MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
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N° 063 SETTEMBRE / NOVEMBRE 2019
GIUSEPPE ROSSI
EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL
LA NOBILTÀ DEL SERVIRE
CULTURA
PROGETTI
DOSSIER FONDAZIONI
SPECIALE AZIENDE
WOPART Opere d’arte su carta
MANNO 2.0 Il cantiere è aperto
CHRISTOPH BRENNER Qualità nella musica
MERCATO DEL LAVORO Soft-skills e digitalizzazione
Be the Storm
V8 Levante Trofeo con 580 CV. La Maserati più potente mai esistita.
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TICINO WELCOME / EDITORIALE
EDITORE Ticino Welcome Sagl Via C. Cattori 3 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Kyrhian Balmelli
STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Edoardo Beretta, Moreno Bernasconi, Sara Biondi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Gabriele Botti, Joel Camathias, Maurizio Casarola, Paola Cerana, Silvia Cerolini, Rudy Chiappini, Paola Chiericati, Franco Citterio, Silvano Coletti, Alessandro De Bon, Ariella Del Rocino, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Ronnie Kessel, Marta Lenzi-Repetto, Rocco Lettieri, Manuela Lozza, Elisa Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Amanda Prada, Paolo Repetto, Fausto Tenzi, Fabiana Testori e Luca M. Visconti. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia.
Soli COME CANI DI MARIO MANTEGAZZA
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i fronte all’abbandono siamo tutti uguali: nemmeno una testa molto ordinata può reggere alla scoperta di non essere amata. (Elena Ferrante) Come ogni anno in estate si intensificano, giustamente, le campagne di comunicazione contro l’abbandono degli animali. Davvero sembra impossibile che qualcuno possa ancora perpetrare queste cattiverie, separandosi in maniera così violenta e brutale da una creatura inerme, che ti vuole bene. La stessa cosa avviene però purtroppo ancora nei confronti delle persone malate o anziane. Certo viviamo in un Paese molto ben organizzato per queste evenienze, ma la sistemazione in una struttura attrezzata per queste necessità da sola non basta, se poi le persone che vi devono ricorrere non sentono più vicini i propri cari e si ritrovano a vivere ai margini della famiglia e della società. Quando si è costretti a gestire un proprio parente in difficoltà all’interno di casa per anziani, di una clinica specializzata o di qualsivoglia struttura
preposta, bisogna intensificare il contatto umano, per fargli sentire con ancora maggiore forza di essere ancora vivi, utili, importante e amati. Purtroppo ci sono ancora casi di padri e madri, mariti e mogli, lasciati al loro destino nell’abbandono quasi totale delle loro famiglie. Sembra impossibile, ma succede ancora! Accade anche a uomini che hanno lavorato tutta la vita per garantire il benessere della propria famiglia, e a donne che hanno dato tutto al proprio marito e ai propri figli, rinunciando addirittura a loro stesse. Le persone anziane e quelle malate meritano di vedere salvaguardata la propria dignità e il riconoscimento dei propri sacrifici e i propri meriti attraverso l’affetto, la cura e le attenzioni della propria famiglia. Ben vengano quindi le strutture di cui oggi possiamo beneficiare, ma attenzione all’abuso e all’abbandono perché questo è davvero imperdonabile.
Mario Mantegazza
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GIUSEPPE ROSSI La nobiltà nel servire
KARIN VALENZANO ROSSI Coraggio e ottimismo
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BATTISTA GHIGGIA Respingere l’accordo quadro
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MORENO BERNASCONI C’era una volta la presunzione d’innocenza
EDITORIALE 03 Soli come cani Di Mario Mantegazza PRIMO PIANO 06 Giuseppe Rossi: La nobiltà nel servire Di Patrizia Peter Pedevilla 14 Karin Valenzano Rossi: Coraggio e ottimismo 16 Battista Ghiggia: Respingere l’accordo quadro 18 Roberto Verga: Una marcia in più per ripartire 22 Guido Tognola: Ascolto e partecipazione 24 M. Tissafiand and M. Duca Widmer: Enabling change, the female perspective Di Dimitri Loringett 28 Blus Brothers: Unico diktat: spontaneità Di Manuela Lozza GRANDANGOLO 30 C’era una volta la presunzione d’innocenza Di Moreno Bernasconi LAC 34 MASI: Fotografie dagli states 36 Collezione Giancarlo e Dana Olgiati: Le geometrie impossibili di Marisa Merz 38 LuganoMusica: Omaggio ad un genio della musica 40 Teatro e Danza: La bella stagione CULTURA 42 Wopart: Torna la fiera delle opere su carta 46 Imago Art Gallery: Un autunno pieno di iniziative 48 Repetto Gallery London: Pier Paolo Calzolari Di Paolo Repetto 50 Cortesi Gallery: Maestri del colore 54 The Gallery: L’arte “primitiva” conquista tutti Di Dalmazio Ambrosioni 56 Artrust: Nel segno di Warhol 58 Scuola di scultura di Peccia: Festa con mostra d’arte per i 35 anni di attività 60 Susanna De Angelis Gardel: Risvegliare l’arte che è dentro di noi 64 Marco Lupi: La pittura come emozione 66 Settimane Musicali Ascona: Il top ad Ascona 74° FINANZA 68 Ticino For Finance: Un 2020 all’insegna di nuove leggi 70 Riccardo Zanon di Valgiurata: Prevedo nei prossimi anni profonde trasformazioni 74 UBS: Un festival sempre più sostenibile 76 BancaStato: Un semestre molto positivo 78 UBS: Quale futuro per la previdenza svizzera? 80 BNP Paribas: Cambiare il mondo per un futuro migliore 82 Ceresio Investors: In difesa dell’ambiente GASTRONOMIA 86 GaultMillau: Siamo esploratori, non carnefici! Di Carlotta Girola 88 New York: Non tutto ma di tutto Di Marta Lenzi Repetto 92 Monchucchetto: Va dove ti porta il gusto Di Marta Lenzi Repetto 94 Ristorante Agapè: Creatività e sapori veri Di Marta Lenzi Repetto 96 Una linea di cucina vincente all’Hotel Villa Principe Leopoldo Di Giacomo Newlin 98 Ristorante Badalucci: Quell’ingrediente invisibile che rende unica la cucina: l’idea Di Giacomo Newlin 100 The Japanese Restaurant e Ristorante Spun: Il Sol Levante conquista Andermatt Di Giacomo Newlin 102 Vini Tamborini: Innovare senza rinnegare il passato 104 Pasticceria Marnin: Dolci della felicità TURISMO 106 Lugano Region: Autunno, tempo di camminare 110 OTR Mendrisiotto e Basso Ceresio: Giù fino in fondo alla Valle di Muggio Di Nadia Fontana Lupi 112 Ferrovia Monte Generoso: Nostalgia, emozione e modernità 114 Planhotel Hospitality Group: Ospitalità e spiagge d’incanto 116 Hotel Radisson Blu“Reussen”: Un hotel moderno nel cuore delle alpi svizzere Di Paola Chiericati 118 Chalet Royalp Hôtel & Spa: Un’esperienza davvero speciale Di Paola Chiericati
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WOPART Torna la fiera delle opere su carta
LUSSO 122 124 126 130 EVENTI 132 134 AUTO 136 138 140 142 144 ARCHITETTURA 146 148 150 152 154 156 158 160 162 164 DOSSIER FONDAZIONI 166 168 170 176 178 180 182 184 186 AZIENDE 190 196 200 202 204 206 208 210 212 214 BENESSERE 216 SPORT 218 222 LAGO DI COMO 224
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RICCARDO ZANON Prevedo nei prossimi anni profonde trasformazioni
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CHRISTOPH BRENNER Qualità nella musica
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EY SWITZERLAND Proteggiamo il nostro tessuto produttivo
Girard Perregaux: Torna 1966 Blue Moon Dreamboule: Il sogno di una sfera Moda autunno inverno: All’insegna della sperimentazione Di Valentino Odorico Andrea Valsecchi: Come ti rifaccio il look Brülhart & Partners: Un appuntamento che si rinnova da 9 anni The Executive Party: Incontri ad alto livello Bentley Bentayga Speed: Il SUV più veloce del mondo Mercedes-AMG E 53 4Matic+ Cabriolet: Grinta e benessere a cielo aperto Di Alben Mercedes EQC: Inizia l’era delle emissioni zero Di Alben Kessel Classic: L’atelier delle auto d’epoca Kessel Racing scrive la storia della 24h di Le Mans Wetag Consulting: Monumenti architettonici e storici MG Immobiliare: La professionalità nel lavoro quotidiano Fontana Sotheby’s International Realty: Il lusso in Ticino City Pop: Come abitare con una App SIT Immobiliare: Un mondo nuovo per acquistare una casa Wincasa: Ampia disponibilità di locali in affitto Habitrust: Un’impresa poggiata su solide basi Contract G Swiss: Il lusso di una cucina spaziosa e innovativa Arredamenti Bernasconi: Il piacere di dormire bene Alfredo Baratella: Un bel giardino migliora la vita Le generose donne della musica: Racconti di mecenatismo musicale Di Elisa Bortoluzzi Dubach Christoph Brenner: Qualità nella musica Viviana Kasam: Mecenatismo, un elisir di lunga vita Di Elisa Bortoluzzi Dubach Hans-Albert Courtial: Tutto in nome della musica Lucia Martina: Creare una cultura della filantropia strategica Conservatorio della Svizzera Italiana: Sinfonie d’intenti Fondazione Federica Spitzer: Una start-up culturale e sociale Fondazione Fidinam: Aiutare i giovani nell’accesso al lavoro Mondo giovanile: Cosa farò da grande Mercato del lavoro: Soft skills e digitalizzazione Manno 2.0 da progetto a realtà: Apre il cantiere Accordo di libero scambio tra Svizzera e Singapore Di Patricia de Masi Taddei Vasoli SUPSI: La digitalizzazione sarà la nuova frontiera EY Switzerland: Proteggiamo il nostro tessuto produttivo Moresi.com: Trasformazione digitale, istruzioni per l’uso Adventure: Il soccorso arriva dal cielo My Academy: Le nuove professioni nelle vendite B2B: da caterpiller a calamita STRP: Comunicazione, impresa sociale e design Di Amanda Prada Bidi Tour: In città spuntano i totem Belotti Otticaudito: Passione per i sensi Calcio: Non arrendersi mai Di Gabriele Botti Gianni Martinelli: Il mago della forgia Paolo Frigerio: Parla comasco il grande ciclismo Di Manuela Lozza
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PRIMO PIANO / GIUSEPPE ROSSI
LA NOBILTÀ DEL SERVIRE
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ono passati dieci anni dalla mia ultima intervista a Giuseppe Rossi. Era appena stato nominato direttore dello Splendide e davanti a lui c’erano grandi sfide, anche perché il precedente direttore, Aniello Lauro, era stato molto apprezzato sia dai clienti, sia dal personale. Il suo carattere solare e la passione lavorativa l’hanno sicuramente aiutato e grazie a lui lo Splendide ha saputo rinnovarsi, mantenendo quell’atmosfera storica e unica dei Palace, che hanno dato inizio al turismo di lusso a fine ‘800. Incontro Giuseppe un sabato mattina per colazione direttamente nella hall dell’albergo. È appena rientrato da Parigi.
C
om’era Parigi? Caldissima come Lugano? «Ancora di più. Ci sono stato per lavoro, quindi ero continuamente impegnato. Forse non lo sai ma a Parigi abbiamo dodici bellissime suites e un ristorante, l’albergo si chiama anche Splendide Royal e il ristorante Tosca, ogni tanto devo andare a vedere se tutto va bene (sorride). L’albergo è situato nel cuore del Faubourg Saint-Honoré, nella casa dove abitava Pierre Cardin, e devo dire la verità: sono sorpreso da come gli stessi francesi amino la cucina italiana. Naturalmente ho anche approfittato della trasferta per andare a fare un giro negli altri alberghi».
HA INIZIATO LA SUA CARRIERA NELL’AMBITO DELL’OSPITALITÀ DI LUSSO NEL 1982 - SOTTO LA PREZIOSA GUIDA DI ANIELLO LAURO - PROPRIO ALL’HOTEL SPLENDIDE ROYAL, CHE ORMAI DIRIGE DA OLTRE DIECI ANNI. GRAZIE ALLA SUA ESPERIENZA IN AMBITO INTERNAZIONALE GIUSEPPE ROSSI, VOLTO NOTO NEL PANORAMA ALBERGHIERO E TURISTICO TICINESE, HA SAPUTO RESTARE AL PASSO CON I TEMPI, MANTENENDO LO STILE CLASSICO E INCONFONDIBILE DELLO STORICO PALACE, MA SOPRATTUTTO CONTINUANDO A FORMARE PERSONALE SPECIALIZZATO E CAPACE DI ANTICIPARE LE RICHIESTE DI UNA CLIENTELA ESIGENTE, ALLA RICERCA DI EMOZIONI DA POTER VIVERE E CONDIVIDERE.
DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA
Ma allora è vero che nella ristorazione e nell’albergheria esiste una sorta di spionaggio? «Certo (divertito), in alcune occasioni mi presento o vengo riconosciuto, mentre altre volte vado come un semplice cliente. Ad esempio questa volta sono stato a visitare il nuovo giardino di un albergo molto rinomato, questo perché qui allo Splendide stiamo ultimando la zona esterna della nuova Spa e quindi volevo capire come sfruttarla al meglio. Sai nell’albergheria la parte estetica evidentemente è importante, ma non bisogna dimenticare la logistica, che è essenziale».
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Quando sono arrivata questa mattina ho respirato l’atmosfera di sempre, è come se qui allo Splendide il tempo non passasse mai, anche se avete investito molto per rinnovarlo… «L’ultima volta che ci siamo visti qui era dieci anni fa… da allora le cose naturalmente sono cambiate. Tu sai benissimo che succedere ad una persona che aveva lavorato allo Splendide per 41 anni, ed era stato direttore per 30, non è stata cosa facile…». Ma tu eri il suo pupillo… «Sì, ma è successo tutto all’improvviso, e questo non ha facilitato il mio compito. Fortunatamente la clientela, il proprietario Dr. Naldi, il personale mi hanno dato fiducia e oggi posso dire di essere soddisfatto. (Ci servono il caffè con dei biscottini e ne approfittiamo subito) La nostra è una clientela che frequenta i migliori alberghi d’Europa, sì perché lo Splendide ha sempre fatto parte di quel circuito di Grand Tour, prima con le famiglie reali e la nobiltà, poi con i bene-
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stanti e gli imprenditori di successo e oggi con il turismo d’élite, quindi in questi dieci anni abbiamo dovuto intraprendere un processo di ristrutturazione e valorizzazione dell’albergo per essere sempre al passo con i tempi». Senza però stravolgere l’anima dell’albergo… «Questo era uno degli obiettivi primari. Spesso con l’arrivo di un nuovo direttore si tende a voler cambiare, non è stato il nostro caso. Lo Splendide, rispetto ad altri alberghi, ha sempre avuto una clientela abituale. Qui non abbiamo il lusso ostentato, qui puntiamo sul servizio e la qualità. Ci siamo focalizzati sulla ristrutturazione delle camere, mantenendo inalterato lo charme - con un profilo basso - e apportando importanti migliorie tecnologiche. Allo stesso tempo abbiamo ampliato il servizio con il nuovo ristorante gastronomico I Due Sud. Per quanto riguarda il ristorante La Veranda sono state reintrodotte alcune proposte classiche, sempre molto apprezzate, come il servizio flambé. Il
bar invece è stato messo all’entrata e abbiamo anche una cantina a vista, il Forziere del vino, con molte etichette locali. Uno dei nostri desideri, infatti, è quello di connetterci con il territorio, offrendo esperienze locali anche a chi arriva dall’estero. Chi viene da lontano vuole vivere la città, nel comfort sì, ma comunque desidera arricchirsi di nuove sensazioni, dunque tutte le esperienze sono essenziali: la gastronomia, il panorama, gli abitanti della città, il personale… insomma tutto ciò che riesce a trasmettere emozioni, infondo non c’è miglior pubblicità che il passaparola (sorride)». E cosa mi dici della nuova terrazza? «Dopo te la mostro, comunque non è l’unico cambiamento strutturale, abbiamo anche una nuova sala banchetti e una Spa. Ci siamo trasformati da “city hotel” in un “urban resort”, ossia un albergo che pur essendo vicino alla città offre tutti i confort della vacanza. Sfido chiunque a trovare una struttura dove ci si sveglia al mattino e dalle finestre si vede questo panorama (guarda il lago)».
PRIMO PIANO / GIUSEPPE ROSSI
Ogni tanto dimentichiamo che l’albergo è aperto anche a chi a Lugano ci vive… «Certo, noi vogliamo aprirci ancora di più anche a coloro che la città la vivono tutto l’anno. Lo Splendide è rimasto uno dei pochi Palace Hotel ancora in vita e va goduto anche dai luganesi. Con la nuova piazzetta, la sala banchetti e i ristoranti vogliamo arricchire l’offerta generale della città. Ogni anno ci divertiamo ad organizzare una serie di eventi rivolti principalmente ai nostri ospiti locali. I nostri ospiti internazionali inoltre desiderano conoscere i ticinesi, vogliono scoprirne le abitudini, per, come detto prima, arricchirsi di emozioni. In questo senso il concetto di urban resort è estremamente importante, perché si tratta di una struttura aperta a tutti, capace di arricchire l’offerta cittadina». Hai parlato di ultimo Palace, ma sul Ceresio ci sono molti alberghi, anche di lusso, e tutti con le loro caratteristiche. Pensi che ci sia un buon equilibrio tra domanda e offerta?
«Sai (riflette) in passato tra gli alberghi c’era concorrenza, oggi, e ne sono convinto, non siamo più in competizione l’uno con l’altro e noi albergatori l’abbiamo capito. Il concetto base è che tutti noi dobbiamo fare turismo e per farlo dobbiamo essere coesi, dobbiamo avere la capacità di valorizzare, uniti, la destinazione». Quando parli del tuo lavoro ti si illuminano gli occhi, ma come mai tanta passione? «Proviene dal mio forte desiderio di donare, di poter, attraverso un gesto, un servizio, far piacere a qualcuno. E questo, immagino, sia il motivo principale per cui Lauro abbia deciso di darmi fiducia. Per anni lo Splendide è stato una grande scuola, Lauro è sempre stato molto generoso, lui ha visto in me questa mia disponibilità ad essere sempre al servizio degli altri. Non va dimenticato, e ci tengo a dirlo, che la parola servizio è un atto nobile, perché attraverso un gesto rendi qualcuno felice».
Ma come fai con gli ospiti difficili, immagino che ce ne siano, soprattutto con la vostra clientela, molto esigente e abituata ai migliori alberghi? «Per me è una sfida, perché chi fa il mio mestiere, e non parlo solo del direttore, ma anche del barman, del portiere, della cameriera ai piani, lo fa perché ha la capacità di donarsi». Sarebbe bello se tutti coloro che lavorano nell’albergheria e nella ristorazione fossero così, purtroppo non sempre si viene accolti con un sorriso o con la vostra ospitalità… (Compiaciuto) «La verità è che trovare il personale è la cosa piú difficile in assoluto. In questo senso ho adottato la strategia di Lauro: ho formato il mio personale e, lo dico con piacere, sono molto soddisfatto. Quando parlo della formazione non parlo solo di insegnar loro un mestiere, ma anche dell’aspetto psicologico, della capacità di prevedere quelle che sono le esigenze, cogliere quel segnale che il cliente mi dà per poterlo sorprendere. Si tratta di qualcosa di complesso, dell’intelligen-
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za emotiva che mi aiuta ad anticipare i bisogni di chi mi sta accanto. Pensa che noi investiamo ben 300 ore all’anno nella formazione». Le scuole Svizzere sono ottime, penso alla rinomatissima di Losanna, questa non è una garanzia di qualità? «Puoi essere anche stato il miglior studente ma se non hai, nel senso più nobile del termine, la capacità di donarti all’altro, il titolo di studio non serve a nulla». Dunque si tratta di un dono, di qualcosa che qualcuno ha o non ha… «Sì, ne sono assolutamente convinto. È una missione, una vocazione e io lo vedo subito se un giovane ha questa capacità, se è capace di andare verso l’ospite e cogliere le sue richieste prima che queste arrivino. Sai quante volte mi è capitato di dire ad un giovane di cambiare mestiere perché si vedeva che non gli piaceva e anche i clienti se ne accorgevano? Anche se puo’ sembrare il minore dei mali… se non ti piace quello che fai, inizi un circolo vizioso e a causa dell’insoddisfa-
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zione lavorativa rischi di mettere a repentaglio anche la tua vita privata. Contrariamente mi è già capitato di assumere un ragazzo che non ha mai frequentato una scuola alberghiera, ma che con il suo sorriso e la sua disponibilità riesce a conquistare e a dare la giusta fiducia ai nostri ospiti». Immagino che quando visiti altre strutture osservi anche il personale? «Soprattutto il personale, perché il personale deve avere gli stessi valori della struttura che ti ospita. Se i miei valori sono gli stessi dell’albergo, dell’azienda in cui lavoro, riuscirò a dare il massimo, ma se i miei valori
sono in contrapposizione… qui nascono i problemi. Ti è mai capitato di andare in un albergo bellissimo dove, già all’entrata, ti guardano dall’alto al basso perché ti sei messo un jeans? Ecco questa non è accoglienza, questo è giudicare». A dire la verità, purtroppo, capita anche nei negozi…ma torniamo al passaparola, prima dicevi che resta sempre la miglior pubblicità… «Assolutamente! Oggi non è più importante quello che io dico su di me, ma quello che gli altri dicono di me. Negli anni ho imparato che non bisogna mai ostentare un prodotto, perché
©Photograph: Laurent Ballesta/Gombessa Project
COLLECTION
Fifty Fathoms
PRIMO PIANO / GIUSEPPE ROSSI
rischi di deludere la tua clientela. Più ti presenti con un profilo basso, meno aspettative crei e dunque puoi giocare l’effetto sorpresa. Questo concetto è importantissimo perché se creo un’immagine irreale di un luogo rischio di ottenere l’effetto contrario, in poche parole rischio che l’ospite non riesca a percepire neanche la bellezza reale del posto in cui si trova». Quante cose a cui pensare, ma tua moglie e i tuoi figli? Loro ormai saranno grandi… hanno seguito le tue orme? «No, forse si sono spaventati di quanto ho lavorato quando erano piccoli (ride). Sai mia moglie mi ha sempre capito, ha capito fin da subito che il mio lavoro era importante perché lo facevo con amore. Per i miei figli è diverso, ora vedono un uomo realizzato, mentre quando erano piccoli mi vedevano sempre in viaggio, anche perché la mia famiglia è sempre stata a Lugano e io andavo e tornavo, ero sempre con le valigie in mano».
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Avresti potuto lavorare in altre bellissime città, ma sei tornato a Lugano per restarci… «Credo che Lugano, dal punto di vista di chi la visita, sia una città eccezionale, ma che purtroppo soffre per non aver saputo convertire nel tempo reale questo cambio di turismo e lo dico con il massimo rispetto. Negli ultimi dieci anni le cose sono cambiate molto, prima i nostri ospiti erano per il 60% uomini d’affari, attualmente abbiamo soprattutto turisti. Penso che ora tutti noi dobbiamo lavorare assieme per valorizzare la destinazione. Dobbiamo renderci conto che siamo percepiti in modo positivo all’estero, quando l’ospite arriva a Lugano è contento, quello che dovremmo imparare a fare è comunicarlo al mondo intero, ma non è così semplice». Quindi ancora una volta la comunicazione è basilare… «Sì, basti pensare a tutto quello che si può fare in Ticino, penso alle offerte
culturali, ma anche sportive… sono moltissime e a volte le diamo per scontate, ma se diventassimo bravi comunicatori avremmo sicuramente piú successo. Dovremmo riuscire semplicemente a raccontare la nostra storia, senza esagerare, ponendoci esattamente così come siamo, perché non ci si può non innamorare di Lugano». Terminiamo la chiacchierata passeggiando. La sala banchetti è splendida, bianca, luminosa e la terrazza, rialzata, permette di stare in riva al lago senza vedere la strada. Entriamo anche nella Spa dove ci sono diverse sale massaggi, saune, angoli dove rilassarsi nel massimo della privacy e una piscina coperta. Ma quello che mi resta maggiormente impresso dall’incontro sono le parole rivolte al personale, persone che dedicano la loro vita al servizio con una nobiltà d’animo invidiabile.
Pensionamento anticipato? Possiamo permettercelo? Come dovrebbe essere strutturato il vostro patrimonio, affinchĂŠ possiate andare in prepensionamento. E che cosa dovreste decidere oggi per la vostra previdenza. Insieme possiamo trovare una risposta. Leader nella pianificazione previdenziale.
ubs.com/pianificazione-previdenza Š UBS 2019. Tutti i diritti riservati.
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CORAGGIO E OTTIMISMO AVVOCATO E NOTAIO, MEMBRO DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DI BANCA RAIFFEISEN SVIZZERA, DI BANCA RAIFFEISEN LUGANO E DI FIDINAM HOLDING SA È ENTRATA A FAR PARTE DEL CONSIGLIO COMUNALE DI LUGANO, CAPOGRUPPO E POI VICEPRESIDENTE DEL PLR TICINESE, PORTANDO IN OGNI CONTESTO QUELLA CARICA DI ENTUSIASMO E DINAMICITÀ CHE COSTITUISCE UN TRATTO SALIENTE DELLA SUA PERSONALITÀ.
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l suo avvicinamento al mondo della politica è stato un processo lungo e meditato. Come è avvenuto? «Diciamo che l’amore per la politica è sempre stato un sentimento che albergava nella mia famiglia, a cominciare da mia nonna che intratteneva stretti rapporti con personalità e politici della sua epoca. Io mi sono decisa relativamente tardi dopo che più volte ero stata sollecitata a farlo. Ma impegni professionali e poi familiari mi avevano sempre trattenuto, forse anche per la consapevolezza che si tratta di una scelta abbastanza “totalizzante”, in
termini di tempo, organizzazione, dedizione personale». Pentita o delusa? «Assolutamente no. Semmai dispiaciuta nel toccare con mano che i tempi della politica sono effettivamebte sempre troppo lunghi e che, a differenza del mondo finanziario e bancario dove opero e dove le decisioni devono essere prese in tempi molto rapidi, in politica prevalgono spesso le indecisioni, i rinvii, i dubbi, il “sa pò mia” tanto caro ai ticinesi. In Consiglio comunale le cose vanno per fortuna un po’ meglio, forse perché è un organo legislativo
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con una maggiore vicinanza ai problemi della gente, e perché è più facile trovare delle condivisioni anche con altre forze politiche sulla realizzazione di obiettivi concreti».
spostamento del traffico sotto terra/ lago potrebbe essere senz’altro una visione meritevole di approfondimento, sia dal profilo tecnico che delle possibilità di finanziamento».
A proposito di Lugano e del Cantone, di cosa c’è soprattutto bisogno? «Di coraggio, di una visione per il futuro, di voglia di mettersi davvero in gioco anche a costo di compiere scelte che possono risultare impopolari. Qualcosa si è perso dopo il cammino che ha portato il nostro Paese a una condizione di benessere e sicurezza sociale tuttora invidiataci dal mondo intero. La prudenza fa sicuramente parte della storia e della cultura della Svizzera, ed è la base sulla quale si fonda la nostra sicurezza e stabilità, ma un eccesso di cautela fa sì che di fronte ai problemi troppo spesso ci limitiamo a scuotere la testa, rinchiudendoci in una disapprovazione silenziosa, che ha il sapore di una torre d’avorio attorno alla quale invece brulica la vita. Troppo spesso vengono evitate le domande della gente, chiusi gli occhi davanti alle preoccupazioni dei cittadini, si stenta a trovare le parole giuste per arrivare al cuore (e non alle pance) delle persone, per rassicurarle ma anche per spronarle, per comunicare chiaramente ciò in cui crediamo, in termini semplici e comprensibili».
Si dice che la politica, in Svizzera e in Cantone, sia ancora troppo ancorata ad un universo maschile spesso restio ad allargare le maglie del proprio potere. È vero? «Da un punto di vista generale è vero che sia a livello professionale che politico molti dei posti chiave sono occupati da uomini e la presenza delle donne è numericamente ancora bassa. Devo però dire di non aver mai incontrato difficoltà o preclusioni in quanto donna, laddove competenze professionali, personali e umane vengono ormai unanimemente riconosciute e apprezzate al di là di ogni differenza di genere. Noto piuttosto il sussistere all’interno dell’universo maschile di un certo “cameratismo” che si traduce poi in una quasi naturale cooptazione in campo lavorativo e anche politico, a svantaggio delle donne che difficilmente frequentano gli ambienti in cui questo cameratismo si crea».
Parlando di concretezza, quali sono i principali problemi con cui Lugano deve soprattutto confrontarsi? «In primo luogo il traffico. La nostra rete viaria è al collasso, basta un incidente banale in un’arteria principale della rete stradale cantonale e tutto il Ticino si blocca. Lugano non fa eccezione e il PVP, senz’altro corresponsabile di una situazione insoddisfacente, ha completamente disatteso le aspettative. Una pedonalizzazione del lungolago, con la rivalutazione delle rive sarebbe un concetto innovativo per il centro e gioverebbe anche ai commerci e alla ristorazione in difficoltà. Ci vuole però il coraggio di osare. Lo
Che consiglio darebbe ai giovani cui spetta il compito di prendere in mano le sorti del Cantone? «Uscire di casa, andare a studiare o lavorare fuori del Cantone, allargare gli orizzonti e conquistare la propria autonomia. È un insegnamento che ho ricevuto dalla mia famiglia, che ho sempre applicato nel corso della mia vita professionale e che cerco di trasmettere alle mie figlie anche se sono ancora molto giovani. L’incontro con situazioni, esperienze, culture diverse costituisce un arricchimento che in un mondo globalizzato come il nostro diventa una condizione assolutamente necessaria. Poi, naturalmente, c’è anche il momento del ritorno in Ticino, del rapporto e della riscoperta con le proprie radici che rappresentano un valore altrettanto imprescindibile e da coltivare».
Qual è il suo giudizio riguardo all’uso crescente, anzi ormai dominate, dei nuovi media digitali da parte della politica? «Siamo di fronte ad un processo irreversibile ma che non per questo deve essere accettato in modo acritico e passivo. Il paradigma comunicativo è mutato. Il cittadino, infatti, non è più solo oggetto, ma anche soggetto di comunicazione. Cambia il nostro senso della posizione della comunicazione: nei blog, nei siti di social network, costruiamo la nostra riflessività connessa e da lì produciamo, distribuiamo, consumiamo in modi diversi le forme simboliche e i significati che ci servono per capire il mondo. Quello che stiamo costruendo è un equilibrio sociale diverso. E questo un po’ mi preoccupa. Concepisco ancora la politica come luogo della riflessione, della mediazione, dell’elaborazione di un pensiero strutturato, dell’applicazione di un metodo. La campagna elettorale che ha segnato l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca è un classico dove i nuovi media hanno permesso a esperienze locali e sociali periferiche di connettersi, al di fuori del controllo verticale dei soggetti politici, dei mediatori e dei media tradizionali. La rete, pertanto, ha costituito il riferimento per un modello diverso e alternativo di partecipazione politica, ma anche di democrazia. Ma tutto questo non ci mette purtroppo al riparo da un uso scorretto dei nuovi media, tra bugie e menzogne, giudizi improvvisati e superficiali, e soprattutto false notizie».
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RESPINGERE L’ACCORDO QUADRO
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osa l’ha convinta a candidarsi nuovamente al Consiglio degli Stati? «La convinzione di poter rappresentare un pensiero, un metodo di lavoro e una visione del mondo oggi schiacciati dal politically correct e di cui, in un momento di rivolgimenti epocali quali quelli che stiamo vivendo, il nostro Paese ha estremo bisogno. Stiamo vivendo un momento storico fondamentale dove chi si oppone all’accordo quadro, che è un trattato coloniale, chi ha votato contro la direttiva europea sulle armi, chi non vuole gettare dalla finestra miliardi in contributi di coesione, deve avere un suo rappresentante anche agli Stati perché tutto il Canton Ticino deve essere adeguatamente rappresentato. Gli attuali consiglieri agli Stati rappresentano solo il 40% dell’elettorato. L’ulteriore 60% non è rappresentato».
NOTO AVVOCATO, CHE NEL 2015 FU CANDIDATO AL CONSIGLIO DEGLI STATI FALLENDO DI POCO L’ELEZIONE, SI ESPRIME SULLE NON LONTANE ELEZIONI FEDERALI DI OTTOBRE; OLTRE CHE, OVVIAMENTE, SUL CRUCIALE RAPPORTO DELLA SVIZZERA CON L’UNIONE EUROPEA E L’INACCETTABILE ACCORDO QUADRO.
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Quali sono a suo giudizio i principali dossier aperti con i quali occorrerà al più presto confrontarsi? «I dossier aperti e da aprire sono tanti ed importanti, primo fra tutti l’accordo quadro di cui sarà detto ampiamente in seguito. Inoltre, citandoli per temi generali, la necessità di ridurre la burocrazia, la definizione di una politica migratoria sostenibile per un Paese come la Svizzera, la definizione di una politica previdenziale adeguata, così come la creazione di una cassa malati sostenibile, onde correggere una situazione ormai fuori controllo. La tutela dell’ambiente secondo criteri non esclusivamente punitivi ma con l’elaborazione di incentivi. L’abolizione di Via Sicura, che ha letteralmente corto-
circuitato l’adeguatezza delle pene. La creazione di piattaforme di formazione che permettano alla Svizzera di svolgere un ruolo da protagonista nell’ambito dello sviluppo delle nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale alla digitalizzazione, al Fintech, al blockchain e alla robotica, favorendo l’insediamento delle competenze nel nostro Paese, con la conseguente creazione di posti di lavoro, onde non dover subire questa importante evoluzione, che modificherà la vita di tutti i cittadini». Lei ha più volte parlato della necessità di superare una visione del mondo dominata dal “politically correct”. Che cosa significa e come si dovrebbe agire in questa prospettiva? «Superare il “politically correct” significa abbandonare le menzogne del totalitarismo culturale per tendere alla verità, ritrovare autonomia di pensiero e libertà di linguaggio rinunciando ad un quieto conformismo, guardare in modo onesto alla realtà e cercarvi delle vie percorribili nell’interesse collettivo, anziché discriminare i più da ogni progresso con argomenti ideologici, insomma operare a favore di una crescita di civiltà, invece di odiare ed opprimere gli altri con falsa buona coscienza. Davvero la politica praticata in autentica democrazia è l’ambito dell’attività umana dove meglio possiamo dare questo nobile indirizzo alla nostra azione».
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L’UE e l’accordo quadro con la Svizzera. A che punto siamo e cosa bisognerebbe fare per arrivare ad una soluzione accettabile da parte di tutte le parti in causa? «Occorre premettere che la negoziazione di accordi internazionali è sempre difficile, difficoltà che aumenta sicuramente tanto più la controparte è importante dal punto di vista economico e da quello del suo peso internazionale e ciò per il semplice fatto che ogni Paese, a giusto titolo, fa i suoi interessi senza guardare tanto in faccia agli altri. La negoziazione dell’accordo quadro attualmente in consultazione si basa su presupposti istituzionali e metodologici sbagliati ed è stata impostata in direzione di una cancellazione dell’indipendenza politica svizzera. Il nostro sistema di democrazia semi-diretta è incompatibile con il sistema centralista dell’UE. Compromessi di tipo istituzionale non sono possibili. Si possono fare dei matrimoni di interesse ma senza snaturare le istituzioni che hanno garantito successo e benessere a tutta la popolazione svizzera e straniera residente e che sono il frutto di quasi duecento anni di evoluzione storica democratica, non sempre facile». Più in generale, quali sono le motivazioni ideali e i valori che l’hanno convinta a scendere in politica e cosa si impegna a portare avanti nel caso di una sua elezione al Consiglio agli Stati? «La Svizzera nei prossimi anni si troverà di fronte ad un bivio fondamentale: difendere le proprie specificità, libertà e, in buona sostanza, il proprio modello di società, oppure cedere, in nome anche di presunti interessi economici, ai diktat e agli ultimatum provenienti dall’estero, omologandosi sempre più, anche sul piano istituzionale, alle altre nazioni a noi vicine, nel grande calderone dell’Unione Europea. Si tratta, senza ombra di dubbio e senza enfasi alcuna, di una scelta di fondo
“Ogni cittadino, e a maggior ragione un politico, deve avere a cuore l’ambiente e deve concretamente impegnarsi in sua difesa.” che determinerà il futuro del nostro paese. Ne va, insomma, della sopravvivenza di uno stato libero e sovrano, così come l’abbiamo conosciuto finora, di fronte ad una globalizzazione economica e politica che fa strame delle specificità e delle prerogative dei popoli e delle nazioni, perché è evidente, e la storia recente lo insegna, che le democrazie nazionali sono sempre più minacciate da poteri sovranazionali che sfuggono di fatto al controllo democratico. Difendere e valorizzare le proprie prerogative e caratteristiche non significa però chiudersi in se stessi e la Svizzera nel corso degli anni l’ha ampiamente dimostrato, presentando a livello mondiale un’economia efficiente e vincente, ai vertici della competitività internazionale e della ricerca scientifica, che ha generato un diffuso ed elevato benessere, anche se chiaramente nulla è garantito per il futuro. Lo ha dimostrato anche in campo umanitario e in quello dell’integrazione. Quanti altri Stati europei hanno una quota di popolazione straniera residente, complessivamente ben integrata, che raggiunge il 25% e in Ticino supera addirittura il 30%? Non voglio dipingere un quadro idilliaco, anche perché non sono mancate le pecche, però, nei secoli, la Confederazione ha, in generale, saputo adattarsi, governando i cambiamenti, e non subendoli, mantenendo e valorizzando nel contempo quelle che erano le proprie peculiarità, divenute punti di forza. Il federalismo, con le sue autonomie cantonali è indubbiamente stato un modello vincente. L’unione di queste autonomie cantonali in una confederazione e in una nazione basata sulla volontà (Willensnation) rappresenta l’atto fondante di un paese che ha mostrato una conti-
nuità storica per certi versi unica, che non ha tuttavia sempre impedito conflitti interni nei secoli scorsi. Oltre al federalismo, l’elemento caratterizzante del nostro sistema istituzionale e politico è indubbiamente legato a quella democrazia diretta (o semidiretta) che, attraverso gli strumenti dell’iniziativa e del referendum, chiama in prima persona il cittadino nelle scelte fondamentali dell’ente pubblico. È importante difendere con vigore, convinzione e senza rassegnazione tutto questo». L’ambiente è un tema di grande attualità: si tratta di una realtà o di una moda? «Incominciamo col dire che quella della tutela dell’ambiente è una sensibilità che nel corso degli anni è andata ad aumentare in tutti i partiti e non vedo come potrebbe essere diversamente. Ogni cittadino, e a maggior ragione un politico, deve avere a cuore l’ambiente e deve concretamente impegnarsi in sua difesa. Ciò che è invece fuorviante è la manipolazione delle istanze verdi per trasformarle in esperimento di ingegneria sociale volto ad obliterare l’identità culturale del nostro paese e a modificarne surrettiziamente costumi, istituzioni politiche, strutture economiche, sensibilità e credenze che tendono a far cambiare i modi di vita per dei modelli che non esistono e sono solo teorici».
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UNA MARCIA IN PIÙ PER RIPARTIRE UN INCONTRO CON ROBERTO VERGA, FONDATORE E ORA PRESIDENTE ONORARIO DEL GRUPPO VECO, COSTITUISCE UN’INTERESSANTE OPPORTUNITÀ PER UNA RIFLESSIONE SU QUELLO CHE È STATO IL TICINO DEGLI ULTIMI DECENNI E SULLE PROSPETTIVE PER DISEGNARE UN NUOVO FUTURO.
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ossiamo partire proprio dalle origini. Come è nata la decisione di iniziare ad operare nel settore fiduciario? «La Fiduciaria Verga venne fondata il 3 ottobre 1973, in un contesto economico e sociale del Ticino e della vicina Italia molto diverso da quello attuale. Erano gli anni in cui in Italia aleggiava una forte preoccupazione per quelle che si prospettavano essere le prospettive soprattutto politiche del Paese e molti imprenditori si preoccupavano di individuare una possibile protezione dall’instabilità del Paese Italia. Il settore bancario e parabancario ticine-
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se, dimostrando una notevole lungimiranza, colse allora l’opportunità di emergere mettendosi a disposizione di questa tipologia di nuovi clienti, al fine di soddisfarne le loro esigenze». In cosa consisteva prevalentemente questa attività di consulenza offerta ai clienti italiani… «Si trattava per lo più di individuare soluzioni di protezione del patrimonio e ottimizzazione fiscale, anche attraverso strutture societarie internazionali. In quest’ottica mi sono trovato ad essere avvantaggiato dalla mia precedente esperienza in UBS che proprio in quel periodo, onde evitare il rischio
di possibili conflitti d’interesse, sceglieva di esternalizzare questi servizi. Va inoltre detto che il mercato in quel momento richiedeva una specifica capacità nell’ individuare soluzioni innovative ed efficienti, in grado di superare la tradizionale struttura delle società offshore. Penso all’importanza di aver stabilito già all’epoca proficue relazioni con il Regno Unito e il suo sistema bancario per la costituzione e la gestione di società di diritto anglosassone. E analoghe considerazioni valgono per Paesi come l’Irlanda, l’Olanda, il Lussemburgo e altri ancora».
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Anche per lei UBS ha rappresentato dunque uno straordinario bagaglio di esperienze… «Assolutamente sì. Ho avuto modo di lavorare in sedi diverse e di conoscere dall’interno molti dei meccanismi che regolano il funzionamento di una grande banca e questo mi ha poi agevolato nell’accompagnare i clienti in tutte le procedure necessarie allo stabilirsi di una relazione bancaria». Questo rapporti si basavano in ogni caso sulla capacità di stabilire un rapporto continuativo di fiducia con il cliente. Ma è ancora così o le nuove tecnologie rischiano di sconvolgere tutto? «Sono molto interessato alle nuove tecnologie informatiche applicate al settore finanziario. Si tratta di strumenti utilissimi ma che, appunto, sono dei mezzi che possono aiutare e semplificare i processi di valutazione e di gestione. Ma, in ultima analisi, credo che la parola definitiva spetti all’uomo, con la sua esperienza, le competenze e il “fiuto” nel comprendere il potenziale umano, presente e futuro di un cliente. Arrivare a conoscere bene un cliente non è soltanto una questione di moduli da compilare ma un processo lungo e delicato che deve essere continuamente aggiornato e integrato». Uno dei servizi per i quali vi siete fin dall’inizio distinti riguarda il credito, in particolare i crediti documentari all’esportazione. Di che cosa si tratta? «Il credito documentario è un’operazione bancaria (lettera di credito) utilizzata per il regolamento di transazioni commerciali internazionali. Più precisamente, un credito documentario può essere definito come l’impegno scritto di una banca (emittente) emesso per ordine di un Compratore (Ordinante) a favore di un venditore (Beneficiario) ad effettuare un pagamento (a vista o differito) contro ritiro di determinati documenti giudicati conformi al testo del credito stesso. È
“Arrivare a conoscere bene un cliente non è soltanto una questione di moduli da compilare ma un processo lungo e delicato che deve essere continuamente aggiornato e integrato.” il testo del credito che definisce quali documenti dovranno essere presentati e con quali caratteristiche, ma il documento più importante per queste operazioni è il documento di trasporto, che attesta l’avvenuta spedizione della merce. Questo strumento è fondamentale nelle transazioni commerciali ed in particolare nel commercio internazionale dove le parti risiedono in luoghi distanti e sovente hanno difficoltà a concludere affari perché hanno esigenze di salvaguardia diverse e contrapposte, ma all’epoca erano poche le società e anche le banche specializzate in questo servizio per il quale noi avevamo invece messo in piedi un’apposita struttura divenuta in breve molto competente e richiesta». Ma il credito è ancora un tema rilevante per l’attività commerciale, anche in forme più sofisticate come ad esempio l’assicurazione creditizia, il corporate finance e il private equity, temi sui quali ci stiamo attrezzando per sostentere l’imprenditore nella crescita ed aiutarlo a reperire i fondi necessari». I tempi sono cambiati ma la vostra società resta ancora fortemente focalizzata sulla clientela italiana. Con l’offerta di quali servizi? «Negli anni siamo notevolmente cresciuti e abbiamo fortemente diversificato le nostre attività, dalla consulenza fiscale societaria internazionale alla gestione patrimoniale fino a diventare uno dei più importanti multi-family office svizzero, privato e indipendente,
con sedi a Lugano, Londra, Dubai, Hong Kong e Malta. Certo, avendo radici nella svizzera italiana, l’Italia rappresenta sempre un mercato interessante, vicino e ricco di imprenditorialità, ma lo sguardo ai mercati in via di sviluppo rimane sempre acceso. Parallelamente è anche cambiato l’approccio che occorre avere nei confronti del cliente, oggi più preparato, competente, pronto a confrontarsi con diversificate realtà nazionali e internazionali. La risposta può essere data solo a livello di qualità del servizio offerto a proposito della quale, se proposta con adeguata professionalità, credo che la Svizzera e il Ticino abbiano ancora molto da dire». A questo proposito, quale crede possa essere il futuro economico del Ticino? «Penso che il settore finanziario, inteso come bancario e parabancario, non abbia ancora concluso il processo di ridimensionamento ormai in atto da qualche anno. Poi occorrerà ripartire facendo leva su quelle professionalità che già ci sono o che potranno arrivare soprattutto grazie all’apporto dell’università e di centri di formazione. Avverto tuttavia anche una certa carenza di vocazione imprenditoriale indispensabile, insieme ad una visione del futuro chiara e condivisa, per fare quel salto di qualità che molti auspicano ma che tarda ad arrivare. Il Ticino ha goduto per troppo tempo di una situazione di benessere in buona parte indotta che certamente non tornerà più. Ma molti non sembrano essersi ancora accorti di questo cambiamento. Il Gruppo Veco mantiene il suo spirito imprenditoriale attivo e guarda il futuro aprendo nuove strade di supporto all’imprenditore, con servizi su misura come una vera boutique, cercando di diventare l’interlocutore preparato e attento per qualsiasi esigenza, privata o aziendale. Un bel passo avanti difficile e faticoso, una nuova sfida in un mercato sempre più concorrenziale che sono sicuro porterà valore e risultati, anche per il Ticino». TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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NASCE VECO DIGITAL SA Le tecnologie digitali stanno trasformando ogni mercato verticale, dove la comprensione delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) ed il corretto uso può rappresentare un incredibile acceleratore. Nell’ambito della nuova strategia del Gruppo VECO, la diversificazione del proprio business rappresenta una delle strade che il Gruppo storico Multi Family Office luganese sta percorrendo, con l’obiettivo di divenire l’interlocutore unico di imprenditori e imprese per guardare al futuro con spirito costruttivo. L’innovazione che la tecnologia sta portando rappresenta un acceleratore incredibile che se sfruttato bene può portare risultati già nel breve periodo ed aprire nuovi mercati. In quest’ottica è nata il 1 giugno VECO Digital SA, con l’obiettivo di affiancare imprenditori e aziende per sfruttare le opportunità di questo settore, come ad esempio: moltiplicare la visibilità e i canali di vendita; introdurre nuovi metodi per comunicare con i clienti; posizionare i clienti al centro del proprio business e conoscere le loro opinioni, prendere migliori decisioni grazie al sapere; aumentare la produttività e l’innovazione; migliorare il lavoro di squadra e la comunicazione interna all’azienda; miglio-
Un doveroso omaggio Giovedì 17 ottobre 2019 alle ore 17:30 presso l’Auditorium della Università della Svizzera Italiana, in Via G. Buffi 1 si terrà l’atto accademico di consegna degli scritti in onore del Prof. Dr. Libero Gerosa in occasione del Suo 70° genetliaco. L’opera intitolata “Parola – Sacaramento – Carisma”, curata dai professori L. Bianchi – A. Cattaneo - G.Eisenring dell’Istituto Internazionale di diritto canonico e diritto comparato delle religioni (DiReCom) della Facoltà di Teologia di Lugano ed edita da Cantagalli (Siena), raccoglie contributi di oltre 30 insigni cultori della scienza canonistica e testimonia
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rare le condizioni di lavoro per gli impiegati Il team digitalizzazione di VECO Digital è posizionato in modo univoco per essere la controparte per le strategie di crescita futura. Combiniamo la copertura continua del settore TIC con una profonda esperienza nei mercati verticali per identificare come le industrie si trasformeranno e in che modo i fornitori di TIC possono renderlo una realtà.
che l’attività scientifica del prof. dr. Libero Gerosa ha riscontrato un vasto riconoscimento internazionale. L’evento avverrà alla presenza delle autorità accademiche (USI e FTL) e politiche del Cantone, dei colleghi e degli amici che hanno conosciuto e condiviso esperienze con Mons. Libero Gerosa. Tra di essi si annoverano anche cardinali ed alti prelati che hanno collaborato con lui nei Pontifici Concilii e nelle Congregazioni di cui il festeggiato è stato (ed è tuttora) Consultore. L’Istituto DiReCom vuole così esprimere la gratitudine nei confronti del suo Direttore per l’impegno che ha profuso in questa iniziativa accademica ed ecclesiale, conferendole al contempo qualità scientifica e spirito di sincera amicizia.
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ASCOLTO E PARTECIPAZIONE
uali sono le motivazioni ideali che l’hanno spinto ad occuparsi in prima persona di politica a favore del Ticino? «In generale credo che l’impegno politico nasca principalmente dalla volontà di contribuire alla costruzione, in funzione di una propria visione ideale, di una società migliore, non necessariamente legato ad un luogo fisico o forzatamente partitico. La politica appartiene all’uomo, come l’uomo, forse anche inconsciamente, alla politica e tale responsabilità individuale ci rende attori incondizionati della realtà presente e di come sarà il domani che lasceremo, a prescindere da eventuali cariche istituzionali o meno. Personalmente ho sempre creduto nel principio di società aperta libera e liberale, pluralista, multiculturale e multietnica, tollerante, laica, critica, progressista,
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oggi, purtroppo, sempre più minacciata da sovranismi e populismi vari, dediti essenzialmente all’istigazione di paure, alla creazione strumentale di un nemico da combattere, a chiusure pressoché dogmatiche…e la storia dovrebbe averci insegnato dove certi credi portano…». Come potrebbero essere riassunti i contenuti e gli obbiettivi del suo impegno alla guida del PLR di Lugano… «Ad oggi il nostro obiettivo principale è cercare un contatto con la base più partecipativo e meno personalistico, nel solco della trasparenza e dell’onestà intellettuale. Sottolineando l’importanza del recupero di quei valori troppe volte solo declinati: libertà, uguaglianza (di fronte alla legge ed alle opportunità), solidarietà e progresso. L’ascolto attivo della città, dei cit-
tadini, delle varie associazioni presenti sul territorio, al fine di ricostruire quel rapporto di fiducia venuto meno negli anni e concretizzatosi nella forte astensione e disaffezione dal bene pubblico e dalla vita politica». Quali temi ha scelto di mettere al centro del suo impegno politico per la città di Lugano e quali sono stati i principali risultati ottenuti? «Temi e programmi non dipendono dalla mia volontà personale, bensì sono espressione, democratica e condivisa, maturata nei vari organi predisposti del partito. Al centro della nostra azione vi è piuttosto l’impegno ad un approccio sistemico nell’elaborazione e nella verifica dei vari temi ed obiettivi stessi. Troppo spesso si tende ad una progettualità a “macchia di leopardo”, senza un senso di visione chiaro. In questo contesto è fondamentale, ad
PRIMO PIANO / GUIDO TOGNOLA
esempio, che si arrivi al più presto alla presentazione di un master plan unitario, un piano di urbanizzazione sul quale potere riflettere, identificando tutte quelle problematiche presenti ed interconnesse (viabilità, trasporto pubblico, ecc.), ciò al fine di potere formulare al meglio le strategie future nell’ottica di una vera smart city a tutti gli effetti. I principali risultati ottenuti? Constatare un maggior dinamismo ed entusiasmo fra i giovani consiglieri comunali PLR». Qual è il progetto, in abito culturale, a cui tiene particolarmente e che vorrebbe vedere presto realizzato per la città di Lugano? «Se per ambito culturale intende il mondo dell’arte, ritengo che Lugano abbia oggi delle bellissime realtà, riconosciute internazionalmente, sul quale potere operare: MASI, MUSEC, LAC in generale, Conservatorio, Daniele
Finzi Pasca, -1, fondazioni private, solo per citarne alcune. Inoltre, un ottimo direttore della cultura, Luigi Maria Di Corato, che sta operando molto bene nel costruire contatti con il territorio e operando nella corretta messa in rete e valorizzazione dell’esistente. Sogno nel cassetto? Forse una Kunsthaus meno istituzionalizzata, punto d’incontro anche avanguardistico. In ambito culturale, in senso lato, mi piacerebbe una città rivolta al futuro, dove la progettualità nasca da concorsi di idee e non da progetti predefiniti, lasciando spazio unicamente alla parte esecutiva». Qual è la sua valutazione sullo stato delle condizioni economiche e sociali di Lugano e quali soluzioni andrebbero adottate? «Non esistono formule magiche o soluzioni preconfezionate. Oggi s’impone
la necessità di un’analisi di realtà coraggiosa ed obiettiva. Il paradosso che viviamo di una città in crisi d’identità dove commerci, esercenti, piccoli imprenditori faticano a fronte di un risultato contabile cittadino nell’ultimo anno più che soddisfacente dovrebbe farci riflettere. Il forte indebitamento, inoltre, richiederebbe attenzione in quanto all’orizzonte si intravvedono scenari congiunturali non esattamente rosei. Di conseguenza, fondamentale, è che la politica proponga senza indugio delle condizioni quadro nelle quali potere operare al meglio al fine di potere creare quella sana ricchezza necessaria alla crescita». Come trascorre il suo tempo libero e quali sono i suoi interessi quando non è impegnato nel lavoro e nella politica? «Adoro passeggiare per Lugano, riscoprendola ogni volta».
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PRIMO PIANO / MAYA TISSAFI AND MONICA DUCA WIDMER
ENABLING CHANGE, THE FEMALE PERSPECTIVE THE SECOND MEM SUMMER SUMMIT UNDERSCORED THE IMPORTANT ROLE THE INITIATIVE OF USI CONTINUES TO HAVE IN BRIDGING CONTINENTAL EUROPE WITH THE MEDITTERANEAN AND THE MIDDLE EAST, BY ENABLING INTERACTIONS BETWEEN YOUNG CHANGE-MAKERS AND POLITICAL, BUSINESS AND INTELLECTUAL LEADERS FROM THE DIFFERENT AREAS OF THE MEDITTERANEAN. WE CONTINUE THE DIALOGUE THAT TOOK PLACE IN LUGANO WITH TWO INSTITUTIONAL FIGURES WHO SHARE THEIR VIEWS ON THE ESSENTIAL ROLE PLAYED BY WOMEN TO FOSTER CHANGE. BY DIMITRI LORINGETT
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t the second Middle East Mediterranean (MEM) Summer Summit organized by USI Università della Svizzera italiana, 100 young change-makers from 25 countries of the Middle East Mediterranean (MEM) region and Europe gathered in Lugano from 15 to 25 August 2019 with the goal to encourage alternative narratives of the MEM, by creating a privileged context for an open dialogue between young change-makers and political authorities, leaders, entrepreneurs and intellectuals. To continue this open dialogue, we spoke with two leading female figures who describe their role as women in the respective institutional and business contexts and who bring with them a clear message to the young leaders of tomorrow, engaged like them, in enabling change. Maya Tissafi, currently Head of Mission in Abu Dhabi for the Swiss Confederation, from September 1 will head the Middle East and North Africa (MENAD) Division of the Directorate of Political Affairs (FDFA Federal Department of Foreign Affairs) in Bern, a position for which the Federal Council has conferred upon her the title of ambassador.
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hat are the current and future challenges of being a European diplomat – and a woman – in the Gulf Region? «Though the United Arab Emirates (UAE) appear to have a strong western influence, their reality is more complex: on the one hand, it is an Ar-
PRIMO PIANO / MAYA TISSAFI AND MONICA DUCA WIDMER
ab country that is proud of its cultural heritage, where religion is of great importance in society and in which certain customs apply. On the other hand, the UAE also unites a multitude of cultures from Europe, Africa and Asia. With 90% of foreigners and different religions, tolerance and mutual respect are a great prerequisite for living peacefully side by side in the UAE. The cultural, social and religious diversity, which may surprise at first, does not delight all neighbouring countries equally and the UAE faces the great challenge of balancing tradition and modernity, conservatism and openness. The same applies to the image of women. I have always seen it as an advantage to represent Switzerland as a woman in the UAE. The female Ambassadors regularly have access to events that my male colleagues were unable to attend: for instance, the events of the Women’s Union or the events of Sheikha Fatima bin Mubarak Al Ketbi, the wife of Sheikh Zayed bin Sultan Al Nahyan who died in 2004, who often invites the country’s most important women. Since the UAE explicitly wants to strengthen the public role of women, the female ambassadors are regularly asked for their participation in discussion forums and interviews». During your assignment in Abu Dhabi, what developments or evolutions have you observed? In particular, how do you perceive the role of women in the UAE as well as in the neighbouring countries? «The UAE has been for decades a pioneer in the region with concerns to the role of women. Among Emirati citizens, for example, women account for 70% of all university graduates, and by law every company must have at least one woman on its board of directors. There are 30% women ministers and the speaker of parliament is a woman.
Women in the UAE hold important positions, an example of which is Reem Al Hashimy, who in addition to her ministerial position is responsible for Expo 2020 in Dubai. A woman was explicitly recruited for the office of Youth Minister, the UAE is represented in the UN by a female ambassador, the management of the major art fairs “Abu Dhabi Art” and the “Sharjah Biennale” or the Falcon Clinic have been in women’s hands for years». What are the objectives of the MENAD Division you will be heading in Berne, and what are your own priorities? «The Division is responsible for Switzerland’s bilateral relations with the countries of the MENA region and for defending Switzerland’s interests, coordinating therefore the foreign policy activities of the Federal authorities in areas such as politics, the economy, environment, education and security. In doing so, we are guided by the foreign policy strategy of the Federal Council and now also by the foreign policy vision AVIS 28, which closely links foreign and domestic policy. We are also working on initiatives that will benefit Switzerland and the countries in the MENA region. These include, for example, the MEM initiative in Lugano, which brings together young change-makers from the region and focuses on the exchange of ideas on regional challenges. We will also take part in Expo 2020 in Dubai with a Swiss pavilion and promote our excellent education system, the innovative private sector and Switzerland as a tourist destination. For me personally, it will also be important to work with the departments and other countries on initiatives in the field of regional stability and security, vocational training and job creation. I would also like to focus on communication: the Swiss people should understand exactly what we are doing and why. I am therefore looking forward to dis-
cussions in universities, vocational training institutions, in politics and with young people in open forums». Monica Duca Widmer, President of the USI University Council since 2016, is a chemical engineer, founder, and head of EcoRisana SA, with a 16-year tenure (2005-2011) as Member of Parliament of the Canton Ticino. Mrs. Duca Widmer – who has been Board member in a number of higher education institutions, among which ETH, SATW and University of Lucerne, and Federal commissions, such as the Energy Research Commission and the Nuclear Safety Inspectorate – is currently President of Migros Ticino, and Appointed President of the future holding company of RUAG. Your academic and professional curriculum presents a wide range of past and present activities in many fields, including politics, higher education, technology, and entrepreneurship. Would you consider yourself a role model for young women reluctant to approach the subjects of science and technology? «Rather than being a role model, I would hope to prove that prejudices are what lead us to think that science and technology cannot appeal also to women. According to Eurostat, in 2017, 41% of scientists and engineers in the EU were women. Among the countries with the lowest number of women employed in these sectors we find, regrettably, Switzerland, with a percentage of 33%, confirming that legal equality has not yet led to a de facto equality. In addition, the number of girls interested in STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) disciplines is still significantly low. USI is also no exception: although in the 2018/19 academic year there were 1,465 male and 1,350 female students, in the Faculty of Informatics there were only 52 women and 308 men». TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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At the MEM Summer Summit, we welcomed a hundred young leaders of tomorrow, which we call “change-makers”, precisely because of their commitment to fostering change in many areas, including the gender prejudices you have mentioned. In your view, as an entrepreneur, what could be done to improve the advancement of female careers? «Despite the fact that in Switzerland we find ourselves in a relatively privileged situation and that there is clearly room for increasing the interest of young women in STEM subjects, I insist on the importance of fighting against gender prejudices to promote female careers. But then there is the issue of entrepreneurship, where Switzerland needs to catch up with other Western countries. In the recent report Global Entrepreneurship Monitor (GEM) 2018/19, issued by HEG Fribourg, we see that the Swiss, compared to other countries, are less inclined to engage in entrepreneurship. Only 7% - against 10% in the other countries considered – start a new business, despite the fact that there are many initiatives aimed at encouraging entrepreneurship. I see this as a wake-up call, because without entrepreneurs we would not have enterprises. Despite the high level of education of the population in Switzerland and the good rate of success, there is lack of willingness to get involved. Leonardo Da Vinci said, “He who possesses most must be most afraid of loss”. Why should one take up the challenge of creating his/her own company, when being just an employee can better protect from the risks of failing? We need to change this attitude and therefore I welcome those initiatives like, for example, the CP Start-Up of USI (the university incubator for start-up projects), where assistance is provided to young entrepreneurs who want to turn an innovative idea or a project into an entrepreneurial activity. In this
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“Rather than being a role model, I would hope to prove that prejudices are what lead us to think that science and technology cannot appeal also to women.” respect, I see great potential for all young entrepreneurs, women and men alike, to make change happen». You were recently appointed President of the future holding company of RUAG, the Swiss technology company active in the fields of aerospace and defence. How do you see yourself in this new role, and what are your priorities? «Clearly, this is a great challenge: the task is to separate the Holding RUAG between the army sector and the other international units. The Maintenance, Repair and Overhaul (MRO) tasks that RUAG carries out for the Swiss Army will remain under Federal ownership, while the military technology sectors providing services to the market and that are not relevant for national security, will be privatised. My priority - and my role - is to ensure that everything is done in accordance
with the regulations of the Federal Council, which has decided on this separation also to increase security and to prevent products from the our armaments industry from ending up in countries with ongoing conflicts».
Università della Svizzera italiana
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PRIMO PIANO / BLUES BROTHERS
UNICO DIKTAT: SPONTANEITÀ
DI MANUELA LOZZA UNO VIENE DAL MONDO DELLA MUSICA RAP, L’ALTRO DAL CALCIO. UNO È PIÙ MATURO, L’ALTRO PIÙ GIOVANE (E QUESTO È UNO DEI PRINCIPALI ARGOMENTI DEI LORO RECIPROCI SFOTTÒ). UNO SEMBRA PIÙ CINICO (MA IN FONDO NON LO È AFFATTO), L’ALTRO PIÙ INGENUO (FORSE). MAXI B E MICHAEL CASANOVA CI FANNO COMPAGNIA OGGI GIORNO, FIN DALL’ALBA, SULLE FREQUENZE DI RADIO3I E STANNO AVENDO – DENTRO E FUORI L’ETERE – UN SUCCESSO STREPITOSO.
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ai volgari, sempre rispettosi del pubblico, non amano essere definiti comici, eppure riescono a far ridere migliaia di ticinesi ogni mattina. In loro c’è un’etica della risata che l’audience percepisce, un’eleganza innata nel ritmo tra botta e risposta, una felice semplicità nel modo in cui si canzonano a vicenda. Intervistarli non è facile, perché non perdono occasione per punzecchiarsi e si vorrebbe lasciare la tastiera per godersi il loro spettacolo. Ma è subito chiaro che c’è molto altro da scoprire. Due animi sensibili, anche se uno fa un po’ più il duro per copione, due persone fortemente empatiche che maneggiano con abilità la grande arte dell’autoironia. Un duo veramente ben assortito, nonostante le premesse potessero ingannare. «Dobbiamo ringraziare Matteo Pelli» inizia Maxi. «Io conducevo una tra-
smissione sportiva, partita dal fatto che sono appassionato di diverse discipline, ma di calcio non sono molto esperto. Così la redazione mi affiancò Michael che, nonostante la giovane età, aveva all’attivo una florida carriera sul campo. Inizialmente doveva occuparsi di interventi ad hoc, ma abbiamo capito subito che insieme funzionavamo. E soprattutto che ci divertivamo. Così sono nati i Blues Brothers». In redazione c’è una stanza, “sgabuzzino” lo definiscono loro, senza finestre. I ragazzi lo trasformano nel loro studio, nel pensatoio, e lì cominciano le loro riflessioni. «Non scriviamo un copione» – spiega Michael – «tuttalpiù qualche appunto, ma passiamo molto tempo a riflettere su quali siano per noi le cose importanti da dire, su quali piccoli episodi della nostra vita possa essere bello raccontare. Ma anche a parlare del lavoro in sè, di come sia giusto e etico svolgerlo, quali responsabilità
PRIMO PIANO / BLUES BROTHERS
preveda. È così che abbiamo scoperto di essere d’accordo sul mettere al bando qualunque forma di volgarità, doppio senso o parolaccia. Vogliamo che tutti possano ricavare qualche ora di svago, magari potendosi riconoscere in noi, senza che nessuno si senta offeso». La formula funziona e nel giro di poche settimane è già chiaro che il programma piace, che il duo è simpatico e presto molti ticinesi sentono un legame con questi atletici ragazzoni. Comincia così la partecipazione agli eventi live. «È stato meraviglioso» prosegue Maxi. «L’incontro con il pubblico ci ha dato moltissimo, dal punto di vista professionale e soprattutto umano. Innanzisi dice sui social, e Michael ha una nuova fidanzata che da qualche mese gli ha cambiato la vita: la sua cagnetta (uscita che gli farà definitivamente cadere ai piedi orde di fan). Ma a dispetto della professione e della naturalezza con cui si prendono in giro in radio, entrambi hanno una certa timidezza, una pudicizia innata, e tornano subito a parlare di lavoro, così scopriamo i loro progetti estivi. Maxi sta preparando un nuovo singolo, dopo i successi degli ultimi mesi che l’anno visto lavorare in collaborazione con altri artisti, e intanto i Blues Brothers si preparano per una trasmissione speciale che li porterà, ma ci avvisano già che non potranno dirci di più, «a stretto contatto con il nostro pubblico. Proprio, proprio stretto…». tutto ci ha fatto capire che eravamo sulla strada giusta, che stavamo ottenendo ciò che speravamo, e cioè che la gente ci voleva bene, si sentiva partecipe delle nostre vicende, ci era affezionata. E poi l’energia che hanno saputo comunicarci! Ogni volta ce la portiamo dietro per giorni, dopo l’evento». Insomma, come si è capito anche Maxi, che fa un po’ il cinico in trasmissione, così disincantato in fondo non è… «Ma va’!» spiega il suo collega. «Lavoriamo un po’ per contrasto, allora siccome io sono ancora più sensibile di
lui, gli viene spontaneo darsi un tono. Potrei farvi un altro esempio di questo meccanismo che si è creato nel nostro rapporto: Maxi ha paura di volare, ma io ne sono letteralmente terrorizzato, allora ecco che col fatto che è lui a fare coraggio a me, poi gli passa il timore». Intelligenti, simpatici e, come sa chi oltre ad ascoltarli in radio li ha anche visti, due bei ragazzi. Quindi, a situazione sentimentale come stiamo? Stanno zitti entrambi, per la prima volta in venti minuti. Alla fine viene fuori che Maxi è “in una relazione complicata”, come TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
C’ERA UNA VOLTA LA PRESUNZIONE D’INNOCENZA SOTTO I NOSTRI OCCHI SI STANNO MOLTIPLICANDO SEGNALI DI INDEBOLIMENTO DI UNO DEI PILASTRI PORTANTI DELLA CIVILTÀ MODERNA: IL PRINCIPIO DELLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA. FONDAMENTO DELLA SICUREZZA E DELLA LIBERTÀ DEL SINGOLO CONTRO INQUISIZIONE E PREVARICAZIONE, CONTRO UNA GIUSTIZIA ASSERVITA AL POTERE E/O AL LINCIAGGIO DELLE FOLLE, QUESTA CONQUISTA INAUGURATA DAL DIRITTO ROMANO E SANCITA NELL’ETÀ DEI LUMI SEMBRA PERICOLOSAMENTE VACILLARE NELL’ERA DELLA SOCIETÀ DEL RISCHIO E DELLA COMUNICAZIONE. C’È QUALCHE MOTIVO DI PREOCCUPAZIONE.
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ileviamo alcuni di questi segnali. Molti Stati sono indebitati, spesso a causa di una cattiva gestione della cosa pubblica. Qual è la risposta? Spesso, purtroppo, non la messa in atto di pratiche di gestione virtuosa della cosa pubblica, bensì la criminalizzazione indiscriminata di aziende floride e persone abbienti; suscitando il sospetto che (per il solo fatto di essere floride o di essere benestanti) abbiano conseguito profitti in modo eticamente scorretto. Per poi adottare pratiche fiscali punitive e/o che tendono a capovolgere l’onere della prova: vieni tassato non sulla base di quanto dichiari ma sulla base di una serie di indizi stabiliti dallo Stato e spetta a te dimostrare di non aver frodato il fisco. Ad un ritmo incalzante e con toni talvolta isterici, si moltiplicano inoltre in
questi anni e mesi gravi accuse di sedicenti o presunte vittime (o gruppi di vittime) nei confronti di dirigenti del mondo dello spettacolo, della politica o dell’economia oppure contro aziende tacciate di aver provocato danni irreparabili alla salute, accuse che trasformano ipso facto gli accusati in colpevoli messi alla gogna prima che possa essere istruito un processo con tutte le garanzie che la giustizia moderna ha adottato a difesa degli imputati. L’allentamento del principio della presunzione di innocenza o di non colpevolezza si nota anche nell’ambito della giustizia, segnatamente quella esercitata dai tribunali per crimini di guerra o quella dei tribunali penali tout court. Penso a vicende emblematiche come il caso Tortora in Italia - il presentatore incriminato e bollato ingiustamente come mafioso dall’opinione
LuganoMusica Settembre 2019
Lu 02.09.19 Etienne Reymond presenta la stagione 2019/2020 18.00 Presentazione
Lu 16.09.19 Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo Jurij Temirkanov, direttore Nelson Freire, pianoforte 19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Ottobre 2019
Me 09.10.19 La finta giardiniera Orchestra del Teatro alla Scala di Milano I Barocchisti Diego Fasolis, direttore
19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Lu 21.10.19 Gewandhausorchester Leipzig Andris Nelsons, direttore Rudolf Buchbinder, pianoforte 20.30 Concerto
19.00 Early night modern 20.30 Concerto
Me 23.10.19 Gewandhausorchester Leipzig Andris Nelsons, direttore Gautier Capuçon, violoncello
19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Gio 24.10.19 Ritratto Holliger Heinz Holliger, oboe e oboe d’amore Anita Leuzinger, violoncello Anton Kerjak, pianoforte
18.30 Ascoltare due volte 20.30 Concerto
Ve 25.10.19 18.30 EAR Ma 05.11.19 Focus Mendelssohn 1 Robert Kowalski, violino Danilo Rossi, viola Gabriele Carcano, pianoforte
20.30 Concerto
Ve 08.11.19 Focus Mendelssohn 2 Paolo Beltramini, clarinetto Corrado Giuffredi, clarinetto Robert Kowalski, violino Danilo Rossi, viola Enrico Dindo, violoncello Gabriele Carcano, pianoforte
20.30 Concerto
Do 02.02.20 Quartetto Schumann
Ve 15.11.19 18.30 EAR Ve 22.11.19 Beatrice Rana, pianoforte
11.00 Un quadro una musica
20.30 Concerto
20.30 Concerto
Me 27.11.19 Jordi Savall Regia di Andy Sommer 18.30 Musica in immagini
Dicembre 2019
Ve 06.12.19 Le Concert des Nations Jordi Savall 19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Gennaio 2020
Ve 10.01.20 18.30 EAR Do 12.01.20 I Barocchisti Coro della Radiotelevisione svizzera Diego Fasolis, direttore Marie-Claude Chappuis, contralto Klaus Mertens, basso Soprano e tenore in corso
di definizione 15.00 I parte, 17.00 II parte 18.30 Early night modern
Do 09.02.20 Boas Erez
Do 09.02.20 Orchestre e cori di Superar Suisse Marco Castellini, Pino Raduazzo, Carlo Taffuri, direttori
17.00 Concerto
Do 16.02.20 Luzerner Sinfonieorchester James Gaffigan, direttore Gil Shaham, violino
17.00 Concerto 19.00 Early night modern
Ve 28.02.20 18.30 EAR (Extra muros)
Marzo 2020
Do 01.03.20 Il piccolo spazzacamino Brunella Clerici, direttrice 16.00 Opera
Me 04.03.20 Gautier Capuçon, violoncello Jérôme Ducros, pianoforte 19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Ve 20.03.20 18.30 EAR Lu 23.03.20
City of Birmingham Symphony Orchestra Mirga Gražinytė-Tyla, direttrice Gabriela Montero, pianoforte 20.30 Concerto
Me 15.01.20 Riccardo Muti
Aprile 2020
Gio 23.01.20 Chicago Symphony Orchestra Riccardo Muti, direttore
19.00 Early night modern 20.30 Concerto
Do 26.01.20
19.00 Concerto
18.30 Musica in immagini
Novembre 2019
Sa 01.02.20 Quartetto Modigliani
17.00 Concerto
20.30 Concerto
18.30 Musica in immagini
Febbraio 2020
Mercoledì 13.11.19 Maurizio Pollini, pianoforte
Lu 16.12.19 Grigorij Sokolov, pianoforte
Ma 22.10.19 Ritratto Holliger Ombres Film di Edna Politi
20.30 Concerto
Do 10.11.19 Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Sir Antonio Pappano, direttore Francesco Piemontesi, pianoforte
Calendario 2019/2020
19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Lina Bertola
Me 01.04.20 Paul Lewis, pianoforte Sa 11.04.20 Solisti dell’Orchestra Mozart
Me 29.01.20 Arturo Benedetti Michelangeli Documentario RAI
Concerto di Pasqua Do 12.04.20 Orchestra Mozart Daniele Gatti, direttore Solisti
Ve 31.01.20 Cuarteto Casals
Ma 14.04.20 Solisti dell’Orchestra Mozart
11.00 Un quadro una musica
18.30 Musica in immagini
18.30 Ascoltare due volte 20.30 Concerto
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17.00 Concerto
20.30 Concerto
LuganoMusica T +41 (0)58 866 42 85 Biglietti online www.luganomusica.ch
Me 15.04.20 Orchestra Mozart Daniele Gatti, direttore 19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Ve 24.04.20 18.30 EAR Sa 25.04.20 Do 26.04.20 Simone Rubino 10.30 Masterclass
Lu 27.04.20 Simone Rubino, percussioni 19.30 Pre-concerto 20.30 Concerto
Me 29.04.20 Elsa Dreisig, soprano Jonathan Ware, pianoforte 20.30 Concerto
Maggio 2020
Gio 07.05.20 Nadège Rochat, violoncello Rafael Aguirre, chitarra 20.30 Concerto
Gio 14.05.20 Sebastian Bohren, violino Konstantin Lifschitz, pianoforte 20.30 Concerto
Ve 15.05.20 Il Giardino Armonico Giovanni Antonini, direttore Sandrine Piau, soprano 19.00 Early night modern 20.30 Concerto
Giugno 2020
Ve 05.06.20 Frank Braley, pianoforte Renaud Capuçon, violino Gautier Capuçon, violoncello
19.00 Early night modern 20.30 Concerto
Me 17.06.20 Ve 19.06.20 Do 21.06.20 Me 24.06.20 La traviata Orchestra della Svizzera italiana Markus Poschner, direttore Henning Brockhaus, regia
20.30 Opera
GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
pubblica ma anche da infelici dichiarazioni di giudici alla stampa, contro ogni evidenza accertata o prova - vicende che purtroppo non sono isolate ma indicano una deriva in atto. Va notato che in tutti gli esempi summenzionati, il sistema odierno dei mass media contribuisce potentemente ad indebolire la presunzione di innocenza dell’imputato. Se il diritto di informazione rappresenta una conquista dei mass media che va a beneficio della società e va salvaguardato, è un fatto che oggi la grande maggioranza degli organi di informazione tende a vedere subito in ogni accusa un’accusa fondata, in ogni sedicente vittima una vera vittima e nell’accusato un colpevole. Il solo fatto di essere incolpato da qualcuno viene percepito – non solo dai mass media ma nell’opinione collettiva odierna – come una prova di colpevolezza. Ciò accade soprattutto in campi dove esiste in un dato momento una forte pressione dell’opinione pubblica o di un movimento nell’opinione pubblica, come nel caso dei processi per crimini di guerra, della lotta per l’emancipazione femminile o contro la pedofilia oppure della lotta contro aziende che utilizzano materiali potenzialmente inquinanti o insalubri o quella contro le infiltrazioni mafiose nelle attività economiche. In questi casi dove la volontà punitiva è impellente, la presunzione di innocenza appare spesso come un inutile ostacolo alla pena esemplare ed è manifesta l’insorgenza di riflessi che conducono dritto al “processo popolare e sommario”. La tentazione della presunzione di colpevolezza al posto di quella di innocenza è espressione non solo della società dell’informazione (che spesso è disinformazione o manipolazione), bensì anche della cosiddetta società del rischio. La dottrina giuridica stessa nell’ambito del processo penale (dove si nota uno scivolamento dal diritto penale “dell’evento” verso il diritto penale “del rischio”) parla ormai della
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necessità di tener conto di un contratto sociale non solido ma debole: quello proprio delle odierne società del rischio - come le definisce Ulrich Beck - nelle quali svolge un ruolo centrale il concetto di insicurezza collettiva. In questo contesto, le presunte vittime hanno una voce in capitolo (e una forza di pressione) molto maggiore che in passato, anche grazie al megafono dei mass media, col rischio che - ad esempio nei processi che vedono coinvolte aziende - prenda piede una giustizia “dalla parte delle vittime”, che ritiene opportuno lanciare “segnali morali forti” che richiamano la tentazione dello Stato etico. Magari sorvolando frettolosamente sulla possibilità che all’origine di un’accusa ci siano grossi interessi materiali e la speranza di pingui risarcimenti. Senza voler minimizzare la sofferenza delle vittime reali, il dilemma della giustizia moderna fra l’assoluzione di un colpevole e la condanna di un innocente non può essere liquidato o annacquato cedendo alle urla della piazza. Tantomeno in un’epoca di forte incertezza e di populismo demagogico come quella presente, nella quale il contratto sociale è incrinato. È utile ricordare che la famosa frase di Cesare Beccaria «Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, né la società può togliergli la pubblica protezione, se non quando sia deciso ch’egli abbia violato i patti, coi quali gli fu accordata» risponde alla volontà di por fine alla giustizia sommaria, all’inquisizione e alle gogne dei secoli precedenti. Dove non vorremmo ritornare. Ed è altrettanto utile ricordare il legame profondo che Montesquieu stabiliva fra la presunzione di innocenza e la libertà e la sicurezza sociale dei cittadini: «Quando l’innocenza dei cittadini non è garantita non lo è neppure la libertà». Non solo la libertà del singolo cittadino, ma della società intera. Qui sta, credo, il punto delicato e rilevante della questione. In gioco c’è la legittimazione del potere politico e giudiziario:
il sentimento di sicurezza del cittadino e la forza del contratto sociale. Non credo che assecondare la voglia di processi popolari serva a rinsaldare il rapporto di fiducia dei cittadini verso le loro istituzioni e amministrazioni. Neppure l’inversione dell’onere della prova delle autorità fiscali di certi Paesi verso i propri contribuenti. Al contrario. Così facendo si propaga una cultura del sospetto che mina pericolosamente i rapporti istituzionali e sociali e favorisce le fratture che sono sotto gli occhi di tutti. Un rapporto recente dell’OCSE indica che il livello della fiducia dei cittadini verso le autorità è andato continuamente diminuendo dall’inizio del secolo. La media OCSE non supera il 40%. In controtendenza sta la Svizzera, dove il livello di fiducia è abbastanza stabile e sfiora ancora l’80%. Fino a quando? Una recente sentenza del Tribunale federale svizzero riguardante la consegna di dati di decine di migliaia di clienti di una banca all’autorità fiscale di un Paese europeo non lascia tranquilli.
Il piacere di viaggiare a cielo aperto. PerchÊ scegliere una Mercedes-AMG Cabriolet se non per guidarla scoperta? Il sistema frangivento automatico AIRCAP e il riscaldamento per la zona della testa AIRSCARF assicurano il massimo comfort open-air grazie alla possibilità di regolare la temperatura in tre livelli. Con la Mercedes-AMG E 53 Cabriolet la voglia di mettersi al volante è immediata.
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LAC / MASI MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA 03
LA STAGIONE AUTUNNALE DEL MASI SI APRE CON UNA ESPOSIZIONE DI WILLIAM WEGMAN: DALL’8 SETTEMBRE 2019 AL 6 GENNAIO 2020 SI POTRÀ INFATTI AMMIRARE, CON LA MOSTRA BEING HUMAN, UNA SELEZIONE DI CIRCA CENTO IMMAGINI DEL CELEBRE FOTOGRAFO STATUNITENSE AVENTI COME SOGGETTO PRIVILEGIATO I CANI DI RAZZA WEIMARANER.
FOTOGRAFIE DAGLI STATES
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01 Wolf 1994 Polaroid a colori Proprietà dell’artista © William Wegman
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ossono gli animali, in particolare i cani, essere oggetto di interesse e amore da parte di una persona, nello specifico un artista, al punto di diventare il soggetto principale da immortalare attraverso il proprio lavoro? La risposta, sorprendente e affascinante, ce la dà William Wegman, eclettico maestro dell’arte contemporanea americana, capace di destreggiarsi abilmente tra pittura, disegno, fotografia, film, video, libri e performances. Wegman è divenuto celebre nel panorama artistico mondiale soprattutto per le serie di immagini con protagonisti i suoi cani. Man Ray, Fay Ray, Penny, Bobbin, Chip, Chundo, Crooky e diverse generazioni dei loro cuccioli sono gli assoluti protagonisti di Polaroid di grande formato: istantanee in un unico esemplare, non ritoccate, che esaltano tanto la spontaneità dei soggetti, quanto l’abilità del fotografo e permettono di apprezzare l’eccezionale sintonia fra l’artista e i suoi cani. A partire dall’incontro con il suo primo Weimaraner – chiamato appunto Man Ray –, il fotografo ha fatto degli esemplari di questa razza il soggetto principale dei suoi scatti, rappresentando personaggi, tendenze di moda e movimenti della storia dell’arte con acume e ironia. Ogni scatto si può considerare il risultato di una collaborazione, prima ancora che la creazione di un unico artefice. Il curatore dell’esposizione, William
A. Ewing, suggerisce un’interpretazione molto particolare di questo lavoro. Gli autentici soggetti non sono i cani ma noi umani: la casalinga, l’astronauta, l’avvocato, il prete, il contadino, persino un…dog-sitter! Il percorso espositivo si compone di novanta Polaroid e una decina di stampe ai pigmenti e si suddivide in capitoli, ognuno dei quali raccoglie opere di soggetti affini o collegate da allusioni visive analoghe. La sezione People like us presenta ritratti di tipologie umane interpretate da cani quali il dandy, il prete, l’astronauta, la signora con la permanente. Le personalità sono così ben individuate che ci sembra di poter immaginare il passato e la psicologia di ognuno dei soggetti. Tales (letteralmente ‘racconti’ ma, per omofonia, anche ‘code’) raggruppa sia ritratti storici, calati in scenografie elaborate su fondali dipinti, sia ritratti contemporanei che spaziano dai rimandi letterari a quelli cinematografici. Dalla metamorfosi del cane in uomo, si arriva ai travestimenti paradossali e grotteschi di Zoo e Masquerades, dove i Weimaraner, attraverso una maschera o un costume scenico, si adattano alle sembianze di altri animali. La sezione Nudes raccoglie le fotografie in cui il corpo atletico e agile del cane diventa struttura materica per composizioni astratte, mentre in Hallucinations si passa alla dissolvenza completa del corpo e della sua forma: i soggetti vengono trasfigurati in presenze fantasmatiche. Le foto della serie Vogue ripercorrono decenni di storia della moda – dal casual alla haute couture – interpretandoli con eleganza e aplomb canine. Si arriva al citazionismo artistico con la sezione intitolata Cubists dove i Weimaramer sono im-
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mortalati in equilibrio su cubi e parallelepipedi. In una delle opere della serie si vede uno di questi poggiare le zampe anteriori su un grande cubo nero, tenuto in equilibrio sullo spigolo da un cubo bianco più piccolo: un Malevic con l’intruso. In Color fields le intrusioni a quattro zampe hanno la š di turbare l’ordine cromatico funzione e, al contempo, di separare le differenti campiture di colori. Infine, il gioco di equilibri e geometrismi viene ripreso nell’ultima sezione Sit/Stay, in cui si vedono cani, sdraiati o in piedi, tenere in equilibrio gli oggetti più disparati: la tensione fra l’immobilità del soggetto e le elaborate composizioni, poggiate sul muso o sul dorso del modello, rimandano alle regole di proporzione tanto amate nella storia dell’arte. Completa il percorso espositivo una selezione di film girati da Wegman a partire dagli anni Settanta. Anch’essi interpretati da Weimaraner, sfruttano l’involontario talento comico dei cani per mimare ironicamente le performance filmate degli artisti concettuali o mettere in scena i luoghi comuni sull’arte e gli artisti. L’esposizione Being Human è un progetto della Foundation for the Exhibition of Photography, Minneapolis/New York/Paris/Lausanne in collaborazione con il Museo d’arte della Svizzera italiana.
02 On Base 2007 Polaroid a colori Proprietà dell’artista © William Wegman 03 Constructivism 2014 Stampa ai pigmenti Proprietà dell’artista © William Wegman 04 Upside Downward 2006 Polaroid a colori Proprietà dell’artista © William Wegman 05 Newsworthy 2004 Polaroid a colori Proprietà dell’artista © William Wegman 06 George 1997 Polaroid a colori Proprietà dell’artista © William Wegman
UNA RIAPERTURA TANTO ATTESA Dopo oltre tre anni di chiusura per lavori di ristrutturazione, in autunno riapre al pubblico la sede storica di Palazzo Reali, in precedenza Museo Cantonale d’Arte. Per l’occasione è allestita una mostra dedicata alle collezioni gestite dal MASI. Il piano terra ospita una presentazione della storia delle due Istituzioni che hanno portato alla nascita del MASI nel 2015, il Museo Cantonale d’arte e il Museo d’Arte della Città di Lugano. Le otto sale e i due corridoi dei piani superiori accolgono invece altrettanti nuclei tematici, legati a particolari periodi storici, correnti artistiche e artisti. Il ritratto, il Simbolismo, il ritorno all’ordine, la fotografia, l’espressionismo, sono solo alcuni degli approfondimenti che sala dopo sala scandiscono il percorso espositivo.
WILLIAM WEGMAN BEING HUMAN Museo d'arte della Svizzera italiana Sede LAC Lugano Piazza Bernardino Luini 6 CH - 6901 Lugano 04
+41 (0)58 866 4240 info@masilugano.ch www.masilugano.ch Orari Martedì - domenica: 10.00 -18.00 Giovedì aperto fino alle 20.00 Lunedì chiuso 05
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LAC / COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI
LE GEOMETRIE IMPOSSIBILI DI MARISA MERZ DAL 22 SETTEMBRE 2019 AL 12 GENNAIO 2020 LA COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI PRESENTA L’ESPOSIZIONE “MARISA MERZ. GEOMETRIE SCONNESSE PALPITI GEOMETRICI”, DEDICATA A MARISA MERZ (TORINO, 1926–2019), UNICA ESPONENTE FEMMINILE DEL GRUPPO DELL’ARTE POVERA E TRA LE PIÙ SIGNIFICATIVE PROTAGONISTE DELLA SCENA ARTISTICA ITALIANA DAGLI ANNI SESSANTA.
L’
Giancarlo e Danna Olgiati © Claudio Bader
01 Senza titolo s.d. Tecnica mista su carta © Renato Ghiazza Collezione dell'artista Courtesy Gladstone Gallery, New York and Brussels 02 Senza titolo s.d. Argilla cruda, resina, pittura oro, disco metallico © Renato Ghiazza Collezione dell'artista Courtesy Fondazione Merz
esposizione, curata da Beatrice Merz e sviluppata dalla Fondazione Merz, propone una selezione delle opere più iconiche di Marisa Merz, mettendo in rilievo una tematica ricorrente nel lavoro dell’artista, ovvero la sua ricerca sul volto o meglio sulla figura. «Il percorso della mostra – afferma Beatrice Merz - è disegnato per permettere alle singole opere di intrattenere un dialogo serrato tra loro creando, così, un campo di forza scandito da una successione di volti sconosciuti e trasfigurati, ma profondamente reali». Il progetto espositivo si avvale di prestiti provenienti da importanti collezioni pubbliche e private – in gran parte svizzere – oltre che dalla collezione personale dell’artista. Complessivamente, sono presentate 45 opere, realizzate nell’arco di circa cinquant’anni, che ripercorrono l’intero orizzonte creativo di Marisa Merz: dal disegno su diversi supporti alla scultura in argilla cruda, dalle tessiture di filo di rame e di nylon agli oggetti trasformati in cera, nel tentativo di restituire tutte le modalità espressive proprie dell’artista. L’esposizione comprende alcuni capisaldi della produzione dell’artista. Opere come Senza titolo (1975) documentano gli esiti più alti dell’indagine sul filo di rame, mezzo espressivo che le permette di esplorare i confini tra disegno e scultura. A partire dagli anni Settanta i suoi interventi acquistano un carattere compiutamente ambien-
tale, come testimonia la grande installazione in fili di rame lavorati a maglia, realizzata nel 1979 e da allora mai più esposta. La mostra prosegue con un’ampia selezione di lavori, alcuni inediti, che comprendono disegni e tecniche miste su differenti supporti unitamente ad un raffinato gruppo delle sue celebri testine in creta. Tutte opere che dagli anni Ottanta tracciano il percorso più recente di Marisa Merz, mettendo in luce una tematica ricorrente nella sua produzione, l’indagine sul volto o sulla figura, individuata come punto di riferimento nel percorso espositivo. Il ti-
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LAC / COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI 02
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tolo stesso della mostra Geometrie sconnesse palpiti geometrici – frase autografa dell’artista, appuntata su una parete della sua casa-studio – si pone come sibillina guida al personalissimo universo segreto di Marisa Merz, di cui la mostra di Lugano desidera restituire la complessità lirica e rigorosa al tempo stesso. La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese che include un testo introduttivo di Beatrice Merz, Presidente della Fondazione Merz, unitamente a saggi critici degli storici dell’arte Ester Coen e Douglas Fogle. La pubblicazione edita da Mousse Publishing, Milano, è corredata da immagini a colori di tutte le opere esposte e fotografie dell’allestimento. Contestualmente all’esposizione tempo-
ranea, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati propone come ogni anno una selezione inedita di opere provenienti dalla raccolta, che comprende artisti internazionali fra i più rilevanti delle avanguardie del XX e XXI secolo. Fulcro dell’allestimento è un’intera sala dedicata ai principali esponenti dell’Arte Povera, nell’intento di sottolineare l’importanza del contesto culturale in cui Marisa Merz si trovò ad operare agli esordi della sua carriera artistica.
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04 Senza titolo 2002–2003 Tecnica mista su carta © Renato Ghiazza Collezione dell'artista Courtesy Fondazione Merz 05 Senza titolo s.d. Tecnica mista su alabastro, su treppiede metallico © Roberto Pellegrini Collezione privata
03 Senza titolo 1975 Filo di rame © Renato Ghiazza Collezione dell'artista Courtesy Fondazione Merz
COLLEZIONE GIANCARLO E DANNA OLGIATI Lungolago Riva Caccia 1 CH-6900 Lugano +41 (0)91 921 46 32 info@collezioneolgiati.ch www.collezioneolgiati.ch www.masilugano.ch Orari Venerdì– Domenica: 11.00 – 18.00 Ingresso gratuito 03 TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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LAC / LUGANOMUSICA
OMAGGIO AD UN GENIO DELLA MUSICA
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a sera sono stata al Quartetto, era molto interessante perché Mendelssohn suonava il suo Trio. Da tanto tempo desideravo sentirlo di nuovo da lui. Poi c’è stato il bellissimo Quartetto in mi bemolle di Beethoven e infine ha concluso Mendelssohn con due delle sue precedenti Romanze senza parole e poi altre due nuove. Non conosco nessun interprete le cui esecuzioni mi facciano sentire così bene e realmente non saprei dire in quale genere preferisco sentirlo, suona tutto con la stessa maestria.”. È il gennaio 1841 e a scrivere queste righe è una delle personalità femminili più profilate di tutta la cultura ottocentesca: la compositrice e pianista Clara Wieck, moglie di Robert Schumann e intima amica di Johannes Brahms. Luogo di questa confidenza è l’insolito quanto appassionante diario che i due sposi Schumann tennero congiuntamente per quattro anni: “Questo piccolo quaderno diventerà il resoconto quotidiano di tutto quanto concerne la nostra casa e la nostra vita coniugale” scrisse Robert nella dedica. E proprio tra gli appunti giornalieri – scambiati senza alcun filtro dalla più influente coppia di tutta la musica romantica - progressivamente emerge con particolare forza la personalità di un collega musicista, che sembra riunire tutte le qualità umane e musicali: l’abilità dell’interprete, la fantasia dell’autore, l’intelligenza del critico, la passione del melomane. Era Felix Mendelssohn, a proposito del quale Clara ancora scriveva: “In quell’uomo c’è davvero tutto: vita, spirito!”. In effetti è difficile trovare in Germania a inizio Ottocento un musicista culturalmente completo quanto Felix Mendelssohn. Nato ad Amburgo in una famiglia ebraica convertita al pro-
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testantesimo, beneficiò di una solida educazione sia umanistica sia musicale, potendo anche frequentare personalità del calibro di Wolfgang Goethe e intraprendere lunghi viaggi di formazione all’estero. Dopo aver esordito come pianista a otto anni, si dedicò alla composizione fin dall’adolescenza mostrando già uno stile originale e personale; una carriera condotta sul doppio binario interprete/creatore che rapidamente si allargò a tutta Europa, con epicentro la città di Lipsia. Nella città sassone Mendelssohn si stabilì fino alla morte, avvenuta prematuramente nel 1847, e grazie alla sua operosità (dal 1835 assunse la carica di direttore della Società dei concerti del Gewandhaus e nel 1843 fondò anche il Conservatorio) Lipsia divenne uno dei maggiori centri musicali d’Europa. Ed è alla statura musicale e culturale di Felix Mendelssohn che la rassegna di LuganoMusica rende particolare omaggio con un focus a lui dedicato. Etienne Reymond, direttore artistico di LuganoMusica, afferma: “Tra i punti salienti della stagione 2019-20 ci sarà la presenza di una delle più antiche orchestre al mondo: la Gewandhausorchester di Lipsia, che suonerà da noi per ben due serate. Il valore del suo direttore musi-
LUGANOMUSICA CELEBRA CON UN RICCO PROGRAMMA DI EVENTI LA STATURA MUSICALE E CULTURALE DI FELIX MENDELSSOHN. NATO IN UNA FAMIGLIA PRESTIGIOSA SIA PER IL CENSO, SIA PER LE ANTICHE TRADIZIONI CULTURALI, FU UN VERO E PROPRIO BAMBINO PRODIGIO.
cale lo avevamo già potuto conoscere nel 2015, per l’ultima edizione di LuganoFestival: Andris Nelsons, il giovane maestro lettone acclamato nelle principali capitali culturali, da Berlino a Vienna, da Londra a Boston. Come solisti accanto alla Gewandhausorchester avremo dapprima Rudolf Buchbinder, che la scorsa stagione ci ha affascinato con un recital, e poi Gautier Capuçon, che per l’intera stagione sarà Artista in residenza. Tra i Kapellmeister più prestigiosi del Gewandhaus vi fu Felix Mendelssohn: delle sue più belle composizioni presenteremo una selezionata retrospettiva, attraverso vari programmi sinfonici e concerti di musica da camera”. Il pubblico avrà la possibilità di scoprire alcuni gioielli della produzione cameristica di Felix Mendelssohn, tra cui quartetti, un trio e una sonata per violoncello e pianoforte. “Pagine di un’incredibile profondità musicale, quasi inaspettata, se si pensa che Mendelssohn viene, di tanto in tanto, accusato di essere superficialmente elegante” dichiara Reymond. La Gewandhausorchester Leipzig, diretta da Andris Nelsons, eseguirà la Sinfonia Scozzese; la Chicago Sympony Orchestra, sotto la direzione di Riccardo Muti, aprirà il concerto con l’ouverture da concerto Calma di mare e felice viaggio; mentre la Luzerner Sinfonieorchester sarà impegnata in un programma, il cui cardine è il Concerto per violino eseguito da Gil Shaham, uno degli interpreti più rilevanti del nostro tempo. www.luganomusica.ch
LAC / LUGANOMUSICA
PROGRAMMA FOCUS MENDELSSOHN ORCHESTRE SINFONICHE
Chicago Symphony Orchestra Riccardo Muti, direttore
Ve 08.11.2019 | ore 20:30 Teatrostudio
Felix Mendelssohn Calma di mare e felice viaggio, ouverture da concerto, op. 27
Focus Mendelssohn 2 Paolo Beltramini, clarinetto Corrado Giuffredi, clarinetto Robert Kowalski, violino Danilo Rossi, viola Enrico Dindo, violoncello Gabriele Carcano, pianoforte
Paul Hindemith Sinfonia Mathis der Maler
© Marco Borggreve
Me 23.10.2019 | ore 20:30 Sala Teatro ore 19.30 Presentazione del concerto
Gewandhausorchester Leipzig Andris Nelsons, direttore Gautier Capuçon, violoncello Gustav Mahler Blumine Robert Schumann Concerto per violoncello e orchestra in la minore, op. 129 Richard Wagner Ouverture da L’olandese volante Felix Mendelssohn Sinfonia n. 3 in la minore, op. 56 Scozzese Gio 23.01.2020 | ore 20:30 Sala Teatro ore 19.30 Presentazione del concerto
Antonin Dvořak Sinfonia n. 9 in mi minore, op. 95 Dal nuovo mondo Do 16.02.2020 | ore 17:00 Sala Teatro Luzerner Sinfonieorchester James Gaffigan, direttore Gil Shaham, violino Gyorgy Ligeti Concerto Rômanesc Felix Mendelssohn Concerto per violino e orchestra in mi minore, op. 64
Felix Mendelssohn Quartetto per archi e pianoforte n. 3, op. 3 Konzertstück per due clarinetti e pianoforte n. 2, op.114 Paul Hindemith Sonata per violoncello solo, op.25/3 Felix Mendelssohn Sonata per violoncello e pianoforte n. 2 in re maggiore, op. 58 Do 02.02.2020 | ore 17:00 Teatrostudio
Jean Sibelius Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 43
MUSICA DA CAMERA Ma 05.11.2019 | ore 20:30 Teatrostudio Focus Mendelssohn 1 Robert Kowalski, violino Danilo Rossi, viola Gabriele Carcano, pianoforte Felix Mendelssohn Allegro brillante per pianoforte a quattro mani, op. 92 Trio n. 1 in re minore, op. 49 Benjamin Britten Lachrymae
Quartetto Schumann Erik Schumann, violino Ken Schumann, violino Liisa Randalu, viola Mark Schumann, violoncello Wolfgang Amadeus Mozart Quartetto per archi n. 20 in re maggiore, KV 499 Hoffmeister Dmitrij Šostakovič Quartetto per archi n. 9 in mi bemolle maggiore, op. 117 Felix Mendelssohn Quartetto per archi n. 4 in re minore, op. 44 n. 2
© www.riccardomutimusic.com - Chris Lee TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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LAC / TEATRO E DANZA
LA BELLA STAGIONE IL NUOVO CARTELLONE DI TEATRO E DANZA DEL LAC SI APRE AL MONDO E LO FA INVITANDO A LUGANO ALCUNI TRA I PIÙ GRANDI ARTISTI DELLA SCENA TEATRALE INTERNAZIONALE, DEDICANDO UNA SPECIALE ATTENZIONE ALLA SCENA ELVETICA. LA SVIZZERA È INFATTI LA NAZIONE CHE PIÙ DI ALTRE HA VISTO NASCERE E CRESCERE ALCUNI DEI GRANDI PROTAGONISTI DEL NOSTRO PRESENTE. 01
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na stagione che fin dal titolo, Impressioni di realtà, deriva ispirazione da creazioni artistiche che riflettono sulla realtà e sulla sua rappresentazione. Negli anni recenti, molti artisti hanno lavorato su quello che è stato definito teatro documentario, creando spettacoli basati su testimonianze dirette e su fatti di cronaca. Ed è partendo da questa constatazione che il direttore artistico Carmelo Rifici si è posto la domanda: “La realtà è un’impressione o fa impressione?” La risposta è affidata a spettacoli quali Granma del collettivo svizzero-tedesco Rimini Protokoll, Hate Radio del bernese Milo Rau e Minefield dell’argentina Lola Arias. O ancora all’innegabile talento dell’ungherese Kornél Mundruczó, che si rivela in Imitation of life e allo spettacolo Macbeth, le cose nascoste dello stesso Rifici, che invita gli spettatori a condividere con lui un coraggioso viaggio nell’anima e nell’inconscio degli attori. Rimini Protokoll, Milo Rau e Carme-
lo Rifici rappresentano pure la scena teatrale svizzera, alla quale è dedicato un focus di ben diciassette lavori che ne mostrano il fermento artistico e l’eccellente creatività. Tra questi, il pubblico potrà vedere (o rivedere) Š Donka - una lettera a Cechov e Bianco su Bianco, due successi della Compagnia Finzi Pasca, amata quanto Gardi Hutter che torna con La sarta. Ampio spazio è dedicato ai protagonisti della danza rossocrociata del nostro tempo: Yasmine Hugonnet presenta Chro no lo gi cal, lavoro che si ispira al De rerum natura di Lucrezio; Phillippe Saire porta a Lugano Actéon; il balletto di Basilea - una delle quattro compagnie elvetiche dal grande repertorio classico - arriva per la prima volta al LAC con Carmen; mentre Tabea Martin, di cui alcuni ricorderanno l’arguto This is my last dance (FIT 2018), propone il suo nuovo lavoro Nothing Left. La rassegna PREMIO, realizzata con il sostegno della Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, della Fondazione Ernst Göhner e del Percento culturale Migros, offre invece visibilità alla scena svizzera emergente, portando sul palco le nuove creazioni di Teresa Vittucci, Alessia Della Casa e Simon Senn. In stagione debuttano poi sei nuove produzioni e co-produzioni, che attestano la solidità del LAC in ambito produttivo. Dopo il successo di Nettles, Trickster-p presenta in anteprima Book is a book is a book: progetto scenico in cui lo spettatore, guidato da auricolari, è invitato a compiere un viaggio tra immagini, suoni e le parole di un libro inedito. Il talentuoso e giovane regista Leonardo Lidi si misura con Lo zoo di vetro, celebre opera teatrale di Tennesse Williams, in cui indaga il tema delle dinamiche famigliari. Il ticinese Igor Horvat firma la regia de La bottega del caffè, commedia
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stagione del LAC che si apre, come di consueto, con il FIT Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea. Dieci giorni di teatro, performance, danza, votati all’innovazione e all’ibridazione dei linguaggi, a modalità artistiche e progettuali al di fuori delle consuetudini e delle convenzioni. www.luganolac.ch 01 Hate Radio © Daniel Seiffert 2011
in cui dirige, tra gli altri, Antonio Ballerio e Massimiliano Zampetti. Il Teatro dell’Elfo, compagnia che con il suo lavoro ha scritto la storia recente del teatro italiano, debutta con Diplomazia, testo del francese Cyril Gely. Coprodotto dal LAC, quest’ultima prova conferma l’attenzione della compagnia milanese nei confronti della drammaturgia contemporanea. La rassegna si chiude con la seconda prova lirica del LAC a un anno di distanza da Il Barbiere di Siviglia. Si tratta de La traviata di Giuseppe Verdi, opera concepita per lo Sferisterio di Macerata e replicata in tutto il mondo. Diretto da Henning Brockhaus, regista collaboratore di Giorgio Strehler, il capolavoro verdiano eseguito dall’Orchestra della Svizzera italiana, dal Coro della Radiotelevisione svizzera, sotto la guida di Markus Poschner, è prodotto da Sferisterio, LAC, LuganoMusica e Orchestra della Svizzera Italiana. Sempre l’OSI, in quest’occasione diretta da Francesco Bossaglia, accompagnerà Metamorphosis creazione di Virglio Sieni che ha appena debuttato a BolzanoDanza. La rassegna presenta due nuovi focus: “Scrittura di scena” e “Corpo in scena”. Il primo indaga il lavoro di scrittura, questione fondante del teatro nel suo farsi, presentando tre lavori scritti o riscritti da Angela Demattè, Emanuele Aldrovandi, Vitaliano Trevisan, già vincitori del Premio Riccione, il più antico e prestigioso riconoscimento italiano di
drammaturgia, qui autori rispettivamente degli adattamenti di Macbeth, le cose nascoste, La bottega del caffè e de La bancarotta. Il secondo invece è dedicato alla creatività femminile. Le protagoniste sono tre artiste, tre donne di generazioni e poetiche assai diverse che hanno posto al centro della loro ricerca il lavoro sul corpo: Emma Dante, artista che non ha bisogno di presentazioni, Silvia Costa già collaboratrice di Romeo Castellucci e la coreografa e danzatrice Michela Lucenti. La vis comica infine attraversa la stagione grazie ad artisti come Giacomo Poretti, già attore del celebre trio, qui autore e protagonista di Fare un’anima, Geppi Cucciari e Teresa Mannino. Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti e Paola Quattrini sono i protagonisti di Se devi dire una bugia dilla grossa, cavallo di battaglia della ditta Dorelli; i Legnanesi, faranno trascorre al pubblico due ore spensierate con il loro ultimo spettacolo Non ci resta che ridere. Tutto questo e molto altro nella bella
02 Chro no lo gi cal © Anne-Laure Lechat 03 La bancarotta 04 Nothing Left Compagnia Tabea Martini © Tabea Martini 05 Granma Rimini Protokoll
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CULTURA / WOPART WORK ON PAPER FAIR
CON 7000 MQ DI ESPOSIZIONE, 6 AREE TEMATICHE, 4 MOSTRE E UN RICCO PROGRAMMA DI EVENTI E TALK, DAL 19 AL 22 SETTEMBRE 2019, IL CENTRO ESPOSIZIONI LUGANO SI PREPARA AD ACCOGLIERE LA QUARTA EDIZIONE DI WOPART - WORK ON PAPER FAIR, LA FIERA INTERNAZIONALE DEDICATA ALLE OPERE D’ARTE SU CARTA FONDATA DA PAOLO MANAZZA.
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TORNA LA FIERA DELLE OPERE D’ARTE SU CARTA
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ata a Lugano nel 2016, in tre anni di attività la fiera è cresciuta esponenzialmente, accogliendo sempre maggiori adesioni da parte di gallerie nazionali e internazionali, e dimostrando la naturale propensione alla crescita di un format fieristico rivolto a un segmento di mercato che ha ormai conquistato un interesse a livello globale. Per la quarta edizione, che si svilupperà per la prima volta su 7000 mq - l’intera superficie espositiva dei padiglioni fieristici - gli espositori scelti da un comitato scientifico presieduto da Paolo Manazza, pittore e giornalista specializzato in economia dell’arte, e da Mimmo Di Marzio, giornalista, critico e curatore d’arte contemporanea, presenteranno un ampio panorama di opere realizzate su supporto cartaceo che spazieranno tra stili, linguaggi ed epoche differenti, garantendo una proposta varia e trasversale. Tra le novità di quest’anno, la collaborazione tecnicoorganizzativa con il gruppo Bologna-
Fiere Spa, primo in Italia per fatturato realizzato all’estero con oltre 80 manifestazioni in tutto il mondo, e il determinante apporto di Alberto Rusconi, imprenditore e collezionista di fama internazionale che ha deciso di investire nel progetto di WopArt. Dopo il successo delle prime tre edizioni, il format della fiera si rinnova e arricchisce, presentando quest’anno una
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proposta artistica suddivisa in sei sezioni. La sezione MODERN & CONTEMPORARY, a cura di Mimmo Di Marzio, esporrà capolavori dal Novecento ai giorni nostri, mentre OLD MASTER, curata da Marco Riccomini, porterà in fiera alcuni prestigiosi lavori dei più grandi maestri del passato. Luca Zuccala curerà DIALOGUES, mettendo a confronto artisti di genera-
CULTURA / WOPART WORK ON PAPER FAIR 03 01 Paolo Amico On-Off 2019 Penne a sfera su carta, 59 x 137,5 cm Ph by: Paolo Amico Courtesy: the artist and Floris Art Gallery 02 Maria Luisa Raggi Landscape with figures Fine 1700 - inizio 1800 Tempera su tela 45 x 75 cm Courtesy: Cesare Lampronti Gallery
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co Roberto Marelli e presenterà il progetto International Laser Print Show che prevede la partecipazione di importanti projects space provenienti da tutto il mondo, selezionati e coordinati da Dario Moalli in collaborazione con un team di curatori internazionali. Le attualissime tematiche attivate dai project space saranno approfondite attraverso un ricco public program volto a coinvolgere il pubblico, mettendolo in dialogo con importanti operatori di settore legati a queste realtà. Ulteriore novità di questa edi-
03 Thomas Huber Aushub im Atelier (Juli 14) 2014 Acquarello 70,5 x 110 cm Courtesy: Galerie Ditesheim & Maffei Fine Art SA 04 Enzo Cucchi Il Vesuvio 1994 Matita e carboncino su carta 23 x 30,5 cm Courtesy: Galleria Poggiali
zioni e stili differenti, ed EMERGENT, dedicata a giovani gallerie con progetti e artisti internazionali. La sezione PHOTOGRAPHY, curata da Walter Guadagnini, amplierà la proposta espositiva portando in fiera opere di fotografi di fama internazionale ed esperimenti di giovani promesse. Infine, la sezione PROJECT SPACE sarà curata da Mar-
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zione è la possibilità per tutti gli espositori di presentare nel proprio stand fino a tre opere su supporto non cartaceo, con l’invito a privilegiare dipinti, oggetti o sculture esposti insieme al bozzetto preparatorio su carta: un modo ulteriore di valorizzare i work on paper, riconoscendone il ruolo di interpreti dello spirito poetico e germinale del linguaggio degli artisti. Anche quest’anno la fiera offrirà al suo pubblico un ricco programma di eventi e iniziative collaterali, tra cui quattro mostre organizzate all’interno del polo fieristico. ALL’ORIGINE DELLA CARTA: CINQUE PAPIRI DAL MUSEO EGIZIO DI FIRENZE è la mostra organizzata da Giorgio Piccaia e Maria Cristina Guidotti con il supporto di 07
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Corrado Basile, insieme alla Direzione Culturale di WopArt e con la collaborazione del Comune di Lugano, che affronterà il tema della storia della carta e della scrittura, esponendo per la prima volta a Lugano cinque papiri affidati in prestito dal Museo Egizio di Firenze. LUIGI PERICLE. L’ALCHIMISTA PITTORE, a cura di Mimmo di Marzio e Paolo Manazza, presenterà invece un nucleo inedito di opere su carta dell’artista svizzero Luigi Pericle Giovannetti (Basilea, 1916 – Ascona, 2001), vissuto per molti anni in isolamento artistico e meditativo e di recente riscoperto dalla critica grazie all’importante retrospettiva presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia. E ancora, all’interno dell’esclusiva VIP LOUNGE realizzata per il secondo anno in collaborazione con la Maison Suisse d’Horlogerie Eberhard & Co. affiancata dalla prestigiosa Orologeria Mersmann, verranno esposte cinque sculture della serie GLI OROLOGI MOLLI di Salvador Dalì grazie a Dalì Universe, società specializzata nella custodia e valorizzazione del lavoro dell’artista e che gestisce una delle più grandi collezioni private al mondo di opere d’arte di Dalì. Infine, l’area talk di WopArt sarà il palcoscenico di una suggestiva esposizione di installazioni del fotografo di moda Bob Krieger, con una serie di opere selezionate dalla preziosa collezione privata dell’artista. La mostra, intitolata LOVE e curata da Mimmo di Marzio, rappresenta un excursus nel vasto immaginario di uno dei protagonisti della travolgente stagione di successi della moda italiana nel mondo. Nei tre giorni di apertura la fiera presenterà CONVERSATIONS, un programma di incontri con artisti, galleristi, collezionisti e professionisti del settore, a cura di Mimmo Di Marzio e Luca Zuccala. Per questa edizione i talk si svilupperanno attorno ai tre temi espressi dalla campagna di comunicazione che accompagna la fiera:
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The Democracy of Paper, The Biodiversity of Paper e The Flavours of Paper. L’Area Talk sarà inoltre a disposizione dei professionisti coinvolti nella realizzazione della fiera che potranno concordare insieme ai curatori un momento a loro dedicato per la programmazione di conversazioni specifiche sul mondo dei work on paper. Infine, da lunedì 16 a domenica 22 settembre Lugano sarà lo scenario di inaugurazioni, mostre, eventi e aperture speciali in spazi pubblici e privati, una vera e propria Art Week il cui epicentro sarà la fiera WopArt, che in questo modo vede confermato il proprio ruolo di riferimento culturale per la città e per il mondo dell’arte nazionale e internazionale.
05 George Okudaye_Stephens The Moon Is A Woman Mixed Media Painting On Canvas 102 x 123 cm Courtesy: Arts And Crafts Of Africa Can Gallery
07 Luca Pignatelli Eroe 2013 Tecnica mista su carta 204 x 151 cm Courtesy: Galleria Poggiali
06 Lucio del Pezzo Talismani del Tao 2015 Collage, acrilico e acquarello su cartoncino 57,5 x 76,5 cm Courtesy: Galleria Susanna Orlando
09 Nevercrew El oso plateado and the machine 1 2019 Tecnica mista 28 x 28 cm Courtesy: Artrust
DEMOCRAZIA, BIODIVERSITÀ, SAPORI BolognaFiere Spa e il fondamentale sostegno dell’imprenditore e collezionista d’arte Alberto Rusconi. Siamo cresciuti in maniera significativa dal punto di vista del numero degli espositori, che adesso supera le 90 gallerie presenti, ma è soprattutto cresciuto in modo esponenziale il peso culturale dell’intera manifestazione, con le mostre collaterali, la Vip Lounge e il ricco programmi di incontri con artisti, galleristi, collezionisti e appassionati d’arte».
Con quali caratteristiche si presenta questa quarte edizione di Wopart? «Non solo fiera ma grande evento culturale. È questo un punto focale attorno al quale ha concentrato tutte le sue forze il team di lavoro messo in piedi per garantire il successo della manifestazione, senza naturalmente dimenticare l’apporto tecnico-organizzativo di
Democrazia, biodiversità, sapori… perché la scelta di questi claim? «Il collezionismo di opere su carta resta un collezionismo molto colto, ma è diventato molto più accessibile per un numero ampio di persone. Proprio per questo abbiamo utilizzato la parola ‘Democracy’, sotto forma di ‘Democracy of paper’, utilizzando ovviamente l’immagine di Mao di Warhol. Però abbiamo utilizzato per altri claim la parola ‘Biodiversity’ e la parola ‘Flavours’, perché il sapore della carta è
un sapore che non solo coglie il lettore che non va più su Internet, ma vuole sentire il profumo del giornale o del libro, e che paradossalmente può cogliere anche un appassionato d’arte». Che cosa c’è nel futuro di Wopart? «Wopart costituisce ormai un format consolidato che ha dimostrato di saper crescere nel tempo trasformandosi in un evento culturale di primo livello capace di coinvolgere non soltanto un pubblico colto e qualificato ma anche l’intera città che ci ospita. Per il futuro stiamo valutando l’opportunità di esportare questo format anche in altri contesti culturali, in altre città europee e del mondo. Ci conforta ed incoraggia il fatto di essere riusciti, in così pochi anni di vita, a diventare la manifestazione probabilmente più importa del settore, come testimoniano la qualità degli espositori presenti e il successo di pubblico, specializzato e no, che è andato continuamente crescendo edizione dopo edizione».
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UN AUTUNNO PIENO DI INIZIATIVE 02
LA RIAPERTURA AUTUNNALE DI IMAGO ART GALLERY È PREVISTA NEL SEGNO DI ALCUNI ARTISTI CHE CON LA LORO PRESENZA HANNO ANIMATO IL RECENTE PANORAMA CULTURALE E VISIVO LUGANESE: HELIDON XHIXHA, MATTEO PUGLIESE, ENRICO GHINATO.
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hi nel corso degli ultimi mesi ha avuto modo di visitare Lugano non ha potuto fare a meno di ammirare alcune grandi sculture che la Città ha voluto dedicare all’artista albanese Helidon Xhixha. Una selezione di opere di Xhixha, di più ridotto formato, potrà essere visitata a partire dalla fine di ottobre anche negli spazi della galleria luganese. Le sue opere riscuotono sempre più plauso nel mondo dell’arte internazionale, attirando appassionati e collezionisti da Italia, Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, Austria, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti. L’esposizione di sculture succede alla mostra di Matteo Pugliese nel corso della quale sono state presentate alcune installazioni, realizzate tra il 2017 e il 2019, sculture da parete in precedenza mai esposte prima, a condensare la
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manualità del lavoro scultoreo ma anche l’opportunità tattile di conoscere e “toccare” le opere di questo artista. Lasciando gli spazi della Galleria, l’autunno vedrà anche proseguire l’attività espositiva nelle sale del prestigioso The View Lugano Hotel, dove sarà presentata una selezione di opere di Enrico Ghinato, protagonista anche, presso l’Abbazia di Rosazzo, situata sui colli orientali del Friuli, isolata sulle colline a nord-est di Manzano, a una ventina di chilometri da Udine, di un’importante presenza nell’ambito della X Biennale d’Arte. Ghinato potrebbe forse ad un primo distratto sguardo venir definito con il cliché di “pittore Iperrealista”, ma a fronte di una osservazione anche solo di poco più attenta, emerge di come il suo lavoro travalichi questa definizione. Mentre fervono i lavori in Galleria, non si allenta la partecipazione ai più importanti eventi artistici internazionali. Prima fra tutte Wopart, la fiera luganese dove saranno tra l’altro presentati alcuni lavori di Bob Krieger il celebre fotografo che ha iniziato a lavorare nel mondo della moda nel capo-
luogo lombardo, negli anni Sessanta. E, ancora, tra gli appuntamenti in programma per il prossimo autunno, la partecipazione alla grande Fiera dell’arte di Houston in Texas, dove la Galleria sarà presente con una selezione dei maggiori artisti rappresentati.
01 Enrico Ghinato 02 Matteo Pugliese 03 Helidon XHIXHA 04 Enrico Ghinato 05 Helidon Xhixha
IMAGO ART GALLERY SAGL Via Nassa 46 CH-6900 Lugano +41 (0)91 921 43 54 05 TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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CULTURA / REPETTO GALLERY LONDON
PIER PAOLO CALZOLARI LA GALLERIA LONDINESE PROPONE IN AUTUNNO UNA RASSEGNA DI OPERE DI PIER PAOLO CALZOLARI DAL TITOLO “MUITOS ESTUDOS PARA UMA CASA DE LIMÃO”, A CURA DI DAVID ANFAM. DI PAOLO REPETTO
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erso la fine degli anni ‘60, agli inizi della sua brillante carriera, Pier Paolo Calzolari (Bologna, 1943) è stato uno degli artisti più originali ed intransigenti del secondo ‘900. Profondo e raffinato interprete della poetica del sublime - più nella sua declinazione barocca che non quella romantica, come teatralità, sperimentazione, meraviglia - ha sempre giocato e creato con la forza degli elementi. Tra i due estremi della sua possibile etimologia: sub-limen, sotto l’architrave della porta, altissimo; sub-limo, sotto il fango, bassissimo, egli, come un nuovo Ulisse, ha teso il duro arco della creatività, scoccando ogni volta la freccia dell’ispirazione, fino all’incrocio decisivo della pura stella della Forma. Ma quale Forma? Non quella fondata sulla poetica del bello: la bellezza come ordine, misura, equilibrio, simmetria; ma, al contrario, sposando ogni volta i rischi del sublime: il sentimento dell’illimitato, le vibrazioni dell’ignoto, le incognite della sperimentazione, le asimmetrie del vuoto e della materia che vive delle sue ininterrotte trasformazioni. Così la fiamma, il vegetale, il sale, l’acqua, il tabacco, la brina, il ghiaccio, sono diventati le sue forme e i suoi simboli. Come quella di Ulisse, la sua è una mente colorata, che con inesauribile abilità sa piegarsi al volere del destino, all’ordine degli elementi, trasformando se stesso e molto altro intorno a lui. Nell’individuazione di una creatività straordinaria, insieme arcaica ed
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inedita, remota e avveniristica, dove le due sacre memorie di Georges de La Tour e Caspar David Friedrich - il fuoco ed il ghiaccio, il calore ed il gelo, il bianco ed il nero - si rincontrato in un abbraccio intimo ed impossibile, reale e infinito. Ma, con queste nuove, ultime opere - carte applicata su tavola, dove il sale, come ampia e principale superficie, dialoga con la tempera al latte e vari tipi di pastello - la sua creatività riesce a recuperare una maggiore decorazione, una piacevolezza inedita, come un estremo e lirico canto del cigno. Alle sue tradizionali acque tempestose, inquiete, sperimentali, in questi nuovi lavori Calzolari sembra controbilanciare una calma, una tenerezza, una felice grazia fatta di colori gioiosi e vivaci; tessuta in un candido ordito di gesti gentili, raffinati: in un cromatismo insieme energico e umile, brillante e delicato. Un inedito universo “pittorico”, dove il suo precedente “grido di bronzo”, acquistata una nuova saggezza, si è trasformato in un policromo canto zen.
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CULTURA / REPETTO GALLERY LONDON
CHI È PIER PAOLO CALZOLARI Figura emblematica dell’arte contemporanea italiana, Pier Paolo Calzolari vive e lavora a Lisbona, in Portogallo. Nato a Bologna nel 1943, trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Venezia, nel 1965 torna a Bologna e apre uno studio a Palazzo Bentivoglio, dove realizza i primi lavori di pittura e accoglie mostre di altri artisti. Negli anni ‘60, Calzolari è legato agli artisti dell’Arte Povera: il suo scritto ‘La casa ideale’ è considerato uno degli enunciati essenziali del movimento. In questi anni realizza una serie di opere con materiali ed elementi naturali come metalli, vegetali, minerali, fuoco e ghiaccio. Le strutture ghiaccianti di Calzolari sono opere sulle cui superfici, con il passare del tempo, si forma una leggera brina, indice del processo di trasformazione alchemica della materia. In tutti i lavori dell’artista l’oggetto subisce e produce una metamorfosi che diventa elemento centrale di un sogno, un mistero, un dramma, e conferisce all’insieme una dimensione teatrale. Dagli anni ’70 Calzolari si concentra sullo studio della pittura in modo profondamente anticonvenzionale,
coinvolgendo nel suo lavoro anche il pubblico. Preferendo nuovi supporti, come la flanella o fogli di cartone incollati sulla tela, l’artista giustappone segni pittorici a oggetti reali, come piccole barche di carta o trenini in movimento lungo percorsi ripetuti all’infinito. Nel 1984 decide, per la qualità della luce, di tornare nel Montefeltro. Nell’arco di questa permanenza, Calzolari è invitato a partecipare a molteplici residenze all’estero, in particolare in Francia durante le quali lavora nell’ambito della danza, interessandosi allo studio dei rapporti tra spazio, corpo e tempo, e dando così nuovo sviluppo al suo lavoro performativo. La dimensione estetica di Calzolari – che prende forma attraverso pitture, sculture, testi, registrazioni sonore, video, performance, il coinvolgimento di persone e animali, l’architettura e la luce, e una profonda diversità dei materiali – è di fatto difficile da circoscrivere o da ricomporre in un progetto che è tuttora in atto. Piero Paolo Calzolari ha partecipato a Documenta (1972, 1992), alla Biennale di Venezia (1978, 1980 e 1990) e alla Quadriennale di Roma (1972). Numerose le mostre personali e collettive in Italia e all’estero: Centre d’art contemporain, Saint-Priest (1996); Galleria d’Arte Moderna, Villa delle Rose, Bologna (1999); MAMBO, Bologna (2011); Ca’ Pesaro, Venice (2011), Marianne Boesky Gallery, New York (2017), Madre, Napoli (2019).
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01 Muitos estudos para uma casa de limão 2018 Sale, tempera al latte, pastelli su carta Torchon Arches montata su tavola 79,2 x 60,4 x 4 cm 02 Muitos estudos para uma casa de limão 2018 Sale, tempera al latte, pastelli su carta Torchon Arches montata su tavola 61 x 41 x 4 cm 03 Muitos estudos para uma casa de limão 2018 Sale, tempera al latte, pastelli su carta Torchon Arches montata su tavola 61 x 41 x 4 cm 04 Muitos estudos para uma casa de limão 2018 Sale, tempera al latte, pastelli su carta Torchon Arches montata su tavola 79,2 x 60,4 x 4 cm
23 Bruton Street London (United Kingdom) +44 (0) 20 74 95 43 20 info@repettogallery.com www.repettogallery.com
05 Muitos estudos para uma casa de limão 2018 Sale, tempera al latte, pastelli su carta Torchon Arches montata su tavola 79,2 x 60,4 x 4 cm
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CULTURA / CORTESI GALLERY
MAESTRI DEL COLORE 02 01
H LA STAGIONE AUTUNNALE DELLA GALLERIA DI STEFANO CORTESI, SI APRE CON DUE PRESTIGIOSE MOSTRE: A MILANO “IL RESPIRO DELLA LUCE” CON OPERE DI HEINZ MACK (13 SETTEMBRE-15 NOVEMBRE 2019); A LONDRA (6 SETTEMBRE-26 OTTOBRE 2019) “PITTURA ANIMATA” DEDICATA A GIUSEPPE SANTOMASO.
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einz Mack (Lollar, 1931) è una figura fondamentale nell’arte della seconda metà del XX secolo: artista radicale e rivoluzionario, attivo dagli anni Cinquanta nel segno di un’essenzialità espressiva e operativa in continuo rinnovamento. Questa mostra alla Cortesi Gallery, curata da Francesca Pola, è la prima mostra monografica dedicata all’artista in Italia che intenda ripercorrere con questa ampiezza il suo intero iter creativo. Si colloca a quasi sessant’anni dalla sua prima personale italiana, che si tenne nel 1960, proprio a Milano, alla Galleria Azimut, su invito di Enrico Castellani e Piero Manzoni. Realizzata in stretta collaborazione con l’artista e il suo studio, l’esposizione raccoglie una serie di esempi fondamentali del suo lavoro, concentrandosi su uno dei nodi principali della sua riflessione crea-
tiva: la relazione tra luce, colore, struttura e spazio. Le opere esposte, molte delle quali di grande dimensione, vanno dal 1959 al 2018 e segnano momenti cruciali di un’attività creativa che ha visto Mack collocarsi precocemente tra i protagonisti della scena artistica internazionale. Tutto il lavoro di Mack si è da sempre concentrato sul ruolo fondamentale della luce come fattore costitutivo della visione, facendone il fulcro di una poetica che ha inteso modificare radicalmente le coordinate dell’arte contemporanea. L’artista, iniziatore nel 1957 (con il collega e amico Otto Piene) del movimento internazionale di ZERO, ha sperimentato una pluralità di tecniche che vanno dalla pittura al rilievo, dalla scultura all’installazione, dal disegno alla scrittura, dalla fotografia al film. L’esposizione prende le mosse da una rarissima opera del 1959 appartenente al ciclo dei “Lichtrelief”, “rilievi luminosi” in alluminio, che venne esposta nel gennaio 1960 alla Galleria Azimut di Milano nella storica mostra “La nuova concezione artistica”, e dedicata sul retro all’amico artista Piero Manzoni. In parallelo a questo e altri “rilievi luminosi”, è esposta una selezione di significativi dipinti dal ciclo delle “Dynamische Struktur” (strut-
CULTURA / CORTESI GALLERY
ture dinamiche), molte delle quali presentate in significative occasioni espositive dei primi anni di ZERO (ad esempio, alla Hessenhuis di Anversa o alla Galerie Schmela di Düsseldorf), che interpretano il medesimo tema della vibrazione luminosa attraverso una analoga strutturazione e una tavolozza cromatica ridotta all’essenzialità di neri, bianchi e grigi. Due importanti sculture Stele di tre metri (1966), nel loro catalizzare la luce attraverso vetri e lenti, si presentano come dispositivi di modificazione dello spazio, insieme al grande Erzengel Michael und Gabriel (Archangel Michael and Gabriel) del 1972. È da questa stessa zona liminale del colore, tra luminosità e buio, che Mack considera luogo germinale della visione, che matura la grande transizione del 1991, quando l’artista si concentra su un nuovo lavoro pittorico che traduce in un’inedita e sorprendente chiave cromatica le sue intuizioni di ridefinizione della superficie e dello spazio. Nascono così le monumentali “Chromatische Konstellation” (costellazioni cromatiche): una pittura dirompente, fatta di colori puri, nella quale non c’è nulla di naturalistico o descrittivo, quanto piuttosto un dispiegarsi dello spettro luminoso come distillato di pensiero ed energia. In mostra sono esposti veri e propri capolavori del ciclo, come Ex Tempora (1998), opera di quasi quattro metri per tre che materializza esemplarmente questa visione del colore come spazio e luce, che procede per gradi intermedi di oscillazione, in opere dove tutto è ritmo, sequenza armonica di un espandersi cromatico in libere sensualità e dirompente luminosità. A completamento della mostra, sono anche presentate alcune sculture che indagano in chiave tridimensionale questi aspetti, come Circular Space Sculpture - Large Colour Spiral (2000). Una particolare attenzione è dedicata alla recente attività dell’artista, nella quale la dialettica di colori puri delle sue “Chromatische
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Konstellation” (costellazioni cromatiche) del 2018, stratificate o giustapposte, in contrappunto o gradazione, articolano le spazialità della superficie in nuove, radiose armonie tonali. Giuseppe Santomaso (Venezia, 19071990) è una figura fondamentale nell’arte della seconda metà del XX secolo, che ha saputo coniugare la millenaria tradizione pittorica e luministica della pittura veneta con le sollecitazioni più radicali delle grandi avanguardie internazionali del XX secolo. Questa mostra alla Cortesi Gallery, curata da Francesca Pola, è la prima mostra personale dell’artista a Londra e nel Regno Unito dopo la sua scomparsa. Si colloca sessantasei anni dopo la sua unica personale in vita presentata in questa città, nel novembre del 1953 alla Hanover Gallery, che fu all’epoca accompagnata da un testo critico di Herbert Read. Realizzata in collaborazione con l’Archivio Santomaso, l’esposizione raccoglie una serie di esempi fondamentali del lavoro dell’artista: dal 1948, anno della sua partecipazione alla prima Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del secondo dopoguerra, al 1990, momento della sua scomparsa, per presentare i
01 Untitled (Chromatic Constellation) 2016 Acrylic on canvas 210 x 250 cm Courtesy of Archive Heinz Mack 02 Andalusian song 1954 Oil on canvas 80 x 80 cm Private Collection, The Netherlands 03 Dynamic Structure in black 1962 Synthetic resin on nettle 129.5 x 170cm Ph: © Bruno Bani Courtesy of Cortesi Gallery 04 Il capanno sfasciato 1959 Oil on canvas 120 x 80 cm Ph: © Bruno Bani Private Collection
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CULTURA / CORTESI GALLERY
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momenti cruciali di un’attività creativa che ha visto la sua affermazione tra i pionieri nel rinnovamento internazionale della pittura moderna. Nell’Italia degli anni Quaranta, Giuseppe Santomaso è stato uno dei più precoci e decisivi interpreti della pittura non figurativa, oltre che uno dei principali animatori e promotori, insieme ad altri protagonisti quali Afro Basaldella ed Emilio Vedova, di raggruppamenti artistici radicali come il Fronte Nuovo delle Arti e il Gruppo degli Otto. L’autore intendeva ricreare le dinamiche della realtà attraverso la pittura: sia da un punto di vista fisico che emotivo, dando vita a immagini che paiono prendere forma, mai definitiva e sempre evocativa, nel momento stesso in cui le guardiamo. Una pittura “animata” da una vibrazione continua, nella quale ogni elemento tecnico, formale, compositivo, cromatico, concorre a restituire l’immagine distillata della vita e dell’esperienza che di essa facciamo attraverso i sensi e le emozioni, purificata dal filtro del pensiero e dell’immaginazione. La mostra prende avvio da un esempio del fondamentale ciclo delle “finestre”, attraverso il quale Santomaso sintetizza in chiave inedita le conquiste delle avanguardie d’inizio secolo (in particolare,
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Cubismo e Futurismo), per passare poi ad alcune opere cruciali degli anni Cinquanta, in dialogo con un significativo nucleo di lavori su carta, che si richiamano, attraverso Kandinsky, all’ispirazione immateriale della musica e attraverso di essa maturano una nuova sintassi. Una di queste, Il capanno sfasciato, fu esposta alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia nel 1954, edizione in cui a Santomaso venne conferito il Gran Premio per la Pittura destinato a un pittore italiano. Una sezione è poi dedicata al momento di maggiore sperimentalismo di materiali, tra fine anni Cinquanta e primi anni Sessanta, con opere capitali come Palude in grigio (1959), Canto notturno n. 6 (1960), Il nido (1963), Bianchi (1964), dove si legge il dialogo con le poetiche informali, ma decantate di qualsiasi violenza gestuale o tautologia materica; sino alla svolta del 1964, quando l’artista sviluppa una sua peculiare tecnica fondata sul pigmento lasciato cadere sulla superficie attraverso un lento e stratificato procedimento a setaccio. Nascono così le grandi e aeree distese cromatiche che dalla seconda metà degli anni Sessanta agli anni estremi costituiscono una delle risposte pittoriche più originali alla temperie creativa internazionale: alle tendenze minimali e analiticoconcettuali, vivificandone la freddezza attraverso il calore della storia e della memoria (in mostra, una delle sue rarissime Lettere a Palladio del 1977); al neoespressionismo del ritorno alla pittura degli anni Ottanta, decantato in chiave evocativa e sospesa, come testimoniato da capolavori quali Valenze (1978) o Strutture della memoria (1988).
CORTESI GALLERY Via Nassa 62 CH-6900 Lugano www.cortesigallery.com info@cortesigallery.com
Courtesy by VITART S.A. Lugano
the biodiversity of paper
The International Art Fair devoted to works on paper
Dal 19 al 22 settembre 2019 Centro Esposizioni | Lugano 4th Edition/4a Edizione www.wopart.ch
CULTURA / THEGALLERY
L’ARTE “PRIMITIVA” CONQUISTA TUTTI UNA SERIE DI ESPOSIZIONI TRA ASCONA, LOCARNO E MORCOTE RUOTANTI ATTORNO ALLA LUGANESE THEGALLERY. L’ARTE DELLE ORIGINI NELL’APPASSIONATA RICERCA DI DIDIER ZANETTE. LA PITTURA DEGLI ABORIGENI D’OCEANIA MESSA A CONFRONTO CON L’OPERA DI ARTISTI CONTEMPORANEI COME BRICE POIRCUITTE E ARIK LEVY CHE, OGNUNO A MODO SUO, SI ISPIRANO A QUEST’ARTE “PRIMITIVA”. DI DALMAZIO AMBROSIONI
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L’
arte aborigena dell’Oceania è un’arte millenaria, concentrato di tradizioni ancestrali, specchio di complesse visioni metafisiche e di un immaginario fondamentalmente religioso. Ma oggi è anche l’esplosione di un rinnovamento che si riallaccia, reinterpretandola, ad una cultura primigenia. In questa prospettiva ha più
o meno cinquant’anni, ha preso corpo negli anni ’70 ed ’80 anche se le prime, rare forme di ripresa espressiva si possono collocare all’inizio del XX secolo. È il risultato dell’irruzione di moderni processi espressivi come le pitture acriliche e di supporti facilmente trasportabili come la tela al servizio di culture antiche, stratificate e fondamentalmente segrete, ma al tempo stesso ricche e diversificate. Malgrado l’interesse di etnologi ed etnografi per le espressioni ed i costumi indigeni, malgrado i tentativi per decodificare e comprendere le tradizioni religiose, il linguaggio e il complesso mondo dei segni, fino alla seconda metà del secolo scorso s’era data poca importanza alla produzione pittorica degli aborigeni dell’immensa Oceania, in particolare Polinesia, Melanesia e Micronesia. Non si pensava che la civiltà aborigena potesse aver prodotto espressioni artistiche tanto complesse ed organiche. Eppure ha esercitato un’attrazione irresistibile sull’arte occidentale, come intuendo che in quella cultura resistente anche alle pressioni dell’occidente, che pur avevano annientato altre civiltà con la conquista violenta, lo sfruttamento capillare delle risorse, l’alcol e il denaro fino all’assegno di sussistenza, conservasse in sé una via per spiegare l’avventura dell’uomo sulla terra. E soprattutto il senso, dando risposte originali alle grandi domande che da sempre agitano l’animo dell’uomo. Sull’onda di un’irresistibile attrazione, da tempo l’arte aborigena è stata riscoperta e indagata, come insegna Bruce Chatwin con il suo avventuroso romanzo “La via dei canti” e come ormai documentano molti musei etno-
CULTURA / THEGALLERY
grafici e d’arte moderna. Oltre a ricercatori che, come Didier Zanette – che da quasi un anno ha aperto TheGallery a Lugano, dedita principalmente all’arte degli aborigeni dell’Oceania - si sono votati a questa ricerca e al recupero da parte di artisti contemporanei di un vocabolario espressivo che in qualche modo è depositato nell’immaginario di quelle popolazioni. Come dubitare della creatività degli aborigeni le cui opere sono da tempo disputate da musei e collezionisti? Didier Zanette, passione e competenza Oggi assistiamo al risorgere e all’affermarsi d’un’arte potente, straordinariamente colorata, diversificata e prolifica, assolutamente originale in quanto riferita ad una tradizione artistica che affonda le radici nel tempo, migliaia d’anni. La sua forza e il suo vigore sono considerati un dono inatteso al nostro tempo, una sorgente di vita e d’ispirazione dalla dimensione universale, come afferma Wally Caruana, già direttore della National Gallery of Australia a Canberra.
Didier Zanette da trent’anni si dedica anima e corpo all’arte degli aborigeni. Fatta la sua scelta, abbandonato il mondo bancario e della finanza, ha iniziato a percorrere isole e arcipelaghi dei cosiddetti mari del sud per conoscere e recuperare quel che resta di quelle millenarie culture: evocazioni, segni e riti, interpreti. Li ha cercati e trovati nelle banlieu, nei villaggi e lungo il territorio recuperando, talvolta assieme a loro, tuti i possibili retaggi della loro cultura. Li ha aiutati a recuperare una civiltà dei segni che stava scomparendo, fornendo i mezzi per una ripresa espressiva fondamentale per far rivivere il loro mondo ancestrale. Negli andirivieni tra la Polinesia, la Francia ed ora la Svizzera, ha istituito un ponte culturale che permette agli artisti, depositari di quella cultura, di potersi esprimere compiutamente e all’occidente di godere di quell’arte. Ai dipinti nuovi ma d’ispirazione antica degli aborigeni accosta artisti che nel loro lavoro sono alla ricerca di forme originarie. Due per tutti: da una parte Brice Poircuitte, che nella sua opera tra pittura e scultura si ispira
all’arte oceanica; dall’altra Arik Levy, che nella geometrica perfezione delle sue forme s’ispira a modelli originari insiti nella struttura dei minerali come nelle linee ancestrali che percorrono il territorio e l’ispirazione degli aborigeni. Didier Zanette ha creato gallerie d’arte in Oceania, in Francia, in particolare Parigi e Nizza, e da un anno a Lugano dove in TheGallery affianca dipinti e sculture dell’arte aborigena, di Poircuitte e di Levy. Ampio programma espositivo Dopo il grande evento d’inizio giugno al Ciani di Lugano, dal 6 settembre Didier Zanette presenta con una grande esposizione la sua arte “delle origini” alla Fondazione Majid di Ascona, via Borgo 7, intercalandola con una serie di conferenze ed approfondimenti. Durante il periodo del Festival del film di Locarno ha presentato una sintesi allo Sport Café di Locarno, luogo di ritrovo di cinefili e cineasti, registi e produttori. Intanto due sculture di grandi dimensioni di Arik Levy, una in acciaio lucente e l’altra in marmo nero, sono posate all’Hotel The View di Lugano-Paradiso, stabilendo ideali traiettorie con il magnifico panorama sul lago. E ancora una sintesi della dotazione d’arte di TheGallery, compresa una scelta di pubblicazioni e fotografie di Didier Zanette dedicate all’arte aborigena è esposta al Swiss Diamond Hotel di Morcote. Nel frattempo è stato rinnovato l’allestimento nella sede della Galleria in riva Caccia 1D, situata appena dopo il LAC e poco prima di Villa Malpensata, nuova sede del MUSEC, Museo delle Culture, ossia al centro di quella che ormai viene chiamata “la riva della cultura” a Lugano. Nel complesso sono decine di opere d’arte aborigena, di Brice Poircuitte e di Arik Levy che nell’insieme, nella ripresa di forme e motivi originari e di linee assolutamente moderne per quanto collegate a modelli archetipici, conducono ad una visione moderna e contemporanea dell’arte. 02 TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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CULTURA / ARTRUST
IN L’AUTUNNO RIAPRONO LE PORTE DELLA GALLERIA D’ARTE ARTRUST, A MELANO, CON LA MOSTRA “ONE. TWO. ANDY”. PROTAGONISTI, DAL 16 SETTEMBRE AL 20 DICEMBRE 2019, DUE GIOVANI ARTISTI, LA TICINESE SERENA MAISTO E L’ITALIANO RAUL, A CONFRONTO NELLA REINTERPRETAZIONE DI UNO SCATTO DELLA NOTA FOTOGRAFA STATUNITENSE KAREN BYSTEDT, AVENTE COME SOGGETTO IL MITO DELLA POP ART, ANDY WARHOL.
«S
i tratta di una mostra con tratti indubbiamente inediti, soprattutto per chi ci conosce ed è abituato al percorso espositivo che abbiamo portato avanti in questi anni – afferma Patrizia Cattaneo Moresi, Direttrice di Artrust – Se da un lato abbiamo la continuità di una collaborazione con due giovani artisti come Raul e Serena Maisto, dall’altro presentiamo la novità del medium fotografico, che per la prima volta, seppur rielaborato e modificato dall’intervento degli artisti, diventa il protagonista di una nostra mostra». L’allestimento oscilla, in un equilibrio originale, tra la singolarità – un solo scatto fotografico, ripetuto nelle diverse variazioni realizzate dai due artisti – e la molteplicità. «La mostra mette in dialogo tra loro ben quattro artisti – continua Patrizia Cattaneo Moresi – e se ci soffermiamo a pensare, ogni opera è la somma di altre tre opere d’arte: la rielaborazione artistica originale di Raul e Serena, lo scatto fotografico di Karen, con la sua capacità di cogliere l’unicità dello sguardo di Warhol, e Andy Warhol stesso, che nel suo essere icona e simbolo è opera d’arte impersonificata». Raul e Serena Maisto intervengono sulla fotografia ognuno con la propria cifra stilistica distintiva. Se il lavoro di
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NEL SEGNO DI WARHOL Raul è caratterizzato da una forma di meditazione intima che si traduce in gesto prima, e in segno e simbolo poi (non a caso le sue opere si intitolano “Meditation with Andy”), quello di Serena – che segna uno scarto rispetto ai suoi lavori precedenti, inaugurando una nuova fase artistica – si basa sul concetto di “scomposizione” dell’immagine che porta con sé l’idea di un ritorno alle origini, di un punto zero in cui tutto è possibile ma nel quale l’occhio può riconoscere e “ricostruire” i segni e simboli conosciuti: cosa che avviene, ovviamente, anche con un personaggio così iconico come Warhol. Le opere di Raul e Serena saranno contemporaneamente presentate anche a Wopart, la fiera delle opere su carta, giunta quest’anno alla sua quarta edizione, che si terrà dal 19 al 22 settembre presso il Centro Esposizioni di Lugano. Lo stand di Artrust (A6) sarà completato da una selezione di opere di Street Art, con i lavori di due mostri sacri come Banksy, Blu e Obey, ai quali si affiancheranno le creazioni del più noto duo svizzero di street ar-
tist, i Nevercrew e una performance live di Andrea Ravo Mattoni. «Uno dei temi della fiera di quest’anno è “Democracy of paper”. – afferma Patrizia Cattaneo Moresi – Abbiamo deciso di proseguire nel nostro percorso dedicato alla Street Art perché nessun movimento artistico è più democratico dell’arte urbana, un’arte che utilizza gli spazi pubblici per parlare a tutti di democrazia, di società contemporanea e delle sue contraddizioni».
ARTRUST ONE. TWO. ANDY. 16 settembre – 20 dicembre 2019 Via Pedemonte di Sopra 1 CH-6818 Melano www.artrust.ch/one-two-andy Dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 18. Sabato, dalle 14 alle 18. Chiusura nei giorni festivi.
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CULTURA / SCUOLA DI SCULTURA DI PECCIA
NEL 1984, ESATTAMENTE 35 ANNI FA, L’ARTISTA ROLF FLACHSMANN FONDA LA SCUOLA DI SCULTURA, RIPRESA TRE ANNI DOPO DA ALEX NAEF, INSEGNANTE D’ARTE E SCULTORE A SUA VOLTA, CHE LA DIRIGE ANCORA OGGI ASSIEME ALLA MOGLIE ALMUTE NAEF GROSSMANN.
«L
a montagna è stata per Peccia prima un problema, poi un’opportunità», ha detto a Cevio il vicesindaco di Lavizzara, Sergio Donati, aprendo la festa dei 35 anni della Scuola di Scultura di Peccia, di fronte ad un folto pubblico, tra cui Christine Egerszegi, già presidente del Consiglio Nazionale. Un problema perché nei secoli ha causato frane, scoscendimenti ed anche disgrazie, un’opportunità perché dal 1946 è iniziata l’estrazione di marmo pregiato, l’unico in Svizzera. Inizialmente il piano di studi prevedeva circa 10 settimane di corso all’anno progressivamente aumentate a 30, mentre si è andata intensificando la partecipazione di “allievi” provenienti da vari paesi. Studenti d’arte ma anche liberi professionisti che desiderano cimentarsi con l’arte della pietra, ed
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FESTA CON MOSTRA D’ARTE PER I 35 ANNI DI ATTIVITÀ oggi la Scuola di Peccia è un punto di riferimento internazionale come conferma la varietà dei corsi (dal disegno alla storia dell’arte, dal legno alla pietra, dalla modellazione all’intaglio e tanti altri) e il valore delle varie iniziative che vi fanno capo. La festa si è tenuta dapprima al Museo di Vallemaggia Cevio, con i discorsi introduttivi (oltre al vicesindaco, la curatrice del Museo Alice Guglielmetti ed Almute Naef Grossmann) e la presentazione della mostra d’arte ospitata nell’Infocentro, all’entrata del Museo. Riunisce opere in pietra di quattro artisti – Parami M. Gertsch Voellmy, Ingrid Städeli, Elke Wieland e Wolfgang Kessler – che hanno frequentato in passato la Scuola di Peccia, superato il corso di perfezionamento professionale e intensificato un lavoro d’arte concentrato in particolare sulla pietra. Anzi sulle pietre, come si può vedere nell’esposizione di Cevio, intitolata “La forma in divenire. Quattro punti di vista scultorei” ed aperta fino al prossimo 7 settembre. Dove la lavorazione della pietra affianca al raffinato versante artigianale un alto contenuto di tipo artistico, in particolare come “metafora della vita”, come ha detto in sede di presentazione Almute Naef Grossmann. Nel tardo pomeriggio la festa dei 35 anni è continuata nello spazio ex-Cristallina a Peccia. Dapprima con lo spettacolo teatrale “Pietre”, messo in scena dalla Compagnia ticino-marsigliese Onyrikon nata 4 anni fa e diret-
ta da Juri Cainero, con l’accompagnamento del Coro Modulata Carmina, specializzato nella divulgazione della musica antica. Anche lo spettacolo è stato seguito da circa duecento persone, a conferma della notorietà e dell’apprezzamento di cui la Scuola di Scultura gode in Valle, nel Locarnese e oltre, a livello nazionale e internazionale. Al termine, verso sera è seguita la Festa del marmo nell’area di lavoro della Scuola di Scultura. L’associazione di hockey su ghiaccio di Lavizzara ha preparato specialità gastronomiche ticinesi, con l’incasso a favore dell’Associazione sportiva locale, “ciò che ci permette in qualche modo di ricambiare la calorosa ospitalità che da 35 anni contribuisce all’esistenza e allo sviluppo della Scuola di scultura” hanno affermato i coniugi Naef-Grossmann. E ancora domenica mattina si è tenuto un brunch per coloro che hanno alloggiato nella zona e per un ulteriore arrivederci. Nel frattempo a Peccia sono iniziati i corsi del 2019. +41 (0)91 755 13 04 www.scultura.ch
CULTURA / SUSANNA DE ANGELIS GARDEL
RISVEGLIARE L’ARTE CHE È DENTRO DI NOI LA CRITICA È CONCORDE NEL RITENERE SUSANNA DE ANGELIS GARDEL, UN’ARTISTA COMPLETA CHE POSSIEDE LA STRAORDINARIA CAPACITÀ DI CIMENTARSI CON SUCCESSO IN CAMPI DIVERSI DELL’ARTE.
L
ei è di origine italiana e in Italia ha trascorso i primi anni della sua vita. Cosa ricorda di quegli anni e quali sono state le principali tappe della sua formazione? «Sono nata a Roma e all’età di dodici anni mi sono trasferita con la famiglia a Milano. Sono stati anni sereni che hanno dato un forte imprinting a tutta la mia vita. All’inizio questo cambiamento è stato un po’ traumatico in quanto ho dovuto lasciarmi alle spalle le compagne di scuola e il bel sole limpido di Roma. Nel capoluogo lombardo ho frequentato il Liceo Linguistico Umanistico e ho conseguito la Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne». Che cosa ha rappresentato il trasferimento in Ticino? «Nel 1982 mi sono trasferita a Lugano con mio marito e i miei due figli di 5 e 2 anni. I primi tempi non sono stati molto semplici perché non conoscevo nessuno, i miei genitori e mia sorella erano a Milano, mio marito sempre in viaggio tra Sant’Antonino, Milano o altrove. Ero comunque molto contenta di abitare in una città che, grazie al lago e ai monti, mi dava, e mi dà tuttora, la sensazione di vivere costantemente in vacanza. Abituata poi al traffico delle grandi città, apprezzavo moltissimo la comodità di raggiungere in breve tempo tutti i luoghi dove far fare sport o altre attività ai miei figli». La scoperta della sua vocazione artistica è avvenuta a Lugano. Come ha iniziato a dipingere?
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CULTURA / SUSANNA DE ANGELIS GARDEL
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tempo ma è alla base di un buon lavoro. Ho amato da subito la morbidezza della pittura a olio che ho adottato per quasi tutti i miei lavori su tela». Viaggi, animali e pittura, come è nato questo legame inscindibile? «Ho iniziato con una pittura figurativa perché avevo molto materiale fotografico cui ispirarmi, o forse è meglio dire sfidarmi. Molti viaggi fatti, quindi molti spunti e tanto amore anche verso la fotografia. Ho scelto di misurarmi con i grandi animali della savana: leoni, leopardi, ghepardi, zebre, giraffe, gnu. Poi anche gorilla, tigri e tanto altro».
«Nel 2006 ho sentito l’esigenza di esprimere qualcosa che avevo dentro da tempo e così ho deciso di iniziare a dipingere. Qualcosa che forse è maturata attraverso una ricerca interiore che avevo intrapreso per soddisfare la mia parte più curiosa che ha sempre avuto sete di Conoscenza. Ho seguito tecniche che mi hanno fatto conoscere, seppur in piccolissima parte ciò che siamo realmente, che è molto diverso da quello che spesso crediamo di essere. Mi rassicurava il fatto che tutte queste tecniche, anche se ognuna in modo differente, alla fine mi confermassero la grandezza del nostro Essere. Durante una di queste pratiche, ho “visto” me stessa scrivere il mio nome con grande
calma e serenità su tutti i muri della casa, nessuno escluso. Non potevo immaginare che da lì a pochi anni questa visualizzazione si sarebbe concretizzata in quadri dipinti e firmati da me». I critici d’arte hanno riconosciuto in lei una grande preparazione tecnica, nonostante lei fosse un’autodidatta. Come ha fatto ad acquisire queste capacità? «Credo di aver seguito il percorso di ogni autodidatta: ho creato le mie tecniche sperimentando il più possibile materiali, tele, colori, pennelli e poi prove su prove, tante domande a negozi di Belle Arti, disegni, bozzetti ecc. La sperimentazione occupa molto
Dopo le emozioni suscitate dagli animali, nei suoi dipinti compare anche la figura umana. Perché la loro rappresentazione su tele di grande formato? «Finito quel “mal d’Africa” che ho concretizzato nel progetto intitolato Creatures, ho voluto scoprire tecniche nuove e dipingere figure umane. Non ho più lavorato sulla tela bianca ma sul suo retro. Ho intitolato questo nuovo progetto Creatures 2. I soggetti mi sono stati ispirati da persone incontrate per strada come il vecchio guatemalteco o sedute per terra come il mendicante indiano o la bambina dell’Honduras con la sua cesta, o ancora il piccolo cinese dello Yunnan che, mezzo nudo, mangia da solo seduto sul marciapiede. Queste persone hanno attirato la mia attenzione e mi hanno lasciato un segno. Non so perché ho voluto rappresentare tutte queste Creature su tele così grandi, me lo sono chiesto più volte ma non ho ancora una risposta». Quali altre tematiche avverte come particolarmente affini alla sua sensibilità artistica? «Lavorando, mi sono resa conto che i miei progetti tendono ad avere un contenuto che riguarda la mia persona ma che è anche universale. Non si tratta di una scelta ma di un’esigenza, evidentemente, perché mentre svilupTICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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po un tema e ne approfondisco i valori dentro di me, mi sembra di condividerli anche con gli altri. Se poi chi guarda un mio quadro o una mia scultura dà una sua personale interpretazione, per me è solo un valore aggiunto. L’Arte è dentro ognuno di noi, nessuno escluso. e non la si può definire così come non si può definire cos’è l’anima. Io credo che l’anima esprima a diversi livelli, in base alla sua maturità, l’arte che ha potenzialmente racchiusa in sé stessa. Tutto è dentro di noi: Pittura, Scultura, Architettura, Musica, tutte espressioni artistiche strettamente collegate tra loro proprio in quanto frutto di una creatività innata e attraverso le quali l’ artista trasmette emozioni che spesso “ risuonano” nello spettatore coinvolgendolo». Da qualche anno alla pittura si è affiancata anche la scultura: perché questa scelta? «Con la Pittura ho passato più di dieci anni in felice solitudine. Evidentemente quella condizione era ciò di cui avevo bisogno in quel periodo, anche se non ne ero completamente consapevole. La Scultura invece mi è balzata incontro con un entusiasmo che ha spiazzato anche me. La sua tridimensionalità mi ha affascinato fin dal primo approccio e la sua “forza” è diventata all’istante la mia. Il piacere di toccare la materia e sentire nelle mie mani il potere di plasmarla,
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mi dava una sensazione straordinaria. Il mio lavoro si poteva finalmente articolare nello spazio. Non sentivo più la necessità di stare da sola. Ecco che, come se fosse stata solo una decisione e non un bisogno interiore, mi trovo catapultata in una Fonderia con persone che ho scoperto poi essere mera-
vigliose, tutte molto competenti ognuna nella propria specializzazione. Credo che ci sia in noi un’intelligenza innata che ci guida, occorre solo intercettarla. In tal modo è nato questo mio primo progetto nell’ambito della Scultura che ho intitolato “ Una sedia per l’anima”. Con esso ho voluto rappresentare
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il turbinio di pensieri che spesso agita la nostra mente e se ne impadronisce. Paure, pregiudizi, storie, speranze…un dialogo interiore del quale molto spesso non siamo neppure consapevoli. Ho raffigurato questi pensieri, che sono forme di energia, con delle piccole sedie che si rincorrono e si aggrovigliano creando strane forme dentro e fuori la nostra mente. A volte vorremmo che questo meccanismo che ci imprigiona si allentasse e che i nostri pensieri si acquietassero, si “sedessero” lasciando spazio ad un sentimento di pace. La sedia è l’oggetto che maggiormente evoca il senso del fermarsi, del riposare, dello “stare”. Ho creato piccole sedie dalla seduta “piena” che, nella mia visione, raffigurano i pensieri carichi di energia ed altre “vuote” che rappresentano i pensieri la cui energia si è finalmente dissolta. La figura del Gallo, invece, si ricollega alla simbologia della Rinascita interiore, del Risveglio». 215x138, Ticino Welcome (2019_07).pdf
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Quali sono state le principali esposizioni cui ha partecipato e quali sono i suoi progetti per il futuro? «Nello Spazio Artistico della ex Banca della Svizzera Italiana, a Lugano, ho realizzato nel 2012 la mia prima Personale intitolata Creatures seguita, poi, da altre Collettive tra cui due presso la sede di Sotheby’s a Milano. Nel Maggio 2015 ho inaugurato un mio Studio e in quell’occasione ho presentato un secondo progetto pittorico, frutto del lavoro di tre anni, dal titolo Creatures 2. Al momento sto lavorando al mio prossimo progetto, che credo avrà come titolo “Dietro l’identità” Saranno anche queste sculture che spero avranno molto da esprimere».
01–06 Ph: ©Giuli Gibelli (www.giuligibelli.com)
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CULTURA / MARCO LUPI
LA PITTURA COME EMOZIONE INCONTRO CON UN ARTISTA ORIGINALE E SOLITARIO, CHE DIPINGE PER L’INTIMO PIACERE DI ESPRIMERSI SULLA TELA E CHE FINO AL 31 OTTOBRE È PROTAGONISTA DELL’ESPOSIZIONE “FORME E COLORI DI UN PERCORSO” AL FIORE DI PIETRA, SUL MONTE GENEROSO.
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ome ha scoperto di avere una spiccata vocazione artistica? «Sono nato a Balerna nel 1958 e ho frequentato il CSIA a Lugano. Ho cominciato a dipingere sulla porta della cantina di casa sulla carta da pacco ed è sulla ruvidità di quei fogli che ho cercato la mia pittura, in piena solitudine, quasi in raccoglimento. Un’ esigenza forte, istintiva, allora come oggi, che mi ha spinto a mettere sulla tela momenti di vita, sensazioni ed emozioni. Negli anni ho continuato poi in piena autonomia la mia ricerca di tecniche e modi espressivi. Alla mia formazione hanno contribuito i viaggi, la visita assidua di musei e di mostre in giro per il mondo, così come la frequentazione di alcuni artisti, tra questi Carlo Gulminelli che ha avuto per me un ruolo molto particolare, come maestro e amico e che ha accompagnato a lungo la mia ricerca con suggerimenti e sollecitazioni». Quali sono i tratti salienti della sua ricerca pittorica? «I temi affrontati nei miei dipinti riguardano da vicino la mia vita e le relazioni che intreccio, in particolare nell’ambito familiare e della quotidianità. Ciò che mi interessa è l’uomo, l’uomo interiore innanzitutto, e ciò
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che avviene attorno a lui: dalle esperienze del giorno ai ricordi dell’infanzia, dagli incontri casuali, di un momento, a quelli destinati a riempirne una vita. I miei quadri rappresentano il travaglio, la continua ricerca, rivelano la mia curiosità di sapere e capire, e il dipingerli mi permette di essere una persona tranquilla, serena, socievole e sempre pronta ad accogliere». Quali sono le tecniche cui principalmente ricorre nel suo lavoro? «Credo di avere nel tempo elaborato uno stile fortemente personale basato su una tecnica mista fatta di pittura, collage, inserimento di stoffe, sabbie e carte. Creo il fondo con la pasta acrilica e prima che si asciughi applico materiale povero, pezzi di legno o di cartone, brandelli di stoffe, stracci o indumenti dismessi. Scampoli, frammenti della vita quotidiana che mi circonda, che rubo qua e là e a volte sono gli stessi stracci striati casualmente di colore con cui pulisco i pennelli ad ispirarmi. Dopo aver preparato il fondo, il pennello viene immerso nel buio, nell’oscurità della pittura nera che sembra contribuire al passaggio dalla veglia al sogno ad occhi aperti. Senza
CULTURA / MARCO LUPI
un vero progetto, la mia mano si muove sulla tela e divento spettatore inconsapevole di quanto sta per accadere».
con la Galleria Artrust di Melano e la recente esposizione al Fiore di Pietra in vetta al Monte Generoso».
Quali sono le più importanti esposizioni cui ha partecipato? «In quasi 30 anni di attività ho esposto con regolarità, distribuendo le occasioni espositive nel tempo per lasciare spazio alla ricerca e cercando di non farmi condizionare da scadenze e da esigenze di mercato. In ogni caso, ho iniziato ad esporre nel 1985, partecipando ad una mostra collettiva curata da Gino Macconi, figura rilevante dell’arte e del collezionismo in Canton Ticino. Tra le esposizioni che ricordo con piacere e credo mi abbiano offerto la grande opportunità d’incontrare pubblici diversi, citerei la Galleria Plexus di Friborgo ed il Museo dei Fratelli Grimm a Kassel, mentre tra le esperienze più recenti l’esposizione organizzata a Venezia in collaborazione
La sua più recente mostra si intitola “Forme e colori di un percorso”. Di cosa si tratta? «Si tratta della seconda esposizione che la Ferrovia Monte Generoso organizza in vetta, nella sala espositiva che si trova a piano terra dell’edificio del Fiore di Pietra. Qui ho esposto 6 tele di grande dimensione eseguite nel corso degli ultimi due anni. Il titolo si rifà al tema del mio percorso pittorico personale, che in questo momento mi porta a percorrere l’itinerario del trenino che sale in vetta, tra i colori e le forme di questa grande montagna. Ma richiama anche la metafora del percorso della vita, con tutte le difficoltà, le attese, le aspettative e le passioni che essa comporta».
Qual è il piacere più grande che le deriva dal dipingere? «Come ho già avuto modo di indicare in diverse occasioni, per me dipingere è importante, fondamentale, necessario ed anche divertente, proprio come per un bambino giocare. Dipingere mi emoziona e mi permette di cercare di creare dal nulla ciò che ancora non esiste, in una libertà quasi totale, che nasconde l’influenza dell’inconscio».
Riva Paradiso 32 CH-6900 Lugano-Paradiso
CULTURA / SETTIMANE MUSICALI ASCONA
IL TOP AD ASCONA 74° DA OLTRE 70 ANNI UNO DEI PIÙ IMPORTANTI FESTIVAL DI MUSICA CLASSICA DELLA SVIZZERA, LE SETTIMANE MUSICALI DI ASCONA (SVIZZERA) OFFRE UN PROGRAMMA CHE ALTERNA GRANDI CONCERTI SINFONICI, SERATE DI MUSICA DA CAMERA E RECITAL DI SINGOLI STRUMENTI. I PIÙ CELEBRI ARTISTI DEL MONDO SONO STATI ALMENO UNA VOLTA AD ASCONA E MOLTI DI LORO VI SONO RITORNATI PIÙ VOLTE.
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iretta dal noto pianista ticinese Francesco Piemontesi, la 74a edizione, ha in programma dal 4 settembre all’11 ottobre undici concerti principali nelle suggestive chiese di San Francesco a Locarno e del Collegio Papio ad Ascona. Il ricco cartellone include una delle più celebri coppie della musica classica, Charles Dutoit e Martha Argerich, star come Renaud Capuçon (in coppia con Francesco Piemontesi) e Marc André Hamelin (in un omaggio ad Alexis Weissenberg), il rinomato Quartetto Emerson (con il clarinettista Paul Meyer), grandi orchestre come la Rotterdam Philharmonic Orchestra diretta dal giovane ma già acclamatissimo Lahav Shani, la Chamber Orchestra of Europe (che si produrrà in una serata dedicata all’influenza della musica popolare ungherese in compositori come Liszt, Haydn, Bartok, Kodaly e altri), la Finnish Radio Symphony Orchestra
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(per la prima volta al festival con un affascinante programma dedicato a Sibelius e alla musica nordica), senza dimenticare l’Orchestra della Svizzera italiana, cui spetterà fra l’altro anche l’onore di chiudere il festival e la cui evoluzione artistica sotto la guida del suo direttore principale Markus Poschner è stata coronata nel 2018 dal prestigioso premio discografico internazionale ICMA. Oltre a due concerti dedicati ai giovani talenti europei e al concerto gratuito per le famiglie (promosso dall’Associazione degli Amici delle Settimane), 05
01 Martha Argerich 02 OSI
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03 LaCaetra Orchestra 04 Elina Vähäla 05 Filippo Gorini Ph: ©Tom McKenzie 06 Francesco Piemontesi Ph: ©Roberto Barra 04
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CULTURA / SETTIMANE MUSICALI ASCONA 06
fra le novità di quest’anno si segnala la performance del celebre pianista Pierre-Laurent Aimard, che presenterà un’opera particolarissima, il Catalogue d’oiseaux di Messiaen (ossia la trascrizione per pianoforte del canto di settanta uccelli di Francia) nel corso di una giornata speciale che si svolgerà in quattro distinti luoghi all’aperto fra l’alba e la tarda serata. Oltre a un concerto dell’Ensemble Zefiro interamente dedicato a Mozart (in programma la Gran Partita e alcune fra le arie più conosciute delle Nozze di Figaro), spicca l’appuntamento con l’Orchestra e il Coro La Cetra di Basilea, che ci faranno rivivere attraverso le musiche di Claudio Monteverdi e altri autori suoi contemporanei l’atmosfera sacra del rito del vespro, che nella sontuosa Venezia del 600 rappresentava un grande momento di festa. I biglietti (con prezzi variabili secondo la categoria e il concerto da CHF 20.00 a 140.00) sono disponibili agli sportelli di Ascona Locarno Turismo e presso tutti i punti di vendita Ticketcorner in Svizzera.
PER INFORMAZIONI, PREVENDITA E PRENOTAZIONI +41 (0)91 759 76 65 info@settimane-musicali.ch. www.settimane-musicali.ch
Friedrich Oelenhainz, «Ritratto del futuro Principe Alois I del Liechtenstein» (particolare), 1776 © LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna
VALUES WORTH SHARING
«Entra a far parte di una banca per la quale i soldi non sono tutto.» Elena Sager, collaboratrice LGT dal 2006
lgt.ch/values
FINANZA / TICINO FOR FINANCE
UN 2020 ALL’INSEGNA DI NUOVE LEGGI IL 1. GENNAIO 2020 ENTRERANNO IN VIGORE DUE NUOVE LEGGI, LA LEGGE SUI SERVIZI FINANZIARI (LSERFI) E LA LEGGE SUGLI ISTITUTI FINANZIARI (LISFI). DI FRANCO CITTERIO PRESIDENTE DI TICINO FOR FINANCE
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ntrambe le leggi hanno avuto un iter travagliato considerato che è da circa 8 anni che se ne discute. Nell’ultimo biennio il Parlamento federale ha lavorato per trovare il giusto equilibrio tra la protezione degli investitori ed il rafforzamento della reputazione e della competitività della piazza finanziaria. L’obiettivo è stato raggiunto il 15 giugno del 2018, quando il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati hanno ufficialmente approvato le due leggi. Mettendo da parte sigle e tecnicismi, spieghiamo in modo semplice quale sarà l’impatto di queste modifiche sulla piazza finanziaria. Clienti tutelati meglio Partiamo dalla legge sui servizi finanziari: il punto più importante concerne le norme di comportamento che i fornitori di servizi finanziari dovranno osservare nei confronti dei clienti. Tra queste l’obbligo di pubblicare un pro-
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spetto e, per gli strumenti finanziari, un foglio informativo di base facilmente comprensibile. L’obiettivo della legge è di meglio tutelare il cliente: finché si tratta di investire in azioni e obbligazioni classiche, anche per l’investitore inesperto è relativamente facile avere un’idea chiara del tipo di investimento che sta effettuando e dei rischi connessi. La situazione cambia quando al cliente vengono proposti per esempio prodotti strutturati, ovvero prodotti che combinano investimenti classici (azioni e obbligazioni) con prodotti finanziari derivati (decisamente più complessi). A meno di non essere addentro al mondo della finanza, non è sempre scontato riuscire a districarsi nei prospetti forniti dal consulente. Da qui la necessità di un prospetto semplificato, sintetico e di facile lettura. Questa modifica legislativa è stata quindi fatta a protezione del cliente e va a colmare le lacune giuridiche esistenti. Il cliente potrà
sempre scegliere come investire in totale libertà e avrà un accesso facilitato alle informazioni. I consulenti inoltre dovranno suddividere la clientela in categorie specifiche, ovvero clienti privati, professionali o istituzionali. Ancor più importante, a seconda del tipo di cliente e del prodotto che gli viene offerto, i consulenti dovranno raccogliere maggiori informazioni per meglio determinarne il profilo di rischio. Con l’introduzione della LSerFi, la FINMA abiliterà inoltre il servizio di registrazione, preposto a tenere il registro dei consulenti per la consulenza alla clientela, nonché l’organo di verifica per i prospetti. Vigilanza differenziata anche per gestori patrimoniali La legge sugli istituti finanziari andrà invece a modificare la situazione degli intermediari finanziari in ambito di vigilanza. Attualmente non tutti gli intermediari finanziari sono assogget-
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TICINO FOR FINANCE Villa Negroni CH-6943 Vezia www.ticinoforfinance.ch
tati alle stesse normative. Ad esempio le banche sono sottoposte alla vigilanza prudenziale (gli istituti assoggettati devono disporre sempre di cuscinetti di capitale sufficienti, essere liquidi e avere il pieno controllo sui loro rischi), mentre i gestori patrimoniali indipendenti no. Questo non vuol dire anarchia: i gestori infatti devono rispettare la legge sul riciclaggio di denaro e attenersi alla legislazione sugli investimenti collettivi. Tuttavia, per armonizzarsi al diritto europeo, con la nuova legge anche i gestori di patrimoni di clienti individuali, i gestori di valori patrimoniali di istituti di previdenza e i trustee saranno assoggettati alla vigilanza prudenziale. La FINMA inoltre autorizzerà l’esercizio dell’attività per i soggetti in questione e avrà la competenza assoluta di svolgere l’attività di enforcement. Va specificato che la vigilanza corrente sui gestori patrimoniali indipendenti e sui trustee non sarà esercitata direttamente dalla FINMA, bensì da organismi di vigilanza senza statuto di autorità che però dovranno essere essi stessi accreditati dalla FINMA. Tale vigilanza sarà introdotta a tappe: i gestori di patrimoni e i Trustees dovranno annunciarsi alla FINMA entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge; entro tre anni da
tale data dovranno poi sottoporre alla FINMA una richiesta di autorizzazione. Ai fini autorizzativi si dovrà adempiere a precise condizioni, tra le quali figurano l’impiego di dirigenti qualificati e l’adozione di adeguate funzioni di controllo interno (Risk manager e compliance). Tra pochi mesi le due leggi entreranno in vigore: spetta adesso agli intermediari finanziari lavorare affinché vengano integrate nei processi organizzativi. L’Associazione Bancaria Ticinese, in rappresentanza delle banche, è attiva sul tema e coordina un gruppo di lavoro che permette ai partecipanti del mondo bancario di confrontarsi per prepararsi al cambiamento del quadro legislativo nel modo migliore possibile.
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FINANZA / RICCARDO ZANON DI VALGIURATA
PREVEDO NEI PROSSIMI ANNI PROFONDE TRASFORMAZIONI LASCIATA LA GUIDA DELLA BANCA MORVAL, RICCARDO ZANON RESTA UN OSSERVATORE SEMPRE ATTENTO E PUNTUALE NELL’ANALISI RIGUARDO ALL’ANDAMENTO DELLA FINANZA INTERNAZIONALE. LO ABBIAMO INCONTRATO E QUI PROPONIAMO ALCUNE SUE RIFLESSIONI SULLO STATO DEL SISTEMA FINANZIARIO SVIZZERO E TICINESE.
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artiamo da una domanda quasi d’obbligo. Come giudica lo stato attuale del sistema bancario ticinese? Ritiene che la “cura dimagrante” portata avanti nel corso degli ultimi anni possa ritenersi giunta al termine? «Probabilmente abbiamo raggiunto solo recentemente in Ticino un punto di equilibrio tra domanda e offerta di servizi finanziari e ciò dopo una lunga attraversata del deserto iniziatasi con la grande crisi del decennio scorso con il suo seguito di profondi sconvolgimenti che hanno coinvolto il sistema finanziario ed economico globale: ci riferiamo quindi non solo alla crisi finanziaria iniziata nel 2007 e a quella dei Paesi dell’euro zona nel 2011/12 ma anche alla conseguente abolizione del segreto bancario con tutte le conseguenze che ciò ha generato. Tutto questo ha determinato nel corso degli anni una progressiva e consistente riduzione della redditività di gestione delle banche, particolarmente evidente in una situazione come quella ticinese dove l’attività era per lo più finalizzata al Private Banking. Le cause di questa contrazione sono molteplici e vanno ricercate soprattutto nel brusco calo della redditività delle masse gestite, nell’aumento dei costi conseguente alla crescita delle norme regolatorie, nella diminuzione importante delle masse amministrate a seguito della regolarizzazione fiscale e, non ultimo, nella politica monetaria delle banche centrali con il mantenimento dei tassi intorno allo zero quando non addirit-
tura negativi con conseguente diminuzione della redditività di tesoreria per le banche stesse». Guardando in particolare alla situazione del Cantone, le banche ticinesi si dimostrano in grado di fare fronte alla nuova situazione? «È proprio questa la situazione di equilibrio instabile di cui precedentemente parlavo. Gli istituti svizzeri e ticinesi scontano pesantemente la difficoltà di erogare prestazioni e servizi ad una clientela prevalentemente italiana, ora diventata fiscalmente regolarizzata a seguito delle diverse manovre di emersione fiscale promosse nel corso degli ultimi anni e che ha scelto di mantenere i propri averi in deposito in territorio elvetico e che può mantenere i contatti con i propri attivi solo recandosi personalmente in territorio elvetico a causa della perdurante impossibilità di fatto per banche e gestori patrimoniali svizzeri di operare sul territorio italiano. Da ciò nasce una insoddisfazione da parte del cliente italiano e una difficoltà per le banche ticinesi di mettere in campo tutte le competenze che pur ci sono all’interno del nostro sistema finanziario e che meriterebbero di essere adeguatamente valorizzate. A tutto ciò si aggiungano le limitazioni imposte dall’UE riguardo all’offerta di specifici prodotti finanziari». A suo giudizio sono ipotizzabili soluzioni a breve-medio termine? «Penso che una accordo definitivo tra i due Paesi che regolamenti tutta la ma-
Giuseppe Santomaso: Animated Painting Curated by Francesca Pola 6 September - 26 October 2019 Private view: 30 September, 6 - 8.30 pm Cortesi Gallery London
Heinz Mack: The Breath of Light Curated by Francesca Pola 13 September - 15 November 2019 Opening: 12 September, 6 - 8.30 pm Catalogue presentation in the presence of the Artist: 24 October Cortesi Gallery Milan
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_______________________________________________________________________ Giuseppe Santomaso, Palude in Grigio, 1959, oil on canvas, 124 x 114 cm (detail). Courtesy Private Collection.
FINANZA / RICCARDO ZANON DI VALGIURATA
teria non sia al momento probabile. Questa situazione condiziona pesantemente la qualità delle relazioni con i clienti italiani, a seconda della tipologia di clientela di ogni istituto, dove se da un lato i clienti “storici”, magari non più giovani, accettano con piacere l’idea di venire fisicamente a Lugano per incontrare il proprio gestore patrimoniale, le nuove generazioni (35-50 anni) si aspettano invece di potere usufruire di tutta la paletta dei servizi finanziari elvetici nel loro paese di residenza magari attraverso piattaforme digitali simili a quelle messe loro a disposizione dal sistema bancario locale. Allo stato attuale ciò non è possibile ed è per questo che la situazione è di equilibrio instabile in uno stato di reciproca insoddisfazione. Per contro il nostro sistema finanziario può offrire ancora interessanti opportunità, sia per la tradizione di confidenzialità sia in quanto in quanto depositario di specifiche competenze e di servizi altamente specializzati, ma a questo punto la piazza luganese, al di là dei vantaggi legati alla lingua, deve direttamente confrontarsi con Zurigo o Ginevra». In sintesi, dobbiamo attenderci ulteriori “scossoni” all’interno della piazza finanziaria ticinese? «Direi proprio di sì. Se per quanto riguarda gli istituti bancari il peggio è probabilmente passato, con le chiusure, le acquisizioni e le fusioni cui abbiamo assistito negli scorsi anni, teniamo presente che nel 2020 entrerà in vigore la nuova legge sui servizi finanziari molto più stringente per quanto riguarda i gestori patrimoniali indipendenti e dunque è facile prevedere un nuovo assestamento della piazza». In che misura le nuove tecnologie potranno condizionare l’evoluzione futura del sistema finanziario? «Prevederlo oggi con certezza è praticamente impossibile ma è sicuro che l’adozione di queste nuove tecnologie – che vengono normalmente definite
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Fintech - costituisca una delle possibili vie attraverso le quali, in tutto il mondo, si sta cercando di ridisegnare il futuro della finanza e dell’economia. Le criptovalute sono l’aspetto più visibile e concreto di questa evoluzione che è fondata su tecnologie digitali estremamente avanzate - come block-chain, big-data e quindi intelligenza artificiale - le cui applicazioni nel settore finanziario sono ancora tutte da esplorare e definire. Le stesse criptovalute nascono come tentativo di creare una valuta che sia allo stesso tempo “deflazionistica” e quindi non possa fare oggetto di deliberata svalutazione per ragioni di politica monetaria, che possa essere uno “Store of Value” e quindi rappresentare una classe di attivi in cui si possa investire ed infine che possa essere uno strumento di pagamento liquido e comunemente accettabile. Come detto però esse rappresentano però solo la punta dell’iceberg nella rivoluzione digitale che si delinea sotto il nome di fintech. Resta il problema di definire come questa evoluzione verrà integrata nei sistemi finanziari ed economici e come essa influenzerà i servizi finanziari bancari privati e le politiche monetarie e fiscali degli stati. Per non parlare poi della necessaria evoluzione dell’attività regolatoria e di vigilanza pubblica che dovrà adattare i suoi strumenti ad una realtà che per il momento è in continua ed imprevedibile evoluzione». Ma l’adozione di queste nuove tecnologie potrà davvero essere accessibile a tutti? «È questo un punto di grande interesse e intorno al quale non mi sembra ancora maturata una consapevolezza circa le difficoltà da superare cui stiamo andando incontro. Gli investimenti da compiere in ricerca e sviluppo per portare avanti i processi di digitalizzazione delle banche adattandoli alle nuove tecnologie fintech sono ingentissimi e solo i grandi gruppi potranno sostenerli ed eventualmente ot-
tenere nel tempo un vantaggio competitivo. Siamo di fronte a processi ancora in gran parte sconosciuti in tutti i loro meccanismi e che occorre seguire con molta attenzioni, anche perché sono prevedibili false partenze, ripensamenti e cambiamenti di rotta. È comunque indubbio che a medio termine potrebbero avere un forte impatto sulla nostra attività e sulla nostra vita quotidiana: In ogni caso e limitandoci solo al settore dei servizi finanziari privati, non è fuori luogo ipotizzare che in un non lontano futuro, la gran parte delle relazioni bancarie potrebbero essere governate dall’intelligenza artificiale tramite complicati algoritmi, riservando la consulenza finanziaria con l’intervento del banchiere privato solo ad una clientela quantitativamente particolarmente elitaria e particolarmente esigente dal punto di vista dei servizi richiesti». Da ultimo, quale potrà essere l’impatto della Brexit sul sistema finanziario mondiale? «Credo che il Regno Unito seguirà un approccio molto concreto e pragmatico, tipicamente britannico e cercherà di raggiungere accordi che consentano, dopo l’uscita, di conservare la maggior parte dei vantaggi di cui oggi godono le banche insediate sulla piazza londinese. Quali accordi si potranno raggiungere é oggi difficile prevedere, ma è molto probabile che la capitale inglese sarà in grado non solo di mantenere ma addirittura di estendere i suoi vantaggi competitivi. Non dimentichiamo che Londra è nelle condizioni di offrire tutta una gamma di servizi bancari e finanziari integrati e che, soprattutto, la forza della sua piazza non va valutata solo in un’ottica europea, ma soprattutto planetaria, guardando tanto ad Occidente che ad Oriente delle isole britanniche e dove hanno sede i due colossi economici mondiali».
FINANZA / UBS
UN FESTIVAL SEMPRE PIÙ “SOSTENIBILE”
LUCA PEDROTTI, DIRETTORE REGIONALE UBS TICINO TRACCIA UN BILANCIO DELL’EDIZIONE 2019 DEL FESTIVAL CHE HA VISTO ANCORA UNA VOLTA LA BANCA TRA I PRINCIPALI SOSTENITORI DELLA MANIFESTAZIONE LOCARNESE.
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l Locarno Film Festival si è recentemente concluso. Qual è il valore della partnership tra UBS e questo importante evento svizzero. «UBS e il Locarno Film Festival vantano la partnership più longeva di UBS in Svizzera. Nasce infatti nel 1981; quasi 40 anni di storia condivisa, di progetti pensati e realizzati insieme, di crescita e di sviluppo. Essere partner da decenni apporta un va-
lore aggiunto a entrambi. Non si tratta unicamente di un esercizio commerciale o di marketing; ci si conosce, c’è fiducia, si capiscono meglio i bisogni reciproci e si collabora in modo proficuo e trasparente. Una partnership di lunga data è una fucina di idee che permette di sviluppare e realizzare progetti comuni a beneficio di tutte le parti coinvolte e in primis a beneficio del pubblico del Locarno Film Festival». Un bilancio personale sull’ultima edizione? «Il 72° Locarno Film Festival, il primo sotto la direzione artistica di Lili Hinstin, si è rivelato un successo e l’affluenza in Piazza Grande è stata una delle maggiori mai registrate. Partecipo al Locarno Film Festival da molti anni, per lavoro e per interesse personale, e non rimango mai deluso dalla qualità artistica e dall’eccellenza operativa».
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FINANZA / UBS
progressi siano stati fatti, siamo ben lontani dal poter affermare di vivere in una realtà caratterizzata da pratiche sostenibili. La nostra generazione ha la grande responsabilità, ma anche i mezzi necessari, per cambiare la situazione. Costruire le basi per un futuro sostenibile richiede l’impegno di tutti. Solo lavorando insieme individui, aziende e governi riusciranno a fare davvero la differenza. UBS è consapevole di questa responsabilità e si impegna concretamente a favore di un futuro migliore». Il Prix du Public UBS è uno dei premi ufficiali del Locarno Film Festival. Cosa lo distingue dagli altri premi? «Da vent’anni il Prix du Public UBS permette al pubblico di Piazza Grande di esprimere la propria preferenza: rende infatti ogni singolo spettatore parte della giuria. Ritengo molto importante questo aspetto di inclusione e di partecipazione del pubblico. La Piazza Grande è un luogo d’incontro e di aggregazione, dove i grandi personaggi dell’industria del cinema e il pubblico locale e internazionale condividono un’esperienza unica. Nel corso degli ultimi vent’anni il Prix du Public UBS ha celebrato e premiato pellicole di grande importanza. Tra queste ricordo con particolare piacere “BlackKklansman” di Spike Lee, vincitore nel 2017 e “Le vite degli altri” di Florian Henckelvon Donnersmarck, vincitore nel 2006». Quali sono state le novità presentate in occasione della 20a edizione del Prix du Public UBS? «Abbiamo collaborato con il Locarno Film Festival per lo sviluppo della nuova app ufficiale dell’evento. Oltre a digitalizzare il fitto programma del Festival e semplificare l’acquisto dei biglietti, la Locarno Film Festival App ha permesso al pubblico di Piazza Grande di valutare i film e decretare il vincitore del Prix du Public UBS in modo semplice ed immediato direttamente dai loro smartphone».
Un anno di anniversari e di novità… «Decisamente, il 2019 è stato un anno molto interessante sotto questo punto di vista. Abbiamo festeggiato la 20° edizione del Prix du Public UBS e, a livello personale, ho celebrato i miei 30 anni di carriera presso UBS. Una carriera di lunga data presuppone sempre una grande passione per il proprio lavoro, impegno e costanza nel raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati, flessibilità nell’adattarsi alle varie situazioni, ma anche creatività e apertura mentale. Il tutto con una buona dose di divertimento nello svolgere le proprie attività. Queste caratteristiche accomunano sicuramente la mia carriera professionale e il Locarno Film Festival, che negli anni ha saputo rinnovarsi in modo costante, offrendo al pubblico eccellenza e massima qualità». Durante il Festival si è parlato molto di sostenibilità. Anche UBS si impegna in questo ambito? «La sostenibilità è un tema di grande importanza per UBS. Nonostante molti
In che modo UBS ha portato il tema della sostenibilità al Locarno Film Festival? «Presentando al pubblico del Locarno Film Festival l’iniziativa #TOGETHERBAND, con uno stand dedicato in Rotonda. #TOGETHERBAND è una campagna ideata dalla casa di moda sostenibile inglese BOTTLETOP in collaborazione con UBS, con l’obiettivo di promuovere e raccogliere fondi a favore di progetti selezionati dalla UBS Optimus Foundation volti al sostegno dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile fissati dall’ONU. Questi obiettivi trattano le grandi tematiche legate alla sostenibilità: consumo responsabile, pace, cambiamento climatico, vita negli oceani e molte altre. La raccolta fondi avviene grazie alla vendita di braccialetti di 17 diversi colori ognuno rappresentante uno dei 17 obiettivi - realizzati a mano in modo sostenibile ed etico. Ogni confezione di #TOGETHERBAND include due bracciali: uno da indossare e uno da regalare».
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UN SEMESTRE MOLTO POSITIVO NONOSTANTE LE DIFFICILI CONDIZIONI DI MERCATO, NEL PRIMO SEMESTRE 2019 IL GRUPPO BANCASTATO RAGGIUNGE NUOVAMENTE OTTIMI RISULTATI.
Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale di BancaStato
Avv. Marco Tini, Presidente della Direzione generale di Axion SWISS Bank SA
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l Gruppo BancaStato nel primo semestre 2019 ottiene ottimi risultati. L’utile raggiunge i 32,9 milioni di franchi, risultando in crescita del 7,9% rispetto ai primi sei mesi del 2018. Il totale della cifra di bilancio cresce di 438,7 milioni e supera i 14,7 miliardi. I crediti ipotecari raggiungono oltre 9,5 miliardi (+184,2 milioni, pari a +2,0%). Il totale degli impegni nei confronti della clientela progredisce di 369,4 milioni (+3,9%) a 9,8 miliardi. I patrimoni gestiti si attestano a 16,5 miliardi con una crescita di 798 milioni (+5,1%) nei primi sei mesi del 2019. Gli afflussi netti di patrimoni ammontano a 440 milioni. Passando al conto economico i ricavi netti crescono del 6,1% e raggiungono i 115,9 milioni nonostante la situazione dei mercati finanziari continui a rivelarsi complessa. La principale fonte di ricavo di BancaStato, vale a dire il
risultato netto da operazioni su interessi, progredisce del 3,5% a 78,1 milioni. Il risultato da operazioni su commissione e da prestazione di servizio arretra del 3,5% e si attesta a 24,8 milioni. Il risultato da attività di negoziazione raggiunge i 9,2 milioni, con una crescita del 17,3%. Gli altri risultati ordinari totalizzano 3,8 milioni (contro lo 0,3 milioni dello stesso periodo del 2018). Nonostante l’aumento dei costi di esercizio (+3,6% a 63,8 milioni) il risultato operativo (risultato d’esercizio) migliora di ben 4,3 milioni, equivalenti a un’ottima crescita dell’11,0%, attestandosi a 43,7 milioni. Le rettifiche di valore su partecipazioni nonché ammortamenti su immobilizzazioni materiali e valori immateriali diminuiscono del 21,9% a 6,3 milioni. Considerato il rallegrante risultato operativo conseguito, il Gruppo BancaStato ne approfitta per attribuire 10 milioni alle riserve per rischi bancari generali (+25%) con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la propria solidità. Nonostante tale importante attribu-
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zione, l’utile del Gruppo progredisce del 7,9%, a quota 32,9 milioni. «I risultati finora ottenuti sono molto positivi e di ciò ne andiamo orgogliosi. Lavoriamo sodo ogni giorno per essere all’altezza delle aspettative della Proprietà e dei ticinesi; salvo imprevisti anche il secondo semestre 2019 confermerà l’attuale buon andamento» ha commentato Fabrizio Cieslakiewicz, Presidente della Direzione generale. La soddisfazione emerge anche da parte dell’avv. Marco Tini, Presidente della Direzione generale di Axion Swiss Bank SA: «Le sinergie instaurate con la Casa madre sono sempre più efficaci e siamo felici degli ottimi risultati del Gruppo».
Cosa fare per non diventare maniaci del lavoro, adesso su visana.ch/workaholic
FINANZA / UBS
QUALE FUTURO PER LA PREVIDENZA SVIZZERA? DIANA DE LUCA FERRARI, ASSOCIATE DIRECTOR E CONSULENTE PREVIDENZIALE PRESSO UBS, METTE IN GUARDIA CIRCA I RISCHI CHE CORRE IL SISTEMA PENSIONISTICO ELVETICO ED ESORTA LE PERSONE A CONSIDERARE IL PROBLEMA ANCORA IN ETÀ LAVORATIVA O ADDIRITTURA FIN DAL PROPRIO INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO.
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l tema della riforma delle pensioni riveste in Svizzera grande attualità… «Il fatto è che se ne parla ormai da molti anni ma non si è mai arrivati ad una riforma strutturale del sistema previdenziale. Nel settembre del 2017 ha avuto luogo una votazione su un progetto che riformava il 1 e il 2 pilastro: tuttavia, forse perché non adeguatamente sviluppato, lo stesso non è passato. Nel maggio scorso, poi, con il pacchetto sulla riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS (RFFA) sono stati stanziati finanziamenti supplementari in favore dell’AVS. Gli aspetti in discussione riguardanti la previdenza professionale sono invece ancora in stand-by e saranno posti in votazione più avanti». Per quali ragioni il sistema previdenziale è entrato in una crisi così profonda? «Il discorso è sicuramente molto complesso ma si può dire che il sistema svizzero, basato su tre pilastri, è destinato principalmente a fornire mezzi di sussistenza all’età pensionabile. Le principali sfide che deve affrontare, ora e nel prossimo futuro, riguardano il cambiamento demografico, attualmente il principale fattore negativo. L’aumento dell’aspettativa di vita e il basso
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tasso di natalità riflettono l’invecchiamento della popolazione. Il crescente squilibrio tra giovani e anziani sta ostacolando sempre più il bilancio dell’AVS. In ogni caso, se da più parti ci si è resi conto che il nostro sistema pensionistico a medio lungo termine versa in cattive condizioni, il dibattito pubblico ha sofferto per troppo tempo anche per l’assenza di un indicatore oggettivo, basato su parametri chiari, che consentono di valutare lo stato di salute del sistema pensionistico». Anche per questo UBS ha elaborato un proprio indice pensionistico svizzero… «Da diversi anni abbiamo creato un indicatore che esprime lo stato del nostro sistema pensionistico e viene valutato ogni trimestre. Con i suoi quattro sottoindici (sviluppo economico, demografia, finanza e riforme), l’indice incorpora i fattori decisivi per la sostenibilità del sistema. Un valore negativo dell’indice svizzero delle pensioni di UBS per un trimestre riflette un deterioramento dello slancio rispetto all’anno precedente, mentre un valore positivo segnala un miglioramento. Nel quarto trimestre del 2018 l’indice pensionistico svizzero UBS ha raggiunto il livello più basso dall’inizio
FINANZA / UBS
delle misurazioni nel 2005. L’andamento demografico ancora sfavorevole e il forte calo dei mercati finanziari avvenuto in quel periodo, sono in gran parte la ragione del drastico deterioramento della salute complessiva del sistema pensionistico svizzero». Questo quadro non certo ottimistico dovrebbe indurre le persone a prendere seriamente in considerazione un’attenta valutazione della propria situazione previdenziale… «È esattamente questo l’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere con la nostra attività di consulenza previdenziale, svolta nell’ambito di una strategia di UBS Svizzera. Attraverso un processo strutturato, analizziamo tutti gli elementi che attengono alla situazione personale e previdenziale di un individuo, pianificandone la strategia futura e accompagnandola con un programma di misure concrete fino alla sua attuazione. La prima fase del nostro intervento è dedicata all’ascolto delle esigenze individuali riferite all’attuale situazione personale, come pure degli obiettivi finanziari legati alla terza fase della propria vita. In seguito analizziamo come sviluppare il reddito, il patrimonio e il carico fiscale nel lungo termine, nonché come realizzare i propri obiettivi. Da ultimo, elaboriamo insieme una strategia previdenziale personalizzata, con un programma di azioni concrete da attuare nel tempo». Perché è così importante prendere in seria considerazione la necessità di un esame approfondito della propria situazione previdenziale? «Varie considerazioni - di ordine anche psicologico - tendono a far sì che si sia portati a rimandare il momento di pensare al proprio pensionamento e alle risorse con cui affrontare gli anni della propria vita dopo l’uscita dal mondo del lavoro. Atteggiamento forse comprensibile ma sicuramente molto nega-
tivo dal punto di vista dei risultati. Molto spesso infatti, si scopre che il proprio percorso previdenziale risulta non essere lineare con i contributi (è incompleto o presenta delle lacune), si pensi alle carenze contributive per periodi di lavoro all’estero, oppure, soprattutto per le donne, a causa di periodi di allontanamento dall’attività professionale. Di conseguenza, in tal caso la cifra da percepire al momento della pensione risulterà essere molto inferiore rispetto a quella preventivata, con probabili grandi difficoltà a mantenere inalterato il proprio tenore di vita». Quali vantaggi derivano dall'effettuare una tempestiva analisi della propria situazione previdenziale? «A parte tutte le considerazioni relative alla tranquillità derivante dall’avere pianificato il proprio futuro avendo la certezza di una rendita complessiva, tra 1, 2 e 3 pilastro, adeguata alle proprie aspettative, il fatto di esaminare e ricostruire tutto il proprio percorso previdenziale significa darsi la possibilità di colmare, ove possibile, eventuali carenze, ma non solo. Significa soprattutto cogliere tutte le opportunità, spesso poco conosciute, per ottimizzare le proprie rendite future, ottenendo molto spesso anche rilevanti risparmi di ordine fiscale».
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FINANZA / BNP PARIBAS
CAMBIARE IL MONDO PER UN FUTURO MIGLIORE MICHELA SINAGRA ROUBOS, DIRETTORE DELLA SEDE DI LUGANO, E FRANCESCO GARGANO, INVESTMENT MANAGER E MEMBRO DELLA DIREZIONE, SOTTOLINEANO LA SCELTA STRATEGICA OPERATA DA BNP PARIBAS, A LIVELLO MONDIALE, IN FAVORE DELL’AMBIENTE E PER UNA RESPONSABILITÀ SOCIALE GLOBALE.
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he cosa significa per BNP Paribas essere una banca che guarda alla finanza sostenibile e segue i principi della responsabilità sociale? «BNP Paribas - esordisce Michela Sinagra Roubos – è stata premiata come “World Best Bank for Corporate Responsibility” da Euromoney in quanto banca che si distingue, a livello mondiale, nel sostenere uno sviluppo responsabile della comunità e trasformare la nostra società per le presenti e le future generazioni. La sostenibilità è una responsabilità cruciale che BNP Paribas dai vertici, ai dipendenti, a tutti i collaboratori, ha scelto di assumere in prima linea, definendo la propria strategia attorno ai Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite. Il nostro coinvolgimento ci consente di entrare in una nuova era. La società in cui viviamo si sta trasformando. Il nostro futuro è ricco di opportunità, ma
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anche di rischi che nascono principalmente dalle crescenti diseguaglianze e dal cambiamento climatico. Nessun Paese, azienda o individuo potrà avere successo in un pianeta sofferente. Siamo infatti fermamente convinti che il progresso della comunità potrà essere raggiunto solo attraverso una crescita globale equa e sostenibile». In che modo si articola questo vostro approccio nei confronti di una finanza sostenibile? «Dobbiamo distinguere due approcci a questa tematica- prosegue Michela Sinagra Roubos – un approccio interno al Gruppo, con lo sviluppo ed il commitment verso una politica di “Corporate Social Responsibility” (in seguito “CSR”) ed uno verso il mercato e la clientela esterna attraverso l’implementazione di una filosofia “Positive banking”. È evidente infatti che i due aspetti non possono essere in alcun modo separati. Per quanto concerne il
primo approccio “CSR”, BNP Paribas ha adottato strategie che già dal 2017 le consentono di essere neutra rispetto a emissioni di CO2, anche attraverso specifiche iniziative nel modo. Ciò significa concretamente la diffusione di comportamenti tesi al risparmio energetico, alla lotta ad ogni forma di spreco, all’adozione e l’incoraggiamento, ove possibile, di una mobilità dolce in tutti gli spostamenti tra casa e lavoro. Inoltre, ogni dipendente ha ogni anno 8 ore solidali a disposizione per impegnarsi in un’attività sociale o ambientale di sua scelta». E per quanto riguarda il mercato e la clientela? Continua Francesco Gargano «Qui si inserisce quindi il secondo aspetto prima menzionato dalla collega, ovvero quello della responsabilità ambientale e sociale nella gestione del nostro business. I recenti contributi di BNP Paribas tesi a una crescita sostenibile sono
sostanziali. Le variabili ambientali e sociali sono state infatti strutturalmente inserite nelle politiche di investimento, di profilazione della clientela, del credito. BNP Paribas è uscita da business che presentano criticità come il tabacco, le armi controverse e i combustibili fossili da fonti non convenzionali, oppure le esplorazioni nell’Artico. Lavoriamo per raddoppiare i finanziamenti alle energie rinnovabili e sostenere tecnologie e innovazioni utili alla de-carbonizzazione dell’economia. Una recente statistica ci riconosce il ruolo di terzo player mondiale nell’emissione di “green bonds”». Responsabilità sociale vuol dire anche una particolare attenzione nei confronti di ogni diversità… «Infatti. In BNP Paribas - riprende Michela Sinagra Roubos - ci impegniamo a coltivare il valore delle nostre persone e valorizzare tutte le differenze attraverso un approccio diversificato nella gestione delle Risorse Umane, volto ad assicurare le stesse possibilità di crescita professionale a tutte le persone presenti in azienda. In un mondo che cambia velocemente, promuovere la diversità in azienda ci aiuta a servire
meglio i diversi clienti, a valorizzare le diverse competenze interne e a generare engagement di tutti i collaboratori. La strategia Diversity è parte della strategia di Corporate Social Responsibility e per dare concretezza e credibilità alle nostre azioni abbiamo adottato una politica sulla diversità in azienda, basata su alcuni punti ben definiti: valorizzare le differenze di genere; coltivare i talenti di tutte le età; agevolare le diverse abilità; conoscere e imparare dalle nostre differenze culturali. Nel 2014 le Nazioni Unite hanno lanciato il movimento HeForShe al fine di incentivare e promuovere la parità di genere nel mondo. Nel 2015 il nostro CEO, Jean-Laurent Bonnafé accetta di essere ambasciatore dell’iniziativa HeForShe e nel 2018 ne diviene uno dei Thematic Champions». Dal lato dell’offerta che cosa proponete a chi voglia investire in progetti sostenibili? «Vorrei premettere - spiega Francesco Gargano - che negli ultimi anni si assiste ad una graduale offerta di prodotti sostenibili, già da tempo presenti sul mercato, e quindi ad una politica proattiva da parte del nostro In-
vestment Management. Si tende ad analizzare e fare emergere sensibilità di potenziali investitori, con lo scopo di proporre investimenti che non soltanto possono offrire rendimenti interessanti, ma sono anche allineati con le convinzioni personali di ogni investitore. L’ISR - Investimento Sostenibile e Responsabile - è l’applicazione del concetto di sviluppo sostenibile agli investimenti finanziari: consente di proteggere i portafogli d’investimento contro nuovi rischi fisici, legali, reputazionali o di transizione legati alle problematiche ambientali e sociali, ma anche di cogliere opportunità derivanti dalle numerose innovazioni nei campi dell’energia, del trasporto o dell’alimentazione per esempio. Nei fondi ISR, agli obiettivi di ottimizzazione del rapporto tra rischio e rendimento in un dato orizzonte temporale, si affiancano analisi collegate all’ambiente, al sociale o alla governance societaria. Oltre alle classi di attivi tradizionali tali equities o bonds, siamo in grado di proporre prodotti di tipo Impact Investing che offrono un maggiore impatto positivo su progetti o attività specifichi».
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FINANZA / CERESIO INVESTORS
IN DIFESA DELL’AMBIENTE ECOL STUDIO SPA HA ACQUISITO IL 100% DI BIOIKOS AMBIENTE S.R.L. NASCE COSÌ IL SECONDO GRUPPO FAMIGLIARE ITALIANO DEDICATO ALL’AMBIENTE, ATTIVO IN ITALIA, INGHILTERRA E SVEZIA NELLA CONSULENZA, FORMAZIONE E ANALISI DI LABORATORIO.
Gabriele Corte e Alessandro Santini
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ondata nel 1982 da Guido Fornari, Ecol Studio SpA, con sede a Lucca, è una società dedicata all’ambiente, attiva nei settori analisi di laboratorio, consulenza e formazione con 8 siti produttivi in Italia, due sedi estere (Svezia e Inghilterra) e circa 250 dipendenti. Bioikos Ambiente S.r.l., con sede a Bologna e Forlì, opera nella consulenza alle sperimentazioni cliniche in ambito ambientale e nei sistemi di qualità, sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro. Unendo le forze Ecol Studio vede rafforzate le sue attività nelle pratiche autorizzative, nel monitoraggio clinico e nella gestione e analisi dati. “Siamo molto soddisfatti di questa acquisizione che rappresenta una sinergia perfetta e va intesa come una partnership vera e propria, sottolineata dalla permanenza dei soci di Biokos nella gestione, continuando insieme il percorso di crescita avviato da anni”, così Claudio Fornari, amministratore unico di Ecol Studio. Con circa 300 dipendenti, Ecol Studio con l’acquisizione di Bioikos Ambiente diventa il secondo gruppo privato fa-
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migliare in Italia nel settore della formazione e della consulenza ambientale. Ecol Studio resta impegnata nel suo piano strategico di sviluppo sui prossimi 3 anni che prevede una forte crescita sia per linee organiche, sia continuando il processo di acquisizioni, con l’obiettivo di raggiungere un fatturato di oltre 30 milioni. Ceresio Investors ha assistito in qualità di advisor finanziario Ecol Studio e la Famiglia Fornari nel processo di acquisizione di Bioikos, occupandosi anche del finanziamento della transazione. Parte dell’operazione è infatti sostenuta da un’emissione obbligazionaria sottoscritta sotto forma di club deal da un gruppo di investitori attivi nei settori più disparati. “È stato molto interessante assistere Ecol Studio in tutte le fasi dell’operazione, operando come veri e propri partner della famiglia Fornari”, sottolinea Alessandro Santini, responsabile del Corporate Advisory di Ceresio Investors. Ceresio Investor definisce il gruppo bancario che fa capo a Banca del Ceresio a Lugano, di cui fanno parte Ceresio SIM, Global Selection SGR ed Eu-
rofinleading Fiduciaria a Milano; Belgrave Capital Management a Londra. Si conferma oggi tra i gruppi bancari più solidi al mondo con un Tier 1 del 51% e mezzi propri pari a quattro volte quanto richiesto dalla normativa. I capitali gestiti e amministrati dal Gruppo superano i 9 miliardi di CHF. Ceresio Investors mette a disposizione dei propri clienti non solo la sua esperienza come investitore ma anche competenze legate ai servizi fiduciari, al consolidamento patrimoniale ed alla consulenza ad imprenditori nelle loro operazioni di finanza straordinaria.
Viaggia a elettricità. Rimane una Mercedes. La nuova EQC. Venite a scoprire la Mercedes tra le vetture elettriche. Fissate un appuntamento in una concessionaria Winteler per effettuare una prova su strada e siate tra i primi a guidare la nuova EQC.
Giubiasco | Riazzino | winteler.ch EQC, 408 CV (300 kW), 21,4 kWh/100 km (equivalente benzina: 2,4 l/100 km), 0 g CO₂/km (media di tutte le vetture nuove proposte: 137 g CO₂/km), emissioni di CO₂ generate dalla produzione di carburante e/o di corrente: 30 g/km, categoria di efficienza energetica: A.
Ristorante Metamorphosis Avviati grandi lavori di ristrutturazione A partire dal 2 settembre il Ristorante riapre la sua terrazza e il locale al Piano -1. Il locale al Piano Terreno resta invece chiuso per lavori di ristrutturazione fino alla fine di ottobre 2019, per riaprire poi nella sua nuova e definitiva veste. A seguito della riapertura del nuovo locale al Piano Terreno, lo spazio al Piano -1, è destinato solo ad accogliere eventi. Vi ringraziamo per la vostra fedeltà e vi chiediamo di portare pazienza, per questi disagi, che servono a mettere a vostra disposizione un nuovo spazio ancora più bello ed accogliente. Gli orari di apertura rimarranno gli stessi fino a nuovo avviso.
evol –zio Grazie per la vostra attenzione La Direzione e il Team Metamorphosis
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GASTRONOMIA / GAULTMILLAU
SIAMO ESPLORATORI, NON CARNEFICI! L’AUTOREVOLE PARERE DI URS HELLER, CRITICO GASTRONOMICO E CAPOREDATTORE DELLA GUIDA GAULTMILLAU DI CARLOTTA GIROLA
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i sono lavori per i quali ci vogliono lunghissimi anni di studio e formazione, seguiti da continui momenti di aggiornamento professionale. Non proprio di percorso accademico si può parlare, invece, quando si tratta del critico gastronomico, figura professionale che molto spesso viene ancora percepita avvolta da un’aura di mistero e, per i tanti golosi in circolazione, anche con un pizzico di invidia. Mettetela come volete: il lavoro dell’ispettore di una guida gastronomica, anzi di una delle più importanti a livello nazionale e non solo, è ricco di sfumature e avventure appassionanti. A raccontarcelo è proprio lui, Urs Heller, caporedattore di GaultMillau, il volume giallo che ogni anno indaga sulla buona salute della cucina svizzera, incoronando gli chef protagonisti e, purtroppo, lasciandone altri a bocca asciutta. La nostra intervista inizia col quesito che si pongono in tanti, in particolare i buongustai che hanno sognato più di una volta di trasformare la loro golosa passione in un mestiere, anzi nel mestiere più bello del mondo: come si diventa un critico gastronomico? Heller sorride e ci spiega che «la prima caratteristica che bisogna avere per diventare un ispettore della guida è quella di amare la cucina. I nostri critici allenano i loro palati con costanza, regolarmente e nei migliori ristoranti della nazione. Solo chi si confronta spesso con l’alta cucina può esprimere un giudizio corretto e assegnare un pun-
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teggio. Con il mio ruolo, per fare un esempio, in media ceno al ristorante almeno due volte alla settimana. Capita che durante l’inverno, nelle località sciistiche come St. Moritz o Zermatt il mio programma di lavori diventi decisamente più intenso. A volte è dura, soprattutto per mia moglie che mi accompagna a cena quasi sempre». Lo scorso giugno Urs Heller ha visitato il Ticino per partecipare alla kermesse enogastronomica di S.Pellegrino Sapori Ticino. In quell’occasione, ai fornelli della cucina dell’Hotel Splendide Royal di Lugano c’era uno dei fiori all’occhiello della GaultMillau, lo chef che nel 2019 è stato premiato come “Chef of the Year GaultMillau”. Stiamo parlando di Heiko Nieder, chef di “The Restaurant” all’interno di The Dolder Grand di Zurigo. Un vero e proprio talento, a giudicare dai piatti che durante la serata il cuoco ha servito agli ospiti di S.Pellegrino Sapori Ticino, e che lo hanno proiettato nell’Olimpo dei migliori professionisti della nazione. «Lo chef dell’anno deve essere una fonte di ispirazione per i colleghi e per i gourmet negli anni a venire», ci racconta Urs Heller che prosegue «si tratta di una figura carismatica che in qualche modo ha saputo aprire la propria cucina al mondo esterno, insomma che cucini guardando ben oltre i confini nazionali». I punti GaultMillau, gioie e dolori per chiunque aspiri ad un posto nel paradiso della guida gastronomica. La
GASTRONOMIA / GAULTMILLAU
GaultMillau esprime il suo punteggio in ventesimi e, ad oggi, i migliori cuochi della Svizzera hanno raggiunto i 19 punti e mai nessuno ha mai potuto vantare il punteggio pieno. «La perfezione è cosa di un altro mondo, nessuno chef può cucinare ogni piatto in maniera perfetta ogni giorno dell’anno» racconta Heller, «noi non siamo alla ricerca di un Mister Perfezione, non è quello che ci interessa. È tutto l’insieme che deve ispirarci, visto che l’esperienza gastronomica è data da un insieme di fattori. Per noi è una regola di casa non scritta quella di non assegnare il ventesimo punto». Una regola che distingue GaultMillau dalla “concorrente” francese più conosciuta al mondo, la mitica guida Michelin. «Per Henri Gault e Christian Millau, i fondatori del nostro brand, una cosa è sempre stata fondamentale: i nostri giornalisti devono essere in grado di raccontare in modo professionale i ristoranti attraverso i testi, i simboli e i numeri sono solo somme finali. I colleghi della Michelin svolgono altrettanto bene il loro mestiere. I critici gastronomici stranieri conoscono meno bene dei nostri connazionali il mondo gastronomico svizzero, perché noi siamo dei veri esploratori, nonché i promotori numero uno della cucina di casa nostra». Heller continua spiegandoci che «la storia recente della cucina elvetica sta vivendo un momento molto particolare. Possiamo dire tranquillamente che moltissimi cuochi sono in forma strepitosa! Tanti degli chef di nuova generazione stanno puntando in alto. In comune hanno un tris vincente di nuove abitudini che rendono la cucina ancora più interessante: l’utilizzo di prodotti regionali, la presenza di sempre più ragazzi giovani e di donne ai fornelli, infine un ambiente più vivibile nei ristoranti, dove l’arroganza non ha più spazio». Ma il mestiere di critico gastronomico ha anche dei lati più difficili. Se spesso crediamo che sia tutto “rose e fiori”, provate a pensare quando è necessario
decurtare i punti sulla guida. «Questo è il lato più sgradevole del mio lavoro – confessa Heller – in particolar modo quando si tratta di uno chef conosciuto personalmente. D’altra parte è vero che i cuochi conoscono le regole e le accettano di buon grado. Sanno perfettamente che per mantenere di anno in anno il punteggio assegnato loro devono lavorare duro. Forse è questo aspetto del nostro lavoro, il dover essere e rispettare le regole che valgono per tutti, che ha alimentato qualche luogo comune nei confronti della figura del critico gastronomico. Noi non siamo i carnefici del settore, anzi siamo i primi fan e i più grandi ambasciatori della gastronomia svizzera. Ci definiamo degli esploratori: aiutiamo molti giovani chef a crescere e non vediamo l’ora di vederli decollare verso una carriera ricca di soddisfazioni. Le loro soddisfazioni saranno anche le nostre, una volta seduti a tavola». Quando gli chiediamo un’opinione sui siti web che si occupano di recensioni gastronomiche, come ad esempio il caso eclatante di TripAdvisor, Heller risponde che «posso solo essere contento, più si parla di cucina e meglio è. È’ vero che questi siti hanno spesso
molte recensioni contraddittorie formulate dagli utenti, ed è per questo che ciascuno può e deve giudicare soltanto in autonomia, secondo me». La piacevole e interessante chiacchierata con Urs Heller si conclude solo dopo avergli chiesto un’opinione sulla sua recente esperienza a S.Pellegrino Sapori Ticino, alla quale risponde senza dubbio alcuno: «Ammiro l’entusiasmo del team del celebre festival. So bene quanto lavoro ci sia dietro ad una manifestazione di questo calibro, quindi tanto di cappello. Noi di GaultMillau abbiamo lo stesso obiettivo di S.Pellegrino Sapori Ticino: promuovere la buona cucina». Piatto dello chef Heiko Nieder
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GASTRONOMIA / NEW YORK
NON TUTTO MA DI TUTTO PERDERSI NEL CIBO A NEW YORK: DAL FOOD TRUCK ALLO STELLATO SVIZZERO, TRA UN COCKTAIL E UN HAMBURGER IN UNA CITTÀ CHE NON DORME MAI
DI MARTA LENZI REPETTO
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01 Pollo al foie gras e tartufo di NoMad 02 Freedom Tower ed entrata dell'Oculus di Calatrava, WTC Transportation Hub con all'interno anche Eataly 03 Entrata del Ristorante Delmonico
New York si potrebbe stare per 64 anni mangiando fuori ogni sera, senza dover mai tornare in un posto già visitato. Si stima che solo a Manhattan ci siano almeno 24.000 tra ristoranti, caffè e take-away. È la città che meglio riesce a raccogliere tutte le tendenze: è la metropoli del fast food e del junk food ma, da oltre un decennio, ha reinventato l’arte della tavola con un nuovo stile di vita americano. Accanto a ketchup e bicchieroni di bevande gasate, si trovano alcuni dei maggiori chef del paese e sono nati molti produttori orientati allo sviluppo sostenibile e nuovi mercati biologici. Il NY Times sostiene che il Peganism è uno dei trend che segneranno il 2019 gastronomico newyorkese, una dieta paleo-vegana, non solo di cibi salutisti ma veri e propri superfood dalle mille proprietà, dal miso alle zuppe di cannabis, dal chayote agli snack a base di insetti, ma vale la pena continuare a curiosare anche tra altre proposte gourmet della Grande Mela. Come mangiare e godersi un paio di drink al NoMad. All’incrocio tra la Fifth Ave-
nue e Broadway, nella parte nord di Madison Square Park, da cui il nome, un luogo casual ed elegante, dove il piatto più famoso è il pollo arrosto farcito di foie gras e tartufo nero, firmato dallo chef svizzero Daniel Humm, lo stesso dell’Eleven Madison Park, il ristorante che nel 2017 ha conquistato il primo posto nella classifica dei
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GASTRONOMIA / NEW YORK 02
World’s 50 Best Restaurant, considerato l’oscar dell’alta cucina. Una gioia per i sensi. Prima un cameriere lo porta a tavola per mostrarlo fragrante, appena uscito dal forno; poi lo fa riposare; infine, lo sfiletta e solo a quel punto lo presenta, servendolo in due piatti. Una piccola cocotte di ferro contiene la parte scura della carne, saltata con funghi e scalogno, ma il taglio più succulento è il petto, imbottito di foie gras e tartufo nero. Il gusto è impagabile: il ripieno impedisce al pollo di seccare e trasforma l’assaggio in un’esperienza davvero sublime. Protagonista e promotore dell’alta ristorazione made in USA e del concetto di accoglienza, Daniel Humm è nato a Strengelbach nel canton Argovia. Conquistata la sua prima stella Michelin all’età di appena 24 anni, dal 2003 ha lasciato la Svizzera per gli Stati Uniti. Prima la costa occidentale, San Francisco, poi New York dove prende le redini dell’Eleven Madison Park Restaurant con cui nel 2011 ottiene le tre stelle. L’ambientazione, il fascino, la cura del dettaglio fanno anche di questo ristorante un luogo unico che da quest’anno
abitudini alimentari dell’epoca introducendo il concetto di cucina di qualità. Emigrato da Mairengo, Giovanni Delmonico apre un negozio di vini, e dopo alcuni anni nel 1827, raggiunto dal fratello pasticcere Pietro, inaugura il primo caffè che, con l’arrivo del nipote Lorenzo, si trasforma in ristorante nel 1837. Nasce così l’idea di ricreare una cucina simile ai bistrot parigini. Punto di ritrovo per l’alta società a pochi passi da Wall Street, è il primo locale a introdurre il business lunch approfittando degli impiegati del vicino distretto finanziario e grandi sale dove organizzare eventi privati, con gli ospiti che possono scegliere le loro pietanze ed i vini à la carte, comodamente seduti al proprio tavolo ornato con decorazioni e tovaglie eleganti. Prima che Delmonico’s aprisse le sue porte l’idea di ristorazione era legata a locande dove il centro della scena era la bevanda alcolica, soprattutto birra, grazie ai tantissimi immigrati tedeschi, e il cibo era servito al banco, la presentazione molto semplice e senza una varietà di scelta della pietanza. Nel corso degli anni vi hanno fatto visita ospiti illustri come Theodore Roosevelt, Charles Dickens, Sir Walter Scott, Mark Twain, John Pierpont Morgan. Al suo interno sono stati inventati piatti storici, come Lobster Newberg, Eggs Benedict e Baked Alaska, grazie a due famosi chef, Charles Ranhofer, già cuoco di Napoleone III, profondo conoscitore dei segreti della più raffinata cucina francese e Alessandro Filippini, un altro leventinese che per decenni, fino al 1888, ne ha diretto le cucine. Nel corso degli anni il Delmonico cambia sede e denominazione, chiude e riapre più volte sino a quando il proibizionismo e la grande depressione ne decretano la fine. Nel 1927 una nuova proprietà lo rileva, riaprendolo nella sede storica di 56th Beaver Street, riproponendo le ricette originali e riportando il ristorante al successo che continua ancora oggi. Poco distante, passeggiando per pochi
non prenderà più parte alla competizione annuale dei World’s 50 Best Restaurant entrando a pieno diritto nella Hall of fame Best of the Best insieme agli altri vincitori delle passate edizioni come Osteria Francescana di Massimo Bottura, El Celler de Can Roca, il primo Noma di Copenagen e El Bulli, lo storico ristorante di Ferran Adrià. Humm non è il primo svizzero a conquistare la Grande Mela. Quando ancora queste classifiche non esistevano, nell’800 a New York c’era già un famoso ristorante creato e portato al successo da una famiglia di Ticinesi: il Delmonico, un luogo che cambiò le
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GASTRONOMIA / NEW YORK
minuti verso il Brooklyn Bridge Park, si possono provare i fantastici lobster rolls di Luke’s Lobster con una magnifica vista su Manhattan e sull’Hudson. Qui si assapora la famosa specialità del Maine, servita in un morbido panino con burro e spezie. Ancora aragosta fresca, ma non solo, tornando indietro al Chelsea Market, il più grande e celebre mercato coperto della città realizzato all’interno di una dismessa fabbrica dei biscotti Oreo. Tra numerosi negozi, stand e ristorantini, una delle specialità è proprio l’aragosta di The Lobster Place, una pescheria che permette di scegliere il crostaceo che si preferisce in base a dimensioni e peso e viene cucinato al
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momento davanti ai propri occhi. Un altro grande mercato coperto è Eataly, dove vivere un’esperienza a 360° nei sapori gastronomici italiani, attraverso numerosi punti di ristoro, pasticcerie, gelaterie, bar, banconi di pasta fresca, salumi e pesce. Qui gli americani amanti della cucina italiana, e tanti turisti nostalgici, vengono a pranzare o a fare la spesa. Ci si diverte tra una merenda e un aperitivo a Flatiron o nella sede più recente a Downtown nel nuovo World Trade Center con un occhio particolare alle centinaia di qualità di pane proposte. Qui, volutamente, non è solo made in Italy: non trovandosi in un posto qualsiasi, questo spazio a Ground Zero si è voluto aprire all’incontro di tante culture proprio attraverso il cibo, con il pane simbolo di cibo universale. E il tavolo della pace con la mappa della terra situata all’ingresso, realizzata con legno millenario e ideata dall’architetto Renzo Piano, ne spiega l’idea: condividere i sapori della storia di ieri e di oggi con i popoli che ne sono stati ideatori e custodi. Per tornare a una scelta più americana non può mancare Shake Shack. Una catena di fast food che vanta l’utilizzo di carne di angus al 100% per i propri hamburger ed offre, in aggiunta, un
Chicken Burger, nonché un’alternativa vegana, ad ogni angolo di Manhattan! E non si può non fermarsi in uno dei numerosi chioschi che vendono hotdog: l’originale è quello di Nathan’s, il locale in cui nel 1916 venne messa a punto la ricetta usata ancora oggi e conosciuta a livello mondiale. Il punto vendita principale si trova a Coney Island, ma la città è piena di numerosi Nathan’s food cart per un pranzo veloce, come davanti al Natural History Museum e a Bryant Park. E per concludere la giornata ecco la nuova attrazione newyorkese, The Vessel ad Hudson Yards, una mini città che sta ridisegnando la Grande Mela tra la 10a e la 12a av., tra Chelsea e Hell’s Kitchen con panorama sul fiume Hudson e sul New Jersey. Accanto all’High Line Park, un enorme complesso con decine di punti ristoro, 154 scale connesse tra loro, 2.500 gradini in totale, 15 piani e 80 piattaforme panoramiche. Ideale all’ora del tramonto, come tanti altri rooftop bar, con visuale mozzafiato sulla città, perché la luce di New York è unica, come la città.
GASTRONOMIA / MONCUCCHETTO
VA DOVE TI PORTA IL GUSTO
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ercepire l’amore di chi li vive, conoscere e apprendere un’esperienza: queste sono le aspettative di chi vuole inseguire il buon gusto enogastronomico. Tutti siamo viaggiatori alla ricerca di un contatto con il patrimonio di conoscenze e tradizioni di luoghi. E tutti dovremmo vedere con gli occhi di un turista il “bello” che ci circonda perché spesso, noi che ci viviamo, non ci accorgiamo dell’armonia di tutto quello che ci sta attorno. L’autenticità, al pari della bellezza, ha bisogno che si rispettino la memoria e i valori di una cultura. E la lunga storia di Moncucchetto, iniziata 100 anni or
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sono per durare nel tempo, offre tutto ciò creando una relazione privilegiata tra le qualità dei suoi protagonisti: territorio, persone, vino, cibo e architettura. Con la nuova cantina dell’arch. Mario Botta nel 2009 è iniziato un nuovo viaggio, con l’incontro tra tradizione e innovazione sia nel vino che nel cibo. Un connubio tra arte, natura, ospitalità e piacere dei sensi che è diventato cultura nel cuore di Lugano. Da 10 anni ad accogliere l’ospite a Moncucchetto è l’imponente arco della tenuta: una volta entrati, arte, storia e futuro si incrociano in un percorso di gusto, avvolti dagli splendidi vigneti circostanti. Un mondo ideale per tuf-
CI SONO POSTI CHE HANNO UN EFFETTO MAGICO SU CHI LI SCOPRE, PERCHÉ ESPRIMONO L’ESSENZA E IL VALORE DI UNA PASSIONE. PER TROVARLI NON C’È BISOGNO DI ANDARE LONTANO. UNO DI QUESTI È MONCUCCHETTO A LUGANO, UN VIAGGIO ALLA RICERCA DI ESPERIENZE E AUTENTICITÀ. DI MARTA LENZI REPETTO farsi nello spirito di questa terra, dove la fretta è bandita e la bellezza ha ancora lo spazio preminente che merita. Artefici del cambiamento voluto dalla famiglia Lucchini, sono stati Cristina Monico e Andrea Muggiano. Rispettivamente enologa e chef, artisti, innovatori e custodi della memoria, persone che, dietro ai fornelli e in vigna, mettono in gioco se stessi, studiando la materia e sperimentando, con un unico scopo: contribuire al piacere degli ospiti e donare emozioni. Nel rispetto della tradizione, il ristorante di Andrea Muggiano propone piatti preparati con ingredienti locali, freschi e di stagione, con un occhio di riguardo alle eccellenze gastronomiche di oggi. Una cucina che racchiude in sé la sapienza contadina che conosce i cicli della natura e ne segue il ritmo, variando la propria tavola in base ai doni della terra e aggiungendo quel pizzico di creatività che trasforma un semplice piatto in arte. Per Andrea l’amore per la cucina sboccia in Sardegna, la sua isola natia, per proseguire in un percorso di sapori sempre legato all’acqua. Spostatosi sul lago, crea piatti valorizzando al meglio anche i prodotti dell’orto e i frutti della fattoria, affiancato da Alessandro Piardi e Benedetta Rudel. «Presentare un buon piatto vuol dire non solo dare una impronta personale dettata dalla propria creatività, ma trasmettere l’essenza di una ricetta, far riemergere la storia di quella preparazione» spiega Andrea. «Una pietanza deve lasciare un ricordo preciso, una sensazione, nel rispetto
GASTRONOMIA / MONCUCCHETTO
della materia prima che si è lavorata per esaltarla. Un menù deve essere sempre un racconto che accende i sensi». E ciliegina sulla torta ecco che per gustare al meglio i piatti, l’enologa Cristina Monico per festeggiare l’anniversario dei 100 anni della proprietà ha creato un nuovo vino: 100-2016 Rosso del Ticino DOC, un assemblaggio di Carminoir, Cabernet sauvignon e Merlot. Un vino giovane e moderno, una proposta emblematica dell’innovazione varietale che è stata perseguita a Moncucchetto, prodotto in edizione limitata e solo in formato Magnum. La bleniese Cristina, ingegnere in enologia e viticoltura, profonda conoscitrice del territorio ticinese, in questi anni ha fatto risaltare al meglio ciò che offre il terroir, tra Moncucchetto e gli altri vigneti di Agra, Sorengo, Morchino, Bioggio e Boscherina, con una produzione annua di 30.000 bottiglie, portando i vini dell’azienda ad ottenere prestigiosi premi. Un lavoro costante e attento per portare qualcosa di unico nella bottiglia, nel rispetto della natura, grazie anche all’istinto femminile che
le ha dato grandi soddisfazioni e alla fiducia che la famiglia Lucchini le ha accordato lasciandole carta bianca per lavorare i vigneti della tenuta. Amore, fiducia e impegno, queste sono le parole chiave che hanno permesso a Niccolò e Lisetta Lucchini di arrivare ad essere protagonisti del panorama enogastronomico locale e nazionale. Amore per la propria terra affidando la trasformazione della vecchia masseria all’arch. Botta per ottenere un luogo ideale di eleganza per allietare gli ospiti e offrire comodità e praticità a chi vi lavora. Fiducia nei collaboratori che hanno potuto esprimere al meglio le loro idee in sintonia con la centenaria storia del luogo che li ha accolti. Impegno costante in un progetto definito, un’idea chiara di impresa su cui lavorare per renderla realizzabile. E l’arte di Moncucchetto non rimane sempre e solo tra i suoi vigneti: S. Pel-
legrino Sapori Ticino, Maison Ticino a Vevey durante la Fête des Vignerons, Cristina unica madrina ticinese della Settimana del gusto 2019 con l’associazione nazionale Artigiane del vino, solo per citare alcune presenze che rendono orgoglioso Moncucchetto di far parte e rappresentare un ricco Ticino enogastronomico. Un risultato, questo, frutto di lunghi processi di crescita e ammodernamento, sempre in divenire, che hanno permesso di diventare una grande famiglia che vive e lavora con impegno e passione per un grande progetto condiviso.
01 Bottiglia dell'anniversario Sotto Faraona farcita alle erbe in mantello di pancetta, salsa ridotta al Merlot patate viola di A. Muggiano
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GASTRONOMIA / RISTORANTE AGAPÉ
CREATIVITÀ E SAPORI VERI UN’ESPERIENZA DA NON PERDERE DALLA PRIMA COLAZIONE ALLA CENA: AGAPÉ, UNA NUOVA STORIA DI AMORE E GUSTO A LUGANO. DI MARTA LENZI REPETTO
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osa c’è di meglio che iniziare la giornata con diverse specialità di ottimi caffè, croissants parigini e pains au chocolat, marmellate fatte in casa e un sorriso? Proseguire poi a pranzo con una carta di grande qualità che cambia tutte le settimane, con una cucina dai profumi e sapori mediterranei con accento francese in continua evoluzione secondo la reperibilità del mercato. E per l’ora dell’aperitivo, una ricca carta di vini e cocktails, anche analcolici, accompagnati da piccole portate e ancora sempre un sorriso. Tutto questo è possibile all’Agapé, l’elegante novità di Lugano in corso Pestalozzi. Un luogo che ha l’obiettivo di salvaguardare la tradizione, grazie alla ricerca della sostanza del sapore di una cucina fatta di prodotto e qualità, trasformandola in arte. Una cucina che esalta al meglio la materia prima, nobilitando ingredienti semplici. Un concept dedicato alla cultura culinaria, per una pausa pranzo saporita, sorpren-
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dente, all’insegna della piacevolezza e del relax o come ristorante privato per serate, aperitivi, feste ed incontri. Dopo una lunga esperienza in importanti cucine, dal Suvretta di St. Moritz al Dorchester di Londra, dal Principe di Savoia di Milano al Palace di
GASTRONOMIA / RISTORANTE AGAPÉ
Losanna per 12 anni con il suo mentore lo chef Edgard Bovier, ecco approdare sul Ceresio Stefano Butti. Affiancato dalla moglie Stéfanie, diplomata all’Ecole Hôtelière di Losanna, ma con un passato nella finanza, una svolta umana e professionale di importanza notevole nel segno di un amore senza confini. Amore incondizionato, banchetto fra amici, convito fraterno, questo è il significato del termine greco agàpe. Un termine che Stefano e Stéfanie hanno scoperto durante il corso prematrimoniale e che hanno deciso di francesizzare per la loro avventura gourmet: un sentimento d’amore trascendente, come è quello che può manifestarsi fra sposi e in un’attività che sta a cuore. Un amore e una passione che trasmettono, sia nel piatto, che in sala, a tutti i loro ospiti. C’è tanta Francia nelle preparazioni dell’Agapé. Una cucina bistronomique che offre piatti di grande qualità culinaria in un’atmosfera da bistrot. Raffinatezza e autenticità con l’uso di materie prime di eccellente semplicità, rigorosamente di stagione, cucinati con tecnica e creatività. Una accoglienza particolare che sfocia in una gradevole interpretazione contemporanea di ricette classiche, dove anche il gusto del bere non si perde in vir-
tuosismi ma si rivela concretamente calibrato da mani che sanno miscelare. Stefano Butti già sulla carta mostra un’audacia nelle scelte che volge lo sguardo all’enfatizzazione degli ingredienti, più che al mettersi in mostra, con un uso ragionato dei contrasti, sia nei sapori sia nelle temperature calde e fredde. Molto razionale nella composizione del menu, concentrato sul prodotto perché la tecnica non sia esercizio di stile. Questo concetto si trova in tutti i suoi piatti, dove alla base c’è sempre una grande golosità. Sia nelle ricette basate su monoprodotti, come nella “Conversazione di Pomodori”, declinati con fantasia e tecnica in diverse consistenze: pomodoro rosa del Ticino marinato, un datterino giallo pelato e un altro confit, un pomodoro verde zebrato svuotato e farcito di una concassée alla francese, un pomodoro costoluto cotto sottovuoto con un olio al basilico, mayonnaise di pomodoro e al basilico, un croccante al pomodoro e per terminare una quenelle di sorbetto al basilico. Sia con ingredienti considerati poveri a cui conferisce una dignità d’alta cucina. Come nel filetto di sgombro “Riviera dei Fiori” con concassée de tomate “française”, mayonnaise all’olio di oliva extra vergine qualità Taggiasca, olive Taggiasche, “dentelle di parmigiano”, basilico, pane morato a fiorellini, acetosella, falde di cipolla rossa, petali di fiori di garofano. Un piatto che prende spunto dagli ingredienti tradizionalmente utilizzati per una farcia ma lavorati separatamente per una presentazione ancora più stuzzicante. Il tutto abbinato a una scelta piuttosto omogenea tra vini ticinesi e svizzeri, italiani, francesi e qualche proposta di vini del mondo e a una rete di fornitori artigianali d’eccellenza che diventano coartefici del gradito risultato finale. Un luogo che invoglia a restare. Un’atmosfera suggestiva con 32 posti a sedere interni più una bellissima terrazza per la bella stagione, un ambiente armonioso e conviviale con bei volumi
sugli scaffali alle pareti che raccontano la storia e le esperienze di Stefano. E per godere anche a casa propria dell’atmosfera gourmet di Agapé, ecco che alcuni dei prodotti selezionati con grande cura da Stéfanie possono anche essere acquistati: cioccolati pregiati o la polvere di cacao aromatizzata con cannella e vaniglia, la stessa miscela utilizzata per fare il CioccoCappuccino con spuma di latte freddo da non perdere, o ancora le marmellate prodotte in casa. Per il periodo invernale saranno pronti foie gras e salmone marinato! Agapé permette di riscoprire alcuni elementi del rapporto col cibo messi spesso nel dimenticatoio: il gustare il cibo molto lentamente, il dare valore ai singoli ingredienti e soprattutto il prendersi cura di sé. E per il prossimo inverno, l’idea è quella di proporre un menu degustazione serale di 4 piatti, sempre con un sorriso!
RESTAURANT AGAPÉ Corso Pestalozzi 21A CH-6900 Lugano +41 (0)91 225 11 10 TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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GASTRONOMIA / HOTEL VILLA PRINCIPE LEOPOLDO
UNA LINEA DI CUCINA VINCENTE ALL’HOTEL VILLA PRINCIPE LEOPOLDO CONTINUITÀ E CHIAVE DI LETTURA PERSONALE DEL NUOVO CHEF CRISTIAN MORESCHI DI GIACOMO NEWLIN
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prìncipi, si sa, quando scelgono un luogo dove risiedere, si affidano al loro innato buon gusto, come Federico Leopoldo, principe prussiano vissuto a cavallo tra il 19. mo e il 20.mo secolo, che scelse per la sua villeggiatura, la zona della Collina d’Oro chiamata Montalbano, sopra la plaga luganese. Di gusto il principe ne aveva parecchio anche per la bella architettura della Villa. Certamente si sarebbe rallegrato della destinazione futura della sua prestigiosa Villa, che con un’appropriata ristrutturazione divenne l’albergo di lusso che tutti conosciamo, inaugurato nel settembre del 1986 e che in seguito entrò a far parte dell’associazione internazionale dei Relais&Châteaux che riunisce i migliori hotel di lusso e i migliori ristoranti gastronomici del mondo. Da oltre 30 anni quindi, l’Hotel Villa Principe Leopoldo domina, anche per la sua meravigliosa “location”, la scena dell’ospitalità alberghiera del luganese
e direi ticinese, grazie all’offerta dei suoi numerosi servizi di alto livello: dalle eleganti camere e suites, alla ristorazione, che desideriamo approfondire, ai banchetti per celebrare ricorrenze, agli aperitivi al bar con musica dal vivo, all’organizzazione di eventi e di feste private a 5 stelle, come pure a prodotti con il brand VPL come l’apprezzata cioccolata al 69% di cacao. Ma quel “quid” che ha reso la Villa una delle mete tra le più desiderate dagli ospiti autoctoni e stranieri è stata e continua ad essere la ristorazione. Per 30 anni la cucina è stata affidata ad uno tra i più bravi e rinomati chef del Ticino, Dario Ranza, che con la sua grande professionalità nel proporre piatti della più sincera tradizione in chiave attuale, elaborati semplicemente con prodotti di alta gamma, ha saputo attirare a sé schiere di buongustai. Mitica è la sua bravura sui risotti, sempre perfetti anche per oltre 50 commensali! Dopo 30 anni il testimo-
RISTORANTE HOTEL VILLA PRINCIPE LEOPOLDO Via Montalbano 5 CH-6900 Lugano +41 (0) 91 985 88 55 www.leopoldohotel.com
ne della ristorazione è passato a Cristian Moreschi, uno dei tanti giovani cuochi che Dario Ranza ha formato e che stanno facendo carriera. Cristian Moreschi è da 8 anni nelle cucine della Villa, dopo aver fatto esperienze professionali in strutture di primordine. Oltre ad avere una mano felice come il suo predecessore, Cristian afferma: “Ho scelto la linea della continuità, che ha dato molti frutti in passato, con tuttavia una chiave di lettura personale, sia sulla scelta dei prodotti come, tanto per citare alcuni esempi: il coniglio, la triglia, l’ortica, per la preparazione di piatti di mia ispirazione, sia sulle consistenze e sulle cotture, senza comunque escludere confronti con altre culture e realtà culinarie”. Cristian ha inoltre saputo sviluppare un intimo senso del colore, che si traduce nel gusto della presentazione del piatto, ciò che rivela una sorta di accento artistico, elementi che invitano l’ospite ad un piacere gastronomico profondo, proprio come sostenevano gli arguti aforismi del celebre gastronomo Anthelme Brillat Savarin il quale in sostanza evidenziava che già la vista di un piatto ben presentato è il preludio di un grande piacere fisico e spirituale. È chiaro che poi la sostanza non manca, poiché oltre alla continuità con l’eccellente cucina del predecessore e maestro, c’è, come detto, una giusta dose di innovazione personale. In una struttura come la Villa vi sono diverse tipologie di cucine, non solo quella relativa al risto-
rante gastronomico, cucine che fanno capo ad un’unica “fonte” e lo chef coordina il tutto, compresa la produzione di quell’emblema che è prerogativa indispensabile di un Hotel di lusso, ovvero il favoloso Club Sandwich conosciuto anche al di fuori dei nostri confini. Tuttavia la bravura dello chef la si desume dalla sua capacità creativa e manageriale, ma anche ovviamente dal buon rapporto con gli altri cuochi della brigata e con il servizio in sala perché, rileva Cristian: “l’esperienza degli altri cuochi, del maître, del sommelier e dei camerieri è per me importante e arricchente”. Dato che ci soffermiamo sulla ristorazione alla VPL, risulta imprescindibile citare, oltre allo chef, le altre tre colonne portanti che sono: il maître Claudio Recchia, il sommelier Gabriele Speziale e il barman Mario Lanfranconi, professionisti di lungo corso con alle spalle una trentina d’anni presso la Villa. Termino, sia col rendere omaggio alla direttrice Barbara Gibellini che
con il suo sorriso solare accoglie e mette a loro agio gli ospiti, sia con la riflessione secondo cui molte persone, a torto in questo caso, possono provare una certa soggezione, un certo disagio a recarsi al ristorante o anche al bar di un albergo di lusso come l’Hotel Villa Principe Leopoldo, a torto perché l’atmosfera, nonostante le cinque stelle lusso, non risulta per nulla snob, e il personale è capace di far immediatamente scemare la soggezione con un atteggiamento semplice e cordiale, pur con tutti i crismi della professionalità. Altro fattore di un eventuale sentimento di disagio potrebbe essere il costo di un’esperienza gastronomica, che si pensa possa essere eccessivamente elevato e allora anche questo fattore va sfatato, in quanto, se si considera l’esperienza nella sua globalità, il costo è pienamente giustificato ed accettabile, specie se confrontato con altre strutture del medesimo livello. Spesso ci scordiamo che si vive solo una volta.
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GASTRONOMIA / RISTORANTE BADALUCCI TASTE OF ART
QUELL’INGREDIENTE INVISIBILE CHE RENDE UNICA LA MIA CUCINA: L’IDEA A LUGANO, PERCORRENDO IL VIALE CATTANEO E GIRANDO POI SULLA SINISTRA PRIMA DEL PONTE SUL FIUME CASSARATE, AL N. 3 DI VIALE CASSARATE SI TROVA UNA SOBRIA PALAZZINA CHE DA OLTRE 40 ANNI OSPITA AL PIANTERRENO UN RISTORANTE, CHE SI PUÒ DEFINIRE STORICO, FREQUENTATO NON SOLO DA MOLTI LUGANESI, MA ANCHE DA CLIENTI PROVENIENTI DAL RESTO DELLA SVIZZERA E DALL’ESTERO. DI GIACOMO NEWLIN
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S 01 Aragosta 02 Il Locale 03 Lo Chef Badalucci 04 Piatto Gamberi 05 Risotto Ostriche Ph: © 2019 aimaproject.com Tutti i diritti riservati
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i tratta, o meglio si trattava, del ristorante Al Portone che ora è risorto a nuova vita, con delle ottime prerogative e con un nuovo nome “Badalucci Taste of Art”, dove Badalucci è il cognome del quarantaduenne chef sul quale vale la pena soffermarsi. Marco Badalucci è un cuoco dalla vasta e importante esperienza maturata in 30 anni di attività in cucine rinomate e prestigiose come: Le Calandre a Padova, tre stelle Michelin; al Gambero Rosso di San Vincenzo di Livorno, due stelle Michelin; executive chef dei tre ristoranti dell’Hotel Cristallo a Cortina d’Ampezzo (5 stelle); o come l’Amarcord a Cap Cana nella Repubblica Dominicana. Insomma un bel cammino professionale che ora offre, con la grande
passione che lo contraddistingue, ai vecchi e nuovi ospiti nel suo nuovo locale “Badalucci Taste of Art”. Un ristorante dall’arredamento leggero e signorile, direi proprio secondo un motto coniato da Giorgio Armani: “L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare“. In questo ristorante, in effetti, ciò che soprattutto si ricorda sono le pietanze, il menù, il cibo, che come dice lo chef, deve emozionare. Su questa idea Marco (il quale ha un socio, Matteo Galbani, brand manager) lavora per cercare nuovi accostamenti, che fanno rivivere in chiave moderna, le radici di una tradizione che spesso suscita ricordi di gusti e sapori del passato, ora arricchite da un’intima fusione tra colori e tecniche di cottura. Già scorrendo la carta delle vivande si percepisce lo stile
GASTRONOMIA / RISTORANTE BADALUCCI TASTE OF ART 02
RISTORANTE BADALUCCI TASTE OF ART Viale Cassarate 3 CH-6900 Lugano +41 (0)91 225 16 49 www.badalucci.com 03
di una cucina che esalta i più interessanti valori mediterranei: Gamberi rossi impanati a crudo con salsa al curry e sorbetto di mandorle; Raviolo ripieno di cipolla di Tropea caramellato all’anice con salsa al gorgonzola e finocchi canditi; Dentice scottato con trippette di baccalà e broccoletti; Gioco del piccione con le sue frattaglie e i suoi fegatini allo zenzero. Marco Badalucci è uno chef a tutto tondo, cioè è anche pasticciere, pertanto i suoi dessert completano la sua impronta: Cialda di polenta con gelato alla vaniglia e verdure candite, arance e cannella; Rivisitazione buffa della cassata alla siciliana. Va da sé che i prodotti delle preparazioni sono di prima scelta; poi paste, pane, focacce e grissini sono fatti in casa, mentre vegetariani e vegani trovano piatti comunque mai banali. D’altronde Marco si presenta così: «La mia cucina è da sempre frutto di passione, sensibilità ed esperienza, ma ciò che condividerò con voi sarà quell’ingrediente invisibile che la rende unica, cioè l’idea». La carta dei vini, dove trovano posto alcune pregiate etichette ticinesi, vanta una scelta ponderata e di tutto rispetto in cui scegliere il miglior abbinamento cibo-vino.
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GASTRONOMIA / THE JAPANESE RESTAURANT E RISTORANTE “SPUN”
IL SOL LEVANTE CONQUISTA ANDERMATT CUCINA GIAPPONESE E CUCINA REGIONALE SVIZZERA A BRACCETTO. DI GIACOMO NEWLIN
THE JAPANESE RESTAURANT HOTEL THE CHEDI ANDERMATT Gotthardstrasse 4 CH-6490 Andermatt +41 (0) 41 888 74 88 www.thechediandermatt.com
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embra un sogno, Andermatt che fino a pochi anni fa era conosciuta come semplice villaggio alpino e soprattutto come piazza d’armi, si sta trasformando in un prestigioso luogo di vacanze.
Quando si parla di vacanze si intendono ovviamente anche i piaceri della tavola. In questo senso la scelta non manca e allora questa volta accenniamo a due ristoranti con due tipi di cucina molto diversi. Il primo è il The Japanese Restaurant all’interno dell’Hotel The Chedi Andermatt e il secondo è il ristorante “Spun” del Radisson Blu Hotel “Reussen” Andermatt. La fresca e leggera cucina del Sol Levante sta entrando sempre di più nelle abitudini alimentari occidentali, proprio per la semplicità delle preparazioni e la delicatezza degli ingredienti. In particolare a noi interessano quei piatti in cui alla base c’è il pesce, soprattutto crudo, ma anche fritto, il famoso tempura. L’executive chef Dietmar Sawyere, del The Japanese Restaurant dell’Hotel The Chedi
GASTRONOMIA / THE JAPANESE RESTAURANT E RISTORANTE “SPUN”
Andermatt, coadiuvato dai suoi sushi master propone piatti di alta qualità della più autentica e tradizionale cucina giapponese e i più esigenti troveranno sublimi le diverse portate dei moderni menu Kaiseki che si declinano tra le cinque e le dieci portate per una cena a livello di “haute cuisine”. Nel 2017 il ristorante è stato insignito
di filetti di persico, gamberi con Chawan Mushi e Caviale Ascietra Gold; Entrecôte di manzo Wagyu con cipolle brasate alla Soja. È vero che citare i piatti non rende pienamente l’idea, ma un’atmosfera esotica forse la crea, pensando anche al perfetto ed esclusivo abbinamento con i vari Saké, che non mancano di sbalordire accostati
di una stella Michelin e di 16 punti Gault&Millau e i suoi piatti e i suoi menu possono essere accostati ai migliori saké, scelti da quella che è considerata la lista dei saké più completa e raffinata della Svizzera con un centinaio di etichette, consigliati, ovviamente, da Daniel Merk, sommelier con la specializzazione nelle varie tipologie di saké. Abbinamenti, quelli con i saké, importanti per cogliere anche le più delicate sfumature di gusto, per una completa soddisfazione del palato. È un’esperienza di sicuro effetto sedersi per cena al tavolo davanti ai cuochi giapponesi che con eccezionale abilità affettano pesci e verdure e compongono i piatti, dei quali per dare un’idea ne cito alcuni: Sashimi Hamachi; Carpaccio di capesante con Shiso caldo e caviale Kristal; Tempura
anche alla magia dei dessert: cioccolata bianca, noce di cocco, lamponi, meringa al sesamo, tempura di banana, caramello, gelato di sesamo nero ecc. Se dal ristorante giapponese dell’Hotel The Chedi Andermatt ci spostiamo all’ingresso della cittadina urana troviamo il nuovissimo, funzionale ed elegante nella sua modernità Radisson Blu Hotel “Reussen”, un hotel a 4 stelle superior che si affaccia sui Gotthard Residences, facenti anche loro parte del prestigioso progetto Andermatt Swiss Alps. Ovviamente del Radisson Blu Hotel “Reussen” abbiamo voluto testare il ristorante il cui nome è “Spun”, nient’altro che… cucchiaio. Le proposte dello chef Gerhard Rentz, soddisfano chi desidera assaggiare una cucina svizzera autentica, tradizionale, presentata in veste moderna con
piatti e prodotti che provengono, oltre che dal Canton Uri, anche dai cantoni limitrofi Grigioni, Ticino e Vallese, mentre non mancano tuttavia piatti e prodotti dal sapore mediterraneo. Va da sé che gli ingredienti vengono scelti col criterio dell’alta qualità: dal maiale della svizzera orientale cotto alle erbe, alla burrata premium con pomodori marinati, dal vitello per lo spezzatino alla zurighese con rösti al burro, al tartare di salmone scozzese con cetrioli e mele Granny Smith, dai crostini con funghi del Gottardo saltati, per poi ad esempio terminare il pasto con una deliziosa torta argoviese di carote, ma non solo! La carta dei vini offre un’adeguata scelta per poter effettuare il miglior accostamento cibo-vino.
RISTORANTE “SPUN” RADISSON BLU HOTEL “REUSSEN” ANDERMATT Bärengasse 1 CH-6490 Andermatt +41 (0) 41 888 11 11 www.radissonhotels.com TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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GASTRONOMIA / TAMBORINI VINI
INNOVARE SENZA RINNEGARE IL PASSATO VALENTINA TAMBORINI E SUO CUGINO MATTIA BERNARDONI RAPPRESENTANO LA TERZA GENERAZIONE ALLA TESTA DI UN’AZIENDA FAMILIARE CHE PROPRIO QUEST’ANNO FESTEGGIA IL 75 ANNIVERSARIO DALL’INIZIO DELLA PROPRIA ATTIVITÀ. E LO FA CON UN RICCO PROGRAMMA DI EVENTI E NUOVE INIZIATIVE.
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ei e Mattia, laureato in economia e dal 2014 Direttore, rappresentano il futuro dell’azienda ma forse è giusto iniziare con uno sguardo al passato… «Era il 1944 quando nostro nonno Carlo Tamborini - con grande coraggio e spirito di iniziativa - fondò l’omonima azienda. Una società inizialmente a sola vocazione di importazione di vini italiani che il figlio Claudio, una volta raccoltane l’eredità nel 1969,
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alentina Tamborini, laureata presso l’ Università di Scienze Gastronomiche di Slow Food in Piemonte, è una giovane professionista, che in pochi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo di spicco nel mondo vinicolo ticinese, grazie al suo spirito propositivo e alla sua visione imprenditoriale votata al rispetto dell’ambiente. Da questo spirito 2.0 di Tamborini nascono anche i due vini della linea Fenice all’interno della “Valentina Wine Collection”.
decise di sviluppare tra innovazione e intraprendenza, favorendone così ben presto una decisa ascesa.» «Io e Mattia siamo adesso la terza generazione. Grazie a una comune passione per il vino, l’azienda ha fatto davvero passi da gigante. Basti pensare che, dopo essersi dedicata per un quarto di secolo all’importazione di vini, dagli anni Settanta l’azienda con sede a Lamone si è affacciata sul mercato ticinese e svizzero con prodotti propri di eccellente qualità che i maggiori esperti del settore e gli affezionati clienti gli riconoscono. Questo importante traguardo è stato raggiunto grazie ad una costante vocazione per la qualità in cui crediamo, raggiunta grazie ai continui investimenti mirati che sono stati realizzati negli anni».
La vostra offerta di vini risulta essere attualmente quanto mai diversificata… «I riconoscimenti per gli sforzi intrapresi dimostrano la validità del grande impegno profuso: molti sono infatti i premi e le medaglie riservati ai suoi vini nei concorsi internazionali, culminati nel 2012 quando Claudio Tamborini viene insignito del più prestigioso riconoscimento a livello Svizzero che un produttore possa ottenere, quello del Miglior Viticoltore dell’anno, ricevuto in occasione della premiazione del Grand Prix du Vin Suisse al Kulturcasino di Berna. Il suo deciso cambiamento nell’indirizzo dell’azienda nasce da una chiara filosofia: la produzione di vino ticinese di qualità deve coincidere con la valorizzazione del territorio ticinese. Con il passare del tempo, l’azienda ha così voluto offrire spazi unici per vivere il territorio e i suoi frutti: produzione di olio d’oliva, grappa ticinese, miele e farina di mais Vallombrosa, questi alcuni dei prodotti in produzione limitata che l’azienda produce, oltre al “core business” che è il vino. Alla fine degli anni Novanta, Claudio, contribuì a fondare l’Associazione amici degli Ulivo che costruì sulla sponda del
GASTRONOMIA / TAMBORINI VINI
Ceresio nel territorio di Gandria un sentiero didattico dedicato alla storia millenaria dell’ulivo e dei suoi derivati. A Castelrotto è stato anche inaugurato il Museo della grappa dove si possono scoprire i segreti della produzione e un po’ di storia; senza dimenticare le numerose attività collaterali regolarmente proposte presso la storica Tenuta che richiamano il piacere del vino abbinato all’arte o la musica». La costruzione di un’immagine continuamente rinnovata dell’azienda passa anche attraverso la creazione di nuovi vini… «Ci muoviamo lungo la strada tracciata da mio padre, ma al tempo stesso cerchiamo di essere un’azienda che si rinnova costantemente e guarda al futuro con ottimismo e sempre nuovi progetti. Come ad esempio quello che porta un nome evocativo “La Rinascita”, frutto di nuovi assemblaggi con vitigni inconsueti per la Tamborini Vini. Il bianco deriva da vitigni interspecifici che mirano ad una coltivazione più sostenibile anche alle nostre latitudini. Il rosso, invece, è frutto di un nuovo assemblaggio di vitigni come il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, l’Arinarnoa. Il mio desiderio era
trovare gusti e profumi per accompagnare al meglio il momento dell’aperitivo e offrire un prodotto trendy. Occorrevano vini fruttati e aromatici al punto giusto, per proporre qualcosa di non troppo complesso e semplice da gustare un po’ per tutti i palati, in particolare quelli più giovani. Grazie all’aiuto del nostro enologo Luca Biffi ed all’agronomo Pierluigi Alberio siamo riusciti a realizzare questa linea che si rivolge agli standing dinner, ma si adatta anche ad una bella grigliata con gli amici. Cerchiamo di avvicinare il pubblico anche attraverso le etichette delle bottiglie. Realizzate dall’artista Luca La Marca che ha dato vita ad un’immagine evocativa della Fenice in sembianza di donna, che è diventata il logo di “Valentina Wine Collection”». Con quali iniziative avete scelto di festeggiare i vostri primi 75 anni? «Tutte le nostre partecipazioni avranno quest’anno un sapore speciale. È stato così a Vinissima, nel mese di marzo, quando sono state proposte nuove etichette, degustazioni guidate, momenti conviviali e tante altre iniziative. Durante questi due giorni di degustazione, si sono potuti assaggiare gratuitamente alcuni vini ticinesi prodotti da Tamborini, come pure tutta la
gamma dei vini italiani importata in esclusiva. Ci sono stati anche 18 Champagne di piccoli produttori che vinificano solo le uve raccolte nei propri vigneti, recentemente scoperti dalla Tamborini in occasione di una scampagnata nella pregiata regione francese. I festeggiamenti sono poi proseguiti a maggio in occasione della manifestazione Cantine Aperte, mentre nuove iniziative sono programmate per l’autunno. Sempre in occasione della manifestazione Cantine Aperte abbiamo presentato al pubblico la Magnum commemorativa: La Cuvée Settantacinqueanni, una selezione delle migliori uve di Merlot provenienti dai nostri vigneti, rappresentata dalla grande annata 2015». Tra le novità di quest’anno anche la riapertura della Tenuta Vallombrosa… «Alberto Vicari e sua moglie Elisa hanno assunto dal marzo scorso la gestione del Bed & Breakfast Osteria Vallombrosa e accoglieranno gli ospiti per degustare i piatti tipici ticinesi oltre a soggiornare in questo incantevole luogo. Vallombrosa è infatti attorniata dalle vigne di una Tenuta fondata agli inizi del ‘900 e completamente ristrutturata nel 2004. Il Bed and Breakfast Vallombrosa, che si trova all’interno della Tenuta, si caratterizza per le sue camere dedicate agli artisti e pittori ticinesi e ticinesi d’adozione, tutte arredate con gusto e charme. Location ideale per degustare i vini dell’azienda o fare acquisti dei prodotti tipici all’Enoteca Regionale del Malcantone. Vallombrosa é anche il luogo ideale per seminari, matrimoni, eventi e riunioni per aziende che sono alla ricerca di un luogo tranquillo e fonte d’ispirazione. Protagonista di questo nuova vita di Vallombrosa sarà la riapertura dell’Osteria situata nella grande sala camino. Un ritrovo accogliente e confortevole per un pranzo o una buona cena immersi nel silenzio della vallata e nella quiete del vigneto». TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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GASTRONOMIA / PASTICCERIA MARNIN
DOLCI DELLA FELICITÀ LA PASTICCERIA APRE I BATTENTI IL 28 OTTOBRE 1989. TITOLARE È ARNO ANTOGNINI MARNIN APPRODATO A LOCARNO DA VIRA GAMBAROGNO CHE RAPPRESENTA LA QUARTA GENERAZIONE DELLA FAMGLIA DI PASTICCERI: IL CAPOSTIPITE, ANGELO ANTOGNINI, FONDÒ A VIRA IL PRIMO LABORATORIO DI PANETTERIA E PASTICCERIA NEL 1852.
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uriosa è l’origine del nome assunto dalla pasticceria. Marnin infatti è il soprannome di famiglia. Gli Antognini sono un ceppo famigliare patrizio del Gambarogno. Nei tempi passati per distinguere le famiglie venivano attribuiti dei soprannomi. Siccome il bisnonno aveva sposato una “Marnini” di Muralto, dal 1852 gli Antognini di Vira Gambarogno sono stati soprannominati Marnitt (al singolare Marnin). Cosa singolare che quest’anno il noto scrittore Grossman, ospite in pasticceria nel corso degli Eventi letterari del Monte Verità di Ascona, ci ha rivelato che Marnin in ebraico significa “portatore di felicità”. È altrettanto vero che la marna è quel contenitore dove si impasta il pane… ma questa è una coincidenza. A Locarno, Arno, affiancato dalla moglie Franca, ha unito alla tradizione di famiglia le innovazioni nel settore dolciario scaturite dalla continua ricerca per perfezionare con professionalità i propri prodotti. Indiscussa specialità della casa, oltre alle pastafrolle (biscotti tondi di frolla), sono i prodotti lievitati quali i panettoni, le colombe, il pandananas.
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Oggi i punti vendita sono tre: il primo “la casa madre” è situato in Piazza S.Antonio a Locarno. Qui vi è anche un caffè tea-room, dove ci si può rilassare e gustare l’ottima cioccolata della casa, i diversi tè selezionati, oppure un buon cappuccino. Il secondo è situato in città vecchia, via S.Francesco: qui c’è la panetteria con il forno a legna. Dal 2008, Marnin è presente anche sul lungolago di Ascona con una boutique-confiserie dove ai prodotti lievitati si affiancano tutte le specialità di amaretti, da quelli semplici bianchi a quelli con diverse farciture. Marnin-Ascona è un’importante vetrina sul turismo elvetico ed internazionale attento alle specialità dolciarie del territorio. Nel frattempo la pasticceria, consolidando importanti collaborazioni si è ritagliato un ruolo come riferimento e partner della vita culturale cittadina. Grazie allo stretto rapporto con Il Festival del Cinema di Locarno, ma anche con la vicina Casa Rusca, molti sono stati gli artisti che sono passati e continuano a passare da Marnin. Inoltre, la sala di Piazza Sant’Antonio ospita regolarmente mostre, esposizioni ed incontri letterari.
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TURISMO / LUGANO REGION
AUTUNNO, TEMPO DI CAMMINARE NELLA REGIONE DEL LUGANESE SI CONTANO 23 SENTIERI TEMATICI, PER I QUALI LUGANO REGION, OPERA PER LA MANUTENZIONE. A PARTIRE DA MARZO 2018, DOPO IL LANCIO DEL NUOVO BRAND DELL’ENTE TURISTICO DEL LUGANESE, SINO AD OGGI SONO GIÀ STATI RINNOVATI 4 DI QUESTI 23 SENTIERI TEMATICI: IL “SENTIERO DELLE MERAVIGLIE” NEL MALCANTONE, “PASSEGGIARE IN CAPRIASCA”, “ARTINBOSCO” E, RECENTISSIMO, IL “SENTIERO STORICO NATURALISTICO DI SONVICO”.
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ll’inizio di giugno, in occasione dei suoi 20 anni dalla realizzazione e al termine dei lavori di rinnovo, un grande momento partecipativo che ha coinvolto autorità, collaboratori e un folto pubblico, ha festeggiato la nuova vita del Sentiero Storico Naturalistico di Sonvico, un percorso circolare che parte dal centro del paese, costeggia in più punti il fiume Franscinone, raggiungendo le località di Rosone, Madonna d’Arla, passando dal Monte Ro-
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veraccio e da San Martino, per ritornare a Sonvico. Tutto l’itinerario, che offre ben 28 punti di interesse, è lungo 9.1 km e percorribile in circa 3 ore. La conclusione del rinnovo del sentiero di Sonvico è stata possibile grazie all’ottima collaborazione con l’Associazione Amici del Torchio di Sonvico e al cofinanziamento del progetto della Divisione Servizi Urbani e di Lugano Region. Grazie anche alla collaborazione di Lugano Region è stata installata una nuova segnaletica, con cartelli direzionali, totem e tavole informative in 4 lingue, oltre che assicurata la manutenzione ordinaria del sentiero. Il percorso si è arricchito di un punto di osservazione, con la costruzione di una carbonaia didattica, come pure del restauro completo della Cappella della Madonna d’Arla, che coincide con i suoi 500 anni di esistenza, altro punto di interesse storico importante. Il sentiero, adatto anche alle famiglie, è tracciato in funzione dei quattro elementi Acqua, Fuoco, Terra e Cielo e
TURISMO / LUGANO REGION
spetto Theme Paths ordinabile online o richiedibile agli uffici informazione. I sentieri tematici sono percorribili individualmente ma per chi volesse passare una giornata conviviale e saperne di più sul Sentiero di Sonvico attraverso le spiegazioni di una guida, Lugano Region ha organizzato, per i turisti e i locali, un’escursione guidata enogastronomica “Camminando tra storia e natura” (www.luganoregion.com/guidex-sonvico) il 29 settembre 2019 con lo scopo di promuovere il percorso e i prodotti locali facendo una sosta per una degustazione presso la Fattoria del Faggio a Rosone, il tutto ad un costo di CHF 50.-. Tutte le escursioni sono con prenotazione obbligatoria, per maggiori informazioni consultare il sito web. www.luganoregion.com/it/guidex-lr valorizza sia gli elementi della natura che le peculiarità locali con significative testimonianze del patrimonio culturale, storico e artistico. Un’occasione per godere di una natura dagli equilibri sempre più fragili, facilitando la presa di coscienza del delicato e complesso legame fra gli esseri viventi e la natura circostante. Camminare lentamente, respirare col diaframma, rilassarsi assaporando e ascoltando profumi e suoni della natura. Questa la formula magica chiamata Forest Bathing, letteralmente bagno nella foresta, una pratica wellness nata in Giappone, e usata come medicina preventiva. Un toccasana contro l’ansia, la stanchezza e lo stress che consente di staccare davvero la spina con il mondo esterno, per rigenerare corpo e mente. Tutto merito degli oli essenziali e delle sostanze aromatiche rilasciate dalle piante, che esercitano un effetto benefico, rinforzando il sistema immunitario e abbassando la pressione cardiaca. Secondo alcuni studi, il contatto con la vegetazione del bosco abbassa i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, migliora i sintomi della depressione, rilassa, riduce lo stato di collera e di ansia, e stimola persino la creatività. I benefi-
ci si devono all‘ossigenazione che si ottiene camminando nel bosco, degli monoterpeni, sostanze aromatiche rilasciate dalle foglie degli alberi, e dei fitoncidi, oli essenziali presenti nel legno e rilasciati dagli alberi. I prossimi progetti saranno il rifacimento del Sentiero dell’Olivo e del Sentiero Archeologico-Naturalistico di Gandria oltre che al nuovo sentiero previsto sui Monti di Medeglia. Per chi volesse maggiori informazioni sui sentieri tematici, Lugano Region propone e aggiorna la sezione sul sito web e il pro-
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TURISMO / LUGANO REGION
LUGANO SEMPRE PIÙ SMART CITY
LUGANO SEMPRE PIÙ DIGITALE Lugano è tra le prime in Svizzera a entrare a far parte del Programma “Google DMO Partnership Program” lanciato nel 2017 a livello mondiale dal colosso americano. Come è noto la presentazione digitale di informazioni aggiornate e accurate per la scelta delle proprie vacanze costituisce una necessità da cui nessuna località può prescindere per la propria promozione turistica. Proprio per far fronte a questa opportunità e al fatto che sempre più spesso gli utenti si basano sulla ricerca organica dei risultati di Google (oltre 1 miliardo di utenti stimati) il programma permetterà di migliorare la completezza e qualità delle attuali informazioni digitali della destinazione attraverso la loro ottimizzazione e divulgazione su Google Maps, Google Destinations, Google Trip App. I dati attualmente presenti nei vari prodotti Google sono infatti riconducibili alle schede chiamate “Business Listings”, che i singoli operatori e fornitori di servizi possono da sempre aggiornare a proprio piacimento, una volta “reclamata la proprietà” della struttura/esercizio. Questa iniziativa permetterà non solo di aggiornare e/o correggere le attuali informazioni che gravitano su Lugano come destinazione turistica, ma anche di diffondere il messaggio a livello globale che il Luganese è pronta ad accogliere turisti e offrire loro un’esperienza di primissimo livello fin dalla fase di pianificazione del proprio viaggio.
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Lugano Living Lab è una piattaforma dedicata all’innovazione e alla promozione dello sviluppo urbano e regionale promossa dalla Città di Lugano in partenariato con l’USI - Università della Svizzera italiana, sostenuta da SUPSI Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana e altri importanti attori economici. Lugano Living Lab è un laboratorio urbano dove testare e implementare nuove tecnologie in modo sistematico e in condizioni reali: obiettivo finale è il miglioramento della qualità di vita e della competitività della città. In questa prospettiva, Lugano Region e Hotelleriesuisse Ticino Sezione Sottoceneri partecipano alla Giornata Digitale 2019 del 3 settembre con un progetto territoriale di forte arricchimento per tutto il comparto turistico locale. Dal 2018 si è, infatti, adottata una piattaforma collaborativa digitale, H-benchmark (hospitality data intelligence), che consente agli operatori turistici, in particolare gli albergatori, di confrontarsi con il proprio territorio monitorando diversi indicatori tra i quali prezzi medi del mercato, livello di occupazione, tendenze basate sulla presenza o meno di eventi in loco. Uno dei valori aggiunti rispetto ad altre piattaforme sul mercato è che è possibile ottenere un’aggregazione di dati in tempo reale, unificando diverse fonti e fornendo delle previsioni ed informazioni strategiche per promuovere la destinazione a breve e medio periodo. Il progetto, che si prospetta qualcosa di assolutamente unico nel suo genere a livello nazionale, vedrà a partire da fine 2019 l’introduzione in qualità di partner scientifico dell’IRE-Istituto di Ricerche Economiche che, in collaborazione con l’Osservatorio del turismo (OTur), si occuperà di integrare tali informazioni con i dati attualmente a disposizione, fornendo così un’analisi più completa tramite report ed infografiche ad hoc.
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LUGANO REGION
ENJOY OUR GUIDED TOURS luganoregion.com/it/guidex-lr LUGANO – UNEXPECTED CLASSIC TOUR 22.04 – 28.10 MO 10:00 – 12:00 FREE
EXCURSION TO GANDRIA 27.06 – 17.10 TH 10:00 – 14:30 CHF 15.–
LUGANO – GUIDED CITY WALK 13.04 – 26.10 SA 10:00 – 12:00 FREE
VEZIO – AROSIO CHESTNUT DAY 13.10 SU 08:30 – 16:00 CHF 50.–
SATURDAY BEER TASTINGS 15.06 / 14.09 SA 16:00 – 18:00 CHF 30.–
LUGANO – MONTE SAN SALVATORE 12.06 – 23.10 WE 10:00 – 13:00 CHF 15.–
AUTUMN FLAVOURS IN LUGANO CITY TOUR 02.11 – 30.11 SA 10:30 – 12:30 OR 16:00 – 18:00 FREE
CHRISTMAS IS IN THE AIR – LUGANO CITY TOUR 07.12 – 21.12 SA 10:30 – 12:30 FREE
SONVICO – WALKING THROUGH HISTORY AND NATURE 29.09 SU 09:30 – 16:00 CHF 50.–
SATURDAY WINE CELLAR VISITS 21.09 / 12.10 / 19.10 / 02.11 / 09.11 SA 16:00 – 18:00 FROM CHF 20.–
INFORMATION & RESERVATION REQUIRED
ENTE TURISTICO DEL LUGANESE
+41 58 220 65 05 agno@luganoregion.com luganoregion.com/guidex
LUGANO – MONTE BRÈ 17.05 – 18.10 FR 13:50 – 18:30 CHF 15.–
#luganoregion @luganoregion
TURISMO / OTR MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO
GIÙ FINO IN FONDO ALLA VALLE DI MUGGIO IL PARCO DELLE GOLE DELLA BREGGIA, CON IL PERCORSO DEL CEMENTO, IL MULINO E LA CASA DEL VINO TICINO RAPPRESENTANO UNA META IMPERDIBILE PER CHI VISITA LA REGIONE DEL MENDRISIOTTO. DI NADIA FONTANA LUPI
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l Museo Etnografico di Cabbio, vero museo nel territorio, offre la possibilità di scoprire un paesaggio ricco di memorie d’altri tempi, costituito da antichi mulini, roccoli, graa, bolle, nevère, e ponti. Ma in molti pensano che questa splendida valle inizi e termini all’altezza del ponte che collega i due versanti di Castel San Pietro e di Breggia, senza quindi considerare la parte più bassa, quella che con-
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tinua a seguire il corso del fiume, che percorre tutto il fondo valle, fino ad arrivare alle porte di Chiasso. Ed è proprio di questa parte di territorio, del Parco delle Gole della Breggia che è stato dichiarato area naturale protetta nel 1998 ed è ancora troppo spesso dislegato dal contesto della Valle di Muggio, che vogliamo parlare, perché qui accadono molte cose e sono stati sviluppati una serie di progetti che potrebbero attirare l’attenzione di molti. Il contesto è quello di un’area di territorio ristretto, parliamo di 65 ettari, che si trova praticamente a pochi passi dall’uscita autostradale di Chiasso-Balerna, dietro il complesso di grandi magazzini che ben si fanno notare quando si procede in direzione di Morbio. Gli accessi al parco per i pedoni sono garantiti anche da Morbio Inferiore, Castel San Pietro e Balerna e la visita al primo geoparco della Svizzera può anche rappresentare una
TURISMO / OTR MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO
tappa all’interno di un itinerario di più giorni alla scoperta della Valle di Muggio e del Monte Generoso. Il paesaggio naturale qui è di eccezionale interesse soprattutto per il patrimonio geologico e paleontologico che conserva. Un’oasi di pace protetta, verde e selvaggia, dove l’attività erosiva delle acque del fiume Breggia ha reso visibile una serie di rocce risalenti fino al Triassico, e un profilo geologico, unico nel suo genere in tutto l’arco alpino, di importanza mondiale. Parlando del Parco delle Gole della Breggia non è possibile dimenticare di suggerire una visita al percorso didattico del Cemento, che si trova proprio nel centro del parco, là dove un tempo era attivo un grande cementificio che è stato chiuso alcuni decenni fa. Grazie ad un imponente progetto di riqualifica le imponenti strutture che un tempo gestivano i processi per la preparazione del cemento sono state quasi completamente abbattute e di ciò che un tempo era stato costruito per la produzione oggi è rimasto solo un dieci per cento, a testimonianza di un’attività che ha generato economia, ma nel contempo ha modificato profondamente l’area. Come si legge sul sito “Il progetto di riqualifica è stato preferito alla demolizione del cementificio per poter raccontare la storia per intero e riflettere onestamente sulle impronte che lasciamo dietro di noi, qui e altrove”. Ed è proprio grazie a questa scelta che oggi è possibile proporre una visita dall’impatto emozionale importante, almeno quanto lo sono le lunghe gallerie che si possono visitare accompagnati da una guida, o l’imponente torre dei forni che svetta quale vestigia rappresentativa del ricordo della grande struttura che è stata demolita. Una visita che può attrarre grandi e piccini e che
può insegnare davvero molto perché pone i visitatori al centro di un processo produttivo che permette di seguire la trasformazione della materia, dalla roccia calcarea prelevata nei cunicoli delle impressionanti gallerie, ai frantoi e ai forni fino a raggiungere i sili. Ma all’interno del Parco delle Gole della Breggia i temi legati a cultura, utilizzo dell’acqua e geologia li possiamo ritrovare anche in un altro luogo, simbolicamente definito la “porta d’entrata” al parco perché è da qui che prendono avvio i percorsi escursionistici proposti in aggiunta al percorso del cemento, per il quale ricordiamo è sempre necessario prenotare una guida. Ed é quindi all’interno del piccolo nucleo che un tempo era abitato e oggi funge anche da punto informativo, che si trova il Mulino del Ghitello, restaurato e riaperto al pubblico. Qui, oltre alla macinatura del mais per fare la polenta, il mugnaio ed il personale del parco svolgono diverse attività didattiche che possono essere prenotate seguendo il programma indicato dalla Fondazione che gestisce il parco. All’interno del complesso di questo nucleo un’ulteriore particolarità è rappresentata dalla presenza della “Casa del Vino Ticino”, una piccola Maison du terroir che propone degustazioni di vini dei produttori di tutto il Ticino, gestita in collaborazione con Ticinowine. Terminata un’escursione la “Casa del Vino Ticino” può rappresentare un luogo ideale per sostare prima di rientrare nella frenesia di tutti i giorni, ma il programma di degustazioni ed eventi organizzato in questo luogo può sicuramente stimolare ulteriori occasioni di visite a quest’oasi di verde e di relax facilmente raggiungibile da tutti.
COME VISITARE IL PARCO Per una visita del parco sono consigliati due itinerari: uno storico e uno geologico. Il primo parte dal Mulino del Ghitello e porta al Mulin da Canaa. Costeggiando il fiume s’incontrano interessanti testimonianze storiche, quali la vecchia cementeria, la birreria e la cementeria Saceba. Si risale poi, dopo aver attraversato il fiume, fino al colle di San Pietro (rovine del castello e Chiesa Rossa). Si scende fino alla vecchia strada ottocentesca e si raggiungono il ponte e i resti del mulino “da Canaa”. Il secondo percorso, a carattere geologico, porta dal Mulin da Canaa al Ghitello. Attorno al mulino “da Canaa” le rocce nettamente stratificate visibili nel letto del fiume sono le più antiche del parco: calcari selciferi di 190 milioni di anni fa, ricchi di argille e di fossili (vietato asportare materiali!). Un ponte consente di superare il Buzun dal Diavul, gola stretta e profonda. Si scende lungo la parete destra della gola tra gli strati rocciosi (Radiolariti rossastre, cava di Biancone). Si ritorna per un tratto sul sentiero già percorso, poi si prosegue sulla sponda destra. Il sentiero entra nel bosco seguendo in quota la curva del fiume e attraversando zone franose, quindi scende nuovamente sulla strada a livello del fiume. Sulla sinistra si vedono le grandi pareti del Conglomerato di Pontegana e sulla destra i depositi del Flysch. Al Ghitello sono invece visibili i depositi più recenti (Quaternario).
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TURISMO / FERROVIA MONTE GENEROSO SA
LORENZ BRÜGGER, DIRETTORE, E VIVIANA CARFÌ MEDIA E MARKETING MANAGER, RACCONTANO DI UNA REALTÀ PARTICOLARMENTE AMATA DAI TICINESI E CHE, GRAZIE ANCHE ALLE NUMEROSE INIZIATIVE PROMOSSE NEGLI ULTIMI 12 MESI, IL FIORE DI PIETRA DELL’ARCH. MARIO BOTTA SI CONFERMA ESSERE UN ELEMENTO TRAINANTE DEL TURISMO NEL MENDRISIOTTO.
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na ferrovia storica e un modernissimo edificio per sancire il successo turistico di una destinazione come il Monte Generoso. Partiamo dalla storia della ferrovia… «La Ferrovia Monte Generoso, inaugurata nel 1890, è stata una delle prime ferrovie a cremagliera costruita nelle Alpi svizzere. All’inizio fu un vero e proprio successo commerciale, basti dire che durante il primo anno di esercizio circolarono 1.313 treni passeggeri, che percorsero oltre 10.000 km. I passeggeri trasportati furono quasi 20.000. Ma già nel 1904 iniziarono le prime difficoltà finanziarie. La Prima guerra mondiale e la susseguente grande crisi economica del ‘29 ridussero l’attività turistica e così nel settembre del 1939, in concomitanza con l’inizio della Seconda guerra mondiale, la Ferrovia Monte Generoso cessò la sua attività e si pensò addirittura di smantellarla per recuperarne il ferro».
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NOSTALGIA, EMOZIONE E MODERNITÀ
La rinascita della ferrovia e del Monte Generoso è legata indissolubilmente all’intervento di Migros… «A favore del mantenimento della ferrovia intervenne in modo appassionato Gottlieb Duttweiler, il fondatore della Migros, convinto che la straordinaria terrazza panoramica dovesse rimanere accessibile anche per le generazioni future. La Migros acquistò dunque la Ferrovia Monte Generoso il 12 marzo 1941, permettendo di ripristinare il servizio ferroviario. Negli anni seguenti la Migros s’impegnò a modernizzare l’infrastruttura, sostituendo dapprima negli anni ’50 le vecchie locomotive a vapore con locomotive a diesel e più tardi, negli anni ’80, con locomotive elettriche. La Ferrovia Monte Generoso, nata come cooperativa e diventata in seguito società per azioni, è tuttora un’azienda sostenuta dal Percento Culturale Migros».
Monte Generoso si è ulteriormente arricchito con l’apertura del Fiore di pietra, il ristorante panoramico realizzato sulla sua vetta… «Nell’ottobre 2010 uno scoscendimento del terreno ha provocato la chiusura dell’Albergo Ristorante Vetta costruito nel 1970 al posto dell’oramai vetusto Hotel Kulm che sorgeva in vetta al Monte Generoso. Lo smantellamento e la demolizione del vecchio ristorante-albergo si sono conclusi a metà novembre 2014. Fedele all’impegno preso nel 1941 dal suo fondatore, la Migros si è tuttavia impegnata a costruire una nuova struttura con ristorante, self-service, sala conferenze e terrazze panoramiche». Il Fiore di pietra non è soltanto un edificio, ma un vero e proprio simbolo… «Certo, un vero e proprio simbolo che si avvale oltre che dell’importanza in-
TURISMO / FERROVIA MONTE GENEROSO SA
novembre a marzo), verranno effettuati i lavori di risanamento della linea ferroviaria. Ma questo ammodernamento deve essere fatto senza perdere quel sapore e quel fascino del passato che costituisce un elemento fondamentale della nostra ferrovia». ternazionale del suo progettista, Mario Botta, anche di alcune peculiarità che rendono imperdibile questa destinazione turististica. La cremagliera, l’unica del Ticino, parte da Capolago e si arrampica per 9 chilometri attraverso una natura rigogliosa che regala paesaggi diversi e suggestioni in ogni stagione. Dall’alto dei suoi 1704 metri, vanta una posizione strategica e un panorama mozzafiato a 360 gradi tra la Svizzera e l’Italia, tra le Alpi, la Pianura Padana e i laghi di Lugano e Maggiore. E, infine, ma non per importanza, la raggiungibilità in treno da tutta la Svizzera, dall’Italia e dalla Germania, grazie alla quale si evita il traffico automobilistico e le lunghe code estive». La Ferrovia Monte Generoso ha cambiato da circa un anno la propria guida. È già possibile tracciare un bilancio dei risultati ottenuti dalla nuova gestione? «Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti ma soprattutto del grande potenziale che siamo in grado di esprimere e che probabilmente è stato fino ad un’epoca recente sottovalutato. Monte Generoso costituisce un autentico gioiello turistico con un ventaglio di proposte ampie e diversificate che attendono solo di essere adeguatamente valorizzate con opportune iniziative di marketing e di comunicazione. Migros ha scelto di investire in modo massiccio in questa struttura e, dopo il finanziamento del Fiore di pietra, sarà impegnata nei prossimi anni, a tappe, nella completa sostituzione dell’infrastruttura ferroviaria, al fine di rendere la ferrovia ancora più efficiente. Da quest’anno e sino al 2023, durante una più prolungata pausa invernale (da
Quali sono le principali attrattive del Monte Generoso? «Indubbiamente è un connubio straordinario di attrazioni. Oltre al panorama che accompagna tutti i visitatori dalla partenza all’arrivo, gli amanti delle attività en plein air, fanno hiking tra i 51 chilometri di sentieri naturalistici delle bolle, delle carbonaie, delle nevère o la via dei pianeti. I più sportivi arrivano in vetta in mountain bike o sorvolano questo paradiso in parapendio. Ma il Monte Generoso è the place to be anche per chi desidera rilassarsi e contemplare la natura, sospeso tra cielo e terra. L’enogastronomia di elevato livello del Ristorante ‘Fiore di pietra’ attira raffinati gourmet alla ricerca di tradizione e innovazione culinaria e i nostalgici del trenino a vapore non perdono l’occasione di rivivere la magia di un viaggio senza tempo a bordo del vagone stile Belle Epoque e della locomotiva del 1890. Nella Sala Conferenze, inoltre, si possono organizzare meeting aziendali e incontri business esclusivi, dove classe, discrezione e tranquillità sono altamente garantiti». Possiamo citare alcune delle iniziative con cui promuovete il Fiore di pietra e la Ferrovia Monte Generoso? «Dobbiamo essere in grado di adeguarci tempestivamente ai cambiamenti, alle esigenze e ai gusti dei turisti di oggi e di domani che ricercano un ‘turismo esperienziale’ agito, provato e sentito. Da raccontare al rientro e che resta a lungo nella memoria. Abbiamo individuato target diversi di potenziali utenti e per ciascuno di essi elaborato un’apposita strategia di approccio. I ticinesi hanno dimostrato sempre un
forte attaccamento al Monte Generoso e alla sua ferrovia a cremagliera. Di grande interesse sono le promozioni speciali per le famiglie, per gli over 60, per i business lunch a 1704 metri e per l’all-inclusive treno + piatto del giorno. Senza naturalmente dimenticare la magia unica di un viaggio a ritroso nel tempo con il treno a vapore del 1890, il più antico abilitato al trasporto di persone ancora regolarmente in circolazione in Svizzera, che permette di rivivere i tempi della Belle Epoque. La programmazione estiva così ricca di eventi e per tutti i gusti ci sta, davvero, dando grandi soddisfazioni. Per un contenitore di pregio come il Fiore di pietra abbiamo creato eventi culturali, musicali, artistici, sportivi ed enogastronomici di grande attrattiva. Basti pensare al Generoso Sunset Apèro che ha registrato il tutto esaurito con settimane di anticipo su ogni serata o la Serata ticinese alternata alla Grigliata del sabato sera. Il segreto è stato quello di pensare a momenti di contenuto ma che mettessero in risalto la spettacolarità del luogo. Per i mesi di settembre e di ottobre c’è solo l’imbarazzo della scelta! Il Cinema Open air (11 settembre) a 1704 metri, Tre appuntamenti con la cucina tradizionale di Marisa Clericetti (13, 21 e 27 settembre), il primo Oktoberfest in alta quota (20 settembre), la Rassegna gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio (dal 4 ottobre al 3 novembre), la mostra di pittura ‘Forme e colori di un percorso’ di Marco Lupi (sino al 31 ottobre), la prima corsa in salita da Mendrisio verso la vetta – Generoso Trail (20 ottobre) e dulcis in fundo un evento straordinario di chiusura di stagione (2 e 3 novembre) con l’inaugurazione ufficiale dell’inizio dei lavori di risanamento della mitica linea ferroviaria. Consultando il nostro sito www.montegeneroso.ch si scoprono tanti altri eventi e tutti i dettagli informativi».
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TURISMO / PLANHOTEL HOSPITALITY GROUP
OSPITALITÀ E SPIAGGE D’INCANTO MOZAMBICO: UN POPOLO OSPITALE, CITTÀ COLONIALI E VILLAGGI DI CAPANNE, FORESTE DI BAOBAB E MANGROVIE, ARCIPELAGHI INCONTAMINATI E LIDI TRA I PIÙ BELLI DEL CONTINENTE. A MEQUFI, IL DIAMONDS MEQUFI BEACH RESORT VANTA UNA VISTA SUL MARE SPETTACOLARE E SI SEGNALE PER L’ATTENZIONE ALLE ESIGENZE DEI CLIENTI, LA QUALITÀ DEL SERVIZI E LA BELLEZZA DEL LUOGO.
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l Mozambico è la nuova ed esclusiva destinazione per coloro che vogliono esplorare una regione ancora incontaminata, dove la natura in tutta la sua bellezza è la protagonista assoluta: riserve naturali inesplorate, arcipelaghi senza tempo e distese di sabbia che si tuffano nel profondo blu dell’Oceano Indiano. Il Diamonds Mequfi Beach Resorts, 5* All Inclusive, è membro di Small
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Luxury Hotels of the World e vincitore dei World Travel Awards nella categoria Mozambique’s Leading Beach Resort 2016, 2017, 2018, 2019. Situato su una spiaggia da sogno nella zona di Pemba, una delle più incontaminate del paese, unisce privacy e relax all’opportunità di vivere le emozioni delle escursioni alla scoperta dei tesori della zona e degli sport acquatici. Le 50 camere, le 40 camere deluxe e le 10 suite, sono distribuite in bungalow sulla spiaggia e sono spaziose e luminose, decorate in uno stile contemporaneo con dettagli e materiali locali, dotate di tutti i comfort e con una terrazza privata con vista mozzafiato sull’oceano. Al centro del Resort, c’è una piscina di acqua salata con lettini per rilassarsi e un bar che rimane aperto fino a tardi, per potersi godere la magia delle notti africane. Uno degli aspetti più importanti del Diamonds Mequfi Beach è la sua cucina, in grado di soddisfare anche i palati più esigenti, con 3 diversi
ristoranti a disposizione degli ospiti. L’Aeroporto Internazionale di Pemba dista 29 km. Tra Maputo e Pemba vi sono 2.000 Km di costa caratterizza da distese di sabbia bianca che si perdono all’orizzonte, lagune interne, barriere coralline inesplorate e isole vergini. Questa terra, antica colonia portoghese, nasconde il fascino dei paesi coloniali con la presenza di palazzi, fortezze e chiese e con la mescolanza di influenze africane, arabe, indiane e portoghesi. Dopo trent’anni di violenta guerra civile il paese ha finalmente raggiunto pace e stabilità politica, il governo sta investendo molto per sviluppare il turismo e numerosi investitori stranieri hanno costruito strutture turistiche di ottimo livello. Il Mozambico ha tre parchi nazionali, il Parco Zinale, il Parco Banhine e il Gorongosa; con oltre 200 specie di mammiferi, 170 di rettili e 40 di anfibi, 900 di uccelli; tra i mammiferi marini vi sono il dugongo, in via di estinzione, delfini e balene e varie specie di tartarughe. Nel paese sono state registrate più di 5600 specie di piante, ma si crede che il numero sia molto più elevato; di queste circa 250 specie sono endemiche. La varietà di flora è dovuta alla enorme biodiversità presente in questo paese, che presenta zone di montagne, ampie aree lacustri (Lago Niassa), laghi costieri, foreste interne e costiere, savana. Il Mozam-
bico nasconde inoltre circa 400.000 ettari di paludi coperte da mangrovie, di notevole importanza per l’ecosistema costiero in quanto formano un freno per l’erosione e arricchiscono le acque circostanti di sostanze nutritive. La meta è adesso raggiungibile dall’Europa con Ethiopian Airlines via Maputo (la capitale). Le stagioni sono invertite rispetto alle mete del Kenya o dello Zanzibar, con il periodo migliore da agosto a novembre, periodo anche “speciale” per la possibilità di avvistare le balene, che si possono vedere passare anche dalla spiaggia del Resort.
DIAMONDS RESORTS by planotel hospitality group www.planhotel.com www.diamondsresorts.com web@planhotel.ch
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TURISMO / HOTEL RADISSON BLU “REUSSEN”
UN HOTEL MODERNO, NEL CUORE DELLE ALPI SVIZZERE INCASTONATO TRA LE PISTE DI SKIARENA ANDERMATT-SEDRUN E GEMSSTOCK, A UN’ALTITUDINE DI 1.444 METRI, È LA DESTINAZIONE PERFETTA PER CHI AMA LE ATTIVITÀ SPORTIVE. DI PAOLA CHIERICATI
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l Radisson Blu “Reussen” di Andermatt ha aperto ufficialmente le sue porte il 20 dicembre dello scorso anno. Alla cerimonia d’apertura hanno partecipato molte personalità, tra cui Samih Sawiris, investitore e iniziatore del villaggio turistico Andermatt Reuss e presidente del Consiglio di Andermatt Swiss Alps
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AG e il coinvestitore Johan Beerlandt. L’hotel quattro stelle superior accoglie ora i suoi ospiti in 179 camere di diverse metrature, 65 appartamenti sono stati invece realizzati nei “Gotthard Residences”: le due strutture sono collegate attraverso un passaggio coperto. L’edificio, dall’architettura moderna e imponente, nel suo com-
plesso ricorda i grandi alberghi del diciannovesimo secolo progettati per proteggere gli ospiti in montagna dal vento e dalla neve. Il Radisson Blu Hotel “Reussen” è stato sviluppato sulla base di una moderna interpretazione di uno chalet svizzero, valorizzandone l’atmosfera calda e invitante che si accompagna all’uso di tessuti avvolgenti, pavimenti in legno naturale e arredi dalle linee morbide e sinuose. Dalle sue eleganti camere e suite con vista panoramica ci si può svegliare osservando le cime innevate e sorseggiando un caffè sulla terrazza, dove si respira a pieni polmoni l’aria fresca e limpida; esse offrono una gamma completa di servizi di alto livello, tra cui la ormai indispensabile connessione Wi-Fi ad alta velocità gratuita, il servizio in camera 24 ore su 24 e le TV LED. La sua posizione è comoda, a pochi passi dal centro
città e dagli impianti di risalita. E dopo una giornata di sport o di visite turistiche, ci si può rilassare concedendosi un massaggio rilassante nel centro Spa, completo di strutture per il fitness, sauna, bagno turco e piscina semi-olimpionica con ampie vetrate che guardano sulle montagne circostanti. Successivamente si può terminare con un fresco aperitivo nell’intimo BärBar, situato in un salone della hall a pianta aperta con camino e nel ristorante “Spun”, gustare piatti freschi e regionali. Oltre a una serie di attività per il tempo libero, l’hotel vanta per una clientela business di sei sale riunioni completamente attrezzate e una sala conferenze che ospita fino a 200 persone. Degna di nota è la sala concerti, progettata dagli architetti dello Studio Seilern Architects e sempre gestita dall’hotel, che dispone di 650 posti a sedere e si presta a qualunque tipologia di evento. I Berliner Philharmoniker l’hanno inaugurata con uno straordinario concerto, dando il via alla prima prestigiosa stagione musicale in programma all’auditorium, che proseguirà in autunno con tre concerti in collaborazione con il Festival di Lucerna, a cui parteciperà, tra gli altri, anche la Chamber Orchestra of Europe. Il programma della nuova sala è stilato da Andermatt Music, sotto la direzione del trio di produttori britannici Maximilian Fane, Roger Granville e Frankie Parham, fondatori del New Generation
Festival, che si tiene ogni anno a Firenze e a cui partecipano giovani talenti musicali provenienti da tutto il mondo. Andermatt si trova nel cuore delle Alpi Svizzere ed è una località di villeggiatura ricca di opportunità, con un borgo storico tradizionale. Situata nel Canton Uri, è in grado di offrirvi, in un unico luogo, tutte le meraviglie della Svizzera, sia d’estate che d’inverno. Lingue e culture diverse si sono sempre incontrate qui, e persone da tutto il mondo sono state attratte nella valle di Orsera per secoli. Per far sì che in futuro sempre più ospiti possano godere durante le vacanze di questo eccezionale connubio tra paesaggio idilliaco e vivace vita sociale, Andermatt Swiss Alps sta trasformando l’elegante borgo
montano in una destinazione unica e prestigiosa, ideale per tutto l’anno e in qualunque condizione atmosferica. Il Gemsstock offre un fantastico comprensorio sciistico a 2691 m di altitudine. La regione ad innevamento sicuro è resa accessibile da una seggiovia e da propri impianti sciistici. Sul Nätschen potete trovare diversi pendii soleggiati, ideali per le famiglie e gli amanti dello sci. Anche i comprensori sciistici di Sedrun e Disentis non sono molto distanti. Dall’accorpamento di Sedrun e Andermatt è nata la SkiArena AndermattSedrun che, con più di 120 chilometri di piste, è il comprensorio più grande della Svizzera centrale. Quest’area è stata progettata secondo criteri sostenibili in collaborazione con organizzazioni che operano nel settore ambientale. Nella valle di Orsera potete trovare inoltre una fitta rete di piste di fondo che farà battere il cuore di tutti gli amanti di questo sport.
RADISSON BLU HOTEL “REUSSEN” ANDERMATT Bärengasse 1 CH-6490 Andermatt +41 41 888 11 55 www.radissonblu.com/hotel-andermatt
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TURISMO / CHALET ROYALP HÔTEL & SPA
UN’ESPERIENZA DAVVERO SPECIALE
MEMBRO DEL LEADING HOTELS OF THE WORLD, OLTRE AD OFFRIRE INNUMEREVOLI SERVIZI DI ALTO STANDING, LO CHALET ROYALP HÔTEL & SPA DI VILLARS-SUR-OLLON GODE DI UNA POSIZIONE STRAORDINARIA DIRETTAMENTE SULLE PISTE DA SCI DEL CANTON VAUD . DI PAOLA CHIERICATI
01 Direttore Markus Marti 02 Grégory Halgand, Yanick Poidevin e Audrey Feutren
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i erge nel cuore della regione sciistica di Villars, a 1.300 metri di altezza, e non è nemmeno lontano dai campi da golf. L’hotel 5 stelle unisce interni in stile alpino e un ambiente moderno con una stupenda vista sulle Alpi; è caratterizzato dal fascino di un rifugio di montagna coniugato con l’eleganza di un moderno albergo di lusso. L’ambiente internazionale di questo luogo di villeggiatura si sposa pienamente con le esperienze di Markus Marti, 56 anni, direttore generale da giugno 2018. In precedenza, ha guidato diverse catene alberghiere nel settore di 4 e 5 stelle in Egitto, Mauritius, Maldive, Sri Lanka e Arabia Saudita: «Comprendo le esigenze della mia clientela che proviene da tutto il mondo - afferma soddisfatto - e cerco di realizzare molti dei loro sogni. Inoltre ho sempre cercato di valorizzare i collaboratori per creare un ambiente di lavoro affia-
tato che potesse accogliere sempre con il sorriso e con garbo tutte le richieste». Uno dei molti punti di forza dell’hotel è anche l’offerta gastronomica con quattro ristoranti (di cui uno, Jardin des Alpes, ha 1 stella Michelin e 16 punti Gault Millau). Lo Chef Grégory Halgand, di origini bretoni, insieme al suo team di 18 professionisti, crea raffinati piatti stagionali per i diversi ristoranti: il Jardin des Alpes è contraddistinto da un’atmosfera accattivante, ricercata e serve pietanze a base di prodotti agricoli freschi che rievocano la cucina francese e che combinano modernità e rispetto per gli ingredienti, mentre al ristorante Grizzly, aperto durante la stagione invernale, vi attendono specialità svizzere tradizionali tra cui la fondue o la raclette sul fuoco a legna, in un’atmosfera rilassata da chalet alpino. La vista spettacolare dei Dents-du-Midi e del massiccio del Monte Bianco esaltano il piacere del palato rendendo
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l’esperienza indimenticabile. Gli elementi architettonici del ristorante Le Rochegrise, rivelano a loro volta il progetto di una mano esperta: finestre molto alte suddividono un’ampia terrazza con vista che permette di mangiare all’aperto ammirando le cime delle montagne, dallo spazio interno caratterizzato da un pavimento a piastrelle in pietra e pareti in legno. Per chi ricerca invece un’atmosfera lounge, nella zona bar ci si può concedere una pausa, gustare un classico cocktail accompagnato da un buon piatto o leggere un libro accomodati sui confortevoli divani che esaltano la
piacevole atmosfera di questo locale. Lo Chalet RoyAlp Hôtel & Spa a Villars-sur-Ollon si distingue anche per l’ottima pasticceria. Tutti i prodotti sono fatti internamente e il laboratorio è diretto dalla Cheffe Pâtissière Audrey Feutren. Nata in Francia, è sposata con lo Chef Grégory Halgand dal quale ha avuto tre figli, ama l’aspetto creativo della sua professione e preferisce realizzare piccole decorazioni, torte di compleanno, coniglietti di Pasqua e cioccolatini di Natale. Nel suo
lavoro, Audrey si interroga e rinnova costantemente, e trova una fonte di ispirazione anche nella natura che la circonda; nutrendo un’autentica passione per il cioccolato, per garantire sempre alta qualità, lavora esclusivamente con partner rinomati come la Chocolaterie de l’Opéra di Parigi e la cioccolateria francese Valrhona. Le loro pregiate materie prime provengono anche dalle piantagioni di cacao nella Repubblica Dominicana e in Papua Nuova Guinea e la pasticcera dello 02
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TURISMO / CHALET ROYALP HÔTEL & SPA
Chalet RoyAlp utilizza questi ingredienti per creare cioccolato fondente dalle caratteristiche uniche per la preparazione di praline e ganache. Audrey Feutren ha inoltre ideato un dolce davvero speciale, le praline al tartufo bianco e mousse al caramello con sale delle saline di Bex. La struttura alberghiera offre ai suoi ospiti 63 camere e suite personalizzate nell’arredamento molto raffinato, 30 appartamenti di varie metrature all’interno della zona Residence, 7 sale conferenze, una sala home cinema e una sala biliardo, oltre a un centro benessere pluripremiato di 1200 m2 dove è possibile ritemprare la mente, il corpo e lo spirito con trattamenti a base di cosmetici naturali di alta qualità. La Spa è accessibile anche ai visitatori esterni che possono usufruire di una piscina coperta con camino aperto in pietra a bordo vasca, di una vasca idromassaggio, di saune, hammam, docce multisensoriali e fontane di ghiaccio. La sala relax con vista sul giardino, l’ampia terrazza solarium e la sala da tè sono l’ideale per rigenerarsi. Ampia e lussuosa, l’area benessere dell’hotel a cinque stelle offre anche trattamenti di prima classe per la cura del viso e del corpo, con massaggi classici e rilassanti o massaggi tradizionali dai diversi Paesi del mondo. Naturalmente, la struttura dispone anche di una sala fitness completa con attrezzature cardio e pesi, nonché di una sala yoga. L’offerta fitness include anche la possibilità di prenotare un personal trainer. Lo Chalet RoyAlp Hôtel & Spa adotta un approccio olistico alla salute e per soddisfare le diverse esigenze degli ospiti, offre anche soggiorni che si concentrano sugli obiettivi specifici degli ospiti, come ad esempio il programma detox di tre giorni, con il quale vengono efficacemente eliminate le tossine accumulate. Villars-sur-Ollon è un vero paradiso del tempo libero: golf, escursioni, arrampicate, parapendio e molto altro ancora. Il villaggio alpino è anche il punto di
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partenza ideale per escursioni nella regione. Grazie alla Free Access Card, gli ospiti possono godere di una moltitudine di attività gratuite. Anche diverse linee di funivie, autobus e treni, ed entrate a musei e altre attrazioni, possono essere utilizzate gratuitamente.
GLACIER 3000 Un’esperienza emozionante è la visita del Glacier 3000, uno dei ghiacciai sciistici più famosi della Svizzera: dopo circa 30 minuti di auto dall’hotel si sale a Col du Pillon e in 15 min di funivia alla stazione Glacier 3000. A quasi 2971 metri di altitudine, è possibile avventurarsi, naturalmente ben attrezzati, nello straordinario mondo dei ghiacciai dove vi attendono una vista mozzafiato su alcune tra le più belle cime delle Alpi (Jungfrau, Cervino, Monte Bianco) e varie attività: escursioni in slitta trainata da cani, gite guidate sull’altopiano del ghiacciaio, la discesa con lo slittino più alta del mondo (Alpine Coaster), la via ferrata Gemskopf, l’anello estivo per lo sci di fondo e il volo sopra il ghiacciaio; in inverno 25 chilometri di piste e uno snowpark per gli appassionati di freeski. Il ristorante a monte, progettato dall’architetto Mario Botta, offre a sua volta una vista spettacolare e vi propone diverse specialità. Il comprensorio Glacier 3000 collega i cantoni Vaud, Vallese e Berna. Il Peak Walk by Tissot, il primo ponte tibetano del mondo che collega tra di loro due vette, sospeso a 107 metri di altezza, lo si può attraversare preferibilmente senza volgere troppo a lungo lo sguardo verso il basso.
Un’esperienza di oltre 60 anni nella torrefazione del caffè italiano nel settore caffè, bar, ristoranti e hotel. La tostatura lenta e graduale permette di estrarre da ogni singola tipologia di caffè crudo le migliori parti aromatiche, al fine di poter offrire un prodotto di altissima qualità; il caffè è corposo, dal gusto dolce e vellutato, con delicate e raffinate note di cioccolato. Oltre alle classiche miscele di caffè in grana, la gamma di prodotti si completa con il sistema a cialde monodose nei gusti Espresso, Il Caffè, Brasile, India, Etiopia, Colombia e Decaffeinato. NOVITÀ: viene creato il marchio “Il Massimo del Caffè”, capsule compatibili con i più diffusi sistemi integrati presenti sul mercato ed un nuovo sistema personalizzato di capsule.
LUSSO / GIRARD-PERREGAUX
TORNA 1966 BLUE MOON REINTERPRETAZIONE IN CHIAVE CONTEMPORANEA DI UN CLASSICO DELLA MAISON, QUESTO OROLOGIO FIRMATO GIRARD-PERREGAUX SFOGGIA ORA UN NUOVO VOLTO DOVE LO STILE SOBRIO E DINAMICO SI SPOSA CON FUNZIONI UTILI COME DATARIO E FASI LUNARI.
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lu come la terra. Nero come il cosmo. Nel 2019, Girard-Perregaux intesse un dialogo simbolico con l’universo che in estate prenderà una svolta poetica grazie al 1966 Blue Moon. L’esosfera è lo strato più esterno dell’atmosfera terrestre e il suo nero quasi si confonde, sfumando verso lo spazio interplanetario. Come al confine con il vuoto, il nero predomina in questo classico rivisita-
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to. La cassa in acciaio micropallinato e trattato DLC nero, unita al bracciale integrato in alligatore a effetto caucciù nero opaco, sublimato da un’elegante impuntura blu, sono emblematici della notte. E nel bel mezzo della notte splende la luce. L’acqua copre il 70% della superficie terrestre e si riflette nell’atmosfera. Analogamente, il blu profondo che impreziosisce il quadrante delicatamente bombato riecheggia la sagoma del globo terrestre. Insieme, questi elementi danno vita a un dinamismo terrestre cromatico di una straordinaria modernità. Inconfondibile con il suo gioco di tonalità blu e nere, questo orologio senza tempo si mostra oggi sfoggiando un volto tutto nuovo. Ore, minuti, secondi centrali, un indicatore della data con lancetta a ore 6 impreziosito da un tocco di rosso al 31° giorno, a semplificarne la lettura e facilitare la regolazione, oltre alla visualizzazione delle fasi lunari, al centro del datario, di un’eleganza intramontabile: ecco i tratti distintivi del 1966 Blue Moon, un orologio che rivela nel corso dell’anno i volti mutevoli dell’astro notturno. Il tempo è scandito da lancette bombate a foglia e indici a bastone, creando un insieme dalle dimensioni contemporanee (40 mm), senza rinunciare alle tendenze effimere. Dalla progettazione alle finiture a mano dei dettagli, il 1966 Blue Moon è oggetto di attenzioni minuziose. In linea con la sua lunga tradizione, la Manifattura Girard-Perregaux ha scelto di montare su questo modello il calibro GP3300-0115, caratterizzato da affidabilità consolidata e una
LUSSO / GIRARD-PERREGAUX
raffinatezza unica, con i suoi 276 componenti e le sei finiture diverse realizzate dai mastri orologiai. La platina e i ponti, minuziosamente perlati, rifiniti ad anglage, incisi e lucidati a specchio, le viti azzurrate e la massa oscillante decorata a Côtes de Genève si intravedono dal fondello in vetro zaffiro antiriflesso metallizzato. Il 1966 Blue Moon vanta una riserva di carica di almeno 46 ore ed è impermeabile fino a 3 ATM, vale a dire 30 metri.
L’ATTORE CHEN XIAO AMBASCIATORE IN CINA Girard-Perregaux è orgogliosa di presentare il suo nuovo ambasciatore per la Cina, il famoso attore Chen Xiao. Giovane promessa della televisione e del cinema cinesi, si è fatta conoscere grazie alle sue performance intuitive e straordinarie che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori. Girard-Perregaux rivela il nuovo volto del brand mediante una campagna che illustra i valori difesi dall’attore e dal brand di orologeria: impegno, precisione, innovazione, senza
dimenticare la capacità di trasmettere emozioni e l’eleganza necessarie nella nostra vita quotidiana. Chen Xiao inizia la sua carriera di attore nella serie televisiva Our Class Song e successivamente risulta primo nella graduatoria regionale di ammissione alla Central Drama Academy. Grazie al suo talento nella recitazione, al suo carisma e alla sua personalità, Chen Xiao cresce e conquista rapidamente il mondo del cinema. Nel corso degli anni ha ricoperto molti ruoli diversi sia in film importanti che in serie TV, fra cui Swordsman (2013), Legend of Lu Zhen (2013), The Romance of the Condor Heroes (2014), oltre a The Taking of Tiger Mountain (2014), The Founding of An Army (2017) e Nothing Gold Can Stay (2017).
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LUSSO / DREAMBOULE
IL SOGNO IN UNA SFERA BENIAMINO CROCCO È FIGLIO D’ARTE CON PADRE E MADRE RISPETTIVAMENTE IMPEGNATI AI MASSIMI LIVELLI NELL’OROLOGERIA E NELLA GIOIELLERIA. MA ALLA TECNOLOGIA E ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA UNISCE LA SUA GRANDE PASSIONE PER IL DESIGN, LA CREATIVITÀ E LA CURA DEL DETTAGLIO E SI LANCIA IN UNA NUOVA AVVENTURA CREANDO UN’ORIGINALE LINEA DI GIOIELLI CHE IN BREVE TEMPO HANNO RISCOSSO UN GRANDE SUCCESSO.
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uali sono stati i suoi primi passi nel mondo della gioielleria? «Direi che è stato un percorso costituito da tanti passi che hanno tutti contribuito in maniera importante alla mia formazione. Ho vissuto fino a 19 anni a Lugano, poi mi sono trasferito a Milano per frequentare il Politecnico dove mi sono laureato in disegno industriale, e dove ho iniziato a sviluppare il mio amore per il prodotto, i materiali, la cura quasi maniacale per i dettagli. Ben presto sono entrato nel mondo del lavoro, prima alla Breil, dove mi occupavo soprattutto di design, poi presso Hublot, dove per alcuni anni ho collaborato direttamente con Jean-Claude Biver, assumendo il ruolo di Direttore Marketing e soprattutto ho seguito il Team creativo e progettuale del Brand. Dopo un importante lavoro di ricerca, nel 2005 venne presentato a
Basilea il nuovo Dream Watches dall’evocativo nome Big Bang. Questo modello concretizza il concept di Fusion of the Art, fusione tra la tradizione orologiera svizzera ginevrina e l’introduzione dell’innovazione dei materiali e l’High-Tech produttivo». Il suo desiderio era tuttavia quello di aprire una sua attività e dare libero sfogo al suo desiderio di una creatività applicata a nuovi prodotti… «Nel 2008 la mia famiglia chiude con prestigio l’avventura con Hublot, la quale viene acquisita dal gruppo LVMH (Louis Vuitton). Insieme a mia moglie decidiamo tuttavia di rimanere legati al Brand collaborando con la casa madre e aprendo a Milano un punto vendita monomarca di nome Nerone (Grande Nero), dedicato per l’appunto al colore per eccellenza di Hublot. Questo negozio mi ha dato anche l’opportunità di collaborare con mia sorella Melania, raffinata creatrice di gioielli. Dopo 8 anni di attività ho incominciato tuttavia a sentire l’esigenza di creare gioielli che fossero una mia espressione più intima fino ad arrivare ad realizzarmi appieno con Dreamboule: l’inizio risale al 2015 e
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Ogni pietra evoca un contesto diverso per ciascuna ambientazione».
dopo ben tre anni di ricerca e sviluppo del prodotto siamo approdati a Baselworld nel 2018. Al momento Dreamboule, dopo solo un anno di presenza sul mercato, è distribuito in maniera molto selettiva in molte località prestigiose come ad esempio a Milano da Nerone, a Lugano da Rondina, Venezia, Capri, Porto Cervo, Cortina, Forte dei Marmi, Londra, Karlovy Vary, Puerto Banus, Hong Kong». Come nasce l’idea di realizzare gioielli cosi unici e particolari? «L’avventura di Dreamboule inizia una sera di inverno in uno chalet in montagna dove stavo trascorrendo le vacanze natalizie insieme a mia moglie e ai miei tre bambini. Seduto davanti al camino li osservavo giocare con le boule de neige e ho colto la magia dei lampi di luce e i mille riflessi che si trasmettevano nella stanza. Subito il pensiero è corso ai metalli preziosi, ad un gioiello, un anello, che racchiudesse un piccolo perfetto sogno da poter indossare. In questo modo, dall’incontro tra la più alta innovazione orologiera, l’alto artigiana-
to ed il design italiano è nato Dreamboule: l’ispirazione coinvolge l’esperienza orologiera e l’immaginazione diventa ricerca e sviluppo tecnologico». Perché la realizzazione di questi anelli ha comportato l’adozione di avanzatissime soluzioni tecnologiche? «Le difficoltà da superare riguardano innanzitutto l’assemblaggio dei diversi componenti: il cabochon Swiss Made di Dreamboule svolge una doppia funzionalità: evidenzia esteticamente il sogno che custodisce e lo protegge grazie al vetro zaffiro antigraffio. Robustezza, corretto indice di distorsione ed antiriflesso sono le qualità imprescindibili del vetro zaffiro bombato che ha richiesto numerosi test prima di raggiungere la perfezione. Una particolare cura ha richiesto la ricerca delle importanti pietre al grezzo, di zaffiri naturali multicolor, per poter realizzare dei tagli pregiati, sfaccettati e cabochon, di dimensioni assai generose (compresi tra i 31 carati fino ai 46 carati) e quindi inusuali nel mondo della gioielleria classica.
I suoi anelli sono autentiche opere d’arte mutano continuamente luce e riflessi…. «Ogni anello Dreamboule contiene delicati fiocchi d’oro (24 carati) che creano un iconico effetto di movimento all’interno del cabochon in zaffiro. I processi di produzione delle paillettes sono molto complessi, richiedono speciali abilità ed una alta maestria orafa. Dopo diversi anni di ricerca e sviluppo, Dreamboule ha creato una “soluzione magica” formulata per regalare un effetto di fluido “slow motion” alle componenti mobili all’interno dell’anello. In questo modo la perfetta densità della soluzione (magica e segreta) crea all’interno dello zaffiro cabochon un mondo che possiede un proprio movimento che evoca una dimensione onirica. Tutti i prodotti Dreamboule sono WATERPROOF 3 ATM e hanno il SERIAL NUMBER inciso (come gli orologi di lusso) per poter dare massima assistenza, con 3 anni di garanzia. Hanno il THERMAL COMPENSATION CONTROL del liquido (la bolla presente nel prezioso contenitore é viva e sempre in movimento) e possiedono il REGISTERED INTERNATIONAL DESIGN». www.dreamboule.com
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LUSSO / MODA INVERNO
ALL’INSEGNA DELLA SPERIMENTAZIONE LA MODA METTE IN VETRINA LE IDEE PER QUESTO AUTUNNO/INVERNO DI VALENTINO ODORICO
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i fondo c’è una leggerezza che proietta l’uomo e la donna in una dimensione fatta di movimento, contaminazioni, immediatezza. In scena un uomo che mai come oggi ha bisogno di viaggiare, muoversi, carpire sensazioni e sperimentare nuovi orizzonti. Ecco presentato quindi un classicismo rivisitato in chiave contemporanea: righe, quadri, scozzese e capi perfetti per vari momenti della giornata. Idee che permettono di uscire al mattino, passare in ufficio, uscire per l’apertivo e andare a cena con lo stesso look. Lo streetwear ancora imperversa nelle passerelle: capi comodi, realizzati anche con materiali tecnologici, leggeri ma molto caldi. Un focus molto importante è anche quello per la moda sostenibile: Zegna ha presentato dei capi realizzati con tessuti ri-elaborati, sfilando in uno scenario suggestivo come quello della Stazione Centrale di Milano. Sapore punk rock per Isabel Benenato: è il mix di elementi violenti e raffinati a donare alle creazioni sartoriali e alla maglieria una sorta di trasandata eleganza; un look che lei equipara al suono ruvido ed elegiaco degli album Closer dei Joy Division e Pornography dei The Cure. Un dialogo incredibile quello tra Silvia Venturini Fendi e il compianto “Guest Artist” Karl Lagerfeld: da uno schizzo originale di Lagerfeld, un unico colletto asimmetrico si avvolge da un collo a scialle, da cui prende vita poi l’intera collezione. Altrove il suo mondo si racconta nel collage di Karl: loghi Fendi illustrati, lettere scritte a mano e fotografie d’epoca raccontano la storia del processo del designer at-
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traverso sete stampate in digitale. Andrea Pompilio racconta tutta la sua cifra stilista in una collezione pulita, fresca, dal sapore tipico di un uomo che vive in una città internazionale. Nuovi tessuti come il nylon, tagli classici rivistati in chiave street, giacche e cappotti dalla forma esagerata. Per la stagione autunno-inverno 2019 la collezione Sartorial Monk dialoga tra la dimensione della materia e quella dello spirito usando codici non verbali per trasmettere idee attraverso i gesti. Il gesto è dunque il linguaggio del silenzio, un’espressione dello stato d’animo, il movimento nella quiete. È qualcosa che va aldilà della voce e dei suoi limiti. E’ il modo attraverso il quale
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lo stilista Sabato Russo ha scelto di raccontare le proprie emozioni in una chiave sottilmente manierista. Elementi veri dei guardaroba maschile e femminile che vivono e si evolvono attraverso la gestualità di chi indossa i suoi vestiti. Una storia che narra una semplicità apparente dietro la quale risiede la complessa difficoltà di essere semplici. L’universo surreale e alternativo di BIUU porta in scena lo spazio in chiave contemporanea: rivoluzionario e alternativo, per un uomo dinamico ed estata, amante di un design originale. Per John Richmond giacche e zaini militari, adornati da ricami e rielaborati con punti metallici; la collezione attinge da un mix di tribu’, sottoculture e gruppi sociali vari, a tratti incongruenti, capaci di creare un’armonia dissonante. Daks presenta una collezione che, mai come questa stagione, rivela il suo carattere fortemente britannico, ispirandosi alla caratteristica campagna inglese e a quei pomeriggi brumosi, ma tanto eleganti, che identificano questo momento dell’autunno British. Ma sono i materiali usati che maggiormente ci informano di quanto sia Brit questa collezione. I disegni delle stoffe arrivano infatti direttamente dagli archivi di fornitori di tessuti Inglesi sottolineando l’anima e il carattere inglese del brand, Ritroviamo vari tipi
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di check in diverse dimensioni e colori, il gessato, la spina di pesce micro e macro, i fiori che ricordano i dipinti di Gauguin stampati su aerei chiffon e georgette che, sapientemente mixati e abbinati a cappotti pesanti, creano quell’effetto “mix and match” così tipicamente Inglese. Gli stilisti hanno poi raccontato una donna leggera, giocosa, che mixa look rilassati a idee più eleganti. La femminilità è anche consapevole della sua forza, del suo potere, ed ecco che il guardaroba si compone di abiti dai tagli maschili, rivisitati e resi glamour. Questo non vuol dire sottomettere la propria immagine avvicinandola a quella dell’uomo, semmai gridare forte al mondo, oggi più che mai, che il potere è femmina! Le tendenze spingono a voler indossare tutto quello che si vuole, che si sente nelle proprie corte; via libera ai maxi colli, alle sciarpe lunghe e avvolgenti. Rosso, pink e bianco sono solo alcuni dei colori del prossimo inverno. Note di purezza e di colore, mixate sapientemente a dettagli e accessori che raccontano stili, sensazioni e visioni personali. Libertà, sensualità, forme contemporanee unite a materiali preziosi e pregiati. Stratificazioni, maglie importanti e abiti che guardano agli anni ’50, ’60, ’80. Irrinunciabile in molte passerelle anche quel tocco pop, vitaminico e fortemente streetwear, per donne e anche uomini cittadini del mondo, urban, in movimento, proiettati verso mete, progetti e visioni straordinarie.
01 Fendi 02 Laura Biagiotti 03 Chika Kisada 04 Beatrice B 05 Mario Dice 06 Daks 07 Canali
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LUSSO / ANDREA VALSECCHI
COME TI RIFACCIO IL LOOK
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ome si diventa Personal Shopper e Stylist? «Ho studiato moda a Milano presso la scuola Marangoni e poi lavorato come decorator presso un importante architetto d’interni. Fin dall’inizio ho sviluppato un gusto estetico e un’autentica passione per il bello in tutte le sue manifestazioni e ho cominciato quasi per gioco con amici per poi arrivare a farne una professione che per essere fatta bene richiede aggiornamento, cura per il dettaglio, capacità di scoprire luoghi e oggetti inusuali, e forse anche un po’ di psicologia».
ANDREA VALSECCHI È UN GIOVANE INTRAPRENDENTE CHE A MILANO E LUGANO CONSIGLIA E ACCOMPAGNA DONNE E UOMINI DESIDEROSI DI TRASFORMARE LA PROPRIA IMMAGINE E RINNOVARE IL PROPRIO GUARDAROBA.
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In che modo si costruisce dunque il look di una persona? «Innanzitutto con un dialogo che consenta di arrivare ad una conoscenza della persona, del suo carattere, dell’immagine che ha di sé e di quella che vorrebbe trasmettere agli altri. L’analisi passa poi alla casa, al suo
modo di vivere e di abitare, al suo guardaroba e al modo in cui può essere rinnovato. Inizia quindi la fase di “ricostruzione” dell’immagine che passa attraverso acquisti mirati, in giro per negozi o direttamente a casa propria o in hotel, ricerca di accessori, parrucchiere, cura estetiche e quant’altro necessario, per un evento particolare o per una più generale trasformazione di una persona e del suo modo di apparire presso gli altri. Un aspetto del mio lavoro che viene molto apprezzato è la capacità di far scoprire, al di là dei più famosi e conosciuti marchi della moda, piccoli negozi dove trovare abiti o accessori capaci di conferire quel tocco in più che determina lo stile di una persona». A chi si rivolge in prevalenza la sua attività? «Direi a tutti coloro, soprattutto donne ma anche qualche uomo, che avvertono l’importanza e il bisogno di adeguare l’aspetto esteriore alla propria personalità, esaltandone gli aspetti che meritano di essere meglio valorizzati. Oltre che a clienti privati, la mia consulenza si estende a hotel, chirurghi estetici, parrucchieri, e naturalmente a ogni genere di boutique e negozio specializzato. In ogni caso un aspetto importante della mia attività riguarda la presenza su Instagram (@YourGlamStylist) dove è possibile visualizzare gli esiti del mio lavoro».
EVENTI / BRÜLHART&PARTNERS SA
UN APPUNTAMENTO CHE SI RINNOVA DA 9 ANNI
LA SERATA ORGANIZZATA DA PASCAL BRÜLHART IL 6 SETTEMBRE PRESSO L’HOTEL SPLENDIDE ROYAL A LUGANO, OSPITI DEL DIRETTORE GIUSEPPE ROSSI, RIUNIRÀ PER LA NONA VOLTA IL MEGLIO DELL’IMPRENDITORIA, DELLA FINANZA, DELLA POLITICA, DEL BUSINESS E DELLE LIBERE PROFESSIONI PRESENTI IN TICINO.
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L’
incontro settembrino che si tiene nella prestigiosa location dell’Hotel Splendide Royal di Lugano si conferma essere una qualificata piattaforma-evento capace di fondere con mirabile equilibrio le migliori professionalità operanti nel Cantone con una serata ludico-gastronomica dove tutto si svolge all’insegna della più assoluta qualità. L’eccellenza della serata risiede innanzitutto nell’importanza delle persone invitate e che di anno in anno hanno espresso il desiderio di partecipare a questo evento, grazie ad un passaparola che evidenzia il piacere di incontrare e stabilire qualificate relazioni, professionali e non, in un ambiente conviviale, quasi familiare, dove ognuno ha la possibilità di sentirsi pienamente a proprio agio. L’esclusività dell’evento riguarda anche la cordialità dell’accoglienza e la piacevolezza della proposta enogastro-
EVENTI / BRÜLHART&PARTNERS SA Real Estate Investments
Investimenti immobiliari
ricerca di mercato immobiliare
nomica. Per questa straordinaria cena gli ospiti hanno modo di conoscere e apprezzare la raffinata cucina dello chef dell’Hotel Splendide Royal mentre i vini bianchi e rossi saranno forniti da Trapletti Vini e le “bollicine” da Perrier Jouet. Particolarmente numerosa e qualificata la lista degli sponsor partecipanti, a cominciare da Mercedes-Benz, main sponsor dell’evento. E, inoltre, Cerutti SA, Homegate AG, Angel RE SA, Swiss Life, Eliticino-Tarmac, UPC, Sunrise Wealth Management AG, Two Lions per i sigari, Interbank, che qui si ringraziano. Media partner dell’evento: Gruppo Corriere del Ticino e Ticino Welcome. L’evento si svolge secondo un format ampiamente consolidato e vede la partecipazione di circa 160-180 persone tra imprenditori, politici, finanzieri, immobiliaristi. L’accompagnamento tematico quest’anno, sarà la musica cubana, sigari cubani e rum cubano. La prevendita tavoli è in corso.
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EVENTI / THE EXECUTIVE PARTY 2019
INCONTRI AD ALTO LIVELLO MERCOLEDÌ 9 OTTOBRE GLI EXECUTIVE MANAGER TORNANO AD ESSERE I PROTAGONISTI NEL CORSO DELL’EXECUTIVE PARTY 2019, EVENTO CHE SI TIENE PER LA SECONDA VOLTA A LUGANO, QUEST’ANNO PRESSO IL SALOTTO STORICO DELLA CITTÀ, L’HOTEL SPLENDIDE ROYAL.
01 Rossella Gargano, CEO di Garbo Management SA 02 Ritira l’Executive Award Michela Pfyffer von Altishofen; al centro Guido De Carli; a destra Sabina Gatto 03 A sinistra Guido De Carli, al centro il premiato Alessandro Colombi, a destra Sabina Gatto 04 A sinistra Guido De Carli, al centro il premiato Luca Mascaro, a destra Sabina Gatto
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nche quest’anno i manager sono nel mirino dell’evento che ha come obiettivi principali il networking, il potenziamento delle relazioni di business, la condivisione di esperienze professionali e la premiazione di persone/manager. Da settimane gli organizzatori e i partner sono “a caccia di teste” da sottoporre alla giuria che decreterà i vincitori dell’”Executive Award”, premio d’importanza istituzionale, avvalorata dalla presenza di media partner, manager e istituzioni di peso rilevante nel panorama socio-economico svizzero. Partner l’azienda ARU, la quale, capeggiata dal Managing Director Guido De Carli, ha confermato nuovamente la sua partecipazione all’evento. La società infatti, leader nell’headhunting ed executive search, si integra perfettamente con questa iniziativa dedicata ai manager. Più di un incontro per questa iniziativa tanto attesa… A giugno scorso l’evento è stato presentato ad una selezione di sponsor,
media, manager e potenziali stakeholders durante una pre-dinner sponsorizzata da SIT Immobiliare e SIT Design, gruppo del settore immobiliare e interni, che anche quest’anno è Main Sponsor dell’iniziativa. Il 21 agosto si riunirà la giuria che decreterà i vincitori dei premi. Tra questi Guido De Carli (ARU) e, non a caso, alcuni dei premiati dell’edizione 2018 come Alessandro Colombi (Cdt), Luca Mascaro (Sketchin) e Michela Pfyffer von Altishofen (Clinica Sant’Anna). Kim Hildebrant e Carlo Giardinetti rappresenteranno la Franklin University, partner istituzionale. Il 9 ottobre si terrà l’evento ufficiale con le premiazioni presso l’Hotel Splendide Royal, inclusivo di standing dinner e intrattenimento. Si può partecipare su invito oppure inviando la propria candidatura. Nuovi partner e sponsor verranno presentati quest’anno! Rossella Gargano, CEO di Garbo Management SA, azienda di marketing organizzatrice dell’evento, si ritiene soddisfatta della prima edizione e vuole af-
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fermare ogni anno di più l’importanza mediatica dell’iniziativa e del premio. Dal sito ufficiale www.theexecutiveparty.com, in continuo aggiornamento, è possibile richiedere l’iscrizione,
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acquistare i biglietti e contattare l’organizzazione. Per informazioni: events@garbomanagement.com www.garbomanagement.com 04
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MENDRISIO
LA BENTAYGA SPEED È IN GRADO DI RAGGIUNGERE UNA VELOCITÀ MASSIMA DI 306 KM/H, UN RECORD TRA LE VETTURE DELLA SUA CATEGORIA.
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a Bentley Bentayga Speed è la versione con ancora più potenza del noto SUV lanciato due anni fa che nasce sulla piattaforma MLB (la stessa di Porsche Cayenne, Volkswagen Touareg, Lamborghini Urus, Audi Q8). Dal punto di vista tecnico la Speed monta una versione ottimizzata da 635 CV del motore W12 biturbo da 6 litri, con una velocità massima di 306 km/h (la versione normale si fermava a 301 km/h), un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 3,9 secondi e 900 Nm di coppia. Numeri che, secondo la casa inglese, le valgono l’appellativo di
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IL SUV PIÙ VELOCE DEL MONDO SUV più veloce al mondo: infatti, la velocità massima della “cugina” Lamborghini Urus con motore da 650 CV, si ferma a 305 km/h. La Bentley Bentayga Speed è dotata di un sistema di bloccaggio elettronico del differenziale e fino a otto modalità di guida (Drive Dynamics) selezionabili per i vari tipi di percorso. Nello specifico, la modalità Sport è stata ricalibrata per ottimizzare la risposta del motore W12 e della trasmissione automatica a otto rapporti, oltre alle sospensioni. Le sospensioni attive della Bentayga Speed contrastano il rollio controbilanciando le forze laterali che
generano il coricamento in curva. Per fermare una tale mole alle velocità di cui è capace, la Bentley Bentayga Speed impiega freni carboceramici (optional) che sono i più grandi e potenti mai montati su una Bentley, in grado di garantire una coppia frenante massima di 6.000 Nm e di resistere a temperature fino a 1.000° C. Esteticamente la Bentley Bentayga Speed si contraddistingue per gruppi ottici anteriori e griglie di paraurti e radiatore in tinta scura e con un design a nido d’ape, minigonne laterali in tinta con la carrozzeria e un vistoso spoiler posteriore. Completano il pacchetto
AUTO / BENTLEY BENTAYGA SPEED
estetico i nuovi cerchi a dieci razze da 22”, disponibili in tre finiture: argento, tinta scura o nero. Gli interni di Bentley Bentayga Speed sono “la quintessenza del moderno design britannico”. Allestiti a mano presso la sede di Crewe, in Inghilterra, prevedono l’utilizzo di tessuto Alcantara (utilizzato in precedenza sui modelli più performanti come la Continental Supersports), in alternativa al più classico cuoio. Non mancano i caratteristici swooshes attorno alla portiera e alla maniglia, sul bordo dell’imbottitura di seduta e schienale e sulla console inferiore. La trapuntatura a rombi è evidente sulle imbottiture dei sedili, nella parte superiore dello schienale, sui pannelli delle portiere e sul pannello posteriore dei modelli a quattro posti anziché cinque. Ulteriori dettagli esclusivi sono il logo Speed con cuciture invisibili
o a contrasto alla base del poggiatesta. Infine, lo stemma Speed in metallo impreziosisce la plancia lato passeggero, mentre un battitacco illuminato con la scritta Speed accoglie i passeggeri nell’abitacolo. I clienti potranno personalizzare la Bentley Bentayga Speed con una gamma di opzioni, fra cui: freni carboceramici, sedili anteriori con 22 regolazioni e funzione massaggio, pannelli della plancia in fibra di carbonio, sistema multimediale per la parte posteriore dell’abitacolo e illuminazione d’atmosfera. La Bentayga Speed si ispira ai modelli Speed, nati con la Continental GT nel 2007 e alza ulteriormente l’asticella delle prestazioni per il SUV dopo la conquista lo scorso anno del record per un SUV di serie alla Pikes Peak International Hill Climb, nota gara di salita.
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GRINTA E BENESSERE A CIELO APERTO COMFORT ED ISOLAMENTO SUPERIORI SI UNISCONO ALLE MODERNE PRESTAZIONI CON SISTEMA MICROIBRIDO CURATE DALLA DIVISIONE SPORTIVA, PER UN CONNUBIO DAL RARO PIACERE DI GUIDA. DA ASSAPORARE TUTTO L’ANNO. DI ALBEN
AUTO / MERCEDES-AMG E 53 4MATIC+ CABRIOLET
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i dice che i periodi migliori per provare l’ebbrezza del viaggio a cielo aperto siano la primavera e la tarda estate, ma in realtà quando si possono avere a disposizione modelli del calibro della Classe E Cabriolet, le gioie si estendono sulla stagione intera: difficilmente si può trovare un’auto convertibile così meravigliosamente attrezzata per soddisfare le più elevate aspettative in termini di comfort e piacere di guida… a tutte le latitudini. Se poi aggiungiamo il contributo non indifferente delle cure AMG, con la riuscitissima meccanica 53 dotata di soluzione microibrida EQ Boost, otteniamo la convertibile perfetta: capace di miscelare versatilità, grinta e isolamento di qualità per farsi adorare ognuno dei 365 giorni. L’impiego “ognitempo” pensato per la vettura non può prescindere da una capote curatissima, a maggior ragione se in tessuto: che infatti la Casa tedesca realizza con materiali particolarmente resistenti, integrandola con spessa insonorizzazione (effettiva anche ad andatura elevata) ed isolamento contro caldo e freddo. Apertura e chiusura sono automatizzate e richiedono 20 secondi per
il completamento dell’operazione, eseguibile fino ad una velocità di 50 km/h. Prima ancora delle prestazioni, naturalmente di grande portata su questa E 53 Cabriolet, il comfort è tra le voci più importanti per questo genere di convertibile raffinata, arrivando ad includere la climatizzazione con adeguamento totalmente automatico di regolazioni e flussi in funzione del viaggio a cielo aperto, così come nel passaggio di conversione della capote. Sono inoltre previste diverse altre funzionalità specifiche: la pelle di rivestimento dei sedili è riflettente agli UV, scaldandosi meno di una tradizionale; è previsto il riscaldamento nella zona della testa (Airscarf) con specifiche bocchette di ventilazione integrate negli appoggiatesta, mentre i frangivento attivi Aircap (deviatore frontale che si estende elettricamente dalla cornice superiore del parabrezza e frangivento tra gli appoggiatesta posteriori) consentono soltanto dolci flussi d’aria anche ad andatura sostenuta, senza turbolenze o correnti forti. Al volante, c’è spazio per ogni genere d’emozione e di esperienza. Dall’assetto morbido e vellutato fino a quello rigido e reattivo per aggredire con decisione ogni curva, la E 53 Cabriolet si adatta come un guanto ad umore e ritmo di marcia, accompagnando ogni situazione con qualità di telaio di livello superiore: coricamento laterale pressoché assente, avantreno granitico per aderenza e precisione, equilibrio esemplare, retrotreno agile nell’agevolare la rapidità di uscita dalla curva. Il tutto con una sterzata ben presente e
Loris Faraon – AMG Sales Expert e Stefano Winteler
modulabile al millimetro, nonché una frenata mordente per provare senza timori l’ebbrezza della “staccata” d’autore. Il sei cilindri con turbina elettrica e turbo principale a gas di scarico è esemplare per fluidità di erogazione, aggiungendo a pieno gas ulteriori 22 cv e 250 Nm per breve tempo grazie all’apporto del cuore microibrido: coadiuvato dall’eccellente trazione integrale 4Matic+ con ripartizione completamente variabile della coppia tra i due assali nonché dalla trasmissione automatica a nove rapporti, docile quanto rapida e diretta, contribuisce in maniera diretta alla grande versatilità di carattere della E 53 Cabriolet: capace di passare in pochi attimi dai ritmi più decisi alla “souplesse” di marcia, e viceversa.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG E 53 4MATIC+ CABRIOLET Motore 6 cilindri in linea, biturbo Cilindrata cm3 2.999 Carburante Benzina Potenza max. 435 cv (320 kW) a 6’100 giri/min. Coppia max. 520 Nm a 1800-5800 giri/min.
Velocità max. 250 km/h Accelerazione 0-100 km/h 4,5 secondi Capacità serbatoio 60 litri Peso totale 1.980 kg Trazione Integrale
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INIZIA L’ERA DELLE EMISSIONI ZERO
DI ALBEN L’EQC È IL CAPOSTIPITE DI TUTTI I FUTURI MODELLI A TRAZIONE PURAMENTE ELETTRICA DI MERCEDES-BENZ: SPICCA PER IL DESIGN INNOVATIVO, SEDUCE CON LE PRESTAZIONI E LA NOTEVOLE AUTONOMIA, ESTESA A 417 KM. GIÀ DISPONIBILE PER I TEST IN CONCESSIONARIA.
AUTO / MERCEDES EQC
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i respira aria nuova, in quel di Stoccarda: basta uno sguardo anche semplicemente distratto per notare subito quel qualcosa di profondamente diverso. La silhouette è in fondo quella di un Suv moderno, eppure la EQC, che è la prima delle tante Mercedes totalmente elettriche attese nei prossimi anni, trasmette con potenza l’energia del cambiamento. Non è solo per la presa di corrente collegata alla vettura in ricarica, ma l’insieme di ogni dettaglio a fare la differenza; a partire dai piccoli ma fondamentali dettagli di design: le forme insolitamente moderne, raccordate e pulite, il frontale dal look inedito – Black Panel – che su un’unica superficie nero laccato incorpora i classici stilemi della marca, proiettando l’insieme nel futuro. Un domani che in realtà è già presente, perché la vettura è reale, ordinabile e soprattutto già a disposizione per i test in concessionaria, dove attende di dimostrare tutto il suo potenziale. Non soltanto in termini di prestazioni, ma anche di servizi. Ad esempio, potendo programmare già da casa o dall’ufficio il proprio percorso, l’orario di parten-
za e la temperatura prescelta per l’abitacolo, trovando già calcolate le eventuali soste di ricarica nonché l’ora di arrivo prevista: il computo tiene conto anche della variazione di altitudine (salite e discese) delle strade e dello stato reale del traffico, così come della preferenza accordata alle stazioni di ricarica rapide per minimizzare i tempi delle eventuali soste. A bordo, l’interfaccia avanzata MBUX rende tutto più semplice ed intuitivo: grazie al potente riconoscimento vocale del linguaggio naturale, basta invocare l’ascolto da parte del sistema di bordo per poter accedere pressoché a qualsiasi informazione o prestazione. Anche nel dettaglio: si può domandare una ricarica all’85%, richiedere i dettagli della configurazione di ricarica o attivare navigazione, infotainment ed altro ancora. Tutto viene visualizzato in maniera chiara ed efficiente tramite i due grandi schermi di bordo con diagonale da 10,25” ciascuno, comodamente visibili dall’intero equipaggio; a bordo, spazi generosi per i passeggeri con un comfort ed un silenzio di qualità superiore. Un’auto elettrica senza rete di ricarica non serve a molto, ma
il servizio Mercedes me Charge fornisce accesso alla più grande rete mondiale con oltre 300mila punti di sosta soltanto in Europa, tutti individuabili tramite il sistema di navigazione; fanno parte della rete anche i centri di ricarica rapida Ionity, che entro il 2020 potranno contare su circa 400 stazioni a ricarica ultrapotente disposte sulle principali arterie europee. Il raggio d’azione non è in ogni caso un problema: la ECQ offre un’autonomia di tutto rispetto, variabile tra 374 e 417 km a seconda della configurazione dell’auto, mentre d’altro canto per passare dal 10% all’80% di ricarica su stazione ad alta potenza bastano appena 40 minuti. E sotto il cofano? Due motori elettrici indipendenti, uno per ciascun assale, in grado di fornire 408 cv complessivi con la ripartizione integrale sulle quattro ruote interamente modulabile dal sistema di controllo di bordo, per uno scatto da 0 a 100 km/h in appena 5,1 secondi. Che è solo la punta di diamante di una guida raffinata e tecnologica: dove gli ausili attivi capillari di ultima generazione aiutano le fasi di conduzione in ogni singolo momento. Inclusi sterzata automatica, parcheggio attivo, adattamento automatico ai limiti di velocità e tanto altro ancora, con protezione totale garantita dai sistemi Pre-Safe.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES EQC Motore Due unità elettriche trifase, una per ciascun assale Carburante Elettricità Potenza max. 408 cv (300 kW) Coppia max. 760 Nm a 0 giri/min. Velocità max. 180 km/h
Accelerazione 0-100 km/h 5,1 secondi Capacità batteria 80 kWh Peso totale 2.420 kg Trazione Integrale
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AUTO / KESSEL CLASSIC
L’ATELIER DELLE AUTO D’EPOCA ALL’INTERNO DEL GRUPPO KESSEL OPERA UN DIPARTIMENTO CHE CURA LE AUTO STORICHE. UN LUOGO DOVE ABILI ARTIGIANI SI OCCUPANO DELLE VETTURE PIÙ AFFASCINANTI GRAZIE AD UN’ESPERIENZA DECENNALE. CE NE PARLA LUCA MOLINA, AFTER SALES MANAGER DEL GRUPPO E RESPONSABILE AUTO CLASSICHE. avere l’assistenza a domicilio del cliente, in caso di esigenze specifiche. Ai nostri servizi accedono volentieri appassionati provenienti dal Ticino ma anche da Paesi più lontani»
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erché le auto d’epoca riscuotono un così grande successo? «Le auto d’epoca rappresentano un settore del mercato destinato agli appassionati dove occorre muoversi con accuratezza. Acquistare un’auto d’epoca è un percorso affascinante ma anche complicato. Scegliere la vettura più adatta, capirne lo stato di conservazione e l’originalità, saper pianificare in anticipo di quali cure avrà bisogno richiede competenze precise. Il mondo delle auto d’epoca oggi più che mai avvicina molti appassionanti il cui sogno è possedere un’auto abbastanza datata ma perfettamente marciante. Le condizioni del mercato sono diverse a seconda del punto di vista e variano in funzione di quelli che sono gli obbiettivi che si vogliono raggiungere. Esistono auto d’epoca già perfettamente restaurate e auto da restaurare che mettono in gioco il settore dei ricambi e degli accessori da recuperare per arrivare allo scopo finale di riportare all’antico splendore il mezzo».
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Molti appassionati di auto d’epoca affidano volentieri i loro “gioielli” al vostro Atelier di restauro. Quali servizi offrite? «Il nostro è un servizio completo, attento, su misura: negli anni abbiamo maturato una lunga esperienza nella cura delle auto d’epoca più preziose. Dal restauro conservativo, basato su ricerche storiche e l’impiego di ricambi d’epoca, a un “restyling” moderno, legato al gusto personale e all’upgrade “tecnico” dei differenti componenti meccanici. In questo atelier lavorano carrozzieri, motoristi, cambisti, battilastra, tappezzieri in grado di assistere il cliente nella scelta delle operazioni da eseguire, che si tratti della manutenzione regolare o di un restauro completo. Per rendere ancora più perfetti eventuali pezzi da sostituire ci siamo addirittura dotati di macchinari d’epoca per riprodurre fin nei minimi particolari le lavorazioni. La capacità di fornire un servizio personalizzato si completa anche con la possibilità di
Tutto questo significa anche disporre di un team di artigiani altamente specializzati… «Dobbiamo tenere conto del fatto che nel settore del restauro delle auto d’epoca vi sono professionalità che si sono quasi perse nel tempo. Abbiamo perciò voluto valorizzare appieno le straordinarie competenze degli esperti artigiani che operano sulle auto d’epoca, capaci di lavorare metalli forgiati a mano, plasmati con pazienza ed esperienza al fine di riportare all’originale splendore le vetture più preziose ed affascinanti, autentici monumenti della storia dell’automobile. Curve, linee, dettagli: ogni millimetro è trattato con la massima cura ed ogni intervento viene deciso assieme al cliente che può
AUTO / KESSEL CLASSIC
seguire il processo di rinascita della propria auto. Ore di lavoro per centimetro quadrato alla ricerca della perfezione, per ridare forma al lamierato, restituire la brillantezza al colore, riportare la rotondità nelle forme. In estrema sintesi, cuore e la passione per coniugare l’eccellenza nel risultato con l’originalità delle vetture». Quali voci concorrono a determinare il costo di un restauro? «L’impegno di acquistare un’auto da restaurare presuppone la competenza di potersi approcciare a un lavoro che talvolta si può rivelare anche lungo e difficile. La prima cosa da considerare quando si vuole avviare il restauro di un’auto d’epoca è lo stato del motore. Un’auto che non necessiti di alcun intervento alla carrozzeria, ma solo di piccoli accorgimenti e poco altro negli interni, sicuramente comporterà costi minori rispetto a un modello da trattare nella carrozzeria e riverniciare per intero. Gli elementi che influenzano tantissimo il costo del restauro di un’auto sono la sua marca e il suo modello, da loro dipendono i costi dei pezzi necessari, quanto più un modello sarà raro e particolare tanto più i ricambi saliranno di prezzo e, nello stesso tempo, diventeranno anche più rari da recuperare».
Kessel Classic ha partecipato quest’anno con successo alla rassegna d’auto d’epoca tenutasi a Lucerna… «Abbiamo voluto presentare il nostro lavoro e i nostri servizi in una vetrina particolarmente importante a livello nazionale come Swiss Classic World che si è tenuta a Lucerna nel mese di maggio. Questa fiera ha offerto un’infrastruttura all’avanguardia e di grande effetto nel cuore della Svizzera centrale. È stata
un’occasione unica per incontrare un pubblico attento e qualificato di appassionati di auto storiche e numerosi collezionisti provenienti da tutto il mondo. Abbiamo avuto l’opportunità di mostrare, in una sede particolarmente qualificata e competente, alcuni dei più recenti lavori di restauro portati a compimento all’interno del nostro Atelier: tutti hanno avuto la possibilità di toccare con mano la nostra abilità, l’assoluta professionalità e la nostra immensa passione per dare nuova vita alle auto d’epoca. Più che di un mestiere possiamo ben dire che il restauro di vetture d’epoca costituisce una vera e propria forma d’arte».
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AUTO / KESSEL RACING
KESSEL RACING SCRIVE LA STORIA DELLA 24H DI LE MANS
PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA, 3 RAGAZZE A BORDO DI UNA FERRARI, HANNO PORTATO A TERMINE LA 24H DI LE MANS.
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l successo della gara è stato possibile grazie alla determinazione e al sogno di Deborah Mayer, vera e propria anima del progetto, dotata di un grande amore verso il motorsport. La 24h di Le Mans è la gara più bella e dura al mondo, il sogno di ogni pilota. Tutti e due gli equipaggi hanno portato la propria auto fino alla bandiera a scacchi, affrontando una gara pulita e veloce, terminando in P9 per quanto riguarda l’auto numero #83 “Iron Dames” supportata dalla Commissione FIA Women in Motorsport e in P13 l’auto numero #60 “Iron Lynx”. «Siamo fieri di aver tagliato il traguardo dopo 24h di vera e propria battaglia con tutte e due le auto, la gara è stata molto dura sia per i piloti che per tutto il nostro team, ma le auto sono state formidabili sia per affidabilità che per performance. Un grande ringraziamento vorrei
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porgerlo a tutto il team che ha lavorato duro per mesi, ai piloti per avercela messa tutta e a Deborah Mayer per aver condiviso con noi un progetto così speciale» ha dichiarato Ronnie Kessel, Team Principal Kessel Racing. Alcuni numeri dalla gara de la Sharte: 2 auto “Kessel Racing”, 252500 spettatori, 120 pneumatici, 4100 litri di carburante, 22 pit stop per ogni auto, tanto allenamento, passione e dedizione, un grande amore come minimo comune denominatore. Questi sono gli ingredienti per poter portare alla bandiera a scacchi due auto alla 24h di Le Mans.
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JOEL CAMATHIAS 2019 SEASON
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING SA
MONUMENTI ARCHITETTONICI E STORICI 02
Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
LE RIVE DEI LAGHI INSUBRICI, COMPRESE QUELLE DEL LAGO DI LUGANO, PRESENTANO UNA PARTICOLARE TIPOLOGIA DI EDIFICI DI PRESTIGIO COSTITUITA DALLE VILLE STORICHE. DEI PROBLEMI CONNESSI ALLA LORO RICERCA E ALLA LORO COMPRAVENDITA CE NE PARLANO UELI SCHNORF E PHILIPP PETER, TITOLARI DI WETAG CONSULTING.
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e rive dei nostri laghi sono punteggiate di ville storiche un tempo destinate ad ospitare le vacanze dell’aristocrazia e delle famiglie benestanti… «I laghi prealpini svizzeri, così come avviene per quelli italiani, presentano un interessante numero di “siti”, tra grandi e piccolissimi, con diverse punte d’eccellenza paesaggistica note a livello internazionale, e con un ricco patrimonio di ville risalenti per lo più ad un periodo che va dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Venti-Trenta del Novecento. Un’epoca in cui la vacanza lacustre o il possesso di una villa sulle rive di un lago costituiva una manifestazione importante di un benessere ed un prestigio di cui questi edifici storici costituiscono ancora una preziosa testimonianza».
Con quali caratteristiche si presentano le ville storiche del lago di Lugano? «A differenza del caso italiano, dove a costruire grandi ville sulle rive dei laghi di Como, Maggiore o di Garda erano i rappresentanti di nobili famiglie o imprenditori di successo di origine prevalentemente cittadina, nel caso del Lago di Lugano e del Ceresio Svizzero erano soprattutto cittadini ticinesi emigrati in particolar modo in Russia e in America latina, e in misura minore negli Stati Uniti o a Parigi, e che tornati nella loro terra ambivano a lasciare una testimonianza visibile del successo ottenuto all’estero. Di conseguenza, questa tipologia di villa in Ticino si trova non solo in favorevoli posizioni con vista lago, ma anche in piccoli paesi nelle valli. Non a caso diverse ville storiche ticinesi portano un nome che evoca ancora lontani Paesi meta di emigrazioni, come “Villa Argentina” a Mendrisio, “Villa Liverpool” a Muralto”, Villa “Messico” a Lugano, ecc.».
ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING SA
Che interesse riscuotono oggi questi particolari edifici storici? «In Ticino, gran parte di queste ville furono distrutte nel corso degli ultimi 50 anni. Le ville storiche rimaste rappresentano una particolare fetta di mercato, non numerosa ma duratura nel tempo, costituita da persone sicuramente benestanti, ticinesi o provenienti dall’estero, amanti di un modo di vita in parte estraneo ai ritmi convulsi della società contemporanea, capaci di apprezzare le belle architetture, gli ambienti generosi, i parchi con grandi alberi e i giardini che quasi sempre costituivano una parte integrante di queste particolari residenze. Purtroppo, oggi, anche i parchi sono stati ridotti, venduti o sostituiti da costruzioni». Quali sono, se ve ne sono, per contro i limiti di questo genere di costruzioni? «Le difficoltà maggiori sono in ogni caso costituite dalla necessità di apportare consistenti lavori di ammodernamento, soprattutto dal punto di vista delle dotazioni tecnologiche, oltre che dagli impegnativi costi di gestione e di manutenzione. Pensiamo alle facciate super decorate… Oltre naturalmente dal fatto che gli edifici storici di pregio oggetti di compravendita sono sempre meno disponibili sul mercato e dunque la loro ricerca deve essere oggetto di attenta valutazione».
Che cosa affascina maggiormente i potenziali acquirenti di residenze storiche? «Senz’altro l’opportunità di entrare a far parte in qualche modo di una storia importante, fatta di vicende che si sono susseguite in quei luoghi o di personaggi che vi hanno abitato in precedenza. La nostra ampia conoscenza del valore artistico, storico e architettonico di questi edifici, unita all’esperienza unica nella vendita delle opere d’arte più preziose del mondo, si traduce in una comprensione impareggiabile della sete di conoscenza che è necessario soddisfare quando si vendono preziosi monumenti storici. La nostra disponibilità di strumenti di marketing all’avanguardia su una vasta gamma di siti web e social media, così come la nostra presenza tradizionale all’interno della casa d’aste leader a livello mondiale, ci permette di esporre le nostre proprietà al pubblico giusto».
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ARCHITETTURA / MG FIDUCIARIA IMMOBILIARE
LA PROFESSIONALITÀ NEL LAVORO QUOTIDIANO GIOVANNI MASTRODDI E LA MOGLIE MARIA ANTONIETTA ALLA GUIDA DI MG IMMOBILIARE, SOCIETÀ CHE RAPPRESENTA UN’ECCELLENZA NEL PANORAMA TICINESE DEL SETTORE, PER LA SUA CAPACITÀ DI ANTICIPARE LE TENDENZE IN ATTO E PROPORRE SEMPRE SOLUZIONI ABITATIVE DI QUALITÀ, IN LINEA CON LE ASPETTATIVE DELLA CLIENTELA. soddisfazione nasce proprio dal fatto di essere stati capaci, pur in un contesto radicalmente mutato, di offrire alcune importanti promozioni perfettamente in grado di rispondere alle nuove esigenze e richieste espresse dalla clientela».
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no dei punti di forza di MG immobiliare è rappresentato dalla vostra competenza e professionalità nell’interpretare tempestivamente le trasformazioni in atto nel mercato. Come fate ad essere sempre cosi aggiornati? «Negli anni abbiamo messo a punto una attività continuativa di analisi e valutazione degli studi e delle ricerche che provengono dall’Ufficio Federale di Statistica, da altre varie fonti e continui corsi, queste vengono periodicamente elaborate e confrontate con il nostro “storico” e soprattutto con le nostre previsioni. Da un esame degli ultimi 5 anni emerge che il mercato immobiliare si è profondamente trasformato dal punto di vista degli oggetti, della tipologia di clienti, dei valori e delle location. La nostra grande
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Accanto alle promozioni di maggiori dimensioni, avete incrementato anche l’attività di compravendita di singoli appartamenti e ville… «È questo un elemento che ci inorgoglisce in modo particolare perché frutto di una specifica capacità nel selezionare gli oggetti più validi all’interno della vasta gamma di appartamenti che ci vengono proposti. Ciò ci consente di avere sempre a disposizione soluzioni abitative mirate per ogni possibile esigenza, accorciando notevolmente i tempi entro cui si conclude una compravendita, con notevole gradimento sia da parte di chi vende che di chi acquista. Inoltre, la profonda conoscenza del mercato acquisita nel corso di decenni di attività e il continuo aggiornamento riguardo alle tendenze in atto ci permettono di programmare con anticipo il futuro, in modo da non farci trovare impreparati rispetto alle possibili, anzi probabili, evoluzioni del mercato, consigliando al meglio clienti e promotori». La fidelizzazione della clientela rappresenta un altro vostro punto di forza… «Assolutamente sì. Ci capita molto spesso di essere contattati da clienti che già si erano rivolti a noi nel corso dei
vent’anni, oppure dai loro figli. Questa fedeltà ci conforta molto riguardo alla qualità del servizio che siamo stati in grado di offrire e continuiamo a dare. E’ composta dall’elevata professionalità ma anche da tante piccole attenzioni che accompagnano il cliente in ogni fase della compravendita». Parlando dunque in termini generali, cosa dobbiamo attenderci nei prossimi mesi? «L’anno in corso si conferma essere sostanzialmente positivo, nel senso che con il 2018 sembra essere definitivamente conclusa la fase di importante rallentamento del mercato verificatasi negli anni precedenti. Teniamo però presente il fatto che dal punto di vista dei volumi e dei valori reali siamo praticamente tornati a quelli che del 2008, prima del manifestarsi della grande crisi economica e finanziaria mondiale e del boom immobiliare locale». E dal punto di vista dei diversi segmenti di mercato, che cosa possiamo dire? «Guardando soprattutto alla specifica situazione luganese, emerge come mantenga una certa consistenza la domanda di residenze secondarie. Notiamo che le residenze di pregio continuano ad attirare un grande interesse mentre il segmento del lusso sconta una flessione in termini di numero di vendite. Va sottolineata la nostra grande soddisfazione ottenuta dal mercato domestico, che apprezza il riposizio-
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namento degli immobili in base alla reale fascia di appartenenza». Ciò significa anche un certo deficit demografico rispetto all’afflusso registratosi negli scorsi anni? «È questo un punto particolarmente delicato sul quale sarebbe opportuno attirare anche l’intervento della classe politica, sollecitando, al pari di quanto avviene in altri Cantoni, l’adozione di incentivi e agevolazioni atte a favorire il trasferimento in Ticino di imprenditori e aziende con le relative famiglie».
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Regazzi SA premiata con il Red Dot Award 2019 Si è tenuta a Essen, la cerimonia di premiazione dei Red Dot Award 2019, una delle più importanti competizioni di design industriale al mondo (www.reddot.org) rappresenta una piattaforma che consente alle aziende di far emergere dei progetti dal design innovativo. L’esperienza e la competenza della giuria nel processo di valutazione è senza pari. La ditta Regazzi SA era presente con il Presidente del CdA, Fabio Regazzi e il Direttore Generale Michael Hoseneder, i quali hanno ricevuto l’attestato di premiazione durante la Designer’s night. La Regazzi SA è stata premiata per il prodotto Regapak® (all’estero denominato Plial®) nella sua versione
CWS Corner Window Solution. Regapak® è il prodotto storico del Gruppo Regazzi, con sede a Gordola: si tratta di un avvolgibile in alluminio a pacchetto, che l’azienda ticinese ha recentemente rinnovato, presentandolo nella sua nuova veste lo scorso febbraio in occasione della fiera R+T di Stoccarda.
ARCHITETTURA / FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
IL LUSSO IN TICINO: DA PROPRIETÀ DI DESIGN D’AUTORE A DIMORE STORICHE 02
DEBORAH FONTANA, SALES DIRECTOR DI FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY, SOTTOLINEA COME IL MERCATO TICINESE DELL’EXTRALUSSO, SEPPUR CONTENUTO NEL NUMERO DEGLI OGGETTI DISPONIBILI, RIVESTA SEMPRE UN RUOLO IMPORTANTE E PORTA L’ESEMPIO DI DUE RESIDENZE DI ASSOLUTO PRESTIGIO: IL COMPLESSO IMMOBILIARE ARCHI DI LUCE E IL GRAND PALACE. 01
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esidenze di lusso, anzi extralusso, a Lugano e in Ticino. Si muove qualcosa? «Siamo di fronte ad un segmento di mercato del tutto particolare che non ha mai raggiunto grandissime dimensioni ma che entra a buon diritto nel panorama immobiliare ticinese e che nel tempo ha contribuito a conferire alla località un indiscusso prestigio internazionale. È fuori di dubbio il fatto che negli anni la richiesta si è andata riducendo, anche perché si è modificata la composizione della popolazione, soprattutto per quanto riguarda la presenza di alcune comunità di resi-
denti provenienti dall’estero che alimentavano principalmente questo mercato. In ogni caso, sono disponibili tuttora alcuni oggetti di straordinaria bellezza che ben interpretano il desiderio di una stupenda residenza affacciata sul lago». Possiamo fare qualche esempio? «Direi innanzitutto il complesso immobiliare Archi di Luce, realizzato a Castagnola nell’unica zona ancora edificabile dell’area Villa Favorita e concepito dagli architetti Herzog & de Meuron, appartenenti al gotha dell’architettura a livello mondiale. Chiamati proprio per la loro capacità di espri-
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mere un linguaggio contemporaneo nel pieno rispetto dell’ambiente e dell’architettura circostante, e coadiuvati dall’architetto paesaggista parigino Michel Desvigne, essi hanno realizzato un’opera di rara bellezza ed esclusività, che si integra armoniosamente nel sito e lo valorizza ulteriormente. Archi di Luce è il risultato di un sapiente studio delle forme: l’uso dei cerchi, degli archi e delle volte come unità architettonica essenziale per determinare gli spazi abitativi permettono di lasciare entrare luce ed aria all’interno delle abitazioni, creando piccoli patii interni che offrono uno spazio aperto ma al contempo riservato, e di godere così della vista del lago da ogni posizione. Gli archi caratterizzano anche le facciate esterne, facendo da cornice alle logge, soluzione adot-
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stata nel settore alberghiero. Con l’apertura dell’Albergo del Parco (come venne chiamato originariamente) riuscirono, infatti, in quello stesso anno, a far decollare il turismo della città e a segnare il definitivo passaggio di Lugano da borgo medievale a città moderna. La struttura, per la sua posizione e caratteristiche, diventa fondamentale per le nuove strategie della città di Lugano già nel 1994, quando il Municipio l’acquista e decide di destinare il terreno circostante la proprietà al nuovo polo culturale cittadino con la costruzione di un teatro e di un museo. La ristrutturazione completa dell’edificio ha mantenuto le prestigiose facciate originali sui due lati verso il lago, mentre internamente la costruzione è stata completamente rifatta, permettendo di ottenere ogni confort e massima flessibilità a livello di organizzazione degli spazi, impiantistica e rifiniture di lusso. Il Palace di Lugano, con il suo fascino ricco di storia e di lustro, offre oggi la rara opportunità di acquistare un oggetto storico sul lago e allo stesso tempo nel pieno centro della città».
tata per offrire spazi aperti sulla splendida visuale, ma riparati. Il complesso residenziale consta di sole 8 unità su una superficie di circa 6.000 m2. Gli edifici, progettati per essere vissuti come ville indipendenti, costituiscono un volume compatto, grazie alla condivisione di un linguaggio architettonico comune, senza tuttavia perdere il loro carattere individuale». E per chi volesse abitare nel cuore della città di Lugano? «Allora la scelta potrebbe cadere sul Grand Hotel Palace, uno degli edifici simbolo della città di Lugano, che ha contribuito alla sua storia e al suo sviluppo. Già nel lontano 1855, i fratelli Ciani e l’albergatore Alexander Béha ebbero la corretta intuizione che la vocazione naturale di Lugano sarebbe
01 – 03 Castagnola / Herzog & de Meuron
FONTANA SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY Via G. Luvini 4 CH-6900 Lugano +41 (0)91 911 97 41 www.fontanasothebysrealty.com 04 TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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ARCHITETTURA / CITY POP
ABITARE CON UNA APP
MANUEL GAMPER, DIRETTORE CITY POP AG CI SPIEGA IL CONCETTO DI ABITAZIONE INTELLIGENTE CHE È DIETRO AL PROGETTO CITY POP E CHE GIÀ A PRIMAVERA DEL PROSSIMO ANNO VEDRÀ A LUGANO UNA DELLE SUE PRIME REALIZZAZIONI A LIVELLO EUROPEO.
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l punto di partenza è rappresentato dall’idea di “micro-living”. Come possiamo riassumerla? «Vivere in città, dentro appartamenti ammobiliati e con servizi mirati. Una soluzione abitativa moderna e adeguata ai cambiamenti economici e sociali. Un’abitazione pensata come un servizio e fortemente digitalizzata. Nei prossimi decenni, il numero delle economie domestiche in Svizzera composte da una sola persona aumenterà. Già oggi circa 1,3 milioni di persone vivono da sole (fonte Ufficio federale di statistica al 31.12.2017, ndr) e questa quota è destinata ad aumentare entro il 2030 a 1,5 milioni creando una reale necessità di alloggi più adeguati alle esigenze dei singoli: dunque secondo le nostre analisi la scelta si orienterà sempre più verso appartamenti completamente ammobiliati e accessoriati, con servizi di tipo alberghiero e spazi comuni, realizzati in zone urbane centrali in prossimità delle stazioni o degli snodi dei trasporti pubblici».
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Questi cambiamenti hanno modificato profondamente la vostra visione, la strategia costruttiva e i progetti in atto o in previsione per i prossimi anni… «Esattamente. Proprio immaginando come sarà la società del 2030 e oltre, è stata creata City Pop, società legata al ‘micro-living’ che gestirà lo stile di vita del futuro: famiglie monoparentali, studenti, manager molto mobili dal punto di vista geografico e che hanno bisogno di un punto di appoggio nella città dove risiedono pochi giorni la settimana, ma anche per periodi lunghi. Con l’obbiettivo di fare in modo che la vita sia occupata da meno cose inutili e più tempo libero per sé e per il lavoro. È stato quindi realizzato un concetto abitativo da applicare in località urbane servite dai mezzi pubblici (ferrovia, tram, rete di bus cittadini) dove il nostro ospite avrà con sé solo i vestiti, un cellulare e una carta di credito. Nessun investimento per auto o mobilio e il tutto gestito da una applicazione on-line con cui fare il contratto e pagare i servizi richiesti a prezzi competitivi».
ARCHITETTURA / CITY POP
loggi attualmente in costruzione che sono destinati a privati e professionisti (manager, docenti universitari, ‘single liver’,…) che non hanno vincoli e vogliono essere liberi da obblighi burocratici. L’idea base è quella di fare un primo contratto di almeno quattro settimane a partire da 900 CHF (ca. 1’400 CHF a Zurigo) per un appartamento ammobiliato ed equipaggiato. Dopo di che si prolunga o si disdice a seconda delle necessità del singolo utente». Che caratteristiche presentano i vostri appartamenti? «I nostri appartamenti hanno dimensioni comprese tra i 25 e i 35 mq ca.: sono dotati di un angolo cottura completamente arredato (forno, microonde, lavastoviglie, lavabo, grande frigo, macchina per il caffè), un bagno (toilette e doccia) e uno spazio in cui rilassarsi, vivere, lavorare e dormire (divano, tavolo, scrivania e un letto queen size)». Quali sono nel dettaglio i servizi aggiuntivi? «Il nostro cliente, single o coppia che sia, lavora o studia e poi si dedica ad altro al fine di occupare al meglio il proprio tempo libero. Per questo abbiamo previsto una vasta gamma di servizi on-demand: si usufruisce di quello che serve, quando se ne ha bisogno. Parliamo di servizi di pulizia, su base settimanale, oppure acquistabili occasionalmente “al bisogno”; di un parcheggio privato, facilmente accessibile e situato proprio vicino al proprio appartamento. Oppure, se si ha bisogno di più spazio, di un seminterrato a disposizione per un periodo più o meno lungo. E ancora, servizi di lavanderia, o un minimarket privato per avere sempre a portata di mano la spesa o la consegna a domicilio dal ristorante preferito».
propria cabina di pilotaggio attraverso la quale prenotare (ed eventualmente modificare) i propri servizi, controllare gli acquisti e saldare i pagamenti. E, naturalmente, accedere in modo sicuro a tutte le camere dell’appartamento con il proprio smartphone. Sul posto, in remoto, a portata di mano. Un modo intelligente per gestire un nuovo modo di vivere e di abitare». Quali sono i passaggi attraverso i quali potremo vedere il concetto City Pop applicato nelle principali città svizzere e poi in altri paesi europei? «Il primo ‘City Pop’ a Zurigo-Oerlikon è in consegna in autunno di quest’anno. In Ticino, a Lugano-Besso, è prevista per la primavera del 2020 la realizzazione di una settantina di micro-al-
Cosa dobbiamo attenderci per il futuro? «Ci proponiamo di realizzare e gestire con questa formula circa duemila appartamenti in Svizzera e 15mila in Europa entro i prossimi cinque anni. Abbiamo già ipotizzato varie formule di sviluppo di questo business. Si potrà anche brandizzare il prodotto per conto terzi, garantendo un ritorno sull’investimento iniziale per una durata prestabilita (a fondi pensioni e altri investitori istituzionali, per esempio), ma con una gestione sempre affidata a City Pop. Nei prossimi cinque anni sono previsti investimenti per circa tre miliardi di franchi. Un modello espandibile, replicabile ed esportabile in tutta Europa e anche oltre». www.citypop.com
Tutto questo viene gestito in modo completamente digitalizzato… «Tutti i servizi sono disponibili tramite la nostra City Pop App. Una vera e
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ARCHITETTURA / SIT IMMOBILIARE
UN MODO NUOVO PER ACQUISTARE UNA CASA SABINA GATTO, ALLA GUIDA DI SIT IMMOBILIARE, PARLA DELLA SOCIETÀ, CHE OCCUPA UN POSTO DI ASSOLUTO RILIEVO NEL PANORAMA TICINESE E PRESENTA UNA NUOVA PROMOZIONE DI SICURO INTERESSE PER LA PARTICOLARE FORMULA DI PAGAMENTO CON CUI VIENE PROPOSTA. meglio ogni immobile, tenendo conto delle rifiniture e accorgimenti estetici, ma anche e soprattutto dei bisogni specifici di ogni cliente».
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ossiamo brevemente riassumere quali sono state le principali tappe del vostro successo? «Sit Immobiliare nasce come immobiliare e si occupa da sempre di compravendita e locazione immobili. I servizi di consulenza offerti hanno l’ambizioso obiettivo di chiudere ogni trattativa in tempi brevi, assicurando al cliente il corretto valore immobiliare alle condizioni più vantaggiose. Per questo, grazie alle competenze di esperti in Interior Design e Home Staging, è nata SIT Design che con SIT Immobiliare si propone infatti di valorizzare al
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Uno dei vostri punti di forza è sicuramente rappresentato dal fatto di avere al vostro interno tutti i servizi richiesti dalla clientela… «Grazie alle due sedi di Lugano e Locarno, SIT Immobiliare riesce a coprire in modo capillare tutto il territorio ticinese, conosce il vissuto locale, le esigenze di mercato e le aspettative del proprio pubblico. Negli anni abbiamo avvertito la necessità di diversificarsi e specializzarsi sempre più per abbracciare le richieste di una clientela ogni giorno più eterogenea. Oggi siamo un Gruppo con unità differenziate e al tempo stesso fortemente integrate. SIT Immobiliare è la capofila e si rivolge sia al mercato privato che
ai professionisti: banche, intermediari finanziari e fondi immobiliari che vogliono gestire in modo completo il patrimonio della propria clientela, ma anche imprese edili che cercano visibilità per proporre i propri immobili. Per promuovere al meglio ogni proprietà, SIT Immobiliare utilizza un kit efficace di strumenti di comunicazione. SIT Design si occupa invece di sviluppare progetti e servizi nel campo dell’interior design, dalla fase di sviluppo e realizzazione a quella di assistenza, assicurando tutti i processi di progettazione, produzione e messa in opera di sistemi integrati per l’arredo, configurandosi come problem solver integrato che unisce l’attività di analisi di fattibilità a quella di ricerca e sviluppo, fino ad arrivare alla realizzazione ed assistenza post vendita. A SIT Amministrazione è affidata l’amministrazione di stabili, appartamenti a
ARCHITETTURA / SIT IMMOBILIARE
Che dimensione avranno gli appartamenti? «Sono previste varie soluzioni, da 3,5 a 4,5 locali. Il promotore ha inoltre voluto enfatizzare l’aspetto di socialità dell’intero complesso, riservando una particolare attenzione alla clubhouse, alla piscina, agli spazi verdi. Un modo nuovo di abitare vicino alla città ma godendo di tutti i vantaggi di una situazione al lago che offre tutte le migliori opportunità di tranquillità e relax».
reddito, proprietà per piani e case vacanze, gestendo qualsiasi pratica legata alla proprietà, tra cui questioni contabili e supporto legale, ma non solo. Per incontrare le esigenze di chi desidera investire diversificando le proprie possibilità il Gruppo SIT ha costituito la Divisione "SIT International". La nuova Divisione ha l'obiettivo di proporre investimenti immobiliari a reddito (e non solo) fuori dalla Svizzera. In SIT International lavorano persone dedicate costantemente a sviluppare questi progetti supportando gli interessati in termini di scelta di investimento e di compliance finanziaria, legale e fiscale». Nei prossimi mesi sarete impegnati nella promozione di un nuovo complesso immobiliare. Di che cosa si tratta? «Un primario Gruppo ticinese sta costruendo a Caslano un grande com-
plesso, il Sun Lake City, che vuole andare incontro alle esigenze di un pubblico di fascia media desideroso di avere un’abitazione nuova e moderna, con materiali e finiture di qualità, affacciata sul lago e in posizione soleggiata, circondata da ampi spazi verdi, in prossimità del golf di Magliaso, comodamente collegata al centro cittadino grazie ad una mobilità dolce. Una soluzione abitativa molto interessante offerta a condizioni economiche particolarmente convenienti». Come si articola questo progetto? «L’intero complesso sarà composto da 82 unità abitative, e prevedrà una costruzione a tappe: La prima tappa comprende: autorimessa, 17 unità abitative, clubhouse con piscina. Poi è previsto di procedere con le altri fasi per terminare completamente il progetto con tutte le unità abitative».
Per questa nuova importante promozione avete messo a punto una interessante formula di pagamento. Come funziona? «Si tratta di un sistema che in Ticino non è ancora molto diffuso ma che invece potrebbe rappresentare una possibile soluzione per diventare proprietari di casa, per un numero molto elevato di anni, con un investimento assai contenuto. Le abitazioni vengono acquistate con diritto di superficie mentre per il terreno viene pagato un canone mensile. Ciò consente anche a chi non dispone immediatamente di un capitale diretto di entrare subito nella propria nuova casa. Se volete conoscerci meglio, seguiteci sui social, ci trovate su Facebook e Instagram».
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ARCHITETTURA / WINCASA
AMPIA DISPONIBILITÀ DI LOCALI IN AFFITTO
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ossiamo tracciare un breve profilo della sua società, dalla fondazione alle ultime espansioni? «Wincasa è nata nel 1999 dalla fusione dei rami immobiliari di Winterthur Assicurazioni e Credit Suisse. Dal 2012 Wincasa è una società controllata dalla Swiss Prime Site e gestisce attualmente circa 232’000 immobili per un valore di 70 miliardi di franchi. L’azienda è presente in 28 luoghi (con sede centrale a Winterthur) distribuiti in tutte le parti del paese. La filiale di Lugano è stata aperta nel 2008 e conta oggi 14
MANUELA CONTUCCI CRUZ, RESPONSABILE DELLA FILIALE DI LUGANO DELINEA LA STRATEGIA DELLA SOCIETÀ PER PORRE IL CLIENTE AL CENTRO DI OGNI SUA ATTIVITÀ.
WINCASA SA Via F. Pelli 1 Casella postale CH-6900 Lugano +41 58 455 77 77 www.wincasa.ch
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collaboratori. Wincasa è un fornitore di servizi immobiliari che gestisce e amministra immobili per conto dei suoi proprietari, ma non costruisce né possiede immobili di sua proprietà». Nella vostra presentazione si parla di servizi integrali. Cosa si intende? «Con circa 920 specialisti offriamo ai nostri clienti un ampio portafoglio di servizi che copre l’intero ciclo di vita degli immobili, dalla progettazione alla costruzione e alla gestione fino alla rivitalizzazione e al riposizionamento di un immobile».
ARCHITETTURA / WINCASA
maggior parte degli interessati piacerebbe avere aree già rifinite da poter occupare immediatamente. Nel settore residenziale, soprattutto tra i locatari più giovani, è evidente la tendenza a vivere in appartamenti moderni, di nuova costruzione. Mentre in passato era molto importante avere tanto spazio, oggi la tendenza è verso appartamenti più piccoli preferibilmente nuovi o ristrutturati. I canoni di locazione sono leggermente scesi negli ultimi tre anni e il locatario ha la fortuna di poter scegliere l’appartamento dei suoi sogni da una vasta offerta».
A quali clienti vi rivolgete e quali sono le richieste più frequenti? «Wincasa ha un know-how globale e locale per l’intero ciclo di vita dell’immobile. Per questo motivo possiamo offrire i nostri servizi a un’ampia clientela che è composta da proprietari di immobili, locatari o clienti finali. Perseguiamo una strategia Omni Channel che ci permette di comunicare e interagire direttamente con i nostri clienti attraverso una varietà di canali online e offline quali l’Area Clienti, il Customer Value Center o i vari portali.Le domande dei nostri clienti sono altrettanto versatili quanto i clienti e riguardano richieste di tutti i settori della nostra azienda». Qual è la vostra struttura organizzativa per soddisfare le esigenze dei vostri clienti? «Wincasa è ben ancorata al mercato e l’attenzione al cliente è parte integrante della nostra cultura aziendale.
Wincasa crea valore aggiunto attraverso presenza regionale e servizi individuali e basati sulle esigenze del cliente. Inoltre, operiamo con processi di prima classe, con sistemi e strutture efficienti in continuo stato di miglioramento, studiati per le esigenze dei nostri stakeholder. Ciò garantisce la massima sicurezza e qualità per tutte le parti interessate».
Quali sono le sue previsioni a breve e medio termine? «Il mercato ticinese rimarrà impegnativo sia nel settore residenziale sia in quello commerciale. I nuovi servizi e le innovazioni tecniche acquisiscono sempre maggiore importanza. È il caso, ad esempio, dei parcheggi con colonnine di ricarica per veicoli elettrici o delle infrastrutture tecniche che possono essere gestite tramite app. I proprietari di immobili e i committenti sono inoltre sollecitati a tenere in maggiore considerazione gli aspetti ecologici nella loro progettazione e realizzazione, dall’energia solare al recupero di calore e ai materiali da costruzione più ecologici».
Quali cambiamenti intravede nella sua visione privilegiata del mercato immobiliare ticinese? «Paragonato agli anni passati, oggi in Ticino abbiano un mercato immobiliare favorevole ai locatari sia nel settore residenziale sia in quello commerciale. Attualmente l’offerta supera la domanda, mettendo così sotto pressione i canoni di locazione soprattutto nel ramo commerciale. Inoltre il cliente può scegliere tra diverse superfici e in genere è diventato più esigente. Per le trattative occorre più tempo e alla TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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ARCHITETTURA / HABITRUST
UN’IMPRESA POGGIATA SU SOLIDE BASI PROGETTARE UNA NUOVA RESIDENZA È UN VIAGGIO LUNGO MA NECESSARIO PER COMPRENDERE TUTTE LE TAPPE CHE LO CONTRADDISTINGUERANNO. NON È UN PERCORSO AGEVOLE, È NECESSARIO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE MOLTEPLICI VARIABILI E CONFRONTARSI CON PROBLEMATICHE E OSTACOLI DI OGNI TIPO.
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onsci di tali difficoltà, il Gruppo Habitrust si è calato con consapevolezza e determinazione nel progetto “Conca dei Castagni”, una residenza di alto standing che sorgerà nella zona più alta di Pregassona ma che si candida a divenire un “caso scuola”. L’opera si è presentata molto complessa, fin dall’inizio, sia per la posizione - dato che sorge su una vera e propria conca (da qui il nome dell’abitazione) con un fondo molto sedimentario e, dunque,
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poco stabile, sia per lo storico che accompagna questa determinata zona. In passato, infatti, un terreno adiacente ha avuto dei cedimenti che hanno causato ingenti danni agli edifici circostanti e hanno comportato l’evacuazione di 3 famiglie. Una complessità rafforzata anche dalla perplessità delle banche che, inizialmente, avevano sconsigliato di intraprendere l’operazione. È chiaro che di fronte a tali premesse, pensare di avviare dei lavori di scavo poteva sembrare un’iniziativa azzardata che avrebbe avuto come conseguenze, pressoché scontate, una sfilza di opposizioni da parte del vicinato, delle autorità e tempistiche più lunghe del previsto, portando allo scoramento totale tutto il gruppo di lavoro. Ma questo non ha affatto scoraggiato il management di Habitrust. Luca Mavaro (01) e Ezio Catucci (02) non hanno infatti abbandonato la loro salda convinzione della fattibilità del progetto, sorretti anche da un dovere di responsabilità sociale. Con l’ausilio di profes-
ARCHITETTURA / HABITRUST
sionisti del settore, hanno finanziato e condotto un vero e proprio studio di eccellenza, affrontato con altissima professionalità, che forte di un approfondito studio, si è concluso con l’avvio degli scavi e l’inizio del cantiere. Gli ingegneri coinvolti nel progetto hanno avviato in primis un’analisi geologica sia del terreno che del pendio e con tecnologie d’avanguardia hanno eseguito un rilievo 3D di tutta la parte di montagna interessata dagli scavi e dalle opere, prove tomografiche per rilevare la presenza di acqua nel terreno e uno studio penetrometrico volto a valutare la consistenza del terreno a vari livelli di profondità. Inoltre, le fondamenta sono state rafforzate e, data la presenza di una falda acquifera sotterranea, si è proceduto a creare un’incamiciatura sul retro
dell’edificio per evitare l’accumulo di pressione idrostatica accompagnata da una canalizzazione sotto platea ovverosia una sorta di trincea drenante realizzata in concerto con il Genio Civile di Lugano. Questo accorgimento consentirà di evitare che venga compromessa la stabilità e la funzionalità non solo della nuova costruzione ma anche degli stabili circostanti. Tutto lo studio è stato oggetto di verifica da parte delle autorità locali, cantonali e di terzi esperti nominati dal Cantone stesso. Il giudizio finale è stato unanime: il progetto è stato considerato sicuro, professionale e svolto con grande diligenza. Ciò che risalta è l’utilità pubblica di quest’opera, sono stati infatti consolidati circa 50 metri di strada cantonale di vitale importanza (strada San Got-
tardo che permette di raggiungere Cureggia da Lugano-Pregassona) ubicata nel punto di impluvio della montagna colmo di materiale sedimentario poco consistente e acqua. La Residenza Conca dei Castagni rappresenta il connubio perfetto tra architettura di prestigio e innovazione tecnologica e ingegneristica, reso possibile dalla perseveranza e la lungimiranza del Gruppo Habitrust e degli ingegneri coinvolti (A++ Lugano Ing. Davide Leonardi, Opere Geotecniche Ing. Donato D’Alessandro, Strutture Ing. Alessio Casanova) che insieme hanno affrontato tutte le avversità e i paletti imposti dalle autorità, sfoggiando grande diplomazia anche nei rapporti con il vicinato, legittimamente preoccupato e scottato dagli eventi precedenti. Aver terminato lo scavo iniziale e aver ricevuto attestati di stima da parte degli organi di controllo è oggi il motivo principale di soddisfazione del Gruppo che, sin dagli albori della propria attività, ha fatto suo il credo nell’innovazione a 360° come unica leva in grado di spostare gli equilibri e stravolgere i paradigmi dell’edilizia tradizionale.
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ARCHITETTURA / CONTRACT G SWISS
IL LUSSO DI UNA CUCINA SPAZIOSA E INNOVATIVA LA CUCINA TORNA AD ESSERE IL CUORE PULSANTE DELLA CASA, DOVE – NELLA FRENESIA QUOTIDIANA - FAMILIARI E AMICI SI RITROVANO ATTORNO AD UN TAVOLO PER RITAGLIARSI UN MOMENTO UNICO E PIACEVOLE. PER QUESTA RAGIONE PROGETTARE LA PROPRIA CUCINA RICHIEDE TEMPO E PROFESSIONISTI DEL SETTORE, CAPACI DI CONSIGLIARE MATERIALI ALL’AVANGUARDIA E SEMPRE PIÙ RISPETTOSI DELL’AMBIENTE. CE NE PARLA AMBROGIO CICHELLO, CEO DI CGS.
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he cosa significa disporre oggi di una cucina moderna? «La cucina riveste un ruolo fondamentale in una casa perché è un ambiente indispensabile e anche se non ce ne rendiamo sempre conto è il locale potenzialmente più innovativo. Questo spazio, nel corso degli anni, ha subito importanti cambiamenti ed è tornato ad essere un luogo di aggregazione, per questa ragione le cucine moderne sono importanti, ampie, luminose e devono poter essere vissute dall’intera famiglia e saper accogliere amici, anche solo per un semplice aperitivo. L’unica vera distinzione tra passato e presente è l’aspetto tecnologico, le cucine moderne dispongono di soluzioni all’avanguardia, a volte inimmaginabili per chi non è del settore». Quali sono le tendenze di un arredamento di lusso della cucina? «La cucina è sempre più spesso inglobata nell’area living. Dispone di grandi armadiature, vani contenitivi capaci di essere discreti, ma di racchiudere tutti gli elettrodomestici, i cavi di alimentazione dei dispositivi elettronici e talvolta l’intera zona operativa della cucina, per garantire un rapido riordino. Le maniglie scompaiono e sono sostituite da gole e scanalature che regalano eleganza e semplicità. Inoltre la ricerca sui materiali offre risposte convincenti anche ai più esigenti, che hanno la possibilità di scegliere tra una ricca gamma di essenze in legno o materiali altamente performanti, come l’acciaio o il quarzo e le pietre naturali».
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Si parla di organizzazione smart degli spazi. Che cosa significa? «La cucina deve essere elegante, raffinata, con meno oggetti possibili in vista. L’attenzione verso l’organizzazione degli ambienti diventa sempre più predominante. Inoltre deve essere sempre più tecnologica e connessa con tutti gli elettrodomestici. Dobbiamo immaginare di poter gestire la cucina attraverso il nostro smartphone e iniziare a cucinare a distanza. Per quanto riguarda la cucina ideale...
in passato era bianca, mentre ora la tendenza è il grigio con tutte le sue mille sfumature. Personalmente è un colore che mi piace molto, anche perché scelto nelle sue tonalità più discrete è un’ottima base per lavorare poi su colori, contrasti e materiali, in piena libertà». Che cosa rappresentano le cucine nelle proposte d’arredo di CGS? «Direi che questo è forse l’ambiente cui dedichiamo tutta la nostra competenza e creatività. Ogni nostra realiz-
CONTRACT G SWISS SAGL Via Cantonale, 65 CH-6804 Bironico +41 (0)91 210 58 24 contractgswiss.com zazione è il frutto di una progettazione personalizzata. Innanzitutto incontriamo il cliente, analizziamo i suoi gusti e il suo modo di vivere la cucina. In nostro punto di forza è rappresentato dalla rete di architetti e designer che collaborano con noi, senza dimenticare le aziende produttrici con cui collaboriamo da anni e che ci forniscono prodotti artigianali, unici nella loro lavorazione e di grande qualità. Vorrei concludere dicendo che sì è importante che la cucina sia bella, ma deve essere anche funzionale e visto che le esigenze di ognuno di noi sono diverse, il “su misura” potrebbe essere la scelta più adatta per gli amanti della casa e della convivialità». TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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ARCHITETTURA / ARREDAMENTI BERNASCONI
IL PIACERE DI DORMIRE BENE ROBERTO BERNASCONI SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DEL SONNO PER LA SALUTE DELLE PERSONE E PRESENTA LA PARTNERSHIP STABILITA CON IL PRODUTTORE TEDESCO DI LETTI SCHRAMM E LA SUA COLLEZIONE DI LETTI PUREBEDS.
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ormai convinzione comune che in una casa moderna debba essere posta la massima attenzione al dormire bene… «La nostra vita è così piena d’impegni al punto che dormire può sembrare a volte una perdita di tempo. Fin troppo spesso finisce in fondo alla lista delle nostre priorità come se fosse qualcosa da rimandare o per la quale trovare delle scuse. Il problema è che il sonno è assolutamente essenziale per tutto ciò che facciamo. Come per qualsiasi altra cosa nella vita non ci sono scorciatoie per raggiungere l’obiettivo, anche quando si tratta di dormire. Per questo organizzare lo spazio della camera da letto in un modo preciso ed equilibrato riduce lo stress e aiuta a rilassarsi».
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Che cos’è il sistema di riposo Boxpring? «Si tratta di un sistema composto da un materasso a molle superiore (a contatto con il corpo) ed un materasso a molle inferiore (con una funzione più strutturale), chiamato anche sommier. Le molle sono insacchettate individualmente e realizzate in metallo temprato ad alta temperatura (per fare in modo che l’elasticità resista nel tempo). Queste molle, che sono anche più morbide nella zona delle spalle per accogliere la loro sporgenza nella posizione laterale, consentono di adattarsi in maniera specifica ad ogni punto del corpo. I materiali di completamento usati sono in gran parte naturali, e la confezione dei materassi ha una componente artigianale molto importante.
ARCHITETTURA / ARREDAMENTI BERNASCONI
bili. I letti sono disponibili nelle misure 140x200, 160x200 e 180x200 cm e si può avere anche la versione con la base motorizzata per regolare l’inclinazione del materasso. I materassi inoltre forniti con 3 diversi livelli di rigidità, in modo da offrire la massima personalizzazione in base al peso ed alle preferenze della persona».
Inoltre i diversi strati di materiali sono affiancati (e non incollati) tra loro così da mantenere una perfetta circolazione dell’aria in tutte le direzioni (favorita dal movimento delle molle), che permette di far evaporare anche l’umidità che rilascia il corpo (fino a ½ litro a notte) al fine di ottenere un sonno asciutto a una temperatura ideale». Quali sono i vantaggi offerti dai letti l imbottiti Schramm? «Il concetto di comfort per i letti Schramm nasce dal sistema del doppio materasso combinato con una vasta gamma di componenti. Pezzi unici, corrispondenti ai diversi desideri e a tutte le esigenze. Quando si tratta di finiture, la manifattura di Schramm fornisce, dal 1923, una selezione quasi inesauribile di materiali di alta qualità e design per ciò che riguarda l’utilizzo di legno, vernici e tessuti. Esclusivamente fatti su misura secondo una lavorazione
artigianale tradizionale, questi letti sono senza tempo e stabili in valore». Perché avete scelto di proporre le collezione di letti Purebeds prodotti da Scharmm? «Sono letti da sogno pieni di energia e passione. Design chiaro per le persone che amano l’essenziale. Perfettamente realizzati a mano con materiali di pregio e grande attenzione ai dettagli. Questi letti consentono di avere a casa propria un sistema di riposo Boxspring di alta qualità, completo di testiera e rivestimento, ad un prezzo contenuto. Una collezione con un’ampia scelta di modelli per soddisfare ogni esigenza estetica; inoltre sono numerosi i rivestimenti disponibili in diverse tonalità, tutti completamente sfoderabili e lava-
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ARCHITETTURA / ALFREDO BARATELLA
UN BEL GIARDINO MIGLIORA LA VITA BARATELLA GIARDINI NASCE NEL 1992 GRAZIE ALLA PASSIONE DI ALFREDO BARATELLA, CHE NEL CORSO DEGLI ANNI HA SAPUTO UNIRE ALLA GRANDE PASSIONE PER IL VERDE, COMPETENZA E PROFESSIONALITÀ. L’AZIENDA SI OCCUPA PRINCIPALMENTE DI PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE E MANUTENZIONE GIARDINI; MA OFFRE ANCHE LA SUA CONSULENZA PER PROGETTI E OPERE DI BIO-INGEGNERIA. DELL’AMORE PER IL VERDE E PER I GIARDINI PARLIAMO DIRETTAMENTE CON IL SUO FONDATORE, ALFREDO BARATELLA.
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e hai un bel giardino, la tua vita conosce senza dubbio un miglioramento. Questa la conclusione raggiunta da scienziati che hanno condotto studi che dimostrano la connessione tra una vita immersi in un ambiente naturale e la salute umana. Il verde non solo protegge l’ambiente, riduce il livello di anidride carbonica e gli effetti del riscaldamento globale, ma migliora anche la salute delle persone. In futuro, la pianificazione del paesaggio sarà effettuata esclusivamente in questo senso per creare un ambiente più sano. Se una persona vive in una zona dove c’è molta vegetazione, diminuisce il rischio di depressione, il livello di inquinamento atmosferico non è così dannoso, cala il rumore, aumenta il numero di opportunità per le connessioni sociali e l’attività fisica.
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erché molto spesso manca ancora la consapevolezza dell’importanza di uno spazio verde all’interno del vivere e dell’abitare contemporaneo? «È proprio vero! Spesso noi giardinieri abbiamo l’impressione che il giardino non abbia assolutamente questo genere di priorità quando si costruisce una casa… Quando in seguito la si abita, invece, ci si rende conto dell’importanza degli spazi esterni soprattutto durante la bella stagione». Cosa significa avere un bel giardino? «A partire dal ‘600 i giardini e le dimore furono un mezzo per ostentare ricchezza e potere, non essendoci all’epoca auto lussuose o yacht da mille e una notte, naturalmente per quei ristretti ceti sociali che potevano permetterselo. Con la costruzione della
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dimora reale di Versailles, molti nobili europei si resero conto di quale livello di prestigio si potesse raggiungere con un giardino. Come succede ancora oggi, scattò un forte desiderio di emulazione nei confronti dell’allora maggior regnante del vecchio continente». Gli inglesi non vollero essere da meno… «Infatti, contemporanei agli sfarzi dei regnanti francesi, vi erano gli inglesi che, come spesso accade, osservavano con aria di sufficienza i loro vicini, rivali di conquiste. Gli inglesi erano sicuri di poter fare meglio. Se a Versailles fu raggiunta la massima espressione di bellezza con gli elementi disponibili in Europa in quel periodo, gli inglesi avevano una carta in più da giocarsi, e seppero giocarsela molto bene. La loro dominazione coloniale si andava estendendo su tutto il globo e la ricchezza acquisita, insieme alla co-
ARCHITETTURA / ALFREDO BARATELLA
noscenza di nuove varietà botaniche provenienti da lontani paesi, li spinse a modificare il concetto di giardino arricchendolo di specie diverse e richiamando (invece dei loro rivali concentrati sulla fastosità delle geometrie) ambienti naturali che includevano laghetti dalle forme sinuose e aiuole ricche di fioriture spettacolari. Alberi e arbusti dalle fioriture e dai colori sgargianti, che nessun nobile di quel tempo aveva mai potuto vedere prima». Piante e fiori divennero dunque autentici protagonisti… «Se era necessaria della maestria per progettare giardini come Versailles, per i giardini inglesi ci voleva una grande conoscenza botanica, che spaziava non solo sulle molte specie provenienti dalle colonie lontane, ma anche sulle singole esigenze di ognuna di esse per essere in grado di assemblarle con maestria e buon gusto rispettando il giusto periodo di fioritu-
ra, il tipo di terreno, l’umidità, l’altezza e la tonalità. Come risultato finale, se i giardini alla francese lasciavano a bocca aperta, questi giardini ricompensavano l’osservatore riempiendolo di gioia, calma e rilassamento, ma anche stupore: la raffinatezza delle fioriture, degli accostamenti di colore, delle forme e dei volumi davano a questi spazi il desiderio di non abbandonarli mai».
Ci sono tendenze che seguono una moda nel costruire attualmente i giardini? «Oggi, realizzare giardini sembra sia diventato molto semplice, basta andare dal vivaista, acquistare quello che si vuole e piantarlo: si può anche inserire un’irrigazione automatica, un’illuminazione, un robot rasaerba, per aumentare il fascino e diminuire il lavoro di manutenzione del nostro spazio esterno». Che cosa manca allora per rendere un giardino qualcosa di unico e affascinante? «Per centrare l’obiettivo, il giardino deve emozionare, deve far trasmettere stati d’animo positivi come calma, bella sorpresa, appagamento. Per riuscire in questo i intento, ci vuole una minuziosa progettazione e un’ottima conoscenza delle piante. Senza queste prerogative i giardini saranno piatti, noiosi, copie di altri, ma comunque costosi! Il loro mantenimento non darà soddisfazione e sarà sempre un peso. Tutto il contrario di quella condizione di benessere che invece deve sempre trasmette un bel giardino».
BARATELLA GIARDINI SAGL Via Antonietti 9 CH-6900 Paradiso Florian Wandeler +41 78 882 45 94 Alfredo Baratella +41 76 366 31 30 TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
LE GENEROSE DONNE DELLA MUSICA: RACCONTI DI MECENATISMO MUSICALE C’È UN ASPETTO DELLA STORIA DELLA MUSICA POCO CONOSCIUTO EPPURE ESTREMAMENTE RILEVANTE PER COMPRENDERE APPIENO I NUOVI SCENARI DELLA FILANTROPIA MUSICALE: IL RUOLO DELLE DONNE MECENATI, DONNE CHE HANNO SOSTENUTO NEL CORSO DEI SECOLI LA PRODUZIONE E LA DIVULGAZIONE DELLA MUSICA FAVORENDO GRANDI ARTISTI, PATROCINANDO INIZIATIVE, COSTRUENDO ORCHESTRE E TEATRI. DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH
Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti di studi superiori in Svizzera, Germania e Italia. È autrice fra gli altri di Mäzeninen- Denken-Handeln-Bewegen (Mecenati-Pensare, Agire. Cambiare), Haupt Editore (www.elisabortoluzzi.com).
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ono moltissime le donne che oggi, in tutto il mondo, concentrano i loro sforzi a favore della musica. In Svizzera e in Italia spiccano i nomi di Diana Bracco, Orsola Spinola, Francesca Gentile Camerana, Maria Iris Tipa Bertarelli, Beatrice Oeri, Christine Cerletti-Sarasin, per citarne alcune. Se desiderassimo chiederci quale sia il peculiare profilo mecenatistico della donna in campo musicale, dovremmo volgere il nostro sguardo al passato e tentare una ricognizione storiografica. Si può dire, infatti, che da quando esiste il mecenatismo musicale esista anche il mecenatismo musicale femminile, costellato di storie di generosità, cura e capacità generativa di donne dalla forte personalità, spesso esse stesse musicisti. Con il fiorire del mecenatismo in epoca rinascimentale, quando i potenti privilegiavano le arti per affermare il proprio status, una donna su tutte spicca per intelligenza e cultura: è Isabella d’Este (1474-1539) che trasformò la corte di Mantova in una delle più autorevoli e colte d’Europa. Isabella, che resse il marchesato in assenza del marito e per conto del figlio, conosceva i classici a memoria, sapeva cantare e suonare il liuto, danzava e fu inventrice di nuove danze. Definita dall’Ariosto come “liberale e magnanima”, Isabella credeva che la poesia non fosse completa se le parole non fossero messe in musica e anche per questo si circondò sempre di abili compositori, come Ja-
ches de Wert e Orlando di Lasso. Durante il Seicento nelle corti reali europee, come quella francese e quella austriaca, e nella Chiesa di Roma si perpetua una mecenatismo musicale volto alla magnificazione del committente. Sempre a Roma, l’esiliata regina Cristina di Svezia (1626 - 1689) che aveva saputo rendere il suo regno colto e raffinato tanto che Stoccolma venne soprannominata “Atene del Nord”, istituì una sua personale corte di letterati e artisti e un suo personale concerto da camera. Nel Settecento, dopo la fase delle corti illuminate di Maria Teresa d’Austria (1717 - 1780) e Caterina II di Russia (1729 1796), che avevano dato grande rilevanza alle arti e alla cultura per modernizzare i loro imperi, con la Rivoluzione Francese e l’affermazione della cultura teatrale il compositore acquisisce maggiore autonomia e una nuova libertà artistica e intellettuale. Si apre così la stagione dei compositori romantici ottocenteschi che fondono la vita con la propria missione artistica e si aprono verso mecenati che condividano la loro passione e possano sostenere i loro progetti. Tchaikovsky, per esempio, fu largamente sostenuto da Nadeschda Filaretovna von Meck (1831-1894), ereditiera di grandi possedimenti terrieri, che sostenne anche altri artisti tra cui Debussy e Nikolai Rubinstein. Johannes Brahms trovò spesso ospitalità e sostegno a Mannheim presso la “Villa Helene” della coltissima filantropa Helene Bamberger Hecht (1854-1940), nipote del banchiere e politico Ludwig
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
Bamberger e moglie dell'avvocato, banchiere e mercante ebreo Felix Hecht. Helena, insieme a Berta Hirsch (1850-1913) che fu fondatrice della prima sala di lettura tedesca, facilitò la comunicazione tra artisti e cittadini facoltosi, aprendo la strada a nuove committenze. Tra le più importanti donne mecenati della musica del XX secolo spicca Winnaretta Singer (1865-1943), ereditiera di Isaac Merritt Singer fondatore della famosa azienda di macchine da cucire. Winnaretta, che sposò il principe Edmond de Polignac, egli stesso compositore e teorico musicale, fu per tutta la vita una grandissima amante della musica e nel suo Salon de Polignac a Parigi in Avenue de Henri-Martin si svolsero molte prime assolute di grandi compositori tra cui Chabrier, Fauré, Stravinsky, Satie, de Falla e Poulenc. Un’altra grande appassionata di musica fu Henriette Amalie Lieser (1875-1943), eccezionale mecenate della scena artistica viennese. Sostenne tra gli altri il compositore Arnold Schönberg offrendogli alloggio gratuito nella sua casa di Vienna, una rendita di 500 corone al mese e, soprattutto, un armonio prodotto negli Stati Uniti, che gli permise di comporre liberamente. Con il nuovo millennio il mecenatismo musicale diviene più articolato e, accanto alla viva passione per la musica e all’empatia con il compositore e il musicista, si affianca una maggiore efficienza nella gestione del patrimonio filantropico e quindi si costruiscono grandi progetti che abbiamo una valenza non solo locale ma anche internazionale. Si diffondono premi che mirano a sostenere le carriere dei giovani musicisti e vengono istituite fondazioni che perpetuino i loro scopi a livello intra-generazionale. Bettina von Siemens, per esempio, è membro della Ernst von Siemens Music Foundation che ogni anno elargisce il Premio Ernst von Siemens Music, conosciuto come il "Premio Nobel per la Musica”. Si tratta di un premio di
250.000 euro a favore di un compositore, esecutore o musicologo che abbia dato un contributo eccezionale al panorama musicale internazionale. Un altro premio prestigioso è stato istituito da Hortense Anda-Bührle (19262014) che ha lanciato il concorso Geza Anda a partire dalla sua infinita passione per la musica e dall’amore per il marito, il famoso pianista Geza Anda. Ulrike Crespo, ereditiera dell'Impero Wella, ha fondato nel 1998 la Crespo Chamber Music Foundation, con cui ha sostenuto i progetti Chamber Music Connects the World e Mit Musik - Miteinander dell'Accademia Kronberg. Nel 2004 ha istituito poi la Fondazione Crespo, un'altra organizzazione per promuovere progetti educativi tra gli altri nel campo dell'integrazione attraverso la musica. Uno dei suoi progetti a Francoforte, Primacanta, permette per esempio a centinaia di bambini di diverse origini e colori della pelle di entrare in contatto tra loro attraverso il canto. Nel 2009 la Crespo Chamber Music Foundation e la Crespo Foundation si sono fuse e oggi esiste solo la Crespo Foundation. Anche Beatrice Oeri si impegna a promuovere la musica in modi diversi. La sua Fondazione Levedo ha sostenuto fra l’altro l'integrazione della scuola di jazz nell'Accademia di musica dell'Università di Basilea per quattro milioni di franchi svizzeri e la Fondazione Habitat, da lei istituita e di cui ha lasciato la presidenza nel 2018, ha costruito sulla Lothringerstrasse locali di soggiorno e di pratica per musicisti e operatori culturali a prezzi accessibili con un impiego di diversi milioni di franchi svizzeri. I borsisti della Fondazione della famosa violinista tedesca Anne-Sophie Mutter vengono sostenuti in base alle loro esigenze individuali, per le quali lei stessa si adopera in prima persona, per esempio attraverso lezioni dedicate e nella collocazione del giusto insegnante. Fornisce inoltre strumenti musicali, stabilisce contatti con grandi solisti e organizza
audizioni con i direttori d’orchestra. Maria Iris Tipa Bertarelli moglie di Fabio Bertarelli fondatore dell’azienda biotecnologica Serono, nel 2009 ha istituito insieme al fratello Claudio, la Fondazione Bertarelli attiva nella promozione dell'arte, dell'archeologia, dell'architettura sostenibile e della musica in Toscana. Per quanto riguarda la musica, in particolare, la Fondazione Bertarelli sostiene l’Amiata Piano Festival che dal 2005 presenta ogni anno un ricco programma di concerti attirando non solo la popolazione locale ma anche ospiti da tutta Europa. Proprio a favore del festival, la Fondazione Bertarelli ha finanziato la costruzione di un nuovo auditorium basato su criteri di sostenibilità e tecnologie all’avanguardia: una sala in legno con 300 posti a sedere, costruita in soli 18 mesi tra vigneti e oliveti. Si tratta di un progetto per il quale la mecenate e la sua famiglia si sono impegnati non solo finanziariamente, ma mettendo in gioco anche le proprie capacità imprenditoriali, organizzative e di rete. Questo breve excursus ci permette di capire che oggi le donne mecenati della musica, come in passato, sono donne colte, eleganti e visionarie, che amano profondamente la musica e ne fanno una loro missione di vita. Ma, a differenza del passato, le donne mecenati contemporanee sono emancipate e libere di compiere le proprie scelte di investimento, hanno i mezzi finanziari e le capacità manageriali per gestire i loro progetti filantropici in prima persona. Sono fattive, risolute e persuasive nel promuovere le loro organizzazioni e farle crescere con un piano inter-generazionale che continui dopo la loro stessa vita. In questa continuità temporale, la forza generosa e generativa della donna unita al potere straordinario della musica di educare alla bellezza continuerà sempre a donarci occasioni uniche per alimentare la passione, lo smarrimento di fronte al sublime e l’apprendimento profondo che sono l’arte ci può regalare. TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / CHRISTOPH BRENNER
QUALITÀ NELLA MUSICA
P INTERVISTA A CHRISTOPH BRENNER, DIRETTORE DELLA FONDAZIONE CONSERVATORIO DELLA SVIZZERA ITALIANA
01 Scuola universitaria di Musica Orchestra sinfonica del Conservatorio della Svizzera italiana. Sala Teatro LAC Lugano. Ph: © Luca Sangiorgi
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ossiamo riassumere brevemente la sua lunga esperienza nell’ambito della musica? Com’è nato il Conservatorio della Svizzera Italiana? «Ormai sono vent’anni che ricopro la carica di direttore qui a Lugano, dopo aver lavorato come musicista e docente. (Per formazione sono violista e violinista, inoltre mi sono laureato in Storia ed in Filologia italiana.) Sono stati anni intensi, di grandi cambiamenti, come la creazione delle Scuole universitarie di musica e la conseguente sparizione di molti dei vecchi conservatori, le procedure di riconoscimento e di accreditamento e l’introduzione del modello “Bologna”. Siamo riusciti a trasformare questa piccola scuola a respiro regionale in un istituto che ormai ha raggiunto un’importanza internazionale, grazie all’impegno e l’entusiasmo dei collaboratori e di chi ci ha sempre sostenuto». Quali motivazioni hanno determinato la scelta di istituire una fondazione e qual è il suo scopo statutario? «Il Conservatorio è una scuola giovane, nata più o meno in una notte del 1985 - sulle ceneri di un’altra scuola che aveva interrotto la sua attività -, sotto il nome di “Accademia di Musica della Svizzera italiana”, all’epoca sotto la forma di un’associazione formata da quattro persone, una delle quali era la nostra presidente, Ina Piattini Pelloni, un’altra mio padre, che ha assunto il ruolo di direttore. Dopo tre anni soli è arrivato il riconoscimento da parte della Conferenza dei direttori dei Conservatori svizzeri, seguito dal riconoscimento da parte del Canton Ticino. Il nome è poi stato trasformato in “Conservatorio della Svizzera italiana” e l’associazione ha ceduto il posto ad una
fondazione di diritto privato. Dall’inizio la scuola è stata costruita su quattro pilastri molto chiari: l’educazione musicale elementare indirizzata a bambini, l’educazione musicale amatoriale, entrambi nell’ambito della scuola di musica; la formazione professionale dei futuri musicisti, oggi nell’ambito della Scuola universitaria di musica; infine la formazione dei docenti, con un Diploma di pedagogia musicale, oggi Master of Arts in Music Pedagogy. Nel 1999 si è aggiunto un ulteriore pilastro, con la formazione dei talenti e la creazione del corso pre-professionale, oggi PreCollege, che dispone di 55 posti ed applica un numero chiuso come la Scuola universitaria». Qual è la strategia della fondazione per il futuro a breve-medio termine? «La trasformazione dell’associazione in fondazione di diritto privato, avvenuta in contemporanea con la mia nomina, aveva come scopo la creazione di una base giuridica piú solida e sostenibile. Coincideva anche con l’incarico da parte del Consigliere di Stato Giuseppe Buffi, poi confermato da un mandato da parte del Consiglio di Stato ticinese nel 2000, di creare una Scuola universitaria di musica in Ticino. I nostri statuti enunciano, all’articolo 3, lo scopo della Fondazione: «La Fondazione ha lo scopo di promuovere nella Svizzera Italiana la diffusione della cultura musicale, mediante l’insegnamento di base e quello professionale, come pure la promozione e l’accompagnamento di attività artistiche. […] La Fondazione persegue esclusivamente scopi di utilità pubblica e si astiene da ogni fine di lucro o di interesse privato. Oggi il Conservatorio della Svizzera italiana gestisce tre dipartimenti operativamente autonomi: la Scuola universitaria di musica per gli studenti profes-
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attività collettive, orchestre e cori: potremmo paragonarla all’importanza di una piscina regolamentare per l’attività di una società di nuoto, o di una pista di ghiaccio per una squadra di hockey. Sarebbe un sogno poterlo fare principalmente con l’aiuto di privati, com’è avvenuto e come avviene nelle due scuole prestigiose di Basilea e Ginevra».
sionali, il Pre-College per i talenti adolescenti, e la Scuola di musica per l’educazione musicale amatoriale. La Scuola universitaria è affiliata alla SUPSI, che si traduce in un’integrazione universitaria (che garantisce il riconoscimento dei titoli), a fronte di una completa autonomia amministrativa e gestionale. L’interazione tra questi tre dipartimenti è un elemento fondamentale del nostro successo e dà vita a numerose sinergie: Un esempio fra tutti è la formazione dei docenti di strumento o di canto per le scuole di musica. Un altro esempio riguarda la promozione dei giovani talenti attraverso la possibilità di essere in regolare contatto non solo con gli studenti della Scuola universitaria, ma anche con i musicisti di fama internazionale (che vengono in qualità di docenti o di ospiti). Non sono da sottovalutare infine le sinergie “tecniche” come l’uso coordinato degli spazi e dell’organizzazione logistica». Qual è la strategia della fondazione per il futuro a breve-medio termine? «La strategia della Fondazione si articola su vari livelli: abbiamo degli obbiettivi per la fondazione, validi per tutti i dipartimenti, e degli obbiettivi strategici per i singoli dipartimenti, in base alle esigenze specifiche del relativo settore. Come valori principali vanno enunciati innanzitutto la qualità, intesa a tutti i livelli, a partire dalla
scelta dei collaboratori, e l’efficacia, che si esprime anche in un rigoroso controllo delle finanze. Siamo piuttosto orgogliosi del fatto che la nostra amministrazione è snella ed efficace. Ma la lotta alla burocrazia rimane una sfida di tutti i giorni. La Scuola di musica ed il Pre-College sono legati in primo luogo al nostro territorio, vorremmo poter offrire a tutti i bambini e ragazzi un’educazione qualificata, ed a tutti i talenti una formazione mirata. La Scuola universitaria si orienta verso un mercato di lavoro ed un corpo studenti (e docenti) internazionale, aumentando contemporaneamente il numero di studenti confederati. Altri obbiettivi della Scuola universitaria, nell’ambito della formazione, sono l’aumento di studenti Bachelor, nonché un maggior equilibrio delle iscrizioni per corso di laurea, strumento principale e provenienza degli studenti per ottimizzare la pianificazione a media scadenza». A quali progetti avete dato avvio negli ultimi anni e cosa avete pianificato per il futuro? «Il progetto principale è la ricerca di una sede definitiva, rispettivamente di un campus per le nostre attività. Fondamentale la presenza di una sala da concerti - da pensare come elemento complementare a quanto già esiste sulla piazza luganese -, fondamentale per le
Da qualche tempo la Fondazione si occupa anche di mecenatismo, ce ne può parlare in dettaglio? «Per una scuola come la nostra, creata e cresciuta grazie all’impegno ed al sostegno di privati, il mecenatismo è un elemento che fa parte del nostro DNA: senza i privati questa scuola non sarebbe né nata, né sopravvissuta. Personalmente, essendo nato e cresciuto a Basilea, ho vissuto l’importanza del mecenatismo per la cultura e le arti nella mia città. Come storico conosco inoltre bene l’importanza del mecenatismo per l’arte durante i secoli, non solo per il valore in sé delle opere che ha generato, ma anche per l’impatto economico che da quelle riverbera attraverso i secoli. Il tema del mecenatismo è quindi di fondamentale importanza per il mondo della musica, è perciò stata una scelta logica inserire l’argomento nel nostro MAS in Cultural management, come elemento formativo. Allo stesso tempo, il simposio del 18 ottobre, nato appunto all’interno del MAS in Cultural Management, diventa un esempio – speriamo – virtuoso di collaborazione, incontro e networking, tra attività artistica e formazione/educazione, tra i nostri tre dipartimenti con anime diverse – ma un solo cuore -, tra musicisti arrivati, giovani talenti e mecenati».
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DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
MECENATISMO, UN ELISIR DI LUNGA VITA
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GIORNALISTA, FONDATRICE E PRESIDENTE DI BRAINCIRCLE ITALIA E DI BRAINCIRCLE LUGANO, VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE FEDERICA SPITZER, VIVIANA KASAM CI RACCONTA LA SUA GRANDE PASSIONE PER LE NEUROSCIENZE E SPIEGA IL RUOLO DEL MECENATISMO PER LA FELICITÀ E LA SALUTE. DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH
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he cosa ti ha portato a interessarti dell’effetto della generosità sul cervello? «Mio padre è morto a cento anni. Era un uomo felice. Aveva dedicato risorse ed energie a creare in Israele università, ospedali, centri per comunità disagiate, e questo lo riempiva di gioia ed orgoglio. Si illuminava quando ne parlava. Ricordo anche che, fino agli ultimi giorni della sua vita, usciva di casa con le tasche piene di caramelle da distribuire i bambini che incontrava per strada. I suoi occhi brillavano di felicità. Recentemente mi è capitato di leggere uno studio in cui si dice che portare in tasca le caramelle è “una piccola dose di felicità” che contribuisce al benessere. Curioso, no? Papà era convinto che ciò che lo teneva in vita così a lungo era la sua dieta frugale. Io mi sono chiesta se non fosse invece, o anche, l’energia positiva delle sue buone azioni. Nel corso del mio lavoro giornalistico, ho intervistato suore di clausura, lama tibetani e sciamani della Bolivia. Tutti concordano che il bene, chiamalo preghiera, azioni caritatevoli, dedizione agli altri, ha un effetto positivo non solo nel creare energie positive a livello globale, ma contribuisce anche a dare serenità, a vivere più sani e a lungo, a modificare il karma, dicono gli orientali. Credo nei fondamenti universali delle culture tradizionali, che alla fine hanno tutte principi comuni. E ho sperimentato anche su me stessa, quanto il fatto di aiutare gli altri mi dia gioia, serenità, forza. D’altronde nella nostra cultura ebraica, la tzedakà, termine intraducibile, perché implica un concetto ben più ampio della parola beneficenza, è un precetto
religioso, un obbligo. In qualsiasi occasione festiva, bisogna condividere ciò che si ha con gli altri, e la tzedakà è regolata da una scala gerarchica precisa, che passa dal dare direttamente, al dare anonimamente, al dare anonimamente e senza conoscere il destinatario, al dare per mettere in grado le persone di guadagnarsi da vivere e non dipendere dagli altri, fino al dare non soldi ma tempo e cura. Una vera scuola di vita, che ha molto influenzato la mia formazione. Quando quindici anni fa ho cominciato a interessarmi di neuroscienze, è stato normale chiedermi che effetto potesse avere la generosità sul cervello, e se la mia sensazione che aiuti a stare meglio, a vivere più a lungo e in buona salute, avesse qualche riscontro scientifico». Quando il mecenatismo ha cominciato a essere un tema per i neuroscienziati? «I primi studi di cui sono consapevole _ma non escludo che ve ne sia stati anche dei precedenti- risalgono agli anni ’90 del secolo scorso. Deborah Danner, insieme ad altri collaboratori dell’Università del Kentucky, rileggendo nel 2001 i diari scritti negli anni ’30 da 180 suore cattoliche, si accorse che quelle che avevano espresso più emozioni positive, erano vissute in media 10 anni in più delle altre e non avevano sviluppato sintoni di demenza (la ricerca era focalizzata sull’Alzheimer, e questo fu un risultato inatteso). Nel 2003 la psicologa Barbara Fredrickson dell’Università del Nord Carolina (un’altra donna – forse non casualmente: le donne che dedicano la loro vita all’accudimento sono più interessate al tema dell’altruismo…) ha pubbli-
18.10.2019 Conservatorio della Svizzera italiana via Soldino 9, Lugano
Sinfonie d’Intenti Passioni, visioni e progetti di mecenatismo musicale
Il Conservatorio della Svizzera italiana organizza una giornata di studio e approfondimento sulle strategie e i nuovi paradigmi di mecenatismo contemporaneo, ricca di impulsi e all’insegna della musica. Iscrizioni: www.conservatorio.ch/simposio Informazioni: simposio@conservatorio.ch
Con la direzione scientifica di Elisa Bortoluzzi Dubach e in collaborazione con Fondazione Fitzcarraldo, personalitĂ prestigiose del mecenatismo internazionale incontrano musicisti di spicco e si aprono a un dibattito sul valore e il senso della promozione privata della musica.
DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
cato uno studio in cui dimostra che le emozioni positive controbilanciano il danno delle emozioni negative, e ha teorizzato quella che chiama la “positive ratio” (rapporto positivo): 3 a 1. Ovvero, sarebbero necessarie tre azioni buone per controbilanciare lo stress causato da una emozione negativa. Chi fosse interessato all’argomento, può ascoltare le sue conferenze su Youtube. Lo studio più citato è però quello di Doug Oman, dell’Università di Berkeley in California, che si occupa di spiritualità e mindfulness, la disciplina oggi tanto di moda tra i giovani che si ispira alla meditazione e allo yoga. Già nel 1990 Oman cominciò a studiare 2015 residenti di una regione californiana, Marin County, attivi nel volontariato. I parametri di Oman sono piuttosto complessi e non posso elencarli in una breve intervista. Il risultato finale è che le persone molto attive nel volontariato risultarono mantenersi più sani e longevi del gruppo di controllo. E uno studio analogo condotto quasi contemporaneamente da scienziati dell’Università del Michigan su 2.153 persone anziane in Giappone, volto a studiare il rapporto tra religione, aiuto agli altri e salute, confermò il rapporto tra buona salute e generosità. L’altruismo crea maggiore integrazione sociale, distrazione dai problemi personali e dall’ansia, dà significato alla vita, combatte l’isolamento e la passività spesso collegate all’invecchiamento. Ed è un forte antidoto allo stress, uno dei fattori principali di malattia, in quanto abbassa il sistema immunitario. Infine vorrei citare Stephen Post dell’Università di Chicago, autore di parecchi best sellers su questi temi, chiamato a parlare in tutte le più prestigiose università del mondo. Le sue ricerche esplorano come la beneficenza migliori la salute e la felicità di chi dà, e come l’empatia e la compassione non solo abbiano un effetto positivo sui malati e i bisognosi, ma anche su chi si occupa di loro. Post su queste ricerche ha costruito una brillante carriera, è
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stato eletto membro del College of Physicians della New York Academy of Medicine, membro della Royal Society of Medicine di Londra, ed è uno dei fondatori del International Society for Science and Religion (ISSR), che ha sede presso l’Università di Cambridge ed è dedicata agli studi interdisciplinari su scienza e religione». Qui però stai parlando di psicologia, di spiritualità, non di neuroscienze… «Certo. Ma sempre di cervello si tratta. E gli attuali studi dei neuroscienziati affondano in queste ricerche pionieristiche. Bisogna poi tener presente che oggi non si parla più di neuroscienze come di una disciplina specialistica, ma come il lavoro comune di specialisti di varie discipline. Stiamo tornando insomma al concetto dell’uomo leonardesco, cioè di un sapere che è insieme scientifico e umanistico, e nasce dalla collaborazione di chimici, fisici, ingegneri, immunologi, psicologi, filosofi e persino artisti… E qui vorrei fare un inciso. La letteratura è piena di esempi di benessere che nasce dal ben fare. Solo per citarne uno, noto a tutti, penso a Ebenezer Scrooge di Dickens, che per ogni buona azione diventa più forte e sano. Ma sono certa che chiunque può ricordarne parecchi. Comunque, se ti riferisci alla misurazione, attraverso le più moderne apparecchiature di brain imaging, dell’attività del cervello mentre si compiono atti di generosità, c’è un recente studio, pubblicato nel 2018 su Nature Communications che conferma queste teorie. Proprio in Svizzera, presso l’Università di Zurigo, in collaborazione con la Northwestern Universiuty di Chicago, un team di ricercatori guidati da Philippe Tobler e Ernst Fehr ha osservato gli effetti della generosità su alcune specifiche aree del cerebrali, chiarendo finalmente l’interazione che esiste tra altruismo e felicità. Servendosi della risonanza magnetica funzionale, il team di ricercatori ha monitorato i cambiamenti
cerebrali in 50 volontari reclutati per lo studio. A metà era stato chiesto di pensare a come avrebbero speso 100 CHF per comprarsi qualcosa, all’altra metà per aiutare qualcuno. Alla fine dell’esperimento, i ricercatori sottoposero tutti i volontari a un test per verificare se era riscontrabile un cambiamento nell’umore. E sì, i generosi erano più felici e soddisfatti. Gli scienziati li sottoposero allora una risonanza magnetica per vedere quali aree del cervello erano coinvolte nei pensieri altruisti. Risultato: si attivano la giunzione temporo-parietale (che è la zona dell’empatia, dove si elaborano gli atti benefici verso gli altri), lo striato ventrale (associato con il sentimento di felicità), la corteccia orbitofrontale (che è dove valutiamo i pro e i contro nel prendere una decisione). Esiste quindi un rapporto scientifico, ovvero misurabile e ripetibile, tra generosità e felicità. Abbastanza sorprendentemente, i ricercatori hanno notato che è sufficiente il solo pensiero di comportarsi in modo generoso per attivare l’area dedicata all’altruismo e intensificare la connessione tra questa e l’area associata alla felicità. “È sorprendente come l’intenzione da sola basti a generare un cambiamento neurale prima che l’azione sia effettivamente attuata”, spiega Philippe Tobler. Indipendentemente dalla “dose” di generosità. “Non c’è bisogno di sacrificarsi come un martire per sentirti più appagati” ribadisce lo scienziato. “Basta l’intenzione altruistica per attivare l’area cerebrale legata all’appagamento e intensificare la relazione con la felicità”. Perché l’effetto sia duraturo, bisogna però che ai pensieri seguano i fatti». Queste ricerche potrebbero influenzare le politiche nella sanità pubblica? «Certo, ed esistono parecchi studi in proposito. Lo stesso Post ha pubblicato già vent’anni fa uno studio in cui raccomanda di insegnare nelle scuole
DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
“Tierschutzpreis 2019” assegnato per la prima volta ad una Associzione ticinese La Elisabeth Rentschler Stiftung für Tierschutz ha deciso di conferire il premio al merito per la protezione degli animali all’Associzione Ticinese senza scopo di lucro con sede a Lugano Forza Rescue Dog, attiva da anni nel recupero di cani gravemente maltrattati, abusati e malati. Un premio che arriva per la prima volta in Ticino e che riconosce il costante lavoro svolto sul territorio Svizzero, ma anche l’importante impegno rivolto all’estero, soprattutto in alcuni Paesi dove le
gravi emergenze di abbandono, maltrattamento e soppressione di massa sono purtroppo all’ordine del giorno e tristemente note. Forza Rescue Dog ha un importante Team composto da oltre una quarantina di persone tra volontari ticinesi, italiani e spagnoli, tra cui anche diversi educatori cinofili. I cani salvati ogni anno sono circa 250 con una media di 190 adozioni annue. Una rete di volontarie segnala i casi più gravi che vengono totalmente presi a carico dall’Associazione, in Svizzera
e all’estero e spostati temporaneamente in pensioni di riferimento. I cani seguono quindi un rigido protocollo veterinario, vengono seguiti con amore, dedizione e preparazione sia nel loro recupero fisico che a livello psicologico e, solo una volta pronti, sono affidati a famiglie rigorosamente fidate e controllate. Molto lavoro viene fatto anche nelle regioni italiane di confine dove Forza Rescue Dog ha una struttura privata che ospita alcuni dei cani in attesa di una casa.
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DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
e nei corsi di formazione professionale degli addetti alla salute la pratica dell’altruismo come un aspetto importante per la salute fisica e mentale. Nei Paesi anglosassoni, le persone anziane svolgono spesso attività di volontariato, per esempio nei musei, nelle scuole. Le ricerche dimostrano che queste persone vivono più a lungo a e più serene, perché si sentono utili, sono appagate dal fare qualcosa di positivo per la società, e inoltre si mantengono attive e interessate alla vita. Ma questo vale non solo per gli anziani. In America, parte del curriculum scolastico richiede l’attività di volontariato, e spesso ai ragazzi d’estate vengono proposti camp estivi, sia nella loro città che in Paesi sottosviluppati, per portare aiuto alla popolazione. I miei nipoti che vivono negli Stati Uniti, hanno fatto moltissime esperienze di questo tipo, che li hanno aiutati a sviluppare attenzione e sensibilità agli altri, ma anche molta soddisfazione e felicità. Tant’è vero che il maggiore dei miei nipoti ha deciso di dedicare la sua vita ad aiutare i giovani in difficoltà, e ha appena vinto una prestigiosa borsa di studio, il Fulbright Scholarship, per andare un anno in Brasile a lavorare in comunità molto povere. Sono estremamente orgogliosa di lui e sono anche sicura che questa scelta gli consentirà di vivere una vita appagata e significativa. E’ bello vedere come gli insegnamenti del bisnonno siano filtrati attraverso le generazioni. Oggi la depressione negli adolescenti è una emergenza, come lo sono l’alcolismo e le droghe. Sono certa che la pratica sistematica del volontariato sarebbe un potente antidoto. E ho anche una esperienza personale a confermarlo. In un momento difficile della mia vita, in cui mi sembrava che tutto andasse a pezzi, mi ero rivolta a uno psicanalista per uscire dalla spirale di negatività. Ma ciò che mi curò fu un prolungato soggiorno in Africa, a studiare la cooperazione. Essere confrontata con
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persone che avevano concreti problemi di sopravvivenza, e cercare di aiutarle, mi rese consapevole di quanto i miei problemi fossero effimeri e insignificanti. Mi sentii come un topo dentro un buco nel formaggio, che continua a scavare e scavando va sempre più giù e vede sempre più nero. Attraverso l’esperienza del dolore altrui e dell’aiuto che potevo dare, cominciai a vedere la luce, e a ridimensionare i miei problemi». L’altruismo insomma potrebbe essere una terapia? «Assolutamente. O quanto meno una efficace prevenzione. Voglio citare un aneddoto raccontato dal Yoram Yovell, professore di psichiatria presso la Hebrew University di Gerusalemme, brillante oratore, grande teorico della felicità del bene. Ogni mattina Yovell per andare al lavoro deve imboccare una affollata autostrada e regolarmente, allo svincolo di uscita, c’è qualche automobile che ha tagliato la coda e cerca di inserirsi. “All’inizio mi arrabbiavo – racconta- e cercavo di impedirlo. Ne nasceva un alterco fatto di clacson, gestacci e insulti, che mi lasciava l’amaro in bocca per tutto il giorno. Ma una
volta, per un’emergenza, ho dovuto anch’io tagliare la coda, e da allora il mio atteggiamento è cambiato. Penso che la persona che cerca di inserirsi forse ha buone ragioni di avere fretta, gli faccio un sorriso e lo lascio passare, lui mi sorride e mi ringrazia. E io mi sento di buonumore per il resto della giornata. E alla fine che cosa ho perso? Trenta secondi? In compenso, ne ho guadagnato anche in salute. Il sentimento di essere buoni, di fare del bene – conclude- alza il livello delle endorfine, che sono i neurotrasmettitori del piacere. La generosità rende felici, stimola il sistema immunitario, migliora la salute, ritarda l’invecchiamento”. È insomma un elisir di lunga vita.
DOSSIER FONDAZIONI / VIVIANA KASAM
COS’È BRAINCIRCLE Viviana Kasam ha fondato nel 2010 l’Associazione no profit BrainCircle Italia sotto l’egida del Premio Nobel Rita Levi Montalcini, per divulgare gli studi sul cervello più all’avanguardia. Con un think tank di altissimo livello internazionale, organizza i BrainForum, eventi aperti a tutti e gratuiti in Italia e all’estero: conferenze, dibattiti, seminari, e anche mostre sui temi della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Che hanno coinvolto in sette anni oltre 300 scienziati, portando le neuroscienze e la ricerca sul cervello nei teatri, nei cinema e nelle piazze. Migliaia di persone hanno assistito agli eventi, trasmessi in diretta anche sulla pagina Facebook di BrainForum. Nel 2019 ha fondato BrainCircleLugano, con l’intenzione di portare in Ticino i frutti della sua decennale esperienza e coinvolgere la popolazione, in modo particolare i giovani, superando la barriera tra discipline umanistiche e scientifiche: oggi la ricerca sul cervello è interdisciplinare e comporta la collaborazione di filosofi, ingeneri, artisti, psicanalisti, biologi, chimici, fisici, neuroscienziati. I Braincircle, diffusi in tutta Europa, sono un progetto dell’ELSC, il Centro di Ricerca sul Cervello dell’Università Ebraica di Gerusalemme, della quale Viviana Kasam è Governatore e Honorary Fellow. Dal 23 al 29 settembre prossimi BrainCircleItalia organizza a Milano la terza edizione di Cervello&Cinema, un Festival di grandissimo successo, sostenuto da Roche, dedicato alle neuroscienze, che vengono raccontate e
Viviana CuriosaMente 70x100 Roche_Layout 1 01/08/19 15:16 Pagina 1
CURIOS MENTE INDIZI DI ORDINARIA FOLLIA
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MILANO
SETTEMBRE
DA LUNEDÌ 23 A VENERDÌ 27 ORE 19:30 SABATO 28 E DOMENICA 29 ORE 11:00
ANTEO PALAZZO DEL CINEMA SALA EXCELSIOR Via Milazzo, 9
MODERATORI:
VIVIANA KASAM GIANCARLO COMI ARMANDO MASSARENTI
I N G R E S S O G R AT U I TO FINO A ESAURIMENTO POSTI
P E R I N F O R M A Z I O N I E P R E N O TA Z I O N I : W W W. B R A I N F O R U M . I T ORGANIZZATO DA
CON IL CONTRIBUTO INCONDIZIONATO DI
dibattute prendendo spunto da films cult (il programma è pubblicato su www.brainforum.it). Il Festival sarà replicato in febbraio al Cinema Lux di Lugano, per iniziatia di BrainCircleLugano in collaborazione con la Settimana del Cervello.
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DOSSIER FONDAZIONI / HANS-ALBERT COURTIAL
INTERVISTA CON EOL SEN. DR. HANS-ALBERT COURTIAL, FONDATORE E PRESIDENTE GENERALE DELLA FONDAZIONE PRO MUSICA E ARTE SACRA.
TUTTO IN NOME DELLA MUSICA Che significato ha per lei il mecenatismo? «L’Italia è un museo a cielo aperto ricco di cultura e di storia. Promuovere il recupero di monumenti sacri, beni appartenenti al patrimonio culturale creato da artisti e da intellettuali, è il mio scopo, per togliere i segni dell’invecchiamento visivo a quei beni che sono e rimangono l’espressione tangibile della capacità degli uomini di produrre cose belle con la fede nel cuore per il bene del prossimo e della collettività».
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uò raccontarci le tappe più significative del suo percorso professionale? «Ho fondato giovanissimo in Germania la società Courtial Reisen con l’intento di organizzare pellegrinaggi a Roma e negli anni a seguire sono nate a Roma la Courtial International Tourism & Event Management, con la sua sede a Piazza San Pietro, e il primo Lufthansa City Center, la Courtial Viaggi nel cuore della città eterna a Largo di Torre Argentina, luogo in cui Giulio Cesare fu assassinato il 15 marzo del 44 a.C. Così si è sviluppato il ponte intellettuale, cioè quel legame intellettuale con l’arte e la cultura, con Roma e con il Vaticano, di cui hanno beneficiato tutte le iniziative e tutti coloro che sono entrati in relazione con me».
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Com’è diventato mecenate? «Già prima della nascita della Fondazione pro Musica e Arte Sacra, nata per promuovere la musica e l’arte sacra, mi sono occupato del restauro del famoso organo “Luca Blasi” e del restauro dell’Altare del Santissimo Sacramento, custoditi nella Basilica Papale di San Giovanni in Laterano: ambedue le opere di restauro vennero benedette da Giovanni Paolo II, riconosciuto Santo il 27 aprile 2014». Com’è nata la sua grande passione per la musica? «Fin da ragazzo cantavo come tenore nel coro di Santa Cecilia di Dietkir-
chen in Germania. Il primo coro che io ho portato a Roma, quando ho cominciato con l’agenzia di viaggio, è stato proprio quello della mia parrocchia. I coristi sono stati a San Pietro, hanno poi cantato nella Chiesa di S. Ignazio di Roma e sono tornati in Germania pervasi di quel sacro fuoco che avevo anch’io e che li ha stimolati a cantare sempre meglio nel servizio ecclesiale. Considerati gli entusiasmi ho invitato tutti i cori tedeschi a venire a Roma». Quando è stata istituita la Fondazione Pro Musica e Arte Sacra? «La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra è nata il 21 giugno 2002 a Roma per mia volontà e per stimolare la promozione della musica e dell’arte sacra tra il pubblico e di quei sentimenti umani che animano la musica e l’arte». Che scopi statutari ha la Fondazione? «La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, è un ente morale senza scopo di lucro che per il perseguimento dei suoi scopi istituzionali può organizzare concerti per la diffusione e la valorizzazione della musica sacra, mostre e rassegne di arte sacra; festival, concorsi, convegni, tavole rotonde, trasmissioni radio-televisive e ogni eventuale forma
DOSSIER FONDAZIONI / HANS-ALBERT COURTIAL
di diffusione della cultura, della musica e dell’arte sacra; corsi di formazione e perfezionamento di musica e arte sacra, l’attribuzione di premi e borse di studio in materia, promuovere in proposito l’effettuazione di studi e ricerche, redigere e diffondere pubblicazioni editoriali e discografiche idonee al raggiungimento delle proprie finalità. Mantenere la memoria dei nostri artisti con le loro opere è un punto di riferimento importante per le generazioni attuali e future. È un valore diffondere nella collettività la cultura della conservazione di quei beni che costituiscono le nostre radici, al fine di continuare a realizzare un futuro ricco di nuove iniziative che sia radicato nella fede e nella tradizione del bello per il bene».
Mi piace ricordare la presenza al Festival nel 2008 dell’Orchestre de la Suisse Romande, diretta da Marek Janowski, nell’esecuzione di Ein deutsches Requiem di Johannes Brahms. Inoltre, ricordo l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, l’Orchestra e il Coro dell’Accademia del Teatro alla Scale di Milano, il coro e l’Orchestra del Teatro San Carlo, l’Orchestra del teatro dell’Opera di Roma, il King’s College Choir e tanti altri che per questioni di spazio non è possibile citare. E poi i direttori d’orchestra Georges Prêtre, Riccardo Muti, Daniele Gatti, Seiji Ozawa, Nikolaus Harnoncourt, Leopold Hager, Christoph Eschenbach, Juanio Mena e tanti altri».
Quali progetti persegue e perché? «La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra organizza ogni anno il Festival Internazionale di Musica e Arte Sacraa con i Wiener Philharmoniker come orchestra in residence. Quest’anno il Festival, giunto alla XVIII edizione, sarà a Roma e in Vaticano dal 14 al 18 settembre 2019 con i Wiener Philharmoniker. Negli anni hanno sempre preso parte al Festival ensemble di fama mondiale che hanno come obiettivo le performance migliori.
Qual’è la sua visione per il futuro della Fondazione? «Secondo il motto “l’arte salva l’arte”, continuare a portare a Roma amanti della musica con lo scopo di aumentare e mantenere la fruizione della musica nei luoghi più illustri e nel contesto originario della musica sacra. Sono sicuro che venire a Roma per il Festival contribuisca ad arricchire i sentimenti per realizzare un futuro ricco di nuove iniziative radicate nella fede e nella tradizione del bello per il bene. Dal 2019 al 2024,
la Fondazione Pro Musica e Arte Sacra sostiene e sosterrà i seguenti progetti culturali, a partire dal XVIII Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra 2019 a Roma e in Vaticano, che avrà luogo a Roma e in Vaticano dal 14 al 18 settembre 2019 con i Wiener Philharmoniker come orchestra in residence. Con i Wiener Philharmoniker abbiamo iniziato lo scorso anno il grande progetto dedicato a Anton Bruckner, ricorrendo nel 2024 l’anniversario dei duecento anni della sua nascita, avvenuta a Ansfelden il 4 settembre 1824. I Wiener Philharmoniker eseguiranno in sette anni, fino al 2024, l’intero ciclo delle Sinfonie di Bruckner nelle Cattedrali europee. Il 2 maggio 2019 nel Duomo di Berlino i Wiener Philharmoniker hanno eseguito la Sinfonia n° 2 di Anton Bruckner. La data e il luogo di esecuzione dalla terza sinfonia di Anton Bruckner è in corso di definizione. Negli anni a venire il primo appuntamento è a Barcellona (13 settembre 2020) nella Sagrada Familia, con l’esecuzione della Sinfonia n° 4 in mi bemolle maggiore, anche nota come “Romantica”, di Anton Bruckner. Nel 2021 a Londra sarà l’occasione per ascoltare la Sinfonia n° 5 in si bemolle maggiore. Le altre date sono in corso di definizione. Il filo conduttore di questi concerti sono le cattedrali, i Wiener Philharmoniker, le Sinfonie di Bruckner e la passione per l’arte e la cultura».
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DOSSIER FONDAZIONI / LUCIA MARTINA
CREARE UNA CULTURA DELLA FILANTROPIA STRATEGICA
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uando è stata istituita la Fondazione Lang Italia? «Fondazione Lang Italia nasce nel 2011 per rendere più forti, efficaci e sostenibili le organizzazioni e le iniziative che intervengono per rispondere a bisogni sociali in Italia. Siamo un team di consulenti ed esperti in Filantropia Strategica che affianca Enti Non Profit, Fondazioni, Filantropi e Imprese impegnati a favore della comunità. Siamo un’organizzazione senza scopo di lucro che ha a cuore la promozione di una filantropia consapevole, per migliorare la qualità della vita delle future generazioni».
INTERVISTA CON LUCIA MARTINA, PHILANTHROPY ADVISOR, SEGRETARIO GENERALE FONDAZIONE LANG ITALIA.
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Quali sono i progetti più significativi degli ultimi anni? «In questi anni abbiamo sviluppato diverse iniziative tese a creare una cultura della filantropia strategica sia in termini di formazione executive, eventi e infine grazie alla practice attivata internamente di Monitoraggio & Valutazione Impatto Sociale grazie allo strumento di pianificazione strategica ancora poco diffuso quale la Theory of Change per Fondazioni. Dal 2013 realizziamo il primo evento italiano sulla Filantropia Strategica e le più recenti best practice internazionali e luogo di incontro per i leader di profit e non profit impegnati nel sociale. La VII Edizione sarà il 24 ottobre 2019 presso il Centro Congressi di Fondazione Cariplo a Milano alla presenza di
DOSSIER FONDAZIONI / LUCIA MARTINA
relatori nazionali e internazionali. La formazione executive invece mira a accrescere le competenze di professionisti con ruoli “ad alto impatto sociale” sulle più innovative pratiche di filantropia, quali Venture Philanthropy, Impact Investing e Valutazione Impatto Sociale, con un percorso strutturato in diversi moduli. In Italia abbiamo oltre 6.500 fondazioni di diversa natura dalle 88 fondazioni bancarie, alle circa 200 fondazioni di imprese e fondazioni di comunità e di origine familiare. L’organizzazione non profit sono oltre 300.000 e si stima un valore del settore non profit di 67 miliardi (4,3 % del PIL). Le figure così formate acquisiscono competenze di Philanthropy Advisor, una professione ancora relativamente poco diffusa in Italia ma crediamo possa svolgere un ruolo importante al servizio delle famiglie e delle imprese che desiderano agire con professionalità e attenzione al sociale. Con un settore non profit così numeroso reputiamo che la formazione e un osservatorio su novità, trend e best practice internazionali quale il Centro Studi Lang opera per favorire la crescita culturale e lo sviluppo professionale sulle pratiche di donazione e investimento sociale, per rendere Fondazioni, Imprese, Banche, e Organizzazioni non profit sempre più efficaci nei loro interventi filantropici Di recente Fondazione Lang Europe Onlus è divenuta è il partner italiano del progetto di Transnational Giving Europe, attivo in 18 paesi europei per consentire a donatori privati e corporate di sostenere enti non profit di altri stati membri, beneficiando dei vantaggi fiscali previsti dalla legislazione del proprio paese di appartenenza. Fanno parte della rete di TGE fondazioni quali: Swiss Philanthropy, Fondation de France, King Baudouin Foundation e molte altre. Tramite Fondazione Lang Europe Onlus promuoviamo e sosteniamo la diffusione della cultura del dono e della filantropia a livello internazionale.
Supportiamo inoltre individui, imprese e enti non profit nelle loro esigenze filantropiche, sia con la creazione di donor advised dedicati sia favorendo le donazioni transnazionali. Affianchiamo imprese, non profit e filantropi nell’analisi, ideazione e implementazione di attività di grant-making e investimento sociale. Al centro della nostra attività vi è la massimizzazione dell’impatto sociale generato e la sua misurazione. Approccio internazionale agli scenari e alle opportunità, una profonda conoscenza delle dinamiche e dei soggetti del settore sociale, la presenza in house di professionisti e il vasto network di esperti nelle diverse aree di lavoro sono i nostri asset chiave. Con l’obiettivo di creare una cultura improntata a una filantropia efficace promuovendo strumenti e best practice internazionali ai professionisti del settore, il Centro Studi Lang: promuove corsi di formazione executive; diffonde o realizza Philanthropy Insights e pubblicazioni sulle best practice globali; raccoglie notizie, produce analisi sui trend e interviste con i key player di settore ponendosi come l’osservatorio di riferimento delle migliori pratiche di filantropia e investimento sociale».
Corso sulle Fondazioni Internazionali e Fondazioni Erogative Svizzere rivolto a fondazioni e non profit che desiderano ampliare il loro network oltre i confini nazionali e apprendere come entrare in relazione nel modo appropriato per costruire partnership di valore. In particolare sarà possibile approfondire come acquisire conoscenze su nuove tendenze, mainstream e strumenti della filantropia internazionale (Fondazioni UK e US), conoscere il linguaggio e le modalità per sviluppare partnership con enti erogatori, acquisire conoscenze pratiche e teoriche relative ai temi delle fondazioni erogative svizzere. Inoltre crediamo sia fondamentale apprendere e applicare i principali strumenti per elaborare richieste di finanziamento efficaci orientate in base alle reali esigenze dell’interlocutore. Interverrà come docente, oltre al team, Elisa Bortuluzzi Dubach sempre nell’ottica di offrire ai partecipanti punti di vista e competenze differenti e per portare la sua conoscenza del mondo delle fondazioni svizzere».
Fondazione Lang ha spesso ospitato relatori svizzeri: come mai questa scelta? «Abbiamo avuto il piacere di ospitare al Philanthropy Day e in occasione della formazione diversi relatori attivi a favore della Comunità in Svizzera quali: ProFonds, Jacobs Foundation, Mava Foundation, Syngenta Foundation. Siamo consapevoli delle innumerevoli esperienze di valore in campo filantropico presenti in Svizzera e desideriamo poterle far conoscere da vicino al mondo della filantropia italiana». In settembre avete una nuova iniziativa al riguardo? «Giovedì 19 settembre e venerdì 20 settembre terremo a Milano il primo TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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DOSSIER FONDAZIONI / CONSERVATORIO DELLA SVIZZERA ITALIANA
SINFONIE D’INTENTI 01
28 OTTOBRE 2019: UNA GIORNATA DI STUDIO E APPROFONDIMENTO SUL MECENATISMO MUSICALE PROMOSSA DAL CONSERVATORIO DELLA SVIZZERA ITALIANA E ORGANIZZATA DAL MASTER OF ADVANCED STUDIES IN CULTURAL MANAGEMENT IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE FITZCARRALDO, CON IL PATROCINIO DI PROFONDS E SWISSFOUNDATIONS E LA DIREZIONE SCIENTIFICA DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH.
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ella storia, la musica ha sempre rappresentato un ambito privilegiato per un mecenatismo autentico, guidato da strutture emozionali e necessità allineate ai bisogni dei musicisti, dei compositori, delle orchestre. In una sinfonia molto particolare, il mecenatismo musicale è tutt’oggi una forma di filantropia delle arti che conserva una potente comunione d’intenti tra mecenate e beneficiario, ma che si muove verso modelli organizzativi innovativi e sempre più attenti alle ricadute positive degli investimenti per le comunità di riferimento. A partire da questa importante condizione, il Simposio persegue l’obiettivo di indagare quali siano le tecniche più efficaci per condurre una relazione di successo con un mecenate della musica e propone una nuova riflessione sulle maggiori sfide che un fenomeno antico come il mecenatismo musicale deve affrontare nel mutato contesto contemporaneo. Dando voce ad alcuni tra i maggiori protagonisti della scena filantropica internazionale, il Simpo-
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sio favorisce l’esplorazione del presente e si apre al confronto e al dibattito sulle opportunità per il futuro. Sostenere la produzione di nuove opere musicali o di manifestazioni musicali significa porre fiducia in una particolare possibilità di espressione che allarga l’orizzonte etico, genera libertà e conoscenza, sollecita un contagio positivo che consolida una società basata sul rispetto del prossimo. In una società civile in cui il ruolo dei privati è sempre più determinante per la qualità e la vitalità culturale, quali sono le maggiori sfide che il mecenatismo musicale deve affrontare? Attraverso quali paradigmi e quali strategie d’intervento il mecenatismo musicale contemporaneo viene a determinare nuovi scenari e sostiene una crescita culturale collettiva? Nel corso del simposio si daranno alcune prime risposte a questa e a molte altre domande nell’ottica di sollecitare un dialogo aperto e attivo tra benefattori e beneficiari affinché la musica sia e continui a essere uno degli ambiti più fiorenti del mecenatismo contemporaneo.
01 Scuola di Musica Orchestriamoci 2018 Ph: ©Francesco Portone 02 Scuola universitaria di Musica Dettaglio sezione violoncelli in orchestra Ph: ©Luca Sangiorgi
DOSSIER FONDAZIONI / CONSERVATORIO DELLA SVIZZERA ITALIANA
IL PROGRAMMA DEL SIMPOSIO Moderatori Elisa Bortoluzzi Dubach Docente universitario e consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni Moreno Bernasconi Presidente della Fondazione Federica Spitzer, Lugano Mattina: 09.00–13.30 Alla scoperta del mecenatismo musicale 09.00–09.05 Saluto istituzionale Ina Piattini Pelloni Presidente Fondazione del Conservatorio della Svizzera italiana
Hans Liviabella Primo dei secondi violini Orchestra della Svizzera italiana e Primo violino Quartetto Energie Nove (video-intervista)
Christine Cerletti-Sarasin Psicologa, mecenate e Presidente fondazioni Cantilena, Colla Parte, Bau & Kultur di Basilea Modera; Elisa Bortoluzzi Dubach
10.10–10.40 Coffee break
15.00–15.30 Coffee break
10.40–11.00 Interludio musicale
15.30–15.50 Interludio musicale
11.00–12.00 Molto vivace: ispirazione, educazione e progetto. Come sostenere i giovani talenti Alessio Allegrini Cornista e docente Conservatorio della Svizzera italiana Mario Martinoli Mecenate e Presidente Fondazione ICONS Fernanda Giulini Mecenate e collezionista Modera: Moreno Bernasconi
15.50–16.50 Andante con moto: mecenati e musicisti insieme per la società civile Robert Kowalski Violino di spalla Orchestra della Svizzera italiana Francesca Peterlongo Mecenate e Direttore Artistico della Fondazione Pro Canale di Milano Cristina Owen-Jones Mecenate e membro del Consiglio di fondazione Orchestra della Svizzera italiana Modera: Moreno Bernasconi
09.05–09.15 Introduzione Carlo Ciceri Responsabile Formazione continua Conservatorio della Svizzera italiana Alberto Gulli Responsabile Area Sviluppo Competenze Fondazione Fitzcarraldo
Pomeriggio: 13.30–18.00 Musicisti e mecenati a confronto
09.15–09.30 Il mecenatismo musicale: un viaggio nel tempo Diego Fratelli Docente di musica rinascimentale Conservatorio della Svizzera italiana
13.30–13.45 Il ruolo del mecenatismo in un’istituzione privata Christoph Brenner Direttore Generale Conservatorio della Svizzera italiana
09.30–10.10 Il mecenatismo musicale oggi: percorsi innovativi per collaborare con i mecenati Elisa Bortoluzzi Dubach Docente universitario e consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni Francesca Gentile Camerana Fondatrice e Presidente De Sono Associazione per la Musica
13.45–14.00 Interludio musicale
12.00–13.30 Lunch break
14.00–15.00 Allegro con brio: la forza trasformativa di musica e mecenatismo Anna Kravtchenko Pianista e docente Conservatorio della Svizzera italiana Hans Albert Courtial Fondatore e Presidente Generale della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra
16.50–17.50 Concertato: musicisti e mecenati fra nuove sfide, opportunità e visioni Diana Bracco Presidente e Amministratore delegato del Gruppo Bracco e Presidente di Fondazione Bracco François Geinoz Presidente proFonds - Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità Peter Spinnler Fondatore e Presidente Fondazione Animato Modera: Elisa Bortoluzzi Dubach 17.50 - 18.00 Conclusioni Informazioni simposio@conservatorio.ch Iscrizioni www.conservatorio.ch/simposio
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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE FEDERICA SPITZER
UNA START-UP CULTURALE E SOCIALE INTERVISTA A MORENO BERNASCONI, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE FEDERICA SPITZER
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erché la scelta di istituire una fondazione? «All’origine della fondazione intitolata a Federica Spitzer (www.fondazionespitzer.ch) ci sono almeno tre ragioni. La prima risponde alla volontà di dare continuità alla testimonianza umana di Federica Spitzer stessa - deportata e scampata al Lager di Theresienstadt e vissuta a Lugano per cinquant’anni, alla quale la città ha dedicato una via -. Da quando, alcuni decenni dopo la sua liberazione dal Lager, si decise a raccontare la propria esperienza in un libro (“Anni perduti”, pubblicato in tedesco e in inglese, nonché in italiano presso l’editore Dadò di Locarno) Federica Spitzer si impegnò alacremente a testimoniare ai giovani delle scuole ticinesi non solo la barbarie che aveva subito in prima persona ma la capacità di resistenza dell’essere umano ad ogni male: la capacità di trasformare anche la peggiore delle tragedie in una vittoria dello spirito umano, insopprimibilmente presente nella coscienza di ogni essere umano. Fu lei stessa a chiedermi di continuare questa testimonianza e le iniziative della fondazione onorano in qualche modo questa richiesta dandole una garanzia di continuità nel tempo. La seconda ragione è legata strettamente alle nuove barbarie che si sono scatenate a partire dal nuovo millennio e ai conflitti fra religioni, razze e culture diverse di cui purtroppo la cronaca riferisce a scadenze ravvicinate e che tocca non solo Paesi lontani ma anche l’Europa. Ai nostri fondatori
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è parso che la testimonianza di Federica potesse essere preziosa per superare e prevenire l’insorgere di nuovi conflitti violenti fra religioni, razze e culture. Un compito, questo, che ci vede impegnati in primo luogo con le giovani generazioni (la nuova barbarie si è accanita anche direttamente contro i Millenials europei, con attentati in discoteche e sulla pubblica via) e in generale in iniziative culturali e sociali che toccano un vasto pubblico. La terza ragione riguarda i materiali autentici che Federica Spitzer ha raccolto a testimonianza della sua esperienza di deportazione e di vita nel Lager. La fondazione ha riunito questi materiali rari e straordinari nel Fondo Spitzer mettendoli a disposizione dell’insegnamento e della ricerca». Qual è lo scopo statutario della fondazione? «Scopo della fondazione è far memoria dei genocidi e dei totalitarismi della storia (fino ai più recenti) e delle figure di resistenti che si sono impegnati a contrastarli al fine di prevenire conflitti violenti fra razze, religioni e culture diverse. Gli scopi prevedono inoltre un’attenzione particolare ai giovani e l’impegno a collaborare con altre istituzioni sul territorio: politiche, socio-culturali, formative ed accademiche». Quale sarà la strategia della fondazione per i prossimi anni? «La visione della Fondazione Spitzer - costituita alla fine del 2015 - indica-
DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE FEDERICA SPITZER
va l’obiettivo che essa diventasse un punto di riferimento per chi si impegna per la prevenzione e il superamento dei conflitti fra religioni, razze e culture nella Svizzera italiana e in Svizzera. In questi primi anni abbiamo promosso iniziative che ne realizzassero gli scopi sul territorio cercando nel contempo di cooperare con altri enti, istituzioni pubbliche, associazioni e fondazioni che si muovono in una direzione simile o contigua o per le quali il nostro impegno merita di essere condiviso e/o sostenuto. Questo sforzo “federativo” super partes ci pare importante in una realtà come la Svizzera italiana che ha bisogno di momenti di crescita civile comune, al di là o al di sopra degli steccati politici o ideologici. Grazie al coinvolgimento e alla collaborazione con altri enti, istituzioni e iniziative della società civile è possibile creare un effetto moltiplicatore che già si percepisce per alcune delle iniziative da noi promosse». A quali progetti avete dato avvio negli ultimi anni? «Il Premio annuale Federica Spitzer per le scuole - dotato di 10.000 franchi - è il primo strumento promosso al fine di coinvolgere allievi e insegnanti degli istituti scolastici e formativi ticinesi (pubblici e privati, dal medio al medio superiore, compresa la formazione professionale) sui temi che vedono impegnata la fondazione. Il premio si rivolge agli istituti scolastici pubblici e privati del settore medio e medio superiore e in tre anni ha coinvolto circa 2500 alunni e più di 200 insegnanti. Gli istituti interessati a partecipare presentano entro fine novembre progetti educativi in fase di attuazione che trattano il tema secondo modalità liberamente scelte: espressione visiva, scrittura, fotografia, nuove tecnologie, approfondimenti e ricerche, riflessioni sui rapporti fra le comunità culturali e religiose o attività di scambio interculturale e interreligioso fra gruppi di alunni nelle scuole (www.fondazione-
spitzer.ch/premio). La giuria del Premio Spitzer esamina i progetti in fase di attuazione e vigila alla loro realizzazione compiuta. I vincitori del Premio Spitzer vengono resi noti di regola alla fine del mese di gennaio. Nel 2018 la Fondazione ha dato avvio, in collaborazione con la Città di Lugano, ad un vasto progetto intitolato “Lugano città aperta” che - con serate di studio presso la Biblioteca cantonale di Lugano e la Biblioteca Salita dei Frati, un convegno all’Istituto di studi italiani dell’Università e lo spettacolo al LAC “Serata colorata” - intendeva valorizzare figure di Giusti della società civile illustratesi, durante gli Anni bui della seconda guerra mondiale e quelli delle dittature latino-americane, per aver anteposto nei confronti di profughi perseguitati le ragioni della loro coscienza a quelle dell’interesse personale o della Ragion di Stato. Questo progetto è sfociato nella creazione al Parco Ciani di Lugano di un Giardino dei Giusti - nello spirito e in collaborazione con GARIWO - che rende omaggio alle figure di Anna Maria e Carlo Sommaruga, Guido Rivoir e Francesco Alberti. Alla cerimonia di inaugurazione, il 26 aprile dello scorso anno, ha presenziato il Consigliere federale Ignazio Cassis. Nel 2019, in concomitanza con la Giornata della memoria, la Fondazione ha presentato con l’Archivio storico di Lugano (ASL) e l’Istituto studi italiani dell’USI gli Atti di Lugano città aperta, pubblicati nella collana Pagine storiche dell’ASL. Per l’occasione, ha invitato il direttore del museo di Auschwiz-Birkenau Piotr Cywinski con il quale è stata condivisa una comunanza di visione e di intenti sulle modalità più adeguate di affronto del tema della memoria dei genocidi e dei totalitarismi oggi. Quest’anno, la fondazione ha dato avvio - in collaborazione con la SUPSI, la RSI e l’Archivio storico della città di Lugano - alla realizzazione di una piattaforma didattica digitale sulla Vita dei Giusti di Lugano e di
Federica Spitzer, piattaforma che verrà presentata quest’autunno. Oltre a quelle indicate in risposta alle domande precedenti (USI, SUPSI, Archivio storico di Lugano e Città di Lugano, RSI, Biblioteca cantonale e Biblioteca salita dei Frati), collaboriamo attivamente con il Cantone, segnatamente l’Ufficio del delegato per l’integrazione degli stranieri. Essendo i nostri fondatori personalità non solo ticinesi ma figure di spicco a livello federale, fin dall’inizio coltiviamo contatti con altri Cantoni e con gli uffici competenti della lotta al razzismo su scala federale. Una collaborazione sul piano federale che intendiamo incrementare nei prossimi anni». Che cosa deve fare una fondazione erogativa per essere innovativa e quali errori andrebbero evitati? «Siamo una fondazione giovanissima e sarebbe presuntuoso dire cosa altri debbano fare o non fare. Ciò che posso dire è ciò che la Fondazione Spitzer desidererebbe essere e come sta operando. Ci concepiamo come una start-up culturale e sociale innovativa che opera stabilendo un partenariato fecondo fra pubblico e privato. Consapevoli che la società civile può essere un laboratorio di idee e di soluzioni innovative che contribuiscono al bene comune».
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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE FIDINAM
AIUTARE I GIOVANI NELL’ACCESSO AL LAVORO LA FONDAZIONE FIDINAM, IN PARTENARIATO CON LA FONDAZIONE PRO JUVENTUTE, LA FONDAZIONE IPT E L’IMPRESA SOCIALE SOSTARE, DEVOLVE 1,5 MILIONI DI FRANCHI PER I PROSSIMI CINQUE ANNI IN FAVORE DI PROGETTI CONSOLIDATI PER L’INTEGRAZIONE DI GIOVANI CON DIFFICOLTÀ VARIE NEL MONDO DEL LAVORO.
L
a Fondazione Fidinam – fondazione erogatrice filantropica che opera in Ticino e in Svizzera da dieci anni – ha presentato il progetto strategico “Accompagniamoli nel mondo del lavoro”, un’attività pluriennale in partenariato con la Fondazione Pro Juventute, la Fondazione IPT e l’Impresa sociale Sostare. Con una donazione complessiva di 1,5 milioni di franchi per i prossimi cinque anni, la Fondazione Fidinam diviene partner e finanziatore centrale di tre progetti consolidati. I partner operano nell’ambito dell’integrazione nel mondo del lavoro di giovani che hanno avuto e hanno problemi di carattere sociale e formativo. Nello specifico: 1. La Fondazione Pro Juventute per il progetto “Recupero licenza IV media”: nell’ambito del progetto vengono accompagnati e preparati circa 50 giovani all’anno che hanno deciso di recuperare la licenza di fine della scuola dell’obbligo, premessa centrale per entrare nel mondo del lavoro. Pro Juventute offre da tempo questa opportunità. I risultati sono significativi per la quasi
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totalità dei giovani che riescono a recuperare il diploma di fine dell’obbligatorietà scolastica e di conseguenza ad accedere a una formazione professionale. 2. La Fondazione IPT per il progetto “Inserimento giovani”: nell’ambito del progetto vengono accompagnati con un coaching individuale e con sostegni formativi mirati circa 25 giovani all’anno in difficoltà durante l’apprendistato o nella ricerca di un datore di lavoro al termine della formazione professionale. IPT permette a numerosi giovani che hanno avuto difficoltà di varia natura di trovare la “strada giusta” nel delicato momento di transizione tra la chiusura della formazione professionale e l’entrata definitiva nel mondo del lavoro 3. L’Azienda sociale Sostare per il progetto “Formare per integrare”:
nell’ambito del progetto vengono accompagnati e preparati 20 giovani con passato migratorio recente per l’ottenimento di una formazione professionale. Sostare offre a giovani giunti di recente in Svizzera, da culture differenti e con condizioni quadro difficili, un ambiente e un accompagnamento utili al compimento di una formazione professionale. I risultati di questi progetti consolidati permettono di ridurre i costi dello stato sociale e danno un futuro indipendente a giovani cittadini che vivono il territorio cantonale. La Fondazione Fidinam si rallegra di questi partenariati significativi e sostiene con convinzione un settore nel quale l’operato di numerose realtà private permette di accompagnare nel mondo del lavoro giovani in difficoltà.
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Saturday September 28th 2019
Palazzo dei Congressi, Lugano
PREPARE TO BE INSPIRED For the fifth time in a row, TEDxLugano is honored to be the only TEDx event in the entirety of Ticino! Our ten speakers, both local and international, will each focus on a different field: from technology to science, entertainment and design without forgetting business and global issues, sharing their innovative idea in a speech of up to 18 minutes (in English). From bespoke approaches to medicine, to the impact of technology on our everyday life, be it in education, lifestyle, nutrition or ways of working, from how office space can be personalized, or how failure and plans B can lead to success, to the best ways to lead or tell a story; this is just a taste of what our audience can expect. The organization, as outlined by TED rules, is entirely non-profit and all our team members are volunteers, as are the speakers and performers.
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DOSSIER FONDAZIONI / MONDO GIOVANILE
COSA FARÒ DA GRANDE UNA RIFLESSIONE DI ILARIO LODI, RESPONSABILE PRO JUVENTUTE SVIZZERA ITALIANA SUL PROBLEMA DELL’ÌNGRESSO DELLE NUOVE GENERAZIONI ALLA GUIDA DELLE IMPRESE.
“E si svegliò dal sonno; gli echeggiava intorno la voce divina” Omero, Iliade, libro II
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no degli argomenti che occupa le riflessioni degli ambienti economici nella Svizzera italiana è riassunto, lo sappiamo, nel tema della successione nelle piccole imprese. Sono, infatti, centinaia le aziende in Ticino con personale in numero contenuto e con un titolare che - diciamola così - non può contare su una discendenza professionale; aziende che a tutt’oggi non sanno ancora come risolvere questo problema. Verrebbe da dire che i buoi sono ampiamente fuori dalla stalla, poiché se non si desidera percorrere la via delle fusioni o della vendita, il passaggio in nuove mani di un’attività richiede una pianificazione e tempi certamente più estesi di quelli necessari ad uno studio di avvocatura e notariato per approntare le relative pratiche. Quando si pensa alle politiche dell’infanzia e della gioventù, si guarda facilmente ai temi della formazione e del lavoro. Questi due concetti sono stati fino a ieri interpretati all’interno di un rapporto lineare, l’uno come logica conseguenza dell’altro in una successione che ha garantito per uno specifico lavoro la realizzazione di una formazione ad esso strettamente legata. In questo senso il giovane entrato in un’azienda si formava alle tecniche inerenti quello specifico mestiere: apprendimento, sviluppo di capacità e, una volta conclusa la fase formativa: proseguimento e crescita, in una prospettiva di costante maturazione e di acquisizione di esperienza. Che cosa è cambiato? Lavorare con i
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giovani comporta solitamente l’assumersi da parte dell’adulto di determinate responsabilità, definite anche rischio educativo. Queste, allora a differenza di oggi, riguardavano principalmente gli aspetti inerenti alla professione, al mestiere e alle relative tecniche, saggiamente spiegate e praticate per poter sviluppare un insieme di procedure adatte ad eseguire correttamente una serie di compiti. Questo rischio oggi si sta appunto trasformando e le relative responsabilità stanno vieppiù assumendo delle forme che hanno sempre più a che vedere con quello che una persona è piuttosto che con quanto una persona sa fare in modo specifico. Sappiamo infatti che la digitalizzazione delle relazioni che intratteniamo con ciò che ci sta attorno (persone o cose) si riverbera senz’alcuna difficoltà anche al dominio delle attività professionali e formative che ci vedono comunque protagonisti (consapevolmente o meno). Ciò genera degli effetti importanti nel modo di trasmettere la conoscenza al punto tale che oggi sono i presupposti a questo processo e non più gli aspetti tecnici della conoscenza ad essere al centro degli interessi di chi si occupa di educazione. Detto questo, torniamo allora alla questione del rischio educativo e poniamoci la sequente domanda: ammesso che gli odierni processi di digitalizzazione stiano andando a sotituire l’individio nell’esercizio di un insieme sempre più vasto di lavori, su cosa deve poter contare un adulto che si occupa di un giovane in formazione?
16.30 – 12 ottobre Squisiti bottini
Emozioni e dolci profumi Settembre 2019 01.09.2019 Festa della farina bóna Festa popolare Valle Onsernone 04.09 – 15.10.2019 74° edizione Settimane Musicali di Ascona Ascona - Locarno 05 – 08.09.2019 PerBacco! Festa della vendemmia Bellinzona 07 – 08.09.2019 Triathlon Locarno Locarno 10.09 – 20.10.2019 Rassegna autunno gastronomico Lago Maggiore e Valli
22.09.2019 La Meseda Porte aperte negli agriturismi Tutto il Ticino 27 – 29.09.2019 Sagra del Borgo Festa della vendemmia Mendrisio 29.09.2019 Ladies Run Ticino Lugano
Ottobre 2019 01.10 – 03.11.2019 Rassegna gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio Mendrisiotto 04 – 06.10.2019 Festa d’autunno Lugano
16 – 21.09.2019 Ascona Yesterday Festival musica anni ‘60-’70 Ascona
06.10.2019 Giornata dei Castelli Svizzeri Bellinzona
21 – 22.09.2019 Lugano Bike Emotions Gara di ciclismo Carona
11 – 13.10.2019 Rassegna d’autunno e mercato dei formaggi Bellinzona
21.09.2019 Rassegna dei formaggi leventinesi e giornata agricola Ambrì
05.10 e 12.10.2019 Festa delle Castagne & Sagra dell’autunno Ascona
13.10.2019 Sagra della Castagna Morbio Inferiore
19.10.2019 Mercato delle zucche Malvaglia 25 – 27.10.2019 Sapori e saperi Rassegna agroalimentare Giubiasco 25 – 31.10.2019 Autunno Jazz Rassegna musica jazz Vallemaggia
Novembre 2019 01 – 30.11.2019 Rassegna gastronomica delle zucche Valle di Blenio 01 – 17.11.2019 Rassegna gastronomica sulla carne di capra Vallemaggia - Golino - Gerra Verzasca 01 – 03.11.2019 I Viaggiatori Fiera internazionale delle vacanze Lugano
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08 – 10.11.2019 Fiera di San Martino Fiera artigianale con musica, animazione e tipicità Mendrisio 15.11 – 10.12.2019 Rassegna del piatto nostrano della Valle di Muggio Valle di Muggio 16 – 23.11.2019 Castellinaria Festival internazionale del film giovane Bellinzona 25.08 – 10.11.2019 Sublime Luce e paesaggio intorno a Giovanni Segantini Mostra Masi LAC Lugano 21.11.2019 – 05.01.2020 Locarno on Ice Pista di ghiaccio e animazione in Piazza Grande Locarno 30.11.2019 Open Gallery X-Mas edition Lugano 30.11.2019 – 06.01.2020 Natale in Piazza Mercatino di Natale e animazioni Lugano
DOSSIER FONDAZIONI / MONDO GIOVANILE
Detto altrimenti ed ampliando gradualmente il ragionamento: quali sono gli aspetti ai quali un’azienda dovrebbe guardare per contribuire - al di là delle abilità necessarie per esercitare un mestiere, abilità che si stanno però vieppiù e inesorabilmente digitalizzando – alla crescita di un giovane? Per venire al problema iniziale, su cosa bisogna insistere affinché le piccole aziende, a tutt’oggi senza chiara prospettiva, possano garantire la trasmissione di quell’inestimabile capitale di conoscenze (professionali e umane) che le contraddistingue e che rischia molto seriamente di scomparire – per bene che vada - nelle pieghe dei processi, dei sistemi e delle matrici? Come possiamo garantire, oggi, la trasmissione dei saperi? La questione non è di poco conto se si pensa che il momento in cui un apprendista meccanico non sarà più tenuto a sapere cos’è un cacciavite e ad una praticante infermiera non verrà più richiesto di saper effettuare un prelievo non è poi così lontano… Per affrontare una questione così grossa – che non può essere liquidata semplicemente, ricorrendo unicamente a pratiche più o meno estese di formazione continua - è necessario innanzitutto riconsiderare il rischio educativo e analizzarlo secondo nuove prospettive. Provo qui ad indicarne due. La prima è quella che si può tracciare nel momento in cui si considera il fatto che i tempi dell’educazione non collimano con i tempi dell’economia. Se da una parte ci si sente dire ad intervalli regolari che “chi si ferma è perduto”, dall’altra l’esperienza educativa abbisogna dei suoi tempi. Essa necessita, infatti, di ogni forma di esercizio, prova, errore econfronto continuo; essa riserva uno spazio particolare alle emozioni (quelle positive così come quelle negative) quale mezzo necessario per lo sviluppo di profili di personalità solidi ed equilibrati; l’educazione invita l’individuo a fermarsi, a riconoscere i propri ritmi, a prendersi il
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tempo necessario per non soccombere al sovraccarico di stimoli e sollecitazioni che il più delle volte richiedono una risposta immediata… Insomma: l’educazione ha tempi inesorabilmente lunghi…Tutto ciò ci consente di dire che la trasmissione dei saperi può avvenire solo se i tempi per la sua realizzazione sono adatti alle esigenze di crescita di un giovane piuttosto che alle esigenze della società. Prendersi il tempo per stare con un giovane in formazione vuol quindi dire prima di tutto pensarsi come adulto che sta formando un giovane, all’interno di una relazione con tempi diversi da quelli necessari per compiere il proprio consueto lavoro (a volte definito perfino performance); significa assicurarsi che ciò che si vuole trasmettere sia inserito in un tempo sufficiente per essere compreso, per cristallizzare e andare a comporre nuovi strati di una coscienza - quella del giovane - che pian piano si sta facendo e sta evolvendo verso una forma definita e matura. Accanto alla questione dei tempi per quanto attiene all’educazione e alla formazione abbiamo una seconda via di approfondimento che può generare risultati davvero importanti e significativi. La si scopre se si avverte che i giovani – ma in verità lo sappiamo già molto bene… - non agiscono in un contesto sociale di natura fordista e taylorista e non sono nemmeno più immersi in una organizzazione sociale che ad essi fa riferimento. La flessibilizzazione, la mobilizzazione, la globalizzazione hanno generato degli effetti potenzialmente disgreganti per il giovane e per il tessuto sociale in cui lo stesso si muove. Contesti mobili abbisognano, se vogliamo trarne il massimo beneficio, di identità versatili. Ma la capacità di costituirsi, e di gestire un simile profilo non è qualcosa che casca dal cielo…: è qualcosa che va appreso, quindi che va insegnato. Ecco allora dove sta il ruolo dell’adulto: nel porsi come colui che consente al giovane, magari attraverso un virtuo-
so insieme di buone pratiche, di scoprire il senso di ciò che si sta facendo. Un senso che non è determinato una volta per tutte (e che altro sono la flessibilità e la mobilità se non i paradigmi del cambiamento continuo?) ma che necessita ripetuti processi di svolgimenti e di ricapitolazioni, di adeguamenti, di scoperte, di variazioni sul tema degli elementi che costituiscono un’identità sempre viva, mutevole, intelligente, appunto: versatile. Tutto ciò (e molto altro ancora), trova sviluppo in un processo di trasmissione dei saperi (e, quindi, anche negli estremi di un problema legato alla successione aziendale) che sta assumendo un’importanza davvero ragguardevole.
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AZIENDE / MERCATO DEL LAVORO
SOFT SKILLS E DIGITALIZZAZIONE
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e soft skills sono quelle capacità cognitive, emotive e relazionali che permettono ai soggetti di poter affrontare adeguatamente i cambiamenti sempre più repentini apportati dall’innovazione tecnologica, in tutti i settori della nostra vita. Sono caratteristiche strettamente connesse con la natura dell’individuo, non sono acquisibili con l’esperienza. Per questo sono completamente differenti e allo stesso tempo complementari con quelle che vengono definite le hard skills, ossia le capacità tecniche che ineriscono alle abilità professionali. Le soft skills, in un periodo di trasformazione digitale, sono considerate una risorsa preziosa e i soggetti che ne sono provvisti vengono assorbiti rapidamente dal mercato del lavoro. La trasformazione digitale delle imprese ha segnato infatti uno spartiacque in tutti i settori, sia quelli del tempo libero sia in quelli aziendali. Con trasformazione digitale si intende infatti l’adeguamento delle realtà lavorative all’informatizzazione, per esempio con l’obiettivo di eliminare definitiva-
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mente i documenti cartacei oppure sistemi di comunicazione obsoleti. Si tratta di un passaggio epocale che può avvenire soltanto in ragione di un cambiamento culturale oltre che tecnologico. Possedere delle soft skills è diventato determinante non soltanto per entrare nel mondo del lavoro. Senza tali attitudini alcune attività sono del tutto precluse. Il digital divide è sempre di più il tavolo su cui si gioca l’ingresso nel settore lavorativo. Un curriculum privo degli elementi che lasciano intuire la presenza di un candidato dotato di soft skills difficilmente riuscirà ad attirare l’attenzione dell’azienda. La presenza delle soft skills in un mondo ormai sempre più digitalizzato è richiesta a tutti i livelli, diventando obbligatoria anche per le figure dirigenziali. Chi abbia un ruolo all’interno dei consigli di amministrazione, per esempio, deve possedere delle attitudini come quelle di leadership, saper gestire le risorse nel modo migliore possibile, per esempio utilizzando adeguatamente le skills di ciascuno.
AZIENDE / MERCATO DEL LAVORO
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
CARLO TERRENI (C.T.) Presidente di NetComm Suisse
MORENA GAMBA FERRARI (M.G.F.) Partner Senior di LWP Ledermann Wieting & Parners SA
GUGLIELMO ARRIGONI (G.A.) Direttore DigitalStrategies Academy
FABRIZIO MASELLA (F.M.) Vicedirettore Responsabile Ufficio Risorse Umane BPS (SUISSE)
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n generale, quali sono le soft skills che ogni risorsa deve avere nell’era della digitalizzazione?
C.T.: «La soft skill più importante è la curiosità quale motore per esplorare le nuove frontiere del business; informarsi, leggere articoli, essere parte di una community ed essere costantemente attivi nella ricerca di novità e trend. L’elasticità mentale, ovvero la predisposizione ad un upgrade costante è un fattore imprescindibile in un settore in continua evoluzione per restare al passo con le nuove tecnologie che continuano ad innovarsi. Un ulteriore soft skill da non sottovalutare è la capacità di selezionare ed elaborare l’enorme molte di informazioni e riconoscere quelle che hanno valore e sono veramente utili per svi-
luppare il proprio business. Infine, l’abilità di accettare cose nuove e vedere il cambiamento come un’opportunità è sicuramente una soft skill che aiuta ad affrontare le sfide quotidiane con proattività e ad andare incontro al cambiamento senza lasciarsi sorprendere». M.G.F.: «Digitale o meno, avere delle competenze sociali è importante in ogni relazione: che sia tra due individui o in gruppo (compagno/a, collega, collaboratori, figli, amici…). Purtroppo, il mondo del lavoro, e non solo, si riempie di belle parole quali leadership, carisma, empatia, ecc. e preme affinché tutti abbiano tali competenze. Le aziende si prodigano a fare corsi su corsi in questa direzione. Vi è una grande proliferazione di consulenti, coach, life co-
GUIDO DE CARLI (G.D.C.) HeadHunter & Business Coach di ARU
ach, qualsiasi altro suffisso più coach che propongono ogni sorta di corsi e approcci per raggiungere tali competenze. Ma queste competenze si imparano prima di tutto nel corso della vita, iniziando dall’educazione in famiglia e nella scuola. Siccome scuola e famiglia in parte sembrano aver abdicato al loro ruolo centrale di educatori e formatori, ecco che ci ritroviamo a doverle imparare o insegnare in età adulta e l’impresa diventa assai più ardua. Inoltre, la pressione sui risultati è aumentata a tal punto che, oggi, potrai avere tutta l’empatica del mondo ma se non hai prodotto ciò che ha previsto il freddo “budget” sei comunque fuori. Questa è purtroppo la dura realtà e non solo nel mondo del lavoro, ma anche nella società. La parola chiave a tendere è “essere vincenti”, altrimenti sei escluso. Ne sanno qualcosa anche le giovani generazioni negli atenei e TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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AZIENDE / MERCATO DEL LAVORO
coloro che si affacciano al mondo del lavoro, che si ritrovano sempre più spesso dallo psicologo».
rete di conoscenze, all’abilità di accedere alle informazioni, analizzarle, comprenderle, elaborarle».
G.D.C.: «Sono diverse, dipendono dai singoli ruoli e dai contesti nei quali il collaboratore deve operare ma in generale le 3 più importanti sono: a) la risoluzione di problemi in situazioni complesse; b) il pensiero critico e analitico; c) la creatività a scopo innovativo. Come credo si possa intravedere le suddette competenze sono abilità che al momento, e sono convinto per diverso tempo, le macchine ed i robot anche se dotati di intelligenza artificiale non riusciranno a svolgere. Credo fermamente che, se le aziende ed i singoli collaboratori investissero in modo deciso nel loro sviluppo, avrebbero un ritorno sull’investimento enorme».
In aggiunta a queste, quali sono le specifiche competenze richieste del settore in cui voi operate?
F.M.: «Siamo alla quarta, la rivoluzione digitale, quella legata di fatto alla gestione dei dati, delle informazioni. Mai come in quest’ultima si assiste a quella revolutio, a quel rivolgimento, derivato dal verbo revolvere, rovesciare che, nel suo significato più ampio, indica qualsiasi cambiamento radicale, nelle strutture sociali, nel mondo del lavoro. Giocoforza quindi dialogare con le nuove tecnologie. Una delle capacità più importanti è quella di far fronte e risolvere con velocità e efficacia i problemi. Altre caratteristiche fondamentali, quella di non lasciarsi sopraffare dallo stress, il controllo delle emozioni e naturalmente, la flessibilità, intesa come la capacità di adattarsi a qualsiasi situazione, qualsiasi contesto lavorativo. Nell’era della digitalizzazione non si può non essere capaci di relazionarsi con l’altro, di lavorare in gruppo, di stabilire un dialogo continuo. La parola d’ordine è empatia, grazie alla quale si possono instaurare relazioni duratore e costruttive che portano all’edificazione di una
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C.T.: «Avendo a che fare con diversi stakeholders, sia attori istituzionali che privati, è necessario porsi con un certo tatto e con sensibilità. Sviluppando delle capacità di comunicazione che agevolino l’interconnessione; ovvero la creazione di una community per facilitare la collaborazione tra le aziende associate a Netcomm Suisse con il fine di trovare insieme delle efficaci misure per affrontare le sfide quotidiane in ambito digital».
e manager. In questo specifico segmento le 3 principali competenze sono: a) la gestione attiva delle persone; b) la capacità di far evolvere i collaboratori; c) l’assunzione di responsabilità nella presa di decisione. La sempre maggiore complessità e volatilità del contesto nel quale le aziende sono chiamate ad operare non può prescindere dal fatto di avere dei “super collaboratori” con un alto grado di motivazione e forte produttività. La rapidità dei cambiamenti non lascerà spazio all’obsolescenza delle competenze. Il manager in questo contesto è chiamato alla regia e deve assumersi la responsabilità dei risultati dei suoi collaboratori prendendo decisioni rapide».
M.G.F.: «Il lavoro non è mai uguale né per tipologia, né per ruolo, né per settore. Pertanto, anche le competenze richieste non sono uguali. Il cambiamento in atto, come ogni cambiamento o rivoluzione (perché oggi viviamo una rivoluzione) è la fase più difficile e richiede capacità di adattamento, capacità di cogliere le opportunità così come quello di essere curiosi e aver “sete di sapere”. Chi non riesce a fare questo rischia di più del passato di non farcela. Brutto a dirsi ma è così. Una persona potrebbe essere preparatissima, avere un curriculum di studi fantastico, ma se con il passare degli anni non si è adattata ai cambiamenti potrebbe non essere più idonea per la posizione occupata, rispettivamente alle “esigenze del mercato”. C’è stato un tempo dove gli specialisti erano più richiesti. Oggi forse essere dei bravi generalisti potrebbe essere un vantaggio, perché mentalmente più flessibili».
G.A: «Nell’ambito del Marketing Digitale trovo sia indispensabile la capacità di ascolto e analisi. Il fatto di mettersi in discussione sempre ed imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. Il nostro settore corre veloce e se non riesci a stare al passo rischi di rimanere schiacciato dalla concorrenza. Poi l’abilità di lavorare in multi-tasking. Ora stai aggiornando il sito web, poi stai creando una campagna pubblicitaria su Facebook, poi guardi com’è andata la newsletter, dai un’occhiata a come stanno andando le campagne in Google Ads. Valuti gli indicatori di performance chiave (KPI) all’interno del cruscotto del tuo sistema di Web Analytics per capire come incentivare o porre dei correttivi alle strategie in atto. Ed infine l’etica e onestà professionale ad ogni costo. Purtroppo in questo settore regna l’ignoranza e spesso questo rende vittime i clienti. È importante conoscere prima di investire. Capire le regole della strada prima di guidare l’auto».
G.D.C.: «In qualità di HeadHunters operiamo prevalentemente nella ricerca di profili di executive
F. M: «Cambiano i paradigmi, cambiano i dogmi, cambiano le abitudini, cambiano i comportamen-
ti e gli atteggiamenti. La digitalizzazione, pur facilitando e robotizzando le attività di routine, ti obbliga ad essere in continua evoluzione e aumenta di fatto la complessità. Il nostro settore richiede quindi molta dinamicità, aggiornamento continuo, la capacità di essere resilienti, il fatto di essere consapevoli, socialmente responsabili, così come di agire in maniera etica e deontologica, ma soprattutto di avere il coraggio di “battere” nuove strade. Serve una forte dose di creatività, di immaginazione e la perizia di andare e vedere oltre per mantenersi all’avanguardia. Con quali strategie formative preparate e poi mantenete i vostri collaboratori partecipi alle trasformazioni in atto? C.T.: «Netcomm Suisse è l’associazione di categoria per quanto concerne il modo digital e dunque ci avvaliamo di un team di esperti. In ogni caso, ogni settimana/mese organizziamo e ospitiamo come attività principale seminari, workshop ed eventi dove tutti i nostri collaboratori presenziano ed imparano tutto il tempo, ascoltando esperti del settore che condividono le loro esperienze». M.G.F.: «Noi siamo una piccola, ma importante, realtà a livello locale e svizzero, una “boutique” fatta di consulenti e trattiamo “risorse umane”. I mezzi tecnologici, seppur essenziali nel nostro lavoro, sono solo strumenti. Nel nostro caso è più importante essere informati sui cambiamenti che il mercato del lavoro richiede: formazioni, mestieri e strumenti. Quindi ognuno, collaboratore o meno, deve sempre rimanere con la mente aperta e vigile, e non solo per il mondo del lavoro, altrimenti diventerebbe difficile seguire il mercato e fornire il servizio richiesto dal cliente: trovare personale adeguato».
G.D.C.: «Abbiamo la fortuna di avere un osservatorio privilegiato in quanto giornalmente ci confrontiamo con aziende di vari settori operanti sia in Canton Ticino, sia in Svizzera che su scala Internazionale. Purtroppo dobbiamo constatare che le società investono molto poco nello sviluppo delle soft skills in generale, per non dire nulla su quelle sopra evidenziate. Lo sforzo principale consiste nel colmare le abilità di mestiere (hard skills) per permettere l’aggiornamento e l’efficientamento dei processi. L’aggiornamento delle competenze trasversali viene per contro lasciato alla buona volontà ed alla motivazione del collaboratore che, preso dall’operatività e dalla pressione sui risultati, spesso le trascura». G.A.: «Essendo noi direttamente una scuola di formazione nell’ambito del Web Marketing vi è la formazione sia in aula, sia online che in-house direttamente. Una sorta di learning-by-doing. Crediamo moltissimo nella pratica, ormai la maggior parte delle persone impara le cose facendole. Sbatte la testa, comprende l’errore e poi tira dritto. Purtroppo viviamo in una cultura dove l’errore è sinonimo di orrore anziché vederlo come un’opportunità di imparare e crescere. Di evolversi. Ma le cose devono cambiare anche alle nostre altitudini». F.M.: «Il lavoro presente e futuro: contaminazione, dinamicità e tanta flessibilità. Grazie alla digitalizzazione che influenza e plasma sempre di più le nostre vite, passiamo dal mondo delle risorse a quello delle relazioni, a garanzia dello sviluppo duraturo e sostenibile della Banca. La trasformazione digitale promuove metodi e forme di lavoro innovativi e interdisciplinari. In quest’ottica alleniamo le persone a liberare la mente e pensare,
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AZIENDE / MERCATO DEL LAVORO
soprattutto fuori dagli schemi. Solo così in un team formato da talenti di diversa natura, le buone idee vengono a galla. Tutto è possibile. Massima apertura, senza pregiudizii. Analizzare, testare, osservare, toccare con mano, affinare e, se necessario, fare un passo indietro per riprendere lo slancio con ancora più vigore, grazie a tanta, dura preparazione e, soprattutto, molta passione. Insegniamo a lasciarsi ispirare dal mondo circostante, ad andare oltre lo sguardo, oltre l’ascolto, ad ammalarsi di curiosità a contagiarsi di sapere per creare valore per il Cliente e per BPS(SUISSE) stessa». Quali difficoltà incontrate a reperire sul mercato del lavoro ticinese le competenze necessarie alle vostre specifiche esigenze? C.T.: «La digitalizzazione ha creato un gap tra la richiesta (in crescita) e l’offerta concreta. Per rispondere a questa esigenza e alle richieste del mercato di profili freschi ma al contempo altamente specializzati, l’associazione Netcomm Suisse in collaborazione con SMS School, Google, Guess, VF International e Giglio Group ha dato vita al progetto Digital Bootcamp. Un percorso formativo per neolaureati che ha come fine l’implementazione di skills digitali pratiche e funge da ponte tra il percorso accademico e quello lavorativo, affrontando con positività il cambiamento in atto». M.G.F.: «Non siamo ancora nell’era della totale trasformazione digitale e quindi proiettati in nuovi lavori. Siamo ancora in una fase di transizione e bisogna prepararsi. Per il momento le difficoltà di oggi non sono molte diverse da quelle di ieri. Per contro, tornado alla trasformazione digitale, potrei addirittura dire che la generazione degli over 50 è forse la generazione più preparata al cambia-
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mento. E’ una generazione che ha potuto imparare e metabolizzare per prima l’introduzione degli strumenti digitali e quindi, forse più di un giovane, capace di utilizzarli con la testa e non da semplice utente. Il problema del divario di competenza si porrà nei prossimi anni. Infatti, il tempo a disposizione per metabolizzare il cambiamento è sempre più ridotto. In passato i cambiamenti avvenivano tra una generazione e l’altra, oggi questo tempo si è ridotto moltissimo, non più in anni ma addirittura in pochi mesi. I primi a doverlo capire sono la politica e la scuola affinché nessuno resti indietro in questa fase. La formazione continua può servire ma non è sufficiente. Ognuno, e qui torniamo al quesito iniziale, deve imparare ad essere flessibile ed adattabile, ma soprattutto imparare ad avere senso critico. Oggi abbiamo sempre più informazioni ma non abbiamo il tempo di elaborarle, di fermarci, capire i collegamenti e a tenere le informazioni che ci servono per evitare gli errori. Questo vale nella conoscenza, nella cultura e ancor di più nel mondo del lavoro». G.D.C.: «Il Ticino è una realtà che dal punto di vista del costo della manodopera risulta essere poco competitiva rispetto le nazioni limitrofe. Giocoforza deve produrre innovazione e prodotti di altissima qualità; questo fatto pone l’asticella delle competenze molto in alto, inoltre le richieste dei nostri clienti sono specifiche e molto puntuali. Fatta questa premessa ci troviamo sovente a dover “cacciare” i profili con alta specializzazione nella vicina Insubria, che per dimensione e specificità tecniche è un ottimo bacino. Devo sottolineare che questa necessità non è assolutamente dettata da speculazioni di tipo salariale, anzi i nostri clienti sarebbero ben felici di trovare personale residente ed assumerlo. Specifico pure che anche in Italia, per profili di alto potenziale e
valore, vengono offerti ottimi stipendi tant’è che non sempre riusciamo ad essere attrattivi». G.A.: «Le difficoltà sono enormi. Come scuola specializzata esclusivamente nell’ambito digitale, ci arrivano diverse richieste dalle aziende del territorio. La stragrande maggioranza degli specialisti in questo settore arrivano da oltre confine. Ed è proprio per questo che grazie al corso in Web Project Manager in preparazione all’Esame Federale Professionale riusciamo finalmente oggi a offrire una certificazione in lingua italiana e con l’esame direttamente qui a Lugano». F.M.: «La digitalizzazione ha prodotto delle crepe nelle nostre convinzioni, nelle nostre conoscenze, facendoci piombare nel mare delle incertezze. Abbiamo timore del cambiamento che avanza a velocità supersonica. Oltre a ciò il settore bancario soffre. L’immagine e la reputazione non sono quelle di dieci anni orsono. Oggi dobbiamo fronteggiare l’emergenza talento, cercando di attirare, ma soprattutto trattenere le migliori competenze presenti sul mercato del lavoro. Ora più che mai, è difficile reperire i profili necessari per affrontare le sfide attuali e future. Alle nostre latitudini i cambiamenti non piacciono e non ci si è resi conto che il mondo del lavoro e, le figure necessarie per svolgerlo, sono cambiate. Pensiamo alla generazione dei millennials o a quella dei Centennials (generazione Z). La normalità è essere connessi H24, 365 giorni all’anno. Dobbiamo imparare la loro lingua».
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ITO
DA
AZIENDE / MANNO 2.0
DA PROGETTO A REALTÀ: APRE IL CANTIERE
U
n progetto ambizioso con molte sfaccettature. Come tutte le iniziative di questa portata, infatti, l’intervento sarà imperniato su numerose attività che toccheranno molteplici aspetti: un articolato puzzle dove ogni tessera ha una funzione importante. Per dare un’occhiata al futuro e scoprire qualche particolare in più su ciò che ci aspetta, abbiamo intervistato Igor Ciminelli, membro del board amministrativo e responsabile della comunicazione del Swiss Institute for Disruptive Innovation (SIDI).
S MANNO 2.0, IL PROGETTO NATO PER RIQUALIFICARE E RILANCIARE IL COMUNE GRAZIE ALLE INNOVAZIONI DIROMPENTI (DEL QUALE SI È PARLATO NELLO SCORSO NUMERO), DIVENTA CANTIERE. L’OBIETTIVO È QUELLO DI TRASFORMARE PROGRESSIVAMENTE MANNO IN UN POLO TECNOLOGICO-INDUSTRIALE IN GRADO DI SFRUTTARE AL MASSIMO IL POTENZIALE INNOVATIVO DEL TERRITORIO, AL FINE DI CREARE NUOVE OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE LOCALI E INCENTIVARE L’INSEDIAMENTO DI AZIENDE PROVENIENTI DALL’ESTERO.
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ignor Ciminelli, negli ultimi mesi in Ticino si è parlato molto del progetto Manno 2.0. Adesso che i lavori sono iniziati può dirci quali sono i passi che state compiendo? «È importante premettere che Manno 2.0 non va inteso come il mero sviluppo di singole iniziative bensì come un ecosistema complesso, dove ogni componente non solo crea valore per l’intero progetto ma è anche strettamente connesso agli altri. La fase progettuale è durata circa un anno, durante il quale abbiamo analizzato le condizioni e studiato i tipi d’intervento che ne consentiranno lo sviluppo. In questa fase ci stiamo concentrando principalmente su alcune attività cardine molto concrete, ovvero le fondamenta sulle quali cominciare a costruire questo ecosistema. Una di esse è sicuramente l’apertura di uno “Sportello Unico” dedicato alle aziende straniere che desiderano localizzarsi a Manno. Lo Sportello fornirà alle imprese tutto il supporto necessario per il processo di delocalizzazione: dall’individuazione degli spazi adatti, all’ottenimento dei permessi, passando per l’analisi delle questioni fiscali e legali, la ricerca di alloggi per i dipendenti, ecc. ecc. Lo Sportello sarà una corsia preferenziale che snellirà e semplificherà notevolmente le cose. Come aspetto inedito, è
previsto anche il supporto per le questioni relative alla vita privata. Dietro ogni imprenditore e lavoratore, infatti, c’è una famiglia e lo Sportello Unico, ad esempio, sarà di supporto anche nell’individuazione della scuola più adatta per i propri figli o per trovare il luogo ideale in cui vivere». Grande attenzione all’estero quindi. Qual è la strategia che state adottando per attrarre aziende straniere a Manno? «In questo senso vogliamo imprimere una grossa accelerazione. Il miglior modo per farlo è iniziare portando a Manno, nel breve periodo, dei grossi marchi nell’ambito dell’innovazione. Abbiamo già attivato il network internazionale del SIDI e, anche se per il momento non posso addentrarmi nei dettagli, posso dire che abbiamo avviato trattative con interlocutori di grande rilievo. Siamo certi che, una volta coinvolti alcuni big players, si innescherà un effetto domino virtuoso. Sempre in quest’ottica, da qui a fine anno, abbiamo un’agenda fitta di impegni e di missioni all’estero per stringere nuove partnership e sinergie. Giusto per fare due esempi, nelle prossime settimane saremo in Croazia per incontrare i rappresentanti delle istituzioni locali e in autunno saremo a Dubai, emirato che sta investendo in-
AZIENDE / MANNO 2.0
genti capitali nell’innovazione. Con il Comune di Manno stiamo inoltre definendo quali siano i profili di Comuni strategicamente interessanti con cui, potenzialmente, dare vita a gemellaggi. E ancora, sempre attraverso il SIDI, abbiamo intavolato diverse discussioni per dar vita a collaborazioni con università, centri di ricerca, hub d’innovazione, incubatori e distretti industriali stranieri. In questo scenario diventano determinanti gli accordi con le Camere di Commercio e le associazioni di categoria internazionali, con particolare focus sull’Italia». Ha parlato di hub e incubatori. In Europa esistono già realtà molto affermate. In che modo Manno 2.0 si differenzia da ciò che già esiste? «Direi che le differenze principali sono essenzialmente due. La prima è che, al contrario degli incubatori e acceleratori classici, Manno 2.0 non è vincolato a un luogo specifico, come ad esempio un particolare edificio, ma sarà tutto il territorio del Comune a trasformarsi in un campus innovativo. Come detto in precedenza, si tratta di un ecosistema, vivo e dinamico, che rompe gli schemi e allarga la sua identità all’intera area di Manno, e non solo. Una fucina all’interno della quale nascono nuove idee e nuove opportunità. La seconda, strategicamente più importante, è che Manno 2.0 punterà in particolare sulle innovazioni dirompenti, argomento poco conosciuto ai profani ma che rappresenta l’apice della ricerca. È proprio sui settori associati ad alcune selezionate innovazioni dirompenti che stiamo concentrando i nostri sforzi, attivando dei centri di competenza specifici che trattano temi ad altissimo potenziale e che nel medio termine potrebbero avere un impatto travolgente sui mercati. È importante comprendere che Manno 2.0 non è in competizione con gli hub o gli acceleratori locali o stranieri ma è un interlocutore aperto con il quale collaborare per costruire insieme nuove opportunità».
Nell’ultimo periodo abbiamo compreso la visione e il piano d’azione di Manno 2.0, potrebbe chiarirci a chi si rivolge questa iniziativa? «Manno 2.0 ha essenzialmente un duplice target. Da una parte si rivolge ad aziende già strutturate, sia locali che straniere, che desiderano progredire e crescere nel campo dell’innovazione con lo scopo di aumentare la loro competitività sul mercato, facendo leva anche su tutta la capacità d’attrazione dello Swissness (il brand Svizzera). Dall’altra, dialoga anche con start-up innovative che necessitano di un terreno fertile e di un ambiente in grado di tradurre velocemente il loro potenziale in concrete opportunità. In questa seconda direzione la nostra volontà è di superare il concetto di incubatore per spostarci verso quello di ecosistema in cui l’industria diventa un attore di primo piano.iò che vogliamo è che sul nostro territorio arrivino aziende con potenziale e che, nell’interesse di entrambi, contribuiscano a far crescere il nostro mercato».
Missione Sidi a Dubai
Quali sono i vantaggi che Manno 2.0 porterà alle aziende locali? «Innanzitutto, l’inevitabile ricaduta positiva sull’intero territorio, che godrà sicuramente di una ritrovata vitalità. In secondo luogo, il polo Manno 2.0 rappresenterà un nuovo paniere di opportunità in cui far crescere il proprio network, trovare nuovi clienti e stringere inedite sinergie. Infine, ma non meno importante, giocherà un ruolo fondamentale la facilitazione all’accesso a profili di alto livello e talenti, oggi così difficili da trovare e, soprattutto, fidelizzare». E al territorio? «Manno 2.0 è un ecosistema e il territorio, inteso nel senso stretto del termine, ricopre un ruolo fondamentale. Spesso si tende a dimenticare che la vita professionale è inevitabilmente connessa alla vita privata. Da un’indagine preliminare che abbiamo svolto negli TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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scorsi mesi è emerso che una delle criticità del Canton Ticino riguarda proprio la qualità della vita. È la cruda verità: oggi la maggior parte degli imprenditori, dei manager e dei dipendenti di aziende che hanno già delocalizzato lamenta il fatto che al di fuori dall’attività lavorativa non ci sia altro da fare. Se da una parte vivere e lavorare in Ticino presenta degli indiscutibili vantaggi come la sicurezza, la qualità dei servizi, la ridotta pressione fiscale; dall’altra mancano alcuni aspetti altrettanto importanti, forse sottovalutati perché a prima vista possono sembrare banali. Sto parlando di elementi come i momenti d’incontro, d’intrattenimento, di convivialità e, ovviamente, anche di divertimento. Se il networking imprenditoriale è oggi un requisito indispensabile, i rapporti sociali lo sono altrettanto. In questo senso abbiamo in programma molte iniziative e da questo punto di vista la vera innovazione sarà tornare alla dimensione umana». Sembra proprio che siate partiti con la marcia giusta. Cosa ci aspetta al ritorno dalle vacanze? «Manno 2.0 ha tutte le carte in regola non solo per avere successo ma anche per diventare un punto di svolta e, si spera, un esempio da seguire. Adesso è tempo di lanciare il messaggio. Quando si parla di Svizzera e di delocalizzazione si pensa soprattutto a città come Zurigo. Il nostro obiettivo, in prima istanza, è presentare questa opportunità ai mercati e alle aziende che già nutrono l’interesse per un’eventuale delocalizzazione in Svizzera ma che non conoscono l’opzione Manno. La visibilità giocherà un ruolo chiave e noi lo sappiamo bene. Nei mesi di settembre e ottobre, per esempio, stiamo organizzando due eventi, uno a Manno e l’altro a Milano, durante i quali presenteremo Manno 2.0 ad aziende e start-up in target. Inoltre, per coinvolgere da subito gli imprenditori locali e stranieri, primi tra tutti quelli del Nord Italia, stiamo organizzando per novembre l’Innovation Safari, un
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tour attraverso le realtà innovative della Svizzera che avrà come punto di partenza e di arrivo per l’appunto Manno».
INNOVATION SAFARI
Piano di lavoro ambizioso che sicuramente avrà bisogno di molte risorse… «Il Comune di Manno e il SIDI credono fortemente e hanno già investito molto nel progetto. Ma Manno 2.0 può diventare realtà solo grazie all’appoggio e al sostegno delle aziende locali. Gli imprenditori di Manno devono sentirsi parte attiva e comprendere che i primi a godere delle ricadute di questo progetto saranno loro. Il tema principale dell’evento che si terrà a settembre sarà proprio questo. Si auspica che le aziende del territorio rispondano positivamente e contribuiscano a far diventare Manno 2.0 uno spartiacque tra passato e futuro, oltre che un esempio per tutto il Ticino. I grandi progetti si possono realizzare solo se affrontati insieme. Noi del SIDI e il Comune di Manno abbiamo scommesso sulla vittoria di questa partita, adesso abbiamo bisogno dall’aiuto dell’intera squadra».
UN VIAGGIO ATTRAVERSO LE REALTÀ PIÙ INNOVATIVE DELLA SVIZZERA l’Innovation Safari è un’immersione nei luoghi in cui nasce l’innovazione al fianco degli esperti del SIDI. Il Safari infatti consiste in una serie di “avventure”, ognuna delle quali prevede un periodo di soggiorno di 4 giorni e 3 notti, con partenza da Milano e Lugano. Ogni viaggio sarà un’imperdibile occasione di approfondimento in quanto sarà caratterizzato da workshop, brainstorming e momenti d’incontro e confronto con i protagonisti dei progetti più innovativi e importanti del momento, per comprendere come mettere l’innovazione al servizio della propria azienda. Tre differenti itinerari contraddistinti da un tema specifico: il primo riguarderà le innovazioni dirompenti, il secondo sarà dedicato al settore industriale e il terzo a quello della chimica. Tra le mete in programma: il dipartimento AI di Google, i laboratori del Politecnico di Zurigo, IBM e Watson; e ancora, EPFL per robotica e 5G, il Centro di Calcolo Europeo; inoltre si visiteranno aziende private all’avanguardia e start-up emergenti. www.sidi-international.org/safari Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare direttamente l’incaricato al n. +41 76 446 12 86 o tramite email all’indirizzo rino@sidi-international.org
AZIENDE / RELAZIONI INTERNAZIONALI
ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO TRA SVIZZERA E SINGAPORE GLI ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO HANNO FAVORITO NEL CORSO DEGLI ANNI GLI SCAMBI DI PERSONE, MERCI E CAPITALI GRAZIE ALL’ADOZIONE DI REGOLE COMUNI TRA GLI STATI CONTRAENTI E ALL’ABBATTIMENTO DEI DAZI ALL’IMPORTAZIONE CONTRIBUENDO COSÌ AL FENOMENO DELLA GLOBALIZZAZIONE. DI PATRICIA DE MASI TADDEI VASOLI
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primi accordi di libero scambio nascono a livello europeo con il MEC, la CECA e lo SME nel 1951 (fusesi nella CEE nel 1967), seguiti oltre oceano nel 1989 dall’accordo FTA tra USA e Canada e, nel 1994 dal North American Free Trade Agreement (NAFTA) e dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO) nel 1995. Il modello è stato quindi replicato nell’ASEAN – l’area di libero scambio dei Paesi asiatici – fondata nel 1967, che ricalca quello del mercato unico europeo, pur con le differenze date principalmente dall’assenza di moneta unica e di istituzioni comuni. Sempre in ambito europeo nel 1960 è stata sottoscritta una Convenzione (AELS: Associazione Europea di Libero Scambio o EFTA European Free Trade Association) allo scopo di eliminare dazi doganali sui prodotti industriali tra gli Stati membri. Tra questi Paesi figurava anche la Svizzera. Attualmente i membri dell’AELS sono Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Nel 2001 sono state integrate nuove norme sullo scambio di servizi, movimento di capitale e protezione della proprietà intellettuale. L’AESL si pone, per i suoi membri, come sede di negoziazione
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per accordi con Paesi terzi non appartenenti alla UE, ma non costituisce una unione doganale. La Svizzera ha concluso accordi prevalentemente nell’ambito dell’AELS, ma anche singolarmente con circa 40 Paesi tra i quali Cina e Giappone. L’obiettivo è prevalentemente quello di garantire l’accesso per le aziende svizzere, molto orientate all’esportazione, ai mercati internazionali. I Paesi AESL, ma non la Svizzera, hanno aderito allo Spazio Economico Europeo. A partire dagli anni 90 gli Stati AELS hanno stipulato accordi con vari Paesi sia nell’ambito del bacino mediterraneo, sia a livello mondiale. La Svizzera e Singapore hanno avuto scambi commerciali fin dal 1830 e intrattengono relazioni diplomatiche dal 1967. Collaborano inoltre sia nell’ambito degli scambi culturali, sia nei settori della formazione, della ricerca e dell’innovazione. Il 1° gennaio 2003 è entrato in vigore l’accordo di libero scambio con Singapore. Si tratta del primo accordo AESL con un partner asiatico ed è la prima volta che vi è una protezione per gli investimenti, oltre che per lo scambio di merci. Particolare rilievo ha la parte dell’Accordo relativa ai servizi che riguarda-
no la clausola della nazione più favorita, i servizi finanziari e di telecomunicazioni e il riconoscimento delle qualifiche professionali degli ingegneri, la concorrenza e gli appalti pubblici. La garanzia del libero scambio dei prodotti industriali (orologi, tessile, farmaceutici, chimici) favorisce una protezione preferenziale contro ogni aumento dei dazi d’ingresso a Singapore (per lo più pari a zero) per le aziende svizzere; sono stati anche eliminati i dazi in ingresso in Svizzera per le importazioni da Singapore. Tale Paese ha una economia molto sviluppata e con un importante settore terziario; ha inoltre un importante settore dominato dalla produzione di prodotti elettronici e da un settore primario (agricoltura e pesca) quasi inesistente. Singapore rappresenta anche un punto centrale riferito all’ASEAN nell’ambito della quale rappresenta il primo mercato d’esportazione. La Svizzera esporta soprattutto prodotti ad alto valore aggiunto nei settori dell’orologeria, chimico e farmaceutico, ma anche in ambito finanziario e nel terziario (ingegneria, logistica…) Il trattamento preferenziale previsto dall’accordo si applica solo ai prodotti che soddisfano i requisiti di origine specificati nell’Accordo, che vengano diret-
tamente trasportati da uno Stato AELS a Singapore; tuttavia è stata prevista la possibilità di trasporto attraverso altri Paesi a condizione che non subiscano altre operazioni se non carico e scarico, come l’invio frazionato od operazioni destinate a mantenerne la conservazione. In tale periodo i prodotti devono restare sotto controllo doganale. Occorre porre particolare attenzione a tale aspetto, poichè una falsa dichiarazione di origine può comportare pagamenti di dazi e sanzioni ed il venir meno di ogni beneficio. L’accordo si compone di un Preambolo e relativi allegati e da 10 titoli (disposizioni generali, scambi di merci, servizi, investimenti, concorrenza, appalti pubblici, protezione della proprietà intellettuale, disposizioni istituzionali, composizione delle controversie e disposizioni finali). I Paesi dell’AELS hanno poi disciplinato il settore agricolo con accordi bilaterali separati. In base all’art.6 dell’accordo di libero scambio, gli accordi agricoli bilaterali rientrano negli strumenti che stabiliscono la zona di libero scambio tra gli Stati dell’AESL e Singapore. Scambio di merci Per quanto riguarda lo scambio di merci l’accordo si riferisce sia ai prodotti industriali, sia a pesce, prodotti del mare e prodotti agricoli trasformati. Per pesce e prodotti industriali è prevista la soppressione totale e immediata dei dazi doganali o di altre tasse all’importazione e all’esportazione. Sono state anche eliminate le restrizioni quantitative. Le regole di origine sono neces-
sarie perché la merce rientri nelle regole preferenziali previste dall’Accordo. Scambi di servizi Due appendici stabiliscono regole per i servizi finanziari e le telecomunicazioni. La parte sui servizi richiama il testo del GATS (General Agreement on Trade and Services) e si applica a tutte le misure riguardanti i servizi e gli scambi di servizio, tranne i diritti di volo nel traffico aereo. Sono anche esclusi i servizi pubblici. L’obbligo della nazione più favorita (NPS) del GATS è stato adeguato al contesto preferenziale, nel senso che i vantaggi accordati a Paesi terzi nell’ambito di altri accordi preferenziali delle parti non sono sottoposti alla clausola NPF. Tuttavia tali vantaggi potranno essere oggetto di nuovi negoziati. Concorrenza Per garantire la liberalizzazione del commercio di beni e servizi è necessario evitare prassi che limitino la concorrenza da parte delle imprese interessate. L’Accordo prende in considerazione tale aspetto sia in tema di concorrenza, sia di abuso di posizione dominante, peraltro già presenti nella normativa nazionale svizzera. Appalti pubblici Imprese di Paesi aderenti all’AESL e Singapore possono liberamente essere ammessi ai rispettivi appalti pubblici. Proprietà intellettuale L’Accordo obbliga le parti a garantire una effettiva protezione della proprie-
tà intellettuale e l’adozione di misure atte ad impedire la contraffazione e la pirateria: il tutto secondo le disposizioni contenute nell’Accordo TRIPS dell’OMC e nelle convenzioni di Parigi e Berna e successive, in tema di diritti di proprietà intellettuale. In base all’Accordo AELS la Svizzera ha dunque la possibilità di avvalersi sia delle procedure dell’OMC, sia di discutere direttamente con Singapore sui problemi di proprietà intellettuale al fine di trovare soluzioni. Composizione delle controversie L’Accordo prevede un sistema articolato di consultazione e di arbitrato per la composizione delle controversie. Da un lato infatti, in tema di proprietà intellettuale, può ricorrere alternativamente alle misure previste dall’OMC e dall’Accordo; dall’altro le parti hanno la facoltà di ricorrere a consultazioni formali nell’ambito di un comitato misto prima di chiedere un arbitrato. Peraltro ogni parte può ricorrere all’arbitrato se ritiene che la controversia non sia stata risolta in sede di consultazione. In caso di mancato accordo sulla designazione dei membri del comitato arbitrale, essi vengono scelti dal Direttore Generale dell’OMC. Le decisioni del Tribunale arbitrale sono vincolanti e definitive per le parti interessate. Possiamo concludere sottolineando i grandi benefici che l’Accordo ha portato ai Paesi contraenti ed all’interesse per gli imprenditori svizzeri che sempre più numerosi si affacciano al mercato asiatico. TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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AZIENDE / SUPSI
LA DIGITALIZZAZIONE SARÀ LA NUOVA FRONTIERA PRESENTATO IL RAPPORTO ANNUALE 2018, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ALBERTO PETRUZZELLA E IL DIRETTORE GENERALE FRANCO GERVASONI HANNO SOTTOLINEATO LE PRINCIPALI NOVITÀ E I PROGETTI CHE HANNO CARATTERIZZATO L’ANNO TRASCORSO.
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nche quest’anno il Rapporto annuale si presenta nella forma di un giornale che illustra l’attualità della Scuola nei suoi quattro mandati di attività - Formazione di base, Formazione continua, Ricerca applicata e Servizi di supporto al territorio esprimendo la vivacità e l’interdisciplinarietà che la caratterizzano. Ad arricchire le sue pagine, numerose testimonianze e interessanti rinvii a contributi multimediali. Il rapporto d’attività 2018 dell’istituto universitario presenta un risultato d’esercizio di oltre due milioni di franchi. Digitalizzazione è il termine che si più spesso ricorre nel rapporto ed è proprio alla digitalizzazione dell’insegnamento che l’istituto vuole puntare. I fondi da investire nelle nuove tecnologie non mancano, considerando che per l’istituto il 2018 si è chiuso
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con un risultato d’esercizio di oltre due milioni di franchi. Ma concretamente cosa si intravede nel futuro della SUPSI? In particolare si parla di formazione a distanza, che sarà sviluppata in collaborazione con la Fernfachhochschule Schweiz di Briga. Nel rapporto è tra l’altro riportata l’esperienza dell’istituto vallesano con gli esami digitali. Nel corso del 2018 la SUPSI ha inoltre messo in particolare evidenza il lavoro collettivo svolto per costruire un nuovo Sistema di garanzia della qualità, correlato al percorso di Accreditamento istituzionale, che tutte le istituzioni universitarie svizzere dovranno ottenere entro il 2022. Nel frattempo l’istituto ticinese continua a cresce. E nell’anno accademico 2018/19 ha superato i 5000 studenti (considerando bachelor, master e diploma).
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PROTEGGIAMO IL NOSTRO TESSUTO PRODUTTIVO STEFANO CACCIA, PARTNER E RESPONSABILE DELLA SEDE DI LUGANO PROPONE UNA RIFLESSIONE RIGUARDO LE RECENTI NOVITÀ IN MATERIA FISCALE E LE PROSPETTIVE DI CRESCITA DEL SISTEMA ECONOMICO TICINESE.
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l 2019 può essere considerato un anno denso di novità importanti per quanto concerne la fiscalità delle imprese. Qual è il suo giudizio a tal proposito? «La Svizzera ha approvato in via definitiva il progetto di riforma fiscale che elimina i trattamenti di favore per le multinazionali. L’esito del referendum del 19 maggio 2019 era, peraltro, scontato: circa 2/3 dei votanti si è espresso a favore del pacchetto di misure che adeguano la tassazione delle
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imprese alle norme internazionali e assicurano il finanziamento dell’AVS, il sistema previdenziale elvetico. La nuova legge federale è stata accettata in tutti i Cantoni, senza eccezione».
Cosa cambierà per le imprese? «Gli effetti sui bilanci delle aziende, sia quelle elvetiche sia quelle straniere che lavorano e operano sul mercato della Confederazione, sono ancora tutti da verificare. In particolare, sarà ora prioritario investigare in che modo la riforma fiscale influirà sui gruppi svizzeri e stranieri con filiali in Svizzera e quali aspetti di dettaglio dovranno a breve essere considerati. Ulteriori progetti legislativi che hanno un impatto sulla normativa fiscale sono attualmente in discussione nel Parlamento svizzero o sono già stati approvati e dovrebbero quindi entrare in vigore tra il 2020 e il 2022. Tra questi figurano, ad esempio, l’introduzione della legge sui servizi finanziari e la legge sugli istituti finanziari o il regolamento sulla deducibilità fiscale delle sanzioni finanziarie».
AZIENDE / EY SWITZERLAND
politiche attive per incentivare la continuità e la crescita di un tessuto produttivo dinamico e aperto all’innovazione».
Riguardo al grande tema della fiscalità, il Ticino può essere ritenuto attrattivo per le aziende che già si sono insediate o che intendono trasferirsi sul territorio del Cantone? «Credo che si debba essere alquanto preoccupati. Non vorrei che dopo il finanziario, che per le ben note vicende ha ridotto la propria presenza in Ticino, anche altri settori siano indotti a rivedere le proprie strategie, tenendo anche presente il fatto che molte aziende di medie dimensioni hanno già oggi il proprio headquarter nella Svizzera interna o all’estero, rendendo ancora più facilmente praticabile la
scelta di trasferire unità operative laddove si registrano condizioni di mercato maggiormente favorevoli. Teniamo presente il fatto che oggi siamo sempre più chiamati a confrontarci con una concorrenza internazionale a livello europeo ma anche con una competitività intercantonale». La qualità della vita in Ticino resta comunque una buona motivazione… «Senza dubbio, ma le ragioni che rendevano Lugano e il Ticino molto appetibili stanno gradualmente venendo meno. Non basta più parlare di clima, paesaggio, sicurezza. Il segreto bancario è ormai un ricordo. Occorre mettere in atto
Il vostro impegno nei confronti delle PMI svizzere si esplica anche attraverso un sostegno allo Swiss Venture Club… «Lo SVC è al servizio delle piccole e medie imprese. Con oltre 3000 membri provenienti da tutti i settori e da tutte le regioni della Svizzera, l’associazione di PMI è oggi uno dei network più grandi e più importanti per l’imprenditoria del paese. Riunisce personalità innovative del mondo economico, scientifico, politico, mediatico e culturale consentendo loro di allacciare contatti preziosi. Con il Prix di quest’anno abbiamo voluto offrire un riconoscimento a quelle aziende a carattere prevalentemente familiare che costituiscono una grande ricchezza per il territorio e la cui tenacia e voglia di emergere meriterebbero una maggiore attenzione e più sostanziose forme di incentivazione per il loro prezioso lavoro». Il vostro legame con il territorio ticinese ha trovato invece anche quest’anno un’importante conferma con la presenza alla kermesse musicale di Jazz Ascona… «Il nostro impegno si concretizza con il sostegno a manifestazioni locali e anche quest’anno EY ha sponsorizzato la kermesse musicale di Ascona, offrendo ai propri clienti l’opportunità di trascorrere una serata indimenticabile in un’atmosfera accogliente e riservata all’insegna della musica jazz, accompagnata da una gustosa cena dai sapori locali. Essere riusciti a regalare ai nostri clienti una live performance gratuita di tale livello è davvero motivo di grande soddisfazione».
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AZIENDE / MORESI.COM
TRASFORMAZIONE DIGITALE: ISTRUZIONI PER L’USO IMPORTANTI NOVITÀ ANNUNCIATE DA NICOLA MORESI, CEO DI MORESI.COM, SOCIETÀ DA ANNI PUNTO DI RIFERIMENTO SUL TERRITORIO TICINESE PER TUTTO QUELLO CONCERNE IL DATO DIGITALE E CHE OGGI OFFRE ALLE AZIENDE SERVIZI DI CONSULENZA STRATEGICA, PROGETTAZIONE E GESTIONE IN AMBITO IT.
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er parlare di trasformazione digitale bisogna ormai abbandonare il tempo futuro e utilizzare il presente. La Digital Transformation è infatti una realtà che tocchiamo con mano nella quotidianità della nostra vita privata: ogni giorno inviamo decine di mail, messaggi, postiamo foto, video sui social network, guardiamo film sulle piattaforme di streaming. Per non parlare delle scarpe che misurano le prestazioni sportive, frigoriferi che segnalano la data di scadenza dei prodotti, semafori intelligenti che sanno quando cambiare colore. E se questo vale nella nostra vita privata, questa grande trasformazione investe in modo ancor più incisivo il business, in
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tutti i settori. Oggi non esiste attività che possa fare a meno, in almeno uno dei suoi processi (che siano quelli produttivi, di vendita, marketing o amministrazione) della “digitalità”. Il centro attorno a cui ruota questa grande trasformazione è il dato digitale. Oggi il dato non è più solo una componente marginale di un’organizzazione aziendale, ma il centro intorno al quale può ruotare l’intero business. «Viviamo in un mondo in cui il dato digitale è un valore primario e imprescindibile per affrontare le sfide di mercato», afferma Nicola Moresi. «Se volessimo sintetizzarlo in uno slogan potremmo dire che il dato digitale è il “soldo” del nuovo millennio. È pertanto un valore che è ne-
cessario prima di tutto proteggere, mettere al sicuro, ma non solo. È un valore su cui investire e da utilizzare per generare altro valore». In questo senso, l’impegno di Moresi.com è al fianco delle aziende per fornire loro le soluzioni più evolute per ogni aspetto che ruoti intorno al dato digitale: dalla sua creazione e condivisione all’interno dell’ambiente di lavoro, fino alla sua analisi e al suo utilizzo nelle scelte di business. L’altro aspetto centrale, in questa fase di profonda trasformazione, è la connettività. «I dati digitali “fermi”, a meno che il fine non sia proprio quello della loro archiviazione, sono dati di cui non si sfrutta il potenziale. Per farlo i dati devono transitare, essere scambiati,
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nel modo più sicuro e veloce possibile. – conclude Nicola Moresi – Per questo diventa centrale il ruolo della connettività e dell’interconnessione delle reti». È proprio in quest’ottica che Moresi. com lancerà nella seconda parte dell’anno, presso il proprio Data Center di Melano, un Internet Exchange Point o IXP: una infrastruttura di rete
che permette a diversi attori (aziende, enti ecc.) di interconnettersi e scambiare traffico internet tra di loro. L’IXP che sarà inaugurato da Moresi.com è l’unico presente in Ticino e permetterà al traffico dati locale di restare locale, con grandi vantaggi per tutti i partecipanti in termini di velocità, efficienza e costi.
Nuovo Chef e rinnovo dei Ristoranti «Le Relais» e «La Rucola» Da quest’anno, Alessandro Boleso è responsabile del programma culinario dei Ristoranti «Le Relais» e «La Rucola» presso il Grand Hotel Villa Castagnola. Il 36enne appartiene già da dicembre 2017 alla brigata dell’hotel 5 stelle dove rivestiva il ruolo di SousChef. Affiancato dal suo Sous-Chef Riccardo Bellazzo e da un motivato team di 16 cuochi, prosegue secondo la filosofia di cucina sostenibile della Casa. L’utilizzo di spezie ed erbe aromatiche, coltivate con dedizione in loco, imprimono una nota particolarmente fresca ai suoi piatti. «Con il suo impegno per l’impiego di prodotti genuini e regionali e la preziosa esperienza accumulata negli anni, Ales-
sandro Boleso è la persona ideale per essere alla guida della cucina dei nostri ristoranti», dice il General Manager Ivan Zorloni. La nuova direzione del team di cucina non è l’unica innovazione del 2019: a febbraio è stata scambiata l’ubicazione dei due ristoranti e, allo stesso tempo, si è provveduto a rinnovarli. «Le Relais», decorato in calde tonalità rosse, offre un ambiente intimo, con solo otto tavoli, per una cena romantica o un’occasione privata. Nell’elegante ristorante gourmet, gli ospiti possono così lasciarsi deliziare da una raffinata cucina mediterranea con 14 punti Gault & Millau, per i quali Boleso garantisce, laddove possibile, l’impiego
di prodotti locali. Nel Ristorante «La Rucola», si propone una cucina che segue il motto «Fresh & Easy» con piatti classici sia internazionali che locali. Gli interni in fresche tonalità di verde, creano un’atmosfera rilassata durante il pranzo e la cena. TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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AZIENDE / ADVENTURE
IL SOCCORSO ARRIVA DAL CIELO LA GUARDIA AEREA SVIZZERA DI SOCCORSO HA PRESENTATO UN NUOVO MEZZO D’INTERVENTO PER LA RICERCA DI PERSONE DISPERSE. IL NUOVO DRONE È IN GRADO DI SORVOLARE IN MODO AUTONOMO VASTE SUPERFICI DI RICERCA ED È DOTATO DI DIVERSI SENSORI, COME AD ESEMPIO UNA TERMOCAMERA.
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l drone A2B nasce da un partenariato fra la società italiana 2B Motori Moderni e la francese Adventure, aziende che vantano un’esperienza decennale a livello internazionale nella realizzazione e nell’integrazione di gruppi propulsivi termici per droni strategici oltre che nella fabbricazione di velivoli ultraleggeri con equipaggio. Il nuovo drone in dotazione alla Rega (Guardia Svizzera Aerea di Soccorso) sarà utilizzato come dispositivo supplementare nelle operazioni di ricerca di persone disperse, ferite o malate, ad esempio quando condizioni di scarsa visibilità impediscono il ricorso ad un elicottero di soccorso. Simili interventi avranno luogo in stretto contatto con gli altri partner d’intervento, in particolare con le autorità di polizia preposte. Nell’attesa che il sistema di droni possa essere impiegato in opera-
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zioni di ricerca, a partire dal 2020, sono previsti ulteriori voli di prova di ampia portata. Nello sviluppo del sistema droni la Rega ha tenuto conto della sua esperienza di decenni in innumerevoli operazioni di ricerca. Con le sue tre pale rotoriche e un diametro del rotore di poco più di due metri, questo drone sembra un mini elicottero e non ha molto in comune con i multirotori disponibili in commercio. Durante un’operazione di ricerca vola ad un’altitudine compresa fra gli 80 e i 100 metri, grazie alla navigazione satellitare, attraverso ampie aree di ricerca precise e autonome su una rotta definita. È in grado di rivelare ed evitare in modo indipendente altri velivoli o ostacoli, come cavi o elicotteri. Ciò è garantito dai sistemi d’allarme anticollisione e da numerosi dati memorizzati a bordo, come la topografia del terreno e la banca dati de-
gli ostacoli. Il drone non sarà utilizzato in aree densamente popolate o in prossimità di aeroporti. È anche dotato di un paracadute di emergenza. Diversi sensori a bordo del drone consentono di localizzare le persone disperse, compresa una termocamera. I loro segnali e quelli della telecamera per luce diurna sono classificati in tempo reale a bordo del drone utilizzando un software intelligente. Questo software è stato sviluppato in collaborazione con il Politecnico federale di Zurigo. Il drone trasmette le aree dell’immagine in cui l’algoritmo “sospetta” la presenza di una persona in base al tipo di pixel all’operatore a terra, che le controlla manualmente.
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AZIENDE / MYACADEMY
LE NUOVE PROFESSIONI NELLE VENDITE B2B: DA CATERPILLAR A CALAMITA GIANNI SIMONATO, MANAGER E FORMATORE, CI RACCONTA COME STANNO NASCENDO NUOVE FIGURE PROFESSIONALI IN AZIENDA, COME QUELLA DEL MODERN SELLER.
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ome mai il venditore tradizionale fatica molto e ha pochi risultati? «Tra le professioni che non tramontano mai c’è quella del commerciale. Gli annunci di ricerca di venditori sono sempre numerosi, ma i profili veramente adatti sono pochi. E i venditori che ci sono in circolazione lamentano tanta fatica nel fare il loro mestiere. Tanti chilometri sulla strada, tanti voli aerei, tante e-mail da inviare, tante telefonate a freddo. La vita del commerciale è veramente dura. Dove sta il problema? È molto proba-
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bile che questi commerciali stiano lavorando con metodi e sistemi ormai obsoleti. Sono rimasti alla fase dell’essere Caterpillar, ossia spingere le vendite attraverso la richiesta di appuntamenti, la dimostrazione di prodotti, il tentativo di concludere in maniera forzata. Come va a finire? Sicuramente a praticare sconti via via sempre più importanti. Questo venditore vende normalmente il prezzo, e si cura poco del “valore” del prodotto che vende. Il Cliente paga un prezzo per ciò che acquista, ma il Valore è ciò che ottiene. Il venditore tradizionale spesso rimane fermo sul prezzo perché è totalmente focalizzato sulla sua prestazione: spingere sulla vendita! Se conoscesse bene le motivazioni di acquisto del suo cliente allora la vendita si sposterebbe dal prezzo al valore. Facciamo un semplice esempio di valore. Componenti industriali provenienti dalla Cina, con prezzi molto bassi, adatti ad essere inseriti nel ciclo produttivo di una qualsiasi azienda industriale. Ovviamente lotti grandi, prezzi bassi. Ma cosa succede se la nave proveniente dalla Cina ha un ritardo? Quali impatti si verificano se si realizza una rottura di stock, ossia i componenti non vengono forniti al cliente? La conseguenza è che le linee produttive del cliente rimangono ferme, con danni enormi nel sistema. Quello stesso componente, se disponibile, che “valore” avrebbe quindi, in questo caso? Il valore è la “disponibilità” del componente, che consente di non subire
danni alle linee di montaggio. Che valore ha invece un componente, pur a prezzo basso, ma non immediatamente disponibile? Quindi il prezzo non è mai univoco rispetto al Cliente, ma varia in relazione al processo di acquisto del Cliente, in base quindi al valore che il Cliente percepisce in quel momento. Ecco perché per passare da Caterpillar a Calamita occorre un cambiamento prima di tutto di mentalità. Portare il focus del venditore dal suo “ciclo di vendita” al “ciclo di acquisto” del cliente». Quindi come si fa a diventare Calamita? «Non è così immediato, occorre un lavoro lungo e paziente per cambiare vecchi metodi ed adottare nuove strategie. In MyAcademy utilizziamo un percorso di 4 giornate full immersion per cominciare a diventare Modern Seller. Dopo di queste inizia un percorso di 12 mesi, con attività mensili e monitoraggio costante per non essere mai soli sulla via del cambiamento, usando le tecnologie Linkedin Sales Solutions. Cominciamo dal “viaggio del Cliente” ossia il suo sistema di acquisto. Una recente ricerca di Forrester, importante istituto di ricerca, mostra che il 90% dei clienti inizia l’acquisto con un motore di ricerca. È sul processo di acquisto del cliente che bisogna concentrarsi per ridefinire il lavoro del venditore. Se il Cliente effettua delle ricerche è necessario farsi trovare. Quali conte-
AZIENDE / MYACADEMY
nuti stiamo quindi pubblicando? Questi vanno inseriti in portali ad alto traffico, come Linkedin. Ma vediamo più da vicino come avviene il processo di acquisto nel B2B. Possiamo prendere ad esempio l’acquisto di cuscinetti o valvole, come di servizi finanziari o semilavorati per l’industria dolciaria. Processo in 7 passi: • Primo passo: consapevolezza di voler cambiare qualcosa. Se i suoi cuscinetti lo soddisfano non prende in considerazione alternative. In questa fase non c’è una reale voglia di cambiare o acquistare, a meno che non provengano stimoli esterni, come il confronto con i concorrenti che inducano al cambiamento. Oppure possono verificarsi problemi interni, come problemi di qualità creati dall’attuale fornitore. • Secondo passo: “decidere di cambiare”. In questa fase la percezione del nuovo acquisto si fa via via più importante. Il Cliente comincia a considerare l’ipotesi di cambiare prodotto/ fornitore. Comincia a fare delle ricerche in rete. Importante quindi farsi trovare. • Terzo passo: “esplorare soluzioni” ossia valutare quali soluzioni siano disponibili in rete. La ricerca si fa più approfondita. Si cercano materiali, referenze, si possono sollecitare visite da parte di altri fornitori. Ecco perché bisogna farsi trovare in rete. • Quarto passo: “prendere decisioni”. Prendere decisioni significa restringere la rosa delle proposte per convogliarle su una scelta specifica. È un meccanismo ad imbuto, non si possono avere 10 scelte diverse e decidere su tutte. Si stabiliscono dei criteri in base ai quali preferire l’una o l’altra proposta. Qui il venditore dovrebbe fare attenzione ai “criteri” con i quali il Cliente effettua queste scelte. • Quinto passo: “ponderare la decisione”. La decisione va sostenuta con argomenti di sostenibilità economica e
finanziaria. Potrebbe sembrare anche un ritorno indietro, il Cliente si chiede se ne vale la pena, se le soluzioni finanziarie sono praticabili o meno. Il venditore, se intercetta questa fase, deve dare “sostegno” al cliente. • Sesto passo: “scegliere il fornitore”. Alla fine, definita la soluzione, presa e ponderata va perfezionata con l’attore/fornitore che risulta finalista. • Settimo passo: “la trattativa”. Per il venditore è importante sapere se veramente è il primo della lista e perché. Il Modern Seller si chiede perché venga scelto proprio lui. Anziché esultare solo per il “risultato” festeggia il “perché sia arrivato a questo”. Se capisci il processo le vendite saranno solo una conseguenza delle tue azioni, piuttosto che frutto delle casualità. È provato che il Modern Seller arrivi ad avere un 30% di vendite in più, tagliando inoltre i costi di contatto ed avendo più tempo libero a disposizione per sé, quindi migliore qualità della vita». Come lavora quindi un Modern Seller? «Fondamentale avere un profilo Linkedin che sia altamente performante, che ti distingua dalla concorrenza. Non basta dire che sei un Consulente alla vendita di prodotti finanziari, chi ti guarda vuol sapere come lo fai. Se sei un commerciale delle valvole o dei cuscinetti, sai quanti ce ne sono in giro come Te? Tu dirai che sei diverso, è vero, siamo tutti unici e irripetibili, allora perché non farlo emergere nel profilo Linkedin? Se sei veramente un esperto, avrai dei contenuti, che pubblicherai su Linkedin. Non è necessario pubblicare tutti i giorni, se hai qualcuno del marketing potrà aiutarti. Ma almeno una volta alla settimana dovrai far sentire il tuo contributo. Poi ti iscriverai a dei gruppi di interesse. Magari nella vita “personale” fai parte del circolo del burraco o dei golfisti o degli amici del calcetto. In Linkedin troverai i tuoi gruppi “professionali” e con loro interagisci. Sii social
Il tuo profilo potrà essere visualizzato da chi ha visto il contenuto, e tu lo vedrai. Controlla chi lo ha visualizzato, e mettiti in contatto con lui. Se ti ha visto ci sarà un motivo, non può sempre essere un errore, no? Invia quindi una richiesta di connessione a tutti gli acquirenti target che hanno visto il tuo profilo. Chiedi il contatto, ma fallo presentandoti e scrivendo qualcosa che hai letto su di loro. E’ come andare ad un evento, presentarsi con qualcuno e poi non dar seguito alla conversazione: veramente scortese! Sii social. Guarda chi ha consigliato i tuoi contenuti o meglio ancora li ha commentati. Troverai utili indizi per capire l’interesse che riscontrano i tuoi contenuti, per vedere quante persone sono interessate. Inoltre troverai spunti e dirai: non ci avevo pensato! Invia richieste di connessione a persone che interagiscono con i tuoi contenuti. Se interagiscono è corretto presentarsi, non ti pare? Rispondi ai messaggi di chi ti scrive, sui social. Definisci i tuoi clienti target con Sales Navigator, ed interagisci con loro. Sales Navigator è uno strumento potente di Linkedin Sales Solutions che consente di interagire con 650 milioni di profili nel mondo, di classificarli in base a tipologia di settore di appartenenza, ruoli, località geografica e tanti altri criteri. L’intelligenza artificiale applicata al sistema ti darà tutte le notizie su questi profili selezionati, lavorando per te, anche mentre dormi. Mi è sempre piaciuto pensare alla tecnologia come strumento al servizio delle persone, che semplifica loro la vita. Le vecchie ricerche di nominativi, le telefonate a freddo, i ritagli di giornale sulle notizie lasciale al Traditional Seller, una specie in via di rapida estinzione. Tu invece vuoi stare sul pezzo e cavalcare il mercato, offrendo un reale contributo al Tuo Cliente, giusto? Quindi devi diventare Calamita». gianni.simonato@myacademypmi.com TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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AZIENDE / STRP
COMUNICAZIONE, IMPRESA SOCIALE E DESIGN NEGLI ANNI FREITAG È DIVENTATO UN MARCHIO CONOSCIUTO A LIVELLO MONDIALE: BORSE RICAVATE DA TELONI USATI DI CAMION, OGGETTI DI DESIGN ESPOSTI ANCHE AL MOMA DI NEW YORK. IL SOCIAL BUSINESS PUNTA SULL’ESTETICA E LA SOSTENIBILITÀ. LA STRP-SOCIETÀ TICINESE DI RELAZIONI PUBBLICHE È ANDATA A ZURIGO A FINE AGOSTO PER VISITARE L’AZIENDA E CAPIRE COME COMUNICA. DI AMANDA PRADA
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ella vicina Italia, a Castellanza, è nata una realtà che ha delle similitudini con Freitag: Parallelo (officinacasona.com/parallelolab). Andrea Cattaneo, classe 1990, è uno dei fondatori. Ha studiato linguaggi dei media alla Cattolica di Milano e lavorato prima come giornalista online, poi in un’agenzia di marketing e comunicazione. Andrea ritiene che ci si riempia sempre la bocca di “social”. Basterebbe una “e” in più: la parola “sociale” va valorizzata e ha un grandissimo potenziale comunicativo.
Andrea Cattaneo Uno dei fondatori di Parallelo
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os’è Parallelo? «Un laboratorio di artigianato aperto nel 2017 con cinque aree: falegnameria, ciclomeccanica, sartoria, ceramica e legatoria. Siamo un’impresa sociale: creiamo prodotti contemporanei e vicini alle tendenze attuali di estetica e funzionalità con grande ricerca sul design e le materie prime, cercando di fare formazione e inserimento lavorativo per migranti e soggetti svantaggiati. In quanto imprenditori sociali 2.0 vorremmo provare a sradicare una visione vetusta e limitante del mondo del sociale, portando una mentalità da impresa profit». Come trasmettete la vostra idea? «Il laboratorio è come un brand, parola pressoché sconosciuta nel sociale. L’elemento centrale è stato di connotarlo con dei tratti caratteristici che partono dal logo, dal nome: “Parallelo, prodotti da scappati di casa”. Lo scappato non è solo il migrante, non
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c’è un noi e un voi. Perché continuare con la narrazione dell’eroismo di chi fa il sociale e della commiserazione di chi viene aiutato? Lo storytelling di Parallelo è la normalità: non ci sentiamo eccezionali e non facciamo pesare il fatto che chi ripara una bicicletta o realizza uno zaino sia un migrante, un disabile o un ex tossicodipendente. Allo storytelling aggiungiamo un passo ulteriore, lo storydoing: stiamo raccontando dei fatti». Grafica, trame, palette dei colori danno vita a un ecosistema che comunica il progetto in ogni dettaglio… «Abbiamo riconosciuto degli elementi chiave nella grammatica dei tessuti africani dei migranti con cui lavoriamo e li abbiamo semplificati traducendoli nel linguaggio del nostro mercato di riferimento. Scegliendo di stare sul mercato, non proponiamo il prodotto etnico. Abbiamo sviluppato una “etichetta narrante” perché la storia di chi
AZIENDE / STRP
ha realizzato il prodotto entri in contatto con il consumatore; l’etichetta rivela volto, nome, paese d’origine ed età del migrante e invita ad andare oltre».
cercatezza nella propria estetica. Non il frequentatore assiduo del mainstream, ma chi cerca di fare acquisti che abbiano un valore e che consentano di riconoscersi».
Usate spesso materiali di risulta. Come riuscite a garantire una coerenza nel vostro family language? «I prodotti in legno, dallo sgabello alla cornice, riassumono il nostro approccio al recupero: il lato esterno è perfettamente lavorato, con una pulizia delle linee; l’altro ha sempre il risvolto del passato e del materiale più grezzo. Comunichiamo che quel prodotto ha acquisito valore grazie all’intervento di un artigiano». A chi vi rivolgete? «A chi è vicino al mondo del no profit, che comprende il valore del prodotto, ma anche a un target in cui ci riconosciamo: una fascia d’età under 40 attenta alla sostenibilità e a una certa ri-
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AZIENDE / BIDI TOUR
NASCE UN INNOVATIVO PROGETTO TRA TECNOLOGIA E CONNESSIONE DELLE REALTÀ DI ATTRAZIONE TURISTICA E I SERVIZI DEL TERRITORIO. CE NE PARLANO MASSIMO MAESTRI, IT MANAGER, RESPONSABILE SOFTWARE ENGINEERING AND DEVELOPMENT, E DAVIDE BREVI, FOUNDER, CEO E MARKETING MANAGER.
IN CITTÀ SPUNTANO I TOTEM
C Massimo Maestri
Davide Brevi
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he cos’è BiDi Tour? «Si tratta di un importante e complesso progetto, ufficialmente avviato a luglio, che in una prima fase prevede una capillare installazione e posizionamento di totem multimediali interattivi multilingua con maxischermo touch-screen, su tutto il territorio ticinese: nelle più importanti realtà alberghiere, nei centri commerciali, ma anche a breve in città e sul lungolago. Il loro scopo è promuovere le più importanti e prestigiose attrazioni turistiche e le attività relative a tutto quello che il Ticino può offrire, consentendo all’utente la possibilità di informarsi, acquistare e prenotare direttamente e autonomamente i ticket per attrazioni, divertimenti, tour, musei, ristoranti, wellness, servizi, transfer, ecc, attraverso pagamento con un lettore integrato di carte di credito». Quali sono i vostri interlocutori nella realizzazione di questo progetto? «Stiamo ricevendo un significativo consenso e manifestazioni di interesse da parte delle location locali e degli sponsor pronti ad aderire e partecipare al progetto BiDi Tour, al punto che siamo in continua evoluzione per l’inserimento editoriale. Giorno per giorno stiamo inserendo non solo nuove attrazioni o servizi, ma a breve integreremo anche eventi musicali, sportivi, tradizione ticinese, servizi al cittadino o al turista, e molto altro ancora».
Quali vantaggi offre BiDi Tour a chi sceglie di aderire? «Per una migliore sinergia gestionale con le varie aziende presenti nel circuito BiDi Tour con i propri prodotti, e quale valore aggiunto sul controllo, è stata prevista la possibilità di fornire loro dei connettori standard per l’integrazione con i propri sistemi informatici gestionali o di controllo. Tali connettori hanno lo scopo di allineare i dati in tempo reale, come ad esempio le prenotazioni e le loro disponibilità. Si tratta, in sintesi, di un lavoro enorme per una piccola start up, stiamo crescendo rapidamente, ma ci stiamo organizzando per raggiungere gli obiettivi prefissati senza perdere di vista sia la scrupolosità operativa che la fiducia instaurata con i nostri clienti».
AZIENDE / BIDI TOUR
lopment, Graphic Design, evoluta recentemente in una ancora più tecnologica BiDi Swiss Consulting GmbH con sede in Via San Pietro Pambio 1, 6900 Paradiso (Lugano). www.bidisuisse.com Massimo Maestri, nel ruolo di responsabile informatico, si occupa di “tecnologia applicata” e più precisamente di Progetti di Information Technology sia in ambito Applicativo che Infrastrutturale, con una mirata competenza operativa in Sviluppo e Ingegnerizzazione Software. Come è nata l’idea di realizzare questi totem? «A prima vista si potrebbe pensare ad un tradizionale totem informativo, a un chiosco multimediale o Digital Signage. Ma sarebbe un giudizio troppo “riduttivo”. BiDi Tour nasce da un’idea innovativa e commercialmente complessa, sviluppata per “adattarsi” e “modularsi” al luogo in cui si trova il totem, offrendo una personalizzazione degli sponsor e delle offerte digitali in relazione al posizionamento o alla realtà alberghiera che lo ospita. Tutto ciò restituisce non solo all’utente una corretta e immediata visione delle informazione e dei costi delle offerte, ma si sviluppa una collaborazione e una sinergia attiva con tutti gli attori che partecipano e che sono presenti nel circuito». In che modo il progetto sarà sviluppato sul territorio ticinese? «Il progetto è avviato e si possono già vedere i primi totem negli alberghi a Lugano, cui ne seguiranno altri in alcuni luoghi centrali della città. Entro pochi mesi la distribuzione e il posizionamento verranno gradualmente estesi anche nel Bellinzonese, nel Locarnese e nel Mendrisiotto. Siamo consapevoli di essere “andati leggermente lunghi” per l’avvio previsto a maggio o giugno, ma abbiamo preferito posticipare a favore di una più attenta collaborazione
organizzativa con nostri clienti riguardo procedure ed esigenze». In estrema sintesi, quali sono i contenuti tecnologici della soluzione adottata? «Sono stati creati un’infrastruttura Web Server centralizzata e un complesso e personalizzato sistema CMS, per la distribuzione dei contenuti nei vari totem e il relativo controllo e monitoraggio. Ma ciò che contraddistingue quanto fatto finora è il grande sforzo analitico sullo sviluppo e sulle necessità, mirato alla possibilità di modulare, personalizzare e adattare i contenuti ai fini di una miglior fruibilità ed esperienza dell’utente finale e per offrire alle varie attività ogni possibile adattamento alle più ampie esigenze. In ogni caso, questo è solo l’inizio, la prima di alcune importanti fasi che stiamo sviluppando e che a breve andranno ad affiancarsi ai totem: parliamo di un’analoga piattaforma Web e di una Applicazione mobile, che riproporranno e amplieranno nel network le stesse offerte e le stesse potenzialità di connessione tra le realtà ticinesi, per gli abitanti di questo territorio e per i suoi turisti». BiDi è una giovane e dinamica agenzia di business marketing svizzera che si occupa di Business Promotion, Social Media Marketing, Web DeveTICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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BENESSERE / BELOTTI OTTICAUDITO
PASSIONE PER I SENSI È QUESTO IL NUOVO CLAIM LANCIATO SUL MERCATO DA BELOTTI OTTICAUDITO. UNA MISSION VOLUTA DAL FONDATORE E PRESIDENTE SILVANO BELOTTI, IN CUI IL CONCETTO DI BENESSERE PRENDE UN SIGNIFICATO TANTO CONCRETO QUANTO INNOVATIVO, COSTRUITO INTORNO ALL’INDIVIDUO E AI SUOI SENSI. VISTA E UDITO, LE AREE STORICHE DELL’AZIENDA, MA ANCHE OLFATTO, TATTO E GUSTO VIVONO DA OGGI UNA NUOVA ESPERIENZA. I SENSI SONO LE VIE PIÙ PREZIOSE PER VIVERE IL MONDO ATTORNO A NOI: CONOSCERLO, INDAGARLO, COMPRENDERLO, MEMORIZZARLO.
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n viaggio in un retail moderno oggi si definisce Shopping Experience: una visita in un Centro BELOTTI diventa un vero e proprio percorso di benessere immersivo dei 5 sensi: dove ottica ed udito sono i grandi pilastri, ed olfatto, tatto e gusto innovazioni imperdibili. Tutto attraverso innovazioni architettoniche e di accoglienza. Ancora, attraverso personale formato e capace di fornire servizi di grande importanza per la persona (abbiamo solo due occhi per tutta la vita!). Ed infine con prodotti attentamente selezionati per dare la giusta risposta alle esigenze di benessere della persona. Tramite il benessere dei 5 sensi, l’esperienza individuale diventa positiva migliorando la vita dell’essere umano e dei suoi occhi, o del suo udito, affascinandone l’olfatto con viaggi immaginativi o ancora accogliendolo con cordiali attenzioni come un buon caffè. Senza dimenticare che è il tatto la via più diretta alla conoscenza umana: oggetti da toccare per star bene.
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he significa benessere per Silvano Belotti e per l’azienda che ha creato? «BELOTTI OtticaUdito oggi più che mai crede sia superata la visione del cliente in quanto tale. Abbiamo evoluto la nostra visione e esperienza di acquisto intorno al visitatore come persona in primis. In tal senso abbiamo investito e raggiunto l’eccellenza sui nostri settori storici e centrali della vista (correttivo e non correttivo) e dell’udito. E da questi poi ci stiamo ampliando a costruire momenti, episodi, racconti ed eccellenza di servizi e prodotti attorno agli altri tre sensi: olfatto, tatto e gusto. Oggi benessere è la nostra mission. Sono certo che un retailer fisico ha un grande elemento di benessere e vantaggio rispetto ad altri canali: la vicinanza al pubblico. Oggi il Gruppo BELOTTI ha raggiunto i 10 Centri in Ticino: Bellinzona (dove tutto è nato), Biasca, Ascona e Locarno. Per arrivare a Chiasso e Mendrisio ed ovviamente la grande Lugano con ben 4 Centri: il Flagship di via Nassa, Cassarate e Paradiso e la nuova apertura a Molino Nuovo in via Trevano. I nostri clienti hanno cosi il benessere di potere trovare il meglio per sé in ogni an-
golo del Ticino alla loro portata e servizio… ma di certo non basta esserci. Anche come fa la differenza». Nasce così la passione per i sensi, il benessere per i 5 sensi. Partiamo dalla vista per ricostruire la sua storia imprenditoriale… «Ritengo il concetto di benessere nella vista davvero in senso ampio: da un ambito strettamente tecnico ad uno fascinosamente estetico. Rimane centrale la preparazione dei nostri specialisti nella migliore esecuzione del servizio attorno agli occhi della persona che ci sceglie. Fondamentale dunque il personale sempre preparato, ma anche tecnologie sempre aggiornate sia in fatto di strumentazione (ultima applicazione la centratura via iPad… assolutamente da provare per capirne la specialità) e di prodotti (la partnership con ZEISS ci permette di offrire amplissime soluzioni per prezzo e individualità della lente). E poi per me lo stile è cruciale. Oggi noi vantiamo l’esclusiva per tutto il Ticino di brand internazionali del fashion system: hanno deciso di lavorare in Ticino solo con noi griffe del calibro di Gucci, Saint Laurent, Balenciaga, Montblanc, Celine, Stella McCartney,
BENESSERE / BELOTTI OTTICAUDITO
Fendi, Valentino, Tom Ford. Perché noi capaci e allineati di trasmettere e selezionare il meglio per il Ticino». In questi oltre 30 anni di imprenditore, si è sempre concentrato su questo mix tra stile, tecnologia e formazione: vale anche per il benessere dell’udito? «Il settore udito ha conosciuto una evoluzione che noi abbiamo cavalcato e portato avanti in Ticino. Oggi non ha più senso parlare di protesi acustica, quanto piuttosto di soluzione audiologica. Il settore (e il nostro partner tecnologico Oticon è leader indiscusso) propone veri e propri gioielli tecnologici capaci prima di tutto di coadiuvare il cervello alla corretta ricezione dei suoni. In più oggi il device è capace di interagire con ogni elemento tecnologico che ci circonda: TV, smartphone, lettori di musica». Tutto chiaro Presidente Belotti. Ma come si passa dall’essere leader di Ottica e Udito a proporsi come centro per il benessere dell’olfatto? «Una delle mie più grandi passioni è il viaggio. Certo non sempre è possibile amando il mio lavoro e il contatto diretto con i clienti che ci fanno visita, ma viaggiare per me è un gran momento. Di ripulisti per mente ed energie. Una occasione di ricerca e costante ispirazione. Ero in particolare in Portogallo, incuriosito da un negozio multimarca durante una semplice passeggiata. Nella scelta di un capo mi si è poi proposto un profumo per la mia persona. La testa di un imprenditore non si ferma mai è sempre in fermento alla ricerca di nuove opportunità… da lì l’ispirazione. Vista e udito erano già presenti… perché non continua il percorso dei sensi? Nasce così l’idea di come rapire l’olfatto dei nostri ospiti. Innanzitutto creando un logo olfattivo nei nostri Centri. Ossia una essenza BELOTTI esclusiva che accoglie i nostri clienti negli spazi espostivi e tecnici con un inconfondibile mix di agrumi preziosi
tra note di testa, corpo e fondo davvero fresco e avvolgente. Poi selezionando 3 brand parigini di Profumeria Artistica ossia essenze per la persona davvero esclusive e introvabili: Liquides Imaginaires, BDK e Histoires de Parfumes. Vere e proprie librerie di racconti e essene irresistibili diverse dalla media del mercato. Anche dei brand più blasonati».
un ottimo Kusmi Tea o bollicine ticinesi Delea per coloro che vorranno farci visita nel Flagship di via Nassa. Un esperimento pilota che sta allietando i nostri ospiti per cui presto prevediamo un allargamento. Partendo dal nuovo Centro che aprirà a Lugano Molino Nuovo in via Trevano».
E il tatto come lo interpreta Presidente? «Il tatto è sicuramente il senso più immediato ed ancestrale del nostro essere. E paradossalmente già in qualche modo abbozzato sin dalla nostra nascita con la creazione artigianale dei primissimi astucci personalizzati totalmente artigianali. Oggi, più maturi e strutturati, abbiamo voluto dunque dedicarci con grande perizia a questo tipo di sensazioni per i nostri ospiti. Lo abbiamo fatto creando una linea di prodotti direttamente disegnata dalla nostra creativa interna e seguita scrupolosamente nella sua produzione. Abbiamo firmato cosi come BELOTTI tre oggetti di piccola pelletteria e due bijoux semi preziosi. Incantevoli da vedere ma soprattutto affascinanti al tatto. Pelle vera, preziose galvaniche oro, argento e bronzo, con affascinanti irregolarità del fatto a mano. Non mi piace mai parlare di prezzo, ma in questo caso volutamente lo argomento per dire che ho volutamente tenuto democratico questo mondo che troppo spesso i brand portano a prezzi per pochi». Non a caso abbiamo lasciato per ultimo il benessere del gusto… «Nel completamento della esperienza sensoriale e nel concetto di creare accoglienza intorno alla persona, lo scambio di gesti accorti e la condivisione di un sapore sono profondi elementi della nostra cultura svizzera nonché europea e che sposiamo appieno. Nella nostra filosofia di eccellenza, selezionami aromi sempre nuovi della nostrana Nespresso, oltre a scegliere TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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SPORT / CALCIO
NON ARRENDERSI MAI CONFRONTO TRA UN GIOVANE CAMPIONE DI QUESTO SPORT E UN RAGAZZO CHE ASPIRA A FARSI STRADA IN QUESTA DISCIPLINA: ALLENAMENTI, SACRIFICI, ASPIRAZIONI, SPERANZE E DELUSIONI. DI GABRIELE BOTTI
MATTIA BOTTANI Il calcio… Tutti i bambini hanno almeno un pallone nella loro camera o nascosto in un angolo del garage. Mattia è cresciuto con una sfera di cuoio tra i piedi e il suo è un amore che dura da sempre. «È stato del tutto naturale che mi appassionassi molto velocemente a questo sport, visto che ho due fratelli calciatori e che tra noi non si parlava che di pallone, partite, campionato e campioni. Ho da subito iniziato a tirare calci a un pallone, prima con gli amici poi in una squadra. A 4 anni ero già nella Scuola Calcio del Rapid Lugano e attorno ai 10 anni sono passato al FC Lugano, dove ho svolto tutta la trafila delle giovanili per arrivare, dopo una parentesi nel Team Ticino, in prima squadra. È stato come realizzare un sogno. Ho esordito a 18 anni. Sì, il calcio è con me da sempre, mi è sempre piaciuto e non ho mani pensato di fare altro, anche se sono un tifoso abbastanza acceso dell’Hockey Club Lugano. Mi dicevano che ero bravo e questo ha senza dubbio influito sulle mie scelte sportive». Il sogno che si realizza, anni di speranze che si concretizzano, trasformare un gioco in una professione… Quando ha capito che avrebbe fatto il calciatore?
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TICINO WELCOME / SET - NOV 2019
«Forse proprio nel giorno del mio esordio, in quel Losanna-Lugano 0-4 di diversi anni fa. Durante la partita, mi sono ripetuto più volte che in campo ci potevo stare anch’io, che dovevo giocarmi la mia chance e che nulla era impossibile. Giocare tra e con i “grandi” era possibile! Sapevo di avere un po’di talento, ma è chiaro che la prova del fuoco è stata quella. È un bel ricordo! Io non ho mai avuto l’ossessione di diventare calciatore professionista, ho sempre interpretato il calcio per quello che è: un bellissimo gioco. Cerco di essere sempre felice ed entusiasta quando sono in campo, anche se a volte tanto semplice non è… Questo modo di pensae si riflette in modo fedele nel mio stile di gioco». È soddisfatto di quanto la sua carriera gli ha riservato fino a oggi? «Sostanzialmente sì: gioco nella squadra della mia città, ho disputato l’Europa League e una finale di Coppa, faccio quello che mi piace. So però benissimo che potrei fare ancora di più, che esistono ancora margini di crescita e per questo lavoro duro ogni giorno, per migliorare là dove ho delle lacune. Senza lavoro e senza costanza, non si va da nessuna parte. Bisogna lavorare a livello tecnico e fisico, come a livello mentale, così da essere pronti ad affrontare anche i momenti meno belli». Come gestire, allora, i periodi più o meno lunghi di difficoltà, le panchine, le sconfitte, gli infortuni? «L’esperienza aiuta. Quando sei giovanissimo, ti senti quasi intoccabile e immortale, pensi che niente e nessuno potrebbe fermarti. Poi, capita che ti faccia male oppure che attraversi un
periodo negativo di forma e capisce che la strada non è sempre in discesa. Nel mio caso, i momenti più bui sono legati agli infortuni che ho avuto, il più grave alla caviglia. Sono rimasto fuori parecchi mesi ed è stata dura accettarlo. In me c’era rabbia, frustrazione e anche paura. Con l’aiuto dei medici, della mia famiglia e degli amici, ho però superato quei difficili mesi e ora mi sento più forte. L’infortunio, l’errore, la sconfitta ti insegnano tanto e ti permettono di sviluppare maggiore consapevolezza di ciò che sei, sia come calciatore ma soprattutto come uomo». Parliamo un attimo di un allenatore che ha segnato la storia recente dei bianconeri: Zeman. Che tipo è? «Una grande persona! All’apparenza, è un burbero, un silenzioso e invece con noi era molto simpatico. Lo era a suo modo, ovviamente. Mi ha fatto capire il significato della parola “fatica”, che il lavoro paga. Con lui si faticava da matti e le prime settimane sono state un incubo, però in campo volavamo». Allenamenti su allenamenti: il calciatore si mantiene in forma con il lavoro quotidiano. Ma cosa accade lontano dal rettangolo di gioco?
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«Personalmente, mangio il più sano possibile e mi prendo del tempo da dedicare al riposo. Anche in questo caso, conta molto l’esperienza: dopo alcuni anni si acquisisce uno stile di vita che si adatta perfettamente alle proprie esigenze. Ogni giocatore è un caso a sé: c’è chi mangia per due e non ha problemi, c’è chi non può permettersi di sgarrare altrimenti la bilancia lo castiga. Ognuno sa cosa fare e cosa no, non abbiamo particolari indicazioni dal club». Il tempo libero non manca: cosa fa quando non è a Cornaredo? «Sto con la mia famiglia, mi godo i miei due figli di 4 anni e 3 mesi. Li sto vedendo crescere giorno dopo giorno, sto con loro spesso, ci divertiamo assieme… Sono fortunato».
Molta acqua è già scivolata sotto i ponti, ci sono state partite belle e altre meno belle, ci sono ricordi che sono gioia pura e ricordi dolorosi. Il passato è però… passato. Guardiamo avanti, allora: obiettivi? «Puntando in alto, mi piacerebbe arrivare a giocare in uno dei quattro principali campionati in Europa (Germania, Italia, Inghilterra, Spagna). Difficile? Difficilissimo! Sarebbe però riduttivo non lavorare con obiettivi così elevati. Vedremo. Ora sono a Lugano e qui sto davvero bene, non vedrei il senso di giocare in un’altra squadra svizzera, anche perché la mia famiglia, i miei affetti, i miei amici e la mi storia sono qui. Cambierei se ne valesse veramente la pena. Invece, quando appenderò le scarpe al chiodo vorrei lavorare con i più giovani, nella formazione, così da trasmettere la mia passione per questo sport».
Ma Mattia Bottani non ha mai avuto una crisi? Non c’è mai stata la voglia di dire basta? «Ebbene sì, c’è stata… Avevo 17 anni e giocavo nel Team Ticino. Giocavo poco, ero spesso infortunato, mi mancava la voglia di andare agli allenamenti. Insomma, non ero contento. Ho detto ai miei che volevo smettere. Poi, un giorno, ero al Lido, mi ha chiamato il responsabile del Team Ticino, Davide Morandi. Mi ha semplicemente detto di provare ancora ad allenarmi, di non mettermi pressioni e di vedere come sarebbe andata. Non so bene perché, ma appena ho ripreso a giocare mi è tornato l’entusiasmo che pensavo aver perso per sempre. Probabilmente, ho sentito le parole giuste al momento giusto. Da quella volta non ho mai più avuto ripensamenti».
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Quali consigli dare a un ragazzo che ambisce a diventare calciatore professionista? «Nulla in particolare, se non di credere sempre nelle sue possibilità, di non arrendersi alle prime difficoltà (e ne incontrerà), di impegnarsi al massimo ogni minuto di ogni allenamento e di ogni partita. Per “arrivare” occorre ovviamente avere talento, ma bisogna soprattutto sfruttare questa fortuna e non sprecarlo. Non è facile, nessuno regala nulla a nessuno, però si può fare. Quindi: forza e coraggio!».
GIOTTO GHIRLANDA Giotto Ghirlanda abita a Dino, ha 12 anni e una grande passione: il calcio. Ha iniziato a giocare a pallone quando aveva 5 anni, mettendoci sempre il massimo dell’impegno e inseguendo un obiettivo: migliorare ogni giorno per arrivare a… Ce lo dirà lui stesso. Attualmente, veste la maglia del FC Lugano. Giotto, iniziamo la nostra chiacchierata dalla più classica delle domande introduttive: quando hai iniziato, e perché, a giocare a calcio? «Ho cominciato quando avevo appena 5 anni perché fin da piccolissimo avevo un grande desiderio: giocare a calcio. I miei genitori mi raccontano spesso che avevo sempre un pallone tra i piedi e che quando giocavo ero sempre contento, cosa che capita anche adesso che sono un po’ più grande. Quello che faccio su un campo di calcio mi piace molto». Qual è il tuo programma settimanale? «Mi alleno il lunedì, il martedì, il mercoledì e il venerdì dalle 17 alle 19. Poi, al sabato abbiamo la partita di campionato e alla domenica a volte giochiamo un’amichevole». Si tratta di un programma molto denso: come gestisci questi numerosi impegni sportivi e la scuola?
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«Cerco di organizzarmi e di trovare il tempo giusto per poter svolgere bene le varie attività. Quando non ho allenamento o partite, faccio i compiti, studio per le verifiche e gioco ai videogiochi. Per adesso non ho mai avuto problemi e porto avanti con profitto gli impegni scolastici e sportivi». Cosa ti piace di più dello sport che hai scelto? E di meno? «Ciò che più mi piace è il fatto che quando si vince si festeggia tutti insieme: quelli sono momenti molto importanti perché è lì che si crea il gruppo. Il nostro è uno sport di squadra dove tutti hanno un ruolo ben preciso e dove tutti devono sapere esattamente cosa fare e come farlo, e in velocità. Per ottenere una vittoria occorre che ogni cosa funzioni nel modo opportuno e che ogni giocatore in campo dia il massimo. Vale per noi che siamo ancora all’inizio del percorso, come per i professionisti affermati: salvo poche eccezioni, si vince soltanto se si gioca di squadra. Invece, non mi piace tanto che non tutti sanno assumersi le proprie responsabilità e le scaricano sugli altri senza pensare. Questo mette in difficoltà l’intera squadra». C’è un modello di calciatore al quale ti ispiri? Come mai proprio lui? «Mi ispiro a Messi perché gioco un po’ come lui… ma con il destro! Mi piace tantissimo e mi riguardo le sue giocate più belle tante volte. Lo ammiro. È un giocatore con tanta fantasia, imprevedibile e veloce. Ha dei colpi che nessun altro ha, è uno straordinario solista che però si sa mettere anche al servizio della squadra. Ha vinto tantissimo eppure non smette mai di lavorare sodo, cercando sempre di vincere e di migliorare. Per me è il migliore. Oltretutto, è anche una persona molto umile, o almeno così lo giudico guardandolo alla televisione». E tu che tipo di giocatore sei? «Sono un giocatore tecnico, non ho molto fisico e gioco specialmente per i miei compagni. Mi piace rendermi utile, fare
il passaggio giusto al momento giusto e farmi trovare sempre pronto. Certo, se ne ho l’occasione tiro per segnare!». Immagino che uno come te che mastica calcio tutti i giorni sia anche un tifoso. Ci puoi rivelare di quale squadra? E cosa significa per te “tifare”? «Sì, sono tifoso del Tottenham, una delle attuali migliori squadre inglesi. Seguo molto quel campionato, che reputo uno dei più spettacolari e interessanti. Tifare una squadra vuoi dire sostenerla anche quando perde, senza vergogna. Lo sport è così: a volte vinci e a volte perdi. Ma il vero tifoso non abbandona mai la propria squadra e cerca di sostenerla anche nei periodi meno belli. E quando si vince bisogna anche sapersi controllare, senza esagerare e senza avere comportamenti inadeguati. Ogni tanto, purtroppo, i tifosi si lasciano andare un po’ troppo, soprattutto quando la loro squadra perde, ma anche quando la loro squadra vince». Infine, che obiettivi ti sei posto, tu che sei ancora giovanissimo? «Di obiettivi ne ho davvero tanti! Mi piacerebbe, ad esempio, giocare il Mondiale del 2026 perché la gioia più grande di un calciatore (o di uno sportivo in generale) la si prova vestendo la maglia della propria nazionale e rappresentando in giro per il mondo la propria patria, che per me è la Svizzera. Sarà difficile? No, sarà difficilissimo! Ma perché non crederci? Sarebbe un bel traguardo! Intanto, mi alleno con entusiasmo e serietà, poi si vedrà cosa succederà».
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SPORT / GIANNI MARTINELLI
IL MAGO DELLA FORGIA ARIELLA DEL ROCINO PROSEGUE NELLA SUA PRESENTAZIONE DI PERSONAGGI DEL GOLF TICINESE PARLANDO DI GIANNI MARTINELLI, INGEGNERE E IMPRENDITORE MOLTO NOTO A LIVELLO INTERNAZIONALE CHE HA SAPUTO METTERE LE SUE STRAORDINARIE CONOSCENZE TECNICHE ANCHE AL SERVIZIO DELLA PASSIONE PER IL GOLF.
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a vostra azienda, Forging Technologies, costituisce una realtà di assoluta eccellenza nel panorama imprenditoriale svizzero, molto conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Di che cosa vi occupate esattamente? «Forging Technologies è una società specializzata che serve l’industria della forgia in tutto il mondo. La nostra attività di ricerca e consulenza si indirizza in particolar modo allo studio dei processi per la produzione di componenti forgiati in acciaio e super-leghe. Il nostro background è nella tecnologia di forgiatura e metallurgia fisica. Tutto ciò è reso possibile dalla lunga esperienza industriale maturata in questo settore a livello internazionale». Dalla forgiatura al golf. Come è avvenuto questo passaggio? «Alla base di tutto c’è ovviamente la mia passione per questo sport che pratico ormai da decenni. Poi il desiderio di portare nel mondo del golf la stessa dedizione per la perfezione, l’esclusività e la Swissness con cui abbiamo creato la nostra reputazione ingegneristica in tutto il mondo. Non da ultimo, siamo stati consulenti di alcuni dei più noti produttori di attrezzature da golf. Tutto questo mi ha portato a costituire Gimar Golf, una divisione di Forging Technologies, dove applichiamo le nostre conoscenze nella formatura dei metalli e nella relativa metallurgia, nonché il nostro background nell’ingegneria meccanica, per produrre le teste da golf più performanti». Perché la forgiatura riveste tanta importanza nella realizzazione di un ferro da golf? «Il concetto di “forgiatura” e le relative definizioni e applicazioni sono per lo
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più abusate nel settore del golf, talvolta senza avere una adeguata conoscenza di ciò di cui si sta parlando. I nostri prodotti sono il risultato di una lunga esperienza industriale negli studi di forgiabilità e dei relativi aspetti microstrutturali. Il processo di forgiatura per prodotti Gimar è stato progettato al fine di garantire proprietà perfette, equamente distribuite su ogni sezione del pezzo. Non ci sono saldature o altre operazioni che influiscono negativa-
SPORT / GIANNI MARTINELLI
rimentata prima. Disporre di strumenti ottimali e che garantiscono elevate prestazioni accresce notevolmente la qualità del gioco. Inoltre avvicina ulteriormente ogni giocatore, indipendentemente dal suo livello tecnico, all’immenso piacere di praticare questo magnifico sport».
mente sulle caratteristiche strutturali essenziali di una forgiatura di precisione. Tali proprietà assicurano una prestazione senza precedenti, una sensazione molto particolare, nonché un piacevole suono all’impatto». Lo stesso discorso vale anche applicato al mondo dei putter… «Il putter si utilizza in una fase di gioco in “green“, ovvero su un terreno regolare con erba a tappetto. Grazie a questa tipologia di bastone è possibile controllare il colpo con estrema precisione. La palla non vola, ma si adatta alle pendenze del campo fino all’entrata in buca. Data l’enorme specificità di questo bastone, è importante considerare che il putter ha caratteristiche diverse dalle altre mazze. La nostra passione per la formatura dei metalli e la nostra tradizione per la precisione trova espressione anche al mondo del putter, dove con la nostra tecnologia possiamo raggiungere proprietà meccaniche ideali. Come vale per le altre teste Gimar, anche un putter, professionalmente assemblato, con i parametri principali corrispondenti alle esigenze di ogni golfista, è un must per un miglioramento ad ogni livello». Immagino che i vostri prodotti siano destinati a professionisti… «Assolutamente no. In tutti continenti professionisti e giocatori con ogni livello di handicap hanno testato le nostre attrezzature confermando una giocabilità, distanza e feeling mai speTICINO WELCOME / SET - NOV 2019
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LAGO DI COMO / PAOLO FRIGERIO
PARLA COMASCO IL GRANDE CICLISMO ARRIVO A COMO DEL GIRO DI LOMBARDIA E GRANFONDO A CANTÙ, IL LARIO SI CONFERMANO FRA I GRANDI SCENARI DEL CICLISMO INTERNAZIONALE. CI SIAMO FATTI RACCONTARE TUTTO DA PAOLO FRIGERIO, COORDINATORE DEL COMITATO PER L’ARRIVO DEL GIRO D’ITALIA A COMO.
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l 12 ottobre, per il terzo anno consecutivo, il Giro di Lombardia arriverà a Como, in più il giorno dopo ci sarà la Granfondo con partenza e arrivo a Cantù. Fu lei all’epoca a battersi per questi traguardi e direi che da allora le soddisfazioni per il territorio non sono mancate… «Spero di sì. Partiamo con l’esempio della Granfondo, la cui risonanza mi sembra emblematica. La Gazzetta dello Sport, quando organizza corse importanti, per dare più lustro alla manifestazione prepara anche una gara per gli amatori. Il percorso di questa Granfondo di Cantù è degno di un livello agonistico, è valido e sicuro, canoni oggi imprescindibili in un ciclismo di qualità. Si è deciso di muoversi
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dalla cittadina per non creare caos nel capoluogo che già ospita l’arrivo del Giro di Lombardia. Quindi domenica 13 alle ore 8 si partirà da Cantù con varie griglie per percorrere questi 120 km, in cui è possibile affrontare il muro di Sormano oppure la più agevole strada provinciale (ma sappiamo già che la maggior parte degli atleti sceglierà di fare il muro, che è davvero di richiamo internazionale). Poi la discesa in picchiata fino a Nesso, per poi affrontare l’amato e temuto Ghisallo, in questo modo vengono affrontati tutti i mostri sacri del triangolo Lariano. Se consideriamo poi l’arrivo del Giro di Lombardia a Como e la partenza da Erba della gara delle bici elettriche, si capisce subito che si sta formando nella zona un bel movimento legato al ciclismo. Non possiamo quindi ignorare l’effetto sul turistico. Basti pensare che all’ultima Granfondo erano iscritti 1400 atleti di cui molti stranieri. Questo porta oltre all’indotto diretto - persone che soggiornano e spendono in provincia - anche 122 emittenti collegati da tutto il mondo che portano nelle case di milioni di persone le immagini spettacolari del lago di Como, pensate a cosa costerebbe uno spot del genere, ripreso in ogni angolatura con vari elicotteri e riprodotto in tutto il globo. E poi c’è un altro effetto sicuro, che è la miglior risposta agli automobilisti che si lamentano per la chiusura di qualche ora delle strade: è vero che il traffico è inibito ma molto spesso quelle stesse
LAGO DI COMO / PAOLO FRIGERIO
vie sono soggette prima della gara a riasfaltatura e in generale a miglioramento urbano. E poi, con il ritiro del pacco gara il giorno prima della competizione, si può essere certi che gli atleti, magari seguiti dalle famiglie, siano presenti sul territorio almeno un giorno prima. In più, là dove si ritira il pacco, saranno schierati gli stand di tutte le ditte e gli enti che hanno partecipato. Insomma, certamente una gran bella pubblicità per tutti». Tutto vero anche per lo stra-famoso Giro di Lombardia? «Certo, quest’anno si parte da Bergamo e si arriva a Como con un percorso spettacolare, classico, con le salite lungo i muri più belli della Lombardia, con il tratto in Val Fresca, che l’anno scorso non abbiamo potuto fare a causa di una frana, e ovviamente con i mostri sacri, il Ghisallo, il muro di Sormano, Civiglio con i 4 km di salita con 400 metri di dislivello, si capisce subito perché a Como abbia sempre vinto un campione e mai qualcuno per caso: è un tracciato su misura, complesso, tecnico, importante, adatto a portare alla vittoria personaggi di spessore come Cunego, Gilbert Nibali. Non a caso quest’anno il vincitore del Tour ha dichiarato che il suo prossimo obiettivo è trionfare al Giro di Lombardia. Una gara che arriva la settimana dopo i mondiali e quindi riequilibra possibili asperità. Como è pronta, la manifestazione coinvolgerà tutti: vigili urbani, uffici comunali, sicurezza. Quest’anno al molo 5 ci sarà ancorata la nave Orione, ammiraglia della flotta, con un hospitality dove sponsor, giornalisti e autorità potranno incontrarsi, un’ulteriore bella occasione. Non va dimenticato il coinvolgimento del museo del Ghisallo, un museo di alto lignaggio, fra i pochissimi nel suo genere, in un luogo spettacolare». Per concludere, ci regala quella bella immagine del mondo del ciclismo che ogni tanto racconta e che ha come sfondo proprio il territorio Lariano? «Siamo sempre stati fortunati con il meteo per il Giro di Lombardia, soltanto un anno è capitato che fosse piovuto
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il giorno precedente e quindi, quando intorno alle 12 abbiamo fatto il classico giro per vedere se tutto era pronto per la gara, sulle “rive” del Muro di Sormano ci siamo trovati davanti a uno spettacolo davvero toccante: con il sottofondo del classico profumo di salamella delle griglie di chi segue i suoi beniamini, abbiamo visto tutto il gruppo dei supporter delle varie squadre impegnato nel raccogliere foglie, pulire l’asfalto da ciò che il vento e la pioggia del mattino avevano portato, per rendere il più possibile praticabile e gradevole il percorso per gli atleti. La tipica partecipazione e umanità che dimostrano i tifosi del ciclismo, che applaudono con lo stesso calore Nibali quando taglia per primo il traguardo e l’ultimo che arranca con fatica magari ore dopo».
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