N° 070 GIUGNO / AGOSTO 2021
MAGAZINE DI PERSONE, EVENTI, AZIENDE, FATTI E NOTIZIE
FABRIZIO CIESLAKIEWICZ
EDIZIONE TICINO WELCOME SAGL
Svizzera CHF 8,00 / Italia € 6,80
SAPER SEMPRE METTERSI IN GIOCO
PRIMO PIANO
LEADER ALLO SPECCHIO
SPECIALE TURISMO
MEDICINA
FABIO REGAZZI Il ruolo chiave del partenariato sociale
DANIELE FINZI PASCA Scatti rossi, blu e verdi
POST-PANDEMIA Ripartono finalmente le attività?
CAMPAGNA VACCINALE Un vaccino svizzero? No comment!
Curated. Crafted. Collectable. Scopri di più presso la nostra concessionaria Bentley Lugano, BentleyMotors.com oppure potrà contattarci al numero +41 91 994 22 07 Continental GT V8 Mulliner Convertible WLTP drive cycle: fuel consumption, mpg (l/100km) – Combined 22.6 (12.5). Combined CO₂ – 284 g/km. The name ‘Bentley’ and the ‘B’ in wings device are registered trademarks. © 2021 Bentley Motors Limited. Model shown: Continental GT V8 Mulliner Convertible.
BENTLEY LUGANO
TICINO WELCOME / EDITORIALE
EDITORE Ticino Welcome Sagl Palazzo Mantegazza, Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso T. +41 (0)91 985 11 88 info@ticinowelcome.ch www.ticinowelcome.ch
Biancaneve E IL BACIO RUBATO DI MARIO MANTEGAZZA
RESPONSABILE EDITORIALE Mario Mantegazza COORDINAMENTO EDITORIALE, PUBBLICITÀ E PUBBLICHE RELAZIONI Paola Chiericati REALIZZAZIONE EDITORIALE Mindonthemove srls LAYOUT E GRAFICA Kyrhian Balmelli, Lorenzo Terzaghi e Patrick Gastaldon FOTOGRAFIE Si ringraziano le aziende produttrici, amministrazioni, enti e istituzioni del Ticino. Foto di copertina: Davide Pucci
STAMPA FONTANA PRINT SA CH-6963 Pregassona SERVIZIO ABBONAMENTI (4 NUMERI) CHF 32.- (spese postali escluse) T. +41 (0)91 985 11 88 www.ticinowelcome.ch PUBBLICITÀ SVIZZERA TEDESCA E FRANCESE FACHMEDIEN ZÜRICHSEE WERBE AG CH-8712 Stäfa claudio.moffa@fachmedien.ch T. +41 (0)44 928 56 31 COLLABORATORI Benjamin Albertalli, Moreno Bernasconi, Paola Bernasconi, Elisa Bortoluzzi Dubach, Joel Camathias, Paola Cerana, Rudy Chiappini, Franco Citterio, Silvano Coletti, Alessandro De Bon, Ariella Del Rocino, Roberto Giannetti, Keri Gonzato, Andrea Grandi, Eduardo Grottanelli De’ Santi, Marta Lenzi-Repetto, Dimitri Loringett, Manuela Lozza, Giorgia Mantegazza, Giacomo Newlin, Valentino Odorico, Patrizia Peter Pedevilla, Amanda Prada, Gerardo Segat, Fausto Tenzi, Fabiana Testori, Nicoletta Tomei, Alessandro Trivilini.
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tiamo sempre più cadendo nel ridicolo e nell’assurdo in un mondo dove ormai ogni parola, ogni gesto, ogni sospiro viene messo costantemente in discussione, con pesanti minacce sociali alle quali nessuno reagisce, anche quando gli stessi promotori delle assurdità cadono a loro volta in contraddizione. L’ultimo atto, in un mondo attanagliato da problemi ben più gravi, è l’accusa nei confronti del bacio che il Principe della fiaba avrebbe rubato a una Biancaneve non consenziente. Ma è roba da matti! Non se ne può davvero più di tutte queste idiozie! Era meglio che Biancaneve rimanesse morta? Quando Biancaneve baciò Cucciolo, lui era consenziente? Cosa devono fare due persone che si vogliono baciare per la prima volta, chiedersi il permesso?
Attenti tutti, perché ci stanno privando della libertà, quella vera! Stanno addirittura rubando i sogni e la fantasia a noi e ai nostri figli! Ci stanno sempre più privando del diritto alle proprie opinioni, all’ironia, alla comicità e alla satira. Ci stanno rubando l’anima con il pretesto di polemiche che si continuano ad alimentare solo perché hanno interesse che sia così. È da un pezzo che l’umanità ha superato determinate paure, ma questa nuova ondata di dittatura dispotica è forse ancora più pericolosa, perché è proibito lottarci contro, figuriamoci ribattere!
Mario Mantegazza
DISTRIBUZIONE IN TICINO: Abbonamenti, Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, studi medici e dentistici, studi d’avvocatura, studi d’ingegneria e d’architettura, banche e fiduciarie, aziende AITI (Associazione Industrie Ticinesi), aziende Cc-Ti (Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino), Club Rotary Ticino, Club Lions Ticino, edicole del Ticino. IN ITALIA: Nelle fiere turistiche, Aeroporto di Malpensa, Hotel ed esercizi pubblici Provincia di Como e Lombardia. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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SOMMARIO / N° 70
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FABRIZIO CIESLAKIEWICZ Saper sempre mettersi in gioco
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GUY PARMELIN Un paese ricco di risorse
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ANTONIO CAPRARICA Elisabetta per sempre regina
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DANIELE FINZI PASCA Scatti rossi, blu e verdi
EDITORIALE 03 Biancaneve e il bacio rubato PRIMO PIANO 06 Fabrizio Cieslakiewicz: Saper sempre mettersi in gioco 12 Guy Parmelin: Un paese ricco di risorse 16 Fabio Regazzi: Il ruolo chiave del partenariato sociale 20 Reto Ceschi: Come è cambiata l’informazione all’epoca della pandemia 24 Joseph E. Stiglitz: L’economia può risolvere l’ingiustizia finanziaria? 28 Antonio Caprarica: Elisabetta per sempre regina 32 Laura Pozzi: Sowing the seeds for gender-neutral informatics 36 Rupen Nacaroglu: Strutture sportive al servizio del territorio 38 Christian Garzoni: Fiducia e cautela 40 Morena Ferrari Gamba: Essere straordinariamente normali GRANDANGOLO 42 L’onda lunga dei genocidi LEADER ALLO SPECCHIO 44 Daniele Finzi Pasca: Scatti rossi, blu e verdi LAC 46 Installazioni artistiche: Una balena nel parco 48 MASI: Sentimento e osservazione 50 OSI: La qualità al primo posto CULTURA 52 IMAGO Art Gallery: Oggetti fluttuanti nel silenzio assoluto 54 Paolo Bellini: Tra luce e spazio, tra pieno e vuoto 56 Ivo Soldini: Quando la scultura racchiude un’anima 60 Museo Hermann Hesse: Rilke, Hesse, Dürrenmatt e il vino FINANZA 62 Trust: Uno strumento finanziario da rivitalizzare? 68 ABT: Banche e industrie unite per battere la pandemia 70 Ticino For Finance: Tendenze positive per il settore bancario 72 UBS: La sostenibilità nelle aziende svizzere 74 Credit Suisse: Soluzioni innovative al servizio del cliente 76 BNP Paribas (Suisse) SA: All’avanguardia negli investimenti sostenibili 78 BPS (Suisse): Ancora un anno record 82 Banca Migros: Una ventata di aria fresca 84 Ceresio Investors: L’importanza di conoscere bene i mercati asiatici 86 TiVenture: Da Lugano a Wall Strett per l’innovazione e la ricerca 88 Fondo Residentia: Più forti per crescere ancora TURISMO 90 Speciale Turismo: Con la primavera ripartono finalmente le attività? 96 Ticino Turismo: Ristoranti stellati e grotti della tradizione 98 Lugano Region: Guardiamo avanti con fiducia 100 OTR Mendrisiotto: Tante nuove proposte per l’estate 102 Funicolare Monte S.Salvatore: Sempre più in alto verso la vetta 104 Grand Hotel Villa Castagnola: Lusso, fascino e sostenibilità 106 Grand Hotel Villa Castagnola: Tre momenti magici 108 Hotel Castello del Sole: Un resort che rispetta la natura 110 Grand Hotel Elba International: Un anno indimenticabile per l’isola green 112 Villa Lario: Un palazzo antico affacciato sul lago di Como GASTRONOMIA 114 Ristorante META: Una riapertura tanto attesa 116 Dany Stauffacher: L’Uomo delle stelle: Quando la passione non ha confini
Di Mario Mantegazza Di Patrizia Peter Pedevilla Di Rocco Bianchi
Di Andrea Grandi
Di Nicoletta Tomei Di Dimitri Loringett
Di Moreno Bernasconi Di Gerardo Segat
Di Paola Chiericati Di Giacomo Newlin
Di Marta Lenzi Repetto
SOMMARIO / N° 70
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BNP PARIBAS (SUISSE) SA All’avanguardia negli investimenti sostenibili
LUSSO FASHION EVENTI AUTO
MOTO ARCHITETTURA
DOSSIER FONDAZIONI
AZIENDE
MEDICINA BENESSERE SPORT
MONN Centenaire: Cento di questi giorni
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TASIS Formiamo cittadini del mondo
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SHARON SCOLARI Un cuore che non smette di sognare
Ristorante Arté: Arte e cibo in simbiosi Di Giacomo Newlin Ken Scott: Il Giardiniere della moda Di Marta Lenzi Repetto Al Porto Locarno: Una nuova boutique di creatività artigianale e dolcezza Omega: Il rinnovamento di orologi leggendari Kurz: Inaugurata la sua prima boutique nel Centro di Lugano Di Valentino Odorico Moda Estate 2021: Una stagione tutta da vivere Monn: Centenaire: Cento di questi giorni Simonetta Rota: Il team building è green Di Joel Camathias Bentley Flying Spur V8: Un nome, una garanzia Mercedes AMG E 63 S 4Matic+: Tutta muscoli e coccole Di Alben Ferrari 812 Competizione: Una potenza impressionante MC Laren Artura: Un bolide High Perfomance Hybrid da 680 CV Volvo V60 Recharge For Business: Offerta esclusiva per i clienti aziendali Harley Davidson Pan America 1250: Protagonista assoluta della strada BMW R Ninet 2021: Un mito che si rinnova ogni anno Wetag Consulting: Il Ticino, una meta ambita a livello internazionale St.Moritz Sotheby’s International Realty: Sempre in sella! Artprojekt: Investire nel mattone torna ad essere conveniente Elisa Bortoluzzi Dubach: 10 anni di simposi di filantropia in Ticino Konrad Hummler: Straordinario impegno a favore della musica Rainer Jauch: Tutto quello che c’è sa sapere sulle fondazioni Di Elisa Bortoluzzi Dubach Heby Graber: Sosteniamo la cultura a 360° Chiara Blasi: Conquistare la fiducia dei donatori Supsi: Inaugurati i nuovi campus di Mendrisio-Stazione e di Lugano-Viganello Innovation Park Ticino: Uniti per formare una rete di innovazione TASIS: Formiamo cittadini del mondo Miele: Una serra in cucina Sanitas Troesch: Progetta la cucina dei tuoi sogni con Touch Reality Rigips: La simbiosi perfetta di costruzione e costruzione a secco Gehri Rivestimenti: Si riparte con più colore Belloli: Eccellenza svizzera nel mondo Succ. E. Brughera: Evoluzione nel segno della tradizione Casinò Lugano: Torniamo a giocare dal vivo My Academy: Parità di genere o parità di opportunità? STRP: Silvana Redemagni, la problem solver degli alberghi Horizon Club: La mia passione è l’estetica Di Paola Bernasconi Un vaccino svizzero? No comment! Vaccini: Cosa c’è da fare Belotti OtticaUdito: Anche le lenti di un occhiale possono aiutarci a proteggerci da virus e batteri Di Keri Gonzato The A-Coach: La boutique del coaching professionale Sharon Scolari: Un cuore che non smette di sognare Di Giorgia Mantegazza Mimmi Guglielmone: Nel golf c’è sempre qualcosa da imparare
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PRIMO PIANO / FABRIZIO CIESLAKIEWICZ
SAPER SEMPRE METTERSI IN GIOCO
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n un periodo dove il tempo non basta mai ci si rende conto che alcune abitudini pandemiche riescono a semplificarci la vita, anche se i contatti umani restano fondamentali. Intervisto Fabrizio Cieslakiewicz via Skype e forse proprio perché tutti noi ci stiamo abituando a questi incontri virtuali, la chiacchierata diventa subito spontanea. a lei come sta vivendo questo momento? «Difficile dirlo perché alla fine questa pandemia ha cambiato la vita a tutti noi. Non nascondo che causa parecchio stress sia nella vita lavorativa sia nel privato, perché siamo preoccupati e nessuno di noi è sereno come poteva esserlo prima. Inoltre, anche le attività di svago sono molto limitate e quindi questa pressione viene sentita maggiormente. Questo non significa che dobbiamo essere negativi, dobbiamo riuscire a tener duro. Quando supereremo questo momento storico, che verrà ricordato dalle generazioni future, sono convinto che torneremo ad apprezzare tutto quello che banalmente faceva parte della quotidianità». La sua banca ha giocato un ruolo in prima fila durante la concessione dei crediti Covid… «Sì, anche perché il ruolo di BancaStato è scritto nella nostra legge di istituzione. La nostra banca si impegna da sempre a sostenere l’economia e il risparmio dei ticinesi e di fronte ad una situazione che ha messo in difficoltà molti di noi ci siamo attivati il prima possibile. Oltre ai crediti Covid garantiti dalla Confederazione, abbiamo agito ad esempio finanziando il programma “Vivi il tuo Ticino”, teso a sostenere ristoranti e alberghi ticinesi. Ad esempio, i buoni “Gusta il Ticino” consegnati a tutti i residenti che li han-
no richiesti, permettevano di cenare ovunque in Ticino. Dei 6,2 milioni di franchi stanziati, oltre quattro di questi sono stati effettivamente utilizzati, significa che abbiamo concretamente aiutato famiglie e ristoratori. Inoltre, a fine anno abbiamo elargito una speciale donazione a favore di associazioni che operano sul nostro territorio». Vicinanza ai cittadini, al Ticino, cosa pensa della politica o dei politici in questo particolare periodo che li vede quotidianamente sollecitati e chiamati a reagire… «Difficile giudicare, anzi penso che non si debba giudicare: i politici fanno politica e io faccio un altro mestiere. Il problema è che molti criticano quello che, in fondo, non conoscono. Questa pandemia ha toccato tutto il mondo e, sinceramente, sarebbe stato difficile non sbagliare, non commettere errori, perché in ogni momento qualcosa cambia e quello che fai oggi domani può essere sbagliato. La seconda e terza ondata hanno dimostrato che abbiamo imparato molto dalla prima, ma non abbastanza, nel senso che siamo confrontati con scenari nuovi, come quello delle numerose varianti, non prevedibili».
PRESIDENTE DELLA DIREZIONE GENERALE DI BANCASTATO, FABRIZIO CIESLAKIEWICZ, COME MOLTI UOMINI DI SUCCESSO, HA UN PASSATO DA SPORTIVO CHE RICORDA CON PARTICOLARE EMOZIONE. AMANTE DELLA CACCIA, DELLE PASSEGGIATE IN SOLITARIA E DELL’EQUITAZIONE, IL CINQUANTENNE È PARTICOLARMENTE LEGATO ALL’ALTO TICINO DOV’È NATO E DOVE TUTT’OGGI ABITA. PADRE DI DUE FIGLIE, CIESLAKIEWICZ GUARDA AL FUTURO CON OTTIMISMO, CONVINTO CHE LA PANDEMIA, BENCHÉ SIA UNA SITUAZIONE DIFFICILE DA ACCETTARE E CHE IMPLICA MOLTE RINUNCE, POTRÀ PORTARE UN INSEGNAMENTO PER LE GENERAZIONI FUTURE. DI PATRIZIA PETER PEDEVILLA
In fondo l’umanità è stata confrontata periodicamente con influenze devastanti… «Sì, come possiamo leggere nei libri di storia eventi come questi si ripresenteranno anche in futuro. Quindi è imTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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PRIMO PIANO / FABRIZIO CIESLAKIEWICZ
“Con il mio cognome all’età di 25 anni sono stato eletto sindaco di Quinto, un paese rurale e radicato al proprio patriziato. Con questo penso di aver detto molto e per questa ragione sarò sempre molto riconoscente a tutti coloro che mi hanno sostenuto.” portante che una volta superata questa pandemia e tornando alla normalità non dimenticheremo e ci impegneremo a lasciare un vademecum per le prossime emergenze sanitarie. E a quelli che continuano a criticare chiederei cosa farebbero di diverso: sono sicuro che nessuno troverebbe valide alternative». Torniamo a lei, immagino le sia mancato molto non seguire dal vivo la sua squadra del cuore… (Sorride) «Sì, questa è stata una grande rinuncia anche perché io sono nato a Piotta, proprio di fronte al campo di ghiaccio dov’è nato l’Ambrì-Piotta e quindi l’hockey ha fatto da subito parte della mia vita, così come per la maggior parte di chi è nato nel comune di Quinto; lo abbiamo nel DNA. Ho imparato a pattinare fuori casa, quando, dopo le nevicate, si creavano delle pozze di ghiaccio. Avevo i pattini con due lame, ricordo come se fosse ieri quanto mi divertivo». E il freddo? «Quando nasci in Alta Leventina al freddo ti abitui subito. Ricordo che andavamo ad allenarci precedendo la prima squadra e una volta aveva nevicato così tanto che per permettere alla squadra di giocare la sera abbiamo passato ore e ore a spalare la neve. Sono ricordi che non dimenticherò mai (emozionato)». Come molti giovani sportivi anche lei aveva il sogno di fare dell’hockey una professione? «È sempre importante seguire i propri sogni. Ho giocato nella sezione degli
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Juniori Elite e poi ho fatto parte dei quadri nella nazionale under 16 e under 18. Purtroppo poi mi sono fatto male ad una spalla, ho saltato scuola, allenamenti… e quando inizi ad andare male negli studi e nello sport la situazione diventa difficile. Un giorno mio papà, rientrando a casa in auto e dopo aver visto i giudizi di carnevale, si fermò davanti alla Valascia e mi disse: “Oramai, caro mio, con le spalle che ti ritrovi è meglio che ti concentri sugli studi”». E ha smesso così… «A dire la verità no, non è stato tanto facile. Inizialmente ho continuato a giocare nelle leghe minori e poi quando sono andato a Losanna per continuare gli studi sono entrato nella squadra universitaria». Sempre come difensore? «Eh sì, con la mia corporatura non avevo molta scelta (ridiamo). Comunque, alla fine, ci crederà o no, il Losanna mi ha proposto un contratto in serie B. Ero felicissimo, soprattutto di poter finanziare anche i miei studi. Peccato che, quando sono arrivato a casa dai miei e ho comunicato il tutto, mio papà non è stato altrettanto contento e mi ha detto: “Tieni l’hockey come hobby e continua a studiare”. Ho seguito il suo consiglio e ho terminato l’Università». Mi scusi ma il suo cognome, Cieslakiewicz, visto che lei è nato in Ticino, che origini ha? «È di origine polacca e in ogni caso non si preoccupi per la domanda perché me la fanno spesso. La mia nonna
paterna era di Giornico, mentre il nonno era polacco, era fuggito con la sua famiglia durante la Seconda guerra mondiale e si erano trasferiti in Francia; dopo aver combattuto sulla “Ligne Maginot”, mio nonno si è poi rifugiato in Svizzera. In ogni caso in Francia ho ancora dei parenti che hanno cambiato il cognome Cieslakiewicz in Chelaque e si trovano nella zona della Dordogna. Mentre da parte di mia mamma la famiglia era emigrata dalla Valle di Blenio e da Claro a Parigi. Mia mamma è arrivata in Leventina, da parenti, quando aveva vent’anni e lì ha conosciuto mio papà che lavorava alle ferrovie. Si sono sposati e trasferiti a Göschenen; pensi, da Parigi a Göschenen… doveva veramente essere innamorata (sorride). In ogni caso la mia storia è una storia europea come molte altre e ho radici profonde in Ticino, soprattutto nell’Alto Ticino». Ma il suo cognome le ha mai giocato contro? «Con il mio cognome all’età di 25 anni sono stato eletto sindaco di Quinto, un paese rurale e radicato al proprio patriziato. Con questo penso di aver detto molto e per questa ragione sarò sempre molto riconoscente a tutti coloro che mi hanno sostenuto. La mia esperienza mi porta a credere che dal punto di vista professionale il cognome non è stato un elemento discriminante». Lei è andato in banca subito dopo gli studi… «Sì, ma non ero partito con l’idea di lavorare in banca… inizialmente volevo andare a studiare criminologia, perché ero molto appassionato di scienza e matematica. Ricordo che ero seduto all’Università con l’attuale capo della polizia scientifica di Ginevra, il professore entra nell’auditorio e ci dice: “Buongiorno, oggi siete qui in 300 a Natale sarete in 60”. Allora è nato un dubbio e sono andato a fare economia politica (ride)».
PRIMO PIANO / FABRIZIO CIESLAKIEWICZ
E la politica? «Inizialmente lavoravo in banca e per la politica, ho fatto per 12 anni il sindaco, ma poi crescendo professionalmente mi sono concentrato sull’attività bancaria. Le assicuro che non mi annoio mai, devo naturalmente sempre essere aggiornato, informato. È un lavoro tutt’altro che monotono. A volte si rischia addirittura di allontanarsi dalla realtà e proiettarsi anche troppo nel futuro, basti pensare che a livello strategico il 2021 è già passato e la mente corre già agli anni successivi». Dobbiamo preoccuparci? «È difficile fare previsioni proprio perché, come ho detto prima, l’evoluzione di questa pandemia non è prevedibile. Penso che il giorno in cui verranno tolte tutte le restrizioni ci sarà un’euforia incredibile, un boom legato soprattutto all’economia di consumo. Per vedere i veri effetti dovremo però aspettare il 2022, il 2023. Solo tra uno o due anni capiremo chi dovrà raccogliere i cocci o chi effettivamente è riuscito a superare la crisi». Non si legge molto della sua vita privata, è sposato o ha figli? «Ho due splendide figlie e sono uno dei tanti divorziati. Con Giulia e Rachele sono comunque riuscito ad instaurare un bel rapporto e sono molto felice, penso che i figli siano qualcosa di importantissimo e vadano sempre messi al primo posto. Noi come persone evolute dobbiamo riuscire a far progredire la nostra società e quindi sempre evitare di far soffrire i figli e fornir loro delle solide basi famigliari sulle quali possano crescere diventando adulti responsabili e sereni». Abita sempre a Quinto? «Certamente! Percorro ogni giorno cinquanta chilometri di strada per arrivare a Bellinzona e cinquanta per tornare, ma lo faccio in modalità rilassata, all’andata mi preparo mentalmente alla giornata e alla sera faccio il TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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defaticamento, come uno sportivo, ma in auto (divertito)».
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“Ho due splendide figlie e sono uno dei tanti divorziati. Con Giulia e Rachele sono comunque riuscito ad instaurare un bel rapporto e sono molto felice, penso che i figli siano qualcosa di importantissimo e vadano sempre messi al primo posto.”
Lei è una persona sempre pronta a rimettersi in gioco, con molti interessi e passioni… «Assolutamente. Mi piace sciare, ho un appartamento a Carì dove vado spesso, ma mi piacciono molto anche le Dolomiti. Vado in rampichino, anche perché amo la buona cucina e se non sto attento accumulo, come gli orsi, anche se io lo faccio durante l’inverno (ride). Inoltre, so che qualcuno non condividerà, mi piace praticare l’arte della caccia, in modo responsabile, riflessivo non tanto per sparare, perché per quello ci sono gli stand di tiro».
rivedermi un film e voilà, l’ho rivisto, con una facilità impensabile solo pochi anni fa. Trovo che la generazione dei nostri giorni abbia saldi valori, mi auguro che riescano a capire che nella vita indietro non si può tornare e che sappiano utilizzare la propria intelligenza non solo per massimizzare il proprio profitto finanziario, ma il proprio benessere di vita».
E poi grazie a sua figlia più piccola ha scoperto anche di amare i cavalli… (Ride). «L’ho fatto per lei, perché non è facile gestire un cavallo! Ho anche conseguito il brevetto per poter imparare a portarlo in giro, accudirlo, pulirgli gli zoccoli, metterlo sul van (un’impresa)… quindi sì, per poterla seguire durante le manifestazioni mi sono rimesso in gioco e ne sono felice. Penso sia importante che i ragazzi abbiano una loro passione e la seguano, l’equitazione permette loro di rafforzare l’autostima, avere un senso di responsabilità e comunque confrontarsi con un animale di seicento chili non è proprio evidente…».
Lei pensa resteranno segnati da questa pandemia… «Non dobbiamo essere negativi, dobbiamo credere in loro, complimentarci, anche perché nell’ultimo anno hanno dovuto rinunciare a molto, ma lo hanno fatto e la maggior parte di loro segue le regole, esattamente come gli adulti. Per loro è stato un sacrificio non vedere amici e divertirsi con ragazzi della loro età. L’importante è che come genitori e come insegnanti riusciamo a far capir loro quanto siamo fortunati a vivere in Svizzera. Sono convinto che questo sia il Paese più bello del mondo, con una politica fatta di compromessi e non lotte».
Quando parla delle sue figlie, dei giovani, la sento molto tranquillo e ottimista… «Non voglio essere critico, penso si sia capito, neanche per quanto riguarda i giovani i quali si creeranno il loro futuro. Sta a noi adulti saperli indirizzare, far capire loro quali sono i valori principali della vita, come il rispetto. Quando eravamo ragazzini nessuno si aspettava che avremmo fatto questa intervista via Skype oppure che saremmo stati tanto attaccati a questi cellulari. Ieri sera volevo
Cosa farà quando tutto questo finirà? (Silenzio) «Sa che non lo so… forse un viaggio a Parigi perché sono anni che non ci vado ed è una città che amo molto. E poi la festa dei miei cinquant’anni! Che ho clamorosamente saltato nel 2020».
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E se tutti noi facessimo nostro il consiglio rivolto da Fabrizio Cieslakiewicz ai giovani? Utilizzare l’intelligenza umana non solo per massimizzare i profitti finanziari, ma per migliorare il nostro benessere di vita.
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SEAMASTER AQUA TERRA Come suggerisce il suo stesso nome, l’Aqua Terra oltrepassa numerosi confini: erede di una grande famiglia di orologi da navigazione oceanica, vanta il medesimo DNA dei nostri cronometri sportivi più robusti ma si distingue per la raffinatezza del suo stile, tipica dell’orologio classico. Restando fedeli a questo spirito, gli attuali modelli, certificati Master Chronometer, sono testati al più alto livello dall’Istituto Federale Svizzero di Metrologia (METAS). Ciò garantisce maggiore precisione, affidabilità e massima resistenza al magnetismo generato dai dispositivi elettronici, quali telefoni cellulari e computer portatili, rendendo l’Aqua Terra l’orologio da tutti i giorni per eccellenza.
PRIMO PIANO / GUY PARMELIN
UN PAESE RICCO DI RISORSE DI ROCCO BIANCHI DI SOLITO IL PRESIDENTE DELLA CONFEDERAZIONE HA UN RUOLO PIUTTOSTO DEFILATO E POCO APPARISCENTE NELLA POLITICA SVIZZERA. LA PANDEMIA IN CORSO NE HA RIVALUTATO L’IMMAGINE, PORTANDO PRIMA SIMONETTA SOMMARUGA, CHE FU PRESIDENTE LO SCORSO ANNO, E OGGI GUY PARMELIN MOLTO PIÙ SPESSO SOTTO LA LUCE DEI RIFLETTORI. IL CONSIGLIERE FEDERALE VODESE, PER DI PIÙ, HA LA RESPONSABILITÀ DI GUIDARE L’ECONOMIA ELVETICA, E SI È TROVATO PURE A GESTIRE NON FACILI RELAZIONI CON L’UE…
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er quale motivo la Svizzera pensa di non poter più continuare a gestire le sue relazioni con l’Unione Europea solo attraverso trattati puntuali ma ritiene necessario negoziare con Bruxelles un accordo-quadro istituzionale? «Innanzitutto bisogna sapere che gli accordi bilaterali funzionano bene. Se vogliamo un accordo istituzionale, è per dare loro una base stabile. Consentirebbe inoltre di avviare discussioni per nuovi accordi sull’accesso al mercato europeo. Tuttavia la Svizzera non è disposta a concludere a tutti i costi un accordo istituzionale. Ci sono ancora tre punti su cui attendiamo risposte dall’UE, vale a dire la direttiva sulla cittadinanza europea, la tutela dei salari svizzeri e gli aiuti di Stato. Per il Consiglio federale si tratta di salvaguardare gli interessi fondamentali del nostro Paese». Le trattative sembrano essere a un punto morto. Viste le resistenze interne e la conseguente probabile bocciatura mediante votazione popolare di questo accordo, non sarebbe più saggio azzerare tutto e ricominciare da capo? «La Svizzera e l’UE hanno avviato a gennaio nuovi negoziati tecnici. Sono andato a Bruxelles il 23 aprile per valutare con la signora Ursula von der
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PRIMO PIANO / GUY PARMELIN
Leyen i risultati da un punto di vista politico. Abbiamo dovuto purtroppo constatare che, per quanto riguarda i punti ancora aperti, permangono differenze fondamentali. Si sono svolte consultazioni con le Commissioni di politica estera e i Cantoni. Il Consiglio federale farà il punto e prenderà la sua decisione sulla base degli elementi emersi da queste consultazioni». Dovessero le trattative in ogni caso fallire, quali rischi correrebbe il nostro Paese? Quali settori verrebbero presumibilmente più toccati? «Il Consiglio federale è consapevole dei rischi e delle potenziali ripercussioni in caso di mancata conclusione dell’accordo istituzionale e si è preparato ai diversi scenari. Immagino comprenderà che non posso entrare nei dettagli, perché i lavori sono in corso e il Consiglio federale deve ancora decidere». In caso di fallimento, esiste un cosiddetto “piano B” o si andrà avanti con lo status quo ratificato a più riprese dal popolo? «È ancora prematuro parlare di un “piano B”, poiché il Consiglio federale non ha ancora stabilito la sua posizione. Gli accordi bilaterali hanno dimostrato il loro valore; apportano vantaggi sia alla Svizzera che all’UE. In un primo momento, rimarranno sicuramente la base delle nostre relazioni». Il Consiglio federale e lei come ministro dell’economia potevate fare di più e meglio durante la pandemia? Cosa correggerebbe o non rifarebbe? «Ogni crisi infligge lezioni dolorose. Altrimenti non sarebbe una crisi. Impareremo da quanto è successo in modo da poter rispondere meglio a questo tipo di situazione in futuro. Una brutta sorpresa, ad esempio, è stata la mancanza di riserve di etanolo. Per ovviare a questo problema prevediamo di reintrodurre un sistema di scorte obbligatorie. Dobbiamo anche raffor-
zare la resilienza della nostra offerta economica, ma questo non significa aumentare l’autarchia. Sarebbe illusorio. È diversificando ulteriormente le nostre fonti di importazione che possiamo migliorare il sistema». Esperti e analisti prevedono che durante la seconda metà dell’anno l’economia elvetica tornerà a livelli pre-Covid, superandoli. È una previsione realistica? Non corriamo il rischio di assistere, una volta finiti gli aiuti, a un’ondata di fallimenti e a una conseguente crescita della disoccupazione e della crisi? «Rimango ottimista. La ripresa che abbiamo vissuto quando le misure Covid sono state revocate per la prima volta nell’estate del 2020 è stata piuttosto incoraggiante. I prerequisiti ora sono quasi identici. Le misure che abbiamo adottato hanno contribuito a limitare l’impatto della crisi sul mercato del lavoro e sul potere d’acquisto. Dovremmo quindi osservare un recupero dei consumi. Anche i dati bancari a nostra disposizione dalla riapertura dei punti vendita all’inizio di marzo danno indicazioni in questa direzione. Se le aperture continuano come previsto, dovremmo assistere a una rapida ripresa. Certo, i fallimenti potrebbero aumentare, ma non mi aspetto una grande ondata di chiusure e licenziamenti, anche se alcuni si troveranno senza dubbio in difficoltà. Va inoltre ricordato che, negli ultimi 12 mesi, abbiamo registrato un numero significativamente inferiore di interruzioni dell’attività rispetto al solito. In ogni caso, la situazione generale continuerà a dipendere dall’evoluzione della pandemia e dalle misure che richiede». In ogni caso, che lezione possiamo trarre da questo anno e mezzo di pandemia? «Ho accennato prima alla questione della resilienza dell’approvvigiona-
mento. Dalla crisi finanziaria del 2008 sappiamo che il lavoro ad orario ridotto è uno strumento estremamente utile in caso di brusco crollo dell’attività economica. Durante la pandemia la compensazione per la riduzione dell’orario di lavoro ha svolto un ruolo ancora più importante. Credo che abbiamo preso la decisione giusta rafforzando ulteriormente questo strumento. Questa crisi ci ha anche mostrato l’importanza della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Ottenere un prestito Covid in pochi giorni tramite easyygov.swiss è stato possibile perché negli ultimi anni abbiamo investito su questa piattaforma. L’economia ha scoperto le possibilità di gestione tramite telelavoro, ma questa crisi ha anche messo in luce le attività che non potevano essere automatizzate o ridotte al mondo virtuale: i servizi sanitari, la fornitura di prodotti alimentari o anche la distribuzione delle merci». Quali riforme auspicherebbe, o le sembrano le più urgenti, per l’economia svizzera? «Ne vedo tre. Innanzitutto l’eliminazione delle tariffe doganali sui prodotti industriali, attualmente in discussione in Parlamento. Questa riforma porterebbe a una riduzione diretta di circa 860 milioni di franchi per imprese e consumatori. Poi l’abolizione dell’imposta di bollo sull’emissione, ciò che contribuirebbe a mitigare le conseguenze economiche della pandemia COVID-19 facilitando la ricapitalizzazione delle imprese in difficoltà. Infine nel 2020 il Consiglio federale ha aggiornato la strategia «Svizzera digitale». Il piano d’azione corrispondente contiene più di 150 misure da attuare. Questa strategia mira, tra le altre cose, a rimuovere le barriere ai modelli di business digitali, migliorare l’infrastruttura digitale e promuovere l’e-government. Tutto ciò contribuirà a rendere il nostro Paese più competitivo». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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La pandemia ha mostrato anche i rischi che un’economia corre quando le filiere produttive sono molto lunghe perché delocalizzate. Lei crede davvero che alcune attività che sono state spostate all’estero e in altri continenti col tempo ritorneranno in patria, o per lo meno si avvicineranno, oppure la globalizzazione continuerà a questi ritmi e, soprattutto, in questa forma? «Come ho detto, si sono verificati alcuni problemi nel nostro approvigionamento, ma malgrado ciò le forniture nel loro complesso sono state assicurate. Grazie ai nostri contatti in tutto il mondo siamo stati in grado di intervenire rapidamente e, ove necessario, rettificare la situazione. Tuttavia è difficile dare una risposta generale alla sua domanda. Ogni azienda si trova in una situazione diversa, a seconda del prodotto, del settore, dei fornitori e dei clienti. Prendiamo ad esempio un vaccino RNAm. È composto da oltre 100 principi attivi. Con prodotti così complessi, è normale che le catene di approvvigionamento siano lunghe. E la Svizzera è anche uno dei maggiori beneficiari di queste catene internazionali di valore. Dopo tutto la nostra economia si è specializzata in prodotti complessi o fasi di produzione in molte aree, il che ci dà un posto rilevante nell’economia globale. Ogni azienda deve valutare i propri rischi e adottare le misure necessarie. È possibile accorciare le catene di approvvigionamento o ravvicinare alcune fasi di produzione ma, come ho detto prima, potrebbe avere più senso diversificare di più (ad esempio geograficamente), in modo che in caso di crisi le opzioni disponibili siano più ampie. Negli ultimi anni la globalizzazione ha subito un rallentamento. Ci sono anche più controversie commerciali, soprattutto tra Stati Uniti e Cina. Non è ancora chiaro se il movimento continuerà e, in tal caso, in quale direzione e a quale ritmo. Speriamo di sì, perché il nostro Paese è
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fortemente radicato nell’economia internazionale e abbiamo beneficiato molto della crescita del commercio». Per aiutare gli Stati a risollevarsi dalla crisi pandemica, il Fondo monetario internazionale recentemente ha proposto “un contributo temporaneo alla ripresa, da riscuotere sui redditi o sui patrimoni elevati”. È auspicabile oppure no? «Il FMI ha avanzato queste proposte per i Paesi che affrontano grandi difficoltà finanziarie a causa della pandemia. La Svizzera ha già aliquote fiscali progressive e ha una distribuzione del reddito abbastanza ragionevole rispetto ad altre nazioni. Inoltre, a causa della sua gestione di bilancio piuttosto prudente a medio termine non è costretta a generare a breve termine nuove entrate fiscali. Non c’è quindi motivo per la Svizzera di seguire il FMI su questa strada». E dell’idea di un’aliquota fiscale minima per le aziende, recentemente ritornata in auge all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE) e del G20 che ne pensa? «La Svizzera è attivamente impegnata in questa discussione. Ma vogliamo anche che rimanga possibile una sana concorrenza fiscale tra i centri economici. Questo è un incentivo a mantenere le tasse ragionevoli e quindi a promuovere l’attività economica. Ma nulla è stato ancora deciso e molte domande sono ancora aperte». A Sud delle Alpi durante la pandemia sono aumentati sia la disoccupazione che i frontalieri. Non lo reputa un preoccupante paradosso? «Nel secondo trimestre del 2020, l’occupazione dei lavoratori frontalieri è diminuita di 1.200 posti di lavoro, pari all’1,7%. Senza la disoccupazione parziale, che va a vantaggio anche dei frontalieri, il calo sarebbe stato senza
dubbio ancora maggiore. Ma vorrei qui sottolineare che durante la tregua dell’estate scorsa la situazione è migliorata e nell’ultimo trimestre del 2020 il numero dei lavoratori frontalieri, adeguato alle variazioni stagionali, è stato addirittura leggermente superiore al livello precedente la crisi. La disoccupazione nel cantone è passata dal 3% nel febbraio 2020 al 4,1% nel maggio 2020. Si tratta di un aumento simile a quello registrato nel resto del Paese. Ma da allora la disoccupazione è diminuita in modo più marcato in Ticino che in Svizzera nel suo complesso. Nell’aprile 2021 il tasso di disoccupazione era del 3,2% in Ticino, quindi allo stesso livello di quello della Svizzera. Ma soprattutto, era solo dello 0,3% in più rispetto a prima della crisi, mentre nel resto del paese era dello 0,9% in più rispetto a prima della pandemia. In altre parole, il Ticino si sta riprendendo meglio e più velocemente degli altri cantoni». I sindacati puntano il dito contro i datori di lavoro, l’economia contro le condizioni quadro e la mancanza di manodopera qualificata, la popolazione contro la libera circolazione delle persone. Lei come ministro dell’economia dove ritiene che stia la verità, ammesso che ce ne sia una? «Una crisi ha sempre un effetto esacerbante. Tutti stanno attraversando un periodo estremamente teso, ma incolpare l’un l’altro non ci permette di superare la crisi. Le sfide sono sempre le stesse. Come già accennato, la nostra prosperità dipende dal commercio internazionale. La Svizzera deve difendere e migliorare le sue condizioni quadro in termini di concorrenza e accesso al mercato. Implica anche un mercato del lavoro aperto e liberale, pur preservando il livello dei salari. È così che il nostro Paese può attrarre imprese, posti di lavoro e garantire un finanziamento sostenibile della spesa pubblica. Affinché i nostri concittadi-
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ni trovino il loro posto in questo mercato del lavoro la Confederazione e i Cantoni stanno compiendo sforzi significativi nel campo della formazione, che deve adattarsi a condizioni in continua evoluzione e consentire la presenza della forza lavoro specializzata di cui la nostra economia ha bisogno. Ovviamente anche la formazione continua gioca un ruolo importante nel garantire la competitività della forza lavoro locale». Esiste, in questo senso, un “caso Ticino”? E, se esiste, come risolverlo? «I lavoratori frontalieri svolgono un ruolo molto importante nell’economia ticinese. I lavoratori locali e frontalieri possono conoscere situazioni molto diverse, con gli uni a volte più gravemente colpiti dal degrado del lavoro rispetto agli altri. Molto dipende dai rami colpiti dalla crisi. Sulla base dei dati di cui dispone la SECO, non possiamo dire molto sugli effetti regionali della pandemia e sul ruolo dei frontalieri. Ma quello che è chiaro è che per quanto riguarda l’evoluzione della disoccupazione durante la pandemia, il Ticino non è certo un caso eccezionale. Anzi, come ho appena detto sta anche andando un po’ meglio del resto della Svizzera». Lei e Simonetta Sommaruga avete assunto la presidenza della Confederazione in un periodo molto particolare. Come lo sta vivendo? «È vero che questa situazione è del tutto eccezionale. In questo tipo di situazione il presidente ha un ruolo importante da svolgere: da un lato deve ascoltare, rassicurare la popolazione e dare una prospettiva senza cadere nell’ottimismo gratuito; d’altra deve canalizzare dibattiti interni a volte molto accesi e facilitare le soluzioni. La difficoltà è che, malgrado questa crisi sia soprattutto sanitaria, il mio dipartimento è in prima linea e deve sostenere aziende e lavoratori per preservare le basi del nostro benessere,
ciò che richiede molto impegno. La pandemia non ha portato che un solo sollievo al mio lavoro: i tanti contatti che normalmente il presidente ha con l’estero si sono ridotti alle videoconferenze…Ma questa limitazione ovviamente un po’ mi dispiace». Lei a inizio anno aveva affermato che un presidente deve sforzarsi di mantenere la coesione del Paese. Eppure forse mai come in questo periodo la Svizzera sembra essere divisa, non solo sull’Europa e sulle misure antiCovid: le divisioni tra classi sociali e la forchetta tra poveri e ricchi si ampliano, il fossato tra città e campagna e tra le regioni linguistiche pure… C’è chi ha addirittura previsto una frattura irreversibile a medio termine. Senza arrivare a tanto, è preoccupato? «Quello che lei evoca lo vivo adesso durante questa campagna di votazione. Sono coinvolto nelle due iniziative agricole, “Per l’acqua potabile pulita” e “Per una Svizzera senza pesticidi sintetici”. Discutere con impegno fa parte del gioco, ma quando i sostenitori di una posizione danno fuoco a rimorchi recanti striscioni a sostegno dell’altra, è molto grave e assolutamente inaccettabile. Le minacce di morte fatte all’avversario lo sono ancora di più. È vero che si osservano molte fratture, molte divisioni, che comunque esistevano da molto tempo, e che la pandemia le ha ulteriormente aggravate. La novità è la virulenza del confronto. I social media hanno sicuramente qualcosa a che fare con questo, anche se non possiamo incolparli. Noto che sempre più persone sembrano trarre dalle proprie convinzioni un diritto di censura dell’avversario che può arrivare fino alla violenza, e questo è inaccettabile. La democrazia non è solo una questione di maggioranze, ma anche una questione di rispetto. Rispetto degli avversari, rispetto delle minoranze e rispetto del diritto».
«Un presidente deve spiegare alla popolazione la portata e il motivo delle misure»: l’ha detto lei in un’intervista parlando della pandemia. So che è difficile fare previsioni, ma quando pensa che potremo tornare, se mai torneremo, alla normalità? «La buona notizia è che la campagna di vaccinazione sta progredendo a buon ritmo. Il 12 maggio il Consiglio federale ha posto in consultazione tutta una serie di misure di apertura supplementari. Siamo quindi sulla strada giusta. Ciò che complica ogni previsione è la comparsa delle mutazioni del virus. Finora i vaccini RNA che abbiamo a disposizione sembrano fornire una protezione abbastanza buona nonostante queste nuove varianti, ma questo ci costringe ugualmente a rimanere piuttosto cauti». In tutta sincerità, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi e nel 2022? «Se prendo l’estate del 2020 come punto di riferimento, dovremmo avere una tregua nei prossimi mesi estivi, accompagnata da una ripresa economica. Ma ciò che è importante è che questa tregua continui oltre l’estate. Per questo dobbiamo continuare a praticare gesti di barriera e soprattutto dobbiamo andare a vaccinarci il prima possibile, ove possibile!». Un presidente deve saper spiegare, certo, ma anche rincuorare, incoraggiare, motivare. In questo senso, e per concludere, vuole dire qualcosa ai suoi concittadini? «Penso che sia già stato detto molto. Sono persuaso che siamo sulla strada giusta per uscire dall’emergenza. Fiducia e perseveranza sono forse le classiche e un po’ scontate parole d’ordine, ma credo che non siano mai state così importanti come adesso».
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IL RUOLO CHIAVE DEL PARTENARIATO SOCIALE INTERVISTA CON FABIO REGAZZI, PROTAGONISTA DELLA VITA POLITICA TICINESE, IMPRENDITORE, GRANDE APPASSIONATO DI SPORT, IN PARTICOLARE DELL’HOCKEY E DELL’ARTE VENATORIA.
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“Questa crisi ha scompaginato agende e priorità anche politiche, ed evidenziato le nostre fragilità. Riguardo al futuro sono piuttosto pessimista.”
Quali sono i problemi aperti nell’economia e nella società ticinese che la pandemia ha messo in luce o accentuato?
«L’ho ricordato nel mio intervento di commiato dalla presidenza AITI del 27 aprile scorso. La pandemia da Covid-19 ha evidenziato alcune fragilità del tessuto economico cantonale. I dati statistici di inizio anno ci dicono che siamo il Cantone che più di altri ha sofferto per la pandemia, e non solo in termini sanitari: abbiamo perso più impieghi di altri cantoni svizzeri e abbiamo annullato più di 3000 impieghi femminili, a fronte dei 100 maschili. Nella maggior parte – va detto – distribuiti nel settore terziario. Un record in negativo che non ci fa onore come società e come imprenditori, e che per giunta cade a 50 anni dall’introduzione del suffragio femminile. Il segnale è di quelli che preoccupano e ci invita ad affrontare il problema quanto prima anche e soprattutto perché riguarda il settore terziario. Per questo ritengo molto pericoloso costruire il nostro rilancio economico nel dopo Covid senza tener conto di questi oltre 3000 impieghi persi, delle ineguaglianze tra uomo e donna nel mondo professionale, tra fasce sociali e tra generazioni. Tantopiù che le rilevazioni sullo stato della popolazione segnalano che la stessa è diminuita per tre anni consecutivi. Una tendenza che impatterà in modo sistemico su tutti gli altri ambiti della nostra società: prima diminuiscono i bambini, poi gli adolescenti ed infine la forza lavoro. A ciò si aggiunge una flessione della migrazione dall’estero ma anche da oltre Gottardo. È accertato che una società in decrescita demografica fa esplodere l’invecchiamento della propria popolazione con tutte le conseguenze del caso: sistemi pensionistici in difficoltà, scarsa attrattività di una società di anziani, costi della sa-
a quasi due anni lei ha iniziato il suo terzo mandato come Consigliere nazionale. Quali sono i dossier che intende prioritariamente affrontare nei prossimi mesi? «Questa crisi ha scompaginato agende e priorità anche politiche, ed evidenziato le nostre fragilità. Riguardo al futuro sono piuttosto pessimista. Ci stiamo muovendo su un territorio assolutamente inesplorato, da cui traggo la percezione dell’arrivo di una crisi economica ancora più devastante di quella del 2008, che occorrerà affrontare con misure di rilancio, ma anche con politiche di sostegno per persone e realtà economiche che sono sfuggite sinora alle maglie degli aiuti economici decisi dal Consiglio federale. Dall’influenza spagnola che falcidiò il mondo tra il 1916 e il 1918, ne derivarono politicamente molte dittature, ed economicamente la crisi finanziaria del 1929. Memore di questi errori del passato il mio impegno come Presidente dell’Unione arti e mestieri sarà incentrato sul sostegno alle PMI svizzere ma anche a correggere le diseguaglianze. E qui interviene il partenariato sociale, cui tengo molto perché una delle prerogative della Svizzera ed elemento importante del suo successo. Nel quadro di questa collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro vengono negoziate, spesso senza l’intervento del legislatore, le condizioni di lavoro di un settore o di un’azienda a livello bilaterale e, se necessario, regionale. Ciò permette di trovare soluzioni flessibili e specifiche per un settore o una regione, che si basano su un mercato del lavoro liberale e tengono conto della realtà economica. Quindi più che dei dossier, noi politici abbiamo davanti un grosso cantiere di ricostruzione economica e sociale».
lute in aumento... Ma anche modifica le proprie risorse e crea nuovi bisogni, rendendo indispensabile una riorganizzazione a livello di mercato del lavoro e dell’utilizzo del nostro territorio. È pericoloso continuare a fondare le nostre decisioni in base a scenari di espansione, quando la popolazione diminuisce! Siamo di fronte a un problema serio e molto complesso. Credo che tutti noi, attori politici ma anche economici, dovremo seriamente interrogarci per capire le ragioni che stanno facendo perdere attrattività al nostro Cantone e soprattutto valutare cosa dobbiamo fare per invertire questa tendenza». Lei è alla guida di un importante gruppo industriale. A suo giudizio è stato fatto abbastanza, a livello federale e cantonale, per sostenere le imprese e cosa si augura venga ancora promosso? «Non si può dire che non si è fatto niente, ma di sicuro all’interno della rete degli aiuti diverse realtà sono passate fra le maglie. Con il senno di poi per gli indipendenti occorreva fare di più. In questo periodo le indennità di lavoro ridotto fungono da salvagente, soprattutto nella prima fase dello scorso anno quando i sostegni erano rapidi e agevolati. Quest’anno si è invece pasticciato molto, complice anche il federalismo. Ma sarà nel dopo-pandemia che i veri problemi verranno a galla, costringendoci a ripensare il nostro tessuto economico, persino quello industriale. La pandemia ha messo ad esempio a nudo la nostra dipendenza dall’estero, persino per la produzione di semplici mascherine e di vaccini nonostante siamo la nazione che accoglie la sede delle principali TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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industrie farmaceutiche. Credo che dopo anni di delocalizzazione questa pandemia ci costringe a ragionare su un modello alternativo che ci agevoli l’accesso ad alcuni beni essenziali, come ad esempio le materie prime, di cui la Svizzera è povera. Non sto dicendo che dobbiamo internalizzare ad esempio l’estrazione del litio, la cui domanda è in forte aumento per la fabbricazione di batterie elettriche, quanto piuttosto che occorrerà moltiplicare i siti di produzione affinché non si riproduca la situazione di penuria e dipendenza vissute. Questa crisi pandemica è l’occasione unica per noi imprenditori del settore industriale per dimostrare che c’è ancora futuro nel patriottismo economico (da non confondere con il “primanostrismo”), sostenuto da una produzione industriale che si basa su una manodopera qualificata, su un sistema di formazione invidiato dall’estero grazie ai quali siamo in grado di produrre sul nostro territorio prodotti innovanti e di qualità, a prescindere dal momento congiunturale, dalle pandemie e da quanto ci impongono dall’estero. Sono convinto che noi siamo ancora in grado di dimostrare di saper fare cose nuove, competitive, belle in grado di affascinare il mondo».
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Quale ritiene debba essere il modello di sviluppo del Ticino dei prossimi anni, per continuare ad assicurare adeguati livelli di benessere a tutta la popolazione? «Guardo con interesse e curiosità al progetto di organizzazione territoriale Greater Zürich Area, che prevede la collaborazione tra Svizzera tedesca e italiana, con opportunità di collaborazione tra mondo accademico e industriale sull’asse TicinoLombardia. Tuttavia, affinché abbia delle ricadute concrete su tutta la popolazione del Ticino, bisogna rendere attrattivo il nostro territorio per industrie e personale qualificato. Purtroppo i dati del rilievo demografico cantonale indicano curve in rallentamento, una tendenza molto preoccupante in una prospettiva di sviluppo economico, e sulla quale si potrà intervenire solo mettendo in campo misure organiche a sostegno della formazione, dell’innovazione industriale e di nuovi processi lavorativi a sostegno della conciliabilità lavoro e famiglia». Lei è membro dal 2014 del Consiglio di amministrazione dell’HCL. Come è nata e cresciuta questa sua passione per l’hockey luganese?
«Essendo nato e cresciuto nel locarnese, a quell’epoca a livello hockeistico il tifo era praticamente monocolore, ovviamente biancoblù. Nella mia classe dell’elementare era la stessa cosa e quindi quasi tutti i miei compagni erano tifosi dell’Ambrì. Io trovavo questa cosa piuttosto strana e siccome già allora non mi piaceva seguire acriticamente il mainstream decisi di diventare tifoso degli odiati “cugini” sottocenerini. La cosa non fu priva di conseguenze, anche perché sono sempre stato un tifoso piuttosto focoso: nel migliore dei casi venivo considerato una sorta di traditore ma a volte le discussioni sfociavano addirittura anche in zuffe, soprattutto nei pre- e post-derby in cui ero quasi sempre soccombente vista la disparità delle forze in campo (in definitiva ero solo contro tutti!). Ricordo anche la prima volta che andai alla vecchia Resega (eravamo agli inizi degli anni settanta) in curva nord, che ho poi frequentato per diversi anni: da quel momento è definitivamente sbocciato l’amore per l’HC Lugano che poi nei decenni a seguire ha saputo regalarmi grandi soddisfazioni, con alcune inevitabili delusioni. Fra le prime annovero ovviamente i sette titoli nazionali ai quali sono sempre stato presente in prima persona, mentre fra le seconde sicuramente le tre finali perse in casa in gara 7 con lo Zurigo, il Berna e ancora lo Zurigo. Certo che non avrei mai immaginato che la passione la mia squadra del cuore mi avrebbe addirittura portato ad entrare a far parte del CdA del HC Lugano. Quando Vicky nel 2014 mi chiamò per chiedermi se fossi interessato, e di questo la ringrazio ancora, ne fui molto onorato». Tra i suoi interessi nel tempo libero indica anche la caccia. Cosa risponde a quelle fasce di popolazione che vorrebbero arrivare una totale abolizione dell’attività venatoria? «Ci tengo innanzitutto a chiarire che io non considero la caccia un hobby
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o un passatempo. La caccia è per me una grande passione, la mia più grande passione, e mi spingerei quasi a definirla una filosofia di vita. Contrariamente a ciò che molti pensano, la caccia non si limita allo sparo, ma è molto di più: non a caso si parla di arte venatoria. Anche se può sembrare paradossale, il cacciatore è un amante della natura con la quale instaura un rapporto quasi di simbiosi. Per far capire cosa intendo vorrei riportare una citazione di un filosofocacciatore spagnolo in cui mi identifico, che disse: “io non vado a caccia per uccidere, uccido perché vado a caccia”. Fatta questa premessa è innegabile che si percepisce da parte di taluni ambienti, provenienti soprattutto dalle aree urbane, una pressione accresciuta per voler abolire l’attività venatoria. Dico subito senza mezzi termini che sarebbe un grave errore per almeno due motivi. Il pri-
“Ricordo anche la prima volta che andai alla vecchia Resega (eravamo agli inizi degli anni settanta) in curva nord, che ho poi frequentato per diversi anni: da quel momento è definitivamente sbocciato l’amore per l’HC Lugano che poi nei decenni a seguire ha saputo regalarmi grandi soddisfazioni, con alcune inevitabili delusioni” mo è che la caccia ha una funzione regolatoria per alcune specie problematiche, in particolare il cinghiale e il cervo, senza la quale profilerebbero in modo incontrollato con conseguenze che si possono facilmente immaginare (già oggi il Ticino paga annualmente ca. 1 mio. di franchi per danni alle colture provocati da queste due specie). Il secondo è che una caccia con regole chiare e severe, come quella che viene praticata in
Svizzera, è sostenibile e quindi giustificata. Per questo essa deve essere mantenuta, perché rappresenta una testimonianza di una tradizione e di una cultura rurale che fanno parte della nostra storia e che stanno purtroppo vieppiù disparendo. E questo sarebbe un vero peccato».
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COME È CAMBIATA L’INFORMAZIONE ALL’EPOCA DELLA PANDEMIA INTERVISTA A RETO CESCHI, RESPONSABILE DEL DIPARTIMENTO INFORMAZIONE DELLA RSI, LA SEZIONE IN LINGUA ITALIANA DEL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTELEVISIVO SVIZZERO.
DI ANDREA GRANDI
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arrivo della nuova stagione ed il progressivo allentamento delle restrizioni imposte alle nostre attività negli ultimi quindici mesi lasciano ora spazio ad alcune riflessioni. Ci riferiamo in particolare ad una categoria di professionisti che, loro malgrado, si sono trovati a interpretare una sequenza di eventi che non avremmo mai immaginato di vivere: gli operatori nel settore dell’informazione, i media.
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egli ultimi anni la digitalizzazione ha creato le premesse di una contrapposizione che la pandemia ha esasperato. Perché se internet aveva favorito l’“età dell’io”, volubile ed individualista, l’emergenza sanitaria ci ha invece richiamato al rispetto dei valori collettivi, alla responsabilità sociale. Oggi a che punto si trova il rapporto tra individuo e società?
«Le recenti esperienze ci hanno rimesso in gioco su più fronti: come cittadini, nel nostro rapporto con le istituzioni e nella coscienza di ciò che stiamo vivendo. Queste osservazioni ci fanno comprendere che la somma degli atteggiamenti dei singoli traccia il comportamento della società nel suo insieme. Nella fase iniziale, per esempio, lo abbiamo visto con le restrizioni imposte alle nostre libertà. Poi l’emer-
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genza sanitaria è proseguita, ed oggi avvertiamo che è più difficile essere coerenti con le misure che le istituzioni ci invitano a rispettare. Credo che la relazione tra individui e società ora vada riformulata, che non sarebbe giusto tornare al rapporto prepandemia. Le problematiche che abbiamo vissuto dovrebbero sensibilizzare ogni individuo ad una accresciuta responsabilità sociale. I nostri comportamenti hanno sempre un valore, sia per la collettività sia per il clima sociale, e questo anche quando non sono imposti da regole. Mi auguro che si giunga a questo cambio di mentalità, e non si torni alle nostre vecchie abitudini: ma lo vedremo nei prossimi mesi». Gli studiosi ricordano che probabilmente vivremo nuove pandemie. Dopo le ultime esperienze quale è il ruolo dei media nei momenti di crisi? Chi meglio dialoga con il cittadino: le istituzioni, espressione della volontà popolare? Oppure i media, che svolgono la medesima funzione e si rivolgono allo stesso pubblico? «Osservando le nostre istituzioni, mi rendo conto che hanno vissuto uno straordinario e lunghissimo stress-test. Inizialmente c’è stata una forte concentrazione di potere nelle mani dell’esecutivo, ed inevitabilmente il parlamento si è trovato a un po’ a rimorchio. Nella fase successiva, ad inizio autunno 2020, le nostre istituzioni talvolta hanno dato l’impressione di essere in affanno, forse perché tutti ci eravamo erroneamente convinti che il peggio era passato.
In questo secondo periodo abbiamo assistito ad un riassestamento dei poteri: la Confederazione ha ripreso le responsabilità delegate ai Cantoni ed credo che le conserverà sino alla fine della emergenza sanitaria. In questo contesto di stress istituzionale, i media, nelle loro forme moltiplicate, hanno avuto un ruolo centrale. All’inizio, catalizzando l’attenzione del pubblico: tutti i vettori, i programmi radiotelevisivi del servizio pubblico e persino i settimanali incontri con la stampa organizzati dal Consiglio federale, si sono trasformati in eventi informativi seguitissimi. Restando in tema di comunicazione istituzionale, l’informazione dell’esecutivo è risultata molto particolare anche perché il governo e alcuni settori dell’amministrazione hanno iniziato a rivolgersi direttamente al pubblico con un linguaggio che non era nelle abitudini dei cittadini. Anche il fattore linguistico, in Svizzera, ha giocato un ruolo: la Confederazione trasmetteva i suoi messaggi in tedesco, francese, e solo in misura ridotta anche in italiano. Durante la pandemia, sono venuti a mancare l’empatia e il calore della comunicazione. Risultato: il messaggio non era sempre facile da capire. Inoltre il nostro paese ha affrontato la crisi con un contesto sociale e geografico molto diversificato: la Svizzera italiana e quella romanda vivevano una situazione di emergenza sconosciuta a gran parte della regione tedesca. L’insieme di questi presupposti hanno generato ulteriori complicazioni alle co-
municazioni della Confederazione. Penso agli errori, ai ritardi, alla confusione sui dati: sono diventati fattori di disturbo per i media ed anche per il pubblico, che invece sono abituati ad una globalità informativa ormai garantita dalla digitalizzazione. Da queste esperienze le istituzioni dovrebbero avere compreso come aggiornare la loro modalità di relazione con i propri cittadini. I media hanno attraversato la pandemia riferendo una infinità di informazioni ai cittadini che, a loro volta, che si sono trovati a dover selezionare i dati che ricevevano. Questo rapporto tra media e pubblico ha comunque rafforzato tra le parti un rapporto di reciproca fiducia. I professionisti dell’informazione inoltre hanno dovuto impegnarsi per riportare i fatti astenendosi da ogni previsione, o finalità accademica. Forse, specie all’inizio, i media hanno dato la impressione di essere il megafono della comunicazione istituzionale, anche perché solo l’amministrazione disponeva di dati concreti. Tuttavia. nel corso dei mesi i media hanno allargato la base delle loro competenze ed il rapporto tra comunicazione istituzionale ed attività giornalistiche si è progressivamente riequilibrato». È dunque possibile riconoscere che il periodo di crisi ha trasformato il dialogo tra media e pubblico da relazione di consumo a rapporto fiduciario? «Certamente. L’emergenza ha allineato l’operatività di tutti i media, uniformandoli ad una modalità tipica del “servizio pubblico” e li ha sensibilizzati ad una attenzione accresciuta verso le esigenze della società. Inoltre, dall’inizio della crisi i giornalisti hanno dovuto acquisire nozioni estranee alle normali attività di redazione. Pensiamo alle competenze scientifiche, alla terminologia medica, virologica, o farmaceutica. Tutte queste nuove capacità hanno imposto un forte impegno professioTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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PRIMO PIANO / RETO CESCHI
nale per aggiornarsi, informarsi e proseguire un dialogo quotidiano giornalisticamente serio con le autorità e con gli esperti. La comparsa di quest’ultima categoria di professionisti, specie nei media televisivi, è stata determinante per fornire al pubblico una contestualizzazione di quanto stava accadendo, ma senza disorientarlo. In Svizzera non abbiamo assistito a dibattiti accesi fra esperti, a confronti fra opposte opinioni. Questo approccio si è rivelato opportuno. Altrimenti anche da noi sarebbe accaduto quanto è successo altrove, dove nelle dirette radio-televisive oltre agli specialisti erano presenti degli opinionisti, privi di conoscenze scientifiche ma convocati solo per animare il dibattito». Qual è l’immagine del mondo dei media al termine dell’esercizio informativo degli ultimi mesi? «Innanzitutto noto che una moltiplicazione delle fonti, un ricorso a differenti dati e modalità di comunicazione, sono fattori positivi. Oggi il mondo dell’informazione è ancora più convinto della necessità di fornire ai cittadini una mediazione attenta, preparata, rigorosa, nel rispetto delle priorità, delle scelte, degli argomenti e degli interlocutori che contribuiscono alla creazione e alla spiegazione di una notizia. Inoltre i media hanno compreso che il cittadino non può passare tutto il giorno ad informarsi, ma chiede solo di farsi una opinione sui fatti principali. Le recenti evoluzioni sociali che abbiamo vissuto si tradurranno in problematiche economiche ed anche psichiatriche, conseguenti alle esperienze che tutti abbiamo sperimentato sia in forma collettiva sia in forma individuale». L’emergenza sanitaria ha aumentato il “consumo” di media. Sarà possibile consolidare questo cambiamento di tendenza?
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«Per il mondo dell’informazione, la pandemia è stata una occasione che ha permesso di acquisire un credito di fiducia con utenti e cittadini. Ora questo patto fiduciario dovrà essere rinsaldato ed ampliarsi fino a comprendere tante altre tematiche. Tutti i vettori saranno impegnati a rinnovarsi nella forma, nella sostanza, nello stile, ma sempre preservando le aspettative di qualità, contenuti ed autorevolezza che contraddistinguono il nostro lavoro nei confronti del pubblico. A queste priorità aggiungerei anche un approccio aperto, una accresciuta disponibilità a segnalare più interpretazioni dei fatti. Si tratta una evoluzione della professione da cui nessuno si potrà sottrarre. Come individuo, si è sentito cambiato dalla emergenza sanitaria? «Sono stato il primo a sorprendermi della mia diligenza nel rispettare le prescrizioni sanitarie e sociali. Nelle redazioni eravamo tutti sotto pressione e gli aumentati impegni professionali hanno aiutato me, le colleghe ed i colleghi a non pensare troppo alle difficoltà. Anzi, questo grande sforzo, ha rafforzato il nostro impegno a testimoniare il cambiamento verso cui la nostra so-
cietà si sta avviando. È una responsabilità che continueremo e continuerò a rispettare nei confronti del pubblico e delle generazioni future». Quale è la immagine della Svizzera in tempo di pandemia? «In un confronto internazionale, la nostra immagine pubblica ne esce relativamente bene. Se il mio giudizio sulla prima fase è generalmente positivo, credo invece che dalla scorsa estate abbiamo commesso alcuni gravi errori. Questa seconda fase della pandemia ha finito per mettere in tensione la convivenza anche nel nostro territorio fatto di realtà sociali differenti, esattamente come è accaduto nei Paesi a noi vicini. Per fortuna la Svizzera ha un tessuto economico molto solido che ha attutito le emergenze, cosa che non sempre si è verificata altrove. Inoltre nella seconda fase anche da noi abbiamo subito l’incremento delle varianti di una pandemia sempre più insidiosa. Quindi anche in Svizzera, come in altri paesi, si è iniziato a criticare le decisioni delle autorità. È dunque comprensibile che, al termine di questi quindici mesi, la società abbia iniziato a mostrare che anche la capacità di sopportazione può avere dei limiti».
PRIMO PIANO / JOSEPH E. STIGLITZ
JOSEPH STIGLITZ NON SI TIRA INDIETRO DI FRONTE A DOMANDE DIFFICILI. PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA NEL 2001, HA RIVESTITO IL RUOLO DI CAPO ECONOMISTA PRESSO LA BANCA MONDIALE E DI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI CONSULENTI ECONOMICI DURANTE L’AMMINISTRAZIONE CLINTON. QUESTA INTERVISTA, È PUBBLICATA PER GENTILE CONCESSIONE DI UBS. UBS NOBEL PERSPECTIVES DETIENE IL PIÙ GRANDE DATABASE ONLINE DI INTERVISTE FILMATE CON PREMI NOBEL PER L'ECONOMIA, CHE CONDIVIDONO LE LORO RISPOSTE AD ALCUNE DELLE SFIDE PIÙ DIFFICILI DEL MONDO. CHE SI TRATTI DI CAMBIAMENTO TECNOLOGICO, RISCALDAMENTO GLOBALE O FUTURO DEL LAVORO, L'UNICO MODO PER OTTENERE RISPOSTE DAVVERO BUONE È PORRE LE DOMANDE GIUSTE. (UBS.COM/NOBEL)
L’ECONOMIA PUÒ RISOLVERE L’INGIUSTIZIA FINANZIARIA?
“G
entlemen Joe” ha raggiunto la vetta di qualsiasi settore in cui si sia cimentato. Più volte è finito in prima pagina per il suo modo di affrontare pubblicamente le questioni più ostili del nostro tempo. Con schiettezza brutale discute di argomenti come il cambiamento climatico, le crisi finanziarie, l’eurozona e la crescita del divario tra ricchi e poveri. I suoi articoli sono stati pubblicati sul Financial Times ed è stato intervistato praticamente da ogni rete televisiva sul pianeta. L’economista è un leader nel pensiero, e la sua mente brillante è accompagnata da elevati standard morali: quando parla dei difetti dei mercati dà voce alle fasce più povere della popolazione. ro contante nell’economia da parte di una Banca centrale di un determinato Paese. «Capisco il motivo, ma pensate a ciò che determina: praticamente l’economia viene inondata di liquidità, e la percentuale degli investimenti sul PIL diminuisce, facendo aumentare i prezzi delle azioni. E chi vince quando aumentano i prezzi delle azioni? Coloro che le possiedono. Ma chi sono? Sono persone ai vertici, ovviamente. Cosa succede ai poveri pensionati che dipendono dai titoli sovrani per la pensione? Per loro, i tassi d’interesse sono diminuiti. Questa politica non ha favorito la crescita, ma le disuguaglianze».
Come è possibile convincere le persone che l’egoismo non aiuta nessuno? Secondo Stiglitz, le disuguaglianze sociali a livello mondiale sono la radice dei peggiori conflitti in ciò che chiama la nostra “economia mal governata”. L’egoismo peggiora le condizioni anche degli egoisti stessi.
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Perché dovremmo pagare il conto per gli altri? L’economista punta il dito contro l’1% della società, secondo lui responsabile del crescente divario tra ricchi e poveri. «Vi faccio un esempio», dice raddrizzandosi nella sedia per parlare dell’allentamento quantitativo, ossia dell’immissione di dena-
Perché non siamo in grado di creare posti di lavoro per chi cerca un’occupazione? Stiglitz si concentra sulle statistiche più che sull’acclamato sviluppo economico. «Negli Stati Uniti, il reddito delle persone della fascia media è inferiore rispetto a 25 anni fa e il reddito medio di un lavoratore a tempo pieno è
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inferiore paragonato a 40 anni fa, mentre il valore reale degli stipendi più bassi è minore rispetto a 60 anni fa». L’economista è poi molto critico nei confronti dei politici che osannano i programmi di welfare. «Queste persone non vogliono dipendere dallo stato, vogliono guadagnarsi da vivere lavorando. E nonostante ciò, il nostro sistema economico li ha delusi. Hanno ragione a essere arrabbiati».
l’economia più giusta. Dobbiamo dare ai lavoratori più diritti di negoziazione, limitare il potere delle grandi multinazionali e creare una migliore governance aziendale. Dobbiamo limitare il potere del settore finanziario, che è cresciuto dal 2,5% all’8% del PIL senza alcuna prova di un aumento della produttività nella nostra economia e, al contrario, sono numerose prove di una maggiore instabilità e disuguaglianza».
Chi ha provocato la crisi finanziaria? Stiglitz ritiene che questa rabbia, la rabbia di coloro che si sentono ignorati, sia una ripercussione sociale naturale di un mercato che non funziona. Il caso più recente è rappresentato dalla crisi finanziaria del 2008, e quando si cerca di trovare un responsabile, Stiglitz non ha dubbi: «Le mie teorie avevano già spiegato perché la regolamentazione era così importante, e poiché uno dei principali problemi del mercato finanziario era raccogliere informazioni, non potevamo aspettarci che il settore della finanza funzionasse a dovere. Chiunque abbia studiato la storia sapeva che si era comportato ripetutamente in maniera non corretta. Di conseguenza, a mio avviso, gli economisti che affermavano non esserci alcun bisogno di regolamentazione, erano in parte colpevoli della deregolamentazione che ha permesso ai banchieri di operare in maniera così scellerata».
Da dove viene il suo interesse verso i più poveri? Nato nel 1943, solo pochi anni dopo la Grande Depressione, Stiglitz ha trascorso la sua infanzia a Gary, nell’Indiana, una città industriale povera e caratterizzata da discriminazione razziale, livelli elevati di disuguaglianza e, sporadicamente, disoccupazione. Furono i suoi genitori a incoraggiarlo a fare qualcosa di buono a favore di tutti i membri della società. Stiglitz vinse una borsa di studio completa per l’Amherst College, dove inizialmente voleva a tutti i costi studiare fisica. In seguito, si accorse che conseguire una laurea in economia sarebbe stato il modo migliore per combattere le disuguaglianze sociali, e pertanto iniziò a lavorare al suo dottorato presso il Massachusetts Institute of Technology. Dopo aver studiato e vissuto personalmente recessioni, depressioni e crisi finanziarie, Stiglitz è riuscito a minare alla base l’assunto secondo cui i mercati funzionano sempre. A suo parere, ciò è dovuto al fatto che operano con informazioni imperfette o asimmetriche; in altre parole, nei mercati esiste una parte che dispone di maggiori o migliori informazioni dell’altra. Questo, conclude, è stato uno dei principali fattori a contribuire alle disuguaglianze economiche. Grazie alla sua ricerca, nel 2001 è stato insignito del Premio Nobel con George Akerlof e Michael Spence. Insieme, i tre ricercatori hanno dato forma a una scuola di pensiero alternativa che ha inciso profondamente sul campo dell’economia.
È possibile creare un mondo più equo? Stiglitz ritiene che la situazione non si possa risolvere dall’oggi al domani, ma che esista un programma in grado di ripristinare una forte crescita dell’economia. E ora più che mai ne abbiamo la necessità, dato il numero, in costante aumento, di cittadini che si sentono esclusi e che ripongono speranze nei partiti di destra. Abbiamo già scritto le regole per rendere l’economia più ingiusta. «E ora è nostro dovere riscriverle per rendere
La globalizzazione ha causato sofferenza? Con l’aiuto della sua teoria economica che gli è valsa il Nobel, Stiglitz ha scoperto ulteriori lacune nel sistema e ha trovato possibili soluzioni per colmarle. Il suo studio passa costantemente dalla micro alla macroeconomia e viceversa. «Paesi diversi si trovano in differenti situazioni e occorrono norme di base che si possano applicare ovunque. I Paesi in via di sviluppo devono essere in grado di perseguire i propri obiettivi, e sono convinto che dobbiamo applicare regole globali legate al cambiamento climatico: ad esempio, se inquini non puoi commerciare. Non puoi vendere a noi beni prodotti nelle tue fabbriche che contribuiscono al riscaldamento globale». Come possiamo fare in modo che la globalizzazione vada a beneficio di tutti? Se si chiede a Stiglitz come riesce a focalizzarsi su tutti i vari problemi del futuro della nostra economia, egli ricorda un momento cruciale della sua vita. Washington D.C., 28 agosto 1963: Stiglitz è stata una delle 250.000 persone presenti di fronte al Lincoln Memorial per udire Martin Luther King pronunciare le sue celebri parole “I have a dream.” «Fu un momento unico, un momento non fatto di un semplice discorso, ma di fede nella democrazia degli Stati Uniti». L’economista, però, diventa pensieroso quando ammette che il sogno di King è ben lontano dall’essersi realizzato. «Non penso che si fosse reso conto appieno di quanto le cose sarebbero peggiorate in termini di divario economico. Il suo discorso è, in un certo senso, una pietra miliare della nostra storia e qualcosa che tutti noi dobbiamo considerare quando riflettiamo sul futuro del nostro Paese». Qual è la cosa più importante che le persone devono imparare? Questo momento di introspezione emotiva viene subito interrotto dall’asTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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sistente, che gli ricorda il meeting in programma con altri professori. Stiglitz sfrutta l’ultimo momento per dare consigli alle nuove generazioni e condividere un messaggio importante imparato dai suoi genitori. «Per prima cosa, mi hanno detto: “i soldi non ti daranno mai la felicità”. Poi hanno aggiunto:
“Dio ti ha dato un cervello formidabile. Usalo”. E in conclusione: “Sii al servizio degli altri”». Queste parole sono la base del suo successo? «Penso che sia stato un mix di precetti morali e di idealismo. La cosa importante erano le proprie idee e cosa se ne voleva fare. E forse un pizzico di temerarietà».
LE CRISI NON HANNO MAI UN SOLO COLPEVOLE DI PAUL DONOVAN, CHIEF ECONOMIST UBS GLOBAL WEALTH MANAGEMENT All’indomani di ogni grande turbolenza economica si tende a cercare un unico colpevole, un capro espiatorio che si faccia carico di ogni responsabilità. Ciò è conveniente perché si creano una narrativa semplice e una soluzione altrettanto semplice: se una cosa è sbagliata, vi si pone rimedio e il problema non si ripresenterà mai più. L’insidia di questo approccio è che è incompleto. Le crisi sono eventi complessi con cause anch’esse complesse, e puntare il dito contro un singolo capro espiatorio può indurre in una pericolosa noncuranza quando altre cause del problema vengono trascurate. Joseph Stiglitz ritiene giustamente che il settore bancario sia stato la causa più importante nella crisi finanziaria del 2008/2009; non c’è dubbio che i collaboratori delle banche abbiano commesso enormi errori. Tuttavia, colpevolizzare unicamente gli istituti bancari che premono per deregolamentare e fidarsi di nuove regolamentazioni come antidoto contro crisi future sembra un’interpretazione troppo semplicistica dei fattori che contribuiscono allo scoppio di una crisi. L’idea che le banche abbiano perseguito all’unisono l’obiettivo comune della deregolamentazione (che a sua volta ha causato la crisi) presuppone un livello di allineamento e coordinazione che non può esistere solo in riferimento a coloro che lavorano nel settore. È
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vero che le banche volevano la deregolamentazione, ma anche molti politici sposavano quest’ideologia; il ciclo del credito favoriva la prosperità, e la prosperità piace sempre agli elettori. I politici sono addirittura arrivati al punto di criticare duramente le banche perché non facevano abbastanza per prestare denaro ai lavoratori a basso reddito negli anni precedenti la crisi. Alle banche era stato detto di smettere di usare “misure irragionevoli per l’affidabilità creditizia”, e arrivavano minacce di multe per quelle che si rifiutavano di prestare denaro a determinati gruppi a basso reddito. Tutto ciò non nega il fatto che le banche e l’insufficiente regolamentazione abbiano contribuito alla nascita della crisi, ma ponendo l’attenzione solo sugli istituti bancari e ignorando o esonerando altri fattori si rischia di creare un’altra crisi. I media e i politici hanno spinto le banche a correre rischi, che probabilmente si sono rivelati eccessivi, e la società ha incoraggiato i mutuatari a prendere in prestito somme di denaro irrealistiche. Questi sono fattori che devono essere considerati. Il mondo si ritrova ancora una volta di fronte a un evento economico di grande complessità. La pandemia ha accelerato cambiamenti strutturali nell’economia globale, generando ciò che gli economisti chiamano la quarta rivoluzione industriale. Tali cambia-
menti si ripercuoteranno su alcune fasce della società; la sfida consisterà nel ridurre al minimo i danni personali ed economici che un cambiamento strutturale può causare. Le soluzioni non saranno certamente facili, e servirà ben più della sola regolamentazione per cercare di rendere i benefici economici il più inclusivi possibile.
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PRIMO PIANO / ANTONIO CAPRARICA
ELISABETTA PER SEMPRE REGINA UN RECENTE LIBRO DI ANTONIO CAPRARICA SVELA I RETROSCENA DEI CONTRASTATI RAPPORTI TRA LA CASA REALE INGLESE E IL MONDO DEI MEDIA. DI NICOLETTA TOMEI
A
d inizio Novecento, terminato il regno della Regina Vittoria, la Royal Family britannica decise di ampliare le sue relazioni con i media di cui nessuno ai quei tempi immaginava la odierna evoluzione ed influenza sul dialogo sociale. Oggi infatti viviamo un’epoca in cui la relazione tra pubblico e notizia é diventata interclassista, universale, istantanea e continua. Anche le Royal news ora raggiungono una platea di utenti, una audience, sempre più vasta e curiosa. Su quanto accade dietro le mura di Buckingham Palace, la storica residenza della royal household nel cuore di Londra ne parliamo con Antonio Caprarica, corrispondente per oltre un ventennio dalla capitale inglese anche per il servizio pubblico radiotelevisivo italiano, ed ora e che incontriamo come opinionista ed autore del recentissimo volume Elisabetta. Per sempre regina, edito da Sperling & Kupfer. «Ancora oggi - esordisce Caprarica - la Royal Family ripropone un paradosso
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PRIMO PIANO / ANTONIO CAPRARICA Ph: ©RSI
evidenziato a fine Ottocento da Walter Bagehot, direttore dell’Economist, quando notava che le istituzioni inglesi, avendo messo al vertice una famiglia reale, erano riuscite a dare un aspetto “amorevole all’attività di governo, caratteristica sconosciuta altrove. Ma questa eccezione inglese, “osserva Caprarica”, trova accettazione sociale finché la Royal Family resta un punto di riferimento. Quando la First Family inizia ad avere problemi, ecco che inevitabilmente ne risentono anche le istituzioni. La monarchia britannica inoltre si distingue per un’altra particolarità: si regna uno per volta. Questo purtroppo condanna lo “spare heir”, il secondogenito, ad un ruolo subordinato di eterno secondo. Per esempio, Andrea Duca di York, il fratello di Carlo Principe di Galles, ha sempre vissuto sapendo di non poter mai diventare re. A questo destino sembrava essere immune Harry, fratello di William. Ma ci ha pensato la consorte Meghan Markle a spezzare l’incantesimo e scatenare in Harry un doppio complesso. Di inferiorità, quando ricorda al marito che a lui è precluso ogni accesso alla corona. Ma anche un complesso di superiorità, perché la Markle ha convinto Harry di essere il depositario della visibilità sociale della madre Lady Diana Spencer. Il sovrapporsi di queste tensioni a sua
volta ha incrinato le relazioni fra i due fratelli. Infine, come non bastasse, anche Meghan ci ha messo del suo con la recente intervista a Oprah Winfrey, seguitissima opinionista televisiva americana. Ricordo che questa intervista non era indirizzata ai telespettatori del Regno Unito, ma al pubblico ed agli elettori americani, sensibilissimi alla questione razziale. Con la sua apparizione televisiva Meghan è riuscita ad imporsi come la paladina dei diritti delle minoranze e di genere, gettando le sue basi negli USA per una carriera politica del cui successo io sono convinto». «In America - prosegue Caprarica - la popolarità di Markle è alle stelle. Ha avuto riconoscimenti da parte di Hillary Clinton, già candidata alla presidenza, e persino da Joe Biden, attuale inquilino della Casa Bianca. L’unica che ha provato a limitare la invasione di Meghan in campo politico è stata Michelle Obama, che pur comprendendone i sentimenti, si è ben guardata da confermarne anche le accuse. Anzi: la Obama ha ricordato alla Markle che quando in una famiglia ci sono dei problemi ciò che conta è essere uniti per risolverli. Insomma, è chiaro il messaggio che Michelle Obama rivolge a Meghan: in politica rappresentare i diritti delle minoranze è compito mio».
Harry e Meghan, Kate e William. Due coppie all’opposto, che offrono una perfetta contrapposizione mediatica. Quanto c’é di vero? «Effettivamente la loro sembra una rivalità quasi da manuale. Ma credo che il dissidio tra fratelli e consorti abbia origini lontane. Inizia dalla relazione tra Harry e William, il primogenito e futuro re, sempre protettivo nei confronti del fratello minore. Quando Harry annunciò di voler sposare Meghan, William consigliò di prendere tempo, muoversi con prudenza, di aspettare. Queste raccomandazioni sono state fraintese. Anzi, interpretate come pregiudizi verso una outsider, una americana estranea alla ristrettissima ed esclusiva cerchia nobiliare britannica». In tal modo William stava forse richiamando a Harry alla sua condizione di eterno secondo? «Questo è avvenuto dopo. Inizialmente, quando Harry ha sposato Meghan, l’opinione pubblica mondiale ha immaginato che la magia della giovane coppia reale inglese fosse destinata a moltiplicarsi. I due figli di Lady Diana e loro rispettive mogli, tutti insieme, furono soprannominati i “fabulous four”, come ai tempi dei Beatles. Questo incantesimo è durato poco: nessuno ha mai considerato il carattere di Meghan, che non è abituata a vivere nell’ombra. Le cronache lo hanno confermato: con l’arrivo della Markle, il mondo di Harry è crollato. Sono terminate le sue visite alle fondazioni benefiche e la sua partecipazione ad eventi pubblici in rappresentanza della Corona Britannica. La favola dei fabulous four é finita: Harry e Meghan pretendevano una loro household, una loro corte, autonoma ed indipendente da William, l’erede al trono. Harry ha provato a ritagliarsi un suo spazio, proponendosi come ambasciatore mondiale del Commonwealth, la associazione dei cinquantaquattro stati dell’ex-impero britannico. Tutto inutile: questo incaTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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rico é precluso ad un secondogenito. Quando Harry e consorte hanno capito di non poter occupare un ruolo che in società è riservato solo al futuro re per consuetudine dinastica, allora Meghan ha troncato i rapporti con la Casa Reale e deciso di andarsene. Dopo una breve parentesi in Canada, la Markle ha puntato dritto alla sua vera destinazione finale: Hollywood, dove finalmente arriva con l’immagine della reale ribelle. Se consideriamo queste vicende in una prospettiva economica, il risultato è chiaro, e si traduce in una combinazione di elementi imperdibili per la industria del cinema: visibilità mediatica di primo livello, incondizionato seguito di pubblico, e dunque contratti assicurati». Il regno di Elisabetta sarà mai travolto dai gossip, dai pettegolezzi? «Non credo: “Elisabeth will be there forever”, é eterna. Piuttosto, é difficile prevedere il futuro della corona quando lei scomparirà. La mia impressione è che la monarchia britannica sarà a rischio quando sul trono saliranno William e Kate. In quel momento al vertice delle istituzioni avremo una famiglia semplice e tranquilla; i sudditi non avranno piu’ pettegolezzi da commentare. Se questa prospettiva dovesse concretizzarsi, credo proprio che la corona inglese sarà travolta da una noia mortale. Tutti gli scandali, veri o presunti, infatti hanno sempre aiutato la monarchia a conquistare i titoli di testa delle cronache internazionali». Forse in un domani ci penserà la Markle dagli Stati Uniti a mantenere alto l’interesse dei media…. «Chi lo sa, con lei tutto è possibile. Anche che Meghan, di nazionalità americana, diventi presidentessa degli USA e finisca con l’insediarsi insieme ad Harry e famiglia alla Casa Bianca di Washington. Ma questa è cronaca del futuro».
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mento supera l’ottanta percento, la sua popolarità è immensa. Nei momenti di crisi, tutti i governi britannici, da Winston Churchill a Boris Johnson, hanno sempre consultato la Regina».
In questa epoca di internet, che banalizza opinioni e sentimenti ma promette eternità sulle reti sociali, di quale messaggio è portatrice la “Elisabetta. Per sempre regina” che lei descrive nella sua pubblicazione? «La “eternità” di Elisabetta II è iniziata ben prima dell’arrivo di internet. Concludendo le mie ricerche infatti riconosco che sulla monarca britannica ho scritto una biografia definitiva, ma solo dal mio punto di vista. L’importanza della attuale regnante inglese verrà commentata anche da altri biografi e proseguirà nei libri di storia. È il destino di Elisabetta I che, dopo quattro secoli dal termine del suo regno, ancora oggi è protagonista di seguitissime serie televisive. Già Philip Larkin, letterato contemporaneo, ricordava che da quando nel 1953 ha avuto inizio l’attuale reggenza britannica tutto è cambiato: molto in peggio, ma solo lei, Elisabetta è sempre rimasta fedele a sé stessa e dopo settant’anni di regno si conferma un personaggio mediatico di valore internazionale. Grazie ad internet la Regina ora è presente anche nella realtà virtuale, dove continua a confermare i valori della sua monarchia. In Gran Bretagna il suo indice di gradi-
…È quanto accaduto anche durante la recente pandemia… «Certamente: negli scorsi mesi, quando Boris Johnson è sembrato incapace di controllare la gravissima emergenza sanitaria, Elisabetta si è presentata in televisione e ha ricordato agli inglesi di reagire al Covid-19 con quelle stesse doti che, come hanno aiutato i britannici a superare le difficoltà della Seconda guerra mondiale, oggi devono guidare il Regno a vincere anche la pandemia. Si tratta di attitudini che ispirano i sudditi di Sua Maestà non solo nei momenti difficili, ma appartengono al carattere nazionale britannico: determinazione, coraggio, dignità e senso dell’ironia». E’ giusto concludere il nostro incontro sottolineando queste peculiarità, tipicamente british, in un 2021 che per i Windsor rimarrà contrassegnato dalla scomparsa di Filippo Duca di Edimburgo, consorte per oltre settanta anni di Elisabetta Seconda. Che gli eventi della vita siano da affrontare con una regale giusta misura e britannica ironia ce lo ricorda Caprarica nella prefazione del suo “Elisabetta. Per Sempre Regina”, quando annota un episodio del novembre 1997. In occasione delle celebrazioni ufficiali per festeggiare le reali nozze d’oro, ri volgendosi al Primo Ministro Tony Blair, impaziente di pronunciare un discorso a nome del governo riunito al completo, la Regina Elisabetta chiese: “Per favore, non sia troppo espansivo”.
PRIMO PIANO / LAURA POZZI
SOWING THE SEEDS FOR GENDER-NEUTRAL INFORMATICS LAURA POZZI IS FULL PROFESSOR AND VICE-DEAN IN THE FACULTY OF INFORMATICS AT USI. SHE HOLDS A MASTER’S AND A PHD DEGREE IN COMPUTER ENGINEERING FROM POLITECNICO DI MILANO. HER TRAINING PATH INCLUDES A POSITION AS POSTDOCTORAL RESEARCHER AT THE PROCESSOR ARCHITECTURE LABORATORY OF EPFL, AS RESEARCH ENGINEER WITH STMICROELECTRONICS, AND AS INDUSTRIAL VISITOR AT UC BERKELEY. BY DIMITRI LORINGETT
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f you are among those who believe that computers and information technology are the prerogative of the male part of the human species, you may stop reading this article here. Or, if you would like to overturn that view, perhaps you should continue. Yes, it is a fact that more male than female engineers and scientists populate the fascinating world of computers, networks, and information technology. But it is not because they are more apt or better fit for positions in these fields compared to women, or genetically geared for that matter. Quite the contrary, actually. The number of women in these domains, however, is still very low. The reasons? Manifold, starting with schooling and the way scientific subjects – namely mathematics – are taught or, more importantly, how they can made appealing to both girls and boys alike.
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Despite the global efforts in the last 15 years to inspire and engage women and girls in science, currently less than 30% of researchers worldwide are women. Moreover, according to data provided by UNESCO, only 30% of all female students choose to pursue higher education in fields dedicated to so-called STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). For this reason, the United Nations General Assembly on 22 December 2015 adopted a resolution to establish an annual International Day to foster full and equal access and participation of women and girls in science, as well as gender equality and women’s empowerment. In that year the priorities of the global community were being redefined and the sustainable development goals (SDGs) of the Agenda 2030, involving 193 countries, were drawn up.
PRIMO PIANO / LAURA POZZI
O
n this issue, Professor Laura Pozzi comments: «I believe there is a question of social perception, which brings many female students to avoid or not choose scientific disciplines, even when they are good at them. If we look at how many girls and boys are good at maths in high school, for example, we see that they both have equal ability; therefore, there is definitively no gender bias in terms of performance in this basic scientific discipline. Coming to Informatics, what I would like to say to young women is that is that if you are good in maths, then you will be good also in Informatics – the foundation of this discipline is, in fact, maths and logic. However, for some reason, girls often choose other areas of study. Again, it’s probably a cultural issue or a question of social perception». At USI, with an overall student population of over 200 studying Informatics at all levels (undergraduate, graduate and post-graduate), the percentage of female students is quite low: at the Bachelor’s level it hardly reaches 10%, increasing slightly in the Master’s (around 20%). As far as faculty is concerned, there are currently only four female professors out of 30 in total. «I would very much like this to change, because Informatics is a great discipline for girls. During my career I have never really experienced any problems of sort, despite being in a minority: the overall environment in computer science is very open-minded and sound, in my experience». So, what can be done to enable more women to consider careers in the scientific and technology domains? «My colleagues and I engage in activities to show and explain how our discipline caters to men and women alike. For instance, through the Nuovo Futu-
“I was enrolled in a Montessori school back then, and I remember all the wonderful colours and shapes of the material we used to understand mathematical concepts – numbers, arithmetic operations, fractions... I have always loved the logic of it all, and of course the fact that understanding math came to me rather easily was a bonus.” ro initiative, which runs throughout Switzerland, we invite middle school girls on campus to learn what it means to study Informatics. On my side, to these pre-teen girls I show small games of logic and maths. We also show them our robot lab, explaining the basic principles of how we can program them, for example, to make movements. The objective is to prove to these youngsters that informatics is for anyone, boys and girls alike. And it’s fun. Then we organise activities at the university itself, where my colleagues and I engage in community-building among female faculty and students. Each year, on February 11, during the International Day of Women and Girls in Science, we gather to discuss about what it means to be a woman in the field of computer science. Of course, these are women who, unlike the middle school girls, have already made their choice – nevertheless, I believe it is important that we create and foster a community, as we are still a minority. This is where the discussion around the issue of work-life balance arises, and what I find very important and relevant is that a career in Informatics bodes well for those women who wish to have a family. This is something I always mention to high-school girls, although I understand that for many of them the idea of having children is premature». Tell us a little more about what led you to pursue a career in Informatics… «Ever since I was very small, in elementary school, I loved mathematics. I was
enrolled in a Montessori school back then, and I remember all the wonderful colours and shapes of the material we used in order to learn and to understand mathematical concepts – numbers, arithmetic operations, fractions... I have always loved the logic of it all, and of course the fact that understanding math came to me rather easily was a bonus. Once I was in High School – Liceo Scientifico, of course – I spent a year in the USA as an exchange student, and there I took a programming course. It was love at first sight. Programming is kind of magic, it gives you the most amazing feeling when you have coded an algorithm to solve a problem and out comes the correct solution, after hours of working on it, lost in time. While you program you are ‘in the zone’. (If you have seen the recent and lovely film “Soul” by Pixar, they show that this happens while for example playing music or doing sport. Same with programming.) Once I got back to Europe I engaged in my university studies and chose Computer Engineering, and from then I kept travelling (another great passion of mine: discovering new cultures, new places, and different ways of being) from one place to another and from one career step to the next – a PhD between Delft (NL), Bristol (UK), and Politecnico di Milano; an R&D position at STMicroelectronics in the Silicon Valley, followed by an industrial placement at the University of California at Berkeley; a postdoc position at EPFL Lausanne; and finally a professorship position at USI in the Faculty of Informatics». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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PRIMO PIANO / LAURA POZZI
“There are many myths about part-time employment which I do not believe in. Often we hear things like ‘it can only work for non-ambitious careers’, or ‘it lowers your take-home salary but you end up working the same amount’ – in my view these are both wrong.” At USI, Professor Pozzi teaches courses both at the Bachelor’s and Master’s level: «My favourite is Automata and Formal Languages, where I tell my students of the fundamental principles of computer science, and the main models of computation behind the modern computer. I love the teaching part of my job, knowing I contribute to the growing process of future computer scientists. When students sometimes reach back to me to thank me, it makes my day». Like many faculty at USI, Laura engages in scientific research. She investigates in particular the design of Embedded Systems with a team of talented PhD students and postdocs… «Processors that are embedded in battery-run systems, such as mobile phones or wearable medical sensors, need to be designed with several objectives in mind. In these systems, in fact, it is not solely the criteria of high performance that matters, but also low-cost and low energy consumption play an important role. Hence we investigate compromises: strategies that do not reach top-performance in any single metric, but that excel in the combination of all objectives. Having said this, I realize that this has also been an allimportant principle throughout my life – as you will discover next – the principle of finding a good compromise among several different facets».
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
A crucial issue for women in the workplace is finding the right balance between their life at home and their career. Do you have ideas/instruments in mind in order to help achieving this balance? «The way I see it, the main way for women to achieve a balance between home and work is that of part-time employment. What I am going to say is based on my experience, and I understand of course that there is no one-fits-all solution; but this solution has definitely fit with me, and I do believe that there are many women who would not have given up their career had they had the opportunity to work part-time, as I have. As a mother you want to be present while your kids grow up, you want to share their experiences, and to achieve that you don’t want to be in the office the entire day. On the other hand, you also don’t need to be home the entirety of the day either, and employing your intelligence and your education in the development of a successful career is so beneficial and so rewarding; such a gift when compared to what the majority of women in past generations had. So there are two halves of you, and I believe that neither should be asked to give up. By pursuing your career parttime, you can dedicate a part of your day to your kids, and a part of your day to you work. There are many myths about part-time employment which I do not believe in. Often we hear things like ‘it can only work for non-ambitious careers’, or ‘it lowers your take-home salary but you end up working the same amount’ – in my view these are both wrong. Let me
share my experience to explain. I work hard and productively when the kids are at school, I shoot out of the office to pick them up and be with them when they are out of school. With this ‘system’, I have managed to walk through all the steps of my career, from postdoc to assistant professor, Associate, and now Full. You might (or even you might not) take a bit longer to get to the top, but the important thing is the compromise you are gaining: this way I am not giving up the precious time I want to dedicate to my kids, and I am also not sacrificing my right to have a career. I hope that more and more employers will give this opportunity to the several brilliant mothers who are out there».
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PRIMO PIANO / RUPEN NACAROGLU
STRUTTURE SPORTIVE AL SERVIZIO DEL TERRITORIO comunali. Considerato tutto questo e al netto dei miei dubbi è evidente che i vantaggi che porterà il PSE sono maggiori rispetto alle criticità. Basti pensare a quelli enormi per le società sportive (e di riflesso per la popolazione) derivanti dalle nuove strutture, senza dimenticare la riqualifica di un intero quartiere, la porta nord di Lugano, con appartamenti (anche a pigione moderata) e un enorme parco verde. Non da ultimo, un investimento anticiclico di centinaia di milioni, una manna dal cielo per rilanciarsi dopo una crisi economica storica come quella che stiamo vivendo, soprattutto considerate le garanzie che l’80% dei lavori saranno svolti da ditte locali».
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Ph: ©Kyrhian Balmelli
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
uali sono le ragioni che l’hanno indotta, pur con alcune riserve, ad appoggiare il progetto PSE? «Il PSE ha fatto discutere tantissimo e farà discutere ancora per tanto tempo. Ho deciso di sostenere questo progetto malgrado io non abbia mai fatto mistero del mio forte scetticismo circa lo spostamento dell’amministrazione dal centro cittadino all’interno delle torri di cui è prevista l’edificazione. Permangono anche dei dubbi sull’equilibrio tra costi e benefici nel contratto stipulato tra la Città e HRS ed è ovvio che durante la presente legislatura sarà imprescindibile cercare di mitigare le conseguenze della costruzione di questo importantissimo polo sulle casse
Quale impegno si sente di prendere per favorire lo sviluppo dell’organizzazione dello sport ticinese e sostenere le società sportive che molto hanno sofferto in seguito a restrizioni e chiusure? «A mio modo di vedere è necessaria una congiunzione d’intenti e di obbiettivi per poter tornare, tutti, a beneficiare di quegli aspetti della vita sportiva (e di conseguenza sociale) che hanno sempre contraddistinto la nostra città. Va detto, non sarà di certo la sola realizzazione del PSE che potrà permettere alle tantissime associazioni sportive di ritornare a lavorare serenamente. Servono altri spazi nuovi, a misura delle esigenze dei singoli, per acconsentire a tutte le associazioni sportive di svolgere il ruolo sociale che hanno sempre avuto sul nostro territorio. Oltre a questo, serve sicuramente un’ampiezza di vedute e
PRIMO PIANO / RUPEN NACAROGLU
la volontà di organizzare nuove manifestazioni che potranno dare linfa vitale al nostro settore sportivo così importante per noi adulti ma soprattutto per i nostri ragazzi. Ed è proprio per questo aspetto che penso che l’autorità comunale abbia il dovere di promuovere un ritorno veloce e efficace alla normalità». In qualità di Presidente della Società dei commercianti di Lugano quali interventi auspica che vengano adottati per favorire il rilancio di questo comparto? «Il commercio sta vivendo un periodo prolungato di ristrettezze che ha raggiunto l’apice in questo ultimo anno di enorme crisi. Si è capito - forse perché il Covid ha fatto da acceleratore - che è necessario investire massicciamente e in maniera rapida sulla riqualifica del comparto del Centro e del Lungolago. È solo progettando una passeggiata piacevole, degli spazi a misura d’uomo e grazie a un approccio di apertura verso il lago che si potrà tornare ad avere un’attrattiva turistica importante. I commerci e esercizi del centro cittadino ne sono consapevoli: se riuscissimo, nel breve periodo, a tornare ad essere una meta turistica fissa per i confederati potremmo ricevere una boccata d’ossigeno decisiva per programmare un futuro più roseo. C’è tanto da lavorare ma questi ultimi mesi in cui tutta la popolazione rossocrociata (soprattutto i romandi) hanno (ri)scoperto il Ticino possono rappresentare un bel trampolino di lancio per i prossimi anni. È ovvio, sta a noi sfruttare l’occasione di mantenere altissima l’offerta, i servizi e l’accoglienza stando sempre attenti al rapporto qualità prezzo. È solo così che saremo in grado di convincere i turisti a tornare a trovarci. Se invece ragioniamo su questo periodo straordinario solamente per conseguire il massimo profitto possibile perderemmo una chiara occasione di sfruttare l’onda lunga di benefici per l’intera regione».
Quali sono i più importanti interventi urbanistici che ritiene indispensabile avviare (o completare) per consentire un più armonico sviluppo della città e un riordino del sistema della mobilità e dei trasporti luganesi? «È importantissimo rivedere definitivamente il piano viario e implementare quei correttivi che si rendono necessari da tempo. Il tutto partendo dalle basi dell’importante rivoluzione di mobilità che è prevista con l’arrivo del Tramtreno. È ovvio: l’unico modo di ridurre il traffico è quello di ridurre i veicoli in circolazione e per fare questo è necessario puntare sul trasporto pubblico. Mi spiego: il tentativo di decentralizzare grandi aree di parcheggi come i vari “park & ride” non è stato sufficientemente supportato da un servizio di trasporti capillarizzato. Le zone più lontane dal centro cittadino come Carona, Dino e Sonvico senza poi pensare a Collina d’oro, il Malcantone o la Capriasca non sono servite in maniera da spingere i cittadini ad usare con regolarità i mezzi pubblici anziché l’automobile. È ovvio, non basta il trasporto pubblico a risolvere i problemi di traffico ma è l’unica strada possibile. Aiutiamo chi la macchina la deve prendere puntando sul trasporto pubblico per chi può scegliere. Lo ribadisco, è il trasporto pubblico ad essere la chiave di volta, vanno aumentati sia gli orari che la frequenza e capilarizzate / infoltite le tratte più esterne. Le tariffe vanno rese più accessibili con l’uniformità di una zona unica in tutto il territorio del Comune di Lugano. Vanno curate con più attenzione le durate dei tragitti grazie a coincidenze più rapide. Anche grazie al Tramtreno il cittadino dovrà poter usare il trasporto pubblico ogni giorno e a
ogni ora a prezzi competitivi affinché il mezzo privato diventi, di fatto, la seconda scelta». Qual è il principale progetto che vorrebbe vedere realizzato nei prossimi anni per la città di Lugano? «La riqualifica del lungolago con il suo patrimonio paesaggistico e culturale, il verde, l’arredo urbano e i beni culturali, la pedonalizzazione del centro, l’aumento progressivo delle quote di mobilità lenta (ciclabile e pedonale) senza però dimenticare i parcheggi all’entrata del centro cittadino e la possibilità di raggiungere il nucleo storico con facilità sia per la popolazione che per la logistica delle attività commerciali. A me personalmente sta particolarmente a cuore l’accessibilità all’acqua della nostra Città. Il futuro turistico e di qualità di vita di Lugano per i Luganesi verte sul rapporto che abbiamo con l’acqua, del lago o del fiume. Serve più accessibilità, più contatto, la città deve essere un tutt’uno con la sua acqua. Mi auguro che la scelta del mandato di studio parallelo e del conseguente progetto di riqualifica del Centro Cittadino ricada sul gruppo che saprà meglio interpretare il rapporto di Lugano con il proprio lago: interveniamo sulla passeggiata, ripensiamo il centro come fulcro della vita sociale e rivediamo le nostre rive: rendiamo l’acqua uno degli elementi che contraddistinguono non solo la vista ma anche l’esperienza dei Luganesi e dei turisti. Servono interventi coraggiosi ma soprattutto non si può più perdere tempo: il futuro è adesso».
“Il commercio sta vivendo un periodo prolungato di ristrettezze che ha raggiunto l’apice in questo ultimo anno di enorme crisi.” TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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PRIMO PIANO / CHRISTIAN GARZONI
Ph: ©TIO
CHRISTIAN GARZONI, PD DR. MED. SPECIALISTA FMH MEDICINA INTERNA E MALATTIE INFETTIVE E DIRETTORE SANITARIO DELLA CLINICA LUGANESE MONCUCCO, FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE DOPO UN ANNO DI PANDEMIA, ALLA LUCE ANCHE DELLE PROSPETTIVE APERTE DALLA VACCINAZIONE DELLA POPOLAZIONE.
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he cosa ci hanno insegnato questi ultimi mesi di pandemia? «La situazione è sicuramente migliorata ma non mi sento di dire che ne siamo definitivamente fuori. Noi vediamo gli effetti, ovvero quante persone finiscono in ospedale. Le cifre sono più rassicuranti, l’evoluzione dei contagi e in Ticino permette di tirare un sospiro di sollievo e ora siamo uno dei Cantoni tra quelli dove il virus è meno presente. La ragione della situazione odierna è evidente: le misure di chiusura messe nei mesi scorsi si sono dimostrate efficaci rispetto al numero dei contagi e questo è diventato visibile rapidamente anche negli ospedalizzati e un po’ più lentamente anche nelle cure intensive. Sappiamo però che questa situazione è artificiale. Abbiamo purtroppo dovuto chiudere le persone in casa e chiudere tutta una parte di economia per permettere di bloccare la diffusione del virus nella popolazione. Vi sono in ogni caso due grandi incognite che non permettono
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FIDUCIA E CAUTELA ancora di sapere cosa potrà capitare nei prossimi mesi. Una è quella legata alle varianti la cui velocità di diffusione potrebbe cambiare gli scenari di riapertura. La seconda è la velocità con la quale riusciamo a vaccinare la popolazione poiché il vaccino, è l’unica soluzione per uscire da questo tunnel. Le strutture ospedaliere sono state sottoposte a una fortissima situazione di stress ma abbiamo affinato la presa a carico dei pazienti, la gestione delle corsie, capito cosa è davvero necessario e cosa invece fa perdere tempo prezioso. La medicina ha fatto passi da gigante nell’ambito dello studio del covid e potrebbero anche derivare nuove conoscenze e terapie per altre patologie». Per i prossimi mesi, dobbiamo temere una terza ondata? «È una domanda a cui nessuno, in questo momento è in grado di rispondere con certezza. Andiamo in corso delle vacanze estive che sicuramente rappresentano una possibile crescita delle occasioni di contagio. Per contro la bella stagione e una vita trascorsa per la maggior parte del tempo all’aria aperta le riducono. Gli assembramenti sono ormai una scena consueta ed è palpabile il malcontento soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione, stufe delle restrizioni. Dunque siamo di fronte ad elementi apparentemente contraddittori. Sicuramente non saremo davanti a uno tsunami, e la seconda ondata si sta fortunatamente esaurendo. E questo è grazie all’importante numero di persone vaccinate. I mesi estivi e l’aria aperta ci saranno d’aiuto». A questo proposito, la campagna vaccinale è risultata essere alle attese della popolazione?
«Avere avuto i vaccini in un tempo così breve rispetto all’inizio della pandemia costituisce senz’altro la testimonianza del grande sforzo compiuto dalla scienza e dall’industria farmaceutica in tutto il mondo. Alcune aziende hanno avuto tuttavia nella produzione dei limiti tecnici. Ne usciremo definitivamente quando diventeremo autonomi nella produzione dei vaccini. Forse sarebbe stato auspicabile riunire le migliori teste della ricerca e dell’industria svizzera e chiedere di risolvere il problema, garantendo la produzione autoctona di un vaccino efficace. Mai come in questo caso s’è visto come l’indipendenza paghi. Israele ha trasformato il Paese in un grande laboratorio, la Gran Bretagna ha scommesso sulla produzione interna e ha vinto. Insomma, la ricca Svizzera poteva fare di più e invece la politica federale di approvvigionamento dei vaccini è stata inizialmente lacunosa, poco coraggiosa e soprattutto poco lungimirante. Occorreva investire per rischiare, per ordinare molto prima i vaccini, che erano e restano l’unica via d’uscita. Pensiamo alle spese sostenute per tamponi, test, aiuti vari e sostegni a chi non lavora a chi ha dovuto chiudere l’attività. Nelle ultime settimane però la situazione sta fortunatamente migliorando, spero sempre comunque nella garanzia della produzione nazionale dei vaccini, sarà la chiave per il nostro futuro e quello della Nazione». Qual è la validità e la durata della copertura assicurata dai vaccini? «Il virus non sparirà e poi ci sono le varianti. In Svizzera è stato confermato che quella inglese è la dominante, ma si sa ancora poco della diffusione e della pericolosità delle altre. Dovremo
PRIMO PIANO / CHRISTIAN GARZONI
probabilmente abituarci al fatto che ogni tanto si presenterà una variante nuova. Quelle che circolano adesso in Svizzera hanno una chimica molto simile a quella che conoscevamo, sono forse un po' più facilmente contagiose. Nel mondo ci sono delle varianti più pericolose, come quella indiana, anche se i dati sono difficili da estrapolare perché l’India ha un sistema sanitario diverso dal nostro. Le varianti sono dunque un punto di domanda difficilmente prevedibile, ma ora il mondo ha a disposizione i vaccini che possiamo modificare e adattare, così come gli anticorpi monoclonali, da pochi giorni disponibili anche in Svizzera. Per quanto riguarda la durata della copertura dovremo tenere sotto osservazione i vaccinati per anni. Cosa che non possiamo ancora fare perché abbiamo vaccinato le prime persone pochi mesi fa. Il nostro è un sapere in divenire. Se ci si renderà conto che sarà necessaria
“Il virus non sparirà e poi ci sono le varianti. In Svizzera è stato confermato che quella inglese è la dominante, ma si sa ancora poco della diffusione e della pericolosità delle altre.” una nuova somministrazione, lo Stato si organizzerà per distribuire nuovamente il vaccino. Verranno stabilite delle regole per vedere quando effettuare un richiamo e queste regole verranno cambiate nel corso del tempo». Dovremo abituarci a portare ancora per lungo tempo la mascherina? «Prima di abolire definitivamente questa misura occorre essere ben sicuri che le possibilità di contagio si siano drasticamente ridotte. Oltre che proteggere la persona che ho davanti la mascherina protegge sé stessi dalle infezioni gravi, chi inala tanto virus avrà un Covid più grave, chi ne inala meno avrà una
malattia più tranquilla. Ma la mascherina non è tutto quello che dobbiamo adottare, importante rimane igienizzarsi le mani e mantenere le distanze. Questi comportamenti, sono ormai in gran parte ben radicati nella nostra quotidianità, e faremo bene a mantenerli fino a quando l’epidemia non sarà definitivamente sconfitta. Il Covid ci obbliga a una nuova convivenza, che è stata molto difficile e drammatica nei mesi scorsi. Adesso pian piano diventa una convivenza un po’ più semplice, ci sono le aperture, abbiamo una copertura vaccinale.La società sta tornando a una nuova normalità ed è il momento di essere ottimisti».
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PRIMO PIANO / MORENA FERRARI GAMBA
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he la società e il mondo del lavoro cambino nel tempo è lapalissiano, anzi, è normale che si adattino all’evoluzione del mercato, della vita, dei gusti e dei costumi. Ogni cambiamento e trasformazione ci costringe, ad ogni livello, a rimetterci in discussione. Quando capisci che se non ti adegui sei fuori, qualcosa si inceppa. Significative sono alcune parole di Steve Jobs nel famosissimo discorso rivolto ai neo laureati di Stanford: «il vecchio viene spazzato via per far posto al nuovo. I giovani sono il nuovo, ma un giorno non troppo lontano diventeranno gradualmente il vecchio e saranno spazzati via. Per allontanare il più possibile questo evento è necessario essere preparati, multidisciplinari, rimanere flessibili, adeguarsi rapidamente appunto al cambiamento». Ecco, sarebbe tutto giusto se non che l’ansia sale. Quella di non potercela fare perché dietro si nasconde la necessità di eccellere, di non potersi fermare neanche un attimo altrimenti altri ti spazzeranno via. Il mondo del lavoro pullula di
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consulenti, life coach, esperti che spingono ad essere uomini e donne di successo (non per forza migliori come persone), ad ottenere risultati straordinari, ad essere superiore alla media. Quanti guru motivazionali che, senza tener conto di cosa uno vuole realmente, esaltano il mantra delle passioni da inseguire, “insegnano” a come realizzare i propri sogni, spesso con ricette semplicistiche, magari via internet, tipo: “come aver successo nel lavoro”, “10 consigli per essere un buon leader”, o ancora, influencer giovani e meno giovani che ti spiegano il senso della vita e la strada del successo, e intanto ti fregano con qualche prodotto. Insomma, se vuoi realizzarti devi smettere di essere una persona normale, non avere paura di buttarti, di metterti in gioco, non devi essere pigro. Qualsiasi cosa fai, devi essere il migliore. Anche a scuola, in casa, in famiglia, con gli amici l’immagine che bisogna dare è quella dell’eccellenza (anche meglio se c’è la bellezza). Ma che fatica! Non tutti sono in grado di farlo e non tutti vogliono essere…i migliori! A scanso di equivoci non si intende che impegnarsi a fare le cose per bene sia sbagliato, tutt’altro. Ma l’eccellenza a tutti i costi sta portando sempre più persone ad uno stato di sconforto perché, consciamente o inconsciamente, non si sentono adeguate, in una lotta impari, in un mondo sempre più competitivo, dove non basta più solo lavorare bene. Dobbiamo
tutti essere dei leader, sempre più comunicativi, emozionali, carismatici, talentuosi, capaci di trasformare una presentazione in spettacolo. Ricette per essere felici, migliori, appagati, ricchi e potenti si sprecano. Una deriva di società che ci spinge a credere che una persona valga realmente qualcosa solo se gli si riconoscono tali valori. Eppure, a ben guardare, il risultato è un mondo giovanile molto disorientato, persone sempre più in stato d’ansia per questo perenne correre, dove l’uso di “pillole”, “polvere” e alcool è aumentato in modo esponenziale mentre gli studi di psicologi e psicoterapeuti hanno la fila fuori dalla porta. È ora e tempo di rivedere le cose in modo più semplice, ritornare ad un senso realmente più umano nell’interagire con colleghi e superiori, in modo meno competitivo e più rilassato, facendo della nostra unicità e cura del lavoro la nostra carta vincente. Un mondo dove basterebbe un “grazie” per migliorare l’autostima di una persona e pure la voglia di partecipare a costruire qualcosa con gli altri, senza sgomitare o combattere per essere i primi, ma per essere migliori. Insomma, vivere in una società che ti permetta di essere serenamente nella normalità, che non significa essere ordinari, ma fare bene quello che facciamo e rimanere quello che siamo: persone perbene e straordinarie perché questo è il talento più grande che possiamo offrire a noi stessi e agli altri.
GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
L’ONDA LUNGA DEI GENOCIDI
DI MORENO BERNASCONI HA SUSCITATO SORPRESA E SENSAZIONE IL FATTO CHE FRA I PRIMI SEGNALI FORTI IN POLITICA INTERNAZIONALE LANCIATI DAL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI JOE BIDEN FIGURI IL RICONOSCIMENTO DEL GENOCIDIO ARMENO. ALTRI VENTINOVE PAESI L’AVEVANO FATTO FINORA MA IL RUOLO EGEMONICO DEGLI USA IN POLITICA INTERNAZIONALE E NELL’ALLEANZA EUROATLANTICA (NATO) RENDE QUESTO PASSO DI GRANDE PORTATA GEOPOLITICA, IN MODO PARTICOLARE PER IL MEDIORIENTE E PER L’EUROPA.
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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l grande pubblico sfugge l’importanza storica e politica di quello che viene definito genocidio armeno. Perché lo si considera come un massacro perpetrato contro un piccolo popolo in un perimetro geografico molto ridotto e perché è accaduto nel contesto cronologicamente lontano del primo conflitto mondiale. Ma a guardar bene non può sfuggire il fatto che il nuovo millennio è iniziato sotto il segno dell’onda lunga dei genocidi del Novecento, il primo dei quali fu quello contro gli Armeni. Gli attentati terroristici di Al Qaeda contro le torri gemelle del 2001, quelli perpetrati in Europa e la guerra dello Stato islami-
co in Medioriente portano infatti un marchio anticristiano e antisemita. L’ombra dei genocidi del Novecento si abbatte sul Ventunesimo secolo. La collera del presidente turco Recep Tayyip Ergdogan contro Emmanuel Macron quando due anni fa il Presidente francese decise di istituire una giornata commemorativa del genocidio armeno e quella - nelle scorse settimane - contro il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden per una ragione simile, non sono solo scatti d’ira per il fatto che si denunciano e si rimettono in discussione i miti della nazione turca e l’operato dei suoi padri fondatori cent’anni fa. La realtà è che il genocidio armeno fu parte integrante e fondamentale di un più ampio progetto di purificazione etnico-religiosa che ha avuto sì un suo apice cent’anni fa ma che sta vivendo in questi decenni una recrudescenza. La collera di Erdogan sulla questione del genocidio armeno fa il paio con l’appello recente rivolto al mondo islamico dall’autocrate turco ad unirsi contro “Israele, uno Stato terrorista e iniquo che attacca i musulmani”, appello che porta acqua al mulino di chi intende cancellare la presenza ebraica dal Vicino Oriente. Mentre lo Stato islamico vuole eliminare brutalmente la presenza dei cristiani dal Medioriente, Erdogan è deciso a diventare - applicando una politica ambigua e oscillante fatta di alleanze a geometria variabile - il sultano di un nuovo Impero Ottomano. Quale futuro c’è per i cristiani e per gli ebrei in un Medioriente messo a ferro e fuoco dal terrorismo islamico e da una recrudescenza bellica acuta? La domanda non è retorica ma pertinente. Da decenni Israele è minacciato nella
GRANDANGOLO / MORENO BERNASCONI
sua stessa esistenza e proprio in queste settimane il conflitto in Palestina sta vivendo una nuova escalation militare. Da decenni milioni di cristiani del Medioriente (culla non solo dell’ebraismo ma del cristianesimo apostolico e dei primi concili) sono costretti alla fuga dalla loro terra secolare poiché la coesistenza fra popoli delle tre religioni monoteiste protrattasi per secoli malgrado periodi di crisi più o meno profonda appare oggi sempre più compromessa. Gli studi storici che hanno approfondito la questione armena gettano una luce utile per capire quanto sta accadendo oggi sotto i nostri occhi alle porte dell’Europa: in Siria, in Libano, in Palestina, in Turchia… Sul fatto che il massacro di un milione e mezzo di armeni sia stato un genocidio pianificato dal Governo nazionalista dei Giovani Turchi fece chiarezza già nel 1918 il dettagliato Diario dell’ambasciatore americano a Costantinopoli Henry Morgenthau. “I Giovani Turchi ammiravano i conquistatori musulmani che avevano fatto cadere l’Impero bizantino nel XV secolo - annota Morgenthau -. Ma pensavano che quei grandi guerrieri avessero fatto un errore fatale perché, avendo la possibilità di annientare le popolazioni cristiane, non lo avevano fatto. Un terribile errore cui ora si poteva porre rimedio. Avrebbero quindi sterminato tutti i cristiani e mescolato il sangue delle donne armene con quello dei guerrieri e della popolazione turca, ciò che avrebbe avuto un effetto eugenetico”. Giova rilevare che già Morgenthau documenta come le persecuzioni sistematiche e le deportazioni non abbiano colpito soltanto gli Armeni bensì anche “i Greci del Ponto e di Smirne (cristiani, come gli Armeni)”. E come la Germania del Kaiser Guglielmo II abbia dato carta bianca e i suoi utili consigli ai Giovani Turchi per l’organizzazione dello sterminio. Gli studi recenti dello storico turco Taner Akcam - condannato nel 1976 a dieci anni di carcere dal Governo turco per
vilipendio dello Stato e fuggito negli USA - confermano in modo inoppugnabile ciò che Morgenthau aveva documentato nel suo diario: ovvero che si trattò di un genocidio pianificato. Taner Akcam chiude i conti con il negazionismo turco dimostrando in via definitiva l’autenticità dei telegrammi del leader dei Giovani turchi Talat Pasha che ordinavano la cancellazione del popolo armeno. Ma il genocidio degli Armeni non è un massacro singolo bensí l’apice di un disegno più ampio e organizzato sull’arco di decenni. Lo dimostra un ponderoso saggio scritto dagli storici israeliani Benny Morris e Dror Ze’Evi, entrambi professori all’Università Ben Gurion del Negev che ha un titolo emblematico “Il genocidio dei trent’anni. La soppressione delle minoranze cristiane in Turchia”. Passando al vaglio sistematicamente documenti storici e diplomatici dal 1894 al 1924, i due ricercatori israeliani svelano la faccia nascosta di un disegno che doveva portare alla creazione di un nuovo stato nazionale turco etnicamente omogeneo e religiosamente islamico. I massacri perpetrati sotto governi diversi (dal sultanato di Abdülhamid II, ai Giovani Turchi fino all’ascesa al potere di Atatürk) sull’arco di più decenni erano collegati fra loro da un identico obiettivo: quello di eliminare la componente cristiana della popolazione presente da secoli nell’ex impero di Costantinopoli e di Trebisonda nonché in Armenia. Oltre due milioni di persone - fra Armeni, Greci, Siriaci e Aramaici- furono vittime di questo disegno di purificazione etnica, affermano i due storici, un disegno mai sopito se si pensa ai pogrom contro i greci di Istanbul nel 1956. Come si vede, il genocidio degli Armeni non fu un massacro isolato perpetrato in un lontano passato - massacro ormai privo di ripercussioni sul nostro presente -. Riconoscerlo e denunciarlo come genocidio, come hanno fatto il nuovo Presidente degli Stati
Uniti e negli anni scorsi numerosi Paesi europei (in Svizzera il riconoscimento c’è stato a livello parlamentare ma non governativo), ha una portata geopolitica rilevante per la comunità internazionale, che può contribuire a fare da argine al ritorno di nuovi imperi e di nuove barbarie in questo inizio di millennio. Una recrudescenza fatta di attentati terroristici in Europa, conflitti e guerre cruente nel vicino Oriente ma anche di persecuzioni sistematiche su base etnica e religiosa in Africa e Asia (dal Pakistan e l’India al Myanmar, allo Xinjang cinese)
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LEADER ALLO SPECCHIO / DANIELE FINZI PASCA
SCATTI ROSSI, BLU E VERDI «Non riesco a scegliere perché, in un qualche modo, una alimenta l’altra verso un perfetto equilibrio. Fossi costretto, sceglierei quella che mi manca di più, lo scopo altruistico».
Ph: © Viviana Cangialosi Compagnia Finzi Pasca
DI GERARDO SEGAT «AUTOREVOLEZZA: NON PUOI DIRE IO SONO IL CAPO. DEVI CONDIVIDERE UNA VISIONE, UN’IDEA». «GLI ATTORI E I CREATORI IN GENERALE TI SEGUONO SE SENTONO CHE LI CONSIDERI E LI RISPETTI».
Si parla molto di autenticità del leader e si fa molta fatica ad uscire dalla propria area di comfort. Fin dove la prima si spinge in te come leader? «Nel mio mondo il termine leader non esiste, ci sono invece i punti di riferimento. È l’autenticità che li contraddistingue. L’essere autentico è l’essenza di ciò che faccio. Ce ne vuole assolutamente, senza è impossibile guidare certe avventure. Mi permette di non agire d’impulso, mi permette di affinare l’intuizione, permette di fermarsi e di non muoversi per un attimo. Così affiorano le soluzioni». Come la pandemia ha cambiato il tuo stile di leadership? Ho cercato di stare zitto, sono entrato in silenzio. Troppa gente troppe parole. Molto pacato, tutti noi della mia cerchia, nel pericolo siamo restati in silenzio. Così ascolti meglio, senti meglio».
L’
eccellenza, nelle tue competenze, conoscenze e abilità. L’autenticità, rispetto ai tuoi valori, opinioni, identità e anche desideri, emozioni, fragilità. Lo scopo altruistico, il fine ultimo di ciò che fai, che esula da te stesso e i tuoi cari. A quale di queste tre spinte evolutive del leader desideri rispondere maggiormente in futuro rispetto a quanto già fai oggi?
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La pandemia è stata un promemoria di vulnerabilità e incertezza per tutti: in che modo lo è stato per te, come individuo e come leader? «Mi ha sorpreso molto, nonostante fosse prevedibile come situazione. Mi hanno colpito i tanti paradossi: compriamo aerei militari, costruiamo rifugi anti-atomici, ...». Ti porgo questo specchio. Ci sei tu e la tua immagine riflessa. Se io ti guardassi come stai facendo tu, con i tuoi occhi, cosa vedrei di diverso che da qui fuori non vedo?
«Le cose che so abilmente nascondere! Quanto in questo periodo ho paura, il che mi fa agire talvolta in modo aggressivo». Immagina che questo specchio rifletta la tua anima. Com’è e come vorresti fosse diversa? «Adesso è un po’ rossa e vorrei che fosse blu. Rossa è infuocata, passionale, accesa. Invece blu è pacata, meditativa, trasparente, leggera». Guardandoti allo specchio, cosa non vuoi vedere di te? «Non voglio vedere che talvolta assomiglio a cose che detesto o dalle quali ho cercato di scappare e che cerco di cambiare di e in me. Per esempio, c’è una fatica a perdonare». Di intimo e rilevante per me, non sapete ancora che… «…soffro di vertigini». Di intimo, rilevante per me e bello, non sapete ancora che… «…anche se ci gioco su tanto nei miei spettacoli, ho paura di morire per mancanza d’aria, affogando». Cosa di te ti fa sorridere? «Ragionare spesso come un bambino mi regala sorrisi». Cosa di te, invece, ti intristisce? «Sono triste quando penso che posso incupirmi per delle scemate». Giri la ruota delle avversità e si ferma sulla vergogna, la più grande sinora nella tua vita. A suo tempo, nella situazione che hai in mente ora, come ne traesti beneficio?
E un mondo che funziona ad obiettivi emozionali invece che fattuali o numerici? «Non è detto che sia un bene, dipende dall’ambito. Adoro gli equilibri e le proporzioni. L’armonia è questione di pesi e di misure distribuiti in modo elegante. L’emozione ha pure i suoi eccessi. Per far galleggiare la nave uso le leggi della fisica, per inventare il vento in tempo di bonaccia uso l’emozione del canto».
“Alla leadership ticinese regalo la fierezza del successo del vicino, dell’altro.” «Non trassi nessun beneficio. Non potei farci nulla, non tornai indietro. Nella vita bisogna sapere che si fanno degli errori e serve imparare a conviverci pacificamente. Non ho bisogno di perdonarmi, accusarmi o trasformarli». In ogni negatività, grande o piccola, c’è del positivo, grande e piccolo. Cosa ti ha regalato di bello, grande e piccolo, il virus? «Non lo so bene, non lo so ancora. Me ne renderò conto più avanti, ne sono convinto». Torna a quel momento in cui hai chiesto un aiuto importante: come hai vinto i timori e che impatto ha avuto nella tua vita? «Non ho avuto timori, sono molto bravo a chiedere aiuto. Ho provato un senso di gratitudine e ha rappresentato un legato». Mi hai appena detto che gli scatti di irascibilità sono un tuo punto debole influente. Immaginiamo che siano il mio. Siamo amici e vengo da te per un consiglio: Daniele come faccio a trasformarlo in un punto di forza? «Guardalo in un modo diverso. È natura, magari hai bisogno di sfogarti. Vedi se veramente è un punto debole, forse scopri che ti serve a qualcosa. Non concentrarti sulla sensazione negativa che ti dà, ma sull’utilità che ha per te».
Immagina di avere tre mesi di vita. Cosa cambi della tua quotidianità? «Non ti so rispondere. Meno futilità penso. Bisogna trovarsi nella situazione». Quale sogno tiri fuori dal cassetto? «Ho tanti cassetti…». A chi dai l’ultima carezza? «Ad un oggetto significativo, per che rimanga come una traccia». Torna a quel momento in cui hai pianto col singhiozzo e visualizzalo: quelle lacrime, potessero parlare, cosa ti direbbero? «Precipizio, rabbia, impotenza, dolore, bruciore. Aiuto! Spostati di lì!». Mi faccio piccolo, così piccolo da entrare in te e camminare fino al tuo cuore. Apro la porta, accendo la luce: cosa vedo? «Un templio gigante, navate enormi, teli sospesi color zafferano, una fonte di acqua, persone sedute che guardano l’acqua e gente che canta». Com’è un mondo senza rancori, con maggiore consapevolezza della propria responsabilità, empatia e accettazione di sé stessi e degli altri? «È un mondo trasparente, leggero, armonico. Ci vuole un altro Dio che riscriva tutto».
Ti dono una bacchetta magica prepagata per uno specifico desiderio: quale nuova qualità regali alla leadership ticinese di tutti gli ambiti, non solo quello politico, che oggi non vedi? «Alla leadership ticinese regalo la fierezza del successo del vicino, dell’altro». Che domanda vuoi che ti faccia in dirittura d’arrivo? «Le tre domande fondamentali della vita, che sono: da dove vengo, dove si va e cosa si mangia stasera? Ma non saprei risponderti all’ultima…». Che sensazioni provi da questa chiacchierata? «Bello! Bello perché sono domande senza risposte precise. Provochi come degli echi che portano a chiarire e a cristallizzare e, quindi, intravedi meglio com’è». Che valore ha avuto per te? «Scoperta. Ne ho fatte tante di interviste ma mai così!». Di che colore è? «Verde. Molto verde. Paisible come dicono i francesi. Serena». Riprendi per favore lo specchio. In conclusione, cosa sussurri nell’orecchio della tua immagine riflessa? «Non avere paura». E in quello di chi ti sta leggendo in questo istante? «Non avere paura». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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LAC / INSTALLAZIONI ARTISTICHE
UNA BALENA NEL PARCO 01
LE PROPOSTE DEL CENTRO CULTURALE LAC LUGANO ARTE E CULTURA TORNANO QUESTA ESTATE DAL VIVO CON UN’INSTALLAZIONE ARTISTICA DI GRANDI DIMENSIONI E UN RICCO CALENDARIO DI EVENTI ALL’APERTO.
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opo la fortunata esperienza digitale con il progetto Lingua Madre – Capsule per il futuro, ideato da Carmelo Rifici, direttore artistico del LAC, e Paola Tripoli, direttrice artistica del FIT Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea, che ha coinvolto decine di artisti e intellettuali su altrettante creazioni visive, sonore e testuali, il centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura riprende la programmazione in presenza di pubblico, in conformità alle direttive del Consiglio federale. A partire da giugno una serie di iniziative differenti tra loro, rivolte a grandi e più piccoli, animeranno i mesi estivi
grazie alla collaborazione di partner internazionali e di “casa”. Dal 19 giugno e fino al 12 ottobre, il LAC presenterà nella cornice del Parco Ciani l’installazione artistica di grandi dimensioni e dall’aspetto di una balena
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Echoes – a voice from uncharted waters dell’artista Mathias Gmachl, realizzata dallo stesso centro culturale in coproduzione con il MuseumsQuartier di Vienna e il Quartier des Spectacles di Montréal. L’artista austriaco si è aggiudicato il concorso per la realizzazione di un’opera d’arte pubblica indetto congiuntamente nel 2019 dalle tre istituzioni culturali, selezionato in particolare per le tematiche urgenti trattate nel suo lavoro nonché per il forte impatto sul pubblico. «Sin dall’apertura, ospitiamo diverse iniziative nei nostri spazi pubblici, esperienze nuove, anche a carattere ludico e sempre gratuite, allo scopo di avvicinare un vasto pubblico» spiega Michel Gagnon, direttore generale del LAC. «La virtuosa collaborazione con il MuseumsQuartier di Vienna e il Quartier des Spectacles di Montréal per la realizzazione dell’opera di Mathias Gmachl rinnova ancora una volta il nostro impegno per l’inclusione, un valore fondamentale per il centro culturale, que-
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porti industriali, attirando l’attenzione sulle minacce che incombono sulle specie marine. Durante il periodo di esposizione sono previste attività e iniziative per bambini e famiglie, giovani e adulti, promosse dalla mediazione culturale del LAC, attraverso il progetto LAC edu: laboratori creativi, workshop di movimento e suono, atelier dedicati alla sostenibilità. Il calendario sarà disponibile sul sito web.
L’opera Echoes – a voice from uncharted waters, realizzata in acciaio, pesa 5 tonnellate ed è lunga 17 metri. Per rendere il suo aspetto più verosimile è stata progettata e sviluppata dall’artista con alcuni biologi marini sull’arco di un anno: le linee si ispirano al ventre striato delle balene, mentre i colori sono stati scelti per rappresentare tutte le creature marine. Allo scopo di rendere il pubblico più consapevole dell’inquinamento acustico che le nostre attività provocano al loro habitat, l’opera è munita di un sensore che delimita un’area entro cui la balena può vivere indisturbata: se rispetteremo quest’area, il grande cetaceo emetterà il paesaggio sonoro di mari e oceani grazie a delle registrazioni effettuate da esperti del suono con speciali idrofoni; in caso contrario i suoni diverranno sempre più silenziosi fino a scomparire completamente per essere sostituiti dal rumore dei
sta volta allargando l’orizzonte a temi urgenti e di stretta attualità». L’opera, che trae ispirazione dalla famosa campagna di Greenpeace Save the Whales degli anni Settanta, intende sensibilizzare il pubblico sul continuo e inarrestabile cambiamento climatico e sulla situazione in cui versano gli oceani, focalizzando l’attenzione sull’inquinamento acustico che altera gli itinerari e gli ambienti di questi mammiferi marini. I mari e gli oceani hanno un proprio paesaggio sonoro, importante per molti animali marini che usano i suoni per comunicare tra loro, orientarsi e sfuggire ai pericoli. Le attività umane, responsabili di varie forme di inquinamento acustico anche negli oceani, sono diventate sempre più rumorose, a scapito di molte specie animali, dai grandi cetacei alle meduse; i rumori che provocano compromettono le capacità uditive di questi animali, causando cambiamenti fisiologici e comportamentali in alcuni casi la loro morte. È dunque il momento di agire: «È il momento di sensibilizzare la gente e far conoscere i suoni sottomarini» dichiara l’artista. «Se come collettivo riusciamo a rispettare gli spazi della balena, essa ci ripagherà con suoni misteriosi che giungono dagli abissi; se non saremo in grado di farlo “annegheremo” nel rumore. La balena ci invita ad ascoltare, a riflettere e a raccontare storie. Storie che renderanno più tollerabile una situazione insopportabile».
A inizio luglio tornerà anche la rassegna LAC en plein air. Come lo scorso anno, l’Agorà del centro culturale ospiterà un ricco calendario di eventi serali, allestito dal LAC in collaborazione con l’Orchestra della Svizzera italiana, LuganoMusica e il Museo d’arte della Svizzera italiana. Incontri, letture, performance, concerti e nuovi modi per stare insieme si svolgeranno in totale sicurezza in un ambiente raccolto. La rassegna, in fase di allestimento nel momento in cui scriviamo, verrà comunicata nel corso del mese di giugno e sarà consultabile sul sito www.luganolac.ch assieme alle indicazioni per partecipare.
01-02 Echoes – a voice from uncharted waters Mathias Gmachl ©MuseumsQuartier Wien Ph: eSeL.at - Lorenz Seidler 03-04 LAC en plein air Ph: ©LAC 2020
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LAC / MASI 01
SENTIMENTO E OSSERVAZIONE
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elle collezioni del MASI si rispecchia l’evoluzione della recente storia delle arti visive in Ticino. Dal XIX secolo, questa non è improntata solamente dalla comunità artistica regionale, bensì anche dagli artisti, collezionisti, commercianti e studiosi che hanno scelto il Ticino come patria d’adozione. In particolare, nelle collezioni è rappresentata l’ambivalenza caratteristica del Cantone, che da un lato ha un’identità culturale italiana e dall’altro appartiene politicamente allo Stato federale svizzero. La presentazione delle collezioni del MASI, arricchita da alcune importanti opere in prestito, intende offrire una visione di come l’arte in Ticino, a partire dalla fondazione dello Stato federale nel 1848 fino alla fine della Seconda Guerra mondiale, si sia dinamicamente evoluta nel suo contesto culturale specifico, e mostrare le influenze, provenienti da Sud e da Nord, che si sono affermate nella regione. Il percorso espositivo segue alcune tappe fondamentali: dal Realismo all’Impressionismo fino al post-Impressionismo; attraverso il Simbolismo, l’E-
A PARTIRE DAL 9 MAGGIO 2021, IL MUSEO D’ARTE DELLA SVIZZERA ITALIANA (MASI) PROPONE UNA PRESENTAZIONE DELLE PROPRIE COLLEZIONI DEDICATA ALL’ARTE IN TICINO TRA IL 1850 E IL 1950.
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spressionismo, la Nuova Oggettività e il Realismo Magico si aggiunge alle prime fioriture del Surrealismo. Già dal XIX secolo, molti artisti provenienti dalla Svizzera tedesca e da altri paesi d’Oltralpe, cominciano a soggiornare in Ticino, inizialmente in modo sporadico e temporaneo e poi, a partire dall’inizio del XX secolo, sempre più spesso vi si trasferiscono definitivamente. Queste presenze contribuiscono ad aumentare la pressione sulla comunità artistica regionale spingendola a prendere posizione rispetto all’orientamento più tradizionale della realtà italiana e alle correnti nordiche innovative, sempre più incompatibili tra loro. È così che, negli anni tra il 1850 e il 1950, in accordo col clima politico e culturale dell’epoca, nel mondo dell’arte ticinese si incontra o un dinamico attaccamento alla tradizione italiana, o un fiorente regionalismo ticinese, o anche una lenta ma inesorabile apertura ai movimenti moderni provenienti dal Nord. Solo a partire dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento, quando la scena artistica italiana trova un posto all’interno del contesto dell’avanguar-
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collezionato nella regione, sia ciò su cui si sono confrontati e ciò che hanno creato artisti locali e stranieri in Ticino. Non si tratta dunque di un punto di arrivo, ma piuttosto dell’inizio di un’indagine che apre molteplici temi e domande. 02 Achille Funi L’architetto Mario Chiattone 1924 Olio su tela 103,5 x 103 cm Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Collezione Città di Lugano, Donazione Chiattone
dia internazionale, questi contrasti cominciano ad allentarsi e anche gli artisti ticinesi vivono la propria appartenenza identitaria in modo diverso. La presentazione delle collezioni del MASI è strutturata cronologicamente in cinque parti: un primo capitolo, “Paesaggio e storia”, traccia come, a partire dalla nascita della Confederazione, si riveli una coscienza identitaria-nazionalistica anche nella pittura di paesaggio svizzera e come per la prima volta il paesaggio ticinese diventi un soggetto interessante per i pittori provenienti da entrambi i versanti delle Alpi. La sezione successiva, “Il paesaggio come simbolo”, rende evidente come nel movimento europeo del Simbolismo le opere dei pittori ticinesi si fondano in modo naturale con quelle di artisti italiani e svizzeri tedeschi. Anche il capitolo successivo, “Sentimento e atmosfera”, è dedicato al paesaggio. Post-impressionismo e Divisionismo formano un orizzonte stilistico comune per una visione meridionale e settentrionale del paesaggio. La sezione “Osservazione della vita quotidiana” unisce diverse concezioni artistiche della pittura di genere a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dal Verismo alla Poesia del quotidiano, fino al Realismo Magico e alla Nuova Oggettività. Infine, con l’ultima sezione “Sguardi moderni”, si vede come precocemente anche in Ti-
cino, grazie al trasferimento di molti artisti, il Cubo-futurismo e l’Espressionismo stravolgano la concezione tradizionale di forma e colore. Volutamente concepita più come un abbozzo propedeutico che una tesi scientifica, aforistica piuttosto che analitica o addirittura enciclopedica, questa presentazione ambisce a una comprensione, il più ampia possibile, della storia dell’arte ticinese, integrando sia ciò che ha suscitato interesse ed è stato 01 Cuno Amiet Autoritratto con la moglie 1899 Tempera su tela 76 x 52 cm Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Collezione Città di Lugano
03 Augusto Giacometti San Pietro a Venezia 1935 Olio su tela 113 x 150 cm Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Collezione Città di Lugano 04 Ferdinand Hodler Anbetung II (Adorazione II) 1893-1894 Olio su tela 81,5 x 101 cm Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Deposito Kunsthaus Zürich, Fondazione Gottfried Keller, Ufficio federale della cultura, Berna 05 Giovanni Giacometti Sera sull’Alpe 1906 Olio su tela 115 x 160 Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Deposito della Confederazione Svizzera, Ufficio federale della cultura, Berna
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LAC / OSI
LA QUALITÀ AL PRIMO POSTO CHRISTIAN WEIDMANN, DIRETTORE ARTISTICO-AMMINISTRATIVO DELL’ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA (OSI) PARLA DELLA SUA ESPERIENZA ALLA GUIDA DI QUESTA PRESTIGIOSA FORMAZIONE MUSICALE E DEI PROGRAMMI PER LA PROSSIMA ESTATE E I MESI FUTURI.
Ph: © Kaupo Kikkas / Orchestra della Svizzera italiana
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a prossima stagione sarà la prima da lei firmata. Come ha scelto di impostarla? «Un’orchestra sinfonica in una città, in una regione o in un cantone fa musica per la gente che lì abita ma poi è importante viaggiare, andare altrove, fare esperienze da riportare a casa. Quindi le due attività sono egualmente importanti: non avrebbe senso dedicare tutto il tempo e tutte le risorse ad esempio in una tournée in Oriente se poi non si programma qualcosa che abbia un forte impatto dove l’orchestra è di casa. Quello che per me è particolarmente importante è perseguire sempre la qualità, perché l’OSI ha già raggiunto un ottimo livello e ora deve lavorare per mantenerlo e, se possibile, migliorarlo ulteriormente».
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In attesa della prossima stagione musicale avremo l’opportunità di ascoltare l’orchestra OSI già nel corso di qualche anticipazione estiva? «Fiduciosi che l’andamento della pandemia ce lo consenta, abbiamo programmato una serie di interessanti appuntamenti che segnano il ristabilirsi di un contatto (seppur contingentato) tra l’OSI e il suo pubblico. Nella seconda metà di giugno è in cartellone il ciclo “Ticino DOCG”, alcuni concerti all’aperto previsti in varie regioni del Cantone. Il 30 giugno, il LAC ospiterà, nella grande Sala Teatro, il concerto dei diplomandi del Conservatorio. Per agosto poi è prevista una partecipazione dell’OSI al Locarno Film Festival».
LAC / OSI
La programmazione dell’attività di una formazione musicale avviene su più anni. Quali sono le linee guida lungo le quali intende muoversi nel futuro? «Vorrei sottolineare in via preliminare un elemento che ritengo essere determinante: quello che è davvero importante è avere un’idea chiara su chi siamo musicalmente. E su questo l’OSI ha fatto dei progressi incredibili, con il direttore principale Markus Poschner ma non solo. Ritengo che questo sia uno dei punti più importanti per il futuro dell’Orchestra: far capire non solo in casa, ma anche nel resto della Svizzera e all’estero che cosa è l’OSI, che cosa è in grado di dire e di fare, e di conseguenza quali saranno i suoi programmi. In questa prospettiva, progetti come ‘Rileggendo Brahms’ rivestono una grande importanza, perché fanno dell’OSI un’orchestra rilevante all’interno del panorama musicale internazionale». A proposito di programmazione, lei è al tempo stesso direttore artistico e amministrativo. È difficile conciliare questi due ruoli? «Al contrario, credo che possa rappresentare un vantaggio. La scelta di un programma artistico non può infatti prescindere da fattori economici, organizzativi, logistici, contrattuali, assicurativi e molto altro ancora. Avere la conoscenza e il controllo di tutti questi aspetti è dunque indispensabile affinché quel complesso meccanismo che è un’orchestra sinfonica possa continuare a funzionare e sia perfettamente coordinato». Quali sono le caratteristiche dell’OSI che più l’hanno colpita? «Come è noto, in Svizzera numerose grandi città hanno una propria orchestra (basti pensare alla Tonhalle a Zurigo, alla Sinfonieorchester di Lucerna, oppure a quella di Basilea e così via) ma si tratta sempre di strutture legate a una singola città. Qui invece
l’Orchestra è della Svizzera italiana, dunque di un’intera regione e, pur avendo quale suo principale centro il LAC di Lugano, di cui è l’orchestra residente, ha anche altri luoghi cui fare riferimento (Bellinzona, Ascona, ecc.). E questo le conferisce un ruolo diverso, facendone un autentico polo della vita culturale, con un legame fortissimo sia con la RSI che con tutti gli attori culturali del territorio. Tutto ciò ci carica di una particolare responsabilità perché all’OSI guarda tutta la popolazione ticinese, arrivando a costituire un elemento importante dell’immagine identitaria di questo territorio». Quali difficoltà ha dovuto affrontare nei mesi di forzato fermo dell’attività dell’orchestra a causa della pandemia e come siete riusciti a superarle? «Gli scorsi mesi hanno visto un fermo dell’attività musicale in presenza, ma l’OSI non ha certo sospeso le prove, la preparazione e l’esecuzione dei concerti in streaming. Inoltre abbiamo continuato a mettere a punto la programmazione dei prossimi mesi, sia per quanto riguarda gli impegni a Lugano e in Ticino, ma anche, appena sarà possibile, all’estero». Adottando quali misure di sicurezza sarà possibile riprendere una regolare programmazione dell’attività? «È molto difficile fare musica con le restrizioni che sono attualmente imposte e la nostra speranza è che a breve esse possano essere allentate. In ogni caso, i concerti trasmessi in streaming durante i mesi della pandemia si sono tenuti tutti nel rispetto delle misure di distanziamento, per la tutela innanzitutto dei musicisti e di tutti gli operatori coinvolti nella trasmissione. È presumibile che anche nei prossimi mesi i concerti in presenza di pubblico si terranno con limitazioni del numero delle persone, sia per quanto riguarda le esibizioni al chiuso che quelle all’aperto».
Si dice da più parti che nulla sarà più come prima. Che cosa è cambiato nel modo di fare e di fruire la musica? «È un interrogativo che tutti ci siamo posti ma che ancora non ha una risposta certa. Su un punto tuttavia c’è accordo pieno: la musica ha un bisogno vitale del suo pubblico, i musicisti mi hanno confermato di “soffrire” quando suonano di fronte a delle sedie vuote. Sotto un altro aspetto posso invece dire che è cresciuto un modo diverso, digitale, di partecipare ad un concerto. È una prospettiva diversa, non potrà mai sostituire un’esibizione dal vivo, ma offre opportunità molto interessanti e tuttora in gran parte ancora inesplorate». La vita dell’OSI è determinata anche dal sostegno di sponsor e mecenati. Quale messaggio di fiducia si sente di lanciare a tutti i sostenitori dell’OSI? «La vicinanza della società ticinese nei confronti della “sua” orchestra si manifesta anche attraverso un sostegno economico che non è mai venuto a mancare, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi. Il rapporto con la RSI resta un punto di forza imprescindibile per lo sviluppo dell’attività dell’OSI. Accanto agli sponsor istituzionali è fondamentale il contributo proveniente dagli “Amici dell’OSI” che seguono con grande passione e partecipazione l’attività della nostra prestigiosa orchestra».
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CULTURA / IMAGO ART GALLERY
OGGETTI FLUTTUANTI NEL SILENZIO ASSOLUTO L'ARTISTA ALESSANDRO BUSCI, MENTRE CONTINUA AD ESSERE PRESENTE DURANTE I MESI ESTIVI NELLA GALLERIA LUGANESE CON UN’ESPOSIZIONE DELLE SUE OPERE, TRA CUI UN’AMPIA SELEZIONE DI LAVORI DEDICATI ALLE MONTAGNE E AI GHIACCIAI, ANNUNCIA LA PARTECIPAZIONE, IN UN’APPOSITA SEZIONE ALLA GRANDE MOSTRA DAL TITOLO "L'ADIEU DES GLACIERS" CHE APRIRÀ L'8 LUGLIO (FINO AL 17 OTTOBRE) PRESSO IL FORTE DI BARD, IN VALLE D'AOSTA. LA PERSONALE, DAL TITOLO BLUCERVINO, SARÀ CURATA DA LUCIANO BOLZONI E VEDRÀ LA PUBBLICAZIONE DI UN NUOVO CATALOGO CURATO DA IMAGO ART GALLERY.
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lessandro Busci (Milano, 1971), è un artista tra i più interessanti del panorama figurativo italiano. Ha tenuto mostre personali a Milano, Roma, Brescia, Torino, Londra, Bordeaux, Madrid, Bilbao, San Francisco e Napoli. Negli anni si è consolidata la sua cifra espressiva, grazie alla sua indagine dapprima sul contesto urbano, soprattutto metropolitano, con il suo insieme di costruzioni in divenire e di preesistenze architettoniche storiche e contemporanee. Successivamente, Busci ha analizzato gli aeroporti intesi come ambienti architettonici, erroneamente considerati ‘non-luoghi’, in verità spazi reali che raccolgono le storie minime di milioni di passanti e che conducono l’artista milanese e il frui-
tore delle sue opere a riflessioni mentali, visive ed emotive. Gli aerei assurgono a simbolo del desiderio umano di libertà. Quelle di Alessandro Busci sono pure illuminazioni, stati d’animo che rapprendono sul ferro, generati di quella sostanza che è il pensiero. La sua ricerca pittorica si caratterizza per una costante sperimentazione di tecniche e supporti non convenzionali – smalti e acidi su acciaio, ferro, rame e alluminio – che indagano le potenzialità dello scambio fra le tradizioni iconografiche occidentali e orientali. Un affascinante viaggio alla scoperta dei ghiacciai di alcune delle cime più note delle Alpi e dei cambiamenti in atto sotto il profilo climatico. Ma non solo. Una mostra che unisce fotografia, ricerca scientifica e arte, in un dialogo iconografico carico di suggestioni tra passato e presente. Tutto questo è L’Adieu des glaciers, il progetto quadriennale promosso dal Forte di Bard che, nel 2020, è partito dai ghiacciai 01
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CULTURA / IMAGO ART GALLERY 03 01 Cervino Vento 02 Cervino Rosso 03 IMAGO Art Gallery 04 Betulle Neve
italiani del Monte Rosa. La gestione del Forte è affidata all’Associazione Forte di Bard, allo scopo di promuovere le peculiarità storiche, culturali e monumentali del Forte e del Borgo di Bard, situati alle porte della Valle d’Aosta, e del territorio circostante. Il lavoro di Alessandro Busci dedicato agli iceberg, che fa seguito a quelli già compiuti sulle montagne e le betulle, supera ampiamente il valore di una
documentazione e denuncia delle conseguenze dei cambiamenti climatici sullo scioglimento dei ghiacciai, per assumere il valore di un’originale e personale ricerca che comporta l’utilizzo di materiali come l’acciaio o gli smalti per cogliere e restituire la peculiarità delle forme, delle luci e delle emozioni che questo straordinario ambiente naturale riesce a trasmettere alla sensibilità dell’artista. Un viaggio
anche nella memoria, dove il ricordo di un viaggio in Alaska ritorna trasfigurato in un gioco di bagliori e di ombre che induce a riflettere sulla forza della natura e, al suo confronto, sulla fragilità della natura umana.
IMAGO ART GALLERY Via Nassa 46 CH-6900 Lugano T. +41 (0)91 921 43 54 www.imago-artgallery.com 04 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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CULTURA / PAOLO BELLINI
TRA LUCE E SPAZIO, TRA PIENO E VUOTO
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PAOLO BELLINI, NATO A MENDRISIO NEL FEBBRAIO 1941, VIVE A RANCATE E LAVORA NEL SUO ATELIER A TREMONA. NUMEROSE DELLE OPERE SI TROVANO IN COLLEZIONI PUBBLICHE E PRIVATE, SIA IN SVIZZERA CHE ALL’ESTERO.
Ph: ©Lucrezia Roda
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uali sono stati i suoi primi passi verso il mondo dell’arte e, in particolare, come si è avvicinato alla scultura? «La mia formazione artistica ha avuto inizio nel 1958 presso una fonderia del Borgo, dove ho avuto modo di apprendere varie tecniche legate alla produzione scultorea, dalla modellazione in gesso o in cera, alla fusione in bronzo. Sono stati anni molto importanti che mi hanno tra l’altro permesso di entrare in contatto con scultori svizzeri come Jean Arp, Remo Rossi, Emilio Stanzani, e stranieri come Olivier Strebelle e Lynn Chadwick. Successivamente, nel 1961 mi sono iscritto all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove grazie agli insegnamenti di Marino Marini ho sperimentato sculture caratterizzate da una compatta plasticità che richiamavano elementi del post-cubismo. Infine, ho conseguito il diploma nel 1966 con una tesi su Constantin Brancusi». Gli anni Sessanta sono poi stati l’occasione per numerosi soggiorni all’estero… «Ricordo quel periodo come particolarmente fecondo di conoscenze, esperienze, idee e progetti. Mi sono trasferito in Belgio, come assistente nell’atelier dello scultore Strebelle. Inoltre ho compiuto viaggi e soggiornato in varie città con lo scopo di conoscere le varie tendenze artistiche sia antiche che contemporanee». A quando risale l’apertura di un suo atelier e l’inizio di una vera e propria attività artistica?
«È stato verso la fine degli anni Sessanta. In questo periodo la mia ricerca scultorea si è rivolta verso una progressiva astrazione della forma. Sono arrivati anche i primi riconoscimenti al mio lavoro: nel 1966 ho ricevuto il terzo premio ad un concorso di scultura per la città di Lugano, mentre l’anno successivo mi è stato assegnato il primo premio di scultura alla mostra Innovazione Arte di Lugano. Nel 1973 ho ottenuto il primo premio al concorso della città di Mendrisio per la realizzazione di una scultura monumentale in centro città». La sua ricerca artistica ha conosciuto negli anni una costante evoluzione… «Da una fase scultorea che potrei definire organica-astratta, sono poi passato a realizzare i primi bronzi figurativi, fortemente ispirati alla rap-
CULTURA / PAOLO BELLINI
presentazione della figura umana. A partire dagli Ottanta poi ho progressivamente abbandonato la tecnica della fusione in bronzo, sperimentando invece l’uso di altri materiali, come cartone, plastica e legno, per poi usare laminati in alluminio con i quali ho iniziato un nuovo percorso di lavoro e ricerca formale». Verso la fine degli anni Ottanta lei ha iniziato ad usare del materiale ferroso, di scarto industriale, che nel tempo è diventato il materiale privilegiato per la realizzazione delle sue sculture. Con quale tecnica e con quali risultati? «Queste mie sculture sono realizzate in “zincor”, vale a dire con lamiere di ferro zincato dello spessore di 2/3 mm. che, sforbiciate e piegate, possono venir assemblate come fossero ritagli di carta con cui costruire un collage tridimensionale nello spazio. È un processo più agile e leggero, ma anche più libero e dinamico dal momento che sono io stesso a decidere quali forme ritagliare e come comporle: da una sottile lamina e dalla sua superfice posso fare nascere forme che sviluppo per integrazione o contrapposizione, per convergenza o divergenza».
Nella realizzazione di queste opere si può dunque dire che lei ha abbandonato la progettazione della scultura, dando vita a composizioni impossibili da immaginare a priori… «In un certo senso posso dire che si verifica esattamente l’opposto di quanto normalmente si fa con la scultura tradizionale, la quale è già prefissata nel momento stesso in cui se ne costruisce l’impalcatura. In questo caso invece le mie sculture nascono, crescono e si sviluppano sull’onda di stimoli e associazioni che avvengono in tempo reale, in maniera spesso imprevedibile».
neare, limitandosi spesso a suggerire l’idea di volume attraverso la sequenza dei fogli messi in successione, più che a concretizzarlo materialmente. Nel complesso l’opera si è dunque alleggerita e semplificata, è diventata più diretta e leggibile, non di rado anche più palesemente architettonica, giocata com’è sul contrappunto ritmico e formale di superfici piane o concave, di profili orizzontali verticali o diagonali messi in sinergia, di blocchi contrapposti ma in “dialogo” tra loro. Ma forse l’aspetto che più risalta è l’accentuarsi della dialettica tra pieno e vuoto, tra presenza e assenza. Un ruolo determinante lo assumono spazio e luce che si incuneano tra i vari elementi della scultura determinandone la scansione, la distribuzione dei pesi e dei piani, il ritmo complessivo, determinando la complementarità di pieni e di vuoti, d corpo e di aria, di elementi materiali e immateriali dentro una stessa entità».
Queste “forme forgiate in ferro” trasmettono una dimensione ariosa e lieve, si potrebbe dire che respirano libertà… «Sono opere che interpretano un modo particolare di riflettere la luce e di relazionarsi allo spazio. Usando lamiere industriali anziché residuali oggetti fisici (con tanto di passato talvolta ancora leggibile nelle loro pieghe), è come se la scultura si sgravasse della massa e del suo gravame, perfino della sua storia recondita, per vivere nel presente e diventare più scattante e liTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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CULTURA / IVO SOLDINI
QUANDO LA SCULTURA RACCHIUDE UN’ANIMA
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FINO A NOVEMBRE 2021 LA GALLERIA E RISTORANTE AL LAGO ARTÉ DEL GRAND HOTEL VILLA CASTAGNOLA OSPITANO UNA INTERESSANTE MOSTRA DI OPERE DI IVO SOLDINI CHE NELLA SUA EVOLUZIONE ARTISTICA SI COLLOCA NELLA TRADIZIONE DELLA SCULTURA, IL CUI FULCRO È LA FIGURA, CON UNA GRANDE ENFASI SULL’ESPLORAZIONE PSICOLOGICA DELL’INDIVIDUO.
ato del 1951 a Lugano, Ivo Soldini ha frequentato le scuole dell’obbligo a Bellinzona e il Liceo cantonale a Lugano, per seguire poi per un anno i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (197273), dando avvio alla propria attività di artista. Durante i tre anni successivi ha poi frequentato l’Università Statale di Milano, in particolare le facoltà di scienze politiche, lettere e storia dell’arte. Negli stessi anni effettua molti viaggi in Europa, visitando musei, gallerie e intrecciando contatti con artisti di diversi paesi. Nel 1973 ha iniziato a esporre in gallerie e luoghi pubblici in Svizzera e all’estero. Ivo Soldini discende da una famiglia di professionisti legati al mondo delle arti, da sempre residenti nel comune di Ligornetto. Fra questi Domenico Soldini (1809–1879), uomo di fiducia di Vincenzo Vela, incaricato di curare una parte della contabilità del grande scultore, e in particolare quella riferita alla costruzione della casa museo, che diventerà il futuro Museo Vincenzo Vela di Ligornetto. Un’altra figura degna di nota è quella di Antonio Soldini (1839 -1877), figlio di Domenico, valido scultore di cui rimangono purtroppo poche opere. Nel suo percorso artistico si è dedicato dapprima al disegno e alla pittura e dal 1975 ha iniziato a lavorare il bronzo, ma anche l’alluminio per creare sculture e rilievi di piccolo e medio formato. Le opere monumentali destinate a spazi pubblici risalgono invece soprattutto agli anni recenti. Le produzioni plastiche degli esordi rivelano un’ispirazione classica alternata a quella naturalistica e una vicinanza ai
movimenti dell’espressionismo e dell’arte informale. In quel periodo Soldini guarda soprattutto ad Alberto Giacometti, ma anche a Giacomo Manzù, Marino Marini e Remo Rossi. Nel corso degli anni Ottanta l’artista conferma la sua predilezione per la figura, concentrandosi sulla psicologia dell’individuo. Il suo segno diventa più incisivo, volto a evidenziare la sua indagine introspettiva: l’attenzione si concentra sulle libertà di espressione e su una profonda acutezza di sentimenti. I soggetti privilegiati da Soldini sono le “Verticali” e gli “Inclinati”, queste ultime figure emergenti diagonalmente nello spazio. L’artista produce anche i “Gruppi”, che negli anni Novanta diventano dei blocchi compatti e irregolari che spostano l’interrogativo artistico dalla sfera individuale a quel-
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Realizzazioni di Ivo Soldini sono presenti in spazi pubblici e privati, quali il “Monumento alla Resistenza” a Cesate (Milano) del 1990, l’intervento artistico a Casteldavesco (1996), l’“Omaggio a Borromini” a Bissone (1999), “Rotazioni” in Largo Elvezia a Bellinzona (2005), la mostra nel parco di Villa Saroli a Lugano (2007), “Tre grandi verticali” al Parco Seerosen a Horgen (2009), “Grande testa” in Piazza Municipio a Paradiso (2009). Negli ultimi anni ha tenuto mostre personali a Berna, Horgen, Losanna, nel Palazzo comunale di Riva San Vitale, a Sion con sculture monumentali nella città e alla galleria Galartis, alla BPS Banca a Bellinzona; e, ancora, la personale alla Galerie Christine Brügger di Berna nella primavera del 2014 e la grande personale dedicatagli dalla “Associazione GambarognoArte” nell’ambito della “G15, mostra internazionale di scultura all’aperto”, con
una importante appendice anche a Bellinzona nelle sale espositive della Società Bancaria Ticinese. Le grandi opere monumentali di Ivo Soldini stabiliscono un modo nuovo di fruire l’arte attraverso il dialogo con il territorio: il visitatore si confronta così con le opere d’arte in modo diretto e immediato, superando quella diffidenza e quel senso di estraneità che spesso minano l’impatto del pubblico non specialistico con l’arte contemporanea all’interno degli spazi espositivi istituzionali. Ivo Soldini lavora a partire dal suo Mendrisiotto dove ha le sue radici, e dove mantiene casa, domicilio e atelier. A proposito della sua opera, il critico dell’arte Philippe Daverio ha scritto: «Ivo Soldini abita nella poesia, non in senso letterario, in senso oggettivo perché la casa dove vive, che è anche quella dove lavora, è un sunto di quella soffice esistenza che il passato redento consente agli uomini d’oggi quando le
la sociale. Nelle opere di Soldini, l’inquietudine interiore è evidente nelle superfici vivaci e solcate. Nelle sue opere le inquietudini interiori si palesano attraverso l’espressività delle superfici lacerate. I corpi obliqui, in torsione, in espansione, esprimono l’instabilità che consuma l’esistenza, contrapponendosi alla spinta etica di resistenza dei fermi volumi verticali. Questi blocchi corporei evocatori dei solidi volumi di Fritz Wotruba, spostano l’interrogativo dalla sfera individuale a quella sociale. Degna di nota la serie delle “Teste”, solcate da profonde striature, che dai primi anni Novanta assumono dimensioni monumentali. Non mancano le morbide figure femminili e i complessi gruppi dalla composizione fortemente tesa. Anche le opere grafiche e pittoriche lasciano trasparire gli stessi temi affrontati attraverso la scultura. Nei disegni emerge un tratto nervoso e irrequieto, mentre nei dipinti la gestualità e i colori accesi danno vita al soggetto che rivela un’inclinazione verso il neoespressionismo.
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01 Lo scultore Ivo Soldini al lavoro nel suo atelier Ligornetto Ph: ©Cosimo Filippini 2020
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02 Ristorante Galleria Artè al Lago, mostra dello scultore Ivo Soldini Lugano Ph: ©Cosimo Filippini 2021 03 Ristorante Galleria Artè al Lago, mostra dello scultore Ivo Soldini. Lugano Ph: ©Cosimo Filippini 2021 04 Prendere la luce 2019-2020 Bronzo 60 x 52 x 33 cm Ph: ©Cosimo Filippini 2020 05 Gruppo 2002-2005 Bronzo 72 x 48 x 50 cm Ph: ©Cosimo Filippini 2015 06 Ristorante Galleria Artè al Lago, mostra dello scultore Ivo Soldini Lugano Ph: ©Cosimo Filippini 2021
sue vibrazioni si sono staccate da quelle drammatiche di ieri e perdurano nell’epoca attuale generando quella curiosa sospensione che consente il fluire delle sensazioni. Ed è molto probabilmente questo stretto ancoramento alle sue terre d’origine che stimola il vigore del suo lavoro…Anni trascorsi ad indagare con le mani e con la testa gli hanno permesso di immettere nel mondo un esercito di testimoni, una versione contemporanea di quell’armata ritrovata nella Cina antica a Xi’an: sono i suoi esseri mitici altrettanto ieratici, duemila e trecento anni dopo. Ma soprattutto sono i suoi non temibili, anzi degni di ben maggior rispetto in quanto raffigurano una ben più complessa declinazio-
ne delle anime. Appaiono come guardiani non del regno dei morti ma della schiera degli umani e di questi hanno la pulsione feconda. Sono protettivi e forse misteriosamente protettori. Il mestiere dello scultore è oggi più che mai un gioco difficile da portare a termine. L’illusione delle astrazioni ha consentito nel secolo scorso un affascinante percorso della forma e della fantasia. Sembra questo percorso ormai essersi esaurito negli esercizi formali. Tornare alla figura non fu affatto cosa semplice; sembrava che tutto fosse già stato detto. Eppure la scommessa di Ivo Soldini continua ad affascinare. Per lui la figurazione corrisponde direttamente alla figura umana vera e propria». 06
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CULTURA / MUSEO HERMANN HESSE MONTAGNOLA
RILKE, HESSE, DÜRRENMATT E IL VINO IL MUSÉE DU VIN ET DE LA VIGNE DI SIERRE OSPITA FINO AL 30 NOVEMBRE 2021 UN’INTERESSANTE MOSTRA PROMOSSA DALLA FONDAZIONE HERMANN HESSE MONTAGNOLA, DEL CENTRE DÜRRENMATT NEUCHÂTEL E DELLA FONDATION RILKE (SIERRE).
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iunire Rainer Maria Rilke (1875 - 1926), Hermann Hesse (1877 - 1962) e Friedrich Dürrenmatt (1921 - 1990) in una mostra sembra a prima vista un progetto inconsueto. A dispetto delle molte, evidenti differenze, c’è qualcosa che li accomuna. I tre autori di madrelingua tedesca scelgono di vivere in un luogo in cui si parla una lingua diversa dalla loro e in cui la viticoltura ricopre un ruolo importante: si tratta dei cantoni Vallese, Ticino e Neuchâtel. Presentare al pubblico questi artisti con le loro affinità e le loro differenze serve a trasmettere un’idea globale, a tutto tondo e foriera di ispirazione, in grado di illustrare in modo esemplare la grandezza e la varietà del patrimonio letterario svizzero. È il vino a unire Rilke, Hesse e Dürrenmatt. Caratterizza il luogo in cui vivono e fa parte del loro stile di vita anche quando scelgono consapevolmente l’astinenza. Ma soprattutto, il vino è un elemento importante della loro opera: contribuisce, come catalizzatore o come metafora, a rendere visibile il tema e il messaggio insito nel testo. Con l’ausilio di citazioni da lettere e opere letterarie, di fotografie, disegni e oggetti personali, la mostra intende illustrare il significato e l’importanza del vino nel contesto biografico e artistico dei tre autori. Il vino è solo uno dei molti aspetti che contraddistinguono Rilke, Hesse e Dürrenmatt ma, com’è noto, “in vino veritas”. Pur limitandosi ad affrontare questo tema, la mostra riesce a trasmettere
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un’immagine viva, caratteristica della personalità dei tre poeti, scrittori e pittori e della loro opera. «Tu entra ed esci dalla metamorfosi. Qual è la tua esperienza che più duole? Se ti è amaro il bere, fatti vino. Rainer Maria Rilke, Sonetti a Orfeo «Questa musica ha lo stesso carattere del vino che stiamo bevendo: buono, innocente, paesano, fidato, un vino che non infiamma e non tradisce». Hermann Hesse, Serata d’estate in Ticino «Il vino lo aveva reso pesante e pacioso, in quella compagnia di persone tolleranti, assaporava il piacere di essere autentico, sé stesso, di non avere più segreti […] di essere apprezzato, ammirato, amato, capito». Friedrich Dürrenmatt, La panne
01 Rainer Maria Rilke 1923 Ph: Frieda Baumgartner ©SLA Bern, Nachlass Rainer Maria Rilke 02 Hermann Hesse 1910 Ph: Gret Widmann ©Hesse-Editionsarchiv Offenbach 03 Friedrich Dürrenmatt 1978 Ph: G. Keirat ©SLA Bern, Nachlass Friedrich Dürrenmatt
Curated by Giorgio Verzotti Cortesi Gallery LUGANO Via Nassa 62, 6900 May - August 2021
CHIARA DYNYS
PARADE
FINANZA / SPECIALE TRUST
TRUST: UNO STRUMENTO FINANZIARIO DA RIVITALIZZARE?
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l trust è uno strumento squisitamente “british”, frutto del sistema giuridico flessibile e pragmatico fondato sulla common law anglosassone, la cui origine si perde nei secoli, oggi rivitalizzato alla luce delle ampie e rilevanti opportunità che esso è in grado di offrire. Un istituto in base al quale il proprietario di un patrimonio mobiliare od immobiliare, detto disponente, se me spossessa affidandone la cura e la gestione ad un’entità di fiducia, il trustee, in vista di un obiettivo ben determinato ed a favore di uno o più beneficiari. Il disponente, inoltre, può garantirsi un controllo più pregnante sull’operato del trustee nominando un protector, persona fisica o giuridica di fiducia del disponente con il compito di vigilare e verificare che le indicazioni contenute nell’atto istitutivo del trust siano rispettate. I beni trasferiti in trust escono definitivamente dal patrimonio del disponente ma non entra a far parte del patrimonio del trustee, e non è quindi soggetto alle pretese dei creditori o degli eredi o del coniuge del trustee stesso. Il trust è un istituto che permette il perseguimento di molteplici finalità quali trasferimenti immobiliari a scopo di garanzia, la pianificazione della propria successione, nel rispetto delle norme poste a tutela dei legittimari, la gestione dei rapporti coniugali, le liquidazioni societarie, la creazione di vincoli su determinati beni al fine di garantire la riuscita di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione aziendale o di un semplice
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concordato stragiudiziale ecc. Inoltre nel trust possono essere conferiti beni di qualsiasi natura. Le finalità di un trust possono essere molte e diversificate, sulla base delle esigenze del cliente, della sua attività, della sua posizione familiare e professionale, età e residenza, nonché dei beneficiari che intende designare e che beneficeranno della distribuzione. E, ancora, un utilizzo importante è di natura successoria quando il proprietario di un’azienda con un patrimonio diversificato voglia gestire/far gestire la trasmissione ereditaria a completamento dell’asse ereditario tradizionale. Il trust può essere utilizzato in alternativa o congiuntamente al Patto di Famiglia per programmare il passaggio generazionale: per assicurare continuità di gestione nell’impresa; per saggiare prima del trasferimento le qualità del beneficiario assegnatario; per regolare il passaggio dei beni, magari gradualmente, secondo regole di governance che consentano una procedimentalizzazione del passaggio del timone. Il passaggio generazionale in azienda e nel patrimonio familiare, infatti, an-
che nei casi in cui può sembrare semplice, deve essere affrontato per tempo e pianificato in modo obiettivo. Più in generale, il trust dunque è uno strumento di pianificazione, volto ad assicurare il benessere prolungato ai membri della famiglia, evitando quelle dispersioni che spesso avvengono ad opera delle generazioni successive a quella del fondatore. Infine, assai rilevanti sono le funzioni più squisitamente aziendali che il trust può svolgere, in quanto consente all’imprenditore di garantire la continuità dell’impresa, affinché non venga disattesa da nuovi proprietari o manager incapaci. Il trust è dunque un meccanismo flessibile che può prestarsi ottimamente anche a scopo filantropico o culturale. Si possono designare quali beneficiari istituzioni caritatevoli oppure enti artistici, musei cui devolvere opere d’arte, poste così al riparo da pretese di eredi o di terzi. In questo caso il trustee può addirittura contribuire a valorizzare i beni, organizzato mostre ed eventi in linea con la filosofia impostata dal disponente.
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HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
CHRISTIAN BALLABIO (C.B.) Esperto fiscale, membro STEP e Managing Partner di Fidinam & Partners
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n quali circostanze e condizioni consigliate ai vostri clienti di fare ricorso allo strumento del trust?
C.B.: «Tipicamente il trust viene utilizzato da una clientela internazionale al fine di garantire la protezione dei beni meritevoli di tutela (definiti trust fund), che posti in tale struttura sono al riparo da eventi pregiudizievoli legati alle single persone, nel corso e oltre la vita degli interessati. Dell’istituto del trust è ragionevole apprezzare la riservatezza che lo strumento può offrire, così come la tutela degli interessi dei minori, dei passaggi generazionali, l’utilizzo ottimale per la gestione della beneficienza, oppure le forme di investimento individuale e pensionistiche. Il trust rappresenta lo strumento giuridico che meglio di altri consente di perseguire e soddisfare le più diverse esigenze di protezione patrimoniale». M.C.: «Lo strumento del trust è flessibile e può essere utilizzato in molteplici situazioni come ad esempio:
MONICA CASPANI (M.C.) Direttrice Veco Advisory SA, Membro del CDA Veco Trustee SA
GIORGIO FALCONI (G.F.) Responsabile Wealth Planning UBS Ticino
- Il trust familiare è uno strumento utile in tutti i casi in cui ci siano famiglie con patrimoni diversificati, mobiliari o immobiliari, o anche con necessità di mantenere uniti patrimoni non divisibili (pensiamo ad esempio ad una collezione d’arte, ad un palazzo storico o ad un investimento mobiliare non immediatamente smobilizzabile). Il concetto di famiglia poi al giorno d’oggi assume anche connotati diversi rispetto al passato, ci troviamo di fronte a famiglie “allargate” o non convenzionali. - Nel trust holding, invece, il disponente-imprenditore ha quale obiettivo quello della salvaguardia e tutela dell’azienda, delle persone che vi lavorano, del patrimonio di valori non solo economici ma anche di cultura e immateriali da trasmettere - Se il trust è inteso per la tutela di persone fragili, l’obiettivo è quello di strutturare un percorso di vita adeguato a questi soggetti e inserire tutte le figure di riferimento indispensabili per il mantenimento della qualità di vita auspicata. - Non da ultimo il trust di scopo, ai fini di garanzia o liquidatorio, ma in questo caso esuliamo dall’ambito familiare e ci confrontiamo con altri tipi di costruzioni.
G.F.: «L’istituto del Trust può essere una soluzione molto valida in ambito successorio e di protezione patrimoniale (asset protection). In virtù della sua complessità, è da noi consigliato in modo selettivo e nel contesto di una consulenza successoria su misura per il cliente o per la sua famiglia. Nelle giurisdizioni di diritto civile (principalmente l’Europa continentale) il trust non si è consolidato come nel mondo anglosassone. I legislatori europei del secolo scorso avevano sostanzialmente deciso contro la flessibilità del trust istituendo un diritto successorio “statico”. Nel mondo anglosassone, invece, il trust è sopravvissuto ed anzi è prosperato tanto che attualmente viviamo un ritorno di questo strumento anche al di fuori dell’ambito anglosassone. Nonostante questo benvenuto ritorno, è importante non sottovalutare il contesto successorio “statico” con cui i paesi europei (e di influenza europea) sono confrontati. Il trust permette un passaggio del patrimonio alla prossima generazione in modo scaglionato, in altre parole “dinamico”. Questa peculiarità potrebbe scontrarsi con le leTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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gislazioni civili dei luoghi di domicilio del disponente e/o dei beneficiari (più raramente del trustee) ed è per questo motivo che è imprescindibile una consulenza su misura sul tema successorio internazionale e, a maggior ragione, sulla fiscalità di tutti gli attori coinvolti non solo nel momento della costituzione del trust, ma anche in occasione di ogni evento significante (ad es. distribuzione ai beneficiari, tesaurizzazione, trasferimento dei beneficiari in un nuovo domicilio, ecc)».
G.F.: «Lo strumento del trust garantisce una flessibilità massima e di principio si adatta a tutti i clienti. Le complicazioni sorgono dal fatto che con il trust possiamo, entro certi limiti, disporre dei beni di famiglia in modo continuativo a favore delle future generazioni. Questo grande vantaggio può però rivelarsi anche il suo principale ostacolo. Ne consegue l’indispensabile consulenza successoria e fiscale summenzionata».
per il futuro dell’azienda ed il passaggio generazionale, in grado di tutelare i membri della famiglia che partecipano direttamente o indirettamente all’attività di impresa, ma anche l’azienda stessa ed i suoi dipendenti, definendone la strategia, il management e la direzione futura. Un esempio recente è stato quello di Brunello Cucinelli, famoso imprenditore della moda italiano, che ha strutturato il passaggio generazionale della propria azienda attraverso un trust».
Come può essere adattato lo strumento del trust alle specifiche esigenze dei diversi clienti?
Riguardo alle problematiche relative alla successione aziendale e famigliare ritenete che il trust possa rappresentare una valida soluzione? In tal caso, quali sono i vantaggi per la successione?
G.F.: «Veicolare il passaggio generazionale della propria azienda attraverso lo strumento del trust è una soluzione interessante, riservata a mio avviso ad aziende consolidate e di una certa dimensione che cercano una separazione fra i diritti patrimoniali degli eredi e l’operatività delegata a terzi e/o ad alcuni eredi (anche di linee famigliari parallele) che presentano oggi (o presenteranno in futuro) ben definite qualità. Nel contesto europeo, vi sono alcuni esempi molto interessanti di questa applicazione del trust».
C.B.: «L’istituto del trust offre una vasta gamma di valide alternative per la pianificazione della successione aziendale o degli assets di famiglia. Data la flessibilità dello strumento giuridico, è possibile plasmare a proprio piacimento le condizioni e la tempistica degli avvenimenti meritevoli di tutela. L’unico limite è dato dalla fantasia dei partecipanti al progetto». M.C.: «Non ci sono vincoli per l’istituzione del trust, se non quello che il trust deve essere istituito volontariamente, non deve derogare a norme imperative dell’ordinamento, quali ad esempio quelle della protezione dei minori e degli incapaci, alle norme sulla successione necessaria e non deve derogare alle norme per la protezione dei creditori in caso di insolvenza. Il trust validamente istituito ha come conseguenza l’effettivo spossessamento dei beni da parte del disponente. Va ad aggiungersi maggiore solidità al Trust il fatto che i beni oggetto del trust e gli obiettivi definiti siano effettivamente meritevoli di tutela e che l’autonomia del trustee sia garantita e inattaccabile».
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C.B.: «L’elevato grado di elasticità del trust, permette di declinare diverse esigenze, anche attraverso governance molto articolate. L’imprenditore può così anticipare eventi futuri che potrebbero compromettere la produttività aziendale e di conseguenza il suo patrimonio nel suo complesso. Porto quale esempio la nostra realtà aziendale: una quota di controllo del Gruppo Fidinam è detenuta da un trust caritatevole. Questo con l’obiettivo di garantire nel tempo la continuità aziendale mantenendo intatta una quota significativa del Gruppo, oltre che per permettere una gestione ottimale delle elargizioni ad associazioni benefiche operanti sul territorio. In estrema sintesi, la clientela internazionale apprezza il trust per quanto può offrire in termini di gestione della governance aziendale, per i meccanismi di trasferimento del patrimonio alle future generazioni, oltre a garantirne la confidenzialità». M.C.: «Per quanto riguarda la successione aziendale, il trust rappresenta uno strumento molto utile
Quali sono i vantaggi offerti dal trust per quanto riguarda l’istituzione, la gestione di fondazioni benefiche e culturali? C.B.: «Oltre alle fondazioni di pubblica utilità, anche i charitable trust possono essere utilizzati per gestire compiti meritevoli di interesse pubblico. Condizione importante è che tali obiettivi siano definiti in modo concreto e preciso per essere riconosciuti. Per esempio, chi possiede beni di particolare valore artistico (come una collezione di opere d’arte), potrebbe decidere di vincolare detti beni mediante la costituzione di un trust: oltre a tutti i vantaggi in termini di effetti segregativi dei beni, al patrimonio artistico verrebbe assicurata l’integrità e la destinazione unitaria post mortem, sia in
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caso successione ereditaria in ambito familiare (attribuzione a quello tra i propri eredi che dimostrerà di avere attitudine e competenza ad amministrarlo), che di devoluzione dei beni ad enti che dovranno utilizzarli per istituire musei o perseguire altre pubbliche finalità (ad es. allestire mostre)». M.C.: «Il fine filantropico rappresenta a volte lo scopo dell’utilizzo del trust. Nella fattispecie questo strumento viene utilizzato congiuntamente per due obiettivi: da un lato salvaguardare la qualità della vita del titolare del patrimonio in vita e in contemporanea per organizzare la devoluzione filantropica futura. Due obiettivi disgiunti e strettamente collegati che il disponente può organizzare come meglio crede. Per esempio, il titolare del patrimonio può, attraverso il trust, vincolare una parte del patrimonio per organizzare l’assistenza propria in caso di bisogno definendone modalità, strutture mediche. Il trustee vigilerà sull’effettivo utilizzo del patrimonio in conformità con le indicazioni del disponente. In una seconda fase, alla morte del titolare, il patrimonio rimasto nel trust, non definito a priori, potrà essere destinato dal trustee ad attività filantropiche». G.F.: «La flessibilità del trust permette di affrontare anche il tema della filantropia. Tuttavia, ritengo che, almeno nella nostra realtà locale, altre forme giuridiche e consolidate siano più efficaci. Penso ovviamente alle fondazioni di diritto svizzero». Il trust in Svizzera è riconosciuto e quali sono i vantaggi rispetto ad un trust internazionale? C.B.: «Con la ratifica della convenzione dell’Aja da parte della Svizzera nel luglio 2007 i trust di
diritto estero sono riconosciuti anche sul nostro territorio. Le sentenze del TF prima e la circolare AFC nr. 30 in seguito, sono state utili per fornire agli operatori le linee guida omogenee per inquadrare la fiscalità dei soggetti residenti in Svizzera, lambiti da questo istituto. In seguito, con grande sforzo da parte dei parlamentari ticinesi a Berna, ricordo il postulato Merlini del 2015, l’iniziativa parlamentare Regazzi del 2016, nonché la mozione 2018 della commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati e l’analisi della SECO del 2019 sui benefici economici indotti dall’introduzione dell’istituto del trust svizzero, l’iter legislativo svizzero si è concentrato sulla creazione delle basi legali per l’introduzione nel CO/CCS dell’istituto giuridico del Trust Svizzero. Attendiamo fiduciosi il termine di questo iter per salutare finalmente questa novella normativa. Con il recepimento normativo, il trust elvetico offrirebbe maggiore sicurezza del diritto e quindi prevedibilità degli effetti giuridici, con indubbio vantaggio per i clienti, gli operatori e per la piazza finanziaria in generale». M.C.: «In Svizzera la Convenzione dell’Aja del luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust e al loro riconoscimento è stata ratificata dal Consiglio federale nel luglio 2007. Tuttavia una specifica legge interna non è ancora in vigore. Recentemente il Parlamento svizzero ha chiaramente espresso il suo parere favorevole nei confronti di uno strumento la cui adozione eliminerebbe un importante svantaggio competitivo per la nostra piazza finanziaria, venendo inoltre a colmare una lacuna nel diritto privato svizzero. Tuttavia la domanda credo però sia malposta perché non è corretto parlare di un trust svizzero o internazionale: la residenza del trust è determinata
dalla residenza del trustee; la legge applicabile può essere di un altro Paese ed è una scelta del disponente. A volte si fa riferimento ad un cosiddetto “modello Internazionale” del trust, ovvero una struttura di contratto che in passato veniva spesso utilizzata la lingua inglese, con clausole standard, modello ormai superato. La soluzione di scegliere un trust svizzero come Veco trustee, per un cliente italiano ad esempio, esulando dal considerare i valori legati alla Svizzera nel suo insieme che rimangono ancora forti, ha il vantaggio di poter essere scritto con un atto “plain” dove si potranno declinare nei dettagli precise indicazioni del disponente, soprattutto in lingua italiana, elemento non trascurabile nella scelta di un trustee». G.F.: «Attualmente, il trust in svizzera è uno strumento riconosciuto e apprezzato da molti professionisti e clienti. Il suo successo è dovuto al pragmatismo della politica svizzera che lo ha riconosciuto senza tanto clamore tramite la sottoscrizione della “Convenzione dell’Aia sul trust” e ancor di più grazie al realismo dell’Amministrazione federale delle contribuzioni, che con una lettera circolare ha delineato le implicazioni fiscali per i disponenti e i beneficiari. In questo modo, è stato possibile utilizzare trusts di diritto anglosassone senza ulteriori complicazioni e senza dover codificare nel diritto nazionale svizzero il trust stesso. Da giurista e avvocato seguo con grande interesse l’evolversi della volontà di codificare nel diritto nazionale svizzero una figura così complessa: da una parte lo Swiss Finish potrebbe essere il coronamento naturale di una storia di successo, dall’altra parte una sovra-regolazione potrebbe togliere il vantaggio principale del trust che risiede nella sua flessibilità e adattabilità nel corso del tempo». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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IN TRUST WE TRUST. FIDUCIA PERENNE CERCASI Sulle problematiche riguardanti il trust, l’interessante contributo dell’avv. Paolo Bernasconi Fiducia. Merce rara. Tutti la cercano. Negli affari privati e nelle imprese troppo spesso si incappa nel conflitto di interessi. Trust significa fiducia. Abbiamo fiducia nel trust perché ci offre neutralità (ne-utrum, né per l’uno né per l’altro, sopra le parti) e vi si aggiunge anche la caratteristica di perennità. Mediante un contratto possiamo chiudere una situazione oppure possiamo aprire una situazione e regolarla per il futuro, ma non sappiamo mai per quanto tempo. Il trust, invece, ci garantisce fiducia perenne. A condizione, come sempre, di scegliere i consulenti adatti e capaci di perdurare anche per generazioni. L’esperienza ci mostra che ogni medaglia ha il suo rovescio: ma anche in Svizzera qualche trustee troppo disinvolto è già stato rimesso in carreggiata dalle autorità penali. Ecco quindi la preferenza a favore di società specializzate nel ruolo di trustee. Ecco il catenaccio riguardo alle principali decisioni strutturali rappresentato da una o più persone neutrali nella funzione di protector. Abbiamo sotto mano tante soluzioni ideate e collaudate per centinaia di anni, per centinaia di migliaia di persone, famiglie e imprese che offrono un serbatoio di soluzioni originali adatte per ogni esigenza. Lo strumento è di nascita anglosassone, ma di elaborazione mondiale. Partecipo regolarmente ai convegni dell’Associazione italiana per il trust, dove vengono presentate decine e decine di soluzioni anche per persone e aziende di mentalità mediterranea. Il trust è di origine inglese ma di diffusione planetaria. Sono da anni membro della STEP
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(Society of Trust and Estate Practitioners), i cui continui seminari, in tutti i Paesi, anche in Svizzera e anche in Ticino, come pure la sua rivista, offrono parimenti un serbatoio inesauribile di soluzioni. Come nelle sue origini, il trust continua ad essere adatto per la pianificazione successorale, compresa quella aziendale, molto meglio che non le fondazioni in diritto svizzero. Ma è specialmente nel mondo degli affari, del commercio e delle imprese che si sono moltiplicate le soluzioni. La creazione di un conto bancario bloccato (escrow account) rappresenta di solito la soluzione per un singolo problema per un periodo relativamente corto. Per contro, il trust risolve i problemi di fiducia perenne, specialmente per le aziende e anche per gli enti pubblici e parastatali. Purtroppo, nel mondo bancario e finanziario svizzero, prima del big bang della trasparenza fiscale del 2 aprile 2009, del trust si abusò, inutilmente, come strumento di evasione fiscale, creando mostriciattoli giuridici che non erano nemmeno trust (sham trust) e che non ingannarono nemmeno il Fisco, che del resto, già da tempo, anche in Svizzera, aveva trovato le sue soluzioni per l’imposizione equa dell’attività del trust e delle distribuzioni ai beneficiari, in particolare attraverso la storica Circolare N. 30 dell’Amministrazione federale delle contribuzioni. Le autorità svizzere si sono lodevolmente impegnate anche a livello dell’iscrizione a Registro fondiario di immobili conferiti ad un trust, risolvendo le questioni poste anche dalla legislazione restrittiva sull’acquisto di immobili da parte di persone all’estero (Lex Furgler / Lex Koller / LAFE). Anche i tribunali hanno svilup-
pato un’ampia giurisprudenza, senza farsi intimidire dall’applicazione della legislazione estera tipicamente applicabile ai trust, come quella inglese, di Jersey e di altri Paesi anglosassoni. Anche riguardo agli eventuali deragliamenti da parte di qualche trustee, i tribunali civili sono ormai allenati ad intervenire mediante misure superprovvisionali o provvisionali che rimettono sui binari del buon governo anche l’andamento di un trust. È piuttosto riguardo all’attuazione degli scopi di natura ideale, filantropici, sportivi, culturali e simili che l’ordinamento giuridico svizzero è povero di strutture, poiché continua ad offrire soltanto la fondazione, un istituto che risale a troppi decenni orsono e che il Parlamento svizzero continuamente rifiuta di adattare. Purtroppo, riguardo alle fondazioni, dopo che è stato sventato il recente tentativo di imposizione fiscale, le Camere federali affronteranno un progetto di revisione estremamente timido, che prevede l’ottimizzazione dei
FINANZA / SPECIALE TRUST
diritti del fondatore e la semplificazione delle modifiche dell’atto costitutivo della fondazione. Nessun accenno a strumenti più moderni, appena introdotti in altri Paesi, come le società benefit e le joint venture fra imprese commerciali e fondazioni. Vale quindi il motto “make swiss trusts your foundation”. Pertanto, proprio anche nel settore non profit, il trust offre soluzioni alternative ottimali. Ciò vale anche rispetto all’attuazione delle moderne strutture di profit for non profit verso le quali le autorità di vigilanza federali e regionali continuano a rimanere scettiche. Il trust, a differenza della fondazione, in Svizzera non è sottoposto alla vigilanza dell’autorità federale o regionale. Ciò non significa però, ovviamente, totale libertà di azione. Infatti, grazie alle leggi finanziarie federali finalmente messe in vigore il 1 gennaio 2020, anche i trustee sono sottoposti alla vigi-
lanza, seppure indiretta, della FINMA, tramite i cosiddetti Organismi di vigilanza delle associazioni di categoria. E proprio qui nasce l’interrogativo: l’attività dei trustee e anche quella del trust viene disciplinata nelle leggi amministrative, nelle leggi fiscali, nell’ordinanza sul Registro fondiario e in altre norme svizzere. Manca però sempre ancora la definizione del trust e la sua regolamentazione globale. Nella mia qualità di lobbista per un trust di diritto svizzero venni invitato alla prima riunione istituzionale, organizzata a Berna, dall’Ufficio federale di giustizia il 30 gennaio 2018, assieme alle principali autorità federali e alle due associazioni di categoria: generale consenso per la costituzione di un trust di diritto svizzero. Intanto, le riunioni della Commissione di studio si susseguono secondo il motto svizzero “chi va piano va sano e va lontano”. Nel corso di
quest’anno dovrebbe essere finalmente formalizzata la proposta legislativa finale: regolamentazione del trust nel Codice delle obbligazioni. Avremo quindi finalmente risolto l’imbarazzo del consulente svizzero di fronte al cliente che ha scelto, in Svizzera, una banca, un gestore patrimoniale, un consulente fiscale, un consulente immobiliare, un family office, un avvocato, per sentirsi poi dire che “no”, “però”, il trust non può essere svizzero. Infatti, ancora oggi, l’ordinamento giuridico svizzero riconosce il trust di diritto straniero ma non conosce ancora il trust di diritto svizzero. Continueremo a lavorarci e saremo premiati tra un anno o due.
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FINANZA / ASSOCIAZIONE BANCARIA TICINESE
BANCHE E INDUSTRIE UNITE PER BATTERE LA PANDEMIA 01
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voro ridotto e di perdita di guadagno, il sostegno ai cosiddetti casi di rigore e il programma di crediti garantiti, ha stanziato circa 75 miliardi di franchi. Nel solo Ticino la quota di crediti Covid erogati dalle banche è ammontata a 1,3 miliardi di franchi (17 miliardi a livello nazionale). E, subito dopo, Franco Citterio ha rivolto ai relatori la domanda di quale sia, a distanza di un anno dall’introduzione di quegli interventi d’emergenza, lo stato di salute del tessuto economico ticinese, e soprattutto, quale siano le prospettive di uscita a questa lunga crisi, contenendone nei limiti del possibile i danni. Stefano Rizzi (02), Direttore della Divisione dell’economia del DFE ha tracciato con dovizia di dati un quadro dell’economia cantonale rilevando che «complessivamente la situazione appare oggi in miglioramento rispetto
a qualche mese fa, anche se non è possibile parlare di un quadro omogeneo, perché a settori che hanno tenuto, o addirittura hanno visto crescere il loro fatturato, se ne oppongono molti altri che invece hanno registrato rilevanti perdite. Il calo del Pil, nell’ultima parte dello scorso anno, è stato meno pronunciato del paventato e si è passati dal possibile -8% ad aprile al -2,9% di fine anno. Per il Ticino il calo del Pil è stimato al -4%. Tra i settori che sono addirittura cresciuti durante lo scorso anno, spiccano il quello finanziario e il commercio al dettaglio. Altri, come la ristorazione, l’industria degli eventi e dell’intrattenimento, hanno subito un duro colpo che per molti potrebbe portare ad una definitiva chiusura. Anche il mercato del lavoro ha dimostrato capacità di assorbire la disoccupazione e un ruolo importante lo han-
L’ABT HA RIUNITO IN UNA TAVOLA ROTONDA ON LINE QUALIFICATI RAPPRESENTATI DEL MONDO BANCARIO E INDUSTRIALE PER FARE IL PUNTO SU COME SVIZZERA E TICINO HANNO FATTO FRONTE ALL’EMERGENZA PANDEMICA, METTENDO IN CAMPO IMPORTANTI MISURE DI SOSTEGNO E RILANCIO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE.
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prendo l’incontro che si è significativamente tenuto ad un anno esatto dall’inizio dell’epidemia, Franco Citterio (01), Direttore dell’ABT, ha sottolineato come il Covid-19 abbia obbligato l’economia mondiale a fermarsi per mesi: per evitare il collasso i Paesi hanno dovuto reagire con importanti interventi economici e la Svizzera si è mossa efficacemente, con misure adottate a livello federale e cantonale in misura consistente e in tempi rapidi. Nell’importante pacchetto di misure messe in atto dalla Confederazione per proteggere l’economia, le banche hanno giocato un ruolo fondamentale: l’impalcatura del sistema di crediti concessi alle imprese poggiava infatti sulla collaborazione tra Confederazione e settore bancario. La Confederazione, tra indennità per la-
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no avuto le indennità per lavoro ridotto che hanno contribuito a evitare licenziamenti di massa». Andrea Gehri (03), Presidente della Camera di Commercio ha voluto sottolineare che, se nella prima fase dell’emergenza c’è stato un approccio dello Stato molto pragmatico, ora di fronte ad uno stato di stanchezza della popolazione e anche d insofferenza verso alcune decisioni dell’autorità federale, occorre procedere rapidamente con interventi tesi a ristabilire dalla fiducia e recuperare un buon livello di consumi. Le imprese ticinesi hanno dato prova di un’ottima capacità di reazione, sia durante la prima sia durante la seconda ondata, dimostrando di avere un ottimo livello di autofinanziamento. Il nostro cantone è tra quelli che hanno chiesto molti crediti, ma sono stati pochi quelli ad essere stati utilizzati veramente e questo è un segnale importantissimo. Vuol dire che in Ticino abbiamo un’economia resiliente perché diversificata, e questa è una ricchezza. In altri cantoni la situazione è molto diversa, specie in quelli dove le economie dipendono troppo da un solo settore. Questo spiega anche la tenuta del mercato del lavoro. Tuttavia ci sono problemi sul fronte degli investimenti delle aziende, che sono stati tagliati, con minori ricadute sul territorio. Inoltre c’è il tema del telelavoro, molto utilizzato soprattutto nel terziario. Un tema spinoso, perché ci sono attività dove non si può fare a meno del contatto con le persone e crea problemi soprattutto nella formazione dei giovani, categoria colpita duramente dalle misure di isolamento. Inoltre questo porta alla diminuzione delle persone nei centri cittadini, con conseguenze negative per bar, ristoranti e negozi. In ogni caso, il Consiglio federale non potrà sostenere ulteriori chiusure per periodi prolungati. Occorre al più presto riaprire sia negozi che esercizi pubblici, chiaramente nel rispetto della salute pubblica. Infatti non possiamo dimenticare che avere
un’economia disastrata porta comunque ad avere effetti negativi sulla salute delle persone, e questo per periodi anche più lunghi di una pandemia. Di conseguenza un interrogativo non secondario riguarda il fatto che le banche siano disposte a sostenere ancora le aziende nei prossimi mesi, quando magari la situazione potrebbe essere più critica». Una risposta è arrivata da Luca Pedrotti (04), Direttore regionale di UBS, che ha precisato come il ruolo delle banche non sia quello di sostituirsi allo Stat, in quanto esse sono aziende che devono rispettare, oltre ai criteri di sostenibilità economica, anche norme legali e regolatorie. Tutto ciò implica «la necessità per lo Stato di passare dai sussidi a un sistema di accompagnamento strategico verso il cambiamento che dovrà riguardare la struttura economica delle imprese e dell’intera società. La flessibilità assumerà ancora più importanza nel mondo del lavoro, perché il ritmo del cambiamento dettato dalla quarta rivoluzione industriale non farà che accelerare. L’educazione tecnologica è indicata come uno dei settori su cui investire ai fini dello sviluppo, lo smart working ha lasciato il segno, l’automazione e l’intelligenza artificiale galoppante in diversi settori produttivi faranno il resto. Con la pandemia moltissimi lavoratori hanno dovuto imparare in fretta a lavorare e interfacciarsi con diverse piattaforme: la tecnologia e l’apprendimento permanente sono in grado di diversificare le carriere e non necessariamente produrranno uno scontro generazionale. Per nostra diretta esperienza osserviamo che molte operazioni strategiche sono ancora in una fase di attesa e molti imprenditori tendono a posticipare decisioni strategiche mentre molti stanno invece riflettendo sul proprio modello di business e credo che questa sia proprio l’occasione giusta attuare il cambiamento. In ogni caso, ritengo che osserveremo nei prossimi mesi un ulteriore rafforzamento dei settori sopra
menzionati mentre altri comparti saranno ancora in sofferenza. Le banche continueranno ad avere un ruolo fondamentale nel permettere l’accesso al mercato dei capitali per tutte le aziende meritevoli, tenendo però conto che esse hanno un proprio appetito di rischio, determinato dalla strategia della banca ma anche definito fortemente dalle normative e delle autorizzazioni che regolano il sistema finanziario». A Giorgio Calderari (05), presidente di FarmaIndustria Ticino, è toccato il compito di ricordare come il settore farmaceutico sia stato «un ramo industriale indispensabile durante il primo lockdown. Un riconoscimento importante per le aziende e i pazienti anche se la pandemia ha causato un grosso impatto nella ricerca bloccando lo sviluppo di prodotti che arriveranno più tardi sul mercato. In generale la propensione al rischio rimane elevata e molti imprenditori stanno investendo nella farmaceutica. Anche in Ticino ci sono realtà innovative come Humabs Biomedic e Gain Therapeutics che fanno ben sperare per il futuro». Il successivo dibattito si è concentrato da un lato sulla preoccupazione che le banche possano o meno continuare a sostenere anche nei prossimi mesi le aziende, rinviando nei limiti del possibile il rimborso di prestiti e mutui da parte di imprese che hanno comunque viste una riduzione del proprio fatturato. Dall’altro tutti i relatori si sono espressi contro ogni ipotesi di un lockdown duro, sul modello tedesco, ritenendo che questa non possa essere una soluzione applicabile. Gli imprenditori non chiedono riaperture indiscriminate, ma controllate e rispettando le norme sanitarie. In caso contrario, settori già oggi in sofferenza, come la ristorazione, potrebbero generare disoccupazione o addirittura non riaprire più.
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FINANZA / TICINO FOR FINANCE
TENDENZE POSITIVE PER IL SETTORE BANCARIO L’INDAGINE CONGIUNTURALE DEL KOF RIVELA COME NELL’ULTIMO PERIODO GLI OPERATORI BANCARI ABBIANO RISCONTRATO UN AUMENTO DELLA DOMANDA DI SERVIZI DA PARTE DELLA CLIENTELA E UNA CRESCITA DEI VOLUMI. PER I PROSSIMI MESI LE PREVISIONI SONO OTTIMISTICHE MA NON MANCANO LE INCERTEZZE.
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l Centro di ricerche congiunturali del Politecnico federale di Zurigo (KOF), in collaborazione con l’Ufficio di Statistica del Cantone Ticino (USTAT), analizza periodicamente la situazione del settore bancario ticinese tramite domande di carattere qualitativo. Lo scopo dell’indagine congiunturale è di tastare il polso del settore, cercando di capire come gli istituti
valutano la situazione presente e futura. I dati sono infine commentati dal Direttore dell’Associazione Bancaria Ticinese (ABT) Franco Citterio. Dopo una fase stagnante, appesantita dagli effetti della pandemia, nel mese di aprile la maggioranza relativa degli operatori bancari giudica in modo positivo la situazione degli affari. Nel dettaglio, la quota di operatori della piazza ticinese che si dicono positivi sulla situazione degli affari è del 25%, un dato comunque inferiore rispetto a Ginevra (50% di positivi) e Zurigo (60%). Queste tendenze positive si ritrovano tanto negli indicatori relativi alla domanda di servizi bancari quanto in quelli relativi ai volumi. Nei primi mesi del 2021 in Ticino è cresciuto il numero di istituti bancari che indicano un aumento della domanda di servizi, in particolare da parte della clientela privata residente. Interessante notare come anche la domanda della clientela residente all’estero sia tornata a crescere dopo oltre un anno. Volumi in crescita: effetto pandemia Per quanto riguarda i volumi, si riscontra un deciso aumento dei capitali in gestione con oltre tre quarti degli istituti interpellati che hanno segnalato una crescita. Nella fase pandemica, i mercati sono stati estremamente turbolenti e gli investitori particolarmente attivi. I dati KOF testimoniano infatti un aumento delle transazioni su titoli, con un impatto positivo sugli istituti bancari grazie alle entrate derivanti dalle commissioni. In crescita anche i crediti accordati, in particolare alla clientela aziendale svizzera: anche questo indicatore – spiega Citterio - è stato influenzato dalla si-
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FINANZA / TICINO FOR FINANCE
tuazione di crisi che ha portato il Consiglio federale ha elaborare un pacchetto di misure per sostenere le imprese. Tra queste misure spiccano i Crediti COVID-19, erogati dalle banche con la garanzia della Confederazione. Nel solo Ticino gli istituti bancari hanno concesso questo tipo di crediti per oltre un miliardo di franchi. Tassi negativi e accesso al mercato le maggiori difficoltà Nonostante i dati positivi, il Direttore ABT ricorda come nell’ambito della gestione patrimoniale rimangono delle difficoltà importanti legate all’acquisizione di nuova clientela all’estero, in particolare sul fronte italiano, dove l’accesso al mercato rimane un nodo da sciogliere. Pesano sui bilanci anche gli interessi negativi dettati dalla Banca nazionale per contrastare l’eccessivo apprezzamento del franco e aiutare l’industria di esportazione.
Questa politica ha portato le banche interessi sulle giacenze in franchi e, quando i costi sono divenuti eccessivi, è diventato necessario riversare una parte di questi costi sui depositi della clientela. Se è vero che la pandemia ha creato danni importanti all’economia globale, non risparmiando il settore bancario, questa fase di crisi ha velocizzato diversi cambiamenti già in atto nella piazza finanziaria. Si pensi in particolare alla digitalizzazione e alla finanza sostenibile, due macrotrend di importanza fondamentale per la piazza. I servizi finanziari si prestano molto alla digitalizzazione e le banche in questo processo stanno investendo molto. I lunghi mesi di chiusura delle attività hanno obbligato anche la clientela più reticente ad effettuare operazioni bancarie online. Anche la sostenibilità rappresenta un’opportunità per la piazza: gli istitu-
ti si stanno attrezzando, puntando sulla formazione del personale anche a fronte di esigente sempre più specifiche da parte della clientela. Il prudente ottimismo degli operatori che hanno partecipato all’indagine si estende anche ai prossimi mesi: gli istituti si aspettano un’ulteriore crescita della domanda da parte della clientela residente. Nota dolente l’occupazione, le cui prospettive rimangono incerte a causa del processo di consolidamento del settore che continua da diversi anni.
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FINANZA / UBS
LA SOSTENIBILITÀ NELLE AZIENDE SVIZZERE PRESENTATI I RISULTATI DI UN SONDAGGIO PRESSO 2.500 AZIENDE CIRCA. ALL’INCONTRO HANNO PARTECIPATO LUCA PEDROTTI, DIRETTORE REGIONALE UBS TICINO, ELENA GUGLIELMIN, SENIOR CREDIT ANALYST CHIEF INVESTMENT OFFICE UBS GLOBAL WEALTH MANAGEMENT, MATTEO RAMENGHI CHIEF INVESTMENT OFFICE UBS WEALTH MANAGEMENT ITALIA E REMO CRAMERI, RESPONSABILE CORPORATE & INSTITUTIONAL CLIENTS UBS REGIONE TICINO. Luca Pedrotti
Elena Guglielmin
a politica climatica occupa un ruolo centrale nel campo della sostenibilità ecologica. Le principali potenze economiche hanno intenzione di ridurre le loro emissioni di gas serra a zero nei prossimi decenni. Nell’agosto 2019 il Consiglio federale si è impegnato a raggiungere questo obiettivo di emissioni zero al netto anche in
Svizzera. Nell’autunno del 2020, il Parlamento ha poi approvato una revisione totale della legge sul CO2: un primo passo per il raggiungimento dell’obiettivo entro il 2050. In questo contesto, l’ultima edizione di UBS Outlook Svizzera ha posto la «sostenibilità nelle aziende» al centro del sondaggio semestrale proposto a circa 2500 imprese svizzere.
Matteo Ramenghi
Remo Crameri
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FINANZA / UBS
Nel corso della storia, l’essere umano ha saputo superare grandi difficoltà facendo ricorso all’ingegno. L’esempio più recente è stato il rapido sviluppo dei vaccini contro il Coronavirus. Guardando al futuro, una delle sfide più ardue che dovremo affrontare è quella che gli economisti hanno chiamato la «crisi del credito ambientale». Il nostro tenore di vita attuale e il livello complessivo dei consumi dei giorni nostri non sono sostenibili alla luce delle limitate risorse naturali di cui dispone il pianeta. In quanto cittadini, consumatori e investitori globali, siamo i custodi della Terra. Abbiamo il potere di creare un percorso più sostenibile che ci permetterà di continuare a migliorare la qualità della vita e al tempo stesso proteggere il nostro pianeta a beneficio della prossima generazione. Nel sondaggio condotto a marzo, nove aziende su dieci affermano di prestare grande attenzione al tema della sostenibilità in almeno una delle dimensioni dell’ambiente, del sociale o della gestione aziendale. Il tema della sostenibilità è rilevante solo per due terzi delle aziende che se ne occupano in misura marginale. Mentre per le aziende che trattano ampiamente la questione, l’importanza sale al 95%. La riduzione del consumo energetico così come la protezione dell’ambiente e gli standard sociali in Svizzera sono importanti per una grande maggioranza di aziende o addirittura godono di una priorità molto alta. A prima vista, la protezione dell’ambiente e gli standard sociali nelle catene di approvvigionamento estere sembrano assumere un’importanza nettamente inferiore. Tuttavia, una gran parte delle imprese svizzere non ha fornitori stranieri diretti, due terzi delle aziende intervistate importano meno del 10% dei loro fattori produttivi. Nel caso delle imprese con una quota maggiore di importazioni di fattori produttivi, e quindi anche con una significativa catena di approvvigionamento estera, gli standard sociali e la tutela dell’ambiente all’estero
sono chiaramente più importanti, sebbene non allo stesso livello che in Svizzera. Tuttavia, va considerato che per le imprese svizzere, a differenza di quanto avviene a livello domestico, è più difficile intervenire nelle catene produttive all’estero a favore della promozione di una maggiore sostenibilità. Anche a livello settoriale, ambiti molto orientati verso le importazioni come l’industria o il commercio al dettaglio attribuiscono una maggiore importanza alla tutela dell’ambiente e agli standard sociali nelle catene di approvvigionamento estere. Lo stesso vale per le grandi aziende, che di norma sono più coinvolte nelle catene di approvvigionamento internazionali rispetto alle piccole e medie imprese (PMI). Per esempio, per l’84 percento delle grandi aziende che importano più del 10% dei loro fattori produttivi, la tutela dell’ambiente presso i fornitori stranieri è molto importante. La crisi causata dal Coronavirus ha portato le imprese a prestare maggiore attenzione alla sostenibilità, e a farlo in misura ancora più marcata sia per le questioni sociali che per quelle ecologiche. Questo vale anche per gli ambiti particolarmente colpiti dalla crisi, come la gastronomia o il settore degli eventi e della cultura. Questo risultato è sorprendente, perché ci si aspetterebbe che in un periodo di lotta per la sopravvivenza esistenziale, il tema «di lusso» della sostenibilità passi in secondo piano per le aziende. Tuttavia, i risultati del sondaggio mostrano chiaramente che durante la pandemia la consapevolezza della sostenibilità sociale ed economica è aumentata significativamente e che la grande maggioranza delle aziende svizzere è pronta a confrontarsi con questo tema, sia nel proprio Paese che all’estero. Per circa un terzo delle imprese, le esigenze dei clienti, le riflessioni sull’immagine e le regolamentazioni sono i fattori che spingono a una maggiore sostenibilità nell’azienda. Punti strategici come l’attrattiva dell’azienda per i
prestatori di capitale giocano un ruolo secondario. Mentre le PMI implementano la sostenibilità principalmente perché la ritengono parte del loro DNA, le imprese più grandi attribuiscono maggiore importanza ai regolamenti, all’immagine, alle esigenze della clientela e all’attrattiva per i prestatori di capitale. Inoltre, a differenza dei fornitori di servizi, nell’industria le esigenze della clientela e i regolamenti sono molto più importanti. Questi ultimi giocano un ruolo molto più decisivo per le imprese industriali, in particolar modo nel settore ambientale. Le diverse motivazioni delle aziende per un atteggiamento sostenibile forniscono anche ai politici delle indicazioni su quali strumenti possono adottare nel loro percorso verso un’economia più sostenibile. Le aziende pongono al primo posto gli strumenti di formazione e comunicazione e la trasmissione delle conoscenze. Le grandi aziende dispongono di una conoscenza significativamente maggiore rispetto alle PMI, il che non è sorprendente, dato che spesso solo le grandi aziende hanno le risorse per affrontare efficacemente la tematica. Tuttavia, il livello di conoscenza varia poco tra i singoli settori. Questo significa che i settori più soggetti ai regolamenti, come l’industria o i trasporti, affrontano il tema in modo solo leggermente più approfondito rispetto ai fornitori di servizi.
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FINANZA / CREDIT SUISSE
SOLUZIONI INNOVATIVE AL SERVIZIO DEL CLIENTE
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SÉBASTIEN PESENTI, RESPONSABILE PRIVATE BANKING TICINO, PARLA DELLE TRASFORMAZIONI CHE CARATTERIZZANO LE ATTIVITÀ DEL SUO COMPARTO AZIENDALE.
ei è responsabile degli affari con la clientela facoltosa in Ticino. A distanza di oltre un anno dall’inizio della pandemia e dall’accelerazione di nuovi servizi digitali, ci può dire a che punto siete arrivati? «La digitalizzazione avanza continuamente, anche nel settore bancario, comportando tutta una serie di vantaggi per la nostra clientela. Da una parte creiamo sempre nuovi servizi digitali per permettere ai clienti di condurre le loro transazioni bancarie in modo indipendente, 24 ore su 24. Infatti, dallo scorso autunno offriamo una nuova soluzione digitale, l’app CSX, grazie alla quale il cliente può aprire un conto in pochi minuti, effettuare pagamenti e accedere alle operazioni bancarie quotidiane con risparmio di tempo, in modo molto facile e flessibile. Dall’altra, in periodo di pandemia e di telelavoro, abbiamo dimostrato che, con le nostre piattaforme, possiamo continuare a interagire con i nostri clienti a distanza e rendere il colloquio virtuale tanto efficace quanto in presenza. Con il nostro Online & Mobile Banking possiamo condividere in modo sicuro informazioni e presentazioni da parte dei nostri consulenti e specialisti. Questo servizio permette inoltre di implementare immediatamente nuove scelte d’investimento». Secondo lei, in seguito alla digitalizzazione i contatti personali dei clienti con la banca potrebbero diminuire in futuro? «Per noi conta quello che sta a cuore ai nostri clienti e con il nostro servizio vogliamo rendere possibile il loro suc-
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
cesso. Solo durante un colloquio di persona e a 360° possiamo conoscere a fondo il cliente e capire le sue esigenze. Sarà poi il cliente a decidere come continuare a interagire con noi. Per noi è fondamentale fare leva su un lavoro di squadra, che è una colonna portante della nostra cultura e parte integrante della nostra proposta di valore ai clienti. Anche con l’accelerazione della digitalizzazione, vedo giornalmente clienti che chiedono ai nostri consulenti informazioni specifiche sulla pianificazione previdenziale, successoria e filantropica. Per ognuno di questi temi possiamo affiancare al consulente uno specialista dedicato, presente nelle nostre sedi in Ticino. I contatti personali quindi non spariranno mai. Per venire incontro alle diverse esigenze dei clienti è comunque fondamentale una combinazione di consulenza personale e offerte digitali, costantemente aggiornata in base alle mutate esigenze individuali della clientela. E proprio nell’ambito digitale, quest’anno abbiamo prodotto per i nostri clienti una serie di episodi virtuali durante i quali i nostri specialisti presentano diversi argomenti nell’ambito del Wealth Planning». A gennaio di quest’anno avete riaperto la rinnovata succursale di Chiasso. Ci può dire in cosa consiste la trasformazione e che cosa prevedete in futuro? «Abbiamo voluto investire nella sede di Chiasso, località in cui siamo presenti sin dal 1955, per poter offrire alla nostra clientela un servizio ancora migliore in un ambiente moderno e funzionale. Nella zona sportelli è stato inserito un innovativo “Digital Bar” che com-
FINANZA / CREDIT SUISSE
E i vostri collaboratori come vivono tutti questi cambiamenti? «I cambiamenti possono creare insicurezza, ma ormai fanno parte della nostra quotidianità. Sono orgoglioso dello spirito di adattamento dimostrato dai nostri collaboratori che hanno egregiamente superato la sfida di continuare a restare vicini – soprattutto virtualmente - ai clienti durante tutta la fase del lockdown e di obbligo del telelavoro decretato dal Consiglio federale. Un periodo in cui molte novità sono state lanciate con successo sul mercato e proposte attivamente alla clientela. È la dimostrazione che lo spirito di innovazione e il senso di responsabilità con i quali Alfred Escher fondò la banca 165 anni fa, continuano a far parte del DNA di Credit Suisse, oggi e in futuro». bina in modo ideale il mondo digitale con un servizio professionale e personalizzato. I nostri collaboratori, oltre a fornire una consulenza mirata sui prodotti e servizi bancari tradizionali, al “Digital Bar” mostrano dal vivo e spiegano il funzionamento delle nuove applicazioni, come per esempio CSX. Nel corso del 2021 avvieremo il progetto di ristrutturazione di Piazza della Riforma a Lugano. La sede si presenterà con locali luminosi e spaziosi per l’accoglienza personalizzata dei clienti attorno al «Digital Bar». Offriremo un’infrastruttura tecnica modulare all’avanguardia, aree di co-working per gli ospiti, sale multimediali all’avanguardia e una zona lounge destinata a eventi e incontri di networking d’eccellenza. Nel corso dei prossimi anni questa trasformazione interesserà tutte le nostre succursali in Ticino, da Mendrisio ad Ascona passando per Lamone, Bellinzona e Locarno». La situazione che stiamo vivendo ha portato alla luce anche altri aspetti, diventati maggiormente importanti per i clienti?
«Abbiamo notato un forte incremento di interesse da parte dei clienti per il tema della sostenibilità anche nell’ambito degli investimenti. Oggi vi è una maggiore consapevolezza dell’importanza del cambiamento climatico e delle questioni sociali e i clienti vogliono investire nel rispetto degli standard ambientali, sociali e di governance (ESG) come ingredienti essenziali della strategia di investimento. Di conseguenza abbiamo recentemente aggiornato le tendenze d’investimento a lungo termine stabilendo un collegamento con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ciò consentirà agli investitori di definire le priorità degli investimenti in base al loro scopo, sia esso la lotta contro il cambiamento climatico, la riduzione delle disuguaglianze, il lavoro dignitoso e la crescita economica, come pure la salute e il benessere. Uno strumento utile in tal senso è il nostro quadro di riferimento per gli investimenti azionari tematici a lungo termine, i Supertrend, che include numerosi temi, dal cambiamento climatico, all’evoluzione demografica, dalle infrastrutture alla tecnologia».
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FINANZA / BNP PARIBAS (SUISSE) SA
ALL’AVANGUARDIA NEGLI INVESTIMENTI SOSTENIBILI BNP PARIBAS A LUGANO È LA PORTA D’ACCESSO PRIVILEGIATA DELLA BANCA PER UN MONDO CHE CAMBIA E L’ISTITUZIONE FINANZIARIA INTERNAZIONALE PIÙ RESPONSABILE SOTTO IL PROFILO ESG.
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érôme Eschbach, Head of Impact Solutions, Wealth Management di BNP Paribas in Svizzera, descrive il ruolo degli investimenti ESG (ambientali, sociali e di governance) nella gestione finanziaria e l’impegno di BNP Paribas in materia di Investimenti ad impatto positivo.
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he contributo fornisce BNP Paribas alla diffusione degli investimenti ESG anche in Ticino? «BNP Paribas, fondata nel 1872 come prima banca estera in Svizzera, con la propria sede di Lugano, è una delle banche più longeve al mondo. Unisce la forza di una banca globale (con quasi 200’000 dipendenti in 71 paesi) ad un profondo radicamento sul territorio. Il nostro modello di business diversificato e la divisione Wealth Management di BNP Paribas vantano entrambi una lunga storia di successo: con un controlavore pari a circa CHF 415 mld di masse in gestione, da oltre 150 anni BNP Paribas si qualifica come la prima banca privata dell'eurozona. Impegnata nel ruolo di banca per un mondo che cambia, BNP Paribas è da sempre in prima linea sul fronte delle trasformazioni della società. Questo impegno si basa su quattro pilastri che
caratterizzano profondamente il nostro approccio alla responsabilità sociale d’impresa: finanziamento etico dell’economia; sviluppo e coinvolgimento responsabile dei nostri dipendenti; ruolo di agente positivo per il cambiamento e accelerazione della transizione ecologica ed energetica. In BNP Paribas Wealth Management, crediamo che i nostri clienti abbiano lo straordinario potere di esercitare un impatto positivo sul mondo. Pertanto, la nostra missione consiste nel potenziare il loro processo decisionale al fine di influenzare, cambiare e migliorare il mondo nel modo più efficiente ed efficace. Ecco perché diamo ai nostri clienti i mezzi per investire in base alle loro convinzioni. A tale scopo, nel 2007 abbiamo creato la nostra struttura ISR e così facendo abbiamo spianato la strada agli investimenti responsabili nelle banche private. Da allora, il nostro obiettivo è stato quello di integrare la sostenibilità in tutti i nostri prodotti e servizi, trasformandola nella nuova normalità».
FINANZA / BNP PARIBAS (SUISSE) SA
Quali soluzioni concrete offrite anche qui a Lugano ai clienti che desiderano investire secondo le loro personali convinzioni ESG? «L’impegno di BNP Paribas a favore di un mondo più sostenibile si concretizza in tutte le nostre attività. Puntiamo infatti a innovare e differenziare i servizi che ci rendono pionieri nelle soluzioni a impatto positivo e che ci permettono di offrire ai nostri clienti un percorso unico e personalizzato in termini di impatto. L’esclusivo strumento digitale myImpact consente ai nostri clienti di incrementare la loro consapevolezza sull’investimento a impatto e sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, scoprendo inoltre il proprio profilo Imp’Actor. Grazie al Sustainable Advisory Service lanciato da BNP Paribas nel 2020 (e che segue il Responsible Mandate lanciato oltre 10 anni fa per i clienti che desiderano delegare la gestione del loro patrimonio esercitando al contempo un impatto positivo), i nostri clienti possono avvalersi di una consulenza di investimento in linea con le loro convinzioni personali. Beneficiano del contatto con i nostri esperti finanziari e dell’accesso alle competenze di un team di oltre 15 esperti in materia di investimento a impatto e sostenibile, nonché di filantropia individuale. I nostri clienti - che usufruiscono di tali servizi - ricevono inoltre una relazione sulla sostenibilità
che analizza il loro portafoglio d’investimento sotto il profilo ESG. Tutti i nostri servizi si basano su una metodologia interna di valutazione della sostenibilità che copre la maggior parte delle classi di attivi. In BNP Paribas, non ci fidiamo di tutti i prodotti d’investimento che si autodefiniscono sostenibili, motivo per il quale conduciamo la nostra valutazione prima di offrire qualsiasi prodotto d’investimento sostenibile ai nostri clienti. Questa metodologia permette di evitare il cosiddetto «green-washing», o ecologismo di facciata, e consente ai nostri clienti (assistiti dai nostri esperti, tutti sempre preparati ed aggiornati in materia di investimento sostenibile e filantropia) di operare una chiara distinzione tra investimenti sostenibili e investimenti a impatto».
Fabio Spinelli, Responsabile della sede BNP Paribas di Lugano: «Il Ticino e Lugano rimangono un’importante porta d’accesso all’universo bancario internazionale del Gruppo BNP Paribas, essendo pienamente integrati nella strategia del Gruppo e nella sua offerta di Investimenti ad impatto ed ESG. Grazie alla ricerca ed all’esperienza del Gruppo, siamo in grado di offrire soluzioni ESG personalizzate di gestione e consulenza per i nostri clienti privati, societari ed istituzionali in Ticino».
In che modo il Gruppo BNP Paribas rimarrà all’avanguardia nel campo degli investimenti ESG negli anni a venire? «Il modello di business diversificato di BNP Paribas e la sua architettura aperta ci permettono di fornire ai nostri clienti le migliori soluzioni disponibili sul mercato: la quota di fondi sostenibili (secondo i nostri criteri rigorosi) in cui i nostri clienti investono
è aumentata del 147% in due anni. Oggi il 27% del patrimonio globale dei nostri clienti è investito in strumenti finanziari sostenibili. Per questo, BNP Paribas Asset Management è stata riconosciuta nel 2020 dall’ONG Share Action tra i miglior gestori patrimoniali nel campo degli investimenti sostenibili. Anche BNP Paribas Wealth Management sta rafforzando ulteriormente il suo impegno sul fronte ESG, con il lancio di due nuove iniziative. La prima mira a rimuovere dalla sua lista di raccomandazioni i titoli azionari e obbligazionari emessi dalle società con i peggiori punteggi ESG. La seconda iniziativa punta ad avere almeno il 50% di fondi sostenibili nel suo universo di fondi, il che ci permetterà di passare al livello successivo. Tuttavia, al fine di includere con successo tutti i nostri partner in questo percorso, consideriamo sia nostro dovere continuare ad innovare ed ampliare i nostri servizi. In una fase successiva, BNP Paribas Wealth Management condividerà la sua esperienza in materia di investimenti a impatto ed ESG con gli external wealth manager, che potranno unirla alle proprie competenze finanziarie. Noi di BNP Paribas siamo convinti che questo sia il modo più efficace per aiutare i gestori esterni nostri partner ad arricchire le loro conoscenze in materia di finanza sostenibile e permettere loro di proporre investimenti sostenibili solidi e affidabili ai propri clienti, in linea con le convinzioni di questi ultimi. Solo fornendo a tutti i nostri partner e clienti soluzioni a impatto positivo in tutti i servizi e le classi di attivi possiamo aiutarli attivamente a dare un senso ai loro investimenti».
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FINANZA / BPS (SUISSE)
LA BANCA POPOLARE DI SONDRIO (SUISSE) ENTRA NEL SUO VENTICINQUESIMO ANNO DI ATTIVITÀ PRESENTANDO UN BILANCIO MOLTO POSITIVO DEL PERCORSO EFFETTUATO NEL CORSO DELL’ULTIMO QUARTO DI SECOLO.
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ANCORA UN ANNO RECORD
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a gestione operativa della Banca è stata condizionata dalle misure emergenziali volte a contrastare gli effetti della pandemia, sia in quanto soggetto economico, sia per gli effetti indotti dai mercati finanziari e dall’economia reale. L’agilità della struttura e la qualità dell’organizzazione interna hanno permesso, nonostante le citate difficoltà, l’avanzamento dei progetti in linea con la tempistica stabilita e nel pieno controllo dei rischi operativi. Sul lato commerciale, la limitazione alle interazioni sociali ha costretto alla gestione dei rapporti con la clientela soprattutto in modalità virtuale. Ciononostante, la crescita degli aggregati è stata incoraggiante. La rete territoriale è stata potenziata con l’apertura della Succursale di Vevey (Canton Vaud). La Banca dispone pertanto di 20 sportelli fisici ubicati in 8 Cantoni e nel Principato di Monaco, ai quali si aggiungono l’ufficio di rappresentanza di Verbier (Canton Vallese) e l’unità virtuale Direct Banking. L’organizzazione logistica è stata adeguata in osservanza alle disposizioni legali in materia di Covid 19, alle raccomandazioni delle Associazioni di categoria e alle ulteriori misure disposte in via prudenziale dalla Direzione. Il settore dell’informatica è stato principalmente dedicato alle attività di parametrizzazione e test della nuova versione del sistema informatico di base Olympic, la cui migrazione è avvenuta con successo con effetto dal 1° gennaio 2021. I dipendenti sono 340; tre in
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più rispetto all’anno precedente. Passando ad esaminare le principali voci di bilancio, la raccolta dalla clientela ha cifrato CHF 5.140.300.000 (+3%). Bene accolte dal pubblico le nuove proposte nell’ambito della finanza sostenibile. Oltre all’offerta di profili d’investimento con specifiche asset allocation, tramite la Popso (Suisse) Investment Fund Sicav sono stati lanciati due nuovi comparti ESG (Environmental, Social, Governance) ed è stata riorientata la strategia del fondo obbligazioni convertibili. Il collocamento dei prodotti per la clientela retail è stato soddisfacente. Positivi riscontri dal pacchetto PassparTu, che ingloba tutti i prodotti e servizi dell’operatività quotidiana, e dal Piano di Accumulo in Fondi, disponibile secondo diversi profili di investimento. Gli impieghi alla clientela sono cresciuti a CHF 4.809.100.000 (+7%). La componente ipotecaria è di CHF 4.287.700.000 (+7%) mentre gli altri crediti nei confronti della clientela hanno cifrato CHF 521.400.000 (+3%). L’attività è stata svolta in coerenza con la politica creditizia focalizzata sul comparto immobiliare residenziale. Il grado di rischio è stato mantenuto entro limiti fisiologici. Il risultato netto da operazioni su interessi evidenzia un significativo incremento, fissandosi a CHF 58.976.000 (+15%) per effetto della crescita del portafoglio crediti e della riduzione dei costi di rifinanziamento. Il risultato da operazioni su commissione e da prestazioni di servizio si è assestato a CHF 23.553.000 (-2%). Si evidenzia la sostanziale stabilità nei segmenti della negoziazione titoli e d’investimento (+1%). Il risultato da attività di negoziazione e dall’opzione fair value si è ridotto a CHF 20.532.000 (-10%) a causa della diminuzione dell’attività operativa durante il periodo di lockdown e per le mutate condizioni di mercato. I ricavi netti da operazioni bancarie ordinarie hanno raggiunto CHF 102.095.000
(+4%). I costi d’esercizio sono in moderata crescita a CHF 70.705.000 (+1%), mentre quelli per il personale sono aumentati a CHF 49.316.000 (+2%) e gli altri costi d’esercizio si sono ridotti a CHF 21.389.000 (-2%). I dati confermano l’attenta gestione nonostante il periodo emergenziale. Il risultato d’esercizio ha superato CHF 27.439.000 (+26%). L’utile (risultato del periodo) ha valicato per la prima volta la soglia dei venti milioni di franchi, fissandosi a CHF 20.178.000 (+20%). L’Assemblea Generale degli Azionisti ha deliberato il versamento di CHF 16.128.000 alla Riserva legale da utili, dopo la distribuzione di un dividendo d’esercizio pari a CHF 4.050.000. Il capitale proprio al 31 dicembre 2020 si incrementa a CHF 409.333.000 (+4%).
01 Direzione Generale BPS (SUISSE) Da sinistra: Paolo Camponovo, Mauro De Stefani, Mauro Pedrazzetti, Roberto Mastromarchi 02 Inserto culturale della Relazione d’Esercizio 2020 dedicato a Gualtiero Marchesi (1930-2017)
UN MONDO DI SAPORI, MUSICA E COLORI Secondo una tradizione che si rinnova ormai da molti anni, la Relazione d’Esercizio è arricchita dalla pubblicazione di un inserto culturale dedicato alla vita e all’opera del grande Chef e Maestro di cucina Gualtiero Marchesi (Milano 1930 – 2017), uno dei cuochi italiani più famosi a livello internazionale. Nato a Milano il 19 marzo 1930 da una famiglia di albergatori e ristoratori, fra il 1948 e il 1950 frequenta la Scuola Alberghiera di Lucerna, grazie alla quale ebbe modo di approfondire le sue conoscenze culinarie. Tornato in Italia, cominciò a lavorare nell’albergo di famiglia comprendendo subito che la ricerca e lo studio dei piatti lo appassionavano molto, come anche la musica. Decise allora di prendere lezioni di pianoforte e si innamorò della sua insegnante, Antonietta
Cassisa, che sposò nel 1962 e con la quale ha avuto due figlie, Simona e Paola, entrambe affermate musiciste. Successivamente, parte per Parigi dove amplia i propri orizzonti facendo esperienza, in particolare a Roanne, dai fratelli Troisgros, inventori della nouvelle cuisine. Nel 1977 apre il suo primo ristorante in via Bonvesin de la Riva a Milano e conquista subito una stella Michelin. La cura per il dettaglio è quasi maniacale: dai tavoli alle luci, dalla forma e dal colore dei piatti ai bicchieri, nulla è lasciato al caso, al punto che durante la sua lunga carriera “inventa” alcune innovative linee di posate, piatti e bicchieri perché la “ricerca del bello” deve permeare ogni aspetto della cucina. Lo stile di Marchesi affascina una Milano che ha voglia di riscoprire la cul-
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tura alimentare. I suoi piatti vengono considerati vere e proprie opere d’arte, che spesso si ispirano a quelle di artisti diventati in seguito amici, come Piero Manzoni o Lucio Fontana. Negli anni Ottanta nascono l’iconico Riso, oro e zafferano, il “copiatissimo” Raviolo aperto e le Seppie al nero. Nel 1985 il suo ristorante, primo in Italia, conquista ben tre stelle Michelin. Nel 1992 si trasferisce a Erbusco (BS), in Franciacorta, dove apre il ristorante “L’Albereta”. Nel frattempo i suoi allievi si fanno strada (e lui conquista il titolo di “Maestro”), diventando via via chef di altissimo livello come Andrea Berton, Carlo Cracco e il locarnese Pietro Leemann. Nel 2004 viene chiamato a presiedere ALMA, la nuova grande Scuola Internazionale di Cucina Italiana, insediata nella splendida Reggia di Colorno
(PR) e nel 2008, con un formidabile colpo di scena, restituisce le stelle Michelin perché in disaccordo con l’attribuzione dei punteggi. Il 2008 è anche l’anno del ritorno a Milano dove, nel locale già “Biffi Scala”, apre “Il Marchesino”. Due anni dopo, il 19 marzo 2010, in occasione del suo ottantesimo compleanno, nasce la Fondazione Gualtiero Marchesi, il cui obiettivo è ricordare e ricostruire l’opera del Maestro, oltre che diffondere il “bello e il buono” in tutte le arti. Marchesi è stato il primo a partecipare e a condurre trasmissioni televisive dedicate alla cucina (“Che fai, mangi?” su Rai2 o “Il pranzo della domenica” su Canale 5), ha scritto libri, conquistato premi e onorificenze per lo straordinario valore del suo lavoro in tutto il mondo. Gualtiero Marchesi è morto il 26 dicembre 2017 nella sua casa di Milano.
Matasci festeggia il Centenario Un secolo di vita, una storia che comincia dalla brillante intuizione di Giuseppe Matasci, verzaschese di umili origini, il quale dopo aver provato a commerciare le eccedenze di vino di vari viticoltori di Tenero e Gordola, poco soddisfatto della qualità del prodotto, decide di acquistare le uve per vinificarle in proprio. Nel 1921, col socio Carlo Balemi, fonda la Matasci & Balemi e nel 1924 costruisce la cantina di Tenero. Sin dal principio, si può ben dire che Matasci punti senza indugi sulla qualità. Peppino, Lino e Mario, figli di Giuseppe – scomparso nel 1956 - hanno consolidato l’azienda investendo in impianti e tecnologia. Nel 1964, da un colpo di genio nasce il Selezione d’Ottobre, vino in controtendenza al gusto dell’epoca che riscontra un grande successo,
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aprendo di fatto le porte della Svizzera d’oltralpe alla commercializzazione del Merlot. L’ingresso in azienda della terza generazione, rappresentata da Pier e Paola MaranMatasci, da Fabiana Matasci e Mauro Bernardasci, ha traghettato la Matasci Vini verso la modernità, con una diversificazione della produzione e il rinnovamento della cantina. Negli anni il Selezione d’Ottobre è stato affiancato dai vini della Linea Classica, Terroir e Enoteca che rappresentano il Merlot nelle sue diverse potenzialità espressive e che in particolare con la linea Enoteca ha riscosso premi e riconoscimenti a vari livelli.
In questo contesto d’eccellenza si inserisce la Cuvée del Centenario, un assemblaggio delle migliori uve vinificate separatamente, che subiscono un affinamento per 18 mesi in barriques. Il Cent conquista per la sua eleganza, finezza e intensità. La quarta generazione della famiglia, impersonificata da Elia Maran e Joel Pfister, sta raccogliendo le sfide che attendono il settore vitivinicolo. Nell’etichetta della Cuvée del centenario il 100 si trasforma in 001, a simboleggiare l’inizio di un nuovo secolo nel segno della fiducia verso un futuro che Matasci vini vuol continuare nel rispetto della tradizione, che per la casa significa un impegno costante nel campo dell’enoturismo e dell’ospitalità.
FINANZA / BANCA MIGROS
UNA VENTATA DI ARIA FRESCA aperto una nuova succursale a Affoltern am Albis e a breve ne apriremo una ad Aigle e altre due in Romandia), così come a livello informatico (piattaforme di consulenza) e in progetti che mirano ad aumentare l’offerta digitale. Segnalo che quella di Affoltern am Albis è la nostra prima succursale che prevede la possibilità di avere una consulenza in loco ma anche in videoconferenza».
ALBERTO CRUGNOLA, RESPONSABILE CLIENTI PRIVATI REGIONE TICINO DI BANCA MIGROS, COMMENTA I DATI POSITIVI DEL BILANCIO 2020 E ILLUSTRA LE PRINCIPALI NOVITÀ RELATIVE ALL’ATTIVITÀ DELLA BANCA.
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l Rapporto d’esercizio 2020 mostra una Banca Migros in buona salute… «Direi proprio di sì. Con circa 800’000 clienti e un totale di bilancio superiore ai 50 miliardi di franchi siamo una delle principali banche in Svizzera. La crescita dei volumi e dei ricavi è costante senza dover fare “pazzie” dal punto di vista dei rischi ma, al contrario, come sempre mantenendo in essere la nostra politica creditizia prudente, nell’interesse nostro e dei nostri clienti. Anche i costi sono assolutamente sotto controllo e per ciò possiamo vantare un cost/income ratio pari a 48.5 %! La nostra solidità patrimoniale e finanziaria ci permette di investire costantemente in nuove strutture (abbiamo recentemente
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Lo scorso anno è entrato in funzione il nuovo CEO e da aprile il nuovo responsabile clienti privati di Banca Migros Svizzera. Come cambierà Banca Migros e il segmento clienti privati? «Manuel Kunzelmann (CEO) ha portato in Banca Migros una “ventata di aria fresca” e tanta energia ed entusiasmo. I progetti in corso sono molti e tutti volti a migliorare ulteriormente la nostra efficienza, ma anche a semplificare l’accesso dei clienti ai nostri prodotti e servizi. Un’importante decisione strategica è stata quella di volersi concentrare solo su investimenti sostenibili per quanto riguarda i fondi d’investimento, la gestione patrimoniale e la consulenza personale in investimenti. Oltre a sviluppare i nostri online banking e mobile banking, abbiamo sviluppato con successo prodotti quali la “Gestione patrimoniale Focus” e l’“Ipoteca online”. Come detto vogliamo che il cliente possa accedere in modo semplice e rapido ai nostri prodotti e servizi, sfruttando l’offerta digitale, ma anche avere sempre più la possibilità di ottenere una consulenza di alta qualità nelle nostre succursali o tramite il nostro Centro di servizi. Markus Schawalder (nuovo responsa-
bile clienti privati) è attivo in Banca Migros dal 1. aprile. Il Ticino è stata la prima regione che ha visitato e questo quale tangibile apprezzamento verso l’importante contributo delle Succursali e dei collaboratori attivi a sud delle Alpi a favore dell’intera banca. L’eccellenza nella consulenza è sicuramente uno dei temi che occuperanno il nuovo membro della Direzione Generale, ma anche la stretta e puntuale collaborazione con il segmento della Clientela Aziendale, collaborazione peraltro già ben collaudata in Ticino. Vogliamo emozionare ed entusiasmare i nostri clienti!» Fra le attività di Banca Migros il finanziamento ipotecario riveste ancora un’importanza notevole. Sarà così anche in futuro? «È innegabile che il credito ipotecario è nel nostro DNA e anche in futuro sarà la nostra attività predominante, anche se la gestione patrimoniale e la consulenza personale in investimenti sono prodotti che stanno regalando grandi soddisfazioni a noi e ai nostri clienti. L’attività di finanziamento immobiliare è tutt’ora ben sostenuta e paragonabile a quella del 2020, anno nonostante tutto già molto intenso. Notiamo che dall’inizio della pandemia sia aumentata la richiesta di appartamenti con superfici e terrazze ben dimensionate, così come quella di case unifamiliari con giardino. È evidente che questo cambiamento di orientamento è dato dall’esperienza fatta da molti ticinesi in ambito smart-working e, soprattutto, in periodi di forte lockdown. Recentemente abbiamo anche avuto segnali di un forte interessamento da parte di persone domiciliate oltre San Gottardo per appartamenti e casette di vacan-
FINANZA / BANCA MIGROS
i CHF 250.000 possiamo accettare un aggravio dell’onere ipotecario del 40 %. Prestiamo però particolare cura anche nel valutare l’immobile da finanziare e il relativo anticipo concesso. Nella gran parte dei casi in Banca Migros la stima avviene con un metodo edonico, ossia basato su una comparazione del prezzo relativo ad altri oggetti con caratteristiche e qualità costruttive simili, edificati nella medesima zona. Questo sistema di valutazione ci consente di essere sempre in linea con il mercato evitando di sovrastimare l’immobile in questione. Per quanto riguarda l’anticipo concesso, questo varia da oggetto a oggetto e dall’utilizzo che viene fatto del medesimo».
za. La chiusura delle frontiere ha fatto dunque riscoprire a tanti amici Confederati il piacere di una vacanza in Ticino». Come giudica in generale le scelte operate nel corso degli ultimi anni dal sistema bancario nei confronti della concessione dei crediti ipotecari, anche in seguiti a pressioni da parte della FINMA? «Negli ultimi anni abbiamo assistito a un irrigidimento dei parametri di concessione per crediti ipotecari in seguito a pressioni da parte della FINMA, con misure emanate dall’ASB. A dire il vero il nostro Istituto già in precedenza aveva una politica creditizia prudente e prevedeva condizioni minime simili a quelle poi introdotte per tutti gli operatori del settore. Personalmente sono convinto che un maggior rigore nella concessione di crediti ipotecari sia stato, e se mantenuto lo sarà anche in futuro, uno strumento positivo a protezione soprattutto del cliente stesso. Evidentemente ciò ha contribuito a portare ad un leggero, peraltro da molti auspicato, rallentamento del mercato immobiliare. In più occasioni è stato
sottolineato come soprattutto in Ticino il numero di abitazioni sfitte sia importante ma è da evidenziare il fatto che a costruire stabili da reddito sono entità giuridiche che non necessitano di un finanziamento ipotecario in quanto dispongono di importanti liquidità. Ritengo che i principi di concessione attualmente in uso siano idonei a garantire una sicurezza per gli investitori e per le banche finanziatrici». Nello specifico, quali sono i criteri e le garanzie offerte di cui il vostro istituto tiene particolarmente conto nella concessione di ipoteche? «Sicuramente il cosiddetto “calcolo della sopportabilità” può essere considerato come l’elemento di valutazione al quale prestiamo maggiore attenzione. Banca Migros analizza il peso che l’onere teorico del debito ha sul reddito netto del cliente, ossia già dedotti gli oneri sociali ed eventuali rate di crediti privati o leasing. Evidentemente la percentuale massima consentita, che di base è del 35 %, varia a dipendenza del reddito netto effettivo. Per clienti con un reddito netto che supera ad esempio
A suo giudizio è auspicabile l’adozione di nuove misure per rendere più accessibile il sistema delle ipoteche applicate al settore immobiliare? «Come detto in precedenza, credo che l’attuale sistema di giudizio della fattibilità di un affare ipotecario permetta già di acquistare l’oggetto dei propri sogni a quei clienti che, senza mettere a repentaglio il proprio futuro finanziario, se lo possono permettere. L’esperienza ci ha insegnato che per il proprietario la vendita forzata di un immobile è sovente un dramma finanziario ma, soprattutto, anche personale. Non vedo dunque attualmente la necessità di favorire ulteriormente l’accesso alla proprietà immobiliare con misure che permettano ad esempio di acquistare la casa primaria o un oggetto a reddito riducendo considerevolmente gli attuali parametri minimi di concessione. È pur vero che nei prossimi anni non assisteremo a un importante aumento dei tassi d’interesse, ma il passato ci ha insegnato che in questo ambito una giusta e ponderata prudenza non è mai troppa».
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ORFEO MAZZELLA, VICE DIRETTORE PRESSO BANCA DEL CERESIO SPIEGA LA STRATEGIA D’INVESTIMENTO E LE RAGIONI DELLE OTTIME PERFORMANCES OTTENUTE ANCHE SUI MERCATI ASIATICI.
L’IMPORTANZA DI CONOSCERE BENE I MERCATI ASIATICI corretta per il rischio calcolata su 36, 60 e 120 mesi. Il fondo con il valore Lipper Leader for Consistent Return (Effective Return) più alto in ciascuna classificazione ammissibile, vince il premio Refinitiv Lipper Fund».
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itruvius SICAV, gestita da Ceresio Investors, ha ricevuto il Refinitiv Lipper Fund Awards Switzerland 2021 - Winner Award - per Vitruvius Greater China. Quali sono le motivazioni di questo riconoscimento? «Vitruvius Greater China è stato riconosciuto come il miglior fondo azionario della Greater China su un orizzonte temporale di 5 anni. Questo risultato, rappresenta una significativa conferma dell’approccio di Ceresio Investors, che continua a produrre ottimi risultati nell’identificazione di talenti di investimento superiori anche in Asia, come dimostra il nostro rapporto di lunga data con Greenwoods Asset Management, Advisor per il portafoglio Vitruvius Greater China Equity. I premi Refinitiv Lipper Fund si basano sul rating Lipper Leader for Consistent Return, che è una misura della performance
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In generale, qual è l’approccio di Ceresio Investors nell’identificazione di talenti di investimento? «La domanda da cui partire è: esistono i talenti? Noi pensiamo di sì, anche se, per definizione, oltre che per nostra diretta esperienza, sono pochi ed è difficile trovarli. Anche nel mondo della gestione patrimoniale, esistono infatti professionisti dotati di talento, che ottengono risultati ben superiori alla media. Il primo passo, e mi riferisco al modello di business di Ceresio Investors, è quello di essere disponibili a fare un atto di umiltà, per andare a scovarli in giro per il mondo. La nostra esperienza indica che il talento si esprime al meglio, in un modello di gestione attiva, all’interno di strutture indipendenti con una elevata propensione imprenditoriale e senza conflitti di interesse. I talenti cui ci rivolgiamo, seppur nella loro eterogeneità, che rappresenta un valore aggiunto, hanno generalmente alcune caratteristiche in comune: sono persone di successo, esperte e con sicure referenze; hanno un allineamento di interessi con il nostro Gruppo, secondo una logica di co-investimento dei nostri assets e dei loro patrimoni personali; sono dei decison makers e dei risk takers che investono prettamente nella componente azionaria (quotata e liquida) e garantiscono
una elevata trasparenza. Con queste premesse abbiamo costruito negli anni un rapporto consolidato con gestori in grado di avere una visione privilegiata sugli scenari futuri dei mercati e intercettare in anticipo i fenomeni che guidano i trend di lungo periodo». Che peso riveste l’Asia nelle vostre strategie d’investimento e quale prospettive avanzate circa le prospettive di sviluppo di quell’area geografica? «Le ottime performances dei nostri fondi Vitruvius Greater China e Vitruvius Asian Equity sono il risultato di oltre 40 anni di ricerca e investimenti sui mercati asiatici. Il primo mandato ad un gestore giapponese risale al 1975, mentre il primo portafoglio di talenti asiatici è relativo al 1994, inizialmente per mezzo di persone che investivano in Asia da uffici basati a New York, Londra e Tokyo. Gradualmente, ed in modo aggiungerei naturale, abbiamo accompagnato la crescita dei gestori locali sempre più integrati nei loro mercati ed economie di riferimento. Mercati sempre più rilevanti su scala mondiale, sia a livello micro che macroeconomico, caratterizzati da una elevata dinamicità e innovazione, senza dimenticare il diverso contesto politico e sociale. Il nostro baricentro dei viaggi si è pertanto spostato su Hong Kong, Singapore e Shanghai e la Cina è diventata il paese di riferimento nell’area. Oggi nei nostri mandati discrezionali, i nostri investimenti in Asia valgono circa il 25% del totale, quota che sale al 30% se si aggiunge l’allocazione indi-
FINANZA / CERESIO INVESTORS
retta da parte dei nostri gestori globali. La ripartizione ottimale del rischio per un nostro portafoglio globale diversificato prevede infatti circa 1/3 in Europa, 1/3 in Asia e 1/3 in Nord America». Quali sono i settori e le caratteristiche delle imprese verso cui in prevalenza rivolgete la vostra attenzione? «La selezione degli investimenti singoli, dei settori, dei temi ed anche dei paesi in taluni casi sono interamente delegati ai talenti. L’universo delle aziende cinesi quotate, oltre 5’000 ed in maggioranza non coperte da ricerca, è un insieme molto interessante da cui attingere. Le imprese statali sono tipicamente inefficienti e vengono escluse. Di conseguenza sono tipicamente sotto rappresentati settori quali finanziari, utilities, residenziale, energia e materie di base. Vengono per contro privilegiati quei segmenti del
mercato che offrono un maggiore potenziale di crescita in ottica di lungo termine. Oltre alle compagnie leader in ambito tecnologico, si evidenziano opportunità nel settore della sanità e recentemente sempre più nel settore industriale e nelle compagnie cicliche legate al consumatore locale». Infine, sotto quali auspici è iniziato il 2021 e quali previsioni d’investimento avanzate per il 2021? «La Cina ha chiuso il 2020 con una crescita positiva, un unicum, ed è parecchio avanti nel ciclo economico post pandemico. Vive pertanto una fase di stabilità e di normalizzazione sul fronte monetario e fiscale, tra l’altro nell’anno del centenario del Partito Comunista Cinese. Dopo un brillante 2020, il mercato azionario locale attraversa una fase di volatilità ed assestamento, anche a causa di una regolamentazione crescen-
te nei settori a forte crescita. L’America sta iniziando nuovamente a correre, anche in funzione dell’ingente piano di sostegni all’economia previsti dalla nuova amministrazione al governo del Paese. L’Europa è in ritardo ma in fase di ripresa e di possibile accelerazione nella seconda parte dell’anno. In un panorama così fluido e diversificato, la selezione attiva delle aziende, dei modelli di business vincenti e dei settori assume quindi un’importanza fondamentale. Motivo per cui la gestione del rischio dei nostri portafogli è affidata in modo preponderante a gestori professionisti e attivi, in grado di adattarsi alle situazioni allo scopo di estrarre valore aggiunto in un’ottica di lungo periodo».
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FINANZA / TIVENTURE
DA LUGANO A WALL STREET PER L'INNOVAZIONE E LA RICERCA NON CAPITA CERTO TUTTI I GIORNI CHE UNA SOCIETÀ NATA IN TICINO ENTRI IN BORSA A WALL STREET: PARLIAMO DI GAIN THERAPEUTICS, COFONDATA POCHI ANNI FA DA TIVENTURE SA, SOCIETÀ DI PROPRIETÀ DELLA FONDAZIONE DEL CENTENARIO BANCASTATO.
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elle scorse settimane TiVenture SA, società di proprietà della Fondazione del Centenario BancaStato, ha annunciato che il 18 marzo una delle aziende partecipate, la Gain Therapeutics Inc (Nasdaq: GANX), ha completato l’entrata in borsa (initial public offering, IPO) sul mercato americano NASDAQ. Il prezzo per azione era di $ 11, il capitale raccolto con la vendita di 4.181818 azioni è stato di $ 46 milioni che porta ad una capitalizzazione di Gain Therapeutics che supera i $ 130 milioni. La Gain Therapeutics SA è stata fondata nel 2017 da TiVenture e investitori privati, incluso l’attuale Presidente del Consiglio di Amministrazione Khalid Islam, residente
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a Lugano. In pochi anni di duro lavoro, ha costruito un team di altissimo livello, raccolto finanziamenti importanti da fondi prestigiosi e raggiunto risultati scientifici rilevanti. Nel 2020 è stata creata la Gain Therapeutics Inc, con sede a Bethesda (Maryland, USA) per facilitare l’accesso a capitali negli USA, che hanno portato ad un finanziamento di $ 10 milioni a luglio del 2020 e all’IPO attuale. Gain è un’azienda biotecnologica che sviluppa terapie innovative per malattie rare e neurodegenerative. Queste malattie ereditarie si sviluppano in pazienti che ereditano mutazioni genetiche. Gain ha sviluppato la tecnologia SEE-Tx, che grazie ad algoritmi brevettati e all’uso di supercomputer, riesce a identificare molecole (STARs)
che possono recuperare l’attività compromessa dalla mutazione genetica e ad alleviare il decorso di queste gravi malattie croniche che non hanno alternative terapeutiche. Gain ha ricevuto riconoscimenti e finanziamenti importanti da prestigiose organizzazioni tra cui le americane Michael J. Fox Foundation for Parkinson Research (creata dall’attore Michel J. Fox) e la Silverstein Foundation, oltre che da prestigiosi programmi Europei di ricerca (Eurostars-2) e da Innosuisse. Collabora attivamente con l’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona, con l’EOC, e con numerose università e centri di ricerca internazionali (Oxford, Cambridge, Maryland, Minnesota, il National Institute of Health). Gain ha anche collaborazioni con aziende farmaceutiche internazionali, come la giapponese Sumitomo Dainippon. Nella sede di Lugano sono gestite le attività di sviluppo, dirette dal General Manager e Presidente Dr. Manolo Bellotto. Lo sviluppo farmaceutico è diretto dal Dr. Roberto Maj, mentre la parte finanziaria è diretta dal CFO, Salvatore Calabrese. Gain effettua le sue attività di ricerca a Barcellona, dove risiede l’inventore della tecnologia
FINANZA / TIVENTURE
SEE-Tx, il Professore Xavier Barril (Università di Barcelona). Eric Richman, CEO di Gain Therapeutics Inc, dirige la sede americana a Bethesda (Maryland). Gain al momento sta sviluppando 5 programmi di ricerca in malattie rare infantili (quali la Gangliosidosi, Gaucher e Krabbe) e un programma per la malattia di Parkinson. I programmi sono allo stadio degli studi preclinici con l’obbiettivo di iniziare gli studi clinici nei prossimi anni. La prestigiosa entrata in borsa permette a Gain di ulteriormente accelerare lo sviluppo delle molecole identificate nei 5 programmi principali. Gain intende inoltre ulteriormente sfruttare la piattaforma tecnologica in altre malattie genetiche. TiVenture dalla sua costituzione nel 2012 (con il nome originale di Agire Invest SA), ha investito in una ventina di aziende Ticinesi, attentamente selezionate e seguite attivamente. Attualmente mantiene partecipazioni in
13 aziende in vari settori, quali la biomedicina, le tecnologie industriali e l’Artificial Intelligence. Complessivamente queste aziende hanno raccolto più di 80 milioni di CHF di finanziamenti da investitori privati e istituzionali, occupano complessivamente più di 150 persone e generano in totale oltre 15 ilioni di CHF di entrate all’anno. A partire dal 2016 TiVenture è stata finanziata da BancaStato, tramite un forte e convinto sostegno finanziario alla Fondazione del Centenario BancaStato, che ne detiene la proprietà. "Traguardi come quello raggiunto con l’IPO della Gain generano un ritorno d’investimento importante per TiVenture garantendone l’autofinanziamento, e una continuità di investimenti in aziende innovative sul territorio. L’obiettivo è quello di identificare e investire in giovani aziende innovative in Ticino con una forte componente tecnologica. Il risultato di queste attività è quello di dare un
contributo al rafforzamento e attrattività del tessuto economico del Canton Ticino, creando occupazione di qualità" ha spiegato Lorenzo Leoni, managing partner di TiVenture. Bernardino Bulla, Presidente del Consiglio di fondazione della Fondazione del Centenario BancaStato e Presidente del Consiglio di amministrazione di BancaStato ha così commentato la conclusione dell’operazione: «L’entrata nella borsa americana di una società nata alle nostre latitudini è già di per sé una grande fonte di soddisfazione per il Ticino. Il fatto che TiVenture SA figuri tra i fondatori mostra quanto sia prezioso il lavoro svolto per sostenere e promuovere le aziende innovative del territorio. Siamo dunque orgogliosi dell’operato di TiVenture SA e fieri di finanziarne le attività. Siamo anche particolarmente felici del fatto che il nostro impegno e la nostra fiducia nella Gain Therapeutics potranno contribuire alla lotta contro le malattie genetiche rare». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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FINANZA / FONDO RESIDENTIA
PIÙ FORTI PER CRESCERE ANCORA Real Estate Switzerland, il comparto immobiliare svizzero di UBS Asset Management, rafforza così la sua presenza nella Svizzera italiana. UBS Fund Management (Switzerland) SA ha rilevato la direzione del fondo dal gestore precedente, FidFund Management SA. UBS Switzerland AG fungerà da banca depositaria, mentre Pagani Real Estate SA continuerà a supportare la direzione del fondo fornendo principalmente servizi nel campo della gestione immobiliare e delle relazioni con gli investitori, garantendo così un forte radicamento locale».
MATTEO PAGANI, CREATORE DEL FONDO RESIDENTIA SPIEGA I VANTAGGI DEL PASSAGGIO DELLA DIREZIONE A UBS ASSET MANAGEMENT, LEADER DI MERCATO NEL SETTORE DEI FONDI IMMOBILIARI SVIZZERI QUOTATI.
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uali sono i principali termini di questo accordo? «Come è stato scritto nel comunicato ufficiale di UBS, a partire dal 1 febbraio 2021, UBS Fund Management (Switzerland) SA ha rilevato la direzione del fondo immobiliare svizzero quotato Residentia. L’autorità federale svizzera di vigilanza sui mercati finanziari FINMA ha dato l’approvazione finale al 28 gennaio 2021.
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Quali opportunità di sviluppo si attende da questa nuova gestione? «UBS Asset Management Real Estate Switzerland è il comparto immobiliare svizzero di UBS Asset Management. Attualmente i suoi portafogli comprendono sei fondi quotati, un fondo non quotato e due gruppi d’investimento. Considerando anche i mandati esterni, vanta oltre 1100 immobili per un valore di mercato superiore a 23 miliardi di franchi svizzeri (al 31 dicembre 2020). In quanto leader di mercato nel settore dei fondi immobiliari svizzeri quotati, è dunque nella posizione ideale per assumere questo ruolo. Per quanto ci riguarda siamo convinti che questa collaborazione, grazie al mix delle nostre competenze, possa ulteriormente rafforzare la strategia d’investimento del Fondo Residentia» Residentia è stato lanciato nel 2009. Quale bilancio è possibile fare di questa iniziativa?
«Siamo partiti con l’idea di creare un veicolo d’investimento aperto a ogni investitore, sia esso grande o piccolo, con lo scopo di dare a tutti la possibilità di investire nell’immobiliare del nostro territorio. In poco più di 10 anni abbiamo costituito anni un patrimonio immobiliare di quasi 300 milioni di franchi». In sintesi, quali vantaggi offre il Fondo Residentia? «Innanzitutto offre la possibilità di “entrare” nel nostro mercato immobiliare. In secondo luogo, il fatto che il fondo sia quotato alla borsa di Zurigo, la possibilità di acquistare o vendere le azioni (o quote) in modo facile e veloce, ovunque sia il proprio conto bancario. Inoltre, il Fondo permette di ridurre i rischi che si affrontano detenendo solo qualche appartamento, grazie ad una grande diversificazione del rischio. E, ancora, i detentori del fondo non pagano imposte sui dividendi distribuiti e neppure sulla sostanza. Questo lo rende un investimento redditizio in termini assoluti (post imposte)». Qual è la tipologia di immobili che avete acquistato, ristrutturato e posto sul mercato delle locazioni? «Il Fondo Residentia investe in modo molto preponderante in immobili residenziali ed una parte minore in superfici di uffici e commerciali. Gli appartamenti sono di standing medio o medio basso, con la prospettiva di poter poi offrire abitazioni alla popolazione con affitti a portata di tutti. A ciò si aggiunga una costante opera di manutenzione e di rifacimento degli appartamenti».
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CON LA PRIMAVERA RIPARTONO FINALMENTE LE ATTIVITÀ?
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al 1° marzo molte attività commerciali hanno riaperto e, successivamente, anche bar e ristoranti. C’è voglia di ripartire e tornare alla normalità. Il settore del turismo, che è stato tra quelli che più hanno sofferto in seguito a restrizioni e chiusure è pronto a riprendere a pieno ritmo. Tuttavia, occorre accogliere i turisti, dalla Svizzera interna e si spera gradualmente anche dall’estero, in modo intelligente, per non rischiare di dover richiudere nuovamente. Oltre che ricevere gli ospiti con un caloroso “bentornati in Ticino” occorre metterli nelle condizioni di rispettare, in aggiunta alle norme federali di comportamento e
distanziamento, il territorio e le sue attività, al fine di ritrovare un Ticino aperto ed accogliente anche questa estate. Solo se si riuscirà a mantenere il tipico ordine svizzero ed agire con testa e coscienza e possibile sperare di evitare una prossima ondata di infezioni e conseguenti chiusure. Poi, compatibilmente con il definitivo miglioramento della situazione sarà necessario compiere uno straordinario sforzo per rendere, con creatività e grande professionalità, le offerte e i servizi sempre più efficienti, nella prospettiva di un Ticino attrattivo, ospitale, ricco di eventi ed iniziative di qualità, divertenti e interessanti.
HANNO PARTECIPATO ALL’INCHIESTA:
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GIUSEPPE ROSSI (G.R.) General Manager Hotel Splendide Royal Lugano
LEO MAISSEN (L.M.) Chief Executive Officer di Hotel Operations Tschuggen Hotel Group
MONICA BESOMI (M.B.) Head of Sales & Marketing Ferrovia Monte Generoso SA
CLAUDIA MELATTI (C.M.) General Manager The View
MAURIZIO MIGLIARDI (M.M.) CEO di Ticino Hotels Group
CARLO FONTANA (C.F.) General Manager Hotel Lugano Dante
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SANDRO FABRETTO (S.F.) General Manager Gateway Tours SA
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uali strategie sono state messe in atto per gestire la situazione di crisi pandemica, ancora in corso all’inizio del 2021, con continue chiusure e restrizioni? G.R.: «Direi che le strategie viaggiano su due binari paralleli: da una parte assicurare la sicurezza agli ospiti e ai collaboratori con la messa in atto di procedure interne attente e puntuali. Dall’altra, puntare sul mercato nazionale, trasformando questa necessità in un’opportunità per far conoscere meglio il Ticino ai turisti svizzeri e far loro vivere tutta la sua bellezza. Si dice “fare di necessità virtù” e uno dei vantaggi di questa situazione potrebbe proprio essere quello di conquistare il mercato svizzero e proporre il Ticino non come “ripiego”, ma come scelta di destinazione consapevole e cosciente. Ovviamente, questo risultato sarà possibile soltanto puntando sulle nostre unicità e, nel caso dello Splendide, sui servizi da Urban Resort, come ad esempio il nostro centro benessere in posizione strategica tra natura e città, tanto apprezzato dagli ospiti».
L.M.: «Dall’inizio della pandemia, tutti e quattro gli hotel del Tschuggen Hotel Group hanno elaborato e attuato un concetto di protezione completo e rigoroso, le cui misure sono destinate a proteggere gli ospiti e i dipendenti. Rispondiamo in modo flessibile a qualsiasi cambiamento della situazione e ci adattiamo costantemente. La nostra strategia comporta quindi attualmente un alto grado di flessibilità». M.B.: «Dall’inizio della pandemia la nostra priorità è stata quella di garantire la tutela della salute dei
nostri ospiti e dei nostri collaboratori, attivando rigorosi piani di protezione che anche quest’anno ci hanno permesso di riaprire sia il Camping Monte Generoso che la ferrovia e il Fiore di pietra con il label Clean & Safe di Svizzera Turismo. I mesi di chiusura invernali e di maggiori restrizioni sono stati sfruttati inoltre per portare a termine i lavori della seconda fase di risanamento della sovrastruttura ferroviaria». S.F.: «Per il turismo “outgoing” la situazione è molto più complicata rispetto al comparto “incoming”. Oltre alle restrizioni in vigore nel nostro Paese, bisogna purtroppo fare i conti con tutte le restrizioni e limitazioni dei Paesi in cui ci si vuole recare (quarantene, test e controlli sanitari, limitazioni locali, aperture ridotte, ecc.). Nel contesto epidemico attuale è pressoché impossibile adottare delle strategie vincenti in quanto le dinamiche e le variabili sono talmente tante ed in continua evoluzione che rende molto complicato, se non impossibile, fare delle previsioni anche a corto termine». C.M.: «Ogni crisi equivale sempre ad un’opportunità e, per coglierla, crediamo che si debba assumere un atteggiamento proattivo nei confronti della realtà che vediamo cambiare di fronte a noi e non subirla passivamente, anche quando questa comporta delle scelte difficili. La crisi va quindi sfruttata per rivedere il proprio business model, adattarlo alle nuove esigenze dei propri ospiti se queste sono mutate, migliorarne la qualità e la produttività anche ampliando le competenze specifiche del proprio personale». M.M.: «A livello di Gruppo abbiamo deciso di mantenere sempre aperte le nostre strutture alber-
ghiere, nonostante fosse difficile fare delle previsioni precise rispetto alla domanda, soprattutto nei primi mesi del 2021. L’andamento alla fine si è dimostrato positivo: poter continuare ad offrire i nostri servizi ed essere rimasti aperti ha dato i suoi frutti e la risposta è stata superiore alle nostre piú rosee aspettative» C.F.: «La riapertura, ancorché parziale, delle strutture alberghiere operata a partire da marzo ci ha consentito di registrare a Pasqua un buon movimento di turisti che fa ben sperare per quanto riguarda la stagione estiva. Naturalmente si tratta di flussi provenienti esclusivamente dalla Svizzera tedesca e da quella francese perché italiani e turisti provenienti da altri Paesi dell’Europa e del mondo restano ancora lontani a causa della situazione sanitaria e delle restrizioni tuttora vigenti. Si tratta poi di una clientela eterogenea, di tutte le fasce d’età, con una buona presenza di famiglie con bambini, mentre i clienti business restano per ora totalmente assenti e potranno tornare, si spera, non appena tutte le attività economiche riprenderanno a pieno ritmo». In attesa di vedere quale potrà essere la situazione dei prossimi mesi, quali sono le attività su cui avete scelto di concentrarvi? G.R.: «Sicuramente sulla qualità della ristorazione con una proposta ampliata in qualità, quantità e varietà sull’arco di tutta la giornata. Gli ospiti in questo momento mangiano tutti in hotel, situazione che normalmente non si verifica, quindi è necessario porre la massima attenzione alla gastronomia. Anche il benessere è basilare, partendo dalla salute e dalla sicurezza fino ad arrivare ai momenti di relax che gli ospiti possono finalmente concedersi in questo periodo TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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non semplice. E, per finire, gli spazi privati: camere e suite sono devono essere curate nei minimi dettagli per offrire un’esperienza di puro comfort». L.M.: «Come padroni di casa, rispondiamo come sempre alle esigenze e ai desideri dei nostri ospiti su base individuale. Vogliamo ridare al tempo il suo valore e così, con il nostro concetto Moving Mountains lanciato di recente, ci concentriamo sulla promozione della vitalità, sperimentando nuovamente la natura e celebrando la gioia e il divertimento. L’ospite decide individualmente sul posto quali esperienze preferisce per rendere il suo tempo con noi il più prezioso possibile». M.B.: «Andando incontro al desiderio delle persone di lasciarsi alle spalle il difficile periodo e d’immergersi nella riscoperta del proprio territorio con le sue bellezze naturali, abbiamo puntato su due importanti promozioni. La prima è dedicata a tutti i residenti in Ticino, a cui concediamo uno sconto del 50% sui ticket Capolago-Vetta A/R e per tutta la stagione. La seconda si chiama 3-TOPPASS ed è un’offerta combinata per scoprire 3 regioni linguistiche della Svizzera, 3 cremagliere e 3 vette panoramiche. Una prima in assoluto dove insieme alle Ferrovie del Rigi e Montreux-Oberland-Bahn abbiamo creato un’offerta speciale per invitare gli svizzeri a riscoprire nuovamente il proprio Paese». S.F.: «Cerchiamo di concentrarci soprattutto su Paesi vicini a noi (per la maggior parte situati in Europa) in cui viaggiare risulta meno problematico rispetto a mete lontane. L’Italia in questo contesto, soprattutto pensando alla prossima estate, è indubbiamente una metà attrattiva in quanto raggiungibile anche con mezzi
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privati (automobile). Credo che per la prossima estate bisognerà, purtroppo, ancora una volta contenere i viaggi “intercontinentali” e concentrarsi su mete più vicine a noi». C.M.: «Ci siamo focalizzati nella ricerca di proposte incentrate sul well-being nella sua accezione più completa: salute, felicità, equilibrio interiore, energia positiva, armonia con l’ambiente. Questa ricerca si tradurrà in un ampliamento dei trattamenti SPA volti a migliorare la risposta del sistema immunitario e il benessere psico-fisico dei nostri ospiti, ma sarà anche declinata nell’arte culinaria proposta dal nostro chef Diego Della Schiava che ha creato un menu degustazione di soli prodotti a km zero, forniti da produttori locali…. materie prime semplici ma rese nobili dalla sua creatività». M.M.: «Ci siamo concentrati nello sviluppare non solo uno, ma diversi scenari, analizzando costantemente i dati e le nuove tendenze, con l’obiettivo di ottimizzare la nostra tipologia di offerta ed andare sempre più incontro alle nuove necessità. Abbiamo infatti constatato che quelli che
sono sempre stati nostri punti di forza (posizione, grandezza delle camere e degli spazi comuni, presenza di aree verdi e professionalità) hanno rassicurato un cliente sempre più attento a questi valori e alla ricerca di una location di alto standing in cui poter rilassarsi, sentirsi sicuro, con tutti i servizi a sua disposizione, all’interno della struttura stessa». C.F.: «Durante tutto il periodo di chiusura ci siamo concentrati nel rendere il nostro hotel totalmente rispondente alle esigenze di sicurezza sanitaria imposte dalle autorità a tutela del personale e della clientela. Ciò ha comportato consistenti investimenti ma possiamo ben dire che oggi la nostra, come la maggior parte delle strutture d’accoglienza ticinesi e svizzere, è perfettamente in grado di offrire tutte le necessarie garanzie in termini di sicurezza, distanziamento, sanificazione ecc. Un passo decisivo è rappresentato dalla riapertura degli spazi interni per la ristorazione perché non tutti dispongono di terrazze e comunque l’ospite ha diritto di poter consumare i propri pasti in spazi comodi e accoglienti, nel rispetto sempre di tutte le misure di sicurezza»
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Dal vostro osservatorio, quali sono i segmenti del comparto turistico che accusano maggiori difficoltà e quali interventi andrebbero favoriti per fronteggiare questo difficile momento? G.R.: «Senza dubbio il settore degli eventi è quello che sta soffrendo di più, ma anche il segmento del turismo d’affari ha subito un fortissimo contraccolpo, come pure il mondo della ristorazione. Per i nostri ospiti, l’esperienza del soggiorno si basa anche sul poter vivere il territorio nella sua accezione più vitale, a 360 gradi e con tutti i suoi servizi, da quelli culturali a quelli di svago. Abbiamo dalla nostra, però, una grande fortuna: la natura ticinese è un plus davvero molto importante». L.M.: «Certamente, le imprese di ristorazione pura e l’industria alberghiera delle città stanno affrontando le sfide più grandi. Ora almeno le terrazze sono di nuovo aperte. E si nota, per esempio, sulla piazza di Ascona o anche nei nostri ristoranti dell’Hotel Eden Roc, come gli ospiti siano felici di questa ritrovata libertà». M.B.: «A soffrirne maggiormente è sicuramente il turismo internazionale, che dipende ancora da quarantene e limitazioni di transito tra paesi. Qui però Svizzera Turismo è molto attiva e ci posiziona tra le destinazioni più Clean & Safe per le vacanze. Altro comparto in forte difficoltà è il segmento MICE, dove i meeting aziendali sono stati sostituiti da eventi online oppure da formati ibridi. Abbiamo però cavalcato l’onda proponendo già l’anno scorso nuove soluzioni come ad esempio il co-working in vetta, per dare la possibilità di smart working, fuori dall’ufficio e dalle mura di casa, ma in un ambiente sicuro e circondato dall’aria fresca di montagna».
S.F.: «Come accennato precedentemente il comparto con maggiori difficoltà è indubbiamente quello del turismo “outgoing”. Le maggiori difficoltà sono dettate dal fatto che non esistono misure “uniformi” adottate dai singoli Stati e questo rende tutto molto ma molto complicato. Bisognerebbe senza dubbio poter contare su regole precise ed uniformate almeno a livello europeo. Tutti gli attori (compagnie aeree, albergatori, operatori) dovrebbero garantire maggiore flessibilità nelle cancellazioni e/o modifiche, cosa che già accade ma in maniera insufficiente». C.M.: «Il turismo e la ristorazione hanno subito delle ingenti perdite a livello mondiale e senza alcuna esclusione, ma sicuramente i segmenti maggiormente penalizzati e che avranno una ripresa più lenta saranno quelli legati al turismo d’affari, congressuale e all’organizzazione di eventi sia pubblici che privati. Fortunatamente, la Confederazione e il Cantone hanno dato vita a degli interventi immediati di sollievo finanziario ed economico per la fase iniziale della crisi, ma adesso occorrono iniziative che favoriscano la ripresa dell’attività di questi settori e del turismo in generale. Il progetto “Vivi il Tuo Ticino” della scorsa estate 2020 ne è stato un fortunato esempio e ci auguriamo che sia presto seguito da diversi interventi di simile natura». M.M.: «A livello internazionale le compagnie aeree (soprattutto quelle di lungo raggio) appaiono come i soggetti con più difficoltà, sia per la riduzione dei volumi di turisti, sia per le differenti normative Covid dei vari Paesi da dover costantemente tenere in considerazione e rispettare. A livello locale la ristorazione ha subito danni importanti che sicuramente intaccheranno la base dell’offerta. Il
ruolo dei Governi centrali è a nostro modo di vedere fondamentale: devono permettere il ritorno alla normalità il prima possibile ed intervenire economicamente e tempestivamente per sostenere gli operatori del settore». C.F.: «È difficile dire chi abbia sofferto di più perché quella dell’organizzazione turistica è una macchina complessa e fortemente integrata dove tutti i comparti concorrono a rendere una destinazione attrattiva e a creare le condizioni perché l’ospite possa godere di tutti i servizi indispensabili a rendere piacevole la vacanza. E a danneggiare fortemente tutti i settori sono state evidentemente le prolungate chiusure che hanno portato alla sospensione delle attività, ma anche, se non soprattutto un clima di incertezza generalizzata che ha fatto venire meno una degli elementi determinanti di ogni attività turistica: la possibilità di programmare. Per fare solo un esempio anche ora che l’hotel è riaperto i tempi di prenotazione delle camere si sono drasticamente ridotti, addirittura riceviamo il venerdì sera telefonate per riservare le camere il week-end successivo. E questo discorso potrebbe essere replicato per quasi tutti i passaggi della filiera, con tutte le conseguenze che è facile immaginare». È possibile ipotizzare che la prossima estate possa essere il momento di un autentico rilancio turistico e quali azioni andrebbero promosse in proposito? G.R.: «Certo, e noi ce lo auguriamo. Naturalmente dipenderà dall’evolversi della situazione pandemica, ma sono convinto che durante l’estate si potrà contare su una clientela diversificata sia per provenienza geografica che per segmento di mercato. Questa eterogeneità degli ospiti porteTICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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rebbe ad un fisiologico allungamento della stagionalità. Se durante l’estate di certo la clientela nazionale arriverà in Ticino, è la bassa stagione a preoccupare: quando risolveremo questo problema di flessione, vorrà dire che sarà finalmente arrivato il momento del rilancio più autentico». L.M.: «Per rispondere con certezza ci vorrebbe ovviamente la sfera di cristallo. In Ticino e in montagna, abbiamo potuto godere di un gran numero di ospiti nazionali. Questa lealtà ci ha dato grande sostegno e motivazione l’anno scorso. In Ticino, stiamo già sperimentando un aumento della domanda e le previsioni per questa estate sono promettenti. Nella nostra esperienza, l’implementazione di un concetto di protezione rigoroso ha dato i suoi frutti e ha creato fiducia tra gli ospiti. Di conseguenza, vedono i nostri hotel come un rifugio sicuro anche in tempi instabili». M.B.: «Il Ticino ha lavorato già molto bene la scorsa stagione grazie al turismo domestico e lo stesso è stato per noi ed in particolare per il Camping Monte Generoso di Melano. Con la voglia di stare all’aria aperta le vacanze in campeggio hanno avuto un vero e proprio boom con nuovi campeggiatori, più giovani e tante famiglie! Ci aspettiamo la stessa tendenza e per questo abbiamo rafforzato gli eventi al campeggio, aperti anche agli esterni. Da non perdere per il 2021 ci sono l’aperitivo sulla spiaggia al nuovo bar chiringuito, la grigliata argentina e il Food Truck Festival. La voglia di natura e spazi aperti gioverà sicuramente anche alla ferrovia e al Fiore di pietra dove non mancano gli eventi per rigenerarsi a 1704 metri: Yoga Flow in vetta, Tour alla scoperta delle erbe aromatiche e il Sunrise Tour sono alcuni di questi eventi (www.montegeneroso.ch/eventi)».
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S.F.: «Difficile pensare ad un’estate normale (preCovid); sono troppe le incognite legate alla pandemia. Il vaccino indubbiamente permetterà di allentare la pressione sulle attuali misure restrittive ma non risolverà da solo il problema. La macchina del turismo si è fermata completamente da un giorno all’altro e serviranno anni prima che si ritorni ai livelli pre-Covid». C.M.: «Riteniamo che un autentico rilancio sia davvero possibile solo quando la pandemia sarà definitivamente e globalmente sotto controllo. Siamo però moderatamente ottimisti e confidiamo che, con l’estate e con la ripresa delle attività outdoor, il Ticino abbia ottime possibilità di tornare ad essere una meta ambita per il turismo domestico, sopperendo quindi alle perdite dovute all’interruzione del flusso del mercato internazionale». M.M.: «Osservando l’andamento della domanda rispetto alla destinazione e i tassi di occupazione, il mercato domestico sta di sicuro dando una grande soddisfazione, e possiamo di certo ipotizzare (e sperare) che quest’ estate sia un momento positivo per un rilancio turistico di questa regione. Al momento si tratta naturalmente di svizzeri, che desiderano prendersi una pausa dal quotidiano e concedersi una breve vacanza, una parentesi per ricaricarsi. A seconda dell’andamento delle normative credo che i nostri prodotti possano tornare ad essere appealing anche per un target di prossimità. Sarà importante continuare a promuovere la destinazione, sottolineandone i diversi punti di forza, cercando di poter offrire ai turisti anche un programma variegato di eventi e attività interessanti ed innovative, coerenti con il momento che stiamo vivendo e le nuove tendenze».
C.F.: «Siamo tutti ad augurarci che i prossimi mesi possano segnare la definitiva uscita dalla pandemia, nel senso che non vi siano nuove limitazioni o addirittura lockdown, perché ciò sarebbe un vero disastro per tutta l’economia. Se invece si parla di una regolare ripresa delle attività turistiche credo che bisognerà attendere almeno il prossimo anno quando, si spera, saranno raggiunte alcune condizioni indispensabili: una drastica riduzione dei contagi in tutto il mondo, il raggiungimento di una rilevante vaccinazione della popolazione di tutto il pianete e, di conseguenza, una ripresa della mobilità, basti pensare alla possibilità di spostarsi tra un Paese e l’altro. In attesa di ciò dovremo lavorare su movimenti turistici interni, nella speranza che la platea degli ospiti possa rapidamente allargarsi». In generale, come cambierà nei prossimi mesi e anni, il mondo del turismo? G.R.: «La mia visione del turismo del futuro mi suggerisce un interesse crescente per gli spazi aperti, la scelta di destinazioni non troppo affollate e un’attenzione sempre più forte degli ospiti nei confronti di temi quali sicurezza, benessere e qualità del soggiorno. E poi ci sarà la natura a giocare un ruolo da protagonista. Guardando agli anni a venire, credo potrà esserci una riscoperta di quelle che in passato sono state considerate “destinazioni secondarie”, non per qualità dell’offerta ma proprio perché fuori dai circuiti del turismo più mainstream. La clientela di prossimità, inoltre, potrebbe riservare delle sorprese: avendo riscoperto in questo periodo il Ticino, gli ospiti nazionali credo torneranno volentieri per godersi delle bellezze della “Riviera svizzera».
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“staycation” e “workation” che hanno caratterizzato la scorsa estate 2020».
L.M.: «Forse la gente viaggerà più consapevolmente in futuro. Questo potrebbe significare limitare deliberatamente la quantità di viaggi e prendersi del tempo libero. La gente ha anche riscoperto la bellezza sulla soglia di casa propria nell’ultimo anno. Forse la gente rinuncerà a uno o due viaggi a lunga distanza: per entusiasmo verso il proprio paese o per amore dell’ambiente». M.B.: «Ogni difficoltà cela sempre delle opportunità da cogliere al volo. E se per noi appartenenti al mondo Migros, il cambio di passo era già in atto, questo periodo non ha fatto altro che rimarcare l’importanza di un turismo sostenibile. E per la sostenibilità abbiamo preso due nuovi impegni: l’adesione alla campagna Swisstainable di Svizzera Turismo con un certificato di livello 2 su 3 impegnandoci per l’ambiente, e la partecipazione all’iniziativa «Cause We Care» della fondazione myclimate. Siamo la prima risalita di montagna di tutto il Ticino e il primo campeggio svizzero ad aver aderito e a dare la possibilità ai nostri ospiti di compensare i CO2 della loro esperienza e ad investire insieme in progetti green». S.F.: «Difficile fare delle previsioni ma di certo i viaggi nel 2021 ed anche nel 2022 saranno caratterizzati da continui test covid (PCR). Non credo troppo nel “passaporto
vaccinale” inteso come vaccinati=liberi tutti per il semplice fatto che il vaccino, come detto, permetterà assolutamente di allentare le restrizioni in quanto diminuirà la pressione sugli ospedali ma non garantirà il fatto di non trasmettere il virus; questo almeno da quanto emerso scientificamente fino ad oggi. I tamponi (test) continueranno pertanto a farci compagnia per il futuro prossimo. Bisognerà inoltre “convivere” anche con le mascherine, il distanziamento sociale e le varie restrizioni/limitazioni che già stiamo vivendo attualmente. Non ci saranno, a mio avviso, mete “covid free” in cui tutto potrà essere come prima della pandemia. La qualità della vita del viaggiatore migliorerà proporzionalmente all’evoluzione della pandemia ma dubito fortemente che nei prossimi due anni risolveremo il problema». C.M.: «La pandemia ci ha insegnato che gli scenari apocalittici ipotizzati da scienziati e ambientalisti non sono poi così remoti e questa consapevolezza inevitabilmente si ripercuoterà su ogni attività economica, incluso il turismo. Certamente la sostenibilità e la preservazione dei valori delle identità locali saranno dei must sui quali verteranno domanda e offerta turistica dei prossimi mesi e anni. Si presterà più attenzione a non ricadere nell’overtourism delle grandi città o delle località balneari, si prediligerà il turismo esperienziale, lo slow travel e, nel breve termine, continueranno senz’altro le nuove forme di soggiorno
M.M.: «Direi che è una domanda complessa, alla quale è difficile poter dare una riposta univoca: è certo che ci sarà un cambiamento, un cambiamento che è già in atto, ed in costante divenire. Stanno cambiando le persone, le logiche sociali, le priorità, e questo ha naturalmente un impatto su tutte le dinamiche di acquisto di un prodotto o servizio, ancor più in un settore come il turismo, che si propone in primis di fare vivere “esperienze” di vita ai “propri consumatori”. Mi immagino che i viaggi saranno meno d’impulso, soprattutto per destinazioni a medio raggio, e che diventeranno per le persone dei veri e proprio “progetti”, nei quali informarsi sulle possibili destinazioni sarà un must per decidere dove poter vivere un viaggio sicuro, affidandosi a strutture in grado di offrire una gamma sempre più ampia di servizi personalizzabili». C.F.: «Credo che per un periodo abbastanza lungo dovremo abituarci ad una modifica di molti comportamenti, di cui già ora si avvertono segnali molto precisi. Per esempio, si rileva un mercato interesse per tutte le attività all’aperto, nella natura, a discapito di forme di divertimento che implicano assembramento di molte persone in un solo luogo. E da questo punto di vista il Ticino ha davvero tutte le carte in regola per diventare una meta privilegiata di un turismo “green” sostenibile e consapevole. Un altro elemento da tenere in considerazioni sembra essere al momento la riscoperta di vacanze in “vicinanza”, e anche in questo caso possiamo davvero sfruttare il fatto di essere il Cantone che offre le condizioni di clima, ambiente e natura più favorevoli, soprattutto per turisti provenienti dal nord della Svizzera e dell’Europa». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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RISTORANTI STELLATI E GROTTI DELLA TRADIZIONE: L’ENOGASTRONOMIA TICINESE INCANTA I TURISTI 01
VIDEO RICETTE, COLLABORAZIONI CON CHEF RINOMATI E CON INFLUENCER DI GRIDO. SOSTENIBILITÀ E DIGITALIZZAZIONE. L’AGENZIA TURISTICA TICINESE HA PRONTA LA RICETTA DEL DOPO PANDEMIA.
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Uno dei prossimi progetti sarà il “Ticino Gourmet Tour”, iniziativa di Dany Stauffacher che ci vedrà coinvolti. Il tour sarà lanciato a fine maggio. Lo scopo è di dare visibilità alle eccellenze gastronomiche del nostro territorio che si distinguono per ticinesità, autenticità e qualità».
enogastronomia rappresenta uno dei principali motivi che spingono il turista a scegliere il Ticino come meta per le proprie vacanze. Quali sono i punti di forza dell’offerta in questo settore? «Proprio così. Secondo il Monitor del Turismo svizzero, uno studio commissionato da Svizzera Turismo, l’enogastronomia è tra i principali motivi che spingono il turista a scegliere il Sud delle Alpi come meta per le proprie vacanze. Senza contare che circa il 30% del budget dei visitatori è speso in questo settore. La nostra cucina, parente stretta di quella lombarda, vanta tanti ristoranti stellati e contemporaneamente l’eccellenza della cucina tradizionale nei grotti. Come Ticino Turismo, organizziamo ogni anno diverse attività di marketing per promuovere le varie sfaccettature di questa ricchezza enogastronomica.
Qual è il progetto che avete elaborato in collaborazione con la Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo di Bellinzona (SSSAT)? «Il progetto riguarda la valorizzazione dei piatti tipici ticinesi attraverso brevi video e un nuovo ricettario online. A cadenza mensile vengono diffuse, attraverso vari canali, le ricette dei piatti tradizionali della nostra gastronomia leggermente rivisitati. ll format delle video-ricette si ispira a quello lanciato dal popolare canale “Tasty”: i filmati durano qualche decina di secondi, mostrano le fasi salienti della realizzazione di un piatto assieme a brevi istruzioni testuali. Oltre alla condivisione mensile dei video sui Social Media e sul sito, abbiamo iniziato una collaborazione con alcuni chef stellati che ci hanno “svelato” alcune loro ricette. In totale, nella sezione ticino.ch/ricette, ne saranno pubblicate oltre 40 in quattro lingue». Come mai avete scelto i social come media principale per veicolare queste iniziative? «La particolarità del mondo mediatico di oggi è che per ogni supporto servo02
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TURISMO / TICINO TURISMO 03
TICINO TURISMO, ARRIVA IL CERTIFICATO ENGAGED
no contenuti dedicati. Per questo motivo stiamo producendo materiale video, fotografico o descrittivo con contenuti specifici per ogni supporto. Ci stiamo avvalendo sempre più dei media online – per i quali elaboriamo contenuti di grande dinamismo - ma preserviamo il rapporto con quelli tradizionali e in particolare con la carta stampata».
Quali altre iniziative avete in programma per l’estate e l’autunno, per favorire la ripartenza del turismo ticinese? «In un anno che sarà ancora caratterizzato dagli spostamenti a corto raggio, continuiamo a focalizzarci sulla Svizzera interna e sulla Romandia. Abbiamo lanciato una campagna che fa leva sul concetto della maggiore raggiungibilità del Sud delle Alpi (neanche due ore da Zurigo) e sulla possibilità, grazie alla nuova galleria del Ceneri, di vivere e “assaporare” più tasselli dell’offerta turistica ticinese (#ticinomoments) tra il Sopra e il Sottoceneri. Visto il perdurare di alcune restrizioni, in una prima fase abbiamo pianificato campagne mirate sui Social Media, manifesti digitali e spot televisivi. Nel corso dell’estate si continuerà con varie attività, tra cui collaborazioni con le principali testate nazionali e - se la situazione epidemiologica lo consentirà - eventi in presenza a partire da giugno. Parallelamente, si continua a lavorare su progetti strategici importanti come la digitalizzazione del Ticino Ticket, il progetto DESI, la sostenibilità, lo sviluppo del segmento Mountain Bike e molti altri».
Avete coinvolto anche alcuni chef stellati. Qual è stato il loro apporto? «Abbiamo iniziato con Frank Oerthle del Ristorante Arté, facendo una diretta dalla sua cucina mentre realizzava la ricetta. Successivamente il progetto si è esteso e sono stati coinvolti altri chef. Quando questo materiale finisce sui social, abbiamo una grande risposta, con partecipazione attiva degli utenti, che a loro volta postano, commentano e fotografano. Spesso, inoltre, coinvolgiamo i nostri chef nelle attività all’estero con show cooking dedicati proprio alla promozione della nostra enogastronomia».
Ticino Turismo ha ottenuto il certificato Engaged attributo da Svizzera Turismo (ST). L’obbiettivo del programma Swisstainable lanciato dall’ente nazionale è quello di promuovere il nostro Paese come “Una delle destinazioni di viaggio più sostenibili” entro il 2023, grazie al coinvolgimento di oltre 4mila imprese e organizzazioni. Ticino Turismo si è da subito mosso per ottenere la certificazione di secondo livello: “Stiamo lavorando a questo tema da oltre un anno”. Ha commentato il direttore Angelo Trotta. “Abbiamo lanciato ticino.ch/green, una piattaforma che mette in vetrina le eccellenze in materia di sostenibilità. Abbiamo definito, in collaborazione con un’azienda leader del settore, un piano d’azione che permetterà al nostro Cantone di essere una destinazione di punta per il turismo sostenibile”. Tre gli obiettivi da realizzare nei prossimi due anni. Prosegue Trotta: “Ridurre l’uso di combustibili fossili, rendere Ticino Ticket completamente digitale e incentivare comportamenti più sostenibili da parte dei turisti e dei nostri partner”.
01 Angelo Trotta 02 – 04 Ph: ©Alain Intraina 04 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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TURISMO / LUGANO REGION
GUARDIAMO AVANTI CON FIDUCIA
A ALESSANDRO STELLA, DIRETTORE DI LUGANO REGION, ILLUSTRA I PUNTI QUALIFICANTI DELLA STRATEGIA CHE GUIDERÀ NEI PROSSIMI MESI L’AZIONE DELL’ENTE DI PROMOZIONE TURISTICA DEL LUGANESE
vete presentato la Relazione Annuale e il Preventivo 2021 per la vostra attività. Con quale bilancio e quali prospettive? «Siamo partiti dall’evidente considerazione che la pandemia ha avuto un impatto molto rilevante su tutte le attività turistiche della città e della regione. Di conseguenza abbiano volutamente scelto di preventivare una perdita proprio per rispondere adeguatamente alla crisi provocata dal Coronavirus. Questa decisione dovrebbe consentirci di dare un impulso ancora maggiore a tutte le attività di marketing, al fine di attrarre turisti e dare sostegno ad aziende e imprenditori attivi sul territorio. In ogni caso, siamo pienamente consapevoli che in questo periodo la parola chiave è “incertezza” e che dunque le possibilità di un rilancio delle attività turistiche restano fortemente dipendenti dall’andamento nei prossimi mesi della pandemia. Le previsioni parlano di una ripresa abba-
stanza sostenuta già a partire da questa estate per quanto riguarda il movimento turistico interno, mentre per ciò che attiene i flussi provenienti dall’estero bisognerà attendere ancora un po’ di tempo». Quali saranno dunque i punti principali della vostra strategia di marketing? «Le nostre attività saranno focalizzate sul mercato svizzero, con particolare riferimento a target mirati ad un pubblico over 35-65 anni, mentre nell’ambito della collaborazione con Svizzera Turismo punteremo ai segmenti “city breaker” e “culture traveller”. Per quanto riguarda invece i cluster dei prodotti saranno enfatizzati quelli legati all’outdoor (escursionismo e bike), alla cultura e all’offerta del settore MICE. Inoltre, sarà messa in evidenza tutta l’eccellenza enogastronomica della regione che attualmente si pregia di ben quattro ristoranti stellati. Un progetto importante a livello cantonale a cui il nostro Ente ha aderito è 01
01 Ph: ©Milo Zanecchia 02 Ph: ©Antonio Ravazza
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TURISMO / LUGANO REGION 02
per lo Sviluppo del Luganese è stato portato avanti il progetto della posa delle 15 colonnine di ricarica per le e-bikes su tutto il territorio regionale. Anche nel corso del 2021 ci occuperemo della manutenzione ordinaria dei 600 km circa della rete escursionistica, dei 300 km di rete ufficiale locale, dei 370 km di percorsi mountain bike, e dei 40 km circa di sentieri tematici. Sono inoltre previsti tutta una serie di interventi per il completamento o l’integrazione dei percorsi, il loro miglioramento, la dotazione di servizi aggiuntivi per l’assistenza ai turisti».
il Progetto Schweizerische Südostbahn AG (SOB), che si inserisce nella Nuova Politica Regionale (NPR) e che prevede la digitalizzazione dell’offerta turistica grazie all’integrazione dei partners del Luganese che aderiranno alla piattaforma e-commerce». Dal punto di vista della comunicazione è già possibile annunciare qualche novità? «La particolare situazione in cui ci troviamo ad operare ci induce a promuovere campagne promozionali in stretta collaborazione con tutti i partner e gli attori presenti sul territorio. In particolare, è prevista la realizzazione di due importanti campagne. “Lugano Region. Il vero sud” mira a posizionare il Luganese come autentico centro culturale ed esperienziale del sud della Svizzera, creando valore aggiunto sia per l’ospite che per i partners coinvolti; soprattutto a seguito dell’apertura della galleria ferroviaria di base del Ceneri l’ospite della regione potrà spostarsi più rapidamente tra i diversi luoghi d’interesse turistici del Ticino. La promozione durerà tutto
l’anno con immagini ed offerte adattate alla stagionalità. Grazie invece alla campagna “Cities”, portata avanti con ST, la nostra destinazione caratterizzata dalla sua mediterraneità e dai suoi prodotti legati al territorio avrà ampia visibilità sia in Svizzera che in Germania e in Italia. Nell’ambito della campagna da segnalare l’adesione a “The Digital Swiss 5 Cities Edition”, la prima corsa ciclistica digitale in città promossa per la fine dell’anno». Le aspettative dei turisti, soprattutto in tempi di pandemia, spingono verso una sempre maggiore valorizzazione delle risorse naturalistiche e ambientali del territorio… «Già da tempo Lugano Region si è concentra sulla promozione delle numerose attività outdoor tra le quali gli itinerari per la mountain bike e la rete escursionistica in tutta la regione. Dopo le numerose iniziative per la promozione dei percorsi MTB e la nuova tendenza riscontrata a favore dell’utilizzo delle e-bikes, nel 2020 in collaborazione con l’Ente Regionale
L’esperienza dei mesi passati ha insegnato come social media e digitalizzazione rappresentino degli elementi da cui ormai non è più possibile prescindere laddove si voglia fare un’efficace promozione turistica… «Sono senz’altro d’accordo. La promozione della destinazione attraverso i canali digitali di Lugano Region è sempre più un must al fine di emozionare, ispirare e tenere sempre alto l’interesse per la nostra regione e presentare le numerose attività possibili sia verso il pubblico di riferimento svizzero che quello internazionale. Molto importante è in questo senso la costante collaborazione con i nostri partners al fine di informare e nello stesso tempo promuovere la regione agli utenti che visitano www. luganoregion.com. Per non parlare dei social media che ci hanno consentito di mantenere uno stretto rapporto con chi ha scelto di vivere un’esperienza nella città e nel Luganese. Tutto questo sarà ulteriormente intensificato nei prossimi mesi per mantenere un contatto con la community e continuare a condividere curiosità e interesse nei confronti della nostra destinazione dando sempre una tempestiva informazione sulle possibilità di fruizione e scoperta di questo splendido territorio». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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TURISMO / OTR MENDRISIOTTO
NADIA FONTANA LUPI, DIRETTRICE DELL’ORGANIZZAZIONE TURISTICA REGIONALE DEL MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO (OTRMBC) PRESENTA ALCUNE INTERESSANTI INIZIATIVE FINALIZZATE ALLA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO: LO SVILUPPO DI UNA RETE DI ITINERARI BIKE SUL MONTE SAN GIORGIO, L’APERTURA DEL PRIMO WINE HOTEL DEL TICINO A VACALLO E IL PROGETTO PER LA REALIZZAZIONE DI MICRO-HABITAT SUL MONTE GENEROSO DOVE PERNOTTARE A CONTATTO CON LA NATURA.
TANTE NUOVE PROPOSTE PER L’ESTATE
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erché il Monte San Giorgio si candida a diventare una destinazione privilegiata per tutti gli amanti della mountain bike? «Gli appassionati delle escursioni in rampichino sono sempre più numerosi sul nostro territorio, invogliati forse a inforcare la mountain bike anche a causa delle restrizioni pandemiche che impediscono altre attività all’aria aperta. Molti sono alla ricerca di nuovi e stimolanti itinerari e per rispondere a questa crescente domanda abbiamo progettato tutta una serie di tracciati che permettono di partire da Capolago, salire sul Monte San Giorgio fino a Serpiano e quindi scendere lungo nuovi percorsi. Percorsi pensati per soddisfare un pubblico con competenze e necessità diverse, dal principiante al biker esperto che permetteranno di apprezzare la varietà e la ricchezza dei paesaggi delle zone di pianura e di montagna del Mendrisiotto, contraddistinte dalla presenza del lago ma anche da pianori e pendii coperti di boschi e pascoli alpini».
Il primo percorso che vorreste realizzare ancora nel corso del 2021 è un percorso circolare… «Questo lungo itinerario circolare con partenza e arrivo a Capolago, sarà il secondo tracciato ufficiale per rampichini del distretto dopo quello sulla piana del Laveggio. Promotore dell’iniziativa è Mendrisiotto Turismo, in stretta collaborazione con i Comuni e con il Cantone. Il percorso circolare avrà un discreto dislivello visto che toccherà anche, fra gli altri punti in quota, l’alpe di Brusino. Sarà un anello espressamente dedicato agli amanti della mountain bike e si snoderà per lo più su sentieri che vorremmo principalmente dedicare all’utenza biker. Non ci dovrebbero quindi essere conflitti con pedoni o altri utenti dei sentieri stessi, perché a volte, purtroppo, possono nascere incomprensioni fra i vari utilizzatori dei tracciati. Su alcune parti del percorso dovremo intervenire in maniera importante e penso in particolare al tracciato dall’Alpe di Brusino che scenderà su Riva San Vitale». Particolarmente rilevante è anche l’interesse ambientale del monte San Giorgio… «Percorrendo i tracciati previsti sul Monte San Giorgio, è sarà possibile ammirare gli incantevoli panorami a lago godibili da Serpiano oppure assaporate la frescura dei boschi e pregustate una sosta presso l’Alpe di Brusino o in una delle cantine vitivinicole che si trovano tra Rancate e Meride, dove merita assolutamente una sosta il Museo dei Fossili».
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TURISMO / OTR MENDRISIOTTO
Il vostro impegno per la valorizzazione turistica del territorio passa anche attraverso il coinvolgimento degli operatori locali… «Assolutamente sì, anzi direi che proprio che questa è una delle condizioni imprescindibili per la realizzazione dell’intero progetto. Non basta tracciare un percorso, occorre poi mantenerlo e renderlo vivo con il concorso di tutti gli operatori che ben conosco-
no le grandi potenzialità del nostro e sanno valorizzarlo, in termini di servizi offerti, iniziative speciali, pacchetti appositamente studiati. Voglio solo citare il caso dell’hotel Serpiano, del campeggio San Giorgio o della Locanda San Silvestro, tre strutture ricettive che hanno da subito manifestato il loro interesse per il progetto e per questo segmento di clientela, disposti anche a migliorare l’offerta con delle attrezzature particolari». Il bisogno di un avvicinamento all’ambiente si concretizza anche nel progetto Micro-Habitat Monte Generoso… «Nell’ambito del progetto nazionale Millions star Hotel, proposto da Svizzera Turismo per il secondo anno, la Fondazione Monte Generoso ha deciso di proporre nell’area della Bellavista del Monte Generoso, una proposta innovativa, che permette di pernottare a contatto con la natura in una struttura unica e molto particolare. La particolare struttura realizzata in legno partendo da un approccio bio-ispirato è stata concepita appositamente per trasformarsi in un osservatorio sul cielo notturno. Il senso di privacy all’interno del modulo abitativo “Momò Bellavista” è garantito dal suo posizionamento e dall’orientamento verso il bosco. La vista sul cielo notturno è garantita sia a livello verticale (grazie all’ampia superficie vetrata sopra il letto a soppalco) che a livello orizzontale dalla parete trasparente che permette uno scorcio del cielo stellato tra i rami della faggeta circostante. L’offerta di alloggio sarà gestita in modo professionale ed accogliente dall’Osteria con alloggio la Peonia distante ca. 350 m e di proprietà dalla Fondazione Monte Generoso».
È stato recentemente lanciato il progetto del primo Wine Hotel del Ticino. Di che cosa si tratta? «La Famiglia Montereale, da 37 anni proprietaria dell’Hotel Conca Bella di Vacallo, un tipico paesino ticinese che si trova all’entrata della Valle di Muggio, ha deciso di attivarsi e di affrontare un’ennesima trasformazione dell’offerta alberghiera, mettendola in stretta e diretta connessione con il tema “Vino”, raggiungendo così l’obiettivo di diventare il primo Wine Hotel del Ticino. Già dal 1984, il Conca Bella ha saputo distinguersi e farsi apprezzare per la particolare attenzione all’accoglienza nonché per l’amore per il buon vino e per la gastronomia (oggi 14 punti Gault Millau), ma l’obiettivo del nuovo progetto è quello di creare un’esperienza indimenticabile per gli appassionati di enogastronomia portando il filo conduttore “Vino” in tutta la struttura, dalle 17 camere agli spazi condivisi, come la Wine Lounge e l’enoteca. La collaborazione con gli attori locali e la messa in rete dei prodotti del territorio è un fattore centrale del progetto nonché un elemento promosso anche dal Centro di competenze agroalimentare Ticino (CCAT), che tanto si sta adoperando per valorizzare i prodotti Ticino».
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TURISMO / FUNICOLARE MONTE S. SALVATORE
SEMPRE PIÙ IN ALTO VERSO LA VETTA LA STAGIONE ESTIVA SI APRE ALL’INSEGNA DI INTERESSANTI NOVITÀ CHE CONFERMANO LA VOLONTÀ DELLA FUNICOLARE MONTE SAN SALVATORE DI ESSERE SEMPRE PIÙ ACCESSIBILE AI LUGANESI E AI TURISTI E COSTITUIRE UN AUTENTICO VALORE AGGIUNTO PER LA PROMOZIONE DEL TERRITORIO. Da sinistra: Francesco Markesch, Luca Mogliazzi, Brigitte Näf Mogliazzi, Felice Pellegrini Ph: ©Giorgia Panzera
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empre attenta a garantire l’accessibilità dell’impianto di risalita a tutti coloro che sono confrontati con difficoltà motorie, già nel lontano 1998 la Società aveva dato prova di sensibilità e disponibilità rendendo fruibile la struttura ai disabili. Con il rinnovo delle strutture, da parecchi anni è consentito all’ospite un ingresso facilitato alla stazione di partenza a valle, e grazie all’allargamento delle porte anche un pratico accesso delle carrozzine nei primi scompartimenti delle funicolari. All’interno del Ristorante Vetta è stato installato un moderno ascensore che permette un comodo accesso agli spazi congressuali dotati di un panoramico servizio igienico per disabili. Inoltre tramite la realizzazione di una idonea rampa, nell’area circostante il ristorante è stato
facilitato l’accesso delle carrozzine sulla panoramica terrazza Monte Rosa. Memore del motto “che le barriere sono solo quella della mente” e per essere sempre aggiornati con le strutture, recentemente la Società con un significativo investimento, ha provveduto ad installare alla stazione a monte un nuovo montascale a piattaforma. Al fine di rendere sempre più fruibili i servizi offerti, da maggio il Ristorante Vetta San Salvatore propone come in passato, una serie di aperture serali tutti i venerdì e sabato sera con l’ultima corsa alle 23.00 (funicolare in esercizio ogni giorno da mattino a sera ogni mezz’ora, corsa delle 18.30 sospesa). Gli ospiti nel pieno rispetto delle misure pandemiche attualmente in vigore, potranno godere nella panoramica terrazza coperta, della stuzzi-
cante offerta gastronomica al lume di candela e di un servizio al tavolo curato in un ambiente gradevole e rilassante. Tutti coloro che cenano in vetta al “Top of Lugano” possono beneficiare della conveniente tariffa in vigore in funicolare di soli CHF 9.- (prenotazioni allo 091 993 26 70). I continui sforzi compiuti per migliorare la propria attività hanno ricevuto un significativo riconoscimento da parte della Guida Verde Michelin che ha voluto conferire per il quarto anno consecutivo la prestigiosa distinzione “tre stelle*” alla destinazione luganese. Ciò premia l’impegno profuso nell’arco di tanti anni da parte della Società per diversificare l’offerta facendo del “Pan di zucchero luganese” una meta prediletta e un reale valore aggiunto per tutto il territorio. La Guida verde Michelin è infatti una pubblicazione che fa parte delle guide turistiche e che mette l’accento sulla scoperta del patrimonio naturale e culturale delle diverse regioni. www.montesansalvatore.ch
Gian Paolo Donghi, collaboratore esterno servizio consulenza vita dell’Associazione Svizzera Paraplegici, sezione Ticino.
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SWISS MEDITERRANEAN
the finest real estate since 1973
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TURISMO / GRAND HOTEL VILLA CASTAGNOLA
LUSSO, FASCINO E SOSTENIBILITÀ “IL MIO CUORE PALPITA OGNI VOLTA CHE GIUNGO A VILLA CASTAGNOLA, LUOGO PER ME MERAVIGLIOSO. È UNA FORTUNA SENTIRSI A CASA CIRCONDATI DA CALORE E ATTENZIONE: CIÒ MI DÀ ISPIRAZIONE E FELICITÀ. COME DIRETTORE NON MI SERVE ALTRO” (MARKUS POSCHNER, DIRETTORE D’ORCHESTRA OSI) DI PAOLA CHIERICATI Claudia e Ivan Zorloni Ph: ©Igor Grbesic
È
con questa citazione che vorrei iniziare a raccontare il Grand Hotel Villa Castagnola, poiché nelle parole di Markus Pochner è racchiusa l’essenza di questa magnifica struttura alberghiera. Ce ne dà conferma il suo General Manager, Ivan Zorloni: «La passione per l’ospitalità e la volontà di rendere il soggiorno dei nostri ospiti un’esperienza indimenticabile sono sempre stati i nostri punti di forza». Proprietà di grande prestigio, Villa Castagnola è situata in un parco dalle caratteristiche subtropicali che si scorge dalla riva del lago di Lugano. L’Hotel unisce lo splendore di tempi passati al calore ed ai comfort di una villa privata ed è ideale per un soggiorno d’affari o di relax in qualsiasi periodo dell’anno, o per convegni, conferenze ed eventi privati. Risalente al XIX secolo, di proprietà della famiglia Garzo-
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ni da quasi 40 anni, è arredata in modo sontuoso con mobili antichi e opere d’arte classica originali. Il maestoso camino di marmo ticinese, di Arzo, al centro della grande sala, infonde un senso di intimità e di familiarità. Costruita nel 1880 come residenza per la famiglia Von Ritter, nobili russi, Villa Castagnola fu acquistata nel 1885 da una giovane coppia di Lucerna appartenente alla famiglia Schnyder von Wartensee, che trasformò la Villa in albergo e la gestirono con successo per tre generazioni, curandone le diverse fasi di ristrutturazione per quasi 100 anni e rendendola uno degli alberghi più rinomati della Svizzera. La famiglia Garzoni operò in seguito una ristrutturazione totale per riportare la Villa ai suoi antichi splendori e per fornire i più alti standard di comfort. Nel 2002 gli attuali proprietari acquistarono inoltre l’allora Hotel du Midi e lo trasformarono in quello che è oggi lo splendido Art Residence al Lago, che affitta appartamenti arredati di alto standing e di varie metrature per soggiorni che partono da un minimo di tre mesi. Con grande lungimiranza, all’interno del ristorante Arté situato al piano terreno, realizzarono una Galleria d’Arte che ha ormai collezionato decine di mostre di fama internazionale di scultori ticinesi ed europei. Sino a fine anno Ivo Soldini esporrà le sue sculture e in questa edizione di Ticino Welcome gli abbia-
GRAND HOTEL VILLA CASTAGNOLA Viale Castagnola 31 CH-6906 Lugano T. +41 (0)91 973 25 55 www.villacastagnola.com
tante che evita lo spreco di energia fossile e di acqua potabile. Anche la plastica monouso è stata quasi completamente eliminata dall’hotel, compresi i contenitori degli articoli di mo dedicato un articolo a sé stante. Il Grand Hotel Villa Castagnola è rinomato per la sua armonia, la discrezione e la cortesia del personale di servizio. Ciascuna delle sue 39 camere, 30 Suite e Junior Suite e 3 Suite con 2 camere da letto, è arredata con gusto raffinato e nuances di colore particolari e godono di una vista incantevole sul lago e sul parco. L’albergo offre un’ampia selezione di servizi e attività per il benessere, disponendo di una piscina coperta, di un campo da tennis in terra battuta, di un lido privato al lago, di un piccolo spazio fitness, di due saune, di cui una bio, di un caldarium e bagno turco, di un hydropool, di un coiffeur e di un Clarins Beauty Corner. Degli stessi servizi usufruisce pure il Residence Villa Castagnola, anch’esso situato all’interno del meraviglioso parco. Gli eleganti appartamenti sono stati ideati da professionisti che amano il comfort, gli ampi spazi e il buon gusto. Per chi invece vuole celebrare il proprio matrimonio, nella seicentesca cappella situata nel parco, è possibile organizzare una cerimonia con una quarantina di ospiti. È evidente che per mantenere l’intera struttura in condizioni impeccabili, ogni anno sono necessari consistenti investimenti. Nel 2020, il Grand Hotel Villa Castagnola di Lugano è stato infatti rinnovato, ma in sordina. «Per festeggiare il nostro 135° anniversario, abbiamo voluto contribuire a portare la Villa verso un futuro più sostenibile», afferma Ivan Zorloni. Dall’anno scorso il Grand Hotel è climatizzato
d’estate con acqua di lago e l’intera Villa è alimentata esclusivamente con energia idroelettrica. Inoltre, la produzione di acqua calda e il riscaldamento della piscina sono alimentati da una nuova e potente pompa di calore: tramite una tecnologia capace di catturare l’energia termica inutilizzata, rendendola disponibile ed utile dove necessaria e secondo i parametri richiesti, si ottiene un risparmio impor-
cortesia. Pratici flaconi prodotti con 100% di plastica riciclata e contenenti ottimi ingredienti biologici vengono utilizzati nei bagni, rendendo gli infiniti flaconcini di plastica non riciclabili un ricordo del passato. Il Grand Hotel Villa Castagnola è attualmente membro, a pieno titolo, della rinomata catena “Small Luxury Hotels of the World” che annovera oltre 200 alberghi di lusso tra i più prestigiosi del mondo.
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TURISMO / GRAND HOTEL VILLA CASTAGNOLA
TRE MOMENTI MAGICI LA RISTORAZIONE DEL GRAN HOTEL VILLA CASTAGNOLA, DECLINATA IN TRE SPAZI DIVERSI, RAPPRESENTA SEMPRE UN’OCCASIONE PER LO SPIRITO E PER IL GUSTO. DI GIACOMO NEWLIN
L
a ristorazione nella prestigiosa casa del Grand Hotel Villa Castagnola, dove in ogni ambiente si respira la piacevole e rassicurante atmosfera della familiarità, si declina in tre momenti. Due all’interno della residenza, con i ristoranti “Le Relais” e “La Rucola” e con il terzo ad una ventina di metri fuori dalla residenza, il “Ristorante Galleria Arté al Lago”. Lo chef Alessandro Bòleso, coadiuvato dagli souschef Manuel Viviani e Junio Carlo Pini e dallo chef patissier Markus Steiner, coordina e dirige, con una brigata di ben 16 persone, il “Le Relais”, ristorante gourmet principale della Villa e “La Rucola”, nato qualche anno fa.
Al “Le Relais” la cucina è impostata su una mediterraneità classica e nello stesso tempo contemporanea, con ogni tanto qualche accento di esotismo. Una cucina in cui si utilizzano materie prime di alta qualità senza stravolgerle. La carta cambia ad ogni stagione, mentre i menù degustazione vengono modificati ogni settimana o ogni 15 giorni. Molti piatti sono diventati ormai dei “must”, come nel pescato il branzino al sale e la sogliola, esclusivamente quella di Dover, mentre nelle carni spiccano il succulento Tomahawk, il sontuoso Chateaubriand o il semplice (si fa per dire) tartare di vitellone battuto al coltello, una carne che risulta talmente gustosa che al massimo, come condimento, ha bisogno solo di un filo di olio evo. Anche se la qualità dei prodotti tra il “Le Relais” e “La Rucola” è la medesima, ne “La Rucola” cambia l’impostazione, che si può definire “Fresh & Easy”, dove il cliente può gustarsi anche solo un piatto a mezzogiorno, di ispirazione mediterranea o di tradizione locale, come un risottino stagionale o la mitica orecchia d’elefante con contorno di patate fritte. Il terzo momento è il fiore all’occhiello della ristorazione del Grand Hotel Villa Castagnola, il “Ristorante Galleria Arté al Lago” dove opera lo chef Frank Oerthle, insignito ormai da 11
anni della stella Michelin nonché di 16 punti Gault&Millau. La cucina di Frank, tra uno stile mediterraneo adattato ai tempi, uno sguardo alla realtà locale e un calibrato approccio verso sapori oltre l’orizzonte, si realizza in piatti raffinati che denotano una continua ricerca. L’esperienza culinaria si integra poi con l’esperienza artistica dove opere, di volta in volta di scultori, pittori ecc. si possono ammirare e fanno da corollario ad un’esperienza indimenticabile. In conclusione l’esperienza gastronomica dei tre momenti di ristorazione del Grand Hotel Villa Castagnola risultano un faro di speranza e di resilienza per esorcizzare questo tempo di pandemia. GRAND HOTEL VILLA CASTAGNOLA Viale Castagnola 31 CH-6900 Lugano T. +41 (0) 91 973 25 55 www.villacastagnola.com
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THE FULL FORCE OF McLAREN.
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TURISMO / HOTEL CASTELLO DEL SOLE
UN RESORT CHE RISPETTA LA NATURA IL CASTELLO DEL SOLE È UN HOTEL DI LUSSO A CINQUE STELLE SUPERIOR SITUATO AD ASCONA, MOLTO APPREZZATO PER LA POSIZIONE, IL COMFORT E I SERVIZI OFFERTI DA UNA QUALIFICATA CLIENTELA SVIZZERA E INTERNAZIONALE.
L’
ambiente mediterraneo e l’unicità del parco, di oltre 11 ettari con accesso diretto sul lago e antichissimi cedri dell’Himalaya, fanno dell’Hotel Castello del Sole un luogo unico, armonicamente integrato con l’azienda agricola Terreni alla Maggia, dove, oltre a vino e cereali, si produce anche il famoso “riso Loto”. Entrambe le strutture si estendono su una proprietà di 140 ettari. Le 41 lussuose junior suite e suite e le 37 camere doppie e singole sono arredate con particolare attenzione ai dettagli. Presso il Castello SPA & Beauty, gli ospiti hanno a disposizione un lussuoso complesso di 2500 metri quadri, comprendente piscina interna ed esterna, idromassaggio, vasca d’esercizio, hydropool, diverse saune, percorso Kneipp, locale fitness e ginnastica e una suite SPA. Ai più sportivi, l’hotel
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
offre anche campi da tennis, all’aperto e al coperto, e biciclette. Il limitrofo campo del Golf Club Patriziale di Ascona è annoverato tra i più rinomati indirizzi per golfisti. Per un’esperienza esclusiva sul lago è disponibile anche un’imbarcazione Frauscher che può ospitare fino a 12 persone. La ristorazione costituisce senza dubbio uno dei punti di forza del Castello del Sole. La Locanda Barbarossa ha infatti confermato, per la quarta volta, la sua stella Michelin, cui quest’anno è stato aggiunto, unico ristorante in Ticino, un altro riconoscimento: la stella verde Michelin, un premio alla sostenibilità e ad un uso particolarmente consapevole delle risorse ambientali nella gastronomia. Mattias Roock, che vanta anche 18 punti Gault&Millau, ha già dimostrato più volte di essere uno dei più qualificati chef del Paese. Le sue creazioni in cu-
TURISMO / HOTEL CASTELLO DEL SOLE
cina hanno un forte legame locale, regionale e stagionale. In questa ricerca, lo chef risulta essere avvantaggiato dalla vicinanza dell’azienda Terreni alla Maggia, dove sui fertili contrafforti del delta della Maggia si pratica un’agricoltura connotata da un forte legame con la terra, la biodiversità e l’originalità della natura. Mattias Roock si occupa anche del suo giardino situato sul terreno dell’hotel, dove coltiva erbe rare e frutti esotici. Di conseguenza, lo stile della cucina non risulta essere forzato, ma sembra piuttosto seguire il corso della natura. Con il suo menu appositamente creato “Sapori del Nostro Orto” - “ Sapori del Nostro Giardino” convince gli ospiti e i critici gastronomici. Anche Sergio Bassi, maître e sommelier, riesce come nessun altro ad offrire un’esperienza sensoriale di livello assoluto. I suoi consigli sui vini mettono elegantemente in scena le creazioni di Roock. L’hotel Castello del Sole è stato già sul podio della classifica annuale degli hotel di Bilanz nel 2009, 2012, 2013, 2016 e 2018. Nel 2020 il resort ha di nuovo ottenuto il primo posto come miglior hotel di villeggiatura della Svizzera, ma è stato anche insignito di un altro riconoscimento. Daniele Sardella, Maître d’hôtel è stato eletto «Direttore di ristorante del 2020». Simon V. e Gabriela Jenny, direttori e coniugi di lunga data, con il loro team non potrebbe-
ro esserne più orgogliosi: «Anche se questa stagione è stata molto impegnativa per il settore del turismo, siamo ancora più lieti di ricevere questi ulteriori riconoscimenti. A rendere possibile questo fantastico successo sono i nostri 160 collaboratori ma anche la gioia e la passione dei nostri proprietari per questa straordinaria tenuta. Il Living Circle è stato inaugurato nell’aprile 2017 e vi fanno parte quattro hotel, tre aziende agricole, un ristorante e un rustico: tutte queste attività sono di proprietà delle famiglie svizzere Anda e Franz-Bührle: le diverse strutture del The Living Circle si contraddistinguono per il loro forte rapporto con la natura e offrono agli ospiti esperienze incomparabili. Grazie a queste caratteristiche, ogni singolo momento si trasforma in qualcosa di speciale e dimostra che la diversità e l’originalità della natura e il legame con il territorio possono essere celebrati come un vero lusso nel mondo di oggi. L’azienda agricola Terreni alla Maggia, diretta da Fabio Del Pietro, ha una filosofia molto semplice: il rispetto della terra. Questo ha permesso all’azienda di operare fin dal 1930, anche se lo spirito dei tempi la mette costantemente alla prova nel proporre nuovi prodotti. In ogni caso, Emil Bührle probabilmente non avrebbe mai immaginato che, novant’anni dopo la fondazione
dell’azienda agricola, i suoi discendenti potessero ricevere numerosi premi internazionali per il vino che prospera in questa terra baciata dal sole. I Terreni alla Maggia producono infatti una selezione rappresentativa di vini su una superficie vitata di 10,5 ettari. Soprattutto il Merlot, con la sua struttura elegante e i suoi aromi di legno leggero, convince sia i membri esperti delle giurie che gli intenditori privati. Ma dal 2020 i Terreni hanno iniziato a produrre anche la propria birra Ascona nella nuova microbirreria Hof. Sui Terreni alla Maggia si pratica un’agricoltura integrata e sostenibile, da sempre all’avanguardia nello sviluppo di nuovi prodotti. «Il microclima del delta della Maggia è molto fortunato - spiega Fabio Del Pietro – e per questo la biodiversità è così unica. L’azienda agricola a iniziato a coltivare il riso oltre 20 anni e la tenuta è famosa per avere la produzione di riso più a nord d’Europa, oltre ad essere stata anche la prima a produrre riso svizzero al 100%. Altri prodotti comprendono varietà selezionate di mais e grano duro per la produzione di pasta, oltre a vari tipi di frutta. I Terreni hanno già iniziato la graduale conversione alla produzione quasi naturale e biologica. La nostra coltivazione ecologica non si basa quindi solo sulla tradizione, ma mostra anche il rispetto e la volontà di mantenere una natura il più possibile intatta». L’impegno del Castello del Sole e dell’azienda Terreni della Maggia abbraccia anche il mondo della cultura e dell’arte, come testimonia l’esposizione pubblica, nel corso del 2020, di tre capolavori della collezione Emil Bührle al Castello del Sole. Un gesto importante voluto dalla proprietà della struttura ricettiva che ha permesso così di condividere capolavori solitamente non accessibili al pubblico. Ad aprire la mostra un Renoir di inizio impressionismo, cui erano affiancati gli splendidi albicocchi di Van Gogh, dipinti nel 1888, e il capolavoro Fattoria in Bretagna di Paul Gauguin. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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TURISMO / GRAND HOTEL ELBA INTERNATIONAL
UN ANNO INDIMENTICABILE PER L’ISOLA GREEN
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DAI 200 ANNI DALLA MORTE DI NAPOLEONE AI MONDIALI DI MOUNTAIN BIKE, IL 2021 ALL’ISOLA D’ELBA È UN ANNO SOTTO I RIFLETTORI, PROMETTENDO DI ATTRARRE VISITATORI CON ASPETTATIVE DIVERSE, AMPLIANDO IL PUBBLICO CHE GIÀ NUMEROSO SCEGLIE QUEST’ISOLA COME META DELLE PROPRIE VACANZE.
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ede del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, grazie alla sua biodiversità e alla ricchezza geologica e paesaggistica, è considerata oggi un’isola green. O anche il mare dei tropici, a due passi da casa, i cui colori hanno il nome delle pietre preziose turchese, lapislazzulo e acquamarina; preziosa è la fauna dei sui fondali, dove vivono piccoli organismi, cavallucci marini e grandi balene che risalgono il Mar Tirreno, e più lontano dalle rive pesci spada, tartarughe e mante mediterranee che nuotano con grazia ed eleganza. Per non parlare della Vanessa del Cardo, una farfalla di piccola ma decisamente robusta e impavida, che parte dall’Africa sfidando i venti pur di arrivare in questa terra promessa in stormi variopinti. La ricchezza geologica dell’isola è senza eguali e in soli 224 chilometri quadrati si trova tutta una serie di sfumature che contraddistinguono il variopinto mondo delle rocce. Basta aprire una carta geologica per trovarsi di fronte a questo particolare “arcobaleno roccioso”: ogni colore parla di un periodo, di una genesi e di una composizione diversa. Una mescolanza perfetta e precisa che ha dato origine a tutta una serie di diverse mineralizzazioni e cristallizzazioni, con campioni elbani presenti in tutti le collezioni e musei del mondo, compresi ovviamente i musei mineralogici elbani, luogo di partenza ideale per l’esplorazione dei percorsi geologici dell’isola. Tra le località più suggestive dell’Isola, Capoliveri è oggi un caratteristico borgo dal tessuto urbano antico, che offre scorci unici sul mare, sulle coste dell’Elba e sulle altre isole dell’Arci-
pelago Toscano. Luogo dello shopping e dell’intrattenimento, qui accoglienti ristoranti, boutique alla moda ed eventi ogni giorno diversi costituiscono insieme al contesto naturalistico un’importante attrattiva per i turisti italiani e stranieri. Raggiungendo Capoliveri si può godere di una vacanza piena e appagante: qui si trovano spiagge selvagge e ricche di charme, altre attrezzate con stabilimenti balneari dotati di tutti i comfort e l’occorrente per potersi dedicare a surf, snorkelling e diving, senza dimenticare la miriade di sentieri segnati del Capoliveri Bike Park destinati a trekking e mountain bike e adatti a tutte le difficoltà. E per chi volesse pernottare usufrendo a poca distanza da tutte queste opportunità, il Grand Hotel Elba International fa al caso proprio, essendo una delle sedi uffIciali dell’UCI MTB Marathon World Championships 2021 e della Legend Cup, dove soggiornano i più importanti atleti mondiali di mountain-bike. Il 2 ottobre 2021 si svolgerà infatti all’ Isola dell’Elba la più importante gara mondiale di mountain bike, l’UCI MTB Marathon World Championships 2021 e il giorno seguente la dodicesima edizione della leggendaria Capoliveri Legend Cup. Grazie alla pluriennale esperienza nell’ospitalità di questo tipo di clientela il Grand Hotel Elba International rappresenta la base ideale per gli amanti del ciclismo. A disposizione bike room, sala meeting e possibilità di escursioni organizzate anche utilizzando le mountain bike dell’hotel. Al Grand Hotel Elba International con la sua esclusiva baia privata sul mare, le sue piscine, i suoi bar ed i
TURISMO / GRAND HOTEL ELBA INTERNATIONAL
suoi ristoranti, si puà trascorrere una vacanza nel relax o intenti alle attività sportive preferite o ancora farsi coccolare con un massaggio rigenerante al Centro Benessere. Comfort ed eleganza sono i tratti distintivi delle 131 camere del Grand Hotel Elba International, studiate nei minimi particolari per esaltare l’intimità e il senso di calore che il paesaggio su cui affacciano richiama. Realizzate in materiali ecocompatibili e naturali, nel rispetto dell’ambiente, sono molto ben arredate e salubri avendo utilizzato solo le-
gno massello, oltre ad essere attrezzate in maniera moderna e tecnologica. Nella struttura alberghiera sono presenti i due ristoranti “Le Agavi” (aperto anche agli ospiti non residenti in hotel), che domina la baia di Porto Azzurro e “Il Pirata”, aperto da giugno a settembre, direttamente sulla spiaggia, in un’atmosfera informale e accogliente. Entrambi offrono un’ampia varietà di menù studiati per le diverse esigenze alimentari e accompagnano in un percorso gastronomico che oltre alla cucina classica offre
piacevoli incursioni nella tradizione gastronomica locale, toscana e mediterranea in genere. La colazione viene servita sul roof dell’hotel, con un panorama mozzafiato. I bar, situati nei tre punti strategici della struttura, il “Grottino del Pirata” di fronte al mare, il “Pool Bar” al bordo delle piscine e “Il Narciso” nella hall offrono sia spuntini all’ora di pranzo, sia aperitivi e raffinati cocktail prima e dopocena. Il mare è raggiungibile in pochi minuti: la spiaggia privata, nella suggestiva Baia della Fontanella, aperta da maggio ad ottobre, dista 80 metri dall’Hotel ed è comodamente raggiungibile con un ascensore panoramico o a piedi. Per chi preferisce la tranquillità e la sicurezza di un bagno in acque chiuse, l’albergo mette a disposizione due piscine, entrambe alimentate con acqua di mare. Inserite nel verde con spettacolare vista sul golfo di Porto Azzurro, dispongono di ampi spazi per il relax ed i giochi. La più piccola delle due, adatta ai bambini e ai nuotatori meno esperti, è anche dotata di idromassaggio e di una fontana a cascata. A disposizione degli ospiti lettini, ombrelloni e un servizio bar. Il Grand Hotel International ospita anche gli amici a quattro zampe, che possono avere accesso agli ambienti comuni, al ristorante e alla spiaggia in zone loro riservate. Nel pieno rispetto delle regole dettate dall’emergenza pandermica, in hotel è previsto il distanziamento dei tavoli nei ristoranti e nei bar, il distanziamento di ombrelloni e lettini sia sulla spiaggia privata che ai bordi delle piscine; la disinfezione quotidiana delle camere e degli ambienti comuni utilizzando i prodotti e le procedure indicate dalle autorità competenti, ma anche con ozono e vapore secco e, naturalmente, il posizionamento in punti “strategici” dell’hotel di disinfettanti per le mani. Per ulteriori informazioni: www.elbainternational.it TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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TURISMO / VILLA LÀRIO
UN PALAZZO ANTICO AFFACCIATO SUL LAGO DI COMO
C MICHELE TAMBURRINO, EXECUTIVE CHEF E DIRETTORE DI VILLA LÀRIO PRESENTA UN’ESCLUSIVA BOUTIQUE PROPERTY UBICATA IN UNA SPETTACOLARE POSIZIONE SULLE RIVE DEL PIÙ FAMOSO TRA I GRANDI LAGHI ITALIANI.
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uesto ampio immobile del XIX secolo, precedentemente di proprietà della famiglia Lombardi, si distingue per la discrezione di una abitazione privata tuttavia dotata di tutte le comodità di un hotel cinque stelle: è la location perfetta per una fuga in riva al lago in una struttura che vanta anche un ottimo ristorante, affacciato sull’acqua. Grazie alla sua posizione sulla sponda orientale, Villa Làrio è l’unica proprietà sul lago con vista sul tramonto, da gustare al meglio sorseggiando il tradizionale “Aperitivo Milanese”.
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on quali caratteristiche si presenta la struttura dopo i recenti lavori di restauro? «Villa Làrio ha riaperto nella primavera del 2021. Le otto nuove suite all’interno del Palazzo hanno tutte accesso diretto al molo privato della struttura e alle barche Riva. Il numero totale di suite a Villa Làrio è salito quindi da sei a diciotto (compreso 4 doppie - fino a 36 posti adulti). Il restauro di Villa Làrio è iniziato otto anni fa, con il sogno di far rivivere un antico palazzo. Le suite di Villa Làrio si trovano in quattro diversi edifici: Il Palazzo, Villa Bianca, il Padiglione e la Garden Suite, dif-
fusi in due acri di giardini privati pur mantenendo un’ambientazione molto intima. Tutte le suite sono state progettate dal noto marchio di design italiano Castagna 1939 di Pietro Castagna importante interior designer del Lago di Como. L’intera proprietà è disponibile anche in esclusiva dando la possibilità agli ospiti di godersi lo splendore di una delle più belle proprietà di lusso di Como, per sé o per un matrimonio intimo». La ristorazione rappresenta un assoluto punto di forza di Villa Lario… «Sono entrato a far parte del team di Villa Làrio nel 2017, contribuendo a costruire la reputazione dell’hotel co-
TURISMO / VILLA LÀRIO
me destinazione gastronomica sul lago. La mia passione per la cucina mi ha portato a creare e valorizzare piatti dai profumi, sapori e colori del Mediterraneo. Dal pesce appena pescato dallo stesso Lago di Como ai pomodori raccolti freschi dai giardini, all’arte di fare la pasta e l’olio d’oliva fatti in casa, il ristorante promette un’esperienza culinaria eccezionale sia per gli ospiti dell’hotel che per i visitatori che si uniscono per il pranzo».
Per la stagione 2021 via potete contare anche sulla collaborazione dello chef Alex Visconti… «Alex è un giovane e talentuoso chef del Lago di Como. Ha studiato all’ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina di Gualtiero Marchesi e ha lavorato ai fornelli di un ristorante stellato. Insieme punteremo su menù stagionali incentrati su soli cinque ingredienti italiani chiave. Per la primavera, il menu utilizzerà Pistacchio di Bronte, Zafferano, Tropea dell’Aquila, Cipolle di Tropea, Asparagi Bianchi di Bassano e Parmigiano Reggiano per creare piatti saporiti, radicati nella storia culinaria della regione con modernità e innovazione. Il nostro team sarà inoltre in grado di soddisfare le esigenze dietetiche, comprese quelle vegetariane, senza glutine e senza lattosio». Di quali altre opportunità si può godere nel corso di un soggiorno presso questa struttura?
«buonaforchetta» è pronta per la riapertura dei ristoranti Per gli amanti della buona tavola e delle nuove esperienze gastronomiche, si prepara un piacere maggiorato grazie all’esclusivo pass «buonaforchetta». Durante la lunga attesa per la riapertura dei ristoranti, in molti avranno avuto il tempo di pianificare sapientemente il loro itinerario gastronomico o perlomeno si saranno chiesti quale ristorante scegliere per la prima «escursione» tra le tavole del territorio. Ci si potrebbe accontentare di tornare alla normalità del «solito posto», per il piacere di ritrovare la cucina e l’accoglienza che hanno saputo marcare ricordi indelebili nella nostra memoria emozionale, olfattiva e gustativa. Oppure, perché no, dopo questa
prima «rimpatriata» spingersi oltre maggiorando il proprio piacere grazie al pass gastronomico «buonaforchetta». Dal 2013, anno dopo anno, «buonaforchetta» ha infatti saputo appagare gli amanti della buona tavola permettendo loro di vivere una moltitudine di esperienze gastronomiche di elevato livello qualitativo a un prezzo estremamente contenuto, in una selezione di ristoranti del Ticino e Moesano. A chi ancora non lo conoscesse, si comunica che per soli 75.- CHF annuali il pass «buonaforchetta» riserva ai gourmet ticinesi una riduzione fino al 50% sul conto di un pranzo o una cena, in ognuno degli oltre 20 ristoranti convenzionati! Un’offerta dal valore di gran
«Gli ospiti possono godersi la piscina a sfioro di 20 metri con vista a 360 gradi dalla scogliera al lago o partire dal pontile privato per una fresca bagno mattutino. Sono inoltre disponibili sessioni di yoga gratuite per gli ospiti, ogni mattina, tra i giardini di cedri vecchi di due secoli. Molti poi i punti per leggere al fresco di questi alberi antichi. Possono anche essere organizzate attività legate agli sport nautici come lo sci nautico, il kayak o la pagaia. Su richiesta sono disponibili tour in barca Riva e può essere prenotato un cestino da picnic pieno di delizie italiane di stagione, perfette per chi desidera esplorare luoghi più lontani. Infine, Villa Làrio è anche il punto di partenza di numerose escursioni su sentieri che consentono di esplorare i borghi circostanti o scoprire il lago da diversi punti di vista. Villa Làrio ha anche uno spazio attrezzato per attività di remote working».
lunga superiore al prezzo d’acquisto. Anche la 9a edizione annovera ristoranti selezionati, alcuni dei quali quotati dalle guide gastronomiche Michelin o Gault Millau. Altre peculiarità sono la possibilità di utilizzo per riservazioni da 2 fino a 6 persone e il fatto che non sia nominativo, bensì cedibile ad amici, familiari, conoscenti. Il pass «buonaforchetta», edizione limitata, è reperibile online sull’omonimo sito web, così come nei punti vendita convenzionati elencati nella relativa homepage. www.buonaforchetta.ch
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GASTRONOMIA / IL RISTORANTE META E LE SUE NOVITÀ
UNA RIAPERTURA TANTO ATTESA IL RISTORANTE META SITUATO ALL’INTERNO DEL PALAZZO MANTEGAZZA È PRONTO AD ACCOGLIERE CON TANTE NOVITÀ I PROPRI OSPITI.
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opo la forzata chiusura dei mesi scorsi, il ristorante META ha aperto dal mese di giugno presentandosi nella sua forma più splendente grazie alla prestigiosa Stella ricevuta dalla Guida Michelin e i 15 punti assegnati dalla Gault Millau, insieme al premio di “Chef scoperta ticinese dell’anno”. Tali riconoscimenti certificano il paziente lavoro di ricerca, elaborazione e presentazione di piatti innovativi da parte dello chef Luca Bellanca e dalla sua affiatata brigata. Il META si conferma essere una delle location più interessanti della ristorazione luganese anche per la sua straordinaria posizione affacciata sul lago, a due passi dalla città di Lugano, ideale per gustare le prelibatezze della carta stellata, sia all’interno sia in terrazza. La cucina,
Ph: ©Lucrezia Roda
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che ha uno dei suoi indiscussi punti di forza nell’assoluta qualità delle materie prime utilizzate, propone un menù “Med-Fusion” ispirato alla stagionalità oltre che piatti capaci di fondere insieme sapori, consistenze e colori provenienti da varie parti del mondo. La sommelière abbinerà accuratamente le portate con vini provenienti dalla cantina situata all’interno di un suggestivo caveau, originariamente appartenente a una banca. Mentre lo staff in cucina si occupa di trasformare gli ingredienti in esplosioni di gusto, in sala non mancano la cura e l’attenzione al dettaglio nel rispetto della semplicità. Ogni singola persona del team è essenziale per rendere l’esperienza al META un momento memorabile. Verrà inoltre inaugurato a settembre il nuovo PATIO Bistrot, Tapas & Cocktail Bar situato al piano -1 del Palazzo
Mantegazza, location perfetta per accompagnare l’idea del “salotto di casa” che si è voluta conferire al Ristorante stellato posto al piano superiore. Al suo interno verrà presentata una carta appositamente creata per degustare piatti di elevata qualità all’interno di un contesto moderno e informale. Ogni giorno la proposta culinaria sarà cambiata per offrire anche agli ospiti del “business lunch” una varietà di piatti veloci e adatti a ogni esigenza. Nel prestigioso Palazzo Mantegazza potrete trovare dunque la migliore soluzione ad ogni vostro desiderio gastronomico, parcheggiando senza problemi nell’autosilo coperto sottostante. Il Meta, la sua terrazza e il PATIO: un vero e proprio “angolo di Paradiso”.
Palazzo Mantegazza Riva Paradiso 2 CH-6900 Lugano-Paradiso +41 (0)91 994 68 68 marketing@metaworld.ch
metamorphosis ristorante @metamorphosis_lugano metamorphosis www.metaworld.ch @Meta_Ristorante TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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GASTRONOMIA / DANY STAUFFACHER
L’UOMO DELLE STELLE: QUANDO LA PASSIONE NON HA CONFINI DI MARTA LENZI REPETTO MIGLIAIA DI PIATTI DEGUSTATI, ALTRETTANTE FOTO SCATTATE, TANTI CHEF INCONTRATI E DIVENTATI AMICI, MOLTISSIMI CHILOMETRI PERCORSI. QUESTA È LA VITA DI DANY STAUFFACHER, UN’AVVENTURA CHE LO HA PORTATO NEL 2007 ALLA PRIMA EDIZIONE DI S. PELLEGRINO SAPORI TICINO. UN VIAGGIO LUNGO 15 ANNI CON PIÙ DI 300 STELLE MICHELIN, UNA MEDIA DI 20 ALL’ANNO.
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i eravamo lasciati un anno fa con tante idee da realizzare, ti ritroviamo oggi con nuovi progetti concretizzati e ancora nuovi obiettivi a conferma dell’entusiasmo che ti ha sempre contraddistinto e con il nostro territorio arricchito di 3 nuove stelle nell’ultima guida Michelin per la Svizzera. Cosa è successo sulla scena culinaria ticinese nell’ultimo periodo? «L’assegnazione delle nuove stelle conferma la ricchezza della scena culinaria ticinese e sono un riconoscimento ambito e una rarità per Michelin, che ha premiato nello stesso anno tre ristoranti di una città piccola come Lugano. Il Ticino è diventato una delle regioni con più stelle al mondo in rapporto agli abitanti e Lugano una delle città più stellate d’Europa. Ne deriva un grande interesse mediatico per una regione cosi piccola e per tutti gli attori del territorio stesso». Cosa cambia per i nuovi chef entrati nell’olimpo degli eletti? «Cambia molto, non ci sono altri giudizi che possono incidere così tanto. Tutti ti cercano, al tuo ristorante arrivano nuovi clienti: insomma, la stella dà maggior visibilità. Le stelle sono il riconoscimento, e sono uno stimolo, la giusta ambizione che ogni chef deve avere. Il Principe Leopoldo con Cristian Moreschi, I Due Sud con Domenico Ruberto, il Meta con Luca Bellanca che si aggiungono alla Locanda Orico con Lorenzo Albrici, alla Brezza
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GASTRONOMIA / DANY STAUFFACHER
Lorenzo Albricci
Bernard Fournier
Frank Oerthle
Marco Campanella
Rolf Fliegauf
Mattias Roock
Luca Bellanca
Cristian Moreschi
Domenico Ruberto
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GASTRONOMIA / DANY STAUFFACHER
con Marco Campanella, alla Locanda Barbarossa con Mattias Roock, alla Galleria Arté al Lago con Frank Oerthle, a Da Candida con Bernard Fournier e Giovanni Croce e alle due stelle del ristorante Ecco con Rolf Fliegauf, tutti devono essere orgogliosi del loro lavoro perché la guida Michelin si affaccia solo in destinazioni con una gastronomia rinomata, la cui offerta è convincente per qualità ed eccellenza. Proprio per supportare ed esplorare questi ristoranti stellati sta per partire un nuovo progetto: Ticino Land of Stars è una nuova occasione per far conoscere il mondo enogastronomico stellato della nostra regione». Spiegaci meglio… «La nostra idea è quella di concentrarsi sul buon cibo e buon vino attraverso delle iniziative coordinate che coinvolgano la qualità, tema che da sempre proponiamo con S. Pellegrino Sapori Ticino. Il lusso è una fetta di mercato importante con un indotto economico considerevole, di grande interesse. In questo contesto le stelle possono giocare un ruolo fondamentale ed ecco quindi che il nuovo progetto vuole consolidare un’immagine del nostro territorio come meta per questo segmento di mercato. Un nuovo brand per la promozione della destinazione». Avere un numero così importante di ristoranti stellati cambia quindi qualcosa a livello turistico? «Rappresenta un vero volano per il turismo in generale e un vantaggio per tutta l’enogastronomia ticinese. L’elemento gastronomico è diventato fondamentale nella scelta della destinazione. La disponibilità di un’offerta di qualità è centrale come la ricerca di esperienze. Non a caso l’anno scorso la storica guida rossa aveva scelto proprio Lugano per la cerimonia ufficiale di assegnazione delle sue stelle svizzere. E Sapori Ticino, che si è occupato dello standing din-
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ner della serata e della comunicazione, ha lavorato perché questo evento non fosse un tassello estemporaneo, ma lasciasse dei semi sul nostro territorio. Ora siamo pronti a dimostrare che il Ticino intero è una meta enogastronomica. Inoltre, elemento essenziale per il turismo enogastronomico è che questo approccio consenta di mettere in atto delle pratiche di sostenibilità. Oggi l’intera filiera è convolta nelle questioni ambientali e di sostenibilità che tanto stanno a cuore alle nuove generazioni e non solo». Soddisfatto? «Direi orgoglioso. Quando ho iniziato a portare chef stellati stranieri a collaborare con chef ticinesi, mancava ancora la giusta mentalità per considerare il settore importante. Alcune stelle c’erano già grazie a ottimi ristoranti, pensiamo a Lorenzo Albrici della Locanda Orico, stellato da oltre vent’anni, ma non venivano considerate un “affare” turistico. Oggi possiamo dire che lo scambio culturale tra i cuochi ticinesi delle diverse locations e gli chef stellati è stato proficuo. Un’esperienza vincente anche per le locations che hanno visto passare presso di loro oltre 300 stelle in questi anni e per le eccellenze gastronomiche elvetiche e in particolare ticinesi conosciute a loro volta all’estero». Per concludere, puoi svelarci il tuo ristorante preferito? «È difficile, durante gli ultimi 30 anni, ne ho visitati molti, oltre 3000. Ho capito che ovunque il mio ristorante preferito deve continuare a coltivare la creatività, sviluppare competenze e fornire meravigliose esperienze gastronomiche. Desidero sempre essere conquistato dalla qualità delle proposte culinarie abbinate ad un servizio di altissimo livello, fermo restando che il mio piatto preferito sono gli spaghetti al pomodoro, soprattutto quelli del mio amico Max».
LA GUIDA MICHELIN IN SINTESI 1898 Nasce la Guida Michelin ideata dai fratelli Édouard e André Michelin, dopo la fondazione dell’omonima Fabbrica di Pneumatici francesi a Clermont-Ferrand con informazioni su stazioni di servizio e hotel, medici e farmacisti, e istruzioni su come cambiare uno pneumatico per i pochi automobilisti di allora. 1920 Compaiono i primi ristoranti. 1931 Nasce la classificazione con le stelle: una stella per una cucina di grande qualità degna di una tappa, due stelle per un ristorante eccellente e meritevole di una deviazione, tre stelle quando il ristorante vale un viaggio speciale. 5 I criteri di valutazione universali per l’assegnazione delle stelle: qualità delle materie prime, originalità e personalità dello chef nei piatti proposti, la padronanza delle tecniche, il rapporto qualità/prezzo, la continuità nel tempo delle qualità proposte.
RESORT COLLINA D'ORO Hotel, Apartments & SPA
A pochi minuti dal centro di Lugano, circondato da una suggestiva cornice con un panorama d'incanto che spazia dalle Alpi al lago, il Resort Collina d'Oro comprende un Hotel esclusivo con 16 camere doppie e 30 suites, un Centro SPA & Fitness con piscina interna ed esterna, un elegante ristorante e due moderne sale meeting. Completano la struttura numerosi appartamenti con servizi alberghieri, disponibili in vendita e in affitto per brevi o lunghi periodi.
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GASTRONOMIA / RISTORANTE ARTÉ
ARTE E CIBO IN SIMBIOSI IL RISTORANTE GALLERIA ARTÉ RAPPRESENTA L’APOTEOSI DEI PIACERI SENSORIALI. DI GIACOMO NEWLIN
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pochi passi fuori dal parco del Grand Hotel Villa Castagnola, di cui è parte integrante, si trova il Ristorante Galleria Arté, praticamente sul lago, con le sue eleganti sale e le sue belle vetrate, dove il cliente, davanti ad un paesaggio di cartolina, con il Ceresio quasi “pied dans l’eau” e il monte San Salvatore di fronte, può gioire del-
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le raffinatezze culinarie dello chef Frank Oerthle che da oltre undici anni può fregiarsi della stella Michelin e di 16 punti nella guida Gault & Millau. Uno scenario perfetto per una serata gourmet. Ma oltre al toccante panorama, magari con un romantico tramonto, e alle specialità dello chef, lo scenario perfetto include una particolarità veramente unica dalle nostre parti,
GASTRONOMIA / RISTORANTE ARTÉ
nere; per poi terminare con il cilindro alle ciliegie con mandorle caramellate e sorbetto alla melissa. Naturalmente il tutto innaffiato dai diversi vini abbinati con grande professionalità e senza dimenticare le preferenze personali dell’ospite, dal sommelier Stefano Manglaviti che può contare su un notevole ventaglio di etichette.
cioè l’arte. Infatti si chiama Ristorante Galleria Arté al Lago, poiché l’arte in questo caso si integra molto bene nell’elegante ambiente e nell’atmosfera del locale. Un’esperienza gastronomica attorniati da opere d’arte che possono essere sculture, quadri, oggetti o allestimenti, rende l’esperienza ancor più pregnante, arricchente, densa di contenuto, poiché tutti i sensi vengono piacevolmente sollecitati. Questa particolare impostazione del locale è dovuta alla grande sensibilità per l’arte nelle sue più svariate declinazioni, della proprietà del Grand Hotel Villa Castagnola. Quest’anno le opere esposte sono dello scultore Ivo Soldini, uno tra i più riconosciuti artisti ticinesi sia in Svizzera sia all’estero. Frank Oerthle, che può vantare esperienze importanti nella sua ormai pluritrentennale attività professionale, si avvale di una brigata di cinque persone giovani e talentuose e può contare (cosa assolutamente essenziale in un ristorante) su una perfetta sinergia, o se volete armonia, con la brigata di sala, affidata al bravo e attento maître Davide Bolzonello aiutato da tre simpatici e solerti collaboratori. Lo stile di cucina di Frank è uno stile raffinato che si ispira in modo particolare alla tradizione italiana, mediterranea, rivalutata in chiave attuale, ma anche con piatti elaborati con prodotti e pri-
mizie della nostra realtà locale, senza tuttavia disdegnare alcune influenze provenienti da diverse parti del mondo specie dall’Asia. Alcuni esempi di piatti degustati con grande soddisfazione sono stati: calamaro alla piastra con panna cotta all’acqua di mare e mosaico di piselli; spaghetti alla chitarra al pesto di tarassaco, barba di frate, datterini e bottarga; duetto di salmerino alpino con pane di segale croccante e patate novelle al burro del San Gottardo; pollastra di Bresse con lingotto di patate agli asparagi e carote
RISTORANTE GALLERIA ARTÉ AL LAGO Piazza Emilio Bossi 7 CH-6900 Lugano T. +41 (0) 91 973 48 00 www.villacastagnola.com/en/gastronomy/ www.restaurantarte.com TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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GASTRONOMIA / KEN SCOTT
IL GIARDINIERE DELLA MODA QUANDO MODA E GASTRONOMIA SI INCONTRANO NEI COLORI E SAPORI DI UN ARTISTA-ARTIGIANO: ALLA RISCOPERTA DELLO STILISTA KEN SCOTT TRA FIORI, FRUTTA, ARTE E MODA. DI MARTA LENZI REPETTO
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ngurie e zucchine, rose e peonie, uova fritte e piselli. Sono solo alcuni ingredienti per una ricetta di successo. Non stiamo parlando della formula di uno chef, ma di un personaggio poliedrico protagonista della moda tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, di un antesignano del rapporto tra arte e cucina, di un fautore della contaminazione tra arti differenti. Tutto questo è stato Ken Scott. Vivacità e allegria caratterizzarono il suo mondo. Un mondo ricco di colori e fiori, di animal print e frutti esotici che diventarono il soggetto indiscusso di tele e infiniti oggetti. Grande innovatore, ha rivoluzionato lo stile floreale trasformandolo in una tendenza di gran moda per il guardaroba di donne e uomini e per gli interni della casa. Statunitense di nascita ed italianissimo di adozione, è stato uno straordinario anticipatore di stili
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con una grande passione per l’arte e la moda, che lo portò a trasferirsi in Europa. Il ricco ambiente culturale che frequentò durante gli studi d’arte a New York contribuì alla sua sensibilità per l’arte applicata e lo mise in contat-
GASTRONOMIA / KEN SCOTT
to con diverse personalità tra cui Peggy Guggenheim che organizzò la sua prima mostra a 26 anni. Stabilitosi definitivamente in Europa, per la precisione in Francia tra Parigi ed Eze, esordì nel tessile realizzando motivi floreali per i più noti produttori francesi, facendosi notare anche da Christian Dior che scelse un suo bozzetto per la collezione d’alta moda primavera-estate del 1954. La svolta importante avvenne in Italia, a Milano, verso la fine degli anni Sessanta, dove era in atto un gran fermento e le regole del gioco della moda stavano cambiando a ritmi molto vivaci: in una realtà che aveva concepito sino ad allora stoffe principalmente in tinte unite, Ken Scott iniziò una vera rivoluzione per il gusto dell’epoca. Dopo la creazione di un’azienda specializzata nel tessile stampato per arredamento, il suo successo fu inarrestabile. Dopo che disegni floreali stilizzati, colori accesi e solari, fantasie con nuovi accostamenti vennero adottate da molti nomi della moda italiana, lanciò la prima collezione di abiti e accessori con il suo nome, diventando per tutti lo stilista del colore e della fantasia. Conosciuto come il giardiniere della moda proprio per la grande passione per i fiori che lo caratterizzava, ereditata dalla nonna materna, che non a caso si chiamava Giacinta e che aveva curato con grande amore il giardino della casa di famiglia di Fort Wayne nell’Indiana, iniziò a vestire molte star del cinema e della musica. Tutti i fiori che coltivava anche Ken Scott nei giardini delle sue case, girasoli, petunie, begonie e papaveri, finivano su foulard, abiti, bikini, indossati dalle star del periodo. Fu il primo a stampare motivi floreali su lana per abbigliamento e fu il primo ad affermarsi come manager e artistaartigiano di ogni performance, disegnando personalmente tutti gli accessori, dagli occhiali alle scarpe, dai cappelli alle borse, ai gioielli, dando vita a un fenomeno antesignano del contemporaneo total look.
Si occupava anche della comunicazione, con la cura grafica degli inviti, delle brochure, dei comunicati stampa, di manifesti e foto pubblicitarie, personalizzati sempre da una fantasia sfrenata. Pioniere di uno stile che sarebbe diventato la norma alcuni decenni più tardi, nel suo Emporio a Milano, definito da lui stesso la prima boutique completa, si trovava di tutto. Dalie, ortensie, drappi di shantung di seta, twill, crêpe e taffetà caratterizzarono le sue prime sfilate, ma furono i primi abiti di jersey, ingualcibili ed elastici, che lo resero celebre come lo stilista della modernità. Fu l’inventore delle sfilate-spettacolo con le sue modelle sotto la tenda di un circo sull’Appia antica dove, nei panni di un domatore, le faceva muovere come felini, avvolte in cappe, tute, maxi abiti zebrati e leopardati o ancora nel Palazzo dello Sport di Roma con abiti ispirati al mondo degli atleti o al Piper, il locale romano più trendy dell’epoca, con la celebre collezione Findus, che inaugurava sulla scena della moda italiana il filone dell’arte figurativa pop. Anche la Sala Bianca di Palazzo Pitti fu travolta dalla sua presenza colorata, con vestiti-fiore elastici in audaci tonalità. Un’altra grande passione che lo contraddistinse non poteva che essere
quella per la cucina che lo rese anche antesignano del design applicato al food. Sembra che sul suo comodino avesse il Larousse gastronomico per conciliare il sonno. Angurie, zucchine, uova fritte, cosce di pollo, asparagi e fragole su abiti da giorno e da sera gli fecero conquistare nel 1968 anche un Oscar della Moda. Nobilitò pure la pizza, trasformandola in un elemento cromatico pop. L’amore per l’arte culinaria sbocciò quando durante gli studi a Chicago conobbe una signora che a casa vendeva vestiti e cucinava raffinate vivande. Perfetto uomo di casa e cuoco provetto amava ricevere gli amici e preparare per loro piatti ricercati e soprattutto colorati su tavole imbandite come un vero giardino, presentandosi in tenuta da chef. La cucina per lui era un momento di felicità, da condividere in compagnia di amici. Ecco perché anche in questo caso tanta luce e colore. La tavola diventava una piccola isola di serenità che lo portò ad aprire nel ’69 il ristorante Eats & Drinks, al pian terreno del suo quartier generale a Milano, di fianco alla boutique, dove tutto, dalle TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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GASTRONOMIA / KEN SCOTT
piastrelle alle forchette, dai bicchieri agli sgabelli, dai piatti alle tovaglie, era disegnato da lui. Per allenarsi, prima dell’apertura aveva invitato gli amici a una serie di cene. Nasceva così il primo ristorante griffato con una cucina internazionale che rispecchiava la sua esperienza cosmopolita, dove spesso si metteva ai fornelli. Una passione celebrata anche con la collezione “gastronomica” primavera - estate ‘70 con abiti cocomero e stampe di rigatoni giganti, formaggi a buchi, uova al tegamino e polli ruspanti. Oggi il legame tra moda e gastronomia è diventato molto forte, sono sempre di più le case di moda che hanno puntato anche sulla ristorazione. Ancora una volta Ken Scott aveva anticipato i tempi e aveva intuito come il pubblico non si sarebbe più accontentato di un singolo prodotto, ma era alla ricerca di esperienze coinvolgenti. Forme, colori, consistenze, volumi, sono molti i fattori estetici che sia uno chef che uno stilista devono considerare per presentare un piatto o un vestito, entrambi lavorano su una tela dove
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la combinazione di ingredienti genera una infinita nuance di sapori e sensazioni. I cuochi creano manualmente i loro piatti e sempre con le mani gli stilisti reintepretano questo atto creativo, aumentando il valore aggiunto culturale ed economico. Tradizione, creatività e curiosità sono alla base sia della cucina che della moda. Per creare è importante conoscere. E le realizzazioni di Ken Scott racchiudevano tutto ciò. Morto nel 1991, l’attività è proseguita con la Fondazione omonima, creata dallo stesso Scott nel 1989, custode, tra l’altro, dell’archivio, del marchio e dello Studio Ken Scott. Oggi il suo genio rivive grazie all’Archivio Mantero di Como, uno degli archivi tessili più ricchi e straordinari al mondo: più di 10.000 volumi, 60.000 foulards delle più prestigiose maison, migliaia di disegni realizzati a mano con le produzioni quotidiane di più di 100 anni di creatività dell’Azienda e con l’acquisizione di archivi tessili francesi, inglesi, tedeschi ed americani. Nel 2019 Mantero, iscritta al registro delle Imprese Storiche e ancora oggi a conduzione familiare, ha acquisito il mar-
chio Ken Scott e trasferito nella sede di Grandate, a pochi passi da Como, l’immenso archivio che la Fondazione Ken Scott ha conservato e concesso in esclusiva alla storica azienda. Uno spazio nuovo e allegro grazie alla raccolta di oltre 6000 disegni originali dell’artista, campioni di tessuto, carte prova e cartelle di varianti colore, 500 quadri ed elementi in cornice, 1000 capi di abbigliamento, tessuti, bijoux, arredi stupefacenti, oggetti, documenti, inviti, riviste, pubblicità e ricordi vari. A dimostrazione che il mondo della moda, come del cibo, sono in continua evoluzione con tendenze che cambiano, spariscono e ricompaiono periodicamente.
Tutte le immagini, fotografie e bozzetti, sono stati gentilmente concessi dall'Archivio Mantero di Como. Credit - Courtesy Fondazione Ken Scott. | Ken Scott is a brand of Mantero
Relax & Recharge theviewlugano.com
Un olimpo di charme, dedicato al culto del benessere, pensato per gli ospiti dell’hotel, ma aperto anche ai visitatori esterni. Managed by PlanHotel Hospitality Group
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GASTRONOMIA / AL PORTO PORTICI LOCARNO
UNA NUOVA BOUTIQUE DI CREATIVITÀ ARTIGIANALE E DOLCEZZA LA NOTA CONFISERIE AL PORTO HA APERTO A LOCARNO ALLA FINE DI MARZO 2021 IL NUOVO NEGOZIO DI PASTICCERIA, PANETTERIA E CONFETTERIA SOTTO I PORTICI, IN LARGO ZORZI 10.
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unto focale del negozio è l’attraente presentazione di creazioni di pasticceria come torte, pralinés, truffes, specialità quali il Panettone, gli Amaretti, come pure una vasta scelta di pani e infine, idee regalo confezionate con fantasia. Il nuovo negozio è aperto da lunedì a sabato dalle ore 8.00 alle 19.00 e domenica dalle 8.00 alle 17.00, per proporre in un mondo di infinite prelibatezze la creazione Al Porto preferita. Il direttore Anton Froschauer e il suo team sono molto soddisfatti di essere riusciti a pianificare e finalizzare questo nuovo progetto in soli 2 mesi, grazie all’importante contributo di artigiani locali e Svizzeri. L’innovativa e dinamica Confiserie Al Porto, una realtà aziendale ticinese ben radicata nel territorio da oltre 50 anni, con una produzione creativa-artigianale a Tenero, gestisce ora otto negozi, Café e Ristoranti a Locarno, Ascona, Lugano, Bellinzona e offre lavoro a oltre 120 collaboratori/trici che ogni giorno si prodigano per deliziare gli stimati ospiti e clienti.
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Premium meets Efficiency. Volvo V60 Recharge for Business. Con l’allestimento completo esclusivo Inscription, un’efficiente motorizzazione ibrida plug-in ed etichetta energetica A, è convincente su tutta la linea. Disponibile da subito al prezzo speciale business per i clienti aziendali. BUSINESS NETTO:
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LUSSO / OMEGA
OMEGA HA PRESENTATO I NUOVI SEGNATEMPO 2021 CARATTERIZZATI DA DESIGN, MATERIALI E AGGIORNAMENTI ESCLUSIVI. GLI OROLOGI OMEGA SONO VENDUTI A LUGANO DA BOUTIQUE TOURBILLON, IN VIA NASSA 3.
IL RINNOVAMENTO DI OROLOGI LEGGENDARI
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l tempo non è mai stato così importante e tutti abbiamo imparato ad apprezzare e ad amare le ore a disposizione e a farne tesoro. Ecco perché valori come la qualità, l’autenticità e l’artigianato sono davvero importanti. Sempre più persone stanno abbracciando l’idea di prodotti ben fatti che abbiano anche un autentico tocco umano. Questo è esattamente ciò che offrono gli orologi Omega, continuando a raccontare un ricco patrimonio storico, aggiornato attraverso la lente dell’innovazione e della tecnologia pionieristica. Orologi che elevano gli standard dell’eccellenza gratificando sicuramente le aspirazioni di tutti coloro che hanno una nuova forma di rispetto per il tempo. Seamaster 300 Bronze gold Il Seamaster 300, creato da Omega nel 1957, rappresenta uno degli orologi subacquei più famosi della storia. Ammirato da generazioni di sub, è rimasto un segnatempo iconico per più di 60 anni. I modelli della collezione 2021 sono non solo più sottili delle edizioni precedenti, grazie al nuovo vetro zaffiro, ma hanno anche molti dettagli vintage e un nuovissimo upgrade Master Chronometer. La nuova collezione 2021 di Seamaster 300 include un modello da 41 mm realizzato con l’esclusivo Bronze Gold di Omega, il primo ad essere stato creato in questa lega in attesa di brevetto. Il Bronze Gold è stato specificamente sviluppato per produrre un’estetica e una tonalità piacevole, offrendo anche una
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lega di bronzo che possa essere indossata a contatto diretto con la pelle, grazie alla sua composizione chimica. Utilizzata per l’intera cassa e la fibbia, la lega, unica nel suo genere, è arricchita con elementi nobili come l’oro al 37,5%, marchiato 9K, così come il palladio e l’argento, per creare un colore unico che si trova esattamente tra le tonalità dell’oro Moonshine ™ 18 carati e dell’oro Sedna ™ 18 carati. A completare il Bronze Gold, l’anello della lunetta di questo segnatempo è stato creato in ceramica marrone con una scala di immersione in Super-LumiNova vintage (Prezzo: CHF 11.500). Seamaster Diver 300M Black Black. Nel 2021, il famoso orologio subacqueo si arricchisce di un nuovo modello completamente nero. Con questa aggiunta alla collezione Diver 300M lanciata per la prima volta nel 1993, Omega ha sfruttato la versatilità della ceramica per creare un orologio in tonalità contrastanti da un unico colore. Per creare un vero senso di profondità, la cassa lucida-spazzolata da 43,5 mm in ceramica nera [ZrO2] è fissata al polso da un cinturino in caucciù nero integrato con una fibbia in ceramica. Sebbene il nuovo Black Black sia nel colore della notte, il quadrante è di facile lettura in tutte le ore. Per garantire la visibilità senza rovinare l’estetica generale del subacqueo, Omega ha introdotto la Super-LumiNova antracite sulla scala di immersione, gli indici in PVD nero e le lancette scheletrate e il punto alle ore 12. L’esclusivo metodo di costruzione offre un superbo effetto di contrasto, conferendo all’orologio un aspetto molto distintivo, uniforme e scultoreo (prezzo: CHF 8.600).
Seamaster 300 41mm Blue Dial L’orologio presenta un movimento a carica automatica dotato di scappamento CoAxial. È certificato Master Chronometer approvato dal METAS, resistente a campi magnetici fino a 15.000 gauss. Bilanciere a spirale libera (senza racchetta) con spirale in silicio, 2 bariletti montati in serie, meccanismo di carica automatica bidirezionale. È dotato di funzione fuso orario e presenta una pregiata finitura con motivo “Côtes de Genève” arabescato. Riserva di carica: 60 ore. Il vetro zaffiro è resistente ai graffi e bombato con trattamento interno antiriflesso. Cassa in acciaio del diametro di 41 mm e colore quadrante blu (prezzo: CHF 6.450). Constellation Piccoli Secondi Sedna Gold Nato nel 1952, il Constellation è diventato un simbolo duraturo di bellezza e precisione. Il look iconico, con le distintive “griffe” e le sfaccettature a mezzaluna, è arrivato per la prima volta nel
1982 e da allora è diventato uno dei modelli più riconosciuti al mondo. Quest’anno Omega aggiunge alla collezione una nuova gamma di modelli Piccoli Secondi, arricchita con i diamanti e una serie di dettagli unici. Gli orologi, in una nuova dimensione da 34 mm, sono disponibili in una scelta di oro Sedna ™ 18K, acciaio inossidabile o una combinazione di entrambi. Sulla parte superiore della cassa, la lunetta presenta numeri romani incisi o un cerchio di 38 diamanti a taglio pieno. In linea con il restyling Constellation di quinta generazione lanciato nel 2018, tutti i componenti spazzolati dell’orologio sono completati con smussature lucide lungo il corpo della cassa e il bracciale, mentre una corona lucida aggiunge un tocco di eleganza (Prezzo: CHF 35.500).
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LUSSO / KURZ
INAUGURATA LA SUA PRIMA BOUTIQUE NEL CENTRO DI LUGANO
L’
azienda familiare svizzera, i cui prodotti sono ben conosciuti in Svizzera e all’estero, ha scelto di espandere la sua presenza in Ticino con l’apertura di un negozio in una delle vie commerciali più esclusive della Svizzera. Oltre a prestigiosi marchi di orologi, la gamma dei prodotti offerti da Kurz a Lugano comprende anche gli orologi Franck Muller e i gioielli Pasquale Bruni. La casa di gioielli Kurz è nota per le sue offerte di diamanti e le sue competenze, che vanno dal contatto diretto con il tagliatore di diamanti alla progettazione e produzione di gioielli «single source». Il vantaggio speciale per i clienti è che anche i loro desideri individuali possono essere accolti e realizzati. Il team di vendita ben preparato, giovane e multilingue è diretto da Giovanni Frey, che vanta una straordinaria esperienza nel settore. «Accetto con entusiasmo questa sfida, per mettere a frutto la mia competenza, nonché la mia passione nel campo degli
LA GIOIELLERIA KURZ ARRIVA NEL SUD DELLA SVIZZERA ED APRE SOTTO I PORTICI STORICI DI VIA NASSA 5 CON UNA VASTA GAMMA DI OROLOGI E GIOIELLI ESCLUSIVI, TRA CUI LE COLLEZIONI DI GIOIELLI, APPREZZATE PER LA LORO QUALITÀ E RAFFINATEZZA.
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orologi e dei gioielli, con il supporto di un team di specialisti esperti», ha dichiarato Giovanni Frey. La gioielleria Kurz conta attualmente nove boutique nelle città e regioni di Zurigo, Basilea, Berna, Lucerna, Emmen, Ginevra e Lugano e impiega complessivamente circa 100 persone. La gamma dei suoi prodotti comprende linee di gioielli di alta qualità, realizzati con diamanti, oro, perle e gemme colorate, così come una collezione esclusiva di fedi nuziali Kurz. In tutte le sue boutique, propone gioielli dal design contemporaneo e fornisce una consulenza completa in materia di stile. Kurz commercializza, inoltre, i modelli di 22 grandi marche di orologi, tra cui Omega, IWC, Breitling, Longines, Zenith, Glashütte Original e Chopard, rendendola un importante punto di riferimento per gli amanti degli orologi. Fondata a Zurigo nel 1948 da Armin Kurz, l’azienda fa parte dell’impresa familiare svizzera IGS AG dal settembre 2020.
Samedan - Ref. 2936859
St. Moritz - Ref. 3032987
La Punt Chamues - ch - Ref. 2630947
Silvaplana - Ref. 1625824
Zuoz - Ref. 1225137
Zuoz - Ref. 1225185
La Punt Chamues - ch - Ref. 839093
Zuoz - Ref.3029583
Zuoz - Ref. 3029604
St. Moritz Sotheby’s International Realty | Via Serlas 20 - 7500 St. Moritz | tel +41 818362551 | info@stmoritzsir.ch - www.stmoritzsir.ch
FASHION / MODA ESTATE 2021
C’È TANTA VOGLIA DI VIAGGIARE, DI NORMALITÀ, DI ZERO COSTRIZIONI MENTALI E FISICHE, PALETTI DA RIMUOVERE: LA MODA PER LA PROSSIMA ESTATE È LA METAFORA PERFETTA DI QUESTO BISOGNO DI VIVERE. DI VALENTINO ODORICO
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UNA STAGIONE TUTTA DA VIVERE
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na sensazione che porta oggi a voler scoprire luoghi, persone, culture, lontane ma allo stesso tempo accumunate da fatti incredibili. Il tempo moderno è un mix di nuovi ritmi, frenetici o meno, di ripresa e fermi, una frenesia mentale e di pensieri dove l’uomo sogna una nuova tranquillità. Luca Larenza, per esempio, racconta lo stupore di un turista inglese che inizia la sua scoperta nelle terre italiane, attraverso una natura incontaminata, osservando posti incantati ed inesplorati, ritrovando il proprio tempo. Lo stile irriverente della strada inglese è mixato al più sofisticato sapore del sartoriale italiano. Il trench, capo simbolo dello stile made in UK, è pensato nei tagli morbidi e scivolati, abbinato a polo in maglia caratterizzate da delicate nuance, accanto a pantaloni dal taglio ampio ed a vita alta. Un senso di fluidità e precisione pervade la collezione firmata Zegna, tanto nelle forme quanto nelle scelte cromatiche. I volumi sono morbidi e generosi, in una fusione cromatica amalgamata di argilla, gialli primula, rosa ortensia, grigi sienite, blu riverstone, verde carabus, neri ardesia. I materiali sono leggeri ma consistenti: lana, canapa, fibre grezze, lino, carta-seta, nappa effetto carta. Alessandro Sartori, sperimentando soluzioni con spalle calate, scolli profondi, forme stratificate e con senso poetico della funzionalità, espresso da tasche molto ampie e zip che consentono di espandere i volumi, amplia la ricerca sartoriale di nuove categorie ibride per definire la sua nuova visione. Trovando da sempre inspirazione nel viaggio e radicandosi profondamente
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in un’idea di famiglia allargata, Etro ritrae diversi ospiti di un hotel internazionale che vanno e vengono portando con sé le proprie personalità e un bagaglio ricco di esperienze e ricordi. Questa stagione, più di sempre, ciò che conta non è la destinazione finale, ma il viaggio stesso. Personaggi così differenti tra di loro esaltano lo spirito versatile delle collezioni uomo e donna, ora così interconnesse e permeate dal medesimo spirito. Righe, quadri Madras e l’immancabile motivo Paisley danno un’attitudine distintiva a camicie, completi destrutturati, ma anche leggeri abiti femminili da indossare con i sandali. Cravatte d’archivio completano i suit sartoriali dall’eleganza rilassata, mentre cardigan jacquard stretti in vita da cinture
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ricamate sono indossati con gonne plissé. Preziosi intarsi decorano sia le camicie in jeans che le giacche scamosciate e motivi camouflage floreali diventano stampe allover sui bermuda. Per la prima volta nei suoi 55 anni di storia, Laura Biagiotti ha sfilato a Roma presentando la collezione estate 2021 che è libera, illuminante e durevole. La sfilata si apre con un iconico
bianco Biagiotti: una pagina pura, di luce, sulla quale scrivere un nuovo capitolo. Arrivano panneggi plissettati e profili di statue romane stampati su reti di cristalli Swarovski. È la nuova bellezza, con citazioni classiche e forme e tecniche innovative. Arrivano lampi di colore, su tutti il verde che cita il dna sostenibile del brand, per poi tornare alle sfumature dei naturali. Il finale vede in scena una sinergia di eccellenze che coniuga moda e danza, con una performance inedita dell’étoile Eleonora Abbagnato insieme a cinque ballerine del Teatro dell’Opera di Roma. La coreografia è stata realizzata apposta per l’occasione sulle note di Ennio Morricone, che con i suoi mirabili capolavori ha accompagnato tutta la sfilata.
01 Laura Biagiotti SS21 02 Etro SS21 Backstage
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03 Laura Biagiotti SS21 04 Zegna 05 Luca Larenza SS21 04 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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FASHION / MONN SA
CENTENAIRE: CENTO DI QUESTI GIORNI 01
MONN, UNA DELLE AZIENDE FAMILIARI PIÙ ANTICHE DEL TICINO, FESTEGGIA I 100 ANNI DI ATTIVITÀ E DALLA METÀ DI GIUGNO ALLA FINE DELL’ANNO ORGANIZZA UNA SERIE DI EVENTI-ATTIVITÀ E PROMOZIONI PER CELEBRARE DEGNAMENTE QUESTO IMPORTANTE ANNIVERSARIO.
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Q
ual è stato il ruolo delle generazioni che si sono succedute alla guida della vostra azienda familiare? «Nel 1921, grazie all’incontro tra Emilia Pedrinis e Carlo Monn, ha avuto inizio l’attività della famiglia in viale della Stazione a Bellinzona. Entrambi erano attivi nel piccolo commercio: Emilia “Sciùra Milia” occupandosi della bottega e del taglio delle camicie e Carlo seguendo i rappresentanti e i clienti. In seguito al decesso di Carlo avvenuto
nel 1951, il terzogenito Francesco Monn “Franz” subentra al padre nelle attività della ditta. Il ruolo di Francesco si consolida in un contesto economico particolare, al termine della lunga stagnazione tra le due Guerre Mondiali e nella fase della maggior crescita economica avvenuta in Ticino fino ad oggi. La sua strategia di ampliamento della scelta, d’inserimento di marche note e di modelli esclusivi, risulta essere determinante per lo sviluppo della ditta. La presenza costante della madre Emilia, che continua fino al 1980,
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entrano, con ruoli differenti, a far parte della ditta. A partire dal 2005 Francesca, Emilio e Carola prendono le redini della ditta consolidando le scelte del padre ed avviando un importante processo di modernizzazione. Da alcuni anni la quarta generazione sorride alla prospettiva di continuare l’attività di famiglia, magari schiacciando l’occhio alla digitalizzazione. Quattro generazioni hanno dunque convissuto e si sono succedute nella gestione dell’azienda di famiglia che si è trasformata, adattata ai cambiamenti mantenendo, nel contempo, le peculiarità fondamentali. Non a caso già un annuncio apparso sul Dovere il 28 marzo 1925 e scritto da Carlo Monn proclamava: “La qualità buona ed il prezzo più giusto di oggi”. Da 100 anni». consolida il carattere familiare dell’attività e sostiene Francesco coadiuvandolo nei suoi progetti. Le aperture degli ulteriori tre punti vendita di Lugano (1958), Locarno (1967) e Chiasso (1969) permettono alla ditta di essere rappresentata nei centri cittadini più importanti del Cantone. Nella prima metà degli anni Ottanta, i figli di Margherita e Francesco Monn,
zione. La merce viene sottoposta ai normali processi di controllo per poi essere destinata alla distribuzione. La posizione dei punti vendita è stata determinata dalla costante volontà di rispettare la prossimità con la clientela. I quattro negozi sono infatti collocati in posizioni facilmente raggiungibili e di forte passaggio. Questi aspetti influiscono in modo determinante sull’affluenza che rimane uno degli elementi chiave del successo o insuccesso di gran parte delle attività commerciali. La presenza Monn a Chiasso, Lugano, Locarno e Bellinzona è parte integrante della vita quotidiana delle diverse città della regione. Il collegamento con la sede situata in Bellinzona e recentemente rinnovata garantisce l’ottimale interscambio di prodotti e servizi tra quest’ultima e le succursali, un veicolo ridimensionato secondo gli attuali standard ecologici, raggiunge ogni giorno gli spazi di vendita per ridurre i tempi d’attesa di eventuali ordinazioni e modifiche di sartoria oltre che per la consegna dei nuovi prodotti».
Come è strutturata la vostra rete commerciale e quali sono i punti vendita su cui si articola? «Le consegne dei capi di abbigliamento sono centralizzate, per aspetti logistici ed ambientali, in un unico generoso spazio a Bellinzona, che ospita anche il nostro apparato amministrativo, il laboratorio di sartoria e la dire-
In che misura e in qual modo la pandemia vi ha costretto a rivedere le vostre strategie aziendali? «Negli ultimi anni le piccole-medie imprese sono state chiamate a riformulare le proprie strategie frequentemente, in particolare, per quanto concerne le reazioni ai fattori esterni. Anche le tempistiche di attuazione sono state soggette ad un importante contrazione, siamo quindi confrontati con un maggior numero di cambiamenti e dei tempi più brevi per metterli in atto. La pandemia non ha costretto la ditta a rivedere le proprie strategie ma ha messo la stessa in condizione di volerle rafforzare. Il valore dato tradizionalmente al servizio di consulenza, alla qualità del prodotto ed alla vastità della scelta è stato nuovamente messo in primo piano. I periodi di chiusura sono stati difficili ma necessari e provocheranno delle ripercussioni in particolare per quanto concerne i risultati finanziari. 03 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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Non è escluso che, quando la pandemia sarà alle nostre spalle, ci troveremo in un contesto d’euforia e che i consumi tornino a crescere in modo esponenziale. Infine, una strategia proattiva nell’ambito dell’approvvigionamento della merce ci ha permesso di gestire lo stock in modo responsabile per disincentivare il consumo senza senso». In particolare, che ruolo hanno avuto le vendite online che, soprattutto nell’ultimo anno hanno esercitato una marcata concorrenza nei confronti del commercio tradizionale? «I canali di vendita digitali non sono insiti nella cultura dell’azienda, la totale assenza di contatto personale e l’impossibilità di provare e toccare il prodotto banalizza questo approccio. La famiglia Monn vede i canali digitali come una vetrina virtuale attraverso la quale permettere al cliente di avere un’idea di una parte dell’assortimento presente nei punti vendita oltre che dei marchi rappresentati. Quando i negozi sono rimasti chiusi per diverse settimane il canale delle vendite online ha marcato un significativo rialzo che si è subito ridimensionato non appena la possibilità di venire di persona presso di noi è stata ripristinata. Quest’aspetto è indicativo di come la nostra clientela senta la necessità e provi piacere nell’entrare in contatto in prima persona con i propri consulenti ed i prodotti da noi proposti. Essere sensibili ai nuovi media è importante. Per questa ragione sono in analisi dei progetti che permetteranno di migliorare questo comparto di attività. I media digitali resteranno ancora per molto tempo subordinati alle nostre attività in prima linea». I vostri negozi vengono sottoposti ad un regolare processo di rinnovamento. Quali sono i progetti di restyling appena portati a termine e quelli cui darete corso nei prossimi anni? «Le superfici commerciali sono soggette a costanti rinnovi con lo scopo di
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soddisfare appieno le aspettative del cliente e di mantenere equilibrato il rapporto tra l’assortimento dei prodotti e l’immagine contestuale d’incontro tra la domanda e l’offerta. Una particolare attenzione verso i materiali e la fortuna di potersi avvalere di artigiani locali sono peculiarità che hanno sempre distinto gli spazi di vendita della ditta. Naturalmente, gli oltre duemila metri quadrati di superfice necessitano di costante manutenzione. Tra gli interventi degli ultimi anni spiccano il rinnovo totale di Locarno avvenuto in due tappe, quello di Chiasso con l’inserimento di uno spazio outlet e quello di Lugano avvenuto lo scorso anno. Quest’ultimo importante rinnovo ha riguardato la zona dell’ingresso e delle vetrine ed ha coinvolto anche la preziosa facciata dello stabile. L’innovativa
idea dei progettisti è quella di permettere un contatto diretto tra il prodotto ed il suo potenziale acquirente eliminando ogni barriera fisica. Una sorta di spazio espositivo interno, dinamico e partecipativo. Con questa scelta strategica la ditta vuole avvicinarsi alle nuove consuetudini del commercio al dettaglio». Quali sono le principali novità per quanto riguarda l’assortimento dei prodotti offerti nei vostri negozi? «In occasione di ogni nuova campagna acquisti la scelta dei prodotti e quella dei marchi vengono messe in discussione, verificandone i criteri qualitativi ed il conseguente rapporto con il prezzo di vendita. Anche l’elemento relativo alla tendenza è sempre considerato. La scelta del prodotto è sempre preponderante rispetto a quella della
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marca quando è tutto perfetto allora i due elementi convivono. Grandi e storici fornitori come Canali e Collection Corneliani, L.b.M., Hackett, Woolrich, Marella, Weekend, Peserico, Fred Perry, Seventy, Tintoria Mattei, sono solo una piccola parte del vasto e profondo assortimento. L’aspetto più interessante degli ultimi anni è che ci troviamo di fronte ad un cambiamento fondamentale: il consumatore non veste più in funzione alla propria età o alla sfera di attività ma solo in funzione al proprio stile. In generale tutto il panorama più formale è poco attrattivo a favore di un abbigliamento più disinvolto e cosmopolita». Da ultimo, come giudica lo stato attuale del commercio ticinese e quali misure andrebbero a vostro avviso adottate, al fine di favorirne il rilancio dopo gli stop e le restrizioni imposte dalla pandemia?
«Il commercio ticinese subisce le medesime condizioni di quelle a cui assistiamo anche al di fuori di esso. Una forte tendenza è quella di orientarsi verso il mercato del lusso, oppure a quello dove è la convenienza a determinare ogni scelta, la ditta Monn resta salda alla sua natura capace di mediare tra il buon gusto e la sostenibilità. L’attuale situazione porterà ad una riassegnazione delle quote di mercato, diversi negozi avranno grandi difficoltà. Rendere attrattivo l’assortimento e concentrarsi sullo sviluppo delle risorse umane sono tecnicamente degli aspetti fondamentali. La nostra ricetta rimane sempre la stessa, ormai da cent’anni, semplicità, onestà, impegno e gentilezza tutto condito con una buona dose di dinamismo».
01 Family governance 02 Francesco Monn 03 Direzione Carola Monn e Francesca MONN Rupp e Adriano Mueller 04 Quarta generazione Martina e Andrea Monn e Nicole Monico Ph: ©Milo Carpi
Harley-Davidson® Pan-America™
Progettata per l'avventura.
EVENTI / SIMONETTA ROTA – MORE THAN EVENTS
IL TEAM BUILDING È GREEN 01
SIMONETTA ROTA E I SUOI COLLABORATORI FANNO DI QUESTA AGENZIA IL RIFERIMENTO IDEALE PER ORGANIZZARE EVENTI AZIENDALI, MEETING DI LAVORO, CONGRESSI, CONVEGNI, EVENTI INCENTIVE, OCCASIONI DI TEAM BUILDING, MA ANCHE MATRIMONI, FESTE PRIVATE, ANNIVERSARI, SEMPRE CON LA MASSIMA PROFESSIONALITÀ E CON QUEL PIZZICO DI CURIOSITÀ E FANTASIA CHE POSSONO RENDERE OGNI EVENTO MEMORABILE. 02
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martworking e sedentarietà hanno notevolmente annichilito la motivazione dei dipendenti, abbassando l’umore generale e con esso rendita ed entusiasmo sul lavoro. In questo momento di necessaria ripresa, i Leader e le Risorse Umane sentono sempre più incalzante la necessità di riconnettere i propri team
con i valori dell’azienda, ponendo le basi per un futuro aziendale quanto più florido possibile. Intercettando questa necessità di riconnessione aziendale non solo tra le persone, ma anche con una nuova dimensione interiore personale oltre che di stimolo, la mia agenzia propone una formula di team building a tema green che immergerà i gruppi di lavoro in una dimensione totalmente inedita, allontanandoli dalle pareti domestiche e dal mindset di una routine ripetitiva e ormai noiosa, verso un nuovo impulso di scoperta, ispirazione e sprint, partendo proprio da ciò che di più autentico esiste: la natura incontaminata. Che si tratti di natura del nostro territorio o estera, nella vicina Italia, assieme a guide certificate e altamente selezionate, siamo certi che queste esperienze di due giorni, regaleranno alle persone: tempo di qualità, emozioni, ritrovata meraviglia, arricchimento
EVENTI / SIMONETTA ROTA – MORE THAN EVENTS 03
personale e nuovo impulso alle relazioni e alla complicità. Il Ticino è una terra straordinaria, dove la natura vissuta ogni giorno spesso è data per scontata. In realtà è un luogo di grande privilegio che cela posti sconosciuti. Basti pensare al Mendrisiotto, una parte del Ticino tutta da scoprire e che pochi residenti conoscono a fondo; dal Monte San Giorgio che è Patrimonio dell’Unesco, al villaggio Tremona-Castello, alla Breggia e i vari sentieri tra i vigneti. Volgendo lo sguardo alla vicina Italia, le esperienze cambiano e si tengono nei parchi naturali e nelle aree scenografiche più belle della penisola. La preziosa collaborazione con un network di guide e molti enti con cui
di primissimo livello, i partecipanti avranno un permesso speciale per accedere alle aree protette selezionate dai rangers e dalle guide del Parco. Un’ occasione unica per poter visitare luoghi speciali altrimenti inaccessibili o difficilmente raggiungibili. Esperienze responsabili, attente all’ambiente, nel rispetto di culture, luoghi e tradizioni, in cui trarre ispirazione dalla natura per riconnettersi con l’autenticità propria e del gruppo. Nel Delta de Po’ per esempio, si distinguono vari ambienti, ognuno con caratteristiche peculiari: la campagna con i paleoalvei, le dune fossili, gli argini, le golene, le valli da pesca, le lagune o sacche e gli scanni. Attività out of comfort zone indimenticabili, con accessi riservati, per vivere suggestive esperienze come la pesca delle anguille o la raccolta di cozze, vongole e ostriche secondo le più rispettose norme e tradizioni a documentare alcune aree naturali primitive e potenti.
collaborano, permette uscite, di sicuro insegnamento, contenuti di qualità ed itinerari esclusivi (e limitati perché soggetti ad autorizzazioni speciali). Sono condotti da esperti e affermati professionisti, in grado di condividere con semplicità la propria esperienza ed il proprio sapere del territorio. Appuntamenti unici che introducono ai diversi temi naturalistici trattati, con un occhio di riguardo alla biodiversità di ogni Parco, al confronto con il territorio a seconda della location e del periodo dell’anno, per stimolare i partecipanti a costruire una propria visione dell’esperienza e del paesaggio, le cui bellezze ed unicità sono un fondamento essenziale di questo viaggio. Immersi in un contesto naturalistico
01 Parco regionale delta Po - Emilia Romagna 02 Parco regionale delta Po veneto 03 Le valli da pesca - Pesca delle anguille 04 Veduta di Morcote dal monte San Giorgio
SIMONETTA ROTA MORE THAN EVENTS Via P. Lucchini 10 CH-6900 Lugano info@simonettarota.com www.simonettarota.com 04 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AUTO / BENTLEY FLYING SPUR V8
AL VOLANTE DELLA FLYING SPUR, TRA CLASSE, POTENZA E TECNOLOGIA. DI JOËL CAMATHIAS
UN NOME, UNA GARANZIA
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a sempre sono un appassionato di questo brand e dei suoi modelli che ho avuto già il piacere di provare in passato, ma con la nuovissima Flying Spur V8 si raggiunge davvero l’eccellenza. Parliamo di un brand storico, un’icona di classe, di eleganza e, passatemi il termine, di so-
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stanza: l’inglese Bentley ha saputo sempre migliorarsi nel tempo diventando oggi un riferimento nel mondo del lusso a quattro ruote. L’opportunità di mettermi al volante di questo gioiello mi è stata concessa da Bentley Lugano e dal suo staff. La nuovissima Flying Spur rivista nelle sue forme, che ne confermano la
AUTO / BENTLEY FLYING SPUR V8
classicità ma in una nuova veste più moderna e dinamica, mantiene comunque quel legame di storicità che contraddistingue il marchio. Le sue linee catturano l’attenzione offrendo un senso di nobiltà intesa come signorilità ed eccellenza estetica. Entrando troviamo un interno che ci trasporta in un altro mondo: è molto difficile trovare in una vettura tanta eleganza, cura per i dettagli e comodità, mantenendo però anche una certa sportività che appaga non solo il guidatore, che ne apprezza l’immediatezza di controllo, ma anche i passeggeri che sono pure loro avvolti in questo abitacolo estremamente sicuro grazie ai più modernissimi sistemi elettronici di sicurezza.
La performance del motore a benzina V8 biturbo da 4.0 litri che sviluppa 550 cavalli e 770 Nm di coppia garantisce brillantezza di spunto e velocità di crociera notevoli, anche grazie ad un peso che risulta essere di 100 kg più leggero rispetto al modello V12. Inoltre nella guida ad alta velocità, il sistema sterza le ruote posteriori nella stessa direzione delle ruote anteriori, aumentando la stabilità e rendendo notevolmente più sicuri i sorpassi e i cambi di corsia. Le caratteristiche tecnologiche, che sono disponibili di serie, adottate in questo nuovo modello della Flying Spur, sono principalmente le seguenti e includono: sospensioni pneumatiche adattive, Torque Vectoring by Brake,
Drive Dynamics Control e Electric Steering; in aggiunta si può avere la tecnologia avanzata antirollio attiva (Bentley Dinamic Ride) che permette al guidatore di adattarsi meglio alle proprie volontà di utilizzo, sia più sportiva o più confortevole. In sintesi, questa nuova Bentley Flying Spur V8 è la conferma che la casa inglese continua a distinguersi per la sua esclusività e per la sua eccellenza, garantendo la classicità di sempre ma con una costante e sempre ammirevole capacità di sviluppo.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA NUOVA BENTLEY FLYING SPUR Motore V8 Alimentazione benzina Cilindrata 3,993 cc Potenza max. 550 cv (404kW) a 6.000 giri Coppia max. 770 Nm a 2.000/4.500 giri
Velocità max. 318 km/h Accelerazione 0-100 km/h 4.1 sec. Peso totale 2,300 kg Trazione Integrale
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L’ESCLUSIVA VERSIONE DELLA RINNOVATA CLASSE E GUADAGNA IN RICERCATEZZA STILISTICA E SFOGGIA UN BAGAGLIO TECNOLOGICO SUPERIORE. PER UN’ESPERIENZA DI GUIDA ANCOR PIÙ PROFONDA, DINAMICA ED INCISIVA. DI ALBEN
TUTTA MUSCOLI E COCCOLE
AUTO / MERCEDES-AMG E 63 S 4MATIC+
U
na berlina per lasciare il segno. La classe medioalta secondo l’interpretazione AMG non lascia dubbi sull’esclusività di questa versione dalle prestazioni, dal “sapore” e dalla personalità tanto decise e distintive: pensati per assecondare in ogni minimo dettaglio la voglia di esuberanza e di espressività, al tempo stesso capaci di una versatilità tanto straordinaria da permettere all’auto di prestarsi con la massima puntualità ad ogni interpretazione del viaggio in automobile. Forte del recentissimo restyling di gamma, la E 63 S 4MATIC+, si presenta decisa nei dettagli sportivi e nella sua caratterizzazione estetica d’eccezione, al contempo conserva tutta l’eleganza ed il senso delle proporzioni che rendono il modello particolarmente appagante sotto il profilo del design. Con il rinnovato frontale che spicca con la rinnovata calandra trapezoidale invertita e le grandi prese d’aria inferiori, bilanciate al retrotreno dal sottile labbro aerodinamico sul cofano bagagliaio e dall’ampio diffusore aerodinamico tra i due
gruppi dei terminali di scarico; e ruote da 20” con generosa gommatura. Modernità e tecnologie ultima generazione distinguono la caratura tecnica di questa berlina V8 biturbo da oltre seicento cv - c’è naturalmente anche la variante station wagon per chi sceglie di aggiungere ulteriore spazio -, a cominciare proprio dall’assetto Ride Control+ AMG dotato di sospensioni pneumatiche integrali multicamera con regolazione adattiva dell’ammortizzamento (ADS+): è grazie a queste risorse che l’auto riesce a scorrere vellutata sull’asfalto nella modalità confortevole, al tempo stesso contenendo ai minimi termini i movimenti della carrozzeria tra le curve in modalità sportiva. Col vantaggio di non dover necessariamente intervenire di persona su queste impostazioni: basta cambiare lo stile di guida per ottenere l’adattamento automatico della risposta delle sospensioni. E poi c’è naturalmente la trazione integrale evoluta 4MATIC+ Performance AMG con differenziale posteriore autobloccante, anch’essa esclusiva, a garantire l’altra
metà dello straordinario dinamismo vantato dalla E 63 S. La ripartizione della spinta tra i due assali viene variata in continuo dalla gestione elettronica di bordo, garantendo al contempo agilità e motricità ai massimi livelli. E quando proprio regna l’esuberanza, il “gioco” di controllato sovrasterzo di potenza in uscita di curva (con ESP in modo Sport) può trasformarsi nel regno della derapata senza fine grazie alla speciale modalità “Drift Mode”, che l’altro regola la trasmissione 4x4 sulla trazione posteriore pura. Tutte qualità da assaporare secondo il proprio stile, assicurato dall’ampio programma di personalizzazione messo a punto dalla Casa tanto per il look esterno che per l’allestimento dell’abitacolo. Corredato da materiali e soluzioni di finitura di livello superiore, oltre che equipaggiabile a richiesta di poltrone anteriori, performance con poggiatesta integrati e sostegno laterale incrementato, volendo garantirsi la massima sportività di sistemazione a bordo. Infotainment e navigazione ultima generazione, con grandi schermi da 12,5” a sfioramento e touchpad per ulteriore comodità di controllo, si combinano ai comandi vocali con funzioni supplementari per la massima facilità ed intuitività di gestione: la E 63 S incanta tanto nei viaggi immersi nel massimo comfort che per il dinamismo di categoria superiore.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA MERCEDES-AMG E 63 S 4MATIC+ Motore 8 cilindri a V, biturbo Cilindrata cm3 3.982 Carburante Benzina Potenza max. 612 cv (450 kW) Coppia max. 850 Nm a 2.500-4.500 giri/min.
Velocità max. 300 km/h Accelerazione 0-100 km/h 3,4 secondi Capacità serbatoio 74 litri Peso totale 2.265 kg Trazione Integrale+posteriore
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AUTO / FERRARI 812 COMPETIZIONE
UNA POTENZA IMPRESSIONANTE
È STATA PRESENTATA LA 812 COMPETIZIONE, NUOVA VERSIONE SPECIALE FERRARI IN EDIZIONE LIMITATA CHE SI BASA SULLA 812 SUPERFAST. SVELATA ANCHE LA 812 COMPETIZIONE A, SUGGESTIVA SPIDER ‘TARGA’, ANCH’ESSA IN SERIE LIMITATA.
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L
a presentazione ha avuto luogo presso la sede del dipartimento Attività Sportive GT, recentemente inaugurata, che si affaccia sul circuito di Fiorano, per rinsaldare il legame inscindibile che esiste fra le auto stradali della Casa di Maranello e il suo ineguagliabile DNA racing, creato in oltre settant’anni di vittorie sulle piste di tutto il mondo. Gli innovativi concetti tecnologici applicati a motore, di-
namica veicolo e aerodinamica hanno permesso di raggiungere nuove vette prestazionali. La produzione di questi due modelli è limitata a 999 unità per la 812 Competizione, e 549 esemplari per la Competizione A. Le Ferrari 812 Competizione utilizzano una versione largamente rivista del V12 di 6500 cc, che eroga 830 CV a 9.250 giri (30 CV in più della Superfast), con 692 Nm di coppia. Le prestazioni, superiori rispetto alla Superfast, sono da
supercar di razza: oltre 340 km/h di velocità massima, 2,85 secondi nello 0-100 e 7,5 secondi per raggiungere i 200 km/h. Abbinato al V12 troviamo l’automatico doppia frizione a sette marce, che può contare su una ricalibrazione elettronica che ha permesso di ridurre del 5% i tempi di cambiata. Per raggiungere questi risultati i tecnici hanno provveduto a riprogettare le componenti chiave del propulsore della Ferrari 812 Competizione tra cui bielle, pistoni, albero motore e sistema di distribuzione, che ne hanno aumentato le prestazioni rendendolo più leggero. Secondo la Ferrari, l’adozione di bielle in titanio contribuisce a ridurre del 40% il peso rispetto all’acciaio a parità di resistenza meccanica, e i nuovi spinotti rivestiti in diamond-like carbon (DLC) riducono invece il coefficiente di attrito. Rispetto alla versione precedente è stato inoltre alleggerito l’albero motore del 3% ed è stato adottato un sistema di azionamento delle valvole che impiega una tecnologia derivata dalla Formula 1. Inoltre, per ridurre attriti e perdite meccaniche e migliorare il rendimento meccanico del motore, i tecnici hanno sviluppato una nuova pompa dell’olio che regola in modo continuo la pressione del lubrificante. Tutte queste modifiche
hanno comportato anche una riprogettazione dell’impianto di aspirazione, rendendo più compatti il collettore e il polmone, così da ottimizzare l’erogazione del motore anche agli alti regimi. La “dieta” sul propulsore insieme ad altri accorgimenti influisce positivamente sul peso dell’auto, che risulta 38 kg più leggera rispetto alla Superfast. Per mantenere il sound del V12 a cui i clienti sono abituati e, congiuntamente, introdurre nello scarico il filtro anti-particolato previsto dalle recenti
normative sugli inquinanti, i tecnici hanno introdotto per la Ferrari 812 Competizione un nuovo terminale di scarico a vista, che ha permesso di recuperare l’acustica in medio-alta frequenza. L’incremento della potenza ha comportato un aggravio dei requisiti di raffreddamento, e una revisione della gestione dei flussi. L’evacuazione dell’aria calda in uscita dal radiatore è stata migliorata sfruttando la “lama” presente sul cofano motore e le branchie nel parafango. Secondo la casa le
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AUTO / FERRARI 812 COMPETIZIONE
modifiche hanno comportato un aumento totale di efficienza di raffreddamento dei liquidi motore del 10%. Gli ingegneri, grazie a delle modifiche all’impianto frenante, hanno inoltre provveduto a ridisegnare il fondo anteriore della Ferrari 812 Competizione, ottenendo un carico sull’asse anteriore maggiore del 30%. Sempre sulla zona anteriore è stato mantenuto il diffusore mobile che si attiva oltre i 250 km/h, così da aumentare la velocità massima. Silenziatori e parte terminale dello scarico della Ferrari 812 Competizione sono stati totalmente riprogettati: dai classici due codini circolari su entrambi i lati del paraurti si è passati a uno singolo dall’inedita forma rettan-
golare. Il terminale di scarico lavora con le appendici del diffusore aumentando il carico. Modifiche che secondo i tecnici della Ferrari hanno portato un aumento del carico verticale posteriore pari al 25% del totale rispetto alla 812 Superfast. Sulla parte posteriore della Ferrari 812 Competizione il lunotto è sostituito con una struttura monolitica in alluminio in cui sono incastonati generatori di vortici atti a migliorare l’efficienza aerodinamica (la struttura è stata brevettata). Le modifiche hanno interessato anche la dinamica di guida della Ferrari 812 Competizione, che ora può contare su un sistema a quattro ruote sterzanti e sull’evoluzione del Side Slip Control (SSC), in versione 7.0. Si tratta del “cervello” dell’auto, in grado di comandare il differenziale elettronico (E-diff 3.0), il controllo di
trazione (F1-Trac), il controllo delle sospensioni magnetoreologiche (SCM-Frs), il controllo della pressione frenante in situazioni di guida al limite (FDE) e il Passo Corto Virtuale (PCV) 3.0, che integra servosterzo anteriore e asse posteriore elettronico a ruote sterzanti indipendenti, adattandoli alle condizioni di guida. Gli interni della Ferrari 812 Competizione rimangono pressoché invariati rispetto a quelli della Superfast. Sono stati comunque rivisti i pannelli porta; la tasca portaoggetti ora appare quasi flottante rispetto alla struttura portante del pannello. Soluzione, quest’ultima, che ha consentito di ottenere un risparmio di peso. Gli interni possono poi contare sulla presenza del “cancelletto” per la gestione della trasmissione, soluzione già vista sulla Roma e ispirata ai cambi manuali del passato.
ALCUNI DATI TECNICI DELLA FERRARI 812 COMPETIZIONE Motopropulsore Cilindrata cm3 Potenza max. Coppia max. Velocità max. Cambio
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Tipo V12 – 65° 6.496 830 cv (610 kW) a 9.250 giri/min. 692 Nm a 7.000 giri/min. 340 km/h F1 a doppia frizione e 7 rapporti
Accelerazione 0-100 km/h Accelerazione 0-200 km/h Lunghezza Larghezza Altezza Passo
2,85 secondi 7,5 secondi 4.696 mm 1.971 mm 1.276 mm 2.720 mm
AUTO / MCLAREN ARTURA
UN BOLIDE HIGH PERFORMANCE HYBRID DA 680 CV
L PRESENTATA IN ANTEPRIMA PRESSO McLAREN, IL CUI TITOLARE È L’ING. IGOR PASTA, LA McLAREN ARTURA, LA PRIMA IBRIDA PLUG-IN PRODOTTA IN SERIE DALLA CASA DI WOKING CHE LA DEFINISCE CON L’ACRONIMO HPH (HIGH PERFORMANCE HYBRID).
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a McLaren Artura è una supercar che monta un inedito powertrain elettrificato e che poggia sulla nuova piattaforma McLaren Carbon Lightweight Architecture (MCLA). Disponibile sin da subito per essere ordinata, anche se per il 2021 sono disponibili poche unità, propone quattro diverse configurazioni: Standard, Performance, TechLux e Vision. Ampie possibilità di personalizzazione con 15 tinte di serie e 16 colorazioni MSO Defined, oltre all’opportunità di avere una verniciatura personalizzata grazie al programma MSO Bespoke Commission.
Potenza, efficienza e leggerezza sono i punti di forza di questa vettura che vanta un rapporto peso/potenza di 488 CV per tonnellata. La nuova supercar britannica ha un peso a secco di 1.395 kg, mentre sotto il cofano monta un powertrain in grado di sviluppare complessivamente 680 CV e 720 Nm di coppia massima. Ciò avviene grazie alla combinazione tra il V6 turbo da 3.0 litri che eroga 585 CV e 585 Nm e l’unità elettrica a flusso assiale (prima volta in assoluto nel mondo dell’auto) da 95 CV e 225 Nm integrata nel cambio automatico doppia frizione a 8 rapporti con differenziale dotato di torque vectoring.
AUTO / MCLAREN ARTURA
Le prestazioni non possono che essere di altissimo livello, con la Artura che scatta da 0 a 100 km/h in 3 secondi, da 0 a 200 km/h in 8,3 secondi e che raggiunge i 330 km/h di velocità massima (limitata elettronicamente). Grazie al motore elettrico alimentato da batterie al litio da 7,4 kWh divise in cinque elementi, la nuova supercar di McLaren è in grado di percorrere fino a 30 chilometri in modalità elettrica, fino ad una velocità massima di 130 km/h. Per quanto riguarda i consumi, la Artura dichiara una media di 5,5 l/100 km (ciclo WLTP) con emissioni di 129 g/km di CO2. Relativamente ai tempi di ricarica servono circa due ore e mezza per ricaricare dell’80% le batterie. Sotto il profilo stilistico, la Artura, pur rimanendo legata al family feeling McLaren, nasce completamente da zero. Tuttavia rimane l’impostazione da biposto a motore centrale con muso corto e compatto, così come familiare è la configurazione dei gruppi ottici anteriori e delle fiancate aerodinamiche. Gli interni della Artura offrono più spazio rispetto ad una classica McLaren, con l’abitacolo che si sviluppa attorno al nuovo sistema d’infotaiment Mis II con schermo da 8 pollici e sistema Android che integra le funzioni di mirroring per lo smartphone, il McLaren Track Telemetry, il Variabile Drift Control e la nuova sezione dedicata alla gestione dei sistemi di assistenza alla guida. A proposito di Adas, sulla Artura troviamo il cruise control
adattivo con funzione Stop&Go, il Lane Departure Warning, il Road Sign Recognition e l’High-Beam Assist. La modalità di guida è gestibile dai comandi, che confermano la divisione tra Powertrain e Handling, che sono stati collocati sul cupolino della strumentazione. Sul volante, dotato di paddle, non ci sono comandi secondari. Per qual che riguarda i sedili, si può scegliere tra la versione Comfort, con regolazioni elettriche, e la Clubsport che, oltre ad un maggior leggerezza (9,5 kg in meno), aggiunge diverse regolazioni manuali. Gran parte delle soluzioni tecniche adottate da McLaren nella costruzione della Artura pongono grande attenzione al contenimento del peso. La monoscocca è estremamente leggera con un peso di 82 kg e capace di integrare la rete ethernet funzionale ai sistemi elettronici di bordo, oltre al pac-
co batterie (88 kg) e al motore elettrico (15,4 kg). A ciò va aggiunto il risparmio di 50 kg derivante dal passaggio del motore V8 biturbo al motore V6. Altra novità è nel cambio, con una marcia in più rispetto a quello proposto sul V8, ma priva di retromarcia che viene gestita dal motore Sono quattro le modalità di guida disponibili per chi si mette al volante della Artura: E-Mode, Comfort, Sport e Track. In E-Mode si aziona la marcia elettrica, mentre la modalità Comfort dà un occhio di riguardo all’efficienza mantenendo spento il V6 fino a 40 km/h e nelle fasi di rallentamento. Selezionando Sport vengono azzerati i ritardi di risposta e si ha a disposizione il massimo della potenza del powertrain. In Track alle impostazioni di Sport si aggiunge la maggiore rapidità di cambiata fornita dalla trasmissione. Il guidatore ha poi a disposizione il selettore Handling col quale intervenire su taratura degli ammortizzatori e livello di intervento dei controlli di trazione e stabilità, con quest’ultimo che prevede tre settaggi (On, Dynamic e Off ). Si può anche selezionare una specifica modalità per ricaricare e preservare il livello della batteria sfruttando solo il motore V6, conservando l’energia dell’elettrico per uno uso successivo. www.lugano.mclaren.com
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AUTO / VOLVO V60 RECHARGE FOR BUSINESS
OFFERTA ESCLUSIVA PER I CLIENTI AZIENDALI
C
on la Volvo V60 Recharge for Business, i clienti di flotte sono preparati in modo ottimale per affrontare qualsiasi situazione e adattare facilmente l’esperienza di guida e i consumi alle esigenze del momento. Grazie ai motori ibridi plug-in di ultima generazione, i conducenti godono di prestazioni senza compromessi combinate ad efficienza e sostenibilità. È possibile percorrere più di 50 chilometri (in base al ciclo WLTP) in modalità puramente elettrica: la soluzione ideale per gli spostamenti quotidiani casa-lavoro a zero emissioni. Una chiave, due motori La tecnologia di trasmissione combina un motore a benzina a 4 cilindri con 253 CV, che aziona le ruote anteriori, a un motore elettrico con 87 CV, che agisce sulle ruote posteriori. Cinque modalità di guida permettono di mettere a punto l’azione combinata dei due motori con facilità, in base alla situazione di guida e alle esigenze individuali. Nel complesso, i clienti aziendali usufruiscono di prestazioni per le
LA CASA AUTOMOBILISTICA SVEDESE DEL SEGMENTO PREMIUM PROPONE UN’ESCLUSIVA OFFERTA LIMITATA PER I CLIENTI AZIENDALI SVIZZERI: LA VOLVO V60 RECHARGE PLUG-IN HYBRID T6 AWD NEL SUO ALLESTIMENTO PIÙ PREGIATO INSCRIPTION È DISPONIBILE AD UN PREZZO PREFERENZIALE UNICO E TRASPARENTE DI CHF 51 500 (NETTI). quali sarebbe altrimenti necessario un motore tradizionale di cilindrata nettamente maggiore, mentre i consumi e il TCO restano molto bassi. Ampie opzioni di sicurezza e comfort Volvo propone un numero limitato di veicoli preconfigurati basati sulla motorizzazione ibrida plug-in T6, che vengono offerti ad un prezzo preferenziale netto di CHF 51 500.–. I veicoli dell’allestimento più pregiato Inscription sono disponibili in quattro eleganti colori (Onyx Black, Thunder Grey, Pebble Grey, Crystal White) e offrono un ottimo pacchetto completo di opzioni di sicurezza e comfort sia all’esterno sia all’interno.
Per saperne di più: volvocars.ch/v60-recharge-for-business
VOLVO V60 RECHARGE PLUG-IN HYBRID T6 AWD Vernice metallizzata Cerchi da 18 pollici Black /Diamond Cut Power Seats Pack Park Assist Pack Winter Pack Head-up display Impianto audio Premium Sound di Harmon/Kardon
Finestrini laterali posteriori & lunotto oscurati Riscaldatore con timer Keyless Drive Cavo di ricarica di tipo 2/Modo 3 per stazioni di ricarica pubbliche Cavo di ricarica di tipo J per prese di corrente domestiche Volvo Swiss Premium Volvo On Call
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MOTO / HARLEY DAVIDSON PAN AMERICA™ 1250
PROTAGONISTA ASSOLUTA DELLA STRADA
C LA PAN AMERICA™ 1250 È LA VERSATILITÀ PENSATA SU DUE RUOTE: NATA PER RESISTERE A TUTTO, PENSATA PER ESPLORARE, E PROGETTATA PER L’AVVENTURA. CE NE PARLA GABRIELE GARDEL, TITOLARE DI HARLEY-DAVIDSON LUGANO CONCESSIONARIA UFFICIALE PER IL TICINO.
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on questa moto la Casa di Milwaukee, sfruttando il suo design all’avanguardia e le sue capacità ingegneristiche, entra ufficialmente nel mercato delle Adventure Touring. Robusta, potente e tecnologicamente avanzata è stata progettata da zero per alimentare lo spirito di avventura, ovunque la strada possa portare. I modelli Pan America 1250 e Pan America 1250 Special sono alimentati dal nuovo motore Revolution Max 1250, un V-Twin da 1.250 cc raffreddato a liquido con 150 CV e 128 Nm di coppia, progettato per offrire un’ampia potenza ad alti regimi. Per ridurre al minimo il peso complessivo della motocicletta, che è di 242 kg in ordine di marcia per Pan America 1250, e di 253 kg per Pan America 1250 Special, il motore Revolution Max di Harley-Davidson è integrato come elemento centrale del telaio. La tecnologia è stata adottata per migliorare l’esperienza di guida, come l’opzione multipla di riding mode gestiti elettronicamente e il Cornering Rider Safety Enhancements. Questa vasta raccolta di soluzioni tecnologiche è progettata per abbinare le prestazioni della motocicletta alla trazione disponibile durante l’accelerazione, la decelerazione e la frenata. Il modello Pan America 1250 Special è dotato di sospensioni anteriori e posteriori semi-attive regolabili elettronicamente. Come innovazione assoluta nel settore, Pan America è dotata di Adaptive Ride Height (ARH), un nuovo e rivoluzionario sistema di so-
spensioni che passa automaticamente da una posizione bassa in fase di arresto a una altezza ottimale quando la motocicletta è in movimento. Il propulsore è un elemento integrato nel telaio e ne modifica la forma. Tre elementi distinti – il telaio anteriore, il telaio centrale e la sezione di coda – si fissano direttamente al gruppo propulsore. Questo design riduce il peso della motocicletta e il telaio rigido contribuisce a facilitare una guida precisa. Il forcellone in alluminio pressofuso riduce al minimo le masse non sospese. Il telaio è progettato con un interasse di 1.570 mm, ideale per viaggiare e con una manovrabilità agile anche per l’off-road. I cerchi in lega di alluminio da 19 e 17 pollici sono progettati per essere robu-
MOTO / HARLEY DAVIDSON PAN AMERICA™ 1250
sti ma leggeri, destinati all’uso anche su strade sterrate e sentieri. HarleyDavidson e Michelin hanno collaborato nella progettazione di un pneumatico Scorcher Adventure per i modelli Pan America per soddisfare le esigenze anche dei viaggi più avventurosi. I pneumatici Michelin Anakee Wild con un battistrada più tassellato saranno disponibili come accessori. Harley-Davidson e Brembo hanno collaborato a un nuovissimo sistema frenante per i modelli Pan America. Una nuova pinza radiale monoblocco a quattro pistoncini da 30 mm aumenta la rigidità riducendo il peso complessivo. I dischi anteriori hanno un diametro di 320 mm, mentre il posteriore 280 mm. Una nuova pompa freno anteriore leggera si abbina alla leva regolabile. Tutta la strumentazione e le funzioni di infotainment sono visualizzate su un touchscreen TFT inclinabile da 6,8 pollici. La sua copertura in vetro antiriflesso lo rende più facile da vedere nelle diverse condizioni di illuminazione. La funzione touchscreen è disabilitata quando si è in movimento, ma
in quel caso si possono utilizzare i comandi manuali per gestire molte funzioni del display, che si collega ai dispositivi mobili tramite Bluetooth, mentre la navigazione è fornita dall’app gratuita Harley-Davidson per iOS o Android. Entrambi i modelli Pan America 1250
e Pan America 1250 Special sono dotati di sistemi elettronici progettati per aiutare a controllare la motocicletta durante l’accelerazione e la frenata in rettilineo o durante una curva, utili soprattutto in condizioni stradali avverse o in situazioni impreviste. La tecnologia avanzata in curva utilizza un’unità di misura inerziale IMU per un intervento ottimale quando la motocicletta è in piega rispetto a quando è in rettilineo. Le Ride Mode selezionabili dal manubrio controllano elettronicamente il livello di intervento e le caratteristiche prestazionali della motocicletta. Cinque delle modalità sono pre-programmate. Il modello Pan America 1250 ha una modalità aggiuntiva che può essere personalizzata, mentre il modello Pan America 1250 Special ne ha tre. Ogni modalità di guida consiste in una combinazione specifica di erogazione di potenza, freno motore, sistema di frenata antibloccaggio avanzato in curva (C-ABS) e sistema di controllo della trazione avanzato in curva (C-TCS). La modalità di guida può anche regolare le impostazioni delle sospensioni semi-attive sul modello Pan America 1250 Special.
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MOTO / BMW R NINET 2021
BMW MOTORRAD HA PRESENTATO TUTTE LE NOVITÀ DELLA FAMIGLIA R NINET PER IL 2021, A PARTIRE DALL’OMOLOGAZIONE EURO 5 E LA DOTAZIONE DI SERIE DELL’ABS PRO E DI MODALITÀ DI GUIDA ROAD E RAIN. LA GAMMA PUÒ ESSERE SCOPERTA E PROVATA PRESSO BMW MOTORRAD GARDEL A PAMBIO-NORANCO, CONCESSIONARIA UFFICIALE PER IL TICINO.
UN MITO CHE SI RINNOVA E MIGLIORA
C
on l’arrivo dell’Euro 5 BMW Motorrad ha messo mano alla famiglia R nineT, la prima vera “vintage” del marchio bavarese, realizzata partendo dal concept Ninety presentato nel 2013 al Concorso d’Eleganza Villa d’Este. Dopo qualche anno di commercializzazione (e un cospicuo allargamento della famiglia), dunque, la R nineT si rinnova presentando un motore rivisto per rientrare nella normativa antinquinamento Euro 5. BMW Motorrad ha lavorato sulle testate, riviste per essere ottimizzate nel raffreddamento e dotate di nuove alet-
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te più efficienti. Riviste anche le valvole a farfalla e il sistema di alimentazione che oltre a migliorare la combustione, ottimizza la coppia disponibile soprattutto nell’intervallo tra i 4000 e i 6000 giri. A proposito di numeri, il passaggio alla Euro 5 sacrifica 1 CV di potenza massima, che passa dai 110 CV del modello precedente a 109 a 7250 giri, mentre resta intatto il valore massimo di coppia: 116 Nm a 6000 giri. Sparisce dalla gamma la Racer, la famiglia delle nineT quindi è ora formata da questi modelli: R nineT, R nineT Pure, R nineT Scrambler e R nineT Urban G/S.
MOTO / BMW R NINET 2021
Per il 2021 la famiglia R nineT ha l’ABS Pro con funzione cornering di serie, e sistema di frenata combinato. A livello sospensioni troviamo un nuovo mono posteriore e possibilità di regolazione del precarico molla con un pratico pomello. A livello di elettronica, oltre all’ABS Pro arrivano di serie anche le mappature Rain e Road. Dal punto di vista estetico e di comfort le modifiche sono minime ma sensibili: arrivano un nuovo design per il cruscotto, una presa USB e fari e frecce a Led. Debuttano come optional disponibili la modalità di guida Pro che prevede la mappatura aggiuntiva
Dyna (più potenza) per la versione base e la nineT Pure e “Dirt” (utile per la guida su sterrato) per le versioni Scrambler e Urban G/S, il controllo di trazione DTC e il dispositivo MSR che controlla il freno motore. Altra nuova opzione è il pacchetto Comfort che prevede il cruise control e le manopole riscaldate. Essendo la R nineT la primissima moto del marchio bavarese (e non solo) a essere concepita per essere espressamente personalizzata, non poteva mancare un parco accessori di tutto rispetto. A catalogo si trova di tutto, da una vasta tipologia di cerchi, fino a numerosi kit
di parti aggiuntive, fino a modifiche dedicate al posteriore con un portatarga mini in stile flat track. Sarà disponibile anche un’edizione limitata della Urban G/S: l’Edition 40 Years GS, voluta per celebrare i primi 40 anni del marchio GS sarà caratterizzata da una combinazione di colori che ricorda la leggendaria R 100 GS.
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ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
IL TICINO, UNA META AMBITA A LIVELLO INTERNAZIONALE IL MERCATO IMMOBILIARE NELL’ULTIMO ANNO E MEZZO HA VISSUTO UN GRANDE CAMBIAMENTO. NUMEROSI SONO STATI GLI ARTICOLI PUBBLICATI, SI È PARLATO DELLA TANTO TEMUTA BOLLA IMMOBILIARE, DEL CONGELAMENTO DELLE VENDITE, DELL’ABBASSAMENTO DEL VALORE DELLE PROPRIETÀ, EPPURE IL TICINO, CON I SUOI LAGHI, HA DIMOSTRATO DI CONTINUARE AD ESSERE UNA META MOLTO AMBITA. AL PUNTO CHE WETAG È SEMPRE ALLA RICERCA DI NUOVI OGGETTI IN VENDITA DA PROPORRE SUL MERCATO.
«I Da sinistra: Philipp Peter e Ueli Schnorf
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l 2020 per Wetag è stato un anno di crescita, abbiamo dovuto adattarci a nuove tipologie di vendita, come ad esempio le visite e gli incontri virtuali, ma grazie al nostro portfolio siamo riusciti, anche a distanza, a soddisfare le richieste di molti clienti, soprattutto stranieri, desiderosi di trasferirsi al più presto in Svizzera. La tendenza, in questi primi mesi del 2021, è la medesima: le proprietà di lusso, situate sul lago o con vista lago, non hanno perso valore e sono sempre molto richieste», dichiarano Ueli Schnorf e Philipp Peter, titolari Wetag. La pandemia, ormai arrivata alla terza ondata in Europa, ha cambiato radicalmente le nostre vite. Molti sono stati i settori pesantemente colpiti, altri invece, come quello immobiliare, hanno intrapreso una nuova e inaspettata linea di sviluppo. Per quanto ci
concerne, in quanto Wetag, siamo concentrati soprattutto sulle proprietà di lusso, posizionate in località di prestigio, come sul lago Maggiore o sul lago di Lugano. Un mercato di nicchia che non ha conosciuto crisi e che conferma come il mattone resti un ottimo investimento a medio e lungo termine. Naturalmente non è stato tutto facile, a marzo del 2020 anche noi temevamo una recessione importante del mercato immobiliare dovuta ai numerosi lockdown a livello mondiale e alle restrizioni legate agli spostamenti, tanto che tra marzo e maggio abbiamo avuto un blocco quasi totale delle vendite. Non ci siamo però fatti scoraggiare, abbiamo approfittato di quel periodo di fermo per rinnovare gli uffici, cambiare il nostro programma operativo, pubblicare il nuovo sito web e investire ulteriormente sulle attività online. Un atteggiamento positivo per affron-
ARCHITETTURA / WETAG CONSULTING
tare un momento difficile e, anche grazie agli ulteriori sforzi compiuti a partire dall’estate 2020, abbiamo avuto un’importante ripresa. Siamo riusciti a potenziare le visite virtuali in tempo reale delle proprietà, oppure abbiamo intensificato gli incontri, sempre virtuali, con gli interessati e - pensando alle riunioni a distanza dobbiamo dire che paradossalmente,
to ad effettuare un’importante selezione delle proprietà idonee e quindi, subito dopo la prima ondata – quando si sono potute organizzare le visite in loco – abbiamo concretizzato in tempi rapidi numerose vendite. Questo trend, fortunatamente, ci sta accompagnando anche durante la prima metà del 2021. Non dobbiamo inoltre dimenticare
viste le situazioni a livello mondiale, sono andate molto meglio del previsto: i nostri clienti erano a casa e quindi avevano sia il tempo di consultarsi con calma, pensiamo a moglie e marito, sia la possibilità di fare già scelte meditate e senza stress. Questo atteggiamento positivo e di fiducia ci ha aiuta-
che il Ticino è un territorio che piace molto, basti pensare al ruolo che riveste il turismo, con proprietà uniche e prestigiose, situate in posizioni esclusive vicino al lago, oppure con viste strepitose nel verde. Al tutto si aggiunge un clima mediterraneo e, vorremmo sottolinearlo ancora una volta,
una stabilità politica invidiabile. Particolarmente apprezzata è stata la gestione della pandemia a livello nazionale e gli interventi d’aiuto mirati e rapidi. Non è stata una sorpresa il fatto che molti dei nostri clienti, ora più che mai, scelgano il Ticino anche per la qualità delle strutture ospedaliere e la qualità della gestione della sanità. Altro fattore da sottolineare è il ritorno degli svizzerotedeschi e dei tedeschi, sia per quanto riguarda le case secondarie, sia per quelle primarie. Anche dalla Gran Bretagna abbiamo avuto molte famiglie che, a causa della Brexit, hanno deciso di spostarsi in Svizzera. Visto questo trend positivo, i nostri clienti sono alla continua ricerca di nuove proprietà sul lago o con vista lago. Attualmente la tipologia di casa ricercata si articola in due categorie: case e appartamenti di vacanza, vista lago, con due o tre camere da letto e un budget da 1.5 a 4 milioni, oppure proprietà di prima residenza con terreno (almeno 2000 metri quadrati) per budget superiori ai 5 milioni. D’altra parte, con tutte limitazioni imposte agli spostamenti, cosa si può volere di più rispetto a una casa in Ticino, al lago, dove l’atmosfera di vacanza si respira quotidianamente?
WETAG CONSULTING Riva Antonio Caccia 3 CH-6900 Lugano Via Antonio Ciseri 13A CH-6600 Locarno Via Beato Berno 10 CH-6612 Ascona www.wetag.ch www.journal.wetag.ch info@wetag.ch +41 (0)91 601 04 40 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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ARCHITETTURA / ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY
SEMPRE IN SELLA! ENRICO F. SBRIZZAI, GENERAL MANAGER, ST. MORITZ SOTHEBY`S REALTY RACCONTA COME IL MERCATO IMMOBILIARE ENGADINESE CONTINUA LA SUA CORSA.
P
ossiamo tracciare un bilancio della situazione vissuta nel corso degli ultimi mesi? «Durante l’ultima stagione invernale, contrassegnata prevalentemente dal Covid19, abbiamo vissuto innumerevoli contraddizioni e una di queste riguarda il mercato immobiliare engadinese. Come durante crisi passate, tra cui ultima quella finanziaria del 2008,
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
gli investimenti immobiliari si sono rivelati una volta di più come un’ancora di salvataggio, rappresentando una valida alternativa al classico investimento finanziario. Il periodo pandemico che stiamo attraversando e che sta caratterizzando in modo particolare il mercato immobiliare, ha portato un nuovo dinamismo nella ricerca di appartamenti e/o case di vacanza nelle località di montagna».
Quali sono state, in particolare, le dinamiche che hanno contraddistinto il mercato engadinese? «Ci siamo accorti, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che l’Engadina, ed in special modo St. Moritz, hanno molto di più da offrire che non solo jet-set, lusso, glamour, gourmet di alto standing, ecc. Ci sono molte ragioni per cui si sceglie l’una o l’altra località quando si decide di acquistare una proprietà immobiliare per le vacanze. L’Engadina offre in questo senso una scelta straordinaria tra cui la vicinanza al luogo di residenza principale. Quest’ultimo aspetto ha caratterizzato le vendite immobiliari da noi seguite durante tutta la stagione invernale 2020/21, che per la maggior parte sono state fatte a persone con la residenza principale in Svizzera. Questo aspetto, a mio parere, rappresenta a medio-lungo termine una positività per tutto il settore turistico della nostra regione. Il fatto appunto di avere scelto l’investimento immobiliare per le proprie vacanze vicino al luogo di residenza principale, aggiunge ulteriore consistenza a tutto l’andamento turistico in Engadina».
Per quanto riguarda il futuro dell’immobiliare engadinese quali previsioni si sente di fare? «La situazione non è favorevole a causa della scarsa offerta di immobili sul mercato. In effetti, come già più volte espresso, oggi a maggior ragione siamo confrontati con un’offerta, che per vari motivi, non riesce totalmente a coprire la richiesta. Detto ciò, credo e confido che la richiesta, di cui abbiamo constatato un incremento straordinario già a partire da alcuni anni, e che è stato accelerato dalla pandemia, possa normalizzarsi, e torni comunque ad ottimi livelli, non appena l’emergenza Covid19 rientrerà. Molto probabilmente, quando tutto sarà nuovamente nella norma, verranno a mancare quelle richieste, con le quali siamo stati confrontati durante quasi tutto questo periodo pandemico, e che sono frutto anche di motivazioni legate prevalentemente ai vari lockdown subiti. Riassumendo, e anche confrontandomi con altri professionisti locali, crediamo che risolto il problema pandemico, il mercato engadinese possa tornare a quel sano equilibrio tra domanda e offerta che per anni lo ha caratterizzato».
ST. MORITZ SOTHEBY’S INTERNATIONAL REALTY Via Serlas 20 CH-7500 St. Moritz T +41 (0) 81 836 2551 www.stmoritzsir.ch TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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ARCHITETTURA / ARTPROJEKT SA
INVESTIRE NEL MATTONE TORNA AD ESSERE CONVENIENTE
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erché queste due residenze hanno riscosso un così grande interesse da parte degli acquirenti? «Gli appartamenti delle due promozioni immobiliari sono stati venduti con grande successo già sulla carta, prima della realizzazione dell’opera (75% della Residenza Sole 01/03 e 65% della Residenza Maurice 02). Le ragioni dell’interesse riscosso derivano da uno studio approfondito sul layout degli appartamenti le cui superficie abitative sono adeguate all’ubicazione dello stabile e alle richieste di mercato, con 2,5-3,54,5 locali, e al prezzo che si aggira intorno ai 7.000 CHF di media al mq. Queste condizioni li rendono particolarmente convenienti anche per quei privati che dopo l’acquisto, intendono mettere a reddito i loro appartamenti: una opportunità da non perdere per investitori che disponendo di una certa liquidità potrebbero trovare nel mattone la soluzione per fare rendere i loro risparmi nell’ordine del 3/4% annui».
IN UNA CONGIUNTURA ECONOMICA COME QUELLA ATTUALE È SEMPRE PIÙ DIFFICILE INDIVIDUARE PROPOSTE D’INVESTIMENTO CHE ABBIANO BUONE PROSPETTIVE DI SUCCESSO. CE LO CONFERMA MONICA LO RISO, DIRETTRICE PRESSO ARTPROJEKT CHE CURA LA PROMOZIONE E LA VENDITA DEL PALAZZO MAURICE A MASSAGNO E DELLA RESIDENZA SOLE, A PREGASSONA, DUE SOLUZIONI MOLTO VALIDE SIA COME SCELTA ABITATIVA CHE COME APPARTAMENTI DA METTERE A REDDITO.
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TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
Il quale contesto urbano si inserisce Palazzo Maurice? «Questa residenza sorge nel quartiere Morella a Massagno, caratterizzato da un ambiente prevalentemente residenziale. La scelta è stata quella di realizzare un edificio, in quello che è il secondo centro per popolazione del distretto di Lugano, che fosse di facile accesso all’ingresso autostradale di Lugano Nord e alle principali vie di transito, rendendo così il complesso facilmente raggiungibile e comodo ai servizi».
Possiamo vede più nel dettaglio quali sono le sue principali caratteristiche? «Si tratta di una composizione moderna, distinta da altezze e profondità differenti. L’utilizzo di tecnologie innovative e materiali naturali ne fanno un edificio di grande prestigio con garanzia di durevolezza e contenuti costi di manutenzione. Il complesso residenziale prevede numerosi posti auto in autorimessa, dove si trovano anche le cantine per ogni appartamento. Le terrazze sono pensate per garantire agli appartamenti 4,5 e 3.5 locali uno spazio da vivere all’aperto con la massima privacy e senza alcuna introspezione tra le diverse unità immobiliari. I layout interni degli appartamenti (2.5 locali, 3.5 locali e 4.5 locali) sono studiati per soddisfare molteplici esigenze, e sono concepiti per essere personalizzati in base alle richieste dell’utente finale in termini di scelta dei materiali». Anche la Residenza del Sole sorge in una zona molto interessante… «La Residenza Sole è costruita sull’area dove un tempo sorgeva una storica Fabbrica di guanti (Gänsslen & Munz), nel cuore del quartiere di Pregassona, in una zona residenziale oggi considerata un’importante e significativa realtà dell’agglomerato urbano luganese. L’edificio si sviluppa su 8 piani di cui 6 piani fuori terra, 1 piano seminterrato ed 1 piano interrato, per un totale di 14 appartamenti e 3 spazi commerciali. Al piano interrato ci sono 17 posti auto in garage e 9 esterni.
ARCHITETTURA / ARTPROJEKT SA 01
mattoni bianchi. I serramenti con triplo vetro garantiscono prestazioni ottime sia da un punto di vista termico che acustico. È previsto un impianto solare termico per produrre acqua calda sanitaria, oltre ad un impianto domotico per controllare la regolazione dell’impianto elettrico da ogni locale dell’appartamento. Ogni posto auto è predisposto per una stazione di ricarica veicoli elettrici collegata al proprio contatore. In questa nuova residenza troveranno posto due studi medici, uno dentistico e l’altro odontotecnico».
Gli appartamenti hanno diverse tipologie (2.5 locali, 3.5 locali, 4.5 locali) con ampie terrazze pensate per garantire uno spazio da vivere all’aperto. La presenza di superfici vetrate favorisce il dialogo tra gli spazi interni e il paesaggio esterno, dando vita ad ambienti luminosi e particolarmente confortevoli. Ogni appartamento è dotato di predisposizione per una colonna lavasciuga».
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Una particolare attenzione è stata posta alla sostenibilità ambientale dell’edificio… «L’involucro edilizio è creato per migliorare l’efficienza termica mediante facciata ventilata con rivestimento in
ARTPROJEKT SA Via San Salvatore 2 6900 Paradiso - Lugano T. +41 (0) 919220603 www.artprojekt.ch 03 TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
PASSIONI, VISIONI, PROGETTI DIECI ANNI DI SIMPOSI DI FILANTROPIA IN TICINO lantropiche. La pandemia ci ha dimo-
imprescindibile degli organi di governo
strato che i filantropi sanno e vogliono
internazionali».
mettersi in gioco, ma anche che sono richiesti processi più rapidi e trasparen-
Personalmente, quale insegnamento
ti, decisioni più celeri e sostanziali sem-
ha tratto da queste vicende
plificazioni per chi cerca una donazione
sul piano del senso della vita?
filantropica. Il principio è la ricerca
«Come molti altri, anch’io mi sono resa
dell’efficacia e la capacità di rispondere
conto che c’era un unico modo di dare
con prontezza a un contesto in rapido
significato a questo periodo: utilizzare
mutamento e spesso su una scala ina-
il proprio patrimonio, non solo di co-
spettata, come sta avvenendo appunto
noscenze e relazioni, e farne uno stru-
nella recente crisi pandemica».
mento di speranza, impegnandomi da subito per l’emergenza. Penso che chi
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La solidarietà nei confronti dei più
opera nella mia professione si trovi in
deboli, dei minori, degli emarginati
una posizione di privilegio, perché
diventa dunque un impegno etico
quando le situazioni diventano precarie
NEL CORSO DI POCO PIÙ DI UN DECENNIO SIAMO PASSATI DA UNA GRAVISSIMA CRISI FINANZIARIA, POI DIVENTATA ECONOMICA E SOCIALE, A UNA CRISI SANITARIA DI DIMENSIONI GLOBALI. MOLTE CERTEZZE DELL’UOMO CONTEMPORANEO SONO VENUTE MENO E ANCHE IL SIGNIFICATO E IL RUOLO DELLA FILANTROPIA NELLA SOCIETÀ SONO CAMBIATI. NE PARLIAMO CON ELISA BORTOLUZZI DUBACH, DOCENTE UNIVERSITARIA ED ESPERTA DI FILANTROPIA A LIVELLO INTERNAZIONALE, PROTAGONISTA ANCHE DELLA SCENA FILANTROPICA TICINESE.
e morale imprescindibile?
può fare molto, subito e liberamente».
I
persone in condizione di povertà.
«Tutti gli indicatori economici ci dimostrano che è in atto una concentrazione
Da oltre dieci anni hanno luogo
della ricchezza. “Forbes” stima che nel
in Ticino simposi di filantropia aperti
2020 la ricchezza complessiva degli ol-
al pubblico. In questo contesto,
tre 2200 miliardari del mondo è aumen-
gli incontri fra mecenati che
tata complessivamente di 1900 miliardi
ruolo hanno? Com’è iniziata
di dollari (https://forbes.it/2020/12/17/
questa avventura?
miliardari-guadagnato-trilioni-dolla-
«La storia dei simposi di filantropia è
ri-2020/). Parallelamente, il Coronavi-
un percorso che ha origini lontane.
rus ha dilapidato nel 2020 17.500 mi-
Nel 2010 l’USI ha promosso un primo
liardi di dollari (Global Wealth Report
appuntamento intitolato “Interagire
2020). La povertà fa un balzo in avanti
con le fondazioni”, nell’ambito di una
negli anni della pandemia e raggiunge
ricerca sulle fondazioni di pubblica
valori record. A titolo di esempio, un
utilità, sotto la supervisione scientifica
italiano su dieci si trova in grave diffi-
del professor Gianluca Colombo e
coltà economica. In Svizzera, l’Ufficio
mia. Quella ricerca è stata l’avvio di
federale di statistica parla di 735 mila
un percorso che ha portato la comunità ticinese a interrogarsi sull’apporto delle fondazioni e dei mecenati per il territorio, con l’obiettivo di accompagnare e dare impulso alle trasformazioni in corso nella società civile. Valentina Del Fante, che faceva parte del gruppo di lavoro e ora è braccio destro del direttore generale del LAC, ricor-
n che misura e in che
È evidente che di fronte a questi dati la
modo la filantropia sta
solidarietà interpersonale non basta, ci
cambiando per far fronte
deve essere un adeguamento delle leggi
alle trasformazioni di una
che corregga le distorsioni del mercato,
società sempre più complessa?
senza penalizzare l’imprenditorialità. Si
«È in atto un sostanziale ripensamento
tratta quindi non solo di un impegno
del modo di operare delle istituzioni fi-
etico e morale, piuttosto di un dovere
TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
DOSSIER FONDAZIONI / ELISA BORTOLUZZI DUBACH
da: “Quella ricerca mi ha cambiato la vita, in quanto mi ha permesso di conoscere a fondo il mondo fondativo ticinese e di lavorare a un dossier che di fatto ha messo in relazione il Canton Ticino con il resto della Svizzera in un ambito che fino ad allora era stato poco approfondito. Uno studio che ha permesso di sviluppare nuove conoscenze, competenze e relazioni che hanno portato un grande valore al nostro territorio”». Com’è proseguito questo percorso? «Il 22 settembre 2011 fu poi la volta di “Fondazioni culturali: modelli ed esperienze di collaborazione fra pubblico e privato”. Centoventi fra consiglieri di amministrazione e di fondazione si ritrovarono con il direttivo di SwissFoundations al gran completo a Villa Principe Leopoldo per una giornata di studi. Moreno Bernasconi, presidente della Fondazione Federica Spitzer, moderò i lavori di quella storica giornata che ricorda così: “Lo Stato e la Società civile si guardano storicamente con sospetto. Soprattutto nella Svizzera italiana. Il convegno fece scoprire per la prima volta in Ticino che il meglio delle iniziative promosse dal primo e dalla seconda non si annullano a vicenda ma sono uno straordinario moltiplicatore di efficacia a beneficio del bene comune”. In quell’occasione, il Dossier svizzero sulle fondazioni del CEPS-Center for Philanthropy Studies dell’Università di Basilea fu tradotto per la prima volta in lingua italiana e nacque l’idea di creare una rete delle fondazioni erogative ticinesi a cui fu data vita nel 2017. Parallelamente per iniziativa di UBS nasceva nel 2013 il Lugano Philanthropy Day, dedicato ai temi legati agli ONU Millennium Goals, al quale hanno partecipato relatori prestigiosi provenienti dalla Svizzera e dall’estero». 25-26 settembre 2014: “La società generosa”. Come nacque invece questo incontro?
«Il 29 giugno 2014 scompariva improvvisamente Pier Mario Vello. Quell’anno Vello aveva pubblicato il libro che viene considerato il suo testamento spirituale, La società generosa, e l’incontro di settembre fu pensato per onorare la sua visionarietà e riflettere sulle sue idee con l’intervento di alcuni storici protagonisti della filantropia internazionale quali, fra gli altri, Rolando Benedick, presidente del Leopard Club, il club di sostegno del Festival cinematografico di Locarno, e Maria Vittoria Rava, fondatrice e presidente della Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus. L’allora presidente del Consiglio di amministrazione di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, chiese ad Arnoldo Mosca Mondadori, allora membro della Commissione centrale di beneficenza di Fondazione Cariplo, di rappresentarlo. In una sala vibrante di energia, Mondadori pronunciò di fronte a oltre 200 persone uno storico discorso: “Quello della Società generosa si può considerare forse il testamento spirituale di Pier Mario: un percorso ideale per l’uomo e le comunità in cui esso vive e opera, che per essere realizzato ha bisogno di un nuovo umanesimo. La generosità umana può diventare azione strategica e organizzata, metodo e visione insieme. Io ho condiviso il suo pensiero, attraverso la grande amicizia che ci univa”. Alla fine di quel discorso Mosca Mondadori mi passò il testimone. Gli esiti di quel percorso di ricerca e di pensiero si trovano, non a caso, nel mio ultimo libro La relazione generosa. Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati (FrancoAngeli, 2020)». Il 21 settembre del 2018 seguì “L’energia del mecenatismo”, a Villa Negroni, e il 19 ottobre 2019 “Sinfonie d’ntenti. Passioni, visioni e progetti di mecenatismo musicale”, al Conservatorio della Svizzera italiana. Una svolta nella sua visione degli incontri sul mecenatismo?
«L’energia del mecenatismo e Sinfonie d’intenti hanno segnato l’inizio di un percorso diverso, un’apertura significativa a un mondo fino ad allora poco esplorato. Letizia Tedeschi, direttrice della Fondazione Archivio del Moderno così si esprime al riguardo: “Per la nostra Fondazione è stato un momento di svolta e di riflessione sulle nostre modalità operative, sulla nostra volontà di azione per il bene comune; è stata una sfida per aprire nuove frontiere rivolte al mecenatismo contemporaneo che si dedica alla cultura e al mondo della ricerca in campo umanistico. In quel momento, mi sembrava utile che venisse data voce ai protagonisti, vale a dire ai mecenati stessi. Sono loro, infatti, che stanno trasformando il mondo”. Personalmente penso che, più che ascoltare solo gli esperti del mondo universitario e commentare il contributo dei mecenati, per il Ticino sia centrale in questo momento costruire un dialogo con i protagonisti e le personalità che oggi investono denaro, passione, energia, risorse in processi che, in alcuni casi, stanno trasformando la società. La loro testimonianza diretta porta con sé quel valore aggiunto di umanità che può arricchire ognuno di noi e favorire sempre nuove iniziative filantropiche. Il Ticino ha bisogno di una cultura del mecenatismo che consenta ai mecenati in prima persona di esprimersi al meglio per il beneficio stesso di questo Cantone». Che cosa ne pensa delle nuove iniziative cui assistiamo in questo settore? «Stanno nascendo moltissime iniziative in tutta la Svizzera: ad alcune partecipo personalmente, le altre le seguo con vivo interesse. Raccogliere un’eredità e trasformarla con stili, accenti e visioni diverse è stimolante. La diversità è sempre segno di ricchezza e la filantropia nasce, cresce e si sviluppa grazie al confronto attivo. Il futuro si costruisce così». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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DOSSIER FONDAZIONI / KONRAD HUMMLER
STRAORDINARIO IMPEGNO A FAVORE DELLA MUSICA
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INTERVISTA CON KONRAD HUMMLER, BANCHIERE, GIORNALISTA, EDITORE, MEMBRO DI ISTITUZIONI CULTURALI E DI FONDAZIONI FINALIZZATE, TRA L’ALTRO, ALLA CONSERVAZIONE E PROMOZIONE DEL PATRIMONIO MUSICALE DI J.S.BACH. DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH
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el corso degli scorsi decenni lei ha attraversato da protagonista tutte le principali vicende del sistema bancario svizzero. Dal suo osservatorio privilegiato crede nella possibilità di una finanza etica e quali dovrebbero essere i suoi elementi fondanti? «Certo che c’è etica nella finanza, come in realtà c’è ovunque nell’interazione delle persone tra di loro! L’onestà è naturalmente in primo piano come indispensabile prerequisito. Ciò include l’evitare i conflitti d’interesse, uno dei mali fondamentali nei grandi gruppi bancari. Non si può per esempio gestire l’Investment Banking e il Private Banking sotto lo stesso tetto senza generare conflitti. Allo stesso tempo, vorrei mettere in guardia contro un’eccessiva moralizzazione della finanza. Al momento si parla molto di investimenti ESG. L’acronimo ESG sta per Environmental, Society and Governance e richiede alle attività finanziarie di investire e gestire il capitale secondo tali principi. C’è il grande pericolo che non si faccia distinzione tra “ben intenzionato” e veramente “buono”. Inoltre, l’etichetta ESG è molto adatta per finalità di marketing, anche quando dietro non c’è molto contenuto. La mia opinione è che ciò che ha senso economicamente a lungo termine non può essere completamente sbagliato ecologicamente. “Economia” significa letteralmente usare le risorse con parsimonia. Il criterio della “so-
stenibilità” richiede esattamente la stessa cosa. Quindi c’è una convergenza tra un’economia ben intesa e una esigenza di sostenibilità». Nel suo percorso professionale lei ha ricoperto importanti incarichi nel campo dell’editoria e del giornalismo. A suo giudizio come è possibile, in un’epoca segnata dai processi di concentrazione e digitalizzazione, assicurare quella libertà di opinione che è garanzia irrinunciabile di democrazia? «Non so se la digitalizzazione porti effettivamente a processi di concentrazione. Basta pensare alle migliaia, probabilmente milioni, di blog privati che sono nati e stanno continuamente nascendo. La libertà di espressione si manifesta quotidianamente attraverso tutti questi numerosi blog, ma in realtà ogni tweet svolazza nell’universo di Internet. Così come le decine di migliaia di commenti di lettori che appaiono quotidianamente sulle piattaforme online. Una volta non era così. Solo alcune lettere all’editore attentamente filtrate dai redattori. La libertà di espressione non è morta, solo che si manifesta in luoghi diversi rispetto al passato. Eppure, il processo di concentrazione è irreversibile. Il detto “The winner takes it all” sembra applicarsi anche in questo settore, non solo con Amazon e Google. Tutto ciò deve essere tenuto sotto osservazione da un punto di vista antitrust: si tratta di un problema socio-politico. Ma la legge antitrust fornisce gli strumenti giusti per combattere questo fenomeno.
DOSSIER FONDAZIONI / KONRAD HUMMLER
gnifica tutto questo. L’impossibità degli artisti ad esibirsi non può essere sostituita dal denaro. Certamente, è anche importante. Ma il vuoto creato dalla pandemia è soprattutto umano. La nostra fondazione è stata in grado di aiutare molto sotto entrambi gli aspetti, finanziariamente e umanamente».
Ciò che mi preoccupa di più è il terrore dell’opinione pubblica che si sta attualmente diffondendo in nome della “correttezza politica”, dell’inclusione e della diversità. È come una pandemia che ha attanagliato l’emisfero occidentale e sta dilagando, soprattutto nei circoli intellettuali. I professori universitari vengono esclusi dalle lezioni, gli opinionisti dai talk show televisivi, la letteratura classica come i poemi di Ovidio banditi dalle aule! E tutto questo in nome delle minoranze che si sentono svantaggiate. Una perdita di cultura è qui minacciata, e il discorso democratico è gravemente in pericolo!». Lei è stato nel tempo fondatore o membro di numerose fondazioni a carattere culturale o benefico. Ci vuole raccontare quali sono state le principali iniziative promosse e le ragioni di queste scelte?
«Sono membro del consiglio di fondazione di “istituzioni filantropiche” tipiche e di una fondazione culturale attiva operativamente. Quest’ultima è chiaramente più vicina a me perché corrisponde al mio pensiero e al mio temperamento di imprenditore. Chi distribuisce “solo” denaro deve stare sempre in guardia per non sostenere nulla di superfluo o marginale. Questo compito è molto impegnativo e richiede qualcosa quasi simile a un servizio di intelligence, intendendo “intelligenza” nel vero senso della parola. Una fondazione culturale attiva operativamente - nel mio caso la Fondazione J. S. Bach - ha il vantaggio che la cultura «accade» costantemente, viene “prodotta” in modo molto concreto e pratico. Il contatto con gli artisti che creano cultura è molto diretto. Soprattutto durante il difficilissimo periodo della pandemia, abbiamo potuto sperimentare cosa si-
In veste di co-fondatore e presidente della J. S. Bach- Stiftung ha lanciato il progetto bachipedia.org. Di che cosa si tratta? «Bachiipedia.org è, per così dire, l’«atout» della Fondazione J.S. Bach. Come è noto, con la nostra Fondazione stiamo producendo costantemente contenuti musicali, vale a dire stiamo digitalizzando le opere vocali di Bach, in registrazioni audio/video pulite, con tutte le integrazioni che ne consentano la massima fruibilità, come introduzioni alle opere, testi di accompagnamento, riflessioni e molto altro. In bachipedia.org, tutto il materiale dell’archivio è ordinato e disponibile gratuitamente per gli utenti di tutto il mondo. Il successo riscosso è stato straordinario: milioni di visualizzazioni su Youtube, un numero immenso di fans su Facebook, abbonati su Twitter, letteralmente tutto il mondo. Quando abbiamo creato la fondazione, non avremmo mai immaginato che lo scopo potesse essere raggiunto in modo così completo». Perché ha deciso di dare vita a una fondazione dedicata all’opera vocale di Bach? «L’obiettivo della Fondazione è quello di tramandare l’immensa e (ad eccezione di alcuni capolavori) raramente eseguita produzione compositiva del Thomaskantor alle prossime generazioni. Le piramidi non devono essere tramandate come patrimonio storico, stanno lì e basta. Con la musica è diverso. Ogni generazione è responsabile della sua trasmissione. Qualcuno TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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DOSSIER FONDAZIONI / KONRAD HUMMLER
deve farlo. Ho dato inizio a questo progetto e sono ancora attivamente coinvolto. Nel frattempo, però, la fondazione conta anche molti altri sponsor, mecenati e amici. Il loro aiuto rafforza il mio impegno incrollabile». Quali sono gli scopi statutari della fondazione e com’è organizzata? «Abbiamo istituito due fondazioni, una per l’area più prossima dove si svolge la produzione principale, cioè la Svizzera orientale, e una internazionale attraverso la quale si può gestire il rischio riguardo gli spettacoli all’estero. Il principale onere operativo è poi sostenuto dalla J.S. Bach St. Gallen AG, una società per azioni di diritto svizzero senza scopo di lucro. Ciascuna delle tre entità giuridiche ha la propria governance, cioè piccoli ed efficienti consigli di fondazione o di amministrazione che possono riunirsi e prendere rapide decisioni.
Questo è stato molto importante, soprattutto in tempi di pandemia, perché c’erano decisioni di vasta portata da prendere, per esempio l’”Anno Sabbatico 2020” senza produzione di esibizioni pubbliche, ma con molti stream dal vivo con il nostro direttore musicale Rudolf Lutz in veste di “one-man orchestra». Istituzioni finanziarie e fondazioni. Quale ritiene debba essere il corretto rapporto tra loro per assicurare una redditizia gestione patrimoniale e al tempo stesso mantenere una totale autonomia nella scelta dei progetti da sostenere? «Una domanda difficile in tempi di tassi di interesse bassi o negativi! Ci manca la classe di attività delle obbligazioni a basso rischio e fruttifere. Bisogna rifugiarsi negli investimenti azionari e mantenere la testa sopra l’acqua attraverso il reddito da divi-
Nuove soluzione per la nostra pelle La Prairie cerca di ricreare, con la collezione Pure Gold, la Golden Hour sche si verifica sulle vette delle Alpi svizzere, per trasmetterlo alla pelle: la magia di un istante in grado di illuminare la pelle dall’interno, regalandone una naturale luminosità. La sua formula è caratterizzata dalla presenza di un ingrediente particolare: l’oro. Un metallo dalle infinite proprietà in grado di conferire naturale lucentezza, per resistere al passare del tempo, trasformando la pelle visibilmente. Il rituale Pure Gold, pensato appositamente per una pelle rivitalizzata, nutrita e arricchita, inizia con la formula iridescente di Pure Gold Radiance Concentrate. Un siero prodigioso e ricco, che brilla
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della promessa di una sensazione sontuosa. Goccia dopo goccia, viene assorbito facilmente dalla pelle, lasciando un sottile accenno di splendore d’oro puro e una luminosità senza preceden-
dendi, rosicchiando un po’ di capitale di tanto in tanto. In questi tempi difficili, la cooperazione con i fornitori di servizi finanziari deve essere molto stretta e basata sulla fiducia. Altrimenti, le cose possono andare rapidamente male».
*Konrad Hummler, nato nel 1953 a San Gallo (Svizzera). Dottorato in legge all’Università di Zurigo, studi post-laurea in economia all’Università di Rochester (N.Y.). Negli anni ‘80, assistente personale del Presidente del Consiglio di amministrazione della Schweizerische Bankgesellschaft, Robert Holzach. Dal 1991 al 2012, socio dirigente a responsabilità illimitata della banca privata Wegelin & Co. a San Gallo. Dopo la vendita d’emergenza delle attività commerciali sotto la pressione degli Stati Uniti, ha fondato M1AG, un think tank per questioni strategiche contemporanee. Numerosi mandati nell’industria e nella finanza in Svizzero e all’estero. Fondatore e presidente della Fondazione J.S. Bach di San Gallo. Sposato, padre di quattro figlie adulte, nonno di cinque nipoti.
ti. Inoltre, la formula arricchita con Pure Gold Diffusion System, leviga la pelle e migliora la grana rivitalizzando l’aspetto e uniformando l’incarnato. A completare la collezione anche Pure Gold Radiance Eye Cream e Pure Gold Radiance Cream. Per un rituale di bellezza completo.
DOSSIER FONDAZIONI / RAINER JAUCH
PARLA RAINER JAUCH, FONDATORE DI UNA UTILISSIMA BANCA DATI SULLE FONDAZIONI ATTIVE IN SVIZZERA E NEL LIECHTENSTEIN.
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uando e com’è nata Fundraiso? «Fundraiso è stata fondata nel 2014, con l’ambi- zione di creare un indice di ricerca di tutte le fondazioni in Svizzera e nel Liechtenstein. L’ispirazione è arrivata dalla prima impresa che ho lanciato da studente: stipendium.ch. Aiutare gli studenti a trovare delle borse di studio nel settore delle fondazioni mi ha aperto gli occhi al fatto che non esisteva un registro nel quale fare ricerche per tali entità. Per risolvere questo problema, abbiamo creato fundraiso.ch.». Come funziona la banca dati? «Inizialmente, nel 2014, il database consisteva di un sistema di archiviazione sistematica di tutte le fondazioni in Svizzera e registrate nel registro di commercio. Tramite un’interfaccia del Dipartimento Federale dell’Interno, sincronizzata al nostro database ogni notte, è stato possibile tenere questi dati aggiornati automaticamente. Con il crescere del database e l’inclusione di indirizzi di enti patrocinanti, chiese, fondazioni all’estero, e così via, si è arrivati al punto di necessitare una grande mole di lavoro manuale per tenere tutte le informazioni valide ed accurate.
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TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SULLE FONDAZIONI Ad oggi, un utente può non solo effettuare ricerche per fondazioni attive in un certo campo tramite parole chiave, ma anche scoprire dati d’archivio di relazioni di donazioni (chi è stato patrocinato da chi). È possibile usare una mappa interattiva per scoprire quali fondazioni ed enti patrocinanti sono situati nella propria regione (importante per progetti locali e regionali), oppure usare i nostri filtri proprietari di ricerca per argomento. Una cosa che ci rende molto fieri è l’aver infranto, quest’anno, le barriere linguistiche. Grazie a traduzioni automatizzate, tutti gli indirizzi registrati su fundraiso.ch sono disponibili in 4 lingue. Questo è stato un grande passo avanti, specialmente per coloro che fanno ricerche in inglese oppure conoscono una sola lingua». Fundraiso offre oltre a informazioni su fondazioni svizzere, anche del Liechtenstein, del Lussemburgo e della Germania ora anche in lingua italiana. Quanti indirizzi sono archiviati nella banca dati? «Al momento ci sono 19.695 indirizzi attivi nell’indice Fundraiso. Tra questi, tutte le fondazioni registrate ai registri commerciali della Svizzera e del Liechtenstein, quasi 400 indirizzi di fondazioni in Austria, e presto circa 1000 in Germania e Lussemburgo. Il resto consiste in chiese, fondi pubblici, ed enti patrocinanti, per lo più in Svizzera. L’obiettivo è quello di integrare nell’indice di ricerca sempre più fondazioni e fondi attivi a livello internazionale, specialmente nelle aree di ricerca, scienza e sviluppo».
In questo momento ci sono moltissime persone in difficoltà. Quante sono le fondazioni in Svizzera che aiutano in caso di povertà? «Grazie al nostro portale per borse di studio stipendium.ch, sappiamo che ci sono circa 1500-2000 fondazioni, in Svizzera, che permettono donazioni dirette verso individui come studenti, genitori singoli, o persone in difficoltà economiche. A parte le fondazioni, ci sono altri fondi. Molti comuni e chiese locali possiedono uno o più fondi che consistono in legatari ed altre risorse che permettono loro di supportare i propri residenti o cittadini in caso di bisogno. Raccomandiamo sempre a persone che hanno necessità di aiuti economici di chiedere per prima cosa al comune e poi alla chiesa, prima di approcciare le fondazioni». Quante si occupano di cultura? Quante di sociale? «I termini “cultura” e “sociale” hanno un ampio significato. Una ricerca per la parola cultura su fundraiso.ch trova circa 2000 fondazioni che danno borse, ed usano quella parola nel loro scopo statutario. Per la parola “sociale”, quasi 1700 risultati. Ovviamente, molte di queste fondazioni non supportano direttamente singoli individui, ma erogano borse a organizzazioni che sono impegnate in attività culturali o sociali». La banca dati offre anche tutta una serie di informazioni e di supporti di carattere tecnico? Di che cosa si tratta?
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DOSSIER FONDAZIONI / RAINER JAUCH
«Sottolineando il fatto che noi non raccogliamo fondi (i raccoglitori di fondi sono i nostri utenti), i nostri utenti sono per lo più fundraiser e soggetti richiedenti che sanno esattamente di quali dati hanno bisogno. Quindi, dall’inizio, i nostri utenti sono stati molto bravi ad utilizzare Fundraiso senza necessità di molto aiuto da parte nostra. Ad ogni modo, ci siamo inventati l’Accademia Fundraiso: materiali video-educativi ed una guida utente per fornire assistenza tecnica a coloro che ne necessitano. Coloro che non desiderano effettuare un abbonamento su Fundraiso ci mandano i propri progetti cosicché il nostro team di ricerca possa fornire loro una panoramica su quali sono i fondatori più adatti a loro. Si tratta di un servizio molto richiesto che si è mostrato essere un’ottima alternativa al nostro servizio ad abbonamento, specialmente per chi non può investire tempo nel fare le ricerche da solo». ai161971158515_215x138, TW (2021_05).pdf
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Una parola in chiusura per gli studenti. Che cos’è stipendium.ch? Dove trovano gli studenti materiali e informazioni utili? «Ci sono diverse istituzioni che possono aiutare. Raccomandiamo sempre di contattare l’ufficio cantonale di borse di studio come prima cosa. Poi l’ente governativo locale e la chiesa. Se questi non possono essere d’aiuto, stipendium.ch è sempre disponibile ad ogni contatto per informazioni su borse di studio da parte di fondazioni. Inoltre, il centro informazioni sul lavoro locale di solito è molto utile e può fare da intermediario per borse di studio, poiché lavora in collaborazione con numerose fondazioni». Lei ha un osservatorio privilegiato: come si comportano le fondazioni in tempo di pandemia? Che cosa è cambiato? 29.04.2021
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«Fortunatamente, non è cambiato molto. Molte fondazioni sono rimaste attive per supportare le persone nel momento del bisogno, in maniera diretta oppure indiretta tramite progetti. Alcune sono diventate maggiormente attive ed hanno aumentato il loro budget per le borse di studio (specialmente nel campo della ricerca medica). Nel settore culturale, in grande misura, e tra gli studenti, in molti hanno tratto beneficio da un supporto rapido e poco burocratico da parte delle fondazioni. Penso che in questi momenti di crisi ci accorgiamo ancora di più dell’importanza di un terzo settore che possa intervenire ed ammorbidire le ripercussioni di questi tempi difficili. L’apprezzamento ed il riconoscimento per l’importante ruolo ricoperto dalle 13.000 fondazioni caritatevoli in Svizzera è certamente cresciuto durante gli ultimi 12 mesi. E giustamente».
DOSSIER FONDAZIONI / HEBY GRABER
SOSTENIAMO LA CULTURA A 360°
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Hedy Graber Ph: ©Vera Hartmann
INTERVISTA CON HEDY GRABER*, ALLA GUIDA DEL PERCENTO CULTURALE MIGROS NAZIONALE, ESPRESSIONE DI UN IMPEGNO VOLONTARIO DI MIGROS A FAVORE DELLA CULTURA, DELLA SOCIETÀ, DELLA FORMAZIONE, DEL TEMPO LIBERO E DELL’ECONOMIA. DI ELISA BORTOLUZZI DUBACH
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ei è considerata una delle persone più influenti nel finanziamento privato della cultura svizzera. Questo significa anche compiere scelte di grande responsabilità. A quali principi etici e criteri culturali si ispira quando compie le sue scelte? «A tutti gli effetti, la portata della promozione culturale del Percento culturale Migros segue molto da vicino quella degli enti pubblici. Noi e le nostre cooperative regionali siamo consci della responsabilità che comporta questa sorta di ruolo di fornitore primario di servizi culturali per la Svizzera. Vogliamo consentire a tutta la popolazione un ampio accesso alla cultura assicurando al contempo offerte di elevata qualità. Collaboriamo con specialisti/e e definiamo criteri chiari per il nostro sostegno. Le nostre linee guida di promozione, inoltre, sono consultabili da chiunque lo desideri. Negli ultimi 20 anni, in generale, ho percepito una forte professionalizzazione dell’intero settore. La trasparenza è diventata di fondamentale importanza». Nel 2015 è stata votata European Cultural Manager of the Year. Quale marcia in più sono in grado di offrire le donne nel mondo della filantropia e del mecenatismo? «Ci sono moltissime donne che profondono un grande impegno mecenatesco, ma risultano poco visibili a livello pubblico. Se manca questa visibilità, non possiamo venire a conoscenza della dedizione esemplare di queste persone. Ma la visibilità manca anche alle artiste: per questo sosteniamo numerosi progetti di rete che diano visibilità alle donne, come Helvetiarockt in ambito
musicale o SWAN nel settore cinematografico. Bisogna inoltre incrementare la tolleranza nei confronti di altri progetti di vita. Si tratta di un concetto che va oltre il classico tema della conciliabilità tra lavoro e famiglia». Prima di essere a capo della Federazione delle cooperative Migros come responsabile del dipartimento culturale ed aver poi creato il fondo di sviluppo Engagement Migros, lei ha rivestito importanti incari pubblici sempre in ambito di promozione culturali (Basilea,). Che differenze e quali difficoltà (o vantaggi) ha rilevato nel passaggio dal pubblico al privato? «Ho avuto la fortuna di apprendere i rudimenti di questo “mestiere” nel settore pubblico: l’elaborazione di modelli di promozione, l’orientamento all’efficacia, gli obblighi verso i/le contribuenti e l’interesse ai processi politici. Ho inoltre avuto l’opportunità di partecipare a progetti speciali come la “Expo.02” o il “Mese europeo della cultura”. Durante queste esperienze ho conosciuto il valore della cooperazione, scoprendo quanto sia entusiasmante prendere iniziative e renderle popolari. Presso la Federazione delle cooperative Migros ho poi constatato con grande gioia che il margine di manovra è ancora più ampio. Questa libertà, tuttavia, implica anche un impegno. Abbiamo il dovere di anticipare e sperimentare le nuove tendenze». Il Percento culturale Migros ha avviato un grande processo di riforma dei criteri di sostegno della cultura. Di che cosa si tratta? Può spiegarcene i dettagli?
DOSSIER FONDAZIONI / HEBY GRABER
«Nel 2012 abbiamo sviluppato e lanciato il Fondo pionieristico Migros. Successivamente, dopo aver rielaborato la strategia nel settore affari sociali, è stato logico riesaminare anche la strategia di promozione culturale. In questo ambito volevamo intraprendere un nuovo percorso e rompere gli schemi. Con la nuova strategia non promuoviamo più soltanto classiche divisioni come il teatro o la danza, ma operiamo a livello interdivisionale. Questo approccio prevede un orientamento al processo artistico: ci impegniamo nella prima fase di raccolta delle idee che precede la produzione, nell’ideazione e nella divulgazione al pubblico dopo la produzione (diffusione). Questo modello è stato creato dopo un confronto approfondito con i/le rappresentanti di tutte le divisioni e dopo l’analisi di numerosi budget di produzione. Ci consideriamo un soggetto che integra il settore pubblico. Ogni anno, inoltre, mediante bandi a tempo forniamo alla produzione culturale svizzera due o tre impulsi tematici, ad esempio per modalità di lavoro co-creative». Come giudica l’attuale situazione della cultura alla luce della pandemia. Che politiche sta attuando Migros al riguardo? «La pandemia ha messo alla prova la nostra nuova strategia di promozione sin dal suo lancio, dimostrandone la validità. Senza dover stravolgere la nostra promozione, in questi tempi difficili siamo riusciti a offrire un supporto efficace. Le operatrici e gli operatori culturali hanno avuto tempo per sviluppare le idee. Noi li sosteniamo nelle loro ricerche promuovendo la fase di ideazione. Per quanto riguarda la diffusione, già in fase di sviluppo abbiamo compreso chiaramente che desideriamo sostenere canali nuovi e innovativi. Guardandoci indietro, possiamo dire di avere colpito nel segno: durante la pandemia, infatti, i canali tradizionali non erano
praticabili. Inoltre siamo stati molto flessibili per quanto concerne la cancellazione delle manifestazioni: non abbiamo mai richiesto rimborsi». Qual è la strategia nel prossimo anno? «In ambito culturale, il prossimo autunno lanceremo il nostro nuovo progetto di promozione delle giovani leve: anch’esso si baserà su un approccio interdivisionale. In linea generale ritengo che la pandemia avrà un impatto di lungo periodo sulla scena culturale. La cultura sta diventando più ibrida, più flessibile. Questo però significa che anche la nostra strategia di promozione deve essere più elastica». Il Percento culturale Migros ha rafforzato le sue strategie di comunicazione verso gli operatori culturali in difficoltà? Se sì in quali forme? «Sin dal principio abbiamo comunicato chiaramente che non richiediamo il rimborso dei fondi assegnati. In virtù dell’introduzione della nuova strategia di promozione, abbiamo comunque già dialogato intensamente con la scena culturale. I cambiamenti hanno sempre bisogno di una comunicazione empatica. In tale ottica, questa è stata per noi una doppia opportunità». Molti ritengono che oltre al denaro serva dotare gli operatori culturali di nuove competenze? È d’accordo e se sì di quali competenze? «Attirare soltanto con i finanziamenti non è una pratica sostenibile nel lungo periodo. Il Percento culturale Migros esiste dal 1957 e da noi lavorano esperti/e di tutti i settori. Sarebbe un peccato se non sfruttassimo questo know-how. Per questo tutti i nostri progetti danno grande importanza alla mediazione e al networking. La piattaforma di mentoring “double” mette in contatto in modo mirato talenti promettenti ed esperti/e di letteratura. A sorprendermi sono state an-
che le cifre dell’edizione di quest’anno di m4music. Logicamente, il festival della musica pop svolto in streaming ha avuto un pubblico inferiore rispetto al festival vero e proprio. Tuttavia, quasi 1000 musicisti/e si sono registrati sulla nostra piattaforma di rete: si tratta di un numero pari a quello degli accreditamenti per le edizioni in presenza». Qual è la sua visione del ruolo della Migros per il futuro della cultura svizzera? «Il nostro futuro è legato alla tradizione. Continueremo a garantire la fruizione della cultura da parte della popolazione secondo la filosofia del fondatore della Migros Gottlieb Duttweiler. Questo implica anche che dobbiamo promuovere nuove prospettive e imprimere impulsi. Insieme al Fondo pionieristico Migros e al Fondo di sviluppo Migros, anche in futuro il Percento culturale Migros porterà avanti l’impegno sociale del Gruppo Migros».
*Dal 2004 Hedy Graber è responsabile della Direzione Affari culturali e sociali presso la Federazione delle Cooperative Migros. La sua funzione comprende l’orientamento nazionale del Percento culturale Migros anziché del Fondo pionieristico Migros. È presidentessa dell’associazione Forum cultura ed economia, fa parte di diverse commissioni, giurie, consigli di fondazione e di amministrazione, ed è stata premiata come manager europea della cultura 2015. www.percento-culturale-migros.ch/ https://www.migros-pionierfonds.ch/it
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DOSSIER FONDAZIONI / CHIARA BLASI
CONQUISTARE LA FIDUCIA DEI DONATORI
L CHIARA BLASI* È RESPONSABILE DELL’UNITÀ GRANDI DONATORI DI FONDAZIONE AIRC DAL 2017 E DOCENTE DEL MASTER IN FUNDRAISING DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA - CAMPUS DI FORLÌ DAL 2014.
*Chiara Blasi ha una laurea in Matematica, 13 di lavoro in campo profit e oltre 20 anni di esperienza nel Fundraising. È stata Responsabile dell’Area Major Donor di AMREF dal 2011 al 2014, Direttore Raccolta Fondi e Relazioni con gli Alumni di LUISS Guido Carli dal 2014 al 2015, e Consulente per il Major Donor Fundraising per diverse non profit italiane dal 2015 al 2017.
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ei è uno dei più profilati Major Donor Fundraiser d’Italia. In che cosa consiste concretamente l’attività di un Major Donor Fundraiser? «Consiste in tre cose principalmente: comprendere il potenziale (economico, di interesse e sensibilità verso la Buona Causa) di ogni donatore; coltivarne la fiducia, attraverso lo sviluppo di una relazione personale, per far crescere consapevolezza e desiderio di fare di più; offrire opportunità di donazione e sostegno a progetti in linea con i suoi ideali. La fiducia è un elemento fondamentale nel rapporto fra chi desidera rendere il mondo un luogo migliore e le Organizzazioni che realizzano progetti per farlo. E la fiducia si nutre di informazione e partecipazione. Il Major Donor Fundraiser deve essere ponte tra i Grandi Donatori e i progetti che sostengono, garantendo un’esperienza filantropica diretta e appagante. Donare rende felici. Ma non è sempre facile. Noi dobbiamo essere dei facilitatori: fornendo gli strumenti necessari per donare consapevolmente e comprendere il valore creato, aumentiamo il livello di soddisfazione e felicità!». Che cosa fa invece un Philanthropy Advisor? «Accresce la consapevolezza dei donatori riguardo all’impatto che possono generare nelle comunità, favorisce un approccio strategico nella scelta delle realtà a cui destinare i
loro contributi e dei progetti che possono rispondere meglio alle loro aspettative e ai loro desideri». Quali qualità sono richieste per fare un lavoro come il suo? «Sono molte e spaziano dalle abilità di tipo relazionale e di leadership a quelle strategiche e di pianificazione, dalle doti di scrittura alla capacità di ascolto e di comprensione dell’altro. Tra tutte, quelle fondamentali, a cui non rinuncio quando cerco una persona da inserire nel mio team sono però: entusiasmo e dedizione, rispetto assoluto per i donatori e grande riservatezza, integrità morale, abilità nel trasmettere emozione e “rendere contagiosa” la fiducia nella propria organizzazione». Come si costruisce una rete di Grandi Donatori? «Partendo dal cuore dell’organizzazione. Si individuano i potenziali Grandi Donatori all’interno della governance, della rete dei volontari e soprattutto della base dei donatori. Dopo aver sviluppato il potenziale e accresciuto il coinvolgimento di ciascuno, si potranno percorrere le direttrici delle relazioni personali e professionali di quelli, fra loro, che saranno disposti a diventare “ambasciatori” del buon operato dell’organizzazione. Mi sembra che su questo aspetto però il contesto italiano sia abbastanza diverso da quello svizzero: in Italia i Grandi Donatori raramente desiderano entrare in rete con altri filantropi, preferendo invece mantenere un controllo “esclusivo” sui progetti che finanzia-
DOSSIER FONDAZIONI / CHIARA BLASI
no e un livello di riservatezza molto elevato riguardo alle proprie donazioni e scelte in campo sociale». Che cosa consiglierebbe a chi vuole acquisire competenze in questo settore? «Credo che per diventare un bravo Major Donor Fundraiser siano importanti tre cose: formarsi (in Italia esistono diversi master universitari e corsi di alto livello); tenersi aggiornati leggendo (esiste molta letteratura, soprattutto ma non solo sull’esperienza anglosassone) e partecipando a conferenze e convegni; fare tanta esperienza. Come in ogni altro campo è fondamentale mettere in pratica ciò che si è letto e studiato. Per allenare la capacità di ascolto, l’intuito e le doti comunicative e di persuasione la migliore palestra è il confronto con i propri Grandi Donatori!» Lei è da anni responsabile del settore grandi donazioni della Fondazione AIRC. Di che cosa si occupa la Fondazione AIRC? «Fondazione AIRC sostiene la ricerca sul cancro grazie a una raccolta fondi trasparente e costante da 55 anni. I fondi donati da imprese e privati cittadini vengono distribuiti alla comunità scientifica sulla base di bandi per finanziare progetti scientifici innovativi e percorsi di formazione e specializzazione dei giovani talenti della scienza, selezionati grazie a un processo di valutazione estremamente rigoroso (fondato sul metodo del peer review). Attualmente la Fondazione sostiene oltre 5.000 ricercatori – di cui il 61% donne e il 51% ‘under 40’ - per portare nel più breve tempo possibile i risultati dal laboratorio al paziente. In oltre 50 anni di impegno abbiamo distribuito oltre 1 miliardo e seicento milioni di euro per il finanziamento della ricerca oncologica. Fondazione AIRC si impegna inoltre a diffondere l’informazione scientifica e a promuovere la
cultura della prevenzione nelle case (attraverso l’invio della rivista Fondamentale a oltre un milione di famiglie e attraverso il sito airc.it), nelle piazze, nelle scuole, sui media. Conta 4 milioni e mezzo di sostenitori, una rete di 20mila volontari e un radicamento profondo nel territorio attraverso 17 comitati regionali». Viviamo un periodo di grandi incertezze. Questo ha avuto effetti sul flusso delle vostre donazioni? «Nel 2020 anche Fondazione AIRC si è confrontata con gli effetti economici della pandemia di Covid-19. Ciò nonostante non è diminuita la generosità dei sostenitori - consapevoli del fatto che anche nei momenti di emergenza nazionale il cancro non aspetta - e a gennaio 2021, in linea con quanto avvenuto negli anni precedenti, abbiamo potuto erogare oltre 125 milioni di euro alla comunità scientifica oncologica, permettendo ai ricercatori di non rallentare il loro prezioso lavoro nei laboratori! In particolare, la raccolta fondi da Grandi Donatori è aumentata del 30% rispetto al 2019. Questo risultato non mi ha stupito. Credo infatti che la pandemia, stravolgendo le nostre vite, ci abbia insegnato alcune cose importanti: che siamo molto più esposti e fragili di quanto avevamo creduto, che il nostro futuro dipende tantissimo da ciò che la ricerca sarà in grado di produrre, in tanti campi, nei prossimi anni, che dobbiamo assolutamente pensare al bene comune, condividere le nostre risorse e unire le forze. La mia impressione è che l’esperienza che abbiamo vissuto (e continuiamo a vivere), abbia aumentato il nostro personale senso di urgenza. Sostenere le buone cause che abbiamo a cuore è oggi una necessità ancora più sentita di prima». Come comunicate con i mecenati? «Comunichiamo con ogni Grande Donatore con le modalità più adeguate alle sue preferenze anche in termini di frequenza di contatti: generalmente
all’invio di lettere e email si affiancano telefonate e incontri. È importante che il donatore senta non solo che ciò che sta facendo al nostro fianco non viene dimenticato, ma anche che è vivo il legame con i progetti che sta sostenendo (che siano Borse di studio o Grant per team di ricercatori). Per questo motivo accompagniamo i donatori durante tutto lo sviluppo dei loro progetti e, grazie ad aggiornamenti puntuali, incontri e contatti diretti con i ricercatori, diamo l’opportunità di toccare con mano l’impatto che hanno generato. Da marzo 2020, con le restrizioni imposte dal Covid-19, abbiamo cercato nuove modalità per far sentire i donatori comunque coinvolti. Ciò che facevamo prima - incontri di persona e visite ai laboratori - è diventato complesso o impossibile. Di fronte a questo nuovo scenario, abbiamo creato degli spazi di incontro virtuali. Alcuni dei donatori hanno così conosciuto in videochiamata il ricercatore a cui è stata destinata la loro grande donazione, altri hanno partecipato a incontri di approfondimento, anche questi organizzati in forma virtuale». La sua visione per il futuro della professione? «In Italia e in gran parte dell’Europa, il Major Donor Fundraising è ancora poco sviluppato e immagino che nei prossimi anni assisteremo a una decisa espansione: sempre più Organizzazioni si doteranno di uffici dedicati e personale professionalizzato. Quello che auspico è che i Major Donor Fundraiser del prossimo futuro siano sempre più in grado di orientare i filantropi verso una visione basata sull’impatto che possono generare, favorendo in loro un approccio sempre più strategico. Attendo con fiducia (e spero che arrivi presto!) il giorno in cui, nelle conversazioni fra filantropi e fundraiser, il termine beneficenza sarà definitivamente sostituito dal concetto di investimento: nel bene comune e nello sviluppo delle comunità di cui tutti facciamo parte». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AZIENDE / SUPSI
INAUGURATI I NUOVI CAMPUS DI MENDRISIO-STAZIONE E DI LUGANO-VIGANELLO DOPO ANNI DI PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE, IL POLO UNIVERSITARIO CANTONALE ACCRESCE LA PROPRIA COMPETITIVITÀ ED ATTRATTIVITÀ GRAZIE A DUE NUOVI CAMPUS: LUOGHI APPOSITAMENTE CONCEPITI PER LO STUDIO E LA RICERCA, IN CUI FAVORIRE LA TRASMISSIONE DEL SAPERE E LO SVILUPPO DI NUOVE CONOSCENZE E COMPETENZE, IN SINERGIA CON LE ALTRE REALTÀ DEL TERRITORIO. Fotografie: ©SUPSI
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naugurati, rispettivamente, il 22 marzo e il 23 aprile scorsi, il Campus USI-SUPSI di LuganoViganello (Campus Est) e il Campus SUPSI di Mendrisio-Stazione sono il risultato di anni di lavoro intensi, nel corso dei quali professionisti qualificati sono riusciti nella sfida di realizzare edifici sostenibili a livello economico, sociale e ambientale nella più ampia accezione del termine. Un obiettivo importante, reso possibile solo grazie al sostegno politico a livello federale, cantonale e locale, oltre che all’ottima collaborazione tra la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e l’Università della Svizzera italiana (USI). Si concretizzano così due importanti tasselli della strategia logistica della SUPSI che prevede, in un prossimo futuro, anche la realizzazione di un terzo campus presso la Stazione di Lugano, in cui è previsto l’insediamento della
Direzione generale e del Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale (DEASS). Una strategia orientata alla creazione di luoghi appositamente pensati per lo studio ed il lavoro, dove promuovere nuove iniziative volte allo sviluppo del polo universitario ticinese. Posizionati in prossimità delle principali vie di comunicazione pubbliche, i nuovi campus seguono un modello di progettualità urbana adottato da numerose istituzioni accademiche in tutta la Svizzera, volto a favorire la riduzione dei tempi di spostamento e, al contempo, il contenimento del traffico privato. L’ubicazione nelle immediate vicinanze delle stazioni ferroviarie ne facilita il raggiungimento con i mezzi pubblici, grazie anche all’apertura della galleria di base del Monte Ceneri che garantisce collegamenti più frequenti e tempi di viaggio più brevi. Il Campus USI-SUPSI di Lugano-Vi-
AZIENDE / SUPSI
ganello nasce dal progetto “Zenobia” degli architetti Simone Tocchetti e Luca Pessina e sorge sui terreni dell’area, in una vasta area centrale della Città, sulla sponda sinistra del fiume Cassarate. Rappresenta uno dei grandi cambiamenti urbanistici di Lugano e si inserisce a cavallo tra i quartieri di Viganello e Molino Nuovo, all’interno di un tessuto già popolato da realtà affermate di carattere accademico. Particolarità dell’edificio, la corte interna grande quasi come Piazza della Riforma, nella quale sostare o passeggiare, concepita come un luogo di apertura e scambio tra la popolazione e l’Università, simbolo di una città che si nutre continuamente di spazi e occasioni di incontro. L’unione delle due istituzioni sotto un unico tetto ha come obiettivo quello di migliorare ulteriormente le sinergie attorno all’area tecnologica, favorendone gli sviluppi futuri. La nuova sede accoglie infatti la Facoltà di scienze informatiche e la nuova Facoltà di
scienze biomediche dell’USI, il Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI e l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (IDSIA) affiliato ad entrambe le istituzioni. Il Dipartimento tecnologie innovative conta al momento sei corsi di laurea (Bachelor in Data Science and Artificial Intelligence, Bachelor in Ingegneria elettronica, Bachelor in Ingegneria gestionale, Bachelor in Ingegneria informatica e Bachelor in Ingegneria meccanica e il Master of Science in Engineering) e quattro istituti di ricerca (Istituto di ingegneria meccanica e tecnica dei materiali, Istituto sistemi e elettronica applicata, Istituto sistemi informativi e networking, Istituto sistemi e tecnologie per la produzione sostenibile). “Ascensus” è invece il nome del progetto architettonico che ha dato vita al nuovo Campus universitario SUPSI di Mendrisio-Stazione, sviluppato dallo studio di architettura Bassi Carella Morello Architectes guidato dall’ar-
chitetto Andrea Bassi. Caratteristica della costruzione, che si estende lungo i binari della ferrovia sui terreni di proprietà della Città di Mendrisio sui quali una volta si trovavano i vecchi stabilimenti della RiRi, la grande rampa centrale di accesso ai vari livelli. La nuova sede, attiva da febbraio 2021, accoglie il Dipartimento ambiente costruzioni e design (DACD) con i suoi attuali cinque corsi di laurea Bachelor in Architettura, Architettura d’interni, Comunicazione visiva, Conservazione e Ingegneria civile, i suoi due Master in Interaction Design e Conservazione e restauro, e le cinque unità che si occupano di formazione continua, ricerca applicata e prestazioni di servizio: l’Istituto materiali e costruzioni, l’Istituto scienze della Terra, l’Istituto sostenibilità applicata all’ambiente costruito, il Laboratorio cultura visiva e il Laboratorio microbiologia applicata. Partner del progetto è la Città di Mendrisio, “Città dell’energia”, con la quale viene condiviso e perseguito il valore di sostenibilità che trova nel Campus di Mendrisio-Stazione una realizzazione coerente che apre visioni non solo di breve, ma anche e soprattutto di medio e lungo termine. Il Campus di Mendrisio riveste una particolare importanza per tutta la regione, permettendo di creare un vero e proprio polo universitario per l’architettura, le costruzioni e il design, e di sviluppare ulteriormente le sinergie fra l’Accademia di architettura dell’USI e la SUPSI.
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AZIENDE / SUPSI
DUE SIMBOLI DEL FUTURO TICINO Oltre ad essere gli edifici pubblici più importanti costruiti in Ticino negli anni recenti, i nuovi campus rivestono un ruolo di primo piano nello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro Cantone. Un concetto espresso a più voci dalle personalità che hanno preso parte alle cerimonie di inaugurazione delle due sedi, tenutesi con un numero limitato di partecipanti a causa delle misure di protezione sanitaria in vigore. Ospite d’onore presso il Campus Est lo scorso 22 marzo, il Presidente della Confederazione Guy Parmelin che nel suo discorso ha sottolineato come “il campus congiunto rappresenti il frutto tangibile della collaborazione di successo tra le due istituzioni formative.
Impiantistica e gestione razionale dell’energia
La sua collocazione nel cuore della città, attesta inoltre l’ambizione delle università ticinesi di integrarsi nel tessuto urbano e la volontà di favorire la permeabilità degli scambi con la società civile”. L’intervento del Consigliere federale è stato anticipato da quelli di Franco Gervasoni, Direttore generale della SUPSI, Alberto Petruzzella, Presidente del Consiglio della SUPSI, Boas Erez, Rettore dell’USI, Monica Duca Widmer, Presidente del Consiglio dell’USI, Manuele Bertoli, Direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS), e del Sindaco di Lugano Marco Borradori.
alla dirigenza della SUPSI e al Consigliere di Stato Manuele Bertoli hanno preso la parola il Sindaco di Mendrisio Samuele Cavadini e Daniele Caverzasio, Presidente del Gran Consiglio. Il Consigliere federale Ignazio Cassis ha espresso attraverso un video-messaggio la gioia di festeggiare questo traguardo che, al contempo, rappresenta anche un inizio. “Il risultato di un Ticino unito e costruttivo, ancorato al territorio ma in dialogo propositivo con gli altri Cantoni, con le altre regioni svizzere e con la Confederazione”.
Il 23 aprile, all’inaugurazione del Campus di Mendrisio-Stazione, oltre
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AZIENDE / INNOVATION PARK TICINO
UNITI PER FORMARE UNA RETE DI INNOVAZIONE I PARCHI DELL’INNOVAZIONE DI ZURIGO, SVIZZERA CENTRALE E TICINO SI SONO UNITI PER FORMARE UNA RETE DI INNOVAZIONE ATTRAENTE E DIVERSIFICATA NELL’AMBITO DI SWITZERLAND INNOVATION.
Da sinistra: Lorenzo Ambrosini, direttore Fondazione Agire e Augusto Mitidieri, direttore esecutivo Innovation Park Ticino
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promotori del progetto Innovation Park Ticino hanno presentato nel dettaglio questa importante iniziativa a livello cantonale, sviluppata dalla Fondazione Agire -su mandato del Consiglio di Stato- in collaborazione con USI, SUPSI e partner aziendali di prestigio. L’Innovation Park Ticino mira a creare una piattaforma unica per la collaborazione di ricercatori, aziende high-tech e startup, al fine di stimolare attività creative, sviluppare e testare idee sostenibili e innovative e favorire il trasferimento della tecnologia e del sapere. Come sottolineato dal Consigliere di Stato Christian Vitta, grazie a questo ambizioso progetto, perfettamente in linea con la strategia di sviluppo economico del Cantone - che mette al centro l’innovazione, l’imprenditorialità e la messa in rete delle competenze presenti sul territorio a livello accademico, economico e istituzionale - il Ticino si
proietta ancor di più sulla scena internazionale dell’innovazione, potendo attivare collaborazioni di alto livello ed essere sempre più conosciuto e riconosciuto come un polo dell’innovazione. Le ricadute sul territorio saranno importanti: oltre all’indotto economico diretto ci sarà quello della creazione di nuovi posti di lavoro. L’Innovation Park Ticino, insediato al momento presso la Fondazione Agire/ Tecnopolo Ticino a Manno, ha dato il via alle prime attività in base ad un programma che sarà implementato in varie fasi. Il Tecnopolo Ticino, gestito dalla Fondazione Agire, offre spazi per startup e aziende innovative creando un ecosistema favorevole alla loro crescita. Esso è attualmente sede di una trentina di giovani aziende attive in diversi settori. Il piano, a partire dal 2026, è quello di insediare poi il quartier generale del Parco all’interno del Nuovo Quartiere Officine di Bellinzo-
AZIENDE / INNOVATION PARK TICINO
na, al quale sarà dedicata un’area di 25’000 metri quadri. All’interno del quartiere si insedieranno gli uffici, come pure i laboratori e altre aziende che collaboreranno con l’Innovation Park, al fine di creare il fulcro dell’innovazione nelle vicinanze della stazione di Bellinzona, porta d’entrata del Ticino sulla linea ferroviaria di Alptransit. Questa posizione strategica del Parco ridurrà sensibilmente le distanze di collegamento con l’area metropolitana di Zurigo, mentre Lugano, con i suoi campus universitari, sarà raggiungibile in soli 15 minuti di treno. Il Parco sarà strutturato in “Centri di Competenza” tematici, dove le imprese e gli istituti accademici coopereranno su temi d’interesse comune. Questa struttura mira alla creazione di una sorta di centro di ricerca e sviluppo, esterno alle aziende, ma costruito su obiettivi comuni condivisi tra aziende attive negli stessi settori, dove le aziende potranno portare i loro input e beneficiare congiuntamente dei risultati. L’obiettivo è quello di creare un’interfaccia con le eccellenze accademiche degli istituti e facoltà di USI e SUPSI, per facilitare e promuovere processi di trasferimento tecnologico all’altezza delle esigenze dell’azienda. I centri di competenza rappresentano iniziative pubblico-private che vengono presentate alla Direzione del Parco.
Esse sono valutate secondo un preciso iter, sulla base di criteri di qualità dati da Switzerland Innovation, che prevede diverse fasi prima dell’approvazione finale. Le prime iniziative sono state individuate nei settori dei droni, delle scienze della vita e dell’ICT. Lo Swiss Drone Base Camp è attualmente quello in fase più avanzata, mentre gli altri sono ancora in fase di sviluppo. Quest’ultimo è ora pronto a “decollare” con le prime attività e il suo campo base presso il Riviera Airport di Lodrino. Dopo un lungo processo di candidatura, durato oltre un anno, nel mese di novembre 2020 l’organizzazione mantello Switzerland Innovation ha ammesso la candidatura del Ticino per diventare una sede associata all’Innovation Park di Zurigo. L’accordo di associazione decreta ufficialmente l’attivazione del Parco. Lo stesso prevede anche il coinvolgimento dell’Innovation Park Central (con sede a Rotkreuz), posando così la prima pietra miliare per la collaborazione che si instaurerà tra i tre Parchi. La cooperazione mira ad un potenziamento delle sinergie dato dalle rispettive eccellenze presenti sui territori e dall’eccezionale posizione strategica sull’asse Nord-Sud che attraversa la Svizzera. Inoltre, essa rafforza le sinergie già esistenti, grazie all’appartenenza del Ticino alla «Greater Zurich Area».
Operativamente, questa cooperazione assicurerà una rete di innovazione attraente e diversificata nell’ambito di Switzerland Innovation, rafforzando collaborazioni trasversali sui progetti innovativi, la condivisione di infrastrutture esistenti o nuove e un’ottimizzazione delle risorse, il tutto in un’ottica di “città diffusa”. Le imprese potranno così sviluppare e portare sul mercato nuovi prodotti e servizi, con un ritorno su tutta la catena di valore. Il Ticino, già valutato dalla Commissione Europea come secondo miglior ecosistema dell’innovazione dopo Zurigo, avrà così un ulteriore motore di spinta dato sia dalle grandi potenzialità dell’ETH, dell’area urbana di Zurigo e dalle industrie annesse al parco, sia dalla condizione di fungere da “porta d’entrata” per il vicino Nord Italia. Come segno di concretezza di questo potenziale, il nuovo distretto dell’innovazione MIND -costruito nell’ex Arexpo a Milano-, ha firmato di recente una lettera d’intenti con la Fondazione Agire per collaborazioni e sinergie future. L’Innovation Park Ticino entra così nella rete ufficiale di Switzerland Innovation, iniziativa voluta dal Consiglio Federale con lo scopo di contribuire al ruolo di leader della Svizzera nel mondo come “Paese dell’innovazione” e al miglioramento della sua competitività nei decenni a venire. Essa intende attivare investimenti privati in ricerca e sviluppo come pure creare posti di lavoro altamente qualificati basandosi su un portafoglio di competenze focus definite.
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AZIENDE / TASIS
A COLLOQUIO CON RICCARDO BRAGLIA, DONATORE E AMBASCIATORE DELLA TASIS, THE AMERICAN SCHOOL IN SWITZERLAND, NATA NEL 1956 DALLA VISIONARIA FONDATRICE MRS. MARY CRIST FLEMING. DI GIORGIA CIMMA SOMMARUGA
FORMIAMO CITTADINI DEL MONDO
Ph: ©Michelle Arslanian
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gni anno la scuola americana, grazie anche al contributo di imprenditori ticinesi come Riccardo Braglia, si impegna a creare cittadini del mondo attraverso l’istruzione, l’educazione e i viaggi. TASIS accoglie circa 700 studenti internazionali provenienti da 60 nazioni diverse, nelle classi dall’asilo al post-diploma, con 250 studenti che risiedono all’interno del campus il quale comprende – oggi – più di 25 edifici. Negli ultimi quindici anni sempre più famiglie ticinesi hanno scelto questa realtà per permettere ai propri figli di crescere in un ambiente arricchente sotto più punti di vista: educativo, con
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una formazione mirata tanto sulle materie umanistiche, che su quelle scientifiche; internazionale, per un contatto quotidiano con compagni da tutto il mondo; valoriale, poiché come diceva la fondatrice, Mary Crist Fleming, «i tempi cambiano, i valori restano». Progetto Service Learning Proprio in quest’ottica, TASIS propone una offerta formativa che va al di là delle materie scolastiche, integrando progetti di volontariato e beneficenza. Il progetto di Service Learning, un programma di servizio comunitario che si basa sull’istruzione e sull’aiuto, offre ai ragazzi la possibilità di apprendere, durante l’anno scolastico, le
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la di Bole-Addis Abeba. Prima del viaggio hanno fatto un percorso formativo durante l’anno scolastico, in cui hanno studiato le problematiche del paese. Sono state esperienze molto belle che purtroppo negli ultimi due anni non si sono più potute organizzare a causa del Covid-19». Ragazzi entusiasti nella scuola in Etiopia Tutti i ragazzi che sono stati in Africa hanno reagito con entusiasmo. «Ricordo una attività molto bella – prosegue Braglia – che è stata la pittura delle aule, piuttosto che la realizzazione di giardini: una bella collaborazione tra il Service Learning di TASIS e la fondazione Nuovo Fiore, un’attività che ha fatto capire ai ragazzi privilegiati il rovescio della medaglia: i paesi estremamente poveri in cui poter andare a scuola è un già un lusso».
problematiche e le realtà locali dei paesi in via di sviluppo, coadiuvando questo percorso di studio con il volontariato in loco che di solito si svolge durante le vacanze pasquali. «La ricerca ha dimostrato che l’approccio del Service Learning sviluppa negli studenti una vera e propria devozione sostenibile al servizio», sostiene il Direttore della promozione istituzionale, Bill Eichner. «Il focus sull’educazione ispira la consapevolezza dei problemi più profondi, delle cause e delle sfide che le diverse comunità affrontano». È indubbio che i programmi di volontariato trasformino le vite degli studenti delle scuole superiori, si tratta di un’opportunità unica di connettersi oltre i confini - siano essi geografici, economici o sociali - attraverso stimoli reali che costruiscono l’empatia e inco-
raggiano la responsabilità personale. Questa esperienza risveglia gli studenti ai bisogni umanitari, li ispira a costruire relazioni durature e reciprocamente vantaggiose, e li conduce verso una vita di cittadinanza attiva e di servizio impegnato. Il buon esempio viene anche dai ticinesi Riccardo Braglia, CEO del gruppo farmaceutico Helsinn, ha un profondo legame con la realtà TASIS, della quale appoggia i progetti di volontariato: «Parallelamente al Service Learning, la mia famiglia ha dato vita alla fondazione Nuovo Fiore che opera in Africa. Molti ragazzi hanno aderito a questo progetto verso l’Etiopia, dove sono andati una volta all’anno per una quindicina di giorni nella nostra scuo-
Una passione di famiglia Riccardo Braglia ha partecipato attivamente alla crescita della scuola americana di Montagnola: «Tutto è iniziato quando abbiamo deciso di iscrivere il mio figlio più grande, Gabriele, a frequentare la prima media. Mia moglie e io volevamo una formazione più internazionale che non solo avesse l’inglese come materia forte, ma che potesse offrire una apertura mentale e un ventaglio di opportunità maggiore: TASIS rispondeva a questi requisiti. Dopo Gabriele abbiamo iscritto Giacomo, che è arrivato alla fine delle elementari. I miei figli sono stati tra i primi studenti svizzeri ticinesi che entravano a far parte della scuola americana, quindi era stata creata all’epoca una sezione italofona apposita, anche per seguire le regole del Cantone che obbliga ad un certo numero di ore in lingua italiana. A TASIS non ci sono solo ottimi insegnanti di lingua inglese, ma anche degli ottimi professori di lingua italiana che curano, ad esempio, le materie umanistiche». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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Parte integrante del progetto Non solo i suoi figli hanno frequentato la scuola americana, anche Riccardo Braglia è diventato a tutti gli effetti un membro attivo. «È vero. Dopo un anno e mezzo la signora Lynn Fleming Aeschliman, figlia della fondatrice, e tutto il team TASIS mi hanno proposto di entrare nel ruolo di rappresentante dei genitori nel TASIS Board of Directors per dare il mio contributo. Ho accettato un ruolo che mi ha subito entusiasmato, quello di rappresentare i genitori degli altri studenti, e intrattenere i rapporti con il comune di Montagnola. Ci occupavamo di risolvere tutte le problematiche di vicinato, il traffico è stato migliorato poiché abbiamo ideato assieme il progetto di trasporto dei ragazzi con dei pulmini privati. Poi le relazioni con il Comune anche in termini di rumore, autorizzazioni per la costruzione di nuovi spazi con il famoso Master Plan della scuola che è partito all’epoca e ancora oggi sta andando avanti con nuovi progetti e costruzioni».
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La donazione dei laboratori scientifici Riccardo Braglia, con il suo background aziendale di tipo scientifico, ha posto una pietra miliare in una TASIS riconosciuta per la sua straordinaria impronta umanistica. «Con questa iniziativa – precisa il CEO di Helsinn – ho spinto affinché anche le materie scientifiche potessero avere un peso maggiore. Avere dunque dei locali in cui poterle svolgere in maniera adeguata era importante. Quindi è partito il progetto dei nuovi laboratori di chimica e non solo, anche di biologia e fisica, che sono stati costruiti grazie ad altre donazioni della mia azienda che si occupa di chimica. Ho fatto sì che i progetti dei laboratori fossero visti dai miei tecnici, proprio per l’esperienza che abbiamo da anni in questo settore. Si è realizzato un bellissimo centro scientifico all’avanguardia, ne sono particolarmente soddisfatto». Successo, passione, educazione Quattro figli che hanno frequentato TASIS hanno facilitato la full im-
mersion di Riccardo Braglia: «È stata chiaramente una molla importante come genitore. Allo stesso tempo sono sempre stato un grande fautore dell’educazione. E poi devo dire che quella di TASIS è stata una bellissima esperienza che consiglio a tutti. Inoltre, penso di non poter cambiare il mondo ma spero nella mia vita di averlo migliorato almeno un pochino. L’unico modo affinché ci sia un piccolo cambiamento, al di là di creare nuovi posti di lavoro e far crescere l’economia, è quello di migliorare l’educazione. Vado fiero di aver costruito 15 scuole in Africa che oggi contano quasi 16 mila ragazzi che studiano e che prima non potevano frequentare le lezioni. Una buona educazione contribuisce a costruire un mondo migliore, soprattutto un’istruzione che non si ferma solo alla teoria, ma che evidenzia i valori importanti come condivisione, apertura mentale, accettazione, escludendo categoricamente il razzismo e le diversità di genere».
Road to Locarno74 August 4–14 2021
We are working for you, and for cinema: the Pardo will be waiting in Piazza Grande this August, ready to roar again. Discover more on the dedicated page on our website!
AZIENDE / MIELE AG
UNA SERRA IN CUCINA
Q Johann Zoller
Olivier Piguet
JOHANN ZOLLER, RESPONSABILE COMMERCIALE DELL’AREA TICINO E OLIVIER PIGUET, DIRETTORE SUISSE ROMANDE E TICINO DI MIELE AG PRESENTANO LE STRATEGIE DI UN’AZIENDA LEADER MONDIALE NEL SETTORE DEGLI ELETTRODOMESTICI E ANNUNCIANO UNA NOVITÀ CHE ANTICIPA IL FUTURO IN CUCINA: IL “VERTICAL FARMING”.
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uali sono le linee strategiche lungo le quali si muove il Gruppo Miele? «Miele offre ai suoi clienti prodotti che si distinguono e impongono per gli elevati standard di qualità, durata, prestazioni, facilità d’uso, efficienza energetica, design e servizio. Ciò corrisponde al principio guida «Immer besser» che i fondatori Carl Miele e Reinhard Zinkann stamparono sulle loro prime macchine e che caratterizza Miele fino ad oggi. Nel core business degli elettrodomestici, l’azienda punta sull’unico marchio Miele e sul suo posizionamento coerente nel segmento premium. Miele è sinonimo di atteggiamento cooperativo con i partner commerciali, di cultura aziendale orientata ai collaboratori e di continuità in termini di valori, obiettivi e gestione. La sede centrale con l’amministrazione e lo stabilimento originario si trova a Gütersloh. In tutto il mondo oltre 20.200 collaboratori lavorano per Miele, di cui più di 11.000 in Germania». In quale modo Miele si occupa della protezione dell’ambiente? «Per Miele agire in modo sostenibile è un dovere nei confronti della tradizione dell’azienda e base imprescindibile per il successo a lungo termine. La tutela dell’ambiente e il risparmio energetico costituiscono dunque un valore cui Miele si è sempre ispirato nel corso della sua lunga storia. Nel mese di dicembre 2019, la Commissione Europea ha emanato nuove direttive sull’etichetta relativa ai consumi energetici e sulla progettazione ecocompatibile di lavastoviglie, frigoriferi e congelatori, enoteche, lavatrici e lavasciuga. Da marzo 2021, queste normative impongono a tutti i produttori l’obbligo di dotare tutti gli elettrodomestici ven-
duti in Europa di una nuova etichetta energetica. Miele si è da tempo preparata, adottando già in anticipo queste direttive che mirano a ridurre il consumo di energia in Europa, contribuendo a promuovere gli sforzi per proteggere l’ambiente. L’adeguamento della classificazione serve anche a migliorare la comprensibilità e la possibilità di valutazione dei prodotti da parte dei consumatori». Come vi immaginate il futuro di Miele? «Miele è sinonimo di pensiero e pianificazione a lungo termine, continuità di valori e obiettivi, buoni rapporti con clienti e fornitori, nonché una cultura aziendale e di leadership orientata ai dipendenti. In questa prospettiva l’innovazione e la ricerca rappresentano un impegno imprescindibile, in funzione delle quali sono state avviate numerose iniziative a sostegno di start up, con tanti giovani ricercatori che in tutto il mondo studiano e sperimentano soluzioni, prodotti e materiali che potranno essere in futuro oggetto di brevetti e inseriti nelle diverse linee di produzione. A ciò si aggiunga la realizzazione di un avveniristico centro per l’innovazione situato ad Amsterdam, in Olanda, specializzato tra l’altro nella ricerca sull’intelligenza artificiale. Mi piace dire che nella filosofia di sviluppo di Miele “il cassetto delle idee” deve essere sempre pieno, a testimonianza di una voglia di innovare e di inventare nuove soluzioni per il futuro che fa parte del patrimonio irrinunciabile di questa azienda». Un elemento che merita di essere approfondito riguarda la tecnologia che alimenta il funzionamento dei vostri forni, anche perché sul mercato è possibile trovare prodotti dalle caratteristiche molto diverse…
AZIENDE / MIELE AG
«Miele ha presentato tutta una serie di novità tecnologiche e di design della nuova Generazione 7000 che adotta soluzioni sempre più connesse e smart. Così, per fare qualche esempio, diventa facile realizzare la ricetta perfetta grazie ad una speciale fotocamera montato all’interno di un forno sfruttando tecnologie innovative e che trasmette immagini in diretta a un tablet o a un cellulare attraverso l’app ufficiale. Se poi il colore della parte esterna del pezzo di carne in cottura non è ancora quello desiderato al termine del countdown prefissato, si possono modificare durata e temperatura sempre da smartphone. Inoltre, se il cuoco non dovesse rientrare in casa in tempo, il forno stesso aprirà la propria porta per abbattere la temperatura interna in modo veloce e evitare sovracotture. La novità della fotocamera integrata nei nuovi forni è una tra le più interessanti e sfrutta la presenza del modulo wi-fi che è montato in buona parte dei nuovi modelli di elettrodomestici così da farli comunicare (funzione SuperVision) con l’app senza dover passare da un collegamento web attivo». Come funziona concretamente questa telecamera e in che modo resiste al calore? «L’occhio digitale è montato nella zona superiore interna, in posizione privilegiata per monitorare la prepara-
zione in corso ed è protetto da calore e umidità grazie a un apposito scafandro. Una corazza che gli permette addirittura di sopravvivere al funzionamento pirolitico con la temperatura che si spinge fino a 500 gradi». In sintesi, possiamo parlare di elettrodomestici sempre più intelligenti…
«La nuova Generazione 7000 di Miele assicura un rinnovamento generale di tutte le categorie di elettrodomestici, da quelli da incasso per la cucina come appunto i forni tradizionali e a vapore, ma anche le lavastoviglie, i piani cottura e le macchine da caffè. Sempre con un’app si può avviare e monitorare l’azione anche delle lavastoviglie che possono agire in completa autonomia seguendo gli orari programmati e possono essere controllate da remoto. L’anello comune che lega tutte queste novità è un approccio sempre più smart e connesso con gli assistenti intelligenti a bordo degli elettrodomestici che semplificano e automatizzano i il più possibile le varie procedure. E la compatibilità con Alexa per i comandi vocali». Di recente siete anche entrati nel campo del “vertical farming”: di che cosa si tratta? «Il termine “vertical farming” viene inteso dai futurologi come serre a più piani per l’approvvigionamento locale TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AZIENDE / MIELE AG
«In Miele, Agrilution è supportata da Gernot Trettenbrein, responsabile del settore Elettrodomestici del Gruppo Miele e nel contempo direttore di Miele Venture Capital GmbH. L’azienda è convinta che in un’ottica di cucina creativa, nuove esperienze di gusto, alimentazione consapevole e stile di vita urbano, il Plantcube possa offrire alle persone nuove ed entusiasmanti possibilità».
in spazi ridotti, ad esempio negli agglomerati urbani. Con il Plantcube di Agrilution, questo concetto rivoluzionario si trasferisce anche nelle quattro mura domestiche. Le serre completamente automatizzate non sono più grandi di un frigorifero standard, offrono condizioni di crescita perfette con il minimo sforzo e rappresentano un punto di forza del design sostenibile per la cucina o il soggiorno. In questo modo, le insalate, le erbe e i microgreens del Plantcube completamente automatizzato non hanno concorrenza in quanto a freschezza, aroma e ricchezza di sostanze nutritive. I “microgreens” sono piantine che vengono raccolte dopo pochi giorni e quindi offrono una particolare ricchezza di aromi ed elementi nutrienti. Un’elegante soluzione per la cucina che soddisfa le esigenze di una piccola famiglia». Una vera e propria rivoluzione, anche culturale, nei consumi alimentari domestici…
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«Il Plantcube di Agrilution rappresenta un pioniere sul mercato. In linea di principio, offre un ecosistema chiuso con tappetini da semina facili da installare, luce e clima controllati e irrigazione automatica. In tal modo, il Plantcube si controlla praticamente da solo. Il raccolto è privo di pesticidi e altre impurità. Il sistema è controllato tramite il cloud Agrilution. Un’applicazione facile da usare fornisce informazioni sul processo di crescita e suggerimenti sulla manutenzione e la raccolta. Agrilution offre attualmente 25 diverse insalate, erbe e microgreens, tra cui varietà insolite come il pak choi rosso o la senape wasabina. Da una a tre settimane dopo l’avvio, sono possibili i primi raccolti, in seguito il raccolto può essere fatto anche quotidianamente. Vengono utilizzate solo sementi controllate e non geneticamente modificate». Miele ha sposato con entusiasmo questo innovativo progetto…
In conclusione, perché consigliare la scelta di un elettrodomestico Miele? «Basterebbe ripercorrere le innovazioni introdotte nel corso della nostra lunga storia per avere la garanzia di essere di fronte ad un’azienda che è sempre stata all’avanguardia nel mondo per la qualità dei suoi prodotti. La forza di Miele deriva dal fatto di essere un’impresa familiare e dalla scelta di produrre i componenti degli elettrodomestici in Europa. Inoltre, un elemento che ci piace sempre ricordare è che i pezzi di ricambio sono disponibili anche dopo 15 anni, offrendo in tal modo una garanzia e un’assistenza maggiore rispetto alla concorrenza. Tutto questo conferma la qualità e la durata dei nostri apparecchi: possiamo davvero dire che non esiste in Miele il concetto di deperibilità».
AZIENDE / SANITAS-TROESCH
PROGETTA LA CUCINA DEI TUOI SOGNI CON TOUCH REALITY JÜRG NOBS, DIRETTORE DI SANITAS TROESCH SA A CONTONE, PRESENTA UN INTERESSANTE STRUMENTO CHE CONSENTE AD OGNI CLIENTE LA VISIONE FIN NEI MINIMI DETTAGLI DELLA CUCINA DA ACQUISTARE PERSONALIZZATA IN BASE ALLE PROPRIE SPECIFICHE ESIGENZE.
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uando si sceglie una cucina, ogni cliente si pone mille domande, avanza dubbi, vorrebbe vedere subito il risultato finale di ogni possibile soluzione adottata. Che cosa si può fare per aiutarlo in questa difficile scelta? «Nella nostra sede di Contone, dove presentiamo una vasta scelta di cucine, siamo in grado di proporre soluzioni personalizzate realizzate su misura a seconda di ogni esigenza o desiderio. La cucina dei propri sogni viene progettata dai nostri Interior Designers, autentici professionisti nell’ambito delle cucine personalizzate». In che modo potete accompagnare e consigliare il cliente nella scelta?
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AZIENDE / SANITAS-TROESCH
«Disponiamo dell’innovativo strumento di pianificazione delle cucine Touch Reality. Grazie ad esso è possibile progettare una cucina completa con tutti i componenti e gli arredi, analizzando in tempo reale ogni dettaglio, con una visualizzazione immediata, in 3D e una panoramica precisa ed estremamente realistica delle possibili soluzioni selezionate».
tre è possibile inserire e scegliere colori, forme, effetti di luce, materiali, elettrodomestici, maniglie, dispositivi e molto altro ancora, apportando immediatamente correzioni o varianti. La resa finale risulta essere straordinariamente efficace, moderna, tecnologica, ben lontana dai tempi in cui tutto avveniva attraverso le pagine di un catalogo cartaceo».
Quali elementi possono essere visualizzati? «Praticamente tutti. Questo strumento innovativo è stato infatti sviluppato da professionisti della cucina e specialisti IT e su grande schermo è possibile comporre i vari moduli di costruzione per creare la cucina desiderata in funzione della grandezza del locale. Inol-
I clienti apprezzano l’utilizzo di questo strumento di progettazione? «Assolutamente sì. Se all’inizio possono sembrare magari un po’ perplessi e intimoriti, in breve la progettazione si trasforma quasi in un “gioco”: arrivano con un’idea in mente e molte volte la modificano preferendo soluzioni diverse alla quale non
avrebbero mai pensato. Il perimetro è definibile liberamente, non importa come si desideri la propria cucina: su una parete, a L, a U o a C con isola. C’è poi tutta una gamma completa di design e materiali: cucine dalla struttura moderna, lucide o classiche senza tempo e i rivestimenti sono disponibili in un’ampia scelta di colori. La vista 3D del configuratore consente di posizionare la telecamera come si desidera e osservare con calma la propria cucina da prospettive diverse. Insomma, la scelta può davvero avvenire in modo convinto e consapevole, realizzando finalmente nel modo più facile, sicuro e garantito la cucina dei propri sogni». www.sanitastroesch.ch TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AZIENDE / RIGIPS
LA SIMBIOSI PERFETTA DI COSTRUZIONE E COSTRUZIONE A SECCO.
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soddisfatto i requisiti antincendio», spiega Peter Fässler di MFW Architekten. Inoltre le strutture a parete sottile regalano più superficie utile. Coop nutriva da tempo l’idea di realizzare una sala pausa confortevole per i suoi dipendenti. A tale scopo si proponeva uno spazio alto circa 5 metri aperto sul lato magazzino, una sorta di loggia, al quale confinano anche altri locali. Tuttavia sarebbe stato troppo grande e, con i suoi muri in mattone silico-calcareo, né comodo né riscaldato. L’ideale era quindi una soluzione free standing di rapida esecuzione pur senza creare molto sporco e nel rispetto di tutti i requisiti strutturali e antincendio. Dato che il montaggio sarebbe avvenuto a magazzino verticale funzionante, il tutto doveva essere ben preparato e procedere velocemente. Come per ogni sistema costruttivo ad alto grado di prefabbricazione era cruciale disporre di dati di progetto precisi e trasmetterli al produttore senza errori. Tutti i profili in acciaio sono stati forniti tagliati a misura e corredati delle punzonature e dei fori filettati necessari per facilitare il montaggio sul posto. Sulla scorta della numerazione e dello schema di posa i singoli profili sono stati avvitati tra loro con la massima efficienza. Grazie alle opportune lastre di rivestimento l’intera struttura assicura una protezione REI 60. Il maestro ges-
RIGIPS SA È UN NOME GIÀ NOTO PER I SISTEMI A SECCO, NUOVE SONO INVECE LE SUE COSTRUZIONI LEGGERE IN ACCIAIO RIMODUL®: STRUTTURE IN ACCIAIO E SOLUZIONI A SECCO IN GESSO, CON ELEVATA CAPACITÀ DI CARICO. PER CREARE UNA SALA RICREATIVA A USO DIPENDENTI NEL CENTRO DI DISTRIBUZIONE COOP A GOSSAU È STATA SFRUTTATA PROPRIO QUESTA FORZA. L’ESIGENZA PRIMARIA: UNA COPERTURA PRATICABILE. 01 I profili in acciaio numerati e prodotti su misura vengono montati come qualsiasi sistema modulare 02 Vista dalla nuova sala ricreativa sul magazzino verticale 03 Vista sulla copertura praticabile della sala ricreativa per i dipendenti; grazie a RiModul® può essere utilizzata anche questa superficie aggiuntiva 04 Nel centro di distribuzione Coop di Gossau i dipendenti dispongono ora di una confortevole sala ricreativa
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na vera sfida per il costruttore a secco: dovevano essere integrate tutte le installazioni elettriche e di ventilazione, un impianto sprinkler ed era richiesto un valore di resistenza al fuoco REI 60. Avendo già assolto un corso specifico alla Rigips SA e conoscendo i vantaggi del nuovo sistema la soluzione era chiara: RiModul®. Anche l’architetto ne era subito convinto: «Avevamo valutato pure la variante in legno, ma ci poneva limiti nelle luci di campata e non avremmo
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satore Hansjörg Alder può a ragione affermare di essere uno dei primi utilizzatori di questo nuovo prodotto: «Poco prima avevo frequentato il corso alla Rigips e mi aveva subito convinto. La struttura in acciaio è stata montata in sola mezza giornata e nel giro di tre giorni era rivestita e pronta per le ulteriori finiture». Dall’ambiente elegante che invita a trascorrere piacevoli momenti di pausa nulla trapela che sia stato praticamente consegnato sotto forma di kit e installato in brevissimo tempo. Di per sé RiModul® non sono altro che strutture leggere con profili più robusti. Con quest’ultimi si raggiunge il miglior rapporto possibile resistenza/peso consentendo, tra l’altro, di ottenere soluzioni non soggette a deformazione (vale a dire coperture praticabili in grado di sopportare i carichi, con conseguente guadagno di superficie utile), nonché una maggiore resistenza ai terremoti (sicurezza sismica). Inoltre il sistema si basa sul principio della prefabbricazione grazie al quale i tempi di costruzione totali possono essere ridotti fino al 60%. In più con RiModul® i carichi che gravano sulle fondazioni sono notevolmente inferiori rispetto a quelli dati dai metodi di costruzione tradizionali. RiModul® permette così di realizzare in sicurezza e a costo contenuto progetti di costruzione ex novo e di trasformazione molto complessi, lasciando sempre una flessi-
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dul® frame i profili vengono preassemblati nello stabilimento di produzione fino a creare i telai da consegnare al cantiere, il rivestimento e la coibentazione sono a cura del committente. Con RiModul® frameX gli elementi intelaiati arrivano invece già dotati di un rivestimento in lastre di alta qualità. Il grado di prefabbricazione va scelto in base al caso specifico e definito possibilmente in fase di progetto. Basandosi sui disegni del cliente, Rigips sviluppa il progetto in 3D attuando altresì il calcolo e il dimensionamento strutturale. Di ciò fa parte anche, in particolare, la definizione delle tecniche di connessione e di giunzione della struttura in acciaio formato a freddo. Sulla scorta di tutti questi documenti si preparano poi i disegni per la produzione in fabbrica. Le strutture leggere in acciaio hanno il vantaggio di consentire che l’elemento costruttivo resti nel suo insieme sottile anche con coibenti di spessore consistente, facendo così guadagnare superficie utile. Nel contempo le varie soluzioni stratigrafiche permettono di ottenere elevati valori fisico-tecnici. A seconda del tipo di rivestimento si possono raggiungere prestazioni antincendio di prim’ordine fino a REI 90, migliori valori di insonorizzazione pari a Rw > 70dB e valori U di 0.15 W/m2K con pareti di spessore totale pari a 326 mm. www.rigips.ch
bilità creativa praticamente illimitata. I vari modelli disponibili sono particolarmente adatti per le sopraelevazioni, gli ampliamenti e, come nel caso della Coop, per le soluzioni spazio nello spazio. Si prestano altresì alla perfezione come sistema per pareti esterne nel tamponamento di edifici ibridi. Per la fornitura i clienti possono scegliere tra tre livelli di prefabbricazione. Si ordina RiModul® flat quando si desidera ricevere pezzi sfusi da assemblare autonomamente: i profili vengono numerati dopo la lavorazione e consegnati raggruppati in lotti singoli corrispondenti a ciascun elemento parete o solaio; con l’ausilio di uno schema di montaggio si possono poi assemblare con facilità in cantiere o in un magazzino intermedio. Con RiMo-
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AZIENDE / GEHRI RIVESTIMENTI SA
SI RIPARTE CON PIÙ COLORE ANDREA GEHRI FA IL PUNTO SULLE PROSPETTIVE DEL SETTORE DOPO LA PANDEMIA E ANNUNCIA INTERESSANTI NOVITÀ RELATIVE ALL’ORGANIZZAZIONE LOGISTICA DELLA SUA AZIENDA.
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l di là delle generali difficoltà che hanno colpito l’economia ticinese in seguito alla pandemia, quali specifiche problematiche ha dovuto affrontare nel corso dell’ultimo anno il vostro settore? «Dopo la chiusura imposta dal lockdown abbiamo ripreso gradualmente l’attività che ha senza dubbio risentito del generale clima di incertezza che ha caratterizzato i mesi scorsi e che in parte ancora perdura. Molti clienti privati hanno preferito rimandare lavori di ristrutturazione già programmati in attesa di tempi migliori. Anche nel campo delle costruzioni edilizie abbiamo rilevato un certo rallentamento nel portare a termine lavori già iniziati, mentre nuovi grandi cantieri non sono stati aperti. Per i prossimi mesi siamo tuttavia abbastanza ottimisti perché prevediamo
che ordini temporaneamente sospesi possano essere messi in esecuzione in tempi rapidi». Come ha fatto fronte alla crisi la Gehri Rivestimenti, sia dal punto di vista dell’organizzazione interna che per quanto riguarda i rapporti con i clienti? «Siamo stati molto rigorosi nell’applicare tutte le disposizioni previste in materia di sanificazione, distanziamento, presidi sanitari individuali. Tutto questo sia per quanto riguarda il laboratorio, dove l’attenzione alla sicurezza è sempre stata massima, che lo showroom, dove le visite dei clienti sono state contingentate e solo su appuntamento. Poi naturalmente abbiamo applicato, laddove possibile, soluzioni di smart working, privilegiando incontri a distanza, tramite videoconferenza, e riducendo al minimo le occasioni di contatto personale». Ci sono interessanti novità riguardo alla logistica della vostra azienda? «Stiamo affrontando e realizzando un importante piano di riorganizzazione degli spazi, al fine di consentire una migliore logistica e gestione degli stessi, ma anche di consentire una più netta identificazione delle attività, con la separazione della ceramica dalle pietre naturali, che verranno ulteriormente valorizzate attraverso una presentazione più efficace e d’impatto. Nel progetto di rinnovo del nostro showroom opereremo, in parte, un cambiamento anche a livello struttu-
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dai toni sobri, neutri, più freddi sul grigio o più caldi sul beige, quest’anno le novità comprendono un ritorno a tinte più vivaci: ai fondi dai colori più tenui e passe-partout c’è la possibilità di abbinare grandi o piccoli formati dai colori pastello fino ai più sgargianti». Quali altre novità sono esposte nel vostro showroom? «Di sicuro interesse è la nuova gamma di gres porcellanato effetto resina e pietre pregiate proposte in lastre di grande formato e ridotto spessore. Nei formati più piccoli spiccano collezioni che danno la possibilità di creare delle composizioni, moduli la cui geometria rale nel modo di esporre e valorizzare i materiali, ispirandoci a quello tipico utilizzato dalle gallerie d’arte». E per quanto riguarda i materiali da voi trattati, quali sono le tendenze in atto? «Tenendo conto del fatto che la situazione pandemica ha impedito lo scorso settembre lo svolgersi dell’annuale “Cersaie” di Bologna – il più importante Salone Internazionale in Europa dedicato alla ceramica per l’Architettura e all’Arredobagno – che consente alle aziende produttrici di proporre ed esporre le proprie novità e a noi rivenditori di trovare e scegliere nuovi prodotti da presentare ai nostri clienti, le aziende produttrici hanno comunque continuato a
proporre alcune novità e tra queste quella più importante riguarda sicuramente il colore. Se negli scorsi anni i colori maggiormente proposti erano quelli
consente di assemblare pattern accattivanti. Si amplia e si migliora anche la scelta per quanto riguarda l’effetto pietra naturale, con novità che esaltano la purezza del marmo bianco italiano, come anche le pietre calcaree Limestone o le quarziti. Infine, da segnalare, la Ceramica “Active Surfaces”, di cui deteniamo l’esclusiva per la regione della Svizzera italiana. Un materiale innovativo che al gusto estetico e alla resistenza aggiunge la sostenibilità: grazie ad anni di ricerche scientifiche e ad un particolare processo di produzione, riesce a svolgere un’azione antibatterica, antivirale, anti-inquinamento, autopulente e antiodore. Un contributo alla costante ricerca del benessere personale!» TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AZIENDE / BELLOLI SA
ECCELLENZA SVIZZERA NEL MONDO
B Renato Belloli
Alberto Belloli
RENATO E ALBERTO BELLOLI, DUE DEI QUATTRO CUGINI COMPROPRIETARI DI BELLOLI SA, PRESENTANO UN’IMPRESA FAMILIARE SPECIALIZZATA NELLA FORNITURA DI PRODOTTI E SOLUZIONI PER I SETTORI DELL’EDILIZIA, DELLA COSTRUZIONE DI GALLERIE E DELLA LAVORAZIONE DEL METALLO.
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elloli SA è un’impresa familiare con sede in Svizzera che vanta più di 100 anni d’attività. Quali sono state le principali tappe del vostro successo? «Intorno al 1830 alcuni artigiani nostri antenati provenienti da una valle bergamasca giunsero nei Grigioni. Nel 1886 venne fondata ai Piani di Verdabbio (oggi Grono) la ditta Belloli che da allora ha compiuto notevoli progressi, tanto da posizionarsi attualmente quale ditta leader in tecnologie e lavorazioni di punta, su scala internazionale. La società ha vissuto la fase di maggiore sviluppo a partire dal secondo dopoguerra. L’azienda familiare, che si avvia verso la quinta generazione, si presenta oggi come un gruppo articolato, con una holding azionaria controllata dai quattro cugini Belloli ed una costellazione di società operative in grado di generare sinergie ed opportunità di business al loro interno». Quali sono le aree in cui principalmente operate… «I principali settori di attività sono tre - illustra Alberto Belloli, ingegnere meccanico e comproprietario - quello dei materiali e delle soluzioni tecniche per opere sotterranee, il cosiddetto “tunnelling”, dunque ancoraggi e tutto quanto occorre per la messa in sicurezza dello scavo di gallerie, ventilazione, sistemi per lo scavo meccanizzato, speciali dumper e nastri trasportatori; gli allestimenti per veicoli pesanti, ad esempio betoniere, benne,
piattaforme aeree e un sistema interscambiabile rapido appositamente sviluppato per utilizzare le varie sovrastrutture su un unico autoveicolo. Infine la fabbricazione di strutture metalliche per applicazioni civili e lavorazioni specifiche per l’industria della difesa. L’attività si svolge in 4 siti industriali, Grono, Lostallo, San Vittore e Guanzate (Como), sede dell’affiliata italiana. Notevoli sono le sinergie con Heli Rezia (www.helirezia.ch), società che si occupa di servizi con elicotteri e della loro manutenzione, e Rowa Tunnelling Logistics (www.rowa-ag.ch), società controllate da singoli membri della famiglia.
AZIENDE / BELLOLI SA
Nel 2019 avete vinto il primo premio allo Prix SVC Svizzera italiana. Con quale motivazione? «Questo bisognerebbe chiederlo alla giuria… Nella competizione con altre 5 realtà di assoluto valore, ci siamo probabilmente imposti grazie alla combinazione di lunga tradizione quale ditta a conduzione familiare e grande progettualità in settori difficili ma con buone prospettive nei decenni futuri. Il contributo a opere di portata continentale, seppur in sordina, non ci ha certamente penalizzato. Le certificazioni acquisite negli ultimi anni ci permetteranno di ulteriormente diversificare attività e mercati. Questo riconoscimento ci rende molto orgogliosi, ha generato una nuova presa di coscienza all’interno dell’azienda e una rete di contatti in continua evoluzione».
I vostri prodotti hanno contribuito a realizzare opere in numerosi Paesi del mondo… «I prodotti forniti dalla Belloli SA sono stati impiegati con successo in diversi progetti nazionali di importanza continentale quali le gallerie autostradali del San Bernardino e del San Gottardo, e più tardi del progetto AlpTransit, con le gallerie di base del Lötschberg, San Gottardo e Ceneri. A livello internazionale siamo stati coinvolti in progetti a Hong Kong, nel consolidamento di Ground Zero a New York o ancora nel ripristino della carreggiata della galleria stradale del Monte Bianco, che nel 1999 era stata teatro di un incendio devastante. Abbiamo operato nella nuova metropolitana Crossrail di Londra ed ora guardiamo alle gallerie di base del Brennero e del Tunnel Euralpin Lione-Torino, cui forniamo i nastri trasportatori, al progetto ferroviario High Speed 2 fra Londra e Birming-
ham, al nuovo schema idroelettrico Snowy Mountains 2.0 in Australia e soprattutto al Gran Paris Express, progetto faraonico che, in previsione delle Olimpiadi e dell’Esposizione Universale raddoppierà entro il 2030 gli attuali 200 km di gallerie della metropolitana francese. Nell’industria della difesa collaboriamo con General Dynamics-Mowag e RUAG, realizzando ad esempio i pannelli corazzati dei veicoli Piranha, con uno speciale sistema di taglio delle lamiere di acciaio balistico. Il centro di taglio di Lostallo utilizza infatti un getto di acqua ad altissima pressione e sabbia di quarzo di origine australiana, per ricavare dalle lamiere geometrie complesse senza intaccarne minimamente le elevate proprietà meccaniche. Questo contribuisce a proteggere le truppe di numerosi eserciti, impegnate spesso in missioni di pace dell’ONU o contro gruppi terroristici».
In sintesi, quali sono i punti di forza che hanno consentito l’affermazione della vostra azienda su tutti i mercati mondiali? «Direi innanzitutto un know-how poliedrico frutto di esperienze diversificate in vari settori. Non solo le sinergie all’interno del gruppo, ma anche la possibilità di applicare le nostre competenze, i nostri materiali e le nostre tecnologie a nuovi lavori. La nostra filosofia operativa si fonda sul servizio integrato al cliente, con consulenza ed approccio flessibile. L’industria delle costruzioni è soggetta ad una forte pressione sui prezzi, ma il settore delle gallerie è comunque destinato, a livello globale, a crescere del 5% all’anno».
www.belloli.ch TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AZIENDE / SUCC. E. BRUGHERA SA
EVOLUZIONE NEL SEGNO DELLA TRADIZIONE
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alla sua fondazione nel 1940 ad oggi, quali sono state le principali tappe dello sviluppo dell’azienda Brughera? «Fondata da Eugenio Brughera, per la produzione e la commercializzazione di bibite dolci, è con li passaggio di proprietà alla nostra famiglia, nei primi anni Sessanta, che subisce una prima fondamentale trasformazione in azienda puramente commerciale. Quando il boom economico cambia il Ticino e con esso il mercato, da frammentato e definito a complesso e dinamico, le aziende dovettero adeguarsi per sopravvivere all’avvento della grande distribuzione ed alla maggiore mobilità. Nostro padre, colta questa opportunità, ha scelto di potenziare l’azienda perché potesse rispondere appieno all’evoluzione a cui stava assistendo: da piccolo rivenditore per pri-
Antonella Cattaneo e Daniele Cattaneo
LA SUCC. E. BRUGHERA SA, UN’AZIENDA FAMILIARE IN CRESCITA, IMPEGNATA AD ESSERE LA RISPOSTA ALL’EVOLUZIONE DEL MERCATO DEL BEVERAGE, È FORNITORE DI ACQUE, BIBITE, SUCCHI, SCIROPPI, BIRRE, VINI E SUPERALCOLICI PER TUTTO IL TICINO E OLTRE GOTTARDO. «DA QUI OGNI GIORNO RAGGIUNGIAMO I NOSTRI CLIENTI CON I PRODOTTI E SOPRATTUTTO CON IL SERVIZIO»: COSÌ DANIELE CATTANEO CI ACCOGLIE NEL MAGAZZINO DI MEZZOVICO, UNO SPAZIO DI 9000 MQ CHE CUSTODISCE LA TRADIZIONE DEL BERE, ED ALLO STESSO TEMPO, SODDISFA LA SETE DI MONDO DEL TICINO. 01
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vati ad azienda di servizi anche per il settore in espansione della ristorazione. Ma è con la mia generazione, io e mia sorella Antonella, che l’azienda fa il salto di qualità nella struttura societaria e logistica». La vostra azienda è diventata negli anni interlocutore prioritario dell’HORECA ticinese. Quali sono le problematiche che avete dovuto affrontare e risolvere? «L’industria dell’ospitalità del Ticino da un’offerta rivolta sostanzialmente al mercato interno si è poi direzionata anche al resto mondo, nell’ambito di una concorrenza settoriale molto alta e confrontandosi con il vicino e confinante mercato italiano. È evidente che supportare la nostra clientela in questa sfida ha significato agire sulla politica dei prezzi oltre che ampliare la gamma e la qualità dei prodotti disponibili».
AZIENDE / SUCC. E. BRUGHERA SA 02
La varietà dei prodotti è la base della qualità del servizio da voi offerto. Che cosa significa per voi questo concetto? «Vuol dire essere attenti alle dinamiche dei prodotti e anticipare i cambiamenti della domanda. Nel contesto del possibile, la Brughera accontenta anche la clientela più esigente. Dalla grande distribuzione ai negozi di prossimità, nel settore HORECA come in quello della ristorazione sanitaria ed aziendale, così come il singolo privato, dove c’è un cliente c’è una richiesta speciale da soddisfare». La vostra è un’azienda tipicamente familiare. In che modo avete affrontato il futuro passaggio generazionale? «Pur consapevoli di quanto pesi, nella vita di un’impresa il passaggio generazionale, guardiamo al futuro con ottimismo. In crescita costante, ed impegnati da sempre ad essere la risposta all’evoluzione del mercato del beverage, noi che abbiamo ereditato l’azienda da nostro padre Natale, ci siamo cresciuti dentro, l’abbiamo portata ad essere il distributore punto di riferimento. Ora che tocca alla terza generazione, ai nostri figli, abbiamo scelto di replicare la nostra esperienza coinvolgendoli fin da giovanissimi, ma, perché possano raccogliere il testimone tra tradizione e rinnovamento, abbiamo voluto supportarli, facendoli seguire da un consulente terzo, che colga le peculiarità e disponga le opportunità di ognuno, sempre e comunque avendo quale priorità la stabilità e la crescita dell’azienda». Come vi siete preparati al rilancio delle attività dopo le difficoltà imposte dalla pandemia? «Sempre allo stesso modo: con il rinnovamento. Nel contesto della pandemia abbiamo cercato la forza di non chiuderci in noi stessi ma, in prospettiva della ripresa, abbiamo voluto investire nel parco autoveicoli sostituen-
do i mezzi più inquinanti, continuando nella sensibilità ecologica, così come negli anni precedenti abbiamo investito in energia rinnovabile dotando il magazzino di un impianto fotovoltaico di 4000 mq. Ma soprattutto abbiamo scelto di integrare la nostra offerta con l’e-commerce su piattaforma unificata. Si accede allo shop online attraverso il sito www.brughera.ch , intuitivo e di facile fruizione ci da la possibilità di ampliare il nostro target, con azioni proprie e con condizioni di consegna entro le 48 ore in tutta la svizzera, supportate anche da altri trasportatori». Nei vostri programmi esiste un ampliamento della vostra offerta, in termini di prodotti e di settori serviti? «Perfezionamento ed ampliamento della gamma, sempre! In questo momento guardiamo con interesse al mondo bio, nicchia di mercato sempre più stimolante per numeri e per filosofia. Da affiancare alla vivace voglia di prodotti a km zero che caratterizzano l’offerta ticinese, e che la Succ. E. Brughera SA continua a favorire. Auspichiamo di avere lo stesso riscontro
avuto con i superalcolici. Dopo la decisa e forte scelta aziendale di conquistare il mercato ed il mondo dei cocktail e del mixology, sempre in straordinario progresso come il target al quale è rivolto, la sezione di magazzino e la quota di mercato relativa ai liquori ha incrementato la propria incidenza costantemente». Protagonisti dell’arte del buon bere. In sintesi, quali sono i punti di forza della filosofia e della mission di Brughera? «Ogni cliente trova nella Brughera un supporto ottimale puntuale, una gamma aggiornata e quasi infinita, il Ticino, il meglio dell’Italia e del mondo, nel bicchiere». www.brughera.ch
01 Daniele Cattaneo 02 I titolari Antonella Cattaneo e Daniele Cattaneo insieme ai figli Elisa Cattaneo, Lea Cattaneo, Miro Cattaneo, Michele Cattaneo
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AZIENDE / CASINÒ LUGANO SA
TORNIAMO A GIOCARE DAL VIVO
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GIANMARIA FRAPOLLI, CEO E BOARD MEMBER CASINÒ LUGANO SA, ILLUSTRA IL PROGETTO GRAZIE AL QUALE LA CASA DA GIOCO LUGANESE INTENDE IMPOSTARE IL SUO RILANCIO E FAVORIRE UN ULTERIORE SVILUPPO NEI PROSSIMI ANNI.
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ei vanta una approfondita conoscenza del Casino di Lugano maturata attraverso la partecipazione, dal 2016, al Consiglio di amministrazione. Quali sono i principali problemi da affrontare nella sua gestione? «Non parlerei di problemi ma di opportunità. Grandi opportunità di crescita, innovazione ed ampliamento. Ed è quello che stiamo facendo giorno dopo giorno, la ricerca del miglioramento sia nelle singole attività sia a livello di gestione nel suo complesso. Nei mesi di chiusura abbiamo fatto un importante investimento infrastrutturale e di ampliamento dell’offerta gioco per essere sempre più competitivi e d’appeal. Stiamo investendo molto anche sul personale, il vero grande patrimonio dell’azienda, che, attraverso il proprio impegno e contributo, porta avanti l’attività aziendale. Ma non solo. Abbiamo costruito e lanciato la piattaforma online, una grande novità che ci permette di essere presenti non solo nel mercato ticinese ed italiano, target consolidato del Casinò terrestre, ma di espanderci anche in quello svizzero». Dopo le chiusure e le restrizioni imposte dalla pandemia, quali sono le strategie del Casinò per il rilancio delle sue attività? «Il rilancio della casa da gioco passa attraverso il gioco, perché è l’elemento che ci permette di funzionare. Per questo motivo abbiamo scelto di arricchire la nostra offerta incrementando il parco slot, che vanta più di 500 macchine fra le più accattivanti, con ricchi e frequenti jackpot e inserendo i giochi francesi, con la regina del Casinò – la Roulette Francese - ed il famoso Chemin de Fer,
fra i più eleganti ed antichi giochi praticati nell’area live gaming. Il piano di rilancio è improntato sull’acquisizione di una clientela di livello internazionale e, in particolar modo, nella conquista di quelle fette di mercato che prima non avevamo. Tutto questo combinato ed inserito nella nostra strategia, nella nostra filosofia aziendale, che è quella di gestire l’attività nel rispetto delle regole e, soprattutto, delle persone». In che modo la sua specifica competenza in processi aziendali digitalizzati potrà risultare utile nell’implementare progetti tendenti alla modernizzazione dei flussi gestionali interni dell’azienda? «La modernizzazione dei processi del settore dei Casinò terrestri è qualcosa che, per sua forma tradizionale, non ha mai avuto una grande evoluzione. Uno dei nostri obiettivi, invece, è quello di riuscire a combinare tecnologia e processi aziendali e fare un passo avanti anche nella gestione dell’operatività del terrestre. Questo lo possiamo fare, anche in maniera importante, grazie al lancio dell’attività online, puntando ad avere internamente, una digitalizzazione di livello più elevato. Abbiamo investito, di fatto, in maniera importante nel settore IT per lo sviluppo della nostra piattaforma online e lo abbiamo fatto per spingerci un passo avanti anche nella digitalizzazione dei processi di gestione delle attività del terrestre. Tutto ciò non comporta solo un cambiamento operativo; si tratta di un vero e proprio cambiamento culturale che richiede una profonda conoscenza ed una rilevante esperienza di fondo per poterlo condurre al meglio. Ho avuto la possibilità di sviluppare sia una formazione che
AZIENDE / CASINÒ LUGANO SA
un’esperienza professionale particolarmente articolata in questo ambito che mi ha permesso, anche e soprattutto attraverso gli errori commessi, di acquisire il giusto know how per poter condurre trasformazioni di questo genere». Quali sono i rapporti tra il Casinò e la città di Lugano nella prospettiva dello sviluppo del turismo cittadino? «Oggi non ci sono delle vere e proprie sinergie tra la casa da gioco e la città di Lugano per lo sviluppo del settore turistico. Noi stiamo lavorando per migliorare giorno dopo giorno il nostro Casinò in modo che abbia un richiamo non solo locale ma anche internazionale. Questo è un obiettivo che ci prefiggiamo per far sì che, anche attraverso il nostro contributo, il territorio riesca a raggiungere un incremento turistico importante e ne tragga, quindi, beneficio non solo nel breve termine, ma soprattutto per uno sviluppo futuro. Siamo noi, le strutture, le imprese, le attività territoriali che dobbiamo giocare un ruolo determinante per fare la differenza e richiamare flussi turistici consistenti, e non aspettare che lo faccia la città da sola». Quali sono i rapporti e le collaborazioni con gli altri Casinò del Ticino? «Non ci sono delle vere e proprie collaborazioni attive se non in sede di associazione, facendo parte, sia Il Casinò Lugano così come l’Admiral di Mendrisio e il Casinò di Locarno, della federazione svizzera dei Casinò. Certamente ci si rispetta, nonostante le differenti strategie aziendali e l’appartenenza ad un mercato fortemente concorrenziale, e ci si confronta, in situazioni
particolarmente complicate o difficili come il periodo che stiamo affrontando, nell’attuazione delle normative e nella loro disposizione all’interno della quotidiana attività della casa da gioco». In che misura e in che modo lo sviluppo del gioco online ha modificato i comportamenti dei giocatori sottraendo clienti ai Casinò attivi sul territorio? «Sicuramente il Casinò online è stato un sostituto importante nella situazione della pandemia, perché ha permesso la regolare attività del gaming nonostante la chiusura delle varie strutture. La gente si è attivata nelle piattaforme online e ha potuto implementare il proprio hobby 7 giorni su 7. Io credo che il futuro non sia solo online o solo terrestre, ma, se si vuole fare la differenza, la soluzione vincente sta nella combinazione delle due attività. E’, infatti, grazie alla loro sinergia che, in modi e forme differenti, si riesce a dare un servizio ancora più completo, puntuale e positivo al cliente amante del gioco. L’obiettivo deve essere quello di dare la massima offerta agli utenti e garantirla per 24 ore per 7 giorni a settimana». In che modo il Casinò è impegnato nel sostenere iniziative e campagne per il gioco consapevole e contro le ludopatie? «L’attività del gioco, esattamente come tante altre in cui le persone impegnano il proprio tempo libero, ha come obiettivo primario il divertimento. Chi ama passare il tempo tra slot machine, roulette e tavoli da poker deve svagarsi e vivere un’esperienza positiva. Ed è su questo concetto che il Casinò Lugano
investe e crede molto: fare in modo che l’attività sia sicura e soddisfacente per tutti. Attraverso una profonda e attenta formazione del personale e grazie anche alla collaborazione con Istituti importanti come l’Irga, cerchiamo di combattere attivamente gli scenari negativi, quali dipendenze o ludopatie. Ma non solo. Come Casinò rispondiamo alla legge federale delle case da gioco sulla concezione sociale e gioco responsabile. La nostra è un’attività fortemente regolamentata, in cui si ha un’attenzione e una dedizione nei confronti del cliente, davvero unica». Quali sono i programmi di comunicazione e le sponsorizzazioni portate avanti nei prossimi mesi dal Casinò di Lugano? «Stiamo portando avanti da mesi la campagna “Giochiamo a tutto ma non con la salute” nella quale abbiamo raccontato, e tutt’ora lo facciamo, come per noi sia molto importante il rispetto delle regole, il rispetto per le persone e per la salute. Ed è su questa filosofia che improntiamo la nostra quotidianità ed i nostri progetti futuri. Dalla campagna delle emozioni - #Casino4Emotions - in cui abbiamo sviluppato una comunicazione più solidale, più intima quasi, cercando di avvicinarci di più alle persone in un momento particolarmente difficile, al progetto #Casino4Green, in cui il rispetto per l’ambiente e per la salute ci ha portato a stringere proficue ed importanti collaborazioni con Merbaghretail.ch ed il Centro Porsche Lugano per muoverci insieme verso un futuro più sostenibile. Ma non solo. L’interesse che la nostra azienda nutre nei confronti delle proprie persone ci ha permesso di crescere e sviluppare progetti di valorizzazione delle risorse umane e diventare azienda formatrice. Una grande opportunità che permette, da un lato, ai giovani di accedere al mondo del lavoro e costruirsi un’esperienza diretta e, dall’altro, alla nostra azienda e al settore professionale di guadagnare un bacino di nuove leve già professionalizzate». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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AZIENDE / MY ACADEMY
PARITÀ DI GENERE O PARITÀ DI OPPORTUNITÀ?
GIANNI SIMONATO, CHIEF DIGITAL OFFICER MYACADEMY GMBH AFFRONTA ALCUNE QUESTIONI RELATIVE ALLE DISPARITÀ DI RETRIBUZIONE (E NON SOLO) TRA UOMINI E DONNE.
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uanto è ampio il divario retributivo donna/uomo? Veniamo subito al nocciolo della questione, tentando di dare una spiegazione al fenomeno ed ipotizzando degli scenari a breve. Di cosa stiamo parlando? Delle differenze retributive tra uomo e donna, il cosiddetto Gender Pay Gap. Le donne in Europa guadagnano ben il 14% in meno dei colleghi uomini. Possibile? È un dato di fatto della situazione europea. Due settimane all’anno sono lavorate gratis, da parte
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delle donne, rispetto ai colleghi uomini. Negli ultimi 10 anni anni qualcosa è stato fatto nel segno di ridurre questa disparità retributiva, ma il divario si è ridotto di soli 2 punti. Il 14% è una media dell’Europa a 27 membri, con punte che vanno da un 20/22% di Estonia, Austria e Germania, ad un 5.5% dell’Italia. Possiamo affermare quindi che il fenomeno del divario retributivo donna/uomo non è trattato in egual misura in tutte le nazioni europee. Una conferma di fatto che la tanto declamata Unione europea in realtà è ben lontana dai buoni propositi. E in Svizzera? Fonte Federal Statistical Office – FSO, il divario nel 2018 è del 19% Quali le ragioni di questa situazione? Cerchiamo di creare uno scenario di possibili spiegazioni, per sintesi divise in tre punti: • Il tipo di lavoro che viene espletato. È evidente che le posizioni apicali vengono pagate proporzionalmente di più rispetto a posizioni di livello inferiore. Quindi più sali in alto nella scala gerarchica più guadagni. Tra le professioni più pagate c’è quella dell’amministratore delegato. Quante donne e quanti uomini ci sono in questa professione? Solo il 10% è rappresentato da donne. Un numero incredibilmente basso, mi vien da pensare che forse non ci sono abbastanza candidate, oppure non vengano ritenute idonee per posizioni di questo tipo. Alcune domande sorgono spontanee: Forse si ritiene che le Donne non abbiano abbastanza leadership per gestire un Team e portarlo ai risultati? Oppure potrebbero essere gli Uomini a non desiderare di avere un
superiore Donna? Il manager di turno potrebbe pensare di valere meno di una Donna? • Funzioni e settori aziendali, per ragioni di mercato e di tendenza, pagati di più e altri pagati di meno. Sembra che le aree cosiddette STEM (scienza, tecnologia, ingegneria matematica) siano pagate di più rispetto ad istruzione ed assistenza. Ebbene, la zona STEM è presidiata per l’80% da uomini, che lavorano quindi nei settori che guadagnano di più. Di converso le aree dell’assistenza e dell’istruzione sono appannaggio delle donne. In questi settori le Manager sono molto presenti, ma sono anche i settori pagati meno rispetto alle aree STEM • Le donne probabilmente lavorano di più, ma molte ore sono dedicate a servizi legati alla gestione dei figli e della casa, tradizionalmente ore non pagate. Gli uomini invece hanno al loro attivo un numero superiore di ore totalmente pagate. Risulta quindi nel complesso che gli uomini riescono a massimizzare le ore pagate lasciando alle donne ore di “lavoro tradizionalmente non retribuito” E questa è la storia fino ad oggi. Come siamo arrivati ad una situazione del genere? Frutto del modello industriale fordista-taylorista, progettato sull’uomo anziché su entrambi i generi, ma parliamo di situazioni organizzative nate 100 anni fa. I modelli, si sa, sono frutto dei tempi. E i tempi che stiamo vivendo hanno bisogno di una risposta organizzativa coerente con i cambiamenti in atto. Riuscirà quindi il postPandemia ad eliminare il divario retributivo attraverso nuovi e diversi meccanismi organizzativi?
AZIENDE / MY ACADEMY
Analizziamo un possibile futuro, basandoci sui tre punti visti sopra. • Il divario retributivo donna/uomo (Gender Pay Gap) continuerà ad esistere se nelle posizioni apicali si nomineranno solo uomini. Nel modello tradizionale fordista-taylorista basato su una linearità di sviluppo industriale, su principi di comando verticistici, su sistemi di welfare aziendali poco complessi le scelte nelle posizioni apicali, tipicamente amministratore delegato e direttore generale, ricadevano su candidati uomini. Ma le nuove organizzazioni aziendali richiedono stili di leadership che tengano conto delle diversità culturali delle persone, della inclusività, della partecipazione, dell’ascolto e della condivisione. Quanto bravi sono gli uomini in questo? • In un momento di cambiamento, quando le vecchie conoscenze devono essere sostituite dalla nuova
formazione, siamo così sicuri che l’area dell’istruzione non verrà pagata di più di quanto non lo è oggi? E se pagassimo l’istruzione almeno come le aree STEM? (Scienza, tecnologia, ingegneria matematica) La formazione nei momenti di cambiamento rappresenta l’asse portante di qualsiasi Paese che voglia affrontare, nel concreto, “il nuovo corso”. Per generare nuovi frutti occorre piantare nuovi semi. • Con il nuovo welfare del dopo-pandemia aumenteranno le strutture dedicate all’assistenza dei bambini e alla cura della casa, lasciando così più tempo per le donne per lavori pagati? Scelte auspicabili, perché non sarà mai troppo presto per ridurre il divario retributivo. Il punto quindi non sta tanto nella parità di genere, ma nella parità di opportunità che devono essere offerte a uomini e donne in maniera indifferenzia-
ta. La conferma della discriminazione è in un 2% di retribuzione in meno per le donne, senza che ci sia un valido motivo. (Ricerca di PayScale, che confronta le retribuzioni tra uomini e donne) E se la nuova formula retributiva fosse legata quindi ai progetti gestiti anziché alle ore lavorate, come cambierebbero queste considerazioni sul divario retributivo? È cambiato infatti il lavoro, espletato non solo in fabbrica o in ufficio, ma smart working che si può effettuare in strutture al di fuori di quelle tradizionalmente intese, come nei Coworking. È cambiato il concetto di famiglia, che non vive più nel dualismo dell’uomo al lavoro (pagato) e donna a casa (non pagata) Cambiando questi scenari, possiamo parlare ancora di differenze retributive? E come potranno essere misurate? Fammi sapere la tua opinione scrivendo a info@myacademypmi.com
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AZIENDE / SOCIETÀ TICINESE RELAZIONI PUBBLICHE
LA PROBLEM SOLVER DEGLI ALBERGHI
S DI AMANDA PRADA INVITATA A DIRIGERE DEGLI HOTEL, SILVANA REDEMAGNI HA SEMPRE DECLINATO L’OFFERTA. ANCHE SE DI ALBERGHI SI OCCUPA DA TRENT’ANNI.
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ome si vendono accoglienza e sorriso? «Con sincerità. Trasmetto quello che vivo ed è bello portare i clienti a provare le stesse emozioni. Da tempo si parla di soggiorno esperienziale e che risvegli i sensi. Arredi e allestimenti che soddisfino la vista, tessuti che accarezzino il corpo, pietanze che solletichino il gusto, scelta della musica di sottofondo, profumi che stimolino l’olfatto: una sorprendente chiave subconscia per far sognare. Sempre più alberghi sperimentano percorsi in questo senso».
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ilvana Redemagni, dopo anni in giro per il mondo come direttrice vendite, comunicazione e marketing nel settore alberghiero di lusso, oltre a quello turistico e congressuale, si è reinventata e ora si occupa di start-up alberghiere. La sua sfida è sempre stata quella di essere là dove è il cliente.
Un hotel come comunica l’identità di un territorio? «Lavorando in primis sulla propria identità per veicolare alla clientela di riferimento un messaggio preciso. Si definisce l’identità della struttura, e di conseguenza il suo posizionamento, tenendo conto del target a cui ci si rivolge. Anche se in rare occasioni è l’hotel per le sue peculiarità e la sua esclusività a diventare destinazione. Guardando al Ticino, gli alberghi sono spesso di famiglia, portatori di una tradizione storica, ma che è anche un valore identificativo del nostro Cantone. Nel comunicare i propri valori, un hotel testimonia i suoi usi e costumi, peculiarità eno-gastronomiche, rispetto e valorizzazione delle risorse del territorio, sostenibilità e chilometro zero nell’offerta di prodotti locali. L’ospite vuole essere coinvolto, vivere la natura, le persone, sperimentare nuovi gusti e sapori. Il successo di Airbnb lo dimostra: c’è la voglia di avvicinarsi ai “local”». Come si intercettano i desideri dei clienti? «Relazionandosi in modo trasparente, diretto. C’è una soluzione per ogni tipo di cliente. E ogni cliente è unico. Ecco perché è importante comunicare. Trasmettere attraverso un racconto veritiero, immagini e filmati, le sensazioni che il cliente vivrà realmente. E poi far sognare. Permettere al cliente di pregustare il prodotto prima di arrivare a destinazione. I desiderata dei clienti vanno colti nel
momento in cui viene loro venduto il prodotto e naturalmente durante il soggiorno. Per soddisfarne le richieste è fondamentale il lavoro di tutto il team, dal ricevimento al restaurant manager, dal barman alla spa manager. Inoltre qualche volta occorre osare con proposte originali, tagliate su misura per il cliente». Cosa significa occuparsi di start-up alberghiere? «Implica due diversi ruoli collegati ognuno a un momento diverso. Per l’apertura ex novo di un hotel, chi si occupa della start-up svolge il ruolo di project manager. Lavorando in sinergia con la proprietà o la direzione contribuisce a definire ogni aspetto, dall’arredamento alla scelta del personale all’impostazione delle procedure. Quando, invece, l’hotel è avviato, occorre promuoverlo individuando il target e il posizionamento per definire gli strumenti più idonei per il raggiungimento degli obiettivi economici. Dedicarsi a una start-up vuol dire mettere a frutto il proprio know-how in poco tempo per portare risultati tangibili, che decretino il successo dell’iniziativa e gettino le basi per un futuro roseo. È una sfida che mi piace. Sono sempre stata per le sfide. I buoni risultati sono motivo di soddisfazione e di grande incoraggiamento a rimettersi in gioco per un nuovo ingaggio».
AZIENDE / HORIZON CLUB
LA MIA PASSIONE È L’ESTETICA
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MANUELA WALKER PRESENTA IL SUO NUOVO CENTRO ESTETICO APERTO DA GIUGNO ALL’INTERNO DEL PALAZZO MANTEGAZZA DI LUGANO-PARADISO.
anuela Walker racconta di aver coltivato la passione per il mondo dell’estetica fin da piccola, quando alla domanda su cosa le sarebbe piaciuto fare da grande rispondeva invariabilmente: l’estetista! Quando c’è la tenacia e la voglia di emergere, i sogni possono diventare realtà e così è cominciata l’avventura che l’ha portata, come primo grande traguardo, a conseguire nel 2000 il diploma di estetista AFC. Per quattro anni ha quindi lavorato come dipendente, acquisendo familiarità ed esperienza nel settore che giorno dopo giorno ha nutrito ancor di più la sua passione per l’estetica. Ma l’entusiasmo da solo non basta perché in questo campo il rinnovamento delle tecniche e dei prodotti è continuo e costante e occorre avere tanta voglia di imparare e acquisire tutte le conoscenze indispensabili per aprire in proprio un centro estetico. Manuela ha così maturato la decisione di realizzare il suo primo centro estetico a Bellinzona chiamandolo “Estetica Ninfea” e già nel corso del primo anno ho assunto la sua prima impiegata. «E questo fu il mio secondo traguardo, una grande soddisfazione» dichiara oggi orgogliosa della lunga strada percorsa. La costante crescita della clientela l’ha così portata quindi ad assumere nuove collaboratrici in modo da poter garantire (e ampliare) l’erogazione di servizi di alta qualità. Nello stesso tempo, il successo ottenuto ha fatto da stimolo al desiderio di specializzarsi sempre più verso un’estetica avanzata, a seguito di nuove esigenze emerse da parte della sua clientela. Fu così che 2018 Manuela Walker decise di frequentare i corsi di
altissimo livello di «Maison Esthétique Academy” per specializzarsi nel trucco permanente e nell’ottobre 2020 ha ottenuto il prestigioso titolo di Master (una delle più grandi soddisfazioni della sua vita): proprio attraverso questo titolo è oggi in grado di insegnare la professione di dermopigmentista. Anche questo, dunque, è un altro importante traguardo. Ma la determinazione di Manuela non si è certo fermata qui e nel giugno 2021 ha aperto un secondo centro estetico a Paradiso, presso il Palazzo Mantegazza. Una nuova sfida dove oltre al trucco permanente proporrà diversi altri servizi tra cui: nails, pedicure, trattamenti viso e corpo, varie tecnologie viso e corpo, laser al diodo, pressoterapia. «Un ringraziamento speciale va alla mia clientela, alle mie collaboratrici e non da ultimo alla mia famiglia che mi è sempre stata vicina sostenendo sempre ogni mio progetto».
manuelawalker.esteticaninfea www.esteticaninfea.ch T. +41 (0)91 923 10 10
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MEDICINA / VACCINI
QUELLO DEI VACCINI È SENZA DUBBIO UN ARGOMENTO COMPLESSO. DELLA DELICATEZZA DEL TEMA CI ACCORGIAMO SUBITO, QUANDO PROVIAMO A INTERPELLARE ALCUNE SOCIETÀ FARMACEUTICHE TICINESI, ED ANCHE INTERPHARMA, L’ASSOCIAZIONE DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE SVIZZERE, PER RISPONDERE A UN QUESITO DI FONDO: COME MAI NON SI È PENSATO DI PROVARE A PRODURRE UN VACCINO IN TICINO O QUANTO MENO IN SVIZZERA? DI PAOLA BERNASCONI
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UN VACCINO SVIZZERO? NO COMMENT!
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urtroppo le dobbiamo comunicare che la produzione dei vaccini non rientra nelle nostre competenze», ci ha detto Emanuela Malacrida, CEO Personal Assistant di Cerbios. «Zambon Svizzera non è attiva nella produzione di vaccini, e d’altra parte le sue domande toccano problemi di politica sanitaria ai quali non possiamo rispondere», ha dichiarato il General Manager di Zambon Svizzera Giampiero Roncoroni. Gli ha fatto eco Silvia Misiti, Head of Corporate Communication & CSR di IBSA: «Essendo il business di IBSA molto lontano dal settore vaccini e virus, non abbiamo una posizione a livello corporate in merito». Non è andata meglio con l’IRB: «Non rientra nelle nostre competenze esprimerci su argomenti di carattere politico-economico», ci ha replicato Stéphanie Savary, assistente dell’Ufficio del Direttore. Non si è espresso nemmeno Swissmedic: «Siamo l’autorità svizzera di autorizzazione e sorveglianza per gli agenti terapeutici. Ci assicuriamo che i prodotti terapeutici autorizzati siano di qualità impeccabile, efficaci e sicuri. La questione delle priorità in materia di ricerca e approvvigionamento di vaccini deve essere posta alle aziende farmaceutiche o al legislatore». In effetti l’argomento coinvolge sia interessi sanitari che economici e non lo nasconde il Dottor Ricardo Pereira Mestre (01), capo di Oncologia medica presso lo IOSI e partecipante a alcune ricerche sul Covid. «Produrre o no un vaccino è una scelta strategica delle
aziende. È efficace sul rischio di morte e di ammalarsi, ma dal punto di vista della casa farmaceutica è un grosso impegno logistico ed economico che non tutte sono in grado di assumersi, considerato anche il breve tempo disponibile e le risorse necessarie». In Ticino la Humabs ha sviluppato un anticorpo monoclonale chiamato VIR7831, capace pare anche di captare le varianti. Lo stesso Pereira Mestre sta collaborando allo sviluppo di un farmaco che è di fatto un anti ormone maschile, che blocca dunque gli ormoni maschili. «Una delle porte d’entrata più importanti del virus all’interno della cellula è esclusivamente controllata da ormoni maschili. La nostra ipotesi è di bloccarla con un farmaco che si usa per il tumore della prostata. Lo testiamo su pazienti ad alto rischio che stanno ancora tutto sommato bene, sono nei primi giorni dell’infezione: maschi con più di 50 anni e almeno un fattore di rischio per un Covid più grave». Una ricerca di colleghi brasiliani e americani ha dimostrato che un farmaco con lo stesso principio ha un’efficacia del 92%. Un altro studio in cui è coinvolto il medico cerca di capire se chi possiede un dato polimorfismo che metabolizza diversamente gli androgeni abbia un rischio maggiore di ammalarsi. Il dottore ritiene come l’approccio migliore per tornare alla normalità sia combinare vaccini con farmaci curativi. «Non potremo immaginare di trattare i malati col Covid senza vaccinarli, pagheremmo un caro prezzo di vite umane. La vaccinazione è la via migliore e bisogna insistere su scala
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mondiale, anche andando ad azzerare le differenze tra i paesi. Lo sviluppo dei farmaci serve per chi si ammalerà comunque, dunque servono cure contro il Covid. Non solo qualcuno su cui non ha funzionato il vaccino, ma che non vi ha avuto accesso o su cui ha smesso di essere efficace. Non sappiamo quanto dureranno gli anticorpi (per quello di Moderna pare sei mesi, ndr), serviranno richiami e il rischio di avere pazienti con Covid nei prossimi anni è alto». Ma i vaccini sono davvero efficaci? Per Pereira Mestre, coi dati attuali si sa che impediscono di ammalarsi gravemente, non è detto che chi, pur vaccinato, contragga il Coronavirus in forma leggera non possa trasmetterlo. E l’efficacia sui pazienti non sani è ancora da vedere. In molti temono gli effetti collaterali. Miro Venturi (02), CEO di Sintetica, ci ha risposto come «ogni medicinale non è scevro di possibili effetti collaterali, con i quali conviviamo spesso senza preoccuparcene, in maniera pressoché giornaliera. L’industria farmaceutica segue rigorosissimi protocolli che richiedono la segnalazione e la comprensione dei cosiddetti “eventi avversi” sia nei pazienti durante i tests clinici che ad avvenuta entrata sul mercato del farmaco medesimo. Io ho fiducia in questi processi, che non vengono solamente guidati dall’industria farmaceutica, bensì anche riportati e sorvegliati dalle autorità pubbliche». Ma perché in Svizzera nessuno ha prodotto un vaccino, nonostante la presenza di colossi come Roche e Novartis? Matthias Leuenberger (03),
Country President di Novartis Switzerland, ci ha detto: «Novartis ha preso la decisione strategica di concentrarsi sulla messa a punto di farmaci. Nel 2015 abbiamo ceduto la nostra attività di vaccini e dal 2018 abbiamo concentrato i nostri sforzi di ricerca e sviluppo su malattie infettive come la malaria e su una serie di malattie tropicali trascurate. La nostra strategia è quella di costruire un’azienda farmaceutica leader e focalizzata, alimentata da piattaforme terapeutiche avanzate e scienza fondata sui dati». Novartis ha però annunciato di recente un accordo iniziale per fornire capacità di produzione a Stein per il vaccino Pfizer-BioNTech Covid-19: «Oltre a ciò, stiamo ora espandendo i nostri sforzi con l’accordo per rilevare la produzione dell’mRNA e del prodotto farmaceutico sfuso per il vaccino Covid 19 CVnCOV per CureVac a Kundl (Tirolo, Austria). Detto questo, la tematica della produzione di vaccini Covid è attualmente molto dinamica, e ulteriori discussioni sono in corso». Il Dottor Riccardo Braglia della Helsinn ci ha dato la sua spiegazione sulla motivazione per cui da noi non si è cercato di produrre vaccini: «Sarebbe stato impossibile in tempi così brevi (10-11 mesi), in quanto in Svizzera non esiste la tecnologia necessaria a sviluppare vaccini, e la costruzione di un impianto apposito con la relativa tecnologia richiede diversi anni. Inoltre, un impianto produttivo di vaccini finalizzato al solo mercato svizzero
non avrebbe la massa critica e la conseguente redditività». La svizzera Lonza, che collabora con Moderna e che abbiamo invano provato a contattare, aveva proposto al Consiglio Federale di creare una linea di produzione in Vallese, a detta dei vertici capace di coprire in poche settimane il fabbisogno svizzero con 100 milioni di dosi all’anno, ricevendo una risposta negativa. Per Berset non è mai stata invece un’opzione. A metà aprile Dan Staner, vicepresidente del produttore americano di vaccini Moderna, gli ha dato ragione, spiegando che la Svizzera non avrebbe avuto una situazione diversa da quella attuale, caratterizzata da continui ritardi». Il Ticino, comunque, toccato dalla prima ondata con particolare forza, ha dato il suo contributo. Le ricerche a livello di EOC sono numerose. Secondo Giovanni Mazzei (04), neo presidente dell’Associazione Farmaceutici Ticinesi, «sarebbe stato auspicabile il coinvolgimento nella filiera logistica, sfruttando principalmente i magazzini delle aziende produttrici. Tali siti e i relativi magazzini, oltre a essere già approvati da Swissmedic, possono esibire misure strutturali adatte allo stoccaggio dei vaccini, così come personale formato e idoneo a movimentare tali sofisticati e delicati prodotti». Tuttavia, conclude «l’industria farmaceutica ticinese sta contribuendo in prima linea alla lotta contro la Covid19, grazie al proprio know-how nello sviluppo di farmaci per la cura della malattia».
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VACCINI, COSA C’È DA SAPERE
L’ IL PROF. DR. MED. ALESSANDRO CESCHI ILLUSTRA I RISULTATI OTTENUTI ATTRAVERSO UN ATTENTO MONITORAGGIO DEI VACCINI CONTRO IL COVID 19, RASSICURANDO IN MERITO AD EFFICACIA, SICUREZZA E CONTROINDICAZIONI.
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EOC, e in particolare l’Istituto di Scienze Farmacologiche della Svizzera Italiana, è stato nominato Centro di riferimento nazionale per l’analisi degli effetti collaterali ai vaccini Covid19. Come avete ottenuto questo prestigioso ruolo? «È verosimilmente la conseguenza di diversi fattori tra cui la buona reputazione del nostro centro in termini di competenze, di affidabilità e di qualità del lavoro svolto, nonché di un certa rapidità organizzativa e lungimiranza: ci siamo infatti attivati già in estate 2020 con una proposta piuttosto innovativa e dettagliata di come creare un sistema di monitoraggio diversificato della sicurezza dei vaccini Covid, quando la prospettiva dei vaccini, in particolare sulle tempistiche, era ancora incerta».
tichiamo che questi effetti collaterali sono anche un segno che il vaccino sta funzionando e che il corpo sta costruendo una risposta immunitaria».
A che conclusioni siete arrivati al momento? Gli effetti collaterali dei vaccini sono quelli che, in termini di quantità, gravità e tipologia, vi aspettavate? «La maggior parte degli effetti collaterali dei vaccini anti-Covid utilizzati in Svizzera sono quelli che erano noti dagli ampi studi clinici che hanno portato all’omologazione e quindi ce li aspettavamo. Si tratta ad esempio di dolore e arrossamento al sito della puntura, stanchezza, mal di testa o dolori osteomuscolari, a volte brividi o febbre. Reazioni di regola che scompaiono spontaneamente, o con un trattamento sintomatico, dopo pochi giorni. Non dimen-
Il ruolo di EOC rispetto ai vaccini si limita alla sorveglianza? «Intorno ai vaccini, e più in generale alla pandemia, si è sviluppata molta ricerca in EOC, che ha avuto riscontri prestigiosi anche a livello internazionale. Attualmente stiamo studiando l’effetto dei vaccini su pazienti in dialisi, malati oncologici, anziani e altri gruppi specifici. Questo tipo di attività è funzionale ad ottenere una migliore comprensione del funzionamento e dell’efficacia dei vaccini e della risposta immunitaria per categorie diverse di persone. Si tratta di elementi importanti per poter pianificare al meglio la strategia per proteggere le persone dal Covid 19».
Confermate la loro sicurezza? Cosa direste a chi è indeciso sul fatto di vaccinarsi o no? «La sicurezza dei vaccini utilizzati in Svizzera osservata negli studi clinici è stata confermata dai risultati nel mondo reale. Sulla base di quanto osservato finora confermo che il rapporto tra rischi e benefici di questi vaccini è indubbiamente favorevole, in particolare per quelle fasce della popolazione che sono più vulnerabili come gli anziani o coloro che soffrono di determinate malattie. A chi è indeciso, direi che è normale e legittimo voler prendere una decisione informata sul vaccino. Consiglierei quindi di documentarsi usando fonti attendibili».
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Di recente l’EOC è stato inserito nella rete EUVAP - European Vaccine Trial Accelerator Platform. Di cosa si tratta e cosa significa questo riconoscimento per l’Ente? «Si tratta di un’occasione importante per dare un contributo scientifico concreto partecipando a studi clinici avanzati sui vaccini Covid 19. Gli studi, svolti in collaborazione con realtà nazionali e internazionali, verteranno su popolazioni per le quali vi è una carenza relativa di dati, come donne in gravidanza, persone immunosoppresse ed eventualmente giovani. Si potranno portare avanti ricerche con approcci innovativi, eventualmente con combinazioni di diversi vaccini finalizzate anche ad un miglior controllo delle varianti». Avete fatto molta attività di ricerca sul Covid 19. A che conclusioni siete arrivati? Che cosa è rilevante
a vostro avviso? Esse cambiano l’approccio alla prevenzione e alla cura delCovid 19? «La diffusione del Coronavirus ha imposto alla comunità medico-scientifica di fare ricerca sul tema con una rapidità e ampiezza mai viste. Questo lavoro ha permesso, ad esempio, di studiare in piena pandemia processi per garantire cure di qualità sia ai malati di Covid 19, che a chi avesse altre problematiche; di identificare farmaci di uso comune per combattere la malattia; di disegnare percorsi diagnostico-terapeutici specifici per malati Covid 19 con patologie concomitanti o fattori di rischio, e molto altro. Non si tratta di risultati astratti, ma si potrebbe dire che la ricerca clinica e di laboratorio abbia migliorato la risposta dei nostri ospedali alla pandemia, nonché permesso di proteggere dal contagio in modo efficace sanitari e pazienti».
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BENESSERE / BELOTTI OTTICAUDITO
ANCHE LE LENTI DI UN OCCHIALE POSSONO AIUTARCI A PROTEGGERCI DA VIRUS E BATTERI BELOTTI PROPONE IL TRATTAMENTO LENTI ZEISS DURAVISION ANTIVIRUS PLATINUM UV
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roteggerci da virus e batteri è importante, specialmente in questo periodo e la realtà BELOTTI, da sempre attenta al benessere visivo dei suoi clienti, ha scelto anche per questa delicata tematica di affidarsi a ZEISS, partner storico del brand, leader mondiale nel settore ottica e sinonimo indiscusso di ricerca e tecnologia d’avanguardia.
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Abbiamo visitato il Centro BELOTTI OtticaUdito di Via Nassa a Lugano e ci siamo fatti raccontare dallo staff la storia dei trattamenti lenti applicati alle lenti oftalmiche ZEISS. Il primo trattamento Anti Riflesso per lenti risale circa ad 85 anni fa. Da allora gli scienziati della Divisione Vision Care di ZEISS hanno costante-
mente ottimizzato le prestazioni dei trattamenti utilizzati, non solo perfezionandone le proprietà ma integrando via via nuove caratteristiche. Il nuovo trattamento Anti Riflesso DuraVision® AntiVirus Platinum UV costituisce l’ultima frontiera della ricerca e tecnologia e risponde nello specifico alla richiesta di lenti che si-
Le goccioline trasferiscono virus e batteri sulla superficie della lente
Il trattamento DuraVision® AntiVirus Platinum UV consigliato da BELOTTI riesce ad eliminare il 99,9% di virus e batteri presenti sulle lenti di un occhiale. Scopriamo come: le lenti, essendo superfici di contatto, possono essere contaminate molto facilmente da virus e batteri in grado di diffondersi rapidamente non solo attraverso il contatto diretto ma anche attraverso le goccioline respiratorie.
Il 99% dei virus e batteri sulla superficie vengono uccisi e inattivati dal rivestimento
Grazie ad una innovativa tecnologia di lavorazione brevettata, il trattamento ZEISS DuraVision® AntiVirus Platinum UV integra all’interno degli strati dell’antiriflesso, delle microparticelle di argento. Queste particelle, posizionate tra uno strato e l’altro tramite un processo di deposizione sottovuoto ad alte temperature, svolgono una funzione antimicrobica in grado di eliminare dalle superfici delle lenti il 99,9% di virus e batteri. L’argento rilascia infatti ioni Ag+ in grado di produrre un’efficace azione antivirale ed antibatterica. Oltre a tutto ciò le lenti con DuraVision® AntiVirus Platinum UV offrono una protezione UV completa assorbendo i raggi UV dannosi, fino a 400nm, assicurano una visione chiara con riflessi ridotti ed un riflesso residuo blu meno visibile.
ano non solo resistenti alle abrasioni, allo sporco e facili da pulire, ma anche in grado di contribuire ulteriormente all’igiene.
Lo staff ci ha poi informato che Il trattamento ZEISS DuraVision® AntiVirus Platinum UV è disponibile in Ticino, in tutti i Centri BELOTTI.
I virus e batteri aderiscono alla superficie della lente
BELOTTI EYEWEAR PARTNER DI CHRIS MCSORLEY, COACH HC LUGANO Benvenuto a Chris McSorley, nuovo head coach dell’Hockey Club Lugano. Il neo allenatore bianconero, annunciato oggi in conferenza stampa dal Club, sarà ambasciatore del brand BELOTTI almeno per l’arco della stagione 2021/22. Le caratteristiche che accomunano Chris McSorley, personaggio iconico e carismatico e BELOTTI – brand che si contraddistingue grazie alla sua profonda vocazione per i sensi – sono molte. Il CEO Silvano Belotti ha così commentato: “Per me è una soddisfazione incredibile poter coniugare un personaggio della caratura di Chris McSorley con l’heritage e la filosofia del mondo BELOTTI. Chris McSorley è già da tempo un nostro affezionato cliente che ama interpretare il mondo eyewear in un modo del tutto unico, personale e carismatico e noi siamo davvero entusiasti di avere l’opportunità di poterlo supportare in un percorso made-to-measure studiato solo per lui”. L’accordo tra le parti sarà sottoscritto dall’Hockey Club Lugano e da BELOTTI, in quanto i diritti di immagine sportivi dell’allenatore appartengono al Club bianconero. Queste le parole del responsabile marketing dell’HCL Marco Mantegazza: “Siamo molto felici di aver costruito una partnership decisamente innovativa in un lasso di tempo così breve. La capacità imprenditoriale di Silvano Belotti e la personalità di Chris McSorley hanno fatto la differenza. La forza di questa partnership è rappresentata dalla genuinità con la quale nasce. Chris è un grande amante degli occhiali e Silvano un imprenditore lungimirante e innovativo che ama vestire profili iconici”. TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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BENESSERE / THE A-COACH
NASCE IN TICINO E GUARDA AL MONDO CON SERVIZI SU MISURA IN TUTTE LE LINGUE. DI KERI GONZATO
LA BOUTIQUE DEL COACHING PROFESSIONALE
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e iniziative di successo hanno radici profonde e una forte storia personale. Quella di Shari Keller e Nathalie Luisoni, fondatrici di The A-Coach, nasce da una solida amicizia trentennale a cui si sono aggiunte competenze professionali affini nell’ambito della formazione e del coaching ed un “perché” comune. Il tutto, catalizzato da un’intuizione notturna di Shari Keller e dalla giusta dose di follia che caratterizza entrambe. Il nuovo progetto segue Formamentis (www.formamentis.ch), la prima azienda di training e coaching lanciata nel 2011. L’obiettivo odierno è quello di aiutare l’uomo moderno ad affrontare in modo proattivo le sfide professionali per poter esperire al meglio sia le proprie qualità che quelle dell’azienda di cui fa parte. The A-Coach è una piattaforma virtuale di coaching professio-
nale on demand, destinata alla e aziende, che consente di essere seguiti individualmente da un coach certificato ovunque ci si trovi e ogni volta che se ne sente la necessità. Per conoscere i benefici del coaching professionale abbiamo incontrato le due imprenditrici ticinesi alla base di quest’avventura innovativa. «Si tratta di un servizio unico nel suo genere che va oltre le offerte attualmente esistenti sul mercato. L’abbiamo chiamato The A-Coach perché ha l’obiettivo di incidere positivamente sul senso di responsabilità degli utenti, creando esperienze di coaching che facciano la differenza sia a livello di benessere aziendale, che in termini di prestazioni. La nostra missione è quella di rendere il coaching professionale più accessibile e agile per garantire un servizio di alta qualità, non solo ai “soliti eletti”, ma a gruppi più estesi».
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gni iniziativa per riuscire deve avere una motivazione profonda che risponde a un bisogno della società del momento… «Nella società odierna è sempre più complesso farsi strada, individuare il miglior percorso da intraprendere e la direzione più idonea da seguire. L’assunzione proattiva di responsabilità è una competenza che può essere acquisita e sviluppata per incidere sia sulle prestazioni individuali che sulla performance aziendale. I nostri servizi nascono dal desiderio di sostenere l’individuo, così come un’équipe, in modo mirato nel suo processo di crescita e successo».
Shari Keller e Nathalie Luisoni
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La direzione di ogni essere umano è la realizzazione personale… Quali sono le sfide che l’uomo di oggi incontra sul cammino professionale e che possono essere supportate da un coach?
«La nostra esperienza pluriennale nell’ambito della formazione e del coaching ci ha permesso di individuare due tipologie di ostacoli da trasformare in opportunità di crescita. In primis ci sono i bisogni imminenti legati alla gestione dello stress, alla capacità di elargire feedback complessi e di gestire i processi decisionali, così come quelli volti ad affrontare il cambiamento, superare blocchi e situazioni di incertezza. In tutti questi casi il ruolo del coach è quello di guidare il collaboratore a trovare la soluzione più idonea per gestire al meglio la situazione. La seconda tipologia di ostacoli riguarda i bisogni a lungo termine che sono legati allo sviluppo della leadership, ad eccellere in una nuova posizione, a delineare piani di sviluppo di carriera, ad arricchire le proprie competenze comunicative, a gestire in modo equilibrato vita privata e lavoro».
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Come si trasformano gli ostacoli in scalini con il coaching? «Un passo per volta, con costanza e direzione. La possibilità di ricevere sostegno individuale da un coach certificato ogni volta che lo si necessita è una modalità ideale. La piattaforma permette di selezionare il coach desiderato nella data e nell’orario che collima con la propria agenda, questo fino a un’ora prima dell’appuntamento, tenendo conto di parametri quali l’orientamento linguistico, gli anni di esperienza, l’area di specializzazione e la disponibilità dei coach».
La pandemia ha messo delle nuove sfide nel mondo professionale: in che modo avete scelto di rispondere? «Le nostre sfide future sono nate sulla scia delle restrizioni scaturite per contrastare la pandemia. Mai come ora numerose aziende stanno sfruttando al massimo le potenzialità offerte da The A-Coach per spingersi oltre i confini dettati da un virus che, in poche settimane, è riuscito a conquistarsi una fama di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altro personaggio con il beneficio della corona sulla testa! Abbiamo quindi scelto di
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investire in un upgrade della piattaforma, volto a estendere la fruizione del servizio 24 h su 24. Abbiamo ampliato le aree di expertise e l’offerta linguistica dei nostri coach. In contemporanea stiamo creando dei pacchetti specifici per sviluppare tematiche di crescita personale. Vista l’elevata richiesta di consulti, tra i prossimi obbiettivi c’è quello di estendere la fruizione anche a privati».
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THE A-COACH, QUALI VANTAGGI? • Flessibilità Tutte le sessioni, della durata di 30/60 minuti l’una, sono fruibili su richiesta: 7 giorni su 7, nell’orario desiderato e con 1 sola ora di preavviso. • Professionalità Tutte le sessioni sono erogate da un gruppo di coach altamente certificati ed esperti. • Internazionalità (in continua crescita a seconda delle richieste) Tutte le sessioni sono fruibili in 8 lingue: italiano, francese, tedesco, svizzero tedesco, inglese, spagnolo, fiammingo e russo. • Personalizzazione Tutte le sessioni sono configurate sulla scia di oltre 30 aree di specializzazione.
• Monitoraggio Tutte le sessioni sono pensate per rilevare obiettivi prefissati e progressi raggiunti. • Scalabilità Tutte le sessioni, grazie alla loro accessibilità economica, sono concepite per garantire un servizio di alta qualità, non solo ai “soliti eletti”, ma a gruppi più estesi. Come funziona? • Accedere alla piattaforma: www.theacoach.com • Selezionare il coach desiderato tra tutti i professionisti presenti • Controllare la sua disponibilità nel calendario • Effettuare la prenotazione in pochi
passaggi • Cliccare sul link zoom fornito e dare il via alla sessione 1:1, tramite smartphone o laptop, a seconda delle proprie preferenze I servizi extra The A-Coach è un’azienda boutique che da importanza alla personalizzazione. A seconda degli obiettivi dell’azienda e del cliente, vengono creati pacchetti tagliati su misura che possono includere workshops, group coaching, onboarding e trainings. Alcuni esempi di servizi creati su misura: • Follow up di corsi manageriali formativi • Pacchetti per il Gruppo di talenti • Programmi per affrontare un periodo di cambio aziendale per i leader TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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SPORT / SHARON SCOLARI
UN CUORE CHE NON SMETTE DI SOGNARE NEGLI ULTIMI ANNI SI ERA MESSA IN LUCE PER IL SUO TALENTO SPORTIVO, OSCURATO POI DALL’ARRIVO DELLA PANDEMIA. LA VENTISEIENNE SHARON SCOLARI, NATA A GIUBIASCO, NON HA PERÒ DIMENTICATO LA SUA VERA PASSIONE: CORRERE IN AUTOMOBILE. DI GIORGIA MANTEGAZZA
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haron, quando hai iniziato ad avvicinarti al mondo dell’automobilismo? «La mia prima esperienza nel mondo dei motori è stata a 14 anni quando sono andata in pista per la prima volta con un’auto da corsa. La prima gara è stata a 16 anni e da quel momento ho continuato a salire di categoria fino ad arrivare alla Formula 3 nel 2019». Cosa ti appassionava di questo sport? Eravate in molte ragazze? «Quello che ho provato e provo tutt’ora per l’automobilismo è una passione indescrivibile. Andava oltre il semplice praticare uno sport per divertimento. Era tutta la mia vita. Era dedizione, duro lavoro, allenamento, studio, trasferte, traguardi da raggiungere, vittorie e sconfitte. Quando correvo era come essere in un mondo a sé. Si incontravano persone nuove ogni weekend, ma altrettante facce conosciute e famigliari. Persone e tifosi che ti hanno vista crescere negli anni, hanno esultato insieme a me alle mie vittorie e hanno assistito alle mie sconfitte. Tutto questo è stato il
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SPORT / SHARON SCOLARI
mio mondo per molti anni. Mi ritengo una privilegiata per aver potuto vivere il mio sogno ed essere riuscita ad arrivare ad un traguardo così importante come la F3. La cosa più bella è stata vivere tutto questo insieme alla mia famiglia e agli amici più cari. Non erano molte le ragazze nel paddock, e meno ancora quelle che correvano. Ma ognuna dava il meglio di sé per riuscire a raggiungere il proprio obbiettivo». Poi è arrivata la pandemia... Cosa è cambiato? «L’arrivo del Coronavirus, purtroppo, ha interrotto il mio percorso. La chiusura delle frontiere con l’Italia mi ha impedito di prendere parte ai primi test stagionali e a concludere contratti di sponsorizzazioni per la stagione. A questo livello purtroppo senza sponsor non è possibile proseguire e pertanto mi sono ritrovata senza nessuna possibilità di prendere parte al campionato».
In questo anno di stop, hai trovato dei nuovi sogni? «Al momento il mio obbiettivo a breve termine è concludere gli studi in Architettura. Come le corse anche l’Architettura è una passione. È come avere la possibilità di vivere una seconda vita, nella quale poter mettere la stessa energia e ambizione per qualcosa di nuovo. Lo sport agonistico resta comunque una parte importante della mia vita. L’allenamento rimane uno sfogo e un punto fondamentale della mia persona».
Una giovane ticinese che brilla in un mondo di uomini, c’è qualcosa che vorresti dire alle ragazze che, come te, vogliono rincorrere un sogno? «Vorrei dire solo due cose. La prima è, e ne sono fermamente convinta, che se puoi sognarlo puoi farlo. La seconda... è semplicemente di non arrendersi mai. Sicuramente non sarà facile, perché ci vuole tenacia, sacrificio e tanta (tantissima) voglia di riuscirci, ma solo se il cuore lo vuole davvero, la mente lo rende reale e il corpo lo fa accadere».
Tornerai mai a correre? «Al momento non posso dire se tornerò a correre, in quanto il punto principale per le corse sono gli sponsor e attualmente, pandemia compresa, le possibilità di grosse sponsorizzazioni sono molto limitate. Il vuoto che hanno lasciato le corse è immenso ed è ancora troppo presto per riuscire a mettere la parola fine a questo capitolo della mia vita. Sicuramente ci vorrà ancora del tempo».
“L’automobilismo fa parte di me, del mio corpo. Quattro ruote, un sedile, un volante. È questa la mia vita.” (Ayrton Senna) TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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SPORT / MIMMI GUGLIELMONE
NEL GOLF C’È SEMPRE QUALCOSA DA IMPARARE
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ARIELLA DEL ROCINO PRESENTA MIMMI GUGLIELMONE, UNA DONNA CHE ATTRAVERSO UNA LUNGA E GLORIOSA ATTIVITÀ SPORTIVA E PER I RUOLI DIRIGENZIALI RICOPERTI HA DATO LUSTRO E PRESTIGIO ALLO SPORT GOLFISTICO FEMMINILE IN SVIZZERA. Ariella Del Rocino
ei ha iniziato a giocare a golf fin da bambina. Quali sono stati i primi passi? «Gioco a golf da sempre, mio padre era un appassionatissimo golfista e ha portato i suoi tre figli al golf fin da piccoli. Quando ero ragazzina e le mie amiche di domenica andavano a fare picnic in campagna o feste nelle varie case, io dovevo andare al golf con tutta la famiglia. Lo odiavo! A un certo punto, visto che i miei tentativi di indipendenza erano del tutto inutili, ho deciso che se proprio dovevo giocare, tanto valeva che lo facessi bene, e ho iniziato a considerare il golf come uno sport serio nel quale impegnarsi. Ora che, a quasi 74 anni, ancora gioco e mi diverto sempre di più, ringrazio di cuore mio padre per la sua insistenza!» In che modo e quando l’abitudine a frequentare i campi di golf si è trasformata in passione agonistica? «L’agonismo è sempre stata una componente “normale” nella mia famiglia. Mio fratello maggiore era bravissimo in tutti gli sport che faceva (golf, sci e vela) ed è stato quindi un processo naturale per gli altri due figli considerare da subito lo sport come un impegno agonistico e non come un passatempo domenicale». Quali sono state i principali successi ottenuti in campo sportivo a livello di circolo e poi in squadre ufficiali e poi ancora con la nazionale svizzera? «Fin da quando ho avuto un handicap sufficientemente basso, ho rappresentato i diversi circoli dei quali sono stata socia negli anni (Monza, Acquasanta, Garlenda, Lugano) nei campionati interclub, sono poi entrata a far parte
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della squadra nazionale juniores italiana, prendendo parte a numerosi incontri internazionali, ho vinto un titolo italiano juniores e uno di seconda categoria. Non ho avuto una carriera giovanile particolarmente brillante perché all’epoca ero molto più appassionata di sci che di golf e finché c’era neve sufficiente per lo svolgimento delle gare, la sacca da golf veniva abbandonata, per venir rispolverata a primavera. Poi mi sono sposata molto giovane e ho subito avuto i miei due figli (che naturalmente ho costretto a giocare a golf fin da piccoli!). Il golf è diventato un passatempo domenicale con qualche eccezione per gare di circolo a livello nazionale. Emigrata in Svizzera nel 1981 ho partecipato a qualche campionato svizzero con discreto successo e ho rappresentato il golf di Lugano negli interclubs. Ma è solo quando sono diventata seniores, con i figli ormai grandi e indipendenti, che sono entrata a far parte della squadra svizzera e ho ricominciato a partecipare a gare internazionali. Ho fatto parte della nazionale seniores svizzera dal 1998 al 2019, vincendo 2 medaglie d’argento e qualche bronzo (scusate, ma da buona senior non mi ricordo…) ai campionati europei. Ora faccio parte della squadra “Master” (over 65) e ho vinto 2 medaglie d’oro e una d’argento. Ho anche vinto 6 titoli svizzeri, l’ultimo dei quali l’anno scorso, grande soddisfazione, le più giovani seniores hanno l’età di mia figlia!». Dal 2004 al 2008 è stata capitana della SSLGA (Swiss Senior Ladies Golf Association), ci racconta le soddisfazioni ottenute durante questa esperienza?
SPORT / MIMMI GUGLIELMONE
«È stata davvero un’esperienza entusiasmante! La presidente, Maud Mocellin, di Ginevra, è stata una partner di lavoro perfetta, siamo andate d’accordissimo e siamo rimaste molto amiche. Durante gli incontri internazionali ero capitana giocatrice e questo, invece di mettermi una eccessiva pressione, mi galvanizzava moltissimo. Abbiamo inventato i campi di allenamento per le seniores, tradizione che è stata portata avanti anche da chi ci ha succeduto e che ha avuto molto successo. Avevamo anche organizzato viaggi all’estero, nei quali ci siamo molto divertite! Sì è stata davvero una bella esperienza della quale ho un ottimo ricordo. Devo dire che il golf, da quando sono diventata seniores, è stato veramente una meravigliosa riscoperta. Forse perché i figli sono già grandi e non c’è più l’ansia di tornare a casa presto per occuparsi di loro, forse perché il ritmo di vita è più tranquillo e meno stressante, ma ho trovato che il mondo delle seniores che giocano a golf in modo competitivo è molto bello. Negli anni ho costruito amicizie sincere con signore di tutta Europa e anche America, siamo spesso in contatto e quando ci ritroviamo in una gara o nell’altra è sempre una gioia rivedersi e raccontarsi le ultime vicende delle rispettive vite, ho meravigliosi ricordi
di canti e balli al termine dei campionati europei, di gite alla scoperta di città nuove tra un giro di golf e l’altro, di grandi risate e di momenti di vera gioia e divertimento. L’amicizia, il fair play, e la voglia di divertirsi vanno perfettamente a braccetto con la competitività, con l’agonismo e con una rivalità esclusivamente sportiva che sparisce in un abbraccio appena uscite dal campo». Per 20 anni ha partecipato agli incontri dello SWIM (Senior Women Invitational Matches): ci sono differenze riguardo al modo di approcciare il golf in Europa e in America? «In America il golf dilettantistico è molto simile a quello professionistico, tranne che per il lato economico. Ora anche da noi i giovani dilettanti di successo conducono una vita molto simile a quella dei professionisti, dei quali un giorno seguiranno le orme, ma ai miei tempi, e quindi per noi seniores, lo sport era ancora dilettantismo allo stato puro: ci si allena sì, ma lo sport è parte della vita, non la ragione di essa. Le golfiste americane dello SWIM giocano a golf tutti i giorni dell’anno e si allenano in palestra quando non giocano. Ciò nonostante ogni tanto riusciamo a batterle!».
Oltre al golf lei ha portato avanti un lavoro, una famiglia, importanti attività benefiche. Come è stato possibile conciliare tutto questo? «È stato facile proprio perché durante gli anni nei quali i miei figli erano piccoli il golf è rimasto un passatempo secondario e perché, anche se ne è una parte molto importante che mi dà grandi soddisfazioni e grandi gioie, il golf è sempre rimasto una parte della mia vita, non il centro di essa. Di volta in volta la concentrazione va a quello che sto facendo, se lavoro per la mia associazione benefica (www.associazionevimala.org) dimentico il golf, se partecipo a una gara di golf penso solo a quello. Naturalmente i miei figli ci sono sempre, ma dato che anche loro sono ottimi golfisti, sono un motivo in più per amare questo sport». Che cosa vede nel suo futuro di golfista e cosa ancora si attende da uno sport cui ha dedicato negli anni tutta la sua passione? «Spero di poter giocare per tanti anni ancora, sia perché mi piace, sia perché sono pigra e passeggiare mi annoia, quindi 18 buche di golf sono un ottimo esercizio fisico. Spero di vivere abbastanza per diventare come un mio amico socio di Lugano, 94 anni, che gioca tutti i giorni, è diritto come un fuso, ancora spiritoso e lucido come 20 anni fa quando l’ho conosciuto. Spero di riuscire a giocare la mia età, cosa che è sempre stata il sogno di mio padre che non ci è mai riuscito. Mio fratello lo faceva regolarmente e io ci sto provando con impegno! Spero di imparare ancora tante cose dal golf che, come diceva un po’ provocatoriamente una mia amica, è la sua religione. Imparare ad accettare i colpi sbagliati, a fidarmi delle decisioni che prendo e ad accettarne le conseguenze senza recriminare, a mettermi alle spalle un colpo sbagliato e dimenticarlo, a gioire di un colpo giusto senza pensare di “aver capito tutto”. Assomiglia molto a come si dovrebbe vivere la vita, non trova?». TICINO WELCOME / GIU - AGO 2021
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