N° 062 GIUGNO / AGOSTO 2019
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
FRANCO AMBROSETTI
EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
UNA DUPLICE ESISTENZA
BANCHE
FONDAZIONI
SPECIALE
LOCARNO
BNP PARIBAS Il ruolo delle donne
BENNO SCHUBIGER Lettera aperta
ARTE E FINANZA Due mondi interconnessi
FILM FESTIVAL Il cinema guarda lontano
TICINO WELCOME / EDITORIALE
EDITORE Ticino Welcome Sagl Via C. Cattori 3 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch
1871 Odissea nel futuro
RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli IMPAGINAZIONE Nicoletta Clavuot FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Andrea Todaro
STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Edoardo Beretta, Moreno Bernasconi, Sara Biondi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Gabriele Botti, Joel Camathias, Maurizio Casarola, Paola Cerana, Silvia Cerolini, Rudy Chiappini, Paola Chiericati, Franco Citterio, Silvano Coletti, Alessandro De Bon, Ariella Del Rocino, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Ronnie Kessel, Marta Lenzi-Repetto, Rocco Lettieri, Manuela Lozza, Elisa Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Paolo Repetto, Fausto Tenzi, Fabiana Testori e Luca M. Visconti. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Ccia-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato del cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia.
DI MARIO MANTEGAZZA
N
el 1871 il mio bisnonno Giuseppe, fondò la Pasticceria Vanini, Darwin pubblicò “L’origine dell’uomo”, Chicago fu devastata dal grande incendio, Meucci brevettò il telefono e Roma divenne capitale d’Italia. In quell’anno Henry Frederic Amiel, un filosofo, poeta e critico letterario svizzero, pubblicò il suo “Diario Intimo”, che contiene questo frammento, che consegno alla vostra lettura, senza alcun commento e senza alcuna riflessione. Ognuno interpreti queste righe come meglio crede. Io ne sono rimasto colpito e ringrazio F.G., mio amico di Facebook, per aver portato alla mia attenzione, questa fotografia della realtà di oggi, vista e descritta 150 anni fa.
«Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell’uguaglianza, che dispensa l’ignorante di istruirsi, l’imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi. Il diritto pubblico fondato sull’uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell’appiattimento. L’adorazione delle apparenze si paga».
Henri Fréderic Amiel Ginevra 1821/1881
Mario Mantegazza
TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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SOMMARIO / N° 62
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FRANCO AMBROSETTI Una duplice esistenza
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ALBERTO COSTA Medico e filantropo
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ETIENNE REYMOND Luganomusica riconferma grandi nomi
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MICHELA SINAGRA ROUBOS BNP Paribas: Il ruolo delle donne
Di Mario Mantegazza EDITORIALE 03 1871, Odissea nel futuro Di Patrizia Peter Pedevilla PRIMO PIANO 06 Franco Ambrosetti: Una duplice esistenza 14 Marco Chiesa: Il mio impegno per l’autodeterminazione 18 Alberto Costa: Medico e filantropo 24 Mauro Dell’Ambrogio: Cogliere al meglio tutte le opportunità Di Dimitri Loringett 26 Il Litorale: Where two worlds come together Di Manuela Lozza 30 Sebalter: Il violino è solo l’inizio 32 Maurizio Rossi: L’avventura è il mio mestiere Di Moreno Bernasconi GRANDANGOLO 34 Il ritorno degli imperi LAC 36 MASI: Gertsch / Gaugin / Munch cut in wood 38 Collezione Giancarlo e Dana Olgiati: Nature is what we see 40 LuganoInScena: Impressioni di realtà 44 Rassegna En Plein Air: Suoni e colori dal mondo 48 LuganoMusica riconferma grandi nomi CULTURA 50 Art Basel 2019: Tutto il mondo dell’arte in una fiera 54 Museo Casa Rusca: Manolo Valdes un artisa eclettico 56 Museo Casorella: Capolavori in mostra 58 Imago Art Gallery: Una grande stagione d’arte Di Dalmazio Ambrosioni 60 The Gallery: Infinito mare 62 Helidon Xhixha: Riflessi di luce 64 Gianmarco Torriani: Sostenere i giovani artisti 66 Axion Swiss Bank: L’immagine dell’acqua Di Alessandro De Bon 68 Locarno Film Festival: Il cinema guarda lontano Di Keri Gonzato 72 Dreamshade: Stay tuned FINANZA 76 Arte e finanza: Due mondi interconnessi 82 Ticino For Finance: Finanza in campo per la sostenibilità 84 UBS: L’importanza di pianificare per tempo la successione aziendale 88 UBS: Crescono gli squilibri mondiali 90 BancaStato: Tutto per la soddisfazione della clientela ticinese 92 LGT: Nuovo incremento di utile e crescita redditizia 94 BNP Paribas: Il ruolo delle donne in una banca per un mondo che cambia DOSSIER FONDAZIONI 96 Elisa Bortoluzzi Dubach: Filantropia di famiglia: trasmettere la cultura del dono 98 Benno Schubiger: Lettera aperta sul “fundrising” e altri equivoci 100 Fondazione Antonia Vanoni: Dalla parte dei minori disagiati 102 Fondazione Aldo e Cele Daccò: Sostenere la ricerca scientifica TURISMO 104 Ticino Turismo: Al via il progetto DESy 106 Ticino Turismo Academy: L’accademia per albergatori è realtà 108 Ticino Turismo: Come ci vedono i “family influencer” 110 Lugano Region: Passeggiate alla scoperta degli alpeggi Di Maurizio Casarola 112 Monte San Salvatore: In vetta anche d’inverno 116 Relais Castello di Morcote: Il lusso della natura 118 OTR Mendrisiotto e Basso Ceresio: Nuove tecnologie al servizio del turismo
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PARIGI Una passeggiata nella capitale del gusto
LUGANO REGION Passeggiate alla scoperta degli alpeggi
GASTRONOMIA
TAVOLA ROTONDA LUSSO
EVENTI AUTO
ARCHITETTURA
AZIENDE
BENESSERE SPORT LAGO DI COMO
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TAVOLA ROTONDA Verso un’economia sempre più digitale
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GIANLUCA PATUZZO Come ti insegno a giocare
Canton Turgovia: Una regione ricca di cultura agricola Di Paola Chiericati Zanzibar: Vacanze da sogno Di Paola Chiericati Boutique Hotel “Don Alfonso 1890”: Un soggiorno da sogno Ristorante “Don Alfonso 1890”: Sapori eccelsi dalla costiera più bella del mondo Di Giacomo Newlin Parigi: Una passeggiata nella capitale del gusto Di Marta Lenzi-Repetto Ristorante Fiore di Pietra: A tavola galvanizzati da un panorama ineguagliabile Di Giacomo Newlin Vecchia Osteria Seseglio: Un rifugio accogliente per una cucina d’eccellenza Di Giacomo Newlin Ristorante Tarantola: Una piacevole e gustosa sorpresa Di Giacomo Newlin Monchucchetto: Un’oasi di gusto e di bellezza da 100 anni Di Marta Lenzi-Repetto Maison Ticino: Tutti alla Fête des Vignerons Di Maurizio Casarola Mémoire des Vins Suisses 2019: I migliori vini svizzeri Verso un’economia sempre più digitale Bucherer: Un marchio alla conquista del mondo Girard Perregaux: La Esmeralda Tourbillon Belotti: Tutti gli occhiali addosso HCL: Il gala conquista il Sopraceneri Polo Club Ascona: Quando lo sport diventa evento Kessel Auto: Omaggio all’eccellenza Di Alben Mercedes GLE: La GLE si reinventa Garage Bernasconi: Fiat 500, una gamma di auto iconiche che non tramontano mai Di Matteo Tresoldi Casa Museo Luigi Rossi: Spazio e luce Wetag Consulting: Quando la casa è anche ecocompatibile Contract G Swiss: Al cinema, comodamente seduti a casa propra Lidorama Park: Un resort in paradiso MG Immobiliare: Vendere un sogno Fontana Sotheby’s International Realty: Il ticino meta di residenze secondarie Artisa Group: Come cambia il modo di abitare in città Arredamenti Bernasconi: Quando tradizione fa rima con innovazione Dipartimento del territorio: Circonvallazione Agno-Bioggio EY Tax Update Event: Il futuro della fiscalità Swisslife: Cento anni di consulenza assicurativa STRP: Comunicazione, finanza sostenibile e fair play Veco Group: Un unico interlocutore per ogni esigenza Tech-Management: Competenze tecniche al servizio del facility management Netcomm Suisse: Il commercio sarà sempre più digitale Manno 2.0: Un progetto dirompente per il rilancio del territorio Prix SVC: Riconoscimento all’eccellenza Grünenfelder: Mangiare ticinese Permamed: 40 anni di successi Gianluca Patuzzo: Come ti insegno a giocare Di Manuela Lozza Marco Cassina: Moda italiana, clientela ticinese
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PRIMO PIANO / FRANCO AMBROSETTI
UNA DUPLICE ESISTENZA DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA MUSICISTA PROFESSIONISTA E IMPRENDITORE DI SUCCESSO, FRANCO AMBROSETTI HA SAPUTO CONCILIARE DUE PROFESSIONI APPARENTEMENTE AGLI ANTIPODI, UN’ESPERIENZA CHE HA VOLUTO RACCONTARE IN UN LIBRO - RECENTEMENTE PUBBLICATO - DAL TITOLO EMBLEMATICO: LA SCELTA DI NON SCEGLIERE. UNA VITA PASSATA IN VIAGGIO, CHE LO HA VISTO SUONARE ACCANTO AI GRANDI NOMI DEL JAZZ, MA CHE NON LO HA MAI ALLONTANATO DAL TICINO, DOVE SI TROVANO I SUOI AFFETTI. MARITO, PADRE, NONNO, OGGI FRANCO AMBROSETTI CONDIVIDE LA SUA VITA CON LA MOGLIE SILLI, CIRCONDATO DAI NIPOTI, DALL’ARTE E DALLA SUA INSEPARABILE MUSICA.
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iesco ad incontrare Franco Ambrosetti tra un viaggio e l’altro, a casa sua. Ad accogliermi la moglie Silli, l’attrice di teatro che molti ricorderanno, oltre per la sua bravura, per la sua bellezza.
Siete stati a New York per piacere o per lavoro? «Entrambi (sorride), New York mi regala sempre grandi emozioni e adoro suonarci». Nel salone noto un pezzo di storia della famiglia Ambrosetti, un cerchione d’auto… «Avevamo due fabbriche, una qui in Ticino e una più grossa a Milano. Come può immaginare producevamo ruote (indica il pezzo lucido), le ruote Borrani per la precisione, quelle che utilizzavano nella Formula 1 fino al 1966. Il brevetto, in origine inglese, lo aveva acquistato mio, poi però lui lo aveva modificato, introducendo l’alluminio e rendendo così i cerchioni leggeri e assolutamente all’avanguardia». Quanta storia, ma la passione per la musica? Da dove arriva? «Per raccontarlo dobbiamo fare un passo nel passato (soddisfatto), i miei
antenati erano imprenditori e musicisti, di origine calabrese, ma mio padre era di Varese e già il mio trisnonno era venuto in Ticino a lavorare; faceva il capo giardiniere all’hotel Walter, nel 1800, mi viene da ridere poiché è difficile immaginare un giardino in pieno centro a Lugano oggi come oggi. La vena imprenditrice l’ha sicuramente avuta il mio bisnonno, che nella sua piccola carpenteria aveva già iniziato a produrre ruote. Allo stesso tempo, sto parlando sempre del mio bisnonno, era un grande amante della musica e fu uno dei fondatori della banda civica, suonava il bombardino (divertito). Poi la musica ha saltato una generazione… mio nonno non suonava, ma è stato un imprenditore di successo. Co-
“La vena imprenditrice l’ha sicuramente avuta il mio bisnonno, che nella sua piccola carpenteria aveva già iniziato a produrre ruote.” TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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PRIMO PIANO / FRANCO AMBROSETTI
me però accade spesso la seconda generazione guasta l’operato di quella precedente… e così io mi sono ritrovato a dover mettere in salvo le società (oggi vendute)». E sua mamma? «Questo è un capitolo tutto a sé. Mia mamma, difficile da credere, ma ci sono dei dischi che lo testimoniano, suonava la batteria. Se lo immagina? Una donna di famiglia nobile, sempre con la gonna che suonava la batteria?». Ma non capisco, la sua era comunque una famiglia sensibile alla musica, perché allora suo padre ad un certo punto le ha imposto una scelta? «Voleva che diventassi un imprenditore, senza mezzi termini. Erano altri tempi e come spesso accadeva nelle famiglie i primogeniti dovevano seguire la tradizione e nel mio caso era quella di gestire le fabbriche e studiare ingegneria. Devo però dire che i primi anni di Università mi è andata bene (ride), il papà mi aveva permesso di studiare e suonare ed io ne avevo subito approfittato. In quell’epoca ho imparato a suonare la tromba, facevo concerti, ero sempre in giro e a lezione non mi si vedeva praticamente mai. Poi ad un certo punto le cose sono cambiate, mio papà mi ha messo alle strette dicendomi: “Se vuoi andare a New York o a Vienna a suonare (entrambe le città mi avrebbero accolto a braccia aperte) fallo, ma non contare sul mio sostegno”. A quel momento, anche per una questione di orgoglio, ho deciso che avrei terminato l’Università e così mi sono laureato in economia». Ma senza mai smettere di suonare, questo va detto… «Esatto, studiavo e suonavo, i concerti erano durante il fine settimana, quindi riuscivo a conciliare le due cose».
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Alla fine non è mai riuscito ad essere unicamente un musicista professionista, perché anche al termine dell’Università ha iniziato subito a lavorare… «Per quattro anni ho fatto l’Head Hunter (il cacciatore di teste) per delle società zurighesi, una professione agli albori che mi appassionava molto, fino al giorno in cui mio papà mi ha richiamato all’ordine (tono divertito) e sono dovuto rientrare in Ticino per seguire l’attività industriale di famiglia».
Quando parla di suo padre lo chiama papà, in un tono molto affettuoso… «Per me lui è stato come un fratello maggiore, avevamo poco più di vent’anni di differenza. Lo ricordo come una persona molto simpatica, anche se per parlargli assieme dovevi affrontare temi ben precisi: sport, musica o industria, la sua industria… e politica, lui era un liberalone. Se invece volevi parlare di altro trovavi un muro insormontabile. Mia mamma invece era diversa, era molto interessata alla letteratura, alla filosofia,
IL PRIMO OROLOGIO INDOSSATO SULLA LUNA
D I SPO N IB IL E DA :
#MOONWATCH
In occasione del cinquantesimo anniversario del primo allunaggio, OMEGA riflette su quanto quel giorno iconico sia rimasto impresso nella vita di ciascuno: nessuno lo ricorda meglio di Buzz Aldrin che, con un OMEGA Speedmaster allacciato alla tuta spaziale, calpestava la polverosa superficie lunare lasciando la propria impronta nella storia.
PRIMO PIANO / FRANCO AMBROSETTI
all’esoterismo, era bravissima a fare i tarocchi e li faceva anche a me, anche se mal volentieri». Scusi se mi permetto, ma Silli quando è arrivata nella sua vita? «Ventitrè anni fa, anche se mia mamma e la mamma di Silli, Ketty Fusco, erano amiche. Io ero già stato sposato, dalla mia prima moglie ho avuto due figli, e in quel momento ero solo, anche se devo ammettere di non amare la solitudine, ma mai avrei pensato di innamorarmi ancora…». Quindi è stato un bel colpo di fulmine allora… «Sì, inevitabile, un colpo di fulmine a teatro. Mi avevano chiesto di collaborare ad una pièce, dovevo fare l’alter ego di un personaggio suonando la tromba. La regia era curata da Silli, non ci siamo più lasciati». E siete anche due splendidi nonni… «Teniamo moltissimo alla famiglia, tutte e due. Anche Silli ha avuto due figli prima di incontrarmi e la cosa bella è che i nostri figli si conoscono dall’epoca degli studi e si frequentano. Senza parlare dei nipotini, ne abbiamo cinque, devo ammettere che sono ancora piccolini…e che io li preferisco
un po’ più grandi, quando iniziano a farti quelle domande esistenziali con gli occhi illuminati dalla curiosità». Lei è un uomo con grandi passioni, che ha vissuto, amato, e mai si è allontanato dalla musica… «Non potrei vivere senza musica. La musica mi ha aiutato a superare ogni momento, è una compagna di vita fantastica». La musica è talento o è parte di tutti noi? «Ognuno di noi può ascoltare della musica, basta trovare il genere che ci piace, ma non tutti siamo fatti per essere dei musicisti, mia figlia ad esempio ha altrettanto talento musi-
cale di mio figlio, ma non suona. Io, invece, non potrei mai stare senza suonare… basti pensare che già all’età di quattro anni riconoscevo i grandi del jazz dopo poche note e che a sei anni suonavo il piano». Quindi se non avesse avuto il talento musicale non avrebbe mai potuto fare la vita che ha fatto, diviso tra lavoro e musica… «Esatto. Con tutta la volontà, ma senza talento, è praticamente impossibile che un industriale di successo faccia anche dei concerti. L’inverso invece sì… grazie al mio dono, che non è un merito, questo va detto, ma una questione genetica, sono riuscito a inseguire il mio sogno senza abbandonare la carriera». In un certo senso lei mi sembra una persona riservata, che non ha bisogno di sottolineare quello che ha fatto nella sua vita, ma poi ha deciso di scrivere la sua biografia. Come mai? (Sorride). «Io ho sempre detto che non avrei mai scritto una mia biografia, ma, come spesso accade quando si dice mai, ecco che l’ho pubblicata. Alla fine, è stata una sfida, mi hanno proposto un giornalista che raccogliesse la mia vita in un libro, poi , quando ho letto la bozza del libro mi sono reso conto che non andava bene, non riuscivo a sentire la passione che avevo messo nel raccontare la mia vita. Quindi ho deciso di scriverlo io».
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LAUREATO SKELETON EARTH TO SKY EDITION CERAMICA, 42 MM
PRIMO PIANO / FRANCO AMBROSETTI
Rivivere tutti I momenti, anche i più intensi, non le ha fatto venire malinconia? «No, perché ho una vita talmente bella che non ho malinconia». Oltre i suoi numerosi viaggi lei passa molto tempo in Grecia, come mai la scelta di questo Paese? «Amo le Cicladi, dove il mare è intenso e ci sono pochi alberi. Ma la verità è che è colpa di Silly (ride), lei voleva una casa al mare poi abbiamo avuto un’offerta… abbiamo vissuto in una casa a pochi metri dal mare e ce ne siamo innamorati, ma non pensi che andiamo solo a riposarci (ridiamo), Silli passa le sue giornate a comporre quadri e sculture, io a comporre… musica naturalmente».
“Io ho sempre detto che non avrei mai scritto una mia biografia, ma, come spesso accade quando si dice mai, ecco che l’ho pubblicata.”
Lei non si sente molto ticinese vero (simpaticamente)? (Ride) «È vero, soprattutto dal punto di vista musicale, mi sento più legato all’America, ma questo non significa che non ami il Ticino e che non ne sia affezionato».
Ambrosetti in una semplice chiacchierata, forse è doveroso aggiungere che per oltre vent’anni è stato presidente della Camera di commercio del Canton Ticino ed è stato il fondatore della Scuola di musica moderna della Svizzera italiana.
Cosa dobbiamo ancora imparare qui in Ticino… «Siamo molto litigiosi, questo è un Cantone composto ancora da fazioni, l’una contro l’altra… dovremmo invece collaborare attivamente». Per quanto riguarda l’industria… «Dobbiamo smetterla di penalizzare chi sta bene e far scappare i grandi contribuenti. Dobbiamo smetterla di essere gelosi di quello che gli altri hanno». E nell’ambito artistico? «Purtroppo, anche in questo caso, troppo spesso le eccellenze scappano dal Ticino. Con l’Università le cose sono un po’ cambiate, ma non lottiamo abbastanza. Devo però aggiungere che la sinfonica è un’ottima sinfonica, è una delle poche eccellenze e anche il Conservatorio nel classico è ottimo, anche la scuola di musica moderna funziona e ne sono fiero». Difficile raccontare la vita di Franco
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PRIMO PIANO / MARCO CHIESA
IL MIO IMPEGNO PER L’AUTODETERMINAZIONE INTERVISTA CON MARCO CHIESA, DAL 2018 VICEPRESIDENTE UDC SVIZZERA E DAL 2019 PRESIDENTE DELLA DEPUTAZIONE TICINESE ALLE CAMERE FEDERALI.
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uali sono le motivazioni ideali che l’hanno spinto ad occuparsi in prima persona di politica a favore del Ticino? «Noi possiamo decidere di non occuparci di politica ma la politica si occuperà comunque di noi. Terminati gli studi a Friborgo e rientrato in Ticino dopo qualche esperienza professionale in Romandia e Svizzera tedesca, la scelta, per me naturale, è stata quella di impegnarmi per la collettività. In primo luogo nel piccolo comune nel quale vivevo: Villa Luganese. Mettere a disposizione del tempo e delle competenze per la cosa pubblica è, a mio avviso, una bella dimostrazione di attaccamento al territorio e alla comunità a cui si appartiene. A livello politico sono rimasto molto impressionato dal coraggio e dalla determinazione di una personalità svizzera che ha lottato da sola contro tutti per assicurarci un Paese indipendente e neutrale: Christoph Blocher. Oggi nessuno ha più il coraggio o la voglia di parlare di adesione all’Unione europea ma, nel 1992, la strada sembrava segnata. Mai avrei pensato un giorno di riprendere la sua carica di Vicepresidente dell’UDC Svizzera assieme alla figlia Magdalena». Lei è Presidente della delegazione svizzera per i rapporti col Parlamento italiano. Come giudica al momento lo stato delle relazioni tra i due Paesi? «I rapporti istituzionali con la vicina Italia sono contraddistinti da alti e
“Noi possiamo decidere di non occuparci di politica ma la politica si occuperà comunque di noi.” 14
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bassi. Il nostro Paese ha assistito al susseguirsi a Palazzo Chigi di numerose compagini governative nell’ultimo ventennio. Alcune fra esse non sono state particolarmente tenere con la Svizzera. Ricordo le continue frecciatine dell’allora Ministro Tremonti nei nostri confronti. Oggi restano alcuni dossiers aperti sul tavolo che sembrano destinati alle calende greche, accordo sui frontalieri e accesso al mercato finanziario italiano su tutti. Un altro grande cantiere è il proseguimento a sud dell’Alptransit. Tra Parlamentari non nascondo che il clima è piuttosto cordiale ma poi, malgrado questa diplomatica ostentazione di serenità, non riusciamo a segnare punti. Da una parte è anche colpa nostra. Abbiamo negoziato con la controparte in maniera troppo accondiscendente. Zelanti e precisi, come sappiamo essere noi svizzeri, ci siamo assunti doveri ottenendo in cambio solo speranze e vane promesse. Ingenuità che oggi stiamo purtroppo ancora pagando». Negli ultimi mesi si è particolarmente occupato delle condizioni d’accesso al mercato tra la Svizzera e gli Stati limitrofi in un’ottica di reciprocità. Quali sono le sue proposte in merito? «Il Consiglio nazionale ha recentemente accettato un mio postulato che richiede la stesura di un rapporto completo e circostanziato sulle condizioni d’accesso al mercato dei Paesi limitrofi da parte di ditte svizzere in un’ottica di reciprocità. Prima di agire con delle sottolineature è necessario avere una fotografia chiara e reale dei problemi quotidiani nei quali incappano le nostre imprese esportatrici.
PRIMO PIANO / MARCO CHIESA
Cosa che d’altronde è stata documentata anche dalla Camera di Commercio ticinese a mezzo di un suo sondaggio negli anni scorsi. Non nascondo che regolarmente ci vengono riferiti episodi che fanno pensare ad ostacoli commerciali seminati ad arte sul percorso per disincentivare la vendita dei nostri prodotti all’estero. Mentre, al contrario, noi sappiamo bene quanto siamo ligi nell’applicare i contratti sottoscritti. Sono certo che da questa analisi si potranno evidenziare le distorsioni da correggere grazie ad interventi istituzionali. Interventi che potrebbero addirittura prevedere lo stesso trattamento sul nostro territorio fino a quando le condizioni siano paritarie». Come potrebbero essere riassunti i contenuti e gli obbiettivi del suo impegno per l’autodeterminazione? «Traduco il concetto di autodeterminazione con il diritto di un Paese e dei suoi cittadini ad avere l’ultima parola. Il sistema svizzero è straordinario perché garantisce, grazie alla democrazia diret-
ta, l’espressione e l’applicazione della volontà del Popolo e dei Cantoni. L’elemento fondante e aggregante della nostra nazione è la Costituzione federale. Non posso pensare di metterla in secondo piano rispetto al diritto internazionale. Eppure è ciò che capita oggi e che capiterà anche in futuro con la sottoscrizione di un accordo istituzionale con l’Unione europea. Il colonialismo di questo contratto è determinato dal fatto che in caso di divergenza il Tribunale arbitrale chiamato a ricomporre le vertenze tra la Svizzera e l’Unione europea sarà vincolato dalle sentenze della Corte di Giustizia europea. Ciò significa che la Svizzera sarà chiamata a ubbidire e a sottomettersi a dei giudici stranieri. Pena il pagamento di indecifrabili sanzioni che in diplomazia sono gentilmente definite misure di compensazione. Un’altra questione di grande interesse riguarda la regolamentazione dell’afflusso di lavoratori frontalieri. Quali sono le iniziative che a suo giudizio dovrebbero essere intraprese?
«Fino al 2008 era in vigore un’ordinanza che regolamentava il flusso di lavoratori stranieri nel nostro Paese. L’ordinanza che limitava l’effettivo degli stranieri, emanata il 6 ottobre 1986, sanciva la preferenza indigena sul nostro mercato del lavoro. In caso di domande per l’esercizio di una prima attività lucrativa, il datore di lavoro infatti doveva, se richiesto, provare che aveva fatto tutto il possibile per trovare un lavoratore sul mercato indigeno del lavoro, che aveva notificato il posto vacante presso la competente autorità preposta al mercato del lavoro e che detta autorità non aveva potuto trovare un lavoratore entro un periodo di tempo ragionevole. Infine che non aveva potuto formare o far formare per il posto di cui si trattava, entro un periodo di tempo ragionevole, un lavoratore disponibile sul mercato del lavoro. Sono favorevole alla complementarietà tra le risorse indigene e quelle estere e dunque mi oppongo a fenomeni come quelli della sostituzione della manodopera e del dumping
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PRIMO PIANO / MARCO CHIESA
salariale. Fenomeni a lungo negati ma che oggi nessuno osa più mettere in discussione e dei quali sono testimoni i 17 contratti normali emanati dal Consiglio di Stato. A mio avviso è necessario fare un maggior sforzo nella ricerca e nella formazione di personale indigeno perché è su questi padri e madri di famiglia, figli e figlie che si sviluppa la nostra società, la nostra pace sociale e il nostro benessere odierno e futuro». Quali altri temi ha scelto di mettere al centro del suo impegno politico e quali sono stati i principali risultati ottenuti? «Ho avuto la fortuna e l’onere di rappresentare il mio partito in tutti i livelli legislativi. Man mano che mi avvicinavo a Berna ho visto crescere l’ampiezza dei problemi che affrontavo e la complessità delle soluzioni. Ricordo con passione e interesse il periodo di “Prima i nostri” e il successo popolare di questa iniziativa costituzionale. La gente non voleva escludere qualcuno dal mercato del lavoro ma richiedeva una sorta di rassicurazione, quella che vigeva fino al 2008. Sono fiero che queste discussioni abbiano contribuito a sensibilizzare il nostro tessuto economico. D’altro canto il mio impegno è sempre stato rivolto alla creazione di condizioni quadro favorevoli, ad esempio in ambito fiscale, alla nascita e allo sviluppo delle aziende, nuove o già presenti sul territorio. Non ho mai partecipato alla denigrazione politica degli imprenditori che, al contrario, dovrebbero essere agevolati in quanto rischiano in proprio con il loro capitale. Certo anche loro sanno che nella categoria ci sono dei filibustieri che non sono degni di essere chiamati imprenditori. E questi non devono riuscire a inquinare l’immagine di una categoria talmente importante. Un ultimo aspetto a me caro è il potere d’acquisto del ceto medio. Il ceto medio contribuisce alla stabilità di una società. La mia ultima iniziativa parlamentare
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
“Dedico il tempo libero alla mia famiglia e ad alcuni amici che facevano parte della mia vita da ben prima dell’impegno politico. Sono un padre presente malgrado i numerosi impegni politici e partitici a Berna.” prevede ad esempio la possibilità di aumentare le deduzioni fiscali dei premi dell’assicuratore malattia che premono sulle spalle dei contribuenti e tolgono loro del potere d’acquisto. La cosa migliore è lasciare il più possibile i soldi nelle tasche dei cittadini». Qual è la sua valutazione sullo stato delle condizioni economiche e sociali del Ticino e quali soluzioni andrebbero adottate? «Il nostro Cantone si trova ad un crocevia della sua storia. La grande fase espansiva degli ultimi decenni è oramai un ricordo e alcuni settori che hanno funto da traino per tutta la nostra economia, da tempo, segnano il passo dando preoccupanti segnali di cedimento. Anche a causa di forti pressioni esterne a cui non opponiamo troppa resistenza. Mi riferisco in particolare al settore bancario e fiduciario che ogni anno vede assottigliarsi le sue fila e diminuire le opportunità. Siamo di fronte a una grande e nuova sfida, a un Cantone che deve reinventarsi. Non dobbiamo permettere che quella che è definita l’economia dei lavoretti si impadronisca del nostro tessuto economico e che la sottoccupazione continui a crescere. Dall’entrata in vigore della libera circolazione le fila delle persone in assistenza e quella dei sottoccupati è più che raddoppiata, da 8’000 a 18’000, e questo è indice di una sofferenza che non può e non deve essere sottovalutata. Siamo un Cantone che deve guardare a nord, che è chiamato a creare delle condizioni quadro per l’insediamento di società ad alto valore aggiunto e che deve puntare su comparti di qualità.
Senza queste premesse la nostra economia non riuscirà mai a generare stipendi all’altezza delle nostre esigenze rimanendo concorrenziale sul mercato internazionale». Come trascorre il suo tempo libero e quali sono i suoi interessi quando non è impegnato nel lavoro e nella politica? «Dedico il tempo libero alla mia famiglia e ad alcuni amici che facevano parte della mia vita da ben prima dell’impegno politico. Sono un padre presente malgrado i numerosi impegni politici e partitici a Berna. Spesso i miei bambini mi seguono nelle attività che svolgo e mio figlio, che è molto curioso e attento, mi ricorda sempre che gli manca un solo Cantone prima di poter dire di aver visitato tutta la Svizzera. Noi amiamo il contatto con la natura e dunque siamo spesso in montagna, in particolare nella regione dell’Albula. Pratichiamo la mountain bike, lo sci e ci rilassiamo con delle lunghe escursioni. Un’altra passione condivisa è quella per l’hockey: tifiamo HCL. Leggo molto, in particolare saggistica e, evidentemente, approfondisco temi attinenti alla mia attività politica. La preparazione fa la differenza. Ti rende credibile e sicuro nei temi che affronti. Ed è anche una giusta maniera per ripagare l’elettorato per la fiducia che ti ha confidato».
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PRIMO PIANO / ALBERTO COSTA
MEDICO E FILANTROPO
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uò raccontarci i tratti salienti della sua vita professionale? «La mia vita professionale è stata molto densa e impegnativa, ma anche molto fortunata. Da studente dell’ultimo anno di medicina lavoravo come aiutante in sala operatoria in ortopedia, dal grande Ernesto Zerbi, l’unico che allora aveva il coraggio di operare al ginocchio anche le ballerine della Scala. Fu lui a presentarmi Umberto Veronesi e in quella primavera del 1973 cominciò tra noi due un sodalizio che si e’ interrotto solo con la sua morte, due anni fa. Certo ho lavorato per anni almeno 12 ore al giorno e fatto ben poche vacanze, ma, a fianco suo, ho come avuto tre vite: sono stato chirurgo e sono andato in pensione con un registro di oltre 4000 interventi di tumore al seno eseguiti personalmente; sono stato educatore (questo lo sono ancora) come direttore e poi segretario generale della Scuola Europea di Oncologia, che insieme fondammo nel 1982 grazie a un lascito permanente della famiglia Necchi Campiglio di Pavia e Milano; sono stato organizzatore e un po’ politico perché fui in prima linea nel programma Europa contro il Cancro che l’Unione Europea lanciò nel 1985 su proposta del Presidente francese Mitterand che si era ammalato di tumore alla prostata. Se oggi su ogni pacchetto di sigarette compare la scritta “il fumo uccide” è grazie all’azione capillare di convincimento che Veronesi e Tubiana (il grande oncologo francese) fecero su ogni capo di Stato e di governo. Non dimenticherò mai l’emozione di stringere la mano al Cancelliere Helmut Kohl, di ricevere una tazza di the personalmente da Margaret Thatcher, di camminare nei corri-
doi del Palazzo della Moncada a Madrid seguendo Felipe Gonzales. La grande fortuna è stata proprio quella di vedere anno dopo anno gli intrecci profondi fra la ricerca scientifica (ho studiato a lungo negli Stati Uniti le possibilità di prevenire il cancro), la cura dei malati (ricordo ancora nomi e volti di centinaia di pazienti, ognuna con la sua storia), e la necessità di insistere per cambiare la realtà’, migliorando ogni aspetto della nostra vita. Il mio libro sacro è sempre stato l’Odissea, il mio modello l’Ulisse di Dante: “fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”». Da chirurgo a filantropo: come mai sostiene il “Corriere degli Italiani” e quali sono le principali caratteristiche di questo giornale? «Vidi per la prima volta una copia del “Corriere degli Italiani” nella sala d’aspetto del Consolato a Lugano. Mi incuriosì molto soprattutto quando mi resi conto che veniva stampato a Zurigo da quasi 50 anni. Mi abbonai subito e telefonai alla redazione. Il “Corriere” era allora poco conosciuto in Ticino e aveva i suoi abbonati soprattutto in Svizzera interna, tra gli immigrati di prima e seconda generazione che lo hanno sempre sostenuto e atteso ogni settimana. L’origine del giornale è religiosa e anche oggi esso mantiene un legame con il mondo cattolico, ma in totale libertò, tanto che anche un agnostico come me ci si trova benissimo. Il suo illuminato presidente, Franco Narducci, in passato rappresentante della emigrazione italiana in Svizzera al Parlamento di Roma, garantisce a tutti la più assoluta libertà’ di espressione».
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La lingua italiana in Svizzera: che contributo può dare il “Corriere degli italiani?” «Il “Corriere” ha dato per decenni un grande contributo alla presenza della lingua italiana in Svizzera e ora che si avvicina a compiere 60 anni ci rendiamo conto di quanto il suo potenziale sia addirittura cresciuto, tanto che stiamo lentamente modificando il suo nome in “Corriere dell’italianità”. Tra i nostri lettori e abbonati ci sono infatti tanti svizzeri che amano non solo la nostra lingua, ma la nostra arte, la nostra cucina, i nostri paesaggi e persino le nostre Ferrari e Maserati! Personalmente ho avuto la fortuna di essere chiamato in Ticino dal suo più grande oncologo, il prof. Franco Cavalli, quindi non posso considerarmi un emigrante in senso stretto, ma dovendomi recare frequentemente a riunioni mediche a Zurigo e a Losanna ho realizzato molto presto lo spessore della barriera linguistica e ho cominciato a sentire un affetto e una passione nuove per l’italiano. Ho dato il mio modesto contributo anche alla battaglia importante, fortunatamente vinta, per la libertà di movimento da un Cantone all’altro in ambito sanitario. Fino a pochi anni fa le Casse Malati non rimborsavano quasi mai le cure ricevute in un Cantone diverso da quello di residenza, ma oggi accettano costruttivamente che anche la comunicazione fa parte della cura: non dimenticherò’ mai una cameriera emigrata a Laupen che venne a farsi operare da noi a Lugano appena la legge lo consentì: «dopo tanti anni che lavoro qui sò abbastanza tedesco per servire i miei clienti al ristorante» mi disse «ma ora che ho un tumore al seno ho bisogno di sentire nella mia lingua che cosa devo fare e come mi devo curare». Parliamo di un altro progetto che le sta a cuore, l’Associazione Gomitolorosa, di che cosa si tratta? «Gomitolorosa è figlio delle mie origini piemontesi. Sono nato a Biella, la
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città della lana da secoli. Nessuno in Italia ha mai saputo lavare, filare, tingere, gomitolare la lana come noi biellesi e i nostri marchi, Zegna, Loro Piana, Lana Gatto, Fila, sono lì a dimostrarlo. Da poco ha riaperto anche il Cappellificio Biellese, storica fabbrica che trasforma la lana in feltro e produce eleganti copricapi, e continua la sua opera il Feltrificio Biellese che produce una grande varietà di oggetti utilissimi. Nella primavera del 2012 fui invitato a tenere una conferenza a un circolo Rotary e uscendo dopo cena vidi dei falò sulle montagne e chiesi di cosa si trattasse. Mi spiegarono tristemente che erano roghi clandestini di lana, accesi dai pastori disperati perché nessuno più’ la ritira, neppure gratuitamente. Il circolo è davvero vizioso: la richiesta di carne ovina è in aumento (anche perché è aumentata l’immigrazione musulmana) e le pecore non possono non essere tosate perché d’estate soffocherebbero dal caldo; ma la lana nostrana, autoctona, non ha più mercato perché battuta dalla spietata concorrenza dei filati cinesi e turchi che di pura lana hanno ben poco e quindi costano molto meno. Mi sono così ricordato che diverse mie pazienti mi spiegavano quanto il lavoro a maglia le avesse aiutate a vincere l’ansia e persino a ritornare a muovere bene le braccia dopo l’intervento. Nacque quindi l’idea della “lanaterapia” e con essa l’associazione Gomitolorosa (www.gomitolorosa.org): con un gruppo di amici non solo biellesi e con il sostegno di Banca Sella abbiamo cominciato a raccogliere fondi per salvare la lana dal fuoco e grazie al programma di responsabilità sociale del Lanificio Piacenza, possiamo trasformarla in gomitoli di 13 colori diversi e spedirla negli ospedali dove vi è domanda di lanaterapia. La cosa bella è che poi ci troviamo con decine e decine di coperte, sciarpe, cappelli, che possiamo in seguito donare a chi ha bisogno. Un esempio di cosiddetta “economia circolare”, di cui sono oggi
molto orgoglioso e che spero di poter presto estendere ad altre regioni che soffrono per lo stesso problema, come la Sardegna, l’Abruzzo e la Puglia». Nello specifico, quali iniziative avete in corso? «Le iniziative di maggior interesse sono al momento due: la prima è una ricerca che stiamo finanziando presso l’Università di Reading, in Inghilterra, per misurare con speciali elettroencefalogrammi l’impatto del lavoro a maglia sulla mente. Vediamo risultati stupefacenti, simili a quelli che si ottengono con lo yoga e la meditazione. Solo che in più ci troviamo con un bel maglione! La seconda iniziativa si chiama EWE, che in inglese vuol dire appunto pecora femmina (ram è il maschio, lamb l’agnellino), ma che per noi è il perfetto acronimo di European Wool Exchange, cioè della rete di collaborazione che stiamo costruendo con associazioni simili in Inghilterra, Spagna, Croazia, Slovenia, Grecia e Cipro. Il nostro sogno è quello di trasformare la lana da rifiuto speciale quale è oggi in risorsa di nuovo preziosa, nell’edilizia come isolante, in agricoltura come fertilizzante, in ecologia con le grandi spugne che assorbono il petrolio dalla superficie del mare, e naturalmente con la nostra lanaterapia che aiuta ogni giorno centinaia di donne a superare momenti difficili nella loro malattia». Che cosa ne pensa del mecenatismo oggi e che ruolo dovrebbero avere i mecenati per la società civile? «Senza mecenati non avrei potuto fare neppure un terzo di quanto ho realizzato nella vita! La nostra Scuola di Oncologia non esisterebbe senza il lascito della famiglia Necchi Campiglio, i laboratori di ricerca sul cancro in Italia non sarebbero al terzo posto nel mondo se non ci fossero le donazioni di ogni provenienza che raggiungono ormai quasi 80 milioni di euro ogni anno (74 nel 2017), senza le donazioni al mio
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PRIMO PIANO / ALBERTO COSTA
piccolo Gomitolorosa avremmo tante tonnellate di lana bruciate in piu’. La Svizzera e il Liechtestein hanno un numero stupefacente di Fondazioni e anche il nostro Ticino si difende molto bene. Non ci rendiamo neppure conto di quanta arte, quanta cultura e quanto sport in meno avremmo se non ci fossero migliaia di donatori che arrivano dove lo Stato non puo’ o non sa arrivare. Mi sono sembrate un po’ patetiche le polemiche di questi giorni sui mecenati che hanno donato milioni per restaurare al piu’ presto la basilica di Notre Dame a Parigi. Gocce nel mare davanti alla poverta’? Atti di narcisismo e di vanagloria? Non tocca a noi giudicare, credo, però, che sia assai difficile sostenere che sarebbe meglio che quel denaro restasse nei caveaux di qualche banca nostrana o esotica!». Che cosa fa di un grande chirurgo un grande filantropo? «Non penso di essere stato un grande chirurgo (se non forse per essere stato tra i primissimi a sviluppare una tecnica che consente di operare tutto il seno salvando però areola e capezzolo) e non ho certo i mezzi per essere un
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grande filantropo. Ma sono certo di aver dedicato la mia vita alla medicina e alla chirurgia con inesauribile passione e dedizione, cosiì come sono sicuro che ogni atto di generosità genera dell’energia positiva che prima o poi ritorna e aiuta a vivere. Ad ogni riunione annuale il mio maestro Veronesi ripeteva «non ostinatevi a voler curare il tumore al seno se non amate le donne, il loro ruolo nella società, la bellezza e l’armonia dei loro corpi. Fate d’altro! Esistono tante altre specializzazioni in medicina!». E oggi io posso dire ai miei allievi non ostinatevi a fare i medici se non siete anche un po’ filantropi. Il medico aiuta l’individuo malato, il filantropo aiuta la società che ha problemi, perché ha la coscienza del grande mistero dell’ingiustizia del pianeta. Che merito abbiamo infatti ad essere nati a Lugano o a Milano invece che in un villaggio sperduto del Bangladesh o dell’Etiopia? Nessuna colpa, certo, ma anche nessun merito, e di questa semplice verità non dovremmo dimenticarci mai».
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COGLIERE AL MEGLIO TUTTE LE OPPORTUNITÀ INCONTRO CON MAURO DELL’AMBROGIO, CHE DAL 2019 RICOPRE L’INCARICO DI DIRETTORE DELLA NUOVA SEGRETERIA DI STATO PER LA FORMAZIONE, LA RICERCA E L’INNOVAZIONE IN SENO AL DIPARTIMENTO FEDERALE DELL’ECONOMIA, DELLA FORMAZIONE E DELLA RICERCA.
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i recente lei è stato protagonista della Visionary Night organizzata dal Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI e dall’Associazione Ated - ICT Ticino. Che esperienza ha tratto da questo incontro? «Un piacevole momento a me dedicato con tante persone presenti, in parte amici da lunga data. Una sorta di rientro ufficiale in Ticino dopo una dozzina di anni a Berna. Una serata non noiosa, per merito anzitutto di chi l’ha organizzata. Ho dato un contributo conforme alla mia abitudine in situazioni simili di abbandonare piuttosto il sentiero della prudenza e fare affermazioni che possono essere fraintese, piuttosto che essere banale e annoiare». Da anni i suoi studi e le sue esperienze professionali ruotano intorno al tema dell’innovazione. Come definirebbe oggi questo concetto?
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«Rinuncio a definizioni accademiche e comincio con esempi. Può trattarsi di prodotti che permettono di fare cose fin qui impossibili o di farle meglio o di costare meno. Può trattarsi di un modo di produzione nuovo: che produce meno scarti o è meno inquinante. Può trattarsi di un modo diverso di commerciare, più personalizzato o che esclude intermediari, come è successo con i taxi o gli appartamenti di vacanza. La moda è un esempio di innovazione stagionale, fatta magari di rilanci di ciò che è stato moda in passato. Due fattori sono all’origine dell’innovazione, fin dagli albori dell’umanità: lo sviluppo di conoscenze e di capacità tecnologiche che permettono quanto non era possibile prima e l’idea commerciale con tutto quanto la accompagna: già coi vasi antichi si vendeva bellezza e prestigio, non solo capienza. Il primo fattore presuppone investimenti in ricerca e sviluppo e persone in grado di inventare e di produrre o prestare servizio in modo affidabile. Il secondo può
essere frutto della genialità individuale anche in contesti meno avanzati, come succede con le ingegnosissime applicazioni della telefonia mobile in Africa. In un’economia di mercato l’imprenditore, in concorrenza con altri, deve innovare per conquistare o conservare il cliente-consumatore; fatte salve le nicchie dove è la tradizione ad avere valore (p.e. prodotti fatti a mano). L’opposto è stato sperimentato con l’economia pianificata del socialismo: lo Stato definiva i bisogni dei consumatori e vi faceva fronte con imprese statali senza concorrenza. Anche da noi anni fa si teorizzava contro la “società dei consumi”, ma poi si è visto che l’alternativa è stata catastrofica sia per la qualità di vita sia per l’impatto ambientale. Lo Stato può semmai proibire prodotti o modi di produzione nocivi, ma non deve avere la presunzione di sapere prima quali si riveleranno migliori. Attraverso l’innovazione, come succede con l’evoluzione in natura, si crea la diversità che permette poi la selezione. La natura non sapeva che sarebbe stata innovazione utile camminare su due zampe invece di quattro, così da liberarne due per altri usi; all’inizio forse svantaggiava nella fuga dalle belve».
PRIMO PIANO / MAURO DELL’AMBROGIO
Per quali ragioni la Svizzera è stata più volte decretata come il Paese più innovativo del mondo? «Queste classifiche condensano centinaia di indicatori. Alcuni, più indirizzati alla potenzialità future, misurano i presupposti utili all’innovazione, come il livello di formazione nella popolazione, la capacità di attirare talenti dall’estero, la disponibilità di accesso al credito per le imprese, il peso della regolamentazione del lavoro o della fiscalità. Altri indicatori misurano fattori intermedi dell’innovazione, come il numero di pubblicazioni scientifiche o di invenzioni brevettate o di nuove imprese create. Altri indicatori infine misurano il successo presente: nelle esportazioni, nella rinomanza dei marchi, nel reddito pro capite non riconducibile alla presenza di materie prime. Alcuni indicatori possono contraddirsi e conta l’equilibrio tra loro: ad esempio regolazione del lavoro e fiscalità frenano l’innovazione ma sono necessari ad un buon clima sociale, che è pure utile all’imprenditorialità. Questi indicatori vengono poi ponderati e sommati; ogni università od organizzazione che stila queste classifiche ha il suo modo. La Svizzera esce quasi sempre al primo posto, e sempre fra i primi tre o quattro. Attenzione però al confronto tra paesi grandi e piccoli: le regioni di Boston o di San Francisco, grandi come e più della Svizzera, hanno indicatori migliori dei nostri, diluiti nella media nazionale».
seconda poiché più facilmente protetto dalla concorrenza. L’ampia disponibilità di forza-lavoro frontaliera è pure un vantaggio per l’innovazione, potendovi fare capo per i profili qualificati che mancano localmente. E’ uno svantaggio se mantiene bassi i salari e quindi incentivare meno innovazioni per incrementare la produttività. Insomma, per opportunità il Ticino non è messo male, ma dipende poi da come le usa».
In questo contesto qual è il ruolo che può essere realisticamente occupato dal Ticino? «Per molti indicatori, a cominciare ovviamente da quelli normativi nazionali, non c’è differenza sostanziale col resto della Svizzera. Il Ticino ha qualche svantaggio strutturale: come la presenza di un settore edile con un peso, anche politico, proporzionalmente maggiore che nel resto della Svizzera rispetto alla manifattura d’esportazione. Il primo è inevitabilmente meno innovativo della
Lei ha parlato di modelli di sviluppo sostenibili. Che cosa significa? «La sostenibilità è un principio molto di moda, che significa in parole povere guardare al lungo termine. Come tale non è nuovo. Nuovo è l’accento messo sugli aspetti ambientali, visto come il genere umano sta rovinando il pianeta sul quale vive. Non vi sono però solo questi: la sostenibilità economica e quella sociale sono altrettanto importanti. Purtroppo si ha più la tendenza ad invocare la sostenibilità nel conte-
Innovazione fa rima con formazione. In che modo i giovani ticinesi hanno l’opportunità di prepararsi ad adottare soluzioni innovative nel proprio lavoro? «Abbiamo in Ticino come in Svizzera un buon sistema formativo, usato qualche volta male. Perdura la tendenza a privilegiare la preparazione a professioni impiegatizie generiche, messe in crisi da cambiamenti già avvenuti, come il ridimensionamento del settore bancario, o che stanno avvenendo. Ma non va neppure esagerata l’importanza della formazione iniziale: i giovani di oggi eserciteranno in gran parte professioni che ancora non esistono. Serve acquisire fin da giovani il giusto atteggiamento verso l’apprendimento ed il lavoro, coltivare passioni, cercare l’impegno più che la comodità, riconoscere le proprie attitudini e restare flessibili. Tutto questo dipende dalla cultura che esiste nelle famiglie, nella scuola e anche nelle imprese, per quanto concerne la promozione dell’apprendistato».
“Serve acquisire fin da giovani il giusto atteggiamento verso l’apprendimento ed il lavoro, coltivare passioni, cercare l’impegno più che la comodità, riconoscere le proprie attitudini e restare flessibili.”
sto di entusiasmi facili che ad approfondire le opzioni con senso critico e conoscenza dei fatti. La produzione di pannelli fotovoltaici consuma molta energia, e se questa produzione è fatta massicciamente in paesi che producono l’energia in modi molto inquinanti è bene adeguare i tempi della promozione degli impianti solari a quelli necessari a tecnologie nuove per produzioni più sostenibili: non partire a tutto gas demonizzando quel che esiste, che può essere meno peggio delle alternative frettolose». Quali sono state le più significative esperienze professionali che l’hanno portata a maturare questa sua visione del futuro? «Le visioni, intese come strumento per entusiasmare o almeno motivare, sono utili in azienda o in politica, ma le esperienze permettono di sviluppare piuttosto il senso critico, senza il quale la capacità di trascinare può condurre al peggio. Le mie esperienze sono state molto diversificate, non solo per contesto, ma anche per funzione: da giudice indipendente a capo di grosse organizzazioni, a consulente nell’ombra di politici; dal pubblico al privato. Proprio questa pluralità, fin da giovanissimo, è stata significativa». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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PRIMO PIANO / IL LITORALE
WHERE TWO WORLDS COME TOGETHER “LITORALE” (LITTORAL) IS A TERM THAT SUGGESTS THE JOINING OF LAND AND SEA. IT EXPRESSES PERMEABILITY, BUT ALSO A LANDING PLACE – FOR THE NAVIGATOR SEEKING FIRM GROUND – AND A BEGINNING – FOR EXPLORERS SEEKING NEW HORIZONS. IL LITORALE IS AN INITIATIVE OF USI IN THE HEART OF LUGANO, AT THE QUARTIERE MAGHETTI, A PLACE WHERE THE ACADEMIC AND ENTREPRENEURIAL WORLDS JOIN FORCES TO DEVELOP AN ECOSYSTEM THAT CREATES VALUE BY THE EFFECTS OF “CROSS-FERTILISATION”. BY DIMITRI LORINGETT
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esearch and innovation are more than just two buzzwords that one hears from policy makers. They are by all means an essential driving force behind the economic development of many countries, especially of Switzerland which is known for having scarce natural resources – other than brainpower and advanced skills. Nowadays, new technologies and services are most often the product of small entrepreneurial initiatives, which are commonly referred to as ‘start-ups’ and which have a strong potential across all Swiss cities. However, leveraging this strength to build up regional start-up ecosystems requires meet-
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
ing points and places where innovation becomes visible to spark the interest in entrepreneurial activities. With Il Litorale (Italian for “seaboard”), Lugano now has such a space in the historical Maghetti district, offering open spaces for events and a few closed office spaces. On April 11, USI officially celebrated the opening of Il Litorale with over fifty invited guests – city authorities, citizens, business executives, university stakeholders and members of the academic community, thus embodying the rationale behind the project, which aims at being the place where the academic and entrepreneurial worlds can gather in a friendly and informal environment, to develop an ecosystem that creates value by the effects of “cross-fertilisation”. The goals behind the project are essentially three: (1) getting the academic community to “move out” of the campus and, at the same time, to “bring in” potential stakeholders from the region and have them interact in a physi-
cal location, off-campus; (2) being closer to the entrepreneurial context and providing students and graduates a privileged access to such, through a strategically located outpost in the city centre; and (3) creating a so-called “community of practice” to enable cross-fertilization and create value, fostering thus economic and social development in the region. In recent times, many higher education institutions have developed similar projects, typically through partnerships with industries or other stakeholders. USI, however, has chosen to touch base with its core element: its students. The main driving force at Il Litorale is, in fact, the group of students and graduates of USI who have created Match Strategies, a no-profit association to which the university has entrusted the activities of ‘community building’. The task assigned to Match Strategies is essentially to forge the said community of practice, which is where theory and practice come together,
PRIMO PIANO / IL LITORALE
where experts and practitioners share knowledge and enter a mutual learning process. For example, students learning from entrepreneurs about the current needs of the world of work, entrepreneurs learning about new trends in higher education (student fresh approach), and academics learning about news trend in society leading to further academic investigation. To better understand the value of this partnership, we spoke with the President of Match Strategies, Giorgia Pati, who shared with us her views and expectations.
as a region able to compete with the Swiss standards of growth and innovation. The world is full of co-working venues, but our value proposition is rather different: Il Litorale is a space where we intend to create a real community, sharing goals and values, and where stakeholders from the academic world and citizens will be able to meet. The creation of such community is in progress, mainly through a series of events aimed at students, researchers, professors, startups and local businesses. This format is consistent with what is developing all over the world; recently, I witnessed a startup competition held in Shanghai, which was organized in a coworking space. These are the concepts we would like to bring to Lugano».
Giorgia Pati, at the opening event of Il Litorale you declared, “It is rare for a university to offer such an opportunity to a student association”. Could you elaborate on this? «It is commonly thought that students are young people who lack experience, who have just entered adulthood, and that are therefore not entirely ready to take on responsibilities in the professional domain. My colleagues and I, the founders of Match Strategies, have a different vision: young people not only want to learn, but also offer their skills with an absolutely fresh and innovative approach. The Rector of USI, Boas Erez, has inevitably shown that he recognizes and shares this, entrusting us with the responsibility of coordinating the new spaces at the Maghetti district. In our opinion, USI has been able to distinguish itself from the traditional universities, providing a practical training tool that will accompany the theoretical one for all the students who will benefit from Il Litorale».
Where do you see yourself in five years from now? «Frankly, I would like to be exactly where I am now but with a few more wrinkles, more experience and even more people who can help us to realise new initiatives, projects and goals similar to those we intend to achieve now. I cannot imagine what the world will be like in five years’ time, but I certainly intend to seek constantly for professional contexts that can give me the opportunity to learn and grow by improving myself».
The co-working context in Ticino is in full bloom, do you see a risk of saturation? How is the USI initiative different from the rest of the crowd? «This is quite true, and I believe that it is in line with local policies that increasingly tend to relaunch Ticino 01
At the opening event of Il Litorale, to underscore the contamination between innovation, creativity and society, the technological creativity of SLUX, the startup born from an idea of young inventor Alessandro Pasquali, was showcased to the many visitors who attended. Alessandro showed the potential of transmitting and receiving devices with shortrange light he designed to allow non-experts to learn about this fascinating world. SLUX engages in the wireless transmission of information by light beams – as opposed to the common radio waves – with a wide range of applications, such as BioMed, Fintech, communication, entertainment, aerospace, audio, Smart Cities, security, military, automotive, indoor and underwater geolocation, and Internet of Things (IoT) markets. Alessandro, tell us about the motivations behind your invention and how you created SLUX, with which intents and objectives? «Since I was a child, I have always had a passion for science and experimentation, from building small radios to chemical reactions, and I have been involved in a number of experiments. Light in particular had a certain fascination that interested me. Therefore, I wanted to try to use it to
PRIMO PIANO / IL LITORALE
convey information. The experiments went on for many years, stemming from pure scientific passion and exploration. Once the efficiency of the systems was increased and I understood the practical applications that could be implemented, I created my own company, SLUX, to offer something new and beautiful in the world of telecommunications». What are the main hurdles a young inventor has to face when bringing his idea to the market? «That is a very interesting question. There are many difficulties to overcome, especially when you start from scratch. I have had many cases of people or investors, who, despite having in front of them working prototypes and the demonstration of connections 02
such as the one I performed across the Channel, did not fully understand the potential of the market or have been unable to address the many gaps that a structure like mine in this stage clearly had. Perhaps they wanted to see more of my entrepreneurial side as well as my inventor side». Can a creative mind be also a good entrepreneur? «I think a creative mind can certainly be an entrepreneur, because I think that creativity is an essential element of entrepreneurship. Certainly, there are also many types of entrepreneurs. However, I reckon it is too early to say whether a class of successful entrepreneurs-inventors already exists, or whether I can be considered one myself».
You have a significant number of patents to your invention (11 to date), covering most of the developed part of the planet. When do you see this technology become a standard in the telecoms market? «I think it is very difficult to answer to this, given the very large amount of variables not yet set, but I hope it will happen as soon as possible, for the overall advancement of people and technology. Just as the twentieth century was defined by the development of electronics, UNESCO has defined the current one as the century of photonics. In fact, many physical limits are increasingly difficult to overcome with current approaches, while light is a means that can enable a far-reaching change in the dynamics on which the telecommunications and information technology are based. A date or a certainty that this will happen is nevertheless beyond me. On my side, I can say that I am fully committed to provide this service to people».
01 Giorgia Pati at the opening event 02 The young inventor Alessandro Pasquali
Università della Svizzera italiana
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
www.swiss-venture-club.ch
Lo Swiss Venture Club si congratula con: Premio speciale
Orticola Bassi SA Christian Bassi, Direttore
Polydentia SA Claudia Schaffner Paffi, CEO
Agroval SA Ari Lombardi, CEO
Premio speciale Lifelike SA Andrea Laus, CEO
Partner d’Oro
2° Posto
3° Posto
Sponsor principali
Premio speciale Plastifil SA Martino Piccioli, Presidente CdA
Sponsor I nazionali
1° Posto
Belloli SA Alberto Belloli, Comproprietario
Media partner
DUE ALBUM SOLISTI DI SUCCESSO, UNA PARTECIPAZIONE ALLA FINALE DI EUROVISION SONG CONTEST CHE LO HA RESO FAMOSO E AMATO IN TUTTA LA SVIZZERA, UNA RARA CAPACITÀ DI COINVOLGERE IL PUBBLICO DURANTE I LIVE. SEBASTIANO PAÙ-LESSI, CANTANTE E COMPOSITORE, È L’UOMO CHE HA PORTATO SUL PALCO IL VIOLINO FOLK, CHE HA UNITO LE SONORITÀ CLASSICHE AL ROCK, AL POP E PERSINO AL METAL. QUI CI SPIEGA PERCHÉ QUESTO È IL MOMENTO PERFETTO PER SPERIMENTARE E CI REGALA QUALCHE ANTICIPAZIONE RIGUARDO AL SUO PROSSIMO ALBUM. DI MANUELA LOZZA
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
IL VIOLINO È SOLO L’INIZIO
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uando ha capito che la sua strada artistica avrebbe unito classica e rock? «È stata un’evoluzione naturale. Come tutti i violinisti, ho iniziato suonando musica classica, però intanto ascoltavo il rock, la musica cantautorale statunitense, e le due cose cominciavano a prendere una piega comune, nella mia testa. Ad un certo punto ho cominciato a sentire l’esigenza di sperimentare, di portare in vita questa fusione, scrivendo io stesso una musica che rappresentasse queste mie due anime. E non solo, perché anche il pop mi ha sempre affascinato. In realtà però, a pensarci, c’è stato un momento preciso in cui ho avuto una specie di folgorazione: avevo 16 anni e in quel periodo ascoltavo molto metal, era in generale un momento di sperimenta-
zione e alcuni musicisti di questa corrente avevano cominciato a usare il violino folk. In quel periodo io avevo una vera passione per un cd che ascoltavo quindi molto spesso, era dei Rhapsody of Fire, un gruppo nato negli anni ’90 e ancora oggi in attività. Sicuramente quell’ascolto mi diede l’input che aspettavo per iniziare il mio percorso». Come mai questa fusione ha incontrato l’immediato favore del pubblico? «Immagino proprio per la natura dei due elementi che lo compongono: il violino è uno strumento che parla direttamente al cuore, quasi tutti coloro che lo ascoltano descrivono un senso di immediata apertura, di subitaneo unirsi alla melodia, e il pop è per sua natura immediato, fortemente empatico e coinvolgente. In più questa unio-
PRIMO PIANO / SEBASTIANO PAÙ-LESSI
ne si presta molto bene al live, è estremante fruibile, richiama la partecipazione diretta del pubblico e questo di sicuro ne ha agevolato la diffusione». In effetti basta partecipare ad un concerto per capire quanto il pubblico sia felice di ascoltare la sua musica, ma quale è stata invece la reazione dei suoi colleghi, quando lei ha proposto di iniziare questa sperimentazione? «Suonavo il basso in una band e a un certo punto ho sentito la spinta a usare il violino in quello stesso contesto. Inizialmente si parlava di violino classico e quindi ci fu da parte dei colleghi naturalmente un po’ di diffidenza: passavo da uno strumento elettrico ad uno che non sembrava potesse adattarsi a quel tipo di sonorità. Anche io non sapevo con esattezza che effetto avrebbe avuto sul pubblico. Ma i miei compagni decisero di appoggiarmi e per fortuna le reazioni furono da subito positive e potemmo continuare su quella strada. Tra l’altro soltanto da poco ho acquistato un violino elettrico a 5 corde, altrimenti ho sempre usato il mio, ma in modo differente, suonando con accenti più vicini al folk. Senza volerne ovviamente dare un giudizio di merito, ma di certo il mio stile è riconoscibile».
qualitativo, con costi davvero accessibili rispetto ai tempi passati. E questo per me è un dato positivo: si può sperimentare con più leggerezza, meno timori, e arrivare a scoprire qualcosa a cui magari non saremmo arrivati se i costi e i tempi di produzione fossero stati molto più elevati. Quello che invece mi chiedo è se oggettivamente ci sia ancora qualcosa di completamente nuovo da sperimentare sul piano strumentale. Non possiamo ignorare, per esempio, che già negli anni 70, il rock d’avanguardia usava il violino».
Lei ha all’attivo due album solista, una partecipazione all’Eurovision Song Contest, che oltre a farla conoscere nel modo, l’ha portata a essere un’icona del talento ticinese, e un numero incredibile di live. Cosa ci regalerà in futuro? «Recentemente ho suonato con l’orchestra, portando la mia musica a un livello più sinfonico. Dall’inizio dell’anno, sto lavorando al nuovo album che, tanto per non smettere mai di mettersi in gioco, si muoverà su sonorità più elettroniche. Quindi dopo la scorpacciata di live degli ultimi mesi, vorrei dedicare l’estate e l’autunno al lavoro in studio. Il nuovo album dovrebbe uscire per la fine del 2019».
“Recentemente ho suonato con l’orchestra, portando la mia musica a un livello più sinfonico. Dall’inizio dell’anno, sto lavorando al nuovo album che, tanto per non smettere mai di mettersi in gioco, si muoverà su sonorità più elettroniche”
Con altri strumenti e altri ritmi, ma sono diversi i musicisti classici che stanno portando strumenti tradizionali a suonare per un pubblico molto più numeroso di quello delle sale da concerto. Che cosa ha di “giusto” il momento storico/artistico per permettere questa sperimentazione? «Sicuramente siamo in un periodo che, più di altri, premia la curiosità artistica. Ma grande tema è di certo l’evoluzione tecnologica. Oggi è possibile sperimentare ogni tipo di sonorità anche nel proprio studiolo casalingo, portando a termine mini produzioni anche estremamente solide dal punto di vista TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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PRIMO PIANO / MAURIZIO ROSSI
L’AVVENTURA È IL MIO MESTIERE PILOTA DI RALLY, GRANDE VIAGGIATORE, IDEATORE E REGISTA DI PROGRAMMI TELEVISIVI E TANTO ALTRO ANCORA, MAURIZIO ROSSI È CONOSCIUTO SOPRATTUTTO PER ESSERE ORMAI DA 30 ANNI L’INDISCUSSO “PATRON” E L’INSTANCABILE ANIMATORE DEL FORMAT DONNAVVENTURA.
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rent’anni costituiscono un traguardo di tutto rispetto… «In effetti siamo uno dei programmi più longevi di tutta la storia della televisione commerciale, in onda prima su RAI Uno e ITALIA Uno e poi su Retequattro. Era infatti il 1989 quando decidemmo di dare vita ad un format che ponesse al centro giovani donne impegnate e vivere e raccontare viaggi avventurosi in giro per il mondo. Un team affiatato e collaborativo, non un confronto ad eliminazione come tanti reality nati successivamente, dove le protagoniste raccontano l’ambiente, la natura, i Paesi e i popoli del mondo con uno sguardo attento ma con una visione sostanzialmente ottimista e positiva, alla ricerca della bellezza ma senza chiudere gli occhi davanti ai problemi che affliggono l’umanità». Come avete festeggiato i vostri primi trent’anni? «A marzo ci siamo ritrovati a La Thuile, in Valle d’Aosta, con molte partecipanti provenienti da tutta Italia e non solo. Le protagoniste delle diverse spedizioni si sono cimentate in giochi sulla neve, competizioni individuali e a squadre. Erano presenti anche partecipanti
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alla prima edizione di Donnavventura del 1989, superveterane e veterane». Chi è la ragazza ideal e protagonista di Donnavventura? «È una ragazza che sogna di viaggiare, pronta a vivere in tutti i sensi un’esperienza straordinaria, che va al di là della semplice percorrenza di spazi geografici. Curiosità, preparazione fisica, ottimismo ed adattabilità sono caratteristiche fondamentali necessarie per affrontare le numerose sfide proposte dalla spedizione, sia in termini logistici che di rapporti interpersonali. L’abilità nella guida è determinante perché si percorrono migliaia di chilometri lungo piste impegnative per rispettare il programma di viaggio e ritagliare i tempi necessari per le realizzazioni fotografiche e televisive». E da un punto di vista della personalità e del carattere?
«Deve essere fotogenica e telegenica, piacevole e simpatica, e deve possedere una certa disinvoltura di fronte ad una telecamera. Deve poter star lontana da casa per 100 giorni senza l’angoscia di dover contattare famiglia o fidanzato (sapendo comunque di poter essere rintracciata in qualsiasi momento in caso di bisogno). Dovendo vivere a stretto contatto in un team, deve saper accettare e rispettare le regole che strutturano la vita di gruppo. Deve essere consapevole che non si tratta di una vacanza bensì di un’esperienza “lavorativa” assai particolare: quella di vivere in prima persona i retroscena di una produzione televisiva, partecipando direttamente ed attivamente a quello che sarà il prodotto finale». Come viene costruito il programma? «Il programma viene studiato accuratamente e deliberatamente in modo da portare le ragazze per gradi ad affrontare difficoltà e ritmi sempre più inte-
PRIMO PIANO / MAURIZIO ROSSI
si, per poi ricompensarle sempre con la soddisfazione che scaturisce dal raggiungere mete straordinarie, luoghi splendidi ed incontaminati, offrendo loro l’opportunità unica e speciale di poter immortalare se stesse in un contesto fuori dall’ordinario. L’obiettivo è sempre quello di trasmettere le ricchezze acquisite durante il viaggio ad altri, tramite articoli, immagini e filmati. Quale “inviata speciale”, la nostra ragazza ideale dovrà possedere discrete doti giornalistiche ed essere quindi in grado di redigere un reportage, raccontando il viaggio nei particolari più interessanti e descrivendo le sue emozioni per trasmetterle con entusiasmo al pubblico». Quali sono i Paesi al mondo che avete visitato? «È più facile indicare i pochi Paesi che non abbiamo ancora percorso, tra cui la Cina e la Nuova Zelanda. Per il resto siamo stati praticamente ovunque, fino alle lande sperdute della Groenlandia.
Abbiamo viaggiato utilizzando i più svariati mezzi di traporto, soggiornato in ogni genere di alloggi più o meno di fortuna. Insomma, dalla grande metropoli al villaggio più isolate dell’Africa abbiamo raccontato come la gente vive, lavora, gioisce, si diverte o si adatta alle difficoltà della vita quotidiana». Donnavventura non è soltanto una trasmissione televisiva… «Negli anni abbiamo creato un vero e proprio “mondo Donnavventura” dove convivono e si integrano viaggi, programmi televisivi, comunicazione, eventi, merchandising ed altro ancora. Un progetto articolato e complesso che è cresciuto negli anni, incontrando il favore del pubblico e degli sponsor che ci sostengono, grazie probabilmente all’originalità della formula adottata ma soprattutto per la sua capacità di interpretare e raccontare quello che in fondo è il sogno di ogni giovane donna: viaggiare, scoprire e raccontare il mondo e gli altri, essere libera».
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GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
IL RITORNO DEGLI IMPERI A DISTANZA DI CENTO ANNI DALLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE, SEMBRA DI ESSERE TORNATI AI PIEDI DELLA SCALA. COME SE NON AVESSIMO CAPITO E METABOLIZZATO COSA HANNO RAPPRESENTATO LA FINE DEGLI IMPERI, LA GRANDE GUERRA E IL SUO SEGUITO DI BARBARIE CHE HANNO FATTO PIÙ DI CINQUANTA MILIONI DI MORTI NELLO SPAZIO DI POCHI DECENNI. DI MORENO BERNASCONI
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on solo i totalitarismi e i nazionalismi perdurano ed hanno il vento in poppa, ma gli imperi e i conflitti fra imperi - lungi dall’essere finiti - sono riapparsi più forti che mai da sotto il manto falsamente tranquillizzante di una cooperazione regolata fra Stati che la nascita e lo sviluppo delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni economiche internazionali avevano contribuito a disegnare dopo il secondo conflitto mondiale e che il boom economico e tecnologico e la globalizzazione degli scambi commerciali sembravano confermare nella percezione comune. In realtà, oggi come oggi gli imperi sono senza dubbio più forti, attrezzati e temibili di quanto non fossero le fiacche corti di Vienna, San Pietroburgo o Costantinopoli, andate disfacendosi sotto le spallate dei bolscevichi o dei Giovani turchi di Mustafà Kemal. I nodi del Ventesimo se-
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colo che avevano spinto lo storico Eric Hobsbawm a definirlo “Il secolo breve” (facendolo iniziare nel 1914 in concomitanza con la fine degli Imperi e decretandone troppo frettolosamente la fine in concomitanza con la caduta del muro di Berlino e la disgregazione dell’URSS) ritornano al pettine con le loro domande aperte, in un contesto che ormai ha come teatro il mondo intero dominato dalle superpotenze che oggi dettano legge e come armi una tecnologia con una pervasività e una forza d’urto senza precedenti nella storia dell’umanità. Consideriamo per sommi capi il quadro attuale. La Russia di Vladimir Putin - in sella da vent’anni - sta progressivamente riannettendo (con l’uso della forza) i Paesi dell’Europa orientale che facevano parte del grande Impero sovietico fino al Pacifico, spingendosi verso il Medio Oriente e il Mediterraneo e stabilendo rapporti strategici ed economici con la Super-
GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
potenza cinese di Xi JinPing, India, Giappone, Iran e Turchia. Forte delle grandi risorse energetiche di cui dispone, dei gasdotti che sta progettando con i principali partner dell’area euroasiatica, nonché della macchina informatica e di disinformazione dei suoi servizi, il suo obiettivo è diventare il leader di riferimento di una Grande Eurasia. Quanto al presidente turco Recep Erdogan, il suo intento neanche troppo velato è ricostruire l’Impero Ottomano diventandone il nuovo Sultano. La concentrazione di potere che è riuscito ad attuare negli ultimi anni (grazie ad una repressione cruenta e sistematica degli oppositori) e che la nuova Costituzione sancisce, gli permetterebbe di rimanere al timone fino al 2030. Inoltre, dalla cosiddetta primavera araba in poi, Istanbul finanzia l’Islam radicale in modo sistematico in Siria, Iraq, Libia, Sudan, Somalia… sviluppando un progetto di neocolonialismo ottomano che va dal Medioriente e l’Africa ai Balcani e infiltra anche le comunità islamiche europee, segnatamente tedesche. Quanto a concentrazione del potere e alla macchina organizzativa e tecnologica pervasiva volta a preservarlo, annichilendo ogni forma di opposizione, il leader cinese Xi Jinping è oggi certamente l’imperatore più potente al mondo. Anche se storicamente la Cina non è un Paese espansionista e imperialista, la presenza economico-commerciale cinese in Africa e in Asia da un paio di decenni non avrà i tratti del colonialismo ottocentesco, ma economicamente risulta essere - nei fatti - coloniale e imperiale. E non è un caso che la crescente e massiccia presenza economica cinese in aziende europee e in settori tecnologici mondialmente strategici nonché il megaprogetto di Nuova Via della seta (in senso inverso a quella del passato) susciti interrogativi e preoccupazioni. Per finire, che l’America - con le sue 700 basi militari disseminate nel mondo e con
la NATO al suo servizio e con una moneta che resta di riferimento nel mondo per settori economici strategici - fosse e rimanga una potenza imperiale è un fatto. E il progetto di rilancio della sua grandezza a livello mondiale su cui Donald Trump ha basato la propria campagna e le strategie economiche e militari nei confronti delle altre potenze è l’ennesima conferma di un nuovo quadro geopolitico mondiale che ha visto un riarmo e una ridefinizione degli equilibri mondiali fra imperi che possono contare su una enorme concentrazione del potere nelle mani dello Stato e dei nuovi sovrani che lo incarnano, nonché su nuovi formidabili mezzi per preservarlo, per controllare capillarmente i cittadini e rintuzzarne l’anelito di libertà e/o democrazia laddove la ragion di Stato lo richiede. In questo contesto, un’Unione europea incompiuta e tentennante, che perde pezzi e che oscilla fra la tentazione di rafforzare la concentrazione del potere statale unitario e la preservazione federale delle prerogative dei Paesi membri in forza del principio di sussidiarietà (e per di più destabilizzata da una politica transatlantica americana totalmente inaffidabile) rischia di fare la fine del vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. In tutto questo, le Nazioni Unite cosa fanno? Purtroppo, la nuova configurazione del contesto geopolitico qui descritta sommariamente è andata imponendosi malgrado l’ONU e il suo Consiglio di sicurezza, prigioniero della burocrazia e di rapporti di forza interni e dei suoi meccanismi di funzionamento (e veti incrociati) attuali. Spiace constatare che la capacità di incidenza dell’ONU (strumento unico e imprescindibile che la comunità internazionale si è data per uscire dalla barbarie del Ventesimo secolo), nella sua attuale forma e modalità di azione si riveli purtroppo assai ridotta e spesso esso risulti impotente. A fortiori mentre un nuovo e incontrol-
labile terrorismo di matrice islamica infierisce su Paesi, popoli e inermi cittadini destabilizzando ulteriormente gli equilibri internazionali. Quanto tratteggiato spinge a credere che il Novecento non sia stato un secolo breve, ma che esso tenda piuttosto a prolungarsi nel secolo Ventunesimo. Se pensiamo alle premesse che hanno giustificato la Grande Guerra o che hanno sorretto le ideologie totalitarie - ovvero una concentrazione smisurata di potere nelle mani di Stati, di un partito unico e di un autocrate abbinata a nuovi mezzi tecnologici micidiali e apparati invasivi di propaganda e manipolazione - c’è motivo di urgente riflessione sui mezzi più adeguati per limitare sistematicamente il potere e diffonderlo il più possibile democraticamente anziché approfondire lo iato crescente fra classi dirigenti e cittadini, ceti abbienti e ceti meno abbienti, nonché ai modi più opportuni per garantire una vera libertà di espressione.
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LAC / MASI
GERTSCH/ GAUGUIN/ MUNCH CUT IN WOOD
È
un fatto abbastanza raro che un artista sia al tempo stesso il protagonista e il curatore di una mostra a lui dedicata. Tuttavia, questa opportunità è stata offerta dal MASI a Franz Gertsch - ormai quasi novantenne - che con entusiasmo ha accettato l’idea di dare vita, insieme a Tobia Bezzola, a una proposta sorprendente: un incontro spet-
02 Franz Gertsch Natascha IV 1988 Collezione privata, Courtesy Galleri K, Oslo © Franz Gertsch Ph: Dominique Uldry
tacolare tra la sua magistrale opera xilografica e le incisioni su legno di due artisti che per lui sono molto più che rivoluzionari pionieri di questa tecnica. La mostra Gertsch - Gauguin - Munch. Cut in Wood accosta infatti nove delle sue xilografie monumentali, realizzate tra il 1988 e il 2017, a incisioni di Paul Gauguin e di Edvard Munch selezionate dallo stesso Franz Gertsch. Fra questi tre artisti vi sono profonde affinità, che vanno ben oltre le somiglianze nella padronanza magistrale della tecnica xilografica e nel suo ulteriore sviluppo. L’intreccio di malinconia ed eros, la visione mistica del paesaggio e il senso di solitudine ed estraneità dell’artista nella società e nella natura sono i tre motivi principali in cui questi tre grandi maestri della xilografia dispiegano numerosi paralleli atmosferici e associativi. Una mostra di Franz Gertsch costituisce sempre un evento anche perché le sue opere, per essere portate a termine, richiedono un tempo molto lungo, e quindi la loro circolazione è estremamente contenuta. Ciò che accomuna ogni fase della produzione di Gertsch è la sua tecnica meticolosa e il trattamento accurato del soggetto, con un approccio che affonda le proprie radici nei saperi della scuola rinascimentale. Il suo magistrale uso della xilografia – l’incisione di tavole lignee che vengono poi impiegate per riprodurre il soggetto su carta – attira l’attenzione di coloro che conoscono il percorso artistico di Gertsch. Egli reinventa questa tecnica.
03 Franz Gertsch Maria 2001 Collezione dell’artista © Franz Gertsch Ph: Dominique Uldry
04 Franz Gertsch Rüschegg 1989 Collezione privata, Courtesy Galleri K, Oslo © Franz Gertsch Ph: Dominique Uldry
Sopra Paul Gauguin Donne al fiume (AUTI TE PAPE) 1893-1894 Collezione privata, Courtesy Galleri K, Oslo Ph: © Reto Rodolfo Pedrini 01 Edvard Munch Il bacio IV 1902 Collezione privata, Courtesy Galleri K, Oslo Ph: © Reto Rodolfo Pedrini
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DAL 13 MAGGIO AL 22 SETTEMBRE 2019, IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA RENDE OMAGGIO ALLA STRAORDINARIA CARRIERA DI UNO DEI PIÙ SIGNIFICATIVI ARTISTI CONTEMPORANEI SVIZZERI. 01
Usa la xilografia in maniera monocroma, con dimensioni fuori dalla media e con tecnica iperrealista, definendone quindi una versione del tutto nuova e mai sperimentata prima. I materiali sono scelti con la massima attenzione, il colore desiderato è ottenuto direttamente dai pigmenti, proprio come si faceva in passato, e le carte per la stampa sono scelte dalla produzione artigianale giapponese. Lo stesso Franz Gertsch così spiega la tecnica utilizzata «Dopo aver dipinto – fra il 1980 e il 1984 – sei ritratti di donne che presentavano una forte presenza vitale, ho sentito la necessità di schermare i volti attraverso una nuova tecnica. Ho scelto allora il medium meno appropriato, la xilografia, per ottenere una transizione graduale dal chiaro allo scuro. Per fare ciò ho dovuto reinventare la xilografia. Dopo molti tentativi, ho trovato la soluzione: intagliare, per mezzo di una sgorbia, la tavola lignea dipinta di blu scuro. Dopo molti mesi, i punti luminosi, proprio come stelle in cielo, hanno determinato un disegno fatto di luce, rappresentante il volto dell’inverno. Ho realizzato così un antico sogno: unire un’immagine realistica ed uno spazio monocromo».
LAC / MASI 02
CHI È FRANZ GERTSCH Nasce l’8 marzo 1930 a Mörigen nel canton Berna. Dopo pochi anni la famiglia si trasferisce a Berna, dove il giovane Gertsch ha modo di visitare il Kunstmuseum e frequentare la biblioteca del padre rendendosi molto presto conto di volersi dedicare all’arte. Tra il 1947 e il 1950 frequenta la scuola d’arte di Max von Mühlenen a Berna, città dove tiene la sua prima mostra personale. In questi anni oltre a numerosi dipinti realizza anche le sue prime xilografie Tra il 1950 e il 1952 approfondisce lo studio delle tecniche pittoriche presso l’atelier di Hans Schwarzenbach. Intorno alla metà degli anni ’60 è tra i fondatori del luogo di ritrovo e discussione Junkere 37 che sarà immortalato in uno dei suoi primi dipinti realisti. Qualche anno dopo decide di abbandonare i linguaggi pittorici sperimentati sino ad ora per dedicarsi a un’arte di tipo
realista. Questo proposito trova espressione in dipinti realizzati a partire da diapositive. Per Gertsch l’immagine fotografica rappresenta la possibilità di adottare uno sguardo neutrale come punto di partenza per le sue opere. Nel 1972 partecipa alla Documenta 5 di Kassel e due anni dopo ottiene una residenza artistica a Berlino. Dal 1976 la famiglia Gertsch si stabilisce in una vecchia fattoria a Rüschegg, nel canton Berna, dove l’artista risiede tutt’oggi insieme alla moglie Maria. Tra il 1980 e il 1985 l’artista si dedica a una serie di ritratti monumentali che prende avvio con un autoritratto. Durante la realizzazione di questi dipinti Gertsch rimette in discussione le sue scelte artistiche e decide di sospendere l’attività pittorica per concentrarsi sulla creazione di xilografie di grande formato, ed elabora una tecnica rivoluzionaria che consiste nella creazione dell’immagine attraverso una costellazione di minuscoli punti incisi sulla superficie della matrice. Gertsch riprende a dipingere nel 1994 concentrandosi per dieci anni sulla realizzazione di motivi vegetali e ritratti. Nel 1997 riceve il premio d’arte Kaiserring della città di Goslar e due anni dopo partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia. Nel 2002 viene inaugurato a Burgdorf nel canton Berna il Museum Franz Gertsch dedicato alla presentazione della sua opera. Tra il 2007 e il 2011 si concentra sulla realizzazione di quattro tele monumentali dedicate al ciclo delle stagioni e nei due anni successivi dipinge il trittico Guadeloupe. Dal 2014 ad oggi l’artista alterna la produzione di dipinti e xilografie dedicati ai motivi esplorati nel corso della sua carriera: vedute della natura, motivi vegetali, scene di famiglia e ritratti. 04
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LAC / COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI
NATURE IS WHAT WE SEE SINO AL 16 GIUGNO 2019 SARÀ APERTA LA COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI CON UNA SELEZIONE DI OPERE DEDICATE ALLA NATURA E ALLE SUE MOLTEPLICI MANIFESTAZIONI NELL’ARTE CONTEMPORANEA.
Giancarlo e Danna Olgiati Ph: © Claudio Bader
L
a riapertura primaverile della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati è avvenuta nel segno di una specifica attenzione nei confronti di quella natura che storicamente costituisce un riferimento costante per tutta la storia dell’arte. “Nature is what we see” presenta infatti, in un nuovo allestimento, una selezione di opere di grandi maestri e giovani artisti affermati su scala internazionale messi in dialogo tra di loro. Ne fanno parte recenti acquisizioni e opere mai esposte prima di oltre trenta artisti tutte pertinenti al mondo della natura: basterà citare alcuni nomi di rilievo come Harold Ancart, Tauba Auerbach, Vincenzo Agnetti, Nairy Baghramian, Roberto Cuoghi, Enrico David, Michael Dean, Günther Förg, Pino Pascali, Alessandro Piangiamore, Markus Raetz, Ugo Rondinone, Remo Salvadori, Garth Weiser e Christopher Wool. Ad aprire l’esposizione è l’opera Alfabeti dell’artista italiano Remo Salvadori, che rappresenta una metamorfosi alchemica: i setti metalli - piombo, stagno, ferro, rame, mercurio, argento, oro - sono forgiati per cambiare la natura e il modo di manifestarsi. Segue uno straordinario lavoro di Harold Ancart, raffigurante un iceberg dipinto in risposta alle estreme condizioni climatiche invernali che hanno interessato New York, la città dove vive e lavora. Accanto ad Ancart sono esposti, tra gli altri, due dipinti geometrici, astratti e dai forti contrasti cromatici di Günther Förg, in cui l’artista ricompone il motivo naturale tramite segni colorati; e l’opera Tusche, una foresta in negativo dell’artista svizzero Ugo Rondinone, in dialogo con due sue sculture totemiche della serie Mountains (Blue Yellow Red Mountain e Black White Green
Mountain) poste al centro della sala. L’artista elvetico prende spunto dalle guglie naturali comuni in alcune zone desertiche e dall’arte meditativa del bilanciamento delle pietre. L’allestimento prosegue con due opere di artisti italiani, Roberto Cuoghi ed Enrico David, protagonisti, rispettivamente della scorsa (2017) e della prossima edizione (2019) del Padiglione Italia alla Biennale d’Arte di Venezia. Il loro lavoro viene accostato all’opera fragile e poetica dell’artista di origine iraniana Nairy Baghramian che esplora la forma scultorea, utilizzando figure e motivi tratti da fonti molteplici, dal design alla fisiologia. Seguono alcuni rappresentanti dell’Arte Povera, che si distinguono per l’impiego di materiali “poveri” naturali, organici e industriali come legno, foglie, marmo, lastre di ferro, sacchi di juta, plastiche: Giuseppe Penone, Jannis Kounellis, Gilberto Zorio e Pino Pascali. Insieme a questo corpo di lavori, nella grande sala sono esposti Photo-graffia di Vincenzo Agnetti, l’opera Ieri ikebana 070820162 di Alessandro Piangiamore, e Maschera di terra di Jean Dubuffet, per cui “tutto è paesaggio”. L’ultima sala ospita, oltre a uno splendido lavoro di Christopher Wool, oggi tra gli artisti contemporanei più noti su scala internazionale, il trittico fotografico Still Water di Roni Horn e l’incisione Wellen di Markus Reatz, in
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LAC / COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI 02
03 01 Harold Ancart Untitled (Iceberg) 2018 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati © 2019 Prolitteris, Zurich 02 Roberto Cuoghi SS(LXXXXIXP) 2018 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati 03 Gunther Förg Untitled 2007 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati © Estate Günther Förg, Suisse/ 2019, ProLitteris, Zurich
cui l’acqua è assoluta protagonista. In Still Water, le immagini del fiume Tamigi sono accompagnate da alcuni testi posti in calce: storie, racconti e citazioni letterarie alternate a invenzioni dell’artista cercano di decifrare l’inafferrabile essenza dell’acqua. Versi e frasi, in questo caso di Emily Dickinson, tornano nel lavoro When Dickinson Shut her eyes: No. 562 Conjecturing a Climate di Horn e fungono da ispirazione per il titolo “Nature is what we see”, tratto da un’altra poesia della poetessa americana.
04 Markus Raetz Schleifenschleufe 1966 ed. 2013 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati © 2019 Prolitteris, Zurich 05 Christopher Wool Untitled 2006 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
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06 Ugo Rondinone Black white green mountain 2018 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
A COLLECTION IN PROGRESS NATURE IS WHAT WE SEE 29.03 – 16.06.2019 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati Lungolago Riva Caccia 1 CH-6900 Lugano T. +41 58 866 42 40 T. +41 91 921 46 32 info.menouno@lugano.ch www.collezioneolgiati.ch Orari Ve – Do: 11.00 – 18.00 Ingresso gratuito 05
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IMPRESSIONI DI REALTÀ 01
IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE UFFICIALE DELLA NUOVA STAGIONE DI PROSA E DI DANZA DEL LAC IMPRESSIONI DI REALTÀ DI CUI CARMELO RIFICI È DIRETTORE ARTISTICO, UN’INTERVISTA CON IL REGISTA SUL MACBETH, LE COSE NASCOSTE, RILETTURA DELLA TRAGEDIA SHAKESPEARIANA CHE PORTA LA SUA FIRMA E CHE DEBUTTERÀ GIOVEDÌ 9 GENNAIO 2020 SUL PALCOSCENICO DEL LAC. DOPO LUGANO LO SPETTACOLO AFFRONTERÀ UNA TOURNÉE CHE TOCCHERÀ LE PRINCIPALI PIAZZE ITALIANE.
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el corso della sua carriera registica, lei ha affrontato Shakespeare una sola volta dirigendo Giulio Cesare prodotto dal Piccolo Teatro di Milano (2012). A distanza di quasi dieci anni torna a Shakespeare per questo allestimento che debutterà a Lugano nel gennaio 2020. Ci può spiegare il percorso che l’ha portata a maturare questa scelta? «Tra il Giulio Cesare e questo Macbeth, le cose nascoste ci saranno delle differenze enormi. Prima di tutto il Macbeth è una riscrittura, mentre lo spettacolo al Piccolo affrontava direttamente il dramma shakespeariano. Ricordo Giulio Cesare con grande affetto, ma anche con lo sguardo di chi sa di avere commesso molti errori d’interpretazione. Era un ottimo spettacolo, che ebbe un grande successo di pubblico, ma di cui non avevo afferrato il concetto che stava alla base della tragedia: il disordine generato dalla crisi
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del capo carismatico. Avevo intuito alcuni importanti nuclei tematici come il capro espiatorio e l’invidia mimetica; per il resto c’era troppa costruzione formale, troppa regia. In questo Macbeth non esiste la possibilità di quest’errore, caso mai la critica che mi potranno fare sarà quella di non essermi affidato totalmente alle parole di Shakespeare, di per sé sufficienti a raccontare tutto. La mia ricerca però non sta più lì, il testo classico preso nella sua interezza non mi attrae molto in questa fase della mia vita di regista. Dopo Ifigenia, liberata non penso di potere tornare indietro, sono quindi pronto a subire eventuali critiche alla filologia del progetto. Il Macbeth, come per Ifigenia, liberata, ha un sottotitolo: le cose nascoste. Questo è il motivo del lavoro, andare alla ricerca, grazie ai testi classici, dei meccanismi umani sepolti nella letteratura. Shakespeare ha avuto un dono e un intuito sorprendenti, il suo è un teatro antropologico e misterico.
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Le parole ci aprono a possibilità inaspettate. Non servono tutte le parole, credo sia importante trovare quelle giuste. Sarebbe però inesatto non sottolineare che questo approdo è maturato proprio grazie ai vari tentativi di ricerca che faccio risalire esattamente al Giulio Cesare. Forse è interessante sapere che quel testo fu una seconda scelta, all’inizio doveva essere realizzato il Macbeth, ma per problemi con il teatro si optò per questa seconda opzione. Nel mio percorso shakespeariano vanno però annoverati una riscrittura de Il mercante di Venezia a Parma e l’esperienza da me maturata come assistente alla regia degli spettacoli elisabettiani di Luca Ronconi, un grande apprendistato». Firma la drammaturgia del progetto insieme ad Angela Demattè, - autrice che accompagna il suo lavoro da anni - mentre a Simona Gonella è affidato il ruolo di dramaturg. Ci spiega il motivo di questa distinzione? «Angela Demattè è assolutamente la mia drammaturga di riferimento, ci capiamo al volo, abbiamo fatto insieme spettacoli importanti come Ifigenia, libe-
rata e Avevo un bel pallone rosso. È un’autrice profonda e inquieta. Da qualche anno scriviamo a quattro mani. Siamo consapevoli del fatto che sia un metodo poco ortodosso e pieno di trappole ma ci piace, ci stimola; io propongo un tema, una serie di testi, e si inizia lo studio e gli approfondimenti. Poi cominciamo a scrivere separatamente, ci confrontiamo, discutiamo, Angela affina, pulisce; io creo caos e di-
sordine, lei è lucida e umana. In questo caso abbiamo chiesto alla dramaturg Simona Gonella di aiutarci nel progetto di scrittura. Il dramaturg semplicemente è un avvocato del diavolo, mette in discussione le scelte del regista e del drammaturgo finché non arrivano a una concreta coerenza. Il dramaturg porta l’aspetto critico che spesso il regista dimentica, perché ha paura di mettere in discussione le sue scelte. Mi sembra un modello di lavoro, almeno per Macbeth, ideale». Prosegue la sua indagine sull’inconscio avviata con Ifigenia, liberata. Qui lei affronta il tema del suo progetto avvalendosi della consulenza di uno psicanalista e di una psicoterapeuta: ci spiega il motivo di questa scelta? In che modo avete lavorato? «In Ifigenia, liberata abbiamo usato la filosofia come strumento di lettura della tragedia, per Macbeth serviva uno strumento molto legato all’analisi dell’archetipo. La psicanalisi junghiana era perfetta allo scopo. Giuseppe (Lombardi ndr) e Luciana (Vigato ndr) sono stati compagni di viaggio fantastici, ci hanno spalancato le porte a mondi e sensazioni di rara emozio-
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ne, con loro abbiamo fatto un viaggio all’interno dell’anima degli attori, insieme a loro abbiamo indagato che cosa, ancora oggi, un testo di tale intensità susciti negli attori, quanta materia inconscia tira fuori. Il progetto prevede tre parti: la prima consiste in un’analisi degli attori coinvolti nello spettacolo; dai loro lati “nascosti” si passerà al lavoro sui personaggi. Macbeth vuole scoprire che cosa c’è oltre le cose conosciute, vuole distruggere il senso delle cose, prima di poterlo lasciarglielo fare era importante entrare nell’universo privato dell’attore. La terza parte sarà invece legata al mondo infero delle streghe, Ecate, il mare nero nel quale nuota inconsapevolmente la collettività, la comunità degli uomini. Il mare nero ci spaventa e ci seduce, senza però la sapienza antica delle streghe saremo persi, saremo uomini senza inconscio: un’ipotesi di futuro terribile che speriamo di non vedere mai. Questo lavoro su Macbeth ci pare necessario per mettere il pubblico nuovamente in contatto con le proprie paure, con la morte, rimetterlo in sintonia con il senso del tempo. Il tempo è destino e fatica, il tempo fa paura ma porta conoscenza, è il custode della conoscenza passata, presente e futura. Oggi l’uomo non ha tempo, e mentre trova ogni espediente tecnologico per allontanarsi dalla fatica del vivere, sembra sempre più schiavo dell’assenza di tempo. Questa è una tragedia. Macbeth fa lo stesso, cerca di sospendere il tempo. Sapete chi fa questo? Il bambino, quando gioca sospende il tempo. Gli adulti però hanno altre responsabilità, ma quando una società rifiuta la responsabilità e il rapporto con le paure sprofonda in un infantilismo pericoloso. Le streghe, accompagnatrici dell’uomo e filatrici di destino, sono sempre lì a ricordarcelo».
07 01 / 07 Gabbiano Carmelo Rifici Ph: © Thinking Monkey Digital Art 02 / 03 Allestimento di Macbeth, le cose nascoste Carmelo Rifici 04 Carmelo Rifici Ph: © LAC Lugano 05 / 06 Ifigenia, liberata Carmelo Rifici Ph: © Masiar Pasquali
TUTTI GLI APPUNTAMENTI Gio 09.01.2020 ore 20.30 Ve 10.01.2020 ore 20.30 Sala Teatro Macbeth, le cose nascoste da William Shakespeare Progetto e regia Carmelo Rifici Drammaturgia Angela Demattè e Carmelo Rifici Dramaturg Simona Gonella Équipe scientifica Dottore Psicoanalista Giuseppe Lombardi e Dottoressa Psicoanalista Luciana Vigato Con Alessandro Bandini, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Christian La Rosa, Maria Pilar Pérez Aspa, Elena Rivoltini, Giulia Vecchio Scene Paolo Di Benedetto Costumi Margherita Baldoni Musiche Zeno Gabaglio Produzione LAC Lugano Arte e Cultura In coproduzione con Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione Sponsor di produzione e coproduzione Clinica Luganese Moncucco Tutti i titoli e le proposte della stagione 19/20 sono consultabili sul sito luganolac.ch.
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La forza del carattere. Il nuovo GLE. Più intelligente, più accurato e più attento che mai, il nuovo GLE convince in tutto e per tutto. Venite nel nostro showroom per una prova su strada del primo SUV dotato del rivoluzionario sistema multimediale MBUX. Un’interfaccia con cui interagire mediante un sistema di comando vocale e touchscreen, che ad ogni viaggio impara qualcosa di più sulle vostre abitudini e preferenze.
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LAC / RASSEGNA EN PLEIN AIR
SUONI E COLORI DAL MONDO LA SECONDA EDIZIONE DELLA RASSEGNA LAC EN PLEIN AIR SI COMPONE DI CINQUE DOPPI APPUNTAMENTI MUSICALI GRATUITI CHE MESCOLANO IL JAZZ CON LA MUSICA DEL MONDO. LE PROPOSTE SI ALTERNANO SUL PALCO IN PIAZZA LUINI OGNI VENERDÌ E SABATO SERA DAL 12 LUGLIO AL 10 AGOSTO, SEGUENDO UN TREND DI RECENTE E CRESCENTE ESPANSIONE DELLA NUOVA SCENA MUSICALE INTERNAZIONALE.
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iovani talentuosi artisti e formazioni esclusive di origini e culture diverse porteranno a Lugano i suoni della loro terra uniti al jazz con stile innovativo. Compiendo un giro del mondo in solo dieci serate, LAC en plein air ospita artisti provenienti da Italia, Spagna, Francia, Svezia, Estonia, Stati Uniti, La Réunion, Togo, Etiopia, Senegal, Mali, e Madagascar; che regolarmente calcano le scene dei teatri e dei festival internazionali di riferimento. La rassegna si apre sulle sonorità blues dell’Oceano Indiano: venerdì 12 luglio saliranno sul palco i giovani componenti del gruppo Saodaj proveniente dalla piccola isola La Réunion, mentre sabato 13 si esibirà il trio magalascio Toko Telo. Il fine settimana successivo è caratterizzato dal jazz veloce del Ma-
re Baltico di Nils Berg, al LAC venerdì 19 luglio con il progetto Cinemascope, e degli Estonian Voices in scena il 20. Ospite del terzo doppio appuntamento è il talentuoso musicista spagnolo Marco Mezquida, dapprima assieme al chitarrista Juan Gómez “Chicuelo” venerdì 26 luglio e poi in un personale viaggio intorno al repertorio di Maurice Ravel sabato 27. Le voci primordiali di Arsene Duevi e dei San Salvador risuoneranno in Piazza Luini rispettivamente venerdì 2 e sabato 3 agosto. Il viaggio musicale giunge a termine con due appuntamenti di Afro Jazz capaci di mescolare Italia, USA e Etiopia, nelle esibizioni di uno dei gruppi di punta della scena etiope: Qwanqwa, sul palco venerdì 9 agosto, e del trio Favata – Mirra – Kouatè sabato 10 agosto. Cura la rassegna LAC en plein air per il
centro culturale, Saul Beretta (1971): inventore musicale, direttore creativo dell’associazione Musicamorfosi, autore di testi e musica, produttore artistico, autore radiofonico, promotore e agitatore di insolite iniziative musicali. I suoi creativi progetti musicali sono stati commissionati o ospitati dai più importanti teatri italiani. Ha collaborato con la Società del Quartetto di Milano e Vicenza, l’Orchestra Giuseppe Verdi, il festival Milano Musica e il Teatro Alla Scala. Inoltre, è direttore creativo di diversi festival. Dal 2017 assiste la direzione del LAC in progetti speciali di jazz e world music. Saul Beretta spera “di continuare a portare alla luce nuovi progetti musicali e un giorno, finalmente di giocare a scacchi con John Cage.”
LA BELLEZZA DI UN SUONO CHE NON TI ASPETTI Tutto il fascino della rassegna nelle parole di Saul Beretta Quali sono i punti di forza della nuova edizione di LAC en plein air? «Dopo il successo della prima edizione, che ruotava attorno alla figura del poliedrico musicista Giovanni Falzone, assieme alla direzione del LAC ci siamo posti una serie di domande: “Dove va il jazz?”; “quali sono le nuove fonti da cui si abbevera, cresce e continua a tenere in vita la sua linfa vitale?”; “dove va la musica, quando l’invenzione cer-
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ca di andare di pari passo con la tradizione e di trovare radici capaci di proiettarsi nel futuro?”; “dove andiamo per scoprire e ascoltare nuovi suoni in grado di farci sobbalzare sulla sedia?” Le risposte trovano forma nella nuova rassegna: LAC en plein air sarà, infatti, un “luogo” di scoperta, dove il conosciuto si mescola con lo sconosciuto, dove un sapore antico incontra uno nuovo, dove il jazz si coniuga con la musica dal mondo».
LAC / RASSEGNA EN PLEIN AIR
Quali sono le principali proposte musicali che sarà possibile ascoltare? «L’offerta musicale di LAC en plein air ruota attorno al jazz e alla world music, seguendo o forse anticipando un trend in recente e crescente espansione della nuova scena globale. I protagonisti sono giovani talentuosi artisti e formazioni esclusive, che amo definire esploratori ed esploratrici di suoni con i piedi piantati per terra per sentire il profumo delle proprie radici e le antenne in mano per captare le novità della scena musicale attuale. Alcuni di loro erano perfetti sconosciuti e ora stanno facendo carriere eccezionali, come ad esempio i San Salvador, vera e propria rivelazione all’ultimo Womex a Gran Canaria; altri come il talento delle Baleari Marco Mezquida, protagonista a JazzAhead 2017 di uno showcase di grande successo che ha accelerato la sua carriera portandolo sui palchi di mezzo mondo.». Possiamo accennare alle più interessanti novità in programma? «Durante le cinque doppie serate, scopriremo lo tsapiky del Madagascar e il maloya, vero e proprio blues ipnotico proveniente da La Réunion, piccola isola nel cuore dell’Oceano Indiano, recentemente dichiarato patrimonio immate-
riale dell’Unesco. Ci lasceremo travolgere dai ritmi veloci del Baltico, caratterizzati da suoni e voci tutt’altro che gelide, per poi avvicinarci a casa, alle sonorità intense del mediterraneo, con i ritmi calienti del flamenco. Alcune straordinarie voci primordiali ci porteranno infine a oscillare tra le danze occitane, i rituali sciamanici dell’africa occidentale e i ritmi estatici della nuova scena jazz etiope. Qualcuno a tale proposito ricorderà la conversazione nel film La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino “Bello questo jazz, vero?” “Mica tanto. L’unica scena jazz interessante, oggi, è quella etiope!”». Un vero e proprio giro del mondo in musica… «Andremo su e giù per il mondo, portando a Lugano i ritmi tradizionali di tante parti del pianeta diventati oggi il materiale di nuove invenzioni. In Piazza Luini risuonerà la musica, quella vera, quella forte, che si dimostra ancora una volta lontana, sempre più lontana dai ritmi prefabbricati dei supermercati e dell’industria, e ancora più vicina, sempre più vicina all’artigianato ingegnoso e creativo che mescola, si nutre di incontri e forgia nuovi suoni e nuovi standard su cui costruire immaginari e sogni».
IL BLUES DELL’OCEANO INDIANO Ve 12.07 | ore 21:00 | Piazza Luini SAODAJ (La Réunion, Francia) I Saodaj sono cinque giovani artisti che arrivano dalla piccola isola de La Réunion, dipartimento d’oltremare francese a est del Madagascar e a 200 km da Mauritius; luogo d’incontro e scontro di schiavi africani, colonialisti, indiani e cinesi. La formazione reinterpreta, cantando in creolo il maloya, genere musicale locale che dal 2009 è patrimonio dell’Umanità per l’originalità e la potenza espressiva.
Ph: © Musicastrada
Ph: © Melanie Morand
TUTTI GLI APPUNTAMENTI IN PIAZZA
Sa 13.07 | ore | Piazza Luini TOKO TELO (Madagascar) Il suono dei Toko Telo è un mix folgorante di composizioni originali ispirate ai ritmi del Madagascar meridionale, regione dalla quale provengono i tre membri del gruppo: Monika Njava, la voce soul, diva nazionale e internazionale sin dagli anni Novanta; D’Gary, il chitarrista malgascio più famoso con numerosi album solisti e collaborazioni internazionali a suo nome; Joël Rabesolo, il rappresentante della nuova generazione di musicisti dell’isola.
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FLAMENCO Y BOLERO Ve 26.07 | ore 21:00 | Piazza Luini CHICUELO & MEZQUIDA (Spagna) Uno dei più sensazionali chitarristi di flamenco, Juan Gómez “Chicuelo”, incontra il pianoforte di Marco Mezquida, giovanissima stella del firmamento pianistico internazionale. Il risultato è una perfetta “Conexion” tra jazz e flamenco, che sta riscuotendo incredibili successi in tutto il mondo.
Ph:© Mireia Miralles
JAZZ VELOCE DEL BALTICO Ve 19.07 | ore 21:00 | Piazza Luini NILS BERG Cinemascope (Svezia) Nils Berg, Il Fellini del jazz svedese. Voce autorevole della scena scandinava, “Composer of the Year” per la Radio Pubblica Svedese, conduce il suo pubblico per mano in un percorso musicale e audiovisivo nei quattro angoli del globo. Interagendo con musicisti proiettati in video, Niels Berg e la sua band compiono un viaggio sonoro unico tra Bhutan e Giappone, Texas e India.
Ph: © Carlos Moreno
Ph: © Miki Anagrius
LAC / RASSEGNA EN PLEIN AIR
Sa 20.07 | ore 21:00 | Piazza Luini ESTONIAN VOICES (Estonia) Estonian Voices sono un pluripremiato sestetto vocale di canto a cappella che ama le contaminazioni. Jazz, classica e folk: il loro repertorio include brani originali e tradizionali, e persino qualche hit di musica pop. Hanno cantato in Germania, Russia, Svezia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Canada, Usa, UK e Cina.
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Sa 27.07 | ore 21:00 | Piazza Luini MARCO MEZQUIDA RAVEL’S DREAM (Spagna) Marco Mezquida, talento purissimo, a poco più di 30 anni ha già sedotto pubblici, critici e colleghi musicisti di tutto il mondo. Per tre anni di fila eletto miglior musicista dell’anno in Catalogna, ha suonato in quattro continenti e registrato dieci dischi come leader, di cui cinque in piano solo. Ravesl’s dream lo vede impegnato in un personale viaggio intorno al mondo musicale di Maurice Ravel.
VOCI PRIMORDIALI Ve 02.08 | ore 21:00 | Piazza Luini ARSENE DUEVI opening act e featuring Gennaro Scarpato (Togo/Italia) Arsene Duevi è cantante, direttore di coro, chitarrista e bassista: un vero e proprio Shaman/Showman originario del Togo. Da oltre 15 anni in Italia, seduce con i suoni che mescolano Africa e Europa, Jazz e World Music, cantautorato e improvvisazione.
Sa 03.08 | ore 21:00 | Piazza Luini SAN SALVADOR (Occitania, Francia) Originalissimo gruppo di sole sei voci e percussioni. Veri e propri “trovatori”, gioiosamente impegnati nel rinnovamento poetico delle musiche tradizionali della loro terra: l’Occitania francese. Il loro concerto è un viaggio ipnotico che trasmette al pubblico un’energia pura e una contagiosa voglia di saltare.
Ph: © Vemund Brune-Hareide
Ph: © Cristina Crippi
LAC / RASSEGNA EN PLEIN AIR
ITALIA/ ETIOPIA Ve 09.08 | ore 21:00 | Piazza Luini QWANQWA (Etiopia/USA) Musica moderna e tradizionale da Addis Abeba, Etiopia, ritmi inauditi, groove, effetti psichedelici, sperimentazioni ardite e momenti di audience partecipation. Sono gli ingredienti del gruppo di punta della nuova scena etiope, gli Qwanqwa.
Sa 10.08 | ore 21:00 | Piazza Luini FAVATA/ MIRRA/ KOUATÈ (Senegal/Italia/Mali) Un trio speciale composto da Enzo Favata, sassofonista al confine tra folklore ed elettronica; Pasquale Mirra, instancabile vibrafonista n.1 della nuova scena jazz italiana; Dudù Kouaté, sapiente alchimista della percussione, del canto e degli strumenti sconosciuti dell’Africa occidentale. Tre musicisti con tre culture musicali completamente differenti che fanno dell’improvvisazione il fil rouge della loro collaborazione artistica.
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LAC / LUGANOMUSICA
LUGANOMUSICA RICONFERMA GRANDI NOMI 01
IL DIRETTORE ARTISTICO DI LUGANOMUSICA, ETIENNE REYMOND, ILLUSTRA I PUNTI DI FORZA DI UNA PROGRAMMAZIONE CAPACE ANCORA UNA VOLTA DI CONCILIARE LA GRANDE MUSICA CLASSICA CON LA SPERIMENTAZIONE.
C 01 Riccardo Muti 23.01.20 Ph: © Chris Lee www.riccardomutimusic.com ¨ 02 Gautier Capuçon 23.10.20 / 04.03.20 / 05.06.20 Ph: © Gregory Batardon 03 Simone Rubino 27.04.20 Ph: © Lorenza Daverio 04 Orchestra Mozart 12.04.20 / 15.04.20 Ph: © Adriano Heitmann 05 Maurizio Pollini 13.11.19
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on quali caratteristiche si presenta il calendario della stagione 2019/2020? «Tradizione e innovazione. Da un lato abbiamo la conferma di artisti quali Jurij Temirkanov, Antonio Pappano, Riccardo Muti, Giovanni Antonini e Gabriela Montero, dall’altro novità come Grigorij Sokolov, Jordi Savall e Gil Shaham. Di sicuro interesse sarà la presenza di una delle più antiche orchestre al mondo: la Gewandhausorchester di Lipsia, che verrà con il suo direttore: Andris Nelsons. Accanto avremo solisti come Rudolf Buchbinder e Gautier Capuçon». Tra i Kapellmeister più prestigiosi della Gewandhausorchester vi fu Felix Mendelssohn: come celebrerete questo grande compositore… «Presenteremo una selezione retrospettiva delle sue più belle composizioni, attraverso vari programmi sinfonici e due concerti di musica da camera. Nella città sassone Mendelssohn si stabilì fino alla morte, avvenuta prematuramente nel 1847, e grazie
alla sua operosità (dal 1835 assunse la carica di direttore della Società dei concerti del Gewandhaus e nel 1843 fondò anche il Conservatorio) Lipsia divenne uno dei maggiori centri musicali d’Europa». Un altro omaggio è stato riservato a Heinz Holliger… «In occasione dell’80° compleanno di Heinz Holliger, una delle personalità più affascinati della scena internazionale e orgoglio musicale svizzero, LuganoMusica è felice di presentarne un breve ritratto. Compositore, direttore d’orchestra, ma prima di tutto oboista, ha segnato la storia di questo strumento, ritrovando il segreto del soffio continuo e interpretando i massimi capolavori del repertorio. Heinz Holliger è uno dei maggiori compositori del nostro tempo». Continua la tradizione delle grandi orchestre presenti a LuganoMusica… «Nel 2017 abbiamo avuto l’onore di ospitare Riccardo Muti, che tornerà anche quest’anno con la Chicago Symphony Orchestra, per la prima
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un’affascinante scenografia tutta fatta di specchi».
volta a Lugano. Dalla Svizzera arriverà un’altra orchestra con una lunga tradizione: la Luzerner Sinfonieorchester, e per la prima volta avremo anche una direttrice d’orchestra: Mirga · Gražinyte-Tyla, alla guida dell’Orchestra di Birmingham. Per i Concerti di Pasqua tornerà l’Orchestra Mozart, questa volta diretta da Daniele Gatti». Chi sarà questa stagione l’artista in residenza? «LuganoMusica ospita quest’anno il violoncellista Gautier Capuçon, continuando una tradizione che, dal 2015, ha portato al LAC interpreti di livello internazionale come il pianista Daniil Trifonov, la violinista Julia Fischer e il flautista Emmanuel Pahud. In pochi anni, Gautier Capuçon si è fatto por-
tavoce di una cifra stilistica che unisce dolcezza e virtuosismo valorizzati dalle sonorità del suo violoncello Matteo Goffriller del 1701». Una novità assoluta è rappresentata dalla presenza di Simone Rubino… «Infatti, si tratta di un artista che ha saputo trasformare le percussioni in uno strumento solista, grazie a un’incredibile energia e un entusiasmo raggiante. Premi e collaborazioni prestigiose ne hanno fatto un assoluto riferimento, tanto da divenire dedicatario di nuove composizioni e contribuendo a far conoscere un repertorio in cui il ritmo è l’elemento più spiccato. A Lugano arriva con il suo ensemble e un programma di brani contemporanei per ogni sorta di strumenti a percussione, dalla marimba fino al proprio corpo».
Infine, per l’apertura della stagione avete previsto una grande festa della musica… «Il programma, realizzato con la partecipazione dell’Orchestra della Svizzera italiana, di LuganoMusica e del MASI, offrirà un ventaglio di proposte volte a far dialogare mondi e ambiti diversi, coinvolgendo il pubblico, i curiosi e le famiglie. Nel corso delle due giornate, dentro e fuori il centro culturale si susseguiranno concerti inediti con ospiti nazionali e internazionali, performance e percorsi guidati. Il tutto a titolo gratuito. Nella Sala Teatro, LuganoMusica presenterà l’Ensemble Concerto Scirocco fondato della ticinese Giulia Genini».
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L’anno scorso “Il Barbiere di Siviglia” ha riscosso un grande successo. Cosa avete in programma quest’anno? «Diego Fasolis – prima di andare in Cina con La Scala di Milano – proporrà a Lugano una versione concertante de La finta giardiniera di Mozart. In chiusura di stagione saranno invece Markus Poschner e l’Orchestra della Svizzera italiana a presentare La traviata di Verdi, con 03
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TUTTO IL MONDO DELL’ARTE IN UNA FIERA
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ono 290 in tutto le gallerie che parteciperanno alla prossima edizione di Art Basel, in programma nell’omonima città svizzera (la rassegna ha avamposti anche a Miami Beach e Hong Kong). Suddivisa in 8 sezioni – Galleries, Feature, Statements, Edition, Parcours, Film, Magazines e la attesa Unlimited –, Art Basel quest’anno conterà sulla partecipazione di gallerie provenienti da 34 paesi, tra le quali 19 faranno il loro ingresso in fiera per la prima volta, come l’italiana SpazioA di Pistoia nella sezione Statements. Questa edizione di Art Basel, inoltre, si contraddistingue per un’importante novità, ovvero la “scala mobile” adottata sui costi di partecipazione degli espositori: alle gallerie più piccole sono state proposte tariffe più vantaggiose rispetto al passato, mentre le gallerie più grandi sono state tassate maggiormente, proprio per sostenere quelle più giovani. Numerose le gallerie che prenderanno
ART BASEL È SENZA DUBBIO LA PIÙ IMPORTANTE FIERA DEL MERCATO INTERNAZIONALE DELL’ARTE: CIRCA 300 GALLERIE SELEZIONATE, PROVENIENTI DA OGNI ANGOLO DEL PIANETA, ESPONGONO OPERE MODERNE E CONTEMPORANEE DI GRANDISSIMA QUALITÀ. ARTISTI, COLLEZIONISTI E CELEBRITÀ SI INCONTRANO DAL 13 AL 16 GIUGNO A BASILEA, TRASFORMANDO LA CITTÀ NEL FULCRO DEL MONDO DELL’ARTE.
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parte alla sezione principale di Art Basel, quella destinata ai “veterani” della rassegna: tra tutti, i galleristar David Zwirner, Gagosian, Hauser & Wirth, Lévy Gorvy, Perrotin e la Lisson Gallery. Parteciperanno a Galleries inoltre 7 new entries, provenienti dalle sezioni Feature e Statements: si tratta di Galerie Pietro Spartà (Francia), Peres Projects, Société e Wentrup (Germania), Hollybush Gardens e Sprovieri (Regno Unito), e P.P.O.W (USA). Non manca, infine, il parterre di espositori provenienti dall’Italia: Alfonso Artiaco, Galleria Continua, Massimo De Carlo, A arte Invernizzi, kaufmann repetto, Magazzino, Giò Marconi, Massimo Minini, Franco Noero, Christian Stein, Galleria Tega, Tornabuoni Art, Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea Torre Pellicce, ZERO. La sezione Statements accoglierà 6 gallerie, che proporranno 18 esposizioni di artisti emergenti che concorreranno al premio Balois Art Prize; il gruppo Baloise acquisisce le opere de-
CULTURA / ART BASEL 2019
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01 / 02 Art Basel 03 Installation View of Mnuchin Gallery's Booth at Art Basel 2017 Ph: Benjamin Westoby
gli artisti premiati e le dona a due importanti musei europei, che ospiteranno mostre personali dei vincitori del premio. Tra gli artisti partecipanti a Statements, segnaliamo il nuovo lavoro di Farah Al Qasimi, che esamina le tradizioni di ospitalità e arredo degli spazi pubblici e privati negli stati del Golfo, presentato da The Third Line; l’artista argentina Ad Minoliti alla Ga-
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lerie Crèvecoeur; Sable Elyse Smith, artista che concentra molto del suo lavoro sullo stato carcerario americano, alla galleria JTT. La sezione Feature invece è dedicata alle gallerie che propongono progetti di artisti affermati e storici, attraverso solo show o mostre tematiche. Gli 11 espositori partecipanti proporranno al pubblico di Art Basel 24 progetti, tra cui la mostra dell’artista austriaca Elke Silvia Krystufek – presentata dalla galleria Croy Nielsen – che durante gli anni ’90 divenne famosa per le sue performance spesso provocatorie, video, fotografie e dipinti, molti dei quali affrontano l’identità e il suolo dell’artista donna in una società patriarcale; la personale di Wallace Berman alla galerie frank elbaz, con opere e documenti d’archivio dalla fine degli anni ’40 agli anni ’70; una selezione di dipinti risalenti alla metà degli anni ‘80, mai esposti in precedenza, dell’artista britannico Frank Bowling alla Hales Gallery. Le sezioni di Art Basel che destano maggiore curiosità del pubblico sono senza dubbio Unlimited e Parcours, L’Art Market Report di Art Basel, giunto alla terza edizione, nella sua analisi dipinge un quadro ottimistico con un giro d’affari globale di 67,4 miliardi di dollari, contro i 63,7 miliardi dell’anno precedente. Gli Stati Uniti hanno esteso la propria posizione come mercato più grande con una grande crescita anche nelle aste pubbliche
04 Pieter Schoolwerth Personality Inventory #2 2018 Miguel Abreu Gallery Painting Oil, acrylic, and giclée print on canvas 198,1 x 170,2 (cm) 78,0 x 67,0 (in) Basel 2018 05 Fiona Rae Far, far away and rather like a dream 2018 Buchmann Galerie Painting Oil on canvas 213,5 x 244,0 (cm) 84,1 x 96,1 (in) Basel 2018 06 Jean-Luc Moulène Josephine (Paris, 2017) 2017 Miguel Abreu Gallery Sculpture Patina, bronze 94,0 × 22,2 × 14,0 (cm) 37,0 × 8,8 × 5,5 (in) Basel 2018
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mentre il Regno Unito, nonostante lo spauracchio della Brexit, ha riconquistato il suo posto come secondo mercato più grande, prima della Cina. Le vendite nel mercato globale dell’arte hanno raggiunto nel 2018 USD 67.4 miliardi, + 6% su base annua. Ciò porta il mercato al suo secondo livello più alto in 10 anni, con valori in aumento del 9% nel decennio dal 2008 al 2018. I primi tre mercati – Stati Uniti (44%, +2% sul 2018), Regno Unito (21%) e Cina (19%, -2% sul 2018) – hanno ulteriormente consolidato la loro posizione sul mercato nel 2018, rappresentando l’84% delle vendite totali in valore. Le vendite di dealer e gallerie nel 2018 hanno raggiunto un valore stimato di 35,9 miliardi di dollari, con un aumento del 7% su base annua. Il 28% degli interpellati per il sondaggio annuale condotto da Arts Economics per questo studio, ha registrato una crescita positiva, il 15% ha riferito che le vendite sono state stabili e il 57% ha indicato un calo. Nel 2018, in media, i dealer con fatturato inferiore a $ 500.000 hanno visto un calo delle vendite (del 10%), mentre quelli con vendite superiori sono aumentati. I rivenditori con vendite inferiori a $ 250.000 hanno riportato il calo più significativo del fatturato medio, con un
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-18%. Il segmento che è maggiormente migliorato è stato quello dei dealer con un fatturato compreso tra $ 10 e $ 50 milioni. Questi ultimi nel 2017 avevano registrato un calo delle vendite del 3%, mentre nel 2018 hanno aumentato del 17%. Le vendite all’asta di oggetti d’arte e d’antiquariato hanno raggiunto $ 29,1 miliardi nel 2018, con un aumento del 3% su base annua. Le vendite all’asta negli Stati Uniti hanno registrato la crescita più forte di tutti i principali mercati dell’arte, aumentando del 18% a $ 11,8 miliardi. Anche le vendite nel Regno Unito sono aumentate del 15% su base annua a $ 5,3 miliardi. Le vendite all’asta in Cina sono diminuite del 9% a $ 8,5 miliardi. Le fiere d’arte continuano ad essere una parte centrale del mercato dell’arte globale, con un fatturato aggregato stimato intorno ai $ 16,5 miliardi nel 2018, con un aumento del 6% su base annua. La quota del valore totale delle vendite globali dei dealer realizzate nelle fiere d’arte è passata da meno del 30% nel 2010 al 46% nel 2018.
07 Overview Exhibitors 2018 08 Bettina Pousttchi Käthe 2018 Buchmann Galerie Sculpture Street Bollards Stainless Steel 148,0 x 68,0 x 104,0 (cm) 58,3 x 26,8 x 40,9 (in) Basel 2018 09 Eileen Quinlan Green Graph 2015 - 2017 Miguel Abreu Gallery Photography Digital Chromogenic Print Mounted on Dibond 121,9 x 152,4 (cm) 48,0 x 60,0 (in) Basel 2017
CULTURA / MUSEO CASA RUSCA
UN ARTISTA ECLETTICO SINO AL 6 OTTOBRE 2019 IL MUSEO CASA RUSCA ACCOGLIE IL NOTO ARTISTA SPAGNOLO MANOLO VALDÉS (VALENCIA, 1942).
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on più di 300 esposizioni all’attivo, 70 opere presenti nelle collezioni dei musei più prestigiosi del mondo, conosciuto dal grande pubblico per le sue mostre al Metropolitan Museum of Art di New York, al Guggenheim di Bilbao, al Kunstmuseum di Berlino e al Centre Pompidou di Parigi, Manolo Valdés giunge a Locarno occupando quegli spazi che hanno visto in questi anni succedersi artisti di fama internazionale quali Valerio Adami, Fernando Botero, Hans Erni, Mimmo Rotella, Javier Marín, Robert Indiana e Sandro Chia. La mostra, la prima in Svizzera, è curata da Rudy Chiappini e riunisce oltre 50 tra i lavori più significativi della lunga carriera del grande maestro, realizzati dalla metà degli anni Ottanta fino ai giorni nostri. Le suggestive sale e la corte di Casa Rusca sono animate dai dipinti e dalle sculture di eleganti figure di dame, di teste maestose dai lineamenti femminili, da statue equestri di nobildonne e cavalieri. Lo spazio esterno al Museo ospita inoltre una selezione di sculture monumentali, precedentemente protagoniste di importanti installazioni a Parigi, Valencia, Dubai e non solo. Al pubblico si offre così una panoramica sulle diverse tecniche e le multiformi sperimentazioni di questo eclettico e poliedrico artista. Il percorso artistico di Valdés inizia con la pittura e prosegue con la scultura, rendendo omaggio ai grandi maestri dell’arte come Ribera, Zurbarán, Velázquez, Rembrandt e Matisse. La personale, che proseguirà fino al 6 ottobre 2019, è un tripudio di forme esuberanti e visionarie, nelle quali la storia dell’arte viene ripercorsa e rivista
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acquisendo una coinvolgente attualità. Nelle sue pitture è percepibile come la passione per l’arte lo spinga a cercare nuovi linguaggi espressivi, a testare e accostare materiali inusuali, ad adoperare, per esempio, sovrapposizioni di sacchi di juta dipinti con colori pastosi che trasformano le sue tele in oggetti materici e corposi; o ancora la sua raffinatissima sapienza tecnica capace di plasmare le materie più diverse grazie alla quale la lavorazione del legno, del prezioso alabastro e la fusione di resine e bronzo danno vita a ricercate ed eleganti sculture. La curiosità intuitiva sia tecnica sia immaginativa, il personale realismo pittorico, la struttura delle composizioni, l’interesse per l’autonomia del soggetto artistico, il ricorso a stratificazioni multidimensionali, l’accentuazione delle imperfezioni della materia, le realizzazioni in grande scala sono solo alcuni dei tratti distintivi di Valdés, che rendono il suo stile immediatamente riconoscibile.
CULTURA / MUSEO CASA RUSCA
Manolo Valdés nasce in Spagna, a Valencia, l’8 marzo 1942. Apprendista pittore già all’età di 15 anni, nel 1957 si iscrive all’Istituto di Belle Arti di San Carlo di Valencia che, tuttavia, lascia due anni più tardi per dedicarsi interamente alla pittura. Nel 1962 partecipa all’Esposizione Nazionale di Belle Arti con l’opera Barca, nella quale sono già chiari gli elementi costanti della sua ricerca artistica: il tema figurativo e lo studio della materia. Valdés attinge dal patrimonio artistico spagnolo, in particolare da Velázquez e Picasso, e dai principali esponenti dell’informale: Manolo Millares, Antonio Saura e Antoni Tàpies. In occasione di un viaggio di studio a Parigi rimane inoltre affascinato dalla libertà creativa di Pierre Soulages e Robert Rauschenberg. Nel 1964, dopo aver partecipato con successo al XVI Salon de la Jeune Peinture a Parigi, prende parte alla fondazione del gruppo Equipo Crónica insieme a Juan Antonio Toledo e Rafael Solbes. Toledo lascia il gruppo molto presto, mentre Valdés e Solbes continuano a lavorare insieme fino alla morte di quest’ultimo, nel 1981. Negli anni a seguire Valdés si dedica alla realizzazione di mostre personali in cui si sofferma sulla rilettura di temi artistici e storici svincolati dal-
le denunce politico-sociali. Riscuote un notevole successo anche nell’ambito della grafica ricevendo nel 1983 il Premio Nazionale delle Arti Plastiche. Tre anni dopo, partecipa alla Biennale del Festival Internazionale di Arti Plastiche di Baghdad dove ottiene la Medaglia d’Oro. Nel 2006, al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, si tiene una retrospettiva nella quale vengono riuniti i lavori dei suoi ultimi 25 anni di carriera. Da menzionare sono, inoltre, le esposizioni al National Art Museum of China di Pechino e allo State Russian Museum di San Pietroburgo; esposizioni in Musei in Argentina, Olanda e Turchia, oltre che le mostre delle sue sculture monumentali a Broadway e al Botanical Garden di New York, a Place Vendôme a Parigi e recentemente a Dubai. Le opere di Manolo Valdés fanno parte delle più prestigiose collezioni pubbliche e private; lo si può ammirare al Metropolitan Museum of Art e al Museum of Modern Art di New York, al Musée National d’Art Moderne Centre George Pompidou di Parigi, al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía a Madrid, alla Fundaciòn del Museo Guggenheim a Bilbao, al Kunstmuseum a Berlino, solo per citarne alcune. Attualmente Manolo Valdés vive e lavora tra Madrid e New York.
MUSEO CASA RUSCA Piazza Sant’Antonio CH-6600 Locarno www.museocasarusca.ch
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CULTURA / MUSEO CASORELLA 01
CAPOLAVORI IN MOSTRA 02
A SEGUITO DI UN IMPORTANTE INTERVENTO DI RESTAURO E RIORGANIZZAZIONE, CASORELLA SI PRESENTA COME LA NUOVA SEDE PER LE COLLEZIONI D’ARTE CITTADINE.
01 Museo Casorella, Giardino Max Bill 02 / 04 Museo Casorella, Interno 03 Jean Arp Nadir II
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l Museo Casorella ha il compito di valorizzare il patrimonio artistico di Locarno, che conta circa 4.500 opere, tra dipinti, sculture e stampe. L’esposizione permanente mette in rilievo i suoi nuclei più significativi, finora conservati nei depositi. La sontuosa dimora di Casorella fu costruita intorno agli anni 1580-90 dal cavaliere Andrea Lussi. La denominazione “Casorella” deriva dalla contrazione di “Casa degli Orelli”, nobile famiglia locarnese che ne entrò in possesso in seguito. Si tratta di un edificio compatto, stretto e lungo. In facciata si possono notare tracce di dipinti di figure allegoriche e di un grande stemma. La colorazione rosso bordeaux degli elementi decorativi risale solo al XIX secolo, mentre sono visibili elementi castellani medievali. I due portali di accesso alla struttura risalgono al XVI secolo e la loggetta che conduce al piano nobile è stata rea-
lizzata nel corso del secolo successivo. Quest’ultima è decorata con stucchi raffiguranti scene di caccia, trofei, putti e riferimenti araldici. Il soffitto della loggia è anch’esso impreziosito da stucchi e inoltre è presente un affresco dall’illusione prospettica realizzato nel XVIII secolo dal pittore di Brissago Giovanni Antonio Caldelli. Il salone d’onore presenta un soffitto arricchito da stucchi al cui centro s’inserisce una grande tela raffigurante il Giudizio di Paride, realizzata dal pittore locarnese Giuseppe Antonio Felice Orelli nel 1773. In fondo alla sala spicca un grande camino del Cinquecento, con lo stemma dei Lussi, gli emblemi degli Orelli e lo stemma dei Rusca, ultimi abitanti della dimora. Gli altri locali della struttura presentano soffitti lignei a cassettoni. Sulle pareti non sono stati mantenuti i dipinti ottocenteschi a tema lacustre. Sono quattro le esposizioni che costi-
CULTURA / MUSEO CASORELLA 04
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tuiscono il vanto del Museo Casorella. GALASSIA ARP: nata nel 1965 grazie a una donazione dei coniugi Arp, il nucleo di opere contava originariamente sei sculture e venti rilievi dello stesso Arp, oltre a un considerevole numero di opere di artisti europei che di Jean e Marguerite furono amici. Costituitasi in maniera spontanea e senza un preciso filo conduttore, attorno a questo primo nucleo di opere sono in seguito confluiti altri lasciti a formare un importante complemento e che hanno contribuito a definirne il profilo attuale. FILIPPO FRANZONI: il Museo dà spazio anche a una serie di dipinti di Filippo Franzoni (1857-1911), l’artista locarnese più noto. Le opere di questo pregevole pittore, tra realismo e simbolismo, spalancarono anche in Ticino, a cavallo tra XIX e XX secolo, le porte della modernità grazie soprattutto a una serie di memorabili paesaggi strettamente legati al territorio, LASCITO NESTO JACOMETTI: Nesto Jacometti (1898-1973), locarne-
se autentico, emigrò a Parigi per diventare uno tra gli stampatori d’arte più apprezzati al mondo, prima gestendo La Guilde Internationale de la Gravure e poi L’Oeuvre Gravée. Egli instaurò rapporti di amicizia con artisti straordinari come Massimo Campigli, Zao Wou-Ki, Karel Appel, Corneille, Marino Marini e Antoni Clavé. GIARDINO MAX BILL: un allestimento di opere di Max Bill (19081994) è presente nello spazio esterno del museo. In un vero e proprio nuovo parco di sculture, si possono apprezzare lavori in granito, bronzo e acciaio, che denotano chiaramente la ricerca formale basata su rigorosi principi matematico-geometrici adottata dall’importante artista, architetto e designer svizzero.
MUSEO CASORELLA Via Bartolomeo Rusca 5 CH-6600 Locarno www.museocasorella.ch
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05 Paul Klee Wohin? (Junger Garten) 06 Giovanni Bianconi Vecchia Locarno 07 Filippo Franzoni Ritratto giovanile della domestica Margherita 08 Giovanni Bianconi Autoritratto con sole
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CULTURA / IMAGO ART GALLERY
UNA GRANDE STAGIONE D’ARTE 02
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ella prima metà di giugno la sede luganese di di IMAGO Art Gallery inaugurerà una nuova mostra di Matteo Pugliese dove saranno presentate alcune installazioni di grandi dimensione, realizzate tra il 2017 e il 2019, sculture da parete in precedenza mai esposte prima raccolte in una esposizione dal significativo titolo “Nelle tue mani”, a condensare la manualità del lavoro scultoreo ma anche l’opportunità tattile di conoscere e “toccare” le opere di questo artista. Il titolo della mostra nasce da una grande e originale opera esposta che vuole essere un omaggio a Leonardo da Vinci. Lasciando gli spazi della galleria, l’estate vedrà anche l’inizio di una attività espositiva nelle sale del prestigioso The View Lugano Hotel, dove saranno presentati a rotazione opere di artisti storicamente presenti nel patrimonio di Imago Gallery.
A Milano, nella sede di Palazzo Morando, prosegue la sponsorizzazione della mostra dal titolo “Bob Krieger Imagine. Living through fashion and music ’60 ’70 ’80 ’90”, una grande retrospettiva che celebra e ripercorre i quarant’anni di carriera del celebre fotografo. È anche un grande omaggio all’Italia e alla città di Milano in particolare, a cui Krieger è profondamente legato. L’artista ha infatti iniziato a lavorare come fotografo di moda proprio nel capoluogo lombardo, negli anni Sessanta. Si è subito sentito in sintonia con la città e con il sistema della moda di cui era ed è tutt’ora un fondamentale palcoscenico. A Milano Krieger ha avuto il suo primo incarico importante e da allora ha continuato a tornarci, nonostante i continui spostamenti lavorativi nel resto del mondo. In mostra sono presenti tutti i grandi stilisti italiani con cui Krieger ha lavorato a partire dagli anni Sessanta: da Giorgio Armani, Gianni Versace e Laura Biagiotti, a Pino Lancetti, Trussardi e Dolce & Gabbana. Le modelle immortalate sono le grandi icone di stile dei decenni scorsi, italiane e straniere, da
ANCORA UNA VOLTA LA PROGRAMMAZIONE ESTIVA DI IMAGO ART GALLERY SI CONFERMA PARTICOLARMENTE INTENSA ED INTERESSANTE, CON NOMI DI PRESTIGIO COME MATTEO PUGLIESE, BOB KRIEGER, HELIDON XHIXHA, MARC CHAGAL ED ENRICO GHINATO.
01 Nelle Tue Mani 2019 Bronzo Larghezza 830 cm DETTAGLIOt
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02 Verso 2017 Bronzo 62 x 44 x 16cm 03 Helidon Xhixha Symbiosis Marble and Steel -1 01
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Iman a Linda Evangelista, da Dalila di Lazzaro a Verde Visconti. wAncora, l’attività esterna della galleria avrà uno dei suoi punti di forza nel progetto pubblico che la città del Forte dei Marmi dedicherà allo scultora Helidon Xhixha, con un percorso di 15 grandi opere in marmo e in acciaio che dal Fortino andrà fino al Pontile, alla Capannina e ai Bagni Alcione. Le sue opere riscuotono sempre più plauso nel mondo dell’arte internazionale, attirando appassionati e collezionisti da Italia, Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, Austria, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti. Ma le novità non si fermano qui. In partenership con Arthemisia e ComediArting, la poetica magia di Marc Chagall è presentata per la prima volta a Napoli attraverso l’esposizione di 150 opere presso la Basilica di S. Maria Maggiore alla Pietrasanta. La mostra racconta la vita, l’opera e il sentimento di Chagall per la sua sempre amatissima moglie Bella, attraverso dipinti, disegni, acquerelli e incisioni. Un nucleo di opere rare e straordinarie, provenienti da collezioni private e quindi di difficile accesso per il grande pubblico. La mostra mostra il mondo intriso di stupore e meraviglia dell’artista. Nelle opere coesistono ricordi d’infanzia, fiabe, poesia, religione e guerra, un universo di sogni dai colori vivaci, di sfumature intense che danno vita a paesaggi popolati da personaggi, reali o immaginari, che si affollano nella fantasia dell’artista. Infine, merita una segnalazione la mostra di opere di Enrico Ghinato aperta fino ad agosto presso l’Abbazia di Rosazzo, situata sui colli orientali del Friuli, isolata sulle colline a nord-est di Manzano, a una ventina di chilometri da Udine e a una decina dal confine con la Slovenia. Ghinato, potrebbe forse ad un primo distratto sguardo venir defi-
nito con il cliché di “pittore Iperrealista”, ma a fronte di una osservazione anche solo di poco più attenta, emerge di come il suo lavoro travalichi questa definizione. In questa esposizione presenta una serie di originali e affascinanti lavori esclusivamente dedicati alla storia dell’automobile. 04 Salvo Il giorno fu pieno di lampi la sera verranno le stelle 1991 200 x 150 cm Olio su tela / Oil on canvas 05 Helidon Xhixha Symbiosis Marble and Steel
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06 Bob Krieger Manhattan 1970 Stampa Fotografica / Photographic print
IMAGO ART GALLERY SAGL Via Nassa 46 CH-6900 Lugano +41( 0)91 921 43 54 06 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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CULTURA / THE GALLERY
INFINITO MARE ARTE ABORIGENA A THE GALLERY IN RIVA CACCIA E NELLA GRANDE ESPOSIZIONE AL CIANI, DAL 7 AL 12 GIUGNO. L’AVVENTURA DI DIDIER ZANETTE DALLA POLINESIA A LUGANO.
DI DALMAZIO AMBROSIONI
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ei tempi antichi gli antenati sono arrivati dal mare”. Comincia così una delle leggende degli aborigeni della Polinesia. E cominciano così, anch’esse come uscendo da un mare più immaginario che reale - il mare come entità misteriosa e senza fine - la rappresentazione di quell’inizio mitico, lungo un filo di memorie e riti che anche oggi non riescono ad interrompersi. Materie e colori impressi sui corpi, dipinti su visi e pelle, danno forma e sostanza ai riti, entrano in comportamenti che non possono essere altro se non una ripresa continua di quel primo apparire dal mare. È una realtà favolosa che giunge a noi attra-
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verso altre leggende e narrazioni. Di chi, come Bruce Chatwin, non ha resistito alla seduzione del viaggio e della scoperta, ma soprattutto alla vorace curiosità di vedere e sapere. Il suo “Le vie dei canti” (The Songlines, 1987) oltre che romanzo, saggio e diario di viaggio è l’immersione dell’autore, e nel contempo di chi legge, in una realtà che viene da lontano. Da quel primo emergere, nascere dal mare. Scorrendo la biografia e le raccolte di Didier Zanette erompe il desiderio di indagare quell’inizio nella profondità del tempo. Cercare, conoscere, scoprire, imparare. A costo di lasciare un lavoro “moderno” come quello della finanza per immergersi nel labirinto della cultura aborigena: “Un banquier chez les
Papous”, hanno titolato i giornali. Australia, Nuova Guinea, Polinesia. Attese, speranze, incontri. Dialoghi fatti di silenzi e sguardi, poi di monosillabi e gesti, infine di parole, poche. Un po’ come Chatwin. Non a caso è stato sorprendente scoprire in quella Nizza dove Chatwin è morto nel 1989, la prima Galleria d’arte di Didier Zanette, arte aborigena. All’inizio della città vecchia, a due passi dalla Promenade sul mare. Oggetti, manufatti, dipinti e sculture degli aborigeni. Il segno che quei primi silenziosi, diffidenti incontri si sono trasformati in fiducia, fino all’amicizia. Oggi Didier Zanette, da Nizza a Parigi ed ora Lugano (The Gallery, riva Caccia 1D, tra il LAC e il Museo delle culture), continua a far conoscere quel mondo misterioso che si è lentamente, cautamente dischiuso davanti a lui. Ne sono nate migliaia di fotografie, in particolare con la serie “Painting Faces”, decorazioni dei volti e dei corpi. Scatto dopo scatto si è materializzato un racconto per immagini. Uomini e donne che riscoprono tradizioni e miti lungo le vie dei canti, tornando ad assumere le sembianze degli antenati, recuperando tradizioni, materiali e segni, confermando che l’arte è un elemento imprescindibile della cultura aborigena. Veniva usata per segnare il territorio dei vari clan, ricordare eventi storici, raccontare le storie del dreamtime, insegnare le leggi e la morale. Era intessuta di dipinti, sculture in legno, abiti da cerimonia, decorazioni di strumenti musicali, armi, oggetti rituali e d’uso quotidiano: prue di piroghe, pagaie, collane, figure d’animali
CULTURA / THE GALLERY
terrestri e marini ma soprattutto dipinti in forma che noi oggi definiamo astratta. Oggi in queste tradizioni si riconosce una delle fonti dell’arte moderna dell’Occidente. Oggi i dipinti non sono su corteccia, roccia o sulla sabbia del deserto ma su tela, efficace e duratura, riprendendo i tre stili più noti, come conferma l’ampia raccolta di Didier Zanette: la pittura “a raggi X”, la dot art, e una variante dello stencil. Nella pittura cosiddetta “a raggi X”, animali e uomini sono raffigurati mostrandone lo scheletro e le viscere, come in una sorta di sezione che ricorda per l’appunto una radiografia. Nella dot art, complessi schemi geometrici sono realizzati con un reticolo di punti di colori diversi, grosso modo equidistanti, sulla base di un complesso simbolismo. Nella pittura stencil predomina la riproduzione di mani umane in negativo: l’artista poggia la mano sulla superficie da dipingere e spruzza il colore. Didier Zanette, un po’ Indiana Jones e un po’ artista, mercante e avventuriero, per vent’anni ha abitato in Caledonia e attraversato le regioni del Pacifico, andando alla ricerca e stabilendo contatti con gli aborigeni. Ha promosso la conoscenza e lo sviluppo delle loro arti collaborando con istituzioni quali il Centro culturale Tjibaou e il Museo della Nuova Caledo-
nia a Numea, capoluogo amministrativo di quel territorio francese; con il Musée des Confluences di Lione, il Musée d’Art e d’Histoire di Rochefort, la libreria del Musée di Quani Branly a Parigi ed in altre istituzioni culturali. Oltre a promuovere e collezionare opere degli artisti locali, collabora con artisti europei che recuperano la cultura aborigena, come il pittore Brice Poircuitte, che oggi vive a Numea e s’ispira all’arte oceanica (celebri le sue piroghe e maschere coloratissime) e lo scultore-designer Arik Levy, che recupera “la memoria dei materiali” con modelli primari in cristalli geometrici-astratti. Artistadesigner d’origine israeliana (Tel Aviv 1963), formazione svizzera (si è diplomato all’Art Center College of Design di La Tour-de-Peilz, VD), soggiorni in Giappone e atelier a Parigi, negli ultimi 25 anni ha sviluppato una carriera di successo tra esposi-
zioni ed opere pubbliche, sia nell’arte che nel design industriale. Ora a Lugano con The Gallery in Riva Caccia e, dal 7 al 12 giugno, con una grande esposizione aperta al pubblico nello spazio “Il Ciani”, dirimpetto al Palacongressi, Didier Zanette continua la sua ricerca e proposta dell’arte oceanica e in particolare della Polinesia. «Per riscoprire - afferma con convinzione – quelle espressioni originarie sulle quali si sono modellate le civiltà, anche la nostra».
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CULTURA / HELIDON XHIXHA
RIFLESSI DI LUCE
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’esposizione porta in diverse location della città 20 sculture monumentali in acciaio di Helidon Xhixha; è un progetto promosso da Riccardo Braglia e dalla Fondazione Gabriele e Anna Braglia, in collaborazione con la Divisione eventi e congressi della Città di Lugano. Il Sindaco di Lugano, Marco Borradori, ha dichiarato: «La promozione di un’offerta culturale variegata e aperta alle diverse esperienze creative risponde alla scelta strategica di un agglomerato che mira a essere un polo urbano competitivo e attivo nel contesto globale. Le sculture monumentali di Xhixha, forme dinamiche e quasi ipnotiche, sorprendenti giochi di luce e di volume, sapranno suscitare nello spettatore emozioni pro-
CON LA MOSTRA RIFLESSI DI LUCE DEDICATA A HELIDON XHIXHA, E CURATA DA EIKE SCHMIDT, LUGANO DIVENTA FINO AL 22 SETTEMBRE UN MUSEO A CIELO APERTO DOVE L’ARTE DIALOGA CON LO SPAZIO URBANO E LA NATURA. LE SUE SCULTURE MONUMENTALI SI ERGONO IN DIVERSI PUNTI DI LUGANO, IN UNA MOSTRA CHE È AL CONTEMPO UN’INSTALLAZIONE DIFFUSA, DA SCOPRIRE PASSEGGIANDO PER LUOGHI CONOSCIUTI MA DA VEDERE CON OCCHI DIVERSI.
Torre di Luce (2019) Piazza Castello
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fonde e lasceranno affiorare armonia e leggerezza che raccontano la cifra stilistica dell’artista». Questi lavori, elaborati con strumenti da officina meccanica, producono un’impressione immediata di apparente disordine subito controbilanciata dalla chiara percezione di una suggestiva tensione estetica. E qui sta la qualità peculiare della loro forza espressiva che nasce da una rischiosa ma raffinata dialettica ambivalente fra contorte forme casuali e guizzanti armonie volumetriche, ben calibrate, e dal ruolo fondamentale dei sempre mobili rif lessi di luce che animano e modulano con effetti sorprendenti e spiazzanti le pieghe delle superfici d’acciaio. Helidon XHIXHA nasce a Durazzo (Albania) nel 1970, in una famiglia di
CULTURA / HELIDON XHIXHA
artisti. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Tirana, si trasferisce in Italia per continuare gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano), dove si laurea nel 1999. L’anno precedente, grazie ad una borsa di studio, frequenta la Kingston University di Londra, dove affina le sue tecniche di incisione, scultura e fotografia e sperimenta l’utilizzo di nuovi materiali tra cui l’acciaio inossidabile, che diventerà poi il materiale privilegiato intorno al quale ruoterà la sua ricerca artistica. La visione e la tecnica innovativa di Xhixha, che attualmente vive tra Milano e Dubai, si traducono in un’arte pubblica monumentale che ridefinisce il rapporto tra la scultura e l’ambiente circostante, ridefinendo i confini stessi della scultura contemporanea. Tra le mostre e i progetti più importanti, la sua partecipazione nel 2015 alla 56ma Biennale di Venezia con Iceberg e la grande mostra monumentale a Firenze del 2017 all’interno dei Giardini di Boboli e Gallerie degli Uffizi di Firenze.
Drifting Icebergs (2019) Lago di fronte al Parco Ciani
In basso a sinistra Luce Divina (2018) Piazza Bernardino Luini
LA POSIZIONE DELLE OPERE Riflesso Lunare (2018): Punta Foce Terraferma (2011): Parco Ciani Fragments of Light (2013): Parco Ciani Beethoven (2018): Parco Ciani Drifting Icebergs (2019): Lago di fronte al Parco Ciani Infinito (2017): Parco Ciani Ordine e Caos (2017): Parco Ciani Torre di Luce (2019): Piazza Castello Conoscenza (2017): Piazza Indipendenza La O di Giotto (2017): Rivetta Tell La Famiglia (2018): Lungolago Riva Vela Big Data (2018): Piazza Dante Nebula (2017): Piazza Cioccaro Satellite (2018): Piazzetta Maraini Inner Peace (2018): Contrada di Sassello Capitello d’Acciaio (2018): Piazzetta San Carlo Simbiosi (2018): Stazione di Lugano Luce Divina (2018): Piazza Bernardino Luini Rapture (2018): Fondazione Gabriele e Anna Braglia, Riva Antonio Caccia Illumination (2014): Riva Paradiso
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CULTURA / GIANMARCO TORRIANI
SOSTENERE I GIOVANI ARTISTI mostra collettiva allo Swiss Institute che poi due anni dopo fu portata anche alla Malpensata di Lugano»
ARTISTA E CREATIVO, GIANMARCO TORRIANI RIESCE A CONIUGARE LA SUA ATTIVITÀ DI SCULTORE CON UNO STRAORDINARIO IMPEGNO NELLA REALIZZAZIONE DI PROGETTI D’ARTE E LA PROMOZIONE DI GIOVANI ARTISTI.
02 Once upon a time 2018 Tecnica mista 85 x 47 x 10 cm
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La vita artistica newyorkese ha esercitato sempre una forte attrattiva ed è stata fonte d'ispirazione… «Fortunate circostanze e un certo spirito d’intraprendenza mi hanno portato ad incontrare a New York straordinari personaggi che animavano la scena artistica di quella città, primi tra tutti il restauratore Luca Bonetti e il fotografo Edo Bertoglio, ma poi anche numerosi pittori svizzeri che costituivano una sorta di comunità e insieme ai quali nel 1986 organizzammo una
E per quanto riguarda il suo specifico lavoro di scultore, quali sono i canoni cui tende ad ispirarsi? «Direi che il mio prevalente interesse si orienta verso un assemblaggio di materiali tipici di esperienze artistiche diverse: scultura, ma anche fotografia e pittura, con un uso di colori diversi che servono a definire spazi e territori di ricerca e interpretazione della realtà: il difficile rapporto uomo-natura e una riflessione sui valori e i conflitti che vive l’individuo nella società moderna».
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01 My puzzle 2005 Tecnica mista 115 x 85 x 12 cm
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uali sono stati gli esordi della sua carriera artistica? «Dopo gli studi alla CSIA di Lugano e all’Accademia di Belle Arti di Brera, ho avuto significative esperienze artistiche a New York che mi hanno condotto a una ricerca intorno all’utilizzo in scultura di tecniche e materiali differenti. Negli anni successivi ho frequentato il mondo artistico di New York, collaborando con vari artisti e partecipando ad esposizioni sia in America che in Europa».
Negli anni lei si è poi sempre diviso tra America ed Europa… «In effetti ho sempre viaggiato molto e soggiornato per lunghi periodi all’estero, coinvolto in progetti artistici che riguardano un po’ tutte le arti, dalla fotografia al design, dalla pittura alla scultura. Col tempo ho scoperto che accanto alla produzione in proprio di lavori artistici, provavo un grande interesse, e devo anche dire una buona capacità, nel promuovere e organizzare eventi, mostre, performance in varie città e in ambiti diversi dell’arte e della cultura. Ciò mi ha portato a conoscere molta gente di grande interesse e a tessere una rete di relazioni e di collaborazioni che rappresentano tuttora una parte importante della mia attività. Con un occhio particolare al lavoro dei giovani artisti ai quali credo che si debba dare un aiuto per portare alla luce la loro ricerca e consentirne l’affermazione nel panorama internazionale».
CULTURA / GIANMARCO TORRIANI 02
LE PRINCIPALI ESPOSIZIONI DI GIANMARCO TORRIANI 1990 – Galleria Triebold-Donati, Basilea. 1991 – Centre Culturel Suisse, Parigi. 1992 – Galleria Triebold-Donati, Basilea. 1993 – Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst “Torriani & D’Anna, Rancate. 1997 – Galleria Triebold-Donati, Basilea. 1998 – Galleria SPSAS, Locarno. (T-Shirt edition) 1998 – Gianmarco Torriani & Karl A. Meyer, Basilea. 1998 – Galleria Elisabeth Costa, Pontresina. 2000 – Barbara Greene Fine Art, New York. 2001 – Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst, Rancate. 2006 – Triennale di Scultura Svizzera, Bad Ragaz. 2018 – Mutazioni in difesa della natura, Maroggia. 2018 – WopArt, Lugano. 2019 – Dialoghi di scultura – Gipsoteca Giudici, Lugano. 2019 – Campi d’Arte, Melano.
Come diminuire al minimo le assenze, adesso su visana.ch/assenze
CULTURA / AXION SWISS BANK
AXION SWISS BANK SI TRASFORMA ANCHE NEL 2019 IN GALLERIA D’ARTE. SINO AL 15 GIUGNO GLI SPAZI A CONTATTO CON LA CLIENTELA OSPITANO UNA MOSTRA PERSONALE DI UN FOTOGRAFO DI CARATURA MONDIALE: EDWARD BURTYNSKY.
L’IMMAGINE DELL’ACQUA
A destra Colorado river delta #2 © Edward Burtynsky Courtesy Admira, Milano / Metivier Gallery, Toronto Sotto Salt river Pima – Maricopa Indian Reservation © Edward Burtynsky Courtesy Admira, Milano / Metivier Gallery, Toronto
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dward Burtynsky, classe 1955, è un fotografo canadese apprezzato e amato a livello internazionale, con presenze all’interno di importanti musei e collezioni. Le sue immagini, di straordinario impatto visivo, hanno come tema dominante la trasformazione della natura a seguito delle attività dell’uomo. L’esposizione in programma, dal titolo “Acqua Shock”, si compone di 16 fotografie di grande formato selezionate per l’occasione dalla curatrice Enrica Viganò, fondatrice e direttrice di Admira (www.admiraphotography.com). «Siamo emozionati di poter accogliere all’interno dei nostri spazi le fotografie di Edward Burtynsky» ha commentato l’avvocato Marco Tini, Presidente della Direzione generale di Axion. «L’arte, qui ad Axion, ci sta molto a cuore e or-
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mai da tradizione ogni anno la banca si impegna ad ospitare una mostra destinata al pubblico. Ci piace molto l’idea che il nostro lavoro quotidiano possa parallelamente aiutare a promuovere, divulgare e stimolare l’attività artistica».
La mostra è libera e aperta al pubblico; è visitabile alla sede di Axion SWISS Bank, in viale Stefano Franscini 22 a Lugano, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 16.
CULTURA / LOCARNO FILM FESTIVAL
IL CINEMA GUARDA LONTANO FARE E MOSTRARE IL CINEMA. PRIMA PERÒ È ESSENZIALE ESSERLO, IL CINEMA. E DARE LA POSSIBILITÀ DI ESSERE CINEMA È UNA DELLE MISSIONI DI LILI HINSTIN, NUOVA DIRETTRICE ARTISTICA DEL LOCARNO FILM FESTIVAL. PENSANDO E COSTRUENDO LA SUA PRIMA EDIZIONE, IN PROGRAMMA DAL 7 AL 17 AGOSTO, LA TIMONIERA DI LOCARNO72 HA LO SGUARDO FISSO SULL’ORIZZONTE, DECISA A RAGGIUNGERLO. DI ALESSANDRO DE BON
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aggiungere, o forse accompagnare, il futuro del cinema d’autore, contribuendo a costruirlo. Come? Aprendo le porte, accogliendo gli sguardi più interessanti e offrendo la possibilità di far parte di quel futuro a chi fino a ieri non ne aveva accesso. È così che Lili Hinstin pensa al cinema che verrà e riflette sul ruolo del Locarno Film Festival. Un cinema più che mai vivo, quello d’autore, e un ruolo politico, quello del Festival. Dove però la politica non ha niente a che fare con schieramenti o colori. «La cultura è politica - afferma decisa Hinstin - la cultura dà accesso alla comprensione del mondo, al diverso, all’altro con la A maiuscola. Allarga il campo visivo e di conseguenza le possibilità di scelta.
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Pensiamo alla letteratura, a The Portrait of a Lady, di James, un uomo che ha capito e raccontato in maniera così eccezionale la mente di una giovane donna. Pensiamo al cinema, alla possibilità che mi concede di assistere alla morte di un’anziana donna cinese e a come è accompagnata in questo suo ultimo viaggio dalla sua famiglia, dunque dalla sua cultura (Mrs. Fang, di Wang Bing - Pardo d’oro 2017, ndr). Assistere a queste visioni, assorbire questi punti di vista arricchisce l’intelligenza, e l’intelligenza permette di muoversi meglio e di più nella vita».
me mio concittadino nel mondo. Bisogna essere molto curiosi, aperti, eclettici. Ecco, sono senza dubbio una partigiana dell’eclettismo. La tappa culturale in gioco è enorme e credo che l’eclettismo sia una forma di umiltà, di riconoscenza delle diverse sensibilità. Poi chiaro, direzione artistica significa “scelta”, e tutte le opere che seleziono e selezionerò rispecchieranno una certa visione del mondo. Torna il significato politico, ma non in quanto ideologia, in quanto senso etico. Sicuramente, per intenderci, al mio Festival non si vedrà mai un film misogino».
Cosa significa e che importanza ha, in questo scambio e rapporto, essere un attore culturale? «Significa proporre. Farlo è un mestiere che implica un solido background e un’etica da mettere in gioco. Dirigere un Festival significa impiegare la propria cultura, il proprio sapere e la propria etica per proporre determinate forme estetiche al pubblico, inteso co-
Dunque il ruolo di un Festival è mostrare, e mostrando aprire? «Questo è uno dei ruoli. Sicuramente il cuore è e resta il programma, dunque esattamente ciò che mostreremo. Io e il comitato guardiamo migliaia di film (circa 3500 mila tra lunghi e cortometraggi, ndr) per arrivare al programma finale (circa 300 opere, ndr). Il nostro lavoro è scandagliare le pro-
poste e evidenziare, dopo averlo trovato, chi propone un gesto nuovo». Oggi grazie alla tecnologia è moltopiù facile proporre. Un bene o un male? La quantità abbassa la media della qualità o la stimola? «La democratizzazione dei mezzi di comunicazione ha segnato una rivoluzione nell’accesso ai mezzi del “fare cinema”. Oggi si può fare un film tra amici, in pochissimo e con pochissimo; proprio in questi giorni ho visionato una commedia “home made” assolutamente incredibile, splendida. Questa nuova epoca creativa fa sì che il cinema d’autore sia estremamente vivo, ma ciò che più mi interessa e che più interessa al Festival è l’altra faccia di questa democratizzazione. Ovvero non tanto che tutti facciano cinema, ma che chi ha uno spiccato potenziale creativo possa esprimerlo. I giovani cineasti del continente africano, ad esempio, oggi possono accedere all’industria. Ovvero possono fare cinema, ma soprattutto possono esserlo, entrando in tutto e per tutto nel ciclo produttivo. Un ruolo fondamentale del Festival è farsi trovare lì, tra la proposta e l’industria, accogliendo la prima e aprendole le porte della seconda».
Una sorta di missione… «Precisamente. Ora che chiunque, o quasi, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione ha i mezzi per potersi esprimere, noi dobbiamo essere chi gli permette di muovere lo step successivo, aiutandolo ad entrare nel mondo produttivo. È di nuovo un impegno politico perché dà una possibilità all’interno dell’industria cinematografica a opere che sono nate al di fuori dell’industria stessa. Dunque a giovani, a geografie senza mezzi e a produzioni minori». Ogni anno il Locarno Film Festival muove passi decisi in direzione dei giovani…
«A mio avviso è una scelta quasi ovvia, inevitabile. E in questo senso si apre un altro tema, un’altra questione a cui tengo molto e che chiama in causa di nuovo i ruoli e la mission del Festival: la formazione. Per fare un buon film servono indubbiamente i mezzi tecnici di cui parlavamo prima, oggi a portata di molti grazie all’evoluzione tecnologica. Ma non bastano. Ci vogliono anche cultura e conoscenza dell’arte in cui e con cui ci si vuole esprimere; dunque, per l’appunto, formazione. Il Locarno Film Festival da un decennio, grazie alle Locarno Academy, è una possibilità formativa e di crescita per i giovani. Adesso, ad esempio, vogliamo che all’interno delle nostre Academy sia ritagliato uno spazio dedicato al continente africano, pensando non solo a laboratori che aiutino produttori e registi, ma anche a attività che formino una nuova generazione di critici cinematografici. Perché un mondo cresca è necessario che siano presenti, vive e competenti tutte le sue componenti, l’intera industria cinematografica, dall’autore a chi lo osserva». In questa direzione si muove anche il neonato BaseCamp? «Il BaseCamp, una struttura con duecento posti letto allestita nella ex caserma di Losone, è un progetto ampio e articolato, ma uno dei suoi TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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CULTURA / LOCARNO FILM FESTIVAL
aspetti più evidenti e a cui tengo molto è che ci concede di dare un alloggio a duecento under 30. È un modo pragmatico e concreto di partecipare proprio a quella formazione dei giovani alla cinefilia che deve far parte della nostra missione. Fosse anche semplicemente e solamente potendo seguire interamente un Festival a prezzo accessibile. Poi ripeto, il BaseCamp sarà anche molto altro…»
Chiudendo parlando dell’inizio, com’è stato dopo averlo vissuto da spettatrice, entrare nella sala macchine di questo salotto del cinema d’autore… «Intenso, veloce e perennemente in viaggio (sorride), ma allo stesso tempo reso più semplice dallo sforzo e dal sostegno di tutto il team che mi ha accolto e accompagnato, raccontandomi con pazienza ogni angolo. Un aspetto meraviglioso del Festival però lo conoscevo già, ed è Locarno. Il Locarno Film Festival ha un vantaggio incommensurabile, ovvero vivere, esistere in
una piccola città. Questo concede a chi lo vive una vera fortuna: incontrarsi. A Locarno è possibile, quasi inevitabile, a Parigi o in un’altra grande città sarebbe molto più occasionale. Al Locarno Film Festival puoi incontrare un attore, un regista o un produttore per strada, o al bar. E incontrarsi, per tutti i ruoli e le missioni di cui abbiamo parlato, è l’innesco indispensabile».
I LUOGHI DEL CINEMA Al Locarno Film Festival possono essere un bar, un prato o le rive del lago, ma restando nei luoghi canonici del cinema, una delle tracce del suo futuro porta proprio a interrogarsi sul destino della sala cinematografica. «Bisogna assolutamente continuare a lottare per la sala - assicura Lili Hinstin - ma non per snobismo o conservatorismo, anzi. Semplicemente per questioni esperienziali. Perdere la sala cinematografica significherebbe perdere un’esperienza che non è vivibile altrove. Credo sia ovvio che vedere un film sullo smartphone o in Piazza Grande non sia la stessa cosa, dunque la stessa esperienza. Un conto è una serie o una soap, qualcosa di discorsivo: sei entrato in una storia e vuoi sapere come procede, come va a finire; quasi quasi potresti anche solamente leggerla o ascoltarla. Nel cinema la forza primaria dell’immagine è indiscutibile e va salvaguardata». Questione di partecipazione, di immersione? «Vedere un film su uno schermo enorme come quello di Piazza Grande fa entrare l’esperienza visiva nell’ordine dei sensi. È come quando studi per anni la Guernica sui libri, poi vai a Madrid, la vedi dal vivo e dici “ah, ok”. L’esperienza e il coinvolgimento dei sensi è un argomento molto interessante». Va in questa direzione la novità annunciata che prevede la possibilità di iscrivere ai concorsi film in Virtual Reality? «Quella della Virtual Reality è un’esperienza estremamente interessante e divertente perché permette all’adulto di rivive-
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re una sensazione dell’infanzia, una “prima volta”. Sensitivamente è davvero molto interessante. A livello cinematografico poi, senza voler essere tecnofili, la VR pone al cinema l’obbligo di rimettere in gioco la questione centrale del “punto di vista”, stravolgendolo. Non si ragiona più nella dinamica di uno spettatore fisso davanti a uno schermo fisso, a distanza fissa, da cui la messa in scena della storia. Si deve ripensare tutto, completamente». Ad allargarsi insomma non è solo il “fare cinema”, ma anche il “vivere il cinema”... «Sarebbe un esperimento molto interessante far vedere al pubblico lo stesso film in sala e poi, o prima, al computer. Cambia tutto, a partire dalla temporalità. A Belfort (Festival che Hinstin ha diretto per sei anni, ndr) avevamo la fortuna di essere ospitati da un multiplex, dunque con schermi molto grandi, per le produzioni mainstream. Un anno in programma c’era Lo strano caso di Angelica, di Manoel de Oliveira, un film tutt’altro che mainstream, bensì d’autore, filosofico. Vederlo in uno schermo grande come un palazzo di quattro piani, per altro in una sala colma di ragazzi di sedici anni che non si sono mossi da lì, è stato incredibile. Capivi e vivevi i piani di de Oliveira, come li aveva pensati. Diventa strabiliante, il film prende una forza materiale». Pronti per Piazza Grande dunque? «Uno degli schermi più grandi d’Europa, perfetto. Non vedo l’ora di scoprire come il pubblico reagirà ai film che stiamo selezionando»
CULTURA / DREAMSHADE
STAY TUNED
A
poche settimane dall’uscita del singolo Question Everything, incontro Kevin Calì voce della band ticinese Dreamshade. Se al metal associ teschi, pelle nera ed altre immagini gotiche — con i Dreamshade ti sbagli! Il gruppo, nato nel 2006 dai chitarristi Fernando “Fella” di Cicco e Rocco Ghielmini (ex membro), alle chitarre distorte associa una positività esplosiva. Il frontman indossa una camicia costellata di piccole tigri ed Elvis Presley nell’orecchino espansore e, mentre racconta della band, si emoziona, gesticola. Con lui scopro un gruppo che, attraverso un metal melodico potente, più di tutto da quel palco vuole comunicare felicità…
L PARTONO DA LONTANO PER ARRIVARE VICINO. DOPO AVER CONQUISTATO ASIA E SUD AFRICA , LA BAND TICINESE VUOLE GIOCARE IN CASA… DI KERI GONZATO
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a band… «Ho iniziato a cantare con i Dreamshade nel 2011. Prima suonavo in un’altra band però devo dire che ammiravo, anzi devo ammettere che ero quasi geloso della bravura musicale dei Dreamshade. Poi è capitata l’opportunità di cantare con loro e da allora non ci siamo più mollati. Siamo molto uniti, nel tempo si diventa come una famiglia e come in ogni famiglia ognuno ha le sue qualità ed i suoi temperamenti sia a livello musicale che umano e questo è il bello. Una famiglia allargata che include i fans!».
Cosa racconta la vostra musica... «I nostri brani parlano della vita di tutti i giorni o di esperienze vissute sulla nostra pelle o su quella di persone vicine. L’idea di un nuovo pezzo in genere nasce dal chitarrista Fernando “Fella» di Cicco e poi tutti assieme la sviluppiamo e facciamo crescere. Credo che l’importante sia non porsi limiti di nessun tipo, la musica va pensata, composta ed esplorata a 360 gradi. L’ultimo singolo “Question Everything” racconta il nostro punto di vista sull’industria musicale, in altri brani invece trattiamo la famiglia, l’amicizia, il nostro modo di vedere la vita fino ad arrivare a temi più intimi.
CULTURA / DREAMSHADE
Johannesburg e vedere la gente che tornava per vederci».
Insomma, la musica è alimentata e connessa a molte delle nostre esperienze personali. Quando la gente ti dice che si riconosce in quello che scrivi, quando sai di essere riuscito a trasmettere davvero qualcosa sei appagato e carico per continuare a dare il massimo. Se c’è qualcuno oltre a noi che crede davvero in quello che facciamo allora tutto ha un senso». Ogni storia ha un punto di partenza. Quali sono le prime canzoni che ti hanno lasciato un marchio a fuoco sul cuore? «Ne ho due, una è “More Than A Feeling” dei Boston e l’altra è “The Final Countdown” degli Europe, che nell’87 avevano partecipato a Sanremo: io avevo solo 3 anni e con la mia chitarrina in plastica, completamente catturato, imitavo le loro mosse! Questa cosa mi è entrata dentro. Grazie a mia sorella e mio fratello, molto più grandi me, ho scoperto un sacco di altra musica da Madonna ai Metallica. Tutti in casa, anche mio padre, ascoltavano buona musica. Verso i 15 anni ho iniziato con la chitarra, facevo il cantante-chitarrista per una cover band dei Metallica ma poi ho capito che strumentalmente ero limitato (e ride) sentivo di non riuscire ad esprimermi al meglio… Subito dopo la chitarra ho iniziato ad ascoltare gruppi con cantanti che riuscivano a fare di tutto,
dall’urlato, al pulito, al melodico. La cosa mi affascinava molto e da allora mi sono focalizzato sulla voce!». La tua voce è tanto potente tanto poliedrica... «La mia voce mi ha sempre fatto “impazzire” (e ride). Con lei ho un rapporto di amore odio, un costante esplorare i propri limiti. Il non avere il completo controllo su di lei mi sprona ad andare avanti e rompere ogni barriera che c’è tra di noi. Un continuo imparare a conoscersi ed esplorare il proprio corpo, ecco perché me ne sono innamorato. A volte la relazione si complica e ci sono fasi di impasse ma poi, con disciplina e passione, si continua a crescere».
Parlami del vostro rapporto con i fans… «Per noi la band non è fatta solo da 4-5 individui che vedi sul palco. Prima e dopo il live cerchiamo un contatto reale con il pubblico, scambiando due chiacchiere, bevendo un bicchiere assieme: una relazione che poi spesso continua sui social. Non tutti i gruppi fanno questo ma per noi la connessione umana è sempre stata un aspetto centrale e non abbiamo intenzione di smettere. Fondamentalmente la nostra idea di concerto è quella di passare una serata assieme. La band fa il 50%, il pubblico fa l’altro 50% e quando le due parti si miscelano nel modo giusto si crea qualcosa di speciale». Energia e palcoscenico. Come si crea magia? «L’aspetto dei live che amo è che, rispetto ad un album o un video, ti fai
Siete appena tornati dal vostro secondo tour in Sud Africa, com’è andata? «Alla grande, è stato bellissimo tornarci a 5 anni dal primo tour. Un paese incantevole pieno di colori e tradizioni. Insomma, una fiaba! Questo ci ha fatto sentire bene e ci ha permesso di affrontare il tour nel modo più sereno e divertente possibile. Un’esperienza elettrizzante che ha indubbiamente lasciato il segno. Inoltre si erano già creati dei bei contatti umani la prima volta ed, avendo coltivato la relazione con i fans, è stato emozionante ritrovarsi a Cape Town, Port Elizabeth, Pretoria e TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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CULTURA / DREAMSHADE
che ci sia un legame tra i nostri lavori e quello che facciamo con i Dreamshade».
vedere per quello che realmente sei. Dal palco vogliamo passare una grande carica positiva: nonostante le chitarre distorte o la batteria pestata che possono caratterizzare il nostro genere musicale suoniamo sempre con il sorriso! Ogni concerto è una maratona e bisogna essere carichi e preparati Prima di salire sul palco ognuno si prende una mezz’ora per riscaldarsi sia a livello musicale che fisico e mentale, abbraccio di gruppo e via allo show. Anche dopo tanti live, l’adrenalina che provoca ansia diventa carica da dare al pubblico». Svestiti i panni da rockstar, chi sono i Dreamshade? «Io faccio il postino, un mestiere dinamico che mi soddisfa. Per quanto opposte, amo entrambe le dimensioni della mia vita, si equilibrano l’un l’altra. Fernando di Cicco invece organizza eventi per la città di Lugano, Gian-Andrea Costa (basso) è uno speaker radiofonico e Luca Magri (chitarra) lavora per una ditta di service per eventi. Tutte attività che ci permettono di stare costantemente a contatto con le persone e creare sempre nuove connessioni. Trovo interessante il fatto
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Novità e date in Svizzera? «Attualmente, a livello live, ci diamo un pò di tregua per avere tempo di lavorare ai nuovi brani. Per quanto riguarda la Svizzera, vogliamo creare una fanbase importante ma non è per niente facile. Siamo riusciti ad aprirci a mercati come Asia e Sud Africa che ci hanno permesso di crescere e, paradossalmente, “giocare in casa” è invece più dura. Svizzera e Centro Europa sono aree già sature a livello di band in tour e quindi è più difficile farsi spazio. Ma ci teniamo a suonare più spesso dalle nostre parti e ci stiamo muovendo per fare da spalla a gruppi importanti. A gennaio 2019 abbiamo avuto l’onore di aprire i concerti del tour europeo dei Don Broco (UK), una delle nostre band preferite, e ora stiamo allacciando nuove relazioni artistiche… infatti a fine giugno suoneremo con gli Arch Enemy (SE) allo Z7 di Pratteln». Creatività e nuovi approcci possono aiutare a farsi notare? «Io credo di sì. In Ticino, per esempio, sono convinto che l’evento particolare possa catturare di più l’attenzione. Vorremmo uscire dal solito contesto, il club o la sala concerti usuale, ed invitare il pubblico a vivere qualcosa di diverso assieme a noi. Infatti, la nostra idea è quella di creare dei concerti in luoghi insoliti. Recentemente è nata questa idea che ci piace molto e stiamo pensando alle location possibili quindi: stay tuned».
FINANZA / ARTE E FINANZA
DUE MONDI INTERCONNESSI
L’
arte rappresenta sempre più una interessante opportunità di diversificazione degli investimenti nel lungo periodo, puntando su un approccio interdisciplinare che non si limita alla ricchezza finanziaria ma coinvolge la consulenza fiscale e successoria. Fatti, numeri, attività registrate: tutto fa pensare che finalmente stia iniziando l’era dell’investimento finanziario programmato nel mercato dell’arte ormai considerata come un asset class, un polo integrato di gestione di patrimoni che lavora in sinergia con differenti
aree finanziarie. Questo tipo di gestione sta progressivamente assumendo un peso sempre maggiore nel complessivo patrimonio degli investitori: in altre parole, questa classe di investimento non viene considerata solo come una mera capitolazione di piacere estetico, ma diventa un investimento con speranze di crescita degli utili. All’attività di Art Advisory si affiancano sempre più spesso un’ampia gamma di servizi indispensabili per esercitare una scelta consapevole e informata che tenga conto anche della sfera emotiva, estetica e culturale.
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
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ADRIANO A. SALA (A.A.) EMAMS Executive Master in Art Market Studies
DIDIER ZANETTE (D.Z.) The Gallery Lugano
ANDREA BERGAMINI (A.B.) Branch Manager Lugano di LGT Bank (Switzerland)
FRANCESCA MARTINOLI (F.M.) Responsabile Art Collection della banca EFG
STEFANO CORTESI (S.C.) Cortesi Gallery
CINZIA SANVIDO Executive Director Banca Julius Baer & Co. SA
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FINANZA / ARTE E FINANZA
I
n che misura, dal suo osservatorio privilegiato, il rapporto tra arte e investimenti finanziari risulta essere influenzato dalla transizione da un’economia a prevalente componente industriale, ad una prevalente componente di conoscenza? A.A.: «Sia oggi che in passato l’economia è stata caratterizzata tanto da componenti industriali quanto di conoscenza e, tradizionalmente, le opere d’arte sono sempre state oggetto di investimento e collezione. Oggi, rispetto a un tempo, il flusso di informazioni è maggiore e maggiormente accessibile, ma il mercato non è, o è solo parzialmente, trasparente. Alcune informazioni per la creazione del prezzo dell’opera d’arte sono di principio accessibili, quali ad esempio l’anno di produzione, le dimensioni, il movimento artistico di appartenenza, i materiali e la tecnica di esecuzione; con riferimento all’artista si rilevano il grado di autenticità dell’opera, il numero di anni trascorsi dal suo eventuale decesso e la sua nazionalità. Altre invece necessitano un’interpretazione da parte di esperti del settore e sono soltanto di limitato accesso: il livello delle quotazioni passate, il periodo o la piazza in cui è avvenuta la transazione, l’identità della casa d’aste, la dinamica del reddito dei potenziali acquirenti, il rendimento reale delle azioni e delle obbligazioni e il tasso di inflazione. In un mercato pertanto così opaco dal punto di vista informativo, oltre ad essere insufficientemente liquido e non regolamentato, i prezzi possono subire ampie oscillazioni a causa delle asimmetrie informative fra venditori e acquirenti, e spesso le negoziazioni richiedono tempi lunghi e costi notevoli».
D.Z.: «Da 500.000 collezionisti del dopoguerra, il mercato è rapidamente cresciuto fino a raggiungere quasi 70 milioni di persone, residenti in tutti i continenti. A lungo riservato ai più ricchi, il mercato dell’arte è dunque diventato incredibilmente aperto negli ultimi anni attraverso anche intense attività a favore di una maggiore conoscenza. A partire dagli anni ‘90, gli investimenti finanziari artistici sono stati facilitati dall’accesso alle informazioni. Oggi, grazie a Internet, un individuo può avere tante informazioni quanto un grande esperto degli anni ‘80, a patto che si sappia come usarle. A quell’epoca Artprice, ad esempio, iniziò a costruire il suo enorme database per definire accuratamente la valutazione degli artisti. Le informazioni fornite dalla società di Lione, consentono infatti di calcolare il prezzo di un’opera rivenduta più volte negli ultimi decenni. In pochi click, un investitore può conoscere le tendenze del mercato, avendo un facile accesso alle opere». A.B.: «Al pari di ogni classe di investimento, anche in ambito artistico vi è un mercato con un’evoluzione dei prezzi. Come nel settore finanziario, per investire con successo in opere d’arte, sono necessarie ampie competenze, molta esperienza ed una eccellente rete di relazioni». F.M.: «Il valore economico di un’opera d’arte dipende soprattutto dall’aspettativa circa il suo valore futuro, per questo il mercato dell’arte è caratterizzato da una costante ricerca di prodotti innovativi ma con una certa percentuale di rischio. Chi intende investire nell’arte deve avere accesso all’informazione sul valore potenziale di un artista, informazione privilegiata che tende-
rà ad usare immediatamente investendo i propri risparmi nell’acquisto di sue opere. Dal mio osservatorio noto che ad avere con l’arte i migliori risultati sono coloro che hanno buoni contatti con collezionisti e rapporti stretti con curatori di mostre e direttori di musei e istituzioni. Fare un buon investimento nel settore del contemporaneo emergente non è semplice perché bisogna dedicare molto tempo a frequentare gli artisti o i “professionisti” del settore come per esempio i galleristi, altri collezionisti o i curatori. E poi bisogna anticipare i tempi del mercato secondario delle aste pubbliche. La nascita di numerose start up che cercano di determinare una relazione tra un oggetto che ha una forte valenza emozionale e un algoritmo matematico fa comunque riflettere sul fatto che la nuova frontiera è spingere gli investimenti in arte con il supporto dell’Intelligenza Artificiale. Tuttavia anche in questo campo regna una certa incertezza poiché non è ancora provato in maniera inequivocabile che l’intelligenza artificiale riesca a sostituire il “tocco umano”, ovvero la sensibilità umana nel sondare le preferenze dei critici, dei galleristi e soprattutto del pubblico». S.C.: «La storia ci ha dato ampie dimostrazioni di un passaggio di risorse dall’industria, che crea ricchezza, al mondo della finanza, per arrivare poi ad investimenti in cultura e conoscenza e dunque anche nell’arte. L’esempio classico è stato quello, nel secolo scorso, degli Stati Uniti, dove il mercato dell’arte ha potuto godere di ingenti investimenti finanziari che hanno favorito la crescita di musei, gallerie e collezionisti privati. Ora il fenomeno tende a ripetersi in un altro contesto geografico : quello asiatico, dove negli ultimi anni Hong Kong è diventato senza alcun dubbio una piazza di rilevanza mondiale» TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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Quali vantaggi può offrire il mercato dell’arte come alternative asset per diversificare il portafoglio di rischio? A.A.: «Dati alla mano, l’evoluzione dei prezzi di un campione di 5.660 lotti, venduti nel 2018 e per i quali è stato chiaramente identificato un precedente acquisto all’asta, mostra che il rendimento medio annuo delle opere in circolazione è ora pari a +7%, per un periodo medio di proprietà di 11 anni. Nel campo artistico, di conseguenza, la miglior concretizzazione di un progetto di investimento in arte è la creazione di una collezione. La maggior parte del payoff dell’investimento in arte si ottiene dal dividendo estetico al quale si somma spesso il piacere della ricerca e dell’acquisto. Una raccolta di opere offre vantaggi oggettivi oltre al tempo che vi si dedica nel darle forma. L’idea, quindi, di investire nel creare una raccolta che abbia un tema, che rispecchi gli interessi del collezionista è un investimento, anche a livello economico, maggiore rispetto all’acquisto e all’immediata rivendita di una singola opera per mere motivazioni economiche». D.Z.: «Un portafoglio ben diversificato consente una riduzione del livello di rischio, pur mantenendo un rendimento soddisfacente. Secondo Thierry Erhmann, direttore di Artprice, l’acquisto di un’opera presenta pochi rischi a condizione che segua alcune regole di base. Innanzitutto, la tracciabilità del lavoro deve essere impeccabile. Quindi, è meglio comprare un artista quotato, vale a dire uno dei suoi lavori deve essere già stato inserito in un’asta pubblica o apparire in un catalogo di vendita. Infine, deve essere considerato un investimento a lungo termine, da mantenere tra 8 e 12 anni. Il mercato dell’arte è anche più sicuro dei mercati finanziari: un’opera non può essere svalutata altrettanto rapi-
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damente quanto altre forme di investimento. Mai il valore di un’opera d’arte è calato del 50% in un anno. Infine, l’arte è un bene particolare che oltre a valore genera piacere». A.B.: «Noi non consideriamo l’arte in quanto investimento finanziario in senso stretto. Tuttavia, le opere d’arte possono senz’altro contribuire ad una migliore diversificazione e alla conservazione del valore di un patrimonio». F.M.: «Il mercato dell’arte è un territorio interessante e ricco di opportunità da esplorare per chiunque voglia diversificare i propri investimenti attraverso l’acquisto diretto di opere d’arte o per via indiretta attraverso l’acquisto di quote di fondi specializzati. Il problema è sempre lo stesso: creare valore e capire come l’arte, un emotional asset, produce rendimento. Trattandosi di un mercato in cui le transazioni principali avvengono durante le sessioni d’asta (in ridotti e prestabiliti periodi dell’anno), il valore delle opere d’arte non varia quotidianamente e, dunque, le eventuali oscillazioni di prezzo avvengono in maniera meno repentina rispetto a quanto accade sui mercati finanziari tradizionali. La massiccia entrata sul mercato delle aste di fondi d’arte non deve però portare a credere che l’investimento in arte sia più solido e meno direttamente correlato alle dinamiche macroeconomiche del mercato tradizionale. L’investitore tout court, contrariamente al collezionista, dismette i propri investimenti in opere d’arte come liquiderebbe altri tipi d’investimenti meno legati all’aspetto emozionale. S.C.: «Sicuramente l’arte può rappresentare un asset molto interessante nell’ottica di una diversifi-
cazione del portafoglio, a condizione tuttavia che venga concepita come un investimento non di breve ma di lungo periodo e dunque destinato a rivalutarsi nel tempo. Per esempio, alcune grandi collezioni private formatesi nel corso di alcuni decenni hanno oggi un valore superiore alle ricchezze industriali che le hanno generate. L’ottica di lungo termine è indispensabile tenendo anche conto della minor liquidità rispetto ad altre forme di investimento e delle elevate commissioni legate alle transazioni. Un vantaggio della diversificazione in arte è che rappresenta un investimento anticiclico rispetto alle fluttuazioni dei mercati finanziari. Da tenere presente che la soglia di ingresso è elevata per poter costruire un portafoglio diversificato e di qualità. Comunque il parere di un esperto che possa aiutare ad orientarsi nella costruzione di una collezione o di un portafoglio diversificato in arte è assolutamente indispensabile ; ci si puo rivolgere a Galleristi, senior officers delle Case d’Asta, Art Advisors». Un ruolo sempre più delicato sembra essere riservato agli esperti incaricati di effettuare le valutazioni di opere e artisti? Quali nuove competenze si richiedono a questa specifica professionalità? A.A.: «Oggigiorno vengono richieste competenze sempre più trasversali in ambito progettuale, fiscale, economico e una conoscenza degli strumenti per la gestione strategica e l’implementazione di progetti di valorizzazione e valutazione della cultura. L’irregolarità e l’opacità di questo tipo di mercato hanno richiesto la formazione di nuove professionalità di mediazione che, oltre ad avere una conoscenza accademica storico-artistica, abbiano anche competenze in campo economico-finanziario. Questa figura ibrida, a metà tra conoscitore d’arte e
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analista finanziario, si rispecchia nell’art advisor, il cui compito principale è fornire un servizio di consulenza sugli acquisti e sugli investimenti nel mercato dell’arte. In aggiunta l’art advisor deve fornire consigli di carattere legale, assicurativo e indicazioni circa le modalità di conservazione e trasporto delle opere». D.Z.: «All’interno delle istituzioni culturali ci sono musei, curatori di mostre, critici d’arte, giornalisti, che danno valore estetico alle opere d’arte, delineando ciò che è arte e cosa no. Sul lato finanziario, ci sono galleristi, mercanti o intermediari, che definiscono il valore commerciale ad un’opera d’arte. Le relazioni esistenti tra questi due campi sono sempre più intrecciate. Ciò implica che gli esperti devono conoscere gli eventi che si svolgono nel mondo dell’arte. Un curatore seleziona un artista e il valore delle sue opere aumenta mentre una galleria promuove l’integrazione di un creatore in collezioni museali. È quindi necessario avere un buon tempismo, lanciare gli eventi al momento giusto, e avere una visione permanente di ciò che viene fatto nel mondo dell’arte. Oggi, conoscere gli strumenti di marketing è una priorità, sia per un museo che in ambito commerciale». A.B.: «Oltre ad un eccellente bagaglio di conoscenze specialistiche, è necessario disporre di una solida esperienza e di un’ottima rete di contatti. Come nel settore finanziario, seguire costantemente e attentamente il mercato è indispensabile anche in ambito artistico. Nell’era digitale, nuovi mezzi e tecnologie d’informazione permettono poi di sfruttare ulteriori potenzialità relative alla comunicazione e alla ricerca, generando competenze ancora più mirate».
F.M.: «Confermo che il ruolo dei cosiddetti “esperti” è sempre più delicato. Tanto che alcuni storici dell’arte, ben consapevoli del fatto che l’expertise non può essere basata sul punto di vista di una singola persona, spesso non desiderano essere coinvolti nel rilascio di certificati di autenticità o nella redazione di cataloghi ragionati di singoli artisti per timore di cause legali. Bisogna poi mettersi d’accordo su che cosa s’intende con il termine di “esperto”. È difficile che in una persona si concentrino sia le competenze tecniche specifiche su un singolo artista sia sufficienti conoscenze e affinità con la situazione dei suoi scambi. Gli “esperti del mercato” spesso poi non sono imparziali e sottovalutano che la storia dell’arte è un dibattito aperto con continue discussioni e richiede un consenso pubblico tra gli specialisti per guadagnare attendibilità. Chi è incaricato di compiere una valutazione di un’opera a scopo di una transazione, ma anche semplicemente per includerla in una mostra o assicurarla, più che avere delle competenze specifiche deve avere un approccio basato sul rischio tenendo conto della pratica della due diligence. Quest’ultima andrà eseguita non solo sull’oggetto, ma anche sul cliente (individuo, società, fondazione) e sulla transazione stessa (motivo, provenienza dei fondi) perché è importante conoscere il contesto della richiesta che si riceve. A questo scopo ritengo molto valide le linee guida che ha recentemente pubblicato l’Art & Law Foundation di Ginevra (http://responsibleartmarket.org). S.C.: «Quello dell’arte è un mercato molto professionale che richiede specifiche competenze e il ruolo degli esperti risulta essere indispensabile ma anche delicato, poiché si può incorrere in conflitti di interesse. All’esperto si richiedono competenze
di conoscenza e di ricerca sui movimenti artistici, di « occhio » per riconoscere la qualità delle opere, di continuo monitoraggio dei gusti del mercato, di esperienza internazionale. Insomma una professione sempre più specialistica e a 360 gradi». A suo giudizio quale potrebbe essere l’evoluzione futura e quali rischi si potrebbero correre rispetto ad una corretta dinamica di mercato? A.A.: «In generale sarebbe consigliabile avere maggiore prudenza e coltivare meno certezze, visto che l’incertezza degli investimenti sul mercato dell’arte è legata all’evoluzione delle scelte sul lungo termine. Se le variazioni dei prezzi sono relativamente deboli nel corso dei mesi, i valori possono impennarsi o crollare in uno o due decenni, rischiando di creare delle bolle speculative sempre in procinto di esplodere. Senza una decisa regolamentazione del mercato e una trasparenza più netta, è necessario avvalersi dell’ausilio di professionisti del settore». D.Z.: «Dal 2017, il mercato dell’arte ha registrato una significativa crescita globale, con un aumento di quasi il 20% delle vendite. Tuttavia, una conoscenza approfondita del mercato dell’arte dimostra un andamento ciclico dei prezzi. Il primo mercato, quello della prima vendita di un’opera, tuttavia, segna una diminuzione delle vendite e soprattutto un abbassamento del numero di gallerie. La sicurezza è importante nei mercati finanziari e la contraffazione e l’occultamento possono costituire un autentico problema. La moralizzazione del mercato è quindi essenziale per la sua buona salute. È importante che le nozioni di autenticità o innovazione seguano dibattiti estetici per limitare il rischio degli investitori». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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A.B.: «Non siamo attivi nel mercato dell’arte e neppure offriamo una consulenza specifica ai nostri clienti per questo genere di investimenti. Qualora fosse richiesto, mettiamo però volentieri a disposizione la nostra esperienza e l’accesso alla rete di relazioni delle Collezioni dei Principi del Liechtenstein. Tuttavia non siamo in condizione di esprimerci sull’evoluzione futura di questo particolare mercato». F.M.: «Tanto i collezionisti quanto gli investitori cercano di sfruttare al meglio le informazioni disponibili, in particolare quelle che possono incidere sulle future valorizzazioni. Tuttavia anche gli operatori del settore dell’arte si abbandonano talvolta a comportamenti che li portano a seguire l’andamento del mercato anziché indirizzarlo e così facendo si possono generare eccessi e bolle speculative che poi portano ad aggiustamenti bruschi. Non è da escludere che la critica sia influenzata dalle valutazioni di mercato e dai flussi monetari che si dirigono verso certi investimenti, nell’intento di giustificarli e con il risultato di accentuarne i movimenti nel breve periodo. La creazione stessa di un’opera d’arte è un rischio straordinario, con esiti altamente incerti e valutazioni influenzate da asimmetrie informative. S.C.: «Il rischio maggiore è sempre quello insito in tutti i fenomeni che tendono a spingere un artista, una scuola o una tendenza al di la dei suoi reali valori di mercato. Ciò può generare evidentemente eccessi di valutazione o addirittura bolle speculative con conseguenti improvvise cadute dei prezzi. Per questo, come ho già detto, gli investimenti vanno valutati sul lungo periodo ed è necessario conoscere e studiare approfondita-
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mente il lavoro di un artista per compiere poi le proprie scelte d’acquisto in modo oculato e senza facili entusiasmi. Infatti non bisogna trascurare il ruolo che gioca l’elemento emozione, quella passione che guida il collezionista e che può portarlo talvolta ad una sopravalutazione di un’opera per il puro piacere di possederla e di includerla nella propria collezione».
L’OPINIONE DI CINZIA SANVIDO, EXECUTIVE DIRECTOR BANCA JULIUS BAER & CO. SA «Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi articoli su questo argomento. Diversificare il rischio di un portafoglio attraverso acquisizioni di arte è possibile, ma non c’è una formula generica che garantisca un risultato positivo. L’Importante è naturalmente acquisire l’opera “giusta” dell’artista “giusto”. Osservando il mondo dell’arte contemporanea, non sempre l’affermazione diversificazione del rischio è pertinente. Abbiamo assistito a crescite esponenziali nelle quotazioni, ma anche a capitomboli importanti. Acquistare opere d’arte al fine di fare un investimento importante può comportare delle delusioni. Solo in Svizzera ufficialmente sono stati catalogati 6000 artisti contemporanei ma pochi hanno raggiunto quotazioni di rilievo. Ovviamente ciò non vale per i grandi maestri del passato, per i quali il mercato è in forte crescita. Sempre più paesi sono alla ricerca di opere importanti per allestire Collezioni per i loro Musei e fungere così da attrazione turistica. In ogni caso, quando si tratta di investire nell’arte è molto importante parlare con esperti del campo».
Upcoming Exhibition RELIEF: A NEW PERSPECTIVE IN POST-WAR ART 11 June - 23 August 2019 Cortesi Gallery London, 41 & 42 Maddox St, London
____________________________________________________________________________ Upcoming Art Fairs MASTERPIECE LONDON 27 June - 3 July 2019 Preview: 26 June 2019 (by invitation only) South Grounds, The Royal Hospital Chelsea, London
____________________________________________________________________________ Jorge Eielson, Quipus 33 T - 1, acrylic on burlap on board, 160 x 96 x 21.5 cm. Courtesy Il Chiostro.
____________________________________________________________________________ 41 & 43 Maddox St. W1S 2PD London, UK +44 (0) 2074 93 6009
Corso di Porta Nuova 46/B 20121 Milano, IT +39 02 36 75 65 39
Via Nassa 62 6900 Lugano, CH +41 91 92 14 000
FINANZA / TICINO FOR FINANCE
FINANZA IN CAMPO PER LA SOSTENIBILITÀ AL GIORNO D’OGGI, IN UN MONDO CONFRONTATO CON IMPORTANTI SFIDE AMBIENTALI, IL TEMA DELLA CONSAPEVOLEZZA SOCIALE E ECOLOGICA È ORMAI RICONOSCIUTO E CONDIVISO. DI FRANCO CITTERIO, PRESIDENTE DI TICINO FOR FINANCE
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a finanza sostenibile si muove in questa direzione, ponendosi come obiettivo di coniugare gli interessi economici del singolo, fondamentali per motivare l’investimento, a valori positivi per l’intera società, tenendo in grande considerazione l’impatto ambientale: solo così sarà possibile garantire delle prospettive solide alle generazioni future. La finanza sostenibile rientra nella più ampia categoria della finanza etica, una nozione più generica che include anche scelte di investimento basate su motivazioni religiose e politiche. Quando si parla di sostenibilità in am bito finanziario non bisogna inoltre dimenticare che una politica d’investimento sensibile all’ambiente è interessante anche da un punto di vista prettamente economico: diversi analisti hanno dimostrato che a medio e lungo termine le aziende più sostenibili hanno dei benefici economici e non solo a livello di reputazione. Più
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concretamente, il rapporto tra rischio e rendimento di portafogli sottoposti a delle valutazioni di sostenibilità è di regola migliore rispetto a portafogli i cui manager tralasciano questi aspetti. Anche questa considerazione dovrebbe quindi indurre a sforzi maggiori nell’ottica della sostenibilità. Senza contare che, vista l’attenzione che politica e regulator stanno riservando alla questione, è probabile che in futuro la sostenibilità non sarà più una scelta, bensì una condizione imprescindibile per operare nel mercato. Essere in ritardo su un tema di questa portata è quindi poco opportuno. A livello concreto, quali sono esempi di finanza sostenibile? Tra i più noti vi sono i cosiddetti “green bond”, le obbligazioni verdi: titoli di debito che vengono emessi per finanziare progetti di investimento eco-friendly, quindi a vantaggio del contesto ambientale e sociale. Anche scegliere di evitare determinati settori è un esempio di so-
stenibilità e una tendenza importante in Svizzera riguarda diverse casse pensioni che hanno deciso di non sostenere più settori come quello carbonifero. Questa sensibilità non coinvolge solamente grandi realtà ma anche il cliente retail, il quale appare sempre più interessato alla sostenibilità degli investimenti spingendo le banche a proporre prodotti finanziari in linea con questi valori. Un approccio positivo che non sorprende affatto: la Svizzera, per tradizioni e valori, è sempre stata pioniere della sostenibilità e il settore finanziario non fa eccezione. L’ampia offerta di prodotti sostenibili è quindi una caratteristica sulla quale la piazza finanziaria ha puntato. Ciò è dimostrato dal fatto che in Svizzera attualmente 390 miliardi di asset sono gestiti secondo principi sostenibili. Il dato è contenuto nel report 2018 della Swiss Sustainable Finance (SSF). La pubblicazione evidenzia altri segnali positivi: l’aumento generale degli inve-
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stimenti sostenibili rispetto al 2016 è stato dell’82%, con gli attori istituzionali che hanno raggiunto un incremento del 128%. Sempre a proposito di investitori istituzionali, lo scorso aprile il fondo pensioni del Cantone di Basilea campagna ha annunciato una strategia di investimento orientata alla sostenibilità: non parliamo di cifre da poco, considerato che il fondo gestisce 9.4 miliardi di franchi. Esistono tuttavia ampi margini di miglioramento: uno studio di PwC pubblicato lo scorso marzo 2019 mette in luce come, nonostante i dati incoraggianti, la Svizzera non abbia ancora oltrepassato la soglia del 10% di asset sostenibili sul totale in gestione. Questo perché, stando agli analisti di PwC, molti decision-makers considerano ancora la finanza sostenibile un settore di nicchia. Occorre quindi che la cultura della sostenibilità si diffonda maggiormente nel settore finanziario. Sarebbe un peccato mettere a repentaglio la credibilità che la Svizzera sta costruendo: basti pensare che
nel Global Green Finance Index i centri finanziari elvetici ricoprono le posizioni migliori, con Zurigo al secondo posto e Ginevra al quindicesimo (il gradino più alto del podio spetta ad Amsterdam). L’obiettivo di consolidare la sostenibilità della piazza è condiviso anche dalla politica: sono infatti in continuo aumento gli atti parlamentari sul tema e anche il Consigliere federale Ueli Maurer prese chiaramente posizione in merito, affermando che «focalizzandosi sulla sostenibilità, la comunità finanziaria svizzera possa migliorare ancora di più il suo profilo nel confronto con i concorrenti internazionali e, allo stesso tempo, dare un contributo vitale agli obiettivi ecologici». La stessa volontà si è manifestata nelle scelte della FINMA, che ha recentemente aderito al Network for Greening the Financial Sysetem, di cui fanno parte 36 attori tra banche centrali e regolatori nazionali e internazionali.
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FINANZA / UBS
L’IMPORTANZA DI PIANIFICARE PER TEMPO LA SUCCESSIONE AZIENDALE
Remo Crameri
Eleonora Del Fante Ferrario
Patrick Bizzozzero
REMO CRAMERI, RESPONSABILE CLIENTELA AZIENDALE UBS REGIONE TICINO, ELEONORA DEL FANTE FERRARIO E PATRICK BIZZOZZERO, CONSULENTI EXECUTIVES&ENTREPRENEURS UBS REGIONE TICINO, SOTTOLINEANO IL RILIEVO DELLA SUCCESSIONE AZIENDALE ED EVIDENZIANO L’IMPORTANZA DELLA CONSULENZA CHE UBS PUÒ OFFRIRE AGLI IMPRENDITORI E ALLE LORO FAMIGLIE PER INDIVIDUARE LE SOLUZIONI PIÙ OPPORTUNE DA ADOTTARE.
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erché la successione aziendale costituisce uno dei problemi più importanti da affrontare all’interno di una famiglia imprenditoriale? REMO CRAMERI: «Non parlerei tanto di problema quanto piuttosto di un compito complesso che l’imprenditore
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è chiamato ad affrontare. La pianificazione della successione costituisce infatti parte integrante della gestione aziendale, tenendo conto del fatto che spesso il passaggio alla generazione successiva coincide anche con il pensionamento del titolare. Oltre a questo, l'imprenditore dovrà valutare le diverse soluzioni possibili: il trapasso all'inter-
no della propria famiglia, il management buyout o la vendita a terzi. Se ci focalizziamo sulla realtà ticinese, non va dimenticato il fatto che in una regione come il Ticino, molte aziende sono di carattere familiare e di conseguenza la dinamica della successione tocca l'aspetto generazionale all'interno della propria famiglia. Questa dimen-
FINANZA / UBS
sione può evidenziare qualche complessità in più, si tratta infatti di definire non solo chi prenderà in mano l'operatività e la redditività futura dell'azienda, ma di garantire che la filosofia imprenditoriale della famiglia e i suoi valori aziendali vengano tutelati anche in futuro. Ogni riflessione in merito assume perciò una valenza che abbraccia aspetti economici, finanziari, fiscali e previdenziali, senza naturalmente trascurare tutte le implicazioni di carattere emotivo presenti in modo particolare nelle aziende familiari». ELEONORA DEL FANTE FERRARIO: «Gli imprenditori dovrebbero considerare la rilevanza di una pianificazione successoria tempestiva per tutti i soggetti coinvolti. Perché, oltre a cuore e passione un'impresa richiede anche cospicui investimenti di capitali e risorse umane. Una strategia ben congegnata, che riporti il capitale proprio investito in azienda nel patrimonio privato, aumenta la sicurezza finanziaria dell'imprenditore e di conseguenza della sua famiglia in previsione del futuro pensionamento. Inoltre con una pianificazione fatta per tempo si può adeguare la struttura aziendale per permetterne il trasferimento in maniera ottimale consentendo anche ai partner commerciali e ai collaboratori di beneficiare di una maggiore sicurezza e fiducia nella nuova direzione aziendale proprio perché si è evitato un cambiamento improvviso e inaspettato. Che cosa significa approccio olistico nella consulenza all’imprenditore durante tutto il suo ciclo di vita? PATRICK BIZZOZZERO: «Se consideriamo che all’interno di molte imprese a carattere familiare siamo in presenza di più generazioni che si sono succedute alla guida dell’azienda, è facile comprendere come essa rivesta un ruolo centrale all’interno del patrimonio familiare, ponendo dunque il problema di individuare la persona o la soluzione
più adatta per assicurarne la continuità. In questa prospettiva, diventa allora assolutamente necessario un approccio globale alla successione aziendale facendosi carico contestualmente di tutte le possibili variabili che interagiscono tra loro, coinvolgendo l’imprenditore, ma anche la sua famiglia fino ai collaboratori dell’azienda, il cui destino, non dimentichiamolo, rappresenta una costante preoccupazione per l’imprenditore che si accinge a lasciare la guida della propria impresa». Quali sono le principali tappe di questo accompagnamento e quali le soluzioni offerte? REMO CRAMERI: «Ogni successione è di per sé unica, e proprio per questo ciascuna esige la messa a punto di una soluzione su misura e richiede un accompagnamento individuale. Non esiste una soluzione brevettata, semplice e rapida. Gestire una successione significa dunque capire in primo luogo quale tipo di scenario l'imprenditore favorisce e per quali motivi. In secondo luogo bisogna acquisire tutti gli elementi utili a definire una strategia condivisa che tenga conto delle possibili opzioni e soluzioni. Ciò significa nello specifico: coinvolgere tutti gli specialisti in grado di valutare la trasferibilità dell’impresa dal punto di vista finanziario, strutturale e giuridico». ELEONORA DEL FANTE FERRARIO: Da non sottovalutare è in ogni caso la protezione del capitale della società e, qualora l’opzione scelta sia quella di una vendita, la sua ottimale collocazione sul mercato, individuando le modalità e i tempi più opportuni e vantaggiosi per concludere al meglio l’intera operazione. Portare a buon fine un passaggio generazionale è sempre un processo che richiede tempo. Pensare prima a quello che succederà dopo dà all’imprenditore la libertà e la flessibilità necessarie a plasmare il futuro attivamente, coinvolgendo per
tempo le parti interessate e raccogliendone pareri e desideri». Attraverso quale struttura organizzativa UBS ha deciso di attivare questo servizio di consulenza? ELEONORA DEL FANTE FERRARIO: «Per assolvere nel modo più efficace al nostro ruolo di consulenza e accompagnamento, è essenziale comprendere le diverse sfaccettature di una successione per soddisfare al meglio le esigenze e le aspettative dei clienti della banca. Per questo motivo, non è solo uno specialista del settore della clientela commerciale a rispondere alle domande su come affrontare le diverse problematiche, ma vengono costituiti dei veri e propri deal team nei quali vengono coinvolti anche esperti del settore Wealth Planning e di Wealth Management. Da un punto di vista organizzativo, la clientela aziendale di UBS Regione Ticino è territorialmente suddivisa in tre distinte zone: Sopraceneri, Luganese e Mendrisiotto proprio per garantire quella vicinanza che risulta essere particolarmente apprezzata dagli imprenditori e dalle loro famiglie in un momento così delicato della vita dell’azienda e della loro persona». Quali sono le tematiche più frequenti e “sensibili” nei confronti delle quali siete chiamati a confrontarvi? PATRICK BIZZOZZERO: «Fondamentali, prima di tutto, sono la preparazione emotiva dell’imprenditore e la comunicazione con i possibili successori. Tra le varie tematiche da affrontare, l’imprenditore deve saper definire il suo ruolo futuro, ascoltare le idee della famiglia e delle altre parti interessate e verificare l’idoneità del suo successore. Oltre alle questioni finanziarie, occorre chiarire anche le questioni strutturali. Tra queste figurano la separazione del patrimonio privato da quello aziendale, TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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la razionalizzazione e magari anche l’adeguamento della governance nonché la liberazione in tempo utile del patrimonio non operativo. Ciò significa che l’imprenditore deve pensare per tempo alla strategia da adottare in merito, ad esempio, al proprio salario, ai dividendi da distribuire e al trasferimento dei beni patrimoniali aziendali nel suo patrimonio privato. Per limitare l’onere fiscale di questa operazione, è inoltre opportuno esaminare attentamente anche la situazione previdenziale presente e futura dell’imprenditore». Qual è la tipologia di imprenditori e di aziende a cui vi rivolgete? REMO CRAMERI: «Il passaggio generazionale è presente nella vita di una grande impresa come in una media
azienda, o addirittura in una piccola attività a carattere familiare. Proprio per questo la consulenza specialistica di UBS si indirizza a tutte le realtà presenti sul territorio ticinese. Da un punto di vista tecnico è chiaro che la successione di una multinazionale rappresenta un tipo di complessità molto più elevato di quello di una piccola azienda. Non va però dimenticato che in questo contesto la sfida maggiore non è sempre legata alla complessità tecnica, bensì anche alla componente personale ed emotiva che la successione può rappresentare per l'imprenditore; in quest'ottica la dimensione dell'azienda non è sempre il fattore più importante. UBS mette a disposizione la consulenza e l'esperienza a tutti i suoi clienti che richiedono un accompagnamento in questa fase delicata».
CONTATTI Dr. Remo Crameri Responsabile Clientela Aziendale UBS Regione Ticino remo.crameri@ubs.com Eleonora Del Fante Ferrario Executives&Entrepreneurs UBS Ticino eleonora.del-fante@ubs.com Patrick Bizzozzero Executives&Entrepreneurs UBS Ticino patrick.bizzozzero@ubs.com www.ubs.com/imprenditori
Nuovo allestimento della Fondazione Ghisla Art Collection di Locarno Riaperta il 10 marzo 2019, la Fondazione Ghisla presenta nelle prime sei sale dell’iconico cubo rosso una nuova selezione di opere tratta dalla collezione di arte moderna e contemporanea di Martine e Pierino Ghisla. Come sempre la loro sistemazione non è determinata da un rigore cronologico o dalla suddivisione per movimenti o tendenze. Chi entra in questi spazi si immerge in capolavori assoluti della Pop Art, dell’Informale, del Concettuale, dell’Astrattismo e del New Dada, a cui si aggiungono prove di autori emergenti e forse meno conosciuti dal grande pubblico. Il secondo piano, ospita invece la mostra temporanea “Blow through the gap” di Rodrigo Matheus, creata e pensata dall’artista
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appositamente per gli spazi della Ghisla Art Collection e organizzata in collaborazione con la Galleria Nathalie Obadia Parigi/Bruxelles. Fra le nuove opere esposte della collezione, si segnalano alcuni importanti nomi della scena internazionale: gli americani Richard Serra, Justin Brice Guariglia, George Condo e Peter Halley, l’ucraina di origine ma naturalizzata americana Louise Nevelson, la polacca Alicia Kwade, il francese Benjamin Sabatier e i cinesi Chao Lu e Ni Youyu. Nelle prime due sale al pian terreno sono il clima, con i suoi tanto attuali cambiamenti, e la natura a stendere il fil rouge che lega le opere l’una all’altra, trasportando il visitatore in un viaggio di introspezione e riflessione.
Un tema molto discusso che tocca le corde più profonde della nostra società e delle generazioni future e che l’arte, elemento da sempre in anticipo sui tempi, sta affrontando con interessanti riflessioni. In sintesi, un contributo attivo che La Fondazione Ghisla vuole dare alla sensibilizzazione globale sulla causa. Per rimanere aggiornati su tutte le novità, si può consultare il sito www. ghisla-art.ch, la pagina Facebook e il profilo Instagram e Twitter del museo, oppure telefonare allo 091 751 01 52.
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CRESCONO GLI SQUILIBRI MONDIALI LE PREVISIONI DI LUCA PEDROTTI, GROUP MANAGING DIRECTOR, ELENA GUGLIELMIN, SENIOR CREDIT ANALYST E DI MATTEO REMENGHI, CHIEF INVESTMENT OFFICIER DI UBS WEALTH MANAGEMENT ITALIA, RIGUARDO LE TRASFORMAZIONI ECONOMICHE, SOCIALI E AMBIENTALI CHE SI REGISTRANO A LIVELLO PLANETARIO.
a quarta rivoluzione industriale, nonostante i suoi benefici, lungi dal ripararne gli squilibri ha contribuito a esacerbarli. E senza un intervento consapevole e forte della politica mondiale, la situazione potrebbe perdurare a lungo, alimentando i populismi. Partendo da questa considerazione, gli esperti di UBS hanno sottolineato come i profondi cambiamenti in atto a livello di popolazione mondiale /elevati tassi di crescita, invecchiamento, urbanesimo esponenziale), sommati ai mutamenti geo-economici globali, ai fenomeni di finanziarizzazione e alla crescita del potere dei monopoli a livello internazionale in molti settori, a partire da quello dell’Information Technology, richiedano l’elaborazione di nuovi modelli di analisi, di un nuovo contratto sociale e di rinnovati strumenti di interpretazione della realtà.
Per continuare, la globalizzazione deve diventare human-centered, inclusiva, sostenibile. Siamo infatti in un contesto globale ad elevata instabilità, dove si sommano le conseguenze della quarta rivoluzione industriale, che cambierà per sempre la produzione, mutamenti geo-economici e forze geo-politiche, quali la crescita dei Paesi emergenti, in primis la Cina, come superpotenza economica e politica. In un mondo interattivo e interdipendente i problemi relativi alla sostenibilità ambientale e alla polarizzazione della società fanno passare in secondo piano i più tradizionali conflitti internazionali. In altre parole, si assiste ad un progressivo passaggio dai tradizionali modelli organizzativi delle imprese (e delle organizzazioni in genere) alle piattaforme fisico-informative, dove network economico-produttivi globali coordinano flussi informativi, attività, asset fisici, un’ampia varietà di processi decisionali individuali e collettivi, dando così luogo a importanti discontinuità La creazione di valore non è più intrinsecamente connessa alla proprietà di asset fisici e intangibili, ma alla capacità di integrare task e funzioni eseguite in spazi geografici variabili, grazie a funzioni di coordinamento strategico in uno scenario multi-scala e tramite lo sviluppo di piattaforme fisico-informative.
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Da un mondo di flussi di informazioni unidirezionali e tendenzialmente top down si passa ad un universo di circuiti interattivi e feedback cumulativi, che rendono potenzialmente tutti protagonisti: produttori, consumatori, comunità, miriadi di componenti delle supply chain. Sono dunque in atto cambiamenti profondi di interi sistemi di produzione, management e governance a molteplice scala. In un mondo iperconnesso emergono, dunque, macro-trend e sfide globali, che richiedono l’elaborazione di nuovi modelli di analisi e interpretazione della dinamica in atto. I cambiamenti climatici e l’integrazione-finanziarizzazione si sommano a fonti di instabilità auto-rinforzantisi, a causa delle connessioni intense ed estese, che divengono un labirinto così intrecciato da rendere le crisi frequenti e dannose. L’era dell’iperconnessione digitale è quasi paradossalmente più vulnerabile, perché l’integrazione economico-finanziaria si unisce ad un assetto multipolare non ben definito, con una frammentazione
del potere politico-istituzionale. Di fronte a questo scenario come reagiscono e si orientano i mercati? Secondo gli esperti di UBS la politica continuerà a rappresentare un fattore di rischio per i mercati, a maggior ragione in considerazione delle difficili trattative tra Cina e Stati Uniti e della Brexit, ma l'economia rimane in buona salute e non mancano le opportunità di investimento. Le principali aree economiche stanno prendendo direzioni diverse riguardo le proprie politiche fiscali e monetarie. Alcune avranno successo, altre meno e proprio per questo è imperativo dotarsi di ampia diversificazione. È anche possibile posizionarsi sui temi di lungo termine, sui cambiamenti strutturali dell'economia (demografia, invecchiamento, urbanesimo, rivoluzione tecnologica) per poterne beneficiare. Un’ultima nota riguarda l’andamento dell’economia svizzera dove un sondaggio svolto presso un significativo campione di aziende ha previsto per il 2019 un incremento degli ordini rispetto alla situazione registratasi nel corso del 2018.
01 Elena Guglielmin Senior Credit Analyst 02 Matteo Ramenghi Chief Investment Officier di UBS Wealth Management Italia 03 Luca Pedrotti Group Managing Director
Alberto Rusconi investe in WopArt WopArt è nata nel 2016 a Lugano (Svizzera) con 37 espositori, ma è cresciuta esponenzialmente raccogliendo nel 2017 oltre 70 adesioni e nella terza edizione, del 2018, circa 90 gallerie provenienti da 14 Paesi del mondo. Oggi WopArt Fair è di fatto la prima fiera internazionale al mondo, per rilevanza delle gallerie presenti, tra quelle che offrono dei capolavori Works on Paper antichi, moderni e contemporanei. Nell’epoca della digitalizzazione il “valore della carta” andrà sempre più a coincidere con l’aspetto iconico delle opere d’arte. Per questo Il format Wo-
pArt ha raccolto successo ed entusiasmi. Sul mercato internazionale dell’arte, i Works on Paper sono destinati nei prossimi anni a salire nei valori di stima e quindi attrarre sempre più l’attenzione di collezionisti tradizionali e neofiti. Nel progetto WopArt - il cui marchio è registrato in Svizzera, in Italia e diversi altri Paesi - ha deciso di investire Alberto Rusconi, imprenditore di fama internazionale, figlio di Edilio Rusconi, storico editore, scrittore, giornalista e produttore cinematografico italiano. La presenza di Alberto Rusconi consolida e rinforza la qualità
complessiva di WopArt Fair. Accanto ad Alberto Rusconi è presente Paolo Manazza, pittore italiano ed esperto d’arte, ideatore del format WopArt. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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FINANZA / GRUPPO BANCASTATO
TUTTO PER LA SODDISFAZIONE DELLA CLIENTELA TICINESE
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uali sono i principali elementi che caratterizzano i risultati del Gruppo BancaStato? «Il 2018 è stato un anno molto soddisfacente, che ha permesso ai ticinesi di ricevere oltre 38 milioni di franchi da parte del Gruppo BancaStato. Di ciò andiamo molto orgogliosi. Il risultato di esercizio è cresciuto di 3 milioni e ha raggiunto 72,5 milioni: tale risultato operativo ha permesso di rafforzare ulteriormente il livello di fondi propri grazie a un’attribuzione alle riserve per rischi bancari generali di 26 milioni. Nonostante questa importante attribuzione, l’utile del Gruppo è cresciuto significativamente di 4,5 milioni a 49,3 milioni e ciò ha appunto determinato la crescita del versamento alle casse statali».
FABRIZIO CIESLAKIEWICZ, PRESIDENTE DELLA DIREZIONE GENERALE DI BANCASTATO, COMMENTA I POSITIVI RISULTATI OTTENUTI NEL CORSO DEL 2018 E CONFERMA IL RUOLO DEL GRUPPO BANCASTATO AL SERVIZIO DEL TERRITORIO TICINESE.
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Quale è stato l’andamento delle principali voci di ricavo? «La nostra principale fonte di ricavo è tradizionalmente quella derivante dalle operazioni su interessi e il risultato netto in tal senso ha segnato un solido aumento di 19,4 milioni, attestandosi a 157 milioni. Il risultato da operazioni in commissione e da prestazioni di servizio, dal canto suo, è cresciuto lievemente e ha raggiunto i 49,3 milioni: questo nonostante il 2018 sia stato un anno difficile per i mercati finanziari. Questa difficoltà ha influito anche sul risultato da attività di negoziazione,
che ha segnato una diminuzione di 3,2 milioni a 15,1 milioni, così come sugli altri risultati ordinari che sono regrediti di 3,4 milioni a 300 mila franchi. Complessivamente i ricavi netti sono cresciuti di 13,2 milioni e hanno raggiunto quota 221,8 milioni. Analizzando le altre voci di conto economico, i costi di esercizio sono cresciuti a 10,4 milioni ma ciò è principalmente dovuto alla decisione di contabilizzare integralmente un piano di prepensionamenti mirato, predisposto per i prossimi anni, nonché all’adozione di nuove versioni degli applicativi informatici bancari». E per quanto riguarda le voci di bilancio? «A fine 2018 i crediti ipotecari a bilancio hanno raggiunto 9,4 miliardi, con una crescita di 536,3 milioni. Sono cresciuti anche i crediti nei confronti dei privati e aziende, con una progressione di 68,4 milioni a CHF 1,3 miliardi, così come i crediti nei confronti degli enti pubblici, in aumento di CHF 18,7 milioni a 705,8 milioni. Tali voci si riconfermano essere contributi tangibili allo sviluppo dell’economia cantonale. L’evoluzione è stata molto positiva anche per il totale degli impegni nei confronti della clientela, che ha registrato un aumento di 314,2 milioni per attestarsi a 9,4 miliardi (+3,5%): un’ulteriore conferma della sempre maggiore fiducia riposta dalla clientela nei confronti della banca cantonale».
FINANZA / GRUPPO BANCASTATO
Qual è stata l’evoluzione dei patrimoni in gestione? «Il 2018, come detto, è stato un anno difficile, caratterizzato da turbolenze sulle borse. Ad ogni modo il volume dei patrimoni in gestione presso il Gruppo BancaStato (Assets under Management) si è mantenuto sostanzialmente stabile a 15,7 miliardi. L’afflusso di nuovi patrimoni della clientela (Net New Money) è stato rilevante, pari a 809 milioni. Questo dato riconferma l’attrattività del Gruppo BancaStato e le crescite rilevate nel corso degli ultimi anni». Gli istituti finanziari sono spesso valutati anche tramite gli indici finanziari: come sono quelli del Gruppo BancaStato? «La redditività, in termini di Return on Equity (ROE), si attesta sui buoni livelli degli anni precedenti, poco al di sotto del 5%. Al netto degli elementi di costo non ricorrenti, gli indicatori di efficienza continuano a migliorare, attestandosi nel 2018 rispettivamente al 57,6% per quanto riguarda il Cost / Income I (ovvero costi di esercizio rapportati ai ricavi netti) e al 64,8% per quanto attiene invece al Cost / Income II (che include anche gli ammortamenti e gli accantonamenti). Occorre in ogni caso rilevare che l’efficienza a livello di Gruppo è influenzata della natura del Cost / Income II di Axion Swiss Bank SA (Axion), che essendo attiva nel
Private Banking è necessariamente caratterizzata da un indice più alto di quello di una Banca prevalentemente retail e commerciale come la Casa madre. Non ultimo, La solidità della Banca (Capital Adequacy) si attesta al 217,7%, rispettando dunque ampiamente il requisito del 140% stabilito per il Gruppo BancaStato dalle autorità finanziare. Tutti gli indicatori di solidità previsti dalla Banca dei Regolamenti Internazionali si riconfermano su valori positivi». Il bilancio dell’attività svolta nel 2018 conferma il vostro radicamento ella realtà economica e sociale del Cantone… «Certamente. Il versamento degli utili del Gruppo BancaStato alle casse statali è una misura tangibile del ruolo dell’Istituto a favore della collettività. Ma essere la “banca dei ticinesi” non si risolve unicamente con tale aspetto, per quanto molto importante. È prima di tutto una questione di modello di affari, di reale vicinanza a chi abita il nostro Ticino e di supporto concreto alle aziende che costellano il territorio. E i risultati ci rincuorano perché dimostrano che tutto ciò è percepito sempre di più. Vorrei anche sottolineare che questi importanti traguardi sono stati raggiunti grazie a una squadra, quella del Gruppo BancaStato, che è compatta, preparata e, come rileva anche un recente sondaggio, molto soddisfatta». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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FINANZA / LGT
NUOVO INCREMENTO DI UTILE E CRESCITA REDDITIZIA
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NELL’ESERCIZIO 2018 LGT, IL GRUPPO INTERNAZIONALE DI PRIVATE BANKING E ASSET MANAGEMENT DI PROPRIETÀ DELLA CASA REGNANTE DEL LIECHTENSTEIN, HA REGISTRATO UN’ULTERIORE CRESCITA REDDITIZIA E UN INCREMENTO DELL’UTILE DEL GRUPPO PARI A UN OTTIMO 11% A CHF 314.1 MILIONI.
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risultati evidenziano un’ampia base di ricavi, di cui LGT beneficia particolarmente in un contesto di mercato difficile, e una gestione disciplinata dei costi con investimenti prudenti. L’afflusso netto di nuovi capitali si è attestato a solidi CHF 6.8 miliardi, mentre i patrimoni amministrati sono regrediti del 2% a CHF 198.2 miliardi in seguito a effetti di mercato e valutari. Con la recente apertura della nuova succursale di private banking a Bangkok, LGT intende far leva sulla sua posizione di mercato consolidata in Asia ed espandere ulteriormente la sua presenza sui mercati di crescita. In un contesto di mercato caratterizzato da incertezze politiche ed economiche la LGT ha continuato a seguire anche nell’esercizio 2018 la sua rotta di crescita redditizia. Nel corso dell’esercizio essa ha beneficiato di un’ampia base di ricavi che ha saputo espandere in modo mirato negli anni passati nel corso della sua strategia di crescita internazionale. I costi e i ricavi di tutto l’anno dell’attività di private banking di ABN AMRO in Asia e Medio Oriente, rilevata nel maggio del 2017, nonché del private debt manager European Capital Fund Management con sede a Londra e a Parigi, acquisito nel giugno del 2017, sono inclusi per la prima volta nei risultati di LGT. Nel 2018 la LGT ha incrementato il suo ricavo lordo del 9% a CHF 1.68 miliardi, un dato che riflette l’ulteriore crescita organica e l’integrazione di successo delle acquisizioni. In seguito all’ampliamento della base patrimo-
niale, i redditi da operazioni in commissione e da prestazioni di servizi sono aumentati dell’8% a CHF 1.09 miliardi. Il ricavo risultante da operazioni su interessi (incluse le perdite su crediti) è aumentato nettamente del 20% a CHF 277.8 milioni, una crescita a cui ha contribuito soprattutto l’espansione dell’attività in Asia. Il risultato da operazioni di negoziazione e gli altri ricavi è aumentato del 3% a CHF 307.8 milioni. Sul fronte dei costi, l’evoluzione registrata nel periodo in rassegna riflette a sua volta l’aumento del volume d’affari. I costi d’esercizio sono aumentati complessivamente a CHF 1.24 miliardi, un dato che corrisponde a un aumento del 9%, rispettivamente del 5% se non si considera l’effetto positivo della cassa pensioni che aveva sgravato la base dei costi l’anno passato. I costi del personale sono cresciuti a CHF 924.0 milioni (+8%, rispettivamente +2% senza l’effetto della cassa pensioni), un aumento riconducibile principalmente all’ampliamento dell’organico. Le spese per materiale sono aumentate del 15% a CHF 316.4 milioni. Con CHF 84.1 milioni (+1%), le rettifiche del valore, gli ammortamenti e gli accantonamenti sono rimasti stabili. Nel 2018 la LGT ha registrato nuovamente un marcato afflusso netto di nuovi capitali per CHF 6.8 miliardi, un dato che corrisponde a un tasso di crescita del 3%. Gli afflussi netti nel private banking sono pertanto rimasti a livelli elevati e appaiono ben diversificati a livello regionale. LGT Capital Partners ha registrato ingenti afflussi di nuovi
FINANZA / LGT
gli effetti di scala e approfittare ulteriormente delle opportunità offerte dalla digitalizzazione per offrire sempre ai propri clienti servizi di private banking e asset management di prim’ordine. La LGT è fiduciosa di poter realizzare nel 2019 un’ulteriore crescita redditizia anche a fronte di condizioni di mercato incerte grazie alla sua attività ampiamente supportata a livello internazionale e alla sua forte posizione su mercati di sbocco e in classi d’investimento ben diversificati. capitali nel settore private markets, ma è stata gravata dalle difficili condizioni di mercato in diversi altri settori. Negli anni passati la LGT ha investito pesantemente nella propria infrastruttura e nell’applicazione di nuove prescrizioni regolamentari. Con la migrazione informatica della LGT Bank Österreich avvenuta all’inizio del 2019, ora tutte le piattaforme contabili del
private banking di LGT (ad eccezione della boutique di wealth management britannica LGT Vestra) operano con il sistema bancario chiave Avaloq, consentendo così un’elevata efficienza esecutiva. Nell’ambito della sua strategia di crescita di lungo periodo la LGT intende rafforzare ulteriormente le proprie piattaforme internazionali, ma anche sfruttare in modo più sistematico
Franz Anton von Scheidel, «Illustrazioni di conchiglie all‘acquerello secondo Johann Carl Megerle von Mühlfeld (1765–1840)» (particolare), fine del XVIII secolo. © LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna
VALUES WORTH SHARING
«Mi piacciono i cambiamenti ma non nel mio rapporto bancario.» Philippe Deecke, cliente LGT dal 2007
lgt.ch/values
FINANZA / BNP PARIBAS
IL RUOLO DELLE DONNE IN UNA BANCA PER UN MONDO CHE CAMBIA MICHELA SINAGRA ROUBOS, DIRETTRICE DELLA SEDE BNP PARIBAS LUGANO E JULIA RENAUX, BUSINESS DEVELOPMENT OFFICER CIS E CEE. UNA TESTIMONIANZA NEL MONDO BANCARIO DEL RAGGIUNGIMENTO DELLA PARITÀ DI GENERE: UN OBIETTIVO POSSIBILE.
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ignora direttrice, BNP Paribas è impegnata da anni in una profonda opera di trasformazione tesa all’affermazione di principi e valori tra cui quello della parità di genere. Quali sono i risultati wdi questa scelta? «Mi lasci partire da una precisa indicazione di Jean-Laurent Bonnafé, CEO di BNP Paribas. La lotta per la parità di trattamento nei confronti delle donne, e più in generale di qualsiasi tipo di diversità, costituisce una scelta strategica cui conformare ogni comportamento all’interno della nostra banca: “Creare un ambiente rispettoso che favorisca le pari opportunità per tutti i dipendenti è un prerequisito fondamentale per ogni organizzazione di successo. Le donne rappresentano più della metà della popolazione mondiale e le aziende devono spingersi oltre, collettivamente, per
Michela Sinagra Roubos
garantire le giuste condizioni affinché tutte possano sfruttare le proprie capacità, talento e creatività. Si tratta di una condizione essenziale per accelerare lo sviluppo economico e contribuire ad un futuro migliore”». Un obiettivo senza dubbio molto importante e impegnativo Signora Sinagra… «Nel 2014 le Nazioni Unite hanno lanciato il movimento HeForShe al fine di incentivare e promuovere la parità
di genere nel mondo. Nel 2015 il nostro CEO, Jean-Laurent Bonnafé accetta di essere ambasciatore dell’iniziativa HeForShe e nel 2018 ne diviene uno dei Thematic Champions. Questo un movimento di sensibilizzazione lanciato globalmente dalle Nazioni Unite ha l’obiettivo di coinvolgere uomini e giovani nella battaglia per l’uguaglianza di genere e per i diritti delle donne. Aziende sia del settore pubblico che privato si sono dichiarate pronte ad attuare politiche di cambiamento ed azioni concrete per raggiungere questi obiettivi. La parità di genere è già da tempo al centro dell’impegno di BNP Paribas nella direzione di una politica proattiva di uguaglianza professionale all’interno della banca e della società in generale». Signora Direttrice, possiamo già dare qualche cifra di questo impegno? «All’interno di BNP Paribas Suisse il 60% dei collaboratori sono donne e il 40% di esse sono quadri. La percentuale di donne nel Top Management è del 30%, e 2 donne sono membri del Board di BNP Paribas Suisse (composto da 10 persone). Il mondo finanziario anche di un recente passato, era tipicamente maschile, oggi i passi compiuti in avanti sono evidenti, ma
FINANZA / BNP PARIBAS
la strada è ancora lunga ed ardua. In ogni caso è quanto mai opportuno e necessario portare avanti questo commitment per accrescere l’occupazione femminile all’interno del settore bancario, in particolare attraverso l’assunzione di ruoli di maggiore responsabilità. Personalmente, sono convinta che la parità di genere costituisca una reale risorsa all’interno di un team di lavoro. Il punto di vista femminile affianco a quello maschile porta efficacia e successo nel lavoro». Ma forse la collega Julia Renaux, Business Development Officer CIS e CEE può testimoniare la sua esperienza d’ingresso nel mondo BNP Paribas. Julia Renaux: «La ricerca della parità del genere nel mondo bancario s’inserisce nel contesto di diversità e inclusione, componenti fondamentali del progresso e della globalizzazione, dove non solo la ricerca di pari opportunità tra uomo e donna, ma anche il rispetto delle differenze culturali, non discriminazione di orientamento sessuale sono basilari e fanno parte integrante della cultura e identità della banca. BNP Paribas ha colto la crescente affermazione delle donne professioniste e ha sposato la politica di inclusione della diversità di genere traendo beneJulia Renaux
ficio nella produttività, efficacia, flessibilità e innovazione. I risultati si vedono nei lavori di gruppo e nelle soluzioni su misura che ne emergono. In effetti, esistono gruppi di lavoro multi culturali e di genere misti dove il rispetto di ciascuno fa parte dell’etica professionale e del codice di comportamento adottato dalla banca». Quest’attenzione nei confronti della tematica donne e lavoro non si applica solo all’interno della banca Signora Sinagra… «Assolutamente no. In assenza di differenze strutturali tra imprese a caratterizzazione femminile e maschile, emergono effetti di discriminazione a sfavore delle imprese femminili all’interno del sistema di credito e finanziario; nonostante per esempio le imprese “femminili” registrino un rischio di insolvenza minore. La nostra missione è quella di incoraggiare il successo delle donne imprenditrici. Proprio per questo, nel corso degli anni, BNP Paribas ha svolto un ruolo attivo nel sostegno delle donne imprenditrici nel mondo. Un esempio concreto è stata l’istituzione di un prestigioso programma di formazione “manageriale” WEP Women Entrepreneurs Program in collaborazione con Women Initiative Foundation (WIF) offerto a clienti donne imprenditrici e ad un numero selezionatodi collaboratrici BNP Paribas. Questo programma di mentoring che si è svolto fino ad oggi presso la Stanford University in California–USA offre un network al genere femminile nel mondo del business. Questa occasione annuale permette infatti alle imprenditrici di connettersi ad una rete di partners nazionali o internazionali della banca, avere a disposizione servizi di supporto di alto livello, attraverso la collaborazione della prestigiosa università californiana e centri di ricerca internazionali. L’opportunità dell’evento permette alle ospiti di condividere le
loro ambizioni in termini di sviluppo, innovazione e leadership, identificando insieme le migliori opportunità di business». Sostenibilità nel core business della vostra banca. Che cosa significa Signora Direttrice? «Voler essere, come ci siamo proposti, “La Banca per un mondo che cambia” ci impegna ad integrare la cultura della sostenibilità nel business, per aiutare a gestire il cambiamento e consolidare la fiducia, assicurando un impatto positivo per la società futura. Dal 2017, la responsabilità sociale è parte integrante del piano strategico 2020 di tutto il Gruppo BNP Paribas secondo tre tematiche principali: cultura aziendale marcata dalla responsabilità e dall’etica; impatto positivo sulla società attraverso finanziamenti e azioni inclusive e solidali; ruolo da protagonista nella decarbonizzazione dell’economia. La sostenibilità integrata nel core business implica dunque scelte sostenibili su cosa finanziare e dove investire, influenzando fortemente il sistema e incoraggiando comportamenti virtuosi. In altre parole, per BNP Paribas essere una banca responsabile significa, prima di tutto, assicurare il finanziamento dell’economia reale e accompagnare i clienti (privati, aziende, istituzioni) nella realizzazione dei propri progetti. Al di là di questa responsabilità economica, legata all’attività aziendale, la responsabilità del Gruppo si manifesta anche attraverso comportamenti corretti nei confronti dei circa 200 mila collaboratori nel mondo e attraverso la costruzione di un dialogo serio e costruttivo con le parti sociali. Una responsabilità civica, dove BNP Paribas è impegnata a combattere l’esclusione sociale e a promuovere l’educazione e la cultura. E, infine, una responsabilità ambientale con una attenzione, su tutto il pianeta, all’impatto ambientale che possa derivare dalle proprie attività». www.bnpparibas.com TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
FILANTROPIA DI FAMIGLIA: TRASMETTERE LA CULTURA DEL DONO IL PIÙ GRANDE TRASFERIMENTO DI RICCHEZZA DELLA STORIA È APPENA INIZIATO: SI STIMA CHE NEI PROSSIMI ANNI 11,6 BILIONI DI DOLLARI SARANNO TRASFERITI ALLA GENERAZIONE DEI BABY BOOMERS – I NATI TRA IL 1946 E IL 1964 – ATTRAVERSO SUCCESSIONI E TRASFERIMENTI INTER VIVO. UN PASSAGGIO EPOCALE CHE, NATURALMENTE, INFLUENZERÀ ANCHE IL MONDO DELLA FILANTROPIA E, IN PARTICOLARE, LA FILANTROPIA DI FAMIGLIA. DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH
Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti di studi superiori in Svizzera e Italia.
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a storia occidentale è ricca di grandi e potenti famiglie che hanno portato avanti una considerevole tradizione filantropica, vedendola non solo come un’opportunità per fare del bene e restituire alla società parte della propria fortuna, ma anche come una potente risorsa per rafforzare i propri legami familiari, per trasmettere valori di responsabilità sociale alle nuove generazioni, per perpetuare il prestigio del proprio nome nel tempo.
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quando risale il fenomeno della filantropia di famiglia? «Se consideriamo il mecenatismo come una forma di filantropia a favore delle arti e della cultura e come leva di crescita collettiva, allora il fenomeno risale all’Italia delle corti rinascimentali: pensiamo alla strabiliante raccolta d’arte dei Gonzaga a Mantova, i capolavori commissionati dagli Este a Ferrara, oltre naturalmente all’operato dei Medici a Firenze. Urbino divenne famosa in tutta Europa per opera dei Duchi di Montefeltro e dei Della Rovere; a Genova i principali mecenati furono i Doria, a Torino i Savoia, a Napoli la famiglia reale degli Aragona, a Milano gli Sforza e poi i Trivulzio, a Roma i banchieri come il senese Agostino Chigi, i papi come Giulio II e i principi come i Colonna. Passeggiando in qualsiasi città italiana non faremo fatica a imbatterci nei nomi delle famiglie protagoniste della storia di quel luogo: l’immenso patrimonio culturale italiano è costellato di ville, castelli, parchi, giardini, collezioni d’arte, biblioteche e archivi che sono stati creati da capostipiti di grandi famiglie e mantenuti nel tempo grazie ai loro discendenti».
Come si è formata la filantropia familiare in Svizzera? «Anche la tradizione filantropica familiare svizzera risale al XIV secolo e da allora moltissime famiglie facoltose hanno continuato a impegnarsi nella creazione e nel sostegno di istituzioni culturali e per il benessere sociale come musei, ospedali e teatri, che lo Stato sovvenziona solo sussidiariamente. Per citare un esempio, nel 1862 le tre sorelle Anna Elisabeth BurckhardtVischer, Charlotte His-Vischer e Juliana Birmann-Vischer inaugurarono la Fondazione Kinderspital, il pionieristico ospedale pediatrico di Basilea, e, dopo la loro morte, lasciarono alla fondazione tutti i loro beni». Quali sono le grandi famiglie filantropiche in Svizzera? «Famiglie come i Reinhardt a Winterthur, i Bührle a Zurigo, gli Oeri, gli Hoffmann e i Sarasin a Basilea, i Mantegazza a Lugano, sono filantrope da generazioni: tutte sono state in grado di trasmettere un forte valore di responsabilità sociale nel tempo. Il loro impegno a favore della società ha prodotto risultati tangibili nella conservazione e valorizzazione dei beni culturali, nello sviluppo dell’istruzione e nel
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
sostegno alla salute, offrendo uno strumento integrativo, se non addirittura sostitutivo, ai finanziamenti pubblici. È importante sottolineare che, nonostante la filantropia possa esercitare una potente forza unificatrice tra i membri di una famiglia, il piacere e i significati che scaturiscono dal donare originano sempre dalle motivazioni e dai valori propri di un individuo. Quindi, il successo nella filantropia di famiglia non si misura unicamente rispetto al raggiungimento di una data missione, o nell’impatto economico degli investimenti, ma soprattutto dall’impegno che i singoli membri della famiglia investono nei progetti filantropici e dalla soddisfazione che ricevono impegnandosi tutti insieme. Pensiamo, ad esempio, all’opera della famiglia Bertarelli. Attraverso la Fondazione Bertarelli operano tutti i rami della famiglia in tre contesti contemporaneamente: in Svizzera si concentrano gli investimenti a favore della ricerca medico-scientifica in stretto contatto con le università, in Italia si persegue una vocazione artistica e culturale, in particolare con l’Amiata Piano Festival, in Inghilterra l’impegno è rivolto all’ambiente e alla natura». Quali sono i passi fondamentali per un corretto coinvolgimento dei figli nell’attività filantropica di famiglia? «Educare alla filantropia significa condividere con i figli la passione per un tema di utilità sociale e, soprattutto, renderli consapevoli dei progetti fin dall’infanzia creando per loro una connessione con i beneficati. È utile prepararli alla gestione del capitale filantropico, che non è solo finanziario, ma anche relazionale e intellettuale, attraverso un processo educativo graduale che comprenda anche la consulenza di specialisti. L’organizzazione non profit Rockefeller Philanthropy Advisors negli Stati Uniti e associazioni dedicate alla filantropia istituzionale come Assifero in Italia, SwissFoundations e Pro-
Fonds-Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità oltre a specialisti specificatamente dedicati a questa tematica, possono costituire un utile punto di riferimento». Come si inseriscono in questo quadro le fondazioni benefiche di famiglia? «In generale le fondazioni filantropiche familiari uniscono i tratti tipici della famiglia, intesa come comunità di valori e relazioni forti, alle capacità professionali e imprenditoriali del management familiare, ma non sempre la famiglia e le realtà filantropiche da essa generate sono capaci di evolvere simbioticamente. La virtuosità del processo dipende dalle visioni e dalle competenze messe in gioco dai diversi componenti. La creazione di una fondazione risponde al desiderio di persistere nel tempo, oltre la vita fisica: di lasciare un segno tangibile al di là della dimensione spazio-temporale della famiglia. Le fondazioni di pubblica utilità familiari rendono possibile l’idea di perpetuare il nome e la propria storia nel tempo, consentendo alla famiglia di amplificare il patrimonio accumulato, creando un ponte tra le potenzialità economiche attuali e delle future generazioni. Queste fondazioni sono caratterizzate da un’indipendenza e un’autonomia finanziaria che le rende molto agili nella sperimentazione di nuovi approcci di gestione dei progetti e, soprattutto, presentano una straordinaria attenzione ai legami locali, “personali”, storici, con l’area nella quale nascono. Il legame con il territorio è un asset particolare della filantropia di famiglia, che sa rispondere in maniera chiara alle sollecitazioni sociali ed economiche che provengono dalla sua comunità di riferimento». Quali sono gli aspetti più rilevanti nella successione dell’attività filantropica di famiglia? «La transizione generazionale è spesso un momento critico. Non sempre è
agevole per il fondatore o la fondatrice individuare i continuatori della realtà filantropica con tranquillità. Le difficoltà sono a volte di carattere oggettivo, a volte di carattere morale. Spesso viene sottostimato un problema: la volontà di preservare la tradizione filantropica della famiglia e la capacità di conservare e accrescere il patrimonio e destinato alle attività di mecenatismo. A seconda dell’attitudine della famiglia a conservare la tradizione familiare dopo il passaggio generazionale, le attività filantropiche rimangono sotto il controllo della famiglia sia nella governance che negli aspetti esecutivi. In assenza di discendenti o nel caso in cui nessuno di essi abbia capacità o interessi filantropici, il fondatore può decidere di coinvolgere gradualmente terzi, in modo più o meno significativo a seconda delle necessità e della sua volontà. Gli accordi di famiglia per le attività filantropiche rappresentano un primo passo per gestire in modo semplice e strutturato il passaggio generazionale: non mancano nella storia liti celebri, come il caso dei nipoti francesi di Peggy Guggenheim che lottarono a lungo per riappropriarsi dei quadri della nonna anche se, come sappiamo, la vicenda si è risolta a favore del museo. In ogni caso, la filantropia di famiglia rappresenta un mezzo molto efficace per diffondere la cultura della generosità, un valore che se viene tramandato nei secoli diviene parte integrante del DNA delle nuove generazioni, che per questo possono raggiungere risultati straordinari a favore della società civile, impensabili se operati singolarmente. È dunque fondamentale in questo particolare momento storico, che si innesti questa continuità temporale e che si colga l’opportunità di trasmettere ricchezza accompagnandola sempre con una trasmissione di valori forti e con l’intenzione di innescare reti virtuose, generando ricadute positive per il benessere collettivo». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / BENNO SCHUBIGER
LETTERA APERTA SUL «FUNDRISING» E ALTRI EQUIVOCI LA PAROLA «FUNDRAISING» PUÒ ESSERE SCRITTA IN DIVERSI MODI: QUELLO GIUSTO, COME LO AVETE APPENA LETTO, E QUELLO SBAGLIATO, COME NEL TITOLO O NELLE VARIANTI «FUNDRISING» E «FOUNDRAISING». NELLE RICHIESTE DI CONTRIBUTO CHE HO SEGUITO DURANTE GLI ANNI DELLA MIA ATTIVITÀ PER UNA GRANDE FONDAZIONE EROGATIVA, LI HO INCONTRATI TUTTI E QUATTRO. EVIDENTEMENTE «FUNDRAISING» È UN TERMINE (E UN UNIVERSO DI SIGNIFICATI) CHE GENERA NON POCHI MALINTESI. Le parole fanno i fatti Per questo motivo, cari e care richiedenti, «fundraising» è una parola che farete meglio a evitare nelle vostre richieste di contributo. È un’espressione in qualche modo inquinata che, almeno alle orecchie delle fondazioni erogative svizzere, suona come ciò che la traduzione letterale dall’inglese evoca: un mero sinonimo di «procurarsi denaro». Per un’interazione formulata in modo tanto piatto, non tutte le fondazioni sono disposte a impegnarsi. Quindi, quando presentate una richiesta, è meglio parlare semplicemente di «raccolta fondi». Cari e care fundraiser: quello che svolgete è un compito molto importante ma in alcuni ambienti, purtroppo, la vostra professione ha un problema di immagine. Probabilmente la colpa risale ai vostri colleghi predecessori che, negli anni Ottanta e Novanta, hanno introdotto in Svizzera non
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solo la nuova espressione «fundraising» ma anche uno stile di lavoro un po’ particolare. Quello che so per certo è che il vostro problema di immagine è reale: proprio di recente un collaboratore di una importante fondazione mi ha raccontato, tra il divertito e lo sconcertato, che qualcuno si era veramente presentato al telefono come fundraiser. Definirsi professionalmente in questo modo può essere controproducente, ad esempio, per l’unidimensionalità concettuale percepita: fare fundraising significa molto di più che correre dietro al denaro. La relativa voce sull’enciclopedia Wikipedia mette bene in luce l’ampiezza tematica di questo lavoro e, con essa, le aspettative che vengono riposte in coloro che la esercitano. E allora, perché se ne percepisce quasi solo l’aspetto economico?
DOSSIER FONDAZIONI / BENNO SCHUBIGER
Feedback per i fundraiser Se volete saperne di più, come ricerca preliminare per alcune relazioni, tempo fa ho condotto due sondaggi con alcuni colleghi dirigenti di importanti fondazioni erogative svizzere. A distanza di quattro anni ho posto le seguenti tre domande: 1. «Nell’ambito del suo lavoro per la fondazione, qual è la sua esperienza con i fundraiser?» 2. «Qual è la sua opinione sulla collaborazione con i fundraiser?» 3. «Quali messaggi, generali o più specifici, dovrei assolutamente trasmettere ai fundraiser?» Il risultato del sondaggio è stato, diciamo, piuttosto variegato. Anche se qui riporterò per ogni domanda una sola risposta rappresentativa tra quelle date dai dirigenti delle fondazioni intervistati, vi renderete conto che il mondo del fundraising ha ancora da lavorare molto su come viene percepito dall’esterno e che, soprattutto, dovrebbe dare più valore ai molteplici aspetti comunicativi del suo lavoro: «Nella mia esperienza, non è chiaro l’aspetto etico: i fundraiser che ho incontrato erano «money driven», miravano al denaro. E questo, nel lungo termine, non porta al successo in un settore come il nostro, che è basato sulla reputazione» (una risposta alla domanda 1). «Vengo contattato spesso da fundraiser. Nella maggior parte dei casi noto che queste persone non sono preparate sui principi base della nostra fondazione, o lo sono in misura insufficiente. Spesso questa lacuna viene compensata con un linguaggio retorico. Ancora, ai fundraiser manca spesso una piena comprensione, una conoscenza approfondita e una dedizione al progetto per il quale raccolgono fondi» (una risposta alla domanda 2). «Consideratevi come dei rappresentanti che propongono buoni prodotti/ progetti a un interlocutore potenzialmente interessato. Assicuratevi che il
finanziatore riceva le informazioni di cui ha effettivamente bisogno. E partite dal presupposto che ciò che conta non è la confezione, ma il contenuto» (una risposta alla domanda 3). Un buon consiglio non costa molto Quindi, quando vi adoperate per il finanziamento di un progetto, non irrompete presentandovi come fundraiser. Mimetizzatevi quel tanto che basta, e usate espressioni come «reperimento di mezzi», «finanziamento congiunto» o «marketing delle donazioni» e così via. Non avrete nulla da perdere (al massimo un po’ di fatturato), se non sarete voi a compilare le richieste di contributo ma vi limiterete a mettere nella forma appropriata, rielaborandoli e ordinandoli, idee e testi del committente. Molto probabilmente l’autenticità pagherà più di qualsiasi pomposo discorso da fundraiser. Come fundraiser, non dovete mettervi prepotentemente al centro della scena. Spesso è possibile agire con altrettanta efficacia da una posizione defilata – e con un profilo più incisivo. Non c’è nulla di male a far notare, nella richiesta, che i richiedenti sono sostenuti nella loro raccolta fondi dalla signora xy o dalla ditta z. In questo caso – e forse anche più in generale – è opportuno specificare nei moduli di richiesta che nessuna delle persone incaricate di raccogliere i fondi riceve un compenso a provvigione (sottintendendo che il compenso è sulla base delle spese sostenute – o che il lavoro è svolto a titolo gratuito, cosa che meriterebbe in ogni caso di essere menzionata). In alcune situazioni è consigliabile richiamarsi espressamente alle direttive etiche per il fundraising di Swissfundraising (testo in tedesco e francese). Ovviamente, vi sono molte situazioni e occasioni in cui il contatto personale tra il/la fundraiser e i potenziali finanziatori è necessario. Questi, infatti, non decidono sempre esclusivamente «sur dossier». In quel caso, si dovrà ricorrere alle proprie abilità comunicati-
ve. Tra queste, io considero importanti il talento, per convincere senza essere insistenti, e il dono di essere autentici senza rifugiarsi nell’enfasi retorica. In una comunicazione equilibrata non si deve incalzare l’interlocutore: al contrario, bisogna anche, in un certo senso, «mollarlo». Un’ultima cosa da aggiungere: ecco a voi un buon consiglio, addirittura gratis! Se scaricate il «Vademecum per l’inoltro di domande di promozione» e seguite le sue molte indicazioni sulle cose da fare e da non fare, sarete dei fundraiser, pardon consulenti di finanziamento, assolutamente a prova di errore.
Benno Schubiger è storico dell’arte. È stato Presidente fondatore di SwissFoundations e per molti anni Direttore della Fondazione Sophie und Karl Binding di Basilea. Attualmente è Presidente della Fondazione Dr. Hans Dietler/Kottmann di Lugano e Partner di SCHUBIGER arts’n’funds a Basilea. È autore del primo blog di filantropia in Svizzera: www.bennosblog.ch
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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE ANTONIA VANONI
DALLA PARTE DEI MINORI DISAGIATI Centro educativo per minorenni che provengono da situazioni familiari problematiche, tre unità scolastiche differenziate per bambini di scuola elementare con importanti disturbi del comportamento, e infine un servizio operativo sull’intero territorio ticinese, che si occupa di entrare nelle case per un servizio di sostegno e accompagnamento educativo, nei casi in cui non si renda necessario il collocamento del minore in un istituto».
INTERVISTA CON MARIO FERRARINI, DIRETTORE DELLA FONDAZIONE VANONI, ISTITUZIONE PROFONDAMENTE RADICATA NEL CUORE DEI LUGANESI E NON SOLO.
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ei è Direttore della Fondazione Vanoni, qual è il suo scopo statutario? «Lo scopo della Fondazione Vanoni, che esiste in Ticino da oltre 150 anni, è sempre stato quello di sostenere e garantire un aiuto all’infanzia disagiata nel Cantone e in particolare nel territorio del Luganese. Oggi questo concetto si è evoluto in linea con i tempi moderni, e quindi non si offre aiuto solo direttamente all’infanzia, ma anche alle famiglie che ruotano attorno a un bambino in condizione di disagio. Coerentemente con questa evoluzione, dall’originario orfanotrofio femminile fondato nell’Ottocento, si è arrivati col tempo a creare tante nuove strutture: un
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Quali sono i tratti salienti della storia della Fondazione? «Tutto nasce nella Lugano dell’Ottocento con la signora Antonia Vanoni, nata nel 1804, ultimogenita di una famiglia di importanti commercianti luganesi. Antonia fu dapprima attratta dalla vita monastica: nel 1827 entrò nel monastero di San Giuseppe a Lugano, ma a causa di problemi di salute fu costretta a uscirne un anno dopo. Poi di lei non si sa più nulla per una quarantina d’anni, fino al 1869, quando sono attestate le prime accoglienze da parte sua di bambine orfane o provenienti da famiglie difficili, nella sua casa in via Nassa. Due anni dopo, nel 1871, Antonia Vanoni inaugurò un orfanotrofio femminile in un suo sedime in via Simen 11, che è ancora oggi sede della Fondazione Vanoni. Questa struttura era gestita da suore, della congregazione Santa Croce di Meinzingen e la prima bambina orfana segnata sui registri, tale Maddalena, nata nel 1858, venne accolta il 7 dicembre 1871. Con lei quel giorno arrivarono altre quattro bimbe, Erminia, Rachele, Barberina e Martina, tutte fra i 7 e i 13 anni. In seguito nel 1888, due anni prima di morire, la signora Vanoni creò uffi-
cialmente la Fondazione che porta il suo nome, e che da allora è sempre rimasta attiva, prima sul territorio luganese, poi in tutto il Ticino, nel rispetto delle linee pastorali della Diocesi di Lugano. Nel 1980 si è iniziato ad accogliere anche bambini maschi, mentre dal 1992 la direzione dell’Istituto è diventata laica, nel contesto di una fase di transizione dove gli operatori sociali laici si sono sempre più sostituiti alle ultime suore rimaste. Nel frattempo la Fondazione Vanoni ha anche allargato il suo raggio d’azione a tutta un’ampia casistica di disagi infantili e familiari. Oggi i minori seguiti ogni anno sono quasi 500, provenienti da tutti i ceti sociali del Cantone». A quali progetti avete dato avvio negli ultimi anni? «Nel 2000, insieme ad altre due fondazioni ticinesi, abbiamo creato il Servizio territoriale di sostegno e accompagnamento educativo SAE, che dal 2011 è gestito esclusivamente dalla Fondazione Vanoni. Nel 2012 è stato avviato un Servizio di consulenza familiare interno al CEM-Centro educativo per minorenni, con l’obiettivo di riattivare i legami tra i genitori e i bambini ospiti dell’istituto: questo servizio è stato poi preso a modello anche da altre istituzioni locali. Nel 2013 è stato attivato un appartamento collegato al CEM per dare continuità al percorso di crescita, una volta che i ragazzi ospiti abbiano raggiunto la maggiore età e desiderino andare verso una propria autonomia. Di recente, col SAE, è stato creato un gruppo multifamiliare, che ha come obiettivo fare interagire le famiglie con bambini in difficoltà, ma in questo caso non ospiti dell’istituto. Infine, dall’inizio di
Quali collaborazioni avete al momento in atto con istituzioni in Ticino? «Innanzitutto c’è un’ottima collaborazione con lo Stato, che riconosce tutte le prestazioni che eroghiamo per l’infanzia in difficoltà nel Cantone; per il Centro educativo per minorenni abbiamo anche il riconoscimento federale, nella fattispecie da parte dell’Ufficio federale di Giustizia, con il quale collaboriamo regolarmente. Io, in qualità di coordinatore della conferenza dei direttori dei Centri educativi ticinesi, partecipo attivamente a vari gremi di aiuto sociale per minorenni, sia a livello cantonale sia a livello svizzero: in questi ambiti si condividono e si scambiano esperienze e strategie, con lo scopo di migliorare ulteriormente le reciproche offerte di servizi alla società».
quest’anno abbiamo attivato il progetto di un appartamento interno all’istituto, che permette ai minorenni ospiti di passare del tempo insieme ai loro genitori, in maniera strutturata e con la presenza di una consulente familiare». Qual è la strategia della Fondazione per i prossimi anni? «Dopo oltre 150 anni di esistenza, la strategia principale è quella di dare continuità ai valori impressi alla Fondazione dalla sua ideatrice: in primo luogo l’accoglienza per l’infanzia disagiata, il rispetto, la solidarietà. Valori di ispirazione cristiana, che oggi vengono reinterpretati e attualizzati in base alle esigenze del mondo moderno e alla carta dei diritti del fanciullo, ma restando fedeli ai princìpi originari. Cerchiamo di essere una Fondazione
dinamica e attenta ai nuovi bisogni della società, in modo da adeguarvi le prestazioni che vengono offerte dai nostri operatori. Da questo punto di vista è anche importante garantire una particolare attenzione allo sviluppo dei nostri dipendenti, in modo che la loro motivazione resti alta e possa portare a garantire l’elevata qualità della nostra offerta. Dal punto di vista pratico, all’orizzonte c’è poi il grande progetto per la costruzione di un nuovo istituto sul sedime di via Simen: attualmente l’istituto è in trasferta in una sede provvisoria in via Brentani, sempre a Lugano. Si procederà nei prossimi anni a demolire il vecchio edificio e poi a edificarne uno nuovo, processo in cui attualmente è impegnato in prima linea il Consiglio di fondazione».
Che cosa deve fare una Fondazione come la vostra per continuare ad essere innovativa e quali sono gli errori da evitare? «Abbiamo da sempre la consapevolezza che la gestione finanziaria non può dipendere solo dallo Stato: il privato deve fare la sua parte, anche nell’ambito sociale. La Fondazione Vanoni, quando crede in un progetto, lo sostiene anche dal punto di vista finanziario, e proprio in questi anni stiamo intensificando la ricerca di ulteriori partner che, grazie alla loro sensibilità, possano dare seguito a qualcuna delle nostre iniziative sempre finalizzate all’aiuto dell’infanzia vulnerabile. Per quanto riguarda gli errori da evitare, dobbiamo fare molta attenzione a non accodarci acriticamente alle mode passeggere e mantenere invece un solido legame con la tradizione della Fondazione e i suoi valori, consolidandoli ogni giorno; tutto questo per permettere uno sviluppo il più sano possibile dei giovani che ospitiamo e, si spera, anche per alleviare le sofferenze che stanno dietro a tante difficili condizioni familiari». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE ALDO E CELE DACCÒ
SOSTENERE LA RICERCA SCIENTIFICA L’AVV. FULVIO PELLI PRESENTA L’ATTIVITÀ DI UNA BENEMERITA ISTITUZIONE IMPEGNATA NEL SOSTEGNO A ISTITUTI E PROGRAMMI DI RICERCA SOPRATTUTTO IN CAMPO SCIENTIFICO E MEDICO.
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ei è membro del Consiglio di fondazione della Fondazione Aldo e Cele Daccò. Quali furono le volontà che portarono ad istituire questa fondazione? «La “Fondazione Aldo e Cele Daccò” è il risultato della fusione di due fondazioni costituite in fasi successive dalla signora Cele Daccò. La prima si chiamava semplicemente “Fondazione Daccò” ed era stata dedicata alla memoria di Aldo Daccò, marito della fondatrice. Il suo scopo principale fu quello di dare un appoggio finanziario alle università nate in Ticino in quegli anni: la pubblica, l’USI, Università della Svizzera Italiana, con le sue tre iniziali facoltà di architettura, di economia e di scienze della comunicazione e la facoltà privata di teologia, nata per volontà del vescovo di Lugano Monsignor Eugenio Corecco. L’aiuto a quest’ultima facoltà nasceva dal rispetto della signora Daccò, pur se di spirito laico, alla profonda fede cattolica del marito Aldo. Successivamente è stata creata la Fondazione “Aldo e Cele Daccò per la ricerca scientifica” motivata dalla convinzione della fondatrice della necessità di promuovere, nella distratta e un po’ superficiale società contemporanea, il valore l’eccellenza, sia in Svizzera che all’estero. La fusione delle due fondazioni ha mantenuto sostanzialmente inalterati gli scopi per i quali erano state create».
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Qual è lo scopo della fondazione e la sua visione? «Oggi la fondazione, seguendo le direttive della sua fondatrice, ormai centenaria, ma tuttora vivace e interessata, finanzia premi al merito a studenti e ricercatori e promuove istituzioni e attività di ricerca scientifica nel settore pubblico e in quello privato, normalmente legate ad istituzioni universitarie. Garantisce inoltre il mantenimento e lo sviluppo di un fondo librario che porta anche il nome della signora Cele collocato presso la Biblioteca cantonale di Locarno». Quali sono i progetti più significativi finanziati negli scorsi anni in Svizzera, e quali in Italia? «In Italia sono stati soprattutto aiutati studi scientifici promossi dall’Istituto Mario Negri, attivo nella ricerca sulle malattie rare, ma anche la facoltà di metallurgia dell’Università di Ferrara, in ricordo della formazione professionale e dell’attività industriale di Aldo Daccò. In Svizzera maggiori beneficiari della fondazione sono oggi soprattutto le attività scientifiche dell’USI, studi promossi dall’IRB (Istituto di ricerche in biomedicina) di Bellinzona, ricerche dell’IRSOL di Locarno Monti (Istituto di ricerche solari) e la fondazione di promozione di giovani scienziati e appassionati Scienza e Gioventù».
DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE ALDO E CELE DACCÒ
Qual’è la strategia della fondazione per i prossimi anni e quali interventi avete pianificato per il futuro? «Una fondazione erogatrice destinata come la nostra al promovimento dell’eccellenza scientifica collabora soprattutto con gli enti beneficiati, spesso anche loro delle fondazioni di interesse pubblico, aiutandone lo sviluppo. Cerca però anche di sviluppare collaborazioni con altre fondazioni erogatrici, per poter garantire a talune eccellenze scientifiche maggiori appoggi finanziari. In tal senso è da valutare la creazione di una rete di fondazioni erogatrici che si ritrovano regolarmente per scambiare informazioni, promuovere iniziative comuni e garantire l’inserimento del Ticino nella rete nazionale».
Che collaborazioni avete al momento in atto con istituzioni i in Ticino? «Il Ticino deve molto alle fondazioni che aiutano le sue istituzioni scientifiche: mi sembra di poter affermare che il mondo delle fondazioni non è estraneo all‘importante sviluppo in Ticino del settore della ricerca, voluto prioritariamente dall’autorità cantonale. Si tratta spesso di un aiuto sostanziale, ma poco pubblicizzato, come è spesso il caso in quello che è il modo del finanziamento privato di interesse pubblico. Di tanto intanto però non sarebbe male che la riconoscenza verso i mecenati fosse espressa in modo esplicito, anche per evitare suscitare l’impressione che siano sempre e solo le grandi istituzioni economiche nazionali a svolgere il ruolo del benefattore».
Che cosa deve fare una fondazione erogativa come la vostra per sostenere l Ticino in modo innovativo? «Una fondazione non ha il compito di essere “innovativa”, perché la fondazione è sostanzialmente un “patrimonio”: deve però scoprire quali istituzioni e quali loro progetti possono essere considerati innovativi e di valore e intervenire per promuoverli. Quel che può fare in più è lavorare, nell’amministrare i suoi mezzi e attraverso i suoi aiuti a favore della sostenibilità sociale ed ambientale».
TURISMO / TICINO TURISMO
AL VIA IL PROGETTO DESY IL SETTORE TURISTICO GUARDA AL FUTURO. NEI PROSSIMI ANNI SI LAVORERÀ PER INTEGRARE, GESTIRE E ANALIZZARE GRANDI QUANTITÀ DI DATI CHE PERMETTERANNO DI DARE VITA A STRUMENTI DI NUOVA GENERAZIONE PER LA PROMOZIONE DEL TERRITORIO. ECCO LE PREMESSE ALLA NASCITA DEL PROGETTO “DESY” (DIGITAL DESTINATION EVOLUTION SYSTEM).
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umentare l’attrattiva turistica del Canton Ticino e di tutta la Regio Insubrica e favorirne la trasformazione digitale. È questo il principale obiettivo dell’importante progetto denominato “DESy” (acronimo di Digital Destination Evolution System) che verrà condotto sull’arco dei prossimi tre anni da Ticino Turismo e dal Distretto dei Laghi. L’iniziativa si avvale dell’importante collaborazione scientifica dell’Istituto di tecnologie digitali per la comunicazione dell’USI e dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (USI-SUPSI) di Manno e rientra nell’ambito della finestra Interreg Italia-Svizzera che mira a valorizzare le risorse di cui dispongono le aree di frontiera in una logica di rete. Il progetto, che ha preso formalmente il via alla fine di aprile 2019, sarà suddiviso in tre fasi. Due project manager – uno per la parte svizzera e uno per la parte italiana – si occuperanno della raccolta di informazioni sui turisti, della relativa analisi che avverrà attraverso una piattafor-
ma digitale di ultima generazione e della creazione di servizi volti a migliorare l’efficienza nella promozione del territorio. I canali considerati per la raccolta dati saranno molteplici (siti internet esistenti, Ticino Ticket, Social Network, formulari online, fiere, eventi, manifestazioni, ecc.). L’obiettivo finale è una conoscenza sempre più approfondita del turista, dei suoi comportamenti e delle sue abitudini. «In futuro saremo in grado di interagire in tempo reale con il visitatore, mostrando un ‘lato’ del Ticino pensato esclusivamente per esso - rileva Kaspar Weber (01), direttore ad interim di Ticino Turismo -. Uno scenario ipotetico potrebbe essere la personalizzazione della homepage o delle newsletter con offerte e contenuti più vicini alle preferenze di ogni singolo utente. Sul lungo termine, il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di partner sul territorio sarà fondamentale per una migliore comprensione dei flussi turistici. “Sarà questo il fulcro su cui l’ATT, e tutti gli attori sul territorio attivi in ambito turistico, potranno costruire le loro strategie di marketing e prodotto».
Da parte sua Stefano Rizzi (02) , direttore della Divisione dell’economia del DFE, ha posto l’accento sul coinvolgimento del Cantone nel progetto. «Il DFE punta con decisione su una strategia di sviluppo economico basata su innovazione e tecnologia, per permettere lo sviluppo di interessanti progetti con ricadute economiche per il nostro territorio. Ciò è possibile grazie alla messa in rete delle molte competenze presenti a livello accademico e imprenditoriale, di cui il progetto DESy è una concreta testimonianza. Un buon esempio di un Ticino che guarda a un futuro sempre più digitale, cogliendone le opportunità anche in ambito turistico». Il progetto “DESy” sarà al centro di una tesi di dottorato che avrà quale obiettivo quello di analizzare vari aspetti tecnici e comunicativi legati alla futura piattaforma. Lorenzo Cantoni, direttore dell’Istituto di tecnologie digitali per la comunicazione all’USI - Università della Svizzera italiana, ha dichiarato: «Le tecnologie digitali offrono agli operatori del turismo nuove e inedite opportunità di
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TURISMO / TICINO TURISMO
personalizzare l’offerta: a tal proposito parliamo di ‘iper-personalizzazione’. Per far ciò, è necessario saper ‘ascoltare’ i turisti o quanti sono interessati al nostro territorio: solo così saremo in grado di comprendere meglio le loro aspettative ed esperienze. Naturalmente non si tratta di avere aspettative magiche rispetto alle tecnologie digitali: il compito di accogliere i turisti e di predisporre opportune politiche turistiche rimane tutto nelle mani degli operatori e di chi abita nelle destinazioni: le loro scelte e pratiche saranno però sostenute da dati e informazioni sempre più precisi». Importante sarà pure il coinvolgimento, nella fase legata all’analisi e all’interpretazione dei dati, dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza
artificiale (USI-SUPSI) di Manno. Il direttore Luca Maria Gambardella (03) ha evidenziato: «Oggi i dati sono raccolti in maniera frammentata e sono difficilmente riutilizzabili per analisi di mercato. Si realizza nel progetto una piattaforma digitale TCRM (Tourism Customer Relationship Management) che consenta di centralizzare e strutturare i dati e le esperienze dei turisti che si muovono nel Ticino e nelle vicine regioni insubriche. I dati raccolti grazie a moderne tecniche di intelligenza artificiale e data mining sono utilizzati in forma aggregata ed anonima per segmentare e classificare i turisti e le loro abitudini di viaggio consentendo così agli addetti ai lavori di identificarne i bisogni, gli interessi e capirne meglio le aspettative e le esigenze».
Angelo Trotta nuovo direttore di Ticino Turismo Il Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia turistica ticinese (ATT) ha nominato all’unanimità il nuovo direttore, Angelo Trotta, laureato in economia all’Università di San Gallo e attivo da molti anni nel marketing e nella vendita a livello nazionale e internazionale. Il CdA ha discusso le diverse candidature e successivamente scelto il nuovo direttore che guiderà l’Agenzia turistica ticinese a partire dal 1° luglio 2019. Il prescelto è stato Angelo Trotta, di Locarno, con oltre 25 anni di esperienza internazionale nel marketing e nella vendita di beni di lusso, largo consumo e servizi finanziari. Classe 1965, nel suo curriculum formativo vanta una laurea in economia all’Università di San Gallo con specializzazione in “Marketing & Sales”.
Angelo Trotta ha ricoperto importanti ruoli dirigenziali alla testa di Gruppi internazionali in Svizzera, Italia, Francia, Brasile, Germania e Spagna. In questi lunghi anni di carriera ha acquisito una significativa esperienza per quanto riguarda piani di sviluppo e strategia di marketing e vendita, incluso budgets e business plan, marketing territoriale, project/ product management, analisi di mercato, trade marketing, digital marketing e sponsoring. Completano il suo profilo le ulteriori esperienze formative, l’ottima conoscenza del contesto economico e sociale del Cantone, il forte attaccamento al territorio, la capacità di visione strategica locale ed internazionale, nonché l’ottima conoscenza di sei lingue. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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TURISMO / TICINO TURISMO ACADEMY
L'ACCADEMIA PER ALBERGATORI È REALTÀ
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accademia per albergatori è realtà. Sono infatti iniziati i primi corsi della “Pop-Up Academy” promossa da Ticino Turismo con il sostegno dell’Ufficio per lo sviluppo economico del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), in collaborazione con SHS Academy AG e con l’approvazione didattica della Scuola superiore alberghiera di Lucerna (SHL). L’obiettivo? Formare figure professionali capaci di affrontare al meglio le numerose sfide con cui è confrontato il settore, mettendo l’accento sulle nuove tecnologie e strategie di comunicazione digitale. Oltre all’accesso ai singoli corsi strutturati in tre livelli (Basic, Professional, Advanced), i partecipanti vengono integrati in un sistema di formazione unitario a partire dallo stadio più consono alle loro esigenze di crescita. Il completamento del percorso porterà all’ottenimento dell’”Executive Diplo-
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ma in Hospitality: Director of E-commerce”. “Questa proposta ha riscontrato da subito grande successo - rileva Kaspar Weber, direttore ad Interim di Ticino Turismo -. La formazione di base è già esaurita mentre per il totale dei corsi si registra un’occupazione di oltre l’85%. Constatiamo con piacere come, da parte degli albergatori, vi sia una rinnovata voglia di investire a più livelli: nel miglioramento delle strutture ma anche nell’acquisizione di maggiori competenze specialistiche”. La qualità dell'offerta alberghiera è strettamente legata alla professionalità di chi lavora sul campo. “Nei tre anni di consulenza ho constatato che, senza una solida formazione alla base, la messa in atto di una vera e propria strategia di rilancio risulta difficile sottolinea l’Hospitality manager Emanuele Patelli -. È quindi fondamentale offrire gli strumenti che permettano all’albergatore di operare in completa autonomia. Un ulteriore valore ag-
I PRIMI CORSI HANNO REGISTRATO IL TUTTO ESAURITO. IL COMPLETAMENTO DELL’INTERO PERCORSO, CONDOTTO IN COLLABORAZIONE CON SHS ACADEMY AG, PORTERÀ ALL’OTTENIMENTO DI UN NUOVO DIPLOMA SOTTO L’EGIDA DELLA SCUOLA SUPERIORE ALBERGHIERA DI LUCERNA (SHL). L’ACCENTO È MESSO SULLE NUOVE TECNOLOGIE E STRATEGIE DI COMUNICAZIONE DIGITALE.
giunto della formazione è garantito dalla realizzazione, da parte di esperti, di analisi delle singole strutture”. Lo studio - Un’indagine degli alberghi ticinesi commissionata dal DFE alla Società svizzera di credito alberghiero ha dimostrato come solo il 30% delle circa 80 strutture analizzate è realmente competitiva sul mercato. Delle restanti, il 15% è considerato con limitato potenziale economico, mentre il 55% è rappresentato da strutture con interessanti potenzialità ancora inespresse. È proprio agli hotel che rientrano in quest’ultima categoria che si rivolge il nuovo percorso formativo.
21.30 – 29 agosto Ballando sotto le stelle
Emozioni a cielo aperto Giugno 2019
01 – 02.06.2019 Cantine aperte Open Wine Cellar Days Sopraceneri 07 – 10.06.2019 Festival internazionale degli artisti di strada International festival of street arts Ascona 12 – 16.06.2019 Caslano Blues Nights Festival di musica Blues festival Caslano 14 – 16.06.2019 Scenic Trail Gara di Trail Running Trail running competition Lugano & Capriasca 20 – 29.06.2019 35° JazzAscona Festival di musica jazz Jazz festival Ascona 20 – 22.06.2019 Bellinzona Blues Session Summer Sessions Blues festival Bellinzona 22.06 – 14.09.2019 Ceresio Estate Concerti di musica classica Classical music concerts Lugano
28 – 29.06.2019 Openair Monte Carasso Openair Monte Carasso 28.06 – 04.08.2019 LongLake Festival Lugano
21.07.2019 Granfondo San Gottardo Gara ciclistica internazionale per amatori International cycling sportive Ambrì
Luglio 2019
25 – 27.07.2019 Luci e Ombre Summer night’s dream – fireworks Locarno - Muralto
04.07 – 12.07.2019 Montebello Festival Musica classica Classical music Bellinzona
26 – 28.07.2019 Castle on Air Concerti Concerts Bellinzona
04 – 06.07.2019 Estival Jazz – Lugano Festival di musica Free music festival Lugano
27 – 28.07.2019 Cliff Diving European Championship Competizione internazionale di tuffi Ponte Brolla
11 – 21.07.2019 Moon and Stars Concerti in Piazza Grande Concerts Locarno 12.07 –8.08.2019 Vallemaggia Magic Blues Blues Festival Vallemaggia 18 – 21.07.2019 Longines CSI Ascona Concorso ippico internazionale International horse jumping competition Ascona
Agosto 2019 01.08.2019 Festeggiamenti 1° agosto Celebrations for the National Holiday Ticino 03.08.2019 Verzasca Country Festival Sonogno 07 – 17.08.2019 72° Locarno Film Festival Locarno
Il Ticino non sta mai fermo. Cerchi nuove esperienze? Scopri l’estate su ticino.ch/eventi
08.08 – 31.08.2019 Cinema Openair al Castelgrande Openair cinema at Castelgrande Bellinzona 11.08.2019 Mangia e cammina sugli alpi Cena musicale Food and wine walk Bedretto 17 – 19.08.2019 Sagra della Costina Local spare ribs festival Pedrinate 24 – 25.08.2019 La Belvedere Pedalata con bici d’epoca Vintage bike ride Mendrisio 23 – 25.08.2019 4. Street Food Festival Bellinzona Bellinzona 29.08 - 12.09.2019 Blues to Bop Concerti open air gratuiti Free open-air concerts Lugano 30.082019 Festival del risotto Risotto festival Locarno
TURISMO / TICINO TURISMO
COME CI VEDONO I “FAMILY INFLUENCER”
CINQUE BLOG PER FAMIGLIE DELLA SVIZZERA INTERNA SONO STATI OSPITATI IN TICINO. I “FAMILY INFLUENCER”, PROVENIENTI DALL’AREA ATTORNO A ZURIGO, HANNO IMMORTALATO VARIE ATTRATTIVE E PAESAGGI.
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ono mamme e papà che su blog e Social Media condividono momenti di vita familiare, offrendo consigli ai loro “follower”, che li apprezzano e li considerano una fonte di ispirazione. Stiamo parlando dei “family influencer”, genitori popolari della rete, che rappresentano una tendenza in crescita. Cinque di queste famiglie, provenienti da Zurigo e dalla Svizzera centrale, sono state invitate al sud delle Alpi da Ticino Turismo per un viaggio alla scoperta del nostro Cantone. L’attività è stata coordinata da Rita Angelone, blogger e giornalista di Zurigo che è stata tra le prime mamme, dieci anni fa, a dare vita a una piattaforma online dove condividere i propri suggerimenti su viaggi e altre tematiche.
Le famiglie sono state ospitate da venerdì a domenica grazie alla collaborazione di vari alberghi, attrattive turistiche, delle quattro Organizzazioni turistiche regionali e della ditta Rapelli SA che ha offerto spuntini a base di tipici prodotti ticinesi. Ognuna di loro ha visitato una regione diversa del Cantone secondo uno specifico programma elaborato in base agli interessi dei vari portali. «La tematica portante era l’escursionismo», sottolinea Manuela Nicoletti, direttrice marketing di Ticino Turismo. «Secondo il “Monitor del turismo Svizzero” pubblicato da Svizzera Turismo si tratta del primo motivo per cui i turisti scelgono il Ticino come meta delle proprie vacanze. Per noi è stato interessante poter mettere in risalto il prodotto “hikeTicino” che permette ad ognuno di selezionare l’itinerario più consono alle proprie esigenze e peculiarità. Un fattore importante, quest’ultimo, per il target famiglia». Nel corso del fine settimana sono stati pubblicati molti “post” sui vari Social Media, mentre nelle prossime settimane appariranno articoli e reportage sui blog. «L’area di interesse è quella di Zurigo e della Svizzera centrale che costituisce uno dei bacini più rilevanti per il turismo del nostro Cantone». evidenzia Kaspar Weber, direttore ad interim di Ticino Turismo.
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TURISMO / LUGANO REGION
LA NATURA E I SAPORI DI UN TEMPO SONO GLI INGREDIENTI DI UNA VACANZA O UN WEEK-END IDEALI PER RITEMPRARE IL CORPO E LO SPIRITO. LE VIE DEGLI ALPEGGI OFFRONO STRAORDINARIE OPPORTUNITÀ PER ESCURSIONI IN AMBIENTI INCONTAMINATI, GUSTANDO CIBI SANI E GENUINI.
PASSEGGIATE ALLA SCOPERTA DEGLI ALPEGGI stata realizzata una apposita cartina al fine di fornire tutte le informazioni dettagliate dei diversi percorsi: 1. Monte Lema – Alpe di Cima Pianca – Miglieglia 2. Monte Lema – Tramboschino – Casera – Miglieglia 3. Monte Lema – Alpe di Mageno – Breno 4. Monte Lema – Alpe Agario – Alpe di Coransù – Alpe Firinescio – Fescoggia 5. Monte Lema – Alpe Agario – Alpe Nisciora – Varera – Mugena
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l Ticino offre la possibilità di seguire percorsi davvero insoliti, dove si possono gustare una interessante gamma di formaggi d’alpeggio prodotti artigianalmente, o addirittura assistere alla loro lavorazione, tra una passeggiata e l’altra immersi nella natura. La Monte Lema, in collaborazione con l’Associazione dei Patriziati del Malcantone e Lugano Region, ha sviluppato cinque itinerari escursionistici individuali che conducono dalla vetta del Monte Lema al piano. Le esperienze permetteranno di attraversare gli alpeggi in un suggestivo paesaggio rurale naturalistico, ricco di storia, di emozioni tra profumi di rododendri e maestose faggete, storiche selve castanili e vecchie costruzioni che testimoniano il lavoro antico di contadini e pastori. Si potranno incontrare mandrie di
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mucche, vacche scozzesi, greggi di capre e cavalli al pascolo su colorati pendii, coperti da fitti boschi nella parte alta del territorio, dalla ginestra e dalla felce verso il piano. Chi deciderà di percorrere questi itinerari individualmente avrà la possibilità, su prenotazione, di abbinare delle degustazioni o dei pasti presso gli alpeggi e di confrontarsi con i produttori della zona. Sono cinque gli itinerari proposti ed è
Inoltre, nell’ambito delle gite enogastronomiche di Lugano Region e per promuovere al meglio l’iniziativa, verranno proposte tre escursioni guidate enogastronomiche a data fissa, al costo di CHF 50.
PROGRAMMA DELLE ESCURSIONI A DATA FISSA: Sulla via degli Alpeggi 2019: 16.06.2019 – Sulla via degli alpeggi a Cima Pianca 21.07.2019 – Sulla via degli alpeggi all’Alpe Firinescio 08.09.2019 – Sulla via degli alpeggi all’Alpe Nisciora Consultare www.luganoregion.com e prenotazione obbligatoria a info@montelema.ch
TURISMO / LUGANO REGION
CALENDARIO DELLE ESCURSIONI GUIDATE ALLA SCOPERTA DELLA REGIONE DEL LUGANESE Tante escursioni a piedi ed attività adatte alle famiglie, ai ragazzi e a tutti gli appassionati delle iniziative all’aria aperta. Lugano Region, in collaborazione con diversi operatori locali, anche quest’anno propone un ricco calendario di escursioni a data fissa e visite guidate per scoprire non solo il centro cittadino, ma anche i villaggi più caratteristici senza dimenticare le tradizioni popolari. Escursioni guidate in città Ogni lunedì e ogni sabato da aprile a ottobre tutti i curiosi potranno partecipare gratuitamente alle escursioni guidate in città. Al lunedì, l’Unexpected Classic Tour sorprenderà tutti i partecipanti con una visita cittadina insolita e divertente, alla scoperta dei personaggi che hanno fatto la storia di Lugano. Al sabato invece, il Guided City Walk mostrerà la città attraverso un’interessante passeggiata alla scoperta della zona recentemente restaurata tra la Cattedrale e la Stazione ferroviaria, con una particolare attenzione alla città vista dall’alto.
seconda delle foraggere di cui si cibano gli allevamenti locali. Tra queste le 5 proposte di escursioni enogastronomiche a data fissa: le “Saturday Beer Tastings” (15.06 e 14.09), le “Saturday Wine Cellar Visits” (21.09 / 12.10 / 19.10 / 02.11 / 09.11), i nuovissimi itinerari in collaborazione con la Monte Lema SA “Sulla via degli alpeggi – Monte Lema” (16.06 / 21.07 / 08.09), “Il Sentiero di Sonvico” domenica 29.09 e il “Chestnut Day” durante la Festa della Grà di Vezio domenica 13.10. Prosegue inoltre con successo la proposta “Taste my Swiss City” - tour indipendente enogastronomico di mezza giornata per scoprire i luoghi dove i locals abitualmente mangiano ed escono per una serata in compagnia in centro città. Le proposte enogastronomiche continueranno anche in autunno e in inverno con le: “Autumn Flavours in Lugano” e “Christmas is in the air”. Entrambe un’occasione imperdibile per vivere la magia cittadina in un clima di festa e colori senza pari. La brochure informativa delle escursioni guidate con tutti i dettagli e le informazioni è disponibile presso tutti gli uffici informazione e può essere richiesta direttamente online. Tutte le escursioni guidate prevedono una prenotazione obbligatoria, si suggerisce quindi di consultare sempre il portale per visionare gli ultimi aggiornamenti sul sito www.luganoregion.com/guidex oppure scrivere a info@luganoregion.com.
Escursioni guidate nei dintorni Dal Monte San Salvatore al Monte Brè, senza dimenticare Gandria, durante la bella stagione, a soli CHF 15.- per gli adulti e CHF 10.- per i ragazzi, escursioni guidate dal centro cittadino alle bellezze circostanti alla scoperta delle vette panoramiche e delle tradizioni locali. Escursioni guidate enogastronomiche Diverse le opportunità per chi ha poco tempo, ma vuole comunque godere delle attività legate all’enogastronomia e scoprire i prodotti genuini, quali le castagne, il miele, vini e birre autoctone, affettati e formaggi dagli aromi e gusti particolari a
IL GUSTO DI LUGANO SBARCA A LOS ANGELES L’attività di promozione della regione luganese vedrà due importanti appuntamenti durante il mese di giugno con una presentazione della città e della sua gastronomia a Los Angeles. I due eventi, che si terranno presso il prestigioso Four Seasons Hotel Los Angeles a Beverly Hills, sono organizzati da Switzerland Tourism North America, Lugano Region, Ticino Turismo e avranno come partners il Grand Hotel Villa Castagnola, l’Hotel De La Paix, l’Hotel Lugano Dante Center, l’Hotel Zurigo Downtown e il THE VIEW Lugano. Gli ospiti, giornalisti e operatori turistici, potranno gustare le prelibatezze preparate da Mauro Grandi – Executive Chef del THE VIEW Lugano e dal suo team. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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TURISMO / MONTE SAN SALVATORE
IN VETTA ANCHE D’INVERNO LA NOTIZIA È GIUNTA NEL CORSO DELLA CONFERENZA STAMPA DEL 28 MAGGIO SCORSO, INDETTA DAI VERTICI DELLA SOCIETÀ FUNICOLARE MONTE SAN SALVATORE, PROPRIO PER ANNUNCIARE CHE A PARTIRE DAL PROSSIMO MESE DI DICEMBRE, SI POTRÀ SALIRE IN VETTA ALLA MONTAGNA PIÙ AMATA DAI LUGANESI, E NON SOLO, ANCHE NELLA STAGIONE FREDDA.
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a volontà di estendere a quasi tutto l’anno la possibilità di salire in cima al San Salvatore, usufruendo della funicolare e ovviamente dell’apertura del Ristorante Vetta, era nell’aria da qualche tempo. Finalmente, grazie anche all’intraprendenza del vulcanico direttore della Funicolare Monte San Salvatore, Felice Pellegrini, questo progetto potrà essere realizzato. La novità, espressa nel corso della conferenza stampa dello scorso mese, ha sortito un effetto molto positivo. In molti confidavano nella destagionalizzazione della destinazione della funicolare; ovvero, tramite il funzionamento della stessa anche durante l’inverno, di dare la possibilità a coloro che visitano la nostra regione, di godere nella maggior
DI MAURIZIO CASAROLA
01 Funicolare 02 Foto generale e destagionalizzazione 03 Ristorante Sotto Anche quest’anno è arrivata la conferma dell’assegnazione al San Salvatore delle Tre Stelle Guida verde Michelin 2019 come destinazione turistica che vale la pena visitare
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
parte dei giorni dell’anno degli stupendi panorami, del contatto con la natura circostante e dell’ottima cucina proposta dal ristorante sulla vetta del Monte San Salvatore, che propone come in passato una serie di aperture serali con l’ultima corsa alle 23.00. Dopo aver effettuato una sosta nel mese di novembre, le corse della funicolare ricominceranno già dal primo week end di dicembre. Tutti i fine settimana dei mesi di dicembre, gennaio, febbraio e i primi due di marzo, vedranno “le mitiche rosse” della funicolare percorrere l’erta della montagna in salita e in discesa. Oltre a questo; nel pieno del periodo natalizio, le corse non avranno stop giornalieri. Dal 21 dicembre 2019 fino al 6 gennaio 2020 si potrà salire alla vetta tutti i giorni! È previsto un
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orario di apertura alle 10 del mattino con l’ultima corsa alle 17. Durante questo periodo invernale sarà anche possibile tramite i servizi amministrativi della funicolare, organizzare delle aperture speciali (serali o diurne) per l’allestimento in vetta di banchetti aziendali o eventi per gruppi. Poi dal 14 di marzo 2020, si tornerà mano a mano al consueto orario estivo. «Quest’idea apre nuovi scenari» dice soddisfatto Pellegrini. «In primo luogo; si ritorna in qualche modo al lontano passato; quando Lugano era una meta più gettonata nel periodo invernale che nell’estivo». Aggiunge il direttore: «Nel 2020 la Funicolare Monte San Salvatore compirà il suo 130° anniversario, e il renderla usufruibile al pubblico nell’arco di quasi tutti i dodici mesi, mi pare che possa essere la miglior maniera per l’inizio dei festeggiamenti per sottolineare l’evento». Come dare torto a questo progetto partorito dai dinamici propositi della direzione aziendale con alla testa Felice Pellegrini e Francesco Markesch? Può sembrare ambizioso: perché mantenere efficientemente in moto durante tutto l’anno i meccanismi di una funicolare, non è impresa da
poco. I controlli devono essere pressoché continui, di conseguenza i lavori per il mantenimento dell’efficienza e della sicurezza necessitano di notevole impegno. Questo non spaventa il Consiglio d’amministrazione della funicolare, che ha avuto la piena condivisione del mantenimento in standard ottimale anche del Ristorante Vetta da parte dei gestori, i coniugi Brigitte e Luca Mogliazzi. Da aggiungere che sempre entro il 2020, si prevede l’apertura della galleria di base del Monte Ceneri. Questo nuovo importantis-
simo allacciamento al progetto Alp Transit, permetterà di unire i cantoni oltre Gottardo al “Giardino Ticino”, percorrendo in treno una strada praticamente pianeggiante. Si può bene capire, quanto un gioiello come il “Pan di Zucchero” luganese, possa giovarsi di questo anche per un’escursione di giornata, da nord ma anche da sud. Immaginate un turista che vive oltre il passo del San Gottardo, a cui venga il desiderio di passare un paio d’ore godendo del panorama dato da una gradevole giornata invernale (esperienza
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TURISMO / MONTE SAN SALVATORE 05
stupenda) ammirandolo magari dalle vetrate del Ristorante Vetta del San Salvatore. È risaputo che l’incanto delle belle cose, è ancor più esaltante se si vive quel momento mentre si degusta una prelibatezza della cucina. Tutto questo con il completamento del tunnel del Monte Ceneri sarà ancora più facile. Detto e fatto: basterà salire la mattina sul treno, il quale trasporterà l’avventore in tempo record a Lugano/ Paradiso, quindi la funicolare e poi il pranzo nel tepore del ristorante in vetta al San Salvatore, con ritorno a casa nel primo pomeriggio. Incredibile ma vero; questo è ciò che frulla in testa al direttore Pellegrini. Ma possiamo stare tranquilli che conoscendone il carattere, questo accadrà. Il piano è quello di attuare il progetto di destagionalizzazione della destinazione per i prossimi tre anni, al termine dei quali si tireranno le somme. La mostra “Nudo e Crudo”. Abbiamo finora parlato di progetti futuri in via di realizzazione. Adesso invece occupiamoci di cose che già sono state compiute e stanno riscontrando successo. Nello scorso mese di aprile è stata la volta dell’inaugurazione della mostra “Nudo e Crudo” allestita all’interno del Ristorante Vetta, che si protrarrà fino al termine dell’anno. Si tratta di un’esposizione composta da ventitre esclusive immagini di varie verdure provenienti dal territorio del Ticino. Vengono mostrate le stagionalità, mettendo esaltantemente in risal-
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to luci, riflessi e colori di cavolfiori, insalate, carciofi, cipollotti e quant’altro. La mostra: nata dalla collaborazione tra la food designer Agnese Z’graggen e il fotografo Paolo Tosi, si ispira alle nature morte dipinte fra il XVI ed il XVII secolo, cercando di esaltare la bellezza naturale dei soggetti proposti. Un bel viaggio; che attraverso i prodotti della natura, ci fa riflettere sull’essenzialità della vita quotidiana. “Nudo e Crudo” è l’ennesima iniziativa culturale promossa dalla Società Funicolare San Salvatore, che segue quelle allestite in passato negli spazi del ristorante. Basti ricordare le mostre fotografiche “Riflessi di un Ticino sommerso”, “Costumi ticinesi” e “Le gioiose fontane del Ticino”.
nuovamente con il vento in poppa. Con 189’664 passaggi, ci si avvicina tantissimo alle cifre della splendida annata 2017. Grazie alla tipologia di utenza e alla diversificazione dell’offerta, i ricavi complessivi 2018 sono stati addirittura superiori; permettendo così di attestarsi ad un utile netto, dopo ammortamenti e imposte, che ha superato i 192’000 franchi. Tutto questo è il frutto del continuo lavoro espresso dai fautori di questa impresa privata ma di pubblica utilità, amministratori, direzione e collaboratori, che si prodigano con competenza e passione affinché l’impianto di risalita turistico più vecchio in Ticino, possa festeggiare l’anno prossimo in tutta tranquillità il suo 130° compleanno e oltre.
Un po’ di conti, qualche numero Andando in controtendenza rispetto a quello che sta accadendo in tanti altri comparti del settore turistico in Ticino, la Società Anonima della Funicolare Monte San Salvatore, ha chiuso
Funi&Family Proprio perché non bisogna mai fermarsi, e il prodotto offerto deve essere sempre più allettante, fa capolino la promozione destinata ai nuclei famigliari denominata Funi & Family. In
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pratica; i genitori che si presenteranno alla biglietteria con uno o due figli, pagheranno un biglietto cumulativo di andata e ritorno di 52 o 59 CHF. Ogni ragazzo in più pagherà solamente la differenza di 8 CHF. Qualora la famiglia decidesse di fermarsi a degustare le specialità del Ristorante Vetta ordinando il piatto del giorno, allora il prezzo complessivo diventerà di 85 CHF con un figlio e 99 CHF con due. Ogni ragazzo in più pagherà 15 CHF. Con il Bafalòn alla caccia dei tesori del Monte San Salvatore Come abbiamo detto, il Monte San Salvatore non è soltanto panorami mozzafiato e buona cucina e opportunità congressuali; esistono anche delle peculiarità di quel luogo, legate al mondo della cultura e alla natura. Per continuare una tradizione legata all’iniziativa editoriale della favola del Bafalon, si sono realizzati sette coloratissimi
pannelli, ritraenti appunto il pittoresco abitante del Monte San Salvatore assieme ai suoi amici che spiegano, in quattro lingue, come ci si comporta stando nel bel mezzo della natura. Lungo il percorso si trova una segnaletica a fumetti, che ha la funzione di informare, guidare, suggerire, educare, appassionare, attraverso il gioco e il divertimento. Il tragitto si snoda lungo una parte del sentiero che scende dalla vetta, con partenza nelle vicinanze del Museo San Salvatore, che poi raggiunge Pazzallo. Ovviamente è indirizzato a tutti ma in particolare ai bambini, ai genitori e alle scolaresche che camminando nei sentieri boschivi, possono affrontare una bella e salutare passeggiata. Cosa dire ancora; la carne al fuoco, come sempre è abbondante, mentre sembra inesauribile la mente vulcanica di Felice Pellegrini nel voler rendere sempre più bello e appetibile il “Pan di Zucchero” luganese.
Night&Day Il Ristorante Vetta San Salvatore propone come in passato una serie di aperture serali con l’ultima corsa alle 23.00 (funicolare in esercizio da mattino a sera con corse regolari ogni mezzora, corsa della 18.30 sospesa). Ogni venerdì e sabato: 15 giugno - 6 luglio e 6 - 14 settembre / tutti i giorni: 12 luglio – 31 agosto. Gli ospiti potranno dunque salire in vetta al “Top of Lugano” approfittando della conveniente tariffa in vigore in funicolare di soli 9 franchi per chi cena al ristorante (prenotazioni 091 993 26 70).
04 / 06 Funi&Family 05 Da sinistra Agnese Z’graggen, Felice Pellegrini e Paolo Tosi Nudo&Crudo Ph: © David Camponovo
night &day
Per chi cena al ristorante funicolare a soli Fr. 9.- Prenotazioni 091 993 26 70 - www.montesansalvatore.ch
TURISMO / RELAIS CASTELLO DI MORCOTE
IL LUSSO DELLA NATURA 01
IL RELAIS CASTELLO DI MORCOTE È UN HOTEL DE CHARME INTIMO ED ELEGANTE DI DODICI CAMERE, UNA DIVERSA DALL’ALTRA, RICAVATE DALLA RISTRUTTURAZIONE DI UN EDIFICIO DEL ‘600.
01 – 04 Ph: © TiPress
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ituato in posizione panoramica in uno dei luoghi più spettacolari della Svizzera, occupa un promontorio interamente circondato dal lago in cui sono incastonati i villaggi di Morcote, Vico Morcote e Carona, che conservano intatti i loro nuclei antichi di rara bellezza. A caratterizzare il Relais è un’atmosfera chic ed accogliente, un lusso sussurrato dato dalla cura che è stata dedicata ad ogni dettaglio per valorizzare questa costruzione storica, un ex convento del XVII secolo, e trasformarlo in un Hotel de Charme dotato di tutti i comfort, ma col fascino di una villa privata. «Qui si viene non (solo) per dormire, ma per risvegliarsi in un sogno. Le dodici camere del Relais Castello di Morcote sono arredate con materiali naturali e raffinati, ogni dettaglio è stato scelto con grande attenzione e passione, per far sentire gli Ospiti immersi in un’atmosfera magica e seducente», nota Gaby Gianini, Responsabile del Relais Castello di Morcote.
Le camere godono di una meravigliosa vista, la maggior parte rivolta al lago, alcune verso il borgo antico e altre ancora verso il giardino mediterraneo. Il grande e signorile salone, con soffitto a cassettoni in legno dipinto, e l’intima sala del tè sono gli spazi comuni dove, all’interno dell’edificio, dedicarsi alla lettura, al relax, alla conversazione o alla contemplazione, sorseggiando un bicchiere di buon vino o un tè profumato. All’esterno, un intimo giardino mediterraneo, da cui si gode una meravigliosa vista sul lago e le montagne circostanti, accoglie l’ospite, offrendogli un contesto unico in cui rilassarsi, prendere il sole o assaporare un aperitivo al tramonto. Un angolo di quiete dove poter sognare ad occhi aperti. I due ristoranti, La Sorgente - situato all’interno del Relais con una splendida terrazza - e Vicania, immerso nel verde della Tenuta Castello di Morcote, offrono il meglio della cucina autentica del territorio.
Il nome del Relais si ispira al Castello di Morcote, unica fortezza medievale esistente nel Luganese e cuore della tenuta vitivinicola di famiglia, la Tenuta Castello di Morcote, dove si producono vino, olio di oliva e miele. Nella tenuta si possono vivere esperienze legate al mondo del vino, dell’enogastronomia e della natura. L’ospite può partire alla scoperta dei migliori vini del territorio, visitare il Castello medievale circondato da vigneti a strapiombo sul lago, fare escursioni tra immensi prati e boschi luminosi di faggi e castagni, di-
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vertirsi con mountain bike elettriche su un’interminabile rete di sentieri panoramici, andare a cavallo presso la scuderia della Tenuta oppure optare per uscite in barca, kayak e paddle sul lago a Morcote. Il Relais Castello di Morcote è il luogo ideale per una fuga romantica e per trascorrere un soggiorno esclusivo e raffinato in totale privacy e tranquillità, all’insegna dell’enogastronomia e della natura, in uno degli angoli più suggestivi della Svizzera meridionale. La famiglia Gianini, proprietaria della Tenuta Castello di Morcote da quattro generazioni, ha iniziato nel 1940 a valorizzare e coltivare questa terra dove si produceva vino già ai tempi dei romani, all’ombra della torre e del Castello di Morcote. «L’apertura del nuovo Relais Castello di Morcote segue un filo conduttore iniziato ai primi del ‘900 da mio nonno Massimo Gianini: l’amore per la propria terra. Non una terra qualsiasi», nota Gaby Gianini, «Una penisola ricoperta di vigneti e boschi interamente circondata dal lago dove troneggia all’estremo sud, come fosse un guardiano di tanta bellezza, il castello di Morcote. Questo promontorio è costituito prevalentemente da porfido rosso, una roccia magmatica originatasi dalle eruzioni vulcaniche avvenute 250 milioni di anni fa.
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TURISMO / OTR MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO
NUOVE TECNOLOGIE AL SERVIZIO DEL TURISMO
C “EMOZIONI” È IL NOME DEL NUOVO PROSPETTO REALIZZATO PER ACCOMPAGNARE I TURISTI ALLA SCOPERTA, GRAZIE ANCHE ALLA REALTÀ AUMENTATA, DI UN TERRITORIO RICCO DI NUMEROSI ATTRATTIVE. CE LO PRESENTA NADIA FONTANA LUPI, DIRETTRICE DELL’OTR MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO.
ome siete arrivati alla realizzazione di questa nuova guida? «Era l’aprile 2010 quando venne presentata la prima Guida Turistica del Mendrisiotto e Basso Ceresio, prodotta in 4 lingue, con l’obiettivo di riassumere il meglio delle proposte regionali con immagini, testi ed anche una serie di proposte di visite guidate e una lunga serie di contenuti informativi. Da quel momento le cose si sono evolute, la nostra immagine è diventata via via sempre più presente e riconoscibile. Anche il tema della Regione da Scoprire si è evoluto e così i progetti legati al tema dei contenuti 3D, sviluppati prima per presentare il Parco archeologico di Tremona e poi sul sito laregionescoprire.ch, dove sono stati inseriti anche i contenuti in
3D legati alle scoperte di luoghi di straordinario interesse». Quali sono le principali novità introdotte con questa pubblicazione? «L’OTR ha deciso di aggiornare il concetto di presentazione della regione ed ha deciso di realizzare, a supporto della classica guida informativa, un prospetto moderno che vuole toccare le emozioni e che presenta quindi una grafica, delle immagini e dei racconti che sono in linea con l’obiettivo, lasciandosi ispirare dagli esempi di altri del settore che già in Ticino, ma non solo, hanno fatto questa scelta. Il nuovo prospetto “Emozioni”, accompagna dunque i visitatori alla scoperta di una regione che ha delle vere eccellenze da presentare e racconta di luoghi e di momenti da condividere. Ad accompagnarli nella scoperta del Mendrisiotto e Basso Ceresio c’è la giovane esploratrice Morsetta, che ama il territorio ed è desiderosa di introdurlo ai visitatori». Che cosa significa parlare oggi di turismo emozionale? «Oggi il turismo è sempre più associato alle emozioni che estendono il piacere del viaggio. Nella fase di scelta della propria meta, il potenziale turista non si accontenta più della semplice descrizione della località che gli interessa. Per essere competitiva rispetto alle altre località, una regione deve saper trasmettere emozioni e parlare direttamente
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alla persona, toccando i suoi interessi, sogni e fantasie. In quest’ottica lo storytelling, ovvero il racconto emozionale, rappresenta uno strumento fondamentale per veicolare il proprio messaggio, perché mette il viaggiatore al centro della storia narrata e gli permette di immedesimarsi. Il turista diventa il protagonista del racconto e si cerca di risvegliare in lui sensazioni positive». Il desiderio di regalare sorprese ed emozioni passa anche attraverso l’utilizzo dell’innovazione tecnologica… «Infatti. Abbiamo scelto di inserire un’ulteriore novità: le emozioni prendono vita grazie alla collaborazione con la giovane società Inventio Design, fondata da due giovani, Luca e Michele Roncoroni, già attivi nel settore della comunicazione, che hanno proposto all’OTR
di utilizzare la loro nuova applicazione “WOW Ticino” che permette di sfogliare il prospetto e di guardare oltre, lasciandosi immergere nei contenuti di realtà aumentata inseriti in ognuno dei 12 capitoli, che si animano e fanno vivere agli utenti delle emozioni coinvolgenti, oltre a fornire una moltitudine di informazioni aggiuntive». Possiamo vedere più nel dettaglio di che cosa si tratta? «Abbiamo voluto, spiega Luca Roncoroni, realizzare l’effetto “WOW” partendo dallo stampato attraverso il proprio smartphone, grazie a contenuti ed effetti di realtà aumentata. Riteniamo che il settore turistico sia potenzialmente interessato ad offrire questo genere di proposte ai destinatari della propria comunicazione, anche se chiaramente i campi di applica-
zione possono essere molteplici. Scansionando tramite l’app (che si trova sull’App store e su Play store ed è scaricabile gratuitamente sia per Android che per iOS) gli elementi cartacei contrassegnati dal marchio “WOW Ticino” inseriti nel prospetto sarà quindi possibile visionare i collegamenti di realtà aumentata che l’OTR deciso di inserire per ognuno dei temi proposti: video (a schermo intero o trasparenti con effetto greenscreen), oggetti 3D statici o animati e fotografie panoramiche (360 gradi)».
UN NUOVO SITO WEB PER VIVERE LE PROCESSIONI DELLA SETTIMANA SANTA DI MENDRISIO Un nuovo sito web per raccontare emozioni e ricordi delle Processioni. Nei giorni precedenti l’evento è stato messo online il nuovo sito delle Processioni della Settimana Santa di Mendrisio all’indirizzo www.processionimendrisio.ch. Nato dalla collaborazione che negli anni è andata via via rafforzandosi con la OTR, il nuovo sito ha la particolarità di essere stato costruito come un “mini sito” di mendrisiotto.ch (come già era stato il caso del parco archeologico di Tremona) e di poter usufruire di una struttura pensata e sviluppata da Ticino Turismo, che a suo tempo aveva investito per costruire un format che potesse incontrare la migliore soddisfazione del fruitore. In particolare la navigazione dei siti è molto simile e nel nuovo sito delle Processioni, oltre ad avere la possibilità di verificare già in Home Page quelle che sono le principali informazioni utili a chi vuole conoscere le Processioni, si possono ricevere informazioni relative alla loro storia, ma anche alla meteo del momento, come anche alla regione ed alla possibilità di soggiornarvi. Il nuovo sito è facile da consultare ed è stato arricchito di molto materiale fotografico e video, preparato da OTR che ha coordinato tutto il lavoro realizzativo e concettuale.
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L’ARCHELOGIA COME NON L’AVETE MAI VISTA Ha riaperto ad aprile l’Infopoint presente al Parco Archeologico di Tremona che, su mandato della città di Mendrisio, sarà gestito per il terzo anno dall’Organizzazione turistica regionale. Qui si potranno ottenere informazioni sul parco ed altri attrattori presenti sul Monte San Giorgio e nella regione, ma anche utilizzare la sala didattica ed infine noleggiare gli occhiali 3D per sperimentare una visita davvero unica nel suo genere. A renderla unica la qualità delle immagini e della tecnologia, entrambe rinnovate e pronte ad essere presentate al pubblico. Il parco archeologico di Tremona è stato inaugurato nel settembre 2016 ed è oggi l’unico parco archeologico presente in Ticino. Ma il villaggio di Tremona negli anni ha potuto essere scavato e conservato grazie all’impegno di molti, tra cui anche gli oltre trecento giovani apprendisti muratori che la SSIC ha coinvolto in campagne di lavoro sul sito. Il Parco di Tremona propone anche delle visite molto speciali, uniche nel loro genere in tutto il Ticino, che permettono di guardare un panorama concreto e reale, al quale viene sovrapposta la realtà virtuale che propone immagini digitali della vita che si svolgeva in questo luogo ai tempi del Medio-
evo. nata l’idea di realizzare una visita didattica ed emozionale all’interno del villaggio utilizzando la tecnologia della realtà aumentata. Una tecnologia in evoluzione che propone diverse soluzioni e che risulta quindi essere una componente importante dell’esperienza che si offre ai visitatori. Gli smart glass Epson Moverio BT 350 costituiscono di gran lunga il supporto tecnologico indossabile con la migliore definizione di immagine presente sul mercato oggi e propongono il maggior comfort per ogni categoria di utente, inclusi i più giovani.
Stefano Artioli, imprenditore, e la Lugano che verrà Smuovere attraverso immagini scomode la coscienza della società tutta, innescare un dibatto, incitare all’azione. Questo è lo scopo di meno trenta - riflessione. È un invito comune per risvegliare Lugano da un torpore trentennale, un appello rivolto soprattutto a imprenditori, liberi professionisti e forze economiche del territorio che, uniti, potrebbero trainare la rinascita economica dell’intero Cantone. Un racconto in tre libri fatto di fotografie e brevissimi scritti per offrire una radiografia veritiera di una realtà piena di
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contraddizioni e criticità ma con molte potenzialità e tanta voglia di riscatto. Una trilogia che, partendo dalla rappresentazione della Lugano odierna (“Riflessione”), suggerisce un percorso di rinnovamento attraverso il confronto con le città elvetiche più progredite (“Analisi”) per approdare ad un’idea di sviluppo urbano, ad un’immagine della Lugano futura tramite rendering e ricostruzioni ideali (“Azione”).
TURISMO / CANTON TURGOVIA
UNA REGIONE RICCA DI CULTURA AGRICOLA 01
IL CANTON TURGOVIA, SITUATO NELLA PARTE NORD-EST DELLA SVIZZERA, SI AFFACCIA SUL LAGO DI COSTANZA E DALLE SUE RIVE È POSSIBILE INTRAVVEDERE LA GERMANIA. È NOTO PER LA SUA BUONA PRODUZIONE AGRICOLA, IN PARTICOLARE MELE, PERE, FRUTTA E VERDURA. I MOLTI MELETI DEL CANTONE SONO UTILIZZATI PER LA PRODUZIONE DI SIDRO, MENTRE IL VINO VIENE PRODOTTO NELLA VALLE DEL THUR. DI PAOLA CHIERICATI
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on i suoi 270 000 abitanti circa, Turgovia è un Cantone eterogeneo. In assenza di un centro urbano, le regioni si orientano economicamente e culturalmente alle vicine città di San Gallo, Wil, Winterthur-Zurigo, Sciaf-
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fusa e Costanza, e non solo al capoluogo Frauenfeld. Anche l’industria è presente nel Cantone, specie meccanica, siderurgica, plastica, del tessile e della manifattura. Le piccole e medie imprese sono importanti per l’economia cantonale e molte di queste sono concentrate attorno al capoluogo. La promozione della cultura riveste grande importanza e contribuisce anche all’attrattiva della piazza economica locale e alla valorizzazione del turismo. L’eterogeneità territoriale e storica del Cantone di Turgovia si rispecchia nella varietà delle tradizioni tramandatesi fino ai giorni nostri. La regione è ideale per le escursioni in bicicletta o a piedi, per le famiglie che amano sostare in riva al lago. Inoltre, con i suoi numerosi e particolari hotel, Turgovia dimostra quanto moderna e innovativa possa comunque essere questa regione di origine rurale. In un’atmosfera senza pari, la Kartause Ittingen (01), il centro culturale e seminariale di Warth, a cui è stato asse-
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ganto il “Premio speciale 2019” nell’ambito della cerimonia di premiazione “Albergo storico / Ristorante storico dell’anno”, è un esempio di come la cultura possa sposare l’accoglienza. L’ex Certosa, situata tra i vigneti e i paesaggi del fiume Thur, è stata conservata e restaurata mantenendone l’autenticità. All’interno del monastero, che vanta oltre 900 anni di storia, si collocano un albergo e un originale ristorante (02) con un menù a km zero, il Museo d’arte di Turgovia, il Museo di Ittingen, una tenuta di 100 ettari con giardini, vigneti, più di mille rose di 250 varietà diverse, il caseificio e addirittura una macelleria e un allevamento di trote, oltre ad un punto vendita con l’intera gamma dei prodotti fatti in casa. Kartause Ittingen dispone di 68 camere d’albergo moderne e 25 sale per seminari e conferenze: è uno dei più noti hotel per conferenze della Svizzera orientale. Inoltre è considerato anche un luogo dove mente e spirito possono trovare il giusto riposo per ritemprarsi. Il direttore dell’hotel Valentin Bot riassume la filosofia della Certosa, in cui lavorano circa 220 dipendenti: «Kartause Ittingen combina in modo unico valori monastici come la cultura, la spiritualità, l’educazione, la cura, l’ospitalità e l’autosufficienza». Spostandosi verso Arbon, merita una
visita il nuovissimo e moderno Museo svizzero delle aziende del mosto e della distillazione MoMö. Realizzato dalla famiglia Möhl, da cinque generazioni nel settore, potrete scoprire l’emozionante storia che parte dalla loro fattoria con locanda annessa, sino al moderno stabilimento di succo di mela e sidro. I visitatori possono testare interattivamente il loro talento vestendo i panni dei professionisti dei succhi di frutta,
confrontando l’antica produzione dei succhi con i più moderni processi dei nostri giorni. Non mancano anche le specialità culinarie: nel “MoMö-Bar” e nello splendido frutteto, se il tempo lo permette, si servono specialità a base di succo di mela nonché cibi regionali di stagione. Nel punto vendita MoMö (03) potrete invece acquistare souvenir; il Museo svizzero delle aziende del mosto e della distillazione MoMö può essere scoperto individualmente, ma propone anche visite guidate. Lungo la strada delle mele, in virtù delle piantagioni di mele e della sua forma che ricorda l’India, chiamata “Mostindien” dalla gente del posto, lontano dal caos quotidiano, si trova anche la fattoria della famiglia Kauderer, che rappresenta un’altra storia di successo rurale. I genitori Kauderer, il figlio Roland con la moglie Monika e i quattro figli lavorano fianco a fianco con i loro dipendenti nei frutteti (04) coltivati con cura, alcuni ancora con vecchi alberi ad alto fusto, altri con colture basse appena piantate. Dopo avere introdotto il marchio “Öpfel-
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Considerato il più bel castello del Lago di Costanza, è situato in uno dei più bei punti panoramici della regione del Lago. Hortense de Beauharnais, figliastra di Napoleone I, lo elesse nel 1816 a dimora per il suo esilio. Ampliò la struttura e allestì i saloni secondo lo stile francese. Passeggiando tra le sale del castello, si scopre come vivevano Hortense e suo figlio Louis, che sarebbe diventato ultimo imperatore di Francia con il nome di Napoleone III. Il romantico parco circostante invita a fare delle lunghe passeggiate. Sentieri incantati portano a grotte, giochi d’acqua e padiglioni. Oggi Arenenberg è anche un centro di seminari e cultura, un grande patrimonio per l’intero territorio.
farm” lo sviluppo dell’azienda si fa precoce e se nel 1998 vengono trasformate circa 50 kg di mele fresche ogni giorno, quattro anni dopo sono già 800 kg. Roland continua a lavorare sul delicato processo di essiccazione dei frutti senza conservanti. Ha piante e attrezzature sviluppate secondo un particolare procedimento da lui ideato, in modo da preservare le preziose vitamine e sostanze fitochimiche contenute nei frutti, che si manifestano nell’aroma dal gusto incomparabile. Nel 2005, la produzione di Öpfelringli viene esternalizzata all’ex stabilimento per la produzione di frantoi da sidro a Steinebrunn. Ai giorni nostri, ogni anno vengono trattate circa 270 tonnellate di mele e 30 tonnellate di altri frutti. La fattoria è aperta sette giorni su sette ed ha un negozio annesso dove è possibile acquistare diversi prodotti e cesti regalo. Spostandosi a Mannenbach, sulle rive del Lago di Costanza, se si desidera sostare in un luogo elegante e suggestivo affacciato sul lago, il Seehotel Schiff (05) offre una ristorazione di qualità con specialità di carne e di pesce: cordon bleu di pollo, sogliola alla
mugnaia, capesante arrosto, filetto di manzo alla griglia, involtini al forno con salsa tartara, filetti di lucioperca al forno, filetti di uova croccanti al forno, sono solo alcuni piatti in carta. A pochi minuti di distanza troverete il Museo Napoleonico nel Castello Arenenberg (06), l’unico museo di lingua tedesca nella storia napoleonica.
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TURISMO / ZANZIBAR
VACANZE DA SOGNO LA PERLA DELL’OCEANO INDIANO È UNA META SEMPRE PIÙ AMATA DAI VIAGGIATORI ALLA RICERCA DI NATURA INCONTAMINATA E SPIAGGE DA SOGNO E LA NUOVA STRUTTURA FIRMATA SANDIES HOTELS & RESORTS È IL LUOGO IDEALE PER VIVERE TUTTE LE EMOZIONI CHE UNA VACANZA A ZANZIBAR È IN GRADO DI OFFRIRE.
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anzibar è un paradiso di spiagge bianche di finissima sabbia corallina, acque cristalline e fondali spettacolari abitati da una miriade di creature marine, natura rigogliosa e generosa, tanto da essere riconosciuta Patrimonio dell’Unesco fin dal 1960. L’arcipelago grazie alla sua posizione strategica e alle sue ricchezze è stato per secoli crocevia di scambi tra l’Africa orientale, l’Oceano Indiano, la Cina e l’Europa ed è un luogo in cui le diverse culture convivono armonicamente. Oggi è amato da viaggiatori di tutto il mondo per i suoi paesaggi di inaudita bellezza, per l’atmosfera dai mille colori e dal sapore speziato e per il clima tropicale che la rende una meta perfetta quasi in ogni stagione.
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Sandies Baobab Beach è il luogo ideale per vivere tutte le emozioni che un vacanza a Zanzibar è in grado di offrire. Da poco inaugurato, è la nuova destinazione firmata Sandies Hotels & Resorts, il marchio di Planhotel Hospitality Group - società leader nella gestione di resort e hotel nell’area dell’Oceano Indiano – in forte crescita: questa apertura si accompagna infatti a quella di Sandies Bathala Maldive e va ad aggiungersi a Sandies Tropical Village Kenya, ampliando ulteriormente l’offerta di vacanza del brand. Sandies Baobab Beach sorge lungo la famosa spiaggia bianca di Nungwi, sulla punta settentrionale di Zanzibar, a 50 chilometri al largo della costa orientale della Tanzania e pochi gradi a sud dell’Equatore, e deve il suo nome
ai maestosi e secolari alberi che costellano il Resort, connotandolo come un’oasi tropicale immersa nella natura. Le 105 camere (camere Swahili, Garden, Family, Superior, Deluxe), spaziose e luminose, circondate dal verde dei giardini lussureggianti e dal blu cristallino dell’Oceano Indiano, soddisfano le diverse esigenze di famiglie, coppie e gruppi di amici. Sono caratterizzate da un mix tra il più originale stile Swahili e l’inconfondibile gusto italiano che dà luogo ad un’atmosfera contemporanea ma allo stesso tempo calda, romantica e accogliente. Sandies Baobab Beach ha accesso diretto alla spiaggia che in questo tratto non è soggetta a maree – fenomeno davvero inusuale da queste parti – per la gioia di tutti gli ospiti
che non desiderano altro che godersi il relax di lunghe nuotate. Questa incantevole location, dagli spazi ampi e luminosi, offre un’ospitalità calorosa ma non invadente, disinvolta e amichevole, e soddisfa in modo professionale le richieste dei più alti standard di qualità e efficienza. Al Baobab Beach Zanzibar ciascun ospite, adulto, ragazzo o bambino, può vivere la vacanza secondo i propri desideri: dallo sport allo snorkeling e al diving (che emozione nuotare tra i delfini e le tartarughe della Riserva Marina dell’Isola di Mnemba!), – alle escursioni per conoscere i tesori dell’isola. Imperdibili quella alla Riserva Naturale Jozani, che ospita la rara scimmia Red Colobus ed è abitata da innumerevoli specie di farfalle, e la visita alla vicina Stone Town, città patrimonio dell’Unesco dove convivono antiche chiese, moschee e colorate case appartenute a mercanti provenienti da diversi continenti – proprio in una di queste è nato Freddie Mercury ! - con lo shopping al mercato notturno di Forodhani e, per gli appassionati di musica, il Busara Music Jazz Festival, festival internazionale organizzato ogni anno, caratteristico e di grande qualità, che vale la pena seguire. Per una pausa di bellezza e benessere Mvua African Rain SPA, un’oasi di relax per il corpo e la mente che fin dal
nome - in Africa, rain, pioggia, significa vita e rinfresca dopo il calore del giorno, reidratando il terreno, risvegliando i sensi e esaltando i profumi della natura – rimanda alla bellezza e alla magia dell’ambiente, proponendo trattamenti che si rifanno ad antiche tradizioni, a base di ingredienti naturali (piante, fiori, sale, cereali, spezie, miele selvatico e zucchero non raffinato). L’offerta all inclusive permette di modulare secondo i propri gusti le scelte a colazione, pranzo e cena presso il ristorante a Buffet The Beach Gallery che offre il meglio della cucina di ispirazione mediterranea, e internazionale senza dimenticare la tradizione locale: i più curiosi infatti potranno sperimentare anche serate dedicate alla tavola zanzibarina i cui sapori si mischiano alle influenze arabe, portoghesi, indiane, inglesi e cinesi, frutto delle culture che hanno contraddistinto la storia dell’isola. Il resort, in un’ottica di sostenibilità ambientale, applica una politica attenta allo spreco alimentare e alla riduzione degli ingombri. Diffuse in tutta la location aree self service bar con acqua, te e tisane proposte in dispenser.
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TURISMO / BOUTIQUE HOTEL “DON ALFONSO 1890”
UN SOGGIORNO DA SOGNO 01
DI PAOLA CHIERICATI L’ESTATE RAFFORZA LA GRAZIA E LA DOLCEZZA DELLA PADRONA DI CASA LIVIA CHE, INSIEME ALLA SUA FAMIGLIA, CON INTELLIGENTE GARBO E CHARME, GUIDA E CURA PERSONALMENTE TUTTI I DETTAGLI DEL BOUTIQUE HOTEL “DON ALFONSO 1890”.
01 La famiglia Iaccarino 02 Suite Superior 03 Junior Suite 04 Ristorante Don Alfonso 1890 05 La Signora Livia e lo Chef Alfonso Ph: © Stefano Scatà
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uel numero, 1890 non è messo a caso nel nome di questo famosissimo ristorante e hotel di lusso di S.Agata sui Due Golfi, ubicato nel suggestivo scenario della Penisola Sorrentina, a poca distanza da Capri, Positano, Amalfi e Ravello e dai famosi siti archeologici di Ercolano e Pompei, dove intatti regnano i profumi, i colori e i paesaggi di un luogo straordinario. Sta proprio ad illustrare il tempo in cui l’avventura della Famiglia Iaccarino ha avuto inizio. Il capostipite, Alfonso Costanzo, nel 1890 incontra Brandmeier, un tedesco appassionato della regione e, insieme, decidono di aprire un albergo ristorante che incontra subito il favore del pubblico. Dopo qualche tempo il socio tedesco si ritira a Capri e Alfonso prosegue nell’attività con la moglie Rosa. Il successo cresce soprattutto per merito di uno dei figli, Ernesto che, appassionato di cucina, diventa un valente chef richiamando l’attenzione dell’aristocrazia napoletana e palermitana. Il locale
diventa un punto di riferimento importante anche per i numerosi viaggiatori stranieri attratti dai sapori mediterranei di questi territori. Alfonso Iaccarino, figlio di Ernesto e attuale titolare del ristorante, ancora giovanissimo, decide di intraprendere un lungo viaggio in Italia e all’estero, per scoprire le tecniche di gestione e osservare la creatività degli ristoratori e albergatori. Alfonso nel frattempo incontra Livia e alla fine degli anni Sessanta la sposa: oltre a dedicarsi alla sala e alla cantina, diventa la sua insostituibile partner professionale per tutti i progetti di evoluzione della loro attività; insieme costituiscono una coppia di grande temperamento che è riuscita a creare, in questo angolo di paradiso, un locale di altissimo livello che fa onore alla ristorazione italiana. Intanto la famiglia cresce e il secondogenito Ernesto, nonostante la laurea in economia, preferisce dedicarsi come il padre alla cucina mentre il primogenito, Mario, dopo essersi diplomato all’Istituto Alberghiero di Ginevra e avere avuto diverse espe-
TURISMO / BOUTIQUE HOTEL “DON ALFONSO 1890” 03
rienze in ristoranti di grande qualità in Italia e all’estero, si occupa della sala. Attualmente “Don Alfonso 1890” si avvale del supporto di tutta la famiglia, padre e figlio in cucina, madre e figlio in sala, naturalmente coadiuvati da un team di eccellenti collaboratori. In tutte le suite dell’hotel, tra cui l’originale e graziosa Casa del Poeta, esclusiva dimora del poeta Salvatore Di Giacomo, vi è un gioco tra arredi originali del ‘700 e ‘800 e mobili moderni, oltre a pezzi fatti a mano dagli artigiani locali.
Animate da tonalità pastello, talvolta sgargianti, talvolta delicati e da giochi di luci che li rendono ricchi di charme, sono l’ideale per assaporare al meglio la più piacevole e delicata vacanza gourmet in un ambiente familiare, caldo ed accogliente. Potendo disporre di prodotti freschissimi propri e privi di qualsiasi aggiunta o manipolazione chimica di conservazione, i piatti proposti hanno gusti difficilmente riscontrabili altrove, ma di questo ne scriverà Giacomo Newlin nel suo articolo dedicato alla gastronomia. Tra le loro diverse attività, la famiglia Iaccarino ha creato la “Don Alfonso Consulting & Distribution”, società di consulenza nel settore della ristorazione, che si occupa della distribuzione di alcuni prodotti alimentari di alta qualità del territorio. Amore per il territorio, rispetto per l’identità mediterranea e slancio verso l’innovazione, sono gli elementi che rendono unica la storia di Alfonso, Livia, Ernesto e Mario Iaccarino, legati da profonda amicizia con Aniello (Nello) Lauro, a sua volta uno straordinario manager alberghiero a Lugano. Aniello aveva definito Alfonso e Livia, la “coppia regale della ristorazione italiana e dell’alta cucina”.
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BOUTIQUE HOTEL RISTORANTE DON ALFONSO 1890 Corso Sant'Agata, 11/13 80061 Sant'Agata Sui Due Golfi Napoli (IT) +39 081 878 00 26 - 081 878 05 61 info@donalfonso.com www.donalfonso.com
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TURISMO / RISTORANTE “DON ALFONSO 1890”
SAPORI ECCELSI DALLA COSTIERA PIÙ BELLA DEL MONDO 01
TESSERE LE LODI DI UN RISTORANTE COME IL DON ALFONSO 1890 A SANT’AGATA SUI DUE GOLFI IN PROVINCIA DI NAPOLI, PER OGNI BUONGUSTAIO È FACILE, SEMPLICEMENTE PERCHÉ NON SOLO SI MANGIA BENE, MA ANCHE PERCHÉ LA CUCINA DEL DON ALFONSO È SITUATA AI MASSIMI LIVELLI DELLA CUCINA ITALIANA, DOVE UNA TRADIZIONE CONSOLIDATA SI SPOSA, CON ECCELLENTI RISULTATI, A PREGEVOLI SPUNTI CREATIVI E SUGGESTIONI CULTURALI. DI GIACOMO NEWLIN 05 Baci di calamari con leggero pesto acidulo Ph: © Ennio Calice 06 Concerto di profumi e sapori di limone Ph: © Ennio Calice
01 Alfonso Iaccarino con i figli Mario ed Ernesto Ph: © Mauro Fiorese 02 Il peperone e il baccalà Ph: © Ennio Calice 03 Azienda agricola Le Peracciole Ph: © Ennio Calice 04 Tunnel cantina Don Alfonso 1890 Ph: © Vittorio Sciosia
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lfonso Iaccarino patron, insieme alla moglie Livia e ai figli Ernesto in cucina e Mario in sala, grazie a questa linea di cucina, hanno portato il loro storico locale ad essere, fuori dalle mode, il locale italiano forse più conosciuto al mondo. Certo che le due stelle Michelin sono importanti, ma la fama internazionale di essere l’ambasciatore della cosiddetta Dieta Mediterranea, che non vuol dire rinuncia, ma gioia di stare a tavola, hanno decretato e decretano da decenni il successo di questo incanto. Incanto poiché Don Alfonso si trova al centro di un paradiso sulla terra, incastonato tra la penisola sorrentina e quella amalfitana. Incanto che ha la fortuna di avere una cornucopia di prodotti naturali e incontaminati che provengono dalla splendida tenuta le Peracciole, situata a Punta Campanella, con vista, da sindrome di Stendhal, su Capri, dove
crescono cedri, limoni, olivi, aromi, ortaggi, tra cui pomodori così veri il cui sapore era dall’infanzia che non provavo, e ancora dove razzolano felici galli e galline e dove le api lavorano alacremente per offrirci un miele dai mille fiori mediterranei. Non meraviglia che poeti e scrittori quali Goethe, Tasso, Leopardi, Byron, Ibsen e molti altri, abbiano cercato ispirazione o semplicemente la pace interiore in questi luoghi. Nelle eleganti sale del ristorante in cui si percepisce, fin nei piccoli dettagli, il tocco felice di Livia, si è subito circondati da un’ospitalità vera, spontanea, calda ma mai invasiva, d’altronde è la prerogativa naturale della famiglia Iaccarino, e così ti ritrovi come in famiglia a perfetto tuo agio per poter iniziare un’esperienza gastronomica unica nella sua semplicità. Una semplicità che però è densa di saperi culinari come, tanto per fare un esempio, le varie presentazioni di quel
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simbolo della cucina campana che è il pomodoro. Lo spaghetto al pomodoro, nella sua apparente semplicità, esce dalla cucina del Don Alfonso, come un piatto regale per il sapore genuino che sprigiona e che esprime gaiezza, che mette gioia al commensale che lo gusta con reverente concentrazione per carpirne l’essenza, la magia. Come lo spaghetto al pomodoro, molti altri piatti della carta trasmettono emozioni, ne cito alcuni: Zeppole di astice in agrodolce con infuso acidulo agli agrumi; La reinterpretazione dell’uovo in tegamino con burrata e tartufo nero; Cernia ai sentori di vaniglia e limone su battuto di patate, zabaione alla colatura di alici e cenere di vegetale; Agnello Laticauda alle erbe fresche mediterranee e Aioli. Alfonso Iaccarino ha chiamato un suo dessert: Concerto di profumi e sapori di limone, un dolce che esprime l’anima di questa terra incantata, dove cedri e limoni, rigorosamente non trattati, maturano al sole e all’aria della costiera più bella del mondo. In conclusione, una delle tante sorprese per chi ha la fortuna di vivere l’esperienza da Don
Alfonso 1890, è rappresentata dalla cantina ricavata da un cunicolo profondo che risale addirittura ad epoca pre-romana e nel quale scendendo si possono ammirare oltre 20.000 preziose bottiglie che riposano in un ambiente non solo ideale, ma anche molto suggestivo, mentre i commensali possono scegliere tra 1300 etichette di grande pregio provenienti un po’ da tutto il mondo, in grado di attuare un sontuoso e armonioso incontro con le magnificenze della cucina. E dopo aver provato l’ebbrezza del gusto e di una calda accoglienza, non c’è di meglio che sognare in una delle raffinate suites dell’annesso Boutique Hotel.
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RISTORANTE DON ALFONSO 1890 Corso Sant'Agata, 11/13 80061 Sant'Agata Sui Due Golfi Napoli (IT) +39 081 878 00 26 - 081 878 05 61 info@donalfonso.com www.donalfonso.com
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GASTRONOMIA / PARIGI
UNA PASSEGGIATA NELLA CAPITALE DEL GUSTO DI MARTA LENZI REPETTO PARIGI HA MILLE VOLTI, È UN MOSAICO DI COLORI E PROFUMI TRA BRASSERIE, ALTA GASTRONOMIA, PASSANDO TRA CUCINA ETNICA E PASTICCERIE, PER ARRIVARE ALL’UNESCO.
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ltre ai sorprendenti siti architettonici e storici, tra le strade di questa città, c’è sempre moltissimo da vedere e gustare: le terrasses dei caffè, le brasseries centenarie, le cantine, i mercati, le pasticcerie, tutti elementi costitutivi dell’identità cittadina. Parigi è una soupe d’artichaut à la truffe noire di Guy Savoy, una baguette morbida e croccante uscita dai forni del Paradis du Gourmand, un gelato da Berthillon sull’Île Saint-Louis, ma anche e soprattutto un piatto da mangiare in piedi al mercato degli Enfants-Rouges. È il VI° arrondissement con il Quartiere Latino e Saint-Germainde-Prés, legato in modo indissolubile alla grande stagione culturale vissuta dalla città nel Novecento, quando da queste parti bazzicavano Sartre, de
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Beauvoir, Camus, Hemingway, Fitzgerald, Pound e Joyce nei caffè letterari divenuti vere e proprie istituzioni come il Café de Flore e Les Deux Magots, o nelle brasserie Lipp e Vagenende, con il loro arredamento inimitabile, che raccontano la storia di Parigi. È Montmartre e il Marais e le numerose piazzette sparse ovunque dove la sera si riuniscono ragazzi di tutte le nazionalità per gustare squisite crêpes o fantastici croissants. Prima di sedersi a tavola, per trovare prodotti freschi di qualità e respirare la giusta atmosfera, ecco vari mercati, in tutti i quartieri. Tra piazze e piccole strade, un mondo dalle mille sfaccettature. C’è un mercato per tutti e per tutto, per i tessili, i libri, i fiori e gli uccelli, luoghi perfetti dove è possibile incontrarsi e vivere come gente del po-
GASTRONOMIA / PARIGI
sto. Se si ama non solo assaggiare e regalare buon cibo, ma anche cucinarlo e mettere le mani in pasta, Parigi è come un grande parco giochi in cui trovare tutto il necessario. Rive gauche o Rive droite? C’è solo l’imbarazzo della scelta. Alcuni sono coperti, altri ancora si svolgono nel pomeriggio, ogni giorno in zone diverse, uno più appetitoso dell’altro: rue Mouffetard ospita ogni mattina uno dei mercati più belli della città, oltre a pasticcerie e formaggerie di ogni sorta. Impossibile resistere alla tentazione di una baguette con del formaggio di capra. Smarrirsi tra i colori, i graffiti, i profumi e i sapori di questa via è d’obbligo. Situata nel V° arrondissement, sulla sponda sinistra della Senna, rue Mouffetard è una delle strade più antiche di Parigi, nonché una delle più vivaci. Si distingue dal panorama parigino per la presenza, fittissima, di negozi, ristoranti e caffè, che caratterizzano la strada con ampia scelta di macellerie, pescherie, panetterie. Ogni commerciante espone per strada la sua merce, con banconi che pullulano di cibi di ogni genere, principalmente frutta e verdura, anche se non mancano prodotti particolari e
insoliti. A pochi metri, il mercoledì, venerdì e domenica mattina, in Place Monge, si tiene un caratteristico mercato all’aperto, ideale per chi vuole vivere in prima persona la cultura parigina. Il mercato Monge è piccolo, ma sta diventando sempre più famoso tra i turisti grazie alla sua atmosfera molto rustica, dove circa quaranta commercianti vendono i loro prodotti freschi e di qualità intorno alla bella fontana della piazza: carne, pesce, frutta e verdura, prodotti biologici, formaggi, vino, fiori e tanto altro. Sempre sulla Rive Gauche, uno dei migliori mercati di Parigi, al giovedì e sabato dalle 7, è il Saxe-Breteuil nel VI° arrondissement che parte da Place de Breteil e si estende lungo l’av. de Saxe, di fronte alla Tour Eiffel, non lontano dalla sede dell’Unesco. È poco affollato ed è caratterizzato da un’atmosfera piacevole e conviviale che anima questa zona della città molto tranquilla. Offre una vasta scelta di prodotti freschi, utensili da cucina e ogni sorta di oggetto per la casa. Quasi a sottolineare l’importanza della cultura gastronomica celebrata dall’Unesco, poco lontano. E proprio all’Unesco lo scorso Marzo
si è svolto il primo Gourmand World Summit. I migliori libri di cultura enogastronomica degli ultimi anni, sempre strettamente legati al turismo e all’identità del territorio da cui provengono, sono stati protagonisti di 3 giorni di incontri e scambi tra diversi professionisti del settore e rappresentanti istituzionali dei vari Paesi. Una grande esposizione nella Hall Ségur di oltre 2000 libri provenienti da 170 Paesi ha sottolineato l’importanza della cultura enogastronomica come ponte tra popoli. Un patrimonio mondiale non solo architettonico e naturale, ma anche immateriale - come cibo e tradizioni diverse -, la cui conoscenza e comprensione è essenziale per meglio convivere pacificamente nel nostro pianeta. Tra questi, anche il libro Menu per orchestra, edito dalla CORSI in occasione delle attività collaterali a Expo 2015, per presentare le competenze e il talento della Svizzera italiana, tra musica e gastronomia. Diversi temi, stili, tradizioni sono stati riscoperti e condivisi anche grazie all’intervento dell’Ambasciatore svizzero all’Unesco M. Martin Michelet, che TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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GASTRONOMIA / PARIGI
ha evidenziato le qualità culturali del nostro territorio, unitamente a Isabelle Chassot, capo dell’Ufficio Federale della cultura, a Parigi per la presentazione ufficiale all’Unesco della Fête des Vignerons. Uno straordinario melting-pot di culture presente negli stessi giorni anche al Village International de la Gastronomie et des cuisines populaires, organizzato ai Giardini del Trocadero di fronte alla Tour Eiffel, che ha permesso di vivere gustose esperienze cosmopolite. Per immergersi nuovamente nella quotidianità parigina, ecco la Rive droite con la tappa d’obbligo al Marché des Enfants Rouges in 39 rue de Bretagne. Fondato nel 1628, è il più antico mercato alimentare coperto di Parigi, il cui nome si riferisce ai bambini vestiti di rosso che vivevano in un orfanotrofio nelle vicinanze. Qui è possibile acquistare frutta e verdura fresche, ma anche trovare un gran numero di bancarelle dove poter gustare l’offerta multietnica di Parigi: panini libanesi, couscous marocchino, hamburger di buona qualità o frittelle di grano saraceno. Registrato come monumento storico dal 1982, a metà degli anni ‘90 era stato quasi distrutto per trasformarlo in un parcheggio. Ma la mobilitazione degli abitanti del Marais ne hanno evitato la scomparsa.
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Dopo sei anni di restauro, il mercato è stato riaperto nel 2000. Ancora, il Marché Bastille in boulevard RichardLenoir, esteso lungo diversi isolati a nord della storica Place de la Bastille, rappresenta perfettamente la ricca storia di Parigi e il suo prestigio internazionale. Macellai, fromagers e venditori di ogni leccornia fanno a gara per presentare i loro prodotti, per non parlare degli invitanti stand che occupano la striscia di verde di tutto il boulevard, tutti i martedì e tutte le domeniche. Ne vale la pena! Nel II° arrondissement e nel cuore di Les Halles, rue Montorgueil è una strada pedonale dedicata alla celebrazione del cibo. Con strette
stradine laterali, panetterie nascoste e molti posti a sedere all’aperto. Enormi banchi del mercato, come Le Palais du Fruit, soddisfano ogni esigenza culinaria. Anche i numerosi negozi e caffè lungo la strada attirano i visitatori, con la Pâtisserie Stohrer che si ritiene essere la più antica pasticceria di Parigi e Au Rocher de Cancale che serve le ostriche per cui è famosa. Non si finirebbe mai di andare in giro per la città: prodotti particolari si possono trovare da Detou sempre nel II° arrondissement, in apparenza una piccola bottega dall’aria vintage, in realtà il luogo dove scovare ogni ingrediente – soprattutto per pasticceria- ed alcuni dei principali prodotti regionali francesi. E la storica épicerie Roellinger in rue Sainte Anne, tra il I° e II° arrondissement, un vero scrigno di spezie di diverse origini. Qui si può fare un’interessante esperienza olfattiva, annusando dalle cloches le diverse provenienze di vaniglia, un vero viaggio in terre lontane. Tanti mercati, negozi e botteghe, dove si possono ascoltare piacevoli conversazioni tra esperti frequentatori abituali, prima di tuffarsi nelle sezioni gourmande dei grandi magazzini, veri e propri musei di prodotti gastronomici. Magari si compra solo un vasetto di una particolare senape aromatizzata al cassis, ma si esce di sicuro più arricchiti.
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GASTRONOMIA / RISTORANTE FIORE DI PIETRA
A TAVOLA GALVANIZZATI DA UN PANORAMA INEGUAGLIABILE Sotto Lo Chef Luca Bassan
SONO DIVERSI I MOTIVI PER DECIDERE DI PRENDERE IL TRENINO A CREMAGLIERA PER RAGGIUNGERE A 1704 METRI SUL LIVELLO DEL MARE LA VETTA DEL MONTE GENEROSO. DI GIACOMO NEWLIN
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lmeno tre di questi motivi vale la pena citarli. Primo motivo è il panorama ineguagliabile sul Lago di Lugano, poi sulle Alpi, dal Gran Paradiso al Monte Rosa, dal Cervino alla Jungfrau, dal San Gottardo al Bernina, mentre a Sud si spazia sulla Pianura Padana, insomma un nutrimento per gli occhi. Secondo motivo è il Fiore di Pietra, un edificio dal fascino singolare concepito dall’architetto Mario Botta a pianta ottagonale, con quelli che appaiono come dei petali al cui interno è racchiuso uno spazio centrale suddiviso in vari ambienti sfruttabili per meeting, esposizioni e ristorazione. Ed eccoci al terzo motivo, il ristorante con le sue grandi vetrate che consentono alla vista di spaziare a 360°. A noi questa volta interessa il ristorante appunto, un ambien-
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GASTRONOMIA / RISTORANTE FIORE DI PIETRA 02
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05 02 Sfogliatina tiepida con composta alle mele e gelato al for di panna 03 Mare al Generoso 04 Frutti di bosco alla Romanoff
RISTORANTE FIORE DI PIETRA Monte Generoso Vetta CH-6825 Castel San Pietro +41 (0) 91 630 51 11 www.montegeneroso.ch te ovviamente moderno e luminosissimo, con cucina a vista dove dirige la sua brigata lo chef Luca Bassan, cuoco di lungo corso con ottime e anche stellate esperienze alle spalle. Una persona concreta che alla vista ispira subito fiducia e che si esprime così: “La mia cucina deve essere essenziale nel gusto, senza stravolgere cioè il gusto originale di ciò che si vuole proporre”. Sembra un’affermazione semplice, quasi lapalissiana, ma sono le cose semplici fatte bene che sono difficili, come ad esempio preparare un piatto indimenticabile di pasta al pomodoro, oppure un perfetto uovo in cereghino! Insomma la cucina di Luca è essenzialmente regionale, con ingredienti come i Büscion della signora Marisa Clericetti che li produce proprio sul Generoso, il maialino, la polenta del Muilino di Bruzella, una cu-
cina che tuttavia ama fare qualche puntatina verso il mare. Sulla carta delle vivande sta scritto che al ristorante Fiore di Pietra l’esperienza culinaria è “slow”, come in effetti dovrebbe essere sempre, anche se purtroppo ai nostri giorni non può essere sempre così, presi come siamo da mille cose. Tuttavia la premessa “slow” significa avere un po’ di indulgenza per l’attesa, poiché le pietanze sono preparate al momento con grande passione e professionalità. Dunque come antipasto il filetto di manzo in alta quota è stato battuto al coltello e aggraziato da una polvere di funghi porcini, lattuga, rosmarino, cipolle rosse, maionese allo zafferano e chips di polenta. La puntatina verso il mare si è avuta con il primo piatto di spaghetti di pasta fresca al nero di seppia, moscardini, pomodorini e granita di formaggio di capra.
Per il piatto principale siamo tornati sulla terraferma dove ci attendeva la tenerezza del reale di vitello in cottura dolce, con le sue animelle panate, crema di cavolfiori e verdurine. Per la chiusura del pasto il virtuoso pasticcere Paolo Poletti ha proposto la sfogliatina tiepida con composta alle mele e gelato al fior di panna. La carta dei vini è stata elaborata grazie ai preziosi consigli di un maestro della sommellerie, Paolo Basso, già campione mondiale di questa encomiabile professione. Su questa carta figurano parecchie tra le migliori etichette ticinesi di vini bianchi e rossi nonché alcune della Romandia. A tutto pasto abbiamo voluto degustare dello stesso Paolo Basso Wine Il bouquet di Chiara, Merlot DOC del Ticino 2016, un vino non impegnativo e di gradevole beva. Un doveroso plauso va alla cordiale e premurosa brigata di sala. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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GASTRONOMIA / VECCHIA OSTERIA A SESEGLIO
UN RIFUGIO ACCOGLIENTE PER UNA CUCINA D’ECCELLENZA LO STILE DI CUCINA DI AMBROGIO STEFANETTI SI PUÒ RIASSUMERE COSÌ: L’EMOZIONE DELLA TRADIZIONE INTERPRETATA CON UN TOCCO INNOVATIVO. DI GIACOMO NEWLIN
VECCHIA OSTERIA SESEGLIO Via Campora 11 CH-6832 Chiasso – Seseglio +41 (0) 91 682 72 72 www.vecchiaosteria.ch
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mbrogio Stefanetti è un cuoco dalla consolidata esperienza stellata, che predilige le “grandes pièces”, che rappresentano, sia una gioia per l’occhio, poichè vengono porzionate al tavolo, sia un regalo supplementare per il gusto che risulta pieno. Nel suo ristorante, la Vecchia Osteria a Seseglio, frazione di Chiasso, situata a pochi passi dal confine con l’Italia, Ambrogio offre ai suoi affezionati clienti, una cucina sincera e schietta, preparata con quella raffinatezza di chi ha sperimentato per anni con successo l’alta gastronomia. Le materie prime sono scelte col criterio della massima qualità e soprattutto della stagionalità, poiché come lui stesso afferma: “Dobbiamo ascoltare il nostro corpo che segue le stagioni, proprio come i prodotti del momento che ovviamente risultano migliori di quelli fuori stagione”. Il nome Osteria è preceduto dall’aggettivo Vecchia, poiché risale alla metà dell’800,
con le cronache del tempo che lo presentavano come un locale ben frequentato, la cui fama ha oltrepassato il San Gottardo, tant’è vero che personaggi illustri, come ad esempio il generale Henri Guisan, vi si recavano per gustare il famoso risotto allo zafferano con fegatini di pollo, bagnato da vino rosso e mantecato con Sbrinz ed Emmentaler. Evidentemente oggi è un locale di classe, con le varie sale arredate in stile rustico-elegante e con un ampio e tranquillo spazio esterno per la bella stagione, in cui apprezzare una linea di cucina che, oltre alla tradizione territoriale rivista in una chiave più leggera, guarda anche molto oltre il confine per arrivare a contemplare le saporose e sane pietan-
GASTRONOMIA / VECCHIA OSTERIA A SESEGLIO
ze mediterranee. Il mese di giugno è l’ultimo mese in cui si possono trovare sulla carta i buoni asparagi di Cantello, le cui punte, nel nostro caso, sono state irrorate dalla crema di Parmigiano e contornate dall’uovo affogato al tartufo nero pregiato di Norcia. Questa volta la scelta del primo piatto non è caduta sul risotto ma sugli strascinati, un tipo di pasta di grano duro che ha un’origine lucana, conditi con broccoletti, acciughe e scorza di limone, una vera gioia per il palato. Come piatto principale ero curioso di assaggiare la Tartar di manzetta del mendrisiotto, con insalatina, burro e pane tostato: una carne questa, ovviamente battuta al coltello, che mi ha fatto dimenticare la più conosciuta carne di Fassona piemontese. Poi quando si dice pane, all’Osteria è il pane vero, fragrante e saporito, per non parlare delle “pericolose” focaccine e dei grissini, il tutto rigorosamente fatto in casa. Questa volta il “gourmet” è diventato “gourmand”
perciò, dopo l’assaggio di quattro eccellenti specialità casearie accompagnate da mostarda, frutta e miele, ha terminato con un Crumble al cioccolato e banana, gelatina al lime, lamponi e gelato al caramello. La cantina, dal canto suo è me-
ritevole, poichè vi riposa un’ampia scelta della migliore produzione ticinese oltre, va da sé, alle più rinomate e blasonate etichette dei Paesi più vocati. In questo caso i 15 punti della guida Gault & Millau sonopienamente meritati.
Ticino in festa a lucerna con Quattromani: anteprima svizzera di un grande Merlot L’eccellenza del vino ticinese ha fatto da protagonista alla Villa Schweizerof di Lucerna durante una spettacolare manifestazione organizzata per la presentazione in anteprima svizzera dell’annata 2016 del Merlot Quattromani. All’occasione è stato prescelto quale “Padrino” d’eccezione il consigliere nazionale Marco Romano per il suo impegno alla presidenza della “Interprofession de la Vigne et du Vin de Suisse”. Durante l’incontro è stato devoluto un benefico assegno alla Fondazione Elisa di Locarno. I festeggiamenti sono poi proseguiti al vicino Hôtel Schweizerhof brindando al successo di questo emblematico merlot con i suoi quattro dinamici produttori Guido Brivio, Angelo Delea, Feliciano Gialdi e Claudio Tamborini. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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GASTRONOMIA / RISTORANTE TARANTOLA AD APPIANO GENTILE
UNA PIACEVOLE E GUSTOSA SORPRESA 01
LE BELLE STORIE FAMIGLIARI, COME QUELLA DELLA FAMIGLIA TARANTOLA, CHE HA DATO IL NOME AL RINOMATO RISTORANTE DI APPIANO GENTILE, RAPPRESENTANO SEMPRE UN ARRICCHIMENTO DELLO SPIRITO POICHÉ ESPRIMONO GRANDE UMANITÀ. DI GIACOMO NEWLIN
D 01 Amalia, Vittorio e Mara Tarantola 02 Mazzancolle e polpo arrosto, con crema di patate, paprika e finocchio
i questa famiglia vanno ricordati papà Italo e mamma Anna, iniziatori di un’attività che una cinquantina di anni fa ha portato all’apertura del ristorante, oggi gestito dai figli Vittorio, Amalia e Mara che perpetuano una tradizione di cucina che privilegia l’eccellenza, cercando, anche con le nuove tecniche, di esaltare i
sapori autentici di prodotti di qualità nel rispetto delle stagioni. Mamma Anna comunque, alla bella età di 82 anni, al ristorante è a tutt’oggi una discreta e signorile presenza, sempre attiva a coadiuvare i figli. Prima di arrivare al ristorante mi è venuta spontanea un’osservazione sul luogo. Ci sarà capitato parecchie volte di transitare nei Comuni della fascia italiana di confine, Comuni che a prima vista sembrano anonimi e senza storia, mentre andando a fondo si rimane meravigliati che di storia ne hanno tanta, anche molto antica, una storia che accomuna anche noi del Cantone Ticino. Vale la pena allora riflettere e scoprire, con la curiosità di chi vuol conoscere per il piacere di conoscere, storie di epoche lontane. Un esempio è la storia remota di Appiano Gentile, località in provincia di Como, a poca distanza dal nostro confine. Ad Appiano Gentile a noi interessa il Ristorante Tarantola, tuttavia tornando al 02
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RISTORANTE TARANTOLA Via della Resistenza 29 IT-22070 Appiano Gentile (Como) +39 031 930 990 www.ristorantetarantola.it 05
discorso di prima vale la pena fare un accenno al fatto che ad Appiano, che ha l’appellativo Gentile poichè vi sono testimonianze “gentili” cioè pagane, furono rinvenute necropoli dell’età del bronzo appartenenti sia alla Cultura di Canegrande, sia alla Cultura di Golasecca, Culture dalle radici celtiche alle quali anche il Ticino fa riferimento. Chiusa la parentesi antica siamo giunti in un luogo immerso in una natura generosa dove si trova il Ristorante Tarantola, dell’omonima famiglia che prosegue, di generazione in generazione e con immutata passione e professionalità, una gastronomia che accomuna tradizione e creatività e il cui risultato sono piatti che denotano una forte personalità e si rifanno al concetto di cucina contadina alla quale si sono ispirati tanti anni fa, Italo e Anna. Il miglior biglietto da visita, quello che si riceve all’entrata del locale, è la calorosa accoglienza che mette a proprio agio chiunque. Le sale poi sono arredate con gusto e si capisce che negli anni sono stati fatti ampliamenti e ristrutturazioni che premiano gli investimenti sostenuti. Un particolare che mi è piaciuto molto sono le immacolate tovaglie di lino, particolare al quale ne sono seguiti altri in un crescendo di piacevolezza, come ad esempio il cestino con pani e galette che fanno parte della tradizione della famiglia, che ad Appiano Gentile ha un laboratorio e negozio di pasticceria
e panetteria artigianale. Ma ecco in sequenza dall’antipasto al dolce, le vivande di una cucina attenta al benessere: Barbabietola marinata agli agrumi, crema di carote e zenzero, cavolo rosso e valeriana; Paccheri con astice, crema di porri ed erba cipollina; la sorpresa poi di un piatto centrale della grande cucina classica, un magistrale Tournedos alla Rossini con tartufo nero di Rovenna frazione di Cernobbio. I dolci, infine, sono la specialità di Vittorio che nel cuore è pasticciere, quindi tra Cappuccino castagne e zucca; CheeseCake con gelato alla ricotta e yogurt; Mela caramellata con gelato
alla vaniglia e profumo di salvia; Flan di cioccolato con semifreddo al fico, Pedro Ximenez e cannella e altre golosità, abbiamo terminato una cena di grande soddisfazione, naturalmente abbinata a vini di piccoli produttori locali che necessariamente puntano sulla massima qualità. Veramente una splendida esperienza in questo “Family Affair”.
03 Ravioli di zucca, cremoso al gorgonzola e barbabietola 04 Il Portico 05 Mela caramellata con gelato alla crema antica e croccante di mandorle e sfoglia 04 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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GASTRONOMIA / MONCUCCHETTO
UN’OASI DI GUSTO E BELLEZZA DA 100 ANNI STORIA DI UN LUOGO TRA I PIÙ AFFASCINANTI E AMATI DELLA CITTÀ DI LUGANO E DI UN GRANDE VINO, ORGOGLIO DELL’ENOLOGIA TICINESE. DI MARTA LENZI REPETTO
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ugano possiede sul Moncucco un luogo di grande valore; è la cima più alta della catena di colline che si protende a ponente della città ed a cui è addossata e poiché essa si trova assolutamente isolata come torre in vasto giardino, ed è ad una altitudine di m. 144 sul lago, offre un meraviglioso punto di vista abbracciante tutto in cerchio, oltre la regione circostante, Lugano. Con una funicolare a Moncucco di brevissimo percorso si verrebbe ad offrire agli ospiti stranieri ed alla gente del paese l’occasione di godere ed apprezzare in ogni dettaglio le speciali bellezze della zona luganese e un posto di gradevole permanenza in ogni ora del giorno e in ogni epoca dell’anno perché Moncucco è dotato di selva ombrosa castanile ed è esposta al tiepido sole invernale… Quale necessario completamento della funicolare dovrebbe essere costruito sull’esteso altipiano che costituisce la vetta del Moncucco uno spazioso Caffè-ristorante con opportuni terrazzi». Così scriveva nel 1910 un certo Battaglini in una relazione
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dal titolo: Notizie intorno al progetto di una funicolare Lugano-Moncucco con imprese accessorie. Doveva essere il prolungamento della funicolare degli Angioli. E ancora nel 1925 l’Ing. Carlo Pfaltz di Lugano presentava un progetto di un piano regolatore per Moncucco: «La città di Lugano dopo la guerra mondiale, registra un continuo aumento di frequenza. Tanto da Forastieri di tutto il Mondo che da Confederati svizzeri… Per procurare abitazioni, il proprietario della collina Moncucco si è deciso ad erigere un quartiere di villini… E sulla vetta un grande Albergo e Ristorante, che per la sua posizione… dovrà superare tutti gli altri alberghi di Lugano». Il progetto della funicolare non venne mai realizzato, come non fu mai costruito un grande albergo, ma ad oggi il colle ha preservato la sua bellezza e sviluppato anche un fantastico spirito conviviale grazie alla tenuta Moncucchetto. Quest’oasi verde nel cuore della vecchia Lugano, con una vista unica su tutta la regione, dal lago di Lugano a quello di Muzzano, di Ponte
Tresa fino alle lontane Prealpi, appartiene alla stessa famiglia dal 1919 quando fu acquistata dalla contessa luganese Carolina Maraini-Sommaruga, prozia di Niccolò Lucchini, il quale l’ha, a sua volta, tramandata a sua figlia Alessandra. Nel 1959, alla sua morte, la contessa lasciò in eredità la tenuta, con in dote una stalla, una casa colonica e un roccolo, venuti alla luce ben 2 secoli prima, alla nipote Carla Sommaruga, il cui marito Attilio Lucchini, innamorato del posto, aveva già acquistato negli anni Quaranta un appezzamento di terreno in cima al colle per costruirvi la casa di famiglia. Carolina Maraini-Sommaruga aveva sposato il luganese Emilio Maraini che nel 1888 avviò in Italia una intensiva coltivazione di barbabietola da zucchero e fondò diversi zuccherifici, divenendo presto il re dello zucchero. Trasferitisi a Roma tra il 1903 e il 1905 fecero costruire la loro casa, villa Maraini, sulla collina del Pincio, che successivamente nel 1947 la Contessa donò alla Confederazione Svizzera per la sede dell’Istituto svizzero di Roma. Villa Maraini è anche
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la vetta di osservazione più alta e spettacolare della capitale italiana. La vista a 360° è unica dal terrazzo della torre che si erge 26 m. sopra la residenza, superati per 3 m. soltanto dalla cupola di San Pietro in Vaticano. Piante ornamentali e da frutto arredavano lo splendido giardino. Oltre a questa residenza, i coniugi Maraini nel 1911 acquistarono ad Artimino, in provincia di Prato, la medicea Villa La Ferdinanda, costruzione di fine ‘500 voluta dal Granduca di Toscana. Appassionato di agricoltura e arte venatoria, Emilio Maraini organizzava pranzi luculliani con lepri e fagiani cacciati nella tenuta. Anche qui la casa sorge su una bella verde collina della campagna toscana e ancora oggi propone un’offerta gastronomica interessante. Orgoglioso della sua frutta, del suo vino e del suo olio, Emilio Maraini studiava, provava, gustava da enologo provetto e teneva un diario della sua cantina. Era un attento osservatore e sostenne la produzione di grano in Italia, il suo nome venne dato anche a una varietà di orzo resistente alla siccità. Maraini aveva intenzione di trasformare Artimino in uno dei centri agrari più attivi dell’Italia centrale con importanti lavori e bonifiche, ma morì troppo presto, nel 1916, per vedere realizzato del tutto il suo progetto. Riuscì comunque a ripiantare le vigne e intensificare gli uliveti. I coniugi Maraini furono sempre al servizio della collettività in campo culturale e sociale. In sua memoria fu Carolina a continuare la sua opera pensando al bene della gente del borgo e non solo. Ad Artimino creò asili e un orto dimostrativo dove le ragazze coltivavano legumi e ortaggi; a Roma colonie per nutrici promuovendo un’alimentazione ai bambini malati. Sempre impegnata per migliorare la figura femminile, divenne contessa nel 1926 per i suoi meriti filantropici e per la sua attività sociale nei confronti delle donne. Tanto hanno fatto i coniugi Maraini anche per la città di Lugano, con
donazioni all’Ospedale civico, al Comune di Lugano, alla Croce Rossa, ad associazioni per bambini. Il desiderio di preservare luoghi fantastici, ubicati in posizioni uniche e con spirito conviviale è stato trasmesso anche alle generazioni future. Il podere Moncucchetto è composto oggi da un appezzamento di terreno di circa 40 mila metri quadrati, di cui circa 30 mila edificabili ed è volontà delle nuove generazioni conservarlo nello stato attuale affinché il colle possa continuare a rimanere un luogo di verde nel bel mezzo della città. La collina continuerà ad ospitare solo due case di famiglia e la nuova splendida cantina, opera di Mario Botta nel 2009, dove vengono vinificate le proprie uve. Dalle prime 1000 bottiglie del Merlot “Moncucchetto” prodotte nel 1970, di strada ne è stata fatta. Tutto testimoniato da un diario
dove Niccolò Lucchini, figlio di Attilio, ha annotato con scrupolosa attenzione i momenti più significativi: «Posso dire con esattezza che nel 1970 abbiamo prodotto 14 q, nel 1971 6q; nel 1975 la primavera è stata la più asciutta del secolo; nel ’76, ’78 e ’79 grandinate eccezionali devastarono i vigneti e nel giugno del ’79 fummo costretti a potare la vite come lo si fa normalmente d’inverno; nell’estate dell’83 a Lugano si registrarono 36° all’ombra e nell’86 ci fu un aprile invernale con record assoluto di precipitazioni». Grazie ai cambiamenti decisi insieme alla moglie Lisetta, donna molto aperta e intraprendente che oggi gestisce l’azienda, sono stati raggiunti ottimi traguardi e ottenuti riconoscimenti con annate prestigiose. «In 50 anni di coltivazione della vite e di produzione di Merlot pensiamo di aver maturato una buona esperienza - racconta orgogliosa Lisetta - sino alla grande svolta del 2009 con la nuova cantina. Penso che oggi la contessa Maraini sarebbe felice di vedere che a Moncucchetto si respira ancora il profumo di famiglia in un luogo unico per un incontro di arti: vino, cibo e architettura, tutti ingredienti accostati nella ricerca dell’innovazione, ma sempre nel segno della tradizione».
Vittorio Corcos Ritratto di Carolina Maraini-Sommaruga 1901 Fondazione per l’istituto Svizzero di Roma OKNO Studio
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GASTRONOMIA / MAISON TICINO
TUTTI ALLA FÊTE DES VIGNERONS ANCHE IL TICINO E LE SUE ECCELLENZE SARANNO PRESENTI ALL’APPUNTAMENTO PIÙ IMPORTANTE DELL’ANNO. MAISON TICINO È UN PROGETTO STUDIATO E REALIZZATO DA SAPORI TICINO CHE, TRA IL 18 LUGLIO E L’11 AGOSTO 2019, PORTERÀ ALLA FÊTE DES VIGNERONS A VEVEY TUTTO IL BELLO E IL BUONO DEL TICINO.
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a Fête des Vignerons é ben più che uno spettacolo, è un patrimonio, una tradizione vivente che a partire dal XVIII secolo, si trasmette di generazione in generazione. Questa manifestazione grandiosa e straordinaria coniuga tradizione e modernità, unendo tutta la regione che si estende da Losanna fino allo Chablais vodese e non solo. Una tradizione che dal 1 dicembre 2016 è iscritta nella lista UNE-
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SCO quale Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, ma soprattutto una festa che unisce le generazioni e più in generale tutta la Svizzera». A parlare è Dany Stauffacher, patron di Sapori Ticino e promotore dell’iniziativa, che prosegue: «È una tradizione che viene tramandata di generazione in generazione ed è considerata uno dei top 50 eventi al mondo secondo il New York Times. Insomma, un’occasione unica! E proprio per questo il Ticino non poteva mancare». L’idea nasce qualche mese fa da un incontro tra Stauffacher e Daniele Finzi Pasca che con la sua Compagnia curerà il grande spettacolo legato alla manifestazione. Il coreografo e regista ticinese in quell’occasione ha espresso la volontà di creare un luogo dove ci fosse una forte presenza ticinese, un posto dove ritrovarsi e condividere le emozioni di questa esperienza. Ed è così che nasce Maison Ticino: un luogo di incontro dove il buon vivere e l’arte dell’ospitalità si fondono con le eccellenze che il Cantone più a sud della Svizzera può offrire. Anche il Ticino dunque potrà ritenersi protagonista a
Vevey con una delegazione d’eccezione che racconterà tutto quanto c’è di buono e di bello nel nostro cantone. Dalle ricchezze enogastronomiche e turistiche a quelle imprenditoriali, culturali e accademiche, come l’USI. Dai piatti mediterranei al Locarno Festival fino al LAC Lugano. Grazie agli ottimi rapporti oltre Gottardo di Sapori Ticino, Maison Ticino avrà il suo quartier generale al Grand Hotel du Lac di Vevey. All’interno di
GASTRONOMIA / MAISON TICINO
questo elegante spazio, in posizione strategica rispetto al cuore della Fête des Vignerons, si susseguiranno degustazioni di vini ticinesi grazie alla collaborazione con Ticinowine, ma anche altri appuntamenti per gustare i nostri formaggi e salumi. Inoltre, serate a tema e incontri di promozione con i giornalisti, oltre che un team di Chef che animeranno la rinnovata terrazza del Grand Hotel du Lac con le loro creazioni di matrice ticinese. All’arte di Finzi Pasca sarà dedicato uno
spazio allestito dalla stessa Compagnia per raccontare la storia e la filosofia che la anima, dove si svolgeranno incontri e presentazioni. «Possiamo ritenerci soddisfatti anche solo di portare il nome del nostro Cantone a Vevey in questa cornice unica. E questo lo possiamo fare grazie alle tante realtà che collaborano con noi da diversi anni» continua Dany Stauffacher. «in primis Ticino Turismo e le due OTR di Ascona-Locarno e Lugano Region, senza dimenticarsi di realtà
Progettazione dell’arena: Hugo Gargiulo (secondo un’idea originale di Jean Rabasse) © Roberto Vitalini | Bashiba – Fête des Vignerons 2019 215x138, Ticino Welcome (2019_06).pdf 1 14.05.2019
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“made in Ticino” come TIOR, Rapelli e Ticinowine, capofila di tanti produttori che presenteranno i gioielli delle loro cantine durante i 23 giorni: Brivio, Cantina Monti, Cantina Pelossi, Castello di Cantone, Gialdi, Matasci Vini e Distillati, Michele Conceprio, Moncucchetto, Tamborini Vini, Tenuta Agricola Luigina, Tenuta Castello di Morcote, Valsangiacomo Vini, Vinattieri Ticinesi, Vini e Distillati Angelo Delea».
GASTRONOMIA / MÈMOIRE DES VINS SUISSES 2019
I MIGLIORI VINI SVIZZERI BASILEA È STATA QUEST’ANNO LA SEDE CHE HA OSPITATO LA MANIFESTAZIONE “MÈMOIRE DES VINS SUISSES”. DI MAURIZIO CASAROLA
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incontro fra i migliori e storici produttori di vino nella Confederazione si è svolto al Rhypark: un bellissimo luogo sulla riva occidentale del Reno, nella parte settentrionale della città in vicinanza del confine con la Francia. Apprezzata dagli espositori e dai visitatori la location scelta dagli organizzatori della Mèmoire; d’altro canto Susi Scholl e Andreas Keller sono da sempre una garanzia. L’evento ideato dalla coppia di giornalisti zurighesi dell’enologia, raduna ogni anno all’inizio della primavera i vignaioli dei quattro cantoni per presentare le annate che hanno lasciato un segno nella storia della viticoltura della Svizzera. Presenti i produttori di tutte le zone a naturale vocazione vitivinocola del paese. C’erano i vignaioli del Vallese, quelli del Vaud, i produttori di Ginevra, quelli della Regione dei Tre Laghi e della Svizzera Tedesca, oltre naturalmente a quelli del Ticino. A tal proposito; i vignaioli del Ticino associati alla Mèmoire des Vins Suisses, hanno ancora una volta confermato con la loro presenza, di essere una realtà conclamata e di valore dell’enologia svizzera. Al Rhypark hanno presentato alla degustazione le annate 2016 e poi a scalare la 2012 e la 2008 e alcuni dei loro prodotti hanno riscontrato una favorevole impressione. La cantina Gialdi Vini di Mendrisio ha proposto il Sassi Grossi; un merlot che ha entusiasmato particolarmente nell’annata 2008. Sempre rimanendo nel tradizionale; come non menzionare i Merlot Doc Ticino delle cantine Zun-
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del, Agriloro e Huber, con i loro rispettivi Orizzonte, Riserva Tenimento dell’Or e Montagna Magica. Fra gli IGT della Svizzera Italiana, il Balin di Kopp von der Crone Visini e il Pio della Rocca della Tenuta Castello di Morcote. Sono entrambi assemblaggi: il primo è di merlot, arinarnoa e cabernet sauvignon, mentre l’altro è composto da cabernet sauvignon e merlot. Poi ancora il Nebbiolo della Tenuta Vitivinicola Trapletti e la Bondola del Nonu Mario dell’Azienda Mondò. Fra tutte le quintessenze rosse ticinesi presenti alla Mèmoire, giusto menzionare anche un bianco Ticino Doc: il Beride Dosso di Zundel, interamente prodotto con uve chardonnay. Al termine delle degustazioni al Rhypark, tutti si sono trasferiti nella stupenda e storica magione del Teufelhof nel centro storico di Basilea, dove il programma prevedeva l’assegnazione dello Swiss Wine Vintage Award. L’annata 2009 è stata quella prescelta, e anche in questa occasione i ticinesi si sono difesi egregiamente. Degni di nota il Sassi Grossi di Gialdi, il Ronco dei Ciliegi di Azienda Mondò e l’Arco Tondo della Tenuta San Giorgio. Ancora una volta la Mèmoire des Vins Suisses ha fatto centro, nell’attesa di riconfermarsi per il tradizionale e prossimo appuntamento di fine agosto a Zurigo.
01 Feliciano Gialdi della Gialdi Vini 02 Mattia Vossen, enologo di Agriloro
VERSO UN’ECONOMIA SEMPRE PIÙ DIGITALE
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uesta Tavola rotonda è stata organizzata in collaborazione con DigitalStrategies Academy di Lugano. Le aziende sono sempre più digitali e interconnesse: la quarta rivoluzione industriale è iniziata e attende di dispiegare tutte le sue numerose opportunità. Le nuove tecnologie digitali, secondo un rapporto della multinazionale di consulenza McKinsey, avranno un impatto profondo nell’ambito di quattro direttrici di sviluppo: la prima riguarda l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, e si declina in big data, open data, Internet of Things, machine-to-machine e cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione. La seconda è quella degli analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore. Oggi solo l’1% dei dati raccolti viene utilizzato dalle imprese, che potrebbero invece ottenere vantaggi a partire dal “machine learning”, dalle macchine cioè che perfezionano la loro resa “imparando” dai dati via via raccolti e analizzati. La terza direttrice di sviluppo è l’interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata. Infine c’è tutto il settore che si occupa del passaggio dal digitale al “reale” e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni
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machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni. Non solo. Esperti e osservatori stanno cercando di capire come cambierà il mondo lavoro, quali nuove professionalità saranno necessarie e quali invece presto potrebbero scomparire. Dalla ricerca “The Future of the Jobs”, è emerso che, nei prossimi anni, fattori tecnologici e demografici influenzeranno profondamente l’evoluzione del mercato del lavoro. Alcuni (come la tecnologia del cloud e la flessibilizzazione del lavoro) stanno influenzando le dinamiche già adesso e lo faranno ancora di più nei prossimi anni. Cambiano di conseguenza competenze e abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività. Proprio perché lo scenario è in rapida evoluzione, dobbiamo attrezzarci per cogliere i benefici dell’innovazione digitale. I centri di competenza avranno sempre più il compito di svolgere attività di orientamento e formazione alle imprese, nonché di supporto nell’attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale finalizzati alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi, o al loro miglioramento tramite tecnologie avanzate.
TAVOLA ROTONDA / WEB MARKETING
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
GUGLIELMO ARRIGONI Direttore DigitalStrategies Academy e moderatore
ALBERTO ANTONIOLI Managing Partner di BFK Digital
LUCA TARTAGLIA Consulente e-services PostFinance
JAZAYERI PUYA Project Manager Ticino Turismo
GUGLIELMO ARRIGONI: «DigitalStrategies Academy è il progetto di formazione volto ad espandere nella Svizzera italiana la conoscenza del Web Marketing, offrendo gli strumenti necessari per il suo utilizzo come mezzo di comunicazione e business al servizio delle imprese. Siamo l’unica realtà formativa specializzata sul Digital Marketing in Ticino, che prepara anche agli Esami Federali Professionali e vuole sensibilizzare le aziende, i professionisti e gli studenti sulle tematiche che saranno il futuro del mondo imprenditoriale e lavorativo. I corsi proposti formano nella comunicazione e il Digital Marketing, sia in aula che online. Offriamo inoltre la possibilità di seguire dei percorsi di formazione specifici a seconda del proprio interesse. Vorrei dare alcuni dati che ci possono aiutare a comprendere il percorso fatto
da quando nel settembre del 2016 abbiamo dato inizio alla nostra attività: 48 serate gratuite sul territorio dedicate ai diversi aspetti del marketing digitale; 24 corsi on line sul nostro sito; 43 corsi in aula, cui se ne aggiunge un altro in Web Project Manager, molto qualificato, per la preparazione all’Esame Federale Professionale. In sintesi, oltre 3000 iscritti on line e 850 partecipanti in aula per una scuola che non ha ancora tre anni di vita. Da ultimo, mi piace citare il nostro più recente progetto e cioè l’avvio da pochi giorni del progetto “Scuola on line”, che consente una formazione continua per chi non può partecipare alle lezioni in aula ma desidera approfondire le sue conoscenze collegandosi al sito da casa propria, secondo le modalità che preferisce». ALBERTO ANTONIOLI: «Credo sia necessario partire da una semplice domanda: la digitalizzazione
COSIMO LUPI Sales and Marketing Consultant Securitas AG
L’incontro si è tenuto mercoledì 10 aprile 2019 presso il Teatro per eventi Metamorphosis / Palazzo Mantegazza, Lugano Paradiso
è un fenomeno globale e pervasivo o siamo ancora ad una dimensione locale? La risposta varia a seconda della prospettiva in cui ci poniamo. Se confrontiamo i livelli di digitalizzazione dell’economia e della società con la popolazione mondiale vediamo che molte aree del globo sono ancora all’inizio di questo processo, ma il fatto che se ne parli con sempre maggiore continuità è il segno che la digitalizzazione dell’impresa è ormai entrata in una seconda fase, di presa d’atto collettiva, che segue quella in cui la stessa ha fatto ingresso in fabbrica e in ufficio senza troppo clamore. Mi limiterò dunque a segnalare alcuni aspetti sui quali è necessario porre la nostra attenzione di operatori del mondo delle risorse umane: attengono ad ambiti differenti, che presentano però ampie aree di intersezione. Innanzitutto, gli effetti che le nuove tecnologie stanno provocando e provoTICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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cheranno nel prossimo futuro: non c’è dubbio che i nuovi strumenti che la digitalizzazione ha sviluppato abbiano creato già alcuni profondi cambiamenti. Le aziende digitalizzate, per esempio, sono già oggi quelle che presentano una più marcata focalizzazione sulle esigenze del cliente, utilizzano meglio la multicanalità per comunicare e valorizzare la propria offerta di prodotti e tendono a al proprio interno a robotizzare tutte le attività a basso valore aggiunto. Per quanto riguarda poi i ruoli aziendali coinvolti in un processo di digitalizzazione aziendale, occorre dire che non sarà la quantità di investimenti in IT che farà la differenza, ma la capacità di ciascuna azienda di comprendere la propria fase di maturità e di sviluppare una strategia chiara e un’efficace road map per potenziare i propri differenziatori chiave utilizzando le tecnologie digitali. L’attenzione, come sempre, deve essere sulle persone. Questo dovrebbe essere assolutamente chiaro. La quarta rivoluzione industriale, se accettiamo di chiamarla in questo modo, non si riferisce alla tecnologia di per sé, ma all’adozione di tecnologie che aiutino le persone a prendere decisioni più efficaci, più informate e più veloci. Non è la disponibilità di grandi quantità di dati che farà la differenza, ma la capacità degli utenti di sfruttare tali dati, trasformati in informazioni, per essere veloci e precisi nel prendere decisioni. La tecnologia può semplificare, aiutare o addirittura automatizzare la comunicazione, ma la flessibilità e l’efficienza provengono dalle persone. Per questo motivo, nessuna delle trasformazioni legate all’adozione di queste tecnologie può avvenire senza un cambiamento organizzativo, adeguando la mentalità delle persone e migliorando i comportamenti e la cultura aziendale». LUCA TARTAGLIA: «PostFinance è uno dei principali istituti finanziari in Svizzera ed è il
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partner affidabile per oltre tre milioni di clienti privati e commerciali che desiderano amministrare autonomamente le proprie finanze. Come gruppo finanziario, PostFinance è annoverata tra le banche di rilevanza sistemica. Fattori decisivi a tal fine sono l’importanza dell’istituto finanziario nelle operazioni di deposito nazionali e la sua forte posizione nel traffico dei pagamenti in Svizzera. La classificazione come banca di rilevanza sistemica sottolinea l’importanza di PostFinance per il sistema finanziario svizzero e contribuisce alla sua stabilità e a un’economia svizzera forte. La storia di PostFinance inizia nel 1900 con l’istituzione del primo «servizio dei conti correnti e delle girate. Nel 1906 nasce il traffico dei pagamenti, ma bisogna poi attendere fino al 1971 per vedere avviato il sistema delle polizze di versamento con un numero di riferimento (SPVR) è un servizio avveniristico nel suo settore. Al 1978 risale l’introduzione dei Postomat e al 1991 quella della Postcard, mentre tre anni prima era avvenuto il lancio del Telegiro PTT: il precursore di yellownet permetteva il pagamento elettronico tramite Videotex. Con yellownet, nel 1998, inizia l’era di e-finance, il servizio che trasforma PostFinance nell’indiscusso numero 1 «dell’e-banking». Nello stesso anno la Posta intraprende un’importante rifor-
ma con l’obiettivo di migliorare e assicurare l’erogazione su tutto il territorio svizzero di servizi postali convenienti e del traffico dei pagamenti, sia alla popolazione che agli attori economici. E veniamo ai giorni nostri. Nel 2003 PostFinance diventa istituto finanziario retail e nel 2010 presenta la prima App per iPhone gratuita. Nell’estate 2014 viene poi fondata TWINT come società affiliata di PostFinance. Dopo un inizio brillante, la prima app integrata della Svizzera per lo shopping e i pagamenti si fonde nel 2016 con Paymit. L’obiettivo perseguito è identico: una soluzione di pagamento standardizzata e intelligente per il traffico dei pagamenti digitale in Svizzera. Nel 2017, infine, nasce il nuovo sito web postfinance.ch» Oggi siamo quanto mai attenti a seguire e partecipare a quei progetti che possono introdurre innovazione all’interno delle aziende. Per fare solo un esempio, il nostro laboratorio dell’innovazione vede diversi esperti lavorare a idee e progetti che riteniamo avere un grande potenziale per il futuro. Uno di questi progetti è «B4U» (Blockchain for Utility), elaborato ed esaminato in collaborazione con Energie Wasser Bern (ewb), finalizzato allo studio di come fatturare energia elettrica utilizzando la tecnologia blockchain e come, in questo modo, i proprietari di case potrebbero in futuro guadagnare soldi e risparmiare tempo».
COSIMO LUPI: «Le recenti votazioni e le relative campagne politiche hanno confermato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che i media tradizionali rivestono ancora oggi un ruolo preponderante nella propaganda politica, ma i social sono diventati un terreno per sperimentare una comunicazione più diretta con l’elettorato attraverso l’uso di un linguaggio più immediato e la possibilità di costruire una narrazione di sé che sia coinvolgente e con la quale l’audience possa facilmente identificarsi. È infatti grazie ai social media se assistiamo a un cambiamento nel modo di interagire online tra elettore ed eletto, se è possibile non solo veicolare contenuti in una maniera più fruibile ma anche studiare la propria audience basandosi su una serie di dati analitici disponibili in tempo reale, capaci di restituirci una visione complessiva dell’evoluzione di uno scenario politico, di un territorio, di un candidato e dei suoi potenziali elettori. Gli utenti social diventano sempre più il nucleo centrale della strategia di ogni azione politica, da cui ormai non si può prescindere. Cambiano le forme e le strategie di comunicazione online e sempre più il personaggio politico che decide di essere sui social è soggetto alle stesse “regole” che vengono applicate a qualsiasi brand. Diventa fondamentale, allora, riporre la massima attenzione a ciò che si vuole comunicare e al modo in cui lo si fa, perché un semplice post di Facebook di cattivo gusto o un tweet sbagliato possono diventare delle armi pericolose nella mani di chi comunica e conduce una campagna elettorale, scatenando un vero effetto boomerang sull’immagine del candidato o del partito che rappresenta. Se guardiamo a ciò che è accaduto negli USA ci rendiamo conto di come Donald Trump abbia utilizzato questa strategia politica in cui i social media hanno ricoperto un ruolo predomi-
nante, determinando la sua vittoria elettorale. E questo nonostante le mille gaffe, i post polemici o volti a disprezzare i suoi ‘nemici’, di cui Twitter è stato un po’ l’emblema e il protagonista. Non viene da sorprenderci, quindi, che la sua vittoria era già stata decretata su queste piattaforme, ancor prima di arrivare alle elezioni. Ma già prima di lui, l’allora candidato in corsa alle presidenziali, Barack Obama, aveva ben colto l’importanza dei social, tanto da metter in piedi una delle campagne mediatiche più significative, in cui l’uso magistrale dei social media fu determinante per l’imposizione della propria agenda. Grazie ad una narrazione incentrata sulla sua figura come sinonimo di cambiamento, Obama arrivò a costruire una intera rete di fan/elettori che lo aiutarono a vincere prima le primarie e poi la competizione per la presidenza. Di fronte a quest’uso spregiudicato dei media digitali che ci viene dagli USA, emerge con ancora maggiore evidenza la timidezza se non addirittura il ritardo con cui la classe politica svizzera, e a maggior ragione quella ticinese, approcciano le nuove tecnologie, preferendo piuttosto affidarsi a tradizionali strumenti di comunicazione quando non al contatto personale “porta a porta”. Ma il paradigma è definitivamente cambiato e la digitalizzazione rappresenta ormai un fatto irreversibile cui anche i nostri politici dovranno prima o poi adeguarsi». GUGLIELMO ARRIGONI: «Vorrei partire da una semplice considerazione: oggi il consumatore è diventato Consum-Attore. Ciò significa semplicemente che una volta il marketing classico focalizzava la sua attenzione sui prodotti/servizi, sottolineando la maniera in cui questi potevano migliorare la vita del consumatore. Questo approccio, forse ancora valido per prodotti standardizzati o di largo consumo, per i quali il fattore prezzo risulta centrale, è ormai superato per
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tutte quelle imprese che vogliano differenziarsi dai propri concorrenti. Si pone quindi l’attenzione sugli aspetti extrafunzionali del prodotto/servizio, sull’ esperienza associata alla sua fruizione. Questo innovativo approccio mira a superare le concezioni classiche e a far sì che l’esperienza d’acquisto coinvolga intimamente il consumatore. E ciò indipendentemente dal tipo di bene che si offre; può trattarsi di una proposta commerciale in senso stretto, di un museo, di un evento, della promozione di un territorio o di un libro. Conta l’esperienza che si è in grado di offrire. Il cliente non è sempre razionale nelle sue scelte d’acquisto ma è guidato anche da fattori emotivi; è alla ricerca di esperienze d’acquisto e di consumo che siano coinvolgenti e piacevoli. In un mercato strutturato e complesso come è quello delle moderne società, al consumatore non interessa più soltanto la massimizzazione dell’utilità, ma cerca esperienze d’acquisto che lo coinvolgano e lo rendano protagonista della scelta fatta. Diventa “consumAttore”, acquista un prodotto non solo per soddisfare un bisogno funzionale, ma anche per trovare appagamento nel suo utilizzo. Il marketing viene allora concepito come un processo che coinvolge diversi elementi: bisogna prima attirare l’attenzione, stimolare o ricreare determinati stati d’animo e sentimenti, associati alla marca; creare stimoli collegati all’intelletto e alle capacità di problem solving degli individui; invitare all’azione e mettere in relazione l’individuo con sé stesso e altre culture. Non mi stancherò mai di ripetere che la relazione con il cliente deve essere costruita a partire dal marketing e non affidata soltanto al commerciale. È il marketing che acquisisce il contatto di un potenziale cliente. E nella costruzione di questo rapporto una tendenza va consolidandosi sempre più: l’utilizzo di programmi o applicazioni per diffondere contenuti promozionali e commerciali tipici dell’email marketing. Questa tendenza, ancora oggi in
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evoluzione ed espansione, viene identificata come relazione tra l’utilizzo delle email e le chat. Si tratta di programmi che simulano la conversazione umana, automatizzando appunto le conversazioni con gli utenti. O, nel caso delle aziende, con i clienti curando così, ad esempio, il customer care service o altri servizi chiave. L’obiettivo comunque è sempre mettere al centro l’uomo ed usare quindi la tecnologia al nostro servizio per ottenere risultati concreti». Il Dibattito JAZAYERI PUYA: «Siamo entrati nel mondo digital con molta gradualità, senza mai abbandonare i media più tradizionali ai quali continuiamo a fare ricorso. In ogni caso attualmente le nuove figure professionali legate alla digitalizzazione e ai social media portano un rilevante valore aggiunto all’azienda. Le sfide che abbiamo davanti riguardano da un lato la necessità di far dialogare tra loro i numerosi dati che quotidianamente rileviamo operando su più piattaforme; dall’altro, il miglior utilizzo del customer journey cioè quel processo che caratterizza l’interazione tra consumatore e azienda. Questo “viaggio”, che parte dal bisogno di un prodotto/servizio, termina con l’acquisto del prodotto Ticino che, come è noto sconta una forte concorrenza sul mercato nazionale e nel confronto con gli altri Paesi».
ALBERTO ANTONIOLI: «La digitalizzazione ha un impatto non soltanto sui processi ma anche sulle modalità di collaborazione e sulla mentalità all’interno dell’azienda. Quanto più i collaboratori sono entusiasti del processo in atto, tanto più la trasformazione digitale sarà attuata con successo. In questo quadro sempre più complesso un ulteriore elemento potranno avere un ruolo non secondario: l’empatia e l’intelligenza emotiva. Esse sono ancora patrimonio dell’uomo (sebbene vi siano in corso progetti volti a renderla “artificiale”) e potrebbero esser la chiave di lettura per mantenere la supremazia della persona sulle macchine; così come le stesse potranno decifrare per tempo l’insorgenza di problemi etici e di risolverli». LUCA TARTAGLIA: «Non è necessario correre dietro a ogni tendenza e a ogni tecnologia ma realizzate soltanto i progetti di digitalizzazione che apportano benefici ai propri clienti, ai collaboratori o partner commerciali. Tali vantaggi possono essere ad esempio un processo di ordinazione più semplice nello shop online per i clienti, un flusso di informazioni più efficace tramite uno strumento community per i collaboratori e una migliore logistica grazie a un processo automatizzato per i partner commerciali. A tal fine occorre chiarire di cosa hanno veramente bisogno – e di cosa
TAVOLA ROTONDA / WEB MARKETING
invece no – i rispettivi gruppi target e qual è il loro livello di soddisfazione nei confronti dei progetti di digitalizzazione già realizzati». COSIMO LUPI: «Per mettere in atto una strategia di comunicazione politica performante sui social media, è importante anche capire cosa non fare, onde evitare dei veri e propri passi falsi in grado di inficiare in maniera profonda la credibilità di una formazione politica o di una figura isti-
tuzionale. I social media non sono un surrogato del bar, o almeno non devono caratterizzarsi in tal modo quando si parla di comunicazione politica. Una campagna di comunicazione politica online è un impegno con la propria utenza, sia per quanto riguarda la qualità dei contenuti diffusi, sia per quel che concerne la costanza nella pubblicazione. La comunicazione politica di qualità è frutto di un processo strategico dedicato anche alla scelta dei social migliori su cui essere presenti. Una volta che i profili e le pagine sono stati atti-
vati e sono diventati un punto di riferimento per il target, abbandonarne uno o più senza lasciare alcun tipo d’indicazione relativa alla chiusura o alla creazione di un altro spazio significa minare quello che è un rapporto di fiducia, e togliere punti al personal branding. Quando ci si muove online e si punta al successo non basta una brand equity forte, ma è necessario avere in mente quelle che sono le strategie basilari per ottenere tale risultato, e per concretizzare un percorso strategico che possa diventare case history».
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LUSSO / BUCHERER
FRANZ REICHHOLF, DIRETTORE DI BUCHERER LUGANO, SOTTOLINEA LA CONTINUA CRESCITA INTERNAZIONALE DEL GRUPPO E ANNUNCIA UNA NOVITÀ CHE CERTAMENTE INTERESSERÀ GLI APPASSIONATI COLLEZIONISTI DI OROLOGI PREZIOSI.
UN MARCHIO ALLA CONQUISTA DEL MONDO vendita distribuiti in 10 Stati della storica azienda newyorchese, ai quali si aggiunge anche il suo sito di vendite online. Questi punti vendita Tourneau portano a oltre 60 il numero totale di negozi del Gruppo svizzero ed entro poco tempo cambieranno nome assumendo quello di Bucherer». Quali vantaggi vi aspettate di ottenere da questa acquisizione? «Beneficiando di oltre un secolo di esperienza come fornitore leader di orologi di lusso negli Stati Uniti, Tourneau garantisce al Gruppo Bucherer una formidabile opportunità
A
nche il 2018 può essere archiviato come un anno positivo per il Gruppo Bucherer? «Direi proprio di sì. Bucherer è sbarcato negli Stati Uniti con l’acquisto di Tourneau. Dopo aver comprato l’anno prima il distributore britannico di orologi di alta gamma The Watch Gallery, il Gruppo svizzero ha acquisito Tourneau, il principale dettagliante di orologi di lusso in America. Fondato a New York nel 1900, Tourneau commercializza segnatempo nuovi e d’occasione di quasi 100 marchi, tra i quali Cartier, IWC, Tag Heuer, Rolex, Baume & Mercier e Patek Philippe, oltre alla propria etichetta. Questa nuova operazione permette al Gruppo Bucherer di entrare con forza nel mercato nordamericano grazie ai 28 punti
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LUSSO / BUCHERER
per stabilirsi ed espandere la propria offerta di orologi e gioielli negli Stati Uniti. Con questa acquisizione, presenteremo immediatamente il marchio Bucherer a milioni di potenziali clienti su uno dei principali mercati dell’orologeria e della gioielleria. Si tratta anche di un’eccellente opportunità per installare solidamente il brand Carl F. Bucherer negli States e presentare Bucherer Fine Jewellery sul mercato nordamericano». Non è questa l’unica novità del gruppo che merita di essere segnalata… «Infatti. A breve, negli stores di Ginevra e di Zurigo, e poi in altre città, sarà possibile comprare e vendere preziosi orologi da collezione usati, i cosidetti CPO (Certified Pre Owned). Gli orologi da polso da collezionare non sono solamente uno status symbol e un segno di lusso e potere, ma sono apprezzati dagli appassionati per il loro fascino vintage e pervaso di storia. I collezionisti di orologi infatti apprez-
zano in particolare gli esemplari d’epoca, che oltre a possedere un valore di mercato, portano con sé anche il valore del momento storico in cui sono stati creati e delle persone che li hanno posseduti e indossati. Gli orologi vintage hanno sempre un che di misterioso e rievocano come per magia personaggi e mondi ormai scomparsi, che tornano a rivivere al polso, o nella bacheca, del collezionista». Sarà possibile comprare e vendere, ma anche disporre dell’esperienza di personale particolarmente qualificato… «Il collezionista di orologi da polso non considera la sua attività come un hobby, ma è consumato da una vera e propria passione a 360 gradi rappresentata dal piacere di ricercare il suo oggetto del desiderio, il pezzo giusto di un certo marchio, di un certo modello, con un certo quadrante o meccanismo. Chi è animato dalla passione del collezionismo si interessa instancabilmente alla storia e all’estetica degli orologi, frequenta assiduamente antiquari, orologiai di fiducia e aste, legge riviste specializzate ed è sempre alla
ricerca dell’affare della sua vita. Noi cercheremo di aiutarlo e assecondarlo in questa sua passione». Da ultimo, è già possibile tracciare un bilancio dell’andamento della vostra Boutique Rolex? «In un anno che si è riconfermato senz’altro positivo per tutto il negozio Bucherer di Lugano, gli amanti di questo marchio orologiero hanno potuto accedere all’intero universo Rolex. Nella nuova boutique, in un lussuoso ambiente arredato nell’elegante stile Rolex, la gamma della Casa ginevrina è stata proposta al gran completo Il nuovo negozio di Lugano è un’altra pietra miliare nella storia della collaborazione tra Rolex e Bucherer. Queste due aziende svizzere di grande tradizione hanno avviato negli anni 1920 una collaborazione che è cresciuta fino a rendere il prestigioso marchio di orologi uno dei pilastri dell’offerta della Casa di Lucerna. Ecco perché siamo molto lieti di presentare Rolex, un’affascinante icona svizzera, nel cuore di una delle più rinomate mete dello shopping in Ticino, la via Nassa a Lugano». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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LUSSO / GIRARD-PERREGAUX
LA ESMERALDA TOURBILLON GIRARD-PERREGAUX PRESENTA LA ESMERALDA TOURBILLON IN ORO BIANCO, UN ESEMPLARE CHE SI ISPIRA DIRETTAMENTE AL CELEBRE OROLOGIO DA TASCA CREATO DA CONSTANT GIRARD CHE RICEVETTE UNA MEDAGLIA D’ORO IN OCCASIONE DELL’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI PARIGI DEL 1889.
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egno erede dei prestigiosi orologi che hanno permesso a Girard-Perregaux di costruire una reputazione di eccellenza, la Esmeralda Tourbillon narra una storia ricca di passione per l’estetica e la precisione. Fin dalla fondazione della Manifattura e poi con la messa a punto, nel 1860, del primo orologio a Tourbillon con Tre Ponti, Constant Girard si stava avvicinando sempre più alla perfezione orologiera, lavorando sulla struttura del tourbillon e sulla forma dei componenti. Una rivoluzione, questa, nella storia dell’orologeria, che per la prima volta considerava il meccanismo di un orologio come un elemento di design a sé stante, al di là della sua funzionalità tecnica. Questa costruzione pressoché minimalista ottenne nel 1867 un primo premio di cronometria all’Osservatorio di Neuchâtel e in seguito avrebbe permesso a Girard-Perregaux di conquistare una medaglia d’oro in occasione dell’Esposizione universale di Parigi del 1889. A seguito dell’esposizione, il famoso gioielliere e venditore di orologi Hauser, Zivy & Cie, proprietario delle boutique “La Esmeralda” a Parigi e in Messico, da cui deriva il nome dell’orologio di oggi, è stato incaricato di vendere questo eccezionale orologio da tasca. Nel 2016, in occasione del suo 225° anniversario, Girard-Perregaux ha presentato un Tourbillon Esmeralda in oro rosa ispirato a questo famoso orologio da tasca. Vincitore del titolo del “Tourbillon Watch Prize 2016” assegnato dal Grand Prix d’Horlogerie de Genève, è una magnifica espressione meccanica di una ricerca estetica
dedicata alla massima precisione che la Manifattura intende raggiungere. Trascendente, maestoso, con un design inimitabile e ineguagliabile, il calibro Tourbillon con Tre Ponti si è affermato nella storia come il più antico movimento di orologi ancora in produzione, dal momento che la sua struttura generale è rimasta invariata dal 1860. Sintesi di principi estetici, tecnici e simbolici, la platina accoglie ponti, bariletto, ruotismo e tourbillon in oro massiccio. I ponti a forma di freccia a doppia punta sono interamente decorati a mano e riflettono alla perfezione i ponti dello storico La Esmeralda. La superficie delle frecce è lucidata a specchio, i bordi sono smussati e i lati trafilati. Per accentuare il contrasto visivo e catturare al meglio la luce, i ponti sono delicatamente lavorati a berçage, vale a dire accuratamente arrotondati a mano con l’aiuto di un brunitoio. Al centro, i castoni diamantati sorretti da due viti determinano l’allineamento sullo stesso piano del bariletto, della ruota centrale e della gabbia del tourbillon. La gabbia del tourbillon, che al suo interno accoglie 80 componenti, è interamente rifinita a mano grazie all’eccellente savoir-faire dell’orologiaio addetto all’assemblaggio. Con la sua caratteristica forma a lira lucidata a mano, che rappresenta la firma della Manifattura, questo organo perfettamente bilanciato con le sue rivoluzioni quasi ipnotiche ospita un bilanciere a grande momento d’inerzia che oscilla a 21.600 alternanze all’ora (3Hz). Il calibro da 16 linee (36,60 mm di diametro) e 8,41 mm di spessore richiede un mese di lavoro per l’assemblaggio dei 310 componenti. La struttura terna-
LUSSO / GIRARD-PERREGAUX
ria della platina spicca a colpo d’occhio. Analogamente, il sistema di carica automatica unidirezionale si basa su un microrotore posizionato in modo concentrico sotto al bariletto, anziché ai margini. Grazie a questa ingegnosa costruzione, gli orologiai hanno potuto aumentare il diametro del tamburo del bariletto e di conseguenza prolungare la lunghezza della molla per garantire all’orologio una riserva di carica di almeno 60 ore.
FIORE SPLENDENTE
Un fiore di prugno che sboccia dal quadrante. Sottile e fragile, si manifesta sotto le sembianze dei piccoli secondi, come il fiore che attinge il profumo e la vita dalla terra. Quest’anno il famoso ellisse Cat’s Eye, icona della
collezione femminile della Maison, si veste di madreperla, avventurina e diamanti per brillare di più, come un faro puro, iridescente e notturno. Al suo interno, la massa oscillante, un germoglio decorato e traforato a mano, svela l’invisibile. Luce bianca, splendore scuro, riflessi cangianti e rifrazione totale, la nuova generazione del Cat’s Eye Small Seconds gioca con i bagliori della terra. D’acciaio, oro rosa o oro bianco, sempre incastonato, l’orologio ellittico si veste di tre equazioni ottiche nuove. Madreperla, avventurina o diamanti: tre materiali si impadroniscono della luce e le proiettano, trasformate, sublimate. Freddo o caldo che sia, il Cat’s Eye Plum Blossom può sempre contare su un elemento vivo e vibrante. Il fiore che funge da lancetta dei piccoli secondi rammenta che questo pezzo di gioielleria è animato da un movimento automatico
di manifattura. Piccola complicazione poetica, il fiore utilizzato come lancetta rammenta l’elemento orologiero fondamentale. Il suo cuore meccanico si rivela sotto i passaggi frenetici di una massa cesellata con delicatezza. Questa simbologia floreale, presente anche sotto le sembianze della corona, rimette la vita al centro dell’universo minerale. Che sia dura e bianca come il diamante o tenera e calda come l’oro rosa, la materia è un messaggio.
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LUSSO / GRUPPO BELOTTI
TUTTI GLI OCCHIALI ADDOSSO
IL FASCINO DELLA MODA ANCHE NEGLI OCCHIALI. IL LUSSO DELLA SCELTA SENZA LIMITI IN UN VIAGGIO.
L’
occhiale. Fusione tra moda e tecnologia. Poetica di stilisti e maestria di tecnici. A tutti gli effetti oggi diventato accessorio aspirazionale che al pari di borse, scarpe o abbigliamento, ognuno di noi sceglie come dettaglio materiale di espressione del proprio gusto e carisma. Allo stesso tempo gli occhiali racchiudono, più di ogni altro elemento moda, una componente funzionale imprescindibile dal suo stesso acquisto. Ultimo elemento, ma non meno importante, con gli occhiali si segna, ridisegna, si mostra e si scopre lo sguardo, il viso, gli occhi. Armi di attacco o difesa, emozione, seduzione, messaggi oltre la parola. I più grandi brand e stilisti al mondo ne sono indissolubilmente innamorati. Ed
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oggi ognuno di noi ne possiede tanti e sempre di più. Oggetti simbolici, preziosi, che ci fanno sognare e vogliono far sognare. Nasce così, come nel resto del mondo della moda, la voglia di vivere un’esperienza unica e memorabile per scegliere davvero un occhiale che ci rappresenti. I brand sono tanti e altisonanti: Gucci, Balenciaga, Bottega Veneta, Saint Laurent, Fendi, Celine, Cartier… e molti altri. Le forme e i colori ormai non hanno limiti grazie a designer e processi produttivi sempre più evoluti ed in evoluzione: degradè di lenti, stampe su ogni tipo di superficie, effetti scultura di svariati spessori. I sapori e le tendenze strizzano gli occhi alle più svariate immaginazioni di sé. Entrare nei giusti monomarca sicuramente ha il fascino di scoprire l’intero mondo di quello specifico brand. Oggi entrare nei giusti multimarca fornisce una cosiddetta shopping experience davvero impareggiabile, come
immergersi in uno stargate temporale e geografico oltre che stilistico fatto di queste gallerie di creazioni uniche da scoprire e provare. Proprio in Ticino, e precisamente a Lugano in via Nassa 19, siamo entrati in un negozio Belotti, un multimarca di quelli davvero unici e speciali per viaggiare. Unico nel settore occhiali. Con un’accoglienza e architettura degne delle migliori piazze internazionali del glamour, dal sound musicale curato e piacevoli essenze, per meglio emozionarsi di fronte a tantissime creazioni di occhiali sole e vista, per esaltare qualsiasi gusto e outfit. Ecco un tondo oversize che trasforma tutto in un pianeta quasi alieno tra la Saint Tropez anni 60 e il Coachella dei nostri anni, dove ogni donna è diva. Perfetto esempio sono alcuni modelli di punta dell’hippie chic di Gucci o il divertente Fendi. Un iconico occhiale a goccia per l’uomo più cool o la donna glam rock: Montblanc e Saint Laurent ne danno diverse interpretazioni. Forme estreme di un mondo anni 80 fuori dal contesto POP rivisitato in ottica Millennial. Maestri in questo brand come Balenciaga e ancora Gucci. Collezioni sempre più ampie da scoprire e dai pezzi spesso introvabili se non nei negozi più giusti e all’avanguardia per ricerca di brand e prodotti. Così ci siamo specchiati sul lago di Lugano. Tra gusto e stile, meritatamente immersi nella bellezza del cuore della città e di questa apoteosi di ingegno e arte. Ecco altri occhiali degni di nota: per qualità estetiche (i migliori brand della moda in esclusiva in Ticino per BELOTTI) e costruttive (Made in italy e protezione fino al 100% dai raggi UVA/UVB).”
LUSSO / GRUPPO BELOTTI
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01 BALENCIAGA Cat-eye dalle linee classiche e dall’inconfondibile ironia. Superleggero in metallo extra-sottile con logo inciso.
03 SAINT LAURENT Tanto stravagante quanto elegante, si ispira alle principali sfilate di moda. Nel total black intramontabile di SL.
02 FENDI Motivo a pois rosso e nero. Aste con finitura in argento, terminale a forma di F is Fendi. Lenti piatte specchiate argento.
04 MONTBLANC Il doppio ponte, un dettaglio audace per un look classico. Il mix che definisce l'estetica del brand.
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03 04 05 VALENTINO Lenti profilate da sensuali borchie metalliche, il tratto distintivo della Maison. Un tocco di rock e fascino a qualsiasi look. 05 06
06 TOM FORD Elegante occhio di gatto che riflette il trend con un twist retrò. Il tutto firmato da un colore davvero unico.
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07 GUCCI Mascherina dal gusto anni ’90. I laterali, nati contro luce e vento, sono una nota inaspettata. Logo su placca oro.
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08 CELINE Un'irresistibile rivisitazione del taglio a farfalla. Logo sulle aste, montatura scultura, doppio profilo di strass iridescenti.
BELOTTI ENTRA A FAR PARTE DELLA FEDERAZIONE SVIZZERA DEGLI OTTICI Silvano Belotti, Fondatore e Presidente di Ottica Belotti SA è entrato a far parte del Comitato Direttivo della Federazione Svizzera degli Ottici (FSO) divenendo inoltre rappresentante di categoria per il Ticino. FSO, nata 4 anni fa è ormai la più grande Associazione a livello svizzero rappresentando ben 275 negozi, il 66% del personale attivo, formando la metà di tutti gli apprendisti e realizza il 60% delle vendite di
occhiali e lenti a contatto in Svizzera. Questo mandato permetterà di apportare un significativo contributo a livello nazionale, con l’obiettivo di attuare tutta una serie di cambiamenti importanti e indispensabili per la professione degli ottici e degli apprendisti, dall’avere una formazione completa già dall’apprendistato fino a realizzare una totale ristrutturazione della formazione professionale di optometrista. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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EVENTI / HCL
IL GALA CONQUISTA IL SOPRACENERI
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rganizzata per la prima volta nel Sopraceneri, la serata si è rivelata un grande successo con la partecipazione di 320 persone tra cui numerose autorità politiche, prestigiosi rappresentanti del mondo imprenditoriale e finanziario, dirigenti, sponsor, soci e persone vicine alla realtà
L’ELEGANTE SALA EVENTICA DI CASTIONE HA OSPITATO MERCOLEDÌ 20 FEBBRAIO 2019 LA SESTA EDIZIONE DELL’ANNUALE CENA DI GALA PROMOSSA CONGIUNTAMENTE DAL GOLDEN WINGS CLUB (GWC) DELL’HOCKEY CLUB LUGANO E DALLA FONDAZIONE HC LUGANO ACADEMY. 01
DI LUCA RIGHETTI
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dell’hockey su ghiaccio e dell’HCL. Un ulteriore passo avanti per un evento in costante crescita che quest’anno, grazie alla generosità e allo spirito conviviale dei presenti, ha permesso alla Fondazione HC Lugano Academy di devolvere alla Sezione Giovanile dell’Hockey Club Lugano oltre 80.000 franchi. La Fondazione HC Lugano Academy, costituita nel 2015, ha lo scopo di sostenere l’HCL nel promovimento e nella formazione del proprio settore giovanile con l’obiettivo di avvicinare i giovani alla pratica dell’attività sportiva dell’hockey su ghiaccio, fornendo loro un supporto anche nel percorso di formazione scolastica e/o professionale. Mentre le prime cinque edizioni del gala erano state ospitate da una location sottocenerina - dapprima la Villa Principe Leopoldo, poi l’Hotel Villa Castagnola, l’Hotel Splendid Royal e in due occasioni il Teatro per eventi Metamorphosis a Palazzo Mantegazza – quest’anno gli organizzatori hanno scelto una sede sopracenerina. E l’obiettivo è stato pienamente centrato con la partecipazione che per la prima
EVENTI / HCL 03
volta ha superato le trecento unità e la possibilità di coinvolgere aziende e istituti bancari con un maggiore radicamento oltre il Monte Ceneri. Presentato amabilmente e con indubbio charme da Sandy Altermatt, il gala ha vissuto il suo momento più emozionante, quando il giornalista Nicolò Casolini ha ripercorso con il diretto interessato l’inconsueta esperienza di vita e la giovane carriera di un fulgido talento cresciuto come giocatore e come uomo nel vivaio dell’HCL, quell’Elvis Merzlikins che sogna il palcoscenico nordamericano della NHL. Oltre che personaggio estroverso e capace di suscitare sensazioni forti, il portiere di passaporto lettone ma svizzero e luganese nel cuore rappresenta un ottimo esempio di quanto gli sforzi della famiglia bianconera nel suo insieme possano portare a sviluppare un talento sportivo. Giunto in Ticino all’età di 7 anni con la mamma, Elvis aveva subito evidenziato le sue qualità. Nonostante il suo rientro in Patria, l’HCL non si era di-
menticato di lui e, all’età di 13 anni, il club si è ricordato di quel ragazzo esuberante e dotato di riflessi e capacità atletiche fuori dal comune. Così, in età Novizi, ecco il ritorno di quel discolo con i tipici tratti somatici dell’est sulle rive del Ceresio dove per
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EVENTI / HCL 05
01 Ronnie Kessel: Ronnie Kessel, titolare Kessel Auto SA, Presenting Sponsor 02 Intervista Casolini Merzlikins: il giornalista Nicolò Casolini con Elvis Merzlikins 03 Merzlikins Maschera Asta: Elvis Merzlikins con la maschera indossata in occasione del suo primo allenamento con la prima squadra HCL
04 Vincitori Lotteria: i vincitori della lotteria con i giocatori Elia Riva, Loic Vedova e Giovanni Morini 05 Sala Eventica: la Sala Eventica di Castione, location della serata 06 Saluto Presidenti: da sinistra Franco Müller (Presidente HC Lugano Academy), Andrea Gehri (Presidente Golden Wings Club), Sandy Altermatt (conduttrice)
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diverse stagioni è stato accolto dalla famiglia Vassalli che lo ha cresciuto con calore e infinita pazienza. Con l’umanità e la spontaneità che lo contraddistinguono Merzlikins ha ricordato durante il dialogo con Nicolò Casolini quanto l’HCL sia stato fondamentale per il suo sviluppo, non tralasciando neppure il ruolo svolto nello spogliatoio dai suoi compagni di squadra più esperti. E proprio la maschera indossata dall’oggi 24enne Elvis in occasione del suo primo allenamento con la prima squadra bianconera ha costituito l’ambito cimelio della tradizionale asta che, insieme ad apprezzati momenti di spettacolo e intrattenimento, ha animato la serata. Una maschera dall’indubbio valore affettivo di cui Merzlikins si sarebbe separato a fatica in segno di gratitudine verso il club. Una sfumatura colta prontamente dal vincitore dell’asta, l’imprenditore Stefano Artioli di Artisa Group, che ha così deciso di riconsegnarla al legittimo proprietario che continuerà a poterla sfoggiare nella sua vetrina di casa. Molto gradito anche il generoso apporto dello sponsor di serata Maserati, rappresentato in sala da Ronnie Kessel, titolare di Kessel Auto SA. Appuntamento sin d’ora per la settima edizione nei primi mesi del 2020.
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EVENTI / POLO CLUB ASCONA
QUANDO LO SPORT DIVENTA EVENTO IL POLO CLUB DI ASCONA E IL SUO TORNEO, ASCONA POLO CUP, FESTEGGIANO QUEST’ANNO IL TRAGUARDO DELLE 10 EDIZIONI, CONFERMANDOSI COME PRESTIGIOSO EVENTO SPORTIVO E MONDANO NELLA VITA DEL CANTONE.
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el 2009, le famiglie Styger e Sauer davano vita a una delle realtà più esclusive del Ticino: un Club, che conta oggi circa 100 membri, con la passione per il gioco del Polo, e un prestigioso torneo, che ogni anno accoglie migliaia di ospiti provenienti da tutto il mondo. Matteo Beffa, Presidente del Polo Club di Ascona e direttore sportivo di Ascona Polo Cup, con Margit Sauer, Vicepresidente e cofondatrice del Club sottolineano la storia di questa prestigiosa realtà e anticipano alcune delle numerose sorprese previste per i festeggiamenti dell’anniversario, che si svolgeranno dal 12 al 14 luglio. «Il Polo, racconta Margit Sauer, è entrato ormai a far parte della tradizione di Ascona, elevandola ancor più a livello
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internazionale e in un circuito elitario. La passione per i cavalli manifestata dal borgo sul Lago Maggiore, del resto, nasce già 27 anni fa con la prima edizione del Concorso Ippico internazionale di Ascona. Ma è solo con la fondazione del Polo Club e con l’organizzazione del primo Torneo che il Polo ha fatto il suo ingresso trionfale in Ticino: prima di allora, infatti, questo sport non era mai stato giocato nella nostra regione. Precisa Matteo Beffa: «Grazie all’intuizione di Marco Styger, Margit e Jürgen Sauer, che condividono la passione per questo straordinario sport, è nata una realtà riconosciuta e apprezzata a livello internazionale». La nuova edizione di Ascona Polo Cup prevede, in occasione del suo Giubileo, esclusive novità per ospiti e giocatori. La serata del venerdì ha
EVENTI / POLO CLUB ASCONA
sempre ospitato un elegante social event in uno dei numerosi luoghi “storici” del Ticino. Quest’anno il Player’s Party si svolgerà nella magica cornice delle Isole di Brissago. Un esclusivo servizio di shuttle via lago accompagnerà VIP guest e giocatori sul luogo dell’evento, dove sarà servita la cena, accompagnata da un entertainment tutto da scoprire, in puro stile tropical-chic, in armonia con la splendida location che ospiterà l’evento. Il sabato sera è tradizionalmente dedicato al Paese ospite del Torneo. Nel corso degli anni, Ascona Polo Cup ha potuto annoverare presenze da Russia, India, Brasile, Cina, Dubai e molti altri ancora. Quest’anno, il Torneo ospiterà una serata di gala con partite di Polo e una raffinata cena in cui saranno servite delle specialità culinarie. L’evento Polo & Dinner by night, sarà illuminato dai toni del nero e dell’oro, gli stessi che caratterizzano il logo del Club. Durante la giornata di domenica non mancherà, ovviamente, il tradizionale Polo Brunch e la partita di beneficenza sostenuta da una fondazione no-profit locale. Ascona Polo Cup si caratterizza da sempre per una forte presenza di giocatori provenienti da ogni angolo del mondo, che ne ha fatto il torneo più internazionale del Paese. «Come l’anno scorso, accoglieremo sei squadre formate da tre giocatori e sostenute da prestigiosi sponsor, che hanno tutti riconfermato la propria presenza al Torneo», puntualizza Matteo Beffa. «Ascona Polo Cup è una gara “invitational”: in qualità di direttore sportivo, seleziono nel corso dell’anno i giocatori da invitare all’evento, con cui ho l’occasione di confrontarmi durante i numerosi tornei che frequento in Svizzera e all’estero». Il Torneo di Ascona si contraddistingue per essere un vero e proprio social event, peculiarità che gli ha permesso di essere annoverato fra i top events del Ticino. I giocatori partecipano attivamente a tutti i momenti di Ascona Polo Cup: dalle gare alle serate VIP,
dalla tradizionale sfilata del sabato mattina fino al brunch domenicale. Gli ospiti hanno la possibilità di socializzare con i giocatori durante i numerosi momenti di entertainment offerti dall’evento: fatto, questo, non così scontato nei circuiti di Polo più grandi, dove lo sport è quasi sempre l’unico protagonista.
Per ulteriori informazioni e riservazioni: EVENTSDESIGNER SAGL +41 (0)91 943 74 83 info@poloclubascona.ch
TEAM SPONSOR 10° APC
OFFICIAL TIME KEEPER
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OMAGGIO ALL’ECCELLENZA
I LA FERRARI F8 TRIBUTO È LA NUOVA BERLINETTA 2 POSTI A MOTORE CENTRALE-POSTERIORE, MASSIMA ESPRESSIONE DI QUESTA TIPOLOGIA DI VETTURA DEL CAVALLINO RAMPANTE. È UN’AUTOMOBILE CON CARATTERISTICHE UNICHE E, COME DICE GIÀ IL NOME, OMAGGIA IL MOTORE V8 FERRARI PIÙ POTENTE DI SEMPRE. LA VETTURA È PRESENTATA DA KESSEL AUTO.
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l motore V8 3.9 delle Ferrari 488 GTB, 488 Spider e 488 Pista è considerato fra i migliori mai progettati a Maranello. È normale quindi che il Cavallino voglia utilizzarlo ancora a lungo, seppur dopo averlo debitamente aggiornato in occasione dell’arrivo di un nuovo modello: il 3.9 si trova infatti sotto alla carrozzeria della Ferrari F8 Tributo, la sportiva presentata al Salone dell’automobile di Ginevra 2019 che prende il posto della 488. Il V8 3.9 guadagna 50 CV rispetto al modello in via di “pensionamento” e raggiunge i 720 CV, sempre erogati a 8.000 giri, mentre la coppia aumenta da 760 Nm a 770 Nm. Il V8 della Ferrari F8 Tributo diventa così il più potente motore a otto cilindri mai sviluppato per una Rossa non in serie speciale, vale a dire
gli allestimenti in chiave sportiva 360 Challenge Stradale, 430 Scuderia, 458 Speciale e 488 Pista (dove il 3.9 eroga proprio 720 CV). La Ferrari F8 Tributo non è un modello sviluppato da zero e lo si nota chiaramente da alcuni particolari, come i fari allungati, la lunghezza (invariata a 461 cm) ed i convogliatori dell’aria in prossimità delle ruote posteriori. I Car Designer della Ferrari sono riusciti però a regalare una personalità diversa a questo modello, che appare più grintoso di quello che sostituisce: merito del fascione anteriore, più armonico, e dei nuovi fanali posteriori a led, circolari come sulla più grande e costosa 812 Superfast. La F8 Tributo cambia inoltre nella zona del cofano anteriore (ha scanalature più profonde) e del lunotto, dotato di feri-
AUTO / KESSEL AUTO
ma diventa più facile da gestire anche per i piloti meno esperti, che si divertiranno sapendo che l’auto pesa 1.330 kg, 40 in meno della 488 GTB, e ha prestazioni ancora migliori: per lo “0-100” bastano 2,8 secondi, lo “0-200” viene portato a termine in 7,8 secondi e si raggiunge la velocità massima di 340 km/h.
toie per far defluire l’aria calda dal motore. Come su tutte le Ferrari anche qui l’aerodinamica è ai massimi livelli, perché la Ferrari F8 Tributo ha luci anteriori a led più compatte (c’è più spazio per le prese di raffreddamento dei freni) e l’S-Duct nel frontale, un’ala ispirata alle monoposto di Formula 1 che fa aumentare del 15% il carico aerodinamico sulla parte anteriore: la F8 Tributo si fa più stabile e precisa da guidare. Anche l’interno della Ferrari F8 Tributo è stato rivisitato, pur conservando l’impostazione della 488 con i comandi vicini allo sterzo: le bocchette sono rotonde, il volante ha un “corpo” centrale più snello ed è presente un nuovo schermo di 7” davanti al guidatore, che può osservare dati come la velocità massima o il tempo sul giro in pista senza volgere lo sguardo verso il cruscotto. Sul volante è presente il manettino per le modalità di
guida, compresa la più estrema Race, ora abbinata al sistema Ferrari Dynamic Enhancer (FDE) per rendere l’auto più controllabile e intuitiva nelle curve. La F8 Tributo insom-
ALCUNI DATI TECNICI DELLA FERRARI F8 TRIBUTO Motore V8 3.9 turbo in posizione posteriore centrale Potenza max. 720 cv ad 8.000 giri/min. 185 cv/litro Potenza specifica Coppia max. 770 Nm a 3.250 giri/min. Velocità max. 340 km/h Peso a secco 1.330 kg
Peso in ordine di marcia Accelerazione 0-100 km/h Accelerazione 0-200 km/h Lunghezza Larghezza Altezza
1.435 kg 2,9 secondi 7,8 secondi 4.611 mm 1.979 mm 1.206 mm
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LA GLE SI REINVENTA
DI ALBEN PIÙ GRANDE ED ACCOGLIENTE, MA ANCHE GRINTOSA E SCOLPITA, LA NUOVA GLE OFFRE NUOVI LIVELLI DI COMFORT E DINAMISMO. PIENAMENTE APPREZZABILI GIÀ CON LA “PICCOLA” MA AUTOREVOLE MOTORIZZAZIONE 300D
AUTO / MERCEDES GLE
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a rinnovata GLE rilancia i contenuti che l’hanno resa così apprezzata, oltre due milioni di clienti dal lancio nel 1997 (con la denominazione di allora: Classe M), attraverso una profonda evoluzione a tutto campo. Partendo dalla crescita nelle dimensioni che consente un’abitabilità nettamente superiore, con la possibilità di equipaggiarla con una terza fila di sedili, combinando la superiore “presenza” con un design mai così intrigante: il frontale esprime forte carattere nella vistosa calandra e nel cofano motore con i caratteristici “powerdome”; i fianchi sono levigati ed incisivi, mentre l’aerodinamica fa registrare il record del segmento con un Cx di appena 0,29. L’iniezione tecnologica è altrettanto rilevante e consegna la GLE al futuro, sotto ogni profilo. Sul piano dinamico, con l’introduzione ad esempio dell’assetto E-Active Body Control sulle motorizzazioni più importanti, combinato alle sospensioni pneumatiche Airmatic perfezionate e capace di offrire comfort e agilità ai massimi livelli insieme a funzioni del tutto innovative, come la modalità per ‘sganciare’ le ruote in fuoristrada o la funzione di inclinazione attiva in curva denominata Curve. Crescono per raffinatezza e capacità di adattamento dinamico anche gli assistenti attivi alla guida: ad esempio il regolatore di velocità adattivo Distronic è ora capace di indivi-
duare code o traffico lento grazie alle informazioni del servizio LiveTraffic, potendo così reagire prima ancora che il guidatore si renda conto della situazione, mantenendo automaticamente la traiettoria in corsia fino a 60 km/h con arresto e ripartenza automatici. Il lussuoso e ricercato abitacolo non è da meno. La plancia è scenografica ma con rigorosa attenzione all’ergonomia, lasciando spazio agli schermi principali da 12,3 pollici ciascuno del nuovo sistema multimediale MBUX in posizione rialzata per la massima fruibilità senza distrazioni, integrandoli con comandi vocali avanzati in grado di imparare ed evolvere nella comprensione, mentre l’innovativa funzionalità Energizing Coach sfrutta la regolazione della luminosità e della musica, insieme a diversi programmi di massaggio del sedile, per creare le più svariate combinazioni di esperienza finalizzate al benessere e alla tranquillità del guidatore, anche in situazioni di guida stressanti o monotone. Grazie al passo maggiorato, dietro lo spazio è ancora più vasto ed è possibile richiedere il divano regolabile longitudinalmente in maniera elettrica. Il grande bagagliaio, con cinque occupanti a bordo, accoglie fino a 825 litri di carico. Piccolo non vuol dire inferiore, quanto meno per il motore turbodiesel di ingresso in gamma offerto sulla GLE. Il quattro cilindri 2 litri da 245 cv della 300d si fa rispettare sfoggiando non soltanto una coppia di ben 500 Nm,
ma soprattutto un funzionamento che nulla ha da invidiare ad unità dal frazionamento più “nobile”: l’erogazione offre rotondità e omogeneità da primato, la reattività agli impulsi dell’acceleratore è istantanea e permette alla vettura uno scatto da fermo di notevole portata per vivacità ed efficacia. Anche grazie al rapidissimo cambio automatico a nove rapporti 9G-Tronic e all’efficacia della trazione integrale. La 300d non rinuncia a nulla sul piano dinamico, passando dalla marcia vellutata e silenziosissima alle reazioni rapide e dirette tra le curve con un equilibrio invidiabile ed una guida precisa, istintiva, incisiva.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES GLE 300D 4MATIC Motore 4 cilindri in linea – Turbodiesel Cilindrata cm3 1.950 Carburante Diesel Potenza max. 245 cv (180 kW) a 4200 giri/min Coppia max. 500 Nm a 1'600-2'400 giri/min.
Velocità max. 225 km/h Accelerazione 0-100 km/h 7,2 secondi Capacità serbatoio 65 litri Peso totale 2'165 kg Trazione Integrale
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AUTO / GARAGE BERNASCONI
FIAT 500, UNA GAMMA DI AUTO ICONICHE CHE NON TRAMONTANO MAI CI SONO MODELLI ENTRATI A FAR PARTE DELLA STORIA DELLA NOSTRA VITA QUOTIDIANA E TRA QUESTI SICURAMENTE LA FIAT 500, USCITA PER LA PRIMA VOLTA NEL 1957, CUI SI ISPIRANO LE NUOVE VETTURE CHE PORTANO QUELLA PRESTIGIOSA SIGLA, PRESENTATE IN UNA VASTA GAMMA DI VERSIONI E DI ALLESTIMENTI. CON DUE NOVITÀ TOP DI GAMMA.
I GARAGE BERNASCONO SA Via San Gottardo 143 CH-6942 Savosa www.garagebernasconi.ch
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l Garage Bernasconi nasce nella sede di Savosa attorno agli anni 1948-1949 per iniziativa di Antonio Bernasconi, padre dell’attuale proprietario Luigi. Negli anni, anche grazie alla collaborazione del figlio Alan, l’azienda è cresciuta considerevolmente ed è oggi uno dei 5 Concessionari Flotta del Gruppo FCA per la Svizzera, rappresentando i mar-
chi Fiat, Abarth, Fiat Professional e Jeep per il Sottoceneri e ne assicura inoltre il servizio. Inoltre, dal 2019 è diventata la prima Carrozzeria Autorizzata Fiat e Abarth in Svizzera. Tutto ciò a conferma non solo della validità di un rapporto di collaborazione e di una fiducia duratura con le marche ed il Gruppo FCA Svizzera, ma anche riconoscimento tangibile dell’ottimo lavoro svolto negli anni. Oggi il Garage Bernasconi è pronto ad affrontare i profondi cambiamenti in atto nel mercato dell’auto, mantenendo sempre la qualità dei rapporti umani ed il valore dell’etica comportamentale al centro della sua attività quotidiana. All’interno della gamma di modelli Fiat, la 500 si presenta con un aspetto unico e intramontabile, che l’ultimo aggiornamento ha reso ancora più ricercato. L’interno rétro e con rivestimenti sfiziosi è adatto per quattro persone e buona la capienza del baule. Un moder-
AUTO / GARAGE BERNASCONI
no impianto multimediale con schermo di 5” al centro della plancia può essere integrato con radio digitale, navigatore e “app” dedicate. Alla guida l’auto è intuitiva, affatto faticosa (cambio e sterzo sono leggeri e precisi da azionare) e, con il bicilindrico TwinAir da 85 CV, anche briosa. Per brevi spostamenti cittadini va bene la 1.2 (69 CV), altrimenti è meglio puntare sulla TwinAir a benzina, che offre un buon compromesso fra consumi e prestazioni. La 500L è una monovolume che in rapporto alle dimensioni esterne (la lunghezza è pari a 415 cm, la larghezza ammonta a 178 e l’altezza arriva a 167 cm) consente di muoversi agevolmente in città, poiché lo spazio disponibile è davvero abbondante e, oltretutto, ben sfruttato. A dispetto di numerosi richiami alla 500, la sua personalità è ben definita, e votata al comfort: si viaggia comodi in cinque e, grazie al divano posteriore scorrevole, con uno spazio efficacemente modulabile. A pieno carico è inevitabile chiedere gli straordinari al motore, che risponde con una buona erogazione ma senza sprint. Le porte sono cinque, con un angolo d’apertura favorevole. La su-
perficie vetrata è ampia, con i montanti laterali in vetro a garantire una corretta visibilità e a rendere luminoso l’abitacolo. A spingere la Fiat 500L, c’è il 1.3 a gasolio appartenente alla famiglia Multijet II: rispetto alla prima generazione, presenta il filtro antiparticolato posto in posizione ravvicinata rispetto al motore per migliorare la combustione degli elementi inquinanti all’interno del filtro (a tutto vantaggio del rendimento), e il sistema Stop&Start di serie. Sovralimentato con un turbo a geometria variabile, ha una potenza massima di 84 CV e una coppia di 200 Nm a 1500 giri. Crossover compatta dalle linee arrotondate e originali, grazie agli ingombri non esagerati (la lunghezza è sotto i 430 cm) la Fiat 500X ben si presta anche all’uso cittadino. Piacevole l’abitacolo, in generale ben rifinito sebbene non manchi qualche plastica (per esempio quelle dei pannelli delle porte) non all’altezza del prezzo della vettura. La posizione di guida, pur rialzata, è quella di una berlina, e l’abitabilità è generosa (ma il bagagliaio è piccolo); chi viaggia dietro può contare su un divano ampio e non scomodo nemmeno per tre persone. La 500X è offerta con motori a benzina 1.6 (110 CV), 1.0 turbo (120 CV) e 1.3 turbo (150 C), oppure diesel 1.3 (95 CV), 1.6 (120 CV) e 2.0 (150 CV). Si possono avere anche il cambio robotizzato a doppia frizione (per la 1.3 a benzina con 150 CV e la 1.6 a gasolio) e la trazione 4x4 (con il motore a gaso-
lio più potente, in abbinamento al cambio automatico a nove marce). Infine, soprattutto con l’arrivo della bella stagione, sono da segnalare le opportunità offerte dalla Fiat 500C: il sound del motore bicilindrico e il grande tetto in tela sono un’eredità spirituale della Fiat 500 lanciata nel 1957. La piccola cabriolet di casa Fiat conquista immediatamente per l’immagine trasmessa, per la grande qualità a bordo e per un piccolo motore di soli 875 centimetri cubici capace di far dimenticare la cilindrata ridotta. Esteticamente la Fiat 500C piace per l’abbinamento cromatico, i cerchi in lega da 15 pollici Total Black, la capote in tela nera e gli specchietti retrovisori cromo-satinati, finitura utilizzata per personalizzare anche il porta targa posteriore e le maniglie. Le dimensioni vi faranno trovare sempre parcheggio, merito di una lunghezza di soli 355centimetri e di una larghezza di 163 cm. Salendo a bordo della Fiat 500 cabrio spinta dal motore bicilindrico l’attenzione cade immediatamente sulla fascia plancia satinata. A differenza delle versioni con plancia tutta in tinta, questa soluzione aumenta notevolmente l’immagine racing degli interni della 500C. A confermare il carattere dinamico della cabrio ci pensano i sedili sportivi rivestiti in pelle traforata e tessuto tecnico. Quest’anno, Fiat 500 si rinnova e si arricchisce con le versioni top di gamma Star e Rockstar Al debutto due versioni completamente nuove: la raffinata 500 Star, per chi cerca il massimo dell'eleganza, e la grintosa 500 Rockstar per chi ama l'anima più sportiva del modello. Per celebrare il 120esimo compleanno del marchio, i clienti Fiat che acquisteranno le inedite versioni della nuova gamma 500 avranno fino a 6 mesi di Apple Music in omaggio per ascoltare in streaming oltre 50 milioni di canzoni senza pubblicità. In Svizzera, le versioni Fiat 500 Star e Rockstar sono ora disponibili a partire da CHF 18.790. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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ARCHITETTURA / CASA MUSEO LUIGI ROSSI
SPAZIO E LUCE
UN ASPETTO CHE SCATURISCE DALL’ANALISI DELLA VITA E DELLE OPERE DI LUIGI ROSSI, PITTORE VISSUTO A CAVALLO TRA LA FINE DELL’800 E L’INIZIO DEL ‘900, È LA COSTANTE DELLA MOLTEPLICITÀ. IL RACCONTO DI UNA VITA ATTRAVERSO LE TESTIMONIANZE CONSERVATE NELLA CASA MUSEO LUIGI ROSSI A CAPRIASCA. DI MATTEO TRESOLDI
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01 Le ampie superfici del soggiorno per i quadri di grandi dimensioni 02 Lo studio che si affaccia sul piano terra 03 L'ingresso a doppia altezza con la luce zenitale
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partire dalle origini, nato in Ticino ma vissuto e formatosi tra Milano e Parigi, attraverso il suo pensiero al tempo stesso filantropico e borghese, per arrivare alla sua opera, sincera e coerente ma anche colta e spontanea, il concetto di molteplicità significa nel suo caso pluralità di apporti e apertura mentale in grado di trarre stimoli positivi da ogni situazione. La casa Museo di Luigi Rossi a Capriasca rispecchia fortemente la molteplicità che è l’essenza del suo protagonista. Intanto l’ossimoro della definizione: casa e museo sembrano concetti antitetici proprio perché è difficile far coesistere due tipologie così diverse e fare in modo che entrambe funzionino correttamente. Matteo Bianchi, nipote di Luigi, erede materiale e spirituale del pittore aveva però le idee chiare quando, nel 1999, si è rivolto agli architetti Edy Quaglia ed Emilio Bernegger. L’incarico non sarebbe stato solo un’opera di architettura ma anche e soprattutto il gesto di riconoscenza e affetto verso il bisnonno, la materializzazione di un sogno che da personale doveva divenire collettivo. Gli architetti presero subito alcune decisioni importanti: demolirono il vecchio Garni che occupava una gran parte del terreno liberando la vecchia villa di inizio ‘900, posizionarono la nuova costruzione lungo l’asse nord
sud e approfittarono dei necessari rinforzi di un muro di sostegno della casa vicina per creare una vasca d’acqua. Il nuovo volume rettangolare, fortemente introverso, permette dall’interno diverse visuali, ognuna delle quali con un carattere specifico: agreste dal soggiorno verso il giardino, meditativo dalla cucina verso la vasca d’acqua, paesaggistico dalle camere verso i Denti della Vecchia. Nelle indicazioni di Matteo Bianchi vi era naturalmente anche quella di avere grandi superfici a disposizione per disporre le opere e per poterle apprezzare. Le diverse tipologie che compongono la collezione avevano inoltre bisogno di differenti accorgimenti in relazione alla tecnica di realizzazione. Ecco allora il grande spazio a doppia altezza del soggiorno per le tele ad olio di grandi dimensioni, il corridoio di distribuzione delle camere che si trasforma in galleria con piccole aperture rotonde che creano un’illuminazione indiretta che non danneggia i disegni e le incisioni, il vano scala che permette di apprezzare in tutta la loro altezza le opere disposte sul lungo muro verso est dotato di luce zenitale proveniente da lucernari che si trasformano in lampade quando manca l’apporto del sole. Lo studiolo, in posizione centrale rispetto allo sviluppo dello spazio casa/ museo, funge da fulcro del sistema espositivo permettendo di affacciarsi
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sul soggiorno a doppia altezza, di ammirare la parete di fronte alla scala e di accedere alla galleria – corridoio della zona notte. Tutto l’edificio funziona perfettamente come abitazione, con locali spaziosi, ben illuminati dalle ampie aperture, distribuiti correttamente tra piano terra e piano primo, ma si trasforma efficacemente in museo quando, ogni primo sabato del mese, apre le porte ai visitatori, che si aggirano interessati tra gli ambienti potendo ammirare uno spazio vitale e stimolante. Proprio questo è stato il senso del lavoro svolto dagli architetti in stretta collaborazione con il committente: creare un’ambiente vivo e stimolante,
accogliente per viverci e funzionale per lavorarci, un luogo che partendo dall’opera di Luigi Rossi, attraverso i contributi degli artisti, anche contemporanei, che compongono la collezione attuale, possa divenire fonte di nuove ispirazioni. Testimoniano questa attività le pubblicazioni di Pagine d’Arte, casa editrice curata da Matteo Bianchi e Carolina Leite. Oltre ad “Atlante di Luigi Rossi” che funge non solo da catalogo ma anche da compendio di quanto gravita intorno alla casa museo, l’ultimo, in ordine temporale, è “Parvenze”, il recente lavoro di Katia Piccinelli, che a partire da immagini di Rossi elabora una serie di disegni evocativi
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con tratto sottile e raffinato. Una casa espositiva che, come l’opera di Luigi Rossi, trae dalla molteplicità le ragioni della sua essenza. Un’architettura che, come la pittura, combina spazio, luce, composizione, contenuto narrativo e simbolico, aspetti sociali, dimensione onirica e fantastica per esprimere un’idea.
04 Il corrodoio / galleria per esporre disegni ed incisioni 05 La vasca d'acqua su cui si affaccia la cucina
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING SA
QUANDO LA CASA È ANCHE ECOCOMPATIBILE QUALI SONO OGGI LE OTTO PRINCIPALI CARATTERISTICHE ECOCOMPATIBLI PER LE ABITAZIONI DI LUSSO? LA RISPOSTA CE LA DANNO UELI SCHNORF E PHILIPP PETER, TITOLARI DI WETAG CONSULTING.
derate a livello internazionale “le otto migliori caratteristiche ecocompatibili”:
Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
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n’abitazione può essere lussuosa, storica, glamour, spaziosa e persino piacevole. Ma può anche essere progettata in modo sostenibile ed ecologico? Secondo molti designer e costruttori innovativi anche questi due aspetti possono essere integrati in una residenza di lusso. Consapevolezza ecologica non significa necessariamente “fare a meno” di qualcosa. Al contrario, le abitazioni eleganti e di una bellezza incantevole sono oggi dotate in tutto il mondo di tetti “verdi”, che sfruttano l’energia geotermica e fanno uso di pannelli solari durante tutto l’anno. La tecnologia che attualmente viene ritenuta “ecocompatibile”, diverrà probabilmente ordinaria nei prossimi anni. Molte aziende che sono state fondate decenni o addirittura un secolo fa per la produzione di vetro, ceramica, prodotti chimici ed elettronica, cavalcano ora l’onda del design ecologico. Ovviamente, ogni Paese pone la propria attenzione su queste tematiche in modo differente, ma vediamo ora come vengono consi-
1. Materiali sostenibili e provenienti da fonti locali Potrebbe sembrare sorprendente, ma la pratica ecologica numero uno non è affatto nuova. Prima che le spedizioni internazionali diventassero un fatto comune, “la produzione locale” era semplicemente il metodo con cui tutti i costruttori edificavano case scegliendo tra pietra, legno, paglia, o argilla locale, a seconda delle risorse che erano maggiormente abbondanti in una particolare regione. Per ridurre la presenza delle emissioni di carbonio prodotte dalle attuali pratiche di costruttive, architetti e costruttori stanno cercando soluzioni locali per le nuove sfide che impone una progettazione ecocompatibile. 2. Illuminazione a LED L’elettricità ha drasticamente trasformato l’aspetto e l’atmosfera notturna degli interni, sostituendo il morbido guizzo di luce delle candele o di lumi a gas con la brillante illuminazione delle lampadine a incandescenza. L’illuminazione sta vivendo ancora una volta un radicale cambiamento, grazie ai progressi della tecnologia LED. Queste lampadine sono infatti notevolmente più efficienti dal punto di vista energetico, rispetto a quelle a filamento del ventesimo secolo, il che significa che le emissioni di carbonio di una casa possono essere notevolmente ridotte senza
spegnere le luci. Philips, ad esempio, fondata nel 1891 e ora leader mondiale nell’illuminazione a LED, produce anche tessuti luminosi a LED denominati Kvadrat Soft Cells, che possono aggiungere un bagliore ambientale a qualsiasi interno, senza la necessità di disporre di un’apposita fonte di luce. 3. Certificazione LEED In Svizzera viene denominata Minergie, a livello internazionale certificazione LEED, divenuta oramai sinonimo di pratiche edilizie ecocompatibili. LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) è un programma di certificazione per la bioedilizia del US Green Building Council, che riconosce gli standard di efficienza di un progetto. Più di 150.000 case in tutto il mondo sono certificate LEED, un numero più che raddoppiato tra il 2011 e il 2013, secondo una relazione del US Green Building Council. Minergie può includere le più recenti tecnologie di conservazione e difesa ambientale per assicurare un habitat puli-
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8. Riscaldamento e raffreddamento geotermico Come i pannelli solari, anche il riscaldamento e il raffreddamento geotermico sfruttano la forza della natura per fornire condizioni interne ottimali in qualsiasi periodo dell’anno. Questa tecnologia consente ai proprietari di case di rendere l’impatto ambientale dell’abitazione più lussuosa relativamente modesto, anche se il suo design ha un grande effetto estetico. 03
to e sano, come il controllo dell’umidità dell’aria interna, l’acqua potabile filtrata, i filtri dell’aria HEPA, l’energia solare e la geotermia. 4. Orti e frutteti Il piacere e il relax di prendersi cura di un giardino costituiscono un metodo riconosciuto per liberare la mente e godersi l’aria fresca e il sole. E offre un ulteriore vantaggio: gli orti fanno bene anche al pianeta, oltre che al giardiniere. Con il crescente interesse per i prodotti biologici, gli orti domestici sono divenuti una caratteristica delle proprietà di lusso, dove una versione ridotta del concetto “dalla fattoria alla tavola” può essere portata direttamente in cucina. Il giardinaggio promuove il ciclo di crescita e decomposizione che mantiene il suolo sano, e le piante in crescita producono ossigeno, così come gli ingredienti per un’insalata fresca, un albero di mele o un vigneto. Come gli orti, i frutteti circondano una casa con aria fresca e pulita, offrono ombra naturale e impregnano l’aria con i delicati profumi di frutta e di fiori. Attenzione però: i giardinieri spesso tendono a sovrafertilizzare e a utilizzare troppi pesticidi. 5. Tetti e pareti verdi Il primo “tetto verde” potrebbe essere stato il famoso “Giardino pensile” di Babilonia, ma fu solo all’inizio degli anni ‘70 in Germania che la tecnologia si aggiunse all’estetica e i tetti verdi diven-
tarono un’opzione di design praticabile. Oggi le abitazioni di lusso hanno incorporato tetti e balconi verdi con un mix di efficienza, raffreddamento naturale e bellezza estetica e paesaggistica. 6. Pannelli Solari Utilizzando l’energia inesauribile del sole, i pannelli solari sul tetto forniscono un modo pratico ed economico per aumentare l’energia “passiva” di una casa, immagazzinando energia per un uso futuro, senza la necessità di processi dispendiosi. Anche i pannelli solari possono essere attraenti. La svedese SolTech Energy produce bellissime tegole in vetro che consentono ai costruttori di creare case a risparmio energetico, ad energia solare, che traggono ispirazione da uno stile architettonico classico. L’energia solare è una delle innovazioni più interessanti del design ecologico. 7. Tecnologia per il controllo globale della casa Le case ecologiche di oggi non sono solo sostenibili, ma anche intelligenti. I touch screen fissi, o il telefono cellulare, possono controllare la luce, il calore, l’irrigazione, l’audio e altro ancora. Sono perfette per coloro che trascorrono il loro tempo tra più abitazioni, in quanto permettono ai proprietari di casa di programmare a distanza, con grande precisione, le condizioni dell’abitazione: l’energia non viene così dispersa, sia che si tratti di una casa vuota o abitata.
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ARCHITETTURA / CONTRACT G SWISS
AL CINEMA, COMODAMENTE SEDUTI A CASA PROPRIA AMBROGIO CICHELLO, CEO DI CONTRACT G SWISS, AZIENDA SPECIALIZZATA NELLA PROGETTAZIONE DI ARREDI E INTERNI PERSONALIZZATI, PRESENTA UN’INTERESSANTE SOLUZIONE PER REALIZZARE NELLA PROPRIA ABITAZIONE UN AMBIENTE PERFETTAMENTE ATTREZZATO DOVE VEDERE FILM O ASSISTERE A SPETTACOLI COME FOSSERO DAL VIVO.
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he cosa si intende quando si parlaw di Home Theatre? «Theatre, significa teatro. Negli Stati Uniti è però anche il cinematografo di prima visione, particolarmente curato sotto il profilo tecnico, allo scopo di offrire allo spettatore i massimi livelli di spettacolarità. Dunque un ambiente domestico destinato a produrre spettacolo di alta qualità ai massimi livelli di coinvolgimento». Dunque un concetto che dilata l’idea di guardare un film su uno schermo… «Un vero e proprio centro del divertimento domestico non solo attraverso la magia del cinema, ma anche del videogioco, o meglio ancora dei sistemi interattivi multimediali ludico-educazionali: Photo CD, CD-I, LaserDisc, per parlare di ciò che è già pre-
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sente sugli scaffali dei negozi, ma anche 3DO, computer multimediali, telematica multimediale. Nei prossimi anni, saremo chiamati a decidere se entrare nell’avventura della stanza multimediale. Per un semplice motivo: è molto più divertente del guardare la televisione o dell’andare al cinema quando la sala cinematografica è tecnicamente inadeguata». Quali sono i principali vantaggi derivanti dal fatto di avere in casa un Home Theatre? «Direi che sono davvero molteplici: guardare quello che si vuole, quando si vuole, con chi si vuole, a differenza di un normale cinema dove ci sono scelte di film limitate, in fasce d’orario predefinite e una platea piuttosto vasta. In un locale adeguatamente attrezzato è possibile creare un ambiente ideale in termini di suono, luci, temperatura della sala, igiene ecc.
ARCHITETTURA / CONTRACT G SWISS
Senza naturalmente trascurare il fatto che un locale domestico così costruito aumenta notevolmente il valore di vendita della casa». Playing while chilling, and chilling while playing. Che cosa significa questo concetto che orienta la vostra proposta di progettazione e realizzazione di ambienti domestici altamente personalizzati? «In realtà, non ci sono limiti o quasi ai desideri e alla fantasia dei clienti. Si può realizzare per esempio un simulatore del gioco del golf, che non ha vincoli determinati da condizioni atmosferiche sfavorevoli al gioco all’aperto. Inoltre, consente di marcare i propri progressi nella pratica di questo sport, in quanto favorisce un allenamento costante. In sintesi, un vero e proprio campo indoor personalizzato, in grado di riproporre le diverse situazioni di gioco che si incontrano in esterno, con la possibilità di confrontarsi con amici e altri appassionati di golf».
Quanto costa la realizzazione di un ambiente Home Theatre o attrezzato con un simulatore di golf? «Non è facile indicare un prezzo standard perché i nostri progetti sono tutti studiati e realizzati in base a delle richieste ben precise. Non è il simulatore di golf a costare, ma tutto quello che il cliente desidera attorno alla macchina: legno, luce, suono, bar… insomma la tecnologia ha prezzi da mercato, mentre noi ci adattiamo ai gusti ed ai budget dei nostri clienti».
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ARCHITETTURA / LIDORAMA PARK
UN RESORT IN PARADISO
Candido Pianca
Davide Pianca
CANDIDO PIANCA, PRESIDENTE DEL CDA E DELEGATO DELLA BESFID & PIANCA IMMOBILIARE SA, INSIEME AL FIGLIO DAVIDE, PRESENTANO CON GEO MANTEGAZZA, LIDORAMA PARK A PARADISO, COMPLESSO RESIDENZIALE DI RECENTE ACQUISITO AL LORO PORTAFOGLIO DI GESTIONI IMMOBILIARI E ORA OGGETTO DI UN IMPORTANTE PROGETTO DI RILANCIO E VALORIZZAZIONE.
Geo Mantegazza
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idorama Park costituisce uno dei complessi residenziali più prestigiosi di Lugano. Quali sono le sue principali caratteristiche? «Innanzitutto la sua posizione: Lidorama Park si trova sul lungolago di Paradiso, proprio ai piedi del Monte San Salvatore, nelle immediate vicinane dello svincolo autostradale Lugano Sud, con una splendida vista sul lago di Lugano. Dunque, dista poche centinaia di metri dal LAC e dal centro cittadino. Nel contempo però gode di una straordinaria condizione di tranquillità, riservatezza e sicurezza». GEO MANTEGAZZA: «Nei primi anni della sua esistenza il “Lidorama” ha ospitato alcune delle più importanti famiglie e celebrità italiane. Da allora per molti stranieri è stata la prima residenza nel luganese, prima di costruire la propria casa e domiciliarsi in Ticino».
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tezza. Tutte le unità abitative godono di rifiniture di lusso, molti appartamenti sono stati ristrutturati con materiali di nuova generazione, nel rispetto dell’ambiente e con relativi benefici a livello acustico e di risparmio energetico. Per altri appartamenti inizierà a breve un lavoro di ristrutturazione, mentre grandi lavori sono stati portati a termine per quanto riguarda gli ingressi e le parti comuni». GEO MANTEGAZZA: «Il “Lidorama” contiene oltre 150 appartamenti. Se l’avessimo realizzato in cemento o con un intonaco bianco, sarebbe sembrato un enorme ospedale metropolitano. Per integrarlo nell’ambiente circostante e conferirgli la dignità di vero e proprio Resort in riva al lago, abbiamo tinto di beige il betoncino e inventato una macchina per la bocciardatura, creando queste facciate eleganti ed eterne». A proteggere questo complesso vigila in primo luogo una splendida cintura verde... «A rendere prestigioso questo complesso concorrono sicuramente i 17.000 mq di un parco secolare, con grandi piante, spazi verdi, percorsi pedonali. E poi la dotazione di servizi ad uso esclusivo dei residenti come l’enorme piscina scoperta, la palestra, il campo da tennis, le due saune, il parco giochi bambini, il giardino per i cani. E ancora, elemento unico nel panorama luganese, una darsena privata e un molo che permette la possibilità di attracco con la barca. La residenza è inoltre dotata, come ovvio, di un sistema di videosorveglianza».
Come sono distribuiti gli appartamenti? «Questo complesso residenziale signorile comprendente 150 appartamenti da 1 a 7 locali (arredati e non) distribuiti su tre edifici tra loro collegati, e disposti in modo tale da assicurare la massima riserva-
A questo proposito, la vostra società ha da poco assunto la gestione dell’intero complesso. Con quali prospettive? «Le famiglie Albek e Mantegazza, che costruirono Lidorama Park 50 anni or sono, e l’Immobiliare Mantegazza,
GEO MANTEGAZZA: «Vivere al “Lidorama” è un’esperienza unica. È come avere la propria casa con una vista impareggiabile, un enorme terreno, la piscina, il tennis, la palestra, la darsena, la sauna e il fitness, senza doversi assumere l’onere di doverli mantenere e gestire». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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ARCHITETTURA / LIDORAMA PARK
BESFID & PIANCA IMMOBILIARE SA Corso Elvezia 37 - CP 4117 CH-6904 Lugano +41 91 911 33 22 www.besfid-pianca.ch
che lo ha gestito fino ad oggi, hanno scelto di affidarci la gestione di questo resort residenziale sulla base di un progetto condiviso teso alla sua riqualificazione da un punto di vista architettonico, tecnologico e amministrativo. Una scelta maturata e consapevole, tenuto conto del fatto che la nostra struttura gestisce già da tempo, con ottimi risultati, altri immobili di proprietà della famiglia Albek». Con quali progetti vi accingete a valorizzare Lidorama Park? «Dobbiamo partire dalla considerazione di quelli che sono i bisogni abitativi che esprime oggi la città di Lugano. Accanto alle famiglie, che restano sempre un target molto importante, va emergendo un numero sempre maggiore di singoli o coppie di professionisti, imprenditori o manager che esprimono il desiderio di residenze di lusso, dotate di tutti i servizi, riservate e sicure. A questi si aggiungano anziani che scelgono di ritirarsi in appartamenti di alto standing dove godere di tranquillità e di un meritato relax. Lidorama Park risponde perfettamente a tutte queste esigenze e a lo-
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ro offriamo appartamenti di prestigio di varie dimensioni, in un contesto protetto, con una vasta gamma di servizi accessori e strutture complementari, con canoni di locazione indubbiamente interessanti». Come intendete far conoscere e promuovere la “nuova vita” di Lidorama Park? «La strategia di comunicazione che stiamo mettendo a punto comprende
interventi su tutti i mezzi tradizionali e i social media, eventi, incontri e visite guidate. A questo proposito ci preme sottolineare un’iniziativa che già abbiamo attivato e che riscuote il favore degli inquilini residenti: abbiamo infatti istituito un apposito ufficio in loco, aperto un giorno alla settimana, dove stabilire un rapporto diretto e continuativo con i residenti e le persone interessate ad avviare nuove locazioni».
ARCHITETTURA / M&G IMMOBILIARE
VENDERE UN SOGNO
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erché la vostra società si distingue nel panorama immobiliare luganese per innovazione e creatività? «Raccogliamo quotidianamente i frutti di un lavoro che abbiamo portato avanti con grande tenacia nel corso degli anni. Alcuni elementi in particolar modo hanno sempre caratterizzato il nostro modo di agire: una profonda analisi e conoscenza del mercato, che ci ha consentito di interpretare tempestivamente le tendenze e le trasformazioni in atto, adeguando di conseguenza la nostra offerta; una elevata professionalità che ci permette di garantire ai nostri clienti una consulenza qualificata e competente in ogni fase della compravendita; infine, una comunicazione innovativa e creativa che ci consente di valorizzare sempre al meglio le caratteristiche e l’aspetto di ogni immobile». Che cosa significa creatività applicata ad un immobile? «Per aiutare a vendere il singolo appartamento, oggi i tradizionali canali di presentazione di un immobile devono essere integrati con nuovi strumenti, ciò vale anche per interi complessi residenziali. Non a caso nel corso degli ultimi anni abbiamo portato avanti con successo promozioni di prestigio come Parco Letizia a Lugano, Parco Casarico a Sorengo e Residenza Ginkgo a Cureglia: tre diverse tipologie di immobili, accumunate dal fatto di essere di prestigio, di elevata qualità e proposte ad un prezzo in linea con i valori di mercato. Per ciascuna promozione abbiamo studiato un’innovativa strategia di comunicazione, com-
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GIOVANNI MASTRODDI, FORTE DELLA SUA PLURIENNALE ESPERIENZA SUL MERCATO TICINESE, SPIEGA COME UNA COMPRAVENDITA DI SUCCESSO NEL SETTORE IMMOBILIARE SIA UN’OPERAZIONE ARTICOLATA, ALL’INTERNO DELLA QUALE LA COMUNICAZIONE CREATA INTORNO ALL’OGGETTO COSTITUISCE UN ELEMENTO DETERMINANTE. prendente ad esempio la realizzazione di appartamenti campione e l’organizzazione di eventi mirati per far conoscere i pregi di queste residenze ai potenziali clienti. In generale poi, per ogni vendita di qualsiasi dimensione o caratteristica, mettiamo in atto interventi di riqualificazione e home staging per rendere ogni abitazione attraente e conforme ai requisiti del momento». Una promozione immobiliare svolta con professionalità si configura dunque innanzitutto come un’attività di consulenza… «Infatti. In un mercato sempre più complesso e competitivo, occorre accompagnare passo dopo passo chi
vuole acquistare casa e costruire insieme non solo il sogno di una nuova abitazione ma tutto il percorso che parte dall’analisi di mercato e si concluderà solo al momento della vendita, passando attraverso aspetti emotivi, legali, finanziari, fiscali, ecc. Per noi ogni singola compravendita vuol dire mettere a disposizione dei clienti tutta la nostra competenza, professionalità e passione». Il dinamismo diventa quindi una condizione indispensabile per un’attività di successo… «Esattamente. Occorre cogliere le tendenze del momento e formulare proposte che rispecchino le profonde trasformazioni in atto. In quest’ottica, MG Immobiliare ha orientato le proprie promozioni negli ultimi anni anche a favore di categorie, come i giovani e i seniores, che rivestono
ARCHITETTURA / M&G IMMOBILIARE
un’importanza sempre maggiore all’interno delle nostre città e per le quali vanno individuate soluzioni abitative mirate. I risultati ottenuti con le nostre promozioni e con la vendita anche di singole unità confermano la capacità acquisita di anticipare i tempi e di offrire sempre soluzioni dinamiche e innovative».
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ARCHITETTURA / FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
IL TICINO META DI RESIDENZE SECONDARIE GIANLUCA RIGHETTI, MANAGING DIRECTOR DI FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY SPIEGA PERCHÉ IL TICINO È META D’INTERESSE QUALE RESIDENZA SECONDARIA PER CITTADINI TEDESCHI E NORD EUROPEI.
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uali novità è possibile segnalare riguardo all’andamento del mercato delle residenze secondarie in Ticino? «Dall’inizio dell’anno si riscontra un maggiorato interesse per l’acquisto di residenze secondarie da parte di cittadini tedeschi e nordeuropei. Ciò costituisce un fatto importante perché questo mercato in passato aveva subito una flessione a vantaggio delle residenze primarie di cittadini stranieri. Rispetto agli anni passati registriamo infatti come l’afflusso di turisti da questi paesi sia in crescita: non si tratta per ora di cifre particolarmente rilevanti ma tuttavia rivelatrici di una probabile inversione di tendenza, Negli ultimi mesi abbiamo notato anche l’arrivo di clientela proveniente dalla Gran Bretagna, in “fuga” a causa della Brexit, e in cerca di una località sicura dove, in un secondo tempo, portare la propria residenza primaria».
Quali sono i servizi richiesti da questi potenziali clienti stranieri? «In un mercato mutevole e difficile quale l’attuale, l’acquisto di un immobile coinvolge spesso diversi aspetti personali, dei quali siamo sempre stati molto consapevoli; questa sensibilità ben rappresenta il valore aggiunto che, prima come Immobiliare Fontana e ora come Fontana Sotheby’s International Realty, siamo in grado di offrire. Disponendo di una vasta rete internazionale di affiliati, siamo in grado di assicurare un buon interscambio fra i vari paesi. Il portafoglio immobiliare è vasto e la scelta di proposte nel Canton Ticino è interessante anche per i non residenti». Come vi state organizzando per far fronte a questo rinnovato interesse verso il Ticino? «Per meglio assistere la clientela turistica di passaggio, Fontana Sotheby’s ha aperto di recente uno showroom in via Soave 1, nella centralissima zona pedonale di Lugano, accanto a Piazza
ARCHITETTURA / FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
Riforma. Le ampie e luminose vetrine espositive catturano lo sguardo dei passanti, offrendo molteplici proposte immobiliari, sia in vendita che in affitto, in grado di soddisfare ogni esigenza. Si tratta di un investimento importante che contribuisce ad accrescere non solo la nostra visibilità, ma più in generale l’attrattività di Lugano e dell’intero Ticino. Inoltre, nel corso dello scorso mese di ottobre con l’apertura della sede di “Zurich Sotheby’s international Realty”, si completa la copertura di tutto il territorio svizzero unitamente alle piazze di Lugano e Ginevra già attive da anni».
FONTANA SOTHEBY’S Gianluca Righetti Managing Director Via Luvini 4, CH-6900 Lugano +41 91 911 97 20 info@fsir.ch www.fsir.ch
Spaces, pioniera del co-working, compie 10 anni Nel corso degli anni trascorsi dalla sua fondazione, Spaces si è trasformata in uno dei principali fornitori di spazi di co-working in tutto il mondo. Ora è presente in oltre 200 sedi e in 110 città di 39 Paesi del mondo e offre accesso globale a spazi di lavoro creativi, adatti a tutte le tipologie di aziende, dalle piccole start-up alle grandi multinazionali, come Microsoft e Fox Studios. In Svizzera, Spaces è attualmente rappresentata dalle due sedi di Zurigo e Ginevra. Il prossimo anno verranno inaugurate altre due sedi prestigiose: l’Ambassador House a Zurigo e una sede nell’esclusivo “The Circle” all’aeroporto di Zurigo. Entro la fine del
2021 Spaces mira ad avere fino a 15 prestigiose sedi in Svizzera. Martijn Roordink, co-fondatore e CEO di Spaces ha dichiarato: «Sin dalla sua fondazione, Spaces si è adattata al confronto con i nuovi concorrenti sul mercato. Infatti, solo negli ultimi cinque anni, gli spazi di lavoro flessibili sono cresciuti del 200%. Nonostante abbia avviato l’attività agli albori della crisi finanziaria del 2008 (una decisione apparentemente rischiosa), è stato proprio quel caos diffuso a portare a un cambiamento nella cultura del lavoro». Per maggiori informazioni sulle sedi Spaces in Svizzera: www.spacesworks.com/switzerland/ TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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ARCHITETTURA / ARTISA GROUP
COME CAMBIA IL MODO DI ABITARE IN CITTÀ
Alain Artioli
ALAIN ARTIOLI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE, ANDREA BLOTTI, MEMBRO DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE, E MANUEL GAMPER, DIRETTORE CITY POP AG, ILLUSTRANO IL NUOVO CORSO DI ARTISA E I PROGETTI IN CORSO IN TICINO E IN EUROPA.
ARTISA DEVELOPER AG Metallstrasse 4 6300 Zug www.artisa.ch 01
Andrea Blotti
Manuel Gamper
uali sono le principali caratteristiche con cui il Gruppo Artisa si presenta oggi sul mercato immobiliare? ALAIN ARTIOLI: «Artisa è partito nel 1968 da una realtà artigianale di modeste dimensioni, dove lo spirito imprenditoriale e l’impegno del suo fondatore, Stefano Artioli, hanno permesso di ampliarsi e di accedere nel corso dei suoi quasi 50 anni di storia a sempre nuovi settori nel mondo della costruzione. La riorganizzazione dell’assetto aziendale iniziata nel 2000 ha conferito al Gruppo un taglio più manageriale e strutturato. A partire dal 2010 il core business si è spostato verso il settore del Real
Estate, facendo dello sviluppo immobiliare il fulcro delle attività e delle odierne strategie di crescita».
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Fin dall’inizio Artisa si è indirizzata verso la costruzione di residenze rivolte al ceto medio. Perché questa scelta? ANDREA BLOTTI: «Direi che alla base ci sono due motivazioni. Una di carattere economico e cioè la scelta di una sostenibilità che significava costruire appartamenti di qualità ma che potessero essere accessibili alla classe media. L’altra di carattere più sociale derivante dalla considerazione che la società contemporanea andava sempre più verso una struttura di nuclei famigliari più piccoli, ad esempio quello monofamigliare, e che di conseguenza andavano costruite abitazioni di dimensioni adeguate alle nuove esigenze poste dalla vita in città». A questo proposito avete messo a fuoco il concetto di microliving. Che cosa significa esattamente? MANUEL GAMPER: «Numerosi studi prevedono nei prossimi anni un considerevole aumento delle economie
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domestiche composte da una sola persona. Ad oggi il mercato non è in grado di offrire a questo target una risposta abitativa adeguata e pertanto la potenziale domanda per alloggi di piccole dimensioni rimane essenzialmente insoddisfatta. I nostri microappartamenti rappresentano un prodotto d’avanguardia, una proposta versatile a dei prezzi competitivi. Soluzioni ammobiliate pensate per una società “ad alta mobilità” in cui gli spostamenti e i cambiamenti di vita sono sempre più frequenti e necessari. Una durata del soggiorno flessibile, una gamma di servizi aggiuntivi che semplificano ogni aspetto dell’abitare, una piattaforma digitale che coordina la gestione di tutti gli aspetti organizzativi e amministrativi e che permette di tenere bassi i costi operativi». Oltre che sui micro-appartamenti vi siete concentrati sulle Residenze con servizi… ANDRA BLOTTI: «Di fronte al costante invecchiamento della popolazione e alla crescente difficoltà delle famiglie nell’occuparsi dei propri anziani, ci siamo specializzati nella costruzione di Residenze per la Terza e Quarta Età. Con un’esperienza ormai decennale, una conoscenza approfondita delle necessità abitative
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del settore, una partnership consolidata con i principali gestori nazionali, siamo in grado di soddisfare le esigenze degli ospiti nella loro ricerca di autonomia e servizi ad hoc. La presenza di camere di cura con letti medicalizzati in ogni residenza permette di poter accogliere persone non più autosufficienti».
Che cos’è dunque City Pop? MANUEL GAMPER: «Una soluzione abitativa moderna e adeguata ai cambiamenti economici e sociali dei prossimi decenni. L’abitazione pensata come un servizio e fortemente digitalizzata. Nei prossimi decenni, il numero delle economie domestiche in Svizzera composte da una sola persona aumenterà. Già oggi circa 1,3 milioni di persone vivono da sole (fonte: Ufficio federale di statistica) e tale quota è destinata ad aumentare entro il 2030 a 1,5 milioni creando una reale necessità di alloggi più adeguati alle esigenze dei singoli (appartamenti completamente ammobiliati e accessoriati, con servizi alberghieri di alto livello e spazi comuni, realizzati in prossimità delle stazioni o degli snodi dei trasporti pubblici). È stato quindi realizzato un concetto abitativo in località urbane servite dai mezzi pubblici (ferrovia, tram, rete di bus cittadini) dove il nostro inquilino avrà con sé solo i vestiti e una carta di credito. Nessun investimento per auto
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ARCHITETTURA / ARTISA GROUP
01 / 02 Artisa Tower Zurigo 03 City Pop “Business” Zurigo 04 Evento apertura Zurigo, Paradeplatz Da sinistra: G. Lardi, L. Zanini, S. Ermotti, D. Stauffacher 05 Evento apertura Zurigo, Paradeplatz Da sinistra: A. Artioli, G. Artioli, L. Albrici, D. Ranza, S. Artioli
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o mobilio e il tutto gestito da una applicazione on-line con cui fare il contratto e pagare i servizi richiesti a prezzi competitivi: servizi di lavanderia, car sharing, bike sharing, catering, ecc. Tu lavori o studi e poi ti dedichi ad altro che tu sia un single o una coppia». In quali città avete iniziato a realizzare questo progetto? ANDREA BLOTTI: «ll sistema sta già nascendo nelle principali città svizzere con il primo ‘City Pop’ a Zurigo-Oerlikon in consegna a settembre di quest’anno. Un concetto che replicheremo anche fuori dalla Svizzera a partire dal mercato tedesco e italiano e poi nel resto d’Europa. Il tutto in modo rapido o costruendo ex novo o trasformando stabili esistenti. Nei prossimi cinque anni prevediamo investimenti per circa tre miliardi di franchi. Come dicevo è un business espandibile, replicabile ed esportabile in tutta Europa e anche oltre». 05
In che misura il Ticino sarà coinvolto in questo progetto? ANDREA BLOTTI: «In Ticino si è già iniziato a Lugano-Besso con una settantina di microalloggi attualmente in
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costruzione che sono destinati a privati e professionisti (manager, docenti universitari, ‘single liver’…) che non hanno vincoli e vogliono essere liberi da obblighi burocratici».
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ARCHITETTURA / ARREDAMENTI BERNASCONI
QUANDO TRADIZIONE FA RIMA CON INNOVAZIONE GLI ELEMENTI D’ARREDO ALL’ESTERNO DELLA CASA RIVESTONO ORMAI UN’IMPORTANZA PARI A QUELLI COLLOCATI ALL’INTERNO. CE LO CONFERMA ROBERTO BERNASCONI CHE HA STRETTO UN’IMPORTANTE PARTNERSHIP CON L’AZIENDA PAOLA LENTI PER LA DISTRIBUZIONE DI PRODOTTI D’ALTA QUALITÀ, AL 100% MADE IN ITALY.
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erché la scelta di avviare questa nuova collaborazione? «Dal 1994 l’azienda Paola Lenti segue un coerente e dinamico disegno imprenditoriale orientato alla sperimentazione e alla ricerca, diventando negli anni uno dei punti di riferimento nel settore del design internazionale. Nella sua produzione si fondono elementi equilibrati ed essenziali, basati su opposti che si attraggono con semplicità e misura: il passato e il presente, l’esterno e l’interno, la tradizione e la tecnologia. Negli arredi proposti convivono serenamente strutture in metallo e legno studiate per resistere nel tempo; sedute moderne e confortevoli per l’interno e soluzioni inedite per l’esterno. Progetti destinati a rimanere nel tempo, sia per le qualità funzionali, sia per il carattere delle scelte cromatiche ed estetiche» . Quali sono i punti di forza delle collezioni Paola Lenti? «Pensando alla ricca collezione di prodotti, mobili e accessori, direi subito che essi derivano tutti da una profonda ricerca orientata verso la qualità e lo studio dei materiali. Il cardine del pensiero che sta dietro la produzione è senza ombra di dubbio la sperimentazione, che va a braccetto con la volontà di dare vita a soluzioni innovative, diverse, uniche. La ricerca dei designers che collaborano con l’azienda prende forma nella realizzazione di materiali nuovi, dotati di caratteristiche che li rendono inimitabili, e nell’attenzione per il colore e per le forme».
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ARCHITETTURA / ARREDAMENTI BERNASCONI
Possiamo fare qualche esempio? «Mi piace citare la collezione di tappeti sia per interno che per l’esterno, che si distinguono dal mercato proprio per i tessuti, realizzati in esclusiva con un risultato che garantisce prestazioni al top sia per quanto riguarda l’estetica, sia per la loro funzionalità. I tappeti sono divisi in quattro collezioni, Feltro, Area, Natural e High Tech. I diversi stili costituiscono in ogni caso un elemento molto particolare che personalizza in modo ottimale ogni ambiente domestico, sia interno che esterno».
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AZIENDE / DIPARTIMENTO DEL TERRITORIO
CIRCONVALLAZIONE AGNO-BIOGGIO: IL NUOVO TRACCIATO METTE D’ACCORDO TUTTI CONDIVISIONE, RAZIONALITÀ E INSERIMENTO PAESAGGISTICO. SONO QUESTI I TRE CONCETTI SCELTI DAL DIPARTIMENTO DEL TERRITORIO PER DESCRIVERE LA NUOVA CIRCONVALLAZIONE AGNO-BIOGGIO. GRAZIE ALL’APPROVAZIONE DELLA DELEGAZIONE DELLE AUTORITÀ, OVVERO L’ORGANO POLITICO CHE RAGGRUPPA I RAPPRESENTANTI DI COMUNI E CANTONE, LA NUOVA CIRCONVALLAZIONE, PER LA QUALE SI PREVEDE IL 66% IN MENO DI UTILIZZO DEL TERRITORIO, PUÒ DUNQUE PROCEDERE NEL SUO ITER VERSO LA REALIZZAZIONE.
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uest’opera rappresenta un progetto prioritario che contribuirà, unitamente alla Rete tram-treno del Luganese, a inaugurare una nuova era per la mobilità del comparto e per l’attrattività e la vivibilità di tutto il Malcantone. L’avvio dei lavori è previsto per il 2022. «Quello che presentiamo oggi è un progetto virtuoso, condiviso con i Comuni, sostenuto dalla Commissione regionale dei trasporti del Luganese, più pulito, più lineare, più bello da vedere. È quindi un progetto migliore». È con queste parole che il Consigliere di Stato Claudio Zali ha commentato, il 27 febbraio scorso, a margine di una conferenza stampa convocata a Bioggio, la presentazione della nuova Circonvallazione Agno-Bioggio. All’incontro con i media, in un’affollata sala del Consiglio comunale, sono intervenuti, oltre al direttore del Dipartimento del territorio e al Capo dell’Area operativa del Sottoceneri, Diego Rodoni, il presidente della Commissione regionale dei trasporti del Luganese, Giovanni Bruschetti, il presidente del Consiglio di Amministrazione di Lugano Airport SA e Sindaco di Lugano, Marco Borradori, il Sindaco di Bioggio, Eolo Alberti, il Sindaco di Agno Thierry Morotti e la Sindaca di Muzzano Simona Soldini. Il progetto precedente, datato 2011, era stato sospeso nel 2016 dal Direttore del DT, in quanto era una soluzione non condivisa dai tre Comuni.
AZIENDE / DIPARTIMENTO DEL TERRITORIO
Claudio Zali: “Territorio maggiormente preservato” «Oggi crediamo di aver trovato una soluzione che finalmente mette d’accordo tutti; una soluzione che, contrariamente alle precedenti, è conforme a come si deve oggi progettare un’opera stradale; cioè rispettando il più possibile il territorio e i cittadini», ha dichiarato il Consigliere di Stato Claudio Zali sottolineando che «la Delegazione delle Autorità ha deciso di voltare pagina e approfondire questo nuovo progetto. E questo è un passo formalmente importante». Un nuovo parco naturale La nuova Circonvallazione non costeggerà più l’autostrada A2 tra la rotonda di Molinazzo e l’incrocio della Piodella, bensì il fiume Vedeggio. Il percorso toccherà dunque solo marginalmente il Comune di Muzzano e non attraverserà la zona dei Mulini di Bioggio, un comparto pregiato, risultando maggiormente lineare e razionale in termini di utilizzo del suolo. Tra le novità più rilevanti del comparto centrale, vi è senza dubbio la realizzazione di un parco naturale di quasi due chilometri di lunghezza lungo il fiume Vedeggio, dove la nuova Circonvallazione sarà avvolta da una schermatura studiata appositamente per la vicinanza con l’aeroporto. I principi di preservazione del territorio e minimizzazione dell’impatto paesaggistico hanno guidato la progettazione anche per il comparto di Agno. Agno e Bioggio: tutela della zona a lago e ottimizzazione degli accessi Oltre alla tutela della pregiata zona a lago di Agno, questa soluzione permetterà di sottrarre il traffico motorizzato al nucleo, dove oggi transitano giornalmente circa ventisettemila veicoli. Quanto al comparto di Bioggio, il tracciato della Circonvallazione è stato rivisto ottimizzando gli accessi alla strada industriale e in coordinamento con la futura Rete tram-treno del Luganese: il risultato consentirà di preservare porzioni significative di territorio.
La Galleria Agno-Vallone L’investimento per la nuova circonvallazione è stimato in 196,8 milioni di franchi, ai quali andranno ad aggiungersi circa 19,9 milioni di maggiori costi per la realizzazione della Galleria Agno-Vallone, oggetto di una richiesta di credito separata. Il tunnel, della lunghezza di circa duecentocinquanta metri, permetterà alla strada di proseguire in sotterranea, diventando a tutti gli effetti quasi completamente invisibile, fino all’altezza dell’aeroporto e dunque per circa il 40% del tracciato totale.
Dipartimento del territorio TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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AZIENDE / EY TAX UPDATE EVENT
IL FUTURO DELLA FISCALITÀ NELL’AMBITO DELL’EVENTO, ORGANIZZATO DA EY LUGANO NELLA SUGGESTIVA CORNICE DEL LAC, SONO STATE FORNITE INTERESSANTI RISPOSTE IN MERITO A DECISIVE QUESTIONI COME LE CONSEGUENZE DEL REFERENDUM SULLA RIFORMA FISCALE E IL FINANZIAMENTO DELL’AVS E PIÙ IN GENERALE SULLE PROSPETTIVE DELLA FISCALITÀ TICINESE.
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emi attuali che hanno catturato l’attenzione dei numerosi partecipanti. Dopo i saluti di benvenuto di Stefano Caccia, Partner e Office Leader dell’ufficio di Lugano, e sotto la guida di Sandro Jaeger, Tax Manager e responsabile Tax di EY Lugano, si sono alternati sul palco il Presidente del Consiglio SUPSI Alberto Petruzzella, il Vicedirettore della Divisione delle contribuzioni del Canton Ticino Costante Ghielmetti, il Managing Partner di EY Italia Marco Magenta nonché Nic Weber, VAT Senior Manager di EY Lugano. Nel suo interessante intervento, Alberto Petruzzella ha proposto ai partecipanti un’analisi del sistema formativo svizzero e di come esso si sia sempre dimostrato all’altezza dei cambiamenti che nel tempo si sono verificati nel mercato del lavoro. Ciò è in gran parte merito di alcuni storici capisaldi e peculiarità, quali: i vantaggi derivanti dal sistema duale (accademico e professionale) e il ruolo fondamentale tradizionalmente svolto dall’elevata qualità della formazione professionale
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a tutti i livelli del mondo lavorativo. Molto atteso il contributo di Costante Ghielmetti, focalizzato sulle novità normative oggetto della consultazione popolare del 19 maggio. «Non è probabilmente una riforma eccellente», ha ammesso il Vicedirettore della Divisione delle contribuzioni, «ma tecnicamente indispensabile», considerato il preciso momento storico in cui si colloca e le pressioni internazionali che rischiano di soffocare la Svizzera. A ciò si aggiunga l’assoluta necessità per il Ticino di compiere un passo avanti nella prospettiva di un adeguamento della propria normativa in materia fiscale rispetto a quanto già compiuto da altri Cantoni. Nello specifico, Ghielmetti ha precisato essere un imperativo coniugare la necessità di un maggiore equilibrio nell’imposizione delle imprese con quella di un potenziamento della competitività rispetto agli altri Cantoni. Il pacchetto di misure destinato a realizzare questi due obiettivi dovrebbe prevedere, accanto all’ormai nota abolizione dei regimi di tassazione privilegiata, una riduzione dell’aliquota di imposta sull’utile delle perso-
AZIENDE / EY TAX UPDATE EVENT
ne giuridiche, l’introduzione di incentivi in ambito R&S e la possibilità di dichiarare le riserve occulte in neutralità fiscale. Di grande interesse anche gli interventi degli specialisti EY che hanno presentato i propri temi con una chiave di lettura maggiormente orientata alla consulenza. Sandro Jaeger ha illustrato il potenziale impatto dell’eventuale approvazione della riforma in termini di carico fiscale, mentre Nic Weber e Marco Magenta hanno fornito numerosi spunti di riflessione riguardo le recenti novità e le future prospettive in ambito IVA e nel contesto della direttiva europea di contrasto all’evasione fiscale “Anti Tax Avoidance”. Il quadro che ne è emerso, è quello di un sistema in profonda trasformazione i cui possibili scenari saranno delineati dall’esito del referendum sulla RFFA. Una consultazione che si prospetta essere molto più decisiva di quella che ha respinto la riforma III delle imprese.
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Sabato 6 aprile Giornata d’animazione per grandi e piccini con il Mago Andrea Domenica 7 aprile Miti e leggende delle Alpi con i Corni dal Generus Mostra di Serena Maisto Osservatorio Astronomico con la guida dell’esperto per tutto il weekend Prezzo straordinario treno incluso:
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AZIENDE / SWISS LIFE
MARZIO ZAPPA, CONDIRETTORE E RESPONSABILE CLIENTI AZIENDALI E PARTNER TICINO, ROBERTO RUSSI, AGENTE GENERALE SVIZZERA ITALIANA, ED ENZO PARIANOTTI, RESPONSABILE DEL PROGETTO “100 ANNI DI SWISS LIFE SVIZZERA ITALIANA”, RACCONTANO LA STORIA DI UN’AZIENDA DA UN SECOLO PROFONDAMENTE RADICATA NELLA VITA E NELLA SOCIETÀ DEL CANTONE.
CENTO ANNI DI CONSULENZA ASSICURATIVA
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ento anni di attività costituiscono un traguardo importante da festeggiare. Che cosa ha rappresentato Swiss Life in questo lungo periodo per l’economia e la società ticinese? MARZIO ZAPPA: «Swiss Life è la numero uno nel campo delle soluzioni previdenziali e finanziarie globali in Svizzera, dove oltre 1,4 milioni di persone e 45 000 aziende si affidano a noi. Nella Svizzera italiana la nostra quota di mercato è addirittura superiore alla media nazionale. In questo senso i 100 anni di attività di Swiss Life nella Svizzera italiana sono una parte imprescindibile del nostro DNA e della nostra affidabilità sul lungo termine quale partner per la previdenza privata e professionale».
ROBERTO RUSSI: «Con la nostra competenza abbiamo aiutato i nostri clienti privati e aziendali a raggiungere i propri obiettivi. Nell’ambito dell’assicurazione sulla vita è importante pianificare a medio e lungo termine, in modo da permettere ai nostri affiliati di lavorare in modo sereno ed occuparsi della loro attività principale. La stabilità di Swiss Life ha in questo senso contribuito al buon sviluppo dell’economia cantonale. D’altronde siamo un’azienda che offre ai nostri clienti garanzie da più di 160 anni. Non da ultimo,
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Roberto Russi
quella del settore ipotecario, è un’altra importante attività che ci caratterizza e che ha contribuito alla realizzazione del sogno del proprio tetto per diverse famiglie ticinesi». Enzo Parianotti
Marzio Zappa
Che cosa ha significato e quali sono state le difficoltà incontrate nell’aprire, nel 1919, la vostra prima agenzia a sud delle Alpi? ROBERTO RUSSI: «Se pensiamo al 1919, si è trattato di una sfida tutt’altro che scontata, non va dimenticato che eravamo al termine della Prima Guerra mondiale e la paura che ne arrivasse un’altra era presente nelle persone. Nel corso degli anni ci siamo trasformati in un’azienda che concentra la propria strategia su concetti di consulenza e accompagnamento, due elementi che nel tempo hanno acquisito un’importanza sempre maggiore nel settore della previdenza fino a diventare l’autentico cuore della nostra azione. Oggi nulla può essere lasciato al caso: per la fortu-
na e l’improvvisazione non c’è più spazio, le esigenze del cliente sono al centro dell’attenzione e vanno studiate nei minimi dettagli». Quali sono i settori su cui principalmente si esplica la vostra attività? MARZIO ZAPPA: «Il settore Clienti aziendali e Partner Ticino svolge il ruolo di “fabbrica”, dislocata nella regione. Si tratta in effetti di un centro di competenza unico nel suo genere in Ticino; un vero e proprio fiore all’occhiello per Swiss Life! Questo ci permette di fornire sul territorio le nostre diverse soluzioni di previdenza professionale in modo diretto, tramite il nostro Servizio esterno e i broker. In questo contesto ci occupiamo anche del servizio alla clientela, di fornire il supporto tecnico necessario ai canali di vendita e di assicurare il know-how nel nostro campo di attività. Ai broker forniamo inoltre servizi di assistenza per la previdenza privata». ROBERTO RUSSI: «Come ho già detto precedentemente, l’attività del Con-
sulente previdenziale si fonda su tre soluzioni di consulenza che vanno dall’Analisi previdenziale e finanziaria adatta per le giovani famiglie o single, che sono nel pieno sviluppo della propria carriera professionale, alle soluzioni di Pianificazione del pensionamento e Pianificazione finanziaria che sono più indicate per un target di clientela cosiddetta “Golden Life”, ovvero di età superiore ai 50 anni e con situazioni un po’ più complesse. I collaboratori dell’Agenzia Generale della Svizzera italiana hanno un consolidato know-how nell’ambito della LPP e gestiscono un importante portafoglio di Casse pensioni. L’ottima collaborazione con i colleghi del Servizio alla clientela aziendale diretto da Marzio Zappa ci aiuta a sviluppare questo importante mercato. Inoltre i nostri clienti hanno la tranquillità di avere delle persone di riferimento non solo competenti ma anche presenti sul territorio e che parlano italiano. A complemento dei nostri servizi di consulenza abbiamo il settore Immopulse. Quattro Consulenti immobiliari accompagnano i nostri clienti nell’intermediazione immobiliare. L’immo-
bile è un importante tassello della previdenza; abbiamo voluto mettere a disposizione della clientela la nostra competenza nella gestione di immobili maturata negli ultimi 120 anni». Quali sono state le tappe più importanti della vostra presenza nel settore immobiliare? MARZIO ZAPPA: «Swiss Life è il più importante proprietario d’immobili privato in Svizzera. In Ticino la nostra presenza come investitore immobiliare è storica. La genesi è stata negli anni Cinquanta con la maggior parte degli stabili costruiti nei centri principali. Con l’avvento della NEAT ed allo stesso tempo con l’accorciamento del collegamento nord-sud si sono intensificati gli investimenti immobiliari nella nostra regione. Qui sono da evidenziare i diversi progetti in fase di costruzione a Lugano-Massagno ed a Locarno per un totale di circa 300 appartamenti. Altri sono in fase di valutazione. Tra l’altro alla testa della gestione immobiliare di proprietà di Swiss Life in Svizzera c’è proprio un ticinese, Giorgio Engeli». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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AZIENDE / SWISS LIFE
Quali sono i principi ispiratori che vi hanno sempre guidato nel corso di questo secolo? MARZIO ZAPPA: «La nostra missione è quella di assicurare la previdenza in un contesto di vita sempre più lunga delle persone, in modo che possano pianificare la propria esistenza in piena libertà di scelta a prescindere dalla generazione, dalla classe di reddito e dal sesso: praticamente per tutti, questa libertà di scelta riveste un’importanza fondamentale. Nel settore Clienti aziendali realizziamo la nostra missione offrendo una gamma completa di soluzioni: dall’assicurazione completa alle diverse soluzioni semiautonome, sino ai servizi offerti alle Casse pensioni proprie inerenti gli investimenti, il rischio, la consulenza e la gestione. In questo contesto è importante per noi facilitare la vita del cliente in un ambito relativamente complesso e pieno di tecnicismo». ROBERTO RUSSI: «La volontà di essere vicini ai clienti ed aiutarli a trovare soluzioni che permettano loro di soddisfare i propri fabbisogni. La consapevolezza di svolgere un lavoro importante per le persone stimola e invoglia al continuo aggiornamento. Oltre alla vicinanza, c’è la consapevolezza che la previdenza si fonda su un sano rapporto di fiducia grazie al quale desideriamo sviluppare con i nostri clienti rapporti di lunga durata: accompagnamento e consulenza sono le parole chiave che ispirano tutta la nostra azione. Tutto questo avendo sotto controllo gli obiettivi e garantendo ai nostri affiliati una vita in piena libertà di scelta, mettendo a loro disposizione i nostri servizi individuali di consulenza previdenziale e finanziaria». Con quale spirito e con quale rinnovata organizzazione vi accingete ad affrontare le sfide del futuro? ROBERTO RUSSI: «Con effetto gennaio 2019 abbiamo concentrato in
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un’unica organizzazione tutto il Servizio esterno nella Svizzera italiana. Gli uffici di rappresentanza presenti sul territorio sono stati mantenuti per marcare vicinanza ai clienti e permettere un’attenta elaborazione del mercato. La sfida più grande è quella di riuscire a farci conoscere, sempre meglio, come offerenti di soluzioni di consulenza di previdenza privata e come Consulenti competenti nel settore aziendale, in particolar modo per le LPP. La nuova Agenzia Generale della Svizzera italiana è organizzata in quattro Gruppi di lavoro alla cui testa c’è un Capo vendita. Oltre che essere più vicini ai nostri clienti, questa organizzazione ci permette di sfruttare nel migliore dei modi le competenze e le sinergie tra i collaboratori. La sede dell’agenzia è in via Peri 18 a Lugano». Quali sono gli eventi e le iniziative che avete programmato per festeggiare i vostri primi 100 anni? ENZO PARIANOTTI: «I cento anni trascorsi dall’apertura della prima Agenzia in Ticino costituiscono un traguardo importante che abbiamo scelto di celebrare in modo adeguato. In questo senso, gli eventi programmati sottolineano tutti il nostro radicamento sul territorio e la nostra volontà di offrire ad ospiti e clienti un momento di concreta riflessione intorno a quelle che sono le più importanti tematiche relative alla previdenza.
Il 25 maggio abbiamo previsto un incontro presso il LAC di Lugano, al centro del quale, accanto al tema della previdenza e di come essa deve essere gestita e programmata, il Dr. Med Claudio Pagliara, speaker e autore di vari libri sull’argomento, offrirà alcuni interessanti suggerimenti su come vivere oltre i 100 anni, proprio come Swiss Life nella sua lunga storia. Il 14 settembre poi ci ritroveremo al PalaCinema di Locarno per discutere un altro tema di grande interesse: quello della rilevanza che nella vita delle persone assume il tema dell’abitazione: comperare, vendere o stare in affitto? Interverrà su questo importante argomento lo pscicolo e Ted speaker Terenzio Traisci che racconterà, intrattenendo in modo divertente il pubblico, come gestire lo stress affrontando scelte e cambiamenti di vita emozionalmente molto impegnativi. A fianco di questi eventi maggiori abbiamo poi programmato tutta una serie di incontri relativi alla tematica della pianificazione del pensionamento e di come programmare in serenità e sicurezza il proprio futuro». Per ulteriori informazioni e per iscriversi agli eventi è possibile consultare il sito www.swisslife.ch/100-anni-svizzera-italiana.
AZIENDE / STRP
COMUNICAZIONE, FINANZA SOSTENIBILE E FAIR PLAY
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i cosa si occupa la finanza sostenibile? «Cerca di promuovere investimenti finanziari responsabili. Quando s’investono patrimoni, si privilegiano aziende virtuose dal punto di vista sociale e ambientale oppure determinati settori, come quello delle energie rinnovabili».
ALL’UNIVERSITÀ UN PROFESSORE GLI HA SUGGERITO DI LEGGERE I FILOSOFI, PRIMA DEI LIBRI DI ECONOMIA. L’INTERESSE PER LA FINANZA SOSTENIBILE È ARRIVATO DI LÌ A POCO, MALGRADO FOSSE UN TEMA DI NICCHIA. ALBERTO STIVAL È DIRECTOR PR & COMMUNICATION ALLA SWISS SUSTAINABLE FINANCE E CEO-FONDATORE DI STIVAL & PARTNERS. HA LAVORATO IN BSI, BANCASTATO E AL CENTRO DI STUDI BANCARI DI VEZIA COME RESPONSABILE COMUNICAZIONE E MARKETING E COME VICE-DIRETTORE. DA APRILE PRESIEDE LA STRP-SOCIETÀ TICINESE DI RELAZIONI PUBBLICHE. LA SUA PASSIONE? IL RUGBY E I 7 SIRS, LA SQUADRA CHE HA FONDATO CON UN AMICO.
Si parla senz’altro in maniera diversa agli investitori istituzionali e al pubblico generalista… «Sì, con il risparmiatore si punta sullo storytelling, che si adatta ad alcuni degli investimenti sostenibili, quelli cosiddetti a impatto, dove si vuole anche provocare un cambiamento. In questi casi spesso si tratta di microcrediti per aiutare, per esempio, microimprenditrici nei paesi in via di sviluppo. All’investitore istituzionale, più freddo dal punto di vista empatico, occorre parlare di risk and return, della possibilità di guadagnare di più rischiando meno. La sostenibilità mira a raggiungere obiettivi sociali e ambientali, ma anche economici; un’azienda sostenibile non è un ente benefico, deve anche fare degli utili. La maggior parte degli studi sul fenomeno lo conferma: sul medio-lungo termine i titoli di società sostenibili ottengono performance migliori». Chi sta dimostrando maggiore interesse? «Le donne, che premiano, ad esempio, le aziende che non alimentano il lavoro minorile. Ma anche i millennials».
DI AMANDA PRADA Cosa si comunica? «La sostenibilità in ambito finanziario è una grande opportunità di crescita e benessere economico. Per un’azienda si tratta di fidelizzare i clienti, contare su
collaboratori più motivati, intrattenere migliori rapporti con autorità e competitors, evitare danni d’immagine ecc. Herbert Scheidt, presidente di SwissBanking, ha dichiarato che attualmente i due grandi temi per le banche sono la digitalizzazione e la sostenibilità. Vale per tutti i settori economici, in effetti, e ne conseguirà la creazione di molti posti di lavoro». Cosa non deve fare la comunicazione? «Non bisogna esagerare quando si spinge il tema per non creare l’effetto boomerang, né parlarne in termini negativi: sostenibilità non deve significare limitazioni, tasse, riduzioni dei guadagni. Va promosso un trend positivo, invitando le persone ad avvicinarsi». La sostenibilità va a braccetto con l’innovazione? «Le imprese di successo hanno sempre investito in ricerca e innovazione. Recentemente ho visitato Skypull, l’unica ticinese fra le cento migliori start-up svizzere: crea energia pulita con il vento attraverso i droni. Quando si parla di sostenibilità, si parla d’innovazione». Quale la sfida in atto? «Ci rivolgiamo spesso a chi è già sensibile al tema. La sfida è raggiungere tutti gli altri, ma anche i consulenti finanziari che non ne parlano perché pensano di non portare vantaggi ai clienti. Sembra un controsenso: fare qualcosa di giusto e guadagnarci, ma non è così e non è neppure un caso se Adam Smith, che ha inventato l’economia liberale, ha scritto un libro sulla morale prima di quello del 1776 su La ricchezza delle nazioni e il libero scambio tra le persone». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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AZIENDE / GRUPPO VECO
UN UNICO INTERLOCUTORE PER OGNI ESIGENZA 01
IL GRUPPO VECO, UNO DEI PIÙ IMPORTANTI MULTI-FAMILY OFFICE SVIZZERO, PRIVATO E INDIPENDENTE, SI POSIZIONA TRA I PROTAGONISTI DEL SETTORE, PRESENTANDOSI CON UNA NUOVA IMMAGINE, UNA STRATEGIA AMBIZIOSA ED UNA VISIONE: DIVENTARE LA BOUTIQUE DI ADVISORY E MULTI-FAMILY OFFICE DEL CANTON TICINO. CE NE PARLANO ANTONIO MANDRÀ, PRESIDENTE E STEFANO FIALA CEO VECO INVEST. 02
01 Antonio Mandrà 02 Stefano Fiala
I MULTI FAMILY OFFICE VIA LAVIZZARI 4 CH-6900 LUGANO www.vecogroup.ch
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l Gruppo VECO si presenta con una nuova immagine e una rinnovata strategia. Di che cosa si tratta? «Abbiamo alle spalle una lunga storia essendo nato a Lugano nell’ottobre 1973 per iniziativa del fondatore, Roberto Verga. Da allora abbiamo fatto molta strada, siamo cre-
sciuti e abbiamo elevato le nostre competenze. Ma in questi anni è profondamente cambiato il contesto economico e il mercato al cui interno siamo chiamati ad operare. Dunque era necessario compiere una vera e propria rivoluzione e scegliere di posizionarci in modo diverso, senza naturalmente rinnegare la nostra tradi-
AZIENDE / GRUPPO VECO
zione ma accettando con fiducia le sfide che oggi abbiamo di fronte». Quali sono i pilastri su cui avete scelto di basare la vostra attività? «La strategia del Gruppo VECO a medio termine è basata su 4 pilastri fondamentali: diversificazione, competenze, modello di servizio integrato e immagine. Partendo dai settori in cui siamo storicamente presenti, quali advisory e gestione patrimoniale, il Gruppo ha scelto di diversificare il proprio business negli ambiti complementari al modello di multi-family office, così da soddisfare in modo integrato tutti i bisogni dell’imprenditore, della sua famiglia e dell’impresa. In altre parole crediamo che sia necessario proporre al cliente una visione globale di tutte le problematiche che lo coinvolgono. Con un unico obiettivo: essere l’interlocutore privilegiato dei nostri clienti, per affrontare e risolvere qualsiasi problematica e trasformarla in opportunità.». In che modo riuscite a proporvi al cliente come interlocutore unico per tutte le sue esigenze? «La nostra forza nasce dal fatto di disporre all’interno di tutte le competenze, ai massimi livelli, utili per affrontare e risolvere qualsiasi problema. Ciò è stato reso possibile grazie a
partnership, acquisizioni e partecipazioni in progetti con controparti che condividono i nostri obiettivi. Da citare in questo senso nel 2017 l’assunzione del ruolo di Partner unico in Ticino di HLB International, uno dei network internazionali più grandi al mondo nella revisione contabile. A ciò si aggiungano gli ingressi nel Gruppo di esperti in materia fiscale e tributaria, nel settore immobiliare o in quello della gestione patrimoniale. L’aumento delle competenze ha portato ad un ampliamento dei servizi “core” di Gruppo, advisory e gestione patrimoniale, verso nuovi settori complementari quali immobiliare, assicurativo, corporate finance, revisione ed altri servizi succedanei del modello integrato di multi-family office». Diversificazione da intendersi anche in una dimensione territoriale… «Esattamente. Per anni il nostro principale riferimento è stata la clientela italiana, che resta ancora molto importante e alla quale crediamo di poter offrire tutta una gamma di servizi molto qualificati. Ma, al tempo stesso, abbiamo scelto di guardare maggiormente alla clientela domestica, nella consapevolezza di poter garantire quella qualità che costituisce una delle prerogative vincenti del sistema svizzero. Abbiamo una dimensione di 50 persone circa ba-
sate a Lugano) sufficientemente grande per far fronte ad ogni richiesta del mercato, ma al tempo stesso sufficientemente piccola per assicurare ad ogni cliente una totale personalizzazione della consulenza offerta». Avete creato anche la Veco Digital. Di cosa si tratta? «Vogliamo stare al passo con le innovazioni e proporre agli imprenditori la leva di sviluppo legata alla digitalizzazione, un tema molto attuale che gli imprenditori stanno affrontando in questo periodo. Oggi il Gruppo Veco è in grado di aiutare la aziende a sfruttare l'e-commerce, per esempio, in ottica di internazionalizzazione. Un altro tassello per una consulenza a 360 gradi». Anche la vostra immagine appare oggi completamente rinnovata… «Si è trattato di una scelta maturata al termine di un processo che ha coinvolto tutti gli ambiti della nostra organizzazione, consapevoli del fatto sia necessario presentarsi con un'immagine che rispecchi il nostro DNA e che trasmetta i valori del Gruppo. Oggi il Gruppo VECO ha rinnovato anche la propria brand identity partendo dalle proprie origini, mantenendo il nome ed i colori del passato, ma con una nuova immagine semplice ed elegante che guarda dritto al futuro». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2019
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AZIENDE / TECH-MANAGEMENT SA
COMPETENZE TECNICHE AL SERVIZIO DEL FACILITY MANAGEMENT CON TECH-MANAGEMENT SA L’ING. GIANFRANCO MARCOLI, AFFIANCATO DAL FIGLIO GIANLUCA NELLA GESTIONE DELL’AZIENDA FAMILIARE, PRESENTA LA LORO SOCIETÀ SPECIALIZZATA NEL FACILITY MANAGEMENT, CHE SI AVVALE ANCHE DELLA GRANDE ESPERIENZA DELLA TECH-INSTA NEL SETTORE DELL’IMPIANTISTICA E DELLA GESTIONE RAZIONALE DELL’ENERGIA.
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uali sono state le vicende che hanno accompagnato lo sviluppo di questa vostra azienda? «Tech-Managemente è nata nel 1997, creata dalla Tech-Insta per completare la gamma delle offerte nel settore della gestione tecnica degli edifici. Fin dall’inizio abbiamo avuto mandati significativi, a cominciare da UBS per la gestione di tutte le infrastrutture dell’innovativo stabile Suglio a Manno, a quell’epoca sicuramente uno degli edifici più complessi a livello svizzero dal punto di vista delle installazioni tecniche, della loro gestione e dei prospettati obiettivi di efficienza e risparmio energetico». Il vostro specifico know-how tecnico rende la vostra offerta di servizi di Facility Management particolare rispetto ad altre presenti sul mercato? «È questo sicuramente uno degli aspetti che ci contraddistingue. Le nostre capacità, abbinate all’esperienza accumulata negli anni, ci consente
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di presentarci quale partner con elevate competenze sia per ottimizzare le attività di conduzione, sia per elaborare proposte volte ad incrementare i rendimenti, l’affidabilità e i risultati economici degli impianti tecnici degli stabili affidati alla nostra gestione. Da un lato quindi l’offerta di un’efficiente gestione e, dall’altro, sulla base dei dati registrati in un dettagliato sistema reportistico, una valutazione volta a individuare gli adattamenti operativi e gli interventi strutturali tecnicamente e economicamente opportuni». Con quale metodologia programmate e elaborate le vostre proposte di Facility Management? «Ideale per qualsiasi azienda, al fine di poter dedicare tutte le proprie risorse al “core business”, è di affidare a uno specialista esterno funzioni e attività
“no core” che, nel nostro caso, sono la gestione degli spazi e delle loro infrastrutture tecniche (impianti termoclimatici, sanitari, ascensori, di illuminazione, di sicurezza, gli infissi, ecc.). L’accordo per la fornitura di servizi di FM deve scaturire da una definizione condivisa degli obiettivi, in un rapporto più di “partenship” che di classico contratto di fornitura. Chiamata ad assumere i compiti di un servizio interno dell’azienda, la Tech-Management svolge direttamente solo le funzioni di questo servizio, ovvero la gestiore degli aspetti tecnici, economici e di sorveglianza. Le attività di manutenzione e riparazione vengono per contro affidate a ditte attive nei rispettivi campi, sovente riprendendo e ottimizzando contratti già in vigore. L’accordo è strutturato in modo da garantire la massima trasparenza, con im-
AZIENDE / TECH-MANAGEMENT SA
porti annui forfettari per gestione tecnico-economica, conduzione e controllo, e con allegata la lista dei contratti con gli importi netti offerti dalle ditte in subappalto». In concreto, quali sono i vantaggi del vostro intervento? «Il tutto parte con una dettagliata analisi delle infrastutture da gestire e delle attività di conduzione e manutenzione che già vengono svolte. Questo ci permette
di elaborare e proporre programmi di lavoro mirati, volti al raggiungimento degli obiettivi concordati con risultati tecnico-operativi superiori e rapporti costi/benefici più favorevoli rispetto a quelli avuti con la gestione in proprio. Citiamo un esempio particolarmente significativo: la ripresa da parte della TechManagement della gestione degli impianti tecnici di un importante stabile bancario ha permesso di ridurre del 30% i costi, ovvero di risparmiare oltre CHF 150’000/anno per la conduzione e la manutenzione. Per lo stesso stabile, con le ottimizzazioni e le migliorie degli impianti termoclimatici proposte da Tech-Management e attuate sull’arco di 6 anni con un investimento globale di CHF 480’000, il risparmio cumulato nello stesso periodo per gas e olio combustibile, elettricità e acqua industriale è stato di circa CHF 1’100’000, e prosegue negli anni in ragione di almeno 150’000 CHF/anno».
Impiantistica e gestione razionale dell’energia
A chi sono rivolti i vostri servizi di Facility Management? «Nostri clienti sono, come sopra detto, i proprietari e i gestori di stabili pubblici e privati che, per motivi organizzativi e di razionalità, intendono passare dal regime di “insourcing” a quello di “outsourcing” per gestire i servizi agli immobili che, seppur indispensabili, non sono direttamente legati alla propria attività primaria. Assieme alla scelta di poter dedicare tutte le proprie forze all’attività aziendale, l’assegnazione a un Facility Manager esterno dei servizi di FM è dettato anche dall’accresciuta complessità degli impianti e dalle mutate richieste in fatto di salvaguardia dell’ambiente e utilizzo razionale dell’energia. Aspetti che richiedono molteplici e elevate conoscenze tecniche, difficilmente ottenibili e finanziariamente non sostenibili con personale proprio». www.tech-management.ch
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AZIENDE / NETCOMM SUISSE
IL COMMERCIO SARÀ SEMPRE PIÙ DIGITALE CARLO TERRENI, CO-FONDATORE E DIRETTORE GENERALE, PRESENTA L’ATTIVITÀ DI NETCOMM SUISSE, L’ASSOCIAZIONE DEL COMMERCIO DIGITALE, PUNTO DI RIFERIMENTO IN MATERIA DI E-COMMERCE E RETAIL DIGITALE NEL PANORAMA NAZIONALE E INTERNAZIONALE.
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he cos’è NetComm Suisse? «Siamo l’associazione svizzera di e-commerce. L’obiettivo principale di NetComm Suisse è quello di supportare gli interessi di tutte le aziende operanti nell’e-commerce, fornire servizi e promuovere attività di networking per produttori e i distributori, tenere costantemente aggiornate le aziende con le ultime notizie, studi, ricerche e eventi: in sintesi, offriamo una piattaforma digitale attraverso la quale i nostri associati possono costruire il loro futuro digitale. NetComm Suisse si adopera per dare voce alla comunità di e-commerce in Svizzera e promuoverne un’agenda per la crescita e il successo sia a livello nazionale che globale». Quali opportunità offrite ai vostri associati? «NetComm Suisse si propone di aiutare le aziende di e-commerce già attive o potenziali a crescere, favoren-
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AZIENDE / NETCOMM SUISSE
done l’accesso ai migliori servizi, formazione e consulenza disponibili. In altre parole, colma il divario tra commercianti e fornitori di servizi digitali, fornendo un punto d’incontro per condividere idee e generare nuovi business». Quali sono le principali aree tematiche oggetto delle vostre ricerche… «Realizziamo periodicamente degli studi sul mondo dell’e-commerce e del digital retail in Italia e nel mondo, ponendoci come punto di riferimento nel panorama nazionale. Gli studi analizzano i comportamenti dei consumatori digitali, forniscono dati sul mercato e-commerce e propongono approfondimenti sulle principali industry e sulle aree più rilevanti legate agli acquisti digitali: dalle strategie marketing alla customer experience, dai pagamenti alla logistica».
Un settore in cui siete particolarmente presenti è quello della moda… «Forte di oltre 80 brand di moda internazionali presenti in Ticino, nel pieno di una epocale trasformazione digitale, il nostro Cantone si sta posizionando sempre di più come la “Silicon Valley” del LifestyleTech in Europa. Sempre più aziende di moda, design, food e travel stanno cercando soluzioni innovative per digitalizzare il proprio business e resistere alla concorrenza di players come Amazon e Zalando. Per tale ragione queste aziende si stanno aprendo al mercato dell’innovazione e stanno portando innovatori internazionali verso il Canton Ticino. Una volta arrivate in Ticino, le start-up interessate a lavorare con le grandi aziende del Lifestyle, apprezzano l’efficienza e solidità del sistema svizzero. Spesso, infatti, hanno la possibilità di trovare Family Office,
fondi e imprenditori interessati a investire nel FashionTech». Quali sono state le principali esperienze professionali che l’hanno portata ad occuparsi di e-commerce digitalizzazione? «Ho lavorato come consulente digitale e account Manager per Tinext SA, un’agenzia web leader in Ticino, e fornito servizi di consulenza per aziende come Cornèrcard, Sanofi, AET, Bally, Diamond, Artsana, Royal Caribbean, ecc. In precedenza ho conseguito due master in marketing e vendite presso la Copenhagen Business School e l’Università Bocconi di Milano».
AZIENDE / MANNO 2.0
UN PROGETTO DIROMPENTE PER IL RILANCIO DEL TERRITORIO AL VIA L’INEDITA COLLABORAZIONE TRA IL MUNICIPIO E LO SWISS INSTITUTE FOR DISRUPTIVE INNOVATION (SIDI) PER INDIVIDUARE E IMPLEMENTARE OCCASIONI DI SVILUPPO FONDATE SU PROPOSTE FORTEMENTE INNOVATIVE
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iqualificare il territorio attraverso diverse iniziative che portino Manno a diventare un polo tecnologico-industriale con un orientamento preciso verso il segmento delle innovazioni definite dirompenti in quanto hanno il potenziale di sconvolgere un mercato, creando condizioni e opportunità nuove. È questa l’idea che sta alla base del progetto Manno 2.0, un progetto nato dalla consapevolezza da parte del Municipio che sia oggi necessario un intervento in grado di segnare un punto di svolta, l’inizio di una nuova fase per proiettare il territorio verso il futuro capitalizzando al massimo le potenzialità del presente. In questo senso l’Istituto Svizzero per le Innovazioni Dirompenti (SIDI) è stato scelto come principale interlocutore e partner, anche per stimolare le indispensabili sinergie tra pubblico e privato. Il progetto è stato presentato presso il Centro Ambrosart di Manno a un un nutrito gruppo di imprenditori in rappresentanza del tessuto produttivo del territorio. È stata l’occasione per rivolgere alcune domande ai promotori dell’iniziativa: il sindaco Giorgio Rossi, la municipale Monica Maestri Crivelli, il co-fondatore dell’Istituto Svizzero per le Innovazioni Dirompenti (SIDI), Pietro Veragouth.
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ignor sindaco, qual è la molla che ha fatto scattare l’impegno dell’amministrazione in un progetto certamente ambizioso? «Progettare lo sviluppo del territorio è una responsabilità e un dovere della politica e dell’amministrazione e noi siamo convinti che incoraggiare l’innovazione rappresenti il modo migliore per pensare a un futuro di crescita e sviluppo. Rendere accessibile il mondo delle innovazioni dirompenti – che sono tendenzialmente innovazioni abilitanti – anche alle aziende locali, significa metterle in condizione di attingere a nuove risorse e nuove tecnologie per migliorare, o diversificare, il loro business. Allo stesso tempo la volontà pri-
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maria è quella di attrarre aziende, startup e investitori nazionali e internazionali, strizzando l’occhio in primis alla vicina Lombardia, offrendo un terreno fertile dove insediarsi e crescere». Signor Veragouth, quale contributo possono dare le cosiddette innovazioni dirompenti alla crescita di un territorio? «Manno oggi ha non solo un grande potenziale per lo sviluppo dell’innovazione in Ticino e in Svizzera ma anche l’opportunità di definire per primo un nuovo modello, che faccia uscire la tecnologia e l’innovazione dai laboratori di ricerca per contaminare positivamente l’industria e che rappresenti un esempio da seguire per gli altri co-
muni e cantoni. La competizione tra poli di ricerca, parchi tecnologici, incubatori e acceleratori sta aumentando in tutto il mondo ed è necessario riuscire a distinguersi perché il rischio, in una logica di medio termine, è quello di non riuscire a disporre di una proposta valida e originale, vanificando gli sforzi. Abbiamo condotto diverse analisi e il segmento delle dirompenti, o parte di esso, rappresenta oggi un ambito di estremo interesse sia per le aziende, sia per chi fa ricerca, sia per chi investe su una o sull’altra». Dunque è fondamentale coinvolgere attivamente soggetti pubblici e privati. Signora Maestri Crivelli, il Municipio di Manno insiste molto sul coinvolgimento strategico dell’imprenditoria privata. Perché è così importante? «Uno degli elementi centrali della nostra strategia dovrà proprio essere la capacità di fare squadra e di coinvolgere in maniera attiva e trasparente anche il mondo dell’imprenditoria privata. L’impegno deve essere comune se si vogliono raggiungere risultati concreti nei tempi giusti: ogni soggetto coinvolto deve dare il suo contributo per favorire il lavoro di tutti. La sinergia è l’unica strada perché, quando si parla d’innovazione, collaborazione e contaminazione ne sono gli elementi cardine».
AZIENDE / MANNO 2.0
COSA SONO LE INNOVAZIONI DIROMPENTI Signor Veragouth ci può far capire con parole semplici cosa sono le innovazioni dirompenti? «Sono dirompenti quelle innovazioni o scoperte così rivoluzionarie da innescare un cambiamento in grado di sconvolgere completamente un settore o un intero mercato, distruggerlo, oppure crearne uno nuovo. Per fare qualche esempio, la stampa a caratteri mobili, l’elettricità, il motore a vapore, la penicillina, o, più vicine a noi, la TV, il computer, internet». In che modo sconvolgono un mercato? «Prendiamo l’esempio più classico e che oggi sembra addirittura banale: la ruota. Prima ci si spostava a piedi o a dorso di qualche animale e non era pensabile spostare qualcosa che pesasse più di qualche chilo. Con l’avvento della ruota e quindi dei trasporti, si sono innescati tutti i commerci, si sono costruite città… e il mondo è diventato tutto d’un tratto, nella scala temporale dell’umanità, molto più piccolo. Un esempio più vicino che gran parte di noi ha vissuto è, ovviamente, internet, che ha prodotto dei cambiamenti radicali in quasi tutti gli ambiti della società e di cui stiamo vedendo solo le prime applicazioni, che permette a una persona che vive in uno sperduto villaggio del Bangladesh di fare assistenza postvendita a un cliente francese che ha acquistato un prodotto cinese su un sito di e-commerce australiano, magari tramite lo smartphone (anch’esso un’innovazione dirompente)».
• La fase della delusione, dove sembra che l’innovazione venga dimenticata perché le aspettative eccessive che aveva generato non hanno trovato un riscontro adeguato nella realtà, anche se spesso solo per via dei tempi di sviluppo necessari. • La fase di mercato: le aziende portano sul mercato applicazioni concrete e il mercato viene sconvolto per la potenza di questa innovazione. A partire dall’affermarsi di questa innovazione, si innesca un processo a catena che porta in tempi rapidi allo sviluppo di altre tecnologie in qualche modo legate ad essa, altri soggetti sviluppano nuove applicazioni e il mercato dirompe. La particolarità di un’innovazione dirompente è che sappiamo che arriverà ma non sappiamo esattamente quando si manifesterà concretamente nelle due fasi più critiche e interessanti, quelle dove gli investitori sono maggiormente coinvolti – la fase di hype – e quella di mercato. Indirizzando il polo verso le innovazioni dirompenti saremo in grado di cogliere entrambe queste fasi e, lavorando su un paniere di innovazioni che siano compatibili e affini tra di lo-
Perché considera Manno un territorio ideale per sviluppare questi progetti? «Le caratteristiche del tessuto produttivo di Manno permettono di lavorare in una nicchia dell’innovazione con un potenziale enorme e al contempo ci offrono un altro grande vantaggio: quello di darci il tempo, necessario per un progetto di questo tipo, di preparare il territorio ed essere pronti ad accogliere queste innovazioni nelle due fasi temporali più importanti». Cosa intende? «Tutte le tecnologie seguono un ciclo preciso che si esprime essenzialmente in quattro fasi: • La fase di scoperta, dove una tecnologia viene appunto inventata. • La fase di hype (euforia), che è la fase in cui i media cominciano a parlarne e, sull’onda dell’entusiasmo, l’informazione viene spinta al limite creando aspettative esagerate.
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ro, saremo anche in grado di creare una filiera fitta e coerente. A nostro parere sarebbe troppo rischioso, come invece fanno molti poli, investire su un’unica dirompente, proprio per i limiti di cui dicevo prima. Il fatto di ridurre il rischio operando simultaneamente su un selezionato gruppo di dirompenti per di più compatibili tra loro e quindi con un effetto di potenziamento (ricordiamoci che il più delle volte è nell’incrocio tra due dirompenti che il potenziale si esprime addirittura con un effetto moltiplicatore, come per esempio nel caso di Internet e lo smartphone o in quello dell’intelligenza artificiale e la guida autonoma)». E qual è, secondo lei, il paniere di innovazioni su cui ci si dovrebbe concentrare? «È proprio l’analisi sulla quale stiamo lavorando e per farlo stiamo tenendo conto di tutte le variabili in gioco considerando pro e contro. Manno, che in realtà rappresenta il cuore del progetto e crediamo che servirà da apripista per il resto del territorio, va visto come punto cardine, ma tutte le considerazioni le stiamo facendo con un’ottica più ampia, almeno ticinese che, in una prospettiva globale e di lungo termine, è un contesto socioeconomico e produttivo con caratteristiche comuni. Concentrandoci tuttavia su Manno e valorizzando al massimo quello che possiede, abbiamo cominciato a restringere il campo puntando sulle realtà più interessanti, la Fondazione Dalle Molle della SUPSI e il centro di ricerca UBS, entrambi focalizzati sullo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale, per esempio. Le dirompenti conosciute che possono essere accostate all’AI sono l’informatica quantistica (che ha un potenziale gigantesco e riteniamo che si stia avvicinando alla fase di hype), la blockchain, che l’anno scorso è precipitata nella fase di delusione ma che conserva il suo potenziale, la realtà virtuale, aumentata e la telepresenza, di cui si attende il risveglio dopo il torpore degli ultimi anni. Il territorio di Manno vanta anche una fitta filiera di aziende che operano nel campo dell’edilizia, ed è per questo che crediamo fortemente, sempre in una logica di medio e lungo termine ma che comporta la necessità di attivarsi subito, nel 3D building, ovvero nella stampa di interi edifici attraverso macchine additive. La tecnologia necessaria esiste, anche se siamo in una fase iniziale della sperimentazione, ed è destinata a trasformare il settore della costruzione in futuro (il 3D building è inoltre strettamente correlato alla realtà virtuale e aumentata). Quelle che ho citato sono, tra le tecnologie dirompenti, quelle più conosciute e servono per esemplificare il concetto. Ve ne sono molte altre sulle quali stiamo indagando e altre ancora che continueranno a uscire dai laboratori».
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SWISS INSITUTE FOR DISRUPTIVE INNOVATION Sig. Veragouth, com’è nato il Sidi e di cosa si occupa esattamente? «Il Sidi nasce dall’incontro fortuito con un altro ticinese, il prof. Andrea Basso, persona di notevolissimo spessore scientifico, che non ama apparire benché abbia un profilo molto alto da un punto di vista accademico. Ha insegnato al MIT, ha lavorato al fianco di Steve Jobs e Negroponte e ha al suo attivo oltre 150 brevetti che spaziano dall’AI alla computer vision e di cui alcune applicazioni concrete ci ritroviamo nei computer e nei telefonini che ci portiamo nel taschino. Tutt’e due, anche se io sono ben consapevole di non avere la sua competenza scientifica e la sua cultura, siamo appassionati di tecnologia, ma quello che ci dà veramente un brivido sono le innovazioni in grado di rompere uno schema e cambiare i paradigmi di un settore o di un intero mercato; quelle che fanno da spartiacque tra passato e futuro. L’istituto ha come missione quella di individuare con largo anticipo le innovazioni con il potenziale per stravolgere, distruggere e/o creare un nuovo mercato. Grazie alle relazioni che Andrea possiede non solo nel mondo accademico, tre anni fa Tesla, che condivide la nostra missione, ha deciso di supportarci. Con un partner così noto nel mondo dell’innovazione e trattando un tema così attuale, abbiamo in realtà avuto una crescita inaspettata. L’attività che stiamo portando avanti con il Comune di Manno, ovviamente su un’altra scala, la stiamo conducendo anche per altre realtà. Abbiamo da poco consegnato l’ultima release del piano di sviluppo strategico al Governo lituano, collaboriamo con la Commissione Europea in un importante progetto di trasferimento tecnologico per i Paesi balcanici e, da alcuni mesi, stiamo collaborando a un progetto di riqualificazione che ci sta dando molta soddisfazione e che riguarda un piccolo comune italiano, Gravellona Lomellina in provincia di Pavia, per dimensione molto simile a Manno».
AZIENDE / PRIX SVC SVIZZERA ITALIANA 2019
RICONOSCIMENTO ALL’ECCELLENZA ALBERTO BELLOLI, COMPROPRIETARIO DI BELLOLI SA, HA RICEVUTO L’AMBITO PRIX SVC SVIZZERA ITALIANA 2019. LA BELLOLI SA È UN’AZIENDA DI FAMIGLIA FONDATA NEL 1886, GESTITA OGGI DALLA QUINTA GENERAZIONE E DÀ LAVORO A UNA SESSANTINA DI PERSONE.
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l Prix SVC è ormai diventato un appuntamento importante e atteso nella Svizzera italiana. Quest’anno quasi 1000 persone del mondo economico, politico, accademico e culturale si sono incontrati al Palazzo dei Congressi di Lugano per assistere alla cerimonia di consegna del premio. Marzio Grassi, Presidente della giuria del Prix SVC Svizzera italiana, durante la laudatio ha così motivato la scelta del vincitore: «Abbiamo voluto premiare un’impresa rimasta in mano alla stessa famiglia per cinque generazioni e da oltre 130 anni continuando a crescere e a ottenere risultati positivi, ben inserita e radicata sul territorio. Belloli SA è attiva a livello mondiale, riconosciuta per la qualità dei suoi prodotti e servizi e quindi esporta anche la buona reputazione del nostro Paese. Inoltre, investe costantemente nella crescita dell’azienda e nei propri collaboratori. Belloli SA è un ottimo esempio di azienda di successo presente nella Svizzera italiana». Il comproprietario Alberto Belloli ha ritirato il primo premio consistente in un viaggio per imprenditori in Asia offerto da Credit Suisse e in un buono esclusivo, offerto da SUPSI, del valore di CHF 12’500 per seguire uno o più corsi di formazione continua SUPSI.
L’attività più conosciuta dello Swiss Venture Club è il Prix SVC che viene assegnato in ciascuna delle sette regioni in Svizzera. Andreas Gerber, presidente dello Swiss Venture Club, rimarca: «Lo Swiss Venture Club ha quattro priorità: la crescita del proprio network coinvolgendo in particolare più donne e più giovani; il dialogo tra economia, società e politca; lo scambio di esperienze tra generazioni e la trasformazione digitale. Sono rimasto favorevolmente impressionato dalla varietà delle attività svolte dai finalisti nella Svizzera italiana, regione caratterizzata da ampio know-how, spirito imprenditoriale e capacità innovativa». Il Prix SVC fa affidamento su una giuria composta da noti esponenti della scena economica del Cantone. Ne fanno parte Marzio Grassi, presidente, Alessandra Alberti, Luca Albertoni, Stefano Caccia, Carlo Secchi, Beatrice Fasana, Daniele Lotti, Michele Masdonati, Giambattista Ravano, Stefano Rizzi e Lino Terlizzi.
LE AZIENDE FINALISTE Agroval SA di Airolo (www.agroval.ch) Belloli SA di Grono (www.belloli.ch) Lifelike SA di Chiasso (www.lifelikeinteraction.com) Orticola Bassi SA di Sant’Antonino (www.orticolabassi.ch) Plastifil SA (www.plastifil.ch) Polydentia SA (www.polydentia.ch)
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AZIENDE / GRÜNENFELDER
MANGIARE TICINESE DANI GRÜNENFELDER, DIRETTORE GENERALE DI GRÜNENFELDER SA, SPIEGA L’ORIENTAMENTO DELL’AZIENDA VERSO UNA SEMPRE PIÙ ACCENTUATA VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI DEL TICINO.
Con quale strategia la vostra azienda si accinge ad affrontare un mercato in trasformazione e sempre più competitivo? «Nel corso degli anni ho avuto modo di occuparmi di quasi tutti i reparti, prima di assumere il ruolo di Direttore generale, e devo dire che il mondo della distribuzione è, sotto molteplici aspetti, profondamente cambiato. Il mercato è diventato più competitivo e i consumi si sono modificati; inoltre, anche il canale della ristorazione, che rappresenta una delle principali destinazioni dei nostri prodotti, sconta problemi di programmazione e stoccaggio degli approvvigionamenti. Tutto ciò ci induce ad attivarci per migliorare continuamente la qualità del servizio. Per fare un esempio, se riceviamo l’ordine entro la mezzanotte siamo già in grado di effettuare la consegna la mattina successiva». Nei mesi scorsi siete stati al centro di un’importante operazione portata a termine con la LATI… «È stato siglato un accordo di collaborazione con la LATI SA, azienda casearia ticinese, che rappresenta un passo avanti verso una nuova impostazione del servizio di distribuzione su comanda di prodotti a ristoranti o piccoli negozi di paese, che si vuole più competitivo e concorrenziale. Entrambe le aziende intendono garantire un servizio di qualità valorizzando la produzione di formaggi locali. In base all’accordo LATI si focalizzerà sulla produzione mentre noi ci occuperemo della distribuzione».
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Questo accordo indica un ben preciso percorso che avete deciso di intraprendere? «È quello che ci auguriamo. Molte produzioni alimentari locali incontrano problemi di distribuzione, mentre noi siamo alla ricerca di prodotti tipici del territorio che ci consentano di differenziare la gamma della nostra offerta. Al tempo stesso siamo fortemente convinti della necessità di valorizzare al massimo le produzioni ticinesi, che offrono garanzia di freschezza, genuinità e, per ovvie ragioni di vicinanza, riducono anche tempi e costi di raccolta e trasporto». Il tema della vicinanza nei confronti del territorio ticinese rappresenta una costante della vostra azione… «Crediamo nella necessità di offrire tutto il sostegno possibile ai negozi di paese che rappresentano oltre che un utile servizio anche un elemento di vita per aree che altrimenti rischierebbero magari un abbandono o un calo di popolazione. Anche in questa prospettiva siamo stati ben lieti di assumere la gestione dell’assortimento nei
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negozi CRAI di tutta la Svizzera, per i quali è in atto un interessante progetto di rifacimento e riqualificazione e una nuova comunicazione». Anche quest’anno avete incontrato i vostri fornitori e clienti nel tradizionale appuntamento Open Day… «E stato come ogni anno un grande successo finalizzato a creare un am-
biente festoso in cui i nostri principali fornitori hanno presentato ai clienti le loro novità. Un evento con un contenuto professionale, ma aperto anche al pubblico, dove incontrarsi e stringere possibili collaborazioni, trascorrendo alcune ore con le famiglie, degustando anche ottimi prodotti tipici ticinesi».
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BENESSERE / PERMAMED AG
40 ANNI DI SUCCESSI IL NOME BASILEA, EVOCA SUBITO L’INDUSTRIA FARMACEUTICA E A UN CENTRO DI COMPETENZE NOTO E RICONOSCIUTO IN TUTTO IL MONDO. TUTTAVIA, LA REGIONE HA MOLTO PIÙ DA OFFRIRE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO; BASTI PENSARE ALL’AMPIA GAMMA DI ALTRE AZIENDE CHE, SEBBENE PIÙ PICCOLE, SONO A VOLTE LEADER DEL PROPRIO SETTORE. NE È UN BELL’ESEMPIO PERMAMED, CHE È STATA FONDATA NEL 1979 DALL’IMPRENDITORE CHRISTIAN H. LUTZ. CEO E PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE, ED È FIERO DELLA SUA “STORIA DI SUCCESSO”.
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ignor Christian Lutz, la ringraziamo per la sua accoglienza e ci congratuliamo per il 40° anniversario di Permamed! Diamo uno sguardo al passato. Come sono stati gli inizi dell’azienda? «La storia è iniziata con un’emulsione detergente medicale senza sapone, che ho sviluppato in collaborazione con alcuni dermatologici per far fronte al divieto, in vigore fino agli anni 70, di utilizzare il sapone in caso di malattie cutanee. Con il ph tamponato e la protezione brevettata della pelle, questo rimedio detergente di base contro vari problemi di pelle è unico nel suo genere e ancora oggi leader sul mercato». Cos’ è Permamed? «Permamed è – e rimane – indipendente, poiché il management è convinto che in un’epoca di acquisizioni e fusioni, il successo a lungo termine si basi sull’indipendenza, su prodotti innovativi e di alta qualità, e su una part-
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nership consolidata e di lunga data tra clienti e aziende. Siamo un’azienda farmaceutica svizzera, con sviluppo galenico e fabbricazione propri. Attualmente diamo lavoro in Svizzera a circa 75 dipendenti presso la sede di Therwil, vicino a Basilea. Permamed fabbrica solo prodotti originali, non medicamenti generici, ed è focalizzata sul mercato svizzero. Il concetto di Swissness è importantissimo per Permamed, in quanto sinonimo di prodotti di qualità svizzera. Tutti i preparati topici vengono sviluppati, prodotti e confezionati, in conformità con le NBF nei laboratori di proprietà della Perrmamed a Therwil. “Dalla Svizzera per la Svizzera”, si potrebbe dire». Dove sono disponibili i prodotti Permamed? «I nostri prodotti sono disponibili esclusivamente dal medico o dal rivenditore specializzato». Permamed è quindi un partner privilegiato di medici e farmacie? «Sì, ci sta a cuore una buona collaborazione con medici e farmacisti in tutta la Svizzera». Sostenete ad esempio sportivi, ma anche la Lega svizzera contro il cancro… «Sì, lo slalomista Ramon Zenhäusern, campione olimpico e argento agli ultimi Giochi olimpici, e il lottatore svizzero Roger Rychen, più volte incoronato a
livello nazionale, sono i nostri attuali ambasciatori per Sportusal cool patch. Ne siamo molto fieri. Sosteniamo anche la Lega svizzera contro il cancro nell’ambito del programma di prevenzione per il cancro al seno, donando 1 CHF per ogni confezione venduta di Lubex anti-age. Quando abbiamo lanciato la linea Lubex anti-age, la nostra clientela era costituita soprattutto da donne. Pertanto con il nostro impegno vogliamo restituire qualcosa in particolare anche alle donne, poiché hanno reso possibile il successo di Lubex anti-age». Il mercato farmaceutico ha subito sostanziali cambiamenti e tale trasformazione non si è ancora conclusa. Come vede il futurodi Permamed? «Con Tobias Lutz, la seconda generazione è rappresentata nella direzione. Vedo Permamed, con i suoi 75 collaboratori a Therwil, anche in futuro come un’azienda familiare farmaceutica indipendente, che risponde costantemente alle specifiche esigenze dei pazienti e dei clienti. Sono convinto che il nostro successo continuerà a basarsi sull’indipendenza della nostra azienda e sui prodotti innovativi e di alta qualità. Colgo l’occasione per ringraziare i miei collaboratori motivati, i nostri partner e tutti i nostri clienti per la fiducia accordata alla nostra azienda».
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UNA LINEA DI PRODOTTI D’ECCELLENZA Angela Vattioni. Responsabile regionale in Ticino dell’azienda farmaceutica familiare indipendente Permamed di Therwil, dal 2010 cura i contatti con medici, ospedali e farmacie nella «Sonnenstube» della Svizzera. «Il nostro vasto e diversificato assortimento comprende specialità farmaceutiche per la dermatologia, la ginecologia, lo sport e la traumatologia, la reumatologia, nonché prodotti fitoterapeutici. Ho presto realizzato che i preparati Permamed sono per così dire le «Rolls Royce» delle formulazioni e sono quindi orgogliosa di presentarle. Recentemente abbiamo applicato con successo la nostra pluriennale competenza dermatologica ai prodotti Lubex antiage, una piccola linea dermocosmetica eccellente ed esclusiva. Parallelamente all’offerta di specialità rimborsabili dalle casse malattia, posso ora proporre al mio sempre più vasto portafoglio clienti anche i trattamenti attivi Lubex anti-age, una gamma di prodotti sviluppati in collaborazione con dermatologi svizzeri di fama. I pilastri su cui si fonda la linea Lubex anti-age sono la comprovata efficacia, la qualità eccellente e una buona dermotollerabilità, valori a cui tengo moltissimo. C’è un altro aspetto che sottolineo spesso e volentieri: i nostro prodotti vengono sviluppati e fabbricati in Svizzera in conformità con le norme di buona fabbricazione (NBF). Una incredibile storia di successo - da 40 anni! Personalmente amo la competizione e le sfide e non solo in ambito professionale. Già da bambina non riuscivo a stare ferma un minuto. A 6 anni ho cominciato la mia carriera sportiva nella ginnastica artistica. In seguito, il mio desiderio di esperienze adrenaliniche mi ha portato al paracaduti-
smo che mi consentiva, per un breve momento, di ammirare tutto il mondo dall’alto. Nel frattempo, la mia esuberanza si è un po’ calmata e sono diventata più tranquilla. Ciò non significa tuttavia che non sia più a caccia di sfide... Oggi apprezzo soprattutto il tempo che posso trascorrere in montagna. In particolare, vado fiera della mia personale prima ascensione della montagna più alta dell’Africa, il Kilimangiaro, 5.895 m s.l.m., a marzo 2018. Ora che un po’ mi conoscete, gentili lettrici e lettori, non vedo l’ora di incontrarvi e presentarvi di persona i nostri preparati».
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SPORT / GIANLUCA PATUZZO
COME TI INSEGNO A GIOCARE ARIELLA DEL ROCINO PROSEGUE NELLA SUA PRESENTAZIONE DI PROTAGONISTI DEL GOLF PARLANDOCI DI GIANLUCA PATUZZO, GIOCATORE PROFESSIONISTA E MAESTRO PRESSO IL GOLF CLUB LUGANO, CHE HA DI RECENTE APERTO UN CENTRO PER L’INSEGNAMENTO INDOOR DI QUESTO SPORT.
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ome nasce l’idea di aprire questa nuova struttura? «A Lugano e più in generale in Ticino vi sono molti appassionati di golf che vorrebbero tenersi in allenamento durante tutto il corso dell’anno, magari anche quando le condizioni atmosferiche rendono più difficile allenarsi all’aperto, su uno dei campi della regione. Da qui l’idea, portata avanti grazie al progetto di mia moglie Katja di aprire questo spazio indoor, unico nel suo genere, in viale Cassarate 6 a Lugano». Qual è il suo funzionamento… «Il giocatore esegue lo swing stando al centro del locale e quando la pallina colpisce lo schermo il volo continua virtualmente grazie all’animazione del computer. Il calcolo della traiettoria è assolutamente realistico grazie all’ele-
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vata precisione dei dati raccolti al momento dell’impatto. Si può rivedere immediatamente il movimento ripreso da 4 videocamere ad alta velocità e grazie alla piattaforma sotto il giocatore si possono analizzare e quantificare le forze applicate sul terreno, laterali, verticali e di torque unite allo spostamento della pressione. Inoltre ci sono 5 buche per l’allenamento del putt e la possibilità di vedere proiettata sul green la linea ideale per mandare la palla in buca». Quali sono dunque i vantaggi offerti da questo sistema tecnologico? «Oltre alla possibilità di allenarsi quando le condizioni esterne non lo permettono o quando il traffico è molto intenso e rende difficile raggiungere il campo da golf, a The Square Green c’è la possibilità di allenarsi in manie-
SPORT / GIANLUCA PATUZZO
ra assistita e di avere le conferme che effettivamente il percorso intrapreso stia portando al cambiamento desiderato, grazie ad un confronto del video, delle forze applicate al suolo o delle caratteristiche del volo della pallina». Giocatore e insegnante, la sua vita è interamente dedicata al golf. Quali sono stati i primi passi? «Ho cominciato a giocare nel 1984 quando avevo 11 anni. Cinque anni dopo sono entrato nel giro della Nazionale giovanile e nel 1991 ho vinto il campionato svizzero U18. Ho giocato diversi campionati europei e un mondiale, e nel 1994 ho vinto il Ticino Championship ad Ascona e il Mémorial Olivier Barras a Crans e l’ordine di merito dei dilettanti Svizzeri. Tra il 1996 e il 2001 come playing-pro ho giocato nel circuito Challenge Tour e poi nell’Alps Tour. Negli anni successivi mi sono dedicato all’insegnamento presso Il Golf Club Lugano, anche se non ho mai abbandonato del tutto l’attività agonistica. Attualmente ho il ruolo di vicecapitano della Swiss PGA e quest’anno con Simone Castelanelli abbiamo vinto il Campionato svizzero di doppio».
Appuntamento allora presso il nuovissimo The square green… «Si tratta di uno spazio davvero molto accogliente dove trovano sede anche lo studio di architettura di Katja Patuzzo, Silvia Gasperi Make-Up e alcune postazioni di co-working. Un’opportunità innovativa per lavorare, rilassarsi e, naturalmente, giocare a golf!».
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LAGO DI COMO / MARCO CASSINA
MODA ITALIANA, CLIENTELA TICINESE IL PRESIDENTE DI FEDERMODA COMO, MARCO CASSINA, È ANCHE TITOLARE DI PETER CI, SETTE VETRINE AFFACCIATE DIRETTAMENTE SU PIAZZA DEL DUOMO, CHE OSPITANO ELEGANTI MARCHI DELL’ABBIGLIAMENTO MASCHILE, SARTORIA E UNA VASTA GAMMA DI ACCESSORI. DI MANUELA LOZZA
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a questi due osservatori privilegiati, Cassina studia il turismo che negli ultimi anni è diventato fondamentale per il tessuto economico del Lario. Gli abbiamo chiesto come gira il fumo per i commercianti come lui e se oggi venendo dalla Svizzera valga ancora la pena di comprare a Como. Sì, ci risponde con sicurezza. E non solo per la qualità e per il prezzo…. «Bisogna premettere che il turismo a Como in questo momento sta andando veramente bene, siamo in una fase molto positiva di popolarità della destinazione. Parliamo in particolare di un visitatore agiato, con grossa disponibilità di spesa, prova ne è l’apertura di sempre nuovi hotel di altissima categoria, come il Mandarin Oriental o il Grand Hotel Tremezzo. Ma è importante sottolineare che l’impatto sull’indotto e in particolare su determinate categorie non è così li-
neare. Tutti i settori sono in grande trasformazione, quello alberghiero subisce per esempio la crescita delle case vacanze, ma mentre alcune attività sono comunque indispensabili (il turista non può rinunciare a dormire e mangiare, non vuole rinunciare alle esperienze tipiche della destinazione – qui per esempio, la gita col motoscafo d’epoca, la visita alla villa o il matrimonio tematico), nello specifico del commercio dei prodotti di moda, l’impatto è meno immediato. Influisce sicuramente, più in generale, la grande trasformazione dei canali di vendita, l’on line impatta molto sul locale, ma soprattutto l’acquisto non è tra le priorità di chi viene in vacanza. Como è ancora una meta ambitissima in questo senso, ma è sempre più raro il turista che ci viene apposta».
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ppure l’interesse per l’abbigliamento italiano non è diminuito… «No, infatti, i fattori sono altri. Il cliente straniero ha ancora per esempio un piccolo vantaggio economico nell’acquistare in Italia piuttosto che nelle altre mete turistiche europee, ma non più alto come una vota, quando aveva tutti gli interessi a comprare a Como piuttosto che a Parigi. In più è proprio cambiato il modo di comprare vestiti: si cercano esperienze, storytelling, un certo tipo di esposizione, l’enfatizzazione del valore umano. Il commercio al dettaglio non è finito e non finirà mai, ma bisogna sapersi reinventare». Da dove viene oggi la maggior parte dei vostri clienti stranieri? «Noi riceviamo la visita di moltissimi statunitensi, che subiscono tanto il fascino dell’Italia in generale e con loro siamo avvantaggiati anche da una forte affinità. Stanno diminuendo i russi, a causa della contrazione del loro mercato, i cinesi sono in aumento ma non siamo ancora ai numeri raggiunti da altre località. Importante sul fatturato è il cliente del nord Europa, magari non numericamente alto ma ben disposto nella spesa. Una grossa fetta del nostro mercato con gli stranieri è ancora oggi rappresentata dai ticinesi. Il risparmio dell’iva è sentito più di ieri: più la tassa aumenta in Italia, più l’acquisto è vantaggioso per i cugini svizzeri. Oggi siamo al 21%, qualche settimana fa c’è stata addirittura una proposta per portarla al 24, è chiaro che rispetto all’8% ticinese la forbice diventa sempre più vantaggiosa. Ma credo che oggi a premiarci con i clienti svizzeri, sia anche un grosso salto che siamo riusciti a fare dal punto di vista burocratico-amministrativo: grazie a una nuova piattaforma informatica – che sfrutta la fattura elettronica - a cui moltissimi commercianti comaschi aderiscono, il cliente svizzero non paga l’iva direttamente in negozio, cioè non
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deve più versarla per poi ottenere il rimborso e, ulteriore vantaggio, essendo la piattaforma comune alle diverse attività, gli basterà pagare con carta di credito per essere direttamente riconosciuto dal database, non dovrà cioè ogni volta fornire i proprie dati ed essere registrato in ogni singola attività. In questo modo inoltre si bypassano le agenzie di tax free che normalmente trattengono una commissione – e a cui ancora ci rivolgiamo per casi particolari. Noi siamo stati fra i primi ad adottare questo sistema, che è attivo da settembre e funziona benissimo». Nel fidelizzare questi clienti, il rapporto con gli hotel vi aiuta? «Il fatto che nell’arco di 30 km dal nostro negozio ci siano sei 5 stelle lusso in generale va benissimo per il nostro livello di prodotto. Tanti sono oggi clienti ripetitivi, che tornano ciclicamente, prenotando la suite di anno in anno e prendendo ogni volta anche appuntamento con noi. Un modello questo che stiamo sviluppando, perché abbiamo compreso che per un certo tipo di cliente fa veramente la diffe-
renza. Lo facciamo in collaborazione con una grande agenzia di incoming e rendiamo quella visita da Peter Ci un’esperienza completa: stanza dedicata, cocktail di benvenuto... In più cerchiamo anche di servirli a casa loro. Vado io fisicamente, sono spessissimo a New York, poi Russia, Emirati, India, ovunque ci sia interesse, con un rapporto esclusivamente di passaparola, senza intermediazioni». Che cosa si può fare per mantenere questo trend positivo? «Oggi le grandi città rischiano di diventare tutte uguali a causa dei negozi di catena. A Como invece ci sono ancora un certo numero di attività famigliari, multimarca, il che è sicuramente un valore: bisogna fare rete per tutelarle con progetti comuni, superando le rivalità. C’è già una volontà della Giunta di mettere a disposizioni fondi per progetti di questo tipo, che curino l’aspetto promozionale, esperienziale, le manifestazioni. Io oggi rispetto a un tempo percepisco l’attenzione dei commercianti ad avere una visione più allargata e lungimirante».
NEWS
Al servizio della biodiversità e contro la standardizzazione dei piatti Dall’inizio del 2018 sono 40 i cuochi che sono entrati a far parte della rete svizzera dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi, unendosi così a un migliaio di altri colleghi in tutto il mondo. Il progetto ha come principale obiettivo di promuovere una gastronomia e una ristorazione a sostegno della piccola produzione e dell’agricoltura locale per salvaguardare, attraverso prodotti che rischiano di scomparire, tradizioni e saperi legati al mondo del cibo. Un altro obiettivo dell’iniziativa è ovviamente quello di fare (ri)scoprire al pubblico questi prodotti proponendo esperienze gustative d’eccezione.
In quanto indiscussi interpreti d’eccellenza del loro territorio, i cuochi hanno la capacità di valorizzare i prodotti locali grazie ai loro saperi e alla loro creatività, portando alla ribalta i «guardiani della biodiversità», ovvero i piccoli produttori, gli artigiani, i trasformatori e i punti vendita diretti. In generale, i Cuochi dell’Alleanza devono dimostrare un interesse per il territorio e dare la priorità ai prodotti regionali. Inoltre, devono inserire almeno tre prodotti dei Presìdi svizzeri (progetti per la salvaguardia dei prodotti) nei loro menu, facendovi figurare anche il nome dei produttori allo scopo di offrire loro vi-
sibilità. I prodotti dei Presìdi e dell’Arca del Gusto devono essere segnalati con i rispettivi loghi.
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