TICINO WELCOME N° 68

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N° 068 DICEMBRE 2020 / FEBBRAIO 2021

MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE

SILVIA DAMIANI

EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL

Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80

RIFLESSIONI PREZIOSE

PRIMO PIANO

LAC

FINANZA

AUTO

DON MINO GRAMPA Il mio cammino di conversione

MASI L’arte giovane del Ticino

ABT Le priorità della piazza finanziaria

FERRARI ROMA Debutta la nuova coupé




Performance and refinement, magically balanced. The new Flying Spur.

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TICINO WELCOME / EDITORIALE

MONCUCCO 504 DI MARIO MANTEGAZZA EDITORE Ticino Welcome Sagl Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli e Oliver Della Santa FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino.

STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Joel Camathias, Paola Cerana, Rudy Chiappini, Franco Citterio, Silvano Coletti, Alessandro De Bon, Ariella Del Rocino, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli De’ Santi, Marta Lenzi-Repetto, Rocco Lettieri, Dimitri Loringett, Manuela Lozza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Amanda Prada, Paolo Repetto, Fausto Tenzi, Fabiana Testoni, Alessandro Trivilini. DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia.

E

così, nonostante mi sia sempre comportato con senso di prudenza e responsabilità verso me stesso e gli altri, il Coronavirus decise di bussare alla mia porta, costringendomi a casa per un periodo di una decina giorni. Dopo una settimana però, l’istinto che solo una donna può avere, ha spinto mia moglie a farmi ricoverare, seppure io non volessi, al pronto soccorso della Clinica di Moncucco. La sentenza non ha tardato a dare ragione a mia moglie e la diagnosi e il quadro clinico erano di quelli che uno spera non arrivino mai a toccarlo direttamente. Polmonite bilaterale, ossigenazione insufficiente, pressione e frequenza cardiaca a livelli preoccupanti e, intorno a me, lo sguardo di altre persone che cercavano conforto in un ambiente e in una situazione che sembrava ormai disperata. È in quel momento che inizi a fare i conti con te stesso e lo devi fare da solo, perché nessuna persona a te cara da quel momento si potrà più avvicinare. Ricovero immediato e urgente, ossigeno a litri, frequenti rilevamenti dei parametri vitali e su di corsa alla camera 504. E sei solo, con te stesso, con i tuoi problemi personali e di salute, ai quali si aggiungono le altre incognite. Come starà mia moglie a casa da sola senza notizie, senza certezze. Io almeno in clinica ero circondato di attenzioni. Poi i giorni sono passati e la fortuna ha fatto in modo che la mia salute migliorasse. Finalmente sono tornato a respirare in maniera autonoma e a poco a poco il buon impegno e lavoro mi hanno riportato a casa dopo 12 giorni interminabili e indimenticabili. Tutto quel tempo trascorso a Moncucco mi ha marcato per sempre per motivi diversi, ma da un punto di vista umano posso dire che è stata una delle esperienze più emozionanti e gratificanti della mia vita. Alla faccia di tutta questa umanità decadente che ricerca solo le uguaglianze, a

Moncucco brillano le differenze. A Moncucco ogni persona che è venuta in contatto con me mi ha lasciato un dono prezioso. Gente dall’Africa, dall’Asia, dal Sud dell’Italia, dai Balcani, frontalieri e ovviamente anche qualche svizzero. Ognuno di loro mi regalava un’attenzione, un sorriso, una parola di conforto, il racconto di un’esperienza, la storia di molte vite diverse dalla mia, ma per questo così arricchenti e straordinarie. Certo a Moncucco c’è tanta competenza e il Dottor Garzoni coordina il suo staff con grande competenza, saggezza e giusto senso di spirito guida. Ma il tempo che queste persone mi regalavano perché capivano il mio stato e la mia solitudine, ce l’hanno messo loro, nonostante i lunghi turni e nonostante la situazione di stress straordinario a cui sono sottoposti. Lo fanno perché sono persone che ci mettono il proprio impegno, la propria competenza e quel tocco di umanità che oggi più nessuno ti regala gratuitamente. Questa gente non appartiene alla generazione debosciata dei Followers, sono dei veri Leader utili a se stessi e agli altri. L’emozione e la gratitudine verso queste persone l’ho un po’ identificata, il periodo è proprio perfetto, con l’albero di Natale. L’albero è decorato con palle di forme e colori diversi, ghirlande di spessori e brillantezze diverse, luci più luminose e lampadine a luce calda. L’albero di Natale è bello proprio perché è la somma delle differenti cose che lo adornano e che danno il risultato decorativo finale. Ecco la mia Moncucco, la mia stanza 504 e tutte quelle persone che mi sono state vicine. Ognuna ha brillato per la sua bellezza individuale, la sua personalità, la professionalità, per la sua cultura e per le proprie origini, trasformando la mia degenza in un’esperienza di grande umanità e vicinanza. Grazie di cuore Moncucco! Non potrò mai dimenticare!


SOMMARIO / N° 68

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SILVIA DAMIANI Preziose riflessioni

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RENATO POZZETTO Comicità senza tempo

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FEDERICO MOCCIA Curioso osservatore della vita

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DON GRAMPA Il cammino di conversione

Di Mario Mantegazza EDITORIALE 03 Moncucco 504 Di Patrizia Peter Pedevilla PRIMO PIANO 06 Silvia Damiani: Riflessioni preziose Di An Grandi 12 Renato Pozzetto: Comicità senza tempo 16 Federico Moccia: Curioso osservatore della vita Di Eduardo Grottanelli de’Santi 20 Don Mino Grampa: Il mio cammino di conversione 24 Marzio Villa: Imprenditore creativo 28 Matteo Boffa: Non spendere per distruggere ma investire per creare 32 Carlo Colombo: Arte, design e automobili 36 Gerardo Segat: I leader del Ticino da meraviglia By Dimitri Loringett 40 Social Housing, when 1000 homes equal one city 44 Morena Ferrari Gamba: Non siamo numeri primi Di Moreno Bernasconi GRANDANGOLO 46 Ordine sanitario e società della sorveglianza LAC 48 Teatro: Il LAC e le sue produzioni 50 MASI: L’arte giovane del Ticino 52 OSI: San Silvestro con Marta Argerich CULTURA 54 IMAGO Art Gallery: Dialoghi d’arte 56 NFT Art: Nasce il nuovo mercato dell’arte basato su Tocken NFT e blockchain! 58 Paolo Caverzasio: Cogli l’attimo Di Franco Citterio FINANZA 60 ABT: Le priorità della piazza finanziaria 64 UBS: Il futuro dell’essere umano 66 UBS: 100 anni di vita delle filiali di Locarno e Lugano 68 BPS (Suisse): Un quarto di secolo in ottima salute 72 LGT: Completata l’acquisizione di LGT Vestra 74 Ceresio Investors: Dopo la crisi c’è sempre una rinascita 76 Banca del Sempione: Ambienti sostenibili per un nuovo modo di fare banca 78 Credit Suisse: Un fondo dedicato alla tutela degli oceani 80 PM Group/KFB: Sempre dalla parte del cliente 81 PM Group/Fiduciaria Fontana: Dal 1998 sempre al fianco del cliente TURISMO 84 Ticino Turismo: Estate 2020 comunque positiva 86 Simone Patelli: Una stagione favorevole 88 OTR Mendrisiotto: Laboratorio di esperienze Di Maurizio Casarola 90 Funicolare Monte San Salvatore: D’inverno è ancora più bello 92 Planhotel Group: Diamonds Athuruga, esperienza maldiviana Di Paola Chiericati 94 Hotel Schweizerhof: Lusso e funzionalità al servizio del cliente Di Marta Lenzi Repetto GASTRONOMIA 96 Memorie dantesche: Metafore alimetari e peccati di gola 100 META: Un’oasi verde di relax e piacere 102 Luca Bellanca: Un meritato riconoscimento 104 Tamborini Vini: Vini per passione SPECIALE ST.MORITZ 106 St.Moritz Gourmet Festival 2021: Orgoglio svizzero Di Paola Chiericati 110 Cristina Bowerman: Chef controcorrente Di Giacomo Newlin 112 Emma Bergtsson: Dalla Svizzera con gusto Di Paola Chiericati 114 Kulm Hotel St.Moritz: Il fascino della tradizione 118 Kulm Hotel St.Moritz: Le tavole della grande tradizione alberghiera svizzera Di Giacomo Newlin


SOMMARIO / N° 68

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MORENO BERNASCONI Ordine sanitario e società della sorveglianza

FASHION

EVENTI AUTO

MOTO ARCHITETTURA

DOSSIER FONDAZIONI

AZIENDE

BENESSERE LAGO DI COMO

OSI San Silvestro con Marta Argerich

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BPS (SUISSE) Un quarto di secolo in ottima salute

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LORENZO EMMA L'online non cancellerà i negozi di vicinato

Engadine Golf Club: Giocare a golf su campi leggendari Sotheby’s International Realty: Richieste di residenza ancora in crescita Parli AG: Una casa per vivere in sicurezza Di Valentino Odorico Moda Autunno-Inverno: Viaggio nel tempo e nello spazio Belotti Otticaudito: Il regalo perfetto, la gift guide di Belotti Gioielleria Preziosi: Gioielli antichi e non solo Atelier Marjmò: Ad ogni donna il suo gioiello Simonetta Rota-More Than Events: L’evento è un insieme di emozioni Garbo Management: Edizione speciale per “The Executive Award” Ferrari Roma: Debutta la nuova coupé del cavallino rampante Bentley Flying Spur 2020: Una Bentley ancora più maestosa e muscolosa Di Alben Mercedes-AMG GT Black Series: Dalla strada alla pista Mercedes AMG GLS 63 4Matic+: Ammiraglia in versatilità Di Alben McLaren 720S Spider: Una supercar scoperta di eccezionale potenza Aston Martin Valhalla: Una Hypercar da leggenda Porsche Taycan Turbo: Una Porsche avveniristica e tutta elettrica Harley Davidson Road Glide: Destinata a chi ricerca solo il meglio Ediliza Green: La casa del futuro rispetta l’ambiente Wetag Consulting: Vendere un immobile in Ticino senza un agente immobiliare Artprojekt: Abitare nel sole Wincasa: Servizi immobiliati integrali MG Immobiliare: Successo è anticipare le nuove esigenze abitative Fondo Immobiliare Residentia: Investire nel mattone Svizzera: Una lunga tradizione filantropica, un futuro sempre più efficiente Di Elisa Bortoluzzi Dubach Franziska Juch: Difendere l’autonomia delle Fondazioni Marilena Citelli Francese: La cultura come impegno morale Olivier Dessibourg: La scienza a supporto della diplomazia Fondazione Svizzera Madagascar: Un aiuto per favorire lo sviluppo. Fondazione Pat Schafhauser: Dalla parte dei giocatori e degli sportivi Sergio Mantegazza: Un contributo alla crescita delle terapie intensive Children of Africa: Dalla parte delle ragazze Keniote Di Paola Bernasconi Spesa Online: Come cambiano le vendite Migros Ticino: Gli acquisti online non cancelleranno i negozi di vicinato Di Paola Bernasconi Andrea Gehri: Determinare condizioni quadro favorevoli per le aziende AD Hverpackungen AG: Packaging per l’industria farmaceutica e cosmetica Di Keri Gonzato Onys: Soluzioni digitali nell’era dello smartworking Lugano Commidity Trading Association: Incerte prospettive di ripresa Di Fabiana Testori Kaliningrad: Avanposto russo in Europa Tachyone: Come realizzare il sogno dell’ubiquità Di Maurizio Casarola STRP: Aziende e comunicazione tra spazio fisico e digitale Di Amanda Prada MyAcademy: L’importanza di avere un’immagine digitale Di Keri Gonzato Yoga: Le nuove oasi dello yoga e della meditazione Jill Biden: Seta comasca per la First Lady di origine italiana Di Manuela Lozza

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PRIMO PIANO / SILVIA DAMIANI

RIFLESSIONI PREZIOSE VICEPRESIDENTE E RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE DEL GRUPPO DAMIANI, PRESIDENTE DI VENINI, SILVIA DAMIANI DA ANNI HA SCELTO IL TICINO COME CENTRO DEI SUOI AFFETTI. LAVORATRICE, MAMMA E AMANTE DELLA CASA LA PIEMONTESE - D’ORIGINE - È LA DIMOSTRAZIONE CHE, ACCANTO AI SUOI DUE FRATELLI GUIDO E GIORGIO, ANCHE LA TERZA GENERAZIONE PUÒ CONTINUARE UNA TRADIZIONE CENTENARIA COME QUELLA INIZIATA NEL 1924 DAL NONNO ENRICO GRASSI DAMIANI. DI PATRIZIA PETER-PEDEVILLA

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uando incontri una donna d’affari che ha dedicato la vita al lavoro e ad un’azienda dal fatturato di 200 milioni all’anno, la immagini rigida, di poche parole e riservata. Silvia Damiani è l’opposto, sorridente, solare e con una voce calda che ti mette subito a tuo agio.

L

a vostra azienda ha scelto il Ticino come sede della Damiani International in un periodo in cui molte aziende legate alla moda e a lusso se ne sono andate… «La Damiani International è in Ticino da oltre 20 anni e negli ultimi anni abbiamo costantemente aumentato il numero degli assunti. Mio fratello Guido ed io abitiamo con le nostre rispettive famiglie in Ticino dal 2014: devo dire che noi ci troviamo e ci siamo sempre trovati molto bene qui, sia come azienda, sia come persone. Pensavo che mi chiedesse subito del Covid» (sorride). Volevo aspettare un po’... ma effettivamente era una domanda che le avrei fatto, visto che anche il settore dell’alta gioielleria ha subito una brusca frenata… «In questo momento i nostri uffici di Mendrisio sono parzialmente utilizzati: i collaboratori sono operativi a seconda delle specifiche esigenze, a volte in smart working e a volte in ufficio. A Valenza dove si trova la nostra manifattura, dopo la riapertura e specialmente in questi mesi prenatalizi che da sempre rappresentano per noi la parte più importante dell’anno, stiamo fortunatamente lavorando a pieno regime produttivo. Inutile ripetere che

se questo virus non ci fosse stato sarebbe stato molto meglio… ma sta toccando tutti, quindi è importante reagire e guardare avanti». E per quanto riguarda le vendite? «C’è stato un calo, chiaramente, soprattutto per il mercato europeo, mentre quelli asiatici vanno meglio. Ad esempio, in Corea, benché il Paese sia stato pesantemente colpito dalla pandemia, cresciamo a doppia cifra. Al di là del Covid, le persone continuano ad avere dei bei momenti da celebrare e li vogliono rendere memorabili ed eterni regalando o regalandosi qualcosa di bello. Penso che il nostro settore abbia, anche in una situazione come questa, un potenziale maggiore rispetto alla moda: un gioiello è davvero “per sempre”, è capace di esprimere un patrimonio storico e artistico unico nel suo genere e per questo motivo rappresenta un investimento che accresce il proprio valore nel tempo e si tramanda di generazione in generazione». Per questo ci sono sempre più persone che investono nei gioielli? «Indubbiamente se c’è un settore, viste le grandi incertezze, dove investire, o più correttamente diversificare i propri investimenti, è proprio quello del gioiello, ma è importante farlo con chi TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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PRIMO PIANO / SILVIA DAMIANI

“Prima di tutto, per la nostra filosofia, il gioiello Damiani è un gioiello per sé stessi, e solo in un secondo tempo anche per gli altri. Per questa ragione stiamo molto attenti alla qualità di qualsiasi nostra produzione, anche la più piccola ed accessibile” è autorevole ed affidabile. Una creazione Damiani è un’opera unica realizzata a mano da sapienti maestri orafi, che si caratterizza per il design esclusivo, la grande attenzione ai dettagli, l’eccellente qualità delle gemme. Noi, per esempio, diamo la possibilità di fare un upgrade dei solitari Damiani: se dopo dieci anni di matrimonio desidero un anello più grande e prezioso - perché si presuppone che le cose nelle coppie vadano anche bene (sorride) - noi riconosciamo il valore per il quale il diamante è stato acquistato e diamo la possibilità di permutare l’anello con qualcosa di più importante. Inoltre, siamo attivi anche nel mercato dei diamanti sciolti, con Calderoni, uno dei marchi del Gruppo Damiani. Oltre alle dovute certificazioni di autenticità offriamo un servizio esclusivo agli acquirenti: la nostra azienda si impegna, nel caso il cliente desideri rivendere il prezioso, a riacquistarlo nel rispetto dei valori ufficiali pubblicati». Damiani, Calderoni… quanti marchi ha il Gruppo Damiani? «Il nostro Gruppo promuove l’eccellenza e il Made In Italy nel mondo

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TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

attraverso la sinergia di 6 marchi complementari creati o acquisiti: nel segmento della gioielleria oltre a Damiani, il brand Salvini è attivo nella gioielleria contemporanea mentre Bliss si rivolge ad un pubblico più giovane. Calderoni, lo storico marchio milanese di Alta Gioielleria fondato nel 1840, è oggi una Business Unit del Gruppo Damiani specializzata nella commercializzazione di diamanti naturali sciolti; poi c’è Rocca, l’unica catena di gioielleria e orologeria di alta gamma in Italia, ed infine - ma non per importanza - Venini, prestigiosa azienda di Murano, le cui opere sono esposte nei più importanti musei internazionali, che rappresenta il punto di riferimento per l’arte del vetro». Da sempre il gioiello rappresenta il potere, più le pietre sono grandi più le famiglie sono ricche. Ma, scusi se mi permetto, delle volte non c’è troppa ostentazione? «Prima di tutto, per la nostra filosofia, il gioiello Damiani è un gioiello per sé stessi, e solo in un secondo tempo anche per gli altri. Per questa ragione stiamo molto attenti alla qualità di qualsiasi nostra produzione, anche la più piccola ed accessibile. Per quanto riguarda il come indossare un gioiello, nel 1997 ho scritto un libro al riguardo: penso sia importante comportarsi esattamente come con i vestiti: anche se ne abbiamo tanti li indossiamo con cura, abbinandoli a seconda dell’occasione e del nostro stato d’animo. Per me il gioiello deve essere un dettaglio prezioso, che da luce e sottolinea l’eleganza di una persona».

Lei si occupa di comunicazione, ma è anche gemmologa, questo significa che vostro nonno e vostro padre sono riusciti a trasmetterle la loro grande passione… «Sicuramente la passione che abbiamo per il nostro lavoro, sia io che i miei fratelli – Guido e Giorgio - parte dall’amore che abbiamo per la materia: infatti, tutti e tre siamo diplomati in gemmologia. D’altra parte abbiamo anche ereditato uno spirito imprenditoriale e per questo dobbiamo ringraziare i nostri genitori». Parla molto spesso dei suoi fratelli, mi chiedo se sia sempre facile gestire un gruppo così importante in famiglia… «Abbiamo una grande fortuna perché effettivamente andiamo molto d’accordo. Abbiamo talenti diversi e complementari: sinceramente nessuno di noi vorrebbe fare il lavoro dell’altro. La mia attività di relazioni pubbliche mi ha portato spesso a viaggiare nei mercati esteri - asiatico o americano – quindi da sempre sono stata quella che portava e raccontava la filosofia del marchio e la storia della nostra famiglia nelle filiali estere». E durante i consigli di amministrazione, quando bisogna discutere sul futuro dell’azienda e prendere scelte importanti? «Tutti e tre vogliamo la stessa cosa: una crescita sostenibile del Gruppo non nel breve termine ma nel lungo periodo, con uno sguardo volto alle prossime generazioni. I nostri investimenti sono sempre mirati a mantenere un alto li-


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lo sviluppo internazionale dei marchi e del Gruppo, anche attraverso acquisizioni. Ad oggi, penso che abbiamo fatto un buon lavoro (ride…) …ma c’è ancora tanto da fare». Quanti siete nel mondo? «Il nostro Gruppo conta oltre 700 collaboratori e siamo presenti in tutto il mondo con 60 boutiques e circa 2000 rivenditori autorizzati». Siete una grande famiglia, i vostri figli stanno già manifestando l’interesse a seguire le vostre orme? «È un po’ presto per dirlo, i nostri figli sono ancora troppo giovani per dire cosa succederà, ma sì, sono già molto curiosi».

vello di prodotti e servizi: ci stanno a cuore il Made in Italy, i nostri clienti e i nostri dipendenti oltre all’etica nel nostro settore. Non a caso, mio fratello Guido è stato nominato presidente del Comitato Etico di Assogemme». Spesso si dice che la terza generazione è quella che riesce a fare fallire anche le aziende più grandi… «Forse non abbiamo fatto in tempo (ridiamo). Scherzi a parte, ci è stato tramandato in tal modo l’amore per questo lavoro che abbiamo sempre preso molto seriamente le nostre decisioni, con grande responsabilità e con un

grande rispetto anche nei confronti dei nostri collaboratori, partner e clienti… per adesso la terza generazione ha creato sviluppo e con grande passione vogliamo continuare in questa direzione. Un nonno ha dato il via a tutto (sorride). Era un artigiano molto bravo e fin da ragazzo lavorava per le famiglie aristocratiche del tempo e, considerando che noi siamo piemontesi, anche per la casa reale. Ma lo spirito imprenditoriale ce lo ha trasmesso mio padre: grazie al grandissimo aiuto di nostra mamma, lui ha creato il brand e cominciato a strutturare il gruppo Damiani, mentre i miei fratelli ed io abbiamo introdotto nuove strategie di marketing e guidato

Ma la passione può arrivare fin da piccoli... «Certamente, infatti mio figlio e i miei nipoti parlano di voler lavorare per l’azienda, sarebbe la quarta generazione e riempirebbe d’orgoglio il loro bisnonno. Ma prima, e questa è una cosa importante, dovranno impegnarsi a dimostrare di avere i requisiti per entrare e soprattutto dovranno fare delle esperienze fuori da Damiani. Io non mi stanco mai di dire che un’azienda è una creatura, un essere vivente che va fatto crescere e chi la guida ha delle responsabilità nei confronti di tutte le famiglie che ci lavorano». Lei però ha iniziato subito a lavorare nell’azienda paterna… «Si, ma se tornassi indietro cercherei di fare anche altre esperienze. Ho iniziato a lavorare a 19 anni quando ancora studiavo perché ci tenevo tantissimo a capire questo mestiere che già amavo. Vedevo la passione che avevano mia mamma e mio papà e questo mi ha contagiata moltissimo. Rispetto a Guido, che prima ha lavorato con brillanti risultati nel settore immobiliare, mi è mancata un’esperienza esterna, una visione diversa o meglio una visione in più». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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PRIMO PIANO / SILVIA DAMIANI

Ha seguito in prima persona tutte le campagne pubblicitarie del vostro Gruppo e ha lavorato con molte celebrities… ci dice quali? «Ho avuto la possibilità di lavorare con star internazionali: personalità uniche caratterizzate da grande talento ed eleganza come Sophia Loren, Brad Pitt e Sharon Stone, senza dimenticare Jennifer Aniston, Gwyneth Paltrow, Isabella Rossellini, Madalina Ghenea ed Eva Longoria». Il fatto di chiamarsi Damiani, un cognome conosciuto in tutto il mondo, non le è mai pesato? «Ci sono state esperienze belle e brutte, come penso per tutti. Parto dal presupposto che sia più un privilegio che un problema. Mio padre diceva sempre che eravamo fortunati perché quando qualcuno acquista un gioiello che porta il nostro nome lo fa con gioia, per celebrare qualcosa di bello, scegliendo qualcosa che rimane nel tempo.

Per questo è importante soddisfare sempre e pienamente le aspettative del cliente. Tornando al mio cognome... un po’ di invidie e cattiverie le ho subite anch’io, ma questo è normale, in più occupandomi di comunicazione quando in passato dicevo che facevo pubbliche relazioni i più maliziosi pensavano che bastasse vestirsi bene e andare a qualche festa (ride). Ma io ho sempre guardato avanti. Amo il mio lavoro e ne conosco il valore».

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Lei ha un figlio, Leonardo, quasi maggiorenne, ma come è riuscita a fare tutto quello che ha fatto – penso ai numerosi viaggi - con una famiglia? «Non è che sono sempre in viaggio (ride); comunque quando Leo era piccolo ho potuto svolgere i miei viaggi di lavoro affidandolo all’ amorevole cura della mia mamma e quando Leo è diventato più grande ho sempre avuto persone fidate su cui appoggiarmi. Come tutte le madri che lavorano mi sono persa alcune cose, ma mai i momenti importanti. Infatti, con la giusta organizzazione sono fortunatamente riuscita e riesco ancora oggi a trascorrere molto tempo con mio figlio». Da quanto riesco a dedurre non è che le resta molto tempo per coltivare altre passioni... «I viaggi non sono solo parte del mio lavoro ma anche una mia passione che coltivo con la mia famiglia. Sono anche un’amante della natura. Poi mi piace l’arte contemporanea, il cinema, il teatro e il design». Lei ama la casa, le decorazioni, ha detto che se non fosse diventata gemmologa avrebbe potuto essere un architetto, un interior designer… «Assolutamente, anzi, da qualche anno questa mia passione è diventata un vero e proprio lavoro. Nel 2016 la mia fa-

miglia ha acquisito Venini, della quale ora ricopro il ruolo di Presidente. Con i suoi quasi 100 anni di storia, Venini è sinonimo di Made in Italy ed eccellenza nella lavorazione artistica del vetro. È una realtà che ha tanto in comune con Damiani: le professioni di maestro orafo e maestro vetraio sono molto vicine se ci pensiamo bene: la capacità artigianale, la cura per i dettagli e la passione per la bellezza sono elementi chiave. Se viene a casa mia vedrà delle splendide creazioni Venini, cui sono particolarmente affezionata». Tranne in questo periodo non penso che lei viva molto la casa… «Al contrario, per me la casa è molto importante. È un nido, un posto accogliente dove stare tranquilla con la mia famiglia e dove posso essere completamente me stessa. Non sono una buona cuoca, questo lo ammetto (ride divertita), ma dicono che sono una brava padrona di casa». E le pantofole le usa? «Sì, ma devono essere molto carine e le porto rigorosamente abbinate al mio abbigliamento da casa (ride). Sono del segno della Vergine e sono una precisina. Per me la cura per i dettagli è essenziale».


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SEAMASTER AQUA TERRA Come suggerisce il suo stesso nome, l’Aqua Terra oltrepassa numerosi confini: erede di una grande famiglia di orologi da navigazione oceanica, vanta il medesimo DNA dei nostri cronometri sportivi più robusti ma si distingue per la raffinatezza del suo stile, tipica dell’orologio classico. Restando fedeli a questo spirito, gli attuali modelli, certificati Master Chronometer, sono testati al più alto livello dall’Istituto Federale Svizzero di Metrologia (METAS). Ciò garantisce maggiore precisione, affidabilità e massima resistenza al magnetismo generato dai dispoitivi elettronici, quali telefoni cellulari e computer portatili, rendendo l’Aqua Terra l’orologio da tutti i giorni per eccellenza.


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TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021


PRIMO PIANO / RENATO POZZETTO

SAREMO SINCERI: LO PREMETTIAMO. QUESTA INTERVISTA È UN ATTO DI RICONOSCENZA PER CIÒ CHE QUESTO ARTISTA HA RAPPRESENTATO IN UN PRECISO PERIODO DELLA VICINA PENISOLA ITALIANA.

COMICITÀ SENZA TEMPO

DI AN GRANDI

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ra il periodo del Sessantotto, cui sarebbe rapidamente seguita la grande crisi petrolifera dei primi anni Settanta. Quella delle prime domeniche senz’auto. Quando le città si fermavano ed i negozi non facevano aperture festive. Dopo l’inarrestabile benessere di cui ci eravamo convinti negli anni Sessanta, i pomeriggi iniziavano a popolarsi di persone a cavallo, in bicicletta, sui pattini. Tutti rassegnati e sorridenti: altro non si poteva fare. Le auto rimanevano parcheggiate nei garages: vicino ad ogni targa, il bollo autoadesivo della velocità massima consentita. Cifre bianche su fondo rosso. Un ordine, più che un invito al risparmio. Mentre il costo della benzina saliva e saliva, familiarizzandoci con una parola che impaurisce ancora oggi: inflazione. Ma quelle erano anche le domeniche pomeriggio che i telespettatori si abituarono a trascorrere in casa, davanti al televisore. A vedere le immagini in bianco e nero del nostro ospite di oggi, Renato Pozzetto e del suo socio artistico Cochi Ponzoni. Ma anche di Paolo Villaggio, di Enzo Iannacci, Felice Andreasi, Lino Toffolo e di una banda di cabarettisti surreali che il desiderio di cambiamento e rivoluzione del sessantotto improvvisamente portò dalle lunghe nottate e dalle fredde cantine dei cabaret di periferia al prime-time televisivo. A loro, il corso del destino affidò l’improbabile compito di aiutare la nostra coscienza a superare con il sorriso una realtà socio-economica italiana passata in pochissimi anni dal certo all’incerto,

lasciandoci tutti sgomenti. La loro avventura è continuata: nei “favolosi” anni Ottanta, nei decenni successivi ed è sempre attuale. Le prime apparizioni televisive di Renato Pozzetto fanno ormai parte del patrimonio culturale italiano. Ricordiamone alcune. Anno 1968: “Quelli della domenica”. 1973: “Il poeta e il contadino”. Nel 1974: “Canzonissima”, trasmissione ammiraglia del servizio pubblico italiano dei tempi d’oro. Una RAI ancora splendida e incurante dell’arrivo disordinato dei nuovi barbari ai confini del suo impero televisivo: le emittenti private. Non era che l’inizio della carriera di Pozzetto. Questi suoi esordi ebbero un seguito. La multimedialità di quei tempi prevedeva altre due tappe obbligate: i dischi ed il cinema. Limitiamoci ai titoli di alcune delle sue canzoni più famose: La gallina; La canzone intelligente; E la vita, la vita; L’inquilino; Silvano. E poi: il cinema. Ben 66 film in 41 anni. Tra i più conosciuti: Sono fotogenico; Il ragazzo di campagna; Lui è peggio di me; Grandi Magazzini; Roba da ricchi; Le comiche. Compagni di avventura sul set i volti più noti del cinema italiano: Nino Manfredi, Johnny Dorelli, Paolo Villaggio, Adriano Celentano, Gloria Guida, Dalila di Lazzaro, Carlo Verdone, Diego Abatantuono, Christian De Sica, Massimo Boldi, Monica Vitti, Ornella Muti, Sabrina Ferilli. Caro, appena un po’ ingrigito ma sempre brillante ed amatissimo protagonista dei nostri anni migliori, assenti e presenti. Eccoti davanti a noi. Ci sorridi e chiedi la scena.

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artiamo dai tuoi esordi: da giovane sfollato in tempo di guerra sei andato a Milano e hai avuto successo. Quando hai capito che eri diventato famoso? «Tutto è avvenuto un po’ per volta. Ho iniziato nelle osterie. Poi il cabaret: il Cap 64 in Porta Romana, a Milano. Dopo un anno e mezzo, Enzo Jannacci, con cui lavoravo, ricevette una proposta dal proprietario del Derby, locale notturno dove Enrico Intra già suonava il jazz. Così è iniziata la avventura del nostro gruppo di artisti: insieme a me, l’amico e collega Cochi Ponzoni, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Felice Andreasi, Bruno Lauzi. Nel 1968 ci notò la RAI e registrammo la trasmissione “Quelli della domenica”. La trasmissione andava bene. Andando per strada la gente iniziò a riconoscerci e ci fermava. Ci avevano scritturato per sei puntate: finimmo per farne ventiquattro». Come sono nati i giochi di parole che hai inventato? «È semplice: ho sempre frequentato persone con le quali mi divertivo. Già da Gattullo, un bar di Milano, a Porta Ludovica, passavo le giornate con i miei amici. Il nostro gruppo di persone aveva un suo modo di colloquiare, ci inventavamo un umorismo dialettico tutto nuovo. Per esempio, quando ero appena diciottenne con loro mi ero inventato l’“ufficio facce”. Era un nostro ufficio immaginario dove facevamo commenti sui clienti che entravano nel bar e giudicavamo con molta ironia. Avevamo anche dei modi di dire particolari: come “cioè”, oppure TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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“praticamente”. Sono parole che ho sempre proposto con ilarità. Nei miei spettacoli le ripetevo per sottolinearne la esagerazione umoristica, per fare ridere. Queste trovate ci servivano a richiamare il pubblico, per sorprenderlo, divertirlo, insomma, per lavorare. E’ con questo spirito che ho composto anche canzoni come “La gallina”, “La canzone intelligente”. Lo facevamo per distinguerci, per fare qualcosa di nuovo e divertire». Come hai vissuto il ’68? «In un modo tutto sommato normale. Io ed i miei amici lavoravamo con Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Dario Fo. La sera cantavamo tutti insieme. Quando è arrivato il Sessantotto eravamo nel mondo del cabaret già da quattro anni. Passavamo le giornate ad inventarci nuove idee e provare gli spettacoli. Nessuno immaginava che in futuro qualcuno di noi avrebbe potuto avere successo. Eravamo fatti così: il mondo del cabaret era la nostra casa, era la nostra vita. Ci esibivamo in locali modesti, senza alcuna scenografia teatrale. C’era solo una pedana, un pianoforte. Io mi dovevo inventare lo spettacolo. A quei tempi la vita degli artisti di cabaret era una esistenza povera, senza illusioni». Vi accorgevate che la società stava cambiando? «A noi bastava che il pubblico venisse a vederci e si divertisse: tutto qui. Poi ad un certo punto iniziammo a notare che il locale veniva continuamente ingrandito. Ai nostri esordi ospitava al massimo cinquanta persone. Con il passare del tempo arrivammo anche a duecento spettatori per sera. La gente iniziò a prenotare i posti per i nostri spettacoli addirittura con mesi di anticipo. Per vederci, i clienti iniziarono a venire da fuori città: da Torino, Bergamo, Brescia, dal Veneto, ma anche da più lontano. Però, malgrado tutto, la nostra vita continuava a scorrere come sempre, in modo normale. Il successo per noi è arrivato a

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poco a poco. E così sono stato chiamato in RAI, poi sono arrivato al cinema, dove per fortuna le cose sono mi andate sempre bene». Come sei passato prima dal cabaret, poi alla RAI, ed infine al cinema? «Tra gli spettatori del nostro cabaret spesso c’erano anche autori televisivi, come Italo Terzoli ed Enrico Vaime, della coppia artistica Terzoli & Vaime, che lavoravano a Roma per la RAI. Loro erano interessati alle nuove tendenze, alle novità. Noi artisti di cabaret siamo piaciuti e ci hanno chiamato in Tv. Prima con poche apparizioni. Poi, come sempre, iniziarono ad affidarci uno spazio sempre maggiore, un po’ per volta. Comunque noi eravamo già abituati al contatto con il pubblico. Al cabaret la gente si avvicinava, per farci i complimenti, offrire una bottiglia, esprimerci gratitudine con un gesto, una frase. C’era anche chi era semplicemente curioso di conoscerci. Come il pittore Lucio Fontana ed i suo gruppo di amici, che spesso venivano ad ascoltarci all’osteria. Tutto si è sviluppato in modo graduale. Lo stesso è accaduto per il mio debutto al cinema. Fai un film, poi vai a vederlo: se è venuto bene ti senti soddisfatto e continui. A me è capitato proprio così. Ho portato fortuna anche al mio amico Cochi Ponzoni, a tutti i colleghi del cabaret, a molte altre persone. Ne sono veramente contento. Non ho mai vissuto con il pensiero che un mio film dovesse sbancare al botteghino. Successo o insuccesso, nel bene o nel male, questa è la nostra vita, queste sono le regole del gioco e fanno parte del nostro mestiere». Come ti sei trovato a recitare con alcuni dei protagonisti del cinema italiano? «Con alcuni ho lavorato alla pari. Con altri capivo che l’attore principale ero io, era con me che si voleva girare il film. Per esempio: con Adriano Celentano ho recitato alla pari. Lavorando

con me lui iniziò a parlare un linguaggio che apparteneva anche a me e che poi entrambi abbiamo condiviso nei nostri film. Sino a quel momento lui aveva avuto un suo modo di proporsi al pubblico, ed io il mio. Comunque, anche sul set le mie esperienze si sono sviluppate in modo tutto sommato normale. Io ero abituato al successo popolare già dai tempi del cabaret: averlo trovato anche al cinema non mi ha sorpreso. Magari le prime volte, poi ci ho fatto l’abitudine. E così anche il cinema è diventato il mio nuovo mestiere. Non ho particolari aneddoti da ricordare delle mie esperienze sul set. Tutto fa parte di un film: dentro e fuori dalle scene. Il mio impegno è sempre stato di offrire al pubblico un buon prodotto». Tu eri molto amico anche di Paolo Villaggio… ricordi la serie dei tre film “Le comiche”? «Lo ammetto: quelle produzioni le ho prese po’ sottogamba, quel tipo di pellicole. Come genere appartenevano più a Villaggio. Io ho partecipato, ma quel tipo di sceneggiature erano preparate soprattutto per lui: c’era un umorismo fatto di gag, smorfie, ruzzoloni. Sono comunque contento che quei film abbiano avuto un ottimo successo di pubblico». La periodo d’oro della televisione italiana ha coinciso con gli anni ‘60/’70… «È vero. Ma la nostra recitazione ed in particolare le nostre canzoni oltre alle favorevoli circostanze di quel periodo debbono molto anche ad Enzo Jannacci. Raccontavamo in modo serio dei fatti che erano umoristici. Per esempio: la canzone “La vita l’è bela”, ricorda in modo scherzoso che la vita è facile quando hai qualcuno che ti protegge, che ti tiene aperto l’ombrello sopra la testa. Derideva quelli che per fare il proprio mestiere si appoggiavano alla politica ed ai partiti. Questo è il modo in cui noi lavoravamo nei no-


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stri spettacoli: proponendo un nostro linguaggio e le nostre intuizioni. Non vedo eredi a questo mio modo surreale di ironizzare sulla realtà e che comunque rimane una forma sempre impegnativa di descrivere le cose». Cosa vorresti vedere ancora in televisione? «Non so, debbo ammettere che per me il mondo dello spettacolo non è mai stato tutto. Oltre ad essere un personaggio pubblico, ho sempre mantenuto anche una mia vita privata. Quarant’anni fa, insieme a mio fratello, ho acquistato una cascina che ho trasformato in quella che oggi è la Locanda Pozzetto a Laveno Mombello, albergo e ristorante, ben frequentati dai turisti e dagli appassionati di buona cucina. Quindi oltre agli impegni professionali ho custodito una mia dimensione privata che non ho mai diviso con il lavoro».

Cosa stai preparando per il futuro? «Andiamo con ordine. Innanzitutto sto lavorando ad un film, anche se non sono certo che si farà. Per il momento il titolo è: “Una mucca in paradiso”. Mi incontro spesso con l’architetto Stefano Boeri, quello che a Milano ha progettato i palazzi del Bosco Verticale, dove ha inserito spazi verdi ad ogni piano, per ogni appartamento. Nel 2015 il Council on Tall Buildings and Urban Habitat di Chicago li riconosciuti i grattacieli più belli ed innovativi del mondo. La trama di questo film è moderna ma sempre surreale. Un contadino viene assunto da un milionario per accudire il prato del suo appartamento nei palazzi del Bosco Verticale. Porta una mucca in casa e avrà fortuna vendendo agli inquilini del grattacielo il buon latte ed i formaggi freschi prodotti dalla mucca. La parte comica nasce dalla contrapposizione tra il personaggio del contadino, che rappresenta i valori tradizionali, e la nostra

società che sia pure ultra-moderna, resta comunque sensibile al richiamo di una realtà semplice e genuina». E il teatro? «Quando gli impegni me lo consentono, mi piace partire in tournée. Ripropongo le mie canzoni, alcune novità, e spezzoni dei miei film, come il “Ragazzo di Campagna” ed “E’ arrivato mio fratello”. Sono sempre molto apprezzati dal pubblico». Cosa c’è nel tuo privato? «Sempre con l’architetto Stefano Boeri, che è anche direttore della Triennale di Milano, ci piacerebbe organizzare un partenariato fra La Triennale ed il Festival di Locarno. Ho contatti con la Svizzera, dove ho molti amici. Ma anche con gli Stati Uniti. Mia nipote vive a New York. Ma, credetemi, ogni estate viene a trovarmi: per stare insieme alla sua famiglia».

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Ph: ©Vanity Fair


PRIMO PIANO / FEDERICO MOCCIA

CURIOSO OSSERVATORE DELLA VITA FEDERICO MOCCIA, SCENEGGIATORE, REGISTA E AUTORE TELEVISIVO, HA PUBBLICATO NUMEROSI ROMANZI DI GRANDE SUCCESSO IN ITALIA E NEL MONDO. LO ABBIAMO INCONTRATO A LUGANO IN OCCASIONE DELL’EVENTO “METTI UNA SERA A CENA”, ORGANIZZATO DA SIMONETTA ROTA - MORE THAN EVENTS.

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lasse 1963, Federico Moccia nasce a Roma, in una famiglia dove il cinema regna sovrano (è infatti figlio del noto sceneggiatore e regista Pipolo). Nel 1992 prova a diventare scrittore con il suo ormai iconico Tre metri sopra il cielo, ma deve attendere ben quattordici anni prima che il suo romanzo abbia successo. Un’esplosione di consensi arrivata improvvisamente dal tam-tam dei lettori, che lo accompagnerà anche nelle sue successive pubblicazioni.

n un momento in cui il mondo sembra essere travolto dalla seconda ondata della pandemia, molte voci si sono levate a criticare i giovani che con i loro comportamenti mettono in pericolo la sanità pubblica. Dal suo osservatorio privilegiato, che cosa pensa dell’universo giovanile? «Sono rimasto molto impressionato dalla facilità con cui i giovanissimi, addirittura bambini e ragazzi, hanno accettato di indossare le mascherine e si sono adeguati alle nuove norme imposte a scuola. I giovani hanno avuto invece un atteggiamento più contradditorio. Ci sono quelli che rispettano le regole e altri che, nella sensazione di onnipotenza dettata dal loro entusiasmo di vivere, non avvertono le paure tipiche di chi vede invece la fragilità e la precarietà della vita, come le persone più anziane che hanno il timore di poter perdere tutto ciò che hanno costruito. In questo senso, i giovani non li vedo mutati rispetto ai loro appuntamenti che avvengono il più delle volte nei bar in cui ordinano qualcosa da bere. La loro vita non è condizionata da questa paura, ma la leggerezza rispetto a comportamenti rispettosi degli altri deriva in buona parte dalla mancanza di valori e modelli autorevoli e credibili da parte

del mondo degli adulti, che negli ultimi anni hanno dato esempi davvero poco edificanti». Una crisi che abbraccia dunque tutta la società…come se ne esce? «Non è semplice dare una risposta univoca ma è certo che i comportamenti dei giovani riflettono pesantemente la mancanza, a partire dalla famiglia e dalla scuola, della figura di educatori, capaci di trasmette valori e modalità di comportamento: si pensi, per fare solo qualche esempio, alla scarsa attenzione e al non rispetto nei confronti della città in cui viviamo; oppure, peggio ancora, all’incapacità di accettare che un rapporto d’amore all’interno di una coppia possa finire, senza che per questo debba scattare una reazione di violenza, fino all’omicidio, nei confronti soprattutto delle donne. Bisogna imparare ad accettare il fallimento, che deve diventare la motivazione per riflettere, lavorare e tendere al miglioramento di sé stessi». Anche il suo desiderio di raccontare nasce dunque dalla voglia di reagire in qualche modo a ciò che non le piace nel modo di vivere contemporaneo? «In un cero senso direi proprio di sì. Sono spinto a incanalare la rabbia per TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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Da giovane volevo fare l’oceanografo o il medico biologo, e intanto studiavo Legge. Però devo dire che mi è sempre piaciuto scrivere, annotare sensazioni, ricordare un incontro, un dialogo, un’atmosfera che mi aveva particolarmente colpito. farla diventare un atteggiamento positivo. Credo che si debba avere nei confronti delle cose che ci circondano un atteggiamento attivo, un desiderio di trasformazione, non basta limitarsi a guardare e registrare ciò che accade». Anche il suo successo come scrittore è arrivato solo dopo una lunga attesa… «Quando ho scritto Tre metri sopra il cielo ero sicuro che sarebbe stato più che apprezzato. Invece mi sono piovute addosso una serie di critiche e un ampio numero di No, ai quali non ho risposto con remissività ma con disappunto. Io ci ho sempre creduto nel mio romanzo, mi sarei innamorato follemente della storia di Tre metri sopra il cielo, perché è la storia che da sempre avrei voluto leggere. Così mi sono imposto di trovare una piccola casa editrice e di stamparlo a spese mie. Il Ventaglio, una piccola casa editrice appunto, mi ha accolto e così ho visto il mio libro pubblicato. Questo è stato il mio modo di rispon-

dere a chi non ha voluto darmi alcuna fiducia. Ritengo che sia importante ribattere ai rifiuti in maniera costruttiva, gestendo la rabbia e il fastidio che inevitabilmente procurano e trasformarli in qualcosa di positivo. Il mio romanzo ha avuto successo dopo dodici anni, ma in realtà io ero già soddisfatto e felice per aver pubblicato un libro, indipendentemente dal numero di lettori che avrebbe avuto. Quando poi il mio libraio mi ha chiesto altre copie del romanzo, che nel 2004 è divenuto il più richiesto, io sono tornato alla casa editrice Il Ventaglio, inconsapevole del fatto che avesse chiuso i battenti. Così mi sono rivolto alla Feltrinelli, che ha venduto più di 1.850.000 copie, un successo incredibile per un esordiente che scriveva di giovani in un periodo in cui non si dava ai ragazzi molta fiducia in merito alla lettura. Ora questo libro è stato tradotto anche in inglese e sbarca negli Stati Uniti, un mercato tradizionalmente molto ostico per gli scrittori italiani».

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Accanto alla sua attività come scrittore lei vanta un’assidua frequentazione del mondo del cinema… «Ho esordito a soli 19 anni come aiuto regista in Attila flagello di Dio, film del 1982 diretto da mio padre e Franco Castellano, meglio noti come Pipolo e Castellano. Nel corso degli anni ho fatto poi lo sceneggiatore e il regista per serie televisive di buon successo come I ragazzi della 3ª C e College, salvo poi dedicarmi interamente alla scrittura di testi per programmi d’intrattenimento. Nel 2004, visto il boom di vendite del libro, si decise di farne una trasposizione cinematografica che non solo consacrò l’attore Riccardo Scamarcio (nei panni del protagonista Step) a idolo giovanile, ma diede vita ad un vero e proprio modus sentiendi giovanile che vide per esempio ragazzi e ragazze apporre le proprie iniziali sui lucchetti ancorati a Ponte Milvio. Successivamente, i romanzi Ho voglia di te e poi Scusa ma ti chiamo amore hanno avuto una trasposizione cinematografica e di quest’ultimo film sono stato anche regista. Anche da Scusa ma ti voglio sposare è stato tratto un film. Per completare la serie, dal 2012 mi sono dedicato alla sceneggiatura cinematografica, nonché alla regia, dando luce al film Universitari – Molto più che amici. Sicuramente il racconto cinematografico mi affascina molto e devo dire che aver vissuto in una famiglia dove il cinema era di casa mi ha certamente aiutato. Soprattutto credo di avere assimilato una cultura del fare le cose da artigiano, che conosce bene tutte i ruoli, le fasi e le figure, i mezzi e gli strumenti di un processo realizzativo. Un’eredità che sicuramente ho ricevuto da mio padre, e di cui gli sono molto grato, riguarda poi la curiosità, un atteggiamento di conoscenza e di comprensione verso le cose degli altri, i fatti, i sentimenti, le emozioni, senza il quale non credo sia possibile scrivere un buon libro o girare un buon film».


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Oggi i giovani utilizzano non solo i social ma anche le app di incontro. Queste tecnologie non rischiano di inquinare la genuinità dei sentimenti? «Credo che anche questo sia un modo come tanti altri di potersi incontrare e conoscere. L’unico limite è che quando si vive nel virtuale tutto funziona perdendo di vista ciò che potrebbe avvenire nel reale. E’ la realtà che determina un po’ tutto. Capita di incontrare persone che manifestano interesse a divertirsi senza aver voglia di costruire qualcosa ma questo succede anche nella vita di tutti i giorni». A proposito di College, tra le attrici figurava una giovanissima Federica Moro, personaggio molto noto e amato in Ticino… «Ricordo con grande piacere quel periodo in cui realizzammo College, 14 episodi sulla vita e gli amori di un gruppo di ragazze di un collegio e dei loro rapporti con dei giovani cadetti. La serie ebbe un grande successo perché, grazie anche alla freschezza e la vivacità di attori e attrici come Federica, raccontavamo con leggerezza una vita allegra e spensierata fatta di emozioni e sentimenti, in un clima di ottimismo e di gioia di vivere ben lontano dai tempi più grigi e pesanti che avremmo più tardi dovuto affrontare». Come si diventa scrittore di successo? «Da giovane volevo fare l’oceanografo o il medico biologo, e intanto studiavo Legge. Però devo dire che mi è sempre piaciuto scrivere, annotare sensazioni, ricordare un incontro, un dialogo, un’atmosfera che mi aveva particolarmente colpito. Così ho cominciato a scrivere soprattutto per me, poi ho iniziato a portare in giro per le televisioni soggetti di sceneggiature… A me le cose devono colpire, così come le persone, di cui non mi importa l’eleganza o la bellezza, ma quello che mi trasmettono. Mi

piace chi possiede una caratteristica che lo contraddistingue e questa mia convinzione o questo mio principio come dir si voglia, è stata la chiave della mia selezione: cercare in ogni racconto un elemento che mi colpisse. Mi piace definirmi “un ladro di storie”. Spesso quello che si scrive con un determinato intento prende delle pieghe inaspettate rispetto a quello che è il messaggio originario che l’autore vorrebbe inviare». Possiamo anticipare qualche progetto per il futuro? «Innanzitutto sono molto contento della prossima uscita di Summertime, la serie TV Netflix tratta proprio da Tre metri sopra il cielo. La sceneggiatura mi è piaciuta molto e credo che siano riprodotte perfettamente alcune delle atmosfere del libro. La scelta del cast è ottimale e sono sicuro che la Netflix abbia fatto un ottimo lavoro per raccontare la storia, perché ribadisco che la cosa più bella è raccontare qualcosa di valido. Ecco per il futuro mi piacerebbe raccontare una storia che si dipani tra gli anni ’70-’80 e i giorni nostri, raccontando il confronto, e spesso il conflitto tra le generazioni, sullo sfondo delle grandi trasformazioni che hanno accompagnato il nostro Paese negli ultimi decenni».

01 Simonetta Rota e Federico Moccia all’Hotel Splendide di Lugano 02 Federica Moro nel film College 03 Federico Moccia sul set

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IL MIO CAMMINO DI CONVERSIONE

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ei è Vescovo Emerito ma per buona parte della popolazione ticinese resterà sempre Don Grampa. Come è stato possibile conciliare gli importanti incarichi rivestiti nel tempo con il suo lavoro educativo e il suo essere, fin in fondo, un prete umanista? «Quello che lei mi chiede fa onore ai ticinesi, che non confondono la persona con la funzione. Prima che per quello che uno ha fatto dev’essere ricordato per quello che è. Per me poi gli incarichi rivestiti sono stati conseguenza di una chiamata, frutto di una vocazione. Non ho scelto io di fare il prete, l’educatore e il Vescovo. Sono stato chiamato, ho cercato di rispondere di sì e di svolgere con autenticità i servizi richiesti, senza rinunciare ad essere quello che sono, sempre in cammino di conversione». Da più parti si sente dire che dopo la pandemia non saremo più gli stessi di prima. Ritiene che sia soltanto un luogo comune o intravvede segni più duraturi di un profondo cambiamento? «Il cambiamento, più che dalla pandemia, dipenderà dalla saggezza delle persone, che imparano presto, ma dimenticano ancora più in fretta. C’è da augurarsi che si sappiano trarre tutti gli insegnamenti contenuti non solo nella terribile, pesante esperienza della pandemia, ma anche da altri fenomeni come ad esempio il degrado ecologico, lo sfruttamento insensato delle ricchezze della natura per calcoli economici, le migrazioni dei popoli, la gestione dei nuovi mezzi di comunicazione, la ripresa delle am-

UN INCONTRO CON DON GRAMPA RAPPRESENTA SEMPRE L’OCCASIONE PER UN DIALOGO FRANCO E SENZA RETICENZE INTORNO AI PROBLEMI DELLA CHIESA E ALLE GRANDI QUESTIONI MORALI CHE AFFLIGGONO L’UOMO CONTEMPORANEO. DI EDUARDO GROTTANELLI DE’SANTI

bizioni spaziali, il non sopito scontro religioso o ideologico… al quale tenta di ovviare Papa Francesco con la sua Terza Lettera Enciclica, Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale. Sono tanti i segni che dicono di un profondo cambiamento in atto, il cui esito dipende dalla saggezza degli uomini e delle donne, delle persone, che ne devono essere protagonisti e non succubi». In che misura ritiene che il Pontificato di Papa Francesco rappresenti un punto di svolta dopo il quale la Chiesa non potrà più essere quella dei decenni precedenti? «Innanzitutto dobbiamo riconoscere a Papa Francesco l’intuizione che il nostro tempo non è tanto un’epoca di cambiamenti, ma piuttosto un cambiamento d’epoca. Nel discorso alla Curia Romana dello scorso mese di dicembre, prima dello sconquasso del Covid-19, affermò che: “quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamento, ma è un cambiamento di epoca”. Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; impongono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la Fede e la scienza. Mi permetta

un esempio: entreranno in vigore alcune modifiche ai testi della Liturgia della Messa, cambiamenti sui quali lavorano gli esperti da vent’anni, e sul cui risultato non ho niente da obiettare, ma non dobbiamo dimenticare che la prima conseguenza di questo cambiamento d’epoca è che non possiamo dare più per scontata l’esperienza della Fede. E questo comporta interventi ben più profondi ed anche impone tempi più veloci. Si ricordi ciò che rilevava il Cardinal Martini sui 200 anni di ritardo della Chiesa. Infatti dice ancora il Papa: “Fratelli e sorelle, non siamo più nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale… Non siamo più in un regime di cristianità, perché la Fede, specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente, non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”. Posso solo esprimere un augurio, che certe acquisizioni di uno stile di vita e di testimonianza datici da Papa TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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Francesco, più conformi al Vangelo, anche nelle loro acquisizioni di semplicità, di modestia, di umiltà, di autenticità, possano venire mantenute, interpretate secondo la personalità propria di ogni Pontefice, ma che non sia più copia dei sovrani della terra. Lo chiede espressamente Gesù nel Vangelo. Si veda ad esempio Matteo 20, 25-28: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere fra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo. E colui che vorrà essere il primo tra voi si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti». La donna e l’uomo contemporanei sembrano essere sempre più spesso posseduti da demoni che ne condizionano spiritualità e comportamenti. Come ci si può liberare da queste minacce che allontanano dalla religione e mettono in pericolo la libertà di spirito e di pensiero? «Vogliamo ascoltare ancora cosa ci dice Papa Francesco: “Il nostro non è un tempo di fondatori, ma di riformatori”, in cui si esprime bene il fatto che non abbiamo bisogno di geni solitari, ma di Chiese che si mettano in movimento assieme, con un cammino sinodale (cioè fatto assieme), innanzitutto per cogliere i segnali di un nuovo inizio, cioè di cambiamenti che sono indicatori di un nuovo modo di rapportarsi con l’esperienza della Fede. Ad esempio l’attuale organizzazione della Chiesa, centrata sull’Occidente cristiano, viene messa in discussione dall’espansione del cristianesimo in continenti e territori nuovi, finora considerati periferici, ma che Papa Francesco riconosce dando loro rappresentanza nel Collegio dei Cardinali e cercando una nuova organizzazione della Curia papale. Anche

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l’organizzazione della pastorale parrocchiale, che nelle forme attuali è conseguenza del Concilio di Trento, chiede di venire rivista di fronte ai fenomeni rilevati dai sociologi religiosi. Si vedano a questo proposito gli studi di: C. Giaccardi-M. Magatti, La scommessa cattolica; Franco Garelli: Gente di poca Fede, o anche il teologo Matteo Armando: La Chiesa che manca, Il Vangelo nel tempo, La prima generazione incredula. Non diversamente, il nostro Vescovo, nella sua ultima Lettera pastorale, Ripartire dal cuore, invita a riflettere sul nostro essere Chiesa e propone di far sorgere quelli che lui chiama “laboratori di speranza”, nella convinzione che fare ministero non coincide con l’adorare la cenere, ma custodire il fuoco, come scrive il servita Ermes Ronchi, per questo occorre coraggio: mettere il cuore, dare il cuore per ripartire». Lei ha sempre rivestito un ruolo di docente prima nel Collegio Pio XII di Lucino e dal 1965 quale vicerettore al Papio di Ascona. E poi ancora quale rettore, dal 1979 al 2003. Che cosa vuol dire, nella società contemporanea, svolgere un ruolo di educatore nei confronti del mondo giovanile? «Avvertire la complessità dell’impegno educativo; mettere in atto una serie di iniziative che aiutino ad introdurre i giovani nell’insieme complesso della realtà contemporanea. Educare è e– ducere, cioè condurre fuori dalla propria singolarità, dalle proprie chiusure, dai propri schemi, dalle proprie ambizioni, dai propri punti di vista, per confrontarsi con gli altri, per entrare nella realtà totale (in Gesamtwirclichkeit, dicono i tedeschi con termine efficace), nella complessità dell’essere puntando sull’essenziale, puntando molto sulla libertà responsabile che sa dar ragione del suo essere, e non abbia paura di lasciare libertà nella pluralità delle forme, lingue, culture, storie, tradizioni, civiltà diverse.

San Paolo, scrivendo ai Galati (5,13), ricorda che ogni uomo è chiamato a realizzare la sua libertà: “In libertatem vocati estis”. Non si nasce liberi, si diventa liberi. Ho letto con interesse, nella stampa del 31 ottobre, un’intervista a Vito Mancuso, dove precisa che la formazione delle nuove generazioni è sempre meno educazione e sempre più istruzione, e precisa come istruire viene da in-struere, cioè preparare per, e noi prepariamo i nostri ragazzi per essere strumenti in una struttura - ospedaliera, bancaria, aziendale - si concepisce l’essere umano come ingranaggio di un meccanismo più grande; il che non è sbagliato, ma non è sufficiente, perché l’essere umano è la sua interiorità, la sua capacità di pensiero critico e creativo, quindi non solo a servizio della struttura, ma anche capace di ribellarsi alla struttura, di saperla superare. Certo occorre non confondere libertà con licenza, con permissivismo indifferente; libertà esige responsabilità, capacità di dare ragione, di motivare le proprie scelte, di riconoscere i propri limiti, di costruire cammini assieme. All’istruzione non interessa la libertà ma l’esecuzione; occorre ritornare all’educazione che fa crescere nella libertà, nella responsabilità, nella creatività». Quando fu chiamato alla guida della Chiesa di Lugano lei scelse il motto episcopale Patiens in adversis. Oggi, dopo oltre 60 anni di vita ecclesiale, come esercita la sua funzione al servizio di una popolazione che lo continua a riconoscere come il proprio pastore? «Per favore non cadiamo nell’equivoco dei due Vescovi, come dei due Papi. Papa è uno solo: Francesco; ha precisato il cardinal segretario di Stato Parolin. Vescovo di una Chiesa è uno solo, da noi nella Chiesa di Lugano, si chiama Valerio. Evitiamo gli equivoci, peggio le contrapposizioni; è un peri-


PRIMO PIANO / VESCOVO EMERITO DON MINO GRAMPA

colo conosciuto sin dalle origini del cristianesimo, basti pensare a Paolo, quando scrivendo ai cristiani di Corinto, nella sua prima lettera, parla delle divisioni di quella Chiesa (I Corinti 1, 10-12): “Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: Io sono di Paolo’, ‘Io invece sono di Apollo’, ‘E io di Cefa’, ‘E io di Cristo!’ ”. Circa il mio motto episcopale le racconto come avvenne la sua scelta casuale. Si stavano restaurando gli affreschi del coro della Chiesa del Collegio Papio di Ascona, e sotto la figura di San Gregorio Magno apparve questa scritta: Patiens in adversis. Un vicerettore disse che sarebbe stato un bel motto per il prossimo vescovo, io annuii, e quando mi toccò quel servizio la scelta era fatta, anche perché, conoscendomi, ero consapevole che sarebbe stato un motto opportuno, di una virtù alla quale l’apostolo Giacomo, nella sua lettera, non manca di fare l’elogio, usando tre diversi vocaboli per indicare il ricco concetto di pazienza cristiana: la resistenza interiore, la sopportazione del male e l’animo largo, l’ampiezza delle vedute e la forza delle lunghe attese. Mi aveva pure colpito la considerazione di Romano Amerio, che nel suo Zibaldone all’aforisma 59 scrive: “Il vocabolo pazienza è invilito e lo adoperiamo per i giochi di pazienza e simili cose non disoneste, ma insignificanti. Viceversa pazienza è l’espressione maggiore della virtù di fortezza, perché la forza che si chiede per resistere è maggiore di quella che si richiede per attaccare”. La figura del Vescovo emerito, di recente istituzione e che ritengo rispondente al contesto diverso della Chiesa oggi, deve essere ancora meglio elaborata. Ne scriveva l’arcivescovo emerito di Pisa, Alessandro Plotti, (Confessioni di un vescovo emerito, Edizioni Ancora), che non manca di porre il problema e sollevare interrogativi con umanità e passione, saggezza e schiettezza. Non è

serio limitarsi a dire: “Adesso tu sta bravo, riposa, prega, leggi, studia e taci”. Se l’episcopato è uno dei tre Sacramenti (l’Ordine sacro) che col Battesimo e la Cresima imprime un carattere indelebile, non si può metterlo sotto naftalina, equiparare un vescovo al superiore di un ordine religioso non mi pare teologicamente corretto. In attesa che gli studi si approfondiscano, dipende dalla saggezza delle persone non sollevare equivoci e divisioni. Le occasioni non mancherebbero». Lei si è battuto a lungo e tenacemente per evitare la chiusura del Giornale del Popolo. Come commenta ora la negativa conclusione della vicenda? «Su questo punto per mettere in pratica quanto venivo dicendo, preferirei non rispondere. Leggendo i Vangeli mi ha sempre colpito l’atteggiamento di Gesù durante il suo processo, quando gli evangelisti ritornano con un ritornello: “Jesus autem tacebat”; Gesù taceva e non rispondeva nulla. Per cui preferisco non esprimermi, avrei troppe cose da dire, ma riaprirei ferite che è meglio lasciar guarire. Il giornale non andava più in quella forma, ma in un’altra? In un certo senso “res ipsa loquitur”, parlano i fatti, gli storici li analizzeranno, lasciamo tempo al tempo».

Da ultimo, lei è stato spesso criticato per le posizioni assunte verso una cultura dominante acritica e piegata a logiche disumane, non temendo di farsi nemici per annunciare il Vangelo. Ancor oggi Don Mino resta un maestro di dissidenza? «No! Non lo sono mai stato, perché di dissidenza? Semmai di libertà, senza opportunismi, di fedeltà al Vangelo che è “proposta di contestazione verso una cultura dominante, acritica e piegata a logiche disumane”, come lei dice. D’altra parte anche qui il mio riferimento è al Vangelo, e Gesù dice: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso” (Luca 12-49) e in Matteo 10-34: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada”. Sappiamo che una esatta esegesi mette nel giusto contesto le affermazioni e offre gli strumenti per valutarle nel loro insieme, ma condivido il giudizio del servita Ermes Ronchi che far ministero non coincide con l’adorare la cenere, ma custodire il fuoco».

Il Vescovo Emerito Don Mino Grampa insieme a Papa Francesco

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PRIMO PIANO / MARZIO VILLA

IMPRENDITORE E CREATIVO

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l suo nome si lega a due marchi prestigiosi rispettivamente nel mondo dell’orologeria (Cuervo y Sobrinos) e di recente in quello della gioielleria (Marzio Milano). Quali sono state nella sua vita di creativo e di imprenditore le tappe che l’hanno portata a raggiungere questo successo? «In verità da giovane studiavo legge (mi sarebbe piaciuto fare il penalista) quando ho incominciato a lavorare, un po’ per sfida personale, con la Società distributrice di orologeria Binda che aveva bisogno di qualcuno che si occupasse della loro marca Breil: avevo messo un termine alla mia collaborazione, volevo tornare agli studi, ma in sei mesi ho raggiunto un target altissimo e quando ho voluto andarmene, la Direzione con Carlo Crocco, che conoscevo dai tempi della scuola, mi convinse a restare nella sua azienda. Quel mondo mi affascinava e ben presto si è presentata la grande occasione che ha segnato la prima parte della mia vita: proprio in quel periodo era nata, infatti, la marca Hublot e nel giro di pochi anni mi sono trovato ad essere alla guida di mercati di primaria importanza come l’Italia, la Spagna, il Portogallo e tutta l’America latina. È stata un’esperienza importantissima che mi ha dato grandi soddisfazioni, perché posso dire di avere contribuito in modo decisivo all’affermazione di quel marchio in tutto il mondo». La società di distribuzione di orologeria da lei fondata, Diarsa è diventata un leader indiscusso del settore… «Diarsa ha iniziato la sua attività nel 1982, distribuendo in esclusiva in Spagna e in Portogallo l’azienda svizzera di

alta orologeria Hublot. Nei successivi 25 anni, gli eccellenti risultati ottenuti sul mercato iberico ci hanno consentito di ottenere un grande riconoscimento internazionale. Abbiamo così ampliato l’offerta e avviato la distribuzione di altre importanti aziende internazionali. Oggi Diarsa, che ha la sua sede a Madrid e un ufficio a Lisbona, gestisce la distribuzione di sei aziende di alta orologeria e gioielleria: Hublot, Cuervo y Sobrinos, Eberhard & Co, Porsche Design, Baume & Mercier e Damiani».

AVVICINATOSI VERSO I 30 ANNI AL MONDO DELL’OROLOGERIA (E PIÙ TARDI A QUELLO DELLA GIOIELLERIA), MARZIO VILLA NE È DIVENTATO IN BREVE TEMPO UN INDISCUSSO PROTAGONISTA, RIDANDO TRA L’ALTRO VITA AL BRAND CUERVO Y SOBRINOS CONOSCIUTO IN TUTTO IL MONDO.

A proposito di Cuervo Y Sobrinos, essa rappresenta senza dubbio una delle sue grandi scommesse vincenti. Come è nata questa sfida? «Le racconterò una storia. La Habana di fine 19esimo secolo era la capitale della bella vita, la «perla dei Caraibi». Attori, politici, avventurieri. Erano tempi in cui andare sull’isola di Cuba era un viaggio vero, e dove si restava per mesi, non un solo weekend. La tradizione vuole che nel 1882 don Ramon Cuervo riunisse a tavola i suoi nipoti (appunto, i suoi sobrinos) e proponesse loro di aprire nel cuore della città una boutique di gioielli e orologi che incarnasse lo stile di vita dell’epoca. L’impresa ebbe successo e per lungo tempo quegli orologi rappresentarono un autentico oggetto di culto e di desiderio. Fino a che nel 1957 la svolta politica di Fidel Castro spazzò via i lustrini della città e con quelli il marchio Cuervo y Sobrinos che nel frattempo era già diventato una potenza». E lei come decise di rilevarlo? «Sognavo da sempre l’opportunità di lanciare un nuovo marchio. Intorno al 2000 su un giornale trovai un’offerta di TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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PRIMO PIANO / MARZIO VILLA

vendita di quattro orologi in oro Cuervo y Sobrinos d´epoca e la possibilità di rilevarne il marchio acquistandoli. In un momento storico in cui il vintage tornava a dettar legge nella moda, mi sembrò poter essere un’operazione al passo coi tempi. Così partii per Cuba con in valigia tutti i libri su La Habana anni Trenta. Volevo vedere da vicino cosa era rimasto del vecchio negozio e cosa poter costruire su quelle fondamenta. La grande boutique era diventata un deposito in cui la gente buttava le cose dalla strada. Ma lì ho iniziato il mio progetto: ho fatto ripulire tutto, le colonne in marmo, quattro stupende casseforti, alcune pareti con boiserie. Nell’interrato del negozio, ho rinvenuto anche il «libro de oro» con le fotografie di Hemingway, Caruso, Clark Gable, Winston, Churchill e Einstein, tutti clienti fedelissimi della boutique. Dopo trattative lunghissime, ho ottenuto di far rivivere in La Habana una boutique vicino a una veccia sede della Marca e, in un anno e mezzo, sono riuscito a creare una rete internazionale per rilanciare quell’immaginario che mi aveva sempre affascinato. I primi modelli sono stati prodotti nel 2004». Di questo progetto lei è stato l’anima imprenditoriale ma anche lo spirito creativo… «Negli orologi Cuervo y Sobrinos non ho voluto cambiare né la filosofia né l’estetica: l’anima di questi orologi è rimasta il ritorno nostalgico ai tempi in cui la gente aveva gusto, viveva per la bellezza delle cose. Sulle radici di La Habana che fu, ho ridato credibilità a una marca che fa ancora sognare e tutti ricordano con piacere. Ho mantenuto lo stile e riprodotto i vecchi meccanismi per alcune edizioni limitate. E questo intento è stato capito nel mondo. Paradossalmente tutti i paesi dimostrano come sia internazionale la filosofia del lusso di Cuervo y Sobrinos, specialmente l’America e il Giappone e la Spagna con la loro identità. Ovviamente la Spagna, vanta una tradizione latina nei

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TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

confronti di quel marchio, ma il Giappone è un caso interessante perché la Marca propone uno stile di vita e di gusto molto affine a questo paese cosi legato alle tradizioni e ai dettagli. Il problema è comunicare il concetto a tutti i diversi intermediari. Lo spiego all’importatore, che poi deve spiegarlo al rivenditore e il rivenditore deve trasmettere questa filosofia al cliente. Dunque per avere successo c’è sempre molto lavoro da fare». Perché ha deciso di vendere questa sua creazione cui era così tanto legato… «Cuervo y Sobrinos era un marchio che dipendeva completamente da me, dal design alla produzione, alla distribuzione, ecc. Ho raggiunto una certa età e volevo tirare un po’ i remi in barca, concentrando i miei sforzi su Diarsa e su un altro progetto che mi stimolava, quindi ho ritenuto che la soluzione migliore sarebbe stata trasferire la direzione di Cuervo y Sobrinos a un’altra società perfettamente in grado di promuovere il marchio come merita». Il suo desiderio di rimanere sempre attivo e creativo l’ha portato tuttavia a dare subito vita ad un nuovo progetto… «Seguendo il mio istinto imprenditoriale, ho deciso, come ho detto, di intraprendere un progetto più personale: il desiderio di lanciare una linea di gioielli, Marzio Milano, come omaggio alla mia città natale e alla cultura che ne emerge. Questa è la mia settima azienda, creata nel mio camino professionale. È un Brand con una propria immagine che unisce tradizione e voglia di innovare, dove ogni pezzo diventa un gioiello unico, è un design classico reinventato con l’artigianato moderno che trasmette emozioni e sensualità. Gioielli italiani di alta qualità». Che cos’è per lei il lusso? «Il lusso e una attitudine appagante nella vita di ciascuno, declinata nella

sensibilità personale. Nell’orologeria il lusso, confuso a volte con la ostentazione, è un settore limitato a quei grandi marchi che offrono un concetto forte solitamente accompagnato da un grande investimento in pubblicità. Oggi tuttavia l’acquirente ha più informazioni, sa perfettamente cosa vuole acquistare e richiede anche altri tipi di prodotti e servizi indipendentemente dal loro prezzo. In fondo, il lusso è un fatto soprattutto culturale. Uno dei visitatori più famosi a Cuba è stato Ernest Hemingway. Non seguiva il lusso come lo pensiamo oggi, ad esempio indossando abiti firmati, ma aveva sicuramente una sua filosofia del lusso». Per concludere, quali sono le grandi passioni che hanno accompagnato sempre la sua vita? «Al primo posto metto senz’altro il lavoro al quale ho dedicato molte energie e risorse, anche materiali; ma sempre senza soffrirlo come un sacrificio; poi l’amore per le auto d’epoca, che, partecipando a corse ed eventi, mi ha portato addirittura ad organizzare per alcuni anni la Coppa Cuervo y Sobrinos ancora oggi ricordata con simpatia nel settore dei Gentlemen Drivers e collezionisti. C’è poi la musica: da ragazzo ho fatto il cabaret milanese, cantavo, suonavo alcuni strumenti, soprattutto la chitarra; e poi la gastronomia che identifico assolutamente con quella della tradizione. Non faccio cucina da “impiattare”, faccio cucina “da palato”».


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PRIMO PIANO / MATTEO BOFFA

NON SPENDERE PER DISTRUGGERE MA INVESTIRE PER CREARE

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ome si arriva ad essere un imprenditore di successo riconosciuto a livello mondiale? «Ho dedicato oltre 9 anni della al mondo della finanza in attività di Private Banking e quasi 2 anni all’esercito svizzero (Sergente Maggiore Capo). Quindi ho deciso di dare una svolta radicale alla mia vita e iniziare un percorso legato all’imprenditorialità sociale ed ambientale. Mentre ero ancora un impiegato di banca ho deciso di frequentare un corso per ottenere il Diploma Federale di Specialista di Marketing. Sono sempre stato affascinato dal mondo della vendita, pubblicità, promozione, statistica, contabilità e nonostante questo corso si tenesse alla sera e durante il weekend, mi ha insegnato lo spirito di sacrificio, il duro lavoro e la necessità di stabilire un ritmo di vita capace di conciliare scuola, lavoro e tempo libero». Può farci qualche esempio di iniziative alle quali sta lavorando? «Sono fermamento convinto che il futuro, ora più che mai dopo la pandemia mondiale, sia legato ad un’economia fortemente focalizzata sulla sostenibilità. Di conseguenza, sono coinvolto in diversi progetti e aziende internazionali come “THAELY” (www.thaely.com) che produce scarpe vegane con sacchetti e bottiglie di plastica riciclata (India); “ZELOOP” (www.zeloop.net) una piattaforma di ricompensa dell’economia circolare (UAE); “ETUIX” (www.etuix.com) che trasforma cartelloni pubblicitari in prodotti unici e sostenibili (UAE); “DGRADE”

LA RIVISTA FORBES GLI HA DEDICATO UN ARTICOLO INSERENDOLO NELLA PRESTIGIOSA LISTA DEI 30 MIGLIORI IMPRENDITORI DEL MEDIO ORIENTE AL DI SOTTO DEI 30 ANNI. MA CHI È QUESTO GIOVANE TICINESE CHE DA QUASI 5 ANNI SI È TRASFERITO DA MAGLIASO (MALCANTONE) NEGLI EMIRATI ARABI UNITI? (www.dgrade.com), che crea materiale tessile da bottiglie di plastica riciclate (UAE); “THE FLIPFLOPI” (www.theflipflopi.com) la prima barca al mondo costruita interamente con rifiuti di plastica (Kenya)». Come è maturata la sua decisione di trasferirsi negli Emirati Arabi? «A dire il vero la scelta di questa destinazione è stata quasi casuale. Il Ticino mi stava stretto e avevo bisogno di intraprendere una nuova avventura. Dopo aver dato le dimissioni, ho immediatamente realizzato che l’inglese fosse uno strumento fondamentale per poter viaggiare e lavorare all’estero. Mi sono recato a New York per frequentare una scuola di Business English per 4 mesi. Nella Grande Mela ho avuto la fortuna e il privilegio di essere stato esposto a diverse culture, origini, religioni, lingue, e ho capito che questa era la tipologia di vita che avrei voluto coltivare e approfondire nel mio futuro. Dubai mi è apparsa letteralmente come un’oasi nel deserto. Un luogo in una fase di incredibile e velocissimo sviluppo, all’avanguardia, organizzato, pieno di opportunità, estremamente sicuro e diversificato». Attualmente lei è Presidente dello Swiss Business Council Abu Dhabi e membro del Comitato esecutivo dello Swiss Business Council di Dubai. Di che cosa si tratta? TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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PRIMO PIANO / MATTEO BOFFA

“Sono sempre stato affascinato dal mondo della vendita, pubblicità, promozione, statistica, contabilità e nonostante questo corso si tenesse alla sera e durante il weekend, mi ha insegnato lo spirito di sacrificio, il duro lavoro e la necessità di stabilire un ritmo di vita capace di conciliare scuola, lavoro e tempo libero.”

«Gli Swiss Business Councils (SBC) sono organizzazioni senza scopo di lucro, autorizzati dalle rispettive Camere di Commercio e Industria, e sono stati originariamente istituiti a Dubai nel 1996 e ad Abu Dhabi nel 2000. Fin dalla loro creazione, le due entità

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indipendenti promuovono con successo gli interessi e le attività di aziende e individui con collegamenti tra gli EAU e la Svizzera. SBC ha una base di membri attiva ed entusiasta ed è aperta all’adesione in categorie individuali e aziendali con interessi com-

merciali negli Emirati Arabi Uniti e/o in Svizzera. SBC è altresì un forum vivace e stimolante di diversi interessi e ha un numero di membri in costante espansione che va dalle società nazionali degli Emirati Arabi Uniti alle multinazionali svizzere, ai singoli membri privati. Organizza un calendario regolare e diversificato di eventi e attività, comprese presentazioni e dialogo con influenti relatori locali ed espatriati, introduzione di nuove società svizzere negli Emirati Arabi; sono previsti anche eventi di social e networking per stimolare lo scambio di idee ed esperienze tra i membri». Lei ha più volte sostenuto l’importanza della formazione per far crescere l’innovazione delle aziende… «Ne sono assolutamente convinto e ritengo che sia necessario dare il pieno supporto alle startup nel campo della sostenibilità creativa e dell’innovazione. a Questo interesse mi porta anche a partecipare a diversi programmi universitari legati all’imprenditoria sociale, insegnando ai giovani studenti le opportunità di carriera nel settore della sostenibilità. Il sistema di apprendistato presente in Svizzera, ed in altre nazioni Europee, rappresenta un metodo efficiente ed efficace per essere catapultati nel mondo del lavoro ad una giovanissima età (15 anni). Personalmente sono stato esposto ad un sistema dove la puntualità, la precisione, il rispetto delle regole e dei superiori deve essere rispettata fin dal primo giorno. Anche la scuola reclute ed in seguito la promozione a sottoufficiale superiore hanno implementato notevolmente la mia capacità di adattamento in diverse situazioni, la gestione dello stress le abilità di commando e lo spirito di cameratismo. Questi pilastri della mia formazione professionale e personale hanno contribuito a creare le basi per una solida opportunità per iniziare diverse attività da indipendente».


PRIMO PIANO / MATTEO BOFFA

L A N U OVA G E N E R A Z I O N E 7 0 0 0

L A P E R F E Z I O N E , R I D E F I N I TA W W W. M I E L E . C H / G E N E R AT I O N 7 0 0 0 #LifeBeyondOrdinary

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PRIMO PIANO / CARLO COLOMBO

ARTE, DESIGN E AUTOMOBILI CARLO COLOMBO CI RACCONTA LE SUE PASSIONI, TUTTE ACCOMUNATE DA QUELLA RICERCA DEL BELLO CHE COSTITUISCE UN TRATTO SALIENTE DELLA SUA VITA, NON SOLO PROFESSIONALE.

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arlo Colombo, noto architetto di fama internazionale, considerato uno dei massimi esponenti del design made in Italy, da sempre rende uniche le creazioni che portano il suo nome. Il suo stile ricercato ed elegante viene infatti riconosciuto dai brand più famosi al mondo che lo cercano come designer per i loro prodotti di alta gamma. L’architetto Carlo Colombo è un orgoglio italiano proprio come la Ferrari, sua grande passione insieme all’arte e al design. L’arte fa parte del suo cammino culturale e di crescita personale, le opere di grandi artisti possono essere ammirate nella sua abitazione come nello studio d’architettura. Ne parla come se fossero parte naturale del suo quotidiano… «Design e Ferrari sono sinonimi» ci racconta seduto alla scrivania del suo ufficio di Lugano voltandosi verso il modello di una 250 GTO in scala 1:8 collocata alle sue spalle. «La Ferrari è uno dei massimi segni del design non solo contemporaneo, ma anche del passato. Una rappresentazione quasi unica di un omaggio verso le forme unite alla tecnologia. È un atto d’amo-

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PRIMO PIANO / CARLO COLOMBO

re verso il design e verso l’Italia» conclude, accendendo il suo sguardo e schiudendo le sue labbra in un sorriso. Passione condivisa con uno degli esponenti più rilevanti dello stesso mondo Ferrari: Flavio Manzoni, vice Presidente del Design del marchio più famoso al mondo. La Ferrari, d’altronde, ha ispirato molte opere in diversi settori e Carlo Colombo ha voluto includerla all’interno del suo libro “dedicato a 30 anni di design”, in uscita l’anno prossimo, edito da Rizzoli e di cui Flavio Manzoni curerà parte della prefazione. I due designer si sono incontrati recentemente a Maranello per confrontarsi sui progetti del presente e del futuro, seduti nello spazio dedicato al Taylor Made.

«Passare un pomeriggio in casa Ferrari e conversare con l’amico Flavio, verso il quale provo una grande stima, ti fa dimenticare per un attimo la situazione drammatica che ci ha travolti». L’architetto Colombo, che da oltre dieci anni vive a Lugano e ha fondato lo Studio di Architettura A++ con il socio Paolo Colombo, non poteva che stringere rapporti con gli attori più importanti legati al mondo Ferrari in Ticino, come Ronnie Kessel, proprietario dell’omonimo concessionario ufficiale di Ferrari. Infatti durante l’anno coglie sempre molto volentieri l’invito da parte di Ronnie per testare i modelli Ferrari Challenge in pista. Così Carlo Colombo vive ogni giorno le sue passioni, tra visioni, disegni e ispi-

razioni che permeano la sua vita e gli forniscono la benzina necessaria a continuare a creare, inventare, innovare. D’altronde lo stesso Enzo Ferrari diceva che «non si può descrivere la passione, la si può solo vivere».

01 Carlo Colombo e Flavio Manzoni discutono di design pensando al futuro 02 I due Designers con la “Monza sp2 “ 03/05 Carlo Colombo e Ronnie Kessel in pista con la 488 challenge alla “Tazio Nuvolari “a Pavia 04 Nello spazio TaylorMade di Maranello

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PRIMO PIANO / CARLO COLOMBO

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PRIMO PIANO / GERARDO SEGAT

I LEADER DEL TICINO DA MERAVIGLIA

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rima esperto attivo nella finanza internazionale, poi coach e formatore capace di scoprire e valorizzare le risorse di un autentico leader. Come si conciliano queste due anime nella vita di Gerardo Segat? «C’è una parola che li unisce più profondamente di quanto si possa pensare: cambiamento. A governare le mie decisioni, infatti, è il desiderio di spingermi oltre e la capacità, la volontà e il coraggio, in ambito personale e professionale, di uscire dalla mia area di comfort, anticipando le evoluzioni del contesto, andando alla continua ricerca del lato positivo e costruttivo delle avversità, facendo emergere e assecondando le mie aspirazioni, abilità e interessi distintivi». Possiamo riassumere quali sono state le principali tappe di questo percorso? «Una formazione universitaria alla Bocconi di Milano e alla HEC di Parigi. Nel 1994 mi sono trasferito a Londra e a 26 anni sono diventato consigliere di Chiltern Group, una delle principali società di consulenza fiscale internazionale, allora di proprietà del gruppo UBS. Nel 2000 ho ottenuto il Master of Laws (LLM) presso la LSE, con una tesi pubblicata sulla rivista European Taxation. Una prima spinta al cambiamento è stato il mio desiderio di un’esperienza imprenditoriale e a 29 anni ho fondato il Gruppo T&F, divenuto poi un multi-family office con una decina di uffici dislocati in varie parti del mondo, più di 300 dipendenti e leader a livello internazionale nell’offerta di servizi di consulenza fiscale, legale, contabile, amministrativa e finanziaria a clientela privata».

SI DEFINISCE “ISPIRATORE DI CAMBIAMENTO”, SVOLGE UN LAVORO DI LEADERSHIP COACH E GUARDA AL TICINO CON UNO SCOPO. In quegli anni di cosa si è occupato? «Della supervisione amministrativa e finanziaria del gruppo, dell’apertura degli uffici a Dubai, Doha e Lugano, dell’avvio delle attività di gestione patrimoniale e dello sviluppo della clientela internazionale. Ho, inoltre, scritto articoli e sono stato relatore a diverse conferenze a livello internazionale e guest lecturer alla LSE». Ecco emergere allora la sua vocazione all’insegnamento e alla formazione… «Un impulso si è avuto nel 2013 quando sono diventato membro di YPO – Young Presidents’ Organization, la principale organizzazione mondiale di leader e CEO, 30.000 membri in 140 Paesi, di cui sono consigliere in Italia con delega al programma formativo e prossimo presidente. Sono, inoltre, membro dal 2017 del comitato esecutivo del YPO Change Makers Club, un gruppo ristretto di relatori internazionali ritenuti ispiratori di significativo cambiamento personale e professionale. La costante frequentazione e ispirazione ai massimi livelli e l’approfondimento delle tematiche relative alla formazione dei leader nel contesto mondiale hanno costituito un forte incentivo ad una nuova sfida professionale, un lavoro su misura e in linea con i miei valori, che sfruttasse a pieno tutte le mie qualità e la mia esperienza e che avesse un importante contenuto umano». Come definirebbe, quindi, la sua attuale attività? «Dopo essermi riqualificato come professional coach alla Erickson International, oggi ricopro, come indipenden-

te, il ruolo di leadership coach e mentor a livello internazionale. Mi rivolgo a leader con un ruolo di influenza: personalità pubbliche o di spicco, imprenditori, professionisti, uomini d’affari, dirigenti, accademici, personaggi del mondo dei media, dello sport e dello spettacolo. Gli individui, le loro famiglie e aziende. La mia missione è far emergere il grande e, soprattutto, il significativo nella loro vita. Attraverso un percorso personalizzato di autenticazione di scopo, missione, visione, identità, valori e strategia che massimizzi potenzialità, consapevolezza e perseguimento dei propri obiettivi. Ed è giunto nuovamente il momento di cambiare, di evolvere». In che modo? «Nella mia vita professionale ho sempre rivolto lo sguardo all’estero. Oggi, da naturalizzato svizzero e ticinese, voglio riportarlo qui, ai ticinesi e agli stranieri presenti in Ticino spesso solo marginalmente coinvolti, portando tutto il know-how acquisito e l’esperienza accumulata a livello internazionale, da un punto di osservazione sul mondo privilegiato e unico per la piazza». Per evolvere nel suo lavoro lei ha creato Preludes: di che cosa si tratta? «Preludes è una collezione di esperienze mirate di coaching per leader, per le loro famiglie e le loro aziende al fine di apportare cambiamento significativo, personale e professionale, in modo originale e creativo. Ogni esperienza, infatti, racchiude in sé uno strumento, un’idea particolare che accelera e rende più incisivo il miglioramento che segue: TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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PRIMO PIANO / GERARDO SEGAT

un motto, un dibattito, un micro-forum, un intervento, un affiancamento silenzioso, un modello di incontro, un metodo trasformativo sono alcuni esempi. In breve, Preludes invita il leader a essere individuo straordinario, a connettere l’essere leader all’essere umano e a rispondere alle tre forze trainanti della leadership: l’Eccellenza delle azioni, prestazioni, conoscenze e abilità; l’Autenticità rispetto ai propri valori, identità, missione e anche alle proprie emozioni e fragilità personali; lo Scopo, il fine ultimo dell’individuo, che esula e va oltre se stesso e i propri cari. Tre parole magiche, tre fondamenti, presenti nelle esperienze in privato e quelle in un pubblico mirato di leader». Il grande pubblico, anche ticinese, ha avuto modo di vivere le sue esperienze che avvengono secondo formule uniche e particolari… «Vebate è un format originale di dibattito pubblico su temi attuali significativi, per i leader di oggi creativi, consapevoli, curiosi e collaborativi. Che ascoltano e vanno oltre al proprio interesse e che, in un confronto, valorizzano la realtà condivisa, l’umiltà dell’incertezza e la distinzione tra idea e identità della persona. Un modus-luogo creativo, arricchito da un’attivazione sensoriale, dal movimento dei dibattenti e da uno specifico meccanismo di votazione, dove le opinioni si incontrano e empaticamente si confrontano, le convinzioni cambiano, le persone evolvono, facendo da preludio a decisioni consapevoli, autentiche e altruistiche. Be Extraordinary Individuals è un intervento toccante e di grande impatto che invita ad essere profondamente autentici e che ha ispirato leader di mezza Europa in aziende, associazioni, eventi pubblici e scuole. Un’esperienza formativa sulla leadership da vivere». A proposito di leader e di scopo, lei pone una grande attenzione alla formazione e allo sviluppo dell’ecosistema economico e sociale ticinese. Con quali prospettive?

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“Il Progetto Meraviglia mira ad un Ticino rigoglioso, attraente e importante, dove fioriscono attività economiche e non, famiglie, leader eccellenti, iniziative e opportunità.” «Quelle di una persona che pensa in grande. E tale è il progetto che ho concepito e battezzato con un nome da accogliere di questi tempi: Meraviglia. Il Progetto Meraviglia mira ad un Ticino rigoglioso, attraente e importante, dove fioriscono attività economiche e non, famiglie, leader eccellenti, iniziative e opportunità. La missione è, quindi, di arricchire e far evolvere la leadership ticinese in tutti gli ambiti, quella attuale e quella futura, umanizzandola, valorizzandone conoscenze, competenze e abilità e aprendola ad un’ispirazione internazionale di alto livello». Un po’ fuori dal coro rispetto al momento, non trova? «Ho scelto quel nome per i significati e per dare un messaggio: credo esista sempre il lato positivo, in tutto, piccolo e grande, anche nel momento che stiamo vivendo. C’è sempre il sole sopra le nuvole. È stata una chiave di lettura di tutte le avversità che ho incontrato: orfano da piccolo, disturbi di salute, traversie lavorative tra le altre. Se non posso cambiare una situazione, come posso girarla a mio beneficio? Chi cerca trova, aguzzando l’ingegno». Quale è, quindi, la strategia che sta implementando? «Multidirezionale e rivolta ai leader per il conseguente effetto decisionale “a cascata”: il leadership coaching/mentoring, Preludes, una visibilità mediatica mirata, un centro formativo e di servizi e un’attività associativa ad alto valore aggiunto e di respiro internazionale». Cosa intende per visibilità mediatica mirata? «Intendo, indipendentemente dal canale e supporto utilizzati, attinente allo

scopo e alle iniziative del progetto quali Vebate o Be Extraordinary Individuals. O che riguardi Leader Allo Specchio, un mio format di intervista che vedrà la luce prossimamente proprio qui su Ticino Welcome e che porta all’attenzione un modello di leader autentico e umanizzato a cui ispirarsi». Quali saranno le attività del centro formativo sulla leadership? «Percorsi, servizi ed eventi. I primi includeranno una summer school per giovani leader e un programma à la carte da cui scegliere con contributi di accademici provenienti dalle migliori istituzioni internazionali. Tra i servizi ci saranno programmi formativi personalizzati per aziende. Agli eventi parteciperanno ospiti selezionati dall’eccellenza internazionale. In formula ibrida, virtuale e in presenza, e con sinergie con la primaria associazione di leader che ho in mente. In tempi di crisi si investe in formazione e i dati attuali a livello globale lo confermano in modo sorprendente». Che tempi si è dato? «Le diverse iniziative verranno avviate entro il 2021. Il progetto si sta sviluppando un mattone alla volta, dopodiché, raggiunta in qualche anno una massa critica di leader coinvolti, più rapidamente. Determinazione e perseveranza non mancano e i riscontri sono positivi: l’ambizione e l’opportunità attira, lo scopo coinvolge, la strategia convince, l’ottimismo piace. Benché da me concepito, il progetto è anche di persone che hanno deciso e decideranno di contribuire in vario modo e ruolo, che felicemente accolgo e a cui sono grato. E se anche tu diventassi “portatore” di Meraviglia?


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PRIMO PIANO / MARTINO PEDROZZI

SOCIAL HOUSING, WHEN 1000 HOMES EQUAL ONE CITY MARTINO PEDROZZI IS AN INDEPENDENT ARCHITECT AND, SINCE 2016, VISITING PROFESSOR AT THE USI ACADEMY OF ARCHITECTURE, WHERE HE DIRECTS THE WORKSHOP ON INTERNATIONAL SOCIAL HOUSING (WWW.WISH.USI.CH). HE HAS PUBLISHED SEVERAL VOLUMES, MOST RECENTLY ONE ON RESIDENTIAL BUILDING AND PUBLIC AREAS IN LUGANO (CASAGRANDE, 2020). PEDROZZI HAS GIVEN PUBLIC LECTURES ABOUT HIS WORK ON SOCIAL HOUSING ALL OVER THE GLOBE, INLCUDING BRAZIL, ARGENTINA, MEXICO, CHINA, SOUTH AFRICA, AND THE U.S. BY DIMITRI LORINGETT

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t USI Università della Svizzera italiana the term ‘sustainability’ is more than just a fancy buzzword: it is one of the essential elements that define the focus of education and scientific research at the University. This element is one that comes natural to the Academy of Architecture in Mendrisio where, for the past 15 years, Swiss architect Martino Pedrozzi has worked on the subject of social housing, mainly through the Workshop on International Social Housing (WISH). Social housing stems from a basic necessity: to provide a home to those who simply cannot afford it on

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their own. This may seem somewhat of a remote concern to most of us, but housing is actually a priority that affects millions of human beings all over the planet – and not just in poor countries: the issue of affordable housing is relevant to the South American favela no less that it is to the suburbs of Boston. One of the main sources of the problem is the change in urban social structure – due mainly to population growth, migration, and aging – occurring over the past few decades in all major urban areas on the planet, which today involves, in different ways and scales, also small towns – including prosperous cities like Lugano.


PRIMO PIANO / MARTINO PEDROZZI

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rchitect Pedrozzi, what does social housing deal with, specifically? «Social housing aims to answer questions such as how to avoid the creation of 21st century ghettos and commuter towns (or ‘bedroom communities’), and how to encourage social interaction between individuals and families, stores and services – which are the cornerstone of a society that can be defined as such. Integration is the ultimate goal of social housing. This means, first, integrating the architectural Project in its context: a new neighbourhood of this type must be able to fit into the existing environment, respectfully, using or improving existing traffic routes, considering terrain and climate, and trying to minimise the forming of residual spaces. A new social housing complex should not be an alien body to the city, rather a natural extension of it. It is not easy to pursue this objective, especially since zoning procedures tend to assign social constructions to the suburbs, where building in a careful and rational way represents a challenge in itself. The standardisation of housing projects, which has the clear advantage of simplifying building processes and further reducing costs, can also be a problem: I have seen the construction of “copycat” neighbourhoods in cities that are completely different from all points of view, with the inevitable result of compromising the fundamental and ultimate goal of a healthy social housing Project, namely the integration of people within an existing social community. We should imagine the city as a living organism, where neighbourhoods are the limbs, and streets, plazas and services are the muscles and vessels. Attaching a new limb without making sure it is well connected to the heart, attaching a new organ without balancing its functions with those of the existing ones is a dangerous practice, which unfortunately is often the most common. For

Architecture is very much a living matter; it evolves with time and to continue to pursue its mission it needs to be able to adapt to the changing circumstances in which it finds itself. this reason with the WISH project, we have been striving for 15 years now to create a new generation of architects, who will become more aware of the relevance of this issue and this approach, and who will be increasingly assertive when dealing with urban planning situations». Would you agree that the overall reputation of “social housing” is not always the best? «Here I would like to argue in favour of the category, that is, of architects. One of the critical factors for the success of good social housing is undoubtedly the quality of the Project and the designer, although its maintenance and administration play an equally important role. If the image and reputation of many social housing complexes is not always good – to put it mildly – it is mostly due to bad administration: a good idea can easily turn into a bad result, due to an often fragile and complicated political and economic environment, which leads to all but good and efficient management. Architecture is very much a living matter; it evolves with time and to continue to pursue its mission it needs to be able to adapt to the changing circumstances in which it finds itself. A well-conceived but poorly managed neighbourhood quickly loses its strength and purpose. If we want architecture to achieve lasting and sustainable results over time, then we should create a genuine professional culture around it, through the essential and continuous debate, thus encouraging all actors involved towards constant improvement».

How do you see the situation in Ticino? «In our Canton, there are many examples of good social housing projects, though regrettably they are often unheard of. An example is the social housing complex signed by the architect Rino Tami in the Molino Nuovo district in Lugano, defined by Tita Carloni as “a fine example of social architecture, according to the best tradition of the Swiss Siedlungen (settlements), tempered by an architectural language related to the constructions of the Ticino and Lombard tradition”. The Project was designed precisely on the principle of integration mentioned before, with a large central green public space connected to the surrounding environment, in a perspective of lively socialisation and open to the rest of the neighbourhood. Given the attractiveness of the land for more profitable constructions (in line with what has occurred, and still is, in much of Lugano), one project had actually advanced the idea for the partial demolition of the Tami complex, to make room for a “higher standing” building. In the end, the proposal was rejected and the original Tami complex was saved, but with a compromise: the central public green space was sacrificed to a building several storeys high. Nevertheless, this is a meaningful story of economic interests but also of normal social evolution, of a suburb that becomes the city centre, of the difficulty of proposing solutions of harmonious integration between divergent needs. The goal we have set ourselves with WISH is to contribute – all over the TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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world – to promoting the culture of social housing, well beyond the professional boundaries of architecture as such. In our profession, there is also a component of service for the community, of commitment to solving the great problems of our time, which requires us to form a new, conscious figure of architect». In addition to the book celebrating 15 years of WISH, this year you have published a volume on residential building and public areas in Lugano. Tell us more about it. «About two years ago my students of the Academy of Architecture, my assistants and I, took a walk through the residential neighbourhoods of Lugano plain, with the intention to analyse the urban structure and the value given to the public domain. The effects of the building spree that has occurred over the decades are there to be seen. The ubiquitous small apartment buildings placed in the middle of the parcel have not only contributed to creating an inconsistent and fragmented urban context, but have also ruled out collective spaces, generating areas lacking some sort of identity. We then focused on thirteen cases where the architectural Project has indeed managed to relate with the surroundings. These Projects represent good examples of what we believe can help forge an urban identity, for the relevance of their architecture and for the strong relationship with the overall context in which they find themselves. In general, if we take a bird’s-eye view of the city of Lugano, we observe a settlement without a recognisable urban planning system. The prevailing driving force behind the urbanisation of Lugano still lies in realm of private property, to the extent that today’s city structure often follows the layout of ancient agricultural maps. For many years, the lack of adequate regulations made it al-

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“In general, if we take a bird’s-eye view of the city of Lugano, we observe a settlement without a recognisable urban planning system. The prevailing driving force behind the urbanisation of Lugano still lies in realm of private property, to the extent that today’s city structure often follows the layout of ancient agricultural maps” most impossible to deal with the urban transformations that began in the first half of the twentieth century and that increased in the post-war period, with consequences such as the scarcity of coherent urban and architectural solutions and the fragmentation of – and generally amorphous – public areas. As mentioned before, the typical small apartment building does not seek relations with the surrounding context. Very often, in fact, these dwellings are surrounded by an area that is often nothing more than the residual space given by the (mandatory) distances between buildings – which are further enclosed by fences, hedges, walls or gates. Needless to say, the sum of buildings does not generate a city. On the contrary, it tends to deny the public space, which in this respect is unjustly considered in a punctual and isolated form and never as a unique and coherent Project. The issue of housing is of course not new to the denizens of Lugano. Just think of the Sassello district - right next to the posh Via Nassa –, which was torn down in the 1930s to make room for the office buildings, thus removing an entire class of citizens from the city centre. Or the current and lively debate on the subject of affordable housing, which concerns neighbourhoods like Molino Nuovo, where speculative real estate is squeezing out longstanding denizens to make room for higher standing (and costly) buildings».

Among the dozen examples analysed, we see also the famous Quatiere Maghetti… «Indeed, the Maghetti neighbourhood has many qualities. The public urban spaces (the indoor plaza, for example) and the semi-public ones (the bridge, the alley and the entrances to the houses), are all elements that underscore the intention to recreate dynamics comparable to those of a village. The access points to the Maghetti fit well into the pre-existing urban context, which creates a continuous and fluid public space between the surroundings and the inner spaces of the complex».

Università della Svizzera italiana


NEWS

Prestazioni d’avanguardia in un nuovo Centro Medico La Clinica Ars Medica amplia i propri spazi e la propria offerta di prevenzione e cura del paziente, grazie all’inaugurazione, nel prestigioso complesso Ambrosart di Manno, dell’innovativo Centro Medico che ospita nuovi studi medici, un nuovo servizio di radiologia, particolarmente dedicato all’ortopedia e il suo avveniristico Centro dello Sport. A pochi passi dalla Clinica di Gravesano, i nuovi ampi, moderni ed eleganti spazi di oltre 1000mq sono dislocati su tre livelli. Fiore all’occhiello del Centro Medico è l’avveniristico Centro dello Sport. I suoi spazi non sono passati

inosservati così come le sue ultra moderne apparecchiature. Oltre alla tecnologia, il Centro si avvale della collaborazione di un qualificato team interdisciplinare che vanta competenze in tutti i settori relativi alla medicina sportiva: la chirurgia ortopedica, la cardiologia, la fisioterapia e riabilitazione, la fisiologia applicata allo sport e alla valutazione funzionale (Human Performance Lab), la nutrizione e il coaching. Il team è a disposizione con le proprie competenze di tutti coloro (di tutte le età), che praticano attività fisica, per semplice piacere o a livello competitivo/agoni-

stico, sia per la prevenzione (ad esempio il test cardiopolmonare per l’idoneità sportiva), sia per coadiuvare il recupero post trauma. La Clinica Ars Medica collabora già con successo, quale medical partner, con molte realtà sportive territoriali, fra le quali l’Hockey Club Lugano, l’Hockey Club Ambrì Piotta o il FC Chiasso, solo per citarne alcune. Il nuovo Centro Medico di Ars Medica si integra e completa il pacchetto di servizi della Clinica, fra questi il servizio di traumatologia gestito dal Pronto Soccorso ortopedico e traumatologico. www.arsmedica.ch

Josef Höger, «Veduta dal giardino sulla rocca e il castello Liechtenstein presso Mödling» (particolare), 1844 © LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna

VALUES WORTH SHARING

«La nostra famiglia investe a lungo termine – dal 1136.» S.A.S. Principe Philipp von und zu Liechtenstein, Chairman LGT dal 1990

lgt.ch/values


PRIMO PIANO / MORENA FERRARI GAMBA

NON SIAMO NUMERI PRIMI SE NELLA PRIMA ONDATA DI PANDEMIA, SIAMO STATI COLTI DI SORPRESA PERMETTENDOCI PER CERTI VERSI DI APPREZZARE IL RALLENTARE DELLA SOCIETÀ CON UN ACCRESCIUTO SENSO DI SOLIDARIETÀ COLLETTIVA TRA STATO, AZIENDE E COMUNITÀ, COSÌ NON È NELLA SECONDA ONDATA.

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distanza di pochi mesi siamo tornati al punto di partenza, forse in peggio, perché ora sappiamo chi è il “nemico” e le misure messe in atto per contrastarlo mettono in difficoltà persone e aziende in modo differenziato. Purtroppo, il contraccolpo si è già sentito con le relative riorganizzazioni aziendali e riduzione di personale. Un mondo, quello del lavoro, già ferito da una crisi generale e ora definitivamente messo in ginocchio dalla pandemia. Ci si organizza, si cerca di resistere, ma fatturati ridotti del 40/50% portano anche le aziende più sane a guardare il futuro con forte preoccupazione, soprattutto le PMI che rischiano di non avere la forza di resistere a questa seconda ondata. Poco rispettoso è il ragionamento di coloro che pensano che la maggior parte delle aziende in difficoltà lo sarebbero state comunque, anche senza pandemia. Ma tant’è. Purtroppo, a questo scenario si aggiunge un altro aspetto da non trascurare: la crescente ansia e paura dei lavoratori i cui argini emotivi si stanno sgretolando come un muro di sabbia su cui l’onda pandemica si infrange. Non si tratta solo della paura del contagio e della salute per sé e i

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propri cari, ma anche di inquietudine per quell’allontanamento sociale dal posto di lavoro imposto dallo stato di necessità. Come si è largamente riconosciuto, a marzo le aziende avevano reagito velocemente stravolgendo il concetto stesso dell’organizzazione aziendale sin qui conosciuta. Si è addirittura enfatizzato e, in prima battuta, addirittura apprezzato l’utilizzo della tecnologia e l’incontro virtuale. Però, non tutto ciò che luccica è oro e qualcosa non torna. La nuova realtà lavorativa, infatti, è stata un’esigenza e non un cambiamento reale della cultura sociale ed aziendale. E così, il dibattito e i dubbi aumentano su questa “nuova normalità” non solo in termini organizzativi e normativi, ma anche e soprattutto dal punto di vista umano. Non si può infatti prescindere dalla consapevolezza del valore del contatto interpersonale, dove l’incontro fisico fra colleghi non può essere l’eccezione ma sarebbe bene rimanesse la regola. Due concetti si confondono, si confrontano e si contrappongono: allontanamento sociale (dal posto di lavoro) e distanza sociale (sul posto di lavoro). Con la necessità di salvaguardare la salute dei dipendenti dal punto di vista sanitario e quindi il loro “allontanamento sociale” e la vicinanza virtuale, crescono le paure del distacco, spaventa l’assottigliarsi dei confini tra lavoro e vita personale, tra ambiente domestico e posto di lavoro. Luogo, quest’ultimo, che rappresenta anche uno spazio

di incontro e non solo luogo di produzione. Se c’è una cosa che emerge in questa pandemia è proprio la consapevolezza del valore del lavoro nelle nostre vite. Quel “andare a lavorare” diventa oggi un desiderio, oltre che una necessità per chi il lavoro non ce l’ha, come per gli studenti di ritrovare la scuola in presenza, perché lo percepiamo come un vuoto nella nostra esistenza. L’emergenza ha rotto le nostre abitudini, tutto è in un equilibrio molto fragile, basta poco che tutto si spezzi. Nessuno squilibrio può resistere per sempre. Il cambiamento potrebbe essere epocale, lo sappiamo bene. La domanda da porsi è: quanto e in quanto tempo saremo eventualmente in grado di riscrivere questa “nuova normalità”? Quanto l’economia stessa e la società saranno in grado di reggere questa modalità? Nel frattempo, l’inquietudine cresce e sarà proprio il compito dei datori di lavoro, dei responsabili del personale, comprenderla e capire come formulare al meglio strutture anche ibride, nelle quali la presenza sia assolutamente contemplata. Si può e si deve poter lavorare in azienda, trovando un delicato equilibrio tra la responsabilità di proteggere e il ridisegno di spazi “diversi” che rendano possibili nuove forme di lavoro sicuro, produttivo e flessibile, tenendo conto delle mutate circostanze. Non siamo numeri primi, ma esseri sociali bisognosi gli uni degli altri e del contatto umano, anche nell’ambito lavorativo.


treasured moments

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GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI

ORDINE SANITARIO E SOCIETÀ DELLA SORVEGLIANZA

IL MONDO NON È NUOVO ALLE PESTILENZE. ESSE SONO, ANZI, UNA COSTANTE DELLA STORIA DI TUTTI I POPOLI. SE NELLA NOSTRA LETTERATURA HANNO UN POSTO CENTRALE - DA QUELLE DELL’ESODO BIBLICO ALLA PESTE DI FIRENZE CHE FA DA CORNICE AL DECAMERON DI BOCCACCIO, A QUELLA DESCRITTA DAL MANZONI, ALLA PESTE DI CAMUS - CIÒ È DOVUTO AL FATTO CHE ESSE RAPPRESENTANO UN FORMIDABILE TEST RIVELATORE DELLA CAPACITÀ DELLE SOCIETÀ, DEGLI INDIVIDUI E DEI VALORI CHE LI SORREGGONO DI FAR FRONTE ALLA REALTÀ.

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olo l’incoscienza allegra provocata dalla frenesia del bengodi nei decenni postbellici del secolo scorso ha potuto illudere l’Occidente che eravamo ormai giunti al compimento (felice) della storia. Il risveglio è stato brutale: l’11 settembre 2001 e l’esplosione di un nuovo terrorismo efferato - che non ci dà tre-


GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI

gua a vent’anni di distanza - e ora la pandemia planetaria, impongono di guardare nuovamente in faccia la ruvida realtà e di essere all’altezza della responsabilità che le (fallibili) strutture socio-economiche e la condizione umana (fragile e mortale) comportano. Ciononostante – malgrado la fine delle illusioni - l’onda lunga del volontarismo prometeico che ha contraddistinto la seconda metà del XX secolo sembra ostinatamente decisa a promuovere ad ogni costo l’idea di una società a rischio zero. Per la prima volta nella storia, di fronte a una pandemia, la grande maggioranza degli Stati sembra infatti essersi data come missione quella di salvare tutti dalla morte, costi quel che costi, compresa la paralisi di ogni attività sociale e creativa condivisa. È una buona notizia? Non ne sono convinto per due ragioni. La prima perché il rischio della morte non può - volenti o nolenti - essere cancellato e per questo motivo, pur applicando responsabilmente il principio di precauzione e migliorando il sistema sanitario e le condizioni di vita degli individui, occorre conviverci senza nevrosi. La seconda perché temo che il “costi quel che costi” rischi di spingere irrazionalmente verso soluzioni indifferenziate e liberticide che possono produrre effetti perversi duraturi su un numero di persone infinitamente più importante delle pochissime colpite in modo grave da un’epidemia come il Covid. Accreditando inoltre l’idea che l’ordine sanitario (e non la felicità, la libertà, la compagnia e il calore umano, la cultura, i riti familiari e comunitari, un lavoro appagante…) sia il criterio primo e centrale di una società umanamente realizzata dalla nascita al tempo ultimo. A chi volesse replicare che la lotta per combattere una nuova pandemia è come una guerra e che dopo ogni guerra i pieni poteri vengono revocati, risponderei che lo spauracchio dell’incognita di una prossima epidemia giustificherebbe, credo, - agli occhi di una popolazione che vuole sicurezza e in forza di una

necessaria prevenzione - il mantenimento anche in “tempo di pace” dello strapotere dell’ordine sanitario e di un controllo sanitario sistematico degli individui (tecnologicamente garantito). A parer mio occorre chiedersi se sia razionale la decisione di paralizzare l’attività umana - al di là di una comprensibile prima reazione di panico di fronte a un virus sconosciuto e alla necessità di evitare il collasso delle strutture sanitarie - penalizzando intere fasce della popolazione non a rischio (e stiamo parlando di più del 95% della popolazione). La risposta del filosofo francese sessantottenne André Comte-Sponville è lapidaria: «Ciò che mi inquieta non è la mia salute. A parte il fatto che la morte ci accompagna sempre, se anche dovessi contrarre questo virus so che, contrariamente a mali come un tumore o l’Alzheimer, ho chances molto elevate di cavarmela. Mi spiace profondamente constatare che sono i giovani a pagare il tributo più alto, sotto forma di disoccupazione, di indebitamento… Sacrificare i giovani per gli anziani è aberrante. Tradizionalmente, gli adulti si sacrificavano per i propri figli e nipoti. Stiamo facendo il contrario ed è inaccettabile». Il suo appello è chiaro: «Smettiamo di sognare l’onnipotenza e una condizione di vita costantemente perfetta. La finitudine, la malattia e gli ostacoli fanno parte della condizione umana. Fintanto che non avremo accettato che la morte ci accompagna, saremo nel panico ad ogni epidemia». Qualcuno esorta pressantemente a privilegiare comunque su tutto la salute piuttosto che servire l’economia, lasciando intendere che quest’ultima svolga un’attività negativa rispetto al bene comune, perché sarebbe dedita al profitto. Ma con quali risorse è stato e sarà possibile finanziare la ricerca medica e la tecnologia sanitaria avanzatissima di cui disponiamo, se non con quelle dell’economia? Senza l’economia come si fa a creare, testare e mettere sul mercato rapidamente i vaccini necessari per sconfiggere l’epidemia? La pandemia mostra la fragilità delle nostre socie-

tà ossessionate dal rischio zero e dalla paura della morte, il cui fantasma - già prima della pandemia - era sistematicamente obliterato dalla scena pubblica e da ogni discorso per non ferire la labile psiche di noi pronipoti di Zeno Cosini, protagonista del romanzo di Italo Svevo. Pur nella complessità del problema e nella difficoltà di trovare risposte risolutive in questo momento, mi chiedo se il pericolo più insidioso da cui guardarci oggi non sia tanto la pandemia del Covid ma un altro. Allorché un nemico viene presentato come pericolosissimo - e cosí stanno facendo da mesi buona parte degli apparati politico-sanitari che dettano legge - ad una società civile indebolita o in conflitto perpetuo e ad individui sempre più isolati, i cittadini finiscono per abbracciare la servitù volontaria (come già denunciava Etienne de La Boétie) rinunciando anche a diritti fondamentali, segnatamente alla libertà, in forza della promessa di sicurezza. Uno degli effetti collaterali di questa crisi riguarda la coartazione della sfera della libertà personale e comunitaria e la negazione di valori fondamentali della civiltà su cui poggiano le nostre democrazie, già minacciate dall’apparire sempre più totalizzante di una società della sorveglianza. L’intolleranza verso chi non condivide l’opinione dominante è evidente e già si va manifestando in censure nel campo della libertà di parola e di associazione e addirittura nella messa all’indice di scritti non “politicamente corretti”. Nella lotta al Covid, la città tedesca di Essen ha esortato recentemente i propri cittadini alla delazione: tramite formulario (cui allegare anche foto e video) la popolazione è invitata a segnalare all’autorità chi contravviene al distanziamento nei bar o ristoranti o all’obbligo di portare la mascherina… Per l’ordine sanitario anche la delazione è uno strumento lecito. Ma per l’ordine morale? A meno che, in una società del rischio zero e della sorveglianza, l’ordine sanitario non diventi il fine ultimo. Che giustifica tutti i mezzi. Non me lo auguro. TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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LAC / TEATRO

IL LAC E LE SUE PRODUZIONI 01

FIN DALLA SUA NASCITA, CHE TUTTI RICORDERANNO DATARE 12 SETTEMBRE 2015, IL PROGETTO ARTISTICO DEL CENTRO CULTURALE DELLA CITTÀ DI LUGANO, LAC LUGANO ARTE E CULTURA, HA POSTO AL CENTRO DEL SUO AGIRE LA PRODUZIONE TEATRALE.

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artendo dal principio che la produzione è ciò che determina il valore aggiunto di una istituzione culturale e, conseguentemente, della comunità e del territorio cui essa appartiene, il progetto artistico del direttore artistico Carmelo Rifici, ha accompagnato, ad oggi, la genesi e il debutto di ben ventisette creazioni tra prosa e danza che, dopo il loro debutto, sono state rappresentate in decine di teatri svizzeri e stranieri. Ricordiamo, tra gli altri,

Gabbiano, Ifigenia, liberata e Macbeth, le cose nascoste per la regia dello stesso Rifici, La bisbetica domata di Andrea Chiodi, regista caro al pubblico del LAC, Il barbiere di Siviglia, opera lirica prodotta da LAC, LuganoMusica e RSI Radiotelevisione Svizzera, e il lavoro coreografico La mer/ La sagra della primavera coprodotta con la Compagnia Virgilio Sieni e accompagnata dall’Orchestra della Svizzera italiana. Un progetto che ora si trova a dover affrontare tempi particolarmente difficili, che mettono a dura prova la capacità di adattamento e di resistenza di un’arte la cui natura è essere ‘al presente’. Pur nelle inevitabili ed enormi difficoltà determinate dalla grave emergenza sanitaria che si sta manifestando, il progetto produttivo del LAC, che si è soliti riassumere nella tag LAC Factory, è riuscito a raggiungere risultati lusinghieri, come la recente partecipazione alla Biennale di Venezia – nelle sezioni Teatro e Musica – con due produzioni importanti: Bye Bye, lavoro di Alessio Maria Romano, anche vincitore del Leone d’Argento per il suo lavoro coreografico e pedagogico, e I Cenci, una produzione originale del Conservatorio della Svizzera italiana e del LAC, che ha messo in scena l’o02

01 Bye Bye Per gentile concessione de La Biennale di Venezia Ph: ©Andrea Avezzo 02 Rame Lorena Dozio Ph: ©Kerem Gelebek

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pera di Antonin Artaud su musica e libretto di Giorgio Battistelli, firmandone così la prima esecuzione assoluta in lingua italiana. La stagione artistica si è aperta con il bel successo di Luna Park – come un giro di giostra, prodotto dalla Compagnia Finzi Pasca in coproduzione con il LAC. Daniele Finzi Pasca ha costruito un lavoro ‘ad hoc’ per i tempi che stiamo vivendo; un lavoro agile e breve ma non per questo meno intenso, che ha svelato agli spettatori la magia del teatro grazie ad un evocativo percorso ‘dietro le quinte’. La programmazione è proseguita poi con la ventinovesima edizione del FIT Festival Internazionale del Teatro e del-

la scena contemporanea che ha ospitato il debutto di Rame, la più recente creazione di Lorena Dozio e capitolo conclusivo della residenza triennale della danzatrice ticinese al LAC, Book is a Book is a Book, ultimo lavoro di Trickster-p coprodotto da LAC, e la prima internazionale di Una Vera Tragedia, produzione di cui firmano il progetto due giovani talenti, Riccardo Favaro e Alessandro Bandini. L’autunno del centro culturale avrebbe dovuto essere accompagnata dalla nascita di due produzioni, La bottega del caffè per la regia di Igor Horvat e Fedra di Leonardo Lidi. La seconda ondata della gravissima crisi pandemica che ha travolto le nostre esisten-

ze ne ha purtroppo impedito i debutti, previsti il 9 e il 28 di novembre. Le autorità infatti hanno decretato un limite massimo dapprima di 5 poi portato a 30 persone (risoluzione governativa del 8 novembre, adeguamento del 10) presenti a manifestazioni pubbliche di natura culturale, che rende di fatto quasi impossibile qualsiasi offerta in presenza. Pochi giorni prima, durante la conferenza stampa della sua bottega del caffè, Igor Horvat, dicharò: “È stato un mese di allestimento non facile, per motivi che abbiamo molto chiari. Ma siamo qui. Facciamo questo spettacolo in solidarietà coi colleghi che nel mondo non lavorano, e lo facciamo con gioia e per la necessità di costruire un contraltare all’umore attuale”. Parole rese inattuali dalle decisioni del Consiglio di Stato. Dato il prolungarsi della crisi sanitaria, al momento della pubblicazione di questo articolo è impossibile poter prevedere le modalità e il periodo di una possibile ripresa, dell’allestimento di uno spettacolo, un concerto, un evento dal vivo. Preso atto di ciò, la direzione del LAC si è rimessa nuovamente al lavoro per studiare e immaginare di diversificare la propria attività secondo linee che pur non essendo ancora definite nei loro dettagli e contenuti, sapranno interloquire con tutti i cittadini. Per seguire al meglio la programmazione e le proposte del LAC nel loro evolversi costante, vi consigliamo di consultare periodicamente il sito del LAC. www.luganolac.ch

03 La bottega del caffè 2020 LAC Ph: ©Studio Pagi 04 Book is a Book is a Book 2020 LAC Ph: ©Studio Pagi 04 TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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LAC / MASI

L’ARTE GIOVANE DEL TICINO DAL 28 NOVEMBRE 2020 IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA (MASI LUGANO) OSPITA NELLA SEDE DI PALAZZO REALI UNA SERIE DI NUOVE OPERE DI MARTA MARGNETTI, GIOVANE ARTISTA VINCITRICE DEL PREMIO MANOR TICINO 2020. 01

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a mostra, che presenta cinque installazioni, riflette sul concetto di “abitare” e sulla condivisione domestica. Le esperienze abitative dell’artista, che ha cambiato casa ben 17 volte, costituiscono il punto di partenza del progetto espositivo, elaborato e concepito appositamente per gli spazi di Palazzo Reali. Ogni sala diventa elemento di una geografia domestica, non pensata come strumento di misurazione ma come mappa di luoghi immaginari, dove lo spazio diventa organismo vivente da percepire attraverso nuovi sensi. L’artista non offre una visione o una lettura d’insieme, un percorso lineare, bensì genera delle atmosfere che spingono il visitatore a cambiare continuamente la propria scala di percezione: a entrare e uscire da visioni ravvicinate e distanziate, interni ed esterni, dettagli e composizioni prospettiche, in un percorso che, seppur non percepibile nella sua totalità, presenta una propria logica. L’intero progetto è stato realizzato non solo in relazione agli spazi espositivi, ma anche al contesto generale e al suo rapporto con la città di Lugano, città in cui Marta Margnetti ha scelto di vivere al momento. Ogni progetto espositivo è occasione di scoperta e apprendimento e influenza attivamente il processo creativo dell’artista: una scelta coraggiosa che proprio nell’apertura all’imprevisto trova forza e creatività. Per la stessa ragione, l’artista rinuncia consapevolmente ad approfondire un’unica tecnica e mantiene la libertà di lavorare con una varietà di materiali e di approcci sempre nuovi, facendo proprio

anche il concetto del “do it yourself”. L’architettura immaginata da Marta Margnetti entra in dialogo con quella di Palazzo Reali. Ogni stanza offre un’esperienza percettiva particolare. Soffermandosi e osservando con attenzione, dopo il primo impatto ambientale, il visitatore più attento potrà notare elementi meno visibili: lo spazio prende vita e si anima di piccole sculture che gli conferiscono un nuovo significato e allo stesso tempo ne diventano l’ornamento. Avvicinandosi alle opere, si noteranno parole e segni, incisi e disegnati sulle superfici dei materiali, che rivelano un’affascinante sovrascrittura di annotazioni dell’artista. Le sculture – in cemento, ferro, ceramica, cera, legno e cartone – sono esposte accanto a stampe, fusioni in


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01 Foto Studio 2020 Ceramica, cera, lastra di ferro, fiori secchi, cemento, inchiostro, tempera e pellicola con finitura a specchio Ph: ©Yimei Zhang

bronzo e ready-made. Esse rappresentano l’attitudine dell’artista a scoprire le possibilità dei materiali e delle tecniche e a spingere il pensiero verso una soglia non controllabile. Permettendo l’imprevisto si giunge anche al “non immaginato”, alla forza che sovverte le idee esplorate. Un modo di pensare valido anche per la ricerca di nuove soluzioni abitative, che si rispecchia ulteriormente nel titolo della mostra “e improvvisamente

scossa da una forza”, citazione di Vasilij Kandinskij, che rimanda al rapporto con la spazialità utopica. Marta Margnetti traspone il suo pensiero e le sue esperienze nelle opere in mostra, creando non soltanto un’idea atemporale di abitazione, ma evocando una riflessione sull’abitare contemporaneo. In un momento in cui il tema degli spazi domestici è più che mai attuale, è inevitabile chiedersi: che cos’è per noi “la casa”?

02 Foto Studio 2020 Cocci di vetro, filo di rame, bronzo, lampadina Ph: ©Yimei Zhang 03 Foto Studio 2020 Ferro e pellicola con finitura a specchio Ph: ©Yimei Zhang 04 Foto Studio 2020 Ceramica e tempera Ph: ©Yimei Zhang

CHI È MARTA MARGNETTI

IL PREMIO CULTURALE MANOR

Nata nel 1989 a Mendrisio, vive e lavora a Lugano. Ha ottenuto il Bachelor in Arti Visive presso l’Haute école d’art et de design (HEAD) di Ginevra e il Master in Contemporary Arts Practice alla Hochschule der Künste (HKB) di Berna. Dal 2013 al 2018 è stata co-fondatrice e co-direttrice dello spazio d’arte Sonnenstube di Lugano. Dal 2018 è membro attivo del collettivo Spazio Morel Lugano. Nel 2017 Marta Margnetti ha ricevuto il Kiefer Hablitzel Award. Ha partecipato ad importanti mostre collettive, tra cui Beehave, Kunsthaus Baselland, Basel, 2018; CARAVAN, Aargauer Kunthaus, Aarau, 2018; New Swiss Performance Now, Kunsthalle, Basel, 2018; < 30. XIII Giovane arte svizzera, Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano, 2017; Affaire, Centre Pasquart, Biel, 2016; Che c‘è di nuovo? Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano, 2016. Le sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche, tra cui la Collezione del Cantone Ticino, la Julius Bär Art Collection, la collezione del Museo di Mendrisio e la collezione dell’Aargauer Kunsthaus.

Istituito per la prima volta nel 1982 su iniziativa di Philippe Nordmann, il Premio Manor rappresenta uno dei riconoscimenti più prestigiosi e ambiti e uno degli strumenti di promozione più efficaci all’interno della scena artistica contemporanea svizzera. Presente in dodici città o regioni svizzere, il premio si rivolge ad artisti attivi nei diversi campi delle arti visive che abbiano meno di quarant’anni. Obiettivo del premio, che viene assegnato ogni due anni, è quello di far conoscere a un pubblico più ampio il lavoro di artisti giovani non ancora molto noti e di dare un impulso alla loro carriera artistica. Oltre a una borsa di 15,000 CHF e all’acquisto di un’opera, il Premio Manor prevede infatti l’organizzazione di una mostra personale, accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo. Il Premio Manor Ticino, presente sul territorio dal 2005, si iscrive nell’ambito delle numerose iniziative messe in atto o sostenute dal MASI per incoraggiare e promuovere la scena artistica locale.

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LAC / ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA

SAN SILVESTRO CON MARTHA ARGERICH

QUEST’ANNO A LUGANO SARÀ LA GRANDE PIANISTA ARGENTINA A FESTEGGIARE L’ARRIVO DEL NUOVO ANNO AL LAC CON L’ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA. UN APPUNTAMENTO MOLTO ATTESO, DIVENTATO ORMAI UNA TRADIZIONE.

Possibilità di seguire il Concerto di San Silvestro e i concerti OSI in Auditorio in videostreaming* su www.osi.swiss/rsi-livestream e/o in diretta radiofonica* su RSI Rete Due. I programmi dei concerti potrebbero subire modifiche (per aggiornamenti: www.osi.swiss). *prodotti dalla Radiotelevisione svizzera

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asciarsi alle spalle in musica un anno non certo facile, guardando con rinnovata fiducia al futuro: il Concerto di San Silvestro, giovedì 31 dicembre 2020 alle ore 18.30 al LAC di Lugano (al momento di andare in stampa si lavorava all’ipotesi di un concerto a porte chiuse, diffuso però in videostreaming e/o in diretta radiofonica), invita a una serata di vigilia festosa, in compagnia di una fra le più grandi concertiste dei nostri tempi: Martha Argerich, già protagonista del concerto di San Silvestro di due anni fa. Insieme a lei il direttore d’orchestra Ion Marin, per un programma in fase di definizione. In origine la serata era tutta dedicata a Beethoven e

Cajkovskij, Š con la Argerich impegnata in uno dei suoi concerti prediletti, il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore di Ludwig van Beethoven, a conclusione delle celebrazioni per il 250° anniversario della nascita del compositore tedesco. A seguire, era prevista la brillante Suite n. 1 dallo Schiaccianoci di Piotr Il’icé Š Cajkovskij. Tutto però ha dovuto essere ridefinito, adattandosi alle mutate condizioni legate al COVID – 19. Martha Argerich mantiene in ogni caso un rapporto privilegiato con l’Orchestra della Svizzera italiana e la città di Lugano, dove torna volentieri a suonare appena le è possibile. A Lugano è stata per 15 anni protagonista del festival Progetto Martha Argerich (2002-2017).


LAC / ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA

OSI IN AUDITORIO CON GRANDI SOLISTI

IL CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI

OSI & SOL GABETTA

In gennaio e febbraio tornano i Concerti OSI in Auditorio a Lugano, nella ormai consolidata formula del Play&Conduct, diffusi anche in videostreaming e in diretta radiofonica.

CONCERTO DI SAN SILVESTRO Giovedì 31 dicembre 2020 ore 18.30 LAC Lugano

A partire dal 2021 l’OSI terrà per tre anni consecutivi un Festival nel finesettimana di Pentecoste in collaborazione con la celebre violoncellista Sol Gabetta. Nell’arco di tre giorni saranno proposti al pubblico alcuni concerti di musica sinfonica al LAC con il direttore Markus Poschner e la solista Sol Gabetta, concerti nella Chiesa di S. Maria degli Angioli, momenti cameristici nella Hall del LAC e alcune iniziative collaterali ideate per l’occasione. Sol Gabetta sarà presente in veste di solista con l’orchestra e in formazioni da camera; avrà inoltre la responsabilità e la direzione artistica del Festival, invitando altri musicisti ospiti, vicini alla sua linea musicale. Il Festival svilupperà anche alcune innovazioni nel modo di proporre al pubblico la musica classica. Prevendita a partire da febbraio 2021. In coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura.

Si conferma il grande interesse per la mini-rassegna di gennaio e febbraio, che si svolge nella modalità Play&Conduct: quattro personalità estrose ed eclettiche si alterneranno sul podio dell’OSI, assicurando anche una performance solistica. Programmi stuzzicanti, per chi ama uscire un po’ dai soliti percorsi, e artisti ben noti, come Christian Zacharias, il creativo Maurice Steger e il violoncellista Nicholas Altstaedt (01). A loro si aggiunge Alexei Ogrintchouk (02), primo oboe dell’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam. La rassegna viene trasmessa in diretta radiofonica da RSI Rete Due e in videostreaming (www.osi.swiss/rsi.livestream). 01

Orchestra della Svizzera italiana Solista Martha Argerich, pianoforte Ion Marin, direttore OSI IN AUDITORIO Giovedì 14 gennaio 2021 ore 20.30 Auditorio Stelio Molo RSI Lugano Orchestra della Svizzera italiana Christian Zacharias Play&Conduct, pianoforte Musiche di G. Fauré, W. A. Mozart e F. Poulenc OSI IN AUDITORIO Giovedì 21 gennaio 2021 ore 20.30 Auditorio Stelio Molo RSI Lugano Orchestra della Svizzera italiana Alexei Ogrintchouk Play&Conduct, oboe Musiche di L. van Beethoven e W. A. Mozart OSI IN AUDITORIO Giovedì 28 gennaio 2021 ore 20.30 Auditorio Stelio Molo RSI Lugano Orchestra della Svizzera italiana Maurice Steger Play&Conduct, flauti Musiche di G. F. Händel, A. Vivaldi, T. Hosokawa, J. S. Bach, G. Finger, W. Babell e W. A. Mozart

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OSI & SOL GABETTA Da sabato 22 maggio a lunedì 24 maggio 2021 LAC Lugano Chiesa Santa Maria degli Angioli Lugano Orchestra della Svizzera italiana Markus Poschner, direttore Solista Sol Gabetta, violoncello

OSI IN AUDITORIO Giovedì 4 febbraio 2021 ore 20.30 Auditorio Stelio Molo RSI Lugano Orchestra della Svizzera italiana Nicholas Altstaedt Play&Conduct, violoncello Musiche di F. J. Haydn, S. Veress e W. Killmayer TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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CULTURA / IMAGO ART GALLERY

LA GALLERIA LUGANESE PROPONE PER LA RIPRESA AUTUNNALE UNA PROGRAMMAZIONE ALL’INSEGNA DELLA FIDUCIA CHE L’ARTE POSSA TORNARE PRESTO AD INCONTRARE, SENZA LIMITAZIONI DI TEMPO O DI SPAZIO, IL SUO PUBBLICO.

DIALOGHI D’ARTE

IMAGO ART GALLERY Via Nassa 46 CH-6900 Lugano +41 (0)91 921 43 54 info@imago-artgallery.com www.imago-artgallery.com

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arte ai tempi della pandemia c’è e vuole farsi sentire. E lo fa perché chi ha fatto della produzione artistica un lavoro sta dimostrando in questi mesi generosità e altruismo straordinari: l’arte, nonostante tutte le limitazioni imposte, deve essere

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comunque diffusa, deve tornare ad incontrare il suo pubblico. Ciò che non si è mai fermata è la creatività, la passione per l’arte come ragione di vita. Proprio partendo da questo assunto IMAGO Art Gallery ha deciso per i prossimi mesi di mettere in campo tutte le sue grandi risorse, offrendo


uno spaccato della sua attività particolarmente ricco e stimolante. La galleria ha infatti deciso di presentare una collettiva dei numerosi artisti che negli anni sono stati esposti e le cui opere fanno parte della sua prestigiosa collezione. Questa rassegna corale, aperta il 22 ottobre si svilupperà nell’arco di più mesi e vedrà alternarsi nomi “storici” della galleria luganese con artisti giovani ma già affermati. L’elenco degli artisti previsti è molto lungo, da Manzù a Melotti, da Bonalumi a Pomodoro, e poi Serena Maisto, Ghinato, Malossi, Bigi, Pugliese, Busci e tanti altri, in un ordine che non vuole essere alfabetico e non vuole neppure stabilire gerarchie. La collettiva porta infatti il titolo “Dialogues – Dialoghi d’arte”, quasi a voler testimoniare, in un raffinato gioco di rimandi e citazioni, di come gli artisti siano sempre in relazione tra loro e come le loro opere non possano vivere senza entrare in un continuo contatto con il proprio pubblico. Una ragione di esistere valida in ogni tempo, un’indicazione ancora più preziosa in tempi difficili ma pieni di voglia di rilancio come quelli attuali.

Questa filosofia portata avanti da IMAGO Art Gallery viene ulteriormente confermata dalla partecipazione alla realizzazione di importanti iniziative di respiro internazionale: dopo essere stata presentata in varie città italiane ed europee vola in Cina la grande mostra dedicata a Marc Chagall. IMAGO Art Gallery ha contribuito al suo successo prestando svariati dipinti del maestro russofrancese (Lëzna, 7 luglio 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 28 marzo 1985), e ha attivamente partecipato

all’organizzazione dell’evento, lavorando per un anno, anche in remoto a causa delle limitazioni ai viaggi in Cina. La mostra è stata inaugurata il 9 ottobre alla presenza del Presidente cinese Xi Jimping e dopo la capitale toccherà altre importanti città del Paese. Anche in questo caso si può parlare di un grande significato simbolico, se si considera che il Paese dove per primo è scoppiata la pandemia è ora uno dei primi ad accogliere nuovamente grandi esposizioni di carattere internazionale.

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CULTURA / NFT ART

WWW.NFTART.CH, LA PRIMA GALLERIA D’ARTE PURE NFT NASCE IN SVIZZERA E PROMUOVE A LUGANO IL MECENATISMO PER I NUOVI ARTISTI DIGITALI.

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na nuova rivoluzione silenziosa ha reso resiliente alla pandemia il mercato dell’arte mondiale: oggi decine di migliaia di affermati artisti contemporanei sviluppano opere d’arte digitale vendendo direttamente ai collezionisti in tutto il mondo grazie alla Blockchain dei Token NFT. Stiamo parlando dell’avvento del nuovo rivoluzionario mercato dell’arte definito Nft Art che veicola opere d’arte totalmente digitali, senza alcuna corrispondenza fisica, vendute in rete mediante l’utilizzo degli innovativi Token NFT (Non Fungible Token) emessi dall’artista stesso che così certifica la provenance dell’opera. Nasce e si evolve un nuovo mercato dell’arte digitale che, sopperendo alle limitazioni fisiche di mostre e gallerie imposte dal Covid, rivitalizza il mercato dell’arte contemporanea creando una inedita generazione di nuovi artisti che raggiungono già le massime quotazioni sul mercato e rappresentano anche una sicura ed importante forma di investimento finanziario alternativo e di sicura rivalutazione. Ad esempio, basti pensare all’ultima vendita effettuata da Christie’s dell’opera d’arte denominata “blocco 21” prodotta da Ben Gentilli assegnata per l’incredibile cifra di oltre 130.000 dollari su una base d’asta di 22.000 dollari e che batte il precedente record detenuto dall’NFT di Matt Kane “Right Place & Right Time” battuto ad (appena) 100.000 dollari. Il fenomeno della Nft Art è in espansione esponenziale come dimostra l’ultimo report di Messari che fotografa un mercato mondiale da 100 Milioni di dollari composto da centinaia di migliaia di transazione Ethereum (vendi-

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NASCE IL NUOVO MERCATO DELL’ARTE BASATO SU TOKEN NFT E BLOCKCHAIN!

te) di opere d’arte e collezionabili e comprendente collezionisti top, come Whale Shark, che possiedono collezioni da milioni di dollari di valore. Senza contare che anche le opere di importanti artisti della scena digitale anche Italiana del calibro di Hackatao, Massimo Franceschet, Mattia Cuttini, Domenico Barra, hanno spesos raggiunto nelle aste digitali quotazioni di svariate decine di migliaia di dollari in costante incremento. Dopo l’ormai obsoleto e poco efficace tentativo di usare la Blockchain per la sola autentica delle opere d’arte fisiche, oggi l’utilizzo dei Token NFT hanno permesso di creare un

nuovo mercato mondiale aperto a tutti i talenti contemporanei che accetteranno questa nuova sfida. A tal fine www.nftart.ch la Galleria D’Arte Digitale, nata sotto l’egida dello Swiss Blockchain Consortium diretto dal Visionario Innovatore Michele Ficara Manganelli, sul proprio sito ha già avviato un articolato programma di mecenatismo digitale, insieme a partner diversi ed alcune importanti istituzioni locali, per aiutare e la diffusione della Nft Art tra i collezionisti d’arte e promuovendo nel contempo la nascita sul territorio di nuovi artisti digitali su cui investire per il lancio nel mercato internazionale.


CORTESI GALLERY

Cortesi Gallery LUGANO Via Nassa 62, 6900 +41 91 921 40 00 Cortesi Gallery MILANO Via Morigi 8, 20123 +39 02 36 685 595 info@cortesigallery.com www.cortesigallery.com

Arnaldo Pomodoro, Rotante Massimo, III, 1967-68, bronze on artist’s perspex box, diameter 80 cm TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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CULTURA / PAOLO CAVERZASIO

COGLI L’ATTIMO

UNA DOLOROSA ESPERIENZA PERSONALE HA COMPLETAMENTE CAMBIATO LA VITA DI UN ARTISTA, PAOLO CAVERZASIO, CHE HA SCELTO DI UTILIZZARE LO SCATTO FOTOGRAFICO PER FISSARE IN MODO SIMBOLICO LO SPAZIO, LA LUCE E IL TEMPO. VIVE E LAVORA A COMANO, E ALLA PRATICA DELLA FOTOGRAFIA ALTERNA L’ALTRA SUA GRANDE PASSIONE: LA VELA.

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ella sua vita c’è un prima e un dopo… Ci vuole raccontare che cosa è cambiato? «Sono nato a Mendrisio nel 1956 e quasi tutta la mia attività professionale si è svolta nell’ambiente bancario, con una parentesi di alcuni anni nel settore informatico. Poi, una trentina di anni fa, ho vissuto un’esperienza che mi ha segnato: un lungo ricovero all’Universitätsspital di Zurigo. Sono entrato in ospedale che ero una persona; ne sono uscito che ero una persona completamente diversa. Come uomo, come valori, come approccio alla vita. La mia passione per la fotografia è nata in quel momento. Ho sentito, forte, l’esigenza di fermare alcuni momenti particolari della vita che una volta

passati non puoi più riprodurre. In questo senso, posso parlare di un lavoro creativo in due fasi che mi appartengono strettamente, la morte e la rinascita, che mi hanno insegnato a riconoscermi e a ritrovare un’altra strada dentro di me».». Il suo percorso artistico è segnato dalla consapevolezza che la fotografia consente di fissare un istante altrimenti irripetibile… «Sono partito dalla fotografia macro, poi ho sperimentato il paesaggio, passando per il bianco e nero e le foto in notturna, per giungere infine alla fotografia con effetti speciali. Sono così arrivato a elaborare una tecnica personale, che mi permette di raggiungere in modo originale l’obiettivo per me


più importante di congelare un istante, conservandolo per sempre, grazie ad un solo fotogramma, in un gioco di luce e in uno spazio circoscritto». Le sue opere nascono in un contesto molto particolare… «Tutte le mie immagini sono costruite su un set (esterno, piazza d’armi) e realizzate con una tecnica appositamente messa a punto. La spettacolarità dei colori che si disperdono nello spazio, dei cristalli in frantumi, le forme fantasmagoriche sono generate dallo sparo di una carabina di alta precisione (TIKKA TA3x TAC A1 con visore Rodenstock ad definizione) da una distanza variante da 100 a 300 metri). Oppure, nel caso dei palloni riempiti di liquidi, trafitti da una freccia scoccata da una balestra a una distanza di circa 80 metri (Balestra BARNETT VICIOUS). Questi scatti, come scrive il critico Dalmazio Ambrosioni, “hanno la capacità di creare l’attimo, di perpetuarlo nella sua fuggente bellezza, di suscitare il nostro desiderio di interpretarle, mettendoci qualcosa di noi stessi”. Un’altra caratteristica comune alle mie immagini è la fedeltà assoluta allo scatto originario. In nessuna di esse è stato utilizzato il fotoritocco nei cui confronti ho un’avversione totale. Credo che l’immagine debba essere “pura”, per contenere la sua freschezza originaria. Una manipolazione artificiale la comprometterebbe irrimediabilmente». In nessuna delle sue immagini il proiettile che colpisce e fa esplodere l’oggetto è visibile. Perché? «L’ho sempre escluso dal campo visivo, perché rappresenta uno strumento di morte. L’ho usato soltanto per arrivare a ciò che mi premeva esprimere attraverso questa tipologia di immagini, e che è strettamente legato alla mia esperienza personale: la sensazione che vorrei trasmettere è proprio quella della rinascita. Niente muore, tutto rivive sotto altra forma.

Tutto ciò che muore non scompare, il suo essere raggiunge un nuovo stato di esistenza. La vita è la somma di attimi ed esperienze che possono presentare, in ogni singolo momento, gioie o dolori o fatti che cambiano per sempre il nostro destino. Istanti che aprono nuove dimensioni e liberano risorse segrete e sconosciute, cambiando colore all’esistenza che – dal bianco e nero – può sempre tornare a colori».

Progetti per il futuro? «Un giorno vorrei riuscire a scattare fotografie dell’occhio umano. Fotografarlo mentre coglie l’immagine di un evento, di una persona. Vedere nell’occhio dell’uomo, per così dire, la fotografia nella fotografia. Con la luce giusta si riesce a cogliere nell’occhio di chi guarda il riflesso di ciò che sta guardando: ecco, vorrei arrivare a cogliere quell’attimo, quella luce, quell’espressione».

Il suo lavoro di ricerca intorno al significato della vita non si esaurisce nel momento dello scatto… «Esattamente. Le immagini stampate mi inducono ad una riflessione che in alcuni casi ha portato a dei risultati imprevisti e straordinari. Per esempio, talune esplosioni di oggetti provocate dall’uso di armi, hanno generato immagini che, attraverso un attento studio ho individuato essere assai simili a configurazioni stellari presenti nello spazio. Un’associazione visiva che mi porta a ricordare che l’infinito sembra essere stato generato nell’attimo in cui è avvenuto il Big Bang». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE

LE PRIORITÀ DELLA PIAZZA FINANZIARIA 01

01 Da sinistra Christian Vitta, Sergio P. Ermotti, Ignazio Cassis, Thomas J. Jordan, Alberto Petruzzella 02 Thomas J. Jordan 03 Sergio P. Ermotti 04 Ignazio Cassis

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LO SCORSO 26 OTTOBRE SI È TENUTO IL SECONDO LUGANO BANKING DAY, EVENTO ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE (ABT) E DAL DIPARTIMENTO DELLE FINANZE E DELL’ECONOMIA DEL CANTONE TICINO (DFE) CON LA COLLABORAZIONE DELLA CITTÀ DI LUGANO.

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causa del repentino peggioramento della situazione pandemica, l’evento, purtroppo, si è potuto tenere soltanto in streaming. Se da un lato siamo dispiaciuti di non aver potuto svolgere la conferenza in presenza, soprattutto considerato che quest’anno ricorre il 100° Anniversario dell’ABT, rimaniamo comunque contenti del forte interesse mostrato per l’evento, un interesse che ha resi-


FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE 02

stito ai tanti cambiamenti imposti dalla situazione. Il picco di 500 persone collegate e l’importante copertura mediatica dimostrano che il futuro della piazza finanziaria rimane un tema prioritario per il Ticino. Il simposio di quest’anno è stato impostato con l’idea di non concentrarsi su un tema specifico ma ampliare la discussione toccando molteplici tematiche attuali per la piazza. Un approccio concretizzatosi con la scelta dei relatori del panel, tutti di primissimo piano: il Consigliere federale Ignazio Cassis, il CEO di UBS Group Sergio P. Ermotti, il Presidente della Banca nazionale svizzera Thomas J. Jordan, il Consigliere di Stato Christian Vitta e il Presidente ABT Alberto Petruzzella. L’importanza delle condizioni quadro Nel suo ruolo di Presidente della Banca nazionale svizzera, Thomas Jordan ha una visione d’insieme dell’economia nazionale e proprio per questo nel suo speech ha più volte ribadito l’importanza di avere delle condizioni quadro ottimali. La Svizzera parte con delle buone basi, in primo luogo una moneta solida: Jordan ha ricordato come dallo scoppio della prima guerra mondiale nessun’altra moneta ha conservato il proprio valore come il franco svizzero. Ovviamente esistono dei lati negativi come l’eccessivo apprezzamento del franco nelle fasi di incertezza, una situazione alla quale la BNS ha dovuto porre rimedio con interventi mirati come l’introduzione dei tassi di interesse negativi. Anche il contesto politico e istituzionale gioca un ruolo non indifferente. Jordan ha lodato il nostro sistema ma ha lanciato un monito: è necessario evitare di creare ostacoli amministrativi che appesantiscono le attività finanziarie, citando in particolare la tassa di negoziazione e l’imposta preventiva. Il Presidente della BNS si è

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FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE

soffermato anche sull’accesso al mercato, sottolineando come in un contesto globalizzato sia necessario allentare le restrizioni. Jordan ha concluso il suo discorso affermando che solo la stretta collaborazione tra i diversi attori politici ed economici può garantire un sistema economico efficace, portando come esempio positivo la gestione della crisi economica causata dalla pandemia. La collaborazione tra il Consiglio federale, le banche e la BNS ha permesso un facile accesso al credito, salvaguardando migliaia di imprese che altrimenti avrebbero rischiato una crisi di liquidità. La situazione è rimasta sotto controllo, ha concluso Jordan, anche perché negli ultimi anni le grandi banche attive a livello globale hanno aumentato sensibilmente la propria dotazione di capitale, ridotto le posizioni di rischio e adottato importanti misure organizzative per la gestione di crisi. Anche le banche orientate al mercato interno hanno dimostrato nel complesso una buona resilienza. Una fase difficile I temi affrontati durante il panel sono numerosi: lo spunto per iniziare la discussione è stata la pandemia, che ha portato numerosi cambiamenti nel modo di lavorare. Il Presidente ABT Alberto Petruzzella non ha nascosto le difficoltà che sta affrontando la piazza: gli ultimi dieci anni sono stati complicati, le banche hanno dovuto ridurre i costi e questo purtroppo ha coinvolto anche il personale. Per quanto riguarda la crisi pandemica, il Consigliere federale Ignazio Cassis ed il CEO di UBS Sergio Ermotti hanno sottolineato come i crediti Covid non abbiano avuto soltanto un impatto economico ma siano serviti anche dal punto di vista psicologico. Infatti tanti imprenditori che hanno richiesto questi crediti speciali, nonostante spesso non ne abbiano fatto uso, si sono sentiti più

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tranquilli nell’affrontare questi mesi di incertezza. Sebbene tutti i relatori abbiano ribadito quanto sia difficile fare previsioni, è chiaro che prima o poi questo momento particolare finirà e bisognerà guardare al futuro. Un futuro che si annuncia ricco di sfide, dalla digitalizzazione ai rapporti con l’Unione Europea. L’accesso al mercato italiano ad esempio, come già sottolineato da Jordan, è di fondamentale importanza per la piazza. Concetto ribadito anche dal Consigliere di Stato Christian Vitta il quale, insieme all’Associazione Bancaria, si sta impegnando a portare avanti il dossier con il Consigliere federale Ueli Maurer e la Segretaria di Stato Daniela Stoffel. Innovazione come vettore di crescita Secondo Vitta è inoltre necessario accompagnare il settore bancario nella sua fase di trasformazione, in particolare quella tecnologica. Investire nella digitalizzazione è fondamentale: Sergio Ermotti, CEO di UBS Group, ha fatto presente che una crisi come quella che stiamo vivendo sarebbe stata ingestibile con le tecnologie di dieci anni fa. Questo non vale solo per il settore finanziario, ma per tutta la società in generale (basti pensare all’insegnamento a distanza, agli acquisti online..). L’accelerazione dei processi di digitalizzazione è stato forse l’unico lato positivo della pandemia, che ha portato ad esempio ad un utilizzo importante dell’home working nel settore bancario. Ciononostante, anche questa modalità ha dei limiti poiché, specialmente nel campo della consulenza, il rapporto personale con il cliente è insostituibile. La piazza finanziaria deve puntare quindi sulle nuove tecnologie, ma senza trascurare il capitale umano. Non solo: è anche opportuno individuare gli strumenti giusti da sviluppare: se la blockchain può essere uno strumento utile, sulle criptovalute permangono ancora molti dubbi. In-

novazione vuol dire creazione di nuovi posti di lavoro, ma anche scomparsa di alcune funzioni. Per questo rimane prioritario il ruolo della formazione continua, che permette di rimanere competitivi. La responsabilità, ha spiegato Ermotti, non spetta solo allo Stato e al datore di lavoro ma anche al collaboratore, che deve essere disposto ad investire su se stesso. Sfide e opportunità In conclusione, i relatori hanno sottolineato come le sfide che attendono la piazza siano numerose e complesse, spesso legate all’evoluzione del contesto internazionale. I valori svizzeri, incentrati su collaborazione, competenze e serietà, ci permettono di affrontare il futuro con sicurezza. Il Centesimo dell’Associazione bancaria ticinese, nel suo piccolo, è uno stimolo per riflettere su come in questi cento anni sia stato possibile resistere a numerosi scossoni, adattandosi ai mutamenti globali e gestendo situazioni di crisi. www.abti.ch



FINANZA / UBS

IL FUTURO DELL’ESSERE UMANO L’UMANITÀ VA INCONTRO A DUE IMPORTANTI TENDENZE: LA CONTINUA CRESCITA DEMOGRAFICA E L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE. COSA CI RISERVA IL FUTURO NELL'ISTRUZIONE, NELLA SANITÀ NONCHÉ NELLA FELICITÀ E NELLE PREFERENZE DEI CONSUMATORI?

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e nuove dinamiche porteranno a un cambiamento degli stili di vita, possibile grazie alle nuove tecnologie, aumentando così la nostra responsabilità individuale e la nostra libertà

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di scelta. In futuro acquisiremo nuove competenze attraverso un’istruzione personalizzata, avremo maggiore accesso alla medicina preventiva e useremo strumenti digitali per raggiungere la felicità e il benessere. Il futuro dell'istruzione Il futuro è già oggi e schiude nuove opportunità a lungo termine. La quarta rivoluzione industriale ci costringerà ad acquisire conoscenze in aree che non si prestano all’automazione. Oltre alle nozioni tecniche, il nostro apprendimento si concentrerà sempre più sulla flessibilità, la creatività, l’innovazione e le competenze interpersonali. L’apprendimento continuo diventerà imprescindibile. Le generazioni più anziane dovranno dunque rimettersi a studiare e lavoreranno più a lungo, svolgendo così un ruolo importante nel mercato del lavoro di domani. La classe non sarà l'unico luogo dell'apprendimento, la tecnologia consentirà infatti di apprendere attraverso numerosi canali, ampliando l’accesso all’istruzione e migliorandone la qualità su una scala più vasta. Il futuro della sanità In quanto consumatori di servizi sanitari, assumeremo una maggiore responsabilità diretta nei confronti della nostra salute con l’obiettivo di essere più sani, più a lungo: da risorsa occasionale, i servizi sanitari diventeranno uno strumento di gestione del benessere personale in tutte le fasi della vita. Questa trasformazione sarà possibile grazie a un ecosistema sanitario più tecnologico, che aprirà nuove strade per la salute. La gestione digitale delle malattie è solo un esempio

dell’approccio personalizzato che verrà adottato in futuro nel trattamento delle patologie croniche. Il boom della telemedicina è espressione del cambiamento del luogo di cura: la tecnologia in remoto consente infatti percorsi terapeutici più efficienti, riducendo gli appuntamenti in ospedale. Il futuro della felicità e dei consumatori I cambiamenti demografici e il progresso tecnologico contribuiranno a plasmare la felicità futura. I Millennials e la Generazione Z raggiungeranno la fase della vita dai più alti guadagni, oltre a ereditare i patrimoni di famiglia. Entrambe queste generazioni sono consapevoli del loro impatto sociale e ambientale e tendono a preferire le esperienze al possesso di beni materiali. Sebbene il progresso tecnologico abbia dunque migliorato il tenore di vita, i rischi per la salute aumentano, a causa del maggior tempo trascorso davanti allo schermo. La tecnologia favorirà però l’accesso a strumenti basati su dati per migliorare il benessere fisico e mentale. Gestire le nuove tecnologie e sfruttarne le potenzialità Commentando le prospettive future del pianeta Luca Pedrotti, Group Managing Director, Direttore Regionale UBS Ticino, ha dichiarato: «I cambiamenti demografici in atto, uniti all’incessante avanzamento dell’era digitale, richiederanno a tutti noi una grande capacità di adattamento. Le nuove tecnologie e le loro enormi potenzialità saranno però nostre alleate: spetterà a noi considerarle e farne un utilizzo etico e consapevole».


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FINANZA / UBS

100 ANNI DI VITA DELLE FILIALI DI LOCARNO E LUGANO UBS È PRESENTE IN TICINO DA BEN 112 ANNI E DAL 1920 CON LE FILIALI DI LOCARNO E LUGANO, DELLE QUALI RICORRE IL CENTESIMO ANNIVERSARIO.

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a nascita delle filiali UBS Locarno e Lugano è riconducibile ad un periodo storico molto delicato, dopo l'armistizio del 1918, durante il quale la

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regione attraversava una forte crisi economica. Gli amministratori della Banca Svizzera Americana sentirono la necessità di associarsi ad un solido Istituto d'Oltralpe e vi fu una fusione con l'Unione di Banche Svizzere di Zurigo, oggi UBS, anch'essa desiderosa di stabilirsi in Ticino. Nel contesto locarnese, fin dalle loro origini, la Banca Svizzera Americana prima e successivamente UBS, favorirono lo sviluppo delle maggiori realizzazioni economiche e industriali: la Società Elettrica Locarnese, la Funicolare LocarnoMadonna del Sasso, la Cartiera di Locarno, le Ferrovie della Vallemaggia e delle Centovalli, le Tramvie locarnesi e il Saponificio di Locarno. A Lugano invece, considerata l’importanza cittadina e l'affinità linguistica (e anche culturale) con la vicina Penisola, UBS assunse in maniera evidente - ma non esclusiva - il compito di curare le relazioni con le banche italiane. In tal senso, UBS aiutò molti imprenditori italiani a trasferire le loro aziende in Ticino, aziende che in molti casi oggi sono diventate delle importanti realtà industriali ed economiche per la regione. In oltre 100 anni di storia UBS ha saputo affrontare importanti avvenimenti e cambiamenti, sempre guidata da una spiccata sensibilità verso i problemi economici e da una stretta vicinanza con il territorio e la popolazione locale. Nel tempo, è diventata un solido punto di riferimento per il Cantone, grazie alla sua capillare rete di filiali e ai suoi servizi all'avanguardia, ma non solo: UBS estende il suo impegno anche al di là della pura attività bancaria. Ad esem-


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pio, grazie alle numerose sponsorizzazioni regionali nei campi dell'educazione, dello sport e della cultura: basti pensare al Locarno Film Festival (con il quale UBS ha festeggiato 40 anni di partnership proprio quest'anno), al LAC, al Galà dei Castelli e a S.Pellegrino Sapori Ticino, oppure tramite la Fondazione UBS per la cultura, che supporta la creatività artistica contemporanea in Ticino e in tutta la Svizzera. UBS sta al passo con le nuove tendenze e incarna perfettamente la banca del futuro. Offre servizi digitali all'avanguardia, volti ad aumentare l'efficienza e la soddisfazione di una clientela sempre più esigente e partecipativa. A questo proposito, è interessante notare che nel periodo giugno 20192020 i clienti UBS in Svizzera hanno effettuato ben 160 milioni di login e che nel 2019 quasi il 70% dei login nel settore della clientela privata è avvenuto tramite smartphone. Inoltre, in qualità di uno dei principali gestori patrimoniali al mondo, ha la responsabilità di assumere un ruolo guida nella creazione di un futuro migliore. Sviluppa quindi costantemente nuovi prodotti finanziari con un impatto positivo sul bene comune e svolge le sue attività nel rispetto della sostenibilità ambientale.

Luca Pedrotti, Direttore Regionale UBS Ticino, ha dichiarato: «Sono molto orgoglioso di questo importante anniversario della nostra presenza in Ticino: una bella pagina di storia, di cui ringrazio anche i miei predecessori. Il segreto di questo successo è da attribuire al senso di appartenenza al territorio, all'integrazione nel tessuto economico e alla costante vicinanza alla popolazione, unite ad una grande capacità di innovazione e di adattamento al contesto storico». Cifre salienti riguardanti: 740 collaboratori; 17 filiali (19 se contiamo le sedi luganesi di Piazza Riforma e Via Pretorio); una relazione con un'economia domesti-

ca privata su tre, un libero professionista su due; e ancora, due gestori patrimoniali su tre e rapporti con circa 8.000 aziende ticinesi. Inoltre, un apprendista su due nel settore bancario lavora presso UBS. Sono infine 80 i collaboratori attivi nel Centro di competenza sull'Intelligenza Artificiale di Manno. 01 Ph: ©Archivio Foto Garbani, Locarno 02 Da sinistra: Luca Pedrotti, Sergio Ermotti, Christian Vitta Ph: ©Keystone – ATS / Ti-Press / Elia Bianchi 03 Ph: ©Archivio UBS, Basilea 03

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FINANZA / BPS (SUISSE)

UN QUARTO DI SECOLO IN OTTIMA SALUTE

MAURO DE STEFANI, PRESIDENTE DELLA DIREZIONE GENERALE DI BPS (SUISSE) PRESENTA L’ATTIVITÀ DELL’ISTITUTO BANCARIO CHE FESTEGGIA QUEST’ANNO IL SUO 25° DI FONDAZIONE.

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n traguardo importante per una realtà bancaria creata a Sondrio (Italia) nel 1871 e approdata in Svizzera nel 1991 con l’apertura di un ufficio di rappresentanza, seguita dalla costituzione nel 1995 della Banca Popolare di Sondrio (Suisse) SA, banca di diritto svizzero con sede a Lugano. Lo staff iniziale di BPS (SUISSE) era composto di sole 7 unità rispetto agli attuali 340 dipendenti, grazie ad uno sviluppo per linee interne (crescita organica), evitando “scorciatoie” di acquisizioni o fusioni per rimanere fedeli alla politica della Capogruppo di mantenere la propria identità aziendale nel metabolizzare una crescita poi rivelatasi vorticosa. L’espansione è stata veloce e continua. Inizialmente in Ticino e in Engadina, regioni che grazie alla vicinanza con la

Valtellina, il Lago di Como e le provincie lombarde e piemontesi confinanti permettevano immediate sinergie; poi nella Svizzera tedesca con le succursali di Coira, Basilea, Zurigo e Berna. Nel 2014 la Banca ha individuato un interessante potenziale di crescita nella Svizzera romanda e ha deciso di insediarsi prima a Neuchâtel, poi a Martigny, a Verbier e dal 30 novembre 2020 a Vevey nel Canton Vaud portando la sua presenza diretta sul territorio a 8 Cantoni svizzeri. Alla rete sono state nel frattempo aggiunte l’unità virtuale Direct Banking – per l’accesso online a tutti i servizi bancari in Svizzera – e la succursale estera del Principato di Monaco aperta nel 2003, da un lato a immagine e somiglianza della Sede e dall’altro rispecchiando le notevoli peculiarità locali. Per sottolineare il 25° è stato creato il 02

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FINANZA / BPS (SUISSE)

I TRE PRESIDENTI DELLA DIREZIONE GENERALE Gianni Meregalli, in carica dal 1995 al 1999, è stato il primo Direttore (all’epoca non esisteva l’organo della Direzione Generale con un suo Presidente) della BPS (SUISSE).

Brunello Perucchi, dal 1999 al 2013, quale Presidente della Direzione Generale e dal 2014 Vicepresidente del Consiglio d’Amministrazione.

Mauro De Stefani, dal 2014 Presidente della Direzione Generale, precedentemente Vicepresidente della Direzione Generale (dal 1991 al 1995, responsabile Ufficio di Rappresentanza di Lugano della Banca Popolare di Sondrio).

claim “La vostra Banca, i vostri valori” che accompagna tutte le iniziative di comunicazione realizzate quest’anno. A causa della pandemia Covid-19 gli eventi dedicati alla clientela “in presenza” sono stati posticipati al 2021 ma non per questo le attività commerciali si sono arrestate. La strategia di marketing è stata infatti prontamente adattata al difficile contesto, focalizzandola su progetti digitali atti a sopperire alla distanza tra Banca e Cliente. Al successo aziendale contribuiscono tutti i collaboratori della BPS (SUISSE). Le risorse sono in costante crescita anzitutto perché anche gli aggregati sono in confortante espansione; inoltre, in seguito al continuo aumentare della complessità normativa e operativa e alla necessità di fronteggiare le numerose sfide dettate dall’informatizzazione della società, dai cambiamenti della domanda di mercato, del contesto internazionale ecc.

Il capitale umano è una risorsa basilare e indispensabile per la nostra affermazione. In questa prospettiva, sia individuale che collettiva, sono continuamente offerte e aggiornate opportunità di sviluppo, formazione e perfezionamento atte ad accrescere il bagaglio tecnico proprio e del team di appartenenza. L’obiettivo è quello di coniugare un approccio “familiare”, nonostante i multipli di crescita, con la necessità di specializzazione in contesti in continua evoluzione. Scopo primario della consulenza BPS (SUISSE) è quello di affiancare la clientela nella pianificazione e nella realizzazione dei progetti di vita personali e imprenditoriali mettendo al suo servizio la conoscenza, l’esperienza e tutti gli strumenti a nostra disposizione. Altrettanto importante è rimanere il partner bancario del cliente per tutte le sue necessità transazionali ordinarie e quotidiane, quelle della sua famiglia e, se del caso, della sua azienda. La gamma dei prodotti e servizi offerti è infatti molto ampia e spazia dall’operatività legata ai finanziamenti (tra cui crediti ipotecari, lombard, commerciali) alla valorizzazione e all’amministrazione del patrimonio e del risparmio (come gestione patrimoniale, consulenza in investimento, pianificazione finanziaria, prodotti pensionistici e assicurativi), all’operatività transazionale (quali pagamenti, carte di debito/di credito e cambi). Un aspetto caratterizzante fortemente apprezzato dalla clientela è rappresen-

tato dalla stabilità: lo stesso referente inserito in un “piccolo” team si propone come interlocutore del cliente per qualsiasi sua esigenza, fungendo da coordinatore in caso di intervento di specialisti per approfondimenti in campi specifici. Anche la Direzione della Banca è accessibile, a dimostrazione di una struttura “semplice” con la quale è facile relazionarsi. Essere Banca di prossimità, vicina al territorio e all’economia locale è una prerogativa di BPS (SUISSE) che, nell’emergenza pandemica, si è dovuta riformulare rivoluzionando l’organizzazione interna allo scopo di preservare la continuità a tutti i livelli nei processi lavorativi e introdurre parallelamente le misure necessarie a protezione della salute dei clienti e del personale. In pochi giorni dallo scoppiare della pandemia nel mese di marzo i collaboratori sono stati ripartiti in spazi e location distinti e, per una percentuale importante, in telelavoro. L’infrastruttura tecnica ha permesso di proseguire, in modo diverso e con pochi scompensi, l’attività con la clientela, in molti casi intensificando le relazioni durante le ore del giorno, essendo anche molti interlocutori in telelavoro, in orario flessibile, alcuni in vacanza “domestica”, recupero ore o quarantena, pertanto raggiungibili telefonicamente o digitalmente presso le proprie abitazioni. Nel contesto straordinario il valore della vicinanza è pertanto rimasto centrale, sebbene declinato in modo

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FINANZA / BPS (SUISSE) 04

diverso, grazie ad uno sforzo comunicativo volontario e reciproco fra Banca e Cliente. Da ambo le parti si è voluto continuare, a volte incrementare, i rapporti umani e professionali esistenti con l’auspicio di ritornare a frequentarsi con assiduità, quando sarà possibile, anche “alla vecchia maniera”. 01 Mauro De Stefani, Presidente della Direzione Generale 02 Nel 1991 Banca Popolare di Sondrio apre un ufficio di rappresentanza a Lugano 03 Nel 2014 passaggio di testimone alla Presidenza della Direzione Generale di BPS (SUISSE), Mauro De Stefani (a destra) succede a Brunello Perucchi 04 La Direzione Generale di BPS (SUISSE), da sinistra: Roberto Mastromarchi, Mauro Pedrazzetti, Mauro De Stefani, Paolo Camponovo

“1st Floor” Galleria Sacchetti A fine maggio le due galleriste Claudia Mauthe e Cathrine Fassbind della Galleria SACCHETTI di Ascona si erano fatte notare con la “Pop Up Summer Gallery” a Locarno. Ora le due donne sono pronte per la seconda edizione. “1st Floor” Galleria Sacchetti ad Ascona aprirà con una mostra sull’artista svizzera di fama internazionale Annelies Štrba. Claudia Mauthe e Cathrine Fassbind hanno creato cinque nuove sale espositive al piano superiore della Galleria Sacchetti. Le sale sono state adeguatamente attrezzate e arredate per ospitare le opere dell’artista Annelies Štrba, che saranno esposte fino al 31 marzo 2021. Le opere in esposizio-

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ne sono state realizzate dall’artista tra il 1974 e il 2020. Il pubblico potrà apprezzare tele fotografiche in bianco e nero, fotografie a colori sotto vetro, pregiate stampe a pigmento e infine vi saranno due postazioni per la visione di opere videodigitali. Inoltre, la Galleria Sacchetti presenterà al pubblico per la prima volta l’opera principale in versione digitale, “Shades of Time 2.0”, leggermente rivisitata dalla stessa artista Annelies Štrba, che è valsa il premio artistico Willy Reber Stiftung presso il Bündner Kunstmuseum di Coira.


Noi festeggiamo, voi vincete! Fa

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e-bikes in palio

1995-2020

Direzione Generale e Agenzia di CittĂ Via Giacomo Luvini 2a 6900 Lugano

Per il nostro giubileo aggiudicatevi delle e-bikes BMC Speedfox AMP FOUR S.

Sede Principale Via Maggio 1 6900 Lugano

Scansionate il codice QR e partecipate.* Buona fortuna!

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* Il concorso termina il 18.09.2020. Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La vostra Banca, i vostri valori


FINANZA / LGT

COMPLETATA L’ACQUISIZIONE DI LGT VESTRA LGT, IL GRUPPO INTERNAZIONALE DI PRIVATE BANKING E ASSET MANAGEMENT DI PROPRIETÀ DELLA FAMIGLIA REGNANTE DEL LIECHTENSTEIN, HA ANNUNCIATO DI AVER COMPLETATO LA FASE FINALE DELL’ACQUISIZIONE DI LGT VESTRA ACQUISTANDO LA QUOTA RESIDUA DETENUTA DAI SOCI ESECUTIVI DELL’AZIENDA.

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GT Vestra è uno dei principali gestori patrimoniali nel Regno Unito e ha riscosso un notevole successo sin dall’inizio nel 2007, in particolare in seguito all’acquisizione di una quota di maggioranza da parte di LGT nel marzo 2016. L’azienda ha un approccio imprenditoriale e assicura ai clienti una consulenza imparziale di alta qualità, esente da conflitti di interesse. La partnership con LGT le ha consentito di accrescere le proprie capacità specialistiche e ampliare l’offerta di prodotti e servizi dell’intero gruppo. Al 31 agosto 2020, LGT Vestra gestiva un patrimonio di 15,7 miliardi di GBP e serviva circa 14.000 clienti rispetto ai 5,6 miliardi di GBP al momento dell’acquisizione nel 2016. L’azienda ha


FINANZA / LGT

NUOVA NOMINA IN LGT

362 dipendenti (nel marzo 2016 erano 234) e uffici a Londra, Bristol e Jersey. Con l’acquisto della restante quota di partecipazione detenuta dai soci esecutivi del azienda, LGT Vestra è ora di completa proprietà di LGT. H.S.H. Prince Max von und zu Liechtenstein, CEO LGT ha dichiarato: «La nostra partnership con LGT Vestra è stata di grande successo e ha anche generato un notevole valore aggiunto per i clienti. Ora siamo pronti a lavorare con il team di gestione esistente per espandere ulteriormente questa grande azienda». David Scott, fondatore e presidente della LGT Vestra ha commentato: «Siamo fortunati di aver trovato nel 2016 un partner affidabile in LGT. C’è stato un reciproco riconoscimento

immediato per il fatto che avere un approccio simile nel modo di trattare con i clienti». LGT è un gruppo internazionale leader nel settore del private banking e della gestione patrimoniale completamente controllato dalla Famiglia regnante del Liechtenstein da oltre 80 anni. Al 30 giugno 2020, LGT gestiva un patrimonio di 218,7 miliardi di CHF (230,8 miliardi di USD) per privati ​​e clienti istituzionali. I dipendenti sono oltre 3700 e lavorano in più di 20 sedi in Europa.

LGT ha annunciato che Andrea Bergamini ha assunto la responsabilità di gestire la distribuzione dell’impact fund di LGT Lightstone e dei futuri prodotti all’interno di LGT Private Banking a livello globale. La nuova funzione è attiva da ottobre 2020, fa parte del dipartimento Products & Service Management e ha sede a Zurigo. Nella sua nuova funzione, Andrea Bergamini fungerà da “ponte” tra LGT Private Banking e Lightstone e sarà coinvolto sia nell’assetto distributivo della Banca, sia nelle attività di Impact Investing di Lightstone con l’obiettivo di sviluppare una partnership di successo tra le due entità.

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FINANZA / CERESIO INVESTORS

LO STORICO ALESSANDRO BARBERO E LUIGI NARDELLA, RESPONSABILE GESTIONI PATRIMONIALI DI CERESIO SIM, PROPONGONO ALCUNE INTERESSANTI RIFLESSIONI SULLE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLE GRANDI PANDEMIE DELLA STORIA E SU COME SIA NECESSARIO COGLIERE LE OPPORTUNITÀ CHE SI PROSPETTANO PER IL FUTURO.

Alessandro Barbero

DOPO LA CRISI C’È SEMPRE UNA RINASCITA

Luigi Nardella

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Gabriele Corte, Direttore Banca del Ceresio

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l tema dell’incontro, dedicato alle attività di investimento di Ceresio Investors durante la pandemia, ha offerto l’occasione a Alessandro Barbero, storico, scrittore, professore ordinario di Storia medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e Vercelli, per affrontare un tema di grande attualità: la storia è fatta spesso di momenti di discontinuità. Guerre, epidemie, momenti di turbolenze, che si alternano ciclicamente a momenti di stabilità. Eppure, di volta in volta, l’umanità ha saputo reagire alle catastrofi, e la lezione della storia è venuta in soccorso al presente: «In passato sono accadute cose simili a quella che stiamo vivendo e da qui nasce l’idea e il desiderio di un messaggio di speranza, anche se gli storici non sono fatti per trasmettere

speranza; di solito danno cattive notizie, ma è indubbio che l’umanità abbia una grandissima capacità di risorgere dopo una catastrofe. Prima di tutto, però, bisogna liberarsi dallo shock di messaggi catastrofici. Il mondo di oggi – continua Barbero – si porta dietro una tara, che è la nostra ossessione: il conteggio di numeri, bilanci e grafici. La storia è cambiamento. Tutto cambia continuamente, ma da sempre tutte le epidemie hanno scatenato trasformazioni profonde nella società. Penso ad esempio a un’epidemia di cui si parla poco, la Peste antonina (165– 180; nota anche come peste di Galeno, dal medico che per primo la descrisse), che devastò l’Impero Romano (fu propagata dai soldati di ritorno dalle campagne contro i Parti), e quasi certamente si trattava di vaiolo. L’epidemia ridusse significativamente la popolazione e ciò ebbe drastici effetti sociali e politici, perché l’Impero si trovò di colpo senza manodopera e fu costretto a imparare a gestire l’immigrazione come risorsa. Questa lezione può essere importante, considerando che nella storia, in molte situazioni, la non gestione dell’immigrazione ha spesso destabilizzato situazioni da cui molti hanno poi imparato a loro spese». Tra le tante pandemie della storia di cui si è parlato in questi mesi, una delle più citate è stata l’influenza Spagnola: «In base ai numeri – prosegue Barbero – è stata più grave di quella attuale e in nessun modo paragonabile ad altre epidemie, ma è passata quasi inosservata perché il mondo era tra-


FINANZA / CERESIO INVESTORS

volto da cose più gravi: c’era la Guerra Mondiale e si era appena conclusa la Rivoluzione d’ottobre. Spesso il rischio, nello studio della storia e del passato, è quello di separare i pezzi di grandi avvenimenti e non contestualizzare. Ad esempio le notizie relative all’influenza erano sottoposte a censura per non spaventare le persone, e questo cambia decisamente l’intero impatto che poteva avere sulla mentalità collettiva dell’epoca rispetto a quanto può averlo sulla nostra». Ciò pone direttamente una domanda cui è indispensabile dare una risposta: Che cos’è la storia? «Studiare la storia significa studiare il comportamento degli esseri umani: di tutti. La storia è il catalogo immenso di tutto quello che gli uomini hanno fatto sulla terra nel tempo, le cose grandiose e le le infamie ma anche le cose banali e quotidiane. Perché lo scopo è capire meglio chi siamo, quindi la storia è un grande catalogo di esempi. Conoscere gli esempi di situazioni analoghe accadute in precedenza ci aiuta a decodificare meglio il presente». Ed è proprio la capacità di leggere correttamente il quadro economico e finanziario all’interno del quale si è chiamati ad operare, senza farsi cogliere da eccessivi allarmismi, il cuore del messaggio di Luigi Nardella, che ha così riassunto le linee guide che hanno orientato e orientano tuttora la politica di investimento di Ceresio Investors. «Vorrei premettere - spiega Luigi Nardella - una considerazione legata a quella che, da 50 anni, è sempre stata la nostra filosofia d’investimento, e cioè la scelta di avvalersi di un network di gestori che, a livello internazionale, rappresentano l’assoluta eccellenza nel loro settore. Ciò ci ha consentito, anche durante il lockdown, di avere un aggiornamento attento e qualificato sugli andamenti e le tendenze in atto sui vari mercati, in modo da poter pianificare tempestivamente le scelte più opportune e vantaggiose. Ebbene, dopo un inizio 2020 che, sul-

la scia di quanto era avvenuto nel 2019, si presentava assolutamente favorevole, nel mese di marzo siamo stati costretti ad operare una decisa copertura, che grazie alla sua rapidità e ampiezza ci ha consentito di limitare le perdite rimanendo investiti sui mercati e aumentando successivamente l’esposizione. A ciò si aggiungano i benefici effetti di un tempestivo intervento delle banche centrali e i massicci sostegni all’economia stanziati dai governi dei vari Paesi. Un aspetto che va sottolineato è che la pandemia ha accentuato fin dall’inizio alcuni trend che si sono avvantaggiati delle nuove condizioni di vita e di lavoro imposte dalla situazione di isolamento in cui abbiamo vissuto per alcuni mesi. La crisi sta modificando i comportamenti e generando nuove opportunità, oltre ad accelerare alcune tendenze già in atto. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione erano già di vitale importanza quale mezzo per condividere le conoscenze, collegare le comunità e fornire autonomia economica. Nell’odierno contesto di distanziamento sociale, le tecnologie di comunicazione digitale che supportano la “virtualizzazione universale” stanno guadagnando un enorme slancio. Le aziende che forniscono l’hardware e il software di cui abbiamo bisogno per lavorare, fare acquisti, studiare e ricevere assistenza sanitaria in maniera digitale stanno chiaramente beneficiando di un’impennata della domanda a breve termine. Riteniamo probabile che questo dinamismo sia sostenibile anche su un orizzonte di più lungo periodo. Le società specializzate nella tecnologia finanziaria e nei pagamenti contribuiscono ad abilitare la crescita delle piccole e medie imprese (PMI). Le soluzioni di fintech ampliano il raggio d’azione delle realtà produttive di minori dimensioni, accrescono la loro redditività e assicurano loro un migliore accesso ai capitali a condizioni favorevoli. La soluzione definitiva a questa crisi

risiede nello sviluppo di un vaccino, che molto probabilmente sarà fornito da una società innovativa del settore privato. Ciò non toglie che anche altre soluzioni saranno importanti. La telemedicina, la scoperta di farmaci e i test diagnostici stimolano l’innovazione, riducono il costo delle prestazioni sanitarie e ne estendono la portata, contribuendo a rafforzare la resilienza delle società globali. Le imprese sostenibili vantano a nostro giudizio una buona capacità di tenuta, avendo chiaramente dato prova della loro resilienza nelle fasi di debolezza dei mercati. Anche se una ripresa potrebbe favorire, almeno temporaneamente, i titoli più sottovalutati che hanno maggiormente sottoperformato durante la correzione, riteniamo che le prospettive a lungo termine per le azioni sostenibili siano molto promettenti. A nostro parere, la crisi sta creando nuovi catalizzatori per le aziende in grado di fornire soluzioni innovative per affrontare le crescenti sfide ambientali e sociali cui ci troviamo di fronte. Per contro ci sono settori che scontano più pesantemente la crisi in atto, come i trasporti in generale, l’automobile, il turismo e il retail. Per i prossimi mesi le nostre previsioni indicano un’ulteriore estremizzazione tra settori in espansione ed altri sotto pressione. La nostra capacità di operare tempestivamente una correzione che ci ha consentito di contenere le perdite si lega anche alle rete di relazioni che abbiamo con qualificati gestori attivi soprattutto sui mercati dell’Estremo Oriente che in questi mesi hanno continuato a manifestare uno spiccato dinamismo. In conclusione, la valutazione riguardo alla nostra politica d’investimento resta, pur in un quadro di grande prudenza, sostanzialmente positiva, ritenendo che, grazie anche al mantenimento di tassi particolarmente bassi e alle politiche di sostegno adottate dai governi nazionali, vi siano le condizioni per un buona ripresa, a breve-medio termine, dei mercati azionari». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE

AMBIENTI SOSTENIBILI PER UN NUOVO MODO DI FARE BANCA A CIRCA UN ANNO DAL LANCIO DEL PROGETTO GREEN DIVISION, SIAMO TORNATI NELLA SEDE DI LUGANO DI BANCA DEL SEMPIONE PER VEDERE COME L’ISTITUTO ABBIA CONCRETIZZATO UNO DEI MOLTI PROGETTI AVVIATI DURANTE QUESTO PERIODO. OVVERO, GLI SPAZI CHE ACCOLGONO LA GREEN DIVISION. CI HANNO ACCOLTI E GUIDATI NEL PROGETTO STEFANO ROGNA, DIRETTORE GENERALE DEL GRUPPO DA QUASI 15 ANNI E SIMONE MALNATI, RISORSA DEDICATA ALLO SVILUPPO DEL PROGETTO “GREEN DIVISION”.

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l progetto degli spazi che accolgono la nuova Green Division, all’interno della sede di Lugano di Banca del Sempione, ha voluto trasformare in realtà un nuovo modo di fare banca. Un approccio questo, fondato sull’attenzione verso le persone, l’ambiente e la comunità. A tal proposito si è voluto realizzare un’area protetta e accogliente, diversa dal concetto classico di banca, non solo visivamente “green”, ma sostenibile in tutti i suoi aspetti costruttivi e d’arredo. La convinzione che architettura, artigianato e materiali debbano sempre più volgere lo sguardo ad un futuro di sostenibilità economica e sociale ha spinto verso una profonda ricerca di scelte tecniche e materiche con lo scopo di ridurre al minimo l’impatto ambientale della realizzazione. I partner scelti tra impresa, artigiani e ditte, membri del territorio ticinese,

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hanno saputo sposare questa filosofia investendo in ricerca e supportando la filosofia “green” del progetto. La parete verticale di verde naturale, fornisce lo sfondo perfetto, non solo per Green Division, ma per l’intero spazio di accoglienza della Banca del Sempione. La presenza così intensa di natura all’interno di un ambiente d’ufficio sorprende e allo stesso tempo rilassa. Il sistema di sostegno delle piante è costituito da materiali riciclabili e permette bassi consumi idrici grazie ad un sistema integrato di riserva idrica all’interno di ogni modulo. Le piante permettono inoltre un notevole assorbimento acustico sia dei rumori che del riverbero degli spazi interni, aumentando la qualità lavorativa e dell’aria stessa; il verde intrappola gli inquinanti atmosferici e rilascia ossigeno. Il pavimento realizzato in lamelle di bambù massiccio, allineate in sequen-


FINANZA / BANCA DEL SEMPIONE

za come i pavimenti industriali è una soluzione durevole, ecologica e accattivante. È un prodotto brevettato certificato come CO2 neutro, antistatico e antiallergico in grado di contribuire a rendere più sano l’ambiente interno. Le caratteristiche fisiche del bambù sono uniche: permettono di garantire una durevolezza e densità tra le più alte tra le specie di legno, con una crescita del fusto fino ad 1m al giorno, rendendola la pianta con lo sviluppo più rapido del mondo. Il bambù utilizzato deriva da una catena di custodia completamente certificata FSC (il più importante marchio di qualità ecologica per l’approvvigionamento di legno sostenibile) e successivamente trattato in impianti di produzione certificati (ISO 9001 e ISO 14001 per gli standard di qualità). Le pareti esistenti sono state rifinite con uno dei rari prodotti naturali al 100% reperibili sul mercato: la pittura a base di calce. Il prodotto ricercato è nello specifico “La Calce Del Brenta dal 1920”, un prodotto altamente contemporaneo per l’applicazione in bioarchitettura (certificato tedesco NaturePlus®), ma che l’uomo utilizza fin dalle prime civiltà mesopotamiche. Si tratta di una pittura murale naturale costituita da grassello di calce stagionato ideale nel recupero di edifici storici poiché prodotta con materie prime minerali e antichi metodi di lavorazione. L’elevata basicità della calce, esterna al campo di

sopravvivenza dei batteri, la rende una pittura antimuffa e allo stesso tempo priva di elementi nocivi (classe A+). Per la scelta dell’ampia vetrata si è optato per un prodotto di elevata tecnologia, capace di risolvere l’eterna dualità tra privacy e trasparenza, il vetro vitrik LCD opacizzabile. Il serramento elettrocromico è in grado di opacizzare elettricamente i vetri con un cambio di stato istantaneo e silenzioso garantendo così la discrezione necessaria all’interno della Green Division. Gli arredi fissi sono invece frutto di un lavoro di alto livello artigianale che attraverso dettagli ricercati e sistemi innovativi di scorrimento a scomparsa, si integrano perfettamente nelle forme irregolari dello spazio esistente. Tagli e profili minimalisti ed una laccatura selezionata sul tono della calce grezza mimetizzano l’arredo senza invadere la presenza principale della grande parete

verde. Alla loro apertura rivelano però l’alta qualità della manodopera e gli elementi contenuti (cucina, TV, etc.). Nella rubinetteria della cucina è stato integrato un sistema filtrante dell’acqua, che permette di attingere direttamente dal lavabo l’acqua potabile filtrata sia naturale che frizzante. Infine l’arredo, di fondamentale rilevanza in questo progetto, è stato selezionato tra marchi di alto design, riconosciuti per l’elevato valore estetico e per l’attenzione ai processi produttivi. I tavoli e le poltrone in vetro strutturale sono firmati da designer del calibro di Jean-Marie Massaud e Piero Lissoni. La purezza delle forme anteposta alla presenza effimera del vetro descrivono al meglio la filosofia di questo ambiente: trasparente, semplice e di qualità. Per le sedute, sono stati invece scelti dei pezzi senza tempo firmati Arne Jacobsen, architetto e designer danese, e prodotti con una forte attenzione alla sostenibilità delle materie prime e ai processi produttivi (certificati FSC, Green Game-chenger, Greenguard Gold). Per concludere, Banca del Sempione si sta inoltre impegnando in lavori di efficientamento energetico del proprio immobile e nella realizzazione di un impianto fotovoltaico al fine di ridurre i consumi e aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili. A breve l’intero spazio di Green Division sarà attivo senza alcun impatto energetico sulla Banca.

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FINANZA / CREDIT SUISSE

UN FONDO DEDICATO ALLA TUTELA DEGLI OCEANI

CREDIT SUISSE, IN COLLABORAZIONE CON ROCKEFELLER ASSET MANAGEMENT (RAM), HA LANCIATO IL PRIMO FONDO D’IMPATTO PER LA PROTEZIONE DEGLI OCEANI, IN LINEA CON L’OBIETTIVO DI SVILUPPO SOSTENIBILE N. 14 DELL’ONU “LA VITA SOTT’ACQUA”.

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l Credit Suisse Rockefeller Ocean Engagement Fund è un fondo in azioni quotate (OICVM) che offre a investitori retail e istituzionali l’opportunità di impegnarsi a favore di una Blue Economy sostenibile. In veste di consulente di investimenti del fondo, RAM utilizza una strategia azionaria globale fondamentale investendo in 30-50 titoli provenienti da un universo personalizzato di aziende impegnate sul fronte della tutela degli oceani.

Grazie alle competenze tematiche messe a disposizione da The Ocean Foundation, l’intero processo d’investimento non perde mai di vista la capacità di impegnarsi attraverso una rappresentanza attiva dei diritti degli azionisti. Una delle caratteristiche innovative del fondo è l’impegno a investire su tre temi chiave legati ai mari: prevenzione dell’inquinamento, transizione dal carbonio, conservazione degli oceani. Per un pianeta sano gli oceani sono una componente fondamentale, che


FINANZA / CREDIT SUISSE

tuttavia viene spesso sottostimata. Oltre ad affascinarci per la loro bellezza paesaggistica e a fornire sostentamento a miliardi di persone, gli oceani sono una risorsa straordinaria per mitigare il cambiamento climatico. Assorbono infatti il 93% del calore climatico e catturano il 25% delle emissioni globali di CO2. Oggi tuttavia la salute degli oceani è messa in serio pericolo da attività umane come la produzione energetica, la deforestazione, il trasporto marittimo e l’allevamento intensivo. Dal 2016, il 50% della Grande Barriera Corallina è morto, nonostante il contributo di ben 36 miliardi di dollari delle barriere coralline all’economia mondiale. Marisa Drew, Chief Sustainability Officer e responsabile globale di Sustainability Strategy Advisory and Finance (SSAF) di Credit Suisse, ha evidenziato la forte attrattiva di questo fondo: «Gli oceani rappresentano uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU in cui si è investito di meno, sebbene oltre un terzo degli investitori istituzionali abbia espresso interesse verso la Blue Economy. Siamo felici di essere pionieri in questo ambito e di aiutare gli investitori a fare la differenza». Casey Clark, responsabile globale di Environmental, Social and Governance (ESG) Investments di Rockefeller e Co-Portfolio Manager del fondo, osserva: «L’impegno costruttivo degli azionisti è da sempre uno degli elementi cardine del processo d’investimento di Rockefeller Asset Management, volto a creare valore per gli azionisti e catalizzare i cambiamenti positivi. Siamo entusiasti del interesse riscontrato dal fondo e di poter collaborare con Credit Suisse nell’ambito di questa soluzione innovativa, che ci auguriamo incentiverà anche altri ad accrescere la propria attenzione per la Blue Economy». Credit Suisse e Rockefeller Asset Management, la divisione di gestione di investimenti di Rockefeller Capital

Management, con il contributo di The Ocean Foundation, un’organizzazione senza scopo di lucro dedita alla salvaguardia degli oceani in tutto il mondo, offriranno congiuntamente consulenza e orientamento alle società di portafoglio affinché evitino pratiche dannose per gli oceani, attraverso il dialogo con i team di gestione. Per gli investitori, il Credit Suisse Rockefeller Ocean Engagement Fund rappresenta un’opportunità inconfondibile per spingere le società di portafoglio a rivedere le proprie pratiche dannose per gli oceani - e ciò è possibile già a partire da investimenti minimi di 100 dollari. L’obiettivo è quello di accrescere i rendimenti finanziari, aiutando al contempo le società ad esempio nella transizione dall’inquinamento della plastica, a mitigare l’innalzamento del livello dei mari, contrastare il fenomeno dell’acidificazione delle acque e a contribuire al miglioramento delle pratiche di pesca sostenibili. Il fondo rimane a disposizione quotidianamente per investimenti dopo il periodo di sottoscrizione. Credit Suisse è pioniera nel campo degli investimenti sostenibili e

dell’impact investing da oltre 18 anni. La recente nascita di Sustainability, Research & Investment Solutions (SRI), una funzione a livello di Consiglio direttivo, colloca la sostenibilità al centro delle attività e della strategia di Credit Suisse. Il Credit Suisse Rockefeller Ocean Engagement Fund ha fatto seguito al lancio, in anni recenti, di altri importanti prodotti sostenibili come il Responsible Consumer Fund e i Supertrend, temi di investimento a lungo termine che includono “I valori dei Millennials” e “Cambiamento climatico - Decarbonizzazione dell’economia”.

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FINANZA / PM GROUP

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FB fiduciaria pone il cliente al centro della suo attività e tramite un network globale ed integrato offre servizi professionali con l’attenzione e la massima cura alla qualità delle prestazioni rese. Il team di professionisti di KFB Fiduciaria si occupa di seguire i clienti nella pianificazione e progettazione fiscale, operativa e di sviluppo del business al fine di essere al loro fianco durante tutto il percorso imprenditoriale che hanno deciso di avviare. Il desiderio è che i clienti si concentrino sul proprio lavoro, sulla loro attività, mentre essa pensa al resto. KFB Fiduciaria accompagna passo dopo passo coloro i quali intendono avviare una nuova attività, mettendo a disposizione la propria esperienza, occupandosi dello svolgimento di tutte le pratiche necessarie a rendere da subito operative le nuove società. KFB Fiduciaria è, altresì, al fianco delle famiglie nella gestione di tutte le attività che interessano la vita quotidiana: il cliente viene seguito nei suoi contatti con le amministrazioni locali, con gli uffici pubblici, con le banche per la corretta scelta nell’apertura di conti correnti, con le assicurazioni per la previdenza privata, con le società immobiliari per individuare la miglior soluzione abitativa. I rapporti di fiducia instaurati con i clienti, la nostra presenza in diversi cantoni, la collaborazione ed il confronto continuo con gli enti federali, cantonali, comunali sono fattori che hanno contribuito alla creazione di una importante

rete di contatti attraverso la quale KFB Fiduciaria è in grado di eccellere. KFB Fiduciaria, ha deciso di incontrare le esigenze dei propri clienti e del mercato e, pertanto, ha esteso i suoi servizi, implementando una nuova business unit di Corporate and Management Consulting con l’obiettivo ultimo di stare al fianco degli imprenditori, non solo per lo svolgimento delle loro attività amministrative e fiscali, ma anche per affiancarli durante le fasi decisionali, supportandoli nella definizione della strategica societaria. KFB Fiduciaria sostiene il cliente attraverso attività di analisi di mercato, pianificando il business, migliorando efficacia ed efficienza dell’organizzazione e dei processi, presidiando i sistemi di controllo delle performance e della conformità normativa: la sua soddisfazione nasce dall’osservare i risultati dei cambiamenti. KFB Fiduciaria con la creazione della nuova business unit di Corporate and Management Consulting, unisce professionisti provenienti da diversi settori con l’obiettivo di fornire supporto ad aziende attraverso le proprie competenze. La struttura organizzativa orizzontale e flessibile permette di proporre soluzioni tailor made, vincenti e durature nel tempo. Vi aspetta presso i suoi uffici di Lugano e Grono per conoscere la sua realtà.


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el 2018, a distanza di vent’anni, la società è stata acquisita da PM Consulenze SA, dando vita al Gruppo PM, guidato da Paolo Morel. La crescita dello studio non avviene solo in termini numerici ma bensì in qualità della clientela, in competenze, efficienza e riservatezza. Oggi Fiduciaria Fontana è in grado autonomamente di risolvere, con rapidità e competenza tutti i problemi fiscali, aziendali e commerciali legati alla gestione di un’azienda sia essa di piccole o medie dimensioni oltre naturalmente a fornire tutti i servizi fiscali ed amministrativi richiesti da persone fisiche. La formazione è da sempre il fiore all’occhiello. Lo studio è animato da giovani, con specialità nei diversi settori di attività, in costante aggiornamento attraverso la frequentazione di corsi di formazione, così da garantire un alto livello di competenza posta al servizio dei clienti e delle loro esigenze. Ognuno ha maturato la propria esperienza in contesti lavorativi diversi e porta all’interno della struttura il valore aggiunto del proprio percorso personale. Da qualche anno viene da-

ta particolare importanza, sia in termini d’investimenti come di formazione, alle strutture informatiche e digitali. Sistemi digitali che garantiscono efficienza e sicurezza nel trattamento di dati (GDPR) sono strumenti che utilizziamo quotidianamente. Il nostro servizio è orientato al “su misura”. Il cliente riceve una consulenza che corrisponde alle sue reali esigenze. In questo modo è possibile instaurare un dialogo aperto e costruttivo, in grado di assolvere di volta in volta alle necessità specifiche e di “crescere insieme” rafforzando anche quel rapporto di reciproca fiducia che resta prioritario nel nostro agire. La discrezione con cui operiamo, la flessibilità e la disponibilità che mettiamo in ogni mandato ci hanno permesso di ottenere la fiducia di clienti che seguiamo da lunghissimo tempo, con soddisfazione reciproca. Fiduciaria Fontana SA offre i seguenti servizi: costituzioni societarie e amministrazione; consulenza fiscale per aziende e privati; contabilità; gestione delle risorse umane; domiciliazione; rappresentanza fiscale per aziende estere operanti in Svizzera.

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TURISMO / TICINO TURISMO

ESTATE 2020 COMUNQUE POSITIVA NONOSTANTE L’ANDAMENTO NEGATIVO A LIVELLO SVIZZERO, IL TICINO È TRA LE POCHE REGIONI AD AVER REGISTRATO UN IMPORTANTE AUMENTO DEI PERNOTTAMENTI NEL MESE DI SETTEMBRE E SULL’INTERO ARCO DEI MESI ESTIVI.

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algrado una situazione internazionale particolarmente difficile per tutto il settore turistico a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, il Ticino ha chiuso l’estate 2020 all’insegna del “più”. Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio federale di statistica (Ustat), nel periodo da giugno a settembre il Cantone a Sud delle Alpi ha infatti registrato un aumento dei pernottamenti alberghieri dello 0,8% rispetto allo scorso anno. Nel mese di settembre la crescita è stata la più alta a livello nazionale (+15,1%), mentre la Svizzera nel suo complesso ha registrato un calo del -28,1%. Oltre al Ticino, Grigioni (+14,6%) e Svizzera centrale (+3,7%) sono le uniche regioni ad aver avuto un andamento positivo. Le destinazioni che hanno subito le maggiori perdite sono Ginevra (-73,9%), Zurigo (-63,3%) e Basilea (-50,2%). Tornando al Ticino, dalle statistiche

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dell’Ustat emerge che i mercati europei hanno segnato una flessione del -29,9% in settembre, mentre si riconferma la battuta di arresto di alcuni dei mercati esteri più importanti per il Cantone: gli USA (-92,6%) e i Paesi del Golfo (-90,2%). La nazione che ha subito la variazione minore è stata la Germania (-13,9%). Il buon andamento estivo è stato quindi determinato interamente dal mercato interno che è cresciuto del 51,3% in settembre. «Un dato positivo in questo anno terribile è proprio il balzo in avanti dei visitatori svizzeri – sottolinea Angelo Trotta, direttore di Ticino Turismo -. Il nostro Cantone ha saputo profilarsi come la meta più attrattiva a livello nazionale, anche grazie a temperature miti che ci hanno permesso di mettere in risalto la nostra offerta legata all’escursionismo e alle attività outdoor. Un altro dato incoraggiante è l’aumento della permanenza media degli ospiti, e l’arrivo di nuove tipologie di visitatori come giovani e famiglie. In

futuro occorrerà capitalizzare il successo ottenuto quest’anno, fidelizzando questa nuova clientela. Dobbiamo continuare ad investire nel mercato interno e a sviluppare la nostra offerta. Penso in particolare agli itinerari bike e a tutte le proposte legate alla sostenibilità, all’enogastronomia, alla cultura e alle tradizioni. Un altro elemento importante sarà la collaborazione con gli alberghi per offrire pacchetti attrattivi per l’ospite». Tuttavia, il momento attuale per il settore resta permeato dall’incertezza. “Il buon andamento estivo non ci consentirà di recuperare del tutto le perdite subite quest’anno – conclude Angelo Trotta -. La nostra speranza è quella di profilare il Ticino come meta ideale anche per il periodo tardo autunnale, ma visto l’aumento dei contagi anche il marketing ha dovuto rallentare. Il nostro auspicio è che la situazione possa migliorare nelle prossime settimane in modo da garantire a tutti gli attori del settore un buon periodo natalizio».


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TURISMO / SIMONE PATELLI

UNA STAGIONE FAVOREVOLE SIMONE PATELLI, VICE-PRESIDENTE DI TICINO TURISMO E PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CAMPEGGI TICINESI, TRACCIA UN BILANCIO DELLA STAGIONE ESTIVA E AUSPICA PER LA PROSSIMA PRIMAVERA UN DEFINITIVO RILANCIO DEL SETTORE.

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ome è stato vissuto il 2020 dal punto di vista del settore dei campeggi? «Sono stati mesi anomali, dominati prima dalla paura, poi dalla frustrazione per non aver potuto aprire insieme agli altri, ed infine segnati da moltissimo lavoro a partire dal 6 giugno e fino alla fine di ottobre. In quest’ultimo periodo abbiamo ottenuto ottimi risultati, recuperando parte delle perdite dei mesi di chiusura. La previsione delle perdite è così passata dall’80 al 30 per cento. Le nostre strutture hanno favorito una percezione di sicurezza, aumentando anche la presenza dei camperisti. Il fatto di poter stare molto all’aperto, gli ampi spazi individuali e l’attenzione alle misure di sicurezza rendono per molti particolarmente tranquilla la vacanza in campeggio».

A quanto ammonta l’indotto generato ogni anno (pre-Covid) e quanti sono i pernottamenti annuali nel settore dei campeggi? «In Ticino sono circa 700mila paganti escluso gli ospiti stagionali (con i quali si supera 1 milione) per un indotto superiore a 73 milioni di CHF. A pesare molto sull’andamento dell’anno è stata sicuramente l’impossibilità di aprire le porte nel momento cruciale di inizio stagione. Anche se la Pasqua era ormai persa, si sperava di poter almeno recuperare qualcosa in occasione dell’Ascensione o di Pentecoste. Così non è stato e gli amanti di tende, roulotte e camper hanno dovuto attendere fino a giugno per poter tornare in Ticino. Questo ritardo (che ci ha fatto molto male) ha avuto tuttavia anche risvolti positivi. Abbiamo infatti avuto più tempo per equipaggiarci e per adottare le necessarie misure di sicurezza». In che modo la pandemia ha cambiato le abitudini degli ospiti? «In generale, non sono cambiate le abitudini, se non come ovunque per le distanze e maggior igiene ed at-

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TURISMO / SIMONE PATELLI

guono nella loro diffusione. Rientra a tutti gli effetti nel turismo sostenibile perché le tende, pur essendo perfette per ogni condizione climatica, sono comunque smontabili e preferiscono solitamente l’utilizzo di materiali riciclati e biodegradabili. Per il Ticino intravedo una grande potenzialità di sviluppo di questo tipo di turismo: abbiamo infatti a disposizione un ambiente naturale di grande varietà e interesse e al tempo stesso abbiamo dimostrato di essere in grado di organizzare il più alto livello di servizi: per ora è una soluzione di nicchia ma in prospettiva può diventare una scommessa vincente».

tenzione. In ogni caso, come ogni anno, abbiamo cercato di cogliere le esigenze dell’ospite per adattare l’offerta ed i servizi, ma questo a prescindere dalla pandemia». È cambiata anche la provenienza degli ospiti? «Si, sono chiaramente aumentati gli svizzeri ed inoltre si è pure abbassata un po’ l’età media. I circa 40 campeggi ticinesi (di cui circa 15 nel solo Locarnese) hanno accolto soprattutto ospiti confederati, consolidando anche l’affluenza di romandi. Grazie all’immagine di qualità che ci siamo costruiti, sono tornati anche i clienti abituali dalla Germania. In generale sono stati parecchi i ‘novizi’, ora spetterà a noi riuscire a fidelizzarli continuando ad investire sulla qualità del prodotto e sull’accoglienza dell’ospite». Il consigliere di Stato Christian Vitta ha sottolineato più volte che il settore dei campeggi sta cambiando pelle, attuando numerosi investimenti. Può confermalo?

«Posso confermare che il Consigliere di Stato ci ha sempre reputati un settore importante e siamo grati alla politica per questo “sostegno”. Fiducia corrisposta con grandi numeri sia di pernottamenti, come pure di investimenti effettuati e pure previsti per il futuro per migliorare l’offerta. Non posso nascondere che anche con ATT, OTR nonché Gastro ed Hotellerie abbiamo un ottimo rapporto». Il cosiddetto “glamping” sta prendendo piede anche alle nostre latitudini? «Glamping è la nuova frontiera del turismo green e negli ultimi anni ha visto un rapido sviluppo in tutto il mondo. Si tratta a tutti gli effetti di tende, ma non si deve pensare alla classica canadese o alle piccole tende che si acquistano nei negozi sportivi. Il glamping è molto più di questo: in pratica unisce i servizi di un classico hotel con la bellezza di vivere nella natura. Un modo diverso di immergersi in paesaggi incontaminati. In Scandinavia o in Svizzera, pur essendoci diversi mesi all’anno di freddo e neve, i glamping prose-

Da ultimo, che previsioni si sente di fare per i prossimi mesi per il turismo ticinese? «Tutto dipenderà da quelli che saranno i tempi di diffusione della pandemia. I campeggi riapriranno a marzo dell’anno prossimo e dunque c’è da sperare che per quel periodo la situazione sia senz’altro migliorata. Se non dovesse essere il caso, il nostro auspicio è comunque quello di non essere penalizzati dalle autorità federali. Come detto poc’anzi, nel 2020 abbiamo potuto aprire più tardi rispetto ad altre strutture ricettive e questo ritardo non ci è parso giustificato. I grandi numeri registrati quest’estate da tutto il settore dimostrano che i campeggi sono da considerarsi sicuri. Per quanto riguarda invece la stagione invernale domina una grandissima incertezza: al momento gli impianti sono aperti, c’è solo da augurarsi che tutto prosegua senza il ripetersi di eventi negativi».

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TURISMO / OTR MENDRISIOTTO

LABORATORIO DI ESPERIENZE NADIA FONTANA LUPI, DIRETTRICE DI OTR MENDRISIOTTO, PREVEDE ANCHE PER IL 2021 UN ANNO DI TRANSIZIONE DA UTILIZZARE PER MIGLIORARE IL PRODOTTO INSIEME AI DIVERSI PARTNER E PREPARARE IL RILANCIO TURISTICO DELLA REGIONE.

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on quale bilancio si chiude il 2020? «he il settore turistico sia uno di quelli che hanno maggiormente subito le conseguenze della pandemia è una evidenza nota a tutti. In ogni caso, è giusto sottolineare gli elementi positivi che pure ci sono stati, come una stagione estiva andata molto bene, anche se iniziata in ritardo per le varie chiusure, con ottimi tassi di occupazione per quanto riguarda le strutture extralberghiere, soprattutto se ubicate nella natura e fuori dei centri urbani. In generale, comunque, abbiamo registrato un buon andamento di ospiti provenienti dalla Svizzera interna, del turismo locale e anche dei movimenti in giornata». Anche la struttura OTR ha dovuto adeguare il proprio lavoro alla nuova situazione determinata dalla pandemia? «Assolutamente sì. Innanzitutto abbiamo rivisto l’organizzazione inter-

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na, nel rispetto della sicurezza e dando largo spazio all’home working. Quindi, nell’impossibilità di programmare campagne di comunicazione, ci siamo concentrati sul miglioramento dei nostri prodotti, lavoro svolto in stretta collaborazione con i partner istituzionali e privati. Insomma, abbiamo cercato di sfruttare al meglio questo periodo di incertezza per una riflessione sulla nostra offerta e sulle dinamiche turistiche che dovranno essere prese in considerazione, in via prioritaria, nel corso dei prossimi anni». Dunque rispetto ai trend emergenti che cosa possiamo attenderci? «La pandemia ha messo in luce l’esigenza e la richiesta di attività da svolgere sempre più spesso all’aria aperta, quindi ampio spazio al camminare, all’escursionismo o all’andare in bicicletta. Si conferma poi l’interesse verso ogni forma di turismo dell’esperienza: quella che la destinazione ha


TURISMO / OTR MENDRISIOTTO

saputo regalarti, quella che hai vissuto, quella che per sempre un angolo della memoria conserverà. Un turismo fatto di emozioni che, vicino al concetto di turismo lento e ben lontano da quello di turismo di massa ed al quale comunque in qualche modo siamo già abituati, si rivolge a viaggiatori consapevoli che – ancor più che per la destinazione – scelgono un viaggio per l’esperienza intima e coinvolgente che sa regalare. È un turismo fatto d’emozioni, di contatti umani, di domande che trovano risposte e di riflessioni personali. Un turismo che pone il viaggiatore in connessione profonda con un Paese, che trasforma l’ospite da passivo ad attivo, ponendo il focus sul turista stesso, cui vuole garantire esperienze autentiche, senza filtri».

In che modo tutto ciò si traduce dal punto di vista degli elementi attrattori del Mendrisiotto? «Per fare solo qualche esempio, il Monte San Giorgio svela la storia della terra e della sua evoluzione. Ogni strato di pietra, attraverso il suo contenuto di reperti fossiliferi, racconta di un tempo lontano 240 milioni di anni fa. Un patrimonio di fossili unici al mondo che hanno permesso al Monte San Giorgio, quale sito transnazionale fra Svizzera e Italia, di essere inserito nella lista dei Patrimoni Mondiali dell’umanità UNESCO. Di grande interesse è poi la località di Tremona, ben nota per gli scavi archeologici che vi si svolgono annualmente a partire dal 2000. Archeologi e volontari hanno portato alla luce i resti di un insediamento di collina e migliaia di reperti, che consentono di con-

frontarci con il passato dell’intera regione ed in particolar modo di capire la vita quotidiana di un villaggio medievale. L'insediamento medievale, del quale oggi leggiamo le vestigia in questo luogo ed è divenuto parco archeologico, offre una ricostruzione della vita quotidiana di un villaggio rurale medievale. Per vivere un'esperienza indimenticabile si consiglia di noleggiare gli occhiali 3D presso l'Infopoint e salire fino al villaggio per immergervi quindi nella realtà del XIII secolo. Non meno interessante l’offerta del Monte Generoso, con la spettacolare struttura turistica "Fiore di pietra", opera architettonica unica nel suo genere, firmata dall'architetto Mario Botta. Due ristoranti con vista panoramica offrono il quadro ideale per gustare sapori intensi». Anche le attività all’aria aperta, specie in questo periodo di pandemia, hanno riscosso un crescente interesse… «Senza dubbio. Nel Mendrisiotto sono attivi 360 km di sentieri escursionistici praticabili dodici mesi all’anno. Un ricco ventaglio di proposte con la possibilità di scoprire i numerosi itinerari tematici immersi nella natura su www. ti-sentieri.ch. Inoltre, da segnalare l’obiettivo di realizzare nel 2021 un collegamento tra la Valle di Muggio e il Generoso che permetterà di unire due ambienti di grande interesse naturalistico. E poi altre nuove proposte riguardano il settore dei campeggi, con soluzioni all’avanguardia per fare vivere agli ospiti un soggiorno nella natura senza rinunciare a tutti i comfort».

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TURISMO / FUNICOLARE MONTE SAN SALVATORE

FORTI DELLA PRIMA ESPERIENZA POSITIVA DEL 2019 E CONFORTATI DALL’OTTIMA RIPRESA DELL’ATTIVITÀ DOPO LO STOP FORZATO DALLA PANDEMIA, IL TEAM DELLA FUNICOLARE MONTE SAN SALVATORE RIPROPONE L’APERTURA INVERNALE DELL’IMPIANTO E DEL RISTORANTE VETTA.

D’INVERNO È ANCORA PIÙ BELLO

DI MAURIZIO CASAROLA

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utto è andato bene fin dalla riapertura del 6 di giugno, dopo il confinamento del Covid-19» dice il Direttore Felice Pellegrini. «Perché dunque non ricalcare le orme di quanto già positivamente proposto lo scorso anno?». La stagione estiva si è conclusa di fatto domenica 18 ottobre, e da quel momento, c’è stato un periodo di cessazione dell’attività per la revisione dei carrelli delle due vetture. Però, il vulcanico direttore della funicolare più amata dai luganesi, non è stato di certo a guardare restando con le mani in mano. Sabato 5 dicembre le vetture rosso fiammante del San Salvatore hanno ripreso a fare su e giù dal crinale del “Pan di Zucchero” della Svizzera. «Per le prime due settimane di dicembre, l’attività sarà limitata al sabato e domenica», dichiara entusiasticamente Felice Pellegrini e continua, «dal giorno 19 e fino alla Festa della Befana compresa, siamo in esercizio quotidianamente senza interruzioni, quindi dal 9 gennaio al 7 marzo, si proseguirà con l’apertura in ogni week end», con corse regolari ogni trenta minuti, dalle 10 alle 12.30 e dalle 13.30 17.00. Ovviamente oltre alla funicolare, per tutto il periodo invernale funzioneran-

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no a pieno ritmo anche i fornelli del Ristorante Vetta, che sotto l’attenta gestione dei coniugi Mogliazzi, è diventato un ritrovo fisso per gli amanti della buona cucina. Gli stessi gestori del ristorante, oltre alle svariate proposte natalizie e di fine anno, assicurano la possibilità di organizzare aperture speciali per gruppi su richiesta per coloro che magari avessero voglia di provare l’emozione di una cena al chiaro di luna, corredata dai magnifici panorami offerti dal Monte San Salvatore sulla regione del Lago di Lugano. Dal rapporto dell’Assemblea Generale Ordinaria degli Azionisti per l’esercizio 2019, sono risultati essere oltre 210.000 i passeggeri trasportati in vetta, (frequenze più 10% e cifra d’affari incremento del 8%) contro i 189.664 del 2018 e i 193.600 del 2017, che era stato l’anno migliore di sempre. Da questi dati, si può così ricavare che l’azienda è 01

solida e viene gestita da buone mani. Quest’anno i vertici aziendali asseriscono che l’inevitabile batosta dovuta al fermo esercizio di oltre quattro mesi causa la pandemia, malgrado la forte erosione degli utili registrati l’anno prima, non ha sinora troppo sconvolto gli equilibri della Società Funicolare Lugano- Paradiso Monte San Salvatore. Oltre all’emozione dei viaggi in funicolare, degli indimenticabili panorami, da una visita al museo, delle succulente prelibatezze da degustare al Ristorante Vetta, cosa ancora offre una gita invernale in vetta al San Salvatore? Oltre al collaudato parco giochi, al percorso naturalistico con la simpatica segnaletica a fumetti, alle tavole sinottiche con i punti panoramici, proseguirà la stupenda ed esclusiva esposizione a cielo aperto del manifesto turistico dal titolo: “Dalla Galleria del San Gottardo 1882 alla Galleria di base del Ceneri 2020”. Quest’ultima, è


una vera e propria chicca, dove si vuol portare a conoscenza di un periodo storico rilevante attraverso un gran numero di pannelli elegantemente illustrati, corredati da esaudienti didascalie esplicative in quattro lingue. Da ultimo, abbiamo la più importante novità dedicata ai piccoli: “Il rapimento del Bafalòn”. Si intitola così la nuova iniziativa editoriale promossa dalla

Società San Salvatore, scritta da Paola Rovelli e Dario Tognocchi con le illustrazioni di Simona Meisser. La fiaba si trova in vendita nelle principali librerie del Cantone al prezzo di franchi19 (Fontana Edizioni, Pregassona). In occasione delle festività natalizie la Società Funicolare, tramite le Direzioni scolastiche dei due Comuni, farà omaggio ai bambini delle scuole ele-

mentari di Paradiso e Lugano di una copia dello stampato. I più giovani escursionisti potranno cercare l’eroe delle favole del Monte San Salvatore all’interno della Casetta alberata recentemente allestita nelle immediate vicinanze del parco giochi, luogo che ha creato un‘opportunità ludica e meravigliosa che idealmente vuole abbracciare la natura esistente.

02 01 Da sinistra: Autori, promotori, autorità, editore ed illustratrice (foto D. Camponovo) 02 Felice Pellegrini con Brigitte e Luca Mogliazzi

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TURISMO / PLANHOTEL HOSPITALITY GROUP

DIAMONDS ATHURUGA: AUTENTICA ESPERIENZA MALDIVIANA LE MALDIVE RAPPRESENTANO DA SEMPRE IL CONCETTO DI VACANZA PER ECCELLENZA, E MAI COME IN QUESTO MOMENTO ORGANIZZARE UN SOGGIORNO IN QUESTO ANGOLO DI PARADISO PER IMMERGERSI IN UN RELAX TOTALE ALL’INSEGNA DEL “NO SHOES, NO NEWS”, PUÒ RAPPRESENTARE LA CONCRETIZZAZIONE DI UN SOGNO.

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iamonds Athuruga sorge nell’incontaminato atollo di Ari Nord circondato dalle acque cristalline dell’Oceano Indiano ed è caratterizzato da spiagge candide di sabbia corallina e lussureggiante vegetazione tropicale, protette da una barriera che ospita infinite specie di creature marine. Un luogo incantato dove vivere un’autentica esperienza maldiviana, fatta di calda ospitalità e contatto con la natura, protagonista assoluta di un soggiorno in questo resort sia che si scelga un luminoso e funzionale Beach Bungalow sulla spiaggia, una spaziosa Junior Suite o

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una elegante e total white Water Villa, sospesa su un giardino di coralli. Eccellente l’offerta enogastronomica ad iniziare dal Maakeyn buffet restaurant che soddisfa anche i palati più esigenti dalla ricca colazione internazionale, alla notevole varietà del pranzo - pizza, pasta, insalate, pesce e carni cotti al barbecue - per finire con sorprendenti cene, senza dimenticare proposte vegetariane e vegane. Perfetto per una cena romantica, preceduta da un aperitivo nell’area lounge con uno spettacolare tramonto tropicale, l’over water restaurant Thari, che ospita anche, durante tutto l’anno, alcuni degli chef stellati della prestigiosa associazione dei “Jeunes Restaurateurs” per deliziare i sensi con percorsi di gusto e creatività davvero unici e irripetibili. Sono infine disponibili anche vere e proprie esperienze culinarie come il Kakuni sea food restaurant, cene a base di pesce freschissimo servito direttamente sulla spiaggia, e il Thila Japanese Restaurant per un’esperienza gastronomica coinvolgente, con selezionate materie prime alla base di prelibatezze della cucina tradizionale giapponese. Originalissime le serate dedicate alla tradizione locale con piatti preparati dagli chef maldiviani: l’occasione per avvicinarsi alle usanze e alla cultura del luogo. Il viaggio in questo meraviglioso paradiso terrestre offre inoltre ad ogni ospite la possibilità di scegliere tra un ventaglio di numerose attività tra cui, davvero imperdibile, lo snorkeling guidato dai biologi marini alla scoperta della barriera corallina, per imparare a conoscere le tantissime forme di vita di

questo ecosistema unico al mondo che Diamonds Athuruga ha deciso di preservare incoraggiando un turismo consapevole attraverso il “Coral Conservation Project”. Grazie a questo progetto, ciascun ospite ha la possibilità, con una piccola donazione, di adottare un corallo e aiutare la rigenerazione di questo organismo fondamentale per l’ecosistema maldiviano e per la sopravvivenza delle isole stesse. E dopo intense giornate di mare e di sole niente di meglio di un trattamento a base di erbe, olii, spezie e fiori alla Serena Spa, per coinvolgere tutti i sensi in un abbraccio rilassante e ritemprante. Diamonds Athuruga è facilmente raggiungibile con voli diretti da Zurigo, Roma, Londra e Francoforte. Diamonds Athuruga fa parte di Planhotel Hospitality Group, società leader nella gestione di resort e hotel nell’area dell’Oceano Indiano. Diamonds Hotels & Resorts è il luxury brand del gruppo presente in top location, con strutture caratterizzate dall’attenzione alle diverse esigenze dei propri ospiti per garantire servizi personalizzati e standard qualitativi altissimi, in grado di rendere ogni soggiorno straordinario e indimenticabile. Planhotel anche in questo momento garantisce la sicurezza di tutte le sue destinazioni grazie a rigidissimi protocolli di sanificazione di tutti gli ambienti, degli impianti di ventilazione e della biancheria, e alla adeguata formazione di tutto il personale. info.athuruga@diamonds-resorts.com www.diamondsresorts.com



TURISMO / HOTEL SCHWEIZERHOF

LUSSO E FUNZIONALITÀ AL SERVIZIO DEL CLIENTE AGGIUDICANDOSI IL TRAVELERS’ CHOICE AWARD 2020 DI TRIPADVISOR, L’HOTEL SCHWEIZERHOF DI ZURIGO OLTRE AD ESSERE STATO ELETTO TRA I MIGLIORI ALBERGHI DELLA SVIZZERA, CON QUESTO PREMIO FIGURA ORA TRA I MIGLIORI ALBERGHI DEL MONDO PRESENTI SU TRIPADVISOR. DI PAOLA CHIERICATI

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’Hotel Schweizerhof Zürich sorge nel cuore di Zurigo, di fronte alla Stazione centrale, all’imbocco della famosa via dello shopping Bahnhofstrasse, con i suoi negozi esclusivi e brand internazionali. Il quartiere emergente “Europaallee”, il classico quartiere finanziario di “Paradeplatz” e i luoghi turistici sono tutti a pochi passi dall’hotel. Ricco di tradizione, costruito nel 1876 e da allora costantemente rinnovato, propone ai propri ospiti 98 camere di alta gamma. Le 22 Dufour Suites & Rooms (il cui nome Dufour si riferisce alla vetta più alta della Svizzera, a simboleggiare “il vertice del lusso”) sono state inaugurate nell’estate appena trascorsa e offrono ai turisti provenienti da tutto il mondo la possibilità di godere di un servizio di altissimo livello. «Secondo i

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criteri di classificazione di HotellerieSuisse, l’hotel quattro stelle superior è sempre stato un cinque stelle», afferma il direttore dell’albergo Andreas Stöckli. E prosegue spiegando che «le nuove Dufour Suites & Rooms ci consentono di rispondere al meglio alle esigenze dei turisti di lusso». Le camere, ristrutturate dai due rinomati architetti zurighesi Jo Brinkmann e Mauro Trezzini, sono infatti molto silenziose nonostante il traffico cittadino regni sovrano e dotate di tutti i comfort, dai letti regolabili elettricamente all’aria condizionata adattabile alle esigenze personali; internet ad alta velocità, televisioni a schermo piatto in HD, scrivanie con cassetti di sicurezza, macchine da caffè Nespresso, bollitori per l’acqua calda con un’ampia selezione di tè e caffè, fiori freschi e un cestino sempre colmo di frutta


TURISMO / HOTEL SCHWEIZERHOF

fresca. Le sale da bagno sono in granito italiano, con un grande specchio da parete che le rendono chiare e spaziose. L’attenzione del personale e la cura del dettaglio danno la sensazione di essere a proprio agio, come a casa propria. Nel ristorante “La Soupière”, purtroppo momentaneamente chiuso per la cena durante il fine settimana a causa del Covid 19, gli ospiti possono assaporare specialità regionali e francesi e la ricca colazione à la carte con champagne. Nel “Café Gourmet” si possono invece godere prelibatezze in un’autentica atmosfera da bistrò francese. Il Bar Schweizerhof propone vini scelti e una varietà di whisky e gin. L’albergo dispone inoltre di locali insonorizzati per riunioni, dotati dell’infrastruttura tecnica più moderna, per una capienza sino a 60 persone. La piccola ed elegante palestra boutique dall’arredamento moderno è situata al secondo piano. Gli ospiti

dell’hotel godono inoltre di accesso gratuito al vicino Holmes Place Premium Fitness Club. Per chi volesse soggiornare nella prima piazza finaziaria svizzera per motivi di lavoro o per un weekend di piacere, lo Schweizerhof è un’ottima soluzione che coniuga il lusso alla funzionalità.

HOTEL SCHWEIZERHOF ZÜRICH Bahnhofplatz 7 CH-8001 Zurigo T +41 (0) 44218 88 88 www.hotelschweizerhof.com

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GASTRONOMIA / MEMORIE DANTESCHE

METAFORE ALIMENTARI E PECCATI DI GOLA Statua Dante Alighieri dello scultore toscano Emilio Demi presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. Da notare l'epigrafe con la versione arcaica del cognome Allighieri

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NELL’OPERA DI DANTE CONVERGONO LA CULTURA MEDIEVALE E GLI INIZI DI UNA NUOVA EPOCA, UN PERIODO NEL QUALE ANCHE LA CUCINA FA UN ENORME PASSO IN AVANTI. DI MARTA LENZI REPETTO

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ra pochi mesi entreremo nell’anno in cui ricorrono i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, avvenuta nel 1321. Autore radicato nel suo tempo, con le sue opere intraprese un viaggio nella storia e nell’uomo, tra emozioni, speranze e sentimenti eterni. Ma cosa mangiava Dante e come considerava il cibo? Pare che non fosse molto ghiotto. Riteneva che bisognasse mangiare per vivere, non viceversa, e riteneva disdicevole abbandonarsi smisuratamente al cibo. Alla tavola dei signori che lo ospitavano, sicuramente avrà rispettato il dettame della Chiesa di astenersi dal “grasso” il mercoledì, il venerdì e il sabato di ogni settimana, la vigilia delle feste e nei quaranta giorni della Quaresima, sostituendo la carne con il pesce. A questo proposito, un aneddoto popolare veneto racconta che Dante fu invitato a pranzo dal Doge in un giorno di magro e gli furono serviti pesci piccoli, pieni di spine. Il poeta non protestò, ma se ne infilò uno nell’orecchio; il Doge, incuriosito, chiese delucidazioni e Dante rispose che, poiché suo padre era morto in quel tratto dell’Adriatico, sperava che il pesce potesse dargli qualche informazione, ma “El dise lui e i soi compagni - indicando quelli nel piatto esser troppo giovini e non si ricordano, ma che qui ne sono vecchi e grandi, che mi saranno dar novella”. Capita l’allusione, il Doge ordinò che gli fosse servito un pesce più grosso. Al tempo di Dante i pesci, più che pe-


scati erano allevati nelle peschiere, e nel canto V del Paradiso afferma: “Come ’n peschiera ch’è tranquilla e pura traggonsi i pesci a ciò che vien di fori per modo che lo stimin lor pastura...”. Di anguille si legge nel Purgatorio, con papa Martino IV, messo tra i golosi che si sono pentiti in punto di morte: “... purga per digiuno / l’anguille di Bolsena e la vernaccia”; un gran mangiatore tanto che alla sua morte fu composto l’epitaffio “le anguille sono felici del fatto che qui giaccia morto quel tale, che le scorticava come per punirle della loro morte”. Nell’Inferno, invece, nel canto XXIX, dove sono puniti i

falsificatori di metalli, a proposito di Griffolino d’Arezzo e di Capocchio da Siena, Dante usa una similitudine piuttosto violenta paragonando il grattare delle loro unghie al coltello che squama un pesce dalle dure scaglie: “e sì traevan giù l’unghie la scabbia/ come coltel di scardova le scaglie/ o d’altro pesce che più larghe l’abbia”. Per Alighieri il peccato di gola era uno dei sette peccati capitali, considerato uno dei più gravi nel medioevo, poiché si tendeva ad insegnare a controllare i desideri futili e l’eccessivo consumo di alimenti. Raramente scrive esplicitamente del cibo, sebbene lo utilizzi sovente come metafora, uso comune al suo tempo. Il titolo stesso della sua opera enciclopedica, rimasta incompiuta, è una metafora alimentare: il Convivio mostra come il concetto dell’alimentazione anche da Dante venga utilizzato quale metafora del conoscere, esprimendo cioè l’appropriazione della scienza e dei valori spirituali in generale. I primi paragrafi dell’opera elaborano nel dettaglio la metafora: “... Oh beati quelli pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca! E miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo! [...] Coloro che a così alta mensa sono cibati non sanza misericordia sono inver di quelli che

in bestiale pastura veggiono erba e ghiande sen gire mangiando”. Nella Divina Commedia il cibo ha prevalentemente un’accezione negativa divenendo strumento di realizzazione di una condizione peccaminosa che si traduce nel cedimento ai piaceri del cibo e quindi al tanto temuto peccato di gola che, se per i ceti bassi rimaneva un desiderio inesorabilmente mai placato, per i ricchi era compagno fedele della vita quotidiana. Le conseguenze a tutto ciò, come prevedibile, si traducono nelle pene inflitte nell’Inferno e nel Purgatorio. Che dire della pena riservata ai golosi? Come in vita essi sono stati ossessionati dal pensiero ricorrente del cibo, così sono battuti continuamente dalla pioggia. Cerbero, un cane a tre teste, li rende divorati da divoratori che erano. Il poeta afferma che tra le possibili colpe di cui uno può essere responsabile, quella di finire nel girone dove vi sono i golosi sia la meno dignitosa, come anche la punizione subita, quella di restare fiacchi sotto a una costante pioggia nera e maleodorante, sia quella più indegna tra le varie possibilità. Ma nel canto in cui si tratta di questo peccato, il sesto, non vi sono riferimenti a cibi. Nel primo canto dell’Inferno però, Dante parla delle tre fiere all’entrata: la lonza, che rappresenta la lussuria, il leone che simboleggia la superbia, e la TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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GASTRONOMIA / MEMORIE DANTESCHE

lupa. È quest’ultima, su cui l’autore si sofferma lungamente, a essere la più controversa. Rappresenta la cupidigia e l’avarizia ed è la più pericolosa delle tre. La cupidigia è un termine che indica la fame per i beni terreni, non solo di soldi, ma di tutto ciò che non è spirituale. Vi è quindi un ulteriore giudizio sulla “fame” di ciò che è superfluo. Nell’Inferno non è solo il cibo a rientrare nella pena, ma anche i diversi aspetti che caratterizzano il mondo gastronomico. In un certo senso l’atto del cucinare diventa veicolo di somministrazione della pena ai dannati. Durante il suo viaggio, Dante giunge nella V fossa dell’VIII cerchio (malebolge), dove immersi nella pece bollente sono condannati i barattieri, ossia i trafficanti nella vita pubblica. Già nelle leggende medievali l’inferno era descritto come una cucina in cui si affaccendavano i diavoli, perciò accanto ai barattieri, nei canti XXI e XXII dell’Inferno, colloca una pattuglia di dieci diavoli che svolazzano nella bolgia come pipistrelli. Il sommo poeta li paragona agli sguatteri che per conto dei cuochi intingono la carne nella

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pentola coi loro uncini. Il loro compito sembra essere anche quello di andare sulla Terra a prendere le anime dei peccatori. “Non altrimenti i cuoci a lor vassalli” e continua “... fanno attuffare in mezzo la caldaia, la carne con li uncin, perché non galli ...” (XXI, 55-57). Questa scena delinea bene l’immagine dell’inferno come una grande cucina dove i diavoli, mostruosi cuochi, intimano ai loro sguatteri di immergere bene la carne dei dannati affinché non affiori e cuocia quindi perfettamente. L’aspetto alimentare è presente anche nel Purgatorio. Qui lo sbigottimento delle anime espianti, appena sbarcate sulla spiaggia, viene paragonato alla degustazione di una nuova pietanza: “La turba che rimase li, selvaggia parea del loco, rimirando intorno come colui che nove cose assaggia... “ (II, 59-54). La punizione per i golosi è legata alla colpa commessa e le anime espiano il peccato di gola soffrendo la fame e la sete. E la loro sofferenza è resa più acuta dalla vista di acqua limpida e frutti gustosi, che però non possono toccare, che pendono da due alberi posti all’ingresso e all’uscita della Cornice e da una fonte d’acqua che sgorga dalla roccia e sale verso l’alto. Presentano una spaventosa magrezza, al punto che la pelle aderisce totalmente alle ossa e il volto è così smunto che si potrebbe leggere la parola OMO, formata dalla linea delle sopracciglia e dagli occhi. Tutt’altra storia nel Paradiso, dove il banchettare non è più fonte di peccato ma premio per una vita corretta. Qui Dante torna ad utilizzare il cibo come metafora; le schiere celesti vivono di “pan degli angeli” (II, 11) cioè della contemplazione mistica, insieme ai beati e ai santi che si nutrono simbolicamente dei misteri divini, gustandoli in banchetti e mense celesti. In questo caso la ghiottoneria è lecita perché è una golosità di beatitudine, l’atto del banchettare diventa premio per una vita retta e pura; l’atto del nutrirsi viene ele-

vato ad un gesto spirituale importantissimo che i commensali compiono alla presenza di Dio. E cosa dire sulle bevande? La bevanda per eccellenza di Dante è l’acqua; l’altra è il latte, che cita con significati allegorici: nel canto XXIII del Paradiso, paragona il protendersi dei beati verso Maria allo slancio di tenerezza del bambino verso la madre “poi che ’l latte prese”. Il vino, invece, è la bevanda che procura l’intorbidimento dei sensi e delle facoltà mentali. È anche la metafora della sete di verità, perché fin dall’antichità esso era connesso alla sincerità, come dimostra il motto in vino veritas: lo dimostra nel canto X del Paradiso, quando, per indicare chi si rifiuta di soddisfare il desiderio di verità di un altro, afferma “qual ti negasse il vin de la sua fiala/per la tua sete...”.



GASTRONOMIA / META

UN’OASI VERDE DI RELAX E PIACERE

IL META APRE UN NUOVO SPAZIO SITUATO AL PIANO -1 DEL PALAZZO MANTEGAZZA: IL PATIO.

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l nome di questo ambiente originale, particolare ed esclusivo, Il Patio, già racconta l’intento di creare un’oasi di verde, una sorta di giardino che faccia da accompagnamento all’idea del “salotto di casa” che si è voluta appositamente conferire al Ristorante posto al piano superiore. Uno spazio capace di ricreare perfettamente un’atmosfera intima e accogliente, con un arredamen-

to comodo e caldo, ma al tempo stesso assolutamente razionale. L’ambiente si arricchisce della presenza di due Ficus Nitida, piante dalla frondosa chioma facenti parte della famiglia dell’albero della gomma. All’interno de Il Patio si potrà consumare un business-lunch, ottima occasione per degustare pasti di elevata qualità in un contesto privato che consente assoluta riservatezza. Ogni


GASTRONOMIA / META

Palazzo Mantegazza Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso +41 (0)91 994 68 68 marketing@metaworld.ch

metamorphosis ristorante @metamorphosis_lugano metamorphosis www.metaworld.ch @Meta_Ristorante

giorno la proposta culinaria viene cambiata con la scelta di almeno 4 piatti accompagnati da insalata, caffè e mini-dessert. La proposta gastronomica è il risultato di un percorso che offre sia un menu gourmet stagionale, sia una selezione di piatti veloci e adatti ad ogni esigenza. Lo chef Luca Bellanca e la sua brigata di cucina creano un felice incontro tra la cucina mediterranea e note esotiche gustosamente inconsuete. La cura per il dettaglio è sempre rigorosa. Ogni piatto nasce da prodotti pensati e acquistati con criterio ed un’attenzione particolare alla qualità, alla freschezza ed alla stagionalità.

Evelyn Mantegazza, Direttrice del META, spiega come, con questa apertura “si completa il progetto di creare una serie di spazi autonomi, con caratteristiche e finalità distinte, ma tra loro fortemente integrati. Al piano terreno si trova il ristorante META proiettato con una grande vetrata sulla spettacolare bellezza del lago, mentre al primo -1 si trovano le aree rivolte agli eventi e Il Patio, che offre un’interessante soluzione “verde” per rendere ancora più completa e dinamica l’offerta di ospitalità e ristorazione». Il Patio è aperto solo a pranzo. Vi è pertanto la possibilità di affittarlo la sera per esclusivi eventi privati. TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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GASTRONOMIA / LUCA BELLANCA

UN MERITATO RICONOSCIMENTO LA PRESTIGIOSA GUIDA INTERNAZIONALE GAULT&MILLAU HA ATTRIBUITO, NEL VOLUME SVIZZERA DELL’EDIZIONE 2021, 15 PUNTI ALLO CHEF LUCA BELLANCA E AL RISTORANTE META. UN RICONOSCIMENTO CHE TESTIMONIA L’ELEVATO LIVELLO RAGGIUNTO DALL’ALTA CUCINA LUGANESE.

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ono davvero molto felice – ha dichiarato Luca Bellanca – di questo elevato punteggio ottenuto, perché arriva dopo tanti anni di lavoro portati avanti con costanza e continua voglia di sperimentare e innovare. Voglio condividere questo successo tutto lo staff di collaboratori senza i quali non sarebbe mai stato possibile raggiungere questo risultato. E, naturalmente, ringraziare la proprietà del Ristorante META che ha creduto in me e mi ha sostenuto nei momenti difficili, oltre che mettermi sempre a disposizione prodotti di assoluta qualità che sono la base imprescindibile per fare una buana cucina. In ogni caso reputo questo traguardo come un punto di partenza nella prospettiva di ulteriori obbiettivi da raggiungere nel più breve tempo possibile».

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GASTRONOMIA / LUCA BELLANCA

L’origine del l’amore di Luca Bellanca per i fornelli nasce all’interno della famiglia, dove ha avuto la fortuna di vivere con una mamma e una nonna che gli hanno insegnato non solo il piacere di mangiare bene e genuino, ma l’hanno educato alla gioia di cucinare qualcosa di buono che poi tutta la famiglia gustava durante un pranzo o una cena consumati insieme. È proprio guardando loro che ha imparato a tirare la pasta fresca o a preparare un bollito. La volontà di consolidare la sua passione lo porta a 14 anni a iniziare un percorso formativo per diventare Chef presso l’istituto alberghiero De Filippi di Varese dove apprende le basi del lavoro in cucina. Durante la settimana studiava e poi nel corso dei weekend

lavorava nelle cucine di ristoranti locali, soprattutto la Madonnina di Cantello, terra d’elezione degli asparagi, dove ha avuto modo di sperimentare cosa vuol dire mandare avanti un ristorante specializzato in banchetti, cerimonie ed eventi. Negli stessi anni avviò una serie di viaggi all’estero, andando per un anno in Irlanda presso l’Hotel K Club in un ristorante 5 stelle lusso, e poi a Modica, in Sicilia, nel ristorante stellato di Accursio Craparo. Un’esperienza fondamentale nella sua formazione, perché fu in quella regione che ebbe modo di conoscere e apprezzare la bontà dei prodotti della terra e comprendere come essi siano la base insostituibile di una cucina d’eccellenza: il profumo dei

capperi, il sapore dell’olio, la ricotta consumata ancora calda. Successivamente, dopo aver trascorso un anno a Santa Monica, in California, al ristorante Locanda del Lago guidato dallo chef Davide Vedovelli, è stato per 6 anni in Spagna tra Valencia (Hotel Neptuno e Hotel Marqués De Caro) e Maiorca, dove ha avuto modo di avvicinarsi al mondo dell’alta cucina e incrementare il suo bagaglio tecnico, sperimentando anche soluzioni d’avanguardia. Quindi il ritorno in Svizzera, a Bellinzona, in una società di catering, e finalmente il suo approdo a Lugano, al ristorante Metamorphosis (ora META) dove sta vivendo un’esperienza straordinaria all’interno del suo percorso professionale. TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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GASTRONOMIA / TAMBORINI VINI

VINI PER PASSIONE 01

TAMBORINI VINI È UN’AZIENDA IN CONTINUA EVOLUZIONE E ANCHE QUEST’ANNO, NONOSTANTE I TEMPI DIFFICILI, HA INVESTITO MOLTO NELLA PRODUZIONE, DANDO VITA A CINQUE ECCEZIONALI NUOVI VINI.

01 Da sinistra Mattia Bernardoni (nipote di Claudio), Claudio Tamborini, Valentina Tamborini (figlia di Claudio)

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na caratteristica che certamente contraddistingue da sempre Tamborini vini è la voglia di innovare dando vita a nuovi prodotti che rispondano al meglio al gusto e alle esigenze di un consumatore sempre più preparato e attento. Proprio per questo l’azienda cerca di far emergere nei propri vini, oltre all’indiscussa alta qualità, anche la passione, quel fuoco sacro che, anche in momenti difficili come quelli attuali, spingono la famiglia Tamborini ed il loro team di collaboratori ed esperti a impegnarsi ogni giorno in ogni processo produttivo, non solo per proporre vini di straordinario valore, ma anche per condividere le loro esperienze e la loro visione del futuro del terroir Ticino. E una passione, come ogni passione, naturalmente non può essere disgiunta da un côté un po’ seducente. È così che è nato l’Osé d’hiver 2019, un sogno oggi diventato realtà da degustare

durante le brumose e fredde sere invernali, fino ed oltre la rinascita primaverile: chi ha detto infatti che il rosé si beve solo d’estate? Un primo passo che continua con un forte richiamo alla storia dell’azienda Tamborini. Con il vino Silenzio 2016 si ascolta dunque la tradizione, dapprima in bocca e poi lentamente nel corpo. È il Merlot che parla; non però un Merlot qualsiasi, ma quello che proviene dalla storica tenuta di Castelrotto, là dove questo vitigno è stato impiantato per la prima volta in Ticino e da dove si è diffuso. Rimessa a nuovo nel 2003, dopo 13 anni nel Silenzio 2016 è stato ottenuto un eccezionale cru nel cru, che lascerà chiunque lo beva appunto senza parole. Con D.A. 2017 Tamborini ha pensato di proporre qualcosa di unico. Questo vino è il risultato di oltre 15 anni di studi sull’appassimento delle uve merlot unito a una piccola casualità, un “errore” che poi si è rivelato essere un piccolo colpo di fortuna: la “dimenticanza” di alcune cassette di uva appunto nel locale appassimento, rimaste ad asciugare e a concentrare zuccheri e sapori per ben 32 giorni al posto dei normali 16. Il doppio del tempo normale di appassimento, appunto. Un vino che induce a meditare su una nuova visione, su un possibile futuro del terroir Ticino. Un futuro che comunque si fa già presente con l’ESPE 7 2018, un 100% Arinarnoa - un vitigno proposto in purezza forse per la prima volta in assoluto - affinato per 15 mesi circa in barrique nuove. Un vitigno ottenuto dall’incrocio nel lontano 1956 di Tannat con Cabernet Sauvignon. Tutti questi vini tramettono la passione e la volontà di Tamborini di andare oltre, fare nuove esperienze e proporle agli appassionati del vino.


GASTRONOMIA / TAMBORINI VINI

CINQUE VINI DA DEGUSTARE Osé d’hiver 2018 Colore rosa antico; profumo intenso, con note floreali di fiori bianchi come il tiglio e frutti di bosco come lampone e ribes, sentori di vaniglia e miele e spezia come pepe bianco. Il sapore è fresco, intenso persistente e complesso, sapido e di corpo, in bocca ritornano le note di frutta e i toni vanigliati dati dall’affinamento nei legni in equilibrio con la struttura.

D.A. 2017 Un vino da meditazione, si adatta magnificamente ai piatti della grande gastronomia, come brasati di manzo e civet di selvaggina o con grandi formaggi stagionati, di alpeggio, blu o erborinati.

Silenzio 2016 Colore rosso rubino con riflessi purpurei; ampio ventaglio aromatico caratterizzato da note di frutta matura quali il ribes, la mora e la marasca, alle quali si affiancano note speziate, di cacao e di tabacco. Al sapore ha un attacco avvolgente e consistente, sostenuto da una buona freschezza.

Espe 7 2018 Colore rosso porpora con intensi riflessi bluastri; profumo fragrante, fruttato e floreale, note di agrume candito incenso speziato e teso. Al sapore presenta trama fresca e minerale, sapido, di buon corpo e pieno un vino che vuole provocare e ci vuol far divertire in cantina. Espe 5 2019 Merlot vinificato in bianco dal colore giallo chiaro con riflessi verdognoli e un profumo fragrante, fruttato e floreale. Al sapore presenta una trama fresca e minerale, sapido, di buon corpo un vino che vuol fare parlare, provocare e ci vuol far divertire in cantina.

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SPECIALE ST. MORITZ / ST. MORITZ GOURMET FESTIVAL 2021

IL CELEBRE EVENTO GASTRONOMICO ST. MORITZ GOURMET FESTIVAL 2021 SARÀ INCENTRATO INTORNO AL TEMA “SWISS MADE” E SI SVOLGERÀ DAL 29 GENNAIO AL 6 FEBBRAIO DEL 2021.

ORGOGLIO SVIZZERO

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urante i nove giorni della manifestazione, dieci chef stellati svizzeri offriranno agli ospiti delizie culinarie nel corso di più di 40 diversi eventi distribuiti in varie località nell’Alta Engadina, cucinando accanto agli eccellenti Chef Executive degli hotel partner del Festival. Gli organizzatori hanno scelto consapevolmente di puntare i riflettori sul meglio della scena gastronomica svizzera. Con questa Swiss Festival Edition si è voluto davvero rafforzare la gastronomia elvetica di punta e aiutare a sostenere produttori e fornitori dei pregiati prodotti regionali. «Il richiamo internazionale e la eccellente piattaforma offerta da questo festival risultano essere particolarmente adatti al raggiungimento dello scopo, focalizzandosi sulla preziosa diversità della migliore cucina svizzera concentrata qui in Alta Engadina» afferma Martin Scherer, presidente dell’Associazione dei festival gastronomici di St. Moritz. La presenza di numerosi chef d’alta classe garantisce un’esibizione culinaria unica nel suo genere. Tutti i dieci chef ospiti provenienti da diversi cantoni e città principali della Svizzera hanno già accettato l’invito: Tanja Grandits (01), la cuoca più famosa della Svizzera dal ristorante Stucki di Basilea (2 stelle Michelin, 19 punti GaultMillau), nonché Mitja Birlo (02), chef del ristorante 7132 Silver in Vals / GR (2 stelle Michelin, 18 punti GaultMillau); Andreas Caminada (03) del ristorante Schloss Schauenstein di Fürstenau / GR (3 stelle Michelin, 19 punti GaultMillau); Tobias Funke (04) del ristorante Incantare

nell’ostello Gasthaus zur Fernsicht di Heiden / AR (2 stelle Michelin, 18 punti GaultMillau); Stefan Heilemann (05) dal ristorante Widder nell’omonimo hotel a Zurigo (2 stelle Michelin, 18 punti GaultMillau); Il top chef Stéphane Décotterd (06) di Le Pont de Brent sopra Montreux, premiato con 18 punti GaultMillau e due stelle Michelin; Patrick Mahler (07) dal ristorante focus nel Park Hotel Vitznau / LU (2 stelle Michelin, 18 punti GaultMillau) e Mattias Roock (08) del ristorante Locanda Barbarossa nell’Hotel Castello del Sole di Ascona / TI (1 stella Michelin, 18 punti Gault Millau. Questa squadra già formata da grandi chef svizzeri sarà completata da Heiko Nieder (09) del Ristorante del Dolder Hotel di Zurigo, 2 stelle Michelin e 19 punti GaultMillau e da

Markus Arnold (10) del Ristorante Steinhalle di Berna, 1 stella Michelin e 16 punti GaultMillau. «Sono sopraffatto dalla risposta rapida

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e positiva alle mie richieste», afferma il direttore del Festival Fabrizio Zanetti (11). «Siamo davvero impazienti di dare vita a un’indimenticabile Swiss Edition con colleghi così straordinari. Sarà sicuramente un’esperienza indimenticabile quella di creare insieme ottimi piatti “Swisse made” da offrire agli ospiti del festival che avranno l’opportunità di familiarizzare con la cucina svizzera e assaporare i gusti e la sua diversità culinaria». Dettagli del programma e biglietti saranno disponibili a partire da metà dicembre. I luoghi di questo straordinaria programma di eventi nel magico scenario invernale dell’Alta Engadina saranno i dieci hotel partner del festival, pronti ad offrire anche interessan-

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ti pacchetti festival all-inclusive che includono pernottamenti dal 29 gennaio al 6 febbraio 2021. Notizie aggiornate sono disponibili sul sito www.stmoritz-gourmetfestival.ch e su Facebook / Instagram.


SWISS MADE THE ORIGINAL SINCE 1994

ST. MORITZ GOURMET F E S T I VA L 29.01 – 06.02

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SPECIALE ST. MORITZ / CRISTINA BOWERMAN

CHEF CONTROCORRENTE

NELLA SPLENDIDA CORNICE DEL ST.MORITZ GOURMET FESTIVAL 2020, INTERAMENTE DEDICATO ALLE DONNE CHEF, INCONTRO CRISTINA BOWERMAN, CHEF ITALIANA 1 STELLA MICHELIN, OSPITE AL RISTORANTE ROMANOFF DEL CARLTON HOTEL. DI PAOLA CHIERICATI

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accontare la storia personale di Cristina Bowerman è indispensabile per comprendere il percorso tortuoso che l’ha portata ad essere una chef molto apprezzata nel panorama internazionale e non solo italiano. Insignita di 1 stella Michelin dal 2010, è nata a Cerignola, piccolo paese pugliese. Dopo la laurea in Giurisprudenza, si trasferisce a San Francisco con l’idea di continuare gli studi legali, ma cambia direzione e intraprende studi nel settore della grafica, scoprendo la sua indole creativa, che già appartiene alla mamma artista e dalla sorella architetto. Non prende un diploma in grafica, ma lavora invece nei weekend presso la coffee house Higher Grounds. Nel frattempo vede esplodere la sua passione per la cucina che le permette ancora oggi di continuare a dare spazio alla sua creatività; nel periodo in cui è residente ad Austin, in Texas, consegue la laurea in Culinary Arts, perfezionando la pro-

pria disciplina e lavorando in particolare sulla concentrazione dei sapori. Nel 2005 si trasferisce a Roma e dopo una prima esperienza al Convivio Troiani, arriva al Glass Hostaria, ristorante a Trastevere, che è uno spazio contemporaneo e innovativo sia nella filosofia che nella proposta gastronomica, controcorrente rispetto alla scena romana: esattamente come la sua cucina, frutto di esperienze, viaggi, incontri, formazione culinaria e studi che non smetteranno mai di essere la sua fonte primaria di ispirazione. Nel 2017 Cristina Bowerman apre un secondo locale a Roma, Romeo Chef & Baker, dove propone sempre la sua cucina “senza confini”, in viaggio tra il repertorio romano e i sapori del mondo, fatta di tecnica, rigore e fantasia: «La creatività per uno chef è tutto e per me questo progetto è stato soprattutto uno sfogo creativo. A volte avere un solo ristorante può essere limitante: negli anni mi sono venuti in mente progetti, idee, piatti da speri-


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mentare che però non potevano in alcun modo incontrarsi con Glass Hostaria. Romeo Chef & Baker è stata per me l’occasione di lavorare ad uno standard qualitativamente sempre molto alto ma su una realtà accessibile e comprensibile ad un pubblico più ampio». A queste esperienze ne aggiunge altre con collaborazioni stabili in Giappone e in Turchia. All’impegno per la valorizzazione della gastronomia italiana, Cristina Boweman affianca anche quello a favore delle donne: «Nel febbraio 2018 sono stata nominata Ambasciatrice dall’Associazione Telefono Rosa, ho sempre sentito viva dentro di me la causa delle donne, anche perché arrivando dal Sud Italia ho avuto modo di confrontarmi spesso con una sorta di discriminazione della donna, considerata diversa. Sono fermamente convinta che per affermarsi sul lavoro, nella ristorazione e non solo, le parole chiave debbano essere indipendenza e meritocrazia. Bisogna concentrarsi sul pro-

prio obiettivo, saper lavorare in autonomia, saper parlare e sapersi porre correttamente in ogni occasione. La carriera di una donna in un mondo come la cucina di un ristorante, che si regge su criteri fondamentalmente maschili, è un’impresa difficile ma non impossibile se si hanno delle competenze». Parlando delle caratteristiche della sua cucina, asserisce: «La mia cucina è definita contaminata ma in senso positivo, dalle culture, dai viaggi, dal fatto che ho vissuto all’estero per tanti anni. Mi sento più barocca che spartana, amo i sapori decisi che mi ricordano la mia terra, la Puglia e poi adoro sperimentare. Ho sempre amato inventare anche cibi vegani e vegetariani, anche se alla base seguo la dieta mediterranea, caratterizzata dalla rotondità dei sapori». Al St.Moritz Gourmet Festival 2020 ha proposto un menu particolare: «Volevo che gli ospiti al Carlton Hotel provassero un’esperienza unica e assaggiassero dei piatti mai provati prima. Ad esempio il primo piatto è stato il gambero rosso con tapioca al curry verde (quest’ultimo ho imparato ad usarlo quando ero in Thailandia) e il distillato di pollo (che ho imparato a fare in Cina), arricchito da un caviale imperiale; il secondo piat-

to è tra i miei preferiti, uova di coregone (pesce di lago che tra l’altro andrebbe valorizzato) cotte nel dashi con salsa di pistacchio e funghi; risotto con cacio e pepe e ricci di mare; carne di cervo con frutti di bosco, carote e miso di rapa rossa; per concludere crema di wasabi con una maionese di cioccolato bianco». Tra i numerosi riconoscimenti che le sono stati assegnati a pieno merito, “Chef Donna dell’Anno” a Identità Golose 2013, “Chef Ambassador” ad Expo Milano 2015 e “Best Female Italian Chef in Europe 2018” di Love Italian Life.

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SPECIALE ST. MORITZ / EMMA BERGTSSON

DALLA SVEZIA CON GUSTO

L’INTRIGANTE E INNOVATIVA CUCINA NORDICA AL GOURMET FESTIVAL DI ST. MORITZ 2020: ESTASI CULINARIA CON LA SVEDESE EMMA BENGTSSON, DUE STELLE MICHELIN A NEW YORK. DI GIACOMO NEWLIN

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ono molti i grandi chef che prima di scegliere di dedicarsi alla cucina, alla gastronomia, avevano altre aspirazioni per la propria vita professionale o che precedentemente avevano addirittura effettuato una formazione, come medico, elettricista, avvocato, docente o che hanno inizialmente provato una professione completamente diversa da quella che in seguito, dopo un ripensamento, avrebbero intrapreso, cioè quella di cuoco. Il ripensamento di queste persone ha motivazioni che possono essere anche molto differenti tra loro, ma tutte indirizzate verso la buona tavola. Forse perché la buona tavola è qualcosa che abbiamo scoperto essere di grande piacevolezza o forse perché la buona tavola, se non è

portata all’esasperazione, è una formula gioiosa di vita e la cucina come luogo in cui si esprime la buona tavola, è un luogo caldo di serenità, come lo erano le cucine di una volta gestite da mamme e nonne? Chissà! Un esempio eclatante di ripensamento è quello avuto dalla giovane cuoca di origini svedesi Emma Bengtsson, 39 anni, il cui desiderio iniziale era di intraprendere la carriera militare come pilota, ma che poi, ispirata dalla nonna e dalla sua cucina, ha cambiato idea e dopo una formazione alla “Restaurant School” di Stoccolma è diventata cuoca con la particolare predilezione per la pasticceria. Le importanti esperienze di lavoro non le sono mancate, come ad esempio all’Edsbacka Krog nella capitale svedese, all’epo-


SPECIALE ST. MORITZ / EMMA BERGTSSON

ca l’unico ristorante con due stelle Michelin. Nel 2010 si sposta in qualità di pasticcera all’”Aquavit” di New York, dove in poco tempo guadagna le due stelle Michelin in qualità di “chef de cuisine” proponendo una cucina scandinava innovativa nella Grande Mela. Nel 2016 apre con successo un secondo “Aquavit” a Londra e quest’anno al Gourmet Festival di St. Moritz ha deliziato gli ospiti del Grand Hotel des Bains Kempinski con i suoi piatti che si possono definire senza tema di smentita delle vere opere d’arte, a cominciare dall’ostrica, fiore di sambuco e caviale. Gli accostamenti tra i componenti di un piatto sono studiati affinché si realizzi quell’armonia che in bocca crea un’emozione indimenticabile, prova ne è il granchio reale con cavolo rapa e latticello, ma anche i classici dell’estasi culinaria come l’uovo in camicia, spuma di patate e tartufo. Emma Bengtsson è nata come pasticcera e uno dei suoi numerosi “must” in questa categoria è un dessert che nella semplicità, si fa per dire, degli ingredienti e della preparazione è un piccolo capolavoro per gli occhi, ma ciò che più conta, per il gusto: parfait di ribes nero con gelato di olivello spinoso e meringa. Certo che in una metropoli come New York un ristoratore può trovare qualsiasi prodotto, anche i più rari, tuttavia la scelta è la fase più difficile: “Riesco a trovare tutti gli ingredienti che mi necessitano per le mie preparazioni e possibilmente mi avvalgo di agricoltori della regione, anche se la mia cucina è comunque stagionale, quindi non offro pomodori o meloni in inverno”. Si è spesso portati a pensare che in un ristorante stellato la cucina debba essere complessa e arzigogolata, ma la maggior parte delle volte non è così e i bravi chef sanno coniugare al meglio fantasia, professionalità e innovazione con la semplicità degli ingredienti, come sa fare in modo sublime Emma Bengtsson. «I miei ingredienti preferiti sono le patate e le carote, ma vorrei

concludere dicendo che per me è stato un immenso privilegio aver potuto crescere accanto a mia nonna che mi ha trasmesso l’amore per la cucina, poiché già lei amava cucinare di tutto con grande rispetto degli ingredienti e questo per me è stato un notevole insegnamento». Alla fine mi sento di fare una riflessione sull’abbinamento cibovino durante le cene con menu gastronomici, come le cene proposte dai grandi chef al Gourmet Festival di St. Moritz; un compito non sempre facile per la varietà degli ingredienti in un

piatto, quindi il consiglio per gli accostamenti ai vini è di affidarsi alla scelta operata in precedenza dallo chef in collaborazione con il sommelier.

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SPECIALE ST. MORITZ / KULM HOTEL ST. MORITZ

01 I Direttori Jenny e Heinz E. Hunkeler

DI PAOLA CHIERICATI 01

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IL FASCINO DELLA TRADIZIONE IL KULM HOTEL ST. MORITZ È UN HOTEL A 5 STELLE SUPERIOR, CON UNA STUPENDA VISTA SUL LAGO DI ST. MORITZ. NIDO DELLE VACANZE INVERNALI, QUI FU ACCESA LA PRIMA LUCE ELETTRICA DELLA SVIZZERA E SI TENNERO LE APERTURE DEI GIOCHI OLIMPICI INVERNALI DEL 1928 E DEL 1948. OGGI È LA PERFETTA ED ELEGANTE COMBINAZIONE TRA UNA STORIA SINGOLARE E IL COMFORT DEL PRESENTE, CHE SI COMPLETANO CON UNO SPLENDIDO INTERIEUR.

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accontare dell’eleganza e della maestosità odierna del Kulm Hotel St. Moritz non ha senso se non si ritorna agli albori di questo magnifico hotel, nel corso dell’800, quando Johannes Badrutt e sua moglie Maria, dopo avere acquistato la Pensione Faller con sole 12 camere, la trasformarono nel Kulm Hotel St.Moritz, il primo albergo della cittadina, considerato ancora oggi la culla del turismo invernale. Infatti nell’autunno del 1864, si racconta che Johannes Badrutt, mentre sedeva accanto al fuoco nel Kulm Hotel con quattro ospiti inglesi abituati alle vacanze estive, entusiasta del paesaggio innevato baciato dal sole con temperature miti durante il giorno, invitò gli scettici ospiti a trascorrere le loro vacanze invernali in questa località con un’ardua scommessa: qualora non si fossero goduti il soggiorno, ​​ avrebbe rimborsato loro le spese di viaggio. Gli inglesi tornarono per Natale e rimasero addirittura fino a Pasqua. Badrutt vinse allora la sua scommessa e fu lanciato il turismo invernale. Uomo appassionato di innovazione, Johannes Badrutt amava sorprendere i suoi ospiti e nel 1879, in seguito ad una visita all’Esposizione mondiale di Parigi, portò la prima luce elettrica in


Svizzera illuminando la sala da pranzo del Kulm Hotel. La notizia delle vacanze invernali sulla neve si diffuse a macchia d’olio e sempre più europei vennero a trascorrere le vacanze in Engadina. Si svilupparono nel frattempo nuovi sport come lo skeleton e il bob, utilizzando piste di ghiaccio. Le gare di tutte queste discipline si svolsero presto nel vasto Kulm Park. Qui furono aperti anche i Giochi Olimpici Invernali del 1928 e del 1948. Fedele alla tradizione, il Kulm Hotel è ancora oggi sede dello storico Club di slittino e del Cresta Club di St. Moritz e l’hotel ospita ogni anno l’Olympia Bob Run St. Moritz-Celerina. Dalla fine del XIX secolo fino a tempi recenti, i discendenti di Badrutt hanno restaurato e ampliato il Kulm Hotel. Oggi, questo storico stabilimento è sotto l’egida della famiglia di armatori greci Niarchos che con l’aiuto dei direttori Jenny e Heinz E. Hunkeler, sta guidando il Kulm Hotel St. Moritz nel futuro con la cura e l’impegno che il fondatore dell’hotel Badrutt si aspettava. Composto da 164 camere e suites, 70 delle quali sono state disegnate dal celebre architetto francese Pierre-Yves Rochon, offrono una vista sulle affascinanti montagne dell’Engadina e hanno un arredamento raffinato con tessuti del famoso brand Loro Piana. L’area Spa di oltre 2000 m2, include piscina interna e all’aperto, bagno turco, grotta di acqua salina e varie tipologie di sauna per piacevoli momenti di rilassamento. In armonia con la natura circostante, è un luogo dove ci si può ricaricare di energie e ritrovare l’equilibrio personale, anche attraverso l’utilizzo di una palestra molto attrezzata. I 7 ristoranti e i 3 bar situati all’interno dell’albergo concedono ogni privilegio. Ci sono molte buone ragioni per scegliere l’Hotel Kulm anche per conferenze e seminari, per un ricevimento di matrimonio o per qualsiasi altra celebrazione privata. Come icona dell’industria alberghiera TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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SPECIALE ST. MORITZ / KULM HOTEL ST. MORITZ

KULM HOTEL ST. MORITZ Via Veglia 18 CH-7500 St. Moritz T +41 (0)81 836 80 00 www.kulm.com

chiusura dei Campionati Mondiali di Sci di St. Moritz nel 2017. Il Kulm Hotel è stato insignito del Prix Bienvenu 2017 che l’Ente del Turismo Svizzero assegna ai 10 hotel più accoglienti del Paese ed eletto Hotel of The Year 2018 dall’edizione svizzera della guida GaultMillau. L’inverno è alle porte e il Kulm Hotel St Moritz si appresta a inaugurare la stagione all’insegna di tante novità e delle grandi emozioni, come le serate di musica jazz e gli eventi in collaborazione con il Gourmet Festival 2021, nel pieno rispetto delle normative anti Covid 19. svizzera di lusso, questa struttura tradizionale combina sapientemente la sua ricca storia con i più moderni comfort. Affiliato a The Leading Hotels of the World e Swiss Deluxe Hotels, il 5 stelle lusso offre anche un campo da Golf di 9 buche con driving range e putting green. Nel 2017 ha riaperto inoltre lo storico Country Club, rinnovato sotto la direzione del rinomato architetto e designer Norman Foster, che ha ospitato le cerimonie di apertura e

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Silvaplana-Surlej – Ref. 2836966

Pontresina - 2831001

St. Moritz – Ref. 1443062

St. Moritz – Ref. 1223194

La Punt Chamues – Ref. 1261664

Zuoz – Ref. 2833815

La Punt Chamues – Ref. 251691

Sils i.E. – Ref. 719805

St. Moritz – Ref. 806209

St. Moritz Sotheby’s International Realty | Via Serlas 20 - 7500 St. Moritz | tel +41 818362551 | info@stmoritzsir.ch - www.stmoritzsir.ch


SPECIALE ST. MORITZ / KULM HOTEL

LE TAVOLE DELLA GRANDE TRADIZIONE ALBERGHIERA SVIZZERA DELIZIE CULINARIE NEL PRESTIGIOSO KULM HOTEL A ST. MORITZ. DI GIACOMO NEWLIN

KULM HOTEL ST. MORITZ Via Veglia 18 CH-7500 St. Moritz T. +41 (0) 81 836 80 00 www.kulm.com

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l fascino di un grande albergo come il Kulm Hotel di St. Moritz si esprime attraverso l’atmosfera che vi si respira, già a partire dalla porta girevole tenuta in costante movimento da un addetto, metafora di una società in movimento, come in movimento è stata la storia di questo grande albergo che ha saputo cogliere i cambiamenti della società frequentatrice degli alberghi di lusso. Società che dalla fondazione del Kulm, oltre 150 anni fa, ha modificato le proprie abitudini alimentari, ma non il gusto per piatti raffinati o comunque di alta qualità dei prodotti. In questo senso l’Hotel Kulm ha saputo aggiornarsi attraverso i suoi rinomati ristoranti. Il “Grand Restaurant” rap-

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SPECIALE ST. MORITZ / KULM HOTEL

Chef Mauro Colagreco

presenta il pilastro dell’Hotel Kulm, dove i clienti consumano una prima colazione da sogno in cui si trovano tutte quelle prelibatezze che soddisfano le esigenze, le diete, i desideri e gli sfizi di ogni tipo di personalità alimentare. Un momento, anzi anche un’ora al mattino per rigenerarsi e affrontare una giornata di piacere sportivo o di relax per tutti i gusti, in una regione montana riconosciuta tra le più belle al mondo. L’ospite, al termine della giornata può tornare nell’elegante “Grand Restaurant” per una cena con menu di 6 portate dove lo chef Mauro Taufer propone una cucina classica francese in versione moderna e con piccole influenze mediterranee. Provare la sogliola alla Colbert che viene rifinita in sala dai bravi maître, con accanto il sommelier per un abbinamento mirato

tratto dalla ragguardevole carta dei vini della migliore produzione locale e internazionale. Nel periodo invernale la scelta per il momento conviviale serale può però cadere anche sul ristorante “K”, dove fino all’inverno scorso era lo chef stellato Tim Raue ad offrire un’esperienza gastronomica raffinata, mentre da questo inverno la regia del “K” sarà affidata nientemeno che allo chef Mauro Colagreco, tre stelle Michelin e 18 punti Gault & Millau nel suo ristorante “Mirazur” a Mentone in Francia, che figura il primo dei 50 migliori ristoranti al mondo. La filosofia di cucina di Mauro Colagreco sarà interpretata dal suo braccio destro al “Mirazur”, lo chef Paloma Boitier con l’offerta di una cucina senza confini in cui le diverse ispirazioni ammiccano a scoperte straordinarie. Sempre nel periodo invernale non si può perdere una serata al “Sunny Bar” per tuffarsi nel ricco e variegato “melting pot” di cucine ispaniche, con le creazioni di colei che ormai è diventata una star, la chef peruviana Claudia Canessa. Tutti sappiamo quanto, negli ultimi decenni la cucina italiana abbia ispirato in Svizzera i ristoranti di molti alberghi, così anche il Kulm Hotel ha dedicato alla buona e salutare tavola italiana un locale dal semplice nome di “La Pizzeria”, dove in modo informale ci si può fermare per pranzo o per cena e degustare non solo una squisita pizza prodotta con farine scelte macinate a pietra, cotta al forno a legna, ma anche

altre specialità di varie regioni del Bel Paese, con ovviamente la pasta declinata nelle versioni più gustose. Non è finita l’offerta, infatti all’entrata del Kulm Park il “Chesa al Parc” invita gli ospiti per un lunch, sempre in un ambiente elegante e luminoso dove non manca il calore del legno che invoglia a degustare in semplicità, per esempio una zuppa d’orzo grigionese, un club sandwich con patate fritte o una caprese con mozzarella di bufala. Ma poi ci può essere spazio per un drink da consumare nella rinomata e rilassante location del “Altitude Bar” cullati dalle note del pianoforte, oppure disquisire di whisky o d’altro, inebriati, per chi lo apprezza, da un originale “cubano”, nel “Miles Davis Lounge”. Per chi ama il bob, a pochi minuti dal Kulm Hotel, alla partenza della pista di bob che da St. Moritz termina a Celerina, si trova il “Bob Restaurant” che appartiene all’Hotel e che nella stagione invernale ospita gli amanti di questo sport, ma anche molti curiosi, e la cucina del bravo chef siciliano Marco D’Agati è una garanzia che mette tutti d’accordo. Non posso dimenticare di rivolgere un plauso alla pasticceria dell’Hotel, che oltre alle più classiche dolcezze soddisfa i piccoli desideri personali di qualche cliente un po’ viziato. La grande tradizione alberghiera la si percepisce anche dal fatto che la cucina può funzionare 24 ore su 24. La carta vincente della piacevolezza dell’universo gastronomico del Kulm Hotel è strettamente affiancata da un’altra piacevolezza che rende indimenticabile un soggiorno in questo luogo di delizie: l’armonia, la gentilezza, il sorriso e la professionalità del personale e la perfetta collaborazione tra sala e cucina. Per completezza d’informazione vale la pena ricordare che alla proprietà dell’Hotel Kulm di St. Moritz appartene anche il Grand Hotel Kronenhof di Pontresina, altra pietra miliare della più esclusiva ospitalità engadinese: “affaire à suivre”. TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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SPECIALE ST. MORITZ / ENGADINE GOLF CLUB

GIOCARE A GOLF SU CAMPI LEGGENDARI

I LA RUBRICA DI ARIELLA DEL ROCINO VARCA I CONFINI DEL CANTONE PER PARLARCI DELL’ENGADINE GOLF CLUB CHE CON I SUOI DUE CAMPI DI SAMEDAN E ZUOZ-MADULAIN OFFRE LA POSSIBILITÀ DI GIOCARE IMMERSI IN UNO STRAORDINARIO PAESAGGIO ALPINO.

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l più antico golf club della Svizzera, l’Engadine Golf Club, ha celebrato nel 2018 il suo 125° anniversario con molti eventi golfistici commemorativi. Fondato nel 1893 ha una storia affascinante da raccontare, ma anche un presente e un futuro ricco di grandi prospettive. Il golf club ospita due campi da golf distinti e molto diversi tra loro, distanti un chilometro e gestiti da un’unica organizzazione, Golf Engadin St. Moritz (www.engadin-golf.ch). Due ani-

me diverse, due fantastiche opportunità di gioco. Aperta e in pianura la prima, con acqua a sorpresa e il vento che sale a mezzogiorno dal Maloja; un continuo saliscendi a Zuoz tra boschi e malghe. E poi un capitolo a parte, le nove buche (par 27) del Kulm Hotel, gioiello nel cuore di St. Moritz, con grandi e spettacolar affacci sul lago. Il percorso Samedan si svolge in un antico parco di collegamento che corre lungo il fondovalle pianeggiante, serpeggiando tra ruscelli ed è caratte-


SPECIALE ST. MORITZ / ENGADINE GOLF CLUB

rizzato da ampi fairway fiancheggiati da larici giganteschi, ai quali in occasione del 125° anniversario, sono state affiancate, in base ad un interessante progetto di sostenibilità, centinaia di nuove piante. Il campo di Zuoz-Madulain, inaugurato nel 2003, offre difficili dislivelli, fairway ondulati delimitati da fiori di campo e green ricettivi che si intrecciano lungo il fianco della montagna e tra le pinete. Situati entrambi in un comprensorio tra i più elevati del paese, riconosciuto patrimonio mondiale dell’UNESCO, Samedan e Zuoz offrono una vista mozzafiato sulle imponenti montagne alpine e su molti incantevoli villaggi nella valle dell’Engadina. L’Engadin Golf Center è sinonimo di competenze di formazione elevate e aggiornate, nonché di moderne tecnologie di insegnamento, in grado di soddisfare le esigenze di allenamento individuali dei principianti come dei golfisti più esigenti. I professionisti dell’Engadin Golf Center utilizzano le più moderne tecnologie. Il Bodmer Performance Center offre un centro di competenza di prim’ordine per l’intera area di analisi dello swing. La tecnologia all’avanguardia è diventata infatti insostituibile anche nelle lezioni di golf, per analizzare e correggere velo-

cità di rotazione, angoli di lancio, fattori di smash, ecc. Fondamentalmente si tratta sempre di come si colpisce la palla, sia con il driver che con il putter, e tutto ciò risulta chiaramente visibile grazie all’uso di apparecchiature ad alta tecnologia. I campi da golf di Samedan e ZuozMadulain sono curati e mantenuti da un team di greenkeeper la mattina presto e sette giorni su sette, così da garantire condizioni di gioco ottimali.

I greenkeeper cercano sempre di svolgere il loro lavoro senza provocare rumore e disturbare il gioco. Poiché il greenkeeping dipende molto dal tempo e dalle condizioni meteorologiche, di grande importanza risulta essere anche la collaborazione dei giocatori, che dovrebbero rimettere le buche e riparare i segni del pitch. Questo piccolo supporto da parte di tutti i giocatori è essenziale per la migliore manutenzione dei campi da golf.

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SPECIALE ST. MORITZ / ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY

RICHIESTA DI RESIDENZE ANCORA IN CRESCITA ENRICO F. SBRIZZAI, DA DICEMBRE 2020 NUOVO GENERAL MANAGER DI ST.MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY, FA IL PUNTO SUL MERCATO IMMOBILIARE IN ENGADINA DOVE LA PANDEMIA NON SEMBRA AVER FERMATO LE COMPRAVENDITE.

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n un anno difficile come il 2020, quale è stato l’andamento del mercato immobiliare a St.Moritz e in Engadina? «Vorrei partire da una osservazione di carattere personale. In tanti anni di vita a St.Moritz non ho mai visto tante case aperte nel periodo di fine ottobre inizio novembre come quest’anno, segno evidente che tante famiglie hanno scelto di trascorrere questo periodo di incertezza e di bisogno di sicurezza in un ambiente protetto quale risulta essere St.Moritz e in generale tutta l’Engadina. Questa situazione rappresenta la conferma di un dinamismo che negli ultimi tempi ha interessato tutto il mercato immobiliare locale con una significativa richiesta di appartamenti in vendita da parte soprattutto di acquirenti non residenti, svizzeri, europei in generale e soprattutto italiani».

Verso quale tipologia di oggetti si orienta prevalentemente l’interesse degli acquirenti? «In un mercato in cui l’offerta non sempre soddisfa la domanda, le richieste si orientano evidentemente verso quelle residenze che presentano caratteristiche di comfort e modernità, adeguate alle esigenze del vivere contemporaneo. Per fare un esempio, appartamenti privi di spaziosi box (per intendersi, sufficienti ad accogliere un Suv) o di spazi per ricoverare attrezzature sportive per tutta la famiglia, non soddisfano facilmente il modo di vivere oggi un soggiorno in montagna. Devo però aggiungere che, selezionando con oculatezza le proposte, è possibile ancora all’interno del patrimonio edilizio esistente, anche se non nuovo, trovare soluzioni abitative ad un prezzo molto interessante. Se il trend attuale dovesse con-


SPECIALE ST. MORITZ / ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY

fermarsi, non escludo però che i prezzi del portafolio degli oggetti più datati, possano a medio termine venir corretti verso l’alto». Quali variazioni ha conosciuto negli anni la dinamica dei prezzi? «Per valutare la dinamica dei prezzi bisogna fare un’analisi di lungo periodo: in questa prospettiva si potrà rilevare che, al di là di temporanee oscillazioni, i prezzi si sono mantenuti nel tempo molto stabili, con una tendenza costante al rialzo. Ciò conferma l’importanza del mattone, particolarmente in un periodo come quello attuale, che mantiene il suo ruolo di bene rifugio, a protezione di patrimoni

alla ricerca di investimenti decisamente molto interessanti e sicuri». Da ultimo, che cosa si può dire riguardo alle ville di gran lusso che rappresentano un target importante di St.Moritz Sotheby’s International Realty? «Le ville prestigiose rappresentano da sempre una parte importante del mercato immobiliare di St. Moritz e dell’Engadina. Ma se negli anni scorsi era pressoché impossibile trovare degli oggetti in vendita, perché appena una villa si rendeva disponibile immediatamente veniva ricollocata attraverso un passa parola personale, ora qualche opportunità si affaccia

sul mercato. Certo i prezzi restano adeguati al grande valore e all’esclusività di queste residenze, in particolar modo al Suvretta, dove i costi al metro quadro sono probabilmente i più elevati al mondo».

ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY Via Serlas 20 CH-7500 St. Moritz T +41 (0) 81 836 2551 www.stmoritzsir.ch TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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SPECIALE ST.MORITZ / PARLI AG

UNA CASA PER VIVERE IN SICUREZZA

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L’ARCHITETTO FEDERICO PARLI PRESENTA UN’ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE DI FAMIGLIA FORTEMENTE RADICATA IN ENGADINA E SPECIALIZZATA NELL’OFFRIRE UNA VASTA GAMMA DI SERVIZI INTEGRATI PER IL MERCATO IMMOBILIARE, RECENTEMENTE PREMIATA DA LUXURY LIFESTYLE SERVICE AWARDS 2020 COME "WINNER OF LUXURY LIFESTYLE AWARDS IN THE CATEGORY OF THE BEST LUXURY REAL ESTATE BROKERAGES IN SWITZERLAND”.

01 Federico Parli Founder & President, Parli AG

PARLI AG Via Mezdi 3 CH-7500 St. Moritz www.parli.swiss info@parli.swiss T +41 (0)79 128 56 17 instagram.com/parliswiss/ facebook.com/parliswiss/ twitter.com/parliswiss linkedin.com/company/parli-swiss/

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uali sono le motivazioni che hanno portato lei e sua sorella Alessandra a costituire la Parli AG? «È dal 1998 che la famiglia Parli si occupa d’immobiliare in Engadina. Durante i decenni ci siamo potuti focalizzare e specializzare su diversi fronti garantendo ai nostri clienti professionalità e discrezione. Dalla prima società fondata da nostro padre Ernesto Parli (18.03.1944 – 20.03.2020) alla nuova società, la Parli AG, fondata dal sottoscritto, sono passati esattamente 20 anni». Che cosa è cambiato nel mentre e perché avete voluto costituire una nuova società? «La risposta è molto semplice: la Parli AG, da come si evince dallo stesso nome, vuole essere un esempio di family business. Il passaggio generazionale e

dell’intero portfolio costituito da oltre 3'500 clienti è avvenuto nel corso del 2019. Già da tempo ho avuto il privilegio di affiancare nostro padre nelle trattative così come nella gestione della clientela, sia dal punto di vista burocratico e formale che per quanto riguarda l’aspetto umano e relazionale. Grazie a quanto imparato ho potuto rinforzare le già solide fondamenta costruite nel tempo così da poter far fronte alle nuove e sempre più specifiche richieste dei clienti. L’arrivo di Alessandra, un anno fa, con il suo background ventennale a livello dirigenziale nella moda e nel lusso, ha apportato sicuramente un modus operandi ancor più strategico e al passo coi tempi, con lo sviluppo di tutte le piattaforme digitali e la conseguente acquisizione di nuovi clienti e business. Quello che si dice un lavoro di squadra».


Quali sono gli obiettivi che si prefigge di raggiungere la nuova società e quali i suoi punti di forza? «Da dicembre 2018 a oggi i risultati e i successi sono misurabili tramite l’apertura della nuova sede della Parli AG in via Mezdi 3, praticamente alla rotonda d’ingresso di St.Moritz. Uffici che non si limitano a offrire i giusti spazi per accogliere la clientela interessata al nostro mondo immobiliare, ma che offrono anche un piano dedicato alla progettazione, alla ristrutturazione e alla consulenza architettonica: io stesso mi sono laureato all’Accademia di Architettura di Mendrisio nel 2009. Grazie alla nostra esperienza, oltre a poter accogliere clientela di madre lingua tedesca, inglese, italiana e francese, ci appoggiamo a partner internazionali quali per esempio lo studio SON Engineering & Construction di Tirana, Albania (partner locale dello studio Boeri di Milano) così come a partner locali per la scelta dei materiali più idonei al singolo progetto richiesto, senza dimenticare l’imminente collaborazione con uno studio legale e notarile per la tutela di ogni singolo cliente, compratore o venditore che sia. Questi matrimoni garantiscono ai nostri clienti professionalità e discrezione, lasciando spazio a tradizione e innovazione. Il nostro obiettivo è semplice: tutela, accompagnamento e soddisfazione». Possiamo tracciare un profilo del mercato degli affitti e delle vendite in Engadina? In che misura la recente pandemia ha modificate le richieste dei potenziali acquirenti? «Quello che abbiamo notato in questi mesi, soprattutto a partire dalla primavera 2020 è stato un incremento notevole e rapido di richieste d’affitto stagionale e annuale e verso le vendite. Siamo convinti che l’esperienza che tutti noi abbiamo vissuto a causa della pandemia mondiale, abbia cambiato priorità ed esigenze. Oggi le singole persone e le famiglie vogliono avere una “via di fuga”, possibilmente in mezzo alla natura. Se fino all’anno scorso avevamo tante

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richieste di affitto, la differenza è che oggi, la necessità si orienta verso affitti stagionali o annuali rispetto ad affitti più a breve termine. Per quanto riguarda le vendite, la differenza rispetto al periodo pre-Covid è che le tempistiche sono molto più accelerate. È come se si avesse la fretta di concludere per essere sicuri di avere la propria casa, lontana dalla città. Un altro dato interessante è che oltre alla clientela svizzera (tedesca e ticinese) ed italiana, abbiamo avuto moltissime richieste provenienti da paesi quali ad esempio UK, Belgio, Olanda, Germania e alcune anche da Stati Uniti e Asia». In particolare, verso quali oggetti si orienta la clientela svizzera e quali sono invece le richieste degli stranieri, soprattutto italiani? «Ci troviamo in un momento di mercato particolarmente interessante sotto molti punti di vista. Come si evince dalla risposta precedente, la pandemia Covid 19 ha portato parecchia paura, sia a livello di salute che psicologico. Questa paura è il motore trainante, senza dimenticare i tassi d’interesse negativi e la volontà d’investire nel mattone. A oggi il luogo più sicuro è la casa! Il mercato, almeno per quel che ci riguarda, parla molto chiaro: oltre il 70% della nostra clientela nella fascia compresa tra i CHF 500.000 i CHF 2.500.000 è svizzero tedesca. La clientela italiana, ancora una volta per quel che ci riguarda, si posiziona invece nel-

la fascia del lusso e dell’extra lusso con richieste di proprietà a partire dai CHF 5.000.000 fino ad oltre i CHF 30.000.000». Quali sono i principali progetti su cui sta attualmente lavorando Parli AG e quali quelli futuri? «Il nostro obiettivo principale e primario è continuare a garantire la massima professionalità e soddisfazione a chi si rivolge a noi, per affittare, comprare, ristrutturare oppure vendere. L’Engadina rimane sicuramente la nostra priorità, ma come già stiamo facendo in Ticino, in futuro l’idea è quella di espanderci ulteriormente, partendo dalla Svizzera. Un altro obiettivo è quello di stringere sinergie anche all’estero e svilupparci, tramite partner, in altri paesi. Non da ultimo c’è l’obiettivo, già citato in precedenza, di approcciare in maniera innovativa il concetto di ufficio. Far sì che diventi un luogo di scambio culturale, di eventi, mostre, di condivisione, dove il comune denominatore, rimane la tradizione, l’artigianalità e l’amore per la meravigliosa Engadina».

02 Residence Belvair, St. Moritz In vendita 03 Chesa Sarazena, Pontresina In vendita

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FASHION / MODA AUTUNNO-INVERNO

VIAGGIO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO 01

L’INVERNO ALLE PORTE, IN FATTO DI MODA, CI PROIETTA VERSO QUELLE CHE SONO LE TENDENZE DI QUESTA STAGIONE. DI VALENTINO ODORICO

01 Sul filo del Ticino 02 Andrea Pompilio 03 Salvatore Piccione

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on sorpresa di molti, nel segmento maschile, si assiste ad un ritorno della sartorialità. Un abbigliamento però che rimane poco ingessato, versatile, originale e perfetto per essere indossato da tutti. Fendi propone un guardaroba pensato per durare nel tempo, composto da tutti una serie di elementi classici dove cappotti, completi gessati e pantaloni, raccontano un’attitudine che si focalizza su scelte mirate. Qualità e versatilità per una moda che deve durare nel tempo. David Catalán rivisita l’universo casual del calcio: l’ispirazione deriva dal guardaroba dei tifosi delle squadre inglesi, i cui brand iconici rappresentano il punto di partenza per la scelta dei pezzi chiave di questa collezione; un’attitudine rilassata, con un tocco retrò ma contemporaneo al tempo stesso, che utilizza materiali e capi innovativi adattati al consumatore moderno. Andrea Pompilio, fedele al suo DNA, propone capi adatti a persone molto differenti, perfetti per essere mixati nella creazione di un proprio stile, seguendo o stravolgendo le regole. Da Zegna gli abiti a tre bottoni sono indossati con blouson voluminosi; le overshirt con zip e scollo profondo sostituiscono le camicie tradizionali. Il gilet sartoriale fa il suo ritorno come passe-partout con o senza l’abito. Un processo di evoluzione costante definisce nuove forme: blazer a vestaglia con cintura; cappotti dai volumi ampi con profonde pieghe posteriori, cappotti ispirati dai parka e camicie che diventano blouson a manica corta. La moda donna, come sempre, si arricchisce di proposte molto varie.

Per Ermanno Scervino l’armonia è nei contrasti e raccontano le donne nelle loro molteplici ma coerenti personalità. Femminile e maschile, delicatezza e forza, frivolezza e severità si incontrano e confrontano ma mai si combattono. I pizzi più preziosi si amalgamano alle lane corpose dalle disegnature classiche, i tagli asciutti ed essenziali alle morbidezze romantiche, gli animalier alle delicatezze frivole. Manuele Canu racconta la sua sofisticata eleganza unendola con gli elementi iconici degli anni 80. Ecco che le nuance pastello sono accostate alle fantasie e ai colori metallici, caratteristici di quegli anni. Tonalità morbide come l’avorio si mescolano a Paillettes e borchie, in un gioco creato con volumi variegati e pellami ricercati. La collezione di Salvatore Piccione racconta ancora una volta la sua visione di moda: un giardino invernale dove i fiori, pietre, tocchi di luce e stampe regalano un tocco di contemporaneo romanticismo. Philipp Plein racconta una generazione che guarda agli anni ottanta, a Madonna, alla disco music, spingendosi fino allo storico studio 54: abiti in lurex, pantaloni e felpe scintillanti, scollature ampie. L’oro è uno dei colori predominanti della collezione, nelle stampe leopardate, nella pelle vinilica, nelle catene legate al collo o come aggiunta alle scarpe. Atsushi Nakashima, attraverso un flaschback verso memorie del passato, crea nuovi elementi. Un viaggio nel tempo nel processo di creazione che esprime la bellezza che deriva dall’incompletezza di acconciature e oggetti. Un focus su modelli, oggetti e dipinti giapponesi degli anni ‘80, di materiali speciali che cambiano colore a seconda della direzione verso cui vengono osservati.


FASHION / MODA AUTUNNO-INVERNO 02

Il Direttore Creativo di Genny, Sara Cavazza Facchini, arriva fino all’Oriente più estremo ed esplora con stile evocativo ma preciso esotismi tessili

per raccontare una bellezza che è fusione di realtà e ricerca. Tutte le giacche da business woman sono ricostruite sartorialmente per lasciare un’allure femminile ma anche per stupire con dettagli couture. Che indossi spille Art Déco come chiusure, si adorni di bottoni in stile Suzanne Belperron o sfoggi luccicanti collane-passamaneria con speciali Swarovski, la donna Genny non è prigioniera del suo ruolo di seduttrice ma alterna gusti e abbinamenti da diva e da business woman. Milena Andrade esalta il mondo del jeans; La collezione si ispira al Giappone, alla sua perfezione, al rispetto che è un tassello fondamentale nella cultura di quel popolo. Il mondo cambia e ci dobbiamo adattare come l’acqua che prende la forma del contenitore: siamo tutti uguali nella nostra diversità e dobbiamo vivere ogni giorno il nostro tempo; i dettagli e le rifiniture sono curati in modo magistrale, cuciti da esperte mani secondo i dettami dell’alta sartoria nei laboratori di Milano, con materiali rigorosamente made in Italy. Linee morbide, confort, bellezza: elementi che raccontano la personalità di chi li indossa,

perfetti sia per lui, sia per lei. Kimoni, pantaloni, abiti, camicie: look unisex per nuove ed esclusive tendenze. Molto interessante infine l’idea “Sul filo del Ticino”: un nuovo ed originale progetto ideato dall’architetto Silvia Pullega e dalla designer di moda Nicoletta Marnati. Quando il tessuto racconta la trama del territorio, vestirsi di tradizione assume un nuovo significato. Il tessuto si fa interprete della storia e della suggestione del Parco del Ticino. La natura circostante è protagonista assoluta della tela. La moda, ma anche il mondo dell’arredamento d’interni, comunicano con la natura attraverso l’uso di una stampa che trasmette tutti i colori, le peculiarità e la bellezza di un territorio. Il desiderio di concretizzare un qualcosa che coniugasse il senso di appartenenza ad uno specifico territorio con la volontà di divulgare, in una modalità inedita ed insolita, le peculiarità dello stesso. Un tessuto totalmente naturale, sia per ispirazione che per confezione. Realizzato in filato di cotone puro, il tessuto è cento per cento Made in Italy, o meglio made in Como, coerente con l’ispirazione che lo ha generato. 03

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FASHION / BELOTTI OTTICAUDITO

IL REGALO PERFETTO LA GIFT GUIDE DI BELOTTI SUGGERIMENTI PER ORIENTARSI NELLO SHOPPING NATALIZIO.

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i siamo! L’appuntamento più importante dell’anno sta per arrivare e come tradizione possiamo finalmente dedicarci ad una delle attività più gratificanti e creative dell’anno, che coniuga shopping e sensibilità personale: la scelta dei regali. D’accordo la tradizione, ma in realtà non si tratta soltanto di una pura e semplice attività di shopping. La scelta dei regali di Natale è infatti importante non solo perché significa dedicare del tempo alle persone che amiamo e stimiamo, ma anche perché ricercando il “regalo perfetto” diamo prova della nostra sensibilità nell’anticipare e raggiungere i desideri di chi riceve i nostri doni. Il pensiero dunque deve essere “pensato”: ad ognuno il regalo su misura, proprio come fosse un abito di sartoria. Proprio per questo BELOTTI ha voluto realizzare una Gift Guide Natalizia per dare dei suggerimenti a tutti coloro che sono ancora indecisi sul tipo di dono da fare. La passione per i 5 sensi di BELOTTI si sposa perfettamente con questo tipo di shopping. La linea di ACCESSORI in preziosa pelle saffiano Made in Italy propone un portachiavi, un porta-card, un ampio borsellino multifunzionale, fino ad arrivare alla pochette multi uso da utilizzare per i documenti ma anche per

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custodire un tablet. I colori sono insieme eleganti e di tendenza, dal nude all’elegantissimo color asfalto fino all’energico blu elettrico. L’EYEWEAR rappresenta poi da sempre uno degli oggetti piu’ desiderati a Natale. Perché allora non accompagnare la persona a cui teniamo in uno dei Centri BELOTTI, magari per regalarle un occhiale dal glamour inconfondibile? Nei Centri BELOTTI è possibile trovare una selezione di modelli di tendenza tra i più ricercati, proposti da brand in esclusiva come ad esempio Chanel, che con le sue perle va ad impreziosire ed enfatizzare il viso in un equilibrio perfetto tra eleganza vintage

e stile rock chic; oppure Cartier, vero e proprio sinonimo di lusso che propone montature caratterizzate da una particolare lavorazione in doppia galvanica; uno splendido Gucci oversize dal tocco eccentrico e glamour per gli appassionati di tendenza e moda o un esclusivo Dita, massima espressione di tecnologia e stile, fino ad arrivare ad un grintoso Tom Ford a tratti sobrio ma al contempo estroverso. E se volessimo regalare qualcosa di veramente magico? Da BELOTTI ci si puo’ immergere nel mondo della PROFUMERIA ARTISTICA, ovvero in quel personalissimo mezzo di espressione che ci permette di essere unici, riconoscibili tra mille, grazie ad essenze rare prove-


FASHION / BELOTTI OTTICAUDITO

nienti da mondi esotici, capaci di farci viaggiare con la mente attraverso immaginari orientaleggianti o in paesaggi inesplorati...BLEND OUD, HISTOIRES DE PARFUMS e LIQUIDES IMAGINAIRES rappresentano infatti le esperienze olfattive di sapienti profumieri che hanno fatto del loro lavoro uno splendido percorso di ricerca di emozioni. Allora perché non partire con un’experience basata sul percorso olfattivo? Regalare un profumo e magari farlo scegliere a chi amiamo...

Cartier

Binocolo Zeiss

E per continuare nel mondo delle esperienze basate sui 5 sensi, nei Centri BELOTTI è possibile trovare anche i binocoli Zeiss, una vera e propria eccellenza di settore: un’ampia offerta di prodotti, dall’entry level al top di gamma, tutti contraddistinti da prestazioni altamente performanti in ogni situazione. Per gli appassionati delle avventure all’aperto, i binocoli sono infatti il regalo ideale, che grazie a ottiche tecniche, permettono di godere appieno del mondo che ci circonda. Ma il mondo BELOTTI si identifica con un vero e proprio concetto di lifestyle che si estende alla personalizzazione dei nostri ambienti e luoghi quotidiani. L’ultimissima proposta da cogliere per un regalo di Natale è ad esempio un’affascinante PROFUMAZIONE D’AMBIENTE: un prezioso flacone di essenza dotato di bastoncini diffusori, da regalare in un packaging esclusivo.

Chanel Balenciaga

Blend Oud

Tom Ford

Gucci

Pelletteria Belotti

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FASHION / GIOIELLERIA PREZIOSI

GIOIELLI ANTICHI E NON SOLO

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a gioielleria Preziosi rappresenta qualcosa di unico nel panorama luganese. Perché? «Nel corso degli anni siamo diventati un punto di riferimento riconosciuto per la compravendita internazionale di preziosi ed oggetti da collezione. Acquistiamo infatti da privati o da aste, gioielli, diamanti, orologi, monete, oro e argento nuovo e usato che proponiamo in un assortimento esclusivo oppure avviamo alla fusione se non commerciabile. Il servizio da noi offerto nasce in seguito alle pressanti esigenze del mercato di avere la possibilità di convertire in modo facile, rapido e sicuro i propri preziosi e gioielli in denaro contante oppure per sostituirli con oggetti più moderni ed attuali. Operando da anni nel settore del recupero dei metalli, valutiamo infatti gratuitamente preziosi, gioielli ed orologi, pagandoli immediatamente al massimo delle quotazioni di mercato».

NELLO STORICO PALAZZO MARAINI, NEL CENTRO DI LUGANO, HA SEDE UNA GIOIELLERIA SPECIALIZZATA IN OGGETTI PREZIOSI: GIOIELLI NUOVI E D’EPOCA, OROLOGI, RARITÀ ED OGGETTI D’ARTE. CE NE PARLA IL TITOLARE, SILVANO ARGIOLAS.

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In sintesi si può dire che offrite una seconda vita a gioielli altrimenti destinati all’oblio… «In un certo senso è proprio così. Sono molti i casi della vita (eredità, trasferimenti, separazioni, cambiamenti nel gusto e nella moda, ecc.) che fanno sì che un oggetto prezioso non rappresenti più per una persona un valore da conservare, mentre per un’altra persona può costituire proprio il pezzo mancante di una collezione, un oggetto di desiderio mai soddisfatto. Ecco, noi facciamo incontrare queste due esigenze, proponendo una vasta esposizione di gioielli di epoche diverse, contemporanei, firme prestigiose, pezzi unici e particolari».

Quali altri servizi offrite? «La nostra gioielleria è attenta alla qualità del servizio come alla cura dei propri clienti, il tutto in una atmosfera familiare, giovane e cortese, senza mai tralasciare la professionalità. Preziosi oltre a vendere ed acquistare gioielli, diamanti, orologi, compie valutazioni, perizie e stime, anche gemmologiche, garantendo competenza e riservatezza. Inoltre, é diventata negli anni, anche un punto di riferimento per oggetti d’arte, in particolare sculture moderne e contemporanee dei maggiori esponenti dell’arte internazionale e ticinese. Offriamo oltre a tutto servizi accessori molto efficienti, mettendo a disposizione la nostra vetrina con la formula del conto-vendita per permettere di esporre i propri gioielli nella prospettiva di realizzare la vendita più conveniente».

GIOIELLERIA PREZIOSI Viale Carlo Cattaneo 1 CH-6900 Lugano T +41 (0)91 923 24 30 info@preziosi.ch www.preziosi.ch


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FASHION / ATELIER MARJMÒ

AD OGNI DONNA IL SUO GIOIELLO MONICA GIALDINI È L’ANIMA DELL’ATELIER MARJMÒ, DEFINITO “UN SALOTTO DEL GIOIELLO DOVE VIVERE OGNI VOLTA UN’ESPERIENZA EMOZIONALE DIVERSA E IRRIPETIBILE”.

ATELIER MARJMÒ Via Vicari angolo Via Concordia CH-6900 Lugano-Cassarate T +41 (0) 76 518 76 12 marjmo2012@gmail.com

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ome si diventa creatrice di gioielli? «Fin da ragazza ho sempre nutrito una passione per i gioielli e in particolare per le pietre. La realizzazione a mano e la possibilità di dare sfogo alla mia creatività mi hanno spinta ad affacciarmi nel mondo del gioiello, inizialmente da autodidatta. Successivamente ho scelto di frequentare corsi di formazione per l’apprendimento delle tecniche orafe. L’occasione per lanciarmi definitivamente nella produzione di gioielli venne dall’invito ad allestire una mostra personale a Parigi nell’estate del 2012, e – solo qualche mese dopo – ho sviluppato a Lugano un altro ambizioso progetto: una mostra di gioielli durata tre giorni, dove l’esposizione dei preziosi si miscelava con oggetti e mobili dipinti a mano. Da quell’esperienza è nato appunto l’atelier Marjmò». I suoi gioielli sono il frutto di una precisa filosofia che ispira le creazioni… «Nel tempo ho incontrato spesso donne che desideravano un monile che non solo avesse un valore e lo mantenesse nel tempo, ma che allo stesso modo seguisse la tendenza del momento e fosse unico e originale. Il motivo per cui ho aperto il mio atelier a Lugano è proprio perché anche io ho sempre avuto questo stesso desiderio. Sono infatti convinta che il ruolo del gioiello non sia quello di semplice ornamento ma quello di rappresentare la massima espressione della nostra personalità, esprimendo i valori in cui crediamo e in cui ci riconosciamo».

Che cosa possono dunque trovare donne e uomini nel suo atelier oppure on line? «Pietre, colori, forme e creatività sono gli ingredienti che uso per dare vita ai gioielli, gli stessi che poi diventano l’espressione della personalità di chi li indossa. La mia passione si orienta innanzitutto verso gli orecchini e le collane. Penso che l’orecchino sia il catalizzatore dell’attenzione al viso e, subito dopo, le collane siano l’elemento di definizione del corpo della donna. La scelta del pezzo unico significa non avere delle collezioni a scadenza regolare ma una produzione in continuo divenire dove i pezzi che ne fanno parte sono tutti diversi perché non creati in serie. Anche nel mio negozio virtuale è possibile ritrovare molti dei prodotti in vendita presso l’atelier Marjnò. Inoltre, si possono richiedere eventuali pezzi su misura».


FASHION / ATELIER MARJMÒ 01

é avvenuto il primo incontro con Valentina Tamborini (01) mentre i restanti 2 appuntamenti con le altre ospiti, sono stati rinviati, causa Covid, a data da destinarsi. In quell'occasione abbiamo raccontato il nostro spaccato di vita e cosa stiamo facendo per realizzare ciò in cui crediamo. Una preziosa testimonianza di come la consapevolezza di chi siamo possa dare una grande forza, avviando un percorso che dobbiamo fare da sole, ma che possiamo iniziare insieme».

La ricerca e il racconto dell’identità femminile sono anche alla base del progetto Metamorfosi… «Dal marzo 2020 ho iniziato una collaborazione esterna all’atelier, in concomitanza con la presentazione del Personal Brand MG di Monica Gialdini Designer Stylist, nato per firmare la produzione dei miei gioielli in pezzi unici personalizzabili. Metamorfosi è il nome di una serie di incontri con donne che hanno affermato con forza la propria identità e che

diventano uno splendido esempio da conoscere e da cui farsi ispirare. Dentro ogni donna, così come ogni persona, c’è un universo che va scoperto, illuminato, valorizzato e mostrato al mondo. Questi aspetti mi stanno particolarmente a cuore perché li ho vissuti personalmente e ho pensato che fosse giusto parlarne apertamente, incontrando persone che si sono rimboccate le maniche per affermare la propria persona per il valore che ha. Per questo a ottobre TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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EVENTI / SIMONETTA ROTA-MORE THAN EVENTS

L’EVENTO È UN INSIEME DI EMOZIONI SIMONETTA ROTA RACCONTA COME ORGANIZZARE UN EVENTO VOGLIA DIRE SOPRATTUTTO SUSCITARE PROFONDE E INDIMENTICABILI EMOZIONI IN TUTTI I PARTECIPANTI. E LO FA PORTANDO L’ESEMPIO DI 4 TIPOLOGIE DI EVENTI ORGANIZZATI DALLA SUA AGENZIA.

Per contattarci e richiedere il nostro Magazine PLUS: SIMONETTA ROTA MORE THAN EVENTS Via P. Lucchini 10 CH-6900 Lugano +41 (0)78 910 83 39 +39 349 951 78 22 info@simonettarota.com

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l mio obbiettivo - spiega convinta Simonetta Rota - è quello di creare vere e proprie esperienze, che portino totalmente a far emergere quello che c’è dietro l’evento: aziende e individui con progetti, sogni, idee di business e personali. Questo significa far vivere esperienze memorabili, donare ricordi che vivono nel tempo, regalare emozioni intime e personali». E prosegue: «Essere “creativi” vuol dire per noi dar vita a qualcosa di bello e inaspettato; accompagnando gli altri a sperimentarlo in prima persona e a sentirlo come qualcosa di proprio». Sono sufficienti alcune parole chiave e storie di successo per raccontare in che modo l’agenzia di Simonetta Rota realizza eventi che coinvolgono il cliente, lo emozionano, lo rassicurano, facendo in modo che poi il ricordo lasci nei partecipanti una traccia indelebile.

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Adrenalina Exclusive Driving Experience vuol dire portare ovunque nel mondo a guidare, sui circuiti più famosi, le auto più esclusive e performanti. Una messa alla prova che consente di superare i propri limiti, di alzare la propria asticella personale più in alto. Una volta che si dimostra a se stessi che si è in grado di andare oltre i propri standard in pista, lo stesso risultato lo si può ottenere anche nelle altre attività quotidiane. L’adrenalina costituisce uno straordinario carburante per attività di team building o incentive. Il successo è garantito grazie alle competenze di Giampaolo Tenchini, pilota professionista e Driving Coach da quasi 30 anni. Ispirazione “Metti, una sera a cena” è il format in cui si riflette sui nuovi temi della Lea-


EVENTI / SIMONETTA ROTA-MORE THAN EVENTS

ming acceso e stimolante su temi attuali e strategici, declinando la tematica della Leadership sotto diverse luci.

dership. In un ambiente selezionato e conviviale, viene data voce a personaggi celebri e autorevoli, che si confrontano su temi attuali con Leader che vogliono evolvere e fare della loro Leadership un talento rinnovato e di valore. Le Celebrity si mettono a confronto con gli ospiti in un brainstor-

Commozione Organizzare un evento privato, una festa di compleanno a sorpresa per i 50 anni di un noto imprenditore: in una location di grande prestigio, con uno spettacolare allestimento che ricostruiva un bosco incantato, sono stati chiamati a raccolta, dopo un capillare lavoro di ricerca e contatto durato circa 1 anno, un centinaio di amici sparsi in varie parti del mondo che hanno contribuito con ricordi e testimonianze a raccontare il grande affresco di una vita.

aspetti dell’abitare contemporaneo, con la partecipazione dei diversi protagonisti del progetto, dall’architetto all’azienda costruttrice, dai finanziatori alla committenza: un modo nuovo e coinvolgente per condividere la strategia utile a portare a termine insieme un’iniziativa di successo.

Condivisione Per un cliente operante nel settore immobiliare abbiamo organizzato, in occasione del lancio di un nuovo concept residenziale, un vero e proprio talk show dedicato ad approfondire vari

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EVENTI / GARBO MANAGEMENT

EDIZIONE SPECIALE PER “THE EXECUTIVE AWARD” 01

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l CEO di Garbo Management SA, Rossella Gargano ha svelato le novità della prossima edizione, ribattezzata una Edizione Speciale in virtù delle vicissitudini legate al Covid-19. «Quando nel 2010 sono arrivata in Ticino, dopo alcuni anni ho fondato la Garbo Management e, per far conoscere la mia professione, il marketing, ho iniziato a creare eventi che in alcuni casi si sono trasformati in progetti per Lugano, il Ticino e la Svizzera». Tra le varie “visioni” è nato l’Executi-

SI RINNOVA L’APPUNTAMENTO CON L’EVENTO CHE PREMIA I MANAGER E GLI IMPRENDITORI CHE PIÙ SI SONO DISTINTI PER LA PROPRIA CAPACITÀ DI CREARE VALORE IN TICINO.

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EVENTI / GARBO MANAGEMENT 03

01 Stefano Rizzi Capo della Divisione Economia del Canton Ticino

ve Award, un evento che permette di generare network sempre nuovo con un target specifico, quello dei C-suite manager, gli executive. Potenziare le relazioni, condividere esperienze e soprattutto premiare le persone sono i principali obiettivi dell’evento. Il tema cardine di questa edizione speciale, a supporto della scelta dei vincitori del premio, sono le 7 virtù umane: Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza, Fede, Speranza, Carità. La Cerimonia degli Award si terrà il 24 marzo 2021, e i vincitori saranno 7. La giuria verrà chiamata a valutare i manager, i quali, oltre ad essersi distinti nel creare valore economico in Ticino, sono riusciti a dimostrare particolari doti umane. Tra i membri della giuria spiccano Guido De Carli (managing director di ARU), Carlo Giardinetti (dean della Franklin University, advisor per Deloitte e per la Harvard University) e Sara Rosso Cipolini (Presidente di Planhotel Hospitality Group). Quest’anno, inoltre, sono state annunciate due novità: L’Executive Award Alunni e l’Executive Program. Il primo è un comitato costituito dai vincitori del premio delle edizioni passate, i quali da quest’anno verranno chiamati ad esprimere una nomination in base ai criteri sottoposti dalla giu-

ria. L’Executive Program, invece, è un calendario di avvenimenti fisici, digitali e mediatici che daranno ulteriore valore all’evento e soprattutto ai premi, descrivendo le caratteristiche del candidato ideale, le relative capacità manageriali e ogni virtù come risorsa sottostante alla nomina dei premiati. www.theexecutiveaward.com

02 Rossella Gargano CEO della Garbo Management SA 03 Marco Borradori Sindaco di Lugano 04 The Executive Press Cocktail

04 TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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AUTO / FERRARI ROMA

DEBUTTA LA NUOVA COUPÉ V8 2+ DEL CAVALLINO RAMPANTE MOTORE ANTERIORE CENTRALE E LINEE ELEGANTI: LA FERRARI ROMA È UNA GRANTURISMO CHE SA ANCHE ESSERE DOCILE ALLA GUIDA.

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rmonia delle forme, eleganza senza tempo e tecnologia all’avanguardia: è la Ferrari Roma, nuova caratterizzata da una spiccata raffinatezza e dalla capacità di regalare emozioni uniche. Grazie al suo stile tipicamente italiano, la vettura reinterpreta in chiave contemporanea il lifestyle della Città Eterna tipico degli anni ‘50-’60. La Ferrari Roma si contraddistingue per la pulizia e la sintesi assoluta dei suoi elementi; le proporzioni armoniche e i volumi puri ed eleganti sono in linea con la tradizione delle berlinette a motore anteriore-centrale quali la 250 GT Berlinetta lusso e la 250 GT 2+2, esempi a cui la Ferrari Roma si ispira. Per garantire prestazioni al vertice della categoria e mantenere al contempo la purezza stilistica sono infatti state studiate svariate soluzioni tecnologiche all’avanguardia, su tutte l’adozione dell’ala mobile posteriore integrata nel lunotto che mira a conservare l’eleganza delle linee ad ala chiusa e a garantire, grazie alla sua apertura automatica alle alte velocità, il livello di carico aerodinamico indispensabile per una vettura dalle prestazioni straordinarie. La nuova coupé 2+ monta infatti un motore V8 turbo da 620 cv a 7.500 giri/min, il più potente del segmento. Il propulsore, appartenente alla famiglia vincitrice del premio Engine of the

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Year per 4 anni consecutivi, è dotato di sistema Variable Boost Management che garantisce una risposta immediata ai comandi dell’acceleratore. Particolare attenzione è stata dedicata al sound della linea di scarico, che a seguito dell’adozione del sistema Gasoline Particulate Filter è stata completamente riprogettata con l’eliminazione dei silenziatori e l’adozione di nuove valvole di bypass. Il nuovo cambio a doppia frizione e 8 rapporti, ottimizzato negli ingombri e più leggero di 6 kg rispetto alla precedente trasmissione a 7 marce, consente di ridurre i consumi e di esaltare il piacere di guida in contesto urbano e nelle manovre di Stop&Go, nonché di rendere la cambiata più dinamica ed emozionante durante la guida sportiva.

Il telaio della Ferrari Roma sfrutta la tecnologia modulare messa a punto dalla Ferrari per i modelli di ultima generazione. Scocca e telaio sono stati riprogettati applicando le più recenti metodologie di alleggerimento e le più avanzate tecnologie produttive: la percentuale di componenti totalmente nuova ha raggiunto il 70%. La Ferrari Roma è la vettura a motore anteriore-centrale 2+ con il miglior rapporto peso/potenza del segmento (2,37 kg/cv), aspetto che contribuisce a rendere l’auto estremamente facile da guidare, dinamica e reattiva. Tra i sistemi di dinamica veicolo, completamente rinnovati sulla Ferrari Roma, spicca l’adozione del Side Slip Control 6.0 (novità assoluta su questo tipo di vettura) con manettino a 5 posi-


zioni e Ferrari Dynamic Enhancer, il dispositivo che controlla l’angolo d’imbardata attraverso l’attuazione di una pressione idraulica al sistema frenante. La Ferrari Roma, progettata dal Centro Stile Ferrari, è caratterizzata da una linea slanciata che parte dal cofano anteriore, enfatizzando la silhouette essenziale della fiancata a fusoliera e il volume fastback della cabina, raccolto e sbilanciato sul posteriore. Per esaltare il minimalismo formale è stato rimosso ogni decorazione o sfogo superflui: il raffreddamento è garantito da una superficie traforata solo dove necessario, che reinterpreta il concetto stesso di calandra. I due proiettori Full LED, attraversati da una barra luminosa orizzontale, suggeriscono un elemento di tensione intorno

alla vettura. Il lunotto integra l’ala mobile per preservare la purezza delle forme, mentre la doppia fanaleria posteriore assume una forma a gemma incastonata nel volume. È stato inoltre sviluppato un nuovo approccio formale agli interni, che passa per la creazione di due cellule dedicate a driver e passeggero, trasposizione all’intero abitacolo del concetto Dual Cockpit già applicato alla sola plancia. La definizione degli interni ha preso le mosse da una completa riprogettazione dell’HMI, che compie un balzo in avanti partendo dal nuovo volante di gamma progettato secondo la filosofia “Occhi sulla strada, mani sul volante”: tutti i controlli principali dell’auto vengono azionati tramite comandi touch, in modo che il guidatore

non debba mai togliere le mani dal volante. Il quadro strumenti digitale da 16” fornisce al guidatore tutte le informazioni necessarie, mentre il display centrale con schermo verticale da 8,4” e il nuovo passenger display garantiscono grande intuitività e facilità di utilizzo sia per il passeggero sia per il guidatore. I fari Matrix LED e i sistemi Ferrari di aiuto e assistenza alla guida come il Cruise Control adattivo disponibili su richiesta facilitano un utilizzo quotidiano o per lunghi viaggi in pieno relax.

ALCUNI DATI TECNICI DELLA FERRARI ROMA Motore Cilindrata totale Alesaggio e corsa Potenza massima Coppia massima Regime massimo Cambio Lunghezza

V8 - 90° Turbo 3855 cc 86,5 mm x 82 mm 456 kW (620 cv) a 5750 - 7500 giri/min 760 Nm a 3000 ÷ 5750 giri/min 7500 giri/min F1 a doppia frizione 8 marce 4656 mm

Larghezza Altezza Passo Capacità vano baule Capacità serbatoio Prestazione 0-100 km/h 0-200 km/h Velocità massima

1974 mm 1301 mm 2670 mm 272 litri / 345 litri 80 l 3,4 s 9,3 s > 320 km/h

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AUTO / BENTLEY FLYING SPUR 2020

UNA BENTLEY ANCORA PIÙ MAESTOSA E MUSCOLOSA

LA TERZA GENERAZIONE DELLA BENTLEY FLYING SPUR SI IMPONE CON TUTTA LA POTENZA DEL MOTORE W12 BITURBO 6.0 DA 635 CV.

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a nuova Bentley Flying Spur si presenta con tutta una serie di importanti novità di contenuto che aumentano tecnologia, maneggevolezza e raffinatezza della lussuosa berlina britannica. Questa vettura che Bentley descrive come “la berlina sportiva Grand Touring di lusso più avanzata al mondo”, ha un impostazione complessiva che l’avvicina alla nuova Continental GT, modello col quale la nuova Flying Spur condivide la piattaforma e la base tecnica. Nella veste estetica degli esterni della nuova vettura spiccano gli sbalzi ridotti, le nuove ruote con cerchi da 21


AUTO / BENTLEY FLYING SPUR 2020

pollici, i fari anteriori Matrix LED con finiture cromate e le nuove luci con firma “B” del marchio inglese. La nuova Bentley Flying Spur, grazie a un tecnologia incentrata sul cliente, combina le prestazioni di una sportiva con il comfort di una berlina di lusso. La vettura, che sfrutta un nuovo telaio realizzato completamente in alluminio e materiale composito, è dotata per la prima volta di uno sterzo integralmente elettronico, combinato con Active All-Wheel Drive e Dynamic Ride per un maggior dinamismo e maneggevolezza di guida. In particolare le nuove sospensioni pneumatiche con molle a tre camere ampliano il raggio di regolazione di rigidità tra il comfort di una limousine e la reattività di un auto sportiva. Grazie a questi sistemi, Bentley sottolinea che la nuova Flying Spur è in grado di fornire un’esperienza di guida straordinaria, con capacità mai viste prima in questo segmento. La berlina di lusso offre anche una serie di nuovi sistemi di assistenza alla guida presenti nella dotazione di serie, tra cui Traffic Assist, City Assist e Blind Spot Warning. Il passo allungato di 130 mm rispetto alla precedente generazione ha un effetto notevole sull’incremento dello spazio interno, con l’abitacolo della nuova Bentley Flying Spur che si caratterizza per raffinatezza ed eleganza. Il cruscotto è in parte derivato dalla Continental GT, compresa l’esclusiva

console centrale con manopola rotante, display touch da 12,3 pollici, quadranti della strumentazione analogici e impiallacciatura in legno pregiato. La vettura, dotata di ampio tetto panoramico in vetro che si estende per tutta la lunghezza dell’auto, offre anche i display touch d’intrattenimento per i passeggeri posteriori. Tra i numerosi optional della Flying Spur Bentley propone diverse personalizzazioni per l’abitacolo, con la possibilità di scegliere l’impiallacciatura in

legno singola o doppia, oltre ai rivestimenti dei sedili con 15 diversi tipi di pelle disponibili e l’esclusiva trapuntatura “a diamante” Diamond Mulliner, una novità assoluta con effetto tridimensionale a impreziosire l’abitacolo. Il cuore della nuova Bentley Flying Spur è il motore W12 biturbo da 6.0 litri che sviluppa 635 CV di potenza e 900 Nm di coppia massima, abbinato al cambio automatico a doppia frizione a 8 rapporti, che consente alla vettura di accelerare da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi e di raggiungere i 333 km/h di velocità massima. Bentley spiega che sulla nuova Flying Spur la distribuzione del peso è migliorata grazie alla nuova progettazione dell’asse anteriore che offre ora miglior bilanciamento, maneggevolezza e precisione di guida. Il nuovo innesto attivo della trazione integrale permette di attivare le quattro ruote motrici solo quando reso necessario dalle condizioni stradali, oltre ad eliminare l’effetto del sottosterzo tipico della trazione integrale classica.

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MERCEDES-AMG GT BLACK SERIES, ALLESTIMENTO ESCLUSIVO IN TIRATURA LIMITATA PER UNA VETTURA NATA PER ESALTARE IL POTENZIALE CORSAIOLO DELLA COUPÉ TEDESCA: AERODINAMICA E SOSPENSIONI “RACING” SONO COMBINATE AL V8 BITURBO RIELABORATO DA 730 CV. DI ALBEN

DALLA STRADA ALLA PISTA


AUTO / MERCEDES-AMG GT BLACK SERIES

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eccellenza al quadrato, in una dimensione sportiva realmente fuori dell’ordinario: se la GT offre un’esperienza coupé d’eccezione, specie nella variante più performante R, la versione a tiratura limitata Black Series ne incarna uno sviluppo in chiave “pre-agonistica” da lasciar sognare a occhi aperti. Black Series è infatti da oltre un decennio sinonimo di automobili speciali, costruite per avvicinare il più possibile il modello alle caratteristiche tecniche necessarie per la guida in pista ad elevato rendimento. La coupé AMG presenta dunque un corredo tecnologico del tutto specifico, all’interno del quale la netta crescita di potenza rappresenta unicamente la punta dell’iceberg. In primo piano, ci sono gli interventi su aerodinamica e telaio, necessari per assicurare una degna tenuta di strada a questo autentico “ordigno” esclusivo. Il frontale ridisegnato adotta così un labbro inferiore ben più pronunciato, con doppia regolazione per strada (più alto) e pista (più basso); i passaruota presentano vistosi sfoghi per il passaggio rapi-

do dei flussi d’aria, mentre in coda spiccano il grande estrattore inferiore così come l’ala mobile fissa, rialzata e dotata di sezione centrale mobile con regolazione elettronica. Tutte attenzioni che si traducono in un carico verticale impressionante, ben 400 kg all’andatura di 250 km orari. Con gran parte di carrozzeria ed elementi strutturali affidati anche alla fibra di carbonio, la GT R Black Series combina inoltre l’impianto frenante maggiorato a dischi carboceramici con le sospensioni pressoché prettamente “racing”, dotate di elementi in alluminio fucinato e regolazioni manuali tanto per l’inclinazione delle ruote verso l’interno (campanatura) che per le barre antirollio. Resta invece automatica la taratura adattiva degli elementi ammortizzanti. Al di là della cavalleria, il propulsore stesso di questa Black Series costituisce di per sé un autentico capolavoro. Basata sul conosciuto V8 biturbo, questa specialissima versione è stata infatti rielaborata a fondo al punto da distinguersi anche per l’ordine di accensione modificato così come per la conformazione dello stesso albero motore, ora di tipo

piatto per garantire una risposta ancor più immediata al gas. Il picco di potenza, 730 cv, rappresenta un incremento notevole rispetto alla base di partenza, cui si aggiunge il regime massimo di rotazione incrementato a 6900 giri. La trasmissione include un albero di trasmissione in carbonio, mentre il cambio doppia frizione a sette rapporti, anch’esso pressoché specifico e reso ben più secco e immediato, rimane montato al retrotreno insieme al differenziale a slittamento limitato, in modo da assicurare la miglior distribuzione dei pesi. La Black Series così equipaggiata, come si può facilmente intuire, è in grado di aggredire la pista con la massima professionalità, potendo tra l’altro contare su un controllo di trazione regolabile su ben 10 livelli di intervento; inclusi i lunghi rettilinei, che su questa coupé scorrono via a velocità irreale: basti pensare che per passare da fermo ai 200 km/h sono sufficienti meno di 9 secondi. L’abitacolo stesso presenta una netta impronta corsaiola, vantando innumerevoli dettagli in carbonio oltre a roll-bar in titanio, cinture a quattro punti e sedili racing; ci sono però anche estesi rivestimenti in Alcantara ed una dotazione più che completa in tema di comfort, per potersi godere questa “supercar” esclusiva anche lungo le strade di tutti i giorni, senza dover sopportare alcun genere di limitazione.

ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG GT BLACK SERIES Motore Otto cilindri a V, biturbo Cilindrata cm3 3.982 Carburante Benzina Potenza max. 730 cv (537 kW) Coppia max. 800 Nm a 2.000-6.000 giri/min.

Velocità max. 325 km/h Accelerazione 0-100 km/h 3,2 secondi Capacità serbatoio 74 litri Trazione Posteriore

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AMMIRAGLIA IN VERSATILITÀ

MERCEDES-AMG GLS 63 4MATIC+, SUV PREMIUM AL VERTICE DI GAMMA, COMBINA GRINTA E RAZZA DEL SUO V8 DA OLTRE 612 CV CON COMFORT E ADATTABILITÀ ALLE CONDIZIONI DI MARCIA DI LIVELLO SUPERIORE, GRAZIE ALLE ESTENSIVE TECNOLOGIE DI BORDO.


AUTO / MERCEDES-AMG GLS 63 4MATIC+

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ncor più lussuosa e completa, accogliente e contraddistinta dall’inimitabile tocco in più che viene dall’esclusiva motorizzazione dello specialista AMG: il Suv di grande taglia prende decisamente le sembianze dell’ammiraglia Mercedes dedicata a famiglia ed evasione. La GLS 63 4MATIC+ è capace di combinare lusso, versatilità e prestazioni fuori dell’ordinario come poche altre. Il design, aggiornato con l’ultima evoluzione, sfrutta le dimensioni accresciute – la lunghezza è incrementata di 77 cm per arrivare a 5,24 metri, il passo stesso è maggiorato – per assicurare ulteriore slancio d’insieme suggerendo un’imponenza “regale”, data l’armonia delle proporzioni. Su questa base si rinsaldano i toni freschi e dinamici garantiti dall’allestimento sportivo, sottolineato dalle grandi ruote (fino a 23 pollici, a richiesta) e dai tanti tocchi esclusivi che in ogni caso non appesantiscono mai l’insieme, sempre fluido ed equilibrato. Una Classe ammiraglia, sia pur declinata nella variante più alta da terra, evoca prestigio e dotazioni all’avanguardia, che la GLS conferma vantando un corredo estensivo: sia tecnico sia dedicato alla miglior accoglienza di bordo. Dove agli schermi affiancati in plancia si possono aggiungere ad esempio altre due unità indipendenti da 11.6” dedicate ai passeggeri in seconda fila, oltre a poter contare su ricercatezze quali massaggio e ventilazione delle poltrone su entrambe le prime due file.

La vettura è inoltre sempre connessa alla rete, offre un impianto navigazione-infotainment di ultima generazione, in gran parte comandabile unicamente tramite i comandi vocali naturali – l’MBUX riconosce il linguaggio comune –, ed alla notevole ricercatezza di finiture e soluzioni d’arredo combina una versatilità impeccabile. Capace di accogliere due adulti anche in terza fila con un’accessibilità a tutta prova ed altrettanta libertà di movimento, garantendo anche in sette a bordo un vano di carico minimo comunque più che interessante con un volume utile di 355 litri. Le poltroncine aggiuntive scompaiono sul pianale quando non servono, senza fatica dato il loro movimento elettrificato. Prima ancora delle prestazioni, la GLS di punta sfrutta al massimo la raffinatezza delle sospensioni totalmente adattabili E-Active Body Control per assicurare la miglior sensazione di isolamento dal fondo stradale, ma al tempo stesso stupendo per la capacità di adattamento in tempo reale alle mutate situazioni o ritmi di marcia: il controllo elettronico è in grado di regolare lo smorzamento su ogni singola ruota, oltre a riconoscere in anticipo le condizioni del manto stradale tramite telecamera e a pre-adattare la dinamica di curva abbassando lievemente l’auto verso l’interno per eleminare ogni rollio. Ci sono poi le modalità di guida preselezionabili, includendo naturalmente quelle più sportive che esaltano tutte le doti di grinta in possesso della AMG 63, insospettabilmente capace di regalare

emozioni di qualità. Con livelli di potenza e coppia altamente generosi che richiedono solo un velo di gas per le condizioni normali di marcia, godendo di un’elasticità sorprendente anche grazie al sistema microibrido a 48V, che regala per breve tempo 22 cv supplementari e istantanei; ma soprattutto pronti ad imprimere all’istante una spinta forte, decisa ed estesa che si traduce in una capacità di scatto da sportiva autentica. Sempre col massimo relax nei lunghi trasferimenti o in coda, grazie all’estensivo corredo di ausili attivi che estendono considerevolmente e con raffinata precisione il livello di attenzione alla marcia stradale.

ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG GLS 63 4MATIC+ Motore 8 cilindri a V, biturbo Cilindrata cm3 3.982 Carburante Benzina Potenza max. 612 cv (450 kW) + 22 cv EQ Boost Coppia max. 850 Nm a 2.500 giri/min.

Velocità max. 280 km/h Accelerazione 0-100 km/h 4,2 secondi Capacità serbatoio 90 litri Peso totale 2.630 kg Trazione Integrale

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AUTO / MCLAREN 720S SPIDER

UNA VETTURA DALLE ALTE PRESTAZIONI CON STRUTTURA IN FIBRA DI CARBONIO LEGGERISSIMA. GRAZIE AL BASSISSIMO RAPPORTO PESO/POTENZA SFIORA TRANQUILLAMENTE I 350 KM/H E ACCELERA DA 0 A 200 IN MENO DI 8 SECONDI. CE NE PARLA IGOR PASTA, CEO DI MCLAREN LUGANO.

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on quali caratteristiche si presenta questa vettura? «McLaren ha ampliato la famiglia Super Series con l’introduzione della sua cabriolet, la nuova 720S Spider. Le basi progettuali si fondano sulla sinuosità e fluidità delle forme introdotte nel 2017 con la 720S Coupé. Soluzioni tecniche che nel loro insieme massimizzano la deportanza, minimizzano l’attrito, esaltano il raffreddamento del blocco motore e ottimizzano le prestazioni aerodinamiche. Il nuovo tettuccio rigido retrattile (Retractable Hard Top (RHT)) è integrato in maniera conti-

UNA SUPERCAR SCOPERTA DI ECCEZIONALE POTENZA nua nel design, come i nuovi archi rampanti. Come tutte le supercar McLaren la 720S Spider ha al suo interno una struttura in fibra di carbonio, in questo caso denominata Monocage II-S. La robustezza, la rigidità e la leggerezza della Monocage di McLaren è l’essenza dell’eccellenza dinamica per la quale McLaren è rinomata. La Monocage II-S è uno sviluppo della Monocage II della Coupé, senza il montante centrale che fa l’arcata dell’abitacolo. La sezione più arretrata della sovrastruttura è unica della Spider in quanto deve ospitare il “Retractable Hard Top”. Anche il binario nella parte superiore del parabrezza è stato anch’esso modificato per poter accomodare il meccanismo di chiusura del tetto». Un valore assoluto di questa vettura è rappresentato dal suo motore… «Il motore McLaren V8 4.0-litri biturbo della 720S Spider è lo stesso che equipaggia la versione Coupé. Posizionato centralmente per una manovrabilità eccezionale e risposte immediate al volante, sprigiona 720 CV e 770Nm e – considerando che la 720S Spider ha il peso più leggero della sua classe, con un conseguente rapporto pesopotenza di 540Cv per tonnellata non è una sorpresa che le sue prestazioni siano estreme. L’accelerazione non è lontana dall’essere fenomenale, con uno scatto da 0-100km/h (0-62mph) in 2.9 secondi e 0-200km/h (0-

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124mph) raggiunta in soli 7.9 secondi – solo 0.1 secondi più lenta della Coupé – e dove le condizioni lo permettono la 720S Spider continua la sua progressione per arrivare a pareggiare la velocità massima della Coupé a 341 km/h (212mph) con il tettuccio chiuso. Anche con il tettuccio aperto, la velocità massima rimane fenomenale a 325 km/h (202mph)». Esteticamente come si presenta la 720S Spider? «All’esterno si contraddistingue per le stesse “orbite” che tagliano profondamene il paraurti anteriore e per le porte diedrali a doppia pelle che saltano subito all’attenzione: sono due degli elementi di design essenziali per garantire la straordinaria efficienza aerodinamica e l’equilibrio che possiede la 720S. Inoltre – aggiunge Cosimo Suma, responsabile marketing


AUTO / MCLAREN 720S SPIDER

- lo splitter anteriore ed il cofano cesellato, dettano e controllano il flusso dell’aria attraverso, sopra, attorno e sotto il resto della vettura, mentre dietro allo splitter anteriore l’aerodinamica dell’underflow è stata revisionata per lavorare in armonia con le nuove forme del posteriore e il nuovo spoiler posteriore attivo. La tecnologia di protezione antiribaltamento offre un vantaggio in termini di dimensioni e peso, poiché il sistema compatto ha consentito di creare degli archi rampanti per la copertura del tettuccio esternamente sottili».

Come si presentano gli interni? «All’interno dell’abitacolo si ritrovano lo stesso disegno elegante e la posizione di guida accogliente della 720S Coupé. Si entra in un ambiente che mantiene tutta la sua personale eleganza sportiva, con una straordinaria percezione dello spazio e dei materiali più raffinati in evidenza. Uno schermo centrale di infotainment ad alta risoluzione da 8.0 pollici rimane l’hub principale per le funzioni del veicolo. L’interfaccia controlla l’audio, la navigazione, le fonti (media) climatizzazione

e altre funzioni aggiuntive, con tutte le applicazioni chiave mostrate su uno schema verticale, oltre ad essere disponibile tramite i pulsanti di accesso rapido posizionati sotto lo schermo».

MCLAREN LUGANO Via San Gottardo 27 CH-6593 Cadenazzo T +41 (0) 91 851 90 30 F +41 (0) 91 851 90 31 info@lugano.mclaren.com www.lugano.mclaren.com

Anche il tetto rettrattile è il frutto di avanzate soluzioni tecnologiche… «Il tetto retrattile (Retractable Hard Top RHT) del 720S Spider presenta un design completamente nuovo, con il tetto in fibra di carbonio di serie realizzato in un unico pezzo. L’hardtop è stato realizzato in maniera tale da far sì che l’inconfondibile disegno e la purezza aerodinamica della 720S Coupé sia esaltata, oltre a fornire una struttura in fibra di carbonio completa quando il tetto è chiuso. Il sistema di sicurezza adottato per (l’RHT) della McLaren è elettrico anziché idraulico. Grazie a questa soluzione abbiamo il tetto convertibile con l’azionamento più veloce nella classe supercar: sono necessari soli 11 secondi per aprirlo o chiuderlo, sei secondi più veloce della Spider 650S.Per questo innovativo tettuccio la McLaren ha registrato tre brevetti in tutto il mondo».

ALCUNI DATI TECNICI DELLA MCLAREN 720S SPIDER Cilindrata 3994 cm3 Alimentazione benzina Posizione centrale-posteriore longitudinale Cilindri 8 Valvole per cilindro 4 Potenza massima 716.51 CV / 527.00 kW

Coppia massima Velocità max Accelerazione 0-100 km/h Consumo medio Cambio Numero rapporti

770 Nm 341 km/h 2.9 secondi 12.2 l/100 Km robotizzato a doppia frizione 7

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AUTO / ASTON MARTIN VALHALLA

UNA HYPERCAR DA LEGGENDA

LA FILOSOFIA DI ASTON MARTIN IN MERITO ALLE HYPERCAR DI LUSSO È MOLTO PRECISA: LA CASA INGLESE HA COME OBIETTIVO QUELLO DI OFFRIRE AI SUOI CLIENTI DELLE VERE SPORTIVE, CHE PREDILIGONO LA PISTA ALLA STRADA, MA CHE SONO COMUNQUE OMOLOGATE ANCHE PER LA NORMALE CIRCOLAZIONE STRADALE.

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Aston Martin AMRB-003 si chiamerà ufficialmente Valhalla, continuando così la tradizione, iniziata con l’hypercar Valkirye, di un nome evocativo proveniente dalla mitologia nordica. Anticipata dal prototipo esposto al Salone di Ginevra a marzo 2019, la Valhalla riprenderà numerose soluzioni tecnologi-

che dalla Valkyrie, tra cui il telaio e la sofisticata aerodinamica basata sul sistema FlexFoil, in grado di variare la deportanza dell’auto senza modificare la posizione dei deflettori. Da segnalare anche la riduzione delle masse, alle quali contribuiscono la carrozzeria in fibra di carbonio e la cellula abitacolo monoscocca. Lo spoiler in coda modifica resistenza e carico aerodinamico


senza variare incidenza fisica del profilo. La Valhalla sarà una vettura meno estrema della Valkyrie, tanto è vero che sono state adottate diverse soluzioni per incrementare il comfort: tra queste le portiere, che permettono un più facile accesso al veicolo poiché integrano una parte di tetto. Altrettanto spinta è l’impostazione dell’abitacolo chiaramente ispirato alle competizioni, con il sedile fisso integrato nella scocca mentre pedaliera e volante sono completamente regolabili; eliminata anche la plancia come siamo abituati a intenderla ed è lo smartphone personale il centro di tutte le funzioni di infotainment. L’abitacolo sarà dunque più comodo e spazioso, e nella parte posteriore non mancherà un piccolo bagagliaio. Gli interni sono essenziali con elementi realizzati in 3D: basti pensare al tunnel più leggero del 50% rispetto a una realizzazione standard della casa inglese.

Aston Martin prosegue dunque nel suo progetto di rinnovamento rispetto all’immagine tradizionale di costruttore legato alla classicità british. Dopo la Walkyrie, progettata dal tecnico di formula1 Adrian Newey e destinata prevalentemente all’utilizzo in pista, la Valhalla rappresenta la prima vettura nata stradale a motore posteriore mai prodotta dalla azienda inglese. Caratterizzata da un design estremo, dettato dall’aerodinamica più spinta (il profilo attivo dell’alettone che modifica la forma e non l’inclinazione), la Valhalla incorpora una serie di tecnologie e soluzioni innovative frutto della collaborazione con la Red Bull Advanced Technologies, con l’obiettivo di rappresentare un nuovo riferimento nel settore, sempre più “affollato” delle cosiddette hypercar. Dalla Ferrari alla McLaren P1, alla Mercedes AMG Project One, fino al-

le Bugatti, il club delle sportive con listini a sette cifre saluta così l’ingresso di un altro marchio prestigioso come Aston Martin. La struttura interamente in carbonio, carrozzeria compresa, e l’utilizzo di componenti specificamente progettati (i quattro gruppi ottici assieme pesano meno di un singolo faro della DB11) consentono di mantenere il peso complessivo nell’ordine di 1300 kg. Il motore è un originale V6 abbinato a un sistema ibrido per complessivi 1000 Cv e il cambio è una doppia frizione a 8 marce; le prestazioni annunciate indicano oltre 350 km/h di velocità massima e 0-100 km/h in 2,5 secondi. Il motore V6 biturbo di 3.0 litri sarà abbinato ad un motore elettrico. La produzione dei previsti 500 esemplari verrà avviata sulla base di ordini rigorosamente personalizzati.

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AUTO / PORSCHE TAYCAN TURBO

UNA PORSCHE AVVENIRISTICA E TUTTA ELETTRICA

AL VOLANTE DELLA TAYCAN, UN MISSILE SILENZIOSO E DI STRAORDINARIA BELLEZZA. DI JOËL CAMATHIAS

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nizierei subito con un’espressione moderna che viene spesso usata nei fumetti, ma che può ben spiegare la sensazione immediata avuta alla guida di questa vettura: Wow! Il significato di questa locuzione angloamericana può essere tradotto in italiano con qualcosa come “stupore” o “felicità”, perché è proprio di questo che si tratta. Ricordo ancora bene quando qualche anno fa, al Salone dell’Auto di Ginevra, presentarono in anteprima mon-

diale quella che sarebbe diventata l’auto che oggi vediamo circolare per le strade, all’epoca veniva lanciata con lo pseudonimo di Mission E, oggi invece la conosciamo come Taycan. E Porsche, permettetemi un excursus, per i propri modelli ha sempre ricercato dei nomi particolari, e a mio avviso azzeccatissimi: vetture diventate in seguito, non a caso, delle icone. L’entusiasmo ha preso il sopravvento, ma prima di tornare alla descrizione di questo nuovissimo modello della casa


AUTO / PORSCHE TAYCAN TURBO

di Stoccarda, voglio ringraziare l’amico, compagno di team e Direttore dei Centri Porsche Ticino, Ivan Jacoma, che mi ha dato la possibilità di guidare una Taycan Turbo per diverse settimane grazie anche ad un evento, Fast & Green, organizzato per presentare al pubblico ticinese questo vero gioiello. Non ve l’ho ancora detto, ma l’avrete già capito, la nuovissima Taycan è una vettura ‘full electric’, quindi anche per Porsche si tratta di una novità assoluta, ma che comunque vanta anni di sviluppo. La tecnologia deriva per esempio dai prototipi Porsche che hanno dominato la 24 ore di Le Mans negli ultimi anni. Prima di entrare nell’abitacolo mi soffermerei sulla sua linea che personalmente, e lo dico con la massima onestà, è una delle più belle tra le berline in circolazione. Ha linee appunto avveniristiche e contemporanee che rappresentano questo attuale momento di modernizzazione e digitalizzazione del mondo delle quattro ruote. Al suo interno, oltre alla comodità

dei sedili, sembra realmente di entrare in una navicella spaziale, ma con una facile intuizione e utilizzo della strumentazione. Ho trovato inoltre che l’insonorizzazione interna permetta veramente di

entrare in contatto con la vettura, soprattutto in occasione della guida, creando una sensazione di tranquillità e rilassatezza estremamente piacevole. Io ho avuto il piacere di guidare il modello ‘Turbo’ che eroga delle prestazioni incredibili, ma oltre a ciò la guidabilità della vettura, grazie alla tecnologia sviluppata da Porsche, è assolutamente una garanzia e permette sia una guida sportiva che più tranquilla. Mi voglio fermare qui perché vi consiglio vivamente, se avete anche solo un minimo d’interesse o di curiosità per questa straordinaria auto elettrica, di provarla. Vi svelo anche un dato interessante. Porsche prevede che tra pochi anni sul totale delle auto che venderà, il 50% sarà elettrico.

ALCUNI DATI TECNICI DELLA PORSCHE TAYCAN TURBO Motore elettrico Alimentazione ricarica elettrica Potenza max. 680 cv (500kW) Coppia max. 850 Nm

Velocità max. 260 km/h Accelerazione 0-100 km/h 3,2 sec. Peso totale 2,380 kg Trazione Integrale

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MOTO / HARLEY DAVIDSON ROAD GLIDE CVO 2020

DESTINATA A CHI RICERCA SOLO IL MEGLIO LA HARLEY-DAVIDSON CVO ROAD GLIDE OFFRE LA MASSIMA COMBINAZIONE DI STILE ESCLUSIVO, PRESTAZIONI DA BRIVIDO E TECNOLOGIA CHE MIGLIORA LA GUIDA IN UNA MOTOCICLETTA TOURING.

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a CVO Road Glide si unisce ai modelli CVO Tri Glide, CVO Limited e CVO Street Glide nella collezione 2020 di Harley-Davidson Custom Vehicle Operations. Fin dalla sua istituzione nel 1999, questo programma ha creato modelli di motociclette esclusivi per i clienti più esigenti, spesso utilizzando finiture, materiali, tecnologia e accessori disponibili solo su un modello CVO. Il gruppo propulsore Milwaukee-Eight 117, con la cilindrata più potente mai offerta e installata in fabbrica su una motocicletta Harley-Davidson, è

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un›esclusiva dei modelli CVO. La Road Glide CVO 2020 è equipaggiata per offrire al motociclista un eccezionale comfort a lungo raggio, prestazioni eccellenti e una serie di nuove tecnologie di assistenza al guidatore. Le manopole riscaldate della Collezione Kahuna si abbinano alle pedane del cambio, al coperchio del pedale del freno, agli end cup della marmitta e alle pedane del pilota e del passeggero. La collezione Kahuna presenta superfici cromate a specchio circondate da una ricca gomma nera che offre presa e trazione dove necessario. Un logo rosso Bar & Shield completa

l’aspetto di molti componenti. La carrozzeria si orienta verso una scelta monocolore: finitura Premium Sand Dune con delicata grafica evidenziata dalle finiture Smoked Satin Chrome, Gloss Black e Black Onyx. Le ruote anteriori e posteriori sono rifinite in nero lucido/ satinato fumé. Il filtro dell’aria ad alta aspirazione è rifinito in nero lucido. Le esclusive ruote anteriori da 21 pollici Knockout e le ruote posteriori da 18 pollici presentano un design a sette razze diviso che offre un aspetto aperto e arioso, con i raggi che si fondono nel cerchio per aggiungere


MOTO / HARLEY DAVIDSON ROAD GLIDE CVO 2020

rodinamica di livello mondiale sviluppata attraverso test in galleria del vento per ottimizzare il comfort del pilota. Le prese d’aria a tripla apertura deviano la pressione dell’aria dietro la carenatura per ridurre il buffering della testa. La carenatura contiene doppi fari catarifrangenti Daymaker a LED che illuminano un percorso brillante lungo le strade più buie. Le borse laterali sagomate sono dotate di chiusure One Touch e possono essere aperte o chiuse con una sola

pressione o trazione del dito. L’aspirazione di Screamin’ Eagle Heavy Breather ad alte prestazioni migliora il flusso d’aria al motore e aggiunge un audace stile hot rod. RDRS è una nuova collezione di tecnologia progettata per abbinare le prestazioni della motocicletta alla trazione disponibile durante l’accelerazione, la decelerazione e la frenata, utilizzando il più recente controllo del telaio, controllo elettronico dei freni e tecnologia di propulsione.

un diametro visivo. Questa è l’unica ruota anteriore da 21 pollici offerta su un modello Touring Harley-Davidson. La sospensione anteriore è stata perfezionata per non compromettere la maneggevolezza e le prestazioni di frenata con questa ruota anteriore di diametro maggiore. Lo spoiler anteriore Fang aggiunge una parte di carrozzeria nella zona inferiore e una nuova caratteristica di stile personalizzata in esclusiva per CVO Road Glide. La carrozzeria è stata progettata e testata per non influire negativamente sull’aerodinamica del modello Road Glide. La carenatura a muso di squalo montata sul telaio Road Glide offre un’ae-

ALCUNI DATI TECNICI DELLA HARLEY DAVIDSON ROAD GLIDE CVO 2020 Lunghezza Altezza minima da terra Altezza sella da terra MIN Interasse Peso a secco Peso in ordine di marcia Cilindrata Tipo motore

2.460 mm 125 mm 680 mm 1.625 mm 390 Kg 405 Kg 1.923 cc termico

Tempi 4 Cilindri 2 Configurazione cilindri aV Disposizione cilindri longitudinale Avviamento elettrico Alimentazione iniezione Frizione multidisco

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ARCHITETTURA / EDILIZIA GREEN

LA CASA DEL FUTURO RISPETTA L’AMBIENTE

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orientamento dei clienti è sempre più chiaro e definito: vogliono una casa sostenibile progettata e costruita per garantire un uso razionale delle risorse. Non dovrebbero poi mancare sistemi di gestione e automazioni per il risparmio energetico, così come dovrebbero essere inclusi impianti per l’autoproduzione elettrica. Oggi, i costi di realizzazione di una casa sostenibile sono molto più accessibili. Complice la diffusione di materiali sempre più innovativi e di una maggiore consapevolezza ambientale. Quando parliamo di una casa sostenibile, facciamo riferimento a un’abitazione che incarna i buoni principi della bioedilizia. Parliamo di un’abitazione in cui gli abitanti assumono un atteggiamento rispettoso dell’ambiente. A livello descrittivo, possiamo ridurre i principi di una casa sostenibile in alcune semplici caratteristiche. Il sole è la fonte di energia più antica che abbiamo. Con un pannello solare è possibile produrre acqua calda e soddisfare il fabbisogno domestico. Il so-

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lar cooling, inoltre, riesce a raffreddare la casa in estate oltre che risaldarla d’inverno. L’illuminazione rappresenta il 20% del consumo di elettricità mondiale. Le lampade a LED, anche se arrivano a costare 10 volte in più delle alogene o delle lampadine a incandescenza, durano da 8 a 10 volte in più e consumano molto meno. Per risparmiare ulteriormente si può contare sulla domotica con timer o sensori che regolano l’accensione e lo spegnimento di lampade. Anche ogni elettrodomestico e apparecchiatura elettrica dovrebbe essere opportunamente dimensionata. L’etichetta energetica è un buon punto di riferimento per chi vuole arredare una casa sostenibile. E, ancora, un’abitazione priva di isolamento aumenta i costi di riscaldamento e aria condizionata. La coibentazione consente invece di ridurre drasticamente i consumi energetici. In realtà, gran parte dei principi dell’architettura sostenibile vertono sul garantire un buon isolamento per abbassare il fabbisogno energetico

dell’intera struttura edilizia. In questo settore sono di fondamentale importanza i materiale di costruzione e la presenza di un involucro edilizio opportunamente progettato. Il calore si può disperdere soprattutto a causa dei serramenti e gli infissi rappresentano l’anello debole dell’isolamento termico. Un’abitazione sostenibile presenta dunque infissi e vetrate intelligenti che consentono l’illuminazione naturale e garantiscono un buon isolamento. Impiegando serramenti in materiale isolante, il fabbisogno elettrico della casa, calerà di almeno il 30%. Idealmente, una casa sostenibile dovrebbe poi avere uno spazio verde, un giardino verticale o un orto in balcone dove poter coltivare e consumare a km zero. Il tetto verde estensivo o intensivo, è una soluzione ottimale per la casa sostenibile che sorge in città. Il tetto verde, in più, offre un ottimo grado di isolamento e regala aria pulita lungo il perimetro della casa. In alternativa è possibile realizzare dei giardini pensili o verticali. Nelle condizioni ideali, una casa sostenibile deve avere il 30-40% di superficie lorda orientata a sud così da massimizzare le radiazioni solari in inverno ed evitare i fenomeni di surriscaldamento in estate. Un’abitazione ecologica progettata per avere un basso impatto ambientale dovrebbe in ogni caso sorgere in un contesto paesaggistico adeguato. Non ultimo, dovrebbe essere realizzata con materiali a basso impatto ambientale. Parliamo di materiali atossici, sicuri per la salute degli abitanti e per l’ambiente. Dei materiali, in fase di progetto, bisognerà valutare anche la durata e la garanzia delle performance termiche.


ARCHITETTURA / EDILIZIA GREEN

HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:

EZIO CATUCCI (E.C.) CCO Gruppo Habitrust SA

MILTON GENERELLI (M.G.) Direttore di MINERGIE® Svizzera Agenzia Svizzera Italiana

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n base alle sue valutazioni, in che misura il patrimonio abitativo ticinese risulta essere adeguato rispetto ai principi di un’edilizia ecocompatibile? E.C.: «Soltanto il 30% circa del patrimonio abitativo ticinese può probabilmente ritenersi adeguato dal punto di vista energetico e della compatibilità ambientale. Il resto risulta essere vetusto, a volte addirittura fatiscente e “soffre” in modo sempre più marcato la concorrenza delle nuove costruzioni. Di conseguenza, un tema che si andrà sempre più imponendo nei prossimi anni riguarda l’equilibrio tra profitto e sviluppo sostenibile. In altre parole, occorrerà trovare un giusto equilibrio tra costo terreno (zone “prime” centrali o semi centrali, piuttosto che periferiche) e costi di costruzione, con l’utilizzo di materiali e l’adozione di soluzioni ecocompatibili». M.G.: «Il patrimonio immobiliare, compreso quello residenziale, è rappresentato perlopiù da edifici di vecchia data, sia in Ticino che nel resto della Svizzera. I concetti di edilizia sensibile all’efficienza energetica,

GIACOMO VERAGOUTH (G.V.) CEO di Veragouth e Xilema

all’ecologia e, in maniera più estesa, alla sostenibilità, sono storia recente. Per questo motivo direi che solo negli ultimi decenni nel nostro Cantone notiamo un approccio più attento a questi aspetti. Va sottolineato però il fatto che vi è un netto cambio di tendenza negli ultimi anni, grazie anche a una politica cantonale che sostiene questa direzione con importanti incentivi e fungendo da esempio con i propri edifici pubblici». G.V.: «Il Ticino vanta una lunga e gloriosa tradizione costruttiva, e forse meglio di ogni altro il mestiere del costruire è riuscito a esprimere lungo i secoli l’anima concreta e operosa del Ticino e della sua gente. Tuttavia è chiaro anche l’edilizia, come ogni attività umana, incarna lo spirito dei tempi: le conoscenze, le consapevolezze, i valori, le preoccupazioni, le esigenze di oggi non sono quelle di ieri. Rispetto ai temi dell’ecologia, del risparmio delle risorse, del rispetto ambientale oggi abbiamo tutti un atteggiamento molto diverso e molto più evoluto rispetto anche solo a 10 anni fa. Ne consegue, e rispondo alla domanda, che il patrimonio abitativo ticinese, per quanto mediamente di buona qualità, osservato dal punto di vista dell’ecosostenibilità

VITO AUCIELLO (V.A.) CEO di Multimmobiliare e Partecipazioni

mostra una generale inadeguatezza. Non sono molti gli edifici che rispettano gli standard più stringenti della bioedilizia, e tuttavia io credo che sul territorio ci siano oggi risorse e competenze che potrebbero offrire al Ticino l’opportunità di una svolta virtuosa ed esemplare da questo punto di vista. Grazie alle tante aziende del settore che hanno investito nell’innovazione, grazie alla tradizione sempre viva del costruire a regola d’arte e grazie alla presenza di scuole di livello internazionale come la SUPSI e l’Accademia di Architettura, io credo che nei prossimi anni il Ticino possa davvero giocare le sue carte per essere protagonista ed esempio di un rinnovamento edile nel segno della ecosostenibilità». V.A.: «La direzione del mercato immobiliare va sicuramente verso un architettura più rispettosa dell’ambiente. Le normative edilizie cantonali in vigore sono state modificate nel 2008 ed è stato implementato un regolamento sull’utilizzo dell’energia (RUEn) che ha migliorato molto le esigenze dell’involucro abitativo in ragione dell’isolamento termico e della produzione di energia negli edifici privati e pubblici. Per quanto riguarda, TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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invece, i materiali utilizzati in un edificio, non vi sono normative specifiche che mirano ad utilizzare materiali naturali e con un basso tenore di energia grigia, ovvero l’energia utilizzata per produrre, trasportare e smaltire il materiale utilizzato in cantiere. Vi è però una certificazione Minergie – Eco che mira ad un utilizzo di materiali naturali assicurando che all’interno dell’abitazione la qualità dell’aria sia ottimale dal profilo della salubrità. Questo standard, infatti, deve garantire l’assenza nell’aria di solventi, formaldeide e altre sostanze nocive per la salute. Oltre alla salubrità dell’ambiente interno, vi è anche l’aspetto di smaltimento dei materiali al termine del loro ciclo vitale. Infatti, non bisognerebbe ricorrere alla discarica e all’inceneritore per il loro smaltimento, ma dovrebbe essere possibile riciclarli facilmente. In Ticino, dal profilo dell’isolamento termico, abbiamo raggiunto un livello soddisfacente. Nonostante ancora lontani dalle case passive, ossia le abitazioni in grado di produrre energia, senza consumarne. Per quanto riguarda l’utilizzo di materiali sani ed ecologici c’è ancora molta strada da fare, anche se è vero che in Ticino la loro implementazione nelle abitazioni è aumentata notevolmente». In che modo si sono andate trasformando nel corso degli ultimi anni le esigenze e le richieste delle clientela nella prospettiva di abitazioni sempre più rispettose di una sostenibilità ambientale? E.C.: «Le richieste dei clienti sono sempre più influenzate da numerose campagne sul tema ambientale (surriscaldamento globale, inquinamento, ecc.). Committente e utilizzatore finale sono pronti ad investire di più al fine di trovare un punto di equilibrio in tutti gli aspetti di relativi alla progettazione e alla realizzazione dell’immobile».

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M.G.: «Come accennato alla domanda precedente, ritengo che la sensibilità verso questi temi sia aumentata. Ad esempio, notiamo che il settore immobiliare nella compra-vendita mette sempre più in evidenza le peculiarità in termini di efficienza energetica o, se presente, l’esistenza di una certificazione Minergie di uno stabile. Chi acquista quindi, considera anche questi aspetti tra tutti i criteri valutati nella scelta di un appartamento o una casa. Ulteriori aspetti importanti almeno quanto l’efficienza energetica, sono rappresentati dal comfort interno e dal mantenimento del valore nel tempo. Aspetti che sono sempre più cari alla clientela e che sono ad esempio saldamente ancorati nei principi di un edificio certificato Minergie». G.V.: «Ho accennato sopra al fatto che oggi c’è una consapevolezza nuova su questi temi, specialmente presso le nuove generazioni. Sono cambiamenti lenti che si impongono sotto

la spinta di diversi fattori, non ultimi quello economico e quello della ricerca del benessere abitativo. La mia azienda, la Veragouth / Xilema, costruisce edifici in legno con tecniche modernissime che ci consentono di realizzare case unifamiliari ed edifici multipiano, a destinazione abitativa o pubblica. Negli anni la gente ha capito che in quegli edifici la qualità abitativa è molto alta; ci si vive bene proprio perché sono costruzioni che rispettano standard di ecosostenibilità molto alti (per esempio lo standard Minergie). Sono edifici, anche, che consentono di risparmiare sul riscaldamento d’inverno e sulla climatizzazione nella stagione calda. Voglio dire che se la preoccupazione ambientale si accompagna all’esperienza concreta del benessere e del risparmio, allora si realizza davvero quel cambiamento che tutti auspichiamo». V.A.: «Negli ultimi anni la clientela ha realizzato che isolando efficientemente un involucro abitativo, ciò


federati) finalizzate al raggiungimento di questo obbiettivo. In ogni caso occorre dire che le banche sono per lo più ancora concentrate sul soggetto da finanziare in termini di compravendita oppure su operazioni immobiliari pronte allo start, tenendo conto delle attuali contingenze e tensioni globali. Meno attenzione viene rivolta invece sull’oggetto rispondente a parametri ecosostenibili e che quindi risulta essere più “semplice” nei casi di ricollocazione dell’immobile».

le permetteva di migliorare il confort abitativo e il proprio benessere, ma anche di ridurre i costi di riscaldamento e di produzione di acqua calda sanitaria. Con il passare degli anni, vi è sempre più una clientela che richiede specificatamente l’utilizzo di materiali sani ed ecologici, in virtù dei benefici per l’uomo e di una visione globale positiva di sviluppo sostenibile». A suo giudizio quali forme di incentivazione andrebbero sostenute a favore di una trasformazione ecosostenibile del patrimonio edilizio oggi esistente? E.C.: «Ci sono già delle iniziative in tal senso, tuttavia bisognerebbe spingere molto di più per ottenere un sostegno finanziario che può essere indirizzato su più versanti: in direzione del consumatore piuttosto che dell’imprenditore. La tipologia di questi interventi può riguardare agevolazioni fiscali o finanziarie (costituzione di fondi con-

M.G.: «In Ticino il Cantone e anche diversi Comuni fanno già molto in tal senso, incentivando in forma diretta e indiretta la realizzazione di edifici efficienti. Quindi il mio auspicio è quello di rimanere sulla strada intrapresa, verificando che qualsiasi forma d’incentivo venga accordata a edifici realmente progettati e realizzati con un’elevata sostenibilità. Ecco quindi un ulteriore valore rappresentato dalle certificazioni di qualità, come ad esempio Minergie, che in maniera neutrale valuta il reale conseguimento degli obiettivi in tal senso». G.V.: «Io penso che ogni trasformazione del patrimonio edile in senso ecologico e di sostenibilità ambientale andrebbe sostenuto e incentivato dalla politica a tutti i livelli, e soprattutto a livello fiscale. Si tratta di incentivi che sono a tutti gli effetti degli investimenti sul futuro, ed è compito della politica indirizzare lo sviluppo del territorio verso scenari di benessere per le generazioni che verranno». V.A.: «Attualmente vi sono degli incentivi cantonali e federali insufficienti. Se all’inizio degli anni duemila vi erano più risorse economiche cantonali e federali a disposizione della clientela che voleva risanare un edificio esistente, ora questi sussidi hanno avuto una decrescita inspiega-

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bile. Molti committenti, trovando l’iter procedurale molto difficile e lungo, a discapito di un sussidio esiguo, rinunciano a priori ad una richiesta d’incentivo. Di fatto un incentivo dovrebbe invogliare un committente a migliorare l’involucro di casa propria utilizzando materiali ecologici. Nella realtà pratica invece, gli iter procedurali di richiesta aggiunti a procedure di licenza edilizia già di per sè lunghe e complicate, fungono da deterrente alla richiesta di un incentivo. E pensare che con la tassa del centesimo per il clima e altre forme di tasse che il pubblico è obbligato a pagare in favore del clima, si potrebbe eseguire un vero e proprio risanamento di tutti quegli edifici vetusti e consumatori di energia, utilizzando materiali sani ed ecologici». In che misura le nuove promozioni immobiliari rispettano i requisiti indispensabili di risparmio energetico e rispetto dell’ambiente? E.C.: «Di principio ogni nuovo progetto immobiliare deve contemplare dei requisiti minimi in termini

di ecosostenibilità al fine della presentazione e accettazione da parte delle istituzioni pubbliche. Particolare focus in tema di ecosostenibilità va riposto nell’area progettuale concernente RCVS ovvero riscaldamento/condizionamento/ventilazione/sanitari. Il promotore lungimirante deve cercare di spingersi oltre i requisiti minimi di ecosostenibilità, sfida non semplice ma in ogni modo fondamentale per risultare competitivo nel mercato di riferimento». M.G.: «I requisiti minimi cantonali in tal senso sono definiti e vanno rispettati. A tal proposito è in corso una proposta di revisione della Legge sull’energia e relativo Regolamento d’applicazione, sulla base del nuovo Modello delle prescrizioni energetiche dei Cantoni – MoPEC 2014. Se tale proposta entrerà in vigore, verrà fatto un ulteriore importante passo verso un’edilizia più efficiente e rispettosa dell’ambiente. Come dicevo però vi sono promotori immobiliari che guardano oltre al minimo richiesto, certificando p.es. Minergie-P o Minergie-AECO il proprio progetto e quindi realizzando immobili attenti anche all’ecologia e alla salubrità all’interno degli edifici».

G.V.: «Non saprei proprio dire in che misura. C’è davvero di tutto, come è normale in un libero mercato. Si va dal minimo di legge (perché comunque e per fortuna ci sono delle normative da rispettare) al top level rispetto allo stato dell’arte in termini di ecosostenibilità. Ogni prodotto immobiliare ha il suo mercato e le sue peculiarità. Per certo il segmento di mercato in cui opera Veragouth e Xilema, anche per la tipologia di prodotto che offriamo, è quello dove questi valori sono più sentiti». V.A.: «Secondo il mio parere ancora in una percentuale troppo bassa. Andrebbe aumentata la sensibilità nei confronti di questi tipi di oggetti e soprattutto sarebbe importante riuscire ad operare con materiali più efficienti e privi di rischi per la salute. Un esempio di promozione immobiliare che opera in questo senso è il progetto che stiamo realizzando nel comune di Biasca, dove l’edificio è stato progettato con uno standard Minergie – Eco».

COSTRUIRE CASE ECOSOSTENIBILI IL COMMENTO DI GIOVANNI MASTRODDI, TITOLARE DI MG IMMOBILIARE «Se consideriamo l’insieme del patrimonio edificato in Ticino ed in tutta la Svizzera, possiamo tranquillamente affermare che, anche in Europa, il grande sviluppo immobiliare si è avuto negli anni che vanno dal 1975 al 1990. Nel nostro Cantone le attenzioni sono rivolte da sempre al rispetto del territorio ma le tecnologie applica-

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te non erano così evolute ed ecologicamente rispettose come al momento attuale. Si può altresì dire che l’edilizia ecocompatibile è una evoluzione della cultura, dell’imprenditorialità e della sensibilità che negli ultimi 15 anni si è andata sviluppando ed ha piacevolmente influenzato l’umanità. Conoscendo il patrimonio edificato in Tici-


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no, le vecchie costruzioni solo in parte sono state adeguate nel tempo, quelle rinnovate hanno ora standard adeguati in termini di risparmio termico, di isolamento acustico oltre che alla sostituzione di amianto o materiali ormai obsoleti e dannosi. Devo anche osservare che, operando da oltre 25 anni nel settore immobiliare, ho avuto modo di constatare che le esigenze della clientela sono evolute in termini di “qualità di vita”: dopo un periodo dedicato alla ricerca del bello e dell’originale, oggi il cliente valuta che l’immobile, il suo nido, sia non solo bello ma soprattutto confortevole e rispettoso dei suoi bisogni primari. Questi possono essere ricordati in termini di spazio abitativo, di luce naturale, di vicinanza ad un parco o ad un giardino per respirare aria pulita. Il passaggio successivo è stata la ricerca della casa che rispetti l’ambiente e sia sostenibile in tutti i cicli di produzione, iniziando dalla gestione delle risorse umane che hanno partecipato alla costruzione, alle emissioni e all’uso di sostanze non nocive, alla gestione dei rifiuti organici e non solo. Abbiamo constatato quanto in una nuova residenza il cliente che la visita si sofferma sulle condizioni lavorative per comprendere la bellezza e la felicità di chi partecipa a realizzare e soddisfare il suo bisogno di casa. Per quanto riguarda le forme di incentivazione che andrebbero sostenute a favore di una trasformazione ecosostenibile del patrimonio edilizio oggi esistente, devo dire che come associazione di categoria SVIT, insieme ad altri professionisti del settore, organizzammo proprio a Lugano un convegno in materia di ecosostenibilità, di come cambiare le abitudini dell’edificare, di come migliorare l’impatto sul territorio e come qualificare il patrimonio edificato ed edificabile. Certamente se ci fossero

incentivi ad installare impianti ecologici come il fotovoltaico, la geotermia, gli isolamenti tecnologici per abbassare il fabbisogno energetico, infissi che garantiscono l’involucro come garanzia di investimento e la copertura degli spazi con la luce naturale, tutti i proprietari immobiliari si sentirebbero motivati ad innovare. Ma sono convinto che la sensibilità del singolo deve prevalere sull’aspetto puramente economico. Le nuove generazioni e le persone più sensibili sono un ottimo veicolo di diffusione di questo cambiamento epocale. L’ecologico, il “green “rappresenta oggi un’impresa che fattura miliardi ed è in continua espansione. Quindi il primo passo lo deve fare il singolo, ed ogni operatore della filiera immobiliare, dal committente all’architetto, a noi agenti immobiliari, capaci di comprendere il benessere che ricaviamo nell’immediato e soprattutto che trasferiremo ai nostri figli. Il motore per il cambiamento avviene dalla visione verso il futuro del singolo cittadino e imprenditore. Io personalmente e il mio team della MG immobiliare siamo testimoni del Progetto Sostenibile di Parco Casarico a Sorengo, che è oggi una realtà, abitata da oltre 60 famiglie in una residenza che rispetta l’ambiente e racchiude tutti i principi essenziale del progetto sostenibile. Nel nostro caso due imprenditore illuminati, hanno mobilitato e piacevolmente influenzato tutti gli attori coinvolti nel progetto, l’imprenditore edile, l’architetto, i fornitori, noi come agenti immobiliare. Tutti da subito eravamo convinti di creare una residenza evitando la speculazione immobiliare ma favorendo edifici con basso impatto ambientale inseriti in un contesto paesaggistico unico, ricco di verde, di acqua, di piante e fiori. Il successo ottenuto ed i consensi dei comproprietari ne sono la concreta testimonianza.

Tutti i fattori fondamentali sono presenti, lo spazio verde di oltre 20.000 mq di parco attrezzato, impianti geotermici e fotovoltaici, vetrate ed infissi che garantiscono l’involucro in ogni periodo dell’anno, una illuminazione naturale costante. Il tetto verde come quinta facciata, i servizi per disabili e zero barriere architettoniche, un parco giochi dedicato ai più piccoli e luoghi di relax all’aperto vicino al laghetto tra ulivi e pini. La consapevolezza di dare qualcosa di nuovo e attuale è stata da subito la molla, la volontà di fare gruppo per trasferire valore nel breve ed anche nel futuro. Abbiamo infatti previsto, anticipando il problema Covid, una serie di servizi, per i nostri comproprietari e gli inquilini, rivolti al benessere, alla cura del singolo e dei propri cari, con servizi come Pacchetto Salute & Benessere convenzionati con strutture sanitarie locali e supporto domiciliare; il Pacchetto Easy Life per migliorare il quotidiano come esempio il servizi di baby sitting; il Pacchetto Seniority per una assistenza attiva per star bene dentro e fuori l’abitazione; la Casa di Quartiere come luogo dove i residenti grandi e piccoli trovano un punto di riferimento per attività a tempo libero e a carattere culturale, sportivo, ricreativo e assistenziale. Questo a dispetto di un facile guadagno se avessimo preferito la cementificazione ed una edilizia tradizionale».

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VENDERE UN IMMOBILE IN TICINO SENZA UN AGENTE IMMOBILIARE Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf

fessionista. Non valuterò i pro e i contro dell’assunzione di un professionista: in ogni caso, è comunque possibile provare a vendere la proprietà da solo. A meno che tu non firmi un mandato in esclusiva, potrai risparmiare in questo modo fino al 5% del prezzo di vendita, ma dovrai fare tutto il lavoro. Pertanto ti darò 11 suggerimenti per aiutarti a rendere le cose più facili.

UELI SCHNORF* RACCONTA ATTRAVERSO UNA DIVERTENTE GUIDA INFORMATIVA, IN 11 PUNTI, TUTTE LE PERIPEZIE DI UN PROPRIETARIO TICINESE CHE HA DECISO DI VENDERE LA PROPRIA CASA SENZA RIVOLGERSI AD UN’AGENZIA IMMOBILIARE SPECIALIZZATA.

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lcuni proprietari di immobili semplicemente non amano per principio assumere un agente immobiliare. Altri pensano che un agente costi troppo, altri ancora non si fidano degli agenti. Tutti questi sono validi motivi per provare a vendere un immobile senza un valido pro-

1. Prepara la tua proprietà per la vendita Online troverai tantissimi articoli su come preparare la tua proprietà per immetterla sul mercato. Dovresti sapere che la tua casa deve presentarsi in modo perfetto e che deve trasmettere un grande fascino fin dal primo momento. Aggiusta tutto ciò che deve essere sistemato, presta attenzione ai dettagli, chiedi a un amico di darti un’opinione onesta e agisci in base a essa. 2. Stabilisci un prezzo realistico In Ticino è davvero impossibile fare un’analisi comparativa di mercato, soprattutto nel settore del lusso. Non esiste un registro dei prezzi in base ai quali sono state vendute in passato altre proprietà situate nel tuo quartiere. Le statistiche che puoi leggere si basano principalmente sui prezzi richiesti e non sui prezzi di vendita effettivi: questo fa un’enorme differenza. Puoi assumere un perito o puoi agire da solo, ma non sovraccaricare il valore della proprietà, altrimenti resterà sul mercato per sempre.


ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING

3. Impara a vendere Non tutti sono venditori nati. È abbastanza difficile vendere qualcosa che possiedi da molto tempo, come la casa in cui sono cresciuti i tuoi figli e in cui ogni stanza conserva un ricordo. Quindi è necessario apprendere cosa dire e cosa non dire durante le presentazioni. Impara il più possibile sulle tecniche di vendita e su come comportarti durante una presentazione. 4. Investi in un buon portfolio fotografico Dato che risparmi su una commissione immobiliare, puoi permetterti di spendere un po’di denaro in materiale di marketing. Una volta che hai reso perfetta l’immagine della tua struttura, trova un fotografo immobiliare professionista, non un fotografo di matrimoni o ritratti. Includi foto di interni ed esterni della tua casa. Se puoi permetterti di realizzare un video con un drone e foto aeree, procedi! Questi strumenti fanno spesso la differenza e rendono più attrattivo il tuo oggetto. 5. Scrivi una descrizione persuasiva Se ti reputi un bravo scrittore, dedica del tempo per realizzare una presentazione allettante della proprietà ma sintetica. Se sei un cattivo scrittore, trova un amico o paga qualcuno che lo faccia per te. Scrivi almeno in italiano, tedesco e inglese. Assicurati di inserire almeno uno stimolo che induce all’acquisto nella tua proprietà.

gnifica anche che gli acquirenti possono risparmiare fino al 5% in commissioni immobiliari. Conta sul fatto che riceverai telefonate in orari scomodi e persone che busseranno alla tua porta chiedendo di vedere la proprietà durante la cena. Preparati a incontrare persone curiose che hanno sempre voluto vedere come vivi. Con il tempo diventerai sempre più bravo a separare i curiosi dalle persone serie e motivate. 7. Pianifica le tue inserzioni pubblicitarie Scopri come e dove pubblicizzare la tua proprietà. Attirare l’attenzione di un acquirente non è facile e c’è molta concorrenza “professionale”. La maggior parte degli acquirenti ticinesi effettua ricerche online. Non hai accesso ai siti web degli agenti immobiliari, quindi devi scoprire dove pubblicizzare la tua proprietà. Inizia cercando di impostare un budget per la pubblicità. Le proprietà non si vendono se non si spende denaro per promuovere la vendita. Potresti iniziare parlando con i reparti commerciali dei giornali e vedere quali sono le possibili opzioni. Esistono portali online come homegate, immoscout24, tutti.ch e altri.

Le riviste e i giornali stampati non funzionano come prima, ma potrebbero esserci alcune opzioni. Cerca di ottenere prezzi convenienti ordinando molti annunci per un tempo più lungo, altrimenti diventa rapidamente oneroso. Inoltre, prova a scoprire da dove potrebbe provenire il tuo acquirente. Nel mercato del lusso ticinese, oltre il 50% degli acquirenti proviene dall’estero. I grandi “mercati di alimentazione” sono Germania, Italia, exUnione Sovietica, Benelux e Scandinavia. Cerca di rivolgerti ai tuoi potenziali acquirenti nei loro paesi d’origine. Parla con persone di diverse nazionalità che potrebbero essere possibili acquirenti, chiedi loro come si informano. Svolgi diligentemente tutti questi compiti. 8. ...e assicura la presenza della tua proprietà sui social media Nel mercato odierno, la pubblicità sui social media è un must. Puoi provare a vendere una proprietà senza un agente immobiliare su Google o su Twitter, ma la soluzione migliore potrebbe essere Facebook. Puoi assumere un esperto di social media o imparare a fare pubblicità su Facebook e promuovere un annuncio per target

6. Procurati una buona segnaletica se vuoi fare ricorso alla cartellonistica Scegli una bella giornata di sole per preparare il cartello “in vendita dal proprietario”. Non farlo sembrare economico o “fatto in casa”. Vuoi far sapere al mondo che vendi senza un agente immobiliare. Ciò significa che gli acquirenti possono trattare direttamente con il proprietario. SiTICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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specifici. Utilizza il materiale fotografico che hai ordinato. Tieni presente che le preferenze dei social media cambiano molto rapidamente. Quello che andava bene l’anno scorso potrebbe essere obsoleto oggi, quindi tieniti regolarmente informato e non fare affidamento sulle informazioni che hai ottenuto in passato o sulle informazioni di amici o familiari che non sono aggiornate. 9. Sii disponibile Non sprecare tutto lo sforzo che hai dedicato alla promozione della tua proprietà: renditi disponibile a rispondere alle chiamate in ogni momento della giornata, tutti i giorni della settimana. I potenziali acquirenti chiameranno alle 6:00 o alle 22:00. Se provengono dall’estero, probabilmente cercheranno di contattarti nel cuore della notte. Non affidarti solo al telefono, organizzati per essere raggiungibile anche tramite email e con una connessione vocale a internet gratuita come whatsapp. Molti acquirenti vogliono guardare le proprietà durante il fine settimana, quindi sii disponibile. Potresti perdere quell’unico acquirente mentre cenate o fate il bagno. Non essere assente per lunghi periodi, altrimenti i tuoi sforzi pubblicitari potrebbero essere sprecati. Pianifica la tua vacanza di conseguenza, prima di iniziare a vendere la tua proprietà o dopo averlo fatto.

10. Sii paziente Non aspettarti di vendere la tua proprietà entro 24 ore. Se lo fai, bene, ma sii paziente e non impazzire troppo presto. Un immobile di lusso sul mercato ticinese si vende in un tempo medio di quasi due anni, quindi potrebbe essere necessaria molta pazienza. 11.Hai trovato un acquirente Finalmente sei arrivato alla parte più importante della storia: si è presentata una persona seriamente intenzionata ad acquistare la tua proprietà. Ora si tratta di vincere o perdere. La differenza tra un buon affare e un cattivo affare può arrivare al 30% dell’intero prezzo di vendita. Non emozionarti, non lasciarti spingere e non affrettarti, fai un passo dopo l’altro. Preparati al fatto che molti acquirenti sono essi stessi professionisti, hanno una lunga esperienza su come arrivare a un prezzo più basso e useranno tutti i trucchi che conoscono, senza pietà. Altri potrebbero non avere la più pallida idea di una procedura di vendita e piccole questioni che nessuno di voi ha considerato potrebbero diventare grossi problemi in seguito, quindi preparatevi. Scopri esattamente come dovrebbe apparire la garanzia dell’acquirente, come dovrebbe essere formulato un atto di vendita, cosa dovrebbe essere incluso e cosa è meglio non includere. Scopri come consegni la tua proprietà, cosa prescrive la legge in merito allo stato della proprietà, alla manutenzione, alla dotazione tecnica, alle respon-

sabilità e così via. Sapere esattamente cosa significano effettivamente queste definizioni nell’atto di vendita. E poi finalmente: rilassati, ce l’hai fatta! Adesso puoi prenotare le tue vacanze posticipate. Non vuoi passare attraverso il lavoro descritto in questi 11 punti? Quindi contatta un agente immobiliare locale per occuparsi di tutto quanto sopra descritto. Scopri quali agenti lavorano meglio nella tua zona, in riferimento al tuo tipo di proprietà, e quali collegamenti hanno con altri agenti in tutto il mondo. Soprattutto, presta attenzione a valutare correttamente la tua proprietà in modo che non rimanga sul mercato per sempre.

*Ueli Schnorf è uno dei proprietari di Wetag Consulting dal 1997, facendola crescere da agenzia locale a boutique di lusso leader di mercato, collegata a tutto il mondo grazie alla co-fondazione di EREN European Real Estate Network, che presiede da molti anni. Wetag è inoltre affiliata con i principali marchi di lusso nel settore immobiliare, come Christie’s, Leading Real Estate Companies of the World o Luxury Portfolio. Ueli Schnorf può essere raggiunto al numero 0041 91 601 04 40 o scrivendo a schnorf@wetag.ch

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a costruzione della Residenza Sole è prevista sull’area dove un tempo sorgeva una storica Fabbrica di guanti (Gänsslen & Munz), nel cuore del quartiere di Pregassona, in una zona residenziale oggi considerata un’importante e significativa realtà dell’agglomerato urbano luganese. Progettato dall’architetto Claudio Lo Riso, l’edificio si sviluppa su 8 piani di cui 6 piani fuori terra, 1 piano seminterrato ed 1 piano interrato, per un totale di 16 appartamenti e 4 spazi commerciali. L’accesso veicolare al palazzo avviene attraverso via Industria sul lato Ovest. Al piano interra-

to ci sono 17 posti auto ed i locali tecnici per l’impianto di riscaldamento ed elettrico. Al piano seminterrato due appartamenti con giardino privato e le cantine. L’accesso pedonale all’edificio avviene da via Ceresio (lato Sud), mentre altri due accessi pedonali, da via Industria (lato Ovest) e da via Ceresio (lato Est) portano alle aree di verde attrezzato. Gli appartamenti hanno diverse tipologie (2.5 locali, 3.5 locali, 4.5 locali) con ampie terrazze pensate per garantire uno spazio da vivere all’aperto. La presenza di superfici vetrate favorisce il dialogo tra gli spazi interni e il paesaggio esterno, dando vita


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ad ambienti luminosi e particolarmente confortevoli. Ogni appartamento è dotato di predisposizione per una colonna lavasciuga. Al piano seminterrato ci sono due appartamenti di 2.5 locali con giardino privato e 20 cantine. Al piano terra sono previsti tre spazi commerciali indipendenti con possibilità di unione in un unico spazio commerciale. Al primo piano ci sono due appartamenti di 2,5 e 3,5 locali ed uno spazio commerciale di 3 locali. Dal secondo al quinto piano sono compresi tre appartamenti da 3,5 locali, 2,5 locali e 4,5 locali. Le porte d’ingresso agli appartamenti sono blindate T30 classe 3. La produzione di calore è garantita da due termopompe aria/acqua reversibili. La distribuzione di calore avviene mediante serpentine a pavimento e ventilconvettori posati nei soffitti ribassati (in soggiorno e nelle camere) per l’impianto di raffrescamento, muniti di telecomando ad infrarossi. L’involucro edilizio è creato per migliorare l’efficienza termica mediante facciata ventilata con rivestimento in mattoni bianchi. I serramenti con triplo vetro garantiscono prestazioni ottime sia da un punto di vista termico che acustico. È previsto un impianto solare termico per produrre acqua calda sanitaria, oltre ad un impianto domotico per controllare la regolazione dell’impianto elettrico da ogni locale dell’appartamento. L’ascensore condominiale offre congiuntamente funzionalità, capienza, sicurezza, affidabilità ed estetica. Ogni posto auto è predisposto per una stazione di ricarica veicoli elettrici collegata al proprio contatore.

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SERVIZI IMMOBILIARI INTEGRALI MANUELA CONTUCCI, RESPONSABILE DELLA FILIALE DI LUGANO DI WINCASA, SOCIETÀ FORNITRICE DI SERVIZI IMMOBILIARI CHE GESTISCE E AMMINISTRA IMMOBILI PER CONTO DEI SUOI PROPRIETARI, MA NON COSTRUISCE NÉ POSSIEDE IMMOBILI. WINCASA SA Via F. Pelli 1 Casella postale CH-6900 Lugano T. +41 91 914 94 39 www.wincasa.ch

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ossiamo tracciare un breve profilo della vostra azienda, dalla sua fondazione alle ultime espansioni? «Wincasa è nata nel 1999 dalla fusione dei dipartimenti immobiliari di Winterthur Assicurazioni e Credit Suisse. Wincasa è una società affiliata di Swiss Prime Site dal 2012 e gestisce attualmente circa 232.000 immobili con un valore d’investimento di 70 miliardi di CHF. L’azienda è presente in 31 città (con sede principale a Winterthur) in tutto il paese. La filiale di Lugano è stata aperta nel 2008 e conta attualmente 14 collaboratori». Nella vostra presentazione si parla di servizi integrali. Cosa si intende? «Wincasa è un fornitore di servizi immobiliari che gestisce e amministra immobili per conto dei suoi proprietari, ma non costruisce né possiede immobili. Con circa 970 specialisti, offriamo ai nostri clienti un ampio portafoglio di servizi che copre l’intero ciclo di vita degli immobili: dalla progettazione, alla costruzione e gestione fino alla rivitalizzazione e al riposizionamento». Qual è l’impegno di Wincasa per la sostenibilità? «In qualità di società del gruppo Swiss Prime Site, la gestione della sostenibilità di Wincasa è integrata nella strategia del gruppo, è orientata verso i sei obiettivi di sviluppo sostenibile (stakeholder, finanze, infrastrutture, innovazione, ecologia e personale) e resa operativa nell’ambito dei processi aziendali. Wincasa offre ai propri clienti iniziative

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aziendali di sostenibilità e una gamma specifica di servizi in questo campo. Siamo consapevoli che il settore immobiliare svolge un ruolo chiave nell’attuazione dello sviluppo sostenibile nazionale e che gli aspetti della sostenibilità sono fondamentali per mantenere e aumentare il valore per i nostri clienti. Di conseguenza, sosteniamo i proprietari di immobili su vari livelli nello sviluppo sostenibile del loro portafoglio immobiliare. Ci occupiamo assiduamente delle tendenze, degli sviluppi e delle mutevoli condizioni legali nel settore della sostenibilità, che hanno un impatto sui portafogli immobiliari che gestiamo. Attualmente si tratta di temi quali la riduzione delle emissioni di CO2, le certificazioni e le valutazioni di sostenibilità, lo sviluppo dell’elettromobilità e il consumo proprio di energia elettrica fotovoltaica». Wincasa offre ai suoi clienti una vasta gamma di servizi. Può farci qualche esempio? «Le aree tematiche che trattiamo sono molto eterogenee e dipendono, tra l’al-


ARCHITETTURA / WINCASA

tro, dalla strategia di sostenibilità individuale del cliente e dal focus scelto. Nel nostro team di sostenibilità disponiamo di specialisti che si occupano di temi come la gestione dell’energia, il bilanciamento di CO2/energia grigia, lo sviluppo di percorsi di riduzione di CO2 per i portafogli immobiliari, la sostituzione dei combustibili fossili, la certificazione/valutazione, l’approvvigionamento energetico e le iniziative per la promozione delle energie rinnovabili (ad es. impianti fotovoltaici). Poiché la questione dell’energia e delle emissioni di CO2 gioca un ruolo centrale nel settore immobiliare, gestiamo i mandati di controllo energetico e di ottimizzazione operativa (CE/OO) per i proprietari istituzionali. Per i grandi portafogli immobiliari, l’energia e le emissioni di CO2 sono determinate in modo strutturato e rese trasparenti. Con l’implementazione di ottimizzazioni operative in loco, l’efficienza energetica del portafoglio viene dunque ottimizzata e allo stesso tempo si riducono le emissioni di CO2 e i costi energetici. Per quanto riguarda l’energia e le emissioni di CO2 nel portafoglio immobiliare, ci avvaliamo della trasparenza generata da un mandato CE/OO al fine di sviluppare insieme al cliente un percorso di riduzione di CO2 per il portafoglio immobiliare e avviare le misure che ne derivano sui singoli immobili». Come si possono quantificare queste misure e questi obiettivi? «Un esempio tangibile è rappresentato dal consumo di energia e dalle relative emissioni di CO2. Il fatto di raccogliere e valutare i dati nell’ambito della gestione sistematica dell’energia offre ai proprietari di immobili la trasparenza desiderata sia a livello di portafoglio che di proprietà. I dati chiave sul consumo energetico, il mix energetico e le emissioni di CO2 sono oggi indispensabili e vengono utilizzati anche come parametri di controllo e di comunicazione».

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Guardiamo per un attimo al futuro. In che modo Wincasa contribuirà allo sviluppo sostenibile del mercato immobiliare svizzero? «Siamo convinti che la sostenibilità nel settore immobiliare sarà integrata a lungo termine nei modelli e nei processi aziendali esistenti e contribuirà a mantenere e ad aumentare il valore degli immobili nell’ambito della gestione del rischio. In qualità di fornitore integrale di servizi immobiliari e di interfaccia tra proprietario e utente, Wincasa svolge un ruolo fondamentale in questo processo. Ciò include, ad esempio, il tema della mobilità elettrica. Wincasa si impegna a garantire che gli inquilini abbiano anche un maggiore accesso alle stazioni di rica-

rica elettronica. Il tema della mobilità elettrica è un tema al quale noi dedichiamo grande attenzione. Wincasa si impegna a garantire che gli inquilini abbiano un maggiore accesso alle stazioni di ricarica. Inoltre, il rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, nonché gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima e della strategia energetica federale 2050, sono centrali per Wincasa. La continua trasformazione del settore immobiliare, guidata dalle nuove tecnologie, dagli sviluppi sociali e, non da ultimo, dal cambiamento del quadro normativo, offre l’opportunità di progettare nuovi servizi e modelli aziendali sostenibili ed è su questo che vogliamo lavorare insieme ai nostri clienti». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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ARCHITETTURA / MG FIDUCIARIA IMMOBILIARE

SUCCESSO È ANTICIPARE LE NUOVE ESIGENZE ABITATIVE GIOVANNI MASTRODDI SEGNALA CON SODDISFAZIONE CHE, DOPO LA PAUSA IMPOSTA DALLA PANDEMIA, È TORNATA LA FIDUCIA E LA VOGLIA DEI CLIENTI DI INVESTIRE NELLA CASA COME BENE PRIMARIO PER UNA VITA PIÙ TRANQUILLA E SICURA.

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unque i fantasmi di una crisi del settore sono definitivamente scongiurati? «Sono ottimista perché, dopo un rallentamento delle compravendite che ha caratterizzato soprattutto i primi 3 mesi dell’anno, a partire da aprile ho visto una bella reazione del mercato, complice anche il modo concreto e deciso con cui le autorità federali e cantonali hanno affrontato la crisi, garantendo un importante sostegno economico alle imprese

e alle famiglie. Senza naturalmente trascurare gli interventi sanitari che hanno in breve tempo reso il Ticino uno dei Cantoni svizzeri più efficaci nel contrastare l’emergenza. La popolazione locale, ma anche i nuovi residenti provenienti soprattutto dalla vicina Italia hanno quindi individuato nella casa e in Lugano un investimento più certo e sicuro per fronteggiare un periodo “incredibile” e si sono sempre più orientati verso soluzioni abitative che consentissero le migliori condizioni in termini di comfort e sicurezza. Infatti in questo 2020 abbiamo venduto molti immobili, sia ville importanti in zone residenziali come Porza, Montagnola, Muzzano e Savosa, cosi come appartamenti in residenze di pregio e con caratteristiche di elevato confort a Castagnola, Lugano centro, Sorengo, Canobbio e Paradiso». Si registrano cambiamenti anche nella tipologia degli oggetti maggiormente richiesti? «È questo un argomento particolarmente interessante. Direi che oggi la richiesta si orienta soprattutto verso soluzioni abitative che potrei definire “confortevoli” e questo indipendentemente dalla metratura perché la questione riguarda sia il piccolo appartamento che la grande villa. La recente

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ARCHITETTURA / MG FIDUCIARIA IMMOBILIARE

che abbiamo venduto ed è abitata quasi al 100% e la nuova Residenza 505 a Canobbio, con offerte di soluzioni abitative inedite, tutte da scoprire. Vorrei sottolineare che abbiamo dato molta importanza ai clienti venditori, ascoltandoli e suggerendo soluzioni rivolte al successo della vendita. Le richieste si orientano verso soluzioni moderne, dotate di tutti i comfort e delle necessarie soluzioni tecnologiche, che al tempo stesso devono rispondere a criteri di sostenibilità ambientale ed economica, che siano proposte ad un prezzo adeguato e che diano al cliente un’esperienza abitativa unica». esperienza di isolamento sanitario ha accentuato l’esigenza di avere locali ampi e luminosi, adatti alla vita in famiglia, e ha fatto crescere in maniera assai marcata la ricerca di spazi aperti annessi alla casa, balconi, terrazzi e naturalmente giardini. Grazie alla selezione anticipata di questi immobili abbiamo potuto concludere vendite importanti, inserendo ora nel portafoglio immobiliare altre interessanti proposte».

«Esattamente. In questi ultimi anni e a maggior ragione negli ultimi mesi, abbiamo visto premiata la nostra professionalità, la profonda conoscenza del mercato e la capacità di selezionare ed offrire oggetti in grado di soddisfare i nuovi bisogni, spesso addirittura anticipandoli con proposte di grande spessore, come nel caso di ville ideali per famiglie esigenti, della residenza Parco Casarico a Sorengo,

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Lei accennava anche alla ripresa di un interesse da parte di residenti provenienti dall’estero. Si può già parlare di una tendenza consolidata? «I numeri degli arrivi, sono contenuti ma in questi ultimi mesi abbiamo avuto numerose richieste di informazione riguardo alle procedure connesse ad un possibile trasferimento a Lugano e alle opportunità per l’acquisto di un immobile. In questo caso il forte motivo di attrazione è rappresentato ancora una volta dal modello offerto dal “sistema Svizzera e Ticino”, in termini di stabilità, qualità della vita e, ora più che mai, sicurezza, sanitaria e non solo». In questo contesto assume un ruolo di grande rilevanza la capacità di MG IMMOBILIARE nel selezionare oggetti realmente corrispondenti alle esigenze del mercato… TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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ARCHITETTURA / FONDO IMMOBILIARE RESIDENTIA

INVESTIRE NEL MATTONE A OLTRE DIECI ANNI DAL SUO LANCIO, IL FONDO IMMOBILIARE RESIDENTIA SI CONFERMA ESSERE UN OTTIMO INVESTIMENTO. IL SUO CREATORE, MATTEO PAGANI, NE SPIEGA I VANTAGGI FINANZIARI E FISCALI.

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vete deliberato un aumento di capitale per il vostro Fondo Immobiliare Residentia. Quali le ragioni di questa scelta? «L’aumento di capitale è stato fatto nel 2018. Lo scopo di tutti gli aumenti di capitale è quello di poter acquistare proprietà da aggiungere al parco immobiliare. Nel caso specifico abbiamo potuto acquistare una proprietà a Massagno, una a Rivera ed una a Bellinzona. Questi acquisti ci hanno dimostrato una netta inversione di tendenza a livello di prezzi di vendita, con un aumento importante dei rendimenti attesi». Il Fondo è stato lanciato nel 2009. A poco più di dieci anni di distanza, quale bilancio fate di questa iniziativa? «La creazione di Residentia è stata una grande avventura. Siamo partiti con l’idea di creare un veicolo d’investimento aperto a ogni investitore, sia esso grande o piccolo, con lo scopo di dare a tutti la possibilità di investire nell’immobiliare del nostro territorio. Siamo fieri di aver raggiunto in questi anni un parco immobiliare di quasi 300 milioni di franchi. Di conseguenza possiamo dire che è stato un successo e ritengo anche che abbia portato professionalità nella nostra regione, grazie a regole molto strette sulle possibilità di investimento e di movimento in generale ben ancorate nella legge».

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Quali vantaggi garantisce questo Fondo, in termini di rendimento e più in generale per quanto attiene allo sviluppo del mercato immobiliare ticinese? «Il nostro fondo ha molteplici vantaggi per l’investitore. Certamente, come detto sopra, la possibilità di “entrare” nel nostro mercato immobiliare. In secondo luogo, il fatto che il fondo sia quotato alla borsa di Zurigo, la possibilità di acquistare o vendere le azioni (o quote) in modo facile e veloce, ovunque sia il proprio conto bancario. Inoltre l’acquisto di un fondo permette di evitare i rischi che si affrontano detenendo uno o due appartamenti, quanto in caso di problemi con gli inquilini il proprio reddito si azzererebbe, mentre il fondo offre una grande diversificazione del rischio. In un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, la diversificazione del rischio è assolutamente vitale. Infine, i detentori del fondo non pagano imposte sui dividendi distribuiti e neppure sulla sostanza. Questo lo rende un investimento ancor più redditizio in termini assoluti (post imposte)». Quale è la vostra strategia di investimento e quale la tipologia di immobili che avete ristrutturato e posto sul mercato delle locazioni? «Il Fondo investe in modo molto preponderante in immobili residenziali ed una parte minore in superfici di uffici


ARCHITETTURA / FONDO IMMOBILIARE RESIDENTIA

e commerciali. Il segmento della parte residenziale è dedicato ad appartamenti di standing medio o medio basso con il desiderio di poter offrire appartamenti alla nostra popolazione mantenendo affitti a portata di tutti. La nostra strategia include inoltre una costante opera di manutenzione e di rifacimento degli appartamenti». Qual è la situazione attuale e quali le prospettive per il mercato immobiliare ticinese, anche in conseguenza della pandemia? «Il mercato immobiliare ticinese è in sofferenza ormai da tre o quattro anni. La mancanza di crescita demografica (anzi la diminuzione della popolazione) e parallela forte attività di costruzione, ha portato ad un aumento marcato dello sfitto. Le cifre reali degli appartamenti vuoti sono purtroppo ben più elevate rispetto a quanto indicato nelle statistiche e purtroppo il fu-

turo a breve e medio termine vedrà un ulteriore aumento di questi dati. L’arrivo del Covid 19 portato un’ulteriore e molto importante incertezza in tutte le fasce della popolazione. Le conseguenze psicologiche su tutti noi si stanno facendo sentire e non potranno che peggiorare a seguito del nuovo aumento dei contagi e delle nuove regole decise dal governo per limitare l’aumento dei casi. Questo dato di fatto comporta anche incertezze a livello lavorativo, sia per i dipendenti che per gli indipendenti. Le categorie di questi ultimi che sono attivi nella ristorazione, negozi, organizzazione di eventi, e tanti altri ancora, stanno vivendo una situazione drammatica e questo si ripercuote anche sul mondo immobiliare. Sta a noi cercare di trovare delle soluzioni che permettano ai nostri inquilini che dimostrano impegno di affrontare e superare questa fase. Ma malauguratamente questo non è sempre pos-

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sibile e quindi l’impatto sull’occupazione dei nostri spazi è inevitabile. In questo momento più che mai, quanto detto sopra in merito alla diversificazione è di vitale importanza».

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DOSSIER FONDAZIONI / SVIZZERA

INTERVISTA A ELISA BORTOLUZZI DUBACH, CONSULENTE DI RELAZIONI PUBBLICHE, SPONSORIZZAZIONI E FONDAZIONI, DOCENTE PRESSO VARIE UNIVERSITÀ E ISTITUTI DI STUDI SUPERIORI IN SVIZZERA E IN ITALIA.

UNA LUNGA TRADIZIONE FILANTROPICA, UN FUTURO SEMPRE PIÙ EFFICIENTE

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a Svizzera si conferma il paese di riferimento per il mondo delle fondazioni di pubblica utilità, con una crescita che da vent’anni non accenna a fermarsi. Le oltre tredicimila fondazioni svizzere – di cui circa 800 in Ticino – detengono un capitale complessivo stimato di circa 100 miliardi di franchi svizzeri e ogni anno investono 2 miliardi di franchi in molteplici sfere della vita, come la salute e il benessere, l’educazione e la ricerca, le arti e la cultura, l’ambiente. In media, ogni giorno in Svizzera viene creata una fondazione: il settore è in continuo fermento e sa rispondere con crescente competenza alle sfide di una società sempre più veloce e complessa.

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ome si articola il panorama delle fondazioni in Svizzera? «Con 349 fondazioni di nuova costituzione nel 2019, la crescita del settore svizzero delle fondazioni è tornata a essere molto dinamica: non dimentichiamo, infatti, che il 70% delle fondazioni svizzere di pubblica utilità è stato creato a partire dagli anni ’90. Alla fine del 2019 la Svizzera ha contato 13.293 fondazioni e 216 fondazioni liquidate: un altro record. Con 65 nuove fondazioni, il Cantone di Ginevra ha registrato la crescita più forte, seguito da Berna (38) e Zurigo (33). Nella distribuzione regionale delle fondazioni è cambiato poco: i cinque cantoni con le maggiori fondazioni sono ancora Zurigo (2.219), Vaud (1.377), Berna (1.366), Ginevra (1.248) e Basilea Città (877) (cfr. Rapporto svizzero sulle fondazioni 2020). Ma considerate tutte insieme, con una densità di 15,6 fondazioni ogni 10.000 abitanti, la Svizzera ha proporzionalmente un numero di fondazioni sei volte superiore a quello degli Stati Uniti o della Germania».

In che modo le fondazioni perseguono i loro scopi? «Circa la metà delle fondazioni svizzere di pubblica utilità è stata classificata come “donatrice”, cioè eroga regolarmente contributi economici nei vari settori d’intervento a sostegno della società. Il 19% sono fondazioni miste, cioè erogano contributi ma danno vita anche a progetti propri. L’1% sono fondazioni mantello. Nel campo della cultura, della ricreazione e della salute, del sociale sono molto numerose anche le fondazioni operative (39%), cioè che agiscono direttamente nel Terzo Settore con progetti propri e come soggetti richiedenti (cfr. Rapporto svizzero sulle fondazioni 2019). Le fondazioni erogative, invece, sono presenti in modo preponderante nell’istruzione, ricerca, e assistenza sociale. Il settore è molto significativo: ogni anno le fondazioni di pubblica utilità investono circa 2 miliardi di franchi. Da notare quest’anno, che questioni sociali come la politica, il lavoro di advocacy (5,4%) e la protezione dell’ambiente (12%) stanno diventando sfere sempre più importanti per le nuove fondazioni rispetto al portafoglio complessivo».


DOSSIER FONDAZIONI / SVIZZERA

Quali sono le ragioni della crescita delle fondazioni in Svizzera? «La Svizzera vanta una tradizione filantropica lunga e molto radicata. È stato possibile protrarla nel tempo grazie allo sviluppo di una legislazione di settore liberale e agile. Inoltre, la Svizzera ha caratteristiche proprie che vanno incontro alla filantropia: come la grande concentrazione di patrimoni e un contesto politico stabile». Quali sono le basi giuridiche delle fondazioni in Svizzera? «Le fondazioni sono disciplinate dal Codice civile svizzero (art. 80-89) con un principio generale che può essere definito liberale. Altre disposizioni rilevanti per le fondazioni sono contenute in diverse ordinanze federali, ad esempio nel Codice delle obbligazioni (CO), nell’Ordinanza sul registro di commercio (ORC), nella legge sulle fusioni e nella legge federale sulla riscossione dei crediti e sul fallimento (LRD), nonché nelle ordinanze cantonali, ad esempio nelle ordinanze cantonali sulla vigilanza delle fondazioni. La situazione internazionale delle fondazioni si basa sulla legge federale sul diritto internazionale privato (LIPRG)». Chi controlla l’attività delle fondazioni in Svizzera? «In Svizzera le fondazioni sono soggette alla vigilanza federale, cantonale o comunale. Ciò dipende dal loro scopo e dall’area geografica di attività. Ad esempio, le fondazioni che operano a livello nazionale e internazionale sono soggette alla vigilanza federale, le fondazioni con orientamento cantonale sono soggette alla vigilanza cantonale e le fondazioni che operano a livello locale sono soggette alla vigilanza comunale». Ci indica i principali attori di ricerca e promozione del settore? Fondazione Pro Helvetia Al vertice di tutte le fondazioni cultu-

rali c’è la Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, finanziata dalla Confederazione, che è autonoma nelle sue attività e ha sede a Zurigo. Fondata nel 1939, promuove l’arte e la cultura contemporanea in Svizzera (soprattutto i giovani talenti) e diffonde opere e progetti artistici delle varie discipline (ad eccezione del cinema) sia all’interno che all’esterno della Svizzera. La Fondazione promuove anche gli scambi interculturali e mantiene reti internazionali nella maggior parte dei continenti. Dispone di un budget annuale di circa 43 milioni di franchi svizzeri, con cui dà impulso culturale promuovendo progetti prioritari. L’organizzazione e i compiti della Fondazione sono stabiliti dalla legge sulla promozione della cultura (LCPC) e dal Dipartimento federale della cultura. www.prohelvetia.ch SwissFoundations - Associazione delle fondazioni donatrici svizzere L’associazione SwissFoundations, fondata nel 2001 da undici fondazioni, è una rete attiva e innovativa per l’ulteriore sviluppo del sistema delle fondazioni svizzere. SwissFoundations si è fatta un nome come promotrice del Center for Philanthropy Studies dell’Università di Basilea, uno dei principali centri di ricerca europei per la filantropia e le fondazioni, e come editore del primo “Codice di buona governance” europeo per le fondazioni che erogano sovvenzioni. SwissFoundations fornisce ai suoi membri un sostegno pratico nel loro lavoro quotidiano di fondazione, mette in rete le fondazioni attraverso gruppi di lavoro e focus group, ma anche la politica, il governo, il mondo accademico e i media. L’adesione a SwissFoundations è aperta alle fondazioni con sede in Svizzera o nel Liechtenstein, che dispongono di contributi correnti o di un patrimonio proprio e che utilizzano questi o i redditi da essi derivanti per scopi di pubblica utilità. www.swissfoundations.ch

proFonds - Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità Fondata nel 1990 come organizzazione mantello delle fondazioni di pubblica utilità con il nome originale di Arbeitsgemeinschaft für gemeinnützige Stiftungen (AGES), opera dal 2003 con il nome proFonds. Si è data il compito di rappresentare gli interessi del settore delle fondazioni di pubblica utilità. Uno degli obiettivi di proFonds è il miglioramento delle condizioni quadro per le fondazioni, in particolare nel diritto e nella fiscalità. ProFonds attribuisce particolare importanza all’efficace messa in rete dei suoi membri e allo scambio di informazioni e conoscenze; conta circa 500 membri attivi, tra cui non solo fondazioni, ma anche associazioni senza scopo di lucro e persone fisiche. Le fondazioni di nuova costituzione trovano in proFonds anche supporto legale, organizzativo e politico. www.profonds.org Entrambe le istituzioni organizzano un simposio annuale che viene considerato un momento imprescindibile di scambio e confronto del mondo filantropico. Istituti universitari di ricerca Fondato nel 1976, il Verbandsmanagement Institut (VMI) dell’Università di Friburgo è il più antico istituto di ricerca sulle organizzazioni non profit della Svizzera. In particolare, i corsi di formazione continua basati sul modello di gestione di Friburgo sono molto apprezzati dai manager delle organizzazioni non profit. La ricerca giuridica su fondazioni, associazioni e trust è curata dal 2008 dal professor Dominique Jakob presso il Centro di diritto delle fondazioni dell’Università di Zurigo. Sempre nel 2008 è stato istituito il Centro di studi filantropici (CEPS) come istituto di ricerca e di perfezionamento dell’Università di Basilea. Insieme a SwissFoundations, i due istituti pubblicano ogni anno il “Rapporto sulle fonTICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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DOSSIER FONDAZIONI / SVIZZERA

dazioni svizzere”. Il CEPS offre anche corsi di formazione continua per i leader delle NPO. La Convenzione di Basilea sulla filantropia è una forma innovativa di scambio tra finanziamenti e organizzazioni intermediarie. Ancora più recenti sono altri istituti di ricerca. Nel 2017, ad esempio, è stato fondato il Centre en Philanthropie (CPG) presso l’Università di Ginevra, ed è stata creata una cattedra di Filantropia familiare presso l’IMD di Losanna. Anche le diverse scuole universitarie professionali come la SUPSI in Ticino offrono seminari di aggiornamento regolari sul tema.

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Quali sono le maggiori sfide che la filantropia svizzera dovrà affrontare nei prossimi anni?

«Come hanno dimostrato le recenti esperienze acquisite a seguito dello scoppio della pandemia Covid-19, l’attuale situazione richiede processi più rapidi e trasparenti, decisioni più celeri e sostanziali semplificazioni per chi cerca una donazione filantropica. Occorre saper rispondere con prontezza a un contesto in rapido mutamento e spesso su una scala inaspettata. La cooperazione tra fondazioni e la capacità di adottare un orientamento sistemico saranno in questo senso cruciali anche nei prossimi mesi. La filantropia svizzera potrà essere ancora una volta pioniera nell’intraprendere nuove strade e nell’impostare paradigmi che velocemente si fanno modelli anche per altri paesi».

Mi sono battuto per sopravvivere.

Mi batto per il mio villaggio.

Mi batto per l’uguaglianza. Gricelda (17 anni), studentessa, Bolivia

Saavedra, consigliera comunale

Crecencio, nonno

Rafforzare le donne, far progredire i villaggi, aprire le porte del futuro. Ecco come donne e uomini cambiano le loro vite con il vostro sostegno. Sconfiggiamo insieme la povertà. Donate ora: helvetas.org

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DOSSIER FONDAZIONI / FRANZISKA JUCH

DIFENDERE L’AUTONOMIA DELLE FONDAZIONI INTERVISTA A FRANZISKA JUCH*, DIRETTRICE DI SWISSFOUNDATIONS, L’ASSOCIAZIONE CHE RIUNISCE LE FONDAZIONI EROGATIVE SVIZZERE.

*Franziska Juch, nata nel 1979 nella Germania dell‘Est, ha studiato economia aziendale e gestione dell‘innovazione a Passau, Villingen-Schwenningen e Londra. Dopo aver ricoperto diverse posizioni nella gestione del marketing in Germania e all‘estero, si è trasferita in Svizzera nel 2008. Dal 2010 si occupa di comunicazione, gestione delle relazioni e raccolta fondi presso il Politecnico di Zurigo, la Fondazione ETH e la Fondazione Villaggio dei bambini Pestalozzi.

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al mese di giugno di quest’anno lei dirige SwissFoundations. Può raccontarci come opera questa associazione e quali sono i vostri scopi statutari? «SwissFoundations è stata fondata quasi 20 anni fa come iniziativa congiunta di undici fondazioni. L’intenzione era quella di dare alle fondazioni filantropiche svizzere una voce forte e indipendente. Il nostro numero di membri è salito oggi a 180, e questo positivo risultato ci conferma e ci consolida nel raggiungimento in questa missione. Un altro importante compito di SwissFoundations è quello di dare visibilità all’importanza sociale del settore delle fondazioni, ma anche di contribuire al suo continuo sviluppo. Insieme ai nostri soci vogliamo rafforzare il settore, generando un valore aggiunto per la società civile e l’economia nazionale. Una pietra miliare per questa crescita è stata la prima pubblicazione, nel 2005, del Codice delle fondazioni svizzere, che si è concentrato sull’impatto, la governance e la trasparenza e ha innescato una piccola rivoluzione nell’intero sistema delle fondazioni. Un altro passo importante per l’associazione è stata la strategia di apertura e dialogo volta a rafforzare la legittimità delle fondazioni erogative in Svizzera. Se vogliamo mantenere un ruolo rilevante, dobbiamo essere accessibili, visibili e aperti, avventurarci al di fuori dal nostro “Cosy-littleWorld” e mostrare ciò che facciamo e quali benefici ne derivano per la società. L’associazione sta inoltre sviluppando reti tra tutti gli attori del settore e a livello europeo. Proprio

quest’anno abbiamo visto quanto possa essere importante l’aiuto e il sostegno reciproco e quanto si possa trarre vantaggio dallo scambio reciproco di informazioni». Lei ha un profilo professionale molto interessante. Chi è Franziska Juch e come è arrivata a occuparsi di questa nuova sfida? «Sicuramente la mia carriera non ha seguito una linea retta. Dico sempre che la filantropia mi ha trovato. All’inizio ero concentrata su una carriera nel mondo degli affari, in quanto sono cresciuta nel contesto di un’azienda familiare, il che mi ha plasmato profondamente. Dopo dieci anni nel settore dei beni di consumo, ho poi utilizzato il mio bonus per finanziarmi un corso di perfezionamento in materie che mi hanno sempre privatamente interessato: storia e politica. In seguito ho capito una un aspetto per me centrale: preferisco seguire il mio intuito piuttosto che i consigli ricevuti. Ho scoperto la mia strada frequentando il Politecnico Federale di Zurigo. Ho scoperto il mondo della filantropia lavorando per la Fondazione ETH, e ho capito che era questo il mio destino. È nel mondo della filantropica che desidero dare il mio contributo, posso utilizzare il mio knowhow e mettere in rete le persone. Dopo sei anni mi sono trasferita alla Fondazione Pestalozzi per l’infanzia. Per me è sempre stato importante riuscire a creare quel “certo quid in più” e a dargli forma. E questo è ciò che mi ha entusiasmato della mia attuale posizione in SwissFoundations: le incredibili possibilità creative, le dinamiche e le persone».


DOSSIER FONDAZIONI / FRANZISKA JUCH

Rappresentando un quarto delle fondazioni svizzere, SwissFoundations è un player fondamentale per il settore filantropico del paese. Quale è la sua visione sul ruolo attuale dell’associazione? «SwissFoundations ispira, informa, crea reti. Quasi nessun altro anno l’ha dimostrato più chiaramente del 2019. Stiamo mobilitando il settore: i nostri soci e partner associati investono ora oltre un miliardo di CHF in progetti e iniziative di pubblica utilità. E questo in forme sempre più diversificate, ad esempio in progetti di cooperazione che come associazione siamo naturalmente lieti di sostenere. In futuro, vogliamo rendere ancora più visibili le fondazioni erogative di pubblica utilità come terza forza indipendente a fianco dello Stato e dell’economia. Una realtà che contribuisce a risolvere i problemi sociali come investitore sociale. Per creare a tal fine le migliori condizioni possibili ci stiamo battendo per preservare il contesto liberale e per il riconoscimento pubblico del lavoro delle fondazioni. Inoltre, è importante per noi, così come per i nostri membri, interrogarci in modo critico, perché solo così possiamo fare un buon lavoro a lungo termine. Come associazione offriamo i format necessari per dare vita a tutto questo: tavole rotonde tematiche e specifiche, simposi intersettoriali e gruppi di lavoro in cui i nostri soci possono scambiarsi informazioni sulle loro attività. Pubblicazioni come il Rapporto svizzero delle fondazioni e il Benchmark Report consentono alle fondazioni di guardare oltre “i propri confini”. Come sono organizzate le altre fondazioni? Quali sono gli argomenti e le tendenze che stanno plasmando il dibattito attuale? Il Codice svizzero delle fondazioni illustra ancora una volta come si presenta nella pratica il buon governo delle fondazioni di pubblica utilità. Una versione riveduta del codice, ormai consolidata anche a livello europeo, sarà pubblicata

nel 2021. Con questa varietà di format e pubblicazioni, possiamo impostare gli argomenti e creare una dinamica in linea con le prospettive del settore». La pandemia di Covid-19 ha cambiato le nostre vite e i nostri ritmi quotidiani. Dal suo punto di vista, in che modo queste recenti esperienze cambieranno il modo di lavorare delle fondazioni? «Tutto il mondo è stato improvvisamente scardinato e questo lascerà un segno duraturo anche nel mondo delle fondazioni. Più che mai, le fondazioni sono consapevoli della loro responsabilità come attori della società civile, mentre allo stesso tempo, sono state e sono tuttora naturalmente colpite dalle conseguenze della pandemia. Ho ascoltato spesso negli ultimi mesi le parole “servire”, “umiltà”, “partnership” e “insieme”. L’impegno delle fondazioni erogative va quindi ben oltre l’aspetto finanziario e questo atteggiamento mi colpisce ogni giorno. Vedere quanto la crisi sia stata affrontata attivamente e quanta fiducia sia stata riposta nei partner ha già cambiato il modo di operare delle fondazioni, a volte su grande come su piccola scala». In qualità di direttrice di SwissFoundations, lei è fortemente presente anche sulla scena internazionale: quali sono i temi principali del dibattito sulla filantropia nel mondo? «Solo grazie a un impegno deciso a livello internazionale insieme ai nostri partner europei e a un’eccellente collaborazione con le autorità svizzere, siamo riusciti per il momento a esonerare le fondazioni di pubblica utilità dallo scambio automatico di informazioni. DAFNE- Donors and Foundations Networks in Europe, Associazioni delle reti delle fondazioni erogative europee che SwissFoundations ha cooperato a fondare ha giocato un ruolo centrale in questo processo. Questo importante successo politico di

SwisFoundations ha dimostrato che in tempi di regolamentazione globale non basta avere una buona rete di contatti a Berna per proteggere le nostre condizioni quadro. I nostri partner europei funzionano per noi anche come un importante sistema di allerta precoce e ci supportano nel monitoraggio di varie tematiche: un compito che difficilmente potremmo gestire da soli». Quale cambiamento desidera apportare all’associazione e quali sono le linee di sviluppo nel prossimo futuro? «A livello nazionale è ancora preminente la salvaguardia delle condizioni quadro liberali e il posizionamento del settore come importante attore economico che non solo permette l’innovazione, ma preserva anche i valori e la cultura, crea posti di lavoro e diventa attraente per i giovani. SwissFoundations si è sempre vista più come un movimento che come un puro gruppo d’interesse. Insieme ai nostri soci e ai partner associati vogliamo mobilitare e sviluppare il settore e, insieme allo Stato e all’economia, affermarlo come terza forza della società. I tempi sono maturi per un’impresa del genere, poiché le crisi passate e presenti hanno creato un ambiente in cui l’importanza della società civile è stata chiaramente dimostrata a tutti. Le fondazioni come espressione e sostegno della società civile mettono in moto una serie di processi positivi di incredibile portata all’interno della società. Ci adoperiamo affinché anche in futuro possano continuare a farlo nel miglior modo possibile».

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DOSSIER FONDAZIONI / MARILENA CITELLI FRANCESE

LA CULTURA COME IMPEGNO MORALE

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INTERVISTA A MARILENA CITELLI FRANCESE, PRESIDENTE DI MUSADOC, ASSOCIAZIONE ATTIVA NELLA PROMOZIONE E NELLA COMUNICAZIONE DI EVENTI CULTURALI IN ITALIA E ALL’ESTERO.

uali esperienze hanno avuto un ruolo nella sua decisione di impegnarsi nella filantropia? «È un po’ imbarazzante definire se stessi, ma cercherò di essere molto concisa. Sono nata in Sicilia, ma solo perchè per mio padre il primogenito doveva nascere nella casa avita. Avrei dovuto essere maschio, poi a tre mesi mia madre ed io siamo rientrati a Milano dove i miei genitori vivevano e dove mio padre, magistrato, lavorava. Dovrebbe essere una data facile da ricordare in quanto arrivammo il giorno prima che la città venisse bombardata, 24 ottobre 1942, e vi assicuro che non è stato il mio arrivo a provocare una simile distruzione. Ho studiato a Milano (liceo classico), mio padre non avrebbe accettato nessun’altra scelta. Più tardi, laurea in Lettere antiche, volevo diventare archeologa, ma poi la vita decise in altro modo, mi sono sposata: alla fine Sessanta non sarebbe stato facile sovvertire un‘educazione che mai mi avrebbe consentito di lasciare casa e marito per seguire il mio sogno di scoprire siti sconosciuti. Mi sono perciò diplomata a Parigi alla scuola del Museo Camondo in architettura di interni, un’altra delle mie scelte, ma più facile da seguire. Sono sempre stata una ribelle e ho sempre pensato che la mia libertà l’avrei ottenuta solo con l’indipendenza economica». Che peso ha avuto la sua famiglia nella sua scelta di diventare mecenate? C’è una persona particolare che l’ ha ispirata? «Forse mio padre in maniera indiretta; mia madre era cattolica per cui per lei

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si trattava di fare beneficenza, cosa molto diversa da un impegno costante, mentre mio padre profondamente ateo stimava molto la filosofia protestante e credo sia stato lui per primo a dirmi che chi aveva doveva ridare, per un senso etico e di giustizia sociale, non già per un precetto religioso. Questo mio sentire ha trovato la sua strada quando mi sono risposata e sono andata a vivere a New York, dove è molto presente la necessità morale di dare agli altri anche come ringraziamento per quello che la vita ti ha donato. Molti, forse troppi, pensano a un interesse finanziario in quanto la legislazione americana ti permette di detrarre dalle tasse, secondo del tuo imponibile, le donazioni di beneficenza. Questo non per noi o per altre persone che conosco, e quando sono rimasta vedova il mio primo atto è stato esaudire il desiderio di mio marito: «Ho avuro molto dalla via, ora è giusto che quello che ho costruito aiuti altri non così fortunati». La mia fondazione si occupa dal 2001 di elargire borse di studio a ragazzi non abbienti che desiderano accedere a studi presso le migliori università americane». Quale è stato il fattore determinante che l’ha spinta ad impegnarti nella filantropia? C’è stato un momento preciso o forse è stato l’incontro con qualcuno? «Vivere a New York è stata per me una grande esperienza formativa, in tutti i sensi; quello che ho fatto e la persona che sono diventata lo devo a mio marito e alla città, dove sei sempre messa a contatto con realtà diverse, progetti e problemi, per cui sei obbligata a crescere per non rimanere un essere inerme».


DOSSIER FONDAZIONI / MARILENA CITELLI FRANCESE

Com’è nata la sua fondazione di diritto americano? «La Fondazione è una No Profit Foundation e il suo ambito di intervento è molto ristretto, si occupa solo di educazione scolastica senza nessuna preclusione nè religiosa nè etnica. Sono due gli standard di accesso, il profilo studentesco e la mancanza di risorse finanziarie. Io mi sono volutamente esclusa dall’amministrazione e dalla scelta dei candidati che vengono valutati da un board di avvocati e professori». Di quali progetti si occupa la fondazione? «Come dicevo il nostro scopo è quello di accompagnare studenti eccellenti nel loro percorso fino al conseguimento di una laurea. Credo che in un mondo che diventa sempre più competitivo una buona educazione scolastica sia la base per una società piu evoluta e democratica. E per me è una gioia incredibile leggere i reports degli studenti che ce la fanno». Come è nata invece Musadoc e di che cosa si tratta? «Nel 2003 mio marito è stato trasferito in veste di Ambasciatore italiano nella Confederazione Svizzera dall’ONU a Berna, una città che ho molto amato. Avevo subito avvertito mio marito che non mi sarei accontentata di fare le tartine per la festa nazionale del 2 giugno, e che avrei voluto essere di aiuto nell‘ individuare occasioni per parlare dell’Italia e della sua cultura. Abbiamo organizzato eventi molto interessanti che credo siano piaciuti ai nostri ospiti svizzeri e alla comunità italiana. Il primo è stato particolarmente faticoso in quanto abbiamo svuotato l’Ambasciata per poter mettere in mostra importantissime opere dell’arte moderna italiana e l’Ambasciata è rimasta aperta al pubblico per un mese. Arrivando a Roma mi sono occupata di organizzare altri eventi ma sempre no profit (www.musadoc.it)».

Quale filosofia e quali obbiettivi sono alla base di questo progetto? «Musadoc è un’associazione culturale senza scopo di lucro e credo che questo status ci dia molta libertà nella scelta dei progetti. Ho accettato di diventarne Presidente di Musadoc perché lo status dell‘Associazione mi ha dato la libertà di attivarmi per progetti che non fossero condizionati dal guadagno. Alla mia età trovavo giusto continuare ad attivarmi per quegli ideali che avevano nutrito la mia gioventù. Abbiamo bisogno di creare opportunità di dialogo e di confronto, e la cultura è uno straordinario veicolo per abbattere quei muri che ci isolano, abdicando così a dei principi morali che sono alla base delle nostre democrazie».

*Nel 2009 ha organizzato, come presidente degli Amici del Museo di Israele a Gerusalemme, presso l’Auditorium di Roma, il concerto “In memoria di Yitzhak Rabin”, diretto dal Maestro Lorin Maazel. Ogni anno dal 2014 organizza per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri un concerto per il Giorno della Memoria con il coinvolgimento di artisti di prestigio internazionale. Dopo l’11 settembre ha creato l’associazione Women For Cross Cultural Understanding, convinta che le donne hanno e avranno un ruolo sempre più importante nella lotta contro la discriminazione razziale e dal 2019 fa parte del Board della Casa Italiana alla New York University, fondata dalla filantropa italiana Mariuccia Zerilli Marimo e dal 2019 del Board di Visionarie, donne tra cinema, tv e racconto.

Parliamo di Covid 19: in quale modo la pandemia ha modificato e modificherà le relazioni fra filantropi e stato? Come pubblico e privato possono interagire ed eventualmente collaborare? «Spero vivamente che il Covid possa influire e modificare i rapporti tra filantropi e Stato: questa pandemia forse aiutera a capire che i progetti importanti hanno bisogno dello sforzo del privato e del pubblico. L’obbiettivo deve essere comune perchè la filantropia individua e analizza il progetto, ma il pubblico ha il dovere di essere più pragmatico per poter parlare poi di un successo a lungo termine». Da ultimo: quale è la sua visione per la filantropia del futuro? Credo che la filantropia dovrebbe essere una materia di studio nelle scuole superiori; dobbiamo insegnare ai ragazzi che occuparsi del bene comune è un dovere, il bene tuo è anche il mio, e un tuo successo a cui io ho partecipato sostenendoti è il successo della società in cui viviamo. Siamo una catena e in un mondo globale ci devono essere degli ideali che ci aiutino a non creare muri: la filantropia può essere un giusto mezzo per raggiungere grandi risultati». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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DOSSIER FONDAZIONI / OLIVIER DESSIBOURG

LA SCIENZA A SUPPORTO DELLA DIPLOMAZIA INTERVISTA CON OLIVIER DESSIBOURG*, DIRETTORE DELLA COMUNICAZIONE SCIENTIFICA DELLA FONDAZIONE GESDA (GENEVA SCIENCE AND DIPLOMACY ANTICIPATOR), DEDICATA ALLA DIPLOMAZIA SCIENTIFICA.

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ntrata in funzione il 1° gennaio 2020, la Fondazione GESDA è un progetto ancora in fase di avvio. Può raccontarci brevemente la sua genesi? «Nel 2015 la Direzione del Dipartimento federale degli affari esteri ha chiesto a un gruppo di lavoro di formulare raccomandazioni concrete per sviluppare il prestigio di Ginevra e della Svizzera presso le organizzazioni internazionali. Questo gruppo di lavoro ha registrato il fatto che il mondo sta vivendo un’accelerazione senza precedenti, guidata dalla scienza e dalla tecnologia: un movimento che a volte è difficile seguire da parte di coloro che non vi sono direttamente coinvolti. Inoltre, questa accelerazione pone i governi nazionali e sovranazionali di fronte a nuove sfide: regolare lo sviluppo scientifico e tecnologico in un mondo globalizzato, garantendo al tempo stesso che l’intera popolazione mondiale benefici delle opportunità che ne possono derivare. Il Consigliere federale Ignazio Cassis ha voluto dare un seguito concreto a questo rapporto, incoraggiando l’istituzione della fondazione GESDA (per l’Anticipatore della scienza e della diplomazia di Ginevra) con l’idea di rispondere a questa duplice constatazione. Questa fondazione è attiva dal settembre 2019». Quali sono gli scopi statutari di Fondazione GESDA e quale la strategia di intervento? «Obbiettivo della Fondazione è quello di promuovere la Svizzera come Paese ospitante per le organizzazioni internazionali multilaterali, quelle con sede a Ginevra (comprese le Nazioni Unite)

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Ph: ©LeaKloos

ma anche tutte le istituzioni di altri Paesi che sono interessate a interagire con questo ecosistema. Questo scopo è perseguito creando uno strumento che permetta da un lato di individuare i grandi temi della governance globale di domani legati al progresso scientifico e, dall’altro, di sviluppare modalità di sostegno alle quali gli attori internazionali, statali o non statali, con sede in Svizzera e nel mondo, potranno rispondere raccogliendo la sfida di agire secondo lo stesso ritmo dell’accelerazione scientifica e tecnologica. A


DOSSIER FONDAZIONI / OLIVIER DESSIBOURG

tal fine, GESDA si ispira al mondo delle start-up e del capitale di rischio, mobilita il know-how scientifico svizzero come strumento unificante al servizio della diplomazia svizzera e mondiale e associa la filantropia locale e internazionale al suo approccio». Quale modello di finanziamento avete adottato? «Il principio adottato è quello di un partenariato tra GESDA, autorità pubbliche e istituzioni filantropiche interessate a finanziare soluzioni che possano accelerare la risoluzione delle sfide globali. Per la sua fase di lancio, tra il 2019 e il 2022, GESDA beneficia del sostegno finanziario della Confederazione, del Cantone e della Città di Ginevra, nonché dell’aiuto di una fondazione istituita a Ginevra». L’innovazione è un concetto cardine in un mondo che cambia velocemente. Come la perseguite e quali sono i temi che contraddistinguono la vostra azione? «Più che di innovazione, parliamo di anticipazione. L’ambizione di GESDA è prima di tutto quella di anticipare e identificare, con orizzonti temporali vicini e lontani, i progressi scientifici che potenzialmente stravolgeranno chi siamo come esseri umani, come vivremo nella società e come il nostro ambiente sarà trasformato. Sono stati scelti quattro campi scientifici d’azione: la rivoluzione quantistica e l’intelligenza artificiale avanzata, l’incremento umano, la rigenerazione ecologica e la geoingegneria, e la scienza e la diplomazia come campo di ricerca implicito. Poi, sulla base di questo panorama anticipatore, l’idea è quella di trasformare questi progressi scientifici in strumenti o “soluzioni” inclusivi e globali; chiamiamo “soluzioni” a volte una nuova istituzione internazionale dedicata alla scienza, a volte un nuovo organismo di regolamentazione della scienza, un fondo di ricerca all’avan-

guardia, e così via. L’interesse sarebbe che la sede di queste future istituzioni si trovasse in Svizzera, in particolare a Ginevra. È importante sottolineare che questo approccio non sarà affidato solo agli scienziati, ma comprenderà, fin dalle prime fasi della sua concezione, attori di diversa estrazione professionale: la diplomazia in primo luogo - in quanto tale, la Ginevra internazionale è il luogo ideale per iniziative di questo tipo - ma anche la filantropia, l’industria e, naturalmente, i cittadini di tutto il mondo. Affidandosi in modo innovativo all’anticipazione scientifica, l’obiettivo è quello di immaginare un processo che possa diventare un nuovo strumento per la diplomazia multilaterale».

dello sviluppo di soluzioni che coinvolgono gli ambienti diplomatici GESDA vuole ridurre il gap temporale che separa ogni progresso scientifico dalla sua realizzazione a beneficio di tutti gli abitanti del pianeta. L’idea principale è quella di usare il futuro per costruire il presente. È chiaro che un piano di questo tipo, mirato a soluzioni globali e inclusive, richiede notevoli risorse finanziarie: è qui che la filantropia globale ha un ruolo importante da svolgere».

Quali progetti vi impegnano in questo momento? «L’obiettivo finale di GESDA è quello di dare forma ai propri progetti, che poi aiuterà a lanciare. Nel frattempo, stiamo sostenendo due progetti. Il primo è I-DAIR (International Digital Health & AI Research Collaborative) che si occupa dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale a favore della salute, con sede presso il Graduate Institute di Ginevra. Il secondo è la creazione di un Centro per la scienza nella diplomazia, sviluppato dall’Università di Ginevra e dal Politecnico di Zurigo, dedicato alla modellazione dei conflitti e all’”ingegneria della negoziazione”». Fondazione GESDA ha già attivato sinergie con altre fondazioni o partner privati? «Il processo è in corso, con la Fondazione Botnar di Basilea che sostiene il progetto I-DAIR. E siamo in contatto con diverse altre istituzioni». Qual è la vostra visione per il 2021? In che modo il mondo della filantropia può rispondere adeguatamente alle crescenti sfide della società? «Con questo duplice compito - anticipazione scientifica, e accelerazione

*Fisico e matematico, Olivier Dessibourg è giornalista scientifico dal 2000, in un primo tempo per Le Temps, poi per Le Monde e NewScientist. Nel 2019 ha co-fondato Heidi. news, giornale online dedicato alla scienza. Presidente dell‘Associazione svizzera di giornalismo scientifico (2012-2019), ha guidato la Conferenza mondiale dei giornalisti scientifici a Losanna nel 2019. Autore di libri, docente, è oggi direttore della comunicazione scientifica della Fondazione GESDA (Geneva Science and Diplomacy Anticipator), dedicata alla diplomazia scientifica.

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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE SVIZZERA-MADAGASCAR

UN AIUTO PER FAVORIRE LO SVILUPPO LA FONDAZIONE SVIZZERA MADAGASCAR (FSM) È ATTIVAMENTE IMPEGNATA IN INTERVENTI MIRATI, ATTI A SODDISFARE I BISOGNI PRIMARI DEGLI ABITANTI DEL MADAGASCAR. CE NE PARLA LA SUA PRESIDENTE, AVV. PERUCCHI BORSA.

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uole raccontarci i principali aspetti della sua attività e della sua vita professionale? «Sono avvocato e notaio. Per 20 anni ho esercitato politica attiva quale Consigliere comunale di Lugano, rivestendo per 10 anni il ruolo di capogruppo. Sin da adolescente, ho sentito come importante partecipare attivamente alla realizzazione di una società e di un mondo che ogni giorno spero diventi migliore. Anche se quello che faccio risulta una goccia nell’oceano, talvolta probabilmente anche inutile, non potrei rimanere alla finestra a guardare. Fa parte del mio modo di essere e di pensare alla vita. Esprimo l’amore per la vita anche attraverso l’amore per il bello. Mi piacciono l’ar-

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te, la musica, l’architettura, insomma la cultura in genere, che è – a mio parere – il vero mezzo per vincere l’odio, la paura, l’intolleranza. Queste scelte si concretizzano nella mia attività extra professionale, che esercito in alcune associazioni culturali e sociali. Ad esempio nella Fondazione Svizzera Madagascar (FSM), di cui sono presidente dal 2016». Come nasce la Fondazione Svizzera Madagascar? «Maurizio Botti con un gruppo di amici si recò all’inizio degli anni ‘90 in Madagascar. Da questo viaggio attraverso un Paese che presentava una miseria estrema nacque l’impulso spontaneo ad aiutare la popolazione malgascia a migliorare le proprie basi-


DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE SVIZZERA-MADAGASCAR

lari condizioni di vita. Dal 2002 al 2016, la FSM è stata presieduta da Mascia Cantoni, ora presidente onoraria. Coadiuvata dall’ing. Fiorenzo Melera, nostro delegato residente a Nosy Be, Mascia Cantoni è riuscita a realizzare progetti importanti». Qual è lo scopo statutario della fondazione? «La Fondazione Svizzera Madagascar (FSM) è un’organizzazione di aiuto allo sviluppo non governativa (ONG), apolitica, aconfessionale e senza scopo di lucro. Riconosciuta dallo Stato malgascio, grazie ad un “Accord de siège”, svolge la sua attività a Nosy Be, un’isola situata sulla costa nord-occidentale del Madagascar. Dal 2014, FSM è stata riconosciuta come membro dell’Ordine Nazionale della Repubblica del Madagascar. Mascia Cantoni e Fiorenzo Melera sono stati nominati Cavalieri dell’Ordine Nazionale del Madagascar. Dal 1993 la FSM è attivamente impegnata in interventi mirati, senza imposizioni e senza intermediari, atti a soddisfare i bisogni primari degli abitanti del Madagascar: salute, istruzione e ambiente. Non è un’organizzazione caritatevole, opera in modo attivo, sostenendo la popolazione aiutata nel raggiungimento del proprio autonomo sviluppo. Il modello prevede la sinergia di micro-interventi in vari settori: ambiente, educazione, sanità sociale, agricoltura, turismo, servizi, ecc. La nostra strategia è quella di: promuovere iniziative tendenti allo sviluppo sanitario e sociale, attraverso la creazione di infrastrutture di base; creare le condizioni per uno sviluppo economico attraverso iniziative che rispettino la cultura, le tradizioni, l’etica, la popolazione locale e l’ambiente; promuovere conoscenze scientifiche. Inoltre, negli anni passati, abbiamo cercato di instaurare una rete di cooperazione bilaterale che prevede attività di gemellaggio fra Madagascar e Svizzera».

Che progetti ha sostenuto la fondazione e perché? «In oltre 26 anni di attività, FSM ha costruito numerose scuole dell’infanzia e dispensari sull’isola di Nosy Be. Il progetto più importante è costituito dalla costruzione di 21 acquedotti con le annesse infrastrutture in altrettanti villaggi; ciò ha portato ad esempio ad una drastica diminuzione delle morti infantili. Abbiamo costruito e gestito una scuola di formazione turistica-alberghiera per i giovani che poi hanno trovato lavoro nelle infrastrutture che via via sono cresciute sull’isola di Nosy Be. Vi sono inoltre stati altri progetti quali ad esempio la collaborazione nella formazione della Riserva naturale di Lokobe oppure il finanziamento per la sistemazione della diga di Andrianankonko che ha permesso nuovamente la produzione di riso su un largo territorio, prima invaso dal mare. Da anni organizziamo regolari corsi di formazione per gli insegnanti della scuole (dell’infanzia sino al liceo). Ora stiamo sostenendo il Centro Sanitario Santa Maria delle Grazie, finanziando la costruzione di impianti (elettrico, solare), l’acquisto di apparecchiature mediche (stiamo acquistando un’incubatrice), le spese di gestione e la formazione del personale paramedico ed infermieristico». Parliamo della pandemia. Come ha vissuto personalmente gli ultimi mesi e a quali progettualità ha dato vita con la sua fondazione in questo periodo? «Ho cercato di vivere serenamente questo periodo, godendo molto nello stare in famiglia. Certo non sono mancate le preoccupazioni in relazione a chi ci sta vicino, alla nostra professione e, più in generale, alla situazione nel nostro Paese e nel mondo. A Nosy Be dove operiamo in Madagascar la situazione è tragica, essendo venuta a mancare la maggior fonte per il loro sostentamento: il turismo. Il nostro delegato residente, che era rientrato in

Svizzera come usualmente prima del lockdown, è ancora bloccato qui. Seguiamo comunque i “nostri” progetti, in particolare l’Ospedale Santa Maria delle Grazie e il nostro centro di formazione turistica-alberghiera dove abbiamo avuto un cambio di direzione e controlliamo l’implementazione della nuova organizzazione scolastica». Qual è la sua visione e che cosa deve cambiare nella filantropia svizzera affinché diventi ancora più efficiente? «Sono membro del Consiglio di Fondazione di altre Fondazioni che operano sia localmente sia internazionalmente. Solo FSM è membro della FOSIT, la Federazione mantello delle ONG della Svizzera Italiana. FOSIT favorisce la conoscenza reciproca, controlla la qualità istituzionale ed operativa delle ONG, gestisce il credito federale per i progetti di cooperazione allo sviluppo.L'onere che ne risulta per le ONG potrebbe però essere demotivante. Si potrebbe cioè pensare che sia più semplice operare da soli. Parlare dunque di efficienza per la filantropia potrebbe comportare il rischio che essa diventi una professione. Bisogna invece cercare il giusto equilibrio tra libertà di scegliere come operare in un Paese (anche nel proprio), e tutela e controllo dell’uso dei mezzi forniti alle ONG (dai privati e dagli enti pubblici). D’altronde, anche se guardo ad associazioni private che operano in Svizzera di cui faccio parte, ritengo che debbano potersi adoperare, con lo scopo del bene pubblico, nel modo da esse scelto, ovviamente nel pieno rispetto dell’ordinamento legislativo e dei principi etici e morali».

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DOSSIER FONDAZIONI / FONDAZIONE PAT SCHAFHAUSER

DALLA PARTE DEI GIOCATORI E DEGLI SPORTIVI BEAT KAUFMANN, MEMBRO DEL CONSIGLIO DI FONDAZIONE, PRESENTA L’ATTIVITÀ E I PROGETTI DI UN’ISTITUZIONE CHE OFFRE UN IMPORTANTE SUPPORTO AI GIOCATORI INFORTUNATI E FAVORISCE LA SALUTE E LA PREVENZIONE NELLO SPORT DELL’HOCKEY SU GHIACCIO.

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uando è stata istituita la Fondazione e quali obbiettivi si prefigge di raggiungere? «La data di fondazione risale al 1997 e l’episodio che ha dato origine a questo progetto è stato l’incidente occorso a Pat Schafhauser, giocatore professionista dell’Hockey Club Lugano, due anni prima. Fin dall’inizio l’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di assicurare un sostegno finanziario nelle situazioni di grave urgenza delle persone e, più in generale, di offrire un finanziamento a progetti nell’ambito della prevenzione di incidenti sportivi e per la promozione della salute».

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Nel dettaglio, quali sono stati i progetti su cui avete focalizzato la vostra attenzione? «Accanto al sostegno finanziario ai giocatori infortunati, che resta uno dei nostri principali ambiti di intervento, ci siamo occupati di formazione d’urgenza per allenatori, persone di sostegno e funzionari in seno allo sport. Inoltre, abbiamo favorito la realizzazione di test relativi agli impatti per i U20-Elit, in SL e in NL, nonché tests legati alle balaustre che assorbono gli urti. Abbiamo inoltre offerto un sostegno finanziario a campagne quali Return to Play, Drink with Respect, Cool and Clean». Negli ultimi mesi avete avviato un rinnovamento della vostra fondazione… «Mi piace riportare una massima di Albert Einstein : «È stupido, anno dopo anno, fare la stessa cosa e pensare che il risultato possa essere diverso!». Dunque se vogliamo migliorare, siamo obbligati di cambiare qualche cosa. La fondazione deve essere integrata nel « sistema » hockey, la cui base sono i giocatori e gli arbitri, che devono conoscere la fondazione e le sue prestazioni. Il Consiglio di fondazione deve essere completato con dei rappresentanti della base: non può essere infatti una fondazione composta esclusivamente da rappresentanti dei club e delle associazioni». In particolare, quali saranno le più importanti novità? «Lo statuto ed i regolamenti esistenti della fondazione devono essere adatta-

ti allo stretto necessario. Se da un lato gli attuali obiettivi della fondazione rimangono inalterati, essa deve essere sostenuta anche da un’associazione che possa godere di maggiore flessibilità e avvicinarsi alla base, grazie all’istituzione di un apposito comitato. L’associazione dovrebbe avere la possibilità di generare dei mezzi finanziari al fine di sostenere la fondazione». Qual è il suo auspicio per il futuro della fondazione? «Oggi più che mai è necessario poter contare sul sostegno di tutti nel promuovere la fondazione e l’associazione per essere certi che i giocatori e i genitori dei giovani e dei ragazzi siano al corrente di ciò che la fondazione svolge e dei suoi obiettivi. Un apporto finanziario è certo importante, ma vi è anche un aspetto etico e morale; abbiamo bisogno di una struttura, capace di sostenere i colleghi che hanno subito un incidente e che non possono essere assolutamente dimenticati dall’oggi al domani».


DOSSIER FONDAZIONI / SERGIO MANTEGAZZA

UN CONTRIBUTO ALLA CRESCITA DELLE TERAPIE INTENSIVE

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ià lo scorso marzo, in piena emergenza sanitaria Covid-19, la Clinica Luganese Moncucco si era fatto carico delle sue responsabilità aumentando le proprie capacità di prendersi cura dei pazienti in terapia intensiva. All’aumentare dei casi di positività al virus corrisponde una maggiore pressione su questi reparti, un’equazione ormai tristemente nota in molte realtà ospedaliere. Forti però dell’esperienza maturata nel corso della prima ondata, la Clinica Moncucco si è preparata a far fronte a questa possibile seconda emergenza. A supporto della Clinica, questa volta, è intervenuto anche Sergio Mantegazza: attraverso un’importante donazione - pari a 1 milione di franchi – ha contribuito in maniera decisiva alla realizzazione dei 12 posti letto polifunzionali, per pazienti di cure intense in caso di emergenza. La messa in atto del progetto è stata intrapresa dalla Clinica già in estate per far fronte a una seconda ondata e sviluppata nel dettaglio nelle scorse settimane per mettere a disposizione dei pazienti una soluzione logistica ottimale in termini di sicurezza e confort, vincolando il meno possibile la capacità operativa degli altri servizi e attività normali della clinica. Questa soluzione permette di avere a disposizione letti aggiuntivi in tempi molto brevi, qualora sia necessario. «La particolarità degli spazi appena terminati e soprattutto lo standard elevato che i posti letto di cure intense impongono, hanno reso

l’investimento previsto molto elevato» ha spiegato Christian Camponovo, Direttore della Clinica Luganese Moncucco. «Grazie al contributo di importanti donatori possiamo ora presentare ulteriori camere in grado di accogliere pazienti monitorizzati che richiedono prestazioni tipiche delle cure intense, compresa la ventilazione meccanica». Il sostegno alla Clinica Moncucco si inserisce in un impegno più ampio nel favorire, promuovere e sostenere scopi di pubblica utilità da parte del Sergio Mantegazza, attivo anche attraverso la sua Fondazione Metis Sergio Mantegazza. «Una minaccia così importante del tessuto sanitario ticinese, richiedeva un’altresì pronta e concreta risposta. Per questo motivo ci siamo mossi sin da subito a sostegno della Moncucco, per poter combattere insieme questa battaglia» ha dichiarato Sergio Mantegazza. «Siamo contenti, inoltre, che questo aiuto possa contribuire a salvaguardare l’operatività della Clinica in un periodo di grande pressione e anche per le sfide che presenterà il futuro». La situazione che il mondo sta vivendo con il Covid-19 ha reso palese quanto la preparazione e la solidità del sistema sanitario sia cruciale, non soltanto per tutelare la salute dei cittadini, ma anche per garantire la continuità della vita economica e sociale delle comunità. Grazie all’impegno della Clinica Luganese Moncucco e al generoso sostegno di benefattori privati un altro passo verso questa auspicata solidità è stato fatto in Ticino.

CLINICA LUGANESE MONCUCCO E SERGIO MANTEGAZZA FORMANO UN FRONTE UNITO PER LA REALIZZAZIONE DI 12 NUOVI POSTI LETTO PER PAZIENTI DI CURE INTENSE.

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DOSSIER FONDAZIONI / CHILDREN OF AFRICA

DALLA PARTE DELLE RAGAZZE KENIOTE CAROLINA BERNASCONI PRESENTA L’ATTIVITÀ DI UNA FONDAZIONE IMPEGNATA IN VARIE ATTIVITÀ A SOSTEGNO DI BAMBINI E GIOVANI, SOPRATTUTTO RAGAZZE, IN KENYA, PER DARE LORO UN’ISTRUZIONE E AVVIARLI AL LAVORO.

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uali sono le motivazioni che hanno portato alla fondazione di Children of Africa? «L’iniziativa è nata nel 2002 in seguito ad un viaggio in Kenya di due amiche, di cui una era mia madre, che decisero di offrire un aiuto concreto a persone che vivono in condizioni di grande disagio economico e sociale, in particolare ragazze che incontrano grandi difficoltà nel frequentare le scuole ed essere avviate ad un lavoro. L’opera è stata dedicata alla memoria del giovane Domizio Lepori, scomparso tragicamente nell’affondamento del traghetto Joola in Senegal, la cui esistenza è stata caratterizzata da un profondo impegno a favore degli emarginati del pianeta».

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A settembre abbiamo registrato un nuovo nome per la Fondazione: Children of Africa Foundation. Questa decisione è nata dall’esigenza di unire le due anime della nostra organizzazione: quella svizzera, fondata a Lugano nel 2002 e conosciuta fino ad oggi con il nome di Fondazione Child to Child for Africa e quella keniota, fondata nel 2005 con il nome di Children of Africa Organization. Abbiamo pensato che fosse l’occasione perfetta per creare un nuovo logo, partendo proprio dalla fusione degli elementi che caratterizzano le nostre due realtà. Per questo abbiamo scelto il colore rosso, che simboleggia la terra del Kenya ed è anche il colore che contraddistingue la Svizzera. Il cerchio rappresenta totalità, pienezza e


DOSSIER FONDAZIONI / CHILDREN OF AFRICA

armonia e racchiude l’intera comunità dando voce alle persone che ne fanno parte e supportandone la crescita. Quali sono i principali interventi realizzati? «Nel 2011 è inaugurato il centro per la formazione professionale femminile Mama Lorenza’s Vocational Centre, che ospita ogni anno 64 studentesse e ha uno staff composto da 10 interni e 6 esterni, tutti locali. La formazione si articola in due distinti settori: sartoria e lavorazione della pelle e parrucchiera ed estetista. Le ragazze seguono inoltre corsi di management, life skills, cucina, svolgono attività fisica e aiutano nella coltivazione dell’orto, situato all’interno del centro. Con lo scopo di rendere il centro auto sostenibile, abbiamo avviato piccole attività generatrici di reddito: coltivazione di frutta e verdura, allevamento di polli, produzione di pane e relativa vendita e corsi brevi in sartoria, parrucchiera e informatica, aperti alla comunità, che si tengono durante i mesi di vacanze scolastiche. La struttura, situata su un terreno di 1,7 ettari, comprende aule, dormitori, cucine e refettorio, uffici, showroom e saloon, campo da gioco, orto e laboratorio Emèl». Nell’impostazione del vostro progetto alla formazione deve seguire l’avviamento al lavoro… «A tale scopo abbiamo infatti costituito Emèl, piccola impresa sociale femminile nata dall’esigenza di sostenibilità di tutti i progetti della fondazione e della scuola professionale Mama

Lorenza’s Vocational Centre a cui è profondamente legata, con l’obbiettivo di concretizzare il lavoro di anni e di dare una possibilità di impiego alle ragazze uscenti, in un ambiente protetto e che tuteli i diritti delle lavoratrici donne. Grazie a Emèl disegniamo, produciamo e commercializziamo prodotti fatti a mano e di alta qualità, utilizzando esclusivamente materiali reperibili in loco e coltivando le abilità manuali e artistiche delle giovani donne keniote. In collaborazione con l’azienda Rift Africa di Nairobi, a novembre 2019 è stato aperto un punto vendita a Diani Beach, all’interno del Diani Shopping Center, la cui attività ha poi purtroppo subito una sospensione di due mesi a causa della pandemia. In progetto abbiamo anche la vendita dei prodotti online in tutta Europa». Su quali altri progetti state lavorando? «Abbiamo avviato un progetto di adozione a distanza grazie al quale nel 2019 abbiamo sostenuto 82 bambini provenienti da 68 nuclei familiari, raggiungendo circa 400 beneficiari diretti, coordinato da un’assistente sociale locale. Le attività che vengono svolte sono: inserimento dei bambini a scuola; tutela sanitaria, assistenza alimentare e supporto psicologico; accompagnamento e organizzazione di incontri formativi su tematiche chiave per i genitori; accompagnamento per l’avvio di attività generatrici di reddito per i genitori».

In che modo intendete fare conoscere le vostre iniziative? «Tra marzo a settembre abbiamo lavorato con il professore Enrico Rossi, di SUPSI, che si è proposto di offrire una consulenza per analizzare il posizionamento del nostro brand e sviluppare successivamente una strategia di comunicazione e marketing, nella prospettiva di una collaborazione con il Corso di laurea in Comunicazione Visiva di SUPSI. Il rapporto con gli studenti del corso durerà fino a gennaio e il risultato saranno sei video sulle nostre attività e progetti che ci aiuteranno a presentarci, oltre che a raggiungere potenziali nuovi donatori. Inoltre, abbiamo un sito e siamo presenti su tutti i principali social media, Per portare avanti i nostri progetti in Kenya abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Si può sostenere Children of Africa con una donazione, adottando un bambino a distanza, acquistando uno dei bellissimi prodotti Emèl, unendosi al nostro team di volontari o aiutandoci a far conoscere la nostra missione». www.childrenofafrica.ngo

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AZIENDE / SPESA ONLINE

COME CAMBIANO LE VENDITE 01

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Enzo Lucibello

Lorenza Sommaruga

DA PIÙ PARTI SI SENTE DIRE CHE DOPO LA PANDEMIA NULLA SARÀ COME PRIME. GLI ESPERTI CI RACCONTANO COME SARÀ LA GRANDE DISTRIBUZIONE NEL CORSO DEI PROSSIMI ANNI. DI PAOLA BERNASCONI

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a crisi legata al Coronavirus e il susseguente lockdown hanno messo in primo piano la pratica della spesa online: praticamente tutti i grandi magazzini alimentari hanno attivato, se non lo avevano già, oppure implementato, un servizio di consegna a domicilio di quel che si acquistava tramite Internet. Una formula che è piaciuta, ma quale sarà il suo futuro? Il periodo di chiusura forzata ha portato a una modifica delle abitudini degli acquirenti ticinesi? Aspettando volutamente qualche tempo dopo la riapertura dei confini con l’Italia, abbiamo interpellato sul tema Enzo Lucibello, presidente della DISTI (l’associazione dei grandi distributori ticinesi, alla quale aderiscono le maggiori insegne della grande distribuzione e i centri commerciali per discutere e realizzare progetti comuni a sostegno dell‘economia e del commercio ticinesi, con oltre 300 negozi e i loro 6’000

collaboratori) e Lorenza Sommaruga, sua omologa in Federcommerco (che oltre alla grande distribuzione raggruppa anche alcune società di commercianti regionali, per un totale di circa un migliaio di negozi e 15mila collaboratori). Per entrambi, l’esperienza della spesa online è stata positiva. «Ne hanno beneficiato soprattutto coloro che hanno avuto difficoltà di movimento, penso in particolare alle persone anziane», spiega Lucibello, riferendosi all’alimentare. «Un grande grazie va ovviamente al personale, che è stato paziente e ha fornito un servizio essenziale, perché se anche questo settore avesse dovuto chiudere, non ci saremmo potuto approvvigionare». Gli fa eco Sommaruga: «Ritengo che con questo metodo la grande distribuzione abbia potuto continuare a vendere, sicuramente il comparto alimentare è quello che ne ha beneficiato maggiormente. È stato utile anche per i medi e piccoli commerci che hanno un proprio ecommerce». Lucibello sottolinea come molti nel suo capo manterranno il servizio, ciascuno articolandolo come meglio crede, mentre Sommaruga parla dell’accelerazione di una tendenza già in atto. «Le vendite online erano in continua crescita e sicuramente il periodo di lockdown ha segnato una velocizzazione del fenomeno. Ha fatto capire anche ai più restii come sia un metodo sicuro, pratico e veloce. Le realtà che non avevano un servizio ecommerce ne hanno risentito e vogliono certamente realizzarlo. Pensiamo ad alcuni brand, nella vicina Italia, che hanno addirittura chiuso le loro sedi perché riuscivano a vendere molto bene online».


AZIENDE / SPESA ONLINE 03 01 Ph: ©RSI 02 Ph: ©Ticinonews 03 Lorenza Sommaruga (Federcommercio) ed Enzo Lucibello (DISTI) Ph: ©RSI

Una realtà che è ben lontana da quella ticinese. «La spesa online non sostituirà mai quella in negozio, in particolar modo per la generazione di mezzo, mentre per i ventenni è un sistema di avere tutto a casa comodamente», analizza Enzo Lucibello. «Gli acquisti, quando si parla di cibo, vanno fatti anche con gli occhi, con il naso, con le emozioni, coi sapori». Per Sommaruga, «è impensabile immaginare un Ticino dove si acquisti solo online, la vendita tradizionale non potrà mai scomparire, significherebbe la fine di tutti i negozi al dettaglio. Comprare sul posto mette l’accento sul contatto umano, che è qualcosa di fantastico. Sono però convinta che si debba guardare anche all’altra soluzione, lo si doveva fare prima e ora il lockdown ha dato un’accelerata importantissima». Il periodo di lockdown è combaciato con un momento in cui le frontiere erano chiuse. Ora che si può di nuovo effettuare la spesa, alimentare e non, in Italia, abbiamo chiesto ai nostri interlocutori un mini bilancio. «Una lieve differenza, in calo, si è sentita da quando si sono riaperte le frontiere», ammette Lorenza Sommaruga. «D’altra parte il periodo coincideva con la chiusura delle scuole, che segnano sempre un calo negli affari, con molta gente che è via per ferie. C’è invece un ottimo flusso di turisti. In generale, sono sicura che la gente abbia capito come si possa fare bene la spesa anche in Ticino, dove i prezzi sono allineati a

quelli italiani da anni, evitando peraltro trasferte all’estero e code». Concorda Lucibello: «Non c’è stata una fuga verso l’Italia, il ticinese ha compreso quanto sia bello comprare da noi, senza fare chilometri e affrontare assembramenti. Nel nostro settore, quando era chiusa anche la ristorazione, abbiamo potuto saggiare il potenziale massimo del mercato: ovviamente, in una libera concorrenza, non possiamo aspirare a quello e non demonizziamo neppure chi va oltre frontiera per ragioni di portafoglio». Tutti e due però desiderano che sia chiaro un punto: i soldi spesi in Ticino restano in Ticino, sotto forma di salari, di investimenti, di imposte. Puntava su quello la campagna “RiparTIamo, tutti insieme per un Ticino più forte” di Federcommercio, per esempio. Per quanto concerne un eventuale secondo lockdown, che nessuno ovviamente si augura, Lucibello spiega come ogni azienda abbia fatto i suoi piani e come non esista un modo assoluto di comportarsi. Sommaruga è categorica: Non potremo permettercelo» e richiama alla responsabilità individuale. «Gli esperti dicono che in autunno il problema si ripresenterà, la responsabilità non può essere solo di alcuni settori, in un contesto come questo tutti dobbiamo fare quadro, restare uniti e cercare di contenere i danni. Dovesse avvenire una seconda chiusura, avrebbe impatti significativi sul commercio». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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AZIENDE / SPESA ONLINE

IL BOOM DELLE VENDITE ON LINE COME REPUTANO I GRANDI DISTRIBUTORI L’ESPERIENZA DELLA SPESA ONLINE, ATTUATA DA QUASI TUTTI DURANTE IL PERIODO IL LOCKDOWN? ABBIAMO SENTITO SULL’ARGOMENTO I RAPPRESENTANTI DI MANOR, COOP E DENNER. PER TUTTI, IL BILANCIO È ESSENZIALMENTE POSITIVO. DI PAOLA BERNASCONI

enner non ha un sistema di spesa online. Lo shop attraverso Internet, come ci spiega l’addetto stampa Thomas Kaderli, è legata solo ai vini. Francesca Destefani, portavoce Coop per la regione di vendita Ticino, si sbilancia affermando che la domanda sul portale Coop.ch è raddoppiato durante il lockdown: «Siccome prevediamo nel lungo periodo un’ulteriore crescita di questo settore, abbiamo lanciato il mese scorso la nuova piattaforma omnichannel Coop.ch. Siamo felici di poter offrire questo servizio anche in italiano». «Poiché la domanda dei clienti è stata molto buona, continueremo a offrire alimenti su manor.ch. Questo è anche un modo per differenziarci dalla concorrenza», è la strategia di Manor, illustrataci dalla capo comunicazione Sofia Conraths. Per nessuno però la vendita online può essere un’alternativa a quella tra-

dizionale, piuttosto un qualcosa in più. «Consideriamo la nostra gamma di prodotti coloniali online come un’integrazione all’offerta dei supermercati Manor Food», spiega infatti Conraths. Dello stesso avviso Destefani: «L’acquisto online di generi alimentari non è in opposizione alla spesa “fisica” in negozio, anzi, la integra. Con Coop.ch e la nostra vasta rete di punti vendita, offriamo ai nostri clienti un alto livello di servizio e la possibilità di scegliere tra più opzioni». Ora che si sono riaperte le frontiere, c’è stato un ritorno verso l’Italia degli acquirenti? «Il lockdown con la conseguente chiusura delle frontiere ha dimostrato in modo impressionante l’importanza di un commercio interno funzionante. È quindi auspicabile che l’ampia solidarietà con la Svizzera come luogo di lavoro continui anche dopo la crisi», si augura Kaderli. «Continuiamo a riscontrare una maggior affluenza nei vostri vendita. Sarebbe gratificante aver convinto nel corso degli ultimi mesi i nuovi clienti a tornare da noi, sia grazie alla capillarità dei nostri punti vendita, vicini al cliente poiché

disseminati in tutto il cantone, sia per la vasta gamma di alimenti del nostro assortimento, che si distingue per qualità e freschezza», aggiunge Destefani. Fa loro eco Conraths: «Il turismo da shopping è tornato a crescere dalla riapertura delle frontiere. Tuttavia, siamo convinti che durante il lockdown, i clienti hanno visto l’importanza di sostenere l’economia locale e nazionale. Abbiamo acquisito molti nuovi clienti attraverso il nostro negozio online, ma anche grazie al nostro servizio di consegna che avevamo organizzato durante il Coronavirus». In Ticino a conoscere un vero e proprio boom nel periodo dell’emergenza sanitario è stato il servizio di consegna a domicilio di frutta e verdura della TIOR, porto a casa. «Durante il lockdown le consegne sono diventate dieci volte tanto, ora sono diminuite rispetto ad aprile ma sono certamente di più rispetto al pre-Covid», ci dice il responsabile Denis Angelucci: «Non abbiamo speculato sui prezzi e il pubblico se ne è accorto. Ritengo che lo stesso stiano facendo i grandi magazzini, i prezzi un po’sono scesi».

Francesca Destefano, Coop

Thomas Karderli, Denner

Sopfia Conraths, Manor

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AZIENDE / COOPERATIVA MIGROS TICINO

GLI ACQUISTI ONLINE NON CANCELLERANNO I NEGOZI DI VICINATO

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a crescita è stata tale che per farvi fronte, leshop.ch, digitec.ch, galaxus.ch, melectronics.ch, doitgarden. ch ed exlibris.ch. e le altre aziende del gruppo che operano in questo settore «hanno dovuto in brevissimo tempo organizzare nuovi centri di distribuzione e assumere diverse centinaia di nuovi collaboratori». Durante il lockdown la Cooperativa Migros Ticino, spiega il suo direttore Lorenzo Emma, in collaborazione con la Fondazione Pro Senectute Ticino e Moesano, ha lanciato AMIGOS, «un progetto di consegna a domicilio di generi alimentari basato sul volontariato, destinato alle fasce di popolazione considerate a rischio e successivamente, con l’azienda Smood, una piattaforma per l’acquisto online aperto a tutti, che affianca quello di LeShop ma con la differenza che la merce proviene dal supermercato più vicino e quindi recapitata in meno di un’ora». Sul futuro Emma concorda coi suoi colleghi: l’online sarà importantissimo ma non soppianterà i negozi fisici: «Le esigenze dei consumatori sono diverse a seconda della situazione e fino a pochi anni fa si poteva rispondere con negozi di vario formato (centri commerciali, supermercati, negozietti di quartiere, shop in centro città, vicino alle fermate dei trasporti pubblici o stazioni di benzina. Ora vi è la crescente richiesta di poter fare acquisti senza uscire da casa, a qualsiasi ora o giorno della settimana. Il commercio online è in crescita, diventerà importante ma sostituirà in parte ma non

completamente i negozi. Bisogna infatti considerare che non si va nei negozi solo per acquistare ma anche per il piacere, in cerca di ispirazione e incontrare gente e anche perché molte cose si comperano solo dopo averle viste e toccate con mano». Migros era pronta da anni a far fronte a una pandemia e dai mesi scorsi ha tratto importanti lezioni, si sente dunque pronta ad affrontare un eventuale secondo periodo di lockdown, pur ovviamente augurandosi che non sia necessario. E sul ritorno dei ticinesi ad acquistare in Italia, ancora una volta Emma concorda con gli altri interlocutori: niente fuga di massa, la gente si è accorta di come «facendo attenzione a dove e a cosa si acquista, la spesa in Ticino non è più cara che oltre frontiera, che il servizio e la qualità nei nostri punti di vendita sono di alto livello», riducendo le spese di trasferta e i consumi.

UN INCREMENTO ADDIRITTURA A DOPPIA CIFRA PERCENTUALE: È QUELLO CONOSCIUTO DA MIGROS NEL COMMERCIO ONLINE DURANTE IL PERIODO DI LOCKDOWN. IL COMMENTO DI LORENZO EMMA, DIRETTORE DI COOPERATIVA MIGROS TICINO. DI PAOLA BERNASCONI

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AZIENDE / ANDREA GEHRI

DETERMINARE CONDIZIONI QUADRO FAVOREVOLI PER LE AZIENDE IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO, DELL’INDUSTRIA, DELL’ARTIGIANATO E DEI SERVIZI DEL CANTONE TICINO (CC-TI), FA IL PUNTO SULLO STATO DELL’ECONOMIA CANTONALE E INDICA ALCUNE PRIORITÀ RISPETTO ALLE QUALI È NECESSARIO AL PIÙ PRESTO INTERVENIRE.

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al 1 gennaio del prossimo anno lei guiderà la Cc-Ti. Quale importanza riveste questa associazione nell’economia del Cantone? «La Cc-Ti è l’associazione mantello dell’economia ticinese; fondata nel 1917, opera da oltre 100 anni a vantaggio del tessuto imprenditoriale ed economico cantonale, che rappresenta in tutta la sua variegata composizione. Favorisce l’attività delle aziende e delle associazioni settoriali che rappresentiamo attraverso iniziative concrete in vari ambiti, fornendo informazioni, formazione e servizi mirati agli associati, favorendone al contempo la loro messa in rete. Siamo soprattutto un interlocutore privilegiato di autorità federali e cantonali, in quanto fungiamo quale punto di collegamento tra lo Stato, il mondo politico e la realtà economica del Cantone. Ciò fa di noi un partner credibile e privilegiato nei rapporti con le istituzioni; canali questi che utilizziamo per tutelare la libertà economica e promuovere condizioni quadro favorevoli. Alcune cifre sono sufficienti a confermare il ruolo della nostra associazione: oltre 900 soci individuali e 43 associazioni affiliate; circa 7.000 imprese rappresentate (ossia 135.000 dei circa 185.000 posti di lavoro ETP esistenti in Ticino)». Come giudica lo stato dell’economia ticinese, anche alla luce della recente pandemia?

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AZIENDE / ANDREA GEHRI

to di parla dovrà essere al tempo stesso economica, ambientale e sociale». Con quali progetti intende promuovere l’attività della CC-Ti? «La CC-Ti rappresenta un interlocutore valido ed equilibrato, che cerca il dialogo costante con le singole categorie di imprese e con le istituzioni. Ci vuole meno burocrazia e maggior responsabilità sociale. Riguardo poi alla questione della fiscalità essere al 23esimo posto nella classifica di attrattività è un elemento molto indicativo di quanto ci sia da fare per ricuperare il tempo perduto. Il settore pubblico deve permettere alle aziende di crescere in modo virtuoso con condizioni quadro favorevoli. I prossimi mesi restano incerti ed è auspicabile l’introduzione di nuove misure di sostegno alle imprese. È dunque quanto mai necessario concentrarsi sulle aree in cui investire, come digitalizzazione, innovazione, sostenibilità». «Il mondo imprenditoriale ticinese non si è mai fermato ed è determinato a continuare le attività nonostante le difficoltà del periodo che stiamo vivendo. Proprio per questo, pur senza sottostimare in alcun modo la gravità dei contagi, una seconda chiusura di tutte le attività va assolutamente evitata. Di fronte alla pandemia occorre fare ricorso a tutti i possibili strumenti per superare la crisi. Le PMI sono la spina dorsale dell’economia e il Ticino ha migliaia di aziende che ogni giorno vivono e lottano per la sopravvivenza, per la crescita e per mantenere o creare nuovi posti di lavoro. Bene dunque gli interventi che si sono avuto nei mesi scorsi a livello federale e cantonale, ma la politica deve rendersi conto che per uscire da questa situazione e fare fronte alle sfide che ci aspettano ci vogliono chiare premesse: pensiamo, per esempio, che temi come la digitalizzazione, l’economia circolare, l’intelligenza artificiale, il coworking, avranno un forte impatto sia sui modelli di business aziendali, sia sulla società. La sostenibilità di cui tan-

In che modo pensa di riuscire a conciliare i nuovi impegni con la gestione della sua impresa? Prevede un accelerazione nel processo di successione della terza generazione alla guida dell’azienda? «Già negli anni scorsi era stato avviato un processo di coinvolgimento di mia figlia nella gestione dell’azienda, dove è attiva da tempo anche mia moglie: e questo importante aiuto mi ha sempre consentito di dedicare parte del mio tempo a seguire attività associative nei confronti delle quali ho sempre nutrito un grande interesse. In particolare poi ho cercato, anche a livello formativo, di curare la crescita di giovani che secondo me rappresentano la grande risorsa per il futuro delle aziende. In ogni caso, il 2021 sarà un anno molto importante per la Gehri Rivestimenti perché abbiamo programmato un ulteriore passo in avanti nel processo di riorganizzazione dell’azienda con la separazione logistica degli spazi dedicati al trattamento della ceramica da quelli per la lavorazione della pietra».

A questo proposito, quali novità si annunciano per quanto riguarda il settore in cui opera la Gehri Rivestimenti? «Le novità del settore vengono solitamente presentate in occasione di fiere che in questo momento sono tutte annullate o rimandate. Direi che in ogni caso si confermano alcune tendenze già emerse in modo marcato nel corso degli ultimi anni: per quanto riguarda la ceramica, la produzione di formati sempre più grandi con spessori sempre più sottili; per la pietra, la scoperta e lo sfruttamento in tutto il mondo di nuove cave da cui provengono materiali innovativi e molto interessanti». Da ultimo, nel suo nuovo ruolo lei dovrà avere un atteggiamento super partes. Questo significa un ridimensionamento del suo ruolo di appassionato tifoso dell’Hockey Club Lugano? «Non credo che la mia passione di tifoso dell’Hockey Club Lugano possa in alcun modo essere messa in discussione da questo nuovo incarico istituzionale. Piuttosto, anche in veste di membro attivo all’interno di associazioni che sostengono l’HCL, non posso che essere molto preoccupato rispetto a come la pandemia sta condizionando la vita di tutte le società sportive operanti in Ticino. Siamo abituati a pensare ai campioni che rappresentano soltanto il vertice dell’attività professionistica, e spesso ci dimentichiamo invece di quante persone, con le relative famiglie, lavorano in diversi settori del mondo dello sport ed in questo momento stanno gravemente soffrendo per le limitazione che più o meno tutte le discipline subiscono a causa dell’emergenza sanitaria. Per questo è necessario intervenire al più presto, a livello federale e cantonale, al fine di mettere in campo tutte le possibili iniziative di sostegno».

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AZIENDE / AD HVERPACKUNGEN AG

VIVIAMO IN UN MONDO TECNOLOGICO DOVE TUTTI GLI OGGETTI SONO SMART. DA QUESTA LEGGE NON SFUGGE NESSUNO, NEANCHE L’INDUSTRIA DEI CONTENITORI E DEGLI IMBALLAGGI DI VETRO E PLASTICA, SOPRATTUTTO SE SERVONO A CONSERVARE, TRASPORTARE ED EROGARE PRODOTTI DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA E COSMETICA. MA LA TECNOLOGIA PARTE DALL’UOMO E FINISCE CON L’UOMO. DI CONSEGUENZA LA STORIA DELLA AD HVERPACKUNGEN AG DI MEZZOVICO, È ANCHE LA STORIA DEL SUO FONDATORE E ANIMATORE NEL CORSO DEI 40 ANNI DI VITA DELLA SOCIETÀ, DANIELE ANTONIETTI, SUO MANAGING PARTNER. DI DAVIDE GAI

QUANDO IL PACKAGING PER L’INDUSTRIA FARMACEUTICA E COSMETICA È SOFISTICATO QUANTO IL CONTENUTO 01 Da sinistra Johannes Bahnmueller, Fabiana Corti, Mariacristina Chinello, Tiziana Pagliani, Corinne Chisari, Daniele Antonietti Fotografie: ©Giorgia Panzera

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aniele Antonietti, ci parli di AD Hverpackungen? «Siamo una società che distribuisce in modo efficiente e flessibile imballaggi di vetro, plastica unitamente ai sistemi di erogazione per il settore farmaceutico e cosmetico. Copriamo in modo esclusivo il mercato svizzero e austriaco per conto di tre aziende leader nel settore. Dobbiamo fornire un prodotto sofisticato, in quanto la nostra clientela lo è; si pensi al problema dell’erogazione di un farmaco, ad esempio un inalatore, bisogna sempre fornire la dose giusta con un altissimo livello di affidabilità: non può infatti succedere che un paziente non prenda un farmaco perché l’erogatore si è inceppato. E, mi consenta di affermare, i 40 anni di storia con

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crescita continua (negli ultimi anni a 2 cifre) dimostrano, più di ogni altra affermazione, l’estrema qualità dei nostri prodotti. Abbiamo tanti clienti che lavorano con noi da decenni. Anche l’industria della cosmesi necessita di un’altissima qualità nella conservazione e nell’erogazione del prodotto e questo per due motivi: il posizionamento nella fascia alta del settore ma anche per il fatto che un prodotto cosmeceutico necessiti della funzionalità paragonabile a quella di un farmaco». Vedo una grande passione nelle sue parole… «Si, perché la storia dell’azienda è anche la storia della mia vita. Fatta di ragionamenti, di interazioni con persone che abbiano volontà di crescere e migliorare. Ma anche le intuizioni e le scelte apparentemente irrazionali sono importanti; sono quelle che fanno compiere i veri balzi in avanti e non bisogna dimenticare di cogliere le occasioni, e magari di trasformare le crisi in opportunità. AD HVerpackungen ha un’anima perché è una storia di famiglia, mia moglie Alessandra è stata la mia compagna di viaggio e mi ha supportato sin dall’inizio; negli ultimi due anni mia figlia Corinne Chisari si è unita a me nella parte finanziaria».

Ci spieghi meglio… «Nel 1979 lavoravo per una ditta che produceva antibiotici che, ad un certo punto, ha deciso di trasferirsi a Ginevra. Evidentemente avrei potuto spostarmi, e la mia vita sarebbe stata facile e lineare. Ho invece optato per rimanere; volevo costruire qualcosa di nuovo, sulla base di alcune idee e di convinzioni che si erano formate nella mia mente». Ci dica cosa aveva intravisto… «Gli antibiotici sono molto importanti per i pazienti, e proprio per questo motivo lo è anche il contenitore. Ho così fondato l’azienda ponendomi l’obiettivo di fornire packaging di eccellenza sul mercato svizzero e austriaco. Inoltre, la nostra attività non si limita a proporre il catalogo standard, progettiamo insieme al cliente, aiutandolo a definire la soluzione giusta sulla base delle sue esigenze». Ci racconti qualche momento significativo dello sviluppo dell’azienda… «Nella prima parte del suo percorso, l’azienda si occupava solo della produzione di contenitori, flaconi, con i relativi imballaggi, poi la grande svolta ci racconta Antonietti: mi trovavo a Londra e ho conosciuto il di-

rettore di un’azienda produttrice di sistemi di erogazione il quale me ne illustrò l’importanza, la cosiddetta “pompa” che consente di nebulizzare ed erogare il liquido, sia esso un farmaco o un prodotto cosmetico. Ho subito intuito che abbracciare anche questi sistemi, allora rivoluzionari, avrebbero elevato la sofisticazione dei nostri prodotti permettendoci di offrire un packaging completo. La loro importanza è andata sempre crescendo a causa del giusto impegno mondiale nel combattere il buco di ozono, che ha comportato la scomparsa dei flaconi il cui contenuto veniva compresso per mezzo di gas (CFC) che venivano necessariamente immessi nell’atmosfera durante la loro erogazione. Un’altra tappa importante, insieme ad un socio di Pescara, è stata la realizzazione di uno stabilimento per la produzione di micropompe a Mezzovico successivamente venduto ad un’azienda americana che ancora oggi dà lavoro a 180 persone con un importante fatturato per il Canton Ticino. Johannes Bahnmüller Direttore Commerciale ha contribuito allo sviluppo delle attività in modo significativo raggiungendo obbiettivi sempre molto ambiziosi». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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AZIENDE / AD HVERPACKUNGEN AG

Ultimo progetto di AD HVerpackungen per il prodotto cosmeceutico svizzero Active Water di ADWATIS.

La pandemia mondiale ha accresciuto in tutti i paesi la richiesta di presidi sanitari e in prospettiva di vaccini. Siete stati coinvolti nella produzione di imballaggi speciali? «Il settore farmaceutico ha fortemente accresciuto il proprio fabbisogno di imballaggi per la produzione dei vari presidi sanitari destinati a combattere, ai vari livelli, la pandemia. Anche noi abbiamo avuto enormi richieste di dispenser per disinfettanti, con conseguenti difficoltà nel reperire il materiale e tempi di consegna allungati. Inoltre, siamo fornitori ufficiali del Cantone per la produzione diretta da parte nostra di disinfettanti. Per contro il settore della profumeria ha conosciuto una flessione determinata dalla chiusura temporanea di molti punti vendita, a partire dai duty free degli aeroporti. In ogni caso la pandemia ha costretto anche noi ad una riorganizzazione dei sistemi di presentazione e vendita dei prodotti, tenendo conto del fatto che fiere e viaggi sono stati del tutto annullati o sospesi e non sappiamo quando sarà possibile un graduale ritorno alla normalità».

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Esistono particolari normative e procedure per assicurare, nel rispetto dell’ambiente, il riciclo di imballaggi e contenitori in vetro e plastica? «Tutto il settore ha conosciuto negli ultimi anni una profonda trasformazione legata all’adozione di materiali non inquinanti e soprattutto facilmente riciclabili. Ciò è vero per il vetro, ma anche per la plastica dove si sta cercando di adottare soluzioni mono materiali, dove cioè non è necessario scomporre il prodotto nei vari componenti prima di avviarli al corretto smaltimento». L’intervista finisce qui, ma sarebbe potuta andare avanti per ore. Lasciamo gli uffici della società di Mezzovico, con l’impressione della luce di passione negli occhi di Daniele Antonietti. Abbiamo capito che la tecnologia è importante ma l’uomo, con le sue idee e le sue intuizioni, talora repentine, è la base di tutto.

AD HVERPACKUNGEN AG Via Cantonale 60 CH-6805 Mezzovico T +41 (0) 91 946 32 52 www.hverpackungen.com


AZIENDE / WOODSKINE

BORSE WOODSKINE INCONTRO TRA ARTIGIANATO E DESIGN CONTEMPORANEO

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ramandato dalla tradizione, ispirato dal coraggio e dedicati all’attenzione assoluta alla qualità, il marchio nasce come accessorio di espressione creativa per rivelare nuove prospettive e scrivere una storia senza fine, apportando bellezza e nuovi valori nel mondo in cui viviamo. Pura e magistrale sia nell’ideazione che nella produzione, la pelletteria di lusso Woodskine è il risultato di anni di dedizione, perseveranza, dettagli delicati e precisi creati da maestri artigiani europei e garantisce la massima qualità grazie alla pelle pieno fiore proveniente dalle speciali concerie di Igualada (Spagna), grazie anche alla meticolosa lavorazione di ogni borsa dagli artigiani di Ubrique (Spagna). Igualada è la capitale europea della pelle di qualità e Ubrique è la casa delle creazioni artigianali in pelle più raffinate al mondo. Ideato dall’abile architetto e designer di borse in pelle, Miriam Alaix, il marchio porta una prospettiva strutturale unica e una nuova, potente visione femminile all’artigianato tradizionale in pelle. La profonda conoscenza dell’architettura, dell’arte e degli ecosistemi sostenibili di Miriam le consente di trovare il perfetto equilibrio tra l’artigianato classico e i concetti contemporanei di design delle borse, che si ergono audacemente e indipendentemente come opere d’arte significative. www.woodskine.com

MINIMALISTA, SENZA TEMPO E SOFISTICATA, OGNI BORSA IN PELLE WOODSKINE È UN’OPERA D’ARTE UNICA E FUNZIONALE, CREATA IN SVIZZERA E REALIZZATA A MANO IN SPAGNA DAI PIÙ GRANDI MAESTRI DI PELLETTERIA DI LUSSO.

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AZIENDE / ONYS DIGITAL SOLUTIONS

SOLUZIONI DIGITALI NELL’ERA DELLO SMARTWORKING “IN UN MOMENTO STORICO CON TANTI CAMBIAMENTI, HO LA CONSAPEVOLEZZA DI PASSARE IL TIMONE A UN TEAM FORTE A CUI LASCIO IL LAVORO SVOLTO CON DEDIZIONE NEGLI ULTIMI DECENNI. MI CONGEDO DAL MIO RUOLO DIRETTIVO CON UN SENSO DI SODDISFAZIONE PER I RISULTATI RAGGIUNTI. AL TEAM ONYS PASSO DEI VALORI SEMPLICI MA FONDAMENTALI: UMILTÀ E FORZA DI VOLONTÀ” - MAURO CAVARGNA, FONDATORE E DIRETTORE USCENTE DI ONYS DIGITAL SOLUTIONS SA DI KERI GONZATO

Da destra Mauro Cavargna: Direttore e fondatore Fabio Lerose: Direttore vendite Danilo Cavargna: Direttore amministrativo Walter Kaufmann: Direttore tecnico e co-fondatore Renato Lucioli: Tecnico di servizio e co-fondatore

Agenzia di comunicazione: Newdeco Agency

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egli ultimi decenni il mondo della comunicazione in ufficio ha vissuto molte rivoluzioni. Dalle lettere ai fax, dai fax alle email… Con il 2020 siamo entrati nell’era dello smartworking - una transizione accelerata dalla pandemia - avere quindi un sistema di comunicazione digitalizzato è sempre più importante per le aziende. Onys, attiva nel settore delle soluzioni digitali per aziende e privati da oltre 50 anni, ha vissuto queste evoluzioni da vicino rimanendo sempre all’avanguardia. Leader del settore in Ticino, dal 2017 ha ampliato i servizi rilevando Canon Ticino, di cui ha assunto i diritti di distribuzione, vendita e assistenza. Il 2021 segnerà un altro passaggio importante: Mauro Cavargna lascerà le redini al socio co-fondatore Walter

Kaufmann, a Renato Lucioli e al figlio Danilo, accompagnati da Fabio Lerose (responsabile vendita). Danilo Cavargna e Walter Kaufmann ci parlano della storia dell’azienda… L’azienda nasce 55 anni fa come Copynorma, una piccola ditta luganese, per poi diventare la filiale ticinese di Messerli. 20 anni fa Mauro Cavargna, Walter Kaufman e Renato Lucioli creano l’attuale Onys, rilevando la filiale ticinese di Océ Schweiz. «Nel 2017 abbiamo rilevato la succursale Canon in Ticino, rafforzando il nostro ruolo come azienda di riferimento nel mercato ticinese al servizio del cliente - con più di 20 collaboratori, consulenti e tecnici specializzati. Rispondiamo a specifiche esigenze aziendali trovando soluzioni, efficaci e professionali nel campo della stampa e della digitalizzazione».


AZIENDE / ONYS DIGITAL SOLUTIONS

lavorativo in una volta: si può iniziare da un’area e poi decidere in seguito se estendere l’utilizzo del software ad altre parti del flusso di documenti. In un mondo che evolve rapidamente, il ruolo delle aziende è di rimanere aperte al cambiamento, flessibili e curiose». Onys offre sia ad aziende che a privati i seguenti 5 servizi:

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uali sono stati negli ultimi 20 anni i momenti di svolta che hanno cambiato la comunicazione e il flusso di lavoro in ufficio? «Un grosso cambiamento è arrivato a inizio 2000, quando abbiamo potuto commercializzare su larga scala le stampanti a colori. Un altro passaggio importante, avvenuto nello stesso periodo, è stato quello che ha portato dalla fotocopiatrice analogica a quella digitale, oggi denominata “multifunzione”. Una rivoluzione che ha permesso di condensare in un unico macchinario, stampa, copia, scansione e invio elettronico - divenuto da allora un indispensabile strumento per l’ufficio». La vostra azienda è nata per offrire servizi legati al cartaceo, come vedete il futuro della stampa su carta con l’avvento inarrestabile del digitale? «Bisogna stare al passo con i tempi e non fossilizzarsi su idee e abitudini consolidate. I mezzi di comunicazione oggi sono variegati ed uno non esclude l’altro. La soluzione è quella di aprirsi alle nuove modalità - integrando novità come l’Enterprise Content Management o gli schermi interattivi del Digital Signage - e allo stesso tempo tenendo sempre in considerazione che la stampa non morirà mai. Se in alcuni paesi, come quelli scandinavi, la digitalizzazione e lo smartworking sono pratiche presenti da

tempo, il Ticino ha una dimensione ancora fortemente legata alle abitudini e affezionata alla carta. Il nostro ruolo oggi è proprio quello di offrire un ponte tra cartaceo e digitale facilitando la convivenza di queste due realtà ed il passaggio dall’una all’altra attraverso interfacce e servizi di consulenza. Oggi il flusso di documenti all’interno di un’azienda deve essere digitalizzato in modo sicuro, rapido e semplice, basti pensare ad una fattura cartacea che va registrata e contabilizzata. Questo permette di mantenere un controllo metodico del flusso delle informazioni e un’archiviazione sicura dei propri documenti». La rivoluzione dello smartworking porta a fare un passo ulteriore verso la digitalizzazione del flusso di lavoro… «Le aziende sono macchine creatrici di informazioni: la sfida è mantenerle organizzate. Oggi andiamo verso la digitalizzazione dei documenti, riducendo il cartaceo. Il futuro, confermato dalla tendenza attuale dello smartworking, si chiama Enterprise Content Management. Una tipologia di software che permette di centralizzare e disciplinare il flusso dei contenuti delle aziende, sia piccole che grandi. L’ECM organizza elettronicamente il flusso dei documenti digitalizzandoli e rendendoli fruibili all’interno dei processi aziendali. Oltre ad essere altamente adattabile alle necessità di ogni azienda, non è necessario rivoluzionare tutto il sistema

Soluzioni per l’ufficio Dispositivi multifunzione per la stampa e la fotocopiatura, la scansione e la digitalizzazione del materiale cartaceo. I nostri contratti di servizio includono la gestione del software. Soluzioni grande formato I plotter sono dispositivi di grande formato per stampare documenti di notevoli dimensioni adatti a stampa CAD, grafica e fotografica di altissima qualità. Includono un software gestionale per la fatturazione delle stampe. Professional print Soluzioni di stampa eccellenti, coadiuvate da software di gestione che facilitano l’inoltro e la messa in produzione di file di stampa per clienti esterni e utenti interni. L’offerta è completa di piegatrici, laminatrici, scanner dedicati, taglierine e plotter da taglio. Digital Signage Schermi e lavagne interattive sono i nuovi strumenti che trasformano ogni riunione e condivisione di idee in un’esperienza multimediale coinvolgente. Aumentano la produttività, rendono il lavoro adattabile e proteggono le informazioni. Materiale di Consumo Selezione dei migliori ricambi di molte marche e modelli di stampanti: carta, rotoli per plotter, inchiostri, toner, testine di stampa originali, eccetera. Disponibili anche nello shop online. Consulenza personalizzata garantita. www.onys.ch TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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AZIENDE / LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION

INCERTE PROSPETTIVE DI RIPRESA MARCO PASSALIA, SEGRETARIO GENERALE DI LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION FA IL PUNTO SUL MOMENTO CHE STA ATTRAVERSANDO IN TICINO IL SETTORE DEL COMMERCIO DI MATERIE PRIME.

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Marco Passalia e John Bruton, Ex Primo Ministro irlandese

n che stato di salute si trova il commercio delle materie prime ticinese? «Alcuni stanno bene, alcuni un po’ meno. È stato e continua ad essere un anno complicato per tutti se pensiamo al Covid19. Un po’ più tortuoso per i commercianti di materie prime: i traders sono stati colpiti a livello globale, i prestiti Covid della Confederazione hanno avuto qualche difficoltà nell’applicazione ai commercianti di materie prime, le misure di crisi messe in atto da alcune compagnie assicurative hanno indebolito il mercato e, non da ultimo, le frodi di Singapore non hanno di certo aiutato alla concessione di linee bancarie da parte di quegli istituti storicamente attivi nel commodity trade finance».

La crisi Covid ha dunque colpito anche il vostro settore? «Purtroppo sì, anche se in maniera eterogenea. Naturalmente, in base alla materia prima trattata c’è chi ha subito contraccolpi maggiori, chi ha cercato di prepararsi al peggio seguendo l’evoluzione della crisi sanitaria partita dall’Asia, chi si è trovato impreparato e chi invece è stato toccato solo marginlmente. Attualmente, in questa seconda ondata, sono invece tutti toccati dal protrarsi della situazione d’incertezza. D’altra parte, è chiaro a tutti che l’impatto negativo riguarda la maggior parte dei settori socio-economici a livello globale». Il settore delle materie prime come ha risposto alla crisi? «Alcune aziende hanno ottenuto risultati soddisfacenti e stanno investendo in nuovi progetti e in nuove assunzioni. Un segnale positivo ed importante in un momento difficile. Altre aziende, invece, durante la prima ondata hanno potuto dare continuità all’attività beneficiando dello strumento federale del lavoro ridotto oppure facendo capo ai crediti Covid garantiti dalla Confederazione. Certo non tutto ha funzionato bene per i commodity traders. In che senso? «Nell’ambito della concessione di crediti e fideiussioni solidali in seguito al Coronavirus (Ordinanza federale) sono emerse alcune perplessità sul trattamento

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AZIENDE / LUGANO COMMODITY TRADING ASSOCIATION

delle società di trading. Secondo la prima Ordinanza del 25 marzo 2020, nel caso delle società di trading il parametro di riferimento per la concessione di un prestito era il fatturato, mentre secondo le direttive dell’Associazione svizzera delle banche il parametro di riferimento era il margine lordo. Ovviamente la differenza d’interpretazione è importante e ciò ha creato non pochi malintesi in un momento delicato per numerose società. Curioso notare che però il criterio di esclusione era il fatturato superiore ai 500 milioni di franchi (non il margine lordo) quando è risaputo che nell’ambito delle materie prime si parla spesso di fatturati miliardari. Insomma, un aiuto a tinte chiaro-scure per il settore». Ma il settore bancario ha fatto dei passi indietro nel finanziamento del commercio di materie prime? «Evidentemente, in un momento già difficile, non si può dire che siano state

d’aiuto le frodi miliardarie sulla piazza di Singapore che hanno travolto le principali banche attive nel commodity trade finance (CTF) come HSBC, ABN AMRO, Société Générale, Natixis, BNP Paribas, ING, ecc. Molte di queste banche sono presenti in Svizzera ed hanno recentemente messo in atto piani di ridimensionamento o di chiusura del CTF. Ne consegue una difficoltà maggiore - soprattutto per le società medie e piccole - a finanziare determinate transazioni oppure anche la necessità di posticipare determinate opportunità di business in attesa di mettere in piedi nuove linee bancarie». E in Ticino? «Per fortuna in Ticino le banche attive nel commodity trade finance o presenti con un frontdesk (BancaStato, Banca Corner, Banca Zarattini, Credit Suisse e UBS) non sono state toccate dalle frodi e hanno mantenuto le posizioni

sebbene l’anno non sia stato brillantissimo. Addirittura alcuni istituti, approfittando della nuova situazione, hanno potuto rafforzarsi in termini di posizionamento sulla clientela ticinese». Quali sono le sfide per il settore nel futuro prossimo? «Dico ovvietà se affermo che dovremo innanzitutto riuscire a venir fuori dalla crisi Covid senza troppi danni diretti o collaterali. In seguito, il settore dovrà fare il possibile per ottimizzare i costi grazie alla digitalizzazione e alla pianificazione fiscale. Naturalmente, sarà anche importante fare una riflessione più strutturata sulle modalità e le possibilità di finanziamento a livello svizzero e internazionale. Da ultimo e non meno importante, anche i commodity traders sono confrontati con le sfide ambientali che a determinate condizioni potrebbero anche portare reali opportunità di business».

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AZIENDE / KALININGRAD

AVAMPOSTO RUSSO IN EUROPA IL NUOVO CORSO DELLA POLITICA RUSSA PASSA DA KALININGRAD: LO SVILUPPO, ANCHE IN PERIODO COVID-19, FA RIMA CON INVESTIMENTI E OFFSHORE. DI FABIANA TESTORI

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ra fascino e diffidenza, la Russia, lo stato più esteso all mondo, suscita da sempre in Occidente un grande interesse. Sarà per la sua storia travagliata e appassionante, la sua cultura, la smisurata grandezza che dall’Europa orientale giunge fino in Asia, o forse, per la sua influenza e la sua importanza, sia essa economica oppure politica. Certo è il fatto che per noi europei la Madre Russia, “grande e dalle vie nazionali lunghe”, come scriveva Dostoevskij, rimane un rebus. Capiamo poco della politica amministrata con autorità dal Presidente Vladimir Putin e ci sorprendiamo delle disastrose cadute e delle ancora più eccezionali riprese economiche e sociali, che da sempre, hanno caratteriz-

zato la cronaca della Federazione. La pandemia di Coronavirus è solo l’ultima in ordine di tempo ed ha colpito tutti indistintamente, innescando una profonda crisi economica. La Russia ha dovuto gestire un’ondata di infezioni particolarmente impetuosa, collocandosi nei primi posti dopo Stati Uniti, India e Brasile per numero di contagi (ad oggi più di due milioni di casi) e un rigido lockdown di più di sei settimane. Dal 2017 e fino all’arrivo del virus, il grande paese ha potuto contare su una crescita graduale e costante. Infatti, a fine 2019, la Banca mondiale testimoniava un aumento del prodotto interno lordo dell’1,7% (dato annualizzato), un’inflazione accettabile (4% di media nel 2019) e delle proiezioni per il 2020 e 2021 incoraggianti (1,6%, rispettivamente 1,8% di crescita). Come per gli altri paesi, il Covid-19 ha cambiato le carte in tavola, determinando una notevole revisione al ribasso delle stime, provocata da un rallentamento economico e dalla caduta del prezzo del petrolio. Il Servizio statistico federale di Russia (Rosstat) e la Banca di Russia lo confermano: nel secondo trimestre di quest’anno il PIL russo si è contratto dell’8,5 %. La situazione però, a differenza di quanto pronosticato in primavera, in piena pandemia, sembra migliorare e si stima, che il prodotto interno lordo subirà un calo annuo del 5%, per poi, nel 2021, continuamente migliorare e finalmente tornare a crescere nel 2022. Il tutto si iscrive in un contesto di per sé già particolarmente complesso: la volatilità del rublo, una politica estera impegnata su più scacchieri e il peso di sei anni di sanzioni in seguito alla crisi ucraina. Ispirati da una cultura che pone al centro la resilienza al fine di raggiungere l’agognato successo, i russi sono da sempre pronti al sacrificio in nome del proprio paese. Come i Bogatyri, eroi invincibili della poesia epica slava, considerati in grado di compiere qualsiasi


AZIENDE / KALININGRAD

fatica, il popolo russo conosce la privazione, ma non si abbatte, anzi, la trasforma in un elemento di forza. È stato lo stesso Presidente Putin ad ammetterlo durante il Forum di investimento Russia Calling, tenutosi a Mosca a novembre dello scorso anno: «Inizialmente le sanzioni ci hanno creato ansia, ma allo stesso tempo ci hanno spronato a migliorare, a diventare più autosufficienti. Tutto il paese è stato in grado di progredire per garantire alla Russia maggiore autonomia in campo economico e tecnologico. Paradossalmente, in termini commerciali, le sanzioni hanno procurato maggiori perdite all’Europa, piuttosto che alla nostra Federazione». Gli aiuti del governo russo all’economia a seguito del Covid-19 si allineano alla stessa forma mentis, quindi, relativamente contenuti. Il pacchetto di misure di sostegno si colloca attorno ai 64 miliardi di euro, a cui si aggiungono dei contributi mirati, come i sussidi alle fa-

miglie, i prestiti alle aziende e delle modifiche al regime fiscale al fine di tassare maggiormente i redditi più alti. L’obiettivo è chiaro: la Russia sceglie il compromesso allo scopo di proteggere da un lato i posti di lavoro, in particolare le piccole e medie imprese, dall’altro, di non intaccare troppo le riserve. Non si deve inoltre dimenticare che i progetti nazionali, in atto per stimolare la crescita, hanno dimensioni enormi (investimenti pianificati per circa 373 miliardi di euro) e tempi, complice anche la crisi sanitaria, che si prospettano troppo lunghi prima di vedere delle ricadute positive, si pensi alla costruzione di ponti, strade, ferrovie, ma anche quelli relativi alla formazione e alla ricerca. La volontà e le iniziative però non mancano. È da tempo infatti che la grande Federazione tenta di diversificare le esportazioni. In seno all’Unione economica eurasiatica (UEE) sono stati firmati recentemente nuovi accor-

di commerciali con Serbia, Singapore e Iran anche se la dipendenza dall’esportazione del petrolio rimane dominante (nel 2018 l’oro nero copriva il 65% dell’export totale russo). Inoltre, resta fondamentale sottolineare che dopo essersi risollevata della caduta dell’Unione Sovietica, la Russia è riuscita in pochi decenni a riprogrammare completamente il proprio sistema economico, cercando di ridare autorevolezza alle banche in seguito ai deliri degli anni ‘90, arginando il nero, aumentando le riserve (500 miliardi di euro) e riducendo il debito pubblico (14,2% del PIL). Tutto ciò, organizzando nel contempo le Olimpiadi invernali a Soci nel 2014 e i Campionati del mondo di calcio nel 2018, eventi che per la loro risonanza e la loro presentazione hanno permesso al resto del mondo di guardare all’ex patria del comunismo con occhi diversi. La Svizzera mostra un interesse creTICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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AZIENDE / KALININGRAD

scente per la Federazione - come testimonia Economie Suisse - essendo fra i dieci investitori stranieri più importanti nel paese. Le esportazioni confederate verso la Russia sono aumentate del 12% fra il 2017 e il 2018 e riguardano principalmente il settore farmaceutico, delle macchine e degli orologi. Il nostro paese, sebbene cosciente delle problematiche relative alle sanzioni e del complesso sistema burocratico, saluta favorevolmente la volontà russa di accrescere la produttività del lavoro e di avanzare nel campo delle tecnologie digitali. Una delle regioni più dinamiche da questo punto di vista, e quindi particolarmente attrattiva per gli investitori, è certamente quella di Kaliningrad, la più ad ovest di tutta la Russia, situata nel cuore d’Europa. Exclave russa fra Polonia e Lituania, affacciata sul Mar Baltico, la regione di Kaliningrad si estende su una superfice di 15.000 chilometri quadrati ed è abitata da circa un milione di persone. Confinante con la Polonia ad ovest (35 km) e con la Lituania ad est (70 km), la Russia baltica è lontana da Mosca (1289 km), ma per essa, e da sempre, rimane particolarmente strategica. Conquistata dall’Armata rossa nel 1945, all’epoca Königsberg, capoluogo della Prussia orientale e in seguito di-

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chiarata territorio russo e rinominata Kaliningrad, ha visto combattere sulle proprie terre una delle battaglie più cruente della Seconda guerra mondiale sul fronte orientale. Dopo la Conferenza di Potsdam, la ricchissima Königsberg, città che diede i natali ad Immanuel Kant, vide la totale russificazione della zona. Cacciata in Germania la già decimata popolazione tedesca che ancora restava nella regione, Kaliningrad, in onore di Michail Ivanovicš Kalinin (dal 1919 al 1946 Pre-

sidente del Presidio del Soviet Supremo), divenne a tutti gli effetti terra sovietica. Orgoglio dell’URSS nei tempi che seguirono il secondo conflitto mondiale e poi durante gli anni della guerra fredda, la regione di Kaliningrad rimane ancora oggi un fiore all’occhiello della presenza russa in Europa. La cittadina di Baltijsk, a nord ovest della regione, ubicata sullo stretto omonimo e punto di incontro fra la laguna della Vistola e la baia di Danzica, ospita l’unico porto russo libero dai ghiacci tutto l’anno e dove si mantiene quindi la flotta del Baltico. Amata dal Presidente Putin, che nella cittadina balneare di Pionerskij, a 30 km dal centro città, trascorre almeno qualche giorno di vacanza all’anno, la regione ha conosciuto uno sviluppo straordinario negli ultimi anni. Avamposto russo in Europa, seppur di dimensioni ridotte, Kaliningrad ricopre una posizione geopolitica importante per la Federazione. Il suo progresso economico e sociale ha come scopo quello di essere modello e vetrina della Russia che verrà. Oltre a vantare le spiagge più belle del grande paese e ad essere stata nominata fra le prime cinque città russe per


AZIENDE / KALININGRAD

l’offerta turistica nel 2019, Kaliningrad è da diversi anni ormai nelle prime posizioni anche per quanto riguarda investimenti e commercio. La vecchia Prussia orientale si situa fra le migliori regioni russe dove trasferirsi, vivere e fare business. La qualità della vita, la natura, i suoi paesaggi mozzafiato e un’eredità storica di valore inestimabile ne fanno uno dei territori più interessanti in Europa su cui scommettere. Le attività economiche sono molteplici, dall’agricoltura alla pesca, dall’estrazione e la lavorazione dell’ambra alla realizzazione di macchinari industriali, dalla cantieristica navale all’industria alimentare e farmaceutica, senza dimenticare l’ambizione di diventare uno dei poli hightech più prestigiosi di Russia, confer-

mandosi così regione leader per le nanotecnologie e la microelettronica. A questo proposito non è passata inosservata l’apertura ad aprile 2019, proprio a Kaliningrad, del primo centro ingegneristico in Russia del colosso multinazionale svizzero svedese ABB (Asea Brown Boveri), azienda di primo piano, a livello mondiale, nel campo dell’elettrotecnica. Più recente è invece la notizia della creazione di un sito di produzione di covertitori fotovoltaici nella regione da parte della società russa Hevel Group, fra le più importanti del paese nel settore delle tecnologie solari. Il volume di investimenti stimato dal progetto ha dimensioni notevoli e si aggira attorno ai 20 miliardi di rubli (circa 220 milioni di euro) e intende impiegare

sul territorio fino a 1000 persone. Kaliningrad però non si concentra unicamente sul settore primario e secondario, l’exclave desidera affermarsi sempre più anche in quello dei servizi. Dal 1996 la regione gode di uno statuto economico speciale (SEZ – Special economic zone). Quest’ultimo, che garantisce vantaggi fiscali e incentivi per la creazione di imprese sul territorio è stato arricchito due anni fa di diversi emendamenti, firmati in prima persona dal Presidente. Fra i più interessanti, quello che conferma la creazione di una zona offshore (detta SAR – Special administrative region), l’unica del paese oltre a quella del territorio del Litorale, situata nell’estremo oriente russo (Vladivostok). La lingua di terra preposta si trova vicino al nuovissimo stadio (costruito per i recenti Campionati del mondo di calcio) e viene denominata dai locali “Isola Oktyabrsky”, dell’Ottobre. Riflettendoci con attenzione, quest’isola russa tax free nel cuore d’Europa ha tutto, e forse anche di più, per rivaleggiare con altre isole europee dai regimi fiscali agevolati, si pensi a Jersey, Guernsey e Isola di Man, ma anche a Cipro o al Lussemburgo. Il rapido sviluppo della regione di Kaliningrad, le sue migliorie costanti, così evidenti negli ultimi anni, sono correlati certamente al consolidamento di una politica energica e determinata. È risaputo che il Presidente tiene in alta considerazione la regione più ad ovest della Russia, salutando di buon occhio il suo sviluppo economico e favorendo le nuove iniziative. La loro realizzazione si concretizza però soprattutto grazie agli attori attivi sul territorio. Sono infatti quasi quattro anni che a capo della regione lavora il giovane Governatore Anton Alikhanov, classe 1986, nominato Governatore nel 2016, all’età di 30 anni (allora il più giovane di tutta la Federazione Russa) e menzionato l’anno scorso nella lista dei 127 leader con meno di 40 anni impegnati a cambiare il mondo stilata dal WEF (Young Global Leaders). TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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AZIENDE / TACHYONE

COME REALIZZARE IL SOGNO DELL’UBIQUITÀ

È Angelica Morrone

Stefania Spadafora

DI MAURIZIO CASAROLA DAL TACHIONE DI FEINBERG A TACHYONE, UNA RIVOLUZIONE SCOPERTA BASATA SUL PRINCIPIO DEL TELETRASPORTO.

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proprio così: fu nel 1962 che il fisico newyorkese Gerald Feinberg, pronunciò per primo il nome di un’ipotetica particella in grado di poter viaggiare più velocemente della luce. Da quella eccezionale scoperta scientifica, l’imprenditrice Angelica Morrone e l’ingegnere Stefania Spadafora, coadiuvate da giovani studenti di ingegneria informatica e civile, hanno preso lo spunto per creare un nuovo strumento tecnologico di lavoro. Il sistema Tachyone, prende appunto il nome da quella ipotetica particella che ancora oggi, a distanza di quasi sessant’anni, è l’unica e sola ad avere la peculiarità di viaggiare più rapidamente di un lampo. Morrone e Spadafora, hanno avuto diversi percorsi di studio, e pur essendo entrambi originarie della Calabria, si sono conosciute durante un periodo trascorso lavorando nella Silycon Valley negli Stati Uniti d’America. La prima ha lavorato in Fiat Usa, in Morgan Stanley e come Asset Management in altre importanti società. Può onorarsi inoltre di aver partecipato alle Olimpiadi Invernali di Sochi in Russia, con l’intento di difendere i colori dell’isola caraibica di Dominica nelle gare del fondo femminile. La seconda è ingegnere civile, specializzata nella sicurezza sul lavoro, con spiccate affinità per il marketing ingegnerizzato. È diventata famosa per aver brevettato il Koopf: un casco protettivo in grafene che oggi viene utilizzato nell’edilizia più moderna e avanzata. Si sa che le situazioni di difficoltà fan-

no aguzzare l’ingegno. A tal proposito, la situazione propizia per far lavorare il cervello a pieno ritmo s’è manifestata lo scorso inverno, con il lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19. Angelica Morrone e Stefania Spadafora, ora vivono ambedue in Svizzera e quindi hanno deciso di unire le proprie forze velocizzando e mettendo in opera un progetto preesistente. In questo modo è nato Tachyone: il primo sistema di lavoro tramite teletrasporto. Ora, con non poca curiosità, andiamo a vedere di cosa realmente si tratta. Avete mai pensato al concetto di ubiquità? In effetti è questa una capacità da attribuire a Dio o tuttalpiù a qualche Santo di epoca medievale o ancora, ad alcune guide spirituali d’oriente, ma in buona sostanza trattasi dell’essere abili a materializzarsi in più di un luogo nello stesso medesimo istante. Quanto si prefigge il sistema Tachyone è praticamente questo: un “secondo me stesso” in un’altra parte del mondo, logicamente non in carne ed ossa, ma in tridimensionale, trasparente, formato 3D. Semplice vero? Guardiamo più in dettaglio. Immaginiamo un consiglio di amministrazione, oppure una riunione aziendale, un’assemblea di azionisti, un ambiente di formazione o ancora, un convegno. Alcune persone sono riunite attorno ad un tavolo di una società d’azionisti con il CEO che è venuto direttamente dalla Cina, oppure c’è un relatore di fronte ad una vasta platea di persone, magari studenti di un ateneo, ansiosi di presenziare alla lezione dell’esimio professore venuto dalla lontana America.


AZIENDE / TACHYONE

Quanto potrà costare la trasferta, l’accoglienza ed il mantenimento del CEO alla società d’azionisti? E per quel che riguarda l’università nei confronti del luminare? Quanti soldi bisognerà sborsare per pagargli il biglietto dell’aereo di andata e ritorno, l’albergo a 5 stelle, il ristorante di categoria ed i taxi per trasportarlo dall’aeroporto alla sede del convegno? Sicuramente molto, e questo accadrà in entrambi le situazioni. Con Tachyone i costi verrebbero enormente tagliati, senza rinunciare comunque al “Feeling of Presence” ovvero la percezione reale della presenza. Venendo al pratico: il sistema di lavoro Tachyone, prevede due tipi di pannelli che andranno montati e posizionati all’interno della stanza, ufficio, aula, sala o teatro che dir si voglia, dove si intende avviare la conferenza. In qualche altra parte del mondo, c’è il soggetto che intende teletrasportarsi. Costui lo può fare semplicemente, avendo un computer collegato al Wi-Fi e chiedendo il riconoscimento vocale tramite l’espressione di una semplice frase: «Voglio collegarmi con Tachyone al consiglio di amministrazione della società X di Lugano». Detto e fatto. All’incredibile velocità del tachione, il corpo del soggetto richiedente il collegamento apparirà ai consiglieri distanti migliaia di chilometri in forma tridimensionale e con misure corrispondenti alla realtà. Va da se che per un ambiente grande e con più persone, è indicato l’utilizzo del pannello con base fissa in fibra di carbonio

di 1 metro x 2, mentre per le riunioni all’interno di uffici attorno ad un tavolo, si consiglia l’utilizzo di quello mobile, avente la misura di 0,60 x 1,80 metri. I pannelli funzionano ottimamente con qualsiasi condizione di luminosità. Pensate a quanti vantaggi, oltre a quello prettamente economico, si possono avere con questo rivoluzionario sistema di teletrasporto. Contando sul fatto che il soggetto collegato in Tachyone apparirà in tridimensionale, con forma, colore, misura e voce uguali alla realtà, egli potrà lavorare comodamente seduto, guadagnando tempo prezioso ed eliminando ad esempio effetti indesiderati come il jet lag. Da non sottovalutare anche la possibilità di essere in più posti del mondo nell’arco della medesima giornata. Tanto per fare un esempio: se sono un noto luminare che vive a Città del Capo e devo far conoscere una mia scoperta nel campo medico scientifico ad altri colleghi tramite conferenze, cosa mi può impedire di poterlo fare, nel più breve tempo possibile, usando il sistema Tachyone? Potrò cosi collegarmi con i dottori dell’Ospedale di Pechino alle 9 del mattino, per poi “andare” da quelli di Teheran verso mezzogiorno, completando il mio “giro del mondo teletrasportato” verso le 19 con i colleghi di Città del Messico. La modalità meccatronica tridimensionale permette di far vedere una persona in formato umano a 360 gradi, perfettamente scontornata, senza quello che c’è dietro ad essa, dando

nello stesso tempo l’impressione di poterla addirittura toccare. Direte voi: «Ma questo si può già fare con il vecchio sistema in videoconferenza». Non esattamente, perché con Tachyone è tutta un’altra cosa. Poter dare la sensazione di essere presenti fisicamente in un luogo e avere su se stessi la stessa percezione, non è cosa da poco. In Svizzera è una assoluta novità, per questo i fautori di Tachyone sono disponibili ad aprirsi a nuovi investitori che prevedono la bontà del progetto. Quando gli vengono chiesti lumi su questo innovativo prodotto, quello che rispondono Angelica Morrone e Stefania Spadafora è: «Provare per credere».

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AZIENDE / STRP

AZIENDE E COMUNICAZIONE TRA SPAZIO FISICO E DIGITALE

DI AMANDA PRADA INTERVISTA A CASSIA CASAGRANDE, DIRETTRICE DI BAK ECONOMICS LUGANO

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assia Casagrande, classe 1987, studia relazioni internazionali fra Ginevra e Barcellona. Rientrata a Lugano lavora per economiesuisse e la RSI per approdare poi alla Camera di commercio dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino come responsabile della comunicazione. A settembre 2019 BAK Economics – un istituto indipendente che si occupa di previsioni, analisi e consulenze economiche ai vertici del settore in Svizzera – apre la sua sede in Ticino. A dirigere la nuova squadra c’è Cassia Casagrande.

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ome vi state muovendo per fare conoscere la vostra realtà? «Stiamo consolidando la nostra rete e sviluppando nuove relazioni, prodotti e servizi a complemento di quelli più tradizionali legati all’attività di BAK Economics. Un esempio è il Checkpoint PMI, un progetto ideato e realizzato con il supporto di diversi

partner locali che mira a dare un supporto concreto a tutte le piccole e medie imprese ticinesi che si trovano in difficoltà a causa della pandemia». Ci sono approcci che caratterizzano la vostra sede rispetto alle altre? «Una delle nostre peculiarità è la vicinanza al territorio e al suo tessuto


AZIENDE / STRP

economico grazie a banche dati e modelli economici regionali e settoriali. Questo ci permette di comprendere al meglio le esigenze dei diversi attori pubblici e privati che operano a sud delle Alpi e di ideare servizi ad hoc. Abbiamo inoltre avviato un’interessante collaborazione con Sketchin, un’azienda di design strategico con la quale condividiamo spazi di lavoro e progetti innovativi. Le sedi del gruppo BAK – Basilea, Zurigo, Lugano e a breve Berna – rimangono comunque in costante contatto per offrire competenze specifiche e sinergiche e per accedere a un network ben ramificato in tutta la Svizzera». In questo periodo così delicato di crisi e ripresa cosa possono fare le aziende per migliorare la loro comunicazione? «La comunicazione è fondamentale in qualsiasi momento. Viene però spesso

trascurata, soprattutto nei periodi difficili, perché le risorse aziendali sono impiegate per svolgere mansioni ritenute più impellenti. Innanzitutto è necessario costituire un gruppo di persone che analizzi come l’azienda sta reagendo e che curi la comunicazione durante la ripartenza. La comunicazione interna è indispensabile per garantire che determinate attività possano essere svolte efficacemente anche con il telelavoro. È poi importante che i collaboratori siano informati costantemente sullo sviluppo della situazione e che abbiano la possibilità di esporre i propri dubbi per evitare fraintendimenti. D’altro canto occorre tenere informati i principali stakeholder con messaggi chiari e semplici e continuare a investire nel marketing per condividere i risultati delle nuove strategie aziendali e di business e per preservare la propria reputazione aziendale».

Aziende, crisi e digitalizzazione: quali opportunità? «La crisi legata alla pandemia ha dato una spinta alla digitalizzazione di molte attività economiche. Per tante aziende è stato necessario introdurre soluzioni digitali come il telelavoro o la fornitura online dei servizi. Spesso si assiste però a un mix delle offerte, cioè a un contesto ibrido dove spazi fisici e digitali si fondono. In questo senso la crisi può essere vista come un’opportunità per favorire l’implementazione di soluzioni innovative. Ci sono però anche dei rischi, perché non tutte le attività possono essere svolte digitalmente e perché questo cambio di paradigma implica degli importanti investimenti infrastrutturali che non sempre le aziende sono in grado di affrontare».

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L’IMPORTANZA DI AVERE UN’IMMAGINE DIGITALE

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GIANNI SIMONATO, CHIEF DIGITAL OFFICER DI MYACADEMY GMBH, INTERVISTA HÉLÈNE KRALIK, COUNTRY MANAGER DI GEWISS SWISS SA.

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l Modern Selling illumina i campi sportivi del Ticino con Gewiss Swiss SA. Me la ricordo come fosse ieri, quella sera. Nella sala gremita di gente, pochi giorni prima del lockdown che ha colpito così duramente le nostre attività, ero stato invitato a parlare, come Chief Digital Officer di MyAcademy GmbH, dei nuovi sistemi digitali di relazione con le persone. E tra il pubblico c’era Hélène Kralik, Country Manager di GEWISS SWISS SA, Bellinzona. In questa intervista sentiamo dalle sue parole come è riuscita a gestire clienti, relazioni e fatturato nonostante il periodo critico.

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élène, a distanza di 9 mesi da quel febbraio 2020, che bilancio fai della digital transformation che hai introdotto in azienda? «A livello personale uso da anni i Social Media per tenere contatti ravvicinati con amici e famiglia su due continenti e nei cinque Paesi dove ho vissuto e lavorato. Così mi sono chiesta: quale strumento potevo invece usare a livello professionale? Ho osservato e seguito l’attività di certe eccellenze del territorio elvetico e le mie idee si sono illuminate a febbraio 2020, partecipando ad un seminario sulla tematica del Digital Selling. La tua presentazione, Gianni, su come sta cambiando il mondo del marketing e delle vendite, mi ha interessata e colpita. Il Digital Selling permette di creare un intero ecosistema sia online che offline, sfruttando tutte le risorse digitali. Ancora scettica, siccome sono consapevole che non esiste una “soluzione miracolo” (ovvero risultato senza sforzo ed impegno), ho voluto approfondire e simulare l’applicazione al mio caso specifico. E così sono entrata nella grande Community di MyAcademy GmbH, che oggi conta più di 100 commerciali partecipanti ai Per-Corsi di crescita sul Modern Selling, con un aggregato di aziende che superano i 600 milioni di franchi di fatturato e più di 1.000 dipendenti». Ci racconti qualcosa della tua attività? «Dopo l’università ho cominciato a lavorare nei settori dello Smart Lighting ed E-Mobility con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici e le spese di


AZIENDE / MYACADEMY

manutenzione degli impianti sportivi, industriali e pubblici per le città del Ticino. Mi piace correre nel tempo libero e, guardando il panorama, penso a come posso ottimizzare gli impianti di illuminazione e renderli più sostenibili. Alcuni casi pratici al nostro attivo: l’Arena sportiva di Tesserete Valcolla, i campi di calcio Lega 2 e allenamento di Mappo Minusio, Gordola, il campo da Tennis Morbio inferiore Classe III, strutture sportive come l’Arena T11 di Giubiasco. Inoltre abbiamo realizzato impianti di illuminazione per la città di Bellinzona, Vacallo, industrie e centri logistici nel Ticino e in tutta la Svizzera». Quali sono i benefici concreti che hai toccato con mano nell’utilizzo delle metodiche del Modern Selling? «Questo processo mi ha permesso di mettere il turbo alle attività di relazione e contatto con i nostri clienti in digitale. Il Modern Selling mi sta permettendo di far sapere chi siamo, qual è il valore aggiunto della nostra professionalità e della società Gewiss Swiss, diffondere il Brand Gewiss. Mi ha permesso di fidelizzare in primis anche i nostri collaboratori interni ed esterni, perché le aziende sono fatte di persone. Sembrerà assurdo, ma chi ci deve conoscere al meglio in una struttura di 1500 dipendenti sono i nostri colleghi, a livello strategico come operativo! Il modello tedesco ha capito da anni questo concetto: sia Aussendienst (servizio clientela esterno) che Innendienst (servizio clientela interno). In effetti è nata una

bella sinergia con i collaboratori della Germania, Francia, Spagna e Benelux. Ho scoperto che abbiamo due brand personali: uno fisico, reale, l’altro digitale attraverso il profilo Linkedin. Operando via Linkedin e Sales Navigator ho avuto l’opportunità ad esempio di accelerare, pure durante il lockdown, il rinforzo della collaborazione con il Gruppo Bouygues. Come essere visibile in 90 filiali ed oltre 4000 dipendenti se non via digitale, ovvero attraverso il Tool di Sales Navigator? In quanto Front Woman della filiale ho incrementato la visibilità del mio profilo personale e in sinergia portato la pagina aziendale Linkedin di Gewiss Swiss da 100 follower a più di 1100, mettendo a contributo empatia, creatività, spontaneità, cultura e carisma del Team di lavoro. Partecipo a diversi Gruppi di lavoro via Sales Navigator (Smart City – Sostenibilità – Business Women), i quali creano sinergia sia per la crescita professionale che personale, devono andare di pari passo e sono fondamentali per garantire la continuità e lo sviluppo della missione. Sales Navigator permette di “bussare alla porta” del nostro interlocutore senza creare nessun disturbo in quanto questi si collega quando lo ritiene opportuno e, se è presente su questa piattaforma significa peraltro che condivide la stessa visione verso l’utilità della comunicazione via digitale come acceleratore di business. Il digitale non ha frontiere né temporali né spaziali. Permette di interagire a livello internazionale, nel caso specifico con le filiali della Germania, Francia, Benelux, Emirati Arabi e la Sede, ottimizzando quindi le risorse. Dà la possibilità di sfruttare al meglio lo Smart Working, ovvero lavorare in modo agile, tutti i giorni e a qualsiasi ora».

«“Non abbiamo tempo per perdere tempo”, vale per il nostro interlocutore, ma anche per la sottoscritta e il suo team. Pensate alla produttività incrementata grazie al tempo sottratto agli spostamenti in macchina! Vogliamo poi parlare dei risparmi pro capite relativi a minori chilometri percorsi, nonché al risparmio delle emissioni in atmosfera di CO2?». In MyAcademy abbiamo adottato lo slogan “aiutiamoci ad aiutare”. Sono anni di grandi cambiamenti, per la maggior parte delle persone veri e propri traumi. Scrivetemi su Linkedin, scambiare idee e condividere esperienze viene prima di qualsiasi rapporto commerciale. Oggi bisogna dare per primi, prima di ricevere. Dove trovarmi? Andate su Linkedin e digitate il mio nome e cognome.

Parliamo anche dei risparmi che hai ottenuto con il Per-Corso di Modern Selling? TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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BENESSERE / YOGA

LE NUOVE OASI DELLO YOGA E DELLA MEDITAZIONE RINASCERE, RITROVARSI, RICONNETTERSI. PER VARCARE LA PORTA D’INGRESSO DI QUESTO MONDO ABBIAMO INCONTRATO MICHELA MONTALBETTI, APPASSIONATA MAESTRA DI YOGA, FORMATRICE DI NUOVI INSEGNANTI E CREATRICE DI CASA CORVO A NOVAGGIO. DI KERI GONZAATO

“Crediamo che prendere del tempo per te stesso in un luogo sacro sia essenziale”. (Wouter & Wildrik, fondatori di Mandali, Centro per Ritiri sul Lago d’Aorta).

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egli anni ‘60, chi era alla ricerca di nuove dimensioni interiori partiva per gli ashram dell’India. Erano i tempi di “On the road to Rishikesh”, canzone con cui i Beatles raccontavano i loro pellegrinaggi mistici da Maharishi. Da allora occidente ed oriente si sono sempre più avvicinati ed oggi, chi cerca un senso più profondo del vivere, un cammino spirituale o semplicemente una pausa dal rumore del mondo non deve per forza volare lontano. In tutto il mondo sono nati centri dedicati all’universo dello yoga, della meditazione e del benessere a 360°. Anche la Svizzera, il Ticino e la vicina Italia hanno risposto ai bisogni di una popolazione - da un lato sempre più viziata e materialista,

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dall’altro sempre più stressata e sconnessa - con vere e proprie oasi che permettono di ritrovare una connessione più profonda e autentica con se stessi. Si tratta di alcove curate nel minimo dettaglio. Luoghi dove l’estetica, vista come un riflesso della presenza interiore, occupa un posto importante Scelte architettoniche minimaliste incontrano il profumo mistico dell’incenso e la luce soffusa delle candele. La cucina è strettamente salutista, solitamente vegetariana o vegana, a base di prodotti biologici e spesso locali, spesso provenienti dal giardino della proprietà. Oltre ad offrire percorsi detox a livello corporeo, queste oasi invitano a lasciare da parte la tecnologia e rinunciare all’iperconnessione per poter tornare a sentire il momento pre-

sente nella sua intima essenza. «Sono nata in Ticino e a 19 anni l’ho lasciato per gli studi. Ho avuto l’immensa fortuna di poter viaggiare, per studio e lavoro, e di assorbire molte esperienze belle e intense. Ho vissuto a 360° gradi imparando tante cose, anche in campi molto diversi: dall’alberghiero alla fotografia, dal giornalismo all’immobiliare. A 42 anni, una forza intangibile mi ha riportata in Ticino, a essere più precisi nel Malcantone, dove sono tornata con gioia portando con me un grande bagaglio e un’immensa voglia di condividere. Oggi sono insegnante di yoga e meditazione, offro diversi corsi, workshop, ritiri e formazioni e mi occupo di Casa Corvo, che è quasi un lavoro a tempo pieno».


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asa Corvo è… «Una sala per Yoga e pratiche affini e un salone comunitario dove si possono fare due chiacchiere o condividere un pasto. Qui offro lezioni di Yoga settimanali mirate a chiunque voglia venire, dal Malcantone o da più lontano. Vicino alla sala ho ristrutturato con cura tre appartamenti per 11-12 ospiti. L’ampio giardino, la magica corte interna e la nuova sauna completano l’esperienza benefica. Casa Corvo è così diventata uno spazio intimo per piccoli gruppi di yoga, meditazione o danza. Chi viene qui si sente subito “a casa”. È anche uno spazio di condivisione, ci si incontra nei corridoi, nella corte interna, nella loggia o nel giardino, e si sta insieme. Il cuore è la sala yoga, progettata nei minimi dettagli per condividere le diverse pratiche: pavimento in rovere, riscaldamento a serpentine, luce naturale e camino». Com’è nato questo spazio unico? «È nato un pezzo dopo l’altro. Arrivando da Zurigo, con diversi anni di esperienza di insegnamento alle spalle, l’intenzione era quella di creare la mia sala per condividere lo yoga. Questa bellissima casa antica nel nucleo di

Novaggio, con la sua corte interna e il giardino, era lo spazio perfetto per creare una piccola oasi. Essendo molto grande, oltre alla mia abitazione, ho allestito un appartamento per vacanze. Dopo qualche anno, ho capito che chi veniva alla Casa Corvo non lo faceva solo per un’oretta di yoga, ma voleva anche dell’altro. Da lì nasce l’idea di accogliere gruppi anche per due o tre giorni. Dal giugno 2020, ho potuto affiancare un altro edificio, che ho chiamato Casa Volpe e posso ospitare in loco anche gruppi più numerosi». Che tipo di atmosfera estetica e energetica avete voluto creare? «La casa è stata riattata nel 2017 con tanto amore. Ho cercato di mantenere il più possibile le strutture e i materiali presenti, apportando cambiamenti rispettosi e in sintonia con il preesistente. Vi sono poi accenti molto moderni, come le lampade o il piano della cuci-

na in cemento. Le stanze sono luminose e arredate in modo spartano, l’idea è stata quella di creare spazio. Ne risulta una struttura semplice e nel contempo sofisticata, i materiali a vista come le travi in antico legno di castagno e le parti in granito e la scelta dei colori chiari trasmettono un senso di calma, quasi zen, a chi arriva. Non ho dati storici certi, ma può essere che in passato la casa fosse un piccolo convento: ecco questa energia la sentiamo ancora oggi». Nutrire l’anima ed il corpo, cosa trova nel piatto chi viene a visitarvi? «Lavoriamo con servizio catering facendo capo a diversi cuochi della regione. I cibi sono vegetariani o vegani e usiamo prodotti stagionali e locali. Nel giardino di Casa Corvo vi è anche un piccolo orto, di cui usiamo il più possibile i prodotti». TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

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BENESSERE / YOGA

Visioni per il futuro e programmazione per i prossimi mesi? «Per i prossimi mesi abbiamo diversi gruppi che verranno a trascorrere qui qualche giorno, principalmente dalla Svizzera tedesca. In genere i gruppi restano per tre-quattro notti. A novembre inizia la mia nuova formazione per insegnanti di yoga, alcuni dei partecipanti dormiranno sul posto».

per riconnettersi con loro stessi e con il ritmo della natura. Siamo in un paradiso, a pochi passi dalla casa si possono scoprire castagneti, fiumi, rovine abbandonate e montagne con viste incredibili. Credo fermamente nel potere curativo della semplicità e della natura e questo è il segreto di Casa Corvo e di altri spazi di questo tipo».

In che modo questo luogo giova all’uomo di oggi? «Il luogo invita a staccarsi dalla frenesia, dallo stress ed a radicarsi nella semplicità dell’essere. Camminare a piedi nudi nel giardino, meditare attorno al fuoco, assaporare con lentezza cibi sani e nutrienti. Qui non ci sono televisioni e internet funziona poco. I nostri ospiti hanno tempo

CENTRI YOGA, MEDITAZIONE E AFFINI IN SVIZZERA E DINTORNI Chiva Sun — Holistic Center & Spa, Brione, Ticino Un tempio soleggiato affacciato sul Lago Maggiore con spazi per meditare, fare attività fisica ed indulgere nei piaceri della Spa. Qui ritrovi forza, chiarezza e visione… attraverso ritiri e workshop olistici selezionati per chi vuole sperimentare la guarigione in prima persona e aprirsi a nuovi spazi dentro e fuori di se. www.chivasun.ch info@chivasun.ch Centro Arte, Cabbiolo, Ticino Un’oasi unica nel suo genere circondata da una natura incontaminata nella Svizzera meridionale. Sceglici per immergerti in esperienze uniche di meditazione, crescita interiore, danza, teatro e altro ancora. In un’atmosfera

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TICINO WELCOME / DIC 2020 - FEB 2021

rilassata e stimolante, lontano dal trambusto della vita quotidiana, potrete trovare la quiete creativa per lavorare in modo ispirato sul corpo e sulla mente. www.centroarte.ch info@centroarte.ch Nomad Shala, Estate 2020 a Châteaux d’Oex | Autunno 2020 Puglia Un villaggio mobile da sogno che offre ritiri olistici, co-creando con diverse parti interessate accuratamente connesse per la vostra più grande felicità. Fondato sui principi dell’ecosostenibilità, è composto da grandi tende glamping in cotone organico, cucina e yoga Shala openair, sauna e jacuzzi scaldate a legna! www.nomadshala.one joy@nomadshala.one

Mandali, Lago d’Aorta, Italia Nella splendida cornice naturale del lago d’aorta in Italia, Mandali combina meditazione, yoga, scoperta di se stessi alla cura indulgente del corpo, con cibo nutriente, una spa con terapisti specializzati e bellissimo design e architettura. www.mandali.org info@mandali.org Alberelli, Toscana, Italia Un agriturismo immerso nello splendore della Toscana di giardini, tra i colli e il mare. Lo spazio ideale per yoga, meditazione e ritiri. Qui, i partecipanti possono rilassarsi o meditare circondati dalla lussureggiante vegetazione mediterranea. www.alberelli.com info@alberelli.com


NEWS

Robeco pubblica le prospettive per il 2021: “Affrontare il trilemma” Nelle sue prospettive annuali, Robeco ritiene che il 2021 sarà un anno favorevole per gli strumenti finanziari rischiosi, con le azioni che generano rendimenti superiori alla media. Tuttavia, in uno scenario in cui un vaccino efficace contro il Covid-19 non è prontamente disponibile per una gran parte della popolazione mondiale nel 2021, la partita si chiude e gli asset rischiosi registrano performance negative. Robeco prevede che nel 2021 gli investitori si troveranno di fronte a un “trilemma” che nasce dalla necessità di gestire tre problemi derivanti della crisi del Covid-19: ripristino della salute pubblica, ritorno al

normale funzionamento dell’economia e mantenimento delle libertà individuali. Nello scenario di base, un vaccino diventa disponibile nella prima metà del 2021. La combinazione di un vaccino tempestivo ed efficace con persistenti misure di stimolo fiscale e monetario favorisce la crescita del PIL, e soprattutto, un continuo miglioramento dell’espansione degli utili societari. I livelli dell’utile per azione (EPS) si avvicinano a quelli osservati prima della pandemia, traducendosi in un’espansione economica del 20% circa con il passaggio dalla recessione alla ripresa. Peter van der Welle, Strategist Multi As-

set, afferma: “Il 2020 sarà probabilmente uno degli anni più straordinari della storia dal punto di vista economico, in quanto Covid-19 ha causato la più grave recessione dagli anni ’30 del secolo scorso. Il mondo continuerà a fare affidamento su una stretta collaborazione tra governi e banche centrali, un coordinamento continuo che finora ha attenuato gran parte dei danni economici. Non abbiamo ancora trovato un compromesso accettabile tra salute pubblica, economia e libertà individuali. Sono proprio questo compromesso e la sua risoluzione che plasmeranno la situazione economica, di mercato e sociale nel 2021.”

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LA STAMPA A FIORI NATA SUL LARIO NON SOLO ARRIVERÀ NEL GUARDAROBA DELLA CASA BIANCA MA È STATA SCELTA DALLA MOGLIE DEL FUTURO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI NELLA SERATA DELLA VITTORIA. DI MANUELA LOZZA

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iori e bacche colorati su stampa nera. Taglio sotto il ginocchio, corpino a misura con manica corta e gonna svasata. La creazione è della maison Oscar de La Renta e la stoffa è la seta, quella comasca. Un impegno iniziato dal fondatore della griffe già con Jackie Kennedy, poi proseguito con Nancy Reagan e infine con Hillary Clinton. Quando poi nel 2014 il capostipite muore, i suoi successori portano avanti lo stretto legame professionale con l’artigianato italiano e in particolare con la seta comasca: dalle sponde del Lario infatti arriva il 90% del prezioso tessuto usato dal marchio.


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E sempre con Jacqueline Kennedy è iniziata la lunga passerella che ha portato le first lady americane a diventare icone di stile e, molto spesso, a renderle portavoce della sofisticata moda europea fra gli statunitensi. Basti pensare ai tanti abiti Dolce e Gabbana indossati dalle mogli presidenziali e scelti anche da Jill Biden durante la campagna elettorale. Importantissimo negli ultimi anni l’apporto alla causa da parte dell’elegantissima Michelle Obama. Sempre impeccabile poi Melania Trump, che con passo e sguardo da fotomodella non ha fatto mancare il suo apprezzamento alla seta comasca. Ma l’arrivo di Jill Biden - il cui nonno siciliano emigrò con i genitori negli Stati Uniti quando aveva solo 2 anni - non passerà certo inosservato ed è destinato forse a portare la questione su un altro livello. Ma qual è la differenza fra la first lady uscente e quella “eletta”? Jill è una donna dall’aspetto più rassicurante, in cui molte di noi possono specchiarsi. Una donna che si barcamena con le difficoltà di tutte tra lavoro, famiglia e (ma questo solo nel suo caso) sostegno a un marito che presto sarà uno degli uomini più potenti del mondo. Il tutto senza rinunciare a un’eleganza mai chiassosa,

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ma neanche esageratamente discreta, insomma uno stile che non passa inosservato. E quale stoffa meglio della seta comasca può aiutare Jill a raggiungere un tale obiettivo?

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