen
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10 Serge Brignoni Germinations 1937 Olio su tela 115 x 92 cm Kunsthaus Zürich Ph: Kunsthaus Zürich
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LAC / MASI
CALENDARIO MOSTRE 2019 Surrealismo Svizzera LAC, dal 10.02 al 16.06.2019
William Wegman: Being Human LAC, dal 08.09.2019 al 06.01.2020
Hodler – Segantini – Giacometti Capolavori della Fondazione Gottfried Keller LAC, dal 24.03 al 28.07.2019
Julian Charrière Towards No Earthly Pole LAC, dal 27.10.2019 al 14.03.2020
A Collection in Progress Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, dal 31.03 al 16.06.2019
Marisa Merz Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, dal 22.09.2019 al 12.01.2020
Gertsch – Gauguin – Munch Cut in Wood LAC, dal 12.05 al 22.09.2019 Sublime Luce e paesaggio intorno a Giovanni Segantini LAC, dal 25.08 al 10.11.2019
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CULTURA / KUNSTHAUS ZÜRICH
DA KOKOSCHKA A MATISSE 01
CON UNA COMBINAZIONE DI MOSTRE MONOGRAFICHE E TEMATICHE, CHE ATTRAVERSANO DIFFERENTI GENERI ED EPOCHE STORICHE, IL KUNSTHAUS ZÜRICH PROPONE PER IL 2019 UN PROGRAMMA NON CONVENZIONALE. GRAZIE A COLLABORAZIONI INTERNAZIONALI, A PRESTITI DI PRIM’ORDINE DA COLLEZIONI PRIVATE E AI PROPRI CAPOLAVORI, I VISITATORI TROVERANNO UN’OFFERTA UNICA ALL’INTERNO DEL PIÙ ANTICO ENTE IN SVIZZERA AD OSPITARE SIA COLLEZIONI CHE MOSTRE.
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ià all’inizio dell’anno è prevista una prima eccellenza del programma, con la mostra “Oskar Kokoschka: una retrospettiva”, prevista da 14 dicembre al 10 marzo 2019. Oskar Kokoschka (1886 – 1980) è annoverato tra i più importanti artisti del Novecento. In un’Europa sconvolta da due guerre mondiali, dove il realismo era caduto in disgrazia, Kokoschka si schierò risolutamente in favore del riconoscimento dell’arte figurativa. La retrospettiva comprende circa 200 opere realizzate con l’intero ventaglio delle tecniche adottate da Kokoschka – dalla pittura ad olio al disegno,
01 Kunsthaus Zürich 02 Vladimir Dubossarsky & Alexander Vinogradov Cosmonaut No. 1 2006 03 Guillaume Bruère Museum Drawings 2010 – 2013 04 Pablo Picasso Sylvette 1954 02
dall’acquarello alla stampa – senza tralasciare alcuna delle fasi creative dell’artista. L’ultima retrospettiva dedicatagli in Svizzera si tenne al Kunsthaus Zürich nel 1986. La mostra è realizzata in collaborazione con il Leopold Museum di Vienna. Qual è stata la risposta dell’arte all’atterraggio sulla luna, un evento che cinquant’anni fa ha cambiato il nostro rapporto con il mondo che ci circonda? La mostra “Fly me to the moon”, dal 5 aprile al 30 giugno, ripercorre la storia delle rappresentazioni artistiche della luna dal romanticismo in poi, con particolare attenzione all’arte contemporanea. Cento opere affrontano aspetti quali la topografia lunare, il chiaro di luna, l’ombra lunare, i mal di luna, l’assenza di gravità e la luna come soggetto 04
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mediatico. La mostra, nata in collaborazione con il Centro aerospaziale tedesco (DLR), sarà poi presentata presso il Museum der Moderne di Salisburgo. Successivamente, dal 14 maggio al 4 agosto, è di scena Guillaume Bruère, nato in Francia nel 1976, un disegnatore ossessivo, dal tratto energico e intenso, lavora rapidamente, dando vita ad un gran numero di opere in tempi assai ridotti; centrale nella sua creatività è il ritratto. A Bruère piace disegnare direttamente nei musei, e lo ha fatto al Louvre, nell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, nella Gemäldegalerie di Berlino e al Kunsthaus Zürich. Nel corso delle sue visite al Kunsthaus l’artista ha prodotto 160 disegni – 38 dei quali basati sull’autoritratto di Van Gogh. Bruère ha inol-
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tre realizzato schizzi durante alcune prove allo Schauspielhaus Zürich, da lui frequentato in diverse occasioni. La mostra presenta per la prima volta una selezione di questi due gruppi di opere zurighesi. La mostra “L’Ora Zero” (7 giugno-22 settembre) analizza gli sviluppi dell’arte tra il fatidico 1933 e il 1955: come reagirono gli artisti con le loro opere alle cesure epocali rappresentate dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale? E poi, nel secondo dopoguerra e fino a metà degli anni Cinquanta, come trovarono nuove vie per ridare forma all’esistenza – e all’esistenza dell’arte stessa? La collezione del Kunsthaus propone risposte a tali interrogativi. Vengono presentati separatamente i risultati delle ricerche sull’origine delle opere acquisite dal Kunsthaus per la collezione di arti grafiche fra il 1933 e il 1950. Dopo l’estate, infine, arriva dal 30 agosto all’8 dicembre la grande mostra
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05 Matisse Nu de dos (I-IV) 1909-1930 06 Anders/Nasa Apollo 8 1968 07 – 11 Kunsthaus Zürich 12 David Hockney Gregory & Shinro on the Train 1983
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“Matisse. Metamorfosi”. Già in vita Henri Matisse (1869 – 1954) fu noto come pittore rivoluzionario e inventore della tecnica del «papier découpé». È meno risaputo, invece, che lavorava anche l’argilla e il gesso e che ci teneva ad essere riconosciuto in quanto scultore: proprio da tale aspetto prende spunto la mostra. Come in una metamorfosi, i suoi bronzi passano da fattezze naturali a sembianze astratte. Questo processo di trasformazione si riflette nella sua opera pittorica e nei suoi disegni, per la prima volta posti in relazione con le sculture. Completano tale mostra focalizzata le diverse fonti d’ispirazione di Matisse, tra cui fotografie di nudi e opere d’arte africane e dell’antichità, nonché fotografie che lo ritraggono nella sua veste di scultore. Concepito come museo e come spazio espositivo, il Kunsthaus oltre alle esposizioni temporanee mette in mostra la propria notevole collezione. Tra 11
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i quadri, le sculture e le installazioni spaziali di arte occidentale dal Duecento ad oggi, si trovano, del resto, la più estesa collezione di opere di Alberto Giacometti e il più ampio insieme di quadri di Edvard Munch al di fuori della Norvegia. Ulteriori informazioni sulla collezione, sul programma di mostre e sulla ricca e variegata offerta di eventi per tutte le fasce d’età sono riportate su: www.kunsthaus.ch. Inoltre, i visitatori troveranno tutti gli aggiornamenti su facebook, nella newsletter e nell’agenda online. Ai visitatori frequenti e desiderosi di essere sempre informati è consigliata la tessera annuale, che offre un accesso preferenziale oltre a vantaggi di tipo economico nella ristorazione, nello shop e per gli eventi del Kunsthaus.
KUNSTHAUS ZÜRICH Heimplatz 1 CH–8001 Zürich +41 (0)44 253 84 84 www.kunsthaus.ch
FIPPD
FONDAZIONE INFORMATICA PER LA PROMOZIONE DELLA PERSONA DISABILE
Progetto anch’ioLac , per promuovere l’accoglienza di persone con disabilità e difficoltà al centro culturale Lac, per consentire la fruizione delle proposte artistiche e la comprensione dei loro contenuti oltre che per la creazione di un progetto informatico ad hoc. CHARITY GALA DINNER 29 MARZO 2019 ORE 20.00 HOTEL DE LA PAIX IBAN CH59 0076 4627 9281 C000 C
CULTURA / PICASSO
L’ESORDIO DI UN ARTISTA STRAORDINARIO
L DI RUDY CHIAPPINI
UNA CREATIVITÀ VULCANICA, CHE NE HA CARATTERIZZATO L’INTERA ESISTENZA, UNA SENSUALITÀ PROROMPENTE, CHE NE HA PERVASO TANTO L’OPERA COME LA VITA PRIVATA E IL CORAGGIO DI SCHIERARSI DI FRONTE AI DRAMMATICI AVVENIMENTI DELLA SUA EPOCA HANNO FATTO DI PICASSO UN MITO INTRAMONTABILE. UNA GRANDE MOSTRA ALLA FONDAZIONE BEYELER DI RIEHEN, IN PROGRAMMA FINO AL 26 MAGGIO, ANALIZZA LE ORIGINI DELLA SUA PITTURA.
01 Femme en bleu, 1901 © Pro Litteris 02 Le Repas de l'aveugle, 1903 © Pro Litteris 03 Arlequin et sa compagne, 1901 © Pro Litteris 04 Arlequin sur fond rouge, 1905 © Pro Litteris
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a ricca esposizione della Beyeler, la più prestigiosa fino ad oggi organizzata dalla Fondazione grazie alla presenza di oltre 75 opere provenienti da ogni parte del mondo e dai maggiori musei internazionali - assicurate per oltre 4 miliardi di franchi - consente di immergersi totalmente nell’opera giovanile di Picasso, quando nei primissimi anni del XX secolo l’artista spagnolo, appena ventenne, rivela appieno la sua genialità. Il suo arrivo a Parigi risale al 1901. Il giovane pittore si guarda intorno e assorbe tutti gli umori della Ville Lumière che si affaccia al nuovo secolo con una frenetica voglia di vivere ma già con il triste presagio della fine di un’epoca felice e irripetibile. La joie de vivre che aveva animato Montmartre, il cabaret, il circo, la goliardia di artisti e poeti dediti alla satira del mondo borghese: tutto sta per essere inghiottito nell’abisso della Grande Guerra. Picasso, sensibile a tutto ciò che va oltre il linguaggio convenzionale, si mette all’opera con la sua indole di spagnolo ruvido e guascone. A partire dall’estate, nello sconforto per il suicidio dell’amico artista Carles Casagemas, vedono improvvisamente la luce straordinarie opere dominate dalla forza espressiva del blu. Questo colore viene scelto da Picasso non solo per la sua forza espressiva, ma soprattutto, per la valenza psicologica che gli permette di andare oltre la descrizione naturalistica, come appare evidente in dipinti di rara intensità quali Femme assise (1902), presenza che sembra emergere impalpabile dalle tenebre e Le repas de l’aveugle (1903), simbolo dell’ango-
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scia e di una povertà ascetica. Per lui il blu rappresenta una sorta di dimensione sacra e sentimentale: l’artista guarda in faccia alla realtà, alla miseria e alla sofferenza. Il tutto è caratterizzato da un’evidente matrice drammatica e compassionevole. I soggetti sono soprattutto poveri ed emarginati, dall’aria malinconica e dolente, ritratti preferibilmente a figura intera. In modo toccante Picasso si confronta con temi esistenziali quali la vita, l’amore, la sessualità, il destino e la morte, impersonati da fragili figure di ogni età, ripiegate su se stesse. A questi personaggi indigenti e senza speranza rivolge, nei primissimi anni del XX secolo, un’attenzione particolare come nessun altro artista. Mendicanti, prostitute, ciechi, miserabili e vagabondi - che pur nella disperazione emanano un’aura di dignità e grandezza- sono per lui continua fonte di studio, cui attinge in ogni angolo delle strade di Parigi.
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Ritrovata una sorta di tranquillità interiore, grazie al definitivo trasferimento a Parigi e al fondamentale incontro con Fernande Olivier, la prima donna ad essere per anni sua musa e compagna di vita, Picasso si affida ad opere contrassegnate da un diverso orientamento cromatico. Sebbene nei suoi lavori permanga ancora un fondo di malinconia, gradualmente l’artista si emancipa dalla tavolozza ridotta alla gamma dei blu per passare a toni più sereni usando varie gradazioni di ocra e di rosa che trovano un’espressione piena nell’Arlequin assis au fond rouge (1905), dipinto emblematico dell’approdo dell’artista ad una nuova visione. Il populismo amaro del periodo blu lascia infatti il posto a un mondo più idillico e sereno, ispirato prevalentemente alla vita del circo. Picasso continua comunque ad avere un occhio di riguardo per gli individui relegati ai margini della società, ma li
omaggio alla compagna ritratta in un momento di intimità. L’elegante immobilità di queste figure le allontana dal pathos dei dipinti del periodo blu; i loro volti segnati da una silente introspezione formano la galleria di ritratti privi di parole ma di straordinaria intensità. Il colore evidenzia una certa preponderanza di rosa e di toni aranciati che donano al quadro effetti di preziosità. In alcune tele, realizzate a partire dal 1905, come nello straordinario Nu sur fond rouge (1906) s’iniziano a notare una più salda definizione degli spazi e una maggiore attenzione alla resa dei volumi e dei valori plastici. Preludio ad un nuovo rivoluzionario linguaggio - il cubismo - che per unicità e capacità di sovvertire tutte le espressioni fino ad allora adottate farà breccia nella concezione visiva dei suoi contemporanei e contribuirà in maniera determinante alla rifondazione dell’arte moderna.
inserisce in un’atmosfera più leggera. Delicate immagini di bambini, agili figure di acrobati e fragili ballerine si dispongono nel quadro con una grazia di balletto, ubbidendo a ritmi armoniosi che il sottile, elegante segno grafico asseconda e accentua. Il colore si avvale delle sfumature più tenere e chiare. Approda addirittura a tonalità domestiche ne La toilette (1906) delicato
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CULTURA / IMAGO ART GALLERY
PITTURA, FOTOGRAFIA, SCULTURA
PARTICOLARMENTE INTENSO ED INTERESSANTE IL PROGRAMMA PRIMAVERILE DI IMAGO ART GALLERY, CON LA PITTURA DI SALVO, LA FOTOGRAFIA DI BOB KRIEGER E LA SCULTURA DI HELIDON XHIXHA.
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naugurata a febbraio, sarà aperta fino a maggio la grande mostra luganese dedicata al maestro del colore Salvo. Nato in provincia di Enna, nel 1956 si trasferisce con la famiglia da Catania a Torino dove ha vissuto e lavorato fino alla morte. Tra il settembre e il dicembre 1968 è a Parigi, coinvolto dal clima culturale del movimento studentesco. Rientrato a Torino, inizia a frequentare gli artisti che operano nell’ambito dell’Arte Povera: Alighiero Boetti, di cui diventa amico, Merz, Zorio, Penone. Salvo è tra i pochi artisti italiani capaci di sintetizzare concezione ed esecuzione, dimostrando che il pensiero e il fare, la riflessione e il mestiere, sono assolutamente complementari. Volume, superficie, spazio, luce e colore sono i veri protagonisti di queste sue Creazioni idealizzate, in cui regna una calma sovrana che è memoria (storica) ma anche poesia (del tempo passato). Si tratta per lo più di archeologie e architetture rivisitate in forme semplici, asciutte, “classiche” nel loro genere, che si rifanno a un malinconico arcaismo; in esse proliferano i punti di vista, gli scorci, le fughe prospettiche, in un continuo addensarsi di colori che
01 Salvo Trionfo di San Giorgio 1974 270 x 760 cm Olio su carta riportata su tela / Oil on paper laid down on canvas 02 Bob Krieger Gucci Carol Alt 1983 Stampa fotografica / Photographic Print 03 Helidon Xhixha Symbiosis Marble and Steel -1
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sono dolcemente graduati tra coni d’ombra e luce. Ne emerge un mondo tanto personale quanto peculiare, in cui la realtà si trasfigura in un artificio di rara intensità e intelligenza, a riprova del fatto che “i pittori devono meditare coi pennelli in mano”. L’artista ha partecipato a numerose mostre in importanti musei, gallerie o manifestazioni in Italia e all’estero, tra cui la Biennale di Venezia nel 1976 e nel 1984, Documenta 5 nel 1972 e la mostra Die Sammung Paul Maenz a Weimar nel 1999. Ha avuto mostre personali al Museo Boymans-van Beuningen a Rotterdam, alla Villa delle Rose di Bologna nel 1998, alla Gamec di Bergamo nel 2002, al Trevi Flash Art Museum nel 2003 e, nel 2007, alla Gam di Torino. Il 7 marzo è stata poi inaugurata a Milano presso Palazzo Morando - Costume Moda Immagine - la mostra “Imagine, Living through fashion and music” dedicata ai lavori del celebre fotografo Bob Krieger. Il grande artista torna con una esposizione dal forte potere evocativo per celebrare i successi, la genialità e l’anima dell’Italia, degli italiani e dell’italianità attraverso i volti di chi ha reso questo Paese unico al mondo. Tracciare la storia di un’epoca gloriosa in cui la creatività, l’eccellenza, l’inventiva, l’estro, la fantasia, la capacità, l’ingegnosità e il talento hanno dato vita a quel Made in Italy unico al mondo che è il vessillo dello stile inconfondibile di un Paese che trova nella sua genialità l’humus su cui reinventare e reinventarsi continuamente. Bob Krieger non smette di osservare i volti di un’Italia che lui, apolide come ama definirsi, ha
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IMAGO ART GALLERY SAGL Via Nassa 46 CH-6900 Lugano +41( 0)91 921 43 54 scelto come patria ideale da tanti anni: volti scelti e ritratti dal grande maestro con il suo occhio sempre ironico e spesso irriverente per raccontare un frammento di storia passata, presente o futura. Così l’artista racconta le origini del suo lavoro: «Ero in via Montenapoleone a bordo di una mercedes bianca cabriolet, mangiando marron glacés. Mi fermò Beppe Modenese che avevo già conosciuto a Parigi. Dopo poche parole mi propose di fare un servizio fotografico per Mila Schön. Era il mio primo lavoro. E poi tutto avvenne con naturalezza. Mi chiamarono tante testate importanti come “Vogue” e diventai anche il corrispondente del “New York Times”. Da me a Milano sono passati tutti. Fare un ritratto è un atto di seduzione reciproco. Si passano in compagnia poche ore, ma è come se ci si conoscesse da anni. Il mio studio è stato per circa vent’anni uno dei punti
di riferimento e di ristoro della città». L’attività esterna della galleria avrà invece uno dei suoi punti di forza nel progetto pubblico che la città del Forte dei Marmi dedicherà allo scultore Helidon Xhixha, con un percorso di grandi opere in marmo e in acciaio che dal Fortino andrà fino al Pontile, alla Capannina e ai Bagni Alcione. Nato nel dicembre del 1970 a Durazzo, (Albania). Xhixha ha trascorso l’infanzia nello studio d’arte del padre, Sali, dove ha imparato a conoscere le belle arti e si è appassionato in particolare alla scultura. Nel 1998, Xhixha ha ricevuto una borsa di studio dalla Kingston University di Londra, dove si è dedicato a perfezionare le sue capacità tecniche di incisione, scultura e fotografia. L’anno successivo si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. L’artista sperimenta attivamente con materiali diversi e tecniche innovative
per creare opere d’arte in vetro di Murano e sculture in acciaio inossidabile. Le sue opere riscuotono sempre più plauso nel mondo dell’arte internazionale, attirando appassionati e collezionisti da Italia, Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, Austria, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti. Spiega Helidon Xhixha: «Quello con l’acciaio è stato un incontro del tutto casuale, ma al contempo un autentico colpo di fulmine. Circa dieci anni fa, ero entrato in un’azienda per altri motivi, quando mi sono ritrovato al cospetto di un cassone che conteneva scarti di metallo: è stato come se mi si aprisse un mondo nuovo davanti agli occhi. Ho riconosciuto in tale ammasso, apparentemente informe, quelle che per me erano invece delle forme straordinarie, dove circolava un’energia indescrivibile».
04 Salvo Il giorno fu pieno di lampi la sera verranno le stelle 1991 200 x 150 cm Olio su tela / Oil on canvas 05 Helidon Xhixha Symbiosis Marble and Steel 06 Bob Krieger Manhattan 1970 Stampa Fotografica / Photographic print 04
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CULTURA / DE PRIMI FINE ART 03
TEXTILE DAL 29 MARZO AL 10 MAGGIO (INAUGURAZIONE 28 MARZO, ORE 18,00) LA GALLERIA ESPONE LA MOSTRA TEXTILE, CON OPERE DI ROBERTO CRIPPA, PIERO DORAZIO, FAUSTO MELOTTI, BRUNO MUNARI, GIO PONTI E ETTORE SOTTSASS.
L DI PAOLO REPETTO
01 Bruno Munari Progetto grafico per la X Triennale di Milano 1954 Tempera su carta 27 x 21 cm 02 Gio Ponti Progetto grafico per tessuto 1954 Tempera su carta 50 x 66.5 cm
a tradizione del tappeto, del tappeto orientale, si basa su decorazioni astratte che si perdono nella notte dei tempi. Molto prima che in Occidente Kandinskij realizzò il primo acquerello astratto, nel 1910, molte civiltà extra europee decoravano naturalmente secondo variegati moduli geometrici, liberi e colorati come i bagliori delle stelle. In realtà, una netta distinzione tra figurazione ed astrazione, arte figurativa e arte astratta, non ha alcun senso. Chiamiamo figurativa una forma, una immagine consueta, ovvia, domestica. Definiamo astratta una forma, una immagine rara e inconsueta. Proviamo ad osservare il palmo della nostra mano: nulla di più ovvio, comune, e insieme di totalmente astratto. Proviamo ad avvicinarci al tronco di un albero: una comune pianta si trasformerà in un geroglifico indecifrabile. Proviamo ad osservare il cielo: ogni nuvola è una presenza ovvia e misteriosa.
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In parte ispirandosi all’Oriente e ad altre antiche e remote civiltà slave e americane, alcuni artisti italiani del Novecento: Ponti, Munari, Melotti, Sottsass, Dorazio, hanno decorato superfici, fogli, tele, anche come progetti grafici per tessuti e altri materiali. In Giò Ponti, sempre forte il recupero dei colori mediterranei: colori vivi, brillanti, accesi; toni del Sud sapientemente calibrati sull’ampio compasso del razionalismo architettonico degli anni ‘50 e ‘60, densi fiori che si trasformano in ritmi celestiali. In Munari e Melotti centrale il recupero dell’infanzia: il mondo pre-logico, pre-cosciente dei bambini. Un universo totalmente libero dagli schemi logici e razionali, un mondo lirico ampiamente aperto alla felicità, ai sorrisi di un vivere liberato da gravosi pensieri. In Sottsass e Dorazio decorazioni apparentemente più schematiche, più geometriche, che tuttavia sanno sempre trovare, nel respiro della forma, una luce lirica e aerea. Così anche in Crippa, ricordi di Malevic e di Kandinskij si aprono felicemente su prospettive e segni più caldamente mediterranei. Il dono, la capacità della metamorfosi. La trasformazione in altro. Il mobile, fluido intrecciarsi in questo e quello. Stelle che diventano farfalle e farfalle che si mutano in fiori. Motivi floreali che si cristallizzano in cieli
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geometrici, galassie notturne che si trasfigurano alla luce del sole. Figure ordinate, razionali che come un plotone di ritmici soldati si disperde in una libera vacanza senza regole e senza tempo. Cerchi, ovali, quadrati, triangoli che trovano una nuova identitĂ in altri disegni, altre forme organiche e vegetali. Come tappeti magici, questi studi, questi acquerelli, queste tecniche miste, ci trasportano in mondi lontani, ci rivelano spazi arcani ed immensi paesaggi di luce. Ordinate stelle, in cerchi ed altre figure, che in modulate ripetizioni ci appaiono come cieli amici e fraterni. Griglie nere, azzurre, viola, finestre di una prigione corpo-
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05 Bruno Munari Progetto grafico per tessuto per la X Triennale di Milano 1950 ca. Tempera e matta su carta 17.7 x 13.5 cm 07 06 Ettore Sottsass Progetto grafico per Triennale 1954 Inchiostro su carta 47.3 x 40 cm 07 Ettore Sottsass Untitled 1956 Tempera su carta 67 x 48 cm
rea che intravede l’immenso respiro dello spirito. Cerchi, cristalli, motivi geometrici e floreali che dalla ragione passano al sogno e dal sogno sfumano in entità intime e universali.
08 Bruno Munari Textile Design 1950 ca. Tempera su carta 25 x 27 cm
03 Bruno Munari Progetto grafico per tessuto per la X Triennale di Milano 1950 ca. Tempera su carta da lucido 40 x 30 cm 04 Bruno Munari Progetto grafico per tessuto per la X Triennale di Milano 1954 Tempera su carta velina 36.2 x 30 cm
Piazza Cioccaro 2 CH-6900 Lugano +41 91 923 48 33 info@deprimi.ch
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CULTURA / THE GALLERY
DI DALMAZIO AMBROSIONI
VIAGGIO NELL’ARTE DEGLI ABORIGENI
S LO SPAZIO ESPOSITIVO DI DIDIER ZANETTE A LUGANO PROSEGUE NELLA SUA PROPOSTA DI OPERE DI PAESI E CULTURE PROVENIENTI DAL NEL SUD-OVEST DELL’OCEANO PACIFICO.
i chiama The Gallery ed ha sede a Lugano, Riva Caccia 1D. Poco dopo il LAC e poco prima di Villa Malpensata, nuova sede del MUSEC, Museo delle Culture, ossia al centro di quella che ormai viene chiamata “la riva della cultura” a Lugano. Si chiama esattamente così, una parola sola in maiuscolo con l’articolo The in nero, proprio per porre l’accento sull’unicità delle sue proposte. Infatti la Galleria è specializzata in un settore specifico dell’arte, quella dell’Oceania, degli aborigeni appartenenti alle popolazioni autoctone dell’Australia e dell’arcipelago della Papua-Nuova Guinea, Nuova Caledonia, Isole Salomone. Cercando sul mappamondo, siamo lontano, lontanissimo, ma in verità molto più vicino di quanto si pensi. Perché quell’arte, nel momento stesso in cui nella nostra immaginazione si
distende su un territorio vastissimo e poco conosciuto che ci pare ai margini del mondo, proprio allora manifesta delle particolarità che ci coinvolgono. Da una parte ci collega all’arte moderna e contemporanea, essendo parte di quel “primitivo” che ha dato ispirazione ad artisti e movimenti dell’arte del Novecento ed anche dei giorni nostri; dall’altra evoca simboli ed archetipi antichi, primordiali, che sono anche dentro di noi. Da queste prospettive, l’arte dell’Oceania affascina con la sua capacità di richiamare miti e riti delle culture primigenie e di ricollegarci ad un passato remoto che in qualche modo, almeno sul piano simbolico, sopravvive dentro di noi. Però, al tempo stesso, ha la caratteristica di stupirci e di aiutarci a rilanciare quel viaggiatore curioso che è dentro di noi. Così è stato per Didier Zanette, cittadino francese di formazione bancaria,
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CULTURA / THE GALLERY
con esperienze lavorative nei territori francesi del Pacifico, che un bel giorno ne è rimasto affascinato e irretito. Partendo dall’Australia e poi da Numea, capoluogo amministrativo della Nuova Caledonia, ha iniziato a percorrere quei territori, ad avvicinarne la cultura, le diverse culture, ad entrare nel vocabolario espressivo delle popolazioni originarie. Ossia di quegli aborigeni (dal latino ab origine, sin dalle origini) che faticosamente stanno cercando di recuperare le loro origini attraverso quello che chiamano il contatto con gli antenati, interrotto nella sfuriata colonialista con il conseguente rischio di perdere definitivamente la propria identità. Per anni, per decenni Didier Zanette ha attraversato quei luoghi, ha conosciuto quegli “artisti”, ha indagato le ragioni e le manifestazioni artistiche di quelle popolazioni lungo una ricerca etnografica sempre più approfondita. Il risultato è costituito da decine di
pubblicazioni, da migliaia di fotografie da lui scattate su personaggi, maschere e riti. Ma anche dal reperimento di oggetti ed utensili antichi, ossia prodotti in passato, indicativamente sui cent’anni, e considerati di valore per bellezza, significato o rarità: piatti, scudi, pagaie, prue di barche.... Per finire con opere d’arte, dipinti realizzati dagli aborigeni di oggi riprendendo gli stilemi della propria cultura originaria, o da un artista come Brice Poircuitte, che rilancia in stile moderno oggetti e colori degli aborigeni. Queste tre diverse produzioni – fotografie scattate da Didier Zanette, oggetti antichi, dipinti e sculture contemporanee ma nel solco di un’antica tradizione – costituiscono il nocciolo nella nuova esposizione proposta da Zanette nello spazio denominato The Gallery a Lugano. Inaugurata il 21 marzo, rimane aperta sino all’estate nella sede di Riva Caccia 1D.
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Festa a Maranello per Michael Schumacher
I fans e i rappresentanti dei club della Scuderia Ferrari di tutta Europa si sono affollati al Museo Ferrari per l’apertura della Mostra ‘Michael 50’ realizzata in occasione del cinquantesimo
compleanno del campione. Maranello ha infatti messo insieme una mostra speciale che racconta la storia della straordinaria carriera di Michael Schumacher: il campione tedesco vanta un ancora ineguagliabile record di sette titoli mondiali, 91 Gran Premi vinti, e 155 podi. La sala delle vittorie mostra alcune delle più importanti monoposto Ferrari guidate nei suoi undici anni con la scuderia. Si va dalla F310 del 1996, con cui Schumacher ha vinto tre GP nella sua prima stagione con il Cavallino Rampante, alla F399, l’automobile che ha vinto il titolo dei costruttori in 1999. C’è anche la F1-2000 con la quale a Suzuka Mi-
chael si è assicurato il suo primo titolo mondiale su Ferrari. Poi naturalmente ci sono le vetture F2002 e F2004, e la 248 F1 del 2006, in cui ha trionfato al GP di Cina per la sua 72esima e ultima vittoria con la Ferrari. La mostra ricostruisce anche un lato meno conosciuto di Schumacher, quello dello sviluppatore. Infatti, dopo aver lasciato la formula 1, il pilota tedesco rimase in Ferrari non solo per aiutare la scuderia ma anche per contribuire allo sviluppo di diverse vetture stradali, come la 430 Scuderia nel 2007 e la Ferrari California nel 2008. L’esposizione è stata organizzata in partnership con la Fondazione Keep Fighting. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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CULTURA / KLAUS PRIOR
LA FORZA ESPRESSIVA DEL LEGNO KLAUS PRIOR È UN ARTISTA DALLA COMPLESSA E ARTICOLATA PERSONALITÀ, CONTRADDISTINTA DALL’INTRECCIO TRA L’ELEMENTO ETNOGRAFICO GERMANICO E LA PIÙ RECENTE PERCEZIONE DI UNA SENSIBILITÀ TRANSALPINA.
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ome nasce la sua passione per l’arte? «Già a scuola avevo il soprannome Pinsel, che significa pennello, perché mi piaceva disegnare e dipingere. La mia famiglia tuttavia non considerava per niente questa mia passione e inoltre nella nostra piccola città non esistevano scuole d’arte. Per questa ragione scelsero di farmi fare un apprendistato in una fabbrica per turbine». Come nascono le sue sculture? «Potrei dire che i miei lavori non nascono unicamente da uno studio del tronco né da una serie di disegni preparatori, ma dal confronto diretto con la materia nel suo presentarsi e offrirsi all’artista durante le fasi della lavorazione. Se è vero infatti che ogni blocco di legno nasconde una figura, la mia idea iniziale, il mio progetto dopo mesi si sviluppa e si concretizza nella misura in cui la materia me lo consente.
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Scolpire per me non significa modellare quanto piuttosto lavorare “in togliere”. Mi piace quasi assalire il legno per conferirgli una forma, infliggendo tagli e ferite con la motosega, utilizzata quale strumento funzionale a un’esigenza espressiva, a una necessità di contenuto. Intaglio il tronco d’albero rapidamente, con forza, sicurezza, eliminando il superfluo e solo durante questo processo esecutivo, l’immagine si svela. Infine ne sottolineo la forma, i tagli, le venature, le sfaccettature, le ombre cospargendo di pittura il legno, mentre altre volte lascio il colore del legno naturale». Dunque la sua chiave stilistica potrebbe essere definita sostanzialmente espressionista… «Credo che nelle mie scultura emerga una matrice nordica, tedesca legata alle mie origini e a quel vasto ambito regionale fra Stoccarda ed il lago bodanico dove il mio lavoro si è andato sviluppando da vent’anni. Ma al tempo mi sono stabilito in Ticino, a sud delle Alpi, a partire dal 1970, guardando al mondo lombardo, un contesto che mi ha dato diversi riferimenti culturali storici che hanno profondamente influenzato. Fra questi riferimenti spicca la figura di Mario Sironi da cui ho appreso il senso della monumentalità ed una descrittività essenziale e di forte impat-
CULTURA / KLAUS PRIOR
to. E ancora, dalla tradizione informale della seconda metà del XX secolo, mi piace citare figure quali Emilio Vedova: da qui le superfici pittoriche che nella sovrapposizione del colore sgocciolante sulla materia scolpita illuminano il segno inciso del legno e sottolineano la lettura delle inquietudini, delle paure, delle ansie della mia generazione a cavallo del nuovo millennio». Non di rado i suoi monoliti vengono dipinti. Che significato ha questa scelta? «Talvolta scelgo un colore unico per evidenziare gli spessori, le angolosità, il dimorfismo di un corpo. In altri casi tratto il legno come supporto sul quale intervengo con gli stessi violenti e provocatori accostamenti cromatici caratteristici delle mie tele, allo scopo di accentuarne la conflittualità e conferire a questi corpi e a queste teste un ulteriore livello di lettura». Nascono così, in entrambi i casi, figure imponenti, dalla grande forza espressiva… «La loro caratteristica è l’imminenza, l’emergere verso chi le guarda, in un rapporto che ha quasi abolito il distacco. Appaiono come alla ribalta dello spazio in un primo piano deciso, in una presenza perentoria. Sono figure drammatiche perché la materia resta viva, violata, ricca di fascinazione proprio perché non raggiunge l’assoluto della forma, ma è confrontata con l’angoscia dell’incompiuto». Attualmente divide il suo lavoro tra gli atelier in Germania, e di Lugano. Come mai questa scelta? «Non è tanto una scelta quanto una necessità. In Ticino risiede la mia numerosa famiglia e ormai mi sento a casa. Il mio lavoro invece ha le sue radici al nord e di conseguenza trova anche molto più riscontro Oltralpe».
CHI È KLAUS PRIOR Originario della Renania Settentrionale-Vestfalia, Klaus Wilhelm Prior nasce il 28 luglio 1945 a Wesel, città tedesca fra le più devastate dai bombardamenti degli alleati. Provvisto di una formazione tecnica che gli permette di guadagnarsi da vivere lavorando nell’industria metalmeccanica, Klaus Prior consoliderà la sua professione ottenendo su suolo elvetico, alla fine degli anni Sessanta, una specializzazione in ingegneria meccanica. La passione per l’arte lo porta ad iscriversi ai corsi serali di pittura e disegno alla Kunstgewerbeschule di San Gallo. Il trasferimento in Ticino, all’inizio degli anni Settanta segna l’inizio della sua carriera artistica, soprattutto in ambito pittorico, attraverso un linguaggio espressivo di carattere figurativo, incentrato in particolare sul motivo del paesaggio. Durante i frequenti viaggi in Europa e negli Stati Uniti, ha la possibilità di ammirare molti capolavori conservati nei grandi musei o presentati in occasione di esposizioni temporanee. A partire dagli anni Novanta, prendono forma le prime sculture. Realizzate in bronzo, queste iniziali testimonianze plastiche sono rappresentazioni di figure solitarie. Sarà però la successiva sperimentazione con il legno a rivelarsi la scelta vincente per le esigenze espressive dell’artista renano e a segnare la vera svolta nel suo percorso di artista. A differenza del bronzo (e della pittura), il legno non può essere plasmato, ma solo scavato o intagliato. Prior ancora una volta sceglie, e opta per la tecnica del taglio diretto mediante l’utilizzo della motosega. Nel 1989, dopo quasi un ventennio di soggiorno in Ticino, l’artista ottiene la naturalizzazione svizzera. Dal 2003 trasferisce spesso le sculture in legno in fusioni di ferro a cera persa. A partire dagli anni Novanta è presente con mostre personali in Svizzera, Germania, Belgio, Italia e Spagna, proponendo alternativamente sia le ricerche scultoree sia le esperienze sviluppate in campo pittorico. L’artista vive e lavora tra Lugano e l’Algovia, nel Sud della Germania.
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CULTURA / SERENA MAISTO
VOGLIO VIVERE DI EMOZIONI DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI
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uando hai deciso che “dovevi” e “potevi” vivere dedicandoti solo al tuo lavoro di artista? «È stato un processo maturato lentamente e poi deciso nello spazio di poche settimane. Da ragazza non sapevo ancora che indirizzo avrei preso, ho frequentato la CSIA e poi la SUPSI, ma non mi piaceva l’indirizzo a mio parere troppo “grafico” dei suoi corsi e ho preferito interrompere questi studi per entrare subito nel mondo del lavoro. Ed è stata questa la prima scelta importante della mia vita. Ho fatto per qualche mese l’assistente al montaggio video e poi, senza troppa convinzione, ho inviato una domanda per entrare alla RSI, dove sono rimasta per quasi 10 anni occupandomi del montaggio di ogni genere di video per la televisione…».
01 40Steps Collection #9 2015 02 Timeline. My walk with Basquiat Collection With The Big 2017 03 40Steps Collection #38 2015 – 2016 04 Sunset n1 2018
A questo punto, immagino, un’altra svolta più o meno improvvisa… «Infatti. Ad un certo punto mi sono resa conto che non potevo restare fino alla pensione a fare più o meno sempre quel lavoro, che pure mi piaceva, e in brevissimo tempo ho deciso di concludere questa esperienza. All’epoca cominciavo anche a dipingere qualche quadro su commissione e mi sono accorta di provare un’autentica attrazione verso il gesto artistico, l’atto creativo mi assorbiva totalmente e suscitava in me un’emozione molto profonda. Così ho deciso di aprire il mio primo atelier (altri ne seguiranno negli anni) e di provare a vivere affidandomi totalmente alla pittura e all’elaborazione di miei progetti artistici».
UN INCONTRO CON SERENA MAISTO NON SI ESAURISCE CERTAMENTE IN UNA RASSEGNA DI PROGETTI ED ESPOSIZIONI. È PIUTTOSTO UN AVVENTUROSO VIAGGIO ALL’INTERNO DI UNA VITA DOMINATA DA UNA GRANDE PASSIONE: QUELLA PER LA CREATIVITÀ ARTISTICA.
Quali erano in quel periodo le tue fonti d’ispirazione? «Si è trattato di una stagione molto particolare, fatta di esperienze, tentativi, delusioni e ripartenze, alla ricerca di un percorso non sempre chiaramente delineato, ma con l’assoluta volontà di dedicare alla pittura ogni mia energia. Mi sono trasferita in una casa nel mezzo di un bosco, tra Dino e Sonvico, dove lavoravo e meditavo, orgogliosa e sempre più convinta della mia scelta, ma anche consapevole delle difficoltà connesse alla prospettiva di vivere solo del mio lavoro artistico. Sono stati anche anni di rinunce a vacanze e divertimenti con amici, di amarezze per relazioni complesse che difficilmente comprendevano la visione che andavo mettendo a fuoco del mio futuro». In quel periodo ti sei anche aperta al mondo e hai cercato di far conoscere i tuoi lavori… «Mi sono affidata, fino ad ottobre del 2018, ad agenti e consulenti del settore (Art51 Art Advisory) e grazie al loro incontro ho avuto la possibilità di conoscere il mondo dell’arte, di visitarlo e di capirlo, studiando insieme il
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ato in tal modo un rapporto temporale tra passato e presente che ha permesso a me quasi di dialogare con Basquiat, ma anche allo spettatore a fare lo stesso nei confronti dell’opera esposta. Un’esperienza particolarmente importante e significativa, che ho seguito in ogni sua fase, con una cura quasi maniacale per quanto riguardava la stampa, la cornice e l’allestimento di queste immagini. Credo che tutti insieme abbiamo ottenuto un risultato straordinario che rende pienamente merito alla qualità del lavoro di Edo Bertoglio e al mio progetto creativo». Verso quali obbiettivi si orienta attualmente la tua ricerca artistica? «Sono molto attratta dalla tecnica pittorica del dripping o action painting, che percorso da intraprendere per essere Artista con la A maiuscola. Ho viaggiato, frequentato mostre, fiere, esposizioni, partecipato a performance ed eventi pubblici e privati, e svolto una grande attività di pubbliche relazioni». Un altro momento che ha segnato una svolta nella tua attività è stato l’incontro con Edo Bertoglio… «Io credo che nella vita nulla avvenga mai per caso ma che ci sia una sorta di predeterminazione. Con Edo ci eravamo conosciuti anni prima e subito ero rimasta impressionata dal suo lavoro. Quando poi ho scoperto
per la prima volta le sue polaroid di Basquiat ne sono stata ipnotizzata e ho provato l’istinto di dipingere su quelle foto, un irrefrenabile bisogno di sottolineare le emozioni che quelle immagini mi rimandavano e che erano probabilmente l’espressione di una sensibilità condivisa, di un modo comune di percepire la realtà che ci circonda. Edo ha compreso la profondità delle mie emozioni e ha accettato di dare vita a questo progetto. Così, nel 2016, ho iniziato a lavorare su un ritratto di Jean-Michel Basquiat, in piedi, davanti ad un suo graffito, mentre indossa un casco da giocatore di football americano». 04
Questa collezione di lavori ha rappresentato il tuo trampolino di lancio… «Senza dubbio. La preparazione di queste 36 opere, dal titolo “Time line. My Walk with Basquiat”, segna anche il mio passaggio alla galleria di Stefano Cortesi, che ha voluto esporle prima a Lugano e poi a Londra. In questo ciclo di opere mi sono “appropriata” degli scatti trasformandoli in quadri, nei quali sono stati rimarcati, quasi incorniciati, i contorni. Si è cre-
si rifà alla ben nota lezione di Jackson Pollock. Ma al primario gesto artistico cerco di far seguire poi un più meditato e quasi riflessivo lavoro di ricerca di spazi e forme che riempio di colore fino a formare dei grandi tableaux vivaci e al tempo stesso introspettivi». Quali progetti ti vedranno impegnata nei prossimi mesi… «Sicuramente porterò avanti la mia ricerca artistica nella prospettiva della presentazione di una nuova collezione
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di lavori, in occasione di una mostra personale che sarà inaugurata a Lugano, presso la Cortesi Gallery il prossimo 21 marzo. La mostra dal titolo Beyond Borders sarà curata da Ilaria Bignotti e si svilupperà negli spazi della galleria in Via Nassa 62. Successivamente, da aprile, alcune mie opere appositamente realizzate anche in loco, saranno esposte in una personale sul Monte Generoso, in occasione della rìapertura estiva del Fiore di Pietra progettato dall’architetto di Mario Botta. Per ottobre è allo studio un progetto dal respiro internazionale che sto sviluppando con una galleria di Miami».
moto e le auto veloci che mi danno scariche di adrenalina, i tatuaggi che raccontano la mia storia, i fumetti che mi permettono di continuare ad essere bambina che ancora si emoziona scartando un ovetto Kinder. Vivo di emotività con la convinzione che se desidero una cosa prima o poi riesco ad ottenerla. Finora è stato così per il mio lavoro, che ho costruito credendo fortemente in quello che stavo facendo e sono convinta che anche in futuro riuscirò a realizzare i miei progetti».
Da ultimo, come riesci a fermare su una tela la proiezione di una personalità cosi poliedrica e in costante trasformazione come la tua? «Direi che si tratta di una bella sfida che mi impegna ogni giorno. Persone come Enzo Ferrari o Steve Jobs mi hanno insegnato l’importanza di non arrendersi mai e soprattutto la fondamentale differenza che passa tra passione e ambizione. Passioni ed emozioni costituiscono l’essenza del mio lavoro e della mia vita. Mi piacciono le 06
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SERENA MAISTO. Beyond Borders
curated by Ilaria Bignotti Beyond Borders SERENA MAISTO. Curated by Ilaria Bignotti
21 March - 21 June 2019 2019 21 March - 21 June Cortesi Gallery, Via Nassa 62, Lugano Cortesi Gallery, Via Nassa 62, Lugano
CULTURA / PIT ART
L’ESSENZA DELLA BELLEZZA progetto “Portraits of Elisa”, Elisa mi ha inviato altre sue splendide immagini. La decisione di non incontrarla è frutto della volontà di non essere in alcun modo influenzato da emozioni o sensazioni esterne nella mia interpretazione e scomposizione degli elementi del volto della mia Musa».
PIETRO ANTONINI, IN ARTE PIT ART È UN ARTISTA TICINESE CHE VA SPERIMENTANDO INTERESSANTI E INNOVATIVI LINGUAGGI ARTISTICI. A MILANO È STATO PROTAGONISTA DI UNA APPREZZATA ESPOSIZIONE DI CUI SONO STATI PATROCINATORI SIMONA SOMMARIVA, DIRETTORE GLOBAL CONCIERGE SERVICES, E MASSIMO MAESTRI, PARTNER DI MATIBA, CHE NE CURANO LA PROMOZIONE ARTISTICA.
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ortrait of Elisa è il titolo dell’esposizione tenutasi alla fine di novembre presso la Terrazza Duomo di Milano. Di che cosa si è trattato? «In questo caso - spiega Pietro Antonini – il mio lavoro artistico è un viaggio alla ricerca delle centralità della bellezza e dell’essenza più pura di un volto femminile e dunque di una donna in generale. Su Instagram, ho selezionato il volto di una ragazza che mi sembrava particolarmente interessante, espressivo e significativo. Ho preso contatto con la modella, proponendole il mio progetto, Elisa ragazza ha subito ha mostrato un grande entusiasmo e cosi, insieme, sia pur a distanza abbiamo iniziato una proficua collaborazione. Ho deciso di non conoscerla di persona fino alla serata del Vernissage, nella stupenda location di Duomo 21, in centro a Milano. Sono rimasto affascinato da una semplice fotografia, dalla bellezza come puro piacere visivo, va da sé che nel corso dei mesi di lavoro al
Come definirebbe il suo percorso artistico e la peculiarità del suo stile pittorico? «Potrei definirmi un artista visivo abituato a ritrarre volti senza la loro presenza fisica. In quest’ottica ho sviluppato fin dall’inizio della mia attività un mio stile, prendendo le distanze dai canoni classici del ritratto, creando lavori in cui un’idea astratta/geometrica viene applicata al figurativo, con un uso basico del colore e molte porzioni della tela volutamente lasciate bianche. I volti da me ritratti sono il frutto della mia volontà di non riprodurre la realtà, ma di cercare qualcosa di più profondo nel tentativo di far emergere l’essenza della bellezza, i lati più luminosi che sono presenti in ogni volto femminile». Nei suoi lavori ricorrono spesso motivi geometrici. Perché? «I motivi geometrici rappresentano per me una chiave per aprire un mondo dove il soggetto diventa quasi subliminale, in cui, in una sospensione della realtà, si fondono elementi di bellezza naturale con la purezza e l’essenzialità della geometria; elementi che raccontano di luoghi in cui il tempo si ferma e si può cogliere l’essenza delle cose». Perché la scelta di Global Concierge Services di promuovere il percorso di un artista come Pietro Antonini? «La nostra società - spiega Simona Sommariva - è da sempre attenta a tutte le manifestazioni artistiche e cul-
CULTURA / PIT ART
servizi specialistici e i vantaggi derivanti dall’appartenenza ad un network internazionale di società che coprono tutti i settori della consulenza per privati e aziende».
turali che caratterizzano il nostro territorio. In questa prospettiva abbiamo ritenuto particolarmente significativo il lavoro di un giovane artista caratterizzato da una forte personalità come Pietro Antorini e abbiamo deciso di seguirlo nel suo percorso, in Ticino e in Italia. Global Control Group Holding come gruppo è presente nel mondo dell’arte offrendo tutta una serie di
Il digital marketing è sicuramente utile anche alla vita artistica di Pietro Antorini… «Infatti. Come Matiba - interviene Massimo Maestri - siamo stati ben lieti di dare il nostro contributo alla costruzione dell’immagine di Pit Art, un artista che fin dall’inizio della sua carriera si è mostrato particolarmente attento a promuoversi con le nuove tecnologie e che nel suo lavoro sperimenta continuamente nuovi linguaggi e soluzioni, diciamo che cerchiamo di far convivere la sua arte tradizionale con la nostra non convenzionale». La produzione di Pietro Antonini è attualmente disponibile e direttamente acquistabile sul sito web dell’artista all’indirizzo: http://pitart.gallery/artworks/ Egli è rappresentato per la Svizzera da Global Concierge Services.
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CULTURA / HANS LIVIABELLA
IL SUONO PERFETTO IL VIOLINO È CONSIDERATO IL PRINCIPE DEGLI STRUMENTI. MAGICA TAVOLA ARMONICA, CHE IN PERFETTA SIMBIOSI CON L’INTERPRETE, SPRIGIONA UN UNIVERSO SONORO DI BELLEZZA ASSOLUTA, DOVE NOTE SUBLIMATE DA UN CANTO INTERIORE, TRACCIANO NELL’ANIMA, L’ELOQUENZA, UN SENSO DI TOTALITÀ E LA CERTEZZA DI NON POTER ANDARE OLTRE A TANTA PERFEZIONE. INTERVISTA CON HANS LIVIABELLA, AUTENTICO FIGLIO D’ARTE, APPARTENENTE AD UNA FAMIGLIA DI MUSICISTI: IL TRISNONNO ALLIEVO DI ROSSINI, IL BISNONNO MAESTRO DI CAPPELLA, IL NONNO COMPOSITORE E IL PADRE ANCH’ESSO VIOLISTA.
È DI FAUSTO TENZI
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essenzialmente uno strumento solista per eccellenza e tanta letteratura musicale gli è stata dedicata, sia da protagonista, che verso un complesso rapporto dialettico fra gli altri strumenti… «Il violino, questa “scatola” magica, come spesso guardandolo lo definisco. Un oggetto formato da quattro tavole di legno incollate tra di loro che si è imposto nella storia ispirando compositori di ogni epoca e come dici tu in simbiosi con chi lo suona si fonde quasi con il corpo e l’anima del l’interprete. Ogni violinista attraverso lo stesso mezzo esprime la sua personalità, la sua arte e il suo stato emotivo in modo totalmente unico. Si riesce a riconoscere un grande solista da un altro solo ascoltando il suo suono anche se suo-
nasse lo stesso violino. L’eleganza delle forme e il carattere deciso del violino mi affascinano ogni qualvolta il mio occhio scorre su ogni suo particolare. La letteratura violinistica è vastissima, dai concerti solistici alla musica da camera. Pare incredibile vedere questo piccolo strumento dominare da solo su tutta un’orchestra nei più bei concerti per violino. Lo troviamo poi nella letteratura cameristica dove anche qui fa il più delle volte la parte della prima donna dialogando con gli altri strumenti. Ho suonato spesso come solista con diverse orchestre ma soprattutto prediligo la musica da camera. Sono il primo violino di un quartetto d’archi che è nato proprio qui a Lugano (Quartetto Energie Nove) e il repertorio cameristico dedicato al quartetto infatti è uno dei più interessanti ed affascinanti».
CULTURA / HANS LIVIABELLA
Quale momento di benessere è paragonabile alla esecuzione del secondo tempo (larghetto) del Concerto Op.61 in re maggiore di Ludwig Van Beethoven, oppure nel lasciarsi trasportare dal Canto dell’Inverno (largo) dalle Quattro Stagioni di Vivaldi, oppure dall’ Aria della Suite per Orchestra no.3 di Bach? «Si, sono alcune tra le composizioni più belle e famose scritte per il violino, brani che non ci si stanca mai di ascoltare. Nomini il Larghetto del concerto per violino di Beethoven, in forma di romanza, dove il violino come il pennello di un pittore crea i colori più puri come una decorazione su un tema semplice ma estremamente poetico. Poter suonare questa musica è un dono che ti eleva e che ti avvicina a qualcosa di non terreno. Nostro è poi il compito di trasmettere il messaggio interiore dei grandi compositori». I primi violini nascono da sperimentazioni dei maestri liutai della Scuola bolognese, da Antonio Brensio (1485 – 1561) ai tempi odierni. Quale differenza strutturale e sonora passa, ad esempio tra un Guarneri del Gesù o uno Stradivari, è un violino di costruzione classica moderna. «Abbiamo la fortuna di poter ancora suonare strumenti che hanno ormai più 300 anni. Siamo di fronte a opere d’arte che ormai, se parliamo dei grandi nomi della liuteria del ‘700, sono oggetti di investimento come possono essere famose opere come quadri o sculture. Io ho sempre avuto la possibilità di suonare importanti strumenti gentilmente messi a disposizione da collezionisti e fondazioni private. Attualmente suono uno splendido violino Goffredo Cappa del 1700 che l’Orchestra della Svizzera italiana mi permette di suonare grazie ad una Fondazione privata che ha deciso di investire su strumenti di grande livello da mettere a disposizione delle prime
parti dell’orchestra e dando la possibilità alle stesse di scegliere uno strumento che si addica alle proprie esigenze. Un importante gesto da parte di questa fondazione che ha capito l’importanza per noi musicisti di poter suonare strumenti di altissimo livello che difficilmente possiamo permetterci di acquistare. Ho anche la fortuna di suonare un magnifico Stradivari che è considerato ormai il più grande liutaio di tutti i tempi. Non a caso quasi tutti i più grandi solisti ne suonano uno. Suonare strumenti di questo livello mi permette di esprimere quello che veramente ho dentro, quella voce che il violino ti dona, della quale sono sempre alla ricerca, che mi permette di “parlare” intimamente con chi mi ascolta. Tutto questo preambolo per dire che possiamo percepire notevoli differenze tra i grandi nomi della liuteria antica e i violini dei liutai contemporanei. Il tempo, la stagionatura e la tipologia del legno usato contribuiscono senz’altro a donare al suono di un violino antico un fascino differente». Nell’arte della liuteria, si formano scuole diverse. Per il violino Barocco ad esempio, la peculiarità della forma, della tecnologia costruttiva, della vernice che ricopre la tavola armonica, determina un particolare tipo di espansione sonora, oppure, indipendentemente dal periodo di appartenenza dello strumento, il suono, e quindi l’interpretazione è data dall’arco, dalla cavata impressa dall’interprete. «La base della struttura di un violino barocco è essenzialmente la stessa rispetto ad un violino contemporaneo. Sono però state effettuate alcune modifiche nel tempo che hanno permesso ai violini antichi di poter ottenere una sonorità maggiore. Parliamo di particolari molto tecnici, ad esempio il cambio del manico con un’inclinazione diversa, l’allungamento della tastiera, l’uso di corde differenti…una volta
si usavano corde di budello, ora corde rivestite. Tutti accorgimenti che a livello acustico hanno cambiato la proiezione del suono. Senza dubbio sarà poi il violinista a saper trarre dallo strumento il suo suono indipendentemente da questi particolari. Ci sono tantissimi fattori che determinano l’emissione del suono da parte di un violinista che possono essere a livello fisico e di approccio tecnico con lo strumento». Nel violino, quale parte della famiglia della viola, del violoncello, e del contrabbasso è tuttavia preminente una vocalità e una emozione che scaturisce da una tavola armonica ridotta. «Il violino è il più piccolo tra gli strumenti ad arco. Essendo più piccolo di misure il suo suono è ovviamente più chiaro. Possiamo infatti paragonare ogni strumento alla tessitura vocale dei cantanti. Il violino infatti è sicuramente paragonabile alla voce di un soprano o di mezzosoprano e il suo timbro spicca argenteo su tutti gli strumenti». Una lettura numerologicamente tracciata, come in molte composizioni di Bach è verosimilmente più facile da eseguire al cospetto di un disteso adagio classico ottocentesco, Brahms, Bruch ad esempio, oppure il contrario. «Non posso definire l’esecuzione di una composizione di Bach più difficile o più facile rispetto ad un Adagio classico. La difficoltà sta nel riuscire ad interpretare ogni opera nel modo più coerente possibile. Anche qualcosa che apparentemente può sembrare più semplice, ha bisogno di qualcosa in più che un grande interprete può creare. Per il mio tipo di violinismo comunque mi sentirei più a mio agio dentro un bel adagio classico ottocentesco dove potrei lasciarmi trasportare pensando solo all’espressività del mio strumento. Al contrario la scrittura di Bach nella sua grandezza ti indica una linea estremamente precisa nelle sue composizioTICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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ni ed è essenzialmente l’essenza della musica che prevale. Quindi lo strumento è a servizio della musica e non la musica che esalta lo strumento».
saggio differente da un certo tipo di voce, ma al contrario se la voce è di un grande cantante niente potrà imitare il calore della voce umana».
Sovente nelle esecuzioni estremamente tecniche delle cadenze ad esempio, o di virtuosismi esasperati, fughe o “ad libitum”, è palese una sorta di “cosmesi del nulla”, tanto è difficile trasmettere vere emozioni che non siano note fine a se stesse. «Certamente le cadenze non sono altro che un modo di lasciare a nudo il solista e mettere in evidenza le sue capacità tecniche. Le note fine a se stesse in questo caso trasmettono emozioni di genere diverso, stupore, ammirazione o chissà anche invidia…più il solista è capace di sorprendere con i suoi funambolismi e più entrerà nel ventaglio dei grandi virtuosi. I concerti sono anche uno show, e perché no, serve anche questo alla riuscita di un evento».
Suonare il violino è arduo, il suo suono etereo, ora esile, ora profondo, è estremamente delicato e facile all’inquinamento, perché il margine tra la purezza assoluta e il kitsch è sottile. A fronte di una apparente semplicità esecutiva sei spoglio e se non hai la bellezza di una statua come un David di Michelangelo, il violino non ti perdona. «Esatto, il violino non perdona…suonare il violino è un complesso meccanismo di equilibri sul quale mai ti sentirai sicuro. Solo con un costante e paziente studio si può raggiungere una certa padronanza che in ogni occasione ti darà una base di tranquillità per avere quasi tutto sotto controllo. Non si è mai totalmente soddisfatti di quello che si fa, la perfezione e la bellezza di un David è un ideale immaginario che possiamo prefiggerci ma che non si raggiungerà mai, chissà se Michelangelo cambierebbe ancora qualcosa?».
Nelle parafrasi dedicate all’opera lirica, sui temi delle grandi arie, il messaggio sonoro trasmesso dal Violino e persino la drammaturgia del momento, sono a volte migliori di qualche interpretazione vocale meno rispettosa dei valori indicati nelle composizioni. Un esempio su tutti, l’Ave Maria di Schubert, che Ave Maria non è, ma Lied, che con il violino vibra di intensa contenuta emozione, ben diversamente che nelle lagnose interpretazioni di cantanti anche impropriamente paludati. «Visto l’incanto di certi temi, i violinisti si sono sempre cimentati in svariate parafrasi dedicate all’opera lirica. Penso che sia il violinista che il cantante si mettano da sempre a confronto riguardo il discorso dell’imitazione. Quante volte mi è stato detto di imitare la voce quando dovevo interpretare qualche frase particolarmente melodica. Sicuramente la purezza del suono del violino può far emergere un mes-
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Quale repertorio prediligi? Le composizioni del periodo Barocco, con Corelli, Albinoni, Vivaldi, Bach, Haendel, Tartini, Scarlatti e altri geni dell’aureo tempo, o il grande repertorio classico con Mozart, Beethoven, Schumann, Brahms, Bruch, Saint-Saëns, Dvorak, Ciaikowskij? «Mi piace spaziare in tutte le epoche. Non c’è un periodo che prediligo. Dipende molto dai periodi e dai miei stati d’animo. Ci sono momenti nella vita che qualcosa ti emoziona più di altre cose e la musica per fortuna è sempre pronta ad accompagnare il tuo stato. Non potremmo vivere senza. Sono sempre anche alla ricerca di nuove composizioni e di una nuova genialità compositiva, mi piace esplorare il mondo contemporaneo sicuro di incontrare qualcosa che riesca ad emozionarmi».
Una mia convinzione di cantante lirico: quando mai un interprete, soprattutto se tenore, sa cantare come un violinista (a meno che dietro non vi sia la incomparabile Maria Callas o Giuseppe Di Stefano), nelle parafrasi delle grandi arie? Mistero, ma non troppo, scevro da inutili muscolarità estranee alla musica. «Credo che noi musicisti abbiamo un ideale di suono dentro di noi, siamo sempre pronti all’imitazione, a scorgere e a percepire dalla natura la perfezione ideale. Come dicevo prima, da violinista posso porgerti la stessa domanda: quando mai un violinista riesce a suonare con il calore della voce umana? Quella voce che solo la natura ci ha donato gratuitamente».
CULTURA / HANS LIVIABELLA
CHI È HANS LIVIABELLA Nato a Torino, ha iniziato con il padre lo studio del violino all‘età di quattro anni. Ha proseguito gli studi con Christine Anderson diplomandosi al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, con Salvatore Accardo all‘Academia “W. Stauffer” di Cremona e alla Muikhochschule di Vienna con Dora Schwarzberg, dove è stato scelto tra i migliori allievi per un concerto in diretta radiofonica a Mosca in ricordo del celebre insegnante russo Jankelevich. È membro della Chamber orchestra of Europe e collabora con loro dal 1992. È stato invitato da Claudio Abbado nella Lucerne Festival Orchestra e nell‘Orchestra Mozart di Bologna ed ha collaborato come prima parte con la Filarmonica della Scala e la Mahler Chamber Orchestra. È primo violino del Quartetto Energie Nove col quale ha una intensa attività concertistica e collabora con A.Lonquich, I.Pogorelich, V, Mendelsshon e J. Rachlin. Il quartetto ha effettuato produzioni radiofoniche e televisive per la RTSI e incide regolarmente per la casa discografica Dynamic. Attualmente è primo dei secondi violini dell‘ Orchestra della Svizzera Italiana con la quale ha eseguito il primo concerto per violino di Prokofiev sotto la direzione di Alain Lombard e inciso in pri-
Ambasciatore d’eccellenza
ma registrazione assoluta, per “Forlane”, il concerto per violino op.7 n.2 di Joseph Boulogne Chevalier de St. Georges e i concerti di A. Casella, Lino Liviabella e G.F. Malipiero. Suona un violino A .Stradivari del 1708 e un G. Cappa del 1702.
la terra ticinese come il rappresentativo Merlot Quattromani. Un impegno che gli è valso il titolo di Ambasciatore d’eccellenza per la giuria presieduta dal giornalista Alberto Dell’Acqua, ideato-
re del benefico progetto Quattromani, e composta dai quattro produttori di questo significativo Merlot (Guido Brivio, Angelo Delea, Feliciano Gialdi e Claudio Tamborini).
Il prestigioso riconoscimento Swiss Premium Wine di Ambasciatore Quattromani ha distinto quest’anno un banchiere-gourmet ritenuto molto attento nell’ambito eno-gastronomico ticinese. Un caso emblematico quello di Luca Pedrotti che durante i quattro anni alla testa di UBS-Ticino non ha mai perso occasione per sostenere -con gustomanifestazioni d’arte, di cultura, di beneficenza e di sport e di gastronomia ma anche impegnandosi in prima linea nella formazione professionale e nel promuovere i prodotti d’eccellenza delTICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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CULTURA / FONDAZIONE FEDERICA SPITZER
MURI DI CORAGGIO
IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DELLA MEMORIA, LA FONDAZIONE FEDERICA SPITZER HA ATTRIBUITO IL PREMIO SPITZER 2019 AI PROGETTI PRESENTATI DALLA SCUOLA MEDIA DI CHIASSO.
A
l concorso indetto dalla Fondazione hanno partecipato scuole medie ticinesi dei distretti di Mendrisio, Lugano, Bellinzona, Locarno e Riviera. Le proposte pervenute coinvolgono nel corso dell’anno scolastico 2018/19 circa 650 allievi, una settantina di docenti di diverse discipline e almeno 250 genitori. Una menzione speciale è stata assegnata anche al progetto della Scuola media di Gravesano. Il progetto premiato è intitolato “Muri di coraggio. La resistenza e il coraggio civile dal Novecento ad oggi” e ha il pregio di fondarsi su un concetto chiaro (“i muri concreti e i muri mentali”) che fa da chiave di lettura al tema della resistenza e del coraggio civile. Un concetto garante dell’unitarietà tematica e della coerenza che caratterizza le numerose attività che coinvolgono nell’arco dell’intero anno scolastico tutti gli allievi di ogni fascia di età e
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l’insieme dei docenti della sede scolastica di Chiasso. I muri possono essere le entità fisiche erette dall’uomo per separare e dividere: anticamente il vallo di Adriano e la Muraglia cinese, ai nostri giorni il Muro di Berlino, i muri tra Israele e Palestina e tra Stati Uniti e Messico; oppure i muri d’acqua come gli oceani o le strisce di mare attraversate in condizioni disumane o le infinite e quasi invalicabili distese di sabbia, di là dalle quali cercare disperatamente una vita migliore. Esistono però anche i muri interiori, metaforici, che possono ostacolare crescita ed evoluzione degli esseri umani, impedire loro di vedere un mondo nuovo, o, meglio, il mondo con occhi nuovi. Altri muri sono quelli invalicabili ma sopra i quali far sentire alta la nostra voce, nella speranza di riuscire a superarli e ridisegnarne dei nuovi con tante entrate/uscite verso possibili mondi di libertà. Muri “risorti” sui quali
condividere pensieri, scrivere frasi di libertà, sogni, messaggi d’amore, come lo spettacolo teatrale del progetto vincitore che si concluderà con l’abbattimento di un muro anonimo, spoglio e privo di visuale, dietro al quale si svelerà un nuovo muro proteso verso l’“oltre”, con scritti, sotto forma di Graffiti Art, i pensieri degli allievi. Nel progetto premiato la forma della memoria non è focalizzata sul passato ma sul futuro, nella speranza di un mondo in cui resistenza e coraggio continuino a sussistere – tutto ciò in piena sintonia con lo spirito del Premio Federica Spitzer. La Fondazione Federica Spitzer (www.fondazionespitzer.ch) sostiene ogni anno progetti promossi da istituti scolastici che rispondono ai suoi scopi. I progetti in particolare devono educare i giovani alla presa di coscienza dei genocidi, delle persecuzioni e dei totalitarismi valorizzando testimonianze di resistenza umana e l’impegno contro l’oppressione e/o la negazione della libertà. Inoltre, alla presa di coscienza delle radici dei conflitti culturali, politici, razziali o religiosi e al loro superamento valorizzando testimonianze d’impegno umano che rendono possibile questo superamento.
MORENO BERNASCONI Presidente Fondazione +41 (0)79 337 43 61 fondazionespitzer@gmail.com
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FINANZA / CENTRO STUDI BANCARI
IL NOSTRO SUPPORTO ALLA PIAZZA FINANZIARIA
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L’AVVOCATO TAMARA EREZ SUCCEDE AL DR. RENÉ CHOPARD COME DIRETTRICE DEL CENTRO DI STUDI BANCARI (CSB). LAUREATA IN GIURISPRUDENZA ALL’UNIVERSITÀ DI BERNA, ESSA HA COMPIUTO DURANTE LA SUA CARRIERA VARIE ESPERIENZE PROFESSIONALI PRESSO STUDI LEGALI E BANCHE.
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a pochi mesi lei è alla guida del CSB, istituzione che conosce bene avendo già in passato ricoperto in questo ambito incarichi di responsabilità. Qual è dunque il contesto all’interno della piazza finanziaria ticinese in cui il CSB è chiamato oggi ad operare? «Il CSB è attivo da 30 anni nella formazione orientata alle esigenze della Piazza finanziaria ticinese. Dapprima, il CSB si è principalmente rivolto alle Banche; nel corso degli anni ha esteso la propria programmazione, per rispondere anche alle esigenze del settore assicurativo (privato e pubblico) e di quello dei servizi fiduciari e ausiliari delle attività finanziarie. Il CSB offre formazioni che tengono conto degli intrecci esistenti tra i settori menzionati e le diverse professioni, avendo un occhio di riguardo per le problematiche interdisciplinari e con caratteristiche extraterritoriali. Al contempo diversifica le sue proposte formative sia da un punto di vista delle tematiche, che da un punto di vista delle modalità di erogazione dei percorsi. Due tematiche fra tutte che accomunano i vari settori, sono quelle della diffusione del digitale e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, come pure quella dei rischi operativi trasversali a tutte le attività. In considerazione delle specificità della nostra Piazza e nell’intento di offrire formazioni complementari in sinergia con altri centri di competenze, il CSB ha sviluppato collaborazioni con alcune scuole universitarie attive nel cantone e fuori cantone, come pure con diverse associazioni di categoria. Se da un lato la
formazione continua è considerata come un fattore importante per la qualità dei servizi resi, d’altro lato le risorse di tempo e quelle finanziarie investite nella formazione da parte dei nostri utenti sono gestite in maniera sempre più oculata. Vi è poi anche una predilezione per corsi che forniscono certificazioni riconosciute in Svizzera e all’estero. La ragione principale alla base di questo trend è la flessibilità e mobilità richiesta ai professionisti anche di questo settore». Quali sono i progetti che ritiene particolarmente importante portare avanti sotto la sua gestione? «Vi sono progetti di tipo strutturale e organizzativo e progetti che riguardano l’attività formativa. A livello strutturale e organizzativo, il CSB ha da sempre dato prova negli anni di notevole capacità di adattamento. Oggi, occorre ripensare in termini di efficienza ed efficacia la struttura e la sua organizzazione, per tenere conto in particolare dei ritmi del nostro mercato di riferimento. Alcuni ambiti di attività di questo nostro mercato sono soggetti a cambiamenti di paradigma importanti, che richiedono risposte immediate in termini formativi. Le competenze interne al CSB e l’importante rete di professionisti al quale il CSB attinge da anni per l’erogazione dei suoi corsi, facilitano senz’altro questo compito. La struttura e l’organizzazione interna dei progetti formativi vanno in parte riconsiderati alla luce di queste esigenze. Per quanto attiene il nostro servizio e prodotto formativo, affiniamo le caratteristiche che in parte già sono state sviluppate, tenendo conto di modalità di erogazione innovative (webinar,
FINANZA / CENTRO STUDI BANCARI
blended learning, piattaforme interattive ecc.) come pure delle tematiche, declinate in maniera interdisciplinare mediante il sistematico coinvolgimento delle diverse figure professionali che costellano il panorama bancario e finanziario. Non da ultimo, riprendendo la direzione del CSB, ho scoperto con un certo stupore l’estensione del palinsesto formativo che ha fatto del CSB quello che oggi è. Pochi, sono tuttavia consapevoli della ricchezza dei progetti che sono stati ideati e proposti sul nostro mercato. In occasione dei preparativi del trentesimo anniversario dalla sua costituzione, il CSB desidera documentare all’attenzione della Comunità professionale di riferimento, le pietre miliari che hanno caratterizzato le sue attività nel corso degli anni e che ne giustificano ancora oggi l’esistenza». La formazione costituisce da sempre uno dei cardini del CSB. Quale ritiene essere gli ambiti formativi in cui più occorre lavorare per essere in sintonia con le trasformazioni in atto nel sistema bancario? «La conformità fiscale da parte dei clienti, gli sviluppi politici ed economici avvenuti sui principali mercati di riferimento per la Svizzera, il deflusso di patrimoni e la contrazione del settore, le delocalizzazioni di attività e servizi, l’innovazione tecnologica, l’automatizzazione di alcuni servizi, l’importante produzione legislativa, i movimenti migratori, sono solo alcune tematiche che hanno un impatto diretto o indiretto sulle attività del settore finanziario. Personalmente credo che al pari delle difficoltà che sono spesso evocate, è possibile scorgere anche opportunità per questo settore. Nel nostro ambito, vanno colte attraverso l’offerta di percorsi formativi che favoriscono la riflessione e promuovano una visione olistica. Constato con piacere che le imprese ripensano i tradizionali modelli operativi e, con lungimiranza, dotano il personale delle
competenze richieste per rispondere concretamente alle nuove sfide. Noi offriamo corsi sulle competenze tecniche proprie alle singole professioni, come pure corsi che sviluppano competenze trasversali, quali quelle personali, sociali e metodologiche». Quali sono le principali sfide che a suo giudizio la piazza finanziaria ticinese dovrà affrontare già nel corso del 2019? «La specializzazione nella gestione patrimoniale è un punto di forza del settore finanziario ticinese. Il contesto economico e legislativo attuale comporta per la nostra piazza dei rischi che gli operatori sono chiamati a fronteggiare. Le strutture sviluppate negli anni trascorsi sono da rivalutare per garantirne l’efficienza e la sostenibilità sul lungo periodo. È in atto un processo di consolidamento che risponde in parte a questi problemi. La consapevolezza da parte degli operatori riguardo al cambiamento di paradigma che si impone per reggere alle condizioni quadro nazionali e internazionali che regolano in maniera impari la concorrenza, spinge a ricercare un continuo miglioramento del grado di professionalità, della qualità di prodotti e delle consulenze. Il settore finanziario ticinese deve anche trovare risposte per favorire la propria visibilità, a tutto vantaggio delle opportunità di crescita del settore finanziario ticinese che sono sicuramente legate all’accesso ai mercati dell’Unione Europea per la gestione patrimoniale transfrontaliera. Crescita che potrebbe essere favorita anche da una attività di gestione patrimoniale (individuale e per clienti istituzionali) che si diversifichi maggiormente a livello geografico. Il nostro cantone ha anche sviluppato negli anni attività di commercio di materie prime, attività che potrà essere ulteriormente sviluppata grazie alla presenza di personale qualificato e di aziende che, alla pari di quelle tecno-
logiche, possono trovare qui da noi una buona qualità di vita, una offerta formativa diversificata, una politica fiscale interessante. L’afflusso di nuovi capitali e il rientro di cervelli potrebbero dare nuova linfa anche a questo settore, che dovrebbe però a mio avviso promuovere una collaborazione ancora più stretta con le autorità, gli istituti semipubblici e altre realtà aziendali presenti sulla piazza». Quali sono state le principali tappe del suo percorso professionale che l’hanno portata ai vertici del CSB? «Completata la formazione giuridica e dopo il conseguimento del brevetto di avvocato in Ticino, ho lavorato per una decina di anni in qualità di consulente giuridico e compliance officer presso diversi istituti bancari in Ticino e a Zurigo. Ho esercitato la professione di avvocato indipendente e di mediatrice, mentre aiutavo a sviluppare le attività formative del settore giuridico del CSB nel corso degli ultimi venti anni. Ho avuto modo di approfondire le mie competenze in ambito governance e compliance d’impresa sia nell’ambito bancario, come pure nell’ambito di un’organizzazione non profit con sede nella Svizzera romanda».
CENTRO DI STUDI BANCARI Villa Negroni Via Morosini 1 CH-6943 Vezia www.csbancari.ch TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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FINANZA / TICINO FOR FINANCE
LA DIGITALIZZAZIONE È UN PROCESSO INARRESTABILE DELLA NOSTRA SOCIETÀ, UN PROCESSO CHE STA PORTANDO CAMBIAMENTI IMPORTANTI IN NUMEROSI SETTORI E QUELLO BANCARIO NON FA ECCEZIONE.
BLOCKCHAIN, LE BANCHE SI PREPARANO
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ino a qualche anno fa termini come “cambiale” o “libretto di risparmio” erano ancora d’uso comune nel nostro vocabolario. Oggi, le generazioni più giovani probabilmente non ne conoscono il significato: i ragazzi (ormai anche la maggior parte degli adulti) usano smartphone e computer per gestire i conti, effettuare pagamenti, relazionarsi con la propria banca. Chissà in futuro quali altre parole, e funzioni ad esse collegate, spariranno o cambieranno denominazione.
Franco Citterio - Presidente di Ticino for Finance e Direttore dell’Associazione Bancaria Ticinese
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FinTech, il futuro che avanza La tecnofinanza, in inglese FinTech (Financial Technology) contempla un ampio spettro di innovazioni. Oltre alle ormai note criptovalute, come i Bitcoin, un’altra tecnologia di cui si parla sempre più spesso è la Blockchain, una catena virtuale che permette di gestire e archiviare in modo sicuro, verificabile e permanente transazioni, scambi di informazioni e dati, attraverso un controllo decentralizzato. Per spiegarlo in modo semplice, la tecnologia blockchain rappresenta un libro mastro virtuale, che ognuno dei partecipanti può consultare. Per modificarlo è necessaria l’approvazione di tutti coloro che ne fanno parte. Criptovalute e blockchain sono strettamente collegate, visto che le transazioni di queste monete virtuali vengono registrate tramite blockchain. Il numero di società che utilizzano questa tecnologia in Svizzera è aumentato considerevolmente negli ultimi due anni, senza
contare che la “Crypto Valley” di Zugo rappresenta uno dei centri più importanti al mondo per il FinTech. Si tratta dunque di un fenomeno che non si può ignorare e la piazza finanziaria svizzera, così come il Consiglio federale, si è dimostrata molto aperta in proposito, lavorando per creare le migliori condizioni quadro possibili per le imprese che utilizzano blockchain. Tuttavia, come qualsiasi innovazione di una certa portata, anche la blockchain richiede adeguati controlli e apposite regolamentazioni. Il rischio più grande, come evidenziato da diversi attori privati e istituzionali, è che venga usata per attività illecite come il riciclaggio di denaro o il finanziamento al terrorismo. La guida dell’Associazione Svizzera dei Banchieri Con l’obiettivo di favorire l’insediamento di imprese FinTech in Svizzera,
FINANZA / TICINO FOR FINANCE
mantenendo al contempo elevati standard di sicurezza, lo scorso ottobre l’Associazione Svizzera dei Banchieri (ASB) ha elaborato una guida specifica destinata alle banche interessate ad aprire conti per società legate alla tecnologia blockchain. Nella guida ASB viene fatta una prima classificazione tra società blockchain con ICO e senza ICO. Questo termine è l’acronimo di “Initial Coin Offering”, ovvero offerta iniziale di moneta. Si tratta di una forma di crowfunding (raccolta di capitali), in principio nata per finanziare nuove criptovalute. Attualmente costituisce un metodo alternativo di finanziamento per delle start up o dei progetti particolarmente innovativi. Se un’azienda o un privato hanno un progetto e cercano finanziamenti possono dunque ricorrere a una ICO. Il concetto è simile a quello dell’IPO, nota operazione sul mercato azionario con cui le società quotate fanno il loro ingresso in borsa o aumentano il loro capitale. Tramite una ICO una startup eroga dei token agli investitori: ovvero dei gettoni che possono essere usati per acquistare servizi della start up stessa. Un po’ come le fiches di un casinò o i buoni acquisto. Importante specificare che anche le ICO si basano sulle tecnologia blockchain: da qui la distinzione presente nella guida ASB. Le società blockchain che non preve-
dono ICO sono sottoposte a una regolamentazione meno restrittiva rispetto a quelle che invece effettuano ICO e di principio possono essere trattate come una normale piccola-media impresa (PMI). Queste società hanno pertanto l’obbligo di cooperare in caso di apertura di una relazione bancaria fornendo le necessarie informazioni e dimostrando di conoscere e rispettare tutte le regole legate al loro modello d’affari. Devono dimostrare di possedere un business plan plausibile, con processi e risorse appropriati.
tazione di criptomonete nel quadro di una ICO sia in principio trattata come un’operazione a contanti, quindi con tutte le prudenze del caso. Lo scopo di queste misure è semplice: le banche sono estremamente interessate a questo settore ma la reputazione della piazza finanziaria deve rimanere l’obiettivo primario di tutti gli attori del mercato. Di conseguenza, alla disponibilità verso queste società va affiancata una base normativa solida.
Con una ICO aumentano i controlli Le società che effettuano una raccolta pubblica di capitali a fini imprenditoriali, emettendo token basati sulla tecnologia blockchain (quindi: società con ICO) vanno ulteriormente suddivise tra soggetti che emettono token sotto forma di monete fiduciarie classiche o di criptomenete. Se vengono usate le criptomonete vi sono condizioni supplementari e più rigorose, indipendentemente dal fatto che la società sia assoggettata alla Legge contro il riciclaggio di denaro. La guida ASB raccomanda che l’organizzatore di un ICO, se accetta criptomonete, applichi le norme svizzere riguardanti l’origine dei fondi (KYC «Know your customer») e dell’antiriciclaggio in modo ancora più rigoroso. Inoltre, propone che l’accet-
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FINANZA/ BANCA DEL SEMPIONE
IL FUTURO SARÀ BLOCKCHAIN che permetta loro di scambiare e validare dati ed informazioni».
INTERVISTA A ANGELO CRESTA, RESPONSABILE DELL’AREA ORGANIZZAZIONE & IT PRESSO BANCA DEL SEMPIONE, SULLE PROSPETTIVE DELL’ADOZIONE DELLA TECNOLOGIA BLOCKCHAIN ALL’INTERNO DEL SISTEMA FINANZIARIO.
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a più parti viene invocata l’adozione di un piano per la definizione di una strategia nazionale per blockchain Qual è la situazione attuale e quali sono le prospettive a breve-medio termine? «In questo momento la percezione è che ci siano effettivamente dei gruppi di lavoro, ma che la definizione di una strategia nazionale non sia ancora in fase conclusiva. A questo proposito va detto che ci sono nazioni come l’Australia, che, con l’ausilio di un partner tecnologico (in questo caso IBM), ha creato una “blockchain di Stato”, ovvero una piattaforma pubblica basata su blockchain, chiamata Australian National Blockchain (ANB, http://www.australiannationalblockchain.com/). L’idea che sta alla base di questa iniziativa statale è quella di avere una piattaforma condivisa per le aziende
Dal suo punto di vista, quanto siamo distanti da uno standard blockchain condiviso? «Non essendoci uno sforzo congiunto, tra stati, tra imprese, tra entità in genere, al fine di riuscire a beneficiare dei paventati vantaggi, ognuno degli attori ha iniziato ad affrontare la questione tecnologica blockchain autonomamente con uno suo gruppo di lavoro, o partecipando a consorzi. Questo approccio “singolo” rallenta una definizione ed una implementazione generale e comune, facendoci pertanto rimanere ancora distanti da uno standard condiviso».
In base alla sua esperienza, in quali ambiti, la blockchain avrà un maggior impatto e perché? «Questa tecnologia offre opportunità in molti settori, per esempio agli istituti finanziari potrebbe dare l’opportunità di fare pagamenti veloci, sicuri (banca-banca, quindi senza intermediari) e, grazie alla decentralizzazione e alla sicurezza intrinseca della tecnologia, la garanzia che i dati trattati, o le transazioni, non possano essere più modificati. In modo più esteso si potrebbe dire che in tutti gli ambiti che hanno una forte connotazione transazionale o che debbano garantire l’immutabilità dei dati immessi, la tecnologia blockchain può potenzialmente portare benefici». Quale iniziative andrebbero prese, a suo giudizio, al fine di promuovere la ricerca, lo sviluppo, l’impiego, l’adozione ed il mantenimento della blockchain in modo da incrementarne e accelerarne la diffusione nei servizi pubblici e privati?
«Le varie associazioni di categoria, come per esempio l’ASB (Associazione Svizzera dei Banchieri) potrebbero creare gruppi di lavoro congiunti al fine di trovare sia una comunione d’intenti che una definizione quanto più possibile unica dello standard in modo che si possa cogliere il massimo dal potenziale della tecnologia. Banalmente, se un istituto finanziario (o un consorzio di essi) ha una sua implementazione di un sistema di pagamento basato su blockchain e deve interfacciarsi con una banca che ne adotta uno diverso, o peggio non ne adotta alcuno, parte dei benefici in termini di velocità e costo verrebbero meno. Le università e scuole tecniche superiori potrebbero, a loro volta, creare un centro di eccellenza a livello nazionale a cui i servizi pubblici dei vari cantoni farebbero riferimento, garantendo non solo una gestione centralizzata, ma solidità e continuità della ricerca, riusando quanto più possibile le esperienze già maturate. Questa offerta potrebbe essere poi estesa a privati e promossa magari anche con concorsi e temi d’esame specifici».
«È difficile per una PMI o start-up, beneficiare oggi della blockchain se non già parte della loro visione/prodotto. Se affrontiamo questa tematica anche semplicemente dal punto di vista tecnico, solo negli ultimi mesi alcune major, come Microsoft, hanno messo a disposizione la possibilità di sviluppare con strumenti ad-hoc questa tecnologia. Nel caso specifico, a fine 2018, Microsoft ha rilasciato il “The Azure Blockchain Development Kit” (https:// azure.microsoft.com/en-us/blog/introducing-the-azure-blockchain-development-kit/), evitando all’utilizzatore di dover implementare autonomamente la tecnologia anche solo per poterla testare e o fare dei PoC (Proof of Concept). Dal punto di vista regolatorio e politico, vista la mancanza di uniformità di implementazione, diventa molto difficile raccomandare o supportare uno standard che di fatto non esiste. Diverso è stato l’approccio adottato da FINMA per le monete digitali, infatti è stato necessario entrare in materia sulla moneta che già circolava e per la quale mancavano le norme di riferimento».
Più in generale, quale ritiene siano gli strumenti necessari per creare e favorire le condizioni economiche, politiche e regolatorie affinché cittadini e imprese, in particolare PMI e start-up, possano beneficiare del potenziale ancora inespresso da queste soluzioni? TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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FINANZA / BPS (SUISSE)
POSITIVO BILANCIO PER BPS (SUISSE), IL CUI UTILE D’ESERCIZIO CRESCE DEL 7%, IL MIGLIOR RISULTATO STORICO DELLA BANCA.
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e positive stime sulla crescita economica internazionale di inizio 2018 si sono ridimensionate, con un rallentamento divenuto generalizzato. Un anno di complicazioni, quello da poco terminato, che ha lasciato in eredità prospettive incerte. Sul versante svizzero la crescita è stata superiore alla media continentale con benefici effetti sul tasso di occupazione. Il contesto elvetico continua a distinguersi per le sue caratteristiche peculiari. L’applicazione di una politica efficace e coerente nei due principali settori operativi del Retail Banking e del Private Banking ha permesso tuttavia a
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RISULTATI DA RECORD NEL 2018 BPS (SUISSE) di concludere positivamente l’esercizio, malgrado il contesto avverso e la crescente competitività. I cambiamenti normativi e il condizionamento di mercato hanno suggerito l’adozione di un nuovo posizionamento strategico. Da un’impostazione generalista la Banca si orienta verso una declinazione sempre più mirata quanto a segmenti e ad ambiti d’azione per essere sempre più concorrenziale e ottenere una maggiore redditività. Il modello di business della Banca prevede l’offerta su canali diversi, con l’obiettivo di assecondare e soddisfare le mutate esigenze della clientela
target. Fra questi, la presenza fisica sul territorio di nostri sportelli rappresenta una caratteristica che verrà mantenuta anche in futuro. Sono tuttavia cambiate le modalità di presenza e l’organizzazione delle risorse e delle strutture. A livello geografico la rete conta 18 sportelli operativi in 7 Cantoni, a cui si aggiungono l’unità virtuale Direct Banking di Lugano, l’Ufficio di rappresentanza di Verbier, aperto a dicembre 2018, e la succursale estera di Monaco, nell’omonimo Principato. Investimenti importanti sono stati condotti nel settore dell’informatica, come già avvenuto negli anni prece-
FINANZA / BPS (SUISSE)
denti, mentre altri progetti sono pianificati su un orizzonte pluriennale. Sforzi aggiuntivi sono richiesti per adempiere a esigenze regolamentari. Particolare attenzione è riservata al personale, risorsa imprescindibile e preziosa. Negli uffici centrali è fondamentale disporre di professionisti in grado di gestire strutture, processi e attività al passo con i tempi. Al frontoffice occorre soddisfare appieno il cliente, trasmettendo valore aggiunto alla relazione attraverso competenza e capacità di comprensione delle richieste e delle potenziali occorrenze bancarie e finanziarie. Questo comporta la necessità di un’elevata formazione, obiettivo che la Banca persegue puntualmente. La crescita dei collaboratori, oltre che qualitativa, in determinati settori è stata anche quantitativa. Nell’esercizio in esame il numero degli effettivi ha raggiunto le 330 unità (+14 rispetto all’anno precedente). Un incremento importante, diretto al potenziamento della capacità produttiva e al miglioramento dell’offerta. La raccolta dalla clientela si è posizionata a CHF 4.820.800.000 (-1%), in lieve flessione a causa della svalutazione del cambio dei depositi espressi nella valuta europea e della perdita di valore di numerose asset class. Il portafoglio crediti fa rilevare un incremento significativo fissandosi a CHF 4.200.725.000 (+7%), di cui CHF 3.752.427.000 (+8%), sotto forma di crediti ipotecari, quasi totalmente a valere su immobili residenziali. Il Risultato netto da operazioni di interessi ha beneficiato del maggior volume di credito erogato e dei termini più favorevoli nel rinnovo delle operazioni pregresse, elevandosi a CHF 48.862.000 (+13%). Il Risultato da operazioni in commissione e da prestazioni di servizio è in flessione a CHF 23.507.000 (-3%). L’andamento dei mercati mondiali, con performance negative per quasi tutte le classi di investimento e l’elevata volatilità, hanno invitato alla prudenza. Ciò nonostante, la componente
principale riferita ai proventi per commissioni su operazioni di negoziazione titoli e d’investimento ha evidenziato una buona tenuta (-1%). Il Risultato da attività di negoziazione e dall’opzione fair value si riduce a CHF 20.987.000 (-10%). L’attività ordinaria con la clientela si è svolta positivamente, mentre la parte ricavata da operazioni di swap su divise estere ha risentito negativamente di differenziali inferiori a quanto preventivato. L’Utile d’esercizio raggiunge CHF 15.152.000 (+7%), il miglior risultato storico della Banca.I mezzi propri della Banca si elevano a CHF 376.441.000 (+4%), di cui CHF 180.000.000 quale capitale sociale. La differenza è derivante dagli utili annuali realizzati in 23 anni di attività, sistematicamente girati a riserva. L’inserto culturale della Relazione d’Esercizio è stato dedicato quest’anno al professor Umberto Veronesi, oncologo di fama internazionale.
01 Direzione Generale BPS (SUISSE) Da sinistra: Mauro De Stefani, Presidente della Direzione Generale; Mauro Pedrazzetti, Responsabile Divisione Crediti e Finanza; Roberto Mastromarchi, Responsabile Divisione Fronte; Paolo Camponovo, Responsabile Divisione Logistica 02 Inserto culturale della Relazione d’Esercizio 2018 dedicato a Umberto Veronesi (1925-2016)
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FINANZA / UBS
L’AVV. GIORGIO FALCONI, UBS WEALTH PLANNING, SPIEGA COME LA BANCA AFFRONTI CON PARTICOLARE ATTENZIONE TUTTE LE PROBLEMATICHE CONNESSE AL FAMILY BANKING, CON L’OBIETTIVO DI OFFRIRE LE MIGLIORI SOLUZIONI PER LA PROTEZIONE DEI PATRIMONI FAMILIARI.
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erché il Family Banking riveste tanta importanza nell’ambito delle attività di UBS? «Il Family Banking è parte della consulenza di Wealth Planning di UBS. La nostra azione è finalizzata ad affrontare in un’ottica globale e strategica la gestione di tutti gli aspetti patrimoniali correlati con la vita di una famiglia. L’obiettivo di offrire soluzioni che possano garantire i migliori risultati in termini di flessibilità, celerità, e contenimento dei costi. Questo è, in sintesi, l’approccio del Wealth Planning, dove l’investimento bancario non è il punto di partenza ma quello d’arrivo».
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INNANZITUTTO, PROTEGGERE IL PATRIMONIO Quali sono dunque i punti di forza di questa vostra strategia? «Mi piace parlare di un approccio olistico, perché l’assetto patrimoniale di un cliente dovrebbe sempre essere considerato in tutte le sue declinazioni (patrimonio immobiliare, liquidità, investimenti, partecipazioni societarie, opere d’arte, …) e in funzione del tempo che inevitabilmente scorre. Lo strumento principe di tale analisi è la stesura di un piano finanziario, ovvero una fotografia del patrimonio di famiglia e dei relativi ricavi / delle spese. Tale piano terrà conto delle intenzioni e delle aspettative future di tutti i membri della famiglia eventualmente coinvolti, offrendo quindi anche una simulazione di scenari futuri che corrispondano alle loro visioni a lungo termine; il piano finanziario è pertanto dinamico e non statico. Solo in un secondo tempo si discuterà di quale strumento legale (ad es. un testamento, un contratto successorio, degli anticipi ereditari, ecc..) permette il raggiungimento degli obiettivi strategici previsti
nel piano finanziario. Come detto, solo in seguito si affronterà il tema degli investimenti finanziari in base alla propria propensione al rischio». In questa prospettiva, quali sono le tematiche con cui siete chiamati più di frequente a confrontarvi? «Gli scenari sono ampi e diversificati. In ogni caso, assumono un peso molto rilevante le questioni legate alla successione, gli aspetti previdenziali e quelli di diritto fiscale. Un punto essenziale è che ogni analisi della struttura patrimoniale di una famiglia andrebbe intrapresa il più presto possibile, ben prima che determinati eventi (per esempio il raggiungimento dell’età pensionabile o una morte improvvisa) possano sopraggiungere. Solo in questo modo è possibile assumere con la necessaria calma e tranquillità tutte le informazioni giuridiche necessarie, al fine di prendere coscienziosamente le decisioni più adatte al conseguimento degli obiettivi personali.
Albano’s Life Mirko’s Life
Semir’s Life
Nedi’s Life
Dragoslav’s Life Lucio’s Life
Daniele’s Life Eros’s Life
Sandro’s Life
Annamaria’s Life Luciana’s Life
Silvia Regina’s Life Massimo’s Life
Helen’s Life
Giuseppe’s Life
Maria Jlda’s Life Francesco’s Life
Fabrizio’s Life
Michele’s Life Giorgio’s Life
Noemi’s Life
Stefano’s Life
Paola’s Life
Samuel’s Life
Andrea’s Life
Stefania’s Life
Luca’s Life
Pasqualina’s Life
Michele Francesco’s Life Cristina’s Life
Fausto’s Life
Nicla’s Life
Fabio Luca’s Life
In occasione del nostro centenario in Ticino, ci congratuliamo con tutti i nostri clienti che oggi festeggiano il loro compleanno. Siamo felici di continuare a sostenerli per una vita in piena libertà di scelta: www.swisslife.ch/100-anni-svizzera-italiana
FINANZA / BANCASTATO
LE RISORSE UMANE IN QUESTI ANNI TURBOLENTI NON È CERTO UN COMPITO FACILE QUELLO DI GESTIRE UN GRUPPO DI PERSONE, MAGARI ATTIVO IN UN SETTORE CHE HA ATTRAVERSATO PROFONDI CAMBIAMENTI. NE SA QUALCOSA PIETRO SOLDINI, CHE HA ALLE SPALLE UNA SOLIDA CARRIERA NEL RAMO DELLE RISORSE UMANE ACQUISITA IN IMPORTANTI GRUPPI BANCARI ELVETICI. CARRIERA CHE DA GENNAIO DI QUEST’ANNO SI È ARRICCHITA DI UN NUOVO TASSELLO: LA CONDUZIONE DELLE RISORSE UMANE DI BANCASTATO. ABBIAMO APPROFITTATO DELLA SUA ESPERIENZA PER RIVOLGERGLI ALCUNE DOMANDE.
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ei ha alle spalle una solida esperienza nelle risorse umane del settore bancario in Ticino. Come ha visto cambiare, in questi anni turbolenti per gli istituti finanziari, il ruolo e l’attività della sua professione in Ticino? «È vero, gli ultimi anni non hanno certo risparmiato novità e grandi cambiamenti, anche di paradigma, al settore bancario elvetico. In questo contesto alla funzione delle risorse umane è stata richiesta più attenzione e rapidità d’esecuzione all’interno dell’azienda. Mi spiego meglio. A prescindere dai compiti amministrativi e gestionali, che garantiscono un corretto trattamento del personale, una delle grandi sfide da affrontare è stata quella di accompagnare l’azienda in una corretta gestione del cambiamento. Il mutato contesto normativo ed operativo degli anni che ci lasciamo alle spalle ha imposto alle banche profonde trasformazioni: è
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cambiato il modo di “fare banca” e con esso il comportamento e le conoscenze necessarie per ricoprire il proprio ruolo. Sono inoltre cambiate le esigenze e le abitudini della clientela. Ecco che in tale contesto le risorse umane hanno dovuto interpretare le rinnovate esigenze degli istituti, analizzarle e tradurle in politiche ed azioni che hanno interessato massicciamente e trasversalmente collaboratrici e collaboratori. Per andare nel concreto, non sto solo parlando di trovare sul mercato specifiche competenze mancanti in azienda, e integrarle; bensì, si è trattato di fare in modo che queste mutate esigenze fossero comprese, condivise e applicate da tutti i componenti nel “capitale umano”. Come? Ad esempio tramite formazioni e corsi di aggiornamento mirati. Durante tutta questa fase le attività delle risorse umane sono state centrali poiché hanno dovuto assicurare che le necessità strategiche delle banche fossero interiorizzate pienamente da collabora-
FINANZA / BANCASTATO
trici e collaboratori. È un lavoro complesso poiché in un’azienda convivono persone con diverse età, esperienze e motivazioni, e non sempre “cambiare marcia” o abitudini si rivela facile. Dunque, per concludere la mia risposta, in questi anni le risorse umane sono state chiamate a ricoprire in maniera maggiore un ruolo che competeva loro già prima: fornire strumenti per far evolvere adeguatamente, dall’interno, l’azienda». Quali sono i rischi aziendali di una scorretta gestione del cambiamento? «Novità così ampie come quelle che hanno interessato la nostra piazza finanziaria, se non gestite, possono fare emergere crepe nel rapporto emotivo e di fiducia tra datore di lavoro e i dipendenti. E non è un caso se negli ultimi anni proprio gli aspetti che hanno a che fare con l’emozionalità hanno assunto un maggiore peso. La differenza con il passato risiede nella maggiore centralità della persona: per poter esercitare al meglio il loro ruolo, collaboratrici e collaboratori devono poter sviluppare una relazione emotiva positiva con il proprio datore di lavoro. Quindi le condizioni quadro, quali una chiara missione aziendale, la qualità del management, una trasparente comunicazione di impresa, o le attenzioni che l'azienda sa rivolgere in termini di formazione, risultano fondamentali.».
sure che valorizzino collaboratrici e collaboratori. Sono interventi capaci di generare vere ricadute positive in termini di produttività, soddisfazione e attrattività. È partendo da simili basi che un ufficio risorse umane può veramente generare del valore aggiunto. In tale prospettiva, è essenziale che le risorse umane siano costituite da una squadra capace di armonizzare bene sia le attività amministrative sia quelle strategiche: ma queste ultime, come abbiamo detto, possono essere veramente portate avanti solo se chi conduce l’azienda lo vuole. Qualora così fosse, occorre costruire un “sistema risorse umane” calibrato a seconda alle esigenze della singola azienda. In questo senso un team equilibrato, con compiti precisi ed allineati, è in definitiva più efficace delle singole competenze personali». Finora abbiamo parlato di aspetti interni alle aziende. Per quanto riguarda invece le competenze specialistiche individuabili sul territorio, come giudica il nostro Cantone?
«A mio avviso il Ticino dispone di competenze di alto livello e ad ogni modo non ha difficoltà ad “attrarle” dall’esterno. Vi è anche da sottolineare che la nascita e il successivo sviluppo di importanti poli formativi, come l’Università della Svizzera italiana, la Scuola Universitaria professionale della Svizzera italiana o ancora il Centro di Studi Bancari di Vezia solo per citarne alcuni, hanno introdotto un importante dinamismo accademico e offrono alle aziende preziose opportunità di formazione continua e confronto tra loro». Cosa si prova, da ticinese, a lavorare per BancaStato? «È una sensazione molto positiva. Sapere che il mio impegno può contribuire al buon andamento dell’Istituto, a tutto vantaggio dei ticinesi, mi riempie di orgoglio. Sono anche molto contento di aver trovato un clima di lavoro molto positivo. Il sondaggio sul clima aziendale ha indicato che chi lavora a BancaStato è soddisfatto e motivato. Da responsabile delle risorse umane, questo è un ottimo indicatore di salute».
Un ufficio risorse umane è dunque cruciale in azienda? «Sì…ma disporre di un “ufficio delle risorse umane” non è in sé affatto sufficiente. Più che altro è cruciale che sia il management a essere permeabile alle azioni o politiche che le risorse umane promuovono. Mi permetta la battuta: “Ogni azienda ha le risorse umane che merita”. Più il management è sensibile al concetto di “capitale umano”, inteso non come costo ma come vero e proprio capitale da “coltivare”, più le risorse umane potranno implementare miTICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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FINANZA / RAIFFEISEN
UN 2019 FACILE PER L’ECONOMIA SVIZZERA NEL 2019 L’ECONOMIA SVIZZERA DOVREBBE REGISTRARE UNA CRESCITA DELL’1.2%. CIÒ RAPPRESENTA CERTO UNA CHIARA RICADUTA RISPETTO ALL’ANNO PASSATO. TUTTAVIA, IL 2018 È STATO ANCHE UN ANNO DECISAMENTE BUONO, CHE NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO NORMALE, COME HA SPIEGATO L’ECONOMISTA CAPO DI RAIFFEISEN, MARTIN NEFF, IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA ANNUALE SULLE PREVISIONI DI RAIFFEISEN TENUTASI A ZURIGO.
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iversi fattori motivano le prospettive moderate per l’economia svizzera. La crescita globale ha superato il punto massimo, soprattutto negli USA e in Cina. Ma anche in Europa la crescita ha assunto un ritmo più lento. Come una spada di Damocle, sui due primi paesi menzionati grava il conflitto commerciale, dal cui ulteriore sviluppo dipende l’economia mondiale. Le incertezze geopolitiche hanno pesanti ripercussioni anche sulla piccola ma aperta economia nazionale svizzera. Il franco svizzero è diventato un barometro dell’umore mondiale, cosa che nel 2018 si è manifestata in modo particolarmente impressionante. Dopo lo shock valutario del 15 gennaio 2015, il settore svizzero delle esportazioni ha avuto troppo poco tempo per riprendersi. Dal mese di maggio 2018, il franco svizzero è di nuovo più
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fortemente richiesto. Ciò sarà il caso anche nel 2019. Su un orizzonte temporale di dodici mesi, Martin Neff vede il corso dell’euro a CHF 1.09 e quello del dollaro USA a CHF 0.96. Ciò non avverrà senza ripercussioni sulle esportazioni, la cui crescita reale è stimata solo allo 0.6 per cento. Nel 2019 la valuta continuerà quindi a essere il tema numero uno per gli esportatori di merci, ma lo sarà anche per il settore del turismo. Sarà debole anche l’andamento degli investimenti, poiché è probabile che le imprese aumentino solo leggermente i propri investimenti in impianti e attrezzature. L’attenzione non sarà quindi più incentrata sull’ampliamento della capacità, ma piuttosto nuovamente sulle razionalizzazioni. Il fatto che i consumi privati aumenteranno solo dello 0.9% in termini reali è motivato con le tendenze alla saturazione dovuta all’invecchiamento della popolazione e a una minore immigrazione. E non da ultimo va considerato un effetto di base che influirà sulla crescita nel 2019, ovvero l’assenza di un grande evento sportivo internazionale. L’anno scorso, grazie alla contabilizzazione delle entrate generate dalla vendita dei biglietti per la Coppa del Mondo di calcio, la FIFA ha fatto registrare alla Svizzera un aumento della crescita di circa 0.2 punti percentuali. Ora questo effetto verrà a mancare. Secondo le stime di Raiffeisen, nel 2019 gli investimenti edilizi cresceranno dello 0.5 percento in termini reali. Si prevede il massimo impulso dall’edi-
lizia commerciale e delle opere pubbliche. Gli investimenti stagneranno invece nell’edilizia residenziale. Sebbene la pipeline sia ancora ben colma, problemi di capacità nel settore edilizio ostacoleranno l’espansione degli investimenti nell’edilizia residenziale. Inoltre, come previsto, l’offerta reagisce alla saturazione nel segmento dell’abitazione primaria e all’aumento degli sfitti negli appartamenti in locazione. Martin Neff non prevede per il 2019 una normalizzazione del panorama dei tassi in Svizzera. Il contesto caratterizzato da tassi bassi continuerà a sussistere. Sebbene l’economista capo di Raiffeisen abbia espresso dubbi sull’efficacia dei tassi negativi, non crede tuttavia in un cambiamento di paradigma da parte della Banca Nazionale Svizzera (BNS). La BNS continuerà a suo parere ad argomentare sulla differenza d’interesse e difficilmente interverrà sui tassi prima della Banca centrale europea. Ciò a maggior ragione visto che il franco svizzero continuerà ad essere richiesto e sarà nuovamente un po’ più forte. In Europa, d’altra parte, nonostante una leggera pressione rialzista dei salari, per i tassi vi è un margine di manovra verso l’alto piuttosto limitato a causa dell’elevato livello del debito pubblico. Inoltre, secondo Neff negli Stati Uniti il ciclo dei tassi è già molto avanzato, il che sottolinea il notevole appiattimento della curva dei tassi. All’estremità lunga della curva questo viene evidentemente già scontato dai mercati.
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FINANZA / INFLAZIONE E PREZZI
UN BINOMIO IN EVOLUZIONE NON SEMPRE L’ANALISI ECONOMICA DISTINGUE CON PRECISIONE FRA “FENOMENI MONETARI” ED ALTRI LEGATI A SEMPLICI DINAMICHE DI PREZZO. DI EDOARDO BERETTA
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onfesso come l’ispirazione per questo articolo mi sia sopraggiunta da un recente colloquio con un mio studente americano, che − dopo aver assistito ad una mia lezione di macroeconomia (incentrata su concetti quali “inflazione” e “deflazione”) − mi si è parato di fronte per porre un quesito assai semplice quanto interessante: ma perché l’inflazione intesa come un “fenomeno sempre ed ovunque monetario” secondo la giusta definizione di Milton Friedman (1970) deve poi mai essere necessariamente associata ad un rialzo dei prezzi? La domanda go-
de di piena legittimità nella misura in cui − questo un altro aspetto sollevato dallo studente − in presenza di sistematica sovraemissione di liquidità (quale anche solo di cartamoneta) ma contemporanea assenza di rialzi significativi del livello di prezzi − il risultato finale sarebbe apparentemente winwin: in altre parole, quest’ultimo permetterrebbe apparentemente ai soggetti economici beneficiari di tali sovrappiù di liquidità di esercitare una corrispondente domanda di beni/servizi senza che ciò sembri implicare alcun “ritocco” dei prezzi. Per fornire una risposta minimamente
FINANZA / INFLAZIONE E PREZZI
soddisfacente, però, è dapprima indispensabile procedere a distinguere fra “inflazione” e “rialzo dei prezzi”. In altri termini, la modifica di prezzo per mera decisione individuale (ad esempio, quale la ricerca di un miglior profitto da spendersi/investirsi poi) non è in alcun modo da associare all’aumento generalizzato del livello dei prezzi dovuto a spinte inflazionistiche di carattere monetario, cioè per opera di una strutturale sovrapresenza di “massa monetaria” rispetto ai volumi “reali” di beni e servizi disponibili. Nel primo caso, infatti, l’aumento sarebbe giustificabile su una base “comportamentale” o “microeconomica”, mentre nel secondo sarebbe la “macroeconomia” ad essere coinvolta perdendo di potere d’acquisto nel suo insieme. Inutile dire che, nel passato anche recente, trascurare tale distinzione avrebbe senz’altro esposto lo studente a rimproveri da parte del proprio insegnante. Si ipotizzi, infatti, che il PIL di una Nazione sia pari a 100 unità − vale a dire: tale economia nel complesso abbia prodotto nell’arco di un anno beni e servizi per 100. In un sistema di cose “ordinato” (ipotizzando che in passato non sia stato né sovra- né sottoemesso) i nuovi mezzi di pagamento a disposizione dell’economia nel suo insieme dovrebbero corrispondere appunto a 100 unità, cioè essere uguali e sufficienti all’acquisto del prodotto reale nella sua interezza. Si consideri, ora, che per ragioni non da esplorarsi il sistema bancario emetta 120 unità monetarie dove quindi 20 di esse non risulterebbero “coperte” da un ammontare corrispondente di ricchezza reale, cioè beni/servizi ancora pari a 100. Espresso diversamente ancora: tali 20 unità monetarie sarebbero irrimediabilmente “inflazionistiche” e comporterebbero che il prodotto reale (pari a 100) sia “spalmato” su un numero più elevato di mezzi di pagamento (120). Un vero e proprio “annacquamento” della ricchezza reale, dunque.
Ma per quale motivo, allora, se “inflazione” è la causa e “rialzo dei prezzi” l’effetto di essa quest’ultimo deve sempre verificarsi? La risposta è semplice: allorquando l’economia nel suo insieme si percepisse che vi fossero 120 (o, comunque, “100 + x”) unità di pagamento in circolazione per l’acquisto di sole 100 unità di beni e servizi, il rialzo del prezzo di questi ultimi sarebbe fuori discussione per evitare che la produzione materiale venga acquisita troppo rapidamente e/o senza uno sforzo economico almeno corrispondente. Le 20 unità monetarie “inflazionistiche”, quindi, generano necessariamente un rialzo dei prezzi. Resta però da domandarsi con quali specifiche modalità a fronte del fatto che negli anni recenti − in numerose economie avanzate del mondo − l’indice dei prezzi al consumo, cioè la principale misura utilizzata dalle banche centrali per decidere se correggere (o meno) la politica monetaria a garanzia (o prevenzione) di un certo livello di inflazione, ha registrato variazioni minime non distanti da una “forchetta” di valori compresi fra 0% e 1%. In realtà, nelle economie post-industriali i rialzi dei prezzi (a carattere inflazionistico) tendono sempre più a riversarsi su ambiti economici ad alto valore aggiunto ed assai meno su quelli “tradizionali” piuttosto contemplati dall’indice dei prezzi al consumo: in tali Paesi si parla spesso anche di asset price inflation, cioè di rialzi inflazionistici dei prezzi degli attivi (finanziari, immobiliari etc.). Che l’asset price inflation sia attualmente meno misurabile del classico “paniere di beni di consumo” dove quest’ultimo − essendo fra l’altro composto da una quota non trascurabili di prodotti tecnologici, che tendono fisiologicamente a calmierarne il risultato finale, o non contemplando come nel caso svizzero le variazioni dei premi della cassa malati (in quanto non “beni di consumo”) rimane comunque lungi dall’essere affidabile.
In ogni caso, il concetto di “inflazione” non è per nulla distante anche da un punto di vista etimologico da quello di “bolla (finanziaria)”. Infatti, le 20 unità monetarie di natura inflazionistica menzionate prima non appena si collochino, cioè vengano investite sul mercato finanziario, tenderanno a provocare un rialzo degli strumenti lì quotati. Allorquando per un qualche altro motivo tali 20 unità monetarie venissero spostate nella loro interezza o anche solo in parte su un altro mercato quale quello immobiliare si verificherebbe un vero e proprio crash dei valori azionari − per intenderci: quei persistenti trend al ribasso, che difficilmente gli analisti finanziari sanno prevedere o persino spiegare −, mentre l’ambito immobiliare tenderebbe a vedere un deciso rialzo dei propri prezzi. È, quindi, imprescindibile che nel futuro si riscoprano i forti nessi causali fra “inflazione” (cioè “diluizione del prodotto reale su un numero eccessivo di unità monetarie”), “bolle (finanziarie)” e “rialzo dei prezzi”. Considerare quest’ultimo già “inflazione” non soltanto è profondamente errato in quanto equivarrebbe a partire dagli effetti scambiandoli per la causa − sarebbe come andare dal medico e pensare che la febbre sia causa della malattia stessa −, ma altrettanto necessario per meglio accorgersi dei rischi economici eventualmente all’orizzonte. Ritenere, ad esempio, che gli attuali bassi livelli di crescita dei prezzi garantiscano il potere d’acquisto individuale sarebbe dunque semplicistico. Ma questa è oggetto di un’altra lezione di macroeconomia.
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TAVOLA ROTONDA / MATERIE PRIME
LUGANO CAPITALE DEL COMMODITY TRADING
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ssieme a Londra e Singapore, la Svizzera gioca oggigiorno un ruolo fondamentale nella negoziazione di materie prime a livello mondiale. Storicamente, ovvero sin dai primi decenni del ventesimo secolo, merci quali il cotone, il caffè ed il grano hanno avuto una lunga tradizione d’intermediazione attraverso la Svizzera. In seguito, le contingenze delle guerre mondiali, la neutralità elvetica, un tasso di cambio flessibile, nonché la stabilità politica ed economica del Paese hanno facilitato l’insediamento di tali attività di negoziazione. Per quanto riguarda la Svizzera è risaputo che Ginevra negli ultimi decenni ha puntato moltissimo su questo settore al punto che oggi sull’arco lemanico sono presenti quasi 400 società, un fatturato che si aggira attorno agli 800 miliardi di franchi ed un’occupazione diretta che supera le 6’000 unità. E le merci oggetto di negoziazione sono parecchie: soft commodities (cereali, zucchero, caffè, cotone), petrolio, acciaio ed altro ancora. In questo contesto molto specifico anche la piazza di Lugano si è ritagliata una fetta di mercato importante – soprattutto nell’acciaio, nei metalli di base, nell’oro, nel gas, nel carbone ed in parte anche nelle soft commodities – posizionandosi oggi in una situazione di tutto rispetto. Il Commodity Trading a Lugano è composto da pressappoco 90 aziende che contribuiscono in maniera importante alle entrate fiscali nonché al PIL del cantone Ticino (quest’ultimo dato è in crescita costante ed ammonta a circa il 2% in linea con il dato a livello svizzero). In questo settore sono occupate direttamente ed indirettamente circa 1.500 persone altamente qualificate che ruotano attorno a competenze ben specifiche: spedizioni, trasporti, finanziamento delle operazioni, assicurazioni dei rischi, problematiche giuridiche, conoscenze di lingue straniere e così via. I fattori che hanno contribuito allo sviluppo del commodity trading nel cantone Ticino sono parecchi. In sintesi: • Stabilità politica ed economia in un Paese neutrale fortemente dominato da una lunga tradizione di rapporti diplomatici universali. • Sistema legale basato sul principio della certezza del diritto e fondato su un’ideologia liberale che limita al massimo l’ingerenza statale. • Infrastrutture di trasporto e di comunicazione particolarmente efficienti. • Sistema bancario tradizionalmente solido composto da ban-
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che universali e da banche specializzate in grado di servire le esigenze specifiche del trading. • Condizioni fiscali vantaggiose sia per i nuovi insediamenti sia per le realtà già ben radicate. In generale queste società di trading possono essere trattate come società ausiliarie e beneficiare pertanto di una tassazione favorevole in considerazione della preponderanza dell’attività estero su estero. • Sistema formativo di alta qualità e flessibile grazie all’università della Svizzera italiana e alla scuola universitaria accompagnate da percorsi formativi specifici organizzati dalle varie associazioni di settore. • Posizione geografica favorevole sull’asse nord-sud che attraversa l’Europa. Pochi chilometri separano Lugano, da Milano, da Ginevra e da Zurigo. La vicinanza al settore industriale del Nord Italia e le affinità culturali e linguistiche hanno contribuito all’insediamento di società di trading specializzate nella fornitura di materia prime all’industria italiana. • L’italianità nella cultura e nella lingua nonché l’ottima padronanza dell’inglese, del tedesco e del francese hanno favorito l’insediamento di realtà con origini molto diverse (italiani, arabi, turchi, russi, tedeschi, americani, ecc.) • Posizione favorevole in termini di fuso orario per operare con tutto il mondo nell’arco della giornata lavorativa. Il trader di materie prime è un intermediario che gioca un ruolo importante nella catena del valore che comincia dal fornitore di materie prime e si conclude con l’utilizzatore finale del bene prodotto. Chi si occupa di negoziazione di materie prime, abitualmente acquista la merce da un produttore per cercare di rivenderla a quelle aziende che si occupano della trasformazione, ad altri intermediari oppure direttamente agli utilizzatori finali; tutto ciò cercando di ricavare il margine di guadagno maggiore e di garantire l’efficienza della catena. In altre parole, il trader si occupa di coadiuvare l’incontro di domanda ed offerta, normalmente collocate in diverse aree geografiche fornendo al contempo sia al fornitore che al cliente – a qualsiasi livello della catena del valore – una serie di servizi addizionali che richiedono competenze specifiche. Quindi, i diversi attori della catena del valore concentrano le proprie risorse e le proprie attività sul proprio core business, mentre il trader si occupa di piazzare la merce facendo capo alle proprie conoscenze del mercato, del trasporto, della logistica, dell’accreditamento e del finanziamento di queste operazioni.
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
PIETRO PORETTI (P.P.) Divisione Sviluppo Economico, Città di Lugano
DAVIDE BIGNASCA (D.B.) Banca dello Stato del Cantone Ticino
MARCO PASSALIA (M.P.) Lugano Commodity Trading Association
CARLO GHEZZI (C.G.) Gurta AG
MARCO OLIVERIO (M.O.) BNP Paribas
EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI (E.G.S.) Moderatore e Responsabile editoriale Ticino Welcome
FRANCO CAVALLINI (F.C.) Flame SA
L’incontro si è tenuto giovedì 21 febbraio 2019 alle ore 18.00 presso il Teatro per Eventi Metamorphosis / Palazzo Mantegazza, Lugano-Paradiso.
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TAVOLA ROTONDA / MATERIE PRIME
E.G.S.: Si puo parlare di un vero e proprio distretto costituito dalle società che operano nel commodity trading e quali sono i principali elementi che contraddistinguono questo settore? M.P.: «Concordo sul fatto che si parli di un distretto del commodity trading perché in effetti il commercio delle materie prime ha importanti legami con il mondo della produzione industriale. Per comprendere la realtà luganese vorrei fare un passo indietro e risalire al 2009 quando alcuni operatori del settore si resero conto della necessità di costituire un’Associazione il cui obbiettivo fosse quello di rappresentare il settore delle materie prime e i propri membri nel miglior modo possibile per promuovere l’interesse di tutti gli stakeholder. Il ruolo che svolge la nostra associazione nel commodity trading è fondamentale per mantenere una supply chain efficiente, garantendo che i prodotti raggiungano il mercato quando necessario. Le relazioni tra il settore delle materie prime, le autorità svizzere e la società civile sono indispensabili per avere condizioni quadro stabili in cui questo business possa continuare e svilupparsi. E ancora, vorrei citare l’importanza di intervenire nel campo della formazione e la necessità di fare networking per promuovere nella sua globalità questo settore». P.P.: «Sicuramente il commercio delle materie prime rappresenta una voce molto importante nel panorama dell’economia luganese, favorendo la diversificazione del tessuto economico e contribuendo con altri settori a attutire gli effetti della contrazione del settore bancario. Non meno rilevante è il ruolo che il settore svolge per quanto riguarda l’occupazione e per tutto l’indotto
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indiretto generato, che coinvolge ad esempio banche, assicurazioni, società di shipping e di spedizione, di consulenza ecc. Infine, si tratta di aziende che operano globalmente e che con le loro attività contribuiscono a posizionare Lugano quale punto di riferimento sulla mappa del commercio mondiale, e questo è un fatto importante per il riconoscimento e la visibilità della citta a livello internazionale». F.C.: «La nostra società, Flame SA si occupa, come è noto, del commercio, l’importazione, l’esportazione, il trasporto, la rappresentanza di prodotti combustibili convenzionali ed alternativi. La decisione di stabilirsi a Lugano corrisponde alla volontà dei fondatori, di origine italiana, di stabilirsi in un Paese che, oltre ad essere dotato di un efficiente sistema finanziario, offrisse adeguate garanzie di stabilità economica e politica. La nostra è una società globale che opera su scala mondiale e dunque risulta essere fondamentale operare da una piazza che risulta essere universalmente riconosciuta per la sua serietà, efficienza, credibilità a livello internazionale». C.G.: «Gurta AG è una società, fondata agli inizio degli anni 70, che ha per scopo attività di commercio, importazione ed esportazione, rappresentanza di metalli non ferrosi e ferroleghe. Anche nel nostro caso la scelta di stabilirsi a Lugano nasce dalla valutazione delle opportunità che questa piazza poteva offrire». D.B.: «A prima vista può sembrare un paradosso che una banca cantonale, completamente orientata al territorio ticinese, sì occupi di sostenere il commercio di materie prime che per loro natura si spostano da un capo all’altro
del mondo. In realtà, il servizio di ‘commodity trade finance’ di BancaStato, è stato inaugurato proprio con lo scopo di sostenere un importantissimo centro di competenze di importanza mondiale, quello appunto del trading della piazza di Lugano, e dunque di promuovere in tal modo anche l’economia locale. In sintesi, il commodity trade finance, funziona in modo abbastanza semplice. C’è qualcuno che produce materie prime, qualcun altro che le trasporta, ovvero l’intermediario o trader, e infine qualcuno che le compra. Il quarto attore è la banca, che finanzia il trader per far sì che possa compiere le sue transazioni. Il paradosso cui facevo riferimento all’inizio è facilmente spiegato perché non siamo noi a comprare e vendere materie prime in giro per il mondo, ma le società che ci chiedono finanziamenti e che, come detto, costituiscono un’importante presenza in Ticino». M.O.: «BNP Paribas è un gruppo bancario con ramificazioni in tutto il mondo operante da molto tempo nel finanziamento delle attività di commodity trading. Come banca globale siamo avvantaggiati dal fatto che conosciamo e sosteniamo tutta la filiera produttiva, dalla miniera al trasporto fino all’in-
dustria di trasformazione della materia prima. Gli attori presenti hanno bisogno di finanziamenti e di altri prodotti e servizi a diversi livelli e di conseguenza occorre certamente conoscere alla perfezione tutta la parte ‘tecnica’, legata alle modalità e ai processi di credito». E.G.S.: Possiamo analizzare quali sono i principali rischi cui si va incontro nel trading delle materie prime? F.C.: «Tra le materie prime trattate da Flame, un peso assolutamente rilevante spetta al carbone termico, di cui movimentiamo ogni anno circa 15/20 milioni di tonnellate destinate soprattutto a centrali elettriche e cementifici. Nella nostra attività di trading i rischi cui andiamo continuamente incontro sono numerosi e non sempre facilmente preventivabili. In ogni caso, possiamo soprattutto parlare di rischi di prezzo, cui cerchiamo di far fronte mediante l’utilizzo di strumenti finanziari mediamente sofisticati, rischi di credito e rischi di liquidità, per i quali diventa indispensabile il ricorso alle banche. Devo anche dire che su tutta la nostra attività incombe poi un rischio politico generale
dovuto alla molteplicità dei Paesi, in tutto il mondo, con cui lavoriamo. Per fare solo un esempio non posso non citare la Cina come Paese che nel campo delle materie prime va ormai consolidando il proprio ruolo egemone in molti continenti».
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C.G.: «Il settore commerciale della nostra azienda si occupa soprattutto della compravendita di metalli non ferrosi e ferroleghe, ma effettuiamo anche investimenti industriali, per esempio con miniere di cromite e uno smelter in Zimbabwe, per la produzione di ferro cromo, lega indispensabile per la produzione di acciaio inox oltre che la maggiore società logistico/commerciale per prodotti siderurgici in Italia. In generale si può dire che il mercato delle ferroleghe con conosce ancora dinamiche speculative cosi accentuate come quello dei metalli non ferrosi (nichel, rame, alluminio ecc) quotati sul London Metal exchange dove nel corso degli ultimi dieci anni abbiamo visto i prezzi crescere o crollare in modo svincolato dalla legge della domanda/ offerta. Anche noi, oltre a tutti i numerosi problemi di genere diverso che affrontiamo quotidianamente, facciamo ricorso a vari strumenti finanziari come derivati e operazioni di hedging
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TAVOLA ROTONDA / MATERIE PRIME
per limitare il rischio di oscillazione prezzi e cambi. Bisogna pure dire che il supporto offerto dalle banche luganesi alle nostre attività è limitato a un paio di istituti perché i maggiori istituti bancari hanno chiuso o ridotto il commody trade finance a Lugano e fanno ricorso a competenze basate a Zurigo o Ginevra». D.B.: «In effetti, per operare in questo settore occorre padroneggiare molto bene la materia e vantare una concreta esperienza acquisita sul campo. È un lavoro questo che non si impara solo sui banchi di scuola. Facciamo un esempio. Il commodity trade finance non ha soluzioni preconfezionate. Ogni cliente e ogni transazione hanno le loro peculiarità. In BancaStato ci concentriamo particolarmente sui prodotti siderurgici, ossia acciaio, carbone, metalli ferrosi. Parliamo di materie prime, ancora allo stato grezzo o semilavorato, che attendono dunque di essere successivamente trattate e trasformate in prodotti finiti. Siamo anche attivi nel settore dell’energia, in particolare sul carbone, che oltre a rappresentare un ‘ingrediente’ importante nella produzione di acciaio, viene anche utilizzato, come noto, nel settore energetico. L’approccio prudenziale seguito dall’istituto si riflette ovviamente anche in questo settore. Essendo una banca cantonale dobbiamo prestare particolare attenzione alla sostenibilità dei nostri affari. A prescindere dal rischio finanziario - il più importante - per noi è altrettanto cruciale il rischio di reputazione. In altre parole non vogliamo e non possiamo permetterci che il nome di BancaStato sia associato a problemi o imprevisti legati a determinate materie prime, come apunto il greggio, l’uranio, le pietre preziose ecc».
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M.O.: «Per noi è molto importante avere a disposizione, all’interno del nostro Gruppo, tutte le risorse e le competenze per risolvere potenziali situazioni a rischio. Dobbiamo tener conto di numerose variabili, come il rischio Paese, per il quale ci basiamo sui rating internazionali, il rischio di performance e di frode. Occorre conoscere molto bene tutti gli attori coinvolti nella transazione, in quanto in ogni passaggio potrebbe verificarsi un problema. Vi è infine da dire che normalmente finanziamo sul venduto, ossia su merce che ha già un compratore, e tale approccio ci permette di mitigare il rischio di mercato». E.G.S.: Guardando alle prospettive, quali interventi sarebbero auspicabili per rendere la piazza luganese per lo svolgimento di attività di commodity trading?
M.P.: «Credo che il punto di partenza da cui non è possibile prescindere riguarda il fatto che il settore delle materie prime è ormai diventato sistemico a livello mondiale e dunque come tale va considerato. Fiscalità, riforma delle imprese, politiche del credito, formazione: sono questi alcuni degli aspetti intorno ai quali occorre maggiormente lavorare per rendere la Svizzera e questo Cantone sempre più attrattivi per le imprese. Un altro aspetto da considerare sono la reputazione e l’immagine del settore, insistendo su codici etici aziendali e associativi e su la responsabilità sociale d’azienda che permettono di dimostrare credibilità a livello mondiale. Sul piano formativo le associazioni di categoria offrono dei corsi di approfondimento e formazione continua. Non è un segreto che le varie società di trading si sottraggono il personale a vicenda – a causa di mancanza di ope-
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ratori adeguatamente formati – e proprio per questo da qualche anno offriamo un programma formativo universitario per formare nuovi talenti con competenze specifiche per lavorare in questo settore. P.P.: «Quando si parla di competitività, perché di questo si tratta, di un settore come quello delle materie prime, credo che si debba considerare due livelli, nazionale e internazionale. Partendo dall’ultimo, siamo chiamati a misurarci con piazze come Singapore, Londra, Dubai ed altri mercati emergenti o da tempo consolidati, ed allora è fondamentale mantenere alta l’efficienza del “sistema paese” svizzero, di cui facciamo parte. A livello nazionale esiste una certa competitività intercantonale, in particolare con i poli di Ginevra e Zugo, e allora diventano decisive le scelte e gli incentivi che possono essere messi in atto dalle autorità cantonali, non ultimo per quanto riguarda la fiscalità. Nel caso di Lugano, un aspetto da non trascurare riguarda poi il sistema dei trasporti, compresa la possibilità di disporre di un efficiente aeroporto, tenuto conto che gli operatori del settore necessitano di spostarsi frequentemente». E.G.S.: Vorrei chiudere con una domanda che per la complessità della risposte meriterebbe probabilmente un altro incontro. In sintesi, come è cambiato il mercato delle materie prime alla luce di una diversa consapevolezza riguardo ai consumi che è andata emergendo negli ultimi anni soprattutto nei Paesi occidentali?
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F.C.: «Il discorso sarebbe ovviamente molto articolato. Tuttavia, se prendiamo per esempio il caso del carbon fossile, esso è un combustibile presente in grandi quantità nel sottosuolo: se confrontato con il petrolio o con il gas naturale, la combustione di questo materiale determina un inquinamento atmosferico maggiore. Ebbene la riduzione del suo consumo che si è registrata in molti Paesi europei, in alcuni casi anche abbastanza significativa, risulta essere ben poca cosa in confronto dell’aumento dei consumi registrato nei paesi asiatici, Cina, India, Corea, Pakistan e altri ancora. E analoghe considerazioni si potrebbero fare per vari altri minerali. Dunque a livello globale non si assiste tanto ad una riduzione di consumi di quegli elementi che risultano essere più nocivi per l’ambiente, quanto ad uno spostamento abbastanza radicale delle aree di produzione e consumo. A fronte di ciò una risposta efficace non può essere che altrettanto globale, ma tali scelte di carattere in primo luogo politico incontrano tutte le difficoltà che come è noto sono sotto gli occhi di tutti, giorno dopo giorno». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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GASTRONOMIA / PATRIMONIO RURALE
IL VALORE DEL RECUPERO: DAI 5000 M. DI ALTITUDINE NELLE ANDE SINO ALLE ALPI, LE VARIETÀ ANTICHE DI PATATE FIL ROUGE DI UNA RETE DI SAPERI E SAPORI TRA SVIZZERA E ITALIA.
PATATE IN ALTA QUOTA 01
DI MARTA LENZI REPETTO
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è la Fläkker detta anche buccia d’acero per il manto maculato originaria del Vallese; la precoce di Prettigovia selezionata dalle popolazioni Walser dei Grigioni; la Blu di Svezia, e ancora Lauterbrunnen, Verrayes, Blu di San Gallo, Roseler, Quarantina genovese… Si fa presto a dire patate! Ne esistono tantissime tipologie, hanno tutte caratteristiche diverse, colore, pasta, pezzatura, ognuna delle quali è perfetta per creare una ricetta specifica: fritte, lesse, al vapore, frullate in crema, nelle minestre, al forno, in insalata, per il rösti o per il puré, persino nei dolci. Ognuna ha la sua storia. Accolta in Europa con scetticismo dopo la scoperta dell’America dove era il principale alimento delle popolazioni indigene delle Ande, la patata tardò ad imporsi come alimento di base. Per taluni, aveva addirittura del diabolico, era la radice del diavolo perché in molti, mangiandola cruda e con i germogli, si intossicavano a causa della solanina contenuta. Fu sdoganata definitivamente solo nella seconda metà del XVIII secolo dall’agronomo francese Antoine-Augustin Parmentier, che in prigionia in Germania durante la guerra dei Sette anni, ne scoprì l’uso corretto e le qualità nutri-
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tive, constatando la sua facilità di crescita in terreni relativamente poveri, come alternativa ai cereali che in periodi di scarsi raccolti condannavano la popolazione alla carestia. E fu proprio in Francia dopo la spaventosa carestia del 1785 che Luigi XVI impartì l’ordine ai nobili di obbligare i propri contadini a coltivare la patata. Di lì a poco il tubero sarebbe diventato un cibo popolare sino a trovare all’inizio dell’Ottocento la sua consacrazione anche nell’alta cucina con le crocchette ideate da Antonin Carême. Anche in Svizzera ha dovuto attendere alcune terribili carestie, prima di ritagliarsi un ruolo sulla tavola e diventare una coltura tradizionalmente importante in tutto l’arco alpino con una diversità delle varietà molto elevata. Coltivazione ad alta quota che è stata però abbandonata negli anni per la bassa produttività e la loro forma strana, poco adatta ad essere sbucciata. Oggi le patate di montagna tornano al centro della scena agricola, sotto una nuova forma, strettamente legata a concetti importanti quali il recupero
di terreni marginali, la didattica agricola, la rivisitazione di ricette tradizionali, la sostenibilità. Un modo per non perdere un patrimonio importantissimo di biodiversità e conoscenze che ormai richiama l’attenzione anche di grandi chef. Così si riportano le patate da dove vengono, nel loro ambiente naturale, per essere più sode e più gustose. In montagna si può produrre la semente, il tubero che può essere rimpiantato e d’estate, quando le temperature notturne scendono, la parte zuccherina cresce e rende la patata più sostanziosa e saporita. Patate antiche e rare riscoperte grazie ad enti ed associazioni salvasemi come ProSpecieRara, fondazione svizzera che da oltre 40 anni rappresenta un punto di riferimento nella ricerca e nella tutela di varietà e razze antiche alpine, o donate da coltivatori “custodi”. Nei Grigioni già dal 2003 il contadino di montagna Marcel Heinrich di Filisur si è specializzato nella coltivazione di varietà antiche a 1000 m con l’appoggio di ProSpecieRara. Per produrre 70 – 80 tonnellate di patate,
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Marcel necessita di circa 8 tonnellate di patate da semina, suddivise tra 45 varietà. Ora ne produce una parte lui stesso, assieme a una famiglia di contadini di montagna, in campi separati nella valle dell’Albula. Con la stessa passione, sul versante italiano in Val d’Aosta, ai piedi del Monte Rosa, Federico Chierico, un fisioterapista specializzatosi in scienza e cultura delle Alpi, e Federico Rial, ingegnere per l’ambiente e il territorio, da alcuni anni hanno scelto come loro casa la valle del Lys creando l’azienda agricola Paysage à manger per produrre quello che è sempre stato il pane di montagna, con l’intento di ricoltivare varietà antiche con sementi tramandate dalle genti delle Alpi. Da piccoli appezzamenti di terreno aggrappati ai pendii ripidi lungo il corso del Lys fino ad arrivare ai 1380 m. di Gressoney Saint Jean, grazie al dono prezioso di 4000 mq da una famiglia del luogo, si è sviluppato un grande orto di prossimità, dove ad oggi sono state piantate diverse varietà alpine specifiche locali che, nel corso degli anni, sono diventate oltre 120 tra ortaggi e legumi. Per la ricerca delle varietà più
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rare si sono rivolti a ProSpecieRara con cui si è consolidata una proficua collaborazione che ha permesso anche il ritorno in patria della Verrayes, una delle più antiche varietà di patate conosciute in Val d’Aosta, inserita dalla fondazione svizzera nel suo programma di conservazione, ma non solo. E dal 2018 Paysage à Manger ha ottenuto il prezioso riconoscimento del marchio di qualità di ProSpecieRara. Le varietà antiche e rare sono un universo di sapori, saperi e colori che arrivano da secoli di cernita contadina. Antiche, rustiche e quasi introvabili, rappresentano il lungo lavoro di selezione delle varietà svolto dalle comunità Walser, popolazione di lingua tedesca che scelse di stabilirsi in alta montagna, colonizzando dal XIII secolo anche le testate di tutte le valli del Monte Rosa. Dalla metà del XVIII secolo, periodo di introduzione delle patate nelle Alpi Walser, è iniziato il loro lento percorso di adattamento al clima dell’alta montagna e, oggi, le Walser Kartoffeln sono veri tesori della biodiversità agricola d’alta quota. Fare agricoltura in montagna significa occuparsi del territorio in maniera attiva. Non si tratta solo di produrre cibo, ma di considerarla come una cura e
01 Campo di patate in fiore in estate a Gressoney. Ph: Paysage à manger 02 Patate Verrayes, varietà proveniente dalla Val d'Aosta che grazie a ProSpacieRara è stata recuperata e restituita al territorio d'origine attraverso il progetto "Paysage à manger". Ph: ProSpecieRara 03 Raccolta di fine settembre a Gressoney con Federico Chierico e Federico Rial. Ph: Paysage à manger 04 Finto uovo à la coque, ricetta dello chef Luca Brughelli, Osteria Tremola San Gottardo, Airolo
uno strumento del paesaggio. Significa anche fare innovazione, recuperare campi non più coltivati e utilizzare in modo lungimirante le risorse locali. Un mondo dedicato a consumatori curiosi ed esigenti, che vogliono riscoprire l’inaspettata biodiversità di questo straordinario prodotto. Se un tempo i semi di varietà particolari facevano parte dei corredi di nozze, un motivo ci sarà! E se per Paysage à manger turismo e
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agricoltura sono destinati a fondersi insieme, speriamo che anche sul nostro territorio si prosegua su questo percorso. Nel frattempo, un gruppo di esperti e di amici che amano il Ticino, ha sviluppato un progetto che ha portato nel 2018 a piantare in valle di Blenio a 1500 m. 38 varietà di patate. Grazie alla passione e alla competenza
di Mauro Giudici-Della Ganna, Meret Bissegger, ProSpecieRara con Lea Ferrari e Manuela Ghezzi, Muriel Hendrichs, il primo raccolto si è potuto gustare il dicembre scorso in una interessante e piacevole cena all’Osteria Tremola San Gottardo di Airolo con lo chef Luca Brughelli che ci regala la ricetta che segue da
realizzare con i frutti del prossimo raccolto a fine estate. Continua così un lungo lavoro di produzione e valorizzazione dei semi in alta quota con l’obiettivo di legare sempre più il patrimonio rurale delle patate di montagna alla cucina d’autore, ma soprattutto di unire persone con le stessa preziosa passione per la terra. 04
FINTO UOVO À LA COQUE Per l’albume: – 200 g patata precoce del Prettigau – Metilcellulosa Fate bollire le patate sbucciate in acqua praticamente senza sale. Una volta che sono belle morbide frullatele aggiungendo un po’ di acqua di cottura per ottenere una crema di patata fluida. Lasciatela raffreddare. Aggiungete la metilcellulosa. Per il tuorlo: – 100 g patata blu di Svezia – Alginato – Bagno di calcio Fate bollire le patate blu in acqua non salata. Quando sono morbide fatele frullare per ottenere una crema assai fluida. Lasciate intiepidire e aggiungete l’alginato. Per mezzo di cucchiaio rotondo e concavo fate cadere i finti tuorli nel
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bagno di calcio. Lasciateli per qualche minuto e trasferiteli in una bacinella con acqua fredda. Per confezionare l’uovo: – 4 gusci d’uovo tagliati in rotondo all’estremità superiore – 4 supporti per uova à la coque – Alcuni granelli di sale allo zolfo Posate i gusci sui supporti, riempiteli a metà con il finto albume, aggiungete qualche granello di sale allo zolfo, inserite il tuorlo di patata viola e completate fino a riempire con l’albume di patata bianca. Mettete a cuocere il finto uovo à la coque nel forno modalità vapore molto caldo per 3-4 minuti. Mettete ancora qualche granello di sale allo zolfo sulla superficie dell’uovo e servite. Le consistenze saranno simili a quelle di un uovo à la coque e il sale allo zolfo serve a conferire un sapore molto simile a quello di un uovo vero.
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GASTRONOMIA / SAN PELLEGRINO SAPORI TICINO 2019
SVIZZERA SUPERSTAR DELL’ENOGASTRONOMIA PER LA SUA TREDICESIMA EDIZIONE, S.PELLEGRINO SAPORI TICINO TORNA CON UN PROGRAMMA CHE RENDE OMAGGIO A TUTTO IL BELLO E IL BUONO DELLA NOSTRA NAZIONE.
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opo il giro del mondo attraverso le cucine internazionali di diversi Paesi nel 2018, oggi il festival enogastronomico ticinese, tra i più rinomati e longevi d’Europa, si appresta ad apparecchiare le tavole all’insegna della grande cucina svizzera. Una sorta di “ritorno a casa” per una kermesse che, fin dalla sua nascita, si è sempre fatta portavoce del Ticino come luogo gourmet e che oggi allarga all’intera nazione questo concetto. In partenza il prossimo aprile, i primi appuntamenti saranno quelli al Four Seasons Hotel des Bergues a Ginevra e al Widder Hotel di Zurigo, due splendide location del Gruppo Swiss Deluxe Hotels, per poi tornare in Ticino. Gli ospiti dell’edizione
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2019 saranno chef provenienti dalla Svizzera, a parte un paio di eccezioni, questo perché la nostra nazione è quella con il più alto numero di stelle Michelin pro capite e anche con i punti Gault&Millau non scherziamo affatto. Insomma, possiamo dire che la Svizzera sia, a detta di tutti, uno dei Paesi europei dove la cucina gastronomica è ai livelli più alti. Per seguire il filo rosso dell’eccellenza nazionale, S.Pellegrino Sapori Ticino ha scelto di collaborare con Les Grandes Tables de Suisse, la preziosa istituzione gastronomica che raggruppa quasi tutte le migliori tavole svizzere. Per capire meglio la ricetta vincente del festival, abbiamo voluto intervistare Dany Stauffacher, creatore/fondatore di Sapori Ticino e anima della manifestazione.
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ome è nata l’idea della partnership con Les Grandes Tables de Suisse? «Forse è meglio dire che è arrivata spontaneamente. Tra i suoi associati, personalmente, ho parecchi amici, inoltre sono convinto che in patria ci siano tantissimi talenti, grandissimi chef che si collocano all’interno del panorama internazionale pur essendo nei nostri confini. Les Grandes Tables de Suisse condivide con noi la passione per l’eccellenza e anche un certo orgoglio per la nostra grande nazione gourmet. Non è un caso che due realtà che perseguono lo stesso obiettivo si incontrino e facciano un pezzo di strada insieme, anche grazie all’amicizia che mi lega a Pierre-André Ayer, presidente dell’associazione. Per la storia della nostra manifestazione, questa partnership rappre-
senta un prezioso “mattoncino” che si unisce al lavoro fatto negli anni precedenti. Sono, insomma, due realtà che parlano la stessa lingua». Cosa dobbiamo aspettarci dal programma del 2019? «Come dicevo, la Svizzera ha nel suo DNA una cultura enogastronomica che è in costante crescendo. Quest’anno, con gli chef nazionali come protagonisti assoluti, offriremo ai nostri ospiti l’emozione della “Svizzera superstar”. Una cucina di grande personalità unita ad un servizio curato nel minimo dettaglio: questo renderà ogni singola serata una vera e propria esperienza da ricordare. Il tutto, come è nel nostro stile da 13 anni, accompagnato da grandi etichette del territorio e non solo, a dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, che i vini ticinesi
sono perfetti in abbinamento ai piatti dei migliori chef. Tra i grandi nomi, voglio citare Franck Giovannini, Peter Knogl, Didier de Courten, Stèphane Dècotterd, Bernard e Guy Ravet, André Jaeger, Martin Dalsass, Bernadette Lisibach, Enrico Bartolini, Marcus G. Lindner e Marco Sacco. Insomma, un parterre di grandi emozioni gastronomiche che racconteranno la storica tradizione della buona cucina svizzera, con qualche excursus nella vicina Italia. Inoltre, abbiamo qualche serata particolare che, siamo sicuri, piacerà molto al nostro pubblico che ogni anno si aspetta qualcosa di nuovo e di diverso. Ad esempio, la food sharing experience con il giovane chef Silvio Germann (delfino di Andreas Caminada) che presenterà un appuntamento di condivisione sensoriale mai visto al festival fino ad oggi. E poi avremo
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una cena dedicata esclusivamente al pesce di lago, con Marco Sacco, uno degli chef italiani più preparati su questo tema culinario, che sarà ospite del nuovo fiore all’occhiello della ristorazione luganese, ossia la nuova sala vista lago del Ristorante Metamorphosis, capitanato da Luca Bellanca. E ancora le ormai classiche serate lounge per il pubblico più giovane e naturalmente le serate di gala per l’apertura e la chiusura della manifestazione, quest’ultima ospitata dalla nuova sala banchetti dell’Hotel Splendide Royal di Lugano, fortemente voluta dal direttore, Giuseppe Rossi». Cosa la rende davvero felice di questa nuova edizione? «Devo dire la verità: le cose di cui sono contento sono diverse. Partiamo dalla nuova collaborazione con un vero e proprio simbolo dell’enogastronomia di qualità, ossia Gault&Millau. La guida G&M ha la stessa autorevolezza della collega francese Michelin, svolgendo da tanti anni un lavoro di critica gastronomica davvero prezioso. Questo sodalizio è per noi un grande motivo di vanto, per me in particolare che sono da sempre un fruitore dei consigli G&M. Così abbiamo pensato di dedicare una serata alla grande cucina di quello che, nel 2019, la guida G&M ha incoronato come “Chef of the Year”, ossia Heiko Nieder, il talentuoso cuoco del The Restaurant nello splendido The Dolder Grand di Zurigo. Ma la collaborazione
con Gault&Millau darà anche altri frutti, che ancora non svelo». C’è anche qualcosa di completamente nuovo all’orizzonte… «In un certo senso. In realtà, ormai da diversi anni e con diversi progetti, Sapori Ticino si è avvicinata alla cucina buona e sana, ed ora finalmente è in partenza questo nuovo lavoro in collaborazione con l’Ente Ospedaliero Cantonale. Si chiamerà “Salute con Sapore” ed è un grande progetto che vedrà incontrarsi a metà strada la cucina gastronomica e quella dei nostri ospedali. Durante il festival, infatti, è prevista una serata nella quale i cuochi impegnati quotidianamente all’interno delle strutture ospedaliere offriranno agli ospiti un assaggio delle loro capacità professionali, portando in tavola il connubio cibo sano e alta cucina. Nel corso dei prossimi 3 anni, questo progetto diventerà una grande realtà che coinvolgerà sempre più persone».
01 Franck Giovannini 02 Peter Knogl 03 Hieko Nieder 04 Didier de Courten 05 Martin Dalsass 06 Stèphane Dècotterd 07 Enrico Bartolini 08 Marco Sacco Ph: © Adriano Mauri x Grande Cucina 09 Bernadette Lisibach 10 André Jaeger 11 Silvio Germann 12 Bernard e Guy Ravet Ph: © Adrian Ehrbar Photography
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PROGRAMMA S.PELLEGRINO SAPORI TICINO 2019
PROGRAM OF THE EVENTS Per info e riservazioni reservation@saporiticino.ch
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APRIL APRILE AVRIL
GALA DINNER Four Seasons Hotel des Bergues, Geneva
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MAY MAGGIO MAI
SILVIO GERMANN Seven Lugano The Restaurant
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MAY MAGGIO MAI
MARCO SACCO Metamorphosis Lugano
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JUNI GIUGNO JUNE
LOUNGE NIGHT BLU Restaurant&Lounge Locarno
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APRIL APRILE AVRIL
GALA DINNER Widder Hotel Zürich
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MAY MAGGIO MAI
LOUNGE NIGHT La Bottega di Mario Zürich
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MAY MAGGIO MAI
LOUNGE NIGHT Seven Lugano The Lounge
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JUNI GIUGNO JUNE
STÉPHANE DÉCOTTERD Fiore di pietra Monte Generoso
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APRIL APRILE AVRIL
DIDIER DE COURTEN Ristorante Galleria Arté al Lago, Lugano
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MAY MAGGIO MAI
FRANCK GIOVANNINI Ristorante Ciani Lugano
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MAY MAGGIO MAI
HEIKO NIEDER Hotel Splendide Royal Lugano
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JUNI GIUGNO JUNE
ENRICO BARTOLINI BLU Restaurant&Lounge Locarno
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APRIL APRILE AVRIL
GRAND OPENING Hotel Splendide Royal Lugano
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MAY MAGGIO MAI
ANDRÉ JAEGER Villa Principe Leopoldo Lugano
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MAY MAGGIO MAI
BERNARD & GUY RAVET THE VIEW Lugano
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JUNI GIUGNO JUNE
FINAL PARTY Hotel Splendide Royal Lugano
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MAY MAGGIO MAI
MARTIN DALSASS Swiss Diamond Hotel Vico Morcote
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MAY MAGGIO MAI
PETER KNOGL Castello del Sole Ascona
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JUNI GIUGNO JUNE
BERNADETTE LISIBACH Villa Orselina Orselina-Locarno
GASTRONOMIA / “TANO PASSAMI L’OLIO” A MILANO
7 DICEMBRE 1991: AMORE AL PRIMO INCONTRO DI GIACOMO NEWLIN
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a data è quella che segna l’innamoramento di Tano Simonato per l’olio extravergine d’oliva. Quel giorno si trovava con i genitori in Liguria per prenotare le vacanze e acquistare un po’ di olio da un produttore che, con la passione di chi lavora col cuore, lo accompagnò nella visita dell’azienda che si trovava in un posto incantevole e gli raccontò l’interessante storia dell’olio. Tano ne rimase estasiato, iniziando così ad approfondire la conoscenza di questo stupendo, gustoso e salutare compagno della cucina mediterranea che è l’olio extravergine d’oliva. Un amore che prosegue senza crisi, anzi con successo ormai da quasi tre decenni e che si concretizza nelle mirabili preparazioni gastronomiche che offre nel suo ristorante di Milano, insignito della stella Michelin. Tra l’altro un paio di anni fa Tano Simonato ha pubblicato con Mondadori il libro “Passione Extravergine” Un viaggio nella mia cucina. Un volumetto agile che oltre a storie di vita vissuta racconta molte ricette intriganti, ovviamente dove l’olio EVO è protagonista. Dopo anni di sperimentazioni che hanno preceduto il risultato finale delle pietanze che Tano propone nel suo ristorante, egli conosce bene l’importanza di un corretto ed equilibrato connubio tra olio e cibo, poiché la semplice regola, si fa per dire, che più aumenta la consistenza del piatto più deve aumentare quella dell’olio e viceversa, è una regola dalla quale non si può prescindere se si vuole ottenere il successo gustativo di una pietanza,
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proprio come succede per gli abbinamenti tra cibo e vino. All’olio EVO, che è dunque il caposaldo della cucina di Tano, si affiancano la fantasia e l’estro, che tuttavia non esulano dalle basi della tradizione, ma le arricchiscono con creazioni che non lasciano indifferenti come, tanto per citare un esempio tra i molti, l’uovo di cristallo su tortino di riso venere e foglia d’oro, al tartufo, piatto dove l’uovo viene presentato con il guscio, che non è il suo, ma è perfettamente uguale ed edibile poiché ricostruito grazie all’isomalto, un ingrediente che viene utilizzato per sostituire lo zucchero. Tano, anche nel suo libro appena citato, racconta la simpatica storia dell’uovo: “Mia moglie Nadia, dopo vent’anni, ricorda ancora la notte in cui la sve-
GASTRONOMIA / “TANO PASSAMI L’OLIO” A MILANO
gliai per raccontarle la folgorazione che avevo appena avuto per questa ricetta. Il giorno successivo, dopo averla assaggiata mi disse: “Se hai sempre idee così, puoi svegliarmi anche tutte le notti”. Nadia in sala è un perfetto anfitrione accompagnata da Barbara Troncia e coadiuvata dalla sommelière Gianina, ma anche Tano, quando la cucina glielo permette, si intrattiene amabilmente con gli ospiti, per carpirne gli umori e per dare informazioni sulle ricette. Diversi sono i piatti che in questo ristorante stupiscono, ma che hanno però sempre una bella concretezza, anche perché della sua cucina Tano dà questa semplice definizione: “Salutare, leggera, pulita, senza perdere il sapore”. Oltre al famoso uovo ho avuto il piacere di degustare con piena soddisfazione, anche il Tiramisù di seppia, mascarpone e patata; Spaghetti alla chitarra ripieni di bottarga di uovo di gallina in crema di burrata, grana padano e cipolla brasata agrodolce; Filetto di vitello cotto a bassa temperatura laccato in fondo e Bitto con timballo di patata dolce e tartufo glassato e come dolce: Tutti i colori del cioccolato (bianco, al latte, gianduia e 70%). Insomma una bella espe-
rienza che mi ha lasciato - non capita sempre – un ricordo vivo nel tempo. Due cose è importante ancora rimarcare; l’indispensabile aiuto che Tano ha in cucina nella persona del suo braccio destro, il giovane Stefano Ceriani, mentre la seconda cosa è la carta dei vini, non solo con etichette blasonate, ma anche con etichette di vini meno conosciuti ma di grande pregio e di costo ragionevole. Il locale è aperto solo per cena e chiuso la domenica.
RISTORANTE “TANO PASSAMI L’OLIO” Via Eugenio Villoresi 18 20143 Milano +39 02 839 41 39 www.tanopassamilolio.it TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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GASTRONOMIA / CONFISERIE AL PORTO
PER IL GRANDE GIORNO NULLA VA LASCIATO AL CASO. LA TORTA, ASSIEME AGLI SPOSI, È IL SOGGETTO PIÙ AMMIRATO E FOTOGRAFATO.
CREAZIONI PER LA FESTA PIÙ BELLA
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vere il privilegio di poter creare la torta nuziale dei sogni è un atto di grande fiducia e un compito da affrontare con empatia, creatività e professionalità. È importante saper cogliere le aspettative e i desideri degli sposi, capire chi sono, cosa vogliono trasmettere e qual è il tipo di evento. Entrare in simbiosi permette di comprendere la loro visione e il loro stile, di modo da proporre e creare una torta unica, in linea con i festeggiati e con l’occasione. Il “wedding cake design”, è in continua
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evoluzione ed esige creatività, la capacità di anticipare le tendenze e di confrontarsi con i migliori del settore per poter presentare sempre creazioni di torte nuove e all’avanguardia: nelle forme, negli abbinamenti di sapori e nel design. Esempi di queste novità sono la reinterpretazioni di torte classiche, la delicatezza della Torta Pergamena o l’originalità della Collezione Prive, torta nuziale composta da singoli tortini, uno per ogni ospite, eleganti nella presentazione e semplici da servire. A uno, a tre, a cinque piani, le torte nuziali Al Porto “salgono” in altezza e in bontà in una spirale di squisiti sapori. Decorate con bouquet, rose, intrecci, pizzi, merletti e rilievi, si possono personalizzare anche con fotografie dei festeggiati o di un avvenimento. Si riconoscono dal loro inconfondibile stile, da composizioni sorprendenti, da sapori irresistibili e, naturalmente, dal marchio Al Porto quale garanzia di alta qualità e professionalità. Al Porto offre agli Sposi una consulenza personalizzata, durante la quale vengono presentate le proposte creative di torte nuziali Al Porto e si può degustare un abbinamento di sapori per avere la conferma della propria scelta. Una dolce creazione deve appagare oltre alla vista anche il palato. Benché il design assuma un ruolo sempre più importante, l’esperienza è multisensoriale e va perciò accompagnata da ingredienti selezionati, da un abbinamento di sapori particolare, da una consistenza delicata e un finale sorprendente. Tutti gli elementi che compongono la
GASTRONOMIA / CONFISERIE AL PORTO
A sinistra Torta Linea Prestige Millefiori 03 Torta Linea Prestige Barocca 04 Torta Linea Prestige Pergamena
CONSULENZA TORTE NUZIALI
05 Dettaglio Torta Prestige Arabesco e Pergamena
Locarnese +41 (0)91 756 20 40 servizioclienti@alporto.ch Luganese +41 (0)91 910 51 31 confiserie@grand-cafe-lugano.ch
creazione, incluse le decorazioni, vanno scelti in linea con gli abbinamenti e i sapori, di modo da offrire una torta nuziale armonica. L’esperienza viene completata dal piacere di assaporare e dall’appagamento del gusto. La torta nuziale è uno dei soggetti più fotografati e offre il bouquet finale di una festa indimenticabile che ai festeggiati e ai loro ospiti lascia un ricordo unico e speciale.
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www.alporto.ch/creazioni
LE BOUTIQUE E I CAFÉ AL PORTO Locarno Al Porto Café Stazione Piazza Stazione 6 +41 (0)91 743 65 16
01 Torta Linea Privée Mille Fiori e Wedding
Al Porto Café Lago Viale Verbano +41 (0)91 743 56 83
02 Naked Cake, porzioni singole che compongono la Torta Linea Privée
Al Porto Entrata Globus Largo Zorzi +41 (0)79 207 05 72 Ascona Al Porto Piazza Piazza G. Motta 23 +41 (0)91 791 20 36 Al Porto Ascona Viale Monte Verità 11 +41 (0)91 791 12 62 Lugano Grand Café Al Porto Via Pessina 3 +41 (0)91 910 51 31
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TURISMO / TICINO TURISMO
ESCURSIONI TICINESI? SEMPRE PIÙ “CLICK” SUCCESSO PER IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE DEGLI ITINERARI CANTONALI LANCIATO NEL 2015 DA TICINO TURISMO. L’APPLICAZIONE “HIKETICINO”, CHE OGGI SI PRESENTA SOTTO UNA NUOVA VESTE, È STATA SCARICATA DA OLTRE 60.000 PERSONE. IMPORTANTE AUMENTO DELLE ESCURSIONI INSERITE NELLA RETE.
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a 150 a oltre 200 itinerari da percorrere a piedi. A quasi quattro anni dal suo lancio il progetto di valorizzazione degli itinerari cantonali “hikeTicino” continua a crescere. Da qualche settimana è possibile scaricare la nuova versione dell’applicazione che, rispetto al passato, si presenta sotto una rinnovata veste grafica. Anche il sito ticino.ch/hike contempla tre nuove sezioni tematiche dedicate a una tendenza in continua crescita: gli itinerari da percorrere in bicicletta, MTB e ebike. Nell’ultimo biennio, oltre alla suddivisione delle escursioni secondo gli interessi del singolo utente (architettura, cultura e arte, natura, itinerari con rifugi alpini e consigliati da Svizzera Mobile), è stata siglata una nuova collaborazione con Google volta a una continua espansione e a un miglioramento qualitativo dei contenuti. Il prodotto ha suscitato fin da subito grande interesse: l’applicazione è stata finora scaricata da oltre 60’000 persone mentre le visualizzazioni del portale internet hanno superato il milione e mezzo. «L’escursionismo è un tema centrale per il nostro Cantone. Secon-
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do il Monitor del Turismo Svizzero 2018 si tratta del primo motivo per cui i turisti scelgono il Ticino come meta delle proprie vacanze - commenta Kaspar Weber, direttore ad interim di Ticino Turismo -. “hikeTicino” permette di selezionare l’itinerario più consono alle singole esigenze e peculiarità. Si tratta di uno strumento che rende la nostra destinazione ancora più attrattiva». Ed è proprio attorno alla tematica dell’escursionismo che sarà focalizzata la campagna promozionale estiva 2019 condotta da Svizzera Turismo su tutti i mercati di riferimento. Al prodotto “hikeTicino” è dedicato anche un prospetto incentrato sugli itinerari definiti “Premium” (che sono passati da 29 a 32). «Gli obiettivi per il futuro sono soprattutto tre - spiega Mauro Verdone, responsabile del progetto -. Oltre al continuo ampliamento della banca dati e al coinvolgimento di un numero sempre maggiore di partner, lavoreremo su aspetti relativi alla sicurezza in montagna in collaborazione con “Montagne sicure”, la campagna di prevenzione contro gli infortuni nelle attività in quota lanciata di recente a livello cantonale».
11.08 – 27 marzo Ascoltare il silenzio
Sgargiante primavera Marzo 2019 01.03.2019 La Stranociada Carnevale Carnival Locarno 09 – 11.03.2019 Fiera di San Provino Festa campestre Folcloristic festival Agno 10.03.2019 Sagra del pesce Fish festival Muralto 14 – 16.03.2019 Festival di cultura e musica jazz Jazz music festival Chiasso 19.03.2019 Sagra di San Giuseppe St. Joseph festival Ligornetto 27 – 31.03.2019 Camelie Locarno Esposizione di Camelie Camellia exhibition Locarno
30.03.2019 Open Gallery #17 Gallerie d'arte aperte al pubblico Open art galleries Lugano
Aprile 2019 01.04 – 30.06.2019 San Pellegrino Sapori Ticino Gastronomic event Ticino 06 – 07.04.2019 Tamaro Trophy Mountain bike competition Monte Tamaro-Rivera 13 – 14.04.2019 Japan Matsuri Festival giapponese Japanese festival Bellinzona 14.04.2019 SlowUp Ticino Percorso senz'auto Route without cars Bellinzona e Locarno 18 – 19.04.2019 Processioni storiche pasquali Historical easter processions Mendrisio
19 – 22.04.2019 Pasqua in Città Animazioni in città Entertainment in the city centre Lugano 21.04.2019 Concerto di Pasqua Easter concert Ascona 28.04.2019 Raiffeisen Walking Lugano Corsa podistica Footrace Lugano
Maggio 2019 01 – 31.05 2019 Maggio gastronomico Festival of traditional gastronomy Leventina, Blenio, Riviera 02 – 05.05.2019 Chiassoletteraria Festival Internazionale di letteratura International literary festival Chiasso
Il Ticino non sta mai fermo. Cerchi nuove esperienze? Scopri la primavera su ticino.ch/eventi
04 – 05.05.2019 Caseifici aperti Open dairies days Ticino 11.05.2019 Giornata Svizzera dei Mulini Swiss mill day Ticino 25.05.2019 Notte bianca White night festival Locarno 25.5 –02.06.2019 Cantine aperte Open Wine Cellar Days Ticino 25 – 26.05.2019 La spada nella Rocca Rievocazione medievale Medieval reenactment Bellinzona 30.05.2019 Fragole in piazza Strawberry festival Locarno
TURISMO / LUGANO REGION
TICINO IN BICICLETTA
S Alessandro Stella, Direttore di Lugano Region
QUALUNQUE SIA IL TIPO DI BICICLETTA CON CUI SI PREFERISCE PEDALARE, LUGANO E IL SUO TERRITORIO OFFRONO STRAORDINARIE OPPORTUNITÀ PER VISITARE IL TICINO PRATICANDO AL TEMPO STESSO UNA BENEFICA ATTIVITÀ ALL’ARIA APERTA. 01/ 03 Filippo Rossi Ph: © Svizzera Turismo 02 / 05 Ph: © Milo Zanecchia 04 Nino Schurter Ph: © LuganoRegion
empre più numerosi cicloturisti, intere famiglie e professionisti della bicicletta scelgono il Ticino per praticare questo sport. La passione non conosce limiti e gli itinerari sono vari e diversi, adatti ad ogni esigenza. Grazie ai tanti percorsi, che si snodano dai 270 ai 1900 metri sopra il livello del mare e al clima mite la Regione di Lugano, per dodici mesi all’anno, è un paradiso per gli amanti della bicicletta. «Non a caso – spiega Alessandro Stella, direttore di Lugano Region - l’organizzazione turistica del Luganese in collaborazione con la Città di Lugano e Morcote, ha siglato un accordo con il sette volte campione del mondo, e olimpico di mountain bike Nino Schurter che in veste di testimonial promuoverà la destinazione per gli appassionati delle due ruote. L’offerta per chi pratica lo sport della mountain bike è molto ampia: negli ultimi anni gli oltre 370 chilometri di percorsi sono stati sistemati e messi a punto per gli amanti di questo sport. Un investimento, sempre legato a questa disciplina, è stato anche quello di stabilire dei criteri per denominare alcune strutture di sog-
giorno "Bike Friendly".». Nino Schurter ha avuto modo di percorrere il Luganese, durante il 2019 e il 2020 condividerà attraverso i social media le impressioni e le emozioni provate durante i vari tragitti da lui compiuti. Il Luganese, attraverso l’esperienza di chi ha viaggiato in tutto il mondo in sella alla sua mountain bike potrà in questo modo farsi notare anche a livello internazionale. Inoltre, Lugano Region ha preparato un video, che ha sempre per protagonista Nino Schurter, al fine di raccontare visivamente gli spettacolari paesaggi della regione, di cui si può godere pedalando tra boschi e foreste, lungo i laghi o in montagna. E per chi ai sentieri preferisce più facili strade asfaltate? «Anche in questo caso – prosegue Alessandro Stella – abbiamo predisposto una serie di itinerari, accessibili a tutti che saranno a breve pubblicati anch’essi sul nostro sito. Essi si vanno ad aggiungere alle proposte non solo cittadine di PubliBike, il sistema di noleggio di biciclette ed e-bike gestito tramite stazioni automatiche che funzionano 7 giorni su 7, 24 ore su 24 che offre un servizio di noleggio biciclette pratico ed
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ecologico. La soluzione ideale per spostarsi evitando i problemi del traffico e del posteggio». Nel corso dell’anno sono numerosi gli eventi che coinvolgono il mondo MTB. Tra questi meritano di essere ricordati, in particolare, il Tamaro Trophy, programmato per il 6-7 aprile, e Lugano Bike Emotions, dal 21 al 22 settembre 2019. E ancora, muoversi in città, per ragioni di studio o di lavoro, oppure per turismo, utilizzando i propri piedi, può essere un’idea non solo rispettosa dell’ambiente ma soprattutto finalizzata alla crescita del proprio benessere fisico. Ne è un’interessante conferma l’inserimento di Svizzera Turismo nel progetto “Swiss urban + feeling”. Per far conoscere la città è stato scelto
un altro testimonial d’eccezione: Filippo Rossi che ha partecipato con successo a gare come il 4 Deserts Grand Slam, che prevede il completamento in un anno di quattro ultramaratone: la Sahara Race in Namibia, la Gobi March in Cina, l’Atacama Crossing in Cile e The Last Desert nell’Antartide per un totale di 1000 chilometri. Come giornalista e reporter il ticinese è sempre con la valigia in mano. Quando non viaggia torna volentieri a Lugano. Nella città dal clima mediterraneo l’atleta percorre di corsa le strade urbane allenandosi per le sue sfide estreme. Filippo Rossi a Lugano fa il pieno di energia prima di ripartire per una zona di crisi o una maratona nel deserto all’altro capo del mondo.
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TURISMO / OTR MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO
REALTÀ AUMENTATA SUL MONTE SAN GIORGIO LA VISITA DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI TREMONA SI AVVALE ORA DI NUOVI STRUMENTI PER GARANTIRE L’ESPERIENZA DI UN TUFFO NEL PASSATO. E DA UNA NUOVA TERRAZZA IN UNO DEI PUNTI PANORAMICI PIÙ SUGGESTIVI DEL MONTE SAN GIORGIO, SARÀ POSSIBILE OSSERVARE E QUASI TOCCARE CON MANO L’IMPONENTE FALESIA ROCCIOSA DEL CALCARE DI MERIDE.
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Nadia Fontana Lupi Direttrice Organizzazione Turistica Regionale Mendrisiotto e Basso Ceresio
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a località di Tremona è ben nota per gli scavi archeologici che vi si svolgono annualmente a partire dal 2000. Archeologi e volontari hanno portato alla luce i resti di un insediamento di collina e migliaia di reperti, che ci consentono di confrontarci con il passato dell’intera regione ed in particolar modo di capire la vita quotidiana di un villaggio medievale. Questa ricostruzione del passato diventa ora un’esperienza ancora più interessante e coinvolgente grazie alla possibilità di fruire di una rinnovata e implementata applicazione, realizzata dal giovane ricercatore Elia Marcacci, che grazie all’utilizzo di appositi occhiali 3D (noleggio presso Infopoint) consente di ridisegnare quanto avveniva in quei luoghi e non è oggi più visibile. I visitatori possono quindi apprendere l’importanza strategica dell’insediamento collinare di quell’e-
poca e scoprire come signori e contadini vivevano, costruivano le loro case e morivano, attraverso figure e aspetti avvincenti quali il fabbro e la sua officina, la donna e le sue attività, le abitazioni e l’alimentazione. Ma non solo. A pochi passi dal pittoresco villaggio di Meride e dal Museo dei fossili, è possibile scoprire la paleontologia e la geologia di una delle principali località di scavo del sito Patrimonio mondiale UNESCO del Monte San Giorgio I contenuti, proposti in italiano, tedesco ed in inglese, comprendono pannelli didattici e vedutistici, binocoli, calchi di fossili, piramidi in pietra, modelli di fossili e ricostruzioni dell’ambiente del Triassico Medio, 239 milioni di anni fa, quando la Val Mara era un bacino marino subtropicale. Le gole del Torrente Gaggiolo tagliano la parte superiore del Calcare di Meride chiamata Kalkschieferzone e
composta da calcari finemente stratificati e da marne. Qui, in numerose campagne di scavo iniziate nel 1940, furono scoperti i fossili di vertebrati più recenti del sito Patrimonio mondiale. La nuova terrazza panoramica della Val Mara offre uno scorcio su depositi marini e fossili risalenti al Triassico Medio, 239.5 milioni di anni fa. Alcuni paleontologi zurighesi nel 1940 scoprirono i primi piccoli pesci, crostacei e rami di piante terrestri lungo le gole del Torrente Gaggiolo, a ovest del villaggio di Meride e nel 1971 un esemplare giovane di Lariosaurus. Negli anni 1994, 1996-2003 e 2010 ebbero luogo numerosi scavi paleontologici sistematici svolti dalle università di Zurigo e di Milano e dal Museo Cantonale di Storia Naturale all’interno della Kalkschieferzone inferiore, media e superiore. Questi scavi, oltre che pesci ossei e crostacei, portarono alla luce altre piante terrestri e i primi insetti. Suggeriamo di informarsi sulle novità del Monte San Giorgio e della regione consultando i due siti www.mendrisiottoturismo.ch www.laregionedascoprire.ch
TURISMO / MONTE GENEROSO
LA MONTAGNA PIÙ PANORAMICA DEL CANTON TICINO, IL MONTE GENEROSO, HA SICURAMENTE UN POSTO NEL CUORE DEI TICINESI E COSTITUISCE UNA DELLE METE PIÙ FREQUENTATE DA UNA CLIENTELA LOCALE E INTERNAZIONALE.
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a oltre 125 anni il trenino a cremagliera della Ferrovia Monte Generoso parte da Capolago e percorre 9 chilometri immersi nella natura regalando scorci unici e incantevoli in tutte le stagioni. A bordo del trenino in salita, la bellezza del paesaggio disorienta. A destra, la valle di Muggio con i suoi prati a perdita d’occhio, punteggiati dalle inconfondibili costruzioni coniche delle antiche Nevère. A sinistra, tra le rocce a picco, si palesano paesaggi inaspettati: il Lago di Lugano che riflette il colore del cielo, le nuvole morbide o cariche di pioggia, i paesi colorati adagiati sulle sue rive e la cornice imponente delle Alpi innevate. Dal Gran Paradiso al Monte Rosa, dal Cervino alla Jungfrau, dal massiccio del Gottardo a quello del Bernina. Il trenino termina la sua corsa a 1704 metri di quota davanti alla maestosità del “Fiore di pietra”. Ci si sente davvero molto piccoli ai piedi delle sue torri di cinque piani, singoli petali che si innalzano con un leggero sbalzo verso l’esterno per poi richiudersi verso l’alto. Da qui il nome “Fiore di pietra”, che l’architetto di fama mondiale Mario Botta, ha voluto creare “per affermare la presenza dell’uomo sulla sommità delle mon-
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UNA MONTAGNA PIENA DI VITA
tagne” e per rinforzare il suo legame nei confronti del Monte Generoso. Esternamente prevale il rivestimento di pietra grigia con strisce alternate lisce o a spacco e le grandi vetrate allagate dal cielo. Al suo interno vive, brulica il viavai incessante di collaboratori, addetti, guide e visitatori attirati dalla bellezza architettonica, di escursionisti in cerca di ristoro dopo le lunghe passeggiate immersi nella natura e di gourmet pronti a gustare le migliori ricette create con i prodotti del territorio. Insomma, c’è sempre una ragione per salire sulla montagna più alta del Mendrisiotto e il ricco programma della stagione 2019 ne è la conferma. Sabato 6 e domenica 7 aprile per l’apertura del Fiore di pietra e della ferrovia è in programma un week end multisensoriale e attraente per tutti. Dedicato alla cultura ticinese di ieri e
di oggi è, invece, il programma della domenica 7 aprile, al mattino dalla vetta risuoneranno gli echi degli immancabili Corni dal Generus con la loro musica originale che racconta i miti e leggende delle Alpi. Dal 7 aprile e sino alla fine di giugno, il 'FIore di pietra' ospiterà la mostra 'Nel Fiore e nella Pietra' dell'artista ticinese Serena Maisto. Sette opere che rappresentano una sintesi del suo excursus formativo e professionale ispiratosi all'action-painting di Jackson Pollock. Seguita dalla Cortesi Gallery, l'artista sta preparando una nuova personale intitolata Beyond Borders. (Intervista all'artista su questo numero a pagina 58). Entrambi i giorni, dalla cupola dell’Osservatorio Astronomico spunterà il telescopio e con gli esperti astrofili si potranno ammirare il Sole, Mercurio e Venere. «Vogliamo che oltre al panorama, all’architettura e alle bellezze naturali, siano gli eventi ad attirare i visitatori in vetta», afferma Lorenz Brügger, direttore della Ferrovia Monte Generoso da agosto 2018. «Desideriamo che il cuore dei Ticinesi torni a battere per il Monte Generoso e per farlo abbiamo pensato di riempire il prestigioso contenitore del ‘Fiore di pietra’ di contenuti artistici e culturali validi ed attraenti». Da quest’anno si potrà acquistare l’abbonamento per tutta la stagione
TURISMO / MONTE GENEROSO
e chi vuole trascorrere il giorno del suo compleanno in vetta, viaggerà gratis. «L’apprezzamento per le promozioni hanno attestato quanto sia importante per i residenti salire sulla vetta tutte le volte che lo desiderano», dice Martina Di Ponziano, Head of Sales & Marketing della FMG. Da lunedì a venerdì il ticket per gli Over 60 è di solo CHF 27.00 e il pacchetto Family Special per 4 persone CHF 54.00. Le combo ‘Piatto del giorno e treno’ a CHF 54.00 e il ‘Business Lunch e treno’ a CHF 59.00. Nel weekend chi sceglierà di sorvolare questo paradiso col parapendio spenderà CHF 280.00 inclusa la risalita in treno e gli accompagnatori solo CHF 27.00 per l’andata e ritorno. Tanti e per tutti i gusti sono gli eventi: il 28 aprile avrà luogo il primo AperoJazz panoramico, a maggio il Coro Nigritella e i Tri per Dü. A giugno il volo vincolato in mongolfiera seguito da una cena a base di mousse, arie e schiume e a luglio l’eclissi parziale di luna che anticipa lo spettacolo delle Perseidi di agosto. A settembre il Festival delle Corali e l’Oktoberfest a 1704 metri. And last but not least, “Il Mendrisiotto ai fornelli” con lo Chef Luca Bassan del Fiore di pietra che si cimenta con gli Chef Andrea Levratto e Federico Palladino in un menù a 6 mani. «Il Fiore di pietra è the place to be dove organizzare il migliore Wedding-party», sostiene Veronica Solarino, Events Manager. «Quanti sposi possono vantare l’arrivo alla festa del
loro matrimonio a bordo di un elicottero o il fascino di un viaggio sul trenino a vapore stile Belle Epoque? E quanti hanno nell’album dei ricordi fotografie eseguite da un drone sulla terrazza a 360 gradi e con la catena alpina da sfondo? In una parola: indimenticabile!». Sempre più aziende locali, inoltre, scelgono di organizzare meeting, team building e convention sul Monte Generoso. «Ogni imprenditore che sogna di accrescere la motivazione, l’engagement e la performance del proprio team», prosegue la Solarino, «necessita di un luogo, fuori dalla solita routine per condividere nuove idee e far emergere le competenze relazionali, di fiducia e di empatia di ogni partecipante. Al Fiore di pietra è possibile alternare le sedute indoor nella Sala Conferenze con i momenti outdoor in mezzo alla natura con percorsi a piedi o in mountain bike o il volo in tandem». Dalla vetta del Monte Generoso si riparte sempre con un po’ di tristezza.
Mentre l’inconfondibile trenino arancione si allontana, istintivamente ci si volta indietro per un ultimo saluto. I contorni della struttura, a distanza, si perfezionano e il profilo del “Fiore” assomiglia sempre più ad un bocciolo. Un bocciolo destinato a non sfiorire mai, simbolo eterno della rinascita di questo pianoro sospeso per incanto tra terra e cielo. Non sappiamo se Gottlieb Duttweiler, il fondatore delle cooperative Migros e salvatore della Ferrovia Monte Generoso nel 1941 destinata allo smantellamento a causa della crisi bellica, immaginava una simile trasformazione per la sua vetta preferita. Non sappiamo nemmeno se abbia mai fantasticato che un giorno il Monte Generoso sarebbe diventato uno dei siti turistici più suggestivi ed importanti della nazione e visitato da persone da tutto il mondo. Ma una cosa, la sappiamo di certo, che se oggi il Monte Generoso possiede quelle unique selling propositions che l'hanno fatto diventare l'emblema del Ticino (il panorama a 360 gradi tra Italia e Svizzera e una struttura siglata da Mario Botta), è proprio grazie a lui e alla sua precisa volontà di far prevalere “il cuore e gli uomini e non solo il freddo calcolo dei soldi”. Da qui ha avuto inizio una serie di progetti e di cambiamenti sempre più ambiziosi che hanno fatto del Monte Generoso, supportato ancora oggi dal Percento Culturale Migros, una bella storia di successo di visioni e lungimiranza, di passione, volontà e generosità.
TURISMO / HOTEL INTERNATIONAL AU LAC
LA BELLE EPOQUE DEL FUTURO ROBERTO, FIGLIO DI BEATRICE E GIULIO SCHMID, INSIEME ALLA SORELLA ALESSANDRA, RAPPRESENTA LA QUARTA GENERAZIONE DELLO STORICO HOTEL INTERNATIONAL AU LAC DI LUGANO.
DI PAOLA CERANA
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ltre un secolo di vita. Pare di sfogliare il tempo, camminando per le stanze dell’Hotel International au Lac. Epoche sedimentate l’una sull’altra traspirano dalle ampie pareti delle stanze, dai soffitti alti delle sale, dai tessuti caldi delle camere. Storico ma non vecchio. Antico ma al passo con i tempi. A conduzione famigliare ma altamente professionale, questo hotel lega la propria esistenza a quella di una famiglia che, da quattro generazioni, è fedele alla propria missione, avendo rispetto e cura per le memorie del passato ma altrettanta sensibilità per le sfide del futuro. La storia la racconta il presente, ovvero il proprietario e direttore Roberto Schmid, erede con la sorella Alessandra dei valori del padre Giulio e, prima ancora, della nonna Alice e del bisnonno Anton Disler. 01
Q 01 Da sinistra Roberto Schmid con la figlia Aurelia, Alessandra Besomi-Schmid con il figlio Sergio nel museo del centenario dell’albergo si divertono con le pietre miliari delle telefonia.
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uesto hotel è uno dei simboli di Lugano. Con la sua Cupola disegna il profilo della città. Da dove inizia la sua storia? «Innanzitutto vorrei ricordare il 1882, anno dell’apertura della galleria ferroviaria del Gottardo, perché è da lì che il turismo prende piede a Lugano. È da lì che il mio bisnonno
Anton Disler, già noto albergatore a Lucerna, ha cominciato a guardare verso sud in cerca di possibili orizzonti dove avviare un hotel. Nel 1905, insieme al socio Albert Riedweg, ha preso gli accordi per far ampliare l’esistente palazzina di 3 piani e nel giro di pochi mesi ha affidato il mandato all’architetto Giuseppe Pagani affinché desse vita al progetto: l’Hotel International au Lac, su
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5 piani all’inizio di Via Nassa, accanto alla Chiesa degli Angioli. Pagani fu allievo dell’architetto Charles Frédéric Mewès, che costruì i Palace di Parigi, Londra, Madrid e San Sebastian per César Ritz». Durare a lungo ma con continui rinnovi, come è stato possibile? «I rinnovi sono ciclici. Pensi che già all’epoca il nostro era uno dei pochi hotel ad avere in ogni camera il lavandino, quindi l’acqua corrente, il che non era affatto scontato perché normalmente c’era solo la brocca in camera. Il bagno, invece, era al piano e si utilizzava su ordinazione». Dalla brocca al wi-fi in ogni camera: vertiginosa l’evoluzione in meno di un secolo…
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«Sì, è necessario restare all’ascolto dei propri ospiti e anticipare i loro bisogni. Non è sempre facile perché questo significa investire molto, volendo al contempo mantenere i valori delle origini. Per questo l’hotel ospita anche un piccolo Museo al primo piano in cui abbiamo raccolto ed esposto oggetti, fotografie, documenti e libri contabili. Sui muri delle scale principali come anche nei corridoi dell’albergo ci sono le opere collezionate dai miei nonni, tariffari, e tanti altre testimonianze che raccontano la vita stessa dell’Hotel e di chi ci ha lavorato».
02 Cartolina raffigurante l’albergo dopo il 1938 03 Camera Doppia Belle-époque con letto a baldacchino, parquet restaurato del 1906, mobilio originale in stile belle époque mediterraneo Luis XVI. Camera unica in tutto l’albergo, prenotabile per soggiorni retrò. 04 Veduta esterna Hotel International au Lac 05 Piscina e giardino che si trovano sul retro dell’albergo 06 Camera Doppia Chic, recentemente rinnovata con balcone e vista lago
Suo padre Giulio quando entrò in azienda? «Nel 1957 al fianco di mia nonna, poi ne assumerà la conduzione con mia mamma Beatrice, che veniva dal mondo della
07 Lobby-Bar con l’adiacente sala conferenze, è il luogo ideale per un cocktail nel tardo pomeriggio o per un digestivo a fine giornata.
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dell’archivio e per la filosofia aziendale centennale a conduzione famigliare».
gioielleria. Si sono sposati nel ’69 e fino agli anni recenti si sono dedicati alla conduzione dell’hotel. Con loro, in varie tappe, le camere state valorizzate, con l’inserimento dei bagni privati. E nel 1973 l’edificio è stato innalzato di mezzo piano, trasformando le stanze al quinto, quelle utilizzate dalla servitù, in vere e proprie camere d’albergo». Veniamo ai nostri giorni, all’hotel sotto la sua direzione, quindi la quarta generazione Schmid… «Praticamente sì, mia sorella Alessandra nel ’94 subentra nel reparto ricevimento e prenotazioni e nel 2004 io comincio ad affiancare i miei genitori. Nel frattempo in quegli anni l’hotel subisce altre trasformazioni: dalla climatizzazione delle camere al rinnovo del ricevimento e della salle à manger trasformata in sala conferenze, fino alla diffusione wi-fi, inizialmente limitata al Lobby Bar».
letto a baldacchino. È prenotabile on line ma anche solo visitarla lascia una sensazione di privilegio, di toccare con mano il passato». Avete ricevuto qualche menzione speciale per il valore storico dell’Hotel? «Sì, nel 2007 il Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti (ICOMOS), sottoposto all’Unesco, ci ha premiato per la conservazione e la presentazione
Oltre al Museo avete altri spazi particolarmente suggestivi? «Certo, la camera Belle Epoque, che è rimasta originale perché lì abitava mia nonna e dopo la sua scomparsa ho voluto restaurarla mantenendola fedele alla sua epoca: parquet originale del 1906, mobilio Luigi XVI intarsiato e 06
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Pensando alle varie tappe di modernizzazione immagino quanti investimenti, come dire, invisibili abbiate affrontato. Per esempio, il sistema di riscaldamento… «Importantissimo, infatti. Perché è facile riconoscere il rinnovo esteriore ma anche gli investimenti invisibili, come giustamente dice, sono fondamentali. Nel 2017 abbiamo risanato la centrale termica con accumulatori che recuperano il calore dai generatori del freddo (frigo e aria condizionata). Sempre nello stesso anno, in maniera più visibile, ci siamo rifatti il “cappello”, la Cupola, che mio papà aveva in passato carteggiato più volte. Ricordo che negli anni ’90 ero sull’impalcatura con lui e mi disse “mi sa che questa è proprio l’ultima volta, perché continuando a grattare e grattare prima o poi di materiale non ce ne sarà più. Ma questo sarà un problema tuo un giorno…” Allora ero un ragazzino del liceo, mi piaceva seguire il cantiere, e pensavo che quel “problema mio” sarebbe stato molto lontano. Quando invece due anni fa ho visto nuovi segni di dete-
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L’HOTEL INTERNATIONAL AU LAC IN BREVE • Originale camera Belle-Époque (prenotabile) • Splendido giardino con piscina, in centro città • Posteggio sotterraneo
Inaugurazione Aprile 1906 Direzione • Dal 1906, quattro generazioni si sono passate il testimone • Dal 2016 Roberto Schmid, affiancato dalla sorella Alessandra Camere 80 fra singole, doppie, famigliari e suite Chicche • Posizione privilegiata fra Via Nassa, LAC e il lago • Hotel storico, con riconoscimento ICOMOS • Museo del Centenario al 1° piano • Lobby-Bar per un drink prima o dopo uno spettacolo al LAC
rioramento della cupola mi son detto, ecco quel giorno è arrivato. E abbiamo fatto un ottimo lavoro di restauro». I prossimi investimenti quali saranno? «Durante l’inverno 2019-2020 ci sarà il rifacimento totale delle camere al terzo e quarto piano affacciate su Via
Prossimi investimenti Risanamento totale delle camere al 3° e al 4° piano Sostenibilità • Riduzione del 40% delle emissioni del CO2 negli ultimi 3 anni • Approvvigionamento al 100% di energia rinnovabile idroelettrica Website www.hotel-international.ch
Nassa. Nel 2013 avevamo rifatto quelle del primo e secondo piano, ora affrontiamo la seconda tappa. Pensi che una stanza implica un investimento di quasi 200 mila Franchi!». Lei e sua sorella siete la quarta generazione Schmid. E la quinta?
«La quinta c’è. Si chiama Sergio, ha 15 anni, è il figlio di Alessandra e studia alla Scuola di Commercio di Bellinzona. Aurelia, mia figlia, è al secondo anno di asilo, perciò è prematuro chiederle cosa farà da grande». Un’ultima curiosità: la Cupola è il simbolo del vostro Hotel, ma cosa c’è dentro? «Andiamo, la accompagno a visitarla. Arriviamo alla porta che immette all’interno della Cupola con un certo rispetto, vien da chiedere permesso. Legno e luce, silenzio e cielo: quello che era l’appartamento dei genitori di Roberto Schmid è un nido sospeso, accogliente e raffinato, inondato di sole, affacciato sul lago. Un luogo con un’anima a parte, dove sarebbe bello raccogliersi in solitudine per scrivere, creare o semplicemente pensare. Pensare che, guardando la Cupola dai marciapiedi della città, pochi (almeno finora) ne conoscono i trascorsi, i segreti e i possibili destini. Destini che, con un po’ di fortuna, Sergio e Aurelia disegneranno sulle pagine del futuro».
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TURISMO / RESORT COLLINA D'ORO
UNA RAFFINATA CASA DELL’OSPITALITÀ IN UN LUOGO DALL’ENERGIA POSITIVA
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QUANDO IL SOLE SPLENDE SU QUESTA ROMITA COLLINA, IL DESIDERIO DI RELAX E BENESSERE È UNA PULSIONE IRRESISTIBILE CHE SI CONCRETIZZA ALL’INTERNO DEL RESORT COLLINA D’ORO, DOVE NON MANCA NULLA ALL’UOPO.
DI GIACOMO NEWLIN
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e 16 camere e le 30 suites, con il loro arredamento ricercato ma non esagerato, per di più inserite nella tranquillità di un paesaggio bucolico, inducono al riposo. L’eleganza delle sale, la cucina raffinata di un ristorante aperto anche agli esterni, ovvero per i clienti che non soggiornano in hotel, che vanta anche un’offerta gastronomica personalizzabile per eventi privati, nonché un Centro SPA e Fitness all’altezza, con piscina interna ed esterna, sauna, bagno turco, percorso Kneipp, doccia emozionale, palestra e salette per cure estetiche, massaggi e trattamenti di bellezza. Vera Wichmann Adduci, nuova direttrice della struttura ci conduce con “charme” alla scoperta di questo luogo che, sappiamo, già originariamente era vocato a far ritrovare la salute di chi vi soggiornava. Ovviamente erano altri tempi, molto meno confortevoli di oggi, ma l’aura del luogo, la sua energia positiva è rimasta intatta e l’obiettivo oggi è soprattutto il “bon vivre” in tutte le sue declinazioni.
TURISMO / RESORT COLLINA D'ORO
Le eleganti sale, provviste delle più moderne attrezzature tecnologiche, ospitano meeting, conferenze e riunioni aziendali. C’è poi da dire che in questo complesso hanno trovato la loro collocazione 12 appartamenti di lusso arredati che usufruiscono dei servizi alberghieri e altri 31 appartamenti posti in vendita o in affitto. Già il nome Resort Collina d’Oro suggerisce che ci si trova in un luogo straordinario, un luogo ancora giovane che può diventare col tempo, con la professionalità e la lungimiranza di chi vi lavora, una tappa obbligata di incontri planetari tra personaggi celebri e meno celebri che danno vita a quella realtà romanzesca che caratterizzava e in parte caratterizza ancora oggi le grandi case dell’accoglienza. Un albergo, in effetti, è una sorta di vaso di Pandora dal quale scaturiscono e si intrecciano piccole e grandi vicende umane. Mi vengono in mente molti hotel letterari dove hanno soggiornato e prodotto romanzi e saggi scrittori di chiara fama. Sembra assodato che soggiornare in albergo aiuti
l’ispirazione. Da questo punto di vista il Resort Collina d’Oro ha il vantaggio della tranquillità, dell’aria salubre e, come detto, dell’energia positiva del luogo, aspetti che rendono indimenticabile un soggiorno. Noi ora però desideriamo rivolgere uno sguardo attento al ristorante e alla sua cucina, dove opera con grande maestria, senza tuttavia forzare la mano all’innovazione, lo chef Gabriele Migliorati coadiuvato in sala dal maître Ugo Boscia e dalle rispettive brigate. Durante l’anno non mancano le rassegne gastronomiche, come quelle degli asparagi, dei funghi porcini e del tartufo bianco, mentre la domenica sera nella bella stagione funziona una griglia speciale con carni pregiate. Lo chef ha improntato il suo stile su una cucina che ammicca al Mediterraneo senza però dimenticare l’impronta che un territorio come quello ticinese può dare, in particolare con l’utilizzo di prodotti regionali nel rispetto della stagionalità. La cucina inoltre può avvalersi di ciò che l’orto biologico molto curato che si trova nel
parco del Resort può offrire. Per quanto riguarda i vini la scelta è oculata, con ottime etichette ticinesi, italiane e francesi, che riescono a soddisfare l’abbinamento con qualsiasi pietanza della carta delle vivande. Una chicca, per terminare, è rappresentata dal vigneto di proprietà del Resort, le cui uve vengono vinificate dalla rinomata Fattoria Moncucchetto per la produzione del premiato vino rosso “Collina d’Oro”.
RESORT COLLINA D’ORO Via Roncone 22 CH-6927 Agra +41 (0) 91 641 11 11 www.resortcollinadoro.com
TURISMO / SAN GALLO
UNA CITTÀ TUTTA DA SCOPRIRE LA PICCOLA METROPOLI DELLA SVIZZERA ORIENTALE, UBICATA TRA IL LAGO DI COSTANZA E L’APPENZELLESE, È RICCA DI STORIA E POSSIEDE UN CENTRO COLMO DI ATTRATTIVE E CHIUSO AL TRAFFICO. UNA CARATTERISTICA DELLA CITTÀ SONO GLI ERKER, OSSIA LE FINESTRE A SPORTO MINUZIOSAMENTE SCOLPITE. L’AREA MONASTERIALE CON CATTEDRALE E BIBLIOTECA È STATA INSERITA DALL’UNESCO NELLA LISTA DEL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ. DI PAOLA CHIERICATI
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an Gallo è proprio un gioiello. Uno di quei gioielli che sono più preziosi di altri perché di altissima manifattura, rari e senza tempo. Percorrete lo spettacolare centro storico con i suoi vicoli pittoreschi e le piazze animate, vi accorgerete che edifici di varie epoche contraddistinguono l’immagine della città. Fermatevi poi in uno dei simpatici caffè oppure fate una pausa in uno dei tipici ristoranti del centro storico, al primo piano. 111 bovindi decorano le facciate delle case nella zona pedonale e raccontano vicende di ricchi commercianti di stoffe. Il simbolo di San Gallo è comunque il distretto abbaziale, con annessa la biblioteca abbaziale di fama mondiale. La cattedrale barocca con la sua facciata a doppia torre è uno degli ul-
timi edifici monumentali del monastero del periodo barocco. La Biblioteca dell’Abbazia di San Gallo, fondata intorno al 719, è una delle più importanti biblioteche storiche del mondo. Con circa 170.000 volumi (manoscritti, stampe antiche e libri), possiede una collezione unica che risale all’VIII secolo. L’attuale sala del libro, utilizzata anche per le mostre tematiche, fu costruita tra il 1758 e il 1767 ed è considerata una delle più belle sale bibliotecarie del mondo. L’abbazia è stata iscritta nell’elenco del Patrimonio mondiale da parte dell’UNESCO nel 1983 per l’influenza che il progetto del monastero, parzialmente realizzato, ha avuto sull’architettura complessiva del monastero e quale esempio tipico di un grande convento di Benedettini. Luogo del sapere e della cultura, l’ab-
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ricami storici dal XIV secolo, merletti lavorati a mano in significativi centri europei, tessuti etnografici, tessuti e costumi storici, utensili per il lavoro manuale e oggetti dell’arte tessile contemporanea. Al Museo di storia naturale, si può invece ammirare il plastico del territorio più grande della Svizzera, si possono scoprire molte informazioni interessanti su mammiferi, uccelli, piante e insetti ed è possibile osservare una grotta di roccia con un vero tesoro di minerali. La particolarità del museo, che si estende su una superficie di 2000 m² destinati a esposizioni permanenti e mostre tematiche, sta nella scenografia basata su immagini tridimensionali sulle quali si può addirittura camminare. Da segnalare il coccodrillo del Nilo di quattro metri che fu donato alla città di San Gallo nel XVII secolo e che si bazia è uno straordinario esempio di continuità funzionale e culturale che si rispecchia in una storia edilizia esaustiva. Nel Medioevo la città è diventata un importante fulcro per la cultura e la formazione in Europa. Più tardi, i merletti di San Gallo diventano famosi a livello internazionale, portando il benessere in città. San Gallo è oggi una città universitaria, con la rinomata facoltà di economia e offre una ricca gamma di proposte culturali con teatri e musei. La sua posizione è privilegiata essendo al punto d’incontro dei quattro Paesi Svizzera, Germania, Austria e Principato del Liechtenstein. San Gallo è anche il punto di partenza ideale per escursioni nell’Appenzellese e al Lago di Costanza. In treno o in bicicletta si raggiunge rapidamente il Lago di Costanza, paradiso dei ciclisti. La combinazione poi di bici e battello permette di effettuare entusiasmanti tour oltreconfine. Per un approfondimento culturale nella Città di San Gallo, si consiglia il Museo del Tessuto di San Gallo: mostra interessanti esposizioni di ricami
e merletti storici nonché presentazioni di arte tessile contemporanea. La combinazione di passato e presente offre sorprendenti spunti di riflessione sugli sviluppi e le prospettive del settore: tessuti pregiati, ricami e pizzi rendono tangibile l’affascinante mondo del tessile dal Medioevo ai giorni nostri. Con circa 30’000 oggetti, è infatti composto da tessuti di reperti archeologici funerari dell’Antico Egitto, 02 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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trova oggi esposto nel caffè del museo. Per quanto concerne l’arte, il Kunstmuseum di San Gallo offre un interessante programma espositivo di importanza internazionale e ospita una ricca collezione di dipinti e sculture dal tardo Medioevo ai giorni nostri. Nel Museo d’arte vi sono opere di scultura contemporanea internazionali nonché dipinti e plastici del XIX e XX secolo. La forza della collezione è nella pittura olandese, tedesca e francese. L’edificio che la ospita, costruzione neoclassica, è opera dall’architetto Johann Christoph Kunkler (1877). E per i più piccoli o i più golosi non manca la fabbrica del cioccolato Maestrani’s Chocolarium. Nata come pioniere della cioccolata in Svizzera nel 1852, Maestrani è diventata un’azienda moderna con una storia di successo costruita sul suo ricercato assortimento di specialità al cioccolato. Nel 2017 viene inaugurata la fabbrica che da la possibilità ai visitatori di progettare e assaggiare direttamente il cioccolato di tipo diverso per poi acquistarlo in negozio. È possibile prenotare un tour guidato o indivi-
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duale per visitare lo stabilimento di produzione a Flawil, dove si creano eccellenti specialità di cioccolato con i marchi Maestrani, Minor e Munz ma anche prodotti appositi per i marchi privati. Per un pranzo o per una cena, vi portiamo al ristorante panoramico Dreilinden attraverso la bella zona ricreativa dei Drei Weieren, che offre una vista straordinaria sulla città fino al Lago di Costanza. Nel cuore della città si trova invece il ristorante Lokal che propone la cucina locale con piatti genuini e molto gustosi, ubicato nel Centro Culturale Lokremise, ex deposito di locomotive, ora centro culturale intersettoriale con attività di teatro, danza, cinema e arte. Per gli amanti della birra, il ristorante Marktplatz, situato nella piazza del mercato come suggerisce il nome, nel centro commerciale della città, offre piatti tradizionali svizzeri ed è noto per la sua vasta gamma di bevande. Per concludere, San Gallo è una città molto affascinante e merita senz’altro un fine settimana per visitarla in tutto il suo splendore.
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03 Area ricreativa Drei Weieren 04 Ristorante Lokal 05 Fabbrica del cioccolato
TURISMO / RETO STÖCKENIUS
ECCELLENZA ALBERGHIERA NEL MONDO DOPO ESSERE STATO PER ANNI ALLA GUIDA DEL PRINCIPE LEOPOLDO HOTEL, RELAIS & CHATEAUX, DEL GRUPPO TESSAL A LUGANO E DELL’HOTEL KEMPINSKI GRAND HOTEL DES BAINS A ST MORITZ, RETO STÖCKENIUS È IMPEGNATO DAL 2017 IN UNA NUOVA E STIMOLANTE SFIDA IMPRENDITORIALE IN QUALITÀ DI HEAD OF DEVELOPMENT DEL GRUPPO RIU HOTELS & RESORTS.
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uali sono state le ragioni che l’hanno indotta a compiere questa scelta? «Direi innanzitutto la voglia di cambiare e il desiderio di tornare operativo sul campo in un settore che conosco bene e che già mi ha dato nel tempo grandi soddisfazioni. Con il gruppo
RIU avevo infatti già lavorato dal 1997 al 2004 e dunque ne conoscevo bene la serietà e la consolidata esperienza internazionale, ed è ancora saldamente controllato dalla famiglia che lo ha fondato. Questo nuovo incarico mi porta ad essere in giro per il mondo per oltre 100 giorni all’anno ma riesco anche a trascorrere dei periodi a Maiorca in un’isola che amo molto e dove è particolarmente piacevole soggiornare». Possiamo dare alcune cifre per inquadrare le dimensioni e l’importanza del gruppo RIU? «RIU Hotels & Resorts è stata fondata a Maiorca nel 1953 come piccolo business estivo per la famiglia Riu, ed è attualmente di proprietà e gestito dalla
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terza generazione familiare. L’attività dell’azienda è focalizzata sul settore alberghiero e oltre il 70% dei suoi stabilimenti offre il rinomato servizio “All Inclusive by RIU”. Con l’apertura del suo primo hotel di città nel 2010, RIU ha esteso la sua gamma di prodotti con la propria linea di hotel urbani chiamato Riu Plaza. Complessivamente, RIU Hotels & Resorts ha ora 92 hotel, di cui 85 di proprietà, in 19 paesi al mondo, che accolgono oltre 4 milioni ospiti l’anno e forniscono posti di lavoro per un totale di quasi 29.000 dipendenti. La filosofia del gruppo è fortemente orientata al raggiungimento della qualità, offrendo agli ospiti strutture accuratamente progettate nelle migliori destinazioni di mare, cucina variegata e attentamente preparata, e un servizio altamente personale che è secondo a nessuno. Il personale RIU è infatti ciò che distingue la catena dai suoi concorrenti». Nello specifico, qual è il ruolo che lei è stato chiamato a svolgere in questo contesto? «Mi occupo, a livello mondiale, dello sviluppo del gruppo, ossia del reperimento e della valutazione di nuove destinazioni nelle quali vale la pena investire e degli hotels che meritano di essere comprati, ristrutturati e adeguata-
mente gestiti per entrare a far parte della catena. Teniamo presente che il gruppo ha per i prossimi cinque anni un programma di investimenti che ammonta a 2,5 miliardi di euro, ed è interamente finanziato con fondi propri. Al tempo stesso mi occupo della vendita di quelle strutture che per dimensioni e caratteristiche non corrispondo più in modo ottimale alle esigenze del gruppo. La nostra attenzione si rivolge particolarmente a terreni liberi dove costruire o a strutture commerciali da riconvertire e trasformare in grandi alberghi, come abbiamo fatto recentemente in un’operazione portata a termine a Londra. Il nostro focus è attualmente sulle grandi città europee, sui Paesi dell’Africa in via di sviluppo, sul Nord America e sull’Asia, ma non trascuriamo nessuna situazione in altre destinazioni in cui si possano aprire interessanti opportunità di business. Le nuove destinazioni in cui siamo entrati nel 2018 sono: Zanzibar, Toronto e Londra. Nel 2019 i nuovi hotel che apriremo sono:1 in centro a Madrid, 1 in Marocco,1 in Bulgaria, 2 alle Maldive, 1 a Palma de Maiorca».
anche in Ticino e in Svizzera, ma sicuramente il modo di lavorare, l’efficienza e la puntualità che si incontrano in Svizzera non si trovano facilmente in altre parti del mondo. Per contro, è molto interessante confrontarsi con esperienze e situazioni molto diverse e con culture imprenditoriali assai differenti. Un grande vantaggio è dato poi dal fatto di avere alle spalle un gruppo gestito direttamente dalla proprietà, molto rapido nel prendere e mettere in atto le decisioni». E la vita a Palma di Maiorca? «È sicuramente molto piacevole, non solo per le condizioni climatiche particolarmente favorevoli ma anche per la qualità di vita, il livello dei servizi offerti e per la presenza di una clientela internazionale di alto livello presente durante tutto il corso dell’anno».
Che cosa rimpiange del Ticino? «Rimpianti non ne ho, i cambiamenti sono una costante nella vita e nella mia attivitá, inoltre con il mio lavoro e privatamente sono comunque spesso TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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TURISMO / ISOLA D’ELBA
IL FASCINO DISCRETO DI CAPOLIVERI SITUATO SUL VERSANTE ORIENTALE DELL’ELBA, CAPOLIVERI È UNO DEI PAESI PIÙ CARATTERISTICI DELL’ISOLA E TRA I PIÙ AMATI E VISITATI DAI TURISTI. DI PAOLA CHIERICATI
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rroccato sulla cima di una collina, a quasi 170 metri sul livello del mare, Capoliveri possiede il fascino tipico dei piccoli borghi, con i suoi rioni, la sua piazza una vera e propria terrazza vista mare, le sue case alte e strette e le sue pittoresche viuzze, colorate dai fiori dei balconi, da cui è possibile ammirare panorami da cartolina. I vicoli del centro sono animati da negozietti di souvenir, botteghe di prodotti locali e sfiziosi mercatini che si rivelano delle vere e proprie “chicche” per curiosi e amanti dello shopping. Ristoranti, enoteche, gelaterie artigianali, pub e cocktail bar propongono ai buongustai di passaggio i sapori della cucina italiana e il meglio della tradizione elbana, tra gusto e innovazione. Capoliveri è anche il paese del buon vino: tra la fine di settembre
e l’inizio di ottobre, l’autunno elbano si apre con la “Festa dell’Uva”, evento che attira ogni anno migliaia di visitatori. Una manifestazione on the road, una sfida tra rioni che rievoca scene di vita paesana e gli antichi riti legati alla vendemmia, il tutto accompagnato da giochi, musica, stand gastronomici. Come Porto Azzurro e Rio, anche Capoliveri era, in origine, un borgo minerario, legato alle miniere del Calamita, tra le più moderne e ricche d’Europa. Chiuse per ragioni commerciali negli anni ’80, oggi sono meta di escursioni e visite guidate per riscoprire e rivalorizzare un patrimonio di cultura, tradizioni e memoria locale inestimabile, festeggiato dai capoliveresi con la “Festa del Cavatore”, nella prima metà di maggio. Le miniere sono anche il particolarissimo teatro del “Magnetic Festival”, rassegna di musica lirica, jazz e classica che si tiene nel mese
TURISMO / ISOLA D’ELBA
GRAND HOTEL ELBA INTERNATIONAL Loc. Baia della Fontanella 57031 Capoliveri (LI) +39 0565 946111 www.elbainternational.it mail@elbainternational.it
di luglio nella zona del Ginevro. Per gli sportivi, il Monte Calamita è un promontorio ricco di sentieri suggestivi e percorsi ideali per tranquille passeggiate o più sostenuti trekking e giri in mountain bike: tutto il circuito attrezzato e ben segnalato è conosciuto come Capoliveri Bike Park. Capoliveri è anche la reginetta dell’estate elbana e il cuore pulsante della sua movida. Quasi ogni sera, ospita iniziative culturali e teatrali, eventi enogastronomici, come la tradizionale “Festa del pesce povero” o il più innovativo “Street Good”, spettacoli d’intrattenimento, come l’imperdibile “Notte blu”, la notte bianca di Capoliveri, ma soprattutto tanta musica: la piazza di Capoliveri vanta, infatti, una lunga tradizione di concerti di grandi artisti. L’isola d’Elba, e in particolar modo Capoliveri, è molto amata dai
vip anche internazionali, che la scelgono non solo per trascorrervi le loro vacanze estive, ma ogni qualvolta sentono il bisogno di ritemprare corpo e anima lontano dallo stress della città. Le spiagge di Capoliveri sono tra le più ricercate dai turisti, sia per la limpidezza del mare, la bellezza e la ricchezza dei fondali e del paesaggio circostante, sia perché molto diverse tra di loro per grandezza e caratteristiche. Ed è proprio sulla Baia di Naregno, tra Capoliveri e Porto Azzurro che sorge il GRAND HOTEL ELBA INTERNATIONAL. In una baia privata, silenziosa tanto quanto basta per ascoltare il rumore delle onde, potrete chiudere gli occhi e sognare di essere in un piccolo paradiso. Oppure aprirli e scoprire di esserci veramente. L’Hotel offre una spiaggia privata ad uso esclusivo della clientela, due piscine con acqua di mare e con una vista spettacolare, l’accesso ad una area fitness, un campo da tennis illuminato, biciclette e canoe da noleggiare gratuitamente ed un centro benessere che offre massaggi e trattamenti estetici in assoluto relax. Naregno offre inoltre scuole di vela, windsurf e diving, dando anche ai meno esperti la possibilità di godere delle bellezze del mare elbano a 360 gradi. Situato anche a pochi km da Porto Azzurro, le camere dell’hotel a 4 stelle sono per la maggior parte affacciate sul mare con terrazze panoramiche. La cucina dei due ristoranti Il Pirata e Le Agavi è da quest’anno rivisitata: il primo è affacciato sulla spiaggia privata mentre il secondo do-
mina la baia. I bambini sono gli ospiti più graditi e a loro disposizione vi sono ampie aree in cui giocare. Non mancano le sale per convegni, con tecnologie di ultima generazione e accesso a wifi in tutta la struttura. La sera, da giugno ad agosto, un piacevole piano bar intrattiene gli ospiti due volte a settimana. Numerosi gli eventi a tema, gli aperitivi particolari, le cene di gala, la presentazione di prodotti tipici da parte di aziende locali. Il personale è attento e competente e vi permetterà di rilassarvi per ritrovare il vostro armonioso equilibrio psicofisico. Insomma, se state cercando una meta turistica facile da raggiungere, a solo un’ora di traghetto dalla costa toscana, dove potete godere a pieno i primi raggi di sole estivo e dove le giornate lunghe e soleggiate sembra non finiscano mai, l’Isola d’Elba è proprio la meta ideale che stavate cercando.
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LUSSO / BUCHERER
GIOIELLI DI OGGI E DI DOMANI BUCHERER HA LANCIATO B DIMENSION, UNA NUOVA COLLEZIONE DI GIOIELLI FIRMATA DALL’ARTISTA YUNJO LEE E LE CUI FORME GEOMETRICHE SI ISPIRANO ALL’UNIVERSO ARTISTICO DI ELLSWORTH KELLY. IL DESIGN RAFFINATO CONFERISCE ALLA FIGURA DEL CERCHIO UNA NUOVA DIMENSIONE E LA COLLEZIONE SI PRESENTA CON UN CARATTERE FORTE E DECISO.
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ucherer Fine Jewellery presenta una collezione di gioielli e diamanti molto semplice e minimalista destinata alle donne che sanno apprezzare il valore di un design unico e raffinato. Affidandosi alla fantasia e creatività di Yunjo Lee, con cui Bucherer ha già collaborato negli anni passati, nasce una collezione che comprende 26 pezzi tra cui orecchini, collane, anelli e braccialetti ed emana una leggerezza magica grazie alla sua semplicità. Ha come elemento distintivo un cerchio con incastonati finissimi diamanti che creano l’effetto stilizzato di ali di farfalla. La collezione è in oro bianco 18 carati. Gli anelli sono disponibili anche in oro rosa e oro giallo. Con le sue varianti in lapislazzuli blu brillante, corniola rosso carminio e onice nero montato su oro rosa la collezione è a prova di colore. Infine è completata da modelli più raffinati, ornati con diamanti taglio brillante, così come conviene a pezzi di “alta gioielleria”. Ogni gioiello reca la lettera “B”, il marchio della gioielleria Bucherer, inciso sul retro del cerchio. Il design è destinato ad essere minimalista, intramontabile e al tempo stesso molto femminile e ultrachic. La collezione B Dimension comprende anche
braccialetti aperti, attualmente assai trendy, e anelli delicati che presentano uno stile molto personale. Di origine sudcoreana, Yunjo Lee ha studiato arte a New York ed ha un approccio concettuale, ma anche molto poetico. Per l’artista, i gioielli sono creazioni evocative di emozioni pure. Per la nuova collezione di Bucherer, Yunjo Lee ha trovato ispirazione nelle opere dell’artista e scultore americano Ellsworth Kelly: geometria, campi di colore, nitidezza e semplicità. Al centro del design di B Dimension c’è la forma geometrica del cerchio cui Yunjo Lee ha dedicato una serie di schizzi artistici che sono serviti come base per lo sviluppo del design, con-
LUSSO / BUCHERER
centrandosi sulla trasformazione di questa forma classica per dargli una nuova dimensione, in modo da creare il perfetto equilibrio tra riflessi di luce e ombra sul cerchio. I pezzi di questa collezione sono una vera e propria impresa tecnica e dimostrano un’ottima padronanza dell’arte gioielliera e un rapporto di assoluta fiducia tra i vari specialisti. Con la collezione B Dimension, Bucherer Fine Jewellery è riuscito ancora una volta a sorprendere per l’eleganza e la qualità delle sue creazioni, confermandosi uno dei marchi leader nel settore della gioielleria in Europa. Rinomata per le sue gemme rare e nobili, così come per la sua arte gioielliere fi-
nemente artigianale, i suoi gioielli sono molto più di un accessorio, ma costituiscono l’espressione di una personalità unica e di uno stile inimitabile. www.bucherer.ch
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LUSSO / MODA PRIMAVERA
UNA DONNA RILASSATA 01
LE IDEE PER QUESTA PRIMAVERA SONO MOLTEPLICI: UNA DONNA DINAMICA, CHE VIAGGIA PER IL MONDO E CHE AMA GIOCARE CON IL LOOK.
DI VALENTINO ODORICO
D 01 Ermanno Scervino 02 Daizy Shely SS19 Fashion Show 03 Daks 04 Chika Kisada SS19 Fashion Show 05 Ermenegildo Zegna 06 Fendi 07 Isabel Benenato
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ai tagli minimali e puliti, passando per gli abiti stampati, i completi sono pensati per essere ideali durante tutta la giornata. Via libera a grafismi, alle contaminazioni tra la moda e l’arte, dove il colore bianco è grande protagonista. Scervino ha proposto giacche sartoriali dai volumi over, pizzi e rouches in total White; codici stilistici innovativi che vengono amati anche dall’uomo: le stesse stampe e gli stessi colori sono presenti nelle creazioni maschili, che hanno sfilato accanto a quelle femminili. Daizy Shely, come di consueto, ha regalato una passerella fresca, sexy, ultra femminile e coloratissima. Rosa, lilla, topazio, verde acqua e azzurro cielo dominano la palette. Dalla collaborazione, ormai consolidata, con l’artista Umberto Chiodi nascono le stampe della collezione. Una floreale all-over psichedelica. Orchidee e Anthurium dal sapore artificiale, quasi sintetico e tossico. Chika Kisada stupisce: una palette da
pittore capace di disegnare le onde del mare in modo vigoroso ma allo stesso tempo sottile; una linea per donne urbane, dinamiche, ma in cerca di un prodotto di qualità. Emozionante la passerella Laura Biagiotti dove il futuro della maison si riassume con i termini cultura, sentimenti e concretezza. Ecco che la donna si esprime con abiti dinamici, eleganti, ricercati, che narrano anche una passione per l’arte, dove la moda incontra la pittura. Bianco e nero è il linguaggio scelto da Albagia per la sua prima collezione: una femme fatale contemporanea che predilige un brand con cui vestirsi h24, conciliando bellezza e carattere in uno stile unico, perfetto sia per i suoi momenti privati in famiglia, sia per la sua vita da businesswoman. Una femminilità che ama la purezza dei tagli e delle forme, per una bellezza che non teme confronti, dallo charme adulto e che seduce con vanità e sottile arroganza.
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La collezione Sartorial Monk è la risposta perfetta al concetto di essenzialità, purificazione e fluidità; forme libere, colori definiti ma leggeri, tessuti che accarezzano, lino, seta, dove l’abito è l’espressione della persona, della sua anima. L’uomo invece si veste di una rilassata
eleganza, ama la sobrietà, la comodità, ma non rinuncia assolutamente alle forme pulite. Ecco quindi le proposte di Canali, che disegnano una personalità eclettica, intensa, autentica. Un uomo che esige un’eleganza sostanziale e senza tempo, attuale e versatile:
una visione che si inserisce perfettamente nel solco della nostra storia. Una storia che scopriamo camminando tra i filari di una vigna, icona del paesaggio italiano, di una tradizione secolare d’eccellenza saldamente ancorata alle proprie radici e capace di
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mettere a frutto, annata dopo annata, un prodotto esclusivo ed unico. Le viti diventano dunque il fil rouge che attraversa l’intera collezione, un emblema grafico riconoscibile, che cambia di stanza in stanza ma resta radicato alla propria identità. Zegna, nella creatività di Alessandro Sartori, sta portando il brand verso quella dimensione sport che rende l’uomo elegante ma rilassato, con tagli comodi, dove l’abito tradizionale è quasi completamente scomparso. Una variazione del mood del brand che convince e che proietta in modo stupefacente il brand verso una contemporaneità attuale e assolutamente unica. Segue la collezione uomo di Isabel Be-
nenato che si pone in una dimensione che non ha nè spazio nè tempo. Un distacco netto dal passato, un rifiuto degli schemi imposti. La passione per la fotografia guida la designer a sperimentare nuovi effetti di trasposizione attraverso l’obbiettivo della sua reflex. Movimento e trasposizione sono i temi principali di questa nuova stagione. Lo stile inglese di Daks scaturisce dal forte impatto visivo, allegro e vivace dei capi, come la stagione che vuole rappresentare, ma senza troppe esasperazioni. I tessuti sono sempre pregiati, e spaziano dallo chiffon alla georgette, dalla seta ai cotoni più leggerei, fino al crêpe in più pesi, armonicamente mescolati tra loro.
08 Laura Biagiotti 09 Scervino 10 Laura Biagiotti
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Non ci sono misteri in un Girard-Perregaux,
semplicemente due secoli di savoir-faire e un’infinita passione per la perfezione LAUREATO CRONOGRAFO, CASSA IN ACCIAIO 904L, 42MM
L’OROLOGIO PREFERITO DELL’HOCKEY CLUB LUGANO
INVIDIABILE COMPAGNA DI AVVENTURA LA NUOVA CLASSE X PORTA IL PICK-UP AD UN LIVELLO SUPERIORE DI VERSATILITÀ E DINAMISMO. CON TECNOLOGIE, ACCOGLIENZA E RICERCATEZZA DI VERTICE E LA GRINTA DELLO STRAORDINARIO V6 DIESEL DA 258 CV. DI BENJAMIN ALBERTALLI
AUTO / MERCEDES CLASSE X
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na Mercedes con il pianale di carico? Certamente insolita, ma capace di muovere subito una forte suggestione. Anche per la cura che la casa della stella a tre punte pone in ogni suo prodotto. E questa nuova Classe X, il suo primo pick-up, non lascia certo indifferenti, capace com’è di portare ad un livello superiore questo genere di veicoli che incontrano sempre più il gradimento del pubblico ben oltre gli impieghi professionali, proprio per la capacità di adattarsi alle più svariate esigenze. Qualità e dinamica di marcia, design, comfort, sicurezza e tecnologie di bordo con la consueta qualità Mercedes fanno della “X” un’autentica regina di settore, con la versione 350 d 4Matic Power, capace di completare questo corredo esclusivo attraverso prestazioni e versatilità di azione fuori dell’ordinario. Sotto il cofano dell’imponente ma ricercata sagoma pick-up, molto razionale e funzionale nel rapporto tra abitacolo a doppia cabina e pianale dedicato al carico (1.58 x 1.56 m), la versione di punta accoglie infatti l’esclusiva motorizzazione 3.0 V6 turbodiesel common-rail da 258 cavalli, combinati ad una coppia ragguardevole di 550 Nm costanti tra 1’400 e 3’200 giri/ min. per la massima duttilità di risposta, in ogni situazione. Che si adotti uno stile di guida sportivo o si debbano percorrere lunghi viaggi nel massimo comfort o affrontare tratti fuori-
strada in condizioni gravose, questa unità sei cilindri assicura sempre una spinta straordinariamente pronta, elastica nonché caratterizzata da un “sound” discreto ma particolarmente piacevole e coinvolgente. Non finisce qui. Il cambio è il pregevole automatico 7G-TRONIC PLUS completo di comandi al volante, mentre la trasmissione adotta il sofisticato sistema integrale permanente 4Matic con ripartizione stradale della coppia “40-60” tra gli assali anteriore e posteriore completo di bloccaggio del differenziale centrale, rapporti ridotti e possibilità di blocco del differenziale posteriore. Su tutto, si aggiunge il programma di selezione della modalità di marcia Dynamic Select, che permette di modificare il set-up optando tra cinque differenti programmi che spaziano da relax e comfort fino al comportamento marcatamente dinamico, incluso quello dedicato alla marcia in fuoristrada. Assolutamente Mercedes la stessa accoglienza riservata dall’abitacolo: volante multifunzione, accesso keyless, sedili in pelle a regolazione elettrica ed un ambiente dall’atmosfera particolarmente curata ed appagante trasmettono con immediatezza la sensazione di trovarsi “a casa”. Spazio e libertà di movimento inclusi, piacevolmente favorevoli anche nella zona del divano posteriore. Si guida in posizione rialzata e dominante con tutti i comandi sotto controllo, compreso lo schermo
centrale da 8,4” con “me connect” comandabile dal rotore sul tunnel; la silenziosità di marcia di ottimo livello si combina alla grande reattività del V6 turbodiesel, che permette sempre di guadagnare velocità con ben poca pressione del gas (0-100 km/h in appena 7,5 secondi), per un’esperienza di guida appagante. Voglia di avventura e di tutte le possibili attività all’aria aperta? La Classe X supera senza fatica pendenze fino a 45 gradi, guadi fino a 60 centimetri di profondità e padroneggia agilmente posizioni oblique fino a quasi 50 gradi; senza dimenticare la portata di ben 965 kg nonché l’altrettanto prodigiosa capacità di traino, pari a ben 3.500 kg.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-BENZ X 350D 4MATIC POWER Motore 6 cilindri a V – Turbo Cilindrata cm3 2.987 Carburante Diesel Potenza max. 258 cv (190 kW) a 3.400 giri/min. Coppia max. 550 Nm a 1.400-3.200 giri/min.
Velocità max. 205 km/h Accelerazione 0-100 km/h 7,5 secondi Capacità serbatoio 73 litri Peso totale 2.285 kg Trazione Integrale
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PRESENTATA COME LA FERRARI PER TUTTI I GIORNI, IN RAGIONE DEL LIVELLO DI COMFORT, DELLA VERSATILITÀ E DELL’ADATTABILITÀ AI PICCOLI SPOSTAMENTI, LA FERRARI PORTOFINO RESTA UNA “ROSSA” A TUTTI GLI EFFETTI, NEL TEMPERAMENTO E NELLE QUALITÀ DINAMICHE, PIÙ MALLEABILE E COMODA DELLE ALTRE, MA CON TUTTO IL DNA DI UNA SPORTIVA DI RAZZA.
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PRESTAZIONI DA AUTENTICA SPORTIVA
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ofano allungato, coda compatta e una silhouette filante, anche in virtù dei 459 cm di lunghezza ai quali si contrappone un’altezza di appena 132 cm: dai volumi della nuova Ferrari Portofino s’intuisce la discendenza dalla California, che, sin dal debutto, ha puntato a essere la spider-coupé sportiva più performante della categoria. Un primato che oggi è fuori discussione, dato che il rinnovato 3.9 V8 turbo scarica sulle ruote posteriori ben 600 CV: la precedente California T ne aveva 560. Da vera supercar, la Portofino accelera da 0 a 100 km/h in 3,5 secondi, raggiunge i 200 in 10,8 secondi e arriva a una punta di 321 km/h. La Ferrari Portofino conserva la soluzione distintiva del tetto rigido retrat-
tile: elemento che è stato ridisegnato e il cui nuovo meccanismo di apertura elettrica (che compie il suo lavoro in appena 14 secondi) può essere azionato anche con la vettura in movimento (fino a 40 km/h). Sempre in tema di praticità, è stata rivista anche la sagoma del baule, che può ospitare due trolley da cabina quando la vettura è aperta e il tetto ripiegato sopra il vano, o tre trolley in configurazione coupé. L’omologazione 2+2, è ottenuta grazie a due strapuntini posteriori con tanto di botola passante. Le maggiori novità stilistiche della Ferrari Portofino rispetto alla California T si riscontrano nella coda, che appare più raccolta e slanciata sia con la vettura in configurazione coupé (grazie alle due “creste” posteriori che raccordano
AUTO / FERRARI PORTOFINO
il tettuccio) sia a tetto ripiegato, quando si apprezzano i torniti parafanghi posteriori e un accenno di spoiler. Nel frontale la mascherina più vicina al suolo e i fari full-led a forma di L richiamano quello della 812 Superfast. Come nelle altre “Rosse”, anche in questo caso è particolarmente accurato lo studio aerodinamico, che ricerca la massima efficienza con soluzioni tutt’altro che vistose. Tutti i componenti della scocca e del telaio in alluminio della Ferrari Portofino sono stati ridisegnati, e il layout di alcuni di essi è stato semplificato per ottenere una migliore integrazione fra le parti; migliorata pure la rigidezza della struttura, complici nuove tecnologie costruttive quali la fusione con anima (che facilita la realizzazione di elementi cavi) e la riduzione del 30% della lunghezza delle saldature. I 600 CV (corrispondenti a ben 156 CV/litro) che il 3.9 V8 turbo della Ferrari Portofino è ora in grado di esprimere a 7500 giri sono frutto di profondi interventi che hanno interessato, oltre all’elettronica di gestione, anche la meccanica. Un contributo all’efficienza arriva dalla pompa del lubrificante a doppio livello di pressione, che assorbe il 30% di potenza in meno rispetto a una di tipo convenzionale. Fra gli interventi indirizzati a incrementare la guidabilità della Ferrari Portofino l’adozione di molle più rigide
(del 15,5% davanti e del 19% dietro) e di ammortizzatori adattativi a controllo magnetico gestiti da una centralina di controllo evoluta. Da rimarcare l’introduzione del differenziale elettronico E-Diff3, la cui azione combinata con il controllo di trazione F1-Trac migliora l’esecuzione delle curve dalla fase d’ingresso a quella di uscita, sia nella guida al limite in pista, sia su strada, persino in condizioni di bassa aderenza. L’abitacolo della Ferrari Portofino, reso lussuoso da estesi rivestimenti in pelle e dal sopraffino grado di finitura, offre un’abitabilità più che soddisfacente in rapporto alla tipologia della vettura. Impeccabile la posizione di guida, garantita da un sedile sportivo in grado
di offrire il giusto supporto nella guida veloce senza risultare costrittivo nelle lunghe percorrenze. Immancabile il volante multifunzione, ormai un’icona Ferrari: oltre al manettino per la selezione delle modalità di guida e al pulsante per regolare le sospensioni, ospita il rosso bottone d’avviamento e quelli dei comandi ordinari (fari, frecce, tergicristallo, telefono, ecc). Lunghe e comode le palette per l’uso sequenziale del cambio, i cui comandi principali sono ridotti a tre pulsanti sul tunnel. Sui saliscendi più tortuosi di montagna viene fuori la vera essenza di questa Ferrari Portofino: un’efficacia sor prendente, soprattutto per l’equilibrata taratura delle sospensioni e l’agilità,
AUTO / FERRARI PORTOFINO
serie), efficacissimi se si “pesta” con decisione sul pedale, ma anche pronti e modulabili alle piccole pressioni. Eccitante il potenziato V8 della Ferrari Portofino, che spinge con la forza di un diesel da appena 2000-2500 giri e allunga fino a 7500 giri pieni, quando il velocissimo cambio ordina il passaggio al rapporto successivo. Impeccabile, rapidissimo e ben “smussato” in Comfort il cambio; quando si regola il manettino in Sport, invece, la cambiata diventa nettissima, secca come quella di una vettura da corsa. accentuata dalla minor massa, dal differenziale a controllo elettronico E-Diff3 e dalla maggior prontezza di risposta di motore e sterzo. Quest’ultimo, a gestione elettrica, risulta solido in rettilineo, è preciso e garantisce una
notevole fluidità nell’affrontare curve e controcurve, regalando la possibilità di correggere micrometricamente le traiettorie senza rischiare di innescare alterazioni nell’assetto. Totalmente entusiasmanti i freni carboceramici (di
ALCUNI DATI TECNICI DELLA FERRARI PORTOFINO Carburante Benzina Cilindrata cm3 3855 No cilindri e disposizione 8 a V di 90° Potenza massima kW (CV)/giri 441 (600)/7500 giri Coppia max Nm/giri 760/3000-5250 No rapporti del cambio 7 (robotizz. doppia friz.) + retromarcia Trazione posteriore
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Freni anteriori dischi carboceramici (diam. 390 mm) Velocità massima (km/h) 321 Accelerazione 0-100 km/h (s) 3,5 Consumo medio (km/l) 9,3 Lunghezza/larghezza/altezza cm 459/194/132 Capacità bagagliaio litri 292
UNA COMPATTA DI ALTO PROFILO
RICERCATEZZA E TECNOLOGIA DELLA NUOVA CLASSE A SI SPOSANO AL MEGLIO CON LA SPORTIVITÀ DI AMG, DANDO ORIGINE ALLA A 35 4MATIC DA 306 CV: GUIDA DINAMICA DI GRANDE INTENSITÀ E VELLUTATO RELAX PER VIAGGIARE. DI BENJAMIN ALBERTALLI
AUTO / MERCEDES A 35 4MATIC
È
finita l’epoca del lento travaso di tecnologia dall’alto di gamma verso i modelli più piccoli e meno ricercati: la nuova Classe A ha invertito questa “secolare” tendenza della produzione automobilistica, rendendosi protagonista di una sorta di rivoluzione in seno alla famiglia Mercedes. La “piccola” di Stoccarda, infatti, di compatto conserva soltanto le dimensioni, mentre sotto ogni altro profilo – in special modo tecnologico – scende in campo con “suite” completa di ausili attivi alla guida, sistemi di infotainment e qualità di contenuto che nulla hanno da invidiare rispetto agli altri modelli di dimensioni maggiori. Grazie all’evoluzione di sensori ed informatica di bordo, ad esempio, la navigazione tiene conto anche dei dati cartografici per ottenere un funzionamento del regolatore di velocità attivo ancor più puntuale e raffinato, in grado tra l’altro di modificare la velocità impostata in prossimità di curve, incroci o rotonde. La vettura può inoltre correggere da sola la traiettoria in frenata, su fondi con coefficienti di attrito diversi sui due lati o in caso di vento laterale, ma anche per evitare possibili urti con veicoli che procedono parallelamente. Viene inoltre impedita l’apertura della portiera, ad auto parcheggiata, nel caso in cui sopraggiunga un ciclista. Niente di meglio che godere di tutta questa protezione con il “vestito” più adatto al modello, firmato dall’inge-
gneria AMG nelle forme della prestigiosa A 35: versione capace di combinare al meglio il mondo di profonda evoluzione tecnologica di bordo, che abbiamo appena visto, con prestazioni e intensità di guida di ampio respiro, adatte a tutti i fronti del piacere dello stare al volante. Il due litri turbo-benzina curato dalla divisione sportiva di casa assicura “sound” e prestazioni di notevole portata, 306 cv e 400 Nm erogati con un carattere pieno e deciso ma al tempo stesso anche elastico e molto raffinato. A garantire una motricità strepitosa in ogni condizione di fondo stradale provvede la trazione integrale 4Matic, ulteriormente evoluta per rapidità e raffinatezza di intervento – sposta la coppia verso le ruote anteriori secondo necessità, partendo dalla trazione iniziale sull’avantreno – mentre i cambi di marcia più secchi e fulminei sono permessi dal cambio doppia frizione 7G SPEEDSHIFT DCT AMG. Con le sospensioni regolabili, le modalità di guida facilmente accessibili e configurabili e la notevole versatilità della meccanica, al volante della A 35 si assapora la guida più raffinata realmente a 360 gradi: dal pilotaggio impegnato, che mostra tutta la precisione ed il mordente dell’auto nello scatto e nella percorrenza di curva (0-100 km/h in appena 4,7 secondi) con controllo sempre lineare ed intuitivo, alla marcia più rilassata e rilassante tanto in città come nei lunghi trasferimenti autostradali. Dove l’assetto più rigido ridona spazio
Loris Faraon – AMG Sales Expert e Stefano Winteler
ad un isolamento di qualità, sia dalle imperfezioni stradali che dai rumori esterni. A bordo, anche qui, la A 35 non teme la concorrenza con le “grandi” di famiglia: la carrozzeria più ampia dell’ultima evoluzione del modello assicura un’abitabilità a tutta prova avvolgendo i passeggeri in un’atmosfera altamente moderna, hi-tech e ricercata con numerosi tocchi sportivi che aggiungono sapore e intensità alla qualità della vita a bordo.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG A 35 4MATIC Motore 4 cilindri in linea – Turbo Cilindrata cm3 1.991 Carburante Benzina Potenza max. 306 cv (225 kW) a 5.800 giri/min. Coppia max. 400 Nm a 3.000-4.000 giri/min.
Velocità max. 250 km/h Accelerazione 0-100 km/h 4,7 secondi Capacità serbatoio 43 litri Peso totale 1.480 kg Trazione Integrale
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AUTO / BENTLEY CONTINENTAL GT
BENTLEY NEW CONTINENTAL GT, UN’AUTO DA SOGNO EMOZIONE ADRENALINICA NON SOLO AL PRIMO IMPATTO, MA PER TUTTO IL VIAGGIO… DI GIACOMO NEWLIN
I
l granturismo è rinato in tutta la sua magnificenza, con una “signora” che esprime esteriormente fino all’apoteosi, il concetto di bellezza classica intramontabile, mentre sotto la “veste” l’ammirazione diventa irrazionale per l’emozione del susseguirsi delle sorprese che, non solo alla vista, ma anche al tatto, ti sommergono piacevolmente. Di cosa sto parlando? Ma ovviamente della nuova
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Continental GT della Bentley, un capolavoro meccanico, tecnologico ed estetico, costato anni di ricerca. Sono parecchie le auto, di diversa categoria e di marche diverse, dalle piccole alle grandi e dalle meno alle più performanti, che ho potuto provare, non come tecnico che non sono, ma come estimatore curioso della loro estetica e della loro tecnologia, semplicemente per provare piacere che ogni singola auto può dare; ma la New Bentley Continental GT non è semplicemente un’auto, è un fasto! La Bentley New Continental GT che ho avuto tra le mani è stata come in amore il classico “coup de foudre”, un amore a prima vista intanto che mi avvicinavo per aprire la portiera, poi è arrivato il resto… Mi direte, ma è facile innamorarsi di un simile gioiello, non solo perché è bello, ma soprattutto perché è trasgressivo, proprio come qualcosa di proibito, che ti ammalia e che se ti capita almeno una volta nella vita ne
AUTO / BENTLEY CONTINENTAL GT
cogli all’istante le promesse. Promesse in questo caso mantenute, a cominciare da un’emozione adrenalinica che, se non sei proprio di primo pelo, ti catapulta indietro di qualche decennio. Per prima cosa c’è da dire che non entri in un’auto, ma ti accomodi in un salotto di gran lusso e hai subito l’impressione che vivrai momenti di intensa emozione, ed è così, perché la guida di questa vettura è diversa da qualsiasi
altra. È diversa perché sei coccolato dalle sue eccezionali prestazioni che fuoriescono come per incanto da ciò che ha al suo interno, dal suo grande cuore, e ciò che la casa costruttrice afferma lo condividi in pieno e cioè che la nuova Bentley Continental GT segna l’inizio di una nuova era per la sua potenza senza rivali, per la raffinata artigianalità e per la tecnologia all’avanguardia. Infatti con le sue prestazioni, che risultano insuperate nel settore delle vetture granturismo: 635 cavalli, scatto da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi e velocità massima che raggiunge i 333 Km orari, incarna la nuova generazione di questo marchio blasonato. Cosa dire per terminare, se non che la speranza di possederne una si trasformi da sogno in realtà e chissà perché a questo punto mi viene in mente il bel film dal titolo originale “Something’s gotta give” con Jack Nicholson e Diane Keaton, il cui senso era, che nella vita tutto può succedere. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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AUTO / DS3 CROSSBACK
UNA CITY CAR DI GRAN LUSSO GABRIELE GARDEL, ALLA GUIDA DELL’OMONIMO GARAGE ORA TOTALMENTE RINNOVATO NELL’ALLESTIMENTO E CHE ACCANTO AGLI STORICI MARCHI MAZDA E SUBARU HA ASSUNTO ANCHE LA RAPPRESENTANZA DI DS AUTOMOBILES, CITROEN E PEUGEOT, CI PARLA DI UNA VETTURA IN GRADO DI ASSOLVERE PERFETTAMENTE ALLE ATTESE DEI GUIDATORI PIÙ ESIGENTI.
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Q
uali sono le principali caratteristiche di questo modello della DS Automobiles? «DS 3 Crossback 2019 è un crossover compatto ed elegante anche in versione elettrica. La casa francese, più di tutte le altre del gruppo PSA, punta fortemente sull’innovazione tecnologica e sullo stile, con una cura speciale per i dettagli. Secondo la visione del brand, la DS3 Crossback diventerà il modello più venduto della sua gamma, superando anche i volumi della DS3 e confermando il salto in termini di qualità e raffinatezza degli interni già visto sulla DS7 Crossback, a sottolineare la collocazione “premium” del costruttore. Per sfidare le tedesche, ma con un lusso… alla francese. Oltre alle particolarità stilistiche, la DS 3 Crossback è equipaggiata di tutti i più recenti assistenti di sicurezza alla guida».
La vettura si presenta particolarmente curata sotto il profilo estetico… «Lunga 4,12 metri, ha un design elegantissimo che si nota in ogni parte: dalla grande griglia frontale, alla sagomatura delle fiancate, fino alla pinna laterale che avevamo già visto in forma meno netta sulla DS 3. Gli interni sono molto curati, dal cruscotto digitale all’head-up display, fino agli interruttori a forma di diamante e le personalizzazioni ispirate ai quartieri di Parigi, come già visto sulla 7 Crossback». Quali sono le motorizzazioni previste? «I motori disponibili sono il 1.2 turbo a benzina da 100, 130 o 155 CV e il diesel 1.5 da 100 CV o 130 CV, abbinati al cambio manuale a 6 marce o all’automatico a 8. In tutto e per t utto sorellina della DS 7 Crossback, la DS3 nasce su un’inedita piattaforma modulare (la CMP) – condivisa con la
AUTO / DS3 CROSSBACK
nuova Peugeot 208 e la 2008 di seconda generazione – pronta ad ospitare nuovi motori, una versione mild hybrid con elettrico da 48 Volt e sistema propulsivo 100% elettrico. La DS 3 Crossback elettrica, attesa per la fine del 2019, dovrebbe chiamarsi E-Tense, riprendendo il nome di un prototipo della casa francese, e avrà un’autonomia di 450 km». Di particolare rilievo anche la dotazione di avanzate soluzioni tecnologiche… «Le tecnologie e gli equipaggiamenti sono da categoria superiore. È raro infatti che le crossover in questa fascia di prezzo, abbiano dotazioni come le maniglie esterne a scomparsa: avvicinandosi a meno di 1,5 metri dall’auto, la DS 3 Crossback “riconosce” il suo proprietario (deve tenere in tasca il telecomando), sblocca le serrature e fa fuoriuscire le maniglie, che rientrano automaticamente quando l’auto si muove o quando il proprietario di allontana. Ne beneficiano la linea dell’auto, più pulita, e anche i consumi, visto che una carrozzeria priva delle maniglie migliora l’aerodinamica e il comfort. La DS 3 Crossback è dotata inoltre della funzionalità Smart Access, che
permette di sbloccare le serrature e avviare il motore anche senza avere il telecomando. Questo sistema funziona attraverso l’applicazione per smartphone MyDS e la connettività bluetooth: il proprietario dell’auto può dare cinque chiavi virtuali d’accesso a famigliari o colleghi, che potranno usare l’auto senza avere con sé il telecomando. A richiesta non
mancano sistemi di assistenza alla guida come il DS Drive Assist, che sfrutta il radar frontale e le telecamere per mantenere costante la distanza impostata dall’auto che precede: Fra i punti di forza della DS 3 Crossback ci sono l’impianto stereo opzionale con 12 altoparlanti e il sistema DS Park Pilot, che aiuta il guidatore nei parcheggi in parallelo e a pettine».
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ARCHITETTURA / MERCATO IMMOBILIARE
QUALI PROSPETTIVE PER IL MERCATO DEGLI IMMOBILI IN TICINO?
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umerose questioni tuttora aperte inducono ad interrogarsi su quale potrà essere l’andamento del mercato immobiliare nel corso del 2019. I tassi sempre bassi si presume garantiranno che il mercato immobiliare svizzero continui a mantenere una valutazione elevata, senza lasciare intravedere il rischio di un crollo dei prezzi delle abitazioni. Nel mercato delle abitazioni primarie, l’atterraggio morbido sarebbe in corso già da lungo tempo. La mancanza dell’elemento speculativo continuerebbe a essere il motivo principale per cui il mercato non rischia il crollo nonostante l’elevato livello dei prezzi raggiunto. Contrariamente al crollo dei primi anni Novanta, oggi si registra infatti un boom della domanda da parte di utilizzatori reali
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– ossia di proprietari di abitazioni – e non di speculatori alla ricerca di rapidi guadagni. Lo stesso è il caso anche per gli immobili di reddito nel mercato immobiliare ma, come già previsto, i rischi sono aumentati nel 2018, il che si rifletterebbe nell’aumento dei locali sfitti. Tuttavia, gli acquirenti di immobili di reddito sono perlopiù investitori professionali. L’invariato ampio differenziale di rendimento tra investimenti immobiliari e investimenti a reddito fisso spinge letteralmente gli investitori istituzionali nel mercato immobiliare. Per motivi di diversificazione, tuttavia, a differenza degli investitori privati, essi sono anche in grado di far fronte agli sfitti. Vi è invece un surriscaldamento dei mercati degli uffici nelle grandi città, dove si delineano esuberi di capacità.
ARCHITETTURA / MERCATO IMMOBILIARE
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
GIANLUCA RIGHETTI (G.R.) Direttore Fontana Immobiliare/ Sotheby’s International Realty
PHILIPP PETER (P.P.) e UELI SCHNORF (U.S.) Titolari Wetag Consulting
MATTEO PAGANI (M.P.) Studio Fiduciario Pagani
GIOVANNI MASTRODDI (G.M.) Titolare MG Immobiliare
MARZIO GRASSI (M.G.) Responsabile Regione Ticino di Credit Suisse
MAURO PEDRAZZETTI (M.PE.) VicePresidente BPS (Suisse)
P.P E U.S.: «Noi parleremo del mercato di lusso, oggetto della nostra attività in Ticino: le forze che muovano questo particolare mercato non sono in prima luogo né l’andamento degli interessi ipotecari, né i movimenti di investitori professionali. Da un lato dipende dalla qualità della posizione Svizzera rispetto a quella dei Paesi esteri: cambierà l’uno o l’altro, cambieranno i flussi degli stranieri che intendono prendere residenza da noi. Prevediamo che la Svizzera mantenga la sua maggiore attrattività. Da un altro lato dipende dall’andamento del Ticino in paragone ai movimenti di altri Cantoni: più divengono attrattivi gli altri Cantoni in paragone al Ticino, peggio va il mercato di lusso qui da noi. Questa è una tendenza che già da diversi anni purtroppo sembra di persistere…Come terzo elemento ci
sono i fattori “Ticino-only” riguardanti il mercato del lusso, a proposito dei quali non siamo in grado di fare previsioni. Il risultato totale è dato dall’insieme di questi tre movimenti».
I
l 2018 ha segnato anche in Ticino un qualche rallentamento del mercato immobiliare. Prevede che questo processo continuerà anche nel corso di quest’anno e quali ritiene ne siano le principali cause? G.R.: «In effetti nel corso degli ultimi mesi il marcato immobiliare ticinese ha conosciuto un certo rallentamento rispetto alle positive dinamiche registrate negli anni precedenti. Si può prevedere che questa situazione proseguirà anche nel corso del 2019, anche in considerazione del fatto che in città vi sono numerosi cantieri aperti e dunque è presumibile che avremo una prevalenza dell’offerta sulla domanda, con conseguente allungamento dei tempi necessari per portare a termine una compravendita».
M.P.: «In effetti stiamo assistendo ad un rallentamento delle vendite da ormai un paio d’anni. Dalla metà del 2016 anche il settore dell’affitto è in difficoltà in quanto il livello degli sfitti negli immobili residenziali a reddito è aumentato, ben al di sopra dei livelli ufficiali del 2%: purtroppo a dipendenza delle aree geografiche ticinesi si assiste a percentuali anche del 10%. Il numero estremamente elevato di appartamenti in costruzione, facilmente visibile facendo una passeggiata nella zona di Besso, Massagno e Paradiso, non può che generare grande preoccupazione». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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G.M.: «Da sempre il mercato immobiliare in Ticino è condizionato dal sistema finanziario e dalla domanda della clientela straniera e soprattutto dai stranieri residenti sul nostro territorio. I dati statistici recentemente pubblicati per il comune di Lugano sono negativi, ossia abbiamo avuto più partenze che nuovi arrivi, perdendo contribuenti e fascino. Oltre a queste cause, non va dimenticato che nel segmento di medio-basso prezzo, le famiglie alla ricerca di una soluzione abitativa sono molte, ma non riescono a ottenere un credito a causa dell’elevato capitale proprio richiesto o del reddito basso. Qualcosa su cui riflettere. Il rallentamento è stato costante e leggero negli ultimi 2 anni, per il 2019 si sta assistendo ad una dicotomia con segnali di ripresa della domanda degli immobili di pregio e nel centro città ed una debolezza al di fuori del nucleo urbano». M.G.: «Per un breve periodo nel 2017, a livello svizzero abbiamo assistito a un lieve calo dei prezzi della proprietà abitativa. Già nel 2018, tuttavia, i prezzi sono tornati in territorio positivo. A nostro avviso, questa tendenza dovrebbe protrarsi anche nel 2019. In Ticino la situazione è diversa. A causa del significativo calo dell’immigrazione, il Ticino ha risentito di un calo dei prezzi più marcato e a fine 2018 i prezzi erano ancora leggermente in calo». M.PE.: «Gli studi di mercato delle grandi banche, delle società specializzate nel settore immobiliare, nonché degli istituti di ricerca delle nostre principali università e politecnici sono sostanzialmente concordi nel confermare questo rallentamento grosso modo in tutta la Svizzera, anche se con intensità differenti tra le varie regioni. Il Ticino, apparentemente e secondo gli studi citati, risulta
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uno dei Cantoni più colpiti da questa frenata. Naturalmente nessuno, tanto meno il sottoscritto, si sente di smentire questa tendenza. La decelerazione è percepita; tuttavia la sua incidenza - non da ultimo in base ai finanziamenti che il nostro istituto ha erogato anche nel 2018 - risulta tuttora relativamente modesta. La riduzione di compravendite in alcune tipologie di immobili è stata più o meno compensata da alienazioni e rispettivi acquisti per altre costruzioni. Le promozioni immobiliari con destinazione vendita o messa a reddito si sono susseguite anche nel 2018 assestandosi su buoni livelli. Si può pertanto ragionevolmente affermare che il settore immobiliare, anche in Ticino, continua ad essere caratterizzato da un buon dinamismo. Il 2019 potrebbe però accentuare un poco la tendenza rilevata dagli studi citati; non è dunque da escludere un sensibile incremento di questa frenata, unito a una sempre maggiore prudenza da parte degli istituti di credito a concedere nuovi finanziamenti. D’altra parte gli attuali tassi d’interesse, sempre se rimarranno a questi livelli minimi, dovrebbero permettere di mantenere l’attività ancora su buoni ritmi. Per quanto riguarda le possibili cause del sensibile, ma ancora modesto rallentamento del mercato immobiliare,
possiamo senz’altro citare la frenetica operatività delle imprese di costruzione che ha caratterizzato in particolare l’ultimo quinquennio, grazie alle condizioni favorevoli di accesso al credito ipotecario, di cui hanno beneficiato i clienti negli ultimi anni». Ritiene che il perdurare sul breve-medio periodi di una situazione di basse tassi possa in qualche modo determinare conseguenze sulla politica adottata dalla banche riguardo alla concessione di mutui ipotecari? G.R.: «I criteri adottati dalle banche riguardo alla concessione di mutui ipotecari sono stati delineati già da alcuni anni e non vi è ragione di ritenere che, a fronte del perdurare di tassi particolarmente bassi, si possa verificare a breve una radicale inversione di tendenza. Il rigoroso “calcolo della sostenibilità”, applicato dagli istituti bancari al cliente acquirente, permette di tenere sotto controllo l’indebitamento privato proteggendo l’acquirente dalle fluttuazioni dei tassi ipotecari».
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ARCHITETTURA / MERCATO IMMOBILIARE
ABITAZIONI VUOTE SOTTO OSSERVAZIONE L’OPINIONE DI GABRIELE ZANZI, MEMBRO DI DIREZIONE GENERALE E RESPONSABILE DELL’AREA RETAIL E AZIENDALE DI BANCASTATO.
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l 2018 ha segnato anche in Ticino un qualche rallentamento del mercato immobiliare. Prevede che questo processo continuerà anche nel corso di quest’anno e quali ritiene ne siano le principali cause? «Stando agli ultimi dati statistici disponibili, relativi al 2017, il numero e il valore delle transazioni immobiliari, nonostante un certo rallentamento, si mantengono ad alti livelli. Ciò che nel 2018 ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori è la forte impennata del tasso di abitazioni vuote, che in Ticino ha superato in pochi anni la media svizzera. A fronte di un settore edilizio che ha continuato e continua a immettere sul mercato nuove abitazioni, nel nostro Cantone abbiamo assistito a un’importante contrazione non solo del saldo naturale ma anche di quello migratorio. Negli ultimi decenni, per il Ticino, l’immigrazione ha sostenuto in maniera importante la domanda: basti pensare che la componente straniera rappresenta il 28% della popolazione. Rispondendo alla sua domanda, dunque, ritengo che qualora le dinamiche esposte non dovessero variare, potremo assistere a un’ulteriore crescita del numero di abitazioni vuote anche nel 2019».
Ritiene che il perdurare sul breve-medio periodo di una situazione di bassi tassi possa in qualche modo determinare conseguenze sulla politica adottata dalle banche riguardo alla concessione di mutui ipotecari? «È importante dire che le banche hanno già adottato una politica prudenziale in tal senso. Vi potrebbero essere conseguenze qualora fossero le autorità a determinare nuove regole o nuovi parametri nell’ambito dell’erogazione di crediti ipotecari. Negli ultimi anni ciò è avvenuto: pensiamo ad esempio alle disposizioni riguardanti i mezzi propri sotto forma di liquidità richiesti a chi stipula un’ipoteca». Quali conseguenze ritiene possa avere un’eventuale ulteriore crescita di locali sfitti riguardo a investitori privati e istituzionale? «Qualora il tasso di abitazioni vuote dovesse aumentare ancora, potremmo assistere a una correzione dei prezzi. È la legge della domanda e dell’offerta. Gli investitori dovranno tenerne conto non solo per ciò che concerne l’acquisto o la vendita di un bene, ma anche ad esempio per tutto ciò che attiene alla manutenzione di abitazioni già
esistenti e magari datate, divenute meno attrattive a causa della maggiore offerta del mercato». A suo giudizio quale potrà essere nei prossimi mesi l’impatto di un rallentamento dell’economia svizzera sull’andamento del mercato di immobili industriali e commerciali? «Negli scorsi anni si sono costruiti anche molti spazi commerciali e industriali grazie ai tassi d’interesse storicamente bassi e alla mancanza d’alternative d’investimento attrattive. Ora è chiaro che un rallentamento dell’economia potrebbe avere un impatto negativo sull’occupazione e i canoni d’affitto e, quindi, sul valore di questa tipologia d’immobili. Da rilevare che gli spazi commerciali devono tra l’latro già fare i conti con la forza del franco svizzero e con delle evoluzioni a lungo termine sfavorevoli quali il commercio “on-line”. Naturalmente è sempre molto difficile fare previsioni, ma la prudenza per questa tipologia d’investimenti è sempre più d’obbligo».
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P.P E U.S.: «Di nuovo, guardiamo al mercato di lusso: la persistenza di tassi bassissimi, in paragone all’estero, favorisce il mercato ticinese, anche se l’andamento delle tasse non è un fattore molto determinante. Con i clienti provenienti dall’estero, le banche guardano in primo luogo i loro asset, più che il valore della proprietà o il tasso attuale d’interesse». M.P.: «Le banche hanno di fatto già dovuto irrigidire le loro politiche ipotecarie a seguito dell’intervento del regolatore per tenere sotto controllo un mercato della vendita che con questi tassi avrebbe potuto diventare esplosivo e portare ad una nuova bolla nella vendita. La tentazione di molti investitori è infatti di investire indebitandosi grazie appunto alla possibilità di ottenere crediti a tassi estremamente bassi. A oggi il calcolo effettuato dalle banche per la determinazione della sostenibilità del debito da parte del potenziale acquirente, porta a dei livelli di reddito necessario a soddisfare i criteri bancari talmente elevato da rendere spesso molto difficile vendere appartamenti o case unifamiliari. Non ritengo sbagliato questo approccio ma le conseguenze sul settore sono importanti». G.M.: «Nel 2019 stiamo assistendo ad un arresto del calo dei prezzi medi in aree ben definite del cantone e si sta manifestando un chiaro segnale di spaccatura della domanda, dove l’aspetto del finanziamento ipotecario penalizza principalmente la fascia media dei clienti. Il calo dell’immigrazione e l’elevato calcolo di sostenibilità per il finanziamento ipotecario hanno frenato la crescita delle ipoteche erogate. Di contro i tassi ipotecari bassi sono per gli investitori professionali una opportunità di impiego della propria li-
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quidità, rivolgendo sul mattone importanti capitali con aspettative di interessi vantaggiosi rispetto alla gestione finanziaria». M.G.: «Di regola la politica di credito della banca è orientata al lungo termine e non muta in base alla situazione dei tassi ipotecari. La concessione di un credito ipotecario si basa su chiari criteri di sostenibilità del debito. Da alcuni anni questi criteri sono stati inaspriti dal regolatore – Finma e Banca Nazionale Svizzera –, di fatto contribuendo alla riduzione della cerchia di potenziali proprietari. È chiaro che la sostenibilità del debito è un principio fondamentale che salvaguarda in primo luogo il debitore stesso, impedendo un suo eccessivo indebitamento». M.PE.: «I tassi d’interesse a questi livelli, ormai definibili minimi, sono in vigore da oltre un quinquennio, per cui si può pensare che le banche, che hanno continuato a operare nell’attività creditizia ipotecaria, abbiano da tempo adottato le misure opportune per poter gestire anche questa particolare situazione. Naturalmente va anche detto che per gli istituti di credito la gestione dell’attività di tesoreria in presenza di questi tassi d’interesse a livelli minimi, risulta relativamente complessa. Si tratta di scenari sostanzialmente sfavorevoli per gli istituti che operano nel credito, poiché devono cercare di acquisire sufficiente redditività in presenza di tassi debitori, applicati ai clienti che accedono a un mutuo ipotecario, molto contenuti, i quali non permettono certo di raggiungere ampie marginalità. Anche se oramai la maggior parte degli istituti di credito non offre più remunerazioni ai clienti che depositano liquidità sui conti - per cui si può pensare che il costo diretto della raccolta sia a buon mercato - i costi vi-
vi e interni per la concessione di crediti, la loro amministrazione, il loro monitoraggio e sorveglianza e l’eventuale gestione di incagli sono importanti, per cui potrebbero concorrere a rendere meno attrattiva questa attività. Oltre a ciò il cosiddetto rifinanziamento interbancario, dalle crisi sistemiche del 2008, non è di facile attuazione e pure questo processo ha un costo finanziario, in certe condizioni, importante. Non è quindi escluso che nel caso in cui questi scenari sfavorevoli dovessero ulteriormente perdurare, magari su un periodo ancora medio-lungo, gli attori tuttora presenti numerosi in questo mercato potrebbero gradualmente diminuire. In tal modo la propensione al credito delle banche potrebbe attenuarsi e gli effetti sarebbero molteplici e sicuramente non favorevoli alla clientela desiderosa di accedere al credito. Tra le conseguenze che si potrebbero concretizzare menziono la riduzione degli istituti rivolti al pubblico; un rialzo del costo del credito mediante l’addebito di tassi più alti per rendere maggiormente attrattivo un business a quel punto considerato meno interessante; l’applicazione di condizioni più restrittive per l’accesso al credito». Quali conseguenze ritiene possa avere un’eventuale ulteriore crescita di locali sfitti riguardo a investitori privati e istituzionale? G.R: «Sicuramente negli ultimi 2/3 anni sono stati immessi sul mercato un rilevante numero di appartamenti a reddito, con una massiccia presenza di investitori istituzionali, e altri importanti cantieri sono tuttora in via di realizzazione. Tutto ciò non potrà non avere delle ripercussioni, a medio termine, sull’andamento dei prezzi degli affitti, che già adesso segnano una certa stagnazione, a cui potrà fare seguito anche una graduale riduzione dei canoni».
ARCHITETTURA / MERCATO IMMOBILIARE
P.P E U.S.: «L’esistenza di un mercato con elevata quantità di locali sfitti significa che il mercato non è in equilibrio, e questo in senso negativo: O ci sono troppe offerte (costruzioni nuove), o c’è una domanda troppo bassa (diversi motivi), o i venditori mantengono prezzi troppo alti sperando che in futuro raggiungeranno i livelli desiderati. Visto che i locali sfitti non si dissolvono in aria, e che non siamo davanti all’arrivo di orde di acquirenti addizionali, normalmente i prezzi dovrebbero scendere finché il mercato non trova un nuovo equilibrio. L’effetto sul mercato di lusso è in ogni caso piuttosto negativo, un ambiente con locali sfitti o con prezzi considerati “troppo alti” nel mercato locale influisce sull’acquirente del mercato di lusso, dove l’andamento dei prezzi sicuramente sarà simile e si verificherà una tendenza al ribasso rispetto ai prezzi richiesti». M.P.: «Questo è il vero problema del settore immobiliare nel prossimo futuro. I tassi d’interessi negativi stanno creando una vera e propria distorsione del mercato degli immobili a reddito dove le casse pensioni (con i soldi delle nostre pensioni!) e le assicurazioni pur di non pagare i tassi negativi alla Banca Nazionale stanno edificando in modo molto aggressivo, con la comparsa sul mercato di un gran numero di appartamenti nuovi offerti in affitto a prezzi al di sotto a quelli di mercato del “nuovo”. Dal loro punto di vista un rendimento anche del 2% è meglio dello 0.75% da versare alla Banca Nazionale. Alcuni costruttori hanno sostenuto pubblicamente che questo sia un bene per il mercato in quanto porterebbe competizione e aumenterebbe l’offerta di appartamenti in affitto. Ovviamente chi costruisce non può affermare il contrario pena la diminuzione del proprio lavoro, ma la realtà è che di fronte ad
un numero già elevato di appartamenti sfitti e ad un’immigrazione nulla la nuova offerta non può che portare ad un aumento degli appartamenti vuoti. Qui sta la distorsione di mercato e, dirò di più, questo rappresenta una bolla immobiliare: costruire al 2-3% di rendimento è di fatto un comportamento speculativo se relazionato ai grossi rischi legati ad un futuro aumento dei tassi d’interesse. Il fattore “speculazione” mancava per arrivare alla definizione di bolla che a mio modo di vedere le casse pensioni e gli assicuratori stanno creando e i costruttori cavalcando. Non so se il regolatore si sia ancora reso conto di questa situazione, ma i danni saranno evidenti nell’arco dei prossimi mesi e anni». G.M.: «Ci possono essere diversi scenari: la clientela abituata all’affitto traslocherà in nuovi appartamenti, di maggiore qualità e negoziando condizioni contrattuali più favorevoli con canoni di locazione inferiore alla media, lasciando vuoti appartamenti e stabili più vecchi, che dovranno essere ammodernati e resi attrattivi. Come anticipato, negli ultimi anni si è visto un mercato che ha modificato la destinazione delle nuove edificazioni dalla vendita all’affitto, con ingenti capitali, condizionandone l’offerta, i canoni e gli scenari di sviluppo, spesso non soddisfacendo a pieno quelli che erano i presupposti di investimento del reddito immobiliare. Tutto questo, per fortuna condiziona solo parzialmente il segmento della compravendita degli immobili residenziali che è il mio settore di competenza, dove c’è più equilibrio tra domanda ed offerta». M.G.: «Grazie ai tassi ipotecari ancora molto bassi, lo sfitto cumulato finora non fa ancora veramente male agli investitori. Vista l’attività di costruzione di appartamenti in affitto ancora dinamica, ci si deve tuttavia
aspettare un ulteriore aumento significativo dello sfitto, anche in Ticino. In questo contesto di mercato, la qualità degli immobili per gli investitori diventa ancora più importante. Una buona ubicazione e una pianta dell’appartamento attraente sono fondamentali. Ma anche le dimensioni degli alloggi e il segmento di prezzo devono essere in linea con la struttura della domanda locale». M.PE: «Un fattore importante è il grado di aspettativa di rendimento da parte degli investitori relativa a queste operazioni immobiliari. Il privato patrimonialmente dotato che desidera investire parte della propria sostanza mobiliare diversificando i propri investimenti – o, addirittura in alternativa agli investimenti nei mercati borsistici e del mercato dei capitali può, potremmo dire deve, accontentarsi anche di rendimenti modesti. L’eventuale aumento dello sfitto è un fattore che non dovrebbe incidere pesantemente sulla propensione all’investimento da parte di questi soggetti. Ancor meno questo elemento dovrebbe influenzare gli investitori istituzionali, i più spinti ad acquistare immobili per evitare l’eccessiva giacenza liquida che oggi provoca costi, anche importanti, a causa del perdurare dei bassi livelli di interesse, che per i grandi depositanti significa pagare tassi negativi. Per contro gli immobiliaristi professionali potrebbero subire qualche influenza da questo trend, decidendo di ridurre la propria attività nelle regioni particolarmente colpite da questa contrazione della domanda di spazi da locare. In sintesi, comunque, al momento non si intravedono implicazioni importanti che possano stravolgere la propensione all’investimento di questi attori del mercato immobiliare».
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ARCHITETTURA / MERCATO IMMOBILIARE
A suo giudizio quale potrà essere nei prossimi mesi l’impatto di un rallentamento dell’economia svizzera sull’andamento del mercato di immobili industriali e commerciali? G.R.: «Nonostante una lieve flessione, lo stato dell’economia svizzera mi sembra risulta essere ancora favorevole, al punto da non lasciare prevedere rilevanti chiusure di strutture produttive per l’anno in corso. La domanda di spazi ad uso ufficio sta subendo una certa flessione, più accentuata per le superfici di grandi dimensioni. A soffrire di più in questo momento sono le superfici destinate alla vendita, un settore che sta subendo grandi cambiamenti a livello strutturale». P.P E U.S.: «Non facciamo previsioni sui mercati commerciali e industriali in quanto non li seguiamo da vicino». M.P.: «Il mercato degli immobili commerciali è già in difficoltà da tempo. Il mercato al dettaglio arranca e il cambiamento strutturale per esempio nel settore finanziario ha creato una situazione difficile: l’aumento degli sfitti di uffici e negozi è sotto gli occhi di tutti. Un rallentamento dell’economia non potrà far del bene e ritengo stia alla politica attuare delle politiche volte prima di tutto a trattenere le aziende presenti sul territorio ma anche ad attirarne di nuove. Per gli spazi destinati alla vendita il problema risiede nel fatto che i proprietari erano abituati ad incassare affitti elevati ed ora il cambiamento di tipologia di negozi con la partenza delle marche di lusso e l’arrivo di negozi di grandi marchi specializzati nella vendita a prezzi bassi non potrà che obbligare i proprietari ad abbassare gli affitti».
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G.M.: «Per l’economia svizzera, il settore immobiliare nel suo insieme riveste un’importanza fondamentale. Mi permetto di esprimere un parere in merito al mercato delle case e delle abitazioni in PPP. Mantenendosi inalterati questi tassi ipotecari, con gli scenari di crescita demografica attuali con una stabilizzazione dei prezzi anche nel 2019, si può prevedere che la crescita dei prezzi nei prossimi 10 anni, delle abitazioni residenziali torneranno ad un +3%, come previsto da importanti studi in materia, dando così sicurezza e garanzia a chi si appresta ad acquistare un appartamento o una casa. In merito al mercato industriale e commerciale, la situazione è più complessa, qui è necessario coinvolgere una politica di incentivi per aziende e famiglie. Rivedendo quella che è la tassazione immobiliare nel suo insieme, troppo cara ed iniqua, con il fine di ridare slancio a nuovi arrivi di imprese, investitori e famiglie capaci di creare ricchezza sul nostro territorio, a tutto tondo. Ricordiamoci la celebre frase “la bellezza salverà il mondo”. È una bella dichiarazione di ottimismo, che deve però essere concreta e non vana. Se non operiamo subito, il nostro bel Ticino verrà presto dimenticato e sorpassato da tante mete geografiche a noi concorrenti. Dobbiamo quindi ricominciare a creare una “nuova bellezza ed una nuova ricchezza” per la nostra Lugano». M.G.: «Con una crescita economica più debole, anche la domanda supplementare di superfici a uso ufficio sarà un po’ meno elevata. Tuttavia, il fabbisogno di superfici rimarrà sopra la media nel 2019. La situazione è invece diversa per quanto riguarda le superfici di vendita. Qui continuano a dominare le conseguenze negative dell’aumento del commercio online e del turismo dell’acquisto. Molto richiesti restano gli immobili per la logistica.
Questo segmento beneficia del commercio online emergente con le sue crescenti esigenze in termini di consegna dei beni al cliente finale». M.PE: «In questi due settori del mercato immobiliare svizzero - al contrario di quello che comprende i cespiti immobiliari a destinazione residenziale - sono già ben visibili gli effetti di una concreta eccedenza dell’offerta, determinata parzialmente da una sovrabbondanza di costruito degli ultimi anni, ma soprattutto da una oramai endemica scarsa domanda da parte delle imprese nazionali, che - molto in generale e al di là dei grossi gruppi industriali noti a livello internazionale e di quelli che operano in settori quasi perennemente alla ribalta - non godono già ora di condizioni economico-congiunturali favorevoli. Un ulteriore rallentamento non farebbe che peggiorare questa situazione; lo sfitto e la scarsa domanda di questi immobili sarebbero destinati a incrementare».
ARCHITETTURA / AQUILIALBERG ARCHITECTS
ESPERIENZA E CREATIVITÀ NELLA PROGETTAZIONE
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GLI ARCHITETTI LAURA AQUILI ED ERGIAN ALBERG PROPONGONO PROGETTI VISIONARI E INNOVATIVI NEL CAMPO DELL' ARCHITETTURA E DELL' INTERIOR DESIGN, VANTANDO UNA VASTA ESPERIENZA MATURATA ALL’ESTERO NEI PIU' PRESTIGIOSI STUDI INTERNAZIONALI.
l vostro percorso professionale è segnato dalla collaborazione con alcuni dei più prestigiosi studi internazionali… «In effetti, dopo esserci laureati, dal 1999 abbiamo lavorato ad Amsterdam, Rotterdam, Roma, Londra e Pechino presso gli uffici internazionali di Zaha Hadid, OMA, UNStudio, ONL e Fuksas dove siamo stati responsabili di diversi progetti, dalla piccola alla grande scala. Un passo decisivo è stato fatto nel 2006 quando abbiamo aperto un nostro studio a Milano dove ci occupiamo di architettura e design con un approccio sperimentale e innovativo, unendo l’esperienza ad alto contenuto tecnologico acquisita all’estero con nostro specifico background che affonda le radici nella contaminazione tra architettura, grafica, arte e design. Due anni fa, infine, la scelta di aprire uno studio a Lugano, pur mantenendo progetti all’estero». Fin dall’inizio avete realizzato sia lavori di design che progetti d’interni… «Il primo progetto di design, il side table Vertigo ha marcato nel 2007 la no-
stra collaborazione con Moroso. Il primo lavoro di architettura d’interni è stato invece con la casa d’aste Christie’s, per la quale abbiamo disegnato Headquarter ed uffici di Milano unitamente a due grandi esposizioni a Palazzo Clerici a Milano e a Palazzo Lancellotti in Piazza Navona a Roma. Al 2009 risale invece il primo progetto di allestimento e grafica per la Triennale di Milano, una mostra di 700 mq dal titolo: “La città Fragile”. Nel corso degli anni avete sempre guardato con particolare attenzione al mondo della moda… «Mi ero avvicinato a questo settore – racconta Ergian Alberg – già ai tempi della collaborazione con lo studio OMA di Rotterdam lavorando ai Prada stores di New York, San Francisco e Los Angeles. Il primo progetto del nostro studio è nato dall’incontro con lo stilista Neil Barrett per il quale abbiamo disegnato la scenografia scultorea della sfilata di Milano. Decisivo per la nostra attività è stato poi, dal 2011, l’avvio di una collaborazione con lo stilista Philipp Plein nel concept e nella 01
01 Uffici della Provincia Bolzano 02 Villa Philipp Plein Riva San Vitale 03 Atelier Superior Milano
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ARCHITETTURA / AQUILIALBERG ARCHITECTS 02
realizzazione di negozi monomarca e show-room in tutto il mondo, traducendo la filosofia del brand in un linguaggio architettonico contemporaneo. Negli anni, inoltre, abbiamo completato due ville di Philipp Plein a Cannes e una townhouse a New York, progettato l’Headquarter dello stilista a Lugano e la sua villa a Bel Air - Los Angeles, e ottenuto il permesso a costruire per la ristrutturazione e l’ampliamento della villa di Riva San Vitale».
lizzando un linguaggio contemporaneo ed innovativo. «Un altro aspetto di cui tener conto nella nostra progettazione – interviene Laura Aquili – riguarda, dopo aver stabilito in una prima fase tutta la complessità di un edificio, l’attenzione ad operare un processo di semplificazione alla ricerca di una pura essenzialità delle linee e delle forme». Possiamo citare un recente lavoro che vi ha consentito di realizzare appieno la vostra visione dell’architettura? «Ci piace citare il percorso creativo che abbiamo intrapreso con un importante imprenditore toscano, Stefano Caponi, per il quale a Santa Croce sull’Arno abbiamo progettato la ristrutturazione della conceria (3.000 mq), scegliendo di rigenerare con una struttura-installazione uno spazio all’aperto poco va-
Possiamo sintetizzare quali sono gli elementi cardine cui fate riferimento nella vostra attività di progettazione? «Premesso che tutte le esperienza che abbiamo fatto nei grandi studi dove abbiamo lavorato ci hanno in qualche modo consentito di accrescere, in un tempo relativamente breve, il nostro background, non possiamo non citare l’insegnamento di Zaha Hadid e la sua ricerca di proporzione tra le linee e di un rapporto tra i pieni e i vuoti. All’interno di questo equilibrio abbiamo in ogni caso cercato di inserire elementi che possano conferire un senso di movimento, rompendo la staticità dell’edificio. Ne è un esempio il concorso per il nuovo edifico della provincia di Bolzano dove l’incastro dei volumi e la pulizia delle linee architettoniche, contribuiscono a disegnare un edificio con un’alta riconoscibilità urbanistica uti-
lorizzato di oltre 1000 mq. Il progetto architettonico è partito da due input legati direttamente alla pelle: la sua struttura, ovvero un intreccio tridimensionale di fibre in balia di tensioni in più direzioni e l’affascinante frammentazione dei nastri aerei a catena su cui le pelli vengo appese nei vari processi di lavorazione. Il dialogo si è poi ulteriormente arricchito con l’obiettivo di orientare l’azienda verso un sempre maggiore rispetto della sostenibilità ambientale, generando con il progetto un nuovo rapporto equilibrato tra l’ambiente ed il costruito, che avesse un impatto ridotto ma fosse allo stesso tempo caratterizzato da una forte immagine evocativa. Abbiamo dunque creato una struttura aerea in legno bio che, con il suo ritmo d’intrecci e la sua fluidità traduce in un linguaggio architettonico il dna dell’azienda, abbracciando sia il passato che il presente della Superior con uno slancio proiettato verso il futuro. I nuovi codici tradotti in un’ottica eco-compatibile introducono un linguaggio architettonico che verrà poi declinato in tutte le operazioni di ristrutturazione dell’azienda, coinvolgendo anche gli interni, le ‘pelli’ di facciata, gli showroom, gli stand e una nuova area di ricerca e sviluppo che verrà realizzata all’interno della conceria, riproponendo sperimentazione e modernità. www.aquilialberg.com info@aquilialberg.com
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING SA
CONNESSI CON IL LUSSO
Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
01 Award Wetag 02 Christie's Vienna
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a vostra società rappresenta la rete più esclusiva al mondo nel settore degli immobili di lusso, la Christie’s International Real Estate. Come ci si sente in questa privilegiata posizione? «Bene, grazie» (sorridono simpaticamente). Possiamo entrare un po’ più nel dettaglio? «Effettivamente ci sentiamo dei privilegiati, siamo circondati da un mondo di bellezza, con opere che rappresentano il massimo della creatività, della qualità cost r ut t iva, du nque di immenso valore. Non possiamo nascondere che essere annoverati in un settore complesso e molto esigente come quello immobiliare ci da moltissima soddisfazione, ma va anche detto che solo con dedizione e impegno si raggiungo risultati importanti, come quelli ottenuti nel 2018, un anno record per Wetag ».
UELI SCHNORF E PHILIPP PETER TITOLARI DI WETAG CONSULTING SPIEGANO COSA SIGNIFICA ESSERE AGENTI IMMOBILIARI SPECIALIZZATI NEL LUSSO.
Potete elencare i fattori che contribuiscono al vostro successo? «Non ci sono segreti: bisogna lavorare! Bisogna anche ammettere che il successo di una società molto spesso è legato direttamente al personale. Wetag ha la fortuna di avere un team eccezionale, appassionato e professionale, scelto con molta cura. All’interno della nostra società abbiamo figure specializzate e diamo grande importanza all’immagine. Qualsiasi know how, qualsiasi informazione acquisita da noi proprietari viene condivisa al 100% con tutto il team. Abbiamo un marketing assolutamente all’avanguardia e inoltre c’è la consapevolezza di conoscere molto bene il nostro settore. Siamo costantemente presenti sui social network, interagiamo con i nostri clienti a livello mondiale e siamo impegnati in un continuo studio del settore. Wetag deve potersi misurare con i migliori al mondo e per farlo non possiamo permetterci di stare fermi, nemmeno un minuto». E in Ticino come potete misurarvi con i “migliori al mondo”? «Alla base ci sono perseveranza, professionalità ed anche curiosità. Siamo una struttura solida, con vent’anni di esperienza e un percorso di formazione continuo, la nostra attività va ben oltre ai confini svizzeri. Negli ultimi dodici mesi, alternandoci, abbiamo viaggiato molto. Siamo stati ad un congresso di Real Estate in Argentina, abbiamo visitato proprietà meravigliose in Spagna, Grecia e Italia, ci siamo spostati fino in Australia per scoprire le ultime grandi novità nel settore della costruzione leggera. In Sardegna eravamo tra i tre relator invitati a visitare la villa più grande sul mercato
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(150 milioni di euro). Durante la “modernist week” di Palm Beach siamo stati invitati a parlare di modernismo. A Las Vegas, in febbraio, parte del nostro team ha partecipato, anche come speaker al meeting più importante al mondo riguardante il real estate di lusso. Tra poco partiremo per Parigi, dove verrà organizzato l’annuale incontro di Christie’s. Capirete che si tratta di una vita in continuo movimento. Durante gli anni siamo stati invitati a diventare partner o rappresentanti delle più lussuose reti di marketing di immobili di lusso, come Christie’s, Leading Real Estate Companies of the World, Luxury Portfolio e altre ancora. Da questi network veniamo premiati per website, marketing o vendite importanti in concorrenza con altre agenzie immobiliari del mondo. Proprio per questa ragione dobbiamo sempre essere aggiornati, il mercato immobiliare è in continua evoluzione esattamente come quello tecnologico». E questa formazione continua, un importante investimento anche a livello societario, come avvantaggia i vostri clienti?
«Non dimentichiamo che a livello mondiale la Svizzera è considerata un luogo da sogno, un luogo perfetto in cui vivere. Attira clienti importanti, ma soprattutto molto esigenti, per questa ragione è indispensabile essere aggiornati su tutto e conoscere il mercato del lusso a livello globale, solo in questo modo riusciamo a risultare professionali ed efficaci. Dall’altra parte chi vende si trova confrontato con una struttura solida e conosciuta a livello mondiale, senza limiti di clientela visto che operiamo in tutte le nazioni».
Per chi non è del settore potete definire cosa significa lusso? «In linea di massima vendiamo proprietà sopra l’1.5 milioni di franchi e normalmente, pensando al Ticino, parliamo di lusso quando le proprietà superano i 3 milioni di franchi. Questo non significa che in tutto il mondo sia la stessa cosa, ci sono nazioni dove il lusso parte dagli 8 milioni di franchi, altre dove già con 800mila franchi rientriamo nel range lusso. Per questo è importante conoscere il mercato a livello mondiale!».
Riva Antonio Caccia 3, CH-6900 Lugano Via della Pace 1 a, CH-6601 Locarno Via Beato Berno 10, CH-6612 Ascona www.wetag.ch www.journal.wetag.ch info@wetag.ch +41 (0) 91 601 04 40 01 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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ARCHITETTURA / CONTRACT G SWISS
SOGNI REALIZZABILI INTERVISTA AD AMBROGIO CICHELLO, CEO DI CONTRACT G SWISS, AZIENDA EMERGENTE CHE OPERA A LIVELLO INTERNAZIONALE E HA I SUOI UFFICI IN TICINO. SPECIALIZZATA NELLA PROGETTAZIONE DI ARREDI E INTERNI PERSONALIZZATI CONTRACT G SWISS DAL 2018 HA STRETTO UN’IMPORTANTE ALLEANZA CON AQUASPECIAL, LEADER DELLE SPA SU MISURA. saune personalizzate, dai colori unici e soprattutto, ci tengo molto a dirlo, rispettose anche delle disponibilità finanziarie di privati e strutture ricettive. Non dimentichiamo che il su misura è unico ed è pensato per clienti che puntano a qualità e originalità. Molte volte si pensa che l’artigianato su misura sia un lusso per pochi, bisogna sfatare questa condizione perché oggi giorno il su misura può addirittura essere concorrenziale alle marche che si situano nel mercato medio/alto».
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e vostre proposte d’arredo costituiscono la dimostrazione tangibile del fatto che i sogni possono diventare realtà… «Infatti, una Spa su misura non dev’essere un sogno. Oggi il design, esattamente come la tecnologia, è alla continua scoperta di nuovi materiali e sempre più attento alle esigenze del cliente. Con le nuove scoperte si possono creare
Ogni vostra realizzazione è il frutto di una progettazione personalizzata in basa e alle richieste del cliente… «Progettare una Spa su misura significa valorizzare uno spazio dedicato interamente al benessere, riuscendo a soddisfare completamente l’area disponibile. Molti nostri clienti restano ammaliati quando vedono quello che si può fare, per questo abbiamo deciso di esporre un modello di Spa direttamente nel nostro showroom».
Disporre di una Spa all’interno della propria cosa costituisce un must dell’abitare contemporaneo… «Oggi il vero lusso è il tempo e con una Spa privata riesci a compensare tempo e piacere, rigenerando fisico e mente. Crearsi un’oasi di benessere nella propria abitazione non è un capriccio, ma una scelta di vita. Una sauna o un bagno turco, una doccia a cascata, un idromassaggio con musica incorporata, le scelte e le possibilità che Aquaspecial ci offre sono moltissime e personalizzabili fino nei minimi dettagli». Che consiglio si sente di dare a chi si accinge a scegliere la propria Spa? «Bisogna prendersi del tempo e informarsi. Molte persone si limitano nelle scelte perché non sono a conoscenza delle ultime novità - penso ad esempio alla possibilità di creare mosaici colorati all’interno delle saune - per questa ragione noi, come società Contract, ci occupiamo continuamente di ricerca di mercato e regolarmente visitiamo i nostri fornitori». Quanto può costare allestire una Spa nella propria casa? «Una realizzazione su misura parte sempre da un preventivo definito, solo in un secondo tempo si scelgono i materiali e le dimensioni delle Spa. Questo vale sia per il privato sia per il settore alberghiero. Come Contract abbiamo la possibilità di ottenere la massima qualità a dei prezzi concorrenziali, privilegiando l’artigianalità del prodotto al prodotto standard. Quello che il cliente deve capire è che grazie al su misura i budget riescono ad essere ri-
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spettati, partendo da una somma a disposizione per gli interni si danno le priorità alle esigenze del cliente, cercando di equilibrare le uscite e ottenendo un risultato che rispetti la massima qualità ed estetica». Possiamo chiudere con l’esempio di alcune vostre proposte? «Certamente: SAUNA SYSTEM BOISERIE è la prima sauna le cui pareti possono essere scelte tra una gamma selezionata di boiserie creative; STEAM ROOM SYSTEM FLASH è il primo bagno turco le cui pareti possono essere scelte tra una gamma selezionata di superfici tridimensionali decorative luminose; HIDRO MASSAGGIO STEP BY STEP è un sistema di vasca con infinite combinazioni di scale a salire per adattarsi a qualsiasi ambiente.
01 Per chi cerca energie e forza: Cosmopolitan Downtown
03 Per i più nordici: Ice Dream
02 / 04 Per gli amanti della natura: Tropical Rain o Glorious Mountain
05 Per chi ama i paesaggi desertici: Infinite Desert
Il coordinamento generale è curato da Contract G Swiss e la realizzazione delle tecnologie è di AQUASPECIAL La direzione artistica è affidata all’architetto Maurizio Favetta. Per visitare il nostro show room: visite@cgswiss.ch».
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ARCHITETTURA / PROMENG
PAROLA D’ORDINE, DIFFERENZIARE GIAN PIETRO SIGNORELLI PRESENTA L’ATTIVITÀ SVOLTA NEGLI ULTIMI ANNI DA PROMENG CHE SI CONFERMA ESSERE UNA DELLE PIÙ ATTIVE IMPRESE LUGANESI NEL CAMPO DELLE COSTRUZIONI EDILI IN PROPRIO E PER CONTO TERZI, ED È ANCHE PROMOTRICE IMMOBILIARE E IMPRESA GENERALE DI COSTRUZIONE, DALL’ACQUISTO DEL TERRENO ALLA COLLABORAZIONE CON GLI STUDI D’ARCHITETTURA PER LA REALIZZAZIONE E CONSEGNA CHIAVI IN MANO DI OGNI TIPO D’OGGETTO.
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uale è la strategia con cui Promeng si muove oggi sul mercato immobiliare ticinese? «Il momento che stiamo attraversando non invita ad intraprendere grandi operazioni immobiliari, i maggiori cantieri in atto concluderanno a breve i loro lavori ed è sempre più difficile individuare progetti di investimento che abbiano buone possibilità di successo. In questo quadro di cautela, Promeng ha individuato interessanti opportunità di lavoro facendo ricorso alle sue competenze nei diversi settori e differenziando i propri interventi in funzione dell’andamento del mercato». Può farci un esempio di questa vostra scelta? «La realizzazione dell’ampliamento della medicina intensiva dell’Ospedale
Civico di Lugano nasce da un appalto pubblico di Impresa Generale con 2 sole adesioni (04 / 05). La sfida maggiore risiedeva nella gestione del progetto dal punto di vista della logistica e nei tempi di esecuzione. La realizzazione non poteva infatti in nessun modo intaccare l’operatività della struttura ospedaliera. La nuova ala del reparto cure intense è costituita da 18 moduli prefabbricati, realizzati in officina e successivamente assemblati sul posto. Il mandato – una prima a livello ticinese - è stato portato a termine nel tempo record di 104 giorni, di cui 15 giorni di progettazione, 69 giorni per la realizzazione dei moduli prefabbricati e 20 giorni per il montaggio e la consegna dell’opera». Flessibilità, dunque, unita ad una attenzione per interventi che abbiano anche una valenza sociale… 02
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«Direi proprio di sì. Anche realizzazioni apparentemente “minori” possono essere portate a termine cercando di cogliere quelle che sono le specifiche esigenze. Così per esempio in qualità di I.G., abbiamo partecipato allo sviluppo di un progetto per il rifacimento di tutti i servizi igienici di un centro commerciale (08). I diversi servizi sono stati diversificati in base alle utenze ed in quest’ottica i progettisti hanno prestato particolare attenzione alle famiglie ed ai bambini con la realizzazione di soluzioni che permettessero di godere di un ambiente fresco e colorato mentre si è optato per una finitura più confacente, sia per il personale che per gli utenti tra i quali anche portatori di handicap».
La qualità architettonica ed edilizia di ogni edificio, la scelta dei materiali e la cura dei dettagli costituisce un punto di forza che caratterizza da sempre il modo di costruire di Promeng… «Questi principi che fanno un po’ parte del nostro DNA sono stati ancora una volta applicati nella costruzione di un edificio, progettato dallo studio Mino Caggiula Architects di Lugano, che prevedeva la realizzazione di una residenza privata (03 / 06 / 07) per un’artista con annesso atelier. Per questa commessa siamo stati incaricati dell’esecuzione delle sole opere da capomastro. La struttura portante dell’edificio è caratterizzata da una serie di elementi curvilinei in calcestruzzo armato facciavista che ritmano la scansione spaziale. La particolarità delle forme ha richiesto un’esecuzione speciale e molto accurata che è stata realizzata interamente sul posto dalle nostre maestranze».
(17 appartamenti) per i piani superiori. La struttura modulare dell’edificio ha permesso un’ampia personalizzazione delle unità abitative, ad oggi tutte vendute ed occupate, che vanno da appartamenti di piccolo taglio fino agli appartamenti duplex al livello attico. Le facciate principali sono caratterizzate dalla presenza di terrazze di diversa profondità che hanno permesso di conferire all’edificio una forte identità urbana. Il progetto Carolina (02), situato nel comune di Savosa, in corso di realizzazione con la consegna dell’opera prevista nel 2020, prevede invece la realizzazione di 5 abitazioni poste su un pendio di pregio con vista sul golfo di Lugano. Il progetto è caratterizzato dall’alternanza di volumi costruiti, sia in pianta che in sezione, in modo tale da lasciare per ogni abitazione un giardino privato. La valorizzazione di questo particolare contesto si traduce nella realizzazione di un condominio nel quale ogni singola unità abitativa potrà godere sia in termini di spazi interni ed esterni, sia in termini di privacy di una qualità comparabile alla casa unifamiliare »
In ogni caso la realizzazione di edifici residenziali resta uno dei punti qualificanti della vostra attività… Assolutamente. Nella Residenza Valentina (01), portata a termine a Massagno, su progetto dello Studio Antonio e Luca Antorini, i contenuti erano di tipo terziario per il piano terreno e residenziale
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Via Trevano 39 CH-6900 Lugano +41 (0)91 972 42 15 05
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LUCA MAVARO, FONDATORE E CEO ED EZIO CATUCCI, FONDATORE E CCO DEL GRUPPO HABITRUST SA, CI PARLANO DI UNA NUOVA REALTÀ IMPRENDITORIALE DESTINATA A RIVESTIRE UN RUOLO DI PRIMO PIANO NEL PANORAMA IMMOBILIARE TICINESE.
COSTRUIRE IN PROSPETTIVA
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uca Mavaro vanta una pluriennale esperienza con ruoli da executive in aziende internazionali e, nel 2016 una scelta coraggiosa e convinta: lasciare il ruolo di Direttore Finanziario del Gruppo Ermenegildo Zegna per mettersi in gioco come imprenditore. Ezio Catucci, da sempre opera nel settore immobiliare, prevalentemente in ambito di intermediazioni e investimenti, nelle mediazioni e nella compravendita.
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La sua conoscenza del territorio dal punto di vista commerciale è il valore aggiunto del Gruppo e lo strumento che ha permesso l’affermazione di un network capillare e performante. Non capita spesso d’incontrare imprenditori che abbiano una visione così lucida del proprio futuro e del modo in cui intendono costruirlo. Malgrado siano passate le nove di sera, esco da questa intervista sentendomi addosso il riverbero di un’energia positiva. È una bella sensazione. Sto parlando di Habitrust Group SA, una realtà formalmente giovane ma che, imprenditorialmente parlando, ha solida esperienza e radici profonde. Come da un innesto ben riuscito cresce e si sviluppa una pianta più robusta e rigogliosa, così è evidentemente successo per questa realtà: competenze ed esperienze complementari si sono rafforzate e sostenute a vicenda, generando qualcosa di nuovo, di migliore. Le radici, dunque, o le fondamenta, visto che parliamo del settore delle costruzioni e delle attività immobiliari. Alla base una cordata di solidi investitori che hanno creduto nel progetto e ne costituiscono la premessa. A dare ulteriore forza al progetto, come si diceva, è però l’incontro di due mondi diversi, compatibili, complementari. Sono i mondi da cui provengono i due soci operativi e fondatori di Habitrust. Ezio Catucci, titolare di Dimensione Immobiliare e CCO di Habitrust, possiede una conoscenza e una sensibilità rara per tutto ciò che ha a che fare con il mondo immobiliare. Luca Mavaro, CEO di Habitrust, arriva invece da un’altra esperienza e da una realtà ben diversa. Mavaro è un ex-manager che ha ricoperto ruoli da Executive in im-
portanti Gruppi Internazionali. Il suo contributo è soprattutto legato alla pianificazione finanziaria e alla gestione aziendale, con forte focus, ci tiene a sottolinearlo, su una gestione efficiente del capitale circolante. A ciascuno dei progetti immobiliari, Habitrust conferisce una specifica struttura e dinamica aziendale che garantisca un adeguato ritorno agli investitori senza perdere mai di vista i valori fondamentali di servizio al cliente, competitività e qualità del prodotto. L’assoluta condivisione di questi valori, la serietà dell’impegno e soprattutto una non comune passione per questo lavoro, hanno cementato un sodalizio che ha saputo conquistare in breve tempo la fiducia di investitori fidelizzati e che partecipano in modo continuativo ai progetti, circostanza che i due soci evidenziano con particolare soddisfazione. Ezio Catucci, oltre che profondo conoscitore del mercato immobiliare locale, possiede una riconosciuta competenza nelle perizie e nell’individuazione di nuove opportunità. Da lui apprendo
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che il Gruppo Habitrust è nato proprio dall’idea di concepire progetti immobiliari ad hoc, valorizzando al massimo il mix di competenze commerciali, progettuali e finanziarie che contraddistinguono i due soci, in modi diversi. Il risultato è quello di mettere a disposizione del cliente formule d’investimento semplici e trasparenti, in un modus operandi che velocizza l’ingresso di nuovi partner, anche in itinere, convinti nel riconoscere un giusto goodwill. Chi lo conosce e lo frequenta, sa che il settore immobiliare e in generale quello legato alle costruzioni pone a chi ne fa parte il difficile compito di trovare un equilibrio tra la necessità e il legittimo desiderio di crescere, da una parte, e il dovere altrettanto imperativo di evitare di crescere troppo, di sovradimensionarsi, con tutti i rischi che questo comporta. In Habitrust questa tentazione è armonizzata da una scelta strategica molto chiara: quella di mantenere sempre una struttura snella e agile, puntando al giusto bilanciamento tra competenze interne (il valore del gruppo) e quelle gestite e selezionate in outsourcing (il valore aggiunto). La scelta è quella della condivisione di competenze, che devono essere verticali, per essere profonde e solide, ma che creano valore solo se sanno collaborare in modo aperto e trasversale. È in questo senso che il Gruppo investe in modo deciso in partnership come il Swiss Institute for Disruptive Innovation, il Centro di Competenza per l’Edilizia Innovativa, il Centro Competenze Telemedicina, il Centro Competenze 3D Building e altri istituti di ricerca pubblici e privati. La snellezza e la flessibilità della struttura permettono al Gruppo di rispondere in maniera efficiente alla ciclicità del mercato, dove a fasi di espansione seguono sempre e inesorabilmente fasi di contrazione, che se non previste e considerate possono mettere in seria difficoltà. È successo a tanti imprenditori, lo sappiamo, di lasciarsi abbagliare dall’euforia di un mercato che tira, sovrastrutturandosi ed esponendosi trop-
po, per poi traballare – quando va bene – alle prime avvisaglie di una congiuntura negativa. Ci sono modi più saggi e prudenti per crescere, e per fortuna anche nel mondo dell’edilizia il vecchio paradigma comincia a cambiare: non più grandezza ma agilità, capacità di adattamento e di previsione. Soprattutto capacità d’innovare. Innovazione è un concetto che ritorna spesso, nell’incontro con Habitrust, quasi un mantra ripetuto all’unisono dai miei due interlocutori. E d’altra parte ormai nella totalità dei mercati il termine ‘innovazione’ è una parola d’ordine, una condizione di sopravvivenza, il fattore di crescita su cui puntare per avere successo. Creare valore, stimolare bisogni nuovi, offrire servizi aggiuntivi, soddisfare appieno le aspettative del cliente sono il valore aggiunto per distinguersi e mantenere la competitività. Ecco, forse l’edilizia resta ancora un settore a sé, da questo punto di vista, un mondo ancorato a dinamiche tradizionali, dove esistono inerzie e consuetudini molto radicate e difficili da scalfire. Eppure, l’innovazione apre anche qui prospettive nuove e molto interessanti, se si guarda all’innovazione nella sua accezione più vasta, a tutti i livelli: progettuale, gestionale, finanziaria, nella comunicazione e nel marketing. Innovazione però anche e soprattutto nel senso di concepire e realizzare idee innovative, non convenzionali, in grado di cambiare il paradigma, di stravolgere i modelli consueti di riferimento per
aprirsi al futuro e liberare così un potenziale inespresso, ma carico di prospettive tutte ancora da cogliere. Innovazione, in Habitrust, significa saper coniugare buone idee e buoni progetti con la prospettiva di un ritorno giusto e sostenibile, a vantaggio di tutte le parti in gioco. Solo così, insistono i miei ospiti, si innesca un circolo davvero virtuoso. Su questo concetto i due soci trovano il loro più solido punto di incontro, su questo basano la strategia per lo sviluppo del Gruppo Habitrust ed è lì che avverto l’entusiasmo comune e quell’energia contagiosa che mi resta addosso salutando e accomiatandomi dai miei ospiti. 01 Luca Mavaro, fondatore e CEO del Gruppo Habitrust SA 02 Ezio Catucci, fondatore e CCO del Gruppo Habitrust SA 03 Residenza a Porza 02 Residenza Conca dei Castagni a Pregassona
WHEN TRUST BECOMES A HABIT
HABITRUST GROUP SA Via Carlo Maderno 9 CH-6900 Lugano +41 (0)91 922 74 00 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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ARCHITETTURA / MG LARIS IMMOBILIARE
ABITARE CON STILE
NEL VERDE
LA RESIDENZA PARCO CASARICO A SORENGO COSTITUISCE UN’INTERESSANTE OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTO IMMOBILIARE GRAZIE A UN OTTIMO RAPPORTO QUALITÀ PREZZO. CE NE PARLA IL SUO PROMOTORE GIOVANNI MASTRODDI.
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e vendite, ormai molto avanzate, hanno riscosso un particolare successo fin dall’inizio. Per quali ragioni? Ci sono piacevoli novità? «Questa promozione ha già riscosso un grande interesse da parte di molti clienti, infatti sono rimasti solo pochi appartamenti ed i lavori di costruzione sono ad uno stato avanzatissimo. Come novità, abbiamo allestito l’appartamento campione all’interno della residenza, un 4.5 locali che aiuta maggiormente i clienti a toccare con mano ed apprezzare non solo la bellezza ma anche la qualità delle scelte architettoniche e di design adottate. Penso che molti clienti abbiano colto perfettamente il valore di questa residenza che garantisce di vivere in un edificio di elevato livello qualitativo, dotato di spazi generosi e funzionali, ecocompatibile e attento al risparmio energetico. Messi in vendita ad un prezzo equo tra i più convenienti fra quelli oggi presenti nel panorama immobiliare luganese, con basse spese condominiali. Mi piace molto poi sottolineare il fatto che numerosi clienti hanno concluso il loro acquisto consapevoli di aver fatto un investimento destinato a durare nel tempo. Quali sono i punti di forza di questo complesso edilizio? «Il progetto della Residenza Parco Casarico è realizzato in armonia con
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il paesaggio, sulla trasparenza delle costruzioni per favorire un dialogo tra il costruito e i grandi spazi verdi. La location è sicuramente vincente, la vicinanza al lago di Muzzano con le passeggiate nel verde ed una perfetta esposizione solare trovandosi in posizione rialzata. La comodità ai servizi primari, bus e i diversi istituti scolastici a poca distanza rendono esclusiva la residenza. Le cucine moderne, tecnologiche e luminose sono il nostro fiore all’occhiello, con le lavanderie private interne e il raffrescamento ecologico».
Quali sono i destinatari ideali di questa residenza? «Parco Casarico è stato realizzato pensando alla clientela locale, ma anche a residenti stranieri che cercano una soluzione abitativa confortevole, nel verde e in posizione strategica. Gli appartamenti hanno diverse metrature, dai 2.5 locali da 70 mq ai 3.5 locali da 123 mq e i 4.5 locali da 157 mq, oltre a soluzioni personalizzate e rispondono perfettamente alle esigenze sia di giovani che anziani, single e famiglie che vogliono un’abitazione dotata di tutti i comfort. Si tratta dunque di un’opportunità da non perdere».
Gli appartamenti possono essere forniti anche di un arredamento completo? «È questo un altro vantaggio che offriamo ai nostri acquirenti. Tutti gli appartamenti possono essere forniti, a richiesta, di un arredamento completo, realizzato grazie ad un particolare accordo stabilito con primarie aziende produttrici che garantiscono la qualità tecnologica ed estetica di tutti gli arredi, perfettamente in linea con le tendenze dell’abitare contemporaneo, per questo abbiamo allestito due appartamenti campione uno in centro a Lugano e l’altro direttamente a Parco Casarico. Per l’inaugurazione di quest’ultimo abbiamo previsto un grande evento promozionale che costituirà un’occasione unica per far conoscere a fondo tutti gli aspetti di questa straordinaria proposta immobiliare».
MG FIDUCIARIA IMMOBILIARE SAGL Via Pessina 9 CH-6900 Lugano +41 (0)91 921 42 58 +41 (0)79 354 01 21 info@mgimmobiliare.ch www.mgimmobiliare.ch
ARCHITETTURA / XILEMA
LA COSTRUZIONE IN LEGNO: UNA SCELTA INTELLIGENTE E COMPETITIVA DA TUTTI I PUNTI DI VISTA COSTRUIRE CON IL LEGNO, E UNO PENSA ALLO CHALET, A QUELLA CASA LÌ, UN PO’ DACIA, UN PO’ CAPANNA... LUOGHI COMUNI DIFFICILI DA SUPERARE, MA LONTANISSIMI DALLA REALTÀ. COME LONTANA DALLA REALTÀ, E FALSA, È L’IDEA CHE LA COSTRUZIONE IN LEGNO SIA PIÙ FRAGILE, PIÙ LIMITATA NELLE POSSIBILITÀ PROGETTUALI, PIÙ SOGGETTA ALL’USURA DEL TEMPO, E ALLA FINE PIÙ COSTOSA. FALSO, APPUNTO. SONO AFFERMAZIONI CONTRO CUI GIACOMO VERAGOUTH COMBATTE DA ANNI, E CHE LA SUA AZIENDA, LA XILEMA, SMENTISCE NEI FATTI COSTRUENDO EDIFICI INTELAIATI IN LEGNO CHE POSSONO ASSOLUTAMENTE COMPETERE IN ALTEZZA, IN SOLIDITÀ, IN EFFICIENZA ENERGETICA, IN DURATA, IN CONVENIENZA, CON GLI EDIFICI COSTRUITI CON LE TECNICHE TRADIZIONALI. ANZI, NON SONO SEMPLICEMENTE COMPETITIVI, SONO MIGLIORI. E SONO PIÙ ECOLOGICI.
A sinistra Giacomo Veragouth, CEO di Veragouth SA e Xilema
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artiamo da una necessaria premessa. Che cosa si intende per costruzioni intelaiate? «La costruzione intelaiata definisce una tipologia di assemblaggio di strutture portanti in legno per edifici, anche multipiano. È il sistema che ci permette di offrire innumerevoli soluzioni costruttive, di integrare richieste specifiche con maggior attenzione e di risolvere la quasi totalità delle esigenze energetiche legate a una costruzione. Non da ultimo è la soluzione ibrida
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più efficace a livello statico. Però questo alla fine è un aspetto secondario, e mi spiego. Oggi la costruzione in legno, che sia intelaiata come produciamo noi a Bedano o che sia a pannelli o realizzata con qualsiasi altra tecnica è una soluzione efficiente e competitiva in quanto è un’opzione costruttiva complessa. Necessita cioè di dettagli, ingegnerizzazione, precisione, knowhow, e come in ogni settore esige una grande determinazione a far bene. L’esperienza maturata in questi tanti anni ammetto che aiuta».
Ha parlato di ingegnerizzazione, che cosa intende di preciso? «Per noi ingegnerizzare significa prima di tutto trasformare le richieste del nostro cliente, che per noi è sempre principalmente l’architetto, in un progetto realizzabile, in una soluzione concreta anche a livello di dettaglio. Da qui nasce la costruzione. Prima si affronta e si identifica l’idea di progetto, poi si ingegnerizza il dettaglio costruttivo, necessario e fondamentale per risolvere le necessità specifiche del progetto».
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Un lavoro complesso, dunque. Come affrontate tutte queste problematiche? «Sì, è un lavoro complesso, e sono le risposte giuste alla complessità che diventano un lavoro giusto, fatto bene, soddisfacente. Consideri che la quasi totalità delle richieste degli architetti di oggi va nella direzione di un prodotto su misura, unico e specifico. Per questo ogni progetto ha il suo ingegnere responsabile, “responsabile, abile a rispondere”, come piace dire a me. Di conseguenza ogni volta che abbiamo l’opportunità di affrontare un nuovo edificio mettiamo a disposizione del nostro cliente la nostra “abilità a rispondere” alle domande e alle esigenze dell’interlocutore. Questo ci obbliga ad essere sempre all’avanguardia, sempre attivi nella ricerca di soluzioni innovative e valide, soluzioni efficaci, convincenti, funzionali, e non da ultimo ovviamente competitive nei costi».
Ecco, i costi. La costruzione in legno è competitiva nel confronto con altre tipologie e altre tecniche? «La costruzione in legno è assolutamente competitiva, e lo è in tutti gli ambiti. È efficiente e conveniente da un punto di vista energetico, ecologico (e d’altra parte il legno ha questo valore per così dire innato, è ecologico per natura); è efficiente e conveniente anche da un punto di vista statico e risolve appieno – e con grande facilità ed efficienza – ogni richiesta di sicurezza sismica. Infine, e non meno importante, la costruzione in legno è competitiva anche sotto il profilo dell’estetica, perché si presta ad ogni soluzione progettuale. Insomma sono convito che si possa dire con certezza che sì, le costruzioni di legno sono estremamente competitive».
Chiudiamo con uno sguardo sul prossimo futuro: quali gli obiettivi di Xilema? «Come azienda cerchiamo sempre nuove sfide costruttive, ci piace rendere facili attività complesse, ci intriga risolvere nuove problematiche e ci piace far bene. Oggi il settore della costruzione in legno si sta rivolgendo sempre più verso la realizzazione di edifici multipiano, e uno dei nostri obiettivi per il futuro è proprio quello di realizzare questo tipo di costruzione, raggiungere nuovi limiti di altezza. Ecco, ci piacerebbe proprio edificare un 9 o 10 piani. Siamo assolutamente pronti».
VERAGOUTH SA - XILEMA Via Industrie 24 CH-6930 Bedano +41 (0)91 935 79 79 www.xilema.ch
01 Il Campus di ricerca Agroscope (il centro di competenza della Confederazione per la ricerca agronomica), realizzato a Cadenazzo da Xilema. 02 Rendering del grattacielo W350, progettato per Tokyo dalla Sumitomo's Tsukuba Research Laboratory. Con i suoi 70 piani, W350 sarà la costruzione in legno più alta del mondo. 03 Abitazione privata ad Arogno. Una realizzazione Xilema. 02 TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
LE FONDAZIONI IN TICINO: DATI, TENDENZE E PROSPETTIVE DI CRESCITA DA CIRCA VENT’ANNI LA SVIZZERA VIVE UN FENOMENO DI CRESCITA DEL SETTORE DELLE FONDAZIONI DI PUBBLICA UTILITÀ CHE PARE INARRESTABILE. AD OGGI IN SVIZZERA ESISTONO OLTRE 13MILA FONDAZIONI, DI CUI CIRCA 800 IN TICINO, CON UN CAPITALE COMPLESSIVO STIMATO IN OLTRE 97 MILIARDI DI FRANCHI ED EROGAZIONI PER 2 MILIARDI DI FRANCHI. IN QUESTO CONTESTO EFFERVESCENTE, SCOPRIAMO COME AGISCE IL CANTON TICINO INSIEME ALL’ESPERTA ELISA BORTOLUZZI DUBACH.
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n media, ogni giorno in Svizzera viene creata una fondazione e ogni 2-3 giorni ne viene liquidata una: il settore è in continuo fermento e opera in molteplici sfere della vita, come la salute e il benessere, l’educazione, l’ambiente, le arti e la cultura, per nominarne alcune.
ome possiamo descrivere il panorama delle fondazioni in Svizzera? «La Svizzera costituisce un benchmark di riferimento per il settore filantropico. Con le sue 13.129 fondazioni, nel Paese si contano 15,6 fondazioni per 10mila abitanti, uno dei tassi di concentrazione più alti al mondo. A titolo comparativo, la media europea misura 2,8 (Foundation data for European countries represented by the Donors and Foundations Networks in Europe (DAFNE) (2017 data collected in August 2018) and the EFC). Secondo il «Rapporto sulle Fondazioni in Svizzera» (CEPS-Universität Basel, 2018) con 57 nuove fondazioni il cantone di Zurigo ha registrato la crescita più forte, seguito da Ginevra (55) e Zugo (47). Ma se deduciamo le fondazioni liquidate, il Canton Zugo mostra il livello di crescita netto più alto nel Paese (+14,9%). In questo Cantone, che si è autoproclamato Crypto Valley, 63 nuove fondazioni
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sono dedicate allo sviluppo della tecnologia blockchain, a dimostrazione del fatto che in Svizzera la sensibilità e l’attenzione per investimenti filantropici votati all’innovazione, tecnologica e sociale, è altissima». Quali sono le principali ragioni di questo trend di crescita costante nel nostro Paese? «Esiste prima di tutto una ragione culturale: la tradizione filantropica svizzera ha origini antichissime che risalgono al XIV secolo, e, nelle grandi famiglie benevole, la generosità si tramanda tutt’oggi di generazione in generazione come valore etico fondamentale. Naturalmente poi, dobbiamo guardare al sistema giuridico-economico: il corpus legislativo delle fondazioni è piuttosto semplice e di carattere liberale, vi è notevole facilità nell’ottenere l’esenzione fiscale e la sorveglianza viene condotta secondo criteri prevalentemente giuridici e non economici. La Svizzera offre un contesto politico stabile e
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questo è anche il motivo per cui conta una straordinaria concentrazione di patrimoni. L’evoluzione del settore filantropico ha portato anche un notevole sviluppo delle attività di formazione e ricerca, che alimentano l’affinamento delle competenze degli operatori e la diffusione di conoscenza, fondamentali per sostenere una crescita continua». Può fornirci qualche dato quantitativo sulle fondazioni di pubblica utilità in Canton Ticino? «Il numero di fondazioni ticinesi a fine 2017 è pari a 791 unità, con 15 nuove costituzioni e 12 liquidazioni, quindi il Cantone presenta un tasso di crescita netta pari allo 0,4%. La concentrazione di fondazioni per abitante è maggiore della media nazionale e conta 22,3 fondazioni per 10mila abitanti. Considerando la serie storica, dobbiamo notare che rispetto al boom del triennio 2013-15, le nuove fondazioni ticinesi nel biennio 2016-17 sono state pari a quelle del solo 2014. Di particolare interesse è il rapporto tra le fondazioni di nuova istituzione e le liquidazioni: nel periodo 2013-2016 le fondazioni istituite sono state il triplo di quelle liquidate. Questo rapporto è drasticamente cambiato nel 2017, che è sceso da un fattore di 3 a 1,25 corrispondente a una quasi parità (www. stiftungstatistik.ch). Possiamo poi aggiungere che la distribuzione geografica delle fondazioni ticinesi sotto vigilanza cantonale vede un’alta densità nella regione di Lugano (46%), seguita da Locarno (24%), dal Mendrisiotto (12%) e dal Bellinzonese (11)». È possibile stimare il capitale complessivo delle fondazioni in Canton Ticino? «Le fondazioni ticinesi sono sottoposte prevalentemente alla sorveglianza cantonale (70,2%) e a seguire quella federale (28,3%). Per quanto riguarda la loro patrimonializzazione non vengono diffuse cifre precise in quan-
to considerate informazioni sensibili. Possiamo, tuttavia, accedere a un dato aggregato: secondo la ripartizione per autorità vigilante federale, le fondazioni di Canton Ticino, San Gallo e Turgovia contano insieme un capitale pari a 2.983.943.801 CHF (Rapporto sulle Fondazioni in Svizzera– CEPS-Universität Basel, 2018). A questo possiamo aggiungere un’importante considerazione di Paco Fidanza, Responsabile dell’Autorità di Vigilanza sulle Fondazioni e LPP della Svizzera Orientale: «le fondazioni ticinesi sottoposte alla nostra vigilanza si caratterizzano, rispetto alle altre fondazioni vigilante dal nostro ente, per un patrimonio medio inferiore. Sostanzialmente in Ticino, guardando al patrimonio, abbiamo tante piccole fondazioni». Un panorama ben descritto nello studio «Interagire con le Fondazioni» (USI, 2010): un buon modello di indagine sul campo che sarebbe auspicabile venisse condotto a cadenza regolare (https://www.usi.ch/it)». Quanto e come si estende il raggio d’azione delle fondazioni che hanno sede in Ticino? «Con una grande eterogeneità di interventi, le fondazioni del Canton Ticino presentano una ripartizione geografica equilibrata: operano a livello locale (13%), comunale (19%), cantonale (16%), nazionale (14%) e internazionale (15%). Perseguono finalità statutarie prevalentemente in tre settori: nei servizi sociali (24%), per la cultura e il tempo libero (23%), a favore di istruzione e ricerca (22%). Questi tre ambiti d’intervento rappresentano circa il 70% degli investimenti totali, ma possiamo aggiungere che 109 fondazioni ticinesi (oltre il 10% del totale) sono impegnate esclusivamente nel campo della salute. Nel 2017 è stata lanciata una iniziativa significativa, la Rete Ticinese di Fondazioni Erogatrici, frutto della collaborazione tra alcune fondazioni tici-
nesi, SwissFoundations - l’Associazione delle Fondazioni Erogative Svizzere. La Rete costituisce un passo avanti importante per lo sviluppo della filantropia ticinese perché costituisce una piattaforma di scambio di esperienze, competenze specifiche e di dialogo per elaborare strategie verso il raggiungimento di obiettivi e interessi comuni. Questo potrebbe portare a un impatto degli investimenti più efficace e permettere di organizzare piani di attività in sinergia con le istituzioni pubbliche nazionali e internazionali, partecipando al dibattito normativo ed evolutivo del settore». Quanti membri di consigli di fondazione vi sono nel Canton Ticino? Quanti di loro sono donne? «La quasi totalità dei consigli di amministrazione delle fondazioni svizzere è rappresentata da un unico membro (91,7%), il 6,2% da due membri e il restante 2,1% da più membri (3-5 membri per l’1,9% e più di 5 membri per lo 0,2%). La differenza di genere nel settore filantropico rispecchia l’andamento degli altri settori dell’economia: le fondazioni sono guidate da uomini per il 72,5% e soltanto per il restante 27,5% da donne. In Canton Ticino questo rapporto è leggermente più favorevole, con un 23,3% di donne presenti nei consigli di fondazione. A livello nazionale, le donne sono maggiormente presenti nei Consigli di Amministrazione delle fondazioni che operano nei settori dell’assistenza sociale (32,9%), della salute (30,8%) e delle arti e cultura (26,2%). In tutto il Paese le donne Presidenti di fondazione sono solo il 20% del totale (Georg von Schnurbein, Stiftungssektor Schweiz, CEPS-Universität Basel). Questo rimane un alto livello di gender gap, se consideriamo che a livello mondiale le donne raggiungono valori da record nella forza lavoro: 1,2 miliardi su 2,9 miliardi di impiegati totali sono donne, il che corrisponde TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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a una crescita pari a 200 milioni di donne impiegate negli ultimi dieci anni(International Labour Organization, 2007). Inoltre, sempre più donne stanno entrando nell’élite dei miliardari, sia come imprenditrici che come leader di dinastie familiari (Secondo lo studio «The changing faces of billionaires» di UBS e PWC, 2017), che ha analizzato i dati relativi al 75% dei super ricchi di tutto il mondo nel periodo 1995-2014, il numero delle miliardarie nel mondo è cresciuto più rapidamente rispetto a quello dei coetanei maschi). Quali sono le maggiori sfide che la filantropia ticinese dovrà affrontare nei prossimi anni? «L’opportunità più interessante è rappresentata dal fatto che nei prossimi anni in Svizzera si verificherà un importante passaggio generazionale e, come afferma il Presidente di SwissFoundations Lukas von Orelli,
nel citato Rapporto sulle Fondazioni in Svizzera, si prevede che oltre 60 miliardi di franchi saranno trasferiti in eredità. Naturalmente il fenomeno interesserà anche il Ticino, che potrà beneficiare di questa particolare condizione storica quanto più sarà in grado di mantenere un sistema di riferimento vantaggioso e di promuovere una nuova visione del ruolo delle proprie fondazioni. Un ruolo che diviene sempre più fondamentale per l’analisi dei bisogni del territorio, la promozione di un dialogo concertato con gli operatori sociali e culturali e nella costruzione di un’agenda strategica da condurre a fianco delle istituzioni pubbliche. La capacità di ascolto, di lavoro sinergico, la messa in rete di competenze e risorse economiche, la creazione di alleanze con i diversi stakeholders, renderà le fondazioni ticinesi player determinanti per la conduzione delle maggiori sfide del Cantone nei prossimi anni».
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DOSSIER FONDAZIONI / MARIA ALESSANDRA SOLARO DEL BORGO
LA COLLABORAZIONE È LA CARTA VINCENTE INTERVISTA CON MARIA ALESSANDRA SOLARO DEL BORGO, VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DEL CERESIO.
uali sono gli obbiettivi statutari della fondazione? «La Fondazione del Ceresio ha scopi molto ampi secondo il proprio statuto: “lo scopo è sostenere iniziative benefiche di pubblica utilità senza scopo di lucro in Svizzera e all’estero soprattutto nei campi educativo, culturale, scientifico, medico, della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario”. Siamo una Fondazione di famiglia legata alla Banca del Ceresio».
sociali, Volontariato Vincenziano, Sostare (avviamento all’apprendistato), Tragitto (integrazione famiglie rifugiate), Superar (insegnamento gratuito della musica), AFTA , Culla Arnaboldi. 2) affiancamento di quattro ospedali missionari in Africa, di cui due in Uganda uno in Sud Sudan e uno in Benin, e di cinque scuole distribuite tra Sud Sudan, Nepal e Brasile. Seguiamo ogni istituzione con pazienza nel tempo. Oltre a porre attenzione alla gestione amministrativa delle istituzioni affiancate, cerchiamo di usare nuovi strumenti di donazione. Per esempio il “Result Base Financing”, in cui si lega l’elargizione ai risultati effettivamente ottenuti dal beneficiario.3) una cinquantina di borse di studio sia in Ticino che all’estero. La maggioranza di esse servono ai ragazzi per ottenere una formazione a livello di avviamento professionale o universitario. Gli studenti, che partono da situazioni svantaggiate, sono accompagnati dalla Fondazione del Ceresio fino alla conclusione dei loro studi. Sosteniamo inoltre un dottorando in ricerca scientifica presso IRB (Istituto di Ricerca in Biomedicina).
Quali progetti avete sostenuto in passato, quali quelli attuali? «Attualmente la nostra strategia si basa su tre direttive principali: 1) aiuto alle persone fragili o bisognose di sostegno in Ticino, attraverso l’affiancamento di varie entità, quali ad esempio: la Croce Rossa (rifugiati minori non accompagnati, aiuto allo studio), Tavolino Magico e mense
Qual’ è la sua visione per i prossimi anni, quali interventi contate di attivare e con quale criterio operate le vostre scelte? «I nostri Consiglieri seguono con molto impegno ogni nostra donazione, in modo professionale e gratuito. Cerchiamo di affiancare per anni le istituzioni che aiutiamo, in modo che si crei un proficuo rapporto di fiducia, allo
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scopo di vederle crescere e possibilmente di poter accrescere il nostro impatto benefico nel tempo. Crediamo che quello che ci contraddistingue rispetto ad altre Fondazioni sia proprio l’impegno personale e professionale (ancorché gratuito) con quale aiutiamo le istituzioni che ricevono le nostre donazioni. I progetti che affianchiamo devono essere seri e ragionevoli e rispondere a criteri di pertinenza, efficienza, efficacia, impatto e dove possibile anche sostenibilità. Nel futuro prossimo procederemo ad un’analisi delle donazioni fatte in questi primi 15 anni di vita della nostra Fondazione, per valutare l’efficacia della nostra strategia». Di recente è nata anche su sua iniziativa la Rete delle Fondazioni erogatrici ticinesi. Come è nata l’idea di istituire l’associazione? «La Fondazione del Ceresio ha sempre sentito la necessità di volersi confrontare con altre fondazioni erogatrici di donazioni come noi attive in Ticino, per imparare gli uni dagli altri, per poter eventualmente collaborare insieme. Concretamente abbiamo collaborato in passato e grazie alla positiva esperienza ci siamo convinti della necessità di mettersi in rete. Ci fu un primo tentativo fatto qualche anno fa che fallì. Il secondo tentativo invece, stimolato da Swiss Foundation, ha avuto successo con un gruppo di Fondazioni erogatrici abbastanza numeroso e ben motivato, radunatosi nella Rete delle Fondazioni Erogatrici Ticinesi».
DOSSIER FONDAZIONI / MARIA ALESSANDRA SOLARO DEL BORGO
Come avete lanciato l’Associazione? Quali sono state le difficoltà e i primi successi? «In questa fase iniziale la Rete ha lo scopo di fare solo piccoli passi ma molto concreti di collaborazione. Ha deciso di non darsi per ora una struttura formale né di scegliere a quale rete svizzera associarsi (Swiss Foundation o Profond). Le Fondazioni erogatrici in Ticino non sono ancora abituate a collaborare fra loro, e quindi si tratta di un cambio di mentalità non sempre facile. Incontrandosi fra noi, piano piano, stiamo sviluppando contatti e fiducia reciproca». Avete realizzato già qualche progetto in cooperazione fra fondazioni aderenti alla Rete? «Si, cinque fondazioni si sono unite per sostenere due progetti estivi di accompagnamento di minori rifugiati non accompagnati: è stata una bellissi-
ma esperienza. Inoltre è in corso una collaborazione per l’assegnazione di alcune borse di studio all’USI; nei diversi incontri che abbiamo avuto c’è stata un’importante condivisione di competenze e conoscenze da parte di una fondazione nei nostri confronti. Crediamo molto nella collaborazione fatta da piccoli e concretissimi passi».
munano, legati non solo all’attività erogativa, ma anche alla gestione dei capitali delle fondazioni, ai costi di segretariato e amministrazione, ai Consigli di fondazione inattivi, alla responsabilità dei Consiglieri, alle norme di legge che riguardano le fondazioni. Far del bene “bene” è un mestiere difficile che richiede tanto lavoro competente, tanta pazienza e capacità di lavorare insieme. Il Ticino è un ambiente molto adatto al lavoro delle Fondazioni erogatrici».
Da ultimo: quale futuro vede per il Ticino delle fondazioni? «La collaborazione effettiva ci porterà a dialogare sempre di più e a confrontarci con altri. Il sogno è che si liberino sempre più fondi in Ticino per la filantropia, la cultura e la ricerca e che le donazioni siano fatte bene. C’è la speranza concreta che tante fondazioni dormienti o impossibilitate a fare donazioni per capitali troppo esigui riescano, unendosi, a “liberare” le proprie forze… Abbiamo molti problemi che ci acco-
Josef Höger, «Veduta dal giardino sulla rocca e il castello Liechtenstein presso Mödling» (particolare), 1844 © LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna
VALUES WORTH SHARING
«La nostra famiglia investe a lungo termine – dal 1136.» S.A.S. Principe Philipp von und zu Liechtenstein, Chairman LGT dal 1990
lgt.ch/values
DOSSIER FONDAZIONI / ALBERTO FOSSATI
NON BASTA RACCOGLIERE E DISTRIBUIRE
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ossiamo riassumere quali sono i suoi scopi statutari? «Alle spalle vi sono 144 anni di storia, un esempio dell’impegno di solidarietà della comunità svizzera di Milano, iniziata nel 1875, quando Anna Cramer-Hirzel, cittadina svizzera residente a Milano, dà vita a un’opera di ospitalità e assistenza gratuita per ammalati. Aumentando nel tempo le richieste, vi furono adeguamenti organizzativi e societari, tutti sostenuti dalla comunità svizzera di Milano: si inaugurerà nel 1892 una nuova struttura. Durante la Seconda Guerra mondiale, il Comitato formato per la maggioranza da Svizzeri della comunità milanese, per evitare angherie e soprusi da parte fascista e tedesca, decise di mettere la clinica internazionale sotto la protezione della Confederazione elvetica, continuando l’opera umanitaria, ideata e voluta dai fondatori: avere a Milano una casa di cura aperta a qualsiasi confessione e nazionalità, fatto unico, testimoniato dall’affluenza di persone di molti Paesi, non solo europei. Nel dopo guerra risultano necessari ingenti finanziamenti per ammodernare l’edificio e le strumentazioni mediche: tempi duri, e nel 1966 si decise la chiusura dell’attività con la creazione di una fondazione a Berna, ora Fondazione La Residenza, con lo scopo di continuare in nuove forme, prevalentemente nella regione Lombardia a Milano, le attività assistenziali iniziate dal gruppo di benefattori nel 1875. Il 1971 si inaugura l’attuale struttura per anziani autosufficienti “La Residenza”».
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A COLLOQUIO CON ALBERTO FOSSATI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI FONDAZIONE DELLA FONDAZIONE LA RESIDENZA.
Vuole raccontarci la sua storia e le motivazioni che l’hanno portata a decidere di occuparsi di filantropia e non profit? «Classe 1961, nato e cresciuto a Milano, terza generazione di svizzeri, ma sempre in relazione con il nostro paese di attinenza, Meride. Inizio a lavorare nello studio paterno notarile, attività per me non così interessante, ma inversamente proporzionale al fattore positivo di lavorare con mio padre, da cui ho appreso stile, competenza, rigore e metodo; approdo poi alle assicurazioni (Neuchateloise, Winterthur) inserito in progetti di ristrutturazione aziendale in Italia e all’estero. Un breve passaggio nel mondo del brokeraggio e industriale, mi hanno poi convinto che anche il mondo del non profit era una sfida importante. Ho sempre respirato in famiglia i valori della solidarietà e l’impegno sociale, maturando nel tempo la convinzione che il mondo del “terzo settore” esprime grandi valori di solidarietà che si traducevano nelle quotidiane attività, ma molto vi era ancora da fare a livello organizzativo e di governance, per dare stabilità e sostenibilità nel tempo alle organizzazioni. Decido così nel 2007 di portare il mio impegno nel sociale dal livello di volontariato a quello di attività professionale, non senza qualche pensiero: la diffidenza che queste organizzazioni hanno verso i consulenti, la relazione fiduciaria personale, inoltre non avevo un carnet di clientela no profit».
DOSSIER FONDAZIONI / ALBERTO FOSSATI
Di recente ha tenuto una conferenza a Milano sulla relazione fra fondazioni italiane e svizzere. Qual’è la sua visione al riguardo? «Siamo in una situazione dove troviamo una crepa nella Storia: la quotidianità che ci porta a ragionare e agire ad personam, rispetto ad un concetto di collettività. Come uscirne? Quale ruolo delle fondazioni? La storia ci dice che nei momenti di grande cambiamento solo i pionieri e i grandi maestri hanno potuto e saputo muoversi in un cambiamento positivo. In tale contesto, le fondazioni possono essere piccoli e buoni maestri, se capaci però di sviluppare alcune caratteristiche: avere una visione, conoscenze approfondite e agire con coerenza. È necessario recuperare nelle fondazioni lo spazio delle libertà sociali, non solo con il ruolo di erogatori, ma anche capaci di introdurre nuovi metodi di lavoro per generare una cultura diversa: avere conoscenza delle fragilità e delle povertà presenti oggi nella società, di tipo economico, culturale e di relazione; incorporare culture, conoscenze e competenze, essere leva di cooperazione e sviluppo. Agire coerentemente, per inventare anche nuove forme di relazioni, superando la mentalità della concorrenza e della competizione! Creare le condizioni migliori per avere una casa comune, in cui trovare rete di relazioni e competenze, progetti da sviluppare ed una condivisione di idee e esperienze per migliorare la nostra società. Non da ultimo, la governance: le persone che ricoprono ruoli di amministratori, devono essere lungimiranti, con la passione per il bene comune, avere competenze che permettano di ben definire ruoli e deleghe; ritrovarsi in modo coeso nel procedere, sia nella visione strategica che nella quotidianità; e con la capacità di prevedere e programmare la propria successione».
Che cosa rende oggi la Svizzera un Paese attraente per l’istituzione di una fondazione? «La Svizzera ha una importante storia legata al mondo delle fondazioni: se pensiamo al suo territorio, alla sua popolazione, troviamo un grande numero di fondazioni, circa 13.000, mentre in Italia sono circa 6.000. Questo vuol dire che esiste un grande patrimonio di esperienze, e molte di lungo corso, per molteplici attività filantropiche, di solidarietà e di gestione in vari settori; inoltre, il sistema legislativo e amministrativo mi sembra più snello, meno burocratico rispetto all’Italia, e questo significa dedicare energie e risorse effettivamente all’attività istituzionale della fondazione, pur nel rispetto dovuto alle normative esistenti». Quali esperienze conosce di fondazioni con due sedi (Italia e Svizzera). Qual è la ragione di questa scelta e quali benefici apporta? «Non conosco fondazioni, come la nostra, che abbiano unica identità giuridica, sede in Svizzera e anche una attività secondaria in Italia. Conosco realtà importanti italiane che hanno deciso di creare anche una fondazione in Svizzera o viceversa, ma con due distinte organizzazioni che rispondono a due ordinamenti giuridici e con regole amministrative e di controllo differenti. La ragione della scelta fatta dai nostri fondatori, fu una migliore conoscenza della normativa e delle regole di funzionamento svizzero, più snelle rispetto a quelle italiane; poi vi era sicuramente la volontà di mettere al sicuro il patrimonio, in un paese, la Svizzera, che dava stabilità sia politica che economica. Un beneficio, dal punto di vista italiano, è che siamo valutati positivamente grazie al nostro marchio di essere svizzeri! Significa, nell’immaginario collettivo, capacità organizzativa e precisione, rispetto delle regole, professionalità: capacità e modalità che io trovo comunque anche in molte realtà italiane».
In che cosa consiste e com’è cambiato il ruolo delle fondazioni oggi e come devono interagire con i territori d’appartenenza? «Due riflessioni per il futuro delle fondazioni per meglio intercettare i bisogni del territorio: sperimentare per trovare soluzioni out of the box thinking e cambiare i paradigmi di come NOI possiamo cambiare per agire al meglio!». Qual è la sua visione per la filantropia del futuro? «Il modo di stare insieme in modo equo, generando innovazione, inclusione e reinventando l’uso delle risorse economiche per migliorare la società: valutare il bene comune di ogni intervento, avere luoghi dove condividere il valore e il significato del bene comune, lavorare nel perimetro delle povertà e del disagio sociale e culturale. Raccogliere e distribuire non è solo erogare! Si deve anche valutare come generare valore, distribuire sì risorse, ma creare una rigenerazione sociale! È un nuovo e differente modello culturale e sociale, che vede realizzare una sorta di “dividendo sociale”: rendere agli altri quanto si è ricevuto, con formule e modalità che spettano a ciascuno di noi realizzare, singolarmente o in forma organizzata, per esempio tramite le fondazioni».
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DOSSIER FONDAZIONI / GIORGIO PANZERA
GUARDARE CON SPERANZA AI GIOVANI INTERVISTA CON GIORGIO PANZERA, DIRETTORE DELLA FONDAZIONE IDÉESPORT, CHE CONSIDERA LO SPORT QUALE MEZZO EFFICACE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE E DELL’INTEGRAZIONE SOCIALE, PREVENENDO INOLTRE LA VIOLENZA E L’USO DI SOSTANZE CHE CREANO DIPENDENZA.
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uali sono gli scopi statutari della fondazione? «Dal 2014 ricopro questo affascinante e appagante ruolo, con il quale mi confronto nell’ambito della promozione dei giovani e della loro salute. Gli scopi sono aprire spazi nei quali, attraverso il movimento e la possibilità di fare sport, si creano occasioni d’incontro per persone provenienti da luoghi e culture differenti. IdéeSport è una fondazione di tipo operativa, nel senso che crea e gestisce progetti. Trasporre idee e visioni in concrete realtà è il nostro lavoro. Siamo finanziati sia dall’ente pubblico che da privati. Questi ultimi comprendono le fondazioni erogatrici con grandi capitali che hanno scopi e statuti ben precisi per sostenere progetti». Sport e fondazioni: quali sono a suo parere i punti di forza e quelli di debolezza nello scegliere la forma della fondazione per essere attivi nel settore sportivo? «È importante scegliere una forma giuridica che favorisca gli enti di pubblica utilità. Allo sport solitamente si affianca la forma giuridica dell’associazione (in Svizzera ve ne sono oltre 60.000). Al contrario lo statuto di fondazione è piuttosto statico e conservativo, questo dà la possibilità ai nostri partner di investire a medio/lungo termine in un’organizzazione che difficilmente muterà nel tempo, modificare statuti e/o scopi di una fondazione è
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un iter complesso. Viene apprezzata, inoltre, la serietà e competenza che una fondazione nazionale può dare anche in termini d’immagine». Quali sono i progetti a cui avete lavorato in passato, quali quelli attuali? «Da 20 anni promuoviamo la salute e il benessere per i bambini e i giovani in Svizzera. Ogni fine settimana a livello locale apriamo oltre 160 palestre per dare uno spazio sociale a una società che sempre meno si ritaglia questi momenti. La possibilità d’incontrarsi, di muoversi e scambiare opinioni è al centro dei nostri progetti. Abbiamo quattro programmi nazionali: MiniMove per bambini 2-5 anni e i loro genitori (focus promozione salute e integrazione), OpenSunday per bambini 6-11 (promozione movimento e alimentazione sana), MidnightSports per giovani 12-17 anni (promozione salute, integrazione e prevenzione). Il CoachProgramm riguarda la promozione dei giovani 1422 anni come individui e collaboratori nei nostri progetti. I progetti interni, invece, dal 2014 hanno il focus di rendere la Fondazione più snella, dinamica ed efficiente. Dopo una prima fase di analisi si è passati a una riorganizzazione strutturale dell’ente, centralizzando molte funzioni e rendendo i più processi più efficienti. Un management più competente e responsabile, una redistribuzione delle responsabilità e più autonomia
DOSSIER FONDAZIONI / GIORGIO PANZERA
alle tre regioni linguistiche nelle quali abbiamo un ufficio (Bellinzona, Olten, Losanna) hanno permesso di crescere negli ultimi anni del 5-10%». Quali progetti avete in Ticino? «In Ticino, oltre ad avere dal 2009 un ufficio regionale a Bellinzona con sei dipendenti, abbiamo tutta la paletta dei nostri prodotti citati in precedenza. Con 30 progetti che registrano annualmente 33’955 entrate di bambini e giovani nelle nostre palestre aperte siamo tra i primi promotori delle politiche giovanili del Cantone. Abbiamo una collaborazione con il 74% dei Comuni ticinesi. Per quel che riguarda il progetto MidnightSports destinato ai giovani le statistiche sono impressionanti: 1 giovane su 3 negli ultimi 10 anni ha trascorso il sabato sera nelle nostre palestre aperte. Il lavoro in questi 10 anni ha permesso di stimolare, sensibilizzare e convincere gli esecutivi comunali a investire circa 800 milioni in più all’anno per coloro che un giorno saranno il nostro futuro. Chapeau alla politica! Il mio ruolo tra il Ticino e il resto della Svizzera è di promuovere lo scambio sia di know-how che culturale (a volte anche linguistico!) tra i nostri uffici regionali. Inoltre, quando ne ho l’occasione, sensibilizzo le grandi fondazioni erogatrici che si profilano partner nazionali ma che in Ticino finanziano poco o addirittura nessun progetto». Lei è molto attivo nel settore delle fondazioni. Dal suo osservatorio privilegiato che tendenze osserva nel settore? «Ogni anno in Svizzera c’è un incremento di numero di fondazioni dell’1-2% e ogni giorno ne viene creata una. Il dinamismo e il saldo positivo è fondamentale per il no profit che in Svizzera gode di molta stima e fiducia. Il settore delle Fondazioni sta mutando, in generale sta diventando sempre più professionale e questo è un aspetto positivo. Le organizzazioni più
dinamiche iniziano i processi di trasformazione digitale e quelle più innovative sono già attive per rendere l’organizzazione del lavoro più agile, fattori importati in quanto la tecnologia e le nuove forme di organizzazione saranno determinanti per il futuro delle NPO: ridurre i processi amministrativi e la burocrazia, decidere più velocemente e ridurre l’overhead faranno contenere i costi di gestione. Da una forma piramidale di conduzione anche IdéeSport nei prossimi due anni passerà a una più circolare. Una volta date le condizioni quadro è giusto che chi stia alla base dei progetti/prodotti e conosce gli stakeholder prenda le decisioni operative. Oltre all’attrattività del posto di lavoro, diventeremo maggiormente competitivi. Noto personalmente in tutta la Svizzera una sorte di allontanamento tra le fondazioni operative e quelle erogatrici, questo purtroppo perché le rendite dei capitali negli ultimi anni sono diminuite e dunque la ricchezza che viene redistribuita si è ridotta (i capitali delle fondazioni sono stimati a 100 Mia. in Svizzera e ca. 1.8 Mia. in Ticino). Se il numero di player operativi aumentano e i finanziamenti di chi eroga diminuiscono, bisogna creare le basi affinché le due parti possano lavorare serenamente, in sintonia e orientati ai bisogni della società. Vedo su tutto il territorio elvetico progetti interessanti che per mancanza di know-how nel management, ma soprattutto pochi contatti con i partner finanziari, non riescono a evolversi o a moltiplicarsi. Anche le piccole idee, rispettivamente piccole organizzazioni, devono poter competere e avere le pari opportunità dei “big” nazionali».
riamo il numero di fondazioni per abitante. Il settore ricopre dunque un ruolo importante nell’economia regionale e trovo una grande mancanza il fatto che è poco coordinato. Questa frammentazione purtroppo nuoce alla progettualità delle NPO che si trovano senza alcuna possibilità di scambio e incontro, poche formazioni continue a disposizione e rarissime occasioni di giornate, rispettivamente convegni o congressi, a loro dedicate. Una fondazione mantello è una forma giuridica molto interessante poiché può avere sotto di sé fondazioni più piccole che fanno capo a un management solo, questo riduce drasticamente i costi di gestione. Si possono, inoltre, creare dei fondi con scopi ben precisi in cui il privato può investire bypassando l’iter di creare e gestire una fondazione. Mi permetto di andare oltre: in Ticino si potrebbe addirittura pensare a un centro di competenze per fondazioni, questo darebbe maggior linfa al Terzo settore, oltre a costituire un ponte con il Nord Italia, la Svizzera tedesca e quella francese. Personalmente sono molto curioso di questo interessante sviluppo a Sud delle Alpi. Per maggiori informazioni: www.ideesport.ch www.linkedin.com/in/giorgio-panzera
Come giudica l’estrema frammentazione del settore delle fondazioni in Ticino? Che cosa si potrebbe fare per trovare soluzioni alternative e cosa pensa di una Fondazione mantello per il Ticino? «Con circa 800 fondazioni il Ticino è al quarto posto in Svizzera se consideTICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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AZIENDE / MARKETING E BENESSERE
POSSIBILE PARADOSSO O PARADOSSO POSSIBILE? IL SAPERE DI MARKETING È ANTICO COME L’UOMO. IN OGNI EPOCA È STATO NECESSARIO MIGLIORARE LE RELAZIONI DI SCAMBIO, COMPRENDERE LE ESIGENZE DEGLI ALTRI, COMUNICARE IN MODO EFFICACE, INNOVARE.
DI LUCA M. VISCONTI
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l marketing come disciplina, tuttavia, è molto più recente: su iniziativa dell’American Marketing Association (AMA), solo nel 1935 fu formulata la prima definizione di marketing. Seguendo la grande depressione del 1929, infatti, politici e imprese decisero di trasformare questo generico ‘sapere’ in ‘scienza’ (sociale). Obiettivo: impedire il ripetersi di un altro ‘Venerdì Nero’. In meno di un secolo, il marketingcome-scienza ha espresso un impatto economico inimmaginabile. Già oggi, si ritiene che un terzo degli studenti laureati in management sia occupato in professioni di marketing e che circa la metà del prezzo pagato per i beni e servizi copra costi di marketing. Entro il 2020, inoltre, si stima che gli investimenti globali in marketing raggiungano i 1,300 miliardi di franchi annui, quasi due volte il PIL della Svizzera. Al di là del suo peso economico, il marketing ha accompagnato cambiamenti socio-culturali maggiori, tra cui l’avvento della società dei consumi, l’ingresso in un’economia di simboli (si pensi al potere delle marche) e la creolizzazione dei nostri desideri d’acquisto (sulla spinta della globaliz-
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zazione, delle migrazioni e del digitale). Per quanto gli effetti di questi cambiamenti non siano solo negativi, è evidente che il marketing sia legato all’economia dello spreco, allo sfruttamento delle risorse ambientali o alla marginalizzazione di quanti hanno, e dunque spendono, di meno. In un momento che alcuni esperti considerano alle porte del prossimo Venerdì Nero, all’USI - Università della Svizzera italiana nasce il Master in Marketing and Transformative Economy, un biennio di specializzazione che si interroga sul ruolo che il marketing possa/debba ricoprire oggi, alla luce del potere e dei rischi che gli sono specifici. La novità del programma – a nostra conoscenza, unico su scala internazionale – è facile da riassumere. Il Master propone una risposta diversa alla domanda che da sempre fonda la nostra disciplina: “Cosa vuol dire avere un orientamento al cliente?” La già citata AMA, che incarna tradizione e ortodossia in materia, suggerisce che un orientamento al cliente si traduca nell’indirizzare le attività d’impresa verso la soddisfazione del cliente stesso (concetto noto come ‘customer satisfaction’). Con il cambiare di mercati e società, gli esperti di marketing hanno costantemente identificato nuove leve in grado di soddisfare il cliente. Da un ‘marketing di prodotto’, negli anni ’70 si passò a un ‘marketing di servizio’, suggerendo che i clienti fossero più interessati alla dimensione immateriale dell’offerta. A partire dagli anni ’90, poi, si ritenne che i clienti fossero più
attratti dall’esperienza che non dai prodotti/servizi. Ai nostri giorni, si pone l’accento sulla condivisione di questa esperienza (per esempio, attraverso i social media), sulla sua pretesa autenticità o, ancora, sulla sua personalizzazione. Per non parlare del gran discutere su come l’esperienza sia ormai distribuita su una varietà di punti di contatto impresa-cliente (il cosiddetto ‘percorso del cliente’ o ‘customer journey’), con il suo mix di on- e off-line. Questo approccio tradizionale non ha tuttavia mai messo in discussione l’obiettivo ultimo del marketing – la soddisfazione del cliente – pur identificando nel tempo leve via via diverse per raggiungerlo (prodotto, servizio, esperienza, condivisione, marca, etc.). In discontinuità con questa tradizione, proponiamo che il marketing persegua un obiettivo differente, e sovraordinato, rispetto alla soddisfazione del cliente: il benessere individuale e sociale (noto, oggi, come ‘personal and societal well-being’). Il concetto di benessere è recente in marketing (è timidamente comparso circa dieci anni fa), pur risultando già di forte interesse per ricercatori e manager. Dobbiamo ammonire sul rischio che il binomio marketing-benessere diventi un estremo tentativo per rinobilitare una disciplina che ha ricevuto crescenti critiche nell’arco degli ultimi tre decenni (almeno). Ciò premesso, una riflessione seria su come un orientamento al benessere possa riformare il marketing convince per svariate ragioni. Primo, pensare che le azioni, e le
AZIENDE / MARKETING E BENESSERE
In sintesi, il Master in Marketing and Transformative Economy si limita a osservare come il modo attuale di fare marketing sia spesso tale da rendere il binomio marketing-benessere un (possibile) paradosso, qualcosa di poco plausibile, al più di cosmetico. Lontani dall’avere tutte le risposte, questo percorso di studi mira a riunire alcuni tra i migliori esperti e studenti internazionali, con la volontà di coinvolgerli in una riflessione critica sul marketing e su come questa disciplina possa diventare una leva trasformativa per economia e società. Insomma, su come il binomio marketing-benessere possa diventare un paradosso possibile. ricerche, di marketing debbano perseguire il benessere del cliente e della società invita a considerare le interdipendenze tra scelte individuali ed effetti collettivi. Per troppo tempo, invece, il marketing è stato chinato sui bisogni del singolo cliente, atteggiamento che le opportunità dischiuse dalle nuove tecnologie (produttive e comunicative) hanno solo rafforzato (oggi, ogni cliente è potenzialmente trattato come un segmento a sé stante). Secondo, il concetto di benessere è multidimensionale. In altre parole, il benessere personale e sociale dipendono da diversi aspetti, quali il benessere economico, sociale, emotivo, fisico, spirituale, ambientale e politico. Questo vuol dire che le imprese potrebbero comunque aumentare il benessere dei propri clienti passando attraverso leve che non si traducono solo nell’innalzamento del loro benessere economico. Come ormai osserviamo, inseguire un costante innalzamento del benessere economico si associa al sovra-consumo, con ripercussioni non solo sulla sostenibilità ambientale, ma anche su nuove forme di povertà generate dal fatto di avere meno degli altri (la cosiddetta ‘povertà sociale’, che estende la già nota ‘povertà economica’). Terzo, orientare gli obietti di marketing al benessere dischiude innumere-
voli opportunità di business, dal momento che permette alle imprese di ripensare radicalmente il proprio ruolo come attori socio-economici. Per esempio, un’impresa di traslochi che mira a soddisfare il cliente cercherà di trasferirne gli effetti personali in modo rapido, sicuro e conveniente. Se la stessa impresa dovesse riflettere in termini di benessere del cliente, si renderebbe conto di come per una persona traslocare sia molto più che spostare oggetti da un luogo all’altro. Questa impresa potrebbe quindi offrire nuovi servizi, come un supporto nella ricerca di casa e/o di una scuola per i figli, un aiuto nell’espletare le pratiche amministrative legate a un cambio di residenza, etc. Infine, un orientamento al benessere permette d’integrare il richiamo a un modo di fare impresa più socialmente responsabile sin dal principio. Troppo spesso la responsabilità sociale d’impresa è (stata) una sorta di ‘armatura’, aggiunta per proteggere lo status quo dei processi aziendali, pur dando loro un’apparenza riformata. Diversamente, un marketing orientato al benessere individuale e sociale porrebbe questo ordine di riflessioni sin dalla fase di analisi dei mercati, per poi tradurre i risultati di queste analisi in strategia e, da lì, in piani esecutivi.
Luca M. Visconti, Ph.D. Professore Ordinario di Marketing e Direttore del Master in Marketing and Transformative Economy, Facoltà di Scienze della Comunicazione Università della Svizzera italiana.
luca.visconti@usi.ch https://www.usi.ch/en/mktg TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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AZIENDE / INTELLIGENZA ARTIFICIALE
UOMINI E MACCHINE IL FUTURO É GIÀ QUI LUCA MARIA GAMBARDELLA, DIRETTORE DELL’ISTITUTO DALLE MOLLE, FA IL PUNTO SULLE RICERCHE IN CORSO IN VARI AMBITI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E METTE IN GUARDIA CIRCA LA NECESSITÀ CHE L’UOMO MANTENGA IL CONTROLLO E LE PROPRIE CAPACITÀ CREATIVE NEI CONFRONTI DELLO SVILUPPO DELLE NUOVE TECNOLOGIE.
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uali sono state le origini dell’Istituto Dalle Molle? «Tutto nasce dalla volontà di Angelo Dalle Molle, nato a Venezia nel 1908 che è stato un grande industriale italiano, uomo curioso di tutto ciò che lo circondava, molto interessato ai problemi del suo tempo. Umanista convinto, riteneva che i progressi della scienza in generale e in particolare quelli dell’informatica, all’epoca ai suoi inizi, non dovessero asservire l’uomo ma piuttosto essere al suo servizio. A partire dagli anni ’70, sostenne la ricerca in questo settore e attraverso la Fondazione Dalle Molle per la qualità della vita e creò quattro istituti di ricerca tutti con sede in Svizzera. Quello con sede a Lugano, fondato nel 1988 aveva appunto come oggetto di ricerca l’intelligenza artificiale (IDSIA)». Lungo quali direttrici di ricerca si è mosso questo istituto? «L’obiettivo primario dell’intelligenza artificiale è quello di conferire alla macchina la capacità di capire il mondo nel quale essa si evolve, adattandovisi. Per fare questo inizialmente l’istituto ha lavorato sul tema della traduzione automatica. L'IDSIA è oggi associato all'Università di Lugano e alla SUPSI, la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana. Le sue attività si concentrano sul dotare le macchine della capacità di adattarsi e di migliorare continuamente le proprie conoscenze e le proprie prestazio-
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ni. Alcuni degli strumenti sviluppati da IDSIA in questi anni (reti neuronali LSTM) sono ora in milioni di smartphone per l’analisi del linguaggio parlato e in molte soluzioni commerciali proposte tra l’altro da Apple, Google, Microsoft e Amazon. Le applicazioni variano dalla finanza, all’industria, al turismo dove si utilizzano dati storici per prevedere e valutari scenari futuri e si ottimizza il comportamento delle macchine partendo da dati incerti e non ancora standardizzati. Quali sono i vantaggi derivanti da questa doppia natura (USI e SUPSI) dell’Istituto? «Direi che il dualismo si rif lette positivamente nel nostro approccio all’attività di ricerca. Da un lato portiamo avanti progetti a carattere più specificatamente accademico, dall’altro offriamo un trasferimento di tecnologie e innovazioni ad aziende con il supporto di fondi pubblici. Complessivamente possiamo al momento contare su una settantina di collaboratori provenienti dai diversi ambiti disciplinari (ma presto saliremo di altre 10 unità) e pubblichiamo circa un centinaio di articoli ogni anno, sulle più importanti riviste scientifiche, a conferma della qualità, riconosciuta a livello internazionale, delle nostre attività di ricerca e sperimentazione. Notevole è anche l’impatto verso le aziende con decine di collaborazioni attive in Ticino e altrove e l’avvio di un processo continuo di innovazione che porta la
UNA BANCA SEMPRE PIÙ CONVENIENTE LUCA PEDROTTI, DIRETTORE DI UBS REGIONE TICINO PRESENTA IL BUSINESS SOLUTIONS CENTER DI MANNO E SPIEGA LA SCELTA STRATEGICA DI INVESTIRE NELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE APPLICATA AL SETTORE FINANZIARIO. Quali sono le aspettative del settore finanziario riguardo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale? «Già da tempo il settore finanziario è permeato di tecnologie per la gestione intelligente dei dati. L’intelligenza artificiale può però offrire una marcia in più nel rapporto con la clientela, automatizzando sia le interazioni più semplici che relazioni più complesse. Secondo alcuni studi si stima infatti che circa un terzo delle attività amministrative tipiche degli istituti bancari possono essere efficacemente automatizzate da tecniche di machine learning alfine di liberare risorse per altre attività a maggior valore aggiunto. C’è poi la questione della sicurezza, che impone sfide sempre nuove. Solo l’intelligenza artificiale e la capacità di apprendere immediatamente la differenza tra la gestione normale e le anomalie garantirà strumenti abbastanza flessibili per individuare per tempo le frodi. Infine, l’intelligenza artificiale può aiutare le banche ad ottimizzare le attività di compliance nei confronti delle normative vigenti». UBS ha da poco inaugurato il Business Solution Center di Manno. Di che cosa si tratta? «Possiamo parlare di un centro di competenza – dopo quelli di Zurigo, Londra e Singapore – destinato alla sperimentazione dell’innovazione e di nuove tecnologie da applicare nell’ambito della finanza. Nello specifico il nuovo centro di Manno si focalizzerà sull’intelligenza artificiale e andrà a sviluppare progetti non soltanto per UBS Svizzera ma per l’intero Gruppo. La forza del team che abbiamo creato in collaborazione con l’Istituto Dalle Molle (Idsia) consiste proprio nel fatto di aver coniugato la competenza di un’istituzione accademica riconosciuta a livello mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale con le necessità di un istituto bancario che - per le sue dimensioni e la capillare diffusione nel mondo - può mettere a disposizione un’immensa mole di informazioni e dati da processare ed elaborare. Basti pensare alle opportunità che si possono creare “estraendo valore’ dagli oltre due miliardi di dati che processiamo ogni 15 secondi a favore dei nostri clienti».
Che cosa dobbiamo attenderci dall’applicazione di queste nuove tecnologie? «La cosiddetta quarta rivoluzione industriale non coinvolge solo il modo della produzione di beni. Sono soprattutto i servizi e la loro erogazione ad essere investiti da questi cambiamenti tecnologici. Gli investimenti in tecnologia da parte di UBS sono aumentati negli ultimi anni del 27% e a livello globale la Banca investe circa 3,5 miliardi di franchi ogni anno in IT e di essa una buona parte per l’innovazione tecnologica: già oggi sono in attività oltre 700 robot. Le soluzioni che oggi stiamo sperimentando hanno tutte l’obiettivo di migliorare, sotto molteplici aspetti, i processi interni alla banca, il che significa in primo luogo ottimizzare la qualità dei servizi offerti. Le tecnologie aiuteranno a diventare più performanti, consolidando il rapporto con i clienti, con servizi sempre più personalizzati e su richiesta, gestendo in modo più efficace ed efficiente i processi nel back-office. L’intelligenza artificiale renderà le organizzazioni finanziarie più abili e permetterà di comprendere meglio le esigenze della clientela nonché di dare in tempo reale le informazioni rilevanti, rendendo nel contempo le banche più sicure contro gli attacchi informatici». Il Centro di Manno significa anche creazione di nuova occupazione… «A pochi mesi dalla sua apertura è già in attività un team di una ventina di persone operative, selezionate tra oltre 800 candidature di alto livello: entro fine 2020 diventeranno 80 unità. Si tratta di informatici e ricercatori provenienti dal Ticino, dalla Svizzera e da altre parti del mondo chiamati ad operare in un ambiente particolarmente giovane e dinamico. Credo che questo Centro di competenza costituisca per tutto il territorio ticinese un’occasione di crescita e una spinta importante per la diffusione dell’innovazione. Un cambiamento positivo, che porta nuove opportunità, crescita ed evoluzione».
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AZIENDE / INTELLIGENZA ARTIFICIALE
creazione/miglioramento dei prodotti e dei servizi e la creazione di posti qualificati di lavoro». Ci può accennare a qualche avveniristico progetto cui state lavorando? «Sono numerosi i progetti finalizzati a promuovere la simbiosi tra il robot e l’essere umano, attraverso il machine learning, ovvero replicando certi comportamenti e modalità del cervello umano nel robot, attraverso una rete neurale artificiale. Potrei citare il caso del progetto AGORA realizzato con il Thymio, il robot didattico in grado avvicinare gli studenti delle scuole primarie e secondarie, i loro genitori e gli insegnanti al pensiero computazionale, ossia la capacità di risolvere problemi tramite concetti dell’informatica teorica. Oppure il drone azionato dai gesti. Tutto quello che bisogna fare è indicargli la direzione in cui andare, senza che il drone debba essere in contatto visivo con chi lo guida. Le possibili applicazioni di un dispositivo di questo tipo sono diverse, sia in ambito domestico che industriale».
Lei ha più volte parlato e scritto di un mondo ibrido all’interno del quale ci troviamo attualmente a vivere. Che cosa significa? «L’intelligenza artificiale (IA) è uscita dai laboratori e oggi è fattore chiave nelle strategie digitali in molti settori. Intelligenze artificiali sono oggi in grado di imparare regole in maniera automatica. Si ottimizzano trasporti, si fanno diagnosi predittive a distanza, parametri di macchinari complessi si autoconfigurano, si fanno previsioni finanziarie, si realizzano protesi artificiali oltre che robot. Per seguire questa evoluzione e per valutarne le opportunità e gli impatti ci vuole una
costante attenzione che coinvolga gli scienziati e la società civile, la politica e il mondo dell’educazione. Si profila un mondo ibrido, dove esseri umani e intelligenze artificiali convivono, si confrontano e talvolta litigano».
AZIENDE / CENTRO DI COMPETENZE 3D BUILDING
LA STAMPA 3D DI EDIFICI È UNA RIVOLUZIONE DESTINATA A CAMBIARE PER SEMPRE IL SETTORE DELL’EDILIZIA E LA SVIZZERA HA LA GRANDE OCCASIONE PER GIOCARE UN RUOLO DI PRIMO PIANO.
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mercati di oggi, in Svizzera come nel resto del mondo, stanno vivendo un periodo in cui la digitalizzazione e l’ingresso di nuove tecnologie negli asset aziendali non sono più solo uno strumento per contrastare la concorrenza come avvenuto in passato, stanno diventando un tema di sopravvivenza. Le aziende non devono domandarsi se la trasformazione digitale e le innovazioni dirompenti avranno o no un impatto sul loro settore, la domanda corretta è: quando avverrà l’impatto? Il settore dell’edilizia nei prossimi anni dovrà affrontare un periodo di transizione che lo porterà ad abbandonare l’approccio tradizionale per abbracciare un’innovazione fortemente dirompente: la stampa 3D di edifici. Una transizione che è già in atto in alcuni Paesi del mondo e, volenti o nolenti, lo sarà anche da noi.
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LE COSTRUZIONI DEL FUTURO SONO GIÀ QUI Con stampa 3D s’intende la riproduzione di un oggetto tridimensionale a partire da un disegno 3D. Grazie a un software si trasferisce il progetto alla stampante, la quale realizza l’oggetto desiderato che può essere anche un intero edificio. Adottare la Stampa 3D in edilizia vuol dire abbattere i costi di manodopera e i tempi di realizzazione di un immobile, ottenendo un vantaggio competitivo equiparabile all’arrivo dell’escavatore o della gru. Una vera rivoluzione. Inoltre apre nuove porte alla professione edile. Consente di sperimentare nuove tecniche, nuove architetture, nuovi materiali da costruzione e facilita il lavoro a distanza. Ad esempio, è possibile sviluppare un progetto in Svizzera per poi inviarlo a una stampante posizionata a Dubai. Aumentano quindi le opportunità di collaborazione e si ampliano i confini del proprio mercato di riferimento. Non stiamo parlando di un futuro lontano di cui è inutile preoccuparsi, ma di una tecnologia che sta iniziando a prendere piede concretamente. La prima casa completamente abitabile realizzata con una stampante 3D è stata costruita (in poco meno di 24 ore) ad Austin, in Texas. La stampante utilizzata ha eretto i muri tramite una sovrapposizione di strati di cemento che vanno a costruire un doppio muro diviso da un’intercapedine con una struttura rinforzata, con tanto di muri divisori interni e alloggiamento per le prese di corrente. A Milano, in piazza Beccaria, è presente il primo esperimento italiano di stampa
3D applicata all’edilizia, un’abitazione di 100 metri quadri. In Arabia Saudita esistono 500 edifici stampati in 3D, la città di Riyadh realizzerà 1,5 milioni di case in 3D nei prossimi cinque anni e Dubai ha annunciato che fino al 25% dei nuovi edifici delle cittàstato sarà realizzato con stampanti 3D entro il 2025. Il comparto dell’edilizia svizzero, da sempre restio alle novità, sembra avere finalmente innestato una nuova marcia e adesso le cose iniziano a muoversi sul serio anche tra le alpi elvetiche. È notizia recente la fondazione del Centro di Competenze 3D Building, con sede a Manno, che verrà presentato ufficialmente nel corso del mese di marzo con un evento dedicato. Frutto di un consorzio privato capitanato da due istituti di ricerca: il SIDI (Swiss Institute for Disruptive Innovation) e il CCEI (Centro Com-
petenze Edilizia Innovativa) e in collaborazione con l’Accademia di Architettura USI di Mendrisio e la SUPSI, il Centro intende diventare nel medio periodo un punto di riferimento nel panorama dell’additive building manufacturing. Di fatto, opera come un centro di ricerca e al tempo stesso come un network trasversale all’intera filiera con lo scopo di sviluppare nuove tecnologie, competenze e processi e attrarre i migliori cervelli e le aziende internazionali più all’avanguardia, in modo da innescare un circolo virtuoso che ruoti intorno al Canton Ticino. L’aspetto pragmatico delle attività del Centro è invece lo sviluppo di idee, competenze tecniche e strategiche che diano origine a brevetti, innovazioni e soluzioni impiegabili nella pratica quotidiana. In Ticino le aziende attive nel settore dell’edilizia sono oltre 2000. La maggior parte di esse, sia che operino nel segmento primario che accessorio, saranno interessate dalla rivoluzione tecnologica in atto e presto o tardi tutte dovranno affrontare il nuovo che avanza. Diventare partner del Centro di Competenze 3D Building consentirà di accrescere le proprie competenze, le proprie conoscenze e le proprie opportunità di business, per non subire il cambiamento ma anzi cavalcarlo. Il Centro non si rivolge soltanto alle imprese edili ma a tutti coloro che orbitano intorno al settore, dall’architetto all’immobiliarista, dall’ingegnere al perito e più in generale si rivolge a tutte le persone e le aziende che credono nell’innovazione. Chi deciderà di sostenere il Centro avrà un accesso preferenziale ai risultati ottenuti e un diritto di prelazione sui nuovi brevetti, progetti e startup. Come avvenuto in passato, quando la Svizzera partì in ritardo rispetto ad altre nazioni ma riuscì a imporsi come leader internazionale nel campo dell’orologeria, la stessa cosa può avvenire oggi nel campo della stampa 3D di edifici, in quanto in Europa non esiste ancora un polo dedicato a questo settore. Il Centro avrà anche una “mission” umanitaria, già chiaramente individuata nel proprio statuto: intende mettere a disposizione le sue conoscenze, le sue competenze e le sue tecnologie nelle aree colpite da guerre o calamità naturali. Gli edifici stampati rappresentano una soluzione economica e immediata in situazioni critiche, con una stampante possiamo costruire in poche ore una casa per chi l’ha persa.
UN’OPPORTUNITÀ DA COGLIERE ORA Pietro Veragouth, cofondatore del Centro di Competenze 3D Building. La Stampa 3D è un’innovazione con tutte le carte in regola per essere dirompente. Non nell’immediato, ma nel medio e lungo periodo, l’operatore che avrà saputo interpretare prima degli altri le dinamiche dell’additive building manufacturing avrà maggiori chances di acquisire posizioni che i secondi faranno molta fatica a scalzare. A mio parere il Ticino si trova proprio in questa favorevole situazione. Oggi le stampanti 3D sono ancora piuttosto rudimentali, adatte a paesi con livelli di realizzazione qualitativamente meno esigenti di quelli europei. Ma la Svizzera, con i suoi standard costruttivi tra i più elevati al mondo, potrebbe dare un grande contributo all’evoluzione della stampa 3D di edifici fino a guadagnare una posizione di leadership internazionale, proprio come successo in passato nel campo dell’orologeria. Ci troviamo dunque in un momento spartiacque che dividerà coloro che hanno saputo cogliere l’enorme potenziale di questa tecnologia da coloro che invece si troveranno nella condizione di dover inseguire, avendo perso un treno che non passerà una seconda volta. Perché non cogliere quest’opportunità? Il Centro di Competenze nasce proprio per creare un habitat ideale allo sviluppo della stampa di edifici 3D, per progettare sistemi sempre più performanti e fare ricerca nell’ambito dei nuovi materiali da costruzione, offrendo un vantaggio competitivo all’intero comparto. Inoltre il Centro può contare sulla collaborazione con l’Accademia di Mendrisio e con la SUPSI che vanta un’esperienza importantissima nella stampa 3D a metallo, tecnica che è in realtà molto più complessa di quella impiegata per la stampa di edifici. Partiamo quindi con una solida base di competenze a cui attingere e con diverse aziende partner ticinesi di rilievo che hanno già aderito al progetto.
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AZIENDE / CENTRO DI COMPETENZE 3D BUILDING
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MAGGIORE LIBERTÀ
PUNTIAMO MOLTO IN ALTO
Riccardo Blumer, direttore dell’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana a Mendrisio.
Andrea Basso, ticinese, professore d’ingegneria applicata all’Università di Victoria, Canada e cofondatore del Centro di Competenze 3D Building.
L’Accademia vede con grande interesse la fondazione del Centro di Competenze 3D Building e si attiverà direttamente per contribuire alle sperimentazioni che grazie a questa “palestra” si potranno sviluppare. La relazione tra il progetto di architettura e le tecniche costruttive sono state sempre fondamentali nella nostra disciplina. Se da un lato solo il cemento armato ci ha concesso una “virata” dai sistemi costruttivi a elementi “addizionali” (cotto, pietra, legno e ferro) in cui elementi finiti in sé vengono appunto “assemblati” con disegno specifico, le prospettive di una grande macchina che produce direttamente la materia sul luogo posandola contemporaneamente a “layer” sovrapposti apre almeno due grandi temi. Il primo è una riflessione sull’uso di un sistema automatico, ovvero quel passaggio diretto dal disegno all’oggetto riducendo (in gran parte) le componenti e le fasi di costruzione e assemblaggio, che non solo apre scenari economici interessanti, ma interviene direttamente in quella fase che si definisce “processo” ovvero il rapporto tra oggetto costruito e tempo. La ricaduta non è solo economica ma evidentemente anche di carattere formale. Questa è appunto la seconda riflessione, ovvero quella dell’“estetica” che questa tecnologia permetterà di immaginare e sperimentare. Le relazioni tra i processi e la forma sono assolutamente determinanti ed è in questo senso che intuitivamente, si può immaginare l’inimmaginabile. La natura per prima insegna che le due fasi della creazione sono rappresentate alla fine dall’oggetto stesso, dalla sua inevitabile “forma”.
Si tratta di un progetto a lungo termine ma che punta molto in alto, fino a raggiungere le stelle in senso letterale. Può sembrare fantascienza, ma non lo è affatto. A febbraio 2018 la società privata SpaceX di Elon Musk, fondatore di Tesla e PayPal, ha dimostrato concretamente che non solo è possibile il viaggio su Marte, ma potrà essere realizzato molto in anticipo sui tempi e a costi nettamente inferiori rispetto a quelli previsti da Nasa e altre compagnie. Questo evento ha riacceso la competizione tra Russia e Stati Uniti, tra pubblico e privato, tra Cina, India, Europa, non solo per esplorare ma per colonizzare lo spazio, la prossima grande meta dell’umanità. SpaceX ha in programma per il 2024 la prima missione sul Pianeta Rosso con equipaggio umano, e se l’uomo camminerà su Marte allora dovrà anche affrontare le necessità di una colonia spaziale. Prima tra tutte quella di edifici in grado di ospitare i futuri abitanti, i laboratori, le unità di sussistenza, che possono essere realizzate in un solo modo: con la stampa 3D e dovranno essere realizzate prima del loro arrivo. È infatti previsto che le apparecchiature e le stampanti partano nella finestra di lancio del 2021. In quest’ottica, appare evidente come la stampa 3D abbia un potenziale di business ancora incompreso dalla maggior parte degli operatori e possa offrire opportunità inimmaginabili a tutte quelle realtà che per prime riusciranno a imporsi come protagoniste del settore. Una di queste realtà vogliamo essere noi, con il Centro di Competenze 3D Building che mira ad affermarsi a livello globale come punto di riferimento per lo sviluppo di nuove tecnologie per la stampa 3D di edifici.
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AZIENDE / AZIENDE INDUSTRIALI DI LUGANO (AIL) SA
LA SOSTENIBILITÀ AL PRIMO POSTO
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ANDREA PRATI, PRESIDENTE DELLA DIREZIONE GENERALE DI AIL, DELINEA LA STRATEGIA, I VALORI, I PROGETTI E LE REALIZZAZIONI CHE FANNO DELLA SOCIETÀ UN ATTORE DI PRIMARIA IMPORTANZA NEL PANORAMA AZIENDALE TICINESE, CON OLTRE 300 MILIONI DI FRANCHI DI CIFRA D’AFFARI, CIRCA 380 DIPENDENTI E PIÙ DI 112.000 CLIENTI SERVITI.
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ome giudica l’anno appena trascorso della sua azienda? «È stato un anno che ha marcato in modo decisivo il riposizionamento strategico avviato nel corso dell’ultimo triennio ed ora giunto ad una fase di avanzata attuazione. A un radicale cambiamento della struttura organizzativa e dei processi di lavoro si sono accompagnati il rinnovo e l’ampliamento della sede operativa di Muzzano e, elemento molto importante, il ridisegno del nostro logo, più semplice, diretto ed essenziale, che vuole descrivere il nostro nuovo modo di essere e di conseguenza di come vogliamo essere percepiti».
potremo riuscire a ottenere risultati finanziari eccellenti soltanto migliorando il servizio al nostro cliente e rafforzando il nostro impegno nella salvaguardia dell’ambiente nonché nel consolidamento di un rapporto trasparente e costruttivo con le comunità e sul territorio nel quale operiamo. Per garantire l’approvvigionamento di energia dovremo inoltre continuare a investire importanti risorse nello sviluppo e nel mantenimento dell’infrastruttura di distribuzione e in nuove installazioni di produzione diffusa dell’energia sul territorio, quali impianti fotovoltaici e centrali di cogenerazione. Negli scorsi anni abbiamo investito annualmente circa 40 milioni di franchi».
Quali sono i cardini del piano strategico che orienta in questi anni l’azione di AIL? «Circa tre anni fa, sotto la guida del nostro Consiglio di amministrazione, abbiamo operato un’importante revisione del nostro orientamento strategico, al fine di focalizzare le nostre priorità e gli obiettivi che intendiamo raggiungere. Il principale valore fondamentale sul quale abbiamo scelto di orientare la nostra azione è la sostenibilità, intesa sotto il profilo economico, ambientale e sociale. In quest’ottica, per il terzo anno, nel 2017 abbiamo documentato attraverso la pubblicazione del Rapporto annuale integrato tutte le nostre attività nell’ambito della sostenibilità. Siamo convinti dell’importanza di non perseguire unicamente obiettivi economici, ma di prestare la stessa attenzione anche ad aspetti di natura ambientale e sociale, nel rispetto delle esigenze e degli interessi delle generazioni future. Nel lungo termine
Possiamo analizzare più da vicino lungo quali direttrici deve muoversi uno sviluppo sostenibile? «La definizione di una strategia di sostenibilità inizia con la cosiddetta analisi di materialità che ha lo scopo di identificare e valutare gli aspetti che hanno un impatto diretto o indiretto sulla capacità di un’azienda di creare, preservare o erodere il proprio valore economico, ambientale e sociale. Allo scopo di creare un punto di riferimento stabile e oggettivo con cui misurare il risultato del nostro impegno, abbiamo cercato di verificare l’allineamento della nostra strategia di sostenibilità con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals, SDGs). Il quadro che ne è uscito è molto confortante ma soprattutto confortante è constatare quotidianamente come la sostenibilità sia entrata a fare parte del nostro modo di pensare, senza vincoli né forzature».
AZIENDE / AZIENDE INDUSTRIALI DI LUGANO (AIL) SA
Quale ritiene possa essere l’evoluzione futura del mercato svizzero dell’elettricità? «Il futuro del mercato svizzero dell’elettricità dipende da decisioni di natura politica. Oggi abbiamo un mercato liberalizzato solo per i grandi consumatori. Nell’autunno 2018 il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) ha messo in consultazione una proposta di revisione della Legge sull’approvvigionamento elettrico che prevede da una parte più mercato – con l’apertura anche ai piccoli consumatori – e dall’altra più regolamentazione – con un giro di vite sulla sorveglianza dei costi legati alla rete. La mia impressione è che l’apertura completa alla concorrenza poco gioverebbe in termini finanziari alle economie domestiche in quanto parte del potenziale beneficio – quantificabile in alcune decine di franchi all’anno – verrebbe erosa da maggiori costi di sistema, indispensabili per permettere la mobilità dei clienti all’interno del mercato». Uno dei punti fondamentali della vostra strategia riguarda la promozione di fonti energetiche rinnovabili locali. Con quali prospettive? «Nel corso del 2018 abbiamo realizzato 7 nuovi impianti fotovoltaici raggiungendo un totale di 43 impianti di nostra proprietà, che complessivamente producono energia equivalente ai consumi annui di circa 1’500 economie domestiche. Un altro ambito con interessanti potenzialità di sviluppo
riguarda le energie termiche, cioè teleriscaldamento e cogenerazione. Il teleriscaldamento consiste nella distribuzione di calore alle abitazioni attraverso una rete di tubazioni isolate e sotterranee, all’interno delle quali viene fatta scorrere l’acqua scaldata da un’unica grossa centrale termica. Le stesse centrali termiche – se alimentate a gas naturale - grazie a un sistema di cogenerazione, possono produrre energia elettrica con emissioni complessive ridotte rispetto ai sistemi tradizionali. Nel corso degli ultimi anni sono stati realizzati 5 impianti di cogenerazione capaci di garantire energia elettrica e calore a oltre 550 economie domestiche. Nella primavera del 2017 è stata inaugurata la prima centrale termica di teleriscaldamento a cippato di legna realizzata presso lo stabile della piscina comunale di Carona seguita nella primavera del 2018 da quella di Casla-
no. A fine 2017 è stata inoltre messa in servizio la centrale a cogenerazione a gas della Casa Anziani di Sonvico. È nostra intenzione continuare a investire in questo tipo di impianti». Quali sono gli elementi di cui occorre tener conto riguardo all’approvvigionamento di acqua? «L’acqua è uno degli elementi più delicati e affascinanti con i quali abbiamo a che fare. Il tema del suo approvvigionamento sicuro – tanto in termini quantitativi quanto in quelli qualitativi – è destinato ad assumere un’importanza sempre maggiore nel corso dei prossimi decenni, in particolare in relazione ai cambiamenti climatici in atto nel pianeta. Come regione alpina, in Svizzera godiamo senz’altro di una situazione di approvvigionamento idrico abbastanza favorevole poiché disponiamo di numerose e abbondanti fonti, quali le acque di sorgente, di falda e di lago. Tuttavia non dobbiamo sottovalutare fenomeni come per esempio i microinquinanti, che rappresentato delle sfide enormi per i sistemi di filtraggio e depurazione. Dovremo continuare a investire sulla sensibilizzazione all’uso rispettoso e sulla professionalità delle persone che lavorano a contatto con questa imprescindibile derrata alimentare». TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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AZIENDE / ARREDAMENTI BERNASCONI
ABITARE ALL’ARIA APERTA ROBERTO BERNASCONI, ALLA GUIDA DI UN’AZIENDA DI ARREDAMENTI PER INTERNI ED ESTERNI TRA LE PIÙ CONOSCIUTE IN TICINO, CI PARLA DEI MOBILI DA GIARDINO INDISPENSABILI PER VIVERE ADEGUATAMENTE UNO SPAZIO ENTRATO A BUON DIRITTO A FAR PARTE DEGLI AMBIENTI PIÙ AMATI DELLA PROPRIA CASA.
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uali sono i principali elementi di cui occorre tenere conto quando ci si accinge ad arredare uno spazio aperto annesso all’abitazione? «La prima cosa da fare è definire qual è lo spazio da arredare e quale sarà il suo utilizzo. Un balcone richiede un arre-
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damento diverso rispetto a un terrazzo o un giardino, così come un giardino dove organizzare aperitivi con gli amici sarà diverso da uno dove far giocare i bambini! Arredi richiudibili come sedie o tavoli ben si prestano agli spazi ridotti di un balcone, così come i mobili in rattan danno il meglio in un contesto verde come un giardino dove rilassarsi con gli amici. In ogni caso, la scelta dovrebbe ricadere su dei mobili da giardino che non si rovinino al sole e alle intemperie e che siano pensati appositamente per rendere gli esterni non solo di design, ma anche resistenti. Un altro aspetto molto importante da non sotto-
AZIENDE / ARREDAMENTI BERNASCONI
valutare è l’ottimizzazione dello spazio, cioè scegliere componenti di arredo funzionali che non siano invasivi rispetto allo spazio a disposizione, che spesso non è molto (soprattutto in città). Meglio allora non scegliere oggetti troppo ingombranti che limitino i movimenti incidendo sulla godibilità dello spazio». A quali materiali è consigliabile fare riferimento per scegliere un arredo da giardino? «In termini di materiali, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Una delle prime idee per arredare il giardino secondo le ultime tendenze di design, sono i mobili e i complementi realizzati con materiali di qualità ed ecofriendly, in grado di resistere alle condizioni meteorologiche più avverse in tutte le stagioni e allo stesso tempo in grado di rispettare l’ambiente. Per chi ama lo stile contemporaneo, i mobili da giardino in acciaio inossidabile uniscono robustezza ed elevata resistenza agli agenti atmosferici a uno stilo sobrio e curato nei minimi dettagli. Grazie a particolari trattamenti, questi complementi d’arredo risultano essere altamente resistenti alla ruggine e agli agenti esterni, per una lunga durata nel tempo in condizioni praticamente perfette. E, ancora,le corde nautiche che offrono infinite opportunità nella scelta dei colori, il legno dopo un periodo di decadenza sta tornando di moda mentre si affermano sempre più
nuovi materiali come l’alluminio e l’acciaio inossidabile. Di grande interesse i nuovi prodotti in fibra sintetica disegnati in Germania e intrecciati sull’isola di Cebu nelle Filippine». E da un punto di vista degli stili, quali tendenze riscuotono maggiore apprezzamento? «Si conferma la tendenza allo stile minimal per arredare il giardino: i mobili sono caratterizzati da un design pulito e raffinato, in grado di adattarsi facilmente a tutti i tipi di spazi outdoor e giardini. L’attenzione si rivolge quindi sull’importanza di collocare in giardino componenti ricercati, capaci di adeguarsi alla bellezza dell’ambiente, senza sovraccaricare troppo l’atmosfera. Un esempio? I moderni ed eleganti mobili in resina intrecciata. Il loro de-
sign prende ispirazione da quello dei prodotti in midollino intrecciati a mano, con la differenza che il materiale in resina non si sfilaccia, non graffia e non tira i fili. Sedie, tavoli, poltrone e divanetti: la scelta su quali complementi inserire nel proprio spazio verde offre davvero infinite idee per arredare il giardino». Che dire infine dei colori? «Parlerei dell’intramontabile bianco e dell’elegante antracite per quanto riguarda i colori dei mobili da giardino. New entry sono poi tutti i colori naturali, tra cui spiccano il marrone, il bronzo e il tortora».
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AZIENDE / PREMEL SA
UN’AZIENDA IN ACCELERAZIONE Da sinistra: Tiziano Christen e Gianni Simonato
impresa, ossia un soggetto che sapesse mettere il turbo azionando metodi e tecnologie per crescere rapidamente. Non era però impresa facile introdurre questo metodo in una azienda di piccole dimensioni».
MENTRE L’ECONOMIA MONDIALE RALLENTA CI SONO AZIENDE CHE NON SENTONO LA CRISI E SI AGGIUDICANO ORDINI DA PARTE DEI LORO CLIENTI CHE OPERANO A LIVELLO INTERNAZIONALE. È IL CASO DI PREMEL SA, AZIENDA OPERANTE NEL SETTORE DELL’ENERGIA CON SEDI A BELLINZONA E DÜBENDORF (ZH) NE PARLIAMO CON IL SUO DIRETTORE TIZIANO CHRISTEN E CON IL LORO ACCELERATORE DI IMPRESA GIANNI SIMONATO.
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ignor Christen, è vero che non risentite della crisi? «A dire il vero l’azienda esiste dal 1947 ed ha attraversato varie fasi economiche. Quando sono arrivato in Premel, a luglio 2015, la situazione era molto critica. Noi produciamo piccole centrali idroelettriche, gruppi elettrogeni ed eroghiamo i relativi servizi di assistenza e manutenzione. Il mercato stava rapidamente cambiando, ma noi non avevamo la stessa velocità e quindi sentivamo la pesantezza di gestire Premel in un contesto così cambiato». E quindi cosa avete fatto? «Nel 2017 ho avuto la fortuna di conoscere un acceleratore di impresa. Venivo da 15 anni di General Electric Corporation, che è stata la più grande azienda al mondo, arrivando a capitalizzare 360 miliardi di dollari USA. Per noi accelerare era normale, quindi volevo a fianco a me un acceleratore di
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E come andò a finire la sua ricerca? «Persi un sacco di tempo a vedere consulenti di organizzazione pur bravi, ma che non facevano al caso nostro. Semplicemente non erano degli Acceleratori. Non mi detti per vinto e alla fine mi incontrai con un acceleratore con sede qui in Ticino, a Lugano, specializzato proprio sul mondo delle PMI. Nel maggio del 2017 partimmo con l’intervento con MyAcademy GmbH nella persona di Gianni Simonato quale acceleratore di impresa assegnato al Progetto Premel SA». Come si svolse Signor Christen questa accelerazione? «Il lavoro impostato con Gianni Simonato si è sviluppato su questi punti cardine: • Creazione del Team di cambiamento; • Ripensamento di prodotti e mercati, tecnica del Focus; • Introduzione del metodo di Modern Selling; • A questo punto passerei la parola a Gianni Simonato per qualche info più specifica sul progetto». Signor Simonato, qual è la situazione che ha trovato in Premel? «Ho fatto un giro per i reparti, ho voluto conoscere le persone, le loro storie prima di effettuare una analisi sul-
AZIENDE / PREMEL SA
la situazione aziendale. In pratica voglio percepire il livello di energia prima di accelerare. L’energia era molto bassa, per vari motivi, e da qui sono partito per accelerare: alzando prima il livello di energia. Per cambiare metodi di lavoro, conquistare nuovi mercati, innestare nuove strategie, bisogna puntare dritti ad alzare i livelli di energia, individuale e di gruppo. Per farlo ho usato il nostro collaudato “Metodo Laser” che ha risolto centinaia di casi e sul quale ho scritto il libro omonimo. Sottotitolo “Surfare sulle onde del cambiamento”». Signor Christen, e come è andato questo primo lavoro sull’energia da risvegliare? «All’inizio in maniera molto critica, mi sembrava quasi una missione impossibile. Ma questo perché vedevo le cose da Diterrore di Bellinzona e responsabile vendite. Avendo invece vicino a me l’acceleratore, era più facile vedere le cose da un altro punto di vista. Direi che alla fine Simonato ha portato esperienza, metodo e un modo diverso di farci percepire la realtà esterna. È stato come se avessimo avuto davanti a noi sempre la stessa realtà, ma ora vista con degli occhiali diversi». Cosa avete introdotto di nuovo nelle relazioni con i clienti? «Qui c’è stato un salto quantico. Siamo passati dal rapporto classico di relazione con il vecchio cliente basato su visite ed incontri fisici, al Modern Selling». Signor Simonato, in parole semplici ce lo può spiegare? «Il Modern Selling è il sistema di relazioni commerciali che, affiancandosi al tradizionale metodo commerciale, aggiunge l’utilizzo delle piattaforme social. In particolare Linkedin, la rete professionale composta oggi da 600 milioni di utenti. Se cerchiamo in Linkedin i CEO del Ticino, otteniamo 2444 risultati. E non sono pochi per un territorio così piccolo. Con questi ci si può mettere in contat-
to con un click. Ma possiamo relazionarci con direttori commerciali, tecnici, ingegneri, medici, ecc. Appunto, 600 milioni di persone nel mondo in costante crescita!». Ma le fiere, non si fanno più? «Le fiere devono essere aiutate da questi strumenti di modern selling, preparandole tre mesi prima attraverso l’invito mirato a clienti target, attivi o prospect. Ci sono fiere come ILA Berlin in Germania che si tengono ogni 2 anni. Ma si possono aspettare due anni per incontrare i clienti? Ogni giorno deve essere una fiera, il contatto con i clienti deve essere costante, e al minor costo possibile».
del risultato 80/20, ossia l’80% dei compensi è legato ai risultati ottenuti. Se intende invece a quale tipologia di azienda ci rivolgiamo la selezione avviene attraverso un colloquio di prima conoscenza. Ci piace incontrare imprenditori e manager nella nostra sede di Breganzona. Come contattarmi: inserite il mio nome e cognome in Linkedin e trovate tutto». Chiudiamo qui, lasciamo Acceleratore e Accelerato al loro lavoro e li ringraziamo per averci fatto toccare con mano un caso reale.
Signor Christen, quali vantaggi pratici avete riscontrato dall’uso dei programmi di accelerazione di MyAcademy? «I dati parlano chiaro: la ritrovata energia e la strategia del focus ci stanno portando dal 2018 tantissimi ordinativi. L’accelerazione ha funzionato e funziona. Oggi quando leggo di una notizia di possibili lavori contatto immediatamente il professionista via Linkedin e chiedo un appuntamento. Il telefono lo uso quando arrivo all’appuntamento e magari non trovo il cantiere. Per il resto tutti messaggi via Linkedin da cellulare. Quando realizziamo degli impianti per l’energia faccio dei post subito su Linkedin e chiedo pareri e confronti. A volte i clienti ci chiamano perché hanno visto i nostri lavori su Linkedin. Tutto veloce, tutto in tempo reale, cose concrete. Non abbiamo neanche più bisogno dei depliant, documentare la nostra vita lavorativa è il film naturale che portiamo in scena ogni giorno». Signor Simonato, ma tutte le aziende si possono permettere un acceleratore? «Se intende quanto costano i servizi la risposta è sì, sono alla portata di tutti. Noi lavoriamo infatti con la formula TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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AZIENDE / BRÜLHART&PARTNERS
VALUTAZIONI, E NON SOLO nostra azienda ha dunque raccolto diverse esperienze nel campo delle valutazioni immobiliari giudiziarie per tribunali in tutta la Svizzera e in Germania. Ci siamo così prefissi di ottenere la certificazione ISO 17024/ SEC 04.1 come esperti per le valutazioni immobiliari giudiziarie e in data 15.03.2018 abbiamo ottenuto la certificazione della Swiss Expert Certification SA di Berna».
PASCAL BRÜLHART TRACCIA IL BILANCIO DI UN ANNO CHE HA VISTO LA SUA SOCIETÀ ACCREDITARSI SEMPRE PIÙ COME INTERLOCUTORE QUALIFICATO SIA PER QUANTO RIGUARDA LE VALUTAZIONI CHE PER CIÒ CHE ATTIENE LA CONSULENZA IMMOBILIARE.
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l 2018 è stato un anno particolarmente positivo per Brülhart&Partners… «Direi proprio di sì. Alcuni riconoscimenti che abbiamo ricevuto testimoniano la validità del lavoro svolto nel corso negli ultimi anni. A questo proposito vorrei citare la specifica esperienza maturata nel campo delle valutazioni immobiliari giudiziarie. Con sempre maggior frequenza, infatti, vengono sollecitati tribunali, preture, avvocati, notai e clienti con casi giudiziari di aspetto economico immobiliare. Nel segmento delle questioni immobiliari, specificatamente nella definizione di valori immobiliari di mercato sotto l’aspetto giudiziario, i giudici e pretori necessitano di sempre maggior assistenza da parte di specialisti esterni qualificati. La
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Un importante riconoscimento vi è stato tributato anche dalla rivista Immobilien Business… «All’interno del mondo immobiliare la rivista Immobilien Business di Zurigo costituisce un po’ la Bibbia cui fanno riferimento tutti gli operatori del settore per la sua credibilità e autorevolezza. Ebbene questa testata pubblica ogni anno un annuario Who’s Who in cui, nelle edizioni 2017, 2018, e probabilmente 2019, sono personalmente compreso, unico ticinese, tra i 100 nomi più influenti del settore immobiliare. Sono molto orgoglioso di questo riconoscimento che premia la mia attività come valutatore, consulente e docente e tutto il lavoro dello staff attivo all’interno della nostra azienda». Negli anni avete notevolmente diversificato la vostra attività. Quali sono i settori verso cui siete prevalentemente focalizzati? «Le valutazioni immobiliari restano il nostro core business. Fin dal 2010 ci siamo infatti posizionati con successo nel segmento dell’elaborazione professionale di rapporti di valutazioni immobiliari. I nostri rapporti sono conformi allo Standard di Valutazione
AZIENDE / BRÜLHART&PARTNERS
Svizzero (SVS), e nell’ambito dei crediti ipotecari secondo CFB e Basilea II / III e valutazioni specifiche nel settore dei non performing loans. Siamo inoltre in grado di offrire valutazioni immobiliari con standard internazionali secondo il Red Book e gli International Valuation Standards (IVS). Non dimentichiamo poi che nell’ambito delle valutazione immobiliari il nostro rapporto annuale ha acquisito negli anni un prestigio sempre maggiore e costituisce ormai il punto di riferimento riconosciuto per tutti gli operatori del settore in Ticino e non solo». Anche la consulenza immobiliare costituisce un ramo sempre più importante della vostra attività… «Il settore immobiliare è diventato negli anni sempre più complesso, dal punto di vista delle dinamiche del mercato ma anche per quanto riguarda tutte le normative che occorre conoscere e rispettare. Occorre perciò dispor re di competenze sempre aggiornate e in questa prospettiva il nostro team di lavoro vanta un’elevata esperienza e professionalità, oltre che nella valutazione immobiliare, anche nella costruzione, nella vendita e nell’economia immobiliare in genere».
In cosa si concretizza specificatamente la vostra consulenza? «Offriamo supporto a investitori istituzionali e privati nella gestione fiduciaria dei cantieri; elaboriamo rapporti strategici secondo SIA 112 e offriamo consulenza strategica per patrimoni immobiliari secondo SIA 469. Collaboriamo inoltre con istituti per la gestione di immobili a recovery (NPL) così come forniamo consulenza immobiliare per l’aumento della concorrenzialità attraverso la gestione strategica di portafogli immobiliari aziendali (CREM). Inoltre, supportiamo e accompagniamo i nostri clienti nell’acquisizione e nella vendita dei loro immobili, con mandati in esclusiva, per questioni di LAFE, per scorpori LDFR, per analisi potenzialità di progetto, per ottimizzazioni fiscali immobiliari e nell’elaborazione di ogni possibile soluzione». Da ultimo, anche la formazione e l’insegnamento rientrano nella sua attività… «Nel tempo ho avuto modo di tenere corsi e lezioni in vari ordini di scuole in tutta la Svizzera, con insegnamenti nell’ambito dei diversi aspetti e delle problematiche che coinvolgono l’economia immobiliare. Il nostro settore, in ragione anche delle profonde trasformazione che ha conosciuto degli ultimi anni, necessita di una crescita globale di professionalità e in questo senso mi piace mettere al servizio dei giovani tutta l’esperienza maturata con il lavoro sul campo, nell’ambito delle associazioni professionali e nel rapporto con istituzioni pubbliche e privati operanti nel settore immobiliare».
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Real Estate Investments
Investimenti immobiliari
ricerca di mercato immobiliare
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AZIENDE / GRUPPO BELOTTI
DI SILVIA CEROLINI
BELOTTI RILANCIA VIA NASSA
CON ESCLUSIVITÀ DISTRIBUTIVE DEI BRAND PIÙ IMPORTANTI DI SETTORE, ARRIVA IN VIA NASSA 19 IL FLAGSHIP STORE DEL GRUPPO BELOTTI, LEADER NEL SETTORE OTTICA E UDITO IN TICINO: UN SEGNALE DI INVESTIMENTO IMPORTANTE.
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o store del futuro è fisico o digitale? Belotti ci mostra la risposta: oltre 200 mq all’insegna di qualità del servizio, esperienza sensoriale e tecnologie immersive. Il cosiddetto “bricks & clicks” prende forma: uno spazio minimalista e curato in ogni singolo dettaglio ove, oltre al prodotto, è l’esperienza che fa la differenza – qualcosa da ricordare e raccontare. Cosa rappresenta Via Nassa 19 per il gruppo Belotti? «Questa nuova apertura è per noi particolarmente importante perché, oltre a consolidare l’ormai riconosciuta presenza del gruppo quale leader nel settore, vuole sottolineare il suo legame originario con il Ticino. Ribadisce inoltre la strategia e la vision del gruppo, la chiara intenzione di anticipare il
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trend di una via Nassa quale rinnovato centro di cultura, di tendenze e turismo. Via Nassa, tra bellezza naturale, edonismo modaiolo e impegno culturale, è già di per sé un crocevia dall’enorme potenziale attrattivo. Quali precursori imprenditoriali vogliamo esserci con un contenuto e un contenitore degni di questo potere e convinti che i nuovi modelli di business debbano portare miglioramenti al cliente finale, al proprio territorio e alla storia di una impresa sana e di valore. Il Flagship Store di via Nassa rappresenta dunque il connubio tra tradizione e innovazione: da una parte la tradizione del fare impresa secondo Belotti, del territorio, dei servizi alla persona e alla maestria artigianale; dall’altra il meglio dello stile, della tecnica e dell’esperienza, ove la preparazione ed accoglienza del nostro personale rappresenta la punta di diamante».
AZIENDE / GRUPPO BELOTTI
del sacrificio, che unisce in un destino, tragico ma glorifico, la rosa allo champagne».
Il suo nuovo Flagship Store esprime un approccio ambizioso che pioneristicamente dona a via Nassa un contenitore multimarca unico nel suo genere. Come riassumerebbe la “ricetta Belotti” per una rinnovata Via Nassa? «Una ricetta che esprima “Passione per i Sensi”. Il cliente di oggi è sempre più esigente e competente. La necessità di saper ingaggiare e coinvolgere più generazioni contemporaneamente è diventata vitale. Occorre pertanto ripensare gli spazi e l’offerta in funzione di questo, riportando l’esperienza emozionale del cliente al centro, soddisfacendo le sue necessità ed aspettative a tutto tondo. Con il nuovo Flagship Store di via Nassa il percorso sensoriale Belotti si apre quindi ai nuovi sensi - dal logo olfattivo alla musica avvolgente, composta per i diversi momenti “in casa Belotti”. Tutto senza mai perdere di vista i clienti storici e la nostra mission: quella di essere al servizio di chi ha esigenze nel mondo della vista e dell‘udito, e da oggi anche nella sfera dell’olfatto, del tatto e del gusto!». Per esempio? «Per esempio abbiamo colto il desiderio di tanti nostri clienti alla ricerca di un tocco speciale per la propria persona: abbiamo così introdotto la “profumeria artistica”, selezionando oltre 20 essenze di rara bellezza. In esclusiva Belotti diventano oggi di-
sponibili in Ticino i preziosi prodotti di Liquides Imaginaries, BDK e L’Histoires de Perfumes. Brand come noi: unici, esclusivi, di altissima qualità, che raccontano la loro identità, inimitabile, e con il giusto coinvolgimento del grande pubblico. Siamo noi stessi rimasti ammaliati dalle loro storie. Come quella di Liquides Imaginaires, in una sola parola archetipa: essenze dagli ingredienti preziosissimi, che nelle note di testa, cuore e fondo viaggiano tra simbolismi religiosi e pagani, stili naturali ed epici - tra magia e fisicità. Non ci credete? Vi faremo i tarocchi per scoprire assieme l’essenza che fa per voi. Oppure la storia
A proposito di champagne, ho notato una piacevole area lounge… «Con Delea, azienda che abbiamo voluto fortemente in questo nuovo concept, abbiamo creato un’area dove potersi sentire un po’ a casa, dal caffè mattutino, al the pomeridiano fino alla bollicina. Un’area dove poter ammirare la bellezza del nostro lago e intanto magari toccar con mano la creazione costume jewelry, semi preziosa, disegnata per Belotti. Con questa in particolare rispondiamo all’emergente nostalgia per il retrò: lavorazioni di altissima sapienza artigianale hanno dato corpo ad un’idea senza tempo - galvaniche di oro rosa e giallo, bagni di bronzo, lavorazioni manuali pezzo per pezzo. La forma di un occhiale pantos diventa così accessorio di stile: portachiave, charm, come stringicollo o ancora pendaglio». Olfatto, gusto, tatto: quali le altre curiosità nel campo dell’ottica introdotte in questo nuovo concept? «Le novità sono davvero tantissime. Di tecnica ad esempio: l’occhiale è di-
AZIENDE / GRUPPO BELOTTI
ventato un accessorio sempre più sofisticato. Innanzitutto un esame della vista, anzi il “nostro” esame della vista: un protocollo di grande rigore e precisione. Oltre ad importanti introduzioni fatte in partnership con Zeiss come le lenti digital o bianche che garantiscono protezione UV al 100%, Via Nassa arricchisce la visita in-store con tutta la tecnologia possibile di settore per una experience innovativa, divertente e utile: device ad-hoc consentono di testare quanto le proprie lenti effettivamente schermino i raggi UV, oppure di vedere quanto le lenti polarizzate cambino le condizioni di visibilità, fino a centrare realtime e per ogni singolo viso un nuovo paio di lenti - dalla classica lente monofocale oggi si arriva alla massima personalizzazione in base a uso dell’occhiale, postura, elementi del viso e della montatura scelta. O ancora novità di stile. Il Gruppo Belotti vanta numerose esclusive enfatizzata anche da vere chicche come il corner Gucci, con arredo limited edition disegnato dal genio contemporaneo di Alessandro Michele: solo qui trovate, oltre alla collezione più attuale, alcune creazioni speciali -direttamente dalle passerelle. Si continua con lo shop in shop Rayban – tra gli store multimarca, uno tra i più grandi di Europa, o la nuova rappresentanza in esclusiva di Balenciaga, Cartier, Gucci, Saint Laurent, Stella McCartney, Valentino, solo per citarne alcuni. Con
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Zeiss infine abbiamo due corner special in via Nassa: quello delle lenti colorate e dei Binocoli Zeiss – scrutate l’altra sponda del lago con il monocolo Zeiss! Ed infine novità legate alle lenti a contatto… tutte da scoprire ad esempio l’arrivo delle lenti a contatto sclerali». Con le continue sollecitazioni odierne il benessere uditivo è oggi più che mai in primo piano. Anche in quest’ambito ho visto tante curiosità nel vostro nuovo Flagship Store, dal rimedio agli acufeni, ai tappi acustici con calco personalizzato, alla poltrona immersiva, sino ad un’anteprima assoluta ormai di vostro prossimo lancio… «L’area udito di via Nassa introduce in effetti un modo tutto nuovo e avanzatissimo in termini sia di esami che di prodotti, con un’area di analisi udito immersiva come immersive sono sempre più le capacità in termini di connettività delle nuovissime
soluzioni audiologiche. Quanto all’ormai prossimo lancio cui accennava, possiamo ad ora solo dirvi che stravolgerà il settore». Signor Belotti, quale fondatore e presidente del gruppo, a cosa ha pensato in primis quando ha immaginato il vostro nuovo Flagship Store? «Volevo realizzare un luogo empatico, ove metter a uso comune il sapere e la tecnologia Belotti per creare, con i nostri clienti, soluzioni uniche, disegnate su misura, real time. A Lugano abbiamo un palcoscenico naturale - il lago, e una via che ha scritto la storia del territorio - via Nassa. Quale setting migliore? Per questo ho fortemente voluto uno spazio che permettesse un affaccio contemporaneo su entrambe – che fosse d’impatto, coinvolgente in tutti i sensi. Un concept completamente nuovo ed unico, massima espressione ed interpretazione dei codici stilistici dei Centri Belotti».
AZIENDE / STRP
COMUNICAZIONE SCIENTIFICA DI QUALITÀ L’INDUSTRIA FARMACEUTICA È FRA LE PUNTE DI DIAMANTE DELL’ECONOMIA SVIZZERA E ANCHE IN TICINO OPERANO NUMEROSE AZIENDE DEL SETTORE. RICERCA, PRODUZIONE, INNOVAZIONE, COMUNICAZIONE, TANTI TEMI SONO LEGATI ALLA SALUTE.
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er capire e scoprire di più di un mondo così delicato e così importante, la STRP, ospite dell’AITI Associazione Industrie Ticinesi a Lugano, ha incontrato Silvia Misiti, Responsabile della Comunicazione Corporate & CSR di IBSA e Direttore della Fondazione IBSA per la ricerca scientifica, organizzazione no-profit creata dalla società farmaceutica e Giovanna Bognandi, attiva nel dipartimento di Comunicazione Corporate e nella Fondazione, responsabile dello sviluppo e coordinamento dei progetti. Oggi sempre di più ci si affida al web anche per il tema della salute, pur conoscendone le insidie che vi si nascondono. Fake news, peso dei social, proprio per tutti questi motivi,
diventa fondamentale per una azienda farmaceutica condividere, prevenire, comunicare. La diffusione esponenziale e globale dei mezzi di comunicazione digitali e social può amplificare la circolazione di informazioni scientifiche scorrette o superficiali, ma offre tuttavia anche un mondo di possibilità ancora in divenire. L’assenza di barriere e di confini impone la necessità di mantenere sempre fermo l’obiettivo di una corretta informazione scientifica per arginare il diffondersi di falsi miti e credenze pseudoscientifiche, con ricadute potenzialmente pericolose per la salute pubblica. La Fondazione Ibsa è stata creata nel 2012 proprio per coniugare la passione per la ricerca scientifica con la promozione di molteplici attività sempre incentrate sull’educazione e la divulgazione, collaborando con istituzioni culturali e accademiche, per mantenere uno sguardo ampio e attento su ciò che la ricerca offre oggi con l’obiettivo di promuovere una diffusione estesa e profonda dell’educazione alla scienza nei diversi pubblici di riferimento. Per raggiungere diversi segmenti di pubblico ecco strumenti espressivi come l’arte, la musica e il fumetto, volti a estendere gli ambiti di interesse e di approfondimento anche a temi apparentemente distanti tra loro tenendo conto delle specificità comunicazionali delle generazioni più giovani. La creatività può essere una risorsa molto utile per sostenere l’alfabetizzazione digitale delle nuove generazioni, aiutarle a comprendere meglio i concetti scientifici – ha dichiarato Silvia Misiti – e di conseguenza a non cadere vittima delle fake news che riguardano la medicina. Per sviluppare
una maggiore consapevolezza, da parte degli adolescenti, del possibile danno alla propria reputazione digitale derivante dal condividere falsi dati. Combattere la disinformazione promuovendo invece la corretta divulgazione scientifica, con il sostegno alla formazione e alla cultura sono un investimento sul futuro di tutti. In quest’ottica la Fondazione IBSA collabora attivamente con l’USI destinando una serie di borse di studio agli studenti iscritti al Bachelor di medicina dell’Università di Basilea e che proseguiranno i propri studi con il Master in medicina offerto dall’USI e rinsalda un forte legame con il territorio, e non solo, attraverso il rafforzamento delle partnership con stakeholder di primaria importanza sulla scena culturale. La Fondazione è diventata partner scientifico del Museo d’arte della Svizzera italiana, con cui oltre al proseguimento del ciclo di conversazioni “La Scienza a Regola d’Arte”, realizzerà numerose altre attività legate al tema dell’intreccio fra scienza e arte, e il sostegno a specifici progetti espositivi. Educazione, sostegno alla ricerca e divulgazione sono al alla base di una valida comunicazione scientifica.
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AZIENDE / IHC-V HELMETS
DALLE MOTO AL LIFESTYLE: LA RIVOLUZIONE V HELMETS NUOVA BRAND IDENTITY, NUOVO POSIZIONAMENTO SUL MERCATO, NUOVO LOGO E NAMING E UNA NUOVA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE CHE MIRA ALLA CONTAMINAZIONE DELLA CULTURA MOTO CON ALTRI PLAYER DEL MONDO LIFESTYLE E CHE HA L’OBIETTIVO DI CREARE UNA MEDIA HOUSE. VEMAR HELMETS, CHE CURA IL DESIGN E PRODUCE CASCHI PER L’UTILIZZO MOTOCICLISTICO, DIVENTA V HELMETS E INIZIA UFFICIALMENTE LA SUA EVOLUZIONE VERSO UNA CIRCOLARITÀ STRATEGICA DEL BRAND. CE NE PARLA MELUCCIO PIRICONE, CEO DI IHC (INTERNATIONAL HELMET COMPANY PROPRIETARIA DEL MARCHIO V HELMETS) E FOUNDER DI KTC, KEY TECHNOLOGY CONSULTING.
Meluccio Piricone e Fabrizio Ferraro (BePositive)
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eluccio Piricone, l’uomo e l’imprenditore dietro V Helmets, nel 1995 apre nel Canton Ticino KTC Consulting, studio di consulenza specializzato in riorganizzazioni aziendali, ristrutturazioni societarie, acquisizioni, cessioni e altre soluzioni legate al mondo dell’impresa, compreso il lancio di nuove start up. Nel 2008 fonda KTC8 China con l’obiettivo di divenire il collegamento strategico tra Europa e Cina per le imprese che vogliono internazionalizzare il proprio modello di business. Nel 2016 invece rileva il marchio Vemar con forti ambizioni di crescita che oggi si sono già concretizzate in una distribuzione
capillare dell’intera gamma in più di 40 Paesi. Meluccio Piricone ha conseguito recentemente un prestigioso premio durante l’edizione Le Fonti Awards 2018 (a Milano nella sede della Borsa Italiana e al London Stock Exchange) nella categoria Eccellenza dell’Anno – Innovazione e Leadership – Protezioni ad uso sportivo per l’impegno nel combinare la capacità organizzativa con il design e il know how italiani, attraverso il supporto di un team compatto, con elevate competenze nello sviluppo del prodotto e nel marketing.
sintesi grafica molto riconoscibile e applicabile in più contesti, una V protetta che nelle sue forme richiama il concetto di sicurezza. Ma la nuova visual identity avrà soprattutto un impatto sull’immagine dei prodotti, con un’art direction che si aprirà a collaborazioni esterne con la creazione di capsule collection e V Helmets limited edition». Quindi, caschi con un’immagine e una creatività più lifestyle oriented? «Il casco per sua natura è aperto a una sovrapposizione di idee capace di intercettare il gusto e lo stile di chi lo
Da Vemar Helmets a V Helmets, quali sono i nuovi obiettivi strategici del brand? «Ci siamo sempre concentrati su tre parole, Human Centered Design, portando sul mercato caschi costruiti attorno alle esigenze di chi li indossa, unendo insieme i valori più importanti nel processo di ricerca e sviluppo. Sicurezza, qualità, design e innovazione tecnologica. Oggi stiamo attuando un nuovo posizionamento che tocca vari punti della brand identity. Il primo, un nuovo logo e un nuovo naming che segnano il passaggio da Vemar Helmets a V Helmets con la lettera V che porta dentro di sé due significati: una 01
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AZIENDE / IHC-V HELMETS
porta in testa ogni giorno. Questo significa che V Helmets si lascerà contaminare da una visione parallela o completamente nuova rispetto alla filosofia del settore, attraverso collaborazioni con artisti, illustratori, professionisti della grafica e dell’immagine. Riposizionamento del brand vuol dire anche la partecipazione ad appuntamenti extra mondo moto: moda, design, nautica, orologeria e altri scenari dove creatività e way of life sono sempre presenti. Vuol dire presidiare un territorio che non è solo quello d’origine, costruendo nuove nicchie di mercato in contesti in forte espansione». V Helmets in vetrina a La Rinascente di Milano, poi un casco in special edition per Pitti Immagine Uomo. Dalla strada alla fashion industry: com’è andata? «Due progetti di event sponsorship e co-branding, un grande successo. Più di un milione di persone hanno visto la vetrina fronte strada V Helmets dello storico negozio di Piazza Duomo a Milano durante la settimana del Salone della Moto, con una sponsorship anche all’interno dello store nello Spazio Annex dedicato a interviste e dibattiti sui temi della bike
culture. Poi, a gennaio, siamo stati protagonisti a Pitti Immagine Uomo 95, la fiera più importante per il lifestyle maschile con un’operazione di co-branding insieme a BePositive, marchio del Made in Italy leader nel design e nella produzione di sneakers. Il casco Taku della collezione Dust dedicata al fuoristrada è stato personalizzato con una grafica ispirata alla navigazione e alla rosa dei venti (02) con un doppio output di comunicazione: esposizione all’interno del Padiglione Touch nello stand del brand di calzature e al BePositive The Party Attitude, la festa più esclusiva di Pitti, indossato da quattro modelle che hanno ballato davanti a tremila persone dentro la Chiesa di Santo Stefano (01) nel centro di Firenze». Anche comunicazione e marketing si spostano quindi verso una nuova narrazione del brand? «Certo, lo switch da marketing tradizionale a marketing relazionale è già in atto. Condivideremo sempre più contenuti alla ricerca di un dialogo costante con i nostri clienti acquisiti e potenziali. Presto sarà online la nuova piattaforma web di V Helmets, basata su un’architettura narrativa in cui la gamma di caschi uscirà dalla
semplice presentazione di prodotto per essere descritta in ogni singolo contesto di applicazione. Pista, turismo, offroad, urban: la nuova strategia di comunicazione punta allo storytelling e a una declinazione editoriale del prodotto raccontando le storie reali di chi utilizza il casco per correre, viaggiare, esplorare percorsi che non sono fatti d’asfalto, per spostarsi in città e sulle strade di tutti i giorni. La user experience sarà quindi collegata direttamente all’esperienza d’uso dei caschi per amplificarne in maniera organica la conoscenza e le loro qualità. In più sarà inaugurata la sezione di V News per raccontare tutte le iniziative in cui V Helmets diventerà protagonista». Vedremo anche un riposizionamento molto più social di V Helmets? «Di più, il nostro obiettivo è di rendere non solo V Helmets ma tutto il gruppo IHC una vera media house, per rivoluzionare la comunicazione del settore e parlare direttamente con i nostri clienti e con tutti coloro che sono interessati ai temi della moto, della sicurezza e del lifestyle motociclistico. Linee e piani editoriali di Instagram e Facebook saranno riprogettati diventando un elemento fondamentale della content strategy. Per V Helmets i social media rappresenteranno lo strumento più immediato per dare voce al nuovo posizionamento del brand, lo spazio in cui sarà sempre di più presidiato il territorio all’intersezione tra moto e lifestyle. Ma anche dei valori che per corporate social responsability sono vicini al brand, con campagne in partnership con altri marchi, personaggi noti e istituzioni».
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SOLIDARIETÀ / FIPPD
MUSEO APERTO È NATO IL PROGETTO “ANCH’IOLAC” PER FACILITARE L’ACCESSO AL MUSEO E LA FRUIZIONE DELLE OPERE D’ARTE: CE NE PARLA CANDIA CAMAGGI, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE INFORMATICA PER LA PROMOZIONE DELLE PERSONE DISABILI CHE NE SEGUE LA REALIZZAZIONE.
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ome è nata la collaborazione fra la FIPPD e il centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura? «La Fondazione Informatica per la Promozione della Persona Disabile (FIPPD) si occupa di sofware e hardware speciali da 25 anni, prima con il Centro Informatica Disabilità diretto da Gabriele Scascighini e la Scuola Speciale Cantonale, poi attraverso la realizzazione di progetti speciali per promuovere l’inserimento di persone disabili nel mondo della scuola, del lavoro e inoltre per incoraggiarle nell’organizzazione del loro tempo libero». Perché avete pensato al LAC? «Perché il centro culturale LAC è sensibile alla necessità di consentire a tutti un accesso libero alla fruizione delle proposte artistiche e alla comprensione dei loro contenuti. Per questo è nato il progetto “anch’ioLac”». In che cosa consiste? «Si tratta di un’importante sinergia con la FIPPD di Lugano, che mette a disposizione una borsa di studio appena rinnovata per il triennio 2019-2021, per una risorsa al 50% che si occupi dell’accoglienza di persone con disabilità all’interno del settore di mediazione culturale. Grazie alla FIPPD, il LAC può sviluppare un settore di competenza nell’ambito dell’inclusione proponendosi a livello nazionale e inter-
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nazionale quale esempio virtuoso di sostegno all’accessibilità culturale per tutti». Come è iniziato il progetto? «La ricerca è incominciata nel 2016 in collaborazione con il dipartimento di informatica dell’università della Svizzera Italiana (USI), focalizzata sull’identificazione delle best practices nell’ambito dell’accoglienza museale internazionale. Sono state avviate ricerche per realizzare uno strumento informatico in grado di agevolare le visite di gruppi con disabilità cognitive alle mostre del Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI). Nel 2017, la collaborazione con l’USI si è concentrata su una ricerca nell’ambito della comunicazione aumentativa alternativa (CAA), destinata a persone con disabilità cognitive. Contemporaneamente è stata creata una rete di contatti con le associazioni e le istituzioni del territorio legate al mondo della disabilità per favorire l’accesso al LAC e al suo museo». Come è proseguito il progetto? «Sono state condotte visite guidate e atelier creativi soprattutto con l’associazione Atgabbes. Nell’ultimo anno sono stati accolti 58 gruppi quali Atgabbes, fondazione Diamante, fondazione La Fonte, diverse scuole speciali, case anziani, Casa Andreina, clinica psichiatrica di Mendrisio, ospedale psichiatrico Malcantonese, Istituto Loverciano, Istituto Canisio».
SOLIDARIETÀ / FIPPD
Oltre alle visite al museo sono previste altre iniziative? «Sono stati realizzati progetti inclusivi quali “Scintille” condotto da Patrizia Nelbach, che ha accolto gruppi di persone affette da Alzheimer e il progetto “Sorprendimi” che Pro Senectude ha sviluppato per persone con demenza senile. All’inizio del 2019 inoltre, è stata organizzata una tavola rotonda in occasione dello spettacolo “Silent” realizzato grazie all’integrazione e alle competenze di persone sorde artisti e musicisti». Avere nuove proposte per i ragazzi delle scuole? «Stiamo sviluppando un progetto nel Canton Grigioni con “Mission bambini”: un Laboratorio didattico di robotica educativa e MINT (scienze matematiche, informatiche, naturali e tecniche) presso la sede scolastica di Roveredo, un polo innovativo e moderno che si integra alla didattica tradizionale. Ai bambini che manifestano maggiori difficoltà, riesce infatti a offrire benefici significativi in termini di apprendimento di base e inclusione sociale».
Da sinistra: il sindaco di LUGANO Marco Borradori, Luigi Di Corato direttore della Divisione cultura della Città di Lugano e direttore della Fondazione Lugano per il Polo Culturale, Candia Camaggi Presidente della FIPPD e Aglaia Haritz Accessibilità per la mediazione culturale LAC, al momento della firma dell’accordo.
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SPORT / HOCKEY
CAMPIONI A CONFRONTO DI GABRIELE BOTTI
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he tipo di giocatore sei? «Mi potrei definire un “difensore offensivo”, un giocatore al quale piace pattinare, toccare con frequenza il disco, tirare in porta e, nel limite del possibile, provare a segnare. Non essendo altissimo e nemmeno pesante quanto altri miei colleghi, cerco di sfruttare la velocità in modo da anticipare le mosse degli avversari e farmi trovare sempre al posto giusto al momento giusto. Porto in pista tutta l’energia possibile, sfruttando quelle che ritengo le mie caratteristiche migliori. Ogni cambio è una sfida da vincere. Mi hanno insegnato che quando si sta sul ghiaccio occorre la massima disciplina e attenzione ed è un consiglio che porto con me ogni volta che scendo in pista, sia per un allenamento che per una partita. L’attitudine deve sempre essere la stessa».
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UN AFFERMATO PROFESSIONISTA E UNA GIOVANE PROMESSA DELL’HOCKEY SI CONFRONTANO SULL’ATTIVITÀ AGONISTICA E SU VARI ASPETTI DELLA LORO VITA DI SPORTIVI. ELIA RIVA HA 21 ANNI, GIOCA NELL’HOCKEY CLUB LUGANO ED È UN DIFENSORE. NEI SUOI OCCHI LEGGI LA VOGLIA DI ARRIVARE IN ALTO, MA CI VEDI ANCHE L’UMILTÀ DI CHI SA BENE CHE LA STRADA DA FARE È ANCORA LUNGA. UN BELL’ESEMPIO DA SEGUIRE PER LE GIOVANISSIME LEVE. ALESSANDRO LUISONI, È INVECE UNA GIOVANE PROMESSA DELL’HOCKEY.
Cosa significa la parola “squadra” per Elia Riva? «L’hockey è uno sport collettivo ed è solo attraverso la compattezza del gruppo che si ottengono i risultati. È chiaro che poter disporre di compagni in grado di proporre la giocata decisiva in un momento difficile oppure di segnare 30 reti rappresenta un atout non indifferente, ma le squadre che vincono sono quelle che dimostrano durante tutto l’anno coesione e solidità». Un’altra parola: fatica… «Praticando uno sport fisico come l’hockey, è chiaro che la parte dedicata alla preparazione atletica diventa molto importante. Sì, si fa fatica, il ritmo è sempre elevato e… chi si ferma è perduto! (ride). Detto questo, devo aggiungere che però non mi ha mai pesato stare sul ghiaccio a sudare e a lavorare duro: so perfettamente che la base per ottenere buoni risultati personali e poi di squadra sta proprio nella qualità del proprio lavoro, nell’impegno che ci si mette a ogni ingaggio o a ogni esercizio. No, non ho un cattivo rapporto con la fatica. Va anche detto che con il tempo ci si abitua a lavorare con certi carichi e determinati ritmi, ciò che facilita almeno un po’ il nostro compito».
Si lavora tanto in pista, tantissimo a secco durante la preparazione estiva: ma come ci si comporta fuori dalla pista? «Da professionisti. Giocare a hockey è un lavoro, bellissimo, ma pur sempre un lavoro. Dobbiamo quindi rendere conto a chi questo lavoro ce lo ha dato, dimostrando di credere in noi. Per questo bisogna mantenere uno stile di vita adeguato, senza eccessi. Ovviamente, c’è anche lo spazio per divertirsi e vivere una vita “normale”, ma il focus va sempre indirizzato alla prestazione sportiva: ben difficilmente chi non ha disciplina fuori dalla pista sarà in grado di fare la differenza in positivo dentro la pista». Curi anche l’alimentazione? «Non ne faccio una malattia, anche se è chiaro che da sportivo faccio attenzione a non esagerare e a mantenere un equilibrio. Non è comunque mai stato un problema: diciamo che mangio bene, sano, in modo variegato (ma niente pesce e niente verdure) e con un certo criterio. La prima cosa che faccio al mattino? Bevo un caffè e faccio una buona colazione, e lo yogurt non manca mai».
SPORT / HOCKEY
Tuo papà è Luigi Riva, a suo tempo apprezzato giocatore di hockey: quanto è importante tuo papà nella tua crescita sportiva? «Molto e non a caso indosso il suo numero, il 37. È sempre stato un punto di riferimento per me, parliamo tantissimo, sa dirmi le parole giuste e darmi i consigli di cui ho bisogno. Sì, è un esempio. Non mi ha mai messo pressione, spiegandomi che dovevo semplicemente svolgere bene i compiti che mi venivano assegnati dai miei allenatori, crescendo allenamento dopo allenamento, partita dopo partita. Da lui ho appreso il valore della serietà e che il lavoro, presto o tardi, paga sempre». Tuo papà ha giocato anche in Nazionale, partecipando al Mondiale. A febbraio hai svolto uno stage con la Nazionale maggiore: com’è andata?
«È stata un’esperienza davvero interessante, stimolante e arricchente. È stata l’occasione per confrontarsi con altri giocatori, con stili diversi dal mio, in un contesto internazionale. Per noi giovani è essenziale poterci misurare a livelli così alti: è questa la via migliore per crescere e capire dove sei e quanto devi ancora lavorare. La ciliegina sulla torta è stata giocare in una linea praticamente tutta ticinese: ci siamo trovati bene, disputando ottime partite. È stato come ricaricare le pile. Vedremo se il futuro mi riserverà ancora questa possibilità: starà anche a me dimostrare di meritarmela. Se ci credo? Sì, è un obiettivo». Che consigli daresti a un ragazzino che sogna di arrivare un giorno in prima squadra?
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ome e perché hai scelto l’hockey su ghiaccio? «Tutta la mia famiglia ha una vera e propria passione per questo sport, che abbiamo sempre seguito. Durante le vacanze che facevamo in Leventina, andavo spesso a pattinare alla pista di Faido e mi sono sempre più avvicinato all’hockey. Così, all’età di 7 anni ho chiesto ai miei genitori di iscrivermi alla Scuola Hockey. Con i pattini ai piedi mi sento a mio agio, mi piace la velocità, tirare e il contatto fisico. È uno sport completo». È l›unico sport che pratichi? Quanto è importante praticare una disciplina sportiva? «Fino all’età di 10 anni giocavo anche a calcio, ma poi ho dovuto fare una scelta: portare avanti entrambi era impossibile, considerando soprattutto l’impegno che richiede l’hockey su ghiaccio. È stata anche una scelta dovuta al piacere: preferisco l’hockey.
«Gli direi di ascoltare sempre chi ne sa di più di lui, di prestare la massima attenzione durante gli allenamenti, di scendere in pista concentrato e con le idee in chiaro. Gli direi di credere in se stesso e di non pensare che si tratti di un sogno irrealizzabile: con il lavoro, la costanza e anche con tanto sacrificio, i risultati arriveranno. La prima squadra non deve però essere un assillo, nel senso che arrivarci non deve diventare un peso: io, ad esempio, ho sempre lavorato in funzione di giocare un giorno con i “grandi”, ma restando tranquillo e senza mettermi inutili pressioni addosso. Non è sempre facile gestire determinate situazioni, ma grazie anche al supporto della famiglia è possibile farcela. Quindi: forza e coraggio! E non dimenticatevi mai di divertirvi!».
Praticare uno sport è molto importante per più motivi: prima di tutto, per la salute, ma anche perché ti permette di distrarti e passare del tempo con amici che conosco ormai da diversi anni. Nelle pause, quando non gioco hockey, corro, vado in bici e faccio delle escursioni». Hai diversi allenamenti settimanali e il weekend è spesso occupato dalle partite o dai tornei: come gestisci sport e scuola? «Cerco di organizzarmi, sto attento in classe e sfrutto i momenti di libero per studiare e prepararmi per le verifiche. Da quest’anno ho iniziato a frequentare la Scuola sportiva di Trevano: le lezioni terminano sempre alle 15, ciò che mi permette di prendere parte agli allenamenti che sono quasi quotidiani. È una bella soluzione. Io e i miei compagni di squadra sfruttiamo anche le ore che passiamo sul pullman durante le traTICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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sferte: ci portiamo i libri per i compiti e lo studio. Mi trovo molto bene». Come gestisci la stanchezza oppure quei momenti in cui non vorresti startene a casa a riposare e invece c’è allenamento? «Non è sempre facile, soprattutto quando devo alzarmi alla mattina alle 5.30 per l’allenamento delle 6.30 oppure quando nel weekend ci sono le trasferte da affrontare. È però anche una questione di abitudine: dopo un po’ di tempo si gestisce meglio la situazione. Cerco comunque di sfruttare bene il tempo anche per riposare e ricaricare le pile». Nella vita da giovanissimo ragazzo c’è spazio anche per l’amicizia? «La maggior parte dei miei amici giocano con me a hockey e con alcuni mi vedo anche a scuola. Con loro passo parecchio tempo e tra di noi c’è un bel rapporto. Fuori dalla scuola o dalla pista è difficile coltivare altre amicizie perché, appunto, il tempo è quello che è». La famiglia ti segue sulle piste? È una presenza importante? Cosa dice della tua passione? «Mi incoraggia, mi sta vicino e non mi mette addosso nessuna pressione. Mio papà e mia mamma mi dicono sempre che prima di tutto devo divertirmi e che devo essere felice di quello che faccio. Io so di poter contare sempre su di loro e questo mi dà tranquillità. Quando possono, vengono a vedermi: è sempre bello vederli in tribuna a fare il tifo per me e la squadra». Hai un modello sportivo? Perché proprio lui? «Roger Federer! Per me è il top, un modello per come si comporta, per quello che dice e quello che fa. Lo apprezzo sia come tennista che come uomo. È senza alcun dubbio un esempio positivo per tutti. In campo hockeistico, mi piace molto Timo Meier: anche se proviene da una
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squadra svizzera “piccola”, ha saputo diventare protagonista in NHL. Il suo esempio ci insegna che bisogna crederci». Con quale spirito scendi in pista? «Sempre con la voglia di dare il massimo e di fare ciò che so. Sono sempre molto concentrato perché l’hockey è uno sport velocissimo e se non ci sei con la testa rischi di commettere errori anche banali. Mi ritengo un difensore roccioso e tecnico, gioco semplice e preciso e ascolto sempre attentamente le indicazioni dell’allenatore: ogni partita e ogni allenamento sono un’occasione per migliorare. Quando mi infilo i pattini mi dico però che prima di tutto devo divertirmi: se giochi con questo spirito, giochi senz’altro meglio». Qual è stato il momento più bello vissuto finora con la maglia bianconera? «Il campionato della categoria Bambino (8-9 anni): abbiamo vinto quasi tutte le partite e i tornei in giro per la Svizzera, diventando campioni nazionali. È stato lì che ho capito quanto mi piaceva questo sport ed è stato lì che ho conosciuto molti dei miei attuali compagni di squadra». Perché indossi la numero 6? «Fino a poco tempo fa, avevo la 2: non c’era un motivo particolare, semplicemente era uno dei numeri rimasti liberi… Ora indosso il 6 che è la mia data di nascita (6 aprile)». Quali obiettivi ti poni a breve scadenza? E dove ti vedi, come sportivo, tra 7-8 anni? Il sogno del professionismo c’è? «Lo sport è importante, ma lo è soprattutto lo studio: il mio obiettivo è quindi quello di proseguire con l’hockey, ma anche di dare la giusta priorità alla scuola e di imparare un mestiere che mi permetta di rimanere nell’ambito dello sport. Il sogno del professionismo? Sognare non costa nulla, ma rimango con i pattini ben piantati sul ghiaccio».
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SPORT / PAOLO QUIRICI
UNA VITA PER IL GOLF DA QUESTO NUMERO ARIELLA DEL ROCINO, APPASSIONATA GIOCATRICE DI GOLF, CI INTRODUCE A QUESTO UNIVERSO SPORTIVO PRESENTANDO PERSONAGGI CHE A VARIO TITOLO CONCORRONO ALLA SUA DIFFUSIONE IN TICINO E IN SVIZZERA. SI COMINCIA CON PAOLO QUIRICI, UNO DEI PIÙ TITOLATI CAMPIONI SVIZZERI E ORA ATTIVISSIMO DIRIGENTE FEDERALE.
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a prima domanda è quasi d’obbligo. Come è nata la sua passione per questo sport? «Direi che si è trattato di un incontro assolutamente casuale. È stato mio padre, attraverso un amico, ad avvicinarsi a questa pratica sportiva ed io che all’epoca avevo 8 o 9 anni mi sono ritrovato quasi senza volerlo ad accompagnarlo e a calcare per la prima volta quei prati verdi. Mi è piaciuto e subito ho iniziato tutta la trafila di un ragazzino che si avvicina a questo sport: lezioni di gruppo, vita di club a Lugano, prime competizioni juniores. Avevo del talento, mi sono accanitamente appassionato e la mia vita è rimasta per sempre legata al mondo del golf». Quando ha capito che aveva tutti i numeri per diventare un campione? «Intorno ai 12-13 anni ho iniziato a far parte della Nazionali Cadetti, partecipando ai primi Campionati nazionali, e nel 1986, a vent’anni, ho ottenuto il mio primo grande exploit vincendo a Villa d’Este gli Internazionali d’Italia. Quello è stato probabilmente il punto
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di svolta, con la decisione, grazie anche al supporto della Federazione Italiana Golf, di passare professionista». Di qui tutta una serie di presenze e successi su tutti i campi europei… «Ho avuto la fortuna, o il merito, di entrare subito a far parte del Tour europeo dove sono a più riprese rimasto fino al 2001, quando ho smesso come professionista attivo a livello competitivo. In seguito ho avuto modo di insegnare, prima a Losone poi a Lugano, con una mia Accademia di Golf, dove ho lavorato per altri 13 anni. Quindi si sono aperte le porte della Federazione che ora mi vede attivamente impegnato nella valorizzazione e nella diffusione di questo magnifico sport. Ho anche costituito una mia società di consulenza dal nome Golfvision a significare la mia voglia di portare in Svizzera e nel mondo esperienze e idee nuove per far crescere e amare il golf». Quali sono gli ambiti in cui si esplica principalmente la sua attività? «Diciamo che tutto è riconducibile all’obbiettivo di avvicinare i giovani al
SPORT / PAOLO QUIRICI
praticanti, tenendo conto del fatto che il golf è uno dei pochissimi sport che consentono di mantenersi in attività, a livello competitivo, sino ad un’età abbastanza avanzata».
golf, individuare e selezionare quelli che hanno ambizioni e più spiccate potenzialità di crescita e poi accompagnarli lungo un percorso di maturazione fino ai livelli agonistici maggiori. Per fare tutto questo occorre una buona conoscenza di tutta l’organizzazione sportiva, strutture, mezzi tecnici ed economici, ottimi maestri, in sintesi la messa a punto di un complesso meccanismo articolato su vari livelli territoriali». È già possibile tracciare un bilancio del lavoro svolto? «I dati statistici confermano che in questi ultimi anni abbiamo sempre avuto, in tutte le fasce d’età, un incremento dei ragazzi che iniziano e poi progrediscono ai diversi livelli. In ogni caso occorre tener presente il fatto che in Svizzera gli studi sono particolarmente impegnativi e proprio negli anni in cui avviene la piena maturazione dei giovani, tra i 14 e i 18 anni, è difficile conciliare l’impegno scolastico con quello sportivo».
Che cosa può rappresentare il golf per il Ticino? «Una straordinaria opportunità anche turistica. I nostri tre campi sono ben attrezzati e ottimamente mantenuti, con percorsi impegnativi in grado di mettere alla prova anche giocatori esperti. Il golf riscuote l’interesse di aziende, imprese e istituti bancari che non fanno mancare il loro sostegno sponsorizzando gare ed eventi. Sussistono dunque tutte le condizioni per una ulteriore valorizzazione del golf ticinese, attirando ospiti anche da quel vasto bacino di potenziali utenti che è rappresentato dalla regione Insubrica».
«Ormai utilizzo esclusivamente bastoni da golf degli anni Trenta o anche prima, con il manico in legno. Mi piace la manualità nel riparare questi oggetti storici, che amo restaurare e riportare in uso. Sono meno performanti rispetto alle supertecnologiche mazze contemporanee, ma proprio per questo restituiscono tutto il significato originario di questo sport ed esaltano le capacità intrinseche di un giocatore».
Da ultimo una curiosità. Lei è particolarmente affezionato all’utilizzo di bastoni da golf antichi. Come nasce questa passione?
A lungo il golf è stato ritenuto un golf d’élite? È ancora vero? «A livello giovanile si può arrivare a dire che il golf sia uno degli sport meno costosi. Le cose cambiano un po’ con il crescere dell’età, ma molto dipende dalla politica svolta dai singoli Circoli. Questi ultimi, in molti casi, hanno messo in atto strategie per avvicinare e mantenere il numero dei propri iscritti TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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BENESSERE / SHAKTI CATERINA MAGGI
A TU PER TU CON L’INFINITO UNA CHIACCHIERATA CON LA ROCKER DELLA FILOSOFIA NON DUALE CHE INSEGNA COME VIVERE DAL MOMENTO PRESENTE, ATTINGENDO A UNA PACE CHE RIPOSA SEMPRE DIETRO OGNI CONFLITTO O MOVIMENTO DELLA MENTE. DI KERI GONZATO
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uesto è in sintesi l’insegnamento di Shakti Caterina Maggi, il cui percorso di vita è passato attraverso una profonda indagine interiore che l’ha portata dal giornalismo e la comunicazione alla condivisione dell’essenza profonda di ogni essere umano tramite conferenze e seminari organizzati in Europa e negli Stati Uniti. Saggezza naturale, senso dell’umorismo e profonda compassione sono tre caratteristiche che impattano immediatamente chi la incontra. La sua grande vitalità e lo spirito un pò rock fanno si che ai suoi seminari partecipino persone di tutte le età, tra cui molto giovani. Nell’ambito della crescita spirituale l’approccio alla vita che Shakti condivide è conosciuto come advaita vedanta (in sanscrito non dualità), un’antica filosofia indiana che riconosce come l’essenza che sta alla base di ogni cosa sia una coscienza unica. Fondamentalmente, si tratta di un invito all’indagine interiore e la scoperta che ciò che chiamiamo
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io e il mondo non sono separati . La visione di Shakti Caterina Maggi è vicina a quella di insegnanti come Eckhart Tolle, autore di Il Potere di Adesso, e Donald Neal Walsh, autore di Conversazioni con Dio. Essendo laico e non religioso, il messaggio non duale ha permesso un contatto molto interessante con il mondo della scienza. Da questa sinergia è nato SAND Science and Nonduality, un’organizzazione internazionale da cui Shakti Caterina Maggi stata invitata come relatrice in questi anni. In conferenze a cui partecipano migliaia di persone studiosi e scienziati incontrano ricercatori spirituali di tutto il mondo per discutere quella che è l’essenza della vita. L’aspetto assolutamente affascinante, spiega Shakti Caterina Maggi, è che ascoltando alcuni scienziati si scopre che le loro conclusioni sembrano pervenire allo stesso punto della spiritualità: viviamo in un universo olografico che sembra non essere disgiunto da ciò che chiamiamo Coscienza.
hakti Caterina Maggi, parlaci del messaggio non duale… «È possibile vivere la vita in modo molto diverso da quello a cui siamo abituati. In genere siamo ipnotizzati dai conflitti della mente e dalle emozioni irrisolte che ci attraversano. La meditazione ci invita a muoverci da una dimensione più amplia, vuota e silenziosa, in cui siamo in grado di accogliere le difficoltà quotidiane con una pace interiore che non dipende dalle circostanze. In genere le persone si appoggiano del tutto al mondo esteriore, per poter trovare sicurezza e conforto. Questo è naturalmente possibile solo e fintanto che il mondo non delude le tue aspettative o non si scontra con le tue credenze. In questo senso, reputo che quella che può essere
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una crisi esistenziale non sia per forza un evento negativo: ci costringe a rivedere le nostre priorità e attingere a una sorgente più profonda e solida, che nella mia esperienza è quel Silenzio che riposa dietro alla mente in ognuno di noi. Nel guardarsi in un nuovo modo ciò che è falso tende a dissolversi e possiamo trovarci a incontrare la vita da questo luogo silenzioso che è dentro di noi e da lì accogliere la vita così come è: con le gioie, i dolori, i su e giù, che fanno parte dell’esperienza umana. L’essenza di questo messaggio è che ciò che accade nella nostra esistenza non è separato da noi, ma è uno con la nostra Coscienza». Quale strada ti ha portato all’advaita? «La mia storia prova che non è necessario avere una “carriera spirituale”
BENESSERE / SHAKTI CATERINA MAGGI
per giungere al risveglio della coscienza di cui parlano tantissime tradizioni spirituali. All’epoca ero giornalista, avevo incominciato a lavorare per una grande società americana di informazione finanziaria a Milano, e la mia vita era diventata frenetica e complessa. Nonostante i miei 27 anni, avevo già raggiunto obiettivi importanti, con un’ottimo lavoro e posizione sociale, ma non ero felice. Inizialmente, pensai fosse a causa del lavoro per poi accorgermi che la ragione era più profonda. Se pensiamo che saranno il semplice cambiare lavoro, città o relazione a farci trovare pace e serenità ci stiamo ancora illudendo. Gran parte delle persone vive schiacciata da impegni sociali, lavorativi e famigliari, e sente di non avere più spazio per sé stessa. Questa pressione interiore viene sentita perché il nostro vero sé non è in grado di esprimersi per quello che è davvero… incolpare famiglia, lavoro o relazione è una modalità ancora infantile. La mia vita è cambiata quando, invece di lottare contro la nota stonata che sembrava accompagnare le mie giornate, ho cominciato a diventarne curiosa. È come se ci fossi caduta dentro e, in questo, si fosse aperta una possibilità totalmente nuova, ho toccato un’apertura e un’amore per la vita che non avevano nulla a che fare con le circostanze. A quel punto ho sentito che avevo bisogno di un qualcuno con cui parlare di quello che mi stava accadendo. e mi sono trovata in una sala gremita di gente a Milano dove un uomo inglese stava parlando di me. Ero esterrefatta, Bodhi Avasa non stava parlando di me come Caterina Maggi ma stava descrivendo quello che stavo vivendo. Mi sono completamente riconosciuta in quello di cui parlava e, nel giro di pochi giorni, un salto percettivo è accaduto e sono rimasta accanto a lui per quasi 14 anni, aiutandolo nel suo lavoro e imparando moltissimo. Questo mi ha permesso di crescere in questa comprensione profondamente e a diventa-
re capace di portare a mia volta questo spazio di ascolto agli altri». In che modo sostieni le persone nel risvegliarsi alla propria natura più autentica? «Mi esprimo principalmente attraverso la parola, con cui invito chi mi incontra a un’auto-indagine. Anche se nei miei ritiri ci sono anche alcune meditazione di percezione in cui, attraverso il corpo, si fa esperienza diretta della non separazione. Faccio anche danzare le persone bendate: nel buio possono emergere paure e contrazioni e venire così sentite, comprese ed illuminate. È un messaggio quindi che passa, non solo attraverso la parola, ma anche con la sperimentazione diretta. Non si tratta di un insegnamento quanto piuttosto di una condivisione. Se incontri te stesso in questo messaggio, al punto di vedere che tu hai scritto queste parole, allora condivideremo assieme questo spazio e quello che resterà sarà solo amicizia. Non c’è nessun insegnante o guida qui. Semplicemente un giorno lo sguardo si è voltato indietro, verso ciò che vive attraverso ognuno di questi corpi e con questo è arrivata la scoperta che è qui che ero sempre stata e dove ogni cosa o ognuno in realtà si trova. Nello scoprire chi sono ho scoperto anche chi eri tu. Nel farlo mi sono anche contemporaneamente scordata di me e di te, di tutto. Da allora tra mistero e illusione la Danza continua».
porta a dare meno importanza a quello che sta accadendo, dinamiche psicologiche incluse, ed a focalizzarsi sulla capacità di innamorarsi di ciò che avviene come possibilità di espressione individuale e completa di gioia nel vivere il quotidiano». Quindi, come vivere appieno l’esistenza umana? «Nel semplice essere te stesso onori la Vita, la celebri. Quella celebrazione risuona in ogni cosa o persona. Questa è dunque Pace, che non arriva alla fine di una processo di trasformazione o di divenire, ma è lo sfondo costante di ogni cosa. Non serve zittire la mente ma riconoscere che il silenzio è ciò che la testimonia. L’unica cosa che impedisce di cogliere la pace è il rifiutare questo istante per averne uno migliore, tra un momento, tra un anno, dopo che… La mente e i suoi programmi sono infiniti, nel dilazionare la tua felicità. Se puoi, accogli questo momento. In tutta la sua fragile umanità. Se puoi accogliere questo istante, incluso te stesso esattamente così come sei ora, avrai accolto l’intera Esistenza».
La meditazione come forma di profonda accoglienza… «Si parla di meditazione con la “M” maiuscola. Mentre siamo abituati a pensare alla meditazione “a gambe incrociate ed occhi chiusi”, l’essenza della meditazione è semplicemente la capacità, dal silenzio del nostro essere, di accogliere la vita così come è. Questo movimento così semplice può cambiare radicalmente il modo in cui noi accogliamo l’esistenza. Arrivando a questa profondità, in genere la ricerca TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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SPECIALE COMO / FRANCESCA POLTI
GUIDARE UN IMPERO ASCOLTANDO TUTTI FONDATA A COMO DAL PADRE FRANCO NEL ’78, OGGI POLTI È UNA S.P.A. CON PIÙ DI 250 DIPENDENTI E PRESENTE IN 50 PAESI NEL MONDO. FRANCESCA LA GUIDA DAL 2009, LA TRASCINA FUORI DAGLI ANNI PIÙ BUI DELLA CRISI ECONOMICA E LA RISTRUTTURA CON TAGLIO MODERNO E INTELLIGENTE. OGGI È DIRETTORE GENERALE, PRONTA AD ANDARE AVANTI GRAZIE ALLA QUALITÀ DEL MADE IN ITALY E CON LA COMPLICITÀ DI TUTTI I SUOI DIPENDENTI.
DI MANUELA LOZZA
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ei ha assunto la direzione generale dell’azienda in un momento tremendo per l’economia globale? Come ha affrontato le difficoltà? «In effetti, in particolare quelli a partire dal 2012, sono stati anni veramente complessi: Polti ha avuto necessità di una complessa riorganizzazione, che ci ha portato a fare scelte importanti, soprattutto perché avevamo un obbiettivo audace: uscire dalla crisi senza licenziare nessuno. Questo però ci ha dato anche un sicuro vantaggio nel rapporto con i dipendenti che, rasserenati da questa nostra convinzione, hanno voluto lottare insieme a noi, sono stati disponibili al cambiamento e alla formazione. Oggi posso dire che gli anni più bui sono passati e che l’azienda ha un’immagine sana, produttiva, e che può permettersi di puntare su nuovi prodotti di alta qualità, di eccellenza italiana».
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Che cosa è cambiato dalla direzione di suo padre, uomo del sud classe ’44, alla sua, giovane donna brianzola? «È il modo di fare impresa a essere cambiato, in generale. Oggi il mondo gira più velocemente, le decisioni vanno prese in tempi rapidi e il margine di errore nell’investimento è ridotto a zero. Un tempo si poteva rischiare di più, erano gli anni del bum economico, oggi ogni decisione deve essere ponderata con estrema attenzione. E poi è cambiato anche il modo di rapportarsi alle persone in azienda: mio padre ha sempre ascoltato tutti, ma la decisione era sua, un modello di lavoro indispensabile in quegli anni. Oggi però io sono convinta che l’approccio che paga di più sia il coinvolgimento di tutti i livelli decisionali quando ci si approccia a un cambiamento: consultare i vari settori dell’azienda ci garantisce un’attenzione all’investimento a 360° e in più, es-
SPECIALE COMO / FRANCESCA POLTI
sendo tutte le scelte proposte e non imposte, l’idea viene più facilmente condivisa, diventa figlia di tutti coloro che hanno partecipato al processo e questo ne decreta un migliore sviluppo». La sua dirigenza è caratterizzata dallo sguardo deciso verso i mercati esteri. Le scelte fatte fuori dall’Italia hanno fortemente influito sul successo di questi anni… «Abbiamo deciso di non accanirci e di chiudere alcuni mercati che erano in perdita, come il Messico, dove la lentezza burocratica rendeva il lavoro poco competitivo. Invece abbiamo aperto negli States e in Canada, e ora ci affacciamo sul mercato asiatico – Corea, Hong Kong, Cina – e in Nord Africa, in questi paesi che ci possono permettere di lavorare bene e dove il made in Italy ha un fortissimo appeal. Qui stiamo investendo ma, dato il momento storico-economico, dobbiamo comunque tirare un po’ le briglie, investire in modo oculato. Siamo sempre alla ricerca di nuovi fondi e opportunità». Perché Polti, a differenza di molte altre aziende come la stessa vocazione, è riuscita a mantenere metà della produzione in Italia? «I nostri prodotti hanno una richiesta di sviluppo intrinseca che renderebbe di per sé la produzione all’estero complessa e non efficace. Ma la nostra è una scelta soprattutto sociale, prima che economica. Il discorso è semplice e si basa sulla differenza tra guadagnare e arricchirsi: io so che su una data produzione mi serve questo margine, se riesco a ottenerlo in Italia, non vado in Asia per spendere meno. Il controllo che posso esercitare sulla catena, l’impatto ambientale, l’effetto di immagine sul consumatore sono fondamentali. Per poter sostenere questa idea, sul mercato ci siamo differenziati proponendo tutti prodotti con brevetti esclusivi. Di fatto sto facendo come mio padre negli anni settanta: inventare qualcosa che non c’è e
che risponde a un bisogno, che semplifica la vita di chi lo usa. E poi l’idea di qualità è talmente radicata a livello di immagine, che oggi posso contare sulla potenza del nostro marchio». A proposito, quali sono le novità di prodotto? «La Vaporella e il Moppy. La prima è la nuovissima versione del nostro classico ferro da stiro con caldaia, che qui si rifà il look e soprattutto si arricchisce della No Calc Long Life Boiler Technology. Il secondo è il lava pavimenti a vapore che permette finalmente di pulire senza secchio e senza fili. E infatti le novità che andremo a lanciare nelle prossime settimane sono proprio caratterizzate dal sistema wireless, in particolare nell’aspirazione. E poi ancora immetteremo sul mercato nuovi vaporizzatori verticali veloci e leggeri, per lo più prodotti complementari. A lungo termine invece, vi
svelo che stiamo per entrare in settori dei quali finora non ci eravamo occupati, ma non posso dire di più». In Polti, dicono, si respira sempre un’aria familiare… «Da noi, nel rispetto dei ruoli, c’è storicamente un clima familiare, piacevole e informare. Lavorare in Polti è una sfida: a mettersi sempre in gioco, a formarsi continuamente, a proporre idee e ad ascoltarle. Io ascolto tutti e do sempre risposte. Ogni trimestre ci incontriamo per una riunione plenaria con tutti i dipendenti». Tutti, tutti? «Tutti tutti! Di ogni reparto e ad ogni livello. Addirittura, dovendoci dividere in due, ho scelto di formare i gruppi in base all’ordine alfabetico, proprio per mischiare i reparti. Il valore in Polti è la condivisione, come in famiglia! L’idea è che tutti lavoriamo per TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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un obbiettivo comune, il benessere dell’azienda, e nel coinvolgimento di tutte le parti, troviamo la giusta disponibilità da parte di ogni individuo». A proposito di famiglia, lei cita spesso la sua come luogo di ritrovo e di confronto. Essere una madre ha in qualche modo complicato la sua carriera? «No, essere mamma arricchisce e quindi ti riempie la vita, il tempo libero è un pallido ricordo. Ma in azienda la maternità è un supporto grandissimo, che arricchisce per molti motivi. Prima di tutto quando fai parte di una coppia con figli, impari a condividere la più grande delle responsabilità e questo ti aiuta a migliorare anche sul lavoro. Con una famiglia da portare avanti, impari ad arrivare all’essenziale, a essere più efficiente e a dare la giusta proprietà alle cose. Questo non vuol dire che io reputi fondamentale che i miei dipendenti siano genitori, trovo che sia arricchente nella nostra azienda avere persone che vivono nella vita privata esperienze diverse e che ogni scelta può portare frutti positivi». Il nuovo governo saprà sostenere le aziende? L’Italia è uscita dalla crisi? «No, tutti i settori la sentono ancora, e lo si vede chiaramente dal fatto che molte aziende lavorano ancora quasi esclusivamente sul promozionale e poco sulla qualità. Questo perché il consumatore ci crede poco… La gente teme ancora per i propri risparmi e quindi non spende. Per quanto riguarda il nuovo governo, francamente in Italia in questo momento non vedo una politica costruttiva nei confronti delle aziende, sento ancora discorsi di propaganda. Ma io so, credo fermamente, che il nostro paese abbia tantissime eccellenze, unicum che i governi dovrebbero sostenere. Purtroppo nella Manovra non vedo interventi significativi. Bisognerebbe investire sulle aziende o almeno invogliare gli investitori esteri, creando un clima favorevole. Ma sono pronta a ricredermi, francamente spero proprio di sbagliarmi».
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NEWS
Cresce lo scetticismo nei confronti dell’euro
Per il terzo anno consecutivo Credit Suisse ha condotto un sondaggio tra le imprese svizzere per conoscere la loro valutazione su temi selezionati che potrebbero influire sull’economia globale, sulla politica delle banche centrali e quindi anche sull’andamento dei tassi di cambio. Hanno partecipato in totale circa 760 aziende - da ditte individuali a grandi gruppi. Se la maggior parte delle aziende consultate (58 %) ritiene
che la crescita economica in Svizzera si manterrà analoga a quella dell’anno precedente, un terzo (32 %) prevede più un rallentamento che un’accelerazione (10 %). Ciò è sostanzialmente in linea con la valutazione degli economisti di Credit Suisse. Inoltre, secondo circa la metà dei clienti commerciali intervistati, la Banca nazionale svizzera entro al massimo la fine del 2019 stringerà la leva degli interessi per la prima volta dall’autunno 2007. Già dai sondaggi degli ultimi anni è emerso che le aziende non prevedono una forte ripresa in Europa e pertanto neppure un nuovo rafforzamento dell’euro. Per la fine del 2019 si aspettano in media un corso di cambio EUR/CHF di 1.15, mentre la previsione di Credit Suisse è di 1.20. Per il cambio USD/CHF e GBP/CHF le attese delle aziende interpellate sono rispettivamente di 0.99 e 1.26 (previsio-
ne CS: 1.00 e 1.40). Nelle previsioni delle imprese intervistate sui tassi di cambio per il resto non sono praticamente presenti divergenze se si tiene conto di settore, attività di commercio estero (esportazioni e importazioni) o dimensioni dell’azienda. La situazione è diversa invece per i corsi di cambio che vengono presi in considerazione per la pianificazione del budget annuale: le imprese esportatrici in questo caso definiscono un budget con un franco nettamente più forte rispetto alle imprese orientate all’import. In quanto valuta rifugio, il franco svizzero è oggetto di una forte pressione rialzista soprattutto in tempi di incertezze politiche o economiche. Secondo le imprese intervistate, le decisioni in materia di politica monetaria di banche centrali estere, come la BCE e la Fed, dovrebbero ripercuotersi in misura maggiore sull’andamento del franco.
La dieta digitale dei sette giorni
La dieta digitale dei sette giorni è un metodo per capire se “sei tu ad usare lo smartphone oppure è lui ad usare te”. Alessandro Trivilini l’ha ideata e
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realizzata applicando con successo e per la prima volta i Sistemi Motivazionali Interpersonali. Un approccio interdisciplinare che ha portato a un protocollo utile per evidenziare le motivazioni che caratterizzano la dipendenza tra uomo e smartphone. La dieta digitale dei sette giorni è un trattamento per sapere quanto una persona possa essere in accudimento rispetto alle notifiche, alla geolocalizzazione, ai social media, alla posta elettronica, ed altro
ancora. Una guida pragmatica per tutti coloro che presto o tardi potrebbero appartenere alla nuova generazione di Hikikomori digitali. Il preambolo del libro è curato dal Prof. Emanuele Carpanzano, Direttore del Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI, mentre l’antefatto porta la firma di Ilario Lodi, Direttore di Pro Juventute Ticino (SEB Casa Editrice SA di Chiasso).
i TIGLI in THEORIA si trova nell’edificio storico, costruito nella seconda metà del Quattrocento dal vescovo di Como Branda Castiglioni, in prossimità del lago e del Duomo. In questo contesto, gli ospiti hanno la possibilità di assaporare una varietà di piatti che la cucina creativa di Franco Caffara, basata su originalità e alta qualità, propone seguendo la stagionalità e la grande varietà dei prodotti italiani. Sapori fini e distinti accompagnati da una valida lista di vini accuratamente selezionati. A disposizione della clientela un Tavolo dello Chef, di fronte allo spettacolo incalzante della brigata dei cuochi e TheoriaStube, l’intimità di sale realizzate con materiali pregiati che riconsegnano l’atmosfera rustica, ma insieme ricercata, della cultura Walser. Un suggestivo e socievole Lounge Bar invita a trascorrere momenti in tutto relax e a sorseggiare miscele pregiate. Alle pareti delle sale storiche, espressioni artistiche policrome si integrano e convivono con le tracce del passato, tutto in un’atmosfera fortemente evocativa di ristoro e cultura, di sapori e di arte.
Ristorante • Stube • Lounge Bar Via Bianchi Giovini, 41 • Como • Tel. +39 031 305272 – +39 031 301334 • info@theoriagallery.it • www.intheoria.it
NEWS
Spaces, pioniera del co-working, compie 10 anni
Nel corso degli anni trascorsi dalla sua fondazione, Spaces si è trasformata in uno dei principali fornitori di spazi di co-working in tutto il mondo. Ora è presente in oltre 200 sedi e in 110 città di 39 Paesi del mondo e offre accesso globale a spazi di lavoro creativi, adatti a tutte le ti-
pologie di aziende, dalle piccole start-up alle grandi multinazionali, come Microsoft e Fox Studios. In Svizzera, Spaces è attualmente rappresentata dalle due sedi di Zurigo e Ginevra. Il prossimo anno verranno inaugurate altre due sedi prestigiose: l’Ambassador House a Zurigo e una sede nell’esclusivo “The Circle” all’aeroporto di Zurigo. Entro la fine del 2021 Spaces mira ad avere fino a 15 prestigiose sedi in Svizzera. Martijn Roordink, co-fondatore e CEO di Spaces ha dichiarato: «Sin dalla sua fondazione, Spaces si è adattata al confronto con i nuovi concorrenti sul mercato. Infatti, solo negli ultimi
cinque anni, gli spazi di lavoro flessibili sono cresciuti del 200%. Nonostante abbia avviato l’attività agli albori della crisi finanziaria del 2008 (una decisione apparentemente rischiosa), è stato proprio quel caos diffuso a portare a un cambiamento nella cultura del lavoro». Per maggiori informazioni sulle sedi Spaces in Svizzera: www.spacesworks.com/switzerland/
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PRIMO PIANO / RENATO POZZETTO
COMICITÀ SENZA TEMPO SAREMO SINCERI: LO PREMETTIAMO. QUESTA INTERVISTA È UN ATTO DI RICONOSCENZA PER CIÒ CHE QUESTO ARTISTA HA RAPPRESENTATO IN UN PRECISO PERIODO DELLA VICINA PENISOLA ITALIANA. DI AN GRANDI
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ra il periodo del Sessantotto, rapidamente seguito dalla grande crisi petrolifera dei primi anni Settanta. Quella delle prime domeniche senz’auto. Quando le città si fermavano ed i negozi non facevano aperture festive. Dopo l’inarrestabile benessere di cui ci eravamo convinti negli anni Sessanta, i pomeriggi cittadini iniziavano a popolarsi di persone a cavallo, in bicicletta, sui pattini. Tutti sorridenti: perché altro non si poteva fare. Le auto rimanevano parcheggiate: vicino ad ogni targa, il bollo autoadesivo della velocità massima consentita. Cifre bianche su fondo rosso. Un ordine, più che un invito al risparmio. Mentre il costo della benzina saliva e saliva, familiarizzandoci con una parola che ci impaurisce ancora oggi: inflazione. Ma quelle erano anche le domeniche pomeriggio che i telespettatori italiani si abituarono a trascorrere in casa, davanti al televisore. A vedere le trasmissioni in bianco e nero del nostro ospite di oggi, Renato Pozzetto e del suo socio artistico Cochi Ponzoni. Ma anche di Paolo Villaggio, Enzo Iannacci, Felice Andreasi, Lino Toffolo e di una banda di cabarettisti surreali che il desiderio di cambiamento e di rivoluzione del sessantotto improvvisamente portò dalle lunghe nottate e dalle fredde cantine dei cabaret di periferia al primetime televisivo. A loro, il corso del destino affidò l’inatteso incarico di diventare la nostra coscienza ed aiutarci a superare con il sorriso una realtà socio-economica italiana passata in pochissimi anni dal certo all’incerto, lasciandoci sgomenti. La loro avventura è continuata: nei “favolosi” anni Ottanta, nei decenni successivi e prosegue ancora oggi. Le prime apparizioni televisive di Renato Pozzetto fanno ormai parte del patrimonio culturale italiano. Anno 1968: “Quelli della domenica”. 1973: “Il poeta e il contadino”. Nel 1974: “Canzonissima”, trasmissione ammiraglia del servizio pubblico italiano dei tempi d’oro. Una RAI ancora splendida e incurante dell’arrivo disordinato dei nuovi barbari ai confini del suo impero televisivo: le emittenti private. Non era che l’inizio della carriera di Pozzetto. Questi suoi esordi ebbero un seguito. La multimedialità di quei tempi prevedeva altre due tappe obbligate: i dischi ed il cinema. Limitiamoci ai titoli di alcune delle sue canzoni più famose: La gallina; La canzone intelligente; E la vita, la vita; L’inquilino; Silvano. E poi: il cinema. Ben 66 film in 41 anni. Tra i più conosciuti: Sono fotogenico; Il ragazzo di campagna; Lui è peggio di me; Grandi Magazzini; Roba da ricchi; Le comiche. Compagni di avventura sul set i volti più noti del cinema italiano: Nino Manfredi, Johnny Dorelli, Paolo Villaggio, Adriano Celentano, Gloria Guida, Dalila di Lazzaro, Carlo Verdone, Diego Abatantuono, Christian De Sica, Massimo Boldi, Monica Vitti, Ornella Muti, Sabrina Ferilli. Caro, appena un po’ ingrigito, ma brillante ed amatissimo protagonista dei nostri anni migliori, assenti e presenti. Eccoti davanti a noi. Ci sorridi e chiedi la scena
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artiamo dai tuoi esordi: da giovane sfollato in tempo di guerra sei andato a Milano e hai avuto successo. Quando hai capito che eri diventato famoso? «Tutto è avvenuto un po’ per volta. Ho iniziato nelle osterie. Poi il cabaret: il Cap 64 in Porta Romana, a Milano. Dopo un anno e mezzo, Enzo Jannacci, con cui lavoravo, ricevette una proposta dal proprietario del Derby, locale notturno dove già suonava il jazz Enrico Intra. Così è iniziata la avventura del nostro gruppo di artisti: me, l’amico e collega Cochi Ponzoni, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Felice Andreasi, Bruno Lauzi. Nel 1968 ci notò la RAI e registrammo la trasmissione “Quelli della domenica”. Ci avevano scritturato per sei puntate: finimmo per farne ventiquattro. La trasmissione andava bene. Andando per strada la gente iniziò a riconoscerci e ci fermava». Come nascevano tutti i giochi di parole che hai inventato? «È semplice: ho sempre frequentato persone con le quali mi divertivo. Già da Gattullo, un bar di Milano, a Porta Ludovica, mi trovavo con i miei amici. Eravamo un gruppo di persone che aveva un suo modo di colloquiare, che si inventavano un umorismo dialettico tutto nuovo. Per esempio: appena diciottenne, con loro mi ero inventato l’“ufficio facce”. Era un nostro ufficio immaginario dove facevamo commenti sui clienti che entravano nel bar: li giudicavamo con molta ironia. Avevamo anche dei modi di dire particolari: come “cioè”, oppure “praticamente”. Sono parole che ho sempre proposto con ilarità. Nei miei spettacoli le citavo perché ne risaltasse la esagerazione umoristica, per fare ridere. Queste trovate ci servivano richiamare il pubblico, sorprenderlo, divertirlo, insomma, per lavorare. Così iniziammo a fare anche con le nostre canzoni, come “La gallina”, “La canzone intelligente”. Lo facevamo per distinguerci, per fare qualcosa di nuovo e divertire».
Come hai vissuto il ’68? «Il Sessantotto lo ho vissuto in un modo tutto sommato normale. Io ed i miei amici lavoravamo con Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Dario Fo. La sera cantavamo tutti insieme. Quando è arrivato il Sessantotto eravamo nel mondo del cabaret già da quattro anni. Passavano le giornate a provare gli spettacoli, ad inventarci nuove idee. Nessuno mai si immaginava che in futuro qualcuno di noi avrebbe potuto avere successo. Eravamo fatti così: il mondo del cabaret era la nostra casa. La nostra vita. Ci esibivamo in locali modesti, senza alcuna scenografia teatrale. C’era solo una pedana, un pianoforte. Io mi dovevo inventare lo spettacolo. A quei tempi la vita degli artisti di cabaret era una esistenza povera, senza illusioni». Vi accorgevate che la società stava cambiando? «A noi bastava che il pubblico venisse a vederci e si divertisse: tutti qui. Tuttavia ad un certo punto iniziammo a notare che il locale veniva continuamente ingrandito. Ai nostri esordi ospitava al massimo cinquanta persone. Con il passare del tempo, arrivammo anche a duecento spettatori per sera. Poi la gente iniziò a prenotare i posti per i nostri spettacoli, addirittura con un mese di anticipo. Per vederci, i clienti iniziarono a venire da fuori città: da Torino, da Bergamo, da Brescia, dal Veneto, poi anche da più lon-
tano. Però, malgrado tutto, la nostra vita continuava a scorrere come sempre, in modo normale. Il successo per noi è arrivato a poco a poco. E così sono stato chiamato in RAI, poi sono arrivato al cinema, dove per fortuna le cose sono andate sempre bene». Come è nato il tuo passaggio dal cinema alla televisione? «Tra gli spettatori del nostro cabaret c’erano anche autori televisivi, come Italo Terzoli ed Enrico Vaime, della coppia artistica Terzoli & Vaime, che lavoravano a Roma per la RAI. Erano interessati alle nuove tendenze, alle novità. Noi del cabaret siamo piaciuti e ci hanno chiamato in Tv. Prima con poche apparizioni. Poi iniziarono ad affidarci uno spazio sempre maggiore. Come sempre, anche la mia carriera in televisione si è sviluppata progressivamente. In ogni caso, noi eravamo già abituati al contatto con il pubblico. Al cabaret la gente ci avvicinava, faceva i complimenti, ci offriva una bottiglia, esprimeva gratitudine con un gesto, una frase. Ma c’era anche chi semplicemente era curioso di noi. Come il pittore Lucio Fontana ed i suo gruppo di amici, che spesso venivano ad ascoltarci all’osteria. Tutto si è sviluppato in modo graduale. Lo stesso è successo per il mio debutto al cinema. Fai un film, poi vai a vederlo. Se è venuto bene ti senti soddisfatto: e continui. A me è capitato proprio cosi’. Il mio successo ha portato fortuna anche al mio amico TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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Cochi Ponzoni, agli altri miei colleghi del cabaret, a tante altre persone. E ne sono veramente contento, indifferentemente dal fatto un film possa avere avuto più o meno successo. Successo o insuccesso, queste sono le regole del gioco e fa parte del nostro mestiere». Come ti sei trovato a lavorare con gli altri grandi attori del cinema italiano? «Con molti ho lavorato alla pari. Con altri ho lavorato, ma capivo che ero io il protagonista, era con me che si voleva girare il film. Per esempio: quando ho recitato con Adriano Celentano io ho recitato alla pari. Lavorando con me lui iniziò a parlare un linguaggio che apparteneva anche a me e che nei nostri film abbiamo condiviso. Sino a quel momento lui aveva avuto un suo modo di proporsi al pubblico, ed io il mio. Comunque, anche sul set tutto si è sempre svolto in modo normale. Già ai tempi del cabaret io mi ero abituato al successo popolare: averlo avuto anche al cinema per me è stata una semplice conseguenza. Le prime volte mi sono sorpreso. Poi ci ho fatto l’abitudine. Ed anche il cinema è diventato il mio mestiere. Non ho particolari aneddoti da ricordare delle mie esperienze sul set. Tutto fa parte di un film: dentro e fuori dalle scene. Il mio impegno è sempre stato di offrire al pubblico un buon prodotto». Tu eri molto amico anche di Paolo Villaggio…Ricordi la serie dei tre film “Le comiche”? «Lo ammetto: ho preso un po’ sottogamba quel tipo di pellicole. Come genere apparteneva più a Villaggio. Io ho partecipato, ma quel tipo di film erano scritti soprattutto per lui: c’era un umorismo fatto di gag, di smorfie, di ruzzoloni. Sono comunque contento che quei film abbiano avuto un ottimo successo di pubblico». La periodo d’oro della televisione italiana ha coinciso con gli anni ‘60/’70…
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“A noi bastava che il pubblico venisse a vederci e si divertisse: tutti qui. Tuttavia ad un certo punto iniziammo a notare che il locale veniva continuamente ingrandito.” «È vero. Ma la nostra recitazione ed in particolare le nostre canzoni debbono molto anche ad Enzo Jannacci. Noi raccontavamo in modo serio dei fatti che erano umoristici. Per esempio: la canzone “La vita l’è bela”, ricorda in modo scherzoso che la vita è facile quando hai qualcuno che ti protegge, che ti tiene aperto l’ombrello sopra la testa. Derideva quelli che per fare il proprio mestiere si appoggiavano alla politica ed ai partiti. Questo è il modo in cui noi lavoravamo nei nostri spettacoli: con un nostro linguaggio e le nostre intuizioni. Non vedo eredi a questo mio modo surreale di presentare le cose, che comunque rimane una forma sempre molto impegnativa di descrivere la realtà». Cosa vorresti vedere ancora in televisione? «Non so. Confesso che per me il mondo dello spettacolo non è tutto. Oltre ad essere un personaggio pubblico, ho sempre mantenuto anche una mia vita privata. Quarant’anni fa, insieme a mio fratello, ho acquistato una cascina che ho trasformato in quella che oggi è la Locanda Pozzetto a Laveno Mombello, albergo e ristorante, ben frequentati dai turisti e dagli appassionati di buona cucina. Quindi: al di fuori dello spettacolo ho una mia vita che non ho mai diviso con il lavoro». Cosa stai preparando per il futuro? «Andiamo con ordine. Innanzitutto sto lavorando ad un film, anche se non sono ancora certo che si farà. Per il momento il titolo è: “Una mucca in paradiso”. Mi incontro spesso con l’architetto Stefano Boeri, che a Milano ha progettato i palazzi del Bosco
Verticale, dove ha inserito spazi verdi ad ogni piano, per ogni appartamento. Nel 2015 il Council on Tall Buildings and Urban Habitat di Chicago li riconosciuti i grattacieli più belli ed innovativi del mondo. La trama di questo film è moderna ma sempre surreale. Un contadino viene assunto da un milionario per accudire il prato del suo appartamento nei palazzi del Bosco Verticale. Porta una mucca in casa e avrà fortuna vendendo agli inquilini del grattacielo il buon latte ed i formaggi freschi prodotti dalla mucca. La parte comica nasce dalla contrapposizione tra il personaggio del contadino, che rappresenta i valori tradizionali, e la nostra società che sia pure ultra moderna, rimane comunque sensibile al richiamo di una realtà genuina e semplice». E il teatro? «Sto per iniziare una tournée. Riproporrò le mie canzoni, alcune novità, e spezzoni dei miei film, come il “Ragazzo di Campagna” ed “E’ arrivato mio fratello”. Sono sempre molto apprezzati dal pubblico». Cosa c’è nel tuo privato? «Sto lavorando con l’architetto Stefano Boeri, che ora è anche direttore della Triennale di Venezia. Stiamo cercando di proporre un partenariato fra La Triennale di Venezia ed il Festival di Locarno. Ho anche contatti con la Svizzera, dove ho molti amici, e gli Stati Uniti. Mia nipote vive a New York. Ma ogni estate, credetemi, viene sempre a trovarmi. Per stare insieme alla sua famiglia».
CULTURA / M.A.X. MUSEO 01
DA GIOVEDÌ 31 MAGGIO A DOMENICA 23 SETTEMBRE 2018 IL M.A.X. MUSEO DI CHIASSO (SVIZZERA) OSPITA UNA MOSTRA CHE CELEBRA, A CENTO ANNI DALLA NASCITA, ACHILLE CASTIGLIONI (1918–2002), ARCHITETTO E DESIGNER DI FAMA INTERNAZIONALE, CHE HA REALIZZATO 290 OGGETTI DI DESIGN E BEN 484 ALLESTIMENTI, TERRENO DI SPERIMENTAZIONE E INNOVAZIONE.
IL VISIONARIO ACHILLE CASTIGLIONI
L’
esposizione si concentra sulla grande capacità di regìa che emerge nel lavoro di Castiglioni. Schizzi, disegni, modelli, testimonianze video, oggetti originali, prototipi e testi autografi – di cui una gran parte presentata per la prima volta – mettono in evidenza la perfetta combinazione di semplicità e ironia che caratterizza la profondità delle sue idee e la sua abilità nel costruire spazi in stretta collaborazione con i graphic designers, in particolare lo svizzero Max Huber. L’esposizione – sviluppata secondo la curatela, il progetto di allestimento e la grafica di Ico Migliore, Mara Servetto (Migliore+Servetto Architects) e dell’architetto Italo Lupi, in collaborazione per la curatela con Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo – s’inserisce all’interno del filone dedicato ai “Maestri del XX secolo” ed è promossa in collaborazione
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CULTURA / M.A.X. MUSEO
01 Ritratto di Achille Castiglioni nel suo studio con lampada Diabolo Foto di Hugh Findletar 1998 Archivio Achille Castiglioni 02 Sezione Industrial Design, 1954 Palazzo dell’Arte, Triennale di Milano Achille e Pier Giacomo Castiglioni con Roberto Menghi, Augusto Morello, Marcello Nizzoli, Alberto Rosselli Grafica: Michele Provinciali Scultore: Lorenzo Pepe Pittore: Mario Reggiani Archivio Achille Castiglioni 03 La diffusione della radio e della televisione nei Comuni rurali Padiglione per la XLIII Fiera di Milano, 1965 Committente: RAI Fiera di Milano Achille e Pier Giacomo Castiglioni Grafica: Enzo Mari Archivio Achille Castiglioni
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con la Fondazione Achille Castiglioni. Protagonista della stagione d’oro del design italiano, Achille realizza nella sua intensa attività professionale ben 484 progetti di allestimenti, 290 oggetti, tra i quali si annoverano vere e proprie icone della cultura del design, e 191 progetti di architettura. La mostra al m.a.x. museo intende raccontare l’avventura degli allestimenti (per fiere campionarie, per stand o esposizioni) e degli oggetti di design disegnati prima dai fratelli Achille e Pier Giacomo e poi, dal 1968, dal solo Achille, mettendo altresì in luce il ruolo dell’allestimento temporaneo come strumento di comunicazione culturale e commerciale di straordinaria importanza, da sempre centrale nella tradizione del fare. La sperimentazione per l’“architettura effimera” è stata da sempre l’ambito d’elezione di Achille e Pier Giacomo per l’innovazione e la ricerca, che ha poi marcatamente influenzato l’architettura e il design a livello internazionale. L’esposizione fornisce anche l’occasione per ricordare la stretta amicizia che legava Achille Castiglioni al graphic
04 Terzo programma. Stand per la XXIX Fiera di Milano, 1951 Committente: RAI Fiera di Milano Achille e Pier Giacomo Castiglioni Grafica: Erberto Carboni e Max Huber Archivio Achille Castiglioni © 2018, ProLitteris, Zurich
designer svizzero Max Huber (1919– 1992), ripercorrendo attraverso “l’alfabeto” allestitivo di Castiglioni i progetti realizzati insieme. Il fuori scala, la cinetica, l’allegoria, il ready made, il segno grafico sono solo alcuni degli elementi chiave, ricorrenti nei progetti di Achille, che vengono messi in luce nel percorso espositivo. Dai memorabili allestimenti dei Padiglioni per Rai, Eni e Montecatini ai magistrali progetti per la cultura, per l’innovazione e per l’esposizione dei prodotti, emerge chiaramente la figura di Achille Castiglioni, capace di concepire la messa in scena come una regìa. Ogni elemento è studiato, ogni peso calibrato, il ritmo modulato; tutto è reso in funzione dell’allestimento, che si struttura come un racconto per immagini dinamico e inaspettato. Unendo la sperimentazione alla razionalità, Achille Castiglioni riesce a combinare semplicità e ironia con l’attenzione per l’utilizzo della tecnologia e dei nuovi materiali. I suoi progetti diventano così “atemporali”, capaci di vivere una continua attualità nelle diverse fasi storiche. 04
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CULTURA / FILM FESTIVAL DIRITTI UMANI LUGANO
UN PICCOLO GRANDE FESTIVAL IN CRESCITA LA QUINTA EDIZIONE DEL FILM FESTIVAL DIRITTI UMANI LUGANO, CHE SI È TENUTA A LUGANO DAL 9 AL 14 OTTOBRE, HA PROPOSTO AL PUBBLICO DEL CANTONE UN’OFFERTA CINEMATOGRAFICA PIÙ AMPIA: 33 FILM, DI CUI 16 SONO LE PRIME SVIZZERE E 6 I FILM SVIZZERI FRA PRODUZIONI E COPRODUZIONI.
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uesti numeri indicano il cammino che FFDUL sta portando avanti: l’opera cinematografica al centro del progetto di sensibilizzazione verso le tematiche dei diritti umani, film scelti fra le proposte delle produzioni e delle principali kermesse cinematografiche nazionali e internazionali dell’ultimo anno. Sono aumentati i film proposti, così pure come il numero delle sale, e accanto alla storica sala del Cinema Corso, parte delle proiezioni hanno avuto luogo, infatti, al Cinema Iride. Sempre nell’ottica del consolidamento di un percorso, erano previsti molti e importanti ospiti per la sezione Forum, i dibattiti che seguono i film, con interventi di esperti delle diverse tematiche trattate e, quando possibile, degli autori o dei protagonisti delle opere cinematografiche. Fra gli ospiti, solo per citarne qualcuno: Paqui Maqueda, testimone del franchismo; il sindacalista Aboubakar Soumahoro; l’anziano veterano inglese Harry Schindler, il quale da molti decenni si dedica al ritrovare i resti di soldati senza identità e restituire loro il nome, così come ha fatto per il padre del celebre cantante Roger Waters; Remy Friedmann del DFAE; l’economista, ex bambino soldato John Baptiste Onama; il giornalista ed esperto di economia Alan Friedman; fra i registi italiani Bruno Bigoni, Marco Piccarredda e la regista georgiana Mari Gulbiani. È proseguito e si è si ampliato, inoltre, la collaborazione con le scuole del Cantone, ulteriore elemento cardine della
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proposta del festival, al fine di sensibilizzare i giovani, testimoni di un mondo in continuo mutamento e dove il valore della dignità umana viene sempre più spesso messo in secondo piano. Questa dunque la proposta sviluppata, per Film Festival Diritti Umani Lugano, dal direttore Antonio Prata con il presidente Roberto Pomari, ponendo l’attenzione sui numerosi temi dell’attualità, quali l’immigrazione, le gravi conseguenze umane dovute all’inquinamento e allo sfruttamento ambientale, la memoria di genocidi del passato, alcuni dei quali volutamente dimenticati e che non hanno ancora ricevuto giustizia. E un’attenzione particolare all’infanzia e alla gioventù. Per ricordare il 70mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, inoltre è stato creato Il Premio Diritti Umani per l’autore, attribuito all’eclettico autore svizzero Markus Imhoof, ospite del festival per alcuni giorni per raccontare il suo impegno attraverso una selezione di alcuni suoi film. Fra gli eventi collaterali inseriti nel festival anche la consegna del premio giornalistico dedicato a Carla Agustoni. Il riconoscimento va a un servizio giornalistico (testo, audio, video, web) prodotto nell’ultimo anno. Il Film Festival Diritti Umani Lugano ha costituito insieme ad altri attori il network nazionale dei Film Festival e Forum sui Diritti Umani, creato nel 2015 insieme a FIFDH di Ginevra e Human Rights Film Festival Zurich. Oltre confine, il Festival collabora anche con il Festival dei Diritti Umani di Milano.
FINANZA / UBS
QUANTO VALE IL PALLONE
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n ammontare che le casse russe hanno potuto permettersi di spendere senza grossi problemi, in considerazione del basso rapporto debito/PIL del 14%, un valore molto esiguo se paragonato all’87% della media dell’eurozona. Molto probabilmente questo è il motivo principale per cui oggi organizzare una tale manifestazione sportiva viene considerato un lusso. Infatti anche il prossimo Paese organizzatore, il Qatar, ha un basso livello di debito, corrispondente a poco più del 40% del proprio prodotto interno lordo. Cosa hanno significato i mondiali per la Russia? Oltre a benefici in termini di reputazione e prestigio, il settore del turismo russo ha brillato particolarmente per l’attenzione mediatica all’evento, il notevole flusso di tifosi nelle settimane del torneo e, nel medio periodo, in conseguenza del miglioramento infrastrutturale in atto. In base ai dati della World Tourism Organization, la Russia attrae circa il
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QUEST’ANNO LA RUSSIA HA OSPITATO I MONDIALI DI CALCIO. DOPO SUDAFRICA E BRASILE, LA RUSSIA È STATO IL TERZO PAESE EMERGENTE CONSECUTIVO AD ORGANIZZARE LA MANIFESTAZIONE CALCISTICA. DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO, SI STIMA CHE SIANO STATI INVESTITI 12 MILIARDI DI DOLLARI PER LA PREPARAZIONE DELL’EVENTO SPORTIVO, CHE CORRISPONDONO A POCO MENO DELL’1% DEL PIL DEL PAESE.
4% dei turisti in arrivo in Europa, un dato ben al di sotto di Paesi quali Francia e Italia, e che pone la Russia al pari di Austria e Grecia. Dopo alcuni anni di transizione, resi necessari da sanzioni economiche e fluttuazioni del prezzo del petrolio, l’economia russa ha ripreso la sua crescita, accompagnata anche da un miglioramento delle finanze pubbliche, che ha permesso un ritorno del rating creditizio sovrano a investment grade lo scorso mese di febbraio. La stima UBS per il PIL è di +1,7% nel 2018 e +1,8% nel 2019. Scelte ortodosse di politica economica – quali l’accettazione di un tasso di cambio più flessibile, obiettivi inflattivi stringenti e una politica fiscale prudente – hanno supportato la stabilità economica negli anni più recenti e quindi accompagnato la ripresa economica. Il potenziale di crescita dell’economia russa è notevole, considerando la sua popolazione di 144 milioni di persone, gli elevati livelli di istruzione e competenze esi-
FINANZA / UBS
stenti, la bassa densità territoriale e, non da ultimo, le elevate riserve di materie prime. Tuttavia, va ricordato che la Russia è balzata agli onori della cronaca negli ultimi mesi non soltanto per questo evento sportivo, quanto per il deteriorarsi delle sue relazioni con l’Occidente e gli Stati Uniti, che ha pesato sulle valutazioni degli asset russi nei mercati. Gli assets russi hanno sovraperformato gli equivalenti investimenti nei Pae-
si emergenti negli ultimi due anni, grazie al recupero dei prezzi dell’energia (il 40% dei ricavi del governo proviene dalle vendite di petrolio e gas), alla ritrovata crescita economica e a stringenti scelte di politica economica. Tuttavia, gli asset russi hanno invece subito vendite copiose nel mese di aprile, a seguito delle nuove sanzioni introdotte dagli Stati Uniti. Proprio a seguito di tali misure e per la conseguente rinnovata incertezza che esse
determinano, UBS mantiene una visione neutrale sull’azionario russo nonostante valutazioni molto compresse. Dal punto di vista creditizio i fondamentali sono in continuo miglioramento, un trend che crediamo posa continuare generando ulteriori miglioramenti del rating, a meno che il prezzo del petrolio scenda sotto 55–60 dollari il barile o siano introdotte nuove sanzioni. Dal punto di vista valutario, le sanzioni americane pesano sulle prospettive del rublo e quindi ulteriori deprezzamenti non sono da escludere, nonostante i solidi fondamentali economici sopracitati. In realtà c’è da aspettarsi un rialzo del rublo nei prossimi 12 mesi, ma i rischi sono troppo elevati per raccomandare un posizionamento attivo nella valuta russa.
FINANZA / MONEYPARK
UN MERCATO ANCORA SOLIDO E REDDITIZIO NEL SUO RAPPORTO ANNUALE SULLA STABILITÀ FINANZIARIA, LA BANCA NAZIONALE SVIZZERA (BNS) SI È ESPRESSA ANCHE SUL MERCATO IPOTECARIO E IMMOBILIARE. MONEYPARK, SOCIETÀ LEADER TRA I MEDIATORI IPOTECARI INDIPENDENTI, HA RIPRESO ALCUNI PUNTI DELLA BNS E LI HA DISCUSSI CON STEFAN HEITMANN, CEO E FONDATORE DI MONEYPARK.
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a BNS osserva un’ulteriore consistente crescita dei crediti ipotecari. Stefan Heitmann, come si posiziona MoneyPark in riferimento alla crescita del 4% osservata per le banche orientate sul mercato nazionale? «Anche noi rileviamo una crescita consistente nell’ambito dei crediti immobiliari. Dalle nostre cifre per l’esercizio 2017 emerge una crescita decisamente sopra la media settoriale, ma ovviamente, come azienda ancora giovane, si parte da un’altra base rispetto ai player affermati». Tuttavia la BNS, in riferimento alla crescita del mercato, si mostra anche preoccupata, e le cifre più recenti implicano un peggioramento della sostenibilità media. Da ciò emerge il sospetto che gli istituti finanziari hanno allentato i criteri per la concessione di ipoteche e, tendenzialmente, contabilizzano rischi peggiori. Stefan Heitmann, si tratta di un’osservazione condivisa anche da MoneyPark? «No, sicuramente non nell’ambito di questa generalizzazione. Continuiamo ad applicare criteri di concessione mol-
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to rigidi e pertanto, a questo proposito, non rileviamo dei peggioramenti quantitativi nei nostri portafogli in riferimento alle sostenibilità. Tuttavia rileviamo anche che sussistono scostamenti rilevanti tra le singole banche e qui, a livello locale e regionale, ci si assume in parte un rischio maggiore». In particolare nel segmento degli immobili residenziali, che vengono acquistati per finalità di rendita, la BNS, per via del notevole incremento dei prezzi degli ultimi anni, intravede un pericolo di correzione dei prezzi. Come valuta MoneyPark i rischi generali sul mercato immobiliare? «Complessivamente il mercato immobiliare per gli immobili a uso proprio si presenta in condizioni molto robuste e, a nostro giudizio, assolutamente non problematiche. Da inizio 2016 i rischi aggregati per questo settore di mercato si attestano su un livello ancora basso. Tuttavia condividiamo il parere della BNS relativamente al mercato degli immobili destinati alla rendita. In questo segmento i rischi per gli investitori sono decisamente più elevati rispetto agli immobili a uso proprio. Osserviamo che il mercato immobiliare svizzero è complessivamente molto attivo e, a questo proposito, pubblichiamo su
base trimestrale il nostro Real Estate Risk Index (RERI)». La BNS osserva inoltre che meno del 20% delle nuove ipoteche andrà a scadenza nei prossimi 12 mesi. Gli acquirenti di case di proprietà non optano quindi per scadenze di breve termine. Attualmente quali sono pertanto i modelli ipotecari favoriti? «Visti i tassi storicamente bassi e il differenziale ridotto rispetto ai finanziamenti sul breve termine, la decisione per le scadenze più sul lungo termine è ovvia. Molti dei nostri clienti optano attualmente per una scadenza di 10 anni. È importante, oltre alla situazione dei tassi attuale, tenere comunque sempre sott’occhio la situazione finanziaria e di vita individuale. Qualcosa che può essere garantito solo con una consulenza complessiva, personale e indipendente. O, detto altrimenti, con l’approccio di consulenza di MoneyPark». In base ai dati di cui dispone la BNS, nel 2017 le ipoteche in scadenza sono state prolungate in media dell’1,24%. Come si presenta questo indicatore presso MoneyPark? «Il livello dei tassi viene influenzato innanzitutto dalla scadenza contrattuale. MoneyPark negozia, tra oltre
FINANZA / MONEYPARK
100 fornitori, il tasso più attraente per i clienti, attestandosi di volta in volta fino a 50 punti base al di sotto dell’aliquota del tasso di riferimento delle banche. In altre parole: i clienti possono ottenere enormi risparmi raffrontando in maniera attiva e indipendente gli offerenti». La BNS rileva che i margini di interesse, nel 2017, hanno registrato un’ulteriore flessione. Come si posiziona il modello commerciale di MoneyPark in questa struttura? «I margini in calo per le banche sono musica per le orecchie dei nostri clienti, e da ciò risultano, di norma, interessi ipotecari più vantaggiosi per loro in qualità di titolari e acquirenti di case di proprietà. Il modello commerciale di MoneyPark ha inizio proprio qui e rende attuabile, grazie a una totale trasparenza di mercato e al più ampio spettro
possibile di offerenti, la base necessaria per condizioni interessanti». La nuova previsione sull’inflazione della BNS per i prossimi trimestri, pari allo 0,9%, mostra un’inflazione leggermente più elevata (rispetto al marzo 2018: 0,6%). Per il 1° trimestre 2019 la previsione si attesta allo 0,9% e per il 2020 all’1,6%. Come cambierà il livello dei tassi ipotecari? MoneyPark azzarda un’analisi per il futuro? «Dal momento che attualmente la BNS, in riferimento al rincaro, non si attende un superamento della soglia rilevante del 2% nemmeno per il 2020, individuiamo solamente una pressione al rialzo molto moderata per gli interessi ipotecari. Ciononostante osserviamo molto regolarmente periodici aumenti degli interessi, che però non sono necessariamente omogenei tra gli offerenti. In altri termini, gli offerenti
possono evidenziare degli scostamenti molto significativi tra loro. Un occhio attento sul mercato, un raffronto del mercato nel suo complesso e una consulenza intensiva ci appaiono pertanto imprescindibili per stipulare con successo un contratto ipotecario».
TURISMO / CCTA
COLLABORAZIONE RAFFORZATA TRA SETTORE AGROALIMENTARE E TURISMO GRAZIE AL NUOVO MARCHIO TICINO. NUOVE OPPORTUNITÀ ALL’ORIZZONTE PER IL MARCHIO DI PROVENIENZA TICINO, CHE DOPO IL RECENTE CONNUBIO CON LA CERTIFICAZIONE REGIO.GARANTIE (IL MARCHIO NAZIONALE PER I PRODOTTI REGIONALI), RAFFORZA ULTERIORMENTE LA SUA PRESENZA SUL MERCATO CAPITALIZZANDO LA NOTORIETÀ TURISTICA DEL NOSTRO TERRITORIO.
PROVENIENZA TICINO
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l Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT), l’Agenzia turistica ticinese (ATT), la Commissione del Marchio Ticino e il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), hanno presentato il nuovo marchio di provenienza Ticino. Il Marchio Ticino (www.marchioticino.ch) è un fondamentale elemento di comunicazione che permette ai produttori e ai loro prodotti di trasmettere la garanzia di origine e genuinità verso il consumatore. Rappresenta un valore aggiunto per lo sviluppo della nostra regione ed è garante della provenienza locale dei prodotti. Il marchio, di proprietà del Cantone, è gestito dal 1998 dall’Unione Contadini Ticinesi, e dal 2016 è associato ad Alpinavera, organizzazione riconosciuta a livello nazionale, che promuove e favorisce lo smercio di prodotti regionali. Da questa sinergia scaturisce l’abbinamento del marchio di provenienza ticinese con la dicitura regio.garantie, condivisa con oltre una trentina d’altri
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marchi locali svizzeri e garante dell’origine e della composizione dei prodotti certificati (oltre 10’000 a livello svizzero; www.schweizerregionalprodukte. ch). L’adozione della linea grafica assunta da ATT permette di unire le forze e migliorare significativamente la visibilità dei prodotti del nostro Cantone. Il Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT) ha, tra i vari obiettivi, la promozione del marchio Ticino. Conformemente a quanto sta-
bilito con il Cantone, proprietario del marchio e finanziatore del CCAT, il Centro ha concretizzato il rinnovo, anche grafico, del vecchio marchio, ormai più che ventenne. A sottolineare quanto i prodotti ticinesi siano un’importante componente anche dell’offerta turistica, il CCAT ha collaborato strettamente con l’Agenzia turistica ticinese, in modo da sviluppare il miglior posizionamento possibile per il marchio di provenienza dei prodotti.
TURISMO / CCTA
L’esame è stato condotto strategicamente, in collaborazione con l’Unione Contadini Ticinesi, la Commissione del Marchio Ticino e i rispettivi partner, al fine di rendere il marchio più dinamico e moderno, così da ottenere una maggiore visibilità sia sul territorio che oltre i confini cantonali. Per questo motivo, facendo tesoro del lavoro svolto da ATT, si è optato per unire il marchio turistico con regio. garantie, creando così il nuovo marchio di provenienza Ticino (vedi anche www.marchioticino.ch). Il nuovo marchio si inserisce in una serie di iniziative per mezzo delle quali il CCAT si prefigge di sostenere la filiera agroalimentare ticinese, aiutandone i componenti a sviluppare le rispettive potenzialità. In quest’ottica il CCAT sta ponendo le basi per lo sviluppo di una rete del territorio che prevede la messa in rete di piccoli e medi produttori. Una comunicazione mirata che
permetta loro di incrementare la propria visibilità – e possibilmente cifra d’affari – sia sul territorio che oltre i confini cantonali, una nuova moderna accessibilità alle informazioni e, in futuro, un’ottimizzazione dei flussi logistici: sono gli obiettivi a medio termine del CCAT per quanto riguarda lo sviluppo della rete del territorio. La rete del territorio – la cui promessa è racchiusa nelle parole Ticino a te (ti presentiamo i frutti del Ticino) include operatori specializzati nei settori della filiera agroalimentare ticinese (www.ticinoate.ch). Con Ticino a te, il CCAT desidera far conoscere meglio al consumatore, al turista e al settore della ristorazione, la vastità dell’offerta agroalimentare ticinese a marchio Ticino, ma non solo, il suo livello di qualità e di come i suoi metodi di produzione rispettino le severe norme svizzere nei confronti dell’uomo, dell’ambiente e degli animali, preservando
così le tradizioni, i sapori e l’identità del territorio ticinese. Il concetto di Ticino a te e il nuovo marchio di provenienza Ticino sono stati presentati durante Lugano Città del Gusto dal 13 al 23 settembre 2018. Tramite uno stand ospitato al Padiglione Conza, è stata rappresentata la filiera agroalimentare in collaborazione con una trentina di aziende produttrici, (le prime ad aver aderito alla rete del territorio), le quali sono state liete di poter valorizzare e far degustare ai visitatori interessati i propri prodotti.
SVIZZERA TURISMO (ST) HA LANCIATO PER LA PRIMA VOLTA UNA CAMPAGNA AUTUNNALE NAZIONALE INSIEME AL SETTORE DEL TURISMO. LA CAMPAGNA SI È CONCENTRATA SU ESPERIENZE AUTUNNALI RICCHE E VARIEGATE CHE INVOGLIANO A PRENOTARE SPONTANEAMENTE SOGGIORNI BREVI, UN COMPORTAMENTO CHE, SECONDO L’ULTIMA INCHIESTA NAZIONALE FRA GLI OSPITI, È TIPICO DELLE VACANZE DI SETTEMBRE E OTTOBRE.
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L’AUTUNNO SI EMANCIPA DALL’ESTATE
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vizzera Turismo si è prefissa l’obiettivo di generare 200.000 pernottamenti alberghieri in più in autunno entro il 2022. Raiffeisen, il nuovo partner strategico premium di ST, sarà coinvolto in questa campagna, in particolare con un’azione speciale per le ferrovie di montagna. «La stagione aurea dell’autunno racchiude un potenziale enorme per soggiorni spontanei all’insegna della scoperta», ha dichiarato il direttore di ST, Martin Nydegger, in occasione del lancio della prima campagna autunnale a Zurigo che è avvenuto contemporaneamente a quello di Bellinzona e Fribur-
go. La campagna è iniziata il 1° settembre ed è durata fino al 31 ottobre 2018. Sono stati previsti un sito web specifico per l’autunno con idee vacanze, un sito per webcam ben strutturato, immagini autunnali aggiornate giornalmente, spot, inserzioni, una rivista e attività di social media. Il budget lordo (investimenti lordi a livello nazionale compresi costi per il personale) ammonta a 3,5 milioni CHF. Con queste misure di marketing, entro il 2022 ST intende generare 200.000 pernottamenti alberghieri in più a settembre e ottobre, una cifra che corrisponde a un incremento del 3% annuale in autunno rispetto al
TURISMO / SVIZZERA TURISMO
2017 (settembre/ottobre 2017: 6,55 milioni di pernottamenti). Su MySwitzerland.com/autunno, 27 idee vacanze regionali invogliano a prenotare spontaneamente una vacanza breve in otto regioni della Svizzera e sul Grand Tour of Switzerland. Per queste idee di viaggio, di tre giorni ciascuna, gli esperti ST propongono un’attività autunnale al giorno coordinandola geograficamente e, in parte, tematicamente, con le altre. Il soggiorno breve a Obwalden, ad esempio, prevede un’escursione nella più grande torbiera della Svizzera, dove è possibile avvistare galli cedroni. Il secondo giorno è dedicato alle esperienze gastronomiche lungo il sentiero degli «Älplermagronen» sul Giswilerstock. Ogni destinazione proposta include un consiglio relativo a un hotel e un consiglio per un ristorante. Per ispirare gli svizzeri a esplorare il loro Paese quest’autunno, ST ha presentato un sito specifico per webcam che consente di consultare in tempo reale il panorama autunnale svizzero. Le webcam, come pure le immagini che gli ospiti pubblicano sui social media, sono collegate con un link alle rispettive idee vacanze. ST ha fornito anche contenuti televisivi d’ispirazione con l’aiuto della popolazione svizzera. Ogni giorno prima del programma «Meteo» la televisione svizzera ha mostrato una nuova immagine autunnale scattata da un ospite. Tutti gli appassionati di fotografia
hanno potuto dunque caricare un’immagine autunnale sui social media. L’approccio di ST nell’impiegare lo user generated content nella televisione svizzera non ha precedenti. Secondo il Monitor del Turismo Svizzero 2017 (TMS), gli ospiti autunnali svizzeri preferiscono soggiorni brevi e spontanei (da una a tre notti) in una destinazione di montagna. È quanto confermano anche le statistiche relative ai pernottamenti alberghieri dell’Ufficio federale di statistica (UST 2018). Secondo l’UST, negli ultimi 5 anni la durata di soggiorno degli ospiti svizzeri nell’area alpina è scesa in media da 2,09 giorni a 1,99 giorni (-5%). Sempre nello stesso periodo, il numero degli arrivi è invece aumentato del 6,3%, mentre il numero dei pernottamenti è cresciuto dell’1%. Ne consegue che gli ospiti autunnali sono più numerosi e/o vengono più spesso, ma rimangono un po’ meno a lungo in montagna. Oltre al settore alberghiero e paralberghiero, ne beneficiano sia il settore della gastronomia sia gli esercizi legati al turismo (cultura, commercio al dettaglio, sport, ferrovie di montagna ecc.). «Gli ospiti autunnali vogliono riposarsi ma anche vivere qualche esperienza, cercano ad esempio attività sportive come le escursioni o partecipano a eventi come le discese dall’alpeggio o le feste autunnali. Gli ospiti di questa stagione sono inoltre buongustai e pertanto ricettivi soprattutto alle esperienze gastronomiche», ha affermato Samuel
Zuberbühler, Marketing Manager presso Svizzera Turismo. Orari di apertura e di esercizio più lunghi, marketing specifico in base ai gruppi target e offerte autunnali con sconti: il settore turistico ha riconosciuto il potenziale dell’autunno e messo a punto offerte specifiche e mirate: le FFS, ad esempio, propongono agli ospiti autunnali, piuttosto sensibili ai prezzi secondo il TMS 2017, il «biglietto giornaliero per due» di RailAway con cui, dal 17 settembre al 28 ottobre 2018, è possibile viaggiare in due per un’intera giornata sui mezzi pubblici di tutta la Svizzera al prezzo di 75 CHF (anziché 150 CHF) in seconda classe o di 127 CHF (anziché 254 CHF) in prima classe. L’offerta Raiffeisen, con sconti sui biglietti delle ferrovie di montagna, invoglia invece ad andare in montagna (per dettagli v. riquadro). Da quest’estate, Raiffeisen è nuovo partner premium strategico di ST. Il gruppo bancario strutturato in forma di cooperativa si impegna da oltre 15 anni per il turismo svizzero e negli ultimi anni ha realizzato iniziative con diverse regioni turistiche per i soci Raiffeisen. Queste hanno riscosso molto successo e negli ultimi tre anni hanno generato più di 200.000 pernottamenti agli hotel partner o fornito circa 400.000 ospiti alle ferrovie di montagna. In veste di nuovo partner premium strategico di ST, Raiffeisen sottolinea questo impegno. In futuro, Raiffeisen svilupperà in stretta collaborazione con ST le sue già apprezzate offerte di viaggio, per deliziare con diversi highlight il settore turistico e i suoi soci. Un primo esempio è l’offerta per le ferrovie di montagna 2018, realizzata grazie alla nuova collaborazione: dal 25 agosto al 15 novembre 2018 (a seconda degli orari di apertura delle ferrovie di montagna), tutti i clienti Raiffeisen hanno usufruito di uno sconto del 30% su 41 ferrovie di montagna in tutta la Svizzera. L’offerta è stata disponibile anche a un contingente limitato di persone non clienti della banca. TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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TURISMO / SANDIES BATHALA
UN NUOVO PARADISO ALLE MALDIVE SANDIES BATHALA È L’ULTIMO NATO DEI SANDIES HOTELS & RESORTS, IL BRAND DI PLANHOTEL HOSPITALITY GROUP - SOCIETÀ LEADER NELLA GESTIONE DI RESORT E HOTEL NELL’AREA DELL’OCEANO INDIANO – CHE CON QUESTA NUOVA APERTURA ALLE MALDIVE E CON QUELLA DI SANDIES BAOBAD A ZANZIBAR STA ESTENDENDO IL SUO NETWORK ED È PROTAGONISTA DI UN GRANDE RILANCIO.
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andies Batala, unico nuovo 4 stelle dell’arcipelago che sorge nella parte nord-orientali dell’incontaminato atollo di Ari, è un piccolo paradiso che racchiude tutti gli elementi del sogno maldiviano: mare cristallino che lambisce spiagge candide di sabbia corallina e lussureggiante vegetazione tropicale, bungalow a pochi metri dall’acqua e una barriera che ospita infinite specie di creature marine. E proprio l’house reef, grazie alla bellezza dei coralli e al numero e alla varietà dei suoi abitanti, è uno dei punti di forza dell’isola ed è imperdibile per tutti gli ospiti lo snorkeling guidato dai biologi marini per
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imparare a conoscere questo ecosistema unico al mondo. Il Diving Centre, gestito da uno storico diver tedesco da anni specializzato in quest’area, è una vera e propria eccellenza di Sandies Bathala ed organizza immersioni e corsi di diversi livelli sia per principianti sia per esperti. La posizione strategica dell’isola inoltre, molto vicina ai celebri Fishhead, Mayaa Tila, Maaga Tila e Manta Point, regala l’emozione di immergersi o fare snorkeling nei migliori diving site delle Maldive. Una vacanza in questo meraviglioso paradiso terrestre non si limita certo alla scoperta dell’incantato mondo
subacqueo, ma offre infinite possibilità di relax e di divertimento, con proposte in grado di accontentare tutti gli ospiti, dalle famiglie alle coppie, passando per i gruppi di amici. Gli amanti degli sport acquatici hanno a loro disposizione barche a vela e windsurf, di cui è possibile anche prendere lezioni, e canoe che permettono di vedere le isole da una nuova prospettiva mentre chi resta a riva può cimentarsi in partite di beach volley o godere in tutta tranquillità del sole, cullati dal suono delle onde. Chi infine desidera ritemprare corpo e mente può provare un trattamento alla MVUA Spa, cancellando le tensioni grazie a trattamenti
naturali a base di erbe, oli, spezie e fiori. Anche le sistemazioni a disposizione degli ospiti, firmate dall’architetto Ettore Mocchetti, sono differenti per assecondare desideri ed esigenze: i Beach Bungalow, confortevoli e caratterizzati da uno stile lineare e funzionale, sorgono sulla spiaggia, circondati dalla vegetazione e dal profumo dei fiori mentre i Water Bungalow, sospesi sull’acqua alla quale hanno accesso diretto, sono più grandi e garantiscono maggiore privacy. Entrambi sono accomunati da ampi spazi, cura dei dettagli e dal look “total white” e rispecchiano al meglio lo stile Sandies Hotels & Resorts: il lusso della semplicità L’offerta all inclusive in grado di soddisfare le necessità e i gusti di tutti gli ospiti, tratto distintivo dei Sandies, a Bathala è particolarmente curata dal punto di vista gastronomico grazie alla cucina firmata da Giacomo Gaspari, executive chef di Diamonds Athuruga e Diamonds Thudufushi, esclusivi resort Planhotel nell’atollo di Ari. L’Island Gallery Restaurant propone a colazione, pranzo e cena un ricco buffet che combina cucina italiana e internazionale, con particolare attenzione alla speziata tradizione culinaria locale, con i suoi tipici curry addolciti dal latte di cocco, mentre il Beach Grill Restaurant, aperto solo la sera, offre cene a base di pesce freschissimo sulla spiaggia, con il cielo stellato come
soffitto. Infine per rinfrescarsi dopo lo snorkeling c’è l’Island Bar, aperto non stop dalle 10 alle 24, che offre soft drink e birra locale, snack dolci e salati e dopo le 18 un’ampia selezione di cocktail. Sin dal primo momento in cui si scende dal dhoni, la tradizionale imbarcazione maldiviana, si rimane conquistati non solo dalla bellezza del contesto naturale e della struttura, ma anche dall’atmosfera rilassata e divertente che si respira sull’isola. Queste caratteristiche, unite al servizio attento, amichevole e sorridente e all’offerta all inclusive di qualità rendono Sandies Bathala un luogo del cuore, dove tutti gli ospiti – famiglie, gruppi di amici e coppie – desiderano tornare.
AZIENDE / BOLDBRAIN
IMPRESE SEMPRE PIÙ INNOVATIVE LA STORICA STARTCUP TICINO EVOLVE NEL NUOVO PROGRAMMA BOLDBRAIN, UN ACCELERATORE PER PROGETTI IMPRENDITORIALI. CON UN NUOVO NOME E UN NUOVO BRAND, BOLDBRAIN SI PONE L’OBIETTIVO DI DIVENTARE L’ACCELERATORE SVIZZERO DI RIFERIMENTO PER LE STARTUP «EARLY STAGE».
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resentato il nuovo programma per startup innovative, organizzato congiuntamente da Fondazione Agire e Centro Promozione Start-Up. Boldbrain Startup Challenge nasce dall’evoluzione della precedente StartCup Ticino, con l’intento di offrire a 20 startup alle prime armi, un percorso formativo di tre mesi che le aiuti ad assumere un’identità e a proseguire in modo solido nell’impostazione del loro business. Voluto e sostenuto dalla Divisione dell’economia del Canton Ticino, con l’importante contributo della banca EFG, il programma prende avvio all’inizio di settembre per concludersi con la premiazione del 4 dicembre, presso l’USI di Lugano, dove saranno premiate le cinque idee più promettenti. Le principali caratteristiche del nuovo programma sono l’ottimizzazione del percorso di accelerazione e l’apertura a candidature provenienti da fuori Cantone. In palio premi in denaro per un totale di 120.000 CHF e altre prestazioni per un valore complessivo di oltre 50.000 CHF. Su iniziativa del Centro Promozione Start-Up dell’USI, 10 anni fa nacque il primo concorso per la migliore idea imprenditoriale in Ticino, meglio conosciuto come «Premio BSI». Pochi anni dopo, nel 2014, il concorso cambiò nome e divenne «StartCup Ticino». Dal 2016, il coinvolgimento del Dipartimento delle finanze e dell’eco-
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nomia (DFE) del Canton Ticino ha segnato la volontà di sostenere finanziariamente non solo tutti e cinque i progetti finalisti, ma anche il programma di accelerazione della StartCup Ticino, ossia un percorso di accompagnamento dei progetti in concorso, durante il quale gli startupper si confrontano con esperti dei vari settori d’attività che li aiutano a definire e migliorare i loro processi e lo sviluppo del loro modello di business. Lo scorso anno, per la prima volta, è stata inserita questa fase con la collaborazione di Fondazione Agire. Il risultato ottenuto è stato entusiasmante e ha superato le aspettative, tanto da motivare gli organizzatori a fare un ulteriore balzo in avanti e ridefinire l’intero concetto come «percorso sfida». Da qui è nata l’idea di rinnovare l’identità del prodotto, in modo da poter esportare l’offerta Oltralpe e poter competere con i maggiori programmi già esistenti su territorio nazionale. Da quest’anno il programma avrà un nuovo nome e un nuovo brand, Boldbrain Startup Challenge, e verrà presentato anche fuori Cantone. Il nuovo programma si inserisce nel panorama dei programmi analoghi già esistenti in Svizzera, distinguendosi dagli altri per due importanti componenti. La prima è che Boldbrain si rivolge alle startup nella cosiddetta fase «early stage», ossia quando l’idea è in
AZIENDE / BOLDBRAIN
fase iniziale o poco più, e tutto il resto è ancora da costruire. La seconda peculiarità dell’acceleratore ticinese è quella di essere aperto a tutti i settori imprenditoriali: Boldbrain infatti non pone limiti alle idee, l’unica condizione richiesta è il carattere innovativo e scalabile del progetto. A completare il tutto, l’introduzione di un Investor Day, giornata dedicata alla messa in rete di Alumni (partecipanti all’edizione del precedente anno) con potenziali investitori. Con questo progetto gli organizzatori si pongono l’obiettivo di competere con i maggiori programmi svizzeri ed esteri dedicati alle startup. Negli anni, Boldbrain dovrà crescere ed essere riconosciuto come il primo acceleratore nazionale nel segmento «early stage». Il programma si inserisce nel solco della politica di sviluppo economico promossa e messa in atto negli ultimi anni dal DFE, con un marcato accento sul sostegno all’imprenditorialità e sull’incentivo all’innovazione.
In questo contesto è stata presentata una strategia coordinata di sostegno dedicata alle startup, che mira a rendere il Ticino un luogo ideale per la nascita, lo sviluppo e la crescita di queste aziende marcatamente innovative, di cui il programma Boldbrain rappresenta un tassello importante. Boldbrain mira da un lato al recupero di «cervelli» nativi che, ad esempio per motivi di studio, si sono allontanati dal Ticino e stabiliti Oltralpe o all’estero, e dall’altro ad attrarre delle buone idee imprenditoriali a carattere innovativo. L’insediamento di nuove startup in Ticino potrà rivitalizzare il tessuto economico con imprese di qualità che creano valore in termini di indotto e di manodopera locale altamente qualificata. Infatti, chi parteciperà al progetto lo farà con l’impegno, in caso di vittoria, di costituire in Ticino la propria società. Il Ticino è un territorio a misura d’uomo, con solide condizioni quadro e dove tutto è a portata di mano.
Il messaggio veicolato agli interessati, soprattutto fuori cantone, è che le piccole dimensioni di questa realtà non sono un limite per l’imprenditorialità anzi, hanno il grande pregio di facilitare la rete dei contatti, di avvicinare le aziende alle istituzioni e alle rinomate competenze accademiche e di favorire l’accesso a finanziamenti e al trasferimento delle competenze e del sapere. Le piccole dimensioni sono un’opportunità che le startup potranno sfruttare al meglio grazie all’ecosistema già esistente rappresentato dal Sistema regionale dell’innovazione. Gli organizzatori, insieme a tutti i partner coinvolti, invitano tutte le persone in Ticino o fuori cantone (cfr. regolamento di ammissione) che hanno un’idea innovativa da sviluppare, o che possiedono già una giovane startup, a cogliere la sfida inoltrando, entro il 5 agosto, la propria candidatura tramite il sito www.boldbrain.ch.
Si ringraziano i partner istituzionali Dipartimento delle finanze e dell’economia Divisione dell’economia
lo sponsor
i co-partner Andromeda
Innovation
Startup INVEST Startups meet Investors & Corporates
i media partner
www.boldbrain.ch TICINO WELCOME / MAR - MAG 2019
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